La progettazione didattica nella transizione agli assi culturali per l'istruzione e formazione professionale salesiana

Autore: 
A. Moro
Categoria pubblicazione: 
Studi
Anno: 
2023
Numero pagine: 
119
Codice: 
978-88-31972-40-6
La progettazione didattica nella transizione agli assi culturali per l’istruzione e formazione professionale salesiana Anno 2023 Da operatori, a tecnici, specializzati e tecnici superiori riferimenti, Dispositivi, strumenti Anno 2016 Mauro Frisanco Alessio Moro CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 1 18/07/23 11:09 © 2022 By Sede Nazionale del CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane - Formazione Aggiornamento Professionale) Via Appia Antica, 78 - 00179 Roma Tel.: 06 5107751 - Fax 06 5137028 E-mail: cnosfap.nazionale@cnos-fap.it –Sito: www.cnos-fap.it CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 2 18/07/23 11:09 3 SOMMARIO Introduzione .............................................................................................................................................. 5 Capitolo I L’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) salesiana 1. Uno sguardo su don Bosco .......................................................................................................... 9 2. Dai laboratori di avviamento al lavoro alla Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) ................................................................................................................................................... 10 3. Il CNOS-FAP ed il CNOS-FAP Regione LAZIO ............................................................... 13 4. Il successo formativo della IeFP salesiana in Italia ............................................................ 15 5. Un mondo da conoscere e rilanciare ........................................................................................ 20 Capitolo II La progettazione didattica: premesse teoriche 1. Premesse ............................................................................................................................................. 25 2. Traguardi: le competenze ............................................................................................................. 28 3. Contenuti: gli assi culturali .......................................................................................................... 47 4. Processi: i Cicli di Apprendimento Esperienziale ............................................................... 59 5. Valutazione: le rubriche di valutazione ................................................................................... 68 Capitolo III Transizione agli assi culturali: il curricolo fondativo 1. La scelta di un curricolo ............................................................................................................... 83 2. I principi del curricolo fondativo: la risonanza, la Laudato si’ e l’educazione della ragione ................................................................................................................................................. 85 3. Una didattica integrata ed inclusiva ......................................................................................... 88 4. I canovacci del progetto ................................................................................................................ 90 5. Vantaggi dimostrati e attesi ......................................................................................................... 95 Conclusione ............................................................................................................................................... 99 Bibliografia................................................................................................................................................ 101 Riferimenti normativi............................................................................................................................. 105 Sitografia.................................................................................................................................................... 107 Indice............................................................................................................................................................. 109 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 3 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 4 18/07/23 11:09 5 INTRODUZIONE Il lavoro, che mi accingo a presentare, rappresenta il frutto del percorso di studi universitari e della mia esperienza professionale che svolgo nel Centro di Formazione Professionale (CFP) salesiano di Roma, il Pio XI. In qualità di coordinatore e formatore di questo ambiente formativo e grazie agli studi condotti, ho scelto di approfondire i temi della progettazione e valutazione didattica. La società, in cui ci troviamo, richiede a noi educatori uno sforzo di auto-riflessione e ri-progettazione in cui includere le varie realtà che concorrono alla costruzione della rete educativa, compresa l’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). Approfondirla, valorizzarla e promuoverla sono gli elementi che hanno guidato la stesura di questo lavoro, che cerca di fare incontrare i mondi del mio quotidiano, della letteratura scientifica e un progetto di rinnovamento che la stessa formazione professionale salesiana coordina ed anima nella sua fase iniziale. L’obiettivo della tesi è quello di evidenziare, con specifico riguardo al mondo della IeFP, il bisogno di un rinnovamento nell’approccio didattico. Per raggiungere tale proposito, il lavoro di tesi centra l’attenzione su alcuni passaggi chiave: l’individuazione degli elementi fondamentali per la valutazione e ri-progettazione; l’approfondimento e l’analisi della letteratura di riferimento, prendendo in considerazione significative sperimentazioni; il superamento dell’approccio tradizionale. Si delineerà, così, una nuova progettazione didattica negli assi culturali, che centri il focus dell’insegnamento sull’allievo in formazione e costruisca un ambiente formativo flessibile, adattivo, coinvolgente, inclusivo e performante. Nel primo capitolo del presente lavoro sono presentati il contesto e la proposta formativa della IeFP salesiana, sia attraverso il suo sviluppo storico, sia mostrando i risultati raggiunti e alcune sfide emergenti. Il secondo capitolo ha come focus la progettazione didattica, dove si propone una lettura armonica basata sulla riflessione attuale riguardante i suoi traguardi da raggiungere: competenze; contenuti da proporre (gli assi culturali); processi da strutturare (i Cicli di Apprendimento Esperienziale); tipo di valutazione da attuare (le rubriche di valutazione). Il terzo capitolo, infine, approfondisce il progetto promosso dagli enti formativi coinvolti, ossia Il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro, mettendo in evidenza: le fasi della sperimentazione, del lavoro svolto e delle prospettive future, nonché i suoi principi ispiratori, la valenza inclusiva ed i materiali condivisi. Tra le righe di questo lavoro ci sono le storie dei ragazzi, spesso in forte disagio sociale o con profonde ferite e sofferenze legate al proprio vissuto scolastico. La didattica, scevra da puri tecnicismi, può davvero rispondere a quel bisogno di senso, di autoefficacia e di speranza nelle vite dei nostri allievi; lo dice la storia di ognuno di noi ed il ricordo di quel “bravo” insegnante che ci ha appassionato alla sua materia ed ha creduto in noi. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 5 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 6 18/07/23 11:09 Capitolo I L’ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE (IEFP) SALESIANA CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 7 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 8 18/07/23 11:09 9 1. Uno sguardo su don Bosco Prima di approfondire la questione della didattica e degli assi culturali, oggetto del secondo e del terzo capitolo della nostra trattazione, cercheremo in questo primo capitolo di illustrare la genesi della formazione professionale salesiana, dalle sue origini ai giorni nostri, individuandone fatiche e risorse, passate ed attuali, auspicando un nuovo slancio nel panorama educativo e formativo. Torino a metà del diciannovesimo secolo è una città in fervente crescita demografica, espansione urbanistica ed in piena rivoluzione industriale. Il bisogno di manodopera richiama dalle campagne limitrofe giovanissimi lavoratori, spesso poveri ed analfabeti, che sradicati dalle loro terre e dalle loro tradizioni rurali vengono sfruttati, in condizioni di lavoro estremamente pericolose e senza alcun tipo di tutela. Queste condizioni di vita portarono presto a riempire le strade e le carceri di Torino di minori soli, senza alcuna prospettiva, diventando un vero e proprio problema sociale. In questo contesto inizia la sua missione Giovanni Bosco (1815 - 1888), un giovane prete originario dell’astigiano, che attraverso la sua guida spirituale, don Luigi Cafasso (1811 - 1860), individua nella “gioventù povera, abbandonata e pericolante” i destinatari privilegiati della sua missione educativa e pastorale. È proprio attraverso un’analisi di contesto delle carceri minorili di Torino, come diremmo ai giorni nostri, che Don Bosco comprende la portata di un’azione educativa e preventiva. Riportiamo qui di seguito le parole del santo dal suo testo autobiografico: «Quei giovani infelici erano una macchia per la nostra patria, un disonore per le famiglie. Erano umiliati fino alla perdita della propria dignità. Quello che più mi impressionava era che molti, quando riacquistavano la libertà, erano decisi a vivere in maniera diversa, migliore. Ma dopo poco tempo finivano di nuovo dietro le sbarre. Cercai di capire la causa, e conclusi che molti erano di nuovo arrestati perché si trovavano abbandonati a se stessi. Pensavo “Questi ragazzi dovrebbero trovare fuori un amico che si prende cura di loro, li assiste, li istruisce, li conduce in chiesa nei giorni di festa. Allora forse non tornerebbero a rovinarsi, o almeno sarebbero ben pochi a tornare in prigione”»1 Avendo trovato nel 1846 una sede stabile, dopo diverse peregrinazioni, nel primo oratorio di Valdocco, sceglie di intitolare la sua prima opera e, successivamente, la sua congregazione a San Francesco di Sales, il santo della dolcezza, dando così ad ogni suo passo il nome di salesiano. Lo spazio dell’incontro e del gioco, il convitto per dare ai suoi giovani una casa, diventa presto un luogo di apprendimento, sarà infatti lui stesso ad insegnare ai suoi primi allievi alcuni mestieri imparati in gioventù per pagarsi gli studi del seminario. Sorse così nel 1853 il primo laboratorio a Valdocco per calzolai, a cui fece subito seguito quello di sartoria, legatoria, falegnameria, tipografia e quello per fabbri. 1 Bosco G., Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855, Roma, LAS, 2011, p. 127. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 9 18/07/23 11:09 10 L’intuizione del genio educativo di Don Bosco lo portò ad includere nella sua cura formativa e tutela dei minori anche l’attenzione alla fase dell’inserimento lavorativo. Educatore e sindacalista ante litteram mediò personalmente nel rapporto tra datore di lavoro e giovane apprendista, creando, a conti fatti, il nostro attuale concetto di contratto di apprendistato: «Don Bosco, in presenza di una situazione socio-politica che di fatto non tutelava i suoi giovani apprendisti, reagì ancora una volta in modo molto concreto. Avvicinò alcuni titolari di botteghe e di officine che conosceva, e propose loro di firmare dei contratti di apprendistato a favore di quanti partecipavano alla vita del suo Oratorio. Si conserva un contratto di apprendistato in carta semplice, datato novembre 1851; un secondo analogo contratto, ma in carta bollata da centesimi 40, in data 8 febbraio 1852 ed altri datati intorno al 1855, già ben strutturati e quasi standardizzati in numeri e paragrafi.»2 La passione educativa della missione salesiana guidò il suo fondatore alla realizzazione di diverse altre imprese: oltre all’istituzione di due ordini religiosi, i salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, queste ultime nate per assolvere all’educazione delle ragazze, scrisse moltissimi libri: per l’istruzione, ricordiamo ad esempio Il sistema metrico decimale ridotto a semplicità, ma anche molti altri per l’edificazione morale e religiosa, per il passatempo e l’attività educativa in genere. Fondò inoltre diversi collegi, scuole in tutt’Italia e partì per nuove terre di missione, prima di tutto l’Argentina, che confermò la validità e la trasversalità del suo modello educativo. Quest’ultimo, basato sui tre pilastri di Ragione, Religione ed Amorevolezza3 fu il cuore pulsante di tutta la sua prassi pedagogica ed eredità vitale che spinge ancora oggi salesiani in tutto il mondo, da più di 150 anni, ad educare ed evangelizzare i giovani, ai quali Don Bosco donò tutto se stesso, spegnendosi il 31 gennaio 1888. 2. Dai laboratori di avviamento al lavoro alla Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) La scelta personale del fondatore di istituire laboratori, dove “imparare un mestiere”, nacque dall’esigenza di accompagnare e di prevenire situazioni di disagio per la sua particolare utenza. Le scuole tecniche allora presenti a Torino non rispondevano a questa missione, risultavano destinate infatti «per la piccola borghesia degli affari, degli impieghi e dei commerci»4. Il fermento educativo di quegli anni aveva generato in ambito sia religioso che privato, italiano e straniero, in particolare francese, una nuova mentalità educativa che aveva spinto diversi pedagogisti e religiosi 2 Federazione Nazionale CNOS-FAP, Con i tempi e con Don Bosco, Roma, Tipografia Istituto Salesiano Pio XI, 2018, p. 18. 3 Bosco G., Il sistema preventivo nella educazione della gioventù, in Braido, P., Don Bosco Educatore, scritti e testimonianze, Roma, LAS, 1997. 4 Tonelli A., L’istruzione tecnica e professionale di Stato nelle strutture e nei programmi da Casati ai nostri giorni, Milano, Giuffrè, 1964, p. 13. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 10 18/07/23 11:09 11 all’istituzione privata di queste scuole particolari. Don Bosco si inserisce in questa spinta rinnovatrice con particolare zelo, rispondendo a diverse difficoltà sia logistiche, la costruzione dei laboratori e l’inserimento nelle logiche di mercato, che educative, confrontandosi spesso con allievi usciti dai circuiti penali o in completo stato di abbandono5. Già intorno al 1880 i salesiani iniziarono a ritenere la pratica del laboratorio, con la ripetizione di procedure standard insegnate da capi d’arte, non più sufficienti alla formazione degli allievi, cercando di includere una formazione elementare linguistica, italiano e francese, di disegno e commerciale. Tuttavia, questa soluzione innovativa si scontrava con i turni di lavoro, che relegavano le ore di istruzione alla sera, rendendo molto inefficace l’azione didattica. Nonostante questa prima difficoltà di evoluzione, nel panorama italiano e francese si iniziava a parlare di “scuole d’arte e mestieri” ed i salesiani continuavano ad interrogarsi su che forma dovessero prendere i loro laboratori. «Non basta che l’alunno artigiano conosca bene la sua professione, ma perché la possa esercitare con profitto bisogna che abbia fatta l’abitudine ai diversi lavori e li compia con prestezza»6, questa massima condivisa da Don Bosco ancora in vita ad i suoi più vicini collaboratori, evidenzia l’alto profilo didattico ed educativo della riflessione, sottolineando nel termine “prestezza”, quella logica di padronanza della competenza, tanto cara alla letteratura didattica successiva. Tra la fine dell’ottocento e gli inizi del secolo successivo, i salesiani orfani del proprio fondatore, non si diedero per vinti e continuarono il loro percorso di implementazione e coordinamento delle loro attività professionalizzanti, unificando: programmi, orari e libri di testo per le diverse tipologie ed annualità dei corsi, arrivando nel 1903 all’agognato Programma scolastico per le scuole di artigiani della Pia Società Salesiana, rivisto ed aggiornato nel 19107. L’attenzione rivolta ai laboratori dell’origine e la spinta ad un percorso formativo sempre più complesso e performante, portarono il primo successore di Don Bosco, Don Rua a ribattezzare queste preziose attività con il nome di Scuole Professionali8. Nonostante questa importante indicazione del capo della congregazione il percorso richiese diversi anni per arrivare alla costruzione di vere e proprie scuole. I seguaci di Don Bosco individuarono in questi anni alcuni elementi fondamentali per la costruzione dei percorsi professionali, quali «alternanza di insegnamento e lavoro, armonica integrazione di teoria e pratica, raggiungimento di uno scopo precipuo: formare operai intelligenti, 5 Prellezo J.M., Dai laboratori fondati da Don Bosco a Valdocco alle scuole di arti e mestieri salesiane (1853 - 1888), in Rassegna CNOS anno 25, n.1, 2009, pp. 21-36. 6 Prellezo J.M., Dai laboratori fondati da Don Bosco a Valdocco alle scuole di arti e mestieri salesiane (1853 - 1888), in Rassegna CNOS anno 25, n.1, 2009, p. 32. 7 Per approfondimenti vedi: Curotti A.G., Il ruolo della formazione professionale salesiana da Don Bosco alle sfide attuali, 2013, (https://biblioteca.cnos-fap.it/pubblicazione/il-ruolo-della- formazione- professionale-salesiana-da-don-bosco-alle-sfide-attuali/). 8 Rua M., Lettere circolari di Don Michele Rua ai Salesiani, Torino, Tip. S.A.I.D., “in Buona Stampa”, 1910, p. 126. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 11 18/07/23 11:09 12 abili e laboriosi»9, in particolare don Giuseppe Bertello, primo consigliere professionale generale, incaricato dalla congregazione alla cura dell’area professionale, coniò la massima Con Don Bosco e con i tempi, ancora molto in auge nella congregazione. Tra il 1910 ed il 1970 la congregazione salesiana conobbe un periodo di grande ascesa, nonostante il passaggio nei due conflitti mondiali. Non sarà possibile ripercorrere tutte le questioni sociali e storiche, che richiederebbero una trattazione a sé, ci basti dire in questa sede che con la riforma Gentile (1922) il regime introdusse le scuole di avviamento al lavoro, separando nettamente i percorsi comuni di istruzione da quelli di professionalizzazione. Questa distinzione netta, legata ad un formale plauso da parte del regime al lavoro dei salesiani, permise il percorso di sviluppo delle realtà di Don Bosco. Alla fine degli anni settanta i salesiani nel mondo erano circa 22.000, con presenze in tutti i continenti. Tale crescita, malgrado la spinta accentratrice della congregazione verso Torino, renderà sempre più complessa la riflessione mondiale sulle scuole professionali. Alcuni eventi di quegli anni, come il Concilio Vaticano II ed il movimento del ‘68 spinsero la Chiesa e, naturalmente, anche i salesiani a continui ripensamenti. A tutte queste evoluzioni va aggiunta inoltre un’impennata tecnologica del ventesimo secolo, con una conseguente trasformazione, transizione o estinzioni di alcuni settori commerciali e, a cascata, di alcuni settori formativi. Mestieri e attività insegnate ed apprese per secoli sparirono dagli anni ‘40 in poi, è l’esempio dei legatori, calzolai e dei sarti; comparvero invece nella formazione professionale alcune nuove presenze come elettricisti, elettromeccanici, tornitori, chimici. Le grandi novità della seconda metà del Novecento, lo sviluppo sempre più veloce ed incalzante, la spinta ad una nuova visione laicale ed associativa all’interno della chiesa, portò i salesiani negli anni ‘70 a dare vita ad una propria interfaccia istituzionale: il Centro Nazionale Opere Salesiane – Formazione Aggiornamento Professionale (CNOS-FAP). Tale risposta alle esigenze sopra indicate, risultò inoltre fondamentale alla struttura a carattere regionale della Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). La delega ed autonomia che le Regioni hanno in materia di questo sottosistema formativo, diversamente da quanto avviene per il sistema nazionale scolastico, ha reso necessario un frazionamento della gestione, che ha avuto nella sua storia pregi e difetti. La decentralizzazione statale del mondo IeFP, come approfondiremo più avanti, ha reso da una parte più capillare e libera la creazione di realtà e processi formativi di natura educativa, culturale, sociale, economica e professionale, rispondenti ai bisogni del territorio; dall’altra, ha però incrementato una spaccatura del paese, come si vedrà nel paragrafo sul successo formativo, escludendo da alcune Regioni questa possibilità o generando percorsi insignificanti o frammentati per alcuni territori, specie nel meridione. 9 Prellezo J.M., Scuole Professionali Salesiane, Momenti della loro storia (1853 - 1953), Roma, Tipografia Istituto Salesiano Pio XI, 2013, p. 37. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 12 18/07/23 11:09 13 3. Il CNOS-FAP ed il CNOS-FAP Regione LAZIO La veste laica che la congregazione salesiana si è conferita per quanto riguarda la IeFP è dunque il CNOS-FAP. Preferiamo, a scanso di equivoci, riportare la loro stessa definizione, alla quale aggiungeremo alcune sottolineature: «La Federazione nazionale CNOS-FAP – Centro Nazionale Opere Salesiane / Formazione Aggiornamento Professionale – è un’Associazione non riconosciuta, costituita il 9 dicembre 1977, che coordina i Salesiani d’Italia impegnati a promuovere un servizio di pubblico interesse nel campo dell’Orientamento, della Formazione e dell’Aggiornamento professionale con lo stile educativo di Don Bosco. La Federazione CNOS-FAP non ha scopo di lucro. Sono soci della Federazione le Istituzioni salesiane e le Associazioni/Federazioni locali e regionali CNOS-FAP che promuovono iniziative e azioni di orientamento e di Formazione Professionale, soprattutto attraverso i Centri di Formazione Professionale (CFP) polifunzionali.»10 Nato nella logica di complessità sociale, politica, economica e culturale, il CNOS-FAP, da qui in poi denominato l’Ente, ha dovuto includere nella riflessione sulla IeFP i diversi stakeholder in un sistema formativo allargato: «una pluralità di soggetti che intervengono nel settore della formazione (lo Stato, le Regioni, gli Enti locali, altri enti e privati) tra i quali realizzare ipotesi di coordinamento, integrazione o almeno interdipendenza»11. Questo panorama ampio di riflessione ha generato una nuova cultura educativo - professionale, superando la mera logica dell’addestramento al lavoro, in primis con la legge quadro n. 845/78, poi con alcuni principi di sviluppo più interni alla vita associativa dell’Ente, come: la creazione di commissioni e settori; il dialogo con le istituzioni; la creazione della rivista Rassegna CNOS, nata con l’intento di offrire ai membri dell’associazione studi e ricerche in ambito educativo, didattico e professionale. La spinta iniziale fu duramente colpita, generando alcune battute di arresto, negli anni ‘80 e ‘90 per tutta la formazione professionale italiana, per diverse cause, come: la fase di stallo dell’economia nazionale; il sempre maggiore sfaldamento morale e civile delle agenzie educative, come la famiglia; un calo delle occupazioni e dei mestieri tradizionali, con un’importante transizione dal settore secondario, tipico dei profili professionali della IeFP salesiana, a quello terziario. Proprio in questa fase mancò, una messa a sistema della IeFP a livello nazionale, come paritario sottosistema di istruzione e formazione a fianco della scuola. Nonostante questa mancanza, per fronteggiare la fluidità e frammentarietà sopra descritta, l’Ente riuscì a rispondere a queste sfide con la creazione del Centro di Formazione Professionale (CFP) polifunzionale: 10 Federazione CNOS-FAP, (https://www.cnos-fap.it/page/federazione-cnos-fap). 11 Federazione CNOS-FAP (a cura di), Cultura associativa e Federazione CNOS-FAP. Storia e Attualità, p. 30 (https://www.cnos- fap.it/sites/default/files/pubblicazioni/CULTURA_ASSOCIATIVA_ e_CNOSFAP.PDF). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 13 18/07/23 11:09 14 «In sostanza si tratta del modello del CFP polifunzionale che, mentre da una parte cerca con la pluralità delle sue offerte di adeguarsi alla complessità della società odierna, dall’altra non rinuncia, anzi mira a rafforzare il suo ruolo formativo al servizio di una gamma molto ampia di destinatari»12. Questo nuovo modello organizzativo si è da subito sposato con una logica di educazione e formazione integrale della persona, all’interno di un ambiente educativo e pastorale, unendo ai bisogni formativi della persona, lo spirito salesiano delle origini. Nonostante questi sforzi di riflessione e creazione, la normativa italiana non riusciva ancora ad integrare e nobilitare la formazione professionale, consolidando nella cultura comune, la IeFP come una scelta di serie B, alternativa ai normali percorsi di scolarizzazione; né è un esempio la legge Berlinguer n. 30/00, una legge in ambito formativo decisamente scuolacentrica. Sarà solo nel 2003 con la riforma Moratti prima e con l’azione del Ministro Gelmini poi (2008), che la IeFP troverà una sua legittimazione, ancora poco applicata, nei percorsi di assolvimento dell’obbligo scolastico, con un conseguente aumento di iscrizioni e scelte da parte di famiglie e ragazzi, in uscita dalle scuole medie. «Mentre la riforma Berlinguer aveva adottato una impostazione unitaria (tutti Licei) e quella Moratti una formula binaria (i sottosistemi dei licei e dell’Istruzione e Formazione Professionale), il Ministro Gelmini in continuità con il suo predecessore, l’on. Fioroni, sembra aver optato per un modello a tre poli: i licei; gli istituti tecnici e gli istituti professionali; l’Istruzione e la Formazione Professionale»13. Malgrado le buone intuizioni politiche sopra citate, il cammino di emancipazione di questa nostra preziosa realtà formativa, che vanta una vitalità europea decisamente diversa dalla nostra, stenta ancora a prendere il dovuto spazio ed attenzione, rimanendo sempre sullo sfondo ed in appendice a quanto si dica o si pensi per la scuola. Tutto il percorso normativo e politico fin qui esposto potrebbe essere oggetto di discussione e confronto, esulando però dalla trattazione centrale del nostro lavoro, per cui concluderemo dicendo che la IeFP a livello nazionale e l’Ente salesiano sono stati protagonisti di un ampio dialogo e trasformazione dalla sua fondazione ai giorni nostri. La vita associativa di questa realtà salesiana ad oggi è presente in 15 Regioni e dispone di 54 sedi. Il presente lavoro di tesi fa riferimento al CNOS-FAP Regione Lazio, da qui in poi l’Ente regionale, in quanto luogo di sperimentazione della transizione agli assi culturali e attuale mia sede di lavoro. L’Ente regionale, specularmente all’Ente nazionale, lavora nel settore della Formazione e delle Politiche del lavoro attraver- 12 Federazione CNOS-FAP (a cura di), Cultura associativa e Federazione CNOS-FAP. Storia e Attualità, p.39, (https://www.cnos- fap.it/sites/default/files/pubblicazioni/CULTURA_ASSOCIATIVA_ e_CNOSFAP.PDF). 13 Federazione CNOS-FAP (a cura di), Cultura associativa e Federazione CNOS-FAP. Storia e Attualità, p. 52, (https://www.cnos- fap.it/sites/default/files/pubblicazioni/CULTURA_ASSOCIATIVA_ e_CNOSFAP.PDF). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 14 18/07/23 11:09 15 so un’azione di «orientamento, prequalificazione, qualificazione e riqualificazione, specializzazione, perfezionamento, aggiornamento e ricoversione delle competenze, realizzate con sistemi che utilizzano metodologia di formazione in presenza e/o a distanza »14. Nata nel 1977 oggi accoglie circa 1.000 allievi nel territorio di Roma, nei suoi tre centri: Borgo Ragazzi Don Bosco (settori professionali elettrico, meccanico e ristorazione); Teresa Gerini (settori professionali benessere-acconciatura, elettrico, informatica, meccanico, riparazione veicoli a motore); Pio XI (settori professionali benessere-estetica e grafico). 4. Il successo formativo della IeFP salesiana in Italia Per analizzare il successo formativo della proposta di IeFP salesiana sul territorio nazionale, presenteremo l’ultimo lavoro di monitoraggio della Federazione nazionale CNOS15 relativa alla popolazione dei diplomati e qualificati nell’anno formativo 2019-2020. In questa sede riteniamo opportuno rammentare, in maniera sintetica, cosa si intende con queste qualifiche. Il minore che in Italia termina la scuola secondaria di primo grado può assolvere al suo diritto-dovere di istruzione e formazione presso un Centro di Formazione Professionale riconosciuto dalla propria regione, che lo condurrà, attraverso un percorso triennale, al conseguimento di una qualifica professionale, di valore nazionale e corrispondente almeno al terzo livello europeo dell’European Qualifications Framework (EQF)16. La qualifica rilasciata permette il proseguimento in uno o due anni di approfondimento tecnico o di specializzazione, che rilascia, in base alla normativa regionale e al percorso di formazione un diploma da tecnico di quarto o quinto livello dell’EQF. Per alcune qualifiche professionali questi sono gli unici processi di formazione esistenti e garantiscono, con l’istruzione superiore del quarto anno, l’abilitazione alla professione e all’apertura di un proprio esercizio come libero professionista, come ad esempio il settore del benessere. Spiegato brevemente cosa si intende per qualifica e diploma professionale torniamo allo studio che ha visto protagonisti 3.862 allievi sui 4.074 qualificati e diplomati nell’anno formativo 2019-2020, raggiunti da un’intervista telefonica strutturata; questo campione non del tutto rappresentativo, perché mancante del 6% (per risposte, numeri inesistenti) è comunque significativo e da questo è possibile interpretare 14 CNOS-FAP Regione Lazio, (https://www.cnosfaplazio.org/chi-siamo-2/). 15 Malizia G., Gentile F., Il successo formativo degli allievi del CNOS FAP qualificati e diplomati nel 2019-20. In Rassegna CNOS, n. 1/2022, Roma, Tipografia Giammarioli, 2022. 16 L’EQF, tradotto in italiano con Quadro Europeo delle Qualifiche (QEQ), è frutto di un lavoro comunitario per abbattere il disaccoppiamento tra formazione e certificazione dell’UE, rendendo le qualifiche più leggibili e consentendo una più facile mobilità dei lavoratori tra gli Stati membri. Il quadro, definito dalle Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 prima e del 22 maggio 2017 poi, adottate e referenziate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni del 20 dicembre 2012, individua 8 livelli e le rispettive qualifiche per risultati di apprendimento, secondo le categorie di conoscenza, abilità e competenza, indipendentemente dalla durata cronologica del percorso di studi. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 15 18/07/23 11:09 16 alcuni fenomeni. Il campione, oggetto di studio dei due autori, è suddiviso in 2.813 qualificati (pari al 73,5%) e 1.013 diplomati della IeFP, e viene ulteriormente analizzato in base ad alcune variabili ritrovabili nella tavola n. 1. Tav. 1: Distribuzione degli ex-allievi secondo le principali variabili socio-demografiche (2021; in %) Variabili 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Sesso 84,2 15,8 Età 19,4 41,1 24,6 11,5 2,6 0,5 0,2 Nazionalità 83,2 16,8 Regione 0,9 4,5 3,0 9,4 3,9 20,5 33,4 0,2 0,8 0,1 23,3 Circoscrizione 57,9 30,8 11,1 0,2 Titolo finale 73,5 26,5 Legenda: Sesso: 1 = maschio, 2 = femmina Età: 1 = 17 anni; 2 = 18 anni; 3 = 19 anni; 4 = 20 anni; 5 = 21 anni; 6 = 22 anni; 7 = altro; 8 = non risponde Nazionalità: 1= italiana; 2 = migratoria Regione: 1 = Abruzzo; 2 = Emilia-Romagna; 3 = Friuli-Venezia Giulia; 4 = Lazio; 5 = Liguria; 6 = Lombardia; 7 = Piemonte; 8 = Puglia; 9 = Umbria; 10 = Valle d’Aosta; 11 =Veneto Circoscrizione: 1 = Nord Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta); 2 = Nord Est (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Veneto); 3 = Centro (Abruzzo, Lazio, Umbria); 4 = Sud (Puglia) Titolo finale: 1 = Qualifica Professionale; 2 = Diploma Professionale N.B. In questa, come in tutte le altre tavole, per problemi di arrotondamento il totale può oscillare tra il 99,9% e il 100,1% Fonte: G. Malizia, F. Gentile, Il successo formativo degli allievi del CNOS FAP qualificati e diplomati nel 2019-20. In Rassegna CNOS, n. 1/2022, Tipografia Giammarioli, Roma, 2022, p. 120. La popolazione intervistata è presente su 11 regioni del territorio nazionale in cui la congregazione salesiana è riuscita, in accordo con la normativa regionale locale, a mettere in piedi un ente formativo accreditato CNOS-FAP regionale. La regione con maggiori presenze è il Piemonte, per motivi di identità e storia carismatica, a seguire il Veneto, la Lombardia ed il Lazio. Le altre presenze, meno significative a livello numerico, si collocano nel restante 5% della popolazione. Risulta particolarmente evidente l’assenza del Sud, esclusa la Puglia, e delle Isole, che hanno avuto una storia salesiana di formazione professionale piuttosto ragguardevole, come la Sici- CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 16 18/07/23 11:09 17 lia, ma che per diversi motivi (politici, economici, gestionali a vari livelli…) ad oggi non hanno presenze di IeFP significative. Nella descrizione del campione, inoltre, lo studio sottolinea la prevalente utenza maschile, tipica della tradizionale formazione professionale salesiana, pari all’84,2%. Con riferimento alla variabile “età”, il 60,5% ha ottenuto il titolo tra i 17 e i 18 anni, un dato che evidenzia la linearità del percorso nella maggioranza del campione, interrompendo un trend negativo nel tempo. La variabile “nazionalità” descrive un’utenza per la maggior parte italiana, pari all’83,2%, con il restante 16,8% composto da migranti o italiani di seconda generazione. La ricerca sottolinea come questo dato sia andato in leggero calo rispetto agli studi precedenti. Questa evidenziazione aprirebbe interessanti riflessioni sul sistema di accoglienza e formazione in Italia per minori non italiani, incrociando questioni di carattere politico e sociale, che interrogano i sistemi formativi, i quali potrebbero assolvere un ruolo di accoglienza e di promozione umana e civile. Messe così in evidenza alcune caratteristiche del campione, lo studio cerca di indagare, attraverso domande specifiche, alcuni elementi del percorso formativo, quali: il percorso formativo precedente all’ingresso nella IeFP, la tipologia di percorso di IeFP intrapreso ed in quale settore di qualifica, l’esperienza dello stage nella propria esperienza formativa. Per quanto riguarda gli studi precedenti all’esperienza nella formazione professionale, il 77% risulta provenire da un regolare percorso di secondaria di primo grado, il restante, poco più del quinto, viene da uno o due anni nella scuola secondaria di secondo grado, confermando una nuova identità della IeFP, quella di una scelta paritaria rispetto all’orientamento formativo in uscita dall’ex scuola media. Cresce la popolazione inserita nei percorsi triennali (72%) e in quelli quadriennali (26,5%), diminuiscono altre formule come i biennali o corsi annuali, che secondo gli autori andranno sempre più a sparire. Per quanto riguarda lo stage, vissuto da tutti gli intervistati nelle modalità previste dalle diverse normative regionali, viene ritenuto coerente con la qualifica professionale e giudicato molto utile in misura dell’apprendimento dall’88,5% degli intervistati, abbastanza utile dal 10,7% e inutile dallo 0,9%, confermando in un’autovalutazione da parte dell’allievo un’esperienza positiva e ormai consolidata nel tempo. Gli autori concludono questa sezione dell’indagine con una griglia di orientamento in entrata (Tav. 2). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 17 18/07/23 11:09 18 Tav. 2: I settori della qualifica e del diploma incrociati con le principali variabili socio-demografiche (2021; in VA e %) 18 un’esperienza positiva e ormai consolidata nel tempo. Gli autori concludono questa sezione dell’indagine con una griglia di orientamento in entrata (Tav. 2). TAV. 2: I SETTORI DELLA QUALIFICA E DEL DIPLOMA INCROCIATI CON LE PRINCIPALI VARIABILI SOCIO-DEMOGRAFICHE (2021; IN VA E %) Legenda: * = Energie alternative/rinnovabili - Edilizia ** = Lavorazione Artistica del Legno, Agricoltura, Amministrazione, Punto Vendita ***= Per problemi di arrotondamento le percentuali possono oscillare tra il 99,9% e il 101% VA = Valori Assoluti Fonte: G. Malizia, F. Gentile, Il successo formativo degli allievi del CNOS FAP qualificati e diplomati nel 2019-20, in Rassegna CNOS, n. 1/2022, Tipografia Giammarioli, Roma, 2022, p. 126. La scelta della qualifica professionale, incrociando alcuni dati del campione, vede ancora il primato dei settori di meccanica industriale, elettrico e automotive, a seguire turistico-alberghiero, grafico, con un gruppo finale di altri settori, al di sotto del 10%. Questo dato, a nostro avviso, è condizionato dalla storia della IeFP salesiana, dalle scelte delle presenze dei salesiani e dalla conformazione dei processi formativi su base regionale. Lo studio continua a presentare, ad un anno dalla qualifica, la situazione dei suoi ex-allievi, raggruppando le risposte tra chi ha proseguito gli studi più del 50%, oltre un terzo, cioè il 35,3% ha trovato un’occupazione, mentre il 7,9% è entrato nella categoria di coloro che non studiano, non seguono percorsi di formazione e non lavorano (NEET). Nella Tavola n. 3 lo studio presenta le diverse scelte incrociando i dati del campione, descrivendo gli allievi del nord-ovest più predisposti, dopo la qualifica, a scegliere di proseguire nella IeFP, quelli del nord-est continuare con gli studi scolastici, quelli del centro con un maggiore indice di prosecuzione degli studi, ma con un minore tasso di occupazione. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 18 18/07/23 11:09 19 Tav. 3: Posizione degli ex-allievi ad un anno dal titolo incrociata con il sesso, la circoscrizione e i settori (2021; in VA e %) 19 nord-ovest più predisposti, dopo la qualifica, a scegliere di proseguire nella IeFP, quelli del nord-est continuare con gli studi scolastici, quelli del centro con un maggiore indice di prosecuzione degli studi, ma con un minore tasso di occupazione. i settori (2021; in VA e %) Legenda: * = Energie alternative/rinnovabili - Edilizia ** = Lavorazione Artistica del Legno, Agricoltura, Amministrazione, Punto Vendita ***= Né lavora né studia VA = Valori Assoluti Fonte: G. Malizia, F. Gentile, Il successo formativo degli allievi del CNOS FAP qualificati e diplomati nel 2019-20, in Rassegna CNOS, n. 1/2022, Tipografia Giammarioli, Roma, 2022, p. 128. Per quanto riguarda gli allievi che hanno trovato un’occupazione, i settori più disponibili ad accogliere forza-lavoro sono la meccanica industriale con il 22,3%, intorno al 15% si situano quello elettrico-elettronico e turistico-alberghiero, appena superiori di automotive ed energetico, intorno al 10%, e a seguire gli altri settori, con percentuali più basse. Come indicato nel Rapporto in oggetto, «[...] se i settori non si prendono in considerazione in sé stessi ma in paragone con la ripartizione generale degli ex-allievi tra i comparti, emerge che la meccanica industriale, il benessere, la grafica, la lavorazione artistica del legno e l’amministrazione evidenziano una sostanziale corrispondenza tra le percentuali dei comparti occupazionali e quelle della qualifica/diploma, che il turistico-alberghiero, l’energia, il punto vendita e l’agricoltura presentano una capacità occupazionale superiore (le percentuali dei settori occupazionali sono maggiori di quelle dei comparti di qualifica/diploma) e che l’elettrico-elettronico e l’automotive, si contraddistinguono per una potenzialità minore (le percentuali dei settori occupazionali sono inferiori a quelle dei settori di qualifica/diploma). Mettendo insieme i due tipi di dati si può dire che la meccanica industriale e il turistico-alberghiero sono i comparti che possono assicurare una maggiore occupabilità»17. Ci rendiamo naturalmente conto che i dati descritti dagli autori richiederebbero da parte nostra un’analisi più approfondita con i dati degli anni precedenti, ma questa non è evidentemente la sede opportuna. Per questa ragione ci soffermiamo su alcune sottolineature emerse dalla stessa analisi che gli ex-allievi fanno con le loro scelte, 17 Malizia G., Gentile F., Il successo formativo degli allievi del CNOS FAP qualificati e diplomati nel 2019-20. In Rassegna CNOS, n. 1/2022, Tipografia Giammarioli, Roma, 2022, p. 131. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 19 18/07/23 11:09 20 vivendo nella IeFP salesiana un periodo positivo di formazione, che porta ad ulteriori forme di formazione o di impegno lavorativo, rimotivando, questo lo diciamo in forza della nostra esperienza, percorsi scolastici precedenti spesso segnati da profonde difficoltà e fallimenti. Crediamo proprio per questo motivo che valga ancora la pena investire su questo tipo di formazione, individuando risorse e criticità, in un cammino di sempre maggiore implementazione; riflessioni che saranno oggetto del prossimo paragrafo. 5. Un mondo da conoscere e rilanciare Il problema appena accennato nei paragrafi precedenti, cioè quello del pluralismo regionale della IeFP sul territorio nazionale, affonda le sue radici nella gestione delle competenze regionali tra loro decisamente differenti. Questa frammentarietà non è risolta dal principio cardine della Costituzione italiana che garantisce autonomia politica alle Regioni, facendosi comunque garante di unità ed invisibilità nella promozione di diritti e doveri su tutto il territorio. La ‘geopardizzazione’ della IeFP può generare naturalmente situazioni di: opposizione ideologica, una scarsa lungimiranza nelle scelte politico-legislative, cattiva amministrazione, corruzione, dando vita al paradosso di inesistenza e inefficacia18 di percorsi di IeFP dove più servirebbe. Per questo la certezza del diritto unitario e della messa a sistema dei percorsi garantirebbero una maggiore stabilità e promozione di un diritto allo studio che ad oggi viene precluso ad alcuni giovani studenti. Come evidenziato da G. M. Salerno: «[...] in questi ultimi casi, peraltro in spregio a una competenza costituzionalmente riconosciuta e in violazione di un diritto di cittadinanza – quello dell’istruzione e formazione – costituzionalmente garantito, si dovrebbe parlare di un “modello zero” o quasi zero di IeFP! Ad esempio, se si prendono in considerazione i dati relativi all’anno formativo 2018-2019, in Campania sono stati erogati solo 9 percorsi di IeFP presso istituzioni accreditate, mentre in Basilicata nessun percorso formativo di IeFP è stato erogato da istituzioni accreditate».19 Ci viene naturale risentire l’eco appassionata di don Bosco e del suo sistema preventivo, immaginando cosa potrebbe essere la prevenzione promossa dalla formazione professionale nelle zone centrali, meridionali e insulari in cui sono alti i tassi di: dispersione scolastica, disoccupazione, inserimento nella malavita organizzata, analfabetismo, rispetto alle medie nazionali. Questa disparità di trattamento richiede una reale adesione agli accordi nella Conferenza unificata tra Stato e Regioni, evitando che sia solo una negoziazione formale e troppo spesso disattesa. Garantire la pro- 18 Facciamo riferimento ad esempio a quelle regioni in cui il mancato allineamento temporale a quello degli altri canali scolastici nell’inizio dei percorsi, contribuisce indirettamente al mancato orientamento in ingresso per gli allievi ai percorsi di IeFP. 19 Salerno G. M., Istruzione e Formazione Professionale di fronte al decreto legislativo n. 61/2017. Modelli territoriali e principi di unitarietà, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2021, p. 12. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 20 18/07/23 11:09 21 mozione di percorsi di IeFP sull’intero territorio nazionale come reale ulteriore percorso di istruzione riuscirebbe, inoltre, a realizzare una fruttuosa verticalizzazione della filiera formativa. Se i percorsi triennali di formazione professionale risultano essere poco noti nella cultura comune, i percorsi duali e l’Istruzione Tecnica Superiore (ITS, la prima esperienza italiana di offerta formativa terziaria professionalizzante secondo un sistema consolidato da alcuni anni anche in altri paesi europei)20 possono essere definiti dei perfetti sconosciuti nel comune sistema di orientamento vigente. Inesistenti in diverse Regioni di Italia, l’assenza di questi percorsi di inserimento lavorativo, formazione e ulteriore specializzazione tecnica, generano la mancanza nel tessuto aziendale di figure specializzate. L’evidente conseguenza di questa lacuna formativa ed orientativa è il ritardo di collocazione di giovani o neo-diplomati nel mondo del lavoro, che continuano a peregrinare tra offerte scolastiche e formative varie, incapaci di unire domanda-offerta21. Per queste ragioni la ‘verticalizzazione’ della IeFP fino alla ITS, immaginando un percorso 4+2, piuttosto che l’attuale 5+2 (presente comunque in poche Regioni del Nord, in cui nei 5 anni è assente la IeFP), risulta ancora oggi la soluzione più convincente per un completo percorso di formazione professionale in linea con gli standard europei22. La realizzazione di questa filiera formativa, oltre che il sostegno delle istituzioni, richiede una seria riflessione e valutazione sulle competenze ed i profili di uscita dei percorsi triennali e quadriennali della IeFP. Questa linea di indagine cavalca l’onda di alcune spinte riformatrici endogene, come la via italiana al sistema duale23 del 2015 ed il decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 61 in materia di revisione dei percorsi di istruzione professionale in raccordo con i percorsi di IeFP. Proprio l’ultimo decreto citato spinge le realtà del MIUR e quelle dei CFP alla costruzione di una rete, capace di integrare queste realtà appartenenti a sottosistemi differenti. La rete dei CFP, salesiani e non, nonostante queste spinte esogene, aveva già individuato, nel periodo precedente al Covid-19, alcune linee di azione per raggiungere degli obiettivi ritenuti di una certa urgenza: promuovere e consolidare la qualità dell’offerta formativa, allineandosi ai livelli 3 e 4 dell’EQF e sostenere un ripensamento profondo della prospettiva culturale a partire dagli assi culturali. La proposta di lavoro, che ha iniziato la sua sperimentazione dal basso, si è posta e continua a porsi come meta quella della creazione di un curriculum più organico, unitario e verticale dei saperi, con lo sfondo unificante dell’antropologia cristiana, dando vita ad un canone formativo, cuore dell’ultimo capitolo di 20 Indire, (https://www.indire.it/wp-content/uploads/2022/05/Monitoraggio-nazionale-2022.-Rapporto_ originale.pdf), p. 12. 21 Prendiamo come esempio le grosse polemiche sull’alternanza scuola-lavoro. L’offerta, poco strutturata, non è stata capace di generare reali e utili luoghi di incontro tra studenti e mondo del lavoro, operazione che invece è cardine e tradizione della IeFP. Ciò a riprova dell’incomunicabilità dei due sistemi, che potrebbero invece imparare molto l’uno dall’altro. 22 Zagardo G., La IeFP nelle Regioni e nelle Province Autonome. L’anno del sorpasso, Roma, Tipografia Giammarioli, 2022. 23 Sistema Duale, (http://www.sistemaduale.lavoro.gov.it/news/Documents/Vademecum_Sistema_ Duale.pdf). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 21 18/07/23 11:09 22 questo lavoro. È sufficiente qui accennare che tale sperimentazione non è nata da una richiesta formale o tecnicista di metodo formativo, ma da una agognata rigenerazione dell’essenza stessa della IeFP, una revisione sostanziale, educativa ed integrale della sua proposta24: partendo proprio dall’anima, contro ogni forma di tecnicismo e di tono amministrativo; per superare la separazione tra cultura e lavoro, tra mondo antropico e mondo creato, rispondendo alla chiamata dell’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco; per togliere la Formazione Professionale da una posizione di anonimato e inferiorità rispetto alle proposte scolastiche; per porre le condizioni culturali per una maggiore solidità, riconoscibilità e prestigio della FP. Questo cambio di paradigma, non poco ambizioso, risponde così sia ad una richiesta esterna, normativa, italiana ed europea, sia ad una richiesta e ricerca di senso da parte dei nostri allievi, che vivono spesso gli anni della loro formazione in pratiche vetuste, non promuoventi il loro protagonismo, incapaci di mettere a sistema saperi inerti e parcellizzati, in ambienti troppo spesso poco inclusivi. Un tempo liminale come quello che stiamo vivendo (la crisi economica, la pandemia, conflitti internazionali) richiede scelte audaci e divergenti, fatte con passione ed autenticità, non possiamo stare con le mani in mano, ora più che mai non è più possibile farlo. 24 Nicoli D., La FP del futuro prossimo. Un’occasione straordinaria per pensare in grande, (https://www.cnos-fap.it/sites/default/files/rapporti/07_nicoli_-_fp_del_futuro_prossimo.pdf). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 22 18/07/23 11:09 Capitolo II LA PROGETTAZIONE DIDATTICA: PREMESSE TEORICHE CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 23 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 24 18/07/23 11:09 25 1. Premesse Dopo aver inquadrato nel primo capitolo i percorsi di IeFP dal punto di vista normativo, storico e salesiano, abbiamo concluso la trattazione con alcune linee di sviluppo: la prima di tipo istituzionale e politica, la seconda più legata ad un rinnovamento didattico. Proprio questo secondo tema, quello didattico, sarà il centro di questo capitolo e cuore dell’intero lavoro. La didattica è l’ambito di conoscenza finalizzata a migliorare la prassi dell’insegnamento, è un corpus di conoscenze e metodologie che permette di attivare processi di apprendimento efficaci. Dal dopoguerra ai giorni nostri ha cercato di emanciparsi dallo stato di puro metodo, fatto di contenuti e prassi standard, verso la creazione e stabilizzazione di un proprio statuto epistemologico. Questa nuova identità ha permesso e permette a questa scienza dell’educazione di porsi quesiti sempre nuovi, di rispondere alla formazione integrale della persona e di proporre progettazioni sempre più in dialogo con l’esperienza mutevole e complessa in cui opera. Per poter comprendere al meglio tale passaggio sarebbe interessante intraprendere un excursus storico approfondito della riflessione didattica, che aiuterebbe a comprendere quanto di buono c’è stato e cosa di migliore ci aspetta. Esulando dai nostri intenti, proponiamo invece una breve, anche se non esaustiva, panoramica di alcuni momenti e figure significative ed, infine, una nostra personale scelta di campo, che guiderà il resto del lavoro. La nascita della riflessione pedagogica e di conseguenza anche quella didattica è da rintracciare nell’era classica. La stessa etimologia della parola “didattica” viene dal verbo greco didàskein, traducibile sia con insegnare che mostrare. Nella paidèia, prima sintesi filosofico-culturale sul fanciullo e sul suo sviluppo, gli antichi greci mostrarono un ideale di uomo e di società da formare attraverso un metodo, parola che nella sua radice etimologica richiama una via da perseguire per raggiungere una meta. È tuttavia nel Medioevo che avviene una prima sistematizzazione della didattica, la spinta teologico-cristiana infatti delineò maggiormente valori, contenuti e programmi di insegnamento, ancora per pochi e con un approccio piuttosto dogmatico. La vera nuova riflessione sui metodi di insegnamento arrivò solo a partire dal XVII secolo con la svolta moderna dell’osservazione del mondo naturale e delle sue leggi. La curiosità di pensatori e filosofi nei confronti del metodo di indagine scientifico, portò la ricerca, anche in questa disciplina, ad una sostanziale emancipazione da saperi e prassi ritenuti intoccabili per secoli. In Europa i secoli moderni furono animati da una vivace e originale riflessione didattica da autori come Comenio (1592-1670), Locke (1632-1704) e Rousseau (1712-1778), che unirono riflessioni strategiche, sociali, antropologiche ed educative sul tema dell’apprendimento. L’attenzione rivolta alla scienza e alla società tipica di quegli anni, getterà le basi per nuovi approcci e sensibilità nella comunità scientifica europea dell’800. Con un sapore tipicamente romantico sarà l’uomo in genere ed il fanciullo nel nostro specifico a situarsi nel centro dell’azione pedagogica e didattica. Autori che spinsero questa CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 25 18/07/23 11:09 26 nuova cultura furono Pestalozzi (1746-1827), Froebel (1782-1852) ed Herbart (1776- 1841) iniziando ad implementare alla tradizionale riflessione pedagogica e filosofica in ambito didattico l’avvento di nuove scienze quali, ad esempio, la psicologia. Il secolo XX vedrà il moltiplicarsi esponenziale di figure, approcci e istanze rinnovatrici, che non potranno essere citate esaustivamente nell’economia del presente lavoro, ma che diverranno dei veri e propri punti di riferimento ancora molto cari alla letteratura odierna, come ad esempio Dewey (1859-1952) negli Stati Uniti, le scuole di Freinet (1896-1966) in Francia o Montessori (1870-1952) in Italia. Questi ed altri autori, in diversi contesti sociali ed istituzionali, proposero una rinnovata cultura, più comunemente conosciuta come attivismo, caratterizzata da tratti comuni nei loro differenti approcci: una più profonda attenzione ai bisogni del fanciullo, una logica pragmatista e puerocentrica, rispettosa delle motivazioni e delle energie tipiche della fase di sviluppo, all’interno di una sensibilità democratica, socializzante ed antiautoritaria1. Non potendoci soffermare su ulteriori sviluppi e autorevoli contributi offerti su questo tema da movimenti e autori come Tyler, Bloom (che riprenderemo comunque più avanti), Skinner ed il comportamentismo, Bruner, il cognitivismo, la Gestalt, Rogers e Maslow, la scuola di Francoforte, Gardner, il costruttivismo e tanti altri; è sufficiente dire che nel dopoguerra in un clima di ripartenza, dialogo internazionale e fiducia nell’apporto scientifico a tutto il mondo culturale, compreso quello pedagogico, si assiste ad una sostanziale applicazione di quello che sarà meglio conosciuto come “progettazione curricolare”, una concezione lineare e gerarchica delle conoscenze e degli apprendimenti. Tale approccio, che ha segnato la didattica dagli anni ’70 in poi, punta la sua efficacia nella struttura della progettazione, analitica e rigorosa, dalla fase dell’individuazione degli obiettivi di apprendimento a quella della valutazione; modello notoriamente conosciuto come ADDIE (Analysis, Design, Development, Implementation, Evaluation; Fig. 1). Come evidenziato: «[...] nella sua accezione completa un progetto include una fase preliminare di valutazione (analysis), basata su un confronto tra le condizioni e i vincoli di partenza (utente, contesto, risorse) e gli obiettivi da conseguire, una fase di progettazione in senso stretto, cioè di formulazione di ciò che si intende fare, conseguire e valutare, che si conclude in un documento di progetto (design), una fase di allestimento, cioè di preparazione di ciò che serve per l’attuazione (development), una fase di esecuzione effettiva (implementation) e una fase conclusiva di valutazione dei risultati conseguiti (evaluation)»2. 1 Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022. 2 Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 45. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 26 18/07/23 11:09 27 Fig. 1 Il modello ADDIE: le componenti fondamentali di un progetto 28 il fondamentali di un progetto Fonte: BONAIUTI G., CALVANI A., RANIERI M, Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 46. Questa modalità progettuale, che ha gestito non solo tutta la didattica, ma anche tutto il mondo sociale e del terzo settore, si è scontrata con una realtà umana e sociale molto “meno” lineare, che ne ha evidenziato alcune lacune e smascherato alcune semplificazioni. La complessità scientifica, sociologica ed educativa del nuovo millennio (basti pensare allo stravolgimento epocale della globalizzazione con il web) ha richiesto e continua a richiedere una progettazione didattica differente. Partendo da una concezione più circolare della conoscenza, ricorsiva e più flessibile, con un approccio che favorisca la costruzione del sapere da parte del soggetto e del contesto, la didattica dovrà sollecitare apprendimenti multidimensionali e sollecitanti le diverse intelligenze della persona, generando vere e proprie comunità di apprendimento. Con rispetto e giusto confronto con il modello ADDIE ed altri simili, non buttando il bambino con l’acqua sporca, siamo d’accordo con quanto detto da Castoldi: «la logica della complessità postula un rapporto di circolarità tra i momenti del progettare, dell’agire e del valutare, non pensati in sequenza cronologica e logica, bensì in continuo dialogo e interazione reciproca; la fase progettuale, di ideazione dell’azione, rimane un punto di partenza, ma si intreccia inestricabilmente con l’azione stessa e con la sua valutazione, in un Fonte: Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 46. Questa modalità progettuale, che ha gestito non solo tutta la didattica, ma anche tutto il mondo sociale e del terzo settore, si è scontrata con una realtà umana e sociale molto “meno” lineare, che ne ha evidenziato alcune lacune e smascherato alcune semplificazioni. La complessità scientifica, sociologica ed educativa del nuovo millennio (basti pensare allo stravolgimento epocale della globalizzazione con il web) ha richiesto e continua a richiedere una progettazione didattica differente. Partendo da una concezione più circolare della conoscenza, ricorsiva e più flessibile, con un approccio che favorisca la costruzione del sapere da parte del soggetto e del contesto, la didattica dovrà sollecitare apprendimenti multidimensionali e sollecitanti le diverse intelligenze della persona, generando vere e proprie comunità di apprendimento. Con rispetto e giusto confronto con il modello ADDIE ed altri simili, non buttando il bambino con l’acqua sporca, siamo d’accordo con quanto detto da Castoldi: «[...] la logica della complessità postula un rapporto di circolarità tra i momenti del progettare, dell’agire e del valutare, non pensati in sequenza cronologica e logica, bensì in continuo dialogo e interazione reciproca; la fase progettuale, di ideazione dell’azione, rimane un punto di partenza, ma si intreccia inestricabilmente con l’azione stessa e con la sua valutazione, in un processo di progressiva messa a punto del progetto, non più come qualcosa che precede l’azione»3. Per questo crediamo più efficace un modello come quello proposto da Castoldi con la Mappa di Kerr (Fig. 2), che cerca di mantenere in continuo equilibrio le fasi della progettazione, con un approccio più cosciente della realtà con la quale dialoga, in cui l’analisi dei bisogni, la progettazione, l’implementazione e la valutazione sono momenti in continuo collegamento e rimodulazione. I momenti informativi, dell’analisi dei bisogni e della valutazione, ed i momenti operativi della progetta- 3 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 125. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 27 18/07/23 11:09 28 zione e dell’implementazione, faranno della progettazione didattica una continua auto-riflessione, rispondente a quella phronesis necessaria nell’azione educativa e formativa. Fig. 2 Mappa di Kerr 29 realtà con la quale dialoga, in cui l’analisi dei bisogni, la progettazione, l’implementazione e la valutazione sono momenti in continuo collegamento e rimodulazione. I momenti informativi, dell’analisi dei bisogni e della valutazione, ed i momenti operativi della progettazione e dell’implementazione, faranno della progettazione didattica una continua auto-riflessione, rispondente a quella phronesis necessaria nell’azione educativa e formativa. Fig. 2 Mappa di Kerr Fonte: CASTOLDI M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 134. Questo schema ed il suo approccio ha tanto colpito la nostra attenzione e ci è sembrato, più di altri, rispondere alle esigenze di sintesi tra tradizione della IeFP e della didattica, slancio verso gli “Assi Culturali” ed esigenze di 27 CASTOLDI M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 125. Fonte: Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 134. Questo schema ed il suo approccio ha tanto colpito la nostra attenzione e ci è sembrato, più di altri, rispondere alle esigenze di sintesi tra tradizione della IeFP e della didattica, slancio verso gli “Assi Culturali” ed esigenze di ammodernamento della proposta formativa e didattica. Proprio questi elementi della progettazione – traguardi, contenuti, processi e valutazione – guideranno i prossimi paragrafi, in cui cercheremo di selezionare per ognuno di essi alcuni stimoli, vista la mole veramente vasta di letteratura, offrendo una nostra proposta operativa. 2. Traguardi: le competenze Introdotte e chiarite, per quanto ci è stato possibile fare in questa sede, alcune premesse alla fase operativa, ci soffermeremo in questo paragrafo sui perché della progettazione didattica. Quali tipi di apprendimento dovrebbe andare a sollecitare il nostro insegnamento? Quali ambiti di sviluppo riuscirà a coprire? Da dove derivano questi traguardi e quale soglia definiscono? Le risposte che suggeriamo in linea con quanto detto e promosso a livello normativo internazionale ed europeo sono quelle relative al vasto ed articolato tema delle competenze. Come già esplicitato nelle premesse non poniamo in antitesi questa proposta con quanto offerto da una progettazione curricolare o per obiettivi, che richiameremo più nel dettaglio nel paragrafo della valutazione. Il nostro desiderio è quello di riuscire a fare sintesi tra questi due mondi, senza accantonare tout court l’ADDIE o la docimologia, arricchendo e completando entrambi gli approcci, quelli appena citati con quelli della didattica per CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 28 18/07/23 11:09 29 competenze, colmando eventuali lacune o semplificazioni di ambedue le proposte. Il tema della competenza che verrà sviscerato in questo paragrafo nella sua dimensione teorica, normativa ed operativa, risulta rispondere, come già accennato, ad una logica di complessità. L’apprendimento dei nostri allievi è capace di stimolare risposte concrete a problemi che incontreranno nella loro vita lavorativa e non? Proveremo a spiegare in alcuni passaggi di questo lavoro come la letteratura di riferimento ha risposto negativamente a questa domanda, individuando nei soli contenuti, per quanto completi e aderenti agli insegnamenti, delle nozioni inerti e poco rispondenti alla vita futura dei nostri studenti. Questi inoltre sono immersi in un mondo con un surplus continuo di informazioni, che oggi, più che da dover sapere, deve essere riconosciuto nella propria validità e capito nel suo possibile utilizzo e potenzialità. I saperi poi da un utilizzo che in passato era procedurale, stabile e prevedibile, entrano oggi in una logica più ampia e mutevole, flessibile ed in continua evoluzione; per questo lo studente attuale ed il lavoratore di domani dovrà avere con sé un bagaglio «“leggero ed intelligente”4, utile per peregrinare in questa complessità ed adatto ad una necessaria rielaborazione personale. Queste esigenze richiederanno una persona competente in grado, cioè, di operare in situazioni nel proprio contesto, mobilitando le proprie risorse interne, ma anche in dialogo con risorse esterne, materiali e relazionali, coordinando saperi e abilità in una chiave originale e personale. Questa cifra personale individuata negli studi sulle competenze, ribalta la logica di didattica unidirezionale insegnante-allievo, in una prospettiva più aperta di comunità di apprendimento, in un continuo scambio allievo-insegnante- oggetto-contesto (Fig. 3), dove diverse dimensioni: organizzative, metodologiche e relazionali, concorrono alla costruzione di un setting di studio». Fig. 3 Azione di insegnamento: dimensione di analisi 31 sono immersi in un mondo con un surplus continuo di informazioni, che oggi, più che da dover sapere, deve essere riconosciuto nella propria validità e capito nel suo possibile utilizzo e potenzialità. I saperi poi da un utilizzo che in passato era procedurale, stabile e prevedibile, entrano oggi in una logica più ampia e mutevole, flessibile ed in continua evoluzione; per questo lo studente attuale ed il lavoratore di domani dovrà avere con sé un bagaglio «leggero ed intelligente»28, utile per peregrinare in questa complessità ed adatto ad una necessaria rielaborazione personale. Queste esigenze richiederanno una persona competente in grado, cioè, di operare in situazioni nel proprio contesto, mobilitando le proprie risorse interne, ma anche in dialogo con risorse esterne, materiali e relazionali, coordinando saperi e abilità in una chiave originale e personale. Questa cifra personale individuata negli studi sulle competenze, ribalta la logica di didattica unidirezionale insegnante-allievo, in una prospettiva più aperta di comunità di apprendimento, in un continuo scambio allievo-insegnante-oggetto-contesto (Fig. 3), dove diverse dimensioni: organizzative, metodologiche e relazionali, concorrono alla costruzione di un setting di studio. Fig. 3 Azione di insegnamento: dimensione di analisi 28 BATINI F., Insegnare per competenze, Torino, Loescher, 2013. Fonte: Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 61. 4 Batini F., Insegnare per competenze, Torino, Loescher, 2013. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 29 18/07/23 11:09 30 Questi ultimi stimoli introducono il prossimo paragrafo, in cui proveremo a definire come e dove il soggetto apprende, superando il concetto del solo apprendimento legato ai banchi di scuola in una lezione frontale. 2.1. Come e dove si apprende La transizione richiesta alla scuola e alla formazione per la promozione di percorsi di apprendimento per competenze è un vero e proprio cambio di paradigma. Tutti gli attori ed i protagonisti di questa rivoluzione devono potersi avvalere di ogni risorsa e mezzo a disposizione e, con attenzione, indagare e scandagliare le pieghe quotidiane dell’insegnamento. Questo lavoro di ricerca e studio permetterà di non fermarsi ad un mero cambio di diciture e procedure formali (sono anni infatti che già si parla di competenze negli ambienti educativi, ma con modalità errate e superficiali) promuovendo, invece, una reale traduzione delle prassi dell’agire didattico. Per poter iniziare a ragionare sui processi di apprendimento ci è venuto spontaneo chiederci: quali sono i luoghi deputati all’apprendimento? Qual è la modalità più efficace per farlo? Le definizioni di competenza che vedremo più avanti e alcuni spunti della valutazione, come quello di Pellerey, descrivono la competenza come il prodotto di diversi fattori, non tutti presenti nelle aule dei nostri istituti e centri. Facciamo un esempio: un ragazzo che nel suo gruppo di volontariato organizza una festa con i suoi compagni di animazione, esperienza tipica della tradizione salesiana, mobilita risorse interne ed esterne, in una continua esperienza di problem solving: dialoga con coetanei, adulti e bambini più piccoli di lui, analizza bisogni e cerca di valutare la propria esperienza in base a quanto progettato, sia durante l’attività che alla fine della stessa. Avrà forse anche coordinato all’interno dell’attività una parte di comunicazione della festa ed una parte economica per rientrare nel budget stanziato per l’evento. Un vero e proprio compito multidisciplinare, sfidante ed autentico. Esperienze come questa, estendibili ad altri ambienti extrascolastici, sono la meta che la scuola continua a porsi, ma che spesso non riesce a raggiungere con suo gran rammarico. Questa divisione, tra il mondo scolastico e quello extra-scolastico è un’asimmetria perpetuata fino agli anni sessanta del secolo scorso: «[...] solo a partire dagli anni Settanta ci fu una progressiva identificazione e legittimazione delle realtà operanti nei diversi ambiti della formazione, fino al riconoscimento del valore dei molteplici luoghi e momenti dell’insegnare-apprendere sancito nel 1996 con la proclamazione dell’Anno europeo dell’istruzione e della formazione lungo tutto l’arco della vita»5. Grazie dunque al contributo comunitario scaturirono due importanti concetti fondamentali per la messa a fuoco delle competenze, quello di learning society, intravedendo nella società un luogo di continuo e costante apprendimento da parte di tutti, e quello di lifelong learning, ridefinendo l’apprendimento come un processo che continua lungo tutto l’arco della vita. Estendendo l’apprendimento a tutto l’arco ed ogni 5 Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 114. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 30 18/07/23 11:09 31 situazione della vita, l’Unione Europea dal 2001 introdusse la questione relativa alle tre tipologie di apprendimento: formale, non formale e informale. L’apprendimento formale è quello che si sviluppa in percorsi istituzionali come scuole, università o enti formativi; il non formale si svolge al di fuori di ambienti formativi canonici (come ad esempio oratori, associazioni, sindacati…) e non rilascia generalmente una certificazione ufficiale; ed infine quello informale si riceve nella vita quotidiana (famiglia, lavoro, amici…), non è intenzionale e spesso il soggetto non sa di possederlo. Questa apertura della visione degli apprendimenti ha inciso sull’idea di come il soggetto apprende e di come l’azione formativa dei diversi contesti debba essere messa a sistema, specie nelle fasi della prima formazione. La rilettura personale dei saperi, caratteristica fondamentale della competenza, non viene dunque appresa solo a scuola, e la scuola, come la IeFP, ha dovuto e deve interrogarsi su come integrare questa istanza nella sua quotidiana formazione. Chiaramente la separazione dei contesti di formazione (Fig. 4) ha un intento puramente analitico, il soggetto infatti fa continuamente sintesi, spesso in maniera inconsapevole di questi saperi e abilità e li mobilita alla bisogna; siamo d’accordo infatti con Ugolini quando afferma che: «[...] una eccessiva rigidità nei confini non appare così strutturale, benché possa essere utile, tipicamente, per individuare le migliori strategie per il riconoscimento e la convalida»6. Fig. 4 Azione di insegnamento: dimensione di analisi 34 caratteristica fondamentale della competenza, non viene dunque appresa solo a scuola, e la scuola, come la IeFP, ha dovuto e deve interrogarsi su come integrare questa istanza nella sua quotidiana formazione. Chiaramente la separazione dei contesti di formazione (Fig. 4) ha un intento puramente analitico, il soggetto infatti fa continuamente sintesi, spesso in maniera inconsapevole di questi saperi e abilità e li mobilita alla bisogna, siamo d’accordo infatti con Ugolini quando afferma che: «una eccessiva rigidità nei confini non appare così strutturale, benché possa essere utile, tipicamente, per individuare le migliori strategie per il riconoscimento e la convalida»30. Fig. 4 Azione di insegnamento: dimensione di analisi Fonte: BONAIUTI G., CALVANI A., RANIERI M, Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 115. Compresa dunque l’estensione e la pervasività degli ambienti di apprendimento ad ogni situazione e fase della vita, siamo alla seconda questione, approfondire cioè il come si apprende. 30 UGOLINI F., Apprendimento informale: inquadramento storico, politico e concettuale, in UGOLINI F. (a cura di), Apprendimento informale. Aspetti multidisciplinari e prospettive di ricerca, Lecce – Brescia, Pensa Multimedia Editore, 2013, p. 23. Fonte: Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 115. 6 Ugolini F., Apprendimento informale: inquadramento storico, politico e concettuale, in Ugolini F. (a cura di), Apprendimento informale. Aspetti multidisciplinari e prospettive di ricerca, Lecce – Brescia, Pensa Multimedia Editore, 2013, p. 23. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 31 18/07/23 11:09 32 Compresa dunque l’estensione e la pervasività degli ambienti di apprendimento ad ogni situazione e fase della vita, siamo alla seconda questione, approfondire cioè il come si apprende. Per rispondere a questo interrogativo ci avvaliamo del lavoro di John Anderson, riportato da Trinchero7, che attraverso alcuni asserti, frutto di decenni di ricerca neuroscientifica, ha individuato cosa avviene nella nostra mente quando apprendiamo: a) diventa conoscenza duratura solo l’informazione alla quale possiamo assegnare significato; b) la conoscenza è un insieme di rappresentazioni mentali; c) una buona rappresentazione mentale dipende da un’elaborazione profonda e significativa delle esperienze e dei materiali di studio; d) buone rappresentazioni di partenza aiutano nell’assegnazione di significato a nuove informazioni; e) buone rappresentazioni mentali sono alla base di un problem solving efficace; f) ragionare su materiali concreti aiuta nell’assegnazione di significato; g) le rappresentazioni mentali diventano nel tempo modelli mentali dotati di relativa stabilità; h) la pratica rende automatiche le operazioni cognitive; i) per costruire buone rappresentazioni mentali è importante una buona guida istruttiva; j) gli apprendimenti vengono trasferiti tra discipline sulla base di meccanismi di analogia; k) suddividere sequenze istruttive complesse in sottosegmenti più semplici agevola la costruzione di buone rappresentazioni; l) isolare gli asserti semplici nello studio di un testo agevola la costruzione di buone rappresentazioni; m) i processi di costruzione di rappresentazioni avvengono in modo analogo in adulti e bambini; n) i soggetti scelgono se è per loro più conveniente investire risorse cognitive nello studio o in altre attività. Non potendo soffermarci più analiticamente su ogni singolo asserto, possiamo dire in sintesi che l’attribuzione di significato da parte del soggetto ad un’informazione rende efficace il passaggio della stessa nella memoria a lungo termine, a prescindere dalla veridicità o dalla misconcezione a cui arriva. Tali rappresentazioni hanno forma di concetto, che si legano in relazione ad altri concetti, dando vita ad asserti semplici, le più piccole unità di significato. Questi asserti più saranno approfonditi e significativi, associabili con altre rappresentazioni, più saranno facilmente richiamabili o colmabili, qualora fossero incompleti o poco definiti. La buona costruzione 7 Anderson J., Cognitive Psycology and its Implication, New York, Worth, 2009, citato da: Trinchero R., Costruire, valutare, certificare competenze. Proposte di attività per la scuola, Milano, FrancoAngeli, 2012, pp. 16-22. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 32 18/07/23 11:09 33 delle rappresentazioni è dunque necessaria per un efficace problem solving e per limitare il sorgere di misconcezioni. Aiuta molto di più, continua a spiegare lo stesso lavoro, operare su materiali concreti, ai quali è più semplice attribuire significati, per arrivare a concetti astratti di altre discipline. Queste rappresentazioni mentali possono dare vita a dei modelli mentali, veri e propri modi di leggere il mondo, che se scarsamente efficaci, possono rendere difficile la raccolta di informazioni non sondabili da questi dispositivi interni. La pratica rinforza il problem solving che diventa sempre più automatico, scartando inconsciamente pratiche provate, ma successivamente ritenute inefficaci. Fa la differenza anche la relazione istruttiva che guida l’apprendimento, la modalità di supervisione e non di sostituzione, il clima di fiducia ed i feedback costanti. Gli apprendimenti, inoltre, si trasferiscono meglio tra discipline in modalità analogiche e con una suddivisione in concetti, principi e strategie tassonomici, ben sedimentati nelle diverse fasi, che fanno da fondamenta per gli studi successivi. Sottolineiamo infine dagli asserti di Anderson la componente della motivazione, il soggetto infatti sceglie dove investire le proprie risorse cognitive, soprattutto se le ritiene utili o se sente auto-efficacia, confermando l’effetto Pigmalione, che vedremo nel paragrafo della docimologia. Emerge così, da questi principi appena accennati, che alcune pratiche quotidiane dell’azione didattica come: la pura memorizzazione; l’assenza di una guida strategica; la prosecuzione degli insegnamenti senza una verifica continua delle fondamenta su cui poggiano o la mancanza di una proposta intelligente di problem solving e di scaffolding8 risultano essere strategie decisamente inefficaci di insegnamento. Partendo da questi due interrogativi esposti nel paragrafo, abbiamo provato a dare delle sintetiche risposte, che ci sembrano in linea con la prospettiva comunitaria del lifelong learning. L’apprendimento è dunque un tema molto più ampio ed articolato di quanto sia stato proposto dalla didattica tradizionale, a nostro avviso accantonata, troppo spesso, solo formalmente. La riflessione europea si è fatta così promotrice e garante di una nuova cultura didattica, che sarà oggetto del prossimo paragrafo. 2.2. Percorso storico di definizione comunitaria Per comprendere al meglio le ragioni storiche che hanno generato mutamenti nella scuola e nella IeFP negli ultimi 20 anni è necessario, a nostro avviso, ripercorrere la prospettiva internazionale; seguire le principali azioni nel nostro ambito di ricerca promosse da alcuni organismi come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) o l’Unione Europea (UE); delinearne gli approcci; soffermarci sulle competenze chiave e sul Quadro europeo delle qualifiche (EQF). Come già accennato in diversi punti della nostra trattazione, l’abbandono di un’otti- 8 Strategia di stampo cognitivista, che prevede la creazione di una “impalcatura di sostegno”, traducendo letteralmente, che l’insegnante garantisce all’allievo attraverso aiuti tecnici, organizzativi o personali, da limitare man mano che l’allievo progredisce verso una propria autonomia. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 33 18/07/23 11:09 34 ca lavorativa standard e procedurale per un paradigma della complessità ha segnato la riflessione economica, scientifica, sociale e politica già dagli anni Settanta dello scorso secolo. Tutto questo ha necessariamente aperto un dibattito sulla questione apprendimenti, che in genere si fa partire dal rapporto degli Stati Uniti d’America intitolato A nation at risk del 1983, che lanciò un allarme sulla situazione economica e politica di un paese che rifletteva sulla sua perdita di produttività e cercava nell’istruzione e nella formazione la soluzione a questo suo indebolimento. Si aprirono così dibattiti nuovi tra istituzioni, organizzazioni internazionali e ambienti scolastici, mondi poco sinergici fino a quel momento. La riflessione sulla qualità delle performance, dunque, andrà avanti interpellando realtà internazionali come l’OCSE9. Costituito per ragioni politiche e di sviluppo, pur non occupandosi direttamente di educazione, coglierà in essa una risorsa essenziale per la promozione della crescita economica, cercando in questo binomio un difficile ma efficace equilibrio. Per raggiungere in particolare questo obiettivo, dal 2000 l’organizzazione promuove il programma PISA (Programme for International Student Assessment), un’indagine internazionale che periodicamente compara dati educativi ed istituzioni scolastiche su larga scala, nei territori dei paesi membri e non, con cadenza triennale. I contributi espressi in questo ambiente internazionale, si intersecarono con i contributi dell’UE, che cercò di individuare come obiettivo quello della costruzione di una cultura comunitaria, valorizzando specificità nazionali e favorendo mobilità tra i paesi membri, è un esempio piuttosto chiaro di questi intenti la priorità di una riforma dell’istruzione espressa dal trattato di Maastricht del 1993. È propria di quegli anni la presa di coscienza europea della propria inadeguatezza sul piano del capitale tradizionalmente inteso in senso economico, come ad esempio quello delle materie prime, e la scelta di campo di puntare sul capitale umano: «L’espressione ha avuto una rapida ed ampia diffusione negli ultimi vent’anni, per analogia con la terminologia economica che identifica le risorse materiali a disposizione di una data società. Il capitale umano viene incluso nelle risorse economiche insieme all’ambiente e al capitale fisico, ed è costituito dall’insieme delle facoltà e delle risorse umane, in particolare conoscenza, istruzione, informazione, capacità tecniche, acquisite durante la vita da un individuo, che danno luogo alla capacità umana di svolgere attività di trasformazione e di creazione e finalizzate al raggiungimento di obiettivi sociali ed economici, singoli o collettivi»10. 9 L’OCSE nacque nel 1960 dalle ceneri del Piano Marshall, programma in cui gli Stati Uniti investirono ingenti somme di denaro per ricostruire l’Europa distrutta dal secondo conflitto, evitando l’espansione della Russia, rivale dell’allora Guerra Fredda. Attualmente conta 36 membri, in origine quasi tutti di origine occidentale, ed ha come obiettivo quello dello sviluppo economico attraverso il confronto ed il coordinamento di politiche locali ed internazionali dei paesi che ne fanno parte. 10 Allulli G., Dalla Strategia di Lisbona a Europa 2020, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2015, p. 7. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 34 18/07/23 11:09 35 La Commissione Europea, cercando di implementare la volontà espressa dal Consiglio Europeo, attraverso i Libri Bianchi ed il concetto di società della conoscenza, iniziò a delineare la società europea come un luogo di apprendimento continuo e la tecnologia come strumento di sviluppo della conoscenza. È anche di questa fase la dicitura, già accennata nel nostro lavoro, di lifelong learning, che stravolgerà l’idea di scuola e apprendimenti tradizionali. Così proprio dalla strategia di Lisbona del 2000, per rispondere alla globalizzazione ed alla economia digitale, i capi di stato della UE scelsero come obiettivo strategico quello di puntare su un’economia basata sulla conoscenza, che fosse competitiva e dinamica. La commissione, recependo tale meta, avviò dei lavori di consultazione attraverso un Memorandum (2000) per ridefinire il lifelong learning come un apprendimento permanente, senza soluzione di continuità: «non più, quindi, una formazione iniziale successivamente “richiamata” a intervalli regolari con ulteriori momenti di studio, bensì un apprendimento che ha luogo in maniera continua dentro e fuori i contesti esplicitamente deputati ad esso. Un apprendimento siffatto non si limita ad essere lifelong, cioè estendersi in durata da un capo all’altro dell’esistenza, ma anche lifewide, in senso spaziale, abbracciando, cioè, tutti gli aspetti della vita»11. Questa nuova prospettiva introdurrà i diversi ambiti di apprendimento (formale, non formale e informale), la promozione di nuove competenze di base e qualifiche più trasparenti, come accennato nel capitolo precedente introducendo l’EQF. Questa linea operativa sulle competenze di base, che interessa particolarmente la fase della nostra trattazione e spiega il perché di questo excursus normativo, indicherà, prima nella Strategia di Lisbona e poi nel Memorandum, come fondamentali, per i cittadini dell’UE nella società della conoscenza e nell’apprendimento in tutto l’arco della vita, competenze tecnologiche, di lingua straniera, di imprenditorialità e di tipo sociale. Questi elementi saranno individuati come centrali per la partecipazione attiva nella società e nell’economia europea, sia per il mercato ed il lavoro reali o virtuali, sia per la vita democratica e personale del cittadino. Le politiche successive, intersecandosi con i risultati del PISA in ambito di lettura, matematica e scienze, giungeranno a promuovere nove competenze chiave per la cittadinanza attiva, all’interno del progetto DeSeCo (Definition and Selection of Competencies) promosso dall’OCSE. Quest’ultimo, nato: «[...] per fornire una struttura concettuale più solida e […] allo scopo di produrre un’analisi coerente e condivisa di quali competenze chiave sono necessarie per la vita adulta»12, promosse un sistema assiologico condiviso fondato su: democrazia, sviluppo sostenibile, promozione e rispetto dell’altro, per la 11 Ugolini F., Apprendimento informale: inquadramento storico, politico e concettuale, in Ugolini F. (a cura di), Apprendimento informale. Aspetti multidisciplinari e prospettive di ricerca, Lecce – Brescia, Pensa Multimedia Editore, 2013, p. 17. 12 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 33. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 35 18/07/23 11:09 36 creazione di una società più equa. Le nove competenze, divise in 3 categorie, furono le seguenti13: I. Servirsi di strumenti in maniera interattiva: 1. Capacità di utilizzare la lingua, i simboli, i testi in maniera interattiva. 2. Capacità di utilizzare le conoscenze e le informazioni in maniera interattiva. 3. Capacità di utilizzare le nuove tecnologie in maniera interattiva. II. Interagire in gruppi eterogenei: 4. Capacità di stabilire buone relazioni con gli altri. 5. Capacità di cooperare. 6. Capacità di gestire e di risolvere conflitti. III. Agire in modo autonomo. 7. Capacità di agire in un contesto complesso. 8. Capacità di elaborare e realizzare i programmi di vita e progetti personali. 9. Capacità di affermare i propri diritti, interessi, limiti e bisogni. Da questo quadro di riferimento, inoltre, il consiglio dell’UE ed il parlamento europeo approvarono una Raccomandazione volta a delineare 8 competenze chiave per l’apprendimento permanente14 (2006), con lo scopo di definire quali fossero le competenze fondamentali che l’istruzione e la formazione dovessero garantire ai giovani per sviluppare ulteriori competenze nel lifelong and lifewide learning. Esse sono: 1. comunicazione nella madrelingua; 2. comunicazione nelle lingue straniere; 3. competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4. competenza digitale; 5. imparare ad imparare; 6. competenze sociali e civiche; 7. spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8. consapevolezza ed espressione culturale. Ci limitiamo a citarle in questa sede, sottolineando comunque: i riferimenti prettamente scolastici o formativi nelle prime tre competenze; la novità della competenza digitale, che supera il concetto di sola alfabetizzazione tecnologica per un inserimento più consapevole e autonomo nel mondo digitale; la ricerca di un presupposto di auto-apprendimento di sapore metacognitivo con la meta dell’imparare ad imparare; 13 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, pp. 34-35 14 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenza chiave per l’apprendimento permanente, (https://eur-lex.europa.eu/legal- content/IT/TXT/ PDF/?uri=CELEX:32006H0962&from=IT). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 36 18/07/23 11:09 37 un’anima sociale, che riprende la sensibilità già espressa dal DeSeCO nella sesta competenza; una spinta all’auto-iniziativa con il concetto di imprenditorialità ed, infine, la coscienza e la capacità comunicativa della propria espressione culturale nei diversi linguaggi. Volendo rispondere sempre più efficacemente al tema della complessità e dello sviluppo sostenibile, la ragguardevole sintesi proposta nel 2006 è stata poi ripresa e rinnovata dalla Raccomandazione del 201815, proponendo ulteriori spunti di riflessione e conseguente pratica formativa e didattica. Esse sono: 1. competenza alfabetica funzionale; 2. competenza multilinguistica; 3. competenza matematica e competenza di base in scienze e tecnologie; 4. competenza digitale; 5. competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare; 6. competenza sociale e civica in materia di cittadinanza; 7. competenza imprenditoriale; 8. competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturale. Il percorso normativo europeo ed internazionale sugli apprendimenti che abbiamo finora accennato, nelle parti che abbiamo ritenuto essenziali, è stato in Italia integrato dal decreto del 22 agosto 2007 sul Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione. Non ci è possibile naturalmente analizzare a fondo la normativa italiana, nel suo percorso storico evolutivo, abbiamo però ritenuto utile ai nostri fini citare questo decreto, per evidenziare come il quadro delle 8 competenze chiave europee, siano diventate nella nostra normativa competenze di base e di cittadinanza16. Questo documento inoltre, rispondendo da una parte all’esigenza dell’apprendimento permanente e dall’altra alla certificazione dei livelli dell’EQF sui nostri modelli di istruzione e formazione, ha introdotto per la prima volta nella nostra legislazione il concetto di asse culturale, fondamentale per la nostra trattazione e che vedremo più a fondo in seguito17. 15 Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, (https://eur-lex.europa.eu/legal- content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018H0604(01)). 16 Decreto 22 agosto 2007, n. 139, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione. 17 Ci è sembrato utile però richiamare anche in questo punto del lavoro il concetto di asse culturale, visto che proprio in questo decreto si apre una seria riflessione sulla necessaria interdisciplinarietà e flessibilità dell’istruzione secondaria, caratterizzata fino a quel punto, invece, da una specializzazione e separazione degli insegnamenti per discipline. Questo orientamento, ancora oggi recepito perlopiù solo formalmente, è nato in quella sede per il raggiungimento delle competenze di base e cittadinanza nella normativa sull’obbligo scolastico; obiettivo ritenuto di difficile perseguimento con la proposta formativa parcellizzata offerta dalla secondaria fino ad oggi. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 37 18/07/23 11:09 38 Le competenze individuate sono: 1) Imparare ad imparare: organizzare il proprio apprendimento, individuando, scegliendo ed utilizzando varie fonti e varie modalità di informazione e di formazione (formale, non formale ed informale), anche in funzione dei tempi disponibili, delle proprie strategie e del proprio metodo di studio e di lavoro. 2) Progettare: elaborare e realizzare progetti riguardanti lo sviluppo delle proprie attività di studio e di lavoro, utilizzando le conoscenze apprese per stabilire obiettivi significativi e realistici e le relative priorità, valutando i vincoli e le possibilità esistenti, definendo strategie di azione e verificando i risultati raggiunti. 3) Comunicare: a) comprendere messaggi di genere diverso (quotidiano, letterario, tecnico, scientifico) e di complessità diversa, trasmessi utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico, scientifico, simbolico, ecc.) mediante diversi supporti (cartacei, informatici e multimediali) b) rappresentare eventi, fenomeni, principi, concetti, norme, procedure, atteggiamenti, stati d’animo, emozioni, ecc. utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico, scientifico, simbolico, ecc.) e diverse conoscenze disciplinari, mediante diversi supporti (cartacei, informatici e multimediali). 4) Collaborare e partecipare: interagire in gruppo, comprendendo i diversi punti di vista, valorizzando le proprie e le altrui capacità, gestendo la conflittualità, contribuendo all’apprendimento comune ed alla realizzazione delle attività collettive, nel riconoscimento dei diritti fondamentali degli altri. 5) Agire in modo autonomo e responsabile: sapersi inserire in modo attivo e consapevole nella vita sociale e far valere al suo interno i propri diritti e bisogni riconoscendo al contempo quelli altrui, le opportunità comuni, i limiti, le regole, le responsabilità. 6) Risolvere problemi: affrontare situazioni problematiche costruendo e verificando ipotesi, individuando le fonti e le risorse adeguate, raccogliendo e valutando i dati, proponendo soluzioni utilizzando, secondo il tipo di problema, contenuti e metodi delle diverse discipline. 7) Individuare collegamenti e relazioni: individuare e rappresentare, elaborando argomentazioni coerenti, collegamenti e relazioni tra fenomeni, eventi e concetti diversi, anche appartenenti a diversi ambiti disciplinari, e lontani nello spazio e nel tempo, cogliendone la natura sistemica, individuando analogie e differenze, coerenze ed incoerenze, cause ed effetti e la loro natura probabilistica. 8) Acquisire ed interpretare l’informazione: acquisire ed interpretare criticamente l’informazione ricevuta nei diversi ambiti ed attraverso diversi strumenti comunicativi, valutandone l’attendibilità e l’utilità, distinguendo fatti e opinioni. Queste ultime competenze, citate integralmente dal testo originale, saranno traguardo, secondo il legislatore, di un unitario processo di apprendimento svolto nella cornice degli assi culturali ed in ottemperanza all’obbligo scolastico. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 38 18/07/23 11:09 39 La descrizione politica e legislativa di questo paragrafo ha voluto introdurci alle riflessioni che hanno condotto al concetto di competenza. Ogni documento normativo citato ha, a sua volta, prodotto una definizione simile ed allo stesso tempo differente del concetto di competenza, che insieme a quelle offerte dalla letteratura, hanno arricchito il dibattito ed evidenziato diversi aspetti di un concetto dalle molte sfaccettature. È nostro intento, nei prossimi paragrafi, offrire una sintesi utile delle più importanti definizioni, mettendo in luce alcuni aspetti rilevanti per la comune azione didattica. 2.3. Definizioni teoriche Lo sforzo dei percorsi politici ed accademici di sintesi e catalogazione delle competenze, siano esse chiave, trasversali o specifiche, non trova e non ha trovato concordanza nella definizione stessa del concetto. La complessità del concetto e la natura della didattica che ne consegue lascia aperti, infatti, diversi interrogativi. La competenza infatti non nasce originariamente in ambito scolastico o formativo, ma in quello lavorativo, e la sua declinazione negli ambiti pedagogici e psicologici ha spesso risentito di curvature e domande aperte18, alle quali non sempre è stato semplice dare risposte chiare ed univoche. La via da percorrere è sicuramente corretta, dal nostro punto di vista, ma richiede ancora cammino e sperimentazione, interrogando la quotidianità del nostro agire educativo e didattico alla luce di alcuni punti fermi, che andremo adesso ad individuare. Volendo partire dal progetto DeSeCo, citato nel paragrafo precedente, che: «[...] ha rivestito un ruolo significativo per l’evoluzione delle politiche pubbliche, attraverso la definizione e sistematizzazione di un quadro di riferimento internazionale di discussione»19; il concetto di competenza è stato definito come: «[...] la capacità di rispondere con successo ad esigenze complesse in un contesto particolare. La prestazione competente o l’azione efficace implica la mobilitazione di conoscenze, abilità cognitive e pratiche, nonché di componenti sociali come atteggiamenti, emozioni, valori e motivazioni. La competenza - una nozione olistica - non è dunque riducibile alla sua dimensione cognitiva»20. L’accento sulla dimensione olistica e non esclusivamente cognitiva della competenza, proposta da questo primo lavoro internazionale sul tema, è stato poi ripreso da tutta la normativa europea ed italiana successiva. Non essendo possibile elencare 18 Oltre alle difficoltà di definizione, rimangono scenari aperti di dibattito quello del livello di acquisizione/ dimostrazione della competenza; le modalità di insegnamento della competenza; le modalità di valutazione o la differenza tra avere delle competenze, si veda ad esempio il concetto di referenziali (Le Boterf) e quello di essere competente. 19 Allulli G., Dalla Strategia di Lisbona a Europa 2020, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2015, p. 43. 20 Oecd, The definition and selection of key competencies – executive summary, 2003, (https:// www.oecd.org/pisa/35070367.pdf). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 39 18/07/23 11:09 40 tutte le varie definizioni presenti nelle normative, riportiamo quella della Raccomandazione europea del 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, che ci è sembrato includere e tradurre nell’attualità dei nostri tempi quanto detto a livello politico in questo ventennio di riflessione. Essa definisce la competenza come: «[...] una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti in cui: la conoscenza si compone di fatti e cifre, concetti, idee e teorie che sono già stabili e che forniscono le basi per comprendere un certo settore o argomento; per abilità si intende sapere ed essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti al fine di ottenere risultati; gli atteggiamenti descrivono la disposizione, la mentalità per agire o reagire a idee, persone o situazioni. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile, una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e alla cittadinanza attiva. Esse si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente dalla prima infanzia a tutta la vita adulta, mediante l’apprendimento formale, non formale e informale in tutti i contesti, compresi la famiglia, la scuola, il luogo di lavoro, il vicinato e altre comunità»21. Quanto è stato detto a livello normativo, ha risentito sin dai suoi inizi, chiaramente, di tutta la riflessione accademica sul tema. Essa poggia le sue radici in diversi autori che, già dagli anni Ottanta del secolo scorso, avevano introdotto e provato a sondare il tema nelle sue caratteristiche fondamentali. Coscienti della nostra manchevolezza, proviamo a definire le caratteristiche fondamentali della competenza integrando alcuni aspetti proposti da Guy Le Boterf e Michele Pellerey22. La competenza è un costrutto che rende la persona capace di rispondere alla complessità del suo quotidiano; tale risposta nasce in un contesto specifico, mettendo in opera le proprie conoscenze ed abilità. Come riportato da Ugolini23, Le Boterf utilizza il verbo mobilitare, nella sua traduzione italiana, per descrivere l’azione della persona competente che attinge alle proprie risorse per analizzare o attuare un problem solving. Il soggetto ha inoltre possibilità, per ottemperare a questa richiesta ma- 21 Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018 H0604(01)). 22 Le Boterf G., De la competence. Essai sur un attracteur étrange, Paris, Les Edition d’Organisation, 1994; Pellerey M., Le competenze individuali e il portfolio, Firenze, La Nuova Italia, 2004. 23 Ugolini F., Apprendimento informale: inquadramento storico, politico e concettuale, in Ugolini F. (a cura di), Apprendimento informale. Aspetti multidisciplinari e prospettive di ricerca, Lecce – Brescia, Pensa Multimedia Editore, 2013. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 40 18/07/23 11:09 41 nifesta, di avvalersi di risorse esterne, integrandole o orchestrandole, termine usato invece da Pellerey24, in funzione allo specifico contesto in cui è chiamato ad agire. Da questi primi lineamenti risulta chiaro il rapporto tra soggetto e compito per la manifestazione della competenza ed il continuo apprendimento che ne sussegue. Riserviamo questa trattazione ai prossimi paragrafi, in cui cercheremo di spiegare il valore dell’esperienza nei processi di apprendimento; ci basti in questa sede sottolineare il nesso fondamentale tra competenza e compito e come, in qualche modo, l’uno definisca l’altro in un continuo scambio di informazioni ed orientamenti. Riteniamo invece importante sottolineare in questa sede lo sforzo della letteratura di superare un mero approccio comportamentista che vedeva la competenza come un semplice insieme, più o meno aggregato, di: sapere (conoscenze simboliche); saper fare (abilità manuali, applicazioni procedurali dei saperi); saper essere (comportamenti, atteggiamenti, meta conoscenze che permettono di gestire le conoscenze). Questa visione, fortemente presente fino agli anni Novanta del secolo scorso, presenta almeno due criticità: la prima è quella di non saper rispondere alla complessità di un mondo in rapida evoluzione, in cui i saperi procedurali non sono più sufficienti e spesso risultano inerti e poco sinergici nell’integralità della persona; inoltre risponde ad un concetto di competenza come mera prestazione comportamentale osservabile, tralasciando le disposizioni interne del soggetto. Nel presente lavoro seguiremo con maggiore attenzione la definizione di competenza data da Pellerey, quale: «[...] una capacità di far fronte a un compito o ad un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto e orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive, ed a utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo».25 2.4. Definire operativamente una competenza Dopo aver definito il concetto di “competenza”, la domanda che ora ci poniamo è la seguente: qual è il rapporto tra competenze e contenuti didattici? Come si declina operativamente una competenza per guidare l’attività didattica? Avendo nei precedenti paragrafi analizzato come la persona apprende, abbiamo un punto di partenza per delineare gli obiettivi didattici e loro possibili indicatori specifici. In termini più precisi, possiamo parlare di tassonomia, ovvero: «un sistema di classificazione che ha la funzione di gettare un ponte tra i contenuti di apprendimento nella loro forma consueta di argomenti scolastici e la rappresentazione di tipologie di conoscenza meglio riconoscibili a scopi di verifica e meglio apprezzabili per ciò che riguarda i processi cognitivi coinvolti»26. 24 Pellerey M., Le competenze individuali e il portfolio, Firenze, La Nuova Italia, 2004. 25 Pellerey M., Le competenze individuali e il portfolio, Firenze, La Nuova Italia, 2004, p. 12. 26 Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M, Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 50. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 41 18/07/23 11:09 42 Lo schema di una tassonomia permette di capire più precisamente la prestazione che viene richiesta all’allievo puntando su una gerarchizzazione dei processi cognitivi che si attivano ed i tipi di conoscenza su cui operare. Quando si parla di tassonomie non è possibile non citare innanzitutto Bloom, il quale, sulla scia dei lavori di Tyler del 194927, individuò l’importanza degli obiettivi didattici come base per l’organizzazione del curricolo, per la selezione delle esperienze ed infine per valutare l’efficacia del sistema. La tassonomia, frutto del lavoro da lui coordinato e che oggi è notoriamente conosciuta con il suo nome, venne pubblicata nel volume The Taxonomy of Educational Objectives, The Classification of Educational Goals, Handbook I: Cognitive Domain del 195628, dopo un lungo lavoro di sperimentazione in campo scolastico. La riportiamo brevemente, nelle sue 6 classi principali suddivisibili in altre sottocategorie, nella versione riportata da Bonaiuti29, sottolineando come l’attenzione del lavoro focalizzasse due aspetti: cosa l’allievo dovesse apprendere e come poter verificare quel comportamento oggettivamente osservabile30. Tassonomia di Bloom 1. Conoscenza 1.1 di contenuti specifici (terminologie e fatti) 1.2 di modi e mezzi per trattare contenuti specifici (convenzioni, tendenze e sequenze, classificazioni e categorie, criteri e metodologie) 2. Comprensione 2.1 Trasposizione e traduzione 2.2 Interpretazione e riorganizzazione 2.3 Estrapolazione e previsione 3. Applicazione 3.1 Generalizzazione 3.2 Esemplificazione 4. Analisi 4.1 di elementi 4.2 di relazioni 4.3 di principi organizzativi 5. Sintesi 5.1 produzione di un’opera originale 5.2 elaborazione di un piano d’azione 27 Tyler R.W., Basic principle of Curriculum and instruction, Chicago, Chicago University Press, 1949. 28 Bloom B. S., The Taxonomy of Educational Objectives, The Classification of Educational Goals, Handbook I: Cognitive Domain, New York, Addison Wesley Longaman, 1956. 29 Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M, Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 51. 30 Se pur alla fine del periodo comportamentista, l’osservabilità del comportamento richiama chiaramente ancora quel tipo di approccio. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 42 18/07/23 11:09 43 5.3 deduzione autonoma di regole e/o di relazioni astratte 6. Valutazione 6.1 giudizi critici di valore e metodo 6.2 in base all’evidenza interna 6.3 in base ai criteri esterni Nel suo lavoro successivo Bloom propose una versione semplificata della tassonomia, più utile per i lavori didattici: 1. conoscenza dei termini; 2. conoscenza dei fatti; 3. conoscenza di regole e principi; 4. capacità di effettuare trasformazioni e adattamenti; 5. capacità di compiere applicazioni. I lavori di Bloom, oltre ad aver riscosso un’indiscussa fama nel panorama della riflessione didattica, furono oggetto di numerose rielaborazioni, che non riuscirono, tuttavia, ad avere lo stesso successo della versione originale. Solo l’adattamento proposto da Krathwohl e Anderson nell’opera A taxonomy for learning, teaching and assessing. A revision of Bloom’s taxonomy of educational objectives del 200131 è riuscita ad imporsi nella letteratura di settore come modello concordemente accreditato. La loro proposta tassonomica (Fig. 5), che sposiamo nella nostra trattazione, è composta da quattro tipi di conoscenza: fattuale, concettuale, procedurale e metacognitiva. Fig. 5 La tassonomia di Krathwohl La loro proposta tassonomica (Fig. 5), che sposiamo nella nostra trattazione, è composta da quattro tipi di conoscenza: fattuale, concettuale, procedurale e metacognitiva. Fig. 5 La tassonomia di Krathwohl Fonte: BONAIUTI G., CALVANI A., RANIERI M, Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 52. Ognuna di queste conoscenze è composta da elementi precisi56: 1. conoscenza fattuale: fatti, terminologia, elementi di base necessari per comprendere concetti complessi o risolvere i problemi in un determinato ambito conoscitivo (es. sapere che una figura è un triangolo perché è la figura già vista che ci è stato detto che si chiama “triangolo”); Fonte: Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 52. 31 Krathwohl D.R., Anderson L.W. et al., A taxonomy for learning, teaching and assessing. A revision of Bloom’s taxonomy of educational objectives, New York, Addison Wesley Longman, 2001. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 43 18/07/23 11:09 44 Ognuna di queste conoscenze è composta da elementi precisi32: 1. conoscenza fattuale: fatti, terminologia, elementi di base necessari per comprendere concetti complessi o risolvere i problemi in un determinato ambito conoscitivo (es. sapere che una figura è un triangolo perché è la figura già vista che ci è stato detto che si chiama “triangolo”); 2. conoscenza concettuale: classificazioni, principi, generalizzazioni, teorie, modelli, strutture necessarie per comprendere concetti complessi e risolvere i problemi in un determinato ambito conoscitivo (es. sapere che una figura, anche mai vista prima, è un triangolo perché ha tre lati e tre angoli); 3. conoscenza procedurale: algoritmi, tecniche, metodi, strategie utili per compiere operazioni specifiche in un determinato ambito conoscitivo (ad es. sapere come si trova l’area di un triangolo); 4. conoscenza metacognitiva: consapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, conoscenza contestuale e strategico/riflessiva per la risoluzione di problemi in un determinato ambito conoscitivo (ad es. sapere individuare gli errori nel proprio modo di disegnare il triangolo). La tabella a doppia entrata, oltre ad individuare gerarchicamente i saperi, si sofferma, come nell’originale tassonomia di Bloom, sui processi del pensiero che garantiscono l’apprendimento, che sono: 1. ricordare: nei due sottoprocessi di rievocare e riconoscere, riguarda il recupero di conoscenza della memoria a lungo termine; 2. comprendere: nei sottoprocessi di interpretare, esemplificare, classificare, riassumere, inferire, confrontare e spiegare, fa riferimento alla costruzione di significato operata dai soggetti a partire da elementi di informazione dati. Gli elementi di conoscenza non vengono semplicemente associati meccanicamente, ma interconnessi in schemi o strutture stabili; 3. applicare: nei sottoprocessi di eseguire e implementare, fa riferimento all’utilizzo di una procedura, teoria o modello per costruire una risposta a una data consegna; 4. analizzare: nei sottoprocessi di differenziare, organizzare ed attribuire, fa riferimento alla suddivisione di un sistema in parti costituenti e all’identificazione delle relazioni funzionali tra le parti stesse e tra le parti e l’intero sistema; 5. valutare: nei sottoprocessi di controllare e criticare, fa riferimento alla formulazione di un giudizio sulla base di criteri (es. efficacia) o di uno standard; 32 Trinchero R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, pp. 13-21. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 44 18/07/23 11:09 45 6. creare: nei sottoprocessi di generare, pianificare e produrre, fa riferimento al combinare un insieme di elementi slegati per generare una struttura nuova. L’analisi delle sei dimensioni conoscitive, che richiederebbe un ulteriore approfondimento, diventa per l’insegnante una mappa orientativa delle sue proposte didattiche; non va dunque seguita meccanicamente, ma compresa e sposata nel proprio lavoro quotidiano. Tutto questo renderà il progettista dell’insegnamento capace di cogliere la differente natura, gerarchia e complementarietà dei processi coinvolti nell’apprendimento, offrendo all’allievo una più ampia e diversificata esperienza di apprendimento (ad es. un esagerato utilizzo di test a risposta multipla andrà a sollecitare solamente i primi livelli tassonomici, precludendo forme più complesse di apprendimento, oltre che generare quel fenomeno del teaching to test33, chiaramente descritto da Domenici nel suo manuale docimologico34). I processi cognitivi descritti diventano operativi attraverso tre strutture di pensiero: l’interpretazione, l’azione e l’autoregolazione35. Il soggetto competente, quindi, agirà in una situazione specifica mobilitando le proprie conoscenze, abilità, atteggiamenti e capacità, strumenti, materiali o persone nel contesto (risorse); attraverso una lettura della realtà ed un’attribuzione di significato (interpretazione); sceglierà un modo di agire per risolvere la situazione-problema (azione); valuterà, con un’azione metacognitiva, la propria prestazione su punti di forza e limiti, in vista di un’auto-correzione. Questo modello, ideato e formalizzato a più riprese dall’autore, prende il nome di RIZA (Risorse, Interpretazione, aZione, Autoregolazione), guiderà la riflessione dei prossimi paragrafi sull’apprendimento dall’esperienza; abbiamo comunque scelto di anticiparlo in questa sede per coglierne il nesso fondamentale tra competenze e processi cognitivi. A tal proposito, partendo da una competenza si può declinare un obiettivo specifico di apprendimento e renderlo poi operativo, come esemplificato dallo schema seguente (Fig. 6). 33 Un effetto secondario di ritorno sulla didattica, in cui un insegnamento più che facilitare apprendimenti disciplinari, non volendo, focalizza la sua attenzione sull’addestramento a rispondere ai quesiti a scelta multipla. 34 Domenici G., Manuale della valutazione scolastica, Roma-Bari, Laterza Editore, 2007. 35 Trinchero R., Costruire, valutare, certificare competenze. Proposte di attività per la scuola, Milano, FrancoAngeli, 2012, pp. 36-37. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 45 18/07/23 11:09 46 di operazionalizzazione degli obiettivi di apprendimento 54 A tal proposito, partendo da una competenza si può declinare un obiettivo specifico di apprendimento e renderlo poi operativo, come esemplificato dallo schema seguente (Fig. 6). Fig. 6 Il processo di operazionalizzazione degli obiettivi di apprendimento Fonte: TRINCHERO R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, p. 24. Formulando operativamente degli obiettivi specifici, nella cornice della struttura RIZA e per livelli di acquisizione (base, intermedio e avanzato), abbiamo la base per la costruzione di una rubrica di valutazione, obiettivo del nostro paragrafo sulla valutazione. Dopo aver approfondito la questione “competenza”, se pur nella necessaria sintesi, passiamo alla trattazione del paragrafo successivo, che si interrogherà sulla questione di cosa insegnare, ossia i contenuti da proporre. Questa domanda non è slegata o in opposizione con quanto espresso finora, le competenze-chiave o specifiche e le discipline vivono, infatti, in un forte rapporto di interdipendenza, come scrisse la commissione italiana nelle indicazioni in materia di innalzamento dell’obbligo di istruzione nel 2007: Fonte: Trinchero R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, p. 24. Formulando operativamente degli obiettivi specifici, nella cornice della struttura RIZA e per livelli di acquisizione (base, intermedio e avanzato), abbiamo la base per la costruzione di una rubrica di valutazione, obiettivo del nostro paragrafo sulla valutazione. Dopo aver approfondito la questione “competenza”, se pur nella necessaria sintesi, passiamo alla trattazione del paragrafo successivo, che si interrogherà sulla questione di cosa insegnare, ossia i contenuti da proporre. Questa domanda non è slegata o in opposizione con quanto espresso finora, le competenze-chiave o specifiche e le discipline vivono, infatti, in un forte rapporto di interdipendenza, come scrisse la commissione italiana nelle indicazioni in materia di innalzamento dell’obbligo di istruzione nel 2007: «Le competenze chiave non costituiscono una proposta alternativa o separata dalle discipline; al contrario si costruiscono utilizzando i saperi previsti dai curricoli dei primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore, a partire dagli assi culturali che sono stati individuati. Discipline e competenze costituiscono la trama e l’ordito di un unico processo di insegnamento/apprendimento »36. 36 Commissione con il compito di approfondire la tematica relativa all’istruzione obbligatoria ed elaborare le possibili modalità tese all’obiettivo dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, Indicazioni sulle modalità dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, 3 marzo 2007. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 46 18/07/23 11:09 47 3. Contenuti: gli assi culturali La nostra trattazione, come sopra riportato, sta cercando di approfondire la riflessione sull’insegnamento nella fase precedente alla didattica per competenze e ciò che di virtuoso sta nascendo, a nostro avviso, nella nostra esperienza di IeFP nella transizione verso una didattica degli assi culturali. Il percorso, così come è stato presentato nello schema di Kerr, ha discusso dei traguardi ed ora si sofferma sui contenuti. La trattazione, tuttavia, lo ripetiamo, non affronta questi temi come tappe di un percorso di apprendimento lineare, ma come elementi di una proposta circolare in uno stretto rapporto di interdipendenza, capace di tenere in piedi, in un difficile equilibrio, tutta la progettazione didattica. Il tema dei contenuti porta a farci delle domande piuttosto concrete: quali sono i tipi di saperi che vogliamo proporre ai nostri allievi? Quanta prescrittività esiste nel rapporto tra i saperi e l’arbitrio del docente nel proprio agire formativo? Quali sono e come vengono presentate le discipline oggi? Da dove deriva e chi legittima la scelta di una disciplina nell’insegnamento quotidiano? Come possono i saperi dialogare con quanto finora detto sulle competenze? In questo paragrafo proveremo a rispondere a queste domande attraverso: un’analisi sostanziale del concetto di disciplina, nelle proprie caratteristiche fondamentali in relazione alla auspicata relazione allievo-insegnante-oggetto-contesto; una riflessione sui bisogni insiti nell’apprendimento degli allievi, nonché sulle stringenti responsabilità dell’insegnamento nella scelta e nella promozione di un contenuto ed un richiamo al processo stesso della didattica; un richiamo alla normativa italiana e l’introduzione agli assi culturali, la quale incarna una risposta di unificazione tra competenze chiave e saperi disciplinari ed una scelta programmatica verso una didattica interdisciplinare, situata e per competenze. 3.1. Dai saperi inerti ai saperi vitali La domanda retorica che spesso capita di sentire nelle aule di tutte le scuole o dei CFP da allievi stanchi, annoiati o demotivati nei confronti della lezione è sempre la stessa: «ma a cosa serve questa roba?». L’esternazione mai banale e di natura metacognitiva smaschera un aspetto interessante sulla questione dei contenuti proposti dall’insegnamento passato e odierno. La forma del sapere scolastico dal punto di vista identitario, potremmo dire, si connota come «un sapere di ordine logico, basato su un approccio analitico della conoscenza che privilegia il linguaggio astratto e viene organizzata secondo percorsi sistematici e strutturati di apprendimento»37. Il sapere reale, ignorato spesso dalla proposta didattica, «si qualifica con un tipo di sapere di ordine pratico, basato su un approccio globale alla conoscenza, che privilegia linguaggi concreti e si fonda spesso su percorsi intuitivi e personalizzati di apprendimento »38. 37 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 44. 38 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 44. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 47 18/07/23 11:09 48 Questa distinzione mette in discussione la validità del sapere scolastico, esemplificata dalla domanda «a cosa serve?». La deriva pragmatista, tipica della società post-moderna, potrebbe portare a pensare rilevante dal punto di vista esistenziale solo ciò che serve sottraendo in tal modo significato a ciò che non trova un’immediata risposta pratica alla domanda dell’allievo annoiato. È proprio la logica metacognitiva, che aveva valorizzato anche la riflessione dello studente, ad essere il punto di forza del sapere scolastico, che deve però saper dosare sapientemente questa sua caratteristica fondamentale, per non incorrere nel disinvestimento da parte del discente che trova inerti e insignificanti quei contenuti. Non si tratta, in altri termini, di perdere la propria identità di insegnamento formale, trasformando tutto in apprendimento informale, ma sicuramente va recuperato un vitale rapporto tra le due realtà. Come scrive Castoldi: «la natura paritetica dell’insegnamento scolastico è ciò che lo contraddistingue dall’apprendimento informale, lo stare tra parentesi appunto rispetto ai contesti di realtà, e che consente alla scuola di sviluppare la propria mediazione tra il soggetto che apprende e i contenuti culturali in condizioni di sicurezza e di distanza. Ciò rappresenta un vantaggio per la formazione scolastica, in quanto gli consente di spostare la sua attenzione su un livello “meta” di consapevolezza del proprio apprendimento della propria conoscenza, ma può divenire anche uno svantaggio nel momento in cui si riflette in una conoscenza inerte, puramente autoreferenziale e separata dai contesti di vita»39. L’inerzia e l’astrattezza dei saperi non sono gli unici rischi a cui l’insegnamento deve far fronte; l’autoreferenzialità, nei confronti del reale e delle discipline tra di loro, complica spesso ulteriormente l’efficacia della proposta didattica. Viene auspicata, alla fine dei cicli di istruzione e formazione, da parte dello studente la capacità di sintesi e di spaziare sulle diverse discipline (basti pensare all’attenzione posta negli ultimi anni all’esame di stato e sui collegamenti richiesti all’impronta all’esaminando tra le discipline) continuando, comunque, ad insegnare i contenuti separatamente senza, o quasi, nessun tipo di interdisciplinarietà. Il senso critico dell’allievo e la capacità di interrogare il reale con gli strumenti acquisiti nel suo percorso formativo risultano spesso inefficaci. Ci stimola a tal proposito un punto dell’analisi svolta da Perrenoud40 e sintetizzata da Castoldi, in cui si elencano alcune sfide per l’insegnamento tra cui quello della interdisciplinarietà: «Andare verso una minore chiusura disciplinare. La realtà è per sua natura restia ad essere rinchiusa nei recinti concettuali e metodologici delle singole discipline, necessita di una pluralità di sguardi attraverso cui osservare e comprendere la propria esperienza; implica necessariamente un superamento dei 39 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 47. 40 Perrenoud P., Costruire competenze a partire dalla scuola, Roma, Anicia, 2003. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 48 18/07/23 11:09 49 confini disciplinari, una capacità di connettere non solo la scuola con la vita ma anche diversi saperi disciplinari, pensati come strumenti di analisi di una realtà unica e scomponibile»41. L’incontro tra disciplina e realtà e tra discipline in un’unificata esperienza di apprendimento da parte del soggetto è uno dei compiti più complessi a cui il docente è chiamato a rispondere. Lo statuto epistemologico delle discipline, quella componente metacognitiva precedentemente citata, la struttura mentale ed il bagaglio personale che ogni studente ha richiedono uno spazio di dialogo in un equilibrio sempre precario; pena: un significativo depauperamento o il completo fallimento dell’esperienza formativa. Ma qual è il rapporto tra i contenuti di una certa comunità scientifica e quelli che poi vengono individuati per l’insegnamento scolastico? In altre parole, che tipo di relazione c’è tra i saperi sapienti ed i saperi insegnati? Ed ancora, qual è la fase critica che rende un sapere scientifico, nato dallo studio della realtà, un contenuto disincarnato, separato e autoreferenziale? Questi interrogativi sono centrali negli studi sulla Trasposizione Didattica42 (TD), riportati da noi dal manuale di Bonaiuti43, che richiamano l’attenzione del lettore alla necessaria negoziazione dei contenuti che si instaura tra i saperi nel loro legame con l’esperienza didattica. I contenuti, dunque, vengono trasformati dalla loro forma di sapere specialistico, per poter incontrare preconoscenze e strutture cognitive dello studente che impara. Tale processo di adattamento (Fig. 7), come viene chiamato dalla letteratura francese protagonista di questa riflessione, nasce all’interno delle comunità scientifiche, dove i saperi sapienti vengono selezionati all’interno di programmi e diventano saperi da insegnare; questa prima fase è definita trasposizione didattica esterna. L’insegnante poi seleziona e costruisce dei saperi che somministra in classe, saperi insegnati, a cui l’allievo si accosterà per la propria esperienza di apprendimento, saperi appresi; questa seconda fase è definita trasposizione didattica interna. 41 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 54. 42 Il concetto nasce in ambito sociologico intorno alla metà degli anni ‘70 ma conosce la sua fortuna a partire dalla metà degli anni ‘80 con i lavori di Yves Chevallard (1985). La trasposizione didattica consiste in tutte quelle trasformazioni che il sapere sapiente subisce per essere insegnabile e insegnato. Non è una semplice banalizzazione dei saperi sapienti, ma una ricostruzione originale del sapere sapiente necessaria all’attività stessa dell’insegnamento. (Fonte: Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 100). 43 Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 100. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 49 18/07/23 11:09 50 Fig. 7 Il fenomeno della TD 59 trasposizione didattica esterna. L’insegnante poi seleziona e costruisce dei saperi che somministra in classe, saperi insegnati, a cui l’allievo si accosterà per la propria esperienza di apprendimento, saperi appresi; questa seconda fase è definita trasposizione didattica interna. Fig. 7 Il fenomeno della TD Fonte: BONAIUTI G., CALVANI A., RANIERI M, Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 100. Nella ricerca svolta in merito a questo filone di studio emerge come la trasposizione didattica esterna, che si occupa di poter trasformare un curricolo didattico nel tempo, ricerchi l’abbreviazione delle distanze di RANIERI M, Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 100). 67 BONAIUTI G., CALVANI A., RANIERI M, Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 100. Fonte: Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 100. Nella ricerca svolta in merito a questo filone di studio emerge come la trasposizione didattica esterna, che si occupa di poter trasformare un curricolo didattico nel tempo, ricerchi l’abbreviazione delle distanze di quanto è insegnabile da ciò che è oggetto di ricerca scientifica. Ciò, commenta Bonaiuti, non è né una garanzia di validità né un’affermazione di supremazia della comunità scientifica su quella scolastica, ma una prassi necessaria per l’equilibrio dei saperi. La ricerca successiva su questi temi ha puntato invece l’attenzione alla trasposizione didattica interna, scegliendo come ambito principale di analisi il mondo della manualistica e le scelte operate dal docente. Questo processo di analisi ha evidenziato come nel tempo i saperi sapienti si siano allontanati dai saperi comuni, screditandoli, e abbiano cercato una propria autonomia e autoreferenzialità per una più efficace proposta didattica, in particolare nella fase descritta nelle nostre premesse di matrice cognitivista. A risolvere questo allontanamento ed inerzia dei saperi sono intervenute le pratiche sociali di riferimento, nella formula introdotta da Jean-Louis Martinand44, che «[...] designano l’insieme delle attività sociali (vissute, conosciute o immaginate) che serviranno da riferimento per costruire dei saperi da insegnare e dei saperi insegnati. Esse permettono all’allievo di dare senso a ciò che apprende e all’insegnante di dare senso a ciò che insegna»45. Questa iniezione di realtà, passateci il termine, ha portato e porta ancora oggi ad una creazione originale dei saperi insegnati, forse più distanti dai saperi sapienti, ma 44 Martinand J.L., Sur la caratérisation des objectifs de l’initiation aux sciences physiques, in “Revue Aster”, I, pp. 141-54. 45 Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di Didattica. Teoria e prassi nei dispositivi formativi, Roma, Carocci Editore, 2022, p. 101. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 50 18/07/23 11:09 51 meglio organizzabili didatticamente e assiologicamente, in vista di una formazione integrale dell’allievo, su competenze ampie e di diversa natura, non solo cognitiva. La trattazione a tal riguardo, chiaramente, potrebbe aprirsi ad ulteriori approfondimenti, ma in questa sede riteniamo sia sufficiente rammentare come questa socializzazione del sapere sia necessaria per un’efficace didattica per competenze e richiami naturalmente ad un approccio interdisciplinare più rispondente all’esperienza del reale di ogni soggetto apprendente. «Una scuola, insomma, rispondente agli interessi vitali dei fanciulli, consapevole dell’inutilità di conoscenze sterili ed aride perché incapaci di veicolare e diffondere i significati e i messaggi. Le occasioni che il contesto educativo offre al soggetto in educazione, dovranno trovare un valido riscontro nella socialità, con la esaltazione della vita in comune; di qui l’idea della scuola come una piccola comunità, dove si fa ricerca e si produce con il lavoro, in vista dell’incremento e della condivisione di valori democratici»46. Questo intento, dall’eco attivista di stampo deweyano, ci sembra esser stato recepito dagli studi sugli assi culturali, una proposta per far incontrare le competenze, nella loro essenza così olistica, con le discipline fino a quel momento insegnate e caratterizzate dai limiti finora esposti. Le dimensioni di interdisciplinarietà e vitalità intrinseche alla visione degli assi, che saranno oggetto dei prossimi paragrafi, ci sembrano rispondere a quella domanda di senso iniziale proposta da tanti allievi, che cercano un motivo di più per imparare rispetto al «si è sempre insegnato questo». 3.2. La normativa sugli assi culturali Come accennato nel paragrafo sul percorso storico normativo di definizione del concetto di competenza, riprendiamo in questa sede un documento normativo italiano centrale per la nostra trattazione: il Decreto ministeriale del 22 agosto 2007 Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione47. Ricordiamo, per facilitare la lettura, che questo documento è stato elaborato per rispondere alla richiesta dell’Unione europea in merito alle 8 competenze chiave, che verranno declinate, nel contesto italiano, nelle competenze di base e di cittadinanza, da inquadrare nella cornice degli assi culturali. Queste competenze vengono definite dal legislatore come i traguardi ottenuti dallo studente alla fine del primo biennio del ciclo formativo secondario di secondo grado, concludendo l’obbligo di istruzione. Contemporaneamente, oltre ad essere un traguardo vengono individuate come base del livello 2 dell’EQF. Esse, pur essendo un obiettivo del secondo ciclo di istruzione, 46 Rosati A., Apprendimento informale. Scelte pedagogiche e priorità educative, in Ugolini F. (a cura di), Apprendimento informale. Aspetti multidisciplinari e prospettive di ricerca, Lecce – Brescia, Pensa Multimedia Editore, 2013, p. 166. 47 DM 22/08/2007 n° 139, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 51 18/07/23 11:09 52 fanno da riferimento per tutta la scuola dell’obbligo, orientando il lavoro in tutte le sue fasi già dalla scuola primaria. Delineati i traguardi, la questione, sorta e risolta da questo decreto, è stata quella di riuscire a declinare saperi specifici della scuola secondaria (insegnati da docenti specializzati nel proprio settore scientifico) con una prospettiva olistica e trasversale come quella delle competenze di base e di cittadinanza; la soluzione individuata è stata quella degli assi culturali. Il legislatore, raggruppando i saperi tradizionali in aree di comune indirizzo, ha generato dei nuovi luoghi di apprendimento in cui l’allievo, acquisendo delle conoscenze, abilità e competenze specifiche dell’asse, riuscirà conseguentemente a crescere in quelle di base e di cittadinanza. Lo sforzo qui intrapreso è quello, dunque, di raccordare ed integrare insegnamenti specifici e docenti, specializzati in saperi parcellizzati, in un unitario processo di apprendimento che vive il discente, al quale non vuole e non deve essere delegata tout court questa difficile azione di sintesi. Le diverse materie, con questa nuova cornice, diventano tutte responsabili dell’acquisizione di competenze legate alla realtà, non solo culturale, ma anche lavorativa ed esistenziale, nonché all’apprendimento permanente. Come riportato nel decreto48: «[...] i saperi e le competenze per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione sono riferiti ai quattro assi culturali (dei linguaggi, matematico, scientificotecnologico, storico-sociale). Essi costituiscono “il tessuto” per la costruzione di percorsi di apprendimento orientati all’acquisizione delle competenze chiave che preparino i giovani alla vita adulta e che costituiscano la base per consolidare e accrescere saperi e competenze in un processo di apprendimento permanente, anche ai fini della futura vita lavorativa». Continua il testo: «I saperi sono articolati in abilita/capacità e conoscenze, con riferimento al sistema di descrizione previsto per l’adozione del Quadro europeo dei Titoli e delle Qualifiche (EQF). La competenza digitale, contenuta nell’asse dei linguaggi, è comune a tutti gli assi, sia per favorire l’accesso ai saperi sia per rafforzare le potenzialità espressive individuali». Il decreto inoltre presenta questo nuovo cambio di paradigma come «uno strumento per l’innovazione metodologica e didattica» per recuperare risorse interne come aspirazione, orientamento, partecipazione alla vita sociale e professionale. È evidente come il focus centrale della prospettiva cambi: non siamo più davanti alla proposta di contenuti da sapere o “programmi da finire”, ma il centro della questione sono lo studente e la sua esperienza di apprendimento, nella quale la scuola o l’ente formativo è chiamato, con un certo grado di creatività ed autonomia, a risponde- 48 DM 22 agosto 2007 n° 139, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 52 18/07/23 11:09 53 re efficacemente. Sono l’empowerment e la crescita della persona, come sottolinea Batini, ad interessare la fase dell’obbligo formativo, non la specializzazione in un settore o in una disciplina, «affinché possano essere cittadini pienamente, in modo soddisfacente e siano inseriti in reti relazionali di prossimità e di co-cittadinanza»49. 3.3. Gli assi culturali Come vedremo in questa parte del lavoro, in cui scegliamo di presentare gli assi nella loro descrizione e nelle competenze di base, rimandando al lettore la consultazione delle preziose competenze specifiche, la proposta è decisamente diversa da un obiettivo curriculare. Infatti, alle competenze di base per ogni asse, segue un elenco di abilità/capacità e conoscenze corrispettive, che riordinano, in un’ottica di didattica per competenze, il percorso da seguire. Non si parte dai contenuti, ma da quali competenze si vogliono ottenere in uscita; immaginando come l’allievo riesca a mobilitare i saperi, coordinando risorse interne ed esterne, in relazione alla vita quotidiana e professionale per un’ulteriore formazione permanente. Ma quali sono e come sono presentati gli assi culturali in questo documento50? Si riportano di seguito alcune estratti, opportunamente commentati: a) L’asse dei linguaggi L’asse dei linguaggi ha l’obiettivo di fare acquisire allo studente la padronanza della lingua italiana come ricezione e come produzione, scritta e orale; la conoscenza di almeno una lingua straniera; la conoscenza e la fruizione consapevole di molteplici forme espressive non verbali; un adeguato utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La padronanza della lingua italiana è premessa indispensabile all’esercizio consapevole e critico di ogni forma di comunicazione; è comune a tutti i contesti di apprendimento ed è obiettivo delle discipline afferenti ai quattro assi. Il possesso sicuro della lingua italiana è indispensabile per esprimersi, per comprendere e avere relazioni con gli altri, per far crescere la consapevolezza di sé e della realtà, per interagire adeguatamente in una pluralità di situazioni comunicative e per esercitare pienamente la cittadinanza. Le competenze comunicative in una lingua straniera facilitano, in contesti multiculturali, la mediazione e la comprensione delle altre culture; favoriscono la mobilità e le opportunità di studio e di lavoro. Le conoscenze fondamentali delle diverse forme di espressione e del patrimonio artistico e letterario sollecitano e promuovono l’attitudine al pensiero riflessivo e creativo, la sensibilità alla tutela e alla conservazione dei beni culturali e la coscienza del loro valore. La competenza digitale arricchisce le possibilità di accesso ai saperi, 49 Batini F., Insegnare per competenze, Torino, Loescher, 2013, p. 37. 50 DM 22 agosto 2007 n° 139, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 53 18/07/23 11:09 54 consente la realizzazione di percorsi individuali di apprendimento, la comunicazione interattiva e la personale espressione creativa. L’integrazione tra i diversi linguaggi costituisce strumento fondamentale per acquisire nuove conoscenze e per interpretare la realtà in modo autonomo. La descrizione rimanda a diverse competenze chiave europee così come elaborate nella stesura del 2006; sicuramente le prime due, la “comunicazione in madre lingua” e quella in “lingua straniera”, ma anche l’ottava competenza, che afferisce alla “consapevolezza ed espressione culturale”. L’ulteriore spunto di novità di questa introduzione è l’inserimento del tema tecnologico e della comunicazione, inteso, anche esso, nella sua dimensione di linguaggio insito nell’utilizzo del mezzo ed il mondo dell’informazione. Competenze di base a conclusione dell’obbligo di istruzione: – padronanza della lingua italiana: • padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti; • leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo; • produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi; – utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed operativi; – utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico e letterario; – utilizzare e produrre testi multimediali. Come già accennato ogni competenza, trasversale e non strettamente di contenuto, è poi declinata in abilità/capacità e conoscenze per chiarire al meglio l’esperienza didattica, ad es. «padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti» è uno scopo raggiungibile attraverso, ne citiamo alcune tra tante, l’azione del «comprendere il messaggio contenuto in un testo orale» (abilità) e nel conoscere «contesto, scopo e destinatario della comunicazione» (conoscenza). Il cambio di passo del documento rispetto ai programmi, fino a quel momento proposti, è evidente e non richiede ulteriori riflessioni. b) L’Asse matematico L’asse matematico ha l’obiettivo di far acquisire allo studente saperi e competenze che lo pongano nelle condizioni di possedere una corretta capacità di giudizio e di sapersi orientare consapevolmente nei diversi contesti del mondo contemporaneo. La competenza matematica, che non si esaurisce nel sapere disciplinare e neppure riguarda soltanto gli ambiti operativi di riferimento, consiste nell’abilità di individuare e applicare le procedure che consentono di esprimere e affrontare situazioni problematiche attraverso linguaggi formalizzati. La CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 54 18/07/23 11:09 55 competenza matematica comporta la capacità e la disponibilità a usare modelli matematici di pensiero (dialettico e algoritmico) e di rappresentazione grafica e simbolica (formule, modelli, costrutti, grafici, carte), la capacità di comprendere ed esprimere adeguatamente informazioni qualitative e quantitative, di esplorare situazioni problematiche, di porsi e risolvere problemi, di progettare e costruire modelli di situazioni reali. Finalità dell’asse matematico è l’acquisizione al termine dell’obbligo d’istruzione delle abilità necessarie per applicare i principi e i processi matematici di base nel contesto quotidiano della sfera domestica e sul lavoro, nonché per seguire e vagliare la coerenza logica delle argomentazioni proprie e altrui in molteplici contesti di indagine conoscitiva e di decisione. Anche in questo asse è presente un’evidente rilettura di un contenuto tradizionale come quello matematico all’interno di una visione nuova alla luce delle competenze. I saperi situati nel quotidiano, a cui la persona deve trovare una soluzione, richiederanno la mobilitazione di strumenti tipici di quest’area culturale (logici, processuali, simbolici…), superando quella dicotomia reale-astratto tipica dell’insegnamento tradizionale di questa disciplina. Competenze di base a conclusione dell’obbligo di istruzione: – utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica; – confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando invarianti e relazioni; – individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi; – analizzare dati e interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di rappresentazioni grafiche, usando consapevolmente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni specifiche di tipo informatico. Oltre ad un esplicito richiamo alla terza competenza chiave sul contenuto matematico e alla quinta, imparare ad imparare, riconducibile un po’ a tutti gli assi, la presenza tra le competenze base del tema informatico, ricordiamo, esplica l’intenzionale promozione dell’interdisciplinarietà della componente digitale in questo nuovo quadro di riferimento. Anche qui, a titolo esemplificativo, «individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi» indica il raggiungimento di una meta che richiederà «progettare un percorso risolutivo strutturato in tappe» (abilità) e conoscenze come «le fasi risolutive di un problema e loro rappresentazioni con diagrammi»; l’esempio mostrato inserisce inoltre, a pieno titolo, la competenza del problem solving nel profilo di uscita dell’obbligo scolastico nel paradigma dell’asse culturale matematico. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 55 18/07/23 11:09 56 c) L’Asse scientifico-tecnologico L’asse scientifico-tecnologico ha l’obiettivo di facilitare lo studente nell’esplorazione del mondo circostante, per osservarne i fenomeni e comprendere il valore della conoscenza del mondo naturale e di quello delle attività umane come parte integrante della sua formazione globale. Si tratta di un campo ampio e importante per l’acquisizione di metodi, concetti, atteggiamenti indispensabili ad interrogarsi, osservare e comprendere il mondo e a misurarsi con l’idea di molteplicità, problematicità e trasformabilità del reale. Per questo l’apprendimento centrato sull’esperienza e l’attività di laboratorio assumono particolare rilievo. L’adozione di strategie d’indagine, di procedure sperimentali e di linguaggi specifici costituisce la base di applicazione del metodo scientifico che - al di là degli ambiti che lo implicano necessariamente come protocollo operativo - ha il fine anche di valutare l’impatto sulla realtà concreta di applicazioni tecnologiche specifiche. L’apprendimento dei saperi e delle competenze avviene per ipotesi e verifiche sperimentali, raccolta di dati, valutazione della loro pertinenza ad un dato ambito, formulazione di congetture in base ad essi, costruzioni di modelli; favorisce la capacità di analizzare fenomeni complessi nelle loro componenti fisiche, chimiche, biologiche. Le competenze dell’area scientifico-tecnologica, nel contribuire a fornire la base di lettura della realtà, diventano esse stesse strumento per l’esercizio effettivo dei diritti di cittadinanza. Esse concorrono a potenziare la capacità dello studente di operare scelte consapevoli ed autonome nei molteplici contesti, individuali e collettivi, della vita reale. È molto importante fornire strumenti per far acquisire una visione critica sulle proposte che vengono dalla comunità scientifica e tecnologica, in merito alla soluzione di problemi che riguardano ambiti codificati (fisico, chimico, biologico e naturale) e aree di conoscenze al confine tra le discipline anche diverse da quelle su cui si è avuto conoscenza/esperienza diretta nel percorso scolastico e, in particolare, relativi ai problemi della salvaguardia della biosfera. Obiettivo determinante è, infine, rendere gli alunni consapevoli dei legami tra scienza e tecnologie, della loro correlazione con il contesto culturale e sociale con i modelli di sviluppo e con la salvaguardia dell’ambiente, nonché della corrispondenza della tecnologia a problemi concreti con soluzioni appropriate. Ricerca, laboratorialità e sperimentazione sono solo alcuni degli aspetti descritti accuratamente nella presentazione di questo asse. Il tema scientifico e quello tecnologico vengono mostrati in questa parte del documento come due facce della stessa medaglia, quella della scoperta della realtà. Contemporanea e concorde a tutta la riflessione STEM51, la volontà di questo decreto è quella di avvicinare lo studente non solo ad una conoscenza fisica del reale, ma ad un’attribuzione di significato 51 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 128. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 56 18/07/23 11:09 57 dal punto di vista etico, rendendo la persona capace di compiere scelte autonome e responsabili (es. cittadinanza attiva o salvaguardia del creato). Competenze di base a conclusione dell’obbligo di istruzione: – osservare, descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di sistema e di complessità; – analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza; – essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate. Ci soffermiamo, nella citazione delle abilità e conoscenze, sul tema ecologico, cogliendo lo sforzo anticipatore di questo documento su un tema sempre più pressante e presente ad oggi nelle aule dei nostri allievi. La competenza «analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza» può essere raggiunta da un’abilità come «avere la consapevolezza dei possibili impatti sull’ambiente naturale dei modi di produzione e di utilizzazione dell’energia nell’ambito quotidiano» e conoscenze come quella sui «limiti di sostenibilità delle variabili di un ecosistema». L’interesse verso questo tema, opportunamente indicato in questa parte del lavoro dal legislatore, verrà ripreso dal nostro progetto sugli Assi nella IeFP e quindi presentato nel prossimo capitolo, riferendoci anche alle riflessioni sul tema ecologico offerte dal Magistero di Papa Francesco. d) L’Asse storico-sociale L’asse storico-sociale si fonda su tre ambiti di riferimento: epistemologico, didattico, formativo. Le competenze relative all’area storica riguardano, di fatto, la capacità di percepire gli eventi storici nella loro dimensione locale, nazionale, europea e mondiale e di collocarli secondo le coordinate spazio-temporali, cogliendo nel passato le radici del presente. Se sul piano epistemologico i confini tra la storia, le scienze sociali e l’economia sono distinguibili, più frequenti sono le connessioni utili alla comprensione della complessità dei fenomeni analizzati. Comprendere la continuità e la discontinuità, il cambiamento e la diversità in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali è il primo grande obiettivo dello studio della storia. Il senso dell’appartenenza, alimentato dalla consapevolezza da parte dello studente di essere inserito in un sistema di regole fondato sulla tutela e sul riconoscimento dei diritti e dei doveri, concorre alla sua educazione alla convivenza e all’esercizio attivo della cittadinanza. La partecipazione responsabile - come persona e cittadino - alla vita sociale permette di ampliare i suoi orizzonti culturali nella difesa della identità personale e CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 57 18/07/23 11:09 58 nella comprensione dei valori dell’inclusione e dell’integrazione. La raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo 18 dicembre 2006 sollecita gli Stati membri a potenziare nei giovani lo spirito di intraprendenza e di imprenditorialità. Di conseguenza, per promuovere la progettualità individuale e valorizzare le attitudini per le scelte da compiere per la vita adulta, risulta importante fornire gli strumenti per la conoscenza del tessuto sociale ed economico del territorio, delle regole del mercato del lavoro, delle possibilità di mobilità. L’asse storico-sociale promuove la percezione degli eventi storici a tutti i livelli di interconnessione, dal locale al mondiale, cogliendo nel passato le radici del presente. Questo senso critico, che vediamo tornare in tutti gli assi, si coniuga inoltre con lo spirito di intraprendenza e di imprenditorialità, richiamando esplicitamente le ultime tre competenze chiave nella loro versione del 2006. La conoscenza della realtà e delle relazioni sociologiche in essere, in una chiara percezione delle origini, renderà la persona capace di efficaci previsioni future e di una sana progettazione di vita per sé e per la propria comunità. Competenze di base a conclusione dell’obbligo di istruzione: – comprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali; – collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione, a tutela della persona, della collettività e dell’ambiente; – riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema socio economico per orientarsi nel tessuto produttivo del proprio territorio. Così la competenza «comprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali» potrà essere un traguardo dello studente attraverso la comprensione del «cambiamento in relazione agli usi, alle abitudini, al vivere quotidiano nel confronto con la propria esperienza personale» (abilità) e le conoscenze dei principali eventi che hanno cambiato la realtà storica sia nel locale che a livello internazionale. In conclusione, ponendoci nell’ottica di un sapere vitale, auspichiamo un apprendimento che sia capace di stimolare interesse, senso critico e competenza nello studente. La descrizione e la declinazione pratica di questo processo di insegnamento sarà il prossimo oggetto della nostra riflessione, che si soffermerà sul come insegnare. Le finalità educative come il protagonismo, l’esperienza di auto-efficacia, l’autonomia e l’orientamento verso scelte esistenziali significative sono, a nostro avviso, raggiungibili in una proposta di insegnamento sapiente. Cercheremo, senza inutile retorica, di analizzare quali siano le strategie che la scuola e la IeFP possono CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 58 18/07/23 11:09 59 mettere in campo per favorire il raggiungimento, per quanto sia loro possibile, di questi obiettivi, attraverso processi virtuosi di insegnamento in una prospettiva di competenze e di assi culturali. 4. Processi: i Cicli di Apprendimento Esperienziale Individuati traguardi e contenuti, ci poniamo adesso alcune domande sul processo, che ci aiuteranno ad orientare le nostre scelte didattiche: quali metodologie sono più efficaci per raggiungere questi traguardi? Quali ruoli e responsabilità hanno insegnanti e alunni? Quali materie/strutture facilitano l’apprendimento e lo sviluppo delle competenze? In sintesi, come organizzare la nostra didattica? Queste domande introducono una riflessione sia in senso statico, come dice Castoldi52, cioè come messa a punto dell’ambiente di apprendimento, sia in senso dinamico, come sviluppo dei processi nella loro veste più operativa. Questo punto della trattazione ci pone davanti ad alcune scelte di campo, che cercano di accordarsi con quanto detto finora rispetto alle competenze e agli assi. L’opzione fondamentale che mostriamo fin da subito è quella del singolo in rapporto con l’esperienza. Tuttavia, non è sufficiente posizionarci in questa diade, senza adoperarci ad un’attenta explicatio terminorum, capace di fugare dubbi ed ambiguità. Lo studente infatti vive un’esperienza in classe, che lo stimola e lo coinvolge oppure fa esperienza di noia e ripetitività; nei diversi vissuti c’è dunque esperienza, quindi: basta questa per generare apprendimento? Diciamo subito di no, motivando, ciò che ora suona come un assioma, con una serie di riflessioni che andremo a descrivere più avanti. La trattazione si prefigge, così, l’obiettivo di delineare quali caratteristiche siano in grado di rendere l’esperienza fonte di apprendimenti, attraverso: una riflessione epistemologica, ermeneutica e fenomenologica; la descrizione di processi virtuosi, in primis con la scelta di apprendere dai problemi, media dell’incontro di apprendimento tra allievo e realtà, ed il loro completamento metodologico più puntuale, ossia quello dei Cicli di Apprendimento Esperienziale (CAE). Cercheremo, inoltre, di esemplificare al meglio questi ultimi nella cornice degli assi culturali, mantenendo vivo l’orizzonte dal quale siamo partiti: l’auspicata transizione a questo nuovo paradigma normativo scolastico e formativo. 4.1. L’esperienza si fa maestra Abbiamo più volte nel nostro lavoro criticato la logica del fare, tipica di una proposta totalmente procedurale, auspicando apprendimenti che indirizzino verso una dimensione dell’agire, in cui l’allievo possa con competenza rispondere alla sollecitudine proveniente dalla situazione problematica. Questo obiettivo richiede, 52 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 128. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 59 18/07/23 11:09 60 in altre parole, saggezza pratica: di chi, inquadrando la situazione in forza della propria esperienza e delle nozioni apprese sa, rispondere con originalità, flessibilità, efficacia e coerenza, da vero ‘esperto’. Il profilo di uscita dell’‘esperto’ ci interroga su quale sia il processo di costruzione, punto più alto del livello di competenza, nel suo strettissimo legame con la realtà, con l’esperienza, con la quale peraltro condivide la stessa radice etimologica (esper-ienza ed esper-to), ovvero quella di chi sperimentando nel tempo diventa padrone di un sapere riconosciuto dall’esterno. I temi dell’esperienza, del tempo di apprendimento e del riconoscimento esterno ci richiamano naturalmente al concetto di competenza, che andremo ad analizzare da un’altra angolatura, quella più filosofica, per recuperarne il rapporto originario fondante, quello cioè tra persona e realtà. Introduciamo questa breve riflessione citando alcuni spunti presenti nella filosofia aristotelica, in particolare nell’Etica a Nicomaco, riportati da Pellerey53, in cui attraverso la spiegazione di virtù, intesa come eccellenza nello svolgimento di un’attività umana socialmente rilevante, il filosofo greco, ante litteram, avviò una riflessione sulla competenza e sul livello di esperienza riguardante l’agire umano. Quest’ultimo fu distinto in due categorie: l’agire produttivo (o poietico) svolto per sua natura alla produzione di beni materiali, mosso da un’idea (éidos) e perfezionato dall’abilità tecnica (téchne) e l’agire etico-sociale anch’esso guidato da un ideale (il bene) che si realizza attraverso una disposizione interna, la saggezza pratica (phrònesis), che guida il singolo a prendere decisioni prudenti e responsabili. Queste due categorie dell’agire non sono in uno stato di esclusione reciproca, anzi, nell’agire quotidiano si rinforzano e dialogano nell’unitarietà delle singole azioni che la persona vive, nelle sue esperienze pratiche. La persona le acquisisce come esperienze: nell’esercizio stesso, confrontandosi con i suoi simili; esercitando disposizioni interne di giudizio; attuando strategie di sapere pratico per raggiungere i fini desiderati e costruendo ulteriori conoscenze nello svolgersi dell’azione in sé. È la realtà dunque a farsi maestra della persona, che risponde a questo stimolo con una: «[...] forma di conversazione tra realtà esterna e realtà interna […] e che coinvolge processi interpretativi, emozionali e motivazionali, cognitivi e operativi, nei quali gioca fortemente il senso attribuito alla sfida e al proprio intervento »54. Le diverse componenti che inter-agiscono nella pratica del vivere morale della persona (oggettiva, soggettiva e inter-soggettiva o etica), fanno di lui un apprendista pratico, se, e solo se, si rende capace di riflettere e rileggere la propria azione alla luce di queste istanze, nobilitando il fare in agire, l’ontico in ontologico ed il fenomenico in fenomenologico». 53 Pellerey M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010. 54 Pellerey M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010, p. 23. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 60 18/07/23 11:09 61 Questa riflessione sulla realtà e sul vissuto del soggetto in essa, che potremo chiamare ermeneutica della pratica, mutuando la felice definizione di Mortari55, diventa uno sforzo interpretativo che il soggetto può compiere per implementare competenze nell’analisi critica della specificità del contesto in cui agisce, cogliendo limiti, risorse e potenzialità. Questa lettura della realtà fa della pratica una “buona pratica”, o meglio ancora una prassi, che lungi dall’essere una mera applicazione «[...] implica, invece, ideazione e progettazione a partire dall’esperienza vissuta e, quindi, un contributo soggettivo che consenta la costruzione di un sapere esperienziale »56. Questa meta richiede un continuo impegno auto-riflessivo, mai pago, che la scuola può e deve promuovere, per vocazione e conformazione. Questo stesso impegno è richiesto al professionista, di qualsiasi campo, che lo deve richiedere a se stesso, liberandosi dalle sicurezze della routine ed indagando quanto fatto nel quotidiano attraverso forme di auto-valutazione e nella relazione con la propria comunità professionale. Tale riflessione però non può e non deve prendere derive astrattiste, il pensiero, infatti, dovrà tenersi ancorato all’esperienza, per evitare la propaganda di verità trite, asfittiche o ideologiche, negando all’esperienza la possibilità di insegnare e di stimolare apprendimenti. Colta la necessarietà della diade esperienza-competenza, nel suo statuto epistemologico, ravvisiamo nella proposta dei fratelli Dreyfus57, che prendiamo ancora da Pellerey58, un esempio lampante ed operativo di quanto finora detto dal punto di vista teorico. Nel loro lavoro, infatti, la competenza viene declinata in 5 livelli di esperienza: 1) principiante; 2) principiante avanzato; 3) competenza; 4) competenza avanzata; 5) esperto. Nei diversi livelli, che potremmo ritrovare in formulazioni differenti ma con lo stesso principio nelle rubriche di valutazione o nelle certificazioni di competenze, gli autori propongono descrittori come: il soggetto riesce a collegare quanto studia con l’esperienza; sa adattarsi alle diverse circostanze; ha notevole capacità di inquadrare le situazioni da affrontare, cogliendole nella loro complessità… confermando come l’unico modo di far emergere e valutare quanto si sa, si sa fare e si sa essere venga dall’interazione con l’esperienza che è contemporaneamente luogo di esercizio, apprendimento e valutazione, maestra dunque dell’esperienza educativa, formativa e didattica. 55 Mortari L., Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Roma, Carocci Editore, 2020. 56 Mortari L., Apprendere dall’esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione, Roma, Carocci Editore, 2020, p 13. 57 Dreyfus H.L., Dreyfus S.E., Mind over machine, New York, The free press, 1986. 58 Pellerey M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010, pp. 28-30. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 61 18/07/23 11:09 62 4.2. Apprendere dai problemi Delineata la natura indissolubile e vitale tra esperienza e competenza, ci domandiamo in questa sede quale sia la veste didattica più efficace per avvicinare ad esperienze formative calibrate, accompagnando silenziosamente lo studente nella costruzione del proprio apprendimento. La questione, per nulla banale, richiama, a nostro avviso, la scelta e proposta di problemi nel campo scolastico, quell’azione che il docente fa di selezionare un segmento di realtà, più o meno adattato, per facilitare l’insegnamento/apprendimento. Lungi da una tradizione di problemi di geometria, dalla vasca che si riempie alle mele da comprare dal fruttivendolo, che hanno solcato i banchi di scuola in lungo ed in largo, il problema di cui parliamo dovrebbe, etimologicamente, mettere avanti allo studente una realtà interessante, coinvolgente e stimolante, che, a buona pace, nessuna vasca o fruttivendolo sono mai riusciti a fare. Il rapporto tra problemi e didattica fu affrontato negli anni Settanta del secolo scorso da due autori, Barrows e Tamblyn59, ripresi da Lotti60, i quali cercarono una soluzione al disinteresse e all’inefficacia dell’insegnamento della medicina nella McMaster University in Canada. Gli studenti, target del loro studio, non mostravano interesse all’insegnamento della medicina se non nella fase della specializzazione e non erano in grado, nelle fasi precedenti, di applicare quanto studiato alla realtà che incontravano. Questa situazione fu risolta, in sintesi, con la creazione di gruppi di lavoro attivamente coinvolti nello studio di casi, da cui loro stessi individuavano conoscenze necessarie e modalità di apprendimento. Lo slancio nato da questo studio e supportato dal pensiero pedagogico del 900, da Dewey in avanti, ha individuato il problema come un motore performante per tutta l’esperienza di apprendimento, una leva efficace, però, a delle condizioni. Esso infatti deve: essere all’inizio della sequenza di apprendimento (e non come mera applicazione di una formula, v. il fruttivendolo); proporsi similmente a come si presenterebbe nella realtà; sfidare conoscenze e ragionamento dell’allievo; orientare lo studio del singolo; generare spazi in cui lo studente sia in grado di rianalizzare quanto scoperto con ciò che conosceva o credeva di conoscere. Il coinvolgimento dell’apprendente in questa situazione sarà elevato tanto più la scelta e la definizione del problema saranno adeguate. Si potrebbe, in questa fase della trattazione, ricevere alcune critiche sul campo che muovono verso un mancato interesse generalizzato da parte degli allievi rispetto alla scuola e alle questioni proponibili. Esse però, a nostro avviso, sono mal poste e smascherano una carenza didattica e comunicativa della propria azione educativa e formativa, che spesso, come dice giustamente Comoglio61, sottintendono una visione dello studente come contenitore vuoto da riempire 59 Barrow H.S., Tamblyn R.M., Problem-based learing in Medical Education, New York, Springer, 1980. 60 Lotti A., Problem-Based Learning. Apprendere per problemi a scuola: guida al PBL per l’insegnante, Milano, FrancoAngeli, 2018. 61 Comoglio M., Il Portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i percorsi di istruzione e formazione professionale, Torino, SGS, 2011. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 62 18/07/23 11:09 63 e non come il centro ed il protagonista della propria esperienza d’apprendimento62. Anche quest’autore, nella stessa opera, si sofferma sulla promozione di un apprendimento basato sul problema e descrive il processo di insegnamento/apprendimento nelle fasi che seguono: – scelta definizione di un problema rilevante o degno di essere affrontato, identificare ciò che si sa, che cosa si ha bisogno di sapere e l’idea che si ha; – raccogliere informazioni; – generare le possibili soluzioni, scegliere la più promettente; – provare a implementare la soluzione; – presentare la soluzione; – valutare la prestazione. Dalla trattazione fin qui esposta risulta evidente come la scelta del problema sia la questione centrale di questa strategia didattica, esso deve essere inserito: in un contesto reale o professionale; descritto come lo studio di un caso; vicino all’esperienza dell’allievo, fattibile, per non generare da subito ritrosie o disinvestimenti; sfidante; complesso, e come dice Comoglio, sufficientemente mal definito «un problema deve stimolare/sollecitare la curiosità, la riflessione, il ragionamento, la creatività e avere possibilità diverse di soluzione. Per esso non esistono procedure, soluzioni giuste o sbagliate, ma soluzioni più o meno ragionevoli, più o meno giustificate»63. Compreso il problema e intravista una via di spiegazione, allo studente non viene richiesta l’invenzione di una soluzione, ma una ricerca competente di informazioni nuove e una sintesi con quelle in possesso, al fine di individuare una strategia efficace di problem solving, appunto. Il modello che stiamo cercando di inquadrare in questo paragrafo e che arricchiremo nella sua proposta processuale nel paragrafo successivo, differisce notevolmente dalla linearità spiegazione-applicazione, tipico del metodo deduttivo, che parte da assiomi o postulati teorici per ricavarne implicazioni sull’esperienza. Privilegia, invece, una formula più circolare e ricorsiva di problema- ricerca della soluzione, più vicino al metodo induttivo, di galileiana memoria, in cui un insieme di dati empirici stimolano le elaborazioni di concetti organizzatori. Oltre alla scelta del problema, al docente spetta il ruolo di supervisore dei processi induttivi, attraverso domande-guida che favoriscano la comprensione e la strategia di risoluzione del problema, ponendo più attenzione al processo che ai contenuti. Il processo, inoltre, attiverà maggiori risorse se sarà condiviso: la costruzione di 62 La curiosità è costitutiva dell’uomo, spetta dunque all’insegnante e alla didattica capire la strategia migliore per attivare questa dimensione e sollecitare gli apprendimenti. Ci risuona naturalmente, fatte le dovute parafrasi, una nota massima di Don Bosco: «In ognuno di questi ragazzi, anche il più disgraziato, v’è un punto accessibile al bene. Compito di un educatore è trovare quella corda sensibile e farla vibrare». 63 Comoglio M., Il Portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i percorsi di istruzione e formazione professionale, Torino, SGS, 2011, p. 32. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 63 18/07/23 11:09 64 un ambiente di apprendimento comune sarà in grado di implementare l’esperienza di apprendimento nel confronto, nello scambio, nella collaborazione e nel mettersi in gioco. Commenta a tal proposito Castoldi: «[...] in rapporto al paradigma sociocostruttivista di apprendimento che qualifica un approccio per competenze, l’approccio induttivo enfatizza il ruolo della scoperta attiva come condizione per un apprendimento durevole e profondo e l’attenzione al ruolo dei processi cognitivi e metacognitivi nell’apprendimento: questi ultimi diventano il focus privilegiato dell’approccio induttivo, in quanto i contenuti specifici rappresentano esclusivamente l’oggetto su cui mettere in gioco i processi di analisi, classificazione, formulazione di ipotesi, verifica»64. 4.3. Una scelta tra tante: il Ciclo di Apprendimento Esperienziale In questo focus sul rapporto tra apprendimento ed esperienza, rimarchiamo, qualora non fosse ancora chiaro, che non è l’esperienza di per se stessa generatrice di apprendimento, infatti il ripetersi di uno sbaglio nel tempo può essere chiamato erroneamente esperienza; ma è l’azione metacognitiva, sistematica e controllata sull’esperienza a generare apprendimento. Per questo motivo proponiamo nel nostro lavoro due processi di insegnamento/apprendimento legati all’esperienza: il primo, l’apprendimento dai problemi, che abbiamo pocanzi descritto, ed il secondo, che riprende e completa il precedente, il Ciclo di Apprendimento Esperienziale (CAE), nella formulazione proposta da Trinchero65. L’autore, basandosi sugli studi originali di Pfeiffer e Jones66, propone un processo di apprendimento fatto di sei tappe: problema, esperienza, comunicazione, analisi, generalizzazione ed applicazione. Esse hanno come meta quella di mantenere vivo il rapporto tra esperienza e riflessione, attraverso la veste didattica delle UDA. Il problema, prima tappa di questo processo, viene descritto non diversamente da quanto riportato nel paragrafo precedente: aperto, significativo e calibrato. La risoluzione del problema porterà lo studente a compiere un’esperienza, all’interno di un gruppo più o meno grande, che garantisca comunque una reale interazione da parte di ogni membro. L’esperienza richiederà una narrazione, che potrà essere svolta con diversi mezzi, questa è la fase della comunicazione, in cui, attraverso un approccio dialogico, si potranno cogliere i primi punti di forza e limiti della soluzione proposta 64 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 66. 65 Trinchero R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, pp. 34-44. 66 Pfeiffer J.W., Jones J.E., A handbook of structured experiences for human relations training, Vols. 1-10, San Diego, University Associates, 1985. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 64 18/07/23 11:09 65 allo stimolo inziale, costruendo così la tappa dell’analisi. L’insegnante, sintetizzando quanto emerso dal gruppo o dai gruppi potrà illustrare o creare una soluzione ideale, una generalizzazione, raccogliendo ulteriori contributi in sede plenaria. Alla fine di quella che è evidentemente una costruzione sociale dell’apprendimento, si apre un nuovo problema, innescando nuovamente il circolo virtuoso (Fig. 8). Fig. 8 Il Ciclo di Apprendimento Esperienziale (CAE) di Pfeiffer e Jones 80 Fig. 8 Il Ciclo di Apprendimento Esperienziale (CAE) di Pfeiffer e Jones Fonte: TRINCHERO R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, p. 36. Ad esempio agli studenti viene proposto la seguente situazione-problema: avendo due schede telefoniche con contratti differenti, con quale delle due è più conveniente fare telefonate della durata X? Un problema, dunque, aperto che permette più ipotesi, non la mera applicazione di un sapere inerte. Si apre la fase dell’esperienza in cui gli allievi nei loro gruppi fanno emergere le loro preconoscenze o eventuali misconcezioni sulla situazione, per arrivare a formulare nella fase della comunicazione una soluzione, motivando la propria scelta. Il docente, rimanendo nell’esempio citato, può scrivere alla lavagna in una tabella a doppia entrata le buone idee e quelle discutibili, spiegando il perché di quelle meno efficaci, suggerendo poi alla fine soluzioni maggiormente performanti, qualora non siano state proposte: questa è la fase dell’analisi. La generalizzazione che ne segue può essere organizzata dall’insegnante come una lezione frontale in cui spiegare conoscenze, abilità, atteggiamenti e strutture utili alla risoluzione di questo ed altri problemi simili, invitando gli studenti a trovare altre situazioni in cui questi principi o elementi appresi potrebbero essere risolutivi. L’applicazione potrebbe essere guidata attraverso l’inserimento di un nuovo problema della Fonte: Trinchero R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, p. 36. Ad esempio agli studenti viene proposta la seguente situazione-problema: avendo due schede telefoniche con contratti differenti, con quale delle due è più conveniente fare telefonate della durata X? Un problema dunque aperto che permette più ipotesi, non la mera applicazione di un sapere inerte. Si apre la fase dell’esperienza in cui gli allievi nei loro gruppi fanno emergere le loro preconoscenze o eventuali misconcezioni sulla situazione, per arrivare a formulare nella fase della comunicazione una soluzione, motivando la propria scelta. Il docente, rimanendo nell’esempio citato, può scrivere alla lavagna in una tabella a doppia entrata le buone idee e quelle discutibili, spiegando il perché di quelle meno efficaci, suggerendo poi alla fine soluzioni maggiormente performanti, qualora non siano state proposte: questa è la fase dell’analisi. La generalizzazione che ne segue può essere organizzata dall’insegnante come una lezione frontale in cui spiegare conoscenze, abilità, atteggiamenti e strutture utili alla risoluzione di questo ed altri problemi simili, invitando gli studenti a trovare altre situazioni in cui questi principi o elementi appresi potrebbero essere risolutivi. L’applicazione potrebbe essere guidata attraverso l’inserimento di un nuovo problema della stessa natura CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 65 18/07/23 11:09 66 ma di grado più elevato, valutando il reale apprendimento avvenuto. La proposta didattica esposta nella modalità suggerita da Trinchero, permette all’allievo di sperimentare, attraverso una riflessione guidata, la propria capacità di problem solving, che può essere esercitata in più modalità, attraverso una costruzione comune, esercitando la propria capacità autoregolativa. L’attenzione da parte di tutti viene centrata sul processo, più che sul prodotto, cioè il singolo problema, imparando: cosa significa confrontare più soluzioni; saperle motivare; cogliere i motivi di una scelta piuttosto che un’altra; utilizzare trasversalmente saperi in diverse situazioni. Chiaramente, sottolinea l’autore, non è necessario dover applicare rigidamente i passaggi nell’ordine esemplificato ed immaginare queste fasi come settori stagni, ma sperimentarle nella loro reciprocità, ad es. già nella fase della comunicazione può emergere spontaneamente una prima analisi, che non deve quindi essere bloccata. Il processo va dunque inteso, continua l’autore, come un canovaccio, da usare in alcune UDA, non necessariamente su tutto l’anno scolastico. Organizzare alcune ore di insegnamento in questa modalità aiuterà, inoltre, il docente a rendere la propria lezione veramente inclusiva, con la scelta e la formazione dei gruppi, potendo dedicare energie speciali ad elementi che di solito restano indietro rispetto al ritmo di lavoro o non sono in grado di sostenere in autonomia una prova. 4.4. Le situazioni problema negli assi culturali Colta la virtuosità di questo processo di apprendimento, andiamo adesso a presentare alcuni esempi di situazione-problema secondo la cornice degli assi culturali. Per dovere di chiarezza è utile definire in poche battute, la differenza tra situazione- problema, compiti di realtà e compiti autentici, che dalla nostra esperienza sentiamo spesso utilizzati erroneamente come sinonimi. La situazione-problema è una consegna che viene somministrata allo studente, con le caratteristiche che abbiamo più volte descritto: sfidante, possibile, aperta a più soluzioni e a più riflessioni, inedita, interdisciplinare, situata e capace di generare un prodotto finale, che metta in evidenza la competenza dell’allievo. Quando la situazione-problema è tratta dalla realtà quotidiana del soggetto parliamo di compito di realtà, se esso poi richiede, per essere risolto, le stesse competenze che vengono messe in campo dai soggetti che rispondono al compito nella vita reale, si parlerà di compito autentico (Fig. 9.). Fig. 9 Situazione problema, compito di realtà e compiti autentici situata e capace di generare un prodotto finale, che metta in evidenza la competenza dell’allievo. Quando la situazione-problema è tratta dalla realtà quotidiana del soggetto parliamo di compito di realtà, se esso poi richiede, per essere risolto, le stesse competenze che vengono messe in campo dai soggetti che rispondono al compito nella vita reale, si parlerà di compito autentico (Fig. 9.). Fig. 9 Situazione problema, compito di realtà e compiti autentici TRINCHERO R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, p. 46. Sciolta la questione terminologica, riprendiamo quella sulla definizione delle situazioni-problema negli assi, ricordando come questa proposta non sia antitetica a quella di contenuti, infatti, declinare gli assi in situazioniproblema nei CAE permetterà un insegnamento ancorato alla realtà, riabilitato agli occhi dei nostri allievi e capace di formare e valutare Fonte: Trinchero R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, p. 46. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 66 18/07/23 11:09 67 Sciolta la questione terminologica, riprendiamo quella sulla definizione delle situazioni- problema negli assi, ricordando come questa proposta non sia antitetica a quella di contenuti, infatti, declinare gli assi in situazioni-problema nei CAE permetterà un insegnamento ancorato alla realtà, riabilitato agli occhi dei nostri allievi e capace di formare e valutare competenze. Mostriamo qualche modello di corrispondenza tra assi/competenze di base/situazione-problema proposte dallo stesso autore67, ad esempio la competenza di base presente negli assi dei linguaggi: padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti, può diventare nella situazione-problema (sia nella lingua madre che in una straniera): ascoltate una canzone e, senza aiutarvi con il testo scritto cercate di: individuarne i messaggi che intende veicolare l’autore; isolate le proposizioni che ritenete essere più significative per rendere il senso complessivo del testo e ricostruite nei nessi logici che le legano; ricostruite la situazione che, secondo voi, può aver ispirato l’autore; cercate immagini in rete che possano illustrare i significati espressi nella canzone e componete una presentazione a cui la canzone possa fare da sottofondo. Oppure, sempre per i linguaggi, dalla competenza utilizzare e produrre testi multimediali, può essere presentata una situazione-problema come: scegliete un tema che vi interessa particolarmente, costruite il vostro blog o la vostra pagina Facebook su quel tema, utilizzando i siti che mettono a disposizione spazi blog gratis o Facebook. Il blog deve contenere: disegni e fotografie, suoni e musica, filmati video, testo. Per l’asse matematico, invece, la competenza di base utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica; può essere valutata in una situazione-problema come: state organizzando la vostra festa di compleanno e volete invitare x amici. Sapete che potete spendere la cifra di x euro per comprare … sapendo che i costi sono … progettate un piano di acquisto; oppure: quanto costa 1 kg di pane artigianale? Calcolate tenendo conto del costo della materia prima (farina, acqua, lievito, sale, olio, malto, miglioratore) e del costo energetico (per riscaldamento forno e funzionamento e attrezzature di laboratorio). Dopo averlo stabilito, calcolate il costo di 100 kg dello stesso pane. Per l’asse scentifico- tecnologico la competenza essere consapevole delle potenzialità delle tecnologie rispetto al contesto culturale e sociale in cui vengono applicate, può trovare spazio di espressione in situazioni-problema come: perché è importante la raccolta differenziata dei rifiuti? Cercando informazioni sul web e, se necessario, utilizzando gli sportelli di informazione al cittadino, cerca di ricostruire il percorso che nel tuo comune porta i rifiuti della raccolta differenziata al riciclaggio e metti in evidenza i vantaggi di tale processo rispetto allo smaltimento indifferenziato dei rifiuti; oppure: compilate un diario di una vostra giornata elencando tutti gli apparati tecnologici con cui venite a contatto e descriveteli. Potete aiutarvi cercando informazioni in rete con i motori di ricerca. Per l’asse storico-sociale, infine, una competenza di base come comprendere il 67 Trinchero R., Costruire, valutare, certificare competenze. Proposte di attività per la scuola, Milano, FrancoAngeli, 2012, pp. 52-62. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 67 18/07/23 11:09 68 cambiamento della diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche, in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali; potrebbe essere valutata in situazioni-problema come: dato un film individuate le rappresentazioni della realtà, stereotipi, valori sottesi, culture di riferimento; oppure: descrivete il concetto di “famiglia” delineandolo nella sua evoluzione nel tempo e/o mettendo a confronto le differenti forme che assume in vari paesi del mondo. Gli spunti qui proposti sono solo pochi esempi di quanto la creatività di un insegnante, appassionato e competente nel proprio ambito di insegnamento, potrebbe proporre, gettando un ponte tra le aule e la vita quotidiana degli allievi. È chiara la differenza di questo tipo di proposte dalla tradizionale lezione frontale, che chiaramente può rimanere un momento importante di un CAE, per evitare che questi momenti formativi siano coinvolgenti e divertenti, ma poveri di contenuti di apprendimento. Risulta quindi doveroso il sapiente lavoro dell’insegnante che sappia tenere in equilibrio lo schema portante del nostro lavoro, i 4 punti della mappa di Kerr. Egli, dosando continuamente azioni per raggiungere traguardi, rimodulabili, su processi e contenuti, attraverso una valutazione, oggetto del prossimo paragrafo, formativa e orientatrice della continua attività didattica, potrà rendere il suo insegnamento sempre più personalizzato, interdisciplinare ed inclusivo. 5. Valutazione: le rubriche di valutazione L’ultima fase dello schema di Kerr che guida la nostra trattazione è quella della valutazione68. Ci chiediamo, dunque, in questa sede: quali sono i criteri da tenere a mente nella valutazione? Con l’utilizzo di quali strumenti? Quali sono le funzioni specifiche di un’azione valutativa? Quali sono i ruoli di questo momento così delicato nella progettazione didattica e nei vissuti degli apprendenti? Cerchiamo di rispondere a queste domande: in primo luogo attraverso le sollecitazioni della docimologia, troppo spesso facilmente accantonata; a seguire con gli spunti di Pellerey sul principio di triangolazione ed, infine, con l’approfondimento di uno strumento di valutazione: quello delle rubriche di valutazione, soluzione tra le più efficaci in una didattica per competenze. I punti della trattazione evidenziano, nelle loro differenze di approccio, il comune valore della valutazione come vero e proprio momento di apprendimento. Superando una logica meramente sommativa o formativa, quest’ultima comunque auspicabile, scegliamo la definizione di formante, nella prospettiva che riprendiamo da Trinchero: 68 Ricordiamo, per chiarezza, che è l’ultima fase per esigenza di stesura nel nostro lavoro, ma non è il momento finale del processo formativo. Lo schema descritto da Kerr infatti si caratterizza per essere una proposta essenzialmente circolare e ricorsiva, non lineare con la valutazione come momento finale del percorso. Questa funzione diagnostica o certificativa della valutazione è più vicina agli approcci simili al modello ADDIE, descritto nelle premesse al capitolo. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 68 18/07/23 11:09 69 «la valutazione sommativa, proposta al termine di un percorso di apprendimento allo scopo di fornirne un bilancio, va sicuramente vista nella prospettiva dell’assessment of learning. La valutazione formativa, proposta come momento in itinere di un percorso di apprendimento allo scopo di monitorarne gli esiti e proporre correzioni di rotta, va sicuramente vista nella prospettiva dell’assessment for learning. La valutazione formante si pone nella prospettiva dell’assessment as learning, ossia una valutazione che è essa stessa momento di apprendimento»69. Offrire la prospettiva valutativa sopra riportata nella progettazione didattica, garantisce allo studente sia un ruolo da protagonista e connettore dei momenti di apprendimento, sia una valutazione ed un compito attivo nella lettura metacognitiva di quanto ha fatto, attribuendo, con competenza, un significato alla propria esperienza di apprendimento. 5.1. I saperi docimologici da non accantonare La scelta di campo di una valutazione formante non richiederebbe la citazione della docimologia, vera protagonista nella didattica curricolare, ma spesso giudicata superata rispetto ad una logica di competenze. Lo sforzo che invece vogliamo proporre nel nostro lavoro è quello di mantenere in dialogo le diverse istanze, non perdendo ciò che di buono esse propongono, immaginando la complementarietà e la flessibilità come presupposti fondanti della progettazione didattica ed educativa in genere. La docimologia ha, senza dubbio, generato preziosi saperi, integrando una sensibilità sperimentale a quanto di buono è stato proposto dalla teoria curricolare e quella sul valore. Questo know-how, inoltre, non è passato capillarmente nelle scuole e nei sistemi di formazione, che corrono ancora rischi di forte discrezionalità ed inefficacia nella propria azione didattica, facilmente risolvibili grazie a basilari principi docimologici. Queste riflessioni ci spingono ancora oggi a guardare con rispetto questa scienza e a non accantonarla ingiustamente, descrivendola, in questa sede, nei suoi passaggi storici essenziali e negli elementi utili alla nostra azione didattica. In Francia,70 subito dopo il primo conflitto mondiale, gli studi di Henri Piéron71 evinsero un’assenza di correlazione tra i voti degli allievi e gli esiti sugli stessi allievi 69 Trinchero R., Valutazione formante per l’attivazione cognitiva. Spunti per un uso efficace delle tecnologie per apprendere in classe, 2018 in Italian Journal of Educational Technology, 26(3), pp. 40- 55. doi: 10.17471/2499-4324/1013 70 Il contesto storico in cui nasce la docimologia vive una sostanziale novità scolastica, ovvero quella dell’apertura del mondo istituzionale a fasce sociali meno agiate. Per secoli la scuola aveva fatto incontrare insegnanti ed allievi dello stesso ceto, situazione che non poneva particolare difficoltà didattica. L’eterogeneità, la conseguente pressione sociale e la spinta data dalla pedagogia sperimentale, che iniziava con energia a muovere i suoi primi passi, portò Piéron e Laugier a compiere la prima ricerca docimologica. 71 Citiamo su tutti: Pieron H. et al., Études docimologiques sur le perfectionnement des examens et concours, Parigi, Conservatoire national des arts et métiers, 1934. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 69 18/07/23 11:09 70 su prove d’esame: i voti, quindi, misuravano altro, non le conoscenze. Nacque così il termine docimologia, lo studio, cioè, sul docimo, sulla prova d’esame. La ricerca di portata internazionale, supportata poi da finanziatori americani, proseguì ed ebbe maggiore rilevanza grazie alla ricerca sul baccalauréat, corrispondente all’esame di maturità italiano. I dati confermarono, in sintesi, quanto detto in precedenza: la strutturazione delle prove e la discrezionalità dei correttori rendeva impossibile una valutazione oggettiva, capace di evidenziare la reale conoscenza dell’esaminando. L’approccio, decisamente positivista e tecnico delle origini, si arricchirà in America grazie alla teoria del curricolo e a quella del valore, per tornare in Europa ed in particolare in Italia, con il lavoro di alcune figure come: Calonghi, Visalberghi e Gattullo. Il percorso descritto, a grandi linee, darà alla disciplina la possibilità di evolversi, integrando alla questione valutativa il processo educativo e didattico. Non più, quindi, una mera analisi di misurazione dell’esito nelle prove d’esame, ma «una disciplina nata per studiare su basi scientifiche i criteri della valutazione scolastica (tenendo presenti anche i fattori soggettivi che agiscono sugli esaminatori) al fine di elaborare tecniche di esame e di verifica del profitto degli allievi e dei partecipanti al processo formativo»72. Riposizionando i test ed i dati emersi come base per un giudizio, la misurazione richiederà momenti di elaborazione ed interpretazione, generando una valutazione. L’azione del valutare, un vero e proprio programma di azione, orienterà la didattica in tutte le sue fasi; ma come riuscire a rendere efficace la valutazione in questa sua funzione? La risposta a questa domanda richiederebbe un’ulteriore trattazione, che, in questa sede, riportiamo nei tratti essenziali dal lavoro di Domenici73. Un primo esempio di didattica sanamente orientata dalla valutazione è quella del mastery learning, o apprendimento per la padronanza, che vede come principale autore Bloom, già citato per la sua tassonomia. L’autore dimostrò, su base sperimentale, che il 90% degli allievi è in grado di raggiungere la piena padronanza degli obiettivi di apprendimento per le conoscenze di base e che ogni allievo, o quasi, può raggiungere la padronanza del compito, rispettando i tempi di cui necessita; il successo in un compito non è quindi una questione di attitudine ad un compito, ma di tempo opportuno e corretta didattica. Tali principi, secondo l’autore, identificano l’obiettivo centrale dell’istruzione, ovvero quello di farsi carico delle differenze individuali degli allievi, attraverso un’azione valutativa di tipo formativo. Così viene richiesto alla didattica un processo di individualizzazione degli apprendimenti secondo il principio di retroazione. La funzione di questo principio, che qui accenniamo, è quella diagnostica, che rende possibile attraverso la valutazione l’individuazione del mancato o errato apprendimento e la programmazione di interventi individuali, efficaci e tempestivi per la risoluzione della lacuna riscontrata. Nella didattica ordinaria andranno, dun- 72 Notti A., Origine e sviluppo della docimologia, in Coggi C., Notti A. (a cura di), Docimologia, Lecce-Brescia, PensaMultimedia, 2002, p. 11. 73 Domenici G., Manuale della valutazione scolastica, Roma-Bari, Laterza, 2003. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 70 18/07/23 11:09 71 que, pensate, tra i momenti collettivi, delle fasi individuali per ogni segmento di insegnamento, garantendo un’attenzione alternata singolo/gruppo, che sosterrà il recupero in ogni fase formativa (Fig. 10) Fig. 10 Schema rappresentativo di una didattica flessibile 88 valutazione l’individuazione del mancato o errato apprendimento e la programmazione di interventi individuali, efficaci e tempestivi per la risoluzione della lacuna riscontrata. Nella didattica ordinaria andranno, dunque, pensate, tra i momenti collettivi, delle fasi individuali per ogni segmento di insegnamento, garantendo un’attenzione alternata singolo/gruppo, che sosterrà il recupero in ogni fase formativa (Fig. 10) Fig. 10 Schema rappresentativo di una didattica flessibile Fonte: DOMENICI G., Manuale della valutazione scolastica, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 32. Il processo didattico fin qui descritto, innervato di una continua azione valutativa, richiede strumenti di valutazione che siano validi, capaci cioè di misurare effettivamente ciò che si propone di misurare ed attendibili, capaci Fonte: Domenici G., Manuale della valutazione scolastica, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 32. Il processo didattico fin qui descritto, innervato di una continua azione valutativa, richiede strumenti di valutazione che siano validi, capaci cioè di misurare effettivamente ciò che si propone di misurare ed attendibili, capaci di valutazioni stabili nel tempo e scevre da discrezionalità del correttore. La regola aurea che la docimologia propone è, dunque, quella di corrispondere a funzioni/obiettivi un adeguato strumento di valutazione. La strutturazione delle prove diventa, così, centrale nella trattazione docimologica e viene a delinearsi secondo l’apertura e la chiusura degli stimoli e delle risposte. Gli studi, che qui accenniamo, indicano la strutturazione di prove con stimolo chiuso e risposta chiusa o aperta (es. saggi brevi, attività di ricerca, relazioni di laboratorio, questionari, colloqui strutturati…), come unici strumenti garanti di oggettività nella valutazione74. Solo in queste condizioni sarà possibile per l’insegnante evitare alcuni effetti di distorsione tipici dell’insegnamento tradizionale: 74 Ad es. una prova a stimolo aperto ed a risposta aperta è il tema tradizionale, in cui l’apertura dello stimolo richiede allo studente un’interpretazione soggettiva, è privo di criteri specifici per verificarlo, sollecita diverse capacità, a prescindere dal contenuto. La chiusura dello stimolo per un elaborato scritto può portare al saggio breve, in cui: l’argomento viene diviso in un certo numero di questioni, delimitando maggiormente lo spazio di risposta; aumenta l’omogeneità degli allievi; si possono individuare criteri di verifica e le abilità verbali sono veicolate su contenuti specifici. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 71 18/07/23 11:09 72 come quello alone, in cui i precedenti giudizi influenzano la valutazione di prove successive; quello di contrasto, in cui standard ideali del docente o prove di altri allievi sovrastimano o sottostimano la valutazione di una prova; oppure quello della stereotipia, dove la distorsione valutativa è legata all’opinione complessiva sulla persona e non sulla prova ed infine, per citarne solo alcuni, quello dell’effetto pigmalione, forse il più noto: «l’effetto tipico della profezia che si autoverifica. […] A certe predizioni del successo o dell’insuccesso scolastico di ciascun allievo, fatte dai docenti sulla scorta di taluni elementi informativi disponibili, conseguono comportamenti verbali e non verbali spesso inconsapevolmente coerenti con quelle previsioni»75. La trattazione docimologica, che richiederebbe ulteriore approfondimento, continua ad essere, a nostro avviso, un vero punto di riferimento sulle questioni valutative. Per questo nella transizione che auspichiamo su assi culturali e competenze, poniamo i saperi docimologici come punti fermi e stabili nella strutturazione di prove valide ed attendibili e valutazioni efficaci nei processi didattici di qualsiasi approccio. 5.2. Il principio della triangolazione nella valutazione delle competenze In accordo con quanto detto in campo docimologico, la scelta di quale sia l’oggetto da valutare e scegliere a cosa dare valore risultano elementi della stessa azione valutativa anche nel campo di una didattica per competenze. Questa banale analogia genera, però, alcune difficoltà, in quanto la complessità intrinseca al concetto di competenza evidenzia alcuni elementi di difficile valutazione, se non nella loro estrinsecazione in evidenze legate ai compiti somministrati. Valutare gli aspetti soggettivi ed idiosincratici di una performance, ad esempio, rispetto ad un quadro stabile predefinito, è un’illusione che porterà a sicuri distorsioni valutative. Liberandoci da pretese positiviste di assoluta capacità di lettura del reale, ci chiediamo: dobbiamo abbandonare in toto il nostro desiderio di efficacia valutativa, rimanendo soggiogati da un mondo di competenze insondabili? La risposta a questa domanda, per nulla banale, ci spinge, richiamando gli elementi costitutivi della competenza, a dire: iniziamo dalle conoscenze ed abilità. Esse infatti, isolate, possono essere valutate con gli strumenti docimologici sopra citati, garantendo un primo elemento di valutazione. Questo primo passo però non risolve completamente il nostro problema, che richiederà l’immaginazione di scenari nuovi in campo valutativo, con un approccio dialogico e multidimensionale, che proponiamo nel principio della triangolazione, ideato da Pellerey. L’autore suggerisce, vista la natura poliedrica della competenza, di triangolare «informazioni pertinenti, validi ed affidabili, utilizzando molteplici fonti e modalità di rilevazione, almeno tre di natura differente, che permettono di sviluppare, mediante il confronto tra di loro e con l’obiettivo di riferimento, la loro interpretazione e l’elaborazione di un giudizio che siano fondate e sufficientemente conclusivo»76. Questo approccio sarà in grado di: tener conto 75 Domenici G., Manuale della valutazione scolastica, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 44. 76 Pellerey M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010, p. 112. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 72 18/07/23 11:09 73 del processo oltre che del prodotto; essere validato dal consenso di una comunità esperta; sostenersi dall’osservazione del docente e dall’auto-narrazione da parte dell’allievo. Una competenza non potrà mai essere, per sua natura oggetto di accertamenti assoluti; anche l’obiettivo di certificare la competenza, in realtà, risulta improprio, commenta l’autore, in quanto non viene certificata la competenza in modo assoluto, ma l’evidenza espressa in un compito. Tuttavia, attraverso una raccolta di dati diversificati, nella forma e nel reperimento, sarà possibile, in un giudizio finale complessivo, generare dei quadri di riferimento per valutare i livelli di competenza, come ad esempio con le rubriche di valutazione, che tratteremo più avanti. Questi livelli di acquisizione, accennati nella nostra trattazione nel paragrafo sul rapporto tra competenza ed esperienza, rispondono a quattro coordinate: complessità/semplicità, familiarità/novità (Fig. 11). Fig. 11 Dimensioni che aiutano a definire i livelli di competenza 91 essere validato dal consenso di una comunità esperta; sostenersi dall’osservazione del docente e dall’auto-narrazione da parte dell’allievo. Una competenza non potrà mai essere, per sua natura oggetto di accertamenti assoluti; anche l’obiettivo di certificare la competenza, in realtà, risulta improprio, commenta l’autore, in quanto non viene certificata la competenza in modo assoluto, ma l’evidenza espressa in un compito. Tuttavia, attraverso una raccolta di dati diversificati, nella forma e nel reperimento, sarà possibile, in un giudizio finale complessivo, generare dei quadri di riferimento per valutare i livelli di competenza, come ad esempio con le rubriche di valutazione, che tratteremo più avanti. Questi livelli di acquisizione, accennati nella nostra trattazione nel paragrafo sul rapporto tra competenza ed esperienza, rispondono a quattro coordinate: complessità/semplicità, familiarità/novità (Fig. 11). Fig. 11 Dimensioni che aiutano a definire i livelli di competenza Fonte: Pellerey M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010, p.118. 100 PELLEREY M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010, p.112. Fonte: Pellerey M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010, p. 118. Lo schema genera quattro quadranti per ideare compiti-problema in grado di far mobilitare ed orchestrare all’allievo le proprie risorse interne, cognitive, affettive e volitive, in un percorso evolutivo. Lo studente potrà così cimentarsi: in partenza in prove semplici e familiari; per poi passare ad altre semplici, ma nuove, in cui dover attivare un giusto grado di transfer77 delle competenze; sperimentare la complessità nella sicurezza di prove familiari; preparandosi, infine, a prove 77 Descritta da Pellerey come la capacità di trasferire la competenza da parte dell’esperto, «distinguere situazioni che si discostano da quelle già incontrate e che non rientrano entro i quadri interpretativi e operativi ormai consolidati, valutandone i caratteri peculiari. Qui entra in gioco la meta-competenza sopra descritta che permette di identificare non solo la consistenza della distanza tra quanto si è già in grado di affrontare validamente ed efficacemente, ma anche i possibili percorsi di arricchimento o di trasformazione delle risorse interne o della capacità di una loro attivazione e orchestrazione in modo da rispondere alle nuove sfide» (Fonte: Pellerey M., https://view.officeapps.live.com/op/view.aspx?src= https%3A%2F%2Fpellerey.unisal.it%2Fisfoldi.doc&wdOrigin=BROWSELINK). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 73 18/07/23 11:09 74 complesse e nuove in cui poter mostrare a pieno la propria competenza. Questi elementi, dobbiamo dirlo, hanno comunque un grado piuttosto alto di soggettività, sia da parte dell’insegnante che del vissuto di apprendimento dello studente, volendo essere sempre legate alla complessità della competenza78. Per questo motivo ritorniamo sul principio della triangolazione, garante di un certo grado di affidabilità e validità di giudizio, grazie alla dimensione dialogica del consenso79, che si costruisce in sede di confronto (Fig. 12). Fig. 12 Prospettive di valutazione della competenza Fig. 12 Prospettive di valutazione della competenza Fonte: CASTOLDI M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 214. La prospettiva oggettiva della competenza fa riferimento alle conoscenze ed abilità misurabili, evidenze osservabili in rapporto al compito o prova affidata, rispondendo a un’istanza empirica. La polarità soggettiva si riferisce alla componente da interpretare da parte del docente, un giudizio in una veste più qualitativa che quantitativa, sottolinea Pellerey104. Castoldi105, che riprende e commenta il modello dell’autore salesiano, aggiunge nell’elemento soggettivo un’istanza autovalutativa da parte del soggetto, che assegna significato alla propria esperienza di apprendimento in ogni fase del processo. Triangola le tre polarità descritte quella intersoggetiva, la quale, richiamando l’integralità della persona in continuo apprendimento nei diversi contesti (formale, non formale ed informale), interpella nel giudizio sulla competenza stakeholder solitamente esclusi, ma che concretizzano quell’istanza sociale di aspettative insite nell’apprendimento. Spiegando 104 PELLEREY M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010, p.120. 105 CASTOLDI M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 213. Fonte: Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 214. La prospettiva oggettiva della competenza fa riferimento alle conoscenze ed abilità misurabili, evidenze osservabili in rapporto al compito o prova affidata, rispondendo a un’istanza empirica. La polarità soggettiva si riferisce alla componente da interpretare da parte del docente, un giudizio in una veste più qualitativa che quantitativa, sottolinea Pellerey80. Castoldi81, che riprende e commenta il modello dell’autore 78 Un compito ritenuto semplice da un insegnante può mettere in difficoltà l’allievo per tante ragioni. Compiti, invece, somministrati per la certificazione di abilità procedurali, garantirebbero una maggiore obiettività, ma perderebbero la ricchezza formativa di un processo di didattica per competenze, come abbiamo ampiamente spiegato nel resto del lavoro. 79 L’autore nei suoi lavori descrive questa istanza dialogica attraverso la costruzione di una cultura del feedback nella pratica didattica e formativa, che non approfondiamo in questa sede, ma che riteniamo interessante per la promozione di questa istanza. (Fonte: https://www.cnos- fap.it/sites/default/files/ riviste/rassegnacnos_1-2022.pdf). 80 Pellerey M., Competenze, conoscenze, abilità, atteggiamenti. Il ruolo delle competenze nei processi educativi scolastici e formativi, Napoli, Tecnodid Editore, 2010, p.120. 81 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 213. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 74 18/07/23 11:09 75 salesiano, aggiunge nell’elemento soggettivo un’istanza autovalutativa da parte del soggetto, che assegna significato alla propria esperienza di apprendimento in ogni fase del processo. Triangola le tre polarità descritte quella intersoggetiva, la quale, richiamando l’integralità della persona in continuo apprendimento nei diversi contesti (formale, non formale ed informale), interpella nel giudizio sulla competenza stakeholder solitamente esclusi, ma che concretizzano quell’istanza sociale di aspettative insite nell’apprendimento. Spiegando questa dimensione dello schema di Pellerey, Castoldi aggiunge nel setting scolastico valutante, oltre che studenti ed insegnanti: «le percezioni del gruppo degli allievi, delle famiglie, dei docenti degli ordini di scuola successivi, dei rappresentanti del mondo professionale o della comunità sociale»82. Questo principio genera, nel mondo scolastico quotidiano, una serie di strumenti affidabili, validi e pertinenti con gli obiettivi prefissati. Questi strumenti orchestrati nelle giuste sedi, con dei corretti criteri di valutazione e nel rispetto della specificità dei ruoli dei diversi attori, garantiranno quel consenso necessario ad una valutazione di un fenomeno complesso come quello dell’apprendimento di una competenza. Riportiamo uno schema riassuntivo prodotto da Castoldi (Fig. 13) per richiamare alcuni strumenti utili alle diverse istanze. Fig. 13 Repertorio di strumenti di analisi delle competenze 94 questa dimensione dello schema di Pellerey, Castoldi aggiunge nel setting scolastico valutante, oltre che studenti ed insegnanti: «le percezioni del gruppo degli allievi, delle famiglie, dei docenti degli ordini di scuola successivi, dei rappresentanti del mondo professionale o della comunità sociale»106. Questo principio genera, nel mondo scolastico quotidiano, una serie di strumenti affidabili, validi e pertinenti con gli obiettivi prefissati. Questi strumenti orchestrati nelle giuste sedi, con dei corretti criteri di valutazione e nel rispetto della specificità dei ruoli dei diversi attori, garantiranno quel consenso necessario ad una valutazione di un fenomeno complesso come quello dell’apprendimento di una competenza. Riportiamo uno schema riassuntivo prodotto da Castoldi (Fig. 13) per richiamare alcuni strumenti utili alle diverse istanze. Fig. 13 Repertorio di strumenti di analisi delle competenze Fonte: CASTOLDI M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 216. 106 CASTOLDI M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 213. Fonte: Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 216. Tra questi scegliamo, per la conclusione di questo capitolo, di focalizzarci sulle rubriche di valutazione, quale strumento olistico per la definizione dei livelli di com- 82 Castoldi M., Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Roma, Carocci Editore, 2020, p. 213. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 75 18/07/23 11:09 76 petenza raggiunti. Questa scelta di campo non esclude il nostro apprezzamento per tutti gli altri strumenti, che riteniamo, comunque, necessari per una valutazione concertata da tutti gli attori dell’esperienza scolastica, in primis l’allievo, protagonista e responsabile indiscusso del suo apprendimento. 5.3. Uno strumento efficace: la rubrica di valutazione Rispondendo all’esigenza di consenso insita nella valutazione multidimensionale di un fenomeno complesso come quello della competenza, abbiamo bisogno di uno strumento capace di rispondere a tale grado di complessità. Il voto scolastico, per sua natura, ha un carattere ordinale, abile alla creazione di graduatorie, ma non ha un valore cardinale, non ha cioè una variabile metrica su un’unità di misura univoca e identificabile. Il voto, quindi, non riuscirà da solo ad esprimere livelli di un fenomeno allo scopo di offrire dei riferimenti condivisi ed espliciti di valutazione. Alla funzione ordinale della valutazione andranno aggiunti altri elementi corrispondenti (livelli, dimensioni, criteri, esempi…), che daranno luogo ad un prospetto sintetico di competenza, descritta e condivisa, con i suoi relativi gradi di raggiungimento: ciò, in sintesi, è una rubrica di valutazione. Lo sforzo di condivisione di una rubrica tra gli insegnanti aumenterà la criteriologia di valutazione delle prestazioni degli studenti e questi ultimi, resi partecipi sin dall’inizio su questi livelli di raggiungimento, sapranno orientare le proprie performance avendo chiare le mete attese. a) Le componenti La costruzione di una rubrica di valutazione, proposta da Castoldi83, mostra come primo elemento quello dei livelli, parte necessaria ed identificativa dello strumento. Essi descrivono il fenomeno e possono variare nella forma e nel numero in base all’utilizzo della rubrica, per il nostro uso formativo, viene proposto un intervallo da un minimo di tre ad un massimo di sei. I simboli per ordinarli possono essere diversi: lettere, grafici o numeri. Sottolinea l’autore che l’utilizzo dei numeri deve essere ben spiegato a tutti i partecipanti al momento valutativo, onde evitare fraintendimenti o semplificazioni84. Altri elementi indicati sono dimensioni e criteri: i primi sono degli 83 Castoldi M., Rubriche valutative. Guidare l’espressione del giudizio, Milano, UTET, 2019. 84 Il sistema decimale nella valutazione tradizionale è ancora molto radicato nella cultura comune che sovrasta, ancora, tutti gli sforzi di una valutazione alternativa. Non di rado, infatti, capita di mostrare rubriche di valutazione a famiglie ed allievi che, immediatamente, cercano di tradurre lo strumento in decimi. Per ovviare a questo bisogno ancora molto forte, Trinchero suggerisce: «I voti possono essere assegnati nelle prove di accertamento delle conoscenze ed abilità, ma i modelli nazionali di certificazione richiedono l’espressione dei livelli di competenza […]. È quindi da privilegiare lo sforzo di definizione di situazioni-problema e prove di competenza per la valutazione in livelli, rispetto a quello di definizione dei voti, che possono rappresentare l’informazione di sintesi degli esiti di una singola prova di conoscenza/abilità, non la competenza dello studente. È comunque sbagliato ricodificare i voti in livelli di competenza» (Fonte: Trinchero R., Costruire e certificare competenze nel secondo ciclo, Milano, Rizzoli libri, 2018, p. 108). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 76 18/07/23 11:09 77 ambiti di analisi afferenti alle caratteristiche che contraddistinguono una prestazione da valutare (es. in una comprensione del testo potrebbero essere: l’organizzazione testuale, il livello morfologico- sintattico, la conoscenza lessicale…); i secondi sono invece i fattori di qualità, ossia i traguardi formativi da apprezzare in una prestazione (es. se la dimensione è “capacità tecnica di lettura” il criterio sarà “velocità di lettura a prima vista”). Un’altra componente che può essere inserita in una rubrica sono gli indicatori, evidenze osservabili utili al riconoscimento dei criteri individuati (es. rimanendo sull’esempio del testo da leggere, si potrebbe individuare come indicatore la capacità dell’allievo di dare un titolo coerente al testo o di riutilizzare correttamente termini presenti nel testo in altri contesti). Infine, potrebbero essere utilizzate delle ancore, esempi concreti di prestazione coordinati con gli indicatori per l’individuazione dei criteri. Una rubrica con questa impostazione (Fig. 14), è uno strumento valido sia per la valutazione di prestazioni complesse, come ad es. i compiti autentici, sia per la valutazione di una competenza nella sua complessità. Fig. 14 Schema base di una rubrica valutativa valutazione di prestazioni complesse, come ad es. i compiti autentici, sia per la valutazione di una competenza nella sua complessità. Fig. 14 Schema base di una rubrica valutativa Fonte: CASTOLDI M., Rubriche valutative. Guidare l’espressione del giudizio, Milano, UTET, 2019, p. 10. b) Perché usarle In linea con quanto presentato nel resto della trattazione, le rubriche riusciranno a fotografare fenomeni complessi, sostenendo in ogni sua fase una didattica di ampio respiro, rivitalizzante rispetto all’inerzia dei saperi tradizionali, ricucendo, infine, una separazione originaria tra valutatore e valutato. Infatti, la presentazione della rubrica, in tutte le sue parti, responsabilizzerà lo studente circa la propria azione formativa, rendendolo competente in un’analisi metacognitiva nelle diverse fasi del lavoro. I Fonte: Castoldi M., Rubriche valutative. Guidare l’espressione del giudizio, Milano, UTET, 2019, p. 10. b) Perché usarle In linea con quanto presentato nel resto della trattazione, le rubriche riusciranno a fotografare fenomeni complessi, sostenendo in ogni sua fase una didattica di ampio respiro, rivitalizzante rispetto all’inerzia dei saperi tradizionali, ricucendo, infine, una separazione originaria tra valutatore e valutato. Infatti, la presentazione della rubrica, in tutte le sue parti, responsabilizzerà lo studente circa la propria azione CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 77 18/07/23 11:09 78 formativa, rendendolo competente in un’analisi metacognitiva nelle diverse fasi del lavoro. I virtuosismi didattici qui sinteticamente delineati, riflettono un «paradigma del costruttivismo socio-culturale, imperniata sui concetti chiave della costruzione attiva, dell’ancoramento a contesti specifici e della collaborazione di gruppo»85. L’allievo sarà così protagonista di apprendimento, in situazioni reali e coinvolgenti, in un sistema sociale di apprendimento e collaborazione. Inoltre, la rubrica di valutazione può coinvolgere gli insegnati in un processo di convergenza, sottraendo gli stessi alla ‘babele’ della valutazione tradizionale. Non si parla di annullare la soggettività nella valutazione, ‘chimera’ dei tecnicismi positivisti, ma aumentare i punti di riferimento, consentendo ai protagonisti di questo delicato momento formativo, di ‘parlare la stessa lingua’, avendo gli stessi punti di riferimento. Infine, le rubriche, orienteranno a ritroso la costruzione delle UDA, finalmente libere da scelte dogmatiche su contenuti e strategie didattiche86. Questo approccio aiuterà anche la valutazione ad emanciparsi da mera fase conclusiva di accertamento, verso quella logica formante descritta in precedenza. Articolare dimensioni, criteri, indicatori e reperire ancore aiuterà il docente nella creazione di UDA più efficaci, creative ed inclusive. c) Come costruirle Dal punto di vista operativo l’autore propone una sequenza procedurale ripresa da Arter87, essa, mediante un procedimento induttivo, ha come scopo quello di valorizzare i saperi professionali e le esperienze dei docenti in vista della creazione concertata di una rubrica. La prima fase prevede la raccolta di prestazioni dei propri studenti, riferiti a livelli diversi di competenza, ponendosi come domanda centrale «nella mia esperienza professionale quali prestazioni richiamerei come esempi significativi di sviluppo della competenza prescelta?». Catalogati questi esempi, il gruppo di lavoro dovrebbe evidenziare quali dimensioni e criteri giustifichino la classificazioni in diversi livelli. Il prodotto di questo lavoro dovrebbe portare ad un elenco ordinato di dimensioni, criteri ed indicatori riferiti alla competenza. Infine, andranno definite le dimensioni e descritte le caratteristiche corrispondenti, facendo sempre riferimento alle ancore da cui si era partiti. La rubrica che scaturirà da questo lavoro di gruppo, potrà essere poi valutata a sua volta secondo i criteri di: validità, articolazione, fattibilità, attendibilità, promozionalità, che Castoldi riporta nella sua 85 Castoldi M., Rubriche valutative. Guidare l’espressione del giudizio, Milano, UTET, 2019, p. 30. 86 In questo passaggio ci riferiamo a quegli insegnanti che per riverenza nei confronti della tradizione propongono contenuti e prove inutili o poco efficaci per il raggiungimento di una competenza. 87 Arter J.A., Improving Science and Mathematics Education. A toolkit for Professional Developers: Alternative Assessment, OR: Northwest Regional Education Laboratory, Portland, 1994, citato da Castoldi M., Le rubriche valutative, in L’educatore, n. 5 annata 2006/2007, (http://www.laboratorioformazione. it/index.php?view=download&alias=128-le-rubriche-valutative&category_slug=87-mario- castoldi&option=com_docman&Itemid=514). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 78 18/07/23 11:09 79 opera in una meta-rubrica di valutazione88, declinandoli con rispettivi indicatori e livelli. In conclusione, quanto è stato presentato in questo capitolo (le competenze, gli assi culturali, i CAE e le rubriche valutative) ci entusiasma e ci fa credere, con un certo grado di ottimismo, nella reale possibilità di una formazione nuova, più coinvolgente e più efficace. Ci auguriamo che questa meta sia raggiungibile nella formazione professionale salesiana grazie al progetto «Assi culturali e canone formativo», promosso da diversi enti della IeFP sul nostro territorio nazionale, che sarà oggetto del prossimo capitolo. 88 Castoldi M., Rubriche valutative. Guidare l’espressione del giudizio, Milano, UTET, 2019, p. 73. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 79 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 80 18/07/23 11:09 Capitolo III TRANSIZIONE AGLI ASSI CULTURALI: IL CURRICOLO FONDATIVO CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 81 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 82 18/07/23 11:09 83 1. La scelta di un curricolo Quanto approfondito nel primo capitolo sullo stato dell’arte della Formazione Professionale, a livello nazionale e nello specifico contesto salesiano, nonché nel secondo capitolo sull’approccio didattico proposto nel dibattito culturale contemporaneo, ci porta ad esaminare una sperimentazione che ha stimolato la nostra attenzione, ossia: il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro. La spinta rinnovatrice richiesta nella IeFP sia a livello Europeo con i sistemi VET1 (Vocational Education and Training) che a livello nazionale nelle diverse sperimentazioni o riferimenti normativi degli ultimi anni2, ha condotto alcuni Enti formativi di ispirazione cristiana3, alla costruzione di una rete capace di promuovere un rinnovamento profondo ed efficace della propria offerta formativa. La felice collaborazione ha dato vita nel 2021 al progetto sopra citato, che ha prospettato il proprio lavoro nelle seguenti direzioni: – promuovere e consolidare la qualità dell’offerte formativa, allineandola ai livelli 3 o 4 dell’EQF; – sostenere un ripensamento profondo della prospettiva culturale, a partire dagli assi culturali verso la proposta di un curricolo verticale più organico e verso un nuovo canone formativo4; – avviare una sperimentazione dal basso per validare tale proposta, attraverso un coinvolgimento esteso dei CFP e degli operatori. 1 Il sistema VET (Vocational Education and Training) comprende tutti i percorsi formativi professionalizzanti (ovvero che terminano con titoli riconoscibili e quindi spendibili per l’ingresso nel mercato del lavoro e delle professioni), e corrisponde con il nostro sistema di Istruzione e Formazione Professionale, anche se nel nostro Paese non si tratta di un sistema unitario, ma piuttosto di un ambito frammentato e diviso in vari sottosistemi: istruzione professionale, istruzione tecnica, Formazione Professionale, apprendistato, formazione superiore, formazione continua e permanente. (Fonte: Nicoli D., I sistemi di Istruzione e Formazione Professionale (VET) in Europa, Roma, Tipografia Istituto Salesiano Pio XI, 2009, p. 5). 2 In particolare in questa sede facciamo riferimento a La via italiana al Sistema duale. Istruzioni per l’uso, (http://www.sistemaduale.lavoro.gov.it/news/Documents/Vademecum_Sistema_Duale.pdf) ed al Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61 Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale. 3 Gli enti coinvolti nel progetto sono: il Centro Nazionale Opere Salesiane – Formazione Aggiornamento Professionale (CNOS-FAP), il Centro Italiano Opere Femminili Salesiane – Formazione Professionale (CIOFS-FP), l’Ente Nazionale Canossiano (ENAC), l’Ente Nazionale Don Orione – Formazione Aggiornamento Professionale (ENDO-FAP), Scuola Centrale Formazione (SCF), Centro studi Opera don Calabria, Casa di carità arti e mestieri. 4 Con il termine canone formativo, i promotori del progetto, fanno riferimento al mondo della letteratura, in cui il termine canone veniva usato per indicare una raccolta di tutte quelle opere necessarie alla formazione di uno studente in un particolare ambito. Tale formula riscosse grande fortuna con Harold Bloom, che individuò quali fossero gli autori e le opere decisive per la cultura occidentale. La svolta, proposta dai principi di questo progetto, è quella di superare questa concezione di canone tradizionale, poco efficace in una cultura complessa, proponendo un nuovo canone formativo «più attento da un lato alle diverse culture, a partire dall’arte dell’incontro, dello scambio, del “meticciamento”, dall’altro alla valorizzazione del “curricolo per la vita” e dei contesti non formali di apprendimento» (Fonte: https://assiculturalifp.it/presentazione). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 83 18/07/23 11:09 84 Dalle riflessioni di questo tempo liminale, come spesso ricorda il Prof. Nicoli, che insieme al Prof. Salatin guidano l’équipe del progetto, sorge la richiesta sempre più pressante di un nuovo rapporto tra lavoro e conoscenza. Questa esigenza ha bisogno di una più ampia e diversificata base culturale, per formare il cittadino, ancor prima del lavoratore. Una lettura più profonda della conoscenza è possibile, in questa sede, grazie all’implementazione assiologica insita nella proposta cristiana, che caratterizza e distingue l’offerta formativa di questi enti e che si traduce in una formazione non solo tecnica, ma dotata di un’anima5. Per raggiungere gli obiettivi proposti, la progettazione ha coinvolto diversi formatori con un approccio bottom-up, che ha garantito e promosso oltre ad un maggiore coinvolgimento dei diversi CFP sin dalle prime fasi di progettazione, dei contenuti già sperimentati nelle aule, convergendo forze ed esperienza. Il percorso ha poi previsto un iter di sperimentazione guidato in 5 tappe (azioni) che investiranno progressivamente anche le aree di indirizzo (relative ai vari indirizzi di qualifica e diploma). La prima tappa, sviluppata tra Febbraio e Maggio 2021, ha visto la presentazione del progetto e dei suoi temi generali, con la condivisione di materiali elaborati su piattaforme specifiche. È iniziata poi una formazione del personale attraverso 12 webinar, ai quali hanno partecipato più di 500 addetti ai lavori dei diversi enti promotori e la creazione di 7 gruppi tematici chiamati inter pares, in cui gli autori dei diversi ambiti del progetto (risonanza, asse italiano-storico-sociale, inclusione, valutazione, inglese, matematica-economia e scientifico-tecnologico) hanno coordinato 18 incontri telematici. Questi incontri, su base volontaria e con autocandidatura, cuore della seconda tappa, da Aprile a Luglio 2021, hanno reso possibile, grazie al contributo dei diversi centri, la divulgazione dei materiali ed un approfondimento reale con feedback sul campo dei temi proposti, continuando così a perfezionare quanto prodotto. La terza tappa, nel periodo di Ottobre 2021 e Aprile 2022, ha visto la creazione dei gruppi inter pares II: 37 incontri partecipati da formatori degli enti coinvolti, con convocazione ed incarico esplicito, che hanno avuto come obiettivo quello della validazione della cassetta degli attrezzi, volume di cui parleremo più avanti. Questa fase si è posta come obiettivo, sperimentando i contenuti, quello di consolidare una cultura diffusa sui temi-valore, in rapporto con l’area di indirizzo e la documentazione delle UDA, gestendo il tutto con il metodo della ricerca-azione. La quarta tappa, tra Febbraio e Giugno 2022, ha puntato sul rapporto tra curricolo fondativo e gestione del CFP. Un gruppo di lavoro di 21 apicali delle realtà coinvolte, chiamato Presidio Pedagogico, ha dato vita ad un percorso di ascolto 5 Come, infatti, spiega Mari: «Se noi facciamo cogliere il valore dell’essere umano, poniamo l’elemento che può custodire rispetto alle condotte improprie. In questo senso la sfida della disciplina è anche e soprattutto una sfida morale. Cioè introducendo in questa visione della conoscenza che esprime un ordine vitale, noi, in realtà, facciamo cogliere ai nostri ragazzi che la sfida non è tanto quello che arriveranno a possedere sul piano conoscitivo, ma quello che arriveranno ad essere attraverso l’acquisizione della conoscenza. Non si tratta tanto di ciò che posso fare o non fare, ma di chi posso diventare» (fonte: http://www.istitutoverna.it/wp- content/uploads/2015/03/Formazione_2012_2013.pdf, p. 25). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 84 18/07/23 11:09 85 e riscoperta, esito del confronto con le pratiche significative, individuando 7 temi: flessibilità organizzativa nella didattica; risonanza come base della cura educativa; alleanza con imprese e territorio; presidio pedagogico; nuovo paradigma educativo digitale; buona strategia di comunicazione; nuova gestione del personale. La quinta tappa, ancora in itinere, offrirà ai partecipanti alcuni webinar sui temi portanti, coinvolgerà gli assi di insegnamento professionale, con le stesse modalità degli assi culturali, e prevederà un convegno di diffusione dei risultati ottenuti e di presentazione dei documenti elaborati. La proposta di un cambio di paradigma, come base di un nuovo canone formativo di educazione al lavoro, è centrato sul tema della risonanza, che andremo più avanti ad analizzare e dell’educazione della ragione, intese come vie per la formazione – tramite la parte professionale – di persone vive, cittadini responsabili e lavoratori dotati di un’apertura positiva nei confronti del reale. Questo rinnovamento (non una trasformazione: per sottolineare la riscoperta dei propri fondamenti) della proposta educativa, culturale e professionale della FP viene promosso, da questo progetto, come meta, un orizzonte a cui tendere e come risposta alla complessità e alle sfide del tempo in cui viviamo. 2. I principi del curricolo fondativo: la risonanza, la Laudato si’ e l’educazione della ragione Nell’elaborazione del curricolo i promotori del progetto hanno scelto come riferimento il metodo trascendentale di Bernard Lonergan6. Questa prima scelta di campo evidenzia come il punto di partenza non sia un approccio didattico per l’apprendimento, ma di una disposizione da riconoscere e risvegliare nell’uomo. Essa, nei confronti della realtà, è in grado di mettere il soggetto nella condizione di conoscere, come capacità propria della mente umana. Secondo l’autore canadese, in estrema sintesi, prima dell’apprendimento c’è la disposizione ad apprendere, una condizione essenziale che muoverà ed orienterà le successive scelte formative. L’esperienza conoscitiva vissuta dal soggetto è strutturata in modo ben diverso dai comportamenti di problem solving, è più originaria di essi, ne è, quindi, precedente e generativa. Essa svela una realtà: familiare, ordinata e pensata da una stessa origine, che non preclude dogmaticamente, la via verso la conoscenza per tutti, superando il puro relativismo, che segna questa come un’era dell’opinione. Il principio di questo fondamento veritativo sta nella metacognizione della propria esperienza conoscitiva, infatti: «il momento epistemologico 6 Bernard Lonergan (1904-1984) sacerdote, filosofo e teologo gesuita. Di origine canadese: «è stato uno scrittore prolifico. La sua Opera Omnia, oggi, conta 26 volumi, ma è particolarmente noto per due sue opere: Insight: A Study of Human Understanding (1957), che offre un’analisi dei processi cognitivi della soggettività umana e Method in Theology (1972), che si propone di ri-fondare e ristrutturare la teologia, perché questa possa rispondere alle esigenze dei tempi che cambiano» (fonte: https://www. unigre.it/it/teologia/progetto-lonergan/bernard-lonergan/). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 85 18/07/23 11:09 86 di Insight7 arriva quando – dopo aver completato la descrizione dei tre livelli cognitivi: esperienza, comprensione e giudizio – Lonergan invita i suoi lettori a un atto di “auto-appropriazione”. Così essi affermano che, nella propria vita, i loro atti cognitivi sono effettivamente strutturati secondo questo schema a tre livelli»8. La cultura, in questa prospettiva antropologica cristiana non è un bagaglio di saperi, ma conoscenza, come capacità di cogliere profondamente il reale, di rispondere alle domande di senso, di esprimere un giudizio su di esso, capace di orientare le proprie azioni verso il buono ed il bello, a favore della comunità. Così nel curricolo fondativo, «le dimensioni del bello, del vero, del buono, del naturale, del corporeo e dello spirituale sono sollecitate e nutrite da un incontro con la cultura non solo come processo formale di apprendimento, ma come modo di vita buona che, tramite esperienze inedite e coinvolgenti, susciti quanto vi è di costitutivo e originale nell’anima di ciascuno»9. Il curricolo fondativo si muove da alcuni principi ispiratori: la risonanza, l’enciclica Laudato si’, sulla cura della casa comune di Papa Francesco, come tema unificante, e l’educazione della ragione. a. La risonanza La prima caratteristica, ripresa dal lavoro di Rosa10, è presentata come un legame vibrante, tra la persona e la realtà che lo circonda: l’uomo vibra con il mondo quando sperimenta il mistero insito nella realtà ed il bisogno esistenziale che reclama esperienze radicali e profonde. La persona capace di vivere un’esperienza vibrante, supererà il cinismo ed il silenzio dei propri vissuti, adottando uno stile vicino agli assi di risonanza: amore e famiglia, natura e religione, cultura ed amicizia. Inquadrare questi dinamismi, originari e fecondi, all’interno dell’esperienza umana e anche in quella di apprendimento, renderà l’uomo capace di rispondere a quella ricerca di senso propria dell’esistenza personale, superando contingenze sociali e psicologiche. Un curricolo risonante ha come meta quella di attivare due disposizioni nell’allievo coinvolto: la coscienza del proprio valore e saper progettare una vita buona. Queste due dimensioni orientano l’allievo verso mete quali: il rispetto, la protezione e la cura di sé, del mondo, della comunità, del proprio lavoro e del legame con la trascendenza. b. La Laudato si’ Il testo dell’enciclica, pubblicata da Papa Francesco nel 2015, viene individuato nel lavoro, sin dalle sue prime fasi, come principio unificante di tutta la trattazione. Il tema ecologico diventa così trasversale ai singoli assi, in cui il nesso uomo-natura, 7 Lonergan B.J.F., Insight. Uno studio del comprendere umano, Roma, Citta Nuova, 2007. 8 Whelan G.S.J., Importanza e attualità di B. Lonergan in La Civiltà Cattolica n. 3797, Roma, 2008, p. 375. 9 CNOS-FAP, Progetto assi culturali e canone formativo. Il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2020, p. 50. 10 Rosa H., Pedagogia della risonanza. Conversazione con Wolfgang Endres, Brescia, Scholè, 2020. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 86 18/07/23 11:09 87 può essere declinato nell’ambito: dell’ambiente (consumi, fonti energetiche, clima, etc.); dello sviluppo economico, sociale e demografico e nello stile di vita. Questi ambiti si pongono come obiettivi quelli di: superare la visione del mondo come un insieme di problemi da risolvere, verso una ricerca più aperta e rispettosa della nostra casa comune; sollecitare una visione antropologico-cristiana della creazione e della crisi climatica in cui siamo immersi; riflettere sul tema della sostenibilità sia in un’ottica ecologica che in quella lavorativa. I contenuti da proporre, nella cornice degli assi, potranno così toccare temi scientifici, economici, storici e di cittadinanza, culturali in genere nella lingua madre e in quella straniera. Il centro, però, di questo principio non sarà una mera trattazione contenutistica, già presente nei diversi programmi didattici degli ultimi decenni, ma un forte e rinnovato richiamo morale verso un nuovo stile di vita, obiettivo cardine del testo di Papa Francesco. Uno stile capace di mettere al centro «la lode al Signore per la vita, la famiglia, il creato, la bellezza i propri talenti come dono alla comunità, offerti nella forma del lavoro buono»11. c. L’educazione della ragione Il terzo ed ultimo principio, dal sapore filosofico, aiuta la Formazione Professionale ad aprirsi ad importanti interrogativi tipici del tempo in cui viviamo: come combattere il relativismo imperante, in cui ogni tema e principio culturale può essere messo in discussione in un soggettivismo spietato ed annichilente? Ed inoltre, come combattere le derive pragmatiste e scientiste che legittimano come unico sapere quello legato alle realtà utili e quantificabili? La soluzione a questi fenomeni di riduzionismo si trova, come già accennato in precedenza, nella ri-scoperta del dinamismo dell’intelligenza umana. L’uomo che si avvicina al reale, capace di conoscerlo, si meraviglia di questo rapporto, sentendo stupore e consolazione. Questa esperienza di auto-coscienza, in cui il soggetto percepisce profondamente la verità di quello che conosce, di se stesso e della realtà che esiste e di cui lui è parte, funziona quando «non si presenta al soggetto umano solo come “materia” ma viene avvertita come portatrice di significati e valori convincenti»12. La mente umana allora, capace di cogliere il vero, accetterà la buona cultura, persuasiva e ragionevole, facendo proprio quanto appreso in una propria rilettura personale. Questioni vitali, come: sentimenti, valori, rapporti, compresi quelli con la trascendenza, esulano da prove dimostrabili, ma rispettano canoni di ragionevolezza, che possono far ribattere terreni abbandonati, che non hanno, però, mai smesso di essere fertili. I quattro assi culturali sono accomunati da questo principio, che li rende ancora più aperti e risonanti, nell’accezione che abbiamo precedentemente spiegato, proponendo temi e questioni legati alla vita degli allievi, con una visione di ampio respiro, scevra da riduzionismi e 11 CNOS-FAP, Progetto assi culturali e canone formativo. Il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2020, p. 55. 12 CNOS-FAP, Progetto assi culturali e canone formativo. Il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2020, p. 58. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 87 18/07/23 11:09 88 preconcetti. Proprio questo carattere antropologico e gnoseologico, spinge la formazione alla ricerca di un metodo, nella sua accezione classica di via verso una conoscenza certa, «centrato non sulla dimensione apprensiva, ma finalizzato a sollecitare il soggetto al giudizio ed alla decisione. Il giudizio si pone rispetto al vero e pertanto si muove nell’orizzonte della ragionevolezza»13, sollecitando con responsabilità la realizzazione dei saperi, non la mera conoscenza. 3. Una didattica integrata ed inclusiva Il progetto, presentati i suoi principi ispiratori ed i traguardi desiderati, individua come opzione didattica un approccio integrato ed inclusivo. I traguardi formativi dei percorsi triennali di IeFP potranno essere raggiunti attraverso una progettazione didattica flessibile e che abbia come punti di ancoraggio: il modulo nella forma dell’argomento e della ricerca ed il compito di realtà. La proposta di un tema che sia significativo con quanto l’allievo già possiede come know how e per il proprio quotidiano, attiverà curiosità e predisporrà positivamente gli allievi all’accoglienza di alcune prime nozioni chiare sull’argomento. Seguirà poi un lavoro di ricerca, con una consegna, che coinvolgerà i gruppi nel condividere dei prodotti creati per la generazione di un materiale unitario e completo. Questa modalità vuole integrare, oltre i saperi, anche le ultime tecnologie o software messi in campo sia nell’esperienza delle Formazione A Distanza (FAD) in questi anni pandemici, sia nelle esperienze virtuose di alcuni CFP che già da diversi anni hanno inserito stabilmente l’utilizzo di dispositivi personali degli allievi nella didattica ordinaria, abbracciando la formula del blended learning14. Infine, questi momenti convergono verso un compito di realtà, che sfiderà l’allievo in una richiesta di sintesi personale dei contenuti, delle proprie disposizioni interne ed esterne, giungendo ad un prodotto valutabile a diverse dimensioni e dai diversi attori coinvolti. Una didattica impostata con questi criteri e in accordo con quanto detto nel resto della trattazione, potrà, inoltre, essere garanzia di inclusione. Il termine, decisamente in auge nell’ambito educativo e formativo degli ultimi anni, si impone sul panorama della didattica speciale, superando la logica dell’accoglienza e dell’integrazione. Queste due mete, proposte in ambito pedagogico e didattico dagli anni ‘70 in poi, hanno avuto il merito di mettere in relazione l’allievo con disabilità ed il resto del gruppo, emancipando la sua esperienza formativa dalla segregazione vissuta nei tempi precedenti15. Non è possibile dilungarci oltre in questa sede, ma diciamo, in 13 CNOS-FAP, Progetto assi culturali e canone formativo. Il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2020, p. 59. 14 Letteralmente apprendimento misto o ibrido, è un metodo di insegnamento che integra le nuove tecnologie dell’e-learning e i media digitali con le tradizionali attività in classe, offrendo agli allievi maggiori garanzie di personalizzazione e protagonismo nella propria esperienza di apprendimento. 15 Si fa riferimento in questo passaggio alle classi speciali e quelle differenziali, in cui in Italia, fino agli anni ‘70 convogliavano tutti gli studenti con disabilità, evitando qualsiasi tipo di commistione con i “normodotati”, utilizzando una definizione tipica di quegli anni. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 88 18/07/23 11:09 89 sintesi, che questo percorso virtuoso ha costruito un terreno fertile per leggi modello quali la n. 104 del 1992 Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate e la n. 170 del 2010 circa Le nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico, generando, tuttavia, un sistema formativo ancora limitato per la persona con disabilità. Il soggetto con certificazione medica o in difficoltà generale, individuata dai soggetti dell’azione formativa, infatti, può avere delle agevolazioni per il raggiungimento del livello o di uno standard: non una vera e propria personalizzazione. L’integrazione è così assimilazione, adattamento del singolo alla stessa situazione dei suoi compagni. Il fondamento risulta, in un’analisi quotidiana, utile ma parziale, soprattutto quando davanti alla cattedra del formatore si trova una platea di certificati o di BES (Bisogni Educativi Speciali), a fronte di pochi casi ritenuti esenti da personalizzazioni; il sistema è evidentemente sfuggito di mano o ha fatto il suo tempo. «Lo scenario più ampio e aperto dai concetti e strumenti di canone formativo, canovaccio, curricolo blended, compito di realtà e altro ancora, aprono la possibilità di entrare in una prospettiva diversa, che l’Index for Inclusion16 definisce appunto come inclusione, in luogo di integrazione»17. La strategia didattica integrativa, che aveva come meta la partecipazione e il coinvolgimento delle persone con disabilità, può così lasciare il passo ad una inclusiva, il cui fine è quello di generare un ambiente di partecipazione e coinvolgimento di tutti gli studenti, con l’obiettivo di valorizzare al meglio il potenziale di apprendimento dell’intero gruppo classe. Questo cambio di paradigma, permesso dalla nuova prospettiva del sistema ICF18 e da alcuni riferimenti normativi nazionali19, in tandem con una didattica come quella proposta dal progetto, potranno garantire spazi flessibili di insegnamento, con competenze e quadri di riferimento in cui sperimentare percorsi eterogenei di apprendimento, rispettosi delle diversità storiche, culturali, sociali di ogni singolo allievo, facendo della differenza una regola, 16 Booth T. e Ainscow M., L’Index per l’inclusione. Promuovere l’apprendimento e la partecipazione nella scuola, Trento, Erickson, 2008. 17 CNOS-FAP, Progetto assi culturali e canone formativo. Il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2020, p. 30. 18 «Con la classificazione ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health ), pubblicata nel 2001 e nella versione per bambini ed adolescenti nel 2007 (ICF-CY), l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto un modello antropologico in cui il “funzionamento umano” è osservato da una prospettiva bio-psico-sociale. Secondo l’ICF, la disabilità è determinata dall’interazione sfavorevole tra le condizioni di salute di una persona ed il contesto in cui essa vive, quando esso non si rende accessibile e supportivo rispetto ai bisogni individuali di funzionamento. In questa concettualizzazione, la disabilità è quindi da considerare una variabile dipendente dall’ambiente, il quale può fungere da facilitatore o da barriera nello svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana» (fonte: https:// www.icf-scuola.it/). 19 Come ad es. la Direttiva del MIUR del 27 Dicembre 2012 su Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica e la Direttiva interministeriale del 29 dicembre 2020 n. 182 circa Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 89 18/07/23 11:09 90 non un’eccezione. Questa visione, fuori da una banale retorica, sarà possibile, come già accennato nel resto del lavoro, strutturando l’UDA o i moduli nelle modalità precedentemente descritte, liberando il formatore dalla sua continua azione di insegnamento (come ad es. nella lezione frontale) e garantendo a lui e alle altre figure educative (assistenti, co-docenti, etc.) il tempo di poter affiancare i singoli ed i gruppi, personalizzando in itinere la via verso l’apprendimento. Questa linea operativa non esclude chiaramente l’adozione di strumenti validi come il PEI20 o il PDP21, ma li inquadra in una cornice inclusiva e non integrativa, escludendo logiche di standard o di formazione meritocratica, spesso solamente ideologiche, come spiega Benvenuto: «abbandonando l’idealistica e utopistica funzione meritocratica, che richiederebbe parità di opportunità sulla linea di partenza, e come ampiamente evidenziato dalle ricerche nazionali e internazionali (cfr. OCSE PIAC), riverbera le disuguaglianze e le differenze innate, bisogna sviluppare le caratteristiche di inclusività, nella scuola e nella società, evitando graduatorie e costruendo percorsi di intervento mirati e di sviluppo per tutti»22. 4. I canovacci del progetto Il progetto del curricolo fondativo presenta oltre ad un volume introduttivo, ripreso nel nostro lavoro nelle sue parti principali, un manuale più operativo intitolato cassetta degli attrezzi. Questo secondo volume rappresenta il cuore della costruzione del canone formativo, che cerca con rigore scientifico, lo evidenziamo nuovamente, di porre «ciò che viene insegnato ad un livello alto di domanda cognitiva, da una selezione dei focus puntando sulla comprensione concettuale, dando priorità alla profondità rispetto all’ampiezza dei contenuti, infine da una maggiore coerenza interna organizzando la formazione sulla comprensione delle modalità di apprendimento e dello sviluppo umano»23. 20 Il PEI, Piano Educativo Individualizzato è «il documento programmatico mediante il quale viene descritto e organizzato un intervento didattico e educativo multidimensionale individualizzato sulla base del funzionamento dello studente con disabilità, per la realizzazione del diritto di istruzione e apprendimento, previsto dalla Legge n. 104/1992». (Fonte: Iannes D., Cramerotti S. E., Fogarolo F. (a cura di), Il nuovo PEI in prospettiva bio-psico-sociale ed ecologica. I modelli e le Linee guida del Decreto interministeriale n. 182 29/12/2020 commentati ed arricchiti di strumenti ed esempi, Trento, Erickson, 2021, p. 38.) 21 Il PDP, Piano Didattico Personalizzato, viene citato dal art. 5 del D.M. n. 5669 del 12 luglio del 2011, in cui si dice che «la scuola garantisce ed esplicita, nei confronti di alunni e studenti con DSA, interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato, con l’indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate». 22 Benvenuto G., La scuola inclusiva come principio di equità: un traguardo per una educazione democrativa. Studi sulla Formazione/Open Journal of Education, v.25, n.1, p. 18, (https://oajournals. fupress.net/index.php/sf/article/view/13725/12783). 23 Nicoli D., La “Cassetta degli attrezzi” come proposta di canone e di metodo formativo, in Rassegna CNOS, 3/2021, p. 83. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 90 18/07/23 11:09 91 La ricerca-azione che ha preso avvio e procede verso la costruzione del curricolo ha visto il gruppo di lavoro rispondere ad almeno tre questioni fondamentali: 1) quella della selezione dei materiali, cercando di rispondere a criteri di tradizione, di necessarietà e di promozione della cittadinanza attiva; 2) il rispetto delle caratteristiche costitutive dei profili di uscita degli operatori nelle diverse qualifiche, ossia quelle della persona, del cittadino e del lavoratore, cercando quindi di indagare quali fossero i fattori culturali fondativi di queste tre dimensioni; 3) la configurazione religiosa ed etica della proposta culturale che si offre, richiamandosi ai temi dell’educazione cristiana e dei movimenti legati ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa. La cassetta degli attrezzi non vuole essere, per i ricercatori, una sola promozione didattica di materiali, ma una riflessione da e tra chi sta sul campo con una prospettiva di rinnovamento e costruzione, lenta, ma costante. La cassetta con gli assi assurge così a movimento culturale, in quanto «non si limita agli assi ovvero una ripartizione classificatoria dei compiti, ma che assume consapevolmente le questioni le sfide di oggi entro un cammino di rinnovamento che presenta necessariamente un carattere concreto»24. Da queste premesse la cassetta offre dei canovacci formativi, ossia dei documenti strutturati che indicano il percorso formativo secondo le tappe di crescita degli allievi, rispettando le sfide culturali fin qui descritte. In ogni canovaccio si trovano due tipologie di attività didattiche, il modulo formativo, cardine della proposta, ed una mini-scheda, un prodotto più semplice suggerito al singolo formatore. A titolo esemplificativo riportiamo alcuni materiali proposti nel primo volume25 del progetto: a) Canovaccio formativo dell’asse dei linguaggi – primo anno Il canovaccio che abbiamo selezionato è quello dei linguaggi del primo anno, che viene distinto nelle UDA in lingua italiana e in lingua inglese. Mese Lingua italiana Lingua straniera Settembre La parola Il linguaggio Recupero saperi pregressi Ottobre Apprendere Introduce yourself meeting new people 24 Nicoli D., La “Cassetta degli attrezzi” come proposta di canone e di metodo formativo, in Rassegna Cnos, 3/2021, p. 85. 25 CNOS-FAP, Progetto assi culturali e canone formativo. Il curricolo fondativo dell’educazione al lavoro, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2020, pp. 93-167. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 91 18/07/23 11:09 92 Novembre Origini della lingua italiana Where are you from? What’s your nationality? Nations and nationalities What’s the time? Dicembre Il volgare fiorentino Le parole sono pietre Organize a tour to your new friend’s nation Likes and dislikes English Christmas traditions Gennaio Umanesimo Daily routine My typical day Present simple tens Febbraio I generi letterari How often do you…? Food vocabulary Imperative tense Marzo Perché leggere Can I…? Shall I…? Modal verbs What are your favourite hobbies? What about doing something together? Present continous tense Aprile Perché scrivere Da Omero a Bob Dylan Saxone genitive Whose is this? Possessive adjectives and pronouns Go and interview your major about his daily routine Maggio La sintassi Movie vision, comment and analysis Giugno Come si fa un tema Explanation for summer homework related to the together wathced movie b) “Eppur (chi?) si muove!!!” Esempio di modulo formativo asse scientifico tecnologico – primo anno Il modulo che segue, invece, è inserito nel canovaccio dell’asse scientifico- tecnologico, proposto agli allievi del primo anno. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 92 18/07/23 11:09 93 Eppur (chi?) si muove!!! – Modulo formativo primo anno asse scientifico-tecnologico Presentazione Il movimento, il moto, è qualunque cosa si differenzi dalla quiete, dallo stare fermi. Può trattarsi di movimento rapido, lento, in una direzione piuttosto che in un’altra. Ma siamo sicuri di sapere se veramente siamo in presenza di un moto? Spostarsi nello spazio e nel tempo è un tema che ha sempre avuto a che fare con l’uomo. L’essere umano è un animale in continuo movimento, dall’Africa orientale si è diffuso in tutta la Terra e ha viaggiato e conosciuto tutte le terre emerse. Se fosse rimasto un animale “stanziale”, il processo di scoperta e di colonizzazione sarebbe stato solo indotto dall’espandersi dello spazio necessario e non ai viaggi. Ecco, il movimento è il MOTOre della conoscenza, dell’esplorazione, dell’apertura verso l’ignoto. Ma torniamo alla domanda iniziale. Come possiamo dire che siamo in presenza di un moto? E soprattutto, cosa si muove e cosa no? Prodotto Relazione dal titolo “Come possiamo affermare che un corpo è in movimento” Consegna agli allievi Dopo aver visto il video proposto, descrivi con un elaborato scritto, il ragionamento che ti ha portato a capire chi si stava muovendo, seguendo questa traccia: - descrizione della situazione; - domande emergenti; - risposte; - descrizione del ragionamento; - parole nuove e loro significato; - che cosa ho imparato da questa esperienza; - che cosa mi piacerebbe approfondire. Dispositivo Anno e periodo didattico 1° anno. Ottobre – Novembre Durata Max 2 ore Assi coinvolti Scientifico-tecnologico Saperi essenziali Il concetto di moto Competenze Utilizzare concetti e semplici procedure scientifiche per leggere fenomeni e risolvere semplici problemi legati al proprio contesto di vita quotidiano e professionale, nel rispetto dell’ambiente. Soft skill Imparare ad imparare: metodo, autovalutazione, miglioramento Risorse Dispositivo audio-video CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 93 18/07/23 11:09 94 Fase e attività Fase Attività Presentazione Il formatore presenta l’attività introducendo l’oggetto del video e sottolinea l’importanza di prestare attenzione a tutta la scena e ai particolari. Visione filmato Il video viene visto dagli allievi, eventualmente anche due volte. Discussione Gli allievi si confrontano tra loro rispetto a quanto appena visto e propongono le loro riflessioni. Il formatore guida gli allievi verso la consapevolezza della ricerca di un sistema di riferimento al quale riferirsi. E da qui invita ad estendere le considerazioni emerse anche verso altri ambiti della vita quotidiana. Consegna Si chiede agli allievi di riportare in un elaborato scritto le deduzioni rispetto al moto. Valutazione Correzioni e miglioramento Modalità di valutazione Evidenze Criteri (vedi rubrica) Relazione Conoscenza dei contenuti e abilità linguistiche: che cosa ho imparato Metodi e processi: come ho imparato Soft skill Capacità di imparare a imparare: metodo, autovalutazione, miglioramento Materiali Testi: il moto dei corpi – Volume di scienze (I anno) Vedi anche: http:// www.scienzafisica.it/moto/ Video: “Chi si muove” https://drive.google.com/file/d/1Adw68k2D9EmI98ZjP9- aJeRFeenpF4AF/view c) Rubrica di valutazione delle competenze degli assi culturali (distinta in conoscenze e processi) Tra i materiali della cassetta degli attrezzi scegliamo, infine, di presentare una rubrica di valutazione, esplicitando l’opzione valutativa del progetto. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 94 18/07/23 11:09 95 Indicatori per l’osservazione delle competenze Descrittori di livello Parziale Basilare Intermedio Elevato Conoscenza dei contenuti e abilità linguistiche: livello di completezza e precisione; padronanza del linguaggio e dei linguaggi specifici (che cosa ho imparato) L’allievo possiede conoscenze lacunose, mostra difficoltà nel comprendere appieno il compito, procede in modo selettivo svolgendo solo talune attività di cui si sente sicuro, utilizza un linguaggio incompleto preferendo descrivere le cose fatte, piuttosto che cogliere il senso dell’azione, manca della consapevolezza di insieme L’allievo possiede le conoscenze fondamentali, comprende gli elementi essenziali del compito, procede con prudenza svolgendo le attività necessarie, utilizza un linguaggio adeguato a descrivere le attività ed i loro principali significati, coglie gli aspetti essenziali del senso dell’azione L’allievo possiede un buon livello di conoscenze, comprende appieno il compito assegnato, procede con sicurezza svolgendo tutte le attività necessarie, utilizza un linguaggio appropriato, in grado di cogliere tutti gli elementi in gioco, palesi e latenti; presenta una buona consapevolezza del senso dell’azione L’allievo possiede conoscenze sicure e sa cogliere nessi e relazioni, evidenzia un valore aggiunto costituito da uno o più dei seguenti aspetti: vivacità di interessi e di apporti, prontezza nel fronteggiare compiti e problemi, ricchezza delle informazioni raccolte e del linguaggio utilizzato, elaborazione di idee e proposte innovative, assunzione di responsabilità ulteriori Metodi e processi: capacità di ricerca delle informazioni, metodo di studio, utilizzo degli strumenti, procedimento di soluzione dei problemi (come ho imparato) 5. Vantaggi dimostrati e attesi Dagli esempi proposti è possibile vedere come la premessa fondamentale del progetto, ossia quella di riscoprire un nuovo rapporto tra lavoro, formazione e conoscenza, sia inserita armonicamente per mezzo di una scelta assiologica chiara, antropologica e cristiana. Tale premessa richiama l’allievo ad una responsabilità nel CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 95 18/07/23 11:09 96 presente della propria esperienza di apprendimento e nel futuro sul come mettere a frutto il proprio bagaglio di saperi per la comunità. Questi elementi si trovano in filigrana, ad una più attenta lettura, nel canovaccio offerto dagli autori laddove si propongono UDA in cui i linguaggi si emancipano dalla didattica per contenuti o dalle logiche dell’addestramento professionale, per situarsi in compiti di realtà come: «Organize a tour to your new friend’s nation». Questo esempio offre allo studente un’occasione in cui esplicitare un sapere competente, all’interno di uno spazio relazionale, in una lingua straniera, che richiama l’apertura, la scoperta e la meraviglia per la diversità. Dal canovaccio, inoltre, si evince l’auspicato spazio di comprensione metacognitiva necessaria per l’apprendimento, attraverso UDA del tipo: «Perché leggere» oppure «Perché scrivere». Questo aspetto di auto-appropriazione del sapere è fondamentale per quell’esperienza trascendentale descritta da Lonergan, come accennato nei paragrafi precedenti e richiamato nel resto del nostro lavoro come spazio di protagonismo del ragazzo. Capire il perché di un apprendimento mobilita risorse interne dell’apprendente, essere capace di ragione, che migliora la sua motivazione al lavoro. Le caratteristiche assiologiche e metacognitive fondanti del progetto, inoltre, si trovano nei diversi passaggi del modulo formativo proposto «Eppur (chi?) si muove!!!» il quale, partendo da un sapere essenziale, come quello del moto, apre ad una visione integrale del sapere. Infatti, è possibile osservare un interesse trasversale alla trattazione, che arricchisce il contenuto scientifico con una sensibilità antropologica, da rinvenire, ad esempio, nell’immagine «uomo in movimento». È chiara anche la ricerca di un approccio di tipo sperimentale sul tema, un metodo di ricerca che accompagna l’allievo alla scoperta, come richiesto nella relazione all’interno del modulo «Dopo aver visto il video proposto, descrivi con un elaborato scritto, il ragionamento che ti ha portato a capire chi si stava muovendo, seguendo questa traccia: descrizione della situazione; domande emergenti; risposte; descrizione del ragionamento; parole nuove e loro significato; che cosa ho imparato da questa esperienza; che cosa mi piacerebbe approfondire». Nelle schede riportate emergono, inoltre, la modalità del lavoro di gruppo e la modalità blended, attraverso l’utilizzo di video e piattaforme digitali. Gli esempi sopra riportati, selezionati dal corposo materiale condiviso dal progetto, richiamano ed evidenziano alcune caratteristiche fondamentali dello stesso, quali la spiritualità del sapere, la responsabilità del cittadino e l’inclusività della proposta. Proprio quest’ultima, viene, lo ricordiamo, garantita da un approccio diversificato dell’insegnamento, che permette al formatore e alle altre figure di sistema una personalizzazione reale dei processi di apprendimento e dall’opzione valutativa delle rubriche. Lo strumento richiamato nell’esempio proposto: diventa struttura continua di verifica del processo di apprendimento in ogni sua fase; risponde alla complessità della competenza, rispetto alla semplicità di un contenuto o di una pro- CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 96 18/07/23 11:09 97 cedura e garantisce quella trasversalità auspicata negli assi culturali. Esso, inoltre, promuove una valutazione collegiale, periodica e progressiva, attraverso compiti di realtà e autovalutazione. Superando la mera valutazione delle prestazioni, infatti, si centra l’attenzione sul processo formativo e sulle pratiche didattiche, improntate all’inclusione ed alla personalizzazione, per giungere ad una reale valutazione formativa. Rispettosa e rigorosa delle logiche di sviluppo, la rubrica di valutazione, coinvolgerà l’allievo nel momento valutativo accrescendo la consapevolezza del valore di quanto apprende in riferimento alla propria crescita personale. Questo nuovo movimento culturale, che muove i suoi primi passi, si pone come obiettivo un vero e proprio cambio di paradigma, unificando il lavoro dei CFP e riscoprendo quel naturale legame tra persona e cultura, tra lavoro ed anima, tra cittadino e comunità. Questa fase, come descritto nelle parti del progetto, vedrà la sperimentazione del materiale sul campo, la presentazione dei primi risultati e il continuo approfondimento dei temi fondanti. I compiti che spettano al movimento culturale, in buona sostanza, saranno quelli di verificare se il lavoro di questi anni avrà una reale ricaduta sulla formazione, umana e professionale, degli allievi della IeFP e quello di continuare a risvegliare l’operato quotidiano dei singoli centri, spesso oberati da una difficile e stressante routine, verso nuovi orizzonti di empowerment. La grande mole di lavoro concertato, descritto e prodotto, in linea, a nostro avviso, con quanto in questo momento è presentato nella letteratura di riferimento, ci lascia ottimisti sulla prosecuzione della sperimentazione e incuriositi sulle nuove opportunità che si aprono ai centri nella loro gestione, come auspicato: dalle politiche europee ed italiane; dalle reali esigenze dei diversi tessuti aziendali e dalla ricerca di senso, più o meno esplicita, degli allievi, veri protagonisti di questa spinta rinnovatrice. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 97 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 98 18/07/23 11:09 99 CONCLUSIONE I sistemi educativi e formativi della società contemporanea sono chiamati a dare risposte alle grandi sfide di carattere sociale, politico, economico ed etico. I repentini cambiamenti posti dalla globalizzazione e dall’innovazione, la crisi economica e post-pandemica che stiamo affrontando e la pressante emergenza ecologica sono solo alcune delle tante questioni che coinvolgono anche il sistema scuola. I fenomeni descritti, dall’identità camaleontica e multifattoriale, possono minare le basi dei sistemi formativi, che sembrano, troppo spesso, aver perso il loro ruolo di guida e ascensore sociale. A tal proposito, i dati1 relativi al contesto nazionale italiano non sono confortanti. L’Italia nel 2020 è risultato il quarto Paese nell’Unione Europea per numero di abbandoni precoci: il 13,1% rispetto ai 9,9% della media europea. A questi dati si aggiungono quelli relativi al fenomeno della dispersione implicita, ossia il mancato raggiungimento delle competenze alla fine dei cicli di studio. La stima che emerge è che «la dispersione scolastica totale, implicita ed esplicita, superi il 20% a livello nazionale e che il 14,4% degli allievi esca dalla terza media con livelli di competenze inadeguati in matematica, italiano e inglese. La dispersione scolastica è direttamente collegata anche con il fenomeno dei NEET, ovvero i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non sono inseriti in un percorso di istruzione o di formazione»2. Cosa fare? La risposta, non semplice, richiede un approccio multi-sistemico, concertato e tempestivo, che sappia accompagnare le diverse questioni con azioni differenziate e flessibili. Rispetto al quadro sopra descritto, il sotto-sistema dell’Istruzione e della Formazione Professionale può rappresentare l’ultimo baluardo contro la dispersione nella promozione del successo formativo. Tuttavia, tale segmento formativo ha bisogno, per poter assolvere a questo difficile compito, di riconoscimento nazionale e di un rinnovamento didattico e sistemico. Questo rinnovamento, richiesto e recepito da alcuni enti formativi di orientamento cristiano, in particolare da quello salesiano, è stato oggetto dell’elaborato. La trattazione proposta, come accennato nell’introduzione, nasce dalla sintesi di questi anni di studio, dall’esperienza sul campo a titolo personale e collegiale, nello scambio quotidiano con tanti compagni di viaggio dell’avventura educativa e grazie al lavoro in rete organizzato e animato dal progetto del curricolo fondativo. La mia convinzione, che ho cercato di dimostrare con riferimenti autorevoli in campo scien- 1 Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, La dispersione scolastica in Italia: un’analisi multifattoriale. Documento di studio e proposta, (https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/ files/2022-06/dispersione-scolastica-2022.pdf). 2 Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, La dispersione scolastica in Italia: un’analisi multifattoriale. Documento di studio e proposta, (https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/ files/2022-06/dispersione-scolastica-2022.pdf), pp. 24-25. CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 99 18/07/23 11:09 100 tifico, è che un reale rinnovamento in campo didattico sia necessario alla Istruzione e Formazione Professionale. La revisione, auspicata nelle pagine della tesi, dovrà essere profonda e reale, non solo formale. Essa dovrà interrogare l’agire quotidiano, traghettandolo dal “si è sempre fatto così” verso nuovi, più efficaci e stimolanti orizzonti formativi. Abbandonando la zavorra dei limiti di modelli come quello ADDIE, che continuano a ripetersi più o meno consciamente nella didattica quotidiana, sarà possibile partire realmente dalla persona che apprende. La progettazione pensata come nella mappa di Kerr con i suoi traguardi, contenuti, processi e valutazioni, aiuterà a strutturare una didattica adattiva, aperta, inclusiva e coinvolgente per ogni soggetto dell’esperienza formativa. Il lavoro portato avanti apre diverse prospettive di sperimentazione didattica sia nella somministrazione e revisione del lavoro personale e collegiale sul campo, sia in quello di affiancamento e studio del curricolo fondativo. Quest’ultimo, inoltre, apre lo sguardo verso ulteriori studi ed approfondimenti e punta, tra le altre e future linee operative, verso una proposta significativa di certificazione degli apprendimenti mediante rubriche di valutazione. Questo ultimo strumento, ancora poco utilizzato nei nostri ambienti di formazione, sarà oggetto di futuri lavori e traduzioni nel linguaggio della IeFP. La nostra offerta professionale e salesiana, inoltre, ci spinge ad ulteriori studi, sul piano progettuale e valutativo, su quanto l’integrazione tra hard e soft skill, nella sintesi salesiana di ambiente di apprendimento formale e non formale, come ideato nella visione di Don Bosco, sia, oggi più che mai, una risorsa educativa vincente ed un modello facilmente replicabile. Emanciparsi, dunque, da pratiche di addestramento, dalla trasmissione di semplici abilità, per una proposta più ricca, umana e significativa è l’orizzonte che ci spinge, ancora oggi, nonostante tutto, a scommettere sulla nostra proposta e nei nostri giovani, la prima e più sincera risorsa del nostro agire quotidiano. La passione per la nostra azione educativa e formativa, i bisogni sempre più pressanti del mondo sociale, economico e lavorativo, la responsabilità che abbiamo nelle nostre comunità chiedono con forza la creazione di autentici ed efficaci spazi di auto-valutazione e ri-partenza. Se non ora, quando? CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 100 18/07/23 11:09 101 BIBLIOGRAFIA Allulli G., Dalla Strategia di Lisbona a Europa 2020, Roma, Tipolitografia Pio XI, 2015. Anderson J., Cognitive Psycology and its Implication, New York, Worth, 2009. Arter J. A., Improving Science and Mathematics Education. 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Isfol, Commissione con il compito di approfondire la tematica relativa all’istruzione obbligatoria ed elaborare le possibili modalità tese all’obiettivo dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, Indicazioni sulle modalità dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, 2007, (http://adiscuola.it/Pubblicazioni/Obbligo/obb_1000_obbligo.htm#iniz io). Parlamento Europeo e Consiglio, Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, 2006, (https://eur- lex.europa.eu/legal- content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX: 32006H0962&from=IT). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 105 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 106 18/07/23 11:09 107 SITOGRAFIA ASSI CULTURALI NELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE, (https://assiculturalifp.it/ presentazione). CENTRO NAZIONALE OPERE SALESIANE – FORMAZIONE AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE REGIONE LAZIO, (https://www.cnosfaplazio.org/chi- siamo-2/). FEDERAZIONE CENTRO NAZIONALE OPERE SALESIANE – FORMAZIONE AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE, (https://www.cnos-fap.it/page/federazione-cnos-fap). L’ICF NELLA SCUOLA E NUOVI MODELLI DI PEI, (https://www.icf-scuola.it/). PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA, (https://www.unigre.it/it/teologia/progettolonergan/ bernard- lonergan/). CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 107 18/07/23 11:09 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 108 18/07/23 11:09 109 INDICE Sommario..................................................................................................................................................... 3 Introduzione .............................................................................................................................................. 5 Capitolo I L’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) salesiana 1. Uno sguardo su don Bosco .......................................................................................................... 9 2. Dai laboratori di avviamento al lavoro alla Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) ................................................................................................................................................... 10 3. Il CNOS-FAP ed il CNOS-FAP Regione LAZIO ............................................................... 13 4. Il successo formativo della IeFP salesiana in Italia ............................................................ 15 5. Un mondo da conoscere e rilanciare ........................................................................................ 20 Capitolo II La progettazione didattica: premesse teoriche 1. Premesse ............................................................................................................................................. 25 2. Traguardi: le competenze ............................................................................................................. 28 2.1. Come e dove si apprende .................................................................................................. 30 2.2. Percorso storico di definizione comunitaria .............................................................. 33 2.3. Definizioni teoriche ............................................................................................................. 39 2.4. Definire operativamente una competenza .................................................................. 41 3. Contenuti: gli assi culturali .......................................................................................................... 47 3.1. Dai saperi inerti ai saperi vitali ....................................................................................... 47 3.2. La normativa sugli assi culturali .................................................................................... 51 3.3. Gli assi culturali ................................................................................................................... 53 4. Processi: i Cicli di Apprendimento Esperienziale ............................................................... 59 4.1. L’esperienza si fa maestra ................................................................................................. 59 4.2. Apprendere dai problemi .................................................................................................. 62 4.3. Una scelta tra tante: il Ciclo di Apprendimento Esperienziale ........................... 64 4.4. Le situazioni problema negli assi culturali ................................................................. 66 5. Valutazione: le rubriche di valutazione ................................................................................... 68 5.1. I saperi docimologici da non accantonare .................................................................. 69 5.2. Il principio della triangolazione nella valutazione delle competenze .............. 72 5.3. Uno strumento efficace: la rubrica di valutazione ................................................... 76 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 109 18/07/23 11:09 110 Capitolo III Transizione agli assi culturali: il curricolo fondativo 1. La scelta di un curricolo ............................................................................................................... 83 2. I principi del curricolo fondativo: la risonanza, la Laudato si’ e l’educazione della ragione ................................................................................................................................................. 85 3. Una didattica integrata ed inclusiva ......................................................................................... 88 4. I canovacci del progetto ................................................................................................................ 90 5. Vantaggi dimostrati e attesi ......................................................................................................... 95 Conclusione ............................................................................................................................................... 99 Bibliografia................................................................................................................................................ 101 Riferimenti normativi............................................................................................................................. 105 Sitografia.................................................................................................................................................... 107 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 110 18/07/23 11:09 Pubblicazioni nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “Studi, progetti, esperienze per una nuova Formazione Professionale” ISSN 1972-3032 Sezione “STUDI” 2002 Malizia G. - Nicoli D. - Pieroni V. (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 2003 Ciofs/Fp (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La Formazione Professionale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9-11 settembre 2002, 2003 C iofs/Fp Sicilia (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orientativi, 2003 Malizia G. - V. Pieroni (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 2004 Ciofs/Fp (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’Istruzione e Formazione Professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 C iofs/Fp Sicilia (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Catania, Noto, Modica, 2004 C nos-Fap (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004 Malizia G. (coord.) - Antonietti D. - Tonini M. (a cura di), Le parole chiave della Formazione Professionale, 2004 R uta G., Etica della persona e del lavoro, 2004 2005 Ciofs/Fp (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La Formazione Professionale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 D’Agostino S. - Mascio G. - Nicoli D., Monitoraggio delle politiche regionali in tema di Istruzione e Formazione Professionale, 2005 Pieroni V. - G. Malizia (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 2006 Ciofs/Fp (a cura di), Atti del XVII Seminario di Formazione Europea. Il territorio e il sistema di Istruzione e Formazione Professionale. L’interazione istituzionale per la preparazione delle giovani generazioni all’inserimento lavorativo in rapporto agli obiettivi di Lisbona, 2006 Malizia G. - Nicoli D. - Pieroni V., Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di Istruzione e Formazione Professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 2007 Ciofs/Fp (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nell’Istruzione e nella Formazione Professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 C olasanto M. - R. Lodigiani (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare attivo, 2007 Donati C. - L. Bellesi, Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto finale, 2007 Malizia G. (coord.) - Antonietti D.- Tonini M. (a cura di), Le parole chiave della Formazione Professionale. II edizione, 2007 Malizia G. - V. Pieroni, Le sperimentazioni del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 Malizia G. - V. Pieroni, Le sperimentazioni del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 111 18/07/23 11:09 Malizia G. et alii, Diritto-dovere all’Istruzione e alla Formazione e anagrafe formativa. Problemi e prospettive,2007 Malizia G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 Nicoli D. - R. Franchini, L’educazione degli adolescenti e dei giovani. Una proposta per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, 2007 Nicoli D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 Pellerey M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona. Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 R uta G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 2008 Ciofs/Fp, Atti del XIX seminario di formazione europea. Competenze del cittadino europeo a confronto, 2008 C olasanto M. (a cura di), Il punto sulla Formazione Professionale in Italia in rapporto agli obiettivi di Lisbona, 2008 Donati C. - L. Bellesi, Ma davvero la Formazione Professionale non serve più? Indagine conoscitiva sul mondo imprenditoriale, 2008 Malizia G., Politiche educative di Istruzione e di Formazione. La dimensione internazionale, 2008 Malizia G. - V. Pieroni, Follow-up della transizione al lavoro degli allievi/e dei percorsi triennali sperimentali di IeFP, 2008 Pellerey M., Studio sull’intera filiera formativa professionalizzante alla luce delle strategie di Lisbona a partire dalla formazione superiore non accademica. Rapporto finale, 2008 2009 Ghergo F., Storia della Formazione Professionale in Italia 1947-1977, vol. 1, 2009 2010 Donati C. - L. Bellesi, Verso una prospettiva di lungo periodo per il sistema della Formazione Professionale. Il ruolo della rete formativa. Rapporto finale, 2010 Nicoli D., I sistemi di Istruzione e Formazione Professionale (VET) in Europa, 2010 Pieroni V. - A. Santos Fermino, La valigia del “migrante”. Per viaggiare a Cosmopolis, 2010 Prellezo J.M., Scuole Professionali Salesiane. Momenti della loro storia (1853-1953), 2010 R ossi G. (a cura di), Don Bosco, i Salesiani, l’Italia in 150 anni di storia, 2010 2011 Rossi G. (a cura di), “Fare gli italiani” con l’educazione. L’apporto di don Bosco e dei Salesiani, in 150 anni di storia, 2011 Ghergo F., Storia della Formazione Professionale in Italia 1947-1997, vol. 2, 2011 Nicoli D., La valutazione formativa nella prospettiva dell’educazione. Una comparazione tra casi internazionali e nazionali, 2011 2012 Malizia G., Sociologia dell’Istruzione e della Formazione. Una introduzione, 2012 Nicoli D., Rubriche delle competenze per i Diplomi professionale IeFP. con linea guida per la progettazione formativa, 2012 Malizia G. - Pieroni V., L’inserimento dei giovani qualificati nella FPI a.f. 2009-10, 2012 C NOS-FA P, Cultura associativa e Federazione CNOS-FAP: storia e attualità, 2012 2013 Curotti A., Il ruolo della Formazione Professionale salesiana da Don Bosco alle sfide attuali, 2013 Pellerey M. - Grządziel D . - Margottini M. - E pifani F . - O ttone E ., Imparare a dirigere se stessi. Progettazione e realizzazione di una guida e di uno strumento informatico per favorire l’autovalutazione e lo sviluppo delle proprie competenze strategiche nello studio e nel lavoro, 2013 Ghergo F., Storia della Formazione Professionale in Italia 1947-1997 Gli Anni ‘90, vol. 3, 2013 Prellezo J.M., Scuole Professionali Salesiane. Momenti della loro storia (1853-1953), 2013 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 112 18/07/23 11:09 113 Donati C. - L. Bellesi, Osservatorio sugli ITS e sulla costituzione di Poli tecnico-professionali, Alcuni casi di studio delle Aree Meccanica, Mobilità e Logistica, Grafica e Multimedialità, 2013 T acconi G. - G. Mejia Gomez, Success Stories. Quando è La Formazione Professionale a fare la differenza, 2013 2014 Orlando V., Per una nuova Formazione Professionale dei Salesiani d’Italia. Indagine tra gli allievi dei Centri di Formazione Professionale, 2014 Donati C. - L. Bellesi, Osservatorio sugli ITS e sulla costituzione di Poli tecnico-professionali. Approfondimento qualitativo sugli esiti occupazionali, 2014 Dordit L., OCSE PISA 2012. Rapporto sulla Formazione Professionale in Italia, 2014 Dordit L., La valutazione interna ed esterna dei CFP e il nuovo sistema nazionale di valutazione, 2014 O ttolini P. - M.R. Zanchin, Strumenti e modelli per la valutazione delle competenze nei percorsi di qualifica IeFP del CNOS-FAP, 2014 Marchioro D.M., IeFP e successo formativo nella Federazione CNOS-FAP, Report analisi 2011/2012, 2014 2015 Allulli G., Dalla strategia di Lisbona a Europa 2020, 2015 Becciu M. - A.R. Colasanti, Linee Guida per realizzare la leadership educativa, carismatica e salesiana, 2015 C nos-Fap (a cura di), Educazione e inclusione sociale: modelli, esperienze e nuove vie per la IeFP, 2015 C nos-Fap (a cura di), L’impresa didattica/formativa: verso nuove forme di organizzazione dei CFP. Stimoli per la Federazione CNOS-FAP, 2015 C nos-Fap (a cura di), Il ruolo della IeFP nella formazione all’imprenditorialità: approcci, esperienze e indicazioni di policy, 2015 C nos-Fap (a cura di), Modelli e strumenti per la formazione dei nuovi referenti dell’autovalutazione delle istituzioni formative nella IeFP, 2015 Malizia G. - Piccini M.P. - Cicatelli S., La Formazione in servizio dei formatori del CNOSFAP. Lo stato dell’arte e le prospettive, 2015 Malizia G. - M. Tonini, Organizzazione della scuola e del CFP. Una introduzione, 2015 Nicoli D., Come i giovani del lavoro apprezzano la cultura. Formare e valutare saperi e competenze degli assi culturali nella Formazione Professionale, 2015 Pellerey M., La valorizzazione delle tecnologie mobili nella pratica gestionale e didattica dell’Istruzione e Formazione a livello di secondo ciclo, 2015 2016 Malizia G. (a cura di), Successo formativo degli allievi del CNOS-FAP qualificati e diplomati negli anni 2010-14. prospettive teoriche ed evidenze empiriche a confronto, 2016 Donati C. - L. Bellesi, I fabbisogni formativi e professionali del settore grafico. Rapporto finale, 2016 A llulli G., From the Lisbon Strategy to Europe 2020, 2016 2017 Pellerey M., Soft Skill e orientamento professionale, 2017 A llulli G., Europa 2020. Una bussola per orientarsi, 2017 2018 Pellerey M. (a cura di), Strumenti e metodologie di orientamento formativo e professionale nel quadro dei processi di apprendimento, 2018 2020 Pellerey M. (coord.) - E pifani F . - Grządziel D . - Margottini M. - O ttone E ., Progetto di ricerca- intervento sul ruolo del Portfolio Digitale, Strumento di Formazione Professionale iniziale e continua dei docenti del secondo ciclo del sistema istruttivo e formativo, in particolare dell’IeFP. Verifica della possibilità di estensione al caso degli allievi. Rapporto finale, 2020 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 113 18/07/23 11:09 114 2020 Salerno G.M – G. Zagardo, Costruire e utilizzare i costi standard nella IeFP. Analisi, indicazioni e proposte, 2020 Ghergo F., Storia della Formazione Professionale, Gli anni 1860-1879, Volume IV, 2020 Ghergo F., Storia della Formazione Professionale, Gli anni 1880-1889, Volume V, 2022 Sezione “Progetti” 2003 Becciu M. - A.R. Colasanti, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 C iofs/Fp (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 C iofs/Fp Piemonte (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 C iofs/Fp Piemonte (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 C nos-Fap (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 C omoglio M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, 2003 F ontana S. - Tacconi G.- Visentin M., Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 Ghergo F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione d’impresa, 2003 Marsilii E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 T acconi G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 Valente L. - D. Antonietti, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui percorsi formativi, 2003 2004 Ciofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 C iofs/Fp Basilicata, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffusione di una buona pratica, 2004 C iofs/Fp Campania (a cura di), ORION tra orientamento e network, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 C iofs/Fp - Cnos-Fap (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 Nicoli D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’Istruzione e della Formazione Professionale, 2004 Nicoli D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’Istruzione e della Formazione Professionale, 2004 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 114 18/07/23 11:09 115 2005 Ciofs/Fp Sicilia (a cura di), Operatore Servizi Turistici in rete. Rivisitando il progetto: le buone prassi. Progettazione, Ricerca, Orientamento, Nuova Imprenditorialità, Inserimento Lavorativo, 2005 Cnos-Fap - Ciofs/Fp (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 C nos-Fap (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione Formazione Professionale, 2005 Nicoli D. (a cura di), Il diploma di Istruzione e Formazione Professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 Polàček K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 Valente L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 2006 Becciu M. - A.R. Colasanti, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 C nos-Fap (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 2007 D’Agostino S., Apprendistato nei percorsi di diritto-dovere, 2007 Ghergo F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa. II edizione, 2007 Marsilii E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 Nicoli D. - G. Tacconi, Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 R uta G. (a cura di), Vivere in … 1. L’identità. Percorso di cultura etica e religiosa, 2007 R uta G. (a cura di), Vivere … Linee guida per i formatori di cultura etica e religiosa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, 2007 2008 Baldi C. - M. Locaputo, L’esperienza di formazioni formatori nel progetto integrazione 2003. La riflessività dell’operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della FPI, 2008 C iofs/Fp (a cura di), Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2008 Malizia G. - Pieroni V. - Santos Fermino A., Individuazione e raccolta di buone prassi mirate all’accoglienza, formazione e integrazione degli immigrati, 2008 Nicoli D., Linee guida per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, 2008 Nicoli D., Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. II volume, 2008 R uta G. (a cura di), Vivere con … 2. La relazione. Percorso di cultura etica e religiosa, 2008 R uta G. (a cura di), Vivere per … 3. Il progetto. Percorso di cultura etica e religiosa, 2008 2009 Cnos-Fap (a cura di), Linea guida per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale. Comunità professionale meccanica, 2009. Malizia G. - V. Pieroni, Accompagnamento al lavoro degli allievi qualificati nei percorsi triennali del diritto-dovere. Linee guida e raccolta di buone pratiche per svolgere le attività, 2009. 2010 Bay M. - Grządziel l D . - Pellerey M. (a cura di), Promuovere la crescita nelle competenze strategiche che hanno le loro radici spirituali nelle dimensioni morali e spirituali della persona. Rapporto di ricerca, 2010 C nos-Fap (a cura di), Linea guida per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale. Comunità professionale grafica e multimediale, 2010 C nos-Fap (a cura di), Linea guida per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale. Comunità professionale elettrica ed elettronica, 2010 C nos-Fap (a cura di), Linea guida per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale. Comunità professionale automotive, 2010 C nos-Fap (a cura di), Linee guida per l’orientamento nella Federazione CNOS-FAP, 2010 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 115 18/07/23 11:09 116 C nos-Fap (a cura di), Linea guida per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale. Comunità professionale turistico-alberghiera, 2010. 2011 Malizia G. - Pieroni V. - Santos Fermino A. (a cura di), “Cittadini si diventa”. Il contributo dei Salesiani (SDB) e delle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) nell’educare studenti/ allievi delle loro Scuole/CFP in Italia a essere “onesti cittadini”, 2011 T acconi G., In pratica. 1. La didattica dei docenti di area matematica e scientifico-tecnologica nell’Istruzione e Formazione Professionale, 2011 T acconi G., In pratica. 2. La didattica dei docenti di area linguistica e storico sociale nell’Istruzione e Formazione Professionale, 2011 Mantegazza R., Educare alla Costituzione, 2011 Becciu M. - A.R. Colasanti, Il fenomeno del bullismo. Linee guida ispirate al sistema preventivo di Don Bosco per la prevenzione e il trattamento del bullismo, 2011 2012 Pieroni V. - A. Santos Fermino, In cammino per Cosmopolis. Unità di Laboratorio per l’educazione alla cittadinanza, 2012 F risanco M., Da qualificati, a diplomati, a specializzati. Il cammino lungo una filiera ricca di opportunità e competenze. Riferimenti, dispositivi e strumenti per conoscere e comprendere i nuovi sistemi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS), 2012 2014 Cnos-Fap (a cura di), Per una pedagogia della meraviglia e della responsabilità. Ambito Energia. Linea Guida, 2014 C nos-Fap (a cura di), Linea Guida per i servizi al lavoro, 2014. 2015 Cnos-Fap (a cura di), Fabbisogni professionali e formativi. Contributo alle Linee Guida del CNOS-FAP. Grafica e Multimediale, Meccanica, Meccatronica-Robotica 2015 2016 Franchini R., L’apprendimento mobile attivo in presenza di tecnologie digitali. Rapporto finale della sperimentazione iCNOS del CNOS-FAP Nazionale, 2016 Nicoli D., Il lavoro buono. Un manuale di educazione al lavoro per i giovani, 2016 C nos-Fap (a cura di), Azioni di accompagnamento, sviluppo e rafforzamento del sistema duale nell’ambito dell’Istruzione e Formazione Professionale. Sviluppo di modelli organizzativi, 2016 F risanco M., Da operatori, a tecnici, specializzati e tecnici superiori. Riferimenti, dispositivi e strumenti, 2016 2019 Nicoli D., Imparare Realmente. Intrapresa vocazionale, laboratori tematici e Academy formativa, 2019 2020 Mantegazza R., Articoli da amare. La Costituzione Italiana presentata ai ragazzi, 2020 2021 Frisanco M., La IeFP guarda al futuro. Verso una filiera educativa e formativa professionalizzante di qualità, 2020 2022 Cnos-Fap (a cura di), Modello per la redazione di un bilancio sociale, 2022 Sezione “Esperienze” 2003 Ciofs-Fp Puglia (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 C nos-Fap Piemonte (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 C nos-Fap Piemonte (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 C nos-Fap Piemonte (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, 2003 C nos-Fap Piemonte (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 116 18/07/23 11:09 117 2005 Ciofs-Fp Sicilia, Operatore servizi turistici in rete. Rivisitando il progetto: le buone prassi. Progettazione, ricerca, orientamento, nuova imprenditorialità, inserimento lavorativo, 2005 T oniolo S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordinatore delle attività educative del CFP, 2005 2006 Alfano A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 C iofs-Fp Liguria (a cura di), Linee guida per l’orientamento nei corsi polisettoriali (fascia 16-17 anni). L’esperienza realizzata in Liguria dal 2004 al 2006, 2006 C omoglio M. (a cura di), Il portfolio nella Formazione Professionale. Una proposta per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, 2006 Malizia G. - Nicoli D. – Pieroni V., Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di Istruzione e Formazione Professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 2007 Nicoli D. – M. Comoglio, Una formazione efficace. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali di Istruzione e Formazione Professionale in Piemonte 2002-2006, 2007. 2008 Cnos-Fap (a cura di), Educazione della persona nei CFP. Una bussola per orientarsi tra buone pratiche e modelli di vita, 2008. 2010 Cnos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2010, 2010 2011 Cnos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2011, 2011 2012 Cnos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2012, 2012 Nicoli D. (a cura di), Sperimentazione di nuovi modelli nel sistema di Istruzione e Formazione Professionale Diploma professionale di tecnico Principi generali, aspetti metodologici, monitoraggio, 2012 2013 Salatino S. (a cura di), Borgo Ragazzi Don Bosco Area Educativa “Rimettere le ali”, 2013 C nos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2013, 2013 2014 Cnos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2014, 2014 2015 Cnos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2015, 2015 2016 Cnos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2016, 2016 2018 Kocci L ., Pischelli in paradiso. Storie di ragazzi e ragazze del Centro accoglienza minori don Bosco, 2018 C nos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2017, 2018 C nos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2018, 2018 2019 Cnos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2019, 2019 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 117 18/07/23 11:09 118 2022 Cnos-Fap ( a cura di), Il Concorso Nazionale dei capolavori dei settori professionali. Edizione 2022, 2022 Dal 2009 la Sede Nazionale ha creato una collana intitolata “Quaderni”. Si riportano di seguito i titoli fino ad oggi stampati: 2009 Zagardo G. – C. Catania, Il sistema di Istruzione e Formazione Professionale nelle Regioni. Quadro d’insieme e alcuni approfondimenti, Quaderno 1/2009 2014 Zagardo G. – G.M. Salerno, Istruzione e Formazione Professionale (IeFP nell’a.f. 2012/13), Quaderno 2/2014 2015 Nicoli D. – G. Norcia, Valore educativo e culturale del tema energetico e della sostenibilità. Stimoli formativi per gli allievi, Quaderno 3/2015 Malavolta L. - Ghelfi M. – Zamboni F., L’ambito professionale energetico: sperimentazione di una proposta, Quaderno 4/2015 S chneider Electric, La gestione sostenibile delle case salesiane: una proposta di Schneider Electric, Quaderno 5/2015 Z agardo G. - Salerno G.M. - Nicoli D. - Malizia G. - Tonini M., La Buona Formazione Professionale. Situazione della IeFP nell’a.f. 2013/14 e proposte, Quaderno 6/2015 2017 Zagardo G. – G.M. Salerno, La Formazione Professionale nelle Regioni Anno 2014/2015 Proposta di un costo standard, Quaderno 7/2017 2018 Zagardo G., La IeFP nelle Regioni. Situazione e prospettive, Quaderno 8/2018 2019 Zagardo G., La IeFP nelle Regioni. tra consolidamento e stasi, Quaderno 9/2019 2020 Zagardo G., La IeFP nelle Regioni. Una risposta all’Europa ai tempi del Covid, Quaderno 10/2020 Dal 2016 la Sede Nazionale ha inaugurato, inoltre, una collana intitolata “Appunti per formatori”. Si riportano di seguito i titoli fino ad oggi stampati: 2016 Linee Guida per l’apprendimento attivo in presenza di tecnologie, 1/2016 2017 Guida all’uso della piattaforma www.competenzestrategiche.it 2/2017 2018 La promozione delle competenze relative agli “assi culturali” nei percorsi di IeFP: settore meccanico 3/2018 La promozione delle competenze relative agli “assi culturali” nei percorsi di IeFP: settore elettrico/elettronico 4/2018 2019 Pellerey M. (a cura di), Pensiero computazionale e competenza digitale 5/2019 Guida all’uso della piattaforma www.competenzestrategiche.it 2/2019, II edizione “Fuori Collana” o Pubblicazioni presso altre editrici: 2014 Nicoli D., (a cura di), L’intelligenza nelle mani. Educazione al lavoro nella Formazione Professionale, Rubbettino 2014 2015 Nicoli D., Il lavoro buono. Cultura ed etica del lavoro in Italia e nel mondo. Una proposta educativa per la generazione post-crisi, Tuttoscuola – CNOS-FAP 2015 2018 Malizia G – M. Tonini, 40 anni di storia e di esperienze della Federazione CNOS-FAP in Italia e nelle Regioni, 2018 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 118 18/07/23 11:09 119 Nicoli D., Il lavoro buono. Un manuale di educazione al lavoro per i giovani, Rubbettino, 2018 C nos-Fap – Noviter, Politiche della Formazione Professionale e del lavoro. Analisi ragionata degli interventi regionali, Rubbettino 2018 2019 Malizia G. – G. Lo Grand e, Sociologia dell’istruzione e della formazione, FrancoAngeli, 2019 Malizia G., Politiche educative di istruzione e di formazione, FrancoAngeli, 2019 C nos-Fap – PTSCLAS Spa, Politiche della Formazione Professionale e del lavoro. Analisi ragionata degli avvidi pubblicati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2018 dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, Rubbettino, 2019 S alerno G.M., L’Istruzione e la Formazione Professionale tra regionalismo e unitarietà. Una prima analisi, Rubbettino, 2019 2020 Malizia G., Politiche educative di Istruzione e di Formazione, tra descolarizzazione e riscolarizzazione. La dimensione internazionale, FrancoAngeli, 2020 Malizia G. – M. Tonini, L’organizzazione della scuola e del CFP alla prova della pandemia del Coronavirus. Una introduzione, FrancoAngeli 2020 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 119 18/07/23 11:09 Tipografia Giammarioli snc Via Enrico Fermi 8/10 - 00044 Frascati (Roma) Tel. 06.942.03.10 - www@tipografiagiammarioli.com Luglio 2023 CNOS_MORO - PROGETTAZIONE DIDATTICA.indd 120 18/07/23 11:09

Storia della Formazione Professionale in Italia. Gli anni 1880-1899, Volume V

Autore: 
Fulvio Ghergo
Categoria pubblicazione: 
Studi
Anno: 
2022
Numero pagine: 
610
Codice: 
9788831972130
Storia della Formazione Professionale in Italia Volume V Gli anni 1880 - 1899 Fulvio Ghergo Anno 2022 Da operatori, a tecnici, specializzati e tecnici superiori riferimenti, Dispositivi, strumenti Anno 2016 Mauro Frisanco Direzione Generale degli ammortizzatori sociali e della formazione CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 1 22/12/22 13:34 © 2022 By Sede Nazionale del CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane - Formazione Aggiornamento Professionale) Via Appia Antica, 78 - 00179 Roma Tel.: 06 5107751 - Fax 06 5137028 E-mail: cnosfap.nazionale@cnos-fap.it –Sito: www.cnos-fap.it CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 2 22/12/22 13:34 3 SOMMARIO Note Tecniche .......................................................................................................................................... 7 Capitolo I Gli anni ’80: la prima legislazione organica in materia agricola e forte sviluppo delle attività formative in agricoltura Introduzione. Gli eventi e i fenomeni del decennio ................................................................. 17 1. Le politiche della sinistra storica .............................................................................................. 17 2. La popolazione ................................................................................................................................. 20 3. L’analfabetismo, l’istruzione elementare e l’obbligo d’istruzione ............................... 22 4. La scuola statale disegnata dai massoni in alternativa all’istruzione delle istituzioni cattoliche ....................................................................................................................................... 29 5. La popolazione per professioni .................................................................................................. 32 6. Il lavoro minorile ............................................................................................................................ 37 7. Un Paese prevalentemente agricolo ......................................................................................... 41 7.1. La crisi del settore agricolo ............................................................................................. 41 7.2. Il cambio di politica agricola: dal liberismo della Destra al protezionismo della Sinistra .......................................................................................................................... 42 7.3. I risultati dell’inchiesta Jacini ........................................................................................ 43 8. Un Paese di emigranti ................................................................................................................... 43 1. Aspetti istituzionale del sistema d’Istruzione Professionale .................................... 47 1.1. Il sistema formativo italiano ............................................................................................ 47 1.2. Collocazione delle competenze in materia di Istruzione Professionale nel MAIC ....................................................................................................................................... 49 2. L’Istruzione Professionale per l’agricoltura ................................................................... 51 2.1. Il mercato del lavoro in agricoltura................................................................................ 52 2.2. La regolamentazione dell’Istruzione Professionale agraria ................................. 52 2.3. Le attività formativo-professionali sussidiate dal MAIC ..................................... 60 2.4. Le attività formativo-professionali sussidiate da soggetti locali ....................... 121 3. L’Istruzione Professionale per le miniere ......................................................................... 129 3.1. Il mercato del lavoro di riferimento............................................................................... 129 3.2. Le scuole minerarie.............................................................................................................. 130 4. L’Istruzione Professionale nel settore manifatturiero ................................................ 135 4.1. Il mercato del lavoro di riferimento .............................................................................. 135 4.2. Regolamentazione delle attività formativo-professionali per il settore manifatturiero .................................................................................................................................. 139 4.3. Scuole Professionali per il settore manifatturiero attivate nel decennio 1880- 1889 .......................................................................................................................................... 151 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 3 22/12/22 13:34 4 5. L’Istruzione Professionale nel settore del Commercio e dei Trasporti ............... 317 5.1. Il mercato del lavoro di riferimento .............................................................................. 317 5.2. Scuole professionali per il commercio e per i trasporti operative nel decennio 1880-1889 sussidiate dal MAIC ...................................................................................... 324 6. L’istruzione Professionale femminile .................................................................................. 361 6.1. Le opportunità formative per le donne ........................................................................ 361 6.2. Scuole professionali femminili ....................................................................................... 364 Capitolo II Gli anni 90: La lenta espansione delle scuole professionali commerciali, industriali e femminili. Verso la costruzione di un sistema d’Istruzione Professionale Introduzione. Gli eventi e i fenomeni del decennio ................................................................. 395 1. I governi .............................................................................................................................................. 395 1.1. Alternanza di governi di Destra e di Sinistra ............................................................ 395 1.2. La nascita del Partito Socialista Italiano e la presenza organizzata dei cattolici . 399 2. L’economia e la società ................................................................................................................. 401 3. La popolazione, l’istruzione e le professioni ........................................................................ 402 1. Aspetti istituzionali del sistema d’Istruzione Professionale ..................................... 403 1.1. Collocazione delle competenze in materia di Istruzione Professionale nel Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio (MAIC) ............................. 403 1.2. Tentativi di una legislazione organica .......................................................................... 404 1.3. L’alternativa normativa alla legislazione organica: i Regi Decreti ................... 408 2. L’Istruzione Professionale per l’agricoltura ................................................................... 411 2.1. Le scuole pratiche di agricoltura sussidiate dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio (MAIC) ..................................................................................... 411 2.2. Le cattedre ambulanti ......................................................................................................... 414 3. L’Istruzione Professionale nel settore manifatturiero ................................................ 419 3.1. Scuole professionali per il settore manifatturiero istituite o riordinate nel decennio 1880-1889 ........................................................................................................... 419 4. L’Istruzione Professionale nel settore del Commercio e dei Trasporti ............... 499 4.1. Le scuole superiori di commercio ................................................................................. 499 4.2. Le scuole di commercio .................................................................................................... 500 5. L’Istruzione Professionale femminile ................................................................................. 511 5.1. Scuole Professionali femminili sussidiate dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio (MAIC) ..................................................................................... 511 5.2. Scuole Professionali femminili sussidiate da soggetti locali .............................. 516 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 4 22/12/22 13:34 5 Capitolo III L’Istruzione Professionale nel Regno d’Italia alla fine del XIX° secolo 1. Aspetti quantitativi ...................................................................................................................... 531 1.1. Le scuole ................................................................................................................................. 531 1.2. Gli allievi ................................................................................................................................ 541 1.3. Le risorse finanziarie .......................................................................................................... 544 2. Aspetti organizzativi ................................................................................................................... 549 2.1. L’identità dell’Istruzione Professionale ....................................................................... 549 2.2. Le utenze ................................................................................................................................. 550 2.3. Le offerte formative ............................................................................................................ 551 2.4. La didattica ............................................................................................................................. 553 2.5. I soggetti finanziatori e gestionali ................................................................................. 554 2.6. Il governo e la regolamentazione del settore ............................................................. 557 Allegato - Tavole statistiche: Le scuole professionali operative a fine ‘800 in ciascun Comparto del Regno ...................................................................................................................... 559 Bibliositografia ......................................................................................................................................... 593 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 5 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 6 22/12/22 13:34 7 NOTE TECNICHE a. La classificazione delle attività formativo-professionali Nel primo volume abbiamo ricostruito la storia delle attività formative professionalizzanti in relazione alla natura “giuridica”, pubblica o privata, dei soggetti che le promuovono, le attuano, le governano e le sostengono finanziariamente. In questo volume partiamo dai settori economici di riferimento delle attività formative (e quindi tratterremo l’Istruzione Professionale agricola, l’istruzione professionale manifatturiera, l’istruzione commerciale) o da un tipo di istruzione riservata esclusivamente ad un segmento di utenza (l’Istruzione Professionale femminile). All’interno della istruzione per ciascun settore economico o dell’istruzione femminile provvederemo a fare la distinzione tra scuole sussidiate dal MAIC (Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio) e scuole sussidiate da soggetti locali. Figura n. 1 - Tipologie di scuole professionali a seconda dei soggetti finanziatori NOTE TECNICHE a) La classificazione delle attività formativo-professionali Nel primo volume abbiamo ricostruito la storia delle attività formative professionalizzanti in relazione alla natura “giuridica”, pubblica o privata, dei soggetti che le promuovono le attuano le governano e le sostengono finanziariamente. In questo volume partiamo dai settori economici di riferimento delle attività formative (e quindi tratterremo l’istruzione professionale agricola, l’istruzione professionale manifatturiera, l’istruzione commerciale) o da un tipo di istruzione riservata esclusivamente ad un segmento di utenza (l’istruzione professionale femminile. All’interno della istruzione per ciascun settore economico o dell’istruzione femminile provvederemo a fare la distinzione tra scuole sussidiate dal MAIC e scuole sussidiate da soggetti locali. Figura n. 1 - Tipologie di scuole professionali a seconda dei soggetti finanziatori Nelle prime rientrano quelle scuole “alle quali il Ministero (ndr MAIC) accorda un contributo annuo fisso che è iscritto nel bilancio nominativamente per ciascuna di tali Scuole”1 Si tratta appunto di un contributo annuale che assicura la continuità della scuola nel tempo e al quale vanno aggiunti i contributi finanziari di altri soggetti che operano sul territorio; soggetti pubblici che amministrano un territorio (Provincia, Comune) o soggetti pubblici che svolgono funzioni di interesse generale a livello provinciale (Camera di Commercio)2 o comunale (Congregazione di carità3), e soggetti privati (benefattori singoli o istituzioni benefiche, congregazioni religiose, 1 MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Annuario del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio – Nuova serie – (Decreto Ministeriale 2 ottobre 1902) 1904, Roma, Tipografia nazionale di G. Bertero e C., 1907, Vedi N.B. p. 155. 2 Volume IV, Capitolo 1, paragrafo 2.5, p. 90 3 La legge del 3 agosto 1862, n.753, prima normativa unitaria sull’amministrazione delle Opere Pie, e il relativo SCUOLE SUSSIDIATE DAL MAIC SCUOLE SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI Tra cui quelle GOVERNATIVE Soggetti pubblici Soggetti privati Insieme a - Provincia - Comune - Camera di Commercio - Congregazione di Carità - Benefattori - Congregazioni religiose - Istituzioni benefiche - Banche - …. Nelle prime rientrano quelle scuole “alle quali il Ministero (N.d.R. MAIC) accorda un contributo annuo fisso che è iscritto nel bilancio nominativamente per ciascuna di tali Scuole”1. Si tratta appunto di un contributo annuale che assicura la continuità della scuola nel tempo e al quale vanno aggiunti i contributi finanziari di 1 Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, Annuario del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio – Nuova serie – (Decreto Ministeriale 2 ottobre 1902) 1904, Roma, Tipografia nazionale di G. Bertero e C., 1907, Vedi N.B. p. 155. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 7 22/12/22 13:34 8 altri soggetti che operano sul territorio; soggetti pubblici che amministrano un territorio (Provincia, Comune) o soggetti pubblici che svolgono funzioni di interesse generale a livello provinciale (Camera di Commercio)2 o comunale (Congregazione di carità3), e soggetti privati (benefattori singoli o istituzioni benefiche, congregazioni religiose, banche ….). Quindi si tratta sempre di scuole finanziate da un consorzio. O un consorzio pubblico (MAIC e altre amministrazioni e enti pubblici locali) o un consorzio pubblico-privato (MAIC, soggetti pubblici locali e soggetti privati). All’interno delle scuole sovvenzionate dal MAIC c’è una particolare categoria, che possiamo, convenzionalmente, chiamare scuole governative. Sono quelle: a) istituite con un Regio Decreto; b) governate da un Consiglio direttivo in cui il MAIC è presente con propri delegati; c) con un personale reclutato, normalmente, con concorsi pubblici; d) con programmi didattici preventivamente autorizzati dal MAIC. In questa primo cluster rientrano le Scuole Superiori, alle quali spettano le funzioni di preparare il management di aziende operanti nei diversi settori e/o di formare i docenti per le scuole professionali di grado inferiore. Le Scuole dei soggetti locali, invece, sono quelle promosse, gestite e sussidiate finanziariamente da soggetti pubblici o privati locali, da soli o in Consorzio con altri soggetti pubblici e/o privati. Molte di queste scuole ricevono un contributo anche dal MAIC. Si tratta, però, di un contributo che non è iscritto nominativamente nel Bilancio dello Stato e pertanto, anche se a tante scuole viene elargito per molti anni, mantiene sempre le caratteristiche di un sussidio eventuale ed occasionale, la cui entità, peraltro, può variare ogni anno. Il Consorzio non solo interviene finanziariamente, ma esercita anche le funzioni di governo e di controllo amministrativo. Le Banche intervengono solo con un contributo finanziario senza partecipare alla funzione di governo. Perché abbiamo cambiato il sistema organizzativo della materia oggetto della nostra ricerca storica rispetto al primo volume, introducendo queste due novità? 2 Volume IV, Capitolo 1, paragrafo 2.5, p. 90. 3 La Legge del 3 agosto 1862, n.753, prima normativa unitaria sull’amministrazione delle Opere Pie, e il relativo regolamento attuativo contenuto nel Regio Decreto 27 novembre 1862 n. 1007 istituirono, presso ogni comune del Regno, una Congregazione di carità allo scopo di amministrare i beni destinati a beneficio dei poveri e le opere pie la cui gestione f osse stata affidata dal consiglio comunale. La legge conteneva una disciplina articolata dei vari istituti assistenziali e caritativi, religiosi e laici, che il Regno d’Italia aveva ereditato dagli Stati preunitari. L’art. 1 designava con i termini di “opera pia” o “istituzione di assistenza e beneficenza” un ente morale che aveva come fine quello di “soccorrere le classi meno agiate, (...) di prestare loro assistenza, educarle, istruirle ed avviarle a qualche professione”. Si trattava per lo più di enti che sfuggivano ad una qualificazione giuridica precisa: la loro struttura e la loro attività erano regolate in parte dal diritto comune e in parte dal diritto pubblico e le risorse finanziarie di cui disponevano provenivano sia da rendite di carattere prevalentemente fondiario sia da sussidi pubblici. La Legge del 1862 non modificò sostanzialmente tale situazione, poiché non si propose la creazione di un sistema pubblico di assistenza, preferendo riconoscere le istituzioni già esistenti, principalmente di carattere ecclesiastico e delegando loro le relative funzioni. L’istituzione delle Congregazioni di carità accentuò, invece, la visione “localistica” di questo sistema, che assegnava alle amministrazioni locali un ruolo fondamentale di controllo e di gestione. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 8 22/12/22 13:34 9 Abbiamo scelto di partire dai settori economici perché questo sistema consente di evidenziare meglio le scelte politiche che i governi, nazionali o locali, fanno in determinati periodi. Infatti: un incremento o un decremento delle scuole agricole o di quelle industriali, indica in che direzione i decisori politici si stanno muovendo. Ad esempio: la forte espansione delle scuole agricole negli anni ‘80 e il loro moderato incremento negli anni ‘90 sta ad indicare che la politica, statale e locale, non ha più intenzione di puntare quasi tutto sull’agricoltura, ma comincia a tenere maggiormente in considerazione una politica industriale-manifatturiera. Abbiamo scelto di utilizzare una nuova classificazione delle scuole perché il fenomeno del progressivo impegno nell’Istruzione Professionale da parte del nuovo Stato unitario, con il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, (fenomeno già segnalato nel volume I Cap. II, par. 5.5.6) in questo decennio subisce un’accelerazione consistente, tanto da modificare sensibilmente il quadro dei soggetti che promuovono, sostengono ed attuano attività formativo-professionali. b. Le fonti consultate Le fonti utilizzate per reperire informazioni relative alle istituzioni che hanno realizzato attività di formazione professionale nel ventennio considerato (1880-1899) sono state diverse a seconda del settore economico-lavorativo a cui facevano riferimento. b.1) Per le istituzioni formative del settore agricolo abbiamo consultato soprattutto la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia. Il riferimento prevalente alla Gazzetta è determinato dal fatto che la maggior parte di queste istituzioni avevano la caratteristica delle scuole che abbiamo definito “governative” e per istituire le quali occorreva un Regio Decreto che, come ogni atto ufficiale del governo centrale, veniva pubblicato in Gazzetta. Molto importante è stata anche la consultazione dell’Annuario del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio (1904) di cui forniremo maggiori informazioni nel punto seguente. b.2) Per ricostruire il quadro quanto più esaustivo delle attività d’Istruzione Professionale nel campo manifatturiero e commerciale e delle attività d’Istruzione Professionale femminile abbiamo consultato documenti prodotti dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio relativi ai periodi trattati o comunque vicini ai periodi al decennio considerato: – Annali dell’Industria e del Commercio 1885;4 – Annuario del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Nuova serie - 1904;5 4 Ministero di Agricoltura Industria e Commercio - Divisione Industrie e Commerci, Annali dell’industria e del commercio 1885. Relazione sulle scuole d’arti e mestieri e sull’insegnamento superiore inteso all’incremento dell’industria e del commercio, Roma, Tipografia Eredi Botta, 1885. 5 Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, Annuario del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Nuova serie - (Decreto Ministeriale 2 ottobre 1902) 1904, Roma, Tipografia nazionale di G. Bertero e C., 1907. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 9 22/12/22 13:34 10 – Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia e in alcuni stati esteri, Annuario del 1907.6 Tutte e tre le fonti forniscono una mole importante di dati e di informazioni, ma hanno un limite di fondo: trattano solo le scuole che usufruiscono di un contributo ministeriale. Non ci forniscono notizie sulle numerosissime altre istituzioni formative sussidiate da soggetti locali, pubblici e/o privati. La prima delle tre fonti fa riferimento all’a.s. 1882-1883, la seconda all’a.s. 1902-03, la terza all’a.s. 1905-06. Se la prima ci dà informazioni sulla situazione del decennio 80-89, le altre su una situazione ormai consolidata. Molto differenti le tipologie di informazioni e dati proposti dalle tre fonti, perché progettate e realizzate da Uffici ministeriali diversi per rispondere a bisogni conoscitivi diversi. A) Gli Annali, come peraltro rivela il sottotitolo, sono una relazione specifica “sulle scuole d’arti e mestieri e sull’insegnamento superiore inteso all’incremento dell’industria e del commercio, sono stati redatti dalla Divisione Industrie e Commerci del MAIC. Dopo un resoconto sommario che descrive successi, difficoltà, criticità di ciascuna scuola (classificata nella categoria “con officine” o “senza officine”) presentano un prospetto riassuntivo che specifica le informazioni e illustra i dati riportati. B) L’Annuario, invece, è una pubblicazione, di carattere generale, che offre informazioni sulla struttura organizzativa centrale e periferica del MAIC e sulle strutture e attività che ricadono sotto le competenze del Ministero. Le informazioni che riguardano l’insegnamento agricolo e minerario sono rinvenibili all’interno del capitolo relativo a “Servizi dipendenti dalla Direzione generale dell’Agricoltura”, in cui troviamo informazioni su: Scuole e istituzioni di grado superiore, Regio Istituto forestale di Vallombrosa, Scuole minerarie, Regie Scuole speciali di agricoltura, Regie Scuole pratiche di agricoltura, Scuole ed Istituti liberi di agricoltura, Insegnamenti ambulanti governative, Insegnamenti ambulanti provinciali e circondariali di agricoltura). Le informazioni che riguardano l’insegnamento professionale per attività manifatturiere e commerciali si trovano all’interno del capitolo che tratta “Servizi dipendenti dall’Ispettorato generale dell’Industria e del Commercio”, dove troviamo informazioni su: Regio Museo industriale italiano in Torino, Regia Scuola superiore navale di Genova, Regie Scuole superiori di commercio, Scuole superiori d’arte applicata all’industria, Scuole commerciali, Scuole industriali, Scuole d’arte applicata all’industria e di disegno industriale, Scuole professionali e commerciali femminili. Per tutte le istituzioni formative professionali sopramenzionate, oltre la località e la denominazione sono precisati i nominativi dei rappresentanti dei diversi soggetti 6 Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, Annuario del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Nuova serie - (Decreto Ministeriale 2 ottobre 1902) 1904, Roma, Tipografia nazionale di G. Bertero e C., 1907. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 10 22/12/22 13:34 11 che fanno parte del Comitato amministrativo, del Direttore e degli insegnanti, con la specificazione degli insegnamenti loro attribuiti. È importante, oltre che corretto, avvertire che quando non abbiamo trovato nelle fonti consultate l’elenco degli insegnamenti impartiti dalle scuole, anche quelle istituite anni prima della redazione dell’Annuario, abbiamo fatto riferimento agli insegnamenti menzionati riportati nell’Annuario stesso. In questa maniera siamo riusciti a dare una “fisionomia didattica” delle scuole, anche se, in qualche caso, relativa ad una situazione più matura e più consolidata di quella degli inizi. Tabella n. 1 - Prospetto riassuntivo delle informazioni e dei dati di ciascuna scuola rilevata dal MAIC negli “Annali dell’Industria e del Commercio 1985” Sede e denominazione della scuola Data della fondazione Durata dei corsi Apertura mese e giorno Chiusura mese e giorno Materie insegnate Numero di anni corso di Enti che contribuiscono al mantenimento Stato lire Provincia lire Comune lire Camera Commercio lire Altri enti lire Totale lire Orario delle lezioni Invernale meridiano, pomerid. domenicale Estivo meridiano, pomerid. domenicale Alunni Iscritti per ciascun corso n. per corso diurno n. per corso serale Presenti agli esami n. per corso diurno n. per corso serale Promossi numero Licenziati numero Premi conferiti Libretti numero Medaglie numero Valore lire Osservazioni CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 11 22/12/22 13:34 12 C) Le Notizie è una pubblicazione prodotta dall’Ispettorato Generale dell’Industria e del Commercio del MAIC e, come dice chiaramente il titolo, ha come oggetto specifico un quadro informativo sull’insegnamento industriale e commerciale nel nostro Paese. Le Notizie possono essere distinte in due parti: la prima Relazione al Ministro, contenente considerazioni ed informazioni statistiche e una seconda composta da una scheda “anagrafica” per ogni scuola di tutte le categorie. Nella Relazione al Ministro, nella quale al paragrafo I si tratta La preparazione legislativa sull’insegnamento industriale e commerciale, al paragrafo II l’Attuale ordinamento amministrativo e didattico delle scuole professionali, al paragrafo III le Scuole nuove e scuole riordinate ed ampliate. Nel paragrafo IV, che porta il titolo Notizie statistiche, vengono proposti: - il prospetto delle Somme spese dal Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio per l’insegnamento industriale, commerciale e professionale negli esercizi finanziari dal 1878 al 1905-06 (Cifre rilevate dai Conti consuntivi approvati dal Parlamento). Per gli esercizi finanziari vengono specificate le somme sostenute dallo Stato per: a) le spese fisse delle Scuole d’arti e mestieri, insegnamento superiore, ecc.; b) Concorsi ed incoraggiamenti, collezioni e ispezioni, ecc.; c) Spese straordinarie per Concorsi e sussidi per la fondazione e l’ampliamento di Scuole; - il prospetto riassuntivo Numero delle scuole commerciali, industriali, artistiche industriali e professionali femminili al cui mantenimento concorse il Ministero di agricoltura, industria e commercio negli anni scolastici 1885-86, 1898-99, 1903-04 e 1904-05. – Numero degli alunni iscritti. Questi dati riguardano tutte le categorie di scuole professionali di competenza del MAIC: Regia Scuola superiore navale di Genova, Regie scuole superiori di commercio, Regie scuole medie di commercio, Scuole commerciali di I grado, Regio Museo industriale di Torino, Scuole industriali, Scuole superiori artistiche industriali, Scuole artistiche industriali, Scuole professionali femminili. In allegato alla Relazione, inoltre, la Tavola I per ciascuna scuola di ogni categoria fornisce dati relativi al personale, agli alunni, alle entrate (distinte per ciascun contribuente) e alle spese (distinte per tipologie) per l’a.s. 1904-1905. In una seconda Tavola i dati della prima sono distinti per Provincia, e in una terza Tavola per Compartimenti (Regioni). Nella seconda parte per ciascuna scuola, di tutte le categorie, viene proposta una scheda informativa, che oltre a contenere le informazioni di base (Denominazione, località e riferimenti normativi) fornisce informazioni su: Scopo, Sezioni corsi e loro durata, Materie di insegnamento, Officine e laboratori, Ammissione, Anno scolastico, Orario, Esami, Diploma di licenza, Tasse, Amministrazione e direzione, Nomina del personale, Collocamento degli allievi, Statistica degli alunni per l’a.s. 1904-05, Consiglio direttivo (nomi e deleghe), Personale direttivo ed insegnante (nomi, funzioni o insegnamenti con la specificazione se titolare, incaricato o addetto al laboratorio), Entrate e spese nell’esercizio finanziario 1° gennaio - 31 dicembre 1905. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 12 22/12/22 13:34 13 Normalmente per ciascuna scuola ci limitiamo a ricostruirne sommariamente gli antefatti e gli inizi. Per alcune di loro, operative anche oggi, abbiamo ricostruito le evoluzioni istituzionali in cui sono state coinvolte. c. La terminologia tecnica utilizzata Replichiamo, a questo proposito, quanto affermato nelle note tecniche del volume n. 4. La terminologia che usiamo anche in questo secondo è quella che si trovava nei documenti dell’epoca: Istruzione Professionale, scuola, anno scolastico, materie… Solo in tempi più recenti la Formazione Professionale regionale ha elaborato un proprio lessico, meno dipendente da quello utilizzato per le istituzioni formative del Ministero della Pubblica Istruzione e più in linea con la sua fisionomia: anno formativo, aree disciplinari, Centro di Formazione Professionale...). Utilizzare per il 1880 un lessico messo a punto 100 anni dopo ci sembrava una forzatura storiografica. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 13 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 14 22/12/22 13:34 Capitolo I GLI ANNI 80: LA PRIMA LEGISLAZIONE ORGANICA IN MATERIA AGRICOLA E FORTE SVILUPPO DELLE ATTIVITÀ FORMATIVE IN AGRICOLTURA CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 15 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 16 22/12/22 13:34 17 INTRODUZIONE Gli eventi e i fenomeni del decennio 1. Le politiche della sinistra storica La data del 25 marzo 1876 segna una svolta importante nella storia politica dell’Italia liberale. Quel giorno Agostino Depretis, il maggiore esponente della Sinistra parlamentare, che nella storiografia viene connotata come Sinistra storica, insediò il primo governo del blocco progressista1; blocco che governerà il Paese fino al 6 febbraio 18912. La compagine governativa era formata da uomini della Sinistra tranne i pochi ministri espressi dal Sovrano, tra i quali spiccavano Giuseppe Zanardelli3 al Ministero dei Lavori Pubblici, Giovanni Nicotera4 agli Interni, Michele Cop- 1 Vedi volume IV, Cap. II, par. 2. 2 Governo Depretis I (25 marzo 1876 - 25 dicembre 1877), Governo Depretis II (26 dicembre 1877 - 24 marzo 1878), Governo Cairoli I (24 marzo 1878 - 19 dicembre 1878), Governo Depretis III (19 dicembre 1878 - 14 luglio 1879), Governo Cairoli II (14 luglio 1879 - 25 novembre 1879), Governo Cairoli III (25 novembre 1879 - 29 maggio 1881), Governo Depretis IV (29 maggio 1881 - 25 maggio 1883), Governo Depretis V (25 maggio 1883 - 30 marzo 1884), Governo Depretis VI (30 marzo 1884 - 29 giugno 1885), Governo Depretis VII (29 giugno 1885 - 4 aprile 1887), Governo Depretis VIII (4 aprile 1887 - 29 luglio 1887), Governo Crispi I (29 luglio 1887 - 9 marzo 1889), Governo Crispi II (9 marzo 1889 - 6 febbraio 1891). 3 Giuseppe Zanardelli (1826-1903). Primo di quindici figli, da una famiglia borghese di modeste condizioni economiche, lasciò gli studi di giurisprudenza a Pavia per partecipare ai Moti del 1848 in Lombardia e alle Dieci giornate di Brescia del 1849. Dopo il fallimento della rivoluzione, andò esule in Toscana (dove terminò gli studi a Pisa) e in Svizzera, per poi tornare nel 1859 durante la Seconda guerra d’indipendenza italiana. Fu ininterrottamente eletto alla Camera dei deputati del Regno d’Italia dal 1860 fino alla morte, militando tra le file della Sinistra storica; dopo che nel 1876 questa formazione politica prese il potere, Zanardelli ricoprì vari incarichi ministeriali in numerosi governi. Ostile al trasformismo di Agostino Depretis, formò insieme ad altri esponenti democratici (Francesco Crispi, Giovanni Nicotera, Alfredo Baccarini e Benedetto Cairoli) una corrente interna d’opposizione detta Pentarchia. Ministro della Giustizia nel governo Crispi, fu autore del nuovo Codice penale, rimasto in vigore fino al 1931 e precursore per l’epoca, in quanto aboliva la pena di morte. Allontanatosi da Crispi per la sua politica africana, divenne Presidente della Camera e poi Ministro guardasigilli nel governo di Rudinì, dimettendosi dopo la repressione dei Moti di Milano nel 1898. La sua Presidenza del Consiglio, durata dal 1901 al 1903, con Giovanni Giolitti agli Interni, segnò l’inizio e la preparazione della successiva età giolittiana. 4 Giovanni Nicòtera (1828-1894). Aderì alla Giovine Italia di Giuseppe Mazzini; combatté a Napoli il 15 maggio 1848 e quindi insieme a Garibaldi durante la Repubblica Romana nel 1849. Dopo la caduta di Roma si rifugiò in Piemonte, dove organizzò la fallita spedizione di Sapri con Carlo Pisacane nel 1857. Gravemente ferito e arrestato fu portato in catene a Salerno, dove venne processato e condannato a morte. La pena fu tramutata in ergastolo. Prigioniero a Favignana, fu liberato nel 1860 da Garibaldi. Inviato per conto di questi in Toscana, formò un corpo di volontari per tentare di invadere lo Stato Pontificio e puntare verso sud, prendendo l’esercito borbonico in una manovra cosiddetta a tena- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 17 22/12/22 13:34 18 pino5 all’Istruzione e l’ingegnere navale Benedetto Brin6 alla Marina. Depretis tenne per sé il Ministero delle Finanze. Espressione del variegato mondo della sinistra liberale e delle nuove istanze presenti nella società italiana, il ministero Depretis rappresentava la piccola e media borghesia artigiana e industriale che incominciava ad esigere una certa visibilità politica, richiesta a gran voce anche dalla componente meridionale fino ad allora rimasta, in gran parte, emarginata (se non proprio del tutto esclusa) dalle leve del potere a causa della scelta di campo della Destra settentrionalista. Il nuovo governo si propose di avviare un programma di riforme che aveva come punti qualificanti la necessità di estendere il suffragio elettorale ritenuto, oramai, da molti, un passo fondamentale per garantire al Paese una crescita politica e civile. Nel programma rientrava anche la riforma dell’istruzione elementare, che doveva essere pubblica, gratuita e obbligatoria. La riforma della scuola era ritenuta urgente e necessaria in quanto passo obbligato per diminuire la soglia di analfabetismo allora assai diffuso tra i sudditi del Regno oltre ad essere ritenuta propedeutica all’auspicato glia. Lui dal Nord e Garibaldi dal Sud. Tuttavia, fu costretto al disarmo e allo scioglimento da Ricasoli e Cavour. Nel 1862 fu al fianco di Garibaldi sull’Aspromonte e quindi, nel 1866, comandò il 6º reggimento volontari nella Terza guerra d’indipendenza contro l’Austria. L’anno seguente entrò in territorio pontificio da Sud, ma la sconfitta di Garibaldi a Mentana pose fine all’operazione. Fin dal 1860 aveva anche intrapreso un’attività politica e per un decennio fu su posizioni di estrema opposizione. Con l’arrivo al governo della Sinistra storica divenne Ministro dell’Interno nel primo governo Depretis, incarico che esercitò con particolare fermezza. Fu costretto alle dimissioni nel dicembre 1878. Formò quindi la “pentarchia” con Crispi, Cairoli, Zanardelli e Baccarini, in opposizione a Depretis. Tornò al governo, sempre come Ministro dell’Interno, nel 1891, con il primo governo di Rudinì. Durante questo incarico reintrodusse la circoscrizione uninominale, si oppose alle agitazioni socialiste e propose, invano, l’adozione di severe misure repressive contro le banconote false stampate dalla Banca Romana. La sua permanenza al governo terminò con la caduta di Rudinì nel maggio 1892. Iscritto alla massoneria, nella quale ricoprì incarichi importanti. 5 Vedi Volume IV, nota 50, p. 305. 6 Benedetto Brin (1833-1898). Laureatosi in ingegneria non ancora ventenne, nel 1853 entrò nella marina sarda. Venne inviato per un biennio a Parigi a perfezionare gli studi presso l’École d’application du génie maritime. Tornato a Genova, dal 1863 cominciò a collaborare con il Ministero della Marina come consulente per le costruzioni navali. Nel marzo 1876 fu nominato da Depretis Ministro della Marina, carica che ricoprì fino al dicembre 1878 (salvo un breve intervallo dal marzo all’ottobre); fu ancora Ministro della Marina nei gabinetti Depretis e Crispi dal marzo 1884 al febbraio 1891 e di nuovo nel marzo 1896 nel gabinetto Rudinì. Fu anche ministro degli Esteri nel primo governo Giolitti. Nei suoi undici anni di partecipazione al governo, Brin intraprese numerose iniziative: fondò l’Accademia navale di Livorno unificando le due scuole di marina esistenti a Genova e a Napoli; sostenne la Scuola superiore navale di Genova per la formazione degli ingegneri navali; provvide per la sistemazione a La Spezia di una vasca per esperienze di idrodinamica navale; favorì la marina mercantile istituendo premi per le costruzioni navali fatte in Italia. Sotto i suoi auspici furono fondate le Acciaierie di Terni per la fabbricazione delle corazze, lo stabilimento Armstrong di Pozzuoli per quella delle artiglierie e il silurificio di Venezia, inoltre, gli stabilimenti meccanici Ansaldo di Sampierdarena e Guppy di Napoli strinsero accordi, con i costruttori inglesi di macchine marine, per valersi della loro esperienza a vantaggio dell’industria nazionale. Si devono alla sua attività anche il rinnovamento della marina militare italiana e la creazione delle prime grandi corazzate moderne (Duilio e Dandolo). Progettista dei primi incrociatori da battaglia (Italia e Lepanto), Brin portò la flotta italiana al terzo posto fra le marine mondiali. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 18 22/12/22 13:34 19 allargamento del suffragio elettorale. L’introduzione di sgravi fiscali, con particolare riguardo alla tassa sul macinato che opprimeva le classi popolari e un moderato decentramento amministrativo da attuare sulla falsariga di quello proposto da Marco Minghetti nel 1861, completavano il programma della sinistra di governo. Nel 1877 venne approvata la tanto auspicata legge di riforma della scuola elementare, che avremmo modo di esaminare nel paragrafo successivo (Legge n. 3961 del 15 luglio 1877). Seguì, ma solo nel 1882, con il quarto governo Depretis, l’emanazione della nuova legge elettorale (L. Zanardelli). La norma estendeva il diritto di voto agli uomini, di almeno 21 anni, che sapessero leggere e scrivere o, in alternativa, che avessero versato almeno 20 lire di imposte annue. Con questa riforma il corpo elettorale salì al 6,9% della popolazione italiana, rispetto al 2,2% del 1880. Rimasero sulla carta (ancora una volta) il decentramento amministrativo e i tanto attesi sgravi fiscali anche se, in verità va detto, che la “tassa sul macinato” venne ridotta nel 1882 e totalmente abolita nel 1884. Il passaggio del governo nazionale dalla Destra alla Sinistra rappresentò una svolta anche nella gestione della finanza pubblica. La Sinistra si mostrò meno rigorosa nella politica di bilancio e meno capace di resistere alle molteplici sollecitazioni di interessi particolaristici. La Sinistra rappresentava un coacervo eterogeneo di professionisti, borghesi, industriali e, per tenere unita questa compagine così diversa, Depretis non esitò a cedere alle richieste dei deputati e dei notabili dei vari collegi. L’appoggio al governo era spesso subordinato alla costruzione di opere pubbliche, indipendentemente dalla utilità che potevano comportare ai territori dove venivano realizzate. In questa maniera il trasformismo, di cui abbiamo già detto nel volume IV, si coniuga con il clientelismo. Questo modo di gestire i conti pubblici, che implicava una costante espansione della spesa pubblica e che Giovanni Nicotera Michele Coppino Giuseppe Zanardelli Benedetto Brin CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 19 22/12/22 13:34 20 dal 1885 produce un aumento del deficit, venne definito dall’opposizione “finanza allegra”. La politica estera della Sinistra storica si caratterizza per il cambio di alleanze in Europa e per l’inizio di una politica coloniale in Africa. Nel 1881 L’Italia abbandona la tradizionale alleanza con la Francia. Il casus belli fu l’occupazione da parte di Parigi di Tunisi, territorio in cui il nostro Paese aveva forti interessi economici. Depretis, da poco di nuovo al governo, dimenticando la storica inimicizia con l’Austria, accettò la proposta del cancelliere tedesco Bismark di un’alleanza con l’impero austroungarico e la Germania, nota come Triplice Alleanza. Inoltre, in questi anni, l’Italia decide di avviare una politica coloniale per poter avere lo sbocco sul Mediterraneo per le vie commerciali. Crispi tenta questa impresa acquistando prima la baia di Assab sul mar Rosso da una compagnia genovese, per poi spingersi all’interno occupando prima l’Eritrea e poi tentando di annettersi l’Etiopia (stato sovrano) tramite il Trattato di Uccialli del 2 maggio 1889.7 Tratteremo della politica economica della Sinistra storica nel par. 3 2. La popolazione Secondo il censimento del 18818, gli abitanti dei 16 Compartimenti (le attuali Regioni) delle 69 Provincie, dei 284 Circondari o Distretti e dei 8.259 comuni del 7 Questo trattato era scritto sia in italiano che in amarico: il primo documento diceva che l’Etiopia diventava regione italiana e delegava l’Italia per tutti gli affari di politica estera, mentre il secondo affermava che l’Etiopia rimaneva stato sovrano ed era facoltativo servirsi dell’Italia per questioni internazionali. La discrepanza di interpretazione divenne palese nell’agosto del 1890, quando il negus allacciò relazioni diplomatiche con l’Impero russo e con la Francia in maniera autonoma e senza darne preavviso all’Italia; alle proteste del governo italiano Menelik replicò chiedendo una revisione del trattato prima dei tempi stabiliti, richiesta respinta dagli italiani. Le controversie sul trattato di Uccialli furono una delle cause della successiva Guerra di Abissinia tra l’Italia e l’Etiopia, conclusasi con una netta sconfitta italiana ad Adua. Il successivo trattato di pace di Addis Abeba del 1896 abrogò definitivamente il trattato di Uccialli. Vedi Del Boca A., Gli italiani in Africa orientale, Vol.1, Mondadori, Milano, 1992, pp. 343-357. 8 Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Direzione della statistica generale, Censimento della popolazione del Regno d’Italia (31 dicembre 1881), tipografia Fratelli Centenari, 1882, Volume Primo, p. 172. Il Censimento del 1871 aveva evidenziato grandi problemi di affidabilità. La rilevazione e lo spoglio, la sistemazione e i riepiloghi dei dati erano compiti degli uffici comunali. I Comuni, poi, trasmettevano le loro sistemazioni alle Prefetture, le quali a loro volta provvedevano a riepilogarle in tabelle che venivano poi inviate alla Direzione di statistica. Con tanti parzialmente inidonei CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 20 22/12/22 13:34 21 Regno ammontavano a 28.459.451, i residenti9 a 28.951.374. Rispetto alle rilevazioni del decennio precedente la popolazione è aumentata di 6,1 punti percentuali. Grafico n. 1 - Popolazione per classi di età (1881) 20 18,7 18 16 14 13,4 12 10 9,3 8,6 8 7,4 7,2 6,2 6,3 6 4,8 5,1 3,8 3,8 4 2 1,7 0,7 1,3 0,4 0,01 0 1-8 9-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-45 45-49 50-54 55-59 64-69 70-74 75-79 80-84 oltre ignota anni a. a. a. a. a. a. a. a. a. a. a. a. a. a. 85 a Provincie, dei 284 Circondari o Distretti e dei 8.259 comuni del Regno ammontavano a 28.459.451, i residenti15 a 28.951.374. Rispetto alle rilevazioni del decennio precedente la popolazione è aumentata di 6,1 punti percentuali. Grafico n. 1 - Popolazione per classi di età (1881) È una popolazione abbastanza giovane (Grafico n. 1): quasi il 40% (38,7%) ha meno di 30 anni. Le classi che vanno dai 9 ai 14 anni rappresentano il 13,4% della popolazione; mentre quasi un italiano su 4 (25,3%) ha un’età compresa tra i 15 e i 29 anni16. È una nazione in cui la famiglia è asse portante di tutta la struttura sociale: il 63,4% della popolazione oltre i 15 anni è sposata (53,6%) o lo è stato (vedovi 9,8%). Se consideriamo la popolazione da 20 anni in su i coniugati e vedovi sono il 77,6%; da 30 anni in poi il valore percentuale dei coniugati-vedovi sale a 86. Per comprendere quanto il matrimonio fosse in questo periodo una prospettiva generalmente accettata e realizzata rispetto alla nostra epoca, si consideri che, nel 2018, nella classe di età 15-64 anni, coniugati e celibi si attestano rispettivamente (solo) sul 49,0% e 47,7% della popolazione totale.17 riepiloghi dei dati erano compiti degli uffici comunali. I Comuni, poi, trasmettevano le loro sistemazioni alle prefetture, le quali a loro volta provvedevano a riepilogarle in tabelle che venivano poi inviate alla Direzione di statistica. Con tanti parzialmente inidonei protagonisti - a partire dalle migliaia di comuni - i risultati finali per l’intero Regno erano in qualche misura lacunosi e incerti. La soluzione individuata dopo l’esperienza del censimento del 1871, e posta in atto con molta determinazione negli anni successivi, era, radicalmente centralista: tutte le operazioni di spoglio, di verifica e di elaborazione dei dati dovevano essere effettuate dall’Ufficio di statistica in Roma. Tra il 1882 e il 1887 veniva finalmente data definizione legislativa agli obiettivi di centralizzazione. Sebbene il potenziamento dei compiti e delle attribuzioni della Direzione fosse minato da impressionanti carenze strutturali, in quel periodo la statistica italiana fu all’avanguardia rispetto agli altri paesi europei. Soltanto più di 120 anni dopo, nel 1989, fu attuata una riforma radicale dell’Istat, che tornò ad essere decentrato con funzioni di raccolta e anche di elaborazione dei dati affidate a ministeri, regioni, province e comuni oltre che ad altri «produttori» di statistiche. L’Istat cambiò conseguentemente nome e da Istituto centrale di statistica prese il nome attuale di Istituto nazionale di Statistica. 15 Il Censimento dell’81 adotta, rispetto a quelli precedenti, il metodo di rilevazione della popolazione residente, ne fanno parte i presenti con dimora abituale e gli assenti temporanei. 16 MAIC, Censimento della popolazione del Regno d’Italia …, op. cit. Volume II p. 17 ISTAT, Statistiche report 6 settembre 2018. È una popolazione abbastanza giovane (Grafico n. 1): quasi il 40% (38,7%) ha meno di 30 anni. Le classi che vanno dai 9 ai 14 anni rappresentano il 13,4% della popolazione; mentre quasi un italiano su 4 (25,3%) ha un’età compresa tra i 15 e i 29 anni10. È una nazione in cui la famiglia è asse portante di tutta la struttura sociale: il 63,4% della popolazione oltre i 15 anni è sposata (53,6%) o lo è stato (vedovi 9,8%). Se consideriamo la popolazione da 20 anni in su i coniugati e vedovi sono il 77,6%; da 30 anni in poi il valore percentuale dei coniugati-vedovi sale a 86. Per comprendere quanto il matrimonio fosse in questo periodo una prospettiva generalmente accettata e realizzata rispetto alla nostra epoca, si consideri che, nel protagonisti - a partire dalle migliaia di comuni - i risultati finali per l’intero Regno erano in qualche misura lacunosi e incerti. La soluzione individuata dopo l’esperienza del censimento del 1871, posta in atto con molta determinazione negli anni successivi, era, radicalmente centralista: tutte le operazioni di spoglio, di verifica e di elaborazione dei dati dovevano essere effettuate dall’Ufficio di statistica a Roma. Tra il 1882 e il 1887 veniva finalmente data definizione legislativa agli obiettivi di centralizzazione. Sebbene il potenziamento dei compiti e delle attribuzioni della Direzione fosse minato da impressionanti carenze strutturali, in quel periodo la statistica italiana fu all’avanguardia rispetto agli altri paesi europei. Soltanto più di 120 anni dopo, nel 1989, fu attuata una riforma radicale dell’ISTAT, che tornò ad essere decentrato con funzioni di raccolta e anche di elaborazione dei dati affidate a Ministeri, Regioni, Province e Comuni oltre che ad altri «produttori» di statistiche. L’ISTAT cambiò conseguentemente nome e da Istituto centrale di statistica prese il nome attuale di Istituto nazionale di Statistica. 9 Il Censimento dell’81 adotta, rispetto a quelli precedenti, il metodo di rilevazione della popolazione residente, ne fanno parte i presenti con dimora abituale e gli assenti temporanei. 10 Maic, Censimento della popolazione del Regno d’Italia …, op. cit. Volume II. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 21 22/12/22 13:34 22 2018, nella classe di età 15-64 anni, coniugati e celibi si attestano rispettivamente (solo) sul 49,0% e 47,7% della popolazione totale.11 3. L’analfabetismo, l’istruzione elementare e l’obbligo d’istruzione Secondo i dati del Censimento del 1881 la popolazione italiana si caratterizza per alti livelli di analfabetismo. Nel quarto volume (Cap. II, par. 6.1) abbiamo già trattato l’argomento utilizzando i dati della Relazione Generale del Censimento, evidenziandone, però, le criticità, che ne minavano seriamente l’attendibilità. Criticità peraltro riconosciute anche dalla Relazione stessa, quando afferma: «[…] nelle cifre surriferite sono compresi anche i lattanti e gli altri bambini che per ragioni di età non possono ancora aver frequentato la scuola». In questo paragrafo utilizziamo, più correttamente, i dati censimentali depurati dalle classi di età fino ai 6 anni; anno in cui, per la legge Coppino del ‘77, inizia l’obbligo d’istruzione. Con questo correttivo il fenomeno dell’analfabetismo complessivamente si attesta sul 71,8%. (Tabella n. 2) Sono analfabeti molto più della metà dei maschi (64,4%) e più di 3 donne su 4 (79,2%). Tabella n. 2 - Istruzione della popolazione (maschi e femmine) residente in V.A. (valori assoluti) e in V% (valori relativi, dove 100 è la popolazione oltre i 7 anni) ISTRUZIONE Sanno leggere soltanto Sanno scrivere soltanto Analfabeti Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine V.A. 163.182 407.417 5.370.709 3.329.142 7.630.091 9.401.443 V% 1,4 2,9 45,3 28,1 64,4 79,2 Nell’economia del nostro lavoro è importante anche soffermarci sul sistema della scuola primaria elementare. Non solo per avere notizie di carattere generale sulla scena in cui si collocano le vicende della formazione professionale che stiamo riscostruendo, ma anche per avere la consapevolezza di quali fossero le basi di cultura generale su cui si innestavano i processi di formazione professionale. Come avremo modo, infatti, di constatare in seguito, per poter frequentare percorsi di Formazione Professionale viene richiesta la frequenza ad alcune classi delle elementari o, in alternativa, sostenere prove d’ingresso che verifichino il possesso delle conoscenze proprie della classe elementare richiesta. 11 Istat, Statistiche report 6 settembre 2018. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 22 22/12/22 13:34 23 Il sistema statistico italiano del MAIC in un documento relativo alla Statistica dell’istruzione elementare pubblica per l’anno 188512 fa una distinzione tra scuole elementari regolari e irregolari. Le prime sono quelle “ordinate e sorvegliate a norma di legge”. Le seconde, invece, sono: «[…] quelle altre scuole facoltative mantenute dai Municipi in piccole borgate o frazione, nelle quali non è obbligatoria la scuola. Tali scuole non hanno i caratteri delle scuole elementari vere e proprie, poiché durano soltanto qualche mese dell’anno e sono rette da parroci o da altre persone non fornite di titoli legali, pagate dai Comuni con tenuissime rimunerazioni. L’insegnamento vi è limitato ai primi rudimenti del leggere e dello scrivere, e così le iscrizioni come la durata non vi hanno norme fisse. Per molte di codeste scuole, nelle statistiche precedenti si davano le notizie insieme a quelle delle scuole regolarmente ordinate e sorvegliate, ingrandendone così il numero; molte altre sfuggivano alla statistica. Gli alunni che frequentano siffatte scuole sono abbastanza numerosi, principalmente dove la popolazione è molto disseminata in piccoli centri; e l’insegnamento che in esse si impartisce, quantunque non raggiunga quello prescritto pel corso inferiore, contribuisce però a diminuire l’ignoranza fra le popolazioni rurali». Le statistiche fanno anche un’altra distinzione: classi preparatorie e classi del corso inferiore. «La legge prescrive che i fanciulli non possano essere ricevuti nelle scuole elementari prima di aver raggiunto il 6° anno di età. Pertanto, non essendo ancora abbastanza diffusi gli asili d’infanzia, si rende sovente necessario di ricevere nella scuola elementare anche fanciulli al disotto del 6° anno. Questi vengono per lo più iscritti in una classe o seziono preparatoria, che generalmente è unita alla sezione inferiore della 1a classe, ma talvolta ha un apposito insegnante». Poste queste premesse esplicative il Documento presenta i dati: nell’anno scolastico 1884-85 si contavano nel Regno 42.894 “scuole” (equivalenti a “classi”) elementari regolari e 2606 irregolari (Tabella 3). In poco più di 20 anni quelle pubbliche sono raddoppiate e comunque dall’unificazione l’incremento è stato costante (Grafico 2). L’aumento delle classi, naturalmente, corrisponde ad un aumento dell’utenza (Grafico 3). 12 Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Direzione della statistica generale, Statistica dell’istruzione elementare pubblica per l’anno 1885, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 30 Dicembre 1887 n. 307, pp. 7214-7224. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 23 22/12/22 13:34 24 Tabella n. 3 - Numero delle classi e degli allievi nelle diverse tipologie delle elementari (anno scolastico 1884-85) TIPOLOGIA SCUOLE N. CLASSI N. ALLIEVI Maschi Femmine Totale Scuole regolari Preparatorie 608 23.272 21.931 45.203 Inferiori 37.339 967.287 822.979 1.790.266 Superiori 4.947 77.996 41.799 119.795 Totale 42.894 1.068.555 886.709 1.955.264 Scuole irregolari 2606 44.306 32.258 76.564 Totale 44.726 1.118.871 918.967 2.031.828 Fonte: MAIC-Direzione statistica generale Gli alunni complessivamente (scuole regolari e irregolari) ammontano a 2.031.828 unità; di questi il 2,3% sono quelli che frequentano le scuole preparatorie, il 90,8% sono nel biennio delle scuole inferiori e solo il 6% nel biennio delle superiori. Gli alunni delle irregolari costituiscono lo 0,8% dell’universo dei bambini iscritti alle elementari. Grafico n. 2 – Scuole (classi) regolari dall’a.s. 1861-62 all’a.s. 1884-85 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 24 22/12/22 13:34 25 Grafico n. 3 – Alunni delle scuole (classi) regolari dall’a.s. 1861-62 all’a.s. 1884-85 Confrontando gli iscritti al corso inferiore (1.790.266) con la popolazione totale del Regno (28.459.628) si ha il rapporto di 6,29 iscritti per ogni 100 abitanti; se si aggiungono quelli delle classi preparatorie il rapporto sale al 6,44%. Confrontando il numero degli iscritti sia al corso inferiore - comprese le classi preparatorie - sia al corso superiore (pari a 1.955.264) con la popolazione da 6 a 12 anni (3.440.007) si ha il rapporto di 56,84%. Cioè su 100 ragazzi compresi in questo arco di anni solo 56,84 sono in aula. Naturalmente questa è la media nazionale. Molto diversa la situazione tra i Compartimenti (leggi Regioni): in Piemonte i ragazzi che in questi anni non sono a scuola sono circa 13, in Sicilia e in Calabria sono più di 68! (Grafico 4) Grafico n. 4 - Media per Compartimenti degli iscritti alle scuole elementari regolari in rapporto al numero di abitanti dai 6 ai 12 anni CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 25 22/12/22 13:34 26 Ricordiamo che la Legge Coppino,13 rendeva obbligatoria la frequenza non a tutte le classi della scuola elementare ma solo al corso inferiore: tre anni scolastici dai sei ai nove anni di età, e se non venivano superati gli esami di fine ciclo l’obbligo veniva prolungato fino a 10 anni. L’art. 1 della legge prescriveva: «I fanciulli e le fanciulle che abbiano compiuta l’età di sei anni, […], dovranno essere inviati alla scuola elementare del comune»; l’art. 2: «L’obbligo…rimane limitato al corso elementare inferiore, il quale dura di regola fino ai nove anni[…]. Può cessare anche prima se il fanciullo sostenga con buon esito sulle predette materie un esperimento. Se l’esperimento fallisce è protratto fino ai dieci anni compiuti». La legge introduce per la prima volta delle sanzioni ai genitori che non ottemperavano all’obbligo o inviando i figli alla scuola pubblica o alla scuola privata o con l’insegnamento in famiglia. Sanzioni pecuniarie, ma anche d’altra natura: la non concessione del porto d’armi e di sussidi e la sospensione degli stipendi per i dipendenti pubblici dei Comuni, delle Provincie e dello Stato. Tabella n. 4 - Iscritti alle scuole elementari, regolari e irregolari, nei Compartimenti (a.s. 1884-85) COMPARTIMENTI ALLIEVI TIPOLOGIA DI SCUOLA Irregolare Preparatoria Inferiore Superiore Totale Piemonte 45.471 10.268 306.168 17.831 435.468 Liguria 2.498 412 69.703 7.687 80.300 Lombardia 6.646 4.105 356.851 17.466 395.819 Veneto 6.902 4.049 249.741 11.635 283.278 Emilia 2.483 4.040 143.654 9.918 166.618 Umbria 1.081 429 28.489 2.178 33.687 Marche 2.245 3.077 37.711 3.729 52.84 Toscana 4.813 2.617 100.370 6.497 121.787 Roma 455 6.716 42.443 5.181 61.966 Abruzzo Molise 2.464 811 64.858 2.649 74.057 Campania 1.478 5.760 124.935 7.947 147.359 Puglie 124 1.847 57.885 5.832 67.659 Basilicata 15 1.128 18.636 1.952 22.874 Calabrie 822 202 47.781 2.410 52.239 Sicilia 298 1.505 101.803 14.107 119.516 Sardegna 234 470 35.488 2.776 39.672 REGNO 76.564 45.203 1.790.266 119.795 2.031.828 13 Volume IV, Cap. II, par. 6,2. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 26 22/12/22 13:34 27 Chi e come accertava l’evasione? I Comuni confrontavano gli elenchi dei bambini in età d’obbligo con quelli iscritti alle scuole pubbliche. I genitori dei bambini non iscritti dovevano giustificare l’assenza “coll’istruzione procacciata diversamente” all’ufficio municipale. In mancanza di motivazioni la non iscrizione e le assenze prolungate davano luogo alle sanzioni. Possiamo assumere il metodo utilizzato dai Comuni per fare emergere gli inadempienti all’obbligo (confronto elenco iscritti con elenco anagrafico) anche per stimare l’evasione nel periodo considerato. Per l’anagrafica utilizziamo i dati del censimento del 1881 e per la iscrizione a scuola quelli della Statistica dell’istruzione elementare pubblica per l’anno 1885. Parliamo di stima perché le due fonti non sono sincrone in quanto rilevano situazioni di anni diversi, il 1881 la prima e l’anno scolastico 1884-85 la seconda. Confrontando il numero degli iscritti nel corso inferiore della scuola pubblica (1.790.266) alla popolazione da 6 a 10 anni, censita nel 1881 (2.348,100) si ha il rapporto di 76,2%; maggiore la frequenza dei maschi, pari a 80% delle classi di età 6-10 anni (1.594.513) mentre le femmine fanno registrare un 71,3% (di 1.153.567). In altri termini si verifica un’evasione complessiva dall’obbligo scolastico di 23,8% pari quasi a 450.000 bambini. Facciamo notare che la situazione non è poi così drammatica se consideriamo che la Legge Coppino (luglio del ‘77) è in vigore da appena 7 anni. Non è drammatica se facciamo riferimento alla media nazionale, ma i dati relativi ai Compartimenti (Regioni) fanno emergere una realtà meno rassicurante (Tabella 5 e Grafico 5). Infatti, il Meridione e l’Italia insulare ci consegnano delle percentuali ben diverse. Solo in Sardegna e in Abruzzo Molise i bambini che frequentano il ciclo inferiore (rispettivamente 36.590 e 64.858) superano il 60% di quanti dovrebbero essere in aula per l’assolvimento dell’obbligo (59.212 e 106.648). In Campania sono poco più della metà (124.935, pari al 53,4% di 233.771). Tutte le altre regioni meridionali fanno registrare un’evasione dell’obbligo scolastico oltre il 55%. Si tenga presenta che i dati riportati fanno riferimento solo alla scuola pubblica. Se aggiungiamo anche quelli della scuola “irregolare” guadagniamo qualche decimale in più. La sostanza, tuttavia, rimane quella. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 27 22/12/22 13:34 28 Tabella n. 5 - Bambini in età dell’obbligo scolastico e bambini iscritti nella scuola pubblica per compartimento (a.s. 1884-85)14 REGIONE Bambini 9-10 anni Iscritti ciclo inferiore REGIONE Bambini 9-10 anni Iscritti ciclo inferiore Piemonte 261.363 306.168 Roma 64.984 42.443 Liguria 72.431 69.703 Abruzzo Molise 106.648 64.858 Lombardia 300.292 356.851 Campania 233.771 124.935 Veneto 242.006 249.741 Puglie 134.271 57.885 Emila 172.594 143.654 Basilicata 43.538 18.636 Umbria 44.421 28.489 Calabrie 107.854 47.781 Marche 68.280 37.711 Sicilia 257.944 103.606 Toscana 178.481 100.370 Sardegna 59.212 36.192 Grafico n. 5 - Bambini in età dell’obbligo scolastico e bambini iscritti nella scuola pubblica nell’Italia meridionale e insulare (a.s. 1884-85; valori %) 14 Come si può notare dalla tabella i dati relativi a Piemonte, Lombardia e Veneto presentano delle incongruenze, in quanto il numero degli iscritti al ciclo dell’obbligo è superiore a quello dei bambini in età dell’obbligo (6-10). Naturalmente i valori sono stati riscontrati nelle fonti bibliografiche consultate e precedentemente citate. Veneto, Censimento 1881, p. 570 op. cit.: da 6 a 7 anni 67.243, da 7 a 8 anni 56.303, da 8 a 9 anni 58.828, da 9 a 10 anni 59.632. Tot. 242.006; Statistica Istruzione Elementare, op. cit., p. 2733: iscritti alle classi del corso inferiore obbligatorio 249.741. Lombardia, Censimento 1881, p. 569 op. cit.: da 6 a 7 anni 84.402, da 72.733, da 8 a 9 anni 71.111, da 9 a 10 anni 72.046 per un Tot. di 300.292; Statistica Istruzione Elementare, op. cit., p. 2733: iscritti alle classi del corso inferiore obbligatorio 356.851. Piemonte, Censimento 1881, p. 567 op. cit.: da 6 a 7 anni 52.779, da 7 a 8 anni 64.509, da 8 a 9 anni 62.597, da 9 a 10 anni 61.658 per un Tot. di 261.363; Statistica Istruzione Elementare, op. cit., p. 2733: iscritti alle classi del corso inferiore obbligatorio 306.168. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 28 22/12/22 13:34 29 4. La scuola statale disegnata dai massoni in alternativa all’istruzione delle istituzioni cattoliche Con la Legge Coppino si accelera nel nostro Paese quel processo che nella prima metà del secolo XIX si era manifestato nella maggior parte degli Stati occidentali un crescente interesse per l’alfabetizzazione e la scolarizzazione del popolo, mediante disposizioni legislative dirette a riordinare e generalizzare la scuola di base15, gestita o controllata dallo Stato. Parliamo soprattutto di un controllo culturale. L’estensione a tutto il territorio nazionale degli stessi programmi e dei medesimi orientamenti mediati dagli stessi libri di testo determinano un cambiamento della cultura popolare italiana. Condurre sui banchi di scuola milioni di fanciulli (e indirettamente le loro famiglie) posti in condizione di particolare ricettività non poteva rimanere senza conseguenze: i modelli di pensiero e di comportamento trasmessi dalla scuola diventano comunque un valore la cui sfera di influenza andava oltre coloro che ne erano direttamente toccati. Non era questo il disegno della classe dirigente post-risorgimentale? Dopo aver fatto l’Italia si puntava a fare gli italiani. Anche e in modo particolare attraverso una nuova istruzione. Si noti bene che non ci troviamo di fronte ad una delle tante riforme del nostro sistema d’istruzione, ma ad un fenomeno epocale: la nascita di un sistema d’istruzione statale progettato e costruito per rompere definitivamente il monopolio dell’istruzione, appannaggio, per tanti secoli delle istituzioni della Chiesa. Attenzione: non solo si rompe il monopolio delle istituzioni ecclesiastiche soppiattandole con istituzioni pubbliche. Non è un’operazione di sostituzione, ma di ostilità. Quindi non solo al posto della Chiesa, ma anche contro la Chiesa. Operazione resa possibile grazie alla presenza massiccia nei posti di responsabilità, a livello nazionale e locale, di politici e funzionari massoni. Si faccia caso quando, in nota, ricostruiamo la biografia dei personaggi pubblici menzionati. La stragrande maggioranza di loro era iscritta alla massoneria. Nella rivista massonica del mese di dicembre 1978 Juravit, non più disponibile sul sito del Grande Oriente, i fratelli massoni celebrano la figura di Michele Coppino illustre massone che alla guida del suo ministero pose le basi per lo sviluppo dell’istruzione pubblica italiana: «Cinque volte Ministro dell’istruzione pubblica (una prima volta con Rattazzi, nell’anno di Mentana; poi sempre con Agostino Depretis e nel primo governo Crispi: 1876-78 e 1884-88) Coppino resse il governo della scuola italiana per un pe- 15 Bertoni Jovine D. - F. Malatesta, Breve storia della scuola italiana, Roma, Editori Riuniti, 1961, p. 9. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 29 22/12/22 13:34 30 riodo di oltre sette anni: per pochi mesi inferiore alla durata in carica di Guido Baccelli - a sua volta autorevole dignitario massonico [….]. Candidato ‘democratico’ nelle elezioni del 1857, con le quali Cavour sbaragliò la presenza clericale nel Parlamento subalpino, solo nel 1860 - in occasione della prima elezione del Parlamento nazionale - Coppino venne eletto deputato. Due mesi prima (17 febbraio 1860) egli aveva fatto ingresso nella prestigiosa Loggia madre della risorgente Massoneria italiana: l’“Ausonia”. Il programma di scolarizzazione di massa - sancito dalla legge del 15 luglio 1877, che coronò il prolungato sforzo legislativo di De Sanctis, Bargoni, Scialoia, Correnti e dello stesso prudente Bonghi - si prospettò - in tal guisa, quale grande operazione di pedagogia politica in direzione della liberazione dai convergenti ceppi dell’analfabetismo e della devozione superstiziosa. L’opera dal Coppino svolta al Ministero perciò negli anni dei governi Crispi - quando provvide al riordinamento degli Statuti di numerose Università e, mentre gettò le basi dell’istruzione professionale moderna, costruì le stabili fortune dei licei classici - Coppino si distinse per equilibrio, e lungimiranza, tanto da esercitare un vero e proprio magistero intellettuale e morale […] Coppino pose in opera con più incisiva efficacia la fervida vocazione a superare i confini dello Stato nazionale e ad inverare il messaggio di fratellanza universale in due direzioni ugualmente preziose e feconde: coltivare l’uomo nel cittadino e sublimare la spiritualità creativa nell’uomo positivo, faber, della società industriale. […] Attorno a Coppino, in quell’ora decisiva della storia italiana, confluirono Zanardelli, Giolitti e decine di figure di primo piano della Libera Muratoria, mentre da parte sua il Gran Maestro Ernesto Nathan sviluppava un’azione consonante per mettere al sicuro da ritorni integralistici e dal rischio di blocchi clerico-reazionari le nascenti alleanze liberal-democratiche e radicalsocialiste. Tanto l’anziano statista quanto il più giovane Gran Maestro erano mossi dalla convinzione che l’attribuzione di responsabilità amministrative alle più giovani ed animose forze politiche “progressive” del Paese avrebbe contribuito ad accelerarne l’accostamento allo Stato e a completare il disegno di educazione politica e di moralità pubblica tracciato da Cavour, proseguito da Coppino sino agli anni di Giolitti, ma poi inceppato e rimasto a mezza via […]».16 Come si evince da questo scritto, per la Massoneria italiana la scolarità di massa non ha come obiettivo la lotta all’analfabetismo, o, almeno, non ha solo questo obiettivo. Ne ha anche un altro, esplicito e manifesto, la liberazione delle masse popolari dalla “devozione superstiziosa” della fede cattolica. In questa ottica si legge anche l’espulsione nei programmi di studio della “Religione” sostituita da “Prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino”.17 16 Massoneria e istruzione pubblica, in www.santaruina.it 17 La questione, in seguito, divenne materia di contrastanti interpretazioni da parte dei cattolici e dei laici: per gli uni la religione della Legge Casati non era abrogata esplicitamente e quindi valeva ancora, per gli altri era sostituita con tali “doveri”. Si veda l’interessante contributo di Cives G., La scuola ele- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 30 22/12/22 13:34 31 La scuola disegnata dalla Massoneria e abbondantemente realizzata dai suoi seguaci, non è parallela, ma alternativa e altamente conflittuale con la scuola gestita da cattolici, definita spregiativamente “integralista” e “clerico reazionaria”. Una circolare del Grande Oriente pubblicata dall’Arco di Palermo e poi finita sulle pagine della Civiltà Cattolica nel 1887, così prescrive: «La istruzione ed educazione delle scuole deve essere cura giornaliera dei Fratelli Massoni. Devono procurare che non siano date patenti, salvo nei casi eccezionali, a persone cattoliche, che si possa prevedere conservino affezioni cattoliche; i municipi non scelgano maestri di istinto cattolico; le scuole comunali, gli asili, i ginnasi, licei, scuole tecniche, secondo i casi, siano o indifferenti, o avversari del cattolicesimo, e si infiltrino teorie e consumanze naturaliste e libere, aliene da pregiudizi religiosi […]. Non si otterrà molto nel campo dell’istruzione, se non si impone silenzio al clero. Per giungere a questo desideratum, fino a che il governo non sia in grado di stabilire per legge la destituzione officiale del clero, e di poterlo costringere all’inazione, impedendogli l’influenza sul popolo, è necessario proseguire nel presentare al popolo, il clero come un mistificatore che predica virtù, che non ha dottrine, che non crede, o vive dell’ignoranza pubblica».18 Mentre riguardo alla stampa i governi liberali d’ispirazione massonica, non negano mai che sia libera, la scuola è l’unico terreno in cui, perlomeno in Italia, la massoneria interviene ripetutamente per negare il principio della libertà di insegnamento. Il Bollettino Officiale del Grande Oriente Italiano afferma: «La setta (n.d.r.: il termine è riferito alla Chiesa Cattolica) chiede per mezzo dei suoi aderenti, la libertà dell’insegnamento. E noi gliela rifiutiamo (…). A noi interessa che l’educazione della nostra gioventù resti, per quanto possibile in nostra mano».19 Nella Rivista della Massoneria italiana del 1° febbraio 187320 si legge: «La massoneria italiana ha sentita vivamente la necessità di prendere parte attivissima nella educazione del popolo. Moltissime Loggie massoniche hanno rivolto petizioni al Parlamento perché decretasse la istruzione laica, gratuita obbligatoria, nello intendimento di togliere i fanciulli dalle ugne del sacerdozio, di affidarne l’educazione ad uomini inspirati ad idee nuove, che aborrenti dal fanatismo e da suoi fautori…» Sempre su questa rivista, lo stesso anno, si sostiene che: «L’unico mezzo per atterrare la superstizione del confessionale è la scuola. La scuola nell’ordine morale è il cannone»21. Questa ossessiva attenzione della massoneria per la Scuola, in contrapposizione alla Chiesa viene portata alle estreme conseguenze da Camillo De Meis, medico e mentare e popolare, in Cives G. (a cura di), La scuola italiana dall’Unità ai nostri giorni, Firenze, La Nuova Italia, 1990. 18 Pellicciari A., I papi e la massoneria, Edizioni Ares, Milano, 2019, p. 150. 19 Bollettino Del Grande Oriente Italiano, anno III, Firenze 1867, II, p. 172 (citato in Pellicciari A., I papi e la massoneria, op. cit. p. 151). 20 Rivista della Massoneria Italiana del 1° febbraio 1873, p. 3. 21 Rivista della Massoneria Italiana 1879, nn. 20-21, p. 308. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 31 22/12/22 13:34 32 deputato: «Non religiosi, adunque, e non preti insegnanti; che se non avremo altri da mettere al loro luogo, faremo senza, faremo senza, e saremo ignoranti e rozzi, e tutto: tutto, o Elettori” fuorché gesuiti e temporali». Lo stato italiano dei Massoni, con queste prese di posizioni, non può dichiararsi laico ma semplicemente laicista. Nel primo caso, infatti, la laicità è rispettosa della religione professata dai cittadini (interpretazione americana del concetto di laicità), nel secondo, invece, si pone in contrapposizione alla religione (interpretazione francese). Papa Leone XIII ha ben presente la strategia usata dai Massoni nel campo della educazione: «Ad impossessarsi altresì della educazione dei giovanetti mira con unanime e tenace proposito la setta dei Massoni. Comprendono ben essi, che quell’età tenera e flessibile lasciasi figurare e piegare a loro talento, e però non esserci espediente più opportuno di questo per formare allo Stato cittadini tali, quali essi vagheggiano. Quindi nell’opera di educare e istruire i fanciulli non lasciano ai ministri della Chiesa parte alcuna né di direzione, né di vigilanza: e in molti luoghi si è già tanto innanzi, che l’educazione della gioventù è tutta in mano dei laici; e dall’insegnamento morale ogni idea è sbandita di quei grandissimi e santissimi doveri, che l’uomo congiungono a Dio».22 Ma la Massoneria non determina solo, con decisioni politiche, la fisionomia dell’istruzione pubblica, ma anche, in alcuni casi, diventa un soggetto gestore di scuole ed istituzioni d’istruzione, sia generale che professionale. 5. La popolazione per professioni Il Censimento23 distribuisce la popolazione sopra i 9 anni in 20 Categorie, che possono articolarsi in gruppi (35) o costituire un gruppo unico (12). All’interno del 22 Leone XIII, Lettera Enciclica del 20 aprile 1884 Humanum Genus. Condanna del relativismo filosofico e morale della massoneria. Un anno prima, nella lettera Sapenumero Considerantes, del 18 agosto 1883, Leone XIII aveva denunciato il danno prodotto dalla storia piegata ai ragionamenti degli avversari della Chiesa. «Ancora più grave è che questa abitudine di trattare la storia ha invaso persino le scuole. Troppo spesso infatti ai bambini vengono presentati libri di testo intrisi di falsità; una volta assuefatti ad esse, soprattutto con l’aiuto della malvagità o della superficialità dei docenti, gli scolari facilmente s’imbevono di fastidio per il venerando passato e d’indecoroso disprezzo per quanto c’è di più sacro: cose e persone. Superate le prime classi scolastiche, facilmente corrono rischi anche maggiori. Infatti, nell’insegnamento superiore si procede dalla narrazione degli eventi alle cause dei fatti; dopo le cause, la costruzione di leggi si basa su valutazioni arbitrariamente elaborate, molto spesso apertamente in disaccordo con la dottrina rivelata da Dio, con l’unica motivazione di dissimulare e nascondere come e quanto le istituzioni cristiane abbiano potuto beneficamente agire nel corso delle vicende umane e nel susseguirsi degli avvenimenti». 23 Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Direzione della statistica generale, Censimento della popolazione del Regno d’Italia (31 Dicembre 1881) Volume III Popolazione classificata per professione o condizioni, Roma, Tipografia Bodoniana, 1884. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 32 22/12/22 13:34 33 gruppo sono esplicitate le professioni o le condizioni (complessivamente 361) (Figura 2). La popolazione italiana, dai 9 anni in su, ammonta, secondo il Censimento del 1881, a 22.551.126 persone: prevalgono le donne (50,1%) di 0,2 punti percentuali. Mentre la classe di età 9-14 anni rappresenta il 14,4%. Figura n. 2 – Struttura classificatoria utilizzata dal Censimento del 1881 Se a questo totale sottraiamo le categorie: VI Capitalisti e pensionati (962.881), XVIII Detenuti, prostitute e mendicanti (129.681), XIX Senza professione (4.725.681) e XX, che comprende tutti coloro per i quali il censimento non è riuscito a individuare una professione (1.580.795), la somma finale si abbassa a 15.152.088. In Italia nel 1881, quindi, prestavano un’attività poco più di 15 milioni di persone. Se distribuiamo questo totale per settore economico (Tabella n. 6), notiamo che quello primario ha di gran lunga la maggioranza assoluta con 8.659.332 italiani pari al 57,1% (Grafico n. 6) che vi prestano la propria attività e distanzia il secondario di quasi 30 punti (29,5%), secondario in cui lavorano 4.185.481 individui. Chiude il terziario con 2.307.275 operatori, pari al 15,3%. Tabella n. 6 - Distribuzione delle attività degli italiani per settori economici (Censimento 1881) SETTORE CATEGORIE TOTALE primario L’insieme di tutte le attività che riguardano i prodotti che derivano direttamente dalla natura, indispensabili per vivere. Comprende l’agricoltura, l’allevamento, la pesca, l’estrazione mineraria. I 8.659.332 secondario L’insieme di tutte le attività che si occupano della trasformazione delle materie prime della natura in prodotti pronti per l’uso. Comprende l’industria e l’artigianato. II 4.185,481 terziario L’insieme di tutte le attività produttive che non producono beni materiali, ma “servizi”. Comprende i trasporti, il commercio, il turismo e le telecomunicazioni. III, IV, V, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XV, XVI, XVII 2.307.275 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 33 22/12/22 13:34 34 Una classifica delle professioni più esercitate (Grafico7 e Tabella 7) vede al primo posto gli agricoltori (oltre 6 milioni e 173.000). Sopra il milione si collocano solo gli operai tessili. Nella classe tra 500.00 e 1 milione ci sono gli addetti al vestiario (gruppo che comprende le professioni dei sarti, cappellai, calzolai e ombrellai) che ammontano a circa 941.000, i fabbricanti di case e di strade (circa 905.000) e il personale di servizio (circa 713.000). Sotto i 500.000 addetti ritroviamo: gli allevatori (245.000), personale impegnato nei trasporti (222.000), nella lavorazione dei metalli (191.000), nei negozi che vendono le merci più varie (181.000), nelle sale per “l’igiene e la toeletta personale” (139.000). Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione la cifra più cospicua riguarda l’esercito: i 180.000 militari sono più numerosi degli impiegati (170.000) dell’amministrazione civile e degli insegnanti (80.000). Quest’ultimo dato riguarda, però, non solo l’istruzione pubblica ma anche quella privata. Grafico n. 6 – Distribuzione delle professioni nei macrosettori economici (V.%) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 34 22/12/22 13:34 35 Grafico n. 7 – Le professioni più praticate Tabella n. 7- La popolazione italiana distribuita per professioni (Censimento1881) PROFESSIONI O CONDIZIONE TOTALE M. % F. % di cui in età 9-14 anni % I. CATEGORIA: PRODUZIONE MATERIE PRIME /Gruppi Agricoltura 8.173.382 62,7 32,8 7,5 Allevamenti animali e apicoltura 244.452 87,4 12,6 23,3 Giardinaggio e orticoltura 73.339 80,3 19,7 5,1 Silvicoltura 59.651 89,2 10,8 5,0 Pesca e caccia 48.241 99,3 0,7 6,2 Miniere 59.512 99,0 1,0 7,5 Industrie minerallurgiche 755 100,0 - 4,8 Totale 8.659.332 64,0 36,0 5,0 II CATEGORIA: PRODUZIONI INDUSTRIALI / Gruppi Tessuti 1.332.806 10,2 89,8 8,3 Cuoi 18.515 99,0 1,0 3,6 Vestiario 941.460 49,0 51,1 9,0 Alimentazione 505.795 77,0 23,0 2,9 Fabbricazione e manutenzione case e strade 904.785 92,0 8,0 6,4 Mobili utensili e oggetti uso domestico 110.978 89,3 10,7 7,4 Veicoli selleria e altri articoli viaggio 24.023 99,0 1,0 7,8 Costruzioni navali 12.014 98,2 0,8 3,0 Fabbricazione armi e munizioni 10.247 96,2 3,8 4,8 Lavorazione metalli 190.954 99,6 0,4 9,3 Macchine e arnesi diversi 34.065 98,2 1,8 5,7 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 35 22/12/22 13:34 36 PROFESSIONI O CONDIZIONE TOTALE M. % F. % di cui in età 9-14 anni % Strumenti di precisione e musica 8.271 98,1 1,9 4,9 Carta 22.513 67,4 32,6 11,2 Tipografia e litografia 18.821 97,5 2,5 11,2 Prodotti chimici 14.350 74,9 25,1 7,8 Oggetti di lusso 35.864 67,2 32,8 10,9 Totale 4.185.461 54,5 45,5 7,4 III CATEGORIA: ALLOGGIO ED IGIENE PERSONALE /Gruppi Alberghi e quartieri mobiliati 11.742 55,5 45,5 0,1 Toeletta e igiene personale 139.352 32,3 67,7 4,0 Totale 151.094 20,8 79,2 3,7 IV CATEGORIA: COMMERCIO / Gruppi Credito, cambio, spedizioni, commiss. 98.474 97,6 2,4 1,7 Derrate e merci 181.299 83,0 17,0 1,9 Totale 279.733 88,1 18,9 1,8 V CATEGORIA: TRASPORTI / Gruppi Trasporti per vie ferrate e ordinarie1 221.516 99,0 1,0 1,7 Navigazione 91.495 99,5 0,5 5,2 Totale 313.011 99,1 0,9 2,8 VI CATEGORIA: CAPITALISTI E PENSIONATI – GRUPPO UNICO 962.881 44,4 55,6 1,0 VII CATEGORIA: IMPIEGATI PRIVATI E PERSONALE DI SERVIZIO – GRUPPO UNICO Totale 713.405 37,2 6,6 VIII CATEGORIA: DIFESA DEL PAESE– GRUPPO UNICO Totale 180.155 100,0 IX CATEGORIA: AMMINISTRAZIONE CIVILE (escluso l’insegnamento) – GRUPPO UNICO Totale 170.652 98,0 2,0 0,3 X CATEGORIA: CULTO / Gruppi Culto cattolico 131.227 78,3 21,7 0,7 Altri culti 358 97,5 2,5 - Totale 131.585 78,3 21,7 0,7 XI CATEGORIA: GIURISPRUDENZA – GRUPPO UNICO Totale 28.250 99,99 0,01 - XII CATEGORIA: PROFESSIONI SANITARIE – GRUPPO UNICO Totale 59.717 74,2 25,8 0,01 XIII CATEGORIA: EDUCAZIONE E ISTRUZIONE PUBBLICA E PRIVATA – GRUPPO UNICO Totale 79.795 41,2 58,8 - XIV CATEGORIA: BELLE ARTI E GINNASTICA / Gruppi Arti figurative 13.603 97,3 2,7 3,6 Musica, drammatica e ginnastica 22.021 81,5 18,5 3,1 Totale 35.624 87,5 12,5 3,3 XV CATEGORIA: LETTERE E SCIENZE APPLICATE / Gruppi Lettere 1.646 97,9 2,1 - Scienze applicata 18.129 99,9 0,1 - CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 36 22/12/22 13:34 37 PROFESSIONI O CONDIZIONE TOTALE M. % F. % di cui in età 9-14 anni % Totale 131.585 78,3 21,7 0,7 XVI CATEGORIA: PROFESSIONI GIROVAGHE – GRUPPO UNICO Totale 34.450 83,9 16,1 4,0 XVII CATEGORIA: PERSONALE DI FATICA – GRUPPO UNICO Totale 129.829 93,6 16,1 3,2 XVIII CATEGORIA: DETENUTI, PROSTITUTE E MENDICANTI – GRUPPO UNICO Totale 129.681 56,4 43,1 3,9 XIX CATEGORIA: SENZA PROFESSIONE – GRUPPO UNICO Totale 4.725.681 12,3 87,7 18,0 XX CATEGORIA: SENZA DETERMINAZIONE – GRUPPO UNICO (al di sotto di 15 anni= 82%. Sopra i 15 anni=18%) Totale 1.580.975 45,8 54,2 82,3 TOTALE ITALIA 22.551.126 49,9 50,1 14,4 6. Il lavoro minorile Nel 1876, l’allora funzionario ministeriale (in seguito deputato e poi anche ministro delle finanze) Vittorio Ellena (1844-1892) compilò una statistica industriale secondo la quale, nell’anno 1870, risultavano impiegati nelle fabbriche italiane del solo comparto tessile ben 90.083 fanciulli, che costituivano più del 23% del totale della forza lavoro del settore. I bambini, pur ricevendo un terzo del salario degli adulti, erano comunque tenuti a orari di lavoro estenuanti (si superavano abbondantemente le dodici ore giornaliere), a turni di notte, a lavorare in condizioni insalubri, a permanere in una condizione di analfabetismo. Le prestazioni dei bambini, tuttavia, erano ritenute importanti, non soltanto per il loro costo più basso rispetto a quello di un adulto (si pensi al fatto che le macchine spesso non richiedessero azioni per le quali era necessaria grande forza), ma anche perché erano in grado di compiere operazioni precluse ai più grandi: nelle industrie tessili, per esempio, le mani più piccole delle giovanissime operaie riuscivano a compiere meglio alcune operazioni sui filati. Di conseguenza, l’impiego di minori presso industrie, fabbriche e manifatture era decisamente esteso. La situazione in agricoltura, se possibile, era ancora peggiore. Almeno come descritta dalla inchiesta Jacini. Nei primi anni di vita venivano affidati agli anziani o ai fratelli maggiori, fintanto che “per la loro tenera età non sono atti al lavoro”, e una volta raggiunta l’età per lavorare nei campi seguivano i loro genitori e cominciavano a dedicarsi ai mestieri della terra. Non era raro che già verso i sei anni i bambini iniziassero ad aiutare padre e madre nelle loro CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 37 22/12/22 13:34 38 attività. Negli atti della succitata inchiesta, nel rapporto sulla provincia di Catania, si legge che “le classi meno agiate adoperano prima del sest’anno di età i loro figli a qualche faccenda di casa o campestre”, e ciò anche in virtù del fatto che, nelle zone rurali, scuola e istruzione non erano ritenute utili. Peggiore che in agricoltura era la situazione nell’industria estrattiva. Riportiamo un frammento dell’Inchiesta in Sicilia di Franchetti - Sonnino24, uno dei documenti che cercò di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema dello sfruttamento di bambini e adolescenti nell’Italia post-unitaria; in particolare in questo brano viene posta l’attenzione sul lavoro dei ragazzi, i “carusi”, nelle miniere siciliane, una questione secolare per questa regione. «Il lavoro dei fanciulli consiste nel trasporto sulla schiena del minerale in sacchi o ceste dalla galleria dove viene scavato dal picconiere, fino al luogo dove all’aria aperta si fa la basterella delle casse dei diversi picconieri, prima di riempire il calcarone. È sempre il picconiere che pensa a provvedere i ragazzi necessari per eseguire il trasporto del minerale da lui scavato, fino a dove si formano le casse. Ogni picconiere impiega in media da 2 a 4 ragazzi. Questi ragazzi, detti carusi, s’impiegano dai 7 anni in su; il maggior numero conta dagli 8 agli 11 anni. I fanciulli lavorano sotto terra da 8 a 10 ore al giorno dovendo fare un determinato numero di viaggi, ossia trasportare un dato numero di carichi dalla galleria di escavazione fino alla basterella che viene formata all’aria aperta. I ragazzi impiegati all’aria aperta lavorano da 11 a 12 ore. Il carico varia secondo l’età e la forza del ragazzo, ma è sempre molto superiore a quanto possa portare una creatura di tenera età, senza grave danno alla salute, e senza pericolo di storpiarsi. I più piccoli portano sulle spalle, incredibile a dirsi, un peso da 25 a 30 chili; e quelli di sedici a diciotto anni fino a 70 e 80 chili. Il guadagno giornaliero di un ragazzo di otto anni è di lire 0,50, i più piccoli e deboli lire 0,35; i ragazzi più grandi, di sedici e diciotto anni, guadagnano circa lire 1,50, e talvolta anche lire 2 e 2,50. La vista dei fanciulli di tenera età, curvi e ansanti sotto i carichi di minerale, muoverebbe a pietà, anzi all’ira, perfino l’animo del più sviscerato adoratore delle armonie economiche. Vedemmo una schiera di questi carusi che usciva dalla bocca di una galleria dove la temperatura era caldissima; faceva circa 40° Réaumur (50 gradi 24 Leopoldo Franchetti (1847-1917) e Sidney Sonnino (1847-1922) sono due studiosi positivisti. Professori universitari ed esponenti della Destra storica (Sonnino sarà anche primo ministro nel 1906 e nel biennio 1909-10), avevano fondato nel 1878, a Firenze, la “Rassegna Settimanale”, a cui collaborò Verga. Franchetti e Sonnino intendono far conoscere le condizioni di vita del Meridione e diffondere la consapevolezza di un problema sociale (la cosiddetta “questione meridionale”) che andava risolto, sia per riequilibrare uno sviluppo economico che sacrificava le campagne e l’economia del Sud, ancora ignoto alla maggior parte degli italiani del Nord. Franchetti e Sonnino collaborano allo studio della “questione meridionale” attraverso un libro inchiesta, noto come Inchiesta in Sicilia ma il cui titolo vero è La Sicilia nel 1876. Gli autori vi descrivono le cause della decadenza economica siciliana: la corruzione delle amministrazioni comunali, il cancro dell’usura che rovina la piccola proprietà contadina, la dissennata politica fiscale che colpiva solo i poveri senza toccare i proprietari, il problema della leva militare. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 38 22/12/22 13:34 39 centigradi). Nudi affatto, grondando sudore, e contratti sotto i gravissimi pesi che portavano, dopo essersi arrampicati su, in quella temperatura caldissima, per una salita di un centinaio di metri sotto terra, quei corpicini stanchi ed estenuati uscivano all’aria aperta, dove dovevano percorrere un’altra cinquantina di metri, esposti a un vento gelido. Altre schiere di fanciulli vedemmo che lavoravano all’aria aperta trasportando il minerale dalla basterella al calcarone. Là dei lavoranti riempivano le ceste e le caricavano sui ragazzi, che correndo le traevano alla bocca del calcarone, dove un altro operaio li sorvegliava, gridando a questo, spingendo quello, dando ogni tanto una sferzata a chi si muoveva più lento».25 Il Censimento del 1880 distingue, come abbiamo visto nella Tabella n. 5, i lavoratori per sesso e per due grandi fasce di età: dai 9 ai 14 anni e oltre i 14 anni. Le statistiche parlano di 9 anni, dal momento che non c’era una legge che stabilisse un’età minima per entrare nel mondo del lavoro. La prima legge che regolamenterà questa materia e stabilirà l’età minima verrà approvata solo nel 1886. Da tempo, tuttavia, il problema era presente nel dibattito politico e presumibilmente lo sbarramento a 9 anni era una soluzione che raccoglieva i maggiori consensi. Il problema più urgente in materia, almeno negli anni ‘60 e ‘70 era considerato (da filantropi, enti di beneficienza, da legislatori e dal sistema giudiziario, polizia e magistrati) quello dei bambini utilizzati nelle attività dei girovaghi, considerato una forma di accattonaggio mascherato26. Il Parlamento, prima condusse un’indagine sui bambini impiegati in attività ambulanti, poi approvò una legge, nel 1873, che impediva l’impiego di bambini in professioni itineranti, sia in Italia che all’estero. L’on. Giuseppe Guerzoni, relatore della giunta che aveva esaminato il progetto di legge, affermò che il fenomeno che si intendeva perseguire “[…] era un accattonaggio travestito coi simboli dell’arte, una depravazione dell’innocenza, un abuso della patria potestà…”27 Ma ad una legge che regolamentasse il lavoro minorile in settori a maggiore intensità di manodopera ci si arriva solo dopo quindici anni dalla entrata in vigore del 25 Franchetti L. - S. Sonnino, La Sicilia nel 1876, Barbera, 1877, ristampa Vallecchi Editore, 1974, Capitolo supplementare, Il lavoro dei fanciulli nelle zolfare siciliane, p. 330. 26 Chiodini D., Infanzia negata. Il lavoro minorile nella letteratura italiana dell’Otto-Novecento. Laurea specialistica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Relatore prof. Enrico Elli, Milano, 2010, p. 12, in tesionlie.it/tesi/preview “Chiedevano la carità o qualche moneta in cambio di un umile lavoretto: esporre topolini bianchi o suonare l’arpa o il violino, anche la sera tardi: Indossavano strani abiti e l’aspetto cupo conferiva loro un’aria da delinquenti”. 27 Ibidem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 39 22/12/22 13:34 40 provvedimento del ‘73. L’11 febbraio 1886 viene emanata una legge che riguardava il lavoro nei settori della industria manifatturiera e in quella estrattiva28. Erano stati quindici anni di polemiche ed inchieste e di ostruzioni da parte di molti industriali che, contro l’intervento legislativo dello stato, invocavano le libertà individuali e dei genitori e tutori. La legge: a) vietava ai minori di 9 anni di entrambi i sessi di essere utilizzati negli opifici29 industriali, nelle cave e nelle miniere e ai minori di 10 nei lavori sotterranei delle miniere; b) stabiliva l’obbligo del certificato medico fino ai quindici anni, in modo da attestare che il minore fosse sano e idoneo al lavoro a cui veniva destinato c) limitava l’orario di lavoro dei fanciulli tra i nove e i dodici anni a otto ore giornaliere d) vietava l’utilizzo di ragazzi sotto i 15 anni in lavori pericolosi e insalubri. Un elenco dettagliato di tali lavori verrà specificato dal Regolamento di attuazione della legge30. Torniamo ai dati del censimento dell’80. I bambini-adolescenti nella fascia di età 9-14 anni che erano al lavoro in quell’anno rappresentavano il 14,4% del totale dei lavoratori italiani: più di 3 milioni e 200.000 soggetti. Ma se a questo numero, che in base alla legge dell’86 rappresenterà la quota di lavoro minorile legale, aggiungiamo i tantissimi bambini sotto i nove anni impegnati in lavori (soprattutto agricoli), che rappresenteranno l’area del lavoro minorile illegale, arriviamo verosimilmente a numeri impressionanti. Un esercito di bambini sottratti all’infanzia…Si può dire che il termine esercito, nel nostro caso, è inadeguato per difetto. Infatti, quanti erano chiamati alla difesa della patria erano appena 185.000! Ma quali erano le professioni più esercitate dai bambini secondo i dati del Censimento del 1880? A parte l’anomalia della XX categoria, relativa ai soggetti che non avevano dichiarato la professione o condizione e dove il peso dei 9-14enni raggiungeva l’iperbolica cifra dell’82,3%, la professione maggiormente esercitata era quella di “allevatore”. Si trattava naturalmente, data l’età, prevalentemente di “pastorelli” di greggi, mandrie…Su quattro persone che lavoravano negli allevamenti e nell’apicoltura una 28 L. n. 3.657 (serie 3a) dell’11 febbraio 1886 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 10 del 18 febbraio 1886. 29 Secondo la definizione data dal Regolamento per l’esecuzione sul lavoro dei fanciulli “Opificio industriale, agli effetti della legge 14 febbraio 1886, (Serie 3a), ogni luogo ove si compiano lavori manuali di natura industriale col mezzo di motore meccanico, qualunque sia il numero degli operai adibiti. Quando non si adoperi alcuna specialità di motori, è considerato opificio ogni luogo dove lavorino riuniti in modo permanente almeno dieci operai”. 30 R.D. 4.082 (serie 3a) del 17 settembre 1886 Regolamento per l’esecuzione della legge sul lavoro dei fanciulli, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 226 del 28 settembre 1886 n. 226. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 40 22/12/22 13:34 41 aveva un’età tra i 9 e i 14 anni (Grafico n. 8). Si collocavano poco sopra il 10% degli occupati i ragazzi impegnati nelle tipografie, nelle fabbriche di produzione di carta e di oggetti di lusso. Seguivano con valori inferiori i ragazzi impegnati nella lavorazione del metallo, dei vestiti, nella produzione di tessuti, di veicoli e articoli collegati. Chiudeva questa particolare classifica quanti lavoravano nelle miniere e quelli che prestavano servizi nelle case. Grafico n. 8 - Le professioni nelle quali sono maggiormente impegnati i ragazzi dai 9 ai 14 anni (Censimento 1880; V.%) 7. Un Paese prevalentemente agricolo I dati sulle professioni inequivocabilmente ci consegnano l’immagine di un Paese economicamente dipendente dal settore agricolo; settore che proprio in questo periodo sta affrontando una seria crisi economica. 7.1. La crisi del settore agricolo Il disegno cavouriano degli anni ‘60, di crescita dell’agricoltura e delle “industrie naturali”, in una prospettiva di liberalizzazione degli scambi, venne definitivamente vanificato dagli imprevisti mutamenti del mercato internazionale nel quale avrebbe dovuto inserirsi. La progressiva liberalizzazione degli scambi, insieme alle innovazioni introdotte nei trasporti e nelle comunicazioni e all’apertura di nuove rotte commerciali, fecero sì che tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta si riversassero sui mercati europei, e dunque su quello italiano, esportazioni di cere- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 41 22/12/22 13:34 42 ali americani e russi, di riso e di seta greggia dalla Cina e dall’India, in quantitativi crescenti e a prezzi competitivi. L’effetto di quella fase di intensificazione degli scambi fu una sensibile caduta dei prezzi dei principali prodotti agricoli italiani e conseguente contrazione dei redditi dei proprietari terrieri, degli affittuari, dei coltivatori diretti, dei mezzadri, dei salariati. Le conseguenze della crisi agraria furono particolarmente dure per il Regno d’Italia, la cui economia si basava ancora largamente sull’agricoltura e ad essa affidava le sue possibilità di sviluppo. 7.2. Cambio di politica agricola: dal liberismo della Destra al protezionismo della Sinistra Le leggi del 1861-62 e del 1866-67 che imponevano l’alienazione dei demani e delle proprietà ecclesiastiche avviarono un’operazione di trasferimento di oltre 3 milioni di ettari. “Una specie di rivoluzione economica”,31 la definì Quintino Sella, uno dei suoi promotori. Di questa operazione, dettata da esigenze finanziarie contingenti e alimentata da motivazioni ideologiche contro la Chiesa, beneficiarono la grande proprietà di nobili e borghesi e in minor misura la piccola proprietà di quei coltivatori che disponevano dei mezzi sufficienti per l’acquisto di quote dei terreni messi all’asta. A parte questo, i provvedimenti in materia di agricoltura dei governi della Destra storica, coerentemente con il suo prevalente orientamento liberista, non furono particolarmente incisivi.32 La Sinistra, guidata da Depretis prima, da Crispi poi, adotta una politica prevalentemente protezionistica. Per difendere le coltivazioni nazionali, soprattutto la cerealicoltura, furono introdotti dazi che aumentavano del 50% le importazioni. Questa protezione doganale tutelò dalla concorrenza internazionale soprattutto la tradizionale cerealicoltura meridionale. Mentre gli scompensi per le coltivazioni specializzate del Nord (vigneti, oliveti e agrumeti) creati dalla guerra commerciale, che si accese tra Italia e Francia nel 1888-8933, furono, in parte, attutiti con i trattati commerciali stipulati con l’Impero germanico e austro-ungarico nel 1891 e con la Svizzera nel 1892. In questi ultimi decenni del secolo l’agricoltura settentrionale, in particolare quella della Val Padana, gode di un particolare dinamismo grazie anche a trasformazioni tecniche ed organizzative e al supporto di varie forme di associazionismo e solidarietà 31 Sella Q., Discorsi parlamentari, vol. III, 1877, Roma, Tip. della Camera dei Deputati, pp. 90-92. 32 Si limitarono al sostegno del credito agrario e fondiario con leggi del 1866 e del 1869. 33 La Francia era la principale partner commerciale. Alla scadenza del trattato commerciale del 1881 Francia ed Italia volevano aumentare la protezione sui prodotti nazionali e contemporaneamente ottenere delle riduzioni sui dazi della controparte. Dopo alcuni mesi di sterili negoziati, ambedue i Paesi imposero tariffe differenziali più elevate sulle importazioni dell’altro, provocando una brusca riduzione del commercio italo-francese. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 42 22/12/22 13:34 43 tra le varie componenti del mondo rurale.34 Sta di fatto, però, che questo dinamismo accentua il divario con le altre agricolture, in particolare con quelle meridionali.35 7.3. I risultati dell’inchiesta Jacini Mentre si manifestavano i primi sintomi della crisi, giungevano a termine i lavori dell’inchiesta avviata nel 187736 dal Parlamento per accertare la reale situazione e i possibili miglioramenti dell’agricoltura italiana di cui abbiamo parlato nel IV volume. Nella relazione finale, presentata nel 1884, il presidente della Giunta che aveva diretto l’inchiesta, Stefano Jacini, coglieva le manifestazioni locali e i fattori internazionali della crisi agraria. Tra le molteplici cause del “deprezzamento dei prodotti agrari” spiccavano, secondo Jacini, quelle di carattere internazionale. Per contrastare gli effetti della crisi l’inchiesta proponeva di alleviare il carico fiscale sulla proprietà terriera, ampliare le superfici coltivate attraverso le bonifiche, estendere l’irrigazione, introdurre rotazioni più razionali, intensificare le concimazioni, accrescere la produzione di foraggi e le coltivazioni arboree e di ortaggi, adottare una moderata protezione doganale sui cereali. Solo una ripresa e una crescita dell’agricoltura, sostenuta da un afflusso di capitali privati provenienti dalle attività commerciali e industriali e da un maggior impegno dello stato e delle amministrazioni locali, avrebbe potuto migliorare le condizioni dei ceti agricoli più colpiti dalla crisi, i piccoli proprietari coltivatori, i mezzadri, i salariati fissi o avventizi e più in generale “tutti i coltivatori a qualunque categoria appartengano, se vivono molto addensati in territori di mediocre fertilità”. L’eccedenza della popolazione agricola rispetto alle risorse offerte dal territorio avrebbe potuto essere alleviata dall’iniziativa di proprietari illuminati e da una maggiore sollecitudine dello stato, ma rendeva comunque inevitabile, secondo Jacini, l’emigrazione. 8. Un Paese di emigranti La principale attività economica rimane l’agricoltura. Tuttavia, quando si verifica una sproporzione evidente nel rapporto terreni coltivabili e popolazione occupata 34 I consorzi agrari nel 1892 si riunirono nella Federazione italiana dei consorzi agrari (Federconsorzi), le cooperative di lavoratori agricoli e le leghe bracciantili danno vita nel 1901 alla Federazione nazionale dei lavoratori della terra, mentre i proprietari terrieri, più tardi troveranno il loro organismo rappresentativo, nel 1909, nella Confederazione nazionale agraria. La dialettica tra rappresentanze dei proprietari e dei lavoratori agricoli, divenuta via via più libera, indusse in taluni casi a investimenti tecnico produttivi per compensare i pur contenuti aumenti delle retribuzioni. 35 È da iscrivere tra i meriti della sinistra la legge promossa dal Ministro Baccarini nel 1882, che prevedeva elevati finanziamenti dello stato (fino a tre quarti delle spese necessarie) per l’esecuzione di opere di bonifica delle zone paludose e malariche e che aprì la via ad una serie di interventi governativi per la sistemazione dell’assetto idrogeologico del territorio. 36 Vedi Volume IV, Cap. II, Introduzione. Gli eventi e i fenomeni del decennio, n. 5. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 43 22/12/22 13:34 44 in agricoltura, la soluzione più percorribile sembrava a Jacini l’emigrazione: «[…] quando sopra una determinata superficie, un complesso di cause antiche e recenti ha avuto per effetto di agglomerare una popolazione numericamente affatto sproporzionata alle risorse del paese, è inevitabile che una parte di questa popolazione sia ridotta alla miseria[…] Dove, insieme alla insufficienza delle relazioni agricole, non c’è possibilità di promuovere alcuno considerevole sviluppo, né industriale, né commerciale, l’emigrazione di una parte della popolazione in contrade tuttora spopolate e ricche di risorse, fino a che sul globo terracqueo esistano contrade in tali condizioni, è una legge di natura».37 E, infatti, l’emigrazione, in questo decennio, inizia ad avere dimensioni imponenti coinvolgendo centinaia di migliaia di lavoratori per lo più provenienti dall’agricoltura. Diversi i fattori che la alimentavano: le difficoltà create dalla crisi agraria, la richiesta di forza lavoro non qualificata nei Paesi dell’Europa occidentale, negli Stati Uniti, nell’America latina, la libertà di circolazione della forza-lavoro in quella fase del processo di globalizzazione. È significativo della gravità dei problemi strutturali dell’agricoltura e dell’economia italiana il fatto che il flusso migratorio, che inizia in questi anni, segnati dalla crisi agraria, proseguirà e si intensificherà anche dopo il superamento degli effetti negativi della crisi e l’avvio di una fase di forte espansione, che dagli ultimi anni dell’Ottocento si prolungherà fino alla Prima guerra mondiale.38 L’emigrazione di una quota tanto consistente della popolazione agricola riduceva l’offerta sovrabbondante di manodopera, favoriva qualche aumento delle retribuzioni dei lavoratori rimasti in patria e, attraverso le rimesse degli emigrati, migliorava i loro bilanci familiari, ma non ne riduceva decisamente il malessere, che trovò espressione, fin dall’anno della pubblicazione dei risultati dell’Inchiesta agraria, nei moti di protesta dei contadini del Mantovano e del Polesine39 per poi proseguire con 37 Jacini S., I risultati dell’Inchiesta agraria. Relazione pubblicata negli Atti della Giunta per la Inchiesta agraria, a cura di Nenci G., Torino, Einaudi, 1976, pp. 134-135. 38 Il fenomeno diventerà “imponente, biblico”. Tra il 1871 e il 1914, 14 milioni di italiani lasciarono temporaneamente o definitivamente il Regno, quasi il 2% annuo di una popolazione che nello stesso periodo saliva da 25 a 36 milioni circa. Vedi Ciocca P., Ricchi per sempre? Una storia economica d’Italia (1976-2005), Torino, Bollati Boringhieri, 2007, p. 141. 39 Nel 1882 l’Adige aveva rovinosamente rotto gli argini allagando grande parte del Polesine mettendo in ginocchio l’Agricoltura. I braccianti non riuscivano a vivere con la bassa paga. L’agitazione, però coinvolse anche parte del trevigiano ma si sviluppò con maggior vigore nel mantovano dove i contadini vennero organizzati in due Associazioni: la Società di mutuo soccorso tra i contadini della CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 44 22/12/22 13:34 45 manifestazioni di ribellismo che si susseguirono negli anni successivi fino al movimento dei Fasci siciliani 40 alla fine del secolo. E comunque, come osservava un commentatore dell’epoca, membro della Reale Accademia dei Lincei,41 sulla Gazzetta Ufficiale del Regno, la soluzione “emigrazione” (fenomeno, peraltro, condiviso con altri Paesi) caldeggiata dall’Inchiesta è un rimedio suggerito dalla necessità e destinato a durare nel tempo: «[...] nell’Inchiesta il problema vien risolto nei suoi veri termini e non si fanno meraviglie per quelle cifre statistiche che determinano l’intensità dell’esodo italiano. Avanti tutto qui si pone in sodo che l’emigrazione del lavoratori del suolo non un tristo privilegio dell’Italia. Poi, studiata nel suo carattere morale ed economico, presa come effetto naturale di cause complesse, come effetto di parecchi elementi che convien ponderare in tutti gli aspetti, l’emigrazione qui ci si affaccia come spediente consigliato dalla necessità, come un male che può essere rimedio a mali maggiori, come il solo correttivo valido a certe penurie di lavoro compensatore, a certe sovrabbondanze di bocche e di braccia. L’inchiesta ci ammonisco eziandio a non coltivare illusioni, almeno pel momento, circa la possibilità che di tanto capitale umano onde l’Italia rafforza le Americhe possa avvantaggiare il lavoro in paese e pel paese».42 provincia di Mantova e l’Associazione generale dei lavoratori italiani. Lo sciopero durò parecchi mesi causando la reazione governativa, che la soffocò con l’esercito nel marzo 1885. Circa 160 persone vennero arrestate, delle quali 22 furono rinviate a giudizio ed assolte nel 1886. Vedi Preti L., Le lotte agrarie nella Valle Padana, Torino, Einaudi, 1954 (ristampa 1973). 40 Detti anche fasci siciliani dei lavoratori, è stato un movimento di massa di ispirazione libertaria, democratica e socialista spontaneista. Si sviluppa in Sicilia dal 1891 al 1894. Verrà disperso solo dopo un duro intervento militare durante il governo Crispi, avallato dal re Umberto I. Il movimento fu un tentativo di riscatto delle classi meno abbienti e, inizialmente, era formato dal proletariato urbano, a cui si aggiunsero braccianti agricoli, zolfatai (minatori nelle miniere di zolfo), lavoratori della marineria e operai. Essi protestavano sia contro la proprietà terriera siciliana, sia contro lo Stato che appoggiava apertamente la classe benestante. 41 L’Accademia Nazionale dei Lincei è una delle istituzioni scientifiche più antiche d’Europa. Venne fondata a Roma nel 1603 con lo scopo di costituire una sede di incontri rivolti allo sviluppo delle scienze. Il suo nome si richiama all’acutezza che deve avere la vista di coloro che si dedicano alle scienze, proprietà fisiologica che leggendariamente caratterizza la lince. Dopo la morte del fondatore Federico Cesi, nel 1630, cessò ogni attività. Nell’Ottocento, riprese le sue attività solo nel 1847 quando papa Pio IX rifondò una Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei, tuttora esistente (dal 1936 ha il nome di Pontificia accademia delle scienze). Da parte sua, il Regno d’Italia procedette ad una rifondazione del sodalizio nel 1874, per opera di Quintino Sella, con la costituzione dell’Accademia Nazionale Reale dei Lincei. 42 Robustelli G., Dagli Atti della Giunta per l’inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 28 aprile 1887, n. 99, p. 2379. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 45 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 46 22/12/22 13:34 47 1. Aspetti istituzionali del sistema d’Istruzione Professionale 1.1. Il sistema formativo italiano Come abbiamo visto nel Volume IV il sistema formativo italiano poggia sulle competenze di due diversi Ministeri: quello della Pubblica Istruzione e quello dell’Agricoltura Industria e Commercio. Figura n. 3 – Il sistema formativo del Regno d’Italia I percorsi che offriva il primo Ministero erano articolati su tre livelli: istruzione elementare, istruzione secondaria, istruzione superiore. Dopo la scuola elementare, di cui il Ministro Coppino aveva reso obbligatorio il primo ciclo, portato a tre anni, si poteva accedere al grado successivo: - all’istruzione classica (ginnasio e liceo), con la quale si poteva entrare in tutte e 4 le Facoltà dell’Università o nelle 5 scuole e Istituti Superiori; - all’istruzione tecnica (scuola tecnica e istituti tecnici) che consentiva l’accesso alla sola Facoltà di matematica o all’ Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze o all’Istituto Tecnico Superiore di Milano o alla Scuola di applicazione per gli ingegneri di Torino e Napoli; - alla “scuola normale” dove si diventava insegnanti, con due anni di studi, per il primo ciclo delle elementari e con tre anni per il secondo ciclo. I percorsi che offriva il MAIC riguardavano un’istruzione che potremmo definire di base (per frequentare i quali era richiesto almeno il possesso del diploma del primo ciclo delle elementari) e un’istruzione superiore che nel volume IV abbiamo chiamato anche di terzo livello. I percorsi formativi del MAIC, di base o superiori, preparavano gli allievi a svolgere lavori nei diversi settori economici. In quello primario operavano: a livello base, le Scuole Pratiche, le Scuole Speciali di Agricoltura e le Scuole Minerarie; a livello superiore le Scuole Superiori di CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 47 22/12/22 13:34 48 Agricoltura e l’Istituto Forestale. Nel settore secondario operavano, a livello base, le Scuole industriali, denominate il più delle volte Scuole di Arti e Mestieri e, a livello superiore, il Museo Industriale e la Scuola Superiore Navale. Il settore secondario comprendeva anche, come percorsi di base, le Scuole artistico-industriali, e come percorsi superiori le Scuole Superiori di arte applicata all’industria e i Musei artistico- industriali. Nel settore del Commercio e dei trasporti operavano, a livello base, le Scuole Commerciali e a livello superiore le Scuole Superiori di Commercio. Percorso a parte potevano fare le giovanette nelle Scuole professionali femminili, per le quali non era previsto un livello formativo superiore. Figura n. 4 – Sistema formativo italiano alla fine degli anni ’70 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 48 22/12/22 13:34 49 1.2. Collocazione delle competenze in materia di Istruzione Professionale nel MAIC Abbiamo detto, in apertura, che in questo decennio assistiamo ad un impegno progressivamente maggiore dello Stato nel campo dell’Istruzione Professionale. Un impegno non solo regolamentare ma anche operativo. Tutto questo verrà realizzato tramite il Ministero che aveva le competenze istituzionali in materia: il MAIC. Nel 1883 fu attuato un riordinamento del Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio1. Furono istituiti il Segretariato Generale e la Direzione Generale dell’agricoltura. Al Segretariato generale facevano capo, tra l’altro, la divisione prima per gli istituti di credito e previdenza, la divisione seconda per l’industria e il commercio, che si occupava dell’Istruzione Professionale industriale e commerciale. Nel 1886 la divisione seconda, alla quale erano state trasferite le competenze del soppresso ufficio per la vigilanza sugli istituti di emissione, fu denominata dell’industria, commercio e credito. Nel 1888 questa divisione, in seguito all’abolizione del Segretariato Generale passa alle dipendenze del Sottosegretariato di stato, istituito in quell’anno.2 La Direzione generale dell’agricoltura era strutturata su tre divisioni: agricoltura e bestiame, regime forestale, idraulica agraria e miniere. L’Istruzione Professionale era una delle competenze della prima divisione. Figura n. 5 - Collocazione dell’Istruzione Professionale con i riordinamenti del MAIC (1883 e 1888) 1 Il R.D. 25 marzo 1883, n. 1262, approva il ruolo organico e il D.M. 31 maggio 1883 ripartisce i servizi dell’amministrazione centrale. 2 L. 12 febbraio 1888, n. 5195, R.D. 18 marzo 1888, n. 5267. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 49 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 50 22/12/22 13:34 51 2. L’Istruzione Professionale per l’agricoltura 2.1. Il mercato del lavoro in agricoltura Secondo il censimento del 1881, braccianti “e giornalieri di campagna a lavoro non fisso” ammontavano a 1.657.557, il 30,7% dei 5.450.127 addetti all’agricoltura (Tabella 8). Il termine bracciante non designava tuttavia il lavoratore adibito esclusivamente ai lavori agricoli, come la mietitura o la mondatura del riso, ma un lavoratore capace di eseguire tutti quei lavori che richiedevano l’erogazione di energia muscolare (come l’escavazione di canali, la costruzione di strade, di massicciate ferroviarie) in grado di passare da un lavoro all’altro e di trasferirsi da una zona ad un’altra, secondo la domanda di quel tipo di manodopera. In tal modo, come rilevava Massimo Paci: «[…] fin dai primi decenni postunitari si formò, almeno nelle regioni settentrionali, un ampio mercato del lavoro non qualificato, caratterizzato da un’offerta di lavoro abbondante e flessibile […] in grado di trasferirsi agevolmente dal lavoro agricolo a quello di sistemazione idraulica e fondiaria, a quello di costruzione della rete stradale e ferroviaria», ossia ad assicurare la forza lavoro necessaria alla realizzazione della rete di infrastrutture indispensabile alla formazione e allo sviluppo dell’economia nazionale.1 Tabella n. 8 - Principali figure maschili in agricoltura (censimento del 1881) Conduttori di terreni propri 987.080 Affittuari, conduttori di terreni altrui e assimilati - Affittaiuoli, enfiteuti, utilisti, sub-affittuari e assimilati 359.568 321.484 - Giardinieri, ortolani, coltivatori di agrumi, di tabacco, di alberi da frutti (padroni) - Addetti all’allevamento del bestiame (padroni) - Altri 38.084 Coloni parziari 748.457 Lavoratori 3.332.144 - Contadini, bifolchi, salariati, ecc., a lavoro fisso 1.368.975 - Giardinieri ortolani e coltivatori di agrumi 58.914 - Braccianti e giornalieri di campagna a lavoro non fisso 1.675.557 - Addetti all’allevamento del bestiame (operai) 175.472 - Boscaioli, carbonai, siepaioli, ecc. 53.226 - Altri lavoratori - Guardie campestri Altri 22.878 TOTALE AGRICOLTURA 5.450.127 1 Farolfi B. - M. Fornasari, Agricoltura e sviluppo economico: il caso italiano (secoli XVIII-XX), Università di Bologna, Departement of Economics Quaderni – Working Paper, DSE n. 756, p. 15. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 51 22/12/22 13:34 52 Secondo vari studiosi le condizioni di lavoro dei coltivatori (piccoli proprietari, piccoli affittuari, mezzadri, salariati stabili o avventizi) nel periodo successivo all’unificazione nazionale conobbero un peggioramento, che contribuì ad alimentare l’endemico ribellismo e più in generale l’estraneità della gran parte della popolazione allo stato unitario. In un discorso tenuto alla Camera il 7 luglio 1880 Sydney Sonnino riconosceva che: «Noi abbiamo, o signori, fin qui troppo dimenticata la condizione della classe dei contadini nel nostro paese. Essa muove a pietà; essa in una metà del Regno è peggiore che in qualunque altra regione d’Europa […] Mal pagato, male alloggiato, mal nutrito, schiacciato da un lavoro soverchio che egli esercita nelle condizioni più insalubri, per il contadino di una gran parte d’Italia ogni consiglio di risparmio è una ironia; ogni dichiarazione di legge che lo dichiari libero e uguale a ogni altro cittadino, un amaro sarcasmo. A lui che nulla sa di quel che sta al di là del suo comune, il nome d’Italia suona leva, suona imposte, suona prepotenza delle classi agiate; dal giorno che di quel nome ha sentito parlare, vede per ogni verso peggiorata la sua sorte [...] L’esattore e il carabiniere: ecco i soli propagatori della religione di patria in mezzo alle masse abbrutite del nostro contadiname; è con la bolletta di esazione, con l’ammonizione e il domicilio coatto, colla libertà della usura, colla prepotenza delle classi più ricche, colla disuguaglianza politica, e colla disuguaglianza di fatto davanti alla giustizia, che s’insegna al contadino essere l’Italia la gran madre comune, che vigila con cura amorevole su tutti i suoi figli indistintamente. La classe rurale si è disaffezionata dalle nostre istituzioni. E io ritengo che uno stato moderno non possa mai essere vigoroso se ad esso e alla sua prosperità non partecipi col cuore, e non soltanto colla borsa, la gran massa della popolazione. I contadini rappresentano più del sessanta per cento della popolazione, e l’Italia non sarà mai forte, non sarà mai sicura del proprio avvenire, finché il contadino nostro non si sentirà veramente italiano».2 2.2. La regolamentazione dell’Istruzione Professionale agraria 2.2.1. Legge n. 3141/85 sulle scuole pratiche e sulle scuole speciali agricole a. La normativa Una proposta elaborata dal Ministero, retto dall’ on. Bernardino Grimaldi,3 dopo un rapido iter parlamentare diventa la Legge n. 3141 del 6 giugno I885 “concernente 2 Ibidem, p. 20. 3 Bernardino Grimaldi (1839-1897). Nato da una famiglia nobile calabrese e laureatosi in giurisprudenza si dedicò all’attività forense e all’insegnamento di Diritto costituzionale a Catanzaro. Si candidò alle elezioni del novembre 1876, tra le file della Sinistra. Da allora, fino alla sua morte, vinse sempre le elezioni nel proprio collegio spesso senza oppositori o con votazioni quasi plebiscitarie. Dal 1879 Grimaldi occupò una serie di ruoli ministeriali di grande rilievo. Il primo fu quello di Ministro delle Finanze nel governo Cairoli, poi fu chiamato da Agostino Depretis a dirigere il MAIC, dove si adoperò per risolvere le questioni sociali ed economiche che erano state uno dei cardini del programma politico della Sinistra. A lui si devono infatti le prime disposizioni sociali contro gli infortuni sul lavoro, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 52 22/12/22 13:34 53 le scuole pratiche e speciali di agricoltura”4. La legge viene firmata anche dal titolare della Pubblica Istruzione, on. Coppino, in quanto si prevedono disposizioni che toccano le competenze di quel dicastero. Il provvedimento si compone di cinque titoli: I Scuole pratiche di agricoltura, II Scuole speciali, III Disposizioni generali, IV Disposizioni transitorie, V Stazioni agrarie e scuole di agricoltura di Milano e Portici. Queste le linee portanti dell’articolato: - Istituzione delle scuole pratiche: “In ogni provincia potrà essere istituita dal governo una scuola pratica di agricoltura […] Concorrendovi speciali ragioni potranno essere istituite due o più scuole nella stessa provincia, come due o più province potranno costituirsi in consorzio per concorrere a fondare una scuola pratica di agricoltura” (art. 1). - Istituzione delle scuole speciali: “Con le stesse norme e colle stesse condizioni potranno essere Istituite scuole speciali, intese a rendere, con insegnamenti e con esercizi pratici, i giovani atti a dirigere e a migliorare una o più industrie agrarie” (Art. 9). - Condizioni giuridiche per la istituzione delle scuole: “Niuna scuola può essere istituita prima che siano approvate con la legge del bilancio le somme occorrenti”, dopo che da parte loro i Consigli provinciali e comunali e le rappresentanze degli altri corpi morali contribuenti alla spesa di fondazione e di mantenimento, abbiano deliberato in materia (art. 2). - Sede: “La sede delle scuole sarà stabilita d’accordo fra gli enti morali contribuenti nelle spese, e, mancando l’accordo, la stabilirà il Ministro di Agricoltura” (art. 1). - Convitto: “Ad ogni scuola è annesso un convitto. Potranno però esservi ammessi anche alcuni esterni” (art. 4). “La retta da corrispondersi dai convittori sarà annualmente stabilita nel bilancio” (art. 7). - Ripartizione degli oneri tra i soggetti consorziati: “La provincia, il comune o gli altri Corpi morali forniscono il podere o terreno ed il casamento necessario, e provvedono all’adattamento ed alla manutenzione di questo. Le altre spese d’istituzione stanno per tre quinti a carico dello Stato e per due quinti a carico degli enti predetti. Questi contribuiscono inoltre per due quinti nelle spese pel il riconoscimento, nel 1886, della validità giuridica delle società di mutuo soccorso e la legge contro lo sfruttamento del lavoro femminile e minorile. In campo agricolo Grimaldi si adoperò per riformare le rappresentanze agrarie, appoggiò incondizionatamente l’inchiesta agraria condotta dal deputato Stefano Jacini e varò un disegno di legge per il credito fondiario e agrario. Nel 1887, Primo ministro Francesco Crispi, riassume il Ministero delle Finanze. Dopo pochi mesi, però, rassegnò le dimissioni, poiché non era riuscito a far passare la sua linea di economie alla spesa pubblica e di aggravi fiscali per colmare il deficit. Giolitti conferì nuovamente a Grimaldi il Ministero delle Finanze ad interim e quello del Tesoro. Nello Scandalo della Banca Romana non sfuggì alle voci di collusione. La commissione parlamentare d’inchiesta istituita per l’occasione, tuttavia, lo scagionò da ogni accusa di corruzione elettorale e personale. La sua immagine ne uscì, tuttavia, fortemente compromessa. 4 Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 140 del 16 giugno 1885. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 53 22/12/22 13:34 54 pagamento degli stipendi o per l’annuo mantenimento della scuola e del convitto, in quella proporzione che sarà fra essi concordata” (art. 8).5 Figura n. 6 – Ripartizione degli oneri tra Stato e soggetti pubblici o privati che intervengono nella istituzione e mantenimento delle Scuole Pratiche e delle Scuole Speciali di agricoltura (L. 3141/85) - Ammissione degli allievi: “Per essere ammessi alla scuola gli alunni debbono aver superato almeno le due classi elementari o sostenere con felice successo un esame sulle materie insegnate nelle dette scuole” (art 3). - Dotazioni logistiche: “La scuola è fornita di un podere proprio o di terre prese in affitto e dal casamento necessario per la coltura, per l’insegnamento, per il convitto e per le abitazioni del personale addetto alla scuola” (art. 5). - Governo della scuola: “All’amministrazione della scuola sovrintende un comitato composto di delegati del governo o degli altri corpi morali che concorrono alla fondazione ed al mantenimento di essa” (art. 7). - Funzioni del comitato: “Il Comitato esamina e propone il bilancio annuale, compilato dal direttore, e lo trasmette per l’approvazione al Ministero, pèr mezzo del prefetto […] Il Comitato ha cura del regolare esercizio del bilancio; vigila al buon andamento della Scuola e del Convitto, il cui governo è affidato al direttore; propone al Ministero tutti i provvedimenti che stima opportuni, ed esercita le speciali attribuzioni che sono date ad esso, […]” (art. 7). 5 Art. 11: “Lo Stato provvede direttamente al pagamento degli stipendi, delle spese di istituzione, che gli sono proprie, e di quelle di mantenimento; gli enti che vi contribuiscono versano la loro quota di contributo a rate bimestrali nella Tesoreria provinciale. Sono versate nella Tesoreria provinciale anche le rette dei convittori ed i proventi della gestione agraria”. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 54 22/12/22 13:34 55 Figura n. 7 - Funzioni del Comitato (L. 3141/85) - Direzione della scuola: “Uno degli insegnanti sarà, con Decreto Ministeriale, incaricato della direzione della Scuola, e riceverà l’indennità stabilita nella tabella medesima” (art. 6). - Regolamentazione della gestione didattica: “Con Decreto regio, sentiti, i corpi morali contribuenti nella spesa, sarà fatto per ogni scuola un regolamento, nel quale siano determinate le altre condizioni per l’ammissione, i programmi d’insegnamento, la durata dei corsi, il numero degli insegnanti, le norme per gli esami, per le promozioni e pei certificati di studio e quelle per l’amministrazione della scuola” (art. 3). - Controllo delle attività. Il Comitato: “[…] vigila al buon andamento della Scuola e del Convitto, il cui governo è affidato al direttore” (art. 7). - Titoli rilasciati: agli allievi delle scuole pratiche e speciali “Alla fine dei corsi è rilasciato dalla Direzione delle scuole agli allievi un certificato di licenza”. Vengono rilasciati certificati speciali anche a chi, provenendo dalla scuola ad indirizzo agricolo della Pubblica Istruzione o dall’Università, facciano pratica presso le scuole agricole e speciali: “È concesso un certificato speciale ai giovani licenziati delle sezioni di agrimensura e di agronomia degli Istituti tecnici che per un anno o più abbiano fatto esercizio presso le scuole pratiche d’agricoltura o le scuole speciali, ed altro certificato è concesso ai giovani laureati nelle scuole superiori d’agricoltura, i quali per un anno almeno abbiano fatto pratica presso le scuole speciali” (art. 10). - Regolamentazione della gestione finanziaria e rendicontazione: “Con Decreto regio, sentiti, i corpi morali contribuenti nella spesa, sarà fatto per ogni scuola un regolamento, nel quale siano determinate […] le norme per l’amministrazione della scuola” (art. 3); “L’amministrazione della Scuola, anche per la resa CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 55 22/12/22 13:34 56 annuale dei conti, si conformerà alla legge ed al regolamento sulla amministrazione e la contabilità dello Stato” (art. 7). - Personale/reclutamento, sospensione e rimozione: per il reclutamento si seguono due regimi a seconda della tipologia di personale: (a) “Gli insegnanti sono nominati con Decreto Regio, dietro concorso per esame o per titoli”; (b) “La nomina del personale di vigilanza, di servizio e di quello tecnico è fatta dal Comitato”. “La sospensione e la rimozione degli insegnanti sono regolate con le norme e discipline della Legge 13 novembre 1859, n. 3725, per gli insegnanti dei Licei”. Agli insegnanti si fa esplicito divieto: “[…] di esercitare altra professione od ufficio incompatibile con quello che hanno nella scuola. Perciò ogni altro loro ufficio od esercizio deve essere approvato dal Ministro d’Agricoltura, previo il parere del Comitato” (art. 14). Figura n. 8 - Titoli rilasciati dalle scuole pratiche e speciali - Personale/compensi: i gradi e gli stipendi sono stabiliti in conformità della tabella annessa alla legge (art. 6)6. Gli insegnanti, come quelli della Scuola della Pubblica istruzione, godono di aumenti stipendiali sessennali ed hanno lo stesso trattamento pensionistico (art. 13). 6 Stipendio degl’insegnanti: 1’ classe, 2’ classe, 3’ classe titolari rispettivamente L. 3600, 3000, 2400 annue; reggenti L. 2000, L. 1800, L. 1600 annue. Stipendio dei censori maestri: 1’ classe, 2’ classe titolari rispettivamente L. 2000, L. 1800 annue; reggenti L. 1600, L. 1400. Indennità di carica: Incaricati alla direzione da L. 300 a L. 600 annue. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 56 22/12/22 13:34 57 Nelle disposizioni transitorie (art. 15) si stabilisce che le scuole in attività, pratiche e speciali, si debbono conformare alla legge, mentre nel titolo V si stabilisce che al personale direttivo e docente delle Stazioni agrarie e delle Scuole di agricoltura di Milano e Portici si applicano alcuni profili giuridici del personale del sistema scolastico della Pubblica Istruzione. b. Analisi della legge Un’analisi della L. n. 3141/85 ne rivela alcuni limiti di fondo, ma anche numerosi aspetti positivi. Il limite maggiore è rappresentato dal centralismo della sua architettura. Roma sembra pensare di predisporre e provvedere a tutto. È il Governo che istituisce le scuole, che ne stabilisce la sede (nel caso di mancato accordo tra le parti contraenti), che incarica direttori e docenti, che approva il regolamento. Questo è un vincolo della cultura politico-istituzionale del tempo, che trova il modo di esprimersi anche in questa legge. Ricordiamo sempre che le parole d’ordine dello Stato, solo recentemente unitario, erano omologare e uniformare. Può essere considerato un ulteriore limite anche l’adozione di certe disposizioni regolamentari per il personale riprese dal sistema della Pubblica Istruzione. Un limite perché il fare riferimento ad un altro sistema per regolamentare il proprio costituisce pur sempre un fenomeno di subordinazione culturale. Non marcare le differenze tra la fisionomia del personale (direttivo e docente) delle scuole agrarie del Ministero dell’agricoltura industria e commercio da quello delle scuole della Pubblica Istruzione significa, in qualche modo, non riuscire a definire la specificità e l’originalità, cioè l’identità, dell’Istruzione Professionale. Aspetto, invece, a nostro avviso molto positivo e che, per certi versi, corregge e ridimensiona i limiti precedentemente evidenziati, è la partecipazione, accanto allo Stato, di altri soggetti operanti nel territorio dove la scuola sorge. Sono soggetti pubblici (comune e provincia) ma anche privati; quelli, per intenderci, che il testo della legge chiama i “corpi morali” o “enti morali”. Il riferimento è soprattutto all’associazionismo agricolo, in particolare ai Comizi agrari. Erano stati istituiti con R.D. n. 3452 del 23 dicembre 18667 in ogni capoluogo di circondario e sussidiati con i contributi dei soci e l’aiuto delle pubbliche istituzioni per promuovere le innovazioni tecnologiche colturali e gestionali nel mondo rurale e rappresentarne le istanze locali al Governo nazionale.8 7 In Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, n. 19 del 19 gennaio 1867. 8 Più in particolare avevano il compito di presentare al Governo le innovazioni di ordine generale e locale, raccogliere le notizie che fossero richieste nell’interesse dell’agricoltura, fare opera di informazione tra i contadini per diffondere le coltivazioni migliori, i metodi più adatti alla coltivazione, gli strumenti più moderni e perfezionati, promuovendo esposizioni e infine controllare che fossero rispettate le norme di polizia sanitaria (Cfr. art 1 commi 1-6 del R.D. n. 3452). Ne facevano parte un rappresentante eletto dal Consiglio di ciascun comune del circondario (art. 3) e chiunque “interessato al progresso dell’agricoltura” ne facesse domanda (art. 4). Cfr. anche in G.U. n. 21 del 21 gennaio CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 57 22/12/22 13:34 58 Gli enti morali, facendo parte del comitato, entrano di diritto in tutte le fasi della vita della scuola: nella programmazione delle attività (propone il bilancio), in tutto ciò che concerne la progettazione e programmazione didattica (stabilisce: le condizioni per l’ammissione, i programmi d’insegnamento, la durata dei corsi, il numero degli insegnanti, le norme per gli esami, per le promozioni e pei certificati di studio) e la gestione amministrativo finanziaria (definisce norme per l’amministrazione della scuola) e nel controllo (vigila sull’andamento della scuola e del convitto). La collaborazione di soggetti pubblici e associazioni agricole locali su tutti gli aspetti della vita della scuola (compreso il finanziamento) è una condizione (non necessariamente una garanzia) affinché la scuola nasca e si sviluppi per rispondere alle esigenze occupazionali e produttive dell’agricoltura della zona. Caratteristica fondamentale di ogni struttura formativa professionalizzante. Segnaliamo altri due aspetti positivi. Il primo riguarda la connotazione fortemente operativa di queste scuole (che hanno a disposizione poderi o terreni presi in affitto), tanto che la loro frequenza può essere utile a giovani diplomati nelle sezioni di agrimensura e di agronomia degli Istituti tecnici o laureti nelle Scuole superiori di agricoltura. A quanti di loro che per un anno o più abbiano fatto esercizio presso di esse viene rilasciato un certificato. E questo è l’altro aspetto positivo che intendiamo sottolineare. Negli anni 1980 e 1990 si discuterà a lungo, senza approdare ad alcun risultato, su passaggi e passerelle dal sistema formativo regionale al sistema formativo della Pubblica Istruzione. Sembrava un salto qualitativo eccessivo. La Legge n. 3141 addirittura propone un percorso inverso. Allora, infatti, non si ponevano problemi sulla superiorità di un sistema sull’altro, ma si valorizzava l’apporto, differente ma di pari dignità, di entrambi. 2.2.2. Istituzione del Consiglio per l’istruzione agraria Appena un mese dopo l’emanazione della L. n. 3141/85 viene approvato un decreto, il 3287/85, che istituiva il Consiglio per l’istruzione agraria9. Presieduto dal Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio è composto di quattordici membri, 9 dei quali nominati dal Re su proposta del Ministro stesso e 4 eletti dal Consiglio di agricoltura. Fa parte del Consiglio il Direttore Generale dell’agricoltura (Art. 2). I 1867: la Relazione fatta al signor Ministro dell’agricoltura a e commercio dalla Commissione Reale per l’incremento della agricoltura, creata con Decreto Reale dell’8 settembre 1866 e la Circolare del Ministro dell’agricoltura, industria e commercio ai signori prefetti e sottoprefetti del Regno. I Comizi rappresentavano la ripresa di istituzioni più antiche come quelle aderenti all’Associazione agraria di Torino. I comizi più attivi crearono una “cattedra ambulante”, stipendiando un laureato in scienze agrarie che tenesse conferenze nei borghi rurali della provincia illustrando le nuove metodologie agricole. Particolare importanza ha avuto il comizio agrario di Cremona, città dove appunto è dedicata una via a tale istituzione. Tranne rare eccezioni, soprattutto nella pianura padana, i Comizi Agrari ebbero vita stentata, sostituiti, poi, dai più vitali consorzi agrari, costituiti in forma di società cooperative. Cfr. Saltini A., Istituzioni agrarie e progresso delle campagne, Edizioni Spazio rurale, 2006. 9 R.D. n. 3287 del 16 luglio 1885 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, n.199 del 18 agosto 1885. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 58 22/12/22 13:34 59 nove componenti durano in carica tre anni e si rinnovano per 1/3 ogni anno. I quattro nominati dal Consiglio di agricoltura si rinnovano ogni anno (Figura 9). Il Consiglio ha fondamentalmente due funzioni: a) il giudizio e l’applicazione delle sanzioni disciplinari ai professori sia delle RR. Scuole di agricoltura di Milano e di Portici, RR. Scuole pratiche e speciali di agricoltura, b) l’espressione di pareri su ogni proposta d’istituzione e ordinamento di Scuole o di Stazioni agrarie di prova, e per le Scuole speciali e pratiche anche per quanto riguarda i programmi d’insegnamento ed i libri di testo. Prima della emanazione del Decreto n. 3287/85 il Ministro Grimaldi, del MAIC, aveva invitato il Ministro Coppino, del MPI, a designare un rappresentante di quel dicastero nel costituendo consiglio per l’istruzione agraria.10 “A me è parso opportuno - scrive l’on Grimaldi - di approfittare di questa occasione per creare fra il tuo ed il mio ministero un più stretto legame ed avrei pensato di stabilire che un rappresentante della Pubblica istruzione dovesse essere nel consiglio dello insegnamento agrario, il quale avrebbe così opportunità di discutere tutte le questioni che potessero sorgere rispetto al modo come coordinare lo insegnamento agrario che si impartisce nelle istituzioni dipendenti dai due ministeri”. Il Grimaldi continua ricordando che “[...] di questo coordinamento fu ampiamente discusso in Senato e che d’accordo con te accettai un ordine del giorno che prometteva di provvedere in armonia alle insistenze fatte”. Per il Ministro Coppino risponde, in maniera quasi sdegnosa, il segretario generale del suo dicastero, Ferdinando Martini. “Le scuole di agricoltura istituite con la legge recentemente votata dai due rami del parlamento, come quelle che devono svolgere la loro azione in un campo puramente pratico, ben pochi punti di contatto possono avere con le istituzioni scolastiche cui sovraintende questo ministero, nelle quali l’insegnamento scientifico prevale”. Conclusione: “[...] parmi non debba esser molto sentito, almeno per ora, il bisogno di una rappresentanza di questo ministero nel consiglio che vuolsi instituire”. Peraltro, aggiunge, quasi offeso, il Martini, quella della P.I. sarebbe una rappresentanza fortemente minoritaria rispetto a quella del MAIC: “[...] concedendo a quest’amministrazione un unico rappresentante, di ben poca efficacia sarebbero e l’opera sua e il suo voto di fronte al numero grandemente preponderante degli altri delegati”11 10 ACS, MAIC, Dir. Gen. Agricoltura K b. 101, fase 28 “Consiglio superiore per lo insegnamento agrario”, ms. [Roma, 1 luglio 1885]. 11 Ibidem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 59 22/12/22 13:34 60 Figura n. 9 - Composizione e funzioni del Consiglio per l’istruzione agraria Verso la fine di quell’anno, il 1885, furono nominati dal Re i 9 Consiglieri proposti dal Governo. Tutti professori universitari (Roma, Napoli, Pisa) o di istituti superiori (Istituto Tecnico Superiore di Milano, Scuola di applicazione per gli ingegneri di Torino e di Palermo e Padova).12 Nessun rappresentante delle istituzioni locali. Nessun rappresentante del mondo dell’imprenditoria agricola. 2.3. Le attività formativo-professionali sussidiate dal MAIC 2.3.1. Dibattito ed attività nel primo ventennio dell’Unità d’Italia Negli anni tra la fine della prima e l’inizio della seconda metà dell’Ottocento sono state numerose, e diffuse nelle varie regioni italiane, le proposte innovative per l’apertura di Scuole agrarie. La costituzione di queste scuole si collegava ad analoghe tendenze presenti in Europa e rappresentava un tentativo di risposta dell’agricoltura ai problemi produttivi e organizzativi, oltre che sociali, con i quali doveva confrontarsi il settore. Per sviluppare modernamente l’attività agricola si rendeva necessario superare i limiti del tradizionale sapere agrario, diffondere le conoscenze botaniche e biologiche, intraprendere la strada dell’innovazione tecnica e organizzativa, utilizzare le acquisizioni della meccanica, accrescere la produttività delle coltivazioni, guardare con grande attenzione ai problemi della contabilità e del 12 1. Blaserna Pietro, professore di fisica sperimentale nella R. Università di Roma. 2. Brioschi Francesco, professore di idraulica nel Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano. 3. Cannizzaro Stanislao, professore di chimica organica ed inorganica nella R. Università di Roma. 4. Cossa Alfonso, professore di chimica docimastica nella R. Scuola di applicazione per gli ingegneri in Torino. 5. Costa Achille, professore di zoologia nella R. Università di Napoli. 6. Inzenga Giuseppe, professore di economia ed estimo rurale nella Regia Scuola di applicazione per ingegneri in Palermo. 7. Keller Antonio, professore di economia ed estimo rurale nella Regia Scuola di applicazione per ingegneri in Padova. 8. Pirotta Romualdo, professore di botanica nella Regia Università di Roma. 9. Sestini Fausto, professore di chimica agraria nella R. Università di Pisa. Vedi R.D. del 23 novembre in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 140 del 19 dicembre 1885. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 60 22/12/22 13:34 61 mercato, conoscere le caratteristiche specifiche della pluralità dei sistemi agrari diffusi sul territorio. Le iniziative che partirono in questa direzione interessarono tutto il territorio italiano. In una relazione del 1877 redatta da un funzionario del MAIC, Nicola Miraglia, 13 al Ministro Majorana Calatabiano, sull’ordinamento dell’istruzione agraria all’estero, si elencano tutte le istituzioni che in Italia erogano un’istruzione agricola. Tali istituzioni, che fanno riferimento sia al Ministero della Pubblica Istruzione che al MAIC, sono distribuite in quattro gradi (superiore, secondo grado, inferiore, speciale): a) per l’insegnamento agrario superiore: le scuole di Milano e di Portici e la cattedra agraria presso l’Istituto tecnico superiore di Milano (MAIC), la scuola presso l’università di Pisa e le cattedre agrarie presso le università di Padova, Bologna e Palermo e presso le scuole degl’ingegneri di Roma e di Napoli (MPI); b) per l’insegnamento di 2° grado: 57 sezioni agrarie degl’istituti tecnici14; c) per l’insegnamento agrario inferiore: - 8 scuole d’agricoltura: Altamura, Grumello al Monte, Catanzaro e Brusegana ed in un grado inferiore quelle di S. Remo, Feltre, Porto Maurizio e Cosenza; - 13 colonie agricole: a Moncucco, Castelletti, Assisi, Todi, Perugia, S. Martino, Deserto di Sorrento, Caltagirone, Macerata, Orvieto, Lecce, Brindisi, Scansano e Treviso; - 2 scuole poderi, a Roma ed a Brindisi; - 13 scuole festive, o serali od anche quotidiane diurne15: a Romano di Lombardia, Bassano, Vittorio, Penne, Atri, Alanno, Viguzzolo, Crocetta, Bosello, Sevizzano, Finale, Felizzano, Dragonea; - 16 cattedre agrarie in scuole normali e magistrali (MPI); d) per l’insegnamento speciale la scuola di viticoltura e d’enologia di Conegliano, e così di bachicoltura della stazione di Padova, l’orto e scuola di Lucca per la pomologia, l’orto scuola di Sassari specialmente per la gelsicoltura e la scuola d’orticoltura e di giardinaggio dell’Albergo dei poveri di Napoli. Questo è il quadro delle strutture formative che operano nel campo dell’Istruzione Professionale agricola, dopo 17 anni di Regno d’Italia. Anni nei quali si è molto 13 Miraglia Nicola (1835-1928). Entra nell’ottobre 1860 nel MAIC, dove nel 1870 è nominato caposezione. Nel 1883 diventa Direttore Generale dell’agricoltura, incarico che lascerà nel 1896 per assumere la direzione del Banco di Napoli. Consigliere comunale di Roma, fu eletto deputato per il collegio di Lagonegro nel 1892 e resterà alla Camera fino al 1896. Svolse vari e prestigiosi compiti, tra cui presidente dell’Opera nazionale combattenti dal 1919 al 1923 e Presidente delle Case popolari dal 1909. A coronamento di una lunga a carriera, Mussolini promosse presso il Re il decreto per conferirgli il titolo di Conte, che gli fu riconosciuto il 9 maggio 1926. 14 Di cui 9 nel Piemonte, 7 nella Lombardia, 5 nel Veneto, l nella Liguria, 8 nell’Emilia, 2 nella Toscana, 9 nelle Marche ed Umbria, 2 nel Lazio, 7 nel Napoletano, 5 nella Sicilia e 2 nella Sardegna. 15 Giudicate dal relatore “d’infimo grado”. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 61 22/12/22 13:34 62 discusso sulla istruzione agricola: come farla, a chi impartirla, sotto quale competenze istituzionali riportarla. Ripercorriamo, velocemente, le fasi di tale dibattito. Nella primavera del 1861 il Ministro dell’agricoltura e del commercio Filippo Cordova aveva insediato una commissione di studiosi e di politici al fine di predisporre un sistema generale di insegnamento agrario, da applicarsi in tempi celeri. Il gruppo di lavoro, presieduto da Cosimo Ridolfi, aveva indicato i seguenti principi guida delle progettande scuole: il carattere pratico della didattica, le esercitazioni presso istituti dotati di poderi, l’allestimento di convitti per accogliere gli studenti e il coinvolgimento di personale educativo qualificato.16 Il progetto di legge andava a modificare la normativa Casati, nel punto in cui questa prevedeva la creazione di una specifica sezione di agronomia presso gli istituti tecnici. Di fatto, il progetto rimase insabbiato nelle discussioni parlamentari, facendo emergere che si trattava di una materia che sollevava parecchie resistenze. Infatti, si trattava di una questione complessa non soltanto per le evidenti avversioni provenienti delle oligarchie fondiarie, ma anche perché di fatto tale formazione si andava a incrociare con quella, ancora senza una definitiva soluzione, della collocazione professionale dei dottori in scienze agrarie usciti dalle aule universitarie.17 In questo dibattito non va trascurata la posizione sostenuta dai giornali agrari secondo la quale i percorsi formativi dovevano essere due, un iter destinato ai figli degli agricoltori benestanti (proprietari e affittuari) un secondo per i figli dei contadini. 18 Ai primi, nell’ambito di un insegnamento legato alla proprietà, andava fornito un insegnamento utile a farli diventare dei bravi fattori e agenti agricoli capaci di saper amministrare, mentre per i secondi bastava un’educazione di base mirata a inculcare l’amore per il lavoro, il rispetto nei confronti dei superiori e il saper rimanere al proprio posto dedicandosi alla cura dei campi. In particolare, bisognava evitare che i cosiddetti “contadinelli”, dopo aver finito il periodo scolastico, lasciassero le famiglie andando a fare “il caffettiere, il servitore ed ogni sorta di mestiere fuorché il proprio”. Di fronte a tale impostazione, che si nutriva di un rigido conservatorismo sociale e dunque sulla distinzione tra ruoli e status, si coglie il significato del nodo che andava sciolto per poter costruire un sistema formativo rivolto in maniera precipua ai ceti rurali. Come abbiamo visto la pubblicistica non tralasciava di ricordare i pericoli derivanti dall’incoraggiare dei cambiamenti radicali; tuttavia, i giornali agrari finivano pure per riconoscere la necessità per i proprietari agrari, per 16 Bidolli A.P., L’istruzione agraria nella documentazione dell’Archivio centrale dello stato, in Bidolli A.P. - S. Soldani (a cura di), L’istruzione agraria (1861-1928), Roma, 2001, p. 74. 17 Speranza L., Agronomi e veterinari: azione collettiva e struttura del mercato, in Tousin W. (a cura di), Le libere professioni in Italia, Bologna, 1987, pp. 203-244; Betri M.L., Gli agronomi nell’Ottocento: dall’arte alla professione, in Varni A. (a cura di), Storia delle professioni in Italia tra Ottocento e Novecento, Bologna, 2002, pp. 173-184. 18 L’Umbria agricola. Giornale di economia rurale e delle industrie campestri, I, 16, 30 agosto 1883, cit. in Vaquero Pineiro M., Edda Bellucci (1884-1905) primo direttore della regia scuola pratica di agricoltura di Todi in Rivista di Storia dell’agricoltura, anno LII, giugno 2012, pp. 141-143 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 62 22/12/22 13:34 63 razionalizzare la conduzione e aumentare la produttività delle terre, di incoraggiare l’istruzione dei propri figli e dei figli dei loro contadini19. Due diversi obiettivi, difficili da conciliare: conservare gli assetti sociali e nello stesso tempo la modernizzazione attraverso la formazione, accostarsi con decisione al rinnovamento agricolo senza mettere in discussione l’insieme di relazioni interne alla società rurale. Nel 1866 un’altra commissione, istituita per elaborare criteri generali di modernizzazione dell’agricoltura, arriva alla conclusione sulla necessità di una istruzione specifica per periti agronomici e amministratori di aziende rurali.20 Si creano, così le condizioni per la fondazione delle due scuole superiori di Milano e Portici che affiancavano quella di Pisa (che col 1 gennaio 1866, insieme con la scuola di veterinaria era stata inserita nell’ambito dell’università pisana e pertanto tornata alle dipendenze della Pubblica istruzione) e all’Istituto forestale di Vallombrosa21. Alle scuole superiori fu assegnato soprattutto il compito di formare i docenti di scienze agrarie e di promuovere il progresso dell’agricoltura per mezzo di ricerche sperimentali. Destinatari principali di questo tipo di studi dovevano essere i proprietari terrieri. L’istituzione delle Scuole superiori si attirò anche delle critiche, poiché, obbiettò il Comizio agrario di Genova, che il Ministero procedeva senza una visione complessiva sull’istruzione agricola e, in questa attività scoordinata ed episodica, dimostrava un interesse quasi esclusivo verso la formazione dei proprietari e dei ceti sociali elevati, tralasciando iniziative per l’istruzione dei livelli sociali inferiori.22 Stizzosa e risentita la replica del Ministero a queste critiche. Non è esatto, si precisa, “[...] che si è agito senza un piano prestabilito, senza un sistema uniforme, senza una norma generale” perché, il Ministero, consigliato dai migliori professori, “ha cominciato col fondare le scuole superiori allo scopo di avere dei maestri senza dei quali è inutile pensare a diffondere lo insegnamento e, prima ancora che queste scuole fossero fondate, ha mandato giovani all’estero ad istruirsi, indi ha curato di organizzare le istituzioni che debbono dare le braccia pel lavoro intelligente e quindi le scuole speciali, le scuole poderi e le colonie agrarie”.23 19 L’agricoltore umbro. Giornale agricolo industriale dei comizi di Perugia e Spoleto I, 1° luglio 1877, pp. 1-2. 20 Fumi G., L’amministrazione dell’agricoltura in Italia negli anni della unificazione (1860-1867), in Temi e questioni di storia economica e sociale in età moderna e contemporanea. Studi in onore di Sergio Zaninelli, Vita e pensiero, Milano, pp. 379-424. 21 Vedi Volume IV, Paragrafo 5.5.2 Scuole agrarie governative. 22 ACS, MAIC, Dir. gen. Agricoltura I, b. 105, fasc. 6 “Genova. Ricorso del comizio agrario sulla istruzione agrarià” cit. in Bidolli A.P. - S. Soldani (a cura di), L’istruzione agraria (1861-1928) in ACS (Archivio Centrale dello Stato) Fonti della scuola VI, Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione Generale per gli Archivi, 2002, p. 76. 23 ACS, MAIC, Dir. gen. Agricoltura I, b. 105, fasc. 6 “Genova. Ricorso del comizio agrario sulla istruzione agrarià” cit. in Bidolli A.P. - S. Soldani (a cura di), L’istruzione agraria (1861-1928) in ACS (Archivio Centrale dello Stato) Fonti della scuola VI, Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione Generale per gli Archivi, 2002 p. 76. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 63 22/12/22 13:34 64 Il Ministero, in buona sostanza, afferma di: 1) essersi concentrato nella istituzione delle scuole superiori, come azione propedeutica per la costruzione di un sistema formativo, perché queste garantivano la formazione di docenti in agricoltura; 2) che in mancanza di scuole superiori si era supplito con borse di studio con le quali i giovani potevano apprendere all’estero ciò che non poteva essere loro insegnato in Italia24; 3) e che per la formazione agricola “di base” era intervenuto su più fronti: a) aveva messo in campo un’attività di sussidio nei confronti di scuole e istituzioni degli enti locali a cui si mandavano libri, materiali didattici, premi in denaro, finanziamenti di conferenze ai maestri e ai contadini adulti; b) aveva stipulato un accordo (1866) con il Ministero della Pubblica Istruzione per introdurre l’insegnamento dell’agraria nelle scuole normali e aveva promosso colonie agrarie e scuole poderi. Queste due ultime iniziative meritano un cenno particolare. Nella strategia ministeriale le colonie fin dall’unità supplivano alla mancanza di scuole elementari agrarie. La loro fondazione era stata incoraggiata e sostenuta finanziariamente e ancora nel dicembre 1867 il Ministro Broglio informava i presidenti dei comizi che l’istruzione delle colonie agricole era quella che meglio rispondeva ai bisogni educativi delle popolazioni rurali. Ospitavano per lo più minorenni con problemi giudiziari da rieducare attraverso il lavoro agricolo, ma anche orfani e figli di famiglie povere. La diversa provenienza dei ragazzi indusse a dividere le colonie in due tipi di scuole, una per i giovani “problematici” inviati dal Ministero dell’Interno, smussando comunque, il carattere moralistico dato fino ad allora all’opera di redenzione, l’altra per ragazzi, orfani o no, di famiglie possibilmente di origine contadina, da educare in scuole-poderi secondo un programma teso a facilitare l’arte contadina senza però creare illusioni di miglioramenti sociali (Figura 10). Figura n. 10 - Colonia e Scuola-Podere 24 La premura di avere docenti induce nel 1869 a finanziare il soggiorno di giovani presso le scuole di agraria all’estero seguendo una tradizione che nello Stato sabaudo risaliva al 1847 e che vedeva l’invio di ingegneri minerari nelle principali scuole europee. Il sistema delle borse di studio si incrementerà negli anni successivi a favore anche di settori come l’orticultura e la frutticultura. Il Ministero controllava l’andamento e l’esito delle borse attraverso rapporti diretti con le scuole estere. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 64 22/12/22 13:34 65 In effetti, le scuole-poderi non decollarono. Tentativi non mancarono a Volterra come ad Urbino o a Vittorio Veneto, ma molti abortirono per mancanza di solide basi finanziarie. Altre, come quelle di Alanno e di Roma, furono trasformate in scuole pratiche secondo la politica ministeriale che si affermò di lì a poco. Le colonie, invece, avranno un’esistenza più lunga a cui non sarà estraneo un certo interesse speculativo di imprese agrarie. Erano presenti su tutto il territorio nazionale dalla Sardegna alle Puglie, dal Piemonte alla Toscana. Alcune ebbero una vita stentata, altre divennero grossi enti come l’istituto Bonafous di Torino o la colonia di San Pietro di Perugia da cui uscirono molti giovani impiegati presso famiglie facoltose come fattori e direttori d’azienda. 2.3.2. Le scuole pratiche di agricoltura a. La necessità di un insegnamento agrario elementare Trattazione, a parte e più diffusa, meritano le Scuole Pratiche di Agricoltura: un’istituzione che arricchisce il quadro dell’offerta formativa in agricoltura, andando a soddisfare un fabbisogno di istruzione di base scoperto o coperto solo da attività occasionali o con fisionomia fragile. Secondo Francesco Biagio Miraglia, un funzionario del MAIC e che diventerà nel 1883 Direttore Generale dell’Agricoltura “La quistione più grave per noi, e per la quale abbiamo fatto poco, è quella dello insegnamento agrario che diremo elementare”, fortemente, sviluppato, invece in Francia e in Austria, dove, peraltro “[...] le condizioni della proprietà e della coltura sono molto affini[...] per cui le istituzioni, che lì fioriscono, devono funzionare utilmente anche fra noi”. Continua Miraglia: “L’insegnamento agrario elementare può prendere di mira così i giovani come gli adulti. Per i primi abbiamo le colonie agricole, le scuole poderi, le scuole agrarie elementari; ma a mio giudizio sono poche e il governo non dovrebbe ricusare il proprio concorso alla fondazione di tali scuole, finché non ne avremo una in ogni provincia.” Quindi la soluzione alla carenza di istruzione agraria elementare è quella di favorire la presenza di almeno una scuola in ogni provincia. In considerazione della scarsità delle risorse economiche disponibili a questo scopo, Miraglia suggerisce di concentrare i fondi ogni anno in due/tre provincie “ove maggiore è il bisogno d’istruzione agricola” e, in considerazione dell’alto costo per la creazione di nuove scuole (edificio per le lezioni teoriche, caseggiato per il convitto e poderi per le esercitazioni pratiche) ritiene che il Ministero “[...] dovrebbe raccomandarsi, in modo specialissimo, di convertire in scuole-poderi alcuni degli orfanotrofi esistenti, nei quali s’insegnano tutti i mestieri all’infuori dell’agricoltura” e conclude: “Concentrando l’azione amministrativa, almeno per ora, sopra una scuola per ogni provincia, ogni altra iniziativa dovrebbe essere lasciata agli enti morali locali.” Interessante notare come un funzionario statale, parlando di Istruzione Professionale, trovi naturale che oltre allo Stato e ai soggetti pubblici locali operino anche enti morali territoriali. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 65 22/12/22 13:34 66 Il 30 luglio 1879 il MAIC invia un questionario ai comizi agrari per raccogliere informazioni sui sistemi di coltivazione dei fondi rustici25. Nella parte finale il questionario prevede lo spazio per osservazioni ed apprezzamenti sulle condizioni dell’istruzione agraria di proprietari, fattori e contadini.26 Le risposte pervenute su quest’ultimo punto sono a senso unico e se ne dovessimo fare una sintesi potremmo utilizzare il giudizio lapidario del Presidente del Circondario di Bari: “[...] l’istruzione agraria difetta completamente nella classe lavoratrice; è mediocrissima nei fattori; è superficiale nei proprietarii, i quali disdegnano le cure agricole. Tutto questo lo diciamo perché dolorosamente vero”. Un giudizio che sostanzialmente non si differenzia su base regionale. Nord-Ovest (circondari di Alessandria27, Savona28, Monza29), Nord-Est (Padova30), Centro (Reggio Emilia31, Viterbo32), Meridione (Piedimonte D’Alife33, provincia di Ca- 25 Il questionario si articolava su sei argomenti: l. Grandi possessi; 2. Possessi medii; 3. Piccoli possessi; 4. Coltivazioni predominanti; 5. Divisione della proprietà; 6. Coltivatori proprietari. 26 ACS, MAIC, Dir. Gen. Agricoltura V, b. 141, fase 400 Informazioni per determinare l’indirizzo delle scuole pratiche di agricoltura, Circolare 30 luglio 1879, n. 427. 27 “Si osserva che l’istruzione agraria è poco diffusa nella classe dei proprietari ed ancor meno negli agenti, nei fattori e segnatamente nei contadini. Infatti come potrebbero esserlo, dal momento che all’infuori della cattedra di agronomia esistente nell’istituto tecnico a cui ben pochi giovani possono andare, non si trovano scuole in cui s’insegnino almeno gli elementi della più importante, della più nobile delle arti.” 28 “Pochi sono i proprietarii che si dedichino allo studio dell’agricoltura nel nostro circondario. Trovansi degli agenti abbastanza esperti e capaci per nozioni dell’agricoltura acquisite per pratica: ignorano affatto tutto ciò che ha rapporto a bonifiche di terreno, drenaggi, sistemi moderni di viticoltura ed enologia, miglioramento di razze per mezzo di incrociamenti ecc. I contadini lavorano bene il terreno ed avendo le qualità e i difetti degli agenti hanno per di più molti pregiudizii.” 29 “Proprietari, per la generalità non s’interessano dell’agricoltura, [...], in conseguenza l’istruzione agraria è per loro lettera morta. Agenti e fattori dotati di un po’ di empirica pratica e nulla più (sonvi però delle eccezioni); nei contadini l’istruzione è zero, ignoranza crassa (non per loro colpa) accompagnata dalla superbia!” 30 “Sieno amministrate le aziende agrarie dagli stessi proprietarii o da fattori o da agenti, ovvero amministrate e coltivate per conto proprio da contadini proprietari, la istruzione agraria è sempre almeno monca.” 31 “Lo stato dell’istruzione agraria è infelicissimo. Fra i pochi proprietari che s’interessano alle faccende campestri, sono pochissimi quelli forniti di sufficiente coltura teorica; e la maggior parte esercitano l’agricoltura empiricamente, compito loro precipuo essendo di impedire le frodi del bifolco, dell’affittuario, del mezzadro. In peggior condizione ancora trovasi la classe poco numerosa dei fattori” 32 “Meno pochissime eccezioni l’agricoltura si esercita empiricamente e dietro le tradizioni ricevute senza discussione degli avi. I fattori in genere sono contadini un po’ più svegliati degli altri, capaci di prendere qualche nota e scrivere alla meno peggio qualche conto, i quali però non hanno mai avuto una educazione speciale ed ignorano tutto che riguardi l’agricoltura, se non è la pratica comune del paese. I contadini sono quali possono essere con siffatti proprietari e fattori.” 33 “Si potrebbe semplicemente dire che l’istruzione agraria è nulla, fatte le debite eccezioni. Quest’arte è abbandonata del tutto nelle mani ignoranti dei poveri contadini, i quali pensano solo a ricavare appena un tozzo di pane, e non sanno nulla più infuori di quanto han visto fare dai loro genitori. I proprietarii pensano solo alla scadenza dei fitti; non si curano né conoscono d’agricoltura.” CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 66 22/12/22 13:34 67 serta, Matera34, Catanzaro35, Termini Imerese36) e Isole (Sassari37) raccontano la stessa storia: - l’istruzione agricola è “poco diffusa” (Alessandria), è “lettera morta” (Monza), “monca” (Padova), “versa in uno stato infelicissimo” (Viterbo), è “quasi nulla” (Piedimonte d’Alife, Sassari), “non è cambiata dai tempi passati” (Matera), “lascia molto a desiderare” (Catanzaro), “è limitata in solo ad alcuni proprietari” (Catanzaro); - il giudizio pesantemente negativo riguarda tutte le figure considerate: a) i proprietari: “istruzione agricola poco diffusa” (Alessandria), “pochi quelli che si dedicano allo studio dell’agricoltura” (Savona), “pochissimi quelli forniti di coltura teorica” (Reggio Emilia), “per la generalità non si interessano di agricoltura” (Monza), “non si curano nè conoscono l’agricoltura” (Piedimonte), “dipendono esclusivamente dai loro massari” (Matera), “non si istruiscono affatto” (Catanzaro), “limitata a soli alcuni” (Termini imerese), “quasi nulla benanche nei più ricchi proprietari” (Sassari); b) i fattori: “l’istruzione agricola è ancor meno diffusa che nei proprietari” (Alessandria), è “quasi nulla” (Sassari), “hanno nozioni acquisite per pratica” (Savona, Monza, Reggio Emilia, Viterbo, Matera), non sanno nulla perché sono scelti tra “mestieranti e persone estranee all’agricoltura” (Catanzaro); c) i contadini: “l’istruzione agraria è poco diffusa […] segnatamente nei contadini” (Alessandria), “hanno molti pregiudizi” (Savona), “l’istruzione è zero, ignoranza crassa (non per loro colpa) accompagnata dalla superbia!” (Monza), “non sanno nulla più infuori di quanto han visto fare dai loro genitori” (Piedimonte), 34 “Le condizioni presenti della istruzione agraria non è gran fatto cambiata dai tempi passati. I proprietarii visitano poco i loro vasti possedimenti, e dipendono esclusivamente dai loro massari,[...] Questi, forniti esclusivamente di cognizioni pratiche, acquistate con l’uso, non mai coi lumi della scienza agronomica, perdurano tuttavia negli antichi sistemi. Analfabeti come sono, non possono, anche che il volessero, accomodarsi ai progressi della scienza. D’altronde i proprietarii rispettivi, anche i meglio istruiti, non possono non dipendere dai loro massari, perché riluttanti alle innovazioni male amministrerebbero e coltiverebbero i campi, con danno non lieve del proprietario. È forza perciò subirne la dannosa influenza, almeno fino a che il tempo, lo svolgimento di nuovi fatti, o sivvero la provvidenza governativa non faccia cambiar aspetto alla nostra nazionale industria.” 35 “L’istruzione agraria lascia molto a desiderare poiché i proprietari, in generale, o non s’istruiscono affatto e se lo fanno si dedicano alla professione di avvocato, di procuratore, di medico, di farmacista od al sacerdozio. I fattori nel generale non sono che servi della casa e nemmeno si scelgono sempre fra i contadini più abili, ma fra mestieranti ed altre persone estranee all’agricoltura. I contadini sono per loro naturale disposizione intelligenti e saggiamente guidati potrebbero divenire ottimi. Sono generalmente assai poveri e non di rado poverissimi perché non fu mai insegnata loro l’arte di ben coltivare e per altri motivi che qui non vale ricordare, e questa loro miseria li rende indolenti e svogliati”. 36 “L’istruzione agraria è limitata in soli alcuni proprietari, dei quali pochi ne fanno un’utile applicazione; nella generalità s’ignorano i principali elementi razionali di tale utile ed importante scienza”. 37 “È cosa veramente dolorosa, ma pur troppo vera che al presente la istruzione agraria è quasi nulla non soltanto nei contadini, nei fattori, e negli agenti, ma benanche nei più ricchi proprietari”. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 67 22/12/22 13:34 68 “sono poveri e non di rado poverissimi perchè non fu mai loro insegnata l’arte di ben coltivare” (Catanzaro), l’istruzione agricola è “nulla” (Sassari). Data questa situazione è evidente che gli interpellati si pronuncino a favore della istituzione di scuole per l’agricoltura a livello elementare e, in considerazione del target di riferimento, prevalentemente pratico. Con questa iniziativa conoscitiva il MAIC non solo ha evidenziato i fabbisogni formativi delle diverse componenti del mondo agricolo, ma ha fatto anche una opportuna campagna culturale a favore dell’istruzione agricola. b. Iter procedurale per l’istituzione di una Scuola Pratica di Agricoltura governativa Il percorso per fondare le scuole pratiche di agricoltura a livello Provinciale è riconducibile a tre fasi. Nella prima il MAIC promuove l’iniziativa nelle provincie del Paese, nella seconda comunica negozia e concerta il progetto di fattibilità con le autonomie locali, nella terza decreta l’istituzione della scuola. Nella prima delle tre fasi il MAIC indirizza una lettera circolare al Prefetto della provincia con l’indicazione delle scuole agrarie risultanti sul territorio e con l’invito a promuovere l’istituzione di una scuola. Proprio come aveva suggerito Miraglia. Più in particolare la Circolare ministeriale:38 1) ricorda che una relazione allegata al bilancio di previsione del MAIC per il 1879 illustrava un programma di ordinamento dell’insegnamento agrario nel quale per formare agricoltori, fattori di piccoli poderi, si proponeva una scuola per provincia o per gruppi di provincie, e che tale insegnamento “avrebbe dovuto essere specializzato in armonia con le colture predominanti nella località”; 2) rileva che “[...] il bisogno dell’insegnamento è, in generale, poco avvertito in Italia; in molte parti l’ordinamento della proprietà è tale che non si palesa la necessità di fattori, ed i piccoli proprietari si decidono difficilmente ad inviare i loro figli a codeste scuole, nelle quali s’impara per mezzo del lavoro; mancano insegnanti, specialmente adatti alla direzione e al buon andamento di tali scuole”; 3) spiega che per la creazione di una tale scuola in ogni provincia si potevano seguire due strade: o “[...] scegliere una località che si raccomandasse per la sua posizione centrale, per facilità di comunicazione o per altri requisiti, ovvero indagare accuratamente quali iniziative fossero state localmente prese”. Ritenendo questa seconda strada più percorribile il Ministero “[...] iniziò una raccolta d’informazioni intorno allo stato non solo di tutte le scuole esistenti, ma anche di quelle che avevano avuto un principio d’esecuzione od erano state semplicemente progettate”; 38 Vedi Bidolli A.P. - S. Soldani (a cura di), L’istruzione agraria (1861-1928), in ACS (Archivio Centrale dello Stato) Fonti della scuola VI, Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale per gli Archivi, 2002. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 68 22/12/22 13:34 69 4) la Circolare individua le possibili attività preesistenti nella Provincia adatte ad essere trasformate in Scuole pratiche di agricoltura. Se la raccolta di informazioni non dà nessun esito, si sollecita la Provincia ad assumere decisioni per la fondazione di una nuova istituzione. Questo punto è la sola parte della Circolare che cambia a seconda della Provincia a cui è indirizzata. Il resto del testo è uguale per tutte le province; Figura n. 11 – Procedure per l’attivazione di una Scuola Pratica di Agricoltura 5) specifica il target, l’indole di tale scuola e la finalità sociale della scuola “[...] la quale deve avere un indirizzo eminentemente pratico, e non estendere quello teorico al di là di ciò che è necessario ad agricoltori e fattori, e nella quale l’insegnamento non deve preparare ad istituzioni di grado più elevato, ma esser fine a se stesso. Basta perciò che siano impartite poche nozioni generali: il rimanente deve insegnarsi per mezzo del lavoro nei campi, nelle stalle, ecc.” E quindi un percorso formativo compiuto, che non dà adito a passaggi formativi ulteriori; un insegnamento elementare e pratico che non ha nulla in comune con quello elevato e teorico delle sezioni agrarie degli istituti tecnici. Un percorso per contadini e fattori che rimarranno contadini e fattori. La scuola non dà la possibilità di una elevazione sociale: anzi esplicitamente contribuisce alla riproduzione della condizione di partenza: “[...] deve riprodurre, presso a poco, le condizioni ordinarie delle famiglie coloniche della provincia e non creare per gli alunni bisogni che più tardi non potranno essere soddisfatti, in una parola non deve spostare le condizioni sociali della classe degli agricoltori”; 6) afferma la necessità che la scuola sia dotata fin dall’inizio di tutti gli arredi necessari; 7) stabilisce che l’amministrazione della scuola sia affidata ad un consiglio, nel quale siano rappresentati i corpi morali che concorrono nella spesa; spesa che deve essere a carico prevalentemente della provincia e dei comuni, che dovrebbero assumere le spese d’impianto e i 3/5 di quelle di mantenimento, mentre per gli altri 2/5 concorrerebbe il governo. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 69 22/12/22 13:34 70 Nella seconda fase il MAIC trasmette il progetto di massima con le caratteristiche di base della scuola e che si chiede di compilare nella parte riguardante i costi. Successivamente si sviluppa una corrispondenza che vede la direzione generale sostenere con vigore e determinatezza la riforma, invitare il Prefetto a darne grande diffusione sui giornali per provocarne interesse e discussione, per farne comprendere i vantaggi per l’economia e quindi indurre gli enti locali a deliberare le somme da spendere in concorso con lo Stato. Non mancano note di amarezza se non anche di sconforto per le reazioni non di rado plaudenti, ma non sempre seguite dall’impegno che il Ministero si aspetta. Spesso si prospettano difficoltà economiche come a Sondrio, che fanno ritenere il progetto “né praticamente né utilmente attuabile” nella Provincia, a volte, come a Pisa i comuni mettono a disposizione cifre troppo piccole. In altre circostanze, l’adesione al progetto, come nel caso del comune di Noto, sottende, a giudizio del Prefetto di Siracusa, una forma di rivalsa per non essere stato scelto come Capoluogo di provincia. Il Ministero dà chiarimenti, incoraggia, insiste sulla massima diffusione dell’iniziativa, consiglia sulle proposte avanzate, è pronto a rivedere il progetto di massima per adattarlo alle esigenze locali, manda ispettori a verificare i terreni e i fabbricati messi a disposizione. Domina a livello centrale la ferma volontà che la riforma abbia successo e che le nuove scuole nascano finanziariamente solide, per cui si accondiscende all’istituzione solo quando gli enti consorziati hanno deliberato gli impegni di spesa per la fondazione e poi per il mantenimento negli anni. Il MAIC ha elaborato un decreto tipo con cui istituire a livello provinciale queste strutture formative, per cui i decreti che provvedono ad istituire Scuole Pratiche, prima della L. n. 3141/85, hanno questa stessa struttura normativa: 1) Finalità delle scuole è “[...] preparare individui atti a dirigere la coltivazione di fondi rurali, o per conto proprio, od in qualità di fattori, agenti di campagna, gastaldi”. Il percorso formativo, quindi, mirava a fornire competenze professionali di chi dirigeva i lavori della terra: i proprietari dei fondi agricoli o, più spesso, persone da loro incaricate (i termini fattori o agenti di campagna o gastaldi sono sostanzialmente sinonimi). 2) Struttura didattica: la durata del corso teorico-pratico, le materie d’insegnamento, le norme per l’ammissione di allievi o per gli esami, il numero degli insegnanti, assistenti ed inservienti ed i rispettivi stipendi sono determinati con apposito regolamento approvato dal Ministero dell’Agricoltura. 3) Governo della scuola e dell’azienda agricola spetta al Direttore. 4) Amministrazione della Scuola: è affidata ad un Consiglio, composto da sette membri (due nominati dal Ministero, tre dal Consiglio comunale, dal Sindaco e dal Direttore della Scuola). I membri elettivi durano in carica due anni. Il Consiglio discute ed approva ogni anno il conto consuntivo e il bilancio preventivo presentati dal direttore, vigila sulla gestione amministrativa della scuola e ne invia al Ministero, annualmente, una relazione corredata dai bilanci, approva e trasmette al Ministero una relazione sulla gestione didattica e disciplinare, pre- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 70 22/12/22 13:34 71 disposta dal direttore, nomina il medico e, su proposta del direttore, il personale tecnico inferiore o quello di basso servizio. 5) Consiglio dei professori: sovraintende all’ordinamento didattico. È presieduto dal Direttore e provvede a definire annualmente il programma d’insegnamento, gli orari “sia per lo studio che pei lavori campestri”, la data degli esami e a discutere ed approvare la relazione annuale del direttore sull’andamento didattico e disciplinare della Scuola. 6) Ruolo del MAIC della Provincia e del Comune. I tre soggetti pubblici, in misura diversa, assicurano finanziariamente l’avvio e la continuità operativa della Scuola e possono effettuare ispezioni. Molto pervasive le competenze ministeriali: nomina direttori ed insegnanti “eleggendo persone già note per la loro valentia od aprendo concorsi” e “invia suoi delegati perché assistono agli esami finali”. c. La convittualità I decreti istitutivi prevedono, oltre la scuola e il podere per le esercitazioni pratiche, anche il convitto, per la residenzialità degli allievi. Nell’intenzione del legislatore vi era la precisa determinazione di attribuire a questo elemento un peso decisivo, poiché si riteneva fondamentale riprodurre le condizioni di vita delle famiglie coloniche benestanti ed educare gli allievi ad uno stile di vita proprio “della vita del campagnolo”, fatto di “sobrietà, semplicità e morigeratezza”.39 La Scuola pratica di agricoltura, quindi, non aveva l’obiettivo di far apprendere solo competenze professionali nel campo dell’agricoltura, ma anche finalità educative per far acquisire agli allievi abitudini di lavoro e comportamenti adeguati.40 La gestione del convitto era affidata al Maestro censore. Conviveva con gli allievi, era responsabile dell’andamento disciplinare e aveva anche funzioni di docente nelle materie di carattere culturale e di base (italiano, storia, geografia, aritmetica, calligrafia). La vita nel convitto era regolamentata anche in relazione alle stagioni: l’alzata mattutina oscillava dalle 4,30 alle 5,30, ma il riposo notturno iniziava sempre alle 21,15; i tre pasti avvenivano alle 7,30 (dopo un’ora di impegno nei campi), alle 14 (ma nei mesi estivi alle 12,30 con successiva siesta pomeridiana) e la cena alle 17, seguita da un po’ di ricreazione; l’inizio e il termine della giornata erano accompagnati da un momento di preghiera. La giornata del convittore (Tabella 9) era piena di impegni didattici: i lavori in campagna duravano da un minimo di 7 ore circa (nei mesi più caldi) a un massimo di 8 ore (nei mesi di marzo, aprile, settembre, ottobre); le lezioni teoriche duravano tutto l’anno 2 ore e mezza (le discipline e il quadro orario sono quelle riportate nella Tabella 10); 2 ore al giorno era il tempo dedicato allo studio personale. Complessivamente, quindi, i ragazzi avevano un monte ore dedicato all’apprendimento dei lavori agricoli di circa 12 ore al giorno! 39 MAIC, Notizie sull’insegnamento agrario industriale e commerciale in Italia, Tipografia Nazionale Bertero e C., Roma, 1911, p. 11. 40 Marcelli A., Luigi Alfonso Casella e la sericoltura calabrese tra Otto e Novecento, Rubbettino, 2005, p. 52. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 71 22/12/22 13:34 72 Tabella n. 9 - Orari giornalieri in un convitto annesso ad una Scuola Pratica di Agricoltura MESI Sveglia Preghiera Lavoro in campagna 1a colazione Lavoro in Campagna dalle alle dalle alle dalle alle dalle Alle Gennaio 5,30 5,30 6 6 7 7 7,30 7,30 2 Febbraio 5,30 5,30 6 6 7 7 7,30 7,30 2 Marzo 5 5 5,20 5,20 7 7 7,30 7,30 2 Aprile 5 5 5,20 5,20 7 7 7,30 7,30 2 Maggio 4,30 4,30 4,50 4,50 7 7 7,30 7,30 12,30 Giugno 4,30 4,30 4,50 4,50 7 7 7,30 7,30 12,30 Luglio 4,30 4,30 4,50 4,50 7 7 7,30 7,30 12,30 Agosto 5 5 5,20 5,20 7 7 7,30 7,30 12,30 Settembre 5 5 5,20 5,20 7 7 7,30 7,30 2 Ottobre 5,20 5,20 5,40 5,40 7 7 7,30 7,30 2 Novembre 5,40 5,40 6 6 7 7 7,30 7,30 2 Dicembre 5,40 5,40 6 6 7 7 7,30 7,30 2 MESI 2a Colazione e riposo Lezioni varie Pranzo e ricreazione Studio camerale Preghiera e preparazione al riposo Riposo dalle alle dalle alle dalle alle dalle alle dalle alle Gennaio 2 2,30 2,30 5 5 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Febbraio 2 2,30 2,30 5 5 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Marzo 2 2,30 2,30 5,30 5,30 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Aprile 2 2,30 2,30 5,30 5,30 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Maggio 12,30 2,30 2,30 5,30 5,30 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Giugno 12,30 2,30 2,30 5,30 5,30 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Luglio 12,30 2,30 2,30 5,30 5,30 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Agosto 12,30 2,30 2,30 5,30 5,30 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Settembre 12,30 2,30 2,30 5,30 5,30 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Ottobre 2,30 2,30 5,30 5,30 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Novembre 2,30 2,30 5 5 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Dicembre 2,30 2,30 5 5 6,30 6,30 8,30 8,30 9 9,15 Tabella n. 10 - Quadro orario delle discipline teoriche di una Scuola Pratica di Agricoltura Discipline Ore settimanali I anno II anno III anno Lingua italiana 3 2 1 Aritmetica e geometria 2 2 1 Geografia e storia 1 1 1 Contabilità - - 2 Geometria pratica - - 2 Disegno 4 4 4 Storia naturale 3 2 2 Fisica 3 - - Agronomia 4 4 4 Zootecnica - 2 2 Chimica generale ed agraria - 3 3 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 72 22/12/22 13:34 73 d. La didattica e i libri di testo Per questo nuovo tipo di percorso formativo occorreva uno specifico tipo di testi scolatici. Il Ministero si preoccupa di conoscere lo stato dell’arte in merito inviando un questionario (un “uniforme interrogatorio”)41 a tutti i direttori “per conoscere qual sieno in realtà, da questo lato, le condizioni delle nostre scuole”. Le risposte furono quelle che si sospettavano rivelando: “in modo indubitabile e preciso una grave lacuna”. “Infatti i più degli insegnanti hanno candidamente confessata la grande, insuperabile difficoltà di trovare libri di tal fatta; e candidamente pure hanno aggiunto che per sopperire a simile mancanza sono costretti, loro malgrado, a ricorrere all’espediente di dettar note o di dare in qualche altra maniera la traccia della lezione agli alunni.” E dato che i testi segnalati o sono troppo difficili, o troppo costosi o non più in commercio il Ministero reputa che l’unica via percorribile per eliminare questo “non lieve sconcio” sia una produzione ex novo, cioè “promuovere la compilazione di brevi manuali, da servire come libri di testo, mediante concorsi”. Per il Ministero tre sono i manuali da mettere a concorso: per la agraria, per la storia naturale e per la fisica e la chimica; per ciascuno di essi elenca un insieme di argomenti da trattare.42 41 “Relazione a S. M. fatta dal Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, sui concorsi per la compilazione di manuali da servire come libri di testo nelle Scuole pratiche di agricoltura”, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 582 del 3 gennaio 1885. 42 “Nel manuale d’Agraria troverebbe luogo dapprima l’esposizione dei principii fondamentali che guidano lo studioso nelle indagini dell’intima e utile connessione tra la pianta, l’aria e il terreno; e nella conoscenza dei mezzi tutti necessari e adatti a porre la pianta stessa in istato di fornire convenientemente la produzione che l’arte ne ricerca. Seguirebbe poi lo studio delle singole piante coltivate; ampio per quelle che vanno riguardate come tipo; compendioso per tutte le altre; restando alla cura dell’insegnante di compiere, nei debiti modi, lo studio di quelle piante che sono di peculiare importanza per la regione, al cui immediato vantaggio è sorta la scuola. Verrebbe, in fine, come sintesi o riscontro delle cose già spiegate e come particolare avviamento dell’alunno alla prima formazione del criterio tecnico e industriale, l’esposizione ragionata e comparativa dei modi onde si giunge a costituire e reggere una modesta azienda rurale. Compimento di questo libro è la trattazione di alcune principali industrie, quali, cioè, quella del bestiame, quella del latte o quella del vino; trattazione da tenere però nel giusti limiti, tanto che si vegga chiara la loro connessione con l’agricoltura o se ne possano apprendere le pratiche più importanti, ma non si entri nella competenza delle nostre Scuole speciali, e si lasci all’insegnante anche in questa parte, il carico di sopperire, ove occorra, in ragione dei bisogni della propria Scuola. La Storia naturale vuol essere trattata, secondo la ordinaria sua partizione, avvertendo che maggiore ampiezza va relativamente conceduta ai rudimenti della botanica o della zoologia, con prevalenza ancora, per ambedue queste discipline, degli argomenti che s’attengono alla fisiologia e alla classificazione. A proposito della quale è mestieri altresì che tutte lo specie o razze o varietà degli animali e delle piante, utili o nocevoli alla nostra agricoltura, sieno ben determinate o descritte, usando particolare diligenza intorno all’esatta nomenclatura dottrinale e volgare, ed opportunamente anche intorno alla sinonimia. Nella Fisica, breve o ristretta sarà l’esposizione dei principi generali frequenti o bene adatte, per contro, le applicazioni, principalmente in ciò che spetta alle prime nozioni della dinamica, della termologia e della meteorologia. La stessa norma, opportunamente adattata, servirà pure por la Chimica generale; e, quanto alla Chimica agraria, vi troveranno acconcia sede le necessarie cognizioni intorno ai terreni, alle acque, alle piante, agli animali e via dicendo; o vi troveranno pure il convenevole fondamento le ricordate industrie del bestiame, del latte e del vino. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 73 22/12/22 13:34 74 Con Regio Decreto n. 2872 del 31 dicembre 1884 vengono disposti i tre concorsi. Il Decreto prevede premi di lire 5.000, 4.000 e 3.000 rispettivamente per il vincitore del manuale di agraria, di storia naturale e di fisica e chimica. Il bando specifica che “La proprietà dei Manuali premiati rimane ai loro autori, i quali dovranno stamparli, a propria cura e spese, entro sei mesi dall’aggiudicazione del premio” e che il Ministero acquisterà mille copie della prima edizione a prezzo da convenire43. e. Le Scuole Pratiche governative istituite e/o riordinate nel decennio In questo decennio sono operative 25 Scuole pratiche di Agricoltura che, rientrano, secondo la nostra classificazione, in quelle governative. Alcune erano già operanti con altri nomi e ordinamenti, altre, invece, istituite con l’iter procedurale descritto nel par. 2.2.1.b. Prima forniremo un quadro d’insieme di tali strutture e poi cercheremo di ricostruire le vicende iniziali e il primo sviluppo di ciascuna di loro. Le loro caratteristiche strutturali sono quelle previste dalla legge: - tutte le scuole hanno una struttura consortile: partecipano all’attivazione delle scuole e al loro funzionamento annuo, oltre al governo, le autonomie locali (Provincia e Comune), la Camera di Commercio, istituzioni e cittadini privati (indicati nella tabella n. 11 sotto l’espressione “altri”); - finanziariamente per tutte le scuole è intervenuto lo Stato mediante il MAIC nella istituzione e nel loro mantenimento annuo; per 19 c’è stato un contributo (per istituzione e/o mantenimento) anche da parte della Provincia e per 10 del Comune; - la Camera di Commercio si è impegnata con 3 Scuole e per 7 di loro c’è stato un contributo anche da parte di strutture non ‘pubbliche”. Numerose sono le configurazioni della struttura consortile che sostiene e governa le scuole: - i tipi di consorzio più ricorrenti sono quelli formati da Stato, Provincia e Comune, e da Stato e Provincia; ciascuna delle due opportunità è stata adottata da 7 scuole; - 5, invece, sono le strutture che sono sostenute da Stato e cittadini o istituzioni private; - 2 le scuole alla cui nascita e funzionamento contribuiscono rispettivamente Stato e Comune o Stato Provincia, Comune Camera di Commercio e privati (cittadini o istituzioni); - una scuola beneficia dell’interessamento di un consorzio tra Stato, Provincia, Camera di Commercio e privati e un’altra di un consorzio tra Governo, Provincia e privati. Precisione degli elementari principii; adatta copia di esempi; accorta sobrietà di controversie, il tutto informato al buon metodo sperimentale, e congiunto a opportuna illustrazione con disegni, e a dettato facile, chiaro e schiettamente italiano, saranno i pregi dei quali i desiderati libri debbono andare adorni”. 43 Ibidem CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 74 22/12/22 13:34 75 Da questo quadro complessivo risulta (Grafico 9) che, oltre allo Stato, sempre coinvolto, la Provincia è presente in 18 scuole (72%), il Comune in 11 (44%) la Camera di Commercio in 3 (12%) e altri, cittadini o istituzioni private, in 6 (24%). Grafico n. 9 - Presenza di soggetti pubblici e privati nel finanziamento e nella gestione delle Scuole Pratiche di Agricoltura governative, operanti nel decennio ‘80-89 Nella Tabella 11 sono segnalate le spese sostenute dai diversi soggetti sia per la istituzione che per il funzionamento annuale di ciascuna scuola. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale per macro aree rileviamo questa situazione: il Meridione primeggia con 11 strutture, pari al 44% del totale delle scuole pratiche di agricoltura governative del Paese (3 Campania, 2 Sicilia, Abruzzo, Calabria, 1 Puglia e Sardegna). Segue il Centro con 9, pari al 36% (4 Marche, 2 Emilia- Romagna, 1 Toscana, Lazio e Umbria); chiude, sorprendentemente, il Nord con sole 5 scuole, 20% (2 Lombardia, 1 Liguria, Veneto, Friuli). Gli insegnamenti impartiti in tutte le 25 scuole sono: Agraria, Scienze fisiche e naturali, Zootecnia, Lingua italiana, Storia, Geografia, Aritmetica. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 75 22/12/22 13:34 76 Tabella n. 11 - Composizione e partecipazione finanziaria consortile delle Scuole Pratiche di Agricoltura governative del decennio 1880-89 Scuola Tipologia spese Governo Provincia Comune Camera di Commercio Altri Scerni (Ch) Impianto 8.000 12.000 63.000 - - Mantenimento 4.000 - 6.600 - - Lecce Impianto 8.000 12.000 - - - Mantenimento 8.000 12.300 - - - Borgonovo Val Tidone Impianto 12.000 - 10.900 - - Mantenimento 5.800 - 8.700 - - Alanno Impianto 10.000 - - - 15.000(1) Mantenimento 6.320 - - - 9.480(1) S. Ilario Ligure (Ge) Impianto 8.000 - - - N.P.(2) Mantenimento 6.000 - - - N.P.(2) Catanzaro Impianto 6.000 12.000 3.000 1.500 - Mantenimento 5.000 N.P. N.P. N.P. - Pesaro Impianto 6.000 - - - - Mantenimento 4.000 - - - 10.000(3) Pozzuolo del Friuli Impianto 10.000 - - - N.P.(4) Mantenimento 7.500 - - - N.P. Caltagirone Impianto 10.000 3.000 2.000 - - Mantenimento 6.000 6.000 3.000 - - Macerata Impianto 8.000 - - - - Mantenimento 6.000 2.000 - - - Brescia Impianto 9.000 - - - - Mantenimento 6.000 3.800 - 300 500(5)/1.400(6) Cosenza Impianto 10.000 N.P. - - - Mantenimento max 7.500 max. 17.500 Ascoli Piceno Impianto 10.000 1.000 1.500 200 - Mantenimento 7.000 7.000 2.000 - - Fabriano Impianto 8.000 4.700 2.500(7)/100(8) - - Mantenimento 6.000 3.000 800 - - Todi Impianto 8.000 - - - N.P.(9) Mantenimento 6.000 3.000 - - 7.000(9) Portici Impianto 10.000 - - - 2.500(10) Mantenimento 6.000 - - - 10.500(10) Montepulciano Impianto 8.000 - - - - Mantenimento 6.000 - 9.000 - - Roma Impianto 10.000 - - - - Mantenimento 8.000 5.000 3.000 - - Eboli Impianto 8.000 8.000 4.000 - - Mantenimento 6.000 4.000 5.000 - - Imola Impianto 10.000 10.000 - - - Mantenimento max 7.500 max 8.750 max 8.750 - - CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 76 22/12/22 13:34 77 Brusegana Impianto 10.000 - - - - Mantenimento 9.000 13.000 - - - Nulvi Impianto 10.000 3.000 6.000 - - Mantenimento 7.000 10.000 4.000 - - Grumello del Monte Impianto 15.400 15.000 - - - Mantenimento 2/5 3/5 - - - Messina Impianto 16.200 10.800 - - - Mantenimento 2/5 3/5 - - - Piedimonte d’Alife Impianto 16.200 10.800 - - - Mantenimento 2/5 3/5 - - - 1. Congregazione di Carità 2. Benefattore: Frenando Marsano 3. Accademia Agricola 4. Istituto Sabatini 5. Comizio agrario 6. Società bacologica 7. Com. Fabriano 8. Com. Serra San Quirico 9. Congregazione della Carità 10. Scuola Superiore di Agricoltura di Portici Di ciascuna delle Scuole Pratiche di Agricoltura cerchiamo di ricostruire le vicende iniziali e il loro primo sviluppo. In un piccolo comune agricolo abruzzese della provincia di Chieti, Scerni, viene istituita, nel 1879, una Scuola Pratica di Agricoltura “con annesso convitto”. Fin dal 1874 un agronomo del paese, il dr. Nicola Colonna aveva avanzato la proposta di istituire una Scuola agraria inferiore con annesso podere. La proposta aveva ottenuto adesioni e consensi44. Ma si passò dal progetto alla sua realizzazione solo nel 1879 quando, dopo positive ispezioni ministeriali, fu emanato un R.D. del 23 novembre del 187945. Fin dall’inizio delle attività didattiche nel 1880, la scuola fu intitolata a Cosimo Ridolfi46 politico risorgimentale, promotore degli studi ad indirizzo agrario e Senatore del Regno. 44 Murolo G., Fatti e figure dell’insegnamento agrario, Dall’unità d’Italia ad oggi, Reda edizioni, Torino 2003, p. 36 45 R.D. n. 5213 del 23 novembre 1879 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 13 del 17 gennaio 1880. Il R.D. concludeva un iter amministrativo iniziato con la delibera del Consiglio provinciale di Chieti del 21 settembre 1878, a cui rispondeva una nota del Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio in data 17 febbraio 1879, n. 1835, con la quale s’inviava alla Prefettura di Chieti un progetto particolareggiato per l’impianto della scuola. Il Consiglio comunale di Scèrni deliberava il proprio assenso e la propria partecipazione finanziaria all’iniziativa il 19 luglio e il 20 ottobre di quell’anno. 46 Cosimo Ridolfi (1794-1865). Nacque da nobile famiglia fiorentina e, tra le tante attività, sicuramente quella che più lo rese illustre è quella legata alle ricerche di agronomia, che svolse sul campo nella sua fattoria di Meleto nei pressi di Castelfiorentino, dove creò la prima scuola di agraria in Italia. Per divulgare le sue ricerche nel 1827 creò il “Giornale Agrario della Toscana” e per aiutare i risparmiatori nel 1828 ispirò la creazione di una Cassa di risparmio che favorisse gli investimenti in agricoltura. Questa banca è ancora oggi esistente con il nome di Cassa di Risparmio di Firenze. Dal 1840 al 1845 tenne la cattedra di agronomia presso l’Università di Pisa e dal 1842 al 1865 fu presidente dell’Accademia dei Georgofili. Nel Granducato di Toscana fu Ministro dell’interno nel 1847 e il 2 giugno 1848 divenne presidente del Consiglio dei Ministri. Ma, poiché il momento politico era particolarmente gravido di tensioni, si dimise dalla carica il 30 luglio. Quando il partito democratico andò al potere fu oggetto di contestazioni e manifestazioni ostili: pertanto si ritirò a Meleto. Nel periodo successivo visse lontano dalla vita politica, dedito alle attività legate al miglioramento CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 77 22/12/22 13:34 78 Tabella n. 12 - Spese per l’istituzione e il mantenimento annuo della Scuola Pratica di agricoltura di Scerni SPESE GOVERNO PROVINCIA COMUNE TOTALE Impianto 8.000 12.000 63.000 72.000 Annuo mantenimento 4.400 6.600 11.000 Per le spese di primo impianto e di gestione annuale il Decreto prevede le somme riportate nella Tabella n. 12. Il comune di Scerni mette a disposizione della nuova istituzione un fondo di sua proprietà, in parte arabile ed in parte boschivo, della superficie complessiva di circa 84 ettari e il fabbricato, sede delle attività didattiche. In considerazione che le attività teoriche si svolgevano in locali provvisori distanti due km dai poderi, raggiungibili con una strada accidentata e impraticabile d’inverno, il Comune decise di costruire un edificio apposito, sede tutt’oggi di un Istituto Tecnico Agrario.47 Un po’ laboriosa la ricerca del primo direttore. A seguito di esito negativo di un primo concorso, per titoli ed esame, da sostenersi a Roma di fronte ad una commissione ministeriale, il 5 agosto 1880 fu necessario bandirne un secondo, per soli titoli.48 Risultò vincitore il prof. Giuseppe Borghi di Faenza, allora segretario della Imperial-regia Società agraria di Gorizia.49 Nel primo anno di attività gli allievi convittori sono 12, e gli esterni 3, mentre si registrano altre 10 richieste di ammissione avanzate dalla Provincia. “Inizialmente l’attività scolastica non riscosse molto credito, poiché si notava che i terreni della scuola erano i peggio coltivati; successivamente, con l’impegno del personale, si migliorarono le colture e, seppur lentamente, cominciò a fornire esempi di buona tecnica”.50 agricolo. Al momento della caduta della dinastia dei Lorena, nel 1859, fu chiamato a far parte del Governo Provvisorio Toscano come Ministro dell’Istruzione, con l’interim degli Affari Esteri; dopo l’unione della Toscana al Piemonte, il 23 marzo 1860 fu nominato Senatore del Regno. 47 Vedi in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 146 del 18 giugno 1880 Provincia di Chieti- Comune di Scerni “Appalto per la costruzione dei fabbricati occorrenti nella Regia Scuola pratica di agricoltura nel Comune di Scerni” del 10 giugno 1880. La somma appaltata ammontava a 61.200 lire 48 Vedi Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, Avviso di concorso, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 231 del 27 settembre 1880. Il concorso era per titoli o esami a scelta del concorrente. Per il vincitore era previsto un appannaggio annuo di 2.500 lire con alloggio. 49 Murolo G., op. cit. p. 36 50 Neri O., Note sull’agricoltura in Italia, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 303 del 22 dicembre 1880, p. 5498. Qui si legge: “Si continuano al Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio lo domande per nuove scuole pratiche di agricoltura, e il voto favorevole manifestato testé da una maggioranza lusinghiera nel Parlamento Nazionale nella destinazione all’uopo dei fondi domandati CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 78 22/12/22 13:34 79 L’istruzione agraria a Lecce vede le sue origini nel 1870, quando il Consiglio provinciale istituisce nel capoluogo la “Casa colonica”, per orfani e giovani a rischio. Nonostante la competente direzione affidata a Edmondo Martel, che proveniva dalla prestigiosa scuola francese di Grignon, in un rapporto sull’andamento dell’Istituto, il deputato provinciale Tanzarella, scrisse che si trattava di un infruttuoso tentativo durato 7 anni e costato alle casse della Provincia oltre 200.000 lire. La casa, nel 1877, diventa Scuola-podere; ma il Consiglio di amministrazione decide di trasformala in Scuola Pratica di Agricoltura.51 Il Decreto istitutivo porta la data del 23 novembre 187952 e l’art. 1 affida alla nuova istituzione una destinazione provinciale: è una scuola per la Provincia di Terra d’Otranto,53 Partecipano alle spese di istituzione, preventivate in lire 20.000: il Governo per lire 8.000; la Provincia di Lecce per il rimanente. Alle spese di annuo mantenimento preventivate in lire 20.500 provvedono: Governo in ragione di due quinti, corrispondenti a lire 8.200 e la Provincia per le restanti 12.300 lire. Oltre al concorso nelle spese d’impianto e di mantenimento, la provincia di Lecce mette a disposizione della Scuola i locali ed i terreni della Scuola-podere (un convento cinquecentesco dei Cappuccini e i poderi di Rusce e Panareo, per 33 ettari), nonché il bestiame, gli attrezzi rurali, i mobili e arredi dell’azienda e del convitto. Nel 1882 la scuola viene intitolata a Giovanni Presta, insigne e poliedrico studioso gallipolino del XVIII secolo (1720-1797)54. In ordine di tempo, una terza scuola venne istituita a Borgonovo Val Tidone55 per la provincia di Piacenza, il cui territorio, da un punto di vista agricolo, vede la dal Ministero medesimo è espressione eloquente della importanza sempre maggiore che acquista in Italia la istruzione agraria”. 51 Murolo G., op. cit. p. 37. 52 R.D. n. 5214 del 23 novembre 1879 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 14 del 19 gennaio 1880. Il 10 maggio del 1879 il MAIC aveva inviato alla Prefettura di Lecce un progetto particolareggiato, che viene approvato dalla Deputazione provinciale con deliberazioni del 9 luglio e 17 settembre. (Vedi Visto del Decreto) 53 Sostanzialmente comprendeva le attuali provincie di Lecce, Taranto e Brindisi. 54 Nel 1923 la scuola è “Regia Scuola Agraria”, e nel 1931, in seguito alla riforma che trasforma le scuole agrarie in istituti superiori, diventa “Regio Istituto Tecnico”. Dal 1996 il Tecnico Agrario “G. Presta” è aggregato all’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente “Columella”. Dal 2000, con l’Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione di Lecce, fa parte dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “L.G.M. Columella”. Vedi www.istitutocolumella.it. 55 Vedi R.D. n. 5.281 del 22 gennaio 1880 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 53 del 3 marzo 1880. Il R.D. n. 2482 del 14 dicembre 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 2 del 3 gennaio 1885 modifica il Decreto istitutivo nella parte relativa alla composizione del Consiglio (due membri nominati dallo Stato, 2 dalla Provincia e tre dal Comune. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 79 22/12/22 13:34 80 compresenza di aree irrigue utilizzate per pascoli e quindi per gli allevamenti di bestiame e aree asciutte (il grosso della superficie agraria), dove dominava la classica “piantata”, ossia filari di viti maritate all’olmo o all’acero alternati da campi coltivati a cereali e foraggiere prative.56 Con nota del MAIC del 24 maggio 1879 veniva trasmesso alla Prefettura di Piacenza il progetto per l’impianto di una scuola in quella Provincia. Il Prefetto richiamò le attenzioni delle amministrazioni comunali di Fiorenzuola d’Adda, Castel S. Giovanni e Borgonovo, le candidate più adeguate ad ospitare l’iniziativa proposta dal Ministero. Il Comune di Fiorenzuola accettò l’idea, ma propose delle variazioni al progetto che furono rifiutate dal Ministero. Anche l’interessamento da parte del Comune di Castel S. Giovanni ebbe esito negativo. Infatti, la scelta cadde su Borgonovo, perché, secondo i pareri dell’Ispettore ministeriale, prof. Cantoni, metteva a disposizioni locali e terreni più adatti.57 Il Consiglio comunale di Borgonovo in data 20 giugno e 5 dicembre 1879 deliberò il proprio assenso al progetto predisposto dal Ministero e la quota di partecipazione finanziaria all’iniziativa. Ministero e Comune si dividono le spese di primo impianto, rispettivamente con 12.000 e 10.900 lire e di mantenimento, con 5.800 e 8700. Il Comune, inoltre, metteva a disposizione il caseggiato dell’ex Convento di San Bernardino con i 5 ettari di terreno circostanti e un orto di sua proprietà. Ulteriori esigenze di terreno sarebbero state soddisfatte mediante affitto. Lusinghiero l’avvio. Nel primo anno la scuola ospita 20 convittori.58 Nonostante questo buon inizio affanni economici rendono problematica la continuità operativa della scuola, tanto che il Ministero provvede, nell’agosto del 1883, allo scioglimento del Consiglio di Amministrazione.59 Nel tempo la gestione della scuola diventa a tal punto problematica che il Comune, non in grado di far fronte agli impegni finanziari assunti, ne chiede nel 1893 la soppressione. 60 Il Ministero accetta e trasferisce gli arredi e le dotazioni tecniche acquistati con fondi governativi alla Scuola pratica di Voghera. 56 L’azienda ha un basso grado di specializzazione e di conseguenza presenta un indirizzo produttivo tipicamente policolturale con una molteplicità di processi produttivi al suo interno. Possiamo individuare cinque attività principali: i foraggi, l’allevamento bovino, l’attività casearia (che può essere interna all’azienda ma anche esterna), l’allevamento suinicolo (anche questo interno ma anche esterno), i cereali (ed eventualmente altre colture estive di varia natura come pomodoro, aglio, cipolle, vite, piante da frutto e altro ancora). Vedi Comune di Piacenza, Piano Strutturale Comunale Allegato 12 A Analisi del territorio agricolo, in www.provincia.pc.it. 57 Murolo G., op. cit. p. 32. 58 Neri O. Note sull’agricoltura in Italia, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 303 del 22 dicembre 1880, p. 5498. 59 R.D. n. 1.073 del 27 agosto 1883, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 227 del 27 novembre 1883. 60 Con delibere comunale del 20 giugno, 3 settembre e 1 dicembre 1893 e 12 marzo 1894. Anche la Provincia si tira indietro (Deliberazione del 15 luglio 1893). Il Ministero con Nota del 15 giugno 1894 n. 17467 acconsente alla cessazione. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 80 22/12/22 13:34 81 Sempre nel 1880 in Abruzzo viene istituita una seconda Scuola Pratica di Agricoltura, ad Alanno. Mentre per Scerni si trattava di una nuova iniziativa per Alanno si tratta della trasformazione di una precedente attività. Inoltre, Scerni si collocava, secondo la ripartizione amministrativa-territoriale ereditata dallo Stato unitario dal Regno delle due Sicilie61, nell’Abruzzo Ulteriore I (capoluogo Teramo; distretti Teramo e Penne), mentre Alanno nell’Abruzzo Citeriore (capoluogo Chieti; distretti Chieti, Lanciano e Vasto). Un Decreto borbonico del 10 dicembre 1859 aveva stabilito che le rendite dell’oratorio delle Grazie, del comune di Alanno, fossero utilizzate per la fondazione e il mantenimento di un orfanotrofio agrario. Nel 1872 fu inaugurato un orfanotrofio Scuola-podere che, nel 1876, diventa Istituto Agrario Zootecnico62. Grazie alle attestazioni di buon funzionamento rilasciate da esperti illustri, il botanico Ettore Celi63, il chimico agrario Fausto Sestini64 e l’agronomo Giuseppe Ricca Rossellini65 il Ministero non ha difficoltà a patrocinare l’Istituto agrario trasformandolo in Scuola 61 De Santis G., Elenco alfabetico delle provincie, distretti, circondari, comuni e villaggi del Regno delle due Sicilie, Stabilimento tipografico di Gaetano Nobile, Napoli, 1854. 62 Ministero della Pubblica Istruzione, Istituto Tecnico Agrario Statale “P. Cuppari” Alanno (PE), Tipografia Cantagallo Penne, 1990. 63 Ettore Celi (1822-1880). Nel 1856 divenne titolare della cattedra di Botanica dell’Università di Modena. Nel 1873, Gaspare Finali, Ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio, lo chiamò a dirigere la Scuola superiore d’Agricoltura di Portici, istituendo tra l’altro il Gabinetto d’Agricoltura che dotò di pregevoli collezioni. Fu nominato Ispettore centrale per l’istruzione tecnica, Membro del Consiglio Superiore dell’Agricoltura e socio di importanti accademie, italiane e straniere. 64 Fausto Sestini (1839-1904) professore di Chimica Agraria alla Scuola delle Cascine di Firenze e alla Scuola Superiore di Agraria di Pisa, dove fu anche direttore del locale Gabinetto di Chimica Agraria. Tra le sue numerose opere, quella di maggior successo fu il Corso di chimica ad uso delle scuole secondarie, pubblicato dai primi anni novanta del XIX secolo fino al 1921. Fondò la stazione agraria di Forlì e diresse quella di Udine. 65 Giuseppe Ricca Rossellini (1834-1914). Diresse L’Industriale romagnolo, un periodico da lui fondato a Forlì e altre numerose pubblicazioni. Introdusse in Romagna un nuovo tipo di macchina trebbiatrice. Ricoprì vari incarichi d’insegnamento: all’Università di Pisa, a Reggio Calabria, e Bari e presso l’Istituto Tecnico e la Stazione sperimentale agraria di Udine. Realizzò ricerche e redasse progetti: ricerche sulle condizioni geognostiche e agricole dell’Istria, studi agronomici e tecnici in Sardegna, progetto di bonifica della valle del Coghinas. Fu nominato Ispettore dell’Agricoltura e dell’insegnamento agrario, nel 1880. Si occupò quindi dell’organizzazione o del riordinamento di varie Scuole di Agricoltura: Catanzaro, Cesena, Perugia, Imola, Pescia. Nominato Ispettore Capo dell’Agricoltura e dell’Insegnamento Agrario presso il Ministero di Agricoltura Industria e Commercio nel 1893, e Ispettore generale, nel 1908, si dedicò negli ultimi anni a uno studio sul progresso della meccanica agraria in Italia e ai temi dell’Istruzione agraria e forestale nel mondo. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 81 22/12/22 13:34 82 Pratica di Agricoltura, nel dicembre dell’80.66 La scuola viene intitolata67 a Pietro Cuppari, cultore di scienze agronomiche.68 Alle spese per l’impianto della Scuola, preventivate in lire 25.000 provvedono: il Governo per lire 10.000 e la Congregazione di Carità di Alanno per 15.000. Alle spese di mantenimento, preventivate in lire 15.800, provvedono: il Governo con 6.320 e la Congregazione di Carità con 9.480. In seguito alla riforma delle Scuole agrarie del 192369 diventerà Regia Scuola Agraria Media, elevata poi, a decorrere dal 1 ottobre 1933, al grado di Istituto Tecnico Agrario, dotato di autonomia.70 Un primo tentativo di istruzione agricola in provincia di Catanzaro è rappresentato dalla istituzione di una Cattedra di agricoltura nel locale liceo, nel 1845. Ebbe poca fortuna, anche perché si impartivano solo nozioni teoriche. Non decollò, nemmeno, qualche anno dopo, un orfanatrofio con un istituto agrario. Migliore sorte ebbe una Scuola di agricoltura e pastorizia, inaugurata nel 1875, cui fu annesso un convitto e un deposito di macchine agricole.71 Nel 1879 il MAIC propone il riordinamento di tale scuola in Scuola Pratica di Agricoltura72 per la Calabria Ulteriore seconda.73 Alla proposta ministeriale risposero positivamente la Provincia, il Comune di Catanzaro e la Camera di Commercio.74 Il Decreto istitutivo porta la data del 2 gennaio del 188175 e prevede un coinvolgimento finanziario per il mantenimento annuo, rispettivamente di 6.000 lire da parte del Governo, 12.000 della Provincia, 3.000 del Comune e 1.500 della Camera di Commercio. La Provincia dotò la scuola di un podere di 28 acri.76 Per le spese di primo impianto, invece, provvedono il Governo per lire 5.000; gli altri Corpi fondatori e contribuenti per il rimanente. 66 R.D. n. 5814 del 19 dicembre 1889 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 6 del 10 gennaio 1881. 67 Con decisione del Consiglio di Amministrazione del 23 marzo 1881. 68 Pietro Cuppari (1816-1870). Laureato in medicina, fu uno degli agronomi più famosi del suo tempo. Viaggiò in Francia, Inghilterra e Austria, dove acquisì importanti cognizioni agronomiche e di meccanizzazione agricola. Chiamato all’Università di Pisa quale docente di agronomia e pastorizia, vi restò fino alla morte. La sua opera più famosa è il Manuale dell’agricoltore (1870), che verrà ristampato per decenni. 69 R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267, Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani in Gazzetta Ufficiale 17 maggio 1924, n. 117. 70 R.D. 31 agosto 1933 n. 2147 Approvazione del Testo Unico delle leggi sull’Istruzione Superiore, in Gazzetta Ufficiale Supplemento Ordinario 7 dicembre 1933, n. 283. 71 Murolo G., op. cit. p. 38. 72 Nota del MAIC dell’11 marzo 1879, n. 1580-1651, indirizzata al Prefetto di Catanzaro. 73 La Provincia comprendeva i distretti di Catanzaro, Monteleone, Nicastro e Crotone. 74 Rispettivamente con Delibere del 25 maggio, 28 agosto e 8 settembre. 75 R.D. n. 5 (serie terza) del 2 gennaio 1881, in Gazzetta Ufficiale del Regno del 4 febbraio 1881, n. 28. 76 Murolo G., op. cit. p. 38. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 82 22/12/22 13:34 83 A Pesaro all’istruzione agricola da tempo era stata riservata un’attenzione particolare. Già dal 1828, alcuni notabili della città vi avevano fondato un’Accademia agraria. Nel 1840, grazie ad un sussidio della provincia, l’Accademia aprì la scuola di agricoltura; nel 1855 acquistò il podere Montegranaro sul colle Ardizio; nel 1870 istituì un campo sperimentale in un podere presso la città. Nel 1876 l’Accademia acquistò la splendida villa Caprile, attuale sede dell’istituto tecnico agrario “Cecchi”, con l’annesso podere di 23 ettari, dove istituì la colonia agraria.77 Colonia che viene riordinata in Scuola Pratica di Agricoltura per la Provincia di Pesaro Urbino con Regio Decreto del 2 gennaio 1881, con l’assenso, naturalmente della Accademia.78 Alle spese d’impianto il Governo partecipa con 6.000 lire e alle spese di mantenimento per due quinti fino alla concorrenza di lire 4.000. Ulteriori spese sono a carico dell’Accademia. L’amministrazione della Scuola è affidata ad un Consiglio, formato dal Consiglio dell’Accademia e dal Direttore della Scuola. Direttore e docenti sono nominati dal Ministero e scelti o mediante concorso (nel qual caso l’Accademia partecipa alla commissione di concorso con un suo membro) o “per la loro nota attitudine” (in questo caso l’Accademia viene consultata). Una Scuola d’agricoltura, creata dal governo borbonico a Cosenza, nel 1858, rimase in funzione solo due anni; fu 77 Papa Leone XII nel 1827, con Bolla pontificia, concesse il necessario permesso con approvazione della Sacra congregazione degli studi. Il suo primo Statuto fu approvato il 12 giugno 1828 ed indica all’art.3 il fine dell’Accademia: “perfezionare e propagare l’agricoltura”. Nel 1831, sotto Papa Gregorio XVI, l’Accademia venne temporaneamente disciolta per timore che fosse di ritrovo ai liberali ma, anche in quel periodo, gli accademici continuarono ad adunarsi. Cfr. Bruni B., L’Accademia Agraria in Pesaro. Profilo storico (1828-1990), Pesaro, Tip. Melchiorri, 1995. 78 R.D. n. 7 (serie terza) del 2 gennaio 1881 in Gazzetta Ufficiale del Regno n. 30 del 7 febbraio 1881. Il MAIC aveva inoltrato al Prefetto di Pesaro un progetto per l’istituzione di una Scuola Pratica di Agricoltura in data 16 maggio 1879 (nota 8343). Il Consiglio dell’Accademia delibera il proprio assenso nella seduta del 2 settembre 1880. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 83 22/12/22 13:34 84 chiusa per mancanza di allievi. Un nuovo tentativo fu fatto nel 1871, quando nell’Ospizio di Redenzione fu aperta una nuova scuola, la cui direzione fu affidata a Bartolomeo Tommasi che conservò questo ruolo per trent’anni. Inizi stentati, soprattutto per mancanza di un podere, come ebbe a lamentarsi il Tommasi di fronte al Ministro Finali e al Direttore Miraglia, intervenuti alla inaugurazione dell’anno 1875-76. La Provincia, impegnata anche finanziariamente nella lotta al brigantaggio, destinava pochi fondi alla Scuola. Quando però il MAIC ne propose la conversione in Scuola Pratica per l’Agricoltura per la Provincia della Calabria citeriore79 diede il proprio assenso e l’assicurazione di partecipare con propri fondi80. Il Decreto istitutivo, che porta la data del 2 gennaio 188181, stabilisce gli impegni finanziari dello Stato e della Provincia. Per le spese iniziali il Governo provvede con 10.000 lire e la Provincia copre le spese ulteriori, mentre per il mantenimento annuo lo Stato si impegna per i due quinti fino alla concorrenza di lire 7.500, mentre la Provincia per il resto. Le esercitazioni pratiche avvenivano in un podere, affittato per 18 anni ed esteso 35 ettari.82 Continuando la politica governativa di utilizzare preesistenti strutture per istituirvi Scuole Pratiche di Agricoltura provinciali, il Ministero invia al Prefetto di Udine un progetto per l’Istituzione di una Scuola pratica di agricoltura83 in Pozzuolo Del Friuli, presso l’Istituto “Stefano Sabbatini”. L’istituto era stato la dimora di campagna dei coniugi Stefano Sabbatini e Cecilia Gradenigo. Quest’ultima, ormai vedova (muore nel 1864), nel testamento stabilisce che la loro villa di campagna fosse utilizzata per una scuola agraria, con annesso convitto, “per i figli dei contadini poveri” e fosse intitolata al marito.84 Il testamento fissava anche le finalità dell’istituto: “portare a livello della comune intelligenza gli insegnamenti della progrediente agronomia” e prevedeva che Consiglio di Amministrazione dell’Opera Pia, che governava l’Istituto, fosse presieduto dall’Arcivescovo di Udine. Il progetto del Ministero ha l’assenso del Consiglio di amministrazione dell’Opera Pia, proprietaria dell’Istituto Sabbatini e della Deputazione provinciale di Udine.85 In data 2 gennaio 1881 viene approvato il Decreto istitutivo di una Scuola Pratica di Agricoltura per la provincia di Udine.86 Sia alle spese di impianto che a quelle di mantenimento annuo provvedono lo Stato (rispettivamente con 10.000 e 7.500) e l’Istituto Sabbatini. Il corso durava tre anni e la scuola era aperta tutto l’anno “dovendo gli allievi esercitarsi nei lavori campestri non vi saranno vacanze autunnali, nè d’altra stagione”. Nei mesi di 79 Con Nota del Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio 4 luglio 1879, n. 11527. 80 Deliberazioni del Consiglio provinciale della Calabria Citeriore 12 dicembre 1879 e 8 dicembre 1880. 81 R.D. n. 8 (terza serie) del 2 gennaio 1881 in Gazzetta Ufficiale del Regno n. 33 del 10 febbraio 1881. 82 Murolo G., op. cit. p. 38. 83 Con Note del Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio 23 settembre 1878, n. 17317, e 16 maggio 1879, n. 1823. 84 Vedi RR.DD. 28 novembre 1872 e 24 agosto 1880, per l’erezione in Corpo morale dell’Istituto “Stefano Sabbattini e per l’approvazione dello statuto di quell’Opera pia”. 85 Rispettivamente in data 23 e 25 ottobre 1880 (Cfr. i Visti del R.D. n. 9/81). 86 R.D. n. 9 (serie 3) del 2 gennaio 1881 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 34 dell’11 febbraio 1881. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 84 22/12/22 13:34 85 aprile ed ottobre erano sospese le lezioni teoriche, per consentire al Direttore e ai docenti di godere del permesso ordinario. “Nelle ricorrenze solenni (Natale e Pasqua) la direzione potrà accordare agli allievi il permesso per brevi assenze, mai maggiori di otto giorni, dietro formale richiesta delle famiglie”. La scuola poteva contare per le lezioni teoriche e il convitto su tre fabbricati, mentre per le esercitazioni su una stalla per 25 capi ed un’azienda per complessivi 30 ettari con annessi colonici. La popolazione scolastica, formata quasi esclusivamente da convittori, oscillava tra i 30 e 40 allievi.87 Le radici dell’insegnamento agrario nel cuore della Sicilia ebbero origine da un’epidemia di colera che si sviluppò nel 1867. I malati furono ricoverati nel convento dei cappuccini di Caltagirone. Cessata la malattia per i giovani maschi, in gran numero rimasti orfani, si pose il problema della sussistenza. Dato che provenivano prevalentemente dalla campagna si pensò ad una loro istruzione agricola. Rimasero ospiti del convento, dove potevano utilizzare, per le elementari pratiche agricole, anche l’orto. In questo periodo la struttura prende il nome di “Asilo agrario”.88 Visto il successo dell’iniziativa furono presi in affitto nove ettari adiacenti al convento e, nel 1877, nacque una Colonia agricola. C’erano tutte le premesse perché questa struttura formativa potesse rientrare nei piani del MAIC per una sua stabilizzazione come Scuola Pratica di Agricoltura per la Provincia di Catania. Questo propose il Ministero al Prefetto della città etnea.89 Il Consiglio provinciale e quello di Catania e la Deputazione della colonia agricola di Caltagirone90 diedero il loro assenso. Il Decreto istitutivo porta la data dell’8 maggio 1881.91 Tabella n. 13 - Spese per l’istituzione e il mantenimento annuo della Scuola Pratica di agricoltura di Caltagirone Spese Governo Provincia Comune Tot. Impianto 10.000 3.000 2.000 15.000 Mantenimento annuo 6.000 6.000 3.000 15.00092 87 Murolo G., op. cit. p. 30. 88 Russo S., L’Istituto Tecnico di Caltagirone compie 150 anni in www.agoravox.it/L-Istituto-Tecnico- Agrario. 89 Con Note 14 luglio 1879, n. 12114 e 11 dicembre 1880, n. 26364. 90 Deliberazioni 24 gennaio 1881 del Consiglio provinciale di Catania. Deliberazioni 24 settembre 1879, 3 aprile e 11 settembre 1880 del Consiglio comunale di Catania. Deliberazioni della Deputazione della Colonia agricola di Caltagirone del 14 settembre 1879 e 18 aprile 1880. 91 R.D. n. 288 (serie terza) in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 222 del 23 settembre 1881. 92 “Questi contributi annui saranno però di lire 6.500 per parte del Governo, di lire 7.000 per parte della provincia e di lire 4.000 per parte del comune, finché non abbiano compiuto il corso ordinario di studi nella Scuola quelli alunni che attualmente sono mantenuti gratuitamente nella colonia per effetto di una convenzione preesistente tra la colonia stessa e la provincia” (art. 14 del Decreto istitutivo). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 85 22/12/22 13:34 86 Il podere della Scuola si estendeva per 20 ettari in corpo unico, con una stalla per bovini, allevamento di piccoli animali e porcilaia. Nel 1883-84 gli allievi furono 36, prevalentemente figli di contadini e piccoli proprietari.93 L’Amministrazione provinciale di Macerata, con Delibera del Consiglio provinciale del 17 marzo 1868, aveva istituto una Colonia agricola su un fondo rustico, suddiviso in tre poderi, già di proprietà del Seminario vescovile. Scopo principale della istituzione era quello di dare istruzione pratica ai giovani appartenenti a famiglie di contadini e di piccoli proprietari, attraverso un corso della durata di tre anni che poteva divenire di quattro anni per gli allievi migliori, a seguito del quale si otteneva l’abilitazione alla professione di fattore. Inizialmente, il convitto, ed i locali scolastici risultavano collocati nel casino di villeggiatura del Seminario, posta a poca distanza dai terreni destinati all’attività didattica. Avendo la Curia vescovile ottenuto la restituzione dell’edificio, la colonia fu costretta a continui trasferimenti, fino a che nel 1877 venne completata la nuova sede, un fabbricato di grandi dimensioni, provvisto di ogni comodità, nel centro del più grande dei poderi. Dotato di ampi spazi utili ad abitazione del direttore, ad accogliere gli insegnanti, i magazzini, e i ricoveri degli animali. Attraverso nuove tecniche razionali, nella colonia agricola veniva dedicato largo spazio all’apicoltura, alla bachicoltura, alla viticoltura, alla potatura di olivi e di alberi da frutta, agli interventi di sistemazione idraulica nelle aree collinari.94 Con R.D. 24 novembre 1881 n. 49695 la Colonia agricola venne ufficialmente elevata a Regia scuola pratica di agricoltura per la provincia di Macerata, naturalmente con il consenso del Consiglio provinciale. Alle spese di mantenimento provvedevano: il Governo con annue lire 6.000, e la provincia di Macerata con annue lire 2.000 o colla cessione gratuita dell’uso di tutto il capitale mobile ed immobile già esistente a corredo della colonia e del godimento delle relative rendite. Per gli ottimi risultati raggiunti e la perfetta organizzazione, la Scuola Pratica Provinciale fu trasformata in Statale in virtù della Legge 6 gennaio 1885 n. 314196. Fin dalla nascita questa Scuola influì molto sul pro- 93 Murolo G., op. cit. p. 30. 94 Vedi www.beniculturali.it/la Regia Scuola Pratica di agricoltura di Macerata. 95 Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 301 del 27 dicembre 1881. 96 Nel 1924, in applicazione del R.D. 30 dicembre 1923 n. 3.214, la Scuola fu elevata di grado e divenne Scuola Agraria Media. Fu costruito allora un ampio padiglione scolastico, furono migliorati i fabbricati dell’Azienda e del Convitto e fu costruita una nuova casa colonica modello. Infine, a decorrere dal 1933, la Scuola Agraria Media, in applicazione della Legge 15 giugno 1931 n. 889, fu trasformata in Istituto Tecnico Agrario. Da allora l’Istituto ha funzionato regolarmente, diplomando una numerosa schiera di Periti Agrari. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 86 22/12/22 13:34 87 gresso economico della Provincia sia per la capacità tecnica degli agenti che creava, ma anche come polo divulgativo di tecniche agronomiche innovative.97 E naturalmente non poteva mancare una Scuola agricola in Valdichiana, che, proprio in questi anni conosce il rilancio della sua viticoltura. In data 19 luglio 1879 il Consiglio comunale di Montepulciano accetta il progetto governativo di trasformare in Scuola Pratica di Agricoltura per la Provincia di Siena l’Istituto agrario presente nel suo territorio.98 Il progetto prevedeva una partecipazione finanziaria all’iniziativa da parte dello Stato, nella misura di 8.000 lire per le spese di istituzione e di 6.000 per le spese di funzionamento annuo. Il Comune forniva fabbricati e terreni e un contributo annuo di 9.000 lire. Il Decreto istitutivo porta la data del 24 novembre 1881.99 L’Istituto agrario era stato voluto da Angelo Vegni,100 uno scienziato e filantropo che l’aveva realizzato nella sua tenuta di Capezzine, al confine tra i Comuni di Montepulciano e Cortona. L’attuale Istituto agrario di Cortona porta il suo nome. Troppo oneroso l’impegno finanziario per Montepulciano? Sta di fatto che un Decreto del 12 novembre 1883 chiude la Scuola, a far data dal 1 gennaio dell’anno successivo. Furono degli agricoltori a fondare, a Brescia, una scuola capace di preparare tecnicamente i giovani ad un’agricoltura nuova. Le prime lezioni furono impartite, nell’inverno 1875-76, a cinque allievi in due locali sotto la bigattiera (locale per l’allevamento del baco da seta) del podere della vecchia “Villa Brusaferri” che, adattata allo scopo, rimarrà per sempre la sede della scuola. Nel 1876 venne approvato lo Statuto della “Scuola teorico-pratica di agricoltura della Bornata” il cui scopo principale era quello: “di preparare giovani atti a dirigere la coltivazione dei fondi rurali, abili agricoltori, agenti o fattori di campagna, con speciale riguardo ai bisogni della provincia di Brescia”. Nel 1882, con R.D. 15.1.1882 n. 603101 la scuola diventa Scuola Pratica di agricoltura per la Provincia di Brescia, dopo che il progetto del MAIC aveva ottenuto il beneplacito della Provincia, del Comune, della Camera 97 Vedi www.itagaribaldi.it/l’azienda-agraria. 98 Vedi i visti della Gazzetta Ufficiale che istituisce la Scuola. 99 R.D. n. 497 del 24 novembre 1881 in Gazzetta Ufficiale del Regno n. 301 del27 dicembre 1881. 100 Angelo Vegni (1811-1883). Intellettuale, socio dell’Accademia dei Fisiocritici e di quella dei Georgofili, condivise con Ricasoli, Vieusseux e Ridolfi impegni sociali ed economici e attività politica nella Toscana fra il 1840 e il 1880. Di antica famiglia senese studiò Scienze fisiconaturali all’Università di Siena e Ingegneria metallurgica a Parigi. Seguace della dottrina economica della fisiocrazia che considera l’agricoltura la fonte principale della ricchezza delle nazioni, promosse anche fortemente l’industrializzazione nel Granducato di Toscana, prima come ingegnere minerario, poi come inventore e brevettatore del cavo metallico e della macchina per produrlo. 101 R.D. n. 603 del 15 gennaio 1881 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 25 del 30 gennaio 1882. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 87 22/12/22 13:34 88 di Commercio e del Comizio agrario102. Il governo contribuiva alle spese di primo impianto con 9.000 lire. La Provincia metteva a disposizione i fabbricati e i terreni. Le spese per il mantenimento annuo erano sostenute dallo Stato (6.000) e dalla Provincia (9.000). Nel contributo provinciale erano compresi i contributi del Comune (1.000), della Camera di Commercio (300) del Comizio agrario (500) e della Società bacologica di Brescia (1.400). Il 15 settembre 1885 assunse la denominazione di “Scuola Regia di Agricoltura in Brescia”; infine il 22 ottobre 1889, con R.D. n. 6520, assunse il nome di “Regia Scuola pratica di Agricoltura Giuseppe Pastori”103 e, nel 1890, l’Amministrazione Provinciale acquistò la “Villa Barboglio” e l’annesso podere assegnandoli alla scuola “Pastori”104. Al Prefetto della Provincia di Ascoli Piceno, Giuseppe Sensales. va il merito di essersi adoperato perché la Provincia potesse disporre di una Scuola Pratica di Agricoltura. Fu lui, infatti, ad ottenere in gratuita cessione i locali appartenenti alla Congregazione della SS. Annunziata, con un orto annesso. In effetti la terra per le esercitazioni degli allievi non era particolarmente idonea perché “[...] scarseggiante d’acqua nella estiva stagione, onde si rende impossibile coltivarlo esclusivamente a piante ortensi”.105 Prefetto e Comune si mettono alla ricerca di 102 Alle Note 23 settembre 1878, n. 17317 e 3 maggio 1879, n. 22032 inviate dal MAIC al Prefetto di Brescia fecero seguito le Deliberazioni 27 giugno 1881 del Consiglio provinciale, 9 novembre 1881 della Deputazione provinciale, 12 novembre 1881 del Consiglio comunale, 29 novembre 1881 della Camera di commercio e 3 settembre 1881 del Comizio agrario di Brescia. 103 Giuseppe Pastori (1814-1885) è stato un imprenditore e docente di filosofia del diritto. Emigrato a Parigi per motivi politici, si occupò di amministrare le finanze dei Gonzaga e di Cristina Belgiojoso. Con l’Unità d’Italia ritornò in patria. Fece beneficenza in favore di molti istituti, come ad esempio l’Ospedale Maggiore di Milano. Nel 1870 si ritirò dagli affari dedicandosi a portare interessanti trasformazioni nelle aziende agricole che andava via via acquistando. Nel suo testamento, datato 8 marzo 1885, dispose che con il suo patrimonio fosse fondato in Brescia, “dietro riconoscimento in corpo morale per Reale Decreto, un Istituto che si appellerà del mio nome, di una scuola pubblica di agricoltura, sul modello dei migliori Istituti di tale genere fiorenti in Francia ed in Germania, nella quale si insegni teoricamente e praticamente - per una apposita sezione pratica in Orzinuovi - l’agricoltura, la chimica agricola e la zootecnia; e a tale scopo lego all’erigendo Istituto - in cui saranno chiamati ad insegnare dei migliori professori di dette scienze d’Europa - tutti i miei beni stabili, situati in Gerolanuova ed in Orzivecchi ... più la somma di £. 200.000”. I terreni lasciati da Giuseppe Pastori per la costituzione dell’Istituto avevano una superficie di 200 ettari. Nella Scuola dovevano essere, poi, “istituite intere o mezze pensioni a favore degli alunni meno facoltosi e più meritevoli”. Vedi www.itaspastori.gov.it. 104 A seguito delle diverse riforme della scuola, assunse dapprima il nome di “Regia Scuola Media Agraria” (R. D. del 30 dicembre 1923 n. 1923) e, nel 1931, quello di “Regio Istituto Tecnico Agrario Giuseppe Pastori”, il cui corso di studi venne elevato da tre a cinque anni (www.itaspastori.gov.it). 105 Con Nota 31 maggio 1879, n. 9395. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 88 22/12/22 13:34 89 fondi più idonei, ma è un Ispettore ministeriale che ne individua due, appartenente a proprietari diversi. Ed è con costoro che si arriva ad un compromesso: i proprietari si impegnavano a cedere in affitto alla Scuola i loro terreni “ogni qual volta su uno di essi fosse caduta la scelta del terreno per la Scuola stessa”.106 Nel frattempo, dopo aver espletato il percorso procedurale consueto (invio al prefetto del progetto del MAIC per la costituzione di una Scuola Pratica di Agricoltura per la Provincia, e presa d’atto delle decisioni in merito da parte di tutti i soggetti coinvolti - la Provincia, il Comune, la Camera di Commercio e la Congregazione di carità107-, si arriva, in data 8 aprile 1882, al Decreto istitutivo108. Per le spese di avvio contribuiscono: il Governo con lire 10.000, la Provincia con lire 1.000, il Comune con lire 1.500 e la Camera di commercio con lire 200. Il Comune e la Congregazione di Carità mettono a disposizione i fabbricati occorrenti. Nelle spese di mantenimento contribuiscono annualmente: il Governo e la Provincia con lire 7.000 ciascuno, ed il Comune con lire 2.000. A Sant’Ilario Ligure, una volta comune autonomo oggi quartiere della città di Genova, c’è un istituto agrario: il “Bernardo Marsano”. Affacciato sul mare vanta ai nostri giorni un primato: è la scuola che più d’ogni altra introduce i giovani diplomati nel mondo del lavoro109. Questa scuola di eccellenza ha una lunga tradizione: nasce, infatti, nel 1882 per la generosità e la lungimiranza di un ricco commerciante genovese che darà a questa istituzione il suo nome: Bernardo Marsano (1811-1893). Egli “[…] dispose all’uopo di una tenuta in S. Ilario Ligure, presso Nervi; tenuta consistente in terreni per la totale superficie di ettari 27 circa, posti principalmente a mezza costa del Monte Giugo e da tempi antichi ridotti a terrazze, in case civili e rurali.”110 La proprietà di 27 ettari è costituita da numerosi 106 Murolo G., op. cit. p. 34. 107 Con Deliberazioni 1° giugno 1881 del Consiglio provinciale, 8 novembre 1881 del Consiglio comunale, 13 gennaio 1881 della Camera di commercio e 20 ottobre 1880 della Congregazione di carità di Ascoli Piceno (Vedi Visti del Decreto istitutivo). 108 R.D. n. 613 del 19 gennaio 1882 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 31 del 6 febbraio 1882. Tale Decreto viene modificato per quanto riguarda l’art 3. Viene aggiunto il comma seguente: “i consiglieri durano in carica tre anni si rinnovano per un terzo ogni anno, e sono rieleggibili.” Vedi R.D. n. 1951 del 7 febbraio 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 51 del 29 febbraio 1884. 109 www.rainews.it/dl/rainews/media/marsano-scuola-agraria 110 Comenale A. - G. Alloisio, Il podere Costigliolo di S. Ilario (Genova) e l’energia solare, in www.gses.it. Ibidem, si legge: “Revocando ogni precedente disposizione istituisco mio erede universale la Regia Scuola Pratica di Agricoltura Marsano in S. Ilario di Nervi, alla cui fondazione ho consacrato tutta la mia vita e la maggior parte de’ miei averi allo scopo di creare nella Liguria, mia terra natale, un centro di istruzione ove si insegnino i metodi migliori per trasformare le nostre terre, oggi CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 89 22/12/22 13:34 90 “poderi” o “regioni”, vale a dire appezzamenti di terreno di dimensioni diverse, con colture diverse, come agrumeti, oliveti, castagneti, separati l’uno dall’altro, tra questi il Podere Costigliolo ove sorge l’edificio che sarà la sede della Scuola Agraria. Il 31 marzo1882 fu conclusa la convenzione tra il Governo del Re e Bernardo Marsano e ratificata con legge del luglio di quell’anno111 e il 19 agosto venne istituita la Regia Scuola Pratica di Agricoltura.112 Il governo si impegna per le spese iniziali a versare 8.000 lire e 6.000 per quelle di mantenimento annuo. L’anno successivo con il Regio Decreto 24 giugno 1883 n. 1515 fu approvato lo Statuto.113 Tra le norme transitorie si dispone che “Il commendatore Bernardo Marsano, già proprietario dei fondi da lui ceduti alla Scuola, è incaricato dell’ufficio di economo senza stipendio.” Il Consorzio agrario di Fabriano, sotto la presidenza di Nicolò Serafini, nominato Marchese da Pio IX e deputato nella X legislatura del Regno d’Italia (1867-1870), aveva deliberato, a metà degli anni ‘70, di istituire una Colonia agricola e nel 1879 aveva inoltrato la richiesta al MAIC. Come abbiamo visto, però la politica ministeriale stava privilegiando le Scuole pratiche provinciali e anche in questo caso seguì questa linea. Nell’aprile del 1879 il MAIC inoltra al Prefetto di Ancona un progetto per la istituzione di una Scuola pratica nella città di Fabriano. Danno il loro assenso e la disponibilità a partecipare alle spese di primo impianto: la Provincia (4.740 lire), il Comune di Fabriano (2.500 lire), il Comune di Serra S. Quirico (100 lire), la Camera di Commercio di Ancona (980 lire) e il Comizio agrario di Fabriano (1.680 lire).114 così poco rimuneratrici, in giardini d’inverno, capaci dei ricchissimi prodotti delle ortaglie primaticce, degli agrumi, della Floricoltura e Frutticoltura”. 111 Con R.D. n. 878 (Serie 3a) del 2 luglio 1882. 112 Con R.D. n. 971 (Serie 3a) del 19 agosto 1882 in Gazzetta Ufficiale del Regno n. 223 del 23 settembre 1882. 113 Con R.D. n. 1.515 (Serie 3a) del 24 giugno 1883 in Gazzetta Ufficiale del Regno n. 182 del 4 agosto 1883. 114 Con Deliberazioni 21 agosto 1879, 11 agosto 1880 e 10 agosto 188I del Consiglio provinciale di Ancona; 14 maggio 1880 e 6 luglio 1881 del Consiglio comunale di Fabriano; 12 ottobre 1880 del Consiglio comunale di Serra San Quirico; 9 ottobre 1880, 28 ottobre 1880 e 11 luglio 1881 della Camera di Commercio di Ancona; e 2 gennaio 1881, 27 febbraio 1881 e 12 giugno 1881 del Comizio agrario di Fabriano. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 90 22/12/22 13:34 91 A tali contributi si univa quello governativo (8.000 lire). Gli stessi soggetti si impegnavano anche nelle spese di mantenimento annuo nelle seguenti misure: il Governo con lire 6.000, la Provincia di Ancona con lire 3.000; il Comune di Fabriano con lire 8.000; la Camera di commercio di Ancona con lire 400; ed il Comizio agrario di Fabriano con lire 1.000 e con la cessione dell’uso gratuito del fabbricato ex-convento di cappuccini, del terreno annesso. I locali messi a disposizione consentivano di ospitare 36 convittori. 115 Già dal 1874 era stata istituita presso la prestigiosa Scuola Superiore di agricoltura di Portici, un convitto per giovani contadini tra i 12 e i 15 anni, chiamata Scuola dei contadinelli.116 L’apertura del convitto si ebbe il 1 febbraio 1875, con 12 alunni che crebbero successivamente nel numero fino a superare le trenta unità. La durata dell’istruzione era di 3 anni, che poteva essere prolungata a richiesta, oltre a una classe preparatoria per quanti presentavano una situazione di partenza lacunosa o comunque insufficiente.117 Questa istituzione viene riordinata in Scuola pratica di agricoltura nel 1882.118 Alle spese contribuivano: il Governo (10.000 lire primo impianto e 6.000 funzionamento annuo) e la Scuola Superiore (2.500 e 10.500). Il Decreto istitutivo specificava che l’indirizzo della Scuola pratica era affidato al professore di agronomia della Scuola superiore. Rivelandosi incompatibile con la complessa organizzazione dell’istituto superiore si decise di trasferire le esercitazioni pratiche prima a Poggiomarino e poi in un podere a Ponticelli, pur restando il convitto ed altre strutture didattiche nella sede di Portici.119 Alle porte dell’agglomerato urbano di Roma, sulla via Ardeatina, sorge oggi l’Istituto Tecnico Agrario Garibaldi, con convitto maschile ed un’azienda agraria di 67 ettari. Nell’attuale sede questa scuola agricola verrà spostata solo nel 1907. La sua storia, infatti, inizia nel 1872 quando viene aperta, a Val Montone, una Scuola Podere per iniziativa del Comizio Agrario, con il concorso dei Ministero per l’Agricoltura 115 Murolo G., op. cit. p. 33. 116 Celi E., La Scuola-convitto dei contadinelli di Portici, in L’agricoltura meridionale, anno II, 1879. 117 Le materie di insegnamento erano: Elementi di grammatica italiana e di composizione, Rudimenti di storia patria e nozioni di geografia fisica, Nozioni elementari di fisica e di chimica e di storia naturale applicati all’agricoltura, Aritmetica e contabilità agricola, Nozioni di geometria ed esercizi di misurazioni e livellazioni, Agricoltura pastorizia e tecnologia agraria. Gli allievi, inoltre, dovevano prender parte, come lavoratori e sotto la direzione dei capi servizio, a tutte le coltivazioni delle terre, all’allevamento degli animali e ai lavori sperimentali della Scuola Superiore. Vedi San - tini A. (a cura di), La Scuola Agraria di Portici e la modernizzazione dell’agricoltura 1872-2012, Doppiavoce, 2015, p. 40. 118 R.D. n. 816 del 16 aprile 1882 in Gazzetta Ufficiale del Regno n. 152 del 30 giugno 1882. Nei visti si precisa che il MAIC con Nota 30 giugno 1879, n. 11231 al Prefetto di Napoli aveva inviato il progetto per la istituzione di una scuola pratica di agricoltura in quella Provincia. L’assenso da parte della Scuola Superiore viene comunicato al Ministero con Nota del 3 febbraio 1882, n. 147. 119 Murolo G., op. cit. p. 37. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 91 22/12/22 13:34 92 e delle Amministrazioni Provinciale e Comunale di Roma. Verso la fine del 1875, la scuola fu trasferita in Roma nel Casale di S. Pio V, villa di proprietà del Principe Corsini sito sul Gianicolo. Nel 1882 la Scuola Podere venne trasformata in Scuola Pratica dì Agricoltura120 e cessò ogni dipendenza amministrativa dal Comizio Agrario.121 Le spese di prima istituzione furono sostenute solo dallo Stato (10.000 lire), mentre la Provincia contribuiva con la messa a disposizione dei beni mobili e immobili della Scuola podere. Per il funzionamento annuo la ripartizione finanziaria prevedeva un impegno annuo di 8.000 lire da parte dello Stato, di 5.000 da parte della Provincia e 3.000 da parte del Comune di Roma. La Scuola Pratica di Agricoltura di Eboli per la Provincia Citeriore122 fu istituita il 4 settembre 1882,123 a conclusione di un lungo processo preparatorio. Già nel giugno del 1845 il Cavaliere Giovanni Centola, Presidente della Società Economica della Provincia di Salerno, nel Picentino, bollettino periodico della Società, propose l’istituzione di un podere modello, che riteneva “conducentissimo alla istruzione degli agricoltori, ed atto a promuovere e a mantenere la bonifica de’ terreni paludosi”. 124 Il progetto, abbandonato per lunghi anni, fu riproposto nel 1864 nel primo dei Comizi Agrari, tenuto a Eboli, uno dei centri agricoli più importanti della Provincia. In quella sede il Cavaliere Giuseppe Augelluzzi, medico e Sindaco di Eboli, sosteneva l’opportunità di istituire un “podere modello” e una scuola di agricoltura, in un periodo di grandi tensioni sociali e di stasi economica. Gli agricoltori più illuminati e disposti alla modernizzazione dell’agricoltura convinsero l’Onorevole Francesco Spirito (1842-1914) a sostenere l’istanza del Municipio e degli agricoltori presso il Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio perché venisse istituita in Eboli una scuola di agricoltura, sul modello di quelle che già erano state istituite in altre Regioni d’Italia. Il Ministero accolse la richiesta e inviò un ispettore che 120 R.D. n. 1.020 del 18 settembre 1882, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 239. del 12 ottobre 1882. Nei visti del Decreto si menzionano: le Note del Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio al presidente del Consiglio d’amministrazione della Scuola-podere di Roma, in data del 5 luglio 1879, n. 11556 ed al Prefetto di Roma, in data del 1 marzo 1880, a 4091, per la istituzione di una Scuola pratica di agricoltura; le Deliberazioni del Consiglio provinciale di Roma, in data 9 dicembre 1881 e del Consiglio comunale di Roma, in data del 22 dicembre 1881. 121 Nel 1907 la Scuola fu sistemata nella Tenuta di S. Alessio sulla via Ardeatina, sede nella quale si trova ancora oggi. Con Deliberazione del 22 maggio 1923 la Regia Commissione approvava il progetto di costruzione di un fabbricato per la Scuola Convitto nella Regia Scuola Pratica di Agricoltura di Roma. Il fabbricato della Scuola Convitto è stato realizzato sopra un’altura sita quasi al centro della tenuta e venne consegnato nel 1928. I vecchi fabbricati esistenti furono adibiti a servizi accessori (abitazioni del personale, oleificio, caseificio, ecc.) Nell’ottobre 1933, con la Legge 15 giugno 1931 n. 889, la Scuola pervenne all’attuale ordinamento di Istituto Tecnico Agrario. Vedi www.itasgaribaldi- roma. gov.it. 122 Comprendeva i distretti di: Salerno, Sala, Vallo, Campagna. 123 R.D. n. 995 del 4 settembre 1882 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 2457 del 21 ottobre 1882. 124 Cit. in Cestaro V., La Scuola Pratica di Agricoltura in Eboli a centoventi anni dall’istituzione, in www.iismatteofortunato.gov.it, p. 3. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 92 22/12/22 13:34 93 riferì al Ministro che Eboli era “la sede più adatta per una scuola pratica di agricoltura destinata a formare intelligenti fattori ed agenti di campagna”125 e individuò nell’ex convento S. Francesco, di proprietà comunale, la sede adatta per un’attività didattica teorica. Il Consiglio Comunale di Eboli decise di sostenere le spese per un adattamento dei locali dell’ex convento. L’Ispettore ministeriale, però, non reputò adatti i terreni degli orti comunali assegnati alla Scuola perché non avevano, come prescritto, una superficie di almeno 20 ettari, né consentivano l’applicazione “delle tecniche ordinarie dalle grande coltura”. L’ispettore esaminò altre offerte e indicò alcune soluzioni riguardanti altri terreni per i quali proporre un fitto di lunga durata. Intanto il Comune aveva deliberato un contributo annuo per il mantenimento della scuola pari a 5.000 lire (a cui si sommavano le 6.000 lire del Governo e le 4.000 lire della Provincia). Scartati gli orti comunali, fu scelto e preso in affitto, in via provvisoria, un appezzamento di terreno, a ovest di Eboli e non lontano dal centro abitato, che aveva una superficie di circa venti ettari.126 Non fu una scelta felice: il terreno era argilloso, scarsamente fertile, non irrigabile, privo di edifici adatti al ricovero delle macchine e degli attrezzi agricoli. Questa situazione si trascinò per alcuni anni, tanto che alcuni consiglieri comunali proposero la chiusura della scuola la quale, a loro dire, “aveva fallito i suoi scopi”.127 La questione si risolverà nel 1898, cioè dopo sedici anni dalla istituzione della scuola, quando verrà acquistato un podere di proprietà della Cassa di Risparmio di Salerno distante due km dall’ex Convento di S. Francesco. Il primo anno di attività, 1883, si iscrissero 12 allievi; l’anno successivo 16128. Il regolamento organico così definiva le linee generali dell’insegnamento: “a) L’insegnamento è teorico e pratico con prevalenza della parte pratica; b) L’insegnamento 125 Ciò riaccese la disputa, mai sopita, sull’opportunità di istituire la scuola a Salerno o a Eboli: le pagine de “Il Miglioramento, giornale popolare di lettere, scienze ed arti”, periodico che si pubblicava a Eboli, riportano le rigorose argomentazioni con cui Francesco Paolo Cestaro, maestro elementare, garibaldino che aveva combattuto al Volturno, sosteneva le ragioni della scelta di Eboli e del suo territorio come sede e campo d’azione dell’istituenda scuola agraria. Vedi Cestaro F.P., Ancora la quistione della sede della Scuola Agraria, in: Il miglioramento, giornale popolare di lettere, scienze ed arti,VI, n. 3, (pp. 33-37); n. 14, 1879, (pp. 203-210) cit. in Cestaro V., La scuola pratica ...op. cit. p. 4 126 Cit. in Cestaro V., La Scuola Pratica di Agricoltura in Eboli a centoventi anni dall’istituzione, in www.iismatteofortunato.gov.it, p. 3. 127 Il Consiglio Comunale con Delibera del 19 dicembre 1893 decise di nominare una Commissione per “indagare per quali cause la Scuola […] non ha fin oggi corrisposto allo scopo e additi i provvedimenti che ritiene opportuni per rialzarne le condizioni e se tra questi provvedimenti si ravvisi necessario l’acquisto di un podere e si studi quale dei poderi sia più rispondente al bisogno, volgendo principalmente l’attenzione ai terreni di proprietà del Comune”. 128 A proposito di allievi, il primo direttore nella sua Relazione scriveva: “Avendo il Ministero dell’Agricoltura stabilito con quello della Guerra di fornire un’educazione militare agli allievi, avviandoli al maneggio delle armi, la Scuola si è dotata di un numero sufficienti di fucili ad avancarica, di un fucile Vettery 1570, per la scomposizione ricomposizione e carica, nonché di tutte le buffetterie ed accessori per ciascun fucile”, in Murolo G., op. cit. p. 37. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 93 22/12/22 13:34 94 pratico dura tutto l’anno, quello teorico comincia il 1° settembre e termina il 30 giugno; c) L’istruzione teorica si divide in: generale, che comprende la lingua italiana, l’aritmetica, elementi di storia e geografia, nozioni elementari di geometria e disegno geometrico, la calligrafia, i diritti e i doveri dei cittadini; speciale, che comprende l’agricoltura, elementi di fisica, chimica, storia naturale e climatologia, industrie agrarie ed economia rurale, legislazione agraria, disegno topografico e costruzioni rurali, zootecnia, contabilità agraria; d) L’istruzione agraria è coordinata all’indirizzo e ai bisogni dell’industria agraria locale; e) L’istruzione pratica è impartita mediante esercitazioni ed esperimenti, e col lavoro diretto degli allievi, i quali sono esercitati nelle operazioni di coltivazione del podere, delle cure dell’allevamento del bestiame ed in tutte le faccende dell’azienda. Essi alunni sono ammaestrati nella tenuta dei conti dell’azienda; in determinate epoche prendono parte a viaggi e gite d’istruzione nei territori limitrofi; f) Le ore di lezione e di studio si limitano in media giornalmente a cinque e quelle di lavoro non oltrepassano le sei. Nei giorni di grandi faccende campestri possono essere aumentale le ore di lavoro diminuendo quelle di studio e viceversa”.129 In un’altra zona a vocazione prevalentemente agricola qual era la provincia bolognese viene istituita una Scuola Pratica di Agricoltura il 22 marzo 1883.130 La scelta cadde su Imola. In effetti la richiesta iniziale della Giunta municipale di questa città riguardava una Scuola di Viticoltura ed Enologia. Nel disegno del MAIC la provincia di Bologna doveva ospitare una Scuola pratica di agricoltura. E così fu.131 Nonostante l’opposizione del Consiglio provinciale che voleva aprire la scuola nel capoluogo e nonostante le obbiezioni di un ispettore ministeriale che lamentava il frazionamento eccessivo dei terreni (tre, estesi per 22 ettari, presi in affitto dal Pio Ospedale di Imola).132 Nel primo anno frequentarono 16 allievi, di cui 11 appartenenti a famiglie rurali. La forma consortile stabilita dal decreto istitutivo prevedeva per le spese di avvio un contributo del Governo e della Provincia con lire 10.000, mentre il Comune di Imola metteva a disposizione i locali per l’attività didattica a carattere teorico; per le spese di mantenimento la ripartizione riguardava il Governo per i 2/5 fino alla concorrenza di 7.500 lire; Provincia e Comune, in parti uguali, per gli ulteriori 3/5. Altro territorio particolarmente vocato all’agricoltura, anche per la cura che per secoli gli avevano dedicato i monaci benedettini del monastero di S. Giustina, era quello della Provincia di Padova. E fu proprio questa provincia ad essere scelta, nel 129 Cestaro V., La Scuola Pratica di Agricoltura in Eboli a centoventi anni dall’istituzione, in www.iismatteofortunato.gov.it, pp. 5-6. 130 R.D. n. 1286 del 22 marzo 1883 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 99 del 27 aprile 1883. 131 Secondo la solita procedura questa è la successione dei documenti: Nota 21 maggio 1879, n. 8844 del Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio al Prefetto di Bologna; Deliberazioni 6 giugno 1881 del Consiglio provinciale di Bologna e 31 agosto 1881 del Consiglio comunale di Imola. 132 Murolo G., op. cit. p. 32. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 94 22/12/22 13:34 95 1883, come sede di una Scuola Pratica. La scelta cadde su Padova perché, in una sua frazione, Brusegana, era operante dal 1874 un Istituto agrario. Dall’anno della sua fondazione l’Istituto era stato frequentato da 221 allievi, con una media di 20 studenti per anno.133 Il decreto istitutivo porta la data del 20 maggio134 e prevede per le spese di avvio un contributo governativo e uno provinciale di 10.000 lire; mentre per il mantenimento il Governo si impegnava per 9.000 lire e la provincia per 13.500 lire. Esisteva fin dal 1861 a Todi una Colonia agricola135 (sostenuta con le rendite dell’Opera pia della Consolazione, amministrata dalla Congregazione di Carità) tanto celebrata dall’essere portata ad esempio dal Ministro Broglio136 per la fondazione di altre Colonie. Tuttavia sembra che la realtà non corrispondesse alle benemerenze accreditate, tanto che la Congregazione di Carità, espresse l’avviso di istituire una Scuola secondo le direttive che il Ministro andava impartendo. Il Consiglio di Amministrazione della Congregazione aveva, però, qualche timore che la partecipazione di soggetti pubblici alla gestione della Scuola potesse snaturare le finalità con cui aveva operato. L’ispettore ministeriale tranquillizzò gli incerti ricordando come in situazioni similari (ad esempio a Pozzuoli del Friuli) erano stati stipulati accordi con soddisfazione di tutti.137 Il 3 maggio del 1883 venne emanato 133 Ibidem, p. 30. 134 R.D. n. 1349 del 20 maggio 1883 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 131 del 6 giugno 1883. Il MAIC aveva inviato una Nota il 6 giugno 1879 alla provincia di Padova contenente il progetto per l’istituzione di una Scuola Pratica di Agricoltura. Il Consiglio Provinciale dette il suo assenso con Deliberazione del 9 gennaio 1883. 135 Simoni S. - G. Santucci (a cura di), Quarant’anni, oltre il centenario, di istruzione agraria a Todi 1864-2004, Istituto di istruzione superiore Augusto Ciuffelli, Todi, 2004. Vedi anche Vaquero Pineiro M., Edda Bellucci (1884-1905) primo direttore della regia scuola pratica di agricoltura di Todi, in Rivista di Storia dell’agricoltura, anno LII, giugno 2012, pp. 139-161. 136 Emilio Broglio (1814-1892). Studioso di diritto, si approccia negli anni 40 ai circoli patriottici italiani di tendenza liberale e moderata. Dopo lo scoppio delle Cinque Giornate di Milano, alle quali prese parte attiva, Broglio entrò nell’appena costituito Governo provvisorio di Milano in qualità di Segretario; in tal veste fece parte della commissione inviata a Torino per concordare le modalità di fusione tra la Lombardia e il Regno di Sardegna, sceso in guerra contro l’Austria nella Prima Guerra d’Indipendenza. Nel 1848 venne eletto deputato al Parlamento Subalpino. Decise di rimanere a Torino dopo che le truppe austriache ritornarono a Milano, insegnando per qualche tempo Economia Politica all’Università Subalpina. In questo periodo si dedicò a studi di economia e di diritto tributario. Nello stesso anno, liberata Milano dall’armata franco-sarda, fece ritorno nella città natale. Esponente di spicco della Destra storica. Eletto alla Camera nel 1861, 1865 e 1867 si occupò principalmente di questioni finanziarie ed economiche. Il culmine della carriera politica avvenne però con la nomina a Ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Menabrea, (27 ottobre 1867 - 13 maggio 1869) e a reggente del Ministero dell’Agricoltura Industria e del Commercio. In qualità di Ministro della Pubblica Istruzione è ricordato per aver istituito una commissione parlamentare (Presidente Alessandro Manzoni) che sancisce definitivamente lo status del toscano fiorentino come “lingua italiana”. Non rieletto alle elezioni generali del 1870, dopo la breccia di Porta Pia, tornò a sedere tra i banchi della Destra dopo le elezioni del1871 e del 1874. Dopo la caduta del Governo Minghetti II, ultimo della Destra storica, e le elezioni del novembre 1876, Broglio non venne rieletto e non sedette mai più in Parlamento. 137 Murolo G., op. cit. p. 35. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 95 22/12/22 13:34 96 il R.D. istitutivo di una Scuola Pratica di Agricoltura per la provincia di Perugia.138 Alle spese di avvio provvedevano: il Governo, con lire 8.000 e la Congregazione di Carità di Todi per quanto altro occorresse. Per le spese di mantenimento annuo intervenivano: il Governo, con lire 6.000; la Provincia dell’Umbria, con lire 3.000; la Congregazione di carità con lire 7.000. Questa cedeva, inoltre, in uso, il fabbricato Montecristo (ex castello signorile, poi monastero e infine brefotrofio) ed i terreni annessi. La Congregazione poteva disporre di posti gratuiti, il cui numero sarebbe stato determinato nel regolamento. La sede della scuola comprendeva un dormitorio capace di 32 letti, refettorio, aule, abitazione per il direttore e il suo vice. I terreni si estendevano per 32 ettari.139 Nel 1907 viene nominato nel Consiglio di Amministrazione il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Augusto Ciufelli.140 Grazie al suo intervento, nel 1909, viene costituita la Cattedra ambulante di Agricoltura sotto la responsabilità didattica ed organizzativa della Scuola. L’istituto, che prende il nome di Augusto Ciufelli, si chiamerà Regia scuola media di Agricoltura (1923) e diventerà, nel 1933, un Istituto Tecnico Agrario. Laborioso l’iter che porta all’apertura della prima Scuola Pratica in Sardegna. Inizia nel 1878 e si conclude nel 1884, quando verrà inaugurata a NULVI, comune della Provincia di Sassari. Il già menzionato Ispettore ministeriale Ricca-Rossellini, “dopo un lungo soggiorno in Sassari”, esaminate le tante proposte e le numerose adesioni di comuni sassaresi per la realizzazione di una Scuola pratica, aveva preso in considerazione l’offerta di un certo cav. Abozzidi per un podere di 50 ettari vicino al capoluogo. Quando, però, si parlò di impegni finanziari i Comuni non si ritennero in grado di 138 R.D. n. 1368 del 3 maggio 1883 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 146 del 23 giugno 1883. Il 4 novembre 1882 la Congregazione di Carità di Todi e il 12 dicembre 1882 il Consiglio provinciale dell’Umbria avevano deliberato la partecipazione al progetto proposto dal Ministero al Prefetto dell’Umbria con Nota del 30 maggio 1879 (Vedi i visti del R.D.). 139 Murolo G., op. cit. p. 35. 140 Augusto Ciuffelli (1856-1921). Figlio di un artigiano lasciò gli studi a 14 anni dopo aver conseguito la licenza tecnica; entrato nel mondo del lavoro, proseguì gli studi da autodidatta. A Brescia venne notato per il suo impegno da Giuseppe Zanardelli che lo nominò, appena ventenne, suo segretario particolare, lanciandone poi la carriera politica. Nel 1898 Ciuffelli viene nominato Prefetto ricoprendo questo incarico a Siena, poi a Cagliari, Ravenna e, infine, Verona. Nel 1904 viene eletto deputato nel collegio di Todi (PG). Fu Ministro delle Poste e Telegrafi nel Governo Luzzatti, Ministro del MAIC nel Governo Orlando e Ministro dei Lavori Pubblici nei Governi Salandra I e Salandra II. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 96 22/12/22 13:34 97 sostenere le cospicue richieste di sussidi. Solo il comune di Nulvi si candidò ad ospitare una scuola, sostenuto dalla disponibilità di contadini benestanti che offrirono bovini e terreni (a fitto dimezzato). Il Comune poi metteva sul piatto della bilancia i locali dell’ex convento di Santa Tecla. Con queste premesse l’ispettore avanzò la richiesta al Ministero di procedere al decreto istitutivo. Questo, preceduto da una nota al Prefetto di Sassari che illustrava il progetto e raccolte le adesioni formali di Provincia, Comune di Sassari e Comune di Nulvi,141 fu firmato il 19 aprile 1884.142 Nelle spese di istituzione contribuiscono: il Governo con lire 10.000; la provincia di Sassari con lire 30.000; il comune di Nulvi con lire 6.000 e con la cessione gratuita del fabbricato ex-convento dei cappuccini e delle adiacenze. Nelle spese di mantenimento annuo contribuiscono: il Governo per due quinti fino alla concorrenza di lire 7.000; il Comune di Sassari per lire 400; la Provincia di Sassari per il resto. Giuseppe Flore ha illustrato in una tesi di laurea la breve e combattuta storia della Reale scuola nulvese istituita con regio decreto nel 1883 grazie al collegiale apporto di alcuni importanti personaggi politici (Quirico Talu, Sindaco del paese, Nicolò Ferracciu ed il deputato nulvese Francesco Pais Serra). Fu un giorno di grande gioia per il paese, raccontano le cronache del tempo, e per tutta la notte si festeggiò e si inneggiò al re e ai politici che favorirono la nascita della scuola intitolata ad Alberto Lamarmora. Tuttavia già dal secondo anno iniziarono i primi problemi. A paralizzare la scuola fu soprattutto il dissidio fra l’allora direttore Antonio Rossi ed il Presidente del consiglio di amministrazione della scuola. In sette anni, infatti, si alternarono ben cinque direttori. Questo determinò il lento ritiro dei convittori che arrivavano da tutta la Sardegna (persino da Olzai, La Maddalena, Torralba ed altri centri lontani). Alcune irregolarità riscontrate dalle ispezioni del Ministero, la rigidità della vita scolastica (qualcuno si ritirò alla prima comparsa dei calli nelle mani), le difficoltà nell’adeguamento della struttura che ospitava la scuola ne causarono il rapido declino. Sette anni dopo la sua inaugurazione la scuola fu spostata a Sassari.143 La prima scuola ad essere istituita dopo l’emanazione della Legge n. 3141 del 1885 fu quella di Grumello Del Monte, nel bergamasco, area eminentemente agricola. Tale attività comunque non era certo caratterizzata da alti rendimenti o produzioni qualitativamente degne di nota, poiché, ai contadini dell’epoca, mancava qualsiasi tipo di preparazione per recepire ed applicare nuove tecniche, cosicché quando, nella prima metà dell’Ottocento, comparvero la filossera, temibilissimo parassita che cominciò ad aggredire inesorabilmente le viti, e la pebrina, parassita che 141 Nota 20 febbraio 1878, n. 3333, del Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio al Prefetto di Sassari. Deliberazioni 25 e 28 agosto 1881, e 27, 29 e 30 agosto 1882 del Consiglio provinciale di Sassari, 8 luglio 1881 del Consiglio comunale di Sassari e 19 maggio 1881, 2 luglio 1881, 13 gennaio 1882 e.20 febbraio del Consiglio comunale di Nulvi. Vedi visti del R.D. nominato nella nota successiva. 142 R.D. n. 1410 del 19 aprile 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 161 dell’11 luglio 1884. 143 Flore G., La “Reale scuola pratica di agricoltura in Nulvi” (tesi di laurea), in La Nuova Sardegna del 3 aprile 2008. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 97 22/12/22 13:34 98 distrusse la maggior parte degli allevamenti dei bachi da seta, si sentì l’esigenza di creare una Scuola che potesse insegnare ai contadini non solo a fermare quei flagelli, ma anche a prevenirli. Il comizio agrario di Bergamo, mediante la pubblicazione di un suo “Bollettino”, aveva cercato di sensibilizzare su tali temi, se non i contadini direttamente, almeno i fattori ed i parroci, istituendo anche dei premi per i migliori prodotti portati alle fiere o alle esposizioni annuali e straordinarie, ma in realtà tutto continuava come sempre. Fu a questo punto che il Comizio prese in seria considerazione la possibilità di creare una vera e propria Scuola pratica di agricoltura destinata all’educazione ed alla preparazione dei figli dei fattori, che avrebbero poi continuato il lavoro dei padri. Il buon senso fece porre come indispensabile premessa che la Scuola sorgesse non in città, ma in zona agricola e con un proprio terreno. Dopo parecchie ricerche fu scelta come sede Grumello del Monte, per la comodità di accesso fornita dalla ferrovia Milano-Venezia e soprattutto perché i nobili Vertova-Camozzi diedero la disponibilità alla Scuola di fruire della loro azienda di circa 37 ettari e del palazzo in cui furono ricavate le aule, i laboratori ed il convitto per i ragazzi. Il 13 dicembre 1874, alla presenza di dodici allievi, il Presidente del Comizio di Bergamo dichiarò ufficialmente aperta la Scuola di Grumello, per la realizzazione gli Enti pubblici, tra cui 31 Comuni, stanziarono la somma di Lire 23.704,25, mentre i privati raccolsero Lire 9.723,82!144 Tutto questo rappresentava una premessa da tenere in seria considerazione per riordinare la scuola secondo le prescrizioni della L. n. 3141 del 1885. Il decreto istitutivo porta la data del 10 luglio 1887.145 Alle spese per l’istituzione della Scuola provvede la Provincia di Bergamo con un contributo proprio e con quelli raccolti da Enti locali: Comizio agrario di Bergamo (L. 19.700), Cassa di Risparmio di Lombardia (18.000), Città di Bergamo (L. 4.000), Camera di Commercio di Bergamo (1.500), Città di Treviglio (L. 1.000), altri comuni (1.200). Lo Stato contribuisce con la somma di lire 15.000. Alle spese di funzionamento annuale provvedono i soggetti elencati nella misura prevista dalla Legge n. 3141/85. La Scuola avviò ampie sperimentazioni i cui risultati venivano pubblicati su “L’agricoltore bergamasco”. Grande sviluppo venne dato alla coniglicoltura e viticoltura.146 Ad Agrigento (che fino al 1927 si chiama Girgenti), con un Decreto del 12 luglio 1888, era stata istituita, come trasformazione di un vecchio istituto agrario provinciale, una Scuola Pratica d’Agricoltura. Non fu mai aperta, però, per mancanza di un podere.147 Fu un grave danno per una popolazione agricola, che, come raccontano le cronache del tempo, viveva in condizioni miserabili.148 144 “Grumello del Monte - La scuola agraria” in www.halleyweb.com. 145 R.D. n. 4788 del 10 luglio 1887, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 182 del 5 agosto 1887. La Provincia di Bergamo aveva dato il suo assenso alla proposta ministeriale con Deliberazione del Consiglio Provinciale del 10 settembre 1885 e 14 marzo 1887 (Vedi Visti del decreto istitutivo della scuola). 146 Murolo G., op.cit. p. 28. 147 Ibidem, p. 39. 148 «Gli agricoltori si dividono in due classi. I contadini che lavorano a giornata, ed i borgesi (fittaiuoli) che prendono dal padrone una campagna in gabella (fitto) per lavorarla e dividerne il raccolto nella CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 98 22/12/22 13:34 99 Migliore sorte ebbe il tentativo fatto per impiantare una Scuola Pratica a Messina, ordinata secondo le prescrizioni della L. n. 3141/85. Il Consiglio Provinciale rispose positivamente al progetto ministeriale in data 27 marzo 1887 e il 12 luglio dell’anno successivo venne emanato il decreto istitutivo.149 Parteciparono alle spese di primo impianto lo Stato e la Provincia, rispettivamente con 16.200 e 10.800 lire, mentre per le spese relative alla gestione annuale i due soggetti partecipavano secondo la proporzione prevista dalla legge e cioè 2/5 il Governo centrale e 3/5 l’ente locale. All’inizio la scuola prevedeva un organico di 3 persone: il direttore che era anche il professore di agricoltura; l’aiuto direttore che era anche l’insegnante di scienze fisiche e naturali e il “maestro e censore della disciplina” che era contemporaneamente insegnante della lingua italiana, di storia, di geografia, d’aritmetica e computisteria generale150. L’attuale istituto agrario di Piedimonte Matese - fino al 1970 Piedimonte D’Alife - occupa la stessa sede (una volta convento dei Cappuccini) e continua la stessa storia di insegnamento agrario della Scuola Pratica, istituita il 12 luglio 1888.151 Erano stati la Provincia di Caserta e il Comune di Piedimonte ad proporzione del terzo, del quarto, non mai della metà. Buona parte, anzi la massima parte degli agricoltori abita in città, ed ogni mattina per tempo partono a cavallo del mulo o dell’asino perdendo due o tre ore secondo la distanza per giungere sul luogo del lavoro. Poco dopo il mezzogiorno lo abbandonano per tornare a casa; i più lontani restano sul posto dal lunedì al sabato. Guadagnano in media una lira e trenta centesimi al giorno, con che dovendo mantenere se, la famiglia e gli animali domestici tirano innanzi come possono vivendo di pane, di cacio, di una minestra di erbe condita coll’olio, e secondo la stagione di pomodori, di aranci, di fichi d’india, di cetriuoli, che i girgentini chiamano cocomeri. La classe più disgraziata per altro è quella dei guardiani di mandrie, e di greggi. In Sicilia pel mite clima non usano stalle per i buoi, per le pecore, per le capre. Questi animali si lasciano sempre all’aria aperta. I custodi necessariamente ne seguono la sorte, e per guardarli passano la notte seduti presso gli animali sovra un macigno appoggiato ad un lungo e nodoso bastone che tengono fra le ginocchia, e cosi dormono qualche ora. A difendersi dalle intemperie nell’inverno vestono con giacchetta, calzoni, uose, e berretta fatte di pelle di capra col lungo pelo bianco da somigliare a’ caproni. Il loro vitto ordinario è pane e cacio. Non infrequentemente stanchi di una vita tanto disgraziata finiscono per popolare le carceri», in Templare (Un), Ricordi di Girgenti, Premiata Stamperia Montes, 1899, pp. 34-35. 149 R.D. n. 5643 del 12 luglio 1888 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 204 del 29 agosto 1888. 150 Art. 4. “Il Ruolo del personale della scuola è fissato nel modo seguente: professore di agricoltura stipendio L. 2400 - indennità di direzione L. 300; professore di scienze fisiche e naturali ed aiuto-direttore, stipendio L. 2000; maestro e censore di disciplina, insegnante di lingua italiana, di storia, di geografia, d’aritmetica e computisteria generale, stipendio L. 1800”. 151 R.D. n. 5643 del 12 luglio 1888 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 204 del 29 agosto 1888. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 99 22/12/22 13:34 100 accettare la proposta ministeriale.152 Il decreto istituivo prevede che per le spese di primo impianto lo Stato versi L. 16.200, la Provincia di Caserta 10.800. Per quanto riguarda le spese di funzionamento annuo il decreto rinvia alle percentuali di spesa previste dalla L. 3141/85. 2.3.3. Le Scuole Speciali di agricoltura La Legge n. 3141, dopo aver dato disposizioni per la istituzione di Scuole Pratiche di Agricoltura, all’art. 9 stabilisce che “Alle stesse norme e alle stesse condizioni potranno essere costituite Scuole Speciali, intese a rendere con insegnamenti e con esercizi pratici, i giovani atti a dirigere e a migliorare una o più industrie agrarie.” La differenza che la legge intende ordinare tra Scuole pratiche e Scuole speciali sembra riguardare il livello professionale e non la tipologia di produzione agricola: nel senso che mentre le prime erano finalizzate alla preparazione di “tecnici agricoli” le seconde avevano come obiettivo la preparazione di “dirigenti di industrie agrarie”. In effetti le Scuole speciali che nascono in questo decennio hanno la preoccupazione di formare giovani per ruoli dirigenziali, ma (e questo non era stato previsto dalla legge) per aziende operanti in specifici settori: la zootecnia, il caseario, l’olivicoltura, la viticoltura, l’enologia e l’orticoltura. Quindi specialisti e dirigenti, ma di aziende dedite a specifiche produzioni. 2.3.3.1 Le Scuole Speciali istituite nel decennio Le scuole speciali istituite nel decennio sono otto, di cui quattro in viticoltura ed enologia (Alba, Conegliano, Avellino e Catania), una in zootecnia (Palermo), una in zootecnia e caseario (Reggio Emilia), una in olivicoltura (Bari) ed una in orticoltura (Firenze) (Tabella 14). Come, peraltro, previsto dalla legge, tutte le Scuole speciali hanno una struttura consortile. In tutte quelle rilevate il Governo e la Provincia partecipano alla loro creazione ed al loro sostentamento, mediante finanziamenti per le spese di primo impianto e/o di funzionamento annuo. In sei scuole (Alba, Bari, Catania, Conegliano, Avellino e Palermo) interviene anche il Comune. Sussidiano la Scuola di viticoltura ed enologia di Avellino anche la Camera di Commercio e il Ministero della Pubblica Istruzione. Provvedono alle spese di mantenimento di Conegliano, oltre Treviso, Provincia dove sorge la scuola, anche le vicine Provincie di Rovigo, Belluno ed Udine. Nell’Istituto di Zootecnia di Palermo dà un sussidio finanziario anche la locale Società di acclimatamento. Per una valutazione di queste particolari scuole, sotto il profilo formativo e tecnico, riportiamo il giudizio di uno studioso dell’istruzione agricola di questo periodo 152 Vedi i visti del R.D. istitutivo della nota precedente: Deliberazioni della Deputazione provinciale di Caserta in data 10 marzo 1887 e del Consiglio comunale di Piedimonte d’Alife in data 3 dicembre 1887. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 100 22/12/22 13:34 101 Giuseppe Murolo (più volte citato in nota): «Sotto il profilo didattico-formativo almeno fino agli anni ‘30, tali istituzioni funzionarono egregiamente: lo testimoniano le attività svolte dai diplomati nel settore e fuori di esso, i molteplici successi ottenuti da un elevato numero di ex allievi che raggiunsero traguardi di grande prestigio. Una attenta lettura dei fatti accaduti e documentati, l’analisi dei profondi legami fra Scuole, docenti, diplomati e settori produttivi consente di dire che obbiettivamente vi erano nel periodo suindicato, tradizioni di impegno, metodi didattici, abitudini alle esercitazioni e alla partecipazione attiva che consentirono la formazione di capacità ed esperienze. Sotto il profilo tecnico si può constatare, senza esitazioni, che la viticoltura e l’enologia moderna in Italia sono nate belle Scuole enologiche, sia negli aspetti scientifici che in quelli tecnico-applicativi». Osserva ancora Murolo che il successo di queste istituzioni è stato determinato dal fatto che queste scuole non avevano a che fare con modelli nei quali si ipotizzavano processi operativi, ma con aziende vere. I giovani venivano mandati in azienda dove “non osservavano” i processi produttivi, ma ricoprivano realmente delle mansioni lavorative. Erano aziende talvolta di grandi dimensioni, sia nel campo della produzione che della trasformazione. Erano comunque aziende reali la cui gestione comportava l’affrontare e il risolvere problemi complessi di natura tecnica, amministrativa e giuridica; problemi tipici di attività aperte al mercato. Giustamente il Murolo parla di “didattica della complessità”. In qualche caso le attività produttivi furono condotte con tanta abilità da consentire alle Scuole utili reinvestiti attraverso l’acquisto di terreni, impianti, macchine. Ad Avellino, ad esempio venne creata una distilleria, dove si produceva un ottimo Cognac, che consentiva alla scuola validi risultati economici. Tale attività viene ancor oggi portata avanti, dopo oltre 100 anni, sulla base di idee e direttive impostate allora con grande senso pratico e che hanno consentito ai giovani esperienze quotidiane altrimenti irrealizzabili.153 153 Murolo G., Fatti e figure dell’insegnamento agrario …, op. cit. pp. 63-64. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 101 22/12/22 13:34 102 Tabella n. 14 - Quadro sinottico delle Scuole speciali di agricoltura istituite o riordinate nel decennio Città Anno di istituzione Denominazione Consiglio Direttivo Alba (CN) 1881 Scuola di viticoltura ed enologia MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Tecnologia chimica ed enologia, Agraria, Contabilità agraria, Economia, Agricoltura e viticoltura, Storia naturale e patologia vegetale, Fisica, Matematica, Meccanica, Costruzioni, Disegno e agrimensura, Statistica e istruzione commerciale, Lingue straniere, Lingua italiana, Storia, Geografia, Aritmetica e Calligrafia. Avellino 1879 Scuola di viticoltura ed enologia MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Viticoltura, Enologia ed economia, Enotecnica, Fisica e nozioni di meccanica applicata, Tecnologia chimico agraria, Lingua e lettere italiane, Storia, Geografia, Matematica, Nozioni di agrimensura, Costruzioni e disegno, Agraria e Contabilità agraria, Storia naturale e patologia vegetale, Lingue straniere, Aritmetica, Geometria e Calligrafia. Bari 1879 Scuola di olivicoltura e oleificio MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: N.D. Catania 1879 Scuola di viticoltura ed enologia MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Viticoltura, Enologia ed economia enotecnica, Storia naturale e patologia vegetale, Tecnologia chimico-agraria, Agraria e contabilità agraria, Fisica e matematica, Lingua e lettere italiane, Storia, Geografia, Lingue straniere, Nozioni di agrimensura e meccanica applicata, Costruzioni e disegno, Viticoltura ed enologia. Conegliano 1879 Scuola di viticoltura ed enologia MAIC, Province di Treviso, Belluno, Udine, Venezia, Padova, Comune, Comizio agrario Insegnamenti: Viticoltura ed enologia, Tecnologia chimico-agraria, Agraria e contabilità agraria, Enologia ed economia enotecnica, Storia naturale e patologia vegetale, Fisica, Matematica, Nozioni di agrimensura e meccanica applicata, Costruzioni e disegno, Italiano, Storia, Geografia. Firenze 1882 Scuola di pomologia e orticoltura MAIC, Provincia, Comune Insegnamenti: Frutticoltura e pomologia, Orticoltura, Agrimensura, Giardinaggio e architettura dei giardini, Botanica e zoologia orticola, Fisica, Chimica, Meteorologia, Italiano, Storia, Geografia, Aritmetica, Disegno, calligrafia. Reggio Emilia 1879 Scuola di zootecnica e di caseificio MAIC e Provincia Insegnamenti: Agraria e contabilità agraria, Chimica generale, Chimica applicata al caseificio, Mineralogia, Geologia, Botanica, Zootecnica, Anatomia e igiene degli animali e del caseificio, Lingua italiana, Storia, Geografia, Aritmetica. Palermo 1888 Istituto di zootecnica MAIC, Provincia, Comune, Società di acclimazione ed agricoltura in Sicilia Insegnamenti: N.D. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 102 22/12/22 13:34 103 Come abbiamo fatto per le Scuole Pratiche di Agricoltura cerchiamo di ricostruire le vicende iniziali e il primo sviluppo delle scuole sopraelencate. La storia del vino a Conegliano inizia con l’istituzione nel 1769 delle Accademie di Agricoltura, volute dalla Repubblica di Venezia. Nel 1868 grazie al professore di chimica Antonio Carpenè154, agronomo, e all’abate Felice Benedetti Presidente del Consorzio agrario locale, viene fondata a Conegliano la Società Enologica Trevigiana che inizierà una vera e propria rivoluzione vitivinicola.155 La Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano nasce qualche anno più tardi, nel 1876, ad opera sempre di Antonio Carpenè e dell’ingegnere Giovanni Battista Cerletti,156 enologo. Questi, nel 1870. aveva ottenuto una borsa di perfezionamento all’estero nelle discipline agrarie per recarsi nella Germania renana e in Francia e, nel 1873 espone al Ministero dell’Agricoltura i frutti dei suoi studi e delle visite svolte, affermando che servono stazioni sperimentali per lo studio dei problemi agrari e soprattutto stazioni enologiche. Il Governo accetta i suoi consigli e nascono le due stazioni ad Asti e a Gattinara, quest’ultima affidata proprio a Cerletti. Nello stesso anno Antonio Carpenè, nella relazione per lo stesso Ministero ‘Sulle condizioni dell’Industria Vinicola nel Veneto’, è ancora più esplicito ed auspica la costituzione di una scuola enologica a Conegliano. La sperimentazione non bastava per dare sviluppo all’agricoltura, occorrevano tecnici preparati e capaci di imprimere un nuovo corso alla viticoltura. La proposta Carpenè auspicava un cambiamento culturale che puntasse al miglioramento qualitativo dell’intero comparto vitivinicolo, co- 154 Antonio Carpenè (1838-1902) è stato un chimico ed enologo italiano. Si è occupato per tutta la vita degli studi applicati alla viticoltura e all’enologia, con particolare attenzione alle metodiche di spumantizzazione. Nel 1879 mise a punto la produzione industriale dell’enocianina. Mazziniano, partecipò ad alcune importanti battaglie risorgimentali. Scienziato di spirito positivista e progressista ebbe contatti con Robert Koch e Louis Pasteur; quest’ultimo gli scrisse invitandolo ad approfondire le importanti ricerche sugli effetti dell’acido solforoso sui fermenti di vino e birra. 155 Antonio Carpenè fondatore della prima scuola enologica d’Italia, in Storie di vita, Conegliano 2016, III. 156 Giovann i Battista Cerletti (1846-1906). L’appartenenza ad una famiglia di condizione borghese gli permette di studiare prima a Como e poi di iscriversi alla facoltà di Matematica presso l’Università di Pavia. Garibaldino, si laurea in ingegneria nel 1869 presso il Politecnico di Milano. Parte poi alla volta di Vienna e Parigi, dove studia con Louis Pasteur i problemi relativi alla fermentazione del vino e della birra. Dal 1877 al 1886 dirige la “Rivista di viticultura e di enologia italiana” e fonda il primo circolo enofilo. Nel 1886 si trasferisce a Roma, per ricoprire la carica di Segretario generale della Società di viticultori italiani. Nel 1894 la Serbia gli offre la carica di Console a Roma e da quello stesso anno Giovanni Battista diventa pioniere della bonifica dell’Agro Romano. Nel 1896 lascia Roma e si trasferisce a Milano. Giovanni Battista Cerletti Antonio Carpenè CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 103 22/12/22 13:34 104 sciente che la situazione era critica e che solo la Formazione Professionale diffusa non solo tra i tecnici, ma anche tra gli agricoltori, poteva essere la base per il rinnovamento vitivinicolo del Veneto e anche di tutta la nazione157. Ed è in quella relazione del 1873, in cui descrive le condizioni dell’industria vinicola nel Veneto, che Carpenè afferma la necessità di costituire nella regione una scuola enologica, sottolineando la particolare vocazione di Conegliano ‘favorita oltre modo dalla natura per la sua ridente posizione, per il suo clima e terreno fecondi alla vite.’ Antonio Carpenè avvia, quindi, un dialogo ospitato sulle pagine degli ‘Annali di Viticoltura ed Enologia Italiana’ con Giovanni Battista Cerletti, il quale presenta a Carpenè un dettagliato progetto per la costituzione della Scuola Enologica di Carpenè e Cerletti fu dibattuta in occasione del primo Congresso Enologico Italiano tenutosi a Torino nel febbraio del 1875, ove incontrò ampio consenso ed in particolare suscitò l’interesse del nobile feltrino Giovanni Battista Bellati, e di Antonio Caccianiga, già Sindaco di Treviso, deputato e in seguito, dal 1876, Presidente del Consiglio provinciale. Fu anche grazie al loro contributo che la Scuola poté infine trovare sede a Conegliano. Il Municipio e la Provincia offrirono un ingente contributo per la sua istituzione. Il Comune, oltre ad occuparsi delle spese d’impianto, mise a disposizione il terreno e gli stabili, nonché si fece carico di adattarli, mentre il Ministero dell’Agricoltura contribuì a coprire le spese annuali come le altre Province di Rovigo, Belluno e Udine. La Regia Scuola di Viticoltura e d’Enologia di Conegliano venne istituita con Regio Decreto il 9 luglio 1876.158 In essa viene «[...] impartito l’insegnamento ‘teorico-pratico’ di tutto ciò che riguarda la coltivazione della vite e la fabbricazione di vino in modo da formare individui atti: a) All’insegnamento della scienza e alla direzione di Aziende e di Società enologiche; b) All’esercizio pratico della coltura della vigna, e della preparazione e conservazione dei vini” (Art.1). La durata dei corsi di ciascuno dei due gradi d’insegnamento superiore ed inferiore, le materie e la loro distribuzione nei singoli anni, le norme per l’ammissione e per gli esami, il numero e lo stipendio degli insegnanti saranno determinati da apposito regolamento da approvarsi dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, udito il parere del Consiglio di amministrazione. Il mantenimento annuo veniva garantito dalla partecipazione finanziaria del Governo (10.000 lire), della Provincia di Treviso (10.000 lire), del Comune di Conegliano (3.200) della Provincia di Rovigo (1.000 lire), di quella di Belluno (300 lire) e di quella di Udine (1.500 lire). La Scuola fu inaugurata il 15 gennaio 1877 alla 157 Egli così scriveva: «[…] bisogna coltivare un vivaio di agricoltori sul terreno del vero razionalismo […] di queste scuole ve ne dovrebbero essere in ogni regione […] alcune scuole abbiano un corso superiore, atto a fornirci dei direttore di vigne e di stabilimenti enotecnici, nonché dei maestri di viticoltura ed enologia». 158 R.D. n. 3196 del 9 luglio 1876 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 171 del 24 luglio 1876. Nei visti del decreto vengono specificate le date delle deliberazioni dei soggetti locali che aderiscono alla iniziativa: i Consigli provinciali di Treviso, 21 maggio 1875; di Rovigo, 25 agosto 1875; di Belluno, 3 settembre 1875; Udine, 7 settembre 1875; e il Consiglio comunale di Conegliano del 22 maggio e del 30 ottobre 1875. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 104 22/12/22 13:34 105 presenza di numerose autorità di livello nazionale.159 A ricoprire l’incarico di direttore e gli insegnamenti enologici fu chiamato Giovanni Battista Cerletti e a rappresentare il Ministero dell’Agricoltura, nel Consiglio di Amministrazione, fu nominato Antonio Carpenè. All’interno della Scuola venne istituito sin dal 1877 il primo Circolo Enofilo Italiano allo scopo di educare il gusto dei consumatori a riconoscere la qualità dei vini e ad apprezzare la produzione nazionale, come alternativa ai vini d’importazione. L’edificio nel quale aveva sede la Scuola dovette essere ampliato fin dai primi anni di attività dato l’ingente afflusso di studenti. Nel 1881 la Scuola ospitò un concorso internazionale di macchine e strumenti per la viticoltura, per la vinificazione e per le industrie enotecniche.160 Il 20 novembre 1879 viene istituita la Scuola di Zootecnia e di Caseificio a Reggio Emilia161. L’iniziativa nasceva in un ambiente particolarmente consapevole della importanza della istruzione agricola. «Più che di periti Agrimensori e di Agronomi teorici, il paese ha bisogno di Agricoltori pratici che dal campo delle teorie e dai principi generali discenda alle pratiche applicazioni, e tenga conto dei progressi che la scienza fa di giorno in giorno specialmente colla Chimica Agraria. Agricoltori di tal fatta non gli possono essere forniti che dai figli dei proprietarii e dai giovani appartenenti alle famiglie di Agenti di Campagna, i quali nel maggiore profitto dei propri poderi debbono ormai sperare l’unica risorsa che li sottragga alle incalzanti pressure degli ognora crescenti bisogni della vita sociale».162 Così si esprimeva il notabilato agrario di Reggio Emilia nel 1871, quando auspicava diverse iniziative formative: l’estensione obbligatoria dell’istruzione agraria nelle scuole normali (“per fornire un vivaio di abili Maestri che agli alunni delle campagne saranno in grado di impartire un insegnamento conforme alle condizioni in cui debbono esercitare la loro attività intellettuale e materiale”) e nelle scuola superiore, ampliata e dotata di un podere sperimentale nelle sezioni di Agronomia addette agli istituti tecnici. Se le prime dovevano essere prevalentemente destinate agli stadi rurali intermedi, in particolare quelli mezzadrili, l’istruzione agraria nella formazione secondaria doveva essere prevalentemente desti- 159 In un articolo Antonio Carpenè descrive così l’inaugurazione: «Il Sindaco della Città, Cavaliere Marco Grassini, mostrossi orgoglioso e lieto nell’aprire una festa così bella, che coronò un’opera compiuta per volontà di tutto un paese. Lo scrivente, in mezzo a così eletta accolta, ammirava tanto splendida solennità cittadina, dividendo con altri una nobile soddisfazione, pari a quella che l’agricoltore prova raccogliendo, dopo aver reso fertile il duro terreno con lo studio e col lavoro, generosa messe, [… ]. L’inaugurazione della scuola segnò un passo immenso nella via di quel progresso che assicura la prosperità economica d’una intiera regione vinicola”. 160 Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, D.M. del 24 aprile 1881 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 102 del 2 maggio 1881, Concorso internazionale di macchine e strumenti per la viticoltura, per la vinificazione e per le industrie enotecniche. 161 R.D. n. 5212 del 20 novembre 1879 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 14 del 19 gennaio 1879. 162 Bollettino del Comizio Agrario del circondario di Reggio Emilia, Anno III, n. 7, gennaio 1871. Cit. in Ferraboschi A., Borghesia e potere civico a Reggio Emilia nella seconda metà dell’800, Soveria Mannelli, Rubbettino editore, 2003, p. 235. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 105 22/12/22 13:34 106 nata alle future generazioni proprietarie.163 Naturalmente venne salutata con particolare favore dagli agrari la deliberazione del 1863 del Consiglio Provinciale che istituiva una sezione di agronomia presso il Regio Istituto Industriale e Professionale cittadino per “istruire i proprietari, gli affittuari, i coloni e gli agenti di campagna”.164 E ancor più viva fu la loro soddisfazione quando, nel 1875, nel podere dell’Istituto nel quale gli alunni facevano le esercitazioni pratiche fu istituito il primo Stabilimento sperimentale di zootecnia.165 Cinque anni dopo, e precisamente il 5 aprile 1879, il MAIC trasmette alla Prefettura di Reggio Emilia un “progetto particolareggiato per la trasformazione di questo Stabilimento sperimentale in Scuola di zootecnia e di caseificio”. La Prefettura di Reggio dà il suo assenso alla iniziativa; ma sono della partita anche la provincia di Modena e di Mantova.166 “La nuova istituzione ha per scopo: a) d’impartire l’istruzione speciale necessaria per dirigere le latterie sociali, stabilimenti di caseificio od aziende zootecniche; b) di formare pratici allevatori di bestiame ed abili casari; c) di eseguire le indagini scientifiche e gli studi sperimentali” (Art. 1) previsti nel decreto che istituiva lo Stabilimento sperimentale. La Scuola si articolava in un corso superiore (per ruoli direttivi) ed un corso inferiore (per ruoli esecutivi) quest’ultimo poteva prevedere anche una sezione femminile. L’esecuzione delle indagini scientifiche o degli studi sperimentali spettava al direttore e ai docenti. Oltre i corsi regolari potevano esserci lezioni speciali, serali e domenicali per i contadini adulti, e conferenze in materie attinenti all’allevamento del bestiame o al caseificio. Presso la Scuola o per i soli allievi del corso inferiore è anche istituito un apposito convitto. Alle spese iniziali per la trasformazione dello Stabilimento sperimentale in Scuola di zootecnia e di caseificio, stimate in 32.000 lire, fanno fronte lo Stato e la Provincia di Reggio con 16.000 lire ciascuno. Mentre alle spese di mantenimento annuo, preventivate in lire 25.000, provvedono: Il Ministero di Agricoltura, Industria o Commercio in ragione dei 2/5 corrispondenti a lire 10.000; la Provincia di Reggio Emilia per i rimanenti 3/5 corrispondenti a lire 15.000. Da contabilizzare anche il pagamento di alcune rette dei convittori da parte del Ministero (con 1.800 lire, pari al costo di tre convittori) e le Provincie di Mantova e Modena (con 1.200 lire per il sostentamento di due alunni convittori ciascuna). La scuola “costituì il volano per il decollo dell’economia reggiana nel decennio di fine ottocento.”167 Ad Alba, in provincia di Cuneo, l’attuale Istituto di Istruzione Superiore di Stato Umberto I trae le sue origini nella Scuola di Viticoltura e di Enologia, istituita nel 1881,168 fortemente voluta dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione Ilbese Michele Coppino, dal Comune di Alba e dalla Provincia di Cuneo che intuirono l’importanza della ricerca scientifica e dell’istruzione nel campo viticolo della zona, 163 Ibidem. 164 Ibidem. 165 R.D. 7 ottobre 1874. 166 Vedi i Visti del Decreto istitutivo: il Consiglio di Reggio delibera in data 12 settembre, quello di Modena il 15 settembre e quello di Mantova il 22 settembre 1879. 167 Basini G.L., L’industrializzazione di una provincia contadina, Bari, Laterza 1995, p. 150. 168 R.D. 2 gennaio 1881. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 106 22/12/22 13:34 107 e in quello enologico, fondamentale per l’economia che produceva vini eccezionali, quali il Barbera, il Moscato, il Nebbiolo. Le motivazioni che portarono alla sua fondazione furono fondamentalmente due: conoscere e combattere le principali malattie della vite ed emancipare i vignaiuoli dal loro secolare empirismo. Il corso durava tre anni e per la sua istituzione e mantenimento la Provincia ed il Comune avevano stanziato nel 1880 rispettivamente 25.000 e 20.000 lire. Sede delle attività fu, in un primo tempo, la villa del Vescovo ad Altavilla e dal 1887 poteva utilizzare un proprio podere di quasi 700 are, acquistato dal Comune per 40.000 lire. Il progetto dei fabbricati scolastici risale al 1888 ed il costo previsto fu di 150.000 lire interamente sostenuto dal Comune di Alba. L’inaugurazione avvenne il 29 aprile 1901 e contemporaneamente si attivò il “Corso Superiore” di durata quadriennale che si innestava sul corso inferiore che venne ridotto a soli due anni. I lavori della costruzione della “Cantina Sperimentale” durarono dal 1902 al 1906. Nel 1926, a seguito della riforma Gentile, la gestione della Scuola passerà dal MAIC al MPI.169 Simile a quella dell’IIS di Alba è la storia dell’Istituto Tecnico Agrario Statale “F. Eredia” di Catania, che nasce, nel 1881,170 come Scuola di Viticoltura ed Enologia. Successivamente entrerà anch’essa nell’orbita del MPI con la riforma Gentile e divenuta prima “Scuola agraria media” e poi “Istituto Tecnico Agrario con specializzazione per la viticoltura e l’enologia”. Intorno al 1950 l’Istituto è stato intitolato al nome di Filippo Eredia (1877-1948), professore di meteorologia di fama mondiale e studioso anche di climatologia ed ecologia agraria.171 La Puglia, che insieme alla Liguria, alla Toscana e all’Umbria, erano le principali regioni olifere, era stata scelta dal MAIC come sede di una Scuola Speciale nel settore olivicolo sul versante adriatico del Mezzogiorno.172 La proposta ministeriale (scuola per giovani in età non inferiore a 14 anni che “sapessero leggere e scrivere” per un corso triennale teorico pratico da sostenersi finanziariamente anche con un concorso dello Stato, pari ai 2/5 delle spese di gestione annue) scatenò la rivalità tra le Provincie pugliesi per ospitare questa istituzione. La spuntò la provincia di Bari sulle contendenti Lecce e Foggia. E nell’ambito della provincia di Bari il MAIC preferì la città Capo- 169 Vedi Scuola enologica di Alba, in www.iisumbertoprimo.it. 170 R.D. 24 novembre 1881. 171 Eredia-Diodato in www.fermieredia.edu.it. 172 Antonacci N., Alla ricerca del “buon agricoltore”: l’istruzione agraria in provincia di Bari dall’unità a fine ‘800, in Istituto Alcide Cervi - Annali 17/18 1995-1996, Edizioni Dedalo, Bari, 1996, pp. 85-87. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 107 22/12/22 13:34 108 luogo rispetto all’altro importante centro olivicolo che era Bitonto. Decisivo fu il ruolo del Comizio agrario, che votò a maggioranza per Bari, dopo che il Consiglio comunale del capoluogo si era dichiarato disposto ad accollarsi le maggiori spese derivanti dal ritiro del sussidio promesso da parte delle Provincie sconfitte Lecce e Foggia.173 Il 2 gennaio 1881 venne finalmente emesso il decreto che istituiva a Bari174 la R. Scuola di Olivicoltura ed Oleificio «volta a preparare, mercè l’insegnamento teorico pratico di tutto ciò che riguarda la coltivazione dell’ulivo e la estrazione dell’olio, individui atti all’esercizio pratico della coltura dell’olivo e della preparazione e conservazione degli olii, individui atti all’esercizio pratico della coltura dell’olivo e della preparazione e conservazione degli oli».175 Questa soluzione, che puntava come obiettivo finale alla preparazione di “capi coltori” e “capi oleifici”, reclutabili soprattutto tra piccoli proprietari, era quella portata avanti dal MAIC e dal locale Consorzio agrario. Era una via di mezzo rispetto alla soluzione “minimale”, sostenuta da notabili locali, tra cui il sindaco della città, che desideravano “una scuola per contadinelli” e una più ambiziosa “per esperti agronomi”, magari già dotati di un diploma di un istituto tecnico. Per rispondere a questa ultima esigenza il Decreto assegna alla Scuola anche l’organizzazione di corsi serali o domenicali per contadini adulti e conferenze in materie attinenti l’olivicoltura. Ad un mese dal decreto istitutivo il MAIC provvedeva ad indire un concorso per la nomina del direttore.176 Per il mantenimento dell’istituto il MAIC stanziava L. 7.000, la Provincia L. 3.500 e il Comune 7.000 lire; per le spese di primo impianto le somme salivano rispettivamente a 9.000, 3.600 e 7.200 lire. Il Comune fornì anche l’edificio e il podere, prendendoli in fitto. Nei primi due anni di attività (1883-1884) fra i 17 alunni iscritti si contarono 13 figli di piccoli e medi proprietari provenienti da diverse provincie del Mezzogiorno e perfino da Roma e la stessa tendenza proseguì anche negli anni successivi, a fronte di un generale calo delle iscrizioni e al progressivo restringimento del bacino geografico di reclutamento.177 173 Neri O., Scuola di olivicoltura ed oleificio, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 62 del 16 marzo 1881: «Questa scelta fu preceduta da una nobile gara fra i municipi di Bari e di Bitonto ugualmente benemeriti, la quale gara attesta una volta di più l’interessamento del paese per la novella istituzione. E altresì a notarsi che, venuto meno il concorso finanziario delle provincie finitime della regione, il municipio di Bari si offriva a sostituire con i suoi assegni il sussidio mancato delle provincie stesse». 174 Nei visti del decreto istitutivo (vedi nota seguente) si legge: “Vista la nota del Nostro Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio del 19 aprile 1870, n. 4510, colla quale si inviava alla Prefettura di Bari un progetto particolareggiato per l’impianto in quella città di una Scuola di oliticoltura e di oleificio; Viste le deliberazioni del Consiglio provinciale di Bari del 18 marzo e 29 settembre 1880; Viste le deliberazioni della Giunta comunale di Bari, 3 agosto 1880, e del Consiglio del 12 febbraio e 23 agosto 1880, con le quali deliberazioni tutte, si accoglie il progetto del Ministero...” 175 R.D. n. 6 (sezione 3a) del 2 gennaio 1881, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 29 del 5 febbraio 1881. 176 MAIC - Direzione dell’Agricoltura, Avviso di concorso del 31 gennaio 1881, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 29 del 5 febbraio 1881. “È aperto il concorso al posto di direttore e professore di chimica, fisica e meccanica applicate all’oleificio nella Scuola di olivicoltura ed oleificio in Bari”. 177 Le R. Scuole pratiche e speciali di Agricoltura nel triennio 1887-88, 1888-89, 1889-90, parte II, in Annali di Agricoltura n. 190, Tip. Botta, Roma, pp. 520-535. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 108 22/12/22 13:34 109 Fin dal 1820 sulle colline dei Cappuccini, ad Avellino, la R. Società economica aveva istituito un orto sperimentale e una cattedra di agricoltura pratica e pubblicato un giornale su tematiche agricole. Tutti fatti che giovarono allo sviluppo agricolo di quel territorio in maniera notevole. Subentrarono a detta Società i Comizi agrari, ma con esiti meno positivi. Il Ministro della P. I. Francesco De Santis, irpino di Morra e figlio di piccoli proprietari terrieri, riprendendo progetti e proposte avanzate anni prima da uomini delle istituzioni locali, affidò al prof. Caruso, direttore dell’Istituto Agrario Superiore di Pisa, lo studio per realizzare una Scuola agraria. Caruso, una volta conosciuta l’Irpinia, si convinse che la scelta migliore sarebbe stata di istituire una Scuola di Viticoltura ed Enologia.178 Il 31 ottobre 1878 il Consiglio provinciale discusse il progetto inviato dal MAIC (inviato il 23 ottobre 1878!) per la istituzione di una Scuola di Viticoltura e Vinificazione. Il progetto ministeriale prevedeva due corsi: uno inferiore per formare capi coltivatori di vigneti ed esperti cantinieri; uno superiore per l’abilitazione alla direzione di una grande azienda viticola o di una società enologica. Le spese d’impianto erano previste in 14.250 lire mentre quelle per il funzionamento annuo in 24.300 lire (9.740 per spese del personale: direttore, un insegnante di scienze fisiche e naturali, un insegnante di italiano storia geografia contabilità, un capo vignaiolo, un capocantiniere, un bottaio, un inserviente, una massaia; 14.560 per costi di esercizio). Il Decreto istitutivo porta la data del 27 ottobre 1879.179 Fino a disposizione del MAIC poteva essere avviato solo il corso inferiore. La Scuola era fornita di un caseggiato (per attività didattica teorica, per convitto e per le abitazioni del personale che ne aveva diritto); di una cantina; di un terreno per le coltivazioni e per gli esperimenti. Le attività didattiche furono inaugurate nel novembre del 1880 con 26 alunni. Negli anni successivi il loro numero si stabilizzò su 36 allievi; nei primi tempi provenienti dalla Campania, dalla Puglia e dalla Calabria, poi anche dalla Sicilia, dal Lazio, e, addirittura, dalla Toscana e dalla Lombardia. Si accedeva con un esame di ammissione con prove in italiano ed aritmetica; gli esami annuali si sostenevano in agosto e novembre. La media dei licenziati, ogni anno, era di dieci giovani. Molto buono il livello di collocazione coerente con il percorso fatto dagli allievi. In un dibattito, nel 178 Apicella A., La scuola enologica di Avellino dalla fondazione ai giorni nostri, in Atti della celebrazione del centenario della scuola enologica di Avellino, Grafica Pergola, Avellino, 1981, pp. 11-13. 179 R.D. n. 5758 del 27 ottobre 1879, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 282 del 2 dicembre 1879. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 109 22/12/22 13:34 110 1896, al Consiglio provinciale di Avellino, il prof. Carlucci,180 primo direttore della scuola,181 fornì un elenco degli impieghi dei 153 alunni che si erano diplomati fino ad allora. Quasi tutti svolgevano un’attività professionale enotecnica o di ricerca nel settore.182 Nel 1885 viene istituito il corso superiore:183 comprende tre anni d’istruzione teorico-pratica e un quarto anno di applicazione.184 Le lezioni iniziano l’anno successivo con quattro allievi e nel 1887 diventano 17, di cui 4 uditori. L’organico complessivo della scuola ammonta a 12 persone (8 professori, di cui uno con l’indennità di direzione, un censore e tre assistenti).185 Nel 1882, su impulso delle amministrazioni locali, dell’Accademia dei Georgofili, della Società Toscana di Orticoltura e di alcuni istituti di credito, un Decreto186 di Re Umberto I sancisce la nascita della Scuola di pomologia e orticoltura di Firenze, unica in Italia per l’insegnamento dell’orticoltura e del giardinaggio. Il decreto istitutivo fissa questi obiettivi: “formare, mercé l’insegnamento teorico- pratico di tutto ciò che riguarda la coltivazione delle frutta e degli ortaggi, individui atti: a) All’esercizio pratico della coltura delle frutta e degli ortaggi, nonché alla conservazione delle une e degli altri; b) Alla direzione di pomari e di aziende orticole”. Per raggiungere questi obiettivi la scuola realizza due percorsi formativi, chiamati inferiori (per acquisire competenze nella coltura di frutti e ortaggi) e superiori (per acquisire conoscenze e competenze operative nella conduzione di aziende frutticole e orticole). Per la prima implementazione lo Stato si impegna con 15.000 lire e la Provincia 180 Michele Carlucci (1856-1951). Laureatosi a Portici nel 1878 fu assistente di botanica di Orazio Comes. Studiò le organizzazioni formative agricole straniere. Vinto il concorso per la istituenda scuola di Avellino passò un breve tempo a Conegliano Veneto e poi si dedicò a organizzare e dirigere la nuova sede. Insegnò Enologia alla facoltà di Agraria di Portici. 181 Aveva vinto il concorso come direttore e insegnate di viticoltura ed enologia bandito in data 23 dicembre 1879. Vedi Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 302 del 27 dicembre 1879. Le prove del concorso erano le seguenti: 1° Tesi in iscritto sopra un argomento di viticoltura, a scelta della Commissione; 2° Analisi di campioni di vino; 3° Schiarimenti sul tema scritto di viticoltura e discussioni sulle analisi in forma di dialogo coi componenti la Commissione; 4° Lezione pubblica, dinanzi la Commissione esaminatrice, sopra una tesi di viticoltura o di enologia, a scelta della Commissione. Veniva tenuto conto, anche, dei titoli presentati dai concorrenti. 182 Apicella A., La scuola enologica di Avellino dalla fondazione ai giorni nostri, op. cit. 183 R.D. n. 3488 del 16 agosto 1885, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 285, del 24 novembre 1885. 184 Le materie d’insegnamento sono: 1. Lingua italiana, storia e geografia. 2. Lingue straniere. 3. Matematiche elementari e disegno. 4. Agrimensura, costruzioni e disegni corrispondenti. 5. Storia naturale e sue applicazioni. 6. Fisica e principi di meccanica. 185 Professore titolare (1a classe) di Viticoltura ed enologie, di economia c commercio dei vini L. 4.000 indennità allo stesso professore per incarico della Direzione L. 600; Professore titolare (2a classe) di chimica generale applicata L. 3.000; Professore titolare (3a classe) di storia naturale L. 2.400; Professore reggente (1a classe) di fisica o principii di meccanica L. 2.000; Professore titolare (3a classe) di agraria, di frutticoltura o di computisteria L. 2400; Professore reggente (1a classe) di matematica, agrimensura, costruzione e disegno. L. 2.000; Professore reggente (1a classe) di lingua italiana, storia o geografia L. 2.000; Professore reggente (3a classe) di lingue straniere L. 1600; Maestro-censore titolaro (2a classe) L. 1.800; Tre assistenti: uno a 1.200, uno a 1.000 uno a 800 lire. 186 R.D. n. 699 del 15 febbraio 1881, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 95 del 21 aprile 1882. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 110 22/12/22 13:34 111 nella sistemazione dei locali messi a disposizione dal Comune. Per il mantenimento annuo provvedono alle spese sia il Governo che la Provincia di Firenze con 8.000 lire ciascuno. Gli studenti, fra i 14 e 17 anni, devono sostenere un esame di ammissione elementare e devono essere di preferenza figli di coltivatori o di piccoli proprietari agricoli. La direzione della Scuola viene affidata a Vincenzo Valvassori, di soli 26 anni, già docente alla scuola Superiore di Agricoltura di Portici e con studi presso la Scuola Agraria di Versailles. La prima sede della Scuola è presso la Casa del guardiacaccia delle Cascine, chiamata Le Pavoniere, dove viene anche istituito un convitto. Le esercitazioni pratiche sono svolte nello stabilimento orticolo comunale di cinque ettari, situato dietro la fattoria delle Cascine dell’Isola, diventata, prima, Casino di caccia del Granduca e, poi, sede degli uffici comunali del Pubblico Passeggio. Su tale terreno il Direttore Vincenzo Valvassori fece subito avviare i lavori per l’impianto di un pomario, di un vivaio di piante da frutta, di un vigneto e per la costituzione di un orto. A poco più di cinque anni dalla fondazione della scuola, Valvassori era stato capace di raccogliere nel pomario 5.000 piante. E in pochi anni la scuola agraria delle Cascine aveva assunto un’importanza nazionale, tanto che il Ministero dell’Agricoltura aveva stabilito che gli alunni migliori fra tutti quelli delle scuole di agricoltura del Regno, si dovevano recare a perfezionarsi presso la Scuola di pomologia e di orticoltura di Firenze.187 Nel 1890 tutto lo stabilimento comunale, con aree, attrezzi, serre viene ceduto alla scuola che così può contare su un’Azienda di ventidue ettari. Tutti gli studenti che si diplomavano alla Scuola si impiegavano come giardinieri nelle numerose ville fiorentine o nelle Soprintendenze comunali di tutta Italia.188 L’11 febbraio 1888 il Ministro Berti firma il Decreto189 che istituisce Istituto di Zootecnia di Palermo. Partecipano all’iniziativa, oltre il MAIC, la Provincia e il Comune di Palermo e la Società di acclimazione ed agricoltura in Sicilia.190 Lo Statuto di questa Società, fondata nel 1861 da Agostino Todaro, Direttore dell’Orto botanico della città, ne fissava le finalità: «[...] acclimare ogni specie di animali utili all’allevamento e introdurre nuove piante utili all’agricoltura e di ornamento, promuovere ogni 187 www.agrariofirenze.gov.it/storia. 188 Nel 1908 nasce l’Istituto Agricolo Coloniale e l’Azienda viene arricchita da serre con piante tropicali da utilizzo; ai suoi corsi possono accedere i ragazzi che si sono diplomati alla Regia Scuola di Pomologia e Orticoltura che, poi, vanno a lavorare nelle colonie; la denominazione successiva di questa nuova scuola sarà Istituto Agronomico per l’Oltremare. 189 R.D. n. 1959 del 11 febbraio 1884, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 63 del 14 marzo 1884. 190 Nei visti del decreto si riportano le date delle deliberazioni in merito alla partecipazione alla istituzione e mantenimento dell’Istituto da parte dei soggetti coinvolti: la Società di acclimazione e agricoltura in Sicilia, in data 30 dicembre 1879, il Consiglio provinciale di Palermo, in data 11 settembre 1881, il Consiglio comunale di Palermo, in data 7 aprile 1883. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 111 22/12/22 13:34 112 nuova pratica utile all’industria agricola».191 In effetti la Società di acclimazione fino ad allora aveva sviluppato solo la parte relativa alla botanica. Nulla aveva fatto nel campo della zootecnia. Il Decreto del Ministro Berti gli dava la possibilità anche di occuparsi di questo aspetto. Le attività del nuovo Istituto, infatti, previste dal decreto istitutivo, erano finalizzate: «[...] a) A diffondere nell’isola scelti riproduttori di ogni specie d’animali agricoli, delle razze più convenienti alle condizioni del luogo; b) A favorire l’acclimamento di animali importati da altri luoghi, e di esperimentarne l’incrociamento colle razze indigene, e di fornire agli agricoltori i primi riproduttori; c) A promuovere con la selezione il miglioramento delle razze indigene; d) A servire di stazione di monta per ogni specie di animali, al fine di giovare agli allevatori che attendono al miglioramento delle loro razze; e) A promuovere e diffondere la coltivazione, la raccolta e la preparazione dei foraggi, al fine di assicurare l’alimentazione degli animali nei mesi di maggior arsura; f) A promuovere l’incremento del bestiame nell’isola, ed a diffondere con gli scritti, con. le conferenze ed anche con l’ammissione di alcuni presso l’Istituto, le pratiche razionali di zootecnia e di praticoltura». L’Istituto ha un direttore ed un medico-veterinario, nominati dal MAIC a seguito di concorso o per “scelta di persone note per la loro attitudine.” Qualsiasi altra persona è nominata su proposta del Direttore dal Consiglio di amministrazione (dove siedono un rappresentante del Ministero di Agricoltura, di un membro eletto dalla Deputazione provinciale, di uno eletto dalla Giunta municipale, di uno eletto dalla Società di acclimazione e di agricoltura, e dal direttore dell’Istituto). L’indirizzo tecnico dell’Istituto zootecnico e la coltivazione del podere in cui sarà collocato sono di competenza del Direttore. Le attribuzioni e gli uffici, gli stipendi e le norme di funzionamento saranno determinate con apposito regolamento, approvato dal Ministero, udito il Consiglio amministrativo. Nelle spese straordinarie di primo impianto, previste in lire 18.350, concorrono per lire 11.500 l’Amministrazione provinciale, per lire 5.000 l’Amministrazione comunale, e per lire 1.850 il Governo. Alle spese di mantenimento annuo, fissate nella somma di lire 7.000, provvedono il Governo per due quinti e per gli altri tre quinti la Provincia, il Comune e la Società di acclimatamento, in parti uguali. Il MAIC provvede sia all’acquisto degli animali riproduttori sia ai successivi acquisti per mantenere il deposito in condizioni normali. 191 Sede della Società era Villa Vermiglia, che prendeva il nome dalla famiglia che l’aveva fatta costruire, i Vermiglia di Belmonte, nel 1772. Nel 1782 fu acquistata dalle monache Carmelitane del Monastero di Valverde. Nel 1866 con Regio Decreto venne concessa alla Società di Acclimazione della Sicilia. Nel 1859 Di Marzo Ferro nella sua “Guida Istruttiva per Palermo e i suoi dintorni” parla di quello spazio come un “luogo di delizie”, dove oltre alla casina, pare esistessero fruttifere, diversi giardini, un piccolo orto botanico e campi sperimentali. Sin dai primi anni di attività i soci sentirono la necessità di poter esercitare i loro studi in un vero giardino di Acclimazione e così nel febbraio del 1867 venne concessa la facoltà temporanea al Comune di Palermo di occupare ad uso della Società di Acclimazione la Floretta, il giardino e il casino monastico a Mezzomonreale appartenente al disciolto Monastero di Valverde. E così in quel giardino si sperimentavano piante esotiche, tessili, tintorie, oleifere, aromatiche e alimentari al fine di facilitarne l’introduzione e la coltivazione, illustrarne le tecniche agricole e spedire i semi ai cultori e ai giardinieri dell’Isola. Vedi Speciale M. - I. Chiappisi, Patrimoni di ieri: il Giardino dell’Acclimazione, in www.salvarepalermo.it/per/archivio. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 112 22/12/22 13:34 113 2.3.4. Le Scuole Superiori di agricoltura a. Dibattito e vicende istituzionali Le scuole superiore di agricoltura del MAIC operanti nel decennio sono l’Istituto forestale di Vallombrosa (Vedi Volume IV Cap. I. par. 3.4.4.b) e le Scuole Superiori di Milano (Vedi Volume IV Cap. II, par. 2.2.1.b) e Portici (Volume IV Cap. II, par. 2.2.1.c). Queste ultime due, dopo la ricostituzione del MAIC, erano rimaste al Ministero della Pubblica Istruzione. E i due dicasteri, quello dell’istruzione e quello delle attività economiche, iniziarono uno scontro, convinti che le due istituzioni dovessero rientrare nelle rispettive competenze. I tentativi fatti in Parlamento per far tornare le Scuole Superiori al MAIC, come peraltro era stato fatto con la Scuola superiore di Commercio di Venezia e quella navale di Genova, non ebbero per molto tempo successo. Gli oppositori del ritorno delle Scuole al MAIC sostenevano che un ministero economico non avesse una sufficiente dignità culturale per occuparsi della formazione delle classi medie e dirigenti. Solo nel 1886 torneranno al Ministero dell’Agricoltura.192 In questi anni il Consiglio per l’istruzione agraria si occupò del riordino degli studi superiori agrari e, tra le prime attività, avviò uno studio comparativo sullo stato dell’istruzione agraria superiore in Italia e presso altre nazioni (Tabella 15).193 E nominò una commissione, composta da tre accademici: Francesco Brioschi,194 già direttore del Politecnico di Milano (allora R. Istituto Tecnico Superiore), Alfonso Cossa, il primo direttore di Portici195 e Antonio Keller.196 La Commissione ribadì il carattere eminentemente professionale delle Scuole superiori, anche se non suggerì sostanziali cambiamenti negli scopi e negli indirizzi programmatici; propose che al Direttore delle 192 Vedi R.D. n. 3824 del 4 aprile 1886, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 101 del 30 aprile 1886. 193 MAIC, Annali del MAIC, Scuole Superiori Agrarie all’estero, Tipografia Eredi Botta, Roma 1887, pp. XXVI-XXVII. 194 Francesco Brioschi (1824-1897). Nel 1848 partecipò all’insurrezione delle Cinque giornate di Milano. Fece parte della commissione che elaborò la Legge Casati. Nel 1861 fu eletto deputato del Regno d’Italia nella circoscrizione di Todi. Era allora politicamente legato (e lo sarà per tutta la vita) alla Destra storica. Fu nominato Direttore del neonato Politecnico di Milano (che ai tempi si chiamava Regio istituto tecnico superiore). Fu grazie all’impegno di Brioschi che il Politecnico di Milano poté disporre di locali, laboratori e docenti di buona qualità. Inoltre, insistette affinché il Politecnico di Milano potesse fornire l’intera educazione superiore: fino al 1875, erano ammessi solo studenti che avessero frequentato almeno due anni in un’altra università. Fu nominato senatore dell’VIII legislatura del Regno d’Italia. Nel 1887 realizzò una mappa cartografica più completa del Po, ancora oggi utilizzata per gli aggiornamenti e la rappresentazione del fiume. 195 Alfonso Cossa (1833-1902). Si laureò in Medicina nel 1858 a Milano e subito dopo divenne assistente e poi professore di Chimica presso l’Università di Pavia. Nel 1866, su invito di Quintino Sella, allora Commissario regio a Udine, fondò il Regio Istituto tecnico di Udine di cui fu docente e Preside fino al 1872, anno in cui fondò la Scuola superiore di Agricoltura di Portici, di cui fu il primo Direttore. A Portici rimase solo un anno, dall’ottobre 1872 all’ottobre 1873, quando si trasferì a Torino per dirigere la Stazione Agraria (1873-1882) e insegnare chimica agraria nel Museo industriale. Nel 1882 diventa professore di chimica docimastica nella Scuola d’applicazione degli ingegneri di Torino (1882-1902), scuola che diresse per quindici anni (1887-1902). Fu membro di numerose accademie sia italiane che straniere. 196 Antonio Keller (1821-1900). Professore di storia naturale ed economia rurale, nell’Università di Padova. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 113 22/12/22 13:34 114 Scuole fossero conferite le prerogative riconosciute ai rettori e ai presidi delle università; evidenziò anche la necessità di introdurre nuovi insegnamenti per l’incessante ampliamento delle discipline scientifiche e tecniche di interesse agrario. Tabella n. 15 - Comparazione delle discipline insegnate in istituzioni italiane ed estere d’Istruzione Professionale Superiore in Agricoltura PARIGI BERLINO MILANO197 PORTICI198 Meccanica, Fisiologia generale, Chimica generale, Zoologia, Fisica e meteorologia, Mineralogia e geologia, Botanica, Economia politica, Zootecnia, Agricoltura generale, Ingegneria rurale, Zoologia, Chimica analitica, Tecnologia agraria, Economia rurale, Chimica agraria, Agricoltura speciale, Arboricoltura, Agricoltura comparata, Diritto amministrativo e legislazione rurale, Fisiologia vegetale, Silvicoltura, Viticoltura, Ippologia, Igiene, Contabilità. Storia e letteratura dell’agricoltura tedesca, Agricoltura generale, Agricoltura speciale, Coltura dei prati, Frutticoltura, Selvicoltura, Zootecnia (generale e speciale), Economia rurale. Scienze naturali: Botanica (fisiologia, anatomia, nosologia, ecc.), Chimica e tecnologia, Mineralogia, geologia, geognosia fisica. Scienze economiche: Economia politica teoretica, Economia politica pratica, Questioni di politica agraria, Politica agraria della Germania nel XVIII e XIX sec., Diritto prussiano e tedesco nelle attinenze col diritto rurale. Scienza veterinaria: Anatomia degli animali domestici, Patologia, Malattie contagiose e parassitarie, Mascalcia. Ingegneria rurale: Cultura teorica, Costruzioni di terra, Costruzioni idrauliche, Costruzioni in generale, Costruzione di ponti e strade, Progetti di irrigazione, Costruzione di fabbricati rurali, Macchine e fabbricati per le industrie agrarie Geodesia e matematica: Matematica, completamento dell’algebra e della geometria, Geometria analitica, Calcolo differenziale, Geometria pratica, Disegno geometrico, Esercizi di misurazione, Rilievi e livellazioni, Disegno di costruzioni, Esercizi di matematica Lingua e lettere italiane, Tedesco, Botanica (generale, agraria e crittogamica), Disegno, Chimica agraria, Agronomia ed economia rurale, Elementi di meccanica applicata e di costruzioni rurali, Tecnologia agraria, Fisica e meccanica agraria, Geometria pratica, Contabilità agraria, Economia, Legislazione, Statistica Chimica inorganica e organica Botanica: Anatomia e fisiologia delle fanerogame e delle crittogame, Geografia vegetale, Anatomia e fisiologia animale, Zootecnia, Igiene, Mineralogia e geologia agraria Agraria: Agricoltura, Economia rurale, Chimica agraria, Storia degli insetti utili e nocivi all’agricoltura Arboricoltura: viticoltura, orticoltura Meccanica e costruzioni agrarie: fognatura Economia politica con applicazioni all’industria agraria: Statistica e legislazione agraria Agrimensura: Estimo agrario e forestale, Contabilità agraria Enologia, Disegno Nonostante il livello raggiunto da Milano e Portici le due Scuole Superiori furono sempre sotto attacco, a causa: del loro alto costo, della scarsa affluenza, della crisi agraria, delle discussioni sul ruolo dell’istruzione superiore, del dualismo con la pubblica istru- 197 Gli insegnamenti sono quelli previsti dal Regolamento del 2 aprile 1871, art. 43. 198 Gli insegnamenti sono quelli previsti dal Regolamento del 30 settembre 1877, art. 41. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 114 22/12/22 13:34 115 zione mai risolto, dell’opposizione verso le scuole superiori dei grandi proprietari terrieri che vedevano in quel modello di agricoltura la perdita della loro egemonia culturale. b. Scuola Superiore di Agricoltura di Milano Nel 1888199 viene riordinata in conformità alla L. n. 3141/85. Il mantenimento annuo è assicurato dallo Stato per i 3/5 e per l’ulteriore 2/3 da Provincia e Comune di Milano. Un Decreto successivo200 stabiliva il ruolo organico: cinque professori ordinari, otto straordinari (quattro a 3.500 lire e quattro a 3.000 lire annue) e quattro incaricati. Un ulteriore Decreto201 ne approvava il Regolamento organico. Gli scopi della Scuola sono tre e possiamo sintetizzarle in Formazione Professionale, Formazione Magistrale, Ricerca Sperimentale: Il testo recita: «a) procurare ai giovani, i quali si applicano all’agricoltura, quelle cognizioni scientifiche e pratiche di agronomia e di industrie agrarie, che corrispondono allo stato attuale della scienza; b) di istruire con ammaestramenti speciali coloro che intendono divenire professori di scienze agrarie; c) di promuovere il progresso dell’agricoltura per mezzo di ricerche sperimentali» (Figura 12). Figura n. 12 - Funzioni della Scuola Superiore di Milano L’istruzione è impartita in un corso di tre anni, al termine dei quali i giovani conseguiranno il grado accademico di laureato agronomo. Oltre al corso ordinario triennale, vi sarà anche un corso di magistero della durata di due anni (Figura 13). Le aree disciplinari, oggetto di insegnamento, si distinguono in “materie d’indole generale” e “materie speciali”. Appartengono al primo gruppo: Chimica generale (inorganica e organica). Botanica sistematica. Morfologia e fisiologia vegetale. Zoologia. Mineralogia e geologia. Disegno. Complementi di fisica e meccanica. Meteorologia. Appartengono al secondo gruppo: Geometria pratica. Chimica agraria. 199 R.D. n. 5606 (serie 3a) del 15 luglio 1888, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 192 del 14 agosto 1888. 200 R.D. n. 5607 (serie 3a) del 15 luglio 1888, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 192 del 14 agosto 1888. 201 R.D. n. 5783 (serie 3a) del 1 novembre 1888, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 275 del 22 novembre 1889. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 115 22/12/22 13:34 116 Tecnologia chimico-agraria. Botanica agraria. Patologia vegetale. Zootecnia con nozioni sulla igiene del bestiame. Nozioni di zooiatria. Contabilità agraria. Trattato delle coltivazioni. Economia ed estimo rurale. Coltivazioni speciali (viticoltura, olivicoltura, orticoltura, frutticoltura, selvicoltura, ecc.) Bachicoltura ed apicoltura. Idraulica agraria e fognatura. Meccanica agraria. Legislazione rurale. Per l’ammissione come alunno regolare è necessario aver conseguito la licenza liceale o quella di un istituto tecnico (sezioni di agronomia, agrimensura o fisico matematica) ovvero, possedere l’attestato di licenza dai corsi superiori delle Scuole speciali di viticoltura e di enologia, subire un esame complementare di fisica e di matematica, equivalente a quello che si richiede per la licenza della sezione di agrimensura o di agronomia degli istituti tecnici. È ammessa la partecipazione di uditori. Si considerano tali coloro “i quali desiderano di assistere ad uno o più corsi senza assoggettarsi ad esame. […] Alla fine dell’anno potranno ottenere un certificato di assistenza ai corsi”. Le tasse di iscrizione e di conferimento del diploma di laurea ammontano ciascuna a 100 lire. C’era pure una tassa, stabilita annualmente dal MAIC per la partecipazione alle attività di laboratorio. Figura n. 13 - Percorsi, durata e gradi accademici della Scuola Superiore di Milano (1888) Le norme che riguardano l’amministrazione della Scuola, la nomina e le funzioni del Direttore, la nomina dei professori e il Consiglio dei professori sono quelle previste nella L. 3141/85. La scuola fu prima diretta da Gaetano Cantoni e poi dal Sen. Francesco Brioschi. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 116 22/12/22 13:34 117 c. Scuola Superiore di Agricoltura di Portici Dopo un lungo braccio di ferro, la Scuola cessò di dipendere finanziariamente dalla Provincia di Napoli e passò completamente alle dirette dipendenze del Ministero. 202 La Provincia assegnava alla Scuola tutti i locali ed i terreni, di cui già usufruiva dalla sua istituzione e provvedeva alla manutenzione dei fabbricati. Nello stesso giorno, 30 giugno 1889, avveniva il trasferimento di competenze al MAIC e un altro Decreto fissava l’organico della Scuola.203 Sempre nel 1889 veniva emanato con R.D. il Regolamento organico, sostanzialmente identico a quello della Scuola di Milano. Poche le varianti: nel quadro delle materie figurano anche Economia politica e Statistica. Ci sono alcune specificazioni relative agli esami. Per quanto riguarda gli esami di promozione si precisa che sono costituiti da una prova scritta e una orale, che si tengono al termine di ciascun anno in due sessioni, una estiva e una di riparazione autunnale. Per gli esami di laurea viene specificato che comportano una prova scritta, una orale e una pratica al termine del terzo anno e che la commissione è composta da tre professori e da tre agricoltori noti per la “riputazione di cui godono”. Sono esentati dalle tasse di iscrizione gli studenti “disagiati di fortuna e segnalati per ingegno, diligenza e costumi”. Quanti invece riporteranno la media degli 8/10 all’esame finale del terso anno non pagano la tassa del diploma. Rispetto alla normativa precedente c’era un cambiamento che mise in grande agitazione gli studenti. Dopo i tre anni di corso non si raggiungeva più il titolo di Dottore agronomo, come, invece, ottenevano quanti frequentavano la Scuola di Pisa del Ministero della Pubblica Istruzione, ma solo di Laureato agronomo. In una lettera al Ministro Pietro Lacava, il Direttore della Scuola segnalò la contestazione degli allievi «Durante questo periodo si è ogni anno verificata […] la emigrazione degli alunni di Portici a Pisa. Chi per difficoltà di esami, o per ragione di disciplina, trovava non piana la vita scolastica di Portici cercava rifugio a facili e maggiori conforti accademici presso la università di Pisa, potendo poi quasi deridere i più studiosi e disciplinati rimasti a Portici».204 La più massiccia emigrazione si verificò tra gli studenti iscritti nel 1887; scelsero Pisa 13 studenti su 30! Comunque, la Scuola, nonostante questi affanni, in questi primi decenni raggiunse un buon livello scientifico e i direttori che si susseguirono diedero un notevole 202 R.D. n. 6253 (Serie 3a) del 30 giugno 1889, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 178 del 27 luglio 1889. 203 R.D. n. 6252 (Serie 3a) del 30 giugno 1889, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 178 del 27 luglio 1889. L’organico prevedeva un Direttore, cinque professori ordinari, quattro professori straordinari a 3.500 lire annue, quattro professori straordinari a 3.000 lire quattro incaricati e assistenti. La somma complessiva, di cui si faceva carico il MAIC, ammontava a 69.000 lire. 204 MAIC, Direzione dell’agricoltura, Scuole Superiori di Agricoltura Titolo accademico, ms autografo, cit. in Santini A. (a cura di), con Mazzoleni S. - F. De Stefano, La Scuola Agraria di Portici e la modernizzazione dell’agricoltura 1872-2012, Doppiavoce, Napoli, 2015, p. 57. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 117 22/12/22 13:34 118 impulso alla ricerca e al miglioramento delle strutture della Scuola. Paride Palmeri (Direttore dal 1880 al 1886 e dal 1897 al 1901) si dedicò soprattutto alla costruzione di un laboratorio di chimica, facendone uno dei più avanzati per quegli anni in Italia, soprattutto per la gran quantità di apparecchiature utilizzate. Almerigo Cristin (Direttore dal 1886 al 1891) diede un notevole impulso alla ricerca zootecnica ed in particolare creò un ricco museo che si affiancò al Gabinetto di Zootecnia. Italo Giglioli (Direttore dal 1889 al 1897) si occupò soprattutto del laboratorio di chimica agraria che ben presto divenne Stazione agraria sperimentale fungendo da laboratorio per analisi a pagamento di sostanze chimiche e industriali. d. Istituto forestale di Vallombrosa La nascita dell’Istituto forestale di Vallombrosa205 segna l’avvio della selvicoltura italiana. Per tre motivi: a) l’Italia comincia a dire la sua in una materia in cui le scuole di pensiero predominanti, dal punto di vista degli studi e delle conoscenze, erano quelle germaniche e quelle francesi,206 b) perché dà indicazioni univoche in una materia, diversamente trattata da un punto di vista regolamentare dagli stati preunitari della penisola (tenuto conto che la prima legge forestale a valenza nazionale vedrà la luce solo nel 1877) e con un personale addetto alle cure dei boschi con livelli di professionalità molto diversi; c) perché, sulla base delle conoscenze scientifiche maturate recentemente, rappresenta un cambio di cultura: da foreste incolte a coltivate e quindi interventi finalizzati al recupero delle pendici, alle opere di sistemazione idraulica, ai rimboschimenti... Come abbiamo già riferito, nel primo volume, secondo l’ordinamento dell’Istituto207, gli alunni si dividevano in ordinari (aspiranti alla carriera forestale governativa in età compresa tra i 18 e i 22 anni) e 205 Vedi vol. IV Paragrafo 5.5.2 Scuole agrarie governative. 206 Nel giorno dell’inaugurazione dell’Istituto il Direttore Alfonso Bérenger affermava: «Per quanto sfuggevolmente […] l’umano intelletto soffermisi a considerare l’importanza morale, agricola, commerciale, militare, navale, etnologica ed economica delle Foreste […] torna impossibile affatto che l’uomo di retto senno non vegga con viva esultazione ed applauso che anche la nostra Nazione veder possa finalmente assicurato a sé un Istituto di forestale, scientifico e pratico insegnamento, la mercè di cui non abbiano più gli Italiani od a cerarlo al di là dell’Alpi, o ad invidiarlo alle previdenti e dotte cure degli stranieri». Vedi Giordano N., Vallombrosa, 1869 nasce la prima scuola forestale italiana, Il Forestale n. 63, luglio/agosto 2011. 207 R.D. n. 4993 del 4 aprile 1869, in parte modificato con R.D. n. 625 (serie 2a) del 24 ottobre 1871. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 118 22/12/22 13:34 119 straordinari (frequentanti, con oltre 18 anni di età, per apprendere le discipline forestali). La pensione annua era di 700 lire. L’intero percorso durava tre anni (Tabella 16). Al termine del primo e secondo anno “gli alunni subiscono un esame scritto e verbale per passare alla classe superiore”. Chi riporta una insufficienza in una o due materie può riparare all’inizio del nuovo anno; con tre insufficienze si ripete l’anno. “Ad ogni alunno è rilasciato un certificato degli esami subiti nel quale si fa apposita menzione delle pene disciplinari subite nel corso dell’anno”. Le prove dell’esame finale del terzo anno per gli allievi ordinari riguardano tutte le materie del triennio. Tabella n.16 - Distribuzione delle ore di lezione nell’Istituto Forestale di Vallombrosa MATERIE ORE SETTIMANALI 1° corso 2° corso 3° corso Lingua e Storia italiana 3 3 1,½ Lingua francese 3 1,½ - Lingua tedesca 3 3 1,½ Botanica e zoologia 3 3 3 Fisica, Chimica, Geognosia, Mineralogia 3 3 3 Trigonometria piana, elementi Geometria analitica 3 - - Topografia - 3 - Meccanica - - 3 Agronomia, Selvicoltura, Tecnologia 3 3 3 Tassazione, Stima ed Assestamento - 3 3 Diritto e Legislazione - - 1,½ Disegno 6 6 6 26 27,½ 24,½ NB. Ciascuna lezione, inclusavi la ripetizione, dovrà durare ore 1,½. Nel sopraesposto orario non entrano le esercitazioni pratiche da farsi in campagna o nell’interno dell’Istituto dagli alunni, sotto la scorta dei rispettivi professori, in Geodesia, Topografia, Celirimensura, Botanica ed Arte forestale. Il tempo ed il momento a ciò più opportuno verrà determinato di comune accordo fra il Direttore ed i Professori dell’Istituto, senza turbare l’orario presente delle lezioni Il risultato determinerà la graduatoria per l’ammissione nella Amministrazione forestale, come Sottoispettore aggiunto (o, se mancano i posti per questo grado, come Brigadiere). L’allievo primo classificato negli esami finali, oltre al grado nell’Amministrazione forestale, potrà beneficiare di uno stage in un Istituto superiore, nazionale o estero, a spese dello Stato. Riassumiamo nella tabella n. 17 i principali eventi dell’Istituto dalla sua fondazione alla fine del decennio in esame. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 119 22/12/22 13:34 120 Tabella n. 17 - Principali eventi dell’Istituto forestale di Vallombrosa (1865-1890) 1865 Quintino Sella, Ministro delle finanze, aderisce alla proposta di inviare ispettori dell’Amministrazione forestale presso le accademie forestali di Nancy, Münden e Tharand per seguirvi le lezioni. 1866 Legge dell’incameramento allo Stato dell’abbazia e della foresta di Vallombrosa (7 luglio). 1867 Il 1 ottobre ha inizio il primo corso di istruzione forestale in Italia, diretto dall’ispettore forestale Giuseppe Viglietta. Il corso termina nel gennaio dell’anno successivo. 1869 Nel marzo l’Amministrazione forestale prende in consegna, dal Demanio dello Stato, l’abbazia e la foresta di Vallombrosa con l’incarico di assumerne la direzione tecnica ed economica. 1869 Col R.D. n. 4993 del 4 aprile è approvato il regolamento per l’impianto di un Istituto Forestale a Vallombrosa. 1869 15 agosto: solenne inaugurazione dell’Istituto con la presenza del Ministro dell’Interno, Luigi Ferraris, il Ministro dell’agricoltura Marco Minghetti e l’Ispettore generale forestale De Giacomo. Direttore dell’Istituto è nominato Adolfo de Bérenger che rimarrà in tale carica fino al 1879. 1869 2/3 settembre: primi esami di ammissione degli allievi. 1870 1/8 settembre: si tengono gli esami di profitto del primo anno scolastico. Tra i promossi è Vittorio Perona, futuro Direttore dell’Istituto. 1871 Con R.D. n. 625 del 24 ottobre vengono previsti i programmi di esame per l’ammissione all’Istituto. È richiesta la conoscenza della lingua francese. 1879 Con R.D. n. 5204 del 4 dicembre viene emanato il regolamento per la contabilità dell’Istituto. 1880 Vittorio Perona impianta il primo arboreto nelle vicinanze dell’Istituto. 1880 In ottobre il Prof. Ing. Francesco Piccioli viene nominato Direttore. 1888 Con R.D. n. 5219 del 28 gennaio vengono portati da tre a quattro anni i corsi d’istruzione presso l’Istituto. Per esservi ammessi, occorre possedere la licenza liceale o quella di istituto tecnico o, in alternativa, essere sottoposti ad un esame. Per il decennio considerato in particolare vanno segnalati: - nel 1879: l’emanazione del Regolamento per la contabilità dell’Istituto.208 L’art. 1 pone l’Istituto “alla immediata dipendenza del MAIC” e l’art. 3 fa del Direttore la figura cardine di tutto il processo amministrativo;209 208 R.D. n. 5204 del 4 dicembre 1879 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 29 del 5 febbraio 1880. 209 “Art. 3. Il direttore è proposto all’amministrazione dell’Istituto, ed a lui compete la sorveglianza su tutto l’andamento dell’azienda, sia in quanto si riferisco ai terreni che formano dotazione dello l’Istituto stesso, ed alle somme dovute dagli alunni per rette ed uniformi, sia in quanto si riferisce allo CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 120 22/12/22 13:34 121 - nel 1881: l’abbassamento dell’età di ammissione degli ordinari da 18 a 16 anni nel 1881;210 - nel 1884: la possibilità per i candidati in possesso della licenza di un Istituto tecnico nelle sezioni di agrimensura e di agronomia di iscriversi al secondo anno del corso, previo superamento di un esame;211 - nel 1888: l’aumento dell’intero percorso da tre a quattro anni; la riduzione della pensione annua da parte degli allievi da 700 a 600 lire; nuove norme per l’ammissione di candidati ordinari. Viene richiesta la licenza liceale o di un Istituto Tecnico (sez. Agrimensura e Fisico-matematica), senza essere sottoposti a prove selettive, o, in mancanza di tali titoli di studio, il superamento di un esame su materie previste dal MAIC.212 Per l’ammissione saranno i bandi annui che stabiliranno il numero di posti riservati a candidati in possesso della licenza e di quelli riservati, invece, ai candidati che dovranno sostenere l’esame. Nel primo caso se il numero dei candidati è superiore a quello dei posti messi a concorso la graduatoria viene fatta sulla base dei punteggi ottenuti nell’esame di licenza.213 2.4. Le attività formativo-professionali sussidiate da soggetti locali 2.4.1. Le scuole di agricoltura operative nel decennio Le scuole di agricoltura sussidiate da soggetti, pubblici e/o privati, di cui ricostruiremo la nascita e la prima evoluzione sono state attivate prevalentemente prima dell’unificazione e soprattutto da parte di nobili possidenti “illuminati” e “progressisti”. Anche per questa tipologia di scuole, quelle menzionate, lungi dal costituire il quadro esaustivo, sono solo rappresentative di un fenomeno più vasto. A Palermo Il Parco di Villa Castelnuovo è un parco storico esteso sei ettari in pieno centro cittadino. La tenuta appartenne al Principe Carlo Cottone (1756-1829) esponente di quella cerchia di aristocratici che, animati da idee liberali, volevano riformare il Regno e dotarlo di una moderna Costituzione. Il suo impegno politico speso necessario all’istruzione, al mantenimento degli alunni stessi, nonché alla coltura dei giardini ed orti dendrologici”. 210 MAIC, Circolare ai signori prefetti del Regno sull’esame di ammissione nell’Istituto forestale di Vallombrosa, del 17 gennaio 1881 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 25 del 1 febbraio 1881. 211 MAIC, Circolare ai signori prefetti del Regno sull’esame di ammissione nell’Istituto forestale di Vallombrosa, del 31 gennaio 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 14 del 28 febbraio 1884. 212 R. D. n. 5219 (serie 3a) del 5 febbraio 1888, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 51 del 1 marzo 1888. 213 MAIC, Circolare ai signori prefetti del Regno sull’esame di ammissione nell’Istituto forestale di Vallombrosa, del 5 novembre 1888, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 264 del 9 novembre 1888. Principe Carlo Cottone CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 121 22/12/22 13:34 122 e sociale gli costò anche l’esilio. Deluso e amareggiato per non aver visto realizzati i propri ideali si rifugiò nella casa di famiglia circondata da un parco, coltivato a uliveto e agrumeto. Il Principe volle, però, fondare nella sua proprietà un Seminario di Agricoltura con lo scopo di istruire a metodi pratici e razionali i giovani agricoltori. Era la prima volta che un giardino privato veniva messo a disposizione della comunità per uno scopo sociale. L’antico podere iniziò quindi ad essere interessato dalle trasformazioni necessarie alla nuova destinazione d’uso; tra il 1820 e il 1830 venne realizzato, l’edificio del Gymnasium. Purtroppo, Carlo Cottone non riuscì a vedere realizzato il sogno dell’Istituto Agricolo; il programma venne infatti portato a termine, diversi anni dopo la morte del Principe, dal suo amico ed esecutore testamentario Ruggero Settimo, che nel 1847 inaugurò l’Istituto Agrario che rimase in attività per poco più di un secolo. Alla morte di Settimo (1865) gli successe nel governo dell’Istituto agrario il figlio Girolamo, che viene confermato in questa funzione dallo Statuto Organico214 del 9 settembre 1876 e dal nuovo statuto in vigore dal 1893.215 Una volta cessata l’amministrazione del Principe gli subentrava un Consiglio di Amministrazione composto da tre membri, nominati dal Prefetto di Palermo (il Presidente) e dalla Provincia e dal Comune (i due consiglieri). L’art. 2 dello Statuto del 1893 recita: “Lo scopo dell’Istituto è di formare agricoltori istruiti e pratici ed a tale oggetto vien data agli Alunni una istruzione corrispondente a quella delle Scuole Pratiche di Agricoltura del Regno”. Il successivo articolo stabilisce che “L’Istituto provvede ai suoi bisogni col patrimonio mobiliare ed immobiliare e con la retta degli Alunni a pagamento”. L’Istituto manteneva gratuitamente almeno otto alunni. Nel Regolamento interno si precisava che (art. 4) “gli Alunni a pagamento ed i franchi saranno trattati in perfetta uguaglianza”. Come tutte le Scuole pratiche di agricoltura, l’Istituto Castelnuovo “ha per fondamento principale l’esercitazione nel lavori di campo e delle industrie rurali, avvalorata convenientemente da lezioni teorico-pratiche”. Il percorso formativo durava 5 anni e le materie oggetto di insegnamento riguardavano: Lingua italiana, Storia, Geografia, Aritmetica, Geometria, Agrimensura, Disegno, Computisteria, Calligrafia, Scienze fisiche e naturali, Agricoltura e industrie ad essa attinenti. Per l’ammissione occorreva avere un’età compresa fra i dieci e i dodici anni ed aver compiuto con successo il primo ciclo obbligatorio delle elementari.216 214 R.D. del 22 ottobre 1876. 215 R.D. del 24 agosto 1893. 216 Alfonso F., Illustrazione dell’Istituto Agrario Castelnuovo, Palermo, Stabilimento Tipografico Virzì, 1897. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 122 22/12/22 13:34 123 Nell’ultimo ventennio dell’800 il parco di Villa Castelnuovo vide l’introduzione di specie e varietà di interesse agronomico, l’utilizzazione di innovativi sistemi di irrigazione e la meccanizzazione di alcuni processi lavorativi. Divenuto una realtà formativa di grande prestigio e notorietà, premiata con varie medaglie al valore, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, l’Istituto ha cessato le proprie attività educative nel secondo dopoguerra e Villa Castelnuovo divenne proprietà della Regione Siciliana, sotto la gestione dell’IPAB Istituto Principe di Castelnuovo e Villaermosa.217 Nel verde della campagna cortonese, in quella zona della Valdichiana in cui le tre province di Arezzo, Siena e Perugia si intersecano tra loro, ancora oggi centinaia di ragazzi si formano nel settore agroalimentare ed alberghiero all’I.S.I.S. A. Vegni,218 conosciuto come l’Istituto Capezzine, di Cortona (AR). Le sue origini, (oggi oltre all’edificio scolastico, un Convitto e una moderna Azienda Agraria di 126 ettari), vanno rintracciate nel testamento (18 febbraio 1883) di un mecenate, Angelo Vegni, «[...] nomino, istituisco e voglio che sia mio universale erede in perpetuo un Istituto Agrario sotto il titolo Istituto Vegni, Scuola pratica di agricoltura nell’Azienda Agraria». Un Regio decreto del 6 maggio 1883 deliberò, in conformità con la volontà testamentaria la costituzione dell’Istituto in ente morale. Lo Statuto organico proposto dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio fu approvato con Regio decreto del 1 febbraio 1885, ne definiva gli scopi, gli organi di gestione e di vigilanza e le norme per il funzionamento. I primi corsi scolastici furono inaugurati, quindi, nell’anno scolastico 1886-1887, con 9 allievi iscritti al corso quadriennale di Scuola pratica di Agricoltura, ed i primi cinque licenziati si ebbero nell’anno scolastico 1889-1890. Solo dopo alterne vicende, tra le quali occorre annoverare i gravi danni subiti dalle strutture del pa- 217 IPAB Castelnuovo /Istituto Principe di Castelnuovo, in www.operapiacastelnuovo.it. 218 Dal punto di vista scolastico, l’istituto è costituito dall’Istituto Tecnico Agrario (con tre indirizzi di Gestione Ambiente e Territorio, Trasformazione dei Prodotti ed Enologia e Viticoltura); l’Istituto Professionale dei servizi per l’enogastronomia con opzione produzione dolciaria e l’accoglienza turistica, al quale si collega il Corso Serale per l’acquisizione del diploma professionale Alberghiero; il VI anno per la specializzazione in Enologia (per i ragazzi diplomati dell’indirizzo agrario). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 123 22/12/22 13:34 124 trimonio scolastico nel corso del secondo conflitto mondiale, l’Istituto, consolidata la propria peculiarità, è approdato alla statalizzazione con il D.P.R. del 27 aprile 1960.219 Un esponente del moderatismo toscano, Napoleone Passerini (1862-1952), proprietario terriero, senatore del Regno e appassionato di scienze naturali e della loro applicazione al mondo agricolo, fonda a Scandicci, nel 1884, un ‘Istituto Agrario, che dirige per un quarantennio.220 Il 1 settembre 1864 nasce a Caserta per iniziativa della Provincia un Istituto Agrario, che verrà intitolato nell’82 a Garibaldi. Il percorso formativo si articolava in tre anni (dopo uno preparatorio per omologare i livelli di conoscenze degli allievi) al termine dei quali si poteva conseguire il diploma di agrimensore-agronomo. Nonostante le ripetute riforme le discipline oggetto di studio e il numero di ore ad esse riservato variarono assai poco. Queste le cattedre nel 1869: Agronomia, Silvicoltura, Estimo, Computisteria, Lettere, Storia e geografia, Diritto, Fisica, Cosmografia e Chimica generale, Matematiche pure, Geometria descrittiva pratica e costruzione, Chimica agraria, Storia naturale e zootecnia, Disegno d’architettura e Topografia. L’Istituto fin dalla nascita fu affiancato da un convitto, cui potevano essere ammessi giovani residenti in tutta la provincia di Terra del Lavoro ma cui, in breve, concorsero aspiranti da tutto il Mezzogiorno. Le rette erano spesso coperte, sotto forma di borse di studio, dagli enti locali. Nel 1869 gli allievi convittori erano 40 e gli esterni 25. I convittori erano obbligati ad indossare la divisa e a praticare esercitazioni militari periodiche (cessarono solo nel 1870). Il Convitto fu soppresso nel 1878. Nel 1923 l’edificio dell’Istituto e parte dell’orto furono espropriati a favore della Provincia. L’Istituto fu trasferito ed infine soppresso, nel 1939 con la riforma Bottai le proprietà furono trasferite all’Istituto Caseario zootecnico per il Mezzogiorno e, nel 1967, all’Istituto sperimentale per la Frutticoltura del Ministero per le politiche agricole.221 La Scuola Agraria di Castelletti a Signa (FI) fu fondata nel 1859 da Leopoldo Cattani Cavalcanti. Nell’ideare questo tipo di scuola, sembra si sia ispirato all’opera del canonico Carlo Michelagnoli, direttore degli “Innocenti” di Firenze, che aveva creato nel Valdarno delle colonie agricole, dove venivano raccolti ragazzi orfani o abbandonati per imparare a lavorare la terra e, nello stesso tempo, dotarsi di una istruzione elementare. Anche Leopoldo Cattani Cavalcanti raccolse dei ragazzi in misere condizioni con l’intento di dar loro un’educazione. La giornata di questi si divideva fra studio (pomeriggio) e lavoro dei campi (al mattino). Essi erano sotto la sorveglianza di due adulti, un “capoccia” e una “massaia”. Cattani Cavalcanti, nel frattempo, partecipò alla seconda guerra d’Indipendenza e, al ritorno, dette un diverso assetto a questa scuola. Nel 1862, così, alla primitiva scuola agraria esistente, da 219 Vedi I.S.I.S. “A. Vegni”-Capezzine in www.isisvegni.edu.it. 220 Vedi Istituto agrario in Scandicci alto in www.seidiscandiccise.it. 221 Di Lorenzo P., L’Istituto agrario di Caserta in www.istitutotecnicobuonarroti.eu. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 124 22/12/22 13:34 125 cui si usciva sotto-fattori, venne aggiunto l’Istituto Filantropico Agrario che formava i fattori, cioè quelle persone che hanno il compito di dirigere un’azienda agricola. A questa scuola venivano ammessi ragazzi appartenenti a tutte le categorie sociali. Garibaldi, quando qualche anno dopo la visitò, apprezzò molto il fatto che “il ragazzo povero poteva sedere accanto al ragazzo ricco”. Il Cattani sacrificò tutte le sue energie e una parte del suo enorme patrimonio per il buon funzionamento di questa scuola. Nel 1882 muore e, non avendo eredi, lasciò una parte dei suoi averi all’Istituto, averi che avrebbero permesso a questo di restare in vita fino al 1908. Nello stesso anno però, vista l’importanza che aveva ormai acquistato, fu deciso di non chiuderla. L’edificio della scuola era dotato di grandi dormitori che potevano contenere fino a cento alunni, una sala da pranzo, quattro sale per studio e sei per lezioni, un ricco museo di “cose” naturali ed agrarie e una biblioteca di oltre 500 volumi. La durata del percorso formativo era di quattro anni. Venivano insegnate, oltre alla lingua italiana, l’aritmetica, la storia e la geografia e materie adatte alla formazione di un fattore, come le costruzioni rurali, la contabilità rurale, l’agronomia e l’agrimensura. Questo insieme di discipline costituiva la parte teorica dell’insegnamento, ma c’era anche una parte pratica a cui veniva data un’enorme importanza. Gli alunni lavoravano un podere di 14 ettari, che veniva coltivato a vigna, a prato e a orto. Erano anche coltivate piante industriali come lino, canapa e barbabietola. Annessa all’Istituto c’era una stalla con varie specie di animali che dovevano essere curati dai ragazzi stessi. C’era anche un allevamento di bachi da seta e per questo venivano coltivati molti gelsi. I ragazzi che frequentavano la scuola erano obbligati a rimanere lì anche a dormire e ad osservare un regolamento molto severo. Quando uscivano dalla sede dovevano vestire l’uniforme. Questa era costituita da camicia rossa, pantaloni blu e ghette bianche; in capo portavano un cappello tipo “garibaldino”. Dopo il 1928 la durata della scuola verrà portata a 5 anni, al termine dei quali veniva rilasciato il titolo di agente agrario. Acquistò più importanza l’aspetto teorico dell’istruzione a scapito di quello pratico; gli allievi non lavoravano più la terra, ma seguivano passo passo il lavoro dei contadini. Dovevano però fare alcuni esperimenti, come per esempio potare od innestare le piante, o altro lavoro agricolo. Furono ammessi a frequentare questa scuola anche ragazzi esterni, che non avevano l’obbligo di risiedere nell’Istituto. Intorno agli anni ‘50 la scuola fu chiusa e le cause vanno ricercate nella mutata situazione sociale. Le grandi fattorie andavano via via scomparendo e la proprietà si faceva più frazionata, per questo motivo non c’era richiesta di fattori e sottofattori.222 222 La scuola agraria di Castelletti, in www.prolocosigna.it e MAIC, Annuario 1904, op. cit. p. 79. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 125 22/12/22 13:34 126 La Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri di Milano accanto alle tante altre attività gestiva anche una Scuola di Agricoltura e Frutticoltura a Varese.223 La scuola domenicale di disegno professionale di Viadana, nata nel 1889, per opera della locale Società operaia oltre a percorsi per i diversi mestieri relativi a lavori in legno, in ferro, in acciaio «[…] mira anche all’avviamento di giovani all’agricoltura ed a questo scopo vi si dànno lezioni di fisica, chimica, e scienze naturali applicate e vi si insegnano le industrie casalinghe e le campestri in appositi campi sperimentali».224 L’Annuario del MAIC del 1904 elenca (senza fornire informazioni sulla data della loro attivazione) altre istituzioni formative in agricoltura, la maggior parte delle quali erano gestite in convitti che ospitavano ragazzi in disagio economico o a rischio di devianza. Le collochiamo convenzionalmente in questo decennio. Esse sono: la Scuola di agricoltura, in Albissola Superiore (Savona), la Scuola di agricoltura e frutticoltura presso l’Orto sperimentale di Venezia, la Scuola di orticoltura presso la Casa Paterna per i figli degli inondati poveri in Venezia, la Scuola di giardinaggio nell’albergo dei poveri in Napoli, la Scuola agraria presso l’ospizio dell’Immacolata Concezione e di San Vincenzo di Paola in Sassari. 2.4.2. Le Colonie Agricole La prima Colonia Agricola in Italia fu fondata da don Cocchi nel 1852, a Cavoretto, sulla collina di Torino, spostandola poi l’anno dopo a Moncucco Torinese. Dedicata al recupero di giovani discoli ed abbandonati, ospitò fino ad un centinaio di soggetti all’anno, impiegandoli in agricoltura, falegnameria, sartoria, bachicoltura e realizzazione di cordami. Nel 1877, venne chiusa, in seguito a sfortunate vicende gestionali e meteorologiche, e l’attività trasferita a Bruere, nelle vicinanze di Rivoli. Nel 1878, con l’aiuto dell’ingegner Carlo Peretti, suo nipote, san Leonardo Murialdo, subentrato a don Cocchi, chiusa la colonia di Moncucco, ne aprì una nuova a Rivoli, sempre vicino a Torino, che fu veramente il fiore all’occhiello della sua rete di opere. Era organizzata con criteri agronomici avanzatissimi per l’epoca. Era 223 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907 op.cit, p. 965. 224 Aliani A. - L. Baraldi, Istruttivo e divertente. La biblioteca popolare circolante della Società Operaia di Viadana: libri, lettori e tendenze culturali attraverso l’analisi del suo fondo librario, in “Biblioteche oggi”, dicembre 1997, pp. 34-45. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 126 22/12/22 13:34 127 specializzata in settori come la florovivaistica, il giardinaggio, l’orticoltura e la viticoltura e conobbe un ulteriore sviluppo, anche dopo la morte del Murialdo, fino agli anni Trenta.225 La Colonia Agricola fondata dai Benedettini del monastero di San Martino a Palermo è da collegarsi al Regio Decreto del 7 luglio 1866, n. 3036 che sopprimeva i beni degli enti e congregazioni ecclesiastiche. In questo caos biblioteca, museo e quadri del Monastero passavano allo stato,226 ma non l’ala dl Monastero dove dal 1862 era operativo l’Istituto di beneficenza per i figli dei contadini. Un anno dopo, a seguito di una convenzione con il Ministero degli Interni, la Colonia dipendente dal MAIC, diretta dall’Abate Don Luigi Castelli di Torremuzza, venne trasformata in “penitenziaria” e destinata alla rieducazione dei giovani.227 Nel 1873 il Cav. Giuseppe Beltrani, della Deputazione Provinciale di Bari, propose la fondazione in Andria di una Colonia Agricola. La Legge di soppressione del 7 luglio 1866 aveva assegnato il maestoso Monastero benedettino alla cittadina pugliese che, ne fece dono alla Provincia di Bari il 20 giugno 1877. In tale sede fu inaugurato l’Ospizio Agricolo “Umberto I” destinato a 44 giovani orfani della Provincia di Bari. La Originaria costituzione del 1877, con l’umile denominazione di Ospizio si trasformò dopo otto anni in Colonia Agricola Umberto I, con il Corso completo delle cinque Classi Elementari. Particolare attenzione vi si dedicava alla 225 Ricciardi G., «Un mestiere è come una cascina su cui non grandina mai» in 30 Giorni, n. 5-2006. 226 Il Senatore Michele Amari aveva contribuito all’approvazione dell’art. 3316 che prevedeva da parte del Governo la conservazione degli edifici con le loro adiacenze, biblioteche, archivi, oggetti d’arte, strumenti scientifici e simili «[...] delle “Badie di Montecassino, della Cava dei Tirreni, di San Martino delle Scale, di Santa Maria Nuova di Monreale, della Certosa di Pavia e altri simili stabilimenti ecclesiastici distinti per la monumentale importanza e per il complesso dei tesori artistici e letterari”». Tre anni dopo, nel 1869, fu lo stesso Amari che si fece promotore della presentazione di un progetto di legge per la deroga nei riguardi del monastero di San Martino, dell’art. 33 di cui sopra, sostenendo che la biblioteca, il museo e i quadri dovevano essere trasferiti e il monastero non doveva essere conservato, non avendo nessuna importanza culturale. Tale revoca inseriva l’Abbazia di San Martino delle Scale nella soppressione, con la conseguente acquisizione da parte dello Stato della ricca biblioteca, del patrimonio archivistico, pittorico e degli oggetti d’arte. Non fu confiscata solo quella ala dell’edificio monastico utilizzata dalla Colonia Agricola. 227 Cusimano F., Infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est. Le vicende della Farmacia dell’Abbazzia di S. Martino delle Scale, “Mediaeval sophia, studi e ricerche sui saperi medievali - Review semestrale dell’Officina di Studi Medievali” 3 (gennaio-giugno 2008), pp. 9-10. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 127 22/12/22 13:34 128 viticoltura e all’’enologia.228 Nel 1883, lo stesso edificio accoglie la Scuola Pratica di Agricoltura.229 Nel 1869 moriva l’imprenditore Carlo Alfonso Bonafous. Massone di origine francese, lasciava ai confratelli della Dante Alighieri una somma enorme (circa 1.250.000 lire, equivalenti a 5.700.000 euro), con l’incarico di costruire una scuola agricola rivolta ai minorenni abbandonati e vagabondi. Dopo due anni, il comune faceva nascere l’Istituto Bonafous, colonia agricola avente come scopo “l’istruzione agraria e d’arti affini ai giovani, dando loro adeguata sussistenza.230 La scuola, distante due chilometri e mezzo dalla città, poteva contare su vasti terreni da coltivare e accoglieva ragazzi di età compresa tra i 10 e i 18 anni. Dal momento che molti di loro provenivano da situazioni difficili o da orfanotrofi, essa fu ordinata secondo uno schema che richiamava l’organizzazione famigliare: gli allievi erano suddivisi in piccoli gruppi, guidati da un membro del personale, e si gestivano autonomamente. Oltre a impartire lezioni di alfabetizzazione e istruzione elementare, il consiglio direttivo cercò di innovare il mondo agricolo, sperimentando nuove colture, ed educando i futuri contadini negli ultimi ritrovati della tecnica.231 Accanto a queste colonie agricole, per le quali ci sono tracce documentali reperibili con relativa facilità, erano operative in questo decennio altre Colonie menzionate nell’Archivio Centrale dello Stato ed estratti dall’Istituto per i beni artistici culturali e ambientali. Naturalmente nemmeno con questo elenco esaurisce l’universo di questa tipologia di Formazione Professionale perché comprende solo quelle colonie di cui sono stati conservati e catalogati dei documenti. Sono menzionate nell’Archivio di Stato le Colonie Agricole seguenti: Scansano, Todi, Trapani, Caltagirone, Lecce, Assisi, Brindisi, Pesaro, Capraia, Casale Monferrato, Cingoli, Deliceto, Perugia (Abbazia benedettina di S. Pietro).232 228 Mancini C., Escursioni nell’Italia bassa, in Il Coltivatore, giornale di agricoltura pratica, Serie quinta, Anno trentesimo quarto (1888), Casale. Tipografia e Lit. Carlo Cassone, pp. 41-43. 229 Bollettino del Grande Oriente della Massoneria in Italia, vol. II (1867): 614, cit. in Xoccato D., Il Grande Oriente d’Italia e l’educazione: l’azione delle logge nelle grandi città (1868-1925), www.redalyc.org. 230 Istituto Tecnico Agrario Umberto I in pdf.infobat.it. 231 L’area del Bonofous, in chieri.engim.it. 232 Colonie agricole, in dati.acs.beniculturali.it/. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 128 22/12/22 13:34 129 3. L’Istruzione Professionale per le miniere 3.1. Il mercato del lavoro di riferimento Il Censimento del 1881, nella parte che tratta Popolazione classificata per professioni, inserisce le professioni relative alle Miniere come VI gruppo della Categoria I. Produzione delle materie prime.1 Le professioni elencate e il numero di addetti, con la specificazione del numero di donne e di bambini-adolescenti dai 9 ai 14 anni, in tutto il territorio nazionale sono quelli riportati nella tabella sottostante. Tabella n. 18 - Professioni del settore minerario (Censimento 1881) Professioni Totale di cui donne 9-14 anni Cavatori di materiale da costruzione 13.954 19 617 Cavatori di granito, marmo e alabastro 5.631 2 206 Cavatori di zolfo 25.482 71 3.057 Cavatori di combustibili fossili 726 2 17 Operai delle torbiere 168 - 2 Cavatori di minerali metalliferi 11.014 420 569 Cavatori di salgemma e salinai 2.507 61 56 Totale 59.512 575 4.214 Grafico n. 10 - Professioni del settore minerario più numerose 1 MAIC - Direzione della statistica generale, Censimento della popolazione del Regno d’Italia (31 dicembre 1881), Tipografia Fratelli Centenari, 1882, pp. 630-631 e pp. 660-661. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 129 22/12/22 13:34 130 Il gruppo di minatori più numeroso (Grafico 10) è senz’altro quello dei “solfatari”: oltre 25.000 di cui il 92%, pari a 22.922, in Sicilia. Il secondo, quello dei cavatori di materiali da costruzione si trova prevalentemente nei dipartimenti della Puglie (3.770) e in Sicilia (3.540). Il terzo gruppo, quello di Cavatori di minerali metalliferi in Sardegna 6.643, Lombardia 1.228, Veneto 702. Il quarto gruppo Toscana 5.386. 3.2. Le scuole minerarie Nel decennio non vengono create nuove scuole minerarie. Rimangono le 3, di cui abbiamo già ricostruito, nel IV volume, la nascita e il primo sviluppo: quella di Agordo, nata nel 1866, nel bellunese presso la miniera di rame di Vall’ Imperina2, quella di piombo e zinco di Iglesias, sorta nel 1877, quella di zolfo di Caltanissetta, istituita nel 1862.3 Tutte e tre queste scuole nell’ultimo ventennio dell’800 e nel primo ventennio del ‘900 conoscono solo adeguamenti e aggiornamenti del loro impianto didattico. Evoluzioni istituzionali di rilievo le avremo soltanto con la legge sul nuovo ordinamento della istruzione mineraria media del 1927, che, oltre a regificare le scuole, le assimilerà agli istituti tecnici, dando loro un percorso quadriennale al termine del quale si conseguiva un diploma4. Ricordiamo, inoltre, che alla direzione delle scuole e all’insegnamento delle materie professionali sono stati sempre preposti docenti del Corpo Reale delle Miniere. Ad Agordo si era manifestata nei primi anni di attività una insufficienza di cultura di base tra gli aspiranti allievi. Non essendoci in zona nessun’altra scuola media, nel 1909 viene attivato un corso preparatorio annuale, che seguiva il programma 2 L’estrazione mineraria raggiunse il suo apice tra il XVII ed il XVIII Secolo con la gestione della Famiglia Crotta di Lecco, ai quali Venezia aveva appaltato le miniere di Valle Imperina. L’arrivo in valle della polvere da sparo, mezzo che permetteva di risparmiare i tempi biblici dello scavo a mano determinò una situazione di quasi monopolio nell’estrazione del rame: le miniere di Valle Imperina erano talmente fruttuose da saturare più della metà del fabbisogno di rame di Venezia e divennero uno dei bacini minerari più importanti d’Europa. Di quest’epoca si ricorda inoltre il delitto che vide coinvolti i due figli di Francesco: uno dei due fratelli ordì l’omicidio dell’altro per questioni legate ai possedimenti di famiglia. Il declino del Centro Minerario cominciò dalla fine del XVIII Secolo e si protrasse per tutto l’800; iniziò col crepuscolo e la fine della Repubblica di Venezia e proseguì con la battaglia dei prezzi contro il più economico rame americano. La produzione, tuttavia, continuò per buona parte del XX Secolo con l’acquisizione del complesso da parte della ditta Montecatini (poi Montedison) e la produzione di acido solforico tramite l’estrazione e la lavorazione della pirite. L’industrializzazione e la modernizzazione del sito minerario richiesero grossi investimenti e la costruzione di impianti idroelettrici ed addirittura di una linea ferroviaria privata. A dare il colpo di grazia ad un settore già in crisi fu, oltre alle restrizioni della produzione italiana di materie prime dovute al Piano Marshall, fu la tremenda alluvione del 1966. Il Centro Minerario, abbandonato e semi distrutto, divenne negli istanti successivi all’alluvione una fonte di materiale da ricostruzione per la popolazione agordina, che si portò via quanto poté per resistere al difficile momento. Vedi Centro Minerario di vall’Imperina-Agordino dolomiti, in www.agordinodolomiti.it. 3 Vol. IV Cap. 1 par. 3.3.b. 4 R.D. n. 2800 del 15 dicembre 1927. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 130 22/12/22 13:34 131 della scuola Tecnica. Fino al 1921, inoltre, per esiguità dei mezzi ogni anno si realizzava una sola classe. Terminato il terzo anno, cioè, si ricominciava con la prima e così via. Solo con la revisione dell’ordinamento didattico del ‘21 si iniziò a far funzionare contemporaneamente tutte le classi. Con il 1° ottobre 1933 la Regia Scuola Mineraria di Agordo è stata trasformata in Regio Istituto Tecnico Industriale ad indirizzo Minerario. Attualmente l’antica vocazione professionale nel campo minerario rimane nell’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio dell’Istituto Tecnico Tecnologico che, insieme ad un Istituto Tecnico Economico, ad un Liceo scientifico, ad un Istituto Professionale- settore Servizi e ad un Istituto Professionale-settore Industria e Artigianato, formano l’Istituto di Istruzione Superiore U. Follador.5 La scuola di Iglesias negli ultimi anni del secolo e nei primi anni del ‘900 si struttura meglio sotto il profilo didattico e logistico. Questo ha fatto sì che la scuola si mantenesse in costante evoluzione, adattando gli insegnamenti ai nuovi orientamenti scientifici e alla rinnovata tecnica industriale mineraria. È il caso, ad esempio dell’elettrotecnica, fortemente applicata nelle tecnologie utilizzate nei processi lavorativi in miniera e che aveva soppiantato completamente l’energia termica. Tutti i corsi seguiti durano tre anni: sia gli insegnamenti umanistici (italiano, storia francese) sia quelli scientifici (fisica, matematica, chimica generale, analitica e docimastica, geologia e mineralogia, disegno) sia quelli tecnico-professionali propri del settore (coltivazione delle miniere, preparazione meccanica dei minerali, meccanica applicata, costruzioni, metallurgia, topografia ed elettrotecnica). Triennali erano pure un corso destinato alla legislazione sociale, con particolare riferimento alle leggi minerarie ed alle normative sulla previdenza sociale e un corso di Pronto Soccorso per gli infortuni e l’igiene del lavoro in miniera. Gli allievi, in tutti e tre gli anni eseguono esercitazioni settimanali di disegno di macchine, laverie, 5 Storia/Istituto d’Istruzione Superiore “U. Follador-Agordo” in www.follador.bl.it/node/30 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 131 22/12/22 13:34 132 impianti di miniera e disegno topografico. Altre esercitazioni settimanali, destinate, però, solo agli alunni del 2° e 3° anno erano: - determinazioni di chimica analitica e docimastica nell’apposito laboratorio; - uso di strumenti per rilievi topografici sia sul terreno che all’interno delle miniere e livellazioni; - riconoscimento di minerali e rocce nell’apposito gabinetto e nei musei di mineralogia e geologia della scuola. Tutti gli alunni fanno sistematicamente esercitazioni in miniera durante le vacanze: un mese quelli del primo anno e due mesi quelli del secondo e terzo anno; durante l’anno scolastico: tutti gli allievi di tutte le classi quindici giorni. In queste esercitazioni gli allievi del primo anno lavorano da minatori ed armatori nei sotterranei; quelli del secondo come sorveglianti e quelli del terzo sono impegnati nella geometria sotterranea con rilievi alla bussola ed al tacheometro. Questi ultimi, inoltre, durante le esercitazioni, coadiuvano i capi-servizio nel lavoro dirigente e preparano una relazione dettagliata sui sistemi di coltivazione adottatati e sui vari impianti, facendo anche una descrizione geologica del giacimento. Tale relazione verrà esposta e fatta oggetto di valutazione nell’esame finale. Anche da un punto vista logistico strutturale la scuola si dà una sede più adeguata, facendo costruire un solido edificio che presenta una razionale distribuzione negli interni, che contengono aule, uffici, servizi, le gallerie minerarie di esercitazione per gli studenti ed anche il museo mineralogico, oggi aperto al pubblico. Attualmente, la vecchia scuola mineraria forma un Istituto d’Istruzione Superiore, insieme all’Istituto Tecnico Commerciale E. Fermi, con il titolo di Istituto Tecnico minerario Giorgio Asproni. Questi era stato il direttore della miniera di Montevecchio (1866-76) e fondatore e presidente dell’Associazione mineraria sarda dal 1896. Dagli anni Ottanta, Asproni è prima dirigente della miniera di Seddas Moddizzis (Iglesias), poi azionista e prima della guerra, proprietario esclusivo. Nel dopoguerra l’insediamento produttivo di Seddas Moddizzis è miniera e villaggio, azienda agricola e polo di sviluppo industriale, ma risente delle tendenze depressive del settore nei primi decenni del nuovo secolo. La fine della guerra registra la crisi delle miniere sarde e segna il tramonto dell’industria mineraria della Sardegna che aveva avuto in Asproni uno dei suoi pionieri. L’ingegnere-imprenditore era portatore di una concezione modernizzatrice dell’attività mineraria per la società e l’economia dell’isola: «Nessuna industria […] si svolge secondo il ritmo speciale che regola i rapporti tra industriali e lavoratori nelle miniere di Sardegna. L’isolamento di quasi tutte le miniere in mezzo a lande deserte o tra gole di montagne lontane da luoghi abitati ha fatto sì che gradatamente ogni miniera ha costituito un centro a sé, con le sue case operaie, le sue scuole con refezione gratuita, il suo ufficio postelegrafico, il suo ospedale, la sua cantina cooperativa, insomma con una vita personale creata ad esclusivo profitto della popolazione operaia”.6 6 Asproni Giorgio, su SAN (Sistema Archivistico Nazionale) - Archivi d’impresa. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 132 22/12/22 13:34 133 Anche la scuola mineraria di Caltanissetta, sorta con il Regio Decreto n. 940 del 30 ottobre del 1862, farà il percorso e avrà gli esiti istituzionali descritti per le scuole di Agordo ed Iglesias. E come quella di Iglesias porta il nome, come abbiamo visto nel primo volume, di un ingegnere minerario che ne era stato ideatore e direttore: Sebastiano Mottura. La R. scuola mineraria di Caltanissetta rispondeva alle esigenze formative di un comparto, quello dell’estrazione dello zolfo, molto importante. È sufficiente ricordare che in Sicilia, nell’ultimo ventennio dell’Ottocento e prima decade del Novecento, più di settecento miniere e quarantamila solfatari fornivano il 98% della produzione mondiale di zolfo, mentre al fabbisogno nazionale era sufficiente la produzione delle miniere della Romagna e delle Marche.7 I solfatari nel 1860 costituivano il 61,8% della popolazione mineraria italiana e concorrevano con il 71,2% al valore dell’intera produzione nazionale. Un ampio coinvolgimento ha interessato, tra alterne vicende, i diversi strati sociali: i proprietari dei terreni che erano anche proprietari del sottosuolo e che affidavano ai gabelloti la gestione ricevendo in cambio l’estaglio, che corrispondeva al 30% della vendita del prodotto. A seguire in questa scala sociale c’erano sborsanti, carrettieri, fabbri, bottegai, calcaronai, arditori, vagonai, picconieri e infine la massa enorme di carusi. Questi ultimi, bambini in tenera età tra i 5 e i 12 anni, venivano affidati dalle famiglie estremamente povere ai picconieri in cambio di una somma da 100 a 200 lire, chiamata “soccorso morto”, per farli lavorare nelle miniere in condizioni simili ai lager. La restituzione di quella somma era molto difficile per cui tanti bambini rimanevano a vita carusi senza più rintracciare o rivedere i propri genitori. Tuttavia, dai miseri centri dei feudi dove da secoli le possibilità di lavoro dipendevano dal capriccio del gabelloto, dove le giornate lavorative si riducevano a poche nell’arco dell’anno, dove il contadino era angariato da tasse, decime e balzelli, la miniera apparve come un miraggio nel deserto e offrì una speranza di riscatto a una moltitudine di diseredati. I programmi di insegnamento sono stati man mano ampliati con modifiche apportate nel 1869, 1890 e 1917. Le lezioni teoriche vengono integrate da osservazioni, esperienze e esercitazioni in numerose visite nelle miniere, sia durante l’anno scolastico, sia durante le vacanze autunnali. Alla fine dell’ultimo anno gli allievi effettuano una serie completa di esercitazioni topografiche, di livellazione e di rilevamento sotterraneo, cui fanno seguito i lavori dei calcoli per la determinazione delle coordinate ortagonali dei vari punti rilevati e nella compilazione dei relativi disegni (piani quotati, piani a curva orizzontali, profili). Gli allievi che hanno superato l’esame di licenza effettuano uno stage di almeno 60 giorni in miniera, al termine del quale redigono una relazione tecnica sulle particolarità geologiche della zona studiata, sui metodi di coltivazione impiegati, sulle 7 Tutto il prodotto, allo stato grezzo, era destinato all’estero e la commercializzazione era in mano ad operatori stranieri, per lo più inglesi. I sistemi di estrazione rimasero per lo più arretrati e lo sfruttamento del lavoro operaio fu sempre più selvaggio: uomini, bambini, donne. Vedi Quando la Sicilia era il primo produttore mondiale di zolfo in www.argocatania.org. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 133 22/12/22 13:34 134 tecnologie utilizzate e sui sistemi organizzativi della miniera. La discussione su questa relazione e la sua valutazione positiva consentono il conseguimento del diploma. Il titolo dà la possibilità di assunzione come geometri; i meritevoli, potranno essere anche promossi in incarichi direttivi (capi-servizio o vicedirettori) o addirittura dirigenziali. 8 8 Ministero dell’educazione nazionale, Direzione per l’Istruzione Tecnica, L’istruzione industriale in Italia, L’Universale Tipografia poliglotta, 1930, p. 795 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 134 22/12/22 13:34 135 4. L’Istruzione Professionale nel settore manifatturiero 4.1. Il mercato del lavoro di riferimento Il termine settore manifatturiero corrisponde, nel nostro caso, al settore secondario; a quelle attività lavorative, cioè, che trasformano le materie prime della natura in prodotti pronti per l’uso. Nel Censimento del 1881 sono le attività classificate nella II categoria, denominata “Produzioni industriali” e che comprende: Tessuti, Cuoi, Vestiario, Alimentazione, Fabbricazione e manutenzione case e strade, Mobili utensili e oggetti uso domestico, Veicoli selleria e altri articoli viaggio, Costruzioni navali, Fabbricazione armi e munizioni, Lavorazione metalli, Macchine e arnesi diversi, Strumenti di precisione e musica, Carta, Tipografia e litografia, Prodotti chimici, Oggetti di lusso (Tabella 19). Nei 16 gruppi, che si articolano al proprio interno in 180 mestieri/professioni (Tabella 20), le persone impegnate sono 4.185.461. Il 54,5% di loro sono uomini e il 45,5% sono donne. Gli uomini prevalgono in quasi tutti i gruppi. Le donne solo in due, ma quantitativamente importanti: quelli della produzione di tessuti e dei vestiti, dove fanno registrare un peso percentuale rispettivamente dell’89,8 e del 51,1. Considerevole la loro presenza anche nel gruppo della carta (32,6%) e in quello dell’alimentazione (23%). Il Censimento ha raccolto i dati anche dei ragazzi-lavoratori dai 9 ai 14 anni; in tutta la categoria ammontano a 309.377 (149.964 bambini/ragazzi e 159.413 bambine/ ragazze). Braudel1 afferma che storicamente le modalità organizzative del lavoro per produrre “manufatti” si sono evolute nel tempo in tre forme: - l’artigianato, che vede l’imprenditore partecipare alle lavorazioni; - la manifattura, nella quale il proprietario è un investitore che non partecipa alla lavorazione, che viene totalmente affidata ai dipendenti. È quindi già un’impresa capitalistica. Negli stabilimenti manifatturieri i lavori vengono ancora svolti a mano, ma secondo criteri industriali, come quelli della produzione in serie e della divisione dei compiti; - l’industria è un’impresa capitalistica che si caratterizza per un modello organizzativo strutturato, per l’applicazione di standard per la produzione in serie, per l’utilizzo di motori termici ed elettrici. Nella fase dell’industria l’Italia entrerà pienamente solo nel prossimo decennio. 1 Braudel F., Civiltà materiale, economia e capitalismo, II, I giochi dello scambio, Torino, Einaudi Editore, 1981-82, pp. 321. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 135 22/12/22 13:34 136 Negli anni ‘80 ancora siamo in un periodo in cui l’artigianato è largamente preponderante, anche se è in questi anni si sviluppa in maniera significativa l’industria siderurgica (nel 1884 nasce la Società degli Alti Forni, Fonderie ed Acciaierie di Terni (SAFFAT)2: Tabella n. 19 – Gruppi n. mestieri e n. addetti della II Categoria “Produzioni Industriali” (Censimento del 1881) Gruppi Numero mestieri Totale addetti Maschi % Femmine % 9-14 anni % Tessuti 22 1.332.806 10,2 89,8 8,3 Cuoi 1 18.515 99 1 3,6 Vestiario 15 941.460 49 51,1 9 Alimentazione 29 505.795 77 23 2,9 Fabbricazione e manutenzione case e strade 17 904.785 92 8 6,4 Mobili utensili e oggetti uso domestico 20 110.978 89,3 10,7 7,4 Veicoli selleria e altri articoli viaggio 4 24.023 99 1 7,8 Costruzioni navali 4 12.014 98,2 0,8 3 Fabbricazione armi e munizioni 3 10.247 96,2 3,8 4,8 Lavorazione metalli 10 190.954 99,6 0,4 9,3 Macchine e arnesi diversi 10 34.065 98,2 1,8 5,7 Strumenti di precisione e musica 6 8.271 98,1 1,9 4,9 Carta 6 22.513 67,4 32,6 11,2 Tipografia e litografia 2 18.821 97,5 2,5 11,2 Prodotti chimici 19 14.350 74,9 25,1 7,8 Oggetti di lusso 12 35.864 67,2 32,8 10,9 Totale 180 4.185.461 54,5 45,5 7,4 Il censimento inoltre fa la distinzione per ogni professione tra: - rubrica a), che comprende “i padroni o direttori di opifizi, e gli artigiani che lavorano per conto proprio, con o senza salariati”; 2 Grazie soprattutto all’azione dell’ammiraglio Benedetto Brin (1833-1898), Ministro della Marina, dell’ingegnere belga Cassian Bon (1842-1921) e dell’imprenditore Vincenzo Stefano Breda (1825- 1903), le attività già esistenti nell’area di Terni evolvono nella costituzione il 10 marzo 1884 della Società degli Alti Forni, Fonderie ed Acciaierie di Terni (SAFFAT), fortemente supportata dalle commesse dello Stato, con l’obiettivo di garantire la fornitura di materiale navale (piastre per la corazzatura delle navi) e ferroviario. Per la nascita della SAFFAT (detta anche Terni), Breda contribuisce con capitali propri e della Società veneta per imprese e costruzioni pubbliche, molto attiva nel campo delle costruzioni con finanziamenti pubblici, mentre lo Stato interviene pagando in anticipo la fornitura di materiale navale (Bonelli F., Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Torino, Einaudi, 1975). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 136 22/12/22 13:34 137 - rubrica b), che riguarda “i salariati occupati a lavoro fisso nelle industrie, nelle arti o nei mestieri e le persone che prendono lavoro a fattura, a domicilio, sia continuatamente, sia per parte dell’anno.” La distinzione fatta dal Censimento è, quindi, tra proprietari, dirigenti e artigiani da una parte e dipendenti dall’altra. Un approfondimento su questo versante (quanti siano gli artigiani o i salariati o i padroni) ci porterebbe un po’ lontano dal nostro obiettivo, che è quello di individuare il mercato del lavoro di riferimento degli interventi formativo-professionali che vengono attivati in questo periodo. Ci limitiamo a riportare le 10 professioni con il maggior numero di addetti. Come si può notare nel Grafico n. 113 in questa particolare classifica le figure professionali relative alla produzione tessile e a quella dei vestiti sono fortemente rappresentate. Grafico n. 11 – Le 10 professioni più esercitate nel 1880 (Censimento 1881) Infatti, tre di tali professioni (Filatori e torcitori di lino e canapa, Filatori, incannatori, orditori e torcitori di seta, Filatori orditori e scardassatori di cotone) appartengono al Gruppo II Tessuti e due (Sarti e Confezionisti di biancheria e cucitrici) fanno parte del gruppo III Vestiario 3 MAIC-Direzione della Statistica Generale, Censimento della popolazione del Regno d’Italia (31 Dicembre 1881), Volume III, Popolazione classificata per professione o condizioni, Roma, Tipografia Bodoniana, 1884, pp. 663-667. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 137 22/12/22 13:34 138 Tabella n. 20 - Gruppi e professioni della II Categoria “Produzioni Industriali” (Censimento del 1881) Gruppi Mestieri/Professioni Tessuti Scardassatori di lino e canapa; Filatori e torcitori (cannellai e rocchettai) di lino, canapa e iuta; Fabbricanti di cordame; Fabbricanti di reti e licci; Tessitori di lino, canapa e juta; Filatori, orditori e scardassatori di cotone; Tessitori di cotone; Preparatori e scardassatori di lana; Filatori e torcitori di lana; Fabbricanti di tessuti di lana e di lana e cotone; Filatori, incannatori, orditori e torcitori di seta; Tessitori di seta; Fabbricanti di tessuti elastici, tessuti di crine; Tessitori di velluti; Passamantieri e frangiai; Fabbricanti di nastri; Fabbricanti di merletti e veli e ricamatori di trine; Tessitori e stampatori di filati e stoffe; Fabbricanti di tappetti; Tessitori e ricamato in oro; Ricamatori a mano e a macchina Cuoio Conciatori e raffinatori di cuoi e di pellicce Vestiario Fabbricanti di cappelli; Fabbricanti di cappelli di paglia; Modiste, crestaie e fabbricanti di busti; Sarti; Confezionatrici di biancheria e cucitrici; Fabbricanti di maglie e di calze a mano e a macchina; Pellicciai, fabbricanti di guanti; Calzolai, ciabattini, zoccolai ed orlatrici di scarpe; Fabbricanti di cravatte; Fabbricanti di bottoni; Fabbricanti di piume e di fiori artificiali; Fabbricanti di ombrelli; Fabbricanti di bastoni; Fabbricanti di ventagli Alimentazione Brillatori di riso, crivellatori di grani; Mugnai; Fornai e panettieri; Pastai; Pasticceri e confettieri; Pizzicagnoli; Fabbricanti di burro e formaggi; Macellai e trippaiuoli; Venditori di pollame e di cacciagione; Negozianti di uova; Venditori di pesci e di frutti di mare; Erbivendoli; Fruttivendoli; Negozianti e incartatori di agrumi; Trattori osti e bettolieri; Friggitori e rivenditori di commestibili; Vinai e cantinieri; Fabbricanti e venditori di aceto; Fabbricanti di olio di oliva; Fabbricanti di birra; Negozianti di birra; Fabbricanti di liquori; Fabbricanti di acque gazzose; Caffettieri e sorbettieri; Acquacedratai; Fabbricanti di cioccolate e di caffè di cicoria; Fabbricanti di miele e cera vergine; Fabbricanti di conserve alimentari; Lavoranti di tabacchi e sigari Fabbricazione manutenzione case Capimastri ed assistenti; Muratori e manovali; Terraiuoli e braccianti; Minatori per gallerie; Scalpellini, marmisti e segatori di marmi; Fabbricanti di cementi e di calcina, gessaiuoli; Fabbricanti di laterizi; Lastricatori, spazzini e stradini; Fontanieri e scavatori di pozzi; Lavoranti in pavimenti; Stuccatori; Segatori di legname; Falegnami; Decoratori e pittori di stanze; Imbianchini; Fabbricanti di stufe e di caloriferi; Fabbricanti di marmi artificiali e di asfalto Mobilio, utensili e oggetti di uso domestico Sediari e impagliatori di sedie; Fabbricanti di mobili; Tornitori di legno e di osso; Inverniciatori e fabbricanti d’insegne; Indoratori in legno, stucco; Fabbricanti di letti di ferro e ottone; Materassai; Fabbricanti di coltroni; Tappezzieri e addobbatori; Fabbricanti di stuoie e di persiane; Fabbricanti di specchi, vetri e cristalli; Fabbricanti di ceramica; Fabbricanti di pipe; Lavoratori di stecchini; Fabbricanti di botti, mastelli, stacci, scale; Fabbricanti di pettini; Fabbricanti di turaccioli; Fabbricanti di spazzole e di pennelli; Aggiustatori di stoviglie; Fabbricanti di ceste, gabbie. Veicoli, selleria Fabbricanti di carrozze e carri; Fabbricanti di oggetto di cuoio per viaggio; Fabbricanti di oggetti tela incerata; Sellai e morsai Costruzioni navali Maestri d’ascia e carpentieri; Calafati; Fabbricanti di tele ed attrezzi da bastimento; Operai degli arsenali Fabbricanti armi Armaioli; Fabbricanti di cartucce, palle e pallini; Pirotecnici e fabbricanti di polvere e di dinamite CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 138 22/12/22 13:34 139 Lavorazioni metalli Laminatori e trafilatori del ferro e fonditori di ghisa; Fonditori di ottone, bonzo ed altre leghe metalliche; Fonditori di carattere da stampa; Fonditori di tubi e lastre di piombo; Fabbri-ferrai, imbrunitori e chiodaiuoli; Fabbricanti di ferro da cavallo e maniscalchi; Calderai e ramai; Lattonieri e stagnari; Fabbricanti di tele meccaniche; Fabbricanti di monete e medaglie Macchine e arnesi diversi Fabbricanti di macchine e meccanici; Fabbricanti di utensili da falegname; Fabbricanti di aratri e altri istrumenti agrari; Fabbricanti di forbici e coltelli; Fabbricanti di pesi e misure; Macchinisti; Fuochisti; Fabbricanti di spilli ed aghi; Fabbricanti di macine; Lavoranti di pietre coti Strumenti di precisione Ottici; Fabbricanti di strumenti di fisica; Fabbricanti di strumenti di chirurgia; Fabbricanti di organi, pianoforti ed armonium; Fabbricanti di altri strumenti musicali; Orologiai Carta Fabbricanti di carta e cartone; Fabbricanti di carta da parati; Fabbricanti e stampatori di carte da giuoco; Scatolai e fabbricanti di oggetti di carta pesta; Legatori di libri e rigatori di carta; Fabbricatori di carta vetrata e smerigliata Tipografia, litografia Tipografi, litografi e cromolitografi Prodotti chimici Fabbricanti di prodotti chimici per la medicina; Fabbricanti di liquerizia; Fabbricanti di prodotti chimici per l’industria; Raffinatori di zolfo; Salnitrai; Raffinatori di zucchero; Fabbricanti di oggetti di gomma e cautschhouk; Fabbricanti di colori e vernici; Fabbricanti d’inchiostro e ceralacca; Macinatori di cortecce ed altre sostanze concianti; Fabbricanti di concimi; Fabbricanti di gas-luce; Fabbricanti di cera lavorata; Fabbricanti di fiammiferi; Fabbricanti di torce vento; Fabbricanti di olio di lino e di cotone; Fabbricanti di sapone e di candele di sego e steariche; Fabbricanti di profumerie ed essenze odorose; Fabbricanti di amido e cipria Oggetti di lusso Battiloro, argentieri, trafilatori d’oro e d’argento; Orefici e gioiellieri; Fabbricanti di oggetto di corallo, madreperla; Mosaicisti; Smaltatori e fonditori di smalto; Fabbricanti di perle e conterie; Fabbricanti di oggetti in galvanoplastica; Coronari; Fabbricanti di giocattoli; Fabbricanti di figurine di alabastro e di gesso; Negozianti di uccelli vivi e imbalsamati; Negozianti di piante e fiori freschi 4.2. Regolamentazione delle attività formativo-professionali per il settore manifatturiero 4.2.1. Tentativi di legislazione organica per le strutture formative nel settore manifatturiero a. Disegno di legge del Ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio Bernardino Grimaldi (1886) Già dal 1880, nella seduta della Camera del 12 luglio4 con votazione quasi unanime, viene, approvato un o.d.g. in cui si invitava il Ministero “a presentare entro il primo semestre 1881 un disegno di legge per l’istituzione e l’ordinamento delle 4 Camera dei deputati, Atti parlamentari, seduta del 12.7.1880, in Atti parlamentari, leg XVI, sessione seconda, vol. V, Roma, Camera dei deputati, p. 79. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 139 22/12/22 13:34 140 scuole d’arte e mestieri nelle varie regioni del Regno”. L’invito, rimasto inevaso, venne ripetuto nella seduta del 27 giugno 1884.5 Ma solo il 29 novembre 1886 viene presentato dall’on. Grimaldi un disegno di legge preceduto da un esame delle condizioni e dei bisogni della produzione industriale del nostro Paese. Il progetto portava il titolo “Sull’insegnamento speciale per l’incremento delle industrie e dei traffici”, perché secondo il relatore, “[...] giovava meglio alla chiarezza intitolarlo allo scopo speciale a cui doveva essere indirizzato l’insegnamento, scopo essenzialmente economico, anziché ai nomi delle molteplici istituzioni che erano chiamate ad impartirlo”.6 Il progetto constava di 35 articoli distribuiti in sette capitoli. Le scuole venivano distinte, a seconda della tipologia, in Scuole d’arti e mestieri e Scuole applicate alle industria, e, in relazione a quando venivano svolte le lezioni ed esercitazioni, in diurne, serali, speciali e festive. Alle prime potevano essere aggregate officine “dirette al perfezionamento tecnico su base scientifica”, alle seconde, invece, laboratori “diretti agli insegnamenti più utili all’incremento delle industrie artistiche”.7 Gli enti locali, oltre che fornire l’edificio scolastico e provvedere alla sua manutenzione, dovevano impegnarsi con un concorso finanziario pari ai due quinti delle spese di istituzione e di “mantenimento”; il resto rimaneva a carico dello Stato. Il disegno di legge prevedeva, inoltre, una serie di meccanismi di carattere istituzionale e tecnico-amministrativo che costituivano un evidente tentativo di scolarizzare le istituzioni formativo-professionali per farne delle vere e proprie scuole, ad imitazione e in parallelo con quelle della Pubblica Istruzione. - Gli Enti promotori dovevano versare alla Tesoreria Provinciale i propri contributi; spettava poi all’Amministrazione statale provvedere direttamente alle spese correnti e agli stipendi del personale. - Per la nomina e il trattamento del personale insegnante ed amministrativo si faceva ricorso a quanto disposto dalla legge per la pubblica istruzione. - L’amministrazione dei singoli istituti veniva affidata ai Consigli Direttivi in cui la partecipazione dei delegati governativi risultava sempre maggioritaria, perché la composizione dell’organo amministrativo doveva essere proporzionale ai contributi finanziari impegnati dai diversi enti. 5 Camera dei deputati, Atti parlamentari, seduta del 12.6.1884. 6 Camera dei deputati, Sull’insegnamento speciale per l’incremento delle industrie e dei traffici, Atti parlamentari, Leg. XVI, sessione prima, vol VII, documenti n. 116 e 118 bis, Roma, Camera dei deputati, p. 22. 7 Ibidem. Bernardino Grimaldi CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 140 22/12/22 13:34 141 Figura n. 14 - Tipologia delle scuole nel D.L. Grimaldi (1866) I convitti annessi alle scuole dovevano rimanere a carico esclusivo degli enti locali. Venivano inoltre previste, secondo un’ottica assistenziale-meritocratica tipica del tempo, assegni-premio agli alunni migliori e un fondo destinato ai licenziati, che si erano maggiormente distinti, per lo studio all’estero. Alle scuole istituite da private associazioni veniva riservato un regime economico-normativo diverso: poteva essere loro accordato un sussidio annuo, che non poteva superare il quarto delle spese gestionali. La concessione della sovvenzione era, però, subordinata ad una serie di condizioni: - sottoporsi alle ispezioni ministeriali; - presentare all’esame e all’approvazione ministeriale i programmi da adottare; - trasmettere a fine anno un rendiconto economico ed una relazione sull’andamento didattico; - conformarsi ad ogni normativa stabilita dal Ministero. Il Disegno di legge del Grimaldi non presenta spunti particolarmente originali ed innovatori: appare, piuttosto, un sommario assemblaggio delle istanze politiche della L. n. 3141/85 (statalizzazione della scuola) con la normativa Cairoli (particolarmente per le parti relative al settore privato). L’approvazione di una legge organica aveva sollevato molte aspettative e condizionato l’operosità del Ministero dell’Agricoltura che, nell’esame delle numerose proposte che gli Enti locali presentavano al Governo, procede con molte riserve e cautele. Nei tre anni successivi, infatti, vennero formalmente costituite solo 11 tra scuole d’arti e mestieri e scuole di arti applicate all’industria.8 8 Ministero dell’educazione nazionale, L’istruzione industriale in Italia, op. cit. p. 15. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 141 22/12/22 13:34 142 b. Proposta di legge del Ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio Luigi Miceli (1889) Nel 1889, al Ministero succede un garibaldino della prima ora: Luigi Miceli.9 Il 2 dicembre l’On. Miceli presenta una nuova proposta di legge concepita sulla falsariga del Disegno di legge del Grimaldi. Il testo viene ripresentato l’8 febbraio 1890 con il concerto dell’On. Boselli, Ministro della Pubblica Istruzione.10 Nella prefazione lo stesso Ministro dichiara che il progetto non differiva sostanzialmente da quello elaborato da Grimaldi e che si era limitato a recepire alcune osservazioni sollevate dalla commissione su quell’articolato. Il dibattito parlamentare evidenziò la necessità di procedere ad un maggior “coordinamento dell’istruzione professionale con l’istruzione pubblica generale”, per evitare situazioni conflittuali e per non limitare “di soverchio l’azione del Ministero della pubblica Istruzione”.11 Da notare che il coordinamento richiesto non è finalizzato a saldare i due processi formativi; al contrario tende ad una precisa definizione dei loro confini e a contenerli nel proprio ambito di espressione. Miceli, ritenute opportune le osservazioni avanzate, provvide a riformulare l’articolato, che presentò, il 20 gennaio 1890, con il titolo “Sulle scuole professionali d’arti e mestieri ed arte applicata all’industria”. 9 Luigi Miceli (1825-1906). Si laurea in legge; entra giovanissimo nella Giovane Italia (1844), coopera alla preparazione dell’insurrezione calabrese del settembre 1847 e, dopo il colpo di Stato reazionario del 15 maggio 1848 da parte di Ferdinando II delle Due Sicilie, è segretario del comitato insurrezionale in Calabria. In seguito al fallimento dei Moti deve fuggire prima a Roma e poi a Genova. Accorre in aiuto della Repubblica Romana (1849) e va poi esule a Genova dove vive insegnando lettere in un collegio. Viene condannato a nove anni di ferri dalla Gran Corte Criminale di Calabria Citra in contumacia nel 1855. Dopo aver aderito alla Società nazionale italiana, partecipa alla Seconda Guerra di Indipendenza nelle file dei Cacciatori delle Alpi combattendo con Garibaldi a Varese e a San Fermo (1859). Nel 1860 è tra gli organizzatori della spedizione dei Mille, a cui partecipa personalmente; alla presa di Palermo viene promosso capitano. Dopo l’unità d’Italia viene eletto deputato alla Camera per il collegio di Paola. Fu sempre in Parlamento con la Sinistra storica. Sotto di lui venne preparato il progetto per gli operai vecchi e inabili al lavoro ed altre riforme di grande utilità sociali. Nel 1863 Luigi Miceli si dimette da deputato per protesta contro l’intervento militare contro i Garibaldini in Aspromonte da parte del Governo italiano. Fu rieletto nel 1864 e sempre riconfermato fino al 1897. Prese parte nel 1866 alla Terza Guerra d’Indipendenza come Capitano di stato maggiore. Spostatosi su posizioni politiche più moderate, nel 1878 è Ministro dell’Agricoltura nel Governo Cairoli III (1879-1881) e nei Governi Crispi I e Crispi II (1888-1891). Il 17 novembre 1898 fu nominato Senatore del Regno. 10 Camera dei deputati, Sulle scuole di arti e mestieri e sulle scuole speciali per l’incremento dell’industria e del commercio, in Atti Parlamentari, Documenti n. 78 bis, Legislatura XVI, sessione quarta, Roma, Tipografia della Camera. 11 Camera dei deputati, Sulle scuole di arti e mestieri e sulle scuole speciali per l’incremento dell’industria e del commercio, Relazione della Commissione sul disegno di legge, in Atti Parlamentari, Documenti n. 78 A, Legislatura XVI, Roma, Tipografia della Camera, sessione quarta, p. 20. On. Luigi Miceli CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 142 22/12/22 13:34 143 Nella relazione il Ministro precisava, tra l’altro, che l’utilizzazione delle officine nelle scuole doveva avere una funzione esclusivamente didattica e mai uno scopo speculativo. Era una risposta alle numerose critiche da parte di imprenditori di piccole industrie e botteghe artigiane che trovavano concorrenziale e lesiva dei propri interessi la commercializzazione dei prodotti delle scuole. Una novità sostanziale nella proposta Miceli riguardava il trattamento normativo ed economico riservato al personale, non più agganciato a quello della Pubblica Istruzione, ma uniformato a quello delle scuole agrarie. La Commissione nominata dagli Uffici della Camera per l’esame del progetto Miceli, nella seduta del 10 luglio 1890, presentò una relazione che, mentre approvava con “lievi modificazioni” le principali disposizioni del progetto, proponeva la soppressione del titolo IV concernente “l’insegnamento superiore per il progresso dei traffici e per l’incremento delle industrie”. Neppure questo disegno poté essere discusso per la sopraggiunta chiusura della sessione parlamentare. 4.2.2. La regolamentazione amministrativa. La Circolare Miceli Ciò che non era riuscito al Ministro con una legge in qualche misura gli riesce con una normativa di livello secondario. Sua è la Circolare che porta la data del 24 gennaio 1880 “intorno alle Scuole serali e domenicali d’arte e mestieri, e d’arte applicata all’industria”.12 Non contiene novità normative rispetto alla Circolare Cairoli del 7 ottobre 1879 già esaminata nel I volume. Anzi ne rappresenta un completamento e una interpretazione. Completamento perché la circolare altro non è che un’accompagnatoria “di moduli di statuto”, cioè dei modelli base per la redazione degli statuti delle scuole d’arti e mestieri e d’arte applicata all’industria. Interpretazione perché precisa alcuni punti della circolare del 7 ottobre su cui erano pervenuti al Ministero quesiti di chiarimento. In apertura il Ministro si compiace “della larga e volonterosa adesione” che la circolare del suo predecessore ha ottenuto: “In soli tre mesi fu posto mano all’istituzione di quaranta nuove scuole dell’accennata specie, e parecchie fra esse sono già aperte; non poche altre, che già esistevano, hanno invocato i sussidi del Governo per allargarsi o per dare maggiore efficacia all’aziono loro”. Successivamente raccomanda a quanti hanno intenzione di istituire una scuola d’arti e mestieri di preoccuparsi in primis di poter contare su un numero sufficiente di allievi forniti di una cultura di base; mancando questo elemento è preferibile optare per una scuola d’arte applicata all’industria.13 12 MAIC, Circolare ai signori prefetti e sottoprefetti, alle Deputazioni provinciali, alle Camere di commercio, ai Municipi ed ai Consigli provinciali scolastici, intorno alle Scuole serali e domenicali d’arte e mestieri, e d’arte applicata all’industria, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 23 del 29 gennaio 1880. 13 “Debbo solo raccomandare che non si volga il pensiero alla istituzione di una scuola d’arti e mestieri se non quando si possa presumere che essa trovi un numero sufficiente di alunni già forniti CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 143 22/12/22 13:34 144 La Circolare poi entra nel merito dei modelli di statuto allegati. a) Struttura dei modelli. I modelli Allegati, che “contengono soltanto le norme fondamentali dei due ordini di scuole”, potranno essere modificati “in relazione alle particolari condizioni locali”; le modifiche, però, non dovranno essere tali “da mutare i caratteri essenziali delle istituzioni [...]quali furono tracciati dalla circolare del 7 ottobre e quali sono svolti nell’insieme dei due moduli”. Altre norme, non contenute nei modelli e relative alla gestione economica, all’insegnamento e alla disciplina, potranno essere previste nei regolamenti interni,14 la cui proposta spetta al Consiglio dirigente e la cui approvazione è di competenza della Giunta municipale. b) Docenti. I modelli “s’informano al concetto” che l’“alta direzione e vigilanza” della nuova scuola sia affidata al Comune, anche quando l’iniziativa per la nuova fondazione sia stata portata avanti da altri soggetti. Spetta, comunque, alla Giunta municipale, su proposta del Consiglio dirigente, la determinazione del numero degli insegnanti; “numero dev’essere, soprattutto da principio, il più che è possibile. limitato, seppur si vuole che il mantenimento delle nuove scuole non porti spesa soverchia.” Per le scuole d’arti e mestieri, dovranno, normalmente, essere sufficienti tre insegnanti nei primi due anni (quando si presume che siano stati attivati solo i due primi corsi), e quattro, quando saranno operativi tutti i tre anni di corso. Per le scuole d’arte applicata all’industria saranno sufficienti da principio uno o due insegnanti, e quando tutti i tre gli anni di corso siano istituiti potrà rendersi necessario aggiungere un terzo insegnante. Si è verificato il caso che alcuni insegnati si siano offerti di prestare la propria attività di docenti gratuitamente. Se è “da apprezzare per fermo il sentimento disinteressato e filantropico che inspira somiglianti offerte”, l’esperienza dimostra, però, “che l’opera gratuita non porge sempre bastevoli guarentigie d’indefessità e durevolezza, e però il Ministero invita i promotori delle nuova scuole a non accettare insegnamenti gratuiti senza aver prima rigorosamente accertato che codesto guarentigie non manchino”. Gli insegnanti o professionisti, che hanno in altre occupazione la loro entrata principale, possano contare su retribuzioni moderate, se non su “mere gratificazioni”, “per l’opera loro domandata in ore serali o in giorni di festa.” di quella prima istruzione che è indispensabile per profittare di insegnamenti, sia puro elementari, di carattere scientifico, e che, là dove manchi questo requisito, si dia vita piuttosto ad una scuola d’arte applicata all’industria, salvo a trasformarla più tardi in una scuola d’arti e mestieri, allorché le condizioni generali di coltura della classe operaia lo consentano”. 14 “Non ho creduto necessario di distribuire eziandio moduli di regolamento interno. Nei due volumi, nn. 6 e 10, degli Annali del Commercio e dell’Industria sono riportati i regolamenti interni di parecchie scuole d’arti o mestieri diurne; essi potranno, acconciamente modificati, rispondere alle necessità particolari delle nuove scuole serali e domenicali, e io mi affretterò a mandar copia di quei due volumi ai Consigli dirigenti che me no faranno richiesta.” CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 144 22/12/22 13:34 145 c) Premi agli allievi. Alla fine di ciascun anno, il Consiglio dirigente assegna agli allievi che si sono distinti premi in Libretti di Casse di risparmio o in oggetti utili per l’esercizio della futura professione.15 d) Materie d’insegnamento. Sono state indicate nella Circolare del 7 ottobre e sono comunque riportate, con la loro distribuzione oraria, anche nei modelli allegati, che prevedono anche delle possibili variazioni consigliate da alcune determinate contingenze. Sono possibili ulteriori modificazioni rispetto a quelle prospettate “quando con valide ragioni ne sia chiarita l’opportunità”. Rispetto alle Nozioni di tecnologia industriale il Ministero ha creduto conveniente di predisporre un programma che trasversalmente riguarda le principali industrie (la metallurgia, la ceramica, l’industria vetraria, la fabbricazione della carta, la concia delle pelli, la fabbricazione dei saponi, la tintoria e le industrie tessili). Per le scuole di arti o mestieri l’insegnamento delle nozioni di tecnologia potrà in taluni casi essere sostituito con quello delle costruzioni civili e rurali, o quello delle nozioni sul governo e riscaldamento delle caldaie e sui motori a vapore. Di queste due materie e di quella relativa alla economia industriale sono stati predisposti i programmi. Di questi vari programmi sarà inviata copia a chiunque li chieda. Per le altre materie “il Ministero confida che gli insegnanti sapranno adattare le loro lezioni alla durata dei corsi ed ai limiti dell’orario, facendo opportuna scelta tra gli argomenti onde ciascun ramo di scienza si occupa, senza omettere peraltro, ogni qualvolta se ne presenti l’occasione, gli esempi desunti dalla pratica e le applicazioni alle industrie cui la scuola è specialmente indirizzata.” e) Libri di testo. “Furono puro domandate indicazioni intorno ai libri di testo più acconci, particolarmente per le nozioni di tecnologia, e intorno agli esemplari più adatti per l’insegnamento del disegno, della modellazione e dello loro applicazioni industriali. Il Ministero ha dato sempre e darà ad ogni richiesta lo accennate indicazioni.” f) Procedure per l’istituzione di nuove scuole (Figura 15). Anzitutto è sempre opportuno che “coloro i quali hanno formato il disegno di una nuova scuola s’adoprino perciò il Municipio faccia propria la loro iniziativa e concorra nella spesa”. Dovrà poi essere inviato al MAIC lo schema di Statuto, conformi all’uno o all’altro dei modelli allegati, ovvero con le modificazioni che si reputassero opportune. Vanno poi trasmesse notizie e dati relativi a: 1) istituti scolastici già esistenti nel comune, con particolare riferimento alle scuole serali (insegnamenti impartiti, in quali ore, numero di allievi e risultamenti); 2) stima preventiva delle spese, sia di fondazione, sia di mantenimento, “per ciascuno fra i principali capitoli di spesa”. Il Ministero esaminerà la domanda e farà conoscere le sue decisioni, sia rispetto ad eventuali variazioni da introdurre nello schema di Statuto, sia rispetto alla conces- 15 “Raccomando che nel bilancio presuntivo delle nuove scuole sia noverato anche questo capitolo di spesa, e che codesti premi sieno preannunziati nell’avviso stesso col quale, al principio d’ogni anno, vengono aperte le inscrizioni”. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 145 22/12/22 13:34 146 sione del sussidio governativo, nella misura prevista di due quinti della totalità della spesa. Tale concessione sarà poi resa definitiva, quando saranno stati trasmessi al Ministero i seguenti ulteriori elementi: “1) Dichiarazione di accettazione delle variazioni statutarie eventualmente richieste dal Ministero; 2) Verbali di deliberazione dei Municipi, Consigli provinciali, Camere di commercio, Consigli di Istituzioni pie, Associazioni private, con cui siano assunti gli altri tre quinti della spesa; 3) Nomi, cognomi e qualità dei componenti il Consiglio dirigente, e del rispettivo presidente; 4) Regolamento interno della scuola approvato; 5) Nomi, cognomi e qualità degli insegnanti nominati, colla in indicazione degli insegnamenti affidati a ciascuno; 6) Nome, cognome e qualità del direttore; 7) Programmi ed orari adottati dal Consiglio dirigente; 8) Indicazione del giorno in cui le lezioni avranno principio. Entro un mese dall’apertura della scuola dovranno poi essere notificati al Ministero il numero degli iscritti e quello dei frequentanti “ Figura n. 15 - Procedure previste dalla Circolare Miceli per la istituzione di scuole CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 146 22/12/22 13:34 147 4.2.3. Istituzione della Commissione centrale per l’insegnamento artistico industriale Il 16 marzo 1884 un regio decreto16 istituiva un collegio d’inchiesta, la Commissione Reale per l’istruzione artistica industriale, con l’incarico “di prendere ad esame il tema della istruzione artistica industriale e additare al Governo i provvedimenti acconci a diffonderla con maggiore efficacia fra le classi operaie italiane.” In particolare, la Commissione17 doveva studiare i provvedimenti che occorrevano “a) per migliorare l’istituzione dei musei d’arte industriale già costituiti e, se fa d’uopo, per istituirne altri; b) per rendere le istituzioni medesime più efficaci per rispetto alle scuole d’arte applicata all’industria; c) per aver disegni, modelli ed altro materiale artistico necessario agli insegnamenti delle scuole medesime”. Le problematiche sottoposte alla Commissione riguardavano tre questioni cardine dell’insegnamento artistico-industriale: la valorizzazione dei musei d’arte industriale; i modelli didattici e statutari per le scuole d’arte applicata e l’insegnamento del disegno da estendere alle scuole elementari. In tutti e tre i temi la commissione giunge alla conclusione della necessità di istituire un organo permanente di studio e controllo per le scuole impostato su una concezione policentrica dell’istruzione che tuteli le autonomie locali e che abbia come base comune programmi e modelli pedagogici di matrice italiana.18 Queste conclusioni vengono recepite dal Governo e tradotte in un Decreto del 23 ottobre 188419 che istituisce una Commissione centrale per l’insegnamento artistico industriale, con il compito di: - vigilare sui musei artistici industriali, sulle scuole d’arte applicata all’industria, sulle scuole di disegno per gli operai e su tutte le altre istituzioni, dipendenti o sussidiate dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, che mirano all’educazione artistica; - esprimere un parere sulle proposte d’istituzione di nuovi musei d’arte industriale e di nuove scuole, e sulle proposte di ampliamento dei musei e delle scuole esistenti; - esaminare i programmi delle scuole esistenti e da istituirsi per accertarsi che rispondano alle esigenze produttive della regione dove sono collocate; 16 R.D. s.n. del 16 marzo 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 84 del 7 aprile 1884. 17 Nel Decreto istitutivo venivano anche nominati i membri: Il Direttore del Museo artistico industriale di Roma; Il Direttore del Museo artistico industriale di Napoli; Il Direttore della Scuola superiore d’arte applicata alla industria in Milano; Il Direttore della Scuola professionale per le arti decorative industriali in Firenze; Il Direttore della Scuola d’arte applicata alla industria in Venezia; Ginori Lisci march. Carlo, deputato al Parlamento; Martini prof. Ferdinando, deputato al Parlamento; Merzario prof. Giuseppe, deputato al Parlamento; Minghetti cav. Marco, deputato al Parlamento; Odescalchi principe Baldassarre, deputato al Parlamento; Filangeri Gaetano principe di Satriano; Montiroli architetto Giovanni, di Roma; Boito prof. Camillo; Colombo Giuseppe, prof. del R. Istituto tecnico superiore in Milano; Mazzanti Ferdinando, prof. di disegno ornamentale nel R. Museo industriale in Torino; Il Direttore capo della Divisione industria e commercio; De Francisci ing. Virginio, Ispettore delle industrie e dell’insegnamento industriale. 18 Pesando A.B., Camillo Boito e la Commissione centrale per l’insegnamento artistico-industriale (1884-1908) www. accademiadibrera.milano.it. 19 R.D. n. 2731 del 23 ottobre 1884. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 147 22/12/22 13:34 148 - esprimere un parere sulla scelta del personale insegnante; - vigilare sull’indirizzo didattico delle scuole d’arte applicata all’industria, di disegno, di plastica e simili, perché portino avanti un insegnamento dei vari stili dell’ornato, con speciale riguardo a quelli che si svolsero nelle varie epoche e regioni d’Italia; - provvedere alla formazione ed alla distribuzione alle scuole: a) di collezioni complete di modelli in gesso dei vari tipi dell’ornato italiano, “tratti dai principali monumenti ed opere d’arte antica classificati secondo le epoche e gli stili”; b) di collezioni speciali per le applicazioni dell’ornato ad ogni ramo dell’arte industriale; c) di un’opera originale dell’ornato italiano; - esprime un parere sulle pubblicazioni e da distribuirsi alle scuole, e su ogni altro argomento, relativo all’insegnamento artistico-industriale, che il Ministero voglia far pervenire alla Commissione stessa; - presentare ogni anno una relazione sui risultati dell’insegnamento artistico-industriale. La Commissione ministeriale lavora per ventiquattro anni, a partire dal 1884 fino al 1908, con un organico di circa dieci/dodici membri scelti per cooptazione, rinnovati in parte ogni due anni, in cui è possibile riconoscere uno “zoccolo duro” e permanente di commissari che coordina l’intera opera governativa. Tra queste figure è significativa la presenza di Camillo Boito, che approda dapprima in qualità di componente della Commissione e dal 1893 come Presidente della stessa.20 La Commissione raccoglie esponenti di vari ambienti politico e culturali italiani e lavora alacremente per disegnare un sistema didattico italiano uniforme. Dal 1884 al 1908, entrano a far parte della Commissione centrale, ventuno commissari - precettati dal Ministero tra regi delegati per la tutela, professori, critici d’arte, promotori di istituzioni e senatori del regno -, e otto membri di diritto della Divisione industria e commercio ministeriale. Lusinghieri i risultati ottenuti dalla Commissione nei suoi sedici anni di vita. Proviamo a elencarne qualcuno. Nel 1884 la Commissione individua sette poli geografici e culturali identificati in sette Scuole Superiori d’arte applicata all’industria, riconosciute come istituti in grado di delineare linee guida didattiche per il bacino territoriale di appartenenza e, cosa rilevante, rilanciare il prodotto artistico italiano, non solo attraverso una rivisitazione degli stili del passato, ma promuovendo un agognato e auspicabile “stile futuro per il XIX secolo”. Questi istituti, ai quali di fatto veniva riconosciuta la stessa importanza delle Accademie 20 Accanto a lui lavorano con impegno costante Alfredo d’Andrade, precettato nel maggio del 1885 probabilmente su segnalazione dello stesso Boito per l’amicizia e l’identità di vedute che li lega già dai primi Congressi Artistici Italiani (Parma 1870, Milano 1872, Napoli 1877, Torino 1880, Roma 1883) in cui d’Andrade si fa promotore della riforma delle accademie di belle arti; Felice Barnabei, archeologo segretario della Direzione generale delle antichità e belle arti; Giuseppe Sacconi, regio delegato per la Tutela del patrimonio del Lazio, referente per quello delle Marche e consigliere del MAI di Roma, e i marchesi Torrigiani, promotori dell’Istituto fiorentino di scuola d’arte decorativa e industriale. Accanto a queste personalità si segnalano gli apporti significativi di Baldassarre Odescalchi, Gaetano Filangieri, Manfredo Manfredi, Primo Levi “L’Italico”, quest’ultimo chiamato nel 1893 incentiverà l’approccio al moderno. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 148 22/12/22 13:34 149 del MPI, erano: il R. Museo Industriale di Torino (1862) annesso al Museo civico per la sezione arte applicata; la Scuola Superiore d’arte applicata con sede al Castello Sforzesco di Milano (1882); la Scuola Superiore d’arte applicata di Venezia (1876/80); la Scuola professionale per le arti decorative industriali (1880) di Firenze; il MAI (1874) di Roma, il MAI (1881) di Napoli e la Scuola d’arte applicata (1882) di Palermo. Altro risultato della Commissione è stato la rivisitazione degli strumenti didattici divulgati sul territorio nazionale. Sotto questo versante il suo operato può essere suddiviso in due fasi temporali: la prima, di impostazione preparatoria dei lavori, va dal 1885 e il 1892, sotto la direzione del Principe romano Baldassarre Odescalchi che imposta con rigore e fermezza l’adesione ai principi di identità nazionale e studio degli stili del passato, oltre a rafforzare nelle dinamiche politico-territoriali il Museo artistico industriale di Roma, incaricato dal decreto che istituiva la Commissione a produrre i gessi da distribuire alle scuole. Dal 1893 sotto la direzione di Camillo Boito, che manterrà fino al 1908, la Commissione affina e rafforza la sua funzione di governo culturale: valuta seleziona e distribuisce testi e pubblicazioni di arte e di disegno, privilegiando opera di autori italiani21 e promuove dibattiti e convegni aperti ai direttori delle centoventisei scuole d’arte applicata sussidiate dal MAIC alla fine dell’Ottocento. Fig. n. 16 - Funzioni della Commissione centrale per l’insegnamento artistico industriale Con la riforma del 1997 si passa ad un’impostazione più istituzionale, più propensa a svolgere mansioni di natura tecnico-amministrativa (tipica degli Ispettori ministeriali) decretando conseguentemente la fine della impostazione del “ciclo artistico”, in cui si coniugavano i principi di gusto e d’arte con la formazione e la produzione. La Commissione cessa di esistere nel 190722, con la Legge del 30 giugno 1907 n. 414, intitolata Provvedimenti per l’insegnamento industriale e commerciale che dà 21 Il compito di selezionare, valutare e divulgare i testi da distribuire alle scuole è seguita, in partire dal 1884, da una sottocommissione composta da Boito (Milano), d’Andrade (Torino), Odescalchi (Roma), Sacconi (Marche-Umbria) e Manfredi (Venezia). 22 La fine naturale della Commissione centrale per l’insegnamento artistico industriale è testimoniata dalla lettera del Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, Francesco Cocco-Ortu, rivolta a Camillo Boito in qualità di Presidente dell’organo ministeriale, che viene premiato con la medaglia d’oro dei CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 149 22/12/22 13:34 150 vita a un riordinamento delle scuole professionali organizzandole in scuole industriali, scuole artistiche industriali, scuole commerciali e scuole professionali femminili. Vengono stanziati nuovi fondi e si costituisce presso il MAIC nel marzo del 1908, un Ispettorato generale e un Consiglio superiore dell’insegnamento agrario, industriale e commerciale,23 con il compito di formulare proposte in merito all’istituzione e riforma delle scuole professionali seguite dall’emanazione di norme generali sull’insegnamento industriale e commerciale di carattere più specificatamente amministrativo.24 4.3. Scuole professionali per il settore manifatturiero attivate nel decennio 1880-1889 Le scuole professionali per il settore manifatturiero possono essere distinte in due grandi categorie: quelle industriali e quelle artistico-industriali. All’interno dell’una e dell’altra tipologia tratteremo scuole a seconda che siano sussidiate dal Governo centrale, attraverso il Ministero Competente, o da soggetti locali. Figura n. 17 - Tipologie di scuole professionali per il settore manifatturiero benemeriti dell’istruzione industriale commerciale per i compiti svolti, ritenendo conclusa l’opera dell’organico di carattere artistico. “In ossequi alla Legge 30 giugno 1907 e al R. Decreto 22 marzo 1908 è stato costituito il consiglio superiore dell’insegnamento agrario-industriale e commerciale al quale sono pure affidate le attribuzioni già esercitate dalla Commissione centrale per l’insegnamento artistico industriale. La Commissione centrale, che era così degnamente presieduta dalla S.V., è stata di così grande ausilio a questo ministero e devesi in gran parte ad essa se l’insegnamento dell’arte applicata all’industria ha preso anche in Italia un notevole sviluppo e dà soddisfacenti risultati”. Cit. in Pesan do A.B., Opera vigorosa per il gusto artistico nelle nostre industrie. La Commissione centrale per l’insegnamento artistico industriale e “il sistema delle arti” (1884-1908), F. Angeli, Milano, 2009, p. 78. 23 Regio Decreto del 22 marzo 1908 n. 172. 24 Regio Decreto del 22 marzo 1908 n. 187. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 150 22/12/22 13:34 151 A. SCUOLE INDUSTRIALI 4.3.1 Scuole industriali sussidiate dal Ministero dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio a. Le scuole industriali sussidiate dal MAIC nate in decenni precedenti ed operative nel 1880 La situazione all’inizio del decennio ci viene rappresentata, come già detto, dagli Annali dell’Industria e del Commercio 1885, che fanno riferimento all’a.s. 1882- 83. In questo documento ministeriale tutte le scuole industriali vengono distinte in due categorie: Scuole d’arti e mestieri con officine e Scuole d’arti e mestieri senza officine25. Le prime erano 11: Istituto artistico meccanico di S. Lorenzo di Aversa (1880); Istituto Aldini-Valeriani per le arti e mestieri di Bologna (1878); Scuola arti e mestieri presso il R. ospizio di beneficienza di Catania (1881); Istituto di arti e mestieri di Fermo (1861); Scuola professionale per le arti meccaniche di Foggia (1872); Scuola d’arti e mestieri di Foligno (1873); Scuola professionale d’arti e mestieri di Mondovì (1877); Istituto Casanova pei fanciulli usciti dagli asili di Napoli (1809); Scuola professionale del rione Borgo (1881) e Scuola d’arti e mestieri nell’Orfanatrofio comunale alle Terme (1824) di Roma; la Scuola industriale di Vicenza (1878). Le seconde, quelle senza officine, erano 33: Scuola d’arti e mestieri Jona Ottolenghi di Acqui (1882); Scuola d’arti e mestieri di Aquila26 (1880), di Arezzo (1882), di Belluno (1880); Scuola industriale di Biella (1869); Scuola di arti e mestieri di Casalpusterlengo (1874), di Chiavari (1880); Scuola professionale di Colle Val D’elsa (1873); Scuola d’arti e mestieri Castellini di Como (1883); Scuola di arti e mestieri-Fondazione Galletti di Domodossola (1882); Scuola professionale per gli operai di Fabriano (1880); Scuola d’arti e mestieri di Feltre (1881); Scuola del popolo di Firenze (1867); Scuola di arti e mestieri Alberghetti di Imola (1881); Scuola di arti e mestieri di Messina (1877), e di Pallanza (1880); Scuola tecnico industriale di Pisa (1861); Scuola d’arti e mestieri di Potenza(1880), di Rimini (1882); Scuole per gli artieri di Roma (1871); Scuola di arti e mestieri di Salerno (1882) e di Savigliano (1880); Scuola serale di arti e mestieri di Saluzzo (1879); Scuola professionale d’arti e mestieri di Savona (1871); Scuola d’arti e mestieri di Siena (1882), di Suzzara (1880), Terni (1876); Scuole tecniche di S. Carlo di Torino; Scuola di arti e mestieri di Trapani (1879), di Treviso (1880), di Udine (1880); Scuola professionale per gli artieri di Viterbo (1874). 25 L’Aquila fino al 1939 aveva nome Aquila. Per coerenza con il periodo storico a cui facciamo riferimento nel presente volume la città sarà sempre menzionata col nome d’epoca (www.treccani.it). 26 MAIC - Divisione industrie e commercio, Annali dell’industria e del commercio 1885, Relazione sulle scuole d’arti e mestieri e sull’insegnamento superiore… op. cit., pp. 234-255. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 151 22/12/22 13:34 152 In considerazione che di molte scuole menzionate abbiamo parlato nel primo volume o ne parleremo in seguito (quelle nate o riordinate dal 1880) ci limitiamo a fornire solo dati statistici relativi agli alunni o ai finanziamenti. Gli alunni iscritti erano 5.500 circa, per l’esattezza 1.583 nelle scuole con officina e 3.929 in quelle senza. Di queste ultime 775 allievi frequentavano i corsi diurni e 3.154 quelli serali. Se consideriamo che le attività formative serali erano state progettate per quanti non potevano frequentare le lezioni diurne, prevalentemente perché in quegli orari erano impegnati in attivata lavorative, possiamo dedurre che la maggioranza degli iscritti avevano più di dodici anni. Gli Annali ci confermano un dato essenziale: la gestione di queste scuole era di carattere consortile, cioè venivano sostenute finanziariamente e amministrate da una pluralità di soggetti, pubblici, prevalentemente, ma anche privati. In particolare, i maggiori contribuenti, stando ai dati della tabella 21 e del grafico 12, sono in ordine decrescente: i Comuni (con il 36,7% del totale dei contributi), soggetti privati (27,3%), lo Stato (20,7%), le Provincie (10,8%) e le Camere di Commercio (4,5%). Tabella n. 21- Contributi finanziari per il funzionamento delle Scuole professionali da parte dei soggetti pubblici e privati per le scuole con o senza officine (a.s. 1882- 83, V. in lire) Tipologia scuola Stato Provincia Comune Camera di commercio Altri Tot. Con officine 72.200 47.900 168.814 49.170 152.208 490.892 Senza officine 77.650 32.774 106.508 17.802 23.262 258.086 Tot. 154.850 80.674 275.322 66.972 175.470 748.978 Grafico n. 12 – Contributi finanziari al funzionamento delle scuole professionali da parte dei soggetti pubblici e privati (a.s. 1882-83, V.%) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 152 22/12/22 13:34 153 b. Quadro sinottico delle Scuole Industriali sussidiate dal MAIC nate o riordinate nel decennio Dall’Annuario e dalle Notizie siamo riusciti a ricostruire il quadro delle scuole industriali sussidiate dal MAIC, istituite o riordinate nel decennio 80-89. Sono 40 e per ciascuna di esse nella tabella 22 riportiamo: ubicazione, anno di istituzione e di riordinamento, soggetti rappresentati nel Consiglio direttivo e insegnamenti. Per quanto riguarda quest’ultima variabile dobbiamo fare una doverosa avvertenza: le materie di studio riportate sono quelle previste nei programmi didattici del’a.s.1903-1904. Quindi per qualche scuola, istituita nei primi anni ‘80, facciamo riferimento ad una fase più matura di quella degli inizi. A fronte di questo scompenso, però, la scelta fatta ci consente di avere un quadro organico e comparabile. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 153 22/12/22 13:34 154 Tabella n. 22 - Elenco delle scuole industriali sussidiate dal MAIC nate o riordinate nel decennio 1880-1889 Città Anno istituzione Denominazione Soggetti rappresentati in Consiglio direttivo Acqui 1882 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri MAIC, Comune Insegnamenti: Meccanica, tecnologia meccanica e disegno di macchine; Fisica matematica e contabilità; Plastica; Calligrafia; Italiano; Disegno Arpino 1882 Scuola di tessitura e tintoria MAIC, Provincia, Comune Insegnamenti: Chimica e Tintoria, Disegno ornamentale e geometrico; Tessitura e scienze affini; Italiano; Tessitura; Aritmetica e geometria; Officina tintoria Alessandria 1850 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri MAIC, Comune, Camera di commercio Insegnamenti: Disegno ornamentale (classe I-A); Meccanica; Aritmetica e geometria applicata; Intaglio; Costruzioni architettura e disegno ornamentale (Classe I-B); Disegno ornamentale e geometrico (Classe I-A; Classe I-B); Meccanica e disegno relativo; Meccanica; Falegnameria; Disegno costruttivo del vero per falegnami; Architettura pratica, costruzioni e disegni relativi; Stuccatura Aquila 1880 Scuola serale e d’arti e mestieri MAIC, Comune, Provincia, Camera di commercio Insegnamenti: Disegno e plastica; Disegno d’ornato e geometrico; Materie elementari; Officina; Fisica; Meccanica e disegno elementare architettonico Arezzo 1882 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri MAIC, Comune, Camera di Commercio, Fraternità dei laici, Società mutuo soccorso Insegnamenti: Geometria, meccanica e disegno industriale; Materie elementari; Insegnamento pratico nel laboratorio per falegnami e intagliatori; Insegnamento pratico nel laboratorio per fabbri e meccanici; Disegno; Disegno geometrico e d’ornato Aversa 1880 Scuola d’arti e mestieri nell’Istituto artistico di San Lorenzo Provincia, Comune Insegnamenti: Economia industriale; Disegno ornamentale; Disegno applicato; Plastica; Calligrafia; Aritmetica computisteria italiano; Meccanica e Tecnologia meccanica; Disegno ornamentale; Disegno geometrico; Fisica e chimica generale; Geometria; Chimica applicata alle arti Belluno 1880 Scuola serale e domenicale di arti e mestieri MAIC, Provincia, Comune Insegnamenti: Fisica; meccanica, disegno tecnico, geometria e contabilità industriale; Aritmetica e italiano; Plastica, disegno ornamentale e decorativo; Disegno tecnico; Calligrafia CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 154 22/12/22 13:34 155 Bergamo 1885 Sezione industriale dell’istituto tecnico e scuole annesse Ministero Istruzione pubblica, Provincia, Comune, Camera di commercio, Consorzi industriali Insegnamenti: Sezione industriale: Chimica generale; Chimica industriale; Tessitura; Meccanica e disegno di macchine; Amministrazione e contabilità industriale; Fucinatore; Modellista falegname; Fisica generale industriale ed applicata; Lettere italiane; Filatura. Scuole serale operaie: Disegno applicato alle arti; Disegno d’ornato e geometrico; Tessitura; Italiano; aritmetica e geometria; Elementi di costruzioni murarie, disegno, tecnologia; Plastica; Disegno e pittura decorativa; Plastica; Chimica tintoria. Scuole domenicali: Tessitura; Elettrotecnica; Meccanica del telaio, disegno relativo e filatura; Fonditore; Disegno e pittura decorativa; Tintura; Disegno di macchine. Scuole allievi capi-operai: Lingua italiana; Tessitura; Meccanica e disegno di macchine Cagliari 1884 Scuola serale d’arti e mestieri nel Regio Ospizio Carlo Felice Provincia, Comune, Camera di Commercio, Ospizio Carlo Felice Insegnamenti: Italiano, aritmetica e geometria; Italiano, diritti e doveri, storia e geografia; Elementi di fisica e chimica; Calligrafia, computisteria e disegno lineare; Meccanica e disegno di macchina; Aritmetica e geometria; Disegno geometrico e ornamentale; Modellazione e plastica Casalpusterlengo 1880 Scuola serale e domenicale di arti e mestieri Comune Insegnamenti: Disegno, plastica ed elementi di architettura e di meccanica; Aritmetica; Geometria Catania 1853 Scuola serale di arti e mestieri nel Regio Ospizio di beneficenza MAIC, Provincia, Comune, Regio Ospizio di beneficenza Insegnamenti: Chimica e fisica; Disegno di ornato (classe inferiore); Meccanica e disegno di macchine; Geometria, aritmetica ed elementi di algebra; Disegno d’ornato e figura (classe superiore); Plastica e scultura in legno; Disegno geometrico ed architettonico Como 1883 Scuola di arti e mestieri “Castellini” Provincia, Comune Insegnamenti: Nel corso preparatorio: Disegno lineare e d’ornato; Geometria, disegno lineare e d’ornato; Aritmetica Nella scuola d’arti e mestieri: Disegno applicato all’arte decorativa, modellazione e intaglio in legno; Chimica applicata alla tintoria; Meccanica e disegno di macchine, Elettricità teorico-pratica, costruzioni, topografia e disegno relativo; Chimica applicata alla tintoria Cuneo 1883 Scuola d’arti e mestieri Comune Insegnamenti: Aritmetica e geometria applicata; Elementi di architettura e costruzioni; Disegno ornamentale geometrico e per la plastica Cremona 1885 Istituto “Ala Ponzone” per le arti ornamentali e meccaniche Provincia, Comune Insegnamenti: Intaglio in legno e dirigenza officina falegnami; Disegno; Ornato e architettura; Plastica, scultura e per la tecnologia dei marmi, e dirigenza officina marmisti; Meccanica e aggiustaggio; Fucina, aggiustaggio e lavorazioni in ferro battuto; Meccanica, elettrotecnica, fisica, tecnologia dei metalli, disegno di macchine e governo dei motori termici, dirigenza officina pei lavori in ferro; Geometria, disegno geometrico e applicazioni geometriche nelle varie sezioni; Lingua italiana, aritmetica, contabilità, storia e geografia CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 155 22/12/22 13:34 156 Domodossola 1882 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri “Galletti” Commissione direttiva nominata dalla Fondazione Galletti Insegnamenti: Italiano, computisteria, fisica e tecnologia; Francese e tedesco; Geometria e disegno geometrico ed architettonico; Disegno di ornato; Materie elementari Fabriano 1871 Scuola professionale per gli operai MAIC, Provincia, Comune, Camera di commercio Insegnamenti: Meccanica, fisica, chimica, tecnologia meccanica, disegno meccanico e cinematica applicata alle macchine; Elettrotecnica elementare; Intaglio ebanisteria e falegnameria; Francese; Fabbro-ferraio meccanica; Calligrafia; Italiano e diritti e doveri; Aritmetica, geometria ed elementi di contabilità; Disegno geometrico e architettura industriale; Disegno ornamentale Fermo 1861 Scuola industriale delle Marche MAIC, Comune, Provincia Insegnamenti: Fisica e chimica; Matematica e computisteria; Elettrologia e elettrotecnica; Disegno geometrico e ornamentale; Tecnologia; Meccanica e disegno industriale; Geometria; Plastica e intaglio in legno; Officina per fonditori; Officina per fabbri e fucinatori; Officina per fabbri e modellisti; Officina per meccanici; Italiano e diritti e doveri; Storia e geografia; Francese Girgenti (Agrigento) 1884 Scuola d’arti e mestieri Gioeni MAIC, Camera di commercio, Istituto Gioeni Insegnamenti: Lingua italiana e aritmetica; Geometria ed i principii di algebra; Elementi di fisica e di chimica; Elementi di meccanica e di costruzione; Tecnologia del legno e del ferro; Disegno geometrico, architettonico, ornamentale, applicato alle arti che formano materia d’insegnamento; Modellazione Imola 1882 Scuola d’arti e mestieri Alberghetti MAIC, Comune Insegnamenti: Costruzioni civili e meccaniche, meccanica e disegno di macchine; Elementi di plastica; Meccanica e aggiustatura; Fucinatura; Intaglio e ebanisteria, plastica decorativa; Disegno geometrico, d’ornato, di fiura, di prospettiva e per le proiezioni; Matematica e computisteria; Italiano, aritmetica, geometria, storia e geografia; Tornitura di metalli; Fisica, chimica, e tecnologia; Ebanisteria. Intra 1886 Scuola professionale annessa all’Istituto “Lorenzo Cobianchi” MAIC, Comune, Istituto Cobianchi Insegnamenti: Fisica generale ed applicata e per l’elettrotecnica; Contabilità, economia e matematica (I° anno corso preparatorio); Disegno; Calligrafia; Italiano e diritti e doveri; Geografia e storia; Meccanica industriale, tecnologia meccanica, costruzione e disegno di macchine; Matematiche (2° e 3° anno corso preparatorio); Chimica generale ed applicata, chimica pratica e tintoria; Scienze naturali; Francese e Tedesco Livorno 1886 Scuola d’arti e mestieri MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Fisica tecnica e tecnologia metallurgica; Elettrotecnica; Disegno d’ornato industriale e sue applicazioni; Geometria, disegno geometrico e trigonometria; Italiano e storia; Plastica e sue applicazioni; Macchine a vapore; Corso allievi fuochisti; Aritmetica ed elementi di algebra; Ornato e disegno geometrico; Meccanica, tecnologia meccanica, disegno geometrico e di macchine; Inglese pei macchinisti; Disegno figurativo CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 156 22/12/22 13:34 157 Messina 1877 Scuola d’arti e mestieri MAIC, Provincia, Comune, Camera di commercio InsegnamentI: Disegno d’ornato, architettonico e professionale; Meccanica; Computisteria; Disegno geometrico ed architettonico; Calligrafia; Elettrotecnica; Plastica; Disegno di ornato; Fisica e chimica; Tecnologia; Disegno di macchine e tecnologico; Elettricità; Aritmetica ed elementi di algebra; Meccanica e disegno di macchine; Italiano, storia e geografia Milano 1884 Scuola professionale tipografica MAIC, Comune, Camera di commercio, Camera del lavoro, Associazione tipografica Insegnamenti: Legatoria; Correzione; Composizione; Impressione; Litografia; Macchina Monoline; Macchina Linotype; Disegno litografico; Stereotipia Milano 1888 Scuola professionale muraria Assemblea generale dei soci, Collegio dei Capomastri, Società mutua lavoranti muratori, Comune Insegnamenti: Disegno applicato all’arte muraria; Elementi di topografia e di meccanica; Pratica della costruzione; Norme e regolamenti vigenti in materia di costruzioni; Nomenclatura straniera Napoli 1864 Scuola industriale “A. Volta” MAIC, Provincia, Comune, Camera di commercio Insegnamenti: Fisica generale e applicata e per l’elettrotecnica; Chimica generale e tecnologica; Aritmetica; Francese; Disegno ornamentale; Geometria, algebra, trigonometria; Meccanica; Meccanica e cinematica; Disegno geometrico ed architettonico; Calligrafia Pisa 1887 Scuola industriale MAIC, Comune, Camera di commercio Insegnamenti: Tecnologia meccanica; Fisica; Chimica generale ed applicata; Italiano storia e geografia; Ebanisteria; Ornato; Aritmetica, geometria, disegno geometrico ed elementi d’algebra; Intaglio; Costruzioni, proiezioni, prospettiva ed architettura; Pittura decorativa e figura; Ornato, intaglio e modellazione Pistoia 1884 Scuola serale e domenicale di arti e mestieri MAIC, Provincia, Comune, Cassa di Risparmio, Società “Utile e Diletto” Insegnamenti: Italiano, storia, geografia e aritmetica; Fisica, chimica, meccanica e disegno di macchine; Elettrologia e disegno di meccanica (Corso elettricisti); Disegno di ornato, industriale e decorazione; Disegno industriale e ornamentale e per la modellazione; Geometria descrittiva, disegno geometrico e d’ornato; Architettura, costruzioni murali e elementi di prospettiva Pontedera 1887 Scuola d’arti e mestieri MAIC, Provincia, Comune, Camera di commercio Insegnamenti: Fisica, chimica; Scienze naturali e computisteria; Disegno geometrico e architettonico; Italiano, storia, geografia e diritti e doveri; Disegno d’ornato, intaglio e plastica; Calligrafia; Disegno geometrico e architettonico; Matematica, meccanica, costruzione e disegni relativi CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 157 22/12/22 13:34 158 Potenza 1880 Scuola d’arti e mestieri MAIC, Provincia, Comune, Camera di commercio Insegnamenti: Fisica, meccanica e tecnologia meccanica; Aritmetica e computisteria; Officina di falegnameria ed ebanisteria; Disegno geometrico, ornamentale, architettonico e industriale; Plastica; Inglese; Fabbri, meccanici e aggiustaggi; Italiano storia e geografia; Falegnameria, ebanisteria e intaglio Prato 1886 Scuola professionale di tessitura e tintoria MAIC, Provincia; Comune, Camera di commercio, Cassa di risparmio Insegnamenti: Chimica generale ed applicata alla tintoria; Tessitura; Disegno applicato; Chimica analitica; Chimica; Fisica e meccanica Rimini 1882 Scuola di arti e mestieri Comune Insegnamenti: Geometria e aritmetica; Plastica e intaglio in legno; Disegno costruttivo; Disegno ornamentale Salerno 1880 Scuola serale e domenicale di arti e mestieri MAIC, provincia, Comune, Camera di commercio Insegnamenti: Disegno lineare, geometrico industriale; Calligrafia; Aritmetica, geometria e computisteria; Nozioni di fisica, chimica, algebra, trigonometria, meccanica e tecnologia industriale del legno e del ferro S. Giovanni a Teduccio 1885 Scuola industriale MAIC, Provincia, Comune, Camera di commercio Insegnamenti: Meccanica, tecnologia e disegno di macchina; Disegno lineare e geometrico; Disegno di macchine e calligrafia; Italiano e calligrafia; Aritmetica; Meccanica ed elettricità Savigliano 1880 Scuola serale e domenicale di arti e mestieri MAIC, Comune, Camera di commercio, Società operaia Insegnamenti: Geometria, meccanica e disegno di macchine e di costruzioni; Fisica, chimica, tecnologia meccanica ed elettrotecnica; Disegno ornamentale e geometrico (corso preparatorio) e plastica (3° corso); Disegno geometrico e ornamentale (1° e 2° corso); Computisteria ed economia industriale; Disegno; Italiano e aritmetica (corso preparatorio); Italiano e aritmetica (corso normale) Spezia 1886 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri MAIC, Provincia e Comune Insegnamenti: Fisica, chimica, tecnologia, elettrotecnica e macchine a vapore; Plastica e intaglio; Disegno ornamentale; Meccanica e matematiche; Disegno industriale; Disegno geometrico e di architettura; Italiano storia e geografia Stradella 1883 Scuola serale d’arti e mestieri Comune, Società arti e commercio, Società operaia Insegnamenti: Aritmetica, Storia, Disegno e plastica, Italiano, Scienze naturali Suzzara 1880 Scuola d’arti e mestieri Comune Insegnamenti: Geometria, fisica e chimica; Aritmetica, computisteria e economia; Meccanica e costruzioni civili e rurali; Disegno e calligrafia; Italiano, storia e geografia; Italiano, storia, aritmetica, geografia e agraria Treviso 1880 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri comune Insegnamenti: Tecnologia industriale; Scienze applicate; Disegno geometrico; Disegno e modellazione; Italiano, aritmetica e calligrafia CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 158 22/12/22 13:34 159 Udine 1887 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri MAIC, Comune, Camera di commercio, Società operaia generale Insegnamenti: Stilistica e disegno professionale; Insegnamenti professionali nella sezione femminile; Plastica; Disegno elementare; Aritmetica e contabilità; Disegno elementare Italiano e aritmetica; Disegno ornamentale; Disegno elementare industriale e professionale; Lavori a macchina nella sezione femminile; Intaglio; Disegno decorativo; Aritmetica e geometria; Disegno Vicenza 1878 Scuola industriale “Alessandro Rossi” MAIC, Provincia, Comune Insegnamenti: Francese; Tedesco; Computisteria; Storia e geografia; Disegno e calligrafia; Aritmetica; Meccanica generale; Italiano; Disegno industriale e tecnologia delle industrie tessili; Meccanica applicata, elettrotecnica e chimica; Fisica generale, macchine a vapore, motori idraulici; Officina; Italiano c. Considerazioni generali Diverse le denominazioni utilizzate per connotare queste scuole. Per 27 il titolo usato nelle fonti consultate è Scuola d’arti e mestieri; per 16 di esse segue l’indicazione di serale e domenicale; per 4 si fa menzione dell’Istituto presso cui sono operative e per 3 viene precisato il nome del personaggio cui sono state dedicate. Altre denominazioni sono: Scuole industriali (5 volte), Scuola professionale (4 volte); Scuola di tessitura e tintoria e Scuola annessa alla sezione industriale (una volta). Le scuole possono essere classificate, anche, in relazione alla tipologia gestionale; cioè in relazione ai soggetti che le organizzano e le amministrano. Abbiamo già accennato al fatto che i soggetti che gestiscono le scuole sono normalmente dei consorzi, che le governano mediante propri delegati nei Consigli direttivi o nei consigli di vigilanza. Se analizziamo la composizione di tali consigli nella sezione della Tabella 22 “Soggetti rappresentati nel Consiglio direttivo” si può notare che le tipologie di consorzi sono numerosissime: 20. Abbiamo, infatti, le composizioni seguenti: 1) Governo Provincia Comune (Arpino, Belluno, Fermo, Spezia, Vicenza); 2) Governo Comune (Aquila e Imola); 3) Governo, Comune, Camera di Commercio (Alessandria); 4) Governo Provincia Comune Camera di Commercio (Fabriano, Livorno, Napoli, Pontedera, Potenza, Salerno, S. Giovanni Teduccio); 5) Governo Comune Camera di Commercio Associazioni di lavoro altri (Arezzo); 6) Governo Provincia Comune Camera di Commercio Altri (Bergamo); 7) Governo Provincia Comune Altri (Catania); 8) Governo Comune ed altri (Intra); 9) Governo Camera di Commercio altri (Girgenti); 10) Governo Provincia Comune Camera di Commercio altri (Messina e Sivigliano); 11) Governo Comuni e altri (Pisa); 12) Governo Provincia Comune altri (Pistoia); 13) Governo Provincia Comune Camera di Commercio altri (Prato); 14) Governo Comune Camera di commercio Associazioni di lavoro (Udine); 15) Provincia Comune (Avellino); 16) Provincia Camera di commercio (Cremona); 17) Provincia e associazioni di lavoro CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 159 22/12/22 13:34 160 (Milano 1); 18) Comune (Casalpusterlengo, Rimini, Suzzara, Treviso); 19) Camera di commercio altri (Milano 2, Stradella); 20) Altri (Domodossola). Il Comune è il soggetto più presente nella vita di queste scuole: suoi delegati, infatti, sono presenti nel 92,5% delle scuole censite; seguono nell’ordine: lo Stato, presente in 27 scuole (pari al 67,5%), la Provincia in 24 (59%) e la Camera di Commercio in 17 (44%). Nei Consigli direttivi di 8 scuole abbiamo trovato delegati di associazioni del mondo del lavoro (Camera del lavoro, Associazione tipografica, Collegio dei capomastri, Società mutua lavoranti muratori, Società operaia, Società mutuo soccorso, Consorzi industriali, Società arti e commercio) e in 7 scuole delegati di altri soggetti locali (Fondazione Galletti, Ospizio di beneficienza, Cassa di Risparmio, Società Utile e Diletto, Fraternità dei laici). Molto diseguale la distribuzione delle scuole sul territorio nazionale. Si va dalle 9 del Compartimento (oggi Regione) della Lombardia allo 0 dei Compartimento della Puglia, della Calabria, dell’Umbria e della Sardegna (Grafico 13). Per quanto riguarda la loro distribuzione per Macroaree abbiamo la situazione seguente: il 48,7% delle scuole industriali che nascono o vengono riordinate in questo decennio sono situate nei Compartimenti del Nord; 28,2% in quelli di Centro e 23,1% in quelle meridionali ed insulari. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 160 22/12/22 13:34 161 Tabella n. 23 – Composizione del governo delle scuole industriali Governo della scuola Governo Provincia Comune Camera di commercio Associazione lavoro Altri 1. Acqui 2. Arpino 3. Alessandria 4. Aquila 5. Arezzo 6. Aversa 7. Belluno 8. Bergamo 9. Casalpusteria 10. Catania 11. Como 12. Cuneo 13. Cremona 14. Domodossola 15. Fabriano 16. Fermo 17. Girgenti 18. Imola 19. Intra 20. Livorno 21. Messina 22. Milano 1 23. Milano 2 24. Napoli 25. Pisa 26. Pistoia 27. Pontedera 28. Potenza 29. Prato 30. Rimini 31. Salerno 32. S. Giovanni T. 33. Savigliano 34. Spezia 35. Stradella 36. Suzzara 37. Treviso 38. Udine 39. Vicenza 26 23 36 17 8 6 Milano 1: Scuola professionale tipografica; Milano 2: Scuola professionale muraria CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 161 22/12/22 13:34 162 Grafico n. 13 - Distribuzione per compartimenti delle scuole industriali nate o riordinate nel decennio 1880-1889 Particolarmente significativo il dato relativo alle Regioni del Nord-Ovest (Piemonte, Liguria e Lombardia) dove registriamo l’attività formativo-professionale del 37,5% di queste scuole. Dato significativo perché sono le Regioni che fanno registrare i primi segni di una industrializzazione che nei decenni successivi diventa importante. Significativo perché attesta e contribuisce al dualismo economico territoriale, che caratterizza la storia del nostro Paese. Riteniamo quest’ultimo dato sulla distribuzione territoriale così significativo che nel ricostruire gli inizi di tutte le scuole menzionate le riportiamo secondo le macroaree in cui solitamente viene suddiviso il territorio nazionale. Altro dato importante è il numero delle scuole che secondo la nostra classificazione possono definirsi, in base alle loro caratteristiche strutturali, “governative, quelle cioè dove il Governo centrale è più coinvolto: nella decisione di istituire una scuola, dove e con quali partners, nella scelta della sua fisionomia organizzativo didattica, nella iscrizione nel bilancio delle risorse finanziarie necessarie per la sua nascita e per il suo funzionamento annuo, nel controllo della gestione amministrativa. In tutto il Paese sono 21, quasi il 54% di tutte le scuole d’arti e mestieri operative in questo decennio, le scuole che beneficiano di un sussidio del MAIC e sono: - al Nord 7: Acqui, Vicenza, Spezia, Alessandria, Como, Cremona, Udine; - al Centro 6: Imola, Prato, Livorno, Pisa, Pontedera, Pistoia; - al Sud e nelle isole 8: Potenza, Catania, Girgenti, Messina, S. Giovanni a Teduccio, Aquila, Aversa (Salerno lo diventerà nel 1896).27 27 R.D. 15 marzo 1896, n. LXXXVI, parte supplementare. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 162 22/12/22 13:34 163 Dalla lettura del Grafico n. 14 che riproduce i rapporti percentuali tra scuole governative e scuole solo sussidiate dal MAIC si può ritenere che lo sforzo maggiore da parte del MAIC sia nei confronti delle macroaree più carenti di scuole d’arti e mestieri. Grafico n. 14 – Rapporto tra scuole governative e scuole solo sussidiate dal MAIC (V.%) d. Le Scuole Industriali nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Nord dell’Italia Nel testamento, redatto nel 1874, Lorenzo Cobianchi,28 un industriale e più volte sindaco di Intra (provincia di Novara) così aveva disposto: «Persuaso della massima utilità, per l’Italia in genere e per l’industria della mia città in particolare, della istituzione di scuole speciali per gli operai, dirette a portare le arti e le industrie al grado a cui pervennero quelle delle Nazioni più colte, dispongo il seguente legato, da attivarsi dopo cessato l’usufrutto lasciato a mia moglie: 1) sarà istituita in Intra una scuola speciale di Arti e Mestieri, sulle orme di quella già da alcuni anni fiorente nella città di Biella. 2) Questa fondazione, di cui dovrà chiedersi la erezione in corpo morale, porterà il nome di Istituto di Arti e Mestieri Lorenzo Cobianchi, Intra.29 28 Lorenzo Cobianchi (1805-1881). Discendente di un’antica famiglia d’imprenditori intresi con attività industriali e artigianali già nel XVIII secolo. Nato nel 1805, fu due volte sindaco di Intra e fondatore e primo presidente della Banca Popolare di Intra nel 1873. Nel 1833, alla morte del padre, prese in mano le redini dell’impresa familiare sviluppandone le attività di filatura e tessitura del cotone e imprimendovi un forte rinnovamento tecnologico. Nel 1846 inaugurò a Intra uno stabilimento dotandolo dei più moderni macchinari. Nel 1860 aprì una nuova filatura a Possaccio, alla quale affiancò una cartiera. 29 La nostra storia in www.cobianchi.it e Il Cobianchi di Intra in www.complexitec.org. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 163 22/12/22 13:34 164 Figura n. 18 - Sezioni della Scuola professionale Cobianchi di Intra Luisa Brielli Cobianchi nel 1881, subito dopo la morte del marito, rende disponibile la rendita di cui era usufruttuaria (10.000 lire annue) e inizia il lavoro necessario per il riconoscimento come Ente Morale della Fondazione voluta da Lorenzo (R.D. 4 giugno 1882)30 e per il successivo riconoscimento ufficiale della “Scuola professionale L. Cobianchi” (R.D. febbraio 1886).31 La Scuola, recita il decreto istitutivo «[...] ha per iscopo l’istruzione tecnica di coloro che intendono applicarsi, o già sono applicati, all’esercizio delle arti e delle industrie meccaniche chimiche e tessili». Tre sono le sezioni che possono essere frequentate, corrispondenti a tre tipologie di lavorazioni: «La prima, per i lavori fabbrili e meccanici, comprende gli insegnamenti speciali di meccanica applicata, di tecnologia meccanica, di disegno di macchine, di costruzioni, plastica ed intaglio. La seconda, per la fabbricazione dei filati e tessuti, comprende gli insegnamenti speciali di meccanica, di disegno di macchine, di tecnologia delle materie tessili e le esercitazioni pratiche di tessitura. La terza, per la tintoria e per la fabbricazione della carta, comprende gli insegnamenti speciali di chimica tintoria, di tecnologia delle materie tintorie e della carta, e le esercitazioni pratiche di chimica e tintoria». Naturalmente oltre le materie specifiche di ogni percorso ci sono materie comuni a tutte le sezioni.32 Ogni sezione è composta di due categorie di allievi: i giovani che, forniti almeno delle cognizioni che si insegnano nelle scuole elementari, seguono un corso completo di lezioni diurne ed aspirano ad ottenere un certificato di capacità o diploma di licenza; gli operai che, già impiegati in una delle tre tipologie di lavo- 30 R.D. n. 592 del 4 giugno 1882, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 169 del 20 luglio 1882. 31 R.D. n. 2067 del 21 febbraio 1886, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 69 del 24 marzo 1886. 32 «Sono comuni alle tre sezioni i seguenti insegnamenti; Lettere italiane, storia, geografia, nozioni sui diritti o doveri, possibilmente due lingue straniere, contabilità calligrafia, aritmetica, algebra, geometria, fisica generale, fisica applicata, cinematica, chimica generale, dísegno geometrico disegno ornamentale, disegno industriale». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 164 22/12/22 13:34 165 razione, compiono la loro istruzione in un corso speciale di lezioni serali. Questa ultima opportunità formativa era stata richiesta dal Comune di Intra. L’attività, come detto, iniziò nel 1886; negli anni 1887 e 1888 vennero introdotti il secondo e il terzo anno della scuola professionale, mentre si rese necessario l’aggiunta di un anno al corso preparatorio per dare una formazione sufficiente agli allievi per i corsi ulteriori e infine un terzo anno facoltativo destinato ad esercitazioni pratiche per la professione. Dai tre anni iniziali previsti si era quindi rapidamente passati a un totale di cinque anni, di cui due preparatori e l’ultimo facoltativo. Alla spesa di mantenimento della Scuola, (prevista in 15.050 lire annue) contribuiscono l’Istituzione Cobianchi col reddito netto del lascito (8.680 lire), il legato Imperatori (con lire 350), il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio (6.020). Nei primi tre anni di vita la scuola è ospitata in locali di fortuna forniti dal Comune di Intra. Nel frattempo, però, Luisa Cobianchi sostiene fortemente, nella sua posizione di membro del Consiglio di Amministrazione, la necessità di costruire un apposito edificio scolastico e mette a disposizione l’ingente somma necessaria alla nuova costruzione (140.000 lire!). Nell’ottobre del 1889, all’inizio del quarto anno di attività, la nuova sede dell’Istituto è già pronta. È un edificio bello, di concezione moderna, come dimostrano i molti riconoscimenti ufficiali attribuiti, in particolare il premio vinto alla Mostra Internazionale di Parigi del 1904 per la sezione dedicata all’edilizia scolastica. Profonda l’influenza di Cobianchi sul mondo della produzione locale e posizione predominante in quello della formazione tecnica locale: «Parlare di storia dell’istruzione tecnica del Verbano Cusio Ossola significa essenzialmente ripercorrere la storia dell’Istituto Cobianchi[...] Non perché non vi siano state altre iniziative di formazione in campo tecnico e professionale ma perché il Cobianchi ha rappresentato il livello più alto d’istruzione tecnica disponibile nel territorio, interfacciandosi quindi in maniera preponderante con l’industria locale».33 Oggi l’Istituto Cobianchi è un colosso della formazione: è composto da un Istituto Tecnico ed un Liceo, ospita 1700 alunni (nel passato, all’apice delle iscrizioni, si sfiorarono le 2.000 unità) e opera con circa 200 docenti. Tuttavia consideriamo solo le sue evoluzioni più vicine all’epoca che trattiamo. Nel 1910, la Scuola professionale viene riordinata in due sezioni di chimica ed elettromeccanica.34 33 Il Cobianchi di Intra, op. cit. p. 17. 34 R.D. n. 465 del 17 settembre 1910. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 165 22/12/22 13:34 166 Nel 1918 viene trasformata in Istituto industriale per la formazione del personale direttivo dell’industria e dei laboratori industriali chimici ed elettromeccanici35. Nel 1925 viene riordinata quale Regio Istituto industriale, con sezioni per periti chimici e per periti elettromeccanici e con annessi corsi per maestranze.36 In data 11 febbraio 1882 il Consiglio comunale di Acqui (AL) accetta la proposta del MAIC di istituire nel proprio territorio una Scuola di arti e mestieri, serale e domenicale. I mestieri ai quali doveva preparare erano “quelli del falegname, del muratore, del costruttore, e in genere di tutte le arti” che avessero “una certa importanza nella città e circondario di Acqui”. In data 12 agosto il Comune accetta anche la suddivisione degli impegni finanziari: alle 12.000 lire per il mantenimento annuo provvedono il MAIC con 3.000 lire e il Comune con le ulteriori 9.000, mentre le spese di primo impianto (16.000 lire) sono distribuite nella misura di ¾ (il Municipio) e ¼ (il Ministero). Il Decreto istitutivo porta la data del 4 settembre 1882.37 Il corso si compie in tre anni e può essere ammesso chi ha compiuto 12 anni ed aver superato l’esame di terza elementare.38 Il Decreto contiene anche le disposizioni previste dal provvedimento che istituiva la scuola di arti e mestieri di Imola: i premi in denaro anche per fare stages formativi all’estero, o in attrezzi di lavoro agli allievi che facevano registrare i maggiori successi formativi e riconoscimento (“medaglie d’onore e premi in denaro”) alle aziende locali che si erano distinte nei progressi tecnologici nel settore di produzione. Abbiamo ricostruito nel IV volume39 la nascita (1878) e i primi sviluppi della Scuola industriale di Vicenza, voluta dal sen. Alessandro Rossi. Nel 1884 questa struttura formativa viene riordinata con un Regio Decreto40, o meglio, come si esprime il testo legislativo “viene costituita ed ordinata definitivamente” su proposta del MAIC e con l’accordo della Provincia e del Comune di Vicenza41, cioè dei tre soggetti pubblici che già concorrevano al suo mantenimento. Interessanti gli articoli declaratori: il secondo «La Scuola si propone l’insegnamento teorico-pratico della meccanica, allo scopo di formare allievi i quali, dopo breve tirocinio, trovino stabile collocamento in qualunque industria di meccanica applicata. L’istruzione e tutto l’ordinamento della Scuola concorrono alla forma- 35 D.L. n. 1734 del 13 giugno 1918. 36 R.D. n. 1544 del 10 luglio 1925. 37 R.D. n. 992 del 4 settembre 1882 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 238 dell’11 ottobre 1882. 38 “Art. 4. La Scuola fornisce gli insegnamenti seguenti: Nozioni complementari di aritmetica; Nozioni elementari di geometria, di fisica, di meccanica, di tecnologia, di costruzione ed arte muraria e di economia industriale; Disegno, riferito specialmente alla lavorazione del ferro e del legno, alla meccanica, all’arte muraria ed alla ceramica”. 39 Vedi volume IV, p. 389. 40 R.D. n. 2736 del 23 ottobre 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 282 del 13 novembre 1884. 41 Con deliberazioni in data rispettivamente del 12 luglio e 16 agosto 1884 (vedi i “visti” del decreto istitutivo della nota precedente). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 166 22/12/22 13:34 167 zione del carattere degli alunni…» può essere considerato una definizione esemplare della Istruzione Professionale, in quanto ne coglie la specificità degli obiettivi formativi (occupazione lavorativa), delle strategie didattiche per raggiungerli (insegnamento teorico-pratico e tirocinio) e la dimensione educativa (formazione del carattere). Alla Scuola è annesso un Collegio-convitto, “ed agli insegnamenti che si impartiscono in essa non sono ammessi alunni esterni.” Per il suo funzionamento annuale il Decreto prevede il concorso finanziario del Governo (con 43.000 lire), della Provincia (29.000 lire) e del Comune (3.000 lire). Quest’ultimo mette a disposizione locali e mobilio. L’insegnamento è diviso in due sezioni, una preparatoria di un anno, l’altra normale di quattro anni. L’insegnamento pratico è impartito in cinque officine: per a) Modellisti e falegname, b) Fonditori, c) Facinatori, d) Limatori, c) Fornitori e guida macchine. La direzione (della scuola e del convitto) è riservata ad un ingegnere. Nel 1886 nasce a Spezia una Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri con un R.D.42 per quanti “intendono applicarsi alle arti meccaniche ed ai mestieri del fabbro, del falegname, dell’ebanista, del carpentiere e del muratore”. Le lezioni hanno luogo tutti i giorni feriali in ore serali e la domenica in ore diurne. La durata complessiva di esse non sarà minore di due ore e mezza nei giorni feriali, e di tre la domenica. Gli alunni, ammessi solo dopo gli undici anni e in possesso di un “certificato di esame felicemente subito” di terza elementare, la frequentavano per almeno due ore e mezza la sera dei giorni feriali e tre ore la domenica. Il corso intero durava tre anni (dal 1° ottobre al 30 giugno). Un quarto anno, facoltativo, era di specializzazione. La Scuola forniva questi insegnamenti: «Nozioni elementari di geometria, di fisica, di chimica, di tecnologia del legno, del ferro e dei materiali da costruzione; di disegno di modellazione e intaglio, con speciale applicazione alle industrie alle quali la Scuola e indirizzata; di lingua italiana, di aritmetica e nozioni elementari d’algebra, di computisteria, di calligrafia e di economia industriale». Alla sua istituzione e al suo mantenimento concorsero oltre il MAIC (con 1.450 e 2.000 lire) il Municipio della città (con 2.350 e 3.300 lire comprensive del valore locativo della logistica utilizzata e delle spese per la illuminazione a gas) la Provincia (con 1.400 e 1.000 lire) e la Fratellanza artigiana, una società di mutuo soccorso della città.43 Sempre nel 1880 sorge una Scuola di arti e mestieri a Savigliano, in provincia di Cuneo, per interessamento della locale Società di mutuo Soccorso ed Istruzione fra 42 R.D. 21 febbraio 1886, n. MMLXVI, serie 3, parte supplementare. 43 Avevano dato il loro assenso alla proposta del MAIC il Consiglio e la Deputazione provinciale di Genova in data 29 dicembre 1885 e 21 gennaio 1886; il Consiglio e la Giunta comunale di SPEZIA in data 23 maggio 1883 e 5 febbraio 1886, e La Fratellanza Artigiana in data 3 settembre 1885 e 5 febbraio 1886. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 167 22/12/22 13:34 168 gli operai;44 una scuola che “impartisce insegnamenti elementari di scienza ed arte con applicazione alle industrie fabbrili, murarie e decorative”. Per iscriversi al percorso formativo, che dura tre anni con orario serale (due ore o due ore e mezzo a seconda della stagione) e domenicale (due ore), occorre aver compiuto dodici anni e essere in possesso del certificato di terza elementare o, in alternativa, dimostrare di saper leggere e scrivere ed eseguire “con facilità ed esattezza le prime quattro operazioni dell’aritmetica sui numeri interi”. C’era anche la possibilità per chi non possedesse queste nozioni di base di frequentare un corso preparatorio. La scuola non disponeva di officine, né di laboratori. La sorveglianza amministrativa è affidata ad un Consiglio composto da rappresentanti degli enti che contribuiscono finanziariamente al sostentamento annuo delle attività formative: il Comune, il MAIC,45 la Camera di Commercio di Cuneo e la Società di Mutuo Soccorso ed Istruzione fra gli operai. Importante il ruolo del Ministero, a cui spetta il controllo sui rendiconti e la nomina dei docenti, scelti per concorso pubblico o indicati dal Consiglio. Si ha notizia di una Scuola d’arti e mestieri fondata a Belluno nel 1880, grazie a contributi finanziari del MAIC, della Provincia, del Comune, della Camera di Commercio e della Società operaia di mutuo soccorso. Verrà chiusa dopo l’anno scolastico 1904-05 in seguito alla istituzione in città di una Scuola industriale.46 Nel 1884, a Milano, era stata fondata la Scuola professionale tipografica per il perfezionamento degli operai “addetti alle arti poligrafiche”. L’iniziativa era stata presa dall’Associazione tipografica milanese, nella città che era il centro di produzione tipografico-editoriale più importante d’Italia.47 Dato che il destinatario degli interventi già lavorava nel settore, i corsi avevano un orario serale (20-22) e festivo (9-12). Provvedevano al suo sostentamento, oltre all’associazione che l’aveva fondata, la Provincia, il Comune, la Camera di Commercio, la Camera del lavoro e il MAIC (dal 44 Giraudo F. (curatore dell’inventario), Società di mutuo soccorso ed istruzione fra gli operai di Savigliano, Archivio Storico (1850-1982) www.centrodellamemoriasavigliano.it. 45 DD. MM. 11 settembre 1880 e 11 settembre 1890. 46 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, Op. Cit. pp. 155-156. 47 Della Peruta F. - Misiani S. - Pepe A. (a cura di), Il sindacalismo federale nella storia d’Italia, F. Angeli, Milano, 2000, p. 77. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 168 22/12/22 13:34 169 1888).48 La scuola, però darà i frutti migliori nei primi anni del secolo XX, quando interverrà, dopo due anni di trattative con l’Associazione tipografica49, con cospicui interventi finanziari, l’Umanitaria, società fondata nel 1893 dal filantropo Prospero Moisè e di cui avremo modo di parlare. Il suo contributo fu fondamentale per far diventare questo Centro di Formazione Professionale che, nel 1904, prende il nome di Scuola del libro, un’istituzione formativa di eccellenza che contribuirà a consolidare il primato di Milano nel campo della grafica e dell’editoria e che potrà gareggiare, a livello europeo, con la Scuola Estienne di Parigi50, oppure con il Graphische Lehr - und Versuchs-Anstalt di Vienna51 o con la Kunstakademie und Kunstgewerbeschule di Lipsia.52 Esisteva ad Alessandria dal 1850 una Scuola serale d’ornato. Riordinata nel 1880 assumerà il nome di Scuola di disegno applicato alle arti. La sua fisionomia formativa viene ulteriormente modificata nel 1887 (con D.M. 10 settembre 1887), quando assume la denominazione Scuola d’arti e mestieri e di disegno applicato alle arti.53 L’offerta formativa della scuola si articolava in tre sezioni: arti decorative, arti fabbrili e murarie, arti meccaniche. Ciascuna sezione dura cinque anni: i primi tre anni rappresentano il corso teorico (primo anno le materie d’insegnamento sono uguali per tutti gli indirizzi; secondo e terzo si insegnano materie attinenti agli indirizzi) gli ulteriori due anni costituiscono il corso pratico. Per gli alunni che provengono dalla sezione di arti decorative la frequenza prevede un primo anno complementare e un secondo di perfezionamento anche nelle aziende del territorio. Chi, invece, proviene dalle sezioni arti murarie e fabbrili e arti meccaniche completa il corso di studi frequentando uno dei 5 laboratori della scuola (per meccanici, per falegnami, per intagliatori, per stuccatori e per decoratori). Le lezioni si tengono tutte le sere dei giorni feriali dalle 20 alle 22, dal 48 D.M. 14 giugno 1888 vedi MAIC – Ispettorato generale dell’industria e del commercio, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., p. 334. 49 «Piuttosto che fondare istituzioni nuove e dissociate, in ogni ramo, meglio portare l’esame su quelle esistenti, cercare di superare le loro deficienze e coordinarne le attività, acciocché il risultato avesse la massima efficacia a pro delle classi lavoratrici», dichiara nel 1902 il Presidente dell’Umanitaria Giovan Battista Alessi in Colombo C.A. - M. Campana, La scuola del libro: una Bauhaus italiana, in www.umanitaria.it/storia. 50 L’école Estienne è il nome tradizionale del l’École supérieure des arts et Industrie Graphiques (ESAIG) (Graduate School of Arts), aperta a Parigi nel 1889. La scuola è stata chiamata in onore della famiglia Estienne, una famosa famiglia di tipografi e librai del XVI secolo. 51 L’Istituto superiore di insegnamento e ricerca federale grafico (HGBLuVA) originariamente costruito come istituto di ricerca fotografica è stato creato attraverso l’integrazione della scuola fotografica (un dipartimento per i processi di riproduzione fotografica affiliata alla scuola di commercio di Salisburgo e la scuola di disegno generale Hörwarter a Vienna). 52 Università della grafica e dell’arte del libro/Accademia di belle arti di Lipsia è stata fondata nel 1764. 53 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., pp. 353-354. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 169 22/12/22 13:34 170 15 ottobre al 15 aprile. Dopo 15 anni di attività l’utenza della scuola si attesta sulle 500 unità. Gli allievi ammessi non potevano avere meno di tredici anni e presentare il certificato di promozione alla quarta classe. Figura n. 19 – L’offerta formativa della Scuola d’arti e mestieri e di disegno applicato alle arti di Alessandria Il Consiglio direttivo è composto da rappresentanti del MAIC, del Comune e della Camera di Commercio. A questi soggetti pubblici, che sostengono finanziariamente le spese annue, si aggiunge anche la locale Cassa di Risparmio. Il personale insegnante viene nominato dalla Giunta comunale, su proposta del Consiglio direttivo e con previa approvazione del MAIC. A Treviso, nel 1880, sorge una Scuola d’arti e mestieri, grazie anche al contributo finanziario del MAIC54: Due gli scopi dichiaratamente esplicitati:: il primo di natura professionalizzante per rispondere ai fabbisogni di competenze delle industrie manifatturiere del territorio (“impartire insegnamenti di disegno e di modellazione con applicazione alle industrie più comini della provincia”), il secondo di carattere culturale (“fornire insegnamenti rudimentali di genere letterario e scientifico che meglio convengono per formare la vera coltura necessaria all’operaio”). 54 D.M. 29 ottobre 1880. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 170 22/12/22 13:34 171 Per il primo obiettivo l’ordinamento didattico della scuola prevede l’insegnamento di: scienze applicate alle arti, tecnologia, elettrotecnica, meccanica, disegno geometrico ed ornamentale, plastica. Per il secondo: italiano, aritmetica, computisteria e calligrafia. Nel corso degli anni l’offerta formativa della Scuola si configura su quattro opportunità: a) un corso festivo di disegno (2 anni) - b) un corso di plastica (2 anni) - c) un corso di elettrotecnica (1 anno) - d) un corso per conduttori di caldaie a vapore (ogni due anni) - e) una sezione serale (3). Tabella n. 24 - Alunni nell’anno scolastico 1904-1905 nella Scuola d’arti e mestieri di Treviso Sezione serale Corso festivo disegno Corso plastica Corso elettrotecnica Corso conduttori caldaie a vapore Totale Iscritti 117 205 12 26 45 405 Presenti esami 58 81 6 7 15 167 Promossi 36 53 4 - 12 105 Licenziati 11 14 2 7 - 34 Vengono ammessi ai corsi quanti abbiano compiuto il dodicesimo anno di età e siano stati promossi alla quarta elementare. Per il corso di elettrotecnica occorre il possesso del diploma di licenza conseguito in una Scuola di arti e mestieri. L’anno formativo dura otto mesi, dal 1 ottobre al 31 maggio e le lezioni si tengono in orario serale (19-21,30) e festivo (9-12). Non ci sono tasse a carico degli utenti, che ad inizio del secolo nuovo, ammonteranno a circa 400 iscritti. Partecipano alle spese di funzionamento il MAIC, il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio di Treviso. Il rendiconto annuale viene approvato dal Consiglio comunale. A Suzzara, in provincia di Mantova, il 9 ottobre 1877 l’Ing. Francesco Piazzalunga, i Maestri Agostino Bertazzoni e Venceslao Ceretti e il Ragioniere Agricola Sears chiesero l’autorizzazione della Giunta Municipale per l’apertura di una Scuola serale tecnica, allo scopo di “elevare le diseredate plebi”.55 Nel 1880 il loro desiderio si concretizza. Il Comune accetta l’idea, che può essere realizzata anche grazie ad un sussidio ministeriale,56 e viene aperta una Scuola di arti e mestieri “per insegnamenti elementari di scienza e d’arte con applicazione alle arti fabbrili del legno e del ferro, all’arte muraria e all’agricoltura”. 55 Scuola di arti e mestieri F. Bertazzoni Suzzara-Fondazione, in www.cfpartiemestieri.it. 56 D.M. 18 luglio 1880, in MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op. cit. pp. 329-330. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 171 22/12/22 13:34 172 Figura n. 20 – Percorsi formativi nella scuola d’arti e mestieri di Suzzara La formazione, completamente gratuita, durava tre anni: il primo, comune a tutti gli indirizzi, gli ultimi due con materie attinenti alle aree professionali dal 1 settembre al 1 giugno, con orari dalle 18 alle 21 nei mesi più freddi e dalle 6 alle 8 in quelli più caldi. Oltre al Comune e al MAIC partecipavano finanziariamente al funzionamento della scuola la Provincia, la Camera di Commercio di Mantova e la locale Banca mutua popolare. Il Consiglio direttivo, però, è composto solo da delegati del Comune, al quale spetta l’approvazione dei bilanci. Nel 1945 viene intitolata all’Ing. Francesco Bertazzoni “per rendere omaggio alla memoria dello stesso, che spese molti anni della sua vita dedicandosi con passione alla Scuola per il bene degli operai.” Oggi è un Centro di Formazione Professionale accreditato presso la Regione Lombardia. In questo decennio registriamo anche una significativa iniziativa di collaborazione tra MAIC e Ministero dell’Istruzione pubblica a Bergamo, dove, al locale Istituto tecnico vengono annessi una Sezione industriale per capi-tecnici, una Scuola biennale per capi operai (“fornisce agli stabilimenti industriali un personale medio tra gli operai e i capi tecnici”) Scuole serali (per “completare l’istruzione teorico pratica degli operai) Scuole domenicali (per gli operai che “lavorano nelle fabbriche lontano dalle città e che non possono, perciò, frequentare i corsi serali”). Per quanto riguarda la Sezione industriale per capi-tecnici occorrono alcune precisazioni. Gli Istituti tecnici passati nel ‘78, dal MAIC al Ministero della Pubblica Istruzione non subiranno riforme fino al 1923. Fino ad allora rimarranno confermate cinque sezioni a corso quadriennale fisico-matematica, agrimensura, agronomia, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 172 22/12/22 13:34 173 commercio-ragioneria, industriale. Per le sezioni industriali, un R.D. del 21 giugno 1885 stabilisce che il piano degli studi nel secondo biennio fosse “speciale secondo i bisogni e le particolari industrie del luogo ove essa ha sede”. Quindi ogni Istituto tecnico-industriale ebbe orario e programma secondo le proprie specializzazioni. Quello di Bergamo a partire dal 3° anno di corso si divide in tre sottosezioni: a) meccanica; b) chimica (è annesso un corso di tintoria); c) tessitura e filatura. Per essere ammessi a questa sezione valevano le norme che regolamentavano l’accesso all’istruzione tecnica: presentare la licenza di scuola tecnica o sostenere un apposito esame. Anche per poter partecipare alla Scuola biennale occorreva la licenza della Scuola tecnica; mentre per l’ammissione alla Scuola serale era necessario il certificato di promozione alla quarta elementare e per l’ammissione a quella domenicale la licenza elementare. I titoli rilasciati da parte della Sezione industriale un diploma di abilitazione di capo-tecnico; da parte delle Scuole serali e domenicali un certificato di frequenza; da parte delle Scuole biennali un certificato di licenza. Figura n. 21 - Percorsi professionalizzanti attivati presso l’Istituto Tecnico di Bergamo La sorveglianza amministrativa di tutti questi percorsi era di competenza della Giunta di vigilanza dell’Istituto tecnico, composta dai rappresentanti della Pubblica Istruzione, del Comune, della Camera di Commercio, dei Consorzi industriali, il Provveditore agli studi e il Preside. Il MAIC partecipava al sostentamento finanziario dei quattro percorsi professionalizzanti, ma non aveva ruoli nel management. Nel 1879, a Bognanco San Lorenzo, in Val d’Ossola, nasce da famiglia povera Gian Giacomo Galletti. A quattordici anni Gian Giacomo si impiega come manovale alla costruzione della strada del Sempione. Presa in seguito la via dell’emigrazione, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 173 22/12/22 13:34 174 fu dapprima merciaio ambulante in Svizzera, poi commerciante a Milano, dove finì con l’accumulare un discreto capitale che decise di impiegare nella Parigi napoleonica57. Qui Galletti, in modi che la storiografia non ha ancora svelato, accumulò una ingente fortuna, divenendo banchiere ed entrando a far parte dell’alta borghesia della Francia del Secondo Impero. Ritorna in patria e nel 1865 diventa cittadino onorario di Domodossola. Il 28 febbraio 1869 è eletto deputato al Parlamento italiano con voto pressoché unanime degli Ossolani. È in questi anni che Galletti comincia a inondare l’Ossola con i frutti della sua munificenza: oltre all’assistenza sanitaria (apre una farmacia e dota il territorio di una levatrice) si preoccupa dell’istruzione. Per quella che egli definisce la “salute dell’anima”, nel giro di poco tempo riempie Bognanco e dintorni di scuole elementari maschili e femminili. Alle famiglie povere garantisce l’istruzione gratuita, compreso l’acquisto dei materiali didattici e un po’ di pane per la ricreazione dei bambini; fonda una biblioteca, un gabinetto numismatico, un Museo di Storia Naturale, fa costruire un teatro, ma soprattutto si preoccupa di promuovere la Formazione Professionale. Il 18 maggio 1869, a Firenze, presso lo studio di un notaio, il deputato Gian Giacomo Galletti sottoscriveva una donazione a favore della Valle Ossola, dando il via alla Fondazione58 che da lui avrebbe preso il nome e alla quale è legata “gran parte dello sviluppo culturale, didattico, produttivo ed infrastrutturale dell’Ossola di fine XIX e prima metà del XX secolo.” Nelle “Tavole di Fondazione dell’Istituto” Galletti detta regole precise all’Amministrazione municipale domese: egli garantisce una rendita perpetua che deve essere utilizzata per “aprire e mantenere una scuola popolare d’intaglio in legno ed un corso di lingua francese”, poi “per sistemare le frane, per aumentare i posti letto all’ospedale civile, per fondare e mantenere una scuola popolare d’arte e mestieri ed un corso di lingua tedesca”.59 Il 31 marzo 1881 la Giunta amministratrice della Fondazione delibera l’istituzione di una Scuola di arti e mestieri, che apre i battenti l’anno successivo, con l’obiettivo di erogare “insegnamenti elementari di lingua e nozioni di scienze ed arti con particolare applicazione ai mestieri, alle arti e alle industrie locali”. Il corso normale dura 4 anni, al termine dei quali si consegue un diploma di licenza. Si può proseguire per un quinto, facoltativo. Materie di insegnamento sono: Italiano, Francese, Tedesco, Aritmetica, Geometria, Computisteria, Calligrafia, Disegno lineare, ornamentale e architettonico, Nozioni di fisica e tecnologia. Alla scuola è annesso un laboratorio per la plastica e per l’intaglio del legno. 57 Gian Giacomo Galletti, in www.borgodellacultura.it. 58 La Fondazione Galletti prosegue la sua attività fino a dicembre 1983; si scioglie 110 anni dopo la morte di Gian Giacomo, avvenuta a Parigi il 31 Maggio 1873. Eventi storici del ‘900, che il magnate non poteva certo prevedere, prosciugano gradualmente le sue risorse finanziarie, rendendo impossibile proseguire le attività; il suo patrimonio passa al Comune di Domodossola 59 Zuccari M., L’incredibile storia di Gian Giacomo Galletti, il più grande benefattore ossolano, in www.ossola24.it. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 174 22/12/22 13:34 175 Figura n. 22 – Percorsi formativi nella Scuola d’arti e mestieri di Domodossola Le lezioni, da metà settembre a metà maggio, vengono impartite per 2 ore e mezza tutte le sere dei giorni feriali e per un’ora e mezza la domenica mattina. Con questa organizzazione oraria serale-domenicale si intende favorire la partecipazione alle lezioni di giovani o meno giovani che stanno già lavorando. Per essere ammessi al primo anno di corso occorre avere almeno 10 anni di età e presentare il certificato di avere compiuto il ciclo inferiore delle elementari (le prime tre classi) o sostenere un esame sui programmi della terza elementare. Per quanti non hanno questi requisiti di istruzione la Scuola mette a disposizione un corso preparatorio. Oltre questo percorso quadriennale la Scuola eroga corsi speciali: a) un corso triennale per maschi e uno per femmine di francese; b) un corso triennale promiscuo di tedesco. Anche i corsi di lingua straniera danno la possibilità di conseguire un diploma di licenza. Oltre queste opportunità nella scuola si poteva fare anche un solo percorso di disegno. Il governo della scuola è affidato al Direttore e al Consiglio dirigente (6 membri: 5 nominati dalla Fondazione Galletti e dal Presidente della Società operaia di Domodossola). Il personale insegnante viene reclutato con pubblico concorso. La spesa per il funzionamento annuo (circa 8.000 lire) viene sostenuta dalla Fondazione in maniera preponderante. Partecipano con sussidi anche MAIC, Comune e la Società operaia di mutuo soccorso. A regime la scuola ospiterà quasi 150 allievi, la maggior parte dei quali frequenterà il corso normale.60 Nel 1880 viene fondata a Casalpusterlengo, oggi in provincia di Lodi, allora in quella di Milano, una Scuola serale e domenicale di arti e mestieri, con il supporto 60 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., pp. 209-212. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 175 22/12/22 13:34 176 finanziario del MAIC (700 lire annue) e del Comune (1.000 lire, oltre a fornire i locali). La sorveglianza amministrativa era di competenza di un Consiglio direttivo, presieduto dal Sindaco e composto da 4 membri eletti dal Cconsiglio comunale. La scuola aveva una sola sezione il cui corso durava tre anni, per gli allievi che volevano continuare c’era la possibilità di un ulteriore anno di perfezionamento. Per essere ammessi al 1° anno di corso occorreva presentare il certificato di promozione dalla 3° classe elementare. Le lezioni (2 ore) vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle 19 alle 21 e in tutti i giorni festivi dalle ore 10 alle 12, dai primi di novembre fino agli inizi di giugno. Agli alunni che hanno compiuto regolarmente tutto il corso, viene rilasciato un certificato di licenza. Non ci sono tasse a carico degli utenti (una trentina di iscritti appena).61 «È instituita in Como una Scuola serale e domenicale di arti e mestieri, che dal nome del benemerito fondatore si intitola: Castellini. Essa ha per iscopo di fornire insegnamenti elementari di scienza e di arte applicati all’industria, in conformità ai programmi da approvarsi con decreto Ministeriale».62 La Scuola ha un corso preparatorio di due anni e fa conseguire un attestato necessario per potersi iscrivere alla Scuola d’arti e mestieri; altrimenti occorre aver superato un esame preliminare «[...] dal quale risulti che sappia leggere e scrivere correttamente, eseguisca con facilità ed esattezza le prime quattro operazioni dell’aritmetica coi numeri interi e decimali, conosca il sistema metrico, ed inoltre gli elementi del disegno ornamentale e lineare». La Scuola d’arte e mestieri dura due anni; ai quali segue un terzo anno di perfezionamento. Mentre il corso preparatorio è a carico esclusivo del Comune, la spesa di mantenimento annuo della Scuola, stabilita in 8.300 lire, viene sostenuta dall’Opera pia Castellini per lire 5.000, e dal MAIC per lire 3.300. La spesa di prima istituzione della Scuola è sostenuta per intero dall’Opera pia che contribuisce anche all’acquisto per le collezioni di modelli e per il materiale scientifico con 5.200 lire; ulteriori 4.000 provengono dal bilancio del MAIC. Le lezioni hanno luogo la sera di tutti i giorni feriali (almeno 2 ore) e la domenica (almeno 3 ore diurne). In tutti gli anni di corso, almeno la metà dell’orario era assegnato al disegno della modellazione. Il governo della Scuola spetta al Consiglio d’amministrazione dell’Opera pia, al quale viene aggiunto il direttore con funzioni di segretario. Il Consiglio comunale di Cuneo il 9 novembre 1883 aveva deliberato l’istituzione di una Scuola d’arti e mestieri con insegnamenti teorico-pratici per quanti volessero dedicarsi alle “arti” murarie, decorative e fabbrili. Nella scuola successivamente saranno operativi un corso teorico-pratico per conduttori di caldaie a vapore ed un corso di elettrotecnica. 61 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., pp. 478-479. 62 R.D. n. 1214 dell’11 febbraio 1883 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 52 del 2 marzo 1883. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 176 22/12/22 13:34 177 L’orario settimanale era di 14 ore: 2 ore dalle 20 alle 22 tutti i giorni feriali e due la domenica dalle 10 alle 12. Le materie di insegnamento: Aritmetica, Geometria, Disegno geometrico ed ornamentale, architettura e disegno relativo, Disegno decorativo, Disegno applicato ai mestieri, Elementi di costruzione, Plastica intaglio in legno, Elettrotecnica. La durata del percorso formativo, da ottobre a metà aprile, era di 3 anni: i primi due comuni a tutti gli allievi, il terzo si divideva in due sezioni: a) arti decorative; b) arti murarie e fabbrili. I corsi sono gratuiti (solo una tassa di ammissione di 5 lire per quello di elettrotecnica e quello per conduttori di caldaie a vapore). Gli insegnanti sono nominati dal Comune su proposta del Consiglio direttivo (6 membri, tutti di nomina comunale). I bilanci, preventivo e consuntivo, sono approvati dal Consiglio Comunale. Concorrono al mantenimento della Scuola, oltre il Comune, che mette a disposizione anche i locali e sostiene il peso maggiore della spesa, la Provincia, la Camera di Commercio e il MAIC. I frequentanti (corsi normale i corsi speciali) all’inizio del nuovo secolo saranno 180 circa.63 Figura n. 23 – Percorsi formativi nella Scuola d’arti e mestieri di Cuneo Un Decreto del 1 ottobre 188564 istituisce a Cremona, nel palazzo Ala-Ponzoni, una Scuola per l’insegnamento delle arti ornamentali e meccaniche che prende il nome di Istituto Ala-Ponzoni. Tuttavia l’istituzione della Scuola ha degli antefatti che meritano di essere ricostruiti. Il marchese Ala Ponzoni Giuseppe Sigismondo, un nobile di Cremona (dove era nato nel 1761), aveva collezionato nel suo palazzo una pregevole collezione di oltre sedicimila pezzi di monete e di medaglie, oltre a vasi, armi, bronzi di Grecia e 63 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, Roma, Tipografia Nazionale di G. Bertero e C., 1907, pp. 206-208. 64 R.D. n. 1872 del 1 ottobre 1885 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 253 del 19 ottobre 1885. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 177 22/12/22 13:34 178 di Roma, smalti e avori antichi. Possedeva anche una scelta biblioteca (passata, poi, alla Biblioteca civica di Cremona) e una ricca collezione di quadri. Con la sua morte (1842) si estingueva la sua dinastia e il testamento istituiva erede universale l’imperatore Ferdinando I, con diritto all’uso di metà del palazzo e di metà della rendita patrimoniale; con l’altra metà della rendita disponeva che si finanziasse in perpetuo una scuola di scultura da aprirsi nella parte posteriore del palazzo stesso con la denominazione di “Istituto Ala di Ponzone”. Un codicillo stabiliva poi che fossero messe a disposizione degli studiosi le varie collezioni, “da lasciarsi aperte in determinati giorni, previa diligente descrizione delle stesse raccolte”. Purtroppo le volontà del marchese non ebbero attuazione se non molto più tardi, quando l’eredità, passata con la Legge del 31 maggio 1877 in proprietà del demanio, era già stata in buona parte dilapidata attraverso vendite di circa un milione di lire. Nel 1878 il Comune di Cremona rivendicò il diritto sul palazzo e sulle collezioni artistiche e scientifiche: nel palazzo venne aperta una scuola di scultura, e le collezioni entrarono a far parte del nascente Museo provinciale.65 La scuola ebbe vita breve, finché non intervenne, dopo la manifestazione di consenso del Consiglio comunale della città, il Decreto istitutivo della Scuola per l’insegnamento delle arti ornamentali e meccaniche. Questa - stabiliva il Decreto - era annualmente mantenuta con un assegno di lire 18.000, provenienti dalle rendite della fondazione Ala-Ponzoni, amministrata dal Comune e con un sussidio di lire ottomila da parto del MAIC. Il percorso formativo prevedeva: un corso preparatorio comune di un anno; un corso biennale per le arti ornamentali e un corso biennale per le arti meccaniche. 66 Figura n. 24 – L’offerta formativa della Scuola professionale d’arte muraria di Milano 65 Vergnano L., Ala Ponzoni Giuseppe Sigismondo, in “Dizionario Biografico” www.treccani.it. 66 R.D. 1° ottobre 1885, n. MDCCCLXXII, serie 3. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 178 22/12/22 13:34 179 La Scuola Professionale d’Arte Muraria SRL-Impresa sociale di Milano, che opera ancora oggi a favore di chi lavora o intende lavorare nel mondo delle costruzioni, ha le sue origini nella Scuola professionale muraria, fondata nel 1888 dalla Società mutua lavoratori muratori. La scuola era nata con lo scopo di completare e migliorare l’istruzione elementare e quella professionale di giovani muratori, come si evince anche dai percorsi formativi che realizzava: un corso preparatorio di 1 anno per i semi-analfabeti, una scuola elementare di tre anni (corrispondenti al 3o, 4o e 5° anno del ciclo elementare) e una sezione professionale (Figura 24). In quest’ultima, che durava 3 anni, si insegnavano: Disegno applicato all’arte muraria; Elementi di topografia e di meccanica; Pratica della costruzione; Norme e regolamenti, in materia di costruzioni; Nomenclatura straniera (utile per i tanti giovani che emigreranno). Al termine del triennio, a chi superava l’esame di licenza, veniva rilasciato uno speciale certificato. Gli allievi pagavano 1 lira per l’ammissione al corso elementare e 2 per quello professionale. Le lezioni erano impartite tutti i giorni festivi dalle 9 alle 14 (quelle di nomenclatura straniera tre volte la settimana dalle 20:45 alle 22) da metà marzo a metà ottobre. Il governo della scuola era affidato ad un Consiglio direttivo di 15 membri (1 nominato dal Comune, 1 dal Collegio dei capomastri, 7 dalla Società fondatrice e 6 dall’assemblea generale dei soci). Contribuivano alle spese per il funzionamento annuo della Scuola, oltre alla Società mutua lavoratori muratori, anche MAIC, Provincia Comune e Camera di Commercio di Milano, il Collegio dei Capimastri, la Cassa di Risparmio e la Banca popolare. Menzioniamo, infine, la Scuola serale di arti e mestieri di Stradella, fondata nel 1883 da: Comune, Società arti e commercio e Società operaia. Tre gli indirizzi professionali: per fabbri, per falegnami e per muratori.67 e. Le Scuole Industriali nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Centro dell’Italia A Fabriano (AN), operava dal 1871 una Scuola per arti e mestieri con corso biennale e con una sezione di agronomia e di chimica industriale.68 Quest’ultima con destinazione occupazionale prevalente degli allievi nelle Cartiere Milani. Il 4 aprile del 1880 viene trasformata in Scuola professionale serale e domenicale (questa la dicitura usata dal Decreto istitutivo) il cui scopo è “dare convenienti cognizioni industriali per formare abili operai”.69 Partecipano alla sua fondazione e mantenimento, 67 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale …, op. cit., pp. 775-776. 68 Ministero dell’Educazione Nazionale - Direzione Generale per l’Istruzione Tecnica, L’istruzione industriale in Italia Roma, op. cit. p. 362. 69 R.D. n. 5391 del 4 aprile 1880, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 126 del 26 maggio 1880. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 179 22/12/22 13:34 180 oltre allo Stato (3.550 lire annue), la provincia di Ancona (lire 3.550) e il Comune di Fabriano (400 lire).70 Il Comune, oltre a provvedere alle spese dell’insegnante d’italiano, mette a disposizione il casamento e il materiale non scientifico, mentre sono devoluti alla nuova istituzione il laboratorio e le collezioni già appartenenti alla Scuola d’arti e mestieri. La locale Società di incoraggiamento delle scuole operaie364 “eroga gran parte dei suoi proventi in premi ai migliori allievi della Scuola”. Il corso dura tre anni e gli insegnamenti sono: Lingua italiana, Nozioni sui diritti e doveri del cittadino, Economia industriale, Aritmetica, Computisteria, Primi elementi di algebra e di geometria, Nozioni di meccanica e di idraulica, Nozioni di chimica industriale e di fisica industriale, Disegno geometrico, ornamentale e industriale, Plastica e Intaglio. Per essere ammessi occorreva aver frequentato con successo la terza elementare, o sostenere un apposito esame. Il crescente sviluppo della scuola è attestato dai suoi riconoscimenti nei decenni successivi: medaglia d’argento nell’Esposizione di Torino (1898) e all’Esposizione universale di Parigi (1900); medaglia d’oro alla Mostra di Saint Louis (1904) e all’Esposizione regionale marchigiana di Macerata (1905). In data 8 gennaio 1881 un Regio Decreto71 istituisce ad Imola (BO), dove peraltro era in funzione una scuola pratica di agricoltura, «una Scuola serale e domenicale di arti e mestieri avente per iscopo di fornire insegnamenti elementari di scienza e d’arte applicata alle arti del fabbro, del falegname, del muratore, del costruttore, del conciatore e del vasaio». In effetti la scuola viene aperta grazie a 10.000 lire rese disponibili da un lascito testamentario di Francesco Alberghetti (1764-1851), un medico imolese. Con questo lascito si provvide anche al mantenimento annuo: la spesa di 12.000 lire; infatti, era sostenuta dal lascito per 9.000 lire e dal MAIC per 3.000 lire. La scuola, che porta il nome del mecenate, oggi è un Istituto d’istruzione Superiore che include un Liceo Scientifico, un Istituto Tecnico e un Istituto professionale. 72 70 La Deputazione provinciale di Ancona aveva deliberato la propria partecipazione il 4 dicembre 1879, mentre il Municipio di Fabriano l’11 dicembre 1879 e il 24 marzo 1880 (Vedi i Visti del Decreto istitutivo). 71 R.D. n. 595 dell’8 gennaio 1881, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 22 del 26 gennaio 1881. 72 Nel 1904 fu riordinata con il nome di Scuola Industriale. Trasformata nel 1933 in Regia Scuola Tecnica ad indirizzo industriale-artigianale, divenne l’Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato nell’anno scolastico 1959/60. Nel 1960 si posero le basi per dare vita all’Istituto Tecnico Industriale Statale (I.T.I.S.) che, nato come sezione distaccata dell’Istituto Tecnico Industriale di Forlì, nel 1965 divenne autonomo attivando anche l’indirizzo del Liceo Scientifico Tecnologico. Nel 2000 l’Istituto Tecnico Industriale e l’Istituto Professionale sono divenuti un’unica realtà scolastica. Nell’anno scolastico 2010/11, nell’ambito della Riforma della scuola secondaria di secondo grado, il Liceo Scientifico Tecnologico si è trasformato in Liceo Scientifico delle Scienze Applicate, l’Istituto Tecnico Industriale è diventato Istituto Tecnico settore Tecnologico ad indirizzo Meccanica e Meccatronica ed indirizzo Elettronica ed Elettrotecnica, mentre l’IPIA è diventato Istituto Professionale Industria ed Artigianato ad Indirizzo Manutenzione e Assistenza Tecnica. Vedi La storia dell’Alberghetti in www.alberghetti.it e Ministero dell’Educazione Nazionale - Direzione CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 180 22/12/22 13:34 181 Il corso regolare si compie in un triennio73. A questo si potrà aggiungere un anno complementare dedicato al perfezionamento nel disegno industriale e all’insegnamento della modellazione. L’anno scolastico comincia il 15 ottobre e finisce il 15 luglio. Al 15 aprile finisce l’anno invernale e inizia quello estivo. Le lezioni vengono impartite tutti i giorni feriali in ore serali (almeno 2 ore e ½ in inverno e 2 in estate) e la domenica in ore diurne (sempre 3 ore). In tutti gli anni di corso almeno la metà dell’orario deve essere assegnata al disegno. Superato positivamente l’esame finale, l’allievo ha diritto ad un attestato, nel quale viene dichiarato se ha frequentato con profitto (media del 6, del 7 dell’8) o con molto profitto (media del 9 o del 10). Alla fine di ciascun anno scolastico il Consiglio dirigente, su proposta del Direttore, assegna premi in libretti di Cassa di risparmio o in oggetti utili per l’esercizio professionale, ai migliori allievi. In quella occasione viene organizzata l’esposizione dei lavori di disegno e di modellazione eseguiti durante l’anno. Ai due migliori allievi del corso complementare sono erogate due borse di studio (il valore varia da 600 a 1.000 lire) per un anno di perfezionamento in aziende estere. Il Decreto istitutivo inoltre contiene una disposizione speciale (che vedremo applicata anche per altre scuole governative): «Ogni anno il Consiglio direttivo della Scuola, giusta un regolamento che si farà a tale uopo, darà un pubblico giudizio in solenne adunanza intorno agli artieri e fabbricanti che più contribuirono a migliorare le arti, le industrie e i mestieri del territorio imolese, assegnando medaglie d’onore e premi in danaro. A tale fine nei primi anni si provvederà con le possibili economie nei bilanci della Scuola, e negli anni successivi con assegni speciali del fondo Alberghetti. Per preparare questo lavoro annuo si farà un’inchiesta, la quale si terrà in continua evidenza a fine di accertare le condizioni tecnologiche delle arti e delle industrie locali». Questa disposizione attesta il rapporto sistematico della Scuola con il sistema produttivo locale; rapporto che ha contribuito a renderla una struttura formativa di eccellenza, come dimostrano i numerosi riconoscimenti in campo internazionale, nazionale e regionale. Generale per l’istruzione tecnica, L’istruzione industriale in Italia, Roma, L’Universale tipografia poliglotta, 1930, p. 390. 73 «Art. 4. La Scuola fornisce gl’insegnamenti seguenti: Nozioni elementari di geometria; id. di fisica; id. di chimica; id. di meccanica; id. di tecnologia del legno e del ferro, della ceramica e della concia delle pelli; costruzione ed arte muraria; disegno, riferito specialmente alle arti della lavorazione del ferro, della ebanisteria, della ceramica e all’arte muraria; elementi di economia industriale». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 181 22/12/22 13:34 182 Nel 1884 esce un nuovo Decreto74 che, apporta queste variazioni alla legge istitutiva dell’81: a) Viene ampliato il numero di figure professionali che si possono conseguire nella scuola. Mentre per il primo Decreto le arti erano 8; quelle del fabbro, del falegname, del muratore, del costruttore, del conciatore e del vasaio ora diventano 18: «Art. 8 La Scuola comprende tre distinte sezioni con alcune sottosezioni. Fanno parte della prima sezione, gli allievi meccanici, fabbri, lattonieri, vetrai, falegnami ed affini; della seconda, vasai, fornaciai, muratori, marmisti, indoratori, verniciatori, pittori da camere e tipografi; della terza, conciapelli, saponai, sarti e calzolai». All’art. 2 sono elencati tutti “gli insegnamenti”, alcuni per tutte le sezioni, altri specifiche per alcune “arti”.75 b) L’ordinamento didattico assume una configurazione, che oggi avremmo chiamato modulare, che offre la possibilità di frequentare un percorso formativo completo o solo parti di esso: «La Scuola ammette due categorie di allievi: i regolari e gli uditori. Appartengono alla prima categoria quelli che aspirano agli esami su tutte le materie d’insegnamento, proprie di una delle sezioni della Scuola; alla seconda categoria appartengono quegli allievi che frequentarono solo alcune sezioni della Scuola, ed hanno facoltà di sostenere gli esami sulle materie liberamente prescelte.» c) Gli allievi, regolari ed uditori, devono avere un’età compresa tra i 13 e i 20 anni. L’ammissione prevede o il compimento regolare delle scuole elementari o un esame equivalente a quello della terza elementare o “titoli comprovanti di aver fatto studi che il Consiglio dirigente giudicherà sufficienti sul corso e sezione”, per i quali si fa richiesta, esibendo “l’attestato di idoneità”, rilasciato dopo la frequenza di un corso preparatorio alla Scuola di arti e mestieri realizzato in una classe speciale delle Scuole elementari serali della città o con un programma didattico elaborato congiuntamente dal direttore della Scuola di arti e mestieri e di quella serale.76 d) Viene aumentato l’impegno finanziario per il funzionamento annuo da parte del lascito Alborghetti, da 9 a 12.000 lire. Il Consiglio comunale di Rimini, nell’agosto del 1882 delibera la nascita di una Scuola di arti e mestieri che ha “per iscopo di sviluppare il gusto artistico dei gio- 74 R.D. n. 23276 del 15 maggio 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 141 del 13 giugno 1884. 75 «Art. 2. Gli insegnamenti che s’impartiscono nella Scuola sono:·a) Disegno ornamentale, geometrico, architettonico, meccanico e costruttivo coll’indirizzo dell’arte o mestiere esercitato da ciascun allievo; b) Plastica, intaglio in legno; c) Fisica, chimica generale; d) Tecnologia fisica, chimica della ceramica, della concia delle pelli, dei saponi e dei materiali da costruzione; e) Aritmetica, contabilità e lingua italiana; f) Nozioni di economia industriale; g) Geometria piana e solida applicata; h) Geometria descrittiva applicata; i) Meccanica applicata e cinematica; l) Tecnologia delle macchine per la lavorazione dei metalli e del legname». 76 Art. 6. «Essendo istituite nella città le Scuole elementari serali, una classe speciale di queste servirà di corso preparatorio alla Scuola di arti e mestieri. A tal uopo i direttori della Scuola di arti e mestieri e delle Scuole serali, in unione coll’insegnante prescelto, formuleranno un programma, nel quale saranno sviluppate le seguenti materie: m) Nozioni di storia, geografia e geografia-fisica; n) Lettura, scrittura e composizione italiana; o) Sistema metrico decimale; p) Le prime quattro operazioni sui numeri interi. Questo corso sarà anche domenicale». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 182 22/12/22 13:34 183 vani che, terminate le Scuole elementari, si dedicano ad un’arte o ad un mestiere e di dare ad essi un’istruzione complementare di aritmetica e geometria”. Il percorso formativo dura quattro anni e la frequenza della scuola è completamente gratuita. La scuola ha un laboratorio per l’intaglio in legno. Gli allievi (a fine secolo saranno circa un centinaio) vanno a lezione dal 15 ottobre al 15 luglio nei giorni feriali (sempre dalle 18 alle 20, ma nei mesi di maggio e giugno dalle 6 del mattino alle 8); solo quelli del 3° e 4° anno hanno lezione pure la domenica dalle 9,30 alle 11,30. Finanziariamente la scuola viene sostenuta dal Comune e, in misura più ridotta, dalla Camera di Commercio; successivamente interverrà anche il MAIC con un proprio contribuito. Comune e Camera di Commercio sono rappresentati nel Consiglio direttivo della scuola. I bilanci sono approvati dal Consiglio comunale.77 Sempre nel 1882 viene istituita una Scuola per le industrie tessili e tintorie ad Arpino78. Oggi è una cittadina laziale della provincia di Frosinone, ma prima dell’Unità d’Italia era un comune del Regno delle Due Sicilie, in provincia di Caserta, allora capoluogo della “Provincia del lavoro”.79 Nell’800, nel regno dei Borboni, era capillarmente diffusa l’industria tessile, che impiegava diverse migliaia di operai e, proprio ad Arpino, c’era un grosso stabilimento per la lavorazione della lana, la “Ciccodicola”.80 Per questo il Decreto che istituisce la scuola precisa che “ha lo scopo di fornire insegnamenti di filatura, tessitura e tintoria, con riguardo speciale alla lavorazione della lana”. La Scuola nasce con il coinvolgimento finanziario del Comune, della Provincia e della locale Camera di Commercio ed arti81. I locali li metteva a disposizione il Municipio. Tabella n. 25 - Spese per la istituzione e il mantenimento annuo della Scuola per le industrie tessili e tintoria di Arpino Spese Governo Provincia Comune CC e Arti Tot. Impianto 2.400 8.000 - 1.000 11.400 Mantenimento 8.600 8.600 1.800 - 19.000 La Scuola ha due classi, una diurna, l’altra serale e domenicale. La diurna è istituita pei giovani, di almeno 12 anni e che hanno compiuto il ciclo delle scuole 77 Ibidem, pp. 302-304. 78 R.D. n. 1070 del 13 ottobre 1882 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, n. 270 del 17 novembre 1882. 79 Parte dell’antica provincia di Terra di Lavoro, nel 1927, a seguito del riordino delle circoscrizioni provinciali, stabilito dal Regio Decreto n. 1 del 2 gennaio 1927, per volontà del Governo fascista, quando venne istituita la Provincia di Frosinone, Arpino passò dalla Provincia di Caserta a quella di Frosinone. 80 Le industrie tessili del Regno, in https://unpopolodistrutto.com. 81 Vedi i visti del Decreto istitutivo: «deliberazioni del Consiglio comunale di Arpino, in data 30 maggio 1881, 29 giugno e 30 settembre 1882, del Consiglio provinciale di Caserta in data 14 luglio 1882, e della Camera di commercio ed arti della stessa città, in data 18 novembre 1881». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 183 22/12/22 13:34 184 elementari “e intendono acquistare le cognizioni necessarie per coprire i posti di capi operai e direttori di fabbriche”. La classe serale e domenicale accoglie “operai già dediti nell’esercizio della professione, e per esservi ammessi gli operai devono aver compiuti quattordici anni di età e saper leggere e scrivere correntemente”. Gli insegnamenti riguardano: la lingua italiana, l’aritmetica, la computisteria, gli elementi di economia industriale, il disegno, la filatura della lana, la tessitura della lana, la chimica generale e la tintoria della lana. Nelle due classi il corso si compie in un triennio (l’anno comincia il 15 ottobre e chiude il 15 luglio). Vigeva anche per Arpino la norma sui premi ai migliori allievi di ciascun anno di corso, che abbiamo riscontrata per altre scuole (vedi ad es. Imola, Acqui...). Abbiamo già visto nel IV volume82 la nascita e il primo sviluppo di una Scuola professionale a Fermo (AP). Sorta nel 1854 come Opera Pia Montani (dal nome del conte Girolamo Montani che aveva devoluto a questa iniziativa tutti i suoi beni), diventa Istituto di arti e mestieri nel 1861. Nel 188483 viene riordinato e prende il nome di Scuola industriale per le Marche. I mutamenti rispetto al passato riguardano prevalentemente il governement dell’Istituto che vede un maggiore coinvolgimento delle istituzioni locali che partecipano finanziariamente, anche in maniera cospicua, al suo sostentamento annuo: infatti oltre alle 10.000 lire assicurate dal MAIC il comune interviene con 7.000 e la Provincia con 17.500 lire. Obiettivi formativo-professionali e aree disciplinari rimangono le stesse: «La Scuola si propone l’insegnamento pratico della meccanica, allo scopo di formare allievi meccanici per le strade ferrate e per la marina, ed aspiranti alla direzione di officine e di stabilimenti industriali». L’insegnamento dura quattro anni ed è preceduto da un corso preparatorio di coltura generale della durata di due. Oggi il “Montani” è un prestigioso Istituto Tecnico Tecnologico, sempre al passo con il mondo del lavoro e della tecnologia.84 82 Ibidem, pp. 302-304. 83 R.D. n. 1848 del 6 gennaio 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 29 del 4 febbraio 1884. Sulla proposta ministeriale si erano positivamente pronunciati il Consiglio comunale di Fermo in data 13 ottobre 1882 e 20 luglio 1883, e il Consiglio provinciale di Ascoli Piceno, in data 28 novembre 1882 e 99 novembre 1883. 84 Nel 1907, prendendo la denominazione di Regio Istituto Industriale Nazionale, la scuola ebbe il riconoscimento del diploma da parte dello stato e i suoi diplomati poterono accedere ai Politecnici. È CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 184 22/12/22 13:34 185 A Prato c’è un Istituto Tecnico Industriale che porta il nome di Tullio Buzzi. Questi era arrivato nella città toscana nel 1887, dopo un’esperienza lavorativa in un cotonificio della Lombardia, come docente di chimica e tintoria nella Scuola per le industrie tessili e tintorie. La scuola era stata istituita l’anno precedente su proposta del MAIC85 con l’accordo del Comune di Prato, del Consiglio provinciale e della Carnera di Commercio ed arti di Firenze86 “per fornire insegnamenti di filatura, tessitura e tintoria, con riguardo speciale della lavorazione della lana”. Nel 1897 Buzzi diventa Direttore della scuola e manterrà questa carica per circa 20 anni, facendola diventare un polo formativo di eccellenza che permetterà alla industria tessile italiana di emanciparsi dalla dipendenza di tecnici stranieri.87 Per sostenere le spese di primo impianto (6.000 lire) si impegnarono il MAIC, il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio88, rispettivamente con 2.600, 2.400, 800 e 200 lire; per il funzionamento annuo (10.500 lire), invece, gli stessi soggetti, versavano 5.000, 4.000, 1.200 e 300 lire. I locali della scuola erano stati messi a disposizione dal Comune di Prato. anche in questo periodo che le Officine vennero potenziate e furono dirette da eminenti personaggi del mondo della cultura tecnica: l’ingegner Egidio Garuffa, collaboratore delle edizioni Hoepli, l’ingegner Pellegrino Tibaldi, già direttore della Scuola Industriale di Vicenza, l’ingegner Innocenzo Golfarelli, già direttore delle Officine di Precisione G. Galilei di Firenze, l’ingegner Giovanni Giorgi, noto per i suoi meriti scientifici. Nel primo decennio del Novecento accanto alla sezione di Meccanica, al cui sviluppo e alla cui modernizzazione dei laboratori aveva notevolmente contribuito l’opera dell’ingegner Contaldi, fu aperta la sezione di Elettrotecnica, all’avviamento della quale fu chiamato, da Torino, l’ingegner Veroi. Nel 1933 l’Istituto fu dedicato a Filippo Corridoni (un eroe marchigiano della Prima guerra mondiale molto popolare) che della scuola era stato allievo; nel 1946 su richiesta del collegio dei docenti, un Decreto del Ministero ripristinò l’originaria denominazione. Nel 1933 l’Istituto contava le sezioni di Meccanica, Elettrotecnica, Chimica, Radiotecnica. Negli anni Quaranta, per il prestigio raggiunto, l’Istituto divenne sede di corsi speciali preparatori per avieri. Al 1961 risale l’apertura del corso di Elettronica e al 1971 del corso di Informatica. Rogante G., Storia Istituto, in www.istitutomontani. gov.it. 85 R.D. n. 2.058 dell’11 febbraio 1886 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 54 del 6 marzo 1882. 86 Rispettivamente in data 8 ottobre 1885, 21 gennaio e 1 febbraio 1886 (vedi i visti del Decreto istitutivo nella nota precedente). 87 Ministero dell’Educazione Nazionale-Direzione Generale per l’istruzione tecnica, L’istruzione industriale in Italia, Roma, L’Universale tipografia poliglotta, 1930, p. 203. 88 La Giunta comunale di Prato, il Consiglio provinciale e la Carnera di Commercio ed arti di Firenze, rispettivamente avevano approvato il progetto proposto dal MAIC in data 8 ottobre 1885, 21 gennaio e 1 febbraio. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 185 22/12/22 13:34 186 Tabella n. 26 - Soggetti finanziatori ed entità delle sovvenzioni della Scuola per le industrie tessili e tintorie di Prato Tipologia di spese MAIC Provincia Comune Camera di commercio Tot. Prima 2.600 800 2.400 200 6.000 Mantenimento 5.000 1.200 4.000 300 10.500 La Scuola ha due classi, una diurna, e una serale-domenicale. La diurna è istituita pei giovani di almeno 12 anni che hanno terminato le elementari e “intendono acquistare le cognizioni necessarie per coprire i posti di capi operai e direttori di fabbriche”. La classe serale e domenicale accoglie operai “già dediti all’esercizio della professione”, che abbiano compiuto i 14 anni e sappiano scrivere e leggere correttamente. Le materie di insegnamento sono: Lingua italiana, Aritmetica, Computisteria, Elementi di economia industriale, Fisica ed elementi di meccanica, Disegno, Filatura della lana, Chimica generale, Tessitura di lana, Tintura della lana. Nella classe riservata agli operai si possono iscrivere alunni anche per il solo corso di disegno. I due percorsi formativi durano tre anni (dal 15 ottobre al 15 luglio). Al termine, superati gli esami, l’allievo ha diritto ad un attestato “nel quale sia dichiarato aver egli frequentato con profitto ovvero con molto profitto i corsi della Scuola industriale”. Alla fine di ciascun anno, in una cerimonia pubblica, sono assegnati “dei premi in libretti di Cassa di risparmio o in oggetti utili per l’esercizio professionale, ai migliori allievi di ciascun anno di corso”. La direzione della Scuola è affidata all’insegnante di filatura e tessitura. Figura n. 25 – Percorsi formativi nella Scuola per le industrie tessili e tintorie di Prato (1886) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 186 22/12/22 13:34 187 La Scuola di Arti e Mestieri a LIVORNO, istituita89 con R.D., raccoglieva l’eredità (compresi alcuni insegnanti) di una Scuola popolare di arti fabbrili, meccaniche e decorative del Comune.90 La Scuola di arti e mestieri inizia la sua attività dall’anno scolastico 1887-88 con due sezioni: una per le industrie meccaniche e l’altra per le arti decorative. Nella seconda sezione si impartivano «[...] insegnamenti elementari di scienza e d’arte con applicazione alle industrie della ceramica, della vetraria, della metallurgia, del ferro e del rame» (Art. 1). «La Scuola fornisce gli insegnamenti seguenti: aritmetica e nozioni di computisteria, nozioni elementari di geometria, nozioni elementari di meccanica e di tecnologia del ferro, del rame, ceramica e vetraria, disegno di ornato industriale, elementi di disegno figurativo, modellazione, disegno geometrico, disegno di macchine» (Art. 4).91 L’intero percorso per l’una e l’altra sezione si compie in un triennio e l’anno scolastico comincia il 15 ottobre e finisce il 15 luglio. Per l’ammissione alla Scuola è necessario aver compiuto 12 anni ed esibire il certificato della terza elementare o sottoporsi ad un esame «[...] apposito da cui resulti che il richiedente sappia leggere e scrivere correntemente, ed eseguisca calcoli con facilità ed esattezza le prime quattro operazioni dell’aritmetica coi numeri interi» (art. 5). Contribuirono: alle spese di primo impianto, il MAIC con 2.000 e il Municipio con 3.000 lire; a quelle del mantenimento annuo, il MAIC con 4.040, la Camera di Commercio con 1.200 lire e il Comune con 10.060 lire. Come abbiamo visto per altre scuole ai miglior alunni di ogni anno erano riservati premi in denaro o in attrezzi del mestiere. Il tutto veniva solennizzato in una cerimonia pubblica alla presenza delle autorità locali e dove erano esposti i lavori di disegno e modellazione eseguiti dagli allievi. Un rito efficace per accreditare la scuola sul territorio. 89 R.D. 3 novembre 1886, n. 4155, serie 3. 90 Nel Decreto istitutivo, nelle norme transitorie, si legge: «Dovendo passare alla dipendenza della scuola di arti o mestieri alcuni insegnanti nominati dal Consiglio comunale per la scuola popolare di arti fabbrili, meccaniche e decorative, il municipio riserva a questi insegnanti ogni e qualunque diritto derivante dalla loro nomina, anche per gli effetti della pensione e del godimento dello stipendio di cui sono ora provvisti, per modo che se essi, o ad alcuno di essi, nell’organico nella nuova scuola avesse un collocamento provvisto di uno stipendio minore dell’attuale, la differenza sarà corrisposta dal comune, e sarà valutabile agli effetti della pensione, previa la ritenuta prescritta dal regolamento». 91 «In tutti gli anni di corso almeno la metà dell’orario dovrà essere assegnata al disegno ed alla modellazione. L’aritmetica, la computisteria, la geometria ed i principii di meccanica insegneranno nel primo anno, negli altri due gli allievi si occuperanno principalmente della meccanica e della tecnologia» (Art. 4). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 187 22/12/22 13:34 188 Figura n. 26 - Sezioni della Scuola di Arti e Mestieri di Livorno (1886) Il corso per le attività decorative ebbe vita breve a causa della scarsità degli iscritti. Mentre quello per le industrie meccaniche andò gradualmente sviluppandosi tanto che nel 1908 si dovrà provvedere ad un ampliamento dei locali. Intanto nell’anno scolastico 1890-91 erano stati attivati tre corsi serali: per macchinisti navali, per conduttori di caldaie a vapore e per elettricisti. Nel 1920 la Scuola di Arti e Mestieri viene riordinata come R. Scuola Industriale di 2° grado per meccanici elettricisti. Il corso per macchinisti navali, invece, cessa nel 1921: i nuovi programmi didattici adottati dagli Istituti nautici erano diventati troppo impegnativi per poterli esaurire nelle poche ore serali in cui si articolava il corso. Nel 1923-24 una riforma aboliva la sezione industriale degli Istituti Tecnici ed allora quella sezione del locale Istituto Tecnico fu annessa alla Scuola industriale. Questo nuovo evento determinò una nuova trasformazione istituzionale, la Scuola diventa un R. Istituto industriale e un nuovo ordinamento, il percorso per meccanici- elettricisti diventa quinquennale.92 Il Comune di PISA nel 1871 fondava una scuola tecnico-industriale per istruire gli operai “all’esercizio delle manifatture, delle arti decorative e delle operazioni industriali”93. La scuola, dopo varie modificazioni, fu, nel 1885-86, divisa in due istituti: la Scuola Tecnica, sovvenzionata dallo Stato e la Scuola industriale, sostenuta dal Comune. 92 Ministero dell’Educazione Nazionale, L’istruzione industriale in Italia, op.cit., pp. 150-151. 93 Delibera Consiglio Comune di Pisa del 5 settembre 1871, riportata in Ministero dell’Educazione Nazionale, L’istruzione industriale in Italia, op.cit., p. 200. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 188 22/12/22 13:34 189 L’una e l’altra avevano in comune la sede: nei locali dell’antica Accademia delle Belle Arti. La Scuola Industriale viene riordinata, nel 188794, con l’assenso e la partecipazione economica (Tabella 27) di Comune, Provincia e Camera di Commercio. 95 La Scuola industriale non solo è riordinata ma anche “ampliata per impartire i necessari insegnamenti tecnici ed artistici ai giovani che desiderano prepararsi all’esercizio delle arti e delle industrie decorative e meccaniche ed agli operai che già le esercitano”. La scuola si articola in sezioni: costruzioni, decorazione, fabbricazione dei mobili, arti ceramica, vetraria, tintoria ed “altre industrie locali”. Ogni sezione prevede una classe diurna, preparatoria per i giovani (10-18 anni) e una serale e domenicale per quanti già lavoravano. Per gli uni e per gli altri “indistintamente l’ammissione ha luogo previo un esame, nel quale dimostrino di saper leggere e scrivere correntemente ed eseguire con facilità ed esattezza le prime quattro operazioni dell’aritmetica coi numeri intieri”. Il corso degli studi per le arti decorative sarà di 4 anni, quello delle altre sezioni di 3 anni. Tabella n. 27. -Soggetti finanziatori ed entità delle sovvenzioni della Scuola industriale di Pisa Tipologia di spese MAIC Provincia Comune Camera di commercio Tot. Prima 6.000 800 2.000 - 8.800 Mantenimento 10.000 2.000 6.000 2.000 20.000 Dopo varie trasformazioni nel 1908 la scuola fu nuovamente riordinata96 e nel 1915 passa sotto il Ministero dell’Educazione Nazionale e viene classificata come “Regia Scuola Industriale di II grado”.97 Nel 1924 diventa “Regia Scuola di Tirocinio” e nel 1926 “Regio Istituto Tecnico Industriale” ed assunse la struttura che mantiene tuttora. A Pontedera, in provincia di Pisa, un R.D. del 26 luglio 1887 aveva istituito una Scuola d’arti e mestieri, “per impartire l’istruzione tecnica e artistica ai giovani (che avessero compiuto almeno 12 anni e con il certificato di scuola elementare) che intendono applicarsi alle arti e industrie meccaniche, fabbrili, tintorie, muratorie, decorative e all’intaglio in legno”. Il percorso didattico prevedeva un corso preparatorio di un anno e tre per ciascuna delle 5 sezioni al termine dei quali si conseguiva la licenza (l’attestato dichiarava che l’alunno aveva frequentato “con profitto” o con “molto profitto”). I giovani, poi, potevano seguire per uno o due anni “gli insegna- 94 R.D. n. 2735 del 30 ottobre 1887, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 270 del 28 novembre 1887. 95 Con deliberazioni del Consiglio comunale, del Consiglio provinciale e della Camera di Commercio ed arti di Pisa, in data, rispettivamente, del 23 giugno, 1 ottobre e 17 aprile 1886. Vedi “visti” del Decreto istitutivo. 96 R.D. n. 113 (parte supplementare) del 19 gennaio 1908. 97 R.D. n. 503 del 28 marzo 1915. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 189 22/12/22 13:34 190 menti professionali della sezione prescelta, a scopo di perfezionamento”. Alla Scuola era annesso un corso per conduttori di caldaie a vapore.98 Un Decreto ministeriale dell’11 maggio 1882 istituiva in Arezzo una Scuola di arti e mestieri per “migliorare le arti industriali, fornendo la istruzione essenzialmente pratica a coloro ai quali si dedicano ai lavori in legno, in ferro, in pietra, in muratura e a tutti gli altri lavori che a tali arti si riferiscono”. C’erano due sezioni: una serale (2 ore o 2,30 a seconda delle stagioni) e una domenicale (4 ore). In quest’ultima si insegnava disegno “a quegli operai che non abitano in città o che non possono intervenire alle lezioni serali”. Oltre al Ministero, che contribuiva annualmente al funzionamento della scuola con 1.200 lire, si impegnarono finanziariamente in questa iniziativa il Comune, la Camera di Commercio, la Fraternità dei laici e la Società di mutuo soccorso. Più tardi interverranno anche la Provincia e la Società operaia. Tutti questi soggetti componevano anche il Consiglio direttivo. Alla scuola erano annessi due laboratori (uno per falegnami-ebanisti e l’altro per scalpellini) e un’officina per fabbri-meccanici. Gli alunni iscritti (dai 12 anni in su e che erano stati promossi dalla quarta alla quinta elementare) ammontavano circa ad un centinai.99 Nel 1899 la scuola verrà riordinata con un Regio Decreto100. Nel 1884 a Pistoia nasce una Scuola d’arti e mestieri grazie alla generosità di Tommaso Conversini101 e Niccolò Puccini102 rispettivamente nipote e zio. Erano en- 98 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op. cit., pp. 283-284. 99 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, Roma, Tipografia Nazionale di G. Bertero e C., 1907, pp 135-138. 100 R.D. n. CCLXXIX, parte supplementare del 1 agosto 1899. 101 Conversini Tommaso (1811-1879). Figlio di un patrizio pistoiese. Dottore in scienze fisiche e matematiche e grande appassionato di astronomia. Nel 1834 con il fratello Teofilo ereditò il patrimonio paterno, condividendo la comune amministrazione. Nel 1839 i due si divisero il patrimonio e Tommaso divenne proprietario di un consistente capitale e di estesi poderi nei comuni della provincia pistoiese e di numerosi fabbricati in città. Fu un abile amministratore del suo patrimonio che, al momento della morte, aveva raggiunto e superato il milione di lire. Tommaso si dette anche all’attività politica ricoprendo la carica di Gonfaloniere della Comunità di Serravalle Pistoiese dove erano situati molti suoi possedimenti. 102 Puccini Niccolò (1799-1952). Dal padre Giuseppe derivò fin dall’adolescenza l’amore per l’arte e per il collezionismo, che coltiverà per tutta la vita. A partire dal 1821 intraprese vari viaggi in Italia, in Francia e in Inghilterra, seguendo con interesse i Moti insurrezionali sia in Piemonte che nel Regno delle Due Sicilie e facendosi notare per le sue idee liberali. Abitava alla periferia della città, nella lussuosa Villa di Scornio (detta allora come adesso “Villone Puccini”), che fece abbellire con un grande giardino di piante secolari e con un laghetto e relativa isoletta al centro. Dagli Anni Venti dell’Ottocento fino alla sua morte, Puccini fece sì che la villa diventasse il fulcro della vita culturale e politica pistoiese. Da lì tesseva la sua rete di rapporti con i maggiori personaggi dell’epoca, fra i quali Massimo d’Azeglio, Gino Capponi, Vincenzo Gioberti, Niccolò Tommaseo, Pietro Giordani, Enrico Mayer, Giacomo Leopardi. Forse per una dolorosa esperienza personale presso il Seminario Vescovile, Puccini ebbe anche un fortissimo interesse per l’educazione dei fanciulli. Per oltre dieci anni progettò, realizzandola infine nel 1838 in mezzo al giardino della sua villa, una Scuola di Mutuo Insegnamento, per trenta bambini e trenta bambine, che doveva seguire i modelli inglesi teorizzati da Andrew Bell e Joseph Lancaster. Il 13 febbraio 1852, rimasto seriamente ferito nel ribaltamento della sua carrozza, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 190 22/12/22 13:34 191 trambi possidenti e nobili della città toscana e avevano lasciato il loro cospicuo patrimonio a favore degli orfani poveri con due istituzioni: la Pia Casa di Lavoro e il Conservatorio degli Orfani. Le due strutture nel 1907 saranno riunificate negli Istituti Raggruppati. L’attività formativa della Pia casa di lavoro Conversini si articolava in due sezioni: agraria e industriale. La prima era ospitata nella villa suburbana di Montesecco e doveva istruire i giovani a diventare buoni agricoltori e la seconda, ospitata nel palazzo di famiglia, al centro della città, doveva formare operai specializzati nella lavorazione dei metalli. Gli esecutori testamentari, nel rispetto delle volontà del Conversini, diedero vita ad un Istituto, governato da sette amministratori nominati dal Comune di Pistoia, che doveva accogliere ragazzi poveri, di età compresa tra i sette e i diciotto anni, con almeno un genitore vivente, preferibilmente il padre.103 L’istituto accolse i primi alunni nel 1889. La sezione agraria chiuse nel 1903. Molto più longeve le attività della seconda, Nel 1896, un Regio Decreto104 erige un ente morale la Scuola serale e domenicale di arti e mestieri e ne approva lo Statuto organico. L’art. 1 dello statuto definisce lo scopo della scuola: «[...] fornire agli operai l’istruzione tecnica e artistica necessaria all’esercizio delle arti meccaniche, murarie e decorative». Il percorso formativo durava 5 anni: i primi due costituiscono il corso preparatorio, comune a tutti gli alunni; gli ultimi tre costituiscono il corso normale, che si articola in quattro non sopravvisse all’incidente e si spense nella Villa di Scornio, all’età di 53 anni. Nominò erede universale l’orfanatrofio. 103 «Ma, domando io, devono essere soltanto sussidiati gli Orfani? Quanti Padri o, in loro mancanza, quante Madri di famiglia, per incuria o per non poter sopperire alle spese occorrenti, non procurano a’ loro piccoli figli quella educazione conveniente che a quest’ ultimi competerebbe! E frattanto questi si riducono girovaghi e più specialmente per le vie della città: vedono il malo esempio e lo seguono. Così, crescendo, si trovano involti nell’ ozio per abitudine; non si piegano che di male voglia al lavoro; diventano cattivi anzi pessimi operai; trascurano il lavoro e lo abbandonano in fine per modo che non è a maravigliare, se talvolta l’ozio li trascina anche al delitto. È necessario adunque, anche pe’ figli del povero che hanno viventi ambi od uno almeno de’ genitori, una Casa di Lavoro la quale li accolga, com’è stato istituito per gli Orfani, con braccia paterne onde anch’essi siano educati. La saggia educazione ne’ Giovani spingerà sempre le Nazioni al vero progresso. Perciò, esposto quanto sopra, io […] voglio istituire siccome istituisco una nuova Fondazione da erigersi in Corpo Morale avente lo scopo d’apprestare ai Giovani miserabili domiciliati nella città e nelle cortine suburbane di Pistoia, purchè non siano orfani assoluti (privi di ambi genitori), quell’ insegnamento intellettuale morale ed industriale reclamato dall’esigenze dei tempi; talchè l’effetto sia che i Giovani, tenuti in quest’Istituto dai sette ai diciotto anni compiti, siano in grado di essere utili agli altri ed a se medesimi». Vedi Corsini T., Testamento, in www.istitutiraggruppati.eu. 104 R.D. del 27 dicembre 1896, n. CCCCLIII, parte supplementare. Niccolò Puccini CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 191 22/12/22 13:34 192 sezioni: 1 per fabbri, meccanici e carrozzieri; 2 per falegnami e intagliatori; 3 per muratori; 4 per decoratori. Sono annessi alla Scuola piccoli laboratori di tornitore e aggiustatore meccanico, di falegname e di modellista. Per potersi iscrivere occorre aver compiuto 12 anni di età e il certificato di licenza elementare. L’anno scolastico comincia il 16 ottobre e termina il 10 luglio. Le lezioni e le esercitazioni pratiche di laboratorio durano 2 ore ed hanno luogo tutti i giorni feriali dal 16 ottobre al 10 luglio. Al termine del percorso viene rilasciato un certificato di licenza per la sezione seguita, con le classificazioni riportate nello scrutinio finale dell’ultimo anno. “Gli alunni di questa Scuola sono tutti operai già occupati, i quali, ottenuta la licenza della Scuola, continuano a esercitare la loro professione, migliorando assai le loro condizioni”. Il governo della Scuola era affidato ad un Consiglio direttivo i cui componenti venivano nominati, uno per ciascuno, dal MAIC, dalla Provincia, dal Comune, dalla Camera di Commercio, dalla Cassa di risparmio e dalla Società “Utile e diletto”. Quest’ultima era formata da artigiani, orticoltori e imprenditori che avevano dato via all’Unione Liberale, una sorta di partito della città “caratterizzato dall’impegno nella promozione del progresso industriale e della formazione professionale”105. I soggetti rappresentati nel Consiglio direttivo sono quelli che concorrono al mantenimento annuo della scuola: il MAIC con 4.000 lire, la Provincia con 400, il Comune e la Cassa di Risparmio con 1.000, la Camera di Commercio con 600, e la Società “Utile e diletto” con 250 lire.106 Nel 1907 la scuola viene riordinata e diventa Regia scuola industriale.107 La scuola dall’anno scolastico 2016-2017 è stata incorporata con l’Istituto Agrario Barone De Franceschi di Pistoia ed ha preso il nome di “Istituto Professionale De Franceschi-Pacinotti”108. f. Le Scuole Industriali nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Meridione e nell’Italia insulare La prima scuola in ordine cronologico è quella di Potenza. Istituita con Regio Decreto del 22 gennaio 1880109 apre i battenti il 1° dicembre di quell’anno nel fabbricato del sig. Scafarelli.110 La Camera di Commercio, il Comune e la Provincia del capoluogo lucano, l’anno precedente, avevano prima richiesto il contributo statale per l’apertura di una Scuola di Arti e Mestieri e poi deliberato il loro assenso al progetto 105 Cristofani L., L’incanto malefico dell’esposizione pistoiese, in www.linealibera.info. 106 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, Roma, Tipografia Nazionale di G. Bertero e C., 1907, pp. 135-138. 107 R.D. n. 333 del 30 giugno 1907 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, n. 206 del 30 agosto 1907. 108 IPSIA De Franceschi-Pacinotti, in www.gm-edu.it. 109 R.D. n. 5265 (serie 2) del 22 gennaio 1880, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 46 del 24 febbraio 1880. 110 Ministero dell’Educazione Nazionale - Direzione Generale per l’Istruzione Tecnica, L’istruzione industriale in Italia, Roma, L’Universale Tipografia poliglotta, 1930, p. 416. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 192 22/12/22 13:34 193 proposto dal Ministero e il loro coinvolgimento finanziario.111 La scuola prepara ad una pluralità di mestieri: falegname, intagliatore, fabbro-ferraio, muratore, pittore decoratore, sarto, calzolaio, marmista, scarpellino, ramaio, ebanista. Altri insegnamenti si potevano aggiungere se il territorio richiedeva altri mestieri. Diceva, infatti, l’art. 1 della legge istitutiva: «Agli insegnamenti richiesti per questi mestieri altri se ne potranno aggiungere quando le condizioni dello industrie locali lo consiglino». I corsi erano triennali, in due turni di insegnamento: uno diurno (4 ore al giorno) e uno serale-festivo (2 ore nei giorni feriali e 3 in quelli festivi). Per l’ammissione alla classe diurna era richiesta l’età di dodici anni compiuti; deroghe potevano essere autorizzate dal Consiglio direttivo, senza, però, scendere sotto i dieci anni. Inoltre, i candidati dovevano dimostrare di essere apprendisti nel mestiere oggetto di insegnamento e presentare un certificato di aver frequentato con esito positivo la quarta elementare; in alternativa doveva sostenere un esame sulle materie della quarta. Per l’ammissione alla classe serale occorreva aver compiuto 14 anni di età, essere apprendisti nel mestiere, aver sostenuto l’esame dell’ottava classe elementare, o sostenere un esame “d’ammissione di saper leggere e scrivere correntemente, e di conoscere ed eseguire con facilità ed esattezza le prime quattro operazioni dell’aritmetica coi numeri interi. Gli insegnamenti riguardavano: Disegno, Plastica, Intaglio in legno (che occupavano la metà dell’orario giornaliero), Elementi di fisica o meccanica, Lingua italiana e Elementi di storia patria e geografia, Aritmetica, Matematiche elementari e computisteria. Per quanto riguardava il Disegno e la Plastica si teneva conto dei mestieri a cui gli allievi erano indirizzati. Nei corsi serali e domenicali e in quelli per muratori non si insegnava l’intaglio; in quelli per fabbro ferraio non erano obbligatori gli insegnamenti della plastica e dell’intaglio. L’anno scolastico comincia alla metà del mese di ottobre e termina alla fine di luglio; nella prima quindicina di agosto hanno luogo gli esami: per il primo e secondo anno quelli di “promozione” per il terzo quello di “licenza”. “A coloro che l’avranno subito con buon esito sarà rilasciato un certificato, in cui sia dichiarato aver essi frequentata con pro/itto, o se ne è il caso, con molto profitto”. Alla spesa di funzionamento annuale della Scuola concorrono lo Stato (con 4.000 lire) la Provincia (con 2.000 lire) il Comune (con 1.000) e la Camera di Commercio di Potenza (3.000). Il Comune di Potenza provvede a fornire i locali della Scuola ed il materiale non scientifico; mentre quello scientifico, fino alla somma di lire 2.000, è a carico del Governo.112 La Scuola fu intitolata a Antonio Busciolano (1823-1871), uno scultore potentino di un certo rilievo. 111 La Camera di Commercio in data 24 febbraio 1879, il Consiglio comunale di Potenza in data 30 marzo 1879 e il Consiglio provinciale di Basilicata in data 4 ottobre 1870. (Vedi i Visti del Decreto istitutivo). 112 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia …, op. cit., p. 416. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 193 22/12/22 13:34 194 Nel centro di Catania c’è un palazzo, chiamato il Collegio dei Gesuiti, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. È stato edificato in stile barocco siciliano durante il processo di ricostruzione della città dopo il terremoto del 1693. Attualmente è chiuso al pubblico, in attesa di restauro. È stato un convitto nobiliare tenuto dai Padri della Compagnia di Gesù, diventato, dopo la soppressione della Compagnia113, Casa di educazione della bassa gente, cioè scuola per i figli del popolo, dove, prevalentemente si imparava un mestiere. Per Decreto di Ferdinando II del 7 agosto 1834 la Casa diventa Regio ospizio di beneficienza, e, aumentando il numero degli allievi da 40 a 300, vede incrementate le sue rendite da parte della Provincia di Catania e di Noto. I suoi allievi sono ammessi dall’età minima di 7 e massima di 12 e rimangono in Istituto fino a quando sono in grado di poter provvedere al proprio sostentamento, ma non oltre i 20 anni.114 Erano chiamati dai catanesi “surtadeddi”, perché vestivano una divisa ed erano organizzati secondo una disciplina militaresca115. Nel 1880 il MAIC propone il riordinamento delle attività formativo-professionali del Regio Ospizio in Scuola professionale di arti e mestieri. I soggetti che sostenevano l’opera, Comune Provincia e Camera di Commercio di Catania e il Consiglio direttivo del Regio Ospizio, rispondono positivamente116. In data 23 agosto 1881 viene approvato il Decreto117 che istituisce “una Scuola professionale di arti e mestieri, la quale ha per iscopo d’istruire nella teorica e nella pratica coloro che intendono applicarsi alle arti fabbrili in legno, in metalli ed all’arte muraria”. La Scuola è se- 113 Nel Regno delle Due Sicilie la Compagnia venne soppressa nel 1767, prima del breve apostolico di Clemente XIV Dominus ac Redemptor del 1773. 114 Barbaro N., Relazione sul Regio Ospizio di Beneficenza, Catania 1930, in https://tuttosu.virgilio. it. 115 I convittori sono inquadrati in compagnie, plotoni e squadre. Alle compagnie sono assegnati 2 sergenti, 1 per plotone, e 2, o più, capisquadra, 1 per squadra, scelti fra gli alunni migliori per condotta, per amore allo studio e al lavoro e per maggior profitto nelle scuole e nelle officine, e che hanno sufficiente autorevolezza. A questi graduati è affidato l’incarico di coadiuvare gli assistenti nella vigilanza in camerata, in cortile durante le ricreazioni, a scuola, quando non sono presenti gli insegnanti, in officina, in Chiesa, ai bagni, dovunque. Gli alunni del “Convitto” «si distinguono per profitto e condotta in Classi morali: Classe di esperimento, Classe comune, Classe di punizione, Classe di distinzione e Comitato d’onore». 116 Rispettivamente con deliberazioni del 9 febbraio, 24 gennaio 1881, 23 ottobre 1880 e 27 marzo 1881. Vedi Visti del Decreto istitutivo. 117 R.D. n. 288 (Serie 3 parte supplementare) del 23 agosto 1881 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 222 del 23 settembre 1881. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 194 22/12/22 13:34 195 rale e diurna: serale per l’insegnamento teorico,118 diurna per il lavoro delle officine (di ebanisteria, di lavorazione del ferro e di taglio delle pietre). Il corso si compie in un triennio. Sono ammessi quanti abbiano compiuto la quarta classe elementare con un’età non inferiore a 12 anni. Al termine dell’ultimo anno di corso gli alunni sono sottoposti ad un esame teorico-pratico, superato il quale riceveranno “un certificato d’idoneità relativo all’esercizio dell’arte in cui si sono istruiti.” Il Regio Ospizio di beneficenza concorre apprestando gratuitamente i “casamenti necessari alla conveniente istituzione della Scuola e delle officine”. Resta escluso il Regio Ospizio dalle spese che occorrono per la sistemazione dei casamenti (12.000 lire) alla quale provvede il MAIC con 4.000 lire e, per la somma restante, Comune, Provincia e Camera di Commercio, in parti uguali. Al funzionamento annuo concorrono il Ministero con 4.800 lire e gli altre tre soggetti locali con 240 lire ciascuno. Nel ‘700 ad Agrigento (allora denominata Girgenti), il Vescovo della città, della famiglia nobile dei Gioeni e che ricoprì la carica episcopale dal 1730 al 1754, aveva fondato lo stabilimento delle Opere Pie, comprendente la Casa degli Esercizi Spirituali (o Collegio degli Oblati dei dimenticati), per ospitare 72 ragazzi orfani fino all’età di 20 anni, ai quali dare un’istruzione elementare, musicale ed artigiana.119 Nel 1860 viene approvato lo statuto organico dell’Istituto e nel 1884 viene istituita nei suoi locali120 una Scuola d’arte e mestieri121, che porta il nome del fondatore e che “ha per fine di fornire insegnamenti teorici e pratici, con applicazione alle arti fabbrili e murarie”. La Scuola è diurna (insegnamenti scientifici122e officina) e serale (insegnamento del disegno) e dura tre anni (“salva la facoltá al Consiglio d’amministrazione d’istituire corsi preparatorii quando ne riconosca la convenienza”). Alla Scuola è annesso un Convitto, con posti gratuiti (riservati a giovani designati dalla 118 Art. 4 «Nella Scuola si insegna 1 Aritmetica, geometria piana e solida, principii d’algebra o di geometria descrittiva; 2 Disegno geometrico architettonico, disegno di geometria descrittiva con applicazione alle ombre, prospettiva, carpenteria e stereotomia; 3 Disegno di ornamenti e di figura modellazione; 4 Fisica e chimica tecnica con applicazioni; 5 Mecanica, pratica e disegno di macchine con applicazioni». 119 Collegio degli oblati (Istituto Gioeni) - Agrigento in www.sicilia in rete. 120 Art. 11: «I locali dell’Istituto Gioeni, meno quelli indispensabili all’Amministrazione dello stesso e dell’annesso Monte Agrario, non che pel ricovero dei vecchi inabili, restano esclusivamente addetti all’uso della nuova Scuola Convitto». I monti frumentari o agrari, vennero istituiti alla fine del XV secolo allo scopo di distribuire ai contadini poveri, con l’obbligo di restituzione, il grano e l’orzo di cui avevano bisogno per la semina. Si rivolgevano in particolare a coloro che vivevano in condizioni di pura sussistenza quando, per il bisogno, erano costretti a mangiare anche quanto doveva essere riservato alla semina, oppure erano costretti a rivolgersi agli usurai. 121 R.D. n. 1727 del 24 febbraio 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 76 del 29 marzo 1884. 122 «Art. 2 Le materie d’insegnamento che si daranno nella Scuola sono: 1. La lingua italiana e l’aritmetica; 2. La geometria ed i principii di algebra; 3. Gli elementi di fisica e di chimica; 4. Gli elementi di meccanica e di costruzione; 5. La tecnologia del legno e del ferro; 6. Il disegno geometrico, architettonico, ornamentale, applicato alle arti che formano materia d’insegnamento; 7. La modellazione ». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 195 22/12/22 13:34 196 Amministrazione Gioeni, o dalla Camera di commercio, in proporzione al loro concorso finanziario) e a pagamento. Alle spese di mantenimento della Scuola concorrono: Il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, con lire 9.000 annue; la Camera di commercio, con lire 6.000 annue. L’Istituto Gioeni devolve alla Scuola e al Convitto tutte le rendite “detratti i pesi afficienti i legati obbligatori di culto, nonché le spese di personale amministrativo”. Come abbiamo visto nel IV volume,123 dopo la rivoluzione siciliana del 1848- 49, la città di Messina, devastata dalle bombe, riprese a vivere, in breve tempo, grazie all’aiuto dei vari enti che vennero in suo soccorso. In tale clima di operosità, il Circolo dei Commercianti, che contava un gran numero di soci, si rese promotore, nel 1877, della istituzione di una Scuola che fu denominata di “Arti ed industrie” (con deliberazione del 18 febbraio) e che il 6 maggio di quell’anno prese a funzionare in locali provvisori dell’ex Convento S. Andrea. Nel 1884124 la sezione arti di questa scuola viene “istituita in Scuola d’arti e mestieri, destinata a fornire insegnamenti elementari di scienza ed arte, con applicazione ai mestieri ed alle industrie fabbrili, muratorie ed ornamentali”. Si erano impegnate per il suo sostentamento annuo: la Provincia (con 3.000 lire), il Comune (3.000),125 la Camera di Commercio (3.000), il MAIC (6.000). “Al casamento, al materiale non scientifico, al gas, quale materia illuminante a combustibile, ed all’acqua provvede il municipio di Messina.” La Scuola ha due corsi della durata di tre anni: un corso diurno (ragazzi con almeno 12 anni e che possiedano “cognizioni richieste dal programma della 4a classe elementare) ed uno serale (ragazzi con almeno 15 anni, in grado di “saper leggere e scrivere correttamente e di conoscere le quattro prime operazioni dell’aritmetica coi numeri interi).126 Con Regio Decreto del giugno 1885 sorge a San Giovanni a Teduccio una Scuola serale di Disegno Industriale e di elementi di Meccanica. San Giovanni a Teduccio, ora periferia di Napoli, all’epoca era un grosso centro, già costituito in comune autonomo nel 1813, sito sull’asse viario Napoli - Portici (che rappresenta il tratto iniziale dell’antica via delle Calabrie). La scelta di questa tipologia di scuola professionale era stata determinata dalla presenza sul territorio di San Giovanni dell’opificio di Pietrarsa, cioè del primo stabilimento dell’industria ferroviaria in Ita- 123 Volume IV, Capitolo II, par. 4.3. 124 R.D. n. 2413 del 30 maggio 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 155 del 30 maggio 1884. 125 Con deliberazioni del Consiglio provinciale e del Consiglio comunale di Messina, in data rispettivamente del 17 dicembre 1878, 24 novembre 1879 e 4 aprile 1882 (vedi visti del Decreto istitutivo). 126 «Art. 4. Sono forniti nella Scuola d’arti e mestieri, insegnamenti elementari di algebra, geometria piana e solida, geometria descrittiva, di fisica, di chimica, di meccanica, di tecnologia, di costruzioni civili e rurali, di contabilità, di disegno e di modellazioni con riferimento speciale alle arti ed ai mestieri indicati all’art. 1. Vi sono impartiti altresì insegnamenti di lingua italiana, aritmetica, calligrafia, storia e geografia. Vi sono date inoltre conferenze sui diritti e doveri dei cittadini e sull’igiene, nell’intento di rafforzare la coltura generale degli allievi». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 196 22/12/22 13:34 197 lia.127 La scuola nasce per l’interessamento e su sollecitazione di Luigi Petriccione, imprenditore nel settore del grano e della pasta industriale e politico128 e a lui verrà intitolata nel 1922. Alle spese annuali, stimate in lire 8.000 (di cui almeno 5.000 per il personale insegnante e 1.500 per il materiale scientifico), concorrono il MAIC (3.200), La Provincia (2.000) e il Comune (1.600). I corsi avevano durata biennale e gli insegnamenti impartiti riguardavano: a) Lingua italiana e calligrafia; b) Aritmetica e contabilità; c) Disegno industriale; d) Meccanica, tecnologia e disegno di macchine. All’inizio la Scuola fu sistemata in alcuni locali del Convento di S. Maria del Soccorso annesso alla Chiesa di origine cinquecentesca. Le prime officine, assai modeste per la verità, sorsero comunque solo nel 1888, e, talora, le esercitazioni si tennero nelle vicine aziende. Dal 1962 è diventato un Istituto Professionale di Stato, dopo essere stata riordinata in Regia Scuola Operaia per Arti e Mestieri (1917), in Regia Scuola di Avviamento al Lavoro con laboratori-scuola per fabbri, aggiustatori e tornitori meccanici e per elettricisti (1924) e in Scuola Tecnica Biennale per meccanici (1933).129 L’Alessandro Volta l’attuale istituto tecnico industriale di Napoli trae le sue lontane origini da una Scuola di arti e mestieri istituita nel 1856, interrotta e ripresa da una Scuola tecnica municipale istituita nel 1864.130 Nel 1885 una delibera del Comune della città campana131 accetta la proposta del MAIC di un suo riordinamento e così, con una legge del 1886, diventa Regia Scuola industriale Alessandro Volta.132 L’art. 1 ne fissa queste finalità: «[...] a) formare abili operai e capi officine delle industrie, meccaniche, chimiche e tessili, mercé l’insegnamento teorico-pratico della fisica, della chimica e della meccanica. b) di agevolare l’incremento della produzione nella città di Napoli, sia perfezionando i metodi delle industrie esistenti, sia promuovendo nuove sorgenti di lavoro industriale». Gli insegnamenti impartiti: lingua italiana, storia e geografia, aritmetica e computisteria, algebra, geometria cinematica e meccanica applicata, fisica generale ed applicata, chimica generale ed applicata, arte tessile, disegno geometrico ed orna- 127 Le Officine di Pietrarsa sono state la prima fabbrica italiana di locomotive, rotaie e materiale rotabile. Nacquero nel 1840 come Reale Opificio Borbonico di Pietrarsa. Dal 7 ottobre 1989 le officine, dismesse alla fine del 1975, sono divenute sede del Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa. 128 Luigi Petriccione (1839-1919). Industriale nel settore del grano e della pasta alimentare, è stato padrone e direttore di un mulino e di un pastificio, ha rivestito importanti cariche amministrative e pubbliche. È stato deputato per tre legislature (dal maggio del 1880 all’ottobre del 1890). Per quasi trent’anni è stato presidente della Camera di Commercio di Napoli. 129 Museo scientifico della tecnologia e del lavoro “Luigi Petriccione” in www.beniculturali.it/ unibac. Negli Anni Settanta sono sorti i corsi post qualifica per Tecnici delle Industrie Chimiche, Meccaniche, Elettriche ed Elettroniche; negli Anni Ottanta ancora sono sorti i corsi di Operatore Chimico Biologico e Tecnico di Laboratorio Biologico. Dall’anno scolastico 2008/2009 è stato istituito un nuovo corso di studi: “Moda e Abbigliamento”. 130 La nostra scuola, in itasvoltanapoli.gov.it. 131 Delibera del Consiglio Comunale di Napoli del 28 dicembre 1885. 132 R.D. n. 2016 del 28 gennaio 1886 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 47 del 26 febbraio 1886. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 197 22/12/22 13:34 198 mentale applicato alle industrie. Essa avrà un corso speciale di economia industriale. Per esigenze didattiche (lezioni, esercitazioni pratiche…) ma anche per soddisfare “ricerche richieste dai privati industriali” la Scuola è fornita di: un laboratorio di chimica con una collezione di preparati ed apparecchi chimici; un gabinetto di fisica; un laboratorio “con collezioni di modelli ed apparati relativi alla meccanica ed alla tecnologia; di un archivio di disegni e di una biblioteca. Il corso della Scuola è diurno e dura tre anni. Possono accedervi solo coloro che hanno terminato le elementari. Un ulteriore corso complementare di un anno serve al tirocinio pratico per coloro che aspirano a diventare capi officine. Per accedervi occorre aver frequentato le prime due classi elementari. Per il riordinamento il MAIC concorre con una spesa di 15.000 lire (in precedenza ne versava 10.000 come sussidio alla Scuola tecnica). Alle spese di mantenimento (50.000 lire) provvedono, in parti uguali il MAIC e il Municipio di Napoli. Entrate aggiuntive da parte di eventuali “Corpi locali” saranno impiegate nell’acquisto di nuove macchine e di nuovi apparecchi. La scuola verrà riordinata dal MAIC nel 1906.133 Nel 1915 viene parificata alle scuole di 3° grado ed assume il nome di Reale Istituto Industriale. Nel 1948 passerà alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione.134 Nel 1880 sorgeva ad Aquila una Scuola serale d’arti e mestieri per: a) falegnami ed intagliatori; b) muratori e scalpellini; c) pittori e doratori. Il percorso formativo durava quattro anni, tre in aula (i primi due comuni a tutte le professioni, il terzo specifico per ciascuna di esse) e il quarto nelle officine e nei laboratori degli artigiani del territorio. Le lezioni duravano due ore tutti i giorni feriali. Gli allievi (ammessi solo dai dodici anni in su) non pagavano tasse. Il governo della scuola era affidato ad un Consiglio direttivo, composta da rappresentanti di tutti i soggetti che contribuivano finanziariamente al funzionamento della scuola: il MAIC,135 la Provincia, il Comune e la Camera di Commercio.136 133 R.D. n. CLII (parte supplementare) del 19 aprile 1906 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 104 dell’8 giugno 1906. 134 La nostra scuola, in Itisvoltanapoli.gov.it. 135 DD. MM. 18 marzo 1880 e 22 dicembre 1897. 136 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, Roma, Tipografia Nazionale di G. Bertero e C., 1907, pp. 132-134. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 198 22/12/22 13:34 199 Figura n. 27- Percorso formativo nella Scuola d’arti e mestieri di Aquila La frequenza era del tutto gratuita. Nel 1896 verrà riordinata secondo la circolare Cairoli137 e agli inizi del ‘900 gli alunni arriveranno alle 75-80 unità. La monumentale sede che oggi ospita il Liceo artistico di Aversa138un tempo monastero benedettino, diventa nel 1807 un educandato di fanciulle provenienti da famiglie nobili. Trasferito il collegio femminile a Napoli, nel 1818 diventa l’Orfanatrofio Militare di S. Lorenzo. In un primo tempo, agli orfani e trovatelli (circa 450) della Provincia di Terra di Lavoro,139 veniva insegnato solo a leggere e scrivere e l’uso di qualche strumento musicale. Dato che con queste basi i ragazzi potevano essere assunti, come soldati, solo nelle bande militari dell’esercito, si provvide ad allargare le loro prospettive occupazionali, una volta dimessi dall’orfanatrofio, con l’introduzione di alcuni arti e mestieri: tessitura, falegnameria, calzoleria e barbieria. Questo ordinamento verrà mantenuto fino al 1874. Allora l’Istituto prenderà il nome di Istituto artistico Meccanico di S. Lorenzo e verranno specificate le sue missioni formative: un insegnamento culturale, che coincideva con il percorso della scuola elementare e un insegnamento pratico, che mirava alla professionalizzazione nelle arti del falegname, tornitore, intagliatore, fabbro ferraio, sarto, tipografo e calzolaio. 140 Nel 1880 la scuola passa sotto la vigilanza del MAIC, che dà vita nell’istituto 137 R.D. 15 marzo 1896, n. LXXXVI, parte supplementare. 138 Allora in provincia di Napoli, ora di Caserta. 139 All’indomani dell’Unità d’Italia la provincia di Terra di Lavoro era una delle più vaste d’Italia comprendeva l’intero territorio dell’attuale provincia di Caserta, la parte meridionale dell’attuale provincia di Latina (il circondario di Gaeta), parte dell’attuale provincia di Frosinone (il circondario di Sora), tutta la parte dell’agro nolano ricompresa nell’attuale città metropolitana di Napoli e ancora una parte delle attuali province di Benevento, Avellino e Isernia. 140 Ministero dell’Educazione Nazionale - Direzione generale per l’istruzione tecnica, L’istruzione industriale in Italia, Roma, op. cit. pp. 588-593. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 199 22/12/22 13:34 200 ad una Scuola di arti e mestieri. Per potersi iscrivere i convittori dell’Istituto artistico di S. Lorenzo dovevano aver compiuto le quattro classi elementari. In un primo tempo le lezioni erano serali e poi diventarono sia diurne che serali. L’intero percorso durava tre anni e si potevano apprendere le competenze professionali per poter fare il fabbro-ferraio, il legnaiuolo, l’intagliatore, il tornitore, il doratore, il tipografo, il sarto e il calzolaio. La sorveglianza amministrativa era affidata al Consiglio direttivo dell’Istituto, i cui componenti erano nominati dalla Provincia che, insieme al MAIC, sosteneva la scuola finanziariamente.141 g. La Regia Scuola Superiore di Genova Abbiamo segnalato nel I volume (Cap. II, par. 3.2.1.a) la nascita, nel 1870, della Regia Scuola Superiore di Genova, che proponeva due percorsi formativi: il primo si concludeva con un Diploma di ingegnere di costruzioni navali, il secondo con un Diploma di idoneità all’insegnamento negli istituti di marineria d’istruzione secondaria. L’istituzione di questa Scuola intendeva rispondere a due fabbisogni dell’epoca. Il primo riguardava la tipologia dei mezzi navali impiegati. Si passa, più o meno gradualmente, da navi con scafo in legno e a vela a navi con scafo in ferro e acciaio propulse a vapore. L’impatto sull’intero impianto trasportistico fu notevole in quanto procurò progressivamente agli armatori di linea che operavano con i piroscafi una serie di vantaggi che gli armatori di velieri con il tempo non furono più in grado di colmare. Se si considera la lenta evoluzione dei trasporti marittimi nei secoli passati, si può affermare che l’avvento del vapore e soprattutto il suo prevalere nei confronti della vela, che avvenne nel giro di 50-60 anni, si realizzò in tempi che si possono definire rapidi. Tale radicale mutamento, stante i connotati della globalità che già nel secolo scorso contraddistinguevano il settore dei trasporti marittimi, toccò tutti i Paesi che avevano una tradizione marinara, ma non avvennero con gli stessi tempi e le stesse modalità. Mentre alcuni Paesi si buttarono rapidamente nell’impresa di trasformare la propria marineria velica in una flotta di piroscafi, convinti che le prime difficoltà incontrate nella realizzazione e nella gestione dei nuovi mezzi sarebbero state velocemente superate, altre nazioni tardarono ad inserirsi nel settore, convinti, al contrario, che le proprie flotte veliche avrebbero retto il confronto.142 Tra i Paesi che si attardarono a cogliere le nuove opportunità fornite dai vapori ci fu l’Italia.143 141 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op. cit., pp. 146-148. 142 Bagnasco E., Le costruzioni navali, in Storia dell’Ansaldo, I, Le Origini (1853-1882), a cura di Castronovo V., Roma-Bari 1994; si veda anche Robb A.M., Costruzioni navali, in Storia della tecnologia, V, a cura di Singer C., Torino, 1964. 143 Le ragioni del ritardato adeguamento tecnologico della flotta italiana furono molteplici: in primo luogo molti armatori ritennero di non doversi attivare in quanto pensavano che il vapore sarebbe stato presto abbandonato per le elevate spese di acquisizione e gestione e per gli inconvenienti tecnici che i primi modelli avevano fatto registrare; molti di questi, quando le flotte di piroscafi stranieri li scalzarono dai loro abituali traffici e rotte, imponendo condizioni competitive non sostenibili, preferirono trovare mercati CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 200 22/12/22 13:34 201 Il secondo fabbisogno a cui la Scuola Superiore intendeva rispondere riguardava il mondo della formazione: dotare gli istituti e le scuole nautiche di personale docente appositamente formato sulle discipline del settore. In questo senso la Scuola Superiore intendeva essere una “Scuola normale” per questa tipologia di insegnanti. Per l’uno e l’altro obiettivo, che rispondevano all’uno e all’altro dei fabbisogni descritti, la Scuola Navale Superiore di Genova intendeva configurarsi come un Ateneo del mare. Il periodo che va dalla fondazione della Scuola al 1890 può essere considerato come un ventennio di sperimentazione degli assetti istituzionali e didattici previsti dalla normativa iniziale. Una sperimentazione che dava vita anche, progressivamente, a degli aggiustamenti. Fin dall’inizio, dall’a.s. 1871-72, viene attivata una scuola preparatoria per ovviare alle manchevolezze nelle competenze scientifiche di base dell’utenza, prevalentemente proveniente dagli istituti tecnici e nautici144. Vengono, inoltre, introdotte importanti rettifiche che riguardano entrambe le due sezioni in cui la Scuola si articola. di nicchia piuttosto che compiere un salto tecnologico e modernizzare la propria flotta. Tra le opportunità che si fecero strada, soprattutto per gli armatori genovesi, ma non solo, in quel periodo va registrato il crescente flusso di emigranti che dalle campagne si trasferiva nelle Americhe, in primo luogo verso le regioni del Plata, per cercare miglior sorte. Altri spazi furono ricavati dall’attività volandiera tramite una guerra di prezzi vinta dagli armatori di velieri grazie a rigorosissime politiche di risparmio, quali ad esempio l’impiego di velieri vetusti e già ampiamente ammortizzati. Già da queste prime osservazioni risulta facile comprendere come tali politiche, se da un lato garantivano redditività e finanziamento agli armatori più accorti, almeno nel breve e medio periodo, dall’altro continuavano a ritardare l’ammodernamento della flotta, con la sola parziale eccezione delle case armatrici che operavano nel traffico di emigranti e che investirono parte dei proventi in navi a propulsione mista vela/vapore. Vedi Marcena ro A., Progettar navi – Idee e proposte dei laureandi della Scuola Superiore di Genova (1889-1894) in Marcena ro A. - M.E. Tonizz i, Dalla Regia Scuola Superiore Navale alla Facoltà di Ingegneria – Atti della Società ligure di storia patria. Nuova serie – Vol. XXXVII (CXI9) Fasc. I, Genova, 1998, p. 278. 144 Gli allievi dei tecnici e dei nautici, infatti, seppur profondamente motivati e diligenti nello studio e ben disposti a sottomettersi alla ferrea disciplina della Scuola, presentano sostanziali manchevolezze. Essi, secondo le espressioni più volte ripetute dagli stessi responsabili della direzione dell’istituto genovese, non sono infatti preparati “a seguire con profitto le lezioni che presso questa Scuola superiore si impartiscono sulla matematica complementare e sulle applicazioni delle stesse alle cose di mare. [...] Occorre quindi abituare la mente dei giovani allievi provenienti dagli istituti nautici e tecnici a studiare scientificamente l’algebra elementare e complementare, la trigonometria piana e sferica, la geometria analitica, a non contentarsi di sapersene servire empiricamente nella soluzione pratica dei problemi, ma bensì ad approfondire lo studio delle medesime in modo da poter dare esatte dimostrazioni sia dei principi fisici su cui si basano, sia dell’uso che fanno delle matematiche per riuscire, coll’applicazione di detti principi, alla soluzione dei problemi che si presentano durante la CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 201 22/12/22 13:34 202 Nella sezione naval-meccanica vengono progressivamente aumentati gli insegnamenti145 e istituito (1886) un corso di elettrotecnica.146 Nella sezione per l’insegnamento di discipline nautiche le modifiche riguardano la possibilità di abilitare alla professione di ingegnere idrografo (prima riservata alle scuole di ingegneria) e la istituzione di percorsi formativi per i capitani marittimi che aspirino a conseguire il grado di capitano superiore e percorsi di specializzazione per i macchinisti navali. In questo decennio vengono gettate le basi di un processo di progressiva integrazione con l’Università di Genova. Ciò avviene in virtù di legami sia di tipo personale – tramite la figura di Cesare Cabella, Presidente del Consiglio direttivo della Scuola dal 1870 al 1888 e, fino al principio degli anni Ottanta, anche rettore dell’Ateneo – sia di tipo logistico; ricordiamo che fino al 1886 parte delle attività didattiche della Scuola sono ospitate nei locali dell’università. L’integrazione si fa più forte e più qualificata nel 1886. L’anno prima era stata emanata la legge n. 351 che pareggiava l’Ateneo genovese, finora considerato di secondo rango, alle università di primo grado. Uno dei frutti che il “pareggiamento” comportava era l’istituzione di una Scuola di applicazione per ingegneri che nel capoluogo ligure avrebbe trovato sede particolarmente idonea trattandosi, per usare le espressioni che accompagnano il disegno della legge del 1885, “di una città circondata da officine, dove fanno capo le maggiori imprese della penisola”. Nonostante l’apprezzamento della fisionomia economica di Genova, il cui apparato industriale è, proprio in questi anni, interessato da un fenomeno di sostenuta crescita, il dispositivo di legge concede incredibilmente di attivare soltanto il primo anno di corso della Scuola di applicazione. Il provvedimento prevede che parte degli insegnamenti compresi nel piano di studio di questo primo anno di Scuola di applicazione vengano impartiti, ad iniziare dal 1886, utilizzando le competenze del personale e le strutture della Scuola superiore navale. Dopo quest’inizio piuttosto farraginoso, dati gli intoppi e i ritardi inevitabili nella fase di avvio, la vita della Scuola acquista rapidamente i caratteri della normalità e il numero delle iscrizioni cresce in modo consistente. Per quanto riguarda il numero di allievi la frequenza, fin dalla sua istituzione, non è mai molto alta. Si inizia, nell’anno 1871-72 con una ventina di allievi a cui si aggiungono sei della scuola preparatoria. Dopo questo inizio un po’ stentato il numero degli iscritti cresce costantemente. La crescita interessa però la sola sezione di ingegneria ove, tra il primo e il secondo quinquennio di attività, la media annua delle loro carriera ai professori di discipline nautiche e agli ingegneri navali e meccanici» Ministero della Pubblica Istruzione, Monografie delle Università e degli Istituti Superiori, II, Roma, 1913 cit. in Marcenaro A. - M.E. Tonizzi, Dalla Regia Scuola Superiore Navale alla Facoltà di Ingegneria – Atti della Società ligure di storia patria, Nuova serie – Vol. XXXVII (CXI9 Fasc. I, Genova, 1898, p. 44. 145 Con l’aggiunta di materie come chimica applicata, tecnologia meccanica, statica grafica, idraulica; il corso di costruzioni navali viene sdoppiato in due annualità, riguardanti, l’una la costruzione e l’altra l’allestimento degli scafi. 146 Per allargare gli sbocchi occupazionali, come peraltro avevano fatto le scuole di ingegneria di Torino e di Milano. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 202 22/12/22 13:34 203 iscrizioni quasi raddoppia, passando da 23 a 40 allievi, per poi registrare una fase di stabilizzazione nel decennio 1880 al 1890 (Tabella 28). Si tratta di cifre certamente inferiori a quelle che si registrano in altre importanti scuole italiane di ingegneri,147 ma in linea con quelle degli istituti di ingegneria navale dei Paesi esteri economicamente più avanzati.148 Del tutto diversa è, invece, la dinamica della popolazione scolastica del biennio di discipline nautiche. I dati del prospetto sono l’inequivocabile riscontro del fallimento del progetto di “politecnico del mare” così come è stato ideato al momento dell’istituzione della Scuola superiore navale. Da una media annua di 5 iscritti nel primo quinquennio si passa ad 8 nella prima metà degli anni Ottanta, per scendere a 6 nel decennio seguente.149 Tabella n. 28 - Scuola Superiore Navale di Genova: iscritti in media nei quinquenni dal 1870 al 1890 Quinquennio Scuola preparatoria Sezione nautica Sezione ingegneria Totale 1870/71 - 1874/75 5 5 23 33 1875/76 – 1879/80 20 7 40 67 1880/81 - 1884/85 30 8 32 70 1886/87 - 1889/90 59 6 46 111 h. Il Regio Museo Industriale di Torino Abbiamo visto nel quarto volume che al R. Museo Industriale di Torino, istituito nel 1862, erano state attribuite quattro finalità. Quella museale, quella d’istruzione industriale superiore e quella “normale” per l’abilitazione di materie industriali nell’istruzione tecnico-professionale, degli istituti tecnici, ormai del MPI, e delle scuole industriali del MAIC. A queste tre si aggiungeva anche la funzione consulenziale. Un Decreto del 1869 “annette” al Museo “il servizio delle privative industriali” cioè dei brevetti, prima di competenza di una specifica Divisione del MAIC, precisando che “I modelli ed uno degli originali delle descrizioni e dei disegni saranno 147 All’Istituto tecnico superiore di Milano, che successivamente prenderà il nome di Politecnico, si hanno, in media annua, quasi 200 iscritti nel periodo 1870-1874 e 160 nel quinquennio seguente. Vedi Lacaita G.C., Istruzione e sviluppo industriale in Italia 1859-1914, Giunti Editore, 1973 p. 126. 148 Si consideri infatti che, sempre nell’arco di tempo compreso tra il 1870 e il 1874, gli iscritti alla scuola per ingegneri navali di Kensington in Inghilterra oscillano tra 52 e 28. Quest’ultimo confronto è dunque l’indiscutibile riprova del successo della Scuola di Genova, la cui offerta formativa nel campo ingegneristico navale si propone, già dagli esordi, come una pronta e necessaria risposta al bisogno di istruzione specializzata in un settore industriale cruciale per il nostro Paese. Conto morale della Deputazione provinciale al Consiglio. Resoconto sull’andamento della R. Scuola Superiore Navale a.a. 1875-1876 in Marcenaro A. - M.E. Tonizzi, Dalla Regia Scuola Superiore Navale, op. cit. p. 94. 149 I dati sono riportati in Marcenaro A. - M.E. Tonizzi, Dalla Regia Scuola Superiore Navale, op. cit. p. 138. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 203 22/12/22 13:34 204 conservati ed esposti al pubblico nel R. Museo Industriale”.150 In effetti la funzione relativa all’esposizione museale potrà iniziare solo nel 1867, quando l’abbondante materiale raccolto presso gli espositori londinesi (e fino ad allora racchiuso in 700 casse) troverà la collocazione in un edificio demaniale, che in precedenza aveva ospitato il Ministero della Guerra del Governo piemontese. Edificio ormai vuoto per il trasferimento della capitale del Regno dalla città piemontese a Firenze.151 Ad arricchire la funzione museale provvede un R.D. del 1884,152 che istituisce in un’apposita sezione, un Museo commerciale per agevolare l’iniziativa dei commercianti e degli industriali nazionali, indirizzata a promuovere ed estendere gli scambi con l’estero. L’istruzione Superiore, invece si realizzava, insieme alle Università, alla Regia Scuola di applicazione di Torino, all’Istituto Tecnico Superiore di Milano con percorsi formativi per ingegneri, civili e industriali e percorsi di specializzazione per direttori di industrie. Questa situazione di collaborazione istituzionale tra diversi soggetti formativi non sfuggiva a tensioni e rivalità tra MAIC e MPI. La figura degli ingegneri, formati in 4 anni di studio nel Museo Industriale, che ne aveva organizzato il proprio piano di studi con una certa libertà (grazie anche al peso decisorio nella vita del Museo da parte degli Enti locali, che contribuivano finanziariamente al suo funzionamento) e che veniva realizzato anche in sedi e da soggetti diversi (come abbiamo visto nel IV volume) aveva un effetto dirompente sull’alta formazione controllata dal MPI, a livello nazionale, ma soprattutto locale, con la Scuola di Applicazione di Torino.153 Questa e l’Istituto Tecnico Superiore di Milano erano state previste dalla Legge Casati e patrocinate, dal piemontese Quintino Sella e dal lombardo Francesco Brioschi (entrambi avevano collaborato con Casati nella redazione della L. n. 3725). Sella e Brioschi erano portavoce e interpreti delle rispettive tradizioni culturali e 150 R.D. n. 5351 del 16 novembre 1869. Vedi Procacci P., La “Scuola d’applicazione per gl’ingegneri” e il “Reale Museo Industriale Italiano”. Raccolta di Leggi e Reali Decreti dal 1859 al 1906. Memorie politecniche. Il Politecnico di Torino - Centro Museo e Documentazione Storica, 1998, pp. 38-39. 151 Vedi art. 2 della L. n. 2221 del 2 aprile 1865 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 89 del 13 aprile 1865: “Questo Museo Industriale potrà essere collocato in qualcuno degli edifizi pubblici dello Stato, i quali rimarranno disponibili in seguito del traslocamento della Capitale”. 152 R. Decreto n. MCCCCXXIX del 9 settembre 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 249, Parte supplementare, del 1884. Art. 2 “Il Museo commerciale adempie al suo fine mediante una esposizione permanente di: a. Prodotti d’importazione, ed in ispecie di materie prime, acquistate direttamente nei luoghi di produzione, che potrebbero essere adoperate con vantaggio dalle industrie nazionali, ovvero dar vita a nuove industrie in Italia; b. Di campioni di prodotti industriali forniti dalla produzione estera ai mercati di maggior consumo, che le industrie nazionali potrebbero produrre ed esportare, sostenendo la concorrenza estera sui mercati medesimi. Questa esposizione è resa completa da campioni rappresentanti l’apparecchio, l’imballaggio e le marche che si adoperano nel commercio di esportazione dei prodotti medesimi nei diversi mercati esteri, e da tutte le altre notizie acconcie a far conoscere il gusto ed i bisogni dei consumatori stranieri”. 153 Ferraresi A., Museo industriale e Scuola di applicazione per gli ingegneri: alle origini del Politecnico, in Storia di Torino, VII, Da capitale politica a capitale industriale (1864-1915) a cura di Umberto Levra, Einaudi Editore, Torino, 2001, p. 809. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 204 22/12/22 13:34 205 amministrative e delle locali fisionomie economico-sociali. Questi diversi retroterra culturali ne definivano anche le diverse finalità occupazionale e quindi anche le differenze di percorsi formativi. La Scuola di Torino puntava sulla formazione di ingegneri principalmente per lo Stato, (sul modello delle Ecoles d’application francesi). Il curriculum era composto da un corso triennale di matematica pura e di scienze di base, da seguirsi in Università e in un biennio di studi applicativi da seguire presso la propria scuola, che, dal 1861, avrà sede al Valentino. Invece l’Istituto di Milano puntava alla formazione di ingegneri specialmente per l’economia privata (sul modello dei politecnici tedeschi); si articolava in un triennio applicativo e tre specializzazioni in ingegneria, civile meccanica ed architettura e con una Scuola normale per gli insegnanti di materie tecniche. La conflittualità era particolarmente acuta tra le due istituzioni torinesi: il Museo e la Scuola di Applicazione. Era, infatti, un sistema “politecnico” tutt’altro che pacifico. Il Direttore della Scuola si lamentava che la nuova “fabbrica di ingegneri” nella “nostra piccola Torino” avrebbe fatto “morire” la Scuola di applicazione, il Brioschi era ostile al coinvolgimento dell’Istituto milanese, di cui era diventato Direttore, nel percorso formativo del Museo, e il Ministro della P.I. mal digeriva che ci fossero degli sconfinamenti nell’istruzione superiore, territorio che riteneva di esclusiva competenza del suo dicastero.154 Queste ostilità concentriche, nel giro di pochi mesi, portarono (novembre 1867) a un nuovo Regolamento della Scuola di applicazione; regolamento che accettava il principio della formazione specialistica con il concorso del Museo, ma consentiva solo alla Scuola di applicazione la possibilità di conferire diplomi, peraltro raggiungibili solo dopo aver seguito curricula con un struttura didattica rigidamente definita. Con l’anno scolastico 1868-69 il Museo avviava l’attività didattica per direttori di aziende e per docenti del sistema tecnico-professionale: corsi biennali per professori di Agronomia, di Fisica industriale, di Meccanica industriale, corsi triennali per direttori d’industrie (aperti ai diplomati degli istituti industriali e professionali), e per capi officine e macchinisti.155 Nel 1877 il Museo si dota di un altro Regolamento. Altre variabili erano entrate nel frattempo in scena. A livello locale Comune e Provincia stanziarono alla fine del ‘75 154 Cfr. Richelmy P., Intorno alla Scuola di applicazione per gli ingegneri fondata a Torino nel 1860, Torino, Fodratti, 1872; Curioni G., Cenni storici e statistici sulla Scuola di applicazione per gli ingegneri fondata in Torino nell’anno 1860, Torino, Candeletti G., 1884; Quazza G., L’utopia di Quintino Sella. La politica della scienza, Comitato di Torino dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Torino, 1992, pp. 384-415; Guagnini A., Higher Education and the Engineering Profession in Italy: the Scuole of Milan and Turin, 1859-1914, in Minerva, XXVI (1988), n. 4, pp. 512-548, 526- 531; Ferraresi A., Tra matematica e ingegneria: il caso di Francesco Brioschi, in Francesco Brioschi e il suo tempo, Atti del convegno (Milano, 23-24 ottobre 1997), a cura di Silvestri A. - C.G. Lacaita, Milano, F. Angeli, 2000, pp. 245-306; Leschiutta S., I primi ingegneri elettrotecnici del Regio Museo industriale di Torino, in Buccaro A. - Fabbricatore G. - Papa L. (a cura di), Storia dell’ingegneria. Atti del 1° Convegno nazionale, Napoli, 8-9 marzo 2006, Cuzzolin, Napoli 2006, pp. 379-384. 155 Maic-Divisione Industria e Commercio, Notizie storiche sul R. Museo industriale italiano in Torino, Unione Tipografica Editrice, Torino, 1898. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 205 22/12/22 13:34 206 un contributo annuo di 35.000 lire ciascuno per l’incremento delle collezioni, a livello nazionale, invece, un nuovo ordinamento per le scuole di applicazione (1875), riformava il curriculum, articolando in biennio-triennio i due segmenti teorico e applicativo, ma aboliva le specializzazioni a favore di un’unica figura di ingegnere civile con funzioni polivalenti, lasciando al solo Istituto tecnico milanese, che aveva ormai assunto il carattere di un politecnico, la sezione di ingegneria industriale. Il Ministero della Pubblica Istruzione aveva così il monopolio sui diplomi di ingegnere. Infatti, la nuova “categoria” di ingegneri industriali – un profilo onnicomprensivo delle diverse specializzazioni - era istituita (Decreto del 3 luglio 1879) presso la Scuola di applicazione: i diplomi di laurea erano solo controfirmati dal direttore del Museo, mentre quelli in Ingegneria civile, al cui curriculum il Museo pure contribuiva, erano di esclusiva pertinenza della Scuola. Nella tabella 29 si possono notare le tipologie formative del “sistema politecnico” torinese (museo+scuola di applicazione) e l’anno della loro attivazione, nel ventennio 60-80. Nell’a.s. 1862-63 inizia la collaborazione per la formazione di Ingegneri civili (tale denominazione compare con il Regolamento del 1867. In precedenza, il titolo conseguito era di “ingegnere laureato”. Il Regolamento nazionale del 1876 conferiva un “diploma di ingegnere civile”, ma si usava comunemente, anche in documenti ministeriali, il termine “laurea”). Nell’a.s. 1865-66 l’offerta formativa ingegneristica si amplia con percorsi per Ingegneri industriali (questa denominazione viene introdotta nel 1879; prima di tale data comprendeva anche le specializzazioni stabilite nel 1867 e abolite nel 1877: Industrie meccaniche, Industrie agricole, Industrie metallurgiche, Industrie chimiche). Il Regolamento del 1867 introduce la Laurea in Architettura, il cui percorso verrà attivato l’anno scolastico successivo. In quello stesso anno scolastico (il 1867-68) il Museo, sempre con la collaborazione della Scuola di applicazione, dà vita ai corsi di specializzazione per Direttori di aziende chimiche e meccaniche, di cui abbiamo parlato. Nel ventennio ‘80-90 continuano le offerte formative sia per ingegneri che per Direttori di aziende, iniziate negli anni ‘60 (Tabella 30). Tabella n. 29 – Percorsi formativi del Museo Industriale di Torino nel ventennio 60-70 60-61 61-62 62-63 63-64 64-65 65-66 66-67 67-68 68-69 69-70 70-71 71-72 72-73 73-74 74-75 75-76 76-77 77-78 78-79 79-80 CORSI DI INGEGNERIA Civile Industriale Architettura CORSI DI SPECIALIZZAZIONE Direttori aziende - chimiche - meccaniche CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 206 22/12/22 13:34 207 Tabella n. 30 – Percorsi formativi del Museo Industriale di Torino nel ventennio 80-90 80-81 81-82 82-83 83-84 84-85 85-86 86-87 87-88 88-89 89-90 90-91 91-92 92-93 93-94 94-95 95-96 96-97 97-98 98-99 99-00 Laurea di ingegneria Civile Industriale Architettura Specializzazione Scuola elettrotecnica Corso Elettrochimica Idoneità/Licenza per Direttori aziende - chimiche - meccaniche - elettriche Idoneità per insegnanti - chimica - fisica - meccanica - disegno geometrico - ornato Per quanto riguarda i livelli di frequenza degli allievi, gli andamenti delle iscrizioni sono uniformi sia per la sezione di ingegneri civile che per quelli industriali (i Grafici seguenti non riportano i dati relativi ad architettura perché lacunosi nelle fonti); l’anno di maggiore espansione è il 1884 (con valori che toccano le 102 e le 306 unità, rispettivamente per la sezione civile e per quella industriale), quello di maggiore contrazione l’a.s. 87-88, quando gli allievi sono 84 e 119). Nonostante la presenza in Italia di ben sette scuole di ingegneria, Torino, eccentrica dal punto di vista geografico e dalla fisionomia industriale ancora quasi immutata rispetto al ventennio precedente – e destinata a conservare ancora per un quindicennio un basso profilo – era a metà degli anni Ottanta la sede più frequentata d’Italia, e tale restò per tutto il periodo considerato, da studenti per meno della metà piemontesi.156 156 Ferraresi A., Museo industriale e Scuola di applicazione per gli ingegneri: alle origini del politecnico, op. cit. p. 813. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 207 22/12/22 13:34 208 Grafico n. 15 – Evoluzione quantitativa degli iscritti per i corsi di Ingegneria nel decennio ‘80 (Museo Industriale di Torino) Deludente il numero di iscritti per il corso di Direzione d’azienda. Si supera i 20 allievi solo per il percorso di Idoneità (poi chiamato di licenza) per Direttore di azienda Meccanica. Quello per aziende Chimiche non va oltre i 15 iscritti. Fu, invece, un successo per il Museo, la Scuola di Elettrotecnica. Partita quasi in sordina nel gennaio 1887 come corso annuale teorico-pratico di specializzazione per gli ingegneri industriali e civili l’anno successivo fu riconosciuta dal MAIC come scuola con laboratorio.157 Se ne era fatto promotore Galileo Ferraris, professore ordinario di Fisica tecnica dal 1879, in un contesto ormai favorevole, a livello nazionale, allo sviluppo delle “applicazioni elettriche” in modo particolare a Torino dove la necessità di trovare una soluzione al problema energetico – prerequisito essenziale per lo sviluppo industriale della città – aveva sollecitato un precoce interesse verso l’elettricità come forza motrice. 157 R.D. n. MMMCLVI del 14 novembre 1888, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia - Parte supplementare n. 292 del 1888. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 208 22/12/22 13:34 209 Grafico n. 16 – Evoluzione quantitativa degli iscritti per i corsi per Direttori di industria chimica e meccanica nel decennio ‘80 (Museo Industriale di Torino) Il Museo, abbiamo già detto, svolgeva anche la funzione di struttura formativa “normale”, cioè il compito di preparare docenti di filiere formative professionalizzanti, sia del MAIC sia del MPI. Ricordiamo che, per quanto riguarda il MAIC, il possesso del “diploma di abilitazione all’insegnamento” rappresentava per le scuole da esso sussidiate un requisito preferenziale. Grafico n. 17 – Evoluzione quantitativa degli allievi per i corsi per docenti delle Scuole di arti e mestieri ed Istituti Tecnici (Museo Industriale di Torino) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 209 22/12/22 13:34 210 4.3.2. Scuole Industriali sussidiate da soggetti locali a. Le Scuole Industriali nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 Tra le scuole industriali, operative nel 1880 e finanziate da soggetti pubblici e/o privati locali possiamo distinguere quelle fondate prima o dopo l’Unità d’Italia. Nel Nord del Paese, prima del 1860, erano già operative le scuole seguenti: a Cremona (1558) le Scuole-Officine degli Istituti educativi (Orfanotrofi), della Congregazione della Carità, dopo essere stati gestiti dai Padri Somaschi;158 a Venezia la Scuola d’arti e mestieri nell’Orfanatrofio maschile detto dei Gesuati, (1815) gestito prima dai Barnabiti e poi dalla Congregazione di carità;159 la Scuola industriale e professionale dell’Istituto Manin (1802), sorto per lascito testamentario del Doge Manin e poi gestito dalla Congregazione di carità;160 a Brescia l’Istituto Pavoni di arti e mestieri (1821);161 a Udine I Laboratori annessi all’orfanotrofio Tomadini 158 Gli orfanatrofi erano due. Uno maschile ed uno femminile. Fondati rispettivamente nel 1558 e nel 1559 e affidati entrambi ai Padri Somaschi, passarono tra il 1807 e il 1822 sotto la Congregazione di Carità, alla quale ritornarono dopo l’Unità d’Italia. Nel 1869 si cominciò a ventilare l’ipotesi di una distinzione fra le tre amministrazioni ospedaliera, elemosiniera ed educativa, che trovò soluzione solo nel 1881. Da allora, gli Istituti educativi proseguirono la propria esistenza fino al 2003 sotto i diversi enti succedutisi nella gestione dell’assistenza cremonese. Vedi: Soldi F., La carità di Cremona. Sintesi storica delle opere ospitaliere, elemosiniere ed educative dal 960 al 1959, Cremona 1959, pp. 51-53. Nell’uno e nell’altro orfanatrofio c’erano scuole professionali. I maschi venivano formati nei mestieri di falegname, di sarto, di calzolaio e di tappezziere ecc. Nel 1904 dei maschi ricoverati solo 16 frequentavano le officine. Vedi Maic, Notizie sulle condizioni …, 1907, p. 945. 159 L’Orfanotrofio venne instituito fin dal 1815 ed eretto in ente morale nel 1879. «Ha per iscopo di ricoverare e di istruire ad un’arte o ad un mestiere i fanciulli poveri, nati o residenti da un quinquennio a Venezia e aventi non meno di 8 e non più di 12 anni». L’Orfanotrofio si regge con uno statuto organico approvato con R.D. dell’11 settembre 1883 e si mantiene con rendite di beni propri, amministrati dalla Congregazione di Carità. Riceve inoltre dal Comune un sussidio annuo (nel 1904 pari a 8.000 lire); partecipa ai sopravanzi delle rendite dell’Istituto Catecumeno e delle Opere pie Donà e Troni, in misura variabile, anno per anno; infine percepisce, sotto forma di “rette”, un largo sussidio da parte della Congregazione di Carità (lire 45.132 nel 1904). Nella scuola dell’Orfanotrofio, oltre l’insegnamento primario, vengono impartite ai ricoverati lezioni di musica, di ginnastica e di disegno. I giovanetti frequentano inoltre le officine, ove apprendono l’arte del fabbro, del falegname, dell’intagliatore, del rimessaio, del meccanico, del calzolaio, del tipografo, del legatore di libri e del fonditore. I ricoverati frequentanti le scuole e le officine sono in numero di 128. Vedi Maic, Notizie sulle condizioni …, 1907, p. 1003. 160 L’istituto sorse in forza del testamento del Doge Ludovico Manin in data 1° ottobre 1802, costituito in ente morale, alla dipendenza della Congregazione di carità. Ha per scopo di ricoverare e di istruire fanciulli poveri, abbandonati, nati o residenti da un decennio in Venezia e aventi non meno di 8 e non più di 12 anni. Si mantiene coi redditi propri, coi proventi del lavoro degli alunni e con le rette, pagate dalla Congregazione di carità. Oltre le materie della scuola primaria, a tutti i ricoverati, maschi e femmine, si insegna il disegno in due corsi: disegno elementare e disegno applicato alle varie arti. Ai maschi viene inoltre impartito l’insegnamento industriale in apposite officine. Vedi Maic, Notizie sulle condizioni …, 1907, p. 1004. 161 L’Istituto è maschile, diurno e funziona dal 1821. Ha un patrimonio proprio, che viene amministrato da apposito Consiglio. Gli alunni iscritti alle officine, una cinquantina, vengono formati a diversi mestieri. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 210 22/12/22 13:34 211 (1836), fondato da don Francesco Todini, un sacerdote secolare udinese;162 a Milano (1841) le Scuole della Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri fondata dalla Cassa ‘incoraggiamento d’arti e mestieri’;163 a Treviso (1857) le Scuole di lavoro del Pio Istituto Turazza di arti e mestieri, fondate da don Quirico Turazza164 (1857);165 a Brescia la Scuola d’arti e mestieri nell’Istituto Derelitti (1855) da un sacerdote bresciano.166 162 I maschi ricoverati nell’Orfanatrofio vengono, nelle annesse officine, formati nelle arti del sarto, del fabbro, del falegname e del calzolaio. La scuola, come l’Istituto, vive di rendite proprie. 163 La Cassa d’incoraggiamento d’arti e mestieri, costituitasi in Milano il 27 aprile 1841, eretta in ente morale con Regio Decreto del 29 gennaio 1888, si propone lo scopo di “coadiuvare lo sviluppo delle industrie mediante la istituzione e il mantenimento di scuole professionali e di scienze applicate alle industrie”. Si sostiene con: a) le rendite del proprio patrimonio, ammontante a circa 1.500 lire e costituito mediante volontarie elargizioni private, donazioni e lasciti e contributi dei soci; b) il sussidio annuo di lire 5.000 della Camera di Commercio; c) sussidi del Comune e di altri Corpi morali. Nel 1880 le Scuole della Società, oltre una Scuola di agricoltura e frutticoltura in Varese (Istituzione Ponti), sono le seguenti: 1) Scuola-Laboratorio di chimica industriale sorta nel 1842 con un primo fondo di lire 100.000 donato da Enrico Mylius. Essa si propone di preparare alla vita pratica delle industrie chimiche i giovani laureati o comunque forniti di sufficienti cognizioni scientifiche, formandone tecnici esperti nei diversi rami speciali della chimica applicata. Gli allievi pagano una tassa di ammissione e sono in numero di 20 circa. 2) Scuola di tessitura comprende tre corsi: uno, serale, per gli operai, istituito nel 1844. 164 Il 1857 è l’anno di un grande e decisivo passo per l’Abate Turazza, lo spettacolo che offriva tanta gioventù abbandonata, bisognosa di aiuti materiali e spirituali, commuove il suo cuore che da tempo sognava di realizzare un’opera che, ispirata al Vangelo, andasse incontro alle necessità dei tempi. Disse il Turazza: “Era il gennaio del 1857, quando mi imbattei per via in due giovani tapini, senza pane, senza tetto, coperti di laceri vestiti, privi di istruzione e di qualsiasi appoggio morale e materiale. Il loro volto reso più miserando per la cruda stagione, vivamente mi commosse, diedi loro momentaneo soccorso e lasciandoli mi sentivo vieppiù stringere il cuore di compassione, una lacrima bagnò le mie guance. Quella lacrima fu accolta da Dio che in premio mi diede la missione di compiere questa santa ed amara opera di carità. Ricoverai quei due meschini in amico tetto, e come miei figli, impartii loro pane ed istruzione” in Vita di S. L. Murialdo e don Turazza, in www.scoutstreviso.org. 165 L’Istituto comprende due sezioni: l’una maschile fondata nel 1857, l’altra femminile fondata nel 1869. L’Istituto venne eretto in ente morale con Regio Decreto del 28 ottobre 1889. Si mantiene colla propria rendita di lire 62.000, con gli utili provenienti dalla vendita dei lavori degli alunni, colle diarie corrisposte dal Governo per ogni minorenne ricoverato a carico dello Stato, e con varie oblazioni di enti e di privati. Gli allievi sono formati nei mestieri del tipografo, del libraio, del falegname, del fabbro-meccanico, del sarto, del calzolaio, del fornaio, del musicante. Le allieve imparano il mestiere di sarta, di fioraia, a lavorare a maglie, a ricamare, ecc. I ricoverati maschi nell’a.s. 1903-04 erano 260. Vedi Maic, Notizie sulle condizioni …, 1907, p. 945. 166 Venne aperto nel gennaio 1855, da don Luigi Apollonio (1823-1882) come continuazione di un oratorio inaugurato il 24 marzo 1853. Nel 1886 gli ospiti erano 180; nel 1900 circa 200, tutti compresi tra i tredici e i diciannove anni. Il 15 maggio 1857, la direzione e l’amministrazione vennero assunte da don Magnocavallo, e don Apollonio divenne vice Direttore. Nel 1858 grazie anche a sussidi governativi veniva acquistata una casa. Nel giugno-luglio 1859 i derelitti fecero da infermieri ai soldati feriti nella battaglia di Solferino e S. Martino. Con R.D. del 29 dicembre 1861 l’Istituto veniva eretto in Ente Morale, e perciò sostenuto da sussidi governativi e delle amministrazioni provinciale e comunale. Presidente dell’Istituto divenne il sindaco della città. Da parte sua don Magnocavallo chiedeva e otteneva che nel Pio Istituto Derelitti venissero ricoverati i minori, gli oziosi e i vagabondi al di sotto dei 16 anni che in base alla Legge di P.S. del 1859 e del Codice Penale dovevano essere coattamente ricoverati dallo Stato. La richiesta avrebbe sottratto dalle carceri giovani che potevano essere recuperati. Nel 1866 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 211 22/12/22 13:34 212 Sempre al Nord, dopo l’Unità d’Italia, sono state aperte le scuole seguenti: a Casale Monferrato, la Scuola di elettricità pratica (1876) attivata dall’Istituto Leardi167; a Mestre (1871) la Scuola d’arte applicata all’industria istituita dal Comune168; a Venezia (1867) la Scuola industriale e professionale annessa all’Istituto Tecnico Paolo Sarpi del Comune e della Camera di Commercio (1869);169 la Scuola d’arti e mestieri dell’Istituto Coletti (1870)170 e la Scuola d’arti e mestieri dell’Istituto Patronato per ragazzi vagabondi e viziosi in Venezia (s.d.),171 a Verona (1869) la Scuola d’arte e mestieri nel collegio degli Artigianelli,172 a Sampierdarena (1872) dai saledon Magnacavallo e, nel novembre 1871, don Apollonio si dimisero. Un R.D. del 1876 approvava lo Statuto e il regolamento. L’Istituto si andava via via avvantaggiando di lasciti. Intanto Enti Pubblici e privati e municipi andarono a gara nel sostenere l’opera che accoglieva fanciulli e giovanotti dai 6 ai 15 anni. Nel 1882 degli ospiti, 21 facevano il calzolaio, 58 il legnaiolo, 27 il fabbro ferraio, 29 l’armaiolo e 27 frequentavano le scuole elementari. In seguito alla nuova legge sulle Opere Pie in data 17 luglio 1890 che rese incompatibile la carica di Sindaco con quella di Presidente, fu il Consiglio Provinciale ad eleggere i 5 membri de Consiglio di Amministrazione. L’Istituto si arricchì via via di officine per falegnami, fabbri, meccanici, tornitori in legno, calzolai. Non mancarono anche momenti difficili come una vera e propria sommossa che ebbe luogo il 16-17 gennaio 1900 e che portò all’arresto di 7 alunni fra i più turbolenti. Nel 1904 l’Istituto contava un patrimonio di L. 860.000 con una rendita annua di L. 40.000 circa, amministrato direttamente dal Consiglio di Amministrazione. Vedi Fappani A., Istituto Derelitti, in www.enciclopediabresciana.it. 167 Vedi Maic, Notizie sulle condizioni … 1907, p. 926. 168 La scuola è maschile e diurna e venne fondata dal Comune, da cui di pende ed è mantenuta. Comprende due corsi: uno inferiore, di 2 anni, nel quale s’insegna il disegno geometrico e d’ornato; un corso superiore, di 4 anni, nel quale gli alunni si esercitano nelle applicazioni del disegno alle varie industrie. Gli alunni iscritti nell’a.s. 1903-04 erano 86. Vedi Maic, Notizie sulle condizioni … 1907, p. 945. 169 La scuola è maschile e serale. Gli allievi, 300, sono ripartiti nelle seguenti sezioni: I) Assistenti capi-mastri muratori; II) Meccanici ed elettricisti; III) Agenti di commercio. Vedi Maic, Notizie sulle condizioni … 1907, p. 1004. 170 Le scuole dell’Istituto comprendono: 1 un corso diurno, nel quale si svolge l’insegnamento primario; 2 la pratica nelle officine, (diurna); 3 un corso di disegno, (serale). Nei corsi pratici i ricoverati apprendono il mestiere di fabbro-congegnatore, di tornitore in metalli, di fonditore, di rimessaio, d’intagliatore e tornitore in legno, di tappezziere, di calzolaio, di scalpellino e di tipografo. Nel corso di disegno applicato all’industria s’insegna il disegno lineare, geometrico, architettonico ed ornamentale e la plastica. I ricoverati frequentanti le officine sono in numero di 55; quelli frequentanti il corso di disegno sono 35. Vedi Maic, Notizie sulle condizioni … 1907, p. 1004. 171 È sorto prima del 1858. Infatti il testo del Regolamento del Patronato pei ragazzi vagabondi e viziosi in Venezia, del 1858 e attribuisce al Sac. Avogadro Nob. Jacopo, Priore della Pia Casa dei Catecumeni l’idea originaria, fatta propria, poi, dal Patriarcato della città lagunare. Vedi MAIC Notizie sulle condizioni … 1907, p. 1004 e Regolamento del Patronato pei ragazzi vagabondi e viziosi in Venezia, stampato da Antonio Cordella, Tip. Patr. 1858. 172 Il Collegio fu eretto in ente morale con Regio Decreto del 9 aprile 1871. La scuola annessa è maschile e diurna. Venne fondata col Collegio il 4 marzo 1869 e dipende da un Comitato apposito. Vive con le rendite proprie del Collegio ammontanti a lire 17.000 ed è sussidiata dal Comune. Oltre le materie della scuola primaria vi sono anche officine, nelle quali gli alunni sono avviati ai mestieri d’ebanista e di fabbro ferraio. Sono iscritti (a.s. 1903-04) alla scuola 44 giovanetti. Vedi MAIC Notizie sulle condizioni … 1907, p. 1006. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 212 22/12/22 13:34 213 siani di Don Bosco;173 a Torino la Scuola di chimica Cavour (1875)174 dell’Istituto professionale operaio del Comune.175 Prima dell’Unità d’Italia, nell’Italia centrale, erano operative: ad Ancona (1856) la Scuola d’arte e mestieri nel Collegio degli Artigianelli,176 a Prato (1838) la Scuola di disegno e di arti e mestieri nel R. Orfanotrofio Magnolfi,177 a Roma la Scuola d’arti e mestieri nell’Ospizio di San Michele (1693),178 quella nell’Orfanatrofio di 173 La scuola è maschile, diurna per i laboratori e serale per l’insegnamento teorico. Venne fondata nel 1872 contemporaneamente all’Ospizio e dipende dalla direzione di questo, che la mantiene. Altro cespite d’entrata è costituito dalle quote pagate dagli alunni abbienti, nonché da elargizioni private e dal ricavo dei lavori della scuola. Riceve occasionalmente sussidi dal Comune. Alla sera ai giovani operai si impartisce una istruzione scientifica e letteraria adatta alla loro condizione e ai loro bisogni. Il giorno si addestrano in speciali laboratori nelle arti dello scultore, del falegname ed ebanista, del fabbro-ferraio, del legatore, del sarto e del calzolaio. Il numero degli alunni varia da 120 a 130. Vedi MAIC Notizie sulle condizioni … 1907, p. 954. 174 La scuola venne istituita nel gennaio 1878, in seguito a lascito del marchese Ainardo Benso di Cavour. Ha per scopo l’istruzione degli operai addetti alle industrie chimiche, è serale e comprende due anni di corso. Possono essere iscritti al primo anno coloro che hanno conseguito l’attestato di promozione dalla quinta classe elementare. La scuola è gratuita. Le lezioni si tengono dal 1° ottobre a tutto aprile. Le ore settimanali di lezione per ogni anno di corso sono sei. Nel primo anno si insegnano gli elementi di chimica generale e della chimica applicata, col sussidio di esperimenti; il secondo riguarda le applicazioni della chimica ad una o ad un’altra industria od arte, preferendo, per quanto è possibile, le industrie o le arti professate dagli allievi. Gli alunni iscritti, nell’a.s. 1904-05, sono 61, dei quali 42 frequentanti. Vedi Maic, Notizie sulle condizioni … 1907, p. 996. 175 Oltre alla scuola di chimica l’istituto offriva una Scuola serale di disegno e plastica, risalente addirittura all’epoca napoleonica e una Scuola d’arti e mestieri, fondata nel 1893. 176 La scuola venne fondata il 15 agosto 1856 e dipendeva dall’Istituto del Buon Pastore che forniva i locali occorrenti alle varie officine e laboratori. Nell’a.s. 1903-04 saranno in numero di otto, e cioè: Officina meccanica; Tipografia; Ebanisteria e lavori di falegname; Calzoleria; Sartoria; Fonderia; Verniciatoria; Panificio. La direzione delle officine e dei laboratori è affidata ad esperti capi d’arte, i quali esercitano per proprio conto e concedono agli alunni una piccola retribuzione. Per disposizione del regolamento della scuola, le manifatture possono essere attivate: a) ad economia, cioè con i fondi propri dell’Istituto; b) ad appalto, cioè affittando il materiale e i macchinari di proprietà dell’Istituto per un determinato corrispettivo; c) per mezzo di conduttori, ai quali si concede il solo uso dei locali senza attrezzi. Alla scuola nell’a.s. 1903-04 erano iscritti 200 alunni. Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. p. 927. 177 L’Orfanotrofio viene fondato nel 1838 e vive con rendite proprie. Furono aperte nell’interno dell’Istituto diverse Scuole-officine: per intagliatori, per ebanisti e stipettai, per magnani, per falegnami, per sarti, per calzolai, per tipografi. I capi d’arte non sono retribuiti, ma esercitano come privati, per conto ed interesse proprio e si valgono dell’opera dei ricoverati. In corrispettivo di ciò e dei locali loro ceduti gratuitamente, essi insegnano la propria arte ai ricoverati fino all’età di 18 anni, cioè fino all’epoca della loro uscita dall’Orfanotrofio. Oltre le suddette officine, vi è una scuola di disegno, nella quale si insegna il disegno lineare, di ornato ed architettonico, con applicazioni alle varie arti esercitate nell’Istituto, nonché la plastica per gl’intagliatori. Alla scuola nell’a.s. 1903-04 erano iscritti 200 alunni nei vari corsi di: intaglio, ebanisteria, magnano (minuti lavori in ferro), falegnameria, sartoria, calzoleria, tipografia e disegno, Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 956. 178 Istituito il 10 maggio 1693 con Bolla di Innocenzo XII. Era nato con lo scopo di ricoverare e mantenere vecchi d’ambo i sessi, poveri e inabili al lavoro, romani o domiciliati in Roma da almeno 5 anni, nonché giovani e giovinette dai 7 agli 11 anni, orfani, nati in Roma da genitori romani o domici- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 213 22/12/22 13:34 214 Santa Maria degli Angeli (1816),179 quella nell’Ospizio della SS, Assunta detta di Tata Giovani180, le Scuole Notturne, sorte nel 1819 per opera di un artigiano, furono liati in Roma da oltre 10 anni. Questi orfani venivano formati all’esercizio di un’arte o di un mestiere. Già nel 1834 i Fratelli delle Scuole Cristiane avevano fatto del reparto degli orfani di S. Maria degli Angeli alle Terme un istituto di avviamento professionale con quasi tutte le officine presenti all’Ospizio Apostolico di S. Michele, il più avanzato in questo periodo, e in più vi aggiunsero la banda musicale. Dopo i Somaschi, ne presero la direzione nel 1869 i Fratelli della Misericordia, molto attivi e ricercati in quegli anni nelle opere educative, che vi introdussero anche una scuola di ginnastica. Nel 1870 i ragazzi ospiti dell’istituto erano trecentocinquanta. Potrebbe essere definito un ospizio professionale “modello” anche per gli aspetti pedagogici. Gli orfani venivano ricevuti tra i 6 e i 12 anni e congedati a 18 (a 21 se musicisti). Uscendo, ricevevano la parte del salario che per essi era stata depositata nella Cassa di Risparmio. Nel 1873 l’Ospizio passò all’amministrazione del Comune che nel mese di settembre, al termine di un’accesa seduta, decretò l’espulsione dei religiosi. Il governo dell’Ospizio passò ad una Commissione di tre membri nominati ogni 3 anni dal Comune di Roma che, dopo la presa di Porta Pia sosteneva l’istituto finanziariamente insieme alla Provincia. L’istruzione degli alunni si divideva in istruzione elementare, istruzione complementare e Istruzione Professionale. Gli orfani maschi, dopo il corso elementare, frequentavano, obbligatoriamente, un corso biennale di complemento (italiano, francese, storia e geografia, aritmetica e contabilità), ed un corso, pure biennale, di disegno geometrico e di ornato. Dopo di ciò, a seconda della propensione, vennivano avviati ad un’arte: arazzi, pittura decorativa, intaglio in legno e in marmo, foto-incisione, zincotipia, fonderia artistica, tintoria. Gli altri venivano avviati ed istruiti in un mestiere manuale in una delle seguenti officine: dei ferri meccanici, della legatoria di libri, del falegname, del cappellaio, del tintore, dello stagnaio, del fonditore e tornitore di metalli, dell’orefice, dello scalpellino, del tipografo, dell’ebanista, e del fabbro-ferraio. Nel 1880-81, gli artigiani erano così divisi: tipografi, librai, calzolai, falegnami, centinatori, sellai, fabbri interni, fabbri esterni. Lo scopo della scuola professionale era quello di mettere in grado gli alunni di guadagnarsi da vivere quando sarebbero usciti dall’Ospizio. Ebbene questo intento venne “gradatamente” raggiunto; anzi, tutti gli alunni, usciti dall’istituto nel corso dell’anno, furono collocati nelle officine della città con una paga che variava dalle due alle quattro lire al giorno. All’Esposizione Nazionale di Milano la scuola riportò in premio, con i saggi di lavoro e di disegno, la medaglia d’argento. Nel 1884 si aggiunse l’officina per la fabbricazione delle valigie e dei bauli. Vedi Rossi G., L’istruzione professionale in Roma capitale. Le scuole professionali dei Salesiani al Castro Pretorio (1883-1930), LAS, Roma 1996, pp. 15-17 e Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. p. 986. 179 L’Orfanotrofio si divide in due sezioni separate e distinte: maschile e femminile. Fondato nel 1816 dal Pontefice Pio VII, dopo Porta Pia è diventato ente morale autonomo, amministrato e diretto da una Commissione nominata dal Ministero dell’interno. Contribuisce al suo mantenimento lo Stato. Gli orfani maschi, oltre alle materie della scuola primaria, apprendono la ginnastica, la musica ed il disegno e vengono avviati ad un’arte o ad un mestiere in officine interne od esterne di tipografo, calzolaio, falegname, fabbro, scalpellino, legatore. Provvedimenti speciali vengono presi, caso per caso, a favore di quegli orfani, che diano prova di straordinaria disposizione per le scienze, le belle arti o la musica. Quanti lavorano nelle officine ricevono in compenso una parte del ricavato dalla vendita dei loro lavori, che viene depositato a risparmio e consegnata all’orfano al momento in cui egli esce dall’istituto. Nell’a.s. 1903-04 gli insegnanti sono 10 e gli alunni sono 136. 180 Vedi Volume I, par. 6,3,3. Alla fine del secolo anche questo Ospizio, che non aveva laboratori interni, era in crisi. Mons. Erminio Jasoni, nominato direttore del Tata Giovanni nel 1900, illustra la situazione dell’Ospizio quando ne prese la direzione: “Il giovanetto deve apprendere completamente il mestiere, deve apprendere un mestiere moderno e lucrativo; essendo mantenuto dalla carità pubblica, deve apprenderlo nel minor tempo possibile per dar luogo ad altri poveri orfanelli. Io posso affermare che nessuna di queste regole era osservata; ecco la lista dei mestieri a cui erano occupati i giovanetti quando fui nominato Direttore: n. 6 orefici, stagnari 12, calzolai 10, falegnami 8, sarti 8, tappezzieri CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 214 22/12/22 13:34 215 inquadrate e finanziate dal Pio Istituto per le Scuole Notturne di Religione un organismo posto alle dipendenze del card. Vicario.181 Dopo l’unificazione italiana al Centro iniziano attività professionalizzanti: a Firenze L’Asilo professionale Evangelico (1873);182 a Roma la Scuola d’arti e mestieri e di musica nell’Ospizio degli Artigianelli all’Aventino (1879), mantenuto finanziariamente dal Vaticano e affidato ai Fratelli delle Scuole cristiane.183 Roma merita un’attenzione particolare, perché dalla presa di Porta Pia si assiste alle tensioni tra i nuovi governanti e le istituzioni sorte e sviluppatesi durante il go- 1, staderai 4, chiavari 6, occhialari 8, tipografi 1, orologiai 1... non un fabbro meccanico, non un elettricista, non un zincografo, non un impressore, ecc., precisamente come all’epoca del vecchio Tata, stagnari, staderai, chiavari, ecc. In quanto tempo apprendevano, codesti giovanetti, i suddetti mestieri? Dopo studi fatti su programmi dei principali istituti professionali dell’alta Italia e della Francia, un giovanetto in quattro anni può divenire un buon meccanico, in quattro un buon tipografo, od un bravo zincografo, od un elettricista capace ... ebbene, nell’Ospizio di Tata Giovanni, per divenire un qualsiasi calzolaio, uno stagnaro empirico, senza conoscenza delle leggi che regolano l’aria, l’acqua, il gas, ecc., uno staderaro, ecc. impiegavano 10 anni; e l’Ospizio, per ottenere questo magnifico risultato, spendeva una rendita netta di lire 40.000 annue circa; e per 60 ragazzi, così istruiti ed educati, occupava un personale di 30 persone, compresi i due Direttori. Debbo inoltre aggiungere che i giovanetti erano generalmente inviati in piccole botteghe, presso padroni o ignoranti del loro mestiere, o non abbastanza istruiti, presso persone che, non tenendosi al corrente dei miglioramenti e dei progressi che avvenivano nel loro mestiere, davano un insegnamento ritardatario, troppo lungo ed assolutamente empirico” cit. in Rossi G., L’istruzione professionale in Roma capitale. Le scuole professionali dei Salesiani al Castro Pretorio (1883-1930), pp. 26-27. 181 Avevano l’obiettivo di fornire l’insegnamento religioso, elementare e una formazione tecnico- professionale ai giovani delle classi popolari inseriti come garzoni o apprendisti nelle botteghe artigiane della città. Tali scuole conobbero, soprattutto a partire dagli anni Trenta, una notevole diffusione, cui si accompagnò un sempre maggior incremento del numero degli iscritti. Dalle tre scuole con poco più di un centinaio di alunni esistenti nel 1835 si passa infatti alle tredici scuole con oltre 1.400 nel 1851, fino a giungere alle quattordici scuole con 2.050 allievi nel 1868. Sani R., Tra recupero scolastico e formazione professionale: le Scuole Notturne per gli artigiani nella Roma pontificia (1819-1870), in Prospettiva E.P., 1989, n. 2, pp. 24-62. 182 L’Asilo Professionale Evangelico è stato un istituto per l’infanzia abbandonata di Firenze, fondato da Giuseppe Comandi (1944-1905) un proprietario terriero che si era convertito al Protestantesimo. L’Asilo è stato denominato e conosciuto nel corso degli anni anche come Istituto Professionale Evangelico o Istituto Comandi. Ha operato dal 1873 fino al 1977. Le attività dell’Asilo iniziarono nel 1873 quando Giuseppe Comandi decise di aiutare le attività di un artigiano evangelico, Anacleto Lepri, che aveva accolto e aiutato ragazzi abbandonati, nella zona di Porta a Prato, allora periferia di Firenze. La caratteristica dell’Asilo era quella di unire alla formazione scolastica quella professionale, per accompagnare i ragazzi ad un mestiere. Per questo all’interno dell’Asilo erano presenti laboratori per ebanisti, intagliatori in legno, fabbro, meccanico. Nel 1904-05 i ricoverati erano una sessantina. Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. p. 948. 183 Eretto in ente morale ed amministrato da una speciale Commissione vive inoltre con le pensioni pagate dagli esterni (convittori) in lire 35 mensili. Oltre l’insegnamento elementare inferiore, diurno, e quello elementare superiore, serale, i giovani frequentano lezioni di francese e di disegno geometrico ed ornamentale e vengono inoltre addestrati nella musica o in un’arte o mestiere, calzolaio, sarto, tipografo, ecc. in speciali officine. Frequentano la Scuola 105 alunni. Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. p. 987 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 215 22/12/22 13:34 216 verno pontificio. Il principale obiettivo, infatti, che si prefisse l’amministrazione comunale, all’indomani dell’annessione di Roma, fu l’estensione di forme di istruzione laica. “Si trattava, cioè, di definire un asse formativo del tutto nuovo, nelle strutture e nelle finalità. Pur con alterne vicende, questo intento caratterizzò l’insieme delle iniziative intraprese dal Comune nel campo della politica scolastica dal 1870 fino agli anni del primo conflitto mondiale”.184 Lo stesso A. Gabelli, nominato nel 1874 Provveditore agli studi della capitale, dà atto dell’impegno speso in favore dell’alfabetizzazione e della formazione delle classi popolari da parte del passato governo, giudicato dal Gabelli come «[...] uno dei mezzi più efficaci di tener legata la gioventù al clero, e uno strumento d’autorità e d’influenza [...]. In ogni luogo preti, frati e monache aprivano scuole [...], alternando le pazienti e pietose diligenze educative colle misurate sollecitudini per l’istruzione. Di qui provenne che la Provincia Romana fu trovata nel 1870 più innanzi, quanto a istruzione popolare, di quello che gli italiani, giusta un concetto un po’ confuso del suo governo, solessero prevedere».185 Nel Meridione erano state aperte, prima del 1860: a Cosenza la Scuola d’arti e mestieri nell’Orfanatrofio (1855), che verrà intitolata a Vittorio Emanuele II;186 a Messina (1834) la Scuola d’arti e mestieri nell’Ospizio provinciale “A. Cappellini”. 187 184 Covato C, Una scuola da inventare: iniziative educative del Comune di Roma fra ‘800 e ‘900, in Roma moderna e contemporanea, 1995, n. 2, p. 367. 185 Cit. in Rossi G., L’istruzione professionale in Roma capitale. Le scuole professionali dei Salesiani al Castro Pretorio (1883-1930), op. cit. p. 18. 186 L’Orfanotrofio si mantiene con una rendita costituita da titoli del Debito pubblico. È inoltre sussidiato dalla Provincia, da 12 Comuni e dal Monte frumentario di Castrovillari e dal Comune di Cosenza. I giovani (nell’a.s. 1903-04) apprendono uno dei seguenti mestieri: falegname, calzolaio, fabbro e sarto. In lezioni serali viene pure impartito l’insegnamento primario. Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op. cit. p. 943. 187 L’Ospizio raccoglie, mantiene ed istruisce “trovatelli ed orfani poveri”, dai 7 agli 11 anni di età, nati nella Provincia. Si mantiene con rendite proprie ed è sussidiato dalla Provincia e dal Comune. Oltre le materie della scuola primaria, i giovani ricoverati, vengono, in apposite officine, formati nei mestieri del tornitore, dell’ebanista, del falegname, del sarto e del calzolaio. Nel 1902 saranno istituite altre officine, frequentate da 25 alunni, che seguiranno corsi in arti meccaniche ed elettrotecniche. Nell’a.s. 1903-04 gli alunni erano 152. Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 960. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 216 22/12/22 13:34 217 b. Le Scuole Industriali nate nel decennio 1880-1889 In questo paragrafo oltre a trattare le scuole sussidiate da soggetti locali che vengono istituite nel decennio, consideriamo, anche, gli sviluppi significativi di scuole di particolare importanza, nate in decenni precedenti. È il caso della Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri (SIAM), presente nel capoluogo lombardo dal 1842, che amplia in questo decennio la sua offerta formativa (vedi tabella n. 31) dando vita, nella sua Scuola di meccanica e di disegno per gli operai, a due sezioni speciali: una per falegnami e tappezzieri di carrozze, sorta nel 1884 e frequentata da una ventina di alunni; una per modellisti fonditori e calderai, sorta nel 1888 e frequentata da una decina di alunni.188 Tabella n. 31 - SIAM: attivazione di corsi professionali dalla fondazione al decennio ‘80 ANNO ATTIVITÀ SEDE N. ALLIEVI 1842 Scuola-Laboratorio di Chimica Industriale Milano, Centrale V. Santa Marta 20 1844 Scuola di Tessitura - Corso per Operai Milano, Centrale V. Santa Marta - 1854 Scuola di meccanica e di disegno per gli operai - Corso di meccanica Milano, Centrale V. Santa Marta - 1863 Scuola di meccanica e di disegno per gli operai - Corso di geometria e disegno geometrico Milano, Centrale V. Santa Marta Oltre 100 1875 Scuola di meccanica e di disegno per gli operai - Corso di disegno per macchine Milano, Centrale V. Santa Marta 400 1884 Scuola di meccanica e di disegno per gli operai - Sezione Falegnami e Tappezzieri di carrozza Milano, Centrale V. Santa Marta 20 1888 Scuola di meccanica e di disegno per gli operai - Sezione Modellisti, fonditori e calderai Milano, Centrale V. Santa Marta 10 Sempre a Milano sorge, nel 1887 la Scuola dell’Unione professionale tra parrucchieri. 189 Il canonico Giuseppe Lugaresi nel 1881 apre la sua casa in un sobborgo popolare di Cesena per accogliere i ragazzi di strada: oratorio ed attività educativo-scolastiche. Dal 1886 le attività del sacerdote a favore dei giovani si arricchiscono anche di interventi di formazione professionale con l’apertura dell’Istituto degli Artigianelli. Il primo laboratorio è per cementisti. Seguiranno poi percorsi per falegname-ebanista, calzolaio, fabbro-ferraio e meccanico. In tutti i corsi si insegna anche disegno geometrico ed ornamentale e la plastica.190 Il canonico mantiene la direzione dell’I- 188 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 966. 189 Idem. 190 Ibidem, p. 952. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 217 22/12/22 13:34 218 stituto fino al 1923. Sin dai primi del ‘900, però, si era preoccupato di assicurare una continuità all’Istituto, perché non morisse con lui; per cui aveva iniziato la ricerca di una congregazione religiosa che potesse continuare la sua opera. Si era indirizzato presto verso i Padri Giuseppini del Murialdo con cui era venuto in contatto già alla fine dell’800, rimanendone favorevolmente impressionato. Così nel luglio del 1920 iniziò la sua attività presso l’Istituto il primo padre Giuseppino e già nel 1923 il Canonico Lugaresi vendette alla Congregazione dei Padri Giuseppini proprietà e terreni in suo possesso a Cesena, con il patto che venisse usato il reddito da essi prodotto a vantaggio dell’Istituto.191 A Novara vennero fondate nel 1887 le Scuole professionali (maschili, diurne e serali) che dipendono dalla Direzione dell’Istituto dei Salesiani. Vivono unicamente con elargizioni di privati. Oltre le materie della scuola tecnica, vi si formano i giovani, in sezioni distinte, alle arti del falegname, del calzolaio, del sarto, dello scultore e del legatore. Ad ogni sezione sono preposti abili capi d’arte. Nell’a.s. 1904-05 sono iscritti 71 alunni.192 A Cagliari, nel 1803, per volontà concorde di Papa Pio VII e del re Vittorio Emanuele, era stato fondato l’Ospizio dei poveri di S. Lucifero, che, nel 1826 viene trasformato in “Ospizio degli orfanelli” dal re Carlo Felice. Nel 1884 vi viene istituita una Scuola di arti e mestieri, con insegnamenti in italiano, aritmetica e geometria, diritti e doveri, storia e geografia, elementi di fisica e chimica, calligrafia, computisteria e disegno lineare, meccanica e disegno di macchina, aritmetica e geometria, disegno geometrico e ornamentale, modellazione e plastica. Concorsero alla sua nascita e al suo funzionamento Provincia, Comune, Camera di Commercio e l’Ospizio. Dopo diverse evoluzioni istituzionali (1908 Regia scuola industriale per le arti meccaniche, 1931 Regio Istituto industriale, 1946 Istituto tecnico industriale) attualmente è l’Istituto Tecnico “Dionigi Scano”.193 A Barberino di Mugello (FI) dal 1887 opera una Scuola di tessitura, diretta dalle Figlie della Carità. La scuola è annessa ad un asilo privato detto “Carfuggiola” frequentato da ragazzi di ambo i sessi. È mantenuto esclusivamente dall’Amministrazione del patrimonio del principe Borghese. Nella scuola si insegna l’arte del tessere la canapa ed il lino. L’Asilo è frequentato da circa 90 ragazzi.194 Un insegnante di Mantova, Ariodante Codogni, nel suo testamento, redatto nel 1877, lascia degli immobili al Comune di Mantova “per la fondazione in quella città di un’Opera Pia avente preferibilmente in mira di beneficare i figli dei diseredati, che escono dagli Asili d’infanzia, mediante una Scuola di arti o mestieri ove racco- 191 Pieri D., Il canonico Giuseppe Lugaresi e dei Padri Giuseppini a Cesena, Cesena 1977. 192 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 974. 193 Ministero dell’Educazione Nazionale - Direzione Generale per l’Istruzione Tecnica, L’istruzione industriale in Italia, Roma, op. cit. pp. 326-327. 194 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 947. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 218 22/12/22 13:34 219 glierli”. Anche sua moglie, Giulietta Zecca, rimasta vedova, con testamenti del 1882 e del 1884, fa un lascito al Comune - 24.000 lire – “per un’altra analoga opera pia o scuola d’arti e mestieri.” Lascito, quindi a destinazione vincolata, ma anche con scadenza definita. Il tutto, infatti, doveva “istituirsi entro un triennio dalla data della sua morte (avvenuta il 27 giugno 1884) sotto pena di caducità”. Per non perdere tali opportunità il Comune di Mantova (21 gennaio 1887) e la Deputazione provinciale (13 marzo 1887) inoltrano la richiesta della erezione delle due scuole di arti e mestieri in corpi morali, in modo da acquisire in tempo utile il diritto di potere entrare in possesso dei lasciti testamentari. Con provvedimento del Ministero dell’Interno del 7 aprile di quell’anno si decreta: «Le due Scuole di arti e mestieri, istituite nella città di Mantova dai defunti coniugi prof. Ariodanto Codogni e Giulietta Zecca, sono erette in Corpi morali ed autorizzato ad accettare le dotazioni ad esse rispettivamente fatte coi testamenti sovra citati»195. Nel decennio vede in natali a Roma la Scuola d’arti e mestieri nell’Ospizio del Sacro Cuore, attivate e gestite dai salesiani. Nell’aprile del 1880 Leone XIII aveva manifestato a Don Bosco l’intenzione di affidargli l’erezione del tempio del Sacro Cuore di Gesù al Castro Pretorio. Don Bosco, pur consapevole delle enormi difficoltà che avrebbe incontrato, accolse la proposta e si mise subito all’opera. Acquistò un’altra area di 5.500 metri quadri, limitrofa a quella dove avrebbe dovuto sorgere la chiesa, allo scopo di erigervi un Ospizio destinato a raccogliere i ragazzi più bisognosi. Appena avviati i lavori della chiesa, Don Bosco dette inizio anche a quelli dell’Ospizio. Comprò nel frattempo una palazzina nelle vicinanze dove raccolse i primi orfani e i primi laboratori. Fece poi dare inizio ai lavori per la costruzione dell’Ospizio; costruzione che andò crescendo di pari passo con quella della chiesa così che nel giorno della consacrazione della Basilica, il 14 maggio 1887, veniva anch’essa inaugurata. Dato importante: la Scuola d’arti e mestieri fa parte di un complesso salesiano costituito dalla Parrocchia, scuola elementare e ginnasiale, oratorio ed associazioni. Rossi, uno studioso che ha dedicato a questa istituzione una sua ricerca, sostiene che “La scuola professionale contribuisce a specificare la funzione esercitata dall’istituzione S. Cuore e nello stesso tempo riceve da questa un indubbio vantaggio formativo e educativo”. L’intero complesso salesiano sorge in una zona di Roma, nel quartiere Castro Pretorio, adiacente la stazione Termini, in questo decennio, in piena espansione edilizia per rispondere alle esigenze di una popolazione composita e in aumento dopo il trasferimento della capitale a Roma: impiegati, militari, giornalisti, professionisti, uomini politici, per lo più di ceto borghese. Tuttavia, la fisionomia sociologica dell’Esquilino si poteva qualificare come medio-inferiore perché tale era il ceto predominante degli abitanti (operai, uomini di fatica, servitori), con un numero elevato di immigrati 195 R.D. n. 2493 del 7 aprile 1887 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 97 del 26 aprile 1887. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 219 22/12/22 13:34 220 e con situazioni di povertà dilaganti e in cui era molto forte la propaganda socialista, anarchica e anticlericale. L’accettazione di orfani e di ragazzi difficili, come avveniva al S. Cuore, indicava la precisa intenzione di seguire l’idealità del fondatore; Don Bosco, infatti, aveva manifestato a Leone XIII, appena eletto, i suoi propositi, che includevano tra l’altro un preciso impegno: «quelli poi che fossero assolutamente poveri ed abbandonati, venissero ricoverati in apposito ospizio, dove colla religione imparassero un mestiere con cui a suo tempo guadagnarsi il pane della vita e vivere da buoni cristiani”. L’attivazione delle scuole doveva avere la finalità di educare e istruire «[...] quei giovanetti che essendo già alquanto discoli o cenciosi non sono accettati nelle pubbliche scuole». Infatti «la massima parte degli alunni sono interni, racimolati dalle plaghe più misere del popolo, i più tolti all’abbrutimento e alla miseria».196 In una pubblicazione del 1905, rievocativa dei venticinque anni di presenza dei Salesiani al Castro Pretorio,197 viene fatta questa ricostruzione degli inizi delle scuole professionali: «[...] ebbero principio con un meschinissimo laboratorio di calzolai», nel 1885. Si aggiunsero man mano, negli anni successivi, gli altri; ma non poterono avere un grande sviluppo se non nell’anno 1893 quando, compiuta la fabbrica, ogni laboratorio ebbe il proprio locale adatto». Gli altri laboratori a cui fa riferimento il testo sono le scuole per i falegnami (1885), i sarti (1887), i legatori (1887). A questi si aggiungeranno: i tipografi (1895) e gli intagliatori (1904). Una volta disponibili i locali, nel 1893, i salesiani si preoccuparono di «fornire di bravi e zelanti maestri d’arte ogni laboratorio e arredarlo del relativo macchinario con tutti i moderni perfezionamenti», perché la preoccupazione prima non era il bilancio “costantemente passivo”, ma quella di «[...] portare i giovanetti a conoscenza dei molteplici miglioramenti che il progresso meccanico ha introdotto nell’arte e nell’industria, affinché non si trovino poi nella vita spostati ed inetti a lottare per il pane»198. Nella stessa pubblicazione si illustra con chiarezza la filosofia pedagogica salesiana: formazione non addestramento perché per nella realizzazione di un lavoro occorrono abilità operative, ma anche conoscenze, fare, ma anche sapere: «L’esercizio manuale non basta certo per formare dei buoni e bravi operai. L’operaio non è una macchina; il lavoro umano dev’essere frutto dell’intelligenza nonché dell’esercizio meccanico 196 Coniglione C., Presenza salesiana nel quartiere romano di Castro Pretorio (1880-1915), in Ricerche storiche salesiane, 1984, n. 1, p. 53. 197 Cinque lustri dell’opera di don Bosco al Castro Pretorio in Roma (1880-1905), Roma, Scuola Tip. Salesiana, 1905. 198 Rossi G., L’istruzione professionale in Roma capitale. Le scuole professionali dei Salesiani al Castro Pretorio (1883- 1930), op. cit. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 220 22/12/22 13:34 221 della membra». Il percorso formativo, chiamato tirocinio dura cinque anni, suddivisi in 10 semestri. Al termine di ogni semestre, di fronte ad una commissione, l’alunno deve dimostrare di aver raggiunto “l’abilità” dettagliatamente esplicitata nel programma di quel periodo, cioè deve essere in grado di produrre il tipo di manufatto previsto nei programmi didattici semestrali e deve spiegare la metodologia e la procedura utilizzata. Per i primi tre anni si dava largo spazio alla parte teorica e alla cultura generale, dividendo la giornata scolastica in otto ore, di cui quattro dedicate all’istruzione e quattro all’esercizio pratico. Negli ultimi due anni l’esercizio pratico prevaleva giustamente sulla parte teorica, perché gli artigiani «[...] se non si addestrano a lavorare con sveltezza o non troveranno lavoro ovvero trovandone non potranno avere una mercede corrispondente ai bisogni della vita».199 Al termine del quinquennio viene rilasciato il diploma di operaio. Nel percorso formativo si dava ampio spazio alla istruzione primaria in considerazione che la maggior parte dei giovani erano “o abbandonati o provenienti da povere e infelici famiglie”. Di qui «[...] la necessità di creare due corsi: il primo abbraccia le sei classi elementari con aggiunta di scuole di disegno e di geometria in relazione alla propria arte; il secondo, che può chiamarsi benissimo di perfezionamento, si suddivide in tre anni ed ha per iscopo di rinvigorire e perfezionare i giovanetti nello studio dell’Italiano, della Aritmetica, della Storia, della Geografia, della Fisica, della Chimica e del Disegno, sempre in relazione al loro mestiere; e di insegnar loro la Computisteria, il Francese, la Sociologia per iniziarli sanamente alle grandi questioni che oggigiorno agitano le classi sociali».200 Quindi l’educazione salesiana non si esaurisce nell’insegnare un mestiere, ma offre gli strumenti culturali per una lettura della realtà del tempo. «Se l’impartire a giovani artigiani una conveniente istruzione scientifica e letteraria, poteva in altri tempi essere considerato come un lusso ai nostri giorni è a tutti palese essere divenuto un imperioso bisogno e per le mutate esigenze sociali che hanno creato all’operaio una posizione ben diversa da quella che avea per l’addietro, e specialmente perché è necessario fornirlo di una sana coltura intellettuale e religiosa che lo salvaguardi dalle malsane dottrine tanto diffuse nella classe operaia». Un’educazione, quindi, a tutto tondo, che tocca il sapere, il saper fare, ma anche la sfera del saper essere. Le scuole salesiane miravano ad un’educazione completa: intellettuale, professionale, morale. In un articolo del 1910 si coglie questa com- 199 Ibidem. 200 Nel 1891 era stata emanata l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, sulla condizione degli operai. Il sesto Capitolo Generale dei Salesiani, tenutosi a Valsalice (Torino) nel1892, discusse su come applicare negli istituti e negli oratori gli insegnamenti del Pontefice sulla questione operaia. Il Capitolo decise che “per premunire contro errori moderni gli alunni, si facciano conferenze sopra il Capitale, il lavoro, la mercede, il riposo festivo, gli scioperi, la proprietà evitando di entrare in politica”. Negli argomenti di sociologia trattati nei tre anni dei corsi superiori degli artigiani del S. Cuore, ritroviamo applicati i suggerimenti del Capitolo del 1892. In maniera più specifica si può notare che al terzo anno dei programmi del 1910 veniva studiato il liberismo, il socialismo, la confutazione di queste dottrine, la democrazia cristiana, comprendente l’azione sociale della Chiesa attraverso i secoli. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 221 22/12/22 13:34 222 pletezza, confrontando quanto avviene abitualmente nelle scuole professionali salesiane e in quelle di altra matrice: «[...] [in genere] nelle altre scuole si bada quasi esclusivamente all’istruzione tecnica dell’operaio, mentre l’educazione intellettuale e morale, resta molto spesso allo stato di intenzione. […] se questo principio manca, l’operaio è un volgare mestierante, che non vale che per la forza dei suoi muscoli, o per l’agilità delle sue dita; se esso esiste, l’umile lavoratore si trasmuta in un artista. E nei programmi delle scuole professionali Salesiane noi vediamo, parallela alla traccia dell’addestramento tecnico, segnata la traccia di una benintesa e valida educazione morale».201 Giorgio Rossi, salesiano e docente di storia moderna che ha particolarmente studiato la nascita e il primo sviluppo di queste scuole salesiane, si chiede quale significato potesse assumere la fondazione “delle scuole professionali del S. Cuore all’interno del panorama romano, laico e ecclesiastico, all’indomani della presa di Roma”. Un significato storico non solo rispetto alla nuova situazione politica che la città, dopo più di un millennio di governo pontificio, viveva, ma anche rispetto alle altre scuole professionali esistenti a Roma. «Circa le scuole comunali, è necessario ricordare che a fine secolo erano bene funzionanti le scuole degli «artieri» e il Museo Artistico Industriale, ma quest’ultimo di livello più elevato. Ma il paragone con il S. Cuore è possibile farlo solo mettendo a confronto le scuole più complete e attrezzate con laboratori interni. In questo caso occorre far riferimento all’Ospizio di S. Michele a Ripa e a quello delle Terme di Diocleziano. L’Ospizio di S. Michele era in crisi, mentre era efficiente quello delle Terme di Diocleziano. Alla fine dell’800 il S. Cuore raggiungeva per numero, organizzazione e strutture di laboratorio l’Ospizio delle Terme. È opportuno notare che i due Ospizi sono prossimi, distando tra loro non più di cinquecento metri, tutti e due vicini alla stazione Termini. Che ci sia stato da parte di don Bosco l’intento di neutralizzare una scuola “laica” operante nelle vicinanze dell’opera e della parrocchia S. Cuore? È difficile rispondere a questo, possiamo però ricordare come era vivo in don Bosco il desiderio della «difesa» della Chiesa Cattolica e dei suoi princìpi».202 Don Francesco Cerruti, uno tra i primi seguaci di don Bosco, riferisce in un opuscolo che il santo diceva: «Ho combattuto tutta la mia vita, … contro questa perversa educazione, che guasta la mente ed il 201 De Giovanni E., Le scuole professionali salesiane, in Antologia per la scuola e per la famiglia. Rivista pedagogica - Lettere - Scienze ed Arti, a. I, ago.-set. 1910, p. 194, cit. in Rossi G., L’azione educativa dei salesiani in Roma capitale: l’opera del Sacro Cuore al Castro Pretorio tra l’800 e il 900, op. cit. p. 335. 202 Cerruti F., Le idee di don Bosco sull’educazione e sull’insegnamento e la missione attuale della scuola. Lettere due. S. Benigno Canavese, Tipografia e Libreria Salesiana 1886, pp. 4-5; cit. in Rossi G., L’azione educativa dei salesiani in Roma capitale: l’opera del Sacro Cuore al Castro Pretorio tra l’800 e il 900, p. 333 in Motto F. - Zimniak S. - Loparco G. (a cura di), L’educazione salesiana dal 1880 al 1922: Istanze ed attuazioni in diversi contesti Vol. 1. Istruzione professionale in Roma capitale, Roma, LAS, 2007. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 222 22/12/22 13:34 223 cuore della gioventù ne’ suoi più begli anni: fu sempre il mio ideale informarla su basi sinceramente cristiane».203 Don Rua, il successore del Santo alla guida dei salesiani, in una circolare del 1889, ritorna su questa posizione di Don Bosco e sull’opuscolo di don Cerruti, concludendo proprio con il «metodo d’insegnare». Dopo aver raccomandato di non usare con gli allievi moine o sdolcinature, né mezzi violenti, ma pazienza e dedizione, conclude: «Ricordiamoci poi che noi mancheremmo alla parte più essenziale del nostro compito, se ci riducessimo solo ad impartire l’istruzione letteraria, senza unirvi l’educazione del cuore. A questo soprattutto dobbiamo mirare, a formare dei nostri allievi, dei buoni cristiani, degli onesti cittadini, coltivando pure le vocazioni che fra loro s’incontrano». Nei decenni successivi, in particolare nel periodo che va dal 1904 al 1910 si provvide a completare e ad arricchire i laboratori. Il laboratorio di falegnameria si era subito perfezionato così che arrivavano molte richieste di vario lavoro da parte di una numerosa clientela. Nel laboratorio di sarti si eseguivano abiti d’ogni genere, tanto per ecclesiastici che per laici. Altri laboratori furono attrezzati con macchinario moderno, come seghe elettriche e macchine tipografiche. Dopo la scuola tipografica, il laboratorio dei legatari di libri era quello meglio fornito di macchinari. In pochi anni da quando venne aperta nel 1895, la scuola dei tipografi raggiunse il livello dei migliori stabilimenti grafici, meritando il diploma di l° grado all’Esposizione Triennale Salesiana dell’ottobre del 1905. Due anni prima era stata acquistata una grande macchina tipografica, ultimo modello della ditta tedesca Koenig & Bauer. Oltre a numerosi lavori occasionali, si stampavano le Letture Drammatiche e il Gymnasium, periodico letterario-didattico, molto diffuso. Il ciclo della vita delle scuole professionali dell’Ospizio S. Cuore al Castro Pretorio, iniziato nel 1883, si conclude nel 1930, quando queste si trasferiranno all’Istituto Pio XI, al Tuscolano, appositamente costruito.204 Un anno prima, nel 1882, il cav. Bonaccorsi fonda, non lontano dall’Ospizio del Sacro Cuore, a piazza Dante, nel quartiere Esquilino, un Istituto d’arti e mestieri e di musica detto della Sacra Famiglia. L’Istituto raccoglieva fanciulli poveri ed abbandonati. Dipende da uno speciale Comitato e vive col ricavato dalla raccolta degli stracci, delle ossa, e di altri relitti nella città e con sussidi di enti e di privati. Una cinquantina dei ricoverati frequentano di giorno officine private, dove apprendono le arti di fabbro, falegname, scalpellino, calzolaio, tipografo, sarto e legatore di libri. 203 Ibidem. 204 Al termine di questo ciclo l’Ispettore didattico del Vicariato, Primo Acciaresi, così sintetizzava, con un po’ di retorica, l’opera svolta dai Salesiani al Castro Pretorio: «Anche questa scuola di artigiani diretta con cura amorosa dai Figli del Venerabile Don Bosco, va sempre aumentando e perfezionandosi, prodigando ogni anno alla Società buoni cittadini, sinceri cristiani, esperti librai, tipografi, carpentieri, sarti, ebanisti, la maggior parte redenti dall’abbrutimento del trivio e per Don Bosco e i suoi ammirabili figli sottratti alla sicura galera, o per lo meno all’accattonaggio», cit. in Rossi G., L’istruzione professionale in Roma capitale. Le scuole professionali dei Salesiani al Castro Pretorio (1883- 1930), Roma, LAS, 1996, pp. 40-41. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 223 22/12/22 13:34 224 Quelli che hanno inclinazione imparano la musica. I ricoverati, tutti frequentanti le officine, sono 50.205 Fin dall’ottobre del 1886 la Camera di Commercio di Cosenza, nel predisporre il bilancio per l’anno successivo, progettava l’impianto di una Scuola d’arte e mestieri stanziando un primo fondo di L. 4.000. Le attività, tuttavia, inizieranno solo nel 1889. A sostenerne le spese, d’impianto e di mantenimento, rimarrà solo la Camera di Commercio. La scuola comprendeva due sezioni: per fabbri meccanici e per ebanisti-intagliatori, che duravano 4 anni e per esservi ammessi occorreva aver compiuto 12 anni e possedere il certificato di proscioglimento delle Scuole elementari. Nel 1906 la umile scuola di arti e mestieri viene elevata al grado di R. Scuola industriale, nel 1929 in Scuola Secondaria di avviamento al lavoro.206 Con le evoluzioni istituzionali successive diventa un Istituto Tecnico industriale; oggi uno dei più frequentati del Mezzogiorno.207 A Brescia opera un CFP accreditato presso la Regione Lombardia dell’A.F.G.P. (Associazione Formazione Giovanni Piamarta), le cui origini risalgono alla Scuola d’arti e mestieri nell’Istituto “Artigianelli”, fondata da un prete bresciano, Giovanni Piamarta, canonizzato nel 2012.208 In quel fine secolo nel quale la città lombarda andava incontro alla rivoluzione industriale e viveva un notevole dissidio tra la società civile e quella religiosa, don Giovanni si domandava come poter creare qualcosa di nuovo per la formazione dei 205 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op. cit. p. 907. 206 Ministero dell’Educazione Nazionale, L’istruzione industriale in Italia, op. cit. p. 362 e ss. 207 www.itimonaco.edu.it/scuola/presentazione 208 Piamarta Giovanni Battista (1865-1913). I suoi genitori erano di umili condizioni sociali; il padre lavorava come barbiere. La sua adolescenza fu alquanto difficile: perse la madre a nove anni e, alla morte di una sorella maggiore e di un fratello, rimase da solo col fratello minore e col padre, che spesso si dava al bere. Riuscì comunque ad avere una solida formazione frequentando la parrocchia e l’oratorio. Tramite il nonno materno trovò, terminata la scuola, un impiego da un materassaio. Fu proprio lui che, notando un deperimento fisico nel ragazzo, lo mandò in vacanza a Vallio, dove conobbe il parroco don Pancrazio Pezzana, che fu per lui come un secondo padre e gli concesse di entrare nel seminario diocesano, a partire dal secondo anno di Filosofia. Pur avendo avuto difficoltà negli studi per problemi di salute poté essere ordinato sacerdote il 23 dicembre 1865. Iniziò il suo ministero sacerdotale a Carzago Riviera, dove incentivò particolarmente l’istruzione catechistica. Trasferito in una chiesa al centro di Brescia, fondò un oratorio maschile. Don Giovanni vi trascorse così tredici anni di fecondo apostolato. Nel 1883 viene chiamato a reggere una parrocchia nella bassa bresciana. Nel 1888 rinuncia alla parrocchia per seguire la sua creatura, gli Artigianelli, creata due anni prima. Nel 1985 fonda la Colonia agricola di Remendello. Nel 1910 padre Giovanni Piamarta, per dare una sistemazione amministrativa alla sua Opera, attribuì tutte le proprietà ad una “Società Anonima Agricola Industriale Bresciana”, a tale scopo costituita e che tuttora, sia pure modificata, assolve il suo compito. Padre Giovanni Piamarta CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 224 22/12/22 13:34 225 giovani, specie di quanti, arrivati in città in cerca di lavoro, rischiavano di perdere la fede. Per la verità Brescia aveva già conosciuto, nel settore dell’educazione professionale e non solo, l’iniziativa del canonico Lodovico Pavoni di cui abbiamo parlato nel quarto volume, anche lui canonizzato nel 2013209 e che aveva fondato l’oratorio di San Barnaba e, in seguito, la prima scuola grafica d’Italia. Anche il Piamarta rivolge le sue attenzioni pastorali ai giovani e in particolare alla loro formazione professionale. Dà inizio il 3 dicembre 1886 all’Istituto degli Artigianelli. La prima sistemazione logistica furono due umili casette riadattate. Dal 1888, però, la crescita degli Artigianelli non si fermò più: si moltiplicarono i fabbricati e i laboratori. Durante il giorno i giovani erano formati a diversi mestieri; alla sera ricevevano lezioni di disegno, musica e nozioni varie. Agli inizi del nuovo secolo i giovani saranno circa 120.210 Nel 1884 aveva dato vita alla Tipografia Queriniana (intitolata al cardinal Angelo Maria Querini, arcivescovo di Brescia): oggi è una prestigiosa casa editrice specializzata, come già in origine, negli studi biblici e teologici. Il Piamarta si rese conto che, anche nel settore agricolo, (che in quegli anni subiva una trasformazione dei metodi di coltivazione tradizionali a quelli più scientifici) per i giovani sussistevano gli stessi problemi dei loro coetanei cittadini. Quindi, nel febbraio 1895, padre Piamarta acquistò a Remedello Sopra in provincia di Brescia, un podere di circa 140 ettari e vi creò una Scuola Pratica di Agraria per l’applicazione dei metodi razionali e la rivalutazione economica del settore agricolo. In seguito, don Piamarta cominciò a preoccuparsi della continuità futura della sua Opera. Tralasciò il progetto di ridare vita ai Figli di Maria di San Lodovico Pavoni211 e quello di unirsi ai Salesiani, invitato dal Beato don Michele Rua, il primo successore di San Giovanni Bosco. Col tempo, invece, andò delineando un proprio progetto: istituire una famiglia religiosa, composta da sacerdoti e da laici, che guidassero l’educazione e l’Istruzione Professionale dei giovani e di donne ausiliatrici che provvedessero ai compiti più confacenti al loro stato.212 Non volle che fosse una Congregazione, 209 Volume IV, Cap. 1, par. 4.2.1.c 210 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit. p. 903 211 Per continuare la sua opera, aveva fondato i Figli di Maria, poi Figli di Maria Immacolata, il cui nucleo fu scelto tra i suoi primi collaboratori. Alla morte del Santo fondatore, la nascente congregazione fu travolta da dolorosi avvenimenti, non ultima la soppressione degli ordini religiosi, e aveva dovuto lasciare la città. Vedi Borrelli A. - E. Flocchini, San Giovanni Battista Piamarta in www.santiebeati.it 212 Ibidem. Le donne ausiliatrici erano presenti già a partire dal 1900 e si occupavano essenzialmente della cucina e del guardaroba dell’Istituto; tuttavia, ebbero uno sviluppo diverso. Un paio d’anni prima, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 225 22/12/22 13:34 226 ma una “Pia Società” di persone viventi in comunità con tutta la sostanza della vita religiosa, ma senza voti, almeno ufficialmente, per evitare uno scioglimento da parte dell’autorità civile.213 Dopo la morte di san Giovanni Battista Piamarta, la Pia Società ne continuò l’opera, aprendo nuove comunità a Siena, Latina, Roma e Milano. Nel 1939, con l’approvazione pontificia, la Pia Società ha cambiato nome e tipologia, diventando la Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth. L’espansione all’estero è iniziata nel 1957, con la missione in Brasile. Oggi i padri Piamartini, come sono popolarmente noti, sono diffusi anche in Cile, Angola e Mozambico. Il Risorgimento segna per gli ebrei italiani la conquista dell’emancipazione civile, 214 secondo l’espressione di Massimo D’Azeglio. Con l’Unità d’Italia i rapporti tra il nuovo Stato e le comunità ebraiche italiane furono regolati dalla Legge Rattazzi,215 emanata originariamente dal Regno di Sardegna, estesa al territorio nazionale dopo l’Unità e rimasta in vigore fino al 1930. La legge Rattazzi si proponeva di uniformare la struttura interna e l’organizzazione amministrativa delle diverse comunità - o università - israelitiche presenti nel territorio dello Stato sabaudo. Tutte le università a) avevano il potere d’imporre tributi a tutti gli ebrei residenti nella circoscrizione territoriale della stessa; b) venivano amministrate da consigli eletti dai contribuenti, c) erano sottoposte alla tutela amministrativa dello Stato. Erano, insomma, considerate come collettività pubbliche simili ai Comuni.216 Le università israelitiche, in tutto il territorio nazionale, dopo l’unificazione erano ventuno. Tra le più importanti quella di Firenze, che nel 1861, contava 1831 membri. Fra il 1840 e il 1860, e a varie riprese, da altri Stati preunitari o da altre città vicine, diverse famiglie si erano trasferite nel capoluogo toscano per ragioni commerciali, familiari o di studio e vi avevano rapidamente messo radici: la tendenza si accentua negli anni del trasferimento della capitale e ancora più negli anni successivi infatti, una giovane vedova, Elisa Baldo, aveva aperto nel suo paese, Gavardo, una casa per inferme e fanciulle povere, indirizzata in tal senso da Padre Piamarta. Lui le propose una fusione tra il suo gruppo e quello di Brescia, che si verificò l’11 marzo 1911. Quattro giorni dopo, il 15 marzo, consegnò a lei e ad altre otto sorelle il Crocifisso nella chiesa dell’Istituto Artigianelli di Brescia; era un atto di oblazione, non una consacrazione vera e propria. Le suore prendevano come Superiore Generale quello della Pia Società e assumevano il nome di “Povere Serve del Signore della Pia Società della Sacra Famiglia di Nazareth”. Dal 1917 le suore ebbero vita autonoma, pur restando legate al ramo maschile; nel 1924 mutarono denominazione in Umili Serve del Signore. Madre Elisa Baldo, loro cofondatrice, è Venerabile. 213 Ibidem. Ne scrisse le Costituzioni, approvate dall’autorità diocesana il 25 maggio 1902. Lo stesso giorno, con il primo gruppo di sacerdoti, chierici e fratelli, emise nelle mani del vescovo diocesano la formula di consacrazione: nasceva quindi la Pia Società della Sacra Famiglia. 214 D’Azeglio M., Dell’emancipazione civile degl’israeliti, Firenze, Le Monnier, 1848. 215 R.D. del 4 luglio 1857, n. 2325, Per la riforma degli ordinamenti amministrativi ed economici del culto israelitico nei Regii Stati in Collezioni delle leggi decreti e disposizioni governative compilate dall’Avv. Nicolò Porcelli, stab. Tip. Carini, Palermo, 1861. 216 Fubini G., L’anno della svolta in RMI, 1986/2-3, p. 32. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 226 22/12/22 13:34 227 al 1870217. Composta in gran parte di artigiani e piccoli commercianti, talvolta ambulanti, o da negozianti dediti ad attività modeste tipiche del ristretto ambiente del ghetto, ancora nei primi anni Sessanta dell’Ottocento una buona parte dei membri della comunità218 molto contava sull’aiuto materiale offerto dalle istituzioni tradizionali che si diversificavano in ventiquattro opere pie. Fra queste tredici confraternite, di antica origine, erano preposte, con proprie cariche e proprio rituale, all’assistenza e al sostegno di tutti gli aspetti della vita del singolo (che restava ancora inserito in una collettività distinta dalla società maggioritaria circostante) relativi alle festività e cerimonie religiose, ai riti della nascita e della morte, all’istruzione primaria e religiosa dei fanciulli, all’assistenza medica e farmaceutica (estesa anche alle donne), alla beneficenza in vari settori e all’avviamento ad un mestiere. Per quest’ultimo compito nel capoluogo toscano ci si avvaleva di un Pio Istituto Israelitico di arti e mestieri, che costava alla comunità ebraica 3.400 lire annue. Per questo Pio Istituto il Presidente del Consiglio della Università Israelitica di Firenze faceva istanza, il 14 luglio 1886, al Ministero dell’Interno, che fosse eretto in Corpo morale e chiedeva anche che fosse approvato lo Statuto organico. Il Ministero formalizzò il suo assenso in un R.D. del 13 marzo del 1888. B. SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI 4.3.3. Le arti decorative e il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale Le arti applicate (o decorative o minori) sono una serie di discipline artistiche figurative tradizionalmente legate alla realizzazione e alla decorazione di oggetti d’uso, mentre le belle arti (pittura, scultura, disegno, incisione, fotografia e mosaico) sono destinate alla creazione di artefatti il cui solo scopo è invece la contemplazione estetica. 217 Interi nuclei familiari si spostano verso Firenze e confermano con la loro presenza ramificata la tradizione ebraica che vede nella ‘famiglia complessa’ un fattore di stabilità, mantenuta anche attraverso il matrimonio endogamico. Nel caso in cui siano di condizione agiata, come per alcune famiglie provenienti da Livorno o da Venezia, essi trasferiscono a Firenze una parte del loro tradizionale dinamismo: sul loro esempio, e soprattutto sull’onda dei grandi cambiamenti politici e istituzionali, verrà abbandonata, almeno in parte, l’antica mentalità del piccolo commercio del ghetto a favore di una visione assai più aperta dell’economia e della finanza. Alcune famiglie, spesso collegate alle grandi case bancarie fiorentine (o rifondate nella città: le case Lampronti, Finzi Morelli, Della Ripa, Fermi e Mondolfi, Ambron; più tardi le case Servadio, Sonnino, Bondi, Goldschmid, Philipson) formavano nell’ambito della comunità una élite con forti intrecci parentali e commerciali che aspirava ad integrarsi con l’alta borghesia degli affari cittadina; mentre, allentati i vincoli e gli obblighi della tradizionale osservanza, che restava confinata alla sfera familiare, il legame con la comunità di origine si confermava e si prolungava attraverso l’interessamento a favore delle classi disagiate, assai numerose nella originaria Università fiorentina. 218 Nel 1861 quattrocento dei suoi 1813 componenti erano del tutto dipendenti dal soccorso della comunità e i “tassabili” erano soltanto 2.277. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 227 22/12/22 13:34 228 Figura n. 28 - Le discipline artistiche decorative Le arti decorative sono spesso catalogate per medium o per tecnica. Tra di esse si possono ricordare l’oreficeria, la toreutica (l’arte di lavorare il metallo con decorazioni a incavo e/o a rilievo, tramite il cesello, lo sbalzo e l’incisione), la glittica, l’arte ceramica, la miniatura, la creazione di vetrate e di altri oggetti in vetro, gli smalti, l’intaglio, l’intarsio, l’ebanisteria, il conio di monete e medaglie, la tessitura e il ricamo, il design industriale, la decorazione in generale. Il mondo delle arti decorative con il processo di industrializzazione che si sviluppa nell’800 (meccanizzazione dei sistemi produttivi, crescita del proletariato e inizio di un processo di razionalizzazione e riduzione dei prezzi delle merci) subisce una profonda trasformazione. Infatti l’artefatto artistico singolo viene sostituito da un artefatto artistico in serie. Sempre di arte si tratta, ma questa volta coniugata con i cicli di produzione industriali. Prima c’era il collegamento “artigianato e arte” ora sia assiste al collegamento “arte ed industria”. Ma questo è la conclusione di un processo iniziato decenni prima, in Inghilterra, dove William Morris, ritenuto l’antesignano dei moderni designer, fondò laboratori che producevano artigianalmente sedie, tavoli, bicchieri, cucchiai, brocche, mobili contenitori, cassapanche, decretando l’affermazione dello stile Arts and Crafts. Morris poneva l’accento sulla dimensione artistica del prodotto progettato e realizzato dall’artigiano e che quindi a questi spettasse il rango di artista. Secondo la sua filosofia, l’arte applicata avrebbe dovuto godere della stessa dignità di cui godevano pittura e scultura. Egli, però, influenzato dalle dottrine socialiste, muoveva forti critiche morali al sistema produttivo capitalistico e pertanto rifiutava l’ingerenza industriale nella decorazione e nell’architettura. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 228 22/12/22 13:34 229 Nel frattempo, però, la Prussia aveva inviato in Inghilterra Hermann Muthesius per scoprire e studiare le ragioni del successo economico inglese. Tornato, in patria Muthesius suggerì di integrare laboratori all’interno delle scuole di artigianato artistico e cercò di stimolare la formazione di aziende-laboratori come i Deutsche Werkstätten, suscitando la nascita del Deutscher Werkbund, volta a mettere insieme le ragioni dell’arte con quelle dell’industria. Tra le scuole che vennero riformate secondo i nuovi principi si ricordano l’Accademia di Düsseldorf di Peter Behrens, la Scuola di artigianato artistico di Stoccarda di Otto Pankok. Il mercato, quindi, prende una direzione e fa un percorso diverso da quello desiderati da Morris: progressivamente il lavoro del singolo artigiano viene sostituito, nello stabilimento industriale, dai processi lavorativi meccanizzati, che consentivano una produzione artistica in serie a prezzi contenuti. Il risultato fu sorprendente: oggetto di gusto artistico accessibili a tutti. Il mercato decretò in breve tempo il successo della nuova produzione artistica in serie. L’arte “utile”, infatti, conquista una fetta di mercato importante, alimentata sia dagli aristocratici sia dai borghesi che chiedevano oggetti di gusto dinamici ed eleganti al tempo stesso. La modernizzazione industriale, peraltro, aveva annullato le distanze, o quantomeno ridotte, tra le due classi che ora componevano la classe dirigente nazionale. Anche in Italia, si fa strada il concetto di “arte industriale” col proposito di esprimere un’idea di bellezza ingenua e funzionale e si avverte l’esigenza di scuole destinate a preparare futuri operai e che si adattassero alle esigenze produttive con programmi più aderenti alla realtà del Paese. Questo processo dinamico che oscilla dal “fare artistico” al “fare artistico-industriale” viene segnato dalle Scuole d’Arte, le quali tuttavia non vennero considerate univocamente sorgenti di produzione in vista di un risultato basato a rigore di profitto, ma luoghi dove l’educazione all’arte è propedeutica ad ogni formazione tecnico-artistica. Un concetto, però che trovava anche oppositori. La cultura artistica di tipo accademico, almeno inizialmente, rappresentò un grosso ostacolo. Le applicazioni in ambito industriale del disegno artistico irritavano i puristi dell’arte, che si mostravano reticenti a destinare la creazione artistica a fini diversi da quelli speculativi e a riconoscere pari dignità culturale alle arti decorative, considerate minori rispetto alle maggiori, ovvero l’architettura, la pittura e la scultura. Inoltre, l’impiego dell’arte nei processi di produzione implicava una ridefinizione del ruolo dell’artista all’interno della società che stravolgeva, di fatto, la gerarchia culturale e sociale magistralmente tutelata per secoli dal sistema delle accademie. I primi segnali di questo conflitto emergono chiaramente nella risposta data dal segretario dell’Accademia di Milano Giuseppe Mongeri nel 1858 alla Società Industriale Bergamasca: «Se per disegno industriale s’intendono quegli esercizi grafici che mirano direttamente all’applicazione tecnica delle arti industriali e fabbrili, come sono i disegni di macchine, di stoffe, di tappezzerie, di utensili domestici ecc ecc pei quali esistono infatti speciali scuole nelle grandi scuole europee, la didattica accademica né è certamente estranea, avendo come CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 229 22/12/22 13:34 230 scopo la perfezione della forma e delle proporzioni, l’eleganza grafica».219 Mongeri avvertiva le prime scosse di un terremoto che avrebbe sconvolto il mondo immobile ed etereo dell’arte accademica ancorato a un concetto di produzione artistica speculativa e non utile. Il successo dei prodotti dell’arte industriale degli altri Paesi, osannato alle esposizioni, acuì l’insofferenza di molti intellettuali nostrani nei confronti delle accademie di belle arti che rifiutavano la contaminazione dell’arte con i manufatti utili o i prodotti industriali.220 Le accademie non potevano più rimanere arroccate in una dimensione senza tempo dell’arte fine a se stessa. L’arte doveva aggiornarsi ai nuovi tempi e cooperare con l’industria per il rilancio dell’economia. A pensarla così erano Pasquale Villari, inviato all’Esposizione Universale di Londra del 1862, e Giuseppe Colombo, direttore della Società di Incoraggiamento d’arti e mestieri di Milano, che nel 1863 lamentò a viva voce che in Italia esistevano scuole per artisti e non per artigiani. Una mancanza grave dal suo punto di vista perché convinto che l’Italia, povera di materie prime, poteva crescere puntando “all’industrie nelle quali l’arte è associata alle manifatture”. Le nuove regole del mercato imponevano un utilizzo pratico e vantaggioso dell’arte e, di conseguenza, la ridefinizione del ruolo sociale e professionale dell’operaio e dell’artista. Giuseppe De Luca, al ritorno dell’Esposizione di Parigi del 1867 scriveva: «Oggi si rivolge all’industria il pensiero e la mano dell’artista. L’artista oggi è fatto operaio, se pur non sarebbe più giusto il dire che l’operaio si è elevato all’altezza dell’artista. L’arte esce dalle sale dorate e da’ templi. L’arte ama diventar popolare, di penetrar fin negli umili abituri. E s’egli è vero che in Italia predomina il sentimento artistico, se questo sentimento non vuol essere una sterile poesia, senza coscienza, senza scopo fecondo, fa mestieri che si traduca nelle opere industriali. Oggi predomina il principio economico. Tutto ciò ch’è bello dev’essere eziandio utile. Si facciano delle cose belle, ma a patto che tornino utili. Non si chiede la distruzione dell’arte, ma che s’indirizzi a uno scopo più pratico e sociale». Fu presto chiaro che la sussistenza sul mercato da parte di questa nuova produzione era vincolata all’apprendimento di un nuovo linguaggio artisti- 219 Cit. in Viola V., Dalle scuole di disegno ai musei di arte industriale. Percorsi di educazione ed istruzione artistico e professionale in Italia durante l’Ottocento. L’esperienza del Molise. Tesi di Dottorato di ricerca presso il Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo, 2014, p. 162. 220 Vedi relazione di Giuseppe De Luca, citato in Viola V. op. cit. p. 162: «Da ciò segue dirittamente che riescono per certo inutili, se non nocive, le tante accademie di arti che con grave peso dell’erario sono sparse in tutto il paese […] Le accademie quindi non han più nessun significato, o ne hanno uno del tutto contrario alla qualità de’ tempi. Finché esse non mutano indirizzo, resteranno sempre come un grande impedimento all’avanzamento delle arti utili. Ed in Italia, specialmente, dove si è accostumati a riguardar le arti come un giuoco, scienza di forme senza più, qui le accademie riescono assai più contrarie e dannose al nuovo avviamento che si dovrebbe prendere della nostra società. Ecco mentre noi facciamo statue di valore e quadri, gli oggetti che servono all’utilità e all’uso comune della vita restano molto indietro sotto tutti i rispetti a quelli che si fabbricano in altri paesi, e noi siamo quindi costretti a comparali con grave danno all’economia nazionale». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 230 22/12/22 13:34 231 co-industriale. Ornella Selvafolta afferma: «Non si trattava quindi di rinnovare i processi produttivi, quanto piuttosto di investire sulle fasi a monte che riguardavano il momento del progetto e del disegno e, ancora, di intervenire sui metodi della formazione al lavoro e dell’educazione estetica degli artefici. Come è noto scaturì da qui un intenso dibattito segnato da un nuovo e più cosciente interrogarsi sulla funzione degli oggetti, con proficue riflessioni sui rapporti e influenze reciproche che dovevano intercorrere tra le arti e le industrie, e altrettanto proficui provvedimenti nel settore dell’educazione, della strumentazione didattica e dell’istituzione dei musei dei modelli».221 La risposta a questi nuovi fabbisogni formativi da parte del “sistema di formazione professionale” fu quello di istituire scuole di arte applicate all’industria e di disegno industriale. La distinzione tra le due tipologie (a parte la denominazione) non è così netta da collocare le scuole con immediatezza nell’una o nell’altra area. Per questo ne faremo una trattazione unica. Anche per questo segmento d’Istruzione Professionale valgono le due distinzioni fondamentali che abbiamo utilizzato per le scuole di altri settori economici: l’una di carattere giuridico-finanziaria, per cui le possiamo distinguere in scuole sussidiate dal MAIC e scuole sussidiate da soggetti locali e quella, di carattere “gerarchico” per cui possono essere classificate (Figura 27) come scuole superiori (tutte sovvenzionate dal Ministero) e scuole di base (l’espressione è nostra). Figura n. 29 – Tipologie di scuole artistico-industriali 221 Selvafolta O., Arti industriali e istituzioni scolastiche tra Ottocento e Novecento: una realtà lombarda, in Bigazzi D. - M. Meriggi, Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. La Lombardia, Einaudi, Torino, 2001, p. 867. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 231 22/12/22 13:34 232 4.3.4. Le Scuole artistico industriali sussidiate dal MAIC Nel decennio sono operative 5 Scuole superiori d’arte applicata all’industria: una al Nord (Milano), due al Centro (Firenze e Roma) e due al Sud (Napoli e Palermo). Tabella n. 32 - Scuole superiori di arti applicate all’industria, attivate nel decennio 80-89 Città Anno istituzione Denominazione Consiglio direttivo 1. FIRENZE 1880 SCUOLA PROFESSIONALE DELLE ARTI DECORATIVE INDUSTRIALI MAIC, Provincia, Comune e Camera di Commercio INSEGNAMENTI: Plastica ornamentale e scultura decorativa, Disegno lineare e architettura decorativa, Disegno ornamentale, Figura e pittura decorativa, Storia delle arti decorative e comparazione dei vari stili decorativi 2. MILANO 1882 SCUOLA SUPERIORE D’ARTE APPLICATA ALL’INDUSTRIA MAIC, Provincia, Comune e Camera di Commercio INSEGNAMENTI: Disegno ornamentale, Disegno lineare, Modellazione 3. NAPOLI 1880 MUSEO ARTISTICO INDUSTRIALE MAIC, Provincia, Comune e Camera di Commercio INSEGNAMENTI: Decorazione, Tecnologia pratica, Disegno preparatorio, Plastica ornamentale, Disegno applicato, Oreficeria, Stipetteria ed ebanisteria, Disegno d’ornato e geometrico (1° corso preparatorio), Incisione su metalli, Fonditura, Dipintura in ceramica, Incisione in legno, Ceramica, Cesello e sbalzo, Disegno d’ornato e architettonico, Litografia e cromolitografia 4. PALERMO 1887 SCUOLA SUPERIORE D’ARTE APPLICATA ALL’INDUSTRIA E MUSEO ARTISTICO INDUSTRIALE MAIC, Provincia, Comune e Camera di Commercio INSEGNAMENTI: Plastica di figura, Disegno geometrico architettonico e prospettico, Composizione per le arti industriali in attinenza al disegno e al colorito, Composizione per le arti industriali in attinenza al rilievo, Disegno d’ornato e figura 5. ROMA 1885 MUSEO ARTISTICO INDUSTRIALE MAIC, Comune, Provincia e Camera di Commercio INSEGNAMENTI: Storia dell’arte industriale, Plastica per le arti metalliche, Composizione ed esercizi cesello, incisione, niello e smalto, Decorazione pittorica, Plastica e composizione ornamentale Le denominazioni utilizzate per designare tali scuole nei Decreti istitutivi sono diverse. Tutte le 5 istituzioni elencate sono sussidiate finanziariamente da MAIC, Provincia, Comune e Camera di Commercio e i loro rappresentanti ne formano anche l’organo di governo (il Consiglio direttivo); tutte possono essere classificate anche come “governative”. In tre istituzioni (Roma, Napoli, Palermo) alla scuola è annesso anche un museo. Il fatto merita un approfondimento particolare. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 232 22/12/22 13:34 233 a. I Musei d’arte Avevamo osservato nel quarto volume (vedi Cap. 1 3.4.2) come nei Paesi europei di vecchia industrializzazione, erano sorti, nella seconda metà dell’Ottocento, dei musei aventi per obiettivo di far conoscere e propagandare lo sviluppo delle industrie e per sostenere la ricerca scientifica applicata alla tecnologia. Il primo fu quello di Torino del 1872, chiamato Regio Museo Industriale Italiano, che contribuì poi alla nascita del Politecnico della capitale subalpina e di cui abbiamo parlato appunto nel quarto. L’istituzione torinese, nonostante la ristrettezza della base industriale, rappresenta il tentativo di realizzare un rapporto forte e continuativo tra ricerca e industria, scienza e tecnica. I “musei industriali” di impronta positivistica, così come altre istituzioni dell’epoca, perseguono una saldatura riformistica tra università e mondo del lavoro222. Su questa linea si pongono anche i Musei d’arte applicata all’industria, naturalmente con alcune loro peculiarità. Il loro intento, infatti, era quello di incrementare il gusto estetico nella produzione di manufatti attraverso l’osservazione e l’imitazione di manufatti antichi. Era questa un’idea che si era sviluppata per tutto l’800 e che aveva dato origine ad una tipologia museale “d’arte e industria” che aveva il suo prototipo nel South Kensington di Londra (poi Victoria and Albert Museum). Il South Kensington Museum, nato dall’esperienza dell’Esposizione Universale di Londra del 1851, rappresentò il centro di elaborazione di un nuovo tipo di produzione data dall’incontro tra arte e industria. La novità del museo risiedeva oltre che nella natura della collezione, nella finalità. Il museo londinese rispondeva a una funzione divulgativa e didattica insieme, in quanto al suo interno funzionava una scuola di preparazione per operai addetti alle arti applicate all’industria e la National Art Training School, istituita nel 1837, col compito di formare chi avrebbe insegnato l’arte. Il principio ispiratore era quello dei primi musei francesi di matrice illuminista nati in età napoleonica. Come i musei d’oltralpe anche quello londinese sorse come espressione di un metodo storico-critico basato sull’osservazione dei modelli. Rispetto ai musei di belle arti francesi, che mettevano a disposizione degli apprendisti artisti opere delle arti maggiori, quello londinese creava per gli operatori artistici dell’industria una collezione di pezzi delle arti minori, fino ad allora bandite sia dai meccanismi di conservazione sia dai percorsi accademici.223 In Italia i “musei dei modelli industriali” trovarono molti fautori, tra cui spiccano nomi di eccellenza sia del mondo politico, come Pasquale Villari e il senatore De Vincenzi, sia di quello artistico culturale, come Pietro Selvatico, Giuseppe Colombo e Camillo Boito. Seguendo l’esempio di Semper, i promotori dei musei 222 Poggi P.P., I musei del lavoro industriale in Italia in www.archeologiaindustriale.org. 223 Per la comprensione dell’evoluzione dell’industrial design e del rapporto tra industria e arti applicate si faccia riferimento al saggio di Bologna F, Dalle arti minori all’industrial design: storia di una ideologia, Editori Laterza, Bari, 1972. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 233 22/12/22 13:34 234 artistico-industriali professarono l’adeguamento del sistema di formazione alla domanda del mercato moderno da realizzarsi attraverso la riduzione del numero delle accademie224, il potenziamento dei canali di formazione per gli operai e gli artigiani e dell’insegnamento del disegno già dalle scuole elementari. L’istituzione dei Musei d’arte sconvolge il mondo immobile ed etereo dell’arte accademica. Il successo dei musei artistico-industriali aveva, infatti, messo in cattiva luce maggiormente le accademie di belle arti, ancorate, come detto, a un concetto di produzione artistica speculativa e non utile. b. Nascita e sviluppo delle Scuole Superiori d’arte applicata all’industria A Firenze il 4 gennaio 1867 si apriva ufficialmente la Scuola d’intagliatori, ebanisti e legnaioli, ospitata nell’ex convento della SS. Annunziata.225 Un anno dopo assume la denominazione di “Scuola Preparatoria di Intaglio e di Altre Arti Professionali”. Le lezioni duravano due ore; dopo i ragazzi si recavano a svolgere il loro tirocinio pratico presso le botteghe cittadine. Promotrice fu una libera associazione di cittadini che versavano una quota mensile per il mantenimento della scuola; non si trattò di una istituzione voluta dallo Stato, ma di una istituzione che scaturiva da un’esigenza della città. Tuttavia, nonostante fosse un’iniziativa privata, riuscì ad ottenere, a seguito dei successi ottenuti in campo nazionale ed internazionale, sussidi anche dal Governo e da altri Enti. Per i molti successi la scuola ottenne, nello stesso anno, nel 1878, il privilegio del Patronato Reale. I locali della scuola cominciavano a diventare inadeguati e così la sede della scuola fu spostata nei chiostri Santa Croce con la possibilità di sistemarvi modelli in gesso ed incisioni che costituiranno il primo nucleo del museo artistico. Sono gli anni di storica crisi fiorentina in seguito allo spostamento della capitale a Roma, ma paradossalmente essi furono gli anni d’oro della scuola. Non più centro di potere politico, Firenze sceglieva infatti di giocare la carta del ruolo di città d’arte e delle industrie artistiche. La scuola venne influenzata e didatticamente orientata dai personaggi di spicco del campo artistico fiorentino e fin dal suo nascere considerò essenziale la sua proiezione verso l’esterno partecipando attivamente alla vita cittadina. Nel 1880 nacque un nuovo Comitato che mirava alla costruzione di una grande scuola di arti applicate che avrebbe assorbito la precedente scuola di intaglio. Uno dei maggiori sostenitori dell’iniziativa fu il barone Giulio Franchetti. Il Consiglio Provinciale, quello comunale e la Camera di Commercio di Firenze226 si dichiararono d’accordo ad accogliere il progetto del MAIC. Progetto che 224 Selvafolta O., op, cit. p. 864. 225 Cappelli V. - S. Soldani (a cura di), Storia dell’Istituto d’Arte di Firenze (1869-1989), Leo S. Olschki, Firenze, 1994. 226 Con deliberazioni del Consiglio comunale di Firenze in data del 1° ottobre 1878, dalla Camera di commercio ed arti del 4 febbraio 1880, e del Consiglio provinciale di Firenze del 4 settembre 1880. Cfr. i visti del Decreto istitutivo, di cui alla nota successiva. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 234 22/12/22 13:34 235 diventa il R.D n. 2.739 del 23 ottobre 1980227 e che stabilisce: «Art. 1. La Scuola professionale d’intaglio e di altre arti in Firenze è trasformata in Scuola professionale per le arti decorative industriali, e prenderà il nome di Scuola professionale per le arti decorative industriali, già Scuola d’intaglio. Art. 2. L’Associazione, dalla quale fu istituita e sarà amministrata la detta Scuola, è riconosciuta come Corpo morale. Art. 3. La Scuola o l’Associazione anzidetto sono governate dallo statuto, visto d’ordine Nostro dal Ministro proponente». Il 10 gennaio 1882 si ebbe l’effettivo inizio dei nuovi corsi. L’insegnamento si divideva in 3 sezioni: Architettura, Pittura e Scultura decorative. Il corpo docente era costituito da artisti conosciuti e vecchi docenti. Nel corso dei due anni successivi i locali di Santa Croce subiscono modifiche ed ampliamenti a testimonianza della crescente importanza dell’istituzione. L’organizzazione didattica della scuola era frutto della conoscenza diretta di analoghe esperienze straniere. La scuola fiorentina diventò così un importante punto di riferimento di cui veniva lodato il ricco materiale artistico (gessi, ardesie e marmi). Furono promosse l’istituzione di una biblioteca e di una collezione fotografica di modelli. Nel 1888 nacque l’istituzione di corsi diversificati: quello elementare, destinato a fornire le basi del disegno geometrico e rivolto agli allievi che volevano subito indirizzarsi all’esercizio del proprio mestiere; quello speciale, riservato ai giovani che volevano dedicarsi alle arti decorative. Entrambe duravano due anni e vi era la possibilità di frequentare un corso di applicazione che dava ampio spazio all’esercizio di “composizione di invenzione”. Al termine si conseguiva il certificato di capacità. Sullo scorcio del secolo la crescita di qualità procura importanti commissioni e la partecipazione a mostre nazionali e internazionali. Successivamente, nell’Italia che sempre più avvertiva l’esigenza di un decollo industriale, la scuola diveniva campo di sperimentazione per i problemi connessi al passaggio dall’artigianato all’industria. I brillanti riconoscimenti conseguiti dalla scuola testimoniano la piena sintonia con i problemi sollevati dalla critica contemporanea grazie al fruttuoso lavoro degli insegnanti. Poco per volta, tuttavia, si avvertirà una crescente chiusura nei confini nazionali, un ritorno all’accademismo e una sostanziale sordità nei confronti delle novità proposte dalle avanguardie artistiche. Nel 1895 si pubblicava il corso d’Ornato e Figura, destinato a diventare un riferimento per tutte le scuole professionali italiane. Nello stesso anno veniva creata, per il 227 In Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 290 del 6 dicembre 1880. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 235 22/12/22 13:34 236 secondo e terzo corso speciale, la cattedra di storia delle arti decorative e industriali. Si registra una sempre maggiore presenza dello stato nella definizione dell’indirizzo della scuola, ma anche un calo di interesse dei privati nei confronti dell’istituto. Nel 1905 l’iter scolastico comprendeva un corso di tre anni e uno superiore di quattro e, nello stesso tempo, il sempre crescente numero di allievi determinavano l’esigenza dell’acquisto di nuovi ambienti. L’inizio della Prima guerra mondiale portava intanto ad un rallentamento dell’attività didattica a causa della chiamata alle armi degli allievi. Nel 1916 nascevano le sezioni di Plastica Ornamentale, Pittura Decorativa e Disegno Professionale. Nel 1919 la vecchia scuola di S. Croce viene trasformata in una scuola artistica industriale di 3° grado, articolata su tre livelli.228 Nel 1922, con la cessione all’istituto della collezione dell’azienda di formatura in gesso “Giuseppe Lelli”, si dà vita al Museo dei Calchi, nucleo originario dell’attuale Gipsoteca.229 A seguito della riforma Gentile del 1923,230 che riordina tutta l’area della formazione artistica e la colloca nelle competenze del Ministero della P.I., la scuola fiorentina diventa un Istituto statale d’arte e sarà sottoposta a tutte le evoluzioni proprie di questo tipo di istituto, fino alla riforma del 2010, che unificherà istituti e licei artistici. Un Decreto del 1° agosto 1869 approvava il regolamento per le Scuole di disegno elementare nell’Istituto di belle arti di Napoli. Un successivo Decreto231 predisposto dal Ministro della P.I, Francesco De Sanctis, nel 1878, configurava le attività didattiche dell’Istituto in due sezioni: «[...] la prima per lo studio delle arti maggiori, ossia delle belle arti propriamente dette: la seconda per Ie scuole del disegno, insieme con le scuole di pratica applicazione per le arti minori». È in relazione a questa seconda linea di attività che si fa strada l’dea di annettere alle scuole un Museo, come peraltro già avveniva all’estero.232 Il 25 novembre di quell’anno De Sanctis nomina una commissione con l’incarico di progettare il Museo.233 228 Un corso operaio di 4 anni; un corso normale di 4 anni dove oltre le normali ore d’Istituto ci sono i laboratori per ciascuna sezione di arti decorative, pittoriche, plastiche e per disegnatori di architettura e infine un corso magistrale di un anno. 229 Nella gipsoteca, che significa raccolta di statue in gesso, sono stati raccolti nel tempo i calchi, in gesso appunto, di importanti capolavori scultorei a partire dal Trecento fino al Novecento. I gessi sono più di 3.000, alcuni di dimensioni ragguardevoli e danno l’opportunità di avere una straordinaria panoramica della storia della scultura europea. 230 La riforma Gentile opera il passaggio al Ministero della Pubblica Istruzione di “tutti gli istituti ed enti che hanno il fine di promuovere l’arte” ma mantiene la distinzione tra due rami delle scuole artistiche: istituti d’arte e licei artistici. I primi comprendono tutte le istituzioni che facevano capo al MAIC. I secondi continuano la tradizione degli istituti di belle arti, parte integrante delle Accademie di Belle Arti e quindi incentrate sulla formazione dell’artista e sottoposte alla tutela del Consiglio Superiore per i Monumenti e per le Opere di Antichità e d’Arte, riproponendo la dicotomia tra arti maggiori e arti minori. 231 R.D. n. 4608 dell’8 novembre 1878 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 295 del 16 dicembre 1878. 232 Filangieri G., Il Museo industriale di Napoli - Relazione, Stabilimento tipografico del Cav. Francesco Giannini, 1879, p. 2. 233 Ibidem, pp. 21-22. Nella lettera del De Sanctis, indirizzata a Filangieri, si legge: «Per l’utilità che verrebbe agl’insegnamenti della seconda Sezione del R. Istituto di Belle Arti quando le si aggiunga un Museo Industriale, …». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 236 22/12/22 13:34 237 La commissione (“che opera e non si assonna”) era presieduto dal Principe Gaetano Filangieri234. Questi nella Relazione iniziale che presenta alla commissione si pone l’interrogativo: “Come avviene egli mai che, in grandissima parte, tutto ciò che decora le nostre case e le nostre persone viene d’Oltralpe?” Il Filangieri si dà questa risposta: “Tale decadimento procede da diverse cagioni, ma non ultima è da attribuirsi agli artisti, i quali segnando l’arte decorativa (io con questo accenno a tutte le arti minori) volsero esclusivamente il loro ingegno, e talvolta più che ingegno il loro genio, esclusivamente alle grandi arti monumentali e storiche”. Di qui la necessità di far sviluppare sotto il profilo della qualità artistica le scuole finalizzate alla acquisizione di competenze professionali nelle arti minori, cioè le scuole d’arte applicate all’industria. Un mezzo per aumentare questa qualità è affiancare loro i Musei, cioè delle raccolte di oggetti artistici eccellenti, del passato e del presente, come fenomeni esemplari a cui far riferimento nell’attività didattica. Per questo motivo il Filangieri fa un viaggio all’estero (Francia, Belgio, Inghilterra, Austria) per studiare i Musei già operanti.235 Al ritorno redige lo statuto, dove all’art. 1 (Scopo del Museo), si legge: «Il Museo d’arte applicato all’industria è istituito al fine di concorrere alla istruzione di artisti ed artigiani, e di promuovere l’operosità delle arti e delle industrie, nonché nobilitarne e migliorarne il gusto, rendendo più universale la cultura artistica, ed essere così fattore di maggiore e miglior produzione e quindi di ricchezza, ma anche uno dei mezzi più efficaci per ridestare in Italia quel germe tutto suo industriale, artistico, decorativo, dando incremento ed impulso a stupende tradizioni di lavoro».236 Il Museo doveva essere costituito come ente morale ed autonomo (Art. 4). I privati possono concorrere alla fondazione e allo sviluppo con elargizioni in denaro o con donazioni (anche temporanee) di oggetti artistici. Sono socii patroni quanti, nello spazio di tre anni, daranno, in denaro o in oggetti, un valore di 6.000 lire, e soci fondatori quanti concorreranno per un valore almeno di lire 234 Ibidem, p. 3-4. La Commissione oltre che da Filangieri era composta da: Marchese di Campodisola, Comm. Tommaso Sorrentino, Comm. Giulio Minervini, Comm. Giuseppe De Luca, Comm. Filippo Palizzi, Comm. Domenico Morelli, Comm. Annibale Sacco, Comm. Demetrio Salazaro (Segretario). 235 Ibidem, p. 12. In Francia: S. Quentin, Lione, Lilla, Vesinet, Chalens, Aix, Limoges, Epinal; in Inghilterra Kesington; in Belgio Gand; in Austria Vienna. 236 Ibidem, p. 23. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 237 22/12/22 13:34 238 3.000 e soci contribuenti quanti elargiscono denari o beni del valore non inferiore alle 500 lire o depositati, temporaneamente, oggetti stimati più di 1000 lire. Il governo del Museo è affidato ad un Consiglio dirigente,237 composto da un Presidente, nominato con Decreto reale, e 6 membri, eletti dall’Assemblea. Questa, composta da un numero non minore di 24 persone, delegate dai soci fondatori (enti morali e privati) in numero proporzionato al valore del loro concorso (Artt. 20 e 21). Un Decreto del 1883,238 predisposto dal Ministro della P.I. Baccelli, provvede all’erezione del Museo artistico industriale di Napoli in Ente morale e all’approvazione del suo statuto. Statuto che verrà modificato nel 1896.239 Sul versante della formazione sono operative Scuole-officine nella ceramica, nella lavorazione dei metalli, nell’ebanisteria, nell’oreficeria. Abbiamo ricostruito, nel quarto volume240 le vicende del Museo industriale d’arte applicata all’industria di Roma, istituito241 e finanziato dal Comune. In questo decennio il MAIC diventa partner finanziario e gestionale del Municipio della Capitale e provvede, con un Regio Decreto,242 a regolamentarne, con il suo consenso il funzionamento della città. Figura n. 30 – Mission del Museo Industriale d’arte applicata all’industria di Roma 237 Le sue funzioni «Esso acquista gli oggetti che servir devono come modelli allo sviluppo delle industrie già qui esistenti, principalmente quelli che bisogneranno alle scuole di applicazione dell’Istituto di Belle Arti. Dà tutti gli ordini pel regolare andamento del Museo e per l’ordinamento delle collezioni e dei cataloghi. Compila il bilancio preventivo e quello consuntivo da presentarsi all’Assemblea dei delegati». 238 R.D. n. 1199 (Serie 3) dell’11 gennaio 1883 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 36 del 13 febbraio 1883. 239 R.D. n. 417 (parte supplementare) del 24 novembre 1896 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 295 del 15 dicembre 1896. 240 Volume IV, Capitolo II, par. 2.3.5, pp. 405-406. 241 Con Deliberazione del 14 novembre 1872. 242 R.D. n. 1757 del 21 giugno 1885 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 165 del 14 luglio 1885. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 238 22/12/22 13:34 239 Il Museo ha per scopo: «[...] di promuovere l’incremento delle arti industriali, di nobilitarne e migliorarne il gusto, di diffondere la coltura artistica fra le classi operaie. » (Art.1). Adempie a questa sua mission «1° Con una Esposizione permanente di oggetti originali e riprodotti d’arte applicata all’industria, antichi e moderni; 2° Con scuole ed officine per gl’insegnamenti artistici e tecnici delle industrie, le quali hanno per fondamento l’arte del disegno e del modellare» (Art. 2). - Attività espositiva. Le collezioni del Museo comprendono: a) La decorazione in pittura e scultura; b) L’intaglio, intarsio in legno, avorio e pietre dure; c) La ceramica; d) I vetri; e) I tessuti; f) La metallurgia; g) L’oreficeria; h) Il musaico. Il Museo ha una biblioteca di opere d’arte applicata all’industria. (Art. 3). Le collezioni del Museo sono formate, oltre che da quelle già in suo possesso e da quelle che acquista con i fondi del suo bilancio, dalle riproduzioni che Comune e Governo faranno ritrarre dai monumenti nazionali o da oggetti raccolti negli altri Musei; o dai doni di Enti morali o di privati, previa l’accettazione del Consiglio direttivo (Art. 4). Nel Museo son date Conferenze domenicali o serali intorno alla storia dell’arte e delle industrie artistiche ad illustrazione degli oggetti in esso esposti. - Le Scuole. I percorsi formativi durano tre anni e riguardano i seguenti insegnamenti: Decorazioni in pittura con applicazioni dei vari stili ornamentali; composizione ed esercizi nei diversi modi di dipingere; Decorazione in plastica; composizione ed esercizi per ceramica decorativa e lavori artistici di marmo, legno e stucco; Decorazione in plastica per le arti metalliche; composizione ed esercizi di cesello, incisione niello e smalto. - Le officine. Al Museo è annessa la officina istituita con l’art. 4 del R.D. 23 ottobre 1884, n. 2736, per la formazione dei modelli in gesso dei vari tipi dell’ornato. Questi sono prodotti: per il MAIC, che li dà in dotazione ai Musei e alle Scuole d’arte industriale del Regno, per essere acquistati dagli industriali (il Decreto parla di prezzi modici) per farne scambio coi Musei italiani e stranieri. Alla vita del Museo e delle istituzioni annesse si provvede: con l’assegno annuale di lire 20.000, fornite dal MAIC; con l’assegno annuale di lire 10.000, da parte del municipio di Roma; con i contributi (eventuali) di enti morali o privati; col prodotto della vendita delle riproduzioni. L’istituzione ha un direttore del Museo e un direttore artistico delle scuole, nominati il primo dal comune di Roma, con l’approvazione del MAIC, il secondo dal Ministero, su proposta del Municipio. Il Museo ha un Consiglio direttivo composto da nove membri, nominati sei dal Consiglio comunale di Roma e tre dal MAIC. Altri enti che deliberino di concorrere stabilmente all’incremento del Museo o delle scuole annesse con una somma annua non minore di lire 5.000 avranno la possibilità di nominare un delegato nel Consiglio direttivo, che andrà ad aumentare il numero complessivo dei componenti. L’Associazione Industriale Italiana aveva programmato nel 1873 la fondazione di un Museo Industriale nella propria sede di Milano in cui ospitare una raccolta CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 239 22/12/22 13:34 240 d’arte applicata all’industria. Insieme e annesso al Museo l’Associazione aveva avviato anche una scuola d’arte popolare con indirizzo professionale. Si trattava in pratica di una scuola di disegno. Nel 1878 l’Associazione cede tutta la sua raccolta al neonato Museo d’Arte Industriale di proprietà del Comune di Milano, ponendo come condizione che il Comune assicurasse l’esistenza di una Scuola d’Arte Applicata annessa al Museo.243 La Scuola Superiore d’Arte Applicata, così come voluta dall’Associazione Industriale, nasce con un Regio Decreto del 2 luglio 1882.244 L’art. 1 del Decreto recita: «È istituita in Milano una Scuola superiore d’arte applicata all’industria annessa al civico Museo artistico industriale». È destinata a «[...] fornire agli operai, che già possiedono gli elementi del disegno, insegnamenti artistici con applicazione al mestiere da essi esercitato.» La spesa di mantenimento annuale, che ammonta a 25.000 lire, è sostenuta dal Comune di Milano e dal MAIC per 10.000 lire ciascuno e dalla Provincia e dalla Camera di Commercio di Milano per 2.500 lire ciascuna. Il Decreto prevedeva, inoltre, che spettasse al Comune l’obbligo di fornire il locale della scuola nello stesso fabbricato del civico Museo artistico industriale. Dal 1882 al 1905 il Comune collocò la scuola e il Museo nel Padiglione dei giardini pubblici di piazza Venezia (nella foto). Successivamente, dal 1906 al 1999 in una vasta area del Castello Sforzesco, restaurata grazie al contributo della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. Di qui il nome, che mantiene anche oggi, di Scuola Superiore d’arte applicata del Castello. Gli insegnamenti impartiti nella scuola riguardano tre sezioni: a) disegno lineare; b) disegno ornamentale; c) modellazione. Ogni Sezione comprende due corsi, di cui il primo è destinato alla imitazione, ed il secondo alla composizione. Le lezioni si fanno alla sera nei giorni feriali e il mattino nei giorni festivi. Oltre agli insegnamenti artistici nei giorni festivi venivano “organizzate delle conferenze popolari d’indole scientifica o industriale”. Alla direzione viene chiamato Luigi Cavenaghi, pittore e restauratore; nel primo Consiglio Direttivo troviamo inoltre i nomi del pittore Giuseppe Bertini, autore delle vetrate ottocentesche del duomo di Milano e dell’Ambrosiana e maestro di Cavenaghi, il dottor Tito Vignoli e come Presidente il marchese Carlo Ermes Visconti. La prima sede della Scuola fu il Padiglione dei Giardini Pubblici di Porta Venezia. Divenne insufficiente già dopo pochi anni dalla fondazione poiché il buon nome 243 Bertoni V. - Nimis P. - Bellini R., “Fare con Arte il proprio mestiere, non fare dell’Arte solo un mestiere”. La Scuola d’Arte Applicata all’Industria del Castello Sforzesco, in AA.VV., L’alchimia del lavoro, a cura del Comune di Milano, Raccolto edizioni, 2008, pp. 70-92. 244 R.D. n. 892 del 2 luglio 1882 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 186 del 9 agosto 1882. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 240 22/12/22 13:34 241 della Scuola cresceva e gli allievi aumentavano ed era necessaria una sede più adatta. Il Comune fu il primo a riconoscere la validità di questa opportunità visto l’afflusso dei giovani e poté trasferire nel 1885 la Scuola al Castello Sforzesco in un primo momento nella Corte Ducale e più tardi, dopo il restauro operato da Luca Beltrami, nell’ala sinistra del Castello dove restò fino al dicembre 1999. Numerosi gli allievi: 150 nel primo anno, 300 nel 1895, 500 nel 1905. Nel panorama formativo esisteva già dal 1776 l’Associazione di Belle Arti di Brera, dove però non venivano trattate le cosiddette arti minori. Restava così ancora scoperta quell’area chiamata “arte industriale”. Con la Scuola d’Arte, quindi, si veniva a completare una costituzione di quadri intermedi tra la formazione artistica dell’Accademia, peraltro benemerita ed il semplice artefice formatosi solo nell’esperienza lavorativa Il merito di questa istituzione, che è vissuta nella stretta correlazione formazione- museo artistico-mercato del lavoro, è quello di aver risposto alle esigenze del mondo produttivo, fatto da artigiani che lavoravano il singolo pezzo artistico ma anche dalla nascente industria artistica seriale (soprattutto tessile). Questo indirizzo di stretto rapporto tra l’arte ed il mondo produttivo viene dato subito alla Scuola dal suo primo direttore, Luigi Cavenaghi, che per un quarantennio si dedicò ad avviare, consolidare e sostenere la Scuola. Ne è testimonianza una lettera con la quale egli si rivolge agli imprenditori dell’epoca per stabilire un contatto di reciproco interesse.245 Con il Direttore Luigi Cavenaghi la Scuola lavora con un indirizzo prevalentemente classico, poiché ritiene che la storia del nostro Paese abbia una grande ere- 245 «Ill.mo Signore, allo scopo di rendere sempre più pratico l’insegnamento del disegno applicato all’industria, la Direzione di questa Scuola è venuta nella deliberazione di rivolgersi ai principali rappresentanti dell’industria artistica locale, onde addivenire ad un’intesa che riesca giovevole all’incremento di questa e del pari consenta una più diretta utilità della Scuola Superiore d’Arte Applicata all’Industria. Sarebbe pertanto opportuno che delegati di questa Scuola potessero visitare i principali stabilimenti artistici industriali della città, onde formarsi un esatto criterio degli indirizzi artistici che nelle singole industrie vanno prevalendo in confronto al gusto del pubblico e a tutte le altre condizioni di indole tecnica e economica, le quali non possono essere equamente apprezzate se non da chi della industria sopporta le condizioni di concorrenza. Così pure dovrebbero gli Industriali visitando questa Scuola, dalla quale esce non piccola parte degli artieri a cui è affidato l’incremento dei loro interessi, esaminarne l’ordinamento e i risultati che ne derivano, onde consigliare in merito alla coltura artistica della mano d’opera della quale devono di continuo fornirsi. Questa azione condotta parallelamente e di conserva, potrà, come la S.V. intenderà sicuramente, condurre a una stretta intesa tra la parte teorica inclusa nell’insegnamento e la parte pratica che si svolge quotidianamente nel lavoro dell’officina, per cui può derivarne un equilibrio di energie che fu grande coefficiente della gloriosa attività dell’industria artistica italiana dei passati tempi. Per tale intesa potremo finalmente, a non lunga scadenza, emanciparci dai modelli stranieri e imprimere ai nostri oggetti uno spiccato carattere di italianità che valga a soddisfare il gusto del pubblico. È pure nell’animo di questa Direzione di utilizzare l’ingente materiale didattico della scuola per l’uso di questi industriali che volessero mandare i loro disegnatori o artieri a consultarne i modelli, libri e giornali italiani e stranieri. Voglia la S.V. Ill. cortesemente rispondere in proposito alla azione che intendiamo sviluppare, ben lieti se oltre ad un cenno di adesione vorrà aggiungere qualche proposta la quale possa agevolare lo scopo al quale tendiamo». In Bertoni V. - Nimis P. - Bellini R., op. cit., p. 72. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 241 22/12/22 13:34 242 dità da trasmettere nella formazione degli “artieri”. In particolare, nelle operazioni di restauro riteneva indispensabile una straordinaria abilità nell’interpretare lo stile dell’autore e riapplicare la sua particolare tecnica nelle parti mancanti. Verso la fine dell’Ottocento, dalla Francia arrivava l’interesse per gli impressionisti e a seguire poi l’Art Nouveau e i vari movimenti moderni del primo ‘900. Il Direttore Cavenaghi cercò di dosare questi ultimi interessi, che chiamò le “mode del momento”, continuando a preferire una fedeltà alla classicità italiana, grande portatrice di valori artistici. Solo più tardi con il secondo Direttore Alfredo Melani l’interesse per il panorama europeo aumentò, dovuto anche alla partecipazione a numerose Esposizioni nazionali ed estere, cosicché il Liberty ed i vari “ismi” di derivazione europea entrarono a far parte dei linguaggi espressivi degli allievi. Nel marzo del 1887 viene istituita con Regio Decreto246 a Palermo una Scuola d’arte applicata all’industria. La nascita e il primo sviluppo dell’Istituto sono indissolubilmente legati alla vicenda umana e artistica di Vincenzo Ragusa.247 Lo scultore palermitano, dopo un soggiorno dal 1866 al 1882, come docente in Giappone248 rientra a Palermo con l’intenzione di fondarvi una scuola d’arte che mirasse verso una “industria artistica”.249 Nel 1884 il Consiglio Comunale stanzia una somma per la scuola e vengono nominati i delegati per redigerne il progetto di Statuto. La nuova istituzione viene denominata “Museo Artistico Industriale.250 Nel 1887 con il R.D. menzionato si provvede alla formazione di un Consiglio Direttivo composto dagli 246 R.D. n. 4378 del 3 marzo 1887 in Gazzetta Ufficiale del Regno n. 65 del 19 marzo 1887. 247 Vincenzo Ragusa (1841-1927). Si avvicinò all’arte giovanissimo, nonostante il parere contrario della famiglia. Animato da spirito risorgimentale seguì Garibaldi e si arruolò inaugurando una parentesi militare che continuò a Firenze e Pisa. Studiò nella Scuola di Plastica di Nunzio Morello che presto lo nominò capo allievo e frequentò l’Accademia del Nudo di Salvatore Lo Forte dove “imparava a disegnare le statue classiche”. Nell’estate del 1866 si trasferisce in Giappone come docente dell’Accademia Imperiale di Belle Arti. Qui conosce la giovane giapponese Otama Kiyohara (1861-1939) sua allieva, modella ed inseparabile compagna, pittrice e ricamatrice di grande talento che lo scultore sposa a Palermo dove erano arrivati nel 1882. Morì a 85 anni, il 13 maggio 1927 a Palermo, dove è sepolto nel Cimitero di Santa Maria dei Rotoli. Nel 1985 fu portata dal Giappone e tumulata con lui un’urna con metà delle ceneri della moglie, morta in Giappone nel 1939. 248 L’esigenza del Paese del Sol Levante, all’epoca, era quella di rinnovare ogni aspetto della civiltà e della cultura giapponesi, dopo due secoli di totale chiusura nei confronti del mondo occidentale. Vennero invitati pertanto, tra gli stranieri esperti nei diversi settori che interessavano il Paese, per il settore dell’arte tre italiani - considerato il prestigio dell’Italia in campo artistico - selezionati dall’Accademia milanese di Brera, per far conoscere ai giovani i modi dell’arte dell’Occidente. Pur essendo nato in Sicilia, Vincenzo Ragusa si trovava proprio in quegli anni a Milano e, avendo riscosso con le sue opere un notevole successo, fu inviato a Tokyo insieme al pittore Antonio Fontanesi e all’architetto Giovanni Vincenzo Cappelletti. Questi artisti avrebbero dovuto, attraverso nuove metodologie didattiche, come si legge nei Regolamenti della Scuola, “supplire ai difetti dell’arte nostrana creando nuovi studi e ricerche sulla rappresentazione realistica” e quindi “importare la tecnica dell’Occidente moderno nella nostrana tradizione artigianale …” in Spadaro M.A., O’ Tama Ragusa (da nubile O’ Tama Kiyohara)/ Vincenzo Ragusa: un precoce legame di amicizia Italia- Giappone, in www.it.emb-japan. 249 Crisafulli V., Vincenzo Ragusa e l’Istituto d’Arte di Palermo, Kalós, Palermo, 2004, p. 18. 250 Idem, p. 15. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 242 22/12/22 13:34 243 enti finanziatori della scuola, che viene denominata “Scuola artistica industriale” e alla quale viene annesso un museo. MAIC, Provincia, Comune e Camera di Commercio intervengono finanziariamente per l’avvio e il funzionamento annuo dell’istituzione nella misura riportata nella Tabella 33. Tabella n. 33 - Soggetti finanziatori ed entità delle sovvenzioni della Scuola d’arte applicata all’industria di Palermo Tipologia di spese MAIC Provincia Comune Camera di Commercio Tot. Istituzione 17.000 10.000 12.000 1.000 40.000 Mantenimento 16.000 4.000 4.000 1.000 25.000 L’Art. 1 del Decreto recita: «È istituita in Palermo una Scuola artistica industriale, la quale, nel fine di promuovere l’incremento delle industrie artistiche, impartisce insegnamenti di disegno, di colorito, di modellatura, di geometria, ecc. Alla scuola sono annesse officine o laboratorii per gli esercizi pratici degli allievi nell’applicazione dell’arte industriale ed un Museo di oggetti originali antichi e moderni d’arte industriale, di riproduzioni in gesso, in galvano-plastica ecc., di fotografie e di stampe d’ogni genere, oltre ad una biblioteca di opere riguardanti l’insegnamento del disegno e le varie applicazioni delle arti alle industrie”. La Scuola è divisa in due corsi; l’uno inferiore o di preparazione diurno, serale e festivo; l’altro superiore soltanto diurno. Il corso serale e festivo è stabilito specialmente per gli artigiani, che non possono disporre di una parte della giornata. Il corso inferiore è comune a tutti i rami d’insegnamento, e comprende gli esercizi elementari di disegno geometrico ed ornamentale. Il corso superiore è diviso in tante sezioni quante sono le applicazioni alle quali la Scuola è indirizzata, cioè: pittura ornamentale decorativa, scultura ornamentale decorativa, intaglio in legno, ebanisteria, ceramica, bronzi, ecc. Ad ognuna di queste sezioni corrisponde una officina per le applicazioni artistiche. Ragusa viene confermato direttore e Otama Kiyohara (1861-1939), sua allieva in Giappone, diventata a Palermo sua moglie, è incaricata della direzione della sezione femminile. Ben presto, però, sorsero delle difficoltà con il MAIC, che trovava l’indirizzo artistico della scuola troppo contaminato dagli influssi orientali. Per questo motivo nel 1892 fu imposta la chiusura delle Officine delle lacche, specialità tecnica importata dal Giappone e non gradita alla Commissione Centrale per l’insegnamento artistico industriale perché non ritenuta di carattere tipicamente italiano. Ciò comportò una grave perdita economica a cui seguì la soppressione del Museo giapponese conservato nell’istituto. I contrasti con il MAIC raggiunsero il livello di maggiore criticità nel 1898. A seguito di un’ispezione nella scuola l’architetto Luigi Rosso “mosse aspre critiche, affermando che l’istituto non fosse una vera scuola d’arte applicata all’industria; ma una piccola accademia. Di quest’indirizzo la colpa fu data al direttore”. Tale inchiesta provocò una radicale riorganizzazione della struttura: un CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 243 22/12/22 13:34 244 corso diurno e uno serale, due sezioni per pittori e intagliatori e durata dei corsi pari a tre anni. Figura n. 31 – Struttura dei percorsi formativi nella Scuola artistica industriale di Palermo (1887) La riorganizzazione fu aspramente criticata da Ragusa per l’esclusione di molte discipline, fra queste l’oreficeria, ma anche per la durata triennale: «Col nuovo statuto gli ebanisti, ceramisti, fonditori, orafi, stuccatori e cento altri artigiani non si possono presentare alla scuola per gli esami d’ammissione. Il corso di tre anni non è sufficiente per licenziare un artefice».251 Il risultato dopo “l’inchiesta Rosso” fu lo scioglimento del Consiglio Direttivo della scuola richiesto per Decreto nel 1897. Il Ministero operò insistentemente al fine di rimuovere Ragusa dalla carica di direttore «per ridare alla scuola un indirizzo più ordinato e meglio rispondente allo scopo della istituzione», tuttavia il Consiglio decise di rimandare la nomina e Ragusa continuò a svolgere le funzioni di Direttore e insegnante di plastica di figura sino al 1905, anno in cui la scuola fu soppressa con Regio Decreto. 251 Idem, p. 41. Ragusa esprime una profonda amarezza su alcune pagine del suo Memorandum riportate da Crisafulli: «Una sana critica avrebbe dovuto invece affermare ed illustrare l’opinione che la Scuola retrocede per deficienza di mezzi e non per deficienza intellettuale, né del Consiglio Direttivo né del Collegio dei Professori. Si, la Scuola retrocede perché l’Onorevole Consiglio […] chiuse i corsi, e non si curò dello Statuto e licenziò una numerosa schiera di alunni, perché non si avevano i mezzi d’istruirli. Di chi la colpa? Si lamenta il Signor Comm. Rosso perché la Scuola era un piccolo Istituto di Belle Arti; ma con la soppressione dei corsi preparatori e dei laboratori non si rimedia anzi si muta la Scuola addirittura in un Istituto di Belle Arti […]». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 244 22/12/22 13:34 245 Nel 1908 l’attività didattica fu ripristinata e la “Regia Scuola superiore d’Arte applicata all’industria” fu profondamente modificata come indicato dal Regio Decreto: «[...] al fine di migliorare e far progredire le industrie artistiche mediante insegnamenti artistici e tecnici ed esercitazioni pratiche in laboratori e officine annesse all’Istituto».252 Nel 1922 il Ministero dell’Economia Nazionale, da cui allora dipendevano le Scuole professionali, dispose253 che la Regia Scuola d’Arte Applicata all’Industria di Palermo fosse riordinata in R. Scuola Industriale per meccanici elettricisti, mantenendo l’arte applicata come una sezione della scuola stessa. In seguito alla riforma Gentile del 1923, la vecchia sezione di Arte Applicata passò sotto la giurisdizione del Ministero della Pubblica Istruzione con il nome di Regio Istituto e Scuola d’Arte254 e nel 1926 la scuola fu soggetta ad altro trasferimento nei locali dell’ex Monastero dello Schiavuzzo nell’omonima via palermitana255. Nel 2005 l’Istituto è stato intitolato a “Vincenzo Ragusa e Otama Kiyohara”256. Con la riforma del 2010 l’Istituto d’arte diventa Liceo Artistico257. Nel 1872, a Venezia, in seguito al formale impegno dello Stato, del Comune e della Camera di Commercio di Venezia, era entrata in attività la Scuola Veneta d’Arte Applicata all’Industria. Abbiamo già ricostruito, nel IV volume258 le vicende iniziali della Scuola. La fisionomia dell’istituto era stata definita dal Direttore, il prof. Guglielmo Stella (1828-1888), un pittore realista, nel suo primo rapporto annuale: i criteri informatori erano eminentemente pratici, rivolti innanzi tutto a far apprendere ai giovani i fondamentali elementi del disegno, punto di partenza per affinare il gusto e educare 252 Idem, p. 45. 253 R.D. n. 1336 del 28 luglio 1922 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 250 del 24 ottobre 1922. 254 R.D. n. 1200 del 21 Maggio 1924 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 184 del 6 agosto 1924. Nel 1924, era costituito da due corsi: a) Scuola d’Arte o corso inferiore, della durata di tre anni, alla fine del quale gli allievi conseguivano il diploma di Artiere, che li qualificava per un lavoro di tipo artigianale. b) Istituto d’Arte o corso superiore, della durata di quattro anni, a cui si accedeva con la licenza della Scuola d’Arte o con il titolo di scuola media. Il titolo conseguito alla fine era quello di Capo d’Arte, che dava la possibilità di organizzare e dirigere un’industria artistica, oppure di accedere direttamente alla Regia Accademia di Belle Arti. Inoltre, con questo titolo si poteva essere ammessi all’esame per l’abilitazione a perito Maestro d’Arte o all’Esame di Stato per l’abilitazione all’insegnamento. Il diploma del corso superiore consentiva l’accesso ad un biennio di perfezionamento chiamato Magistero d’Arte. I percorsi di istruzione di Istituto d’arte previsti dall’ordinamento previgente confluiscono nei percorsi del Liceo artistico così come delineato dal nuovo ordinamento. I nuovi indirizzi di Liceo artistico attivi dall’anno scolastico 2010-2011, sono: indirizzo “Architettura e ambiente”; indirizzo “Arti figurative”; indirizzo “Design” distinto nei settori di produzione artistica “Design dei metalli e del gioiello” e “Design del legno e dell’arredamento”. 255 Ministero dell’Educazione Nazionale, L’istruzione industriale in Italia, op. cit. pp. 185 e ss. 256 Con decreto del C.S.A., Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, n. 801/B22 Rep. V del 7.12.2005. 257 Con il DPR n. 89 del 15.03.2010. 258 Volume IV, Capitolo II, par. 2.3.5. pp. 403-404. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 245 22/12/22 13:34 246 la fantasia creativa degli allievi, tutti apprendisti, operai o artigiani.259 Solo questi, infatti, potevano iscriversi ai corsi della Scuola, serali d’inverno e mattutini in primavera ed estate. Nel 1876 la Scuola diventa Ente Morale260 e, nel 1880,261 vede aumentate le sue entrate annuali: la Camera di Commercio ed arti interviene con 3.750 lire, il Comune con 5.250 lire, la Provincia con 750 lire e lo Stato (che aveva contribuito con lire 8.000 per il primo impianto) concede un sussidio annuo di lire 4500. Nonostante gli aumenti la Scuola lamenta la scarsità di introiti. Per questo motivo i suoi dirigenti, nel 1884, inscenano una specie di protesta: Consiglio direttivo e Collegio dei professori deliberano la non partecipazione della scuola alla mostra nazionale industriale di Torino. La Scuola infatti non avendo ottenuto, dopo i successi conseguiti a Milano, alcun aumento nel proprio bilancio per portare quei miglioramenti necessari per la nuova progettata sua sistemazione, si sarebbe trovata nella impossibilità di presentarsi in modo diverso da quello con cui già si era fatta conoscere alla precedente Mostra di Milano. Nello stesso anno il Direttore fu chiamato a far parte della Commissione Reale incaricata dello studio dell’istruzione artistica industriale in Italia. Sempre nel 1884 venne conferita, alla Scuola la medaglia d’oro alla Mostra internazionale di Anversa. Anche in relazione a questa nuova affermazione, venne riordinata con Regio Decreto del 9 maggio 1886.262 L’art 1 ne definiva le finalità: «Essa ha per iscopo il miglioramento delle arti industriali; perció istruisce coloro i quali si dedicano a quelle industrie che hanno relazione con le arti belle. L’insegnamento è artistico, tecnico e di pratiche esercitazioni». L’art. 2 prevedeva una maggiore dotazione finanziaria: ll bilancio veniva portato a 25.000 lire, quasi il doppio del precedente. Alla spesa annuale provvedono la Camera di Commercio ed arti per L. 5.000, il Comune per L. 8.000, la Provincia per L. 2.000 e lo Stato con L. 10.000. Negli anni successivi il corso degli studi verrà articolato in due sezioni: quella inferiore e quella superiore. La prima manteneva più rigorosamente le antiche direttive del fondatore, seguendo le tendenze didattiche basate sulla geometrizzazione della forma e sullo studio del vero. Per lo studio degli antichi modelli, la Scuola, mancando di un Museo d’arte industriale, si poteva giovare del Civico Museo Correr, che possedeva preziose raccolte d’arte antica, che il Comune si impegnava di sistemare in una nuova sede e di arricchire con nuovi acquisti. Intanto, pur mantenendo sempre la scuola il suo carattere pratico ed artigiano, e rivolgendo, sempre in particolar modo le sue cure ai corsi preparatori, alla formazione della abilità manuale e tecnica, ed alla educazione del gusto dei 259 Negli anni ‘80 venne fatto oggetto di encomio da parte del professor Armstrong, Direttore della grande Scuola inglese, annessa al “South Kensington Museum” di Londra, il modello europeo in tal genere di studi. Vedi Cenni storici in www.liceoguggenheim.gov.it. 260 R.D. n. 8007 del 25 febbraio 1876. 261 R.D. n. 5604 del 14 agosto 1880 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 233 del 29 settembre 1880. 262 R.D. n. 3915 del 9 maggio 1886 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 123 del 26 maggio 1886. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 246 22/12/22 13:34 247 giovani apprendisti, nuove iniziative si preparavano e si attuavano nell’ambito del suo organismo. Per aumentare, ad esempio, il numero degli allievi nei corsi superiori si permetteva di iscriversi anche a quanti, senza direttamente provenire dai corsi inferiori, erano in grado di dar prova di una sufficiente preparazione negli elementi del disegno. Nel 1890 partecipò alla Mostra Comparativa delle Scuole Nazionali di Arte applicata e nel 1894 mancava improvvisamente il fondatore e Direttore dell’Istituto, professor Guglielmo Stella. 4.3.5. Le Scuole d’arte applicata all’industria sussidiate dal MAIC a. Le Scuole d’arte applicata all’industria sussidiate dal MAIC nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 La situazione all’inizio del decennio ci viene rappresentata, come già detto, dagli Annali dell’Industria e del Commercio 1885, che fanno riferimento alle scuole artistico-industriali operative nell’a.s. 1882-83.263 In questo documento ministeriale le scuole d’arte industriali, comunque siano le loro denominazioni, vengono raccolte sotto la comune dizione Scuole d’arte applicate all’industria. Gli annali riportano dati di 64 scuole: Acireale (CT) Scuola di disegno presso la Società dei commercianti ed artisti (1862); Asso (CO) Scuola di disegno applicata alle arti (1881); Auronzo (BL) Scuola professionale di disegno (1877); Avellino Scuola di arte applicata all’industria (1880); Bari Scuola di disegno della società giovanile operaia (1880); Bergamo Scuola di disegno per gli operai (1858); Bitonto (BA) Scuola di disegno (1870); Brescia Scuola Nazariana di disegno (1874) e Scuola comunale di disegno industriale (1800); Caltagirone Scuola di disegno industriale (1878); Cantù (CO) Scuola d’arte applicata (1882); Castellammare di Stabia (NA) Scuola di disegno industriale (1877); Carrara Scuola di disegno per gli artigiani (1800); Catania Scuola di disegno industriale del Circolo degli operai (1862); Cento (FE) Scuola professionale di disegno e plastica “Gian Francesco Barbieri” (1832); Chieti Scuola d’arte applicata all’industria (1881); Cittadella (PD) Scuola di disegno industriale (1877); Cividale (UD) Scuola di disegno (1878); Cosenza Scuola d’arte applicata all’industria (1879); Erba (CO) Scuola di disegno nel convitto Volta (1880); Faenza Scuola di disegno e plastica (1879); Fano (PS) 263 MAIC–Divisione industrie e commercio, Annali dell’industria e del commercio 1885 Relazione sulle scuole d’arti e mestieri e sull’insegnamento superiore… op.cit. pp. 234-280. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 247 22/12/22 13:34 248 Scuola d’arte applicata all’industria (1883); Ferrara Scuola di disegno industriale (1882); Firenze Scuola professionale per le arti decorative industriali (1869); Ivrea (TO) Scuola professionale di disegno (1871); Lanciano (CH) Scuola d’arte applicata all’industria (1881); Laveno Scuola di disegno industriale (1863); Lecce Scuola di disegno presso la Camera di Commercio (1881); Legnago (VE) Scuola di disegno e plastica (1880); Lissone (MI) Scuola di disegno industriale (1878); Luvino (CO) Scuola di disegno industriale per gli operai (1877); Luzzara (RE) Scuola d’arte applicata all’industria (1881); Macerata Scuola d’arte applicata all’industria (1881); Merate (CO) Scuola di disegno per gli operai (1879); Messina Scuola di disegno industriale presso la società operaia (1864); Milano Scuola di disegno dell’Associazione generale di mutuo soccorso degli operai (1864); Milano Scuola di disegno speciale per gli allievi orefici (1873); Mirano (VE) Scuola di disegno industriale (1879); Monza (MI) Scuola comunale di disegno per gli operai (1870); Murano (VE) Scuola di disegno applicato all’arte vetraria (1861); Napoli Scuole di disegno applicate alle arti presso la Società centrale operaia (1865); Nicosia (CT) Scuola serale di disegno applicato alle industrie (1875); Nizza Moferrato (AT) Scuola di disegno applicato ai mestieri (1881); Novara Scuola di arte applicata all’industria (1838); Nove (VI) Scuola di disegno applicato alla ceramica (1876); Padova Scuola di disegno e plastica per gli artigiani (1875); Paternò (CT) Scuola di disegno industriale del Circolo degli operai (1879); Pisa Scuola di disegno industriale presso la Camera di Commercio (1870); Pordenone (UD) Scuola di disegno (1872); Reggio Calabria Scuola d’arte applicata all’industria (1881); Sant’Angelo in Vado Scuola d’arte applicata (1881); Seravezza (LU) Scuola di disegno e plastica (1869); Sesto Fiorentino (FI) Scuola di disegno industriale (1873); Soncino (CR) Scuola speciale di disegno per gli operai (1864); Stradella (PV) Scuola di disegno (1873); Torre del Greco (NA) Scuola di lavorazione del corallo (1879); Varese Scuola d’arte applicata all’industria (1854 scuola festiva e 1880 scuola serale e festiva); Velletri (RM) Scuola di disegno (1876); Vercelli (NO) Scuola di disegno d’intaglio e di plastica per gli operai (1861); Verona, Scuola di arte applicata all’industria (1880); Vicenza Scuola di disegno e plastica degli operai presso l’Accademia olimpica (1860); Viggiù (CO) Scuola di disegno industriale (1873). Alcune delle scuole sopra riportate non le troveremo in elenchi successivi delle scuole nate negli anni 1880-1889. La causa principale è la cessazione delle loro attività formative nel corso di questi anni. Si tenga presente, infatti che per la modestia di alcune di loro (soprattutto quelle di disegno) come era relativamente facile aprirle, date le scarse dotazioni tecnologiche di cui avevano bisogno per il loro funzionamento “essenziale”, così era facile chiuderle. In considerazione che di molte scuole menzionate abbiamo parlato nel quarto volume o ne parleremo in seguito (quelle nate o riordinate dal 1880) ci limitiamo a fornire solo dati statistici relativi agli alunni o ai finanziamenti. Gli alunni iscritti erano 16.260, per l’esattezza 11.287 nelle scuole con orario delle lezioni diurne e 4.973 in quelle con orario serale. Dobbiamo, a questo proposito, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 248 22/12/22 13:34 249 fare una valutazione per le scuole industriali. Se consideriamo che le attività formative serali erano state progettate per quanti non potevano frequentare le lezioni diurne, prevalentemente perché in quegli orari gli allievi erano impegnati in attivata lavorative, possiamo dedurre che la maggioranza degli iscritti avevano più di dodici anni. Gli Annali ci confermano un dato essenziale: anche la gestione delle scuole artistico- industriali era di carattere consortile, cioè venivano sostenute finanziariamente e amministrate da una pluralità di soggetti, pubblici, prevalentemente ma anche privati. In particolare, i maggiori contribuenti, stando ai dati della Tabella 34 e del Grafico 18, sono in ordine decrescente lo Stato e i Comuni (con il 36,7% del totale dei contributi), soggetti privati (27,3%), lo Stato (20,7%), le Provincie (10,8%) e le Camere di Commercio (4,5%). Tabella n. 34 - Contributi finanziari per il funzionamento delle Scuole artistico-industriali da parte dei soggetti pubblici e privati (a.s. 1882-83, V.A in lire) STATO PROVINCIA COMUNE CAMERA DI COMMERCIO ALTRI TOT. 133.260 34.110 102.591 21.645 62.938 354.544 Grafico n. 18 – Contributi finanziari al funzionamento delle scuole professionali da parte dei soggetti pubblici e privati (a.s. 1882-83, V.%) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 249 22/12/22 13:34 250 b. Le Scuole d’arte applicata all’industria sussidiate dal MAIC nate o riordinate nel decennio 1880-1889 La dizione “scuole d’arte applicate all’industria e di disegno industriale”, come abbiamo già detto, comprende due tipologie di scuole: quelle d’arte applicata all’industria e quelle di disegno. Le seconde sono più numerose delle prime. Problematica è la loro distinzione sia perché i censimenti, almeno fino al 1903, le considerano nella stessa sezione, sia per la difficoltà ad individuare criteri che discriminino nettamente le une dalle altre. Infatti, empiricamente si può affermare che le scuole d’arte applicate all’industria vantassero un piano di studi più strutturato e un piano orario più corposo e l’uso di laboratori. Se osserviamo, ad esempio, le tabelle proposte nelle pagine successive che riportano una scheda per ciascuna scuola, possiamo notare che gli insegnamenti menzionati nelle scuole di arte applicate all’industria sono generalmente più numerose di quelle delle scuole di disegno. Nella Tabella 35 presentiamo una breve scheda di ciascuna scuola, specificando: sede, anno di istituzione, denominazione, soggetti rappresentati nell’organo di gestione della scuola e gli insegnamenti impartiti. Come si può notare la distinzione tra scuole d’arte applicata all’industria e scuole di disegno industriale rimane problematica anche se ci affidiamo alla nomenclatura. Le scuole si chiamano con nomi diversissimi. Al netto della connotazione relative all’orario dell’attività didattica (serale, festivo domenicale), del soggetto a cui appartengono (Fratellanza artigiana, Società operaia di mutuo soccorso, …), del personaggio cui sono dedicate (Dante Mazzari, Dosso Dossi, …) abbiamo 21 denominazioni diverse: - Scuola di disegno (Adernò, Busto Arsizio, Barga, Canzo, Ferrara, Menaggio, Valduggia) - Scuola d’arti e mestieri (Penne)264 - Scuola d’arte applicata alla industria (Badia Polesine, Cantù, Chiavari, Fano, Fossombrone, Gemona, Luzzara, Macerata, Maglie, Mantova, Massa Superiore, Penne, Pesaro, Reggio Calabria, Salò, S. Angelo in Vado, S. Sepolcro, Siracusa, Spilimbergo, Varese, Verona) - Scuola di disegno industriale (Barlassina, Brenno Useria, Cadero, Cannobio, Germignaga) - Scuola di disegno (Tarcento) - Scuola di disegno per gli operai (Troina) - Scuola di disegno industriale e plastica (Bologna) - Scuola professionale per le arti decorative (Besana Brianza) - Scuola professionale di disegno e scultura in legno (Castiglione dello Stiviere) - Scuola di disegno e intaglio (Cesano Maderno) - Scuola di disegno per le arti e mestieri (Clusone, S. Daniele del Friuli, Trecchina) - Scuola di disegno applicato alle industrie (Erba, Malnate, Milazzo) 264 Prenderà il nome di Scuola d’arte applicata all’industria nel 1902. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 250 22/12/22 13:34 251 - Scuola di disegno applicato alle arti (Patti, Portici) - Scuola di disegno applicato alle arti ed alle industrie (Sutrio, Tolmezzo) - Scuole operai di disegno industriale (Gavirate) - Scuola delle arti decorative ed industriali (Lanciano) - Scuola di disegno e di intaglio applicato all’industria dei mobili (Seveso S. Pietro) - Scuola d’arte applicata alla tarsia e all’intaglio (Sorrento) - Scuola popolare di disegno e di istruzione (Missaglia) - Scuola popolare di disegno (Vimercate) - Scuola serale di disegno applicato ai mestieri (Musadino, Nizza Monferrato) Tabella n. 35 - Scuole d’arti applicate all’industria e di disegno industriale sussidiate e governate dal MAIC e soggetti pubblici territoriali attivate nel decennio 1880-1889 Città Anno istituzione Denominazione Consiglio direttivo ADERNÒ 1883 Scuola serale di disegno Circolo operaio Insegnamenti: Disegno industriale BADIA POLESINE 1882 Scuola serale d’arte applicata all’industria “Dante Mazzari” Comune, Società operaia Insegnamenti: Disegno e plastica (2), Materie elementari e disegno di ornato BARGA 1888 Scuola di disegno della fratellanza artigiana Fratellanza artigiana Insegnamenti: Disegno BARLASSINA 1884 Scuola serale e festiva di disegno industriale Società di M.S. fra gli operai e gli agricoltori Insegnamenti: Disegno, Geometria, Plastica e intaglio BESANA – BRIANZA 1885 Scuola professionale per le arti decorative Società di M.S. fra gli esercenti e gli operai Insegnamenti: Disegno elementare e plastica BOLOGNA 1884 Scuola di disegno industriale e plastica Circolo artistico bolognese Insegnamenti: Disegno elementare e plastica BOLOGNA 1885 Scuola professionale per le arti decorative Senza Consiglio direttivo Insegnamenti: Disegno di figura, Disegno d’ornato, Intaglio in legno, Pittura decorativa ornamentale, Plastica cesello e lavori in marmo, Storia delle arti professionali decorative, Disegno geometrico, architettonico e prospettico, Pittura decorativa BRENNO – USERIA 1886 Scuola di disegno industriale Società operaia Insegnamenti: Disegno elementare e plastica CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 251 22/12/22 13:34 252 BUSTO ARSIZIO 1886 Scuola di disegno della Società operaia di mutuo soccorso Società operaia di M.S. Insegnamenti: Disegno elementare e applicato CADERO 1882 Scuola di disegno industriale della Società di M.S. fra gli operai della Valle Vedasca Direttore della Sezione di Garabiolo e Direttore della Sezione di Armio Insegnamenti: Disegno ornamentale e geometrico CANZO 1884 Scuola di disegno Società operaia Insegnamenti: Architettura, Disegno lineare e professionale CANNOBIO 1885 Scuola di disegno industriale Provincia, Camera di Commercio di Novara, Comuni di S. Agata e S. Bartolomeo, Comune di Cannobio, Opera Pia Uccelli Insegnamenti: Disegno architettonico, geometrico, d’ornato applicato e Decorazione CANTÙ 1882 Scuola d’arte applicata all’industria Comune Insegnamenti: Disegno applicato e d’ornato, geometria, intaglio, plastica CASTIGLIONE DELLE STIVIERE 1884 Scuola professionale di disegno e scultura in legno Comune Insegnamenti: Plastica e scultura in legno, Disegno di ornato, geometrico e di prospettiva CESANO MADERNO 1881 Scuola festiva di disegno e intaglio della Società di S.M. fra operai Società di Mutuo Soccorso Insegnamenti: Disegno e intaglio CLUSONE 1883 Scuola di disegno per le arti e mestieri Comune Insegnamenti: Disegno e intaglio e lavori in terra, Disegno CHIAVARI 1881 Scuola d’arte applicata all’industria MAIC, Provincia, Comune, Società economica Insegnamenti: Architettura, decorazione, prospettiva e costruzioni, Italiano, Disegno geometrico e aritmetica, Ornato, intaglio e plastica, Disegno d’ornato e applicato ERBA 1881 Scuola serale e domenicale di disegno applicato alle industrie Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico e costruzioni, Disegno e plastica FANO 1881 Scuola d’arte applicata all’industria Comune, MAIC, Provincia Insegnamenti: Disegno ornamentale, Disegno applicato e ornamentale, Modellazione, Intaglio in legno, Disegno geometrico, ornamentale ed applicato alle arti CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 252 22/12/22 13:34 253 FERRARA 1881 Scuola di disegno “Dosso Dossi” Comune Insegnamenti: Decorazione, disegno architettura e prospettiva, Disegno geometrico e d’ornato, Storia delle arti, Plastica, Disegno di figura, Geometria e disegno di costruzioni FOSSOMBRONE 1889 Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria Comune, Provincia Insegnamenti: Geometria, Disegno geometrico, Fisica e meccanica, Disegno d’ornato, di figura e d’architettura, Intaglio e plastica GAVIRATE 1887 Scuole serali operaie di disegno industriale Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico, architettonico, d’ornato e applicato alle arti, Disegno applicato GEMONA 1884 Scuola d’arte applicata all’industria Comune, Camera di Commercio, Società operaia Insegnamenti: Geometria, ornato disegno costruttivo, architettonico e decorativo, Elementi di pittura decorativa, Geometria e disegno GERMIGNANA 1886 Scuola serale di disegno industriale Società di M.S. Insegnamenti: Disegno industriale di arti e mestieri, Intaglio, Plastica LANCIANO 1880 Scuola serale delle arti decorative e industriali Comune Insegnamenti: Disegno ornamentale, Disegno geometrico, Intaglio e lavorazione del legno, Plastica LUZZARA 1881 Scuola d’arte applicata all’industria Comune, Provincia Insegnamenti: Disegno geometrico, costruzioni architettoniche, meccanica topografia, Disegno d’ornato e di figura, intaglio, modellazione, Disegno d’ornato e di figura, modellazione, intaglio, intarsio, impiallacciatura MACERATA 1881 Scuola d’arte applicata all’industria MAIC, Comune, Provincia, Camera di Commercio, Cassa di risparmio, Congregazione di carità Insegnamenti: Disegno ornamentale ed applicato, plastica e intaglio, Disegno geometrico ed ornato, Disegno geometrico, Tecnologia, geometria ed elementi di architettura MAGLIE 1887 Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria MAIC, Comune, Provincia, Camera di Commercio Insegnamenti: Disegno a mano libera e geometrico, Plastica intaglio in legno e scultura in pietra, Disegno MALNATE 1882 Scuola serale e domenicale di disegno applicato alle industrie Società operai e contadini Insegnamenti: Geometria e disegno (Corso preparatorio), Disegno ornamentale ed applicato per la plastica CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 253 22/12/22 13:34 254 MANTOVA 1887 Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria MAIC, Comune, Provincia, Camera di Commercio Insegnamenti: Pittura decorativa e modellazione, Disegno tecnico e misurazione, Disegno ornamentale e geometrico MASSA SUPERIORE 1889 Scuola d’arte applicata all’industria MAIC, Provincia, Comune Insegnamenti: Geometria descrittiva, prospettiva, disegno ornamentale ed architettonico, plastica, pittura decorativa, Disegno geometrico ed elementi di geometria ed aritmetica, Ebanisteria ed intaglio MENAGGIO 1885 Scuola di disegno Società operaia Insegnamenti: n.d. MILAZZO 1883 Scuola serale di disegno applicato all’industrie Società operaia Insegnamenti: Insegnamenti di coltura generale, Disegno applicato MISSAGLIA 1882 Scuola popolare di disegno e di istruzione Comune, Società operaia Insegnamenti: Nozioni di disegno ed elementi di geometria, Disegno d’ornato e architettonico, Disegno applicato alle industrie MUSADINO 1889 Scuola serale di disegno applicato ai mestieri Comune di Muceno, Musadino, Porto Castello, Bedero, Società dei lavoratori della Valtravaglia, Società operaia di Castello Insegnamenti: Disegno ornamentale, geometrico ed applicato NIZZA MONFERRATO 1881 Scuola serale e domenicale di disegno applicato ai mestieri Comune Insegnamenti: Disegno d’ornato e geometrico, plastica e costruzioni, Italiano, Aritmetica PATTI 1887 Scuola di disegno applicato alle arti Società operaia Insegnamenti: Disegno e plastica PENNE 1887 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri MAIC, Comune, Provincia, Camera di Commercio Insegnamenti: Ornato figura e decorazione pittorica, Intaglio ed ebanisteria, Plastica decorativa, Disegno geometrico, architettonico e prospettico PESARO 1887 Scuola d’arte applicata all’industria MAIC, Provincia, Comune Insegnamenti: Disegno plastica ed applicazioni, Disegno, Geometria ed elementi di disegno architettonico PORTICI 1884 Scuola serale e di disegno applicato alle arti Comune, Società operaia di M.S. Insegnamenti: Disegno, Matematica, fisica, meccanica ed elettricità, Storia, geografia, Aritmetica, Italiano CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 254 22/12/22 13:34 255 REGGIO CALABRIA 1884 Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria Comune, Camera di commercio, Società artistica operaia Insegnamenti: Disegno lineare, geometria ed architettura, Decorazione su vetro e maiolica, litografia e calligrafia, Disegno d’ornato e di figura, Modellazione e intaglio SALÒ 1881 Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria Comune Insegnamenti: Disegno geometrico e architettonico, Plastica, Ornato, Decorazione, Pittura S. ANGELO IN VADO 1882 Scuola serale d’arte applicata all’industria Comune Insegnamenti: Disegno ornamentale, di figura e di macchine, Modellazione ed elementi di architettura, laboratorio di ebanisteria, Geometria e disegno geometrico ed architettonico S. DANIELE DEL FRIULI 1887 Scuola di disegno d’arti e mestieri Comune, Società operaia Insegnamenti: Disegno lineare, geometrico e d’ornato, Plastica S. SALVATORE MONFERRATO 1887 Scuola serale di disegno Società operaia di M.S. Insegnamenti: ornato, Disegno geometrico, di figura e di costruzioni, Geometria e aritmetica SAN SEPOLCRO 1888 Scuola d’arte applicata all’industria MAIC, Comune, Provincia, Camera di commercio, Società operaia Insegnamenti: Matematica, fisica e tecnologia, Disegno e modellazione SEVESO SAN PIETRO 1886 Scuola di disegno e di intaglio applicato all’industria dei mobili Fondatore e alcuni da lui nominati per incarico degli oblatori Insegnamenti: Disegno e intaglio applicato alla lavorazione dei mobili, Disegno e modellazione in creta, Disegno SIRACUSA 1883 Scuola d’arte applicata all’industria Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Disegno geometrico ornamentale di figura e architettonico, Pittura decorativa, Disegno elementare, d’ornato geometrico e di figura, Disegno ornamentale e di figura, plastica e scultura ornamentale SORRENTO 1886 Scuola serale e domenicale d’arte applicata alla tarsia ed all’intaglio MAIC, Comune, Provincia, Camera di Commercio Insegnamenti: Disegno ornamentale, Elementi di figura e di architettura, Tarsia, Incisione, Stipetteria, Plastica ornamentale, Intaglio in legno e in avorio SUTRIO 1882 Scuola di disegno applicato alle arti ed alle industrie Camera di Commercio, Comune, Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico ed architettonico CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 255 22/12/22 13:34 256 SPILIMBERGO 1889 Scuola d’arte applicata all’industria Società di mutuo soccorso e Camera di commercio di Udine Insegnamenti: Disegno e plastica TARCENTO 1883 Scuola di disegno professionale Comune Insegnamenti: Geometria, Disegno geometrico ed ornamentale, Disegno architettonico, Disegno decorativo, Disegno applicato alle arti TOLMEZZO 1885 Scuola di disegno applicato alle arti ed alle industrie Camera di Commercio, Comune, Società operaia Insegnamenti: Costruzione e decorazioni, Aritmetica applicata e disegno geometrico, Aritmetica, Disegno ornamentale e Geometria TRECCHINA 1884 Scuola di disegno applicato alle arti ed ai mestieri Società operaia L’Unione Insegnamenti: Disegno geometrico, lineare, d’ornato e applicato alle arti TROINA 1885 Scuola serale di disegno per gli operai Società operaia di M.S. Insegnamenti: Disegno geometrico e di ornato industriale VALDUGGIA 1885 Scuola di disegno “Gaudenzio Ferrari” Assemblea dei soci Insegnamenti: Elementi di ornato della stampa, disegno geometrico, Disegno architettonico e industriale VARESE 1881 Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Geometria descrittiva, Elementi di meccanica e di costruzione, sezione fabbri ed affini, Sezione muratori ed affini, Disegno ornamentale, geometrico e costruttivo, Disegno ornamentale e costruttivo, Sezione falegnami ed affini VERONA 1880 Scuola d’arte applicata all’industria MAIC, Comune, Camera di Commercio, Accademia di agricoltura arti e com. Insegnamenti: Disegno di ornato, Elementi di ornato, Geometria, Disegno architettonico e di macchine, Plastica ornamentale VIMERCATE 1884 Scuola popolare di disegno Società operaia Insegnamenti: Disegno ornamentale e geometrico, Geometria piana ed elementi di architettura CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 256 22/12/22 13:34 257 Le scuole artistico industriali possono essere classificate in relazione alla tipologia gestionale, cioè ai soggetti che le organizzano e le amministrano. Se osserviamo la composizione di tali Consigli nella parte della Tabella 36 “Soggetti rappresentatati nel Consiglio direttivo” possiamo notare: 1. le scuole rette da un solo soggetto rappresentano la maggioranza. Sono infatti 35 Di questi 23 di Associazioni di lavoratori e 12 dei Comuni: - Associazioni di lavoratori: Adernò, Badia Polesine, Barga, Barlassina, Besana Brianza, Brenno Useria, Busto Arsizio, Canzo, Cesano Maderno, Erba, Gavirate, Germignaga, Malnate, Milazzo, Menaggio, Patti, S. Salvatore Monferrato, Saronno, Seveso S. Pietro, Trecchina, Troina, Valduggia, Vimercate); - Comuni: Cadero, Cantù, Castiglione dello Stiviere, Clusone, Ferrara, Lanciano, Nizza Monferrato, Portici, Salò, S. Daniele Friuli, S. Angelo in Vado; 2. le altre 25 scuole sono amministrate e controllate da Consorzi. Consorzi formati da soggetti pubblici (lo Stato attraverso il MAIC, la Provincia, il Comune e la Camera di Commercio) e privati (Associazioni di lavoratori o di altra natura). La loro diversa composizione dà luogo a 11 tipi di consorzi diversi: - MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio (Bologna, Maglie, Mantova, Penne, Sorrento); - MAIC, Provincia, Comune (Chiavari, Fano, Massa Superiore, Pesaro); - MAIC, Comune, Camera di Commercio, Altri soggetti (Macerata, Verona); - MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio, Associazione di lavoratori (Sansepolcro); - Provincia, Comune (Fossombrone, Luzzara); - Provincia, Comune, Camera di Commercio (Siracusa); - Provincia, Comune, Altri soggetti (Cannobio); - Comune, Camera di Commercio (Gemona, Varese); - Comune, Camera di Commercio, Associazione di lavoratori (Reggio Calabria, Sutrio, Tolmezzo); - Comune, Associazione di lavoratori (Missaglia, Musadino); - Camera di Commercio e Associazioni di lavoratori (Spilimbergo). Il Comune è il soggetto più presente nella vita di queste scuole: i suoi delegati, infatti, sono nel 57% delle scuole censite; seguono nell’ordine: le Associazioni dei lavoratori, presenti in 30 scuole (pari al 52%), la Camera di Commercio in 16 (28%), la Provincia in 14 (24 %) e il MAIC in 12 (21%). Anche per questa tipologia di scuola professionale possiamo affermare quanto detto per le scuole industriali: la partecipazione dei soggetti locali, istituzionali o funzionali, pubblici o privati, sta ad indicare che il radicamento territoriale è una caratteristica costitutiva di queste istituzioni formative. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 257 22/12/22 13:34 258 Tabella n. 36 – Composizione del governo delle scuole d’arte applicate all’industria e di disegno industriale Governo della scuola MAIC Provincia Comune Camera di Commercio Associazioni Altri Adernò (CT) Badia Polesine (RO) Barga (LU) Barlassina (MB) Besana Brianza (MB) Bologna Bologna Brenno Useria (VA) Busto Arsizio (VA) Cadero (VA) Cannobio (VB) Cantù (CO) Canzo (CO) Castiglione delle Stiviere (MN) Cesano Maderno (MN) Chiavari (GE) Clusone (BG) Erba (CO) Fano (PS) Fossombrone (PS) Ferrara* Gavirate (VA) Gemona* (UD) Germignaga (VA) Lanciano (CH) Luzzara* (RE) Macerata* Maglie (LE) Malnate (VA) Mantova* Massa Superiore (RO) Milazzo (ME) Menaggio (CO) Missaglia (LC) Musadino (VA) Nizza Monferrato (AT) Patti (ME) Penne* (CH) Pesaro* CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 258 22/12/22 13:34 259 Portici (NA) Reggio Calabria Salò (BS) S. Danile del Friuli (UD) S. Salvatore Monferrato (AL) San Sepolcro (AR) S. Angelo in Vado* (PS) Saronno (VA) Sorrento (NA) Seveso S. Pietro (MB) Siracusa* Spilimbergo (PN) Sutrio (UD) Tarcento (UD) Tolmezzo (UD) Trecchina (PZ) Troina (EN) Valduggia (VC) Varese* (VA) Verona Vimercate (MB) 12 14 34 16 31 3 Molto irregolare la distribuzione delle scuole sul territorio; 37 al Nord, 11 al Centro, 7 al Sud e 5 nell’Italia insulare. Anche nel Nord, tuttavia, dove si concentra la maggior parte di queste scuole (61,6%), le differenze tra Regione e Regione sono molto marcate: si va dalle 23 della Lombardia (Barlassina, Besana Brianza, Brenno Useria, Busto Arsizio, Cadero, Cantù, Canzo, Castiglione dello Stiviere, Cesano Maderno, Clusone, Erba, Gavirate, Germignaga, Malnate, Mantova, Menaggio, Missaglia, Musadino, Salò, Saronno, Seveso, Varese, Vimercate) ad una della Liguria (Chiavari), passando alle 4 scuole del Piemonte (Cannobio, Nizza Monferrato, S. Salvatore Monferrato, Valduggia), alle 6 del Friuli (Gemona, S. Daniele Friuli, Spilimbergo, Sutrio, Tarcento, Tolmezzo), alle 3 del Veneto (Badia Polesine, Massa Superiore, Verona). Sorprende tra le poche scuole del Centro (18,3% del totale nazionale) la loro mancanza nella regione Lazio: infatti delle 11 censite sono due in Toscana (Barga, S. Sepolcro), 4 in Emilia (2 a Bologna, Ferrara, Luzzara) e 5 nelle Marche (Fano, Fossombrone, Macerata, Pesaro, S. Angelo in Vado). Nel Meridione del Paese (11,6%) si contano una scuola in Calabria (Reggio Calabria) e in Puglia (Maglie) e 2 in Campania (Portici, Sorrento) ed Abruzzo (Lanciano, Penne), una in Basilicata (Trecchina). Per quanto riguarda l’Italia insulare le 5 scuole (6,6%) censite sono tutte in Sicilia (Adernò, Milazzo, Patti, Siracusa, Troina). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 259 22/12/22 13:34 260 Grafico n. 19 - Distribuzione regionale delle scuole attivate nel decennio Se facciamo riferimento alla distribuzione provinciale va segnalato il dato della provincia di Varese: 8 scuole, pari al 34,8 % delle scuole d’arte applicate all’industria e di disegno industriale della Lombardia e 13,8% rispetto al totale nazionale. Le scuole sono prevalentemente aperte nei paesi: infatti solo 8 sono le città di Provincia in cui, nel decennio, sono state aperte scuole di questo tipo. Oltre alla menzionata Varese, hanno beneficiato di questa opportunità formative: Ferrara, Macerata Mantova, Pesaro, Siracusa, Bologna, Verona. Il capoluogo regionale dell’Emilia-Romagna beneficia della presenza di due strutture. c. Le Scuole d’arte applicata all’industria nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Nord dell’Italia In provincia di Monza, a Cesano Maderno la Commissione amministrativa e l’Assemblea dei soci del Circolo degli Onesti Operai- fondata nel 1868265 - decideva di istituire una Scuola di disegno “applicato alle arti e alle industrie”. Vi si insegnava per due anni, per due ore in orario serale per tre volte la settimana disegno geometrico e a mano libera, disegno applicato ai mestieri. La frequenza, gratuita, prevedeva come requisito solo la promozione alla quarta elementare. Contribuivano al suo funzionamento, oltre al contributo ministeriale (200 lire) il Comune (200), la 265 Ministero della Istruzione Pubblica, Notizie intorno alle Scuole d’arte e di disegno italiane, Roma, Tipografia Ditta Ludovico Cecchini, 1898. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 260 22/12/22 13:34 261 Camera di Commercio (250) e il Circolo degli operai (105). Il numero degli alunni iscritti si aggirava sulla quarantina.266 L’attuale Liceo Artistico “G. Romano” di Mantova ha inizio con una Scuola d’Arte applicata all’industria e con quella condivide tutte le evoluzioni istituzionali che hanno caratterizzato l’istruzione artistica. Nel 1752, per iniziativa del pittore ed architetto Giovanni Cadioli, era nata in quella città, un’Accademia di pittura scultura e architettura, che nel 1767 viene incorporata nella Reale Accademia. È da tale istituzione che nasce la Scuola d’Arte Applicata.267 Infatti, su questo fondamento viene istituita il 3 marzo 1887268 una Scuola serale e domenicale d’Arte Applicata all’industria, con sede nel palazzo municipale, e con “l’iscopo di fornire insegnamenti di disegno e di modellazione con applicazione alle arti fabbrili ed ornamentali”. Parteciparono al progetto il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio di Mantova269, che decisero di contribuire al mantenimento annuo della scuola, stabilita in annue lire 4.000, rispettivamente con 1.500, 600 e 300 lire. Alle rimanenti 1.600 provvedeva il MAIC. La Scuola forniva insegnamenti relativi a: disegno geometrico a mano libera; disegno geometrico colla riga e col compasso; disegno ornamentale; elementi di disegno architettonico; elementi di disegno di macchine; pittura di decorazione; modellazione; regole pratiche per la misurazione delle superficie e dei volumi. Per essere ammessi occorreva avere almeno 12 anni e aver frequentato con successo la seconda elementare. Il 26 dicembre 1881 il Consiglio direttivo della Società operaia di Badia Polesine, in provincia di Rovigo, delibera l’istituzione di una Scuola d’arte applicata all’industria, che verrà intitolata a Dante Mazzari. La Scuola offriva un percorso lungo: 5 anni (1 preparatorio e 4 normali), per due ore serali di tutti i giorni feriali, dal 1 ottobre al 31 marzo. Al termine del quinquennio veniva conferito un certificato di licenza, non a seguito di esami, ma semplicemente, in base alla valutazione dei rendimenti durante l’ultimo anno scolastico. Per frequentarla era sufficiente aver frequentato la terza elementare e pagare una tassa annua di 1 lira (che però veniva restituita alla fine dell’anno a chi lo aveva frequentato con regolarità). Il Consiglio direttivo era composto da 4 membri: 2 nominati dal Comune e 2 dalla Società operaia. La sorveglianza sull’andamento didattico spetta al Direttore. Il bilancio preventivo ed il conto consuntivo dovevano essere approvati dal Consiglio direttivo, dalla Società operaia, dalla Deputazione provinciale di Rovigo e dal Comune. Numerosi i soggetti che sostenevano la scuola: oltre al MAIC (500 lire), intervenivano la Pro- 266 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 400-401. 267 www.liceoartisticomantovaeguidizzolo.edu.it/la-scuola/informazioni.../storia 268 R.D. n. 4379 del 3 marzo 1887 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 65 del 19 marzo 1887. 269 Con Deliberazioni: del Consiglio comunale di Mantova in data 29 maggio 1882, 15 ottobre 1883, 27 novembre 1885 e 29 gennaio 1887; del Consiglio provinciale e della Camera di Commercio ed arti di Mantova rispettivamente in data 15 aprile 1884 e 20 dicembre 1883 (Vedi i “visti” del Decreto istitutivo della nota precedente). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 261 22/12/22 13:34 262 vincia (1.300), la Camera di commercio (100), la Società operaia (250) e i Comuni di Badia e Baruchella. Una sessantina gli alunni iscritti ogni anno.270 A Barlassina271, un piccolo paese (1.200 abitanti) quasi equidistante da Monza, Como e Milano viene fondata nel 1884, per iniziativa della locale Società di mutuo soccorso fra operai ed agricoltori, una Scuola di disegno industriale per i vari mestieri “specialmente per quello di costruttore di mobili comuni e di lusso”. Il percorso formativo durava 4 anni (dal 1 ottobre al 31 agosto); un quinto, di perfezionamento, era facoltativo. La scuola seguiva orari serali (tre volte la settimana 2 ore) e domenicali (pure 2 ore). I circa 50 alunni, che avevano al momento dell’iscrizione almeno 12 anni ed erano in possesso del certificato di promozione dalla 3a elementare, pagavano una tassa di ammissione di 10 lire (erano esentati se erano soci - e quindi avevano più di 15 anni - o figli di soci. La sorveglianza amministrativa era di competenza della Società di mutuo soccorso, che provvedeva al suo sostentamento annuo (con 255 lire), affiancata dal MAIC (150 lire), dalla Provincia (150), dal Comune (50) dalla Camera di Commercio (200) e dalla Società Umanitaria (200).272 Sempre in Brianza, a Besana, la Società di mutuo soccorso fra gli operai ed agricoltori, nel 1885, istituisce una Scuola di disegno industriale e plastica. Consta di un corso preparatorio biennale e di un corso normale della durata di tre anni, il quale si divide in 4 sezioni: a) falegnami, intagliatori e costruttori in legno; b) fabbri- ferrai, meccanici-idraulici, lattonieri; c) muratori e scalpellini; d) decoratori. Per essere ammessi alla Scuola è necessario aver compiuto il 12° anno di età e saper leggere e scrivere. All’atto dell’iscrizione al 1° corso preparatorio, l’alunno deve pagare una tassa d’ammissione di una lira. Il provento delle tasse viene destinato alla formazione di premi in danaro da erogarsi agli allievi più diligenti. L’anno scolastico incomincia il 1° novembre e termina il 31 luglio. Le lezioni (2 ore) sono tenute in inverno tre volte la settimana e, nei mesi caldi, solo la domenica. Gli alunni non dànno esami; le promozioni vengono concesse in base alle prestazioni didattiche dell’ultimo anno. Alla fine del percorso agli alunni non viene rilasciato alcun certificato. Le contribuzioni finanziarie sono assicurate dal MAIC (200 lire), dalla Provincia, Camera di Commercio e Società Umanitaria (400), la Cassa di risparmio di Milano (300). La Società fondatrice mette a disposizione la logistica.273 270 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. p. 416-417. 271 Oggi in provincia di Monza, allora di Milano. 272 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. pp. 422-423. 273 Ibidem, pp. 431-432. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 262 22/12/22 13:34 263 Figura n. 32 - Struttura didattica della Scuola di disegno e plastica di Besana A Brenno Useria (oggi frazione nel comune di Arcisate in provincia di Varese, ma a fine ‘800 Comune autonomo della provincia di Como) la Società operaia di mutuo soccorso, nel 1886, delibera l’istituzione di una Scuola di disegno industriale. Il percorso formativo dura 4 anni, con un’ora e mezza di lezione al giorno (dalle 12,30 alle 14!) dal 1 aprile al 30 settembre. L’orario giornaliero (tra un turno di lavoro antimeridiano e uno pomeridiano) sta ad indicare che l’utenza era formata da operai che già lavoravano. Gli alunni non dànno esami. Le promozioni vengono concesse in relazione al rendimento didattico dell’anno scolastico. Alla fine di ciascun anno vien rilasciato agli allievi un attestato con i punti ottenuti. Gli allievi iscritti (in media una cinquantina) pagano una tassa mensile di 75 centesimi se sono soci o figli di soci della Società operaia; altrimenti una lira se appartengono al comune di Brenno Useria o lire 1.50 se appartengono ad altri Comuni. La destinazione finale di molti allievi, come in genere degli operai del Paese, era l’America del Nord. La sorveglianza amministrativa della Scuola è affidata ad uno speciale Consiglio (4 membri) nominato dal Consiglio generale della Società. Le spese della scuola (circa 1.100 lire l’anno) sono sostenute con i sussidi del MAIC (250 lire), dal Comune (100) dalla Camera di Commercio (175), dalla Cassa di risparmio di Milano (150) oltre che dalla Società operaia (175).274 Due Decreti ministeriali (del 1 settembre 1885 e del 21 luglio 1888) del MAIC e del Ministero della Pubblica Istruzione assicurano il loro sussidio ad una Scuola di disegno industriale a Cannobio (4500 abitanti in provincia, allora di Varese, oggi del Verbano-Cusio-Ossola). Contributi finanziari venivano anche dai Comuni di Cannobio, S. Agata e San Bartolomeo, dalla Camera di Commercio, dalla Provincia, dall’Opera Pia Uccelli e dalla locale filiale della Cassa di risparmio di Milano. 274 Ibidem, pp. 442-443. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 263 22/12/22 13:34 264 La scuola si articolava in due sezioni: a) sezione costruttiva, il cui corso durava 4 anni; b) sezione ornamentale, il cui corso durava 3 anni. Vi era poi un corso biennale complementare per la decorazione pratica. Per essere ammessi, occorreva aver compiuto i 12 anni di età ed aver conseguito la promozione dalla 3a alla 4a classe elementare. L’a.s. iniziava il 15 ottobre e terminava il 20 aprile, con lezioni tutti i giorni feriali dalle ore 9 alle 11 e dalle 18 alle 20; per la decorazione pratica nei giorni di martedì, giovedì e sabato dalle 13.30 alle 15.30. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola, era affidato ad un Consiglio direttivo composto di 7 membri: due del Comune di Cannobio, due dell’Opera pia “Uccelli”, uno della Camera di commercio di Novara, uno della Provincia, 2 dei Comuni di Sant’Agata e di San Bartolomeo. Gli alunni (in media 45) non pagano tasse. L’attuale Liceo artistico statale “Fausto Melotti” di Cantù (CO)275 ha le sue lontane origini nella Scuola d’arte applicata all’industria, fondata nel 1882, a seguito di un Decreto del MAIC del 22 dicembre 1882: “La Scuola ha per iscopo di fornire l’insegnamento del disegno e della modellazione con applicazione speciale alle industrie della fabbricazione dei mobili in legno e dei merletti”. La Scuola comprendeva le seguenti sezioni: a) feriale di disegno (due ore e mezza 4 volte a settimana); b) domenicale di disegno (3 ore); c) sezione d’intaglio (dalle 13 “fino all’imbrunire” tutti i giovedì e 3 ore tutte le domeniche); d) sezione femminile (2 ore tre giorni la settimana). Le due sezioni di disegno e quella femminile duravano 6 anni: il primo preparatorio, tre normali e due di perfezionamento. La sezione d’intaglio aveva un corso della durata di due anni. Nella Scuola veniva pure impartito, indipendentemente dai programmi delle predette sezioni, l’insegnamento della modellazione (il giovedì serale due ore e la domenica tre ore), che comprendeva due corsi biennali. 275 Liceo artistico statale “Fausto Melotti” di Cantù, in www.liceoartisticomelotti.gov.it/storiadella- scuola CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 264 22/12/22 13:34 265 Figura n. 33 – Struttura didattica della Scuola d’arte applicata all’industria di Cantù L’a.s. durava dal 15 ottobre alla fine di luglio. Gli alunni pagavano una tassa annuale. Il governo della scuola era affidato ad un Consiglio dirigente (4 membri delegati dal Comune e il direttore). Il numero annuo degli iscritti si aggirava sulle 300 unità. Un numero importante, ma d’altra parte per loro l’entrata nel mondo del lavoro non era problematica. “Le autorità preposte alla Scuola riferiscono che molti allievi sono figli di piccoli industriali e non hanno quindi bisogno di allogarsi in altre fabbriche; gli altri trovano occupazione nei numerosi stabilimenti per la fabbricazione dei mobili, esistenti nel Comune”. Le spese annue superavano i 4.600 e in gran parte venivano coperte dai contributi del MAIC (900 lire), del Comune (2.475) della Camera di Commercio (250). Ciò che mancava veniva coperto da rendite patrimoniali e il ricavato dalle tasse scolastiche.276 L’Assemblea della Società di mutuo soccorso fra gli operai e i contadini di Canzo, paese delle Prealpi lombarde di 1.800 abitanti in provincia di Como, il 7 dicembre 1884 deliberava l’apertura di una Scuola di disegno. Si articolava in tre sezioni ognuna delle quali durava 3 anni. Le materie di insegnamento: nella 1a sezione ornato e decorazione, nella 2a architettura ed elementi di architettura, nella 3a sezione geometria, disegno geometrico e di macchine. Per l’ammissione non viene richiesto nessun titolo di studio, ma solo aver compiuto i 12 anni di età. Le lezioni iniziano i primi di ottobre e terminano alla fine di aprile, con 2 ore la domenica e in tre giorni feriali. La Scuola non rilascia certificati. Gli allievi che non sono soci o figli di soci della Società di M. S. pagano una tassa d’iscrizione di tre lire. La scuola non ha un proprio organo direttivo, ma è governata dal Presidente e dal Consiglio direttivo della Società operaia. Finanziariamente è tenuta in vita da MAIC, Comune, Cassa di 276 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp.466-467. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 265 22/12/22 13:34 266 risparmio di Milano e Società operaia, rispettivamente con 150, 35, 100 e 225 lire annue. Sempre nel 1884, a Castiglione delle Stiviere (MN), nella pianura padana, nell’alto mantovano, il Comune, che contava, allora, 5.300 abitanti, decide l’apertura di una Scuola professionale di disegno e scultura in legno. “La Scuola ha per fine di formare abili operai in ogni mestiere, sviluppando nella classe operaia il sentimento del bello, e di far risorgere in paese l’arte della scultura in legno che già fiorì nel XVI e nel XVII secolo.” La Scuola ha una sola sezione divisa in tre corsi: uno preparatorio di 1 anno; un altro superiore di tre anni, ed uno speciale di 4 anni. Alla Scuola è annesso un laboratorio per la scultura in legno e per la costruzione dei mobili. Per essere ammessi occorre aver compiuto il 12° anno di età e aver ottenuto il proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare, ovvero dar prova di possedere una sufficiente cultura elementare. L’a.s. incomincia il 1 novembre e termina il 30 settembre. Le lezioni, 3 ore, sono serali (dal 1 novembre al 30 aprile) e domenicali (tutto l’anno ad esclusione di ottobre). La Scuola è gratuita; però gli alunni non domiciliati nel comune, debbono pagare una tassa d’ammissione di 10 lire. La sorveglianza sull’andamento amministrativo e didattico della Scuola è affidata ad una Commissione dirigente, nominata dal Municipio e composta di tre membri. La media degli iscritti si aggirava su circa 80 giovani. Alle spese provvedevano i contributi del MAIC (350 lire), della Provincia (300), del Comune (400), della Camera di Commercio (150), della Cassa di Risparmio di Milano (400) della Congregazione di Carità (150) e della Banca popolare (100).277 A Chiavari (GE), nel 1881, un D.M. del MAIC del 2 marzo 1881 istituiva una Scuola d’arte applicata all’industria. Diversi gli ambiti lavorativi di riferimento, che possiamo far rientrare nella categoria di artigianato artistico: “La Scuola mira alla formazione di buoni operai in ogni genere di lavoro, e specialmente ebanisti, stipettai, muratori, marmisti e fabbri-ferrai.” Il percorso formativo si articola in 2 corsi biennali: il primo, inferiore, è comune a tutti gli alunni; il secondo, superiore o speciale, si divide in 2 sezioni: di architettura e di plastica-intaglio. Per essere ammessi occorre aver 12 anni compiuti e presentare il certificato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare, ovvero dimostrare, con esami o con altri titoli, di saper leggere e scrivere. 277 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp.489-490. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 266 22/12/22 13:34 267 Figura n. 34 – Percorsi formativi della Scuola d’arte applicata all’industria di Chiavari Le lezioni (due ore tutti i giorni feriali) iniziano il 15 ottobre e terminano a fine giugno e sono impartite nei mesi più freddi la sera (dalle 19 alle 21), in quelli più temperati e caldi al mattino (dalle 5,30 alle 7,30). Gli alunni, una settantina, non pagano tasse. La sorveglianza sull’andamento amministrativo spetta ad un Consiglio direttivo composto di cinque membri, nominati dai soggetti che sostengono la scuola finanziariamente: uno dal MAIC (interviene con un contributo di 1.200 lire), uno dalla Provincia (1.530 lire), due dal Comune (1.550) ed uno dalla Società economica278 (1.200). Dà un sussidio annuo anche la Camera di Commercio, anche se non ha rappresentanti propri nel Consiglio direttivo. Il bilancio preventivo ed il conto consuntivo debbono essere sottoposti all’approvazione del Ministero.279 Nel 1883 nasce a Clusone (BG), un paese di circa 4.000 abitanti in val Seriana, una Scuola di disegno per arti e mestieri. L’iniziativa, l’amministrazione della scuola e il contributo finanziario annuale prevalente (400 lire) è del Comune. Il MAIC interviene con 200 lire. Una sola sezione il cui corso dura 3 anni. Le lezioni sono serali 4 giorni feriali la settimana. Per l’ammissione alla scuola, completamente gratuita, gli alunni (una media di 50 iscritti) devono saper leggere e scrivere e aver compiuto 12 anni.280 Una settantina di alunni frequentava la Scuola di disegno per operai ad Erba (quasi 9.000 anime), voluta, amministrata e, prevalentemente, finanziata dalla locale 278 Fondata nel 1791 da un gruppo di 54 nobili, borghesi e sacerdoti. Oltre che promuovere l’istruzione e la cultura, lo scopo era quello di sviluppare le attività produttive, svolgendo le funzioni tipiche di quelle che saranno le Camere di Commercio. Vedi Chi siamo, in www.societàeconomica.it 279 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 497-498. 280 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 505-506. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 267 22/12/22 13:34 268 Società operaia di mutuo soccorso e di istruzione (con 420 lire). Un contributo veniva dal MAIC (200 lire) e dalla filiale erbese della Cassa di risparmio di Milano (50). Costituiva un’entrata non trascurabile i proventi delle tasse di ammissione, a carico di chi non fosse iscritto alla Società operaia. La Scuola impartiva “insegnamenti artistici applicati specialmente alle arti meccaniche, fabbrili e murarie”. Aveva una sola sezione con tre anni di “corso normale” e uno di perfezionamento di durata non determinata, “potendo l’alunno frequentarlo per quanti anni crede conveniente”. Per essere ammessi occorreva essere operai o figli d’operai ed aver compiuto l’undicesimo anno di età. L’a.s. iniziava il 1° ottobre e terminava il 30 giugno, con 3 ore di lezioni il giovedì sera e la domenica mattina. La Scuola non rilasciava certificati di licenza, ma soltanto certificati annuali di frequenza.281 A Gavirate, oggi in provincia di Varese, allora in quella di Como, la Società operaia di mutuo soccorso, il 6 novembre 1887, decideva l’apertura di una Scuola di disegno professionale. Comprendeva tre sezioni: a) per marmisti e muratori; b) per falegnami; c) per fabbri e meccanici. “Non è stabilito il numero degli anni di corso per ogni sezione, potendo gli alunni frequentare la Scuola per quel tempo che credono più conveniente per la loro istruzione”. “A chi abbia seguito gli studi di una sezione viene rilasciato un certificato comprovante il numero degli anni durante i quali ha frequentato le lezioni.” Le lezioni si tengono dalle 16 alle 20, 4 giorni la settimana, dal 2 novembre al 20 marzo. La tassa annuale ammontava a due lire; esenti figli dei soci e chi poteva esibire un certificato di povertà. Il governo della scuola è affidato allo stesso Consiglio di amministrazione della Società. Le entrate sono costituite dai contributi del MAIC (150 lire) del Comune, della Camera di Commercio e della Società operaia (ciascuno con 100 lire).282 Figura n. 35 - Sezioni didattiche previste dalla Scuola di disegno professionale di Gavirate 281 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 517-518. 282 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 562-563. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 268 22/12/22 13:34 269 C’era a Gemona (UD) dal 1863, e quindi ancora sotto l’impero austro-ungarico, una Scuola di disegno festiva e serale per gli artieri.283 Nel 1887 con D.M. del 28 aprile diventa Scuola d’arte applicata all’industria, con due sezioni: una di disegno ed una di plastica. Ciascuna di esse è costituita di un corso triennale normale e di un corso annuale di perfezionamento. La Scuola è dotata di un laboratorio per l’intaglio in legno. Per poter essere iscritti al primo anno della sezione di disegno i giovani devono aver compiuto il dodicesimo anno di età ed essere muniti del certificato di licenza dalla 5a classe elementare. Per l’ammissione al primo anno di corso della sezione di plastica è necessario aver conseguito la promozione dal secondo al terzo anno della sezione di disegno. L’anno scolastico incomincia il 15 ottobre e termina il 15 luglio. Le lezioni per la sezione di disegno vengono impartite tutte le sere dei giorni feriali dalle ore 19 alle 21 e nei giorni festivi dalle 8 alle 11; quelle per la sezione di plastica ogni giorno dalle ore 10 alle 12 per tutta la durata dell’anno scola stico ed anche la sera, dalle ore 19 alle 21, nel periodo di tempo che va dal 1 novembre al 31 di marzo. La media degli alunni iscritti si aggirava sui 150. Pagavano una tassa annuale di 10 lire solo gli allievi che non appartenevano al Comune di Gemona. Il Consiglio direttivo era composto dal Sindaco della città, tre membri eletti dal Consiglio comunale, un delegato dalla Camera di Commercio e uno dalla Società operaia di mutuo soccorso. Si faceva fronte alle spese annue (4.000 lire circa) con i sussidi del MAIC (1.000 lire), del Comune (2.500) della Camera di Commercio e della Società operaia (ciascuna con 100 lire).284 Nel 1906 la scuola verrà regificata e nel 1923, con la riforma Gentile, verrà riorganizzata in R. Laboratorio Scuola, che diventerà, nel 1933, Regia scuola tecnica industriale (tre sezioni: meccanico, ebanista e muratore) e finalmente nel 1958 verrà trasformata in Istituto Professionale di Stato.285 In Val Travaglia, nel piccolo paese (1.300 anime) di Germignaga, (oggi in provincia di Varese, allora di Como), nel 1886, la Società di Mutuo soccorso fra i lavoratori delibera l’istituzione di una Scuola di disegno industriale, “con le applicazioni di esso ad arti ed industrie professate nella regione.” La Scuola è divisa in 4 sezioni: a) per fabbri e meccanici; b) per falegnami-intagliatori; c) per decoratori; d) per arti diverse. Essa comprende un corso preparatorio biennale comune a tutti gli alunni, e un corso normale, per ciascuna sezione, di varia durata. Possono essere ammessi alla Scuola soltanto i figli dei soci che abbiano compiuto 11 anni d’età e che “abbiano ottenuto il certificato di compimento della terza classe elementare.” I figli dei non soci, “purché appartengano al Comune di Germignaga, vengono accettati alle stesse condizioni, qualora vi sieno ancora posti nell’aula di cui la Scuola dispone.” L’anno scolastico ha la durata di sei mesi, dal 1 ottobre al 31 marzo, con lezioni per 4 giorni feriali la settimana, dalle ore 20 alle 22. 283 Sbrughera M., La scuola d’arte applicata all’industria di Gemona del Friuli, in www.cantirs.it. 284 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 565-566. 285 Sbrughera M., La scuola d’arte applicata all’industria di Gemona del Friuli, op. cit. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 269 22/12/22 13:34 270 Figura n. 36 – Percorsi formativi della Scuola di disegno industriale di Germignaga L’amministrazione della Scuola è tenuta dal Consiglio d’amministrazione della Società di Mutuo Soccorso. La vigilanza su l’andamento generale della Scuola viene esercitata da una Commissione di sorveglianza composta dal Presidente e da quattro membri, i quali si alternano in queste funzioni per turno settimanale e vengono eletti ogni anno dal Consiglio della Società. La vigilanza disciplinare è affidata al Segretario della Società che interviene alle lezioni. “Non essendovi per la Scuola bilancio separato da quello della Società, i conti di questa sono approvati con i bilanci della Società stessa.” Per il funzionamento annuo intervengono la Società con 560 lire, il MAIC con 150 e la Camera di Commercio con 175.286 A Malnate, cittadina di 3.700 abitanti in provincia di Como (oggi Varese) la Società di mutuo soccorso tra operai e contadini si fa promotrice di una Scuola di disegno professionale. L’idea della Società prende forma nel 1882 grazie al concorso finanziario per coprire le spese da parte di soggetti pubblici e privati. Intervengono infatti con contributi annuali: il MAIC (400 lire), la Camera di Commercio (150), il Comune (100), la Cassa di risparmio di Milano (400) e la Società promotrice. Scopo della Scuola: “fornire principalmente insegnamenti artistici applicati alle arti dello scalpellino, del muratore, del fabbro, del meccanico, del falegname, ecc.” C’è un solo percorso formativo di quattro anni: 1 anno preparatorio, 2 normali e 1 di perfezionamento. Alla Scuola è annesso un laboratorio per la plastica e per la lavorazione del legno e della pietra. Per essere ammessi al 1° anno occorre presentare il certificato di promozione dalla 2a alla 3a classe elementare. L’anno incomincia alla metà di settembre e termina alla fine di giugno. L’orario delle lezioni varia a seconda dei 286 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 568-569. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 270 22/12/22 13:34 271 periodi. 287Nella Scuola non si danno esami; le promozioni vengono concesse in base al profitto ricavato dagli alunni durante l’anno scolastico. In seguito, a richiesta, si rilascia all’interessato un certificato comprovante la sua frequenza alla Scuola, “la condotta tenuta ed il profitto ricavato.” Gli alunni residenti a Malnate pagano una tassa mensile di 70 centesimi; gli altri una tassa di 1 lira. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad una Commissione direttiva composta da 5 membri, nominati dalla Società operai e contadini. La media degli iscritti si aggira sulle 75 unità.288 Nel 1892, nel varesotto, ma all’epoca in provincia di Como, un consorzio di comuni della Val Marchirolo (Arbizzo, Fabiasco, Cugliate, Cunardo, Marchirolo e Viconago), danno vita nel 1892 ad una Scuola di disegno professionale. La scuola ha una sola sezione della durata di 5 anni: i primi 2 costituiscono il corso preparatorio, gli altri 3 quello normale. Per essere ammessi al primo anno occorre aver soddisfatto all’obbligo dell’istruzione elementare e avere almeno 12 anni di età. Le lezioni vengono impartite tre volte la settimana dalle ore 9 alle 12, dal 1 novembre alla fine di marzo. La sorveglianza sull’andamento della Scuola è affidata ad un Consiglio direttivo, composto dei sindaci dei Comuni summenzionati. Il centinaio di allievi iscritti non pagano tasse. La scuola oltre al contributo annuo del MAIC (150 lire) e della Camera di Commercio (125) conta su quello dei singoli comuni, il cui importo varia in relazione al numero di abitanti (dai 165 lire del Comune di Marchirolo alle 30 di quello di Fabiasco).289 A Massa Superiore, oggi Castelmassa, paesino del polesine in provincia di Rovigo, il 31 dicembre del 1889 il Consiglio Comunale deliberava la nascita di una Scuola d’arte applicata all’industria. “La Scuola, oltre a fornire insegnamenti elementari di coltura generale, mira ad impartire insegnamenti artistici applicati alle varie arti e più specialmente a quelle dei falegnami, degli ebanisti, degli intagliatori e dei muratori”. Il percorso formativo si compie in cinque anni: nei primi tre anni l’insegnamento è comune; negli ultimi due è specializzato ed esclusivamente pratico. Alla Scuola è annesso un laboratorio per i falegnami e gl’intagliatori. Per essere ammessi al primo anno di corso occorre aver compiuto il tredicesimo anno di età ed aver superati gli esami di promozione dalla terza classe elementare. Le lezioni vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle ore 17 alle 19 dal 15 ottobre a inizi giugno, mentre i laboratori sono operativi dalle 8 alle 17, con tre ore di riposo. La settantina di allievi che frequentano la scuola non pagano tasse per le lezioni in comune se sono 287 Le lezioni vengono impartite nei giorni di sabato (dalle ore 19,30 alle 21) e di domenica (dalle 15 alle 17). Però nei mesi dal novembre a tutto marzo vengono tenute lezioni anche negli altri giorni della settimana; e cioè: il lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 19,30 alle 21; ed il martedì e giovedì dalle 8 alle 10. 288 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 609-610. 289 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 613-615. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 271 22/12/22 13:34 272 residenti a Massa Superiore e Castelnuovo Bariano; altrimenti devono versare alla scuola 15 lire l’anno. Quanti invece frequentano il laboratorio pagano una tassa di 5 lire. Il governo della Scuola è affidato ad un Consiglio direttivo composto da un rappresentante del MAIC, uno della Provincia e uno del Comune (che sostengono annualmente la scuola con 800, 1.900 e 500 lire). A questi contributi si aggiungono quelli dei Comuni di Castelnuovo Bariano (200 lire) e di Sermide (135), della Camera di Commercio (150) e della società operaia (100).290 Nel 1885, a Menaggio, sulla sponda occidentale del lago di Como, la Società operaia delibera l’istituzione di una Scuola di disegno. Essa è divisa in 4 sezioni: a) per muratori; b) per falegnami; c) per fabbri; d) per decoratori. Ogni sezione ha un corso preparatorio di 1 anno ed un corso normale di 2 anni. C’è poi un corso superiore o di perfezionamento, la cui durata non è stabilita. Sono ammessi alla Scuola gli iscritti alla società operaia ed i figli dei soci, purché abbiano un’età non inferiore a 12, nè superiore a 15 anni. Le lezioni vengono impartite due volte la settimana, in giorni feriali, dalle ore 19 alle 21, dalla metà di novembre alla metà di marzo. La scuola, la cui frequenza è gratuita, non rilascia certificazioni formali. La Scuola non ha un proprio Consiglio direttivo, ma è governata direttamente dal Consiglio della Società operaia. Finanziariamente intervengono per il funzionamento di questa piccola scuola (35 allievi), oltre alla Società operaia (35 lire annue e la messa a disposizione dei locali e il pagamento di illuminazione e riscaldamento) e il Comune (10 lire) anche il MAIC (100 lire).291 Figura n. 37- Sezioni didattiche previste dalla Scuola di disegno di Menaggio Sempre in Provincia di Como (oggi però di Lecco) a Missaglia, paese di 3.800 anime, nel 1882, su sollecitazione della Società operaia, ma con l’apporto finanziario 290 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 616-618. 291 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 621-632. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 272 22/12/22 13:34 273 del MAIC (200 lire), del Comune e della Camera di Commercio (100), della Cassa di risparmio di Milano (250), nasce una Scuola popolare di disegno e d’istruzione. La scuola nasce con una doppia finalità: una professionalizzante e una più a carattere culturale. Per questo viene dotata di due sezioni: a) sezione di disegno, della durata di 5 anni (i primi 2 anni costituiscono il corso preparatorio, gli altri 3 anni l’insegnamento del disegno viene specializzato, a seconda del mestiere esercitato dall’allievo); b) sezione d’istruzione, il cui corso dura 3 anni. Questa doppia opportunità e la gratuità delle lezioni costituiscono un motivo di successo per la scuola, frequentata da circa 190 allievi. Per essere ammessi occorre aver compiuto il 12° anno di età e presentare il certificato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare. L’anno scolastico incomincia il 1 novembre e termina il 15 febbraio per la sezione d’istruzione ed il 31 luglio per la sezione di disegno. Figura n. 38 - Sezioni didattiche previste dalla Scuola popolare di disegno e d’istruzione di Missaglia Nell’inverno le lezioni vengono impartite 3 volte alla settimana, dalle ore 19 alle 21 e la domenica dalle 9 alle 11. Nell’estate le lezioni vengono impartite soltanto la domenica. Agli alunni viene rilasciato un attestato di frequenza con l’indicazione del profitto. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo presieduto dal Sindaco e composto dagli Assessori comunali, dal Presidente della Società operaia e da un Ispettore, con funzioni di Direttore, nominato dal Sindaco.292 Un Decreto ministeriale del 24 gennaio 1881 a Nizza Monferrato, cittadina di quasi 7.000 abitanti in provincia di Alessandria, una Scuola di disegno applicato ai 292 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 621-622. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 273 22/12/22 13:34 274 mestieri. La scuola ha una sola sezione di tre anni e dura 5 mesi: da novembre a marzo. Le lezioni sono serali, dalle 20 alle 22. Per l’iscrizione occorre aver compiuto 13 anni ed essere stati promossi in 3a elementare. Agli alunni, una sessantina circa, che abbiano compiuto regolarmente tutti gli anni di corso vien rilasciato un certificato di licenza. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio dirigente composto da alcuni delegati dal Municipio e dal Direttore della Scuola. La scuola è sostenuta finanziariamente dal contributo del MAIC (150 lire), della Camera di Commercio (200), ma soprattutto del Comune (850).293 Nella cittadina di Salò (BS), che si affaccia sul lago di Garda e passata alla storia soprattutto per le vicende legate alla Repubblica Sociale Italiana (ottobre 43-aprile 45), nel 1881 viene istituita dal Comune una Scuola d’arte applicata all’industria. La Scuola è retta e sorretta dal Comune: nel senso che i membri del Consiglio direttivo sono nominati e i costi sostenuti dal Municipio.294 Una configurazione più completa la assumerà con la regificazione e il riordinamento del 1907,295 che la pone alle dipendenze del MAIC e ne stabilisce le sezioni (1a per falegnami ed ebanisti; 2a per muratori e scalpellini; 3a per fabbri-ferrai e meccanici). Il corso della Scuola si compie in tre anni: un anno di corso preparatorio, comune a tutti gli allievi, e due anni di corso normale per ciascuna delle sezioni. Per essere ammessi alla Scuola occorre aver compiuto il 12° anno di età e presentare il certificato di licenza elementare, o sostenere un esame speciale. Le lezioni vengono impartite, tutti i giorni feriali, in ore serali e, tutte le domeniche, in ore diurne, dal 15 ottobre al 30 giugno. L’amministrazione è affidata ad una Giunta di vigilanza, composta da delegati del MAIC, del Comune di Salò, della Provincia e della Camera di Commercio. I soggetti che assicuravano le risorse finanziarie annuali per far fronte alle spese, fino al 1904-05 erano il MAIC, il Comune, la Camera di Commercio, rispettivamente con 500, 900 e 500 lire. I locali erano stati messi a disposizione dalla Compagnia della Carità Laicale. Dall’anno 1906-07 provvedono con contributi fissi il MAIC (1.000 lire), il Comune (750); con contributi “eventuali” la Provincia e la Camera di Commercio (500) e la Banca popolare di Salò e la Società operaia di Salò. Se questi ultimi 4 benefattori non intervengono subentra il Comune con somme di pari importo.296 A S. Daniele del Friuli (UD), nel 1887, per interessamento della Società operaia generale di mutuo soccorso, nasce una Scuola di disegno per arti e mestieri. Il percorso formativo dura 3 anni; un quarto, di perfezionamento, è facoltativo. Per essere ammessi al 1° anno occorre aver compiuto i 10 anni di età e presentare il certificato di promozione dalla 3a classe elementare. L’a.s. incomincia il 1° novembre e termina il 30 aprile, con orario (2 ore) serale, in 2 o 3 giorni ferali (a seconda 293 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 661-662. 294 MAIC, 1904, op.cit. p. 217. 295 R.D. n. IX, parte supplementare del 3 gennaio 1907. 296 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 721-723. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 274 22/12/22 13:34 275 dell’annualità) e con orario (2 ore) diurno la domenica. Solo gli alunni che risiedono a S. Daniele non pagano tasse; gli altri devono versare per le tasse della scuola 10 lire annue. Le promozioni e la licenza vengono concesse in base al successo formativo. La loro collocazione professionale era prevalentemente all’estero: in questo periodo forte è l’emigrazione in Germania, in America e in Russia. La sorveglianza sull’andamento amministrativo e didattico della Scuola, come pure l’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo, spettano ad un Consiglio direttivo di 5 membri, dei quali 2 sono nominati dal Comune, 1 dalla Camera di commercio e 2 dalla Società operaia. Da un punto di vista finanziario la scuola si regge sui sussidi del MAIC (300), Comune (580), Camera di Commercio (150), Società operaia (195). Una novantina, in media, gli iscritti.297 Nel 1888, il Console Generale del Perù a Milano, Generoso Galimberti aveva fondato, con sottoscrizioni private, nella città natale di Seveso S. Pietro (oggi in provincia di Monza e Brianza, allora di Milano) una Scuola di disegno e d’intaglio applicata all’industria dei mobili. Nel tempo assicureranno alla scuola i supporti finanziari: il MAIC (200 lire), la Camera di Commercio, la Cassa di Risparmio di Milano e la Società Umanitaria (250), la Banca di Seregno (50). Il percorso formativo, a cui poteva accedere chi avesse compiuto 12 anni e avesse assolto l’obbligo scolastico, durava tre anni, cui faceva seguito un corso biennale di perfezionamento. La Scuola non rilasciava certificati di licenza. Gli alunni dovevano pagare una tassa annuale di 2 lire. Erano esonerati dal pagamento, gli alunni appartenenti a famiglie povere.298 La Società di mutuo soccorso fra gli operai di Spilimbergo (UD), nata nel 1867 e che in questi anni contava sui 120 soci,299 nell’assemblea generale del 9 ottobre 1899 delibera la fondazione di una Scuola d’arte applicata all’industria. Aveva una sola sezione di 3 anni, al termine della quale veniva rilasciato un certificato di licenza. Vi si accedeva se si aveva compiuto dodici anni e assolto l’obbligo d’istruzione elementare. Per i circa 90 allievi la frequenza era gratuita e le lezioni, dal 15 ottobre al 15 aprile, duravano 2 ore ed erano impartite tutte le sere dei giorni feriali e il mattino della domenica. Il governo, amministrativo e didattico, era collegiale. La sorveglianza sull’andamento amministrativo, infatti, spettava ad un Consiglio direttivo quella sull’andamento didattico era affidata ad una speciale Commissione. Tutte e due erano composte da due membri, uno nominato dalla Camera di commercio e l’altro dal Consiglio direttivo. Il bilancio preventivo ed il conto consuntivo dovevano essere approvati dal Consiglio della Società operaia. Intervenivano con contributi 297 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 724-725. 298 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 761-762. 299 Di Vito C., Per la storia della mutualità in Friuli: la Società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione di Cividale (1869-1923), Tesi di laurea, Università di Udine, Facoltà di Economia, Corso di Laurea in Economia Bancaria, Anno accademico 1999-2000. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 275 22/12/22 13:34 276 annuali: il MAIC (con 300 lire), il Comune (70), la Camera di Commercio (150) e la Società operaia (100).300 A Sutrio (UD), un paesino di 1.300 abitanti, il Consiglio comunale delibera, in data 17 maggio 1882, l’apertura di una Scuola di disegno applicata alle arti ed alle industrie. Il percorso formativo durava 3 anni (dagli inizi di novembre al 1° giugno) e l’orario delle lezioni dipendeva dalle stagioni: in inverno era serale (19-21) e domenicale (9-12) in estate era solo domenicale. C’era anche una sezione speciale (il giovedì e la domenica) per gli allievi di altri Comuni, che non potevano frequentare le lezioni serali quotidiane. La Scuola rilasciava soltanto certificati di frequenza. Gli iscritti, se residenti a Sutrio non pagavano alcuna tassa scolastica; se, invece, fossero appartenuti ad altri Comuni avrebbero dovuto pagare una tassa annuale di lire 10. Figura n. 39 – Sezioni didattiche previste dalla Scuola di disegno applicato alle arti ed alle industrie di Sutrio Per l’iscrizione occorreva avere 13 anni e adempiuto all’obbligo d’istruzione elementare. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spettava ad un Consiglio direttivo, i cui componenti sono eletti: 3 dal Comune, 1 dalla Camera di Commercio ed 1 dalla Società operaia. Accanto a questi soggetti che contribuivano al funzionamento annuo rispettivamente con 250, 50, e 100 lire c’era anche il MAIC con un sussidio annuo di 200 lire.301 Sempre in provincia di Udine, a Tarcento, (8.800 abitanti, secondo il censimento del 1881) è il Comune che prende l’iniziativa, nel 1883, per aprire una Scuola di disegno professionale. È sostenuta finanziariamente, oltre che dal Comune (330 300 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 773-774. 301 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 777-778. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 276 22/12/22 13:34 277 lire), che mette a disposizione anche i locali, dal MAIC (150 lire) e dal Patronato scolastico (25 lire). La scuola ha una sola sezione, il cui corso dura 2 anni, dal 1° ottobre a fine marzo per chi ha compito 12 anni e ha superato l’esame di terza elementare. Ad aprile inizia e termina a luglio un corso speciale per le classi elementari superiori. Le lezioni si tengono tre volte la settimana in orario serale (2 ore), dal 1° ottobre a fine marzo. Gli alunni appartenenti a famiglie abbienti del Comune pagano una tassa annuale di lire 1.50; quelli appartenenti ad altri Comuni pagano, in vece, 10 lire. La Scuola dipende dal Comune, il cui Consiglio approva il bilancio preventivo ed il conto consuntivo.302 Anche in un altro paese di Udine, a Tolmezzo, (4.600 abitanti) è il Comune a fondare, nel 1885, una Scuola di disegno applicato alle arti e alle industrie. Con una sola sezione, il cui corso dura tre anni, da novembre ad aprile. Dopo il triennio gli alunni hanno facoltà di continuare a frequentare la Scuola per tutto il tempo che reputano necessario per il proprio perfezionamento. Per essere ammessi al 1° anno di corso occorre aver compiuto il 12° anno di età ed aver conseguito la promozione dalla 3a alla 4a classe elementare. Le lezioni si tengono il mattino (10-12) e la sera (17-19) dei giorni feriali e la mattina di quelli festivi. La sorveglianza sull’andamento amministrativo è affidata ad un Consiglio direttivo di cinque membri, nominati: due dal Comune, uno dalla Camera di commercio e due dalla Società operaia. Questi tre soggetti contribuiscono finanziariamente al suo mantenimento annuo, insieme al MAIC e alla Banca Carnica, rispettivamente con 650 (Comune), 200 (Camera), 100 (Società), 300 (Ministero) e 50 (Banca).303 Nel 1885 nasce, per iniziativa di un comitato cittadino, a Valduggia (NO) nella Val Sesia, una Scuola di disegno, intitolata ad un pittore rinascimentale che aveva i natali nella cittadina piemontese, “Gaudenzio Ferrari”. Essa ha un’unica sezione, il cui corso dura 3 anni. Per essere ammessi alla Scuola è sufficiente aver conseguito la promozione dalla 3a classe elementare. Le lezioni sono impartite due giorni la settimana e la domenica da novembre a luglio. La Scuola non rilascia certificati di licenza. Gli alunni, una ventina, non pagano alcuna tassa scolastica. La sorveglianza sull’andamento della Scuola spetta ad un Consiglio di amministrazione composto di 5 membri, eletti dai soci fondatori della Scuola. La scuola viene regificata e posta alle dipendenze del MAIC nel 1893 per cui i bilanci preventivi e consuntivi debbono essere trasmessi, per l’approvazione, al Ministero. Da un punto di vista economico la scuola poggia su rendite patrimoniali (565 lire) messe a disposizione da una famiglia abbiente del paese (i Rasario) tra i promotori della iniziativa e sui sussidi annuali della Provincia (400) e della Camera di Commercio (100).304 302 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 783-784. 303 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 779-780. 304 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 800-801. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 277 22/12/22 13:34 278 È il comune di Varese (allora in provincia di Como, con 14.000 abitanti), nel 1881, a dar vita ad una Scuola d’arte applicata all’industria intitolato ad un architetto varesino del ‘600 “Giuseppe Bernascone”. Figura n. 40 - Sezioni didattiche previste dalla Scuola d’arte applicata all’industria G. Bernascone di Varese I percorsi formativi della scuola si articolano in: a) sezione muratori, tagliapietre ed affini; b) sezione fabbri, meccanici ed affini; c) sezione falegnami; d) sezione decoratori, ornatisti. La Scuola conta 4 anni di corso; il primo anno è comune a tutte le sezioni. Per essere ammessi al 1° anno di corso occorre sostenere uno speciale esame, avere non meno di 11 anni di età e presentare il certificato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare. Le lezioni sono impartite tutti i giorni feriali in orario serale (dalle 19,30 alle 22), dal primo ottobre al 15 marzo. Gli alunni dei primi due anni di corso pagano una tassa annuale di lire 2.50, che sale a 5 lire per gli alunni del 3° e 4° anno. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo, i cui componenti sono nominati 2 dal Municipio e 2 dalla Camera di Commercio, che sono anche quelli che assicurano finanziariamente il funzionamento annuale con contributi di 2.500 lire il primo e 500 la seconda. Interviene anche il MAIC, con un contributo di 1.500 lire. 200 circa la media degli iscritti.305 Un Decreto del MAIC dell’8 febbraio 1881 assicura la sua partecipazione nella direzione e nel sostentamento finanziario alla Scuola d’arte applicata all’industria di Verona, nata nell’anno precedente e che, nel tempo arriverà ad ospitare più di 600 allievi. Il Decreto ne fissa la finalità nel “fornire insegnamenti di geometria pratica, di disegno ornamentale, architettonico e di figura con applicazione speciale all’industria del falegname, dell’intagliatore, del fabbro, dello scalpellino e del decoratore”. 305 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 806-807. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 278 22/12/22 13:34 279 La scuola propone corsi ordinari (diurni-serali) e corsi festivi. Tanto gli uni, quanto gli altri si dividono in 4 sezioni; e cioè: a) sezione pittori-decoratori (disegno di ornato e di figura); comprende un corso normale di 4 anni ed un corso superiore di 2 anni; b) sezione scultura (plastica); consta di un corso normale di 4 anni, di un corso superiore di 2 anni e di un corso di perfezionamento della durata di un anno. I primi tre anni del corso normale sono comuni con i primi tre della sezione di disegno di ornato e di figura; c) sezione muratori e capomastri (architettura); con un corso normale di 4 anni ed uno superiore di 2 anni. I primi due anni del corso normale sono in comune con i primi due anni delle precedenti sezioni; d) sezione meccanici (disegno geometrico-meccanico); ha 4 anni di corso normale, il primo dei quali è comune con quello delle altre sezioni; ha poi un corso superiore della durata di 2 anni. Figura n. 41 -Sezioni didattiche previste dalla Scuola d’arte applicata all’industria di Verona (I numeri in rosso stanno ad indicare gli anni in comune tra le diverse sezioni) Al termine di questi percorsi viene rilasciato un certificato di licenza. Le lezioni, nei mesi freddi si tengono, nei giorni feriali, dalle 19 alle 21,30 e in quelli più caldi dalle 5,30 alle 7,30 del mattino; la domenica 2 ore il mattino. L’a.s. inizia il 3 novembre e termina a fine luglio. La Scuola è gratuita; però tutti gli alunni debbono, al momento della iscrizione, versare una piccola tassa, la quale viene restituita a fine CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 279 22/12/22 13:34 280 anno a tutti coloro che non abbiano superato un dato numero di assenze. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo, i cui componenti vengono nominati, uno per ciascuno da soggetti che mantengono la struttura con contributi annui, il MAIC (contribuisce con sussidi ordinari di 4.500 lire), dalla Provincia (2.250), dal Comune (2.500), dalla Camera di Commercio (1.125) e dall’Accademia di agricoltura, scienze, lettere, arti e commercio (260). Interviene con contributi ordinari, pur non facendo parte del Consiglio direttivo, la Cassa di risparmio con 600 lire.306 Il Consiglio d’amministrazione della Società operaia di mutuo soccorso di Vimercate (attualmente in provincia di Monza e Brianza, ma allora di Milano) delibera in data 3 agosto 1884 la nascita di una Scuola popolare di disegno, per “fornire insegnamenti elementari di arte e di scienza applicate all’industria, allo scopo di formare abili operai, capi operai, sotto direttori di fabbriche, capi di piccoli opifici e laboratorii”. Essa comprende una sola sezione, il cui corso dura cinque anni, dei quali uno è preparatorio, tre sono normali e l’ultimo costituisce il corso di perfezionamento. Per essere ammessi alla Scuola occorre essere domiciliati nel mandamento di Vimercate ed avere un’età non inferiore ai 12, né superiore ai 26 anni. Il percorso formativo proposto incomincia il 15 ottobre e termina il 15 luglio, con orario delle lezioni che varia a seconda delle stagioni: dal 15 ottobre al 15 aprile le lezioni vengono impartite nei giorni di giovedì dalle ore 19 alle 22 e nelle domeniche dalle 9 alle 12. Dal 16 aprile in poi, le lezioni vengono impartite soltanto nei giorni di domenica. Al termine degli studi si consegue un certificato di licenza. Gli alunni del corso preparatorio e del primo anno del corso normale pagano una tassa annuale di 3 lire; gli alunni degli altri anni di corso pagano soltanto 2 lire. La sorveglianza sull’andamento della Scuola è affidata ad un Consiglio direttivo composto di un Presidente e di 4 membri, tutti nominati dal Consiglio di amministrazione della Società operaia. La media degli iscritti si aggira sulle 90 unità. MAIC, Comune, Camera di Commercio e Cassa di risparmio sono i soggetti che concorrono al mantenimento della Scuola con contributi annui dell’ordine rispettivamente di 100, 200, 300, 250 306 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 813-815. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 280 22/12/22 13:34 281 lire. A queste somme vanno aggiunte 100 lire provenienti da donazioni privati e circa 150/200 lire procurate dalle tasse scolastiche.307 d. Le Scuole d’arte applicata all’industria nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Centro dell’Italia La Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria di Pesaro istituita nel 1887 ha i suoi antecedenti nella Scuola Comunale di Figura, aperta nel 1863 e guidata dal pittore Giuseppe Castellani (1812-1891) e nel corso di disegno, avviato nel 1867, presso la Villa Imperiale, per volontà del principe Cesare Castelbarco Albani, e tenuto dal pittore Giuseppe Gennari. Questa ultima attività formativa era stata aperta per affiancare una nuova fabbrica di maioliche. Sino a quel momento, infatti, gli artigiani della ceramica avevano appreso il mestiere nelle botteghe; quindi, viva diventa la necessità di una scuola artistica capace di rinnovare le espressioni tradizionali. Nel 1887, per il rilevante contributo del senatore Giuseppe Vaccaj (1836-1912), il Consiglio Comunale di Pesaro istituisce la Scuola serale di Disegno per Arti e Mestieri, aperta in una stanza di Piazza del Monte sotto la direzione dell’ingegnere Eugenio Sinistraro308. Insegnanti della scuola sono: Cesare Gai, ceramista, Ugo Morigi, ebanista, Filiberto Fattori, professore di Disegno geometrico. Nello stesso anno la Scuola serale viene trasformata in Scuola d’Arte Applicata all’Industria309 e si colloca in tre sale al piano terreno di un palazzo che la città aveva ereditato dalla marchesa Vittoria Toschi Mosca. L’art. 1 del decreto istitutivo specifica gli obiettivi didattico-professionali della scuola: «Essa ha per iscopo di fornire insegnamenti di disegno e di modellazione con applicazione alle costruzioni». La spesa di mantenimento, stabilita in lire 5.000 è sostenuta dal MAIC e dal Municipio di Pesaro ciascuno per due quinti, e dalla provincia di Pesaro e Urbino per un quinto. La spesa di primo stabilimento, fissata in lire 2.000, è sostenuta dai tre enti sopraindicati nella stessa proporzione310. 307 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 821-822. 308 Eugenio Sinistraro (1841-1901), allievo dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e autore in Rimini del progetto di Porta Marina, oggi distrutta. 309 R.D. n. 4280 del 13 gennaio 1887 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 26 del 2 febbraio 1887. 310 Tali somme erano state approvate con Deliberazioni del Consiglio provinciale di Pesaro e Urbino in data 22 febbraio 1881, 11 marzo e 30 settembre 1885 e con Deliberazioni del Consiglio comunale di Pesaro in data 27 giugno, 9 ottobre 1885 e 9 agosto 1886. (Vedi “visti” del Decreto istitutivo della nota precedente). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 281 22/12/22 13:34 282 Il corso dura tre anni. Le lezioni, impartite nei giorni feriali dalle ore 18.00 alle ore 20.00, di domenica dalle ore 8.30 alle ore 10.30, riguardano: disegno geometrico; disegno ornamentale; elementi di disegno architettonico; elementi di disegno di figura, modellazione intaglio in legno; lavori in ferro; pittura in acquerello sia ad inchiostro di china, che a colori. Per essere ammessi gli allievi dovevano avere almeno 12 anni ed aver frequentato con successo la terza elementare. Per l’insegnamento pratico, la scuola si avvale delle officine del territorio dove gli allievi sono occupati di giorno: il direttore si reca presso di loro per curare l’esecuzione degli oggetti disegnati la sera nella scuola. Presidente della Scuola è il senatore Vaccaj, musicista e pittore, particolarmente sensibile al valore dell’istruzione e alla necessità di istituire scuole d’arte; egli così scriveva: «Uno spirito capace del bello è già uno spirito civile. Azione sommamente civile elevare la gente alla comprensione del bello».311 Direttore della scuola dal 1889 al 1921 è Luciano Castaldini, acquerellista e pittore. contribuisce all’affermazione della scuola in mostre nazionali e internazionali: nell’esposizione di Parigi del 1900 per i manufatti inviati, la scuola è premiata con una medaglia. Con delibera comunale del 1901 la scuola “Castaldini” (così veniva chiamata a Pesaro) viene trasferita, per l’aumento degli alunni, nei locali più ampi di un’ex caserma.312 Nel 1921 la Scuola si trasforma in Regia Scuola Professionale con laboratori diurni e impartisce “insegnamenti teorico-pratici per le arti edilizie e fabbrili, per l’ebanisteria e la ceramica”313 e nel 1930 viene riordinata in Scuola Artistico-Industriale di Tirocinio,314 intitolata all’ex alunno Ferruccio Mengaroni315 tragicamente scomparso a Monza nel 1925 nell’estremo tentativo di sorreggere e salvare la sua ultima opera plastica maiolicata: la Medusa (vedi foto). Con la riforma della Secondaria Superiore del 2010 la scuola diventa Liceo artistico. Nel 1888 la Fratellanza artigiana di Barga - comune in provincia di Lucca, che contava all’inizio degli anni ‘80 circa 8.500 abitanti, - delibera la fondazione di una Scuola di disegno, con due sezioni: una per i maschi (disegno applicato alle varie arti e mestieri) e una per le giovanette (disegno applicato ai lavori femminili). Per 311 Paci A. (redattrice), Palma M. (supervisore) Siusa, Scuola d’arte applicata all’industria di Pesaro, Pesaro (Pesaro e Urbino), 1877-1920; 2014/06, prima redazione 2014/12, supervisione della scheda. 312 Tra gli allievi del tempo ricordiamo nomi destinati alla carriera artistica: Francesco Carnevali (Pesaro 1892-Urbino 1987), Elso Sora (Pesaro 1905-1991), Gian Carlo Polidori (Urbino 1895-Pesaro 1962), Fernando Mariotti (Pesaro 1891-1969), Werter Bettini (Pesaro 1909-1983). Della scuola è alunno per qualche tempo anche Ferruccio Mengaroni pesarese che influenza il gusto cittadino verso il nuovo. Nello stesso periodo un notevole contributo alla scuola viene dato dalla presenza di maestranze come l’ebanista Remigio Cesarini, i decoratori Aroldo e Savino Della Chiara, il maestro in ferro battuto Attilio Frulla, i professori di disegno Umberto Gradari 1887 e Giuseppe Gaudenzi. (Vedi nota precedente). 313 Paci A. (redattrice), Palma M. (supervisore), Regia Scuola professionale di Pesaro (Pesaro e Urbino), 1921-1929 SIUSA; 2014/06, prima redazione 2014/12, supervisione della scheda. 314 R.D. del 13 gennaio 1930-VII, n. 143. 315 Paci A. (redattrice), Palma M. (supervisore), Liceo artistico Feruccio Mengaroni di Pesaro, Pesaro (Pesaro e Urbino), 1930, SIUSA 2014 /06, prima redazione 2014/12, supervisione della scheda. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 282 22/12/22 13:34 283 l’iscrizione agli uni e alle altre era solo richiesto il compimento del dodicesimo anno di età e la presentazione del certificato di promozione della 3a elementare. Ciascuna sezione durava 3 anni; un quarto, di perfezionamento, era facoltativo; le lezioni duravano 9 mesi dal 1 novembre al 31 luglio, tutti i mercoledì e i sabati un’ora e mezzo. Gli allievi pagano 2 lire mensili di tasse; sono esenti se figli di soci o soci della Fratellanza. La sorveglianza sull’andamento amministrativo è esercitato dal Consiglio di amministrazione della Fratellanza artigiana, al quale spettava pure l’approvazione dei bilanci. Per far fronte alle spese annue (sull’ordine di 600 lire) intervenivano il MAIC (200), la Provincia (100), il Comune e la Camera di Commercio (con 100 lire ciascuno). La scuola era frequentata da circa 40 tra allievi ed allieve.316 Figura n. 42- Sezioni didattiche previste dalla Scuola di disegno di Barga Il Liceo Artistico “Apolloni” di Fano (PS) ha le sue radici nella Scuola d’arte applicata all’industria, istituita con D.M. del 27 agosto 1881. A sollecitarne la istituzione era stata la Società operaia di mutuo soccorso, presieduta dal pittore fanese G. Pierpaoli. La scuola aprirà ufficialmente il 1 aprile 1881 in alcuni locali della vecchia residenza municipale, ex Palazzo Malatestiano. Verrà trasferita, nel 1900, nei locali signorili del Palazzo dei conti Marcolini, dove si troverà fino al 2018 la sede del Liceo.317 La Scuola forniva “insegnamenti artistici applicati specialmente alle arti del falegname, dell’ebanista, del fabbro ferraio, dello scalpellino e del vasellaio”. Aveva un’unica sezione, il cui corso durava 4 anni; facoltativo era un quinto anno di perfezionamento. C’era anche un corso speciale di pittura decorativa. Alla Scuola erano annessi due laboratori: uno per l’intaglio in legno e per la costruzione del mobilio artistico; l’altro per i gessi e per le terrecotte artistico-industriali. Per essere ammessi alla Scuola i giovani dovevano aver compiuto il 12° anno di età ed aver conseguita la promozione dalla 316 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 420-421. 317 Storia Liceo Artistico Apolloni Fano, in www.liceoartisticoapollonifano.it CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 283 22/12/22 13:34 284 3a classe elementare, ovvero sostenere uno speciale esame. La scuola inizia in ottobre e termina nel mese di giugno. L’orario delle lezioni, diurno serale e festivo, era molto articolato, a seconda della materia.318 Ai giovani, che abbiano compiuto l’intero corso della Scuola, vien rilasciato, in seguito ad esame, un certificato di licenza. Il centinaio di giovani iscritti non pagavano tasse. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spettava ad un Consiglio direttivo composto di 6 membri, dei quali 2 sono nominati dal Ministero di agricoltura, industria e commercio, uno dalla Provincia e 3 dal Comune. A questi soggetti pubblici, che contribuivano al sostentamento annuo della scuola rispettivamente con 3.350, 720 e 3.360 lire si aggiungeva anche la Cassa di Risparmio con 250 lire.319 La Scuola con Decreto luogotenenziale del 30 gennaio 1919 verrà classificata di 2° grado e assumerà il nome di Scuola artistica Industriale. Nel ‘25 cambia denominazione in Regia Scuola artistica industriale “Adolfo Apolloni”. Nel 1953 avviene il passaggio da Scuola d’arte a Istituto statale d’arte Apolloni - dal nome dello scultore romano che ne fu direttore dal 1900 al 1920 - e con la riforma del 2010 diventa Liceo Artistico Statale “Adolfo Apolloni”.320 Anche l’attuale Liceo artistico “Dosso Dossi” di Ferrara “ha le basi”321 nella Scuola di disegno, fondata nel 1881 con Delibera del Consiglio comunale del 10 aprile dell’anno precedente. La Scuola si proponeva “di fornire insegnamenti elementari relativi alle arti del muratore, del carpentiere e del meccanico e gl’insegnamenti fondamentali per la pittura, la scultura, la decorazione, ecc.” Si articolava in due sezioni: a) sezione di disegno applicato ai mestieri; b) sezione di disegno per pittori, scultori, architetti e decoratori. Il corso degli studi per ciascuna sezione si compie in tre anni; il primo comune ad ambedue le sezioni e costituisce il corso preparatorio. Per essere ammessi al primo anno di corso era necessario aver compiuto il dodicesimo anno di età ed aver conseguita la licenza elementare. Erano ammessi come uditori liberi i giovani dai 18 ai 25 anni, anche senza il titolo di studio. L’anno incominciava il 1 ottobre e terminava il 15 luglio, con lezioni in 4 giorni 318 “Per l’intaglio in legno le lezioni vengono impartite dalle ore 9 alle 12 e dalle 14 alle 17; per la pittura decorativa il giovedì e la domenica dalle ore 10 alle 12 e per le altre materie nei giorni festivi dalle 9 alle 12 e nei feriali 2 ore per ogni sera. 319 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 522-523. 320 Storia Liceo Artistico Apolloni Fano, op. cit. 321 L.A. Dosso Dossi / La nostra storia in www.aleottidosso.edu.it CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 284 22/12/22 13:34 285 feriali: nel periodo invernale dalle 8 alle 12, dalle 13 alle 16.30 e dalle 18 alle 21 e nel primo periodo estivo dalle 8 alle 12, dalle 13 alle 17 e dalle 19 alle 22. Al termine del percorso veniva rilasciato un certificato di licenza. Gli alunni, una settantina, non pagano alcuna tassa scolastica. Il controllo amministrativo era assicurato da un Consiglio direttivo completamente composto da rappresentanti del Comune; rappresentanti di diritto (come il Sindaco e l’Assessore alla pubblica istruzione) o eletti dal Consiglio Comunale. Questa posizione predominante era legittimata dal fatto che il Comune era il maggior contribuente con 7.500 lire annue. Un sussidio veniva anche dal MAIC (con 1.500 lire) e dalla Provincia (700). La scuola rimane comunale fino al 2013. Nel 1959 era stata parificata come Istituto d’Arte e dal 2001 aveva iniziato il percorso di statalizzazione che si conclude appunto nel 2013.322 Una Deliberazione del Consiglio comunale del 25 aprile 1887 di Fossombrone (PS) istituisce una Scuola d’arte applicata all’industria. La scuola ha 5 anni di corso, dei quali 1 preparatorio, 3 normali ed 1 complementare. Alla Scuola è annesso un laboratorio per la plastica e per l’intaglio in legno. Per essere ammessi al 1 anno del corso normale, occorre aver compiuto i 12 anni di età e presentare il certificato di licenza elementare o sostenere un esame speciale. Con il solo certificato di promozione dalla terza classe elementare si può ottenere, invece, l’ammissione al corso preparatorio, purché l’età non sia inferiore a 12 anni. Lezioni tutte le sere, dal 1° ottobre al 31 maggio, per 2,30 ore o 2 ore, a seconda del periodo dell’anno, e 3 ore tutte le domeniche. Gli alunni, circa 60, non pagano tasse. La funzione del controllo amministrativo spetta ad un Consiglio direttivo composto di tre membri, dei quali due nominati dal Comune ed uno dalla Deputazione provinciale. I maggiori oneri per il funzionamento annuale sono a carico del Comune, con un sussidio di 1.200 lire circa. Contribuiscono anche il MAIC con 500, il Monte di Pietà323 con 100 e la Provincia con 480 lire.324 322 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 527-528. 323 La “Fondazione Monte di Pietà di Fossombrone” è la naturale continuazione del Monte di credito su Pegno di Fossombrone, già fondato come Monte di Pietà nell’anno 1492 con oblazioni cittadine. Vedi Fondazione Monte di Pietà di Fossombrone in www.fondazionemontedipieta.it. 324 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 527-528. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 285 22/12/22 13:34 286 Un Decreto ministeriale del 16 febbraio 1881 istituisce a Luzzara, cittadine in provincia di Reggio-Emilia con circa 7.000 abitanti, una Scuola d’arte applicata all’industria, con 5 sezioni: per il disegno d’ornato (4 anni); per il disegno geometrico (2 anni); per il disegno di figura (2 anni); per il disegno architettonico (2 anni); per la modellazione in argilla, gesso, cemento, e per l’intaglio in legno (3 anni). Alla Scuola è annesso un laboratorio per la plastica, l’intaglio, l’intarsio e l’impiallacciatura. Per essere ammessi al 1° anno occorre aver compiuto il 10° anno di età e saper leggere e scrivere. Le lezioni iniziano il 1 ottobre e terminano il 31 agosto, con orari di 7 o 8 ore nei giorni feriali e 3 in quelli festivi. Al termine dei percorsi si conseguiva un certificato di licenza. Gli oltre 150 alunni non pagavano tasse scolastiche. Il governo della Scuola è affidato ad un Consiglio direttivo, composto da 3 delegati del Municipio, uno della Provincia e dal Direttore. Alle spese annuali (sull’odine delle 2.700 lire) fanno fonte i contributi del MAIC e del Comune (ciascuno con 1.000 lire) la Provincia con 400 e la Camera di Commercio con 150.325 Il Liceo artistico Giulio Cantalamessa di Macerata rappresenta il risultato finale di un’evoluzione istituzionale che parte dalla Scuola d’arte applicata all’industria, istituita nel 1881 con decreto del MAIC. La creazione della scuola si deve all’ingegnere Ruggero Pannelli, nato a Macerata nel 1840 e Preside del locale Regio istituto tecnico. Su suo interessamento, prima del Decreto ministeriale, ne viene deliberata l’istituzione nel 1880 da parte del Consiglio comunale, della Camera di commercio ed arti, della Società delle scuole serali, della Congregazione di carità e della Cassa di risparmio.326 La scuola “ha per iscopo di formare il gusto artistico degli operai, fornendo loro insegnamenti di disegno e di modellazione, con applicazione alle arti del falegname, del fabbro, del muratore, dello scalpellino, del tappezziere, del decoratore e dell’orefice.” Ha una sola sezione il cui corso dura 4 anni. Per essere ammessi al 1° anno occorre aver compiuto il 12° anno di età e presentare il certificato di promozione alla 4a classe elementare, ovvero sostenere un esame speciale. Le lezioni (2 ore serali nei giorni feriali e 3 nei festivi) iniziano il primo ottobre e terminano il 15 luglio. Il governo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo composto di 6 membri, dei quali 1 è nominato dal MAIC, 2 dal Comune, 1 dalla Camera di commercio, 1 dalla Cassa di risparmio ed 1 dalla Congregazione di carità. Questi stessi soggetti sono quelli che garantiscono il funzionamento annuo della scuola con loro contributi; rispettivamente di lire 2.000 (MAIC), 1.000 (Comune), 350 Camera di Commercio, 950 (Cassa di risparmio), 300 (Congregazione di carità). A questi si aggiungono il sussidio della Provincia e quello della Società delle scuole serali di 200 lire ciascuna.327 325 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 527-528. 326 Paci A. - M. Palma, Liceo artistico G. Cantalamessa di Macerata, in SIUSA, redazione e supervisione della scheda, 2014. 327 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 602-603. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 286 22/12/22 13:34 287 La scuola verrà regificata nel 1909. Nel 1919 diverrà Regia scuola professionale per il mobilio e nel 1922 Regia scuola professionale di tirocinio per falegnami, ebanisti, intagliatori. Diventa Istituto d’arte nel 1960, intitolato al museologo, pittore e critico d’arte marchigiano Giulio Cantalamessa e con la riforma del 2010, viene trasformato in Liceo artistico.328 In provincia di Pesaro, a Sant’Angelo in Vado, paese di circa 4.000 anime, un Decreto ministeriale del 29 ottobre 1882 fa sorgere una Scuola serale d’arte applicata all’industria. Nasce e si sostiene con i contributi del MAIC (1.000 lire), della Provincia (600) e del Comune (1.000 lire). Le “industrie” a cui preparava erano quelle tipiche di mestieri propri di un artigianato di servizio. Un R.D. del 1907329 riordina la scuola, frequentata da una cinquantina di allievi, ponendola alle dipendenze del MAIC e ne rivede l’impianto formativo generale. Il percorso formativo si compie in tre anni. L’insegnamento è ripartito nelle seguenti sezioni: 1° per ebanisti e falegnami; 2° per scalpellini e marmisti; 3° per muratori e vasai; 4° per fabbri-ferrai. Durante i due ultimi anni di corso gli alunni sono tenuti alle esercitazioni pratiche di laboratorio. Per essere ammessi al 1° anno occorre avere compiuto il 12° anno di età e aver superato gli esami di licenza elementare o quelli di maturità secondo le norme di legge. Non sono ammessi uditori o praticanti a nessuna delle sezioni. Le lezioni (dal 1° ottobre al 30 luglio) vengono impartite in ore serali, ad esclusione del giovedì e domenica, quando si tengono di mattina. L’amministrazione è affidata ad una Giunta di vigilanza, i cui componenti sono nominati, uno per ciascuno, dal MAIC, dalla Provincia e dal Comune, che intervengono nelle spese di mantenimento annuo con sussidi fissi di 1.450, 620 e 1.200 lire.330 L’attuale Liceo artistico di Sansepolcro è il risultato di numerose trasformazioni avvenute nel corso degli anni a partire dal 1837, anno in cui nacque nella città toscana una Scuola di pittura e disegno, diretta dal pittore di Città di Castello Vincenzo Chialli e successivamente dal pittore biturgense331 Angelo Tricca332. Il primo assetto giuridico istituzionale si ebbe nel 1888, con la nascita della Scuola d’arte e mestieri applicata all’industria che prende il nome di “G. Giovagnoli”, per merito del Cav. Francesco Giovagnoli, Sindaco di Sansepolcro. La scuola è amministrata da un Consiglio direttivo composto dai soggetti che provvedono anche al suo finanziamento: il MAIC (contributo annuo di 500 lire), la Provincia (150 lire), il Comune (550 lire), la Camera di Commercio (250 lire) e la Società operaia (150 lire). Dopo un corso triennale si poteva proseguire in un corso di perfezionamento biennale. La frequenza (in media una trentina di allievi) era gratuita e per l’amissione occorreva aver compiuto 12 anni ed essere stati promossi dalla terza elementare. L’anno scolastico iniziava a 328 Paci A. - M. Palma, Liceo artistico G. Cantalamessa di Macerata, op. cit. 329 R.D. 31 gennaio 1907, n. CX, parte supplementare. 330 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 733-734. 331 Abitante di Sansepolcro, dal vecchio nome della città toscana di Biturgi. 332 Cenni storici - Storia dell’Istituto d’arte di Sansepolcro, in www.isartegiovagnoli.com. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 287 22/12/22 13:34 288 metà ottobre e terminava agli inizi di luglio, con lezioni serali (d’estate diurne) nei giorni feriali e domenicali di 2 ore. La Scuola rilascia un certificato di licenza e di perfezionamento.333 A Bologna, per iniziativa di alcuni soci del Circolo Artistico Bolognese - e con l’appoggio e i finanziamenti annui del MAIC, Comune, della Provincia e Camera di Commercio - inizia l’attività didattica la Scuola professionale per le Arti Decorative. Tra i fondatori vi è l’architetto Raffaele Faccioli (1836-1914), che sarà anche il primo direttore. La scuola, nell’intenzione dei fondatori, sorge per fronteggiare lo scadimento dell’Accademia di Belle Arti e per coprire il vuoto di insegnamento nelle discipline dell’ornato e delle arti minori. Ha come fine il perfezionamento di coloro che già esercitano la professione e l’avviamento di giovani alla carriera artistica. Per facilitare la frequenza di apprendisti e artigiani è aperta alla sera. Il piano di studio prevede tre sezioni: Architettura, Pittura e Scultura. Vi si pratica la decorazione a tempera e a fresco, la plastica in legno e stucco, la ceramica architettonica. Il corso (3 poi 4 anni) è diviso in due periodi. Dopo due anni comuni a tutti, gli allievi scelgono tra vari indirizzi: decorazione, disegno, intaglio, tappezzeria, incisione. Dal 1907 la scuola diverrà regia e riceverà i finanziamenti ministeriali.334 Sarà organizzata in cinque anni e avrà corsi anche diurni. Più avanti sarà denominata Istituto d’Arte e accorpata con il Liceo Artistico.335 e. Le scuole d’arte applicata all’industria nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Meridione e nell’Italia insulare Sempre nel 1884 a Portici gli operai della Società di mutuo soccorso di Portici, dal ritorno dell’Esposizione generale di Torino, decisero di fondare una Scuola serale di disegno, per fornire agli operai del paese “insegnamenti elementari di coltura generale ed artistica, applicati alle arti ed alle industrie”.336 L’istituzione fu creata proprio con una parte dei fondi avanzati dal viaggio appena concluso. Il Municipio di Portici dotò la scuola di un sussidio annuo di 400 lire grazie al quale la scuola poté assumere i primi insegnanti ed iniziare le proprie attività. Fondando la scuola i soci stavano dando compimento allo statuto dell’associazione nel quale si specificava che il miglioramento morale dei soci doveva essere perseguito attraverso l’istruzione. Inizialmente gli alunni della scuola pagavano una lira al mese o cinquanta centesimi se figli di operai; in un secondo momento, per coprire i costi relativi soprattutto 333 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 737-739. 334 R.D. n. XII (parte supplementare) del 7 gennaio 1907 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 39 del 15 febbraio 1907. 335 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., pp. 291-204. 336 Tambelli R., Tesi di dottorato: Cooperazione, previdenza e istruzione. Le società di mutuo soccorso campane dall’Unità ai giorni nostri, Università degli studi di Napoli Federico II, Dipartimento Studi umanistici, 2017, pp. 261-287. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 288 22/12/22 13:34 289 alle spese di cancelleria, di illuminazione e del personale, furono chieste 9 lire al mese di iscrizione per gli estranei all’associazione e 4,50 lire per i figli dei soci. I soci potevano frequentare i corsi senza pagare. Matematica, fisica, meccanica, italiano, storia e geografia erano le materie che si affiancavano al disegno337 e concorrevano alla formazione dell’operaio. Un progetto educativo a tutto tondo che non tralasciava l’educazione degli adolescenti anche dal punto di vista morale: “il giovanotto operaio frequentando questa scuola non impara solo il disegno, e mentre una larga messe di altri insegnamenti arricchisce la sua mente di utili cognizioni, non fa difetto qui l’educazione del cuore”338. Nella scuola vigevano severità e disciplina, assiduità e profitto erano qualità elogiate e premiate. Ogni mese venivano assegnati piccoli oggetti utili agli alunni più meritevoli e, per sorteggio, a quelli più assidui. Le premiazioni erano precedute da discorsi che puntavano all’educazione morale. Il modello proposto era il “rispetto, alle Autorità costituite e alle Leggi che ci governano, l’amore al lavoro, il disprezzo all’ozio, all’ubriachezza, al giuoco”. Anche l’educazione all’economia e al risparmio, qualità imprescindibile per l’operaio modello, era centrale nell’azione didattica. Gli alunni avevano quasi tutti un’età compresa tra i 12 e i 15 anni e quasi tutti lavoravano di giorno nelle officine meccaniche del territorio e la sera andavano a lezione. L’istituzione rimase attiva tra alti e bassi, fino al 1891 quando l’amministrazione della società di mutuo soccorso decise di scioglierla per ricostruirla su nuove basi. Nell’estate di quell’anno furono scritti il nuovo regolamento scolastico e il nuovo programma di insegnamento. Inoltre, fu creato un Consiglio scolastico composto dai rappresentanti degli enti disposti a sussidiare la scuola: oltre la Società operaia, il Municipio (che incrementa la sua quota di partecipazione a 600 lire), il MAIC, il Ministero dell’Istruzione Pubblica e la Provincia di Napoli. Nel 1906 verrà eletto Presidente Salvatore Chiuriello, un ex allievo. La sua presidenza darà inizio ad un periodo di grande lustro per l’istituzione: si darà avvio ai lavori di costruzione dell’edificio sociale e la scuola verrà premiata con medaglia d’oro all’Esposizione di Torino del 1911. Nel 1921 la scuola verrà regificata e trasformata in Scuola di Tirocinio ad orario ridotto e perderà i suoi contatti istituzionali e culturali con la Società di mutuo soccorso che l’aveva creata. Dopo diverse vicende diventa nel ‘36 R. Scuola secondaria di avviamento e dal ‘61 viene trasformata in un IPSIA. 337 Il nucleo centrale della didattica era occupato dal disegno a mano libera, incoraggiato a partire dal 1892 dal Capo del Consiglio e dell’Istruzione Stanislao Fadda. Nel primo corso si apprendeva come tracciare linee dritte a mano libera, i migliori passavano alle costruzioni geometriche col compasso e qualche applicazione ai pavimenti. Il secondo corso era dedicato allo studio delle proiezioni con applicazione delle penetrazioni dei solidi ed allo sviluppo delle superfici dei solidi e alle costruzioni di ingranaggi, viti, ed elementi meccanici. Il terzo corso comprendeva il disegno applicato all’architettura ed alle macchine con qualche saggio di disegno d’ornato. Al termine del terzo corso l’alunno doveva esser capace di disegnare a mano libera qualsiasi oggetto nelle sue diverse posizioni nello spazio. 338 Così, nel 1900 Ciro Scarano, presidente della Società di mutuo soccorso di Portici, riassumeva la filosofia formativa della scuola. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 289 22/12/22 13:34 290 Un Decreto ministeriale del 25 aprile 1880 istituisce a Lanciano, popoloso paese in provincia di Chieti, una Scuola per le arti decorative e industriali. Venivano forniti “insegnamenti di disegno e di modellazione con applicazione alle industrie per i lavori di muratore, falegname, fabbro ferraio, orefice, stagnaio, vasellaio, sarto, calzolaio, tipografo e litografo, decoratore”. Il percorso formativo si compie in quattro anni: un anno di corso preparatorio e tre anni di corso normale. La scuola, dove si veniva ammessi solo se muniti di licenza elementare, iniziava le lezioni, serali, tutti i giorni feriali, il 1 ottobre e le terminava il 30 giugno. L’amministrazione della Scuola è affidata ad una Giunta di vigilanza, i cui componenti sono nominati, uno per ciascuno, dal MAIC, dalla Provincia e dal Comune. Questi soggetti pubblici erano anche quelli che assicuravano con contributi annui il sostentamento della scuola e più precisamente: il MAIC con 500 lire, la Provincia con 700 e il Comune con circa 3.000 lire. A questi sussidi si aggiungeva anche quello della Camera di Commercio (100 lire).339 L’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Egidio Lanoce, di Maglie, porta il nome del primo direttore della Scuola d’arte applicata all’industria, istituita nella città pugliese con un Decreto del MAIC del febbraio 1887. Il Decreto, in effetti, trasformava la preesistente Scuola serale e domenicale di disegno per gli operai, che aveva creato il Lenoci nel 1881, in Scuola d’arte; a questa il Decreto ministeriale affidava lo scopo di impartire: “gli insegnamenti del disegno e della modellazione con applicazione alle principali arti e mestieri”.340 Nasce con una sezione maschile di 3 anni e nei primi anni del ‘900 si doterà anche di una sezione femminile. Alla Scuola, che è ospitata nei locali del Pio Istituto-convitto Capece, sono annesse due officine: una per la lavorazione del legno e l’altra per la lavorazione della pietra. Per essere ammessi occorre esercitare un mestiere, avere un’età non inferiore ai 12 anni e saper leggere e scrivere. Le lezioni (2 ore o 2,30 la sera dei giorni feriali e 2 ore al mattino dei giorni festivi) si tengono dalla fine di ottobre alla metà di luglio. Al termine del percorso formativo viene rilasciato un certificato di licenza. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo, composto da 6 membri, dei quali 1 è nominato dal MAIC, 1 dalla Provincia, 2 dal Comune, 1 dalla Camera di commercio ed 1 dal Pio Istituto Capece. Il mantenimento della scuola è assicurato da sussidi annui: del MAIC (1.200 lire), dalla Provincia (600), dal Comune (300), dalla Camera di Commercio (600).341 Prima di assumere 339 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 579-581. 340 “Le principali arti, allora esercitate in Maglie, erano quelle dei muratori (circa 200), dei falegnami (120), degli ebanisti e dei fabbro-ferrai (100), dei sarti e dei calzolai (200). I laboriosi operai magliesi, attratti da quella scuola istituita a loro morale e materiale vantaggio, frequentarono con assiduità gli insegnamenti teorici (disegno a mano libera, geometrico e professionale e plastica) e pratici (esercitazioni pratiche di officina di intaglio su legno, ebanisteria, scultura sulla pietra da costruzione per dettagli architettonici, ferro battuto con lavori fucinati e a lima). Frequentatissima era soprattutto la sezione di ebanisteria in cui insegnavano esperti maestri intagliatori, come il Moroni lo Sberna e il Castrucci, e quella di plastica in cui insegnava G. Manzo di Lecce.” In Il fondatore Storia-Egidio Lanoce in web.tiscali.it/isissmaglie. 341 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 607. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 290 22/12/22 13:34 291 l’attuale configurazione la Scuola ha attraversato tutti i passaggi istituzionali propri di questa tipologia di scuole. Regificata nel 1908,342 ordinata nel ‘22 come Scuola operaia di Arti e Mestieri di I grado, nel ‘29 come Regio-Laboratorio Scuola.343 Dopo la guerra diventa un Istituto professionale di Stato. La Società operaia di Milazzo (ME) nel 1883 dà vita ad una Scuola di disegno e plastica. La scuola ha due sezioni, ciascuna della durata di 3 anni: una professionalizzante e una di coltura generale. Per l’una o per l’altra le lezioni sono serali (2 ore tutti i giorni feriali) dal 1 ottobre al 31 maggio. Alla fine del triennio viene rilasciato un certificato di licenza per l’uno o per l’altro percorso. Numerosi gli allievi: 130 circa (peraltro la città in questo periodo conta poco più di 1300 abitanti). La Scuola non ha un proprio Consiglio direttivo. Essa è retta dal Consiglio di amministrazione della Società operaia, che contribuisce al suo mantenimento annuo con 340 lire, insieme al MAIC (400 lire), alla Provincia (200) al Comune (400, oltre alla concessione dei locali) e alla Camera di Commercio (275).344 Sempre in provincia di Messina, a Patti, sorge nel 1887 una istituzione similare: la Scuola di disegno applicato alle arti. Il suo percorso formativo durava 4 anni: un corso preparatorio e tre anni di un corso normale. Per essere ammessi occorreva possedere due requisiti: aver compito 12 anni e presentare il certificato di licenza elementare. L’orario delle lezioni, dal 1 novembre al 30 giugno, era serale nei giorni feriali e diurno in quelli domenicali; sempre della durata di 2 ore. In questa Scuola non si fanno esami: le promozioni e la licenza sono concesse in base al profitto dall’alunno dimostrato durante l’anno scolastico. I pochi alunni (una venticinquina) non sono tenuti al pagamento di tasse né di iscrizione, né di frequenza. Il governo della Scuola è tenuto dal Consiglio d’amministrazione della Società operaia di mutuo soccorso, mentre al suo sostentamento finanziario provvedono i sussidi del MAIC (100 lire), della Provincia (250) e della Camera di Commercio (200).345 Il Liceo Artistico “Mario dei Fiori” di Penne (TE) ha le sue origini nella Scuola serale e domenicale di arti e mestieri, sorta nel 1887 con Decreto del MAIC del 14 febbraio. L’intento iniziale, come si legge nel decreto istitutivo è quello di “procurare adeguata coltura tecnica e artistica agli operai che intendono dedicarsi alle arti decorative, all’ebanisteria, all’intaglio in legno, alle arti murarie, alle industrie fabbrili.” Il percorso formativo si articola in tre sezioni: a) per pittori decoratori; b) per falegnami, intagliatori ed ebanisti; c) per muratori, architetti e fabbri. Gli studi si compiono in 5 anni: due anni di corso comune preparatorio e tre anni di corso speciale per ciascuna sezione. Alla Scuola potevano accedere alunni di età non inferiore ai dodici anni, muniti del titolo di promozione dalla seconda alla terza elementare. Le lezioni (2 ore e mezzo) venivano svolte giornalmente con orario serale: la domenica 342 R.D. del 4 giugno 1908 n. 240. 343 Ministero dell’Educazione Nazionale, L’istruzione industriale in Italia, op.cit., pp. 527-529. 344 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 636-637. 345 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 677-678. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 291 22/12/22 13:34 292 e gli altri giorni festivi con orario diurno. Ai giovani che avendo frequentato i corsi della Scuola, superino l’esame finale, vien rilasciato un certificato di licenza dalla sezione seguita con l’indicazione dei punti ottenuti nelle singole materie. L’amministrazione della scuola è affidata ad un Consiglio direttivo composta da due delegati del MAIC, due dal Comune e uno dalla Provincia. Erano questi i soggetti che consentivano con sussidi annui il funzionamento della scuola, rispettivamente con 2.000, 1.400 e 1.800 lire. A questi si sgiungeva il sussidio della Camera di Commercio (400 lire). Il Comune metteva a disposizione i locali346. Dopo sette anni di vita, a chiusura dell’anno scolastico 1892-93, nella relazione sull’andamento della Scuola di Arti e Mestieri “Mario dei Fiori” di Penne, gli insegnamenti erano già leggermente diversi e così codificati: Stipettai, Modellatori di terre cotte, Pittori decoratori, Muratori, Argentieri. Nel 1902 la Scuola era denominata Scuola d’Arte applicata all’industria e vi si insegnava: Scuola d’Ornato e Decorazione Pittorica, Scuola di Disegno geometrico, Scuola di Plastica, Scuola d’intaglio. Nel 1909 la Scuola cambiava ancora una volta la denominazione in Regia Scuola di Disegno e Plastica Applicati alle Arti e ai Mestieri. Queste variazioni di denominazione hanno seguito nel tempo i mutamenti di orientamento didattico; esse si verificavano per una difficile convivenza di due modi d’interpretare la Scuola e le istanze socioculturali da parte dei professori. I docenti con titolo di Ingegnere propugnavano una maggiore attenzione verso le nuove tecnologie e l’introduzione di macchine utensili sempre più versatili ed innovative; diversamente, da parte di docenti con titolo dell’Accademia di Belle Arti, si privilegiava la didattica basata sull’ornamentazione. Dal 1913 viene disposta la possibilità di frequenza della Scuola anche alle donne, per cui nel 1918 la Scuola verrà classificata come Regia Scuola Popolare per arti e mestieri maschile e femminile. Con Regio Decreto-legge del 2 dicembre 1935 n. 2081 la Scuola assunse la denominazione di Scuola d’Arte che perdurerà fino agli Anni Sessanta. In questo periodo sono attive quattro sezioni; Arte del Merletto e Ricamo, Arte del Tessile, Arte dei Metalli, Arte del Legno. Negli Anni Sessanta si prevedono anche sezioni di Arte del Tessuto, Disegnatori ed Architettura d’Arredamento. Nel 1970 la Scuola d’arte viene trasformata in Istituto d’arte. Negli Anni Novanta le sezioni si riducono a tre; Arte dei Metalli e dell’Oreficeria, Arte del Tessuto, Disegnatori di Architettura e Arredamento. A metà degli anni ‘90 l’Istituto ha attivato un corso sperimentale con due nuovi indirizzi di sezione: Arte e Restauro del Tessuto e del Ricamo, Architettura e Arredo.347 Nel 2010 diventa Liceo artistico e si articola in due indirizzi “architettura e ambiente, design”. Dal 2011 fa parte, insieme al 346 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 679. 347 L’attenzione della Scuola, come è possibile rilevare è stata rivolta alla tradizione artisticoartigianale di Penne e del suo territorio. La regione vestina trans-montana, nell’Abruzzo Primo Ultra, ha come punto di riferimento storico-geografico la città di Penne e, in essa, come succede dappertutto, i lavori artistico-artigianali assumono una propria specificità legata al territorio e, dal Medioevo, come seme a dimora. In questo periodo storico l’Abruzzo conosce una stagione artistica intensa con la costruzione delle numerose chiese romaniche, che saranno per anni la fonte ispiratrice dell’arte decorativa. Il CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 292 22/12/22 13:34 293 Liceo Classico, Liceo Scientifico e Liceo delle Scienze umane, dell’Istituto d’Istruzione Superiore Licei “Luca da Penne - Mario dei Fiori”348 Nel 1881 nasce a Reggio di Calabria per iniziativa del Comune (Del. del 10 novembre), ma su sollecitazione della Società artistica operaia di mutuo soccorso, una Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria per “diffondere nel popolo il sentimento del bello, sviluppando il gusto artistico negli operai, in modo da educarli a bene ideare ed eseguire i vari lavori industriali.“ Il percorso formativo della scuola prevede 4 sezioni: a) sezione per il disegno d’ornato e per la figura (3 anni di corso); b) sezione per il disegno geometrico, di architettura e di macchine (3 anni); c) sezione per l’intaglio in legno ed in pietra (2 anni); d) sezione per la modellazione e per i lavori artistici in cemento (2 anni). La Scuola dispone di due laboratori: uno per la plastica modellazione e per i lavori artistici in cemento, l’altro per l’intaglio in legno e in pietra. Sono ammessi alla Scuola coloro che hanno superato il dodicesimo anno di età e che dimostrano, o con titoli o con esami, di saper leggere e scrivere e che sono a conoscenza delle 4 operazioni fondamentali. Le lezioni (nei giorni feriali 2 ore e mezza o due ore, a seconda della stagione, la sera e 3 ore la domenica mattina) si tengono da metà ottobre fino al 30 giugno. Gli iscritti, circa 200, non pagano tasse. Agli alunni che abbiano regolarmente frequentato gli anni di corso viene rilasciato uno speciale certificato di licenza. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo composto da 6 membri: 4 nominati dal Consiglio comunale, 1 dalla Camera di commercio e 1 dalla Società artistica operaia. I bilanci vanno sottoposti al MAIC e alla Giunta comunale. Contribuiscono al mantenimento annuo della scuola: il MAIC (1.600 lire, la Provincia (300) la Camera di Commercio (300), il Comune (2.000) e la Società artistica (50).349 La scuola fu prima ospitata nelle scuole elementari, poi presso la casa delle Salesiane, ma dopo il terremoto del 1908350 chiuse definitivamente.351 Nel maggio 1902 l’“Arte italiana decorativa e industriale”, il periodico più autorevole e di prestigio del settore artistico - industriale, patrocinato dal MAIC e diretto da Camillo Boito, pubblicava un articolo dedicato alla Scuola d’Arte ap- Rinascimento prima e poi i successivi periodi storico-artistici continueranno ad essere portatori di linfa creativa e guideranno le sorti delle Arti minori. 348 Costantini M., Liceo artistico “Mario dei fiori”, in www.liceopenne.edu.it 349 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 711-713. 350 ll terremoto di Messina del 1908 è considerato uno degli eventi sismici più catastrofici del XX secolo. Il sisma, di magnitudo 7,1 Mw, si verificò il 28 dicembre 1908 e danneggiò gravemente le città di Messina e Reggio Calabria nell’arco di 37 secondi. Metà della popolazione della città siciliana e un terzo di quella della città calabrese perse la vita (Messina, che all’epoca contava circa 140.000 abitanti, ne perse circa 80.000 e Reggio Calabria registrò circa 15.000 morti su una popolazione di 45.000 abitanti. Si tratta della più grave catastrofe naturale in Europa per numero di vittime, a memoria d’uomo, e del disastro naturale di maggiori dimensioni che abbia colpito il territorio italiano in tempi storici. 351 Cartella F., Ricordi della vecchia Scuola d’Arte di Reggio, in Brutium, 15 marzo 1924, a. III, n. 4, p. 3., cit. in De Marco G., Michele Prestipino: il sogno del disegno, in www.cattedralereggioca- labria.it CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 293 22/12/22 13:34 294 plicata alle industrie di Siracusa intitolato “Una Scuoletta Siciliana” e corredato dalla riproduzione di quattro composizioni floreali a colori e di un piedistallo con pianta di anemone. L’articolo consisteva in un lungo scritto, preceduto da una breve introduzione esplicativa non firmata, ma di Boito, in cui il Direttore della scuola, il piemontese Giovanni Fusero (ritratto nella foto accanto), dichiarava la sua adesione all’arte nuova ed esponeva il metodo didattico da lui seguito, fondato sull’osservazione diretta, lo studio e l’applicazione delle forme vegetali alla decorazione. Era la prima volta che un periodico, abituato a seguire le Scuole superiori, prendeva in considerazione una scuola minore. Da che cosa dipendeva questo interesse? In un’Italia in cui ancora si discuteva sull’esistenza e la consistenza di un nuovo stile e sul significato dell’ornamento floreale, in una piccola scuola decentrata era stato possibile produrre saggi di decorazione di gusto moderno: il liberty.352 In realtà a vedere i numeri degli iscritti in quegli anni, 110, tanto “scuoletta” non era. Era nata con un D.M. del 15 gennaio 1883 per “diffondere il gusto artistico fra gli operai, fornendo loro l’insegnamento del disegno applicato alle arti fabbrili e decorative in legno, in pietra ed in metallo, alla plastica ed all’arte muraria”. Essa aveva due sezioni, una serale (2 ore tutti i giorni feriali) per gl’insegnamenti tecnico-artistici; ed una diurna (8 ore al giorno) per le esercitazioni pratiche di scultura ornamentale e di pittura decorativa. Entrambe duravano 4 anni, da metà settembre a metà giugno, al termine dei quali si conseguiva un certificato di licenza. Più frequentata la prima, 94 iscritti che la seconda 15 iscritti. Per essere ammessi all’una o all’altra occorreva aver compiuto il 12° anno di età ed essere prosciolti dall’obbligo dell’istruzione elementare. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo composto di 5 membri, dei quali sono nominati: 1 dalla Provincia (che concorre al mantenimento annuo con 1.799 lire), 3 dal Comune (3.900 lire, oltre a mettere a disposizione i locali) ed 1 dalla Camera di commercio (600 lire). A questi contributi si sommava quello del MAIC, pari a 1.500 lire. Il Consiglio direttivo vota il bilancio preventivo della Scuola e ne cura la gestione; trasmette poi il conto consuntivo al Municipio, il quale, a sua volta, ne invia copia al Ministero d’agricoltura, industria e commercio.353 Nel 1885 il Comune di Sorrento dà vita ad una Scuola d’arte applicata alla tarsia ed all’intaglio. L’arte dell’intarsio consiste nel creare disegni e motivi geometrici 352 Damigella A.M., Un modello di decorazione liberty - La scuola d’arte applicata all’industria di Siracusa 1883-1914, Istituto Statale d’arte di Siracusa 1983, in www.antoniorandazzo.it. 353 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 763-765. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 294 22/12/22 13:34 295 e complesse decorazioni applicando sulle superfici da decorare sottili lastre lignee lavorate dalle mani dell’artigiano che le alterna ad ulteriori lamine di altri tipi di legno o di altri materiali come l’avorio o la madre perla per creare le sfumature e chiaroscuri che delineano il disegno che, talvolta, viene arricchito anche mediante l’innesto di metalli o pietre dure. Nel corso del tempo, nella penisola sorrentina si diffuse notevolmente anche la tecnica dell’ebanisteria che prevedeva, invece, l’utilizzo del solo legno per creare mosaici, disegni e decori. Entrambe le declinazioni della tarsia lignea sorrentina diedero vita a manufatti di grande pregio che spaziavano dai cofanetti sino ai cassoni nuziali ed ai mobili, oltre una vasta gamma di oggettistica che attirò notevolmente l’attenzione di collezionisti ed appassionati. Quella dell’intarsio del legno e della pietra è una tecnica antica che fece la prima comparsa nei monasteri benedettini nel corso del VI e VII secolo per poi cominciare a diffondersi nel corso del XIV e, ancor di più, in epoca rinascimentale. Sebbene la tarsia sorrentina vanti, dunque, origini ben più antiche, fu in epoca ottocentesca che raggiunse i livelli di massimo splendore e rinomanza anche al di fuori dei confini locali. In quel periodo, infatti, la Costiera era meta di artisti di ogni provenienza che percorrevano il Grand Tour e che sceglievano di soggiornare anche per lunghi periodi nell’assolata penisola sorrentina. La loro presenza contribuì, allo stesso tempo, ad aumentare la richiesta di manufatti e a portare nuove influenze, nuove ispirazioni e nuova linfa alle tecniche dell’intarsio che gli artigiani locali seppero ben interpretare ed interiorizzare facendo della tarsia lignea sorrentina una tradizione conosciuta ed apprezzata anche in ambito europeo. Per l’importanza, economica ed artistico, ad un anno dalla fondazione la Scuola venne regificata e riordinata. Suo scopo era “formare abili capi-operai e capi-officina per le industrie della tarsia, della stipetteria e dell’intaglio. Sezioni, corsi e loro durata. Aveva una sola sezione, il cui corso durava 4 anni. Vi era poi un corso facoltativo di perfezionamento della durata di 2 anni. Si trattava di un percorso molto impegnativo. Durava, infatti 9 mesi e mezzo (da metà ottobre a tutto luglio) e le lezioni si tenevano nei giorni feriali da mezzanotte e mezzo alle 3! Il laboratorio era aperto dalle 10 a mezzogiorno e dalle 14 alle 16 (in estate alle 18). Il corso di perfezionamento dalle 8 (in estate dalle 7) alle 10. L’ammissione prevedeva i requisiti soliti: aver compiuto 12 anni e certificato di promozione dalla terza classe elementare. Dopo questo laborioso percorso la scuola rilasciava: a) un attestato di licenza ai giovani che avessero frequentato il corso normale; b) un diploma di capo-operaio a coloro che avessero anche frequentato il laboratorio; c) un diploma di capo-officina a quelli che avessero compiuto anche il corso di perfezionamento. Tanta laboriosità da parte degli allievi (iscritti una settantina) veniva poi ricompensata con alti livelli CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 295 22/12/22 13:34 296 di occupazione “giovani che hanno frequentato la Scuola stessa sono molto ricercati in paese. Qualcheduno ha trovato anche lucrosa occupazione all’estero”. Il governo della Scuola era affidato ad un Consiglio direttivo di 7 membri, dei quali 2 nominati dal MAIC, 1 dalla Provincia, 3 dal Comune ed 1 dalla Camera di commercio. Il bilancio preventivo ed il conto consuntivo dovevano essere sottoposti all’approvazione della Giunta comunale e del MAIC. La nomina dei docenti spettava al Consiglio direttivo, ma il MAIC si riservava di approvarla. I soggetti che erano rappresentati dai propri delegati nel Consiglio erano anche quelli che sostenevano finanziariamente il funzionamento annuale della scuola. Il MAIC sosteneva la scuola con 3.500 lire, la Provincia con 1.300, il Comune (che forniva anche i locali) 1.000 e la Camera di Commercio di Napoli 500 lire.354 Nel 1884, la Società operaia “L’unione” apre una Scuola di disegno applicato alle arti e ai mestieri a Trecchina, un paese di 2.900 abitanti, nell’estrema periferia sud della Provincia di Potenza. Oltre ad una finalità professionalizzante la scuola si proponeva anche di fornire un’istruzione elementare. Questo spiega la durata dell’anno scolastico (dal 10 settembre al 10 agosto) e l’orario delle lezioni, almeno rispetto ad altre istituzioni similari, che impegnava tutta la mattinata, tutti i giorni feriali. “Sono ammessi alla scuola i giovinetti del luogo, senza alcuna condizione”. Le famiglie degli alunni (40 nell’a.s. 1896-97) non dovevano pagare tasse né per l’iscrizione, né per la frequenza. La scuola è governata da una Commissione di vigilanza i cui membri sono nominati dalla Società operaia e retta finanziariamente dalla Società (1.000) e dal MAIC (100).355 A Troina, cittadina di 9.000 abitanti, in provincia di Catania (oggi in provincia di Enna) nasce nel 1885 una Scuola di disegno industriale. Era stata voluta dalla locale Società operaia di mutuo soccorso, con delibera del 20 luglio 1885. La scuola, ospitata gratuitamente nei locali dell’Istituto Napoli Bracconieri, ha un’unica sezione, il cui corso dura 3 anni. I licenziati possono però frequentare un corso libero di perfezionamento, il quale non ha durata limitata. Per essere ammessi al 1° anno di corso occorre aver compiuto il 12° anno di età ed aver conseguita la licenza elementare. L’a.s. incomincia il 15 novembre e termina in luglio con lezioni che vengono impartite quattro volte alla settimana, “dall’Ave maria a due ore di notte” (!). Agli alunni che abbiano compiuto regolarmente gli anni di corso, vien rilasciato un certificato di licenza. Gli alunni (una ventina) non pagano alcuna tassa scolastica. La sorveglianza amministrativa spetta ad una Commissione di vigilanza, nominata dalla Società. Finanziariamente provvedono al suo mantenimento annuo MAIC (250 lire), Comune (250) e Camera di Commercio (100).356 354 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. pp. 770-773. 355 Ministero Pubblica Istruzione, Bollettino Ufficiale, Vol. II.- Num. 27, Roma, 7 luglio 1898, p. 1966; vedi anche MAIC, Annuario 1904, op.cit., p. 221. 356 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 793-794. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 296 22/12/22 13:34 297 4.3.6. Le Scuole artistiche industriali sussidiate da soggetti locali a. Le Scuole artistiche industriali nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 Al Nord, prima dell’Unità, erano operative queste scuole:357 a Crema (CR) la Scuola professionale dell’Istituto della Misericordia (Orfanatrofio) già dell’Opera Pia dei poveri mendicanti o della Misericordia358 poi degli Istituti educativi di Crema;359 a Rossa (VC) la Scuola novarina di geometria (1790)360 e la Scuola di disegno Nicolao Sottile (1828)361 del Comune; a Torino la Scuola serale di disegno e plastica (1805)362 dell’Istituto professiona- 357 Le informazioni e i dati sulle scuole che verranno trattate in questo paragrafo sono desunte da MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 925-1008. 358 L’Opera pia dei poveri mendicanti o della Misericordia era stata istituita con Delibera del 31 dicembre 1536 dal Consiglio generale della città di Crema, che il 31 dicembre 1537 ne approvò “i capitoli fondamentali”. Scopo originario era quello di soccorrere i fanciulli mendicanti, privi delle cure dei genitori, “per nudrirli meglio che si potrà e raddrizzarli a qualche arte”. 359 L’Istituto è maschile. Dipende dall’Amministrazione degli Istituti educativi di Crema e si mantiene con le proprie rendite. Nell’Istituto, oltre le materie della scuola primaria, si impartiscono lezioni di musica e di disegno. Nell’anno 1904 vi sono ricoverati 50 alunni, dei quali 15 frequentano la scuola popolare di commercio e di disegno della città. 360 La scuola è maschile e diurna. Venne fondata nel 1790 e dipende dal Comune. Vi si insegnano elementi di geometria, aritmetica e disegno architettonico con applicazioni alle varie arti. Gli iscritti sono una ventina. 361 La scuola è maschile e diurna. Venne fondata da Nicolao Sottile, il quale le legò una rendita di lire 164 annue e i locali. Dipende dai Comuni di Rossa e di Boccioleto. Vi si insegnano il disegno d’ormato, architettonico e di figura e la geometria. È frequentata da 15 alunni. 362 Le sue origini risalgono alla scuola serale comunale per gli artisti e gli industriali istituita l’11 gennaio 1805 su proposta del Prefetto del Dipartimento dell’Eridano. Ha per scopo l’istruzione nell’esercizio di un’arte o di un mestiere di coloro che esplicano od intendono esplicare la propria attività nelle industrie meccaniche o nelle arti industriali. A fine ‘800 comprendeva i seguenti corsi: a) Per coloro che si dedicano alle industrie meccaniche: 1. Corso preparatorio di disegno – Ramo industriale (biennale); 2. Corso superiore di disegno meccanico (quadriennale); b) Per coloro che si dedicano alle arti industriali: 3. Corso preparatorio di disegno – Ramo artistico-industriale (biennale); 4. Corso superiore di disegno architettonico (quadriennale); 5. Corso superiore di prospettiva, ornato e figura (triennale); 6. Corso superiore di plastica ornamentale (triennale). Per l’iscrizione alla prima classe di uno dei due corsi preparatori di disegno, si richiede la promozione dalla quarta classe elementare diurna o dalla quinta classe elementare serale. Al corso superiore di disegno meccanico si accede dopo aver compiuto il corso preparatorio di disegno, ramo industriale; al corso superiore di disegno architettonico od a quello di prospettiva, ornato e figura, dopo aver superato il corso preparatorio di disegno, ramo artistico-industriale; al corso superiore di plastica ornamentale, dopo compiuto il corso superiore di prospettiva, ornato e figura. La tassa scolastica per allievo, per ciascun anno di corso, era di lire 3; ma l’allievo poteva essere dispensato dal pagamento o per merito o per povertà. Tutti gl’insegnamenti hanno inizio col 1° di ottobre e terminano il 31 marzo. Sono materie d’insegnamento; nei due corsi preparatori di disegno: la matematica, il disegno geometrico e il disegno ornamentale, con prevalenza delle due prime materie nel ramo industriale, della terza nel ramo artistico-industriale; nel corso superiore di disegno meccanico: la matematica, la meccanica generale, la meccanica applicata, le macchine e il disegno industriale; nel corso superiore di disegno architettonico: la matematica, il disegno geometrico e il disegno architettonico; nel corso superiore di prospettiva, ornato e figura: la prospettiva pratica, il disegno ornamentale e il disegno di figura; nel corso superiore di plastica ornamentale: la modellazione in creta e in gesso. Le lezioni vengono impartite da 14 insegnanti nei due CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 297 22/12/22 13:34 298 le operaio363 e , a Lovere (BG, 1828), lo Stabilimento di belle arti gestita dalla Congregazione della carità,364 a Rezzato (BS, 1839) la Scuola di disegno industriale fondata dall’architetto Vantini e amministrata dal Comune;365 a Borgosesia (NO) la Scuola di disegno (1843) del Comune;366a Pavia Scuola di pittura, di disegno e d’arte applicata all’industria (1850) del Comune367; a Vercelli Scuole di disegno e plastica dell’Istituto di Belle Arti (1850) gestita da un Ente morale che amministra un lascito testamentario;368 a Este (PD) la Scuola di disegno (1853) del Comune;369 a Chiari (BS, 1854); La Scuola di disegno per gli artieri del Comune370, a Oderzo (TV) la Scuola festiva degli artieri del Comune;371 a corsi preparatori di disegno; da 6 nel corso superiore di disegno meccanico; da 2 (più assistente) nel corso superiore di plastica ornamentale. Essi debbono essere forniti di diploma di abilitazione. Gli insegnanti sono, di norma, scelti tra persone munite di laurea, i maestri di laboratorio tra i capi-tecnici, che, in officine e stabilimenti industriali, hanno acquistata sufficiente abilità nella lavorazione manuale e meccanica del ferro e del legno. Gli alunni iscritti nell’a.s. 1904-05 sono 245, i frequentanti 227. 363 L’Istituto professionale operaio offriva anche due altre opportunità formative: la scuola di Chimica (1878) e la Scuola d’arti e mestieri (1893). 364 La scuola è maschile e femminile, diurna. Venne fondata dal Conte Luigi Tardini con testamento 4 marzo 1828; è amministrata dalla locale Congregazione di carità in base alle tavole di fondazione e si mantiene col reddito della fondazione, che ammonta ad annue lire 10.000 circa. Sono materie d’insegnamento: i principii del disegno applicato alle arti, all’industria, alla plastica, alla pittura e all’architettura. Gli alunni, in prevalenza maschi, sono una cinquantina. 365 La Scuola è maschile, diurna di estate e serale d’inverno. Venne fondata nel 1839 dall’architetto Rodolfo Vantini e si mantiene con il reddito del patrimonio del fondatore e di sussidi della Provincia e della Camera di Commercio. Le materie d’insegnamento sono: disegno di architettura e di ornato a semplici contorni, copia da modelli in plastica, modelli d’invenzione ed esercizi di scalpello. È diretta da una Commissione locale, nominata dalla Giunta municipale. 366 La scuola è maschile e diurna. Venne fondata nel 1843 e si mantiene con annue lire 300 del lascito Gilodi. Il Comune, dal quale dipende, la sussidia con lire 200 all’anno. Accoglie una ventina di alunni. 367 È maschile e femminile, diurna. Venne instituita nel 1850 ed è mantenuta dal Comune, nonché da lasciti privati. Vi si insegna il disegno di figura, di ornato e di paesaggio, plastica, decorazione, prospettiva e geometria. È frequentata nell’a.s. 1904-05 da 40 alunni, dei quali 22 maschi e 18 femmine. 368 L’Istituto venne fondato in seguito a testamento pubblico, in data 1 luglio 1850, del conte Feliciano Arborio Mella e fu eretto in ente morale con il R.D. del 17 luglio 1861. Comprende una sezione maschile ed una femminile. La sezione maschile ha un corso preparatorio di 3 anni e tre scuole: di ornato e figura, di architettura e meccanica, di plastica. All’Istituto è annesso un laboratorio per l’intaglio e la scultura in legno. Sono ammessi i giovani che abbiano compiuto l’età di 13 anni e che presentino il certificato di compimento del corso elementare inferiore. L’anno scolastico incomincia il 1 ottobre e termina il 30 giugno. Le lezioni sono serali dall’ottobre a tutto marzo e diurne per il rimanente dell’anno scolastico. Nei giorni festivi hanno luogo speciali lezioni per i giovani dei Comuni limitrofi. L’Istituto si mantiene esclusivamente con le rendite del proprio patrimonio, le quali ascendono a oltre 23.000 lire. È frequentato da circa 330 alunni nell’a.s. 1904-05. 369 La scuola è maschile e festiva. La mantiene il Comune e le tasse degli allievi di Comuni vicini. Vi si in segnano il disegno lineare ed il disegno geometrico. Gli alunni frequentanti sono in media 60 ogni anno. 370 La scuola è diurna e serale. Il Comune la mantiene, ma è anche sussidiata con lire 200 dalla Provincia e con lire 250 dalla Camera di Commercio. Vi si insegnano le prime nozioni del disegno, specialmente applicato alle arti ed ai mestieri. Gli iscritti, nell’a.s. 1904-05, sono 55. 371 La scuola è diurna. Il Comune fornisce i locali e provvede al materiale scolastico. La Camera di Commercio di Treviso le concede talora qualche sussidio. Altro cespite d’entrata è costituito dalla tassa CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 298 22/12/22 13:34 299 Sabbioneta (MN) Scuola di disegno del Comune,372 a Codogno (MI) Scuola di disegno per gli artigiani (1859) del Comune,373 a Casale Monferrato (AL, 1860) Scuola serale di disegno, istituita dal Comune,374 a Pieve di Soligo (TV) Scuola di disegno (1860) del Comune; 375 a Montagnana (PD) Scuola di disegno e plastica (1863) del Comune;376 a Drano (CO, 1839) la Scuola di disegno realizzata da un Consorzio di Comuni della Valsolda;377 a Treviglio (BG) Scuola serale di disegno per gli artieri del Comune;378 a Milano la Scuola di meccanica e di disegno per gli operai379della Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri; a Castelleone (CR, 1876) la Scuola di disegno per gli operai del Comune;380 a Crespino di 3 lire pagata da ogni artiere iscritto. Vi si insegna il disegno geometrico e a mano libera applicato alle arti, il disegno architettonico, ecc. Gli iscritti erano una settantina. 372 La scuola è maschile. La sua fondazione risale alla metà del secolo scorso. Dipende dal Comune, che sostiene tutte le spese. Vi si insegna il disegno geometrico e il disegno d’ornato con le relative applicazioni pratiche alle arti ed ai mestieri esercitati dagli allievi. Le lezioni, di due ore ciascuna, hanno luogo due volte la settimana. Gli iscritti sono una trentina. 373 Scuola festiva di disegno per gli artigiani. La scuola venne fondata il 9 gennaio 1859, dipende dal Comune, che fornisce i locali ed il materiale occorrente. Non ha sussidi né altri cespiti d’entrata. La scuola rimane aperta dalla metà di ottobre alla fine di maggio, tutte le domeniche, dalle 9 alle 11,30. Sono materie d’insegnamento il disegno lineare e il disegno d’ornato, con applicazioni alle arti ed ai mestieri. Sono iscritti alla scuola 70 giovani operai del luogo e dei dintorni. 374 La scuola è maschile. Istituita e mantenuta dal Comune. Vi si insegna: disegno geometrico, disegno ornamentale, disegno architettonico, aritmetica e geometria. La Scuola ha due anni di corso. Gli iscritti nel 1903-04 erano 85. L’anno scolastico si apre il 15 ottobre e si chiude il 31 marzo. 375 La scuola è maschile e festiva. Dipende dal Comune, che la sussidia con 100 lire annue. È inoltre sussidiata con 300 lire annue dalla Banca popolare. Altro cespite d’entrata è costituito dalla tassa pagata dagli alunni non appartenenti al Comune di Pieve, per una somma di lire 50. Vi si insegna il di segno lineare ed ornamentale e la plastica. Gli iscritti sono 62 nell’a.s. 1904-05. 376 La scuola è maschile, serale e diurna: come serale, è aperta dall’ottobre a metà aprile e le lezioni si impartiscono il lunedì, il mercoledì e il sabato e durano due ore ciascuna; come diurna, è aperta da ottobre a giugno e le lezioni si impartiscono il giovedì e la domenica e durano tre ore ciascuna. È mantenuta unicamente dal Comune. Vi si insegnano plastica ed il disegno applicati ai principali mestieri locali. Gli iscritti alla scuola serale sono 40, quelli alla scuola diurna sono complessivamente una novantina. 377 Ibidem, p. 941. 378 La scuola è esclusivamente per maschi adulti. Fu istituita negli anni ‘70 dal Comune, che stanziava in bilancio per essa l’annua somma di lire 600. Le materie di insegnamento sono: per la 1° sezione, elementi di ornato e di geometria; per la 2° sezione, applicazioni del disegno, avuto riguardo al mestiere di ogni operaio. Frequentavano nell’a.s. 1904-05 una settantina di allievi. 379 Comprende un corso preparatorio di geometria e disegno geometrico e tre corsi di meccanica e disegno di macchine, istituiti in epoche diverse e cioè: il corso di geometria e disegno geometrico nel 1863, il corso di meccanica nel 1854, e il corso di disegno di macchine nel 1875. Le lezioni, del tutto gratuite, hanno luogo da novembre a marzo, nei giorni di martedì, mercoledì, giovedì e venerdì, dalle 19 alle 21,30. Nell’a.s. 1903-04 sono iscritti al corso preparatorio oltre 100 alunni e ai tre corsi di meccanica e disegno di macchine circa 400 alunni. 380 La scuola è maschile e festiva, diurna. Venne fondata nel 1876 e dipende dal Comune, che la mantiene fornendo anche il locale. Sono materie d’insegnamento: il disegno ornamentale e geometrico, applicato alle arti ed ai mestieri, l’intaglio e la plastica. Ha un solo insegnante retribuito con 80 lire annue. Comprende tre corsi ed è frequentata da una ventina di alunni. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 299 22/12/22 13:34 300 (RO) Scuola di disegno per gli artieri (1877);381 a Stresa (NO) e a Polesella (RO) Scuola di disegno e lavoro (1879) del Comune.382 Nei Compartimenti del Centro, prima del 1860, erano operative scuole artistico industriali sussidiate da soggetti locali: a Modena la Scuola serale di disegno gratuito (1820) dell’Istituto delle Belle Arti;383 a Livorno la Scuola michoniana di ornato (1823) annessa all’Istituto delle Case Pie;384 a Reggio Emilia la Scuola di disegno per gli operai (1831) dipendente dal Ministero della Pubblica Istruzione385 a Carpi la Scuola di disegno applicato alle arti (1840) fondata dal Ministero di Economia e Istruzione pontificio e successivamente gestito dal Comune;386 a Borgosesia la 381 La scuola è maschile, ma è anche frequentata da qualche giovinetta; è diurna, e le lezioni, di tre ore ciascuna, si tengono ogni domenica. Il corso dura da ottobre a tutto giugno. È mantenuta dal Comune e dalle tasse pagate dalle famiglie degli alunni provenienti dai Comuni limitrofi. Questa tassa è di lire 20 all’anno per alunno, quando non sia pagata direttamente dai Comuni limitrofi. La scuola ha un unico insegnante, che impartisce lezioni di disegno geometrico ed ornamentale con particolari applicazioni alle arti fabbrili. Gli alunni iscritti sono una quarantina. 382 La scuola è diurna. Dipende ed è mantenuta dal Comune. I Comuni limitrofi pagano, inoltre, dalle lire 15 alle 20 per ogni alunno che mandano alla scuola. È anche sussidiata dalla Camera di Commercio di Rovigo. L’insegnamento si scinde in tre corsi: nel primo, comune a tutti i rami d’arte, si iniziano i giovani al disegno geometrico ed ornamentale; nel secondo (fabbri, meccanici e fonditori) e nel terzo (ebanisti, intagliatori e modellatori) si avviano i giovani all’esercizio di un’arte o di un mestiere. Al secondo e al terzo corso sono annessi vari laboratori per l’istruzione pratica. Nell’a.s. 1904-05 la scuola è frequentata da 78 alunni. 383 La scuola è maschile. Riceve i seguenti sussidi annui: lire 250 dal Ministero della P.I., lire 400 dalla Cassa di risparmio, lire 250 dal Comune, lire 200 dalla locale Camera di Commercio. La scuola comprende un corso inferiore ed uno superiore. Vi si impartisce l’insegnamento del disegno geometrico e d’ornato e della plastica. Gli insegnanti sono in numero di 5, dei quali 3 sono scelti fra gli aggiunti dell’Istituto di Belle Arti e 3 sono nominati anno per anno dal Consiglio dei Professori. È frequentata da 120 alunni. 384 La scuola è maschile e diurna. Venne fondata nel 1823 con le rendite elargite a tale scopo da Carlo Michon. Dipende dal Consiglio di amministrazione delle Case Pie e gode dei sussidi che a queste saltuariamente pervengono da varie fonti. Nella scuola si insegna l’ornato con applicazione alle arti. Essa è frequentata da una ventina di giovanetti e da un numero eguale di esterni. 385 La scuola è diurna. Venne fondata nel 1831 dal Governo estense col titolo di Scuola di belle arti, e fu trasformata nel 1872 in scuola di disegno per gli operai. La scuola dipende dal Ministero della pubblica istruzione, il quale spende lire 8.000 annue. Il Comune, inoltre, provvede con lire 1.440 a retribuire i bidelli e fornisce gratuitamente i locali ed il mobilio. Vi si insegnano: geometria, disegno costruttivo applicato ai mestieri, disegno ornamentale, elementi di architettura e di figura e plastica con le sue applicazioni. Vi sono iscritti, nell’a.s. 1904-05 106 alunni. 386 La scuola è maschile e femminile e diurna. Nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio si tiene un corso serale esclusivamente maschile per gli operai impiegati durante il giorno. Venne fondata il 28 gennaio 1840 per decreto del Ministero di Economia e di Istruzione. Gli insegnanti sono retribuiti dal Ministero della Pubblica Istruzione, che concede anche 60 lire annue per la premiazione degli alunni della scuola. Il Comune sopperisce infine a tutte le altre spese e fornisce i locali occorrenti. La Scuola comprende: un corso preparatorio della durata di 1 anno, 3 anni di corso normale ed uno di perfezionamento. Le materie d’insegnamento sono figura, architettura, disegno geometrico, plastica, paesaggio. Gli alunni, inoltre, compiono esercizi di composizione relativi all’arte da essi prescelta. Gli iscritti sono una quarantina. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 300 22/12/22 13:34 301 Scuola di disegno (1843) dipendente dal Comune;387 a Correggio (RE) la Scuola comunale di disegno (1843);388 a Fivizzano (MS) la Scuola di disegno e calligrafia (1856) del Comune;389 a Gualdo Tadino (PG) la Scuola di disegno applicata alle arti (s.d.) del Comune;390 a Firenze Scuola serale di disegno in San Lorenzo (1854) della Pia società S. Vincenzo391e il Pio Istituto nato in adempimento della volontà testamentaria del conte Girolamo de Bardi (1829) e a lui intestata. Operavano al Sud, invece, prima dell’unificazione del Paese, a Foggia la Scuola complementare e scuola di disegno annessa all’Orfanatrofio provinciale (1826);392 a Cardito (NA) la Scuola d’arti e mestieri (1840) annessa all’orfanatrofio e mantenuta con un lascito testamentario del principe Loffredo;393 a Napoli le Scuole professionali ed artigiane pei figli del popolo, aperte a tutti i giovani, maschi e femmine, ricoverati nel Reale Albergo dei Poveri (1751);394 ad Avigliano (PZ, 1851) la Scuola 387 La scuola è maschile e diurna. Finanziata con le risorse del lascito Gilodi. Il Comune, dal quale dipende, la sussidia con lire 200 al l’anno. Accoglie una trentina di allievi. 388 La scuola è serale. Venne istituita con sovrano chirografo del 6 luglio 1843 per compensare il Comune di crediti che vantava contro lo Stato. Dipende dal Comune che fornisce le suppellettili ed il materiale didattico. Per il suo sostentamento, oltre il Comune, interviene anche il Ministero della Pubblica Istruzione. Le materie d’insegnamento sono: disegno geometrico e d’ornato, plastica, elementi di figura e di architettura. Gli insegnamenti sono impartiti nel corso di 6 classi, di cui tre per l’ornato e tre per l’architettura. Vi sono iscritti 45 alunni. 389 La scuola è maschile e serale. Dipende dal Comune, che la mantiene con annue lire 800. Nelle 4 classi, in cui si divide la scuola, si insegnano disegno lineare e calligrafia, ornato e primi elementi di figura. 390 La scuola è maschile. Vi si insegna il disegno applicato alle arti e alla plastica. È frequentata da 25 alunni. 391 La scuola è maschile e fa parte delle scuole serali di carità in San Lorenzo, istituite nel 1854 ad iniziativa di due soci della Pia Società San Vincenzo de’ Paoli ed amministrate da una Commissione di 10 membri designati dalla detta Pia Società. Le scuole si mantengono con i seguenti sussidi: lire 300 concesse dal Comune, 150 dalla Cassa di risparmio, 100 dalla Camera di Commercio: a queste vanno aggiunte le oblazioni dei privati, che ascendono a circa 500 lire annue. Nella scuola di disegno si insegna l’ornato con applicazioni alle varie arti, il disegno di figura e il disegno lineare. Vi è un solo insegnante, che presta gratuitamente l’opera propria. Gli iscritti sono una quarantina. 392 L’Orfanotrofio, fondato con Regio Decreto del 21 gennaio 1826, è destinato a ricoverare e ad educare i fanciulli abbandonati ed orfani della Provincia. Dipende da un Consiglio di amministrazione, i cui membri sono designati dal Consiglio provinciale. I ricoverati, in numero di circa 100, frequentano la scuola complementare e quella di disegno annesse all’Orfanotrofio: alcuni di essi frequentano la locale scuola professionale “Saverio Altamura”. 393 Il lascito è gestito dall’Amministrazione del Pio Luogo. Oltre le materie della scuola primaria, vi si insegna il mestiere del sarto, del calzolaio, del musicante. I ricoverati erano una ventina. 394 Dipendono dalla Amministrazione del Pio Luogo e si mantengono quasi esclusivamente col provento delle aliquote prelevate sulle mercedi assegnate agli alunni. Hanno inoltre un annuo sussidio di lire 500 dal Ministero di Agricoltura per il corso speciale di giardinaggio, che una parte dei ricoverati frequenta. Oltre il corso elementare obbligatorio a norma di legge, che tutti i ricoverati seguono fino alla quinta classe, ci sono apposite scuole-officine diurne di meccanica, per la preparazione a mozzi- specialisti; una scuola-officina per falegnami, incisori in legno e fabbricanti di mobili artistici; una scuola-officina per incisori in pietra e scultori, un’altra per fonditori in bronzi artistici, ed altre ancora per tipografi, per sarti, per calzolai e per parrucchieri. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 301 22/12/22 13:34 302 pratica di arti e mestieri nell’Ospizio della Pace;395 a Salerno la Scuola professionale dell’Orfanotrofio396. Dopo l’Unità a Nord iniziarono le loro attività formative: a Genova (1860) due Scuole civiche domenicali di disegno fondate dal Comune;397 a Sarzana (SP, 1860) Scuola di ornato del Comune;398 a Gussola (CR, s.d.) Scuola festiva di disegno fondata e gestita da un privato cittadino e diventata poi comunale;399 a Collabiana (NO) Scuola di disegno dell’Opera Pia S. Giulio;400 a Campertogno (NO) Scuola di disegno del Comune;401 a Como (1866) la Scuola operaia e popolare della Società di mutuo soccorso; 402 a Venezia le Scuole comunali di disegno (1867);403 a Casalmaggiore (CR, 1870) la Scuola di disegno del Comune;404 a Lanzo Intelvi (CO, 1870) la Scuola di disegno 395 L’Ospizio della Pace, istituito nel 1851, vive con sussidi di vari Enti ammontanti a poco più di lire 25.000 annue. Nella scuola dell’Ospizio, oltre le materie del corso elementare, si insegna la musica e si addestrano i ricoverati nei mestieri del sarto, del calzolaio e del falegname. Vi sono, nell’a.s. 1903- 04 ricoverati 76. 396 L’Orfanotrofio venne fondato nel 1818 ed è retto da una propria Amministrazione. È sussidiato dalla Provincia con lire 46.000 annue e riceve lire 22.000 annue dalle varie Opere pie esistenti nella Provincia; dispone, inoltre, di lire 3.788.66 (che costituiscono il reddito proprio dell’ente), dell’ammontare della retta degli alunni a pagamento e di lire 2.400 annue per utili conseguiti dai ricoverati. Nella scuola dell’Orfanotrofio, oltre le materie della scuola primaria, si impartisce l’insegnamento della musica (strumenti da fiato e da corda) e quello professionale nei mestieri del fabbro, del calzolaio, del sarto, dell’ebanista, dell’intagliatore in legno, del falegname. I ricoverati ammontano a 150-200. 397 L’una denominata “G. Mameli”, l’altra “G.D. Baliano”. Ambedue vennero fondate nel 1860 dal Comune, che le mantiene. Alla prima, nell’a.s. 1904-05 sono iscritti circa 180 alunni, alla seconda 200. 398 La scuola è maschile, diurna e serale. Trae le sue origini dal legato Fenucci del 7 luglio 1860 e dipende da una Commissione, composta di un presidente e quattro membri, nominata dal Consiglio comunale. Si mantiene: con proprie rendite, con sussidi del Comune e della Camera di Commercio. Vi si insegna, in 5 anni, il disegno di ornato con applicazione alle varie arti ed ai vari mestieri. È frequentata da 30 alunni circa. 399 La scuola è maschile e diurna. Istituita dal prof. Giuseppe Bertoni, venne nel 1900 avocata a sé dal Comune, che sopperisce a tutte le spese. Nella scuola si insegnano i primi elementi del disegno geometrico e d’ornato applicato ai mestieri dei frequentanti, che sono in numero di 50 circa. 400 La scuola è maschile e serale. Dipende dall’Opera pia San Giulio, che la sussidia con lire 250. Le lezioni durano tre mesi. Vi si insegna: disegno geometrico e di ornato, contabilità e italiano. È frequentata da una trentina di allievi. 401 La scuola è maschile e diurna, di antica fondazione. Dipende dal Comune, che la sussidia con lire 150.Vi si insegna disegno d’ornato ed architettonico e geometria. Gli allievi sono una decina. 402 La scuola è maschile e femminile e serale. Sussidiata dal Camune e dalla Camera di Commercio. Vi si insegna disegno lineare e d’ornato. Le femmine ricevono anche lezioni di taglio. Gli iscritti si aggirano sulle 300 unità. 403 Fin dal 1867 il Comune istituì corsi di disegno nelle varie scuole comunali. Di esse sono maschili e serali quelle di Sant’Eufemia, San Provolo, S. Stin e Diedo; sono femminili e festive quelle di Priuli, Santa Maria Formosa, Santa Fosca e Sant’Eufemia. Come continuazione delle scuole serali saranno poi instituite nel 1905 due altre scuole di disegno, una nei locali della Scuola tecnica “Livio Sanudo”, a S. Stin, l’altra in quelli del R. Istituto tecnico “Paolo Sarpi”, a San Giovanni Laterano. Tutte le scuole sopra citate, per le quali il Comune spende complessivamente lire 9.000 all’anno, servono di preparazione e di avviamento alla “Scuola veneta d’arte applicata all’industria. 404 La scuola comprende due corsi: uno diurno e festivo per giovani di ambo i sessi, l’altro esclusivamente maschile, le cui lezioni vengono impartite in tre sere della settimana. Fu fondata nel 1870, ma verrà riordinata nel 1905, in seguito ad un lascito. Dipende dal Comune e si mantiene con le sue CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 302 22/12/22 13:34 303 del Comune;405 a Soncino (CR) la Scuola di disegno per gli operai del Comune;406 a Mantova Scuola domenicale di disegno della Lega Poma (1876);407 a Tavigliano (NO) la Scuola di disegno (1876) gestita da una propria amministrazione che gestisce un legato; 408 a Stresa (NO) la Scuola di disegno (1878), dipendente dagli enti che la sussidiano (Comune, Società operaia, Società fra i militari in pensione, Congregazione di carità);409 a Caravaggio (BG, 1878) la Scuola di disegno per gli artieri del Comune;410 a Ostiano (CR, 1879) la Scuola professionale di disegno e calligrafia del Comune.411 Al Centro, dopo l’Unità d’Italia, iniziano la loro attività: a Montepulciano (SI) la Scuola serale di disegno (1866) della Società di mutuo soccorso;412 ad Assisi la rendite. La direzione della scuola è affidata ad un Consiglio direttivo composto di tre membri nominati dal Consiglio Comunale. Vi si impartiscono i seguenti insegnamenti: disegno geometrico, ornamentale, per ricamo ed architettonico, elementi di disegno di macchine e pittura decorativa. L’anno scolastico comincia in ottobre e termina in luglio. Nel 1904-05 il corso diurno festivo comprende due sezioni: la prima frequentata da 42 alunni la seconda frequentata da 29 maschi e 11 femmine. Il corso serale è frequentato da 47 alunni. 405 La scuola è maschile e diurna. Fu istituita nel 1870 e dipende dal Comune e dal Presidente dell’Asilo. Si mantiene con rendita propria e con eventuali sussidi. La frequentano, nell’a.s. 1904-05, di 35 alunni. 406 La scuola è diurna. Fu istituita nel 1871 e dipende dal Comune, che fornisce il locale, il mobilio e remunera l’insegnante con lire 1.000 all’anno. La Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde sussidia la scuola con lire 200 annue. Vi si insegna geometria, disegno geometrico, d’ornato ed architettonico, con applicazioni alle arti del muratore, del falegname, del fabbro e del tagliapietre. Gli iscritti sono circa una novantina. 407 La scuola è maschile e diurna. È sussidiata da privati oblatori e talora dal Comune e dalle Banche locali. Si insegna a tutti gli allievi il disegno geometrico, il disegno d’ornato, il disegno architettonico e plastica, con speciale riguardo al mestiere prescelto dai singoli allievi. La media è di 75 alunni iscritti. 408 La scuola è maschile e serale. Vive con le rendite del legato Gallo. Vi si insegna: aritmetica, geometria, disegno lineare, disegno di ornato, architettonico e prospettiva. 409 La scuola è maschile e festiva. Venne fondata nell’ottobre del 1878. Dipende da una Commissione di 5 membri nominati dagli enti che la sussidiano. Comprende tre corsi: nel primo si insegna disegno geometrico e d’ornato; nel secondo disegno applicato all’industria; nel terzo disegno libero adatto al mestiere dell’alunno. È frequentata da una cinquantina di allievi. 410 La scuola è diurna e serale. La diurna è aperta tutto l’anno, soltanto nei giorni festivi, dalle ore 10 alle 12, ed è maschile e femminile; la serale è aperta, durante i mesi di novembre, dicembre e gennaio, tutti i giorni, dalle ore 18 alle 20 ed è soltanto maschile. Fu fondata nel 1878 e dipende dal Comune, che stanzia appositamente nel suo bilancio l’annua somma di lire 500. Sono ammessi alla scuola i giovani artieri, che hanno compiuto il 12° anno di età ed ottenuto il certificato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare. Gli alunni si considerano divisi in tre sezioni: i principianti, gli iniziati, i provetti. Gli iscritti sono una cinquantina. Sono materie d’insegnamento: disegno di ornato a mano libera e all’acquarello, disegno geometrico, copia dal gesso, plastica. 411 La scuola è maschile e diurna. Vi si insegnano il disegno geometrico e d’ornato e la calligrafia. I corsi durano dal 1 novembre ad agosto. Gli iscritti sono una sessantina. 412 La scuola è maschile. Mantenuta dalla SMS locale e sussidiata con lire 400 annue dal Comune e con lire 200 dalla Camera di Commercio di Siena. Vi si insegna: disegno lineare, ornamentale, industriale e di costruzioni. Gli iscritti, nell’a.s. 1904-05, sono 35. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 303 22/12/22 13:34 304 Scuola di disegno applicato ai mestieri (1862) del Comune;413 a Roma, la Scuola di disegno dell’Associazione cattolica artistica operaia (1873);414 a S. Mauro di Romagna Scuola libera di disegno (1874) del Comune;415 a S. Giovanni in Persiceto (BO) la Scuola di disegno applicato alle arti e ai mestieri (1861) del Comune;416 a Verucchio (FO) Scuola di disegno professionale (1870) del Comune;417 a Savignano di Romagna Scuola comunale di disegno (1874);418 a San Gimignano (SI) Scuola di disegno (1877) del Comune.419 Nel Meridione, nel ventennio che va dall’Unità d’Italia, fino al 1880, nascono le seguenti scuole: a Catania la Scuola serale di disegno (1863) fondata dal Circolo degli operai420 e la Scuola Garibaldi fondata dalla Società “I figli del lavoro”;421 a Mistretta 413 La scuola è maschile; serale dal novembre all’aprile, diurna dall’aprile al giugno. Il Comune la sussidia con lire 300 annuali. Vi si insegna il disegno geometrico, d’ornato, di costruzione e di figura. Gli alunni iscritti sono una quarantina. 414 La scuola è maschile e serale e venne fondata nel 1873, dapprima soltanto come scuola elementare. Dipende dalla Primaria associazione cattolica artistica operaia, che la mantiene. Riceve inoltre talora elargizioni private. Oltre l’insegnamento elementare fino alla quarta classe, vi si svolge un programma di disegno geometrico, ornamentale, architettonico, di figura, di plastica e di decorazione. Gli alunni iscritti sono un centinaio. 415 La scuola è maschile e diurna. L’insegnamento, che dura dal 1° novembre al 1° giugno, viene impartito in tre anni e comprende nozioni di geometria e disegno, nonché nozioni pratiche relative ai vari mestieri. Frequentano la scuola poco meno di 20 alunni. 416 La scuola è diurna. Il Comune la mantiene con circa lire 1.350 annuali. L’anno scolastico dura dal 15 ottobre a tutto giugno. Le lezioni vengono impartite tutti i giorni feriali, meno il mercoledì. La scuola comprende due corsi: l’uno destinato agli artieri, l’altro ai giovanetti che frequentano la scuola primaria superiore: ciascuno di detti corsi è diviso in due sezioni: l’una maschile, l’altra femminile. Le lezioni sono di due ore ciascuna per il primo corso, di una e mezza per il secondo. Il corso degli artieri si compie in un triennio e vi è inoltre un ultimo anno di perfezionamento. Vi si insegna il disegno geometrico, d’ornato, architettonico e la plastica. Il corso destinato agli alunni delle scuole primarie superiori è triennale e mira ad insegnare nozioni elementari di disegno. Nell’a.s. 1904-05 il corso degli artieri è frequentato da 27 alunni, dei quali 18 sono maschi e 9 femmine. Il corso degli alunni delle scuole primarie è frequentato da poco più di 90 alunni, dei quali 50 maschi e 40 femmine. 417 La scuola è maschile e diurna. Fu fondata nel 1870 ed è mantenuta coi lasciti della famiglia Battaglini. Dipende dal Comune e vi si insegna il disegno geometrico, ornamentale ed applicato alle arti. Frequentano una ventina di alunni. 418 La scuola è maschile; serale dal 1 ottobre al 15 marzo, diurna dal 16 marzo alla chiusura dell’anno scolastico. Venne instituita nel 1869 dalla Società per la istruzione popolare e nell’anno successivo passò al Comune, da cui dipende, ed è mantenuta con lire 810. Vi si insegna il disegno applicato alle arti. È frequentata da una ventina di alunni. 419 La scuola è maschile e diurna. L’insegnante è retribuito dal Comune, ma il materiale di insegnamento è di proprietà dell’insegnante! Vi si apprende il disegno geometrico e di ornato con applicazioni alle industrie. Vi sono iscritti 15 alunni. 420 È sussidiata dalla Camera di Commercio con 800 lire. Oltre le materie della scuola primaria, vi si insegna il disegno ornamentale e geometrico applicato alle arti. 421 Si mantiene con le quote dei soci e col sussidio, di lire 800 annue, accordato dalla Camera di commercio. Oltre le materie della scuola primaria, vi si insegna il disegno elementare applicato alle arti, ai mestieri ed all’industria e plastica. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 304 22/12/22 13:34 305 (MS) la Scuola di disegno, da parte della società di mutuo soccorso (1865);422 a Mosso Santa Maria le Scuole tecniche Pietro Sella fondate da un consorzio di Comuni;423 a Napoli la Scuola di mestieri di disegno e di musica nell’Istituto degli Artigianelli (1862) fondato dal P. Lodovico da Casoria424 le Scuole di mestieri e di musica dell’Istituto Principe di Napoli pei giovani ciechi d’ambo i sessi (1873)425, fondato da Domenico Martuscelli;426 a Gioiosa Marea (MS) la Scuola di disegno (1872) fondata dalla Società operaia;427 a Palermo le Scuole tecniche serali per gli operai (1873) sostenute 422 La scuola è maschile e serale ed è destinata ad istruire gli operai già adulti. Nell’a.s. 1903-04 si mantiene con lire 350 fornite dal Comune, 200 dalla Provincia ed altrettante dalla Camera di Commercio. Oltre le materie della scuola primaria, vi si insegna, il disegno applicato alle arti che ciascun operaio esercita. È frequentata da 65 alunni 423 Le scuole sono maschili e femminili, diurne. Vennero fondate da un Consorzio di comuni: Mosso Santa Maria, Valle Superiore, Mosso e Pistolese. Vivono di rendite proprie ammontanti a lire 1.836 annue, nonché con le quote pagate dagli alunni, le quali ammontano a lire 800. Sono sussidiate dal Comune di Mosso Santa Maria, da quello di Pistolese, dalla Congregazione di carità di Mosso e dalla Provincia. Oltre le materie d’insegnamento delle scuole tecniche vi si compiono applicazioni del disegno alle arti e alle industrie. Frequentano la scuola 40 alunni. 424 Vi sono ammessi maschi in età fra i sette e i dodici anni, che paghino una tassa d’ingresso di lire 50 ed una retta mensile di lire 20. Si mantiene con questi proventi e con oblazioni di privati e riceve qualche occasionale sussidio dal Banco di Napoli. Oltre il corso elementare completo tutti gli alunni frequentano un corso di disegno geometrico e d’ornato applicato alle arti ed un corso di musica. Ciascuno di essi viene poi, in apposite officine di lavoro, formato secondo l’inclinazione, in uno dei seguenti mestieri: tipografo, legatore, meccanico, falegname ebanista, intagliatore, sarto. 425 Eretto in Ente Morale con Regio Decreto del 9 novembre 1885. Ha per scopo di sottrarre i giovani ciechi all’isolamento ed all’accattonaggio, di provvedere alla loro educazione e di avviarli metodicamente ad una professione o ad un mestiere. Si mantiene con le rendite del proprio patrimonio, costituitosi mediante lasciti di benemeriti cittadini, con elargizioni di Enti e di privati, e col provento di feste di beneficenza, nonché con le rette degli allievi a pagamento. L’amministrazione dell’Istituto è affidata ad un Consiglio di cinque membri. Vi sono scuole di coltura generale, scuole di musica e scuole di mestieri. Le scuole di coltura generale comprendono una scuola infantile promiscua, una scuola elementare completa pei maschi ed un’altra per le femmine ed una classe complementare. Per l’insegnamento dei mestieri ai maschi vi sono apposite officine di panierai, costruttori di stoini, tornitori, falegnami, calzolai, legatori di libri, tipografi ad uso dei ciechi, accordatori di pianoforti; per le femmine vi è un laboratorio, ove si impartisce l’insegnamento di diversi lavori donneschi: uncinetto, tombolo, spoletta, frange e lavori a maglia. L’anno scolastico comincia il 15 settembre e termina il 31 luglio. Le Scuole dell’Istituto sono frequentate da 60 alunni complessivamente, oltre 20 ciechi ex-alunni, con funzioni di maestri. 426 Martuscelli D. (1834-1917). Figlio dell’insegnante di lettere del giovane Francesco II di Borbone. Rimasto orfano dei genitori il re gli trovò un impiego al Ministero delle finanze, per garantirgli uno stipendio fisso. Nonostante l’appoggio del Re, Martuscelli non era soddisfatto della sua vita e non amava gli ambienti sfarzosi in cui era cresciuto. Appena ventenne, si recò nell’ospizio dei Santi Giuseppe e Lucia ad insegnare la scrittura ai poveri analfabeti. E fu qui che conobbe numerosi ciechi, persone all’epoca trattate allo stesso modo dei pazzi, cioè isolati. Nel 1873 Domenico Martuscelli tenne la prima lezione di scuola elementare per bambini ciechi all’interno di un ex convento abbandonato. Fu un primato in tutta Italia. Da quel momento i ciechi inizieranno ad ottenere sempre più diritti all’interno del Regno d’Italia, fino ad ottenere, nel 1885, la definitiva consacrazione della sua battaglia: infatti a partire dall’anno 1886, i bambini non vedenti potranno frequentare tutte le scuole pubbliche italiane. 427 La scuola è maschile e serale. Venne fondata nel 1872 e dipende ed è mantenuta dal Circolo Democratico, già Società operaia. La Provincia e la Camera di Commercio la sussidiano con annue lire CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 305 22/12/22 13:34 306 finanziariamente dal Comune;428 a Sassari la Scuola d’arti e mestieri e di agricoltura nell’Ospizio Immacolata Concezione e San Vincenzo di Paoli.429 b. Le Scuole artistiche industriali nate nel decennio 1880-1889 Le scuole artistico-industriali che nascono negli anni ‘80 sono 32 con il contributo finanziario di soggetti locali. Dalla denominazione e dagli insegnamenti si può dedurre che quasi tutte fossero delle scuole di disegno (Tabella 37). 19 scuole erano gestite dai Comuni, 11 da Associazioni di lavoratori, una da una Congregazione religiosa (salesiani) e una da una società filantropica. La loro distribuzione territoriale vede una netta prevalenza del Nord con 19 scuole; seguono il Centro con 8 e il Meridione e le Isole con 5. Tra i Compartimenti la Lombardia occupa saldamente la prima posizione con 10 scuole (quasi un terzo di tutte le scuole italiane artistico-industriali che sorgono nel decennio), seguita da altri 2 Compartimenti del Nord con 4 scuole: Veneto e Piemonte. Grafico n. 20 - Distribuzione regionale delle Scuole artistiche industriali attivate nel decennio 1880-1889 100 ciascuna. Oltre all’insegnamento primario vi si insegna il disegno applicato alle arti ed ai mestieri. È frequentata da 25 alunni. 428 Le scuole vennero fondate il 4 aprile 1863. L’insegnamento è diviso in un corso preparatorio, che si compie in un anno ed in un corso normale, che si compie in tre anni. Vi si insegna: disegno d’ornato a contorno, disegno di figura, d’ornato a chiaroscuro, d’architettura, di macchine, industriale, nozioni di geometria ed elementi di disegno geometrico, nozioni di fisica, chimica, elettrotecnica, plastica ornamentale, stereotomia e carpenteria. Vi sono iscritti 500 operai. 429 L’Ospizio fu eretto in ente morale con Regio Decreto del 29 novembre 1863. La scuola dell’Ospizio è sussidiata con lire 250 dal Ministero d’agricoltura, per quanto si riferisce all’insegnamento agrario, e con altre lire 250 dalla Provincia. I ricoverati vengono avviati nella scuola ad un’arte, ad un mestiere o all’agricoltura e sono ripartiti nelle seguenti sezioni: calzolai, falegnami, sarti, tessitori, agricoltori, ecc. Gli alunni sono in numero di 50. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 306 22/12/22 13:34 307 Tabella n. 37 - Quadro sinottico delle scuole artistico industriali attivate nel decennio 1890 - 1899 Città Denominazione Soggetti gestori Angera (CO) 1887 Scuola professionale di disegno Società operaia di mutuo soccorso Insegnamenti: Disegno ornamentale e geometrico con applicazioni Ascoli Piceno 1885 Scuola di disegno e di ornato applicato alle arti Comune Insegnamenti: Disegno ornamentale e geometrico con applicazioni Brescia 1883 Scuola di disegno Società liberali di mutuo soccorso Insegnamenti: Disegno di ornato, architettonico, geometrico e di macchine Capua 1886 Scuola di disegno applicato alle arti Comune Insegnamenti: Disegno geometrico, Disegno d’ornato, Plastica ornamentale ed elementi di meccanica Castel Bolognese (RV) 1885 Scuola di disegno per gli artieri Comune Insegnamenti: Italiano, Aritmetica, Corrispondenza commerciale, Disegno geometrico e d’ornato con applicazioni alle arti e ai mestieri dei singoli allievi Castel di Garfagnana 1885 Scuola popolare di disegno Privato Insegnamenti: Disegno lineare e geometrico, Disegno industriale, Architettura civile, Teorica e pratica delle ombre e degli ornati ad acquerello e a matita Castellazzo Bormida (AL) 1887-88 Scuola di disegno Sac. G. Scavia, Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico, d’ornato e di costruzione con applicazioni alle arti e ai mestieri Caverzere (VE) n.d. Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno applicato all’industria, Disegno d’ornato Cernobbio (CO) 1883 Scuola d’arte applicata all’industria Comune Insegnamenti: Disegno lineare e d’ornato Como 1882 Scuola di disegno Società di mutuo soccorso Insegnamenti: disegno industriale e d’ornato Coreglia Antelminelli (LU) 1883 Scuola di disegno per l’industria del figurinaio Barone C. Vanni, Comune Insegnamenti: Disegno ornamentale, di figura e geometrico, Plastica ornamentale e di figura Induno Olona (CO) 1880 Scuola professionale di disegno Società operaia Insegnamenti: Disegno ornamentale, geometrico ed architettonico Longarone (BL) 1886 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno a mano libera, ornamentale a base geometrica, Disegno lineare geometrico e scale proporzioni e applicazioni Maccagno Superiore (CO) 1889 Scuola di disegno Società operaia Insegnamenti: Disegno ornamentale Mineo (CT) n.d. Scuola di disegno Società di mutuo soccorso “I figli del lavoro” Insegnamenti: Elementi di disegno CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 307 22/12/22 13:34 308 Mortara (PV) 1887 Scuola operaia di disegno Società operaia di mutuo soccorso Insegnamenti: Disegno elementare di ornato e geometrico con applicazioni alle arti e ai mestieri Novara 1887 Scuole professionali Congregazione salesiana Insegnamenti: n.d. Orvieto (PG) 1886 Scuola domenicale di disegno Comune Insegnamenti: Disegno lineare e geometrico, Disegno architettonico, Disegno ornamentale, di figura e di paesaggio Pallanza (NO) 1880 Scuola di disegno applicato all’industria Società di mutuo soccorso e di istruzione fra gli operai Insegnamenti: Disegno d’ornato, Disegno industriale, geometria e plastica Piedimonte d’Alife (CS) n.d. Scuola popolare di disegno applicato Società operaia Insegnamenti: Disegno applicato alle arti, Plastica, Elementi di decorazione Russi (RV) 1880 Scuola di disegno per gli artieri Comune Insegnamenti: Disegno geometrico ed ornamentale applicato alle arti Russi (RV) 1887 Scuola di plastica ornamentale per gli artieri Comune Insegnamenti: disegno geometrico ed ornamentale, Plastica applicata all’ornamentazione, Intaglio in legno ed intarsio Pescia 1889 Scuola professionale Società operaia Insegnamenti: Aritmetica, Disegno geometrico e d’ornato, Plastica e computisteria Racconigi 1889 Scuola operaia d’arti e mestieri Comune Insegnamenti: Disegno applicato alle arti Sampierdarena (GE) 1889 Scuola civica di disegno e meccanica Comune Insegnamenti: Italiano, Aritmetica, Algebra elementare, Geometria, Disegno di architettura, di ornato e di macchine San Severo (FG) 1889 Scuola di disegno industriale Scuola filantropica per istituzione scuole serali Insegnamenti: Disegno geometrico, ornamentale ed architettonico, Disegno di figura, Plastica e intaglio in legno San vito al Tagliamento (UD) 1883 Scuola di disegno applicato alle arti ed ai mestieri Comune Insegnamenti: Aritmetica, Geometria, Disegno geometrico ed ornamentale, Proiezioni, Teoria delle ombre, Elementi di architettura e di prospettiva parallela, Nozioni pratiche di tecnologia, Nozioni elementari sui materiali da costruzione, Disegno applicato ai mestieri del muratore, del falegname, del fabbro e del meccanico Schio (VI) 1888 Scuola serale di disegno Comune Insegnamenti: Geometria piana con applicazioni alle arti ed ai mestieri, Proiezioni ed applicazioni di architettura e meccanica, Proiezioni sezioni coniche, intersezioni dei solidi, Architettura, Meccanica, Copia di parti di macchine, Schizzi a mano libera, Applicazioni varie e copia di macchine e di fabbricati CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 308 22/12/22 13:34 309 Termini Imerese (PA) 1884 Scuola serale di disegno Comune Insegnamenti: Disegno geometrico, di ornato ed elementi di architettura Viadana (MN) 1886 Scuola domenicale di disegno professionale Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico, di ornato ed ornamentale applicato Verolanuova (BS) 1880 Scuola di disegno applicato alle arti ed alle industrie Comune Insegnamenti: Disegno architettonico e decorativo Un breve cenno su ciascuna delle scuole elencate nella tabella riassuntiva, iniziando dalle scuole presenti nei Compartimenti del Nord. A Brescia le Società liberali di mutuo soccorso, nel 1883, aprirono una Scuola di disegno. Le lezioni erano serali e si tenevano quattro giorni la settimana e riguardavano il disegno di ornato, architettonico, geometrico e di macchine. Queste scuole erano finanziariamente sostenute da elargizioni di vari Enti (Comune, Camera di Commercio, Cassa di risparmio e l’Ateneo),430 e da privati. Le lezioni di disegno hanno luogo quattro volte la settimana, da novembre a marzo, dalle 19 alle 21. Gli iscritti alla scuola di disegno, nell’anno scolastico 1904-05, furono 98. I due insegnanti di disegno ricevono una gratificazione annua di lire 100.431 A Mortara, in provincia di Pavia, nel 1881, per iniziativa e con il sostentamento finanziario della Società operaia di mutuo soccorso, inizia il suo funzionamento la Scuola operaia di disegno, maschile e serale. È sussidiata con lire 350 da vari Enti: la Camera di Commercio, la Provincia, il Comune e la Cassa di risparmio. Vi si insegna il disegno elementare, di ornato e geometrico, con applicazioni alle arti ed ai mestieri. Dopo circa venti anni, nel 1904-05, gli iscritti saranno 150.432 Il 1° novembre 1886 il Comune di Longarone, cittadina di circa 6.000 abitanti nella Valle del Piave in provincia di Belluno, delibera l’apertura di una Scuola di disegno, maschile, diurna e serale. Il Municipio la mantiene con lire 300 annue. Riceve sussidi anche dalla Camera di Commercio (lire 200) e dalla Provincia (250). Gli insegnamenti riguardano: disegno a mano libera, ornamentale a base geometrica, 430 L’Ateneo di Brescia è diretto discendente dell’Accademia di scienze, lettere, agricoltura ed arti. Nel 1810 un decreto napoleonico inteso a fare ordine, determina che le istituzioni culturali che operano nei capoluoghi regionali, nel campo delle scienze e delle lettere, siano elevate al rango di Accademie reali. Ecco perché, dal 1811, anno in cui venne data esecuzione al citato decreto napoleonico, questa istituzione assume la denominazione di “Ateneo di Brescia” con la naturale aggiunta esplicativa di “Accademia di scienze, lettere ed arti”, per sottolineare il legame col sodalizio già esistente, nonché per distinguerlo, oggi soprattutto, dall’università che fa improprio uso del termine “Ateneo”, anche se, ormai, entrato nel linguaggio comune quale suo sinonimo. Vedi STORIA in www.ateneo.brescia.it. 431 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 934. 432 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 977-978. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 309 22/12/22 13:34 310 disegno lineare geometrico e scale di proporzioni e applicazioni. Gli iscritti sono in media una sessantina.433 Nel 1869 era sorta a Viadana (MN) una Società operaia con finalità di assistenza e previdenza a favore dei lavoratori iscritti, nonché di promozione e diffusione dell’istruzione popolare. Nel 1872 la Società, insieme al Comune, apre una Scuola comunale domenicale di disegno; nel 1886 dà vita ad una propria Scuola domenicale di disegno professionale, indipendente da quella del Comune.434 Evoluzioni successive porteranno questa istituzione a diventare una Scuola popolare d’arti e mestieri nel 1904. È sussidiata dalla Camera di Commercio e dalla Cassa di risparmio di Milano. Dispone inoltre di un legato annuo di lire 80. Vi si insegna: disegno geometrico ed ornamentale applicato. Gli alunni iscritti sono circa 40.435 Il 30 ottobre 1889 il Comune di Racconigi (allora con poco più di 9.000 abitanti) in provincia di Cuneo, delibera la nascita di una Scuola operaia d’arti e mestieri. Nonostante la denominazione ufficiale il programma di insegnamento (vi si insegna il disegno applicato alle arti) suggerisce di collocare questa scuola non tanto tra le scuole industriali, ma in quelle artistico-industriali. La scuola è maschile e serale ed è sussidiata con lire 200 dalla Provincia, con lire 100 dalla Camera di Commercio e con uguale somma dal locale R. Ospedale di Carità. Le lezioni sono impartite dal 10 novembre alla metà di marzo, nei giorni feriali, tranne il lunedì e il sabato. I frequentanti sono circa 40.436 A Sampierdarena (GE), nel 1889, viene istituita dal Comune una Scuola civica di disegno e meccanica. Le lezioni sono serali, dal novembre al marzo. Consta di quattro classi, due complementari e due professionali. Nelle prime due s’insegna: italiano, aritmetica, algebra elementare, geometria, disegno di architettura, di ornato e di macchine. Nelle altre due s’insegnano scienze fisiche, meccanica industriale, macchine a vapore, disegno di macchine, geometria descrittiva. La scuola è frequentata in media da circa 200 alunni.437 La Società operaia di Pescia il 24 febbraio 1889 delibera l’istituzione di una Scuola professionale. Le lezioni, riservate a maschi, si tengono in orario serale nei giorni feriali, e al mattino in quelli festivi. È amministrata da una Commissione nominata dalla Società operaia. Si mantiene con i sussidi elargiti dal Comune, dalla Camera di Commercio, dalla locale Cassa di risparmio e dalla Provincia. L’importo 433 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 931. 434 Aliani A. - L. Baraldi, Istruttivo e divertente. La biblioteca popolare circolante della Società Operaia di Viadana: libri, lettori e tendenze culturali attraverso l’analisi del suo fondo librario, in “Biblioteche oggi”, dicembre 1997, pp. 34-45. 435 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 959. 436 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 946. 437 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 954. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 310 22/12/22 13:34 311 complessivo dei sussidi è di circa lire 600 annue. Vi si insegna, in tre anni, aritmetica, disegno geometrico e d’ornato, plastica e computisteria. Le lezioni durano dal 1° ottobre al 31 maggio. Sono iscritti nell’a.s. 1904-05 31 alunni.438 La Scuola serale di disegno di Castellazzo Bormida (AL), fondata, nel 1887- 88, dal sacerdote Giovanni Scavia, è gestita dalla Società operaia, ed è mantenuta col reddito del fondatore (5.000 lire annue) dalla Società operaia locale, che provvede al suo mantenimento. È sussidiata anche dalla Provincia con lire 140 annue e dal Comune con la concessione gratuita dei locali. Vi si insegna disegno geometrico, d’ornato e di costruzione con applicazioni alle arti e ai mestieri. Gli alunni iscritti sono in media una sessantina.439 Il Comune di Verolanuova, paese di 6.500 abitanti in provincia di Brescia, nel 1880 dà vita ad una Scuola di disegno applicato alle arti ed alle industrie. La scuola è serale da novembre a metà marzo, eccettuate le feste; da metà marzo a luglio è festiva e diurna. Provvedono al suo funzionamento annuale il Comune con 200 lire e la Provincia con un sussidio di lire 150. Vi si insegna il disegno d’ornato e geometrico, gli elementi del disegno architettonico e decorativo. Nell’insegnamento si ha particolare riguardo ai mestieri dei singoli allievi. Vi sono iscritti 30 alunni.440 In provincia di Como ad Angera la Società operaia di mutuo soccorso, il 18 ottobre 1887, istituisce una Scuola professionale di disegno. Frequentata da maschi aveva un orario feriale serale e diurno nei giorni di festa. È sussidiata dalla Camera di commercio di Varese con lire 100. Vi si insegnano il disegno ornamentale e geometrico con applicazioni. Gli iscritti sono 62 nell’a.s. 1904-05.441 È il Comune di Cernobbio (CO) a dar vita ad una sua Scuola d’arte applicata all’industria, nel 1883. La scuola è maschile, diurna e serale, mantenuta con risorse comunali ed è sussidiata dalla Società operaia con lire 100 annue. Vi si insegna il disegno lineare e d’ornato. Gli iscritti alla scuola sono 90.442 In provincia di Como a Induno Olona, (nel 1880 sfiorava i 2.500 abitanti), la locale Società operaia fondava nel 1880 una Scuola professionale di disegno maschile e serale. Riceveva un sussidio dal Comune di lire 100 e della Camera di Commercio di lire 50. Vi si insegnava il disegno ornamentale, geometrico ed architettonico. Gli iscritti sono 45.443 438 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 957. 439 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 946. 440 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 926. 441 Ibidem, p. 939. 442 Ibidem, p. 940. 443 Ibidem, p. 941. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 311 22/12/22 13:34 312 Grazie a sussidi dal Comune e da privati nasce a Como, nel novembre 1882, una Scuola di disegno, maschile e serale, per iniziativa della Società di Mutuo soccorso. I circa 80 allievi (a.s. 1904-05) si applicano al disegno industriale e d’ornato.444 Figura n. 43 - Scuole artistiche industriali istituite in provincia di Como nel decennio 1880 Sempre in provincia di Como, a Maccagno Superiore la locale Società operaia avvia, nel 1889, ad una Scuola di disegno, maschile e serale. Riceve sussidi dalla Camera di commercio di lire 100 annue. Vi si insegna il disegno ornamentale. Gli iscritti sono 25.445 Il 1° gennaio 1886 il Comune di Ostiglia (MN) apre una Scuola di disegno. La scuola è maschile, diurna nei giorni festivi e serale in quelli feriali. È mantenuta dalle finanze del comune e dal sussidio dell’Opera Pia Greggiati, un prete, appassionato di musica. Le lezioni hanno luogo tre volte la settimana e sono materia di insegnamento: il disegno lineare e geometrico, il disegno architettonico, il disegno ornamentale, di figura e di paesaggio. I frequentanti sono circa 40 nei mesi d’inverno; nella stagione estiva circa 20.446 A Pallanza, comune autonomo in provincia di Novara fino al 1939, quando venne fusa al comune di Intra e, insieme, assunsero il nome di Verbania,447 nel 1880 viene fonata una Scuola di disegno applicato all’industria. A prendere l’iniziativa è il Comitato di istruzione nominato dalla locale Società di mutuo soccorso e di 444 Ibidem, p. 940. 445 Ibidem, p. 942. 446 Ibidem, p. 926. 447 R.D. del 4 aprile 1939 n. 702 in Gazzetta Ufficiale del 20 maggio 1939, n. 118. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 312 22/12/22 13:34 313 istruzione fra gli operai. La Società assume anche l’onere del suo mantenimento sia in denaro (150 lire annue) sia mettendo a disposizione i locali, sia sostenendo i costi della illuminazione e del riscaldamento. Intervengono con sussidi anche il Comune con lire 50, la Cassa di risparmio delle Provincie lombarde con lire 100, l’Opera pia Rossi con lire 50 e la Provincia con lire 200. La scuola è maschile, serale e diurna e vi si insegna: disegno d’ornato, disegno industriale, geometria e plastica, secondo i vari mestieri. Gli iscritti nell’a.s. 1904-05 saranno 86.448 Il Comune di San Vito al Tagliamento, un paese di oltre 9.000 anime in provincia di Udine, apre, nel 1883, gestisce e mantiene una Scuola di disegno applicato alle arti ed ai mestieri. L’insegnamento è ripartito in quattro anni, dei quali il primo costituisce il corso preparatorio, il secondo ed il terzo formano il corso normale, il quarto il corso complementare. Vi sono ammessi gli alunni che abbiano compiuto i 12 anni di età ed abbiano superato con esito positivo l’esame di promozione dalla terza classe elementare, o “diano, in altro modo, prova di possedere un sufficiente grado di coltura”. Le materie d’insegnamento sono: aritmetica, geometria, disegno geometrico ed ornamentale, proiezioni, teoria delle ombre, elementi di architettura e di prospettiva parallela, nozioni pratiche di tecnologia, nozioni elementari sui materiali da costruzione, disegno applicato ai mestieri del muratore, del falegname, del fabbro e del meccanico. L’anno scolastico incomincia ai primi di novembre e termina ai primi di agosto. Le lezioni vengono impartite tre volte alla settimana e sono serali in due giorni feriali e diurne la domenica. Gli iscritti superano il centinaio.449 Anche a Cavarzere, cittadina di oltre 17.000 abitanti, in provincia di Venezia, è il Comune ad aprire e mantenere una Scuola di disegno, maschile e serale. Vi si insegnano il disegno applicato all’industria e il disegno d’ornato. Nell’a.s. 1904-05 è frequentata da 23 alunni.450 Nasce nel 1883, per iniziativa del barone Carlo Vanni, a Coreglia Antelminelli, in provincia di Lucca una Scuola di disegno per l’industria del figurinaio. La pratica di creare statuine con il gesso si era diffusa a Coreglia tra il XVI e il XVII secolo e rappresentava la principale occupazione della gente del posto. Quando nel Settecento iniziarono le emigrazioni dei coreglini verso tutto il mondo, furono molti gli artigiani che decisero di partire in cerca di fortuna. Nel 1883 fu appunto il barone e figurinaio Carlo Vanni ad istituire, mantenere (usufruendo anche di un sussidio comunale di 100 lire) e dirigere nel suo palazzo di Coreglia una scuola per istruire i giovani al mestiere. Le materie di insegnamento erano il disegno ornamentale, di figura e geometrico, la plastica ornamentale e di figura.451 Quando il barone nel 1915 si trasferirà a Vienna, lasciò l’edificio in dote al comune. Dato che gli eredi degli artigiani, nel corso del tempo, avevano donato al capoluogo numerose stampe e statuine, 448 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 974. 449 Ibidem, p. 1002. 450 Ibidem, p. 1003. 451 Ibidem, p. 957. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 313 22/12/22 13:34 314 nel 1975 l’Amministrazione Comunale deciderà di istituire il Museo della figurina di gesso e dell’emigrazione.452 In provincia di Carrara, a Castelnuovo di Garfagnana, per iniziativa del prof. Ermanno Pergoli, nel 1885, sorge una Scuola popolare di disegno, maschile e femminile e diurna. Il Comune dà gratuitamente il locale, e la Camera di commercio di Carrara la sussidia con annue lire 300. Materie di insegnamento: disegno lineare e geometrico, disegno industriale, architettura civile, teorica e pratica delle ombre e degli ornati, ad acquerello ed a matita. Il programma si svolge in tre anni. Alla scuola sono iscritti una trentina di allievi. Alunni, tutti prosciolti dall’obbligo dell’insegnamento elementare.453 A Orvieto nel novembre 1886 il Comune istituisce una Scuola domenicale di disegno. La scuola è diurna e nell’a.s. 1904-05 ospitava 50 maschi e 38 femmine. Il Comune fornisce i locali e il materiale scolastico. L’insegnante non riceve alcuna retribuzione. Vi si impartiscono lezioni di disegno geometrico, ornamentale ed architettonico. Le lezioni durano da novembre a giugno. La scuola comprende un corso triennale, al quale si aggiunge un altro anno di corso, per gli operai adulti che abbiano fatto buona prova nei primi tre anni. Nell’a.s. 1904-05 vi sono iscritti 88 alunni, dei quali 50 maschi e 38 femmine. I frequentanti sono 78, e cioè 41 maschi e 37 femmine.454 Nel 1885 viene fondata e gestita dal comune di Castel Bolognese, in provincia di Ravenna, una Scuola di disegno per gli artieri, con lezioni serali di italiano, aritmetica, corrispondenza commerciale e disegno geometrico e d’ornato con applicazioni alle arti ed ai mestieri dei singoli allievi. Nell’a.s. 1904-05 frequentano 15 giovani455. Nel decennio, sempre in provincia di Ravenna, a Russi, troviamo due scuole professionali, entrambe istituite e gestite dal Comune. Nella prima, Scuola di disegno per gli artieri, serale, nata nel 1880 e frequentata da una ventina di allievi, si insegna il disegno geometrico ed ornamentale applicato alle arti. Nella seconda, Scuola di plastica ornamentale per gli artieri, diurna, istituita nel 1887, si insegna: disegno geometrico ed ornamentale, plastica applicata alla ornamentazione, intaglio in legno ed intarsio. Le lezioni sono tenute tre volte la settimana, a giorni alterni, compresa la domenica e durano due ore ciascuna. I corsi sono aperti dal principio di marzo a tutto l’anno.456 Il Comune fonda a Schio (VI), nel 1888, e mantiene con propri fondi, una Scuola serale di disegno. La scuola è maschile e comprende quattro corsi: nel primo s’insegna geometria piana con applicazioni alle arti ed ai mestieri; nel secondo proiezioni ed applicazioni di architettura e meccanica; nel terzo proiezioni, sezioni coniche, 452 Museo della figurina di gesso e dell’emigrazione, in www.comune.coreglia.lu.it. 453 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 907. 454 Ibidem, p. 979. 455 Ibidem, p. 983. 456 Ibidem, p. 984. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 314 22/12/22 13:34 315 intersezioni dei solidi, architettura, meccanica, copia di parti di macchine, schizzi a mano libera; nel quarto applicazioni varie e copia di macchine e di fabbricati. Nell’a.s. 1904-1905 era frequentata da 70 alunni.457 Ad Ascoli Piceno opera dal 1885 la Scuola di disegno e di ornato applicato alle arti. La scuola è maschile e serale ed è sussidiata dal Comune e dalla Camera di commercio. Ha un unico insegnante.458 In provincia di Caserta a Piedimonte D’Alife (dal 1970 Piedimonte Matese), sul finire del decennio, la Società operaia dà vita ad una Scuola popolare di disegno applicato. È sussidiata dal Comune con lire 200, dalla Cassa di risparmio con lire 100 e dalla Banca popolare cooperativa del Matese con lire 60 annue. Sono materie d’insegnamento: il disegno applicato alle arti, la plastica ed elementi di decorazione. Sono iscritti alla scuola una trentina di alunni.459 La Società di mutuo soccorso “I figli del lavoro” di Mineo, cittadina in provincia di Catania, apre, finanzia e gestisce una Scuola di disegno. È inoltre sussidiata con lire 300 dalla Camera di Commercio di Catania. Vi si insegnano gli elementi del disegno.460 A San Severo, in provincia di Foggia, pochi mesi dopo il plebiscito del 21 ottobre 1860 con il quale, alcuni elementi del ceto medio borghese e filogovernativo, allarmati dalla grave crisi economico e sociale prodotta da annate di scarsi raccolti e temendo chissà quali rivolgimenti avrebbe portato l’Unità, tentarono, prima che fosse troppo tardi, di fondare una Società Operaia di Mutuo Soccorso. Nonostante le richieste di autorizzazione rivolte alle Autorità, venne consentita, il 21 aprile 1862, solo l’istituzione di una Società filantropica con lo scopo d’istituire scuole serali per i lavoratori. Gli interventi che caratterizzarono la Società a San Severo nei primi anni di vita: aiuto alle vittime dell’epidemia di colera del 1865; apertura di tre sezioni di scuole serali; costituzione di una biblioteca popolare; pressioni sul governo perché la vendita delle terre dell’asse ecclesiastico contemplasse anche una parte da dare in enfiteusi ai nullatenenti; appello per estendere il diritto di voto a tutti gli operai; protesta contro la tassa sul macinato461. Dopo un periodo di stasi di iniziative la Società, nel 1889, istituisce la Scuola di disegno industriale. La scuola, maschile e serale, oltre al sostegno finanziario della Società, è sussidiata con lire 1.000 annue dal Comune, con lire 200 dalla locale Banca Popolare e con lire 300 dalla Camera di Commercio della Capitanata. Sono materie di insegnamento: il disegno geometrico, 457 Ibidem, p. 946. 458 Ibidem, p. 929. 459 Ibidem, p. 937. 460 Ibidem, p. 939. 461 Clemente G., Momenti e figure dell’Ottocento a San Severo, in Studi per una storia di San Severo, San Severo, 1989. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 315 22/12/22 13:34 316 ornamentale ed architettonico, il disegno di figura, la plastica e l’intaglio in legno. La scuola è frequentata da poco più di una ventina di alunni.462 È il Comune di Termini Imerese, popolosa cittadina con oltre 22.000 abitanti in provincia di Palermo, a istituire, nel 1884, una Scuola serale di disegno. La scuola è maschile e dipende, anche finanziariamente, dal Comune, che ne retribuisce l’insegnante con 200 lire annue. Vi si impartisce l’insegnamento del disegno geometrico, di ornato ed elementi di architettura.463 A Capua, in provincia di Caserta, nel 1886 apre i battenti una Scuola di disegno applicato alle arti. La scuola è serale e dipende dal Comune, che retribuisce l’insegnante con lire 800 annue. Sono materie d’insegnamento: il disegno geometrico, il disegno d’ornato, la plastica ornamentale e gli elementi di meccanica. La scuola è divisa in 4 sezioni: appartengono alla prima, fabbri-ferrai e meccanici; alla seconda, intagliatori, ebanisti e stipettai; alla terza, ornamentisti e stuccatori. La quarta sezione è comune a tutti gli allievi e serve di perfezionamento e di applicazione. Nell’anno scolastico 1904-05 gli iscritti saranno circa 110.464 462 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 951-952. 463 Ibidem, p. 977. 464 Ibidem, p. 937. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 316 22/12/22 13:34 317 5. L’Istruzione Professionale nel settore del Commercio e dei Trasporti 5.1. Il mercato del lavoro di riferimento Nel Censimento del 1881 i dati relativi al settore del commercio (scambio in forma di acquisto e/o vendita di beni valutari o di consumo, mobili o immobili, e di servizi in cambio di moneta) sono sistematizzati nella categoria IV, che comprende, come abbiamo visto1 2 gruppi: - Credito, cambio di monete, spedizioni e commissioni, che si articola in 13 condizioni/ professioni; - Derrate e merci, che comprende 33 condizioni/professioni. Anche la seconda categoria, Trasporti (attività per lo spostamento di persone animali e merci) si divide in due gruppi: - Trasporti per vie ferrate e ordinarie, Poste, telegrafi e telefoni con 9 condizioni/ professioni; - Navigazione, che si concretizza in 9 condizioni/professioni. Sommando le professioni del Commercio e dei Trasporti si arriva a 64 professioni (Figura 44). Figura n.44 – Categorie, gruppi e condizioni/professioni settore Commercio e Trasporti (Censimento 1880) Complessivamente gli operatori del primo settore, il commercio, erano 246.618 (l’88% uomini), di cui lo 0,02% di giovanissimi, prevalentemente maschi (Tabella 38). La maggior parte, pari al 65%, erano impegnati in negozi di vendita (cfr. Tabella 1 Introduzione par. 5. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 317 22/12/22 13:34 318 38). I dati censiti comprendono sia i proprietari degli esercizi e coloro che lo dirigono per conto dei primi sia gli impiegati, i contabili ed i commessi di negozio. Tabella n. 38– Addetti della categoria Commercio (Censimento 1880) GRUPPI da 9 anni di cui dai 9 ai 14 anni Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale I Credito, cambio, spedizioni, commissioni 96.122 2.352 98.470 1.596 66 1.662 II Derrate e merci 150.946 30.803 181.299 3.118 385 3.503 Totale 247.068 33.155 279.769 4.714 451 5.165 Gli operatori nei trasporti (per terra, per ferrovia e per mare) e nei servizi postali, telegrafici e telefonici ammontavano a 313.011, quasi tutti uomini. Una piccola parte era composta da ragazzi di età comporesa tra i 9 e i 14 anni (Tabella 39). Tabella n. 39 – Addetti della categoria Trasporti (Censimento 1880) GRUPPI da 9 anni di cui dai 9 ai 14 anni Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale I Trasporti per vie ferrate e ordinarie / Poste e telegrafi e telefoni 219.251 2.265 221.516 3.852 22 3.874 II Navigazione 91.096 399 91.495 3.118 36 4.808 Totale 310.347 2.664 313.011 6.970 58 8.682 Nei grafici n. 21 e n. 22 sono riportate le condizioni/professioni di ciascun gruppo. Quelle più frequenti del primo gruppo (Credito, cambio, spedizioni, commissioni…) della categoria Commercio sono quelle riportate nel Grafico 21. Al primo posto (34.618 soggetti censiti) ci sono mediatori e sensali, una figura molto importante nella compravendita dove non c’era, come oggi, la cultura e la prassi del “prezzo fisso”. Egli mediava tra venditore e acquirente specialmente nelle contrattazioni di prodotti agricoli e di bestiame ma, anche, interveniva e agevolava le trattative fra noleggianti e noleggiatori. Di rilievo la figura del sensale marittimo che contrattava noli o la compravendita di assicurazioni e di altri affari nel campo dei traffici navali. In seconda posizione troviamo i commessi con circa 27.000 operatori rilevati. Tra i 10.000 e i 5.000 addetti si collocano le figure degli spedizionieri ed agenti di commercio (8.234); ragionieri, cassieri ed esattori (7.399); impresari, appaltatori e fornitori (5.471). Nella parte basse della classifica troviamo gli operatori in istituti di credito (4.572, di cui 709, diremmo oggi, i “banchieri” e 3.863 i “bancari”) e quelli del Banco lotto (3.439) più numerosi dei commessi viaggiatori (2.351)! CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 318 22/12/22 13:34 319 Grafico n. 21 - Le professioni più esercitate nel Gruppo Credito, cambio, spedizioni e commissioni della categoria Commercio (Censimento 1881) Grafico n. 22 - Le professioni più esercitate nel gruppo Derrate e merci della Categoria Commercio (Censimento 1881) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 319 22/12/22 13:34 320 Tabella n. 40 – Gruppi, Condizioni/Professioni del Commercio (Censimento 1881) CATEGORIA IV – COMMERCIO GRUPPO CONDIZIONI/PROFESSIONI 1. Credito Cambio di monete, spedizioni e commissioni 1. Stabilimenti di credito e di assicurazione e banchieri privati; 2. Agenti di cambio e cambiavalute; 3. Mediatori. Sensali, ecc.; 4. Periti e stimatori pubblici; 5. Banchi di lotto (ricevitori e commessi); 6. Spedizionieri, commissionari ed agenti di commercio; 7. Magazzinieri; 8. Commessi viaggiatori; 9. Ragionieri, cassieri, contabili ed esattori; 10. Commessi di studio e di negozio; 11. Impresari, fornitori, appaltatori e accollatari; 12. Pesatori pubblici e misuratori di liquidi e di derrate; 13. Sovventori su pegni, pignoratori. 2. Derrate e merci 1. Negozianti di materiali da costruzione; 2. Negozianti di derrate e di cereali; 3. Negozianti di foraggi, strame, crusca, sementi prative; 4. Negozianti di bestiame (esclusi i cavalli); 5. Negozianti di cavalli; 6. Droghieri e negozianti di coloniali e di petrolio; 7. Rivenditori di Sali e Tabacchi ed altri generi di privativa; 8. Negozianti e noleggiatori di macchine e di strumenti rurali; 9. Negozianti di lino, canapa e cotoni grezzi; 10. Negozianti di filati e tessuti di ogni genere; 11. Negozianti di abiti, biancheria, guanti, calzature, ecc.; 12. Negozianti di cuoi, pelli ed oggetti di pellicceria; 13. Negozianti di legna da ardere e carbone; 14. Negozianti e noleggiatori di mobili di legno e di ferro; 15. Negozianti di vetri, cristalli, specchi, maioliche e stoviglie, cornici, lampade, ecc.; 16. Chincaglieri, negozianti di giuocattoli e galanterie; 17. Merciai; 18. Negozianti di ombrelli, stuoie ventagli; 19. Negozianti di ferrarecce; 20. Negozianti di armi e munizioni; 21. Negozianti e noleggiatori di strumenti musicali; 22. Negozianti di zolfo greggio e raffinato; 23. Negozianti di strumenti d’ottica, chirurgia, ecc.; 24. Librai e negozianti di musica; 25. Negozianti di carta e cartolai; 26. Negozianti di oggetti d’antichità, antiquari; numismatici e restauratori di oggetti antichi; 27. Negozianti di stampe, quadri ed oggetti di belle arti; 28. Negozianti di stracci e ossa; 29. Rigattieri; 30. Negozianti di seme di bachi, di bozzoli e di seta greggia; 31. Negozianti di formaggi, burro, latticini, ecc.; 32. Negozianti di oggetti militari e di decorazioni; 33. Negozianti di generi diversi. Le professioni del gruppo Derrate e merci ci raccontano mestieri e lavorazioni non solo con denominazioni ormai del tutto scomparse dal lessico comune, ma anche che fanno riferimento a scenari di vita quotidiana ormai del tutto scomparsi. Nella classifica delle condizioni professionali più frequenti (vedi Grafico 22) al terzo posto troviamo il droghiere e negoziante di coloniali e petroli con 15.000 operatori. Era il rivenditore di alimenti provenienti da produzioni locali, ma anche di alimenti e di altri beni di consumo importati da colonie europee e con buone proprietà di stoccaggio (in particolare zucchero, riso, caffè, tè, cacao e tabacco); vendeva anche il cherosene per l’illuminazione domestica. Il rivenditore di generi di CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 320 22/12/22 13:34 321 privativa (13.628 operatori) era il negozio dove si acquistavano tabacchi sale e valori bollati, prodotti di Monopolio dello Stato che riscuoteva, inglobata nel prezzo, un’imposta indiretta sul consumo. Meno desueto è il termine merceria, immancabile anche in ogni piccolo centro abitato, che sta ad indicare il negozio dove si può acquistare gli oggetti di solito occorrenti ai lavori di cucito e di rifinitura in sartoria, e anche piccoli capi di biancheria, ma più genericamente merce minuta (oggetti ornamentali, ninnoli, chincaglierie) di valore modesto. I merciai censiti erano più di 21.000 e rappresentavano la seconda condizione professionale del gruppo. I quasi 7.000 negozianti di stracci ed ossa, invece, rivendevano quanto i cenciaioli riuscivano a raccogliere nei rifiuti urbani (stracci, ossa, metallo, …). Comprensibile il primato dei negozianti di filati e tessuti (con 28.702 addetti) in un’epoca in cui tutto il vestiario, dall’intimo al soprabito, era opera dei sarti che lavoravano “su misura”; come anche il consistente numero di negozianti di legname da ardere (10.235) sia per le operazioni di riscaldamento degli ambienti domestici sia per la cottura dei cibi. Chiudono la classifica del gruppo i rigattieri, (3.637) cioè quanti comprano e rivendono roba usata. Tabella n. 41 - Gruppi, Condizioni/Professioni del Commercio (Censimento 1881) CATEGORIA V – TRASPORTI GRUPPO CONDIZIONI/PROFESSIONI 1. Trasporti per vie ferrate e ordinarie. Poste, telegrafi e telefoni 1. Impiegati al servizio delle ferrovie (esclusi i cantonieri ed il personale di fatica); 2. Cantonieri ferrovia; 3. Portalettere, fattorini telegrafici e guardafili, procacci; 4. Impiegati al servizio dei telefoni; 5. Impiegati al servizio delle diligenze, omnibus e tramway; 6. Affitta carrozze, cavalli e asini; 7. Cocchieri di vetture pubbliche; 8. Carrettieri e barrocciai, mulattieri e cavallanti; 9. Stallieri. 2. Navigazione 1. Proprietari di navi ed armatori; 2. Proprietari e noleggiatori di barche; 3. Capitani ed ufficiali di marina mercantile; 4. Piloti e marinai; 5. Barcaioli e conduttori di zattere (gondolieri e navicellai); 6. Custodi d’argini, e navalestri; 7. Palombari. Il trasporto in treno, nel 1885 poteva contare su 8.640 Km di ferrovie (circa 1.500 in più del 1870) ed era affidato in regime di convenzione a tre società private: alla Società Italiana per le strade ferrate meridionali l’esercizio della rete gravitante sull’Adriatico (Rete Adriatica) e alle Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo e Società per le Strade Ferrate della Sicilia, rispettivamente, l’esercizio della rete gravitante sui mar Ligure, Ionio e Tirreno (Rete Mediterranea) e la rete siciliana (Rete Sicula). Rimanevano fuori dalle convenzioni le ferrovie sarde e alcune altre piccole reti private2. Il sistema delle ferrovie occupava, stando ai dati del Censimento, circa 40.000 persone. Più precisamente 26.902 impiegati e 13.547 casellanti, disseminati lungo le linee e residenti nelle “case cantoniere”, in prossimità dei 2 Maggi G., Tra pubblico e privato. La gestione delle ferrovie nell’800 e primo ‘900, in TuttoTreno & storia n. 7, Duegieditrice, 2002, pp. 18-33. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 321 22/12/22 13:34 322 passaggi a livello. Ben più numerosi erano gli addetti all’altra forma di trasporto e di merci e persone, quella a trazione animale: 185.568. Di questi i più numerosi erano i carrettieri e mulattieri (110.501), seguiti dai cocchieri di vetture pubbliche (45.707), dagli stallieri (10.903) e dagli impiegati al servizio delle diligenze (3.802) (Grafico 23). Grafico n. 23 – Le professioni più esercitate nel gruppo Trasporti per vie ferrate e ordinarie. Poste, telegrafi e telefoni della categoria Trasporti (Censimento 1881) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 322 22/12/22 13:34 323 Grafico n. 24 – Le professioni più esercitate nel gruppo Navigazione della categoria Trasporti (Censimento 1881) A fine secolo assistiamo ad un’espansione del traffico mercantile, sia interno che internazionale, che porta alla nascita di nuove compagnie e il riassetto di quelle esistenti.3 Le professioni censite possono essere distinte tra quelle degli imprenditori e proprietari, da una parte, e quelle del personale dipendente. Sul primo versante il censimento, per il traffico marittimo, interno ed internazionale e per quello lacustre e fluviale, rileva 914 armatorie, 2.272 proprietari e noleggiatori di barche. Tra il personale dipendente il gruppo di gran lunga più numeroso è quello di piloti e marinai (66.842); i loro capitani ed ufficiali sono 5.049. In seconda posizione troviamo i barcaioli e conduttori zattere 12.072. La voce custodi d’argine e navalestri (4.253 3 Nella prima parte del secolo si era affermata la propulsione meccanica a vapore con le navi che mettono le ruote senza abbandonare l’attrezzatura velica per misura di sicurezza. Si aprono i primi collegamenti regolari tra Trieste e Venezia, Napoli e Marsilia, e sulle acque interne (fiume Po e grandi laghi lombardi). Alzano la bandiera d’armamento uomini quali il genovese Raffaele Rubattino e il palermitano Vincenzo Florio, nasce a Trieste il Loyd Austriaco e a Genova la Compagnia Transatlantica. Il cantiere Orlando di Livorno vara il primo piroscafo in ferro del Mediterraneo; nasce in Liguria la grande impresa di Giovanni Ansaldo (1853) destinata a divenire con i Bombrino e i Perrone un colosso operante su quasi tutte le nuove basi. Nella seconda metà del secolo si aprono le rotte oltre Gibilterra e Suez, entrano in attività nuovi armatori: la Compagnia delle Due Sicilie di Napoli, la Navigazione Puglia di Bari, la Peirano, la Raggio, la Lavarello, l’Italo Platense di Antonio Oneto, la Cerruti, la Navigazione a Vapore “La Veloce”, la Trinacria e la Siculo-Americana di Palermo. Non sono le sole. Le società Rubattino e Florio si fondono e nasce la Navigazione Generale Italiana. Un’attività promettente che attira l’agguerrita concorrenza di compagnie estere che fanno scalo negli stessi porti italiani con le quali bisogna fare i conti, attività che non riguarda soltanto il trasporto di passeggeri ma anche il carico di merci, ed ecco La Creola, ovvero il servizio riunito e coordinato di tre società armatrici di Genova, Napoli e Messina, tra cui la Navigazione Generale Italiana. Cherini A., La marina mercantile 1818-1975, in www.cherini.eu. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 323 22/12/22 13:34 324 operatori) comprende due situazioni lavorative diverse e solo qualche volta realizzate dallo stesso operatore: i primi sono lavoratori in servizio presso una pubblica amministrazione italiana, generalmente un ente territoriale, che sovrintende ad opere di manutenzione idraulica e del corso delle acque pubbliche per prevenire danni che le acque possono arrecare alle persone e all’intero territorio; i secondi, invece, sono traghettatori che trasportano, persone o cose, da una riva all’altra di un corso d’acqua su di un galleggiante per mezzo di una pertica puntata sul fondo. (Grafico 24) 5.2. Scuole professionali per il Commercio e per i Trasporti operative nel decennio 1880-1889 sussidiate dal MAIC Al mercato del lavo relativo ai settori del Commercio e dei Trasporti - in questo scorcio di secolo, in crescita quantitativa (numero di addetti) e tipologica (nuove figure professionali) - il sistema formativo italiano, facente capo a MPI e MAIC risponde offrendo percorsi formativi per preparare alcune figure professionali, con un livello di competenze: basso, medio o alto. Più in particolare: il MPI interviene con 32 sezioni di Commercio e Ragioneria in altrettanti Istituti Tecnici e il MAIC da parte sua mette in campo 3 Scuole superiori di Commercio e ne sussidia 13 (di cui 7 nate nel decennio). Anche i soggetti locali, pubblici e/o privati intervengono con proprie strutture formative. 5.2.1. Le Scuole Superiori di commercio a. Mission e funzioni delle Scuole Superiori Abbiamo già registrato la nascita, nel 1868, della Scuola Superiore di Commercio di Venezia.4 In questo decennio aprono i battenti due altre istituzioni similari: la Scuola Superiore di Commercio di Bari e la Scuola Superiore di applicazione per gli Studi Commerciali di Genova. Tabella n. 42 – Quadro sinottico delle Scuole superiori di commercio, sussidiate dal MAIC, attivate nel decennio 1880-89 Città Denominazione Soggetti gestori Bari 1886 Scuola superiore di commercio MAIC, Provincia, Comune Insegnamenti: Letteratura italiana, Scienza della finanza, Elementi di diritto costituzionale e amministrativo, Merceologia e chimica, Storia politica e commerciale, Inglese, Francese, Tedesco, Storia politica e commerciale, Matematica finanziaria, Economia politica e statistica, Diritto civile e commerciale, Ragioneria, Geografia commerciale, Diritto internazionale, Enciclopedia giuridica, Diritto e procedura penale, Banco modello. Per la sezione inferiore: calligrafia, italiano, scienze fisiche e naturali 4 Vedi Vol. IV, Cap. 1, par. 3.4.3, pp. 185 e ss. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 324 22/12/22 13:34 325 Genova 1884 Regia scuola superiore di applicazioni per gli studi commerciali MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: I classe: Tecnologia commerciale (Computisteria e Ragioneria, Istituzioni commerciali col Banco Modello, Matematiche applicate al commercio, Merceologia); II classe: Scienze economiche e giuridiche (Diritto civile, commerciale e marittimo Economia, Statistica e Scienza delle Finanze Geografia commerciale e Esposizione dei trattati di commercio e di navigazione); III classe: Cultura filologica e letteraria, Lettere italiane, Lingua Francese, Lingua Inglese, Lingua Tedesca, Lingua Spagnola Le tre scuole superiori rappresentano un momento importante del progetto di rilancio dell’economia locale, che tiene presente, però, le opportunità, nazionali ed internazionali, che si prospettano in questo periodo. Nel caso di Venezia la fondazione di una Scuola di Commercio era in relazione alla speranza che l’annessione, recente, al Regno d’Italia e l’apertura del Canale di Suez possano determinare il rilancio dell’attività del porto (l’impero asburgico negli ultimi anni aveva privilegiato quello di Trieste) e la ripresa del commercio della città lagunare. Nel caso di Genova l’apertura di una scuola simile a quella lagunare si accompagnava all’idea che il potenziamento delle infrastrutture – ampliamento del porto e apertura della ferrovia del Gottardo – consentisse alla città ligure di recuperare un ruolo che le sue gloriose tradizioni mercantili le avevano assicurato per secoli. Nel caso di Bari, infine, una Scuola Superiore di Commercio supportava il desiderio di far diventare la città pugliese, nella stagnante economia meridionale, un polo di sviluppo a vocazione commerciale, anche per sfruttare e potenziare al massimo la congiuntura favorevole rappresentata dalla ripresa dei legami commerciali con la Francia, che rappresentava un cospicuo mercato per le colture specializzate pugliesi (vino da taglio, olio, agrumi).5 La nascita delle tre scuole rappresenta anche una tappa importante nella evoluzione del rapporto Formazione Professionale, economia e mondo del lavoro. Infatti, nella concezione di chi ne ha promosso l’istituzione, l’istruzione superiore commerciale viene considerata un indispensabile investimento infrastrutturale per creare in breve tempo quel capitale umano, diremmo oggi, di destrezza competenza, knowhow, necessari ai vari comparti della produzione e distribuzione capitalistica dei territori dove sono collocate tali istituzioni in modo da elevarne la competitività e impedire che diventino mercati subalterni e periferici del sistema. Non è casuale il fatto che il contributo di economisti famosi fu decisivo per la istituzione di questi percorsi formativi. A Venezia lo era stato Luigi Luzzati6; a Bari 5 Augello M.M. - M.E.L. Guidi Economisti e scienza economica nell’Italia liberale (1848-1922), vol. 1 Franco Angeli, Milano, 2019, p. 111. 6 Luzzatti Luigi (1841-1927) Nato a Venezia da una importante famiglia ebraica, dopo aver completato gli studi in legge presso l’Università di Padova attirò su di sé l’attenzione della polizia austriaca a causa delle sue lezioni di economia politica e fu costretto ad emigrare. Nel 1863, entrò in massoneria. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 325 22/12/22 13:34 326 Salvatore Cognetti de Martiis7, insegnante di economia politica prima a Siena e poi a Torino e incaricato dal MAIC di curare la gestazione della Scuola della città pugliese e Maffeo Pantaleoni8, professore ordinario di economia politica nelle Università di Napoli, Pavia e Roma e primo direttore dell’istituto fino al 1893; a Genova, Jacopo Virgilio, studioso dei problemi della economia ligure e libero docente di Economia Nel 1867 fu nominato professore di Diritto costituzionale all’Università di Padova ove tenne la cattedra fino al 1896. Con la pubblicazione nel 1863 dell’opera “La diffusione del credito e le banche popolari” divenne l’artefice della diffusione delle banche popolari in Italia. Nel 1869 fu nominato da Minghetti Sottosegretario di stato all’agricoltura e al commercio e in tale veste abolì il controllo governativo sulle imprese commerciali e promosse un’indagine conoscitiva sulle condizioni dell’industria. Nominato Ministro del tesoro nel primo Governo di Rudinì del 1891, con mossa avventata, abolì il sistema di compensazione della valuta fra istituti di emissione, misura che provocò la duplicazione di parte del denaro circolante e accelerò la crisi del sistema bancario del 1893. Benché in teoria sostenitore del libero commercio egli fu di fatto determinante nella creazione di un sistema economico protezionistico in Italia. Nel 1896 entrò nel terzo Governo di Rudinì come Ministro del tesoro e, tempestivamente, legiferò in modo da salvare dal fallimento il Banco di Napoli. Fu nuovamente Ministro del tesoro dal novembre 1903 al marzo 1905 nel secondo Gabinetto Giolitti e per la quarta volta dal febbraio al maggio 1906 nel primo Governo Sonnino. Fu sua la proposta che istituiva l’Istituto Case Popolari. Nel marzo 1910 Luzzatti fu nominato Presidente del Consiglio dei ministri. Durante il suo governo fu varata, all’inizio del 1911, la legge Daneo-Credaro, che rendeva obbligatoria la frequenza scolastica fino a 12 anni, mentre la scuola elementare non fu più dipendente dai Comuni, bensì dallo Stato, che ne assumeva la gestione. Luzzatti volle far seguire la riforma elettorale, che prevedeva l’estensione del suffragio a quattro milioni e mezzo di nuovi elettori; la sua proposta fu accantonata per l’opposizione dell’Estrema Sinistra, che chiedeva invece il suffragio universale. Sfumato il suo progetto, Luzzatti rassegnò le dimissioni il 29 marzo 1911 e al potere tornò Giolitti. Viene nominato Senatore nel 1921. 7 Cogn etti de Martiis Salvatore (1844-1901). Studiò a Pisa dal 1861 al 1865 si arruolò nel 1866 tra i volontari garibaldini per la campagna del Tirolo, mentre, l’anno dopo, tornato a Bari, venne nominato Direttore delle scuole municipali e professore di Economia politica presso l’Istituto industriale e professionale. Nominato professore alle Università di Siena e di Torino (1878), si trasferì nel capoluogo piemontese per insegnare Economia politica e tenne anche un importante corso libero di sociologia. Qui fondò il Laboratorio di Economia Politica, che ora porta il suo nome e ne fu direttore dal 1893. Fu per anni professore di economia e legislazione industriale presso il Regio museo industriale italiano di Torino. Come economista risulta di particolare interesse il suo studio delle crisi e del ciclo economico. Cognetti de Martiis, socialista, incentrò la sua analisi sul mercato, perennemente in equilibrio instabile. Con Luzzatti pose il problema del ruolo economico dello Stato con lo scopo di armonizzare le sue funzioni con l’ordine naturale dell’economia; l’intervento dello Stato è necessario per garantire il rispetto delle regole del gioco onde evitare quelle “asimmetrie” che rischiano di stravolgere il libero dispiegarsi delle “leggi naturali” dell’economia. 8 Pantaleoni Maffeo (1857-1924). Professore ordinario di Economia politica alle Università degli Studi di Napoli, Pavia e Roma, fu un esponente dell’economia neoclassica. Fu direttore del Giornale degli economisti dal 1890 al 1924. Celebre la sua accanita difesa della politica economica del laissez-faire. Inizia la sua carriera come deputato radicale; nel seguito della sua vita, prima della Prima guerra mondiale, diventò un nazionalista e fu un politico anti-socialista. Mantenne stretti legami con il movimento fascista. Dal settembre al dicembre 1920 fu Ministro delle Finanze della Reggenza Italiana del Carnaro, presieduta da Gabriele D’Annunzio. Massone, fu tra i più attivi economisti ad appoggiare prima il nazionalismo e poi il fascismo. Nel 1923 fu nominato Senatore. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 326 22/12/22 13:34 327 nella facoltà di Giurisprudenza e primo direttore9 e Girolamo Boccardo10, docente di Scienza delle finanze e diritto finanziario nella università del capoluogo ligure. La nascita della istruzione superiore di competenza del MAIC, prima con il Museo industriale di Torino, poi con le Scuole superiori di Agricoltura di Milano e Portici e ora con quelle di Commercio, rappresenta anche una tappa importante non solo per il sistema d’Istruzione Professionale come si sta configurando nell’Italia post-unitaria, ma anche per l’idea stessa di Formazione Professionale che sta maturando in questo scorcio di secolo. Questa con l’istituzione di canali formativi per ruoli e competenze professionali apicali nell’organizzazione del lavoro nei diversi settori economici rimuove l’immagine di una Istruzione Professionale identificabile come percorso formativo per competenze e livelli professionali bassi o medio-bassi e, comunque, prevalentemente per compiti operativo-procedurali. La Formazione Professionale è questo ma anche quello. Come nel sistema scolastico di competenza del Ministero della Pubblica Istruzione i percorsi formativi possono spingersi fino ad un livello “supe- 9 Virgìlio Iacopo (1834-1891). Patriota, economista, giurista, collaboratore di Sella e Ferrara, diresse Il commercio di Genova, La Borsa, Il Giornale degli operai. Contribuì a risolvere i problemi del porto di Genova e scrisse numerose opere di diritto e di economia marittima. 10 Boccardo Gerolamo (1829-1904). Partecipa alla Insurrezione di Milano del 1848 e si laurea alla Facoltà di legge dell’Università di Genova nel 1849. Intraprende l’avvocatura e al contempo si dedica agli studi economici. Nel 1853 pubblica il Trattato di economia politica in tre volumi. In questo stesso anno, Cavour lo invita ad assumere la carica di Sottosegretario all’agricoltura, industria e commercio nel suo gabinetto, ma egli non accetta per rimanere a Genova. Nel 1858 la Camera di Commercio di Genova lo nomina Direttore centrale delle scuole tecniche serali per adulti e gli affida la cattedra di economia politica industriale. Dal 1859 al 1888 è Consigliere comunale a Genova e nel 1860-1864 è Assessore alla pubblica istruzione. Nel 1860 Terenzio Mamiani, Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia, gli propone il Segretariato Generale del Ministero e la cattedra di Giurisprudenza a Genova. Boccardo accetta solo quest’ultima e, nell’aprile 1861, è nominato Ordinario di Economia politica nella stessa Facoltà. Diventa professore emerito nel 1871, quando accetta la cattedra di economia industriale e commerciale presso la Regia Scuola Superiore Navale. Viene nominato Senatore nel 1877, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei l’anno successivo e consigliere di Stato nel 1888. Dirige la sesta edizione della Nuova Enciclopedia Italiana ovvero Dizionario di scienze, lettere, industrie (UTET, Torino 1875-88, 24 voll.). Da sinistra: Luzzati, Cognetti de Martiis, Pantaleoni, Boccardo CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 327 22/12/22 13:34 328 riore” rappresentato dalle università, così nel sistema d’Istruzione Professionale di competenza del MAIC ci sono percorsi formativi “superiori”. Che si tratti di Formazione Professionale non ci sono dubbi. Segno evidente che ci muoviamo in territorio della Istruzione Professionale, scorrendo i piani di studio, è l’importanza attribuita alle materie applicative e di pratica-mercantile rispetto a discipline economiche-teoriche e giuridiche. Queste hanno un carattere complementare e di integrazione culturale rispetto a quelle che costituiscono l’asse portante dell’impianto formativo. Tabella n. 43 – Istituto Superiore di Commercio di Anversa. Piano di studi e orario settimanali SCUOLA INFERIORE SCUOLA SUPERIORE Materie Ore Materie Ore I anno Ore II anno Tenuta dei libri 3 Banco 12 12 Matematica 7 Calcolo mercantile 3 3 Nozioni elementari di Chimica e Fisica 4 Storia dei prodotti commerciali, Merceologia 3 2 Geografia 2 Geografia commerciale e industriale 3 - Principi di storia universale 3 Storia del commercio e dell’industria - 2 Francese 3 Economia politica e statistica 3 - Tedesco 3 Principi generali di diritto 1 - Inglese 2 Diritto commerciale e marittimo comparato. Principi di diritto internazionale Totale 27 - 2 Legislazione doganale - 1 Costruzioni e armamenti navali - 1 Fiammingo 2 2 Tedesco 3 3 Inglese 3 3 Spagnolo e italiano 3 3 Totale 36 34 Perno centrale nella impostazione didattica delle scuole superiori di commercio era l’insegnamento di banco modello o pratica commerciale, sulla scorta dell’Istituto superiore di commercio di Anversa, fondato nel 1852 dai padri gesuiti, cui in qualche maniera, s’ispirarono nei decenni successivi le iniziative intraprese nei vari stati d’Europa11. 11 MAIC – Divisione dell’Industria e del Commercio, L’insegnamento industriale, commerciale e professionale in alcuni stati esteri, in Annali dell’industria e del commercio 1903, pp. 362-364. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 328 22/12/22 13:34 329 Alle lezioni di banco modello era infatti demandata la trasmissione delle conoscenze operative delle scienze commerciali, nella cui applicazione gli allievi dovevano avvalersi anche delle conoscenze teoriche acquisite negli altri corsi-materie. Presso la Scuola di Anversa, in particolare, ad un primo anno, di carattere propedeutico, di tenuta dei libri (fatture, polizze di carico, lettere di vettura e di cambio, partita doppia, libri dei conti, conti correnti e operazioni sui cambi) seguiva un biennio di approfondimento in pratica commerciale, durante il quale gli aspiranti diplomati passavano dalla gestione fittizia di tutte le operazioni richieste dall’ordinaria amministrazione di una casa mercantile, alla simulazione di una serie di operazioni commerciali e finanziarie transazionali, espletando tutti i passaggi necessari ad una completa transazione mercantile tra la piazza d’acquisto e i principali mercati mondiali di smercio dell’economia belga, dalla trasmissione degli ordinativi alla loro perfetta esecuzione e contabilizzazione. Su tale ciclo di lezioni ed esercitazioni s’innestavano poi le altre materie e specialmente quelle di calcolo mercantile, in cui erano fornite le nozioni utili all’adempimento della computistica bancaria, mentre ai restanti corsi era lasciata la parte teorica relativa alla storia del commercio e dei prodotti commerciabili, la geografia commerciale e industriale, l’economia politica e le discipline giuridiche sulla legislazione doganale e il diritto commerciale, marittimo e internazionale. (Tabella 43)12. b. Analisi comparata dei decreti istitutivi La struttura normativa dei decreti con i quali sono state istituite le Scuole Superiori di Commercio è molto simile. Fatto naturale dato che l’uno e l’altro sono frutto di una stessa gestazione culturale. Il decreto di Genova presenta una impostazione più “a maglie larghe”; quello di Bari, invece, ha uno spettro normativo di maggior dettaglio. Questa differenza è dovuta alla loro genesi. La commissione incaricata di elaborare la normativa per la Scuola di Genova aveva predisposto sia la legge istitutiva che il regolamento e naturalmente la prima conteneva norme prevalentemente di carattere generale, mentre rinviava alle seconde previsioni più contingenti e a rischio di maggiore obsolescenza. La Commissione incaricata di elaborare la normativa per la Scuola di Bari predisporne, invece, un testo solo per la sua istituzione, nel quale, però, sulla scorta anche delle scelte effettuate dai colleghi che avevano lavorato per la scuola di Genova, inserisce anche norme di maggior dettaglio. In questa sede analizziamo, in modo comparativo, le previsioni normative dell’uno e dell’altro decreto, relativamente a otto aree tematiche: finalità, struttura didattica generale, enti finanziatori, governo della scuola, personale, allievi, titoli rilasciati e funzioni del MAIC. 12 Romano M., Gli Istituti superiori d’istruzione economico-commerciale nell’Italia unita, pp. 64- 89, in Morandi M. (a cura di), Formare alle professioni - Commercianti e contabili dalle scuole d’abaco ad oggi, Franco Angeli, 2013. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 329 22/12/22 13:34 330 Finalità. Bari ha con Genova una finalità in comune (“alta e completa istruzione teorico-pratica a commercianti, industriali ed agenti sussidiari del commercio, indirizzando specialmente i giovani all’applicazione degli studi commerciali”), ma ha anche finalità specifiche: una strutturale (“preparare i giovani che, in conformità alle condizioni prescritte dalla legge e dai regolamenti, intendono dedicarsi alla carriera dei consolati”) e un’altra accessoria ed eventuale (Alla Scuola può essere aggregata una sezione inferiore per i commessi di commercio). Struttura Didattica Generale. Le finalità si concretizzano in percorsi formativi, chiamati sezioni. Pertanto, mentre a Genova c’è una sola sezione, quella commerciale (durata 3 anni), a Bari ce ne sono tre: quella commerciale (3 anni), quella consolare (5 anni) e quella per commessi. Figura n. 45 - Sezioni e loro durata della Scuola Superiore di Commercio di Bari Figura n. 46- Percorsi formativi erogati dalla Scuola Superiore di Studi Commerciali di Genova e di Bari contingenti e a rischio di maggiore obsolescenza. La Commissione incaricata di elaborare la normativa per la Scuola di Bari predisporne, invece, un testo solo per la sua istituzione, nel quale, però, sulla scorta anche delle scelte effettuate dai colleghi che avevano lavorato per la scuola di Genova, inserisce anche norme di maggior dettaglio. In questa sede analizziamo, in modo comparativo, le previsioni normative dell’uno e dell’altro decreto, relativamente a otto aree tematiche: finalità, struttura didattica generale, enti finanziatori, governo della scuola, personale, allievi, titoli rilasciati e funzioni del MAIC. FINALITÀ. Bari ha con Genova una finalità in comune (“alta e completa istruzione teoricopratica a commercianti, industriali ed agenti sussidiari del commercio, indirizzando specialmente i giovani all’applicazione degli studi commerciali”), ma ha anche finalità specifiche: una strutturale (“preparare i giovani che, in conformità alle condizioni prescritte dalla legge e dai regolamenti, intendono dedicarsi alla carriera dei consolati.”) e un’altra accessoria ed eventuale (Alla Scuola può essere aggregata una sezione inferiore per i commessi di commercio). STRUTTURA DIDATTICA GENERALE. Le finalità si concretizzano in percorsi formativi, chiamati sezioni. Pertanto, mentre a Genova c’è una sola sezione, quella commerciale (durata 3 anni), a Bari ce ne sono tre: quella commerciale (3 anni), quella consolare (5 anni) e quella per commessi. Figura n. 45 - Sezioni e loro durata della Scuola Superiore di Commercio di Bari Figura n. 46- Percorsi formativi erogati dalla Scuola Superiore di Applicazione di Studi Commerciali di Genova e di Bari 1 Commerciale (3 anni) 3 Inferiore 2 Consolare (5 anni) CLASSI Tecnologia commerciale Cultura letteraria e filologica Scienze economiche e giuridiche CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 330 22/12/22 13:34 331 La sezione comune, quella commerciale comprendeva “tre classi d’insegnamenti”: 1. Tecnologia commerciale. 2. Scienze economiche-giuridiche. 3. Cultura letteraria e filologica. Questo significa che tutte le materie insegnate a Bari e a Genova nel triennio rientravano in tre ambiti disciplinari. Enti Finanziatori. I soggetti che intervengono finanziariamente per il mantenimento annuo della Scuola sono gli stessi per le due scuole, ma diversi sono gli importi dei contributi. I fondi dello Stato, per entrambe le scuole provenivano da quelli appositamente stanziati nel Bilancio del MAIC. Tabella n. 44 – Contributi per il funzionamento annuo Scuola Superiore di Applicazione di Studi Commerciali di Genova e di Bari MAIC Provincia Comune Camera di commercio Genova 20.000 20.000 20.000 20.000 Bari 12.000 12.000 6.000 40.000 Governo della Scuola. È affidato ad un Consiglio direttivo, composto dai rappresentanti dei soggetti erogatori. Diverso il numero complessivo dei rappresentanti (9 per Bari e 10 per Genova) e diverso il peso delle rappresentanze (la Camera di Commercio 4 a Bari e 3 a Genova; il MAIC 3 e 2); la Provincia 1 e 2, il Comune 1 e 2). La funzione del Consiglio direttivo è quella di “provvedere tutto quanto può occorrere per l’amministrazione ed il buon andamento della Scuola”. Il decreto istitutivo di Bari specifica che compete al Consiglio la compilazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo; spetta, invece, al MAIC la loro approvazione. Per l’una e per l’altra scuola il Consiglio direttivo dovrà trasmettere ogni anno al Ministero “una relazione sull’andamento della Scuola, corredata di tutti quei documenti che possono meglio chiarire i risultati dell’insegnamento”. Personale. Diversa la procedura seguita per il reclutamento del personale dalle due scuole. Quella di Bari fa distinzione tra: a. professori ordinari “nominati con D.R. su proposta del MAIC”, normalmente a seguito di concorso pubblico. Si prescinde da tale procedura nel caso di persona di “meritata fama”¸ in questo caso è sufficiente “sentire” il Consiglio direttivo; b. incaricati ed assistenti “nominati, su proposta del Consiglio direttivo, dal MAIC”; c. personale amministrativo e di servizio “nominato dal Consiglio Direttivo in base al ruolo organico approvato dal MAIC”. Per la scuola di Genova “direttore, i professori titolari e gli altri insegnanti sono nominati dal Consiglio d’accordo col MAIC” secondo le norme che saranno stabilite nel regolamento, nel quale saranno pure determinati gli stipendi rispettivamente ad essi assegnati. Per Bari i provvedimenti disciplinari di sospensione del direttore e dei professori sono quelli previsti dalla Legge Casati (13 novembre 1859) sulla pubblica istruzione. Sono proposti dal Consiglio direttivo e approvati dal MAIC. La rimozione non può aver luogo che per decreto Reale, la sospensione per decreto Ministeriale. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 331 22/12/22 13:34 332 Allievi. Sostanzialmente identica la norma su condizioni e procedure per l’iscrizione alle due scuole. a. Accesso diretto per quanti abbiano conseguito la licenza della sezione commercio e ragioneria in un Istituto tecnico (per Genova questa norma vale anche per quanti abbiano “ottenuto in una Scuola straniera il documento corrispondente alla licenza d’istituto tecnico per la sezione Commercio e Ragioneria, […], purché subiscano l’esame di letteratura italiana”; b. Esami su alcune materie stabilite nel regolamento per chiunque in possesso della licenza conseguita al termine di qualsiasi altro percorso scolastico, sia tecnico che liceale; c. Esame sulle materie della licenza della sezione commercio dell’Istituto tecnico per quanti abbiano compiuto 18 anni. Lo statuto di Bari precisa che nella commissione di questi esami partecipano un rappresentante del MAIC (con funzione di Presidente) e uno del Ministero della Pubblica Istruzione. Entrambi i decreti prevedono premi agli allievi: va inscritta in bilancio “una somma annuale pel conferimento di premi-pensioni ai giovani che abbiano compiuto con molto profitto l’intiero corso, e vogliano recarsi ad apprendere praticamente la mercatura in uno dei principali mercati stranieri - Genova aggiunge “e la Banca in una delle principali piazze commerciali di Germania, Inghilterra, America, Asia ed Australia” e specifica l’entità (2.500 lire) e la durata (tre anni) del premio. Il decreto di Bari prevede l’esonero dalle tasse annuali, per “quattro fra i giovani che abbiano fatto ultima prova negli esami di licenza degli Istituti tecnici, o che si siano in altro modo segnalati negli studii, e che versino in ristrette condizioni economiche”. Titoli rilasciati. Per Bari i “diplomi o attestati di licenza sono tenuti come equivalenti agli ordinari superiori gradi accademici per tutti gli effetti di legge”. Genova rinvia la norma in materia al Regolamento. I giovani che conseguono la licenza del percorso consolare a sono ammessi ai concorsi per tale carriera. Funzioni del MAIC. Per Bari e Genova spetta al Ministero l’approvazione con decreto “dei programmi d’insegnamento, le norme per gli esami, le tasse scolastiche ed il regolamento della Scuola, deliberati dal Consiglio direttivo”. Per Bari i programmi d’insegnamento devono essere approvati anche dal Ministero della Pubblica Istruzione. Genova specifica che anche le modifiche regolamentari dovranno essere sottoposte all’approvazione del MAIC. Inoltre, i decreti istitutivi delle due scuole prevedono sia la possibilità da parte del MAIC di eseguire visite di controllo (i cui risultati, secondo Genova, vanno comunicati al Consiglio direttivo e agli Enti locali che concorrono al mantenimento della Scuola) sia di farsi rappresentare da delegati agli esami annuali di promozione e di licenza (per quanto riguarda quella consolare può partecipare anche un delegato della P.I.). Prima di passare ad una trattazione di maggior dettaglio delle due Scuole Superiori attivate nel decennio è opportuno considerare le immatricolazioni annue di tutti e tre gli Istituti Superiori - Venezia, Bari e Genova – dall’anno formativo in cui apre i battenti Bari. Come si può notare dal Grafico 25 mentre Venezia fa registrare un’espansione degli iscritti costante e sostenuta, Genova progressiva, anche se su valori inferiori, Bari ha un inizio stentato. L’andamento degli iscritti presenta delle oscillazioni e comunque non supera mai le 35 unità. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 332 22/12/22 13:34 333 Grafico n. 25 - Immatricolati negli Istituti Superiori di Venezia, Genova e Bari dagli anni 1886-87 agli anni 1889-90 c. Scuola Superiore di Applicazione di Studi Commerciali di Genova All’inizio del 1882 gli iscritti alla Società di Mutuo Soccorso fra i Commessi di Commercio di GENOVA presentavano al Consiglio Provinciale una petizione, corredata da circa 400 firme, dove si rappresentava la necessità di creare un centro di alti studi commerciali per colmare il vuoto culturale che la loro categoria accusava nei confronti dei colleghi stranieri ed anche di altre città italiane, come Milano e Torino: «[...] perché costoro forniti di sufficiente dottrina commerciale, sanno rendersi conto esatto dei bisogni molteplici delle diverse regioni del globo, delle materie che vi si producono, nonché dei metodi razionali ed economici per lavorare queste, che poi riescono a restituire, con vantaggio, perfettamente lavorate, anche laddove le hanno tratte».13 Nello stesso documentato ricorso si faceva anche specifico riferimento alle innovazioni, quali il vapore e l’elettricità, sostenendo come esse richiedessero da parte degli operatori, per essere convenientemente sfruttate ed applicate nella vita pratica, così come si faceva nelle altre nazioni: «[...] un corredo indispensabile di lingue straniere, di ampie cognizioni tecniche, economiche e geografiche, al fine di rendere atto chiunque si dedichi al traffico e all’industria, di espandere per ogni dove la propria attività».14 13 Archivio Storico della Provincia di Genova, Raccolta dei Verbali del Consiglio Provinciale, 1882, Allegato B, p. 214; Ricorso dei Membri della Società di Mutuo Soccorso dei Commessi di Commercio al Consiglio Provinciale di Genova del 4 gennaio 1882, cit. in Piergiovanni P.M., Dalla Scuola Superiore di Commercio alla Facoltà di Economia, Società ligure di storia patria, Genova, 1992, p. 38. 14 Idem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 333 22/12/22 13:34 334 Sempre al Consiglio Provinciale di Genova, cui era stato presentato il documento precedente, fu inviata in quello stesso periodo una lettera dal Rettore dell’Università di Genova e dal Presidente del Consiglio Direttivo della Scuola Superiore Navale, con la quale si appoggiava la nascita di un Corso di studi superiori di commercio, che - si diceva - avrebbe potuto usufruire di alcuni degli insegnamenti impartiti nelle predette istituzioni. Finalmente il problema venne messo all’ordine del giorno nella seduta del 12 gennaio 1882 del Consiglio Provinciale. Preso atto del consenso generale, tenuto anche conto delle varie sollecitazioni ricevute a favore dell’iniziativa, si decideva la costituzione di una Commissione di cinque membri, con il compito di riferire sulla reale necessità ed utilità della ipotizzata struttura didattica; sull’opportunità della sua eventuale unione o collegamento con la Scuola Superiore Navale; sull’esistenza di eventuali insegnamenti, impartiti da questa ultima o dall’Università, convenientemente utilizzabili nella nuova Scuola. Da un punto di vista economico essa era tenuta ad indagare sull’esistenza di altri corpi morali che fossero disposti a contribuire ed, eventualmente, a quali condizioni, in modo da poter calcolare il probabile esborso finanziario a carico della Provincia, che già partecipava ai costi sia dell’Università che della Scuola Superiore Navale. Poco tempo dopo, comunque, anche la Camera di Commercio aderiva all’iniziativa (nella seduta del 21 gennaio 1882) soffermandosi in particolare sulla necessità di studi approfonditi della contabilità e delle lingue straniere, tra le quali il tedesco, per i potenziali rapporti con il nord Europa, in seguito all’apertura della nuova linea ferroviaria del Gottardo.15 Contemporaneamente gli Enti Locali cercavano di prodigarsi affinché la creazione di questa Scuola Superiore per il Commercio fosse favorevolmente accolta dal Governo ed in particolare dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, ritenuto il naturale destinatario delle loro istanze, dato il preesistente fattivo rapporto con le Scuole già funzionanti in Italia, a Venezia fin dal 1868 e a Bari dal 1882. Nell’ambito della commissione si delinearono due posizioni; la prima ipotizzava un rapporto più integrato con l’Università e quindi una scuola che si avvalesse degli insegnanti, dei locali e delle strutture amministrative dell’Università (quasi una Facoltà), mentre la seconda ipotizzava una Scuola autonoma, con propria sede, con un suo direttore, con uno specifico comitato di sorveglianza ed un proprio consiglio amministrativo. A suffragio della prima tesi venivano addotte esigenze economiche: un rapporto stretto con l’Università avrebbe consentito dei risparmi. A supporto della seconda c’era soprattutto la necessità di rispondere alle trasformazioni del mondo 15 La galleria ferroviaria del San Gottardo collega attraverso una doppia traccia in un unico tubo di 15.003 m. Airolo in Ticino a Göschenen nel Canton Uri. A 6 km dal portale sud all’interno del tunnel si trova il punto più alto della linea ferroviaria del Gottardo, a 1151 m s.l.m. La galleria venne costruita tra il 1872 e il 1882 da Svizzera, Germania e Italia, ad opera della Entreprise du Grand Tunnel du Gothard di cui era titolare il ginevrino Louis Fabre. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 334 22/12/22 13:34 335 economico, delle scoperte ed invenzioni, dei mercati, dei consumi relativi a nuovi stili di vita… Su queste posizioni da tempo si era espresso Giacomo Cohen16, un lungimirante commerciante genovese, che, nella vicenda che stiamo ricostruendo ha avuto un ruolo fondamentale. Infatti, dal 1881, aveva iniziato una campagna di stampa su alcune testate locali e nazionali per la creazione a Genova di una istituzione formativa superiore nel settore del commercio. Egli partiva dall’analisi della reale situazione economica della città, molto decaduta rispetto al passato quando era valida la definizione Genuensis ergo mercator ed il porto era il centro di importazioni ed esportazioni dirette da e per i più svariati Paesi, nei quali le grandi Case genovesi stabilivano ed espandevano le loro filiali. Cohen poneva l’accento proprio sul fatto che, benché i traffici del porto e dei valichi fossero intensi, erano solo di tipo indiretto, cioè di intermediazione, in quanto si trasportava per conto di Case straniere, soprattutto tedesche, svizzere e francesi, creando lavoro solamente per “facchini ed imballatori”. Giacomo Cohen imputava questo processo di decadimento alla mancanza non solo di un’adeguata istruzione a tutti i livelli, ma principalmente alla scarsa efficacia dell’insegnamento commerciale superiore, il quale era stato da tempo ben potenziato dai concorrenti stranieri, che ne avevano compresa l’importanza, come ad esempio la Svizzera dove: «È ben inculcato e ben saputo da tutti che chi più sa più vale, che per valere bisogna sapere e che nessuno può fare ciò che non si rende atto a fare»17; ed ancora: «[...] la scarsa istruzione non ci consente di renderci conto di quanto succede d’intorno, di prevedere e misurare gli spostamenti dei rapporti».18 Egli vedeva pertanto nell’istruzione l’unico mezzo con cui si sarebbe potuta creare quella: «[...] semi-aristocrazia commerciale composta da gioventù bene istruita ed avente fatto buoni tirocini, studiosa e pronta alle cose nuove, e che è il più pre- 16 Giacomo Cohen proveniva da una famiglia molto modesta; questa situazione lo costrinse ad interrompere gli studi per lavorare come impiegato di terzo ordine in una grande impresa commerciale di Genova. Dotato di una grande forza di volontà, lavorava di giorno e studiava la sera (soprattutto lingue straniere). Trascorsi tre soli anni poté intraprendere autonomamente un’attività mercantile nel settore laniero, che si sviluppò con tale rapidità da permettergli, dopo poco, d’impegnarsi anche nell’industria tessile, nella quale, grazie alla sua apertura mentale, fu incline ad introdurre le più recenti innovazioni: fu infatti il primo in Italia ad utilizzare lavatoi meccanici per la lana fine proveniente dall’America del Sud, così da permetterne la tessitura nelle fabbriche italiane produttrici di panni. Impresse un notevole impulso ai rapporti economici con numerose nazioni dell’America, giungendo nel 1867 ad affiancare alla sua “Casa genovese” una nuova a Buenos Aires. Anche questa ebbe un forte sviluppo, specie in conseguenza dei nuovi traffici di pelli ovine conciate provenienti da una conceria meccanica fondata da Giacomo Cohen nei primi anni Ottanta a Sestri Ponente. Questa conceria contava 600 operai, 400 cavalli di forza motrice ed esportava in tutto il mondo i suoi prodotti. Raggiunta l’agiatezza, il Cohen s’impegnò costantemente in numerose iniziative, sia di beneficenza che culturali. 17 Il Commercio-Gazzetta di Genova, 24-25 giugno 1883, cit. in Piergiovanni P.M. (a cura di), Dalla Scuola Superiore di Commercio alla Facoltà di Economia, p. 35. 18 Il Commercio-Gazzetta di Genova, 24-25 dicembre 1883, cit. in Piergiovanni P.M. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 335 22/12/22 13:34 336 zioso elemento d ‘intraprendenza e di progresso nelle grandi piazze straniere,»19 che avrebbe potuto servire le grandi Case genovesi corrispondendo con e da Paesi lontani ed esplorandone le attività. Grandissima importanza avrebbe dovuto dunque assumere l’insegnamento delle lingue straniere, in particolare l’inglese, il francese ed il tedesco, ma anche l’arabo, nell’agognata prospettiva di un qualche protettorato. L’amarezza, l’impazienza, ma con esse anche l’impegno di questo cittadino crescono con il passare del tempo e l’incalzare degli eventi economicamente importanti, come la prima parziale apertura del Gottardo (1881). Come già per il Brennero (1867) ed il Fréjus (1871), che avevano messo il mercato genovese nelle stesse condizioni di partenza dei suoi maggiori rivali (Trieste e Marsiglia) nei confronti dei mercati della Baviera e della Svizzera, ci si rendeva conto che anche questo ultimo grande collegamento avrebbe assorbito soltanto il consueto traffico di transito, per l’incapacità della classe dirigente genovese di sfruttare nuove occasioni a causa della carenza di uomini sufficientemente preparati e quindi più intraprendenti. Questa era l’ulteriore prova, almeno per i più realisti, che 1’istruzione commerciale impartita non era sufficiente e che non poteva più valere la massima per cui “è lo scagno che fa i commessi”. Inoltre Cohen precisava che: «[...] trentanni addietro chi si dava al commercio riceveva una istruzione meno svariata ma più solida e più seria che non siesi venuti facendo più tardi, sicché i nostri capi, come tutto il nostro personale commerciale, erano all’altezza di quelli delle piazze concorrenti e tenevano quindi valorosamente il loro posto... Sopraggiunti i tempi nuovi, tutti i paesi stranieri i più civilizzati diedero un grande impulso agli studi commerciali, specializzandoli, noi invece messe da parte le Scuole degli Scolopi, Somaschi ed altre simili, ... improvvisammo scuole, istituti, professori che come sorsero così continuarono».20 Un’altra piaga dell’istruzione genovese era rappresentata, sempre secondo il Cohen, dalla eccessiva diffusione degli studi classici: la maggior parte, per non dire tutti i giovani agiati di Genova - egli sosteneva - studiavano per divenire medici, avvocati ed ingegneri, disprezzando gli studi tecnici, così da creare uno stuolo di laureati senza lavoro, che per di più non contribuivano al risollevamento della città ed alla moltiplicazione della sua ricchezza, come nel passato. Il 14 febbraio 1883 si riuniva la Commissione che, analizzati i due Rapporti (della Maggioranza e della Minoranza), decideva l’istituzione di una Scuola Superiore di Applicazione di Studi Commerciali, autonoma affinché “questo sistema [favorisca] un miglior impianto ed esercizio di detta Scuola, conformemente al principio della divisione del lavoro che si applica tanto al mondo morale quanto al mondo fisico.” Il costo relativo, secondo la proposta di delibera che veniva fatta, avrebbe dovuto essere sostenuto, per la parte esuberante il contributo del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, dalla Provincia, dal Comune e dalla Camera di 19 Il Commercio-Gazzetta di Genova, 1-2 agosto 1882, cit. in Piergiovanni P.M. 20 Il Commercio-Gazzetta di Genova, 9-10 novembre 1882. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 336 22/12/22 13:34 337 Commercio, ognuno per un terzo. Poiché il costo complessivo era stimato tra le 80.000 e le 85.000 lire, supponendo un contributo ministeriale (già promesso) di 20-25.000 lire (tanto quanto era garantito alla Scuola di Venezia), le quote si prevedevano nella misura di lire 20.000. I diversi Corpi finanziatori avrebbero pertanto avuto il diritto di nominare dei delegati per la costituzione di una Commissione Direttiva della Scuola. Fu formata una nuova commissione21 per studiare e proporre l’ordinamento complessivo della futura Scuola. Era presieduta da un rappresentante del governo, che veniva così coinvolto ufficialmente per la prima volta nella fase organizzativa. Alla fine del maggio 1883 era pronto un Progetto di Statuto e di Regolamento per il funzionamento della Scuola ed un organico elaborato per i Programmi generali dei corsi. Passarono, però, diversi mesi prima della istituzione della scuola; i ritardi erano dovuti per lo più a richieste di modifiche da parte della Camera di Commercio. Finalmente, però, il R.D. 22 maggio 1884 n. 235122 definiva la nuova istituzione e gli organi che l’avrebbero attivata. Ne abbiamo vista la struttura, in comparazione con il decreto istitutivo di Bari. In questo contesto ne ricostruiamo le vicende che hanno portato a quelle scelte. Il primo articolo del Progetto di statuto individuava tra i destinatari dell’“alta e completa istruzione teoretica-pratica” oltre ai Commercianti, industriali anche gli impiegati. Il MAIC preferisce alla dizione impiegati quella di “agenti sussidiari del commercio” e questa espressione è quella che rimane nel decreto istitutivo. Il Progetto di Statuto prestava particolare attenzione alla copertura del fabbisogno finanziario ipotizzato: per il finanziamento della nuova istituzione, gli Enti Locali dichiaravano di concorrere per lire 20.000 annue ciascuno, sia a titolo di fondazione che di mantenimento. La stessa quota di contribuzione spettava al Governo, attraverso il MAIC lo Stato s’impegnò ad erogare una somma di 5.000 lire per l’impianto della Scuola, ferma restando quella di lire 20.000 annue per l’ordinario mantenimento della stessa. L’impianto finanziario previsto dal Progetto viene recepito in toto dal Decreto. Sempre nel progetto della Commissione mista alla Camera di Commercio spettava l’indicazione di tre nominativi e agli altri enti erogatori due, in considerazione delle sue finalità economiche vicine a quelle della Scuola, come da proposta della Commissione Mista, che parlava di una istituzione: «[...] amministrata da una Commissione Direttiva composta di delegati dei Corpi Contribuenti[...] E siccome si tratta d ‘insegnamento specialmente commerciale, alla Camera di Commercio si dovrebbe attribuire un diritto di nomina alquanto più esteso che altre due rappresentanze locali». Il MAIC aveva accettato pacificamente questa proposta. Ai rappre- 21 Composta dal Sen. Gerolamo Boccardo per la Provincia, dall’ Avv. Andrea Peirano per il Comune, da Giacomo Cohen per la Camera di Commercio, dal Deputato Carlo Randaccio e dal Barone Andrea Podestà (in veste di Presidente) per il Governo. 22 In Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 20 giugno 1884, n. 147. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 337 22/12/22 13:34 338 sentanti dei quattro Enti era poi da aggiungere il Direttore della Scuola, eletto dal Consiglio ed avente voto deliberativo. Nel progetto iniziale non si prevedeva alcuna tassa; in seguito, su richiesta del MAIC, nella stesura definitiva si istituirono delle tasse sui diplomi, per l’iscrizione ai corsi e per il rilascio di attestati. Nel Progetto di Statuto non era stato fatto cenno al numero di corsi, né alla loro durata per cui il Ministero suggerì l’introduzione di un articolo, che nella stesura definitiva, come abbiamo visto, definisce il corso di studi in tre anni e con un bagaglio di discipline riconducibili a tre aree tematiche (che il testo chiama classi): la tecnologia Commerciale; le scienze economiche-giuridiche e la cultura letteraria e filologica”. Come primo avvio, si deciderà di attivare il solo indirizzo Commerciale, ma con il proposito per il futuro di integrarlo con quelli Consolare e Magistrale così come già aveva fatto la Scuola di Venezia. Nella scelta del personale docente la formulazione del progetto iniziale prevedeva un ruolo maggiore del Consiglio direttivo, che avrebbe potuto scegliere i Professori Titolari e gli altri Insegnanti “nel modo che avrebbe ritenuto più conveniente”. Al MAIC questa discrezionalità nella designazione dei docenti era parsa, però, eccessiva e, oltre a far notare che sistemi diversi erano applicati alle Scuole di Bari e di Venezia, pensò che la soluzione migliore fosse quella di sentire il Ministero sia per la procedura di nomina che per quella di rimozione del corpo insegnante. L’osservazione del MAIC venne accettata nel testo definitivo. Era peraltro quanto auspicato dalla Camera di Commercio, che riteneva preferibile, per evitare abusi, che: “le norme per la scelta dei professori non siano stabilite caso per caso dal Consiglio Direttivo, ma determinate con apposito Regolamento”. Nel Progetto elaborato dalla Commissione, inoltre, non si faceva parola nemmeno delle norme di ammissione, trattate invece nel Progetto di Regolamento. Queste norme sono successivamente inserite nello Statuto definitivo, con la soluzione che abbiamo già esaminato. Il Consiglio di direzione s’insediava il 14 agosto 1884; mancava però il Direttore. La designazione avvenne solo più tardi, nel 1886, e la scelta sarebbe caduta sul prof. Jacopo Virgilio, noto studioso di scienze economiche. Lavorando a ritmo intenso il Consiglio compilava rapidamente il Regolamento (in gran parte formulato sul modello di quello della Scuola di Venezia), che venne approvato con D.M. 18 gennaio 1885, appena qualche giorno dopo l’apertura teorica della Scuola avvenuta il 14 gennaio 1885. Tale rapidità era dovuta al fatto che, in realtà, tutte le discussioni circa il contenuto si erano già consumate, quando si stava analizzando il Progetto di Regolamento formulato dalla Commissione insieme con quello dello Statuto. Il Regolamento proposto dalla Commissione agli Enti Fondatori era composto da 105 articoli (divenuti 115 in quello definitivo) ripartiti in quindici capitoli; i primi cinque raggruppavano le disposizioni organizzative, mentre i rimanenti riguardavano principalmente gli studenti e la didattica. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 338 22/12/22 13:34 339 Vediamo, in particolare, le disposizioni relative ai docenti e al titolo rilasciato dalla Scuola. I docenti sono distinti in tre tipologie: i Reggenti (insegnanti di prima nomina), i Professori Titolari (docenti divenuti effettivi dopo tre anni esercitati con la qualifica di Reggenti), gli Incaricati (nominati per un solo anno, salva la possibilità di riconferma per uno o più anni successivi). Era facoltà dei candidati all’insegnamento optare per una delle due forme di concorso previste, oppure sostenerle entrambe: si poteva, infatti, concorrere per esame e/o per titoli, cioè anche attraverso l’esibizione di opere o di altri documenti che attestassero la preparazione del candidato e la sua attitudine all’insegnamento. I giudizi sui vari candidati erano riportati in una relazione della commissione esaminatrice diretta al Consiglio, ma essi non erano vincolanti per lo stesso, che aveva facoltà di non nominare nessuno dei concorrenti e, d’accordo con il MAIC, poteva designare, prescindendo dal concorso, persone che in qualsiasi modo si fossero dimostrate particolarmente esperte in una determinata materia. Il Regolamento, inoltre, prevedeva che gli stipendi, così come le pensioni, fossero determinati dal Direttivo discrezionalmente, a seconda delle circostanze e delle materie insegnate, con un tetto massimo di lire 7.000 sia per i Professori Ordinari che per i Reggenti.23 Il Diploma finale, da un punto di vista di sbocchi occupazionali, conferiva al titolare la capacità di: “... sostenere i più importanti uffici commerciali, come Direttore di Banche, di Istituti di Credito, di Case di Commercio; ... essere impiegato in spedizioni e viaggi, così per conto del Governo, come di Società o di privati”. Invece, dal punto di vista del valore legale “Il diploma rilasciato dal Governo in conseguenza degli studi percorsi ed esami regolarmente dati nella Regia Scuola Superiore di applicazione di Studi Commerciali, sarà tenuto come equivalente agli ordinari superiori gradi accademici per tutti gli effetti di legge”. Per i diplomati che avevano conseguito il titolo con “nota di gran distinzione”, la Scuola, qualora ne avesse avuto le possibilità, grazie a doni, contributi o ad un maggiore concorso del Ministero, poteva assegnare dei premi in denaro da impiegare, a discrezione del Direttivo, in viaggi d’istruzione. L’articolo 103 infine rimandava ai vigenti Regolamenti universitari ed al Regolamento sull’Istruzione Professionale per gli eventuali argomenti non esaurientemente trattati nel Regolamento della Scuola. 23 I compensi risultavano i seguenti: per il Banco Modello lire 5.000; per la Merceologia 5.000; per le Matematiche Applicate al Commercio 3.000; per la Computisteria e Ragioneria 3.000; per le Istituzioni Commerciali 3.000; per il Banco Modello Aggiunto 3.000; per l’Economia Politica 3.000; per il Diritto 3.000; per la Lingua Tedesca 3.000; per la Lingua Araba 3.000; per la Geografia Commerciale ed Esposizione dei Trattati di Commercio 2.500; per la Lingua Inglese 2.500; per la Lingua Spagnola 2.000; per la Lingua Francese 2.000; per le Lettere Italiane 1.500. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 339 22/12/22 13:34 340 Figura n. 47 - Tipologia di docenti Con D.M. del 29 agosto 1885 sono approvati i Programmi Speciali degli Insegnamenti 24 che prevede questa struttura: - I classe Tecnologia commerciale (Computisteria e Ragioneria; Istituzioni commerciali col Banco Modello; Matematiche applicate al commercio; Merceologia); - II classe Scienze economiche e giuridiche (Diritto civile, commerciale e marittimo; Economia Statistica e Scienza delle Finanze; Geografia commerciale e Esposizione dei trattati di commercio e di navigazione); - III classe (Cultura filologica e letteraria; Lettere italiane; Lingua Francese; Lingua Inglese; Lingua Tedesca; Lingua Spagnola). I Programmi s’informavano, secondo la premessa alla pubblicazione del loro testo, a tre principi direttivi: il primo era il coordinamento dei programmi stessi con quelli della Sezione Commercio e Ragioneria degli Istituti Tecnici, in modo da garantirne la continuità; il secondo era lo sforzo di evitare la ripetizione di argomenti in differenti materie, assicurandone il coordinamento e le sinergie; il terzo principio, infine, avvertiva che la redazione era stata la più sintetica e concisa possibile. I Programmi consistevano normalmente nel mero elenco dei diversi temi che dovevano essere trattati dal docente, ma, per taluni insegnamenti, si avevano delle brevi introduzioni, che chiarivano il valore e la funzione nell’economia generale degli insegnamenti e talvolta indicavano, anche, le metodologie più adatte per il loro 24 Vedi anche la pubblicazione della Regia scuola superiore di applicazione per gli studi commerciali in Genova, Programmi Speciali degli Insegnamenti, Genova 1888., cit. in Piergiovann i P.M., p. 94. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 340 22/12/22 13:34 341 efficace apprendimento. Tra le discipline25 per le quali era stata redatta una specifica introduzione era il Banco Modello, considerato l’insegnamento più importante ed anche quello caratterizzante l’istituzione stessa in quanto si prefiggeva scopi pratici strettamente correlati alla realtà economica. In base a questa introduzione il Banco Modello doveva “... togliere l’alunno dal campo teoretico e trasportarlo in quello delle applicazioni”. In effetti il metodo adottato per garantirne l’apprendimento era quello della simulazione delle più importanti e frequenti operazioni commerciali che avvenivano nella realtà.26 Per consentire tali attività didattiche, la Scuola doveva fornire tutto il necessario, dai libri di commercio ai mezzi meccanici utilizzati nella pratica e dai listini e le altre pubblicazioni periodiche a tutti i moduli necessari. L’orario dei corsi è senz’altro pesante: le ore di lezione previste nel novembre 1886 per il primo anno di corso (l’unico attivato) sono trenta, suddivise tra mattina e pomeriggio, per cinque giorni alla settimana. Come si può notare nella Tabella 45 le lingue hanno un ruolo privilegiato: oltre che per il numero delle ore (dieci), anche per il fatto che le lezioni di due di esse hanno la particolare durata di un’ora e mezzo (lo stesso accadrà l’anno successivo, per le lezioni di Merceologia e per quelle di Banco Modello, di due ore ciascuna). Più equilibrato il peso degli altri insegnamenti del primo anno: quattro ore settimanali per Matematica e Computisteria; tre per Lettere, Geografia, Diritto ed Economia (Tabella 45). Alla fine del primo triennio di funzionamento (1889) si legge nella Relazione del Direttore che “gli orari furono ripartiti in modo che gli alunni del primo corso avessero 32 ore settimanali di effettivo insegnamento, e quelli del 2° e del 3° corso 34 ore settimanali, numero massimo che parve opportuno non superare, a fine di evitare un soverchio aggravio, dovendo gli alunni eseguire quotidianamente compiti a casa”. Dall’esame delle ore di lezione del triennio impartite (Tabella 46) rimane comunque confermata la scelta della Scuola nella formazione dei propri allievi: una approfondita preparazione tecnico-pratica di base (si pensi alle 198 ore di lezione di Computisteria svolte al primo anno ed alle 118 di Banco Modello dei due successivi), accompagnata dalla indispensabile padronanza delle lingue straniere, alle quali, nel primo anno, sono dedicate oltre quattrocento ore di lezione: il curriculum formativo che si riteneva fosse necessario per chi si apprestava ad operare in uno dei primi empori del Mediterraneo, i cui collegamenti commerciali andavano dal retroterra transalpino di lingua tedesca al Sud America di tradizioni spagnole. 25 Gli insegnamenti per cui fu giudicata utile una illustrazione in tale senso furono: Matematica, Banco Modello e Merceologia all’interno del gruppo delle discipline tecnico-commerciali; Geografia e Diritto nel secondo gruppo di discipline; Lettere Italiane nel terzo. 26 Nel Programma si auspicava, inoltre, che a queste complesse esercitazioni pratiche partecipassero anche le altre Scuole della medesima natura, sia italiane che estere: in particolare si pensava di costituire un consorzio con le Scuole di Anversa, Parigi, Marsiglia e Venezia, patrocinato dalla Camera di Commercio di Genova. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 341 22/12/22 13:34 342 Tabella n. 45 – Quadro orario delle lezioni nel primo anno di corso della Scuola Superiore di Genova (1886) 8,30-10 10-11 11-12 14-15 15-16 Lunedì Tedesco Diritto Lettere Matematica Francese Martedì Inglese Computisteria Francese Economia Geografia Mercoledì Tedesco Diritto Lettere Matematica Francese Giovedì Inglese Computisteria Matematica Economia Geografia Venerdì Tedesco Diritto Lettere Matematica Francese Sabato Inglese Computisteria Computisteria Economia Geografia Tabella n. 46 - Quadro orario delle lezioni annuali della Scuola Superiore di Genova (1886) MATERIE 1° Corso 2° Corso 3° Corso 2° e 3° Corso N. Lezioni N. Lezioni N. Lezioni N. Lezioni Lettere italiane 80 - - - Lingua francese 169 54 54 - Lingua Inglese 89 46 26 37 Lingua Tedesca 85 44 46 39 Lingua Araba 60 60 - - Lingua Spagnola 52 64 - - Computisteria 198 - - - Ragioneria - - - 81 Banco Modello - - - 118 Merceologia - - - 118 Matematica 56 56 56 - Economia politica 40 - - - Statistica - 49 - - Finanza - - 64 - Diritto 51 - - 43 Geografia 58 - - 52 TOTALE 938 373 246 488 Tutte le lezioni sono di un’ora, salvo quelle di Banco Modello (ore 2), la metà di quelle di Merceologia (ore 1 e mezza) e quelle di Tedesco ed Inglese al 1° anno (ore 1 e mezza). La Scuola era stata fortemente voluta dagli ambienti sociali della città, sia politico- culturali, sia economici, facenti principalmente capo alla Camera di Commercio, per soddisfare una domanda di “operatori commerciali” che corrispondeva – come già sottolineato – alle nuove esigenze dell’economia del territorio dopo il potenziamento di certe infrastrutture, come i lavori di ampliamento del porto e l’apertura della galleria ferroviaria del Gottardo. Ciononostante, l’impatto con la realtà operativa CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 342 22/12/22 13:34 343 fa affiorare una serie di difficoltà. Un preciso sintomo della lentezza con cui viene accettato dal contesto sociale il progetto di Scuola Superiore sono i dati relativi alle iscrizioni dei primi anni, decisamente non entusiasmanti, anche se in linea o superiori a quelli della coeva Scuola di Bari (che comprendeva anche la sezione consolare), ma inferiori, però, al numero degli iscritti registrati durante i primi anni di attività dall’istituto di Venezia, composto peraltro da tre sezioni di cui due quinquennali. Nel primo Anno scolastico, gli allievi che si iscrissero furono ventisei, di cui la netta maggioranza (65%) proveniva dall’istituto Tecnico, Sezione Ragioneria, mentre la restante parte di iscritti contava su un licenziato del Liceo ed otto (30,7%) ammessi con titoli diversi. Il numero di 26 studenti iscritti al primo anno di corso rappresentò comunque, per il primo quinquennio 1886-1891, un record raggiunto di nuovo solo nel 1890; il minimo di questo periodo fu di 21 immatricolati, nell’anno 1888-89; la media di circa 24. Rispetto alla scuola di provenienza degli iscritti, in questi cinque anni si avverte però un mutamento: ad una netta diminuzione dei Ragionieri si accompagnò infatti la crescita soprattutto di coloro che avevano titoli di studio assai differenziati e, in misura minore, dei licenziati dai Licei. Lo stesso rapporto risulta dal confronto dei dati complessivi degli iscritti (cioè 1°, 2° e 3° anno di corso) sempre per il primo quinquennio: l’incidenza dei diplomati in Ragioneria passa dal 65% del primo anno al 19% del quinto; gli studenti forniti di licenza liceale salgono invece dal 4% all’8% ed il gruppo di coloro che sono provvisti di titoli di studio diversificati (che normalmente comportavano l’esame di ammissione), partito con una presenza del 31% circa, arriva al 73%. d. Scuola Superiore di Commercio di Bari Nasce nella sua veste di istituto di studi di livello universitario nel 1886. In questo caso, però, non si tratta di inventare dal nulla una nuova struttura, quanto piuttosto di riformare un’istituzione preesistente, la R. Scuola di Commercio con Banco-Modello. 27 Tale scuola aveva lo status di scuola secondaria commerciale e beneficiava di un bilancio di 43.300 lire di cui 12.000 provenivano dal MAIC; al resto provvedeva la locale Camera di Commercio. Tale istituto traeva, a sua volta, le sue origini dalla Scuola commerciale con Banco modello di perfezionamento, evoluzione della Scuola commerciale con Banco-modello.28 27 R.D. n. 1079 del 31 ottobre 1882. 28 Sulla Scuola di Bari vedi Florese S., Il Regio Istituto superiore di scienze economiche e commerciali nei suoi primi cinquanta anni di vita, in Archivio scientifico, 5 (1930-1931), pp. 9-178; Toschi U., Il Regio Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Bari (1886-1896), Bari, Cressati, 1937; De Vittorio A. (a cura di), Cento anni di studi nella Facoltà di Economia e Commercio di Bari (1886-1896), Bari, Cacucci, 1987; Idem, La scuola superiore di Commercio di Bari (1886) e l’economia pugliese; Piergiovanni P.M. (a cura di), Dalla Scuola Superiore di Commercio alla Facoltà di Economia, op. cit., pp. 79-99. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 343 22/12/22 13:34 344 Quest’ultima, nata nel 1873, già nel 1875 contava una cinquantina di commessi di negozio.29 Tutte queste istituzioni formative per il commercio, compresa quella per un percorso di studi superiore, erano state fortemente volute e ostinatamente difese dalla Camera di Commercio, all’interno della quale operava una classe commerciale particolarmente fervente, dalla volontà decisa di vivacizzare il tessuto economico della propria regione. Il passaggio dalla struttura secondaria a quella superiore fu inteso come un salto di qualità nel rapporto tra istruzione specialistica e sviluppo commerciale. Un primo segnale di interesse per una scuola superiore si ha nella seduta del 25 gennaio 1873, quando, un gruppo di consiglieri della Camera di Commercio, guidati da Tommaso Columbo, promuove un dibattito sull’opportunità della sua istituzione. Passa un anno prima che il Presidente della Camera proponga la costituzione di una commissione per valutare la questione e formulare un progetto organico. Diversi gli esterni tra cui il Direttore della Scuola Superiore di Commercio di Venezia chiamati a far parte della commissione, che, dopo un anno dalla istituzione, riferisce delle conclusioni raggiunte. La Camera approva e intavola trattative col MAIC. I passaggi successivi vedono il Consiglio provinciale (20 febbraio 85), quello comunale (13 marzo) e quello della Camera di Commercio ed Arti di Bari (28 marzo) accettare il testo di decreto istitutivo proposto dal MAIC, sulla base del progetto elaborato dalla commissione. Lo statuto prevedeva l’istituzione di tre indirizzi: commerciale, inferiore e consolare. Quest’ultimo sarà attivato solo a partire dal 1893 e verrà soppresso nel 1909- 1910. Il primo piano di studi per l’area commerciale comprendeva complessivamente 13 materie d’insegnamento, cui si aggiungeva l’approfondimento di almeno tre lingue moderne: francese, arabo ed una a scelta tra inglese e lo spagnolo (facoltativi, per periodi di durata più o meno limitata, furono altresì lo spagnolo, il greco moderno, il serbo-croato, il russo e l’albanese). La distribuzione delle discipline tecnico-aziendalistiche come banco, merceologia, calcolo (in seguito denominato matematica finanziaria) e computisteria (Tabella 46) è su base settimanale. Abbiamo già considerato l’inizio un po’ stentato per quanto riguarda le immatricolazioni nei primi anni di vita della Scuola Superiore. Anche nel decennio successivo alla fondazione si registrano andamenti altalenanti sia per la Sezione commerciale che per quella inferiore. Per l’una il minimo di iscritti, compresi gli uditori, è 32 nell’a.s. 1890-91 e il massimo 61 nel 1892-93 e per l’altra, sempre negli stessi anni, è 39 e 78. 29 La Regia Scuola Superiore di Commercio in Bari, Notizie e documenti presentati alla esposizione nazionale di Torino MDCCCXCVIII, Trani, Tipografia dell’editore V. Vecchi, 1898. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 344 22/12/22 13:34 345 Tabella n. 47. Scuola superiore di commercio di Bari-Sezione Commerciale-Quadro orario settimanale (1886) Materia Distribuzione oraria settimanale I anno II anno III anno Calcolo 2 2 2 Computisteria 2 2 2 Merceologia ed esercitazioni di chimica 5 4 3 Banco - 6 6 Geografia commerciale 3 3 - Storia commerciale - - 3 Propedeutica agli studi giuridico-politici 2 - - Economia e statistica - 2 2 Diritto civile 3 - - Diritto commerciale e industriale - 2 2 Diritto internazionale e legislazione doganale - - 3 Calligrafia 3 2 1 Lettere italiane 3 3 2 Francese 3 3 2 Inglese 3 3 2 Tedesco 3 3 2 Arabo 3 3 2 Totale 35 38 34 A prevalere in maniera abbastanza netta erano gli immatricolati di origine pugliese, con una limitata presenza di studenti provenienti da altre regioni e una sparuta rappresentanza straniera.30 Per favorire l’inserimento lavorativo di quanti completavano con successo il percorso formativo, dall’a.s. 1892-93 la scuola attiva degli appositi comitati di collocamento, sostenuti negli anni successivi dagli stessi licenziati dell’Istituto. Secondo le notizie relative alla carriera dei primi 48 diplomati del novennio 1889-1897, questi trovarono impiego soprattutto come agenti delle imposte dirette, ragionieri presso enti pubblici o aziende private, rappresentanti, commissionari, impiegati e funzionari di società assicurative, case mercantili, Camere di commercio, imprese familiari e nel campo dell’editoria, oppure proseguirono la loro formazione in ambito commerciale o dedicandosi ad altri settori. Non dissimile è l’andamento delle iscrizioni alla Scuola inferiore, con un minimo di 39 iscritti e un massimo di 78.31 30 De Vittorio A., Cultura e Mezzogiorno, op. cit. pp. 64 e 68. 31 Annuario della regia scuola superiore di commercio in Bari 1897-1898, pp. 125 e ss.; in Roman o M., Gli istituti superiori d’istruzione economico-commerciale nell’Italia unita, p. 71; in Moran di M. (a cura di), Formare alle professioni - Commercianti e contabili dalle scuole d’abaco ad oggi, F. Angeli, Milano, 2013. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 345 22/12/22 13:34 346 Tabella n. 48 - Scuola superiore di commercio di Bari-Sezione Commerciale-Iscrizioni dagli anni 1890-91 agli anni 1896-97 SCUOLA SUPERIORE Anno scolastico Primo corso Secondo corso Terzo corso Totale generale Iscritti Iscritti Iscritti Alunni Uditori Tot. Alunni Uditori Tot. Alunni Uditori Tot. Alunni Uditori Alunni- Uditori 1890-91 16 - 16 7 - 7 7 - 7 32 - 32 1891-92 24 - 24 10 - 10 8 - 8 43 - 43 1892-93 22 10 32 13 2 15 10 1 11 48 13 61 1893-94 29 3 32 14 3 17 8 1 9 51 8 59 1894-95 23 7 30 14 5 19 5 1 6 42 13 55 1895-96 16 1 17 6 3 9 8 1 9 33 5 38 1896-97 22 1 23 8 - 8 3 - 3 35 1 36 Tabella n. 49 - Scuola superiore di commercio di Bari-Sezione Inferiore-Iscrizioni dagli anni 1890-91 agli anni 1896-97 SCUOLA INFERIORE Anno scolastico Primo corso Secondo corso Totale generale Iscritti Iscritti Alunni Uditori Tot. Alunni Uditori Tot. Alunni Uditori Alunni- Uditori 1890-91 21 - 21 18 - 18 39 - 39 1891-92 26 - 26 20 - 20 46 - 46 1892-93 34 14 48 30 - 30 64 14 78 1893-94 23 7 30 20 3 23 43 10 53 1894-95 32 9 41 13 10 33 45 10 55 1895-96 23 7 30 21 4 25 44 11 55 1896-97 28 7 35 30 1 31 58 8 64 5.2.2. Le Scuole di Commercio sussidiate dal MAIC a. Scuole di Commercio sussidiate dal MAIC nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 Nel 1880 erano operative nel Paese 6 scuole commerciali istituite in anni precedenti: a Firenze la Scuola di commercio “Leon Battista Alberti” (1876)32 e le Scuole 32 La Scuola di commercio, che verrà trasformata in Regia Scuola media di commercio nel 1907 aveva lo scopo di formare i giovani al libero esercizio dei commerci e ad abilitarli agli impieghi nelle Banche e nelle Case commerciali ed industriali. Il corso della Scuola comprendeva cinque anni: i primi tre costituivano la Scuola tecnica pareggiata con indirizzo commerciale; gli altri due formavano la CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 346 22/12/22 13:34 347 del Circolo filologico (1872);33 a Genova le Scuole del Circolo filologico e stenografico (1869);34 a Roma la Scuola municipale di commercio (1878);35 a Pavia la Scuola serale di Commercio e di disegno industriale (1874) della Camera di Commercio;36 a Napoli la Scuole Professionali Serali per Agenti Ferroviari e Commerciali, Tele- Scuola commerciale secondaria. Agli alunni promossi dalla 3a classe veniva rilasciato il certificato di licenza tecnica, a quelli promossi dalla 5a classe era, invece, rilasciato uno speciale diploma di licenza. Nel triennio 1902-1905, 109 alunni conseguirono la licenza e 44 il diploma. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni … 1907, op. cit., p. 69. 33 Le Scuole comprendono: a) corsi misti ordinari di francese, di inglese e di tedesco, ognuno dei quali dura due anni; b) corsi speciali per signorine di latino, di francese, di inglese e di tedesco, ciascuno dei quali dura tre anni; c) corsi annuali misti di perfezionamento di francese, di inglese e di tedesco; d) corso di disegno e pittura per signorine; e) corsi straordinari misti di spagnolo e di stenografia. Per essere ammessi occorre avere 14 anni compiuti. Trattandosi di Scuole libere, non vengono richiesti determinati titoli di studio; però gli insegnanti e la Commissione scolastica giudicano sull’idoneità di coloro che intendono inscriversi. Le lezioni incominciano il 16 novembre e terminano il 15 giugno Nei corsi misti ordinari le lezioni sono serali e vengono impartite dalle 20 alle 21,30 tre volte alla settimana. Nei corsi riservati esclusivamente alle signorine le lezioni sono diurne e vengono impartite dalle 14,30 alle 17,30. Agli alunni che abbiano frequentato regolarmente tutti gli anni di corso viene rilasciato un diploma di licenza dal corso speciale da ognuno di essi seguito. I soci effettivi del Circolo, dal quale le Scuole dipendono, non pagano ulteriori tasse. Gli altri alunni pagano una tassa annua di 30 lire, ridotta alla metà per i figli dei soci e ad un quarto per gli studenti d’Istituti superiori (Scuola di applicazione di sanità militare, Istituto di studi superiori e di perfezionamento, Scuola di scienze sociali, Istituto superiore di magistero femminile, Accademia di belle arti, ecc.). La scuola è sostenuta economicamente, oltre che dal Circolo filologico, dal MAIC, dal MPI e dalla Camera di Commercio. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni… 1907, op. cit., p. 70. 34 La Scuola prepara i giovani alle carriere commerciali mediante lo studio della contabilità, delle lingue moderne e della stenografia. Il Circolo comprende una sola sezione di due anni di corso. I frequentatori possono seguire uno o più insegnamenti a loro volontà. Non ci sono condizioni esplicite per l’ammissione degli alunni alla Scuola. L’anno scolastico comincia il 15 novembre e termina il 20 aprile e le lezioni vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle ore 19 alle 22. A coloro che abbiano frequentato con assiduità e profitto un intero corso d’insegnamento di stenografia o di contabilità, oppure per un biennio l’insegnamento di una lingua, vengono rilasciati certificati di frequenza e di profitto. L’alunno è tenuto al pagamento di una tassa annuale di lire 30 ed ha diritto di frequentare qualunque sezione di studi. La Presidenza del Circolo può esentare ogni anno dalla tassa un alunno di famiglia non agiata. Ogni anno, poi, sono messi tre posti gratuiti a disposizione del Prefetto di Genova, tre a disposizione della Camera di Commercio e tre a disposizione del Municipio. Intervengono finanziariamente per il funzionamento delle attività il MAIC, il MPI, il Comune e la Camera di Commercio. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni… 1907, op.cit., p. 79. 35 La Scuola prepara i giovani agli impieghi nei servizi ferroviari del movimento, del traffico, della manutenzione e della trazione. Il percorso formativo dura tre anni, da metà ottobre a fine giugno con tre ore tutte le sere dei giorni feriali e 4 ore al mattino dei festivi. La sorveglianza sull’andamento amministrativo e didattico spetta ad un Consiglio direttivo di 4 membri nominati, uno per ciascuno, dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, dal Ministero della Pubblica Istruzione, dal Comune e dalla Camera di Commercio, che sono i maggiori contribuenti. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni… 1907, op.cit., pp 108-110. 36 Intervengono per la sua sussistenza finanziaria MAIC, Comune e Camera di Commercio. Vi si insegna: Aritmetica e contabilità, Merceologia, Disegno, Lingua francese e geografia, Calligrafia, Disegno, Italiano, in MAIC, Annuario 1905, op.cit., p. 163. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 347 22/12/22 13:34 348 grafisti, Fuochisti di Ferrovie ed Aspiranti Allievi Macchinisti alla Scuola di Venezia (1879).37 Di queste scuole tre erano “governative”: Firenze, Napoli e Padova. Come si può notare otto scuole formano figure del settore del commercio-distribuzione ed una a quello dei trasporti. Questa tipologia di scuole, inoltre, era presente solo in città capoluoghi di provincia o di Regione, dove naturalmente c’erano più esercizi commerciali e quindi più opportunità lavorative nel settore e quindi, ragionevolmente un maggiore fabbisogno formativo. In tutte le scuole c’era una sola sezione: quella commerciale appunto. In tutte ad esclusione di quella di Pavia, dove coesistevano sia la sezione commerciale che quella industriale. b. Scuole di Commercio sussidiate dal MAIC nate nel decennio 1880-1889 Alle sei scuole nate prima dell’80 sussidiate dal MAIC se ne aggiungono, nel decennio considerato, altre sette, di cui tre (quelle di Brescia, Roma e Torino) sono “governative”. Le sette scuole nate nel decennio hanno queste caratteristiche: cinque sono riferibili a figure professionali che operano nel settore della distribuzione ed una nei trasporti (Roma), nella fattispecie nei trasporti ferroviari (Vedi Tabella 50). Per quanto riguarda le scuole del settore della distribuzione, dalle declaratorie relative agli obiettivi formativo-professionali (vedi nella descrizione che ne faremo nelle pagine successive) e dall’analisi degli insegnamenti impartiti è evidente che i loro percorsi formativi preparavano prevalentemente a ruoli di commesso-venditore o commesso di studio (impiegato “d’ordine” per operazioni di contabilità e/o di corrispondenza commerciale, anche in lingue estere) e/o nella conduzione di un piccolo esercizio di distribuzione. Gli orari delle lezioni, quasi sempre serali (normalmente dalle 20 in poi) fanno pensare ad una utenza che di giorno è occupata e, presumibilmente, impegnata proprio in ruoli professionali del commercio. Fa eccezione la Scuola di commercio annessa al Regio Istituto internazionale di Torino che presenta un percorso didattico fortemente strutturato con orari quotidiani che impegnano sia al mattino che il pomeriggio e quindi frequentabili solo da giovani. Singolare l’organizzazione didattica 37 Le Scuole forniscono l’istruzione per gli agenti subalterni dei telegrafi, delle ferrovie e delle case di commercio e comprendono tre sezioni: a) sezione ferroviaria; b) sezione macchinisti di marina; c) sezione fuochisti ferroviari. Il corso della prima sezione dura 3 anni. Le altre due sezioni durano ciascuna due anni. Il primo anno è comune a tutte le sezioni e costituisce il corso preparatorio. Per essere ammessi al corso preparatorio è sufficiente la licenza elementare. Per l’ammissione al 1° anno del corso normale è necessario presentare il certificato di promozione al 1° anno della Scuola tecnica o del Ginnasio. Per l’ammissione al secondo anno del corso normale della sezione ferroviaria è richiesta la licenza tecnica o quella ginnasiale. Le lezioni iniziano il 1° novembre e terminano il 30 giugno e vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle ore 18,30 alle 20,30. Sostengono finanziariamente le Scuole il MAIC, il MPI, il Comune e la Camera di Commercio. Il Consiglio di vigilanza è composto da delegati provenienti da MAIC, MPI, Provincia e Camera di Commercio. Direttore e fondatore della Scuola è Luigi Santamaria. Le cattedre della scuola sono: lettere italiane, aritmetica pratica e ragionata, contabilità e tariffe ferroviarie, storia e geografia, lingue francese ed inglese, telegrafia, matematica, disegno, calligrafia ed istituzioni commerciali. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni… 1907, op.cit., p. 97. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 348 22/12/22 13:34 349 della Scuola di Brescia nel quadro sinottico indicata come Brescia (1) - dove ciascun allievo frequentava solo “le materie” di cui aveva bisogno. Una soluzione così flessibile che rispondeva alla esigenza della personalizzazione dei percorsi formativi. Oggi la chiameremmo, con un neologismo di qualche decennio fa, adhocrazia. Quattro scuole sono gestite solo da un soggetto: il Comune (Badia Polesine) o un’associazione di lavoratori (Brescia 2, Milano e Padova). I Consigli direttivi delle scuole “governative”, invece, presentano una composizione eterogenea: a Brescia ci sono i rappresentanti del MAIC, del Comune, della Provincia e della Camera di Commercio; a Torino oltre al MAIC e i soggetti pubblici territoriali anche il Ministero degli Esteri; a Roma solo il MAIC e il Ministero della Pubblica Istruzione (Tabella 50). Tabella n. 50 – Quadro sinottico delle scuole commerciali di primo livello nate nel decennio Città Denominazione Soggetti gestori Badia Polesine 1887 Scuola popolare commerciale Comune Insegnamenti: Italiano, Francese, Calligrafia, Aritmetica, Geometria, Geografia commerciale, Merceologia, Computisteria, Diritto commerciale. Brescia (1) 1883 Scuola commerciale Consiglio direttivo della Lega di M.S. fra i commessi di commercio e studio Insegnamenti: Contabilità, Calligrafia, Francese, Tedesco, Corrispondenza commerciale Brescia (2) 1881 Scuola commerciale Peroni, ex scuola internazionale di commercio MAIC, Comune, Provincia, Camera di Commercio Insegnamenti: Italiano, Diritti e doveri, Istituzioni commerciali, Storia politica d’Italia, Storia commerciale, Geografia fisica, politica ed economica, Nozioni di diritto civile e di diritto commerciale, Legislazione commerciale ed industriale interna ed internazionale, Usi commerciali, Economia politica applicata, Legislazione doganale, Trattati di commercio e di navigazione e convenzioni internazionali di carattere economico, Trasporti e tariffe relative, Computisteria e ragioneria, Banco modello, Funzionamento pratico di aziende bancarie e commerciali, Calcolo mercantile, Scienze e merceologia, Studio degli imballaggi, Francese, Tedesco, Inglese (facoltativo), Nozioni d’igiene, Calligrafia, Dattilografia. Milano 1882 Scuola commerciale Società di M.S. fra i commessi di commercio e di studio Insegnamenti: Italiano, Francese, Tedesco, Inglese, Contabilità, Pratica commerciale. Padova 1883 Scuola di commercio Unione mutua fra gli agenti industriali e commerciali Insegnamenti: Lingua italiana, Lingua francese, Corrispondenza commerciale, Aritmetica, Computisteria, Contabilità, Diritti e Doveri del Cittadino, Diritto Commerciale, Merceologia, Geografia, Calligrafia. Padova 1883 Scuola di commercio Unione mutua fra gli agenti industriali e commerciali Insegnamenti: Lingua italiana, Lingua francese, Corrispondenza commerciale, Aritmetica, Computisteria, Contabilità, Diritti e Doveri del Cittadino, Diritto Commerciale, Merceologia, Geografia, Calligrafia. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 349 22/12/22 13:34 350 Roma 1880 Scuola serale preparatoria per agenti ferroviari MAIC, MPI, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Servizio di stazione e di contabilità, Geografia ferroviaria, (2° corso superiore), Scienze fisiche e naturali (nella 2a classe di avviamento e nel 1° corso superiore), Storia italiano e geografia (nella 1a classe di avviamento), Ordinamento tecnico-ferroviario, Computisteria (nel 1° corso superiore), Francese (nelle prime classi) e Inglese (nel 2° corso superiore), Matematica (nelle due classi di avviamento e nel 1° corso superiore), Telegrafia (nei due corsi superiori), Geografia e storia (nella seconda classe di avviamento e nel 1° corso superiore), Disegno geometrico e ornamentale. Torino 1881 Regia Scuola di commercio annessa al Regio Istituto internazionale italiano MAIC, Ministero Esteri, MPI, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Primo anno: Calligrafia, Lettere italiane, Lingua francese, Aritmetica generale ed applicata, Computisteria, Geografia, Storia, Nozioni di diritto commerciale ed Elementi di merceologia e corso di Morale; Secondo anno: approfondimenti degli insegnamenti del primo anno e lingue straniere con esercitazioni orali e scritti di corrispondenza commerciale, computisteria e ragioneria nelle loro forme ed applicazioni al commercio, alla Banca, all’industria, Geografia e storia commerciale, Elementi di economia, di statistica e di diritto commerciale, Legislazione doganale ed regolamenti sui trasporti marittimi e ferroviari e le relative tariffe, Merceologia, Esercizi pratici di Banco modello, Corso di Morale. Proviamo, ora, a ricostruire, brevemente le vicende istituzionali di ciascuna delle scuole riportate nel quadro sinottico. Dal 1887, con un contributo del MAIC di 500 lire, inizia la sua attività didattica a Badia Polesine (RO), che allora contava poco più di 10.000 abitanti, la Scuola popolare commerciale, destinata ai “giovani che intendono dedicarsi al piccolo commercio”. Si trattava naturalmente di una piccola scuola, con una trentina di allievi distribuiti nei due anni di corso (da ottobre a marzo, due ore tutte le sere dei giorni feriali), al termine del quale veniva rilasciato un certificato di licenza. La sorveglianza sull’andamento amministrativo e didattico della Scuola veniva esercitata dall’Assessore comunale, delegato per la pubblica istruzione. La frequenza era totalmente gratuita. Alla logistica (locali, illuminazione e riscaldamento) provvedeva il Comune.38 Nel 1873, Brescia si dotò di una Scuola commerciale istituita da Marino Ballini (1827-1902; patriota, politico e docente universitario) nel Collegio “Peroni” (nel palazzo dove oggi ha sede la Facoltà di Giurisprudenza). Finanziata dal Municipio, dalla Provincia e dalla Camera di Commercio era propedeutica all’ingresso nella prima scuola superiore di commercio italiana, quella di Cà Foscari a Venezia. Nel 1881, per volontà dell’assessore alla Pubblica istruzione, il pedagogista Teodoro Pertusati, la Scuola commerciale divenne comunale e prese il nome di Scuola internazionale di commercio “Peroni”.39 Il percorso formativo durava tre anni e vi si insegnava: Italiano, 38 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 56-57. 39 Ong er S., La formazione economica a Brescia dal 1815 al 1982, in www.commercialistibrescia. it. Il 12 giugno 1910, seguendo l’esempio del milanese Ferdinando Bocconi che nel 1902 aveva donato CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 350 22/12/22 13:34 351 Diritti e doveri, Istituzioni commerciali, Storia politica d’Italia, Storia commerciale, Geografia fisica, Politica economica, nozioni di Diritto civile e di Diritto commerciale, Legislazione commerciale ed industriale interna ed internazionale, Usi commerciali, Economia politica applicata, Legislazione doganale, Trattati di commercio e di navigazione e convenzioni internazionali di carattere economico, Trasporti e tariffe relative, Computisteria e ragioneria, Banco modello, Funzionamento pratico di aziende bancarie e commerciali, Calcolo mercantile, Scienze e merceologia, Studio degl’imballaggi, Francese, Tedesco, Inglese (facoltativo), Nozioni d’igiene, Calligrafia, Dattilografia. Agli alunni che avevano compiuto con successo l’intero percorso si rilasciava un diploma di licenza commerciale.40 Nel 1906 ottiene il riconoscimento ministeriale di Scuola media applicata all’industria. Nel 1912 la scuola si trasformerà nell’Istituto Commerciale “Marino Ballini” e nel ‘31 in Istituto Tecnico Commerciale. Nel 1999 si fonde con l’altro Istituto Tecnico bresciano per l’istruzione economica, Giuseppe Cesare Abba, dando vita all’Istituto Tecnico Commerciale Statale Abba Ballini.41 Sempre a Brescia la Lega di mutuo sussidio fra i commessi di commercio e di studio decide, nella seduta del Consiglio direttivo del 1° novembre 1883, la istituzione di una scuola commerciale. Il percorso formativo è abbastanza destrutturato: infatti, gli alunni possono frequentare uno o più insegnamenti (tutti biennali ad esclusione di corrispondenza commerciale che dura un anno). Per essere ammesso occorre aver compiuto 15 anni e aver frequentato le elementari. Le lezioni si tengono tutti i giorni 500.000 lire per la fondazione dell’Università commerciale da intitolarsi a suo figlio Luigi, il commerciante di vini Milziade Tirandi destinò un milione di lire per l’istituzione di un’università commerciale, intitolata a suo nome. L’ambizioso progetto avrebbe dovuto dotare Brescia della seconda università commerciale privata del nostro Paese, ma la clausola voluta dal testatore, secondo cui la nuova università si sarebbe fondata quando il patrimonio avesse raggiunto l’ammontare di un milione e mezzo di lire, finì per compromettere il progetto. Infatti, nel febbraio 1915, il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, sotto la cui giurisdizione erano poste le scuole superiori di commercio, promosse dal 1913 al rango universitario, riconobbe la Fondazione Tirandi, erigendola in ente morale e dandole la personalità giuridica per poter dar vita a un istituto universitario. Solo nel 1924 la capitalizzazione degli interessi permise alla Tirandi di raggiungere un patrimonio di un milione e mezzo di lire. Nel frattempo, a causa dell’inflazione seguita alla Prima guerra mondiale, il costo della vita era aumentato del 450 per cento. Mentre la Fondazione Tirandi perseguiva tenacemente e un po’ ottusamente i propri obiettivi statutari, la Camera di Commercio di Brescia, sulla spinta del suo Segretario generale Filippo Carli e del Senatore Ugo da Como, dava avvio nel 1920 a una Scuola libera superiore di studi sociali (poi Istituto superiore di perfezionamento per gli studi politico-sociali e commerciali), finalizzata a realizzare un programma di insegnamento commerciale superiore con 234 iscritti. L’istituto continuò la propria attività fino al 1925, quando finalmente la Fondazione Tirandi aprì un corso post diploma di specializzazione: la Scuola di perfezionamento per il commercio estero “Milziade Tirandi”, della durata di due anni. Rispetto al progetto del testatore, la Fondazione rinunciava al modello bocconiano di un corso di studi universitari quadriennale per ripiegare su un progetto meno ambizioso, rivolto al commercio di esportazione. Il diminuito valore d’acquisto degli interessi sul capitale e la tenace volontà di fare da sola, rifiutando ripetutamente l’aiuto che la Camera di Commercio offrì fin dal 1918, furono alla base delle scelte della Fondazione. 40 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. pp. 58-59. 41 Istituto, in www.abba-ballini.edu.it CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 351 22/12/22 13:34 352 ferali dalle 20 alle 22, per cinque mesi (da novembre a marzo). Il governo della scuola, sia dal punto di vista amministrativo che didattico, spetta al Consiglio direttivo della Lega. E un apposito ufficio della Lega provvede anche alla ricerca e collocazione degli allievi. Con un certo successo, se si considera che nel triennio1901-1904 hanno trovato un’occupazione 101 commessi. Contribuivano al suo mantenimento annuo: il MAIC (200 lire), la Camera di Commercio (100 lire), il Comune (200 lire), la Cassa di Risparmio (100 lire) e la Lega di mutuo soccorso (120 lire).42 A Milano la locale Società di mutuo soccorso fra i commessi di studio e di commercio delibera il 26 agosto 1882 di aprire una Scuola commerciale. Le materie (chiamate dalle fonti “sezioni”) potevano durare 2 anni (Italiano, Inglese e Calligrafia) o 3 (Contabilità, Francese e Tedesco). Pratica commerciale, dura solo un anno, ma rappresenta un corso di perfezionamento del biennio di contabilità. L’iscrizione prevede l’esibizione del certificato di licenza elementare. Le lezioni, serali, durano 3 ore per cinque mesi e mezzo (da metà ottobre alla fine di aprile). Al termine del percorso formativo viene rilasciata un’attestazione “comprovante i corsi compiuti”. La frequenza è gratuita per gli iscritti alla Società di mutuo soccorso; per gli altri è prevista una tassa annua di 5 lire. Provvedono al sostentamento annuale della scuola una pluralità di soggetti: il MAIC (250 lire), la Camera di Commercio (500), la Cassa di Risparmio (300), la Banca popolare (100). Il Comune interviene con la messa a disposizione dei locali e il pagamento dell’illuminazione e riscaldamento. La Società di mutuo soccorso destina alla sua creatura circa 150 lire. Cospicue le entrate dalle tasse scolastiche: circa 1500 lire.43 Figura n. 48- Durata delle sezioni della Scuola Commerciale di Milano 42 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 60-62. 43 Ibidem, pp. 93-94. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 352 22/12/22 13:34 353 Nel 1883 a Padova, per iniziativa dell’Unione mutua fra gli agenti industriali e commerciali nasce una Scuola di Commercio. Il percorso complessivo si articola in un anno “preparatorio” (per chi ha compiuto 12 anni ed ha il certificato di licenza elementare) e un corso normale di tre anni (per chi ha frequentato il corso preparatorio o per chi ha 14 anni e, naturalmente, il certificato di frequenza elementare). Gli allievi (una settantina l’anno) sono tenuti al pagamento di una tassa annuale di 3 lire per ogni singolo insegnamento ed una tassa mensile di lire 1,50. Le lezioni, serali dalle 20 alle 22,30, si svolgono da novembre a maggio. Al termine, previo superamento di esami finali, viene rilasciato un certificato di frequenza. La gestione amministrativa spetta al Comitato Direttivo dell’Unione. Il Bilancio annuo si aggira sulle 1.700 lire. Alle entrate provvedono, in ordine decrescente del contributo: la Camera di Commercio (500 lire), la Cassa di risparmio di Padova (300), il Comune (200), il MAIC (150 lire), la Banca cooperativa popolare di Padova (100), la Società d’incoraggiamento (50). Le tasse scolastiche assicurano un introito per circa 400 lire.44 Un Decreto ministeriale del 29 luglio 188045 dava vita, a Roma, alla Scuola serale preparatoria per agenti ferroviari per “preparare i giovani agli impieghi nei servizi ferroviari del movimento, del traffico, della manutenzione e della trazione”. Al suo mantenimento contribuivano Comune, Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio il Ministero dell’Istruzione Pubblica e la Camera di Commercio. Questi soggetti erano rappresentati anche nel Consiglio Direttivo. Il percorso formativo si articolava in due anni di avviamento e due corsi, uno inferiore e l’altro superiore.46 Nella Scuola vi sono 6 apparati telegrafici Morse, di diversi tipi, con circuito regolare per esercizi di trasmissione e di ricevimento. L’ammissione al 1° anno si ottiene presentando il certificato di maturità o la licenza elementare ovvero sostenendo un esame equipollente. Per l’ammissione al 2° e al 3° anno occorre avere ottenuto in Scuole tecniche regie o pareggiate la promozione alla 2a o alla 3a classe o sostenere un esame equipollente. Le lezioni si svolgono (3 ore solari tutti i giorni feriali e 4 ore al mattino delle domeniche) da metà ottobre a fine di giugno. Agli alunni che abbiano superato con esito favorevole gli esami finali del 3° anno (delle Commissioni esaminatrici fanno parte, di regola, i rappresentanti dei Ministeri che contribuiscono al mantenimento della Scuola e i delegati delle Amministrazioni ferroviarie) è rilasciato un Diploma di idoneità. Considerato, pari alla licenza ginnasiale o tecnica per i concorsi ai posti di aiuto-applicato. Gli alunni (circa 200) debbono pagare le seguenti tasse: ammissione al 1° anno lire 7; al 2° e 3° anno 5 lire; tassa mensile di frequenza 5 lire. La sorveglianza sull’andamento amministrativo e didattico spetta ad un Consiglio direttivo di 4 membri, nominati, uno per ciascuno, dal MAIC (che contribuisce con 1.000 lire), dal Ministero della Pubblica Istruzione (1.500), dal Co- 44 Ibidem p. 103. 45 R.D. n. 2732 del 23 ottobre 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 279 del 10 novembre 1884. 46 MAIC, Annuario 1905, Roma Tipografia Nazionale Bertero, 1905, p. 164 e MAIC, Notizie sulle condizioni … pel 1907, op.cit. p. 101-102. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 353 22/12/22 13:34 354 mune 500 (oltre a provvedere ai locali e alle spese per le utenze di illuminazione e riscaldamento) e dalla Camera di Commercio (500). Metà delle entrate sono assicurate dalle tasse scolastiche (oltre le 5.000 lire).47 Figura n. 49 - Percorso formativo della Scuola serale preparatoria per agenti ferroviari di Roma L’attuale Istituto di Istruzione Superiore Quintino Sella, a Torino, ha le sue origini nell’Istituto internazionale italiano, fondato nel capoluogo piemontese nel 1867 per accogliere i figli degli italiani residenti all’estero; ma ben presto la scuola viene aperta anche a ragazzi stranieri.48 Gli iscritti all’Istituto frequentano diversi tipi di corsi: quelli classici e tecnico-commerciali si frequentano nelle scuole pubbliche esterne. Sono invece impartiti all’interno dell’Istituto lezioni di lingua italiana, spagnola, francese, inglese, tedesca, Calligrafia, Disegno, Storia politica e commerciale e Geografia. Scopo dichiarato della scuola è quello di preparare i giovani “alle carriere pubbliche, alle industrie, al commercio ed all’arte militare”.49 47 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 108-110. 48 Allievi provenienti dalle Americhe, dall’Estremo Oriente, dall’Egitto e dalla Svizzera vi studiavano le materie di un attuale Liceo, cui si aggiungevano discipline di carattere economico e commerciale, corsi di lingua e cultura arabo-musulmana e orientale. La scuola, promossa dal professor Agostino De Grossi, nel 1880 conta 53 alunni di cui 31 cattolici, 10 israeliti, 8 buddisti, 3 maomettani e 1 anglicano. Vedi Lessona M., Istituti scientifici e scuole, in Torino 1880, Torino, Roux e Favale, 1880, p. 420. 49 Idem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 354 22/12/22 13:34 355 Figura n. 50 - Percorsi formativi Scuola di Commercio annessa all’Istituto internazionale di Torino A tale istituzione con un R.D. del 23 ottobre50viene annessa una Scuola di commercio «divisa in due corsi, della durata di tre anni ciascuno. Il primo corso prende il titolo di Scuola popolare di commercio, ed è indirizzato a formare abili commessi di negozio, ed a dare ai giovani una istruzione conveniente per esercitare il piccolo commercio. Il secondo corso comprende il titolo di Corso commerciale, diretto ad abilitare i giovani all’esercizio del commercio ed alle direzioni di Case commerciali, svolgendo maggiormente e completando gli insegnamenti del primo corso» (Art. 1). Per essere ammessi i candidati devono aver compiuta l’età di 12 anni e superare un esame di ammissione su tutte le materie della 4a classe elementare. L’a.s. incomincia il 1° ottobre e termina il 15 luglio; le lezioni vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle ore 8,30 alle 11,30 e, ad eccezione del giovedì, dalle ore 14 alle 16. Agli alunni che abbiano compiuto regolarmente gli anni di corso vien rilasciato un certificato di licenza. La Direzione della Scuola di commercio è affidata al direttore del R. Istituto internazionale; la sorveglianza sulla scuola è esercitata dal Consiglio di tutela e vigilanza dell’Istituto stesso, di cui faranno parte un delegato del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, uno del Ministero degli Esteri, uno del Municipio di Torino, uno della Provincia ed uno della Camera di Commercio. Al funzionamento della Scuola di commercio si provvede con l’assegno di lire 8.000, stanziato nel bilancio del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio; col sussidio di lire 4.000 deliberato dal Municipio di Torino; col sostegno di lire 2.000 della Camera di commercio e con i mezzi materiali e didattici di cui dispone il 50 R.D. n. 2732 (serie 3a) del 23 ottobre 1884 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 279 del 10 novembre 1884. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 355 22/12/22 13:34 356 R. Istituto internazionale, che concede anche gratuitamente l’uso dei locali necessari alla Scuola, nello stabile di sua proprietà.51 5.2.3. Le Scuole di Commercio sussidiate dai soggetti locali a. Le Scuole di Commercio sorte nei decenni precedenti e operative nel 1880 Dalle fonti abbiamo rilevato 8 scuole operative in questo decennio, ma istituite prima del 1880:52 a Milano la Scuola commerciale e professionale del Circolo di pubblico insegnamento (1869)53; a Torino la Scuola speciale di commercio “Garnier” (1850),54 la Scuola serale di commercio (1865) del Comune e il Corso di ragioneria commerciale del Circolo Filologico (1868);55 a Firenze le Scuole gratuite 51 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 117-119. 52 Le informazioni e i dati sulle scuole che verranno trattate in questo paragrafo, se non sono specificate altre fonti, sono desunte da MAIC Notizie sull’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni stati esteri, op. cit. pp. 925-1008. Il numero degli allievi indicati fa riferimento all’a.s. 1904-1905. 53 Il Circolo di pubblico insegnamento esplica la sua attività mediante il concorso di soci effettivi, che, dietro una piccola indennità, prestano l’opera come insegnanti e mediante il contributo di altri soci, perciò detti contribuenti, che pagano non meno di 5 lire all’anno. La scuola vive inoltre col provento della tassa d’iscrizione pagata dagli alunni ed ammontante complessivamente a circa lire 5.000 e con circa lire 1.800 elargite a titolo di sussidio da Corpi morali diversi (Cassa di risparmio, Camera di commercio, Banca popolare, ecc.). La scuola ha corsi professionali e corsi commerciali e si divide in due sezioni: maschile e femminile. La sezione maschile comprende i seguenti corsi: Italiano, Francese, Inglese e Tedesco, Spagnolo, Corrispondenza commerciale, Pratica commerciale, Contabilità, Stenografia, Calligrafia. Nella sezione femminile si tengono corsi di lingua italiana, francese, inglese e tedesca, Corrispondenza italiana e francese, Contabilità, Calligrafia, Stenografia, Dattilografia, Disegno, Pittura, Plastica, Miniatura e modellazione, Cucito a mano ed a macchina, Taglio e confezione di abiti e biancheria, Rammendo, Ricamo in bianco e a colori, Pizzi e fiori artificiali. Le lezioni, impartite da 54 insegnanti, si tengono per i maschi la sera di tutti i giorni feriali dalle 19 alle 22 o dalle 20 alle 22 la; per le femmine, il giovedì e la domenica dalle 9 alle 16. Gli alunni iscritti sono circa 800, dei quali poco meno di 400 maschi e poco più di 400 femmine. 54 La scuola è diurna. Venne fondata dal prof. Garnier per formare commessi di banche e di negozi, impiegati di amministrazioni e stabilimenti diversi, amministratori e capi di aziende finanziarie, industriali e commerciali. Vive col provento delle tre rette trimestrali pagate da ciascun alunno, rette che, nell’a.s. 1904-05, per il corso preparatorio ammontano a 90 lire, per il commerciale a 120. Dipende da uno speciale Consiglio di Patronato e di vigilanza ed è diretta dal fondatore. La scuola si apre nella seconda quindicina di ottobre e si chiude nella prima quindicina di luglio. Comprende un corso preparatorio di un anno ed un corso commerciale propriamente detto, di due anni. L’insegnamento comprende: Lingua e corrispondenza italiana, francese, tedesca ed inglese; Storia e geografia commerciale; Aritmetica e computisteria; Ragioneria; Economia politica, Calligrafia e Pratica commerciale. Ai corsi partecipavano una quarantina di allievi. 55 Il corso venne instituito nel 1868 dai soci del Circolo, che ne sostengono le spese. È sussidiato dal Comune e dalla Camera di commercio. Sono materie d’insegnamento: l’Italiano, il Francese, l’Inglese, il Tedesco, lo Spagnolo, il Russo, la Storia e la Geografia, l’Aritmetica e la Geometria, la Stenografia, la Corrispondenza commerciale, il Disegno, la Pittura e i Lavori donneschi. Le lezioni sono serali pei maschi e diurne per le femmine. Al corso sono iscritti in complesso 668 alunni. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 356 22/12/22 13:34 357 serali e festive per i piccoli operai (1845);56 la Scuola di Commercio “Leon Battista Alberti (1876);57 a Parma la Scuola serale di Commercio (1870) della Camera di Commercio58; a Girgenti, dal 1927 Agrigento, la Scuola serale commerciale per gli adulti (1874)59 e la Scuola di stenografia (1879)60 entrambe della Camera di Commercio. b. Le Scuole di Commercio sussidiate da soggetti locali nate nel decennio 1880-1889 Abbiamo notizia di cinque scuole aperte, gestite e sostenute finanziariamente da soggetti locali diversi: da un Ente morale (Firenze), dal Comune (Palermo), dalla Camera di Commercio (Pisa), da una associazione tecnico-specialistica (Torino) (Vedi Tabella 51). Della Scuola di Roma conosciamo solo gli insegnamenti impartiti e l’anno di fondazione. Nulla sappiamo su chi la gestisse. 56 Vennero fondate nel 1845 e dipendono da un Consiglio di amministrazione. Sono sussidiate con lire 500 dal Comune, che fornisce gratuitamente i locali, con lire 200 dalla Cassa di risparmio e con altrettante dalla Camera di Commercio. Oltre l’insegnamento elementare, viene da qualche anno impartito quello della lingua inglese a giovani commessi di negozio e viaggiatori. Vi sono due insegnanti di Inglese: gli iscritti alle lezioni di lingua inglese sono 120. 57 La Scuola di commercio, che verrà trasformata in Regia Scuola media di commercio, aveva lo scopo di formare i giovani al libero esercizio dei commerci e ad abilitarli agli impieghi nelle Banche e nelle Case commerciali ed industriali. Il percorso della Scuola comprendeva cinque anni; i primi tre costituivano la Scuola tecnica pareggiata con indirizzo commerciale; gli altri due formavano la Scuola commerciale secondaria. Vi si insegnavano: Italiano, Francese, Inglese, Tedesco, Geografia, Storia, Diritti e doveri, Scienze naturali, Matematica, Computisteria, Disegno, Calligrafia, Storia del commercio, Diritto civile, Economia, Fisica, Chimica, Banco modello, Tecnologia commerciale, Geografia commerciale, Diritto commerciale, corso pratico sui saggi delle merci, esercitazioni cartografiche. Agli alunni promossi dalla 3 classe veniva rilasciato il certificato di licenza tecnica a tipo commerciale. A quelli promossi dalla 5° classe era, invece, rilasciato uno speciale diploma di licenza. MAIC, Annuario 1905, Roma Tipografia Nazionale Bertero, 1905, op. cit., p. 166. 58 La Camera di Commercio che ne ha la direzione e la mantiene con l’annua somma di lire 7.400. Nei quattro corsi in cui si ripartiscono gli studi s’insegna: Italiano, Francese, Calligrafia, Aritmetica, Geografia, Computisteria ed elementi di discipline commerciali. Le lezioni durano da novembre ad aprile e sono impartite da 6 insegnanti nella sera di ogni giorno non festivo. Gli iscritti sono 194, dei quali 132 frequentanti. 59 La scuola è maschile. Fu istituita, con Deliberazione del 7 aprile 1874, dalla Camera di Commercio, che la mantiene con lire 4.630 all’anno. L’insegnamento viene diviso in due anni e dura dal 1 ottobre al 31 luglio. Vi si impartiscono lezioni di Computisteria e di Aritmetica ed Algebra con applicazioni al commercio. Sono stati inoltre recentemente aggiunti gl’insegnamenti della Calligrafia e della Telegrafia. È frequentata da 78 alunni. 60 La scuola venne istituita presso il locale R. Istituto tecnico nel 1879 dalla Camera di Commercio, sul bilancio della quale grava per l’annua somma di lire 225. Il numero degli iscritti e dei frequentanti è “variabilissimo”. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 357 22/12/22 13:34 358 Tabella n. 51 – Quadro sinottico delle scuole fondate da soggetti locali nel decennio 1890-1899 Città Denominazione Soggetti gestori Firenze n.d. Scuola popolare di commercio Ludmilla Assing Ente morale Ludmilla Assing Insegnamenti: Lingua italiana e corrispondenza commerciale, Aritmetica commerciale e computisteria, Storia moderna, Geografia commerciale, Trasporti e tariffe ferroviarie, Doveri degli uomini, Francese, Tedesco, Calligrafia, Stenografia, Dattilografia. Palermo 1883-84 Scuola municipale di commercio Comune Insegnamenti: Corrispondenza commerciale, Aritmetica commerciale, Geografia, Storia, Nozioni di commercio e di diritto commerciale, Stenografia, Calligrafia, Francese. Pisa 1886 Scuola di computisteria commerciale Camera di Commercio Insegnamenti: Computisteria, Istituzioni commerciali, Lingua francese. Roma 1882 Scuola serale di commercio n.d. Insegnamenti: Economia politica, Francese, Merceologia, Italiano, Geografia commerciale, Calligrafia, Geografia, Aritmetica. Torino 1880 Scuola di stenografia italiana Società stenografica italiana Insegnamenti: Stenografia. Di ciascuna scuola elencata diamo dei rapidi cenni sulla struttura gestionale, organizzativa e didattica. A Torino la Società stenografica italiana fonda, nella sua sede, la Scuola stenografica italiana nel 1880. È per maschi e femmine ed è diurna e serale. Ha lo scopo di diffondere l’uso del sistema di stenografia Gabelsberger-Noè, specialmente nelle sue applicazioni alla corrispondenza, anche telefonica, ed agli usi commerciali. La scuola si mantiene con le tasse pagate dai soci iscritti ai corsi e con sussidi di vari Enti. Nell’a.s. 1904-05 è frequentata da 112 soci.61 A Firenze Scuola popolare di commercio “Ludmilla Assing”. La scuola è serale ed ha per fine di preparare gli alunni ad esercitare la professione di commessi di negozio e di commessi viaggiatori. Sorse per disposizione testamentaria della signora Ludmilla Assing ed è attualmente costituita in ente morale. Si mantiene con le proprie rendite, che ammontano a circa 4.000 lire annue. Comprende due corsi di un anno ciascuno. L’anno scolastico dura dal 1 ottobre al 30 maggio. Vi si insegnano le seguenti materie: lingua italiana e Corrispondenza commerciale; Aritmetica commerciale e computisteria; Storia moderna; Geografia commerciale; Trasporti e tariffe ferroviarie; Doveri degli uomini; Francese; Tedesco; Calligrafia; Stenografia e Dattilografia. Gli insegnanti sono in numero di cinque, retribuiti con uno stipendio, che varia da un minimo di lire 300 ad un massimo di lire 600 annue. Agli alunni viene 61 MAIC, Notizie sull’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni stati esteri, op.cit., pp. 994. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 358 22/12/22 13:34 359 fornito gratuitamente quanto occorre loro per la scuola. La scuola è frequentata da 45 giovanetti dei quali 30 sono iscritti al 1° corso e 15 al secondo.62 A Pisa nel 1886 la Camera di Commercio fonda e mantiene una Scuola di computisteria commerciale. La scuola è maschile e serale. Ha inoltre un cespite di entrata nella tassa di ammissione, che ogni alunno paga nella somma di lire 5. Vi si insegnano Computisteria, Istituzioni commerciali e lingua francese. La scuola comprende due corsi e, nell’a.s. 1904-05, gli iscritti erano una trentina.63 Il Comune di Palermo fonda nell’a.s. 1883-84 una Scuola municipale di commercio, maschile e diurna. Per il suo mantenimento annuo escono dalle casse comunali 10.000 lire. Vi si insegna Corrispondenza commerciale, Aritmetica commerciale, Geografia, Storia, Nozioni di commercio e di diritto commerciale, Stenografia, Calligrafia e Francese. Nell’a.s 1904-05 gli iscritti ammontavano ad un centinaio.64 Scarne le informazioni su una Scuola serale di commercio a Roma, nata nel 1882 e dove vi si insegnava: Economia politica, Francese, Merceologia, Italiano Geografia commerciale, Calligrafia, Geografia, Aritmetica.65 62 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 948. 63 Ibidem, p. 981. 64 Ibidem, p. 986. 65 Ibidem, p. 166. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 359 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 360 22/12/22 13:34 361 6. L’Istruzione Professionale femminile 6.1. Le opportunità formative per le donne Nel quarto volume1 abbiamo visto come, dopo l’unificazione del Paese, alle ragazze che potevano e non volevano fermarsi alle scuole elementari si prospettavano realisticamente tre possibilità formative: le scuole normali, l’istruzione negli educandati e le scuole professionali femminili. Diciamo realisticamente perché gli altri canali (licei e scuole tecniche), anche se non erano loro preclusi dall’ordinamento scolastico del Casati, erano loro vietati dalla cultura dell’epoca che non consentiva “ad una fanciulla di mescolarsi ai giovani sui banchi di scuola”.2 Figura n. 51– Opportunità formative per adolescenti e giovani Nelle scuole normali, quelle, per intenderci che preparavano alla professione di maestra, le giovinette rappresentavano l’utenza maggioritaria. Infatti, la popolazione studentesca di queste scuole, nell’Italia post-unitaria, presenta: “nel 1861-62 947 1 Volume IV, Capitolo 1, Par. 3.6, p. 217 e ss. 2 Bertoni Jovine D., Funzione emancipatrice e contributo delle donne all’attività educativa, in Società Uman itaria (a cura di), L’emancipazione femminile in Italia: un secolo di discussioni (1861- 1961), Firenze, La Nuova Italia, 1964, p. 261. Vedi anche De Fort E., La scuola elementare dall’Unità alla caduta del fascismo, Bologna, il Mulino, 1996, p. 56 e seguenti. “La legge Casati, nell’ordinamento della scuola elementare, riconosceva il principio della parità dei sessi, mentre, al di là dell’istruzione elementare, prefigurava per le donne solo la via della scuola normale, a fini professionali, con un approccio alla questione dell’istruzione femminile di cui sono evidenti al tempo stesso aperture e limiti”. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 361 22/12/22 13:34 362 maschi e 2.795 femmine, nel 1875-76, rispettivamente 1.248 e 5.227, nel 1881-82 1.238 e 7.482, fino all’ultimo anno scolastico del secolo, in cui i maschi erano 1.323 e le femmine 19.864”.3 Due soprattutto i motivi che spiegano il fenomeno: da una parte, la rapida femminilizzazione della figura dell’insegnante verificatasi nel corso dell’800 e che ha rappresentato una tendenza diffusa nei Paesi interessati da una industrializzazione crescente (Stati Uniti e nazioni europee), dall’altra la rispondenza di questo tipo di scuola alla visione della donna da parte della cultura dell’epoca. In altri termini, se si considera la funzione sociale, intenzionalmente dichiarata dal legislatore, ma anche sottintesa nella progettazione didattica, appare subito evidente come la scuola normale nell’Italia post-unitaria e istituzioni analoghe in molti altri Paesi abbiano rappresentato il luogo di accesso privilegiato delle donne a una istruzione che andasse oltre quella elementare. È necessario sottolineare che nella seconda metà del secolo nel nostro Paese avviene una significativa transizione da una prassi educativa, dominante in un lungo arco di secoli, che aveva considerato l’istruzione e gli studi contrari alla natura femminile - sulla base di argomentazioni di carattere morale e fisico - ad una progressiva, seppure lenta, scolarizzazione delle donne. La rivalutazione dell’infanzia come risorsa sociale, il consolidarsi della famiglia borghese e la centralità della funzione materna in alternativa al modello aristocratico ormai in declino, contribuiscono allo sviluppo di una nuova figura di donna, quella appartenente al ceto medio borghese, alla quale non si confà né la tradizionale ignoranza delle masse popolari né una cultura funzionale solo alla vita di salotto. La nuova domanda sociale nei confronti dell’istruzione femminile, connessa anche all’espansione dell’alfabetizzazione popolare, tuttavia, non ha niente a che vedere con i contenuti e le finalità della formazione superiore destinata ai futuri gruppi dirigenti. In modo quasi univoco, sia da parte laica sia da parte cattolica, si tende a ribadire come la formazione culturale delle donne vada finalizzata a un miglioramento della loro capacità di svolgere la missione materna o professioni che rappresentino una estensione sociale della sua naturale oblatività (dalla maestra all’infermiera).4 Anche gli educandati erano molto frequentati.5 Da sempre territorio esclusivo di conventi e monasteri aumentano notevolmente la loro presenza in questo ultimo 3 San toni Rugiu A., Storia della scuola e storta d’Italia: dall’unità ad oggi, De Donato, 1982, p. 15. 4 Covato C., La scuola normale: itinerari storiografici in Covato C. - A.M. Sorge (curatrici), L’istruzione normale dalla legge Casati all’età giolittiana, in Archivio Centrale dello Stato, Fonti per la storia della scuola - Ministero per i Beni Culturali e Ambientali - Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1994, pp. 35-36. 5 Vedi Volume IV, Cap. I, par. 3.6.1. Secondo i dati che emergono dalla statistica presentata nel 1900 al Ministro Nicolò Gallo dal Capo divisione Giuseppe Castelli, gli istituti femminili di educazione e di istruzione censiti assommavano in tutta Italia a un totale di 1.429. Quelli definiti pubblici ed educativi (educandati comunali e provinciali compresi) a fine secolo risultavano 86. Dei 515 istituti di educazione privati, 471 erano religiosi e solo 44 laici. Altri 615 istituti, di cui 445 religiosi e 170 laici, venivano raggruppati tra le Opere pie, mentre su 173 istituti privati di beneficenza, non eretti in ente morale, 159 risultavano sorti ad opera di ecclesiastici o di associazioni religiose. Vedi Castelli CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 362 22/12/22 13:34 363 ventennio dell’800. Infatti, con le leggi che avocavano allo Stato il patrimonio ecclesiastico e prevedevano la chiusura di tutte le istituzioni religiose non impegnate in attività di educazione, istruzione o assistenza, molte di loro si erano convertite o avevano rafforzato la loro vocazione formativa. Cresce quindi il numero degli educandati religiosi dove le ragazze arricchivano la propria formazione a seconda della condizione sociale, con insegnamenti letterari, artistici e musicali (quelle “di civile condizione”) o venivano educate ai soli lavori d’ago, maglia e cucito (le popolane ed orfane). Il progetto formativo degli educandati aveva presente una figura di donna che sapesse stare in società e sapesse governare la casa. Le scuole professionali, che rimarranno un fenomeno culturalmente marginale, anche se consistente da punto di vista quantitativo, rappresentavano una novità, soprattutto culturale, perché, come suggerisce il termine stesso “professionali”, dovevano preparare le donne ad un ipotetico futuro lavorativo. Al giorno d’oggi il significato di “Istruzione Professionale femminile” è abbastanza chiaro. Lo era anche tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo? Sarà incluso tra le scuole professionali femminili nel 1908, l’istituto “Regina Margherita” di Bologna, a cui le ragazze potevano accedere dopo la fine delle scuole elementari. Lo era anche il laboratorio di merletti ad Aquila, che si limitava a chiedere che le future allieve sapessero leggere, scrivere e far di conto. Sospese tra una difficile ricerca della propria identità e la scarsa diffusione dell’istruzione postelementare in un Paese in cui, nel 1881, il 73% delle donne era analfabeta, le scuole professionali femminili volteggiavano in un limbo al confine tra insegnamento professionalizzante ed elementare: una natura ambigua e indecisa. Questa ambivalenza è rinvenibile nei documenti normativi che hanno dato vita a tali scuole quando ne descrivono le finalità. Si legge ad esempio nel regolamento della scuola serale di Palermo (1888), che suo scopo era “impartire l’insegnamento elementare a quelle giovinette operaie che nella fanciullezza non lo ricevettero» L’obiettivo formativo della scuola tecnico-letteraria di Milano era quello di dare alle giovinette uscite dalle classi elementari “un compimento di coltura e la pratica di alcune professioni ed industrie”6. Questa scuola, peraltro, anche nella sua denominazione tradisce la sua natura “bivalente”. Di analogo tenore sono gli obiettivi della scuola di Napoli che “ha per fine d’impartire alle giovanette, che abbiano già compiuto il corso delle scuole elementari, gl’insegnamenti teorici e pratici, che sono indispensabili alla donna, sia pel buon governo della casa, sia per l’esercizio di arti e professioni” e quelli della Scuola Regina Margherita di Roma che “mira ad av- G., Relazione presentata a S.E. il Ministro della Pubblica Istruzione, Prof. Comm. Nicolò Gallo sugli istituti femminili di educazione e di istruzione in Italia dal Direttor Prof. Comm. Giuseppe Castelli, Tipografia Cecchini, Roma, 1900; cit. S. Franchini, Gli educandati nell’Italia postunitaria, in Soldani S. (a cura di), L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento, Franco Angeli, Milano, 1989. 6 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 879. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 363 22/12/22 13:34 364 viare le giovinette nell’acquisto di un’arte e di fornire loro la coltura intellettuale e l’educazione morale necessaria per l’adempi mento dei propri doveri nella famiglia e nella società.” Data questa fluidità ed indeterminatezza della fisionomia di tali scuole, dove la dimensione professionalizzante è più o meno marcata, nella individuazione di tali scuole seguiamo il MAIC. In altri termini consideriamo scuole professionali femminili quelle che il Ministero elencava come tali. In questa maniera identifichiamo come scuole professionali solamente quelle che la cultura istituzionale dell’epoca riteneva tali 6.2. Scuole professionali femminili 6.2.1. Scuole professionali femminili sussidiate dal MAIC a. Scuole professionali femminili nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 Nel 1880 erano operative 10 scuole sussidiate dal MAIC, istituite però nei decenni precedenti. In ordine di fondazione abbiamo: le Scuole Leopoldine per le povere fanciulle di Firenze (1778); la Scuola tecnico-letteraria di Milano (1869);7 a Siena le Scuole professionali femminili Leopoldine (1783); la Scuola professionale femminile nell’Istituto “Suor Orsola Benincasa” a Napoli che può essere considerata una “scuola normale” per le istituzioni professionali femminili (1870);8 la Scuola civica industriale femminile Duchessa di Galliera di Genova (1871);9 la Scuola 7 La Scuola “si propone di dare alle giovanette uscite dalle classi elementari, un compimento di coltura e la pratica di alcune professioni ed industrie”. Si possono seguire i seguenti corsi: 1º Italiano (4 anni); 2º Francese (id.); 3° Inglese (id.); 4º Tedesco (id.); 5° Aritmetica (2 anni); 6° Contabilità (4 anni); Corrispondenza commerciale (id.); 8° Banco modello (1 anno); 9º Elementi di diritto commerciale (id.); 10° Calligrafia (3 anni); 11° Stenografia (1 anno); 12° Dattilografia (2 anni); 13° Geografia commerciale (1 anno); 14º Disegno (4 anni); 15° Plastica (id.); 16º Decorazione ceramica (id.); 17° Ginnastica; 18° Scienze naturali; 19° Orticoltura o giardinaggio; 20° Taglio e fattura d’abiti; 21° Mode; 22° Fiori artificiali; 23° Taglio e fattura di camicie, cucito, ricamo in bianco; 24° Ricamo in seta e oro; 25º Cucitura a macchina; 26° Stiratura; 27° Cucitura. Le alunne possono frequentare uno o più corsi, purché l’orario delle lezioni lo permetta. Nella Scuola viene tenuto inoltre un corso speciale di Pedagogia per le maestre. Alla Scuola sono annessi speciali laboratori per gli insegnamenti tecnici e pratici. Per essere ammessi alla Scuola occorre aver superato il dodicesimo anno di età ed aver conseguito la licenza elementare. L’a.s. inizia in ottobre e termina al principio di luglio. Le varie lezioni vengono impartite nei giovedì e nelle domeniche dalle ore 9 alle 16. Per ogni corso regolarmente frequentato dall’alunna, vien rilasciato uno speciale certificato di licenza. Le alunne pagano una tassa di lire 6; le uditrici 15 lire. Per i corsi speciali la tassa d’iscrizione è di 1 lira per ognuno. Le tasse scolastiche rappresentano la voce più importante delle entrate. Concorrono, inoltre, al suo mantenimento il MAIC, il Comune, la Provincia, la Camera di Commercio, alcune banche. MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 879 e ss. 8 Vedi Volume IV, Cap. II, par. 3.2.6, p. 418. 9 Nata con Deliberazioni della Giunta municipale del 4 aprile, 11 agosto e 2 settembre 1871. “La Scuola ha per iscopo di avviare le fanciulle a quelle industrie, alle quali possono con profitto darsi le CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 364 22/12/22 13:34 365 professionale femminile a Roma, che successivamente verrà intitolata a “Margherita di Savoia” (1876);10 la Scuola professionale femminile “Emanuela Celesia” di donne che debbono provvedere a loro stesse ed essere utili alle loro famiglie, e di fornire loro una sana educazione morale ed una sufficiente coltura per attendere alle aziende domestiche o commerciali.” Gli insegnamenti che vengono impartiti nella Scuola riguardano materie industriali e materie di studio. Le materie industriali sono: Disegno industriale; Pittura su pergamena, seta; Calligrafia artistica; Ricamo in bianco ricamo in seta, oro, ciniglia, pizzi all’uso di Santa Margherita; Sartoria da donna; Modisteria; Cucito in bianco; Stiratura; Fiori artificiali; Lavori in filigrana. Le materie di studio sono: Italiano, Storia, Geografia commerciale, Scienze fisiche, chimiche e naturali, Matematica, Computisteria, Francese, Inglese, Tedesco, Calligrafia, Stenografia, Dattilografia. L’insegnamento del disegno è obbligatorio per tutte le allieve. Quello delle materie di studio è obbligatorio per ciò che riguarda Italiano e Storia. Gli altri studi sono facoltativi. Tra le industrie si può sceglierne due a piacimento. Il corso degli studi si compie in tre anni. Non è invece determinata la durata dei corsi per le materie industriali. Alla Scuola è annessa una sezione tecnica, con programmi corrispondenti a quelli delle Scuole tecniche governative Ogni insegnamento industriale ha un proprio laboratorio. Per l’ammissione alla Scuola è sufficiente il certificato di compimento del corso elementare o quello di maturità. L’anno scolastico incomincia il 1 ottobre e termina in luglio. Le lezioni vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle ore 9 alle 15. Le alunne, che abbiano regolarmente frequentato i corsi di una sezione ed abbiano superato l’esame finale, ricevono un diploma di licenza artistico-industriale relativo alle arti e industrie alle quali si sono dedicate. Le alunne dei corsi diurni sono tenute al pagamento di una tassa annuale unica di lire 40. Dalla Giunta Municipale può essere concessa l’esenzione della tassa alle alunne che presentino un attestato di povertà ed abbiano ottenuto non meno di 8 decimi nel profitto e i pieni voti in condotta e diligenza. La Scuola è amministrata direttamente dal Municipio di Genova, dal quale dipende anche finanziariamente, tanto che il bilancio della Scuola non è distinto da quello del Comune (modesto il contributo del MAIC). Le alunne licenziate o si collocano nelle manifatture della città, o proseguono gli studi per darsi all’insegnamento. Il Municipio dà la preferenza alle alunne di questa Scuola quando si tratta di nominare le insegnanti e le assistenti nelle sue Scuole professionali serali. MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 861 e ss. 10 Nasce con Deliberazione del Consiglio comunale, in data 23 giugno 1876: “La Scuola mira ad avviare le giovinette nell’acquisto di un’arte e di fornire loro la coltura intellettuale e l’educazione morale necessaria per l’adempimento dei propri doveri nella famiglia e nella società”. Essa impartisce insegnamenti di: a) Lingua italiana e doveri di morale e di civiltà (4 anni di corso); b) Lingua francese (4 anni); c) Computisteria domestica e commerciale (4 anni); d) Calligrafia (4 anni); e) Igiene (2 anni); f) Disegno geometrico (1 anno) propedeutico al corso di Disegno ornamentale applicato ai lavori (questo insegnamento dura 3 anni per il Disegno applicato al cucito ed al taglio della biancheria, alla sartoria, al ricamo in bianco, al ricamo a macchina ed ai merletti ad ago ed a fuselli, dura 4 anni per il disegno applicato ai fiori artificiali e 5 anni per le applicazioni al ricamo in oro e seta); h) Cucito a mano ed a macchina, taglio e cucito di camicie da uomo e di ogni specie di biancheria (4 anni); i) Lavori da sarta (4 anni); 1) Ricamo in bianco (4 anni); m) Merletti ad ago ed a fuselli e rammendo di merletti (4 anni); n) Rammendo in ogni specie di stoffa (4 anni); o) Maglieria in lana e seta (3 anni); p ) Ricamo in oro e seta (5 anni); q) Ricamo a macchina (3 anni); r) Fiori artificiali (4 anni); 8) Stiratura (2 anni); t) Calze a macchina (2 anni); u) Cucina (2 anni); v) Tintoria (2 anni); z) Buon governo della casa (2 anni). Il corso degli studi non è obbligatorio; le alunne possono inscriversi a due sole materie di studi e a due corsi professionali ed al disegno applicato, purché provviste della licenza elementare. Chi frequenta il corso di Computisteria deve frequentare anche i corsi d’Italiano, di Francese e di Calligrafia. Non si possono iscrivere alunne per frequentare i soli corsi d’istruzione commerciale o del disegno. È obbligatorio il corso di Disegno applicato all’arte cui l’alunna si è dedicata. Le alunne non possono frequentare più di due corsi professionali. Le alunne che abbiano terminato il corso professionale possono frequentare la Scuola per un altro anno. Alla Scuola è poi annessa una speciale Scuola festiva di commercio. Per CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 365 22/12/22 13:34 366 Genova, (1871);11 la Scuola professionale femminile di Milano (1873);12 la Scuola femminile professionale di arti di Napoli, che verrà intitolata alla “Regina Margheessere ammesse alla Scuola occorre aver non meno di 12 e non più di 16 anni di età ed aver superato l’esame sul programma della 5a classe elementare. Per l’ammissione al laboratorio di sartoria, a quello di stiratura ed all’insegnamento della cucina occorre aver compiuto il 14° anno di età. L’a.s. incomincia il 16 settembre e termina il 15 luglio. Le lezioni vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle ore 10 alle 16 in inverno e dalle 9 alle 15,30 in estate. Alle alunne che abbiano compiuto regolarmente tutti gli anni di corso, viene rilasciato il certificato di licenza della sezione cui hanno appartenuto. Le alunne pagano una tassa mensile di 3 lire. Sono esenti dal pagamento della tassa le figlie degli operai. La Scuola appartiene e dipende dal Comune. MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 879. 11 Nasce con Deliberazione dell’assemblea dei soci del Comitato Ligure per l’educazione del popolo in data 12 gennaio 1870. “La Scuola ha per iscopo l’educazione delle giovinette: a) mettendole in grado di attendere con la voluta preparazione alle faccende domestiche; b) facilitando loro il conseguimento d’impieghi in aziende commerciali e industriali; c) rendendole esperte nei principali lavori donneschi”. La Scuola comprende due sezioni denominate: Corso di studi e Corso di lavori. Il Corso di studi che dura due anni è suddiviso in una Scuola di complemento (corso elementare superiore) e in un corso di lingua francese e di dattilografia. Il Corso professionale o di lavori si compie in tre anni. Gli insegnamenti della Scuola sono divisi in generali e speciali. Sono generali gli insegnamenti: Scrittura a macchina, Cucito di biancheria e di vestiario (a mano e a macchina), Pettinatura. Sono speciali: Francese, Disegno industriale, Ricamo in bianco, in lana, oro, ecc. (a mano e a macchina), Fiori artificiali, Lavori da crestaia, Taglio di biancheria, Taglio d’abiti, Stiratura. La Scuola ha laboratori ove le alunne fanno le esercitazioni pratiche per tutte le industrie e professioni che vi s’insegnano. Per essere ammesse alla Scuola le giovinette devono aver compiuto il tredicesimo anno di età. Quelle di età inferiore a quindici anni possono essere ammesse soltanto al Corso elementare superiore, al Cucito a mano e ai corsi speciali di Francese, Scrittura a macchina, Disegno, Ricamo, Fiori, Lavori da crestaia. L’anno scolastico inizia il 19 febbraio e termina il 15 luglio. Le lezioni s’impartiscono tutti i giorni feriali dalle 16 alle 19. Al termine dei percorsi si consegue un certificato di licenza. Le alunne sono tenute al pagamento di una tassa annuale di lire 1. Quelle che frequentano i cosiddetti corsi speciali debbono inoltre pagare una tassa annuale di lire 5. L’amministrazione della Scuola è affidata al Consiglio direttivo del Comitato ligure per l’educazione del popolo, coadiuvato da un Patronato di benemerite signore. Il numero delle iscritte si aggira sule 400 allieve. La scuola è sostenuta economicamente dal Comitato, dal Comune, dalla Provincia e dal MAIC. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 869 e ss. 12 La Scuola “ha per scopo di fornire alle giovani le cognizioni necessarie per provvedere decorosamente a loro stesse rendendole abili nell’esercizio di qualche utile arte, industria o professione”. Essa comprende le seguenti sezioni: a) Cultura generale (3 anni); b) Commercio (2 anni); c) Taglio e di confezione della biancheria (3 anni); d) Ricamo in bianco e di rammendo (3 anni); e) Ricamo a colori ed in oro (3 anni); f) Taglio e confezioni di abiti femminili (3 anni); g) Fiori artificiali (3 anni); h) Stiratura (2 anni); i) Sezione artistica (suddivisa nelle seguenti sotto-sezioni alcune delle quali durano 3 ed altre 4 anni: Disegno, Pittura, Decorazione di ceramiche, Miniatura, ecc.). Vi è poi un corso preparatorio di cultura generale per quelle alunne che non abbiano conseguito il diploma di licenza dalle Scuole elementari. Alla Scuola sono annessi tanti laboratori quanti sono gl’insegnamenti professionali che vengono impartiti. Per l’ammissione alla Scuola è necessario che le giovanette abbiano superata l’età di 10 anni ed abbiano soddisfatto l’obbligo dell’istruzione elementare. L’a.s. incomincia il 16 ottobre e termina verso la metà di luglio. Le lezioni vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle ore 9,30 alle 16. Alle alunne viene rilasciato un Certificato di licenza. Le alunne debbono pagare una tassa d’ammissione di 3 lire ed una mensile di 3 o 5 lire a seconda delle sezioni da esse frequentate. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo composto di 7 membri, dei quali 1 è nominato dalla Provincia, 1 dal Comune, 1 dalla Camera di Commercio e 4 dall’assemblea dei CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 366 22/12/22 13:34 367 rita” (1879);13 la Scuola di lavori femminili annessa alle RR, Scuole normali di S. Ranieri a Pisa (1879).14 Una particolare menzione meritano le Scuole Leopoldine di Firenze, per essere state non tanto le antesignane delle scuole professionali femminili, quanto un unicum per molto tempo nel panorama formativo-professionale femminile. Come in tante città, anche a Firenze,15 i conventi di monache, con più lunga tradizione, svolgevano un’azione educativa per le ragazze, soprattutto nobili e ricche. Pertanto, le prime cure di Pietro Leopoldo, il Granduca “illuminato”16, furono dirette all’educazione delle donne soprattutto di modesta condizione.17 Il Decreto che le istituiva risale al 9 aprile 1778. Prendevano il nome di Scuole normali delle Zittelle e solo nella metà del secolo successivo prenderanno il nome di Scuole leopoldine. La prima di queste fu realizzata nel soppresso Conservatorio di soci. Le alunne iscritte sono circa 170. MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 863 e ss. 13 La Scuola “ha per fine d’impartire alle giovanette, che abbiano già compiuto il corso delle scuole elementari, gl’insegnamenti teorici e pratici, che sono indispensabili alla donna, sia pel buon governo della casa, sia per l’esercizio di arti e professioni, che meglio le si addicono”. Essa è divisa in tre sezioni: una commerciale, una di impieghi domestici ed un’altra d’arti ed industrie femminili. Quest’ultima sezione comprende insegnamenti comuni a tutte le alunne, che vi sono iscritte, e insegnamenti speciali, secondo le arti e le industrie prescelte da ciascuna. Gl’insegnamenti e le esercitazioni pratiche di ogni sezione hanno la durata di 4 anni. L’a.s. inizia il 1 ottobre e termina il 31 luglio e le lezioni vengono impartite tutti i giorni feriali dalle ore 9 alle 16. La Scuola dipende dal MAIC. L’amministrazione della Scuola è affidata ad una Giunta di vigilanza composta di 4 membri, rispettivamente nominati dal MAIC, dalla Provincia, dal Comune e dalla Camera di Commercio. Oltre 500 le alunne iscritte. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 886 e ss. 14 Nasce con Deliberazione del Consiglio comunale di Pisa in data 23 ottobre 1879. Si divide in quattro sezioni: Cucito in bianco a mano e a macchina; Ricamo in bianco ed a colori, in lana e in seta; trine a fuselli e ad ago; Fiori artificiali in carta e in tela; Disegno geometrico ed ornamentale. Nella Scuola non vi sono veri e propri laboratori. Per l’ammissione alla Scuola è necessario esibire il certificato di maturità o di licenza elementare. L’anno scolastico incomincia il 1 novembre e termina il 30 giugno e le lezioni vengono impartite tutti i giorni dalle ore 9 alle 16. Soltanto le alunne provenienti da Scuola privata sono tenute al pagamento di una tassa mensile di lire 5. Le altre sono esentate dal pagamento di qualunque tassa. La Scuola è governata dal Sopraintendente delle R.R. Scuole normali di San Ranieri. Nel 1904-05 le alunne iscritte saranno 120. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 900 e ss. 15 Passerini L., Storia degli stabilimenti di beneficienza e d’istruzione elementare gratuita della città di Firenze, Tipografia Le Monnier, 1853, p. 775. 16 Leopoldo II d’Asburgo-Lorena (1747-1792) è stato Granduca di Toscana con il nome di Pietro Leopoldo (I) dal 1765 al 1790 e Imperatore del Sacro Romano Impero e Re d’Ungheria e Boemia dal 1790 al 1792. Nono dei 16 figli dell’Imperatore Francesco I e di sua moglie Maria Teresa d’Austria, fu fratello della celebre Maria Antonietta, Regina di Francia (ghigliottinata nel 1793) e di Maria Carolina, Regina di Napoli. Leopoldo, succeduto al fratello Giuseppe II, fu un moderato proponente dell’assolutismo illuminato e propugnatore del Codice leopoldino, legge che portò il Granducato di Toscana ad essere il primo Stato nella storia ad abolire formalmente la pena di morte. 17 Sull’argomento vedi Vasquez Astorga M., Le scuole Leopoldine di Firenze e la loro storia (1778-1976), Archivio Storico Comunale Firenze, I Quaderni dell’Archivio della Città, n. 18, maggio 2019. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 367 22/12/22 13:34 368 Santa Caterina degli Abbandonati, nel quartiere di S. Giovanni (1 giugno 1778); la seconda, quella di S. Salvatore fu istituita a vantaggio delle fanciulle dei quartieri di Santo Spirito e di Santa Croce (1780), dove operava il soppresso Conservatorio dei mendicanti. Sempre nel 1880 veniva aperta la scuola di S. Giorgio, dove esisteva un antico ospedale militare nel quartiere di Santa Croce; e l’anno successivo veniva istituita la quarta scuola, detta di San Paolo (nella foto), nel quartiere di Santa Maria Novella, nel soppresso Ospedale dei convalescenti. Le quattro scuole potevano ospitare in tutto 1.500 alunne. Come si può notare le quattro scuole nacquero in ex conventi18 e nosocomi che furono trasformati e adibiti a tale uso. Lo scopo delle Scuole, secondo il Regolamento del 1883 era di “procurare alle figlie del popolo l’istruzione religiosa ed il catechismo nonché l’istruzione intellettuale, il leggere, lo scrivere, l’aritmetica le nozioni generali di storia e geografia e principalmente l’insegnamento dei lavori femminili (il cucito, la maglia, il tessere il lino e la lana e le manifatture dei nastri e dei veli) atti a fare di dette alunne industriose operaie e buone madri di famiglia”.19 L’ammissione (prioritaria per le ragazze povere abitanti nei quartieri dove risiedeva la scuola) era stata stabilita in 7 anni compiuti e le ragazze potevano frequentare la scuola e i laboratori fino al matrimonio. Al compimento del diciottesimo anno di età, alle più meritevoli nel lavoro assegnato e nel comportamento, vale a dire con “buoni costumi e buona condotta in fatto di moralità e frequentissime alla dottrina”, valutate dalla curia arcivescovile o dal curato della parrocchia, venivano assegnate alcune doti, provenienti da alcune eredità. La direzione generale delle Scuole leopoldine fu affidata a un Soprintendente nominato dal Granduca. Ciascuna delle quattro scuole era diretta da cinque maestre secolari, stipendiate ed alloggiate in appartamenti all’interno della Scuola; laiche, ma con uno stile di vita da regime conventuale.20 18 Occorre ricordare che Leopoldo aveva iniziato nel 1781 la politica di soppressione dei conventi maschili. Nel 1785 ordinò che fossero mantenuti solo quei monasteri femminili destinati alla vita comune in povertà; tutti gli altri dovevano essere convertiti in conservatorii. 19 Archivio Storico Comunale Firenze, Scuole Leopoldine, Regolamento delle scuole a benefizio delle povere zittelle di Firenze e istruzioni relative, 1874, SI. 2 cit. in Vasquez Astorga M., Le scuole Leopoldine di Firenze e la loro storia (1778-1976), op. cit., p. 19. 20 “Ciascuna delle maestre in tutte le mattine feriali si doveva alzare due ore prima dell’incominciare della rispettiva scuola. Appena vestite colla debita decenza, e fatte le faccende riguardanti la puntualità della camera rispettiva, dovranno fare un’orazione anche prima applicare le ragazze al lavoro un atto di preghiera. Terminata la scuola le maestre potranno profittare del passeggio nell’orto, o altrove, nei loro terrazzi o quartieri. Alle ore otto e mezzo, in tutti i tempi, si uniranno nel loro coro, ovvero oratorio, per fare l’esame della coscienza. Alle ore nove andranno a cena colla solita regola, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 368 22/12/22 13:34 369 Le alunne frequentavano lezioni e laboratori dalle 7 (da aprile a settembre) o le 8 (da ottobre a marzo) alle 12. Si faceva poi una pausa per il pranzo (interno per chi abitava lontano) fino alle 14 (inverno) o 15 (estate). Poi si riprendevano le lezioni e le esercitazioni fino a mezz’ora prima dell’Angelus. Per tutta la permanenza a scuola le alunne rimanevano in silenzio. La vita quotidiana all’interno della scuola era basata sulla centralità del lavoro e della preghiera … e del silenzio. Sembra di stare in un monastero benedettino! Tanti secoli nei quali la formazione era passata attraverso l’attività di monaci e monache avevano lasciato un segno indelebile sullo stile delle istituzioni formative che sarebbero venute dopo. Quello stile diventerà il paradigma anche per le scuole leopoldine. I prodotti realizzati dalle ragazze venivano poi venduti ai commercianti della città; inoltre, molte famiglie abbienti commissionavano alla scuola capi per uso quotidiano e per il corredo. Parte delle entrate di queste vendite venivano utilizzate per remunerare le ragazze che avevano realizzato i manufatti. L’iniziativa granducale e il sistema adottato a Firenze furono replicati in seguito a Pistoia (1782), Pisa (1783), Siena (1783) e Livorno (1785). Tabella n. 52 – Movimento decennale delle alunne delle R.R. Scuole Leopoldine Anno Restanti al principio dell’anno scolastico Ammesse nell’anno Partite nell’anno Restanti alla fine dell’anno scolastico 1888 774 228 241 761 1889 761 188 175 774 1890 774 193 200 767 1891 767 205 237 735 1892 735 165 160 740 1893 740 136 244 632 1894 632 226 152 706 1895 706 190 168 728 1896 728 195 171 752 1897 752 198 158 792 Totale 7.369 1.924 1.906 7.387 Media 737 192 191 738 Fonte: Archivio Storico del Comune di Firenze21 dopo la quale torneranno in coro, o nell’oratorio a fare una breve visita di ringraziamento (…) Nel giorno festivo ad un’ora conveniente potranno alla mattina portarsi alla chiesa, a fare il loro bene, a condizione che a mezzogiorno, o poco dopo si riuniranno per il pranzo comune. Dopo il sacramento faranno una visita in coro. Successivamente potranno tornare fuori sempre vestite colla solita gravità e decenza e con cuffia nera procurando, però, almeno, al più possibile d’accompagnarsi, più d’una, per il rispettivo maggiore decoro”, cit. in Vasquez Astorga M., Le scuole Leopoldine di Firenze e la loro storia (1778-1976). 21 Vasquez Astorga M., Le scuole Leopoldine di Firenze e la loro storia (1778-1976), p. 195. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 369 22/12/22 13:34 370 Le scuole ebbero in città un buon successo di frequenza: già nel dicembre del 1786 il numero totale delle alunne era di 656. Nei decenni successivi si registrò un incremento crescente: nel 1816 le alunne erano 792 e nel 1836 1.138. Nel decennio 1880 il numero si mantenne sulla media di 730 allieve, con un ricambio annuo medio di circa 190 ragazze. Dopo la costituzione del Regno d’Italia le Scuole Leopoldine furono subordinate alla Legge sulle Opere Pie del 3 agosto 1862, per quanto riguardava gli aspetti amministrativi. Lo statuto vigente viene riformato con R.D. del 6 settembre 1874: conteneva tutte le disposizioni sostanziali che attenevano all’organismo e alla sua amministrazione (a carico del Sopraintendente, il quale era assistito da un Consiglio di Amministrazione integrato da quattro membri eletti del Consiglio Comunale). Tre anni dopo fu emanato il Regolamento Disciplinare. L’organizzazione didattica, nel decennio considerato in questo capitolo, prevedeva questi percorsi: a) sezione di maglieria (3 anni); b) sezione inferiore di cucito, detto anche “cucitino” (3 anni); c) sezione superiore di cucito, compreso l’insegnamento del ricamo, delle trine e del rammendo (5 anni). Le Scuole comprendono pure una Scuola intellettuale (classi elementari dalla 1a alla 5a ed una Scuola di disegno, le quali debbono essere frequentate dalle alunne iscritte ai corsi professionali. Figura n. 52 - Percorsi formativi nelle scuole leopoldine La distribuzione delle alunne nei diversi percorsi, relativamente all’anno 1896- 97 è quella riportata nella Tabella 53. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 370 22/12/22 13:34 371 Tabella n. 53 - Ripartizione per scuole delle alunne iscritte alle R.R. Scuole Leopoldine alla fine dell’a.s. 1896-97 STABILIMENTI MAGLIA CUCITINO CUCITO INTELLETTUALE DISEGNO S. PAOLO 80 68 69 199 113 S. CATERINA 84 63 61 197 38 S. GIORGIO 73 55 62 193 47 S. SALVATORE 75 49 54 190 40 TOTALE N. 312 235 246 779 238 Fonte: Archivio Storico del Comune di Firenze22 b. Scuole professionali femminili nate o riordinate nel decennio 1880-1889 Sono quattro le scuole femminili sussidiate dal MAIC che nascono nel decennio mentre una (quella di Napoli) viene riordinata (Tabella 53). Cinque (Chieti, Firenze, Siracusa, Roma e Napoli) sono le scuole che hanno le caratteristiche strutturali per essere dichiarate, secondo la nostra classificazione, governative. Queste sono amministrate e vigilate da un Consorzio, che vede la partecipazione di Comune, Provincia e Camera di Commercio. Nella scuola di Firenze intervengono anche il MPI, come partner finanziario e con un proprio delegato nel Consiglio Direttivo e una Società privata. Da un punto di vista di distribuzione territoriale si può notare come le scuole nate o riordinate in questo periodo appartengano a circoscrizioni del Centro e del Meridione. Dall’analisi degli insegnamenti impartiti si può confermare che la maggior parte delle scuole presentino la duplice natura di cui abbiamo parlato in precedenza: proponendo percorsi professionalizzanti, da una parte, e percorsi di consolidamento culturale dall’altra. I percorsi professionalizzanti riguardano compiti prevalentemente tradizionali, ascrivibili, cioè a quell’universo di competenze che venivano ritenute specifiche ed esclusive delle donne e che anche nella letteratura dell’epoca venivano definiti “lavori donneschi” Di ciascuna di loro ed elencate nella Tabella 54 forniremo delle sommarie notizie sulla loro genesi e primi sviluppi. 22 Vasquez Astorga M., Le scuole Leopoldine di Firenze e la loro storia (1778-1976), op.cit., p. 196. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 371 22/12/22 13:34 372 Tabella n. 54 - Scuole professionali femminili nate o riordinate nel decennio 1890-99 Città Denominazione Soggetti gestori Chieti 1881 Scuola professionale femminile MAIC, Comune, Provincia, Camera di Commercio Insegnamenti: Disegno, Ricamo, Cucito a mano e a macchina, Merletti al tombolo, Maglieria, Sartoria. Firenze 1880 Scuola tecnica e commerciale femminile MAIC, MPI, Comune, Camera di Commercio, Società della scuola tecnica e commerciale femminile Insegnamenti: Contabilità, Computisteria, Merceologia e Scienze naturali, Storia e Geografia, Matematica e Fisica, Calligrafia, Diritti e doveri, Diritto commerciale ed economia politica, Disegno, Francese, Inglese, Italiano, Lavori femminili. Roma 1888 Scuola commerciale femminile Comune Insegnamenti: Italiano, Aritmetica, Computisteria, Geografia, Storia, Calligrafia, Dattilografia, Francese, Inglese, Tedesco, Lavori femminili. Napoli 1879 Scuola femminile professionale di arti Regina Margherita MAIC, Comune, Provincia, Camera di Commercio Insegnamenti: Italiano, Francese, Aritmetica, Computisteria, Calligrafia, Storia, Geografia, Fisica, Chimica, Merceologia, Diritto, Economia commerciale, Telegrafia, Disegno geometrico, Disegno ornamentale ed applicato alle arti, Figura, Pittura sulla stoffa, taglio e cucito in bianco, Sartoria, Rammendo, Ricamo in bianco, in seta ed in oro, Merletti, Fiori artificiali, Stiro. Siracusa 1888 Scuola professionale femminile MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Italiano, Storia, Geografia, Storia naturale, Calligrafia, Maglieria, Disegno, Sartoria da donna, Cucito in bianco, Ricamo, Fiori artificiali, Merletti. A Firenze, dove già da decenni erano operative le quattro Scuole Leopoldine in altrettanti quartieri della città, nel 1880, nasce una Scuola Tecnica e Commerciale Femminile. Diverso il target alle quali si rivolgeva rispetto alle scuole professionali femminile che avevano visto i natali un secolo prima. Per entrare alle Leopoldine occorreva esibire il certificato di povertà: quindi il reclutamento delle allieve avveniva tra le figlie delle aree economicamente più disagiate. I “lavori” a cui si preparavano erano quelli tradizionalmente ritenuti di competenza delle donne: maglia e cucito. La nuova istituzione, invece, si rivolgeva, prevalentemente, alla piccola borghesia e per preparare le ragazze a compiti, nel settore del commercio, fino ad allora riservati ai maschi. Il suo scopo dichiarato, infatti era “impartire gli insegnamenti necessari per avviare le giovinette alla carriera commerciale”.23 A Chieti nel 1881 era stata aperta una Scuola di arti e mestieri applicata all’industria con due sezioni: una maschile (articolata in 7 specializzazioni) ed una femminile, dedita al disegno d’ornato, cucito a mano e a macchina, merletti al tombolo, 23 MAIC, Annuario 1905, op.cit. p. 230. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 372 22/12/22 13:34 373 maglieria e sartoria. Le alunne che la frequentavano, gratuitamente, da ottobre a giugno (tre ore pomeridiane e due, di disegno, domenicali) erano una trentina. L’ammissione era possibile solo a chi avesse compiuto 12 anni e fosse stata promossa alla terza elementare. Le alunne che durante l’anno scolastico hanno riportato una media non inferiore a 7 decimi sono promosse automaticamente; le altre debbono, invece, dare gli esami. La sorveglianza dell’andamento amministrativo spetta allo stesso Consiglio direttivo della Scuola professionale maschile.24 Nel 1888 a Roma, in via dell’Olmata, vicino la basilica di S. Maria Maggiore il Comune apre una Scuola commerciale femminile che “ha per iscopo di fornire alle giovanette le cognizioni necessarie per tenere la contabilità e la corrispondenza in case commerciali”. Il corso dura 4 anni con la possibilità di ulteriori periodi formativi di perfezionamento nelle lingue (Francese, Inglese, Tedesco). Le lezioni sono feriali; dalle 8,30 alle 15, da ottobre a giugno. Per esservi ammesse le ragazze dovevano avere un’età inferiore ai sedici anni ed aver conseguito la licenza elementare. Le alunne debbono pagare una tassa annuale di 64 lire. Per ogni 100 alunne inscritte il Comune concede 5 esenzioni totali e 10 riduzioni alla metà. La preferenza viene data alle alunne che hanno riportato maggiori punti. La sorveglianza della scuola è affidata a due ispettori nominati dal Comune; l’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo spetta al Consiglio comunale. Le entrate sono assicurate dal Comune (tra contributo effettivo e figurativo, circa 3.000 lire) alle quali andavano aggiunte le cospicue somme per tasse scolastiche. Interveniva anche il MAIC con 2.500 lire.25 Quella di via dell’Olmata non era l’unica scuola femminile operante a Roma. Come abbiamo accennato, nel paragrafo precedente, in via della Missione, vicino a Montecitorio, sede della Camera dei Deputati era stata fondata, nel dicembre 1876, una Scuola professionale femminile, frequentata da circa 500 alunne con orario diurno. Era anch’essa sovvenzionata dal Comune e dal MAIC, ma anche dalle entrate per i lavori eseguiti per committenti esterni. La scuola di indubbio vantaggio all’industria locale per il fatto che tanti lavori, prima effettuati fuori Roma, 24 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 1066-1068. Vedi anche Il passato… in www.itisavoia.ch--it. 25 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p.903 e ss. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 373 22/12/22 13:34 374 ora potevano essere fatti in città e con la sola “merce nazionale”.26 Si insegnava tra l’altro Lingua italiana, Francese, Contabilità, Chimica, Botanica, Calligrafia, Disegno geometrico e ornamentale e, nei laboratori, Cucito a mani e a macchina, Sartoria, Ricamo in oro e seta, Fiori artificiali, Merletti, Maglieria in lana e seta, Cucitura di guanti, Stiratura; era stata impiantita anche una sezione di Telegrafia. Per estendere in qualche modo il beneficio dell’insegnamento professionale alle ragazze, furono aperte negli anni 1879-83 tre “classi professionali” nelle scuole elementari del Rione Trastevere, Borgo e Monti, dove veniva impartito l’insegnamento soprattutto di cucito e di taglio di abiti. La differenza più importante tra la scuola professionale femminile sorta a via dell’Olmata nell’88 e quella di via della Missione (e le sue succursali) è l’area professionale di riferimento: questa propone percorsi professionali femminili “tradizionali”, quella, invece, apre alle ragazze opportunità lavorative in ruoli impiegatizi che, nel tempo, diventeranno ad alta densità femminile. Da sottolineare che nella Scuola commerciale femminile si insegnava Dattilografia. Pochi anni prima, negli USA, era stata prodotta la prima macchina da scrivere.27 Con un D.M. del 1879 viene istituita a Siracusa una Scuola di Commercio. Con successivo Decreto del 24 giugno 1881 la scuola viene trasformata in Scuola professionale femminile, con l’obiettivo formativo di “impartire insegnamenti di cultura generale (…) e relativi alle principali industrie femminili”. Tre le sezioni proposte: Sartoria, Cucito e Ricamo; ciascuna della durata di tre mesi. Tutte le alunne poi debbono, salvo dispensa del Consiglio direttivo, frequentare la sezione letteraria di 4 anni. Possono inoltre frequentare uno o più insegnamenti speciali: Disegno, Calligrafia, Merletti, Fiori artificiali (3 anni) e Maglieria (2 anni). Al termine dei percorsi formativi si consegue un certificato di licenza. Le lezioni durano 6 ore (dalle 9 alle 15) per 9 mesi (ottobre-luglio) e sono ammessi solo le giovani che abbiano almeno 11 anni e siano prosciolte dall’obbligo dell’istruzione elementare. Le circa 26 ACS fondo MAIC, Divisione industria e commercio, b. 407 A, Scuola professionale femminile cit. in Rossi G., L’istruzione professionale in Roma capitale-Le scuole professionali salesiani al Castro Pretorio (1884-1930), LAS, Roma, 1996, pp. 20-21. 27 Il giornalista e poi senatore degli USA, Christopher Lathan Sholes, con alle spalle una lunga esperienza lavorativa, prima come aiuto tipografo e poi alla direzione di giornali nello Stato del Wisconsin. Senatore a circa quarant’anni, volle dedicare gli ulteriori anni della sua vita alla fabbricazione di una macchina che scrivesse con i caratteri mobili inventati di Johann Gutenberg nel 1450, senza usare la penna e il calamaio e senza una tipografia alle spalle, ma in maniera diretta ed immediata. Contrariamente alle sue aspettative l’operazione fu molto laboriosa e richiese la produzione e la registrazione di oltre trenta modelli, prima di ottenere intorno al 1880 un buon risultato con la sperimentazione di una macchina a battuta non visibile da parte dell’operatore, chiamata The Calligraph e prodotta a New York. Il signor Sholes aveva una giovane figlia di circa diciotto anni, di nome Lilly, che chiamata a usare i prototipi ideati dal papà, dimostrò subito una spiccata manualità e grande capacità di attenzione. Nasce così negli Stati Uniti il nuovo mestiere di “dattilografa” e si diffonde rapidamente con la stessa rapidità dell’affermazione della macchina da scrivere, divenuta attrezzo indispensabile nella comunicazione scritta e nella contrattualistica. Vedi La donna e la macchina da scrivere, in www.museodellamacchinadascrivere. org CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 374 22/12/22 13:34 375 100 iscritte non pagano tasse; solo le famiglie delle alunne più abbiente sono tenute al versamento di 2 lire all’anno, a titolo di concorso alla biblioteca circolante della scuola. La sorveglianza sull’andamento amministrativo ed organizzativo spetta ad un Consiglio direttivo, composto da rappresentanti del MAIC, Provincia, Comune e Camera di Commercio; rappresentanti dei soggetti che tengono in vita la scuola con i loro contributi finanziari annui, rispettivamente di 3.000, 1.200, 1.200 e 2.100.28 Oggi quella Scuola è diventata Istituto Tecnico per Attività Sociali Principessa Giovanna di Savoia. Tra la Scuola professionale femminili degli inizi e l’attuale ITAS si sono succedute tante vicende istituzionali. Più recentemente nell’anno scolastico 1952-53, annessa alla Scuola inizia l’attività della Scuola di Magistero Professionale per la Donna, gestita dal Consorzio Provinciale per l’Istruzione Tecnica e nel 1956 una legge29 ne decreta la trasformazione in Istituto Tecnico. Nel 2012/2013 viene associata all’IISS Antonello Gagini.30 A Napoli, nel 1879 era stata fondata la Scuola Commerciale Femminile “Regina Margherita”, per iniziativa del professor Alessandro Betocchi che, “dando prova di modernità di pensiero e di grande apertura mentale, riuscì a far comprendere i vantaggi dell’istruire le figlie delle famiglie agiate nel maneggio degli affari di commercio ed innanzitutto nella contabilità».31 Figura n. 53 - Sezioni della Scuola Commerciale Femminile “Regina Margherita di Napoli Un R.D. del 26 gennaio 188632 la riordina profondamente. Cambia la denominazione in Scuola femminile professionale di arti e viene intitolata “Regina Margherita”; 28 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 916-918. 29 L. 8 Luglio 1956, n. 782. 30 ITAS Principessa Giovanna di Savoia, in www-iissgagini-gov.it 31 Di Vaio F. - C. Fazione, La storia dell’Istituto Elena di Savoia. Vedi www.forumscuole storichnapoletane. it/le-scuole-centenarie 32 R.D. del 24 gennaio 1886 n. 2022, serie 3, parte supplementare. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 375 22/12/22 13:34 376 viene posta sotto le dipendenze del MAIC e ne viene ampliata l’offerta formativa. Non più solo insegnamenti che miravano a formare addette ai lavori d’ufficio, ma anche insegnamenti e laboratori per formare artigiane ed operaie. “La Scuola è divisa in due sezioni: la sezione professionale e la sezione d’arti. La sezione professionale ha per iscopo d’impartire alle giovinette gli insegnamenti necessari per tenere la corrispondenza e la Contabilità commerciale; forma delle telegrafiste; completa e perfeziona gli studi elementari pel conseguimento della patente di maestra di lingue estranee. La sezione d’arti da un istruzione atta a formare buone operaie, mercè i laboratorii di cucito, sartoria, ricamo in bianco ed in tappezzeria, pizzi, trine, maglieria a macchina, stireria, flori, crestaie; mercè lo studio della incisione in legno e del disegno industriale”. Le alunne si distinguono in ordinarie e straordinarie: le prime sono quelle che seguono tutte le lezioni di una classe e uno o più laboratori; le seconde quelle che seguono un insegnamento od un corso speciale, ovvero i soli laboratori. Alle alunne della sezione delle arti viene offerta la possibilità di fare un percorso scolastico elementare. L’anno scolastico inizia a ottobre e termina a fine luglio e le lezioni si tengono tutti i giorni feriali dalle 9 alle 16. Alla spesa di annuo mantenimento (stimata in 26.200 lire), contribuiscono il MAIC (14.200), Provincia, il Comune e la Camera di Commercio con 4.000 lire ciascuno. L’amministrazione della Scuola e affidata ad un Consiglio direttivo composto da due delegati del Ministero del Commercio e da un delegato per ciascuno degli altri soggetti contribuenti e dal direttore.33 Nel 1903 viene fondata la Scuola Professionale “Regina Elena”, con gli stessi obiettivi formativi del Regina Margherita, ma con un’offerta formativa più ampia. Nel 1920 le due scuole, la Regina Margherita e la Regina Elena, confluiscono nel Regio Istituto di Istruzione Professionale femminile “Elena di Savoia”.34 Negli Anni ‘40 del secolo scorso l’utenza della scuola ammontava a circa 1800 alunne. A partire dall’anno scolastico 2013/14, all’istituto - diventato nel frattempo Istituto Superiore di Secondo Grado - è stata accorpata un’altra scuola storica napoletana: l’istituto tecnico “Armando Diaz”, sorta nel 1905.35 6.2.2. Scuole professionali femminili sussidiate da soggetti locali a. Scuole professionali femminili nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 Abbiamo trovato tracce documentali di scuole professionali femminili operative in 28 città (ma alcune ne ha più di una). Alcune di loro hanno un’origine antica o antichissima, per cui riteniamo che la prima distinzione riguardi le scuole nate prima o quelle sorte dopo l’unità nazionale. 33 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 1112-1114. 34 R.D. n. 559 del 25 aprile 1920 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, n116 del 18 maggio 1920. 35 Di Vaio F., Fazione C., La storia dell’Istituto Elena di Savoia, op. cit. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 376 22/12/22 13:34 377 La Maggior parte delle scuole che elenchiamo sono presso istituti di ricovero, educandati, orfanatrofi e quindi, sul versante formativo, perseguivano percorsi di istruzione elementare e percorsi di iniziazione lavorativa. Questi ultimi erano sempre limitati a “lavori donneschi”. Formazione utile per lavorare all’esterno, ma soprattutto all’interno della propria casa. Prima dell’Unità d’Italia troviamo36: a Udine l’Istituto Uccellis (1431) mantenuto dal Comune e altre cinque istituzioni benefiche che si sostengono con risorse proprie: il Collegio zitelle (1608), il Collegio dimesse (1656), il Collegio Derelitte (1837) e l’Istituto Micesio (1700)37; a Cremona (1558) le Scuole-Officine degli Istituti educativi (Orfanotrofi) della Congregazione della Carità, dopo essere stati gestiti dai Padri Somaschi;38 a Piacenza la Scuola di lavoro dell’Orfanatrofio femminile (1574) istituito dal vescovo della città;39 a Bagnocavallo la Scuola di lavori domestici nell’Orfanatrofio femminile (1630) della Congregazione di carità;40 a Livorno la Scuola di lavoro delle Case Pie delle povere mendicanti (1682);41 a Prato la Scuola di tessitura nel R. Conservatorio di Santa Caterina (1786);42 a Montepulciano (SI) la Scuola professionale Salimbeni (1779);43 a Castel Bolognese (RA) la Scuola di 36 I dati relativi al numero degli allievi fanno riferimento all’a.s. 1904-1905. 37 Vedi MAIC, Notizie delle condizioni…. 1907, op.cit., p. 1003. 38 Gli orfanatrofi erano due. Uno maschile ed uno femminile. Fondati rispettivamente nel 1558 e nel 1559 e affidati entrambi ai Padri Somaschi, gli Orfanotrofi maschile e femminile passarono tra il 1807 e il 1822 sotto la Congregazione di carità, alla quale ritornarono dopo l’Unità d’Italia. Nel 1869 cominciò a ventilare l’ipotesi di una distinzione fra le tre amministrazioni: ospedaliera, elemosiniera ed educativa, che trovò soluzione solo nel 1881. Da allora, gli Istituti educativi proseguirono la propria esistenza fino al 2003 sotto i diversi enti succedutisi nella gestione dell’assistenza cremonese. Vedi: Soldi F., La carità di Cremona. Sintesi storica delle opere ospitaliere, elemosiniere ed educative dal 960 al 1959, Cremona 1959, pp. 51-53. Nell’uno e nell’altro c’erano scuole professionali. Le femmine apprendono a fare lavori ad ago, a stirare, a lavare, a pettinare, a cucinare, ecc. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni … 1907, p. 945. 39 Le ricoverate imparano a cucire, stirare, ricamare e lavorare da sarta. La scuola accoglie 30 giovinette dai 16 ai 21 anni. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni… 1907, op. cit. p. 980. 40 Nella scuola si formano le ragazze nel disbrigo delle faccende domestiche, nei lavori di cucito, di merletto, di maglia e di rammendo. C’è anche un corso di tessitura. Le alunne, tutte dal 6° al 20° anno di età, sono 17, delle quali 15 frequentano la scuola (dati nell’a.s. 1904-05). Vedi MAIC, Notizie delle condizioni…. 1907, op. cit. p. 983. 41 L’Istituto venne fondato dal Marchese Alessandro Dal Borro, Governatore della città. Dipende da un Consiglio di amministrazione. È sussidiato da vari Enti, ma i sussidi non hanno carattere di stabilità. Nella scuola s’insegna: la confezione di trine al tombolo, il cucito ed il ricamo in bianco, lavori in lana e lo stiro. Sono ricoverate nelle Case Pie una sessantina di fanciulle. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni…. 1907, op. cit. p. 956. 42 La Scuola venne fondata nel 1786, dipende dal Sovraintendente del R. Conservatorio e vive con annue lire 4.200, che ritira dalla Pia Casa dei Ceppi, in seguito a Sovrano Rescritto del 4 gennaio 1844. Comprende una sezione per le ricoverate ed una per esterne, entrambe dirette da apposita maestra. L’arte del tessere il lino e la canapa è insegnata mediante telai a mano. Le alunne iscritte sono una trentina. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni…. 1907, op. cit. p. 951 43 La scuola è diurna. Venne fondata con Legato Salimbeni del 13 dicembre 1673 ed aperta per la prima volta con Rescritto del 6 dicembre 1779. Dipende ed è mantenuta dalla Pia eredità Salimbeni. Vi CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 377 22/12/22 13:34 378 lavori muliebri nell’Orfanatrofio (1800) dipendente dalla Congregazione di carità;44 a Cosenza la Scuola di ricamo a telaio, di cucito, di lavori a maglia e di stiratura (1800) annessa all’Orfanatrofio;45 a Roma la Scuola d’arti e mestieri nell’Ospizio di Santa Maria degli Angeli (1816) istituita da Pio VII,46 a Novara la Scuola professionale femminile annessa all’Istituto Bellini (1833);47 a Massa la Scuola femminile (1841) nell’Istituto San Luigi Volpigliano retto dalla Congregazione delle Figlie di Gesù;48 la Scuola professionale femminile di Roma, che verrà intitolata a Giuseppe Mazzini (1872) e finanziata dalla famiglia Nathan;49 a Venezia la Scuola di lavoro nell’Istituto professionale femminile “Canal” (1841);50 a Piacenza la Casa della Provvidenza (1843) retta dalla Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di si insegna a cucire, a lavorare a maglia e al telaio. È frequentata in media da una decina di alunne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni…. 1907, op.cit., p. 983. 44 Nella scuola, oltre le materie della scuola primaria, alle ricoverate, che sono tutte ragazze povere ed orfane, si insegnano il disbrigo delle faccende domestiche ed ogni genere di lavori donneschi, come maglieria, rammendo, stiro, cucito, ecc. “Le più robuste sono anche addestrate nella tessitura del cotone e della canapa”. Le ricoverate frequentanti la scuola, nell’a.s. 1904-05, sono 12. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni… 1907, op.cit., p. 983. 45 Vedi MAIC, Notizie delle condizioni… 1907, op.cit. p. 943. 46 Le orfane, oltre l’insegnamento elementare, vengono formate in tutto ciò che riguarda “l’azienda domestica”; e poi sono avviate, in speciali laboratori, ai mestieri di cucitrice, ricamatrice, merlettaia, stiratrice, sarta, fiorista, ecc. Vi sono anche corsi speciali per commesse di negozio e magazziniere, nonché corsi pratici per formarne cuoche e cameriere. Ricevono in compenso una parte del ricavato dalla vendita dei loro lavori, parte che viene depositata a risparmio e consegnata all’orfana al momento in cui esce dall’istituto. Nell’a.s. 1903-04 le insegnanti erano 4 e le alunne 95. Vedi MAIC Notizie delle condizioni…. 1907, op.cit. p. 986. 47 Vive di rendite proprie ed è sussidiata dalla Provincia con lire 400. Vi si insegnano: Italiano, Francese, Aritmetica, Computisteria, Storia e Geografia, Scienze naturali applicate all’agraria e alla merceologia, Diritti e doveri, Disegno, Calligrafia ed ogni genere di lavori donneschi. È frequentata da 258 alunne. 48 La scuola è diurna ed è sussidiata dal Comune con annue lire 600. Vi si eseguono Lavori a maglia, ad uncinetto, Cucito, Ricamo, Tessitura. Per la Tessitura la scuola ha sei telai. Alle cinque classi, in cui si divide la scuola, sono iscritte 50 alunne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907 op. cit. p. 959. 49 La Scuola “ha per iscopo di educare le ragazze del popolo, specialmente del quartiere del Trastevere, con un sano intendimento morale ed avviarle contemporaneamente ad un mestiere che permetta loro di collocarsi utilmente o di ricavare dal lavoro fatto nella Scuola stessa, un compenso adeguato alla loro abilità”. Generalmente le alunne rimangono nella Scuola per 3 o 4 anni. Materie d’insegnamento: Morale; Italiano; Aritmetica; Contabilità pratica; Elementi di geografia di storia e di scienze naturali; Disegno ornamentale. Alla Scuola sono annessi laboratori di Cucito, di Sartoria e di Stireria. Sono ammesse alla Scuola le giovani che non hanno superato il 13° anno di età e che presentano il certificato di proscioglimento dall’obbligo della istruzione elementare. L’anno scolastico inizia il 15 settembre e termina il 31 luglio. La Scuola è aperta dalle ore 9 alle 18 in inverno e dalle 8 alle 19 in estate, con un riposo di 2 ore, “durante il quale viene gratuitamente provveduta una refezione alle alunne”. Le iscritte erano una trentina. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni… 1907, op. cit. p. 910 e ss. 50 Vedi Chiesa e Monastero di Santa Maria del Pianto, in www.conoscerevenezia.it. Nel par. Eventi più recenti si precisa che “nel 1841 l’abate Daniele Canal vi introdusse il suo Collegio femminile”. Vedi anche: MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op.cit. p. 1005. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 378 22/12/22 13:34 379 Gesù;51 a Carrara Scuola di lavoro dell’Istituto delle Figlie di Gesù (1851) gestita dall’omonima Congregazione;52 a Bitonto la Scuola femminile d’arti e mestieri (1852) nell’Orfanatrofio;53 a Sampierdarena (GE) la Scuola di lavori donneschi (1857) annessa all’Istituto dell’Immacolata Concezione;54 a Irsina (PZ) la Scuola di lavori femminili nel Pio Istituto Nugent (1873) gestita dalle Figlie della Carità.55 A partire dal 1860 troviamo: a Parma le Scuole dell’Istituto delle figlie povere dette di S. Antonio (1860) della Società promotrice dell’istruzione femminile tecnica; 56 ad Assisi il Laboratorio femminile Ancaiani-Mancurti (1861);57 a Sampierdarena (GE) la Scuola professionale (1863) annessa al Pio Istituto della Provvidenza;58 a Brescia (1868) la Scuola di disegno presso l’Istituto sociale d’istruzione sostenuta 51 La Casa venne fondata dalla Contessa Landi Pietra ved. Rocca. Riceve talora da privati elargizioni di varia entità. I redditi della scuola sono costituiti da 5.000 lire annue e inoltre da quanto si ricava dalla vendita dei lavori eseguiti dalle alunne e dalla retta pagata da alcune di esse (circa lire 200 annue). Vi si insegna ogni genere di lavori “donneschi” ricamo, rammendo, maglieria, ecc. È frequentata da 16 giovinette in età dai 15 ai 18 anni. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op. cit. p. 980. 52 L’Istituto si mantiene coi proventi del lavoro delle allieve, con le quote mensili pagate dalle alunne non povere, con le rendite derivanti dai due lasciti per lire 20.000 e per lire 18.556. Nella scuola dell’Istituto si insegna: il Cucito, il Ricamo, il Disegno e la Pittura. Frequentano la scuola circa 90 alunne. 53 L’Orfanotrofio venne fondato il 15 ottobre 1852 e dipende da una speciale Commissione amministrativa. Il bilancio dell’Orfanotrofio presentava nel 1906 un attivo di lire 50.368,13. Nella scuola dell’Orfanotrofio, oltre le materie della scuola primaria, si insegna ogni genere di lavori donneschi, per mettere in grado le alunne di potersi dedicare ad un’arte o ad un mestiere. Frequentano la scuola un centinaio di alunne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op.cit., p. 930. 54 La scuola è diurna e venne fondata insieme con l’Istituto il 1° Ottobre 1857. È diretta dalle Figlie della carità. In essa, le giovani ricoverate e le alunne esterne ricevono lezioni di Cucito, Ricamo, Sartoria e in genere dei vari lavori donneschi. È frequentata da 180 giovanette, delle quali 110 interne e 70 esterne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op.cit., p. 954. 55 L’Istituto venne fondato il 25 marzo 1873 per disposizione testamentaria della Contessa Giovanna Nugent, nata Riario Sforza. Si mantiene coi propri beni e dipende da una Commissione amministrativa nominata dal Comune. La direzione interna e l’insegnamento sono affidati alle Figlie della Carità. Oltre le materie della scuola primaria, s’impartisce alle giovinette l’insegnamento dei lavori donneschi più utili e più necessari alle figlie del popolo. Vi sono ricoverate, nell’a.s. 1904-05, 30 alunne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op.cit., p. 954. 56 L’Istituto dipende da un proprio Consiglio di amministrazione. È sussidiato dalla locale Cassa di risparmio e dall’Ordine Costantiniano con la somma complessiva di lire 4.857 annue. Nelle scuole dell’Istituto, oltre le materie della scuola primaria inferiore, si insegnano il Disegno e Biancheria, Sartoria e Ricamo. L’Istituto accoglie circa un centinaio di alunne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op.cit. p. 977. 57 Il laboratorio esiste presso l’Orfanotrofio istituito dall’abate Ancaiani nel 1861 e successivamente è mantenuto dalla Contessa Mancurti. Le ragazze, dopo aver compiuto i corsi della scuola primaria, vengono formate nei Lavori a maglia, ad Uncinetto, nel Cucito, nel Taglio, nello Stiro, nel Ricamo in bianco ed in seta e nella Confezione dei merletti. Quelle che hanno compiuto 16 anni, e “godono di buona salute”, apprendono a tessere ed eseguono lavori di tessitura di ogni genere. Le alunne ricoverate sono oltre 20. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op. cit., p. 979. 58 La scuola è femminile e diurna. Venne fondata nel 1863 da Don Nicolò D’Aste, e dipende dal Pio Istituto. È mantenuta dal Comune, nonché con elargizioni di privati. Le giovinette imparano a fare i Fiori Artificiali, Lavori in biancheria, a maglia, il Rammendo e lo Stiro. È frequentata da 90 alunne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op. cit. p. 954. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 379 22/12/22 13:34 380 dalla Camera di Commercio;59 sempre a Brescia si occupavano di formazione professionale delle giovani tutte le istituzioni nelle quali venivano ospitate, a diverso titolo (orfane, a rischio di emarginazione sociale ed economica, devianza, inabilità, povertà e prevenzione accattonaggio, …)60: c’era, infatti, una Scuola femminile nell’Istituto Rossini-Lamberti61e nell’Istituto delle Zitelle e in quello delle Orfane e nella Casa della Provvidenza;62 a Piacenza la Scuola femminile di lavori e d’industria (1868)63 e la Scuola femminile di lavoro (1869) annessa al Pio Istituto del Buon Pastore retto dalle suore dell’omonima Congregazione;64 a Treviso (1869) le Scuole di lavoro del Pio Istituto Turazza di arti e mestieri-sezione femminile;65 a Ravenna la Scuola di lavori domestici e cucito nell’Orfanatrofio (1870), dipendente dalla Congregazione della Carità;66 a Torino l’Istituto professionale Maria Laetitia (1871) fondato e mantenuto dal Comune;67 a Firenze la Scuola delle giovani operaie 59 È diurna e festiva. La Camera di Commercio concede un sussidio annuo di 100 lire. Vi si insegnano i Lavori donneschi, Ricamo ed altro. L’insegnamento è diviso in due corsi, che nell’a-s 1904-05 contavano complessivamente a 45 iscritte. 60 Onger S., La città dolente: povertà e assistenza a Brescia durante la Restaurazione, Milano, Franco Angeli,1996. 61 Storia-fondazione Casa di Dio Onlus, in https//casadidio.eu 62 In tutti questi Istituti, i quali vivono ciascuno con rendite proprie, le giovani ricoverate sono formate nel Tagliare, confezionare e rattoppare biancheria, in lavori da Sarta ed a maglia, nel Rammendo, nel Ricamo e nello Stiro. Vedi MAIC, Notizie sulle condizioni … op. cit., p. 934. 63 Dipende da un Comitato direttivo. Ha una rendita propria di lire 2.400 e completa il proprio fabbisogno di lire 5.000 annue, con sussidi di vari Enti ed elargizioni di privati. Oltre le materie della scuola primaria, vi si insegnano Lavori “donneschi”, di Maglieria, di Cucito, ecc. Le alunne iscritte sono 130. Vedi MAIC, Annuario 1905, op. cit., p. 980. 64 La scuola è diurna e vive coi sussidi che il Buon Pastore riceve dal Ministero dell’Interno in ragione di lire 0,80 al giorno per ogni ricoverata e con le offerte dei privati e col ricavato dalla vendita dei lavori eseguiti dalle alunne e dalle suore. Vi si insegna ogni specie di lavori “donneschi”: Stiro, Cucito, Rammendo, Ricamo, Disegno e Calligrafia. Le alunne sono in numero di 80. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni…1907, op. cit., p. 980. 65 Le allieve (90, nell’a.s. 1903-04) imparano il mestiere di Sarta, di Fioraia, a Lavorare a maglie, a Ricamare. 66 Vive con le “proprie rendite”. Nella scuola dell’Orfanotrofio gli insegnamenti sono ripartiti in tre sezioni. Le alunne apprendono a Tagliare, Cucire, Rammendare, Ricamare e a Lavorare a maglia. È frequentata da 21 ricoverate, nell’a.s. 1904-05. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni… 1907, op.cit., p. 983. 67 “L’istituto ha per fine di abilitare al l’esercizio di certe arti o professioni le giovinette che abbiano compiuto il corso degli studi elementari”. La direzione dell’Istituto è affidata ad una Direttrice, nominata dal Consiglio comunale in seguito a concorso per titoli. Gli insegnanti sono nominati dal Consiglio comunale, su proposta della Giunta, in seguito a concorso per titoli o per esame, preferibilmente fra donne. Le alunne pagano tasse e diritti scolastici diversi in misura variabile, secondo la sezione o la scuola o il corso a cui sono iscritte. L’Istituto comprende tre sezioni: 1° Tecnico-commerciale; 2° Lavori femminili; 3° Disegno industriale. Vi sono pure annessi: 1° un corso speciale di Disegno per operaie ricamatrici; 2° una scuola festiva di Commercio e di Lingua francese. La sezione tecnico-commerciale e quella di lavori femminili comprendono due corsi: inferiore, di tre anni, e superiore, di due. Nella sezione di disegno industriale e nella scuola speciale di disegno per operaie ricamatrici la durata degli studi è di 5 anni. I corsi di Francese e di Elementi di commercio, della scuola festiva di commercio e di lingua francese, durano ciascuno 4 anni. Le materie d’insegnamento nelle tre sezioni sopra CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 380 22/12/22 13:34 381 retta e mantenuta da signore fiorentine;68 a Piacenza le Scuole dell’Istituto femminile S. Eufemia (1875) gestito dalla Congregazione delle Figlie della Carità;69 a Voltri Scuola dell’Educandato Sant’Antonio (1877);70 a Matera la Scuola professionale e nominate sono ordinarie e facoltative. Le materie ordinarie sono: 1° nella sezione tecnico-commerciale, corso inferiore: le stesse prescritte dai regolamenti e dai programmi per le scuole tecnico-commerciali governative; nella stessa sezione, corso superiore: Italiano, Francese, Tedesco, Computisteria e Ragioneria, Elementi di economia politica e Diritto commerciale, Storia e Geografia commerciale, Fisica e Chimica, Merceologia, Calligrafia, Dattilografia e Lavori femminili; 2° nella sezione di lavori femminili, corso inferiore: Italiano, Francese, Storia e Geografia, Aritmetica e Computisteria, Disegno e Calligrafia, Lavori femminili e Ginnastica; nella stessa sezione, corso superiore: Italiano, Francese, Disegno e Lavori femminili; 3° nella sezione di disegno industriale: Disegno geometrico e prospettiva lineare, Disegno a mano libera da modelli e dal vero, Disegno di figura umana e animale, Disegno d’invenzione, Decorazione e applicazioni varie, nozioni sui diversi stili. Le materie facoltative per tutte e tre le sezioni sono: Inglese, Stenografia, Pittura, Canto, Ballo, Cucina ed ogni altra materia diretta ad accrescere la coltura e le abilità proprie della donna. Nel corso speciale per operaie ricamatrici s’insegna e si sviluppa quella parte del programma di disegno a mano libera, che appare più adatta ai bisogni delle operaie ricamatrici in bianco, in colore, in oro, ed a trasportare con mezzi semplici ed abbreviativi i disegni sulle varie stoffe. Nella scuola festiva di commercio e di lingua francese s’impartiscono alle giovi nette le cognizioni appropriate all’esercizio del commercio ed alla professione di commesse di negozio e congeneri. Nel corso di Francese non si attende che allo studio di questa lingua. Il corso di elementi di commercio comprende: la Lingua italiana, l’Aritmetica e il Sistema metrico, la Calligrafia, la Corrispondenza commerciale e la Computisteria. Le lezioni in tutto l’Istituto sono impartite da 30 insegnanti e da varie assistenti. Le alunne inscritte sono in numero di 510, delle quali 420 frequentanti. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni… 1907, op. cit., p. 997. 68 La scuola è diurna, domenicale. Venne istituita per iniziativa della signora Alaide Bertolucci ed è mantenuta con le sovvenzioni della presidente onoraria e delle patronesse, che ammontano ad una somma variante dalle 200 alle 400 lire annue: il Comune inoltre fornisce gratuitamente i locali. Sia la Direttrice che le insegnanti non ricevono alcuna retribuzione. Il fondo annuale va in massima parte erogato in premi distribuiti alle migliori alunne, sotto forma di libretti della Cassa di risparmio. L’insegnamento comprende, oltre quattro classi elementari, due corsi di Disegno applicato alle varie industrie, e tre corsi di Lingua francese. L’anno scolastico è aperto da ottobre a giugno. Le alunne iscritte, nell’a.s. 1904-05, sono 245, delle quali 150, in media, frequentano la scuola. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op. cit., p. 949. 69 L’Istituto venne fondato da suor Elena Piaggio, Figlia della Carità e Superiora dell’Ospedale civile di Piacenza, “allo scopo di raccogliere ed educare le fanciulle esposte”. È sussidiato dalla Provincia nella seguente misura: lire 20 per ogni giovinetta fino ai 12 anni; lire 17 per ciascuna di quelle dai 12 ai 16 anni e lire 12 per quelle dai 16 ai 21. Talora interviene anche la Cassa di risparmio. Le ricoverate, oltre all’istruzione primaria, sono formate nei vari lavori donneschi. Del ricavo della vendita di questi, due terzi vanno all’istituto, un terzo alle alunne, che viene depositato in appositi libretti della Cassa di risparmio. Le ricoverate, nell’a.s. 1904-05 sono 10. Vedi MAIC Notizie delle condizioni … 1907, op. cit., p. 980. 70 L’Educandato venne instituito dalla marchesa Maria Brignole-Sale, duchessa di Galliera, e venne aperto per la prima volta nell’ottobre 1880. È eretto in Opera pia, con propria amministrazione e la cura e la direzione interna di esso sono affidate alle Figlie della carità. Nelle scuole dell’Educandato le alunne, oltre le materie della scuola primaria, insegnate secondo i programmi governativi, apprendono i lavori di Cucito, Soppressatura e Ricamo artistico. Nell’educandato sono accolte 50 giovinette. Sono inoltre ammesse a frequentare le lezioni oltre 150 esterne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op. cit., p. 955. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 381 22/12/22 13:34 382 industriale dell’Orfanatrofio S. Giuseppe (1877) dipendente dalla Congregazione di Carità;71 a Crespano Veneto (TV) la Scuola di tessitura (1879) del Comune.72 b. Scuole professionali femminili nate o riordinate nel decennio 1880-1899 Abbiamo rinvenuto nella documentazione consultata 23 scuole (Tabella 55) nate in questo decennio e sovvenzionate da soggetti locali (in qualche caso anche da soggetti pubblici nazionali, mai dal MAIC). Tabella n. 55 - Quadro sinottico delle scuole professionali femminili sussidiate da soggetti locali Città Denominazione Soggetti gestori Bari 1885 Scuola professionale (presso Asilo di Pietà) Direzione Asilo di Pietà Insegnamenti: Corso di lavori donneschi a scopo professionale. Bigolino di Valdobbiadene 1886 Scuola di lavori donneschi (presso orfanotrofio) Religioso Insegnamenti: Cucito a mano e a macchina, Maglieria, Ricamo in bianco, seta ed oro, Stiratura, Allevamento dei bachi. Como 1886 Scuola operaia e popolare Società generale di Mutuo Soccorso Insegnamenti: Disegno lineare e d’ornato, Taglio. Cotignola (RV) 1889 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno geometrico ed ornamentale, Elementi di plastica. Este (PD) 1880 Scuola di lavoro n.d. Insegnamenti: Lavori in bianco, Ricamo in oro, Confezione di maglierie. Firenze 1885 Scuola professionale per le fanciulle del popolo Società di maestre Insegnamenti: Prima sezione - Lavori in bianco di ogni genere, Ricami in bianco, seta ed oro, Trine al tombolo e di altre specie; Seconda sezione - Confezione abiti per uomo e per fanciulli; Terza sezione - lavaggio, Stiro, Smacchiatura abiti, guanti e simili; Quarta sezione - lavori in maglierie con macchine speciali. Foggia 1889 Scuola professionale femminile Fondazione Pia Lorenzo Scillitani Insegnamenti: Taglio e cucito di biancheria, Taglio e confezione di abiti da signora, Ricamo e rammendo. 71 Si mantiene con proprie rendite e con le rette pagate dalle alunne. Vi si insegna Cucito, Taglio e confezione di biancheria, Stiro, Maglia, Filare e tessere cotone e lana. La scuola è frequentata da 9 alunne. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op. cit., p. 982. 72 Vi si impartisce esclusivamente l’insegnamento della Tessitura, secondo il metodo Jacquard. Le alunne variano da 3 a 5 all’anno. Vedi MAIC, Notizie delle condizioni … 1907, op. cit., p. 975. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 382 22/12/22 13:34 383 Grottammare (AP) 1880 Scuola femminile Congregazione delle Suore di Carità di Santa Maria Insegnamenti: n.d. Livorno 1889 Scuola professionale e industriale (presso R. Istituto di S. Giulia) Direzione dell’Istituto di S. Giulia Insegnamenti: Igiene, Disegno, Stenografia, Telegrafia e “ogni sorta di lavori donneschi” Melfi n.d. Scuola professionale (presso Orfanotrofio femminile) Congregazione religiosa “Suore del preziosissimo Sangue” Insegnamenti: Lavori donneschi e particolarmente il Ricamo. Monselice 1880 Scuola femminile Congregazione religiosa Insegnamenti: Lavori di cucito, Rammendo, Ricamo, ecc. Ovada 1883 Scuola professionale per l’arte delle maglierie (presso Orfanotrofio) Congregazione religiosa “Madri Pie” Insegnamenti: maglierie a macchina. Piacenza (1) 1880 Scuola femminile (presso Istituto delle Sordomute) Congregazione religiosa “Figlie di S. Anna” Insegnamenti: Uncinetto, maglia, Cucito, Ricamo, ecc. Piacenza (2) 1886 Scuola di lavoro (presso Istituto delle Orsoline) Congregazione religiosa “Suore Orsoline” Insegnamenti: “ogni genere di lavori donneschi”. Ravenna 1884 Scuola di merletti Benefattrice Insegnamenti: Merletti Roma 1886 Scuola professionale di San Giovanni Decollato Congregazione delle suore del Preziosissimo Sangue Insegnamenti: Cucito a mano e a macchina, Taglio di biancheria, Ricamo in bianco. Trapani (1) 1886 Scuola comunale professionale femminile Comune Insegnamenti: Disegno, Taglio di biancheria, Cucito a mano e a macchina, Sartoria da donna e ricamo. Trapani (2) 1887 Scuola di lavoro presso Asilo Charitas Suore della Carità Insegnamenti: Cucito e ricamo. Valdobbiadene 1880 Scuola di filatura in seta (presso Orfanotrofio) Direzione dell’Orfanotrofio Insegnamenti: Allevamento dei bachi e filatura dei bozzoli. Venezia (1) 1883 Scuola femminile (presso l’Orfanotrofio delle Terese) Congregazione di Carità Insegnamenti: Lavoro a maglia, Rammendo, Cucito, Ricamo in bianco e a colori, Stiro. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 383 22/12/22 13:34 384 Venezia (2) 1883 Scuola femminile (presso il Conservatorio delle Zitelle) Congregazione di Carità Insegnamenti: Disegno di ornato, Telegrafia, Lavori donneschi. Venezia (3) 1883 Scuola sezione femminile (presso Istituto Manin) Congregazione di Carità Insegnamenti: Mestieri muliebri. Verona 1882 Scuola professionale Caterina Bon Brenzoni Comune Insegnamenti: 1° sezione - Cultura generale, Computisteria, Disegno applicato; 2° sezione industriale - Insegnamenti relativi ai lavori donneschi. La prima distinzione tra le 23 scuole rilevate riguarda l’utenza che le frequenta. Sono scuole di strutture di ricovero (educandati, orfanatrofi, istituti per giovani a rischio di devianza…) e quindi operano a favore esclusivamente delle giovinette in esse ospitate? O sono scuole a sé stanti aperte a tutte le ragazze del territorio che possono frequentarle? Sono interne alle strutture di ricovero o sono a sé stanti? Nel primo caso le chiameremo scuole interne, nel secondo scuole territoriali. Un’altra distinzione riguarda la tipologia dei soggetti che gestiscono tali scuole. Abbiamo infatti rilevato una pluralità di soggetti diversi nella loro conduzione, riconducibili a: associazioni di lavoratori, istituzioni o figure religiose, istituzioni pubbliche e benefattori (singole persone o enti). Incrociando le informazioni dell’una e dell’altra variabile abbiamo la situazione descritta nella Tabella 56, da cui si deduce che le scuole professionali all’interno di strutture di ricovero femminili sono 14, più di quelle che si rivolgevano alla generalità delle ragazze del territorio, che sono 8. La conduzione prevalente dell’uno e dell’altro tipo di scuola è quella delle istituzioni religiose (rappresentate per lo più da Congregazioni religiose femminili, in particolare le Suore della Carità). Le istituzioni pubbliche sono rappresentate prevalentemente dal Comune; mentre abbiamo incluso nella categoria dei “benefattori” un ente morale (Foggia) e una persona fisica (Ravenna). Le due segnalazioni nella categoria “Associazione di lavoratori” riguardano una Società di Mutuo soccorso (Como) e un’Associazione di insegnati (Firenze). Una considerazione importante riguarda gli insegnamenti impartiti e cioè il rapporto tra obiettivi formativi di scolarizzazione di base e obiettivi formativi professionalizzanti. In questo ultimo caso occorre considerare quante scuole mirassero ad insegnare lavori “donneschi” e /o quante insegnassero professioni “nuove”. Praticamente tutte le scuole interne agli istituti di ricovero/ospitalità impartivano un’istruzione di base (scrivere, leggere e far di conto) e una istruzione professionalizzante. Nelle scuole territoriali erano prevalenti i soli percorsi professionali. Tutte le scuole insegnavano “lavori donneschi”. Solo nella Scuola femminile presso il Conservatorio delle Zitelle di Venezia, insieme agli insegnamenti per lavori muliebri CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 384 22/12/22 13:34 385 si insegnava anche telegrafia. Da segnalare una scuola per portatrici di handicap, nella fattispecie sordomute, formate nella scuola di Piacenza, fondata da mons. Scalabrini. Di ciascuna di queste scuole cerchiamo ora di tratteggiarne sommariamente le vicende iniziali e la fisionomia, distinguendole secondo la macroaree territoriali di appartenenza. Tabella n. 56 - Tipologia di scuola e di gestione delle scuole professionali femminili sorte nel decennio e sussidiate da soggetti locali CITTÀ TIPOLOGIA DI SCUOLA TIPOLOGIA DI GESTIONE Interna Territoriale Associazione Lavoratori Istituzioni religiose Istituzioni pubbliche Benefattori Bari Bigolino di Val. Como Cotignola Este* Firenze Foggia Grottammare Livorno Melfi Monselice Ovada Piacenza 1 Piacenza 2 Ravenna Roma Trapani 1 Trapani 2 Valdobbiadene Verona Venezia 1 Venezia 2 Venezia 3 Totali 14 8 2 13 5 2 *Per la scuola di Este non abbiamo trovato dati. Nel Nord del Paese abbiamo 10 scuole (Venezia ne ha 3), 6 interne e tre professionali (Ricordiamo che non abbiamo questi dati per la scuola di Este). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 385 22/12/22 13:34 386 Ad Este, in provincia di Padova, nel 1880 viene fondata per le giovanette (nell’a.s. 1904-05 saranno una cinquantina) una Scuola di lavoro. Vi si insegnano Lavori in bianco, Ricamo in oro, Confezione di maglierie.73 Sempre nello stesso anno e nella stessa provincia, a Monselice, suor Dorotea Corsini dà vita ad una Scuola femminile, annessa alle elementari femminili dell’Opera pia “Bianchi Baggiani,” gestite dalla sua Congregazione religiosa, le Sorelle della Misericordia. Le elementari erano state aperte nel 1865 grazie alla munificenza della Sig.ra Anna Gaspari, vedova Bianchi Buggiani.74 La scuola è diurna e non ha sussidi pubblici. Vi si insegnano Lavori di cucito, Rammendo, Ricamo, ecc. Nell’a.s. 1904- 05 alla scuola erano iscritte 16 alunne.75 Quella iniziativa sopravvive oggi nell’Istituto scolastico paritario Sabinanium. Il parroco di Bigolino di Valdobbiadene (TV), mons. Luigi Guadagnini, nel 1886, fonda e da allora dirige e mantiene un Orfanatrofio femminile con una Scuola di lavori donneschi. Vi sono ricoverate giovinette orfane abbandonate, che abbiano un’età non inferiore ai 3 né superiore ai 12 anni e vi rimangono fino al 18° anno. Le ricoverate, oltre ad apprendere le materie della scuola primaria, vengono formate nei lavori di Cucito a mano ed a macchina, Maglieria, Ricamo in bianco, seta ed oro, Stiratura, Allevamento dei bachi, ecc. Le ricoverate erano circa una trentina.76 Nel 1883 nell’Orfanatrofio di Ovada (AL) gestito dalle Madri Pie77 viene inaugurata una Scuola professionale per l’arte delle maglierie. Vi si insegnano lavori di maglierie a macchina. Le alunne erano poco più di una decina.78 A Valdobbiadene (TV) era operativa dal 1880, nell’Orfanatrofio “Zanadio Salomone” una Scuola di filatura in seta. Era mantenuta coi fondi dell’Orfanotrofio stesso e riservata alle sole ricoverate. L’insegnamento dell’Allevamento dei bachi e della Filatura dei bozzoli era impartito per la durata di 2 mesi all’anno. Nell’a.s. 1904-05 le allieve erano 14.79 73 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 975. 74 Scuola primaria Bianchi-Buggiani – 150 anni di presenza a Monselice, in www.comune.momselice. padova.it. 75 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 980. 76 Ibidem, p. 999. 77 La congregazione trae origine da un’Opera pia per l’educazione gratuita delle fanciulle del popolo iniziata da Nicoletta Gatti a Sampierdarena. Il 5 luglio 1826, per desiderio del Marchese Giacomo Spinola, le religiose fondarono una filiale a Ovada: la comunità si sviluppò autonomamente dall’istituto di origine e diede origine a una congregazione autonoma di Madri Pie, che ricevette il pontificio Decreto di lode il 10 maggio 1958. I rami di Genova e di Ovada della congregazione vennero riuniti il 20 settembre 1976 con Decreto della congregazione per i Religiosi. 78 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 927. 79 Ibidem, p. 999. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 386 22/12/22 13:34 387 A Venezia esistono da secoli gli orfanatrofi femminili delle Terese80 e il Conservatorio delle zitelle81 e dal 1803 l’Istituto Manin, orfanatrofio sia maschile che femminile.82 Le tre strutture sono enti morali e sono amministrati dalla Congregazione di carità. Si reggono con uno statuto organico approvato con R. Decreto dell’11 settembre 1883, e si mantengono coi redditi del loro patrimonio, con le rette delle alunne della sezione superiore dello stabilimento femminile Manin, coi proventi dei loro laboratori e con elargizioni di vari Enti. Nei due orfanatrofi femminili le alunne (ragazze povere dai 12 ai 18 anni residenti a Venezia), oltre l’insegnamento primario, seguono un percorso professionalizzante: in quello delle Terese, un centinaio di alunne imparano a Lavorare a maglia, a Cucire, a Rammendare, a Ricamare in bianco ed a colori, a Stirare, Sartoria e, nel decennio ‘80, i merletti veneziani; nel Conservatorio delle Zitelle la sessantina di allieve imparavano Disegno d’ornato e Telegrafia (“Le ricoverate meno adatte apprendono i vari lavori donneschi”); nel Manin le allieve imparano “i mestieri muliebri”.83 A Como dal 1866 è attiva la Scuola operaia e popolare, maschile e femminile, serale, istituita e gestita dalla Società generale di M. S. È sussidiata dal Comune con lire 500 e dalla Camera di Commercio con lire 200. Ha inoltre vari altri cespiti di entrata, per una somma complessiva di circa 100 lire annue. Vi si insegna il Disegno lineare e d’ornato. Le femmine inoltre ricevono lezioni di Taglio. Gli iscritti sono complessivamente 300.84 A Verona nel 1882 il Comune istituisce la Scuola professionale intitolandola alla poetessa “Caterina Bon Brenzoni”. La scuola, diurna, è mantenuta dal Comune con circa lire 20.000 annue e con i proventi delle tasse pagate dalle alunne, ammontanti a circa lire 3.000. La scuola è divisa in due sezioni: una di cultura generale, nella quale s’insegnano, fra altro, la Computisteria e il Disegno applicato; un’altra industriale, nella quale s’insegna ogni specie di lavori donneschi. Circa 150 le alunne.85 Nei Compartimenti del Centro abbiamo 8 scuole (Piacenza ne ha due) di cui 5 interne e tre territoriali. A Firenze nel 1885 suor Emma Rosati dà vita alla Scuola professionale per le fanciulle del popolo, annessa all’Istituto del Patrocinio di San Giuseppe. Dipende da 80 Idem. 81 Idem. 82 Ibidem, p. 1004. 83 “L’istruzione nell’Istituto Manin femminile si limita all’addestramento professionale dei più umili lavori domestici che permetteva di collocare le giovanette come serve e donne di casa. Più tardi, quando negli anni 80 dell’Ottocento, i programmi della scuola elementare dell’Istituto vennero unificati a quelli della scuola elementare comunale e gli insegnanti dovevano essere patentati, le ragazze del Manin continuarono a dedicarsi ai lavori di cucito e di ricamo, alla stireria e al semplice leggere, scrivere e far di conto”. In L’Istituto Manin - Archivio storico del patriarcato, in www in archiviostoticodelpatriarcatodivenezia. it 84 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 940. 85 Ibidem, p. 1006. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 387 22/12/22 13:34 388 una Società di maestre e si mantiene unicamente con le donazioni dei privati, mancando di proprie rendite. Le alunne sono ripartite in quattro sezioni. Nella prima si apprendono Lavori in bianco di ogni genere, Ricami in bianco, seta ed oro, Trine al tombolo e di altre specie; nella seconda sezione si apprende a confezionare abiti per uomo e per fanciulli; nella terza a lavare, stirare e smacchiare abiti, guanti e simili. La quarta è destinata ai Lavori in maglierie con macchine speciali. Le alunne, una quarantina. Devono frequentare le scuole festive dell’Istituto ed in due giorni della settimana la scuola professionale.86 A Livorno il R. Istituto di Santa Giulia, detto del Paradisini, nel 1889 apre una Scuola professionale e industriale, femminile e diurna. È in varia misura sussidiata dal Ministero della pubblica istruzione, dal Comune, dalla Camera di Commercio e dalla Cassa di risparmio. La scuola vive, inoltre, col provento della tassa annua, 10 lire, a carico delle famiglie delle ragazze. Nelle tre classi, in cui la scuola è divisa, oltre l’Italiano, il Francese, la Storia, la Geografia, l’Aritmetica, la Computisteria e le Scienze naturali, s’insegnano l’Igiene, il Disegno, la Stenografia, la Telegrafia ed “ogni sorta di lavori donneschi”. Il numero delle frequentanti varia dalle 80 alle 100.87 A Piacenza nell’Istituto delle orsoline, fondato nel 1649, è attiva dal 1886 una Scuola di lavoro, dove si apprende ogni genere di lavori donneschi. È frequentata, nell’a.s. 1904- 05, da 15 giovinette, in età dai 12 ai 18 anni.88 Mons. Scalabrini, (nella foto) un attivissimo vescovo beatificato nel 1997,89 fonda sempre a Piacenza, nel 1880, l’Istituto delle sordo-mute e lo affida alla Congrega- 86 Ibidem, p. 950. 87 Ibidem, p. 957. 88 Ibidem, p. 961. 89 Giovanni Battista Scalabrini (Beato) (1863-1905). Ordinato Sacerdote nel 1863. Nel gennaio 1876, ad appena trentasei anni, Papa Pio IX lo nominò Vescovo di Piacenza. Durante il suo episcopato fondò un istituto per sordomuti, un organismo di assistenza per le mondine, società di mutuo soccorso, casse rurali; indirizzò numerose lettere pastorali alla sua diocesi, compì accurate visite pastorali; celebrò ben tre sinodi diocesani; fu un valido sostenitore dell’Azione Cattolica, fondò il periodico Il Catechista cattolico, prima rivista italiana per la diffusione del catechismo, tuttora pubblicata. Organizzò inoltre a Piacenza il primo Congresso catechistico nazionale. Impressionato dalla vista di una folla di derelitti che dalla stazione di Milano si avviavano a partire per l’America, cominciò a interessarsi alla questione degli emigrati. Il 28 novembre 1887 fondò la Congregazione dei Missionari di San Carlo Borromeo, conosciuti come Scalabriniani, per la cura degli emigrati italiani. Nel contempo istituì un Comitato di patronato per provvedere alla tutela degli interessi materiali degli emigrati: questo divenne poi la “Società San Raffaele”, suddivisa in Comitati locali, opportunamente dislocati. La sua congregazione comprendeva ai suoi inizi appena tre sacerdoti; l’anno successivo comprendeva già dieci missionari. Nel 1895, con quattro suore e un orfanotrofio, fondò l’Istituto delle Suore Missionarie di San CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 388 22/12/22 13:34 389 zione delle Figlie di Sant’Anna. È sussidiato dalla Provincia con lire 250, dalla Cassa di risparmio con lire 400 e dal Comune con lire 200 annue. Altri cespiti d’entrata sono costituiti dalle rette pagate da talune delle ricoverate e da private oblazioni. L’Istituto si divide in educandato e laboratorio. Le ricoverate, dopo essere state istruite, nel primo, nelle materie della scuola primaria, vengono addestrate, nel secondo, in vari lavori donneschi: uncinetto, a Maglia, Cucito, Ricamo, ecc. Le ricoverate, nel 1904-05, sono 20, dai 16 ai 18 anni.90 Il Comune di Cotignola (RV), nel 1889, fonda e mantiene con il proprio bilancio una Scuola di disegno, frequentata da ragazzi e ragazze. Vi si insegnano il disegno geometrico ed ornamentale e gli elementi di plastica. Le alunne iscritte nel 1904 erano 20 femmine.91 Nel 1884, una nobildonna di Ravenna, la Contessa Maria Pasolini, fonda e mantiene finanziariamente nella frazione Coccolia della sua città una Scuola di merletti. Era frequentata, nell’a.s. 1904-05, da 42 giovanette. 92 A Roma nasce nel 1886 la Scuola professionale San Giovanni Decollato (prende il nome dalla via dove era situato l’edificio scolastico). La scuola, diurna, è diretta dalle suore del Preziosissimo Sangue. Dipende dalla Elemosineria Apostolica, dalla quale è mantenuta e non ha altre entrate né sussidi ed ha una sola maestra, la quale insegna il Cucito a mano ed a macchina, il Taglio di biancheria e il Ricamo in bianco. Si eseguono anche lavori su commissione, ed il ricavato si ripartisce fra le allieve, in ragione della loro abilità. Le alunne sono appena una decina.93 Il 2 luglio 1879, la Serva di Dio Madre Maria Luigia Angelica Clarac (1817- 1887) parte da Torino, dove aveva fondato la Congregazione delle Suore di carità di Santa Maria, dette del Buon Consiglio, con quattro consorelle per Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno. Tra le tante attività che inizia nella cittadina sulla costa adriatica (4.000 abitanti) c’è una scuola femminile.94 Carlo Borromeo. Nel 1901 viaggiò presso gli emigranti degli Stati Uniti d’America e nel 1904 andò in visita pastorale presso le comunità italiane del Brasile. Precorrendo i tempi, fu un acceso anticipatore della Conciliazione tra Chiesa cattolica e Stato italiano. 90 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 979. 91 Idem. 92 Idem. 93 Ibidem, p. 989. 94 Ibidem, p. 929. Vedi anche Istituto Suore di Carità S. Maria (del Buon Consiglio) in www. sanpioquinto.it Lorenzo Scillitani CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 389 22/12/22 13:34 390 Nei Compartimenti del Meridione abbiamo 5 scuole (Trapani ne ha due) di cui tre interne e due professionali. A Bari l’Amministrazione dell’Asilo di Pietà apre nel 1885 una Scuola professionale, dove oltre all’insegnamento primario c’è un “corso di lavori donneschi a scopo professionale.” A questo corso sono inscritte, nell’a.s. 1904-05, 180 alunne. La scuola è mantenuta dall’Amministrazione dell’Asilo di Pietà, con lire 1.100 annue. 95 La Fondazione pia, intitolata a Lorenzo Scillitani (nella foto), sindaco di Foggia dal 1861 al 1872,96 fonda nella cittadina pugliese, nel giugno del 1889, presso l’Orfanatrofio per bambine una Scuola professionale femminile. La scuola si mantiene con le rendite della Fondazione. Altro cespite d’entrata è costituito dalla tassa annua di iscrizione di lire 5 pagata da 60 alunne esterne. L’insegnamento comprende una parte teorica ed una parte pratica. Alla prima appartiene l’insegnamento di: Italiano, Aritmetica, Economia domestica, Teoria del taglio, Disegno, Calligrafia. Alla seconda appartengono gli insegnamenti di: Taglio e cucito di biancheria, Taglio e confezione di abiti da signora, Ricamo e rammendo. È frequentata complessiva mente da 70 alunne, delle quali 58 esterne e 12 ricoverate nell’Orfanotrofio.97 Il vescovo di Melfi, Bovio, istituisce, negli anni ‘80, nella città lucana in provincia di Potenza, un Orfanatrofio femminile. L’Orfanotrofio si mantiene con le rendite dei legati del vescovo e del suo successore Sellitti. È diretto dalle Suore del Prezio- 95 Ibidem, p. 930. 96 Lorenzo Scillitani (1827-1880). A conclusione degli studi superiori decide di dedicarsi ai viaggi nelle principali città europee. Il 1860 partecipa attivamente agli eventi della Rivoluzione. Assume l’anno dopo la carica di Sindaco di Foggia. I primi anni di attività sono piuttosto intensi e prolifici dal punto di vista della elaborazione di programmi amministrativi. Ciò gli consentirà di conservare la carica di Sindaco della città ininterrottamente fino al 1872. La sua opera incise notevolmente sulle vicende economiche, formative e urbanistiche della città. In particolare in questo campo risultano di notevole rilievo i provvedimenti per l’eliminazione delle deprimenti borgate periferiche, la costruzione di strade pianeggianti lastricate e l’illuminazione delle strade. L’interesse di Scillitani fu anche rivolto alle questioni dell’istruzione pubblica. La sua visione della società civile lo condusse alla elaborazione di interessanti programmi amministrativi legati allo sviluppo dell’istruzione, unico strumento per l’abbattimento dell’analfabetismo e vero e proprio volano per il progresso della città. Il suo motto “Il popolo che ha le migliori scuole è il primo popolo; ed il nostro se non l’è oggi lo sarà domani”, è l’emblema delle sue convinzioni. Scillitani crea in questi anni quattro scuole femminili di grado inferiore nei quattro conservatori dell’Addolorata, della Maddalena, di S. Eligio e di S. Teresa e si adopera per la fondazione del Liceo-Ginnasio “Vincenzo Lanza” amministrato dal Comune con annesso Convitto. Al suo impegno si deve la fondazione dell’Istituto per civili fanciulle, l’istituzione di asili infantili , dell’“Orto Agrario di Capitanata” una vera scuola di tecnica agraria e l’istituzione di due scuole serali: una di Disegno geometrico ed un’altra di Disegno applicato all’architettura civile e di Meccanica teorica ed applicata. Scillitani mantenne la carica di Sindaco della città fino al 1872 quando fu eletto Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Capitanata. Da due anni invece (1870) era già rappresentante per il collegio di Foggia al Parlamento italiano. 97 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 979. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 390 22/12/22 13:34 391 sissimo Sangue. Vi si insegnano Lavori donneschi e particolarmente il Ricamo. Ha alunne interne ed esterne; delle esterne frequentano la scuola 27 giovinette.98 A Trapani apre i battenti nel 1886 la Scuola comunale professionale femminile. Il Comune la istituisce e la mantiene. Vi si insegnano, oltre le materie di cultura generale, il Disegno, il Taglio di biancheria, il Cucito a mano e a macchina, la Sartoria da donna e il ricamo.99 Sempre a Trapani le Suore della Carità gestivano una Scuola di lavoro per giovani ragazze, dove si insegnava loro a ricamare ed a cucire la biancheria e gli abiti da donna. Per venire incontro alle famiglie vittime del colera, dando “ospizio ed educazione” ai loro figli, un Comitato di soccorso fece, nel 1887, un contratto sessennale con le Figlie della Carità per la fondazione di un Asilo. L’Asilo e la Scuola di lavoro assunsero il nome di Asilo Charitas. L’una e l’altra erano mantenute da sussidi erogati da banche locali e da benefattori.100 98 Ibidem, p. 982. 99 Ibidem, p. 998. 100 Negli ultimi mesi del 1887 “si costituì ad iniziativa del Cav. Dr Ignazio Lampiasi un comitato di soccorso per le famiglie delle vittime del colera, allora sventuratamente dominante nella nostra città” per “assicurare mercé private soscrizioni e per un sessennio, l’annua somma di L. 4957,58 a fine di continuare un necessario sussidio agli orfani de’ colerosi. Per dare a quegli sventurati ospizio ed educazione, fu conchiuso un contratto colle Figlie della Carità, che tenevano a Trapani una scuola di lavoro sotto il patrocinio di alquante benefiche Signore del nostro patriziato; col quale contratto fu fondato un nuovo istituto, che, comprendendo in sé la detta Scuola di lavoro, assunse il nome di ASILO CHARITAS”. Vi furono ospitati venti tra “fanciulle e fanciulli” orfani in conseguenza del colera “pe’ quali posti fu determinata una retta annua di L. 150 ciascuno, che unite alle L. 1500 da corrispondersi a tre sorelle della Carità (una quarta è stata sempre stipendiata dalla generosità di Mons. Vescovo) assorbivano pressoché interamente la somma sottoscritta”. Poiché altri proventi arrivavano dalle banche (già citate) e dalle feste di beneficenza organizzate dalle patronesse “si pensò di estendere il benefizio del ricovero alle fanciulle abbandonate”. Vedi: Tartamella E., L’Asilo Charitas a Trapani, in www. larisaccamensiletrapanese.it. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 391 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 392 22/12/22 13:34 Capitolo II GLI ANNI 90: LA LENTA ESPANSIONE DELLE SCUOLE PROFESSIONALI COMMERCIALI, INDUSTRIALI E FEMMINILI. VERSO LA COSTRUZIONE DI UN SISTEMA D’ISTRUZIONE PROFESSIONALE CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 393 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 394 22/12/22 13:34 395 INTRODUZIONE Gli eventi e i fenomeni del decennio 1. I governi 1.1. Alternanza di governi di Destra e di Sinistra Nel decennio si susseguono formazioni governative di diverso segno politico: prima la Sinistra con Crispi (dal marzo 1889 al febbraio 1892), segue la Destra con Rudinì (dal febbraio 1891 al maggio 1892), ritorna la Sinistra con Giolitti (dal maggio 1892 al dicembre 1893) e Crispi (2 Governi dal dicembre 1893 al marzo 1896), ricompare la Destra con Rudinì (4 Governi dal marzo 1896 al giugno 1898) e chiude l’elenco un militare, Pelloux (2 Governi dal giugno 1898 al giugno 1900). Quando il Governo Crispi cadde nel gennaio del 1891 a causa dell’avversione all’introduzione di misure fiscali troppo rigide, il Re Umberto I di Savoia1 affidò a Rudinì2, capo riconosciuto della Destra, l’in- 1 Umb erto I di Savoia (1844-1900). Figlio di Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, e di Maria Adelaide d’Austria. Il suo regno fu contrassegnato da diversi eventi, che produssero opinioni e sentimenti opposti. Il monarca viene ricordato positivamente da alcuni per il suo atteggiamento dimostrato nel fronteggiare sciagure come l’epidemia di colera a Napoli del 1884, prodigandosi personalmente nei soccorsi (perciò fu soprannominato “Re Buono”), e per la promulgazione del cosiddetto codice Zanardelli, che apportò alcune innovazioni nel codice penale, come l’abolizione della pena di morte. Da altri fu duramente avversato per il suo rigido conservatorismo e per il suo indiretto coinvolgimento nello scandalo della Banca Romana, l’avallo alle repressioni dei Moti popolari del 1898 e l’onorificenza concessa al generale Fiorenzo Bava Beccaris per la sanguinosa azione di soffocamento delle manifestazioni del maggio dello stesso anno a Milano. Azioni e condotte politiche che gli costarono almeno tre attentati nell’arco di 22 anni fino a quello che a Monza, il 29 luglio 1900, per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, gli sarà fatale. Proprio dagli anarchici, Umberto I ricevette il soprannome di “Re Mitraglia”. 2 Starrabba Marchese di Rudini, Antonio (1839-1908). Laureatosi in legge a Palermo, costretto all’esilio per aver preso parte ai Moti insurrezionali antiborbonici dell’aprile 1860, nel 1864 fece ritorno nella sua città e ne fu eletto Sindaco. Distintosi per le sue capacità amministrative, l’aver fronteggiato con successo il movimento popolare del settembre 1866 gli valse la nomina a Prefetto di Palermo e poi di Napoli (1868). Ministro degli Interni e deputato della Destra (1869), assunse un atteggiamento di opposizione nei confronti dei gabinetti Depretis e Crispi, succedendo a quest’ultimo nel febbraio 1891. Nel secondo suo Governo affrontò la crisi sociale in atto nel Paese facendo largo uso di misure repressive, ma fu costretto a dimettersi in seguito alle manifestazioni popolari di Milano del maggio 1898. Risultato vano l’immediato tentativo di varare un nuovo esecutivo, Rudinì non ricoprì più incarichi di rilievo; negli anni successivi prese comunque posizione contro la politica giolittiana. Iscritto alla Massoneria. Il re Umberto I CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 395 22/12/22 13:34 396 carico di formare il nuovo Ministero. La composizione del nuovo Governo rifletteva i mutati equilibri politici interni al Parlamento italiano: infatti il nuovo Primo Ministro dovette formare un Governo di coalizione che vedeva insieme ad esponenti conservatori (come Luigi Luzzati3 alle Finanze e Pasquale Villari4 alla Pubblica Istruzione), una parte della Sinistra Storica (capeggiata da Giovanni Nicotera, nominato Ministro dell’Interno) e che si basava sull’appoggio parlamentare anche di alcuni deputati Radicali (come Felice Cavallotti5). La sua amministrazione si rivelò l’esatto opposto di quella del suo predecessore: alle eccessive spese sostenute dal Governo Crispi per gli investimenti industriali e i progetti coloniali, che avevano causato il dissesto del bilancio, contrappose una politica della “lesina”, volta a contenere le spese, specie quelle militari. In politica estera, riafferma i vincoli che legavano l’Italia a Vienna e Berlino tramite la Triplice Alleanza6 e rovescia il programma di espansione coloniale in Africa7. 3 Luzzatti Luigi (1841-1927). Professore universitario, Deputato (1871-1921), Senatore (dal 1921), fu anche Ministro del Tesoro, dell’Agricoltura e Presidente del Consiglio (1910-11). Promotore delle banche popolari e della legislazione sociale, fu favorevole alla svolta protezionista del 1887 e, dalla Prima guerra mondiale in poi, alla cooperazione internazionale in campo monetario. Affiliato alla Massoneria. 4 Villari Pasquale (1826-1917). Storico e politico napoletano. Esule a Firenze dopo aver partecipato ai moti napoletani del 1848, fu docente universitario, Deputato, Senatore (dal 1884) e Ministro della Pubblica Istruzione (1891-92). Allievo di Francesco De Sanctis, partecipò al dibattito storiografico della seconda metà dell’Ottocento e fu uno degli iniziatori del Positivismo italiano; inoltre fu autorevole studioso della Questione meridionale (Lettere meridionali, 1878). Iniziato alla Massoneria. 5 Cavallotti Felice (1842-1898). Scrittore e politico. Dopo essersi arruolato nella Spedizione Medici, che partì di rincalzo ai Mille, si batté a Milazzo e al Volturno (1860). Partecipò alla guerra del 1866, sempre nelle truppe garibaldine. Autore di numerosi drammi in versi, elogiato da Carducci come «lirico della bohème», rivelò assai presto eccellenti qualità di giornalista e di polemista. Fu attratto soprattutto dalla politica: Deputato (dal 1873), sedette all’estrema Sinistra e fu critico appassionato, spesso aspro, della Destra, del trasformismo di Depretis e, soprattutto, di Crispi, contro il quale tentò di unificare l’estrema sinistra alleandosi con radicali e repubblicani. La serie clamorosa delle polemiche e dei duelli, cui era costretto dalla veemenza delle sue critiche, si concluse tragicamente nel duello con Ferruccio Macola, direttore della Gazzetta di Venezia. 6 Rudinì rinnovò l’alleanza con Germania e Austria il 5 maggio 1891, con un anno di anticipo sulla scadenza del patto, nel quale l’Italia venne equiparata agli altri due Stati firmatari mediante un testo unico, al posto dei due precedenti trattati separati italo-tedesco e italo-austriaco. Un articolo aggiuntivo della nuova Triplice Alleanza facilitava le ambizioni italiane su Tripoli, la cui eventuale occupazione da parte italiana, prima possibile solo in caso di minaccia francese, ora poteva avvenire senza questa condizione, previo assenso tedesco. 7 Infatti, il Presidente del Consiglio negoziò con il Governo di Londra, in attrito con Roma per ragioni di confine tra Eritrea, colonia italiana, e Sudan inglese, un accordo diplomatico che fissava le frontiere coloniali e sanciva la rinuncia italiana a territori occupati militarmente. Antonio Starabba di Rudinì CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 396 22/12/22 13:34 397 Modesti furono i risultati di Rudinì in politica interna, finalizzata al raggiungimento del pareggio di bilancio, che poteva essere ottenuto solo o con l’inasprimento fiscale, oppure il ridimensionamento delle forze armate e delle spese militari. Alla prima proposta si oppose lo stesso Ministro delle Finanze, Giuseppe Colombo,8 che si dimise per protesta, mentre la seconda ipotesi fu osteggiata dagli ambienti conservatori sia della Destra che della Sinistra, oltre che dai militari e dallo stesso Re Umberto I, tradizionalmente legato all’esercito. Dopo le dimissioni del suo Ministro, Rudinì presentò al sovrano le dimissioni ottenendo un reincarico, ma il 14 maggio 1892 l’esecutivo cadde a causa di un voto contrario della Camera sugli stanziamenti militari. Il suo posto venne preso da Giolitti, volto nuovo della politica italiana, il cui Governo cadde in seguito alla Scandalo della Banca Romana nel dicembre 18939, fatto che determinò il ritorno al potere di Francesco Crispi (III e IV Governo, dal dicembre del ‘93 al marzo del ‘96). In Sicilia, nel 1892-93, si assiste alla protesta dei “Fasci dei lavoratori” (il termine “fascio” indicava allora una lega, una unione) che si diffusero rapidamente, fino a costituire un vero movimento di massa. In questa protesta contadini, commercianti, piccoli proprietari, alla lotta contro l’eccessivo fiscalismo dello Stato italiano aggiungevano la rivendicazione di terre da coltivare e la richiesta di revisione dei “Patti agrari” (i contratti fra contadini e grandi possidenti). Nel 1893 i “Fasci” furono duramente repressi da Crispi. Tuttavia, dopo la crisi conseguente al disastro di Adua (1 marzo 1896) ritorna come Presidente del Consiglio Rudinì, che avviò subito trattative per porre termine alla Campagna d’Africa Orientale.10 Rudinì rimane in carica ininterrottamente fino al 29 giugno 1898 con quattro composizioni governative diverse (II, III, IV e V). Nel maggio del 1898 a Milano ci fu una rivolta popolare da parte di lavoratori che scesero in piazza per protestare contro le condizioni di lavoro e l’aumento del prezzo del pane. La protesta si estese in molte città, tanto che fu decretato lo stato d’assedio a Milano, Napoli, Firenze 8 Colómbo Giuseppe (1836-1921). Ingegnere, prof. di meccanica al Politecnico di Milano dal 1865, ne divenne direttore nel 1897. La sua più nota pubblicazione è il Manuale dell’ingegnere (1a ed. 1877) che, rinnovato e ampliato, è stato un manuale di diffusa consultazione. Deputato di Milano nel 1866 e presidente della Camera nel 1899-1900, fu ministro delle Finanze nel 1891 e del Tesoro (1896); senatore dal 1900. 9 È stato un caso politico-finanziario di rilevanza nazionale che fu al centro delle cronache italiane dal 1892 al 1894 e che ebbe come elemento centrale la scoperta delle attività illecite del governatore della Banca Romana nel decennio precedente per finanziarie l’espansione edilizia della Capitale e le richieste della classe politica. Venne istituita una commissione parlamentare e un’inchiesta penale che misero sotto giudizio il governo, a partire da Francesco Crispi e Giovanni Giolitti. Il processo si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati e l’erario statale dovette far fronte al buco causato dalla cattiva gestione dei crediti. La vicenda mise in luce la necessità di istituire un’unica banca centrale per l’emissione della moneta e col potere di decidere la politica monetaria. Le conseguenze politiche furono minime e già nel dicembre 1893 Crispi tornò ad essere presidente del Consiglio dei ministri per la terza volta. 10 Concluse la pace con l’Abissinia con il Trattato di Addis Abeba, che prevedeva l’abolizione del precedente Trattato di Uccialli e la fissazione della linea di confine tra Etiopia ed Eritrea. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 397 22/12/22 13:34 398 e Livorno. I fatti più gravi avvennero nel capoluogo lombardo. La repressione da parte del Gen. Fiorenzo Bava Beccaris lasciò sul terreno 85 morti. Rudinì fu costretto a dimettersi e gli successe Luigi Pelloux.11 Questi, che si era riservato anche il Ministero degli Interni, presentò nel febbraio 1899 un disegno di legge fortemente restrittivo di alcune libertà fondamentali (stampa, associazione, riunione), scontrandosi con la ferma opposizione dei gruppi radicali e socialisti, di alcuni liberali contrari a una svolta autoritaria e dello stesso Leone XIII.12 Indebolito dal fallimento di una spedizione militare in Cina, Pelloux si dimise nel maggio 1899 e formò un nuovo Gabinetto, ancora più orientato a destra. Al tentativo di riproporre il disegno di legge liberticida le opposizioni risposero ricorrendo all’ostruzionismo parlamentare. Pelloux promulgò allora le misure repressive per decreto, dichiarato, però, nullo dalla Corte di Cassazione (febbraio 1900). Lo scontro tra Governo e Opposizione si concluse, infine, con lo scioglimento della Camera; le successive elezioni (giugno 1900) fecero però registrare un rafforzamento della Sinistra, costringendo il Governo alle dimissioni. 11 Pelloux Luigi Girolamo (1839-1924). Generale e uomo politico italiano. Entrato nella carriera militare partecipò alle guerre del 1859 e del 1866; a Custoza (1866) ottenne la medaglia d’argento al valore e nel 1870 comandò l’artiglieria che aprì la breccia di Porta Pia. Salì pertanto rapidamente agli alti gradi dell’esercito. Intanto era iniziata anche la sua carriera politica. Deputato per Livorno dal 1880. Prima di diventare Presidente del Consiglio fu Ministro della Guerra con Rudinì (1891-92) e Giolitti (1892-93); fu ancora alla Guerra con Rudinì nel 1896-97. Ritiratosi dalla politica, tornò alla vita militare. 12 «Grande fu la Nostra sorpresa e il Nostro dolore, quando apprendemmo che con assurdo pretesto, mal dissimulato dall’artificio, si osava, al fine di deviare l’opinione pubblica e porre ad esecuzione un premeditato disegno, riversare sui cattolici la stolta accusa di perturbatori dell’ordine e far ricadere sopra di loro il biasimo e il danno dei sediziosi sconvolgimenti. E maggiormente crebbe il Nostro dolore, quando, a tali calunnie succedendo fatti arbitrari e violenti, si videro sospesi o soppressi molti dei principali e valorosi giornali cattolici, proscritti Comitati per le parrocchie e per le diocesi, disperse adunanze per congressi, rese inerti alcune istituzioni ed altre minacciate fra quelle stesse che hanno per scopo il solo incremento della pietà tra i fedeli, o la pubblica e privata beneficenza [...]. Con la soppressione di quelle Società viene ad aumentare la miseria morale e materiale del popolo, che esse procuravano con ogni mezzo possibile di mitigare; viene privata la civile comunanza di una forza potentemente conservatrice, giacché la loro organizzazione stessa e la diffusione dei loro principi era un argine contro le teorie sovversive del socialismo e dell’anarchia; viene infine ad accendersi maggiormente il conflitto religioso che tutti gli uomini scevri da passioni settarie comprendono essere supremamente funesto all’Italia dì cui spezza la forza, la compattezza, l’armonia». Leone XIII, Lettera Enciclica del 5 agosto 1898 “Spesse volte”. Luigi Pelloux CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 398 22/12/22 13:34 399 1.2. La nascita del Partito Socialista Italiano e la presenza organizzata dei cattolici L’acutizzarsi del disagio sociale era all’origine anche dell’espansione in Italia del Socialismo, radicato soprattutto nell’Italia Centro-Settentrionale, con una forte componente rurale e anarchica. Andrea Costa13, il primo socialista eletto al Parlamento, dirigente delle lotte bracciantili padane, riuscì, però, insieme con l’avvocato milanese Filippo Turati,14 a dare al movimento un’impronta meno anarchica e a far prevalere il Socialismo marxista15. Turati soprattutto, con la rivista “Critica Socia- 13 Costa Andrea (1851-1910). Negli anni giovanili fu seguace delle idee anarchiche di Michael Bakunin e dopo il 1871 organizzò in Romagna sezioni della Internazionale. Arrestato e condannato nel 1874, emigrò in Francia (1876) e in Svizzera, per sottrarsi a una nuova condanna. In Francia cominciò a orientarsi verso il Socialismo evoluzionistico. Al suo ritorno in Italia annunciò in una famosa lettera “Agli amici di Romagna” la sua conversione dall’Anarchia al Socialismo, molto contribuendo alla diffusione di quest’ultimo in Italia. Fondò (1880) a Milano la Rivista internazionale del socialismo e nel 1881 a Imola il settimanale Avanti! Deputato nel 1882 fu tra i fondatori del Partito socialista; nel 1898 fu arrestato a Milano durante lo stato d’assedio; nel 1908 fu eletto Vicepresidente della Camera. 14 Turati Filippo (1857-1932). Figlio di un alto funzionario statale, si laurea in giurisprudenza a Bologna. Trasferitosi con la famiglia a Milano, frequentò Arcangelo Ghiseri e Roberto Ardigò, e iniziò la carriera di pubblicista come critico letterario. Negli anni successivi si avvicinò agli ambienti operai e socialisti e attraverso Anna Kuliscioff, cui si unì dal 1885, entrò in contatto con esponenti della socialdemocrazia tedesca. A questo periodo risale l’adesione di Turati al Marxismo, che si innestò sulla sua precedente formazione democratica e positivista. Nel 1889, insieme alla Kuliscioff, fondò la Lega socialista milanese, con l’obiettivo di creare un punto di raccolta e di chiarificazione delle forze socialiste, primo passo verso la formazione di un partito autonomo della classe operaia. Questa azione, nel cui ambito si collocò la pubblicazione della rivista Critica sociale, culminò nel 1892 nella fondazione del Partito socialista dei lavoratori italiani (che dal 1895 assunse la denominazione PSI), cui Turati diede un contributo decisivo. Deputato dal 1896, arrestato in occasione dei Moti del 1898; condannato a dodici anni di reclusione, fu liberato l’anno successivo. A capo della corrente riformista, di fronte alla nuova fase politica avviata da Giolitti, sostenne la necessità di appoggiare la borghesia liberale e di adottare una strategia gradualistica, convinto della possibilità dell’instaurazione pacifica del socialismo nel quadro di un generale progresso economico. Antimilitarista, avversò la Guerra di Libia (1911) e l’intervento italiano nel conflitto mondiale; nel dopoguerra il suo ruolo all’interno del PSI, ormai guidato dalla componente massimalista, andò progressivamente scemando. Espulso dal partito, nel 1922 diede vita, con Giacomo Matteotti, al PSU. Nel 1926, dopo una fortunosa fuga organizzata da Ferruccio Parri, Carlo Rosselli e Sandro Pertini, si stabilì a Parigi, dove contribuì, nel 1929, alla costituzione della Concentrazione antifascista e, l’anno successivo, alla Fusione socialista. 15 Il rapido diffondersi delle idee socialiste-marxista è dovuto in larga parte ai mutamenti avvenuti in questi decenni nel mondo della produzione. La concentrazione industriale, con la conseguente crescente meccanizzazione e l’ampliamento delle dimensioni dell’azienda, ebbe come effetto un radicale mutamento delle relazioni sociali all’interno delle imprese. In precedenza, erano di dimensioni piccole, o comunque più ridotte e la meccanizzazione poco sviluppata, specie nell’industria tessile. In queste imprese i rapporti tra operai e padroni (molto spesso essi stessi già operai divenuti piccoli imprenditori) erano rapporti tra persone che lavorano fianco a fianco molte ore al giorno: quindi rapporti sovente ispirati a una ridotta conflittualità, anche perché in molti casi la condizione economica dell’impresa era tutt’altro che florida. Tale situazione aveva obiettivamente favorito il diffondersi delle idee sociali mazziniane, basate sul principio della collaborazione tra capitale e lavoro, tra operai e imprenditori. Nella nuova situazione i rapporti tra imprenditori e lavoratori dipendenti mutano profondamente: la conflittualità s’accentua, come dimostrato dalla statistica analitica del fenomeno degli scioperi. Essi assunsero un’importanza sempre maggiore, sia per il loro numero, sia per il numero degli operai in essi CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 399 22/12/22 13:34 400 le”, operava da anni per orientare le forze operaie e socialiste verso la creazione di un’unica organizzazione. Dall’incontro dei gruppi socialisti dell’Italia centro- settentrionale e delle organizzazioni operaie di stampo riformista si formò, nel 1892, il Partito Socialista Italiano (vedi foto) fortemente influenzato dal Marxismo internazionale, con forti istanze rivoluzionarie e operaiste. Ripudiata la linea anarchica, definitosi partito di classe, il Partito Socialista affiancò alla lotta elettorale per il potere politico quella per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, affidata alle organizzazioni sindacali: Società di mutuo soccorso, Leghe di resistenza, Federazioni di mestiere (associazioni di categoria a livello prima locale e poi nazionale) e Camere del lavoro (che riunivano le diverse categorie di lavoratori di un unico territorio). La prima Camera del lavoro venne fondata a Milano nel 1891, l’anno dopo ne furono istituite altre dodici, tutte nelle città settentrionale (a parte Firenze e Roma). Il Partito Socialista, riferimento per queste associazioni, che comunque operavano in autonomia, fu il primo, e per molti anni l’unico, partito organizzato sulla scena politica italiana. Il mondo cattolico non era presente nella politica, almeno con formazioni organizzate, ma era molto attivo nel sociale. Nel 1874, infatti, era stata fondata a Venezia l’Opera dei Congressi16, cioè l’unione di associazioni cattoliche attive in campo sociale e religioso, fondate da laici e religiosi. L’economista Giuseppe Toniolo,17 coinvolti, ed anche per la loro stessa durata. Dal 1879 al 1889, il numero complessivo degli scioperi crebbe da 32 a 126, e dal 1899, da 126 a 259. In questo quadro, era più che naturale che l’“egemonia” della filosofia sociale mazziniana svanisse in fretta, per lasciare il posto alla diffusione dell’idea marxista della Lotta di Classe. 16 Gambasin A., Il movimento sociale nell’Opera dei Congressi, 1874-1904. Contributo per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Roma, Università Gregoriana, 1958 (versione digitale). 17 Toniolo Giuseppe (1845-1918). Economista e sociologo. Professore di Economia politica nelle università di Modena (1876) e Pisa (1878-1918), fu il massimo esponente italiano della scuola etico- cristiana, che rappresenta una reazione alla concezione utilitaristico-individualista dell’economia. Svolse un’attiva propaganda a favore dei sindacati e delle corporazioni, intesi a realizzare una maggiore giustizia sociale su basi cristiane frenando il prepotere dello Stato e integrando l’insufficienza dell’individuo singolo. Fu il principale ispiratore, in Italia, di una democrazia fondata sui principi fondamentali del cristianesimo e quindi il predecessore di quello che nel secondo dopoguerra è stato il partito della Democrazia cristiana; presiedette (dal 1906) l’Unione popolare e collaborò intensamente alla Rivista internazionale di scienze sociali, che aveva fondato nel 1893. Oltre un Trattato di economia sociale scrisse numerose opere raccolte in 20 volumi (1947-53). Nel 1951 è stata introdotta la causa di beatificazione e nel 1971 è stato dichiarato venerabile CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 400 22/12/22 13:34 401 principale esponente di questo movimento, riconoscendo la legittimità delle rivendicazioni operaie, avviò la creazione di Società operaie di mutuo soccorso e di banche cooperative di ispirazione cattolica. Legittimata da papa Leone XIII con l’enciclica Rerum Novarum, quest’azione pose le basi per il reingresso dei cattolici nella vita politica italiana, dopo il trauma di Porta Pia. 2. L’economia e la società Da un punto di vista macroeconomico questo decennio riflette un po’ delle caratteristiche del periodo precedente, 1873-1896, che i contemporanei chiamarono “grande depressione” e del periodo 1896-1913, caratterizzato da uno sviluppo generalizzato della produzione e quindi anche dei prezzi, cui si accompagnò un aumento dei salari e del reddito pro-capite. Nel periodo 1873-1895 l’economia europea aveva attraversato una fase di difficoltà, perché i ritmi dello sviluppo e il livello dei prezzi videro interrompersi la continua ascesa dei decenni precedenti. Fu in realtà un periodo contraddittorio, che alternò le fasi di recessione con altre di ripresa, e nel quale maturarono imponenti trasformazioni tecnologiche e organizzative. È vero che l’agricoltura europea conobbe una fase di crisi - determinata dall’afflusso di cereali a minor prezzo provenienti dalla Russia e da paesi extraeuropei (Stati Uniti, America Latina, Australia) - che determinò la caduta dei prezzi dei prodotti agricoli italiani. Ed è vero anche che il settore industriale conobbe una fase di difficoltà, legata all’aumento della concorrenza internazionale e all’esaurirsi del volano economico rappresentato dalle ferrovie. È anche vero che l’industria conobbe in questa fase una grande trasformazione tecnologica legata all’affermarsi di nuovi settori strategici (acciaio, elettricità, chimica, petrolio), al rinnovamento degli impianti tradizionali e al diffondersi della grande fabbrica. È vero anche che nasce in questo periodo lo stretto legame fra ricerca scientifica, tecnologica e industria, che avviò un processo di innovazione tuttora vivacissimo. Ne furono investiti tutti i campi, ma in particolare quelli dei trasporti e delle telecomunicazioni (telegrafo, telefono), protagonisti del vero e proprio decollo di quella che oggi chiamiamo “globalizzazione”, cioè l’integrazione a livello planetario di merci, persone, informazioni. In questa fase mutarono anche profondamente le strutture organizzative del capitalismo industriale: al capitalismo concorrenziale, costituito da un gran numero di piccole e medie imprese in concorrenza fra loro, subentrò un sistema fondato su grandi imprese o gruppi di imprese capaci di esercitare un controllo molto stretto del mercato e dei prezzi (capitalismo monopolistico o oligopolistico). Le ricorrenti fasi di crisi, che misero fuori mercato le imprese meno competitive, e l’alto costo degli investimenti determinarono una forte concentrazione del capitale industriale. Questo nuovo capitalismo favorì un intreccio sempre più stretto fra potere economico e potere politico: i Governi sostennero l’industria nazionale difendendola con misure protezionistiche, alimentandola con commesse pubbliche, specie di natura militare, e conquistando nuovi mercati attraverso una politica estera espansionistica e imperialista. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 401 22/12/22 13:34 402 Nel 1896 un nuovo ciclo espansivo a livello mondiale si ripercuote positivamente sull’economia italiana. Comincia la fase di sviluppo che porterà nel primo decennio del 1900 al vero e proprio decollo industriale italiano. Cominciano per ora a crescere solo alcuni settori del Centro-Nord (l’industria meccanica, la protetta industria cotoniera, quella dell’elettricità); continuano invece le gravissime difficoltà dell’agricoltura, specialmente al Sud. Il fatto che fra il 1891 e il 1898 il valore della produzione complessiva agricola resti immutato in presenza di un incremento demografico di oltre tre milioni di unità significa un regresso vero e proprio. Questa situazione trova la sua naturale “soluzione” nella intensificazione del flusso migratorio, che si dirige soprattutto verso l’America settentrionale e che vedrà un’intensificazione nei primi anni del Novecento, passando dal 7% nel 1894, al 10% nel 1900, al 20% nel 1905. Nella prima fase la maggior parte degli emigrati proveniva dalle zone agricole dell’Italia settentrionale, soprattutto dal Veneto, e l’emigrazione aveva carattere temporaneo. Successivamente divenne un abbandono definitivo e coinvolse anche le Regioni meridionali. Questa corrente migratoria funzionava senza dubbio da strumento di controllo e valvola di sfogo delle tensioni connesse alle trasformazioni demografiche e ai rapporti sociali, ma forniva anche un valido sostegno all’economia interna attraverso le rimesse degli emigrati, cioè il denaro che gli emigrati inviavano dall’estero alle famiglie rimaste in patria. A fine secolo, infatti, le rimesse arrivarono a coprire più della metà della bilancia dei pagamenti, consentendo di far fronte all’importazione di materie prime e di beni capitali necessarie alle accresciute esigenze della produzione industriale. Comunque, in tutta Italia resta molto pesante la situazione delle classi popolari: fra dazi sul grano e altre imposte dirette e indirette, si continua a pagare il pane quasi il doppio del suo prezzo, aumentano le vendite giudiziarie di beni di piccoli contribuenti, dilagano le malattie da fame e da nocività ambientale come rachitismo, tubercolosi, pellagra, malaria. La sofferenza sociale culmina al Sud, è più contenuta per la minoranza di operai delle nuove grandi fabbriche del Nord e si esprime in esplosioni di collera in tutto il Paese, come quelle dei fasci siciliani e di Milano, delle quali abbiamo già detto. Migliorano, invece, le condizioni di vita dei ceti medi urbani fra i quali avanza un processo di modernizzazione che coinvolge le culture e le mentalità. 3. La popolazione, l’istruzione e le professioni In merito a questi argomenti, nelle introduzioni dei capitoli, sia del IV volume che di questo testo, abbiano fatto riferimento ai dati dei Censimenti generali della popolazione italiana, che dal 1861 vengono realizzati ogni dieci anni. Purtroppo nel 1891, eccezionalmente, il censimento non viene svolto per difficoltà finanziarie. Non disponendo di tali dati viene meno la possibilità di utilizzare serie storiche necessarie per studiare gli andamenti e le evoluzioni nel tempo di tali tematiche. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 402 22/12/22 13:34 403 1. Aspetti istituzionali del sistema d’Istruzione Professionale 1.1. Collocazione delle competenze in materia di Istruzione Professionale nel Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio (MAIC) Un D.M. del 30 luglio 1888 rimodula agli assetti organizzativi del MAIC rispetto a quelli del decennio precedente, quando era stato istituito un Sottosegretariato di Stato al posto del Segretariato generale. I servizi dipendenti dal Sottosegretariato sono così riordinati: Divisione I affari generali, legislazione agraria, servizi amministrativi, successivamente divenuta Divisione per personale, affari generali e proprietà intellettuale; Divisione II credito e previdenza; Divisione III industria e commercio; Divisione IV ragioneria.1 Figura n. 1 - Collocazione dell’Istruzione Professionale con il riordinamento del MAIC del 1897 1 Archivio Centrale dello Stato, Archivi degli Organi di governo e amministrativi dello Stato- MAIC (1860-1914). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 403 22/12/22 13:34 404 1.2. Tentativi di una legislazione organica Nel par. 4.1.2. del Capitolo precedente abbiamo affermato che la proposta di legge organica sull’Istruzione Professionale presentata il 2 novembre del 1889 e ripresentata l’8 febbraio 18902 dal Ministro Miceli e cofirmata dal Ministro della Pubblica Istruzione non poté essere discussa in Parlamento per la fine della legislatura. A Miceli succede nella conduzione del MAIC, nel primo Governo di Rudinì (6 febbraio 1891-15 maggio 1892) Bruno Chimirri.3 Il neoministro nella seduta del 30 novembre 1891 ritira il progetto di legge del predecessore.4 Solo due anni dopo (nella seduta del 23 novembre 1893), il Ministro dell’Agricoltura del III Governo Crispi (dicembre 1893-giugno 1894) on. Lacava5, presenta 2 Camera dei Deputati - Atti Parlamentari XVI Legislatura - Quarta Sessione, 1890, Roma, Tipografia della Camera dei Deputati 1890, p. 151. 3 Chimirri Bruno (1842-1917). Laureatosi in Giurisprudenza a Napoli, fu iniziato alla Massoneria l’8 novembre 1865. Fu Deputato dalla XII alla XXIII legislatura e Senatore nella XXIV. Nel Gabinetto di Rudinì fu Ministro dell’Agricoltura dal febbraio al dicembre 1891. Dal giugno 1900 al febbraio 1901 fu Ministro delle Finanze con interim al Tesoro nel Governo Saracco. Sostanzialmente, nel corso della carriera parlamentare, si distinse come oppositore moderato della politica riformista della Sinistra, intervenendo anche sulla questione dei rapporti tra Stato e Chiesa. Quando nel 1880 Agostino Depretis presentò il progetto di legge per l’allargamento dell’elettorato che culminò nella legge elettorale del 1882, Chimirri manifestò perplessità, ma cambiò idea nel 1912 quando fu varata la nuova legge perché non era più possibile tenere lontane dalle urne le classi popolari. Avversò inoltre gli articoli del Codice Zanardelli che punivano gli abusi dei ministri di culto guadagnandosi un’accusa di clericalismo. Era da pochi anni parlamentare quando venne nominato Commissario della Legge n. 333 del 23 luglio 1881 per la costruzione di nuove opere stradali e idrauliche. Ebbe una parte di primo piano nella discussione per lo sgravio delle imposte fondiarie ed in quella per il dazio sul grano, per la quale fu relatore. Fu appena sfiorato dallo scandalo della Banca romana. Da meridionalista e sociologo si interessò ai problemi della Calabria e contribuì alla stesura delle Leggi del 1906 e del 1908 in favore della sua terra natale. Fu inoltre nominato Commissario governativo e poi Presidente per la gestione del patrimonio e l’esercizio della tutela degli orfani del terremoto del 28 dicembre 1908. Nel 1914 avversò l’interventismo di Salandra e si pronunciò a favore della neutralità dell’Italia nel Primo conflitto mondiale. Conclusa la sua esperienza ministeriale, fece parte dello schieramento liberale moderato e avversò la politica di Giolitti. Cominciò, allora, a dedicarsi agli studi storici e letterari. 4 Camera dei Deputati - Atti Parlamentari XVI Legislatura - Quarta Sessione 1890, Roma, Tipografia della Camera dei Deputati 1890, p. 151. 5 Lacava Pietro (1835-1912). Nacque a Corleto Perticara, in Basilicata. Il padre era un avvocato di idee liberali, che ebbe una parte di rilievo nel Moto rivoluzionario della Basilicata del 1848 e poi nell’Insurrezione lucana del 1860. Lacava seguì le orme del padre: si laureò in giurisprudenza a Napoli e qui entrò presto in contatto con gli ambienti patriottici. Nel 1857 fu tra i fondatori del Comitato dell’ordine, che aveva come programma l’unità italiana con la monarchia sabauda. Fu tra gli artefici dell’insurrezione della Basilicata. Assunse poi la carica di Segretario del Governo prodittatoriale che si costituì a Potenza nell’agosto 1860 e il 7 settembre entrò a Napoli al fianco di Garibaldi. Dopo la costituzione del Regno d’Italia iniziò la carriera nei ranghi delle pubbliche istituzioni: Sottogovernatore di Melfi, successivamente Consigliere di prefettura a Pavia, poi Sottoprefetto a Palmi e Rossano. Nelle elezioni suppletive del 5 aprile 1868 fu eletto deputato nel collegio di Corleto Perticara, che rappresentò ininterrottamente alla Camera fino alla morte. Iscritto alla Massoneria. Nel 1876 fu chiamato a ricoprire la carica di Segretario del Ministero dell’Interno. Nel 1880 fece parte della commissione per lo studio della riforma elettorale. Schieratosi con Francesco Crispi, il 10 marzo 1889 divenne Ministro delle CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 404 22/12/22 13:34 405 alla Camera dei Deputati un pacchetto di disegni di legge,6 tra cui uno che riguarda “le scuole di arti e mestieri”.7 È l’ultimo disegno di legge veramente organico che sia stato sottoposto al giudizio e ai suffragi del Parlamento. Anzitutto il Ministro Lacava elimina tutte le disposizioni, che avrebbero dovuto essere proposte di concerto col Ministro della Pubblica Istruzione, perché del parere che gli accordi dovessero seguire e non precedere l’approvazione della legge. Le modifiche rispetto alla precedente proposta Lacava miravano “a dare facoltà al Ministro di esercitare la necessaria autorità sugli studi e sull’esplicazione dei programmi, senza intendere con ciò di voler costringere tutte le scuole nelle angustie dell’uniformità, e riconoscendo anzi che ciascuna scuola deve conformarsi alla diversità, di ambiente, grandissima in Italia da un luogo all’altro.” D’altra parte, come nei precedenti disegni, anche in questo s’intendeva dare alle singole scuole, con speciali regolamenti, norme comuni riguardanti l’amministrazione dei fondi, i bilanci, l’approvazione dei programmi, la nomina degli insegnanti, la vigilanza governativa, ecc. La differenza, però, veramente sostanziale fra questo disegno di legge e i precedenti sta nella diversa misura imposta ai contributi ministeriali per il mantenimento degl’istituti. Il disegno di legge Lacava ritorna alle disposizioni della circolare Cairoli del 7 ottobre 1879: stabilisce che il concorso fisso dello Stato nelle spese Poste e dei Telegrafi. Fu poi Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio dal 1892 al 1893 per il Governo Giolitti I e Ministro dei Lavori Pubblici per il Governo Pelloux II dal 1898 al 1900. Dopo essere stato Vicepresidente della Camera dei Deputati dal 1905 al 1907, divenne Ministro delle Finanze nel Governo Giolitti III dal 1907 al 1909. Attivo sulla scena pubblica fino agli ultimi anni di vita (nel 1911 si schierò a favore dell’impresa libica e nel 1912 presiedette la commissione nominata per esaminare il trattato di Losanna con la Turchia). 6 Camera dei Deputati - Atti Parlamentari XVIII Legislatura - 1a Sessione - Discussioni - Tornata del 23 Novembre 1893, p. 6346 «Lacava, ministro di agricoltura e commercio. Mi onoro di presentare alla Camera un disegno di legge per modificazioni alla legge sul credito fondiario; un disegno di legge per modificazioni alla legge sul credito agrario; un disegno di legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli; un disegno di legge per l’istituzione dei probi-viri nell’agricoltura, un disegno di legge che riguarda il pagamento e la insequestrabilità dei salari, un disegno di legge che riguarda la Cassa nazionale per gl’invalidi al lavoro, ed infine un disegno di legge che riguarda le scuole di arti e mestieri». 7 Relazione sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale a S. E. l’avvocato Francesco Cocco-Ortu Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, in MAIC, Ispettorato Generale dell’Industria e del Commercio, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni stati esteri, annuario pel 1907, p. XVIII-XXI. Dalla Presentazione al Ministro del Volume si evince (verosimilmente) che l’autore o comunque responsabile della Presentazione stessa sia il prof. Giuseppe Castelli, Capo della IX Divisione, Direttore dell’insegnamento industriale e commerciale: «Da cosi fausti auspici, mi viene il consiglio d’illustrare con brevi note le diverse parti del libro, in cui è raccolta nelle linee generali la storia dell’insegnamento professionale in Italia». Pietro Lacava CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 405 22/12/22 13:34 406 effettive di mantenimento, non possa superare i due quinti, restando a carico dei soggetti locali o di altri enti morali le spese per l’edificio e il suo adattamento. Alle scuole istituite direttamente da enti morali, da associazioni o da privati, quando non siano assoggettate alle norme vigenti, potevano essere concessi sussidi straordinari in misura non eccedente il quinto delle spese effettive di mantenimento, sotto l’osservanza delle condizioni già stabilite dalla legge Grimaldi. Nella relazione il Ministro giustifica la riduzione del contributo governativo, osservando che già la circolare Cairoli, fatta per incoraggiare e promuovere l’incremento delle scuole d’arti e mestieri e d’arte applicata all’industria, allora in numero molto ridotto, riteneva sufficiente il concorso governativo dei due quinti. Al tempo della presentazione del disegno di legge Lacava, esistevano invece circa 150 scuole di tal genere e conveniva incoraggiarne l’incremento: «[…] con prudente larghezza, nei luoghi soltanto ove ne fosse realmente sentito il bisogno, e l’istituzione nuova non dovesse servire a soddisfare vanità municipali e interessi di clientele. Sottoponendo i corpi locali al maggior onere di sostenere per intiero le spese d’impianto e la maggior parte di quelle di mantenimento, ove essi richiedano a tali patti la fondazione di scuole, si ha la prova evidente che l’istituzione risponde ad una necessità reale».8 Il disegno Lacava si propone anche di risolvere la questione della obbligatorietà dei contributi dei corpi locali e degli enti morali. E dichiara: «Il contributo dei vari enti deve essere iscritto nei loro bilanci tra le spese obbligatorie». Tale disposizione non era contenuta nei precedenti disegni di legge, né nella legge 6 giugno 1885 per le scuole pratiche d’agricoltura: «[…] nella quale venne omessa, perché era parsa superflua ritenendosi che non vi potesse essere dubbio sul carattere obbligatorio del concorso degli enti locali, il quale dovea precedere lo stanziamento da parte dello Stato». Eppure, l’obbligatorietà era stata contestata dalla Provincia di Roma per il suo concorso al mantenimento della Stazione agraria, e il Consiglio di Stato, con parere dell’11 agosto 1891, aveva ritenuto che la Provincia, «[...] impegnandosi senza limitazione alcuna di termini a contribuire al mantenimento della Stazione, aveva contratto di fronte al Governo un vero vinculum juris, al quale non poteva sottrarsi ».9 Come i precedenti disegni, questo dell’on. Lacava si preoccupa delle condizioni economiche degli insegnanti; e perciò propone una tabella degli stipendi e stabilisce a favore del personale aumenti sessennali e un regime di pensioni col concorso dello Stato e delle amministrazioni locali. Oltre a questo, dato che il Ministro del tesoro era deciso di presentare al Parlamento un disegno di legge per risolvere la questione delle pensioni per gl’impiegati di nuova nomina con una Cassa di previdenza, per alleggerire il peso che lo Stato sosteneva, il Ministro Lacava si ripromette di chiedere che le disposizioni di quella legge siano estese agl’insegnanti delle scuole professionali. 8 Idem, p. XIX. 9 Idem, p. XXI. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 406 22/12/22 13:34 407 Come detto, il disegno di legge Lacava fu l’ultimo tentativo di regolare con legge organica la materia delle scuole professionali. Infatti nel decennio con cui si apre il nuovo secolo si provvederà con una legislazione “settoriale” che si preoccuperà soprattutto di criticità di alcune regioni e territori o di alcuni settori produttivi. Facciamo riferimento: alla Legge 31 marzo 1904, n. 140, con i suoi provvedimenti a favore della Provincia di Basilicata; alla Legge 8 luglio 1904, n. 35l, che, con le sue disposizioni per il risorgimento economico della città di Napoli, assegna (modeste) dotazioni a vantaggio dell’Istruzione Professionale; alla Legge del 29 dicembre 1904, n. 679, che approva il trattato di commercio tra l’Italia e la Svizzera, ma che stabilisce pure l’istituzione di una scuola di setificio in Como alla dipendenza del MAIC; alle due Leggi , infine, del 25 giugno 1906, n. 255, a favore della Calabria, e del 15 luglio 1906, n. 383, per l’incremento dell’Istruzione Professionale a favore delle Province meridionali, della Sicilia e della Sardegna. Castelli manifesta la sua profonda insoddisfazione su come il tema dell’Istruzione Professionale fosse stato considerato dai Governi e dal Parlamento in modo parziale. Infatti, si era tentato di legiferare solo sulle “scuole del lavoro” del MAIC invece di affrontare il problema nella sua completezza, trattando, cioè, anche le scuole tecniche e gli istituti tecnici del MPI. «Nelle riforme, di cui i Ministri e la Camera più di una volta iniziarono l’esame, la scuola del lavoro era considerata come istituto a sè, separato affatto dal sistema degli altri istituti di istruzione tecnica. Una legge organica avrebbe invece dovuto considerare la scuola pratica, che prepara ad uffici ed a professioni d’indole essenzialmente economica, come parte integrale di tutto il sistema dell’educazione nazionale, avrebbe dovuto coordinare strettamente, per la singolare affinità degl’intenti, la scuola industriale, di arti e mestieri, di arte applicata all’industria, e la commerciale con la scuola tecnica e con l’istituto tecnico, che sono legati anch’essi alle sorti delle industrie e dei traffici, che sono, come quelle, rivolti a determinare e intensificare il progresso economico della nazione. Da questa osservazione si può dedurre che, mancando l’opportunità di una riforma generale della legge Casati, sarebbe stato miglior partito chiedere ed ottenere dal Parlamento solo quel tanto di facoltà e di mezzi, che erano indispensabili allo scopo di sistemare e ampliare la serie degli istituti professionali».10 Furono queste, secondo il Castelli, le ragioni per cui i disegni di legge pensati ed elaborati dai Ministri Grimaldi, Miceli e Lacava, non ebbero un esito parlamentare positivo. E considerati questi insuccessi il buon senso consigliò di procedere con una strategia non sistemica ed organica, ma con piccoli passi e con progressione lenta. È questa, infatti, la strada intrapresa dal Ministero: una espansione graduale delle offerte formative dell’Istruzione Professionale, risolvendo caso per caso problemi, che riguardano: a) la tipologia di scuola in relazione al territorio dove doveva sorgere; b) la logistica (aule, officine, arredamento, materiali didattici; c) il personale 10 Idem p. XX. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 407 22/12/22 13:34 408 (reperimento e remunerazione). «Il compito di fondare e dirigere a bene una di così fatte scuole è sopra ogni altro difficile; perché si tratta, innanzi tutto, d’indagare con ogni diligenza quale sia il tipo, quale il grado, quale il programma della scuola industriale e commerciale, che corrisponde ai bisogni ed alle tendenze di un dato comune. Oltre a ciò si ha l’obbligo di concordare con la provincia, col comune, con la camera di commercio, con altri enti il modo di provvedere ai locali per le scuole e per lee per le officine, all’arredamento, alle provviste del materiale didattico e tecnico, allo stipendio degl’insegnanti e dei capi d’arte. Conviene, finalmente superare la difficoltà maggiore, quella di trovare insegnanti e capi officina veramente valorosi. L’industria italiana, fortunatamente per un certo riguardo, attira a sè i migliori; e il Ministero non riesce talvolta, neppure con l’allettamento di buoni stipendi, a richiamarli nelle scuole. Per certi insegnamenti speciali esso è, qualche volta, costretto a fare le ricerche all’estero; come è accaduto per la sezione dei giocattoli nella scuola industriale di Cesena». 1.3. L’alternativa normativa alla legislazione organica: i Regi Decreti La mancanza di una legge organica non impedisce, però, al Ministero di espandere e razionalizzare l’Istruzione Professionale, aprendo nuove scuole o riordinando quelle esistenti. L’una e l’altra operazione viene realizzata con Regi Decreti, cioè atti aventi forza di legge adottati dal Consiglio dei Ministri (non dal Parlamento) e promulgati dal Re. Era in fondo quanto prevedeva la Legge Casati. Infatti, l’articolo 308 della Legge è così formulato: «Le eccezioni, che per l’indole propria dell’istruzione tecnica e pel maggior vantaggio delle classi, cui è destinata, sarà opportuno o necessario di fare agli ordinamenti, saranno determinate con regio decreto”. Era appunto “l’indole propria dell’istruzione tecnica» ad avere bisogno di uno strumento normativo “veloce”, qual è il Regio Decreto, affidato al Potere esecutivo. Mal si accorda, infatti, la rapidità delle dinamiche del mondo produttivo e del mercato del lavoro e le sue diverse declinazioni territoriali, con uno strumento normativo qual è una legge organica, che deve fare necessariamente i conti con le procedure e i tempi del Parlamento. Questo strumento normativo è invece opportuno per la scuola i cui ordinamenti sono uniformi nello spazio e con prospettive temporali a lunga durata. Castelli, a cui abbiamo attribuito la paternità della Relazione che presenta al Ministro dell’Agricoltura in carica, On. Cocco-Ortu, il Volume Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia e in alcuni Stati esteri - Annuario pel 1907 - insiste sulla correttezza e opportunità giuridica del Regio Decreto, come strumento di creazione e regolamentazione dell’Istruzione Professionale. «Ecco perché (e si noti bene in questo caso soltanto) la legge conferisce al potere esecutivo, non la semplice facoltà, ma l’obbligo (giacché parla di casi di opportunità o di necessità) di snodare, piegare, adattare gli ordinamenti amministrativi e didattici alle tradizioni, alle tendenze, ai bisogni, alle risorse dei luoghi, in cui le CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 408 22/12/22 13:34 409 scuole debbono sorgere e recare buoni frutti di educazione morale e d’istruzione professionale. Senza questa provvidenziale disposizione il Ministero d’agricoltura, industria e commercio non avrebbe potuto rafforzare e dirigere a bene le feconde iniziative locali, per cui sorsero e prosperano centinaia di scuole industriali e commerciali, e sarebbe stato costretto a deprimerne, fin dal loro nascere, gli organi e le energie dentro le forme di organizzazioni prestabilite, cioè irrazionali e infeconde». La Presentazione del volume insiste sugli effetti benefici e i risultati ottenuti con questo strumento normativo. «Guardiamo invece quali sono gli effetti di questa libertà ordinata e prudente, che involge le maggiori responsabilità del Governo verso il Paese e verso il Parlamento. Noi abbiamo scuole di disegno e di modellazione, corsi serali di computisteria e di lingue estere, piccoli istituti di arti e mestieri, che hanno un bilancio di poche centinaia di lire e pur tuttavia sono vantaggiosi e assai pregiati nei minori centri di attività economica. E di qui ascendiamo alle scuole industriali ed alle commerciali di primo e secondo grado, che possiedono copia sufficiente d’insegnamenti dottrinali e di mezzi tecnici per le esercitazioni pratiche, cioè musei, laboratori, officine, banchi modello, e perciò richiedono una spesa assai maggiore; che può essere sostenuta nei soli casi, in cui il Governo trovi negli enti locali una sufficiente cooperazione di contributi e di azione. E si arriva finalmente agli istituti superiori d’applicazione per le industrie, e per il commercio. Accade così che non ci sia forma di attività, che non trovi fra noi la sua scuola di studi e di esercitazioni. L’incisione sul corallo, la tarsia, la ceramica, l’oreficeria, l’orologeria, l’intaglio del legno e della pietra, il mosaico, le arti grafiche, le varie arti decorative, la tessitura, la tintoria, la concia delle pelli, le industrie chimiche, la meccanica, l’elettrotecnica, le differenti applicazioni del sapere e dell’esperienza alle moderne esigenze del traffico interno e internazionale hanno maestri e capi tecnici che preparano la nostra gioventù ad entrare, senza bisogno di altro tirocinio, nell’azione viva del lavoro e dei negozi. Non escono spostati da scuole siffatte, che di giorno in giorno diventano migliori, tenendosi ferme o riconducendosi sul terreno della praticità. Di che è prova il fatto che le scuole stesse non riescono a soddisfare a tutte le richieste di personale tecnico, che, per i bisogni dei servizi pubblici, delle industrie, delle aziende bancarie e mercantili sono insistentemente rivolte alle scuole stesse». La Presentazione, poi affronta un problema, di natura giuridico, allora dibattuto. L’articolo 308 era valido solo per l’Istruzione Professionale iniziale o si applica anche all’Istruzione Professionale Superiore? Ci si domandava: occorre una legge speciale per fondare uno di tali istituti superiori, come occorre una legge per creare una nuova università o un istituto universitario superiore? Rifacendosi alla norma della Legge Casati Castelli dissente, argomentando così la sua tesi: il legislatore nell’applicare la deroga all’Istruzione Professionale non la limita ad alcune sue forme o gradi e quindi la possibilità di procedere per decreto va estesa a tutte i tipi di scuole professionali, sia quelle inferiori che quelle superiori, di tutti settori economici. Castelli individua la ratio della norma casatiana nella corri- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 409 22/12/22 13:34 410 spondenza tra natura e finalità del percorso formativo e strumento normativo che lo istituisce e lo modifica nel tempo. Per fondare o modificare un percorso formativo che risponda alla logica della uniformità occorre una legge; per istituire o riordinare un percorso formativo che risponda alla logica della flessibilità è sufficiente un decreto. Ora le istituzioni universitarie, in quanto hanno la funzione della ricerca e l’insegnamento dei risultati della ricerca, rientrano nella categoria delle “organizzazioni uniformi” e quindi la loro istituzione e le loro trasformazioni successive sono sottoposte al potere legislativo del Parlamento. Mentre in parallelo, Casati lascia alle scuole, con un “carattere essenzialmente pratico e professionale ogni libertà d’iniziativa e di atteggiamento, sotto la responsabilità del potere esecutivo”.11 D’altra parte, osserva Castelli è proprio grazie a questa disposizione della Legge Casati che sono sorte la R. Scuola Superiore di Commercio (6 agosto 1868), la R. Scuola superiore di commercio di Genova (22 maggio 1884) e la R. Scuola superiore di commercio di Bari (11 marzo 1886). 11 Data l’importanza dei ragionamenti per la identificazione della diversa natura e delle diverse finalità dei percorsi scolatici del MPI dai percorsi formativi del MAIC riportiamo, in maniera integrale, quanto si trova alle pp. XXVII e XXVIII di Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia e in alcuni Stati esteri. Annuario pel 1907. «Il legislatore dice questo: “l’istruzione tecnica e professionale sarà governata con le norme stesse che regolano l’istruzione secondaria classica; ma prevede e consente nel tempo stesso tutte le eccezioni, nessuna esclusa, che sia opportuno o necessario di fare alla regola generale”. Fra le eccezioni possibili non poteva, e certo non volle, escludere l’opportunità o la necessità di dare all’istruzione professionale uno svolgimento naturale e razionale fino a raggiungere il limite delle maggiori applicazioni delle scienze sperimentali e dell’arte ai bisogni del lavoro e del traffico. Occorre, è vero, una legge per istituire una università nuova, giacché sono per legge determinate le sedi e i gradi di cosi fatti istituti superiori. Ma noi dobbiamo domandarci: che cosa è una università? La legge Casati la definì rigorosamente, quando le assegnò per compito gl’insegnamenti scientifici della teologia, della giurisprudenza, della medicina, delle scienze matematiche e naturali, della filosofia e delle lettere. Leggi e interpretazioni successive diedero a questo programma comprensione e significato alquanto diverso; ma non mutarono di una linea il campo riservato alla scienza investigatrice, che ha per fine di oltrepassare con la meditazione, con l’esperimento, ora formulando il dubbio e l’ipotesi, proclamando la verità, la barriera che separa il noto dall’ignoto. Cosi che la scienza universitaria non ha altro compito che quello di allargare sempre più Campo delle osservazioni e delle conoscenze alla regione umana. Ecco l’università formulata e prevista dalla legge; ecco l’istituto superiore, che solo per legge può essere creato. Che nel Titolo III della legge Casati fosse compresa la facoltà di fondare istituti professionali di grado superiore è anche confermato dal fatto che, nel Titolo stesso, all’Istituto tecnico superiore di Milano, la cui indole e composizione sarà determinata con apposito decreto, veniva annessa una scuola necessariamente pur essa di grado superiore agl’istituti tecnici comuni, per agrimensori e misuratori, e si disponeva che altrettali scuole si potessero aprire con decreti reali in altre città dello Stato. Nessuna sottigliezza di ermeneutica può dunque turbare, nello spirito e nella lettera, la concezione che il legislatore del 1859 ebbe di consacrare per l’istruzione classica e per l’universitaria il principio delle organizzazioni uniformi, sottoposte, nelle origini e nelle trasformazioni loro, alla necessità di una legge; laddove esso volle lasciare alle scuole, che avessero carattere essenzialmente pratico e professionale, ogni libertà d’iniziativa e di atteggiamento, sotto la responsabilità del potere esecutivo». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 410 22/12/22 13:34 411 2. L’Istruzione Professionale per l’agricoltura 2.1. Le scuole pratiche di agricoltura sussidiate dal Ministero dell’Agricoltura dell’Industria e del Commercio (MAIC) Il quadro delle istituzioni agricole rimane sostanzialmente quello descritto nel Capitolo precedente. Non ci sono nuove iniziative che riguardino l’Istruzione agricola superiore, né ci sono nuove Scuole Speciali. Si aggiorna solo il repertorio delle Scuole di agricoltura pratica con l’istituzione delle scuole di Caluso, Marsala, e Voghera. Si registra anche lo spostamento della Scuola Pratica da Nulvi a Sassari. L’attuale Istituto d’Istruzione Superiore Carlo Ubertini di Caluso (TO) ha le sue radici negli anni immediatamente successivi all’unificazione del Paese. Nel Collegio Convitto, funzionante dal 1832, era stato attivato infatti, nel 1867 un Corso di Agricoltura con podere sperimentale,1 ma è del 14 luglio 1890 il Decreto che istituisce nella cittadina piemontese la Scuola Pratica di Agricoltura per la Provincia di Torino. Partecipavano finanziariamente all’iniziativa la Provincia stessa con 10.800 lire annue e il Governo con 10.200 lire annue, che di lì a poco sarebbero state modificate in 8.000 e 12.000. Molti i Comuni che ambivano ad avere una tale scuola nel proprio territorio. La scelta cadde sul centro canavesano grazie alla sua posizione “quasi al centro della Provincia ed in mezzo ad una regione parte in pianura, parte in colle, dove è molto attiva l’agricoltura” e perché metteva a disposizione “terre e fabbricati assai adatti” appunto quelli del Collegio Convitto. Nel Consiglio direttivo (composto da rappresentanti del MAIC, della Provincia e del Comune) del 1895 figuravano il Presidente Domenico Berti (Deputato al Parlamento) e il rappresentante del Governo Carlo Ubertini, che darà il nome all’istituzione. Anche le origini dell’attuale Istituto Tecnico Agrario “Carlo Gallini” di Voghera (PV) risalgono al 1894, quando in città venne istituita una Regia Scuola Pratica di Agricoltura. Era la realizzazione delle disposizioni del Comm. ing. Carlo 1 Giacobbe C., Il Canavese - Caluso cronistorico-corografico. Dalle poche righe riguardanti il Collegio apprendiamo che: “gli insegnanti di bella fama sono 15. Gli alunni fecero sin qui buona prova negli esami e diversi meritarono il premio concesso dalla Camera di Commercio”. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 411 22/12/22 13:34 412 Gallini (1814-1888), uomo di cultura vogherese, imprenditore agricolo illuminato, politico e filantropo. Nel testamento del 1887 aveva destinato tutti i suoi beni al progresso dell’istruzione agraria e all’incremento dell’agricoltura, da realizzarsi con la creazione del “Pio Istituto Agricolo Vogherese”, cioè un’Opera Pia che tra i suoi compiti avesse anche quello di concorrere al mantenimento di una Scuola pratica di agricoltura. Tutto avvenne così come Carlo Giallini aveva indicato nelle disposizioni testamentarie: nel 1894 fu istituita la Regia Scuola Pratica di Agricoltura, che iniziò a funzionare regolarmente nell’a.s. 1895/1896 con due sezioni: una inferiore biennale, a prevalente indirizzo pratico-dimostrativo ed era riservata a figli di agricoltori poveri, specialmente orfani (la cui retta era corrisposta dal “Pio Istituto Agricolo Vogherese”) e una sezione superiore, triennale, ad indirizzo teorico-pratico, per giovani provenienti da famiglie di fattori e proprietari terrieri (Figura 2).2 Nel 1899 venne abolita la sezione inferiore che fu sostituita da corsi invernali della durata di sei mesi. Il nuovo ordinamento entrò in vigore con l’anno scolastico 1902-1903. Molte le evoluzioni istituzionali3 fino al 1931 quando fu dichiarata Regio Istituto Tecnico Agrario4. 2 ITAS CARLO GALLINI - Note storiche in www.gallini.org. 3 Ibidem. 1913: Assume la denominazione Regia Scuola Pratica di Agricoltura a Corso Superiore “Carlo Gallini”; si ridussero gli studi a carattere generale e fu lasciato più spazio alle discipline agrarie e alle esercitazioni nei laboratori. Il diploma rilasciato permetteva agli studenti di frequentare l’università. Durante la Prima guerra mondiale la Scuola non interruppe mai la sua attività didattica e offrì all’Autorità militare una parte dei propri locali come Ospedale di Riserva per i soldati feriti in combattimento. Nel 1920 cambia denominazione in Regia Scuola Pratica di Agricoltura a doppio corso “Carlo Gallini” in Voghera. Nello stesso anno venne ripristinato il Corso Inferiore per ragazzi poveri. Nel 1923 cambia ancora denominazione, divenendo Regia Scuola Agraria Media a corso triennale e per tutti gli anni Venti ebbe il compito di preparare il personale dirigente di medie o di grandi aziende agricole, rilasciando il titolo di Perito Agrario alla fine del triennio di studio. Ibidem. 4 Nel 1931 la Scuola veniva ordinata in Regio Istituto Tecnico Agrario, che comprendeva un Corso Superiore quadriennale e un Corso Preparatorio della durata di un anno, ordinamento a cui venne apportata un’ulteriore modifica nel 1944/1945, quando fu costituito un solo corso quinquennale di scuola secondaria di grado superiore. Con la fondazione della Repubblica, il “Gallini” mantiene il preesistente ordinamento di Istituto Tecnico Agrario a corso unico quinquennale. Negli anni Novanta il piano di studi si arricchisce: alle materie peculiari del settore agrario si affiancano nuovi percorsi legati all’ambiente, all’ecologia, alle produzioni agro-industriali. Infine, a partire dall’a.s. 2011-12, un indirizzo di Istruzione Tecnica in Chimica, Materiali e Biotecnologie si aggiunge a quello già esistente di Istruzione Tecnica in Agraria, Agroalimentare e Agroindustria, permettendo di conseguire il diploma sia in ambito agrario sia in ambito chimico. Ibidem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 412 22/12/22 13:34 413 Figura n. 2 - Percorsi formativi nella Scuola Pratica di Agricoltura di Voghera L’I.S.I.S.S. Damiani di Marsala ha sede nei locali dell’ex Convento di San Carlo, prima abitato dai frati Francescani conventuali poi dai gesuiti, in seguito utilizzata come luogo di quarantena e, infine, nel 1858, sede dell’Ospizio artistico provinciale che accoglieva cinquanta trovatelli ai quali veniva insegnato un mestiere. Dal 1862 si cominciò ad impartire l’istruzione elementare e, vista la necessità di migliorare l’istruzione agraria in un territorio quale quello marsalese a forte vocazione vitivinicola, l’Istituto nel 1869 fu trasformato in Scuola Agraria. Nel 1895 fu acquistato il Podere “Badia” perché fosse possibile attuare l’insegnamento pratico. L’anno successivo per iniziativa dell’on. Abele Damiani5 divenne Regia Scuola Pratica di Agricoltura6. Materie di insegnamento erano: Italiano, Storia, Geografia, Aritmetica e Calligrafia; Scienze fisiche e naturali; Agraria; Enologia. Il Consiglio direttivo era formato dai soggetti che contribuivano finanziariamente al sostentamento della scuola: MAIC e Provincia. Nei decenni successivi la Scuola fu sottoposta a tutte quelle trasformazioni ordinamentali nel- 5 Damiani Abele (1835-1905). Studiò al seminario di Mazara del Vallo e nel 1852 si spostò a Palermo per frequentare l’università. Si oppose ai Borboni e fu tra coloro che prepararono il terreno alla rivoluzione del 1860, che permise la spedizione dei Mille. Insieme a Nicolò Fabrizi sbarcò da Malta nel Sud-Est dell’isola, combatté a Milazzo e fu ufficiale di Stato Maggiore nell’Esercito meridionale. Poi fu con Garibaldi sull’Aspromonte. Dopo l’Unità d’Italia fu Deputato per undici legislature dal 1865 fino al 1897. Nel 1882, alla morte di Garibaldi, fece confezionare il grande drappo con la scritta “Marsala” in cui venne avvolto il corpo del Generale. Fu seguace di Francesco Crispi che, nel 1888, lo pose a capo della diplomazia. Nel 1898 venne nominato Senatore del Regno. Iscritto alla massoneria. 6 R.D. del 24 luglio 1896. On. Abele Damiani CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 413 22/12/22 13:34 414 le quali furono coinvolte istituzioni formative simili. Nel 1924 venne trasformata in Regia Scuola Agraria Media con indirizzo vitivinicolo e nel 1931 venne convertita in Regio Istituto Tecnico Agrario ed intitolato ad “Abele Damiani”. Dal 1 settembre 2000, per gli effetti della razionalizzazione della rete scolastica del territorio, all’Istituto “A. Damiani” è stato annesso l’Istituto Professionale per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale.7 Abbiamo già rilevato come difficoltà di ordine diverso portassero alla decisione di spostare la Scuola pratica da Nulvi8 a Sassari, dal 1 luglio 1893. Il R.D. che prendeva questo provvedimento portava la data del 13 settembre 1893 (sic!)9. Ai soggetti che avevano contribuito al funzionamento della scuola di Nulvi, MAIC, Provincia e Comune di Sassari, si aggiunge anche la Camera di Commercio. In effetti la scuola, sotto la direzione di Niccolò Pellegrini, che durerà fino al 1927, darà prova di grande vitalità. Infatti, Pellegrini, autore di numerose pubblicazioni scientifiche su colture agricole, metodologie di coltivazione, esperimenti e ricerche svolte nell’istituto sassarese, crea nel tempo una vera e propria cittadella, patrimonio di quello che diventerà nel tempo un prestigioso Istituto Tecnico Agrario. Cittadella composta da una pluralità di ambienti e di spazi: convitto, (ancora operativo con 60 posti), granai, locali di immagazzinamento, stalle, aule, oliveto, orto, vigneto e campi dei cereali nei quali fecero pratica generazioni di Sassaresi e Logudoresi.10 2.2. Le Cattedre ambulanti Malgrado il fiorire di Istituzioni di insegnamento agrario la platea di potenziali destinatari del settore agricolo era così enorme che si verificava inevitabilmente un divario tra domanda ed offerta formativa. Un gap non solo quantitativo, ma anche generazionale. Le scuole pratiche, quelle speciali e quelle superiori erano frequentate da una utenza giovanile che doveva ancora entrare nel mondo del lavoro agricolo. Per assicurare opportunità formative anche a quanti già lavoravano nei campi o dirigevano aziende agricole era stata elaborata, nei decenni precedenti, una formula che all’insegnamento accoppiava la mobilità: le Cattedre ambulanti. Ne abbiamo già parlato nel IV volume (vedi Cap. II, 4.3.7.). Se gli anni ‘80 erano stati il decennio della diffusione delle Scuole agricole, gli anni ‘90 saranno soprattutto il decennio dell’affermazione delle Cattedre Ambulanti. Cattedre che, nei primi anni del nuovo secolo, conosceranno una evoluzione quantitativa straordinaria. Se, infatti, a fine secolo ‘800 erano una trentina, dopo cinque anni saranno 99 (vedi Tabella n. 1). La loro diffusione, però, non fu omogenea in tutto il 7 Istituto Damiani, in www.istitutodamiani.edu.it. 8 Vedi Cap. 1 par. 2.3.2. 9 R.D. n. 577 del 13 luglio 1893 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 248 del 21ottobre 1893. 10 Ponzelletti A., Omaggio a Niccolò Pellegrini, creatore dell’Agrario, in La Nuova Sardegna, 2 maggio 2016. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 414 22/12/22 13:34 415 territorio nazionale: sostenuta nel Settentrione e nell’Italia Centrale, molto contenuta nel Meridione e nell’Italia insulare. All’inizio potevano contare solo sul contributo di soggetti locali: le Amministrazioni provinciali, i Comuni ed altri enti locali, le Camere di Commercio, le Casse di Risparmio, le Banche popolari e altri Istituti. Successivamente al loro contributo si aggiunse quello del Ministero dell’Agricoltura. Questa tipologia di Cattedre, sorte e sostenute da una pluralità di soggetti, pubblici e private, le possiamo definire “Consorziate”. Queste Cattedre si strutturarono come soggetti autonomi con un loro Presidente e vari membri, nominati dagli enti sovvenzionatori - o dal loro consorzio. C’è una seconda tipologia, in cui interviene solo il MAIC, che chiameremo “statali” e che si diffuse soprattutto nel Sud del Paese. Tabella n. 1 – Anno di istituzione delle Cattedre ambulanti ANNI CONSORZIATE STATALI TOTALI 1886 1 - 1 1892 1 - 1 1893 1 - 1 1895 2 - 2 1896 2 - 2 1897 6 1 7 1898 7 - 7 1899 8 1 9 1900-1905 55 34 99 2.2.1. Le Cattedre ambulanti in Italia settentrionale e centrale Nonostante il non lusinghiero giudizio della Relazione Jacini11 la costituzione delle Cattedre ambulanti fu così travolgente, almeno nell’Italia settentrionale, che assunsero una fisionomia definita nel tempo. Il percorso fatto dalla Scuola ambulante di Rovigo è per certi versi esemplare. Fu trasformata in Cattedra nel 1886; il bilancio iniziale era modesto, appena 12.000 lire annue, erogate dall’amministrazione provinciale per 10.000 lire e per il resto dal Ministero dell’Agricoltura. II regolamento ne precisava così lo scopo: «[…] diffondere le razionali pratiche di agricoltura mediante l’applicazione dei seguenti mezzi: obbligo del titolare (chiamato conferenziere- consultore) di tenere annualmente, nei vari centri della provincia non meno di 80 conferenze seguite da libere discussioni; dare in ufficio, in giorni fissi, od in cam- 11 «Se lo tengano per detto le classi dirigenti, e cessino una volta dal cullare il Paese nella illusione che si possa tener accesa, per modo di dire, la candela dai due estremi; e che col mezzo di qualche espedientuccio di scuole agrarie ambulanti, o di leggi sociali, o di dazi protettori si possa, da una parte, insanguare l’Italia agricola oppressa dalle imposte e dalla concorrenza estera; e dall’altra parte moltiplicare le pubbliche spese improduttive o soddisfare i capricci delle amministrazioni comunali», cit. in Zucchini M., Le cattedre ambulanti di agricoltura (1865-1935), Editore G. Volpe, Roma, 1970, p. 231. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 415 22/12/22 13:34 416 pagna a richiesta degli agricoltori, consultazioni pratiche; pubblicare un periodico quindicinale di documentazione e propaganda; favorire la diffusione delle migliori piante e sementi, dei concimi chimici più efficaci e delle migliori razze di bestiame; additare i mezzi per combattere le cause nemiche dell’agricoltura; diffondere le migliori macchine e strumenti agricoli e le migliori pubblicazioni nazionali ed estere». A questi compiti si aggiunsero successivamente l’impianto di campi sperimentali e dimostrativi; le lezioni teorico-pratiche per maestri e sacerdoti; le conferenze ai soldati ed iniziative varie di carattere economico, particolarmente quelle rivolte all’approvvigionamento ed alla vendita di materie all’agricoltura. Su questo schema fondamentale si adeguarono poi tutte le Cattedre di nuova istituzione. Alla Cattedra di Rovigo seguirono: nel 1892 a Parma, Direttore Antonio Bizzozero (1857-1954; agronomo diplomato alla Scuola Superiore di Agricoltura di Milano); nel 1893 a Bologna, Direttore Domizio Cavazza (1856-1913, enologo laureato in Agraria a Milano); nel 1894 a Ferrara, Direttore Adriano Aducco (1866-1918, entomologo ed esperto di concimi industriali); nel 1895 a Mantova, a Novara, a Piacenza; nel 1896 a Cremona e Rimini; nel 1897 a Cuneo, Macerata, Venezia e Vicenza; nel 1898 a Firenze, Lucca, Poggio Mirteto, Torino; nel 1899 ad Ascoli Piceno, Milano, Modena, Treviso, Verona. Alla fine del secolo le Cattedre, in gran parte provinciali, talune circondariali o mandamentali, erano 30. Nel 1897 era stata istituita una Cattedra statale ad Osimo, con la specializzazione in viticoltura ed enologia. Quali furono i rapporti tra Consorzi agrari e Cattedre ambulanti? Naturalmente molto stretti e non poteva essere diversamente se si considera che il Decreto n. 3452 del 1866 assegnava ai consorzi, tra l’altro, il compito di “tenere sul territorio conferenze pubbliche di agricoltura pratica presso i vari comune della provincia”. Per quanto riguarda la loro genesi abbiamo una pluralità di situazioni: in alcuni casi la presenza sul territorio di Cattedre sollecitò la nascita di Consorzi, in altri casi i Consorzi nacquero nell’ambito o ad laterem delle Cattedre ambulanti. Comunque, i rapporti tra le due istituzioni furono sempre di grande collaborazione tanto che molto spesso il Direttore della Cattedra lo era pure del Consorzio agrario. È quanto si verificò a Parma per merito del pioniere Antonio Bizzozero ed anche nelle Marche, principalmente ad Urbino, ad Ancona, ad Ascoli Piceno, dove portò il suo valido aiuto perché l’iniziativa si sviluppasse. Con questa fusione di intenti e di attività si rendeva sempre più penetrante l’azione delle due Istituzioni che portavano contemporaneamente nuove tecnologie nelle campagne italiane ed appropriati mezzi produttivi, come le macchine, i concimi chimici, i prodotti antiparassitari e quant’altro potesse servire alla razionale gestione delle aziende agricole. Anche dove le Cattedre ed i Consorzi non erano diretti dallo stesso tecnico, avveniva CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 416 22/12/22 13:34 417 un’interazione nell’interesse dell’Istruzione Professionale e nella distribuzione dei mezzi idonei al progresso dell’agricoltura. Molti furono i fautori, gli iniziatori ed i benevoli giudici dell’attività propagandistica e sperimentale delle Cattedre, che ebbero un grande e rapido sviluppo in tutta l’Italia settentrionale e centrale, che trovarono un ambiente molto favorevole nel vasto ceto degli agricoltori, piccoli e grandi, che ad esse si rivolsero largamente per aggiornarsi sui più importanti problemi tecnici, sorti numerosi con l’applicazione dei concimi chimici, con l’uso delle sementi selezionate, col diffondersi della meccanizzazione, con l’incremento delle coltivazioni foraggere, con l’aumento del patrimonio zootecnico, col miglioramento delle coltivazioni arboree ed arbustive. Era poi sorta la necessità di dare un impulso notevole alle colture industriali, per il miglioramento della coltivazione della canapa e per la travolgente estensione della coltivazione della bietola da zucchero. La coltura del pomodoro stava, intanto, passando da coltura da orto a coltura da pieno campo e si estendeva anche la coltivazione della patata da fecola e del tabacco. I direttori delle Cattedre ambulanti di agricoltura si interessarono intensamente a queste coltivazioni e taluni di essi passarono a dirigere uffici preposti dagli industriali per seguirle, come Adriano Aducco, il primo Direttore della Cattedra di Ferrara, ed altri assunsero la direzione di aziende agricole di proprietà di Società o di grandi proprietari che si specializzarono per la coltivazione delle suddette piante industriali, come Tito Poggi che divenne direttore della Società italiana dei Fondi rustici. Intensissima fu poi l’attività che venne svolta per la diffusione dei mezzi meccanici di vecchia o di nuova introduzione per le arature e per i quali si provvide anche ad adattarli alle condizioni dei singoli ambienti agricoli italiani. I cattedratici ebbero quindi un vastissimo campo di azione. Soprattutto si verifica un fatto nuovo: si crea fra i cattedratici e le classi agricole una fusione di propositi e di azione dopo tanti secoli di isolamento ed anche d’incomprensione da parte delle classi cittadine dominanti. Questa inversione culturale e di rapporti portò presto a risultati imprevisti e veramente insperati. 2.2.2. Le Cattedre ambulanti in Italia meridionale e insulare Nel Meridione solo Aquila, Campobasso e Chieti usufruivano di cattedre, istituite tra il 1897 e il 1899 e sostenute da soggetti locali. Come era successo per i Comizi agrari, nell’Italia meridionale e nelle Isole, la diffusione delle Cattedre fu lenta, ritardata dalle condizioni di arretratezza in cui molte Provincie venivano a trovarsi e pertanto intervenne lo Stato ad istituire Regie Cattedre ambulanti di agricoltura in Calabria, in Basilicata ed in Sardegna. Nel 1885 cominciarono a funzionare a Nicastro in provincia di Catanzaro per la viticoltura ed a Teramo per l’enologia. Successivamente si aggiunse quella di caseificio e zootecnia per la Basilicata, con sede a Montalbano Ionico prima, poi a Potenza. Generalmente queste Cattedre erano state specializzate per quell’attività che si riteneva più trascurata o che richiedeva maggiore attenzione. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 417 22/12/22 13:34 418 Nel 1907, al Congresso degli agricoltori italiani in Catania, Enrico Fileni, allora Segretario dell’Associazione nazionale delle Cattedre ambulanti di agricoltura, terrà una conferenza per stimolare l’affermazione delle Cattedre ambulanti nell’Italia meridionale e nelle Isole e si domanderà: «In questo grande e vitale movimento ascendente in gran parte del Paese quale posto occupano le provincie meridionali ed insulari dal punto di vista dell’insegnamento ambulante? Su 25 provincie meridionali e insulari 22 avevano una o più Cattedre, tutte meno quelle di Girgenti, Napoli e Palermo. Però il convincimento dei vantaggi dell’insegnamento ambulante penetrò molto a stento non solo nell’animo delle popolazioni agricole meridionali, ma pure nella mente stessa degli uomini dirigenti e politici più illuminati e per conseguenza nelle pubbliche amministrazioni che avrebbero dovuto promuoverlo ed organizzarlo. E tale fu la difficoltà della loro penetrazione che, fatto nuovo nella breve ma pur varia e intensa storia dell’insegnamento agrario ambulante italiano, ha dovuto lo Stato stesso intervenire direttamente e per totale suo conto impiantarle in talune Regioni nel mentre era considerata dalla generalità caratteristica, utile e simpatica per la Cattedra, quella del loro costituirsi per iniziativa e con fisionomia del tutto locale, concorrendo lo Stato solo come integratore prezioso delle risorse finanziarie e come alto e vigile controllore per la regolare nomina del Personale».12 2.2.3. La regolamentazione delle Cattedre ambulanti Nel primo decennio del nuovo secolo ci sarà una proliferazione impressionante di Scuole in tutto il territorio nazionale. Venivano amministrate con piena indipendenza da commissioni costituite dai rappresentanti degli enti che contribuivano alle spese per il loro mantenimento, i quali venivano a costituire un consorzio volontario e di fatto, il cui funzionamento e quello della cattedra erano disciplinati da regolamenti che ogni commissione redigeva per proprio conto. Di qui norme e condizioni assai diverse da cattedra a cattedra. Succedeva spesso, inoltre, che in una stessa Provincia sorgessero indipendenti l’una dall’altra, due e più cattedre ambulanti. Perciò, man mano che queste crescevano di numero si faceva sentire la necessità di un ordinamento di carattere generale. È quanto avverrà nella prima decade del secolo XX.13 12 Fileni E., Sviluppo delle cattedre ambulanti di agricoltura in Italia. Comunicazione al XIII Congresso internazionale di agricoltura, Roma, 1927. 13 A cominciare dal 1906 il Governo dettò norme sempre più particolareggiate intese a dare riconoscimento e base giuridica ai consorzi per il mantenimento delle cattedre. Con L. del 13 luglio 1907, n. 513, le Cattedre ebbero un primo assetto e riconoscimento giuridico nella forma di consorzi volontari fra Stato, Provincie, Comuni, Enti diversi; con Regolamento ministeriale del 31 agosto 1916 furono dettate alcune norme per il loro funzionamento, e con Decreto-legge 27 novembre 1919 si diede un primo ordinamento continuativo ai consorzi con obbligatorietà di contributi da parte del Governo e delle Provincie, si migliorarono le norme per le nomine del personale e si provvide al loro stato giuridico ed economico. Il R.D. del 6 dicembre 1928, n. 3433 riconosce le cattedre come enti pubblici autonomi consorziali aventi personalità giuridica, sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’agricoltura. Inoltre, su conforme decisione del dicembre 1926 del Ministero delle corporazioni, le cattedre dovranno essere considerati enti parastatali. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 418 22/12/22 13:34 419 3. L’Istruzione Professionale nel settore manifatturiero 3.1. Scuole professionali per il settore manifatturiero istituite o riordinate nel decennio 1890-1899 Anche per questo decennio, nell’ambito delle scuole sussidiate dal MAIC e quelle sussidiate da altri soggetti, vale la distinzione tra scuole industriali e scuole applicate all’industria. A. Le scuole industriali Nell’ambito delle scuole industriali sussidiate dal MAIC possiamo distinguere quelle finalizzate all’acquisizione di competenze per svolgere ruoli professionali operativi (diversamente denominate d’arte e mestieri o scuole professionali o istituti industriali, …) e quelle per la formazione a ruoli lavorativi ingegneristici o di management o di docenza (scuole superiori). 3.1.1. Le scuole superiori industriali sussidiate dal MAIC a. La Regia Scuola Superiore di Genova Le rettifiche e gli aggiustamenti all’impianto originario della R. Scuola Superiore Navale di Genova,1 realizzate negli anni ‘70 e ‘80 trovano la loro sanzione ufficiale nella emanazione di un nuovo Statuto, entrato in vigore il 26 luglio 1891 in forza del R. decreto n. 480.2 1 Vedi Vol. I Cap. II, par. 2.2.1.a. 2 R.D. n. 480 del 26 luglio 1891 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 196 del 22 agosto 1891. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 419 22/12/22 13:34 420 Figura n. 3 – Sezioni della R. Scuola Superiore di Genova (R.D. n. 480/1891) La nuova configurazione dell’istituto della città ligure prevede 5 scuole: una Scuola preparatoria; una Scuola d’applicazione per gli ingeneri navali e meccanici, della durata di 3 anni; una Scuola normale per i Professori di Discipline nautiche, della durata di 2 anni; una Scuola di perfezionamento per i Capitani di lungo corso, della durata di un anno; una Scuola di perfezionamento per i Macchinisti navali, della durata di un anno (artt. 2 e 5). Tutte le scuole rilasciano un Diploma ad esclusione di quella per i Macchinisti dove gli allievi perseguono “il certificato di perfezionamento” (art. 6).3 La Scuola preparatoria si articola in tre percorsi: uno per la sezione della Ingegneria meccanica-navale e per la sezione Normale (due anni), un secondo per la scuola di perfezionamento per il Capitani di lungo corso (un anno), un terzo per la scuola di perfezionamento per il Macchinisti (un anno) (art. 4). Il funzionamento annuale della Scuola Superiore è garantito dal concorso dello Stato di 45.000 lire, delle quali 35.000 prelevati dal bilancio del MAIC e 10.000 da quello del Ministero della Marina; da un assegno annuo di lire 25.000 della Provin- 3 Art 6: «[...] a) Il diploma complessivo di ingegnere navale e meccanico abilita alla costruzione delle navi a scafo di legno, di ferro e di acciaio, alla costruzione di macchine a vapore di mare e di terra, alla stazzatura delle navi, dando diritto di avere dal Ministero della Marina la patente di esercizio di ingegnere navale, senza ulteriori esami; b) Il diploma di Professore di Discipline nautiche, il quale abilita all’insegnamento dell’Astronomia nautica, della Navigazione, della Idrografia, della Geografia fisica, della Meteorologia, del Disegno topografico e idrografico negli Istituti e nelle Scuole reali per la marina mercantile; c) Il diploma di Ingegnere idrografo, il quale abilita alla formazione di carte geografiche e celesti; d) Il diploma di Capitano di lungo corso superiore; e) Il certificato di perfezionamento ai Macchinisti navali». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 420 22/12/22 13:34 421 cia (che ha l’obbligo anche di completare la “suppellettile scientifica per il primo stabilimento”); da lire 25.000 del Comune (cui compete anche “l’uso di conveniente locale e colla somministrazione della suppellettile non scientifica”) e da lire 4.000 della Camera di Commercio. A queste somme si aggiungono quelle provenienti dalle tasse degli allievi (100 lire, rispetto alle 50 dello Statuto del 1870); sono esentatati gli allievi “più distinti che si trovino in ristrette condizioni di fortuna” (art. 20). Il governo della Scuola compete ad un Consiglio direttivo (artt. 9 e 10), composto da 9 rappresentanti dei soggetti che contribuiscono finanziariamente al suo mantenimento annuo, con queste proporzioni: 2 del MAIC, della Provincia e del Comune, 1 del Ministero della Marina e della Camera di Commercio. Fa parte del Consiglio con voto deliberativo anche il Direttore della Scuola. Gli insegnanti (art. 11) si distinguono in professori ordinari e straordinari (nominati con R.D.) ed incaricati (nominati con D.M.) e “godono del grado corrispondente a quello concesso ai docenti di pari titolo presso le RR Università”. L’elaborazione del Regolamento che deve sostituire quello del 1871 tiene impegnato il Consiglio direttivo per quasi tre anni. Infatti soltanto il 26 aprile 1894 entra in vigore il nuovo Regolamento, notevolmente più esteso ed articolato di quello del 1871 (si passa infatti da 53 a ben 288 articoli) a testimonianza della vastità dei processi evolutivi compiuti nel primo ventennio di vita della Scuola. Il Regolamento prevede il nuovo Piano di Studi.4 Altre variazioni riguardano i criteri di ammissione alla Scuola. 4 Piano di studi della Scuola preparatoria per ingegneri navali professori di discipline nautiche e ingegneri idrografi. I Anno: Algebra elementare e complementare, Trigonometria, Geometria analitica, Geometria proiettiva, Disegno di geometria proiettiva, Fisica sperimentale, Disegno a mano libera, Disegno di organi semplici di macchine, Esercitazioni pratiche nelle officine. II Anno: Lettere italiane, Inglese Meccanica elementare, Chimica generale, Geometria descrittiva, Disegno di geometria descrittiva, Calcolo differenziale e integrale, Disegno a mano libera, Esercitazioni pratiche nelle officine. Piano di studio del triennio di ingegneria navale e meccanica. I Anno: Meccanica razionale, Costruzioni navali, Disegno di costruzioni navali, Chimica applicata, Tecnologia meccanica, Statica grafica con disegno, Disegno di particolari di macchine a vapore, Esercitazioni pratiche in officina. II anno: Meccanica applicata, Costruzioni navali, Disegno di costruzioni navali, Costruzione di macchine a vapore, Disegno di macchine a vapore, Studi di distribuzione del vapore, Architettura navale, Disegno di progetti di nave, Tecnologia meccanica, Idraulica e motori idraulici, Esercitazioni pratiche in officina. III anno: Architettura navale, Progetti di navi, Teoria delle macchine a vapore, Elettrotecnica con esercitazioni pratiche, Regolamentazione delle bussole, Elementi di economia industriale e di diritto marittimo, Piano di studi della scuola per professori di discipline nautiche e ingegneri idrografi. I anno: Meccanica razionale, Geografia fisica, Geodesia topografica e idrografica, Disegno topografico e idrografico, Chimica applicata, Elementi di costruzione navale, Esercitazioni pratiche in osservatorio meteorologico. II anno: Astronomia nautica, Navigazione e calcoli nautici, Regolazione delle bussole, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 421 22/12/22 13:34 422 Viene infatti abolito l’esame di ammissione e riconosciuto come titolo abilitante all’iscrizione al corso preparatorio la licenza liceale o tecnica. Per i diplomati dell’istituto nautico questa deve essere accompagnata da un certificato che attesti la diligenza del candidato e l’idoneità al proseguimento degli studi. Per ottenere invece l’ammissione diretta alla scuola per ingegneri è necessaria la licenza del biennio universitario di scienze fisico-matematiche, previo il superamento di un esame che attesti la conoscenza della lingua inglese e di alcune materie specialistiche come le costruzioni navali, il disegno a mano libera e quello di organi semplici di macchine e di navi. Il candidato deve inoltre dare prova di avere consolidate attitudini pratiche relative “al maneggio degli attrezzi e degli utensili da modellatore in legno, da fucinatore e da aggiustatore”. Tabella n. 2 – Iscritti alla Scuola Superiore Navale di Genova nel decennio ‘90 SCUOLA PREPARATORIA SEZIONE NAUTICA SEZIONE INGEGNERIA 1890-91 - 27 109 1891-92 70 6 52 1892-93 78 6 50 1893-94 89 9 38 1894-95 77 4 50 1895-96 58 1 58 1896-97 66 1 67 1897-98 55 2 89 1898-99 68 0 88 1899-00 54 0 83 Le capacità pratiche richieste possono essere acquisite frequentando “le officine della scuola nelle vacanze autunnali per 20 giorni effettivi e per 4 ore al giorno”. A coloro che desiderino invece iscriversi direttamente alla scuola per professori di discipline nautiche è richiesto, oltre al predetto diploma universitario, di sostenere un esame di Geografia generale, Navigazione e Astronomia nautica. L’istituto genovese nasce, lo ricordiamo, con l’intento di assolvere alla funzione di “politecnico del mare”, cioè come centro d’istruzione al servizio dei molteplici ambiti dell’economia marittima del Paese. L’ambiziosa idea iniziale di scuola navale “a tutto campo” è però destinata a fallire. Il “politecnico del mare” si dimostra infatti vitale, anzi estremamente vitale, per quanto riguarda il solo ramo di ingegneria (Tabella 2). Infatti la sezione di ingegneria navale e meccanica va sempre più sviluppandosi sia, come vedremo, in termini di crescita degli iscritti sia in termini di consolidamento del prestigio esterno, al punto che il Ministero della Marina invia a Genova gli ufficiali del Genio navale che venivano precedentemente mandati all’estero. Al Disegno topografico, Esercitazioni pratiche in osservazioni meteorologiche, Elementi di macchine a vapore, Elementi di economia industriale e di diritto marittimo, Elementi di architettura navale. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 422 22/12/22 13:34 423 contrario, la sezione nautica non riesce a decollare e, all’inizio del Novecento, si decide di sospenderne l’attività. Il numero delle domande di ammissione, peraltro sempre molto ridotto, per il corso per professori di discipline nautiche e ingegneri idrografi è divenuto talmente esiguo da rendere ingiustificabili gli oneri economici della sezione. Le ragioni di questa débacle sono da individuarsi nei troppo ristretti sbocchi lavorativi dei laureati – circoscritti esclusivamente all’insegnamento negli istituti tecnici e nautici – che risultano molto rapidamente saturati. Uguale insuccesso lo fanno registrare anche i corsi per il perfezionamento di capitani di lungo corso e tecnici di bordo. Anche questa sezione non verrà attivata per la totale mancanza di allievi. b. Il Regio Museo Industriale di Torino Il Regio Museo industriale di Torino, nel 1889, si dota di un nuovo Regolamento interno. La nuova normativa accentuava lo stretto rapporto tra l’istituto e la città di Torino. Infatti, dava alla Giunta direttiva, e al suo Presidente, il governo effettivo del Museo, relegando il direttore, precedentemente vero deus ex machina, nel personale amministrativo. E quindi nella Giunta, espressione degli enti finanziatori – Ministero, Comune, Provincia e ora anche la Camera di Commercio – gli interessi locali finivano col prevalere. Espressione di questi mutamenti è l’espansione della funzione consulenziale di analisi e prove a favore dell’industria privata. Sul versante formativo il Museo, con la interazione soprattutto della Scuola di applicazione di Torino, non solo continua tutti percorsi formativi avviati nei decenni precedenti e stabilizzati negli anni ‘80 ma anche espande, nell’ultimo decennio del secolo, la sua offerta formativa: dal 1898-99 inizia il corso di Industrie elettriche, nel 1899 il corso superiore di Elettrochimica, nel 1900 iniziarono, nell’ambito della Scuola di elettrotecnica, i corsi superiori complementari liberi di Telegrafia e Telefonia. Per quanto riguarda la frequenza all’attività didattica si osservano questi andamenti: - percorsi ingegneristici. La sezione di ingegneria industriale nel triennio finale del decennio si espande fino a superare per numero di iscritti la sezione civile. La Scuola di elettrotecnica si espande con progressione costante fino ad arrivare nell’a.s. 1898-99 a 128 iscritti. Del tutto marginali i numeri degli studenti che scelgono Architettura, che non vanno oltre le cinque unità (Vedi Grafico n. 1); - percorsi che abilitano alla Direzione d’Azienda. Quelli più frequentati sono quasi sempre quelli del settore chimico (a fine secolo gli iscritti sono 4 volte quelli del settore meccanico). Complessivamente, però, non raggiungono mai valor consistenti; - percorsi che abilitano all’insegnamento negli Istituti Tecnici e nelle scuole professionali industriali del MAIC. Anche per questa filiera il numero degli iscritti è estremamente basso. Nessun tipo di abilitazione raggiunge i 10 iscritti. Discorso a parte merita il corso di abilitazione per il Disegno Ornato; gli iscritti vanno da un minimo di 12 ad un massimo di 38. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 423 22/12/22 13:34 424 Grafico n. 1 – Evoluzione quantitativa degli iscritti per i corsi d’Ingegneria nel decennio ‘90 (Museo Industriale di Torino) Grafico n. 2 – Evoluzione quantitativa degli iscritti per i corsi per Direttori d’industria chimica e meccanica nel decennio ’90 (Museo Industriale di Torino) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 424 22/12/22 13:34 425 Grafico n. 3 – Evoluzione quantitativa degli iscritti per i corsi per i Docenti - Chimica, fisica, meccanica e Disegno geometrico (Museo Industriale di Torino) Grafico n. 4 – Evoluzione quantitativa degli iscritti per i corsi per i Docenti del Disegno Ornato nel decennio ‘90 (Museo Industriale di Torino) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 425 22/12/22 13:34 426 Oltre alle conflittualità con gli Istituti partners, a causa dei diversi orientamenti ed impostazioni con le quali erano stati originariamente progettati, motivi di tensione esistevano anche all’interno del Museo industriale. I docenti consideravano lo stretto controllo finanziario e amministrativo esercitato dalla Giunta direttiva un potente ostacolo alla loro attività didattica e di ricerca. Altro grave elemento di disagio era per i professori lo sviluppo dato ai servizi di analisi e prove: che il personale del Museo venisse in tal modo investito di un vero e proprio doppio lavoro fu denunciato persino in Senato dal decano della chimica italiana. Gli studenti stessi lamentavano la “mancanza assoluta di una direzione tecnica e didattica” del Museo, “abbandonato alla mercé della Giunta direttiva […] del tutto incompetente”. Le tensioni e i malcontenti sfociarono nella redazione di un memoriale, inviato il 18 gennaio 1903 ai due Ministeri competenti dalla maggioranza dei professori dei due istituti torinesi. Si chiedeva la fusione di Scuola e Museo in un Politecnico e nel contempo la modifica dei curricula di Ingegneria. Anche la Società degli ingegneri di Torino si espresse a favore della fusione. Alla fine del 1903 fu nominata una Commissione reale5. La Società degli ingegneri e degli architetti costituì a sua volta una Commissione composta di ingegneri e di docenti dei due istituti, i cui lavori furono parte integrante dell’elaborazione del progetto di legge, presentato in Parlamento il 26 giugno 1905 e approvato l’8 luglio 19066 e che mette fine alle storie autonome dei due istituti torinesi7: «La regia scuola d’applicazione per gl’ingegneri e il museo industriale italiano di Torino sono fusi in un unico istituto di istruzione tecnica superiore col nome di “R. Politecnico di Torino”. Esso è costituito e riconosciuto come ente morale autonomo sotto la vigilanza del Ministero della pubblica istruzione”» (Art. 1) 3.1.2. Le Scuole industriali d’arti e mestieri sussidiate dal MAIC a. Quadro sinottico e considerazioni generali Undici sono le scuole industriali d’arte e mestieri che nascono o vengono riordinate in queste decennio. Le abbiamo genericamente chiamate “scuole industriali d’arte e mestieri”, ma le denominazioni utilizzate, anche in questo caso, sono diverse. Infatti, al netto delle indicazioni relative all’orario di svolgimento delle lezioni (serale e/o domenicale) del nome del personaggio cui erano intitolate (Luigi di Savoia, Omar), della istituzione per le quali operavano (Convitto) o dello specifico settore professionale a cui istruivano (Tappezzieri in stoffe) sono 6: - Scuola d’arte e mestieri 3 (Bari, Catanzaro, Vittorio8); - Scuola industriale d’arti e mestieri 1 (Cosenza); 5 Composta da Stanislao Cannizzaro, Valentino Cerruti, già allievo della Scuola torinese e ora direttore della Scuola di applicazione di Roma, e da Vito Volterra, già docente di Meccanica razionale a Torino. 6 L. n. 3321 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 67 del 1906. 7 Ferraresi A., Museo industriale e Scuola di applicazione per gli ingegneri … op. cit. p. 960-961. 8 Dal 1923 il Comune ha preso il nome di Vittorio Veneto (TV). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 426 22/12/22 13:34 427 - Scuola per artieri 1 (Roma); - Scuole professionali 4 (Chieti, Monza, Spoleto, Torino); - Istituto Professionale 1 (Novara); - Istituto di educazione e lavoro 1 (Rimini). Da un punto di vista territoriale la distribuzione per macroaree delle scuole che nascono in questo decennio è abbastanza equilibrata: 4 al Nord (Torino, Vittorio, Monza, Novara) e nel Meridione (Chieti, Bari, Catanzaro, Cosenza) e 3 al Centro (Roma, Rimini, Spoleto). I Consigli direttivi, che, ricordiamolo, vigilavano sull’andamento amministrativo delle scuole, sono normalmente formati da consorzi, la cui composizione è molto eterogenea: in 5 scuole siedono nel Consiglio i rappresentanti del MAIC, in 2 della Provincia, in 6 del Comune, in 8 della Camera di Commercio, in 3 delle Associazioni di lavoratori e in 3 di altri soggetti (vedi nota della Tabella 3). Solo nella Scuola per tappezzieri di Torino il Consiglio è formato dai rappresentanti eletti dall’Assemblea della Società dei tappezzieri e in quella di Roma nella quale l’organo direttivo è espresso dal Circolo generale operaio. Tabella n. 3 – Composizione del governo delle scuole industriali GOVERNO DELLA SCUOLA MAIC Provincia Comune Camera di Commercio Associazione lavoro Altri Bari Catanzaro 5 Chieti Cosenza Monza 1 Rimini 6 Vittorio 2 Spoleto 7 Torino 3 Roma 4 Novara 1) Associazione Industriali; 2) Società operaia; 3) Società tra tappezzieri; 4) Circolo generale operaio; 5) Orfanotrofio; 6) Istituto Omar; 7) Società per gli orfani degli impiegati civili dello Stato. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 427 22/12/22 13:34 428 Tabella n. 4 - Quadro sinottico delle scuole industriali d’arti e mestieri nate nel decennio 1890-1899 Città Denominazione Consiglio Direttivo Bari 1891 Scuola d’arti e mestieri MAIC Insegnamenti: Fisica, Chimica ed Elettrotecnica; Fucina; Meccanica, Tecnologia e Disegno geometrico industriale; Meccanica; Falegnameria e Intaglio; Lingua italiana; Storia, Geografia, Diritti e Doveri; Matematica e Computisteria; Disegno ornamentale Catanzaro 1899 Scuola d’arti e mestieri MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio, orfanotrofio maschile Insegnamenti: Fisica e meccanica; Matematica e elementi di chimica; Disegno ornamentale e geometrico; Plastica; Meccanica; Intaglio in legno; Falegnameria; Italiano, storia e geografia e diritti e doveri Chieti 1893 Scuola professionale Luigi di Savoia MACI, Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Meccanica applicata; Tecnologia meccanica; Disegno macchine ed elementi di elettrotecnica; Meccanica; Fisica; Chimica; Aritmetica; Algebra; Meccanica elementare; Plastica e Disegno d’ornato di costruzioni e geometrico; Ebanisteria; Disegno ornamentale Cosenza 1899 Scuola industriale d’arti e mestieri MAIC, Camera di Commercio Insegnamenti: Fisica chimica e meccanica; Geometria e disegno geometrico ed ornamentale; Disegno di macchina e plastica; Falegnameria-ebanisteria; Italiano, aritmetica, storia e geografia; Fabbri, meccanici Monza 1890 Scuola professionale Comune, Camera di Commercio, Associazione Industriali Insegnamenti: Elettrotecnica; Matematica; Disegno Geometrico e Geometria descrittiva; Tessitura; Fisica; Meccanica e Tecnologia meccanica; Corso fuochisti; Corso sanitario; Chimica tintoria e Fisica Novara 1893 Istituto professionale Omar Comune Insegnamenti: Tecnologia meccanica e Macchine termiche; Geometria; Meccanica; Elettricità e Disegno industriale; Disegno a mano libera; Fucina Rimini 1893 Istituto maschile di educazione e lavoro Comune Insegnamenti: Aritmetica; Geometria; Disegno; Plastica; Insegnamenti professionali relativi alle professioni di: fabbro, falegname, calzolaio, lattoniere, sellaio, carrozziere Vittorio 1896 Scuola serale e domenicale d’arti e mestieri MAIC, Comune, Società operaia Insegnamenti: Falegnameria e intaglio; Disegno geometrico, ornato e plastica; Modellazione in creta e cera; Aritmetica e geometria; Italiano e diritti e doveri Spoleto 1899 Scuola professionale nel Convitto per gli orfani degli impiegati civili dello Stato Società per gli orfani degli impiegati (con sede a Roma) Insegnamenti: Corso didattico - Francese; Lezioni teoriche di telegrafia; Disegno; Matematica e computisteria. Italiano, storia e geografia; Diritti e doveri. Corso pratico - Arti grafiche (fotografia, fotoincisione, litografia e tipografia); Esercizi pratici di telegrafia CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 428 22/12/22 13:34 429 Roma 1890 Scuola serale per gli artieri Circolo generale operaio Insegnamenti: Disegno; Contabilità (2° corso); Francese (2° corso); Aritmetica; Francese (1° corso), Contabilità (1° corso); Italiano (2° corso); Diritti e doveri Torino 1898 Scuola professionale tappezzieri in stoffe Società fra tappezzieri Insegnamenti: Disegno ornamentale; Disegno di mobili; Disegno applicato all’arte del tappezziere; Taglio delle stoffe e imbottitura b. Nascita e sviluppo delle scuole Di ciascuna delle scuole elencate tentiamo una ricostruzione sommaria delle vicende iniziali. In data 22 febbraio 1890 l’Associazione degli industriali di Monza delibera l’istituzione di una Scuola professionale per “l’istruzione teorico-pratica relativa alle principali industrie”. Il percorso didattico dura quattro anni: i primi due per un corso preparatorio e gli ulteriori due per un corso normale che si articola in cinque sezioni: a) Meccanica; b) Tintoria; c) Tessitura; d) Elettrotecnica; e) Costruzioni civili. Alla Scuola sono annessi 2 corsi speciali, tutti e due annuali: Conduttori di caldaie a vapore; Sanitari industriali. Gli allievi hanno a disposizione laboratori di Chimica, Fisica, Meccanica e Elettrotecnica. Per essere ammessi al corso preparatorio occorre un’età non inferiore a 12 anni e presentare il certificato di promozione dalla 3a elementare; invece, per quello normale, se non si è frequentato quello preparatorio, occorre esibire il certificato di promozione dalla 5a classe elementare. Per l’ammissione ai due corsi speciali bisogna presentare la licenza tecnica, ginnasiale od altro titolo equipollente. In mancanza di titoli di studio si può ottenere l’ammissione sostenendo esami speciali. Le lezioni sono serali (20-22) e domenicali (9-12), dagli inizi di ottobre alla fine di giugno. La sorveglianza amministrativa spetta ad un Consiglio di reggenza, composto da un rappresentante del Comune, uno della Camera di Commercio e 11 nominati dall’Assemblea dell’associazione degli industriali. La scuola ha un volume di allievi considerevole. Nell’a.s. 1904-1905 sono 338 gli iscritti; i licenziati 22 del corso normale e 12 del corso sanitario. Tabella n. 5 - Numero alunni iscritti e licenziati nell’a.s. 1904-1905 (Scuola professionale di Monza) Alunni Corso Preparatorio e Normale Corso Sanitario Corso Conduttore Caldaie a Vapore Totale Iscritti 364 23 24 411 Licenziati 22 12 --- 34 La frequenza è gratuita: sono tenuti ad una tassa solo gli iscritti alla sezione di Costruzioni civili: 80 lire il primo anno e 120 il secondo. Per il funzionamento annuo poteva contare su 13.000 lire circa; le somme più cospicue provenivano dal MAIC CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 429 22/12/22 13:34 430 (1.000 lire), dalla Provincia (1.800) dal Comune (2.400) e la disponibilità della logistica e dei consumi per illuminazione e riscaldamento), dalla Camera di Commercio (1.300), dalla Società Umanitaria (3.000), dall’associazione degli industriali (2.500) e dalle tasse scolastiche (850 lire circa).9 Con R.D. del 26 aprile 1891 viene istituita a Bari, “nel secondo cortile della Reale Basilica Palatina di S. Nicola” la Scuola d’arti e mestieri con tre sezioni: Meccanici, Ebanisti-intagliatori e Meccanici elettricisti. In effetti la Scuola era stata e voluta e cospicuamente finanziata dall’Amministrazione civile delle Reali Basiliche Palatine Pugliesi.10 Per il funzionamento annuo la Scuola poteva contare sul contributo ordinario dell’Amministrazione delle Reali Basiliche (30.000 lire) e su quello del MAIC (5.000). Ciascuna sezione ha un percorso quadriennale. Alla Scuola sono annessi: un’officina meccanica, un laboratorio di falegnameria, una sala di forgia, un’officina elettro tecnica con relativo gabinetto di misure, un gabinetto di fisica ed un laboratorio di chimica. Per essere ammessi al primo anno i giovani debbono aver compiuto il 12° anno di età ed aver adempiuto all’obbligo di legge sull’istruzione elementare e superare un’esame speciale. L’anno scolastico incomincia il 15 settembre e termina il 15 luglio. La Scuola è diurna con l’orario dalle 8,30 alle 17 con una (sola!) mezz’ora d’intervallo. Gli alunni, che hanno compiuto regolarmente tutti gli anni di corso e “subito felicemente le prove prescritte”, ottengono un diploma di licenza. Gli alunni non pagano tassa alcuna. La Scuola è posta sotto la diretta ed immediata dipendenza del MAIC, che opera mediante il Regio Delegato per l’Amministrazione Civile delle Reali Basiliche Palatine Pugliesi. Il bilancio preventivo ed il conto consuntivo sono approvati dal MAIC di concerto con il Ministero di Grazia, Giustizia e dei Culti. Il numero complessivo degli alunni si aggirava sui 100-120.11 Nel 1879 il Preside dell’Istituto industriale di Chieti decide di creare una Scuola domenicale di disegno. Aprirà i battenti il 2 gennaio 1880 e funzionerà (con il contributo finanziario degli enti locali, Provincia Comune, Società operaia e Camera 9 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., pp. 260-62. 10 L’Amministrazione Civile delle Reali Basiliche Palatine Pugliesi, sorta nel 1891, aveva lo scopo di gestire una parte dei patrimoni (quella prevista per fini laici, quali l’assistenza e la beneficenza) delle quattro basiliche palatine presenti in Puglia, cioè quelle chiese esenti dalla giurisdizione dei vescovi locali, perché volute e dotate da un principe e dai suoi successori: San Nicola di Bari, Acquaviva delle Fonti, Altamura e Monte Sant’Angelo. Sin dalla nascita la Regia Delegazione ha utilizzato i cespiti provenienti dai beni delle chiese palatine per alleviare la povertà morale e materiale della parte più svantaggiata della popolazione presente sul territorio, operando con modalità diverse: istituendo un “Ricovero di Mendicità” ad Acquaviva delle Fonti per l’accoglienza di persone anziane e povere; facendo nascere la “Regia Scuola” a Bari; organizzando bandi per borse di studio per studenti di Altamura; predisponendo assegni di beneficenza ed opere caritative a favore di scuole materne, istituti religiosi per l’infanzia, reduci e mutilati di guerra e molto altro ancora. Vedi Storia fondazione opere laiche palatine pugliesi, in operelaichepalatine.pugliesi.it. 11 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit, pp. 149-151. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 430 22/12/22 13:34 431 di Commercio, e, nel 1881, con un sussidio del Ministero della Pubblica Istruzione) fino al 1891. All’inizio le sezioni erano solo due: la prima – maschile – articolata in sette specializzazioni: Orefici ed argentieri, Muratori e Scalpellini, Vasellai, Ottonai, Fabbri, Ferrai, Ebanisti, Stipettai e Falegnami, Sarti, Tappezzieri e Decoratori; l’altra – femminile – dedita al Disegno d’ornato, Contabilità, Lavori industriali di cucito, maglie etc. Il numero degli alunni era di 42 unità, ma appariva destinato a crescere a ritmi serrati. Nel 1888 infatti la Camera di Commercio ed Arti di Chieti, approvò un Regolamento per l’istituzione di una “Scuola Officine Professionale per le Arti fabbrili e meccaniche”. Questa nuova istituzione venne fornita di un fabbricato (Oggi sede del Liceo Scientifico F. Masci), di macchinari e laboratori. Nel 1896 viene fusa con la vecchia Scuola di disegno che nel frattempo aveva cambiato la sua denominazione in quella di maggiore dignità di “Scuola d’arte applicata all’industria” e il MAIC decreta in suo favore un sussidio annuo.12 L’ordinamento didattico prevedeva due sezioni quadriennali: quella per Ebanisti e quella per Meccanici. Si poteva accedere solo se almeno dodicenni e con la licenza elementare inferiore per l’ebanisteria e superiore per la meccanica. L’anno scolastico andava dalla metà di ottobre alla fine di luglio, per otto ore giornaliere. I soggetti che contribuivano al funzionamento annuo della Scuola erano il MAIC (3.000 lire), la Provincia (500), il Comune (850), la Camera di Commercio (4.250), il Banco di Napoli (200) e la Cassa di risparmio Marrucina (700).13 56 erano gli alunni nel 1896, saranno 61 nel 1901 e 160 nel 1912. Nel 1915 la Scuola verrà classificata come Scuola industriale di 2° grado e nel 1936 diventa Istituto Tecnico Industriale (Meccanica, Elettrotecnica, Chimica industriale).14 La Scuola d’arti e mestieri di Catanzaro nasce nel 189915. È collegata all’orfanotrofio maschile della città e propone percorsi professionali quadriennali per meccanici, falegnami e intagliatori. Si può prolungare di un anno per un corso di specializzazione. Alla Scuola sono annessi un laboratorio per la lavorazione del legno ed un’officina per la lavorazione del ferro. Due i requisiti per l’ammissione: aver adempiuto l’obbligo scolastico elementare (o sostenere un esame) e non avere più di 14 anni. Otto ore e 30 di lezioni giornaliere per 9 mesi. Gli allievi iscritti erano, in media, una cinquantina. Nel Consiglio direttivo, oltre ai delegati del MAIC, della 12 D.M. 17 novembre 1896. 13 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op. cit, pp. 185-187. 14 In www.savoiachieti.edu.it. 15 R.D. n. CXVI, parte supplementare, del 12 marzo 1899. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 431 22/12/22 13:34 432 Provincia, del Comune, della Camera di Commercio, partecipava il Commissario prefettizio presso l’Orfanatrofio maschile.16 Un Regio decreto del ‘9917 dà vita a Cosenza ad una Scuola industriale “per formare abili operai per le industrie meccaniche ed elettrotecniche, per la ceramica e per l’ebanisteria e di prepararli altresì a diventare capi officina e capi fabbrica”. Il percorso formativo si compone di un corso inferiore (2 anni) e un successivo corso normale (3 anni) che si divide in quattro sezioni: Elettrotecnica, Meccanica, Ceramica, Ebanisteria. Per “le esercitazioni pratiche degli allievi, per gli esperimenti, i saggi e le ricerche che possono essere fatti anche in seguito a richiesta di privati e di industriali”, la Scuola è dotata di un’officina divisa in 4 reparti: per Falegnami, per Meccanici, per Tornitori e fucinatori, per Elettricisti; di un laboratorio di Ceramica; di un laboratorio di Ebanisteria. La Scuola ha pure gabinetti di Fisica e di Chimica, collezioni di modelli e di apparecchi relativi alla meccanica e alla tecnologia, ed una biblioteca. Per l’ammissione al corso inferiore occorre avere un’età al di sotto dei 12 né superiore ai 17 anni e presentare il certificato di assolvimento dell’obbligo d’istruzione elementare. Al primo anno del corso normale, oltre ai licenziati dal corso inferiore, sono ammessi i licenziati dalle Scuole d’arti e mestieri, d’arte applicata all’industria e di commercio di primo grado dipendenti dal Ministero, e i licenziati dalle Scuole tecniche dai Ginnasi. Questi ultimi, come pure quelli licenziati dalle Scuole di commercio di primo grado, dovranno però sostenere un esame di disegno secondo il programma della Scuola tecnica. Le lezioni sono diurne (7,30-12) e pomeridiane (13,30-16,30) dal 1 ottobre al 31 luglio. Nell’a.s. 1904-1905 il corso normale era frequentato da 37 alunni. La scuola si preoccupava sistematicamente di collocare i suoi licenziati,18 peraltro con buoni esiti.19 L’amministrazione è affidata ad una Giunta di vigilanza composta da quattro delegati nominati, uno per ciascuno, dal MAIC, dal Comune, dalla Camera di Commercio e dalla Provincia. I primi tre sono anche i soggetti che, con contributi annuali (rispettivamente di 1.900, 500 e 7.200 lire ne consentono il funzionamento. La Camera di Commercio mette a disposizione della scuola propri locali.20 16 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit, pp. 179-181. 17 R.D. 9 settembre 1899 n. CCCXVI parte supplementare. 18 “Le autorità proposte alla Scuola riferiscono che i licenziati da essa trovano generalmente buona occupazione tanto in Italia che all’estero. La Scuola si interessa per il collocamento dei propri allievi, mantenendosi in corrispondenza con i più importanti stabilimenti, e tiene anche un registro con tutte le indicazioni relative alle occupazioni dei licenziati”. MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., pp. 199-201. 19 “Dei licenziati nell’ultimo triennio hanno trovato occupazione 9 meccanici e 2 ebanisti. Dei meccanici 2 dirigono officine in America, 2 officine private in Italia, 1 è sotto-capo officina della Scuola stessa, 1 è timoniere di macchina, 1 presta servizio nella brigata ferrovieri e 2 proseguono i loro studi in Scuole superiori. I 2 ebanisti dirigono due officine private”. Ibidem. 20 Ibidem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 432 22/12/22 13:34 433 Figura n. 4 – Percorsi formativi nella Scuola industriale di Cosenza L’attuale Istituto Tecnico Industriale Omar di Novara nasce nel 189321 come Istituto professionale. Il novarese geom. Giuseppe Omar, deceduto nel 1885, nominava, con suo testamento olografo e successive note testamentarie, sua erede universale la città di Novara alla condizione che istituisse in città o sue adiacenze, un’opera che fosse giudicata “la più opportuna, la più conveniente e la più necessaria ai bisogni morali e materiali” della popolazione. Omar non precisava il tipo di istituzione, si limitava ad esprime il desiderio che avesse uno di questi tre scopi: “istruzione, lavoro, industria”. Stabiliva anche che la scelta dell’istituzione spettasse al sindaco e ad alcuni cittadini, che indicava nominalmente. La Commissione testamentaria indicata da Omar: deliberava che la fondazione da erigersi con il patrimonio “Omar” fosse “un’opera di beneficienza in conformità dell’art. 1 della L. 3 agosto 1862, avente per fine di soccorrere le classi meno agiate, coll’avviarle alle professioni, alle arti e ai mestieri”; redigeva un progetto di Statuto organico. Un R.D. del 1893 erige la Fondazione Omar in Ente morale e ne approva lo Statuto.22 In attesa che venisse costruito l’edificio in cui ospitare aule e laboratori in un’area, ceduta gratuitamente alla fondazione dal Comune, la nuova istituzione nel triennio 1893-1896 inizia le attività formative, in orario serale, per gli operai delle locali industrie meccaniche. Nel novembre del ’96 iniziano i corsi ordinari diurni.23 Due sono le sezioni della scuola: Meccanica e Falegnameria; l’una e l’altra sono fornite di officine. Ogni sezione conta cinque anni di corso; il primo è preparatorio ed è 21 R.D. del 2 febbraio 1893. 22 Ministero dell’Educazione Nazionale - Direzione per l’Istruzione Tecnica, L’istruzione industriale in Italia, Roma, op. cit. pp. 167-168. 23 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907 op. cit., pp. 278-279. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 433 22/12/22 13:34 434 comune alle due sezioni; gli altri quattro costituiscono il vero corso normale o professionale. All’Istituto sono annessi altresì due corsi annuali e domenicali: per la lavorazione dei metalli e per l’elettrotecnica. Sono ammessi al corso preparatorio i giovani con certificato di licenza elementare, o che abbiano compiuto l’età di dodici anni e che superino uno speciale esame d’ammissione nei modi e nei termini stabiliti dal regolamento. I giovani muniti della licenza tecnica sono ammessi al primo anno del corso normale. Agli alunni che abbiano superato con esito favorevole gli esami di licenza, vien rilasciato un diploma di abilitazione all’esercizio della professione. Dato che l’utenza della scuola era adolescenziale l’orario delle lezioni era diurno in tutti i giorni feriali, dalla terza decade di settembre ai primi di luglio. Provvedono alle tasse scolastiche solo i figli di famiglie “agiate” e in relazione “all’uso degli strumenti e del consumo del materiale” una tassa annua di 120 lire per il primo biennio del corso normale e di 150 per il secondo biennio. La sorveglianza sull’andamento amministrativo dell’Istituto è affidata ad una Commissione di cinque componenti nominati da Consiglio comunale. L’istituto poteva contare, da un punto di vista economico, su rendite patrimoniali di quasi 40.000 lire annue; alle quali andavano aggiunti i sussidi del MAIC (1.000), della Provincia (1.500), della Camera di Commercio (200) e i proventi derivanti da tasse scolastiche (tra le 400 e le 500 lire). Nell’a.s. 1904-1905 gli iscritti ai corsi diurni erano 105, quelli ai corsi domenicali 56. 12 furono i licenziati degli uni e 36 degli altri. Le evoluzioni istituzionali nel primo ventennio del nuovo secolo, nell’ordine cronologico sono: la regificazione nel 1907,24 la trasformazione in Regio Istituto Industriale, in seguito alla sua classificazione in Scuola di secondo e terzo grado nel 1915;25 il suo riordinamento nel 1924, che aggiunge una sezione di corso quinquennale per Periti meccanici elettricisti a cui sono annesse una scuola di tirocinio a corso quadriennale per Meccanici elettricisti, un corso di perfezionamento e di specializzazione per gli Operai di maglifici e di corsi per Maestranze meccaniche elettriche e tessili.26 Rimini aveva già una scuola d’arti e mestieri, istituita dal Comune nel 1882. Una decina di anni dopo Matteo Belisardo, ricco commerciante riminese, fonda nel 1894 l’Istituto maschile di educazione e lavoro, eretto in ente morale da un R.D. quello stesso anno.27 All’interno dell’Istituto operava una scuola che impartiva “l’istruzione elementare e l’insegnamento professionale d’arti e mestieri”. A differenza della scuola “comunale”, però, aperta a tutti, questa era riservata agli ospiti dell’Istituto che “ha per iscopo il ricovero durante il giorno di fanciulli poveri, orfani, abbandonati materialmente o moralmente, appartenenti per domicilio di soccorso al Comune di Rimini”. 24 R.D. 10 novembre 1907. 25 Ministero dell’Educazione Nazionale – Direzione per l’Istruzione Tecnica, L’istruzione industriale in Italia, Roma, op. cit., p. 168. 26 R.D. n. 1969 del 18 settembre 1924 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 291 del 15 dicembre 1924. 27 R.D. n. CCCCX del 13 ottobre 1893 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 264 del 10 novembre 1894. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 434 22/12/22 13:34 435 L’ammissione all’Istituto era possibile “dietro presentazione dei certificati di povertà e di buona condotta; e per alcuni, dopo di avere constatato l’abbandono morale o materiale in cui sono lasciati dai genitori o dai parenti”. La Scuola dell’Istituto si proponeva due obiettivi: uno culturale e uno professionale mediante un corso elementare e un corso di arti e mestieri seguito da un corso di perfezionamento. Nel corso elementare i giovani rimangono sino al 12° anno. Il corso d’arti e mestieri dura 4 anni, quello di perfezionamento 2 anni. I ricoverati e gli ammessi all’Istituto possono frequentare uno dei laboratori per: Fabbri, Falegnami, Calzolai, Lattonieri, Sellai, Carrozzieri. L’a.s. incomincia nel mese di ottobre e termina in luglio; le lezioni per il corso elementare hanno luogo in tutti i giorni feriali dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17. Per il corso d’arti e mestieri le lezioni vengono impartite dalle ore 17 e alle 20 in autunno ed in inverno e dalle 6,30 alle 9 in primavera ed in estate; per il resto della giornata gli allievi sono obbligati a frequentare le officine. Per il corso di perfezionamento, le esercitazioni nei laboratori hanno luogo dalle 7 alle 12 e dalle 14 alle 19 in autunno ed in inverno, e dalle 6 alle12 e dalle 15 alle 19 in primavera ed in estate. I giovani lasciano l’Istituto quando hanno compiuto il 18° anno di età. Ad essi vengono rilasciati certificati di buona condotta ed anche “certificati di capacità nell’arte da ognuno d’essi scelta.” La sorveglianza sull’andamento economico dell’Istituto è affidata ad un Consiglio d’amministrazione, i cui componenti sono eletti: 7 dal Comune di Rimini e 5 dai “soci azionisti” dell’Istituto (MAIC e Ministero dell’Interno, che intervengono con sussidi di 150 e 300 lire annue, la Provincia, il Comune e l’ente morale che erogano come contributo annuale 250, 800 e 580 lire).28 Data la fisionomia “assistenziale” l’Istituto nei decenni successivi evolverà secondo la normativa che regolamenta l’area dell’assistenza.29 Nel 1934 un R.D. lo raggruppa sotto un’unica amministrazione “Orfanatrofi riuniti” (eretto ente morale nel 1876) insieme all’Orfanotrofio maschile Pio Felice (fondato nel 1893).30 Scarne notizie31 si ha di una Scuola professionale nel convitto per gli orfani degli impiegati civili dello stato a Spoleto, istituita nel 1899 e attivata nella città umbra dall’ Istituto nazionale per gli orfani degli impiegati subalterni delle pubbliche amministrazioni italiane (da una delle prime forme di previdenza nel settore del pubblico impiego costituito nel 1893, con sede a Roma).32Il corso di formazione professionale, di cui ignoriamo la durata, riguardava le Arti grafiche (fotografia, fotoincisione, litografia e tipografia) e la Telegrafia. La scuola viene soppressa il 1 ottobre 1904. 28 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit, pp. 302-304. 29 Kolega A., Alle origini dello stato sociale italiano. Linee generali in AA.VV (a cura di Kolega A. - M.E. Marinelli), Bonifiche ed edilizia a Roma e nel Lazio nella prima metà del Novecento, in Regione Lazio – Rivista storica del Lazio anno XIII-XIV, quaderno n. 8, 2007-2009, Cangemi Editore, p. 12. 30 Storia - asp valloni marecchia in www.aspvallonimareccha.it. 31 MAIC, Annuario del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio 1904, op.cit., p. 190. 32 Le foto degli orfani - Spoleto 1903 in tuttoggi.info 19 aprile 2011. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 435 22/12/22 13:34 436 Nasce a Vittorio (TV), allora una cittadina di 19.000 abitanti, una Scuola di arti e mestieri con 5 sezioni triennali per muratori; falegnami-intagliatori; fabbri-meccanici; scalpellini; decoratori. Alla Scuola sono annessi, inoltre, un corso biennale di perfezionamento e una sezione triennale festiva. La scuola è dotata di due officine per la lavorazione del ferro e del legno. Per essere ammesso al 1° anno di corso l’alunno deve aver compiuto il dodicesimo anno di età e possedere il certificato di promozione dalla 4a classe elementare; per l’ammissione alla sezione festiva non sono prescritti limiti di età, né vengono richiesti titoli di studio. Gli orari delle lezioni vanno dalle 18 alle 21 di tutti i giorni feriali mentre nella sezione domenicale dalle 9 alle 12. Le attività incominciano il 1° ottobre e terminano il 30 maggio. A conclusione del corso di ciascuna sezione viene rilasciato un certificato di licenza. La frequenza è gratuita; solo gli allievi della sezione domenicale pagano una tassa annua di 10 lire; “ne sono esenti i giovani di disagiata condizione”. Il governo della scuola è affidato ad un Consiglio direttivo, composto da 2 delegati dal MAIC, 2 dal Comune e uno dalla società operaia. Provvedevano al mantenimento annuo della scuola, oltre ai soggetti presenti nel Consiglio (il MAIC e il Comune con 2.000 lire ciascuno e la società operaia con 450 lire) anche la Provincia con 200 lire, la Camera di Commercio con 460, la Banca popolare con 500 e il locale stabilimento della Società italiana cementi e calci (che nel 1938 diventerà l’Italcementi) con 100 lire. Nell’a.s. 1904-05 gli alunni erano 153.33 Nel 1898, a Torino, a seguito di una Deliberazione dell’assemblea generale della Società fra i tappezzieri viene istituita una Scuola professionale tappezzieri in stoffe. Il corso dura 4 anni e sono ammessi alla Scuola soltanto i lavoranti tappezzieri che abbiano compiuto il 12° anno di età e che presentino il certificato di promozione dalla 3a classe elementare. Le lezioni vengono impartite tutti i giorni feriali dalle 20,30 alle 22! Tutti gli alunni debbono pagare una tassa d’iscrizione di una lira. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo nominato ogni anno dai soci della Scuola, uniti in assemblea generale. I professori di disegno sono nominati in seguito a concorso; gl’insegnanti di taglio e d’imbottitura, dietro parere dei soci. “Gli alunni licenziati dalla Scuola trovano, più facilmente degli altri tappezzieri, una lucrosa occupazione. Dietro richiesta dello alunno, la Scuola s’interessa di procurargli lavoro, riferendone all’ufficio di colloca mento della Società mutua tappezzieri”. Sostengono finanziariamente le attività il MAIC (200 lire), la Camera di Commercio (100), la Cassa di Risparmio (400), l’Associazione generale operai (20) e privati cittadini (oltre 300 lire).34 33 Maic, Annuario del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, 1904, op. cit. p. 193-194 e Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., pp. 373-375. 34 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., pp. 338. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 436 22/12/22 13:34 437 3.1.3. Le Scuole industriali d’arti e mestieri sussidiate da soggetti locali a. Quadro sinottico e considerazioni generali Nascono in questo decennio numerose scuole professionali per il settore manifatturiero, attivate e gestite da una pluralità di soggetti diversi. In questa sede ricostruiamo le vicende iniziali di 36 scuole, che costituiscono solo un fenomeno rappresentativo, non certo esaustivo, di questa tipologia formativa. Rappresentativo per diversità dell’offerta formativa e volume di utenza servita; perché raccoglie sia grandi realtà cittadine (come la Società di Incoraggiamento di Arti e Mestieri - SIAM di Milano), sia le minuscole realtà di piccoli paesi; perché fotografa la distribuzione sul territorio nazionale; con qualche riserva, anche per le tipologie di soggetti gestionali, riconducibili a queste categorie: - Associazioni del mondo del lavoro (Chieri, Colugna, S. Giorgio della Richinvelda, Valvasone, Ferrara, Milano 1 e 2, Fucecchio, Napoli 3); - Enti locali (Genova, Morbegno, Palmanova, Torino); - Filantropi o associazioni filantropiche e culturali 12 (Bormio, Ceva, Moruzzo e altri 6 comuni friulani, Udine, Bormio, Roma); - Istituzioni cattoliche (Macerata, Marsala, Napoli 1, Napoli 2); - Riformatori, educatori (Ancona, Ascoli Piceno, Atri, Aquila, Ravenna, Verona, Boscomarengo) e scuole (Cuneo). Grafico n. 5 - Tipologie di soggetti gestionali delle scuole d’arti e mestieri istituite nel decennio e sussidiate da soggetti locali Esprimevamo qualche riserva sulla rappresentatività delle scuole rilevate rispetto alla situazione reale di questo decennio. La riserva vale in particolare per quanto riguarda le scuole attivate da istituzioni cattoliche. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 437 22/12/22 13:34 438 Si consideri ad esempio il caso dei Salesiani. In questo decennio aprono sul territorio nazionale 20 case. Di queste, secondo la documentazione da noi reperita, due (Macerata e Marsala) si occupavano di Istruzione Professionale. Il dato, però, non è in sintonia con l’impostazione di Don Bosco e dei suoi successori, per i quali “gli artigianelli” costituivano una priorità. In effetti questo sottodimensionamento si spiega con i sistemi classificatori usati negli Annuari Salesiani che costituiscono la fonte più sistematica delle attività realizzate dai figli di Don Bosco. Negli Annuari, infatti, per Marsala, ad esempio, solo nel 1910 appare la specifica Scuole professionali. Lo stesso accade per Catania, Verona, Lugo, Novara, Milano, Torino Martinetto, Bologna. Quindi anche nelle Case salesiane di queste città erano stati attivati scuole e percorsi di Formazione Professionale.35 Tabella n. 6 – Quadro sinottico delle scuole industriali d’arti e mestieri non sussidiate dal MAIC Città Denominazione Consiglio Direttivo Ancona n.d. Scuola d’arti e mestieri Orfanotrofio maschile Insegnamenti: Falegnameria, Ebanisteria, Lavorazione del ferro, Calzoleria, Sartoria, Verniciatoria Ascoli Piceno n.d. Scuole di disegno ed officine Educatorio Principe di Napoli Insegnamenti: n.d. Atri n.d. Scuola d’arti e mestieri Orfanotrofio Insegnamenti: Intagliatori, Falegnami, Stipettai, Fabbri ferrai, Fucinatori, Ornamentisti, Pittori decoratori, Fabbri meccanici Bormio 1895 Scuola complementare di arti e industrie Fondazione culturale Insegnamenti: Italiano, Francese, Tedesco, Aritmetica, Computisteria, Storia e Geografia, Diritti e Doveri, Igiene, Disegno ed Agraria, Piccole industrie forestali, Falegnameria, Intaglio, Scultura e Plastica Boscomarengo (AL) 1895 Scuola professionale presso riformatorio Riformatorio Insegnamenti: Insegnamento industriale ed artigiano, Disegno Ceva (CN) n.d. Scuola d’arti e mestieri Amministrazione autonoma Insegnamenti: Computisteria, Disegno applicato alle arti ed ai mestieri, Nozioni di agraria Chieri 1899 Scuola di tessitura Società di Previdenza ed Istruzione Insegnamenti: Computisteria, Disegno applicato alle arti ed ai mestieri, Nozioni di agraria Colugna, S. Giorgio della Richinvelda, Valvasone 1890 Scuola per cestari Società agraria friulana Insegnamenti: Fabbricazione di oggetti in vimini 35 Norcia G., Indirizzi di carattere tecnico-professionale dalle origini fino ad oggi (Italia 1853- 2013) Allegato IV in Prellezo J.M., Scuole professionali salesiane, CNOS-FAP, Roma, 2013. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 438 22/12/22 13:34 439 Cuneo 1898 Scuola del governo delle caldaie a vapore Regio Istituto Tecnico Insegnamenti: Lezioni pratiche sulla direzione e sul governo delle macchine a vapore in servizio dell’industria Ferrara 1894 Scuola macchinisti ed affini Società macchinisti ed affini Insegnamenti: Struttura e funzionamento delle macchine Fucecchio (FI) 1897 Scuola professionale Landini Marchiani Opera Pia Landini Marchiari Insegnamenti: nella prima sezione Agronomia - Chimica generale ed Agraria con esercitazioni pratiche, Fisica e Meccanica con applicazione all’agricoltura, Disegno topografico, Industrie agrarie e Zootecnia, Economia rurale, Legislazione rurale, Costruzioni rurali, Contabilità agraria, Esercitazioni pratiche di agricoltura; nella seconda sezione Meccanica - Fisica, Tecnologia meccanica, Geometria descrittiva, Disegno, Elettrotecnica, Lavoro manuale Genova 1893 Scuola civica d’arti e mestieri Comune insegnamenti: nella prima sezione - Italiano, Aritmetica, Algebra e Geometria, Fisica e Chimica, Meccanica, Elettrotecnica, Disegno di macchine, Disegno geometrico ed industriale, Plastica applicata alle arti; nella seconda sezione - Arti del legno (falegnami, ebanisti, intagliatori), Tipografia, Litografia, Oreficeria e filigrana, Mestieri del fabbro, del meccanico, dell’ottoniere, ecc. Aquila n.d. Laboratori professionali presso Orfanotrofio S. Giuseppe Orfanotrofio Insegnamenti: Sartoria, Falegnameria, Calzoleria Macerata 1892 Scuole operaie dell’Istituto salesiano Salesiani Insegnamenti: Sartoria, Falegnameria, Ebanisteria, calzoleria Marsala 1892 Laboratori professionali Salesiani Insegnamenti: Sartoria, Falegnameria Milano 1 (4 succursali) 1892- 95 Scuola di meccanica e di disegno per gli operai SIAM Insegnamenti: n.d. Milano 2 1892 Scuola di tessitura corso per proprietari e direttori di fabbrica SIAM Insegnamenti: n.d. Morbegno (SO) 1899 Scuola popolare complementare di arti e mestieri, commerciale e di agricoltura pratica Amministrazione autonoma Insegnamenti: Italiano, Francese, Storia e Geografia, Aritmetica, Disegno, Fisica, Chimica, Scienze naturali, Contabilità, Diritti e Doveri ed Igiene. La parte pratica comprende lavori di falegname, di fabbro, di intaglio, elementi di viticoltura, bachicoltura, agraria, allevamento del bestiame e caseificio Moruzzo (UD) e altre 6 scuolelaboratori in Friuli 1898 Scuola laboratorio di merletto benefattrice Insegnamenti: n.d. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 439 22/12/22 13:34 440 Napoli 1 1898 Pia casa arcivescovile dei sordomuti Ente morale Pia casa Insegnamenti: quelli stabiliti nei programmi governativi per l’insegnamento speciale ai sordomuti fino alla terza classe elementare. Dopo frequenza di un’officina di: ebanisteria, calzoleria, sartoria. Napoli 2 1898 Istituto Ajello Ecclesiastico Insegnamenti: Sartoria, Calzoleria, Tipografia Napoli 3 1898 Scuola operaia d’arti e mestieri Unione operaia delle associazioni indipendenti Insegnamenti: Sezioni per analfabeti, elementare, di perfezionamento, di disegno, di elettrotecnica Palmanova (UD) 1898 Scuola d’arti e mestieri Comune Insegnamenti: Aritmetica, Geometria, Disegno. Nozioni tecnologiche-industriali, Modellazione, Stilistica e Disegno decorativo Ravenna 1896 Scuola d’arti e mestieri Orfanotrofio Insegnamenti: Meccanica, Falegnameria, Calzoleria Roma 1898 Scuola popolare di elettrotecnica “Galileo Ferraris” Comitato di cittadini Insegnamenti: Principi generali d’elettrotecnica, Disegno schematico degli impianti, Aritmetica e geometria, Nozioni di fisica, di chimica e d’idraulica. Nozioni di macchine elettriche, di telefonia, di telegrafia, d’illuminazione, di trazione e di elettrochimica matematica Torino 1895 Scuola d’arti e mestieri per le arti fabbrili Comune Insegnamenti: Italiano, Storia e Geografia e nozioni varie; Aritmetica e Geometria piana; Geometria solida e descrittiva; Meccanica e tecnologia fisico-chimica; Disegno geometrico, ornamentale ed industriale; Lavorazione del ferro e del legno Udine 1895 Laboratori Patronato scuola e famiglia Insegnamenti: Lavori in trecce e cappelli di paglia Verona 1891 Scuola d’arte e mestieri Istituto fanciulli derelitti Insegnamenti: Materie della scuola primaria, del fabbro, del falegname e del calzolaio b. Nascita e sviluppo delle scuole Nel decennio considerato a Milano la presenza della Società d’Incoraggiamento Arti e Mestieri si consolida e si espande. Per rendersi conto dei grandi meriti maturati dalla SIAM è opportuno ricostruirne brevemente l’evoluzione dalla sua istituzione ai primi anni del ‘900. Era il 7 Agosto del 1838 quando la Camera di Commercio di Milano riunisce i più importanti commercianti e industriali milanesi, con lo scopo di creare un’istituzione capace di promuovere “l’incamminato progresso delle arti e de’ mestieri in Milano”. Nasce così la Cassa d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri, un fondo per la distribuzione di riconoscimenti e sovvenzioni ad artigiani, operai e CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 440 22/12/22 13:34 441 operatori economici che introducono pratiche innovative nei processi produttivi A guidarla è Enrico Mylius (1769-1854) un imprenditore serico, banchiere e filantropo, nato in Germania ma vissuto prevalentemente a Milano. La Cassa diverrà Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri (SIAM) nel 1841. Consapevole che “il miglior modo di favorire l’industria è quello di illuminarla con l’istruzione” si costituisce come ente di formazione.36 Le attività che progressivamente sono messe in campo, dalla sua fondazione fino ai primi anni del ‘900, sono riportate nella Tabella 7. Tabella n. 7 – Attività formativo-professionali del SIAM dalla fondazione Anno Attività Sede n. allievi 1842 Scuola Laboratorio di Chimica Industriale Milano, Centrale V. Santa Marta 20 1844 Scuola di Tessitura – Corso per operai Milano, Centrale V. Santa Marta 1854 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di meccanica Milano, Centrale V. Santa Marta 1863 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di geometria e disegno geometrico Milano, Centrale V. Santa Marta Oltre 100 1875 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di disegno per macchine Milano, Centrale V. Santa Marta 400 1884 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Sezione Falegnami e Tappezzieri di carrozza Milano, Centrale V. Santa Marta 20 1888 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Sezione modellisti, fonditori e calderai Milano, Centrale V. Santa Marta 10 1892 Scuola di Tessitura – Corso per proprietari e direttori di fabbrica Milano, Centrale V. Santa Marta 500 1892 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di geometria e disegno geometrico Milano, Succursale V. Pinamonte da Vimercate 1894 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di geometria e disegno geometrico Milano, Succursale V. Genova 1895 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di geometria e disegno geometrico Milano, Succursale V. G. Galilei 1895 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di geometria e disegno geometrico Milano, Succursale V. G. Bramante 1901 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di geometria e disegno geometrico Milano, Succursale V.le Romania 1902 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Corso di geometria e di disegno geometrico Milano, Succursale V.le P. Fresi 1901 Scuola di tessitura – Corso di meccanica applicata al telaio Milano, Centrale V. Santa Marta 60 36 Laicata G.C., L’intelligenza produttiva - Imprenditori, tecnici e operai nella Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri di Milano (1838 - 1988), Milano, Electa, 1990; Piparo D. - R. Capozucca, La Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri, Milano, Raccolto Edizioni, 2019. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 441 22/12/22 13:34 442 1902 Scuola laboratorio di elettricità per operai Milano, Centrale V. Santa Marta 80 1905 Scuola di Meccanica e di disegno per gli operai – Sezione motoristi e conducenti automobili e motociclette Milano, Centrale V. Santa Marta 60 1906 Scuola per saponieri Milano, Centrale V. Santa Marta 20 Nel decennio considerato la Scuola di tessitura apre un corso per proprietari e manager di aziende tessili. Il corso, teorico-pratico, dura dieci mesi, con un insegnamento intensivo di dieci ore al giorno, ed è frequentato da una decina di allievi, i quali pagano una tassa di iscrizione di lire 600. Il favore con cui nel ceto operaio fu accolto il corso preparatorio di geometria e disegno geometrico istituito presso la sede centrale indusse la Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri ad aprire corsi identici nei punti più lontani della città. Un primo corso venne aperto nel 1892 nella succursale di Via Pinamonte da Vimercate; un secondo nel 1894 a Viale Genova; un terzo ed un quarto nel 1895 in Via Galileo Galilei e in Via Bramante; un quinto nel 1901 a Viale Roman, ed un sesto nel 1902 in Via Paolo Frisi. A queste scuole succursali, affidate agli stessi insegnanti ed assistenti del corso analogo centrale, sono iscritti, in complesso, più di 500 alunni. Nel 1902 viene attivata la Scuola-Laboratorio di elettricità per operai. Era un’epoca in cui l’elettricità stava entrando prepotentemente nelle industrie. Nel 1884 era stata costituita la “Società Anonima Generale Italiana di Elettricità Sistema Edison” (meglio conosciuta come “Edison”) promossa dall’ingegnere Giuseppe Colombo e dai maggiori industriali dell’epoca (Crespi, Cantoni, Erba, Rava). Sull’onda di questo fermento Carlo Erba il 27 novembre 1886 donava all’Istituto Tecnico Superiore (futuro Politecnico) 400.000 lire per la fondazione e lo sviluppo di una Scuola di Elettrotecnica. In effetti la SIAM aveva già avviato una scuola del genere, ma i corsi non bastavano a soddisfare pienamente la domanda di perfezionamento dei lavoratori. Prese l’iniziativa la Società Umanitaria che, nell’adunanza del 20 marzo 1902, “accoglieva il concetto della fondazione di una Scuola-Laboratorio di elettrotecnica per gli operai, intesa a dare oltreché la coltura generale, anche una coltura speciale a tutte le diverse categorie di operai elettrotecnici”. Successivamente aprì trattative per la formazione di un consorzio “allo scopo di armonizzare le iniziative esistenti e quella che l’Umanitaria si proponeva di patrocinare e realizzare”. I soggetti interessati erano: il Regio Istituto Tecnico Superiore/Politecnico, che Sede centrale della S.I.A.M. a Milano, Via Santa Marta CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 442 22/12/22 13:34 443 operava in questo ambito formativo mediante la Scuola di Elettrotecnica intitolata al benefattore che ne aveva consentito la nascita, Carlo Erba, e finalizzata alla formazione di ingegneri, e la SIAM, che già operava con una sua Scuola di elettrotecnica, destinata agli operai, e per la quale “riusciva facile aumentarne le possibilità fornendo i necessari mezzi.”37 Gli accordi con i contraenti riguardavano tutti gli aspetti legati ad una istituzione formativa: a) la definizione della mission e del target “impartire istruzione teorico-pratica agli operai onde aumentarne la coltura e farne eventualmente dei capi conduttori di centrali elettriche in generale o degli operai specializzati”; b) la specificazione del percorso (durata, articolazioni, orari e programma didattico): corso biennale, dal primo ottobre a fine maggio, con orario serale da lunedì a sabato e diurno, la domenica (riservata a conversazioni, domande di chiarimenti e ripetitori”). Nel primo anno gli insegnamenti riguardavano nozioni generali di elettrotecnica, esperienze sulle misure elettriche generali e in via complementare disegno o rilievo dal vero di tutti gli apparecchi elettrici di uso più comune. Il secondo anno è di specializzazione per operai costruttori di materiali elettrico, per gli operai conduttori di impianti o centrali elettriche e per operai telegrafisti e telefonisti; c) i soggetti che realizzano le attività formative: la scuola – laboratorio della SIAM è sede degli insegnamenti ed esercitazioni generali del primo anno, mentre nella scuola- laboratorio del Politecnico si realizzano gli insegnamenti specialistici del secondo anno; d) il governo e il management dell’istituzione. La direzione didattica, disciplinare e amministrativa spetta ad un Comitato direttivo (formato dal direttore del R. Istituto Tecnico Superiore con funzione di Presidente e tre delegati della Società Umanitaria, da un delegato della Camera del lavoro di Milano, scelto fra gli operai elettrotecnici); da due delegati della SIAM, da un delegato della Scuola elettrotecnico C. Erba e da un delegato del corpo docente del Politecnico. All’Umanitaria spettava la nomina del personale, mentre il Comitato direttivo ne fissava lo stipendio; e) entità e soggetti dei finanziamenti: all’Umanitaria facevano carico tutte le spese di primo impianto, di immobilizzazioni successive e di remunerazione del personale; f) i bilanci dovevano essere sottoposti al Consiglio dell’Umanitaria. Quest’ultima stanziava 100.000 lire a favore dell’Istituto Tecnico Superiore per la costruzione di un nuovo fabbricato con le relative attrezzature didattiche. Inoltre, stanziava per le spese di esercizio annuale 25.000 lire all’Istituto Tecnico Superiore e 10.000 lire alla SIAM. Le lezioni del primo anno di corso iniziarono presso la sede centrale della SIAM, il 26 ottobre 1902, a Via S. Marta. Le ultime due creature della SIAM furono la Scuola per motoristi o conducenti automobili e motociclette (chauffeurs), sorta nel 1905, quando in Italia circolavano poco più di 2.000 automobili38 e frequentata da una sessantina di alunni e la Scuola 37 Società Umanitaria, La scuola laboratorio di elettrotecnica per operai, Milano, Scuola del libro 1904. 38 Biffignandi D., Nascita e sviluppo dell’industria automobilistica in www.treccani.it. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 443 22/12/22 13:34 444 per saponieri (il termine indicava i produttori di saponi e di profumi39) frequentata da una ventina di allievi. A Torino l’Istituto Professionale operaio comunale, che in epoca napoleonica aveva dato inizio ad una Scuola serale di disegno e plastica (1805), e dopo l’Unità nazionale ad una Scuola di chimica (1878), fonda, nel 1893, una Scuola d’arti e mestieri per le arti fabbrili. Le tre scuole sono state ospitate nel palazzo di Corso San Maurizio (vedi foto). La scuola è diurna e comprende tre anni di corso. Sono ammessi alla scuola giovanetti tra i dieci e i quattordici anni di età, che abbiano frequentato le cinque classi elementari e che paghino la tassa scolastica di lire 2 all’anno (esentati per merito o per condizioni economiche disagiate). La durata dell’anno formativo è di 11 mesi, dal primo ottobre a tutto agosto. Le ore settimanali di lezione per ogni anno di corso sono 48. Sono materie d’insegnamento: Italiano, storia e geografia e nozioni varie; Aritmetica e geometria piana; Geometria solida e descrittiva; Meccanica e tecnologia fisico-chimica; Disegno geometrico, ornamentale ed industriale; Lavorazione del ferro e del legno. Gli insegnanti, i maestri di laboratorio e gli assistenti sono nominati dal Consiglio comunale in seguito a concorso. La prima nomina è fatta per un anno, a titolo di prova; le riconferme sono quinquennali. Gli insegnanti sono, di norma, scelti tra persone munite di laurea, i maestri di laboratorio tra i capi-tecnici, che, in officine e stabilimenti industriali, hanno acquistata sufficiente abilità nella lavorazione manuale e meccanica del ferro e del legno. Gli alunni iscritti, nell’a.s. 1904-05, sono 245. A quanti si distinguono, oltre ai premi in danaro, oggetti utili e menzioni onorevoli concessi dall’Amministrazione comunale, sono assegnati cospicui premi di Enti locali: come la Camera di Commercio ed arti, la Cassa di risparmio, le Opere Pie di San Paolo, ecc.40 A Boscomarengo, viene istituito dal Ministero dell’Interno nel 1895 un Riformatorio. Mantenuto completamente dal Governo è posto sotto la sorveglianza dell’Ispettorato scolastico circondariale. “Ricovera giovani oziosi e vagabondi, in numero di 250”. Oltre le materie della scuola primaria, viene impartito l’insegnamento industriale ed artigiano, nonché quello del disegno.41 39 In un appello Ai cortesi lettori pubblicato sul numero del maggio 1903 della rivista Il profumiere italiano si esprime infatti soddisfazione per il fatto che molte delle idee propugnate dal periodico erano state realizzate: “Così si poté attuare - prosegue l’appello - l’Unione fra i saponieri d’Italia, come speriamo potrà quanto prima essere attuata la proposta nostra di aprire speciali scuole serali o festive per gli operai saponieri e profumieri, le quali serviranno a perfezionare i prodotti delle nostre industrie da portarle all’altezza di quelli esteri, a totale vantaggio della ricchezza individuale e nazione”. Vedi Profumiere (il) italiano in www.lombardiabeniculturali.it. 40 Ibidem, p. 995. 41 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit, p. 925. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 444 22/12/22 13:34 445 In provincia di Cuneo, a Ceva, un paese di 5.000 anime, nasce una Scuola d’arti e mestieri, maschile e serale. Ha una propria Amministrazione ed è sussidiata dalla Camera di Commercio di Cuneo. Il Comune fornisce, inoltre, gratuitamente i locali. Oltre le materie della scuola primaria, vi si insegnano computisteria; disegno applicato alle arti ed ai mestieri; nozioni di agraria. Gli iscritti sono 150, nell’a.s. 1904-05. Un Regolamento del 1897 “per l’esercizio e per la sorveglianza delle caldaie e dei recipienti di vapore”42, prescriveva: “Nessuna caldaia a vapore può essere posta e mantenuta in azione senza la continua assistenza di persone che presentino i seguenti requisiti: 1) avere età non minore di 18 anni compiuti; 2) essere di riconosciuta moralità e di buona condotta; 3) possedere un certificato di capacità alle funzioni di conduttore di caldaie a vapore”. In seguito all’adozione di tale regolamento, si costituirono in Italia, analogamente a quanto da tempo era già stato fatto in altri Paesi, diverse Associazioni fra gli utenti e i possessori di caldaie a vapore, i cui statuti furono regolarmente approvati per Decreto reale. A Torino si forma una delle prime associazioni, che nel 1898, promuove la nascita di una Scuola del governo delle caldaie a vapore, a Cuneo. Dipende da una Commissione di vigilanza nominata dal R. Istituto tecnico. È sussidiata con lire 100 dalla Cassa di risparmio, con lire 150 dalla Camera di Commercio e con lire 80 dalla Associazione. Vi si dànno lezioni pratiche sulla direzione e sul governo delle macchine a vapore in servizio dell’industria. Nel 1904 era frequentata da 60 alunni.43 Nel 1893 a Genova il 3 novembre 1893 il Comune inaugura una Scuola civica d’arti e mestieri. L’orario è diurno e, nell’a.s. 1904-05, vi erano iscritti oltre 200 alunni. Figura n. 5 – Percorsi formativi nella Scuola civica d’arti e mestieri di Genova 42 R.D. del 27 giugno 1897, n. 290. 43 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit, p. 946. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 445 22/12/22 13:34 446 Due le sezioni: quella detta degli “studi e quella “industriale” (Vedi Figura 5); gli insegnamenti della prima si svolgevano in aula, quelli della seconda in appositi laboratori.44 In Valtellina, a Bormio (SO) apre i battenti il 1 dicembre 1894 una Scuola di piccole industrie alpine. La presiedeva un ex maestro che a tale proposito aveva raccolto (con offerte che provenivano dall’arciprete, da un deputato, da due banche locali e da un emigrato) 2.000 lire. L’iniziativa rispondeva all’esigenza “di una scuola pubblica, o di una istituzione simile, che raccogliesse i giovanetti nel lungo periodo dell’inverno alpino per fornire una occupazione proficua ad essi e al paese in genere”. 45 La scuola, il cui Regolamento ne aveva cambiato la denominazione in Scuola di arti e industrie alpine si proponeva una doppia finalità: potenziare l’istruzione scolastica e accrescere le capacità artigianali del Paese nella produzione di oggetti ludici in legno, fortemente curati ed economicamente competitivi. Non essendo riusciti ad ottenere risorse da parte del MAIC, la Commissione che presiedeva la Scuola approfittò delle agevolazioni che proponeva la Provincia di Sondrio che dal 1893 dispensava sussidi ai Mandamenti che istituivano scuole complementari all’interno di quelle elementari. Il 20 maggio 1896 con un nuovo statuto si provvide a creare una fondazione culturale comprendente la Scuola d’arti e industrie già esistente e la nuova Scuola complementare o di perfezionamento. A questa fondazione fu attribuita la denominazione di Scuola complementare di arti e industrie e le venne assegnata un’idonea sede comunale. Le lezioni Bormine avevano però il limite di essere diurne e quindi impedite in frequentazione a tutti coloro che potevano accedervi solo la sera per gli impegni lavorativi nei campi; si provvide pertanto alla modificazione dell’orario scolastico che portò al raddoppio delle iscrizioni e ad un’affluenza costante di 40/60 studenti provenienti tanto da Bormio quanto dalle Valli. Un successivo intervento fu quello di sostituire la lingua francese con quella tedesca in virtù della maggior vicinanza con il Tirolo e con i Grigioni, per facilitare l’emigrazione degli operai dell’Alta Valtellina nella vicina Svizzera. L’insegnamento voleva soprattutto servire ad istruire l’emigrante, considerata la grande quantità di operai che lasciavano la Nazione in cerca di lavoro e fortuna, ma che da analfabeti potevano ambire semplicemente ad esercizi più umili e mal pagati nonostante la loro buona manualità.46 Si predispose, anche, un campicello sperimentale per l’istruzione agraria, si stabilirono premi per gli alunni meritevoli e si realizzarono conferenze pubbliche. Da un punto di vista finanziario l’istituzione poteva contare sulle entrate seguenti: Provincia, lire 44 Ibidem, p. 953. 45 Fumagalli L., Dall’illuminata Scuola di Piccole Industrie Alpine alla Regia Scuola Professionale di Bormio, in Bollettino storico Alta Valtellina, n. 17, Anno 2014, pp. 187-201. 46 In Svizzera, fino ad allora, ad esempio, per la costruzione di serrature e mobili d’albergo si utilizzavano falegnami italiani solo durante la piallatura e la segatura, assoldando intagliatori, scultori e verniciatori germanici, proprio perché quest’ultimi possedevano un buon grado di cultura; sottintendendo che, mentre i primi erano in grado di far lavorare le braccia, i secondi facevano lavorare anche le menti. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 446 22/12/22 13:34 447 2.500; Camera di commercio di Chiavenna lire 250; Comune lire 150. Inoltre, la Cassa di risparmio ed il Ministero d’Agricoltura, per l’insegnamento agrario, dànno sussidi variabili di anno in anno. Conclusa l’apertura della sezione scolastica maschile, venne predisposta l’apertura di una sezione femminile, che doveva occuparsi di pizzi e merletti sul tipo di quelli di Venezia, ma che, inizialmente, si ridimensionò in una scuola serale di disegno applicato a lavori da donna. Tanto ai maschi quanto alle femmine si insegnavano: italiano, francese, tedesco, aritmetica, computisteria, storia e geografia, diritti e doveri, igiene, disegno ed agraria. Nella sezione maschile si insegnavano inoltre piccole industrie forestali: il mestiere del falegname, l’intaglio, la scultura e la plastica; nella femminile ogni genere di lavori donneschi.47 Sulla base del R.D. 27 dicembre 1914 n. 1502 la Scuola di arti e industrie viene trasformata nella Regia Scuola Professionale. Fra il 1927 e il 1929 vi fu la fusione amministrativa del Ginnasio mandamentale con la Scuola Professionale; quest’ultima dal 1950 prende la denominazione di Scuola Professionale Martino Anzi. Nel 1975 la Scuola Professionale chiude definitivamente48. Anche a Morbegno, sempre in provincia di Sondrio, viene fondata, il 12 settembre 1899, una Scuola popolare complementare di arti e mestieri, commerciale e di agricoltura pratica. La scuola è diurna e serale ed ha annesse officine di lavoro e campi sperimentali. È autonoma, amministrata da un Consiglio di sette membri. La scuola si mantiene coi seguenti sussidi: Provincia lire 2.500 annue; Cassa di risparmio di Milano lire 1.500; contributo dei soci lire 800; Società operaia lire 500; Comune lire 500. Il MAIC dà, inoltre, un sussidio, variabile, per l’insegnamento agrario. L’insegnamento è teorico e pratico. La parte teorica comprende: italiano, francese, storia e geografia, aritmetica, disegno, fisica, chimica, scienze naturali, contabilità, diritti e doveri ed igiene. La parte pratica comprende lavori di falegname, di fabbro, di intaglio, elementi di viticoltura, bachicoltura, agraria, allevamento del bestiame e caseificio. Nell’a.s. 1904-05, la scuola diurna è frequentata da 11 alunni, dei quali 8 lavorano nelle officine. La serale, invece, è frequentata da 64 maschi e 30 femmine.49 Il Friuli in questo periodo diventa sede di una provvidenziale e intelligente attività formativa ed imprenditoriale nel settore del merletto. Il merito va attribuito ad una americana, Cora Slocomb50, sposata con un italiano, il Conte Detalmo Savorgnan 47 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op. cit., p. 992. 48 Fumagalli L., Dall’illuminata Scuola di Piccole Industrie Alpine alla Regia Scuola Professionale di Bormio, op. cit. 49 Ibidem, p. 992. 50 Slocomb Cora (1862-1944). Era figlia unica del Capitano Cuthbert H. Slocomb che aveva partecipato alla Guerra civile americana e di Abbie Day, donna energica che professava il culto quacchero. Ricevette un’educazione cosmopolita: all’età di diciotto anni parlava correntemente il francese e il tedesco e aveva fatto numerosi viaggi in Europa. A ventuno anni fu ammessa alla prestigiosa Accademia di Monaco per studiare pittura. Nel 1887 Cora conobbe a Roma il Conte Detalmo Savorgnan di Brazzà e nello stesso anno si sposarono e si stabilirono in Italia. Alternava il suo domicilio nella capitale e nell’antico castello di Brazzà, nel comune udinese di Moruzzo in Friuli-Venezia Giulia. Lʼ8 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 447 22/12/22 13:34 448 di Brazzà. Dedichiamo uno spazio più consistente a questa filantropa e imprenditrice americana per il carattere esemplare delle istituzioni formative alle quali ha dato inizio e nelle quali sono coniugate formazione, imprenditorialità, tradizione artistica e genio femminile. A Santa Margherita del Gruagno, in comune di Moruzzo, presso Villa Miramonte, nel 1891 Cora istituì la prima delle sette scuole-cooperative femminili di merletti a fuselli. Nel 1892, a solo un anno dalla fondazione della prima scuola, un centinaio di ragazze, dai sette ai venti anni, avevano imparato l’arte dei fuselli. A questa prima scuola s’ispirarono le numerose altre scuole-laboratorio, che nacquero su tutto il territorio nazionale e che presero a modello il regolamento che la contessa Cora aveva dettato per le scuole friulane con il motto: “Fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi”. Con l’istituzione di queste scuole-laboratorio, Cora mirava a procurare lavoro alle donne indigenti in un contesto che vedeva l’avanzata dei grandi opifici e il venir meno, con il progresso industriale, di quelle competenze femminili secolari tra cui le arti del merletto, il ricamo e la tessitura. Cora era convinta che l’indipendenza economica avrebbe contribuito ad accrescere nelle donne la propria autostima, strumento necessario ed indispensabile per rivendicazioni di parità. La contessa non curava soltanto la parte pedagogica delle scuole, ma anche la parte tecnica e artistica. Forte di una cultura raffinata e sensibile sia al fascino del Cinquecento italiano che a quello del Liberty d’oltralpe, seppe fondere in disegni originali l’antico con il moderno, creando così una produzione d’arte apprezzata in tutta Europa e soprattutto negli Stati Uniti. Durante la Grande Esposizione Universale di Chicago del 1893 Cora fu premiata con una medaglia d’oro, per la collezione di antichi ricami e merletti italiani che le furono spediti dalla Regina Margherita in persona e da altre nobildonne italiane ed esposti nello spazio dedicato al nostro Paese. Dall’introduzione del catalogo della mostra emerge lo spirito filantropico di Cora: «[…]ricordo che ogni pezzo di merletto venduto, per settembre 1891 Cora e Detalmo organizzarono nel follador e nel parco del castello di Brazzà, la prima Esposizione Agricola Locale di Emulazione fra i Contadini per le Piccole Industrie. Ed è proprio in quest’occasione che la cosmopolita contessa istituì “il Premio sulla Creatività”. Oltre alle scuole e alla commercializzazione dei merletti, sempre per incrementare l’occupazione femminile, Cora fondò l’Industria Giocattoli in Friuli, con sede a Fagagna. Qui erano realizzate bambole vestite con antichi costumi del folklore friulano e peluches. Suoi erano i disegni, mentre i materiali erano importati dagli Stati Uniti e la manodopera era locale. La fabbrica chiuse i battenti quando scoppiò la Prima Guerra mondiale, a causa della difficoltà di approvvigionamento delle stoffe. Anche la storia dell’industria dolciaria Delser di Martignacco è legata a Cora. Fu lei ad incentivare la produzione dei biscotti, allora una rarità. Fra le ultime iniziative della contessa americana va ricordata l’istituzione di una Scuola Estiva Internazionale di arte, musica, lingue, agricoltura, economia domestica e lavori manuali a Santa Margherita del Gruagno. Nelle intenzioni di Cora le alunne, di diversa nazionalità, dovevano incontrarsi per imparare le materie di studio e per godere di un clima salutare, di buon cibo, di un bel paesaggio e di una piacevole compagnia. Questo ambizioso progetto non fu mai realizzato a causa di una lunga malattia di Cora. La fine dell’Ottocento la vide impegnata in una agguerrita battaglia contro la pena di morte. Grazie ad una potente rete di amicizie, riuscì a mobilitare l’opinione pubblica americana, a far riaprire il processo e a far assolvere Maria Barbella, giovane italiana accusata di omicidio, prima donna al mondo condannata alla sedia elettrica (Vedi Pucci I., La signora di Sing Sing. No alla pena di morte, Firenze, prima edizione, 2002). È ancora attiva la proposta di intitolare la moratoria contro la pena di morte in memoria di Cora. Nel 2007 le firme raccolte erano oltre quattro milioni. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 448 22/12/22 13:34 449 quanto insignificante possa sembrare, rappresenta un sicuro pasto per qualche povera e laboriosa donna o qualche bambino italiano orfano di padre». Da qui in poi, “l’industria dei merletti” si estese perfezionandosi nella riproduzione delle antiche trine a fuselli e di quello policromo con fili metallici in oro e argento. Le sette scuole del “Brazzà system”, si distinsero ottenendo due medaglie d’oro alla Grande Esposizione di Parigi del 1900 e speciali onorificenze a Londra (1904), Liegi (1905) e in altre città d’Europa. Con il crescere della produzione dei merletti eseguiti dalle allieve, sempre più numerose, si presentò la difficoltà di vendere i manufatti: in Friuli e in Italia mancava un organismo commerciale efficiente. Questo fabbisogno portò, nel maggio del 1903, alla fondazione a Roma della grande cooperativa Le Industrie Femminili Italiane (Le I.F.I.),51 di cui Cora Slocomb fu 51 La nascita della cooperativa segnò l’apice della cosmopolita attività imprenditoriale della contessa. Le I.F.I. si organizzarono istituendo Comitati e Sottocomitati regionali, cui facevano capo le Patronesse. La produzione dei merletti divenne un ramo importante nell’economia femminile friulana. Oltre oceano, di particolare importanza, fu il Comitato-Scuola di Lavori Femminili di New York, fondato da Miss Florence Colgate e Carolina Amari, già nota in Italia per la sua scuola di ricami attiva a Trespiano, in provincia di Firenze, nonché membro del Comitato di Patronato de Le I.F.I. e collaboratrice artistica della scuola di ricami del Pischiello fondata a Passignano sul Trasimeno in provincia di Perugia, dalla Marchesa Romeyne Robert Ranieri di Sorbello. La ristampa dello Statuto del 1906 della cooperativa de Le I.F.I. elenca i 24 Comitati regionali italiani in cui si era organizza la cooperativa: Ancona, Assisi, Bergamo, Brescia, Catania, Cividale, Forlì, Firenze, Legnago, Livorno, Macerata, Mantova, Messina, Napoli, Padova, Palermo, Perugia, Pisa, Rieti, Roma, Torino, Trapani, Urbino e Udine. A questi Comitati si aggiungevano i Sottocomitati regionali, e i depositi o Comitati provvisori con patronesse delegate di Venezia, Sanremo, Bologna, Abruzzo e Sardegna. Come siano attive all’epoca le I.F.I. in Italia lo testimonia il catalogo della grande Esposizione di Milano del 1906 dove la cooperativa espose, con grande successo, la produzione italiana di ogni Comitato, Sottocomitato e laboratorio-scuola. Il catalogo degli oggetti esposti nella mostra di Milano, corredato della storia, le origini delle tecniche di lavorazione, nonché i luoghi di provenienza dei rispettivi manufatti esposti è una testimonianza importante della cultura e delle tradizioni popolari italiane del periodo. Dai laboratori- scuole, Comitati e Sottocomitati italiani tutti i manufatti, dopo aver fatto scalo presso i magazzini della sede principale de Le I.F.I. a Roma, erano esportati per la commercializzazione in tutto il mondo, soprattutto in America dove furono aperti punti di vendita a New York, St. Louis, Baltimora, Washington e New Orleans. Dalle pagine di un opuscolo de Le I.F.I. datato 1914 emergono le motivazioni principali che portarono alla nascita della cooperativa: “I risultati delle grandi esposizioni straniere, sulla fine del secolo scorso, e di quelle speciali di Roma del 1902-1903, avevano dimostrato che in Italia fiorivano ancora nelle mani femminili le gloriose tradizioni dell’arte, ma che mancava un Istituto mercantile che sapesse raccogliere il frutto seminato in quei concorsi internazionali e guadagnarci stabili ed ampi mercati. Parecchie antiche industrie bellissime, quasi prossime a spegnersi, erano risorte per virtù di patronesse geniali ed amorevoli. A Bologna l’arte del reticello, a Perugia l’antica industria dei tappeti in seta a punto fiamma, a S. Miniato al Tedesco quella delle stoffe di lino e seta a imitazione delle antiche coperte senesi, a Cingoli, a Trespiano, a Quarrata, ad Anghiari, a Savignano di Romagna rifioriva l’industria dei tessuti, dei tappeti, dei ricami, delle frange, che sono sempre notevoli per un’attraente originalità primitiva; a Burano, a Pellestrina, nel Friuli, lungo la riviera Ligure, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 449 22/12/22 13:34 450 eletta Presidente.52 Nasce a Chieri, nel 1899 una Scuola di tessitura per opera della Società di Previdenza ed Istruzione (sorta nel 1888 con finalità di assistenza sociale e promozione dell’istruzione la sua attività si protrarrà fino al 1939). Chieri, che contava allora 13.000 abitanti, viveva un decisivo passaggio da un’economia più che altro agricola e artigianale ad una di tipo industriale; prevalentemente tessile.53 La scuola, maschile e festiva, nasce appunto per rispondere alle esigenze di aggiornamento-perfezionamento- specializzazione degli operai impegnati durante la settimana nelle fabbriche di questo settore. La scuola era finanziariamente mantenuta dalla Società di Previdenza ed Istruzione, ma riceveva sussidi anche dalla Camera di Commercio di Torino. Vi si insegnava la storia naturale, la merceologia e tutto ciò che si riferisce all’arte del tessere. Nell’a.s. 1904-05 gli iscritti erano 27.54 Nel 1890 l’Associazione agraria friulana istituisce tre Scuole per cestari, dove viene insegnata la fabbricazione di oggetti in vimini, in tre diversi paesi della provincia di Udine: una a Colugna,55 una a S. Giorgo della Richinvelda,56 e una a Valvasone57. L’Associazione provvede al loro mantenimento. Sempre in Provincia di Udine, il Comune di Palmanova nel 1897 dà vita ad una Scuola di arti e mestieri, maschile, festiva e diurna. Oltre al contributo comunale è sussidiata con lire 150 annue dalla locale Società operaia di Mutuo Soccorso. Altro cespite d’entrata è costituito dalla tassa di lire 10, pagata dagli alunni residenti fuori comune. L’insegnamento comprende: un anno preparatorio e due anni di corso normale, nei quali si insegnano Aritmetica, Geometria e Disegno. Vi sono poi due anni speciali, nei quali s’insegnano nozioni tecnologiche-industriali, modellazione, stilistica e disegno decorativo. Nell’a.s. 1904-05 gli alunni saranno 56.58 Il Patronato “Scuola e Famiglia”, sorto nel 1895 per iniziativa della Società omonima, a Udine “raccoglie in date ore del giorno bambini d’ambo i sessi, per sottrarli alla strada. In appositi laboratori, i maschi si addestrano in lavori in treccie e cappelli di paglia e le femmine in lavori di cucito.”59 a Cantù, a Pescocostanzo abruzzese, nella provincia di Campobasso, ad Isernia, industria dei merletti aveva preso uno slancio da impiegare circa 20 mila operaie. Senonché il lavoro che si faceva in questi piccoli centri era poco remunerativo perché mancava uno spaccio durevole, alimentato da convenienti depositi, favorito da mezzi efficaci e costanti di diffusione». 52 Toppazzini Tondello M., Cora Slocomb Savornan di Brazzà, Università della Terza Età e delle LiberEtà di Moruzzo, s.d. 53 Tessitura-StART Gallery Chieri in www.startgallerychieri.it. 54 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., p. 994. 55 Ibidem, p. 1000. 56 Ibidem, p. 1002. 57 Ibidem, p. 1003. 58 Ibidem, p. 1002. 59 Ibidem, p. 1002. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 450 22/12/22 13:34 451 A Verona, nell’Istituto Fanciulli derelitti60, che raccoglieva i minori abbandonati, era in funzione dal 1891 una Scuola d’arti e mestieri. Viveva con le rendite proprie del Collegio ed era sussidiata dal Comune. Oltre le materie della scuola primaria s’insegnava il disegno. Vi erano anche officine nelle quali i ragazzi venivano praticamente avviati ai mestieri del fabbro, del falegname e del calzolaio. Gli alunni, nell’a.s. 1904-05 erano 53.61 Nell’Orfanotrofio maschile di Ancona è in funzione una Scuola di arti e mestieri. I 50 giovani (dati dell’a.s. 1904-05), accolti nella struttura, dopo aver compiuto il corso elementare inferiore, frequentano, durante il giorno, sotto la direzione di esperti capi d’arte, una delle seguenti officine: 1° Lavori da falegname; 2° Ebanisteria; 3° Officina meccanica per la lavorazione del ferro; 4° Officina meccanica per la lavorazione dell’ottone; 5° Calzoleria; 6° Sartoria; 7° Verniciatoria. La sera i ricoverati frequentano la scuola di disegno, istituita nel 1897, e al di cui mantenimento concorrono la Provincia ed il Comune con 500 lire ciascuno. L’Orfanotrofio accoglie 30 giovinetti.62 Figura n. 6 – Percorsi formativi nella scuola di arti e mestieri dell’orfanatrofio di Ancona 60 Istituito con R.D. 10 dicembre 1891. 61 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., p. 1006. 62 Ibidem, p. 903. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 451 22/12/22 13:34 452 Identica situazione troviamo nell’Orfanatrofio S. Giuseppe di Aquila, di antichissima istituzione. Si mantiene con le proprie rendite; è eretto in ente morale e dipende dalla Congregazione di carità. Nell’Orfanotrofio sono ammessi giovani – poveri ed orfani – appartenenti a famiglie del comune, che abbiano non meno di otto né più di dodici anni, e vi restano fino al 18º anno di età. Nelle scuole dell’Orfanotrofio, i giovani, oltre ad avere l’insegnamento elementare, apprendono, in appositi laboratori i mestieri del sarto, del calzolaio, del falegname (l’officina per quest’ultimo mestiere si trova fuori dell’Orfanotrofio). Le lezioni dei percorsi professionali durano otto ore e mezza l’inverno e otto ore l’estate. Le retribuzioni corrisposte per l’opera degli alunni vengono inscritte su libretti della Cassa di risparmio a loro intestati. I compensi settimanali variano a seconda dei mestieri: da lire 0.25 a lire 1.50 per i sarti, da lire 0.25 a lire 1.75 per i calzolai, da 0.90 a lire 4.50 per i falegnami.63 A Ferrara nel 1894 la Società macchinisti ed affini dà vita e finanzia una Scuola macchinisti ed affini. La scuola è diurna e festiva. La frequenza è gratuita per i soci; gli altri alunni pagano una tassa d’iscrizione di 10 lire. L’insegnamento, teorico-pratico, si propone di impartire nozioni circa la struttura delle macchine ed il loro funzionamento. Gli alunni iscritti nel 1903-04 sono circa 70.64 A Fucecchio nel 1897 nasce una scuola professionale che prende il nome del benefattore che ne consente la nascita: Scuola professionale Landini-Marchiani. Carlo Landini, era nato nella cittadina in provincia di Firenze, nel 1835 da una famiglia agiata. Rimasto orfano del padre in giovanissima età, viene posto sotto tutela di un suo concittadino, il sig. Marchiani che, alla sua morte nel 1864, gli passa in eredità il suo cospicuo patrimonio. Per riconoscenza il Landini aggiunse al suo cognome quello del suo benefattore. Amico dei maggiori patrioti del suo tempo seguì il suggerimento di Garibaldi, suo ospite mentre si trasferiva con la brigata garibaldina a Roma per tentare la sollevazione popolare, di istituire una Società di mutuo soccorso per gli operai fucecchiesi. Egli stesso diresse questa benefica istituzione “con saggezza ed energia” fino al termine dei suoi giorni (1892). Non avendo avuto figli, lasciò una cospicua somma di denaro alla Congregazione di Carità per l’assistenza alle famiglie povere del paese e legò il grosso del suo patrimonio, (case, palazzi e una tenuta agricola con villa) al re Umberto I, il quale lo destinò all’istituzione ed al mantenimento di una Scuola professionale. Per il sostentamento e il governo di tale scuola fu fondata l’Opera Pia “Landini Marchiani”.65 63 Ibidem, p. 928. 64 Ibidem, p. 947. 65 Carlo Landini Marchiani, politico in www.comune.fucecchio.fi.it. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 452 22/12/22 13:34 453 Figura n. 7 – Percorsi formativi nella Scuola Professionale Landini – Marchiani di Fucecchio Al Consiglio di Amministrazione dell’Opera Pia spettava la nomina di una Commissione di vigilanza, composta da tre professori. La scuola comprendeva sei anni di corso. Nelle prime tre classi si insegnano le materie che si studiano nelle scuole tecniche secondo i programmi governativi. Dopo la terza classe, la scuola si scinde in due sezioni, entrambe triennali, l’una di Agraria e l’altra di Meccanica. Sono comuni alle due sezioni: Italiano, Francese, Matematica. Nella prima sezione si insegnano inoltre: Agronomia, Chimica generale ed agraria con esercitazioni pratiche, Fisica e meccanica con applicazione all’agricoltura, Disegno topografico, Industrie agrarie e zootecnia, Economia rurale, Legislazione rurale, Costruzioni rurali, Contabilità agraria, Esercitazioni pratiche di agricoltura. Nella seconda sezione si insegna Meccanica, Fisica, Tecnologia meccanica, Geometria descrittiva, Disegno, Elettrotecnica, Lavoro manuale. Gli iscritti nell’a.s. erano 56.66 Scuole operaie dell’Istituto Salesiano San Giuseppe questa era la denominazione della scuola professionale a Macerata, aperta il 4 novembre 1890. Nel discorso di inaugurazione, l’allora canonico Raniero Sarnari, futuro Vescovo di Macerata e primo patrocinatore della venuta dei Salesiani, mette chiaramente in evidenza la particolare predilezione di Don Bosco per Macerata e il costante intervento della Provvidenza nel superamento delle molte difficoltà per l’avvio e lo sviluppo dell’Opera stessa: reperimento del terreno, carenza del personale salesiano le molte ed insistenti richieste di apertura di Opere da ogni parte fatte da Vescovi e governanti. Don Bosco, tra tutte le richieste, optò prima per quella di Macerata e segnò nel libro delle sue memorie che la Casa di Macerata sarebbe stata aperta nel 1891. Il successore Don Rua anticipò addirittura di un anno l’inaugurazione. Le scuole si mantengono con le rette pagate dagli allievi, ovvero dalla Congregazione di carità o da privati oblatori nella misura di lire una al giorno per alunno. I giovani, oltre all’insegnamento primario loro impartito per un’ora e mezza al giorno, vengono formati al mestiere di calzolaio 66 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., p. 950. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 453 22/12/22 13:34 454 o di sarto o di falegname ebanista. Le scuole sono frequentate, complessivamente, da una ventina di alunni.67 Nell’Orfanatrofio maschile di Ravenna, nel 1896, viene aperta una Scuola d’arti e mestieri. L’orfanatrofio dipende dalla locale Congregazione di carità e la scuola ha tre laboratori, nei quali gli orfani ricoverati vengono formati nei mestieri di meccanico, di falegname e di calzolaio.68 Il Comune di Roma il 1 novembre 1898 apre al centro della città in via dell’Umiltà la Scuola popolare di elettrotecnica “Galileo Ferraris”. La scuola è serale. Dipende da un Comitato di cittadini ed è sussidiata dal Comune con lire 1.000. La scuola si divide in due corsi. Nel primo s’insegnano: Principii generali d’elettrotecnica, Disegno schematico degli impianti, Aritmetica e geometria, Nozioni di fisica, di chimica e d’idraulica. Nel secondo s’insegnano: Nozioni di macchine elettriche, di telefonia, di telegrafia, d’illuminazione, di trazione e di elettrochimica matematica. Nelle domeniche si fanno visite ad officine elettriche di Roma e dintorni. Gli insegnamenti sono impartiti da 5 professori, i quali si prestano gratuitamente, e da un assistente. Al primo corso, nell’a.s. 1904-05, sono iscritti 60 alunni al secondo 25.69 Ad Ascoli Piceno nell’Educatorio, nato nel 1881 e intitolato al Principe di Napoli, oltre al corso elementare completo, c’erano le Scuole di disegno ed officine per la lavorazione del legno e del ferro. È mantenuto dal Comune, col concorso dello Stato, che paga una retta per ogni giovane ricoverato nell’Educatorio. L’Educatorio nel 1904 accoglie 225 giovani, dei quali 186 sono in età superiore ai 12 anni.70 A Napoli dal 1853 era operativa la Pia Casa Arcivescovile dei Sordo-muti, sorta per opera del cardinale Sisto Riario Sforza, coadiuvato dal sacerdote Luigi Aiello.71 Contemporaneamente alla erezione in Ente Morale della Pia Casa, il 24 marzo 1895, furono istituite le Scuole professionali e artigiane. Le Scuole avevano un proprio 67 Istituto Salesiano San Giuseppe/CNOS/Scuola, in www.cnos-scuola.it e MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., p. 957. 68 Ibidem, p. 983. 69 Ibidem, p. 987. 70 Ibidem, p. 929. 71 La prima scuola di educazione per sordomuti a Napoli era stata aperta nel 1786 dal sacerdote Benedetto Cozzolino (1757-1839), che aveva soggiornato a Roma presso la scuola di Tommaso Silvestri per apprendere l’arte di insegnare ai muti, privata. Per disposizione di Ferdinando IV, divenne la prima scuola regia per sordomuti, sostenuta con i fondi pubblici. Il sacerdote Luigi Aiello (1819-1866), pur tenendo conto di quella esperienza, nella quale peraltro era stata confessore, si muove con finalità più spiccatamente religiose. Rispetto ai bisogni della Scuola regia, constatata l’insufficienza dell’istruzione e osservato che erroneamente l’opera per sordomuti era presentata come opera di beneficenza o come opera di istruzione, per cui il sordomuto era confuso con il povero o con l’ignorante, l’Aiello concludeva che solo nella prospettiva della dimensione religiosa era possibile andare al di là del ristretto numero di coloro che beneficiavano dei pubblici istituti di beneficenza ed istruzione, per raggiungere, invece, in modo tendenziale tutti i sordomuti e sottrarli dal loro isolamento e dalla condizione di ignoranza religiosa nella quale si trovavano all’interno delle famiglie. Casella F., I salesiani e la “Pia Casa arcivescovile per i sordomuti di Napoli” (1909-1975), LAS, Roma, 2002, p. 17. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 454 22/12/22 13:34 455 patrimonio di circa lire 30.000, costituito dai due legati Pinto e Tizzano, e ricevevano sussidi da vari Enti, fra i quali il Ministero dell’Interno (lire 200) ed il Ministero della Pubblica Istruzione (lire 250). Esse dipendevano dal Cardinale Arcivescovo pro tempore. Le Scuole erano maschili e femminili: le prime con sede in Napoli, le seconde in Casoria. Le materie comuni d’insegnamento a tutti i ricoverati erano quelle stabilite nei programmi governativi per l’insegnamento speciale ai sordo-muti fino alla terza classe elementare. Dopo questo percorso, i maschi frequentavano una delle seguenti scuole officine, dirette da appositi insegnanti: ebanisteria, calzoleria, sartoria. Le femmine anch’esse dirette da speciali insegnanti, si formavano nei lavori donneschi, nel cucito e nella tessitura. Gli insegnamenti professionali, tanto ai maschi che alle femmine, erano impartiti ogni giorno dalle 14 alle 16,30. Il numero degli alunni che frequentavano le scuole era di 105, divisi in sei classi, tre per un sesso e tre per l’altro.72 Dopo ripetute sollecitazioni ai salesiani, da parte dell’Arcivescovo e dei responsabili, perché assumessero la gestione della Pia casa, per dare continuità all’opera (che peraltro dava segni di degenerazione organizzativa e ed educativa73) nel 1909, Don Rua, successore di Don Bosco, acconsentì.74 Sempre a Napoli, sempre con la stessa utenza (ragazzi sordomuti) e sempre da parte di un ecclesiastico (il Rev. Vincenzo di Maio) viene fondato nel 1893 l’Istituto Ajello. È sussidiato con lire 300 annue dal Ministero dell’Interno e con altrettante dal Ministero della Pubblica Istruzione. Manca di proprie rendite, e quindi è costretto a fare appello alla pubblica carità. I ragazzi ospitati nell’a.s. 1904-05 sono 18 e oltre ad apprendere gli insegnamenti della scuola primaria inferiore, vengono formati nei mestieri del sarto, del calzolaio, del tipografo.75 Nel 1891, a Napoli, viene fondata dall’Unione operaia delle Associazioni indipendenti76 la Scuola operaia d’arti e mestieri. Comprendeva le seguenti sezioni: Analfabeti, Elementare, Perfezionamento, Disegno, Elettrotecnica. La sezione di 72 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., p. 971. 73 “[…] le condizioni dell’Istituto peggiorarono rapidamente sino al punto di ridursi ad un asilo di sfruttamento e di ozio. I ricoverati, invece di avere un ‘educazione morale e di apprendere un mestiere, viziavano il loro animo e la loro mente, e giunti all’età di quindici anni venivano mandati via e abbandonati a se stessi. Né si poteva ottenere un diverso risultato, dato il sistema di educazione che veniva loro impartito da cosiddetti istitutori, che avevano la sola cura di condurre in giro i ragazzi sordomuti per chiedere nelle chiese e nelle case private l’elemosina a favore dell’Istituto. Lo sconcio andava anche oltre, fino al punto che la questua era presa in appalto da qualche istitutore, il quale, pagando una quota mensile alla Pia Casa Arcivescovile, si impossessava di tutto il ricavato. L’umiliante questua, che fece cadere in discredito l’istituzione, si protrasse fino a che il card. Giuseppe Prisco prese la decisione di affidare la Pia Casa ai Salesiani”, Casella F., op.cit., p. 20. 74 Casella F., op.cit. pp. 21-38. 75 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., p. 971. 76 Fonzo E., “L’unione fa la forza”. Le organizzazioni dei lavoratori a Napoli dall’Unità alla crisi di fine secolo, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2010, p. 196. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 455 22/12/22 13:34 456 perfezionamento durava due anni, le altre sezioni tre. L’anno scolastico incominciava il 4 ottobre e terminava alla fine di luglio. Le lezioni si tenevano tutti i giorni feriali dalle ore 18.30 alle 21. Vi erano ammessi i figli di operai con un’età non inferiore agli 8 anni ed anche gli operai adulti. I soci o i figli dei soci iscritti a Società facenti parte dell’Unione non pagavano alcuna tassa scolastica. Gli altri alunni versavano una tassa mensile di una lira. Le spese annue per il mantenimento della scuola ammontavano a circa 1.400 lire. Il Ministero dell’Interno concedeva gratuitamente l’uso dei locali e dava inoltre un sussidio di 150 lire; il Comune concorreva con 240 lire. Altro cespite d’entrata erano le tasse degli alunni, le quali raggiungevano annualmente la somma di 650 lire. Nell’anno scolastico 1904-05 gli alunni iscritti furono 299. L’Orfanatrofio di Atri, in provincia di Teramo, aperto nel 1562, aveva un proprio patrimonio costituito da canoni e da titoli di rendita pubblica. Era sussidiato anche con lire 3.000 dalla Provincia, (alla quale erano riservati 5 posti di convittori) e con lire 300 dalla Camera di Commercio di Teramo. L’Orfanatrofio, inoltre, beneficiava di una scuola podere, che, però, viene trasformata con R.D. del 4 maggio 1893, in Scuola d’arti e mestieri. Il programma d’insegnamento si svolge in 6 anni, ripartito in tre periodi: il primo, preparatorio, di 2 anni per le materie comuni e fondamentali, il secondo di 3 anni per quelle speciali di applicazione, il terzo di un anno di perfezionamento. Il corso triennale comprende due riparti: 1° arti decorative e industriali; 2° arti meccaniche. Il primo riparto comprende: intagliatori, falegnami, stipettai, fabbri ferrai, fucinatori ed ornamentisti, pittori decoratori. Il secondo comprende i fabbri meccanici. Gli alunni sono 36, dei quali 32 interni e 14 esterni. Degli interni soltanto 4 sono a pagamento. Nel 1892 arrivano a Marsala (TP) i Salesiani, su richiesta avanzata e reiterata a Don Bosco da parte del vescovo, adducendo “il fatale pericolo incombente sulla gioventù per il vagabondaggio e la diffusa pagana educazione”. La Casa salesiana, che ne ospitava le opere, prese il nome, su precisa indicazione del Santo, Casa delle Divina Provvidenza.77 Le prime attività professionali riguardavano sarti e falegnami.78 77 Pizzo F., La Casa dei Salesiani di Marsala compie 125 anni: un lungo cammino nel segno di don Bosco, in www.diocesimazara.eu. 78 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, Annuario pel 1907, op.cit., p. 999. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 456 22/12/22 13:34 457 B. Le scuole artistico-industriali 3.1.4. Scuole d’arte applicata all’industria sussidiate dal MAIC a. Quadro sinottico e considerazioni generali Le scuole d’arte applicata all’industria e di disegno industriale attivate o riordinate nel decennio 1890-1899 e delle quali abbiamo trovato documentazione, sono 37. Come abbiamo avuto modo di dire per le analoghe istituzioni nate o riordinate nel decennio precedente, sotto questa dizione sono presenti due tipologie di scuole d’arte: quelle d’arte applicata all’industria e quelle di disegno. Difficile, anche in questo caso distinguere le une dalle altre perché le fonti, almeno, fino al 1903 le consideravano sotto la denominazione onnicomprensiva di “scuole artistiche industriali”. Le 37 scuole rilevate hanno 21 denominazioni diverse, al netto delle indicazioni dell’orario delle lezioni (serale, domenicali), del soggetto gestore (comunale, consorzio di comuni) e del nome del personaggio a cui sono intitolate: - Scuola di disegno (Albiolo, Camnago, Narni, Ortona, Volterra); - Scuola di disegno industriale (Cascina, Castellamonte, Virle Treponti); - Scuola di disegno applicato all’industria (Cermenate, Conegliano); - Scuola di disegno applicato alle arti industriali (Crevalcore); - Scuola popolare di disegno (Arcisate); - Scuola di disegno per gli operai (Grosseto, Scordia); - Scuola di disegno applicato per gli operai (Porto Recanati); - Scuola di disegno professionale (Nuoro); - Scuola di ceramica (Grottaglie); - Scuola di disegno per (o alle) le arti e i mestieri (Desenzano sul lago, Gattinara, Prato Carnico, Rovellasca); - Scuola di disegno e plastica per arti e mestieri (Galatina); - Scuola d’arte applicata alla industria (Bergamo, Cabiate, Cagli, Monreale, Palazzolo sull’Oglio); - Scuola di disegno applicato alle arti e alle industrie (Fonzaso); - Scuola professionale di disegno (Breno); - Scuola professionale di disegno e scultura in legno (Castelnuovo Scrivia); - Scuola d’arte applicata alla tarsia ed all’intaglio (Sorrento); - Scuola sociale di costruzioni (Forgaria); - Scuola di disegno e di intaglio (Fuscaldo); - Scuola di disegno applicato ai mestieri (Pozzuoli); - Scuola di disegno applicato alle arti e ai mestieri (Vasto); - Scuole professionali di arti e mestieri (Sanremo). Non tragga in inganno la denominazione di quest’ultima scuola. Se avessimo tenuto presente solo il titolo di “arti e mestieri” l’avremmo dovuta collocare tra le scuole industriali. L’elenco degli insegnamenti impartiti a Sanremo suggerisce la sua collocazione più pertinente in questa tipologia formativa. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 457 22/12/22 13:34 458 Tra le 37 scuole rilevate quali possono essere indicate come scuole di disegno e quali scuole d’arte? Potremmo assumere come criterio per discriminare le une dalle altre in base alle denominazioni utilizzate. Nel qual caso avremmo 12 scuole d’arti (5 quelle che rientrano nella denominazione scuole d’arte applicate all’industria, 1 scuola di ceramica, 1 scuola di disegno e plastica, 1 scuola di disegno e scultura in legno, 1 scuola d’arte applicata alla tarsia e all’intaglio, 1 scuola sociale di costruzioni, 1 scuola di disegno e di intaglio, 1 scuola d’arte applicata all’industria) e 25 scuole di disegno. Tuttavia è un criterio che dà esiti poco attendibili. Infatti, se analizziamo la voce “Insegnamenti” della Tabella n. 8, in numerose scuole denominate scuole di disegno (con le tante specificazioni ulteriori: industriale, applicato alle industrie, popolare, per gli operai, ...) troviamo spesso anche l’insegnamento della Plastica. Questa è l’arte e la tecnica di plasmare, cioè di lavorare e manipolare una sostanza per darle forma. Si differenzia dalla scultura in quanto crea la forma aggiungendo materia plasmabile e quindi molle (creta, argilla, cera, stucco, cartapesta, plastilina ecc.), mentre la scultura, stando allo stretto senso del termine, realizza la forma togliendo materia, cioè ricavandola da un blocco informe di materia non plasmabile e quindi, in linea di massima, dura (pietra, marmo ecc.). In questo senso la plastica può essere arte fine a sé stessa o tecnica preparatoria alla scultura (bozzetti, modelli), con un valore artistico intrinseco. Tabella n. 8 - Scuole d’arte applicate all’industria sussidiate dal MAIC, attivate o riordinate nel decennio 1890-99 Città Denominazione Consiglio Direttivo Albiolo (CO) 1898 Scuola di disegno Società operaia di Mutuo Soccorso Insegnamenti: Disegno di ornato e architettonico, Arte muraria, Geometria, Calcolo Arcisate (CO) 1897 Scuola popolare serale di disegno Comune, Sodalizio operaio, Società operaia Insegnamenti: Geometria piana e solida, Disegno geometrico, Disegno di ornato, Plastica, Disegno architettonico, Disegno applicato alle arti Bergamo 1898 Scuola d’arte applicata all’industria Circolo artistico, Società industriale, Istituto di arti grafiche Insegnamenti: Decorazione applicata alle varie industrie, Storia dell’arte, Ornato e architettura, Plastica, Architettura, Geometria e prospettiva Breno (BS) 1899 Scuola professionale di disegno Comune, Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico ed ornamentale, Elementi di topografia, Plastica, Decorazione, Tecnologia Cabiate (CO) 1894 Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria Comune Insegnamenti: Disegno, Intaglio, Plastica Cagli (PS) 1890 Scuola serale d’arte applicata all’industria MAIC, Provincia, Comune Insegnamenti: Disegno ornamentale e plastica, Disegno applicato CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 458 22/12/22 13:34 459 Camnago di Lentate sul Seveso (MI) 1896 Scuola di disegno Consorzio per il miglioramento delle scuole professionali di Milano Insegnamenti: Disegno geometrico, ornamentale e di mobili, Geometria, Modellazione e intaglio Cascina (PI) 1896 Scuola di disegno industriale Società di Mutuo Soccorso Insegnamenti: Disegno geometrico, ornamentale e professionale, Elementi di architettura, Plastica, Composizione in disegno ed in plastica Castellamonte (TO) 1893 Scuola di disegno industriale Comune, Banca cooperativa, Società artisti terraglieri, Società artisti-operai, Società agricola Insegnamenti: Disegno ornamentale, Figura e Plastica relative alla ceramica, Disegno geometrico, architettonico e professionale Castelnuovo Scrivia (AL) 1896 Scuola professionale in disegno e scultura in legno Comune Insegnamenti: Disegno, Geometria Cermenate (CO) 1892 Scuola di disegno applicato all’industria Società di Mutuo Soccorso Insegnamenti: Plastica, Disegno, Elementi di disegno Conegliano (TV) 1899 Scuola di disegno applicato all’industria Comune, Società operaia Insegnamenti: Disegno ornamentale, geometrico, architettonico, di prospettiva, di decorazione e di costruzioni, Plastica Crevalcore (BO) 1891 Scuola di disegno applicato alle arti industriali Comune Insegnamenti: Disegno ornamentale, topografico, architettonico, di costruzione e industriale, di macchine, Geometria, Disegno geometrico, Plastica, Intaglio Desenzano sul Lago (BS) 1896 Scuola di disegno per le arti e i mestieri Comune, MAIC, Provincia, Camera di Commercio, Società operaia Insegnamenti: Disegno ornamentale e geometrico Fonzaso (BL) 1896 Scuola di disegno applicato alle arti e alle industrie MAIC, Provincia, Camera di Commercio Insegnamenti: Disegno geometrico, d’ornato, architettonico applicato alle industrie Fuscaldo (CS) 1898 Scuola di disegno e d’intaglio Comune Insegnamenti: Disegno geometrico, d’ornato, di figura, plastica, intaglio in legno Galatina (LE) 1897 Scuola di disegno e plastica “Gioacchino Toma” per arti e mestieri Comune Insegnamenti: Disegno geometrico, d’ornato, di figura, plastica, intaglio in legno Gattinara (NO) 1893 Scuola di disegno applicato alle arti e ai mestieri Comune, Società di Mutuo Soccorso fra operai e agricoltori Insegnamenti: Disegno geometrico, d’arte e Disegno applicato alle arti Grosseto 1895 Scuola serale di disegno per gli operai Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico e applicato ai mestieri CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 459 22/12/22 13:34 460 Grottaglie (LE) 1887- 1894 Scuola di ceramica Comune Insegnamenti: Geometria pratica, Prospettiva, Architettura, Disegno decorativo applicato, Modellazione, Lavori al tornio e cottura dei manufatti. Guastalla (RE) 1892 Scuola comunale di arte applicata Comune Insegnamenti: Disegno, Intaglio, Plastica Marchirolo (CO) 1892 Scuola di disegno professionale della Val Marchirolo Consorzio di Comuni della Val Marchirolo Insegnamenti: Disegno, Plastica, Elementi di prospettiva Monreale (PA) 1892 Scuola d’arte applicata all’industria Comune Insegnamenti: Disegno geometrico ed ornamentale Narni (PG) 1892 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: n.d. Nuoro 1897 Scuola di disegno professionale Società operaia di Mutuo Soccorso Insegnamenti: n.d. Ortona a Mare (CH) 1893 Scuola serale di disegno Provincia, Comune, Camera di Commercio, Società operaia Insegnamenti: Disegno ornamentale, di figura e plastica, Disegno geometrico e architettonico, Aritmetica, Geometria, Nozioni di fisica e di tecnologia meccanica Palazzolo sull’Oglio (BS) 1892 Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria Provincia, Comune, Camera di Commercio Insegnamenti: Disegno geometrico e di macchine ed elementi di meccanica, Disegno d’ornato e d’architettura Porto Recanati (MC) 1894 Scuola di disegno applicato per gli operai - Insegnamenti: Disegno, Geometria, Plastica Prato Carnico (UD) 1896 Scuola di disegno per arti e mestieri Comune, Camera di Commercio, Società operaia Insegnamenti: Disegno architettonico, Aritmetica, Storia, Geografia, Italiano, Geometria, Disegno geometrico ed ornamentale; Diritti e doveri Pozzuoli (NA) 1894 Scuola di disegno applicato ai mestieri Comune Insegnamenti: Disegno di macchine, Elementi di meccanica e tecnologia pratica, Aritmetica, Materie elementari, Disegno geometrico e geometria Rovellasca (CO) 1891 Scuola di disegno applicato alle arti e ai mestieri Società di Mutuo Soccorso Insegnamenti: Disegno, Architettura Sanremo (IM) 1895 Scuole serali professionali di arti e mestieri Federazione operaia Insegnamenti: Storia dell’arte, Geografia ed italiano, Francese, Geometria e computisteria, Scienze naturali Scordia (CT) 1894 Scuola di disegno per gli operai Società operaia di Mutuo Soccorso Insegnamenti: Disegno ornamentale e geometrico CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 460 22/12/22 13:34 461 Vasto (CH) 1897 Scuola serale di disegno applicato alle arti e ai mestieri Comune, Società operaia Insegnamenti: Disegno d’ornato e plastica ornamentale, Disegno geometrico architettonico ed applicato alle arti Virle Treponti (BS) 1896 Scuola di disegno industriale Comune Insegnamenti: Disegno elementare, Geometria piana e solida, Architettura, Plastica Volterra (PI) 1897 Scuola d’arte applicata all’industria MAIC, Comune Insegnamenti: Disegno di ornato e di figura, plastica e modellazione ai corsi superiori e speciali. Disegno d’ornato, di figura e di disegno geometrico al 1° corso collettivo. Disegno geometrico e architettonico ai corsi speciali e per l’ornato e la figura al 2° corso Le 37 scuole artistico industriali rilevate possono essere classificate anche in relazione alla tipologia gestionale, cioè ai soggetti che le organizzano e le amministrano. Questo dato può essere desunto dalla voce “consiglio direttivo” della Tabella 9, dove sono indicati i soggetti che sono rappresentati in questa istituzione che, come detto, costituisce l’organo di governo delle scuole. I risultati di tale analisi rivelano che: a) le scuole rette da un solo soggetto rappresentano la maggioranza. Sono infatti 22: 10 Associazioni di lavoratori e 12 Comuni. - Associazioni di lavoratori: Albiolo, Camnago, Cascina, Cermenate, Grosseto, Marchirolo, Nuoro, Rovellasca, Scordia, Virle Treponti; - Comuni: Cabiate, Castelnuovo Scrivia, Crevalcore, Forgaria, Fuscaldo, Galatina, Grottaglie, Guastalla, Monreale, Narni, Portorecanati, Pozzuoli; b) le altre 14 scuole sono amministrate e controllate da consorzi. Consorzi formati da soggetti pubblici (lo Stato attraverso il MAIC, la Provincia, il Comune e la Camera di Commercio) e privati (Associazioni di lavoratori o di altra natura). La loro diversa composizione dà luogo a 10 tipi di consorzi diversi. - MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio (Sorrento); - MAIC, Provincia, Comune (Cagli); - MAIC, Comune (Volterra); - MAIC, Provincia, Comune, Camera di Commercio, Associazione di lavoratori (Desenzano); - Provincia, Comune (Fonzaso); - Provincia, Comune, Camera di Commercio, Associazione di lavoratori (Ortona); - Comune, Associazione di lavoratori, Altri soggetti (Castellamonte); - Comune, Camera di Commercio, Associazione di lavoratori (Prato Carnico); - Comune, Associazione di lavoratori (Arcisate, Breno, Conegliano, Gattinara, Vasto); - Associazioni di lavoratori (Bergamo). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 461 22/12/22 13:34 462 Il Comune è il soggetto più presente nella vita di queste scuole. Più di quanto non lo fosse nel decennio precedente; allora era rappresentato nel 57% delle scuole censite, in questo decennio nel 72%. Se consideriamo che su 36 scuole 20 erano gestite solo da Comuni (pari al 54%) e 25 solo da Comuni e Associazioni comunali dei lavoratori (pari al 69%), è facile concludere che siamo di fronte ad un duplice fenomeno di municipalizzazione e di localizzazione spinta di questa tipologia di scuole. I soggetti sopra i confini del Comune sono in forte regresso rispetto al decennio precedente: il MAIC passa dal 21% all’8%, la Provincia dal 24% all’11%, e la Camera di Commercio dal 28% all’11%. È difficile dare una valutazione di merito. È vero che la territorializzazione è una dimensione strutturale di ogni percorso formativo- professionale (almeno prima del fenomeno recente della delocalizzazione e della globalizzazione), ma in alcuni casi si accompagna a precarietà e approssimazione, anche in relazione alla maggiore quantità di risorse finanziarie che la partecipazione di soggetti più “ricchi” del piccolo comune e/o della società operaia di un piccolo comune avrebbe assicurato. Tabella n. 9 – Composizione del governo delle scuole d’arte applicate all’industria e di disegno industriale CITTÀ GOVERNO DELLA SCUOLA MAIC PROVINCIA COMUNE CAMERA DI COMMERCIO ASSOCIAZIONI ALTRI Albiolo Arcisate Bergamo Breno Cabiate Cagli Camanago Cascina Castellamonte Castelnuovo Cermenate Conegliano Crevalcore Desenzano Fonzaso Forgaria Fuscaldo Galatina Gattinara CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 462 22/12/22 13:34 463 Grosseto Grottaglie Guastalla Marchirolo Monreale Narni Nuoro Ortona a m. Palazzolo Ogl. Porto Recan. Prato Carnico Pozzuoli Rovellasca Scordia Vasto Virle Treponti Volterra Molto irregolare la distribuzione compartimentale delle scuole (nuove o rinnovate) di questo decennio, anche se si assiste ad un modesto riequilibrio. Le macroaree fanno registrare questi valori: Nord 19, Centro 7; Meridione 7 e Italia Insulare 4. Le scuole del Nord, che nel decennio precedente con 37 istituzioni rappresentavano il 62%, costituiscono il 53 % delle scuole artistico-industriali che sorgono o vengono riordinate negli anni ‘90. Il centro avanza dal 18 al 19%; il Meridione e l’Italia insulare aumentano rispettivamente di 8 (dall’11 al 19) e di 2 (dal 6 all’8) punti percentuali rispetto agli anni ‘80. Anche nel Nord le differenze tra Regione e Regione sono molto marcate: si va dalle 12 della Lombardia (Albiolo, Arcate, Bergamo, Breno, Cabiate, Camnago, Cermenate, Desenzano sul lago, Marchirolo, Palazzolo sull’Oglio, Rovellasca, Virle Treponti) alle 3 scuole del Piemonte (Castellamonte, Castelnuovo Scrivia, Gattinara), alle 3 del Friuli (Forgaria, Fonzaso, Prato Carnico) e all’unica del Veneto (Conegliano). Sorprende tra le poche scuole del Centro la persistenza di mancanza di nuove scuole nella regione Lazio: infatti delle 7 censite sono 3 in Toscana (Cecina, Grosseto, Volterra), 2 in Emilia (Crevalcore, Guastalla) e 2 nelle Marche (Porto Recanati e Cagli). Nel Meridione abbiamo censito: 2 scuole in Puglia (Galatina e Grottaglie) e Abruzzo (Vasto e Ortona a mare), 1 in Campania (Pozzuoli) e Calabria (Fuscaldo). Delle 3 scuole che nascono in questi anni nell’Italia insulare 2 sono istituite in territorio siciliano (Monreale e Scordia) e una in Sardegna (Nuoro). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 463 22/12/22 13:34 464 Grafico n. 6 – Distribuzione compartimentale delle scuole sorte nel decennio 1890-99 Da segnalare il caso della provincia di Como, dove, in questi anni, sono attivate 9 scuole, il 75% di quelle nate in questo periodo in Lombardia. Naturalmente si tratta di piccoli, talora piccolissimi comuni delle valli comasche. Le scuole sono prevalentemente aperte nei paesi: infatti solo 3 (Bergamo, Nuoro e Grosseto) sono le città di Provincia in cui, nel decennio, sono state istituite strutture formativo-professionali di questo tipo. Di ciascuna delle istituzioni segnalate ricostruiamo, ora, le vicende iniziali e per qualche scuola anche gli sviluppi successivi. b. Nascita e sviluppo delle scuole nei Compartimenti del Nord Nel gennaio del 1892 la Società operaia di mutuo soccorso di Albiolo (CO) deliberava l’istituzione di una Scuola di disegno industriale. Il percorso durava 4 anni; le lezioni si tenevano dalle 10 alle 12 di martedì, giovedì, sabato e domenica nei mesi invernali (15 novembre – 15 marzo). Due le condizioni di ammissione: aver compiuto 13 anni ed essere in possesso dell’attestazione della promozione della terza elementare. La maggioranza degli allievi trova un’occupazione nella vicina Svizzera. Il governo della piccola scuola era affidato ad un Comitato di sorveglianza composto da 7 membri eletti ogni anno dall’assemblea dei soci della Società operaia. Intervengono finanziariamente per il mantenimento annuo: il MAIC (150 lire), il Comune (50), la Camera di Commercio (40) e la Società operaia (190).79 79 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 401-403. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 464 22/12/22 13:34 465 Sempre in provincia di Como, qualche anno più tardi, nel 1897, ad Arcisate, due associazioni del mondo del lavoro, il Sodalizio operaio e la Società operaia, aprono una Scuola popolare di disegno industriale. È sostenuta finanziariamente da: MAIC (500 lire), Comune (400), Camera di Commercio (175), Cassa di risparmio di Milano (150). Le due associazioni partecipano con due delegati ciascuna al Consiglio direttivo, presieduto dal Sindaco. La scuola ha una sola sezione di cinque anni; il quinto si articola in due corsi: uno per il disegno ornamentale e l’altro per il disegno architettonico. L’orario delle lezioni è serale: tutti i giorni feriali dalle 18 alle 20, dal 1 ottobre al 31 marzo. Gli allievi, una sessantina, pagavano una tassa mensile di una lira.80 L’attuale Liceo scientifico Andrea Fantoni di Bergamo ha i suoi natali nella Scuola d’arte applicata all’industria, sorta nel 1898 per iniziativa del locale Circolo artistico. Il Circolo era nato nel 1895 con lo scopo di dare incremento alle arti e si proponeva di raggiungere tale finalità “promuovendo ed appoggiando gli atti e le istituzioni che mirano al progresso delle arti ed all’utile generale degli artisti e dei cultori delle belle arti, facilitando ai soci i mezzi e le occasioni di piacevole ritrovo e di studio”.81 La scuola durava 5 anni (2 preparatori, 2 normali ed 1 complementare) e si articolava in 5 sezioni: a) pittura decorativa; b) plastica; c) decorazione architettonica; d) prospettiva e geometria descrittiva. Per essere ammessi alla Scuola occorre avere non meno di 12 anni di età, presentare l’attestato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare e dimostrare, con titoli o con esami, di conoscere gli elementi del disegno. L’anno scolastico incominciava il 1 novembre e terminava il 1 di giugno. Le lezioni erano quotidiane: dalle 9 alle 11 e dalle 13 alle 16. I passaggi dall’una all’altra classe avvenivano “in seguito ad esperimenti, ma viene tenuto altresì molto conto del profitto ricavato dagli alunni durante l’anno scolastico”. Al termine del ciclo quinquennale si conseguiva un certificato di licenza. La cinquantina di alunni iscritti ogni anno non pagavano tasse. Il governo della scuola era affidato ad un Consiglio direttivo composto di 9 membri, eletti ogni 3 anni dall’assemblea generale dei soci del Circolo artistico. Contribuivano finanziariamente al suo funzionamento annuo, oltre il MAIC (500 lire) molti soggetti locali, pubblici – Provincia (200), Comune (400) Camera di Commercio (200) e privati - Accademia Carrara 80 Ibidem, pp. 407-409. 81 Morali C., Il Circolo Artistico Bergamasco a 110 anni dalla fondazione 1895-2005, in Circolo artistico bergamasco 110 anni dalla fondazione - Collettiva Sociale 2005. Tra i fautori più convinti del Circolo Artistico nella fondazione di una tale scuola c’era Aristide Dragoni. Per molti anni aveva ricoperto l’incarico di “soprintendente municipale per le Scuole dell’Alta città e sobborghi uniti”, e nel 1883 aveva fondato la Scuola gratuita popolare professionale serale e festiva di Bergamo Alta che annoverava quasi quattrocento allievi. Questa Scuola cesserà la sua attività, ma l’esperienza compiuta, sarà utile al Dragoni per impegnarsi attivamente nel progetto “grandioso ed ispirato” di istituire la Scuola d’Arte applicata all’Industria, poi intitolata ad Andrea Fantoni. La presidenza onoraria è attribuita all’arch. prof. Camillo Boito, fratello di Arrigo, grande esperto delle Scuole d’arte industriale, il quale, nella lettera d’accettazione, afferma: “È certo che se v’ha una città di provincia in Italia che meglio di ogni altra sia indicata per fondarvi una scuola di questo genere, è sicuramente Bergamo”. Vedi www.circoloartisticobergamasco.it. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 465 22/12/22 13:34 466 (1000),82 Banca mutua popolare (500), Società fra gli industriali (500) e Istituto Italiano d’arti grafiche (200)83. Oltre, naturalmente al Circolo artistico che provvedeva alla sua creatura con 150 lire.84 Nel 1899, a Breno, un paese di 3400 anime, in Valcamonica (BS) sorge per iniziativa della Società operaia maschile di mutuo soccorso85 intitolata a Giuseppe Garibaldi, una Scuola professionale di disegno. Comprende un corso normale di tre anni ed uno di perfezionamento della durata di un anno e si articola in tre sezioni: a) maschile, con orario diurno; b) maschile, con orario serale; c) femminile. Per essere ammessi al 1° anno di corso occorre aver compiuto il 12° anno di età ed aver conseguito il certificato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare. L’anno scolastico dura circa 9 mesi (dal 20 ottobre alla fine di giugno) con un orario giornaliero di 2 ore e mezzo. A quanti hanno compiuto regolarmente e positivamente tutto il percorso viene rilasciato uno speciale diploma. Gli alunni (circa una sessantina) non pagano tasse se domiciliati a Breno, altrimenti è dovuta una tassa d’iscrizione di 25 lire. La sorveglianza sull’andamento didattico ed amministrativo della Scuola spetta ad una Commissione di vigilanza di quattro membri, di cui due nominati dal Comune, uno dalla Società operaia ed uno dalla Camera di Commercio. Oltre a questi soggetti che partecipano alle spese di funzionamento con sussidi, rispettivamente di 1.200, 300 e 200 lire, intervengono anche, con propri contributi, il MAIC con 500 lire, la Provincia e la Camera di Commercio con 200 e la Banca della Val Camonica con 100 lire.86 Il Comune di Cabiate, paese comasco di 1.200 anime, il 30 novembre 1894 delibera l’istituzione di una Scuola d’arte applicata all’industria. Il settore produttivo di riferimento era quello dei mobili. Dopo un corso preparatorio di un anno si 82 L’Accademia Carrara è una pinacoteca situata a Bergamo, dove sono esposte oltre seicento opere che ricoprono un arco cronologico di cinque secoli, dall’inizio del Quattrocento sino alla fine dell’Ottocento, toccando le principali scuole pittoriche italiane e la pittura d’oltralpe di Fiandre e Olanda. L’Accademia sorge alla fine del Settecento grazie al lascito del Conte Giacomo Carrara, la cui ricchissima raccolta di dipinti, disegni e stampe costituisce il nucleo primario dell’attuale pinacoteca. Accanto alla Galleria il Conte bergamasco fece istituire anche la Scuola, con l’intenzione di creare un singolare connubio che permettesse agli studenti di affiancare allo studio e alla pratica anche l’osservazione dei modelli presenti nell’adiacente pinacoteca. La gestione delle due istituzioni venne affidata alla Commissaria, un organismo composto da esponenti dell’aristocrazia della città di Bergamo. 83 È uno stabilimento editoriale di poligrafia artistica, sorto a Bergamo nel 1893, in seguito alla fusione di alcune tipografia. Negli anni successivi l’Istituto riuscirà ad acquisire una posizione d’eccellenza nelle tecniche della riproduzione a stampa (litografia, cromolitografia, fotolitografia, ecc.), potenziando e valorizzando il ruolo dell’illustrazione nelle sue produzioni editoriali, distinguendosi anche per l’attenta e spesso raffinata cura editoriale con cui venivano realizzati libri e riviste. 84 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 428-430. 85 Faiferri I., Un silenzioso custode della memoria dei lavoratori e delle lavoratrici camuni – L’archivio della Società operaia maschile di mutuo soccorso Giuseppe Garibaldi di Breno e i fondi aggregati in www.accademia.edu. 86 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 444-446. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 466 22/12/22 13:34 467 poteva frequentare un corso biennale “normale” nella sezione di disegno o in quella di officina d’intaglio in legno. Seguiva un corso di perfezionamento di un anno. La Scuola comprendeva un corso preparatorio della durata di un anno, un corso normale biennale ed un corso di perfezionamento di un anno. Alla Scuola era annesso un laboratorio per l’intaglio e per la plastica. Per l’ammissione occorreva aver compiuto 12 anni di età e non oltrepassato i 16 e presentare il certificato di promozione dalla 3a elementare. Le lezioni, 2 ore tutte le domeniche e tutti giovedì, iniziavano l’11 novembre e terminavano l’11 ottobre. Al termine dei percorsi, normali o di specializzazione, non era previsto nessun attestato. Gli alunni dovevano pagare una tassa d’ammissione di 2 lire ed una tassa mensile di 50 centesimi. Il Consiglio direttivo era nominato dalla Giunta comunale, e composto di 7 membri, i quali duravano in carica due anni. Provvedevano al sostentamento annuo: il Comune (che, oltre al contributo di 75 lire, metteva a disposizione anche i locali e si accollava le spese di riscaldamento), il MAIC (300 lire) la locale filiale della Cassa di Risparmio di Milano.87 A Cadero, in Val Veddasca (valle in provincia di Varese ma che inizia nel Canton Ticino in Svizzera) l’assemblea della locale Società di mutuo soccorso fra gli operai approva, il 4 gennaio 1891, la istituzione di una Scuola di disegno industriale. La scuola ha due sezioni: la prima ha sede nel Comune di Garabiolo; la seconda nel Comune di Armio. Ogni sezione ha un corso normale della durata di tre anni. Per essere ammessi occorre avere non meno di 13 anni di età e presentare il certificato di promozione dalla 3a classe elementare. L’a.s. inizia il 15 novembre e termina il 15 marzo. L’unico insegnate per il disegno ornamentale e geometrico, presta servizio sia a Garabiolo (le lezioni vengono impartite dalle ore 9 alle 12 nei giorni di lunedì e giovedì) sia ad Armio (nei giorni di martedì e venerdì, con lo stesso orario). Agli alunni (in media una quarantina) che abbiano compiuto regolarmente tutto il corso viene rilasciato un diploma di licenza. La Scuola è gratuita per i soci e per i figli dei soci; gli altri pagano una tassa mensile di 50 centesimi. La sorveglianza sull’andamento amministrativo spetta al Consiglio direttivo della Società operaia, che provvede anche al suo funzionamento annuo con 230 lire. Contribuiscono anche il MAIC e la Camera di Commercio, rispettivamente con 150 e 100 lire. Nel 1896, si apre a Camnago, una frazione del Comune di Lentate sul Seveso una Scuola di disegno,“con speciali applicazioni all’industria locale della costruzione dei mobili e delle sedie”. L’iniziativa era stata assunta dal Consorzio per il miglioramento delle scuole professionali di Milano, formato dagli alunni della scuola! Essi pagavano una tassa d’ammissione di 3 lire, più una tassa annuale di 10 o 12 lire annue ripartita in dodici rate uguali mensili anticipate. Altre entrate erano assicurate dal sussidio del MAIC (100 lire) dalla Camera di Commercio (50) e dalla Cassa di Risparmio di Milano (100). La Scuola è diretta ed amministrata da un Consiglio direttivo, eletto dall’adunanza generale dei soci e composto di otto membri. Il Consiglio direttivo nomina, poi, due Ispettori, che sovraintendono alla disciplina. Tanto 87 Ibidem, pp. 453-456. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 467 22/12/22 13:34 468 i componenti il Consiglio direttivo, quanto i due Ispettori, durano in carica un anno e sono rieleggibili. Il bilancio preventivo ed il conto consuntivo sono sottoposti, per l’approvazione, all’assemblea dei soci. Alla Scuola era annesso un laboratorio per falegname ed uno per la plastica. Per essere ammessi occorreva avere compiuto il 12° anno di età ed aver conseguita la licenza della Scuola elementare. L’anno scolastico coincideva con l’anno solare e le lezioni si tenevano tutte le domeniche di tutto l’anno, dalle 14 alle 17 e tutti i giovedì dalle 17 alle 21. Agli alunni (una quarantina di iscritti) venivano rilasciati attestati di frequenza e di licenza.88 In un popoloso comune (oltre 9.200 abitanti) del canavese, Castellamonte (TO), nel 1893, la Società artisti operai fonda una Scuola di disegno industriale e professionale che “impartisce ai giovani operai l’insegnamento del disegno applicato ai vari mestieri ed in particolar modo alla locale industria ceramica.” Il paese sorge su colline ricche di un’ottima argilla rossa di facile estrazione; questo ha permesso la nascita di una florida e lunga tradizione (le prime testimonianza risalgono al tempo dei Salassi e della successiva conquista romana) nell’arte vasara e nella produzione di stoviglie, rivestimenti e ceramica d’arte. La scuola ha una sola sezione, costituita da un corso normale della durata di 4 anni e da un corso di perfezionamento di durata indeterminata. Per essere ammessi al 1° corso occorre aver compiuto il 12° anno di età ed aver superato l’esame di promozione della 3a elementare. Possono essere ammessi ai corsi superiori, senza esami, coloro che provengono da altre Scuole di disegno di ugual grado e con esami quei giovani che provengono da Scuole private. Le lezioni sono serali, dalle 20 alle 22, per cinque giorni feriali, dai primi di novembre alla fine di aprile. La sorveglianza sull’andamento generale della Scuola viene esercitata da una Commissione di direzione, amministrazione e vigilanza, presieduta dal Sindaco, e composta da 8 membri, in rappresentanza: 1 dalla Società artisti-operai, 1 dalla Società artisti-terraglieri, 1 dalla Società agricola della frazione di Preparetto, 1 dalla Banca cooperativa e 4 del Comune. La scuola si sostiene grazie ai contributi: del MAIC (150 lire), del Comune (150, che mette a disposizione i locali e paga illuminazione e riscaldamento), della Camera di Commercio (150), della Banca cooperativa (75), della Società artisti-operai e artisti-terraglieri e della Società agricola di Preparetto, rispettivamente con 50, 20 e 5 lire.89 Nel 1898, per iniziativa del Comune, nasce a Castelnuovo Scrivia, centro alessandrino di oltre 8.000 abitanti, una Scuola di disegno applicato alle arti ed ai mestieri. Una piccola scuola: una sola cattedra per appena 15 alunni che avrebbero esercitato il mestiere di fabbro o di falegname e che frequentavano, gratuitamente, le lezioni dalle 19 alle 21 dei giorni feriali, dal 1 dicembre al 31 marzo per quattro anni. Al termine del corso veniva rilasciato un certificato di licenza. Il governo della Scuola è affidato direttamente alla Giunta comunale. Alle spese si provvedeva con 88 Ibidem, pp. 459-460. 89 Ibidem, pp. 483-484. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 468 22/12/22 13:34 469 i sussidi del MAIC (200 lire), della Camera di Commercio (100) ma soprattutto del Comune (1200).90 In Brianza, a Cermenate (CO) la Società operaia di mutuo soccorso l’Unione, nel 1899, decide l’istituzione di una Scuola di disegno applicato all’industria. Ha una sola sezione che comprende a) un corso preparatorio di 2 anni; b) un corso normale di 3 anni; c) un corso complementare o di perfezionamento di 2 anni. Per essere ammessi alla Scuola occorre avere non meno di 10 anni di età! Le lezioni vengono impartite tutte le domeniche dalle ore 13 e alle 15, da ottobre al 15 agosto. Gli allievi, una cinquantina, se non appartenenti al Comune di Cermenate, pagano una piccola tassa. Il Governo della Scuola è affidato ad un Consiglio direttivo composto da un delegato del Comune e dal Consiglio d’amministrazione della Società di mutuo soccorso. Contribuiscono al suo sostentamento annuo: il MAIC, la Camera di Commercio, la Cassa di Risparmio di Milano e la Società operaia, rispettivamente con 200, 80, 200, 130 lire. Il Comune mette a disposizione i locali.91 Nel 1892 a Conegliano, popolosa cittadina (8.200 abitanti) in provincia di Treviso, la Società operaia di mutuo soccorso e istruzione, in una seduta del Consiglio direttivo del 26 ottobre, deliberava l’apertura di una Scuola di disegno e plastica per arti e mestieri. Essa si articolava in 2 sezioni: serale e festiva. Ciascuna sezione aveva 5 anni di corso, dei quali uno preparatorio, tre normali ed uno di perfezionamento. Per essere ammessi occorreva aver compiuto il 12° anno di età e presentare il certificato di promozione dalla 3a classe elementare. L’a.s. incominciava il 15 ottobre e terminava il 15 maggio. Nella sezione serale le lezioni venivano impartite 4 giorni la settimana dalle ore 9.30 alle 21.30. Nella sezione festiva tutte le domeniche dalle ore 9 alle 11. Agli alunni, che avessero frequentato regolarmente e con profitto tutti gli anni di corso, veniva rilasciato un certificato di licenza. Pagavano una tassa annuale di 5 lire solo gli allievi che non appartenevano al Comune di Conegliano. La Commissione di vigilanza era presieduta dal Presidente della Società operaia e composta di 4 altri membri, 2 dei quali sono nominati dal Consiglio comunale e 2 dalla Società. Il sostentamento finanziario annuale era assicurato dal MAIC (250 lire), dalla Provincia e dal Comune (ciascuno con 300 lire), dalla Camera di Commercio (450) e, in misura più contenuta, da imprecisate Opere Pie (50) e dalla Società operaia che l’aveva progettata e voluta. La media degli iscritti si aggirava sui cinquanta allievi.92 A Desenzano sul Lago, oggi Desenzano sul Garda, cittadina in Provincia di Brescia con circa 6.000 abitanti, nel 1896 viene aperta la Scuola di disegno per arti e mestieri, con un corso di 4 anni, di cui il primo preparatorio. Venivano ammessi i giovani che, oltre ad aver compito 12 anni, dimostrassero “di avere disposizione per il disegno”. Le lezioni giornaliere, dal 15 ottobre al 15 aprile, avvenivano: dalle 12,30 alle 13,30 e, la sera, dalle 20,30 alle 21,30. Agli alunni usciti veniva rilasciato 90 Ibidem, pp. 487-488. 91 Ibidem, pp. 493-494. 92 Ibidem, pp. 509-510. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 469 22/12/22 13:34 470 un certificato comprovante gli studi fatti ed i punti riportati negli esami. La frequenza era gratuita. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spettava ad un Consiglio direttivo di 5 membri nominati rispettivamente dal MAIC, che partecipava al funzionamento con un sussidio annuo di 200 lire, dalla Provincia, dalla Camera di Commercio, dal Comune e dalla Società operaia, che contribuivano rispettivamente con 275, 150, 200 e 75 lire. Non erano rappresentati nel Consiglio Direttivo, ma partecipavano alle spese, anche la Cassa di Risparmio di Milano (300 lire), la Banca Popolare di Desenzano (40), la Società elettrica di Salò (75). Gli alunni iscritti erano una novantina. Nel 1896 nasce a Fonzaso, un paese veneto di 4.700 anime in provincia di Belluno, una Scuola d’arte applicata all’industria “con applicazione alle principali arti”. Aveva una sola sezione di 3 anni. Per essere ammessi al 1° anno era necessario avere non meno di 12 anni di età e presentare il certificato di promozione dalla 3a classe elementare. Le lezioni si impartivano da novembre a giugno solo nei giorni di giovedì dalle ore 14 alle 16 e di domenica dalle ore 12 alle 14. A quanti avessero regolarmente compiuto tutti gli anni di corso veniva rilasciato un certificato di licenza. Gli alunni, una cinquantina, non pagavano tasse scolastiche e i licenziati “emigravano quasi tutti all’estero”. La Scuola dipendeva dal Comune. Esisteva, però, un Consiglio direttivo, presieduto dal Sindaco e composto inoltre da un rappresentante della Provincia, che esercitava le funzioni di amministrazione e di direzione. Al costo annuo, che si aggira sulle 1.000 lire provvedevano il MAIC, la Provincia, il Comune e la Camera di Commercio con 200 lire. Contribuiva anche la Società operaia con 100 lire.93 Nel 1898, a Forgaria, paese friulano in Provincia di Udine di 3.400 anime, prende l’avvio - su iniziativa di una Società anonima - una Scuola sociale di costruzioni che “impartisce l’insegnamento del disegno e degli elementi dell’arte delle costruzioni murarie, come pure l’istruzione teorico-pratica agli operai falegnami, fabbri e tagliapietra”. Il percorso formativo dura tre anni: alla fine si conseguiva un certificato di licenza. Per essere ammessi al 1° anno del corso normale occorre presentare il certificato di promozione dalla 3a classe elementare o sostenere un esame speciale. Se non fosse stato superato ci sarebbe stato l’opportunità di seguire un “corso preparatorio” di un anno. Gli alunni pagano una tassa annuale di 15 lire, ridotta a 12 per coloro che hanno un parente socio. Il Comune dispone di 3 posti gratuiti per giovani di famiglie con disagio economico. La sorveglianza della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo composto dal Presidente del Consiglio di amministrazione e da altri tre membri eletti della Società anonima. Contribuivano a tenere in vita la piccola scuola (25 allievi, dei quali la maggior parte, conseguita la licenza, emigrava all’estero!): il MAIC, il Comune e la Camera di Commercio con sussidi annui per 150, 150 e 25 lire.94 93 Ibidem, pp. 538-539. 94 Ibidem, pp. 540-541. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 470 22/12/22 13:34 471 In data 24 giugno 1893 la Società di mutuo soccorso tra operai e agricoltori di Gattinara (5000 abitanti nel 1881; oggi in provincia di Vercelli, allora in quella di Novara) decideva l’istituzione di una Scuola di disegno applicato alle arti e ai mestieri. La Scuola ha un’unica sezione divisa in tre corsi: uno biennale, in cui s’insegna il Disegno d’ornato, uno annuale per il Disegno geometrico, ed uno, che può essere di uno o più anni, per il Disegno applicato alle arti. Sono annessi alla Scuola un corso complementare inferiore ed uno superiore. Vi si impartiscono pure, a mezzo di conferenze, lezioni d’agricoltura e di enologia. La scuola ha un orario serale (tutti i giorni feriali dalle 19 alle 21) e festivo (dalle 9 alle 11) per quattro mesi. Gli alunni (85 iscritti) sono tenuti al pagamento di una tassa annuale di lire 3, all’atto dell’iscrizione; sono esenti gli alunni che presentano il certificato di povertà rilasciato dalle autorità comunali. L’amministrazione della Scuola è affidata ad un Consiglio direttivo composto di nove membri, dei quali sei nominati dalla Società di Mutuo Soccorso fra operai e agricoltori e tre dall’Amministrazione comunale. Ed è proprio il Comune a sostenere i maggiori oneri finanziari con 150 lire, alle quali si aggiungono le 100 della Camera di Commercio. L’entrata più consistente, però, è rappresentata dalle tasse scolastiche, sull’ordine delle 250 lire annue.95 Nasce a Palazzolo sull’Oglio (BS), nel 1892 una Scuola d’arte applicata all’industria, sostenuta annualmente da contributi del MAIC (300 lire), dalla Provincia (200) dal Comune, che presta anche i locali (300), dalla Camera di Commercio (200) e dalla Società operaia, che ne aveva sollecitata l’apertura (50). La scuola ha un’unica sezione che comprende tre corsi biennali: uno preparatorio, uno normale ed uno d’applicazione o di perfezionamento. Per essere ammessi occorre aver compiuto i 12 anni d’età ed essere muniti della licenza elementare. L’anno scolastico incomincia il 1° novembre e termina il 31 agosto e le lezioni sono serali (tre volte la settimana per due ore fino ad aprile) e domenicali (3 ore). Non si fanno esami e al termine del percorso si rilascia solo un certificato di frequenza, con l’“indicazione del profitto conseguito”. Gli alunni appartenenti al Comune di Palazzolo non sono tenuti a pagamento di alcuna tassa; gli altri devono sostenere una tassa annuale di lire 5. L’amministrazione della Scuola è tenuta dalla Giunta municipale di Palazzolo sull’Oglio, insieme ai rappresentanti della Provincia e della Camera di Commercio.96 In un paesino di appena 2.500 abitanti, in provincia di Udine, Prato Carnico, la locale sezione della Società operaia ottiene che il Comune deliberi una Scuola di disegno per arti e mestieri. Era l’anno 1896. Un’unica sezione di cinque anni, di cui uno preparatorio e due normali. La lunghezza del percorso complessivo era compensata dalla brevità dell’anno scolastico che si protraeva per soli 4 mesi da inizio dicembre a fine marzo. Le lezioni, solo serali, dalle 18 alle 20, si tenevano tutti i giorni feriali. Gli iscritti, che non pagavano tasse, ammontavano ad un’ottantina; cifra notevole se si considera la esiguità della popolazione residente nel Comune. Le 95 Ibidem, pp. 559-560. 96 Ibidem, pp. 675-676. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 471 22/12/22 13:34 472 condizioni di ammissione prevedevano le clausole solite: il compimento del dodicesimo anno e l’assolvimento dell’obbligo d’istruzione elementare. L’amministrazione della Scuola è affidata ad un Consiglio direttivo composto da tre membri nominati, uno per ciascuno, dal Consiglio comunale, dalla Camera di Commercio e dalla locale Società operaia. Sostengono le spese di funzionamento con contributi annui; il MAIC con 200 lire, il Comune (che mette a disposizione anche i locali e paga le spese di illuminazione e riscaldamento) con 100 lire, la Camera di Commercio con 50 e la Società operaia con 100 lire.97 A Rovellasca, estremo lembo di territorio italiano in provincia di Como era stata fondata nel 1875 una Società di Mutuo Soccorso tra gli operai, i merciai ambulanti, i braccianti e i contadini. Nel 1891 la Società apre una Scuola di disegno nella propria sede. Il suo funzionamento sarà garantito annualmente da sussidi da parte del MAIC (100 lire), della Camera di Commercio (45) dalla locale filiale della Cassa di Risparmio di Milano (200) e dalla Società operaia (570). “La Scuola impartisce l’insegnamento del disegno applicato all’industria dei mobili” con due corsi: il primo è preparatorio ed annuale; l’altro è normale e dura due anni. La frequenza è gratuita e al termine del percorso viene rilasciato un certificato di licenza. Per essere ammessi alla Scuola occorre aver almeno frequentato la 3a elementare. L’a.s. incomincia alla metà di ottobre e termina al principio di giugno e le lezioni, 2 ore, si tengono nei giorni di lunedì e venerdì in orario serale. I 70 iscritti, “quasi tutti sono occupati nelle fabbriche e nei laboratorii di Rovellasca”. La Scuola è amministrata dal Consiglio di amministrazione.98 Il Comune di Rovigo, che allora contava un po’ meno di 25000 abitanti, nel 1897 istituisce una Scuola d’arte applicata all’industria. Ha tre anni di corso normale; gli alunni, però, possono continuare un quarto ed un quinto anno di perfezionamento. Al termine dell’uno o dell’altro percorso vengono rilasciati un certificato di licenza o di perfezionamento. La Scuola comprende 3 sezioni: a) sezione diurna (ore 8-12 13-17); b) sezione serale (18-20) festiva (9-12); c) sezione festiva. Alla sezione diurna sono annessi 3 laboratori: per la plastica, per gli stipettai e per gl’intagliatori. Per essere ammessi al 1° anno di corso occorre aver compiuto il 12° anno di età e presentare il certificato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare. L’a.s. incomincia il 15 ottobre e termina il 15 luglio; la sezione serale finisce a marzo. L’iscrizione e la frequenza da parte della cinquantina di allievi è gratuita. Il governo della Scuola è del Comune, che ne sorveglia l’andamento mediante un Consiglio direttivo, presieduto dal Sindaco. Il bilancio preventivo ed il conto consuntivo debbono essere approvati dalla Giunta comunale. Il Comune è anche il migliore 97 Ibidem, pp. 705-706. 98 La storia di Rovellasca in parrocchia di rovellasca.com. Vedi anche MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 717- 718. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 472 22/12/22 13:34 473 contribuente con 1.550 lire, seguono la Provincia con 1.000, il MAIC con 400 e la Camera di Commercio e la Società operaia con 200.99 Nasce nel 1896 una Scuola di disegno industriale a Virle Treponti, comune autonomo fino al 1928, oggi frazione del comune di Rezzato. Si tratta di una scuola con utenza ridotta (una venticinquina di iscritti), con una sola sezione di 4 anni, al termine della quale si consegue un certificato di licenza. Le lezioni si tengono il giovedì e la domenica, dal 1 novembre al 15 luglio. Per l’ammissione si far riferimento ai soliti criteri anagrafici (compimento di 12 anni) e scolatici (assolvimento obbligo d’istruzione). Gli allievi che abitano a Virle non pagano tasse; quelli di altri comuni 15 lire. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola è affidata ad un Consiglio direttivo, presieduto dal Sindaco e composto inoltre di quattro membri, nominati dal Consiglio comunale. MAIC e Comune sostengono il maggior peso finanziario per il suo funzionamento. Intervengono, infatti con contributi annui di 300 lire, a questi vanno aggiunti il sussidio della Camera di Commercio (150) e le entrate prodotte dalle tasse scolastiche.100 c. Nascita e sviluppo delle scuole nei Compartimenti del Centro A Cagli (PS) c’è un Istituto Statale d’arte, intitolato a Gaetano Lapis (pittore cagliese del ‘700) che affonda le sue radici nella Scuola d’arte applicata all’industria, nata nel 1890, grazie ad un sussidio del MAIC di 600 lire, della Provincia di 400 e del Comune di 800. Questi stessi soggetti erano rappresentati nel Consiglio Direttivo. Pochi gli alunni (una venticinquina) che frequentavano una sola sezione di durata triennale. La Scuola, che aveva a sua disposizione un piccolo laboratorio per marmisti e scalpellini, impartiva l’insegnamento del disegno, con applicazioni ai lavori di artigianato di servizio: falegname, ebanista, intagliatore, scalpellino, muratore, fabbro-ferraio, meccanico, ecc. Per essere ammessi al 1° anno di corso occorreva aver compiuto i 12 anni di età e presentare almeno il certificato di promozione alla 4a classe elementare. Le lezioni (2 ore e mezzo tutte le sere e la domenica mattina) iniziavano il 16 ottobre e terminavano il 15 luglio. Agli alunni che avevano compiuto regolarmente il corso veniva rilasciato un certificato di licenza. La frequenza era totalmente gratuita.101 Operava a Cascina (FI) fin dal 1864 una Società operaia di mutuo soccorso, che nella seduta del 17 ottobre 1896 aveva deliberato la fondazione di una Scuola di disegno industriale “applicato alle arti dell’intaglio, dell’ebanisteria ed alle arti affini”. L’orientamento della scuola verso l’ebanisteria rispondeva all’esigenza di procurare manodopera qualificata alla industria del mobile, che si era sviluppata nella cittadina toscana, fino ad allora a vocazione agricola, intorno alla metà del se- 99 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 719-720. 100 Ibidem, pp. 823-824. 101 Ibidem, pp. 454-455. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 473 22/12/22 13:34 474 colo.102 Erano un centinaio gli alunni che frequentavano le lezioni (3 ore tre volte a settimana dal 15 ottobre al 30 giugno), “e già tutti occupati in opifici ed in fabbriche di mobili”. Il percorso didattico, al termine del quale si conseguiva un certificato di licenza, durava sette anni: uno preparatorio e sei “normali”. Gli alunni del corso preparatorio e del 1° e del 2° anno del corso normale pagavano una tassa annuale di una lira; quelli del 3° e 4° anno una tassa di 2 lire e quelli del 5° e 6° una tassa di 3 lire. La sorveglianza amministrativa era affidata ad una Delegazione consiliare, nominata dalla Società. Contribuivano al suo funzionamento il MAIC (300 lire), la Provincia (250) e il Comune, mentre la Società metteva a disposizione i locali. Nella seduta del 26 maggio 1892 il Consiglio comunale di Crevalcore (BO), che già nel 1880 superava i 10000 abitanti, deliberava la nascita di una Scuola di disegno applicato alle arti industriali. Il percorso formativo si articolava in due corsi triennali; uno preparatorio e l’altro normale. Il primo era comune per tutti gli allievi; il secondo si divideva nelle seguenti sezioni: a) per fabbri, lattonieri e vetrai; b) per falegnami ed ebanisti; c) per fornaciai e muratori; d) per imbianchini, verniciatori e decoratori. Per essere ammessi alla Scuola occorreva aver compiuto il 12° anno di età e presentare il certificato di promozione alla 4° classe elementare. Le lezioni venivano impartite tutti i giorni festivi dalle ore 9 alle 12 d’inverno e dalle 8 alle 11 d’estate, dalla metà di settembre alla metà di luglio. Inoltre, per il corso normale, e soltanto per i mesi da novembre a tutto febbraio, venivano impartite, due volte la settimana, lezioni serali della durata di 2 ore ciascuna. La Scuola non rilasciava diplomi di licenza, ma semplici certificati, a richiesta degli interessati. Gli alunni, un centinaio circa, non pagavano alcuna tassa. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spettava ad un Consiglio direttivo, composto da 4 membri nominati dal Consiglio comunale. E sempre il Comune sosteneva il maggior onere finanziario oltre che mettendo a disposizione i locali anche con un contributo di 565 lire, mentre il MAIC e il Ministero della Pubblica Istruzione contribuivano al suo funzionamento annuo rispettivamente con 350 e 230 lire.103 La società operaia di Grosseto (circa 9.000 abitanti) delibera il 25 ottobre 1895 l’apertura di una Scuola di disegno per gli operai. Comprende un anno di corso preparatorio, comune a tutti gli alunni, e un anno di corso normale suddiviso in diverse sezioni relative ai mestieri ai quali gli alunni intendono dedicarsi. Possono essere ammessi alla Scuola i giovani che hanno compiuto i 15 anni di età ed hanno superato l’esame di promozione dalla 4a alla 5a classe elementare. L’anno scolastico dura sei mesi, dal 1° novembre al 30 aprile e le lezioni vengono impartite nelle sere di lunedì 102 Un forte impulso era arrivato dall’apertura del tratto ferroviario Pisa-Firenze, tanto che gran parte dei nuovi laboratori sorsero in prossimità della stazione. La ferrovia, inaugurata nel 1845, aveva creato le condizioni favorevoli per lo sviluppo industriale facilitando lo smercio a largo raggio dei manufatti e l’approvvigionamento delle materie prime e aveva contribuito all’arrivo di un ampio bacino di clientela. Vedi: Società operaia di cascina, in www.societàoperaiacascina.it. 103 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 513-514. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 474 22/12/22 13:34 475 e giovedì ed hanno la durata di due ore ciascuna. Al termine del secondo corso, agli allievi che superano l’esame finale, viene rilasciato un certificato di licenza. L’amministrazione della Scuola è affidata al Consiglio direttivo della Società operaia di Mutuo Soccorso composto da dodici membri eletti annualmente dall’assemblea dei soci. La direzione didattica e disciplinare è esercitata dall’unico insegnante della Scuola. I pochi allievi (gli iscritti non arrivano a 30) non pagano tasse scolastiche, anzi viene loro distribuito gratuitamente tutto il materiale didattico occorrente. L’assemblea generale della Società operaia di Mutuo Soccorso approva, col proprio bilancio, anche quello della Scuola. Sussidiano il funzionamento annuo il MAIC (150 lire), il Comune (125) la Camera di Commercio (150) e la Società operaia (235).104 Nasce a Guastalla (RE) nel 1892, con delibera del Consiglio la Scuola comunale d’arte applicata all’industria per “fornire agli operai la coltura teorico pratica necessaria all’esercizio delle industrie più comuni nella regione”. Comprende una sezione diurna per i giovani e le giovani che non esercitano ancora una professione e una serale per gli operai che già sono nel mondo del lavoro. Ciascuna sezione ha un corso normale di tre anni e un corso biennale di perfezionamento. Alla Scuola sono annessi un laboratorio per la plastica e la decorazione murale ed uno per i lavori d’intaglio in legno. Possono essere ammessi alla Scuola quanti abbiano almeno dieci anni e presentino il certificato di compimento della terza classe elementare. L’anno scolastico incomincia il 15 ottobre e termina il 15 luglio. Le sezioni diurne fanno lezione tutti i giorni feriali 5 ore e la domenica 3, mentre quelle serali 2 ore nei giorni feriali e festivi. La scuola dipende dall’amministrazione comunale che contribuisce annualmente al suo funzionamento con 1.300 lire. Provvedono con propri contributi anche: il MAIC (200 lire), la Provincia (circa 400) e la Camera di Commercio (200).105 A Narni (allora in Provincia di Perugia, ora di Terni) la Giunta comunale delibera nel 1892 l’istituzione di una Scuola di disegno applicato alle arti ed ai mestieri, con una sola sezione di 4 anni: uno preparatorio e tre “normali”. Pochi gli iscritti (una trentina) rispetto alla popolazione della città umbra (più di 11.000). Per essere ammessi alla Scuola, completamente gratuita, occorre presentare il certificato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare. L’anno scolastico incomincia a novembre e termina verso la metà del mese di giugno, con lezioni quotidiane sino al 15 aprile dalle ore 17 alle 19. Dal 16 aprile in poi le lezioni hanno luogo soltanto il giovedì e la domenica dalle 7 alle 9. La Scuola non rilascia certificati di licenza e non ha un Consiglio direttivo. Essa è retta dalla Giunta comunale. Ed è il Comune ad assicurare il suo mantenimento annuo, sia mettendo a disposizione i locali, sia contribuendo con 150 lire, alle quali vanno aggiunte quelle del contributo del MAIC di 200 lire.106 104 Ibidem, pp. 570-571. 105 Ibidem, pp. 574-576. 106 Ibidem, pp. 657-658. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 475 22/12/22 13:34 476 A Porto Recanati, paese in provincia di Macerata di 6.000 anime, il Consiglio comunale, nella seduta del 20 dicembre 1898, delibera la nascita di una Scuola di disegno applicato per gli operai. Una sola sezione il cui corso normale dura 3 anni (dal 1 novembre al 30 giugno, con un orario modulato sui giorni della settimana e sulle stagioni).107 I licenziati della Scuola ricevono un corrispondente certificato del Sindaco controfirmato dal Direttore. Gli alunni non sono soggetti al pagamento di alcuna tassa. L’amministrazione della scuola è affidata a una Commissione di vigilanza presieduta dal Sindaco o da un suo delegato e composta, inoltre, di due membri e dal Direttore insegnante della Scuola. “La Scuola non ha un proprio bilancio, ma tanto i proventi che le spese di essa sono portati nel bilancio del Comune e con questo approvati.” Intervengono finanziariamente per far fronte alle spese annue: il MAIC con 200 lire, il Comune con 400 e la Camera di Commercio con 100 lire.108 Il R.D. dell’11 agosto 1897109 converte la Scuola di disegno e plastica di Volterra in Scuola d’arte applicata all’industria. L’arti 1 recita: “Questa scuola è diurna, ed ha per scopo di fornire insegnamenti di disegno e di modellazione, con applicazioni alle industrie locali”. Il decreto non specifica quali fossero le industrie locali, ma è naturale il riferimento, anche se non esplicitato, alla lavorazione dell’alabastro, in quegli anni sicuramente il settore trainante della economia della città toscana. Infatti, nei dintorni della splendida città di origine etrusca si trovano importanti giacimenti di alabastro, che è considerato tra i più pregiati d’Europa per le sue caratteristiche di compattezza, trasparenza, venatura e durezza. Si tratta di una pietra malleabile la cui lavorazione, grazie alla sua particolare morbidezza, è estremamente più facile rispetto a quella del marmo. La lavorazione dell’alabastro è un’arte dalle origini antichissime. Veniva già utilizzato dagli Etruschi per fabbricare urne cinerarie, per poi divenire materia prima di manifatture di vario genere come capitelli, tabernacoli, vasi e altri oggetti sia artistici che di uso comune. La Scuola ha una sola sezione, il cui corso dura quattro anni. Il primo anno costituisce il corso preparatorio, gli altri tre il corso normale. Esiste poi un 107 L’orario invernale delle lezioni è il seguente: il mercoledì dall’ave Maria per due ore e mezzo, il giovedì dalle 8 alle 11 e dalle 13,30 alle 15,30; l’orario estivo; il mercoledì dalle ore 16,30 alle 19 e il giovedì dalle 8 alle 11 e dalle 13,30 alle 15,30. 108 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. pp. 697-698. 109 R.D. CCLXXIX dell’11 agosto 1897 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 29 settembre 1897 n. 226. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 476 22/12/22 13:34 477 corso facoltativo di perfezionamento della durata di tre anni. La Scuola non ha officine, né laboratori. Per essere ammessi al primo anno di corso occorre avere compiuto il dodicesimo anno di età ed aver conseguita la promozione dalla 3a classe elementare. Le lezioni si tengono tutti i giorni feriali dalle 11 alle 13, dal 1 novembre al 15 agosto. Le promozioni e il certificato di licenza sono concesse in base agli esami annuali. Gli alunni (un centinaio) non pagano alcuna tassa scolastica. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola è affidata ad un Consiglio di 4 membri, dei quali uno è nominato dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio e 3 dal Comune. Alle entrate previste dal Decreto istitutivo (1.000 da parte del MAIC e 2.400 da parte del Comune) si aggiungerà anche il contributo di 300 lire della Camera di Commercio.110 d. Nascita e sviluppo delle scuole nei Compartimenti del Meridione e dell’Italia insulare Nel 1898, in provincia di Cosenza, a Fuscaldo, popoloso paese (censiti, nel 1881, 8508 abitanti), il Comune fa nascere una Scuola di disegno e di intaglio. Se n’era fatto promotore Carmine Santoro che ne sarà direttore ed unico insegnante. Ha una sola sezione, il cui corso dura 5 anni, dei quali 1 è preparatorio e gli altri 4 normali. Alla scuola è annesso un laboratorio per l’intaglio in legno. Per essere ammessi alla Scuola è necessario aver superato il 10° anno di età. L’anno formativo incomincia il 15 ottobre e termina verso la fine di agosto. Le lezioni vengono impartite, dal 15 ottobre a fine agosto, tutti i giorni dalle ore 17 alle 19 in inverno e dalle 20 alle 22 in estate. Agli alunni che abbiano compiuto regolarmente tutti gli anni di corso e sostenuto con esito felice tutti gli esami vien rilasciato un certificato di licenza. Gli alunni (una media di 60) non pagano alcuna tassa. Il governo della Scuola è affidato ad un Consiglio d’amministrazione presieduto dal Sindaco e composto da altri 4 membri, nominati dal Consiglio comunale i quali garantiscono il funzionamento annuo, circa 600 lire, contribuiscono il MAIC con 300 lire, il Comune con 200 e la Provincia con 50111. Le radici del Liceo artistico statale di Galatina (LC), attualmente accorpato all’Istituto d’Istruzione Secondaria Superiore Pietro Colonna, sono da ricercarsi nella Scuola di disegno e plastica per arti e mestieri, fondata nella cittadina salentina (che, allora, contava più di 11.000 abitanti) nel 1897, per interessamento di un parlamentare locale, Antonio Vallone. La scuola, intitolata a Gioacchino Toma112 ha un corso preparatorio della durata di un anno, e un corso normale, senza durata determinata. A chi supera il saggio finale viene consegnato un certificato di licenza. Dispone di un 110 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. pp. 824-826. 111 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 546-547. 112 Pittore galatinese e patriota; aveva partecipato alla campagna militare garibaldina del 1860. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 477 22/12/22 13:34 478 laboratorio per l’intaglio e per i lavori in legno. I giovani per essere ammessi devono presentare il certificato di proscioglimento dall’obbligo elementare e devono avere età non minore di 12, né maggiore di 16 anni. Le lezioni hanno la durata di due ore e mezzo (serali nei giorni feriali e diurne in quelli festivi). La frequenza è gratuita. Il governo della scuola è affidato ad un Consiglio direttivo composto da 6 membri, tutti nominati dal Sindaco. I bilanci sono approvati dalla Giunta comunale. Il Comune è anche il maggior contribuente per il sostentamento annuo con 1.345 lire, alle quali si aggiungono le 600 della Camera di Commercio e le 500 del MAIC.113 Nel 1920 la scuola verrà classificata di I° grado e denominata Reale Scuola Popolare Operaia di arti e mestieri. Nel ‘23 passa dal Ministero delle Economie Nazionali a quello della Pubblica Istruzione e nel ‘35 assume il nome di Reale Scuola d’Arte. A partire dall’anno scolastico 2000/01 a seguito del D.M. sul ridimensionamento della rete scolastica, all’ISA di Galatina è stato accorpato l’I.S.A. di Nardò. A partire dal 1 settembre 2012, a seguito del piano di razionalizzazione della rete scolastica della Regione Puglia l’ISA di Galatina è stato accorpato all’IISS “P. Colonna”.114 Il Liceo artistico statale Vincenzo Calò di Grottaglie, in provincia di Lecce, rappresenta un’evoluzione di una istituzione formativa, nata nel 1887: la Scuola di ceramica, la prima del Regno d’Italia. Una scuola nata per migliorare la produzione dell’artigianato locale attraverso la guida della classe dei ceramisti più anziani e la formazione dei più giovani. All’epoca circa 2000 figuli, cioè vasai, producevano con sistemi ritenuti arcaici e dispendiosi una grande quantità di stoviglie e contenitori per la conservazione dei cibi, che venivano venduti a prezzi economici in tutto il Mediterraneo, favoriti dalla vicinanza dei porti di Brindisi e Taranto. Attraverso l’operato della scuola tutte le procedure dovevano essere svecchiate e migliorate, anche con l’uso di nuove attrezzature come i purificatoi per le argille, i torni meccanici per la modellazione degli oggetti, i fornelli per la cottura dei minerali e nuovi forni per la cottura a temperatura controllata.115 La Scuola venne istituita con D.M. del 27 settembre 1887, ma cominciò a funzionare soltanto nel febbraio del 1889. Venne poi chiusa nel luglio del 1893. In seguito, per accordi intervenuti tra il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio e gli Enti locali, la Scuola venne riaperta nel settembre del 1894. I circa 60 allievi erano iscritti a tre sezioni della durata ciascuna di 3 anni (dal 15 ottobre al 15 agosto; con lezioni di 2 ore e mezza serali, nei giorni feriali e, diurni in quelli festivi). Per essere ammessi occorreva aver compiuto 12 113 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 551-552. 114 Liceo Statale – P. Colonna in www.liceocolonna.gov.it. 115 Il processo di depurazione delle argille a Grottaglie veniva ancora praticato sul piazzale delle botteghe artigiane da speciali operai deputati a “Stumpare la creta” cioè schiacciare le zolle di argilla allo stato naturale, allo scopo di migliorarne la plasticità. Il processo di cottura degli oggetti invece, cotti in grandi forni a camera, alimentati a legna e accatastati in quantità eccessive su più piani, determinava spesso torsioni, attaccature e fusioni dei manufatti impilati. Anche per la preparazione degli smalti, dei colori e delle vernici si faceva in maniera artigianale e poco produttiva. Vedi Una scuola lungo un secolo: la Regia Scuola Ceramica di Grottaglie in lacapasa.com. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 478 22/12/22 13:34 479 anni ed essere in possesso della licenza elementare. Provvedeva, finanziariamente, al suo sostentamento annuo: il MAIC (2.000 lire), la Provincia (1.500) e la Camera di Commercio (600). Il Comune, oltre a versare nelle casse della scuola 800 lire metteva a disposizione anche i locali.116 Nel 1892, a Monreale (PA), cittadina con oltre 16.000 abitanti, con delibera comunale del 6 giugno 1892 nasce una Scuola d’arte Applicata all’industria. Si tratta di una piccola scuola di 25 allievi che frequentano, gratuitamente, un percorso formativo di 3 anni che dà la possibilità di conseguire un certificato di licenza. La maggior parte di loro lo utilizzeranno per trovare un’occupazione nelle fabbriche di mobili a Palermo, come ebanisti. L’anno scolastico va da novembre a giugno e le lezioni sono serali e durano un’ora e mezza tutti i giorni feriali. La scuola è amministrata da un Consiglio direttivo composto dal Sindaco, dall’Assessore incaricato per la pubblica istruzione e dal Direttore-insegnante. Provvedono a coprire le spese annuali (1.400 lire) il MAIC (200) e il Comune (1.200).117 È il comune, su sollecitazione della locale Società degli operai, a istituire, nel 1893 la Scuola di disegno per gli artigiani ad Ortona a Mare (allora semplicemente Ortona, cittadina abruzzese in provincia di Chieti di 12.000 abitanti). La scuola durava tre anni, dal 15 ottobre al 15 giugno e le lezioni (2 ore) si tenevano 5 giorni feriali in orario serale. Poteva accedervi chi avesse almeno 12 anni e il certificato di proscioglimento dell’obbligo scolastico. Iscrizione e frequenza erano gratuite per i circa 50 allievi, che miravano, al termine del percorso, a conseguire il certificato di licenza. Era governata da un Consiglio direttivo, 4 membri eletti dalla Provincia, dal Comune, dalla Camera di commercio e dalla Società operaia e da questi sostenuta finanziariamente con contributi annuali: la Provincia e la Camera con 100 lire, il Comune con 120 e la Società operaia con 50. Interveniva anche il MAIC con un sussidio di 200 lire.118 In una seduta del giugno 1894, il Consiglio comunale di Pozzuoli (allora con 12.000 abitanti), in provincia di Napoli, delibera la nascita di una Scuola di disegno applicato ai mestieri. La scuola ha una sola sezione per meccani che dura tre anni (uno preparatorio e uno biennale normale). La Scuola non dispone di proprie offi- 116 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 572-573. 117 Ibidem, pp. 641-643. 118 Ibidem, pp. 668-701. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 479 22/12/22 13:34 480 cine e molti dei suoi alunni sono occupati in officine private. Per essere ammessi al corso preparatorio è necessario aver compiuto dodici anni di età e aver superato l’esame di licenza elementare. Coloro che hanno compiuto 13 anni di età possono essere ammessi direttamente al 1° anno del corso normale superando uno specifico esame. L’anno scolastico incomincia il 15 novembre e termina il 15 luglio e le lezioni si tengono nei soli giorni feriali dalle ore 19,30 alle 21,30. Gli alunni, circa una quarantina, non pagano alcuna tassa. La Scuola è amministrata da un Consiglio direttivo nominato dal Consiglio comunale di Pozzuoli e composto da un Presidente e da quattro membri e finanziata con contributi annuali da parte del MAIC (500 lire), della Provincia (200), del Comune (300) e della Camera di Commercio. I locali sono messi a disposizione dal Comune.119 A Scordia, paese in provincia di Catania, paese di circa 6.500 abitanti, il Consigli di amministrazione della Società operai di mutuo soccorso, una delle prime a sorgere in Sicilia,120 in data 15 settembre 1894 delibera la fondazione di una Scuola di disegno per gli operai per poterli educare “al buon gusto, al senso della proporzione, alla percezione giusta delle linee e dei colori ed alla esatta rappresentazione grafica degli oggetti osservati.” Per l’iscrizione è sufficiente esibire il certificato di promozione dalla terza elementare. Le lezioni (2 ore) ci sono tutte le sere dei giorni feriali dal 1° ottobre al 30 aprile per tre anni. Al termine di tale percorso viene rilasciato un certificato di licenza. Gli alunni, una settantina, non pagano tasse. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola spetta ad un Consiglio direttivo di 4 membri, eletti dalla Società operaia di mutuo soccorso. Provvedono al suo mantenimento il MAIC con 250 lire, la Camera di Commercio con 200 e la Società di mutuo soccorso con 225 e con il pagamento di illuminazione e riscaldamento dei locali che mette a disposizione.121 In provincia di Chieti, a Vasto, città costiera di 15000 abitanti, il Consiglio di amministrazione della locale Società operaia, nella seduta del 30 ottobre 1897, deliberava la nascita di una Scuola di disegno applicato alle arti e ai mestieri. La Società era nata nel 1864 ed era stata la prima organizzazione sorta in Provincia, dopo quella 119 Ibidem, pp. 702-704. 120 A Catania e provincia negli anni immediatamente successivi all’Unità, furono istituite dal 1862 al 1873, 29 Società di mutuo soccorso. La prima Società di mutuo soccorso fu “Il circolo degli onesti operai” inaugurata a Catania il 12 settembre del 1861. Il segretario, Gaetano Lagana, due mesi dopo ne dà notizia su “La Libertà” e ne illustra gli scopi che consistono nel miglioramento materiale e morale dell’operaio attraverso l’istruzione. Nell’art. 18 del suo statuto il circolo si prefigge di istituire proprie scuole dopo quattro anni della sua fondazione (art. 1). Alcuni mesi dopo, il 13 aprile a Scordia fu istituito il primo circolo operaio di mutuo soccorso il cui statuto è interamente ripreso da quello catanese. Vedi Laudani C., Le società di mutuo soccorso a Catania e provincia nel XIX secolo, in www.accademiadeglizelanti. it. 121 MAIC, Annuario 1904, Roma, Tipografia Nazionale di G. Bertero e C. 1904, p. 221; MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 748-749. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 480 22/12/22 13:34 481 del capoluogo, fondata nel 1861.122 La Scuola comprende un corso preparatorio, comune per tutti i mestieri, della durata di due anni; ed un corso normale di tre anni, con insegnamenti speciali per i falegnami, per i fabbri e per i muratori. Per essere ammessi al primo anno di corso occorre avere compiuto il dodicesimo anno ed aver conseguito la promozione dalla terza alla quarta classe elementare. L’a.s. incomincia al principio di novembre e termina al principio di giugno; le lezioni (2 ore) si tengono la sera. Al termine dell’intero percorso formativo viene rilasciato un certificato di licenza, che funziona quasi come un passaporto per l’espatrio: “Quasi tutti gli alunni, anche prima di aver compiuto i corsi, emigrano nella Romania e più ancora negli Stati Uniti, ove trovano pronta e lucrosa occupazione”. Gli alunni (una trentina) non pagano alcuna tassa scolastica. Per far fronte alle spese annuali, circa 600 lire, provvedono i contributi del MAIC (200 lire), quelli del Comune e Società operaia (150) e della Camera di Commercio per la restante parte. La Scuola è governata dal Consiglio d’amministrazione della Società operaia, al quale spetta pure l’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo.123 3.1.5. Scuole d’arte applicata all’industria sussidiate da soggetti locali a. Quadro sinottico e considerazioni generali Delle 34 Scuole d’arte o di disegno applicate all’industria, di cui abbiamo trovato qualche notizia nella documentazione consultata, 17 sono gestite da comuni, 11 da Società di mutuo soccorso e 6 da soggetti diversi: due da un benefattore, una dalla Camera di Commercio, una da un Ricreatorio civile e una da un Patronato Scolastico (vedi Tabella n. 10). Il Ricreatorio è una istituzione sussidiaria della scuola popolare. Ha carattere cittadino ed è presente di preferenza presso i centri operai raccogliendo dalla strada i ragazzi che vi rimanevano nelle ore extrascolastiche abbandonati da genitori (occupati nei laboratori e nelle officine) o comunque privi di assistenza.124 Il Patronato 122 Le società fondate nella provincia di Chieti nel periodo 1861-1904 furono 66. Nel primo decennio dopo l’Unità il fenomeno associazionistico fu di trascurabile entità; fino al 1870, oltre a quello di Chieti, sorsero altri tre sodalizi nelle città più grandi della Provincia: a Vasto nel 1864, ad Atessa ed Ortona nel 1865. Dopo il 1870 le società operaie aumentarono di numero, la diffusione maggiore si ebbe nel Circondario di Lanciano. A partire dal 1881 il fenomeno associazionistico si diffuse in tutta la provincia, furono coinvolti anche i piccoli centri e alcuni paesi dell’alto vastese. Vedi Le Società Operaie di Mutuo Soccorso in www.cgilchieti.it. 123 MAIC, Annuario 1904 op. cit., p. 225; MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 808-809. 124 Principale promotore in Italia, se non pure iniziatore, di quest’opera fu S. Giovanni Bosco col suo celebre Oratorio di Valdocco in Torino (1846). L’esempio di Don Bosco originò un movimento in favore dei ricreatori, specialmente da parte di sacerdoti, che si svolse durante circa un quarantennio (1885-1925) finché la politica del fascismo diede un nuovo indirizzo a tutta l’assistenza sociale. I ricreatori si divisero in maschili e femminili; questi ultimi più scarsi anche perché le ragazze trovano, in genere, maggior protezione nella famiglia. Inspirati a una pedagogia illuminata dalle scienze biologi- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 481 22/12/22 13:34 482 scolastico, invece, è una recente istituzione chiamata ad aiutare gli alunni poveri con varie iniziative. Durante la seconda metà dell’800 ne sorsero diversi da parte di benefattori e filantropi sensibili al problema dell’istruzione e della formazione dei giovani.125 Per quanto riguarda la distribuzione territoriale per Macroaree è netta la prevalenza della presenza delle scuole al Nord con 20 istituzioni (61% del totale delle scuole attivate nel decennio). Nel Centro e nel Meridione nascono, nel periodo considerato 14 scuole, 8 (23% del totale nazionale) nell’uno e 6 (18%) nell’altro. Il Dipartimento che fa registrare il primato di nuove scuole d’arte applicate all’industria è senza dubbio la Lombardia con 14 nuove iniziative (42% del totale nazionale e 70% del totale della Macroarea di tutte le scuole di questo tipo che nascono dal 1890 al 1899). La denominazione delle scuole, la loro presenza in comuni con poca popolazione, gli insegnamenti impartiti, l’impegno finanziario che occorreva per il loro impianto e per il loro funzionamento annuo ci fanno ritenere che la grande maggior parte di loro fossero semplici scuole di disegno tecnico, applicato ai mestieri più presenti in quelle comunità. che, i ricreatori credettero di combattere l’intellettualismo dei programmi scolastici, di cui lamentavano le deficienze soprattutto nei riguardi dell’educazione fisica. Vari congressi furono tenuti per fissarne l’ordinamento civile; il primo nel settembre 1889 a Brescia; nel giugno 1892, il secondo, a Pavia; nel giugno 1894, il terzo, a Genova. In quest’ultimo congresso fu deliberata la costituzione dei ricreatori italiani in federazione e votato il patto federativo. Nel 1896, costituitosi in Roma il Comitato nazionale per l’educazione fisica, sembrò per un momento che i ricreatori si dovessero riassorbire in questa nuova organizzazione; ma in realtà seguitarono più che mai a diffondersi, approfittando dell’intensificata propaganda per l’incremento dell’educazione fisica nelle scuole. Il loro programma fu assai vario, ma intese costantemente associare il carattere ginnico-sportivo con quello educativo: esercizi fisici, escursioni in campagna e sui monti, bagni, giuochi, corse, gare, ogni genere di sport opportunamente alternato a conferenze piacevoli e istruttive, all’insegnamento della musica, del canto, del disegno, del lavoro manuale, ecc. Insegnanti di educazione fisica furono specialmente indicati per la direzione dei ricreatori. Al carattere ginnico-sportivo si associò strettamente la propaganda igienica, così, ad es., ai ricreatori- scuole “Raggio di Sole” di Padova risale una fruttuosa iniziativa per la diffusione in Italia delle scuole all’aperto. Con la Legge 4 giugno 1911 sulla scuola elementare e popolare i ricreatori trovarono un riconoscimento ufficiale, rientrando nella rete delle istituzioni assistenziali della scuola, dipendenti dai patronati scolastici (v. patronato: Patronati scolastici), eretti in ente morale. Sebbene la divisione dei partiti s’introducesse nell’istituzione a separare i ricreatori laici dai cattolici, tuttavia, nell’insieme essi si prestarono all’educazione patriottica delle masse giovanili nei rioni più popolosi. Nelle terre irredente, specialmente a Trieste, si distinsero per le benemerenze acquisite col tener desto l’amore verso la patria. Nel 1925 l’Opera nazionale balilla ha finito per riassorbire tutte le istituzioni sussidiarie della scuola, compresi i ricreatori, nelle maglie dell’organizzazione nazionale. Benetti Brunelli V., Ricreatorio in Enciclopedia Italiana (1936). 125 Il R.D. 16 febbraio 188 n. 5292 ne sollecita l’istituzione da parte dei Comuni. Si tratta, però, solo di una raccomandazione, reiterata anche nella Circolare del Ministro Gianturco (C.M. 8 aprile 1897) cui era allegato anche uno schema per la costituzione di questi patronati. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 482 22/12/22 13:34 483 Grafico n.7 - Distribuzione regionale delle scuole d’arte applicate all’industria attivate nel decennio e gestite da soggetti locali Tabella n. 10– Tipologia di soggetti che attivano e gestiscono le scuole d’arte applicate all’industria sorte nel decennio (1890-1899) CITTÀ SOGGETTI GESTIONALI COMUNE SOCIETÀ M.S. ALTRI Abbiategrasso Andorno Biellese Avigliano Bagnacavallo Belgioioso 1 Besozzo Binago Bisuschio Borca Brescia 2 Caltagirone Gaggino Guidizzolo Lavagna Lecco 3 Lentate sul Seveso CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 483 22/12/22 13:34 484 Lorenzago Manciano 4 Mariano Comense Misterbianco 5 Montalbano d’Elicona Nola Orbetello Orzinuovi Pieve di Cadore Poggibonsi Ripatransone Rovato San Martino dall’Argine San Vito al Cadore Sestino 6 Spello Spilamberto Uggiate 17 11 6 1 Benefattore; 2 Ricreatorio civile; 3 Camera di Commercio; 4 Patronato scolastico; 5 Centro Culturale; 6. Benefattore CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 484 22/12/22 13:34 485 Tabella n.11 – Scuole d’arte applicate all’industria istituite o riordinate nel decennio 1890-99 da soggetti locali Città Denominazione Consiglio Direttivo Abbiategrasso (MI) 1891 Scuola di disegno Società di M.S. Insegnamenti: nei primi due anni, Geometria e Disegno lineare a mano libera; negli anni successivi Disegno e Plastica applicati ai seguenti tre gruppi di arti e mestieri: 1° fabbri - ferrai e meccanici; 2° muratori, marmisti, falegnami; 3° imbianchini, decoratori ed affini Andorno Biellese (NO) 1891 Scuola di disegno “G.B. Bonesio” Comune Insegnamenti: Geometria, Disegno geometrico, Ornato Avigliano (PZ) 1897 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno, Plastica Bagnacavallo (RA) 1896 Scuola di disegno per gli artieri Comune Insegnamenti: Disegno geometrico e di ornato applicato alle arti ed ai mestieri Belgioioso (PV) 1890 Scuola operaia di disegno Benefattore Insegnamenti: Disegno applicato alle arti ed ai mestieri Besozzo (CO) 1890 Scuola di disegno professionale Società Cattolica di M.S. Insegnamenti: nel corso preparatorio vengono insegnati gli Elementi del disegno; in quello normale viene impartito l’insegnamento del Disegno applicato ai mestieri del falegname, del muratore, del decoratore, del meccanico e dello scalpellino Binago (CO) 1895 Scuola di disegno Società operaia di M.S. Insegnamenti: Geometria, Disegno Bisuschio (CO) 1895 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno ornamentale, geometrico e architettonico Borca (BL) 1899 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno lineare, geometrico e ornamentale, Copia dal vero, Costruzioni Brescia 1896 Scuola di disegno Comitato del Ricreatorio civile Insegnamenti: Disegno geometrico e d’ornato applicato alle arti del fabbro e del falegname Caltagirone (CT) 1890 Scuola di disegno Circolo popolare operaio di M.S. Insegnamenti: Disegno elementare Catanzaro 1898 Scuola serale di disegno Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico e d’ornato applicato alle arti Gaggino (CO) 1890 Scuola di disegno industriale Società operaia Insegnamenti: Disegno geometrico e di costruzioni, Ornato e Plastica Guidizzolo (MN) 1896 Scuola sociale di disegno Comune Insegnamenti: Disegno geometrico ed ornamentale con applicazioni alle arti del falegname, del fabbro e del muratore Lavagna (GE) 1898 Scuola di disegno Società di M.S. Insegnamenti: Disegno industriale e decorativo CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 485 22/12/22 13:34 486 Lecco (CO) 1891 Scuola di disegno Camera di Commercio Insegnamenti: Geometria e Disegno Lentate sul Seveso (MI) 1897 Scuola di disegno Società di M.S. tra operai e contadini di Lentate e vicinanze Insegnamenti: nel primo corso Geometria piana ed ornato a mano libera; nel secondo Studi di fiori, applicazioni di decorazioni ed ornati di vario stile al chiaroscuro; nel terzo Studi di fiori al naturale e composizioni decorative, Studi di teste e figura allegorica, Studio del mobile, Lavori in plastica ed intaglio Lorenzago (BL) 1895 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno a mano libera ornamentale a base geometrica, Disegno lineare geometrico, scale di proporzioni ed applicazioni Manciano (GR) 1899 Scuola di disegno operaio Patronato scolastico Insegnamenti: Disegno geometrico, Ornato, Plastica Mariano Comense (CO) 1894 Scuola di disegno applicato alle arti e alle industrie Società di M.S. Insegnamenti: Geometria, Ornato e Architettura Misterbianco (CT) 1897 Scuola di disegno Circolo patriottico “Vittorio Emanuele” Insegnamenti: Elementi di disegno Montalbanco d’Elicona (ME) 1892 Scuola di disegno Società operaia di M.S. Insegnamenti: Elementi di disegno Nola (NA) 1891 Scuola di disegno applicato alle arti “Giovanni da Nola” Comune Insegnamenti: Disegno lineare, geometrico e d’ornato, Plastica ed elementi di figura Orbetello (GR) 1890 Scuola serale operaia di disegno applicato alle arti Comune Insegnamenti: Disegno geometrico ed ornato Orzinuovi (BS) 1892 Scuola di disegno applicato all’industria Comune Insegnamenti: Disegno pratico applicato alle arti Pieve di Cadore (BL) 1891 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno a mano libera ornamentale a base geometrica, Disegno lineare geometrico, scale di proporzioni ed applicazioni. Poggibonsi (SI) 1893 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno pratico delle costruzioni geometriche, Proiezioni dei solidi e disegno d’ornato, con applicazioni alle arti ed ai mestieri Ripatransone (AP) 1899 Scuola di disegno applicato alle arti Comune Insegnamenti: n.d. Rovato (BS) 1891 Scuola operaia “Francesco Ricchino” Comune Insegnamenti: Disegno pratico applicato alle arti S. Martino dall’Argine (MN) 1897 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno geometrico e ornamentale CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 486 22/12/22 13:34 487 S. Vito del Cadore (BL) 1895 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno a mano libera ornamentale a base geometrica, Disegno lineare geometrico, scale di proporzioni ed applicazioni Sestino (AR) 1898 Scuola di disegno e di lavoro manuale Benefattore Insegnamenti: n.d. Spello (PG) 1898 Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno per muratori, falegnami, fabbri Spilamberto (MO)) 1891 Scuola popolare di disegno applicato alle arti Società popolare di M.S. Insegnamenti: Primi elementi di figura, di ornato, di architettura e calligrafia. Disegno applicato alle singole arti degli allievi Uggiate (CO) 1898 Scuola di disegno Società operaia di M.S. Insegnamenti: Ornato e Architettura b. Le scuole nei Compartimenti del Nord Apriamo la nostra rassegna con 4 cittadine del Cadore, in provincia di Belluno. A Pieve di Cadore il 1 novembre 1891 il Comune fonda una Scuola di disegno, maschile e serale. È sussidiata con lire 200 annue dalla Camera di Commercio. Vi si insegnano Disegno a mano libera, Disegno ornamentale a base geometrica, Disegno lineare geometrico, scale di proporzioni ed applicazioni. Gli iscritti sono in media una trentina.126 Anche a Lorenzago (oggi Lorenzago di Cadore) è il Comune a fondare il 4 agosto 1895 una Scuola di disegno. A differenza di quella di Pieve questa è anche femminile. E come in quella vi si insegnano le stesse materie: Disegno a mano libera, ornamentale a base geometrica, Disegno lineare geometrico e scale di proporzioni ed applicazioni. È frequentata da una quarantina di allievi tra alunni ed alunne.127 Qualche mese dopo (1 novembre 1895) è il Comune di San Vito del Cadore a dotarsi di una Scuola di disegno. Anche questa è diurna, ma solo maschile. Identico, invece, l’impianto didattico: Disegno ornamentale a mano libera, Disegno lineare geometrico, scale di proporzioni ed applicazioni. Gli iscritti sono una trentina.128 Chiude questa rassegna cadorina Borca (oggi Borca di Cadore) un paesino con 1.100 anime dove viene fondata il 1 novembre 1899 una Scuola di disegno. Anche questa è maschile e diurna, anche questa è frutto dell’iniziativa del Comune che provvede finanziariamente anche al suo funzionamento. Vi si insegna: Disegno li- 126 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 931. 127 Idem. 128 Idem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 487 22/12/22 13:34 488 neare, geometrico e ornamentale, Copia dal vero, Costruzioni. Gli iscritti, nell’a.s. 1904-05, sono 25.129 A Gaggino (allora comune autonomo del comasco e oggi frazione del comune di Faloppio) nel 1890, la locale Società Operaia inaugura una Scuola di disegno industriale, maschile e diurna. È sussidiata dalla Camera di Commercio e dalla Cassa di Risparmio. Vi si insegnano Disegno geometrico e di costruzioni, Ornato e Plastica. È frequentata da 50 alunni.130 Nel 1896 a Brescia il Comitato del Ricreatorio civile dà vita ad una Scuola di disegno, maschile, festiva e diurna. Il Comitato del Ricreatorio di Brescia è sussidiato dal Comune, dalla Camera di Commercio, dall’Ateneo e, non in maniera sistematica, dallo Stato. Gli insegnamenti riguardano il Disegno geometrico e d’ornato applicato alle arti del fabbro e del falegname. È frequentata da una trentina di allievi.131 Grazie ad una rendita del legato Maffeis Sperandio il Comune di Orzinuovi, in provincia di Brescia, apre, nel 1892, una Scuola di disegno applicato all’industria. La scuola è maschile e diurna. Per il suo funzionamento può contare, oltre che sulla rendita (225 lire) sul sussidio della Provincia di lire 150 annue. Vi si insegna il disegno applicato alle arti e ai mestieri. L’anno scolastico corrisponde a quello delle scuole elementari pubbliche, con lezioni di due ore ciascuna, due volte la settimana. Gli alunni iscritti sono una sessantina.132 In provincia di Brescia, a Rovato, opera dal 1891 la Scuola operaia “Francesco Ricchino”, maschile. Gli orari delle lezioni sono diurni nei giorni festivi, serali nei feriali. Dipende dal Comune ed è sussidiata da questo, dalla Provincia e dalla Camera di Commercio complessivamente per una somma di lire 500 annue. Vi si insegna il Disegno pratico applicato alle arti. Gli iscritti sono una cinquantina.133 La Società cattolica di mutuo soccorso, nata a Besozzo (CO) il 1 dicembre 1890,134 istituisce nella cittadina, allora in provincia di Como, una Scuola di disegno professionale maschile e festiva. Comprende due corsi: il primo è preparatorio e dura 2 anni, il secondo è normale ed ha la durata di 3 anni. Nel corso preparatorio vengono insegnati gli elementi del disegno; in quello normale viene impartito l’insegnamento del Disegno applicato ai mestieri del falegname, del muratore, del decoratore, del meccanico e dello scalpellino. Il Comune concede gratuitamente i locali, provvede alla illuminazione e al riscaldamento. Il bilancio della Scuola ammonta a circa 250 lire. E’ frequentata da una quarantina di alunni.135 129 Ibidem, p. 930. 130 Ibidem, p. 941. 131 Ibidem, p. 934. 132 Ibidem, p. 935. 133 Ibidem, p. 936. Nel sito della Scuola d’arti e mestieri Francesco Ricchino (www.scuolaricchino. org) la nascita della scuola viene fatta risalire al 1876, per merito della Società Operaia Industriale ed Agricola di Rovato, costituitasi nel 1868. 134 Vedi Chiesa prepositurale dei SS Alessandro e Triburzio in comune.besozzo.va.it. 135 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 939. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 488 22/12/22 13:34 489 Figura n. 8 – Percorsi formativi nella Scuola di disegno professionale di Besozzo La Società operaia di Mutuo Soccorso di Binago (2.200 abitanti, in provincia di Como), nel 1895, mette a disposizione una Scuola di disegno, maschile, diurna e serale. È sussidiata dalla Cassa di risparmio con lire 100 e dal Comune con lire 35 annue. Vi si insegnano Geometria e Disegno. Frequentano la scuola 50 alunni.136 Nello stesso anno, 1895, sempre nella provincia di Como, lo stesso tipo di organizzazione associativa, la Società operaia, assume la stessa iniziativa a Bisuschio, l’apertura di una Scuola professionale di disegno, maschile e serale. È sussidiata dalla Cassa di risparmio di Milano con lire 150 e dalla Camera di Commercio di Como con lire 75. Vi si insegna Disegno ornamentale, geometrico e architettonico. Gli iscritti sono una cinquantina.137 Il 4 dicembre 1891 la Camera di Commercio di Lecco (CO) istituisce una Scuola di disegno, maschile e serale, dove si insegnano Geometria e Disegno. Il suo funzionamento viene assicurato con risorse finanziarie camerali. Nell’a.s. 1904-05 la frequentano 48 alunni.138 A Mariano Comense, comune della Brianza di circa 6000 abitanti, la Società di mutuo soccorso “Patria, Libertà, Lavoro” dà vita nel 1894 ad una Scuola di disegno applicato alle arti e alle industrie. La scuola è maschile, diurna e serale ed è mantenuta, con una somma di circa lire 1.000 annue, dalla Società fondatrice. Gli insegnamenti riguardano: Geometria, Ornato, Architettura. Gli iscritti sono 50.139 La Società di mutuo soccorso fra operai e artisti di Abbiategrasso fonda, nel 1891, nella cittadina lombarda una Scuola di disegno. La Scuola è serale ed è aperta dal 1 novembre al 31 marzo, con tre lezioni a settimana. Vive con le entrate della tassa di iscrizione di lire 3, pagata dagli alunni che non sono figli di soci, e dai figli di soci che abbiano superato il 16° anno di età. È sussidiata con annue lire 350 dal Consorzio per il miglioramento delle Scuole professionali nella provincia di Milano. Il Comune, inoltre, mette a disposizione i locali. Sono materie d’insegnamento: nei primi due anni, Geometria e Disegno lineare a mano libera; negli anni successivi, 136 Ibidem, p. 940. 137 Idem. 138 Ibidem, p. 942. 139 Idem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 489 22/12/22 13:34 490 Disegno e Plastica applicati ai seguenti tre gruppi di arti e mestieri: 1. fabbri-ferrai e meccanici; 2. muratori, marmisti, falegnami; 3. imbianchini, decoratori ed affini. Una trentina gli allievi iscritti nell’a.s. 1904-05.140 A Lavagna, comune di 6000 anime in provincia di Genova, dal 1898 è operativa una Scuola di disegno, fondata e mantenuta dalla locale Società di mutuo soccorso. La scuola è maschile e serale, con una sezione femminile diurna bisettimanale. È sussidiata anche dal Comune con lire 350 annue. Vi si insegna Disegno industriale e decorativo. In questo decennio in provincia di Mantova nascono tre nuove scuole. A Bozzolo (circa 4000 abitanti), nel 1893, apre i battenti una Scuola di disegno, maschile e diurna. È stata fondata ed è mantenuta dal Comune. Vi si insegna Geometria e disegno con applicazioni alle arti. Nell’a.s. 1904-05 gli iscritti sono 73.141 A Guidizzolo viene fondata dal Comune il 1 gennaio 1896 la Scuola sociale di disegno. La scuola, comunale, è maschile e femminile e festiva. Dipende da una Direzione speciale nominata dal Comune, il quale mette a disposizione i locali, provvede al riscaldamento e al suo mantenimento annuo. Intervengono con un sussidio anche la Camera di Commercio di Mantova con lire 75 e la Provincia con lire 100. Vi si insegna Disegno geometrico ed ornamentale con applicazioni alle arti del falegname, del fabbro e del muratore ed ai lavori donneschi. Gli iscritti sono una quarantina.142 La Scuola di disegno di San Martino dall’argine viene istituita dal Comune (3000 abitanti, il doppio di quanti ne conti oggi) nel 1897. La scuola, maschile, è aperta due volte alla settimana nei giorni di giovedì e domenica dalle 9 alle 12. Le lezioni, frequentate da una ventina di allievi, riguardano Disegno geometrico ed ornamentale. 143 In provincia di Milano a Lentate sul Seveso la locale Società di mutuo soccorso tra operai e contadini di Lentate e vicinanze crea nel 1897 una Scuola di disegno “allo scopo di preparare, mercè lo studio del disegno, abili operai nell’industria dei mobili scolpiti, ivi fiorente.” Dipende dalla società fondatrice che la mantiene con contributi mensili dei soci ed è sussidiata dal Consorzio per il miglioramento delle Scuole professionali nella provincia di Milano e dalla Cassa di risparmio delle provincie lombarde. La scuola comprende tre corsi, nei quali vengono insegnate le seguenti materie: nel primo corso Geometria piana ed ornato a mano libera; nel secondo Studio di fiori, applicazioni di decorazioni ed ornati di vario stile al chiaroscuro; nel terzo Studi di fiori al naturale e composizioni decorative, Studi di teste e figura allegorica, Studio del mobile, Lavori in plastica ed intaglio. Le lezioni hanno 140 Ibidem, p. 961. 141 Ibidem, p. 958. 142 Idem. 143 Ibidem, p. 959. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 490 22/12/22 13:34 491 luogo tutti i giovedì dalle ore 20 alle 22 e la domenica dalle 9 alle 11. Nell’a.s. 1904- 05 risultano iscritti alla scuola 75 alunni.144 In provincia di Novara, il comune di Andorno Biellese dà vita, nel 1891, alla Scuola di disegno “G.B. Bonesio”. La scuola è maschile e serale e si mantiene con il lascito del benefattore a cui è intitolata. Si impartiscono ogni anno 60 lezioni di due ore ciascuna di Geometria, Disegno geometrico e di ornato.145 Sempre in questa provincia ha inizio nel 1896 l’attività delle Scuola di disegno di Baveno. La scuola, maschile e festiva, viene fondata e mantenuta dalla locale Società di mutuo soccorso e di istruzione fra gli operai. È inoltre sussidiata con lire 100 dal Comune. Vi si insegna: Ornato, Geometria, Architettura e Plastica. È frequentata, nell’a.s. 1904-05, da 72 alunni.146 A San Vito d’Asio (UD) la Scuola di disegno, maschile e diurna, istituita nel 1898 dal Comune, è aperta soltanto nella stagione invernale. È mantenuta dal Comune con lire 2.275 annue legate dal conte Comm. Giacomo Ceconi. Vi s’insegna Aritmetica, Geometria e Disegno, con applicazioni alle varie arti ed industrie. Vi sono iscritti una quarantina di alunni.147 Una Scuola di disegno, maschile e diurna, viene istituita ad Uggiate (1700 abitanti in provincia di Como) nel dicembre 1898 dalla locale Società operaia di mutuo soccorso, che stanzia per il suo funzionamento lire 150 annue. È sussidiata anche dalla Cassa di risparmio con lire 100. Sono materie d’insegnamento l’ornato e l’architettura. La scuola è frequentata da una trentina di alunni.148 Il Cav. Giovanni Dozzio, imprenditore ed ex consigliere provinciale di Pavia, fonda nel 1890, nel paese natale di Belgioioso una Scuola operaia di disegno. La scuola è maschile e diurna e si mantiene con le 300 lire annuali del legato del fondatore. Riceve occasionalmente sussidi dalla Provincia. Vi si insegna il disegno applicato alle arti ed ai mestieri. È frequentata da 60 alunni188. c. Le scuole nei Compartimenti del Centro A Sestino, in provincia di Arezzo, Pilade Cavallini, musicista, pittore, scrittore di opere teatrali e di libri per l’infanzia, apre dirige e finanzia la Scuola di disegno e di lavoro manuale. La Scuola di lavoro manuale fu aperta nell’anno scolastico 1898- 99; nel 1899- 900 vi fu aggiunta la sezione di disegno. È frequentata da una trentina di alunni. La Scuola non ha un vero e proprio bilancio. Il Cavallini sopperisce con il proprio denaro alle piccole spese necessarie. La Scuola ha ricevuto qualche sussidio dai Ministeri ed altri incoraggiamenti da enti o da Comitati di Esposizioni. 144 Ibidem, p. 963. 145 Ibidem, p. 972. 146 Ibidem, p. 973. 147 Ibidem, p. 1003. 148 Ibidem, p. 929. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 491 22/12/22 13:34 492 Operava a Ripatransone, cittadina in provincia di Ascoli Piceno di circa 7000 persone, una Scuola di disegno applicato alle arti. La scuola è maschile, diurna e serale ed è mantenuta dal Comune per effetto della Convenzione stipulata nel 1899 col Ministero della pubblica istruzione. È frequentata da una ventina di alunni ed ha un unico insegnante, nominato per concorso.149 Il Patronato scolastico di Manciano in provincia di Grosseto fonda nel 1899 e mantiene finanziariamente la Scuola di disegno operaio, maschile e diurna nei giorni festivi, serale nei feriali. È sussidiata dalla Camera di Commercio di Siena con lire 50. Comprende tre corsi: nel primo s’insegna Disegno geometrico, nel secondo Ornato e nel terzo un corso di Plastica ornamentale. È frequentata, nell’a.s. 1904-05, da 27 alunni.150 Sempre in provincia di Grosseto, il Comune di Orbetello istituisce nel 1890 la Scuola serale operaia di disegno applicato alle arti. La scuola, maschile e femminile è mantenuta dal Comune. Materie d’insegnamento sono Disegno geometrico e Ornato. I corsi durano da dicembre ad aprile e sono frequentati da una quarantina di alunni.151 La Società popolare di mutuo soccorso fonda il 1 marzo 1891 a Spilamberto, (5000 abitanti in provincia di Modena), la Scuola popolare di disegno applicato alle arti. La scuola, diurna, oltre ai contributi della Società, riceve dal Comune un sussidio di lire 75 annue. L’insegnamento viene impartito in una classe preparatoria e in quattro classi successive. Vi si insegnano Elementi di figura, di ornato, di architettura e calligrafia, con applicazioni alle arti dei singoli alunni. Gli iscritti, nell’a.s. 1904- 05, sono 65, dei quali 50 maschi e 15 femmine.152 Il 1 gennaio 1893 viene istituita dal Comune a Poggibonsi, (1000 anime, in provincia di Siena) una Scuola di disegno. La scuola è maschile; serale nei giorni feriali e diurna la domenica. Dipende dal Comune, che la sussidia con lire 600 annue. Vi si insegnano: Disegno pratico delle costruzioni geometriche, le proiezioni dei solidi e il disegno d’ornato, con applicazioni alle arti ed ai mestieri. Gli iscritti sono 50 circa.153 Il Comune di Spello il 23 ottobre 1898 istituisce una Scuola di disegno, destinata agli operai, e specialmente muratori, falegnami e fabbri. È lo stesso Comune a retribuire l’unico insegnante con lire 320 annue. È frequentata da una ventina di alunni.154 A Bagnacavallo, nel ravennate, opera la Scuola di disegno per gli artieri. La scuola è festiva. È stata istituita nel 1896 dal Comune, da cui dipende e che la mantiene in tutte le sue spese. Materie di insegnamento sono Disegno geometrico ornato 149 Idem. 150 Ibidem, p. 956. 151 Idem. 152 Ibidem, p. 969. 153 Ibidem, p. 991. 154 Ibidem, p. 979. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 492 22/12/22 13:34 493 applicato alle arti ed ai mestieri. Gli alunni iscritti nell’a.s. 1904-05 sono 32, dei quali 21 maschi e 11 femmine.155 d. Le scuole nei Compartimenti del Meridione e dell’Italia insulare Nel 1891 il Comune fonda a Nola (15000 abitanti, allora in provincia di Caserta) la Scuola di disegno applicato alle arti intestata allo scultore ed architetto del XVI secolo Giovanni da Nola. La scuola, maschile e serale, dipende dal Comune, che la mantiene ed è sussidiata con annue lire 600 dalla Provincia. Le materie d’insegnamento sono: Disegno lineare, geometrico e d’ornato, Plastica ed elementi di figura. Gli alunni iscritti sono una quarantina.156 In provincia di Catania, a Caltagirone, il Circolo operaio popolare di Mutuo Soccorso nel 1890 apre una Scuola di disegno. Riceve dalla Camera di Commercio di Catania un sussidio di lire 400 annue. Vi si impartisce l’insegnamento del Disegno elementare.157 Il Circolo patriottico “Vittorio Emanuele” dà vita a Misterbianco (circa 9000 abitanti, in provincia di Catania) ad una Scuola di disegno. La scuola venne istituita nel 1897 e oltre al contributo del Circolo è sussidiata con lire 300 dalla Camera di Commercio di Catania. Vi si insegnano gli elementi del disegno.158 A Catanzaro è operativa dal 1898 una Scuola serale di disegno, fondata dalla Società operaia e mantenuta dal Comune. Vi si insegna Disegno geometrico e d’ornato applicato alle arti. Gli iscritti, nell’a.s. 1904-05 sono 37.159 La società operaia di mutuo soccorso, nel 1892, instituisce a Montalbano d’Elicona una Scuola di disegno, maschile e serale. Si mantiene con lire 100 fornite dalla Provincia e con lire 150 della Camera di commercio. Gli insegnamenti sono relativi al disegno applicato alle arti e alle industrie. È frequentata da una quarantina di alunni.160 La Scuola di disegno di Avigliano, in provincia di Potenza, è maschile, diurna e serale. Venne fondata nel 1897 e dipende dal Comune. È sussidiata dal Ministero della pubblica istruzione con circa 1.100 lire annue. Il Comune provvede al rimanente. Vi si dànno lezioni di Disegno e di Plastica. Gli iscritti, nell’a.s. 1904-05 sono 106.161 155 Ibidem, p. 983. 156 Idem. 157 Ibidem, p. 983. 158 Ibidem, p. 939. 159 Idem. 160 Ibidem, p. 961. 161 Ibidem, p. 982. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 493 22/12/22 13:34 494 e. Altre scuole d’arte operative nel decennio In questo paragrafo collochiamo diciotto scuole artistico-industriali, operative nel decennio 1890, ma di cui ignoriamo l’anno di istituzione. Otto scuole sono di Compartimenti del Nord, cinque di quelle del Sud e cinque di quelle del Centro. Quattro scuole sono gestite e sussidiate dal Comune di appartenenza, una dalla Provincia, nove da Associazioni (prevalentemente di lavoratori), una da un sacerdote, da un’Opera Pia e da un benefattore. Della scuola di Carpenendolo non si conosce il soggetto che la fonda. Molto lacunose le indicazioni relative agli insegnamenti. Tuttavia se ci affidiamo alle informazioni reperite e alla denominazione della Scuola non si fa difficoltà ad affermare che la maggior parte di queste scuole erano delle semplici scuole di disegno industriale. A Brusimpiano (CO) la locale Società di mutuo soccorso apre una Scuola di disegno ornamentale e professionale. L’anno scolastico dura 3 mesi, e le lezioni, della durata di 2 ore ciascuna, vengono impartite in tutti i giorni feriali. La spesa annua per il mantenimento della Scuola ammonta a circa 400 lire date dalla Società operaia e da privati.162 Tabella n.12 – Scuole artico-industriali operative negli anni ‘90 e di cui non si conosce l’anno di istituzione Città Denominazione Consiglio Direttivo Brusimpiano (CO) Scuola di disegno ornamentale e professionale Società di M.S. Insegnamenti: n.d. Callabiana (NO) Scuola di disegno Opera Pia S. Giulio Insegnamenti: Disegno geometrico e di ornato, Contabilità, Italiano Campertogno (NO) Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno di ornato e architettonico, Geometria Carpenedolo (BS) Scuola di disegno professionale n.d. Insegnamenti: n.d. Caserta Scuola artistica industriale Comune Insegnamenti: Disegno geometrico, di ornato, architettonico, di figura e di paesaggio, Plastica Catania Scuola di disegno Società Umberto I Insegnamenti: Disegno geometrico, di ornato, Plastica Empoli (FI) Scuola di disegno Comune Insegnamenti: Disegno industriale 162 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 940. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 494 22/12/22 13:34 495 Finale Emilia (MO) Scuola di disegno Comune Insegnamenti: primi tre anni - Disegno geometrico, elementi di proiezione e prospettiva; Disegno ornamentale in genere; Elementi di figura e paesaggi; Elementi di architettura e topografia; Disegno di macchine e disegno industriale; Plastica ed intaglio in legno Giarre (CT) Scuola di disegno industriale Società operaia Insegnamenti: Disegno lineare e a mano libera, Disegno d’ornato Latisana (UD) Scuola di disegno Società operaia Insegnamenti: n.d. Modena Scuola d’arte e mestieri presso Istituto San Filippo Neri Provincia Insegnamenti: n.d. Mortegliano (UD) Scuola di disegno Società operaia Insegnamenti: n.d. Pettinengo (NO) Scuola serale Società operaia Insegnamenti: Geometria con applicazioni alle varie arti Reggio Emilia Scuola di lavoro Pio Istituto degli Artigianelli Insegnamenti: n.d. S. Benedetto del Tronto Scuola di disegno Privato cittadino Insegnamenti: Diritti e doveri, Calcolo pratico, Disegno applicato alle arti S. Lucia del Mela (ME) Scuola di disegno Società agricola Insegnamenti: Disegno S. Filippo del Mela (ME) Scuola di disegno Società operaia Insegnamenti: Disegno Vercelli (NO) Scuola di disegno Società operaia INSEGNAMENTI: Disegno geometrico, d’ornato e di figura Nel bresciano a Carpenedolo (5500 abitanti) si ha notizia di una Scuola di disegno professionale, sussidiata dalla Camera di Commercio annualmente con 200 lire.163 La Società “Umberto I” apre e provvede al sostentamento economico a Catania di una Scuola di disegno. Beneficia anche di un sussidio di 800 lire dalla Camera di Commercio. Materie di insegnamento sono Disegno geometrico ed ornamentale e Nozioni di plastica.164 163 Ibidem p. 935; Varini V., Lavoro e sapere: l’istruzione professionale a Brescia tra Otto e Novecento, in Zaninelli S. - M. Taccolini (a cura di), Il lavoro come fattore produttivo e come risorsa nella storia economica – Atti del Convegno di studi Roma, 24 novembre 2000, Milano, Vita e pensiero 2022, p. 202, nota 31. 164 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 938. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 495 22/12/22 13:34 496 A Caserta opera la Scuola artistica industriale. La scuola è maschile e serale e dipende dal Comune, che da solo la mantiene, con una spesa di lire 1.200 all’anno. Vi si insegna Disegno geometrico, di ornato, architettonico, di figura e di paesaggio e Plastica. Nell’a.s. 1904-05 gli iscritti erano 44.165 A Giarre la Scuola di disegno industriale si mantiene con lire 500 fornite dalla Camera di Commercio di Catania. L’insegnamento comprende due corsi: nel primo si insegna Disegno lineare a mano libera; nel secondo Disegno d’ornato. Si impartiscono due lezioni alla setti mana. La scuola è frequentata da poco più di una decina di alunni.166 In provincia di Ascoli Piceno a San Benedetto del Tronto il Direttore della locale Scuola tecnica apre una Scuola di disegno, maschile e serale. Non gode di alcun sussidio. È divisa in due corsi e vi si insegnano: Diritti e doveri, Calcolo pratico e Disegno applicato alle arti. Il secondo corso è frequentato, nell’a.s. 1904-05, da 19 alunni.167 La società agricola di Santa Lucia del Mela, in provincia di Messina, apre una Scuola di disegno, maschile e serale. Oltre le materie della scuola primaria, vi si tengono corsi preparatori di disegno.168 A S. Filippo del Mela è la Società operaia ad aprire una Scuola di disegno.169 A Finale Emilia (MO) è operativa una Scuola di disegno. È serale ed è mantenuta dal Comune. La scuola comprende due corsi: uno preparatorio della durata di 3 anni, per tutti gli alunni, ed un corso speciale, egualmente della durata di 3 anni, suddiviso in sezioni a seconda dei mestieri scelti. Sono materie di insegnamento: a) Disegno geometrico, elementi di proiezione e prospettiva; b) Disegno ornamentale in genere; c) Elementi di figura e paesaggi; d) Elementi di architettura e topografia; e) Disegno di macchine e disegno industriale; f) Plastica ed intaglio in legno.170 In provincia di Novara a Callabiana (Frazione Fusero), l’Opera Pia S. Giulio ha istituito e mantiene (250 lire annue) una Scuola di disegno. La scuola è maschile e serale. Le lezioni durano tre mesi. Vi si insegna: Disegno geometrico e di ornato, Contabilità e Italiano. È frequentata da 28 alunni.171 A Campertogno (NO) il Comune apre una Scuola di disegno. La scuola è maschile e diurna e si sostiene con il contributo comunale annuale di lire 150. Vi si insegna Disegno d’ornato ed architettonico e geometria. È frequentata nel 2004 da 12 alunni.172 165 Ibidem, p. 937. 166 Ibidem, p. 938. 167 Ibidem, p. 930. 168 Ibidem, p. 939. 169 Idem. 170 Ibidem, p. 968. 171 Ibidem, p. 973. 172 Idem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 496 22/12/22 13:34 497 Una ventina di alunni seguono le lezioni in inverno nella Scuola serale di Pettinengo (Borgata Vaglia) in provincia di Novara. La scuola dipende dalla Società operaia locale, che l’ha fondata e la mantiene. Gli alunni pagano una modesta tassa di iscrizione. Oltre le materie della scuola primaria, vi si insegna Geometria con applicazione alle varie arti.173 A Vercelli, presso l’Ospizio di carità, opera una Scuola di disegno. La scuola è diurna ed ha una sezione maschile ed una femminile (complessivamente una sessantina di alunni). Dipende dalla Presidenza della Congregazione di carità e vi si insegna Disegno geometrico, d’ornato e di figura.174 In provincia di Udine la Società operaia di Latisana e quella di Mortegliano danno vita e mantengono nei due paesi una Scuola di disegno, con lezioni nei giorni festivi.175 Ad Empoli, in provincia di Firenze era operativa una Scuola di disegno. Dipende ed è finanziariamente sostenuta dal Comune. Comprende due sezioni: l’una tecnica e l’altra industriale. La prima è frequentata dagli alunni delle locali scuole tecniche, che vi apprendono Disegno geometrico e d’ornato secondo i programmi governativi. La seconda è destinata ad istruire i giovani operai che abbiano compiuto il dodicesimo anno d’età, siano stati prosciolti dall’obbligo dell’insegnamento primario e che intendano esercitare “le arti” del falegname, dell’intagliatore, del riquadratore di stanze, del muratore, dello scalpellino, del fabbro meccanico. L’insegnamento del disegno è puramente industriale ed il corso si compie in quattro anni. Si impartiscono tre lezioni alla settimana, della durata di due ore ciascuna. L’anno scolastico dura dal 20 ottobre al 31 luglio di ogni anno.176 All’Istituto di San Filippo Neri, di Modena, amministrato dalla Provincia e dove sono ospitati giovani di famiglie povere, è annessa una Scuola di arti e mestieri. Nel 1904 i 94 ricoverati sono formati, in apposite officine, nei mestieri del fabbro, del falegname, del calzolaio, del sarto.177 La Scuola di lavoro del Pio Istituto degli artigianelli di Reggio Emilia, fondato da un sacerdote, don Zefirino Jodi, forma i giovanetti ricoverati nell’Istituto, quando abbiano compiuto 12 anni di età. Sono preparati per vari mestieri da esperti capi d’arte, che hanno la loro officina nei locali stessi dell’Istituto.178 173 Ibidem, p. 973. 174 Ibidem, p. 975. 175 Ibidem, p. 1001. 176 Ibidem, p. 947. 177 Ibidem, p. 969. 178 Ibidem, p. 985. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 497 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 498 22/12/22 13:34 499 4. L’Istruzione Professionale nel settore del Commercio e dei Trasporti 4.1. Le Scuole Superiori di Commercio Nel decennio non nascono nuove Scuole Superiori di Commercio. Rimangono attive la scuola di Venezia (con un indirizzo commerciale, uno consolare ed uno magistrale)1 sorta a fine anni ‘60, quella di Genova (con la sola sezione commerciale) e quella di Bari (con tre sezioni: commerciale, consolare e per commessi). Genova nasce e Bari viene riordinata nel decennio ‘80. Delle tre Scuole chi raccoglie le maggiori iscrizioni annuali nell’indirizzo-sezione Commerciale è Venezia (sempre sopra le 110 unità, con un picco di 158 nell’a. s. 1897- 98). Genova e Bari raccolgono ogni anno tra i trenta e i cinquanta giovani studenti: la città ligure arriva al massimo con 54 iscritti nel ‘91-’92 e il minimo con 32 nel ‘98-99; mentre la città pugliese fa registrare il suo culmine nel ‘94-95 con 51 iscrizioni e il punto più basso della parabola nel ‘90-91 con 32 (Grafico 8). Grafico n. 8- Numero di iscritti alle Scuole Superiori di Commercio di Venezia, Bari e Genova nel decennio 1890-1899 1 Vedi Vol. I, Cap. I, par. 3.3.2. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 499 22/12/22 13:34 500 Per quanto riguarda il ruolo svolto dalle tre scuole superiori e la loro capacità di incidere sul contesto economico e nazionale abbiamo valutazioni diverse. La prima, che ne sottolinea le criticità, evidenzia il sensibile scarto tra la lungimiranza dei progetti culturali dei fondatori e i risultati concretamente ottenuti; scarto imputabile, secondo questa valutazione, ad uno squilibrio nella impostazione didattica che valorizza troppo le discipline teoriche a discapito di quelle pratico applicative. Secondo tale impostazione, che avrebbe desiderato un impianto formativo più “professionalizzante” l’insuccesso o il parziale successo delle scuole superiori è colpa della vecchia concezione elitaria degli insegnamenti classico-giuridici. Il prevalere dell’asse giuridico (da sempre ritenuto elemento di distinzione sociale della classe di governo) ha ostacolato o comunque non favorito in misura privilegiata l’ingresso di docenti provenienti da una formazione di carattere tecnico-economico. Altro motivo di critica riguardava la discrasia tra sviluppo economico e il livello di formazione impartita dalle scuole superiori. In altri termini lo sviluppo dell’economia italiana non richiedeva ancora figure professionali in possesso di competenze così elevate come quelle previste nei progetti e programmi didattici delle scuole.2 La seconda impostazione, invece, tende a sottolineare alcuni aspetti positivi delle scuole superiori. In particolare, si evidenzia l’apporto assicurato al progresso delle discipline tecnico-pratiche, “sia con il contributo fornito dal corpo docente in più settori disciplinari, spesso innovativi molto specialistici” sia perché “i grandi maestri della contabilità e delle tecniche mercantili e bancarie (…) si formano in essi, creando scuole e dando origine a produzioni scientifiche di alto livello”.3 4.2. Le Scuole di Commercio Una classificazione più matura, introdotta nei documenti ministeriali all’inizio del ‘900, distinguerà le Scuole per il commercio in scuole di primo e scuole di secondo grado.4 Si tratterà di una suddivisione funzionale. Infatti non esistevano norme che introducessero un sistema classificatorio delle attività formative per questo settore, come invece era successo per l’Agricoltura o con il settore manifatturiero (Circolari Cairoli e Miceli). Le scuole per il Commercio che abbiamo rilevato non presentano ancora una fisionomia così definita da poterle collocare nell’una o nell’altra categoria. Per cui ne faremo una trattazione unica senza distinzione di gradi o livelli. 2 Augello M.M. - E.L. Guidi, I Politecnici del commercio e la formazione della classe dirigente economica nell’Italia post-unitaria. L’origine delle Scuole superiori di commercio e l’insegnamento dell’economia politica (1868-1900), in Augello M.M. e altri (a cura di), Le cattedre di economia politica in Italia. La diffusione di una disciplina “sospetta” (1750-1900), Milano, F. Angeli, 1988, pp. 360-364. 3 Piergiovanni P.M. (a cura di), Dalla Scuola Superiore di Commercio alla Facoltà di Economia, op. cit., p. 21. 4 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., Relazione p. XLIII. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 500 22/12/22 13:34 501 4.2.1. Le Scuole di Commercio sussidiate dal MAIC a. Quadro sinottico e considerazioni generali Nel periodo 1890-1899 nascono in Italia sette scuole di Commercio, sussidiate dal MAIC. Nessuna di esse, però, ha le caratteristiche per essere collocata tra quelle che, nel nostro sistema classificatorio, abbiamo denominato “governative”. Quattro di queste scuole sono gestite da un solo soggetto: tre da una associazione di lavoratori (Napoli, Pordenone, Roma), una dalla Camera di Commercio (Cremona). Tre scuole sono gestite da una pluralità di soggetti. Due sono governate da un consorzio tra soggetti pubblici e soggetti privati. Sono la scuola di Alessandria che vede nel suo Consiglio di vigilanza rappresentanti della Provincia, del Comune, della Camera di Commercio e di una associazione di lavoratori (Società dei commessi), la scuola di Crema, nella cui Commissione di vigilanza siedono i delegati dell’Associazione dei Commercianti, del Comune, della Camera di Commercio, della Banca popolare e degli Istituti educativi. Una scuola, quella di Mantova, è amministrata da un consorzio formato solo da soggetti pubblici: Comune e Camera di Commercio. La distribuzione territoriale nelle macroaree delle scuole fondate nel decennio vede una consistente prevalenza del Nord con 5 scuole. Il percorso formativo di tutte le scuole (vedi l’area “insegnamenti” della Tabella 13) fanno intuire che la formazione impartita riguardasse attività impiegatizie di carattere operativo per professioni del gruppo 1 Credito, Cambio di monete, spedizioni e commissioni e del gruppo 2 Derrate e merci. Tabella n. 13 - Quadro sinottico delle Scuole commerciali sussidiate dal MAIC nate nel decennio 1890-99 Città Denominazione Consiglio Direttivo Alessandria 1890 Scuola di commercio Provincia, Comune, Camera di Commercio, Società dei Commessi Insegnamenti: Italiano, Storia e geografia, Francese, Tedesco, Aritmetica computisteria e ragioneria, Calligrafia Crema 1899 Scuola popolare di commercio Associazione Commercianti, Camera di Commercio, Comune, Banca popolare, Istituti educativi Insegnamenti: Italiano, Francese, Aritmetica, Calligrafia, Geografia Commerciale, Merceologia, Nozioni di Diritto Commerciale, Computisteria, Ragioneria, Disegno Cremona 1893 Scuola di commercio maschile serale Camera di Commercio Insegnamenti: Computisteria e ragioneria, merceologia, Italiano (nel 1° 2° corso), Aritmetica (nel 1° corso), Lingua e corrispondenza francese, Lingua e corrispondenza tedesca, Geografia commerciale (nel 2° corso), Diritto commerciale e economia politica, Legislazione ferroviaria, Legislazione postale e telegrafica, Calligrafia Mantova 1897 Scuola serale di commercio Camera di Commercio, Comune Insegnamenti: Legislazione telegrafica, Francese, Contabilità, Legislazione ferroviaria, Calligrafia e stenografia, Dattilografia, Aritmetica commerciale, Tedesco, Merceologia, Legislazione postale, Italiano CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 501 22/12/22 13:34 502 Napoli 1899 Istituto educativo industriale e commerciale Associazione nazionale italiana di Mutuo Soccorso degli scienziati, letterati ed artisti Insegnamenti: Lingua Francese, Lingua Tedesca, Lingua Inglese, Matematica, Disegno Geometrico ed Ornamentale. Computisteria, Ragioneria, Economia Politica, Geografia Commerciale, Storia dell’arte, Fisica, Tecnologica, Meccanica Elementare a macchina a vapore, Diritto Commerciale e Marittimo, Diritto Amministrativo e Costituzionale Pordenone 1899 Scuola di pratica commerciale Società di Mutuo Soccorso fra agenti Insegnamenti: nel primo corso - Italiano, Storia, Geografia, Elementi di Diritto Civile (Beni, Contratti), Elementi Di Diritto Commerciale, Istituzioni Commerciali, Calcolo Mercantile; nel secondo corso - Italiano, Storia Commerciale d’Italia, Elementi Di Geografia Commerciale, Diritto Commerciale (Libri di Commercio, Il Fallimento), Computisteria, Banco Modello Roma 1899 Scuola serale per gli artieri del circolo generale operaio Circolo generale operaio Insegnamenti: Italiano, Francese, Inglese, Storia, Geografia, Aritmetica, Geometria, Diritti e Doveri, Legislazione operaia, Fisica, Chimica, Computisteria, Legislazione Commerciale, Geografia Commerciale, Merceologia, Disegno Industriale ed Ornamentale, Plastica b. Nascita e sviluppo delle Scuole Commerciali Come per altre tipologie formative diamo qualche informazione sulla genesi di ciascuna delle scuole menzionate nel quadro sinottico. Ad Alessandria la Società di mutuo soccorso fra i commessi di studio e commercio, in data 10 ottobre 1890, delibera l’apertura di una Scuola di Commercio. Ha una sola sezione, il cui corso, dal 4 novembre al 31 marzo, dura tre anni. Per essere ammessi occorre avere almeno 12 anni di età ed avere compiuto la quinta classe elementare. Le lezioni, della durata di due ore, hanno luogo tutte le sere dei giorni non festivi. Agli alunni che abbiano sostenuto positivamente tutti gli esami viene rilasciato un certificato di licenza. La tassa d’ammissione ammonta a cinque lire (esenti i soci e i figli dei soci della Società fra i commessi di studio e di commercio). La sorveglianza sull’andamento amministrativo spetta alla Società dei commessi, che nomina anche un Consiglio di vigilanza della Scuola, composto della Presidenza della Società, un rappresentante della Camera di Commercio, un rappresentante del Comune e uno della Provincia. Le risorse finanziarie per il suo funzionamento sono assicurate da contributi del MAIC (250 lire), della Provincia (200), del Comune (550) della Camera di Commercio (400), della Cassa di Risparmio (400) e dalle tasse scolastiche (800 lire circa).5 5 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 48-50. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 502 22/12/22 13:34 503 Con Deliberazione dell’Associazione fra commercianti, industriali ed esercenti, in data 24 marzo 1899 nasce a Crema una Scuola popolare di commercio per quanti “intendono applicarsi all’industria, al commercio o all’arte”6. Il percorso formativo prevede due sezioni: a) sezione commerciale; b) sezione di disegno. La sezione commerciale comprende 4 anni di corso, quella di disegno 3. Gli alunni del 3° e del 4° anno della sezione commerciale debbono frequentare rispettivamente il 1° e 2° anno della sezione di disegno. Sono ammessi a frequentare il primo corso dell’una e dell’altra sezione i giovani che presentino il certificato di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare7. L’anno scolastico incomincia il 15 ottobre e termina il 15 aprile e le lezioni vengono impartite tutti i giorni feriali dalle ore 19 alle 21; quelle di disegno hanno luogo il sabato sera alle stesse ore e la domenica mattina dalle ore 9 alle 10,30. Per gli alunni del terzo e del quarto anno della sezione commerciale sono obbligatorie le lezioni di disegno del sabato e facoltative quelle della domenica. Figura n. 9 - Percorsi formativi erogati dalla Scuola popolare di commercio di Crema Agli alunni che abbiano compiuto regolarmente tutti gli anni di corso, vien rilasciato un certificato di licenza. La sorveglianza sull’andamento amministrativo è affidata ad una Commissione di vigilanza composta da tre delegati della Associazione e da un delegato per ciascuno, tra Comune, Camera di Commercio, Banca popolare e Istituti educativi. Intervengono finanziariamente per il suo sostentamento annuo: oltre alla Associazione che l’ha fondata (200 lire), la Provincia (125 lire) il Comune 6 Ibidem, pp. 62-64. 7 Per la sezione Commerciale la possibilità di entrare negli anni successivi era diversamente regolamentata: per il secondo, occorreva aver frequentato la quinta classe elementare; per il terzo, la promozione dalla prima classe tecnica o dalla seconda classe ginnasiale; per il quarto, la promozione dalla seconda classe tecnica o dalla terza classe ginnasiale con prova in computisteria. Sono pure ammessi coloro che, mediante prove di esami conformi ai programmi d’insegnamento, dimostrino di possedere un’istruzione sufficiente per frequentare questi corsi. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 503 22/12/22 13:34 504 (300) che mette a disposizione i locali e sostiene i costi dell’utenza elettrica e del riscaldamento, la Camera di Commercio (600) la Cassa di Risparmio di Milano (300), la Banca Popolare (250) e gli Istituti educativi (450). La Camera di Commercio di Cremona deliberava all’unanimità nella seduta del 28 dicembre 1893 la istituzione di una Scuola di commercio. Veniva così accettato un progetto elaborato da un dipendente camerale, il sig. Endimio Spezia, di avviare sia una scuola serale destinata a commercianti ed industriali già scolarizzati dalla frequenza della scuola elementare, sia un corso festivo di lingua francese ed inglese aperto a tutti. Da notare che il proponente affermava di aver riscontrato l’esigenza di queste iniziative dalle sollecitazioni ricevute da diversi commessi di negozio che lamentavano la carenza di un’Istruzione Professionale. Il progetto in questione prevedeva due corsi di sei mesi (12 ore settimanali per tutti i giorni feriali) strutturati su un programma di carattere semplice che comprendeva lezioni di Italiano, Calligrafia, Storia, Geografia, Contabilità, Aritmetica e Diritto commerciale. Gli insegnanti erano docenti esperti che, spinti da impegno sociale, avevano rinunciato ad ogni compenso. Il Consiglio camerale si espresse in modo unanimemente favorevole all’iniziativa nominando una commissione di sorveglianza ad hoc, nonché assumendo un primo impegno finanziario di lire 50 per le necessarie spese di cancelleria. Per quanto riguardava la sede della nuova scuola si sarebbe interessato il Comune a mettere a disposizione i necessari spazi presso l’Istituto tecnico o altro istituto cittadino.8 In effetti l’anno successivo iniziò la sua attività didattica una Scuola di commercio maschile ma con un percorso triennale (da fine novembre a fine marzo, tutte le sere dei giorni ferali dalle 19,30 alle 21,30). Era operativo anche un corso di lingua tedesca. La Scuola non rilasciava diplomi di licenza, ma soltanto, ed in seguito a richiesta, un certificato che riportava anche i voti ottenuti agli esami. Gli alunni (112 nell’a.s. 1903- 04) non pagavano alcuna tassa. Quelli iscritti al corso speciale di lingua tedesca (12 nell’a.s. citato) pagavano una tassa annua di 15 lire, ridotta a 10 per gli alunni licenziati dal 3° anno di corso. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola era affidata all’ufficio di Presidenza della Camera di Commercio. Molti i soggetti che contribuivano al sostentamento della scuola: lo Stato, (attraverso il Ministero della Pubblica Istruzione – con 250 lire - e il MAIC - 500 lire), i soggetti pubblici territoriali (la Provincia, il Comune e la Camera di Commercio, rispettivamente con 250, 650 e 750 lire) le banche locali (la Cassa di risparmio di Milano – con 1.000 lire – e la Banca popolare di Cremona con 300 lire) e la Congregazione di carità (con 150 lire).9 Sempre su iniziativa e con la paternità della Camera di Commercio (delibera del Consiglio 26 ottobre 1896) viene fondata a Mantova una Scuola di Commercio, che “impartisce ai giovani che sono addetti al piccolo commercio, tutte le cogni- 8 Almansi C. - M. Dester, Dall’Universitas Mercatorum alla Camera di Commercio di Cremona (a cura di Valeria Leoni) Tomo 1, Cremona, Fantigrafica, 2016, p. 118. 9 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 65-68. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 504 22/12/22 13:34 505 zioni necessarie per ben esercitare la professione da essi scelta”. Due i corsi: uno “normale” (con durata triennale) un secondo “di perfezionamento”, facoltativo e senza durata fissa. Per essere ammessi occorre aver compiuto il 14° anno di età e presentare la licenza della Scuola elementare o il certificato di frequenza al 1° anno di una Scuola secondaria. In mancanza di uno di questi due titoli, occorre sostenere uno speciale esame. L’a.s. incomincia il 15 novembre e termina il 31 maggio e le lezioni vengono impartite in tutti i giorni feriali dalle ore 17,30 alle 22. Agli alunni che abbiano compiuto regolarmente i tre anni del corso normale e superato l’esame finale vien rilasciato un certificato di licenza. Gli alunni (114 nell’a.s 1903-1904) pagano una tassa annuale di 5 lire per i corsi normali e di 10 per il corso facoltativo. La sorveglianza sull’andamento amministrativo della Scuola è affidata ad un Consiglio direttivo composto di 5 membri, dei quali 2 in rappresentanza del Comune e 3 dalla Camera di commercio. Oltre alla Camera di Commercio contribuiscono al suo funzionamento annuo: il MAIC (150 lire), la Provincia (150) e il Comune (950 lire tra contributi reali e figurati) e il sistema bancario locale (Cassa di risparmio di Milano 400 lire; Banca agricola 200 lire; Banca popolare 150 lire).10 Singolare l’esperienza formativa dell’Istituto educativo industriale e commerciale di Napoli, fondato dall’Associazione nazionale italiana di mutuo soccorso degli scienziati, letterati ed artisti. Singolare sia per il target di utenza (“adulti, che sono già nelle industrie, nei commerci e nelle amministrazioni pubbliche e private”) sia per l’impostazione didattica, che consentiva ad ogni alunno di costruirsi un percorso formativo sulle proprie esigenze ed aspettative professionali. Infatti, poteva scegliere di frequentare uno più “corsi” dei 15 proposti: Lingua Francese, Lingua Tedesca, Lingua Inglese, Matematica, Disegno Geometrico ed Ornamentale, Computisteria, Ragioneria, Economia Politica, Geografia Commerciale, Storia dell’arte, Fisica tecnologica, Meccanica Elementare, Macchina a Vapore, Diritto commerciale e marittimo, Diritto amministrativo e costituzionale. I corsi di lingue straniere duravano due anni, gli altri solo un’annualità. Le lezioni duravano due ore (dalle 20 alle 22) e venivano impartite tutti i giorni feriali dal 10 novembre al 30 giugno. L’Istituto rilascia attestati di frequenza, anche se c’è stata la frequenza ad uno solo dei corsi tra economia politica; diritto commerciale e marittimo; diritto costituzionale ed amministrativo. Duecento circa gli alunni che pagavano 5 lire all’anno per l’acquisto di una tessera che dava loro diritto di frequentare i corsi, senza limite. Queste tasse (1.000 lire circa) contribuivano per quasi un terzo alle necessità finanziarie annuali dell’istituto. Il resto veniva coperto dal sussidio del MAIC (600 lire), del Ministero della P.I. (200), dal Comune di Napoli (contributo figurativo per affitto dei locali, illuminazione e riscaldamento, pari a 1.400 lire) e il Banco di Napoli (300 lire).11 Nel settembre del 1899 l’Assemblea generale dei soci della Società di mutuo soccorso fra agenti di Pordenone delibera la istituzione di una Scuola pratica com- 10 Ibidem, pp. 87-89. 11 Ibidem, pp. 98-100. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 505 22/12/22 13:34 506 merciale per “impartire ai giovani una istruzione commerciale sufficiente a metterli in grado di esercitare con perizia il commercio come agenti o commessi, per conto proprio”. La Società aveva già aperto nel 1872 una scuola di Disegno applicato alle arti.12 Il percorso formativo durava due soli anni e si articolava in un corso inferiore e un corso medio. Per essere ammessi al 1° corso era necessario presentare l’attestato di maturità o quello di licenza elementare. Per l’ammissione al secondo corso occorreva la licenza di Scuola tecnica. In mancanza di tali titoli si doveva superare un apposito esame. L’anno scolastico incomincia il 1 novembre e termina il 30 aprile e le lezioni vengono impartite tutte le sere dei giorni feriali dalle ore 20,30 alle 22. I soci sono tenuti al pagamento di una tassa di lire 2 per ciascuno degli insegnamenti frequentati. Gli altri alunni devono pagare una tassa doppia. Il governo della Scuola spetta alla Società di mutuo soccorso fra Agenti, che affida la gestione ordinaria ad una Commissione di vigilanza di cinque membri; l’approvazione del bilancio preventivo e del bilancio consuntivo, però, spetta al Consiglio d’amministrazione della Società di mutuo soccorso fra Agenti. Il sostentamento annuale (oltre che dalle entrate delle tasse) era garantito dai contributi del MAIC, della Camera di Commercio e del Comune (con 150 lire) e dalla SMS stessa (200). Il Comune aveva messo a disposizione i locali e sosteneva anche la spesa dell’illuminazione e del riscaldamento.13 A Roma, alle preesistenti Scuola preparatoria per agenti ferroviari (1876) e Scuola municipale di Commercio (1878) si aggiunge nel 1899 le Scuole del Circolo generale operaio. Il suo scopo era quello di impartire “agli operai ed ai commessi (anche che si trovino in servizio militare) le principali nozioni attinenti alle industrie ed al commercio e tutti gli altri insegnamenti atti a migliorare l’istruzione e ad elevare l’educazione morale e civile del popolo”. Le scuole avevano due sezioni: a) sezione commerciale; b) sezione di disegno industriale. Ciascuna sezione ha 3 anni di corso; il primo anno è comune ad ambedue le sezioni. Gli alunni non sono però obbligati a seguire tutti gli insegnamenti di una sezione. 12 Fondata nel 1869 per il soccorso ma anche per l’istruzione. Centinaia di lavoratori dell’imponente comparto tessile, della Fabbrica Terraglie Galvani e delle altre attività esistenti nel territorio s’iscrivevano alla Società con la consapevolezza di far parte di un grande progetto che fin dal 1867 aveva garantito i sussidi e successivamente (1872) la possibilità di frequentare la Scuola di Disegno applicato alle arti e ai mestieri che nel periodo di massimo fulgore era arrivata ad avere centinaia di allievi, ottimi insegnanti e un materiale didattico di prim’ordine. Tre anni prima (1869) era entrata in funzione una biblioteca circolante che era stata apprezzata dai pordenonesi. È del 1879 la costituzione di un fondo intangibile per i Soci inabili al lavoro. In campo economico la S.O. aveva contribuito alla fondazione (1880) della Banca di Pordenone; un decennio dopo (1890) arriveranno i cosiddetti “prestiti sull’onore” per quei Soci che stavano vivendo un difficile momento economico. Vedi Storica società di mutuo soccorso ed istruzione in www.smsipn.pn. 13 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 106-108. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 506 22/12/22 13:34 507 Figura n. 10- Percorsi formativi erogati dalle Scuole del Circolo generale operaio di Roma È operativo anche un corso preparatorio per gli analfabeti. Per poter essere ammessi al 1° anno è necessario aver compiuto il 14° anno di età e presentare il certificato di licenza elementare, ovvero sostenere un esame speciale. Per l’ammissione al 2° ed al 3° anno, occorre aver ottenuto la promozione dall’anno precedente o dimostrare con esami o con certificati di poter seguire con profitto gli insegnamenti. Le lezioni (tutti i giorni feriali dalle ore 20 alle 22 e per i militari dalle ore 18,30 alle 20) incominciano il 20 ottobre e terminano alla fine di maggio. I corsi fanno conseguire un certificato di licenza. La sorveglianza sull’andamento amministrativo delle Scuole spetta al Consiglio direttivo del Circolo generale operaio. Al contributo del MAIC (500 lire) si aggiunge quello dei privati (550).14 4.2.2. Le scuole professionali di commercio sussidiate dai soggetti locali a. Quadro sinottico e considerazioni generali Nel decennio abbiamo rilevato la nascita di otto scuole finanziate da soggetti locali. Nessuna è governata da un consorzio, ma ciascuna è amministrata e gestita dal soggetto che l’ha istituita: in quattro casi (Busto Arsizio, Milano 1, Verona e Prato) Associazioni di lavoratori, in due (Palermo e Piacenza) la Camera di Commercio, in una (Casale Monferrato) un’associazione di cittadini e, infine, in una (Milano 2) un Istituto di formazione. La distribuzione territoriale, come per le scuole sussidiate dal MAIC, vede il netto prevalere del Nord con cinque scuole, seguito dal Centro con due. 14 Ibidem, pp. 114-116. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 507 22/12/22 13:34 508 Tabella n. 14 – Scuole di Commercio sussidiate da soggetti locali nate nel decennio 1890- 1899 Città Denominazione Consiglio Direttivo Busto Arsizio (VA) 1896 Scuola commerciale Società di previdenza e miglioramento fra impiegati e scuola Insegnamenti: n.d. Milano (1) 1896 Scuola commerciale Unione fra impiegati di amministrazioni provate Insegnamenti: n.d. Milano (2) 1893 Scuola dell’istituto stenografico Istituto stenografico Insegnamenti: Stenografia Palermo 1894 Scuola di commercio Camera di Commercio Insegnamenti: Italiano, Lingue Straniere, Aritmetica Commerciale, Computisteria, Geografia Commerciale, Diritto Civile e Commerciale, Economia Politica, Scienze Naturali Applicate, Merceologia Piacenza 1897 Scuola serale di commercio Camera di Commercio Insegnamenti: Italiano, Storia e Geografia Commerciale, Francese, Tedesco (facoltativo), Computisteria, Aritmetica, Merceologia, Istituzioni Commerciali, Calligrafia Verona 1891 Scuola di pratica commerciale Società fra gli agenti di commercio Insegnamenti: Francese, Disegno, Contabilità, Stenografia e Diritto Commerciale Casale Monferrato (AL) 1896 Scuola serale commerciale Associazione di cittadini Insegnamenti: Elementi di lingua italiana, Elementi di lingua francese, Storia e geografia, Aritmetica e geometria, Corrispondenza commerciale, Calcolo commerciale, Ragioneria, Diritto civile e commerciale Prato 1891 Scuola serale Società fra gli agenti di commercio Insegnamenti: Francese, Disegno, Contabilità, Stenografia, Diritto Commerciale b. Nascita e sviluppo delle scuole commerciali Di alcune di queste scuole abbiamo trovato poco più che accenni; per altre invece e informazioni sono di maggior dettaglio. A Milano nel 1890 sorgono per iniziativa dell’Unione fra impiegati di Amministrazioni private le Scuole commerciali, frequentate da circa 300 allievi.15 Sempre nel capoluogo lombardo, tre anni dopo, nel 1893, nasce la Scuola dell’Istituto stenografico, frequentata da circa 400 alunni.16 Nel 1891, la Società fra gli agenti di Commercio di Verona dà vita ad una Scuola di pratica commerciale. La scuola è maschile e serale. È sussidiata con lire 600 15 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 965. 16 Idem. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 508 22/12/22 13:34 509 dal Comune e con lire 200 dalla Camera di Commercio. Vi s’insegna: Francese, Disegno, Contabilità, Stenografia e Diritto commerciale. È frequentata da circa 150 alunni17 A Palermo, nasce, nel 1894 una Scuola di commercio, maschile e diurna per iniziativa della Camera di Commercio, che la dirige e la sostiene finanziariamente con 10.000 lire annue. Riceve inoltre un cospicuo sussidio dal Comune, ed altri ne riceve occasionalmente da vari enti. Gli insegnamenti vengono impartiti in tre anni e comprendono: Italiano, Lingue straniere, Aritmetica commerciale, Computisteria, Geografia commerciale, Diritto civile e commerciale, Economia politica, Scienze naturali applicate, Merceologia. La scuola è frequentata da una novantina di alunni.18 Nel 1896 a Busto Arsizio, popolosa cittadina di quasi 25.000 abitanti, in provincia di Varese, la Società di previdenza e miglioramento fra impiegati e scuola dà vita ad una Scuola Commerciale, che nell’a.s. 1904-1905 conta circa 200 iscritti.19 Nel 1897 nasce a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, una Scuola serale commerciale. La scuola è maschile e femminile. Viene fondata da una Associazione appositamente costituitasi ed alla quale può partecipare ogni cittadino che sottoscriva almeno un’azione di lire 5. È retta da un Consiglio di amministrazione del quale fanne parte 10 azionisti eletti nell’assemblea ordinaria ed il direttore didattico della Scuola. È sussidiata dal Comune, che contribuisce con lire 700 annue, e dall’Opera pia della Misericordia, che contribuisce con lire 200. Vi si insegnano elementi di lingua italiana, elementi di lingua francese, storia e geografia, aritmetica e geometria, corrispondenza commerciale, calcolo commerciale, ragioneria, diritto civile e commerciale. La Scuola comprende un corso per adulti, due corsi complementari, tre corsi commerciali. L’anno scolastico dura da novembre ad aprile. Nell’a.s. 1904-05 gli iscritti sono 130 per il corso adulti e per i due complementari e 56 per i tre corsi commerciali. La tassa d’iscrizione è di lire 2 per il corso adulti e per ciascuno dei due complementari; di lire 4 per ciascuno dei tre corsi.20 A Piacenza, nel 1897 nasce una Scuola serale di commercio, maschile e femminile, per iniziativa della Camera di Commercio, la quale la sussidia insieme con la Cassa di risparmio, mentre il Comune fornisce i locali e provvede al riscaldamento e all’illuminazione. Le lezioni si tengono tutti i giorni della settimana, tranne il giovedì e la domenica. Gli insegnanti (6) sono nominati dalla Camera di Commercio. Nei tre corsi, nei quali si articola la scuola, si insegna: Italiano, Storia e Geografia commerciale, Francese, Tedesco (facoltativo), Computisteria, Aritmetica, Merceologia, Istituzioni commerciali e Calligrafia. Vi sono iscritti, nell’a.s. 1904-05, 130 alunni.21 17 Ibidem, p. 1006. 18 Ibidem, p. 976. 19 Ibidem, p. 962. 20 MAIC, Annuario 1905, op. cit., p. 925. 21 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 985. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 509 22/12/22 13:34 510 A Prato, da sempre capitale dell’industria tessile, si forma nel 1897 l’Associazione industriale e commerciale dell’arte della lana, che, nel 1899 apre una Scuola serale pratica di commercio. L’insegnamento comprende: 1° anno due corsi di lingua francese; 2° anno due corsi di lingua tedesca; 3° anno due corsi di contabilità e pratica di commercio. Per ogni corso si danno due lezioni per settimana. Gli allievi pagano una tassa di iscrizione di lire 20 per ciascun corso.22 22 Ibidem, p. 950. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 510 22/12/22 13:34 511 5. L’Istruzione Professionale femminile 5.1. Scuole Professionali femminili sussidiate dal MAIC 5.1.1. Quadro sinottico e considerazioni generali Sono appena quattro le scuole sussidiate dal MAIC che nascono nel periodo 1890- 99: tre ad opera di associazioni private ed una da parte della Camera di Commercio. Quella di Firenze può essere considerata (a partire però dal 1905) una scuola governativa, perché presenta tutte le caratteristiche strutturali tipiche: istituzione o riordinamento mediante R.D., sussidio finanziario iscritto nominativamente nel Bilancio del MAIC, procedure pubbliche per il reclutamento del personale, presenza di rappresentanti ministeriali nel Consiglio direttivo, programmi didattici approvati dal Ministero. In precedenza, avevamo distinto le scuole professionali femminili tra quelle che avevano finalità professionali tradizionali e moderne. Le prime preparavano a lavori ritenuti specificatamente ed esclusivamente femminili, quali cucito, ricamo, cucina e che potevano essere espletati nella propria casa come incombenze familiari o, dietro compenso, come lavoratrici domestiche in case altrui o in laboratori. Le seconde, invece, fornivano competenze per lavorare in esercizi commerciali e in uffici aziendali. Dall’esame del quadro degli insegnamenti proposti (vedi Tabella 15) si evince che le scuole di Cremona e Genova preparavano a compiti professionali “moderni”, le altre due, Bologna e Firenze, a compiti sia “moderni” che “tradizionali”. Comune alle scuole dell’una o dell’altra tipologia è l’intento di offrire anche una più consistente preparazione culturale di quella con cui le allieve si erano iscritte (normalmente la scuola dell’obbligo che, lo ricordiamo, si fermava alla terza elementare). Tabella n. 15 – Quadro sinottico delle scuole professionali femminili sussidiate dal MAIC nate nel decennio 1890-1899 Città Denominazione Consiglio Direttivo Bologna 1896 Istituto femminile di arti e mestieri Regina Margherita Cooperativa Insegnamenti: Sezione culturale - Italiano, Francese, Inglese, Storia, Geografia, Aritmetica, Contabilità, Fisica, Chimica, Merceologia, Disegno, Calligrafia, Dattilografia; Sezione professionale - Corso di taglio e confezione di biancheria, Corso di sartoria, Corso di modisteria, Corso di ricamo in bianco ed a colori, Corso di stiratura, Corso di pizzi e merletti ad ago ed a fuselli, Corso di cucina Cremona 1897 Scuola femminile di commercio Camera di Commercio Insegnamenti: Italiano, Aritmetica, Computisteria, Ragioneria, Francese, Stenografia, Dattilografia, Telegrafia CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 511 22/12/22 13:34 512 Firenze 1893 Scuola professionale femminile Società di privati cittadini. Dal 1905 MAIC, MPI, Provincia, Comune, Camera di Commercio, Società fondatrice Insegnamenti: Sezione commerciale - Italiano, Francese, Inglese, Computisteria, Calligrafia, Disegno, Economia Politica e domestica, Dattilografia, Stenografia, Igiene; Sezione professionale - Corsi di Cucito in bianco, Ricamo in bianco, Ricamo in seta, Ricamo in oro, Sartoria, Stiratura, Rammendo, Trine, Fiori artificiali Genova 1898 Scuola tecnica commerciale Comitato ligure per l’educazione del popolo Insegnamenti: Italiano, Scienze fisiche e naturali, Matematica, Computisteria, Storia e geografia, Inglese, Tedesco, Stenografia, Dattilografia Di ciascuna scuola ricostruiamo sommariamente genesi e fisionomia. 5.1.2. Nascita e sviluppo delle Scuole Professionali femminili A Bologna, nel 1896, viene istituito l’Istituto femminile d’arti e mestieri “Regina Margherita” da parte di una Società anonima che si era costituita appositamente per questo evento. La scuola, che nel 1897 si insedierà nei locali dell’ex Collegio dei Barnabiti (o ex Casa dei Corrigendi), si propone “un’istruzione professionale unitamente a quella coltura generale necessaria a formare donne istruite e professioniste capaci”. Coerentemente con queste finalità gli insegnamenti impartiti sono: di coltura generale e professionali. Possono essere esonerate dall’obbligo di frequentare la sezione di cultura le alunne che abbiano già raggiunto il 16 ° anno di età, “purché diano prova di saper leggere e scrivere correttamente”. La sezione di cultura generale svolge il suo percorso in 4 anni e comprende un corso complementare di 2 anni, obbligatorio per tutte le alunne, ed un corso facoltativo di perfezionamento biennale. In contemporanea, poi, tutte le alunne debbono frequentare almeno uno e non più di due dei seguenti corsi professionali: taglio e confezione di biancheria (corso di 5 anni), sartoria (corso di 6 anni), modisteria (corso di 4 anni), ricamo in bianco ed a colori (id.), stiratura (id.), pizzi e merletti ad ago ed a fuselli (id.); cucina.1 Le alunne, dopo il corso professionale, possono frequentare, un corso annuale di perfezionamento. Tutti i corsi 1 Alla Scuola sono annessi corsi facoltativi di lingua francese, di lingua inglese, di disegno e pittura, di dattilografia. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 512 22/12/22 13:34 513 professionali hanno a disposizione i relativi laboratori. Per l’ammissione alla Scuola occorre avere non meno di 10 anni e non più di 17; solo per le alunne che s’iscrivono al laboratorio di cucina o a quello di stireria, non c’è limite massimo di età ed è sufficiente il certificato di promozione dalla terza classe elementare. L’a.s. comincia il 1 ottobre e termina il 15 luglio con lezioni dalle ore 9 alle 15 nei mesi invernali e dalle 8.30 alle 16 negli estivi. Dopo una breve esperienza come Società anonima cooperativa per Azioni, nel tentativo di renderla autonoma dal punto di vista economico - i mezzi finanziari dovevano venire dagli utili delle attività dei laboratori - nel 1903 la gestione passerà al Comune. Sulla base del progetto politico dell’Unione Popolare, che dal dicembre 1902 governa Bologna con intenti riformisti, il consiglio comunale delibera di avocare a sé l’Istruzione Professionale femminile. Subentra così nella gestione dell’Istituto femminile di arti e mestieri “Regina Margherita”, che versa in gravi condizioni finanziarie, e aggrega ad esso l’Istituto “Romualdo Gonzaga”, aperto con analoghe finalità. Nello stesso periodo il Comune abolisce la Scuola superiore femminile, frequentata dalle giovani della buona società, da tempo nel mirino delle polemiche e osteggiata dai socialisti. Entro il 31 dicembre 1904 la Società Operaia Femminile liquiderà la cooperativa titolare della precedente gestione dell’Istituto “Regina Margherita” e il controllo della Scuola spetterà all’Ufficio comunale della pubblica istruzione, che opererà mediante una Commissione di vigilanza, composta da 9 membri: 7 nominati dalla Giunta comunale e 2 dall’adunanza degli ex-soci della disciolta Società anonima cooperativa. Il bilancio preventivo ed il bilancio consuntivo dovranno essere approvati dal Consiglio comunale. Finanziariamente la scuola verrà sostenuta in misura notevole dal Comune, ma anche dalla Provincia, dalla Camera di Commercio e dal MAIC.2 2 Scuola professionale femminile Regina Margherita in www.storiaememoriadibologna.it e MAIC, Notizie …op.cit., pp. 832-835. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 513 22/12/22 13:34 514 Figura n. 11 - Percorsi formativi dell’Istituto professionale femminile Regina Margherita di Bologna La Scuola Professionale femminile di Firenze sorge per merito di un Comitato di cittadini con a capo il Principe Ginori. “La sera del 26 marzo 1891, un gruppo di egregi signori si riuniva in una sala del Palazzo Ginori, allo scopo di studiare i mezzi per l’impianto della scuola. Fu costituito un Comitato incaricato di raccogliere i fondi necessari per l’attuazione del progetto ed in seno al Comitato stesso venne nominata una Commissione di Finanza, la quale si pose immediatamente al lavoro. Una prima offerta di Lire 1000, generosamente elargita dalla Principessa Demidoff, aprì l’animo dei benemeriti iniziatori alle più liete speranze. Nel maggio e nell’aprile 1893, nelle splendide sale del Palazzo Ginori, gentilmente poste a disposizione del Comitato, vennero dati due concerti vocali e strumentali col concorso di esimi artisti, sempre pronti a prestare il loro valido aiuto in opera di beneficenza, e se ne ebbe un ricavato di oltre 4000 lire. Con queste somme ed altre piccole offerte raccolte da privati, si poté, intanto, provvedere alle prime spese d’amministrazione ed all’affitto della Sede in un quartiere del Palazzo Rossi, in Via de Rustici, locale ben disposto ed arieggiato, ed anche vasto per i primi bisogni dell’Istituto nascente”. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 514 22/12/22 13:34 515 Da quella riunione di egregi signori prese l’avvio la scuola che dopo tante vicende istituzionali diventerà l’attuale Istituto Tecnico per attività sociali “Principe Piero Ginori Conti”.3 L’ordinamento didattico della scuola si era velocemente strutturato e proponeva dopo qualche anno due sezioni: commerciale e professionale. Il percorso della sezione commerciale durava 4 anni e comprendeva i seguenti laboratori: cucito in bianco (5 anni); ricamo in bianco (5 anni); ricamo in seta (6 anni); ricamo in oro (5 anni); sartoria (5 anni); stiratura (3 anni); rammendo (4 anni); trine (6 anni); fiori artificiali (6 anni). Nella sezione commerciale erano impartiti insegnamenti di: Italiano, Francese, Inglese, Computisteria, Calligrafia, Disegno, Economia politica e domestica, Dattilografia, Stenografia, Igiene. Ogni alunna, dell’una e dell’altra sezione, doveva frequentare due laboratori. Per l’ammissione alla prima classe di ciascuna sezione occorreva aver compiuto il decimo anno di età e non avere oltrepassato il quindicesimo e possedere il certificato di licenza elementare o quello di maturità. Al laboratorio di stiro non erano ammesse alunne con meno di 13 anni. L’a.s. iniziava il 1 ottobre e terminava il 15 luglio con lezioni impartite in tutti i giorni feriali meno il giovedì, dalle ore 9 alle 16. Le alunne che abbiano compiuto regolarmente tutti gli anni di corso di una sezione ed abbiano superato l’esame conseguono un diploma di licenza. Nella sezione professionale viene rilasciato un diploma diverso a seconda dei laboratori frequentati. Le alunne pagano una tassa annuale di 20 lire; sono esonerate le ragazze le cui famiglie si trovino in stato di “comprovata povertà”. L’esenzione può anche essere revocata nel corso dell’anno, “nel caso che l’alunna se ne renda immeritevole per la sua condotta”. La Scuola nel 1905 verrà regificata4 e posta sotto la dipendenza del MAIC e la sua amministrazione sarà affidata ad una Giunta di vigilanza composta dai rappresentanti dei soggetti che intervenivano finanziariamente per il suo sostentamento: due nominati dal MAIC, uno dal MPI, uno dal Municipio di Firenze, uno dalla Camera di Commercio e due dalla Società fondatrice della Scuola. La Giunta aveva anche la funzione di patronato di collocamento delle alunne licenziate.5 A Cremona è la Camera di Commercio ad aprire una Scuola femminile di Commercio nel 1897, dove si insegnava, da novembre a maggio, nei giorni festivi dalle 12 alle 16, Italiano, Aritmetica, Computisteria, Ragioneria, Francese, Stenografia, Dattilografia, Telegrafia. Per essere ammesse alla Scuola, che non richiedeva tasse, occorreva aver conseguita la licenza elementare. La media delle alunne scritte era di 250.6 3 Dalla scuola d’arti e mestieri all’Istituti Tecnico per Attività sociali “Principe Piero Ginori Conti” in www.elsamorante.edu.it. 4 R.D. 22 gennaio 1905 n. V parte supplementare. 5 MAIC, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., pp. 851-854. 6 Ibidem, pp. 845-846. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 515 22/12/22 13:34 516 Il Comitato ligure per l’educazione del popolo, sorto a Genova nel 1867, nella assemblea dell’8 luglio 1898, deliberava l’istituzione di una Scuola tecnica commerciale femminile con la finalità “di dare alle giovani che aspirano a impieghi amministrativi in aziende commerciali e industriali, la conveniente cultura generale e speciale e d’insegnare le lingue estere con metodo che sia accessibile al maggior numero di famiglie e che presenti a un tempo ogni possibile garanzia di efficacia”. Il percorso formativo durava tre anni, nei quali venivano impartiti gli insegnamenti stabiliti dal programma governativo per le Scuole tecniche commerciali e Inglese, Tedesco, Stenografia, Dattilografia. Per essere ammesse alla Scuola occorreva il diploma di maturità o di licenza elementare o superare un esame d’ammissione. L’anno scolastico cominciava nella seconda quindicina di ottobre e terminava il 15 luglio, con quattro ore di lezioni al giorno nel singolare orario 12-16. Non vi erano esami di licenza, ma il Comitato ligure per l’educazione del popolo provvedeva perché le alunne potessero presentarsi agli esami di licenza in una Scuola Regia. Le famiglie delle allieve dovevano pagare 5 lire di tassa di ammissione e 5 lire per la frequenza mensile; esentate dal pagamento le alunne “meritevoli” che presentano il certificato di povertà. Le tasse rappresentano per la Scuola la maggiore entrata; ad esse si aggiungono i cospicui contributi del Comitato e del Comune. Di minor entità sono i sussidi del MAIC, della Camera di Commercio e della Provincia. L’amministrazione della Scuola è affidata al Consiglio direttivo del Comitato ligure per l’educazione del popolo, coadiuvato da un Patronato di benemerite signore. La direzione didattica spetta alla Direttrice e alla Giunta di vigilanza composta dal R. Provveditore agli studi, dagli assessori alla pubblica istruzione di Genova e da alcuni membri del Comitato. L’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo della Scuola spetta all’assemblea generale dei soci del Comitato. Frequentavano la scuola una novantina di ragazze.7 5.2. Scuole Professionali femminili sussidiate da soggetti locali 5.2.1. Quadro sinottico e considerazioni generali Nella documentazione consultata abbiamo trovato notizie (talora solo accenni sommari) di 23 scuole (vedi Tabella 16). Di queste quattro sono interne a strutture di accoglienza; diciannove sono scuole al servizio delle esigenze formative delle ragazze che vivono nel territorio dove sono state istituite. Dato sorprendente: nessuna di queste è stata fondata e viene gestita da associazioni di lavoratori. Le uniche associazioni che figurano sono quella “fra i superstiti delle battaglie per l’Unità d’Italia” (Firenze) e quella delle “scuole preparatorie femminili” (Milano) che abbiamo inserito nella categoria dei benefattori. 7 Ibidem, pp. 865-868. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 516 22/12/22 13:34 517 Tabella n.16 - Tipologia di scuola e di gestione delle scuole professionali femminili sorte nel decennio e sussidiate da soggetti locali Città Tipologia di scuola Tipologia di gestione Interna Territoriale Ass. lavoratori Ist. Religiosa Ist. Pubblica Benefattori Aversa (CE) Brescia Catanzaro Como Cremona Cosenza Cuneo Firenze (1) Firenze (2) Foggia Milano (1) Milano (2) Palermo Piacenza Pra (GE) Roma (1) Roma (2) S. Benedetto T. (AP) San Severo (1) (FG) San Severo (2) (FG) Schio (VI) Sinalunga (SI) Venezia Totali 4 19 - 9 8 4 N.B. Relativamente alla tipologia di gestione non abbiamo trovato indicazioni per la scuola di S. Benedetto del Tronto e per la scuola presso l’Orfanatrofio di Cosenza Importante la presenza di istituzioni pubbliche nella fondazione e gestione di queste istituzioni: sette scuole sono gestite dai Comuni ed una dalla Direzione di una Scuola normale femminile Superiore del M.P.I. I tipi di soggetti gestori più frequenti sono le congregazioni religiose femminili, che dirigono 9 scuole. Anche quando a fondarle erano le Congregazioni di carità, gli enti pubblici comunali proposti alle attività di assistenza sociale, la loro conduzione veniva affidata a qualche Istituto di suore. La preparazione professionale assicurata da queste scuole era soprattutto (quasi esclusivamente) rivolta alla formazione per compiti “donneschi”. In un solo CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 517 22/12/22 13:34 518 caso il percorso formativo era finalizzato a fornire competenze per il lavoro impiegatizio (Vedi la voce “Insegnamenti” nella Tabella 17). Tabella n. 17 - Scuole commerciali sussidiate da soggetti locali, attivate nel decennio Città Denominazione Consiglio Direttivo Aversa (CE) 1899 Scuola pratica professionale Scuola normale femminile superiore Insegnamenti: Economia domestica, Taglio e cucitura di abiti femminili e di biancheria, Ricamo in bianco, a colori e in oro, Rammendo di ogni genere e lavori a maglia Brescia 1891 Scuola professionale femminile “Maria Berneri” - Insegnamenti: Economia domestica, Taglio e cucitura di abiti femminili e di biancheria, Ricamo in bianco, a colori e in oro, Rammendo di ogni genere e lavori a maglia Catanzaro 1891 Scuola di tessuti Orfanotrofio femminile Insegnamenti: Tessitura della seta e del lino, Confezione di maglierie, merletti, ricami Cosenza n.d. Scuola di merletto Orfanotrofio femminile Insegnamenti: Ricamo, Cucito, Lavori a maglia, Stiratura Cremona 1897 Scuola festiva per le operaie Comune Insegnamenti: Disegno professionale e taglio di biancheria Como 1897 Scuola professionale presso Collegio S. Chiara Congregazione delle Figlie di Gesù Insegnamenti: n.d. Cuneo 1897 Scuola femminile pratica di commercio Comune Insegnamenti: Lingue italiana, francese, inglese e tedesca, Ragioneria, Storia e Geografia commerciale, Diritto commerciale, Disegno e Calligrafia Firenze (1) 1887-1890 Scuole professionali femminili Associazione fra i superstiti delle battaglie per l’Unità d’Italia Insegnamenti: Disegno con indirizzo professionale, Cucito in bianco e taglio di biancheria, Ricamo in bianco, in seta e in oro, Rammendo, Confezione di abiti e di cappelli per signora, di fiori artificiali, di merletti, Stiro, Italiano, Francese, Inglese Foggia 1898 Scuola di lavoro Conservatorio dell’Addolorata Insegnamenti: Lavori donneschi Milano (1) 1895 Scuole preparatorie operaie femminili Società Scuole preparatorie femminili Insegnamenti: insegnamento didattico - Italiano, Contabilità, Merceologia applicata ai lavori femminili, Economia, Igiene casalinga e del lavoro, Disegno professionale, Norme legali più comuni della legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli; insegnamento tecnico - Lavori casalinghi, Confezione di biancheria CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 518 22/12/22 13:34 519 Milano (2) 1894 Scuole di disegno professionali e lavori femminili Società Scuole preparatorie femminili Insegnamenti: corso obbligatorio - Aritmetica ragionata, Disegno professionale, Taglio al vero, Disegno geometrico ed ornamentale, Pittura decorativa, Morale civile (diritti e doveri della donna nella famiglia e nella società), Nomenclatura tecnica italiana e francese. Corso facoltativo: Lavori di cucito in genere, compreso il rammendo, Confezione di biancheria, Ricamo in bianco ed a colori, Lavori di fantasia, Taglio e confezione di abiti femminili Palermo 1890 Scuola professionale femminile Comune Insegnamenti: 1 corso complementare, nel quale si insegna Italiano, Francese, Storia, Geografia, Aritmetica, Calligrafia, Disegno geometrico e d’ornato; 2 sezione commerciale, divisa in tre corsi, nella quale si insegna Francese, Computisteria e Disegno; 3 sezione industriale, divisa in quattro corsi, nella quale le alunne sono formate a loro scelta in uno dei seguenti lavori: Cucito, Ricamo in bianco, Merletti, Fiori artificiali, ovvero nell’arte della sarta e della crestaia Pra (GE) 1892 Scuola professionale Comune Insegnamenti: Lavori a maglia, Cucito, Rammendo, Stiro, Confezioni di abiti per uomo, per donna e per bambini Roma (1) 1894 Laboratorio di Sant’Eufemia Congregazione Prez.mo Sangue Insegnamenti: Cucito in bianco, a mano ed a macchina, Ricamo di ogni specie ed ogni altro genere di lavori donneschi Roma (2) 1894 Laboratorio E. Ruspoli Congregazione Prez.mo Sangue Insegnamenti: Cucito in bianco, a mano ed a macchina, Ricamo di ogni specie ed ogni altro genere di lavori donneschi San Benedetto del Tronto (AP) n.d. Laboratorio femminile n.d. Insegnamenti: Lavori donneschi San Severo (FG) (1) 1897 Scuola professionale annessa all’orfanotrofio Congregazione delle Figlie della Carità Insegnamenti: Ricamo, Taglio e cucito biancheria, Lavoro a maglia San Severo (FG) (2) 1897 Scuola professionale annessa all’orfanotrofio Congregazione delle Figlie della Carità Insegnamenti: Ricamo, Taglio e cucito biancheria, Lavoro a maglia Schio (VI) 1892 Scuola festiva di disegno Comune Insegnamenti: Disegno applicato alle varie arti Sinalunga (SI) 1893 Scuola festiva di disegno Opera Pia Castellani Insegnamenti: Cucito, ricamo, Tessitura, Lavoro a maglia Venezia 1891 Scuola professionale femminile Comune Insegnamenti: Sezione commerciale - Italiano, Francese, Computisteria, Storia e Geografia, Calligrafia, Dattilografia e Disegno geometrico. Sezione industriale - Taglio e cucito abiti e biancheria, Ricamo, Stiro e guarnimento di cappelli. Sono materie comuni alle due sezioni Igiene e Economia domestica CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 519 22/12/22 13:34 520 Le scuole sopra elencate rappresentano solo un numero molto ridotto rispetto ad un universo ben più ampio. A dimostrazione di questo si consideri che le Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA), le salesiane, nell’anno 1890, contavano 116 “Opere”, distribuite in 5 Regioni. Di queste 22 erano riferibili alla macrocategoria “formazione- lavoro”. Nel decennio 1890-99 le opere salgono a 285, di cui collocabili nella macrocategoria “formazione lavoro” 52. Ciò significa che solo nel periodo 1890-1899 le salesiane hanno messo in campo 22 scuole d’Istruzione Professionale. Interessante notare anche il rapporto tra “Case” salesiane esistenti nel 1900 e opere collocabili nella categoria “formazione lavoro”: quasi una su cinque Case ha attivato percorsi di formazione professionale.8 Si consideri che nel computo non sono compresi i numerosissimi corsi serali e festivi tenuti nel Convitti per operaie gestite dalle FMA e che erano a metà strada tra assistenza e ospitalità.9 Grafico n. 9 - Rapporto tra Case delle suore salesiane e attività d’Istruzione Professionale nell’anno 1900 Come di consueto, delle scuole elencate nella Tabella n. 17 cerchiamo di ricostruirne i primi passi. 8 Lo Parco G. - M.T. Spiga, Le figlie di Maria Ausiliatrice in Italia - Donne nell’educazione, LAS, 1911, pp. 107-109. 9 Ibidem, p. 102. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 520 22/12/22 13:34 521 5.2.2. Le scuole nei Compartimenti del Nord Sono 9 le scuole sussidiate da soggetti locali che aprono i battenti in questo decennio. Due nel Compartimento del Veneto (Venezia e Schio), cinque in Lombardia (Brescia, Como, Cremona e due a Milano), una in Liguria (Pra), una in Piemonte (Cuneo). Nel 1891 il Comune di Venezia dà vita alla Scuola professionale femminile intitolata a “Vendramin Corner”, che con un legato provvedeva al suo sostentamento annuo di lire 6.578. Altre 2.000 lire provenivano dalla vendita dei lavori della scuola. Al residuo del fabbisogno, che ammontava a circa lire 50.000, provvedeva il Comune della città lagunare. La scuola si divide in due sezioni: una commerciale e una industriale. Nella sezione commerciale, che è preceduta da un corso preparatorio, si insegnano le seguenti materie: Italiano, Francese, Computisteria, Storia e Geografia, Calligrafia, Dattilografia e Disegno geometrico. Nella sezione industriale, le giovinette apprendono a tagliare e a cucire abiti e biancheria, a ricamare, a stirare ed a guarnire cappelli. Sono materie comuni alle due sezioni Igiene e Economia domestica. Ciascuna delle due sezioni dura un triennio. Nell’a.s. 1904-05 la sezione commerciale era frequentata da 142 alunne e l’industriale da 384.10 A Brescia dal 1891 è aperta la Scuola professionale femminile “Maria Berneri”. La scuola è diurna e resta operativa per undici mesi l’anno, tutti i giorni, feriali. Vive coi sussidi che il Comune, la Camera di Commercio (lire 300) ed altri Enti ed i privati elargiscono. Qualche provento si ricava anche dalla vendita dei lavori eseguiti dalle alunne. Queste vengono formate, oltre che nelle faccende domestiche, nel taglio e nella cucitura di abiti femminili e di biancheria, nel ricamo in bianco, a colori e in oro, nel rammendo di ogni genere e nei lavori a maglia. Le ricamatrici ricevono anche speciali lezioni di disegno. La scuola è divisa in due sezioni: convittrici ed esterne. Le convittrici (nell’a.s. 1904-05 sono in numero di 50) pagano una retta, che varia dai 75 agli 80 centesimi al giorno: per le esterne (110) la frequenza è gratuita.11 Il 20 giugno 1897 il Consiglio Comunale di Cremona deliberava la istituzione di una Scuola festiva per le operaie. Il Comune provvede anche al suo mantenimento. Ha un corso di disegno professionale ed uno di taglio di biancheria. Le lezioni domenicali, di due ore ciascuna, dalle dodici alle quattordici, si protraggono da novembre a fine maggio. Il compenso per le insegnati era di tre lire per ogni lezione. Le alunne iscritte sono, in media, una quarantina per ognuno dei due corsi.12 A Como, il Consiglio d’amministrazione del Collegio-Convitto femminile di Santa Chiara, retto dalla congregazione delle Figlie di Gesù,13 istituisce una Scuola 10 Maic, Annuario 1905, op cit., p. 1005. 11 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op. cit., p. 934. 12 Ibidem, p. 945. 13 Le Figlie di Gesù sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio. La congregazione venne fondata dal sacerdote italiano Pietro Leonardi (1769-1844), che promosse diverse iniziative umanitarie per l’assistenza gratuita agli infermi e l’educazione dei giovani abbandonati. Dopo il periodo CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 521 22/12/22 13:34 522 commerciale. Al mantenimento del Collegio e della scuola provvede un’Associazione educatrice di beneficenza, i cui soci s’impegnano di concorrere per ogni anno con 100 lire alle perdite che potessero verificarsi nella loro gestione.14 Una Scuola femminile pratica di commercio viene instituita il 3 novembre 1897 dal Comune di Cuneo sul modello della Höhere Töchter Schule, di Zurigo. Dipende dal Comune, ma didatticamente è sottoposta alla Direzione della Scuola normale superiore femminile della città. È sussidiata dalla Camera di Commercio con lire 200 e dalla Cassa di risparmio con lire 2.000. Vi si insegnano lingua italiana, francese, inglese e tedesca, Ragioneria, Storia e geografia commerciale, Diritto commerciale, Disegno e Calligrafia. È frequentata, nell’a.s. 1904-05, da 16 alunne, che pagano una tassa di lire 60 annue.15 A Pra, oggi un quartiere di Genova, ma fino al 1927 comune autonomo, il Municipio il 16 ottobre 1892 istituisce una Scuola professionale, intitolata a “Violantina Cambiaso”, una nobildonna ligure. La scuola è diurna e dipende dal Comune, che la mantiene con 600 lire annue e le fornisce i locali. L’insegnamento è diviso in tre corsi, nei quali, oltre una parte conforme ai programmi delle scuole primarie, si insegnano lavori a maglia, cucito, rammendo, stiro e confezioni di abiti per uomo, per donna e per bambini. C’è una sola insegnante, nominata per concorso e retribuita con 600 lire annuali. Le alunne inscritte erano una settantina.16 A Milano operava una Società costituitasi per dare alle fanciulle nullatenenti una Istruzione Professionale per “evitare il tirocinio spesso antigienico e talvolta anche antimorale nei magazzini.” Questa Società, nel 1895, dà vita alle Scuole preparatorie operaie femminili. Vi sono ammesse fanciulle dai 12 ai 14 anni di età: alle quali vengono offerte gratuitamente il pranzo ed il materiale di studio e di lavoro; sono ammesse anche alla divisione proporzionale degli utili dei lavori eseguiti su commessa. Il corso è biennale e l’orario è dalle 9 alle 17 in inverno, dalle 8,30 alle 18 in estate. L’insegnamento si articola in due moduli “didattico” e “tecnico”. Sono materie dell’insegnamento didattico Italiano, Contabilità, Merceologia applicata ai lavori femminili, Economia, Igiene casalinga e del lavoro, Disegno professionale e Norme legali più comuni della legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli. L’insegnamento tecnico comprende: lavori casalinghi e confezione di biancheria. Alla prima scuola, in via Archimede, segue nel 1900 la sede di via Farini. Dal gennaio 1906 le Scuole dipendono da un Consorzio formatosi tra la suddetta Società, l’Umanitaria ed il Comune17. napoleonico, durante il quale Leonardi patì anche il carcere per la sua fedeltà a Pio VII, nel 1812 fondò a Verona le Figlie di Gesù con lo scopo di sostituire le congregazioni soppresse nell’istruzione della gioventù. Le Figlie di Gesù vennero approvate definitivamente dalla Santa Sede il 1 dicembre 1954. 14 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 941. 15 Ibidem, p. 946. 16 Ibidem, p. 953. 17 Ibidem, p. 967. I contribuenti si erano accordati a sostenere le spese di mantenimento per 5 anni: la Società con lire 5.000, l’Umanitaria con lire 10.000 ed il Comune pure con lire 10.000 annue. Altri cespiti di entrata sono costituiti da oblazioni di altri Enti (Provincia, Camera di Commercio, Banca Popolare e Banca Cooperativa Milanese) e di privati e dal provento di fiere di beneficenza. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 522 22/12/22 13:34 523 Figura n. 12 - Percorsi formativi erogati dalla Scuola preparatoria operaie femminili di Milano Emilia Bonetti apre a Milano, nel 1894, le Scuole di disegno professionale e lavori femminili. Ne ha la direzione amministrativa un apposito Consiglio. Si mantiene con le elargizioni di Enti pubblici e privati. Il Comune, inoltre, concede gratuitamente l’uso di quattro aule. Sono ammesse alla Scuola le giovanette del popolo, che abbiano superato almeno la terza classe elementare e che paghino una tassa d’iscrizione di lire 3. L’insegnamento si divide in due corsi: obbligatorio e facoltativo; ciascuno di tre anni. Il corso obbligatorio comprende le seguenti materie: Aritmetica ragionata, Disegno professionale, Taglio al vero, Disegno geometrico ed ornamentale, Pittura decorativa, Morale civile (diritti e doveri della donna nella famiglia e nella società), Nomenclatura tecnica italiana e francese. Il corso facoltativo comprende: Lavori di cucito in genere, compreso il rammendo, Confezione di biancheria, Ricamo in bianco ed a colori, Lavori di fantasia, taglio e confezione di abiti femminili. L’anno scolastico dura dal 28 ottobre a tutto giugno. Le lezioni, che hanno luogo tutte le domeniche dalle 9 alle 13 e tutti i giovedì dalle 12 alle 16. Sono iscritte alla Scuola circa 90 alunne.18 Anche a Schio, in provincia di Vicenza, nel 1892, è il Comune ad aprire una Scuola festiva di disegno e a provvedere a tutte le spese legate al suo funzionamento. Le lezioni riguardano il disegno applicato alle varie arti ed ai vari mestieri. Vi sono iscritti 60 alunni, tra maschi e femmine.19 5.2.3. Le scuole nei Comportamenti del Centro Le scuole sono 6 e sono così distribuite nei Compartimenti: Emilia una (Piacenza), Toscana due (Firenze e Sinalunga), Marche una (San Benedetto del Tronto), Lazio due (entrambe a Roma). 18 Ibidem, p. 967. 19 Ibidem, p. 1008. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 523 22/12/22 13:34 524 Il superiore del Collegio Alberoni, della Congregazione della Missione20 istituisce, nel 1899, a Piacenza il Laboratorio femminile “San Vincenzo”. Oltre a ricevere l’insegnamento primario inferiore, le alunne vengono formate nei lavori donneschi di cucito e di taglio. È frequentato da 25 alunne.21 L’Associazione fra i superstiti delle battaglie per l’Unità d’Italia, con sede in Firenze, apre nel capoluogo toscano due Scuole professionali femminili: la “Carlo Alberto Foggi”, nel 1887 e la “Silvia Pisacane” nel 1890. Le due scuole sono domenicali e diurne. Per il loro funzionamento l’associazione devolve la metà di quanto percepisce annualmente dal Consorzio delle Istituzioni di Beneficenza. Le scuole sono inoltre sussidiate con lire 200 annue dalla locale Camera di Commercio ed occasionalmente da altri enti. Il Comune fornisce gratuitamente i locali. Le lezioni cominciano la prima domenica di ottobre e terminano l’ultima di luglio. Nelle scuole si insegnano Disegno con indirizzo professionale, Cucito in bianco e Taglio di biancheria, Ricamo in bianco, in seta e in oro, Rammendo, Confezione di abiti e di cappelli per signora, di fiori artificiali, di merletti, Stiro. Si insegna inoltre Italiano, Francese, Inglese. Le alunne, che non siano state prosciolte dall’obbligo dell’insegnamento elementare, debbono frequentare il corso elementare di complemento annesso alla scuola. Le insegnanti, in numero di circa una trentina, prestano tutte gratuitamente la loro attività. Le alunne iscritte nell’a.s. 1904-05 sono 263.22 A Roma nel 1894 nasce il Laboratorio di Sant’Eufemia (a Via Alessandria, una zona a ridosso delle mura in forte espansione edilizia e abitativa dopo l’Unità), per merito della Congregazione di carità, da cui dipende ed è mantenuto. È diretto dalla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue.23 Vi si insegna: Cucito in bianco, a mano ed a macchina, Ricamo di ogni specie ed ogni altro genere di lavori donneschi, nonché la Confezione di abiti per uomo. Le alunne sono premiate con libretti postali intestati a loro nome. Esso è frequentato da circa 90 alunne (dati relativi all’a.s. 1904-05).24 Sempre la Congregazione di Carità, tre anni dopo, nel 1897, replica a Roma, aprendo il Laboratorio E. Ruspoli, a Via Tiburtina Vecchia. Anche questo è mante- 20 La Congregazione della missione è una società clericale di vita apostolica di diritto pontificio. La Congregazione venne fondata nel 1625 a Parigi da San Vincenzo de’ Paoli per la predicazione delle missioni tra la gente di campagna; nel 1632 la Compagnia prese sede nell’antico priorato di Saint-Lazare (donde il nome di “lazzaristi”) e il 12 gennaio 1633 fu approvata da Papa Urbano VIII. All’apostolato tra la popolazione rurale, nel corso dei secoli la congregazione ha aggiunto la predicazione dei ritiri, la direzione dei seminari, le missioni estere, l’istruzione della gioventù, la direzione delle figlie della carità. 21 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op. cit., p. 980. 22 Ibidem, p. 949. 23 È una congregazione clericale di vita apostolica di diritto pontificio. Loro iniziatore è stato il sacerdote romano S. Gaspare del Bufalo (1786-1837). 24 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. 988. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 524 22/12/22 13:34 525 nuto e diretto dalle suore del Preziosissimo Sangue. Vi si insegna: Cucito a mano ed a macchina, Ricamo d’ogni specie, Taglio di biancheria e Telaio a mano. È frequentata da 40 alunne.25 Don Pietro Castellani, un prete di Sinalunga, aveva disposto nel suo testamento di “lasciare il suo patrimonio, valutato al netto in L. 24.415,62, per la fondazione nel comune di Sinalunga, in provincia di Siena, di un’Opera pia da denominarsi «Pia Istituzione Castellani» per scopo di istruzione complementare alle fanciulle che escono dalle pubbliche scuole di quel comune, affinché le medesime oltre al ricevere l’istruzione di terza elementare, possano essere abilitate alle professioni del tessere, del cucire di bianco, del ricamare e di sarta, sottoponendo tale istituzione alla amministrazione di una Commissione speciale da esso testatore designata”. In attuazione di queste volontà testamentarie nasce nel 1893 una Scuola professionale femminile. La scuola è diurna e dipende dalla Pia Istituzione Castellani. È diretta da una speciale Commissione amministrativa e si mantiene con le rendite del lascito. Vi si insegnano Cucito, Ricamo ed altri lavori donneschi; vi si apprende inoltre a tessere ai telai, a lavorare a maglia, ecc. È frequentata da circa 40 alunne.26 Si ha una sommaria notizia di un Laboratorio femminile, a San Benedetto Del Tronto (AP), dove “si insegnano esclusivamente lavori donneschi”.27 5.2.4. Le scuole nei Compartimenti del Meridione e dell’Italia insulare Nel Meridione nascono in questo decennio 7 scuole professionali femminili, sovvenzionate da soggetti locali: una nel compartimento della Campania (Aversa), tre in Puglia (2 a Sansevero e una a Foggia), due in Calabria (Catanzaro e Cosenza) ed una in Sicilia (Palermo). Ad Aversa, in provincia di Caserta, viene fondata nel 1899 una Scuola pratica professionale annessa alla Scuola normale femminile superiore. Dipende da un Consiglio di amministrazione costituito dal Presidente, ispettore dell’Istituto superiore femminile, dalla Direttrice della Scuola professionale, dal direttore e dai componenti il Consiglio d’amministrazione dell’Istituto superiore femminile. La Scuola è divisa in due sezioni: 1° Ricamo e tessitura; 2° Poste e Telegrafi. Le alunne della prima sezione pagano una tassa annuale di lire 40 se ordinarie o di lire 25 se straordinarie; le alunne della seconda sezione pagano una tassa di 60 lire. La prima sezione dura 2 anni, la seconda 3. La Scuola vive con i proventi delle tasse scolastiche e con sussidi elargiti dal Comune e dalla Provincia.28 25 Ibidem, p. 989. 26 Ibidem, p. 992. 27 Ibidem, p. 930. 28 Ibidem, p. 937. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 525 22/12/22 13:34 526 Figura n. 13 - Percorsi formativi erogati dalla Scuola pratica professionale di Aversa A Catanzaro, nel 1891, presso l’Orfanotrofio femminile, dipendente dalla Congregazione della Carità, viene aperta una Scuola di Tessuti. Le sue rendite ammontano a lire 8.000 annue, compreso il ricavo dalla vendita dei prodotti confezionati su commissione. Nella scuola dell’Orfanotrofio si insegna la tessitura della seta e del lino, la confezione di maglierie, merletti, ricami, ecc. Il numero delle ricoverate è di 120.29 Sempre in Calabria, a Cosenza, presso l’Orfanatrofio femminile, opera anche una Scuola di ricamo a telaio, di cucito, di lavori a maglia e di stiratura.30 A Foggia viene aperto nel 1898 il Conservatorio dell’Addolorata, dipendente dalla Congregazione di carità. Si mantiene con le proprie rendite e con le rette pagate dalle educande. Nella scuola del Conservatorio le alunne apprendono i vari lavori “donneschi”. Vi si lavora su commissione ed il guadagno viene attribuito per metà all’ente e per l’altra metà alle ricoverate: 50 interne e 50 esterne.31 A Sansevero, in provincia di Foggia, la Congregazione delle Figlie della Carità operava nell’Ospedale civile e nell’Orfanatrofio femminile. Annessa all’una e all’altra istituzione fondò una Scuola professionale sia presso l’Ospedale nel 1892 sia presso l’Orfanatrofio nel 1897. Nella prima scuola mantenuta con un lascito di 500 lire del marchese Masselli) le alunne erano una quarantina, mentre nella scuola annessa all’Orfanatrofio le ragazze frequentanti, tra ricoverate ed esterne, erano circa 75. Oltre a ricevere l’insegnamento primario inferiore, le giovani apprendono a ricamare, tagliare e cucire la biancheria e a lavorare a maglia.32 Il Comune di Palermo istituisce nel 1890 una Scuola professionale femminile e la sostiene economicamente con lire 700 annue. La scuola beneficia anche di sussidi da parte di vari enti. Il percorso formativo prevede: un corso complementare nel quale si insegna Italiano, Francese, Storia, Geografia, Aritmetica, Calligrafia, Disegno geometrico e d’ornato; una sezione commerciale, divisa in tre corsi, nella quale si 29 Ibidem, p. 939. 30 Ibidem, p. 939. 31 Ibidem, p. 950. 32 Ibidem, p. 952. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 526 22/12/22 13:34 527 insegna Francese, Computisteria e Disegno; una sezione industriale, divisa in quattro corsi, nella quale le alunne sono formate a loro scelta in uno dei seguenti lavori: Cucito, Ricamo in bianco, Merletti, Fiori artificiali, ovvero nell’arte della sarta e della crestaia. Le iscritte, nell’a.s. 1904-05, sono 280. Figura n. 14 - Percorsi formativi erogati dalla Scuola professionale femminile di Palermo Accanto alle scuole femminili già menzionate vanno anche ricordate le scuole professionali sovvenzionate da soggetti locali, precedentemente menzionate, che prevedevano, in parallelo alle sezioni per maschi, sezioni anche per femmine. Due fra tanti esempi.33 A Lavagna, nella Scuola di disegno, fondata e mantenuta dalla locale Società di mutuo soccorso, c’era una sezione femminile, diurna bisettimanale, accanto a quella maschile serale. Gli insegnamenti anche per le ragazze (16, nell’a.s. 1904- 05) riguardavano il disegno industriale e decorativo. Nella Scuola sociale di disegno comunale di Guidizzolo (MN) c’era una sezione femminile per “lavori donneschi”. 33 Vedi par. 3.2.2.b. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 527 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 528 22/12/22 13:34 Capitolo III L’ISTRUZIONE PROFESSIONALE NEL REGNO D’ITALIA ALLA FINE DEL XIX SECOLO CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 529 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 530 22/12/22 13:34 531 1. Aspetti quantitativi 1.1. Le scuole Quante scuole professionali erano operative in Italia a fine ‘800? Noi ne abbiamo ricostruito le vicende iniziali di 642. Di queste 338 sussidiate dallo Stato e 304 da soggetti locali. Il MAIC per il 1898-99 contava 225 scuole commerciali, industriali e femminili “al cui mantenimento concorse il Ministero”1. Se aggiungiamo a tale numero quelle del settore primario (scuole e colonie agricole e scuole minerarie), non tenuto presente dalla ricognizione ministeriale, arriviamo sostanzialmente alla nostra quantificazione. Quante erano, invece, quelle cofinanziate dai soggetti locali? Nella pubblicazione a cui abbiamo fatto costante riferimento (Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni stati esteri annuario pel 1907) erano affluiti i dati di una ricognizione ministeriale. In base a tali dati le scuole sussidiate da soggetti locali erano 741. Il Ministero stesso considerava questa cifra “alquanto inferiore al vero”. Infatti, “è da ritenere però che non tutte sieno state segnalate, nonostante le premure del Governo per farne un esatto censimento”. Si consideri, inoltre, che il MAIC limitava la sua ricognizione alle scuole commerciali, industriali, artistiche industriali e professionali femminili e le scuole agricole rimanevano fuori dal Censimento. Quindi non “complete” le statistiche ministeriali sul versante delle scuole sussidiate da soggetti locali, e tantomeno sono esaustive le nostre. Il quadro quantitativo che presentiamo costituisce, comunque, un solido campione che dà un’immagine molto vicina alla realtà dell’Istruzione Professionale alla fine del XVIII secolo Un’immagine molto attendibile dal punto di vista di distribuzione settoriale, territoriale e tipologica. Un avvertimento di ordine generale, prima di cominciare l’analisi dei dati. Nelle tabelle proposte utilizziamo la distribuzione dei dati per compartimenti (oggi diremmo Regioni). Si tratta, però, di una suddivisione che ha un valore solo funzionale. Occorre, infatti, precisare che nell’ordinamento amministrativo dell’epoca i soggetti istituzionali territoriali erano solo lo Stato, le Provincie e i Comuni. Anche Castelli, sente il bisogno di ricordare, a margine della Tabella delle scuole esistenti nell’a.s. 1904-05, che: «I compartimenti sono circoscrizioni che non hanno alcun carattere 1 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. LVIII. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 531 22/12/22 13:34 532 legale essi corrispondono generalmente alle antiche divisioni politiche della Penisola o si riannodano a tradizioni storiche. Questi aggruppamenti territoriali permettono di riavvicinare tra loro i dati di quelle Provincie che hanno qualche affinità di condizioni naturali e civili e di facilitarne così il confronto».2 1.1.1. Distribuzione per tipologia e per settore economico Per quanto riguarda le tipologie delle scuole professionali i dati sono quelli della Tabella 18. I numeri naturalmente omologano realtà formative molto diverse tra loro: mettiamo insieme, infatti, una Scuola superiore di Torino o Genova, di rango universitario, per giovani destinati a brillanti carriere nel management, pubblico e/o privato, con una piccola scuola serale della Val Seriana dove si danno i primi insegnamenti di disegno tecnico a persone con una precaria scolarità precedente e impegnate, durante la giornata, in occupazioni lavorative.3 Per l’agricoltura le istituzioni formative rilevate sono quelle: superiori (3) equiparabili ai percorsi delle facoltà universitarie, speciali (7), cioè dedicate ad una particolare coltivazione o prodotto agricolo, pratiche (50), che la Legge n. 3141/85 prevedeva come istruzione di base da istituirsi in ogni Provincia e le colonie (24) riservate a giovani problematici “corrigendi” o a rischio di devianza. In questa situazione imparare un lavoro, nella fattispecie il lavoro dei campi, aveva anche una funzione rieducativa. Tre sono le scuole del settore minerario: due nelle Isole e una sull’arco alpino. Abbiamo distinto le scuole industriali in superiori (2) e i industriali di base (113). Con quest’ultima dizione intendiamo quell’insieme di scuole, designate con una pluralità di denominazione, ma la più frequente della quali è scuola d’arti e mestieri. In questo cluster comprendiamo scuole anche di livello formativo diverso. Agli inizi del nuovo secolo verranno connotate come Scuole di 1° grado-Scuole d’arti e mestieri e scuole di 2° grado-Istituti industriali.4 Nel periodo da noi considerato la fisionomia di queste scuole non presenta caratteristiche così definite da poterle distinguere secondo il livello formativo. 2 Castelli G., L’insegnamento industriale e commerciale in Italia, Palermo, Tip. Gazzetta Commerciale, 1907, p. 54. 3 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. p. XXXVI. «Noi abbiamo scuole di disegno e di modellazione, corsi serali di computisteria e di lingue estere, piccoli istituti di arti e mestieri, che hanno un bilancio di poche centinaia di lire e pur tuttavia sono vantaggiosi e assai pregiati nei minori centri di attività economica. E di qui ascendiamo alle scuole industriali ed alle commerciali di primo e secondo grado, che possiedono copia sufficiente d’insegnamenti dottrinali e di mezzi tecnici per le esercitazioni pratiche, cioè musei, laboratori, officine, banchi modello, e perciò richiedono una spesa assai maggiore; che può essere sostenuta nei soli casi, in cui il Governo trovi negli enti locali una sufficiente cooperazione di contributi e di azione. E si arriva finalmente agli istituti superiori d’applicazione per le industrie, per l’arte industriale e per il commercio». 4 Ibidem, p. XXXIV. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 532 22/12/22 13:34 533 Le scuole di gran lunga più numerose sono quelle del settore artistico industriale 281 (pari al 44,07% di tutte le scuole operative a fine secolo), che comprendono sia le scuole di disegno sia le scuole d’arte applicate all’industria. Nei paragrafi precedenti le abbiamo trattate insieme. In questa sede ne tentiamo una trattazione differenziata. Tentiamo, perché la distinzione tra l’una e l’altra tipologia viene fatta in relazione a caratteristiche talora non definite o contraddittorie. I criteri discriminanti per inserire una scuola tra quelle di disegno industriale o quelle di arte applicata all’industria sono stati: la denominazione, gli insegnamenti, la durata del percorso, la presenza di laboratori o officine e l’orario delle lezioni (mattino o sera). In base a questi parametri il numero delle scuole di disegno è di gran lunga superiore a quelle d’arte applicata all’industria: stanno in un rapporto percentuale di 88 a 12. Il dato è facilmente comprensibile, se si considera il costo relativamente basso per attrezzare una Scuola di disegno industriale (costo sostenibile anche da un piccolo Comune o da un’Associazione di categoria) e se si tiene conto dell’utenza prevalente, rappresentata da persone che già lavorano. Poche le scuole del settore Commercio, almeno quelle che abbiamo definito di “base” che preparavano sia a lavori connessi alla vendita in esercizi commerciali, sia a lavori d’ufficio. Il numero esiguo fa pensare che l’offerta formativa degli Istituti Tecnici Commerciali, prima del MAIC ora del MPI, se non avesse colmato certo avrebbe soddisfatto in misura rilevante le necessità occupazionali del lavoro d’ufficio. Un comparto ancora esiguo e che vedrà una espansione solo con l’affermarsi, nei decenni successivi, del settore industriale. Anche per questo tipo di formazione il MAIC, nell’Annuario menzionato, fa una distinzione di livelli formativi tra Scuole inferiori e medie. Le scuole che abbiamo rilevato, però, presentano fisionomie ancora troppo indefinite per consentire una collocazione sicura in uno dei due gruppi. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 533 22/12/22 13:34 534 Tabella n. 18 - Distribuzione delle scuole operative nell’anno 1899 per Compartimenti, settori economici e tipologia formativa Compartimenti SCUOLE AGRICOLE MINIERE SCUOLE INDUST. SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERC. SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI TOT. Superiori Speciali Pratiche Colonie Minerarie Superiori Ind. Base Superiori Disegno industriale Artistico industriale Superiori Commerciali base Femminili Totale PIEMONTE 0 1 1 3 0 1 16 0 24 1 0 7 3 57 LIGURIA 0 0 2 0 0 1 4 0 6 2 1 1 7 24 LOMBARDIA 1 0 5 0 0 0 16 1 88 8 0 13 17 149 VENETO 0 0 3 4 1 0 14 1 32 6 1 4 15 81 EMILIA-ROMAGNA 0 0 1 3 0 0 7 0 15 6 0 2 17 51 TOSCANA 1 1 7 1 0 0 12 1 14 6 0 7 16 66 MARCHE 0 0 4 2 0 0 5 0 4 5 0 0 2 22 UMBRIA 0 0 1 3 0 0 2 0 5 0 0 0 1 12 ROMA 0 0 1 0 0 0 11 1 2 0 0 4 8 27 ABRUZZO MOLISE 0 0 2 0 0 0 3 0 2 3 0 0 1 11 CAMPANIA 1 1 7 0 0 0 7 1 6 8 0 2 3 36 BASILICATA 0 0 1 0 0 0 1 0 2 0 0 0 3 7 PUGLIA 0 1 2 4 0 0 2 0 6 2 1 0 6 24 CALABRIA 0 0 2 1 0 0 5 0 1 2 0 0 3 14 SICILIA 0 2 8 3 1 0 5 1 23 1 0 4 4 52 SARDEGNA 0 1 3 0 1 0 3 0 1 0 0 0 0 9 TOT. 3 7 50 24 3 2 113 6 231 50 3 44 106 642 Poche, ma importanti le tre Scuole Superiori di Commercio, che, nel tempo, diventeranno facoltà universitarie di grande prestigio. Tra le 106 scuole professionali femminili alcune operavano presso educatori e collegi e molte erano gestite da congregazioni religiose femminili. Abbiamo già sottolineata la confusa configurazione di queste istituzioni alle prese con una consolidata eredità per cui erano soprattutto luoghi d’insegnamento di “lavori donneschi” e con l’apertura (ancora molto timida) a nuove figure professionali nel mercato del lavoro. Castelli scriveva nel 1907: «Speciali sollecitudini ha consacrato il Ministero all’istruzione della donna, con l’intendimento di farne una preziosa cooperatrice di ordine e di prosperità nella famiglia e fuori di essa. Ordinate e dirette sotto la luce di questo concetto morale ed economico sono le nostre scuole femminili di commercio, quelle speciali di un’arte determinata e le più vaste e complesse scuole professionali. Queste ultime sono divise in sezioni diverse ed istruiscono convenien- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 534 22/12/22 13:34 535 temente le allieve nei lavori che sono più utili nell’azienda domestica e nelle arti, che più si avvantaggiano della finezza e della precisione del lavoro muliebre. Alcune di tali scuole preparano anche abili disegnatrici, cuoche, infermiere, guardarobiere ed econome, e danno sufficiente istruzione teorica: e pratica a quelle che desiderano impiegarsi come cassiere, commesse di negozio, telegrafiste, telefoniste, impiegate postali. Tali scuole sono fornite di adatti laboratori. In esse è giustamente curata la coltura letteraria e scientifica, e si fa larga parte allo studio delle lingue straniere […], nelle città che hanno la fortuna di possederle, rappresentano un vero tesoro di educazione positiva e pratica e rendono la donna cooperatrice preziosa di moralità e di benessere nella famiglia, negli affari ed in imprese d’indole economica»5. Questa, forse, era la situazione del primo decennio del nuovo secolo. Nei decenni che abbiamo esaminato in questo volume le scuole femminili erano ancora molto più posizionate sul solco dei lavori muliebri che su quello delle nuove professioni. Un’educazione professionale più per la casa che per il mercato del lavoro. Se disponiamo su una scala decrescente tutti questi tipi di scuole professionali abbiamo la situazione seguente: il primo posto è saldamente occupato dalle scuole di disegno (rappresentano il 36% di tutte le scuole censite), seguono le scuole industriali di base (scuole d’arti e mestieri) con il 17,6% e le scuole professionali femminili con il 16,6%. Tutte le altre tipologie rimangono sotto la fascia del 10%, dove, comunque, si segnalano, con l’8% le scuole d’arte applicate alle industrie, con il 7% le scuole di commercio di base e con il 7,9% le scuole pratiche di agricoltura. Se compiamo un’analoga operazione con il settore economico a cui le scuole fanno riferimento possiamo notare (Grafico 10) come il settore artistico industriale rappresenti da solo quasi la metà delle 642 scuole censite e “raccontate”, quello industriale (18%) precede quello agricolo (13%). Questi dati sollecitano una riflessione sul rapporto tra formazione professionale e mercato del lavoro. Se la Formazione Professionale è funzionale al mercato del lavoro, nel senso che offre le competenze per potervi entrare e/o per rimanervi in maniere produttiva, ci si aspetterebbe una corrispondenza “di massima” tra entità del mercato del lavoro di ciascun settore economico ed entità dell’offerta formativa erogata per quel settore. Uno dei modi per misurare la consistenza quantitativa del mercato del lavoro è quello di quantificarne gli occupati; dato che per i decenni considerati ricaviamo dai Censimenti decennali. È vero che, come spiegato6, non abbiamo i dati del Censimento del 1891, ma la situazione del mercato del lavoro, per quanto modificata, senz’altro non era sostanzialmente mutata rispetto a 10 anni prima. Ora, confrontando i dati degli occupati del Censimento dell’81 con quelli delle scuole operative nel 1899 per ciascun settore, abbiamo delle discrasie evidenti: a 5 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit. pp. XXXIII-XXXIV. 6 Cap. 1, introduzione, par. 6. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 535 22/12/22 13:34 536 fronte di un 57% di occupati nel primario, di 28% nel secondario e di 15% nel terziario (servizi, pubblici e privati), abbiamo un 14% di scuole agricole e minerarie, un 64% di scuole per l’industria-artigianato e un 7,5% nel settore dei servizi. Nel computo delle scuole non abbiamo messo quelle professionali femminili: la loro “pluriforme” fisionomia ne rende difficoltosa la collocazione nell’uno o nell’altro settore. Grafico n. 10 – Peso di ciascuna tipologia di scuola professionale (V. %, 100=642) Grafico n. 11 - Distribuzione delle scuole professionali operative nel 1899 per settori economici (V.%) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 536 22/12/22 13:34 537 Tali discrasie hanno una spiegazione generale. La consapevolezza della importanza dell’Istruzione Professionale non era ancora un’acquisizione culturale diffusa. Si riteneva, infatti, che per molti lavori fosse sufficiente l’apprendimento on the job. Ciò valeva soprattutto per le attività che richiedevano abilità operative manuali, ma in particolare valeva per l’agricoltura. Per il settore che più contribuiva alla formazione del prodotto interno lordo del Paese e che impiegava la maggior parte della forza lavoro ci si aspetterebbero una presenza di scuole agricole sul territorio nazionale molto più consistente. La convinzione o meglio il pregiudizio, largamente diffuso sia tra i proprietari che tra i contadini, che ciò che avevano trasmesso i padri sulle coltivazioni e sui lavori agricoli rappresentasse tutto lo scibile possibile ha frenato l’espansione dell’Istruzione Professionale, in un settore ancora caratterizzato da metodi, tecnologie e processi arretrati ed obsoleti. Sui banchi di scuola i figli dei contadini andavano (se andavano) ad imparare a leggere e far di conto, non certo ad apprendere il mestiere del padre e dei nonni e i loro genitori guardavano con sospetto ogni eventuale tentativo del maestro di prendere il loro posto nell’educazione al lavoro dei figli, mettendo in discussione certezze consolidate e intatte gerarchie generazionali 1.1.2. Distribuzione territoriale Le 642 scuole rilevate si distribuiscono in maniera difforme sul territorio nazionale. Difforme a livello macro: nel Nord ci sono 311 scuole pari al 48% del territorio nazionale, nel Centro 178 (28%) nel Meridione e le Isole (39%) (vedi Tabella 19). Tabella 19 - Distribuzione per compartimenti e per settori economici delle scuole professionali operative nel 1899 (V.A) Compartimenti Settori economici Agricolo Minerario Industriale Artistico industriale Commerciale Femminile Tot. PIEMONTE 5 0 17 25 7 3 57 LIGURIA 2 0 5 8 2 7 24 LOMBARDIA 6 0 16 97 13 17 149 VENETO 7 1 14 39 5 15 81 NORD 20 1 52 169 27 42 311 EMILIA 4 0 7 21 2 17 51 TOSCANA 10 0 12 21 7 16 66 MARCHE 6 0 5 9 0 2 22 UMBRIA 4 0 2 5 0 1 12 LAZIO 1 0 11 3 4 8 27 CENTRO 25 0 37 59 13 44 178 ABRUZZO 2 0 3 5 0 1 11 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 537 22/12/22 13:34 538 CAMPANIA 9 0 7 15 2 3 36 BASILICATA 1 0 1 2 0 3 7 PUGLIA 7 0 2 8 1 6 24 CALABRIA 3 0 5 3 0 3 14 SICILIA 14 1 5 25 4 4 53 SARDEGNA 4 1 3 1 0 0 9 SUD 39 2 26 59 7 20 153 TOT. ITALIA 84 3 115 287 47 106 642 Difforme a livello compartimentale (Grafico 12). Solo la Lombardia supera le 100 scuole (per l’esattezza 149). Cinque Compartimenti si collocano nella fascia tra 100 e 50 scuole (Veneto con 81, Toscana con 66, Piemonte con 57, Sicilia con 53 ed Emilia con 51). Otto regioni hanno meno di 50 e più di 10 scuole (Campania (36), Lazio (27), Puglia e Liguria (24), Marche (22), Calabria, (14), Umbria (12) e Abruzzo e Molise (11). Sardegna e Basilicata hanno solo 9 e 7 scuole. I dati precedenti, però non tengono conto della densità di popolazione di ciascun Compartimento. Fattore importante, perché solo in rapporto al numero degli abitanti di una Regione possiamo dire se il numero di scuole su quel territorio è più o meno adeguato (Tabella 20). Grafico n. 12 – Distribuzione delle scuole per Compartimenti in ordine decrescente (V.A) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 538 22/12/22 13:34 539 Tabella n. 20 – Rapporto tra numero di residenti e numero di scuole professionali in ciascun Compartimento Popolazione Scuole Rapporto Scuole/Popolazione per ogni 100.000 abitanti PIEMONTE 3.377.564 57 1,68 LIGURIA 1.123.798 24 2,13 LOMBARDIA 4.432.009 149 3,36 VENETO 3.209.431 81 2,52 EMILIA 2.505.034 51 2,03 TOSCANA 2.630.556 66 2,5 MARCHE 1.088.879 22 2,02 UMBRIA 689.806 12 1,73 LAZIO 1.276.061 27 2,11 ABRUZZO 1.471.504 11 0,74 CAMPANIA 3.223.585 36 0,11 PUGLIA 2.053.796 7 0,34 BASILICATA 490.705 24 2,04 CALABRIA 1.398.336 14 1 SICILIA 3.687.327 52 0,14 SARDEGNA 817.726 9 1,1 REGNO 33.476.117 642 1,91 Nel 1905 nel Regno d’Italia c’erano 1,91 scuole professionali per ogni 100.000 abitanti. Otto Regioni avevano un rapporto residenti/scuole più basso della media nazionale: sei dell’Italia meridionale ed insulare, una del Centro ed una del Nord. In ordine crescente sono: Campania (0,11), Sicilia (0,14), Puglie (0,34), Abruzzo Molise (0,74), Calabria (1), Sardegna (1,1), Piemonte (1,68) e Umbria (1,73). Delle otto Regioni che superano la media nazionale una è del Meridione: Basilicata (2,04); quattro del Centro: Marche (2,02), Emilia (2,03), Lazio (2,11), Toscana (2,5) e tre del Nord: Liguria (2,13), Veneto (2,52) e Lombardia (3,36). 1.1.3. Distribuzione per soggetti finanziatori Tra le 642 scuole che abbiamo “raccontato” in questo volume occorre distinguere quelle sussidiate dal governo centrale, mediante il MAIC (338 pari al 52%) e quelle alla cui nascita e al cui funzionamento annuale concorrevano finanziariamente soggetti locali, pubblici e/o privati (304 pari al 48%) (Tabella 21). CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 539 22/12/22 13:34 540 Tabella n. 21 - Distribuzione per compartimenti, per settori economici e per soggetto finanziatore delle scuole professionali operative nel 1899 (A= scuole sussidiate da MAIC e B= scuole sussidiate da Soggetti Locali) AGRICOLO MINERARIO INDUSTRIALE ARTISTICO INDUSTRIALE COMMERCIALE FEMMINILE tot A B A A B A B A B A B PIEMONTE 1 4 0 1 16 24 1 2 5 1 2 57 LIGURIA 1 1 0 4 1 2 6 1 1 3 4 24 LOMBARDIA 4 2 0 9 7 55 42 6 7 4 13 149 VENETO 3 4 1 11 3 28 11 5 1 14 81 EMILIA 4 0 0 6 1 13 8 2 1 16 51 TOSCANA 5 5 0 8 4 11 10 2 5 4 12 66 MARCHE 4 2 0 4 1 4 5 0 0 0 2 22 UMBRIA 1 3 0 2 0 2 3 0 0 1 12 LAZIO 1 0 0 4 7 2 1 3 1 2 6 27 ABRUZZO 2 0 0 3 0 5 0 0 0 1 0 11 CAMPAN. 5 4 0 7 0 9 6 2 0 2 1 36 PUGLIA 3 4 0 2 0 6 2 1 0 0 6 24 BASILICATA 1 0 0 1 0 1 1 0 0 0 3 7 CALABRIA 2 1 0 2 3 3 0 0 0 1 2 14 SICILIA 5 8 1 4 1 12 13 1 3 1 3 52 SARDEGNA 2 2 1 1 2 1 0 0 0 0 0 9 TOT. 44 40 3 69 46 178 109 23 24 21 85 642 Per quanto riguarda i settori (Grafico 13): le scuole sussidiate dal MAIC prevalgono su quelle sussidiate dai soggetti locali in Agricoltura (con rapporti percentuali di 52 a 48) nell’Industria (60 a 40), nell’Artistico-industriale (62 a 38). La situazione si inverte a favore di quelle sussidiate da soggetti locali, nel Commercio (51 a 49) e nell’Istruzione femminile (80 a 20). Grafico n. 13 – Distribuzione % per settori economici e per soggetto finanziatore delle scuole professionali operative nel 1899 (A= scuole sussidiate da MAIC e B= scuole sussidiate da Soggetti Locali) CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 540 22/12/22 13:34 541 1.2. Gli allievi Abbiamo dati solo per gli iscritti a scuole sussidiate dal MAIC. Per quelli iscritti a scuole sussidiate da soggetti locali procediamo per stime. Grafico n. 14 - N. allievi iscritti alle scuole professionali negli aa.ss. 1885-86 e 1898-99 I dati relativi agli allievi che frequentavano le scuole del Regno, al cui mantenimento contribuisce il MAIC, provengono da fonti diverse: una per le scuole commerciali, industriali e femminili7 e una per quelle agricole8. Le fonti sono le due Direzioni del Ministero che avevano competenze sull’una o sull’altra area dell’Istruzione Professionale.9 Gli alunni delle scuole industriali e commerciali che beneficiavano del contributo ministeriale ammontavano, a metà degli anni ’80, più in particolare nell’a.s 1885- 86, a 21.120; quindici anni dopo, nell’a.s. 1898-99, a 35.877 (Grafico 15). Tabella n. 22 – Differenza del numero degli iscritti alle scuole professionali commerciali, industriali femminili sussidiate dal MAIC negli aa.ss. 1885-86 a 1898-99 SETTORI TIPOLOGIA SCUOLE ANNO SCOLASTICO 1885-86 (A) 1898-99 (B) B-A Commercio Superiori 115 313 + 198 Di base 1063 1181 +118 Industria Superiori 266 652 +386 Di base 8075 16551 +8476 Artistico-industriale Superiori 907 984 +77 Di base 6654 11259 +4605 Professionale femminile 4040 4937 +897 Totale Regno 21120 35877 +14757 7 Castelli G., L’insegnamento industriale e commerciale …, op. cit., p. LVIII. 8 Murolo G., Fatti e figure dell’insegnamento agrario – dall’unità d’Italia ad ogg, op. cit., p. 31. 9 Vedi Cap. 1, par. 1.2; Cap. 2, par. 1.1. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 541 22/12/22 13:34 542 Al costante aumento delle scuole corrisponde, naturalmente, un parallelo aumento degli allievi (+ 14.757, con una percentuale di incremento di 70 punti). In valori assoluti gli allievi che aumentano maggiormente sono quelli delle scuole industriali di base, con un incremento di 8476 unità, seguiti da quelli delle scuole artistico-industriali con 4605 (Tabella 22). In valori relativi il primato spetta alle tre scuole superiori di Commercio con una percentuale di incremento di 172 punti, seguite da quelle industriali di base con +145 (Grafico 15). Per quanto riguarda i dati delle scuole agricole possiamo notare come, nell’ultimo ventennio del secolo, ci sia stato un aumento con progressione lineare: si passa da 257 allievi dell’a.s. 1880-81 a 934 del 1889-90, facendo registrare una percentuale di incremento di 263 punti. Nel decennio successivo si aggiungono altri 780 allievi e la percentuale di incremento è di 83 punti (Grafico15). Mentre l’incremento degli allievi negli altri settori era dovuto soprattutto all’aumento delle scuole, per l’agricoltura, invece, ad un ampliamento dell’utenza delle scuole esistenti. L’espansione maggiore si verifica per le Scuole Pratiche, che, in un ventennio, passano da 257 a 1714 allievi, facendo registrare un rialzo percentuale di 577 punti. Le Scuole Speciali maggiorano la loro utenza da 148 a 449 (+203%) e quelle Superiori da 98 a 190 (+94%). Grafico n. 15 – Percentuali di incremento degli iscritti alle scuole professionali commerciali, industriali e femminili sussidiate dal MAIC negli aa.ss. 1898-99 e 1895-96 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 542 22/12/22 13:34 543 Grafico n. 16 – Numero di iscritti alle scuole professionali agricole sussidiate dal MAIC dall’a.s. 1880-81 all’a.s. 1898-99 Grafico n. 16 – Numero di iscritti alle scuole professionali agricole sussidiate dal MAIC dall’a.s. 1880-81 all’a.s. 1898-99 Grafico n. 17 – Numero di iscritti alle scuole Superiori, Speciali e Pratiche di agricoltura sussidiate dal MAIC dall’a.s. 1880-81 all’a.s. 1898-99 Sommando gli iscritti delle scuole industriali, commerciali e femminili (35.877) e delle scuole agricole (1.714) arriviamo alla conclusione che il sistema formativo professionale sussidiato dal MAIC, serviva un’utenza di circa 38.000 allievi. Molto più problematica la quantificazione degli allievi iscritti nelle scuole sussidiate da soggetti locali, perché consideriamo insieme grandi realtà, come la Siam di Milano, che solo nella città lombarda contava un migliaio di allievi, con la piccola scuola di disegno di Narni, frequentata da una ventina di ragazzi o la scuola con convitto (come molte di quelle agricole) o annessa ad un collegio/educandato (soprattutto femminili che fanno registrare numeri importanti) la cui utenza è molto maggiore della scuola “di paese”. Crediamo di non andare lontani dalla realtà, se tenendo presenti tutte le variabili, reputiamo che alle 304 scuole sovvenzionate dai soggetti locali e di cui abbiamo parlato in questo volume partecipassero dai 30 ai 35.000 utenti. 1.3. Le risorse finanziarie Per quanto riguarda le scuole sussidiate dal MAIC anche per il capitolo finanziamenti dobbiamo ricorrere a fonti diverse: una per le scuole industriali e commerciali e femminili e una per quelle agrarie. 257 371 628 853 896 958 953 919 943 934 989 1024 1034 1113 1186 1316 1417 1517 1714 98 113 103 111 100 94 97 91 99 61 56 70 76 87 93 102 143 157 182 190 206 257 252 277 311 327 326 339 311 315 319 298 316 334 369 384 376 449 16 52 268 490 519 553 529 502 505 562 618 635 660 710 759 845 876 932 1075 0 500 1000 1500 2000 superiori speciali pratiche Grafico n. 17 – Numero di iscritti alle scuole Superiori, Speciali e Pratiche di agricoltura sussidiate dal MAIC dall’a.s. 1880-81 all’a.s. 1898-99 Grafico n. 16 – Numero di iscritti alle scuole professionali agricole sussidiate dal MAIC dall’a.s. 1880-81 all’a.s. 1898-99 Grafico n. 17 – Numero di iscritti alle scuole Superiori, Speciali e Pratiche di agricoltura sussidiate dal MAIC dall’a.s. 1880-81 all’a.s. 1898-99 Sommando gli iscritti delle scuole industriali, commerciali e femminili (35.877) e delle scuole agricole (1.714) arriviamo alla conclusione che il sistema formativo professionale sussidiato dal MAIC, serviva un’utenza di circa 38.000 allievi. Molto più problematica la quantificazione degli allievi iscritti nelle scuole sussidiate da soggetti locali, perché consideriamo insieme grandi realtà, come la Siam di Milano, che solo nella città lombarda contava un migliaio di allievi, con la piccola scuola di disegno di Narni, frequentata da una ventina di ragazzi o la scuola con convitto (come molte di quelle agricole) o annessa ad un collegio/educandato (soprattutto femminili che fanno registrare numeri importanti) la cui utenza è molto maggiore della scuola “di paese”. Crediamo di non andare lontani dalla realtà, se tenendo presenti tutte le variabili, reputiamo che alle 304 scuole sovvenzionate dai soggetti locali e di cui abbiamo parlato in questo volume partecipassero dai 30 ai 35.000 utenti. 1.3. Le risorse finanziarie Per quanto riguarda le scuole sussidiate dal MAIC anche per il capitolo finanziamenti dobbiamo ricorrere a fonti diverse: una per le scuole industriali e commerciali e femminili e una per quelle agrarie. 257 371 628 853 896 958 953 919 943 934 989 1024 1034 1113 1186 1316 1417 1517 1714 98 113 103 111 100 94 97 91 99 61 56 70 76 87 93 102 157 182 190 143 206 257 252 277 311 327 326 339 311 315 319 298 316 334 369 384 376 449 16 52 268 490 519 553 529 502 505 562 618 635 660 710 759 845 876 932 1075 0 500 1000 1500 2000 superiori speciali pratiche Sommando gli iscritti delle scuole industriali, commerciali e femminili (35.877) e delle scuole agricole (1.714) arriviamo alla conclusione che il sistema formativo professionale sussidiato dal MAIC, serviva un’utenza di circa 38.000 allievi. Molto più problematica la quantificazione degli allievi iscritti nelle scuole sussidiate da soggetti locali, perché consideriamo insieme grandi realtà, come la SIAM di Milano, che solo nella città lombarda contava un migliaio di allievi, con la piccola scuola di disegno di Narni, frequentata da una ventina di ragazzi o la scuola con convitto (come molte di quelle agricole) o annessa ad un collegio/educandato (soprattutto femminili che fanno registrare numeri importanti) la cui utenza è di gran lunga maggiore della scuola “di paese”. Crediamo di non andare lontani dalla realtà, se tenendo presenti tutte le variabili, reputiamo che alle 304 scuole sovvenzionate dai soggetti locali e di cui abbiamo parlato in questo volume partecipassero dai 30 ai 35.000 utenti. 1887-88 1897-98 1887-88 1896-97 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 543 22/12/22 13:34 544 1.3. Le risorse finanziarie Per quanto riguarda le scuole sussidiate dal MAIC anche per il capitolo finanziamenti dobbiamo ricorrere a fonti diverse: una per le scuole industriali e commerciali e femminili e una per quelle agrarie. Sul primo versante abbiamo i dati provenienti dai bilanci consuntivi dello Stato, approvati dal Parlamento per gli esercizi finanziari, che vanno dal 1878 (data della ricostituzione del Ministero) al 1898-9910. Tre osservazioni. Non tutte le somme indicate nei grafici sono state erogate in sussidi diretti alle scuole. Una parte, infatti, è rappresenta dalle spese per l’acquisto di pubblicazioni e materiali didattici (ad esempio per modelli di gesso, destinati alle scuole d’arte applicate all’industria), per ispezioni, per commissioni giudicatrici di concorsi ai posti d’insegnante, per mostre didattiche, per speciali concorsi, per borse di studio e di perfezionamento tecnico in Italia ed all’estero. Tale somma varia, naturalmente, di anno in anno e comunque rappresenta intorno ad un decimo della spesa totale. Una seconda osservazione: parte della spesa (considerata spesa straordinaria) è rappresentata da concorsi e sussidi per la fondazione e l’ampliamento delle scuole. (e incide sulla somma finale per un 5% circa). Un’ulteriore osservazione riguarda la spesa per il Museo industriale di Torino. Le ingenti risorse ad esso dedicate (1.335.930 lire nel decennio 1889-90/1898-1899) pesano quasi per il 20% sul totale delle risorse dedicate all’istruzione commerciale, industriale e femminile. Come si può notare dal Grafico 18, la linea rappresentante la progressione del fenomeno nel tempo è ascendente dal 1878 al 1887-88, tranne un’apparente diminuzione nel 1884. Apparente perché in quell’anno è avvenuto il cambiamento della decorrenza degli esercizi finanziari dello Stato e uno di questi ebbe la durata di soli 6 mesi (primo semestre del 1884) e quindi tutte le cifre appaiono dimezzate. Dopo il 1887-88 la linea è quasi generalmente, e con vario grado d’inclinazione, discendente sino al 1895-96, per riprendere poi nuovamente una direzione ascendente, anche se moderata. Castelli spiega così questa flessione: «È da osservare qui che la diminuzione delle spese per l’insegnamento industriale e commerciale, nel periodo che corre dal 1888-89 al 1895-96, non fu prodotta da scarso interessamento all’istruzione professionale, ma imposta dall’urgente necessità di coraggiose economie di fronte alle disagiate condizioni dell’erario».11 10 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op. cit., p. LIV. 11 Idem, p. LIII. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 544 22/12/22 13:34 545 Grafico n. 18 – Spese sostenute dallo Stato per le scuole commerciali industriali e femminili sussidiate (anno finanziario 1878 all’anno finanziario 1898-99) Per quanto riguarda, invece, le scuole agrarie esaminiamo i dati dei Bilanci preventivi del MAIC di un anno finanziario per ciascuna decade oggetto di questo volume: il 1888-8912 e il 1898-9913 (Tabella 23). La struttura dei due stati di previsione consente una limitata comparazione tra i due anni per la differenza delle declaratorie di spesa utilizzate nella redazione dei due bilanci. Gli importi finali, però, (circa 2 milioni di lire di fine anni ’80 rispetto alle 850.000 lire di fine anni ’90) stanziati dal Governo per l’istruzione agricola stanno ad indicare un particolare sforzo dello Stato nella fase iniziale dell’istruzione agricola. Per quanto attiene l’istruzione mineraria la Tabella 23 mostra un lieve decremento nell’a.f. 1898-99 rispetto a dieci anni prima nei sussidi erogati alle scuole di Iglesias ed Agordo. Occorre però tenere presente che i dati relativi all’a.f. 1889-90 sono di spese effettivamente sostenute, mentre quelli dell’a.f. 1898-99 sono dati preventivati. 12 R.D. n. 6125 (Serie 3a) del 20 giugno 1889 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 148 del 24 giugno 1889. 13 R.D. n. 492 del 22 dicembre 1898 in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 297 del 24 dicembre 1898. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 545 22/12/22 13:34 546 Tabella n. 23 - Stato di previsione delle spese del MAIC per gli esercizi finanziari dal 1° luglio 1889 al 30 giugno 1890 e dal 1° luglio 1898 al 30 giugno 1899 TIPOLOGIA DI SPESA Anno finanziario 1.7.1889/ 30.6.1890 1.7.1898/ 30.6.1899 ISTRUZIONE AGRARIA E FORESTALE Scuole superiori (stazioni agrarie e speciali) e scuole pratiche e speciali: Stipendi al personale, Dotazioni e spese per la scuola e per il convitto 1.355.660 Scuole superiori di agricoltura - Stipendi al personale e spese di mantenimento 248.000 Scuole speciali di agricoltura - Stipendi al personale e spese di mantenimento 341.701 Spese per l’Istituto per l’insegnamento agrario sperimentale di San Pietro in Perugia 25.000 Scuole speciali e pratiche - Spese per l’azienda 346.245 Per memoria Concorsi e sussidi fissi per stazioni, laboratori, scuole, colonie agricole, accademie ed associazioni agrarie 123.350 50.800 Concorso nelle spese di impianto delle scuole pratiche e speciali di agricoltura 25.000 42.500 Sussidi a scuole e colonie - Acquisto di materiale scientifico - Insegnamenti minori speciali - Cliniche ambulanti - Posti di studio in istituiti agrari interni ed esterni - Viaggi d’istruzione -Insegnamento agrario nelle scuole elementari - Conferenze magistrali ed ambulanti 100.000 38.000 Sussidi a cattedre ambulanti 40.000 Mantenimento istituto forestale Vallombrosa 40.500 40.500 Spese personale insegante forestale 25.500 25.500 TOTALE 2.016.255 852.001 ISTRUZIONE MINERARARIA Stipendi al personale della Suola di Caltanissetta 16.680 18.116 Concorsi e sussidi fissi a scuole minerarie 15.200 6.000 TOTALE 31.880 24.116 Tabella n. 24 – Spese statali per l’Istruzione Professionale (aa.ff. 1889-90 e 1898-99) Tipologia d’Istruzione Professionale Anni finanziari Differenza% (a) Tra (a) e (b) 1889-90 (b) 1898-99 Commerciale, industriale, femminile 821.203 675.313 -17,8% Agricola 2.016.255 852.001 -57,7% Mineraria 31.880 24.116 -24,4% 2.869.338 1.551,430 -45,9% Se sommiamo i dati di spesa relativi alla istruzione commerciale industriale e femminile con quelli della istruzione agricola nei due esercizi finanziari abbiamo la situazione illustrata nella Tabella n. 24 da cui ricaviamo due conclusioni: CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 546 22/12/22 13:34 547 a) L’impegno finanziario dello Stato nel decennio diminuisce sensibilmente: il MAIC nell’a.f. 1889-90 ha erogato sussidi per 2.869.338 lire, mentre per l’anno 1898-99 ha previsto di spenderne 1.551.430. La percentuale di diminuzione è uguale a -45,9%. In valore assoluto il decremento è di -1.317,908 lire. b) Le risorse economiche per l’istruzione agricola prevalgono su quelle riservate a ogni altra istituzione formativo-professionale, anche se i rapporti proporzionali cambiano: nel 1889-90 rappresentavano il 70% della spesa complessiva del MAIC per l’Istruzione Professionale, 10 anno dopo il 55% (Grafici 19 e 20). Abbiamo ripetutamente ricordato che il MAIC non finanziava le scuole professionali, ma le co-finanziava, nella misura dei 2/5 con altri soggetti, pubblici e privati che si impegnavano a contribuire per gli ulteriori 3/5. Pertanto, ai 2.869.338, quale contributo ministeriale, vanno aggiunte 4.304.000 lire, quale contributo da parte degli altri soggetti. Si raggiunge, così un totale di 7.173.345 lire, ovvero la somma che annualmente viene spesa per il funzionamento delle scuole sussidiate dal MAIC. Grafico n. 19 - Percentuale di spesa tra i diversi tipi d’Istruzione Professionale sussidiati dal MAIC nell’a.f. 1889-90 Grafico n. 20 - Percentuale di spesa tra i diversi tipi d’Istruzione Professionale sussidiati dal MAIC nell’a.f. 1898-99 Molto approssimativo il percorso che ci porta ad una stima delle risorse finanziarie delle scuole sovvenzionate dai soggetti locali. Se dividiamo il totale delle risorse finanziarie sopra indicato (7.173.345 lire) per il numero di scuole sussidiate dal MAIC (338) abbiamo il valore medio della spesa di ciascuna scuola, pari a 21.000 lire circa. Moltiplicando questo valore per il numero delle scuole sussidiate da soggetti locali abbiamo un totale di 6.384.000 lire. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 547 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 548 22/12/22 13:34 549 2. Aspetti organizzativi Abbiamo sottointitolato il secondo capitolo di questo volume “Verso la costruzione di un sistema formativo”. L’espressione usata sta ad indicare un percorso non ultimato, un’opera in progress, un’attività ancora non completata. Si va verso la costruzione di un sistema, ma che ancora non c’è; o almeno non c’è in maniera definitiva. Si intravvedono le linee portanti, ma non la forma compiuta. Prima di precisare quanto manca ancora è importante considerare quanto è stato fatto, che equivale a dire: in questi quaranta anni successivi all’unità del Paese, come si è configurata l’Istruzione Professionale del Regno d’Italia? Quali sono le sue connotazioni più importanti? 2.1. L’identità dell’Istruzione Professionale In questi quaranta anni l’Istruzione Professionale, progressivamente, anche attraverso momenti di confusione e crisi, ha definito la sua identità, la sua fisionomia specifica. Abbiamo visto come il MAIC venga ricostituito, dopo una momentanea soppressione, nel 18781. L’attribuzione al rinato Dicastero delle competenze in materia d’Istruzione Professionale avvengono secondo un criterio che determina una chiarificazione di ciò che è Istruzione Professionale e ciò che non lo è. Ciò che connota la prima è la sua immediata finalizzazione al lavoro; la spendibilità di quanto appreso in una struttura d’Istruzione Professionale è nel mondo del lavoro dei campi, delle miniere, delle officine, dei laboratori, degli uffici. Quindi il riferimento istituzionale, a livello centrale, è il Ministero che si occupa di attività produttive, cioè il MAIC. Tutti i percorsi, invece, che hanno una fisionomia culturale (sia generale, che tecnico-scientifica) e quindi non immediatamente finalizzati a posizioni lavorative, ma più funzionali alla prosecuzione degli studi nei livelli successivi, trovano il riferimento istituzionale, a livello centrale, nel Ministero della Pubblica Istruzione. Questo criterio vale per tutti i percorsi formativi, sia quelli di base, sia quelli medi e di livello più elevato. Proprio seguendo questo criterio gli Istituti Tecnici, prima di pertinenza del MAIC ora sono di competenza del M.P.I. Scelta, a nostro avviso corretta. Infatti, gli Istituti Tecnici erano stati sottoposti per un ventennio a tortuose riforme e revisioni contraddittorie, per cui gli ordinamenti previsti dalle riforme degli anni ’60 accentuavano gli aspetti più professionalizzanti, quelli introdotti dalle riforme degli anni ’70 accentuavano gli aspetti più “culturali tecnico-scientifici”, restituendo, così, 1 Volume IV, Capitolo II, par. 1.3, p. 316. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 549 22/12/22 13:34 550 all’istruzione tecnica “mediana” la “fisionomia licealizzante” prevista, peraltro, nella Legge Casati e nel Regolamento Mamiani. Più sfumati i confini delle strutture del livello formativo più elevato cioè meno percepibili le differenze tra l’Università e gli Istituti e Scuole Superiori di competenza del MPI e le Scuole Superiori di competenza del MAIC. In apparenza confini più incerti e differenze meno rilevabili, ma le distinzioni reali tra gli uni e gli altri ci sono. Un esempio che ci aiuta è dato dalla diatriba tra il Museo Industriale e la Scuola di Applicazione di Torino, questa del MPI e quella del MAIC.2 I contrasti tra le due istituzioni rinviavano ad uno scontro fra due differenti concezioni della formazione tecnica specialistica. La Scuola di Applicazione rispondeva a un’organizzazione degli studi ancora settecentesca, in cui la teoria e la ricerca erano vissute come orgogliosamente indipendenti dall’applicazione pratica; lo stesso corpo docente, di stretta provenienza subalpina, era totalmente slegato dalla realtà produttiva. Diverso era il caso del museo: il suo iniziatore, Giuseppe Devincenzi, aveva immaginato un istituto dove la pratica avrebbe avuto un ruolo pari a quello della teoria, in cui la trasmissione a più livelli dell’istruzione tecnica e la formazione di figure professionali intermedie - ingegneri industriali, direttori di industrie, insegnanti - avrebbero avuto effetti anche sulle gerarchie del lavoro e più in generale sull’organizzazione sociale. 2.2. Le utenze L’individuazione della identità di questo sistema formativo comporta la identificazione dei destinatari della formazione che si intende impartire. A chi è rivolto un percorso d’Istruzione Professionale? Potenzialmente a tutti. Sia quanti sono interessati ad apprendere competenze professionali per entrare nel mondo del lavoro, sia quanti già vi sono inseriti e desiderano affinare, aggiornare, specializzare, perfezionare le competenze già possedute. Costantemente e con pedante pignoleria abbiamo fatto rilevare l’orario delle lezioni delle scuole esaminate. Se l’orario era “diurno” è evidente che il percorso formativo era riservato ad adolescenti; se invece le lezioni si svolgevano la sera o la domenica e i giorni festivi erano frequentate da giovani e anche meno giovani che il giorno erano impegnati in attività lavorative. Certo che non siamo di fronte ad una concezione da life learning, di apprendimento permanente lungo l’arco della vita. Tuttavia non siamo nemmeno negli ultimi decenni del ‘900, quando l’evoluzione tecnologica che investe prodotti e processi lavorativi con una rapidità tale da “obbligare” continuamente ad una rivisitazione e ad un azzeramento del proprio bagaglio di competenze, costantemente a rischio di obsolescenza e quindi di inutilizzabilità. Siamo ancora in un periodo in cui si ritene- 2 Giacomelli L., Il Regio Museo Industriale Italiano, in Castelnuovo E. - E. Pagella (a cura di), Torino: prima capitale d’Italia, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 2010, p. 118. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 550 22/12/22 13:34 551 va che il lavoro si imparasse on the job e pertanto vedere persone che la sera, dopo una giornata faticosa in laboratorio o a bottega, vanno a scuola è un fatto nuovo. Un confronto con il sistema della Pubblica Istruzione, in cui le lezioni si tenevano sempre ed ovunque in orario antimeridiano solo per giovani, rende la novità e la singolarità del fenomeno di persone che già lavorano ma tornano sui banchi di scuola. 2.3. Le offerte formative L’Istruzione Professionale di questi 40 anni comincia a differenziare ed articolare la propria offerta per rispondere ad esigenze di livelli professionali diversi. Pertanto, le sue attività possono essere distribuite in una scala “ascendente”, in percorsi di base (finalizzati a far acquisire competenze per lavori di tipo esecutivo), intermedi (per funzioni proprie del middle management) e superiori (per svolgere ruoli apicali). A fine secolo la distinzione tra i primi due gradi non è ancora ben definita. Senz’altro non lo è da un punto di vista formale, in quanto non è stata ufficialmente introdotta una classificazione tassonomica in base alle quale si può collocare una scuola o un’attività formativa nel primo o nel secondo grado. Inoltre, la pluralità di denominazioni usate per designare le stesse attività formative per il settore manifatturiero, sia quelle industriali, sia quelle artistico industriali, è ancora un fenomeno di confusione. C’è, però, qualche elemento, quale, ad esempio la scolarità di accesso richiesta, che offre preziosi indizi per una collocazione nel primo grado, dove è richiesto l’assolvimento dell’obbligo di istruzione (terza elementare) o nel secondo dove si richiede una scolarità maggiore (la quinta elementare o la scuola tecnica) o la partecipazione certificata a percorsi di primo grado. Per questo, Castelli, nel 19073, “in attesa di più semplice e precisa nomenclatura” propone e illustra4 la classificazione riportata nella Tabella 25 e che distribuisce 3 Maic, Notizie sulle condizioni dell’insegnamento industriale e commerciale in Italia ed in alcuni Stati esteri, op.cit., p. XXXIV. 4 Distribuisce le Scuole artistiche industriali nei tre gradi con queste considerazioni. «Troviamo cosi molte e modeste scuole di disegno, che per mezzo di esercitazioni serali e festive si propongono il fine di educare gli operai al buon gusto, al senso delle proporzioni, alla percezione giusta delle linee e dei colori, alla rappresentazione grafica delle cose che osservano. È la Scuola Elementare dell’Arte Industriale. Ma, dovunque favorevoli condizioni economiche e morali lo consentano, sorgono accanto alla scuola di disegno le officine, nelle quali si ha l’applicazione immediata dell’arte sotto la vigilanza dei professori di meccanica e di tecnologia e con la guida di abili maestri d’arte. Degno di osservazione è il fatto che parecchie di queste scuole semplici e pratiche sono mantenute, specie nelle province dell’Alta Italia, coi contributi delle società operaie, integrati dal concorso governativo e non sempre da sussidi di amministrazioni pubbliche del luogo. Da questa forma primitiva si svolgono gradatamente scuole più vigorose e complesse di Arte applicata all’industria. Alcune di esse, oltre ai diversi insegnamenti di arte e di alcune materie letterarie e scientifiche, hanno gabinetti e laboratori di chimica industriale e tante officine, quante sono le sezioni professionali dell’istituto. In qualche luogo scuola e officina sono specialmente indirizzate ai fini di un’arte sola, come accade a Torre del Greco per l’incisione del corallo, a Sorrento per i lavori di intaglio e di tarsia, a Volterra per i lavori in alabastro, CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 551 22/12/22 13:34 552 tutte le scuole di tutti i settori economici in tre gradi, ad esclusione delle professionali- femminili, per le quali propone non una articolazione gerarchica ma una distinzione per tipologia di insegnamenti impartiti (“donneschi”, commerciali e mix di “donneschi”, commerciali e industriali). ecc., ecc. Fioriscono altrove scuole di ceramica, di arti grafiche, di oreficeria, di merletti e via dicendo. Stanno al disopra le Scuole superiori d’arte applicata, che si propongono il fine di perfezionare, nel miglior modo possibile, le attitudini degli artefici, che si applicano a lavori, in cui l’arte può consociarsi più strettamente con l’industria e dare alla produzione quel suggello di buon gusto e di bellezza, che deve costituire il carattere e il pregio del lavoro italiano. Alcune di queste scuole hanno laboratori e officine; altre si con tentano di dare un’accurata e speciale educazione artistica agli artefici che sono già addetti al lavoro dell’oreficeria, delle arti grafiche, della ceramica, dell’ebanisteria, dell’incisione, ecc. Taluno di tali istituti ha una sezione magistrale per la preparazione dei professori di disegno nelle scuole d’arte applicata all’industria. (…). Un’altra vasta serie d’istituti si propone il fine di dare una conveniente istruzione tecnica e pratica agli operai e di apparecchiare per via di studi e di esercitazioni ben diretti tali lavoratori, che possano facilmente trasformarsi in capi di officina o in direttori di fabbrica. Cosiffatte scuole sono anch’esse dotate della massima libertà di atteggiamento per adattarsi alle tendenze, ai bisogni, alle facoltà economiche dei luoghi in cui sorgono per la tessitura, per la tipografia, per l’orologeria, per le industrie forestali…». La distribuzione delle scuole industriali nei tre gradi è accompagnata da queste osservazioni: «Vi sono […] scuole d’arti e mestieri, variamente ordinate e più o meno fornite di officine, di sussidi didattici, di strumenti da lavoro. Esse costituiscono il corso elementare della industria, e nel mentre sono fine a sé stesse, formando l’artigiano esperto e consapevole dei mezzi che adopera e del fine che deve conseguire, servono di preparazione ai più valenti, che aspirano di perfezionarsi negl’istituti industriali maggiori. Questi alla loro volta sono ordinati in modo da poter fornire al lavoro nazionale gli esecutori ed i capi, e qualche volta anche le persone che intendono impadronirsi del sapere e dell’esperienza che la scuola industriale impartisce prima di dedicare l’ingegno, l’opera, i capitali a nuove iniziative. Da queste scuole di secondo grado escono giovani, capaci di esercitare uffici direttivi in riparti di lavoro speciale nelle fabbriche e di capi officina nelle scuole di arti e mestieri. Alcuni più colti e valorosi sono ammessi nei politecnici, in Italia e fuori, e conseguono con onore il titolo d’ingegneri industriali. Fra le scuole per le industrie meritano speciale menzione quelle speciali, che si occupano cioè del perfezionamento di un’arte sola. [...] le scuole e le stazioni per la concia e per la tintura delle pelli, ecc. Il tipo delle scuole superiori industriali, o scuole di applicazione, fu rappresentato fin qui dal Regio Museo industriale di Torino». Anche le scuole commerciali sono distribuite all’interno di tre classi: «La prima comprende le inferiori, che si propongono di fornire alle aziende il numeroso personale degli agenti, dei commessi, dei computisti, nel mentre, per i migliori, servono di preparazione a studi più alti. La seconda e delle scuole medie di commercio, che sono predisposte al fine di apparecchiare commercianti cosi istruiti ed esperti, che, appena usciti dalla scuola, possono essere occupati in tutte quante le operazioni, che hanno attinenza col commercio all’interno ed all’estero. La categoria, infine, delle scuole superiori di commercio è destinata a creare, per dir così, la classe dirigente da preporre agli uffici ed alle amministrazioni, cui mettono capo i maggiori interessi dell’economia nazionale; essa costituisce lo stato maggiore della milizia esercitata e pronta a quelle gare fra le genti civili, che la civiltà moderna promuove e commenda». E per ciascuna scuola superiore Castelli precisa le mission formative: «Quella di Bari si sta riordinando per assumere forme più precise e più energico atteggiamento con un meditato programma d’azione economica fra il mezzogiorno d’Italia e il bacino orientale del Mediterraneo. Finalmente l’Istituto superiore di Roma ha ricevuto un ordinamento tutt’affatto diverso da quello delle altre scuole superiori, essendo specialmente destinato a preparare il personale idoneo alle molteplici e gravi funzioni di carattere economico e sociale, che sono proprie delle grandi amministrazioni dello Stato. Tanto che si può sicuramente affermare che nessuna di tali scuole ė duplicazione di un’altra». CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 552 22/12/22 13:34 553 Tabella n. 25 - Classificazione delle scuole di Istruzione Professionale (Castelli, 1907) A SCUOLE ARTISTICHE INDUSTRIALI 1° grado Scuole di disegno per gli operai 2° grado Scuole con insegnamenti più estesi di disegno e di modellazione con o senza opifici 3° grado Scuole superiori d’arte applicata all’industria con o senza laboratori ed officine B SCUOLE INDUSTRIALI 1° grado Scuole d’arti e mestieri 2° grado Istituti industriali 3° grado Istituti industriali superiori C SCUOLE DI COMMERCIO 1° grado Scuole commerciali inferiori 2° grado Scuole commerciali media 3° grado Scuole Superiori di Commercio D SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1a categoria Scuole speciali di lavori donneschi 2a categoria Scuole di Commercio 3a categoria Scuole professionali complete, con sezioni di commercio, di lavori, industrie, professioni donnesche Al di là dei problemi classificatori resta un dato di fondo: in questi primi quarant’anni dell’Italia unita si ha una chiara consapevolezza che l’Istruzione Professionale di competenza del MAIC riguardi tutti i settori, tutti i processi lavorativi e tutti i ruoli professionali del mondo produttivo. Un’attenzione particolare, l’Istruzione Professionale il MAIC la riserva anche a coloro che non sono ancora occupati nel mercato del lavoro e che, per storie personali, rischiano di non entrarvi. Facciamo riferimento ai tanti ragazzi e alle tante ragazze in istituti di correzione; si pensi alle numerose colonie agricole! Per loro l’Istruzione Professionale aveva senz’altro una funzione propedeutica al lavoro, ma anche di recupero per scongiurare situazioni di devianza e di marginalità. 2.4. La didattica Su questo versante abbiamo riscontrato due caratteristiche fondamentali, diremmo costitutive, dell’Istruzione Professionale presenti nei decenni considerati: 1) la dimensione localistica per cui le scuole nella elaborazione e realizzazione dei programmi didattici godono della più ampia autonomia; 2) la dimensione “tecnologica” per cui si privilegia l’insegnamento pratico su quello teorico e l’apprendimento delle competenze relative al fare su quelle relative al conoscere. 1) Abbiamo indicato per ciascuna scuola professionale gli insegnamenti che vi si impartivano. Ebbene, a parte le scuole agricole create o riordinate con un R.D. che indicava alcune “materie” comuni a tutte le scuole pratiche e speciali, per quanto riguarda le scuole commerciali, industriali e femminili non abbiamo riscontrato due percorsi uguali. Simili sì, ma identici mai. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 553 22/12/22 13:34 554 Evidente la differente impostazione con il sistema della Pubblica Istruzione dove vigeva la più rigorosa uniformità didattica per cui tutte le scuole del regno, da Nord a Sud, erano tenute a “svolgere” i programmi elaborati a Roma. Nell’Istruzione Professionale invece i percorsi formativi erano progettati e realizzati autonomamente a livello locale dai soggetti che gestivano la scuola. Nel sistema scolastico della P.I. gli obiettivi formativi dei programmi didattici erano di natura culturale-scientifica, e quindi con validità universale; nell’Istruzione Professionale le finalità dei progetti formativi erano di carattere tecnico-professionale e quindi con specificità territoriali. Per questo Castelli afferma: «È da considerare innanzi tutto che le scuole hanno la massima libertà di atteggiarsi e di svolgersi secondo le attitudini e i bisogni delle classi lavoratrici e l’evoluzione naturale delle industrie in ciascun comune. Sono perciò dotate di una perfetta autonomia sotto la vigilanza dello Stato». 2) Se osserviamo il quadro degli insegnamenti di ciascuna scuola possiamo notare come quelli “operativi”, cioè quelli definiti “materie pratiche” o erano le sole impartite o erano le più numerose e comunque le più importanti. Non mancavano insegnamenti scientifici, ma venivano proposti solo quelli necessari, o almeno utili, ad una maggiore comprensione dei processi lavorativi. Per questo più che di “materie” si dovrebbe parlare di “aree disciplinari”. Nel senso che non si insegnava tutta la “fisica”, ma quelle parti della fisica che potevano interessare il lavoro a cui la scuola preparava. Non si insegnava tutta l’“economia”, ma quella parte di questa disciplina che poteva avere attinenza con ruoli e compiti professionali che avrebbero svolto gli allievi nel mercato del lavoro. Accanto agl’insegnamenti scientifici spesso c’erano anche insegnamenti riconducibili ad un bagaglio culturale di base (Italiano, Storia, Geografia, Aritmetica, Calligrafia…). Si trattava per lo più di una strategia didattica per rinforzare la gracile dotazione scolastica degli allievi. Molti si erano fermati alla terza elementare. E per i tanti che non avevano avuto nemmeno questa opportunità in alcune scuole, prima di iniziare un percorso professionale, veniva proposto un corso equivalente alla scuola dell’obbligo. 3) Da segnalare che accanto a programmazioni didattiche elaborate secondo una prospettiva lineare (che segue la linea della logica disciplinare) in alcune scuole fa la prima apparizione la prospettiva modulare, nella quale gli utenti possono uscire dopo un modulo (insieme di insegnamenti teorico pratici che consentono l’acquisizione di competenze professionali spendibili in situazione lavorativa) e di rientrare per proseguire la qualificazione più elevata attraverso altri moduli. 2.5. I soggetti finanziatori e gestionali A questo tema abbiamo dato ampio rilievo, sia nel volume IV (1860-1879) sia nel presente volume (1880-1899). Infatti, la natura dei soggetti ha determinato uno dei criteri con cui classificare le scuole che in questo quarantennio hanno realizzato attività formative professionalizzanti. In base a tale criterio abbiamo visto che l’uni- CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 554 22/12/22 13:34 555 verso delle scuole istituite e/o riordinate in questo periodo poteva essere collocato o nelle scuole sussidiate dallo Stato o in quelle sussidiate da soggetti locali. In materia si possono avanzare queste considerazioni di carattere generale: 1) Abbiamo già detto che delle 642 scuole operative a fine secolo, di cui abbiamo raccontato le vicende iniziali, 338 appartengono alla prima categoria, quella delle scuole sostenute finanziariamente dal MAIC (il Ministero accorda un contributo annuo fisso, iscritto nel Bilancio nominativamente per ciascuna di loro) e 304, invece appartengono alla seconda categoria, quella delle scuole finanziariamente mantenute da soggetti locali. 2) Abbiamo ripetutamente affermato che la realtà verosimilmente, però, era un’altra da quella rappresentata dalle statistiche, in quanto i dati relativi alla seconda categoria sono sottodimensionati. Infatti, molte piccole realtà formative finanziate e gestite da soggetti locali non hanno lasciato traccia di sé. Una laboriosità benefica e provvidenziale, per la vita professionale e civile di numerosi utenti e per l’economia dei territori dove operavano, ma che non ha lasciato una documentazione sistematica del proprio operato! E la Storia si fa sui documenti…. 3) Il “sostegno finanziario” da parte del MAIC e dei soggetti locali, però, non significa che tali soggetti limitino il loro intervento all’erogazione del sussidio, ma anche che partecipino al governo e al controllo gestionale amministrativo delle scuole mediante loro rappresentanti nel Consiglio Direttivo. 4) All’interno della prima categoria dobbiamo distinguere le scuole che ricevono solo un contributo finanziario da quelle nelle quali la partecipazione ministeriale è più consistente e che si esprime non solo nel sostegno economico, ma anche nella regolamentazione della didattica e delle modalità di reclutamento del personale (mediante concorso pubblico), nell’attività di controllo amministrativo-gestionale (mediante suoi rappresentanti nei Consigli direttivi) e nella revisione dei rendiconti. La istituzione o il riordinamento di queste scuole avviene mediante Decreti legge. Per tutte queste caratteristiche le abbiamo denominate “governative”. 5) Caratteristica comune di quasi tutte le scuole dell’una e dell’altra categoria, anche di quelle governative, è la formula gestionale “consorziale” per cui alla loro istituzione, al loro funzionamento annuale e al loro governo provvedevano soggetti diversi, tra loro associati. Abbiamo visto in questi quaranta anni una pluralità straordinaria di tipi di consorzi. Consorzi tra soggetti di governo centrale (MAIC) e territoriale (Province e Comune), enti autonomi di diritto pubblico che CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 555 22/12/22 13:34 556 svolgono funzioni di interesse generale a livello provinciale (Camera di Commercio) o comunale (Congregazioni di carità). Ma anche Consorzi tra enti pubblici e soggetti privati. 6) La denominazione di soggetti privati, anche se giuridicamente è corretta, non coglie bene la loro fisionomia e non caratterizza a pieno la loro operatività. Oggi, infatti, preferiremmo chiamarli soggetti del privato sociale, in quanto svolgevano una funzione di pubblica utilità. Sotto tali dizioni comprendiamo, in particolare, le associazioni dei lavoratori, gli enti morali e le congregazioni religiose. Ciascuna di loro si muoveva in relazioni a preoccupazioni ed interessi diversi: le associazioni dei lavoratori per la valorizzazione professionale dei propri aderenti5, enti morali per finalità filantropiche ed umanitarie6 e le Congregazioni religiose per finalità educative d’ispirazione cattolica; molte di queste, peraltro, erano nate ed avevano come carisma proprio la formazione professionale (ricordiamo: i Salesiani e le Salesiane di Don Bosco, i Giuseppini del Murialdo, i Somaschi, i Pavoniani, gli Stimmatini, le Canossiane…)7. 7) Le Congregazioni meritano considerazioni più approfondite. Dopo l’unità d’Italia il mondo cattolico perde il monopolio sull’istruzione, sia primaria che secondaria8. La nuova classe dirigente, in prevalenza formata da iscritti alla massoneria,9 aveva consapevolmente e pervicacemente perseguito questo obiettivo: «[...] quando l’Italia ebbe un primo assetto civile, quand’essa potè riordinare le sue forze, l’insegnamento fu quasi ovunque tolto dalle mani delle corporazioni religiose e confidate alle cure dei laici». Questa operazione di laicizzazione delle strutture formative da parte del nuovo Stato non riguarda l’Istruzione Professionale portata avanti dalle Congregazioni Religiose, per due ordini di motivi: uno finanziario ed uno culturale. Il primo: le attività delle Congregazioni non gravavano sulle casse pubbliche e quindi non beneficiando di finanziamenti e sussidi statali, provinciali e comunali, potevano svolgere le loro attività professionalizzanti. Il secondo: le Congregazioni operavano nelle scuole professionali che abbiamo definite di base, cioè in quelle tipologie di scuole, che la cultura del tempo vedeva solo come momento di apprendimento di competenze operativo-manuali (dimensione addestrativa) e non a come occasione educativa (dimensione formativa) erano luoghi, quindi, che non rappresentavano rischi di “indrottrinamento oscurantista cattolico” come si sarebbe espressa la stampa massonica. Anzi in questo periodo le attività delle Congregazioni in questo campo si espandono. Le norme del 1866 (R.D. n. 3036/66 in esecuzione della L. 2987/66) risparmiavano dalla soppressione (e re- 5 Volume IV, Capitolo II, paragrafo 4.3. 6 Volume IV, Capitolo II, paragrafo 3.4. 7 Volume IV, Capitolo I, paragrafo 4.2; Capitolo II, paragrafo 3.2. 8 Volume IV, Capitolo I, Introduzione, punto 7. 9 In tutte le note biografiche dei personaggi menzionati abbiamo rilevato la loro eventuale affiliazione. Abbiamo, così, potuto constatare che la grande maggioranza di loro era iscritto ad una loggia massonica. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 556 22/12/22 13:34 557 lativo incameramento di beni immobili) gli Ordini e le Congregazioni impegnati in attività d’istruzione. Alcune di loro per sfuggire alle norme che ne cancellava l’esistenza e l’operato, cominciarono a dedicarsi ad attività formative.10 2.6. Il governo e la regolamentazione del settore L’Istruzione Professionale post-unitaria è stata costruita su questi provvedimenti normativi: - R.D. n. 4192 del 1860: istituzione del MAIC e definizione delle sue competenze; - R.D. n. 4498 del 1878: ricostituzione del MAIC (dopo la momentanea soppressione del 1877) e ridefinizione delle sue attribuzioni; - Circolare del Ministro Cairoli del 1879 sulle Scuole di arti e mestieri e Scuole applicate all’industria; - Circolare del Ministro Miceli del 1880 sulle Scuole di arti e mestieri e Scuole applicate all’industria; - L. n. 3148 del 1885 sulle Scuole Pratiche e Scuole speciali agricole. Per quanto riguarda l’oggetto delle norme, si può notare che due provvedimenti (decreti) riguardavano il soggetto istituzionale competente del settore a livello di governo centrale e tre (una legge e due circolari) le attività formative. Per quanto riguarda lo strumento formale normativo, si può osservare che solo le scuole di agricoltura potevano contare su una legge, mentre le scuole industriali erano regolamentate solo da circolari ministeriali e le scuole femminili nemmeno su quelle. Infatti, erano prive di una regolamentazione specifica. È lecito concludere, pertanto, che l’intero settore poggiava su un humus normativo fragile e dettato più dalle circostanze che da un disegno preventivo. Questo fatto, però, invece di depotenziare il ruolo e l’efficacia di governo del MAIC finisce, paradossalmente, per aumentarle. Infatti, il MAIC governa la prima area gestionale (quella che riceve sussidi iscritti nel Bilancio dello Stato) più che con strumenti formali di regolamentazione in quanto organo finanziatore delle scuole. In altri termini era la qualità di erogatore di finanziamenti che poneva il MAIC nella situazione di governare il settore senza incontrare sostanziali limitazioni. Infatti, dal momento che il Ministero assicurava il proprio “fondamentale” contributo finanziario era lui, attraverso l’agile strumento del Regio Decreto, a decidere la nascita o il riordinamento di una scuola e a determinarne i meccanismi di funzionamento (approvazione del programma didattico, partecipazione alle operazioni di reclutamento del personale, vigilanza sull’andamento organizzativo-gestionale-amministrativo e controllo della rendicontazione)11. 10 In molti monasteri di clausura, ad esempio, le suore misero a frutto le competenze “secolari” nel ricamo a favore delle giovani che desiderassero imparare questo mestiere-arte. 11 Volume IV, Capitolo II, paragrafo 5.2., p. 467. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 557 22/12/22 13:34 558 Abbiamo iniziato queste considerazioni conclusive con una domanda: cosa manca all’Istruzione Professionale come si è configurata nei primi 40 anni dell’Unità d’Italia, per essere considerata a tutti gli effetti un sistema formativo compiutamente definito? Abbiamo visto come delle 642 scuole di cui abbiamo ricostruito le vicende iniziali 338 erano sussidiate dallo Stato e 304 da soggetti locali. Abbiamo ripetutamente affermato che questa seconda area è abbondantemente sottodimensionata. Questo rappresenta un fenomeno altamente problematico. Lo Stato ignora la maggior parte delle scuole che perseguono finalità professionalizzanti. Non solo perché non le sostiene finanziariamente, ma anche e soprattutto perché non le riserva nessuna considerazione normativa. Eppure, questa moltitudine di iniziative, anche se con livelli di efficienza diversi, contribuiva al benessere dei cittadini e all’incremento dell’economia. Altro elemento ancora mancante è un sistema classificatorio delle attività formative ufficialmente definito dal MAIC e non ricostruito a posteriori, come quello di Castelli (prezioso, ma costituisce pur sempre una lettura dell’esistente). Infine, dovrebbe essere meglio definito tutto il sistema delle certificazioni acquisite nei percorsi di Istruzione Professionale e la sua possibile spendibilità anche nel sistema della Pubblica Istruzione. CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 558 22/12/22 13:34 ALLEGATO N. 1 LE SCUOLE PROFESSIONALI OPERATIVE A FINE ‘800 IN CIASCUN COMPARTIMENTO Variabili considerate: - Tipologia di scuola (valori assoluti) - Tipologia di gestione (elenco) - Distribuzione per Province (valori %) - Distribuzione per settori (valori %) ALLEGATO TAVOLE STATISTICHE LE SCUOLE PROFESSIONALI OPERATIVE A FINE ’800 IN CIASCUN COMPARTO DEL REGNO CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 559 22/12/22 13:34 560 COMPARTIMENTO: PIEMONTE PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI ALESSANDRIA A - - - - - 2 - 3 - - 1 - 6 B - - - - - 1 - 4 - - 1 - 6 CUNEO A - 1 - - - 4 - - - - - - 5 B - - - - - - 1 - - - 1 2 NOVARA A - - - - 5 - 4 1 - - - 10 B - - - - - 1 - 9 - - 1 - 11 TORINO A - - 1 - 1 2 - 2 1 - - 1 8 B - - 3 © - - 1 - - - - 4 1 9 PIEMONTE A 1 1 - 1 13 - 9 2 - 1 1 29 B - - 3 © - - 3 - 15 - - 6 2 29 TOT. A+B - 1 4 - 1 16 - 24 2 - 7 3 58 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 5 - 17 26 7 3 58 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 560 22/12/22 13:34 561 Segue Compartimento Piemonte A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.2. ALBA; A.2. Colonie: RIVOLI, TORINO; A.3. CALUSO; A.5. TORINO; A.6. ACQUI, ALESSANDRIA, PALLANZA, BIELLA, CAMPIGLIA CERVO, CUNEO, DOMODOSSOLA, INTRA, MONDOVÌ, SALUZZO, SAVIGLIANO, TORINO (2), VERCELLI; A.8. CANNOBIO, CASTELLAMONTE, CASTELNUOVO SCRIVIA, VERCELLI, NOLA, GATTINARA, IVREA, NIZZA MONFERRATO, SAN SALVATORE MONFERRATO, TORINO; A.9. NOVARA; A.11. ALESSANDRIA, TORINO B.3. Colonie: CHIERI, RIVOLI, CASALE MONFERRATO; B.6. CASALE MONFERRATO, TORINO, NOVARA; B.8. ROSSA, CASALMONFERRATO, CASTELLAZZO BORMIDA, RACCONIGI, ANDORNO BIELLESE, CALLABIANA, TAVIGLIANO STRESA, PALLANZA, CAMPERTOGNO, BORGOSESIA, VERCELLI, STRESA, VALDUGGIA; B.11. TORINO (4), CASALE MONFERRATO; B.12. NOVARA, TORINO, CUNEO Grafico n. 1 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 2 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 21 12 37 17 0 5 10 15 20 25 30 35 40 Alessandria Cuneo Novara Torino 9 30 44 12 5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 Agricole Industriali Artistico Industriali Commerciali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 561 22/12/22 13:34 562 COMPARTIMENTO: LIGURIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI GENOVA A - - 1 - 1 2 - - 2 1 1 3 11 B - - 1 - - 1 - 6 - - - 4 12 PORTO MAURIZIO A - - - - - 1 - - - - - - 1 B - - - - - - - - - - - - - LIGURIA A - 1 - 1 3 - - 2 1 1 3 12 B - - 1 - - 1 - 6 - - - 4 12 TOT. A+B - - 2 - 1 4 - 6 2 1 1 7 24 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 2 - 5 8 2 7 24 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 562 22/12/22 13:34 563 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.3. SANT’ILARIO LIGURE; A.5. GENOVA; A.6. CHIAVARI, SAVONA, SPEZIA; A.9. CHIAVARI, LAVAGNA; A.11. GENOVA (2); A.12. GENOVA (3) B.3. ALBISSOLA SUPERIORE; B.5. SANPIERDARENA; B.8. GENOVA (2), LAVAGNA, SAMPIERDARENA, SPEZIA, SARZANA; B.12. SAMPIERDARENA (2), VOLTRI, PRA Grafico n. 3 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 4 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 96 12 0 20 40 60 80 100 120 Genova Porto Maurizio 9 21 34 8 5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 Agricole Industriali Artistico Industriali Commerciali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 563 22/12/22 13:34 564 COMPARTIMENTO: LOMBARDIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI BERGAMO A - - 1 - - 1 - 3 - - - - 5 B - - - - - - - 3 - - - - 3 BRESCIA A - - 1 - - 1 - 8 1 - 2 1 14 B - - - - - 3 - 7 1 - 3 4 18 COMO A - - - - - 1 - 17 2 - - - 20 B - - - - - - - 14 1 - - 2 17 CREMONA A - - - - - 1 - - - - 2 1 4 B - - - - - 1 - 5 - - - 5 11 MANTOVA A - - - - - 1 - 4 - - 1 - 6 B - - 1 - - 1 - 6 - - - - 8 MILANO A 1 - - - - 3 1 15 1 - 1 2 24 B - - 1 - - 2 - 3 1 - 3 2 12 PAVIA A - - 1 - - 1 - 2 1 - - - 5 B - - - - - - - 1 - - 1 - 2 SONDRIO A - - - - - - - - - - - - - B - - - - - - - - - - - - - LOMBARDIA A 1 - 3 - - 9 1 49 5 - 6 4 78 B - - 2 - - 7 - 39 3 - 7 13 71 TOT. A+B 1 - 5 - - 16 1 88 8 - 13 17 149 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 6 - 16 97 13 17 149 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 564 22/12/22 13:34 565 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.1. MILANO; A.3. GRUMELLO DEL MONTE, BRESCIA, VOGHERA; A.6. BERGAMO, CASALPUSTERLENGO, COMO, CREMONA, STRADELLA, GARDONE VAL TROMPIA, MILANO (3), SUZZARA; A.7. MILANO; A.8. ALBIOLO, ARCISATE, MARCHIROLO, ROVELLASCA, CABIATE, CERMENATE, BARLASSINA, BESANA, ASSO, ERBA, LAVENO, LUINO, MERATE, VIGGIÙ, CANZO, BESOZZO, BINAGO, BRESCIA (2), SALÒ, ORZINUOVI, ROVATO, BRENO, DESENZANO, VIRLE TRE PONTI, BERGAMO (2), CLUSONE, CASTIGLIONE, CESANO, GUIDIZZOLO, S. MARTINO, MALNATE, VIMERCATE, CAMNAGO, SEVESO, SARONNO, LISSONE, MILANO (2), MONZA, BRENNO, BUSTO, CADERO, CANOBBIO, GALLARATE, GARMIGNASCA, STRADELLA, BELGIOIOSO; A.9. CANTÙ, LECCO, BRESCIA, VARESE; A.11. BRESCIA (2), CREMONA, MANTOVA, PAVIA, CREMA; A.12. MILANO (2) B.3. VARESE, VIADANA; B.8. MARIANO COMENSE, UGGIATE, LECCO, BESOZZO, BINAGO, BISUSCHIO, INDUNO DI OLONA, BRUSIMPIANO, MACCAGNO SUPERIORE, LANZO INTELVI, ANGUERA, CERNOBBIO, COMO, DRANO, REZZATO, CHIARI, BRESCIA, CARPENEDOLO, VEROLANUOVA, ORZINUOVI, ROVATO, CREMA, GUSSOLA, CASALMAGGIORE, SONCINO, OSTIANO, LOVERE, TREVIGLIO, CARAVAGGIO, MORTARA, BELGIOIOSO, CODOGNO, ABBIATEGRASSO, LENTATE SUL SEVESO, MANTOVA, SABBIONETA OSTIGLIA, VIADANA, GUIDIZZOLO, SAN MARTINO DALL’ARGINE; B.9. COMO, BRESCIA, PAVIA, MILANO; B.11. MILANO (2), PAVIA, BUSTO ARSIZIO; B.12. CREMONA (5), BRESCIA (3), COMO (2), MILANO (2); B.6. CREMONA, BRESCIA (3), MILANO, MANTOVA Grafico n. 5 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 6 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 5 32 26 10 9 24 4 0 5 10 15 20 25 30 35 4 11 65 9 1 0 10 20 30 40 50 60 70 Agricole Industriali Artistico Industriali Commerciali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 565 22/12/22 13:34 566 COMPARTIMENTO: VENETO PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI BELLUNO A - - - 1 - 2 - 5 - - - - 8 B - - - - - - - 1 - - - - 1 PADOVA A - - 1 - - - - 1 2 - 1 1 6 B - - - - - - - 2 - - - 3 5 ROVIGO A - - - - - - - 1 - - 1 - 2 B - - - - - - - 2 - - - - 2 TREVISO A - 1 - - - 2 - 1 - - - - 4 B - - - - - 1 - 2 - - - 4 7 UDINE A - - 1 - - 1 - 7 2 - 1 - 12 B - - - - - 1 - 1 - - - 1 3 VENEZIA A - - - - - 5 1 3 - 1 - - 10 B - 2 2 - - - - 2 - - - 5 11 VERONA A - - - - - - - 1 1 - 1 - 3 B - - - - - 1 - - - - - 1 2 VICENZA A - - - - - 1 - 2 1 - - - 4 B - - - - - - - 1 - - - 1 2 VENETO A - 1 2 1 - 11 1 21 6 1 4 1 49 B - 2 2 - - 3 - 11 - - - 14 32 TOT. A+B - 3 4 1 - 14 1 32 6 6 1 4 72 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 7 1 14 39 5 15 81 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 566 22/12/22 13:34 567 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.2. CONEGLIANO; A.3. BRUSEGANA, POZZUOLO DEL FRIULI; A.4. AGORDO; A.6. BELLUNO, FELTRE, TREVISO, UDINE, VICENZA, VITTORIO; A.7. AMPEZZO, VENEZIA; A.8. AORONZO, FONZASO, LORENZAGO, PIEVE DI CADORE, SAN VITO AL CADORE, BORCA, BADIA POLESINE, PRATO CARNICO, GEMONA, SAN DANIELE F., SPILIMBERGO, SUTRIO, TARCETO, TOLMEZZO, CONEGLIANO, VERONA, NOVE, VALDUGGIA; A.9. CITTADELLA, PADOVA, PORDENONE, CIVIDALE, MURANO, VICENZA SUPERIORE, NOVE, PORDENONE, SANT’AMBROGIO DI VALPOLICELLA, SPILIMBERGO; A.10. VENEZIA; A.11. BADIA POLESINE, PORDENONE, PADOVA, VERONA; A.12. PADOVA B.3. VENEZIA (2); B.6. LONGARONE, ESTE, MONTAGNANA; B.8. LONGARONE, ESTE, MONTAGNANA, CRESPINO, POLESELLA, ODERZO, PIEVE DI SOLIGO, SAN VITO AL TAGLIAMENTO, LEGNANO, MIRANO, VENEZIA, CAVERZERE, SCHIO B.11. VERONA; B.12. UDINE, TREVISO, CRESPANO VENETO, BIGOLINO DI VALDOBBIADENE, VALDOBBIADENE, OVADA, MONSELICE, ESTE, VENEZIA (5), SCHIO Grafico n. 7 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 8 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 9 11 4 11 15 21 5 6 0 5 10 15 20 25 Belluno Padova Rovigo Treviso Udine Venezia Verona Vicenza 7 14 39 5 15 1 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Commerciali Femminili Minerarie CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 567 22/12/22 13:34 568 COMPARTIMENTO: EMILIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI BOLOGNA A - - 1 - - 2 - 2 1 - - 1 7 B - - - - - - - 1 - - - - 1 FERRARA A - - - - - - - 1 1 - - - 2 B - - - - - - - - - - - - - FORLÌ A - - 1 - - 3 - 1 - - - - 5 B - - - - - - - 3 - - - - 3 MODENA A - - - - - - - 1 - - - - 1 B - - - - - - - - 1 - - - 1 PARMA A - - 1 - - - - - - - - - 1 B - - - - - - - - - - 2 11 13 RAVENNA A - - - - - 1 - 1 - - - - 2 B - - - - - 1 - 2 1 - - 5 9 REGGIO-EMILIA A - 1 - - - - - 1 2 - - - 4 B - - - - - - - 2 - - - - 2 EMILIA A - 1 3 - - 6 - 7 6 - - 1 24 B - - - - - 1 - 8 - - 2 16 27 TOT. A+B - 1 3 - - 7 - 15 6 - 2 17 51 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 4 - 7 21 2 17 51 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 568 22/12/22 13:34 569 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.2. REGGIO EMILIA; A.3. CESENA, IMOLA, BORGONOVO VAL TIDONE; A.6. BOLOGNA, IMOLA, RIMINI (2), FORLÌ; A.8. CREVALCORE, BOLOGNA, CENTO, FAENZA, SPILAMBERTO, BAGNACAVALLO, GUASTALLA; A.9. BOLOGNA, FERRARA; A.10. BOLOGNA, RUSSI, LUZZARA; A.12. PARMA, PIACENZA B.6. CESENA; B.8. S. GIOVANNI IN PERSICETO, CARPI, VERUCCHIO, CASTEL BOLOGNESE, RUSSI, REGGIO EMILIA, CORREGGIO, SAN MAURO DI ROMAGNA; B.9. MODENA; B.12. PIACENZA (11), BAGNACAVALLO, CASTEL BOLOGNESE, PARMA, RAVENNA (2), COTIGNOLA Grafico n. 9 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 10 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 16 4 14 4 28 22 12 0 5 10 15 20 25 30 Bologna Ferrara Forlì Modena Parma Ravenna Reggio Emilia 8 14 40 4 1 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Commerciali Minerarie CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 569 22/12/22 13:34 570 COMPARTIMENTO: TOSCANA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI AREZZO A - - 1 - - 1 - 1 - - - - 3 B - - 2 - - - - - - - - - 2 FIRENZE A 1 1 1 - - 2 1 1 1 - 2 3 13 B - - 2 - - 4 - - 2 - 4 5 17 GROSSETO A - - - - - - - 3 - - - - 3 B - - 1 © - - - - - - - - - 1 LIVORNO A - - - - - 1 - - - - - - 1 B - - - - - - - - 1 - - 2 3 LUCCA A - - - - - - - 1 - - - - 1 B - - - - - - - 1 - - - - 1 MASSA E CARRARA A - - - - - - - 1 - - - - 1 B - - - - - - - 2 1 - - 2 5 PISA A - - - - - 2 - 2 - - - 1 5 B - - - - - - - - 1 - 1 - 2 SIENA A - - 1 - - 2 - - - - - 1 4 B - - - - - - - 2 - - - 2 4 TOSCANA A 1 1 3 - - 8 1 9 1 - 2 4 30 B - - 4 + 1 © - - 4 - 5 5 - 5 12 36 TOT. A+B 1 1 8 - - 12 1 14 6 - 7 16 66 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 10 - 12 21 7 16 66 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 570 22/12/22 13:34 571 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.1. FIRENZE (VALLOMBROSA); A.2. FIRENZE; A.3. MONTEPULCIANO; A.6. AREZZO, COLLE DI VAL D’ELSA, LIVORNO, PISA, PISTOIA, PONTEDERA, PRATO, SIENA; A.7. FIRENZE; A.8. SESTINO, MANCIANO, ORBETELLO, GROSSETO, BARGA, CARRARA, CASCINA, SESTO FIORENTINO, POGGIBONSI; A.9. FIRENZE, VOLTERRA; A.11. FIRENZE (2); A.12. FIRENZE (3), PISA, SIENA B.3. BARULLO, SCANDICCI, CORTONA, SIGNA; B.3. Colonie: SCANSANO; B.6. PRATO, FIRENZE (2), BARBERINO; B.8. COREGLIA ANTEMINELLI, FIVIZZANO, CASTELNUOVO DI GARFAGNA, MONTEPULCIANO, SAN GIMIGNANO; B.9. FIRENZE (2), LIVORNO, PESCIA; B.11. FIRENZE (3), PISA, PRATO; B.12. LIVORNO (2), PRATO, MONTEPULCIANO, MASSA, CARRARA, FIRENZE (5), SINALUNGA Grafico n. 11 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 12 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 7 45 6 6 3 10 11 12 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 16 18 32 10 24 0 5 10 15 20 25 30 35 Agricole Industriali Artistico Industriali Commerciali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 571 22/12/22 13:34 572 COMPARTIMENTO: MARCHE PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI ANCONA A - - 1 - - 1 - - - - - - 2 B - - - - - 1 - - - - - - 1 ASCOLI PICENO A - - 1 - - 1 - 1 - - - - 3 B - - - - - - - 1 - - - 2 3 MACERATA A - - 1 - - 1 - 1 1 - - - 4 B - - 1 © - - - - - - - - - 1 PESARO URBINO A - - 1 - - 1 - 1 4 - - - 7 B - - 1 © - - - - - - - - - 1 MARCHE A - - 4 - - 4 - 3 1 - - - 12 B - - 2 © - - 1 - 1 4 - - 2 10 TOT. A+B - - 6 - - 5 - 4 5 - - 2 22 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 6 - 5 9 - 2 22 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 572 22/12/22 13:34 573 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.3. ASCOLI PICENO, FABRIANO, MACERATA, PESARO; A.6. FABRIANO, FERMO; A.8. RIPATRANSONE, PORTO RECANATI, CAGLI A.9. CAGLI, FANO, FOSSOMBRONE, MACERATA, MACERATA FELTRIA, PERGOLA, PESARO, PORTO RECANATI, POTENZA PICENA, SANT’ANGELO IN VADO B.3. Colonie: PESARO, CINGOLI; B.6. ANCONA; B.8. ASCOLI PICENO; B.12. GROTTAMMARE, SAN BENEDETTO DEL TRONTO Grafico n. 13 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 14 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 14 23 36 27 0 5 10 15 20 25 30 35 40 Ancona Macerata Pesaro Ascoli Piceno 27 23 41 9 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 573 22/12/22 13:34 574 COMPARTIMENTO: UMBRIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI PERUGIA A - - 1 - - 2 - 2 - - - - 5 B - - 3 © - - - - 3 - - - 1 7 UMBRIA A - - 1 - - 2 - 2 - - - - 5 B - - 3 © - - - - 3 - - - 1 7 TOT. A+B - - 4 - - 2 - 5 - - - 1 12 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 4 - 2 5 - 1 12 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 574 22/12/22 13:34 575 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.3. TODI; A.6. FOLIGNO, SPOLETO, TERNI; A.8. NARNI, SPELLO B.3. Colonie: TODI, ASSISI, PERUGIA; B.8. GUALDO TADINO, ASSISI, ORVIETO; B.12. ASSISI Grafico n. 15 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 35 17 40 9 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 575 22/12/22 13:34 576 COMPARTIMENTO: LAZIO PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI ROMA A - - 1 - - 4 1 1 - - 3 2 12 B - - - - - 7 - 1 - - 1 6 15 LAZIO A - - 1 - - 4 1 1 - - 3 2 12 B - - - - - 7 - 1 - - 1 6 15 TOT. A+B - - 1 - - 11 1 2 - - 4 8 27 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 - 11 3 4 8 27 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 576 22/12/22 13:34 577 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.3. ROMA; A.6. ARPINO, ROMA (2), VITERBO; A.7. ROMA; A.8. VELLETRI; A.9. ROMA; A.10. ROMA; A.11. ROMA (2); A.12. ROMA (3) B.8. ROMA; B.11. ROMA; B.12. ROMA (6) Grafico n. 16 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 4 41 11 15 29 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Commerciali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 577 22/12/22 13:34 578 COMPARTIMENTO: ABRUZZO E MOLISE PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI L’AQUILA A - - - - - 2 - - - - - - 2 B - - - - - - - - - - - - - CAMPOBASSO A - - - - - - - - - - - - - B - - - - - - - - - - - - - CHIETI A - - 1 - - 1 - 2 3 - - 1 8 B - - - - - - - - - - - - - TERAMO A - - 1 - - - - - - - - - 1 B - - - - - - - - - - - - - ABRUZZO E MOLISE A - - 2 - - 3 - 2 3 - - 1 11 B - - - - - - - - - - - - - TOT. A+B - - 2 - - 3 - 2 3 - - 1 11 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 2 - 3 5 - 1 11 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 578 22/12/22 13:34 579 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.3. ALANNO, SCERNI; A.6. L’AQUILA, CHIETI, SULMONA; A.8. ORTONA A MARE, VASTO; A.9. LANCIANO, CHIETI, PENNE Grafico n. 17 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 18 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 18 0 73 9 0 10 20 30 40 50 60 70 80 L'Aquila Campobasso Chieti Teramo 27 23 41 9 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 579 22/12/22 13:34 580 COMPARTIMENTO: CAMPANIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI AVELLINO A - 1 - - - - - - 1 - - - 2 B - - - - - - - - - - - - - BENEVENTO A - - - - - - - - - - - - - B - - - - - - - - - - - - - CASERTA A - - 1 - - - - - 1 - - - 2 B - - 1 - - - - 1 1 - - 1 4 NAPOLI A 1 - 1 - - 6 1 4 2 - 2 2 19 B - - 3 - - - - 1 3 - - - 7 SALERNO A - - 1 - - 1 - - - - - - 2 B - - - - - - - - - - - - - CAMPANIA A 1 1 3 - - 7 1 4 4 - 2 2 25 B - - 4 - - - - 2 4 - - 1 11 TOT. A+B 1 1 7 - - 7 1 6 8 - 2 3 36 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 9 - 7 15 2 3 36 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 580 22/12/22 13:34 581 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.1. PORTICI; A.2. AVELLINO; A.3. EBOLI, PIEDIMONTE D’ALIFE, PORTICI; A.6. AVERSA, NAPOLI (4), SALERNO, SAN GIOVANNI A TEDUCCIO, TORRE ANNUNZIATA; A.8. CASTELLAMARE DI STABIA, NAPOLI, PORTICI, POZZUOLI; A.9. AVERSA, TORRE DEL GRECO, SORRENTO, AVELLINO, POZZUOLI; A.11. NAPOLI (2) B.3. NAPOLI (3), CASERTA; B.8. CARDITO, CAPUA, PIEDIMONTE D’ALIFE; B.9. NAPOLI (3); B.12. AVERSA Grafico n. 19 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 20 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 73 5 0 17 5 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Napoli Avellino Benevento Caserta Salerno 25 19 42 3 5 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Femminili Commerciali CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 581 22/12/22 13:34 582 COMPARTIMENTO: PUGLIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI BARI A - 1 1 - - 1 - 2 - 1 - - 6 B - - 1 © - - - - - - - - 2 3 FOGGIA A - - - - - 1 - - - - - - 1 B - - 1 © - - - - 2 - - - 4 7 LECCE A - - 1 - - - - 2 2 - - - 5 B - - 2 © - - - - - - - - - 2 PUGLIA A - 1 2 - - 2 - 4 2 1 - - 12 B - - 4 © - - - - 2 - - - 6 12 TOT. A+B - 1 6 - - 2 - 6 2 1 - 6 24 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 7 - 2 8 1 6 24 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 582 22/12/22 13:34 583 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.2. BARI; A.3. CERIGNOLA, LECCE; A.6. BARI, FOGGIA; A.8. BARI, BITONTO, LECCE, GALATINA; A.9. GROTTAGLIE, MAGLIE; A.10. BARI B.3. Colonie: ANDRIA, LECCE, BRINDISI, FOGGIA; B.8. FOGGIA, SAN SEVERO; B.12. BITONTO, BARI, FOGGIA (2), SAN SEVERO (2) Grafico n. 21 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 22 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 41 34 25 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Bari Foggia Lecce 27 23 41 9 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 583 22/12/22 13:34 584 COMPARTIMENTO: BASILICATA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI POTENZA A - - 1 - - 1 - 1 - - - - 3 B - - - - - - - 1 - - - 3 4 BASILICATA A - - 1 - - 1 - 1 2 - - - 5 B - - - - - - - 1 - - - 3 4 TOT. A+B - - 1 - - 1 - 2 2 - - 3 9 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 - 1 2 - 3 7 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.3. POTENZA; A.6. POTENZA; A.8. TRECCHINA B.8. AVIGLIANO; B.12. IRSINA, MATERA, MELFI CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 584 22/12/22 13:34 585 Grafico n. 23 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 27 23 41 9 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Agricole Industriali Artistico Industriali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 585 22/12/22 13:34 586 COMPARTIMENTO: CALABRIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI CATANZARO A - - 1 - - 1 - - - - - - 2 B - - 1 © - - 1 - - - - - 1 3 COSENZA A - - 1 - - 1 - 1 1 - - 1 5 B - - - - - 2 - - - - - 1 3 REGGIO CALABRIA A - - - - - - - - 1 - - - 1 B - - - - - - - - - - - - - CALABRIA A - - 2 - - 2 - 1 2 - - 1 8 B - - 1 © - - 3 - - - - - 2 6 TOT. A+B - - 3 - - 5 - 1 2 - - 3 14 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 3 - 5 3 - 3 14 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 586 22/12/22 13:34 587 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.3. CATANZARO, COSENZA; A.6. CATANZARO, COSENZA; A.8. FUSCALDO; A.9. COSENZA, REGGIO CALABRIA; A.12. COSENZA B.3. Colonie: MONTELEONE DI CALABRIA; B.6. CATANZARO, COSENZA (2); B.12. CATANZARO, COSENZA Grafico n. 24 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 25 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 57 36 7 0 10 20 30 40 50 60 Cosenza Catanzaro Reggio Calabria 21 37 21 21 0 5 10 15 20 25 30 35 40 Agricole Industriali Artistico Industriali Femminili CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 587 22/12/22 13:34 588 COMPARTIMENTO: SICILIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI CALTANISSETTA A - - - 1 - - - - - - - - 1 B - - - - - - - - - - - - - CATANIA A - 1 1 - - 1 - 5 - - - - 8 B - - 1+1 © - - - - 8 - - - - 10 GIRGENTI A - - - - - 1 - - - - - - 1 B - - - - - - - - - - 2 - 2 MESSINA A - - 1 - - 1 - 4 - - - - 6 B - - - - - 1 - 4 - - - - 5 PALERMO A - 1 - - - - 1 1 - - 1 - 4 B - - 3+1 © - - - - 1 - - 1 1 7 SIRACUSA A - - - - - - - - 1 - - 1 2 B - - 1 - - - - - - - - - 1 TRAPANI A - - 1 - - 1 - - - - - - 2 B - - 1 © - - - - - - - - 2 3 SICILIA A - 2 3 1 - 4 1 10 1 - 1 1 24 B - - 5+3 © - - 1 - 13 - - 3 3 28 TOT. A+B - 2 11 1 - 5 1 23 1 - 4 4 52 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 13 1 5 25 4 4 52 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 588 22/12/22 13:34 589 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.2. CATANIA, PALERMO; A.3. CALTAGIRONE, MARSALA, MESSINA (SAN PLACIDO CALONERÒ); A.4. CALTANISSETTA; A.6. CATANIA, GIRGENTI, MESSINA, TRAPANI; A.7. PALERMO; A.8. ACIREALE, TROINA, ADERNÒ, NICOSIA, BARCELLONA POZZO DI GOTTO, MESSINA, PATTI, MILAZZO, MONREALE, SCORDIA; A.9. SIRACUSA; A.12. SIRACUSA B.3. CATANIA, CASTELNUOVO AI COLLI, SAN MARTINO DELLE SCALE, SIRACUSA, PALERMO; B.3. Colonie: PALERMO, TRAPANI, CALTAGIRONE; B.6. CATANIA (2), MINEO; B.8. CALTAGIRONE, MISTERBIANCO, MONTALBANO D’ELICONA, CATANIA (4), GIARRE, S. LUCIA DEL MELA, S. FILIPPO DEL MELA, MISTRETTA, GIOIOSA MAREA, TERMINI IMERESE; B.11. GIRGENTI (2), PALERMO; B.12. TRAPANI (2), PALERMO Grafico n. 26 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 27 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 2 35 5 22 22 5 9 0 5 10 15 20 25 30 35 40 27 9 47 8 8 2 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 Agricole Industriali Artistico Industriali Femminili Commerciali Minerarie CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 589 22/12/22 13:34 590 COMPARTIMENTO: SARDEGNA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI CAGLIARI A - 1 - 1 - - - - - - - - 2 B - - - - - 2 - - - - - - 2 SASSARI A - - 1 - - 1 - 1 - - - - 3 B - - 1+1 © - - - - - - - - - 2 SARDEGNA A - 1 1 1 - 1 - 1 - - - - 5 B - - 1+1 © - - 2 - - - - - - 4 TOT. A+B - 1 3 1 - 3 - 1 - - - - 9 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 4 1 3 1 - - 9 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 590 22/12/22 13:34 591 A. SUSSIDIATE DAL MAIC B. SUSSIDIATE DA SOGGETTI LOCALI A.2. CAGLIARI; A.3. SASSARI; A.4. IGLESIAS; A.6. CAGLIARI; A.8. SASSARI B.3. SASSARI; B.3. Colonie: CAPRAIA; B.6. CAGLIARI (2) Grafico n. 28 – Distribuzione delle scuole professionali per Province (V. %) Grafico n. 29 – Distribuzione delle scuole professionali per Settore (V. %) 44 56 0 10 20 30 40 50 60 Cagliari Sassari 44 34 11 11 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 Agricole Industriali Artistico Industriali Minerarie CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 591 22/12/22 13:34 592 ITALIA PROVINCE COMPARTIMENTI SCUOLE AGRICOLE 4 SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI 12 SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 1 TOT SUPERIORI 2 SPECIALI 3 PRATICHE COLONIE 5 SUPERIORI 6 SCUOLE ARTI E MESTIERI 7 SUPERIORI 8 SCUOLE DISEGNO INDUSTRIALE 9 SCUOLE ARTE APPLICATA INDUSTRIA 10 SUPERIORI 11 COMMERCIALI ITALIA TOT. A+B 3 7 50+24 © 3 2 113 6 231 50 3 44 106 642 TOT. SCUOLE PER SETTORI SCUOLE AGRICOLE SCUOLE MINERARIE SCUOLE INDUSTRIALI SCUOLE ARTISTICO INDUSTRIALI SCUOLE COMMERCIALI E PER I TRASPORTI SCUOLE PROFESSIONALI FEMMINILI 84 3 115 287 47 106 642 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 592 22/12/22 13:34 593 Bibliositografia 1. Bibliografia 1.1. Fonti Archivio Centrale dello Stato, Archivi degli Organi di governo e amministrativi dello Stato - MAIC (1860-1914). Gazzette Ufficiali del Regno d’Italia (Anni dal 1880 al 1899). Leone XIII, Lettera Enciclica del 5 agosto 1898 “Spesse volte”. Leone XIII, Lettera Enciclica del 20 aprile 1884 Humanum Genus, “Condanna del relativismo filosofico e morale della massoneria”. Leone XIII, Lettera del 18 agosto 1883 “Sapenumero Considerantes”. Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio - Direzione della Statistica Generale, Censimento della popolazione del Regno d’Italia (31 Dicembre 1881), Tipografia Fratelli Centenari, Roma, 1882. 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Gli anni 80: la prima legislazione organica in materia agricola e forte sviluppo delle attività formative in agricoltura Introduzione Gli eventi e i fenomeni del decennio ............................................................................................. 17 1. Le politiche della sinistra storica .............................................................................................. 17 2. Popolazione ....................................................................................................................................... 20 3. L’analfabetismo, l’istruzione elementare e l’obbligo d’istruzione ............................... 22 4. La scuola statale disegnata dai massoni in alternativa all’istruzione delle istituzioni cattoliche ....................................................................................................................................... 29 5. La popolazione per professioni .................................................................................................. 32 6. Il lavoro minorile ............................................................................................................................ 37 7. Un Paese prevalentemente agricolo ......................................................................................... 41 7.1. La crisi del settore agricolo ............................................................................................. 41 7.2. Cambio di politica agricola: dal liberismo della Destra al protezionismo della Sinistra .......................................................................................................................... 42 6.3. I risultati dell’inchiesta Jacini ........................................................................................ 43 8. Un Paese di emigranti ................................................................................................................... 43 1. Aspetti istituzionali del sistema d’Istruzione Professionale ..................................... 47 1.1. Il sistema formativo italiano ............................................................................................ 47 1.2. Collocazione delle competenze in materia di Istruzione Professionale nel MAIC ........................................................................................................................................ 49 2. L’Istruzione Professionale per l’agricoltura ................................................................... 51 2.1 Il mercato del lavoro in agricoltura ............................................................................. 51 2.2 La regolamentazione dell’Istruzione Agraria ........................................................... 52 2.2.1 Legge n. 3.141/85 sulle scuole pratiche e sulle scuole speciali agricole . 52 a. La normativa ....................................................................................................... 52 b. Analisi della legge ............................................................................................ 57 2.2.2. Istituzione del consiglio per l’istruzione agraria ....................................... 58 2.3 Le attività formativo-professionali sussidiate dal MAIC ...................................... 60 2.3.1 Dibattito ed attività nel primo ventennio dell’Unità d’Italia ................. 60 2.3.2. Le scuole pratiche di agricoltura ...................................................................... 65 a. La necessità di un insegnamento agrario elementare ......................... 65 b. Iter procedurale per la istituzione di una Scuola Pratica di Agricoltura .................................................................................................................. 68 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 605 22/12/22 13:34 606 c. La convittualità ................................................................................................. 71 d. La didattica e i libri di testo ......................................................................... 73 e. Le Scuole Pratiche governative istituite e/o riordinate nel decennio .. 74 2.3.3. Le Scuole Speciali di agricoltura ..................................................................... 100 a. Le Scuole Speciali istituite nel decennio ................................................ 100 2.4.4. Le Scuole Superiori di agricoltura .................................................................. 113 a. Dibattito e vicende istituzionali .................................................................. 113 b. Scuola Superiore di Agricoltura di Milano ............................................ 115 c. Scuola Superiore di Agricoltura di Portici ............................................. 117 d. Istituto forestale di Vallombrosa ................................................................ 118 2.4 Le attività formativo-professionali sussidiate da soggetti locali ....................... 121 2.4.1. Le scuole di agricoltura operative nel decennio ........................................ 121 2.4.2. Le Colonie Agricole ............................................................................................. 126 3. L’Istruzione Professionale per le miniere ......................................................................... 129 3.1 Il mercato del lavoro di riferimento .............................................................................. 129 3.2 Le Scuole Minerarie ........................................................................................................... 130 4. L’Istruzione Professionale nel settore manifatturiero ................................................ 135 4.1. Il mercato del lavoro di riferimento .............................................................................. 135 4.2. Regolamentazione delle attività formativo-professionali per il settore manifatturiero ................................................................................................................................. 139 4.2.1. Tentativi di legislazione organica per le strutture formative nel settore manifatturiero ..................................................................................................... 139 a. Disegno di legge del Ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio Luigi Grimaldi (1886) .................................................... 139 b. Proposta di legge del Ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio Luigi Miceli (1889) ......................................................... 142 4.2.2. La regolamentazione amministrativa, La circolare Miceli .................... 143 4.2.3. Istituzione della commissione centrale per l’insegnamento artistico industriale ................................................................................................................. 146 4.3. Scuole professionali per il settore manifatturiero operative nel decennio 1880-1889 ............................................................................................................................... 150 A. Le Scuole Industriali 4.3.1 Scuole industriali sussidiate dal Ministero dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio (MAIC) ................................................................... 151 a. Le scuole industriali sussidiate dal MAIC nate in decenni precedenti ed operative nel 1880 .......................................................................... 151 b. Quadro sinottico delle Scuole Industriali sussidiate dal MAIC nate o riordinate nel decennio ..................................................................... 153 c. Considerazioni generali ................................................................................. 159 d. Le scuole industriali nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Nord dell’Italia .............................................................................. 163 e. Le scuole industriali nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Centro dell’Italia .......................................................................... 179 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 606 22/12/22 13:34 607 f. Le scuole industriali nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Meridione e nell’Italia insulare ............................................... 192 g. La Regia Scuola Superiore di Genova ..................................................... 200 h. Il Regio Museo Industriale di Torino ....................................................... 203 4.3.2. Scuole industriali sussidiate da soggetti locali ........................................... 210 a. Le scuole industriali nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 ....................................................................................................................... 210 b. Le scuole industriali nate nel decennio 1880-1889.............................. 217 B. Scuole Artistiche Industriali 4.3.3. Le arti decorative e il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale ................................................................................................................. 227 4.3.4. Le scuole artistiche industriali sussidiate dal MAIC ............................... 232 a. I Musei d’arte .................................................................................................... 233 b. Nascita e sviluppo delle Scuole Superiori d’arte applicata all’industria ................................................................................................................... 234 4.3.5. Le scuole d’arte applicata all’industria sussidiate dal MAIC................ 247 a. Le scuole d’arte applicata all’industria sussidiate dal MAIC nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 ....................................... 247 b. Le Scuole d’arte applicata all’industria sussidiate dal MAIC nate o riordinate nel decennio 1880-1889 ........................................................ 250 c. Le scuole d’arte applicata all’industria nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Nord dell’Italia .............................................. 260 d. Le scuole d’arte applicata all’industria nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Centro dell’Italia ................................. 281 e. Le scuole d’arte applicata all’industria nate o riordinate nel decennio nei Compartimenti del Meridione e nell’Italia insulare ...... 288 4.3.6. Le scuole artistiche industriali sussidiate da soggetti locali .................. 297 a. Le scuole artistiche industriali nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 ................................................................................................... 297 b. Le scuole artistiche industriali nate nel decennio 1880-1889.......... 306 5. L’Istruzione Professionale nel settore del Commercio e dei Trasporti ............... 317 5.1. Il mercato del lavoro di riferimento .............................................................................. 317 5.2. Scuole professionali per il commercio e per i trasporti operative nel decennio 1880-1889 sussidiate dal MAIC ...................................................................................... 324 5.2.1. Le Scuole Superiori di commercio ................................................................. 324 a. Mission e funzioni delle Scuole Superiori ............................................. 324 b. Analisi comparata dei decreti istitutivi .................................................... 329 c. Scuola Superiore di Applicazione di Studi Commerciali di Genova .. 333 d. Scuola Superiore di Commercio di Bari ................................................. 343 5.2.2. Le scuole di commercio sussidiate dal MAIC............................................. 346 a. Scuole di commercio sussidiate dal MAIC nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 .......................................................................... 346 b. Scuole di commercio sussidiate dal MAIC nate nel decennio 1880-1889............................................................................................................ 348 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 607 22/12/22 13:34 608 5.2.3 Le scuole di commercio sussidiate dai soggetti locali ............................. 356 a. Le scuole di commercio sorte nei decenni precedenti e operative nel 1880 ............................................................................................................... 356 b. Le scuole di commercio sussidiate da soggetti locali nate nel decennio 1880-1889 nate nel decennio ........................................................ 357 6. L’Istruzione Professionale femminile ................................................................................. 361 6.1. Le opportunità formative per le donne ........................................................................ 361 6.2. Scuole professionali femminili ........................................................................................ 361 6.2.1. Scuole professionali femminili sussidiate dal MAIC .............................. 364 a. Scuole professionali femminili nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 ........................................................................................... 364 b. Scuole professionali femminili nate o riordinate nel decennio 1880- 1889........................................................................................................................ 371 6.2.2. Scuole professionali femminili sussidiate da soggetti locali ................ 376 a. Scuole professionali femminili nate nei decenni precedenti ed operative nel 1880 ........................................................................................... 376 b. Scuole professionali femminili nate o riordinate nel decennio 1880- 1889........................................................................................................................ 382 Capitolo II Gli anni ’90. La lenta espansione delle scuole professionali commerciali, industriali e femminili. Verso la costruzione di un sistema d’Istruzione Professionale Introduzione Gli eventi e i fenomeni del decennio ............................................................................................. 395 1. I governi .............................................................................................................................................. 395 1.1. Alternanza di governi di Destra e di Sinistra ........................................................... 395 1.2. La nascita del Partito Socialista Italiano e la presenza organizzata dei cattolici .......................................................................................................................................... 399 2. L’economia e la società ................................................................................................................. 401 3. La popolazione, l’istruzione e le professioni ........................................................................ 402 1. Aspetti istituzionali del sistema d’Istruzione Professionale ..................................... 403 1.1. Collocazione delle competenze in materia di Istruzione Professionale nel Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio (MAIC) .............................. 403 1.2. Tentativi di una legislazione organica ......................................................................... 404 1.3. L’alternativa normativa alla legislazione organica: i Regi Decreti ................ 408 2. L’Istruzione Professionale per l’agricoltura ................................................................... 411 2.1. Le scuole pratiche di agricoltura sussidiate dal Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio ...................................................................................................... 411 2.2. Le Cattedre ambulanti ....................................................................................................... 414 2.2.1. Le Cattedre ambulanti in Italia settentrionale e centrale ........................ 415 2.2.2. Le Cattedre ambulanti in Italia meridionale e insulare ........................... 417 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 608 22/12/22 13:34 609 2.2.3. La regolamentazione delle Cattedre ambulanti .......................................... 418 3. L’Istruzione Professionale nel settore manifatturiero ................................................ 419 3.1. Scuole professionali per il settore manifatturiero istituite o riordinate nel decennio 1890-1899 ........................................................................................................... 419 A. Le Scuole Industriali 3.1.1. Le scuole superiori industriali sussidiate dal MAIC ................................ 419 a. La Regia Scuola Superiore di Genova ...................................................... 419 b. Il Regio Museo Industriale di Torino ........................................................ 423 3.1.2. Scuole industriali d’arti e mestieri sussidiate dal MAIC ........................ 426 a. Quadro sinottico e considerazioni generali ............................................. 426 b. Nascita e sviluppo delle scuole .................................................................. 429 3.1.3. Scuole industriali d’arti e mestieri sussidiate da soggetti locali .......... 437 a. Quadro sinottico e considerazioni generali ............................................. 437 b. Nascita e sviluppo delle scuole ................................................................... 440 B. Scuole Artistico-Industriali 3.1.4. Scuole d’arte applicata all’industria sussidiate dal MAIC ..................... 457 a. Quadro sinottico e considerazioni generali ............................................. 457 b. Nascita e sviluppo delle scuole nei Compartimenti del Nord ............ 464 c. Nascita e sviluppo delle scuole nei Compartimenti del Centro ............ 473 d. Nascita e sviluppo delle scuole nei Compartimenti del Meridione e dell’Italia insulare ......................................................................................... 477 3.1.5. Scuole d’arte applicata all’industria sussidiate da soggetti locali ....... 481 a. Quadro sinottico e considerazioni generali ............................................. 481 b. Le scuole nei Compartimenti del Nord .................................................... 487 c. Le scuole nei Comportamenti del Centro ................................................ 491 d. Le scuole nei Compartimenti del Meridione e dell’Italia insulare .... 493 f. Altre scuole d’arte operative nel decennio ............................................. 494 4. L’Istruzione Professionale nel settore del Commercio e dei Trasporti ............... 499 4.1. Le Scuole Superiori di Commercio ............................................................................... 499 4.2. Le Scuole di Commercio ................................................................................................... 500 4.2.1. Le Scuole di Commercio sussidiate dal MAIC .......................................... 501 a. Quadro sinottico e considerazioni generali ............................................ 501 b. Nascita e sviluppo delle Scuole Commerciali ...................................... 502 4.2.2. Le scuole professionali di commercio sussidiate dai soggetti locali . 507 a. Quadro sinottico e considerazioni generali ............................................ 507 b. Nascita e sviluppo delle Scuole Commerciali ...................................... 508 5. L’Istruzione Professionale femminile ................................................................................. 511 5.1. Scuole Professionali femminili sussidiate dal MAIC ............................................. 511 5.1.1. Quadro sinottico e considerazioni generali .................................................. 511 5.1.2. Nascita e sviluppo delle Scuole Femminili ................................................. 512 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 609 22/12/22 13:34 610 5.2. Scuole Professionali femminili sussidiate da soggetti locali .............................. 516 5.2.1. Quadro sinottico e considerazioni generali .................................................. 516 5.2.2. Le scuole nei Compartimenti del Nord ......................................................... 521 5.2.3. Le scuole nei Comportamenti del Centro ..................................................... 523 5.2.4.. Le scuole nei Compartimenti del Meridione e dell’Italia insulare ..... 525 Capitolo III L’Istruzione Professionale nel Regno d’Italia alla fine del XIX secolo 1. Aspetti quantitativi ...................................................................................................................... 531 1.1. Le scuole ................................................................................................................................. 531 1.1.1. Distinzione per tipologia e per settore economico .................................... 532 1.1.2. Distribuzione territoriale ..................................................................................... 537 1.1.3. Distribuzione per soggetti finanziatori .......................................................... 539 1.2. Gli allievi ................................................................................................................................ 541 1.3. Le risorse finanziarie .......................................................................................................... 544 2. Aspetti organizzativi ................................................................................................................... 549 2.1. L’identità dell’Istruzione Professionale ...................................................................... 549 2.2. Le utenze ................................................................................................................................. 550 2.3. Le offerte formative ............................................................................................................. 551 2.4. La didattica ............................................................................................................................ 553 2.5. I soggetti finanziatori e gestionali ................................................................................. 554 2.6. Il governo e la regolamentazione del settore ............................................................ 557 Allegato: Tavole statistiche: Le scuole professionali operative a fine ‘800 in ciascun Comparto del Regno ...................................................................................................................... 559 Bibliositografia ....................................................................................................................................... 593 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 610 22/12/22 13:34 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 611 22/12/22 13:34 Tipografia Giammarioli snc Via Enrico Fermi 8/10 - 00044 Frascati (Roma) Tel. 06.942.03.10 - www@tipografiagiammarioli.com Gennaio 2023 CNOS_STORIA DELLA FORMAZIONE_5.indd 612 22/12/22 13:34

Costruire e utilizzare i costi standard nella IeFP. Analisi, indicazioni e proposte

Autore: 
Giulio Maria Salerno, Giacomo Zagardo
Categoria pubblicazione: 
Studi
Anno: 
2020
Numero pagine: 
165
Codice: 
978-88-31972-07-9

Accreditamento della sede orientativa

Autore: 
CNOS-FAP (a cura di)
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Studi
Anno: 
2002
Numero pagine: 
164
Codice: 
accreditamento, sede orientativa, sperimentazione, manuale, procedure, carta dei valori, diritti-doveri,percorsi, strumenti

Europa 2020. Una bussola per orientarsi

Autore: 
Allulli G.
Categoria pubblicazione: 
Studi
Anno: 
2017
Numero pagine: 
170
Codice: 
9788895640754
Europa 2020 Una bussola per orientarsi © 2017 By Sede Nazionale del CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane - Formazione Aggiornamento Professionale) Via Appia Antica, 78 - 00179 Roma Tel.: 06 5107751 - Fax 06 5137028 E-mail: cnosfap.nazionale@cnos-fap.it – http: www.cnos-fap.it Tipolitografia Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 067827819 - Fax 067848333 - E-mail: tipolito@donbosco.it Finito di stampare: Ottobre 2017 3 SOMMARIO Introduzione....................................................................................................................... 5 1. Dalla strategia di Lisbona a Europa 2020 ................................................................. 7 2. Verso Europa 2020 ....................................................................................................... 21 3. I Benchmark europei e gli indicatori dell’Istruzione e Formazione Professionale 51 4. Il dibattito sulle competenze ed il Quadro europeo delle qualifiche ....................... 71 5. La Raccomandazione sulla qualità dell’Istruzione e Formazione Professionale (EQAVET)..................................................................................................................... 87 6. Le Raccomandazioni europee sul riconoscimento dei crediti (ECVET) e sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale .............................. 99 7. Il Fondo Sociale Europeo ............................................................................................105 8. L’evoluzione dei sistemi educativi europei nel quadro delle sfide di Lisbona........ 117 9. L’impatto del processo di Lisbona sugli Stati membri europei e sul sistema italiano di Istruzione e Formazione Professionale..............................133 10. Una riflessione finale..................................................................................................155 Bibliografia ........................................................................................................................157 Indice ..................................................................................................................................161 5 L’ambito di questo testo riguarda sia le politiche condotte dall’Unione Europea per promuovere lo sviluppo di sistemi formativi europei in grado di affrontare le sfide poste dal processo di globalizzazione in atto, sia le politiche condotte dagli Stati membri dell’Unione per rispondere alle sollecitazioni proposte a livello europeo e mondiale, con particolare attenzione al versante dell’Istruzione e Formazione Professionale. In particolare il testo prende in esame le politiche condotte a partire dalla strate gia di Lisbona, varata nel 2000, fino alla definizione ed all’attuazione della strate gia per il 2020. Si è trattato di un periodo molto intenso per quanto riguarda l’attività europea in questo ambito, perché ha preso corpo il metodo del Coordinamento aperto che ha portato, nel quadro del processo di Copenaghen, alla definizione di un sistema orientato all’apprendimento permanente ed al varo di tre importanti Raccomandazioni che hanno introdotto un Quadro europeo per le qualifiche, un sistema di riconoscimento dei crediti formativi, un riferimento europeo per l’assicurazione di qualità. Il decennio successivo ha portato al consolidamento dell’utilizzo di questi strumenti, mettendone in luce i risultati positivi, ma anche alcuni limiti, che vengono affrontati con i successivi provvedimenti europei descritti nel testo. L’esame di questo periodo offre anche l’opportunità di verificare cosa è stato realizzato nel nostro Paese rispetto agli obiettivi di Lisbona, quali sono i problemi tuttora aperti e come si stanno muovendo in proposito l’Italia e gli altri Paesi europei. INTRODUZIONE 7 1.1 Società della conoscenza, capitale umano ed apprendimento permanente Per comprendere le motivazioni delle strategie europee per l’occupazione e la formazione che sono state adottate negli ultimi 20 anni è necessario prendere in considerazione alcuni termini “chiave”: Società della conoscenza, Capitale umano ed Apprendimento permanente. L’espressione “Società della conoscenza” viene spesso utilizzata per definire una delle principali caratteristiche del sistema economico e produttivo contemporaneo, in quanto sempre di più il sapere, invece del capitale “materiale”, diventa una risorsa indispensabile per la produzione e per lo sviluppo del sistema economico. La diffusione dell’informazione e delle nuove tecnologie trasforma le caratteristiche del lavoro e l’organizzazione della produzione. I lavori di routine e ripetitivi, lavori cui era destinata la maggior parte dei lavoratori dipendenti, vanno scomparendo a vantaggio di un’attività più autonoma, più variata. Il risultato è un diverso rapporto nell’impresa. Il ruolo del fattore umano assume più importanza, ma al tempo stesso il lavoratore è più vulnerabile rispetto ai cambiamenti dell’organizzazione del lavoro, perché è diventato un semplice individuo inserito in una rete complessa. Sorge quindi la necessità per tutti di adattarsi non solo ai nuovi strumenti tecnici, ma anche alla trasformazione delle condizioni di lavoro. Lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, la loro applicazione ai metodi di produzione, i prodotti sempre più sofisticati che sono il risultato di questa applicazione, danno origine a un paradosso: malgrado un effetto generalmente positivo, il progresso scientifico e tecnico fa sorgere nella società un sentimento di minaccia, addirittura una paura irrazionale. In questo quadro, analizzato a livello europeo durante gli Anni ‘90 1 , si afferma la nozione di Capitale umano. L’espressione “Capitale umano” ha avuto una rapida ed ampia diffusione negli ultimi vent’anni, per analogia con la terminologia economica che identifica le risorse materiali a disposizione di una data società. Il capitale umano viene incluso nelle risorse economiche insieme all’ambiente e al capitale fisico, ed è costituito dall’insieme delle facoltà e delle risorse umane, in particolare conoscenza, istru - z ione, informazione, capacità tecniche, acquisite durante la vita da un individuo, che danno luogo alla capacità umana di svolgere attività di trasformazione e di creazione e finalizzate al raggiungimento di obiettivi sociali ed economici, singoli 1. Dalla strategia di Lisbona a Europa 2020 1 C OMMISSIONE E UROPEA (1995) White Paper On Education And Training - Teaching And Learning Towards The Learning Society COM(95) 590. 8 o collettivi 2 . La formazione e crescita del capitale umano avvengono tramite i processi educativi di un individuo che si realizzano nell’ambiente familiare, nell’ambiente sociale, nella scuola e nell’esperienza di lavoro. Evidentemente in un sistema economico nel quale la conoscenza gioca un ruolo centrale, il capitale umano diventa la risorsa fondamentale del sistema produttivo. Si vengono a formare o si ampliano nuove categorie sociali, come i lavoratori della conoscenza, ovvero coloro che occupano posizioni lavorative nelle quali devono fare un intenso uso di sapere tecnologico: managers, professionisti, esperti, tecnici, ecc. Secondo Butera 3 questo gruppo sociale è in forte espansione rispetto ai primi anni del secolo scorso. In ogni caso la necessità di ampliare le proprie competenze, sia di base che specialistiche, riguarda tutti i cittadini ed i lavoratori, che devono far fronte ad una crescente evoluzione delle tecnologie, applicate sia alla produzione che al vivere quotidiano. Ne consegue che per assicurare la crescita e la competitività del sistema economico occorre sviluppare il capitale umano incentivando e valorizzando l’appren - dimento nelle sue diverse modalità, ed integrando la formazione ed il lavoro. Le politiche riguardanti lo sviluppo dell’economia e dell’occupazione e quelle relative allo sviluppo della istruzione e formazione vanno dunque strettamente intrecciate. Per offrire opportunità di lavoro per tutti e creare un’economia più competitiva e sostenibile, l’Europa ha bisogno di una forza lavoro altamente qualificata in grado di rispondere alle sfide attuali e future. È dunque urgente investire in competenze e migliorare la corrispondenza reciproca tra queste e l’offerta di lavoro, in modo valido per anticipare le tendenze future. A perseguire questi obiettivi è dunque principalmente rivolta la strategia europea che si è sviluppata negli ultimi venti anni. Nell’anno 2000 l’Unione Europea ha approvato la strategia di Lisbona (v. par. seguente), che riconosce il ruolo determinante svolto dall’istruzione quale parte integrante delle politiche economiche e sociali. Per far fronte al cambiamento continuo ed alle richieste di competenze sempre più elevate ed aggiornate, l’apprendimento non può essere più promosso in una sola fase della vita, ma deve diventare una condizione permanente delle persone (Lifelong learning): questa è una priorità essenziale per l’occupazione, l’agire efficace in campo economico, la completa partecipazione alla vita sociale. Il concetto di lifelong learning risale agli Anni ‘70 del secolo scorso. Secondo il Rapporto Faure pubblicato dall’Unesco 4 , l’obiettivo della formazione è quello di permettere all’uomo di “diventare stesso”; pertanto, nella concezione dell’UNESCO venivano sottolineate sopratutto le ricadute personali dell’apprendimento permanente. 2 Sul concetto di capitale umano si veda B ECKER G.S., Human Capital, Columbia University Press, New York 3rd ed. 1993 e G ORI E., L’investimento in Capitale Umano attraverso l’Istruzione, in G. V ITTADINI (a cura di) Capitale Umano. La ricchezza dell’Europa. Guerini ed., 2004. 3 B UTERA F., D ONATI E., C ESARIA R., I lavoratori della conoscenza, Milano, Franco Angeli, 1998; B UTERA F., B AGNARA S., C ESARIA R., D I G UARDO S., Knowledge working. Milano, Mondadori, 2008. 4 F AURE E., Learning to Be, Paris, Unesco, 1972. 9 Il Rapporto propose “Il lifelong learning come concetto guida per le politiche educa - tive negli anni a venire”. Nel corso degli anni 1990, sia l’OCSE 5 che l’Unione Europea 6 , oltre al - l’UNESCO 7 , espressero la necessità di uno sviluppo dell’economia della conoscenza e della società della conoscenza a causa del processo di globalizzazione. Apprendimento e lavoro o occupabilità e istruzione diventarono le questioni centrali in agenda. La conferenza di Lisbona del 2000 fissò per l’Europa l’obiettivo di diventare l’area trainante nella economia della conoscenza. Si constatava che la realizzazione degli obiettivi economici richiedeva anche la realizzazione simultanea di obiettivi sociali, culturali e personali. Una persona non è solo un’entità economica, né l’apprendimento può realizzarsi senza la motivazione e il desiderio personale. L’apprendimento permanente doveva essere un diritto, non un obbligo. La formazione permanente non era intesa solo come apprendimento a fini occupazionali, ma anche personali, civici e sociali, collegandosi ad altri obiettivi fondamentali, quali quelli dell’occupabilità, dell’adattabilità e della cittadinanza attiva. Per approfondire queste tematiche la Commissione europea propose a tutti gli Stati membri un Memorandum 8 , che conteneva la seguente definizione operativa: l’apprendimento permanente comprende tutte le attività di apprendimento realizzate su base continuativa, con l’obiettivo di migliorare le conoscenze, abilità e competenze . La politica di promozione dell’apprendimento per tutto l’arco della vita si basa sulla consapevolezza delle istituzioni che tra i loro compiti vi è anche quello di facilitare l’esercizio del diritto di tutti i cittadini di ogni età, ceto sociale o condizione professionale, di formarsi, apprendere e crescere, sia umanamente che professionalmente, per l’intero arco della vita. Il documento, predisposto nella sua versione finale nell’aprile 2000 dopo un ampio processo di consultazione, sottolinea due importanti obiettivi per l’apprendimento permanente: promuovere la cittadinanza attiva e l’occupabilità. Cittadinanza attiva significa: «[...] se e come le persone partecipano a tutti gi ambiti della vita sociale ed economica, le opportunità e i rischi che devono affrontare nel tentativo di farlo, e la misura in cui esse ritengono di appartenere e di poter intervenire nella società in cui vivono». Inoltre: «[...] l’occupabilità – la capacità di trovare e mantenere l’occupazione – non è solo una dimensione di base della cittadinanza attiva, ma è anche la premessa determinante per il raggiungimento della piena occupazione e migliorare la competitività e la prosperità nella “nuova economia”». Facendo seguito all’approvazione del Memorandum, la Commissione europea 5 O ECD , Lifelong Learning for All, Paris, OECD, 1996. 6 C OMMISSION OF THE E UROPEAN C OMMUNITIES , White paper on education and training - Teaching and learning: towards the learning society, Com95_590 Brussels, 1995. 7 U NESCO , Learning - the treasure within. Report of the International Commission on Education for the 21st Century Paris, UNESCO, 1996. 8 C OMMISSION OF THE E UROPEAN C OMMUNITIES , Commission Memorandum on lifelong learning [SEC(2000) 1832. Brussels, 2000. 10 emanò nel 2001 un documento dal titolo Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente9 . La Comunicazione propose in primo luogo una definizione ampia di apprendimento, sottolineando che l’apprendimento non si realizza solo nelle attività formative intenzionali e riconosciute come quelle proposte dalla scuola (formazione formale). L’apprendimento avviene anche in attività formative svolte al di fuori del contesto educativo tradizionale, p.e. sul lavoro (formazione non formale) come nell’esperienza di vita quotidiana (formazione informale). Generalmente viene riconosciuto, attraverso l’attribuzione di un titolo di studio o di una qualifica, solo l’apprendimento formale, ma quello che conta non è il percorso seguito, ma l’acquisizione effettiva di competenze. Per promuovere la partecipazione all’apprendimento permanente, il documento propose azioni concrete a tutti i livelli, tra cui un nuovo modo di valutare e riconoscere le competenze acquisite, per permettere a tutti i cittadini di muoversi liberamente fra diversi contesti di studio, di lavoro e geografici, valorizzando le conoscenze e competenze possedute. Questo documento si può definire come il manifesto della strategia comunitaria in campo educativo a partire dal 2000. Allo scopo di definire delle iniziative concrete per realizzare l’obbiettivo dell’apprendimento permanente la Commissione europea istituì dei gruppi di lavoro nel campo delle qualificazioni, del riconoscimento dei crediti formativi e della assicurazione di qualità. Sulla base del lavoro e delle proposte presentate da questi gruppi, la Commissione predispose delle importanti Raccomandazioni per tutti gli Stati Membri, che sono state approvate e ratificate da parte del Consiglio e del Parlamento europeo. Il principio ed il potenziamento dell’apprendimento permanente è diventato dunque sia obiettivo centrale che contenitore strategico dell’azione dell’UE. 1.2 Gli obiettivi di Lisbona Il 23 e 24 marzo del 2000, il Consiglio europeo tenne a Lisbona (da cui l’appellativo Strategia di Lisbona) una sessione straordinaria dedicata ai temi economici e sociali dell’Unione Europea. Il Consiglio di Lisbona partì dalla premessa che l’Unione si trovava dinanzi ad una svolta epocale risultante dalla globalizzazione e dalle sfide presentate da una nuova economia basata sulla conoscenza. Questi cambiamenti interessavano ogni aspetto della vita delle persone e richiedevano una trasformazione radicale dell’economia europea. L’Unione doveva modellare tali cambiamenti in modo coerente con i propri valori e concetti di società, anche nella prospettiva dell’imminente allargamento. Ne conseguiva la necessità per l’Unione 9 C OMMISSIONE DELLE C OMUNITÀ EUROPEE , Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente, COM(2001) 678 Bruxelles, 21.11.2001. 11 10 Conclusioni della presidenza, Consiglio Europeo di Lisbona 23/24 marzo 2000. di stabilire un obiettivo strategico chiaro e di concordare un programma ambizioso al fine di creare le infrastrutture del sapere, promuovere l’innovazione e le riforme economiche, e modernizzare i sistemi di previdenza sociale e d’istruzione. Pertanto i Capi di Stato e di Governo dell’Unione convennero di realizzare in Europa: «[...] l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale». È nel perseguimento di tale obiettivo che vennero avviate una serie di ambiziose riforme, il cui status è stato periodicamente valutato in occasione dei Consigli europei di primavera 10 . Il raggiungimento di questo obiettivo richiese la definizione di una strategia globale volta a modernizzare il modello sociale europeo, investendo nelle persone e combattendo l’esclusione sociale, ed a predisporre il passaggio verso un’economia e una società basate sulla conoscenza, migliorando le politiche in materia di società dell’informazione e di R&S, accelerando il processo di riforma strutturale ai fini della competitività e dell’innovazione e completando il mercato interno. Il Consiglio europeo di Lisbona riconobbe il ruolo determinante svolto dall’istruzione quale parte integrante delle politiche economiche e sociali, strumento del rafforzamento della competitività dell’Europa nel mondo e garanzia di coesione delle nostre società e del pieno sviluppo dei cittadini. In tale quadro il Consiglio inserì, tra i punti chiave della politica comunitaria per l’occupazione, quello di attribuire una più elevata priorità all’attività di apprendimento lungo tutto l’arco della vita quale elemento di base del modello sociale europeo, promuovendo accordi tra le Parti Sociali in materia di innovazione e apprendimento permanente, sfruttando la complementarità tra tale apprendimento e l’adattabilità delle imprese e del loro personale. Il metodo del coordinamento aperto Il metodo di coordinamento aperto nell’Unione Europea rappresenta una forma di politica intergovernativa che non si traduce in misure legislative vincolanti per l’UE e non richiede ai Paesi dell’UE di introdurre o modificare le loro leggi. Il metodo di coordinamento aperto fornisce un nuovo quadro di cooperazione tra i Paesi dell’UE per far convergere le politiche nazionali verso alcuni obiettivi comuni. In base a questo metodo intergovernativo, i Paesi dell’UE sono valutati da altri Paesi dell’UE (peer pressure) e la Commissione si limita a svolgere un ruolo di sorveglianza. Il Parlamento europeo e la Corte di giustizia non svolgono praticamente alcun ruolo nel processo del metodo di coordinamento aperto. Nel metodo di coordinamento aperto la responsabilità riguardo alla definizione degli obiettivi specifici e degli strumenti di policy resta a livello nazionale; la UE assume la funzione di facilitare il coordinamento e l’apprendimento reciproco tra gli Stati membri, senza alcun tentativo formale di controllare l’applicazione da parte dei governi dei principi generali ed obiettivi definiti congiuntamente al livello europeo. 12 Esso viene utilizzato in settori che rientrano nella sfera di competenza dei Paesi dell’UE, quali l’occupazione, la protezione sociale, l’istruzione, la gioventù e la Formazione Professionale. Si basa principalmente su: • identificazione e definizione congiunta di obiettivi da raggiungere con tabelle di marcia che definiscono anche i tempi per ottenere gli obiettivi (adottati dal Consiglio); • strumenti di misura definiti congiuntamente (statistiche, indicatori, orientamenti); • «Benchmarking», vale a dire l’analisi comparativa dei risultati dei Paesi dell’UE e • organizzazione di peer review periodiche con lo scopo di promuovere l’apprendimento reciproco e lo scambio delle migliori pratiche (procedura monitorata dalla Commissione). Il metodo del coordinamento aperto fornisce una cornice per la cooperazione tra i Paesi europei, le cui politiche nazionali possono essere indirizzate verso obiettivi comuni. L’applicazione del metodo del coordinamento aperto prevede le seguenti azioni: • definizione di linee guida a livello UE; • definizione a livello UE di indicatori quantitativi e qualitativi e Benchmark calibrati sulle migliori performance mondiali e adattati alle necessità dei diversi Stati membri e settori come strumenti per comparare le migliori prassi; • monitoraggio e valutazione delle politiche nazionali rispetto a standard congiun - tamente definiti (Benchmark) che permettono di comparare la performance di ciascuno Stato membro rispetto agli altri e di identificare le “buone prassi”. Per promuovere l’apprendimento permanente vennero fissati quattro rilevanti obiettivi politici trasversali: • Elaborare framework nazionali che contenessero ed inquadrassero tutti i titoli e le qualifiche rilasciate ai diversi livelli, dalla scuola di base fino all’Università. • Attuare delle misure per valutare e convalidare l’apprendimento non formale ed informale. • Istituire sistemi di orientamento per promuovere e sostenere l’apprendimento permanente. • Attuare iniziative per rafforzare la mobilità transnazionale. La combinazione di queste misure facilita l’attivazione di percorsi flessibili di formazione, mettendo gli individui in grado di trasferire i risultati del loro apprendimento da un contesto di apprendimento all’altro e da un Paese all’altro. 1.3 Il processo di Copenaghen per l’Istruzione e Formazione Professionale Nel marzo 2002, il Consiglio europeo di Barcellona, approvando il programma di lavoro sul follow-up degli obiettivi di Lisbona, stabilì l’obiettivo di: «[...] rendere l’istruzione e la formazione in Europa un punto di riferimento a livello mondiale 13 per il 2010»11 . Il Consiglio invitò, inoltre, ad intraprendere ulteriori azioni per introdurre strumenti volti a garantire la trasparenza dei diplomi e delle qualifiche adattate al settore dell’Istruzione e Formazione Professionale. Facendo seguito al mandato di Barcellona, il Consiglio dell’Unione Europea (Istruzione, Gioventù e Cultura) approfondì le questioni riguardanti l’Istruzione e Formazione Professionale (VET) ed emanò a Copenaghen (2002) una Dichiarazione volta a promuovere una maggiore cooperazione in materia di Istruzione e Formazione Professionale. Il Consiglio sottolineò le sfide fondamentali, per i sistemi di Istruzione e Formazione Professionale europei, rappresentate dalla costruzione di un’Europa basata sulla conoscenza e di un mercato del lavoro europeo aperto a tutti e dalla necessità di adattarsi continuamente alle evoluzioni e alle richieste mutevoli della società. L’intensificazione della cooperazione nell’Istruzione e Formazione Professionale avrebbe fornito un valido contributo sia per realizzare con successo l’allargamento dell’Unione Europea, sia per conseguire gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Lisbona. I principali organismi europei Il Parlamento europeo è composto da 751 rappresentanti dei popoli degli Stati membri, eletti a suffragio universale. Il numero dei rappresentanti eletti in ciascuno Stato membro differisce a seconda della popolazione. Il Parlamento partecipa all’elaborazione degli atti legislativi comunitari in diversa misura, a seconda delle materie: può esprimere pareri non vincolanti o vin - colanti; più spesso, i testi legislativi sono adottati di comune accordo dal Consiglio e dal Parlamento, il cui consenso è indispensabile per l’adozione del testo finale. Il Consiglio dell’Unione Europea è composto dai rappresentanti dei Governi degli Stati membri. La sua composizione cambia a seconda delle materie all’ordine del giorno in quanto ciascuno Stato viene rappresentato dal membro del governo responsabile della materia in questione (Affari esteri, Finanze, Affari sociali, Trasporti, Agricoltura ecc.). Fino alla fine del 2009, la presidenza del Consiglio europeo era una carica informale e temporanea, svolta dal Capo di Stato o di Governo dello Stato membro che deteneva la presidenza semestrale del Consiglio dei Ministri. Il Trattato di Lisbona ha reso stabile questa carica, che viene assegnata dal Consiglio europeo stesso a maggioranza qualificata. Il mandato dura due anni e mezzo ed è rinnovabile una volta sola. Il Consiglio “Istruzione, gioventù, cultura e sport” è composto dai ministri responsabili dell’istruzione, della cultura, della gioventù, dei media, della comunicazione e dello sport di tutti gli Stati membri dell’UE. La composizione precisa del Consiglio dipende dagli argomenti discussi in una determinata sessione. 11 Dichiarazione dei Ministri europei dell’Istruzione e Formazione Professionale e della Commissione europea, riuniti a Copenaghen il 29 e 30 novembre 2002, su una maggiore cooperazione europea in materia di Istruzione e Formazione Professionale. “La Dichiarazione di Copenaghen”. 14 Esso si riunisce tre o quattro volte all’anno, di cui due in formazione piena. Alle sessioni del Consiglio partecipa anche un rappresentante della Commissione europea, generalmente il commissario per l’istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù. Il Consiglio adotta per lo più misure di incentivazione e raccomandazioni. In alcuni casi, in cui i trattati lo consentono, il Consiglio può anche adottare atti legislativi, ad esempio in materia di audiovisivo e di reciproco riconoscimento dei diplomi. Inoltre, il Consiglio “Istruzione, gioventù, cultura e sport” partecipa attivamente al monitoraggio dei progressi compiuti sugli aspetti della strategia Europa 2020 relativi all’istruzione e ai giovani. Sulle questioni più attinenti alle politiche dell’Istruzione e Formazione Professionale si raccorda con il Consiglio “Occupazione, politica sociale, salute e consumatori (EPSCO)” La Commissione è composta da 28 membri (uno per Stato membro). I membri della Commissione sono nominati dal Consiglio per una durata di cinque anni. La Commissione è responsabile dell’elaborazione delle proposte di nuovi atti legislativi, che presenta al Parlamento e al Consiglio. Inoltre, essa partecipa attivamente alle tappe successive del procedimento legislativo. La Commissione istruisce ed attua le politiche ed i programmi adottati dal Parlamento e dal Consiglio. La Commissione si articola in Direzioni, paragonabili ai nostri Ministeri. Sulle politiche ed i programmi per l’Istruzione e la Formazione Professionale intervengono sia la Direzione istruzione e cultura (prevalentemente sul versante delle politiche scolastiche) sia la Direzione occupazione, affari sociali e inclusione (prevalentemente sul versante delle politiche per la Formazione Professionale). Si decise pertanto di rafforzare la cooperazione europea nell’ambito dell’Istruzione e Formazione Professionale 12 , con la finalità di incoraggiare un maggior numero di individui a fare un più ampio uso di opportunità di apprendimento professionale, a scuola, nell’istruzione superiore, sul posto di lavoro od attraverso corsi privati. In particolare vennero individuate quattro priorità: a) Rafforzare la dimensione europea dell’Istruzione e Formazione Professionale, allo scopo di migliorare ed intensificare la cooperazione, così da facilitare e promuovere la mobilità e lo sviluppo di forme di cooperazione interistituzionale, di partenariati e di altre iniziative transnazionali, tutto al fine di dare maggiore visibilità al settore europeo dell’istruzione e della formazione in un contesto internazionale e far sì che l’Europa fosse riconosciuta, a livello mondiale, come un punto di riferimento in materia di apprendimento. b) Trasparenza, informazione, orientamento: • Aumentare la trasparenza nell’Istruzione e Formazione Professionale tramite l’attuazione e la razionalizzazione degli strumenti e delle reti di informazione, 12 Risoluzione del consiglio del 19 dicembre 2002 Sulla promozione di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale (2003/C 13/02). 15 anche grazie all’integrazione all’interno di una unica cornice di strumenti quali il CV europeo, i Certificate e Diploma supplement, il Quadro comune europeo di riferimento per le lingue ed Europass. • Rafforzare le politiche, i sistemi e le prassi che sostengono l’informazione e l’orientamento negli Stati membri a tutti i livelli educativi, formativi ed oc - cupazionali, in particolare per quanto concerne l’accesso all’apprendimento, l’Istruzione e la Formazione Professionale e la trasferibilità e il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche, in modo da agevolare la mobilità occupazionale e geografica dei cittadini in Europa. c) Riconoscimento delle competenze e delle qualifiche • Esaminare i modi per promuovere la trasparenza, la comparabilità, la trasferibilità e il riconoscimento delle competenze e/o delle qualifiche tra i vari Paesi e a differenti livelli elaborando livelli di riferimento, principi comuni di certificazione e misure comuni, fra cui un sistema di trasferimento di crediti per l’istruzione e Formazione Professionale. • Sostenere maggiormente lo sviluppo delle competenze e delle qualifiche a livello settoriale rafforzando in particolare il coinvolgimento e la cooperazione delle Parti Sociali. • Definire una serie di principi comuni concernenti la convalida dell’apprendimento non formale ed informale al fine di assicurare una maggiore coerenza tra le modalità seguite dai vari Paesi e a differenti livelli. d) Garanzia della qualità • Promuovere la cooperazione in materia di garanzia della qualità, con particolare attenzione allo scambio di modelli e metodi, nonché ai criteri ed ai principi qualitativi comuni in materia di Istruzione e Formazione Professionale. • Prestare attenzione alle esigenze in materia di formazione degli insegnanti e dei formatori attivi in ogni tipo di Istruzione e Formazione Professionale. • Tale strategia si fonda sul presupposto che l’istruzione e la formazione costi - tuiscano strumenti indispensabili per promuovere l’occupabilità, la coesione sociale, la cittadinanza attiva, nonché la realizzazione personale e professio - nale. I poteri dell’Unione Europea in materia di Istruzione e di Formazione Professionale Mentre la Formazione Professionale era già stata individuata come area di azione comunitaria con il trattato di Roma nel 1957, l’Istruzione è stata formalmente riconosciuta come area di competenza dell’Unione Europea solo con il trattato di Maastricht, che ha istituito l’Unione nel 1992. Il trattato di Maastricht afferma che la Comunità: «...contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegna16 mento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche» 13. Il trattato di Lisbona non ha modificato le disposizioni relative al ruolo dell’UE in materia di Istruzione e Formazione (titolo XII, articoli 165 e 166) 14. In particolare l’art. 165 stabilisce che: «L’Unione contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche». L’Unione Europea, per quanto riguarda le politiche dell’istruzione, svolge dunque un ruolo sussidiario. Gli Stati membri rimangono responsabili per il proprio sistema di istruzione e formazione, ma cooperano all’interno del quadro europeo per raggiungere obiettivi comuni. L’art. 166 stabilisce che: «L’Unione attua una politica di formazione professionale che rafforza ed integra le azioni degli Stati membri, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi per quanto riguarda il contenuto e l’organizzazione della formazione professionale». Dunque nel campo della Formazione Professionale l’Unione Europea non si limita a promuovere la cooperazione tra Stati membri, ma può attuare una propria politica. È su questa più forte base giuridica che si è sviluppato il Fondo Sociale Europeo (v. più avanti il cap. 7). 1.4 Gli strumenti della Dichiarazione di Copenaghen Allo scopo di attuare gli obiettivi prefissati nella strategia per lo sviluppo dell’Istruzione e Formazione Professionale individuata a Barcellona e Copenaghen, ed in sintonia con la strategia più generale di promozione dell’apprendimento permanente, il Consiglio europeo definì successivamente un Programma generale per promuovere la mobilità (Programma lifelong learning) ed individuò alcune aree di intervento specifico, sulle quali vennero attivati dei gruppi di lavoro tra gli Stati membri. Il lavoro condotto dalla Commissione e dai Paesi membri in queste aree ha portato alla definizione di obiettivi e di strumenti comuni, per l’attivazione ed il raggiungimento dei quali sono state emanate delle Raccomandazioni a livello europeo. Le Raccomandazioni sono degli atti non vincolanti con i quali le istituzioni comunitarie invitano i destinatari a seguire un determinato comportamento. In genere sono adottate dalle istituzioni comunitarie quando queste non dispongono del potere di adottare atti obbligatori o quando ritengono che non vi sia motivo di adottare norme più vincolanti. Le Raccomandazioni adottate per rafforzare l’attuazione del processo di Copenaghen riguardano: 13 Versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato sul funzionamento del - l’Unione Europea (2010/C 83/01). 14 Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea (2007/C 306/01). 17 • lo sviluppo di un Quadro europeo per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (European Qualification Framework - EQF); • l’introduzione di una Metodologia per il trasferimento dei crediti per l’Istruzione e la Formazione Professionale (European Credit system for Vocational Education and Training - ECVET); • la definizione di un Quadro di riferimento per l’assicurazione di qualità (European Quality Assurance Reference framework for Vocational Education and Training - EQAVET); • la definizione di un Quadro europeo per le competenze chiave. Con l’emanazione di queste Raccomandazioni, tra la fine del 2006 e giugno 2009, viene concretizzato il processo politico delineato tra Lisbona e Copenaghen. L’Unione Europea, dopo aver definito i suoi obiettivi strategici in materia di apprendimento permanente e sviluppo dell’Istruzione e Formazione Professionale, attraverso questi atti, non vincolanti ma fortemente impegnativi, ha individuato delle modalità attuative, che vengono “raccomandate” ai Paesi membri dopo la loro approvazione. I capisaldi di questa strategia sono: • lo spostamento dell’attenzione dal processo di insegnamento al processo di apprendimento; • il rafforzamento delle competenze chiave di cittadinanza per tutti i cittadini europei; • la focalizzazione sui risultati dell’apprendimento, piuttosto che sui percorsi formali di istruzione e formazione; • la possibilità di validazione e riconoscimento delle competenze possedute, a prescindere dalla modalità con cui sono state acquisite; • la definizione di un linguaggio e di livelli comuni che consentano il confronto delle qualificazioni e dei titoli ottenuti nei diversi sistemi nazionali, dai livelli più elementari fino a quelli di più elevata specializzazione; • la definizione di un modello e di strumenti comuni che garantiscano il controllo e lo sviluppo continuo della qualità dell’offerta formativa all’interno dei sistemi dei diversi Paesi. Attraverso questa strategia l’Unione Europea non entra nel merito dell’organizzazione dei percorsi scolastici e formativi, che rimane materia soggetta alle giurisdizioni nazionali, ma fissa alcune coordinate fondamentali che nei prossimi anni potrebbero modificarne notevolmente le prospettive evolutive. Per alcuni Paesi, come l’Italia, l’applicazione delle Raccomandazioni comporta una vera e propria rivoluzione culturale: ad esempio la trasformazione del sistema formativo dall’attuale modalità organizzativa, basata sull’offerta di percorsi di istruzione e formazione la cui frequenza viene convalidata e riconosciuta per l’acquisizione del titolo, ad un sistema nel quale non conterà quale percorso sia stato seguito, ma conteranno le conoscenze e competenze effettivamente acquisite, comportando un ripensamento 18 totale delle attuali modalità di rilascio dei titoli, tutte schiacciate sulla conclusione e convalida dei percorsi formali. Ugualmente impegnativa è la creazione di un quadro unico che raggruppi tutti i titoli e le qualificazioni, dal livello di base fino a quello postuniversitario; al di là dei problemi di tipo definitorio si pone il problema culturale dell’integrazione tra i diversi sistemi, quello di tipo accademico e quello più orientato alla creazione di professionalità specifiche. In Italia, ma anche in molti altri Paesi, il mondo accademico ha sempre guardato con un certo sospetto il mondo della Formazione Professionale e l’obiettivo di ricomporre in un quadro realmente unitario i titoli e le qualifiche ottenute nei diversi sistemi non è semplice da rea - lizzare. Anche l’attuazione dei modelli di garanzia di qualità, per quanto non manchino esperienze significative nel nostro Paese, dovrà assicurare che l’adozione di questi modelli non avvenga solo sul piano formale, ma produca un effettivo cambiamento nelle modalità di governo dell’azione formativa. Le Raccomandazioni europee verranno descritte in dettaglio nei capitoli successivi. Inoltre, il Processo di Copenaghen ha portato alla realizzazione di strumenti per facilitare la mobilità e la trasparenza delle qualifiche (Europass) e di strumenti per promuovere l’informazione e l’orientamento sulle opportunità di formazione e di carriera nell’Unione Europea (portale PLOTEUS e Euroguidance network). 1.5 Il programma Lifelong Learning e le azioni per la mobilità Il Programma d’azione comunitaria nel campo dell’apprendimento permanente, o Lifelong Learning Programme (LLP), è stato istituito con decisione del Parlamento europeo e del Consiglio il 15 novembre 2006 ed ha riunito al suo interno tutte le iniziative di cooperazione europea nell’ambito dell’istruzione e della formazione dal 2007 al 2013. Il suo obiettivo generale è stato contribuire, attraverso l’appren - dimento permanente, allo sviluppo dell’Unione quale società avanzata basata sulla conoscenza, con uno sviluppo economico sostenibile, nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale, garantendo nel contempo una valida tutela dell’ambiente per le generazioni future (Strategia di Lisbona). Il programma europeo Lifelong Learning ha raggruppato le iniziative concrete messe in atto dall’Unione Europea per realizzare gli obiettivi strategici di Copenaghen; queste iniziative non riguardano solo studenti ed allievi, ma anche insegnanti, formatori e tutti coloro che sono coinvolti nell’istruzione e nella formazione. In particolare ha promosso, all’interno della Comunità, gli scambi, la cooperazione e la mobilità tra i sistemi d’istruzione e formazione in modo che essi diventino un punto di riferimento di qualità a livello mondiale. Il Programma ha rafforzato e integrato le azioni condotte dagli Stati membri, pur mantenendo inalterata la responsabilità affidata ad ognuno di essi riguardo al contenuto dei sistemi di istruzione e formazione e rispettando la loro diversità cul19 turale e linguistica. I fondamenti giuridici si ritrovano negli art. 149 e 150 del Trattato dell’Unione dove si afferma che: «La Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione...» (art. 149) e che: «La Comunità attua una politica di formazione professionale che rafforza ed integra le azioni degli Stati membri...» (art. 150). In particolare vennero messi in opera quattro sotto-programmi per finanziare progetti ai diversi livelli di istruzione e formazione: Comenius, rivolto all’ambito scolastico, Erasmus per l’istruzione superiore, Leonardo da Vinci, destinato all’Istruzione e Formazione Professionale ed infine Grundtvig, che contiene iniziative per promuovere l’educazione degli adulti. Il supporto tecnico all’attuazione degli obiettivi europei L’Unione Europea si avvale di agenzie tecniche internazionali che nel campo dell’Istruzione e della Formazione Professionale conducono un’attività di ricerca, analisi, documentazione e sostegno tecnico alla Commissione. Tra queste possiamo ricordare: • Il Cedefop • L’European Training Foundation (ETF) • Eurydice Il Cedefop15 (European Centre for the Development of Vocational Training), istituito nel 1975 e localizzato a Salonicco, è una agenzia europea che facilita lo sviluppo dell’Istruzione e Formazione Professionale nell’Unione europea. È il Centro di riferimento dell’Unione per l’Istruzione e la Formazione Professionale. Il Cedefop: • fornisce know-how scientifico e tecnico in aree specifiche e promuove scambi di idee tra i diversi partner europei; • fornisce informazioni e analisi dei sistemi, delle politiche, delle ricerche e delle attività di Istruzione e Formazione Professionale. I compiti del Cedefop sono: • predisporre documentazione selezionata ed analisi dei dati; • contribuire a sviluppare e coordinare attività di ricerca; • valorizzare e disseminare l’informazione; • incoraggiare approcci comuni alle problematiche dell’Istruzione e Formazione Professionale; • fornire un forum di dibattito e scambio di idee. La Fondazione europea per la formazione16 (European Training Foundation – ETF) è un’agenzia dell’Unione Europea situata a Torino. È stata istituita nel 1990 per contribuire allo sviluppo dei sistemi di Istruzione e Formazione Professionale dei Paesi partner dell’Unione. La missione dell’ETF è aiutare i Paesi in transizione ed in via di sviluppo a pro- 15 http://www.cedefop.europa.eu/it. 16 http://www.etf.europa.eu/web.nsf/pages/Home_IT 20 muovere il potenziale del loro capitale umano attraverso la riforma dell’istruzione, della formazione e del mercato del lavoro nel contesto della politica delle relazioni esterne dell’UE. Alla base dell’attività dell’ETF c’è la convinzione che lo sviluppo del capitale umano nella prospettiva del lifelong learning può fornire un contributo fondamentale all’accrescimento della prosperità, alla creazione di una crescita sostenibile e ad incoraggiare l’inclusione sociale nei Paesi in transizione ed in via di sviluppo. La missione di Eurydice17 è fornire ai responsabili dei sistemi e delle politiche educative europee analisi ed informazioni a livello europeo che li possano sostenere nel processo decisionale. In particolare l’attività si focalizza su come i sistemi educativi si strutturano ed organizzano attraverso: • descrizioni dettagliate e rassegne dei sistemi educativi nazionali; • studi tematici comparativi su specifiche tematiche di interesse comunitario; • indicatori e statistiche; • materiali di riferimento e strumenti riferiti all’istruzione. Eurydice si articola in 42 unità nazionali basate in 38 Paesi partecipanti. 17 https://webgate.ec.europa.eu/fpfis/mwikis/eurydice/index.php/Main_Page 21 La strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione è stata la risposta comune dell’Europa per affrontare le sfide della globalizzazione, del mutamento demografico e della società della conoscenza. Essa era rivolta a creare un’Europa più dinamica e competitiva per assicurare un futuro prospero, equo ed ambientalmente sostenibile per tutti i cittadini. Nonostante gli sforzi comuni, questi obiettivi furono raggiunti solo in parte. Anche il Consiglio europeo riconobbe che restavano ancora da affrontare sfide sostanziali se l’Europa intendeva realizzare l’ambizione di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo. Pertanto, per emergere dalla crisi e preparare l’Europa al nuovo decennio il Consiglio europeo dei ministri, facendo seguito alla comunicazione della Commissione Europa 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva18 , varò il 17 giugno 2010 la strategia Europa 2020. La strategia Europa 2020 19 è succeduta a quella approvata a Lisbona, condividendone alcuni aspetti, e propose un progetto per l’economia sociale di mercato europea nel nuovo decennio, sulla base di tre obiettivi prioritari strettamente interconnessi che si rafforzano a vicenda: • crescita intelligente, attraverso lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione; • crescita sostenibile, attraverso la promozione di un’economia a basse emissioni inquinanti, efficiente sotto il profilo dell’impiego delle risorse e competitiva; • crescita inclusiva, attraverso la promozione di un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale. I progressi verso la realizzazione di questi obiettivi vengono valutati sulla base di cinque traguardi principali da raggiungere a livello di Unione Europea, che gli Stati membri devono tradurre in obiettivi nazionali da definire in funzione delle rispettive situazioni di partenza: Gli indicatori della strategia Europa 2020 • Il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro; • innalzare al 3% del PIL i livelli d’investimento pubblico e privato nella ricerca e nello sviluppo; • ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% rispetto ai livelli del 1990 e portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabili nel consumo finale di energia; 2. Verso Europa 2020 18 Comunicazione della Commissione Europa 2020 una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, Com(2010) 2020. 19 Consiglio Europeo 17 Giugno 2010 Conclusioni (Euco 13/10). 22 • il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve avere una laurea o un diploma; • 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio povertà. L’istruzione, la formazione e l’apprendimento permanente giocano un ruolo chiave per raggiungere questi obiettivi. Vennero inoltre individuate “sette iniziative faro”, focalizzate sui temi prioritari: • L’Unione dell’innovazione, per migliorare l’accesso e l’utilizzo dei finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, facendo in modo che le idee innovative si trasformino in nuovi prodotti e servizi tali da stimolare la crescita e l’occupazione. • Youth on the move, per migliorare l’efficienza dei sistemi di insegnamento e agevolare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. • Un’agenda europea del digitale, per accelerare la diffusione di Internet ad alta velocità e sfruttare i vantaggi di un mercato unico del digitale per famiglie e imprese. • Un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse, per contribuire a scindere la crescita economica dal consumo delle risorse, favorire il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio, incrementare l’uso delle fonti di energia rinnovabile, modernizzare il nostro settore dei trasporti e promuovere l’efficienza energetica. • Una politica industriale per l’era della globalizzazione, per migliorare il clima imprenditoriale, specialmente per le PMI, e favorire lo sviluppo di una base industriale solida e sostenibile in grado di competere su scala mondiale. • Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro, per modernizzare i mercati del lavoro e consentire alle persone di migliorare le proprie competenze in tutto l’arco della vita al fine di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e di conciliare meglio l’offerta e la domanda di manodopera, anche tramite la mobilità dei lavoratori. • La Piattaforma europea contro la povertà, per garantire coesione sociale e territoriale in modo tale che i benefici della crescita e i posti di lavoro siano equamente distribuiti e che le persone vittime di povertà e esclusione sociale possano vivere in condizioni dignitose e partecipare attivamente alla società. Ogni Stato membro venne responsabilizzato a fornire un contributo alla rea lizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020 attraverso percorsi nazionali che rispecchiassero la situazione di ciascun Paese e il suo “livello di ambizione”. Alla Commissione spetta il compito di controllare i progressi compiuti e, in caso di “risposta inadeguata”, di formulare una “raccomandazione” che deve essere attuata in un determinato lasso di tempo, esaurito il quale, senza un’adeguata reazione, segue un “avvertimento politico”. La strategia Europa 2020 – si legge nel documento finale – «...aiuterà l’Europa a riprendersi dalla crisi e a uscirne rafforzata, a livello sia interno sia internazionale, incentivando la competitività, la produttività, il potenziale di crescita, la coesione sociale e la convergenza economica»20 . 20 Consiglio Europeo 17 Giugno 2010, cit. 23 21 C OMMISSIONE E UROPEA , Il completamento del mercato interno: Libro bianco della Commissione per il Consiglio europeo COM(85) 310, giugno 1985. Occorre rilevare che se la strategia di Lisbona era stata varata in un momento di grandi speranze per il rafforzamento del ruolo e della missione dell’Unione Europea (si era nel periodo dell’ulteriore allargamento della sua composizione a 27 membri e della nascita dell’Euro), la strategia Europa 2020 è venuta a cadere in un momento di stanchezza e ripensamento delle prospettive europee. I Benchmark europei definiti a Lisbona sono stati raggiunti solo in modo parziale; anche i progressi che erano stati realizzati per quanto riguarda l’incremento dell’occupazione sono stati annullati dalla crisi economica internazionale. I vincoli finanziari ed economici imposti a Maastricht sono saltati in molti Paesi. Inoltre, anche sul piano della coesione sociale le problematiche crescenti prodotte dall’aumento dell’immigrazione extra ed intracomunitaria stavano mettendo a dura prova i principi del Trattato di Roma, che sembravano ulteriormente acclarati dopo il Libro Bianco di Delors 21 . L’impatto del Fondo Sociale Europeo, che è il principale strumento finanziario di sostegno allo sviluppo ed all’occupazione nelle aree in difficoltà, è quantomeno diseguale, ed anche i Paesi che più avevano beneficiato del suo sostegno per progredire, come l’Irlanda e la Spagna, sono successivamente caduti in una grave crisi economica. Le formulazioni che accompagnano i vari documenti strategici, ripetute ormai da oltre 20 anni, sembrano talvolta dei mantra retorici, piuttosto che il frutto di una analisi non rituale dei problemi e delle sfide che si pongono di fronte ai Paesi europei. Alcuni importanti ed antichi Paesi promotori della cooperazione europea, come Francia ed Olanda, hanno votato in modo contrario all’introduzione della Costituzione europea, con la conseguente neces sità di redigere il trattato di Lisbona per salvaguardare quanto più possibile della pro posta di nuova Costituzione bocciata. Infine, l’uscita del Regno Unito ha inferto un ulteriore duro colpo alla fiducia nel rafforzamento dell’Europa unita. I sondaggi europei (Eurobarometro) che vengono condotti semestralmente dicono che l’immagine dell’Unione Europea è in discesa: i cittadini europei che ne hanno un’immagine positiva scendono dal 52% del 2007 al 34% del 2016 (il picco negativo però era stato raggiunto nel 2013). Al contrario i cittadini che ne hanno un’immagine negativa aumentano, passando dal 15 al 27% (tab. 2.1). Tab. 2.1 L’Europa vi evoca un’immagine positiva, neutrale o negativa? 2007 2013 2015 2016 Positiva 52 30 41 34 Neutra 31 39 38 38 Negativa 15 29 19 27 Fonte: Standard Eurobarometer, Public opinion in the European Union Spring 2016 First results Survey requested and co-ordinated by the European Commission, Directorate-General for Communication. 24 D’altra parte ci si può chiedere che cosa sarebbe avvenuto negli ultimi anni se non ci fosse stata l’Unione Europea. Probabilmente gli effetti della crisi internazionale sulle economie di alcuni Paesi europei sarebbero stati ancora più devastanti, senza la protezione assicurata dall’adesione al più vasto sistema economico europeo e senza l’obbligo di rispettare i parametri di Maastricht, o quantomeno di non discostarsi eccessivamente da essi. I Benchmark europei non sono stati quasi mai raggiunti, ma in numerosi Paesi europei si sono registrati dei miglioramenti e la loro proposizione ha fornito uno stimolo concreto e misurabile ai Paesi europei per affrontare questioni strategiche, come quella dell’abbandono scolastico. La cultura del monitoraggio e della valutazione degli obiettivi politici si è diffusa anche a seguito dell’approccio strategico europeo. Lo stesso Eurobarometro ci dice che la fiducia nelle istituzioni europee, per quanto sia decisamente scesa in questi anni, rimane pur sempre superiore rispetto a quella che viene espressa dai cittadini rispetto ai Parlamenti ed ai governi nazionali 22 . 2.1 Il Quadro strategico per la rinnovata cooperazione europea in campo formativo per il decennio 2010-2020 Anche nel campo formativo è stato definito un quadro strategico per sviluppare la cooperazione europea nel decennio successivo. Il 12 maggio 2009, il Consiglio europeo dei Ministri dell’istruzione varò l’introduzione di un Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (Education and Training 2020) 23 . Il Quadro strategico prendeva le mosse dai progressi realizzati nel quadro del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” (ET 2010) e dalla Comunicazione della Commissione Europea “Nuove competenze per nuovi lavori” del 2008 24 , che alla luce delle previsioni sull’evoluzione dell’occupazione e sui fabbisogni di competenze in Europa stimati dal Cedefop 25 , suggerì agli Stati membri una strategia centrata sulla capacità di riorientare l’offerta di istruzione e formazione alla domanda delle imprese ed ai fabbisogni professionali richiesti dal sistema produttivo. I quattro obiettivi strategici fissati per la cooperazione europea erano i seguenti: 1. L’apprendimento permanente e la mobilità devono diventare una realtà, con sistemi di Istruzione e Formazione Professionale più reattivi al cambiamento e al resto del mondo. 22 S TANDARD E UROBAROMETER , Public opinion in the European Union Spring 2016 First results Survey requested and co-ordinated by the European Commission, Directorate-General for Communication. 23 Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («ET 2020») 2009/C 119/02. 24 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni Nuove competenze per nuovi lavori prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi SEC(2008) 3058. 25 Il Cedefop esegue periodicamente analisi e previsioni sull’evoluzione dell’occupazione in Europea e sulle tendenze e richieste future di mano d’opera. 25 2. La qualità e l’efficacia dell’istruzione e della formazione devono essere migliorate prestando maggiore attenzione al miglioramento del livello delle competenze di base come la lettura, la scrittura e il calcolo, rendendo la matematica, le scienze e la tecnologia più allettanti, nonché rafforzando le competenze linguistiche. 3. L’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva vanno promosse in modo che tutti i cittadini, a prescindere dalla propria situazione personale, sociale o economica, possano continuare a sviluppare le competenze professionali per tutta la vita. 4. La creatività e l’innovazione, nonché l’imprenditorialità, dovrebbero essere incoraggiate a tutti i livelli di istruzione e formazione. Come si può vedere il Quadro strategico conferma in larga parte gli obiettivi già definiti nel processo di Copenaghen introducendo però, come nuovo obiettivo, quello dell’innovazione e della creatività, che non era stato preso in particolare considerazione nelle politiche precedenti. Secondo il Consiglio europeo, oltre a contribuire alla realizzazione personale, la creatività costituisce una fonte primaria dell’innovazione, che a sua volta è riconosciuta come uno dei motori principali dello sviluppo economico sostenibile. La creatività e l’innovazione sono fondamentali per la creazione di imprese e la capacità dell’Europa di competere a livello internazionale. La prima posta in gioco consiste nel promuovere l’acquisizione da parte di tutti i cittadini di competenze trasversali fondamentali: in particolare le competenze digitali, “imparare ad imparare”, lo spirito d’iniziativa e lo spirito imprenditoriale, e la sensibilità ai temi culturali. Una seconda sfida consiste nel vigilare sul buon funzionamento del triangolo della conoscenza: istruzione/ricerca/innovazione. I partenariati tra il mondo imprenditoriale e i vari livelli e settori dell’istruzione, della formazione e della ricerca possono contribuire a garantire una migliore concentrazione sulle capacità e competenze richieste nel mercato del lavoro sviluppando l’innovazione e l’imprenditorialità in tutte le forme d’insegnamento. Il Quadro strategico ET 2020 adotta il Metodo del Coordinamento aperto e propone la scansione del periodo in cicli pluriennali ed uno stretto monitoraggio dei risultati conseguiti dagli Stati membri, seguita da Raccomandazioni specifiche rivolte ai singoli Paesi riguardo i processi di riforma da attuare per raggiungere gli obiettivi europei. All’interno di questo rinnovato sforzo di avanzamento comune per la promozione dei sistemi di istruzione e formazione e dell’apprendimento permanente, il Consiglio dei Ministri europei per l’istruzione e la formazione ha approvato 6 nuovi obiettivi quantitativi (Benchmark) da raggiungere entro il 2020: • Almeno il 95% dei bambini tra i 4 anni e l’età di inizio della scuola primaria dovrebbero partecipare all’istruzione preelementare. • La quota di abbandoni precoci dall’istruzione e formazione dovrebbe essere inferiore al 10%. • La quota dei giovani con scarse prestazioni in lettura, matematica e scienze dovrebbe essere inferiore al 15%. • La quota delle persone tra 30 e 34 anni con un titolo a livello terziario dovrebbe essere almeno il 40%. 26 • Una media di almeno il 15% di adulti dovrebbe partecipare alla formazione permanente. • La quota degli occupati tra i diplomati secondari od universitari da 20 a 34 anni a tre anni dal diploma dovrebbe essere almeno l’82%. Di questi Benchmark, e del ruolo che assumono nell’indirizzare le politiche nazionali, si parlerà più in dettaglio nel capitolo successivo. La necessità di rafforzare la cooperazione europea in materia di Istruzione e Formazione Professionale per il periodo 2011-2020 venne ribadita dal comunicato di Bruges, che rafforza le principali direttrici di sviluppo e Formazione Professionale stabilite nell’ambito del processo di Copenaghen. Il comunicato è stato adottato dai Ministri europei per l’Istruzione e la Formazione Professionale, le Parti Sociali europee e la Commissione europea, riuniti a Bruges il 7 dicembre 2010 per rivedere l’approccio strategico e le priorità del processo di Copenaghen per il periodo 2011-2020. Il comunicato di Bruges Il comunicato di Bruges mira alla prospettiva di un sistema di Formazione Professionale moderno e attraente, che assicuri: • Massimo accesso all’apprendimento permanente, in modo che le persone abbiano l’opportunità di imparare in ogni fase della vita, seguendo percorsi di istruzione e formazione più aperti e flessibili, • Più opportunità di condurre esperienze ed attività di formazione all’estero per aumentare le competenze linguistiche, fiducia in se stessi e capacità di adattamento, • Corsi di qualità più elevata, che forniscano le giuste competenze per ottenere specifici posti di lavoro, • Più integrazione e possibilità di accesso per le persone svantaggiate, • Pensiero creativo, innovativo e imprenditoriale. Il comunicato di Bruges include un piano a medio termine volto a incoraggiare misure concrete a livello nazionale e il sostegno a livello europeo. Ciò richiede ai Paesi membri di: • Rivedere l’uso di incentivi, diritti e doveri per incoraggiare più persone ad intraprendere attività di formazione; • Attuare la Raccomandazione sulla garanzia della qualità nella Formazione Professionale; • Incoraggiare lo sviluppo di scuole professionali, con il sostegno delle autorità locali e regionali; • Introdurre strategie di internazionalizzazione per promuovere la mobilità internazionale; • Intensificare la cooperazione con le imprese al fine di garantire una formazione pertinente, ad esempio fornendo agli insegnanti la possibilità di una formazione pratica nelle aziende; • Avviare strategie di comunicazione per evidenziare i vantaggi della Formazione Professionale. Infine venne prevista la revisione di metà periodo (2015) degli obiettivi operativi. 27 Due anni dopo, nel documento Rethinking education26 la Commissione sottolineò come fosse necessario ampliare la portata delle riforme e accelerarne il ritmo in modo che abilità di qualità possano sostenere la crescita e l’occupazione. Pertanto la Commissione ha illustrato un limitato numero di priorità strategiche che spetta agli Stati membri affrontare e parallelamente ha presentato nuove azioni dell’UE con effetto moltiplicatore degli sforzi nazionali. Particolare attenzione è attribuita alla lotta alla disoccupazione giovanile. Rethinking education prende in considerazione quattro settori che sono essenziali per contrastare il problema e nei quali gli Stati membri dovrebbero intensificare gli sforzi: • sviluppo di un’Istruzione e Formazione Professionale di eccellenza per innalzare la qualità delle abilità professionali; • promozione dell’apprendimento sul lavoro, anche con tirocini di qualità, periodi di apprendistato e modelli di apprendimento duale per agevolare il passaggio dallo studio al lavoro; • promozione di partenariati fra istituzioni pubbliche e private (per garantire l’adeguatezza dei curricoli e delle abilità trasmesse); • promozione della mobilità attraverso il programma Erasmus per tutti 27 . All’interno di questo vasto quadro di analisi e di strategia l’Unione Europea ha lanciato negli anni successivi una serie di iniziative per migliorare i sistemi di Istruzione e Formazione Professionale e combattere la disoccupazione, specie quella giovanile. Ricordiamo fra queste: • Lo Youth Guarantee • L’European Alliance for Apprenticeships (EAfA) • Il Programma Erasmus Plus A queste tre iniziative vengono dedicati i prossimi paragrafi. 2.2 Lo Youth Guarantee Per incentivare gli Stati membri a rafforzare le loro politiche e gli interventi per l’occupazione giovanile il Consiglio europeo del 22 aprile 2013 ha istituito il Programma “Garanzia per i giovani” (Youth Guarantee). Lo Youth Guarantee costituisce un nuovo approccio alla lotta conto la disoccupazione giovanile per garantire che tutti i giovani di età inferiore ai 25 anni – iscritti o meno ai servizi per l’impiego – possano ottenere un’offerta valida entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall’inizio della disoccu pazione. Il punto di partenza per il rilascio della garanzia per i giovani a un giovane è 26 Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European economic and social committee and the Committee of the regions Rethinking Education: Investing in skills for better socio-economic outcomes COM/2012/0669 final. 27 “Erasmus per tutti” è il programma UE per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport proposto dalla Commissione europea il 23 novembre 2011. 28 la registrazione presso un servizio per l’impiego; per i “NEET” 28 non regi strati presso un servizio per l’impiego gli Stati membri dovrebbero definire un corrispondente punto di partenza per il rilascio della garanzia entro il medesimo periodo di quattro mesi. L’offerta può consistere in un impiego, apprendistato, tirocinio, o ulteriore corso di studi e va adeguata alla situazione e alle esigenze dell’interessato. L’UE integra le risorse nazionali necessarie per attivare questi sistemi mediante il Fondo Sociale Europeo (v. cap. 7) e 6 miliardi di euro dell’iniziativa per l’occupazione giovanile. Alla fine del 2016, a tre anni di distanza dal suo lancio la Commissione europea ha presentato un bilancio del programma 29 : dal gennaio 2014 quattordici milioni di giovani hanno partecipato ai sistemi della garanzia per i giovani; circa nove milioni di giovani hanno ricevuto un’offerta, che nella maggior parte dei casi è stata di lavoro. La garanzia per i giovani ha notevolmente facilitato le riforme strutturali e l’innovazione nell’elaborazione delle politiche in tutti gli Stati membri ed è stata integrata da altre iniziative quali la nuova agenda per le competenze e l’alleanza per l’apprendistato. La disoccupazione giovanile rimane tuttavia a livelli inaccettabilmente elevati e gli Stati membri devono ancora affrontare molte sfide. In Italia, la Garanzia per i giovani è finanziata principalmente attraverso il programma operativo nazionale Iniziativa Occupazione Giovani, cui sono stati destinati 1,5 miliardi di euro, grazie anche all’avvio del Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani”. Secondo il Ministero del Lavoro, a maggio 2017 il numero dei giovani complessivamente registrati a Garanzia Giovani è pari a 1.350.000 unità; il totale dei registrati, al netto delle cancellazioni, è pari a 1.160.000. I giovani presi in carico sono circa 940.000, ed i soggetti cui è stata proposta una misura prevista dal piano sono quasi 500.000 30 . Quasi il 35% di coloro che hanno completato un’iniziativa hanno trovato un’occupazione quattro settimane più tardi e la percentuale aumenta a quasi il 43% dopo-sei mesi 31 . Rimangono alcune sfide per assicurare la piena attuazione del programma Garanzia per i giovani. Il numero e la qualità delle offerte restano bassi, mentre le differenze regionali nell’attuazione della Garanzia rimangono elevate. La qualità della Formazione Professionale, apprendistato compreso, è ancora limitata. I sistemi di 28 NEET è l’acronimo inglese di “Not (engaged) in Education, Employment or Training”, utilizzato per indicare individui che non sono impegnati nel ricevere un’istruzione o una formazione, non hanno un impiego né lo cercano, e non sono impegnati in altre attività assimilabili. 29 Communication from the commission to the European parliament, the European council, the council, the European economic and social committee and the committee of the regions The Youth Guarantee and youth employment initiative three years on COM/2016/0646 final. 30 Ministero del lavoro, monitoraggio del 17 maggio 2017. 31 Commission staff working document: country report Italy 2017 accompanying the document Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European central bank and the Eurogroup 2017. European semester: assessment of progress on structural reforms, prevention and correction of macroeconomic imbalances, and results of in-depth reviews under regulation (eu) no 1176/2011{com(2017) 90 final}. 29 monitoraggio regionali e nazionali in materia di attuazione del programma sono ancora da integrare e armonizzare ulteriormente. Il coinvolgimento dei giovani più vulnerabili e disimpegnati non ancora registrati rimane una sfida per il programma. 2.3 L’European Alliance for Apprenticeships (EAfA) Fino a pochi anni fa l’Apprendistato veniva considerato uno strumento in declino, in via di superamento, da consegnare all’eredità del passato. In Italia veniva (e viene) prevalentemente utilizzato come uno strumento per facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro. Oggi, in una situazione in cui l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro appare sempre più problematico, sulla base dell’evidenza che dimostra il suo buon successo formativo ed occupazionale anche con i casi più “difficili”, lo sviluppo dell’apprendistato è tornato prepotentemente al centro dell’attenzione, diventando uno dei principali obiettivi delle politiche europee e nazionali in materia di formazione. L’apprendistato, infatti, facilita la transizione dalla scuola alla formazione al lavoro ed i dati dimostrano che i Paesi in possesso di un ben sviluppato sistema di Istruzione e Formazione Professionale e di apprendistato hanno livelli più bassi di disoccupazione. Attualmente l’apprendistato è un elemento centrale dei programmi di Istruzione e Formazione Professionale iniziali in molti Paesi; esso può combinare la formazione on-the-job con l’apprendimento in aula in una varietà di modi, che vanno dalla frequenza della scuola di uno o due giorni a settimana (ad esempio in Austria, Belgio- Fiandre, Germania, Svizzera), a periodi di parecchi mesi alternati sul posto di lavoro e in classe (ad esempio in Irlanda), all’apprendimento scolastico seguito dalla formazione sul posto di lavoro (ad esempio in Norvegia). L’apprendistato si svolge frequentemente non solo nei mestieri tradizionali, ma sempre più spesso anche nel settore dei servizi e nelle specializzazioni altamente qualificate. Diverse sono in particolare le ragioni del suo successo: • i buoni risultati che ottiene sul versante dell’occupazione: la Commissione europea ha stimato che un incremento di un solo punto percentuale dell’apprendistato ha come conseguenza un aumento dello 0,95% del tasso di occupazione giovanile e una riduzione dello 0,8% di quello di disoccupazione32 ; • i buoni risultati che ottiene sotto l’aspetto formativo: l’apprendimento attraverso la pratica costituisce un potente strumento che facilita il conseguimento di solidi risultati di apprendimento; • i buoni risultati che ottiene sul versante dell’inclusione giovanile: il suo carattere di apprendimento fortemente basato sulla pratica piace infatti a quei giovani che 32 E UROPEAN C OMMISSION , Apprenticeship and Traineeship Schemes in EU27: Key Success Factors, Directorate-General for Employment, Social Affairs and Inclusion, 2013. 30 preferiscono apprendere attraverso l’esperienza concreta e che, invece, rischiano di abbandonare se inseriti in un sistema formativo basato solamente sull’insegnamento teorico. La Tabella 2.2 mostra che nei Paesi nei quali è più sviluppato, la grande maggioranza dei giovani trova lavoro al termine del periodo di apprendistato. Tab. 2.2 Tassi di occupazione degli apprendisti in Europa Germania 67% Francia 67% Lussemburgo 81% Inghilterra 73% Olanda 95% Italia 35,8% Fonte: Dati tratti da: Confederazione europea dei sindacati (CES): Quadro di qualità europeo per gli apprendistati - proposta dei sindacati europei, 2016. Per l’Italia nostra elaborazione su dati ISFOLINAPP, Verso il sistema duale, XVI monitoraggio, I libri del Fondo sociale europeo 2016 Fa eccezione l’Italia, per la quale va però considerato il debole legame che si instaura nel nostro Paese fra impresa ed apprendista, il cui rapporto di lavoro con l’azienda spesso dura meno di un anno (v. più avanti tab. 2.4). Anche le imprese traggono un vantaggio dall’utilizzo di questo strumento; infatti esse grazie all’Apprendistato: • formano direttamente la manodopera che servirà loro negli anni successivi; si tratta di un vantaggio non trascurabile, considerando che per le imprese è importante assicurarsi per tempo una manodopera affidabile, perché formata all’interno dell’impresa, ed adatta alle loro esigenze; • risparmiano i costi che dovrebbero affrontare per cercare e selezionare la manodopera già qualificata; • risparmiano sul costo del lavoro, grazie ai benefici contrattuali, fiscali e contributivi di cui gode questo strumento. Per queste ragioni l’Unione Europea ha avviato nel luglio 2013 l’European Alliance for Apprenticeships (EAfA), un Programma che ha coinvolto Parti Sociali europee (CES, Business Europe, UEAPME e CEEP), Commissione europea e Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea e Stati membri allo scopo di rafforzare la qualità, l’offerta e l’immagine degli apprendistati in Europa, estendendo anche i processi di mobilità. Il programma è stato lanciato attraverso una prima dichiarazione congiunta da parte delle Parti Sociali e delle Istituzioni europee 33 , seguita da un ul- 33 Dichiarazione congiunta della Commissione Europea, della Presidenza del Consiglio dei Ministri UE e delle parti sociali a livello europeo del 2 Luglio 2013. 31 teriore dichiarazione del Consiglio dei Paesi dell’Unione Europea, e da singoli impegni da parte dei Paesi dell’Unione Europea. In particolare tutti i Partner europei i sono impegnati a: • considerare l’impegno comune e la fiducia reciproca come prerequisiti per il lancio dell’Alleanza europea per l’apprendistato; • contribuire a cambiare positivamente l’atteggiamento nei confronti dell’apprendimento basato sul lavoro, promuovendo i vantaggi del sistema di apprendistato; • contribuire all’accesso, fornitura, qualità e attrattiva degli apprendistati in tutta l’Unione Europea, incoraggiando la creazione, il rilancio o la modernizzazione di programmi di apprendistato che rispettino i seguenti principi: ○ basarsi su partenariati efficaci fra centri di istruzione e formazione e imprese, con il riconoscimento dei rispettivi ruoli; ○ coinvolgere le parti sociali nella governance dei sistemi di apprendistato; ○ assicurare l’alta qualità delle qualifiche e del processo di apprendimento; ○ integrare i programmi di apprendistato nei sistemi nazionali/regionali di istruzione e formazione; ○ definire un chiaro quadro regolamentare, che precisi responsabilità, diritti e obblighi di ogni parte in causa. La responsabilità del successo dell’European Alliance for Apprenticeships, sebbene questa iniziativa sia gestita dalla Commissione, ricade sugli Stati membri e sull’impegno dei rispettivi portatori d’interesse: infatti l’EAfA ha mobilitato i Paesi dell’UE e le parti interessate, sostenendo la stipula di accordi bilaterali e nazionali e di iniziative e meccanismi di cooperazione, promuovendo la riforma dei sistemi di apprendistato e aumentando la consapevolezza dei benefici di questo strumento, nonché contribuendo all’evoluzione del contesto politico mediante un’attività di ricerca e il dialogo. Il Cedefop e l’European Training Foundation sostengono questo processo con le loro attività di analisi e ricerca. Purtroppo i numeri dell’accesso all’apprendistato non sono positivi: come si può vedere dalla tabella seguente i nuovi contratti di apprendistato stipulati in Europa tendono a diminuire in tutti i principali Paesi, con l’eccezione della Spagna, dove è stato introdotto un nuovo regime. 32 Tab. 2.3 Numero di nuovi contratti di apprendistato stipulati in Europa Paese Ultimo dato disponibile Anno Tendenza Inghilterra 494.200 2014/15 Diminuzione Francia 273.295 2014 Diminuzione Germania 522.232 2014 Diminuzione Danimarca 69.669 2015 Diminuzione Italia 197.398 2015 Diminuzione Belgio 26.018 2013 Stabile Olanda 102.661 2014/15 Diminuzione Spagna 139.864 2014 Aumento Fonte: Dati tratti da: Confederazione europea dei sindacati (CES): Quadro di qualità europeo per gli apprendistati - proposta dei sindacati europei, 2016. Per l’Italia il dato è tratto da: ISFOL. Verso il sistema duale XVI monitoraggio, I libri del Fondo sociale europeo 2016 Nel commentare questi dati la CES (Confederazione europea dei sindacati) nota che il declino di posti di lavoro in apprendistato è dovuto al clima generale dell’eco - nomia, che non si presta a un’espansione, né alla predisposizione da parte dei datori di lavoro di assumere responsabilità per nuovi dipendenti, compresi gli apprendisti 34 . L’elevato tasso di abbandono rappresenta un altro preoccupante elemento da considerare: infatti, il numero di giovani che abbandonano il posto di apprendista prima di arrivare a conseguire la qualifica è piuttosto alto in tutti i Paesi d’Europa. Tab.2.4 Tasso di abbandono dell’apprendistato 34 Confederazione europea dei sindacati (CES): Quadro di qualità europeo per gli apprendistati - proposta dei sindacati europei, 2016. Germania 25% Inghilterra 18% Danimarca 48% Francia 27% Italia 44,6% Fonte: Dati tratti da: Confederazione europea dei sindacati (CES): Quadro di qualità europeo per gli apprendistati - proposta dei sindacati europei, 2016. Per l’Italia il dato è tratto da: ISFOL: Verso il sistema duale XVI monitoraggio, I libri del Fondo sociale europeo 2016; in questo caso come abbandoni sono stati considerati gli apprendisti che terminano il loro rapporto di lavoro prima di un anno. 2.3.1 L’impegno dei sindacati Le organizzazioni sindacali hanno fornito un importante contributo al rafforzamento dell’European Alliance for Apprenticeships ed hanno elaborato una proposta 33 per un Quadro di qualità europeo per gli apprendistati 35 , che presenta 20 principi guida, o standard di qualità, che rappresentano le caratteristiche che dovrebbe assumere il sistema di apprendistato per essere considerato un sistema di qualità. Per ognuno di questi standard sono indicati anche: • i criteri per stabilire se un sistema di apprendistato risponde allo standard prefissato; • alcuni esempi nazionali di buone pratiche che rispondono allo standard. Nel quadro seguente riepiloghiamo i principi guida elaborati dai sindacati europei. I principi guida per la qualità dell’apprendistato elaborati dai sindacati europei • Creare un apposito quadro regolamentare, in cui responsabilità, diritti e obblighi di ogni parte coinvolta siano formulati e applicabili in modo chiaro. • Incoraggiare partenariati nazionali con le parti sociali ai fini di progettazione, attuazione e governance dei programmi di apprendistato. • Garantire un’integrazione adeguata dei programmi di apprendistato nel sistema formale di istruzione e formazione attraverso un sistema di qualifiche e competenze riconosciute che potrebbero far accedere a un’istruzione di grado superiore o all’apprendimento permanente. • Assicurare che le qualifiche e le abilità acquisite e il processo di apprendistato siano di alta qualità, con standard definiti riguardo ai risultati dell’apprendimento e alla garanzia della qualità, e che il modello di apprendistato sia trasferibile oltre le frontiere e in grado di aprire la strada a uno sviluppo verso lavori altamente qualificati. • Includere una forte componente di formazione e apprendimento di alta qualità basato sul lavoro, che deve integrare le competenze specifiche con abilità più ampie, trasversali e trasferibili, facendo sì che i partecipanti possano adattarsi al cambiamento dopo aver concluso l’apprendistato. • Coinvolgere adeguatamente datori di lavoro e autorità pubbliche nel finanziamento dei programmi di apprendistato, garantendo al tempo stesso livelli adeguati di retribuzione e protezione sociale degli apprendisti, e fornendo incentivi appropriati a tutte le parti in causa, specialmente alle piccole e medie imprese, per partecipare e rendere disponibile un numero adeguato di posti di apprendistato. • Coprire più settori e professioni/mestieri, compresi i settori nuovi e innovativi a elevato potenziale di occupazione, e tener conto delle previsioni relative ai futuri fabbisogni di competenze. • Facilitare la partecipazione dei giovani con meno opportunità, fornendo loro servizi di orientamento professionale, formazione preparatoria e altre forme mirate di sostegno. • Promuovere l’adesione ai programmi di apprendistato tramite un’opera di sensibilizzazione mirata ai giovani, ai loro genitori, agli erogatori di istruzione e formazione e ai servizi pubblici per l’occupazione, mettendo in risalto gli apprendistati come iter per conseguire l’eccellenza. 35 Confederazione europea dei sindacati (CES), cit. Fonte: Confederazione europea dei sindacati (CES): Quadro di qualità europeo per gli apprendistati - proposta dei sindacati europei, 2016. 34 2.3.2 L’impegno dei datori di lavoro Lo sviluppo dell’apprendistato professionalizzante dipende fortemente dalla disponibilità dei datori di lavoro di offrire tirocini, formazione aziendale e formulare piani di formazione di concerto con le scuole ed i Centri di Formazione Professionale. Nel 2010 circa un quarto delle imprese europee con oltre 10 dipendenti ha formato apprendisti, anche se in numerosi Stati membri si registrano percentuali molto più basse. Come dimostra il grafico seguente, sono le grandi imprese a formare con maggiore frequenza gli apprendisti. Le imprese medie, piccole, e soprattutto micro necessitano di sostegno ed incentivazioni per divenire in grado di offrire posti in apprendistato e acquisire le competenze e le qualificazioni necessarie per svolgere l’attività formativa. Fig. 2.1 Percentuale di imprese che offrono posti in apprendistato secondo la loro dimensione Fonte: Eurostat. In Germania gli imprenditori hanno promesso di incrementare i posti di apprendistato e di fornire ai giovani tre offerte di formazione in apprendistato se privi di contratto entro una certa data. Gli imprenditori hanno anche accettato di offrire 20.000 posti di “formazione introduttiva” l’anno, come ponte verso i contratto di apprendistato. Inoltre, le Parti Sociali hanno accettato di condurre attività congiunte per aumentare il numero di giovani migranti partecipanti alla formazione in apprendistato. 2.3.3 L’impegno dell’Unione Europea L’attenzione dell’Unione Europea è stata ulteriormente ribadita dalle conclusioni del Consiglio europeo di Riga del giugno 2015 36 (v. anche par. successivo), che 36 Riga conclusions 2015 on a new set of medium-term deliverables in the field of Vet for the period 2015-2020, as a result of the review of short-term deliverables defined in the 2010 Bruges communiqué. 35 37 E UROPEAN C OMMISSION , High-performance apprenticeships & work-based learning: 20 guiding principles, 2016. hanno rafforzato l’enfasi sull’Apprendistato inserendo al primo posto, tra le priorità specifiche per l’Istruzione e Formazione Professionale e per l’apprendimento degli adulti fino al 2020, la promozione dell’apprendimento basato sul lavoro in tutte le sue forme, con particolare attenzione all’apprendistato, coinvolgendo le parti sociali, le imprese, le camere di commercio e i fornitori di IeFP, nonché stimolando l’innovazione e l’imprenditorialità. Per sostenere questo processo la Commissione europea, oltre ad attivare specifiche linee di finanziamento attraverso il programma Erasmus+ ha costituito un gruppo di lavoro composto da rappresentanti di alto livello di tutti gli Stati membri europei; questo gruppo ha predisposto, con il supporto tecnico del Cedefop e dell’European Training Foundation, 20 “Principi guida” per l’apprendistato di alte prestazioni, che presentiamo nel prospetto seguente 37 Venti “Principi guida” per l’apprendistato di alte prestazioni Principi riguardanti il Governo nazionale ed il coinvolgimento delle Parti Sociali • Definire un quadro giuridico chiaro e coerente che permetta ai partner dell’apprendistato di agire in modo efficace e garantire i diritti e le responsabilità reciproche. • Sviluppare un dialogo strutturato e continuo tra tutti i partner dell’apprendistato, comprendente modalità trasparenti di coordinamento e di decisione. • Rafforzare il ruolo delle Parti Sociali rafforzandone le capacità organizzative e l’assunzione di responsabilità per la sua attuazione. • Assicurare una cooperazione sistematica tra le scuole professionali, i centri di formazione e le imprese. • Condividere costi e benefici per il reciproco vantaggio di aziende, fornitori di formazione e gli allievi. Principi riguardanti il sostegno per le imprese, in particolare le PMI, che offrono posti in apprendistato • Definire misure che rendano l’apprendistato più attraente e accessibile alle PMI. • Trovare il giusto equilibrio tra gli specifici fabbisogni di competenze delle imprese formative e l’esigenza generale di migliorare l’occupabilità degli apprendisti. • Prestare particolare attenzione alle imprese che non hanno esperienza di apprendistato. • Sostenere le aziende che forniscono posti di apprendistato per gli studenti svantaggiati. • Motivare e sostenere le imprese perché nominino formatori e tutor qualificati. Principi riguardanti l’attrattività dell’apprendistato ed il miglioramento dell’orientamento professionale • Promuovere la permeabilità tra IeFP e altri percorsi educativi e professionali. • Migliorare l’immagine della Formazione Professionale e dell’apprendistato, promuovendo l’eccellenza della formazione. 36 • Rafforzare l’orientamento professionale per consentire ai giovani di fare scelte fondate. • Migliorare l’attrattività dell’apprendistato innalzando la qualità dei docenti. • Promuovere l’attrattività dell’Istruzione e Formazione Professionale e dell’apprendistato conducendo numerose attività di sensibilizzazione. Principi riguardanti la garanzia della qualità nell’apprendimento attraverso il lavoro • Definire un quadro chiaro per la garanzia della qualità del sistema di apprendistato a livello di sistema, di organismo formatore e di impresa, assicurando un feedback sistematico. • Garantire che il contenuto dei programmi di Formazione Professionale risponda alle mutevoli esigenze di competenze nelle imprese e nella società. • Promuovere la fiducia e il rispetto reciproco attraverso la cooperazione regolare tra i partner dell’apprendistato. • Garantire una valutazione equa, valida e autentica dei risultati dell’appren - dimento. • Sostenere lo sviluppo professionale continuo dei formatori in azienda e migliorare le loro condizioni di lavoro. Fonte: European Commission, High-performance apprenticeships & work-based learning: 20 guiding principles, 2016 2.3.4. L’impegno degli Stati membri Nell’ambito dell’EAfA sono state avviate una serie iniziative congiunte tra i Paesi europei per diffondere l’apprendistato. Uno dei protagonisti di questa attività è stato il governo tedesco, che è stato impegnato in una sorta di diplomazia di apprendistato multilaterale e bilaterale, forte della fondamentale esperienza acquisita con il suo sistema di apprendistato: Germania, Spagna, Grecia, Portogallo, Italia, Slovacchia e Lettonia, in associazione con la Commissione europea, hanno firmato il “Berliner Memorandum” che include misure concrete per introdurre nei Paesi firmatari un sistema di istruzione professionale basato sul modello tedesco di formazione duale. Per la fase iniziale, i Paesi partecipanti hanno deciso di avviare una serie di scambi e di visite di studio, di istituire reti regionali di Formazione Pro - fessionale, di dare vita a iniziative di consultazione sulla base di finanziamenti provenienti principalmente dal governo tedesco. Inoltre, Germania, Austria, Svizzera, Lussemburgo e Danimarca (ovvero i Paesi nei quali il sistema di apprendistato è più diffuso e consolidato) si sono impegnati a produrre una serie di strumenti per contribuire all’attuazione dei principi di formazione in alternanza. Importanti processi di riforma sono anche in atto in singoli Paesi europei. In Francia sono state annunciate una serie di misure per sviluppare la formazione in apprendistato, per raggiungere l’obiettivo di avere 500.000 apprendisti entro il 2017. In Spagna è in fase di attuazione il regio decreto (2012), che ha istituito due tipi di apprendimento basato sul lavoro (contratti per la formazione ed apprendistati da una parte, Formazione Professionale in alternanza nel sistema di istruzione dall’altra). L’Inghilterra ha avviato un processo di revisione dell’apprendistato che si basa su quattro principi: 37 • l’apprendistato è un lavoro in un’occupazione qualificata; • l’apprendistato necessita di una formazione sostanziale e permanente, della durata minima di 12 mesi e comprendente una formazione teorica, fuori del posto di lavoro; • l’apprendistato permette di acquisire una competenza totale in una professione, dimostrata dal conseguimento di standard definiti dai datori di lavoro; • l’apprendistato permette di acquisire competenze trasferibili, tra cui quelle relative ad inglese e matematica, per sviluppare la carriera professionale. Gli apprendisti dovranno dimostrare la loro competenza tramite un accertamento rigoroso e indipendente, predisposto con i datori di lavoro. Sono stati costituiti gruppi di datori di lavoro (“Trailblazers”) per riscrivere gli standard di apprendistato per le diverse professioni dei rispettivi settori. Inoltre, il Governo si è impegnato a realizzare un obiettivo di 3 milioni di nuovi posti di lavoro in apprendistato entro il 2020. In Danimarca, a seguito delle discussioni fra governo e parti sociali, nel 2014 è stata adottata una nuova riforma denominata Migliorare l’istruzione e la formazione professionale. La riforma dell’Apprendistato in Danimarca La riforma si prefigge quattro obiettivi: • un maggior numero di giovani deve scegliere di iniziare un apprendistato subito dopo aver raggiunto il livello scolastico 9 o 10; • un maggior numero di giovani deve completare l’apprendistato; • gli apprendistati devono essere destinati a tutti gli studenti, affinché questi ultimi possano realizzare il loro massimo potenziale; • rafforzamento della fiducia e dell’immagine positiva degli apprendistati. Per ognuno degli obiettivi precedenti è stato fissato un indicatore misurabile: • almeno il 25% dei giovani deve scegliere un apprendistato subito dopo aver conseguito il • livello scolastico 9 o 10; questa percentuale deve salire almeno al 30% entro il 2025; • il tasso di completamento dell’apprendistato deve aumentare dal 52% del 2012 ad almeno il 60% entro il 2020 e almeno al 67% entro il 2025; • la percentuale degli studenti più brillanti – misurata come quota di studenti che completano un numero totale di materie a un livello che supera il livello minimo obbligatorio definito dai comitati competenti in materia di Formazione Professionale – deve aumentare anno dopo anno; deve essere, inoltre, ottenuto un elevato tasso di occupazione per gli apprendisti neodiplomati; • il benessere degli apprendisti e la soddisfazione delle imprese che li assumono deve aumentare gradualmente fino al 2020. Operativamente la riforma propone quanto segue: • vengono introdotti requisiti minimi di ammissione in danese e matematica; • viene offerta agli apprendisti la possibilità di specializzarsi in modo più graduale, riducendo l’iter di accesso professionale a quattro aree più ampie, oltre all’introduzione di un corso basilare; • viene data agli apprendisti la possibilità di ottenere una qualifica generale di scuola secondaria di secondo grado, che permetta di accedere all’istruzione universitaria. 38 Anche il nostro Paese ha cercato di adeguarsi a questa rinnovata attenzione ed ha potenziato le forme di apprendistato e di alternanza studio-lavoro, che è stata resa obbligatoria. In particolare, per favorire l’impegno delle aziende in favore dell’apprendistato per il conseguimento della qualifica o del titolo di studio, il Governo ha concesso una serie di incentivi con alcuni provvedimenti varati nel 2013 e nel 2014 (Jobs Act). Inoltre nel 2015 il Ministero del Lavoro ha concesso finanziamenti aggiuntivi per lo svolgimento dell’attività di formazione all’interno ed all’esterno dell’impresa; a fine 2016 erano 1.524 gli apprendisti assunti per il conseguimento della qualifica o del diploma professionale sulla base di questi finanziamenti (oltre a circa 20.000 iscritti alla IeFP con le modalità di alternanza scuola-lavoro rafforzata ed impresa formativa simulata), dei quali oltre 1.000 all’interno della sola Regione Lombardia 38 . Infine, con il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 sono state introdotte significative modifiche alla normativa sull’apprendistato, in particolare quella riguardante l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, per estenderne le possibilità di utilizzo e renderlo più appetibile per i giovani e le imprese. 2.3.5 Una novità promettente: l’apprendistato a livello terziario Una delle novità più interessanti degli ultimi anni è lo sviluppo dell’apprendistato a livello terziario. Si tratta di una tendenza particolarmente importante per due ragioni: • perché l’utilizzo di questo strumento per accedere ad occupazioni di livello medio- superiore amplia di molto il panorama delle opportunità professionali offerte ai giovani e dei posti di lavoro disponibili, ovviando così alla diminuzione di posti di lavoro a livello di qualificazione iniziale che si registra in tutta Europa; • perché l’utilizzo di questo strumento a livello superiore contribuisce ad innalzarne l’immagine. In Germania è possibile accedere a studi duali superiori attraverso le Berufsakademien (Accademie professionali). Chi vuole intraprendere un corso di studi in una Berufsakademie deve, contemporaneamente alla presentazione della domanda d’iscrizione al corso, stipulare un attinente contratto di formazione con una delle imprese riconosciute come partner dalla Berufsakademie. Il corso adotta il sistema duale, e lo studente alterna periodi di impegno di circa tre mesi all’interno dell’azienda e della scuola. Sono disponibili quindi due luoghi e livelli di apprendimento nei campi tecnologico, economico e sociale. Il programma di studi viene sviluppato in stretta collaborazione dall’impresa e dalla Berufsakademie e implementato durante il corso, che dura sei semestri. Un corso di studi positivo termina con il conferimento da parte della Berufsakademie di un 38 INAPP, Sperimentazione del sistema duale nella IeFP: analisi dello stato di avanzamento delle programmazioni regionali, Luglio 2017. 39 diploma statale o riconosciuto dallo Stato o di un Bachelor. Attualmente gli studenti iscritti alle Berufsakademien sono circa 13.000 39 . Anche in Francia esiste la possibilità di conseguire in apprendistato qualunque titolo a livello post secondario ed universitario. L’apprendistato alto è organizzato d’intesa tra impresa, Università e CFA (Centre de Formation des aprentis); nel 2010 il 10,3% degli apprendisti francesi (43.000 giovani) studiava per conseguire un titolo universitario e la proporzione di apprendisti universitari è aumentata di 4 volte nel giro di 15 anni. In molti Paesi, tra i quali la Polonia e il Regno Unito, stage e tirocini fanno parte dei programmi accademici. La Romania sta aumentando gli stage per gli studenti in istruzione terziaria. In Svezia, tutta l’istruzione professionale superiore combina l’apprendimento scolastico con la formazione sul posto di lavoro. La formazione sul posto di lavoro viene strutturata come parte integrante del programma. Nella Formazione Professionale avanzata di secondo livello, l’istruzione deve integrare l’apprendimento scolastico con l’apprendimento sul posto di lavoro per almeno un quarto della sua durata. L’Olanda offre istruzione universitaria a ciclo breve (gli associate degrees), che dura generalmente intorno ai due anni. Gli “associate degrees” possono essere programmi a tempo pieno, part-time o duali. Circa la metà degli studenti seguono programmi duali, che combinano l’apprendimento con il lavoro. Anche in Italia, com’è noto, è stato introdotto l’apprendistato per il conseguimento di un titolo terziario. Finora questa opportunità è stata sfruttata soprattutto per il conseguimento di master universitari, anche se non mancano iniziative destinate al conseguimento di una laurea triennale o magistrale. Tab. 2.5 Apprendisti assunti con contratto di apprendistato per l’alta formazione e la ricerca (2014) Laurea Laurea Master Master triennale magistrale di primo di secondo Dottorato Totale livello livello Percorsi attivi 37 11 273 144 90 555 Percorsi avviati 10 3 186 81 51 331 Percorsi conclusi 12 4 159 42 1 218 Fonte: ISFOL, Verso il sistema duale, XVI monitoraggio, I libri del Fondo sociale europeo 2016 39 A SSOCIAZIONE T REELLLE -F ONDAZIONE R OCCA , Educare alla cittadinanza, al lavoro ed all’innovazione, Il modello tedesco e proposte per l’Italia, 2015. Il volume contiene un’analisi approfondita dell’apprendistato in Germania. 40 2.3.6 Una Raccomandazione europea per garantire la qualità dell’apprendistato Per garantire la qualità e l’efficacia dei programmi di apprendistato è in fase di elaborazione da parte della Commissione europea una proposta di Raccomandazione sull’istituzione di un Quadro europeo per apprendistati di qualità ed efficaci. Il Quadro potrebbe comprendere i seguenti criteri di qualità: • Accordo scritto: stipula di un accordo scritto tra il datore di lavoro, l’apprendista e l’istituto di Formazione Professionale (diritti e doveri). • Risultati di apprendimento: definizione dei risultati di apprendimento previsti da ogni apprendistato, comprese le competenze professionali, le abilità trasversali, lo sviluppo personale e le opportunità di carriera. • Supporto pedagogico: costituzione di formatori interni all’impresa, cooperazione con le strutture formative ed i docenti, attività di orientamento e di feed-back. • Componente basata sul lavoro: necessità che una parte sostanziale dell’apprendimento si svolga in un luogo di lavoro. • Retribuzione: necessità di una retribuzione adeguata per gli apprendisti, tenendo conto dei contesti nazionali e settoriali e del principio della suddivisione dei costi. • Protezione sociale: necessità di fornire un’adeguata tutela e assicurazione sociale agli apprendisti, sulla base del contesto nazionale. • Condizioni di lavoro: fornire condizioni di lavoro adeguate agli apprendisti, in particolare per quanto riguarda la salute e la sicurezza Il Quadro dovrebbe riguardare anche alcune condizioni di contesto, quali: • Quadro normativo: istituzione di un adeguato quadro normativo per la progettazione, la governance e l’attuazione degli apprendistati. • Approccio di partenariato: attuazione di un approccio di partenariato per gli stakeholders dell’apprendistato, con particolare attenzione alle parti sociali ed alle loro responsabilità. • Sostegno alle imprese: istituzione di un supporto (finanziario/non finanziario) alle imprese, in particolare alle PMI, e alle modalità di ripartizione dei costi. • Flessibilità dei percorsi: garantire flessibilità dei requisiti di ingresso all’apprendistato e dell’accesso dall’apprendistato a ulteriori opportunità di apprendimento. • Orientamento alla carriera e sensibilizzazione: coinvolgimento delle parti interessate nell’orientamento professionale e nella sensibilizzazione all’apprendistato. • Trasparenza e mobilità: aumentare la trasparenza e l’accesso agli apprendistati all’interno e tra gli Stati membri e valorizzare la mobilità transnazionale nelle qualifiche dell’apprendistato. • Assicurazione di qualità: sviluppare la garanzia di qualità in apprendistato (in linea con la Raccomandazione EQAVET), con particolare attenzione ai risultati dell’apprendimento ed al monitoraggio degli esiti degli apprendisti. 41 2.4 Il Programma Erasmus+ Nel 2014 è stato avviato il nuovo programma Erasmus+, con un bilancio di 14,7 miliardi di euro per il periodo 2014-2020, che rappresenta un aumento del 40% rispetto alla programmazione precedente. Questo programma ricomprende tutte le precedenti iniziative di finanziamento dell’Unione nel settore dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport, tra cui i programmi: • LifeLong Learning (che comprendeva Erasmus, Leonardo da Vinci, Comenius, Grundtvig); • Gioventù in azione; • altri cinque precedenti programmi di cooperazione internazionale (Erasmus Mundus, Tempus, Alfa, Edulink e il programma di cooperazione con i Paesi industrializzati). Erasmus+ mira a sostenere i Paesi nel loro impegno a utilizzare in modo efficiente le potenzialità del capitale umano e sociale europeo e ribadisce nel contempo il principio dell’apprendimento permanente legando il sostegno all’apprendimento formale, non formale e informale nell’ambito dell’istruzione, della formazione e della gioventù. Gli obiettivi specifici perseguiti dal programma Erasmus+ nei settori dell’istruzione e della formazione sono: • migliorare il livello delle competenze e delle abilità fondamentali, con particolare attenzione alla loro rilevanza per il mercato del lavoro e al loro contributo a una maggiore coesione sociale; • promuovere miglioramenti nell’ambito della qualità, l’eccellenza nell’innovazione e l’internazionalizzazione a livello di istituti di istruzione e formazione; • promuovere la nascita di uno spazio europeo dell’apprendimento permanente volto a integrare le riforme politiche a livello nazionale e sostenere la modernizzazione dei sistemi di istruzione e formazione nonché la sensibilizzazione in merito; • potenziare la dimensione internazionale dell’istruzione e della formazione; • migliorare l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue; • promuovere l’ampia diversità linguistica e la consapevolezza interculturale dell’UE. Esso inoltre prevede per la prima volta un sostegno allo sport. Obiettivo della Commissione europea è favorire un’integrazione tra le diverse linee di azione comunitaria, in modo che possano rispondere sempre meglio, ed in maniera più coerente, agli obiettivi che l’Unione Europea ha definito attraverso le Raccomandazioni e le decisioni del Consiglio dei Ministri europeo. 42 La struttura di Erasmus+40 La struttura del nuovo Programma Erasmus+ è incentrata su tre attività chiave, trasversali ai diversi settori: Attività chiave 1 - Mobilità individuale a fini di apprendimento • Mobilità individuale per l’apprendimento • Mobilità dello Staff (in particolare docenti, leaders scolastici, operatori giovanili) • Mobilità per studenti dell’istruzione superiore e dell’Istruzione e Formazione Professionale • Garanzia per i prestiti • Master congiunti • Scambi di Giovani e servizio Volontario Europeo Attività chiave 2 - Cooperazione per l’innovazione e le buone pratiche • Partenariati strategici tra organismi dei settori educazione/formazione o gioventù e altri attori rilevanti • Partenariati su larga scala tra istituti di istruzione e formazione e il mondo del lavoro • Piattaforme informatiche: gemellaggi elettronici fra scuole (eTwinning, Portale europeo per i giovani, Epale per l’educazione degli adulti); • Alleanze per la conoscenza e per le abilità settoriali e Cooperazione con Paesi Terzi e Paesi di vicinato Attività chiave 3 - Riforma delle politiche • Sostegno all’agenda UE in tema di istruzione, formazione e gioventù mediante il Metodo del Coordinamento Aperto Erasmus+ è stato avviato in un periodo in cui nell’UE quasi 6 milioni di giovani sono disoccupati, con livelli che in taluni Paesi superano il 50%. Nello stesso tempo si registrano oltre 2 milioni di posti di lavoro vacanti e un terzo dei datori di lavoro segnala difficoltà ad assumere personale con le qualifiche richieste. Ciò dimostra il sussistere di importanti deficit di competenze in Europa. Erasmus+ intende affrontare questi deficit fornendo opportunità di studio, di formazione, di esperienze lavorative o di volontariato all’estero. La qualità e la pertinenza delle organizzazioni e dei sistemi europei d’istruzione, formazione e assistenza ai giovani saranno incrementate attraverso il sostegno al miglioramento dei metodi di insegnamento e apprendimento, a nuovi programmi e allo sviluppo professionale del personale docente e degli animatori giovanili, nonché attraverso una maggiore cooperazione tra il mondo dell’istruzione e il mondo del lavoro. Con il finanziamento di Erasmus+ è stata costruito il sito web EPALE (Electronic Platform for Adult Learning in Europe). Si tratta di una piattaforma informatica avviata dal 2014, per promuovere e sostenere l’educazione degli adulti in Europa. 40 Per informazioni più dettagliate si veda http://www.erasmusplus.it/ 43 La piattaforma EPALE EPALE (http://www.erasmusplus.it/adulti/epale/) è una piattaforma online multilingue europea rivolta al settore dell’educazione degli adulti. La piattaforma è composta da un sito web pubblico e da una community online per consentire la pubblicazione di articoli, studi e ricerche, lo scambio di informazioni e progetti svolti sull’educazione degli adulti nei Paesi europei. Si tratta di un’iniziativa totalmente nuova nel settore e fa parte di un impegno a lungo termine per promuovere il miglioramento e la collaborazione in rete nel settore dell’apprendimento degli adulti in Europa, per offrire a tutti gli adulti la possibilità di accedere ad opportunità di apprendimento di alta qualità. La piattaforma si rivolge principalmente a coloro che rivestono un ruolo professionale nell’ambito dell’apprendimento rivolto a discenti adulti (non coinvolge quindi direttamente i discenti), ma l’iscrizione è aperta a chiunque sia interessato a conoscere gli studi, le pratiche educative e le riflessioni più attuali su un argomento, come l’educazione degli adulti, di crescente interesse nel panorama delle strategie europee. EPALE vuole contribuire a migliorare i risultati europei per gli adulti, agevolando il dibattito, la discussione, lo scambio di buone prassi e il dialogo tra i settori del variegato mondo dell’educazione degli adulti, la creazione di sinergie, il potenziamento dell’utilizzo delle Open Educational Resources, la facilitazione della mobilità dello staff e i partenariati, stimolando l’innovazione, la conoscenza delle legislazioni del settore, le strategie di finanziamento, ecc. La piattaforma offre numerosi strumenti di grande utilità, tra cui un calendario degli eventi, un glossario dei termini, relazioni specifiche per Paese, una libreria di risorse e tutte le ultime novità sull’apprendimento degli adulti in Europa. La piattaforma consente di pubblicare articoli in una o più lingue europee. Per rafforzare la collaborazione in rete e creare nuove sinergie all’interno della sua community, il sistema offre poi uno strumento di ricerca di contatti. EPALE rappresenta anche un supporto alla progettazione: offre infatti la possibilità di pubblicizzare le conferenze, i corsi e i seminari organizzati in tutta Europa e quindi è un ottimo canale per promuovere le attività della propria organizzazione a livello europeo. EPALE introduce alcune importanti novità. In primo luogo unisce due ambiti spesso separati e non comunicanti quali la Formazione Professionale e l’educa - zione degli adulti sia di ambito formale che non formale e informale. La scelta poi di una piattaforma multilingue con possibilità di iscrizione sempre aperta sottolinea la volontà di coinvolgere attori diversi e rappresentare le molte realtà del settore. La piattaforma è sviluppata e alimentata da una Unità centrale di supporto europeo, che agisce su incarico della Commissione europea e sotto la supervisione dell’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA). In ogni Paese è inoltre presente una Unità nazionale EPALE che svolge le attività di gestione, promozione e supporto tecnico nazionale. In Italia l’Unità nazionale ha sede presso l’INDIRE, Istituto nazionale di documentazione innovazione e ricerca educativa, su incarico affidato dal MIUR. 44 2.5 Quadro strategico: la valutazione di medio periodo e le conclusioni di Riga Nel 2014 la Commissione e gli Stati membri europei hanno effettuato una verifica del progresso realizzato negli anni precedenti, che ha portato a tre principali conclusioni strategiche: • è stata confermata l’importanza di un quadro integrato che copra istruzione e formazione a tutti i livelli. La necessità di flessibilità e di permeabilità tra le esperienze di apprendimento richiede coerenza strategica a partire dall’educazione e dalle scuole della prima infanzia fino all’istruzione superiore, all’istruzione e alla formazione professionali e all’apprendimento degli adulti, così da sostenere il principio dell’apprendimento permanente; • gli obiettivi strategici del quadro ET 2020 restano validi, tuttavia la priorità strategica deve essere ridefinita per includere sia le pressanti sfide economiche e occupazionali sia il ruolo dell’istruzione nel promuovere l’equità e l’inclusione e nel diffondere valori comuni europei, competenze interculturali e la cittadinanza attiva; • è importante il contributo del quadro strategico ET 2020 al programma globale dell’UE per l’occupazione, la crescita e gli investimenti, compreso il semestre europeo. Alla luce di queste conclusioni nel Consiglio dell’Istruzione del novembre 2015 sono state individuate 6 nuove priorità per la cooperazione nel campo dell’istruzione a livello europeo, per sviluppare: • conoscenze, capacità e competenze significative e di alta qualità, acquisite grazie all’apprendimento permanente, con particolare attenzione ai risultati dell’apprendimento per l’occupabilità, l’innovazione, la cittadinanza attiva e il benessere; • istruzione inclusiva, uguaglianza, equità, non discriminazione e promozione delle competenze civiche; • istruzione e formazione aperte e innovative, anche attraverso una piena adesione all’era digitale; • forte sostegno agli insegnanti, ai formatori, ai dirigenti scolastici e ad altro personale del settore dell’istruzione; • trasparenza e riconoscimento di competenze e qualifiche per facilitare la mobilità di studenti e lavoratori; • investimenti sostenibili, qualità ed efficienza dei sistemi di istruzione e formazione. Per ognuno di questi settori prioritari l’Unione Europea ha individuato una serie di azioni concrete riportate nella Relazione congiunta 2015 del Consiglio e della Commissione 41 . 41 Relazione congiunta 2015 del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET 2020) Nuove priorità per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (2015/C 417/04). 45 Le conclusioni di Riga42 Per quanto riguarda in particolare l’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), le conclusioni del Consiglio di Riga del 22 giugno 2015 hanno proposto il seguente nuovo insieme di risultati da ottenere per il periodo 2015-2020: • Promuovere l’apprendimento basato sul lavoro in tutte le sue forme, con particolare attenzione all’apprendistato, coinvolgendo le Parti Sociali, le imprese, le camere di commercio e i fornitori di IeFP, nonché stimolando l’innovazione e l’imprenditorialità. • Sviluppare ulteriormente i meccanismi di garanzia della qualità nell’Istruzione e Formazione Professionale, in linea con la raccomandazione EQAVET. • Migliorare l’accesso all’IeFP e alle qualifiche per tutti grazie a sistemi più flessibili e permeabili, segnatamente offrendo servizi di orientamento integrati ed efficienti e rendendo disponibile la convalida dell’apprendimento non formale e informale. • Rafforzare ulteriormente le competenze chiave nei programmi di studio dell’IeFP e fornire opportunità più efficaci per acquisire o sviluppare tali competenze mediante l’Istruzione e Formazione Professionale iniziale e continua. • Introdurre approcci sistematici e opportunità di sviluppo professionale iniziale e continua di insegnanti, formatori e tutori pedagogici dell’IeFP in ambito scolastico e lavorativo. 2.6 La New Skills Agenda for Europe 2.6.1. Il piano d’azione New Skills Agenda for Europe Nell’ambito del Quadro strategico Europa 2020 ed alla luce delle conclusioni di Riga, l’Unione Europea ha lanciato, nel corso del 2016, il piano d’azione New Skills Agenda for Europe, che comprende una serie di interventi per assicurare ai cittadini una formazione adeguata, l’acquisizione delle competenze appropriate ed il necessario supporto. I suoi obiettivi sono: • mettere i cittadini in grado di utilizzare meglio le competenze possedute, • aiutarli ad acquisire le nuove competenze che vengono richieste, • aiutarli a trovare occupazioni di qualità e migliorare le possibilità della loro vita. In particolare la Commissione propone 8 azioni “bandiera” da portare avanti nei due anni successivi all’interno di tre aree politiche prioritarie: 42 Riga conclusions 2015 on a new set of medium-term deliverables in the field of Vet for the period 2015-2020, as a result of the review of short-term deliverables defined in the 2010 Bruges communiqué. 46 A) Migliorare i livelli e l’adeguatezza delle competenze possedute Migliorare i livelli e l’adeguatezza delle competenze possedute 1. Emanare una Raccomandazione del Consiglio europeo sulla Garanzia per le competenze (Skill guarantee) destinata agli adulti con scarse competenze per aiutarli ad acquisire un livello minimo di competenze linguistiche, matematiche e digitali e progredire verso una qualificazione di livello secondario. 2. Revisionare la Raccomandazione sulle competenze chiave, per aiutare più persone ad acquisire il nucleo di competenze necessarie per lavorare e vivere nel 21° secolo. L’obiettivo è sviluppare una comprensione condivisa delle competenze chiave e favorire ulteriormente la loro introduzione nei programmi di istruzione e formazione. La revisione fornirà anche il supporto ad un migliore sviluppo e alla valutazione di queste competenze. Particolare attenzione sarà rivolta alla promozione della cultura imprenditoriale e orientata all’innovazione, anche incoraggiando esperienze imprenditoriali pratiche. 3. Promuovere una “Coalizione per le competenze e le occupazioni digitali” (Digital Skills and Jobs Coalition) per sostenere la cooperazione tra operatori dell’istruzione, dell’occupazione e dell’industria stakeholders e assicurare che in Europa i singoli e la forza lavoro nel suo complesso siano in possesso di adeguate competenze digitali. Gli Stati membri sono invitati a sviluppare entro la metà del 2017 strategie nazionali di sviluppo delle competenze digitali sulla base degli obiettivi definiti nel 2016. B) Rendere visibili e confrontabili le competenze possedute Rendere visibili e confrontabili le competenze possedute 4. Revisionare il Quadro Europeo delle Qualifiche ed i relativi allegati per favorire una migliore comprensione delle qualifiche ed il migliore uso di tutte le competenze disponibili nel mercato del lavoro europeo. 5. Predisporre uno strumento di profilazione delle competenze (Skills Profile Tool Kit) dei cittadini di Paesi terzi per facilitare la precoce identificazione e profilazione delle competenze e qualifiche possedute dai richiedenti asilo, rifugiati ed altri migranti. C) Migliorare la conoscenza e l’informazione sui fabbisogni di competenze per favorire migliori scelte professionali Migliorare la conoscenza e l’informazione sui fabbisogni di competenze per favorire migliori scelte professionali 6. Revisionare il quadro Europass, per offrire alle persone strumenti migliori e più facili da usare per presentare le loro competenze e ricevere in tempo reale utili informazioni sui fabbisogni di competenze e le tendenze in atto che li possono aiutare nelle loro scelte formative e professionali. La Commissione intende organizzare una piattaforma on-line semplice ed intuitiva che fornirà strumenti web per documentare e condividere informazioni su competenze e qualifiche e strumenti gratuiti di autovalutazione. Una proposta per revisionare la Decisione Europass è stata adottata dalla Commissione nell’ottobre 2016. 47 7. Realizzare un Piano per la cooperazione settoriale sulle competenze per migliorare la conoscenza delle qualifiche ed affrontare la mancanza di competenze negli specifici settori economici. A livello europeo verranno orga - nizzati dei partenariati settoriali sulle competenze che si dovranno successiva - mente sviluppare a livello nazionale (ed eventualmente regionale) per: a. tradurre le strategie di settore per i prossimi 5-10 anni nell’individuazione di fabbisogni di competenze e nello sviluppo di soluzioni concrete (p.e. sviluppo comune di maggiori opportunità di Formazione Professionale e di partenariati tra impresa, istruzione e ricerca), b. sostenere accordi per il riconoscimento di qualificazioni e di certificazioni a livello settoriale. 8. Emanare una Raccomandazione del Consiglio relativa al monitoraggio dei laureati per sostenere gli Stati membri a migliorare le informazioni su come i laureati si inseriscono nel mercato del lavoro ed aiutare gli studenti e gli operatori educativi a valutare la rilevanza delle opportunità di apprendimento che vengono offerte. Inoltre, la New Skills Agenda for Europe comprende altre due azioni: A) Rendere l’Istruzione e Formazione Professionale una scelta elettiva. Una delle iniziative che sono state lanciate all’interno di questa linea di azione è la Settimana europea delle competenze professionali. L’obiettivo è migliorare l’attrattività e l’immagine dell’IeFP, mostrandone gli esempi di eccellenza e qualità ed elevando la consapevolezza dell’ampia gamma di opportunità che vengono offerte. Dal 5 al 9 dicembre 2016 sono stati organizzati a Bruxelles una serie di eventi e di attività (conferenze, conferenze stampa, seminari e premiazioni). In parallelo si sono svolte in tutta Europa una serie di iniziative, cui hanno preso parte oltre 700.000 persone. Nel 2017 la Settimana europea delle competenze professionali si tiene dal 20 al 24 novembre. B) Approfondire la problematica della fuga dei cervelli e promuovere la condivisione delle migliori pratiche per affrontare efficacemente la questione. Rendere l’Istruzione e Formazione Professionale una scelta di elezione Rafforzare per gli allievi le opportunità di usufruire di esperienze di apprendimento basate sul lavoro e promuovendo una maggiore visibilità dei risultati positivi ottenuti dalla VET nel mercato del lavoro. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, Parti Sociali e fornitori di istruzione e formazione sosterrà l’implementazione delle conclusioni del Consiglio europeo di Riga (giugno 2015) per: a. Sostenere le opportunità per gli allievi di intraprendere percorsi di apprendimento basati sul lavoro come parte dei loro studi. b. Aumentare le opportunità per gli allievi dell’Istruzione e Formazione Professionale di integrare esperienze di apprendimento acquisite in diversi con testi, utilizzando gli attuali strumenti per la garanzia di qualità, i crediti ed in linea con la Raccomandazione EQF revisionata. c. Sostenere lo sviluppo e la visibilità delle opportunità di Istruzione e Formazione Professionale a livello superiore, promuovendo partenariati tra fornitori di formazione ed i mondi della ricerca e dell’impresa, con una attenzione particolare ai bisogni di competenze superiori in ambito settoriale. 48 d. Migliorare la disponibilità dei dati riguardo i risultati dell’Istruzione e Formazione Professionale nel mercato del lavoro. e. Esplorare il modo di raccordare i livelli di governo dell’ambito dell’Istruzione e Formazione Professionale, compreso un ruolo di coordinamento più esplicito per l’Advisory Committee sul Vocational Training. f. Rafforzare la cooperazione con la World Skills Organisation per evidenziare gli studi professionali come scelta di serie A. 2.6.2. La Raccomandazione del Consiglio sull’istituzione di una Garanzia per le competenze (Upskilling Pathways) Il 19 dicembre 2016 il Consiglio Europeo ha accolto la proposta della Commissione sull’istituzione di una Garanzia per le competenze adottando la Raccomandazione denominata Upskilling Pathways (I percorsi di miglioramento del livello delle competenze: nuove opportunità per gli adulti) 43 . Obiettivo di questa Raccomandazione è migliorare l’occupabilità e le opportunità di vita delle persone, creando in tal modo una base di capitale umano più resiliente e una crescita più forte e più inclusiva in tutta l’UE. Attraverso questa iniziativa si vogliono sostenere gli adulti che hanno abban - donato il sistema di istruzione e formazione senza conseguire un titolo di studio a livello secondario superiore, aiutandoli ad accedere alle opportunità di sviluppo delle competenze al fine di migliorare le loro competenze alfabetiche, matematiche e digitali o di ottenere una qualifica classificata al livello 4 dell’EQF o equivalente. Il livello 4 del Quadro europeo delle qualifiche (EQF) è nella maggior parte dei Paesi il livello equivalente all’istruzione secondaria superiore. La Raccomandazione pertanto stabilisce un percorso dedicato ad un gruppo che non può ricevere sostegno dal Programma Garanzia per i giovani e ad indurre l’acquisizione delle competenze e delle qualifiche necessarie. Il sostegno alle persone si articolerà in tre fasi: 1. Valutazione delle competenze. Essa permetterà agli adulti scarsamente qualificati di individuare le competenze già possedute e il fabbisogno di migliori competenze. Potrà assumere la forma di “audit delle competenze”, una dichiarazione delle competenze personali che può costituire la base per progettare una offerta di apprendimento individualizzata. 2. Offerta di apprendimento. Il beneficiario riceverà un’offerta di istruzione e formazione per rispondere ai bisogni individuati attraverso la valutazione delle competenze. L’offerta sarà indirizzata a rafforzare le competenze linguistiche, matematiche o informatiche, oppure a consentire una progressione verso qualificazioni più elevate coerenti con i fabbisogni del mercato del lavoro. 3. Convalida e riconoscimento delle competenze acquisite attraverso il percorso personalizzato. 43 Raccomandazione del Consiglio del 19 dicembre 2016 su I percorsi di miglioramento del livello delle competenze: nuove opportunità per gli adulti (2016/C 484/01). 49 L’attuazione della Raccomandazione si appoggerà sulle strutture esistenti nei diversi Paesi e potrà fare riferimento al supporto finanziario fornito dalla Com - missione attraverso il Fondo Sociale Europeo, Erasmus+ e gli altri programmi comunitari. 51 3.1 Un ruolo strategico per gli indicatori In molti Paesi europei sta crescendo, negli ultimi anni, la tendenza a quantificare gli obiettivi di governo indicando target quantitativi precisi, attraverso la definizione di indicatori che possono essere facilmente monitorati e verificati sia dai policy maker sia dall’opinione pubblica 44 . Nei Paesi di cultura anglosassone questo approccio è entrato stabilmente nella cultura di governo. Ad esempio in Inghilterra vennero introdotti i Public Service Agreements (PSA), che stabilivano obiettivi precisi per il miglioramento dei servizi pubblici, compresi i sistemi di istruzione e formazione. Gli obiettivi dei PSA prevedevano traguardi (target) precisi per la crescita sia qualitativa che quantitativa del sistema educativo. Questi obiettivi quantitativi (targets) erano inoltre declinati a livello locale, in modo da responsabilizzare sul loro raggiungimento anche gli attori del territorio. Periodicamente si procedeva alla verifica del raggiungimento dei target e dei problemi connessi e quindi alla riformulazione degli obiettivi 45 . La diffusione di una cultura legata al risultato non riguarda solo i Paesi anglosassoni. Anche il sistema francese, sulla base della “Loi organique relative aux lois de finances (LOLF)” ha modificato radicalmente la filosofia dell’intervento pubblico, spostandosi da un approccio di bilancio basato sul finanziamento dell’attività (delle scuole, degli insegnanti, ecc.) ad un approccio basato sul finanziamento dell’obiettivo da raggiungere, obiettivo descritto in termini misurabili. Di conseguenza nella legge finanziaria ogni Ministero deve specificare in termini misurabili gli obiettivi da raggiungere e non solo le risorse che intende erogare. In questo modo chi governa, il Parlamento ed i cittadini hanno a disposizione uno strumento per misurare il successo dell’azione pubblica che viene finanziata annualmente e prendere le opportune decisioni, ovviamente ognuno nei suoi ambiti di competenza 46 . Come si è detto in precedenza questo tipo di procedimento è entrato a far parte anche delle politiche dell’Unione Europea. Il ricorso agli indicatori per fissare gli obiettivi da raggiungere presenta diversi aspetti positivi ma anche alcuni aspetti critici. In particolare si possono elencare i seguenti vantaggi 47 : 3. I Benchmark europei e gli indicatori dell’Istruzione e Formazione Professionale 44 A LLULLI G. (2007), La valutazione della scuola: un problema di governance, in Economia dei servizi, Il Mulino, n.3/2007. 45 C EDEFOP (2009) Assuring the quality of Vet systems by defining expected outcomes, Cedefop Panorama series, 158. 46 Cfr. http://www.performance-publique.gouv.fr/ 47 A LLULLI G. (2000), Le misure della qualità, Seam, Roma. 52 • obbliga i decisori politici a stabilire i loro obiettivi e le loro priorità: talvolta gli obiettivi dell’azione politica non vengono esplicitati; l’azione politica viene concepita solo come processo e non come attività finalizzata a conseguire un risultato. L’uso dell’indicatore costringe invece il policy maker a dichiarare e rendere trasparenti gli obiettivi della propria azione politica. • Costringe i decisori ad operazionalizzare gli obiettivi, in modo che possano essere misurabili: spesso, anche quando vengono definiti degli obiettivi, essi rimangono generici e non danno la possibilità ai cittadini di verificare effettivamente se essi sono stati conseguiti o meno. L’indicatore, che consiste in un dato preciso, obbliga ad uscire dalla genericità; questo è utile per i cittadini ma è utile anche per il policy maker, la cui capacità di azione strategica trae giovamento dalla operazionalizzazione dei propri obiettivi. • Consente il confronto ed il Benchmarking: l’indicatore permette di confrontare situazioni diverse e di individuare punti di riferimento che vengono fissati come mete da raggiungere. • Consente un monitoraggio obiettivo: l’individuazione di parametri precisi di riferimento permette di evitare (o di ridurre) la soggettività del giudizio. • Permette di incentivare coloro che ottengono risultati migliori e di sostenere chi si trova in difficoltà: la maggiore trasparenza assicurata dall’indicatore consente di individuare più facilmente aree di eccellenza ed aree di criticità e dunque di adottare politiche premiali o compensative. • Fornisce un solido punto di partenza per la valutazione. Senza una base quantitativa qualunque attività di valutazione rischia di cadere nella soggettività. È opportuno però ricordare che la valutazione non si esaurisce nell’analisi quantitativa, perché deve essere sempre integrata con una analisi di tipo qualitativo. D’altra parte l’utilizzo di indicatori per definire gli obiettivi da raggiungere non è privo di pericoli; infatti un uso inappropriato degli indicatori può far emergere alcuni effetti inattesi: • la necessità di stabilire mete misurabili rischia di far concentrare l’attenzione solo sugli obiettivi più banali; infatti, talvolta vengono scelti gli indicatori per i quali esistono dati disponibili, o più facilmente collezionabili, trascurando aspetti più complessi; come disse W. B. Cameron: «Non tutto quel che conta può essere contato e non tutto quello che può essere contato conta» 48 ; • spesso si richiede di raccogliere grandi quantità di dati per monitorare i risultati; questo accresce l’aggravio burocratico, procurando la cosiddetta “molestia statistica” alle strutture soggette a monitoraggio o valutazione; • il confronto tra situazioni diverse, senza tener conto del contesto, potrebbe essere scorretto; talvolta i confronti che vengono condotti non tengono conto delle differenze esistenti tra i vari contesti; 48 W.B. C AMERON , Informal Sociology: A Casual Introduction to Sociological Thinking, New York, Random House 1963. L’aforisma viene solitamente attribuito a Albert Einstein. 53 • l’enfasi sugli indicatori potrebbe far mettere in secondo piano l’analisi qualitativa; l’eccessiva dipendenza dai numeri (la cosiddetta “quantofrenia” 49 ) rischia di far trascurare gli aspetti cosiddetti “qualitativi” della valutazione, che la raccolta di dati quantitativi non permette di apprezzare adeguatamente; • i finanziamenti assegnati sulla base di risultati quantitativi potrebbero creare degli effetti perversi. Se ad esempio vengono introdotti premi per le scuole che fanno registrare un basso tasso di abbandono, le scuole saranno tentate dal selezionare gli alunni in partenza, in modo da accogliere solo quelli più bravi e motivati; oppure potrebbero abbassare gli standard da raggiungere, in modo da facilitare la frequenza. Occorre infine osservare che la modifica di un sistema complesso come quello educativo non si realizza in un tempo ridotto; la misurazione dell’impatto di una politica educativa sul sistema potrebbe richiedere tempi anche lunghi; i comportamenti di milioni di docenti, studenti e famiglie, che sono soggetti peraltro ad una molteplicità di stimoli al di là di quelli proposti dalle politiche riformatrici, non cambiano nel giro di pochi mesi. Pertanto, nel monitorare l’applicazione e l’evoluzione di una politica sarebbe opportuno utilizzare non solo gli indicatori di risultato, che misurano gli effetti finali della politica (ad esempio la diminuzione del tasso di abbandono o l’innalzamento dei livelli di apprendimento), ma anche gli indicatori di processo, che permettono di verificare in che modo la politica viene applicata sul sistema. Inoltre, prima di concludere che un processo riformatore ha prodotto o meno i risultati attesi occorre aspettare un congruo lasso di tempo. Vi sono tanti modi per utilizzare gli indicatori nell’ambito delle politiche pubbliche: ad esempio essi possono essere utilizzati per il monitoraggio, per il confronto o per il controllo. Prendendo come parametro di analisi la finalità “politica” che riveste l’indicatore, si possono individuare due approcci al loro uso: uno che possiamo definire “morbido”, in quanto la sua applicazione non è propedeutica all’adozione di particolari iniziative da parte di un soggetto sovraordinato, ed un approccio “rigido”, quando l’applicazione dell’indicatore è propedeutica all’intervento da parte dell’ente sovraordinato. Esempi di approccio “morbido” provengono dall’utilizzazione degli indicatori: • per il monitoraggio interno dei processi avviati; • per il confronto volontario con altre istituzioni, in particolare con quelle che presentano caratteristiche simili; • per la definizione volontaria di Benchmark, ovvero di punti di riferimento da raggiungere o da prendere ad esempio; • per l’autovalutazione. I Benchmark fissati dall’Unione Europea nel quadro della strategia di Lisbona ri- 49 P.A. S OROKIN, Fads and Foibles in Modern Sociology and Related Sciences, H. Regnery Co., 1956. 54 entrano in questo tipo di approccio; essi infatti servono a monitorare il progresso degli Stati membri verso il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, ma il loro mancato raggiungimento non comporta nessuna sanzione a carico del Paese “inadempiente”. Al contrario i parametri di Maastricht, il cui mancato rispetto comporta della sanzioni a carico dello Stato inadempiente, fanno parte di un approccio di tipo rigido. Si può invece parlare di approccio “rigido” quando gli indicatori vengono utilizzati: • per il monitoraggio esterno, per controllare l’evoluzione di determinati progetti o programmi; • per assegnare finanziamenti aggiuntivi, sulla base di parametri statistici; • per verificare il raggiungimento di obiettivi precisi (targets). Sarebbe opportuno che nel processo di decisione politica gli indicatori venissero utilizzati integrando i due approcci: è necessario cioè stabilire dei traguardi misurabili, sui quali tutti si sentano responsabilizzati e che tutti possano verificare, nella consapevolezza che l’indicatore è uno strumento e non un fine e che la complessità del sistema educativo richiede una grande attenzione ai diversi contesti, evitando confronti impropri tra soggetti od organizzazioni differenti, ed agli aspetti qualitativi dei processi che vengono osservati. 3.2 Indicatori e Benchmark per monitorare il progresso verso gli obiettivi di Lisbona Le Conclusioni della presidenza a Lisbona nel 2000 ed i successivi Consigli europei hanno riconosciuto un ruolo centrale per indicatori e Benchmark all’interno del “Metodo di coordinamento aperto”, seguito per promuovere la convergenza degli Stati membri verso gli obiettivi principali dell’Unione economica e sociale (v. par.1.2). In particolare si è intensificato l’utilizzo di indicatori e Benchmark nel settore della cooperazione riguardo l’istruzione e la formazione in Europa. Nel 2002 il Consiglio europeo approvò un programma di lavoro dettagliato che fissava 13 obiettivi concreti in materia di istruzione e formazione e un elenco indicativo di 33 indicatori, successivamente ridotti a 29. Venne anche istituito un gruppo permanente sugli indicatori e Benchmark (Standing Group on Indicators and Benchmarks), composto da esperti in rappresentanza di tutti gli Stati membri, per consigliare la Commissione sull’uso di indicatori e Benchmark. L’atto più significativo è stato l’adozione, da parte del Consiglio dell’Istruzione, di 5 Benchmark (“livelli di riferimento della performance media europea”) nel settore chiave dell’istruzione e della formazione, ovvero cinque obiettivi quantitativi che l’Unione Europea si prefiggeva di raggiungere entro il 2010. La definizione dei Benchmark intendeva costituire un modo concreto e misurabile per indicare agli Stati membri la strada da percorrere per costruire un sistema di apprendimento/ formazione permanente e per misurare il progresso in questa direzione. 55 L’obiettivo che si proponeva era raggiungere il Benchmark come media europea; dunque venivano/vengono ammesse anche differenze tra i diversi Paesi, ferma restando l’intenzione di raggiungere, nella media europea, il valore previsto dal Benchmark. Il mancato raggiungimento del Benchmark da parte di un Paese non comporta alcuna sanzione: siamo all’interno di quell’approccio “morbido” sull’uso degli indicatori di cui si è parlato nel paragrafo precedente. I Benchmark erano i seguenti: • almeno l’85% dei giovani deve conseguire un diploma di scuola secondaria superiore; • il tasso massimo di abbandono della scuola prima di conseguire un titolo superiore od una qualifica non deve superare il 10%; • la partecipazione alle attività di formazione permanente deve coinvolgere il 12,5% della popolazione nell’arco di un mese; • diminuire di almeno il 20% la percentuale di giovani che dimostrano scarsa capacità di comprensione del testo; • aumentare di almeno il 15% il numero di laureati in Matematica, Scienza e Tecnologia. Successivamente la Commissione europea ha monitorato costantemente l’evoluzione di questi indicatori per tutti i Paesi europei, predisponendo un Rapporto annuale che ha consentito di fare periodicamente il punto della situazione. La rilevazione effettuata nel 2011 (su dati 2009) 50 mostrò la seguente situazione italiana ed europea: Tab. 3.1 Posizione italiana ed europea nel 2009/10 rispetto ai Benchmark di Lisbona 50 Progress towards the Lisbon Objectives in Education and Training. Indicators and Benchmarks 2010/2001. SEC(2011) 526. Benchmark Almeno l’85% dei giovani deve conseguire un diploma di scuola secondaria superiore Il tasso massimo di abbandono non deve superare il 10% La partecipazione alle attività di formazione permanente deve coinvolgere il 12,5% della popolazione nell’arco di un mese Diminuire di almeno il 20% la percentuale di giovani con scarsa capacità di comprensione del testo Aumentare di almeno il 15% il numero di laureati in Matematica, Scienza e Tecnologia Media Unione europea 78,6 13,9 9,1 21,1% (-6%) +4%(a) Media Italia 76,3 18,8 6,2 24,9% (+37,4%) +6,3%(a) (a) Il dato si riferisce all’incremento annuale. L’incremento totale della media europea nel periodo considerato è stato di oltre il 37%. Fonti: Progress towards the Lisbon Objectives in Education and Training. Indicators and Benchmarks 2010/2011. SEC(2011) 526. Education and training monitor 2014 56 Come si può vedere, ad eccezione dell’ultimo indicatore, per nessuno degli altri Benchmark il progresso dei Paesi europei è stato tale da permettere di raggiungere l’obiettivo previsto. Nel 2010 il Consiglio europeo esaminò questi dati pervenendo alle seguenti conclusioni 51 : a) Occorre fare di più per favorire l’alfabetizzazione e i gruppi svantaggiati • Il parametro di riferimento fissato dell’UE per il 2010 è una riduzione del 20% della percentuale dei quindicenni con scarse capacità di lettura, mentre il dato è in realtà aumentato passando dal 21,3% nel 2000 al 24,1% nel 2006. • Nella lettura, in matematica e nelle scienze i risultati degli studenti migranti sono inferiori a quelli degli studenti autoctoni (dati PISA). • Il progressivo declino delle abilità di lettura rispetto al parametro di riferimento fissato dall’UE per il 2010 resta un motivo di grave preoccupazione. Un buon livello di alfabetizzazione è basilare per l’acquisizione delle competenze chiave e per l’apprendimento permanente. b) Rafforzare le competenze chiave nell’Istruzione e nella Formazione Professionale e nell’educazione degli adulti Qualche passo avanti è stato compiuto per quanto concerne una maggiore partecipazione degli adulti all’istruzione e alla formazione, ma non abbastanza per raggiungere il livello di riferimento del 12,5% fissato per il 2010. Nel 2008, la percentuale degli europei di età compresa tra i 25 e i 64 anni che ha partecipato ad attività formative nelle quattro settimane precedenti la rilevazione è stata del 9,5%. La probabilità di partecipazione è cinque volte superiore per gli adulti altamente qualificati rispetto agli adulti scarsamente qualificati. c) Passi avanti in termini di miglioramento dell’accesso all’insegnamento superiore Cresce la consapevolezza politica del fatto che per l’attuazione dell’apprendimento permanente è essenziale far in modo che gli studenti “non tradizionali” possano avere accesso all’istruzione superiore. La maggior parte dei Paesi ha adottato misure a favore di una maggiore partecipazione degli studenti di estrazione socio - economica più modesta, anche attraverso incentivi finanziari. Il 24% della popolazione adulta europea (di età compresa tra i 25 e i 64 anni) è in possesso di un titolo di studio di livello terziario, un dato che mostra un progresso ma rimane di gran lunga inferiore a quello di Stati Uniti e Giappone (40%). Se la situazione europea non appare esaltante, quella italiana è di gran lunga peggiore. Per tutti i Benchmark, fatta eccezione per quello riguardante i laureati nelle materie scientifiche, l’Italia si colloca su valori nettamente inferiori a quelli della media europea. Anche il progresso in questi anni è stato piuttosto contenuto; solo 51 Relazione congiunta 2010 del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del programma di lavoro «Istruzione e formazione 2010» (2010/C 117/01). 57 per quanto riguardo il conseguimento del diploma di scuola secondaria vi è stato un avanzamento consistente da quando è stato fissato il Benchmark. 3.3 I Benchmark per il 2020 All’interno del nuovo Quadro strategico per l’istruzione e la formazione, elaborato per il 2020 (ET 2020), sono stati individuati 6 nuovi Benchmark. Tre di questi in realtà riprendono i Benchmark precedentemente definiti nell’ambito della strategia di Lisbona; tre, che riguardano l’accesso all’istruzione preelementare, la percentuale di laureati e l’occupazione dei diplomati secondari od universitari, sono del tutto nuovi. Questi nuovi obiettivi rientrano nella strategia dell’apprendimento che deve riguardare tutti i momenti della vita, “dalla culla alla tomba”, come recitava la Comunicazione della Commissione del 2001 52 . I 6 Benchmark per il 2020 sono i seguenti: • Almeno il 95% dei bambini tra i 4 anni e l’età di inizio della scuola primaria dovrebbero partecipare all’istruzione preelementare. • La quota di abbandoni precoci dall’istruzione e formazione dovrebbe essere inferiore al 10%. • La quota dei giovani con scarse prestazioni in lettura, matematica e scienze dovrebbe essere inferiore al 15%. • La quota delle persone tra 30 e 34 anni con un titolo a livello terziario dovrebbe essere almeno il 40%. • Una media di almeno il 15% di adulti dovrebbe partecipare alla formazione permanente. • La quota degli occupati tra i diplomati secondari od universitari da 20 a 34 anni a tre anni dal diploma dovrebbe essere almeno l’82%. Purtroppo anche la strada per raggiungere questi Benchmark risulta in salita, specialmente per il nostro Paese; dall’ultimo rapporto di monitoraggio della Commissione europea, pubblicato nel 2016 53 , e dai dati Eurostat pubblicati nel 2017, emerge infatti la situazione presentata nel prospetto seguente: 52 C OMMISSIONE DELLE C OMUNITÀ EUROPEE , Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente, COM(2001) 678 Bruxelles, 21.11.2001. 53 E UROPEAN C OMMISSION , Education and Training Monitor 2016, Directorate-General for Education and Culture, 2016. 58 Dall’analisi dei dati sui sistemi di istruzione e formazione europei effettuata nel monitoraggio condotto nel 2016 emerge che l’Europa continua ad affrontare problemi significativi di insuccesso nelle competenze di base tra la popolazione scolare e la popolazione adulta. Le prestazioni nelle competenze di base e il livello di istruzione sono fattori associati all’occupabilità dei giovani che conseguono un titolo di studio; in particolare l’istruzione superiore terziaria offre un chiaro vantaggio competitivo sul mercato del lavoro. I tassi di occupazione tra le persone con bassi livelli di istruzione sono in costante declino negli ultimi 10 anni. Inoltre, è sempre più importante avere una padronanza delle lingue straniere. Il raggiungimento di un elevato livello di competenza nelle lingue apprese rappresenta un asset essenziale per l’inclusione sociale e l’integrazione nel mercato del lavoro. I sistemi di istruzione efficaci forniscono ai giovani livelli elevati di competenze fondamentali e trasversali che consentono loro di partecipare pienamente alla società e all’occupazione. Tab. 3.2 I Benchmark europei per il 2020 e la posizione dell’Italia I Benchmark 2020 La situazione Indicatore Tasso di partecipazione all’istruzione preelementare Tasso di abbandono Tasso di partecipazione alla formazione permanente della popolazione di età 25-64 anni Quota di giovani con ridotte competenze (a) Possesso di un titolo terziario Occupati a tre anni dal diploma secondario o universitario Obiettivo europeo 2020 Almeno il 95% Inferiore al 10% Almeno il 15% accede nell’arco di un mese Inferiore al 15% Almeno il 40% dei 30-34enni Almeno l’82% Media UE 2016 94,3% 10,7% 10,8% Lettura 19,7% Mat. 22,2% Scienze 20,6% 39,1% 78,2% Media Italia 2012 99,1% 17,3% 6,6% Lettura 19,5% Mat. 24,7% Scienze 18,7% 21,9% 54,1% Media Italia 2016 96,5% 13,8% 8,3% Lettura 21,0% Mat. 23,3% Scienze 23,2% 26,2% 52,9% (a) Dato relativo al 2015 Fonti: Commissione europea, Relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione 2016. Italia. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2016. OECD, Pisa 2015 results (Vol.I), OECD Publishing Paris, 2016. Eurostat, Education and training in the EU - facts and figures, http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Education_and_training_in_the_EU_-_facts_ and_figures Eurostat, Newsrelease, n.71, April 2017 59 Education and Training Monitor 2016 Questi sono i principali aspetti rilevati nel monitoraggio condotto dalla Commissione europea e pubblicato nel novembre 2016: L’Europa si trova di fronte a grandi sfide sociali, tra cui l’invecchiamento della popolazione e l’integrazione di immigrati e rifugiati nell’educazione, nell’occupazione e nella società. L’età media dell’UE ha raggiunto i 42 anni, 4 anni in più rispetto al 2001. Si può anche prevedere che continui la tendenza ad aumentare la concentrazione di popolazione nelle più grandi aree urbane. In un contesto in cui le società europee si trovano di fronte a populismi e estremismi di ogni tipo che mettono in pericolo la loro coesione e inclusività, è oggi più importante che mai che l’istruzione aiuti gli individui a sviluppare le competenze chiave per la cittadinanza attiva e la partecipazione al mercato del lavoro. L’istruzione può anche porre le basi per una società più tollerante e democratica. Come aveva già mostrato il Rapporto di monitoraggio del 2015, l’Europa ha un problema persistente di povertà educativa, definita come mancato raggiungimento degli standard minimi nell’istruzione. I bassi livelli di apprendimento tra i 15enni rimangono preoccupanti, soprattutto in Matematica. Un recente rapporto dell’OCSE finanziato dalla Commissione europea mostra quali sono le variabili connesse con il basso rendimento scolastico. Un risultato importante mostra che le basse prestazioni sono più diffuse tra gli studenti che non hanno frequentato l’istruzione pre-elementare. Un altro risultato rilevante è la correlazione tra gli scarsi risultati e il grado di inclusione socio economico all’interno delle scuole. Quanto più alto è l’indice di inclusione socio economica delle scuole, tanto minore è la quota di bassi livelli di performance in un Paese. La diversità socio economica nelle scuole è vantaggiosa per le prestazioni educative degli studenti nel loro complesso. I progressi verso la riduzione dell’uscita anticipata dall’istruzione e dalla formazione sono stati notevoli nel decennio passato, ma hanno rallentato negli ultimi anni. Tra il 2014 e il 2015, la percentuale della popolazione di età compresa tra i 18 e i 24 anni che non consegue un diploma secondario superiore è diminuita di solo 0,2 punti percentuali nell’UE e corrisponde all’11% della leva demografica. Diminuire l’abbandono precoce significa anche ridurre le disparità regionali e le disuguaglianze sociali; per esempio nel 2015 la dispersione scolastica per i giovani residenti nell’Unione Europea e nati nei Paesi extracomunitari è stata doppia rispetto a quella dei nati nella UE (19,8% vs. 10,1%). Tra la popolazione in età lavorativa nell’UE, si può osservare che ben 1 adulto su 5 possiede solo un’alfabetizzazione di base e circa 1 su 4 solo abilità basilari di calcolo. L’apprendimento non dovrebbe terminare quando gli individui completano il loro percorso di formazione iniziale, ma raggiungere l’obiettivo dell’Unione che prevede che il 15% degli adulti partecipino all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita si sta dimostrando difficile. Il tasso medio di partecipazione alla formazione da parte degli adulti è stato del 10,7% nel 2014 e non è aumentato nel 2015. Inoltre, in alcuni Stati membri dell’UE, il divario nell’accesso alla formazione tra la popolazione con uno status medio e gli adulti con uno status svantaggiato persiste o addirittura aumenta. I dati più recenti mostrano che l’occupabilità dei diplomati in Europa è aumentata per il secondo anno consecutivo, di 0,9 punti percentuali dal 2014 e 1,5 punti percentuali dal 2013, raggiungendo il 76,9% nel 2015 (78,6% per diplomati maschi e 75,3% per le donne). Tuttavia, l’UE non ha ancora raggiunto i tassi di occupazione pre-crisi per i diplomati più 60 recenti. Il titolo di istruzione superiore offre un vantaggio competitivo sul mercato del lavoro; i laureati recenti che hanno 20-34 anni conseguono tassi di occupazione di 11 punti percentuali superiori ai coetanei che possiedono solo un titolo di istruzione media-superiore. Coloro che completano la loro formazione iniziale a livello medio-superiore attraverso la Formazione Professionale mostrano sistematicamente una migliore transizione nel mercato del lavoro rispetto a coloro che possiedono un titolo medio-superiore di carattere generale e non proseguono nell’istruzione superiore. Le misure politiche per portare l’Unione Europea più vicina al raggiungimento dell’obiettivo dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e ad aumentare l’occupabilità potrebbero partire dalla valutazione, dalla convalida e dalla certificazione delle competenze esistenti. Queste azioni dovrebbero essere seguite da ulteriori iniziative per migliorare la disponibilità alla formazione da parte dei discenti, incoraggiare i datori di lavoro a svolgere un ruolo più attivo, fornire un sostegno specifico ai gruppi svantaggiati e garantire qualità, rilevanza ed efficacia dei sistemi di formazione degli adulti. Infine, nel 2014 le spese pubbliche per l’istruzione nell’UE hanno ricominciato a crescere dopo tre anni consecutivi di contrazione, con un incremento dell’1,1% in termini reali ripetto all’anno precedente. Tuttavia, 10 Stati membri hanno ancora ridotto il loro budget per l’istruzione rispetto all’anno precedente. La percentuale di spesa per l’istruzione nell’ambito della spesa pubblica totale è rimasta stabile negli ultimi anni a circa il 10% (media UE, 2014: 10,2%). Per quanto riguarda l’Italia dalla lettura della tabella emerge la situazione che segue: a) Partecipazione all’istruzione preelementare La situazione del nostro Paese riguardo a Benchmark è molto positiva, anzi, l’Italia si posiziona più avanti del Benchmark europeo, anche se andrebbero ulterior - mente approfondite le motivazioni della diminuzione di scolarità che si è verificata tra il 2012 ed il 2016. b) Tasso di abbandono Elementi positivi emergono anche dai dati relativi all’abbandono. Anche se l’Italia si posiziona ancora al di sopra del Benchmark da raggiungere e della media europea, negli ultimi anni vi è stato un consistente miglioramento della posizione del nostro Paese, perché l’abbandono scolastico precoce negli ultimi quattro anni è sceso dal 17,3% della leva al 13,8%. Dunque l’Italia ha raggiunto l’obiettivo nazionale del 16% che si era prefissa all’interno del programma Europa 2020. Questa evoluzione positiva è stata possibile anche grazie all’impatto dell’avvio e della crescita dell’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), che ha consentito di recuperare e portare al conseguimento della qualifica professionale molti giovani che senza questa opportunità avrebbero abbandonato dopo la scuola media. c) Partecipazione della popolazione alla formazione permanente Positiva è anche la crescita della partecipazione degli adulti alle attività di educazione permanente, anche se il dato italiano (8,3%) è ancora lontano sia dal Benchmark fissato per il 2020 (15%), sia dalla media europea (10,8%). A questo proposi61 to la Commissione nota che l’Europa affronta l’impegnativa sfida della presenza di un gran numero di adulti privi delle competenze minime necessarie per partecipare con successo alla vita contemporanea sociale ed economica. Anche l’indagine OCSE Piaac del 2012 confermò che un largo numero di adulti (in particolare in Italia e Spagna) possiede competenze linguistiche e matematiche molto scarse. Come si può ben vedere dal grafico seguente, paradossalmente il dato sulla partecipazione alle attività di apprendimento si abbassa proprio per quelle persone che avrebbero maggior bisogno di un processo di riqualificazione, ovvero disoccupati e persone con basso titolo di studio, che accedono a queste attività in misura molto più ridotta. La relazione che lega il livello di istruzione iniziale alla successiva partecipazione ad iniziative di educazione permanente è ben nota, e testimonia una volta di più la necessità che nessun giovane abbandoni il percorso scolastico e formativo senza aver acquisito le competenze necessarie, non solo per inserirsi in modo efficace nella società civile ed economica, ma anche per proseguire il proprio percorso di formazione anche dopo aver completato il percorso del sistema formale di studi. Figura 3.1 - Tasso di partecipazione della popolazione di 25-64 anni alle attività di istruzione e di formazione secondo il livello di istruzione - UE28 e Italia, Anno 2015 (val. %) Fonte: INAPP-Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, XVII Rapporto sulla Formazione Continua. Annualità 2015 - 2016, Roma, 2017 62 d) I livelli di apprendimento Per quanto riguarda i livelli di apprendimento, la Commissione europea si avvale dei dati provenienti dalla rilevazione OCSE PISA 54 ; in questo caso il Benchmark europeo prevede che la percentuale di giovani con prestazioni scarse (ovvero tali da mettere a rischio lo stesso esercizio dei diritti di cittadinanza) non debba superare il 15%. La media dei Paesi europei è decisamente superiore a questo limite, anzi nel 2015 è peggiorata rispetto al 2012; pertanto, nota la Commissione europea, l’Europa ha un problema persistente di povertà educativa, definita come incapacità di raggiungere standard minimi d’istruzione. I risultati insufficienti tra i quindicenni si mantengono a livelli preoccupanti, specialmente in Matematica, e purtroppo il nostro Paese presenta in quest’area dati ancora peggiori, in quanto la percentuale di giovani italiani che non conseguono gli standard minimi delle prove di apprendimento arriva al 23,3% (ben 8,3 punti al di sopra del Benchmark). I risultati dell’Italia sono simili per le competenze scientifiche e migliorano leggermente per quelle linguistiche, ma comunque la percentuale di slow learners italiani si mantiene sempre al di sopra della soglia massima del 15% fissata dall’Unione Europea. Inoltre, la situazione ap - pare complessivamente peggiorata dal 2012 al 2015, tranne che per le competenze matematiche, dove invece la quota degli slow learners è leggermente diminuita, pur restando ben al disopra del Benchmark e della media dei Paesi europei. Gli Stati membri dell’UE stanno già lavorando fra di loro e con la Commissione europea attraverso il Metodo di coordinamento aperto per migliorare i loro sistemi di istruzione e ottimizzare i loro approcci politici all’istruzione. Il Rapporto Congiunto 2015 del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET2020) stabilisce nuove priorità per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione. Esso sottolinea che l’apprendimento significativo e di alta qualità richiede: • un uso più attivo di pedagogie innovative, • un forte sostegno per gli educatori, • mobilità per l’apprendimento, • facilitando l’uso da parte dell’UE di strumenti di trasparenza e riconoscimento rafforzati e semplificati, • e colmando il divario di investimenti 55 . È opportuno integrare l’informazione relativa ai livelli di apprendimento che viene fornita dalla Commissione europea (che riguarda la sola percentuale di slow learners) prendendo in considerazione anche i punteggi conseguiti in media dagli 54 L’indagine OCSE PISA viene effettuata ogni 3 anni da parte dell’OCSE sugli studenti 15enni e coinvolge centinaia di migliaia di studenti della grande maggioranza dei Paesi del mondo. 55 Joint Report of the Council and the Commission on the implementation of the strategic framework for European cooperation in education and training (ET 2020) - New priorities for European cooperation in education and training, 2015/C 417/04. 63 alunni, che forniscono una rappresentazione più complessiva della situazione. Nella Tabella 3.3 l’Italia viene confrontata con la media dei Paesi OCSE e dei principali Paesi europei (Francia, Inghilterra, Germania e Spagna); inoltre, per quanto riguarda l’Italia, vengono riportati anche i punteggi medi per ciascuna circoscrizione geografica e per i diversi indirizzi di istruzione secondaria superiore. Purtroppo, come si può vedere dalla tabella, il nostro Paese si trova in posizione arretrata per tutte e tre le aree di competenza (lettura, matematica e scienze). In particolare i punteggi medi degli studenti italiani sono più bassi sia rispetto alla media dei Paesi OCSE, sia rispetto a Germania, Francia ed Inghilterra. La Germania è il Paese, tra quelli menzionati nella tabella, che ottiene i risultati più soddisfacenti, seguita a qualche distanza da Francia ed Inghilterra. Su posizioni più vicine a quelle italiane si trova la Spagna, i cui studenti ottengono migliori risultati nella Lettura e nelle Scienze, mentre ottengono risultati peggiori in Matematica 56 . Il campione italiano consente anche di condurre delle analisi per circoscrizione geografica e tipo di scuola. Per quanto riguarda la prima emerge come in tutti e tre gli ambiti di competenza verificati dalla rilevazione OCSE-PISA gli studenti del Nord-Est ottengono risultati decisamente migliori, superiori anche alla media della Germania. Seguono poi via via gli studenti dell’Italia Nord-Ovest, del Centro, del Sud e delle Isole. Il di stacco tra le diverse aree del Paese è molto forte, e peraltro non è nuovo. Infatti, si ripropone in tutte le rilevazioni sugli apprendimenti che sono state effettuate negli ultimi 40 anni, e testimonia l’esistenza di un sistema scolastico fortemente differenziato tra Nord e Sud. Per avere un’idea delle differenze tra le diverse aree nazionali, il Nord-Est si posiziona a livello dei migliori Paesi del mondo, per quanto riguarda i livelli di apprendimento, mentre l’Italia meridionale e insulare si collocano a livello di Cipro e appena sopra alla Repubblica della Moldavia ed all’Albania. Si tratta di un fenomeno veramente considerevole, specialmente osservando che si verifica all’interno di un sistema fortemente unitario per quanto riguarda i principali fattori di qualità: caratteristiche dei docenti, modalità di reclutamento, organizzazione delle classi, programmi, ecc.; è un fenomeno sul quale non sono stati finora condotti gli approfondimenti necessari, né sono stati messi in cantiere interventi adeguati a ridurre questo divario così notevole. L’analisi dei risultati ottenuti per tipo di scuola offre dei dati abbastanza prevedibili, in quanto mostra che i livelli di apprendimento più elevati vengono raggiunti dagli studenti dei Licei, mentre gli iscritti agli Istituti tecnici, agli Istituti professionali ed all’Istruzione e Formazione Professionale ottengono risultati più modesti. Colpisce in particolare lo scarto tra Licei ed area dell’Istruzione e Formazione Professionale, dell’ordine di un centinaio di punti circa; tuttavia questa differenza non 56 Per completezza di informazione va ricordato che i punteggi presentati in tabella, essendo ricavati da rilevazioni campionarie, possono scontare un certo grado di varianza, per cui variazioni modeste tra un Paese e l’altro possono risultare non significative dal punto di vista statistico. 64 può essere imputata tanto alle diverse tipologie di istituto, quanto ai meccanismi di selezione in uso nella scuola italiana, che instradano gli alunni delle scuole medie ai diversi indirizzi di scuola secondaria non tanto in base ai loro interessi, quanto in funzione dei loro livelli di abilità. Infatti occorre considerare che la rilevazione OCSE-PISA si svolge su studenti 15enni, che dunque sono al loro secondo anno di scuola secondaria, o in diversi casi ancora al primo anno, se ripetenti. Non è dunque pensabile che differenze così profonde tra i livelli di apprendimento degli studenti possano essere imputabili alla frequenza di un anno di scuola, o poco più; le differenze riscontrate dagli alunni dei diversi istituti secondari sono in gran parte ereditate dagli ordini di scuola precedenti, che hanno dato luogo alla successiva “scelta” o assegnazione alle diverse tipologie di scuola secondaria: i Licei per i più bravi e gli Istituti professionali o la Formazione Professionale per i più deboli. Ecco dunque come mai nelle prove di apprendimento si verificano differenze così profonde. Sarebbe interessante ed utile verificare cosa succede nel passaggio da scuola media a scuola secondaria superiore, come variano cioè le performance scolastiche degli alunni tra l’uno e l’altro ordine di scuola, per verificare l’effettivo impatto della scuola secondaria sui livelli di apprendimento dei quindicenni. Tab. 3.3 Risultati medi conseguiti nelle Prove OCSE-PISA 2015 Media Paesi OCSE Germania Francia Regno Unito Spagna Italia Circ. geografiche italiane Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Sud-Isole Istituti secondari Licei Istituti Tecnici Istituti Professionali Istruzione e Formazione professionale 493 509 499 498 496 485 503 515 488 461 451 526 473 410 417 Lettura Matematica Scienze 490 506 493 492 486 490 505 525 497 468 445 521 490 424 416 493 509 495 509 493 481 499 523 482 458 433 513 480 411 409 Fonte: INVALSI, Indagine OCSE-PISA 2015: i risultati degli studenti italiani in scienze, matematica e lettura, Invalsi 2016. http://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2015.php?page=pisa2015_it_07 65 e) Possesso di un titolo terziario I Benchmark per i quali la posizione dell’Italia appare veramente molto critica sono quelli che riguardano il possesso di un titolo di studio terziario (Almeno il 40% di 30-34enni dovrebbe possedere un titolo terziario) ed il tasso di occupazione dei neo-diplomati e neo-laureati (Almeno l’82% dovrebbero essere occupati a tre anni dal diploma secondario o universitario). Per quanto riguarda il primo di questi due Benchmark il valore raggiunto dall’Italia (26,2%) è molto lontano sia dal Benchmark, sia dalla media dei Paesi europei (39,1%), anche se negli ultimi tre anni si è registrato un lieve miglioramento. Il grafico seguente mostra con maggiore dettaglio quanti giovani, nei diversi Paesi europei, conseguono un titolo di studio a livello terziario e che tipo di titolo. Come si può vedere l’Italia è il Paese d’Europa con una più bassa percentuale di laureati. Inoltre in Italia mancano completamente i laureati di ciclo breve, che invece rappresentano una cospicua parte dei laureati nel Regno Unito, Francia, Svezia, Austria e Spagna. Fig. 3.2 Percentuale di giovani che conseguono un titolo di studi a livello terziario Fonte: European Commission, Education and Training Monitor 2016, Directorate-General for Education and Culture 2016. f) L’occupazione dei neo-laureati e neo-diplomati L’accesso ridotto ad opportunità formative a livello terziario brevi e fortemente collegate con il mondo del lavoro aumenta le difficoltà dei laureati italiani a trovare occupazione; infatti solo il 52,9% dei neo-laureati e diplomati italiani risulta occupato a tre anni dal conseguimento del titolo, contro l’82% richiesto dal Benchmark europeo; la situazione italiana presenta un netto peggioramento negli ultimi anni ed è distantissima dalla media dei Paesi europei (78,2%). La distinzione tra neo-diplomati e neo-laureati mostra che solo il 40,7% dei primi trova un’occupazione entro tre 66 anni dal diploma (contro il 70,8% della media europea), mentre il 57,5% dei neolaureati ha trovato un’occupazione contro l’81,9% della media europea. In relazione a tali inquietanti dati la Commissione europea, nel rapporto di monitoraggio 2016 sull’Italia, rileva che: «...dal 2010 è in rapida crescita il numero di cittadini italiani in possesso di un diploma di laurea che si trasferiscono all’estero. Questo fenomeno non è stato compensato da un parallelo rientro in Italia di lavoratori con le stesse elevate qualifiche». Inoltre raramente i lavoratori italiani altamente qualificati fanno ritorno al paese d’origine, dato che all’estero trovano condizioni salariali e di carriera molto migliori di quelle italiane. Pertanto, nota la stessa Commissione: «...la conseguente “fuga di cervelli” può quindi rivelarsi una perdita netta definitiva di capitale umano altamente qualificato, che potrebbe minare la competitività dell’Italia...»57. Infine, nel rapporto di monitoraggio 2016, la Commissione europea ha ricordato come nel 2014 la spesa pubblica italiana per l’istruzione, sia in rapporto al PIL (4,1%), sia in rapporto alla spesa pubblica complessiva (7,9 %), fosse fra le più basse dell’UE. 3.4. Gli indicatori Cedefop su formazione e lavoro Integriamo l’analisi statistica basata sui Benchmark europei presentando gli indicatori in materia di formazione e lavoro predisposti dal Cedefop, l’Agenzia europea di ricerca e analisi sui sistemi di Istruzione e Formazione Professionale europei. Questi dati consentono di avere una visione più completa della situazione italiana in confronto con quella degli altri Paesi per quanto riguarda questo settore. La tabella seguente ricapitola i principali di essi. Tab. 3.4 Indicatori europei riguardo a formazione e lavoro. Anno 2015 (a) 57 Commissione europea (2016a), Relazione per paese relativa all’Italia 2016. http://ec.europa.eu/ europe2020/pdf/csr2016/cr2016_italy_it.pdf Indicatore Tasso di occupazione età 20-64 anni Giovani NEET 18-24 Adulti con basso livello di istruzione Persone in formazione sul lavoro Imprese formative Spesa delle imprese per la formazione sul budget totale Formazione di adulti disoccupati Diplomati di ciclo breve superiore sul totale diplomati 3° livello Media UE 70% 15,8% 23,5% 20% 66% 0,8% 9,5% 9,3% Italia 60,5% 27,9% 40.1% 10% 56% 0,4% 5,3% 0,5% (a) fatta eccezione per i dati relativi alla formazione in impresa, che risalgono al 2010. Fonte: Cedefop. On the way to 2020: data for vocational education and training policies. Country statistical overviews – 2016 update. Cedefop research paper; No 61. Luxembourg: Publications Office.2017 http://dx.doi.org/10.2801/414017 67 Il primo dato di questa tabella riguarda il tasso complessivo di occupazione della popolazione in età 20-64 anni. Questo indicatore fa anche parte degli indicatori principali individuati dalla Commissione europea per condurre il monitoraggio degli obiettivi della strategia europea 2020 58 ; si tratta dunque di un dato cui l’Unione Europea annette grande importanza. Il target europeo da raggiungere per il 2020 è il 75% di occupati tra la popolazione in età 20-64 anni, ma purtroppo per quanto riguarda il nostro Paese questo dato si situa molto più in basso, arrivando a superare di poco il 60%, mentre la media degli altri Paesi europei si colloca al 70%, ovvero ben 10 punti percentuali al di sopra. Altro fenomeno negativo che riguarda l’Italia è quello dei NEET, i giovani che tra i 18 ed i 24 anni, non studiano e non lavorano. In Italia la quota percentuale di questo gruppo sulla popolazione di età corrispondente arriva al 27,9%, contro il 15,8% della media europea. Per quanto riguarda il livello di istruzione della popolazione adulta, il numero degli adulti che hanno un basso livello di istruzione (sono privi di un titolo di studio secondario o di una qualifica professionale) arriva in Italia al 40,1%, contro il 23,5% della media europea. Il grafico seguente mette in evidenza i dati soprariportati. 58 E UROSTAT , Smarter, greener, more inclusive? Indicators to support the Europe 2020 strategy. 2016 Edition. 68 Una situazione del genere richiederebbe che si intervenisse in misura maggiore sulla formazione dei lavoratori, sia occupati che disoccupati, per recuperare le competenze di base e professionali non acquisite nel percorso scolastico e formativo; invece, osservando i dati riguardanti specificamente l’ambito della formazione continua, si nota che la formazione sul lavoro è molto meno sviluppata in Italia rispetto agli altri Paesi, toccando ogni anno appena il 10% dei lavoratori, contro il 20% della media europea. La differenza non la fanno tanto il numero delle imprese formative, che in Italia è solo poco più basso della media europea (56% contro 66%), quanto l’investimento in formazione delle imprese: le imprese italiane spendono appena lo 0,4% del loro budget per la formazione, contro lo 0,8% della media delle altre imprese europee. Non sono solo i lavoratori occupati a ricevere una ridotta quantità di formazione: anche i lavoratori disoccupati, che avrebbero bisogno di essere riqualificati per reinserirsi nel mondo del lavoro, solo in minima parte (5,3%) godono di una attività di formazione; la media europea è quasi il doppio, con il 9,3%. Fig. 3.3 Indicatori europei riguardo a formazione e lavoro. Anno 2015 (a) (a) fatta eccezione per i dati relativi alla formazione in impresa, che risalgono al 2010. Fonti: Cedefop, On the way to 2020: data for vocational education and training policies. Country statistical overviews – 2016 update. Cedefop research paper; No 61. Luxembourg: Publications Office.2017 http://dx.doi.org/10.2801/414017 69 Un efficace strumento contro la disoccupazione giovanile è rappresentato dall’apprendimento attraverso modalità di formazione mista scuola-lavoro; l’esempio tipico è l’apprendistato ma esistono in Europa molte diverse forme di alternanza scuola-lavoro. È dimostrato che dove l’intreccio tra formazione e lavoro si pratica in forma più stretta e diffusa, i tassi di disoccupazione giovanile sono molto più bassi. Il grafico seguente mostra quanti giovani, nei diversi sistemi formativi europei, apprendono mediante l’integrazione tra scuola e lavoro. La percentuale è elevatissima in Paesi come la Lituania e la Danimarca, dove arriva al 100% dei frequentanti l’Istruzione e Formazione Professionale, e molto alta in Ungheria e Germania (85%- 90%). Seguono Regno Unito ed Austria, con il 50% circa, e la Francia, con il 25%. Fig. 3.4 Allievi di Istruzione e Formazione Professionale che apprendono in sistemi di formazione misti scuola-lavoro Fonte: Eurostat 2014. I programmi di formazione mista scuola-lavoro sono programmi nei quali meno del 75% del curriculum è trascorso nel contesto scolastico. L’Italia non è rappresentata in questa figura in quanto, almeno fino alla sperimentazione avviata lo scorso anno dal Ministero del lavoro, di fatto nella formazione iniziale non esistevano esperienze di formazione duale, con la sola eccezione della Provincia di Bolzano. 71 4.1 Tra conoscenze e competenze Nel dibattito degli ultimi venti anni la discussione sulle politiche educative e sui risultati attesi del processo di apprendimento si è spostato da come definire ed acquisire le conoscenze (i saperi) a come definire ed acquisire le competenze (saper essere e saper fare). Nel mondo della Formazione Professionale l’utilizzo del concetto di “competenza” ha una storia abbastanza lunga. Occorre ricordare che il concetto di competenza si è sviluppato sopratutto in ambito lavorativo e dunque della formazione al lavoro. Guy Le Boterf, uno dei massimi teorici in questo campo definiva la competenza come: «Un insieme, riconosciuto e provato, delle rappresentazioni, conoscenze, capacità e comportamenti mobilizzati e combinati in maniera pertinente in un contesto dato»59 . Solo negli anni più recenti si è cercato di applicare il concetto di competenza all’ambito dell’istruzione generale, sulla base dell’esigenza di superare una concezione puramente trasmissiva del sapere e di travalicare l’ambito disciplinare per valorizzare, invece, la capacità di integrare i diversi ambiti disciplinari. Un passaggio importante nel processo di elaborazione internazionale del concetto di competenza è stato rappresentato dal progetto DeSeCo (Definizione e selezione delle competenze chiave) che venne condotto dall’OCSE dal 1997 al 2003 60 ; questo progetto ha rivestito un ruolo significativo per l’evoluzione delle politiche pubbliche, attraverso la definizione e sistematizzazione di un quadro di riferimento internazionale di discussione. Il progetto ha riunito vari esperti con il compito di elaborare “stati dell’arte” del concetto, per confrontare le definizioni, stabilire convergenze e, infine, elencare una serie di competenze chiave per lo sviluppo della società e degli individui. Queste competenze chiave dovrebbero ovviamente costituire gli obiettivi principali del - l’istruzione e della formazione. Questa iniziativa ha trovato la sua giustificazione nella considerazione che le tradizionali conoscenze di base sono importanti ma non sufficienti a soddisfare i requisiti e la complessità della domanda sociale di oggi. Le pubblicazioni del progetto DeSeCo enfatizzano, in particolare, una definizione olistica del concetto di competenza, più ampio di quello del senso comune, assegnando al termine il significato di un complesso sistema di azione, compresi gli atteggiamenti cognitivi e non-co- 4. Il dibattito sulle competenze ed il Quadro europeo delle qualifiche (EQF) 59 L E B OTERF G. (1990), De la compétence: Essai sur un attracteur étrange, Les Ed. de l’Organisation. 60 R YCHEN D.S., S ALGANIK L.H. (2007), Agire le competenze chiave. Scenari e strategie per il benessere consapevole, Franco Angeli. 72 gnitivi e altri elementi: «La competenza viene definita come la capacità di rispondere con successo ad esigenze complesse in un contesto particolare. La prestazione competente o l’azione efficace implica la mobilitazione di conoscenze, abilità cognitive e pratiche, nonché di componenti sociali come atteggiamenti, emozioni, valori e motivazioni. La competenza – una nozione olistica – non è dunque riducibile alla sua dimensione cognitiva». Il progetto DeSeCo ha individuato nove competenze chiave, suddivise in tre categorie, che possono essere rilevanti per ogni cittadino. Competenze Chiave secondo il Progetto DeSeCo (a) AGIRE IN MODO AUTONOMO 1. Capacità di difendere e affermare i propri diritti, interessi, responsabilità, limiti e bisogni Questa competenza implica la capacità, per esempio, di: • comprendere i propri interessi personali (ad esempio in una elezione); • conoscere regole scritte e principi su cui basare un caso; • costruire l’argomentazione in modo da avere riconosciuti bisogni e diritti, e • suggerire compromessi o soluzioni alternative. 2. Capacità di definire e realizzare programmi di vita e progetti personali Gli individui devono essere in grado, ad esempio, di: • definire un progetto e fissare un obiettivo; • identificare e valutare le risorse di cui dispongono e le risorse di cui hanno bisogno (ad esempio, tempo e denaro); • mettere in priorità e perfezionare gli obiettivi; • distribuire le risorse necessarie per raggiungere più obiettivi; • imparare da azioni passate, prevedendo i risultati futuri, e • monitorare i progressi, introducendo i necessari adeguamenti durante l’avan - zamento del progetto. 3. Capacità di agire in un quadro d’insieme, in un contesto ampio Questa competenza richiede agli individui di essere in grado, ad esempio, di: • comprendere i modelli; • comprendere il sistema in cui si trovano; • identificare le conseguenze dirette e indirette delle loro azioni, e • scegliere tra diverse possibilità d’azione, riflettendo sulle possibili conseguenze in relazione alle norme ed agli obiettivi individuali e collettivi. SERVIRSI DI STRUMENTI IN MANIERA INTERATTIVA 1. Capacità di utilizzare la lingua, i simboli e i testi in maniera interattiva Questa competenza chiave riguarda l’uso efficace delle capacità linguistiche parlate e scritte, del calcolo e di altre abilità matematiche, in molteplici situazioni. Si tratta di uno strumento essenziale per inserirsi bene nella società e nel posto di lavoro e per mantenere un dialogo efficace con le altre persone. 2. Capacità di utilizzare le conoscenze e le informazioni in maniera interattiva Questa competenza chiave richiede una riflessione critica sulla natura stessa dell’informazione – la sua infrastruttura tecnica e il suo contesto e l’impatto 73 sociale, culturale e persino ideologico. La competenza sull’informazione è necessaria come base per la comprensione delle scelte, per formarsi delle opinioni, prendere decisioni, e realizzare azioni informate e responsabili. 3. Capacità di utilizzare le nuove tecnologie in maniera interattiva La tecnologia può essere usata in modo interattivo se gli utenti ne comprendono la natura e riflettono sulle sue potenzialità. Ancora più importante, gli individui devono mettere in relazione le possibilità sottese agli strumenti tecnologici con la loro situazione ed i loro obiettivi. Il primo passo per gli individui è quello di integrare le tecnologie nelle loro pratiche quotidiane, familiarizzandosi con la tecnologia, diventando così in grado di estenderne l’utilizzo. FUNZIONARE IN GRUPPI SOCIALMENTE ETEROGENEI 1. Capacità di stabilire buone relazioni con gli altri Questa competenza chiave permette agli individui di avviare, mantenere e gestire rapporti personali con, ad esempio, conoscenti, colleghi e clienti. Interrelarsi positivamente non è solo necessario per la coesione sociale ma, sempre più, per il successo economico, dal momento che le imprese e le economie in cambiamento pongono crescente enfasi sull’intelligenza emotiva. 2. Capacità di cooperare La collaborazione impone ad ogni individuo di avere certe qualità. Ognuno deve essere in grado di bilanciare l’impegno nei confronti del gruppo e dei suoi obiettivi con le esigenze personali e deve essere in grado di condividere la leadership e di sostenere gli altri. 3. Capacità di gestire e risolvere i conflitti Per gestire e risolvere dei conflitti, bisogna di essere in grado di: • Analizzare le problematiche e gli interessi in gioco, le origini del conflitto e le motivazioni di tutte le parti, riconoscendo che vi sono diverse posizioni possibili; • Identificare le aree di accordo e disaccordo; • ridefinire il problema; • definire le priorità di esigenze ed obiettivi, decidere a che cosa si è disposti a rinunciare e in quali circostanze. OECD (2003) The definition and selection of key competencies- executive summary da: http://www.oecd.org/dataoecd/47/61/35070367.pdf 4.2 Le competenze chiave per l’apprendimento permanente Nel quadro della crescente attenzione alla capacità di applicare i saperi ai diversi contesti della vita attiva, il 18 dicembre 2006 l’Unione Europea ha formalmente approvato una Raccomandazione relativa alle Competenze chiave per l’apprendimento permanente61 , che individua le competenze chiave di cittadinanza, che tutti i cittadini europei dovrebbero possedere e che costituiscono la base per 61 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE). l’apprendimento permanente; in essa si esortano gli Stati membri, nell’ambito delle loro strategie di apprendimento permanente, a sviluppare l’offerta di competenze chiave per tutti, per assicurare che l’istruzione e la formazione iniziali offrano a tutti i giovani gli strumenti per sviluppare le competenze chiave a un livello tale che li prepari alla vita adulta e costituisca la base per ulteriori occasioni di apprendimento e per l’inserimento nella vita lavorativa. Per raggiungere questo obiettivo si deve debitamente tener conto di quei giovani che, a causa di svantaggi educativi determinati da circostanze personali, sociali, culturali o economiche, hanno bisogno di un sostegno particolare per realizzare le loro potenzialità educative; anche gli adulti, secondo la Raccomandazione, devono essere in grado di sviluppare e aggiornare le loro competenze chiave in tutto l’arco della loro vita con un’attenzione particolare per gruppi di destinatari riconosciuti prioritari nel contesto nazionale, regionale e/o locale. La Raccomandazione europea definisce la competenza chiave come una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Senza il possesso di queste competenze è più difficile esercitare i diritti di cittadinanza ed accedere e valorizzare le opportunità di apprendimento che vengono offerte nel corso della vita. La Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo individua 8 competenze chiave di cittadinanza, che tutti i cittadini europei dovrebbero possedere. Le Competenze chiave secondo la Raccomandazione europea (a) • Comunicazione nella madrelingua, intesa come la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta). • Comunicazione in lingue straniere, che si basa sulla capacità di compren dere, esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta in una gamma appropriata di contesti sociali e culturali - istruzione e formazione, lavoro, casa, tempo libero. • Competenza matematica, intesa come la capacità di sviluppare e applicare il pensiero matematico per risolvere una serie di problemi in situazioni quotidiane. Partendo da una solida padronanza delle competenze aritmetico-matematiche, l’accento è posto sugli aspetti del processo e dell’attività oltre che su quelli della conoscenza. • Competenza digitale, intesa come possesso delle nuove tecnologie informatiche. • Imparare a imparare, ovvero la capacità di perseverare nell’apprendimento, di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale che in gruppo. • Competenze sociali e civiche, che includono le competenze personali, interpersonali e interculturali e riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa. 74 75 4.3 Il Quadro europeo delle qualifiche (EQF) I temi delle competenze e della loro definizione e certificazione si collocano come snodo strategico da affrontare non solo per conferire qualità al sistema formativo ma anche praticabilità al processo di integrazione tra sistemi nella logica del longlife learning. L’integrazione acquista senso se dotata di modelli e strumenti che rendano possibile sia il dialogo costante con la realtà socio-economica, sia la effettiva pos - sibilità di capitalizzare le esperienze di apprendimento condotte dagli individui in luoghi, in momenti e in contesti formativi diversi. Dopo un prolungato lavoro di confronto tra i diversi Paesi membri, promosso all’interno del processo di Copenaghen, l’Unione Europea ha approvato nel 2008 una Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (European Qualification Framework - EQF), che deve servire a fornire un linguaggio comune per descrivere le qualifiche e ad aiutare gli Stati membri, i datori di lavoro e gli individui a confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE attraverso la definizione di un unico quadro di riferimento 62 . L’EQF sposta l’attenzione della certificazione dalle caratteristiche delle attività formative frequentate (durata, contenuti, ecc.) ai risultati di apprendimento con - seguiti (learning outcomes), in termini di conoscenze, abilità e competenze. Non importa come la competenza è stata acquisita (durata dell’esperienza di apprendimento, tipo di istituzione), ma importa il risultato finale: questo approccio facilita non solo il trasferimento e l’impiego di qualifiche di diversi paesi e sistemi di istruzione e formazione, ma anche la convalida della formazione non formale e informale. Il Quadro europeo include tutti i titoli di studio e le qualifiche, da quelli di base a quelli universitari e postuniversitari. Esso si articola in otto livelli di riferimento, che descrivono le conoscenze e le capacità (i risultati dell’apprendimento) che lo caratterizzano. Questo permette di classificare il livello di conoscenze, abilità e competenze indipendentemente dal modo in cui è stato acquisito. • Senso di iniziativa ed imprenditorialità, che concernono la capacità di una persona di tradurre le idee in azione. In ciò rientrano la creatività, l’innovazione e l’assunzione di rischi, come anche la capacità di pianificare e di gestire progetti per raggiungere obiettivi. • Consapevolezza dell’importanza dell’espressione creativa di idee, esperienze ed emozioni in un’ampia varietà di mezzi di comunicazione, compresi la musica, le arti dello spettacolo, la letteratura e le arti. (a) Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE) 62 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 su La costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (2008/C 111/01) 76 Tutti gli Stati membri devono indicare la corrispondenza dei titoli e delle qualifiche rilasciate a livello nazionale con gli otto livelli stabiliti a livello europeo, che vanno dal livello 1 (il livello di base, corrispondente al bagaglio di conoscenze e competenze conseguibile al termine del percorso della scuola obbligatoria), al livello 8 (corrispondente al bagaglio di conoscenze e competenze conseguibile al termine di un percorso universitario post-laurea). Il livello 1 è caratterizzato dal possesso di: ○ conoscenze di base, ○ abilità di base necessarie a svolgere mansioni semplici, ○ lavoro o studio, sotto la diretta supervisione, in un contesto strutturato. Il livello 8 è caratterizzato dal possesso di: ○ conoscenze all’avanguardia in un ambito di lavoro o di studio e all’interfaccia tra settori diversi, ○ abilità e tecniche più avanzate e specializzate, comprese le capacità di sintesi e di valutazione necessarie a risolvere problemi complessi della ricerca e/o dell’innovazione e ad estendere e ridefinire le conoscenze o le pratiche professionali esistenti, ○ possesso di autorità, capacità di innovazione, autonomia, integrità tipica dello studioso e del professionista e impegno continuo nello sviluppo di nuove idee o processi all’avanguardia in contesti di lavoro, di studio e di ricerca. Quadro Europeo delle Qualifiche: le definizioni fondamentali Per Risultato dell’apprendimento si intende ciò che un discente conosce, capisce ed è in grado di realizzare al termine di un processo d’apprendimento. I risultati sono definiti in termini di conoscenze, abilità e competenze. Per Conoscenza si intende il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o di studio. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche. Per Abilità si intende la capacità di applicare conoscenze e di utilizzare knowhow per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le abilità sono descritte come: • cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o • pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti). Le Competenze vengono definite come la comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia. Nell’ambito della Raccomandazione europea vengono avanzate le seguenti richieste agli Stati membri: 77 1) Usare il Quadro europeo delle qualifiche come strumento di riferimento per confrontare i livelli delle qualifiche dei diversi sistemi nazionali. 2) Rapportare i sistemi nazionali delle qualifiche al Quadro europeo delle qualifiche entro il 2010, in particolare collegando in modo trasparente i livelli delle qualifiche nazionali ai livelli europei e, ove opportuno, sviluppando quadri nazionali delle qualifiche conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali. 3) Adottare misure affinché entro il 2012 tutti i nuovi certificati di qualifica, i diplomi e i documenti Europass rilasciati dalle autorità competenti contengano un chiaro riferimento all’appropriato livello del Quadro europeo delle qualifiche. 4) Adottare un approccio basato sui risultati dell’apprendimento nel definire e descrivere le qualifiche, e promuovere la convalida dell’apprendimento non formale e informale. 4.4. La revisione del Quadro europeo delle qualifiche Come nota la Commissione Europea 63 , l’EQF è stato un fattore trainante significativo nell’elaborazione dei quadri nazionali delle qualifiche ed ha inoltre contribuito a far sì che, nel processo di attribuzione delle qualifiche, l’attenzione venisse spostata da aspetti quali la durata della formazione o le ore trascorse in aula ai risultati dell’apprendimento. L’introduzione sistematica della descrizione dei risultati dell’apprendimento per tutti i livelli e tipi di qualifiche si è rivelata un elemento essenziale per la modernizzazione delle politiche e delle pratiche in materia di istruzione e formazione, creando opportunità di percorsi di apprendimento più flessibili per i singoli individui. Tuttavia gli obiettivi di trasparenza, comparabilità e trasferibilità delle qualifiche non sono stati interamente conseguiti a causa principalmente di alcuni limiti insiti nella Raccomandazione stessa. 63 C OMMISSIONE E UROPEA , proposta di raccomandazione del Consiglio sul Quadro Europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente, che abroga la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, COM (2016) 383 final. 78 Problematiche emerse nell’attuazione dell’European Qualification Framework 1. Nonostante il carattere generale dell’EQF, non tutti i Paesi vi hanno rapportato per intero il proprio sistema di qualifiche: alcuni Paesi hanno concentrato le loro attività di referenziazione sulle sole qualifiche rilasciate dall’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), mentre altri non hanno incluso in questo processo il proprio sistema d’istruzione generale. 2. Emergono variazioni significative da un Paese all’altro nella descrizione dei contenuti e nella classificazione di qualifiche simili: non esiste alcun modello europeo comune per la descrizione delle qualifiche e dei risultati dell’appren - di mento ad esse correlati e ciò ne ostacola la comparabilità. 3. Il termine “competenza” è usato in modo confuso: nella Raccomandazione il termine “competenza” è definito come la “comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale”, ma nella classificazione delle qualificazioni la competenza è descritta in termini di “autonomia e responsabilità”. Questo ha creato una certa confusione terminologica. 4. La fiducia sulla qualità e sul livello delle qualifiche rapportate all’EQF è circoscritta: gli attuali principi comuni di garanzia della qualità si riferiscono alla garanzia della qualità in generale e non specificamente alle qualifiche rapportate all’EQF. Inoltre, i principi di garanzia della qualità contenuti nella Raccomandazione riguardano unicamente l’Istruzione e Formazione Professionale e l’Istruzione superiore, e non si applicano pertanto ai titoli rilasciati dall’istruzione generale, dalla convalida dell’apprendimento non formale e informale del settore privato e dalle qualifiche internazionali (settoriali o meno). 5. Mancano disposizioni comuni per il trasferimento e il cumulo dei crediti per le qualifiche correlate all’EQF: è dunque più difficile passare da un contesto di apprendimento a un altro, e questo sia a livello nazionale che transfrontaliero. 6. Aumentano le qualifiche internazionali (settoriali) basate su norme elaborate da società internazionali od organizzazioni settoriali: la sempre maggiore internazionalizzazione dei prodotti e dei servizi ha fatto comparire un numero crescente di qualifiche settoriali internazionali definite dall’industria e basate sulle norme elaborate da società internazionali od organizzazioni settoriali, in particolare per i settori dell’informatica, del credito e della saldatura. 7. Mancano correlazioni tra l’EQF e i quadri nazionali delle qualifiche nei Paesi terzi: nonostante i crescenti flussi in entrata e in uscita dall’UE di discenti e lavoratori, la Raccomandazione sull’EQF non contiene nessuna disposizione che permetta un allineamento formale con i quadri dei Paesi terzi, impedendo di fatto un raffronto ufficiale tra le qualifiche dei Paesi terzi e quelle conseguite nell’UE. 8. Governance dell’EQF: la mancanza di coordinamento tra le strutture di governance dell’UE riguardo alle attività connesse alle competenze e alle qualifiche nel loro insieme impedisce di migliorare l’efficienza e di creare sinergie tra l’EQF e gli altri strumenti di trasparenza a livello nazionale e dell’UE (quali Europass e ESCO). 79 Pertanto il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea il 22 maggio 2017 ha adottato una nuova Raccomandazione con la quale è stata modificata la Raccomandazione emanata nel 2008 64 . La nuova Raccomandazione conferma la sostanza del processo EQF, ossia l’introduzione di una referenziazione comune europea dei quadri nazionali delle qualifiche e dei loro livelli all’EQF. I cambiamenti principali sono descritti nel prospetto seguente: Di grande interesse sono gli allegati alla Raccomandazione; infatti essi beneficiano dell’esperienza seguita al varo della Raccomandazione del 2008 ed alle altre Raccomandazioni, come quelle relative all’assicurazione di qualità dell’Istruzione e Formazione Professionale ed all’introduzione di un sistema europeo dei crediti, per introdurre un sistema più maturo e coerente di strumenti per promuovere la qualità, la trasparenza e la flessibilità del sistema europeo di qualificazioni. 64 Council Recommendation of 22 May 2017 on the European Qualifications Framework for lifelong learning and repealing the Recommendation of the European Parliament and of the Council of 23 April 2008 on the establishment of the European Qualifications Framework for lifelong learning. I cambiamenti nell’European Qualification Framework • Gli Stati membri saranno invitati ad aggiornare regolarmente la referenziazione. In tal modo il confronto tra i livelli delle qualifiche nazionali e i livelli dell’EQF resterà aggiornato e in linea con i sistemi nazionali di qualifiche; • gli Stati membri saranno invitati ad applicare rigorosamente i metodi di referenziazione per garantire la coerenza nell’attuazione dell’EQF; per questo i criteri di referenziazione all’EQF sono stati inseriti nell’allegato III della Raccomandazione; • la categoria “competenze” viene sostituita da “autonomia e responsabilità” al fine di ottenere una maggiore aderenza ai relativi descrittori dei risultati dell’apprendimento; pertanto la nuova Raccomandazione europea riporta le categorie Conoscenze (Knowledge), Abilità (Skills), Responsabilità/Autonomia (Responsibility/Autonomy); • è stato revisionato l’allegato sui principi di garanzia della qualità da applicare alle qualifiche da rapportare all’EQF (allegato IV); • è stato introdotto un allegato sui principi da rispettare per i sistemi di credito correlati all’EQF (allegato V); • gli Stati membri sono invitati a rendere pubblicamente disponibili i risultati del processo di referenziazione una volta ultimato tale processo. Gli Stati membri dovrebbero inoltre fare in modo che le informazioni sulle qualifiche e i relativi risultati di apprendimento siano rese pubbliche e facilmente accessibili. A tal fine l’allegato VI presenta un formato comune per descrivere le qualifiche; • la Commissione, in cooperazione con gli Stati membri e i portatori di interessi, dovrà esaminare la possibilità di istituire un registro europeo degli organismi di controllo dei sistemi di garanzia della qualità per le qualifiche, analogo a quello già esistente per l’istruzione superiore. 80 Presentiamo gli elementi più significativi degli allegati. L’allegato 1 contiene le definizioni dei principali termini tecnici utilizzati nella nuova Raccomandazione 65 . 65 Council Recommendation of 22 May 2017, cit. Termini tecnici utilizzati nella nuova Raccomandazione EQF a) Qualifica: risultato formale di un processo di valutazione e convalida, acquisito quando l’autorità competente stabilisce che i risultati dell’apprendimento di una persona corrispondono a standard definiti. b) Quadro nazionale delle qualifiche: strumento di classificazione delle qualifiche in funzione di una serie di criteri basati sul raggiungimento di risultati di apprendimento specifici; esso mira a integrare e coordinare i sottosistemi nazionali delle qualifiche e a migliorare la trasparenza, l’accessibilità, la progressione e la qualità delle qualifiche rispetto al mercato del lavoro e alla società civile. c) Risultati dell’apprendimento: descrizione di ciò che un discente conosce, capisce ed è in grado di realizzare al termine di un processo d’apprendimento. d) Conoscenze: risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o di studio. All’interno del quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche. e) Abilità: capacità di applicare le conoscenze e di usare il know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o pratiche (comprendenti la manualità e l’uso di metodi, materiali, strumenti). f) Responsabilità/Autonomia: nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche, capacità del discente di applicare le conoscenze e le abilità in modo autonomo e responsabile. g) Convalida dell’apprendimento non formale e informale: processo di conferma, da parte di un organismo autorizzato, dell’acquisizione di un risultato dell’apprendimento misurato in relazione ad uno standard appropriato, articolato nelle seguenti quattro fasi distinte: • individuazione, mediante un colloquio, delle esperienze specifiche del - l’interessato; • documentazione per rendere visibili le esperienze dell’interessato; • valutazione formale di tali esperienze; • certificazione dei risultati della valutazione, che può portare a una qualifica parziale o completa. h) Riconoscimento formale dei risultati dell’apprendimento: processo in base al quale un’autorità competente conferisce uno status ufficiale a risultati dell’apprendimento acquisiti a fini di studi ulteriori o di occupazione, mediante: • attribuzione di qualifiche (certificati, diplomi o titoli), • convalida dell’apprendimento non formale e informale, • riconoscimento di equivalenza o di crediti o concessione di deroghe. i) Crediti: unità che dimostrano che una parte della qualifica, costituita da un 81 Il secondo allegato ripropone gli otto livelli del Quadro europeo delle qualifiche già noti, con i relativi descrittori di livello; come si è detto in precedenza, nella terza categoria di descrittori il termine “Competenze” è stato sostituito dai termini Responsabilità/Autonomia (Responsibility/ Autonomy). Pertanto ogni competenza posseduta viene descritta secondo le categorie Conoscenze necessarie (Knowledge), Abilità possedute (Skill), Responsabilità/Autonomia manifestate (Responsibility/ Autonomy). Il terzo allegato contiene i criteri e procedure per la referenziazione dei sistemi e quadri nazionali delle qualifiche al Quadro europeo delle qualifiche. Scopo del - l’allegato è garantire la validità del processo di referenziazione condotto a livello nazionale e la sua conformità alle regole seguite dagli altri Paesi europei. Per questo si richiede che al processo di referenziazione partecipino almeno due esperti internazionali provenienti da due paesi diversi. Una volta completato il processo di referenziazione tutti i nuovi certificati, diplomi o supplementi alle qualifiche rilasciati dalle autorità competenti dovrebbero contenere un chiaro riferimento, in base ai sistemi o quadri nazionali delle qualifiche, al livello appropriato dell’EQF. Il quarto allegato contiene i principi di qualità che vanno rispettati dai Paesi membri per definire le qualifiche oggetto di referenziazione al quadro europeo delle qualifiche. insieme coerente di risultati dell’apprendimento, è stata valutata e convalidata da un organismo autorizzato, secondo una norma concordata; i crediti sono concessi da organismi competenti quando il soggetto ha conseguito i risultati di apprendimento definiti, comprovati da opportune valutazioni; i crediti possono essere espressi con un valore quantitativo (ad esempio crediti o unità di credito), che indica il carico di lavoro ritenuto necessario affinché un soggetto-tipo consegua i risultati di apprendimento corrispondenti. j) Sistemi di crediti: sistemi per il riconoscimento dei crediti. Essi possono comprendere tra l’altro equivalenze, esenzioni, possibilità di accumulare e trasferire unità/moduli, autonomia degli erogatori che possono personalizzare i percorsi nonché convalida dell’apprendimento non formale e informale. 82 L’allegato numero 5 contiene i principi per i sistemi di crediti connessi al Quadro europeo delle qualifiche. Lo scopo è offrire un sostegno ai cittadini nei loro passaggi: • tra i vari livelli di istruzione e formazione, • all’interno di e tra diversi settori dell’istruzione e della formazione, • tra istruzione e formazione e il mercato del lavoro • a livello sia nazionale che transfrontaliero. In particolare i crediti acquisiti da un soggetto dovrebbero essere documentati ed indicare i risultati dell’apprendimento conseguiti, il loro livello, il nome del competente istituto che attribuisce i crediti e, se del caso, il relativo valore dei crediti. Inoltre, è opportuno creare delle sinergie tra i sistemi di cumulo e trasferimento dei crediti e le modalità di convalida dell’apprendimento non formale e informale. Come si può vedere la nuova Raccomandazione EQF allarga molto la sua sfera d’azione, arrivando a comprendere: • tutta l’offerta scolastica e formativa, non solo quella di carattere professionale. Viene dunque superata l’incertezza determinata dall’uso del termine “qualification”, che spesso ha fatto ritenere che la Raccomandazione si limitasse al solo ambito delle qualificazioni professionalizzanti, • i requisiti per assicurare la qualità della qualifica conseguita, • il sistema di crediti sottostante alla qualificazione finale, • i sistemi di qualifiche dei Paesi extracomunitari. Inoltre la nuova Raccomandazione introduce una serie di regole molto più stringenti per la costruzione e la pubblicizzazione dei Quadri nazionali delle qualifiche, che la renderanno ancora di più uno dei più importanti e significativi risultati della cooperazione europea in materia di Istruzione e di Formazione Professionale. Garanzia della qualità delle qualifiche Le qualifiche referenziate ad un livello di EQF dovranno garantire la loro qualità mediante: • l’applicazione di un approccio basato sui risultati di apprendimento; • la garanzia di una valutazione valida e affidabile in base a norme concordate e trasparenti sui risultati dell’apprendimento, collegata al processo di certificazione; • l’adozione di meccanismi di retroazione e procedure per il miglioramento continuo; • il coinvolgimento di tutte le parti interessate in tutte le fasi del processo; • l’utilizzazione di metodi di valutazione coerenti, che associno l’autovalutazione e la valutazione esterna; • l’integrazione di questi principi nella gestione interna degli organismi che rilasciano qualifiche referenziate ad un livello di EQF; • la loro declinazione in obiettivi chiari e misurabili, standard e orientamenti. 83 4.5 Uno strumento per la trasparenza Prima di adottare la Raccomandazione sul Quadro europeo delle qualifiche l’Unione Europea aveva già introdotto Europass, uno strumento per facilitare la mobilità dei cittadini favorendo la trasparenza dei titoli e delle qualifiche possedute. Europass è stato varato con una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 relativa ad un quadro unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze 66 , e si compone di 5 elementi: • Europass Curriculum Vitae • Europass language passport • Europass certificate supplement • Europass diploma supplement • Europass mobility L’Europass Curriculum Vitae (ex Curriculum Vitae Europeo) è un modello standardizzato che offre ai cittadini la possibilità di presentare in modo chiaro e completo l’insieme delle informazioni relative alle proprie qualifiche e competenze. Consente di uniformare la presentazione di titoli di studio, esperienze lavorative e competenze individuali. L’Europass Curriculum Vitae fornisce informazioni su dati personali, competenze linguistiche, esperienze lavorative, percorsi di istruzione e formazione, competenze personali sviluppate anche al di fuori di percorsi formativi di tipo tradizionale. Europass Certificate e Diploma Supplement sono dispositivi di trasparenza sviluppati dal Consiglio d’Europa, dall’UNESCO e dalla Commissione Europea, che mirano a rendere più leggibili i titoli e le qualifiche rilasciate nell’ambito dell’Istruzione accademica e non accademica, ed a valorizzare nel contempo i loro contenuti. Il Certificate Supplement o “Supplemento Europass al Certificato” è un documento che accompagna i titoli secondari superiori e le qualifiche professionali acquisite. Il Certificate Supplement contiene informazioni riguardanti il percorso ufficiale compiuto dallo studente per acquisire il diploma, il corrispondente livello EQF, le competenze generali e d’indirizzo e le attività professionali cui il diplomato potrebbe accedere, anche in contesti di mobilità transnazionale. Esso contiene informazioni supplementari a quelle che sono già incluse nei certificati ufficiali, consentendone una maggiore comprensione, specialmente da parte di datori di lavoro od istituzioni al di fuori del Paese in cui è stato rilasciato. In Italia il Certificate supplement viene rilasciato ai diplomati di scuola secondaria superiore a partire dal 2016. L’Europass Diploma Supplement è il documento che accompagna i titoli e le certifi cazioni rilasciate al termine di un corso di studi effettuato in una Università o presso un Istituto di Istruzione Superiore. 66 Decisione n. 2241/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 relativa ad un quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass). 84 I Certificate ed i Diploma supplement sono predisposti dalle autorità di certificazione competenti. 4.6 Conoscenze e competenze: un dibattito ancora aperto Nonostante gli indubbi ed importanti progressi realizzati a livello nazionale ed europeo per promuovere una istruzione e formazione basata sul concetto di competenza, il quadro concettuale e le modalità di applicazione di un “insegnamento per competenze” devono essere ancora chiariti. In particolare, la trasposizione di questo concetto nell’ambito delle discipline scolastiche lascia aperti non pochi interrogativi. La definizione: non esiste ancora una definizione univoca di competenza; di questa nozione esistono molteplici definizioni e categorizzazioni, a seconda dell’ambito disciplinare (psicologico, pedagogico, organizzativo) cui si fa riferimento per proporre la definizione. In aggiunta la distinzione tra il concetto di competenza (Competence) e quello di abilità (Skill) non è chiara; la Raccomandazione europea afferma che per Abilità si intende la capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi: dunque nel concetto di abilità è già insita la dimensione applicativa della conoscenza acquisita, che viene utilizzata per lo svolgimento di compiti e problemi specifici. La Competenza viene invece definita dalla Raccomandazione del 2008 67 come la comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. La dif - ferenza è sottile, al limite della tautologia. Secondo la Raccomandazione, rispetto all’abilità la competenza si distingue perché: • la dimostrazione della capacità viene “comprovata” (ma come potrebbe essere altrimenti? Anche il possesso delle abilità e delle conoscenze deve essere comprovato! N.d.A.) in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale; • per esprimere una competenza è necessario utilizzare anche capacità personali, sociali e/o metodologiche. La competenza dunque si distingue dalle abilità perché vengono mobilitate anche risorse non cognitive (atteggiamenti, ecc.). Ma nell’ambito scolastico, dove vengono messe in gioco prevalentemente competenze cognitive, come distinguere le competenze dalle abilità? Mentre nell’ambito di lavoro è più agevole (ma non sempre) tracciare la linea di demarcazione tra le abilità (limitate all’ambito cognitivo) e la competenza (che coinvolge altre dimensioni della persona), nell’ambito di studio, e dunque in ambito scolastico il confine è più stretto. La difficoltà si avverte in particolare quando ci si trova a dover definire, o valutare gli obiettivi da raggiungere per 67 Nella proposta di revisione della Raccomandazione il termine “Competenza” (Competence) non viene più utilizzato. 85 quanto riguarda l’acquisizione di abilità e/o competenze relative a discipline od ambiti disciplinari. La lettura di molte indicazioni programmatiche ministeriali riguardanti gli obiettivi della scuola o della Formazione Professionale mostra numerose incertezze nell’utilizzo delle diverse categorie. Elemento di ulteriore complicazione, sotto l’aspetto definitorio, è la traduzione in lingua italiana del termine skill, che a volte viene reso come abilità, a volte come capacità. Anche la distinzione tra abilità e capacità non è sempre chiara. Il livello di acquisizione/dimostrazione della competenza: la definizione del “livello” di possesso della competenza non è semplice, sopratutto quando ci si trova a dover definire le prestazioni in ambito non lavorativo. Mentre la soddisfacente esecuzione di una prestazione professionale può essere definita, attraverso una batteria di indicatori (ad esempio attraverso l’elencazione delle operazioni che si dovrebbe essere in grado di compiere), la definizione di una prestazione cognitiva soddisfacente richiede che sia specificato anche il tipo di conoscenze che vengono utilizzate e valorizzate, altrimenti si rimane su un livello di assoluta genericità. Le modalità di insegnamento della competenza: alla incertezza semantica si aggiunge l’aspetto operativo. Stando alla definizione, la competenza non si può insegnare come si insegna una disciplina; l’acquisizione e la messa in opera di una competenza è il frutto di un processo complesso che comporta la mobilitazione di diverse risorse, sia cognitive che attitudinali che motivazionali, della persona; per acquisire e dimostrare una competenza è necessario rapportarsi a contesti reali. Le modalità di traduzione di tutto questo nella pratica scolastica quotidiana sono evidentemente piuttosto complesse. Le modalità di valutazione: le modalità di valutazione delle competenze presentano diverse problematiche. Della difficoltà di definire il livello della competenza, e dunque di valutarlo, senza specificare quali sono le retrostanti conoscenze possedute, si è già detto. In secondo luogo la valutazione delle competenze diventa estremamente difficoltosa all’interno del contesto scolastico. In particolare, quando lo strumento di valutazione è la prova scritta ben difficilmente si può parlare di valutazione di una competenza. Se si mantiene la definizione di competenza predisposta dall’Unione Europea caso mai si può parlare di valutazione di “abilità (skill)”. L’ambiguità è indotta dalla stessa letteratura ufficiale: si consideri il Framework teorico che è stato pubblicato dall’OCSE riguardo alle prove PISA 2009 (che vengono comunemente definite come “prove di competenza linguistica, matematica e scientifica”) 68 : nel testo il termine competenza viene usato solo nella presentazione dei quadri teorici riguardanti la matematica e le scienze (dove peraltro non si capisce in che cosa si distingua la competenza dall’abilità), mentre nella presentazione del quadro teorico della reading literacy si utilizza sempre il termine skill (abilità). La domanda 68 O ECD (2009) PISA 2009 Assessment Framework Key competencies in reading, mathematics and science. Ed. OECD, Parigi. 86 che si pone è dunque: un test “carta e matita”, come quelli proposti dal l’OCSE-PISA (o come quelli normalmente somministrati in ambito scolastico), permette di valutare una competenza, come si afferma comunemente? Non sarebbe più corretto parlare di valutazione di abilità linguistiche, matematiche e scientifiche? Negli ultimi anni si è diffusa anche una preoccupazione rispetto all’enfasi, da alcuni ritenuta eccessiva, sull’uso del termine competenza in ambito scolastico. È emerso infatti il timore che l’enfasi sulle competenze togliesse spazio ed attenzione all’apprendimento dei saperi. Si è dunque sviluppato, sia in Italia che negli altri Paesi, un movimento di reazione che ha cercato di riportare al centro dell’attività della scuola l’insegnamento dei contenuti. Si è acceso un dibattito tra coloro che mettono in risalto la necessità che attraverso l’apprendimento si formino solide categorie concettuali che consentano di acquisire e selezionare l’informazione che viene fornita dalla scuola e, in misura crescente, da mezzi e strumenti di comunicazione sempre più potenti e pervasivi (Edgar Morin diceva, riprendendo Michel de Montaigne, meglio una testa ben fatta che una testa ben piena69) e coloro che sottolineano la necessità di una acquisizione di solidi saperi, come base per la successiva crescita culturale e professionale. Come ha ricordato la Commissione ministeriale incaricata di definire le modalità per l’innalzamento dell’obbligo di istruzione, non esiste una contrapposizione tra conoscenze e competenze: la competenza, senza la conoscenza che le dà sostanza, semplicemente non è, è un contenitore vuoto. Nel testo finale presentato dalla Commissione si legge 70 : «Le competenze chiave non costituiscono una proposta alternativa o separata dalle discipline; al contrario si costruiscono utilizzando i saperi previsti dai curricoli dei primi due anni degli istituti di istruzione secondaria superiore, a partire dagli assi culturali che sono stati individuati. Discipline e competenze costituiscono la trama e l’ordito di un unico processo di insegnamento/apprendimento. ... I processi che portano all’acquisizione delle competenze chiave non vanno dunque intesi come dei nuovi curricoli che si vanno a giustapporre a quelli esistenti, ma piuttosto come dei traguardi pluri e interdisciplinari dell’attività didattica curricolare». Per concludere, il concetto di competenza è importante perché mette in risalto le implicazioni operative del sapere, promuovendo il superamento di un insegnamento astratto, e perché favorisce una ricomposizione del sapere tra le diverse discipline. Per quanto riguarda l’ambito scolastico sarebbe necessario però fare maggiore chiarezza tra i diversi termini, conoscenze, abilità, capacità e competenze per costruire dei quadri di riferimento chiari ed utilizzabili in modo univoco. 69 M ORIN E. (1999) La tête bien faite. Repenser la réforme. Réformer la pensée Paris, Seuil. 70 Commissione con il compito di approfondire la tematica relativa all’istruzione obbligatoria ed elaborare le possibili modalità tese all’obiettivo dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, Indicazioni sulle modalità dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, 3 marzo 2007. 87 La qualità delle istituzioni scolastiche e formative è da qualche anno oggetto di grande attenzione da parte delle riflessioni e degli interventi nazionali e comunitari. La crescente autonomia di cui godono scuole e Centri di Formazione Professionale richiede infatti una accresciuta capacità di governo, nonché un maggiore controllo interno ed esterno sui processi organizzativi e sui risultati raggiunti, al fine di verificare l’efficiente ed efficace utilizzazione delle risorse pubbliche e private. A questo si aggiunge, per quanto riguarda in particolare l’Istruzione e la Formazione Professionale, l’esigenza di innalzare la qualità dell’offerta, per almeno tre ragioni significative: • aumentare la capacità di attrazione di una offerta formativa talvolta giudicata o percepita dall’utenza, reale o potenziale, di “rango inferiore” rispetto a quella rappresentata dall’istruzione liceale e tecnica; • rafforzare la capacità di risposta della Formazione Professionale a fabbisogni del mondo produttivo molto articolati ed in continua evoluzione; • aumentare l’efficacia dell’intervento formativo, rispondendo alle necessità di un’utenza molto composita. 5.1 Dal controllo degli input al controllo degli output Nei sistemi scolastici tradizionali la qualità del sistema veniva assicurata attraverso il controllo degli “input”; venivano cioè stabilite (e successivamente controllate) le caratteristiche di come doveva funzionare il sistema educativo: il numero minimo e massimo di alunni per classe; i loro prerequisiti di ingresso; il numero di docenti per ogni classe; la loro formazione certificata; i programmi di insegnamento; la tipologia delle strutture edilizie; le dotazioni didattiche e laboratoriali; ecc.. Venivano (ed in gran parte ancora vengono) definiti e garantiti gli standard minimi di qualità dell’offerta formativa, nel presupposto di assicurare in questo modo anche una sostanziale omogeneità dei risultati. I controlli esterni sui risultati erano ridotti al minimo, e svolgevano la prevalente funzione di convalidare il percorso compiuto, più che di controllarlo realmente. Tuttavia, a partire dai sistemi scolastici anglosassoni, che hanno sempre evidenziato una più spiccata sensibilità al controllo dei risultati, anche per compensare la maggiore flessibilità che viene lasciata a livello locale rispetto agli input (ovvero tutti gli aspetti organizzativi elencati in precedenza), negli ultimi 20 anni si è fatta strada la consapevolezza che per garantire la qualità del sistema non sia sufficiente (e non sia neanche utile) definire e controllare gli standard “di partenza”, ma sia piut- 5. La Raccomandazione sulla qualità dell’Istruzione e Formazione Professionale (EQAVET) 88 tosto utile e necessario definire gli standard di arrivo: infatti, l’allargamento della partecipazione ai sistemi educativi fa sì che le risposte ad input simili di alunni provenienti da contesti molto diversi siano anch’esse diversificate, per cui in mancanza di reali controlli a valle e del successivo feedback i sistemi rischiano di frantumarsi. Occorre dunque, attraverso l’autonomia, metter in grado le strutture scolastiche e formative locali di rispondere ad esigenze diversificate, e concentrare l’attenzione di governo sul controllo dei risultati (output); questo viene fatto effettuando rilevazioni periodiche sugli apprendimenti degli alunni a livello nazionale ed internazionale ed attraverso altre misure di efficacia del sistema (ad esempio attraverso la analisi degli indicatori di efficacia-efficienza). Questo approccio di governo del sistema educativo si è sviluppato a livello internazionale anche per merito dell’attività dell’OCSE, che a partire dagli Anni ‘90 ha avviato la raccolta ed il confronto dei dati sui diversi sistemi educativi nazionali, attraverso un sistema articolato di indicatori 71 . Sempre l’OCSE, con il Progetto PISA, ha da 15 anni avviato un’attività sistematica di rilevazione, nei Paesi aderenti all’organizzazione, dei risultati relativi agli apprendimenti degli alunni di 15 anni, che sta assumendo un’importanza crescente nei diversi Paesi come strumento di verifica degli esiti delle politiche nazionali 72 . 5.2 I modelli input-output Secondo i tradizionali modelli di valutazione input-output, la qualità di un sistema scolastico e delle sue articolazioni locali (le scuole) si determina verificando la misura in cui (output) si riesce a trasformare la materia prima (input) seguendo gli obiettivi prefissati. Le successive elaborazioni e riflessioni su questo modello hanno portato ad articolare il concetto di input, distinguendo la condizione di partenza (il Contesto) dalle Risorse erogate 73 . In ogni caso il centro dell’attenzione si focalizza sui Prodotti (così come preventivamente definiti dagli obiettivi di partenza), che rappresentano la vera cartina di tornasole della qualità dell’azione formativa. La ricerca valutativa ha messo in luce la relazione che lega il Prodotto scolastico al Contesto (in particolare alla condizione socioculturale della famiglia di appartenenza) e l’attenzione che va prestata, nel valutare i risultati, alle risorse impiegate (umane, economiche, strutturali). Pertanto, la valutazione dei risultati dell’azione formativa deve tenere sempre conto dei punti di partenza e delle risorse impiegate: sarebbe, ad esempio, del tutto scorretto mettere sullo stesso piano i risultati di una scuola posizionata in una zona benestante con quelli di una scuola che si trova in un’area degradata. Anche il concetto di obiettivo può essere ulteriormente declinato, 71 OECD, Education at a Glance, OECD indicators, OECD Publishing, Paris, anni vari. 72 OECD (2007), PISA 2006 Science competencies for tomorrow’s world Volume 1: Analysis, OECD Publishing. 73 S TUFFLEBEAM D. et. al. (1971), Educational Evaluation and Decision Making, Itasca, IL: F.E. Peacock. 89 aggiungendo complessità al modello della valutazione: accanto agli obiettivi finali possono infatti essere individuati degli obiettivi intermedi, propedeutici al raggiungimento dell’obiettivo finale. Tuttavia i classici modelli input-output presentano un rilevante punto debole, ovvero la mancanza di meccanismi di feedback. Essi permettono cioè lo scatto di una fotografia precisa, ma non contengono elementi per indirizzare il sistema verso il miglioramento; si tratta più di un quality control che di quality development. La finalità della valutazione, invece, non è solo di tipo certificativo ma anche di tipo diagnostico, serve cioè per intervenire e correggere il sistema; fine principale della valutazione è aiutare il processo decisionale. È dunque necessaria anche una verifica dei processi, per comprendere non solo i risultati dell’attività formativa, ma in che modo i risultati sono stati ottenuti e sulla base di quali processi. La riflessione e la formalizzazione dei processi è l’aspetto più problematico dei modelli input-output. Infatti è relativamente semplice valutare, utilizzando indicatori quantitativi che permettono il confronto nello spazio e nel tempo, il Contesto, gli Input ed i Prodotti, ma è molto più complesso definire degli indicatori per valutare i processi. La valutazione degli effetti dell’azione formativa attraverso la rilevazione dei soli output presenta un ulteriore limite: essa rischia di essere poco significativa nei tempi brevi, in quanto l’impatto dell’intervento formativo ha tempi medio-lunghi, specialmente quando si tratta di valutare i risultati a livello di sistema. Al contrario sotto l’impulso delle strategie dell’organizzazione i processi si modificano più velocemente. In ogni caso la completezza e la sistematicità del modello Contesto, Input, Risorse, Output (il cosiddetto CIPP model, ovvero Context, Input, Process, Product) lo rendono frequentemente utilizzato per analizzare la qualità dell’azione formativa, sia a livello di singola struttura che a livello di sistema. 5.3 I modelli basati sui processi Il problema centrale diventa dunque il collegamento tra valutazione e decision making. Nel mondo aziendale il problema del collegamento tra valutazione e decisione è stato affrontato sin dagli Anni ‘50 da Deming. Secondo Deming il principio del controllo di qualità a valle del processo non è adeguato, in quanto ammette che debba comunque esistere una certa quantità di “scarti” o di “errori”, e dunque una perdita, per quanto ridotta, di efficienza dell’azienda 74 . Il centro dell’attenzione del controllo di qualità si deve spostare dal prodotto ai processi, ovvero da ciò che risulta a valle della produzione a come si gestiscono i processi a monte 75 ; inoltre, dal principio di controllo di qualità si deve 74 I SFOL , a cura di Allulli G. e Tramontano I. (2007), I modelli di qualità nel sistema di formazione professionale italiano, Rubettino. 75 Secondo le norme ISO può considerarsi processo qualsiasi attività, o insieme di attività, che utilizza risorse per trasformare elementi di entrata in elementi in uscita (UNI, Sistemi di gestione per la qualità, fondamenti e terminologia, dicembre 2000). 90 passare al principio di qualità totale (perché la qualità riguarda tutte le fasi della produzione, e non solo quella finale). È stato dunque Deming ad introdurre il circolo della qualità: Plan, Do, Check, Act, ovvero: • Pianificare, sulla base della diagnosi effettuata, • Agire, • Controllare i risultati, • Riprogrammare correggendo gli errori individuati, per migliorare i risultati. Dunque il ciclo non si ferma mai e produce miglioramento continuo, altro concetto centrale di questo approccio. Il lavoro di Deming, variamente integrato ed arricchito da altri contributi, ebbe un notevole successo e significativi riscontri, poiché fu uno dei fattori della rinascita e del boom dell’industria giapponese negli Anni ‘60 e ‘70 (Deming infatti fu grandemente apprezzato per il suo lavoro in Giappone). Negli anni successivi i principi della qualità totale si diffusero nel mondo della produzione di tutti i Paesi occidentali; negli Anni ‘90 questi principi cominciarono ad essere applicati anche dal mondo della produzione di beni immateriali, prima da parte del settore privato e poi anche di quello pubblico, ed infine anche dal mondo della formazione, della scuola e della stessa università. Sono stati prodotti diversi modelli che si ispirano a questi principi: basti ricordare i modelli ISO, EFQM, CAF. Per adattare i modelli ispirati al principio della qualità totale al mondo della formazione sono state anche definite apposite normative 76 , che definiscono il sistema di qualità come “uno strumento di carattere organizzativo/gestionale centrato sul monitoraggio/ controllo di processi che hanno un impatto diretto sulla qualità del prodotto, sulla chiara suddivisione delle responsabilità e sulla predisposizione di risorse adeguate, al fine di prevenire le criticità e di assicurare le conformità ai requisiti del cliente e la sua soddisfazione. Esso costituisce inoltre per il management uno strumento di miglioramento continuo, necessario per una presenza competitiva sul mercato”. Come si può vedere tre sono le caratteristiche distintive di questo approccio: • esso si focalizza sui processi, più che sui prodotti; la logica sottostante è che se il processo è condotto in modo adeguato anche il prodotto realizzato rispetterà i requisiti previsti, mentre la verifica che viene condotta solo al termine del processo rischia di non dirci niente rispetto ai motivi di successo o fallimento; inoltre è meglio prevenire l’insuccesso controllando il processo di esecuzione, piuttosto che limitarsi a registrare un insuccesso alla fine. • La seconda caratteristica è quella di coinvolgere il management nel processo di assicurazione qualità: il management non è solo l’utilizzatore di questo processo 76 U NI , Linee guida per lo sviluppo e l’adozione di un sistema di qualità negli organismi di formazione secondo la norma Uni EN 9001, Milano 1998. 91 ma è anch’esso sottoposto a verifica; la capacità di tenere conto dei risultati della valutazione modificando l’attività non è solo un effetto sperato, ma è anch’essa uno processo messo sotto osservazione dal sistema “qualità”; la revisione dell’attività è una fase del “ciclo della qualità”. • La terza caratteristica riguarda il concetto stesso di qualità, che non è un concetto relativo, da definire di volta in volta rispetto agli obiettivi, come per lo più viene inteso, ma un concetto assoluto, che corrisponde al modo in cui determinati criteri, che vengono predefiniti dal modello, vengono rispettati. Ad esempio il Modello EFQM per l’Eccellenza elaborato dall’European Foundation for quality Management , ed il CAF (Common Assessment Framework) definiscono per ciascun criterio di qualità predefinito un punteggio da attribuire all’istituzione valutata. Queste caratteristiche costituiscono gli aspetti “forti” ma anche i loro punti di debolezza 77 . Per quanto riguarda la prima di queste caratteristiche, ovvero la focalizzazione sui processi, mentre nell’ambito dell’attività aziendale è lecito presumere che un buon rispetto delle procedure produca ragionevolmente buoni risultati, nell’ambito della formazione questa regola viene meno: i risultati dell’attività formativa sono l’esito di fattori molteplici e complessi, non sempre riconducibili ai processi condotti: anche se una scuola rispetta rigorosamente le regole e le norme organizzative, non necessariamente i risultati degli alunni saranno positivi. La valutazione dei risultati deve dunque mantenere un ruolo specifico ed autonomo: non basta assicurarsi che vengano realizzate le cd. “procedure di qualità”, è anche non solo indispensabile, ma elemento centrale della valutazione, tenere sotto controllo i risultati delle procedure stesse: la qualità dell’offerta formativa non si evince solo dalla verifiche del rispetto delle procedure ma anche dalla verifica dei risultati effettivamente ottenuti. Spesso il controllo del risultato si limita alla verifica della customers sastisfaction ; questa però nel campo della formazione non è un parametro sufficiente per valutare gli esiti dell’attività formativa. Infatti utenti giovani, e spesso anche le loro famiglie, non sono in grado di esprimere un consapevole giudizio critico sui contenuti dell’attività formativa: un utente non esperto può valutare gli aspetti più tangibili del servizio stesso (regolarità, attenzione ai bisogni degli utenti, ecc.) ma è più difficilmente in grado di esprimere un giudizio adeguatamente informato sui contenuti e sullo spessore della attività didattica. Va anche considerato che non necessariamente l’utenza esprime alte aspettative nei confronti dell’offerta formativa: ad esempio chi vuole ottenere un titolo di studio senza impegnarsi eccessivamente viene soddisfatto da una scuola “diplomificio” che permette di ottenere un diploma, a prescindere dall’effettivo livello della scuola. Per quanto riguarda il coinvolgimento del management come “oggetto” di valutazione, esso diventa un aspetto problematico nel momento in cui chi verifica il 77 A LLULLI G. (2007), La valutazione della scuola: un problema di governance, in Economia dei servizi, Il Mulino, n.3/2007. 92 rispetto delle procedure di qualità si trova in posizione gerarchicamente subordinata rispetto al “manager” che viene valutato. Questo avviene in particolare quando i modelli di qualità costituiscono un riferimento per l’autovalutazione; in questo caso l’indipendenza della attività valutativa potrebbe essere messa seriamente in discussione, mentre se l’autovalutazione si focalizza sui risultati raggiunti e su solide evidenze empiriche la sua autorevolezza viene sostenuta da elementi oggettivi. Insomma non basta verificare il rispetto delle “procedure di qualità”, ma occorre verificare i risultati realmente ottenuti per affermare se una determinata istituzione predispone una offerta formativa “di qualità”. I modelli di “Qualità totale” che sono stati adattati per i servizi e la pubblica amministrazione (come l’EFQM ed il CAF) attribuiscono un peso rilevante alla valutazione dei risultati (il 50% del punteggio finale); permane però la contraddizione tra la filosofia di assicurazione di qualità basata sulla valutazione dei processi ed un approccio finalizzato a valutare i risultati. Infine, l’attenzione ai processi può facilmente scadere nell’attenzione al rispetto delle procedure; rischio grave, questo, all’interno di ambienti, come quello della scuola, già molto proceduralizzati. 5.4 La Raccomandazione per l’istituzione di un Quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’Istruzione e della Formazione Professionale L’esigenza di collegare strettamente la valutazione con il processo di decision making è anche alla base del modello a cui fa riferimento la Raccomandazione europea sulla garanzia di qualità nell’Istruzione e Formazione Professionale 78 . Nel quadro delle iniziative assunte alla luce della strategia di Lisbona, l’Unione Europea ha promosso nel 2000 un percorso tecnico e politico volto a rafforzare i dispositivi di garanzia della qualità nei sistemi di Istruzione e di Formazione Professionale. Nel 2001 il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno invitato gli Stati membri ad istituire sistemi trasparenti di valutazione. Secondo la Commissione europea la valutazione dovrebbe fornire dati affidabili sulla base dei quali costruire efficaci politiche a lungo termine 79 . Nel 2009 il percorso si è concluso con l’approvazione, da parte del Parlamento e del Consiglio Europeo, della Raccomandazione per l’istituzione di un Quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’Istruzione e della Formazione Professionale (European Quality Assurance Reference Framework for Vocational 78 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull’istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale (2009/C 155/01). 79 E UROPEAN C OMMISSION (2006a), Efficiency and equity in European education and training systems, Communication from the Commission to the Council and to the European Parliament, {SEC(2006) 1096}. 93 Education and Training - EQAVET). L’EQAVET è uno strumento di sostegno da utilizzare su base volontaria da parte degli Stati membri e da tutti i soggetti interessati, per promuovere e monitorare il miglioramento continuo dell’Istruzione e Formazione Professionale, sulla base di criteri e principi comuni. La Raccomandazione europea chiede agli Stati Membri di impostare una strategia nazionale che si raccordi con il Quadro europeo di riferimento. Il Quadro di riferimento europeo per l’assicurazione di qualità si basa su un modello circolare di gestione dell’attività formativa articolato in quattro fasi (Progettazione, Sviluppo, Valutazione e Revisione), e per ciascuna definisce i criteri per l’assicurazione ed il miglioramento continuo della qualità. La prima fase (progettazione) consiste nella definizione di obiettivi chiari e misurabili riferiti alle politiche perseguite, alle procedure da attivare, ai compiti da svolgere ed alle risorse umane da utilizzare, al fine di consentire il controllo sul conseguimento dei risultati programmati. In questa fase è fondamentale il coinvolgimento dei principali stakeholders. La seconda fase (sviluppo) consiste nell’esecuzione delle azioni programmate per assicurare il conseguimento degli obiettivi. È necessario che le regole ed i passi procedurali siano chiari a tutti gli attori coinvolti. La terza fase (valutazione) prevede una combinazione di meccanismi di valutazione interna ed esterna. L’efficacia della valutazione dipende in larga parte dalla definizione di una metodologia chiara, nonché dalla coerenza tra gli obiettivi predeterminati e i dati e gli indicatori raccolti. Nella quarta fase (revisione) i dati raccolti attraverso la valutazione vengono utilizzati per assicurare il necessario feedback e la realizzazione dei cambiamenti opportuni. Infatti, il miglioramento è un processo continuo e sistematico. IL M ODELLO E UROPEO DI G ARANZIA DELLA QUALITÀ Come si può osservare, il modello europeo è molto simile al “Quality cycle” proposto da Deming, ma in questo caso viene posta un’enfasi molto maggiore sul controllo dei risultati. Le quattro fasi del modello vengono illustrate dalla Raccomandazione attraverso un elenco di criteri e descrittori di qualità, che esemplificano le azioni da compiere per ciascuna delle fasi, a livello di sistema ed a livello di soggetto erogatore della formazione. Si tratta di indicazioni molto utili, perché conferiscono maggiore concretezza ad un modello che altrimenti rischierebbe di essere percepito come prevalentemente teorico. Infine, la Raccomandazione propone un set di indicatori relativi ai diversi aspetti dell’azione formativa. L’uso degli indicatori non è obbligatorio, ma rappresenta un utile punto di riferimento per confrontare alcuni aspetti strategici del processo formativo, quali i livelli di partecipazione, il successo formativo, il tasso di occupazione, l’utilizzazione delle competenze acquisite, l’inserimento dei soggetti svantaggiati, ecc. 94 10 Indicatori per la qualità (a) N. 1 Diffusione dei sistemi di garanzia della qualità per gli erogatori di IeFP: a) quota di erogatori di IeFP che applicano sistemi di garanzia della qualità definiti dalla legislazione o di loro iniziativa b) quota di erogatori di IeFP accreditati N. 2 Investimento nella formazione degli insegnanti e dei formatori: a) quota di insegnanti e di formatori che partecipano alla formazione continua b) ammontare dei fondi investiti N. 3 Tasso di partecipazione ai programmi di IeFP: Numero di partecipanti a programmi di IeFP, secondo il tipo di programma e i criteri individuali N. 4 Tasso di completamento dei programmi di IeFP: Numero di persone che hanno portato a termine/abbandonato programmi di IeFP, secondo il tipo di programma e i criteri individuali N. 5 Tasso di inserimento a seguito di programmi di IeFP: a) destinazione degli allievi di IeFP in un determinato momento dopo il completamento di una formazione, secondo il tipo di programma e i criteri individuali b) quota di allievi occupati in un determinato momento dopo il completamento di una attività formativa, secondo il tipo di programma e i criteri individuali N. 6 Utilizzo sul luogo di lavoro delle competenze acquisite: a) informazioni sull’attività svolta dalle persone che hanno completato una attività formativa, secondo il tipo di formazione e i criteri individuali b) tasso di soddisfazione dei lavoratori e dei datori di lavoro in relazione alle qualifiche/competenze acquisite N. 7 Tasso di disoccupazione per categoria N. 8 Presenza di categorie vulnerabili: a) percentuale di partecipanti alla IeFP, classificati come appartenenti a categorie svantaggiate (in una determinata regione o bacino d’occupazione), per età e per sesso 95 A tutti gli Stati membri l’Unione Europea ha chiesto di definire un piano per la garanzia di qualità, che indichi quali iniziative si intendono adottare per introdurre il modello europeo a livello nazionale e di singola struttura formativa. La Raccomandazione EQAVET si collega strettamente a quella già esaminata sul Quadro europeo delle qualifiche ed a quella, che verrà esaminata nel capitolo successivo, sul riconoscimento dei crediti. Infatti, l’introduzione od il potenziamento di un sistema di garanzia di qualità è presupposto indispensabile per rafforzare quel contesto di reciproca fiducia che è necessario perché ciascuno Stato membro riconosca e dia validità ai titoli ed alle qualifiche rilasciati dagli altri Stati europei. Va ricordato, a tale proposito, che anche la Raccomandazione sul Quadro europeo delle qualifiche contiene alcuni principi della qualità da rispettare: b) tasso di successo delle categorie svantaggiate, per età e per sesso N. 9 Meccanismi per l’identificazione dei fabbisogni di formazione nel mercato del lavoro: a) informazioni sui meccanismi messi a punto per individuare l’evoluzione della domanda ai vari livelli b) prova della loro efficacia N. 10 Sistemi utilizzati per migliorare l’accesso all’IeFP: a) informazioni sui sistemi esistenti ai vari livelli b) prova della loro efficacia (a) Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 Sull’istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionale (2009/C 155/01) Principi comuni di garanzia della qualità nell’istruzione superiore e nell’Istruzione e Formazione Professionale nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche (a) Nell’attuazione del Quadro europeo delle qualifiche, il livello di qualità necessaria a garantire l’affidabilità e il miglioramento dell’istruzione e della formazione va stabilito conformemente ai seguenti principi: • le politiche e procedure a garanzia della qualità devono essere alla base di tutti i livelli dei sistemi del Quadro europeo delle qualifiche • la garanzia della qualità deve essere parte integrante della gestione interna delle istituzioni di istruzione e di formazione • la garanzia della qualità comprenderà attività regolari di valutazione delle istituzioni o dei programmi da parte di enti o di agenzie di controllo esterne • gli enti o le agenzie di controllo esterne che effettuano valutazioni a garanzia della qualità andranno esaminate regolarmente • la garanzia della qualità riguarderà anche gli elementi del contesto, gli input, la dimensione dei processi e degli output, evidenziando gli output e i risultati dell’apprendimento • i sistemi di garanzia della qualità comprenderanno i seguenti elementi: – obiettivi e norme chiari e misurabili, – orientamenti di attuazione, come il coinvolgimento delle parti interessate 96 Tra i due documenti vi è una sostanziale coerenza: infatti entrambi sottolineano alcuni principi fondamentali: • la garanzia di qualità deve costituire una parte integrante della gestione del - l’attività formativa; • la garanzia di qualità si basa sulla definizione di obiettivi chiari e misurabili, su meccanismi di attuazione adeguati, sulla valutazione, interna ed esterna, e su meccanismi di feedback che assicurino il cambiamento ed il miglioramento continuo; • i risultati del processo di apprendimento rappresentano un elemento centrale della valutazione. 5.5 Verso EQAVET+ Nel 2013-14, l’impatto della Raccomandazione EQAVET sui sistemi formativi europei è stato sottoposto ad una tripla verifica, di carattere sia tecnico (il Segretariato EQAVET ha condotto una rilevazione sullo sviluppo Rete europea 80 , ICF-GHK in cooperazione con Technopolis, è stata incaricata dalla Commissione europea di condurre la valutazione della sua implementazione 81 ) che politico 82 . – risorse adeguate – metodi di valutazione coerenti, che associno auto-valutazione e revisione esterna – sistemi e procedure per la rilevazione del «feedback», per introdurre miglioramenti – risultati delle valutazioni ampiamente accessibili • le iniziative internazionali, nazionali e regionali a garanzia della qualità vanno coordinate per mantenere il profilo, la coerenza, le sinergie e l’analisi dell’intero sistema • la garanzia della qualità sarà frutto di un processo di cooperazione attraverso tutti i livelli e i sistemi di istruzione e formazione con il coinvolgimento di tutte le parti interessate, negli Stati membri e nell’intera Comunità • orientamenti a garanzia della qualità a livello comunitario potranno fornire dei punti di riferimento per le valutazioni e le attività di apprendimento fra pari (a) Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (2008/C 111/01) 80 EQAVET Secretariat, Supporting the implementation of the European Quality Assurance Reference Framework. Results of EQAVET Secretariat Survey 2013 - 2014. 81 ICF GHK in cooperation with Technopolis, Evaluation of implementation of the European Quality Assurance Reference Framework for Vocational Education and Training (EQAVET), Final report, 2013. 82 E UROPEAN C OMMISSION , Report to the European Parliament and the Council on the implementation of the Recommendation of the European Parliament and of the Council of 18 June 2009 on the establishment of a European Quality Assurance Reference Framework for Vocational Education and Training, Brussels, 28.1.2014, COM(2014) 30 final. 97 In conclusione di queste analisi la Commissione ha rilevato che: • EQAVET ha contribuito a promuovere una cultura di qualità in VET in Europa, nonché alla sua attuazione pratica, in particolare attraverso lo sviluppo di misure operative di qualità all’interno della rete EQAVET. • Tuttavia tali misure si sono concentrate in gran parte sulla formazione istituzionale (Istruzione e Formazione Professionale Iniziale e parte della Formazione Continua), con un impatto meno visibile sull’apprendimento sul lavoro e sulla erogazione di formazione non formale (che rappresenta la parte prevalente della formazione continua ma potrebbe svolgere anche un ruolo fondamentale nella formazione iniziale all’interno dei sistemi duali). • L’approccio flessibile di EQAVET, offrendo strumenti da selezionare e adattare alle necessità dei diversi sistemi, ha facilitato il suo utilizzo, ma allo stesso tempo ha ridotto il suo potenziale come linguaggio comune e quadro concettuale tra i diversi Paesi. Pertanto la Commissione intende sviluppare le seguenti azioni per sostenere una implementazione più globale di EQAVET: • Sviluppare descrittori, indicatori e linee guida per apprezzare meglio la qualità e il livello appropriato di competenza dei risultati acquisiti dagli alunni nell’IeFP. • Sviluppare e sperimentare linee guida per i responsabili politici e gli erogatori di formazione, insieme a checklist, descrittori ed indicatori rivolti alla diversa realtà della formazione continua e alle specifiche caratteristiche dell’apprendimento sul lavoro. • Verificare la possibilità di stipulare accordi europei per rendere le misure nazionali di garanzia della qualità più trasparenti nei vari paesi. Anche i membri della Rete EQAVET hanno esaminato attentamente le valutazioni condotte sull’implementazione della Raccomandazione e ritengono che sia particolarmente importante essere più espliciti riguardo l’importanza della garanzia di qualità dell’apprendimento basato sul lavoro, dello sviluppo e dell’uso dei risultati di apprendimento e degli approcci pedagogici utilizzati per supportare gli allievi. Pertanto hanno predisposto delle integrazioni ai descrittori ed agli indicatori della Raccomandazione (presentate in un documento che ha preso l’appellativo di EQAVET+) 83 , con particolare attenzione alle seguenti sette aree prioritarie: • apprendistato / apprendimento basato sul lavoro e formazione in azienda; • i processi di definizione, descrizione e valutazione dei risultati dell’apprendimento; • la progettazione, la valutazione e la certificazione delle qualifiche; • i processi pedagogici associati ai risultati dell’apprendimento; • il ruolo degli insegnanti e dei formatori nel processo di garanzia della qualità; 83 Eqavet+ indicative descriptors: Eqavet network paper on complementing Eqavet. 98 • le procedure utilizzate nella convalida dell’apprendimento non formale e informale in linea con EQF / NQFs; • pianificazione e miglioramento della fase di revisione del ciclo di garanzia della qualità. Per il momento questi nuovi indicatori non entreranno nel testo ufficiale della Raccomandazione ed il loro uso non è obbligatorio (come del resto quello di tutti gli indicatori contenuti nella Raccomandazione), ma i membri della Rete EQAVET invitano tutti i componenti della Rete ad utilizzarli per sostenere i processi di garanzia della qualità dei sistemi formativi nazionali. Tra gli indicatori aggiunti i più significativi sono: • Le qualifiche dell’Istruzione e Formazione Professionale sono descritte indicando i risultati di apprendimento previsti. • Sono stabiliti dei meccanismi per garantire la qualità della definizione, valutazione, verifica e revisione delle qualifiche. • Le linee guida e gli standard per lo sviluppo del sistema includono anche la valuta - zione, la validazione e la certificazione delle qualifiche. • Gli erogatori di formazione usano validi, accurati ed affidabili metodi di valutazione dei risultati di apprendimento. 99 6.1 La convalida e la certificazione dell’apprendimento pregresso I sistemi educativi si basano sull’offerta di percorsi scolastici e formativi erogati sotto la vigilanza di una autorità centrale. Al termine di questi percorsi, sulla base della verifica dell’apprendimento dei contenuti dell’attività formativa, viene rilasciato il titolo o la qualifica corrispondente. Tuttavia l’apprendimento non avviene solo nelle attività formative intenzionali e riconosciute (formazione formale), ma anche per mezzo di attività formative svolte al di fuori del contesto educativo tradizionale, p.e. sul lavoro (formazione non formale). E si realizza anche nella esperienza di vita quotidiana (formazione informale). Generalmente vengono riconosciuti solo i risultati dell’apprendimento formale: per le persone è difficile farsi riconoscere le competenze acquisite in contesti diversi da quelli tradizionali (p.e. le competenze acquisite sul lavoro, o in esperienze formative all’estero o in altri luoghi). Da alcuni anni negli Stati Uniti ed in alcuni Paesi europei (Francia, Regno Unito, Olanda, ecc.), anche sotto la spinta delle politiche europee per incoraggiare e riconoscere l’apprendimento permanente, sono state definite nuove procedure per riconoscere l’apprendimento pregresso indipendentemente da come è stato acquisito (Assessment of Prior Learning – APL). 6.2 Il sistema europeo di crediti per l’Istruzione e la Formazione Professionale (ECVET) Allo scopo di facilitare la capitalizzazione e il trasferimento dei risultati dell’apprendimento (conoscenze, abilità e competenze) di una persona che passa da un contesto di apprendimento ad un altro e/o da un sistema di qualifica ad un altro, e sostenere il riconoscimento dei risultati di apprendimento indipendentemente da dove vengano acquisiti, il Parlamento ed il Consiglio europeo hanno approvato nel 2009 una Raccomandazione sull’istituzione di un sistema europeo di crediti per l’Istruzione e la Formazione Professionale (European Credits for Vocational Education and Training - ECVET) 84 . L’ECVET riguarda l’intero sistema di Istruzione e Formazione Profes- 6. Le Raccomandazioni europee sul riconoscimento dei crediti (ECVET) e sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale 84 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull’Istituzione di un sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET) (2009/C 155/02). 100 sionale e consente di conferire crediti in relazione ad esperienze di apprendimento, indipendentemente dal fatto che vengano realizzati all’interno di percorsi formali o nonformali. L’ECVET promuove la flessibilità dei sistemi di formazione: i risultati di apprendimento sono valutati e convalidati in modo da trasferire crediti da un sistema di qualifiche all’altro, o da un percorso di formazione ad un altro. Secondo questo sistema gli allievi possono accumulare nel tempo e farsi riconoscere i risultati di apprendimento richiesti per ottenere una certa qualifica, in differenti Paesi od in differenti situazioni senza frequentare ulteriori percorsi di istruzione e formazione. ECVET può essere applicato in un contesto regionale o nazionale (in caso di mobilità interregionale o di mobilità tra sistemi formali e non-formali) e in caso di mobilità transnazionale. In particolare è stata creata una struttura metodologica per riconoscere gli apprendimenti acquisiti durante periodi di mobilità, attraverso la definizione di un linguaggio comune e stimolando la fiducia reciproca. Allo scopo di facilitare il trasferimento dei crediti la Raccomandazione ECVET propone una metodologia per la descrizione della qualifica in termini di unità di risultati di apprendimento, ai quali sono associati dei punti credito. In pratica le qualifiche o i programmi di istruzione/formazione possono essere divisi in unità o parti di unità. Un’unità è definita all’interno dell’ECVET come la più piccola parte della qualifica, ed è basata sul risultato. L’unità costituisce oggetto della valutazione e può, eventualmente, essere certificata. Ciascuna unità corrisponde, inoltre, ad una specifica combinazione di conoscenze, capacità e competenze e può essere di differente misura, in accordo con i sistemi nazionali di istruzione e formazione. 6.3 Come funziona ECVET 85 ECVET si basa sui seguenti concetti e strumenti: • Risultati di apprendimento. • Unità di apprendimento. • Punti ECVET, che forniscono informazioni aggiuntive riguardo alle Unità ed alle Qualifiche in forma numerica. • Crediti ECVET. Al pari dell’EQF, ECVET focalizza la certificazione sui Risultati di appren - dimento, anziché sui processi formativi o sui programmi frequentati. I risultati di apprendimento (learning outcomes) vengono definiti come insiemi di conoscenze, abilità e competenze che possono essere acquisiti in una varietà di contesti di apprendimento. Essi indicano ciò che una persona sa, o sa fare, al termine del processo di apprendimento. 85 C OMMISSIONE EUROPEA (2009), Get to know ECVET better - Questions and Answers. 101 6.4 La convalida dell’apprendimento non formale e informale Il Quadro europeo del riconoscimento delle competenze comunque acquisite è stato completato da una Raccomandazione del Consiglio europeo del 20 dicembre 2012 86 che, al fine di offrire alle persone l’opportunità di dimostrare quanto hanno appreso al di fuori dell’istruzione e della formazione formali e di avvalersi di tale apprendimento per la carriera professionale e l’ulteriore apprendimento, richiede agli Stati membri di istituire, entro il 2018, modalità per la convalida dell’apprendimento non formale e informale che consentano di: ECVET: la metodologia La metodologia ECVET suggerisce di descrivere e scomporre le qualifiche esistenti in elementi che vengono definiti Unità di apprendimento. Le Unità di apprendimento sono costituite da un complesso coerente di conoscenze, abilità e competenze; una qualifica contiene dunque diverse Unità. Le Unità non vanno confuse con elementi del programma di insegnamento. Esse possono essere definite sulla base dei processi lavorativi che deve sostenere la figura professionale corrispondente alla qualifica. La stessa Unità può far parte di diverse qualifiche. In questo modo le qualifiche, o segmenti di qualifica da conseguire in contesti diversi, possono essere confrontate e convalidate anche tra Paesi diversi. Ciascuna Unità a se stante può essere valutata, convalidata e riconosciuta. Una persona può acquisire una qualifica accumulando le Unità necessarie acquisite in contesti e Paesi diversi. Inoltre ciascuna Unità di apprendimento può essere “pesata”, assegnando un punteggio sulla base della consistenza che riveste rispetto alla qualifica complessiva. Come base di riferimento si assume che l’apprendimento conseguente ad un anno di Istruzione e Formazione Professionale equivalga a 60 punti ECVET. La qualifica viene pesata riguardo al tempo di insegnamento/apprendimento formale normalmente previsto. Successivamente si pesano le singole unità. Il Credito ECVET viene riconosciuto riguardo ai risultati di apprendimento valutati e documentati di un allievo. Il Credito può essere trasferito ad altri contesti ed accumulato fino ad ottenere una qualifica, sulla base degli standard di qualifica e delle regole che esistono nei Paesi partecipanti. Il Credito viene “pesato” dalle autorità competenti a rilasciare la qualifica anche in termini di punti. Il Memorandum of Understanding è un protocollo stipulato tra due soggetti competenti a rilasciare la qualifica riguardo al riconoscimento reciproco della qualifica rilasciata o di elementi di essa, in termini di Unità di apprendimento, al termine del percorso formativo. L’accordo di apprendimento (Learning agreement) stabilisce l’impegno dell’istituzione che invia l’allievo in mobilità a riconoscere e convalidare, all’interno del percorso di qualifica, i risultati di apprendimento conseguiti presso l’istituzione ospitante. 86 C ONSIGLIO E UROPEO , Raccomandazione del Consiglio del 20 dicembre 2012 sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (2012/C 398/01). 102 • ottenere una convalida delle conoscenze, abilità e competenze acquisite mediante l’apprendimento non formale e informale; • ottenere una qualifica completa o parziale, sulla base della convalida di esperienze di apprendimento non formale e informale; • includere i seguenti elementi nelle modalità per la convalida dell’apprendimento non formale e informale: a. L’individuazione dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l’apprendimento non formale e informale; b. La documentazione dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l’apprendimento non formale e informale; c. La valutazione dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l’apprendimento non formale e informale; d. La certificazione della valutazione dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l’apprendimento non formale e informale sotto forma di qualifica o di crediti che contribuiscono all’ottenimento di una qualifica o, se del caso, in un’altra forma. Pertanto la Raccomandazione, oltre a richiedere agli Stati membri di definire un sistema di riconoscimento delle competenze acquisite, suggerisce anche un percorso metodologico, che si fonda sui momenti successivi della individuazione, della documentazione, della valutazione ed infine della certificazione dei risultati. Inoltre ricorda alcuni principi importanti per assicurare la coerenza ed il buon funzionamento del sistema: Principi per assicurare la coerenza ed il buon funzionamento del sistema di validazione a) collegare le modalità di convalida ai quadri nazionali delle qualifiche ed in linea con il quadro europeo delle qualifiche; b) rendere accessibili le informazioni sui benefici e sulle opportunità della convalida; c) privilegiare i gruppi svantaggiati, tra cui i disoccupati e le persone a rischio di disoccupazione, in quanto la convalida può migliorare la loro partecipazione all’apprendimento permanente e il loro accesso al mercato del lavoro; d) offrire ai disoccupati o alle persone a rischio di disoccupazione l’opportunità di ottenere un bilancio di competenze entro un periodo di tempo ragionevole; e) accompagnare la convalida dell’apprendimento non formale e informale con attività di orientamento e consulenza; f) applicare misure trasparenti di garanzia della qualità in linea con il quadro di garanzia della qualità; g) sviluppare le competenze professionali del personale coinvolto nel processo di convalida; h) rilasciare qualifiche o parti di qualifica conformi agli standard concordati, uguali o equivalenti agli standard delle qualifiche ottenute mediante programmi di istruzione formale; i) promuovere l’uso degli strumenti di trasparenza dell’Unione, quali il quadro 103 Nel 2016 il CEDEFOP ha effettuato una verifica dello stato di implementazione della Raccomandazione europea 87 , ed ha sintetizzato i principali risultati: L’implementazione della Raccomandazione europea sulla convalida delle competenze acquisite Europass e lo Youthpass, per facilitare la documentazione dei risultati di apprendimento; j) creare sinergie tra i regimi di convalida e i sistemi di crediti applicabili nei sistemi formali di Istruzione e Formazione Professionale, quali ECTS e ECVET. 87 C EDEFOP , European Inventory on Validation: 2016 Update. 88 C EDEFOP (2016), Linee guida europee per la convalida dell’apprendimento non formale e informale . Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni. Cedefop reference series; No 104. http://dx.doi.org/ 10.2801/280994. Accordi per la convalida Esiti e risultati della convalida Utilizzatori della convalida Adozione della convalida Fasi della convalida Coordinamento Strumenti usati per la validazione Fonte: C EDEFOP , European Inventory on Validation: 2016 Update Lo stesso CEDEFOP, nel 2016, ha predisposto Linee guida europee per la convalida dell’apprendimento non formale e informale 88 . Le Linee guida, definite sulla base della Raccomandazione del 2012, sono uno strumento essenzialmente operativo e chiariscono le condizioni necessarie per lo sviluppo e l’implementazione di funzionali modalità per la convalida. Accordi per la convalida sono in atto in 35 dei 36 Paesi esaminati (in almeno un sottosettore). La convalida è utilizzata principalmente per il riconoscimento di elementi di una qualifica, soprattutto in combinazione con crediti, o per acquisire esenzioni o per l’accesso a programmi educativi. Le possibilità di convalida delle competenze sono disponibili per i disoccupati sottoqualificati, ma un ulteriore passo in avanti è necessario per garantirne l’effettivo utilizzo da parte dei gruppi svantaggiati. I dati sull’adozione della convalida sono limitati. Laddove esistono mostrano una tendenza alla crescita. Le quattro fasi sono interconnesse, come delineato nel 2012 dalla Raccomandazione del Consiglio. Tutte le quattro fasi sono utilizzate in tutti i settori, ma in diverse combinazioni. Ultimamente è stata posta una maggiore attenzione ad assicurare il coordinamento tra le istituzioni responsabili per la validazione. I metodi comunemente utilizzati per la validazione sono il portfolio, una combinazione di strumenti, test ed esami. Si potrebbe fare di più nella standardizzazione degli strumenti e nell’uso delle TIC. 104 Linee guida CEDEFOP per la convalida dell’apprendimento non formale e informale È necessario disporre di: 1. informazioni imparziali e complete, orientamento e consulenza per tutta la durata del processo di convalida; 2. un coordinamento degli attori rilevanti ai diversi livelli nei differenti ruoli; 3. un collegamento alle modalità per la convalida ai quadri e ai sistemi delle qualifiche nazionali; 4. un riferimento a standard basati su risultati dell’apprendimento simili e/o equivalenti a quelli usati per l’istruzione e la formazione formale; 5. meccanismi di garanzia della qualità; 6. personale qualificato. Le linee guida contengono inoltre domande-chiave ed un’ampia panoramica degli strumenti di convalida che si possono utilizzare: a) Strumenti di raccolta delle evidenze: • Prove ed esami • Metodologie di dialogo o basate sul colloquio • Metodologie dichiarative • Osservazioni • Simulazioni • Evidenze estratte dal lavoro o altra esperienza pratica b) Strumenti di presentazione delle evidenze • CV e dichiarazione individuale delle proprie competenze • Relazioni di terzi • Portfolio 105 7.1 Uno strumento per favorire un armonioso sviluppo economico e sociale degli Stati membri Il Fondo Sociale Europeo (FSE) è uno dei cinque Fondi strutturali e di inve - stimento europei (ESIF) 89 . I Fondi strutturali sono strumenti finanziari che sostengono la coesione sociale in Europa concentrando i propri contributi sulle regioni meno sviluppate. Il Fondo Sociale Europeo era stato previsto e regolamentato dallo stesso trattato istitutivo della Comunità Economica Europea e venne attivato sin dai primi anni della sua nascita, per assicurare in modo armonioso lo sviluppo economico e sociale dei diversi Paesi aderenti. Esso nacque con lo scopo di migliorare le possibilità occupazionali dei lavoratori all’interno del mercato comune, contribuendo in tal modo alla crescita del loro tenore di vita, attraverso la promozione della mobilità geografica e professionale e di nuove opportunità di lavoro. In particolare il Fondo Sociale Europeo intendeva essere uno strumento di sostegno ad aree o situazioni di crisi o in ritardo di sviluppo, con particolare riferimento alle regioni meridionali italiane, che più delle altre rischiavano di subire il contraccolpo dell’allargamento del mercato comune. Successivamente l’aggravamento continuo della situazione occupazionale e in particolare di quella giovanile spinsero ad adottare nuove norme riguardanti i compiti del FSE, attribuendo carattere prioritario alle misure a favore dei giovani e delle zone afflitte da lungo tempo da un elevato tasso di disoccupazione. Le modifiche introdotte rappresentarono un importante evoluzione per il Fondo, che veniva ad assumere il carattere di strumento delle politiche rivolto in particolare ai giovani di età inferiore ai 25 anni, disoccupati, le cui possibilità di trovare un’occupazione erano particolarmente ridotte per mancanza di formazione o per una formazione inadeguata, ed a persone di età superiore ai 25 anni in situazione di difficoltà (disoccupati o sottoccupati, donne, disabili, migranti, occupati in piccole e medie imprese). Il Fondo Sociale Europeo finanzia interventi nei seguenti campi: • apprendimento e formazione permanente per i lavoratori; • organizzazione del lavoro; • sostegno ai dipendenti nei contesti di ristrutturazione; • servizi all’occupazione; • integrazione delle persone svantaggiate nel mercato del lavoro; 7. Il Fondo Sociale Europeo 89 Fondo europeo di Sviluppo regionale (FESR), Fondo Sociale Europeo (FSE), Fondo di Coesione (FC), Fondo Europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). 106 • riforme dei sistemi di istruzione e formazione; • reti di parti sociali e ONG; • formazione nelle amministrazioni e nei servizi pubblici. Esso è gestito tramite cicli di programmazione di durata settennale. Il livello dei finanziamenti del Fondo varia da una Regione all’altra a seconda della loro ricchezza relativa. Le regioni comunitarie sono suddivise in tre categorie sulla base del loro PIL regionale pro capite raffrontato alla media dell’UE: • le regioni meno sviluppate, con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE, che costituiscono la priorità fondamentale. Nel prossimo periodo di programmazione rientreranno in questo gruppo Campania, Calabria, Sicilia e Puglia; • le regioni di transizione, con un PIL pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media UE-27. Per l’Italia rientreranno in tale categoria di regioni Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna; • le regioni più sviluppate, con un PIL pro capite superiore al 90% della media UE-27. In questo gruppo rientreranno le regioni del Centro nord. Alle regioni appartenenti alla prima categoria e (in parte) alla seconda categoria viene attribuita la parte maggiore dei finanziamenti europei; inoltre la quota di finanziamenti comunitari per i diversi progetti può essere molto più alta. La strategia e il budget del fondo sono negoziati tra gli Stati membri dell’UE, il Parlamento europeo e la Commissione europea. La strategia definisce gli obiettivi dei finanziamenti del Fondo Sociale Europeo, condivisi in parte o totalmente con altri Fondi strutturali. L’attuazione dei fondi FSE è invece responsabilità degli Stati membri e delle regioni dell’UE. La gestione dettagliata dei programmi sostenuti dal Fondo Sociale Europeo rientra nelle responsabilità degli Stati membri a livello nazionale e regionale. Una volta stabilita la strategia e stanziato il budget, viene adottato un approccio condiviso alla programmazione. I programmi operativi di durata settennale sono pianificati dagli Stati membri e dalle loro regioni congiuntamente alla Commissione europea e descrivono i campi di attività, geografici o tematici, che riceveranno i finanziamenti. Per ciascun programma essi nominano un’autorità di gestione (a livello nazionale, regionale o altro tipo di livello) che ha il compito di informare i potenziali beneficiari, selezionare i progetti e monitorarne l’attuazione in generale. Sono inoltre nominate delle autorità di certificazione e di audit per monitorare e assicurare la conformità delle spese al regolamento sul Fondo Sociale Europeo. L’attuazione pratica del Fondo Sociale Europeo è realizzata tramite progetti presentati e condotti da un ampio ventaglio di organizzazioni pubbliche e private: enti locali, regionali e nazionali, istituti di istruzione e formazione, parti sociali e singole aziende. I beneficiari dei progetti FSE sono vari: singoli lavoratori, gruppi di persone, settori industriali, sindacati, pubbliche amministrazioni o aziende. Le fasce sociali 107 vulnerabili che incontrano particolari difficoltà nel trovare o mantenere il proprio posto di lavoro, come i disoccupati di lunga durata e le donne, sono tra i principali destinatari. 7.2 La programmazione 2014-2020 Le maggiori novità per il nuovo periodo riguardano alcune importanti modificazioni alla programmazione e gestione dei Fondi strutturali (FSE, FEASR, FESR, ecc.) mediante: • il principio della complementarietà dei fondi e l’istituzione di un quadro strategico comune, per definire le priorità d’investimento e concentrare l’intervento su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi agli obiettivi della strategia Europa 2020; • la conclusione di un contratto di partenariato tra la Commissione e ciascuno Stato membro, recante l’impegno dei contraenti a livello nazionale e regionale ad utilizzare i fondi stanziati per dare attuazione alla strategia Europa 2020, nonché un quadro di riferimento dei risultati con il quale valutare i progressi in relazione agli impegni; • lo stretto collegamento con i programmi nazionali di riforma e i programmi nazionali di stabilità e convergenza elaborati dagli Stati membri e con le rac - comandazioni specifiche per ciascun paese adottate dal Consiglio sulla base dei medesimi programmi. Dal 2014, il peso finanziario del Fondo Sociale Europeo aumenta: per il periodo 2014-2020 il budget ammonta a circa 80 miliardi di euro, vale a dire oltre 10 miliardi di euro all’anno. Tale importo sarà integrato da una serie di co-finanziamenti pubblici e privati a livello nazionale pari a circa 50 miliardi di euro, il che porta l’ammontare complessivo a disposizione a circa 120 miliardi di euro. In particolare per l’Italia sono stati stanziati quasi 10,5 miliardi di euro. Il Regolamento CE 1304/13 prevede il raggiungimento di quattro obiettivi tematici: • Promuovere l’occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori (4.086 milioni di euro di assegnazione finanziaria per l’Italia); il Fondo Sociale Europeo col - laborerà con organizzazioni di tutta l’UE per avviare progetti mirati a formare i cittadini e ad aiutarli a trovare un’occupazione. Troveranno sostegno anche le iniziative tese a sostenere gli imprenditori tramite fondi di avviamento e le aziende che devono affrontare una riorganizzazione o la mancanza di lavoratori qualificati. Aiutare i giovani a entrare nel mercato del lavoro costituirà una priorità assoluta del Fondo Sociale Europeo in tutti gli Stati membri. • Promuovere l’inclusione sociale e lottare contro la povertà (2.269 milioni di euro di assegnazione finanziaria per l’Italia); le persone in difficoltà e chi appartiene 108 a gruppi svantaggiati riceveranno maggiore sostegno affinché possano meglio integrarsi nella società. • Investire in istruzione, competenze e apprendimento permanente (3.156 milioni di euro di assegnazione finanziaria per l’Italia); il Fondo Sociale Europeo finanzierà iniziative volte a migliorare l’istruzione e la formazione e ad assicurare che i giovani completino il loro percorso formativo e ottengano competenze in grado di renderli più competitivi sul mercato del lavoro. Tra le priorità troviamo anche la riduzione del tasso di abbandono scolastico e il miglioramento delle opportunità di istruzione professionale e universitaria. • Migliorare la capacità istituzionale e un’efficiente amministrazione pubblica (593,80 milioni di euro di assegnazione finanziaria per l’Italia). Il Fondo Sociale Europeo asseconderà gli sforzi profusi dagli Stati membri per il miglioramento della qualità della governance e dell’amministrazione pubblica e sosterrà le loro riforme strutturali dotandoli delle capacità amministrative e istituzionali necessarie. I finanziamenti dovranno essere maggiormente concentrati per ottenere migliori risultati: indirizzando i propri interventi su un numero limitato di priorità, il Fondo Sociale Europeo intende garantire una massa critica di finanziamenti abbastanza elevata da avere un impatto reale sulle principali sfide affrontate dagli Stati membri. La Programmazione 2014-2020 è attuata attraverso i programmi operativi. Ciascun programma copre il periodo compreso fra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020 ed è elaborato dagli Stati membri. Per quanto riguarda l’Istruzione e la Formazione, ai finanziamenti stanziati dal Fondo Sociale Europeo si possono dunque aggiungere, in omaggio al principio di complementarietà tra i diversi fondi (FSE, FEASR, FESR, ecc.) le risorse degli altri Fondi strutturali, primo tra tutti il FESR - Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, che finanzia interventi infrastrutturali e tecnologici, anche nel settore dell’istruzione. 7.3 Le risorse disponibili per l’Italia ed i programmi operativi nazionali e regionali Sulle base delle linee strategiche e programmatiche contenute nell’Accordo di partenariato sono stati definiti i Programmi Operativi Nazionali (PON) ed il finanziamento dei Programmi Operativi Regionali (POR). Il prospetto seguente presenta i principali PON che godono di finanziamento del Fondo Sociale Europeo; a questi finanziamenti si integrano quelle del FESR per quanto riguarda le dotazioni strutturali: 109 In ogni Programma Operativo si definisce una strategia da attuare in conformità con quanto previsto dalla strategia dell’Unione, con le norme specifiche di ciascun fondo e con i contenuti dell’Accordo di partenariato, attraverso modalità volte a garantire l’attuazione efficace, efficiente e coordinata dei fondi. Si definiscono, inoltre, le priorità egli obiettivi specifici oltre che le dotazioni finanziarie. Ad esempio per il PON scuola (Per la scuola – competenze e ambienti per l’apprendimento), è disponibile per la programmazione 2014-2020 un budget complessivo di poco più di 3 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi circa stanziati dal Fondo Sociale Europeo per la formazione di alunni, docenti e adulti ed 800 milioni dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale per laboratori, attrezzature digitali per la scuola e per interventi di edilizia. Il PON scuola si divide in quattro Assi: • ASSE I - Istruzione (1.974.483.000 euro, finanziato dal FSE) • ASSE II - Infrastrutture per l’istruzione (860.863.000 euro, finanziato dal FESR) • ASSE III - Capacità istituzionale e amministrativa (70.726.000 euro, finanziato dal FSE) • ASSE IV - Assistenza Tecnica (113.228.000 euro, finanziato dal FSE) La distribuzione di questi fondi privilegia le Regioni meno sviluppate, come emerge dal grafico seguente: Risorse disponibili (FSE) 1.180.744.376 1.154.692.048 827.150.000 567.511.248 328.669.463 Nome del Programma Sistemi di politiche attive per l’occupazione Scuola Inclusione Iniziativa occupazione giovani Governance e capacità istituzionale 110 All’interno dell’Asse 1 (Istruzione) il PON scuola si prefigge di sostenere interventi per raggiungere i seguenti obiettivi: • Riduzione del fallimento formativo precoce e della dispersione scolastica e formativa. • Miglioramento delle competenze chiave degli allievi. • Miglioramento delle capacità di auto-diagnosi, auto-valutazione e valutazione delle scuole e di innovazione della didattica. • Innalzamento del livello di istruzione della popolazione adulta, con particolare riguardo alle fasce di istruzione meno elevate. • Qualificazione dell’offerta di istruzione e formazione tecnica e professionale. • Diffusione della società della conoscenza nel mondo della scuola e della formazione e adozione di approcci didattici innovativi. Nel 2017 il Ministero dell’Istruzione, utilizzando i fondi del PON, ha lanciato un avviso quadro per un Piano articolato nelle 10 azioni descritte nel prospetto seguente: Fig.7.1 - Distribuzione territoriale dei fondi del PON scuola Fonte: PON scuola, sintesi pubblica, anno 2014-2015, allegato alla RAA. 111 Le 10 azioni dell’avviso quadro del MIUR Competenze di base Gli interventi puntano a rafforzare le competenze di base delle studentesse e degli studenti per compensare gli svantaggi culturali, economici e sociali e ridurre il fenomeno della dispersione scolastica. È previsto il potenziamento delle competenze in lingua madre, lingue straniere, scienze, matematica grazie a modalità didattiche innovative. Competenze di cittadinanza globale Educazione all’alimentazione e al cibo; benessere, corretti stili di vita, educazione motoria e sport; educazione ambientale; cittadinanza economica; rispetto delle diversità e cittadinanza attiva. Saranno fra i temi al centro del bando che punta a formare cittadini consapevoli e responsabili in una società moderna, connessa e interdipendente. Cittadinanza europea Approfondimento della cultura, dei valori e dei percorsi europei, anche attraverso esperienze all’estero saranno al centro di questo Avviso. Particolare attenzione sarà data a: conoscenza della storia, della cultura, dei valori, delle istituzioni, delle sfide e delle prospettive europee; conoscenza e approfondimento del - l’evoluzione dell’identità europea. Patrimonio culturale, artistico e paesaggistico L’obiettivo formativo è sensibilizzare le studentesse e gli studenti alla tutela del patrimonio e trasmettere loro il valore che ha per la comunità, a valorizzarne al meglio la dimensione di bene comune e il potenziale che può generare per lo sviluppo sostenibile del Paese. Cittadinanza e creatività digitale Formare le studentesse e gli studenti ad un uso consapevole della Rete. Attivare percorsi per valorizzare la creatività digitale. Sono gli obiettivi di questo Avviso. L’azione è mirata, fra l’altro, al sostegno di percorsi per lo sviluppo del pensiero logico e computazionale. Integrazione e accoglienza Conoscenza del fenomeno migratorio, sviluppo di approcci relazionali e interculturali, offerta di spazi e momenti di socializzazione e scambio saranno al centro dell’Avviso. Le sfide della società moderna pongono, infatti, alla scuola una responsabilità educativa rispetto alla costruzione di un modello che sappia valorizzare le differenze, promuovere l’integrazione, il dialogo interreligioso e interculturale, al fine di costruire una maggiore coesione sociale. Educazione all’imprenditorialità L’Avviso ha l’obiettivo di fornire alle studentesse e agli studenti percorsi di educa - zione all’imprenditorialità e all’autoimpiego, con attenzione a tutte le dimensioni dell’imprenditorialità: quella classica, quella a finalità sociale, quella cooperativa e di comunità. Nello specifico, le azioni saranno orientate a sviluppare l’autonomia e l’intraprendenza degli studenti, la capacità di risolvere problemi, di lavorare in squadra e di sviluppare il pensiero critico, l’adattabilità, la perseveranza e la resilienza. Orientamento L’azione prevede interventi rivolti alle studentesse e agli studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie di I grado e degli ultimi tre anni delle scuole secondarie di II grado. L’obiettivo formativo è rafforzare le competenze a sostegno 112 Il Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani”, gestito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, intende affrontare l’emergenza del l’inattività e della disoccupazione giovanile; destinatari degli interventi del Piano sono giovani NEET (not in employment, not in education, not in training), di età compresa tra i 15 e i 24 anni, con estensione della fascia di età fino ai 29 anni per alcune misure. Il PON Iniziativa Occupazione Giovani ha una dotazione finanziaria totale pari a 1.5 milioni di euro; di seguito si riportano alcune azioni che sono implementate con il PON: • Accoglienza, presa in carico e orientamento dei giovani in cerca di occupazione, anche nell’ambito del Programma Garanzia Giovani. • Formazione finalizzata a fornire le conoscenze e le competenze necessarie a facilitare l’inserimento lavorativo e reinserimento di giovani 15-18enni in percorsi formativi (Istruzione e Formazione Professionale). • Accompagnamento al lavoro, attraverso l’esplorazione delle opportunità, tutoring e matching rispetto alle caratteristiche e alle propensioni del giovane. • Apprendistato: per la qualifica e il diploma professionale; professionalizzante o contratto di mestiere; per l’alta formazione e la ricerca (rilascio di lauree, master, dottorati di ricerca, diplomi ITS, certificato di specializzazione IFTS). • Tirocinio extra-curriculare, anche in mobilità geografica, finalizzato ad agevolare le scelte professionali e l’occupabilità dei giovani nel percorso di transizione tra scuola e lavoro. • Servizio civile, finalizzato a fornire ai giovani fino a 28 anni una serie di conoscenze sui settori d’intervento del servizio civile nazionale e regionale e competenze trasversali. • Sostegno all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità per giovani fino a 29 anni, tramite formazione e assistenza per la stesura del business plan, accompagnadella capacità di scelta e gestione dei propri percorsi formativi e di vita, sin dalla prima adolescenza, soprattutto nelle fasi di transizione tra i diversi gradi di istruzione. Alternanza Scuola-Lavoro L’alternanza scuola-lavoro rappresenta un grande investimento per le competen ze dei giovani italiani e una priorità su cui lavorare per completare il loro patrimo nio formativo attraverso esperienze integrative. L’azione prevede la costruzione di reti locali per un’alternanza di qualità, incentivi alla mobilità delle studentesse e degli studenti. Formazione per adulti Un sistema educativo di qualità garantisce opportunità di accesso a tutti i livelli e per tutti gli utenti. Un adeguato livello di istruzione degli adulti rappresenta, pertanto, un importante elemento per la realizzazione di società più inclusive, basate sulla conoscenza e che permettono maggiori opportunità di realizzazione ai loro cittadini. Con l’Avviso si vogliono promuovere progetti in rete per innalzare il livello di formazione degli adulti in un’ottica di apprendimento permanente. 113 mento all’accesso al credito, servizi di sostegno alla costituzione di impresa, supporto allo start-up. • Mobilità professionale transnazionale e territoriale, all’interno del territorio nazionale o in Paesi UE. • Bonus occupazionale: promozione dell’inserimento occupazionale dei giovani tramite erogazione di incentivi alle aziende. Il Programma Operativo Nazionale “Sistemi di Politiche attive per l’occupazione”, sempre gestito dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attua prevalentemente interventi di sistema. Nello specifico, gli interventi si incentrano sui seguenti ambiti e azioni: a) Promuovere un’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori: • sperimentazione di politiche attive, ovvero di interventi diretti e relative azioni di sistema e di assistenza tecnica/animazione territoriale; • miglioramento dell’efficacia e della qualità dei servizi per il lavoro attraverso la cooperazione interistituzionale per l’implementazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) dei servizi per l’impiego; • azione di sistema per la permanenza/ricollocazione dei lavoratori colpiti da crisi plurilocalizzate; • azioni di sistema riconducibili in generale alle osservazioni e analisi sull’oc - cupabilità. b) Investire nell’istruzione, nella formazione e nella Formazione Professionale per le competenze e l’apprendimento permanente: • sistematizzazione degli interventi per l’apprendimento permanente necessari e a supporto, tra gli altri, degli accordi in materia di standard formativi, professionali e di certificazione delle competenze; • decollo/efficacia dell’alternanza scuola-formazione e lavoro attraverso azioni di regolazione ed assistenza alle Regioni; • anticipazione dei fabbisogni formativi e professionali ed innalzamento delle competenze. c) Capacità istituzionale • realizzazione di interventi per la costruzione del sistema informativo integrato lavoro-formazione, politiche attive e passive del lavoro; • interventi per il rafforzamento delle capacità degli attori nel sistema delle po - litiche attive per l’occupazione, per la predisposizione degli strumenti di monitoraggio e valutazione, funzionali alle suddette politiche, nonché per la divulgazione e promozione dei principali dispositivi sulle stesse politiche. Il PON “Sistemi di politiche attive per l’occupazione” è totalmente finanziato dal Fondo Sociale Europeo (FSE). La dotazione finanziaria pari a 2,177 miliardi di euro, di cui 1,181 rappresenta il sostegno dell’Unione Europea e la parte restante costituisce il cofinanziamento nazionale. La maggioranza delle risorse (84%) saranno 114 Regione Abruzzo Basilicata Calabria Campania Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio Liguria Lombardia Marche Molise Bolzano Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria Valle d’Aosta Veneto TOTALE Risorse disponibili 71.251.575 144.812.084 254.339.876 627.882.260 393.125.091 138.213.907 451.267.357 177.272.384 485.237.258 143.989.809 23.853.230 68.310.599 54.989.992 436.145.000 772.409.449 221.253.335 615.072.321 366.481.608 118.764.401 27.786.275 382.015.911 5.974.473.722 I temi della strategia regionale sono sviluppati all’interno di una struttura di programma che comprende cinque Assi prioritari, sviluppati sulla base delle priorità indicate dal Fondo Sociale Europeo. • Asse A - Occupazione • Asse B - Inclusione sociale e lotta alla povertà • Asse C - Istruzione e formazione • Asse D - Capacità istituzionale e amministrativa • Asse E - Assistenza tecnica finalizzate al rafforzamento delle misure previste nella “Garanzia Giovani”, al potenziamento dei servizi per l’impiego, a combattere la disoccupazione di lunga durata e al miglioramento dell’accesso al lavoro delle donne, dei disoccupati di lunga durata e degli immigrati. Nella tabella seguente si riportano invece le risorse attribuite a ciascuna Regione dal Fondo Sociale Europeo per l’attuazione dei POR, Programmi Operativi Regionali. Tab. 7.1 Risorse attribuite alle Regioni per l’attuazione dei POR-FSE 115 Alle risorse del Fondo sociale si aggiungono, come si è detto in precedenza, quelle previste dagli altri fondi comunitari, in particolare dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) per quanto riguarda gli interventi strutturali, e dal FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale). 117 Il processo di riflessione e di confronto internazionale sui fabbisogni formativi e sulle necessità di innovazione dei sistemi educativi ha dato un impulso ai processi di riforma della scuola dei Paesi europei. Non si può affermare che i tempi ed i modi delle riforme nazionali siano stati dettati da Bruxelles, tuttavia è innegabile che il crescente confronto internazionale in sede di Unione Europea e gli input che sono provenuti dalle analisi condotte in sede OCSE 90 hanno accresciuto la sensibilità dei diversi Paesi verso l’adeguamento dei propri sistemi di istruzione e formazione in modo da rispondere alle sfide che vengono evidenziate nelle varie sedi. Esaminando i maggiori processi di riforma dei sistemi di istruzione e formazione che sono stati attuati durategli ultimi anni si possono osservare due diversi approcci di politica formativa. Il primo approccio, più tradizionale, è sostanzialmente centrato sulla modifica della regolazione del sistema formativo, che viene prodotta reindirizzando o riqualificando le risorse destinate al sistema (insegnanti, scuole) oppure introducendo nuovi processi, o correggendo quelli esistenti. Il secondo approccio, che si è sviluppato in Europa a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso, è focalizzato sul controllo dei risultati e viene definito output driven (o evidence based) approach91 . Questi due approcci differiscono tra loro, ma non sono vicendevolmente esclusivi, dal momento che le strategie che motivano il secondo approccio non negano l’importanza di innovare i processi, ma si basano sul principio che solo una forte attenzione ai risultati raggiunti incoraggi le scuole a migliorare i processi. 8.1 Le politiche centrate sull’innovazione di processo Il principio sottostante alle politiche centrate sull’innovazione di processo è che per migliorare la scuola è necessario modificarne la struttura, in base alle necessità che emergono dall’analisi del suo funzionamento e dalle richieste degli stakeholders (famiglie, dirigenti, docenti, opinione pubblica). Le politiche che vengono messe in atto, e che possono essere ricondotte a questa categoria, sono molteplici; in particolare si possono ricordare: 8. L’evoluzione dei sistemi educativi europei nel quadro delle sfide di Lisbona 90 Basti pensare all’impatto che producono sull’opinione pubblica internazionale i rapporti dell’OCSE sugli indicatori e sugli apprendimenti degli studenti. 91 A LLULLI G. (2011), Le politiche scolastiche e l’Output Driven Approach, in: Scuola Democratica, n.3, Guerini e associati, Roma. 118 • l’estensione della durata dell’obbligo scolastico (e della Formazione Professionale di base), • la riforma del curriculum scolastico, • l’assegnazione di nuove risorse (specialmente per le aree a rischio) o la riallocazione di quelle esistenti, • la riforma del reclutamento, della formazione e della carriera dei docenti. Esaminiamo che cosa è stato fatto negli ultimi anni in Europa riguardo a questa tipologia di intervento 8.1.1 L’estensione della durata dell’istruzione obbligatoria I risultati delle indagini nazionali ed internazionali, come la rilevazione OCSEPISA, mostrano che una canalizzazione precoce degli alunni (sotto i 14 anni di età) danneggia l’eguaglianza di opportunità senza migliorare le prestazioni degli alunni. Inoltre, i criteri di selezione degli studenti sono spesso condizionati da fattori sociali e non dal rendimento. Pertanto, allo scopo di assicurare a tutti gli studenti un percorso scolastico di base adeguato a fornire le conoscenze e le competenze necessarie per un consapevole proseguimento del percorso scolastico e formativo, oppure per l’inserimento nel mondo del lavoro e nella società civile, la maggioranza dei Paesi europei ha innalzato la durata della scuola obbligatoria all’età di 16 anni; l’Ungheria fino a 18 anni, con frequenza a tempo pieno. Un numero crescente di Paesi sta adottando un modello misto per il prolungamento dell’obbligo, integrando la frequenza scolastica a tempo parziale con diverse forme di esperienza di lavoro; tra questi la Germania, il Belgio, l’Olanda e l’Italia, che prevedono una frequenza obbligatoria fino a 18 anni, ma con modalità a tempo parziale (alternando scuola e lavoro). Il Regno Unito sta considerando questa possibilità. Altri Paesi hanno abbassato l’età di inizio della scuola od hanno reso obbligatoria la frequenza della scuola pre-elementare. Tuttavia è emerso come l’obbligo di frequentare percorsi troppo generalisti e prolungati demotivi gli studenti meno propensi agli studi accademici, favorendo l’abbandono. Pertanto alcuni Paesi, ed in particolare Francia, Spagna e Regno Unito, dopo aver prolungato l’istruzione obbligatoria a tempo pieno fino al sedicesimo anno di età, hanno dovuto predisporre nuovi percorsi formativi od introdurre un curriculum più flessibile per offrire agli studenti opzioni più vicine ai loro interessi e prevenire così l’abbandono scolastico; sono state anche introdotte nuove discipline, più collegate con il mondo “reale”, allo scopo di accrescere la motivazione degli studenti, specialmente di quelli meno accademici. Anche l’Italia, nell’estendere il periodo di istruzione obbligatoria fino al sedicesimo anno di età, ha dato agli studenti la possibilità di scegliere tra diversi percorsi, compresa l’Istruzione e Formazione Professionale, negli ultimi due anni dell’istruzione obbligatoria. Invece nei Paesi di lingua tedesca la canalizzazione tra tipologie di scuole rivolte agli studi “accademici” oppure professionalizzanti comincia sempre ad 11 anni. 119 Come conseguenza di queste politiche un maggior numero di giovani consegue il diploma di scuola secondaria: secondo le rilevazioni della Commissione europea la percentuale di giovani che consegue il diploma è salita dal 76,1% del 2000 al 78,5% del 2008, anche se la maggioranza dei Paesi Europei rimane sotto l’obiettivo di Lisbona (85%). Finlandia, Svezia, Irlanda, Cipro ed alcuni Paesi dell’Est (Polonia, Repubblica Ceca, Lituania, Slovacchia, Slovenia) hanno già raggiunto il Benchmark europeo, mentre Malta, Spagna e Portogallo sono sotto il 70%. Italia, Bulgaria, Lituania, Malta e Portogallo hanno realizzato i maggiori progressi dal 2000. Durante lo stesso periodo si è registrato un significativo miglioramento anche per quanto riguarda il tasso di abbandono medio europeo, che è sceso dal 17,6% al 10,7%. 8.1.2 La riforma del curriculum La riforma del curriculum è un altro obiettivo che molti governi europei si pongono per migliorare il sistema educativo. Innanzitutto, sulla base del dibattito sviluppatosi in ambito internazionale e facendo riferimento alla Raccomandazione europea che è stata emanata alla fine del 2006 su questa tematica (v. par. 4.2) molti Paesi hanno riconosciuto l’importanza per gli alunni di acquisire alcune competenze fondamentali utili per la cittadinanza attiva, la coesione sociale e l’occupabilità entro il termine fine dell’istruzione e della formazione obbligatoria, indipendentemente dal tipo di percorso scolastico seguito. In particolare, alcuni Paesi europei (Francia, Spagna, Italia, Regno Unito, Svezia) hanno riformato i curricoli scolastici della scuola obbligatoria tenendo conto delle otto competenze chiave europee, introducendo tra gli obiettivi da raggiungere l’acquisizione delle competenze di base di cittadinanza. Un significativo esempio che viene spesso preso come riferimento di questo movi mento europeo è lo “Zoccolo comune” di conoscenze e competenze, che è stato introdotto nella scuola francese nel 2006. Tab. 8.1 Età terminale dell’istruzione obbligatoria Numero di Paesi 1 1 18 12 Età 18 17 16 15 120 In Italia, per definire le linee guida dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione, il Ministero della Pubblica Istruzione ha istituito una Commissione che ha prodotto un documento intitolato Indicazioni sulle modalità dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione 92 . La Commissione ha lavorato nel solco della Raccomandazione Europea sulle competenze di cittadinanza, caratterizzate da componenti di carattere sia culturale che trasversale, ed ha messo in evidenza le prime come assi culturali strategici, le seconde come competenze trasversali. In particolare la Commissione ha definito: • quattro assi culturali strategici: l’asse dei linguaggi; l’asse matematico; l’asse scientifico-tecnologico; l’asse storico-sociale; Lo “Zoccolo comune” di conoscenze e competenze (Francia) L’introduzione dello Zoccolo comune è stata prevista dall’articolo 9 della Legge Fillon di riforma della scuola del 23 aprile 2005, che afferma che «...la scolarità obbligatoria deve garantire a ogni allievo l’acquisizione di uno zoccolo comune costituito da un insieme di conoscenze e competenze indispensabili per completare con successo la propria scolarità, per proseguire nella formazione, per costruire il proprio avvenire personale e professionale e inserirsi attivamente nella vita sociale». Lo zoccolo si riferisce dunque alla scolarità obbligatoria, con l’ambizione di essere la base necessaria e indispensabile per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. L’insegnamento obbligatorio non si riduce, comunque, allo zoccolo comune, nonostante ne costituisca il fondamento. Lo zoccolo non si sostituisce ai programmi della scuola primaria e del collège, e non ne è neppure un condensato. La sua specificità risiede nella volontà di dare senso alla cultura scolastica, assumendo il punto di vista dell’allievo e costruendo ponti tra le discipline e i programmi. Lo zoccolo definisce ciò che nessuno può ignorare alla fine della scolarità obbligatoria pena la sua marginalizzazione. La scuola deve offrire tutti i mezzi perché ogni allievo sviluppi tutte le sue facoltà. Padroneggiare lo zoccolo comune significa essere capaci di utilizzare ciò che si è appreso in compiti e situazioni complesse, prima nella scuola poi nella vita; significa anche possedere i mezzi per continuare a formarsi per tutta la vita e riuscire a inserirsi attivamente nella società. Lo zoccolo comune si acquisisce progressivamente, dalla scuola dell’infanzia alla fine della scolarità obbligatoria. Ogni competenza richiede il contributo di più discipline, e per converso, ciascuna disciplina contribuisce alla acquisizione di più competenze. Tutte le discipline insegnate nella scuola elementare e nel collège (la scuola media francese), compresa l’educazione fisica e sportiva, le arti plastiche e l’educazione musicale, hanno quindi un ruolo nell’acquisizione dello zoccolo. 92 Commissione con il compito di approfondire la tematica relativa all’istruzione obbligatoria ed elaborare le possibili modalità tese all’obiettivo dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione Indicazioni sulle modalità dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione 3 marzo 2007. 121 • otto competenze trasversali: imparare ad imparare; progettare; comunicare; collaborare e partecipare; risolvere problemi; agire in modo autonomo e responsabile; individuare collegamenti e relazioni; acquisire ed interpretare l’informazione. Sulla base della proposta della commissione il Ministero della Pubblica Istruzione ha emanato il Regolamento che disciplina l’elevamento dell’obbligo di istruzione 93 . 93 MIUR, Decreto 22 agosto 2007, n. 139 “Regolamento recante norme in materia di adempiento dell’obbligo di istruzione, ai sensi dell’articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”, G.U. n. 202 del 31.08.2007. Competenze trasversali per l’obbligo di istruzione (a) • Imparare ad imparare: organizzare il proprio apprendimento, individuando, scegliendo ed utilizzando varie fonti e varie modalità di informazione e di formazione (formale, non formale ed informale), anche in funzione dei tempi disponibili, delle proprie strategie e del proprio metodo di studio e di lavoro. • Progettare: elaborare e realizzare progetti riguardanti lo sviluppo delle proprie attività di studio e di lavoro, utilizzando le conoscenze apprese per stabilire obiettivi significativi e realistici e le relative priorità, valutando i vincoli e le possibilità esistenti, definendo strategie di azione e verificando i risultati raggiunti. • Comunicare: º comprendere messaggi di genere diverso (quotidiano, letterario, tecnico, scientifico) e di complessità diversa, trasmessi utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico, scientifico, simbolico, ecc.) mediante diversi supporti (cartacei, informatici e multimediali); º rappresentare eventi, fenomeni, principi, concetti, norme, procedure, atteggiamenti, stati d’animo, emozioni, ecc. utilizzando linguaggi diversi (verbale, matematico, scientifico, simbolico, ecc.) e diverse conoscenze disciplinari, mediante diversi supporti (cartacei, informatici e multimediali). • Collaborare e partecipare: interagire in gruppo, comprendendo i diversi punti di vista, valorizzando le proprie e le altrui capacità, gestendo la conflittualità, contribuendo all’apprendimento comune ed alla realizzazione delle attività collettive, nel riconoscimento dei diritti fondamentali degli altri. • Agire in modo autonomo e responsabile: sapersi inserire in modo attivo e consapevole nella vita sociale e far valere al suo interno i propri diritti e bisogni riconoscendo al contempo quelli altrui, le opportunità comuni, i limiti, le regole, le responsabilità. • Risolvere problemi: affrontare situazioni problematiche costruendo e verificando ipotesi, individuando le fonti e le risorse adeguate, raccogliendo e valutando i dati, proponendo soluzioni utilizzando, secondo il tipo di problema, contenuti e metodi delle diverse discipline. • Individuare collegamenti e relazioni: individuare e rappresentare, elaborando argomentazioni coerenti, collegamenti e relazioni tra fenomeni, eventi e concetti diversi, anche appartenenti a diversi ambiti disciplinari, lontani 122 8.1.3 Assegnare nuove risorse (specialmente per le aree a rischio) Gli insegnanti tendono ad evitare, ove possibile, le scuole situate in aree svantaggiate o più difficili, per cui in queste scuole si trovano ad operare gli insegnanti meno qualificati, che spesso cercano di trasferirsi rapidamente, producendo un continuo turnover. In molti Paesi europei, per migliorare la qualità dell’offerta formativa, sono stati predisposti rafforzamenti dell’offerta scolastica nelle aree che presentano maggiori difficoltà e debolezze sotto l’aspetto sociale e culturale. Si possono ricordare tra l’altro il programma Excellence in Cities, introdotto nel Regno Unito nel 1999 e l’iniziativa delle Zones d’education prioritaires, che sono state introdotte nel sistema educativo francese nel 1982 (v. scheda). Tali misure prevedono anche una retribuzione migliore per gli insegnanti, per incoraggiarli a restare in scuole situate in aree svantaggiate. Tuttavia, è stato osservato che l’impatto dell’incentivo finanziario sulle scelte degli insegnanti è limitato 94 : per essere efficace l’incentivo finanziario dovrebbe essere abbastanza consistente 95 . nello spazio e nel tempo, cogliendone la natura sistemica, individuando analogie e differenze, coerenze ed incoerenze, cause ed effetti e la loro natura probabilistica. • Acquisire ed interpretare l’informazione: acquisire ed interpretare criticamente l’informazione ricevuta nei diversi ambiti ed attraverso diversi strumenti comunicativi, valutandone l’attendibilità e l’utilità, distinguendo fatti e opinioni. (a) Ministero della Pubblica Istruzione Decreto 22 agosto 2007, n. 139 «Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione, ai sensi dell’articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296» da G.U. n. 202 del 31.08.2007 94 B ENABOU R., F. K RAMARZ , C. P ROST (2005) The French zones d’education prioritaires: much ado about nothing? Discussion paper serie No. 5085, Centre for Economic Policy Research. 95 H ANUSHEK E.A., J.F. K AIN and S.G. R IVKIN (1999), Do Higher Salaries Buy Better Teachers?, Working Paper No 7082, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA. Dalle Zones d’éducation prioritaires ai Réseaux d’éducation prioritaires La politica delle Zones d’éducation prioritaires (aree prioritarie – ZEPs) è stata introdotta in Francia nel 1982 per combattere il fallimento scolastico degli studenti svantaggiati. In origine il programma era temporaneo, ma esso è stato confermato ed esteso a molte scuole fino a coinvolgere il 15% degli studenti distribuiti tra 800 aree prioritarie, in gran parte ubicate in aree urbane. Per incoraggiare le scuole a sviluppare progetti e partenariati a livello locale il programma ha fornito risorse addizionali attraverso: • la riduzione delle dimensioni della classe, • l’assegnazione di incentivi economici e giuridici ai docenti, • l’assegnazione di risorse aggiuntive alle scuole, • l’aumento del numero di ore di insegnamento. Il programma ha dovuto affrontare problemi quali: 123 8.1.4 La riforma della carriera dei docenti Secondo l’OCSE 96 è possibile definire due modelli di base che caratterizzano la professione degli insegnanti: il modello “basato sulla carriera” ed il modello “basato sulla posizione”. Nel modello basato sulla carriera, la gestione del personale insegnante viene generalmente organizzata a livello centrale. L’accesso alla professione è basato sui titoli accademici e/o sul superamento di un esame di ammissione al servizio e gli insegnanti sono normalmente assegnati alle diverse scuole sulla base di regole fisse. La progressione di carriera avviene sulla base di criteri predeterminati (spesso tenendo conto dell’anzianità) piuttosto che dei risultati dell’attività svolta. Francia, Italia e Spagna sono esempi di Paesi nei quali si possono rintracciare molti elementi di questo sistema. Nei modelli basati sulla posizione la gestione ed il reclutamento del personale • la difficoltà delle famiglie a far fronte ai bisogni educativi degli alunni, dato il loro basso livello socioculturale, • la necessità di combattere precocemente le disuguaglianze, • la concentrazione di studenti svantaggiati all’interno della stessa classe, • l’abbassamento di aspettative da parte dei docenti, • la rotazione dei docenti e le difficoltà per i nuovi insegnanti da poco assunti. Circa due terzi degli insegnanti nuovi assunti hanno cominciato la loro carriera come supplenti in un posto classificato come “Difficile” od in una zona prioritaria. I risultati del programma sono stati giudicati modesti, in quanto sono peggiorati sia la composizione sociale degli studenti iscritti nelle scuole delle ZEP (il marchio negativo della ZEP ha allontanato gli studenti che potevano iscriversi altrove), sia la qualità dei docenti, in quanto le difficoltà dell’insegnamento nella zona prioritaria hanno provocato la “fuga” dei docenti più esperti. Infine, non si sono registrati significativi miglioramenti dei risultati degli alunni frequentanti le scuole di queste zone. Dall’autunno del 2014 è stata avviata una nuova politica di educazione prioritaria (Réseaux d’éducation prioritaires), basata su una mappa più accurata delle reti scolastiche, che sono composte da un college e dalle scuole della zona che accolgono la stessa tipologia di studenti. Sono state identificate due tipologie di reti: REP+, che si trovano in quartieri isolati con le più alte concentrazioni di difficoltà sociali che hanno un forte impatto sul raggiungimento degli obiettivi scolastici e REP, che si trovano in aree socialmente miste, ma che presentano difficoltà sociali più significative delle scuole all’esterno dell’istruzione prioritaria. Tutte le reti di istruzione prioritaria si basano su un progetto che tiene conto di tutti i fattori che contribuiscono al successo degli studenti e fornisce un quadro strutturato che consente al personale di basarsi su punti di riferimento solidi e affidabili. 96 O ECD (2005), Teachers matter: attracting, developing and retaining effective teachers, Education and Training Policy, Paris. 124 insegnante si svolgono a livello di autorità locale o di singola scuola. Spetta alle scuole o agli enti locali selezionare il candidato più adatto per ogni posizione, mediante reclutamento esterno o promozione interna. Tale modello consente un accesso più flessibile alla professione di insegnante; ad esempio è relativamente comune l’accesso all’insegnamento da parte di candidati più anziani o provenienti da altre carriere, così come è comune la mobilità dall’insegnamento verso altre carriere professionali. La progressione di carriera degli insegnanti è in funzione del successo nella competizione per i posti disponibili, e il numero di posti disponibili di livello più alto è di solito limitato. I sistemi svedese, svizzero e del Regno Unito presentano molte caratteristiche di questo modello. Nei sistemi scolastici nei quali vige il modello basato sulla carriera, le preoccupazioni politiche riguardano la mancanza di incentivazione per gli insegnanti a continuare la loro formazione, una volta ottenuta l’assunzione, e la forte accentuazione posta sui regolamenti che limitano la capacità delle scuole di rispondere alle diverse esigenze locali. Di conseguenza, la priorità nei Paesi con sistemi nei quali vige questo modello è l’introduzione di politiche che permettano di definire rapporti di lavoro più flessibili, consentendo alle autorità educative locali ed ai dirigenti scolastici un più ampio margine decisionale, ed una gestione per obiettivi. Nei Paesi ove vige il modello basato sulla posizione le scuole spesso devono registrare un elevato turnover del personale, soprattutto nelle zone svantaggiate. Dal momento che questo modello consente l’adozione di regole più flessibili per il reclutamento del personale, si determinano spesso più forti disparità tra le scuole in termini di qualificazione ed esperienza degli insegnanti. Le priorità politiche in questi Paesi riguardano la definizione di criteri omogenei a livello di sistema per la selezione dei docenti e la valutazione delle loro prestazioni. Viene prestata anche grande attenzione alla selezione ed alla formazione dei dirigenti degli istituti scolastici. Le scuole che si trovano nelle zone svantaggiate dovrebbero essere dotate di maggiori risorse per consentire loro di competere per reclutare insegnanti di qualità; si avverte inoltre la necessità di aumentare la differenziazione dei salari e delle condizioni di lavoro al fine di attrarre le tipologie di insegnanti meno disponibili a trasferirsi in queste aree. Molti Paesi hanno cercato di innalzare lo status e la qualità dei docenti, sia attraverso una migliore selezione e formazione, sia attraverso un miglioramento della loro condizione e della carriera professionale. Per quanto riguarda la selezione e la formazione dei docenti, le riforme che sono state avviate in questi ultimi anni hanno cercato di introdurre modalità di selezione più accurate, hanno attivato lo svolgimento del tirocinio durante la formazione iniziale, hanno introdotto delle incentivazioni per incoraggiare la partecipazione alla formazione in servizio ed infine hanno promosso periodi di studio all’estero per i docenti di lingua straniera. Invece, per quanto riguarda la carriera, si è cercato di introdurre maggiore flessibilità nelle posizioni professionali, di decentrare le decisioni riguardo al personale assegnando più potere a presidi ed autorità locali, di aumentare la retribuzione dei 125 docenti nelle aree a rischio, di sviluppare nuovi sistemi per valutare i docenti (autovalutazione, valutazione esterna, test e misure di valore aggiunto), ed infine di introdurre incentivi e differenziazioni della retribuzione. In particolare sono stati compiuti molti sforzi per sviluppare nuovi sistemi per la valutazione delle prestazioni degli insegnanti e fornire loro incentivi. Per la valutazione degli insegnanti vengono utilizzate diverse metodologie 97 : • Ispezioni esterne, effettuate per conto delle autorità nazionali (come in Francia, in collaborazione con il preside) o regionali (come in Germania o in Austria, ma solo per la progressione di carriera). L’osservazione in aula, le interviste e la documentazione preparata dal docente sono i metodi tipici utilizzati per questo tipo di valutazione. • Autovalutazione a livello di istituto. Questa metodologia è stata sviluppata dagli Anni ‘90 in poi; può essere utilizzata a se stante, oppure adottata come base per la valutazione esterna. Nel Regno Unito, Repubblica Ceca, Estonia e Ungheria, l’autovalutazione comprende l’analisi del rendimento degli insegnanti. • Valutazioni interne, condotte dalla dirigenza scolastica (in genere il preside). Questo metodo è in vigore in Belgio, Repubblica Ceca, Lituania, Austria, Romania, Slovenia, Paesi Bassi, Francia (in collaborazione con gli ispettori) e Regno Unito. • Risultati degli alunni, considerando il valore aggiunto acquisito da parte degli allievi dell’insegnante. In Irlanda, Norvegia e Svezia, si pone l’accento sulla valutazione dell’unità scolastica, piuttosto che sulla valutazione dei singoli insegnanti. Solo in cinque Paesi (Danimarca, Finlandia, Grecia, Italia e Spagna) gli insegnanti non sono periodicamente valutati una volta entrati in servizio. Tuttavia, per quanto riguarda l’Italia, con la Legge 107/2015 è stata introdotta una modalità di valutazione dei docenti da parte del preside. 97 E URYDICE (2008), Levels of Autonomy and Responsibilities of Teachers in Europe, Eurydice network, Bruxelles; O ECD (2005), Teachers matter: attracting, developing and retaining effective teachers, Education and Training Policy, Paris. Il Merit Pay Secondo l’OCSE, 11 Paesi, su 29 analizzati, collegano la retribuzione dei docenti alle loro prestazioni. Questo tipo di politica viene definito Merit-Pay, ovvero retribuzione legata al merito. Negli USA 8 Stati e numerosi distretti scolastici collegano le retribuzioni dei docenti ai risultati degli allievi, generalmente misurati attraverso i test. I giudizi su questa politica sono controversi. A favore viene rilevato che introducendo premi per i docenti e assegnando incentivi se ne aumentano l’impegno e le prestazioni; l’incentivazione e la più alta retribuzione rendono inoltre la professione docente più attraente ed in grado di attirare i migliori candidati. 126 8.2 Le politiche centrate sul controllo dei risultati Di fronte alla crescente insoddisfazione riguardo all’impatto effettivo delle riforme di processo sul miglioramento dell’offerta scolastica e delle prestazioni degli alunni, si è progressivamente affermata una “scuola” di pensiero politico che ha rovesciato l’approccio riformatore; invece di intervenire sui processi, nella presunzione che la loro innovazione produca il miglioramento dei risultati degli alunni, si ritiene più efficace mettere direttamente i risultati al centro della politica riformatrice, nella convinzione che la maggiore attenzione alle prestazioni degli alunni spinga le scuole ed i docenti a modificare i processi di insegnamento, in modo da renderli più efficaci. Solo in questo modo vi sarà un effettivo ripensamento, da parte delle scuole (alle quali viene concessa una più ampia autonomia organizzativa), delle modalità di erogazione dell’insegnamento ed un effettivo miglioramento delle prestazioni dei docenti e dunque dei risultati degli alunni. Le politiche scolastiche centrate sul controllo dei risultati si basano sostanzialmente su: • la definizione di obiettivi e traguardi chiari e misurabili: vengono definiti dei traguardi da raggiungere, indicando anche con precisione i livelli e le quantità interessate, utilizzando degli indicatori; • la definizione dei risultati di apprendimento: il percorso scolastico e formativo viene definito in termini di risultati da ottenere, più che in termini di programmi, orari e discipline da studiare; • la concessione di una più ampia autonomia alle scuole: vengono concessi ai dirigenti ed al personale degli istituti scolastici più ampi poteri in materia di gestione delle risorse, reclutamento del personale, organizzazione dell’insegnamento, organizzazione dell’attività scolastica; • la valutazione dei risultati degli alunni attraverso l’utilizzo di prove oggettive: al posto dei tradizionali esami, che non consentono un reale apprezzamento dall’esterno dei risultati raggiunti, vengono introdotti dei test standardizzati, che consentono un verifica del livello raggiunto dagli studenti ed un confronto tra le scuole; • la responsabilizzazione della scuola rispetto ai risultati raggiunti: i risultati della scuola vengono comunicati all’esterno, e di questi la scuola è chiamata a render conto alle autorità scolastiche ed alle famiglie degli alunni; Coloro che sono contrari invece sostengono che il programma di Merit-Pay produce un pesante appesantimento burocratico, perché richiede la costruzione di complesse banche dati. Inoltre la competizione tra i docenti, che viene sollecitata, compromette la cooperazione all’interno della scuola, che invece rappresenta una dimensione fondamentale di un efficace insegnamento. Viene anche fatto presente che il successo degli alunni, soprattutto se svantaggiati, è difficile da misurare e che i docenti potrebbero essere invogliati a “truccare” i risultati degli studenti per migliorare la propria posizione. 127 • l’introduzione di sistemi di valutazione dei docenti: vengono introdotti sistemi di verifica dell’attività del docente, del suo impegno professionale, dei risultati raggiunti con gli alunni, sia attraverso ispezioni esterne che attraverso l’analisi dei risultati degli alunni nelle prove oggettive; • la concessione di premi alle scuole ed ai docenti sulla base dei loro risultati: al posto dei tradizionali meccanismi di carriera, basati sull’anzianità del docente, vengono introdotti meccanismi legati al merito effettivo; • l’estensione delle possibilità di scelta da parte delle famiglie: alle famiglie vengono offerti strumenti informativi sull’effettivo livello qualitativo delle scuole, in modo che possano compiere una scelta informata, e strumenti di carattere normativo, per consentire una scelta non vincolata alla residenza territoriale. L’obiettivo principale è introdurre un sistema di quasi-mercato nell’offerta formativa, ovvero un sistema concorrenziale basato sulla libera scelta dei cittadini-consumatori, pure rimanendo all’interno dell’offerta di servizio pubblico. Questo approccio sta ottenendo una popolarità crescente in molti Paesi europei (compreso il nostro); negli Stati Uniti ed in Inghilterra è stato al centro della strategia riformatrice (v. scheda sulla riforma inglese); in molti altri Paesi europei, anche se non si può parlare di una compiuta applicazione di un approccio riformatore basato sul controllo dei risultati, è stato introdotto un sistema di valutazione delle scuole o del sistema scolastico (v. scheda). La maggiore attenzione alla valutazione dei risultati dell’apprendimento è stata sostenuta anche dal dibattito sviluppatosi in sede europea. Lo sviluppo dell’attività di valutazione è fortemente legato alla crescita del - l’autonomia delle scuole. Durante gli ultimi 20 anni nella maggioranza dei Paesi europei si è progressivamente sviluppato un processo di decentramento: è stata attribuita una responsabilità crescente alle scuole riguardo l’organizzazione dell’offerta educativa. I sostenitori di questo approccio mettono in luce che il miglioramento dei sistemi educativi deriva da una migliore gestione delle singole scuole, dal momento che insegnanti e capi d’istituto hanno a disposizione solidi punti di riferimento per confrontare i loro risultati e valutare i loro punti di forza e di debolezza. Inoltre, le scuole devono competere per essere scelte dalle famiglie degli studenti e dunque devono sforzarsi di migliorare; anche l’introduzione del sistema premiale per le scuole o per i docenti incrementa la competizione. Dal canto loro le famiglie sono più informate riguardo alle prestazioni delle singole scuole e possono scegliere quelle migliori; e questo rafforza il circuito virtuoso tra valutazione e miglioramento. Infine, questo approccio consente una migliore gestione del sistema educativo a livello centrale, dal momento che i decisori politici e le autorità educative sono più informati riguardo ai risultati realmente ottenuti a livello nazionale e locale e possono assumere le decisioni conseguenti, sia a livello di sistema che a livello di scuola (premiando le scuole migliori oppure sostenendo, o chiudendo, le scuole in difficoltà). 128 La valutazione dei sistemi scolastici europei La valutazione della scuola è un approccio molto diffuso e utilizzato in materia di garanzia della qualità in Europa. In 26 Paesi viene effettuata sia la valutazione esterna che interna delle scuole. L’autovalutazione è stata introdotta in molti Paesi (come Regno Unito, Danimarca, Olanda, Svezia, Repubblica Ceca e Austria) come pratica di qualità e di miglioramento della qualità; spesso l’autovalutazione è il punto di partenza per la valutazione esterna. I criteri e gli indicatori per l’autovalutazione possono essere stabiliti a livello nazionale. Negli ultimi dieci anni le aspettative sulla valutazione interna delle scuole in Europa sono cresciute. Fin dai primi anni del 2000, lo stato di valutazione interna delle scuole è passato da raccomandato o possibile a obbligatorio per una dozzina di sistemi di istruzione. Attualmente i regolamenti a livello centrale stabiliscono che la valutazione interna è obbligatoria in 27 sistemi di istruzione. Dove la valutazione interna non è obbligatoria, essa è di solito raccomandata. Gli unici Paesi in cui le scuole non sono ob - bligate od invitate ad effettuare una valutazione interna sono la Bulgaria e la Francia, quest’ultima limitatamente alle scuole primarie. Per quanto riguarda la valutazione esterna, nella maggior parte dei Paesi spetta all’Ispettorato, sotto la responsabilità delle autorità centrali o regionali, gestire l’attività di valutazione. Gli ispettori utilizzano spesso criteri standard per valutare le scuole. Repubblica Ceca, Germania, Spagna, Austria, Regno Unito, Paesi Bassi, Bulgaria, Lituania, Portogallo, Estonia e Polonia fanno parte di questa categoria. Nella maggior parte dei casi, la valutazione esterna della scuola si concentra su una vasta gamma di attività scolastiche, che comprende le attività didattiche e di gestione, i risultati degli studenti, così come la conformità alle normative. Per condurre il loro lavoro, i valutatori si basano su un quadro fis - sato centralmente che stabilisce in modo strutturato e omogeneo non solo i punti focali della valutazione esterna, ma anche le norme che definiscono una ‘buona’ scuola. Una dozzina di sistemi di istruzione non segue questo modello seppur in diversa misura. Alcuni approcci alla valutazione esterna della scuola si concentrano solo su aspetti specifici del lavoro scolastico quali la conformità alle normative (Estonia, Slovenia e Turchia). In Svezia, l’Ispettorato ha autonomia per quanto riguarda i criteri di valutazione da considerare e li definisce basandosi sull’Education Act, sui regolamenti delle scuole e sui curricula per l’istruzione obbligatoria. Nel secondo gruppo di Paesi, le comunità locali e il governo locale hanno una forte responsabilità nella valutazione delle scuole; a volte la valutazione effettuata a livello locale è integrata con l’uso di test standardizzati a livello na - zionale. I Paesi nordici, il Belgio e l’Ungheria fanno parte di questo gruppo. Tuttavia anche in questi Paesi la valutazione esterna delle scuole sta assumendo sempre maggiore importanza: Danimarca e Svezia, dove il sistema di valutazione era incentrato prevalentemente sulle autorità locali, hanno rafforzato il ruolo delle autorità centrali nella valutazione esterna della scuola. In Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Regno Unito e Islanda, i risultati della valutazione esterna delle scuole vengono pubblicati quando la valutazione è effettuata da valutatori esterni (nella maggior parte dei casi gli ispettori), che preparano i loro rapporti per le autorità centrali. In Svezia e Islanda, anche i risultati delle valutazioni condotte a livello locale sono regolarmente 129 I critici di questo approccio mettono in risalto che la metodologia di valutazione dei risultati degli alunni e delle scuole è imperfetta sotto molti aspetti. In particolare viene criticata l’enfasi attribuita alle prove oggettive di apprendimento, la cui somministrazione e analisi sono alla base di tutto l’impianto riformatore. Queste prove focalizzano l’attenzione dei docenti e delle scuole su poche discipline (quelle oggetto di valutazione con i test, normalmente le competenze linguistiche e matematiche), enfatizzandone oltremisura la loro importanza in confronto alle altre materie, che finiscono per essere trascurate. Anche l’insegnamento di queste due discipline rischia di essere eccessivamente focalizzato su come superare il test (teaching to the test è l’espressione comunemente utilizzata nei Paesi anglosassoni per indicare che l’insegnamento è finalizzato solo al superamento del test da parte degli alunni). L’altro problema che si riscontra nell’analisi e nell’utilizzazione dei risultati dei test oggettivi è la grande influenza che su questi riveste il contesto socio-culturale familiare. Infatti, gli esiti dei test hanno generalmente un alto grado di correlazione con il contesto, per cui i risultati degli alunni (e dunque dell’insegnante o della scuola che li hanno preparati) vanno sempre interpretati alla luce delle caratteristiche dell’ambiente familiare. Negli Stati Uniti si parla talvolta di “effetto Volvo”, nel senso che per predire il risultato degli alunni nei test basterebbe contare il numero di automobili di lusso all’entrata delle diverse scuole. Ovviamente questo non significa che i test non siano affidabili, ma piuttosto che il risultato dell’attività scolastica è fortemente condizionato dalle caratteristiche ascritte degli alunni. Pertanto gli alunni delle scuole collocate nelle aree socialmente avvantaggiate tendenzialmente ottengono risultati migliori rispetto alle scuole delle zone socialmente difficili, ma questo non è riconducibile tanto al merito degli insegnanti quanto alla composizione sociale delle famiglie degli alunni, che ne condiziona fortemente il rendimento. pubblicati. In Ungheria e in Polonia, la decisione viene presa rispettivamente a livello locale e regionale; a volte i risultati della valutazione vengono pubblicati. Infine, in pochi altri Paesi europei non esiste un vero e proprio sistema di valutazione esterna delle scuole, anche perché la loro autonomia è più limitata. In questi Paesi l’Ispettorato svolge un ruolo più formale, oppure valuta le prestazioni dei singoli insegnanti, come avviene in Francia. Le scuole possono condurre iniziative di autovalutazione, ma non hanno a disposizione dei criteri di riferimento standard per svolgere questa attività. Tuttavia anche in questi Paesi vengono realizzate alcune iniziative per l’introduzione di un sistema esterno di valutazione, attraverso l’uso di test standardizzati o altri strumenti. Francia e Bulgaria fanno parte di questo gruppo. L’Italia ha avviato recentemente il suo sistema come si vedrà meglio più avanti 98. 98 E URYDICE (2004), Evaluation of Schools providing Compulsory Education in Europe, Bruxelles e E URYDICE (2007), School Autonomy in Europe Policies and Measures Eurydice network, Bruxelles; E UROPEAN C OMMISSION /EACEA/E URYDICE (2015), Assuring Quality in Education: Policies and Approaches to School Evaluation in Europe, Eurydice Report. Luxembourg: Publications Office of the European Union. 130 Per questa ragione, se si vuole veramente valutare il risultato del lavoro degli insegnanti si dovrebbe misurare il “valore aggiunto”, ovvero quello che effettivamente lo studente ha appreso durante l’attività scolastica; questo viene fatto utilizzando test comparabili all’inizio ed alla fine del percorso scolastico, e verificando la differenza tra le due rilevazioni. Questo procedimento sta riscuotendo una grande interesse, specialmente nei Paesi anglosassoni, ma è di non semplice attuazione, specialmente su grande scala, perché presuppone l’esistenza di archivi molto consistenti e soprattutto la stabilità degli alunni e del corpo insegnante, che sono entrambi caratteristiche non presenti nel nostro sistema. Altro rischio legato alla misurazione del valore aggiunto ed a tutte le valutazioni del rendimento delle scuole e degli insegnanti attraverso la misurazione del ren - dimento degli studenti è l’eventuale selezione, da parte delle scuole, degli allievi in ingresso, per avere studenti preparati, o l’eccessiva selezione durante il corso di studi, per ottenere migliori risultati finali. Le scuole cioè, per conseguire risultati migliori, potrebbero essere portate ad escludere gli alunni considerati “difficili”. In Francia, per ovviare a questo fenomeno, sono stati introdotto dei calcoli per “pesare” il rendimento degli alunni nelle diverse scuole ed aree geografiche. Viene cioè sottratto dal risultato delle diverse scuole il vantaggio o lo svantaggio medio che viene riscontrato a livello nazionale dagli alunni di quella determinata compo - sizione socioeconomica. In questo modo si viene ad annullare il fattore “estrazione sociale” e viene considerata anche l’incidenza dell’abbandono. Inoltre, il confronto tra i risultati ottenuti in test diversi, da un anno all’altro, non è privo di difficoltà e di possibilità di errore. I critici di questo sistema osservano, infine, che questo approccio è discutibile non solo sotto l’aspetto metodologico, ma anche sotto il profilo dell’efficacia per migliorare il sistema. Le famiglie che scelgono la scuola vogliono scegliere le migliori in assoluto, e non quelle che ottengono il più alto valore aggiunto. Le scuole che si trovano nelle aree svantaggiate potrebbero essere abbandonate a favore di quelle collocate nelle aree ricche, anche se le loro prestazioni migliorano da un anno all’altro. L’Education Reform Act (Regno Unito 1988) Nel 1988 il governo inglese lanciò l’Education Reform Act, che introdusse un curriculum nazionale che tutte le scuole erano tenute ad applicare. Venne anche introdotto un nuovo sistema di valutazione; questo sistema comprende delle ispezioni gestite dall’Office for Standards in education (OFSTED, un organismo indipendente dal Ministero dell’Istruzione) e delle prove standardizzate per valutare il livello di apprendimento raggiunto dagli alunni in Inglese, Matematica e Scienze per ciascuna delle età chiave (7, 11, 14 e 16 anni). I risultati della valutazione vengono usati per valutare l’efficacia delle scuole operanti all’interno del sistema pubblico, le quali godono di un’ampia autonomia in termini finanziari. Ogni anno sono predisposte delle graduatorie delle scuole (league tables) sulla base dei risultati ottenuti nei test; le graduatorie vengono pubblicate nei mezzi di comunicazione locali e nazionali per incoraggiare la rendicontabilità della scuola nei confronti: • dell’autorità centrale e locale e dell’organismo di governo della scuola (che include rappresentanti delle famiglie, dei docenti e della comunità locale), • della cittadinanza in generale, • delle famiglie, per incoraggiare le loro scelte scolastiche. La rendicontabilità della scuola viene assicurata anche attraverso ispezioni sistematiche organizzate periodicamente da gruppi di ispettori nominati dall’OFSTED. Le équipe compiono delle visite molto approfondite alle scuole, sulla base di modelli di analisi predisposti in precedenza e simili per tutte le ispezioni. Durante queste visite vengono raccolti numerosi dati e materiali sul funzionamento della scuola, vengono condotte numerose interviste ad insegnanti ed alunni, si svolgono incontri con le famiglie degli alunni, si osservano i processi di insegnamento. Alla fine di questa raccolta di informazioni viene predisposto un rapporto di valutazione piuttosto analitico (con una lunghezza variabile dalle 60 alle 100 cartelle), contenente sia indicatori raffrontati con le medie nazionali, sia analisi soggettive del funzionamento della scuola, che vengono poi riassunte in un giudizio finale. Tali rapporti vengono, oltreché inviati all’OFSTED ed al Department for Education per le decisioni del caso (le scuole che mostrano particolari problemi sono difatti poste sotto osservazione), resi di pubblico dominio attraverso i principali mezzi di informazione e diffusi su Internet. Un risultato negativo dell’ispezione obbliga la scuola a preparare un piano di miglioramento per superare le debolezze identificate. In mancanza di un miglioramento entro i tempi stabiliti, la scuola viene chiusa o completamente rinnovata, in base alla possibilità di ridistribuire gli alunni in altre istituzioni, dopo il licenziamento del personale. A partire dal 2002 sono state introdotte anche misure di valore aggiunto. Esse misurano i risultati degli studenti in confronto con quelli di altri studenti che in precedenza avevano avuto risultati simili. Questo è un metodo più corretto di misurazione dal momento che i livelli di ingresso degli studenti sono molto diversi. Vengono considerati anche elementi di contesto quali: • il genere, • la prima lingua parlata, • l’appartenenza a differenti gruppi etnici, • la presenza di particolari bisogni educativi, • lo status economico. 131 132 99 Un Comitato del Parlamento del Regno unito il cui mandato è esaminare la spesa, l’amministrazione e le politiche del Ministero per l’Istruzione. 100 H OUSE OF C OMMONS (2008), Testing and Assessment Children, Schools and Families Committee, Third Report of Session 2007-08. Nonostante i molti sforzi per migliorare la qualità dei test, le critiche sui loro effetti indesiderati sono sempre forti. Un Rapporto del Children, Schools and Families Committee99 ha concluso che: «...l’uso dei risultati dei test nazionali per la rendicontazione della scuola è sfociato in una enfatizzazione della massimizza - zione dei risultati del test a spese di una più equilibrata completa educazione degli alunni; teaching to the test e restringimento del curriculum sono fenomeni diffusi nelle scuole, con il risultato che vi è un’attenzione sproporzionata verso le materie “centrali” di inglese, matematica e scienze e, in particolare verso quegli aspetti di queste discipline che verranno probabilmente sottoposti a verifica con il test»100. 133 9.1 Il riconoscimento del diritto all’apprendimento durante tutto il corso della vita Come si è più volte detto in queste pagine l’obiettivo centrale della strategia di Lisbona è favorire il passaggio da un accesso all’istruzione e formazione centrato sui primi anni della vita ad un accesso continuo alle opportunità formative, di tipo sia formale che informale e non formale, che si sviluppa nel corso di tutta la vita. Anche in Italia, dopo un lungo dibattito, è stata sancita l’importanza di questa strate gia, attraverso la promulgazione della Legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. Legge Forne ro), che nei commi 51 e successivi dell’art. 4 introduce anche in Italia il sistema del - l’apprendimento permanente. 9. L’impatto del processo di Lisbona sugli Stati membri europei e sul sistema italiano di Istruzione e Formazione Professionale L’apprendimento permanente secondo la Legge Fornero 51. In linea con le indicazioni dell’Unione Europea, per apprendimento permanente si intende qualsiasi attività intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale. Le relative politiche sono determinate a livello nazionale con intesa in sede di Conferenza unificata, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dello sviluppo economico e sentite le parti sociali, a partire dalla individuazione e riconoscimento del patrimonio culturale e professionale comunque accumulato dai cittadini e dai lavoratori nella loro storia personale e professionale, da documentare attraverso la piena realizzazione di una dorsale informativa unica mediante l’interoperabilità delle banche dati centrali e territoriali esistenti. 52. Per apprendimento formale si intende quello che si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato a norma del testo unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, o di una certificazione riconosciuta. 53. Per apprendimento non formale si intende quello caratterizzato da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi indicati al comma 52, in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e nelle imprese. 54. Per apprendimento informale si intende quello che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero. 55. Con la medesima intesa di cui al comma 51 del presente articolo, in coe134 Come ha affermato la Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie locali 101 , la portata più significativa introdotta da queste disposizioni normative è la configurazione di un diritto della persona all’apprendimento (quindi a poter accedere e usufruire di reali e significative offerte educative e formative lungo l’arco della sua vita, nonché di veder riconosciuti gli apprendimenti e le competenze comunque acquisite in modo non formale e informale). L’Accordo stipulato in Conferenza Unificata il 10 luglio 2014 indica inoltre 5 priorità: • l’ampliamento della platea dei soggetti a sostegno dell’apprendimento permanente; • il potenziamento delle attività di orientamento permanente; • lo sviluppo delle competenze di specifici target maggiormente deboli o svantaggiati; • l’ampliamento dell’accesso anche attraverso strumenti specifici di trasparenza e lo sviluppo e l’integrazione dei servizi per l’apprendimento permanente; • il miglioramento della pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione al mercato del lavoro. Per raggiungere questi obiettivi è necessario allestire una serie di servizi sul territorio: • delle reti territoriali dei servizi come ossatura del sistema dell’apprendimento permanente; renza con il principio di sussidiarietà e nel rispetto delle competenze di programmazione delle regioni, sono definiti, sentite le parti sociali, indirizzi per l’individuazione di criteri generali e priorità per la promozione e il sostegno alla realizzazione di reti territoriali che comprendono l’insieme dei servizi di istruzione, formazione e lavoro collegati organicamente alle strategie per la crescita economica, l’accesso al lavoro dei giovani, la riforma del welfare, l’invecchiamento attivo, l’esercizio della cittadinanza attiva, anche da parte degli immigrati. In tali contesti, sono considerate prioritarie le azioni riguardanti: a) il sostegno alla costruzione, da parte delle persone, dei propri percorsi di apprendimento formale, non formale ed informale di cui ai commi da 51 a 54, ivi compresi quelli di lavoro, facendo emergere ed individuando i fabbisogni di competenza delle persone in correlazione con le necessità dei sistemi produttivi e dei territori di riferimento, con particolare attenzione alle competenze linguistiche e digitali; b) il riconoscimento di crediti formativi e la certificazione degli apprendimenti comunque acquisiti; c) la fruizione di servizi di orientamento lungo tutto il corso della vita. 101 C ONFERENZA UNIFICATA , Accordo tra Governo, Regioni ed Enti locali sul documento recante: “Linee strategiche di intervento riguardo ai servizi per l’apprendimento permanente ed all’organizzazione delle reti territoriali”, 10 luglio 2014. 135 • un’attività di orientamento permanente; • un sistema di individuazione e validazione degli apprendimenti e di certificazione delle competenze; • un sistema informativo ai fini del monitoraggio, della valutazione, della tracciabilità e conservazione degli atti rilasciati. Pertanto il sistema dell’apprendimento permanente si riferisce e comprende gli ambiti di apprendimento formali, non formali e informali. Esso è finalizzato a sostenere la persona lungo tutto l’arco della vita, anche in una prospettiva occupazionale e di cittadinanza attiva. Il ruolo del “non formale” nelle reti territoriali è uno dei fattori di novità e di maggiore qualità. Infatti l’offerta formativa non formale arricchisce i contesti culturali e sociali dei territori, svolgendo un ruolo specifico e non sostituibile, che integra il ruolo dell’offerta formale, pubblica e privata. In tale contesto, le Organizzazioni del no-profit possono entrare in contatto con cittadini spesso a rischio di esclusione sociale, grazie anche alle metodologie non frontali e interattive, alla flessibilità dei percorsi formativi, alle relazioni interpersonali e all’integrazione tra prestazioni sociali e offerte culturali. 9.2 L’impatto delle Raccomandazioni europee sul sistema di Istruzione e di Formazione Professionale 9.2.1 Il raccordo tra istruzione, formazione e mondo del lavoro Il processo di Copenaghen e le 3 Raccomandazioni europee hanno avuto un impatto diversificato sui sistemi di Istruzione e Formazione Professionale, in quanto alcuni Paesi sono stati più pronti a recepire le richieste comunitarie, anche perché il dibattito che si è sviluppato in sede europea e le successive Raccomandazioni sono stati influenzati dalla cultura e dalle strutture di questi Paesi, i quali si sono ritrovati naturalmente allineati con le indicazioni emanate. Infatti, l’Istruzione tecnica e professionale presenta caratteristiche fortemente differenziate da Paese a Paese 102 , al contrario della componente di istruzione “pre - accademica”, come i licei classici e scientifici, che pur con nomi diversi (Gymnasium in Germania, Sixth Form in Gran Bretagna, Lycee C o B in Francia, ecc.) mostra una configurazione tutto sommato simile. Il motivo di questa diversità risiede probabilmente nel fatto che mentre l’istruzione classica o comunque quella liceale tradizionale ha come riferimento il sapere formalizzato, all’interno di una tradizione culturale che in Europa si è consolidata su basi sostanzialmente comuni, l’Istruzione professionale dei vari Paesi europei è stata fortemente e logicamente condizionata 102 T REELLLE (2008), L’istruzione tecnica: un’opportunità per i giovani, una necessità per il paese, Quaderno n. 8. 136 dalla struttura dei sistemi economici e produttivi locali. In particolare la domanda delle imprese e la forza con la quale si esprime appare un importante fattore di condizionamento dello sviluppo del sistema, in quanto laddove il sistema produttivo è più solido, esso assume un forte peso anche nel sistema formativo, che dunque si differenzia più nettamente da quello scolastico. Ogni sistema nazionale appare dunque fortemente specifico; tuttavia, pur nella diversità dei diversi approcci emergono due modelli di fondo: • quello francese, all’interno del quale l’Istruzione e la Formazione Professionale iniziale sono fortemente integrate con il sistema scolastico secondario, di cui rappre - sentano uno o più indirizzi; pensiamo ad esempio al licee professionel, che conduce al certificat d’aptude professionel (CAP) oppure al brevet d’etude professionel (BEP); altri esempi provengono dai Paesi scandinavi (Svezia, Finlandia) nei quali gli indirizzi a valenza professionale rientrano pienamente nella scuola secondaria, al punto che (in Svezia) una parte del curriculum degli indirizzi professionalizzanti è comune con gli indirizzi più accademici; • il modello tedesco e inglese, nel quale i due sistemi sono nettamente separati. In questi due Paesi, dopo il periodo di scolarità obbligatoria che arriva a 15/16 anni, la divisione tra i percorsi accademici ed i percorsi della Formazione Professionale (Berufschule in Germania, Further Education nel Regno Unito) è molto netta. In Germania i due sistemi si biforcano quando i giovani hanno 15 anni, anche se già ad 11 anni i ragazzi tedeschi devono scegliere (o meglio vengono selezionati per) l’indirizzo di scuola media che prepara al passaggio successivo. Al termine della scuola media (articolata in Gymnasium, per chi proseguirà gli studi liceali, ed in Hauptschule e Realschule per chi proseguirà gli studi tecnici e professionali) si prosegue nel Gymnasium (ovvero il liceo), oppure si accede all’apprendistato con il sistema duale, e dunque alternando la formazione sul lavoro alla frequenza della Berufschule (ovvero la componente di formazione scolastica dell’apprendistato). Nel Regno Unito dopo il termine della Comprehensive school, che accoglie tutti i giovani fino all’età di 16 anni, sia pure consentendo una grande pluralità di opzioni, gli studenti possono proseguire, se hanno buoni voti, nella Sixth form (biennio superiore che prepara il passaggio all’Università), oppure accedono ad una delle tante opportunità offerte dalla Further Education, sistema non scolastico che prepara ad entrare nel mondo del lavoro ed è composto da una serie di dif ferenti percorsi formativi a tempo pieno ed a tempo parziale. Tra i Paesi che fanno parte del primo modello l’Istruzione professionale viene impartita in prevalenza a tempo pieno, anche se sono previste quote più o meno lunghe di tirocinio in azienda. Tra i Paesi che afferiscono al secondo modello l’impresa diventa protagonista come soggetto formatore; in particolare in Germania la formazione è definita “duale”, perché condotta parte in impresa parte dentro la scuola. L’Italia rientra nel primo modello. Uno dei motivi delle difficoltà della nostra 137 Istruzione e Formazione Professionale risiede nella debolezza del rapporto che si è sviluppato in Italia tra scuola ed impresa, anche in ragione del modello di sviluppo del nostro sistema produttivo, che, tramontata l’epoca delle grandi industrie degli Anni ‘60 e ‘70, si è basato sempre più largamente sulle medie, piccole e piccolissime imprese. Queste vivono su commesse di breve periodo e cercano professionalità immediatamente utilizzabili; quindi hanno difficoltà ad investire sulla formazione e sulla ricerca. Questo differenzia l’Italia da altri Paesi, come la Germania, dove il sistema produttivo è strutturato su dimensioni d’impresa più consistenti, e dunque investe di più, sia nei confronti della formazione, che della ricerca 103 . In questa situazione la scuola italiana, di fronte alle difficoltà di collegamento con la società produttiva, ha a sua volta nel corso del tempo cercato al suo interno le ragioni della propria esistenza; si è sviluppato insomma un circuito di tipo autoreferenziale, per cui le motivazioni dell’esistenza della scuola sono state cercate all’interno della stessa cultura scolastica, più che nell’aggancio esterno con la cultura della società in crescita, e con le richieste di cambiamento provenienti dal mondo del lavoro. Queste difficoltà sono ben presenti anche a livello europeo, tanto che il Consiglio europeo, nelle sue Raccomandazioni sul programma nazionale di riforma 2014 104 , ha rilevato: «Per assicurare una transizione agevole dalla scuola al mer cato del lavoro, sembrano cruciali, nel ciclo di istruzione secondaria superiore e terziaria, il rafforzamento e l’ampliamento della formazione pratica, aumentando l’apprendimento basato sul lavoro e l’istruzione e la formazione professionale». Il Consiglio europeo ha dunque raccomandato di accrescere l’apprendimento basato sul lavoro negli istituti per l’istruzione e la formazione professionale del ciclo secondario superiore e rafforzare l’istruzione terziaria professionalizzante. L’attenzione europea al rafforzamento dei collegamenti tra istruzione, Formazione Professionale e mondo del lavoro oltre, ovviamente, alle analisi nazionali sull’abbandono dei giovani dopo la scuola media e sulle difficoltà della transizione tra scuola e lavoro, ha portato all’istituzione anche in Italia di una nuova tipologia di offerta formativa, l’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), volta a stabilire un più stretto rapporto tra questi diversi mondi. Questa tipologia di offerta, concepita per offrire una opportunità a quei giovani che dopo la scuola media desiderano intraprendere un percorso chiaramente professionalizzante, che li porti nel giro di tre anni a conseguire una qualifica, ed un diploma, si è sviluppata negli ultimi anni con grande rapidità. Il Rapporto di monitoraggio condotto nel 2015 dall’ISFOL su questa filiera 105 mette in evidenza la forte crescita del sistema di Istruzione e Formazione Profes - 103 T REELLLE e F ONDAZIONE R OCCA (2015), Educare alla cittadinanza, al lavoro ed all’innovazione. Il modello tedesco e le proposte per l’Italia, in I numeri da cambiare, n.2. 104 Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2014 dell’Italia {SWD(2014) 413 final}. 105 I SFOL , XIV Rapporto di monitoraggio delle azioni formative realizzate nell’ambito del dirittodovere , Febbraio 2016. 138 sionale, che nel giro di pochi anni è passato da 100.000 ad oltre 300.000 iscritti, avvicinando sensibilmente il numero di coloro che si indirizzano a questo percorso formativo a quello di coloro che seguono i percorsi quinquennali di Istruzione professionale. Nell’ultimo anno questa crescita tende a stabilizzarsi, ed il numero di iscritti arriva a 316.000 (v. fig.9.1). In particolare: – 166.600 sono gli iscritti che frequentano l’IeFP all’interno di un Istituto pro fessionale, con la modalità della sussidiarietà integrativa; – 133.600 sono gli iscritti che frequentano l’IeFP all’interno di un’Istituzione formativa; – 16.300 sono gli iscritti che frequentano l’IeFP all’interno di un Istituto profes - sionale, con la modalità della sussidiarietà complementare. Fig. 9.1 - Gli iscritti alla IeFP (I-III anno) dal 2012 al 2015, per tipologia (v.a.) Fonte: ISFOL, XIV Rapporto di monitoraggio delle azioni formative realizzate nell’ambito del diritto-dovere, Febbraio 2016 A questi dati, che rappresentano il numero degli iscritti ai percorsi triennali, occor re aggiungere quasi 13.000 iscritti al quarto anno per il conseguimento del diploma professionale (di cui il 70% si trova nella Regione Lombardia). Le Regioni nelle quali questa nuova misura formativa si è maggiormente sviluppata sono Lombardia, Sicilia, Emilia Romagna, Campania e Piemonte che da sole raggruppano il 56% degli iscritti. Rispetto agli anni precedenti si registra una leggera inversione di tendenza, che 139 vede per la prima volta un calo nelle iscrizioni ai corsi di IeFP condotti all’interno degli Istituti professionali con la modalità di sussidiarietà integrativa, mentre continuano ad aumentare leggermente le iscrizioni alle Istituzioni formative, così come aumentano, seppure di poco, le iscrizioni ai corsi di sussidiarietà complementare. Tuttavia nel complesso rimangono prevalenti le iscrizioni ai corsi di sussidiarietà integrativa erogati dagli Istituti professionali. Dunque nel nostro Paese, anche in risposta alle sollecitazioni provenienti dall’Europa, è in atto un processo di avvicinamento del mondo dell’Istruzione a quello del lavoro, testimoniato inoltre: • dalla nascita e dallo sviluppo degli Istituti Tecnici Superiori (ITS), per fornire una specializzazione superiore ai diplomati della scuola secondaria; • dalle iniziative che sono state adottate per rafforzare la valenza formativa, anche sul piano formale, dello strumento dell’Apprendistato, utilizzandolo anche nella scuola secondaria; • dall’introduzione dell’obbligatorietà dell’Alternanza Scuola-Lavoro per tutti gli indirizzi di scuola secondaria superiore, emanata con la Legge 107/2015. 9.2.2 L’impatto del dibattito della Raccomandazione sull’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche (EQF) Il processo di Copenaghen e le Raccomandazioni europee impattano comunque su sistemi molto differenziati. Ad esempio, per quanto riguarda l’introduzione del Quadro europeo delle qualifiche, l’inquadramento di tutti i titoli e le qualifiche all’interno di una unica cornice, e l’enfasi sui risultati dell’apprendimento fanno parte della tradizione di Paesi come il Regno Unito e l’Irlanda, la cui cultura di governo del sistema formativo ha da più lungo tempo privilegiato il controllo dei risultati piuttosto che la gestione dei processi. Nel Regno Unito le strutture formative go dono di un’ampia autonomia, ma vige una forte attenzione alla verifica dei risultati ottenuti, attraverso la standardizzazione delle qualifiche. Anche l’Irlanda segue un simile approccio di governo del sistema e sin dal 2004 ha introdotto un quadro nazionale delle qualifiche. Pertanto Irlanda, Malta e Regno Unito sono stati i primi Paesi europei a presentare il loro rapporto nazionale di Referenziazione, che metteva in corrispondenza i titoli nazionali con gli otto livelli europei. Secondo la Commissione europea la Raccomandazione sta raggiungendo la sua piena attuazione 106 . All’EQF partecipano attualmente 39 Paesi, il che illustra il livello di impegno profuso per il conseguimento dell’obiettivo generale di trasparenza e di comparabilità delle qualifiche in tutta l’Europa. A giugno del 2017, 32 Stati avevano ultimato il processo di referenziazione dei livelli delle proprie qualifiche nazionali 106 C OMMISSIONE E UROPEA , Proposta di raccomandazione del Consiglio sul Quadro Europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente, che abroga la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, COM (2016) 383 final. 140 all’EQF e 21 Paesi indicavano i livelli dell’EQF nei propri certificati e diplomi e tale numero dovrebbe aumentare rapidamente. Invece maggiori ritardi si verificano per l’attuazione della seconda tappa della Raccomandazione EQF, ovvero l’indicazione al livello appropriato del Quadro europeo delle qualifiche di tutti i nuovi certificati di qualifica, i diplomi e i documenti Europass rilasciati dalle autorità competenti. Anche in Italia si è in presenza di un movimento di ricomposizione delle qualifiche professionali in favore di una maggiore comparabilità a livello nazionale. Attraverso successivi accordi stabiliti nella Conferenza Stato-Regioni 107 sono state individuate 22 qualifiche terminali del percorso triennale ed altrettanti diplomi professionali del percorso quadriennale. Per definire queste qualifiche è stato concordato uno standard che, partendo dalla definizione dei processi di lavoro che devono affrontare le diverse figure, identifica le attività da svolgere e le competenze necessarie. Standard delle competenze tecnico-professionali caratterizzanti la figura 107 Accordo Conferenza Stato Regioni 27 luglio 2011 - Messa a regime IeFP; Accordo Stato Regioni 19 gennaio 2012 Integrazione Repertorio qualifiche IeFP. PROCESSO DI LAVORO ATTIVITÀ A. …..............................………………………. Attività − …..............................………………………. − …..............................………………………. − …..............................………………………. B. …..............................………………………. Attività − …..............................………………………. − …..............................………………………. − …..............................………………………. C. …..............................………………………. Attività − …..............................………………………. − …..............................………………………. − …..............................………………………. COMPETENZE 1. …..............................………………………. 2. …..............................………………………. 3. …..............................………………………. 4. …..............................………………………. 141 ABILITÀ − …..............................………………………. − …..............................………………………. − …..............................………………………. COMPETENZA N. 1 CONOSCENZE − …..............................………………………. − …..............................………………………. − …..............................………………………. ABILITÀ − …..............................………………………. − …..............................………………………. − …..............................………………………. COMPETENZA N. 2 CONOSCENZE − …..............................………………………. − …..............................………………………. − …..............................………………………. In accordo con l’EQF le competenze vengono descritte in termini di respon - sabilità ed autonomia. Per ciascuna competenza vengono successivamente definite le abilità e le conoscenze necessarie. Le abilità indicano la capacità di applicare conoscenze per portare a termine compiti e risolvere problemi. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un ambito di lavoro. Alla fine del 2012 l’Italia ha licenziato definitivamente il proprio Rapporto di Referenziazione, che indica a quale degli 8 livelli europei corrispondono i titoli e le qualifiche rilasciate nel nostro Paese 108 . Presentiamo nelle pagine di seguito la tavola di corrispondenza 109 : 108 Accordo Stato – Regioni del 20/12/2012. 109 Per ulteriori informazioni sui processi descritti e per scaricare il Rapporto italiano di referenziazione consultare il sito http://www.isfol.it/eqf. 142 143 144 Inoltre, con il decreto legislativo, n. 13 del 2013 è stato regolamentato il Repertorio nazionale delle qualifiche, costituito da tutti i repertori dei titoli di istruzione e formazione codificati a livello nazionale, regionale o di Provincia Autonoma che rispondono a determinati requisiti previsti dal decreto. Il Consiglio europeo, nelle Raccomandazioni espresse nel 2014, rileva positi va - mente l’emanazione di questo decreto ma nota anche che: «...a seguito del decreto legislativo del 2013 in materia, è essenziale istituire un registro nazionale delle qualifiche per garantire un riconoscimento delle competenze a livello nazionale»110 . Un passo significativo in questa direzione è costituito dal Decreto Interministeriale del 30 giugno 2015, che ha istituito il Quadro Nazionale delle Qualifiche Regionali. Questo provvedimento è importante perché definisce le regole cui si devono attenere le Regioni per il rilascio delle qualifiche professionali, ed i criteri ed i riferimenti operativi per la correlazione tra le qualificazioni regionali ed il loro riconoscimento a livello nazionale. Inoltre, completa il decreto del 2013, definendo le modalità operative del Repertorio nazionale delle qualificazioni regionali, nonché del ricono scimento tra Regioni delle qualifiche rilasciate e della convalida delle competenze. Infatti ha stabilito: • le specifiche tecniche del repertorio di riferimento nazionale delle qualificazioni regionali; • i criteri costruttivi e descrittivi per la correlazione e progressiva standardizzazione delle qualificazioni; • le procedure per l’aggiornamento e la manutenzione del Quadro di riferimento nazionale delle qualificazioni regionali; • i requisiti tecnici di processo dei servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze; • le funzioni a presidio dell’erogazione dei servizi di individuazione, validazione e certificazione delle competenze. Si tratta dunque di un provvedimento articolato e tecnicamente dettagliato, che consente di superare la tradizionale frammentazione delle qualifiche rilasciate dalle diverse Regioni, precostituendo un quadro nazionale unitario, seppure nel rispetto delle competenze costituzionali delle Regioni. Pertanto lo scenario nel quale gli operatori di convalida delle competenze lavorano in Italia a livello locale e settoriale è sostanzialmente cambiato, in linea con quanto richiesto dalle Raccomandazioni europee sul Quadro delle Qualifiche e sulla convalida dell’apprendimento formale, informale e non formale. 9.2.3 L’impatto della Raccomandazione europea sul Sistema europeo di crediti per l’Istruzione e la Formazione professionali (ECVET) e sul riconoscimento delle competenze acquisite in contesti non formali ed informali Il sistema europeo dei crediti per l’Istruzione e Formazione Professionale si è 110 Raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia, cit. 145 rivelato uno strumento di attuazione piuttosto complesso. Il Rapporto di valutazione dell’implementazione della Raccomandazione europea 111 afferma che i progetti di mobilità basati su ECVET ritengono che i principali ostacoli al trasferimento dei risultati di apprendimento includono: 1. una terminologia diversa per descrivere unità di apprendimento, moduli, crediti, punti di credito e altri elementi pertinenti, 2. l’incompatibilità dei sistemi di credito nazionali con ECVET (con conseguente incapacità di utilizzare i punti di credito per trasferire risultati di apprendimento), 3. e la eterogeneità della qualità dell’offerta formativa e della valutazione. La mancanza di orientamento dei sistemi di istruzione e formazione nazionali verso ECVET, un quadro giuridico poco sviluppato a livello nazionale (ad esempio per il riconoscimento dei crediti), gli oneri amministrativi e le difficoltà nell’applicare metodologie ECVET sono altre questioni chiave che hanno frenato la volontà dei partecipanti al progetto di utilizzare ECVET come strumento per la futura mobilità. Le unità di risultati di apprendimento conseguiti nei progetti di mobilità ECVET avevano più probabilità di essere riconosciute e premiate dove il concetto di unità esisteva anche nel proprio sistema nazionale. Per i progetti di mobilità a breve termine, i documenti organizzativi di ECVET (Learning Agreement, Transcript of Records, e Memorandum d’intesa) hanno rappresentato l’elemento più importante di questa iniziativa. In particolare, questi documenti hanno contribuito ad aumentare la fiducia reciproca tra invianti e riceventi e potrebbero potenzialmente favorire una mobilità a lungo termine. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda il riconoscimento delle competenze acquisite in contesti non formali ed informali, che vede i Paesi europei su posizioni molto diverse: alcuni hanno predisposto dispositivi di validazione già consolidati e funzionanti “a regime” all’interno del sistema formativo. La scheda seguente descrive il modello di valutazione delle competenze acquisite che è stato sviluppato in Francia. 110 P UBLIC P OLICY AND M ANAGEMENT I NSTITUT e (2014), Implementation of the Recommendation of the European Parliament and of the Council of 18 June 2009 on the establishment of a European Credit System for Vocational Education and Training (ECVET), Final report, 2014. 146 111 La descrizione del modello francese è tratta dal volume dell’ISFOL (1997), Esperienze di validazione dell’apprendimento non formale e informale in Italia e in Europa, a cura di Elisabetta Perulli, ISFOL editore, Roma. La valutazione delle competenze acquisite in Francia112 La Francia ha una lunga tradizione in tema di validazione degli apprendimenti non formali e informali e il sistema nazionale di qualifiche è fortemente connesso con il mercato del lavoro. Negli Anni ‘90 è stato introdotto all’interno della legislazione francese il concetto di Validation des Acquis Professionnels (VAP): le persone che avevano almeno cinque anni di esperienza lavorativa potevano essere valutate al fine di ottenere certificazioni e qualifiche ministeriali afferenti all’istruzione secondaria e superiore. Per ottenere la certificazione o il titolo, il soggetto deve produrre un portfolio contenente il dettaglio delle attività svolte e delle competenze esercitate, che viene esaminato da un panel di valutatori che può definire il numero di crediti formativi concessi o il tipo di studi necessario al soggetto per ottenere la qualifica o il titolo richiesto. Nel 2002 il sistema di validazione dell’esperienza lavorativa è stato esteso a tutti i tipi di qualifica e certificazione attraverso il concetto di Validation des Acquis de l’Expérience (VAE). Il concetto di VAE pone estrema importanza alla validazione sommativa, ossia all’acquisizione di un titolo o di un diploma piuttosto che a parti o sezioni del percorso formativo. L’accesso alla validazione delle esperienze per il conseguimento di un titolo formale è attualmente un diritto per tutti gli individui che abbiano maturato almeno tre anni di esperienza lavorativa. Allo scopo di predisporre e coordinare il quadro operativo di questa iniziativa nel gennaio del 2002 è stata creata La Commission Nationale de la Certification Professionnelle (CNCP), con il compito di: • attivare ed aggiornare il Répertoire national des certifications professionnelles; • controllare l’adozione della riforma sul sistema dell’istruzione e del mercato del lavoro; • supportare le agenzie e le organizzazioni che si occupano della validazione e degli esami per la qualificazione. Il Répertoire national des certifications professionnelles contiene circa 15.000 differenti qualifiche di cui 11.000 universitarie, 700 di secondo livello, 600 certifi - cati di competenze professionali, 800 certificati di competenze aziendali rilasciati dalle imprese ed 400 altri certificati rilasciati da organizzazioni diverse. Attualmente, il dispositivo VAE prevede una valutazione condotta da agenzie accreditate (inclusi i Centri per il Bilancio delle Competenze) sulla base di un portfolio delle esperienze presentato dal candidato e verificato attraverso un panel di verifica o una prova pratica. Gli standard di valutazione (référentiels) sono definiti in base al tipo di qualifica e soggetti a modifiche e aggiornamenti. La decisione di rilasciare o meno la qualifica è collegiale e si basa sulla valutazione complessiva delle capacità e delle esperienze dichiarate e possedute dal soggetto. Parallelamente al VAE, il sistema del bilancio di competenze occupa un ruolo importante nel sistema di validazione francese: il Bilancio di competenze è un’attività condotta congiuntamente da un soggetto e da uno o più esperti per 147 In Italia nel 2005 è stato introdotto Il Libretto Formativo del cittadino 113 che costituisce uno strumento pensato per raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendimento dei cittadini lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Il Libretto Formativo rappresenta lo strumento chiave per la trasparenza dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Esso si pone come strumento di documentazione trasparente e formalizzata di dati, informazioni, certificazioni, utilizzabile dall’individuo nel suo percorso di apprendimento, crescita e mobilità professionale. Gli obiettivi del libretto sono: • fornire informazioni sul soggetto e sul suo curriculum di apprendimento formale, non formale e informale, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un sistema formativo all’altro; • rendere riconoscibili e trasparenti le competenze comunque acquisite e sostenere in questo modo l’occupabilità e lo sviluppo professionale; • aiutare gli individui a mantenere consapevolezza del proprio bagaglio culturale e professionale anche al fine di orientare le scelte e i progetti futuri. L’uso del libretto è richiesto anche dal Decreto Legislativo n.13 del 2013 (di cui si è parlato in precedenza), per la registrazione dei documenti di validazione e dei certificati rilasciati nell’ambito della validazione degli apprendimenti non formali e informali e del sistema nazionale di certificazione delle competenze e dal D.Lgs. n. 81/2015, a proposito della registrazione della formazione effettuata e della qualificazione professionale ai fini contrattuali. La realizzazione di un sistema di riconoscimento delle competenze acquisite rappresenta comunque una strada ancora lunga da percorrere, perché oltre a individuare e rendere trasparenti le competenze acquisite, è necessario rendere operative modalità condivise di riconoscimento delle competenze possedute all’interno di un sistema formalizzato di qualifiche. Come si è detto in precedenza (par. 9.1 e 9.2.2), dopo l’emanazione della Raccomandazione europea ECVET sono stati fatti importanti passi in avanti: ricercare, definire e descrivere le competenze comunque da lui acquisite. Nell’ambito del VAE, infatti, il bilancio di competenze serve per individuare le competenze che il soggetto potrà eventualmente sottoporre a verifica e si pone quindi come un passaggio dello stesso processo di VAE. Al termine del bilancio, il consigliere del Centro accreditato elabora un do - cumento di sintesi, in collaborazione con il candidato, che permette di svolgere la verifica delle competenze e di metterla in relazione con gli obiettivi e le aspettative del soggetto. L’approccio individualizzato permette di fornire suggerimenti ed indicazioni per l’accesso ai percorsi formativi e per il riconoscimento di singoli crediti formativi. 113 M INISTERO DEL L AVORO E DELLE P OLITICHE S OCIALI , Decreto 10 ottobre 2005, Approvazione del modello di libretto formativo del cittadino. 148 • attraverso la Legge Fornero che introducendo le Reti territoriali, comprendenti l’insieme dei servizi di istruzione, formazione e lavoro, inserisce tra le azioni prioritarie il riconoscimento di crediti formativi e la certificazione degli appren - dimenti comunque acquisiti (lettera b, comma 55, art. 4 della Legge 28 giugno 2012, n. 92). • Attraverso il decreto legislativo N. 13 del 2013, con il quale è stato formalmente introdotto il Sistema nazionale di certificazione delle competenze acquisite dalla persona in contesti formali, non formali o informali. Nel Decreto vengono definiti gli standard minimi cui si devono attenere i soggetti titolari del processo di convalida delle competenze, in coerenza con le Raccomandazioni dell’Unione Europea, e viene formalmente istituito il Repertorio nazionale delle qualifiche, costituito da tutti i Repertori dei titoli di istruzione e formazione codificati a livello nazionale, regionale o di Provincia Autonoma. Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali (art.8, decreto legislativo 13/2013) 1. In conformità agli impegni assunti dall’Italia a livello comunitario, allo scopo di garantire la mobilità della persona e favorire l’incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, la trasparenza degli apprendimenti e dei fabbisogni, nonché l’ampia spendibilità delle certificazioni in ambito nazionale ed europeo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, è istituito il repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, di cui all’articolo 4, comma 67, della Legge 28 giugno 2012, n. 92. 2. Il repertorio nazionale costituisce il quadro di riferimento unitario per la certificazione delle competenze, attraverso la progressiva standardizzazione degli elementi essenziali, anche descrittivi, dei titoli di istruzione e formazione, ivi compresi quelli di istruzione e formazione professionale, e delle qualificazioni professionali attraverso la loro correlabilità anche tramite un sistema condiviso di riconoscimento di crediti formativi in chiave europea. 3. Il repertorio nazionale è costituito da tutti i repertori dei titoli di istruzione e formazione, ivi compresi quelli di istruzione e formazione professionale, e delle qualificazioni professionali tra cui anche quelle del repertorio di cui all’articolo 6, comma 3, del testo unico dell’apprendistato, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, codificati a livello nazionale, regionale o di provincia autonoma, pubblicamente riconosciuti e rispondenti ai seguenti standard minimi: a) identificazione dell’ente pubblico titolare; b) identificazione delle qualificazioni e delle relative competenze che compongono il repertorio; c) referenziazione delle qualificazioni, laddove applicabile, ai codici statistici di riferimento delle attività economiche (ATECO) e della nomenclatura e classificazione delle unità professionali (CP ISTAT), nel rispetto delle norme del sistema statistico nazionale; d) referenziazione delle qualificazioni del repertorio al Quadro europeo delle qualificazioni (EQF), realizzata attraverso la formale inclusione delle stesse nel processo nazionale di referenziazione ad EQF. 149 • Attraverso il Decreto Interministeriale del 30 giugno 2015 riguardante la definizione di un Quadro operativo di riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali. Il Quadro operativo (di cui si è parlato anche nel par. 9.2.2) costituisce la parte di Repertorio nazionale afferente le qualificazioni regionali e rappresenta il riferimento unitario per la loro correlazione ed equivalenza a livello nazionale e la loro progressiva standardizzazione, nonché per l’individuazione, validazione e certificazione delle qualificazioni e delle competenze anche in termini di crediti formativi in chiave europea. Vanno infine ricordate le iniziative regionali, che stanno introducendo sistemi di individuazione e riconoscimento delle competenze acquisite, nel quadro delle politiche attive per favorire il ricollocamento 114 . 9.2.4 L’impatto della Raccomandazione europea sull’assicurazione di qualità nell’IeFP (EQAVET) Infine, anche la Raccomandazione europea sull’assicurazione di qualità nel - l’Istruzione e Formazione Professionale si inserisce in un contesto europeo molto differenziato per quanto riguarda lo sviluppo di metodologie di assicurazione di qualità del sistema formativo. Secondo i risultati della valutazione esterna richiesta dalla Commissione europea citata anche nel par. 5.5 115 , più di 20 Paesi hanno consolidato i loro approcci di garanzia della qualità e la Raccomandazione EQAVET ha contribuito direttamente a modellare il sistema nazionale in 14 Paesi. Quasi tutti i Paesi svolgono la valutazione esterna delle strutture formative, mentre 22 Paesi richiedono che le strutture formative abbiano meccanismi di garanzia della qualità interna e valutino sistematicamente le loro attività, nonché la qualità e l’efficacia della formazione che offrono; in altri 6 Paesi questo meccanismo viene incoraggiato ma è volontario. Spesso la verifica interna implica anche la redazione di una relazione di autovalutazione e la preparazione di un piano di miglioramento da sottoporre alle valutazioni esterne. La forma più frequente di revisione esterna è l’ispezione. In generale i Servizi di ispezione si occupano sia della Formazione Professionale che dell’istruzione generale. Malta richiede alle strutture formative di sottoporsi a revisioni di qualità da parte di esperti esterni. In Irlanda, Danimarca, Olanda e Regno Unito esiste un incrocio tra autovaluta- 114 Si veda ad esempio R EGIONE V ENETO , Linee guida per la validazione di competenze acquisite in contesti non formali ed informali (2012). 115 I CF G HK (2013), Evaluation of implementation of EQAVET Final report. E UROPEAN C OMMIS - SION , Report from the Commission to the European Parliament and the Council on the implementation of the Recommendation of the European Parliament and of the Council of 18 June 2009 on the establishment of a European Quality Assurance Reference Framework for Vocational Education and Training, Brussels, 28.1.2014 COM(2014) 30 final. 150 zione e valutazione esterna. Quest’ultima ha varie sfaccettature e può essere rivolta sia al sostegno delle strutture formative che al loro controllo. In Austria, Romania, Finlandia, Ungheria i sistemi di assicurazione di qualità dell’offerta formativa sono stati rafforzati sia potenziando l’autovalutazione, come in Finlandia, sia potenziando il ruolo della valutazione esterna, che viene affidata a nuclei di ispezione. La maggior parte dei sistemi nazionali di istruzione e formazione dell’UE prevede norme di qualità per le strutture formative, che vengono in genere utilizzate come condizione per il loro accreditamento e finanziamento. L’accreditamento, secondo il CEDEFOP, è un processo di garanzia di qualità in base al quale la competente autorità legislativa o professionale riconosce formalmente che un programma di istruzione o formazione risponde a determinati standard 116 . Si tratta di una metodologia utilizzata particolarmente quando l’offerta formativa è erogata da soggetti privati. Molto diffusi sono gli strumenti di certificazione, che possono far riferimento alla normativa ISO (molto seguita in Italia) oppure al modello EFQM o ad altri simili, che hanno in comune il principio di prestare una grande attenzione ai processi. In Irlanda, Danimarca, Finlandia, Olanda, Svezia e Regno Unito le strutture scolastiche e formative devono avere per legge un sistema interno di controllo di qualità (EFQM, ISO 9000, od un altro modello); anche alcuni Länder in Germania richiedono agli erogatori di formazione continua di implementare sistemi di gestione della qualità. Alcuni di questi modelli possono portare al rilascio di “marchi di qualità”, che certificano al pubblico esterno il possesso di alcuni requisiti. Alcuni Paesi dispongono di specifiche agenzie di garanzia della qualità o di valutazione, ad es. nella Comunità fiamminga del Belgio, l’Agenzia per la garanzia della qualità si occupa di tutta l’istruzione e formazione, ad eccezione dell’istruzione superiore, in Danimarca l’istituto di valutazione si occupa di tutto il sistema educativo, così come fa in Spagna l’Istituto nazionale per la valutazione dell’istruzione e della formazione. Infine quasi tutti i Paesi europei hanno sviluppato un sistema di indicatori relativi ai principali aspetti del loro sistema scolastico e formativo, che vengono normalmente utilizzati per monitorare l’evoluzione del sistema, ma possono essere utilizzati anche per premiare le strutture formative più virtuose, come in Finlandia, dove una parte (finora limitata) del finanziamento dei centri di formazione viene legata ai risultati conseguiti. Nella maggior parte dei casi gli Stati membri pubblicano informazioni sui risultati disponibili delle valutazioni, ma ciò non significa automaticamente che i processi siano regolarmente riesaminati e che i piani d’azione per il cambiamento siano stati elaborati, visto che l’indagine dimostra che solo un terzo esegue sempre revisioni periodiche e dispone i relativi piani di intervento. Per quanto riguarda l’Italia, l’organizzazione delle attività di garanzia della qualità dell’Istruzione e Formazione Professionale si differenzia fortemente a seconda 116 C EDEFOP (2008), Terminology of European education and training policy, A selection of 100 key terms, Office for Official Publications of the European Communities, Luxembourg. 151 che tali attività riguardino l’ambito di offerta formativa presidiato dal Ministero dell’Istruzione (Istituti tecnici e professionali) oppure presidiato dalle Regioni (Istruzione e Formazione Professionale e formazione continua). Nell’ambito di offerta formativa presidiato dal Ministero dell’Istruzione una novità molto significativa è data dall’avvio del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV). 117 A LLULLI G. (2007), La valutazione della scuola: un problema di governance, in Economia dei servizi, Il Mulino, n.3/2007. L’avvio del Sistema Nazionale di Valutazione Anche in Italia è stato finalmente avviato il Sistema Nazionale di Valutazione, dopo alcune sperimentazioni condotte a livello locale (tra queste è stata particolarmente significativa l’attività del Comitato di valutazione della Provincia di Trento, che ha introdotto una attività di autovalutazione sulla base di una serie di indicatori raccolti a livello di scuola, al fine di dare alle scuole la possibilità di confrontarsi con altre scuole; il Comitato di Trento ha introdotto anche la valutazione esterna della scuola, sebbene a livello sperimentale117) ed a livello nazionale (ad esempio il progetto Vales, sviluppato dall’INVALSI). Il Regolamento n.80 del 2013 (Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione in materia di istruzione e formazione) che introduce formalmente il sistema di valutazione, e le successive indicazioni ministeriali tengono conto delle esperienze straniere, nonché del dibattito e delle sperimentazioni condotte in questi anni, evitando alcuni dei rischi più comuni; infatti opportunamente specificano: • le finalità della valutazione, che non sono di carattere premiale o punitivo, ma riguardano il miglioramento della qualità del servizio; • l’intreccio tra autovalutazione di istituto (basata sui risultati dei test e sugli indicatori forniti dal Ministero dell’Istruzione) e valutazione esterna; • l’integrazione tra analisi quantitativa e qualitativa e tra i diversi strumenti (test ed indicatori) in grado di rappresentare la complessità dell’azione scolastica; • la necessità di tenere in attenta considerazione l’influenza del contesto sociale ed economico; • il raccordo funzionale tra i diversi organismi (INVALSI, INDIRE, Ispettori) che dovranno interagire sulla base di ruoli chiaramente definiti, con il coordinamento affidato all’INVALSI, che dovrà anche predisporre un rapporto annuale. Pertanto, le scuole, sulla base di un modello predisposto dall’INVALSI, devono raccogliere gli indicatori richiesti, analizzarli e predisporre un Rapporto di Autovalutazione (RAV), che individua anche punti di forza ed aspetti di criticità della azione scolastica. La prima fase di autovalutazione è avvenuta tra la fine dell’anno scolastico 2014-15 e i primi mesi dell’anno scolastico 2015-16. All’autovalutazione fa seguito la predisposizione e l’attuazione di un Piano di miglioramento, al fine di ovviare alle problematiche riscontrate. Ogni anno un campione di scuole viene anche sottoposto a valutazione esterna, da parte di équipe composte da ispettori ed altri esperti opportunamente formati. 152 Tale sistema riguarda tutti gli ordini e le tipologie di istruzione, e dunque anche gli Istituti tecnici e professionali, ed in prospettiva l’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). Non si può affermare che l’istituzione del Sistema Nazionale di Valutazione sia una conseguenza diretta della Raccomandazione EQAVET; casomai essa ha subito un’accelerazione a causa delle raccomandazioni inviate dall’Unione Europea al Governo italiano a seguito della grave crisi economico-finanziaria del 2011. Tuttavia, anche se nel Regolamento n.80 e nei successivi provvedimenti attuativi mancano riferimenti al modello EQAVET, la filosofia del nuovo sistema di valutazione, indirizzato al miglioramento dell’offerta formativa attraverso un ciclo di valutazione, interna ed esterna, revisione e progettazione degli interventi di sviluppo, è in sintonia con il modello comunitario EQAVET. Sul versante che fa più direttamente riferimento alle competenze del MLPS e delle Regioni e Province Autonome, come strategia per assicurare la qualità dell’offerta formativa, va rilevato l’accreditamento delle strutture formative; si tratta di un’attività istituzionale in virtù della quale ogni Regione e Provincia Autonoma definisce le regole e i parametri di servizio e di risultato che dovranno essere conseguiti e mantenuti dalle organizzazioni che concorrono all’erogazione dei servizi formativi utilizzando fondi pubblici. Il meccanismo dell’accreditamento, introdotto nel 2001, è concepito come un presidio della qualità delle azioni formative, sia preventivo, attraverso l’accertamento del possesso di alcuni requisiti minimi, sia nel corso dell’erogazione degli stessi servizi, prendendo in considerazione il mantenimento dei requisiti inizialmente posseduti. L’Intesa Stato-Regioni del 20 marzo 2008, definita in sintonia con il dibattito sulla qualità dell’Istruzione e Formazione Professionale sviluppato in sede comunitaria, ha dato il via alla seconda “generazione” dell’accreditamento, i cui obiettivi prioritari sono la promozione, la sensibilizzazione e la valorizzazione dell’accreditamento come strumento per la qualità, con specifica attenzione per la valutazione dell’efficacia ed efficienza dei servizi formativi in termini di esiti occupazionali e risultati di apprendimento. Le organizzazioni che forniscono l’offerta formativa accreditata a livello territoriale devono pertanto passare progressivamente da un’ottica prevalentemente attenta agli aspetti gestionali di tipo organizzativo e logistico, all’adozione di un approccio teso a privilegiare la qualità della performance realizzata, ponendo l’accento sui fattori connessi al prodotto formativo e ai suoi effetti, piuttosto che a quelli collegati al processo. L’analisi del nuovo sistema di accreditamento regionale condotta dall’ISFOL ha rilevato che il sistema di accreditamento italiano, ed in particolare l’ultima versione del 2008, utilizza diversi indicatori richiesti dalla Raccomandazione EQAVET. A partire dai risultati dell’analisi comparativa l’ISFOL ha fornito alcuni suggerimenti su come sviluppare il sistema di Formazione Professionale in coerenza con le indicazioni della Raccomandazione EQAVET. Tali suggerimenti rimandano: 153 a) in parte al rafforzamento dei dispositivi regionali di accreditamento: l’analisi ha rilevato un alto grado di coerenza con la Raccomandazione EQAVET, ma rimangono margini di miglioramento con riferimento alla formazione dei formatori (intesa come numero di utenti coinvolti e risorse dedicate), alla rilevazione della soddisfazione da parte delle imprese e degli esiti lavorativi degli utenti, alla prescrizione di procedure strutturate per l’analisi dei fabbisogni; b) all’introduzione e al rafforzamento di dispositivi diversi in relazione all’analisi dei fabbisogni e soprattutto a strumenti di indagini per la rilevazione e la valutazione della soddisfazione di utenti e imprese, degli esiti in termini di successo formativo e occupazionale degli interventi; c) soprattutto alla costruzione e al rafforzamento dei sistemi informativi regionali (con possibilità di raccordo a livello nazionale) per la raccolta di dati sulla Formazione Professionale; in particolare i dati che i sistemi informativi potrebbero raccogliere dai soggetti erogatori sono i seguenti: • possesso da parte della struttura accreditata della certificazione di qualità; • numero di operatori che partecipano a corsi di formazione/aggiornamento e ammontare dei fondi investiti; • tasso di abbandono e tasso di successo formativo; • tasso di inserimento lavorativo; • tasso di inserimento lavorativo coerente; • numero di partecipanti ad eventi formativi appartenenti a categorie vulnerabili. Tuttavia l’ISFOL rileva anche che la Raccomandazione EQAVET e l’accreditamento insistono su ambiti non perfettamente sovrapponibili: • la Raccomandazione inquadra l’assicurazione della qualità nell’intero ciclo di programmazione-gestione-valutazione-revisione, mentre l’accreditamento è un dispositivo per l’accesso al sistema di formazione che verifica ex ante il possesso di alcuni requisiti e la performance degli ultimi anni; • la Raccomandazione fa riferimento tanto alla qualità dei sistemi che alla qualità degli erogatori di IeFP, laddove l’accreditamento copre solo questi ultimi; • la Raccomandazione EQAVET attiene alla qualità sia del sistema d’istruzione sia di quello della formazione, mentre i dispositivi di accreditamento regolano esclusivamente l’accesso al sistema della formazione di competenza delle Regioni. Ne deriva che l’accreditamento è solo uno dei dispositivi che il nostro Paese può mettere in campo nell’implementazione di dispositivi di assicurazione della qualità in linea con le indicazioni della Raccomandazione EQAVET 118 . Un altro strumento di assicurazione della qualità consiste nella somministrazione agli alunni di prove standardizzate di apprendimento. In proposito va segnalata l’iniziativa di alcuni organismi erogatori di Istruzione e Formazione Professionale che stanno sperimentando 118 I SFOL , Qualità e accreditamento, a cura di Sandra D’Agostino, in Collana ISFOL Research Paper numero 17 - ottobre 2014. 154 l’adattamento al contesto di questa offerta formativa delle prove di apprendimento che l’INVALSI somministra a tutti gli studenti di scuola secondaria. Una descrizione complessiva delle strategie nazionali adottate e da adottare riguardo all’attuazione della Raccomandazione sulla qualità è contenuta nel Piano nazionale per la garanzia di qualità del sistema di Istruzione e Formazione Professionale , elaborato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e dal Coordinamento delle Regioni e Province Autonome con l’assistenza tecnica dell’ISFOL 119 . Il Piano, che è stato predisposto in risposta alle richieste contenute nella Raccomandazione europea, ha presentato un quadro sistematico delle diverse iniziative già in atto sul versante della assicurazione di qualità del sistema di Istruzione e Formazione Professionale italiano e degli sviluppi previsti per dare attuazione alle richieste della Raccomandazione europea. Nel 2017 è stato avviato il processo di revisione del Piano, per capitalizzare le esperienze in atto e includere le numerose innovazioni normative introdotte dopo il 2012 e che impattano sulla qualità dell’Istruzione e la Formazione Professionale, in particolare i processi riconducibili alla “Buona Scuola”, al Jobs Act con i relativi decreti legislativi di attuazione, nonché al D.lgs. 13/2013, che prefigurano un nuovo modello di accreditamento dei soggetti che erogano gli interventi di Formazione Professionale, la costruzione di un sistema nazionale di certificazione basato su un Repertorio delle qualificazioni, nonché la costruzione di un sistema informativo della Formazione Professionale. 119 I SFOL , Piano nazionale per la garanzia di qualità del sistema di istruzione e formazione professionale, ottobre 2011. 155 I risultati della strategia di Lisbona e dei successivi provvedimenti europei sono oggetto di dibattito tra opinioni discordanti. Per quanto riguarda però gli aspetti più specificamente rivolti all’education si può affermare che, sia pure tra accelerazioni e rallentamenti, la strategia di Lisbona ha prodotto dei frutti importanti per il futuro dei sistemi di istruzione europei. L’attenzione alla valorizzazione e sviluppo del Capitale umano, la promozione di un sistema di apprendimento permanente, la ricomposizione tra i sistemi formativi, quello di tipo accademico, quello di tipo scolastico e quello professionalizzante, lo spostamento dell’attenzione dal processo di insegnamento al processo di apprendimento, l’attenzione ai risultati raggiunti piuttosto che al percorso seguito, l’enfasi sulla qualità dei sistemi e dell’offerta formativa, il rafforzamento dell’apprendimento basato sul lavoro, l’integrazione tra politiche della formazione e politiche del lavoro, sono elementi fondamentali di una strategia che intende attrezzare i sistemi scolastici e formativi europei ad un futuro nel quale conoscenze e competenze possedute sono destinate a giocare un ruolo sempre più importante, per gli individui e per i sistemi sociali ed economici, mentre i processi di apprendimento saranno sempre più il risultato di molteplici processi, sia formali che informali. La realizzazione della strategia europea deve tuttavia confrontarsi con alcuni interrogativi importanti: • Il primo, che interessa da vicino il nostro Paese, riguarda l’effettiva capacità del sistema produttivo pubblico e privato di utilizzare e valorizzare il capitale umano a disposizione. Nonostante le molte affermazioni retoriche che si leggono e si ascoltano, i dati a disposizione indicano che non solo l’investimento pubblico e privato nei confronti della formazione è piuttosto basso, ma anche che le risorse umane, laddove esistono, vengono spesso poco valorizzate e che i percorsi seguiti per la loro selezione e valorizzazione seguono cammini ben diversi da quello del riconoscimento delle capacità e delle competenze individuali. • Il secondo riguarda le perduranti difficoltà di dialogo tra i vari sottosistemi della formazione: quello universitario, quello scolastico e quello professionalizzante. Differenze istituzionali, legate al diverso quadro di governo, differenze culturali, legate all’eredità di tradizioni secolari, ma anche differenze oggettive, legate ad obiettivi effettivamente peculiari di ciascun sottosistema rendono problematica l’organizzazione di un sistema unitario e senza barriere interne. • Il terzo interrogativo riguarda la declinazione operativa di alcuni concetti chiave, come quello di competenze o quello di credito formativo, la cui applicazione nei diversi sottosistemi incontra a volte difficoltà pratiche difficilmente sormontabili. • Il quarto interrogativo riguarda l’esigenza di rimuovere i condizionamenti cul - turali e sociali che impediscono ad una buona parte della popolazione, quella 10. Una riflessione finale meno istruita e che maggiormente ne avrebbe invece bisogno, di inserirsi in una logica di aggiornamento ed allargamento continuo delle proprie conoscenze e competenze. Occorre inoltre ricordare che le sfide che aspettano l’Europa nei prossimi anni non sono solo quelle che riguardano la compettitività e la crescita economica; l’umanità in futuro più sempre si dovrà confrontare con tematiche quali il riscaldamento globale, le migrazioni per cause politiche ed economiche, il fondamentalismo religioso, la polarizzazione politica, l’iniquità economica e la violazione della privacy personale 120 . Non è dunque un percorso semplice e breve quello che è stato richiesto ai Paesi dell’Unione Europea per realizzare il Processo di Lisbona e la successiva Strategia 2020, ed il nostro Paese è tra quelli che sono partiti più indietro; tuttavia, sia pure con gli opportuni aggiustamenti ed adattamenti, si tratta del percorso che meglio ci attrezza ad affrontare il futuro. 156 120 F ADEL C. (2017), Education a 4 dimensioni per il XXI secolo, intervento al Convegno Internazionale di Treellle “Quasi skills per i giovani del XXI secolo?” – Roma, settembre 2017. 157 AA. 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Dalla strategia di Lisbona a Europa 2020 ...................................................................... 7 1.1 Società della conoscenza, capitale umano ed apprendimento permanente....... 7 1.2 Gli obiettivi di Lisbona ................................................................................................... 10 1.3 Il processo di Copenaghen per l’Istruzione e Formazione Professionale.......... 12 1.4 Gli strumenti della Dichiarazione di Copenaghen .................................................. 16 1.5 Il programma Lifelong Learning e le azioni per la mobilità................................. 18 2. Verso Europa 2020................................................................................................................... 21 2.1 Il Quadro strategico per la rinnovata cooperazione europea in campo formativo per il decennio 2010-2020 ....................................................... 24 2.2 Lo Youth Guarantee ......................................................................................................... 27 2.3 L’European Alliance for Apprenticeships (EAfA)................................................... 29 2.3.1. L’impegno dei sindacati ...................................................................................... 32 2.3.2. L’impegno dei datori di lavoro.......................................................................... 34 2.3.3. L’impegno dell’Unione Europea....................................................................... 34 2.3.4. L’impegno degli Stati membri ........................................................................... 36 2.3.5. Una novità promettente: l’apprendistato a livello terziario ..................... 38 2.4 Il Programma Erasmus+ ................................................................................................. 41 2.5 Quadro strategico: la valutazione di medio periodo e le conclusioni di Riga... 44 2.6 La New Skills Agenda for Europe ............................................................................... 45 2.6.1. Il piano d’azione New Skills Agenda for Europe ......................................... 45 2.6.2. La Raccomandazione del Consiglio sull’istituzione di una Garanzia per le competenze (Upskilling Pathways) ...................................................... 48 3. I Benchmark europei e gli indicatori dell’Istruzione e Formazione Professionale.................................................................................................. 51 3.1 Un ruolo strategico per gli indicatori .......................................................................... 51 3.2 Indicatori e Benchmark per monitorare il progresso verso gli obiettivi di Lisbona............................................................................................................................ 54 3.3 I Benchmark per il 2020 ................................................................................................. 57 3.4 Gli indicatori CEDEFOP su formazione e lavoro.................................................... 66 4. Il dibattito sulle competenze ed il Quadro europeo delle qualifiche .................... 71 4.1 Tra conoscenze e competenze ....................................................................................... 71 4.2 Le competenze chiave per l’apprendimento permanente....................................... 73 4.3 Il Quadro europeo delle qualifiche (EQF) ................................................................. 75 4.4 La Revisione del Quadro europeo delle qualifiche ................................................. 77 4.5 Uno strumento per la trasparenza................................................................................. 83 4.6 Conoscenze e competenze: un dibattito ancora aperto........................................... 84 INDICE 162 5. La Raccomandazione sulla qualità dell’Istruzione e Formazione Professionale (EQAVET)................................................................................................................................... 87 5.1 Dal controllo degli input al controllo degli output .................................................. 87 5.2 I modelli input-output...................................................................................................... 88 5.3 I modelli basati sui processi........................................................................................... 89 5.4 La Raccomandazione per l’istituzione di un Quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’Istruzione e della Formazione Professionale 92 5.5 Verso EQAVET+............................................................................................................... 96 6. Le Raccomandazioni europee sul riconoscimento dei crediti (ECVET) e sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale............................. 99 6.1 La convalida e la certificazione dell’apprendimento pregresso........................... 99 6.2 Il sistema europeo di crediti per l’Istruzione e la Formazione Professionale (ECVET) ............................................................................................................................. 99 6.3 Come funziona ECVET .................................................................................................. 100 6.4 La convalida dell’apprendimento non formale e informale.................................. 101 7. Il Fondo Sociale Europeo...................................................................................................... 105 7.1 Uno strumento per favorire un armonioso sviluppo economico e sociale degli Stati membri ............................................................................................................ 105 7.2 La programmazione 2014-2020.................................................................................... 107 7.3 Le risorse disponibili per l’Italia ed i programmi operativi nazionali e regionali............................................................................................................................ 108 8. L’evoluzione dei sistemi educativi europei nel quadro delle sfide di Lisbona .. 117 8.1 Le politiche centrate sull’innovazione di processo.................................................. 117 8.1.1 L’estensione della durata dell’istruzione obbligatoria................................ 118 8.1.2 La riforma del curriculum ................................................................................... 119 8.1.3 Assegnare nuove risorse (specialmente per le aree a rischio) .................. 122 8.1.4 La riforma della carriera dei docenti............................................................... 123 8.2 Le politiche centrate sul controllo dei risultati ......................................................... 126 9. L’impatto del processo di Lisbona sugli Stati membri europei e sul sistema italiano di Istruzione e Formazione Professionale ............................... 133 9.1 Il riconoscimento del diritto all’apprendimento durante tutto il corso della vita .............................................................................................................................. 133 9.2 L’impatto delle Raccomandazioni europee sul sistema di Istruzione e Formazione Professionale ........................................................................................... 135 9.2.1 Il raccordo tra istruzione, formazione e mondo del lavoro........................ 135 9.2.2 L’impatto del dibattito della Raccomandazione sull’istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche (EQF) ............................................... 139 9.2.3 L’impatto della Raccomandazione europea sul Sistema europeo di crediti per l’Istruzione e la Formazione Professionale (ECVET) e sul riconoscimento delle competenze acquisite in contesti non formali ed informali.............................................................................................................. 144 9.2.4 L’impatto della Raccomandazione europea sull’assicurazione di qualità nell’IeFP (EQAVET).......................................................................... 149 10. Una riflessione finale .............................................................................................................. 155 Bibliografia........................................................................................................................................ 157

Soft skill e orientamento professionale

Autore: 
Michele Pellerey
Categoria pubblicazione: 
Studi
Anno: 
2017
Numero pagine: 
155
Codice: 
9788895640884

Successo formativo degli allievi del CNOS-FAP qualificati e diplomati negli anni 2010-14. Prospettive teoriche ed evidenze empiriche a confronto

Autore: 
Malizia G.
Categoria pubblicazione: 
Studi
Anno: 
2016
Numero pagine: 
180
Codice: 
978-88-95640-90-7
STUDI PROGETTI ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE Successo formativo degli allievi del CNOS-FAP qualificati e diplomati negli anni 2010-14 Prospettive teoriche ed evidenze empiriche a confronto A cura di G. Malizia A cura di GuGlielmo mAliziA Anno 2016 successo formativo degli allievi del cnos-fap qualificati e diplomati negli anni 2010-14 Prospettive teoriche ed evidenze empiriche a confronto © 2016 By Sede Nazionale del CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane - Formazione Aggiornamento Professionale) Via Appia Antica, 78 - 00179 Roma Tel.: 06 5107751 - Fax 06 5137028 E-mail: cnosfap.nazionale@cnos-fap.it – http: www.cnos-fap.it Hanno collaborato: Francesco GENTILE (Sede Nazionale CNOS-FAP); Carlo NANNI (UPS); Vittorio PIERONI (UPS). Tipolitografia Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 067827819 - Fax 067848333 - E-mail: tipolito@donbosco.it Finito di stampare: settembre 2016 introduzione....................................................................................................................... 5 parte prima il quadro generale di riferimento...................................................................................... 9 CAPITOLO 1 LA TRANSIzIONE dALLA FORmAzIONE AL LAVORO LO SCENARIO ......................................................................................................................... 11 1. La società della conoscenza in una situazione di crisi................................................... 11 2. L’inserimento occupazionale dei giovani in Italia......................................................... 17 3. Il sistema educativo di istruzione e di formazione: problemi e prospettive .................. 23 CAPITOLO 2 LE PROSPETTIVE TEORICHE .................................................................................................... 35 1. Istruzione, formazione ed economia.............................................................................. 35 2. Welfare ed educazione: dalla separazione alla correlazione.......................................... 44 3. Considerazioni conclusive............................................................................................. 50 CAPITOLO 3 LE RISPOSTE RECENTI dELLA POLITICA IN ITALIA: LA “BUONA SCUOLA” E IL JOBS ACT ........... 53 1. La “Buona Scuola” ........................................................................................................ 53 2. Il Jobs Act ...................................................................................................................... 74 3. Osservazioni conclusive ................................................................................................ 84 parte seconda l’indagine sul campo ........................................................................................................ 85 CAPITOLO 4 IL SUCCESSO FORmATIVO dEI qUALIFICATI E dIPLOmATI NEL 2012-13 IL mONITORAGGIO dEL 2014 ........................................................................................... 87 1. Le caratteristiche personali degli ex-allievi................................................................... 88 2. Il percorso formativo ..................................................................................................... 91 3. Posizione degli ex-allievi ad un anno dalla qualifica o dal diploma ............................. 96 4. Valutazione complessiva dell’esperienza .................................................................... 108 CAPITOLO 5 IL SUCCESSO FORmATIVO dEI qUALIFICATI E dIPLOmATI NEL 2013-14 IL mONITORAGGIO dEL 2015 ......................................................................................... 113 1. Le caratteristiche personali degli ex-allievi ................................................................. 114 2. Il percorso formativo ................................................................................................... 117 3. Posizione degli ex-allievi ad un anno dalla qualifica o dal diploma ........................... 121 4. Valutazione complessiva dell’esperienza .................................................................... 133 3 sommario osservazioni conclusive............................................................................................... 139 appendici.......................................................................................................................... 151 Appendice I: Scheda per il monitoraggio del Successo Formativo (2015)................. 153 Appendice II: Bibliografia........................................................................................... 161 indice................................................................................................................................ 173 5 Il rapporto presenta in sintesi i risultati della terza fase di un progetto di ricerca di ampio respiro che il CNOS-FAP ha inteso realizzare con la collaborazione del - l’Istituto di Sociologia dell’Educazione dell’Università Salesiana, sul tema del - l’inserimento nel lavoro dei qualificati della propria IeFP, con l’obiettivo di valuta- re la situazione degli ex-allievi a un anno dalla qualifica o dal diploma (malizia e Gentile, 2016 e 2015; malizia e Pieroni, 2013 e 2012b). In particolare si è voluto verificare il “successo formativo” dei giovani alla luce della legge del 1999 (il dpr. 275/99) che all’art. 1 affida all’autonomia delle scuole la finalità di garan- tirlo a tutti. Lo studio si pone in linea di continuità con due indagini condotte dal CNOS- FAP, una sulla transizione al lavoro degli allievi dei corsi triennali sperimentali di IeFP (malizia e Pieroni, 2008) e una sul loro accompagnamento al lavoro (malizia e Pieroni, 2009). queste ricerche hanno evidenziato due problematiche che sembra- vano rendere opportuni ulteriori approfondimenti: la percentuale dei qualificati del- l’anno formativo 2005-06 che all’uscita dal percorso aveva scelto di lavorare e che alla distanza di un anno aveva trovato un lavoro, era certamente consistente (51,6%), ma non così elevata come si sarebbe potuto aspettare, tenendo conto del carattere immediatamente professionalizzante della IeFP; in ogni caso risultava dif- ficile valutare con esattezza il significato della percentuale del 51,6% di occupati per la mancanza di dati regionali e nazionali complessivi sulla IeFP. Per queste ra- gioni si è pensato di avviare una indagine che cercasse di identificare con più preci- sione la situazione dei qualificati della IeFP al momento dell’inserimento nel mon- do del lavoro, mentre la prospettiva comparativa è stata gradualmente assicurata dalle ricerche dell’ISFOL (settembre 2015). Per motivi di tempo e di risorse la prima fase della ricerca è stata focalizzata sui qualificati nel 2008-09 dei settori meccanici auto ed elettro-elettronici della IeFP salesiana (malizia e Pieroni, 2010); la seconda fase ha riguardato gli allievi dei percorsi biennali, triennali e quadriennali sperimentali di IeFP del CNOS-FAP, qua- lificati nell’anno formativo 2009-10, relativamente a 5 macrosettori (automotive, elettrico-elettronico, grafico, meccanica industriale, turistico alberghiero) più vari altri (edilizia, lavorazione artistica del legno, agricoltura, benessere 1, amministra- zione, punto vendita) che sono stati trattati insieme per la loro ridotta consistenza introduzione 1 Estetiste e acconciatori. 6 numerica (malizia e Pieroni, 2012b). La terza fase riguarda non solo i qualificati e i macrosettori appena richiamati del 2009-10 (con l’aggiunta dell’energia nel 2011- 12), ma per la prima volta anche i diplomati. Più precisamente, finora (ma è ancora in corso) tale fase ha incluso qualificati e diplomati nei seguenti anni formativi: 2010-11, 2011-12, 2012-13 e 2013-2014 (malizia e Pieroni, 2013; marchioro, 2014; malizia e Gentile, 2015 e 2016). Al fine di valutare gli esiti della transizione al lavoro si è deciso di ricorrere alla seguente metodologia di ricerca che si richiama qui in breve, ma su cui si ritor- nerà più ampiamente nella seconda parte del rapporto con l’indicazione precisa del- le relative cifre. In una primo momento ci si è rivolti alle segreteria dei Centri di Formazione Professionale (CFP) del CNOS-FAP, per conoscere anzitutto il numero dei qualificati e dei diplomati a giugno-luglio dell’anno in corso, suddivisi per set- tori di qualifica operativi in ciascun CFP e per ottenere dati anagrafici distribuiti per settore di qualifica. A seguito di queste prime informazioni è stato definito l’univer- so degli ex-allievi di riferimento che poi sono stati monitorati tramite intervista te- lefonica personalizzata. Ad essi è stata applicata una breve scheda, comprendente una decina di domande, che è rimasta sostanzialmente la stessa dalla prima fase del- la ricerca (malizia e Gentile, 2015 e 2016) 2. Il report si articola in due parti, per complessivi cinque capitoli oltre all’intro- duzione, alle conclusioni e a due appendici. La prima parte delinea il quadro gene- rale di riferimento: lo scenario della transizione dalla formazione al lavoro, le pro- spettive teoriche sul rapporto tra istruzione, formazione ed economia e tra educa- zione e welfare e le risposte recenti della politica nel nostro Paese. La seconda se- zione si distribuisce su due capitoli: il quarto riguarda i risultati del penultimo mo- nitoraggio, quello del 2014, sui qualificati e diplomati del CNOS-FAP nel 2012-13; nel capitolo quinto, invece, vengono analizzati i risultati dell’ultimo monitoraggio, quello del 2015, su qualificati/diplomati del 2013-14. Non ci si è potuti concentrare solo sull’ultimo monitoraggio perché, per ragioni di opportunità legate allo slitta- mento eccessivo del calendario dell’anno formativo, il monitoraggio in questione non ha potuto tener conto dei CFP della Sicilia per cui è venuto a mancare il 15% circa dell’universo. Pertanto, si è ritenuto utile fornire nel capitolo quarto anche i dati dell’ultimo monitoraggio effettuato sull’universo dei qualificati e diplomati del CNOS-FAP per evitare che i risultati della ricerca non venissero considerati rappre- sentativi. Le conclusioni richiamano in sintesi i risultati principali della ricerca. In ag- giunta sono state previste due appendici: la prima riproduce l’ultima scheda usata per il monitoraggio e la seconda offre la bibliografia della ricerca che comprende le principali pubblicazioni utilizzate sin dalla prima fase dell’investigazione. In ogni caso, dai sei monitoraggi effettuati a partire dal 2009 emerge una serie di andamenti positivi ormai consolidati nel tempo. Ricordo i principali: 2 Per la scheda cfr. Appendice I. 7 – il sorpasso della scelta di continuare gli studi rispetto a quella di andare subito a lavorare, che evidenzia la capacità della IeFP di rimotivare alla formazione giovani che per gli insuccessi accumulati nella scuola erano in pericolo di ab- bandonare il sistema educativo di istruzione e di formazione; – il ruolo importante svolto dalla IeFP riguardo al reperimento di una occupazio- ne da parte dei giovani del gruppo di età 15-24 anni, quello cioè che trova dif- ficoltà più gravi nel passaggio al mondo del lavoro; – la diminuzione costante degli ex-allievi che non lavorano e non studiano, ridot- ti a poco più del 15% di cui veramente inattivi sono solo l’1,9%; – la crescita nel tempo della presenza degli ex-allievi di origine migratoria tra gli iscritti alla IeFP salesiana che costituiscono molto più del doppio degli studenti stranieri presenti nella secondaria di 2° grado; – l’incidenza positiva dei percorsi di IeFP sulla formazione dei qualificati; – la brevità dei tempi di attesa per il reperimento di un lavoro; – un giudizio globale molto favorevole da parte dei qualificati e diplomati circa l’offerta formativa della IeFP del CNOS-FAP (malizia e Gentile, 2015 e 2016). Non mancano alcune criticità come la crescita della precarietà di quanti trova- no un lavoro, un ricorso al Centro di Formazione Professionale per reperire l’occu- pazione ancora non molto diffuso e una soddisfazione nei confronti dell’IeFP sale- siana che un 30% circa ritiene ancora solo sufficiente rispetto al 70% quasi che la considera ottimale. Comunque, si tratta di carenze limitate, di cui alcune sono già in corso di superamento e che potranno essere facilmente ovviate in tempi relativa- mente brevi. Gli andamenti positivi ricordati sopra per il CNOS-FAP vengono confermati per tutti gli allievi della IeFP dalle ricerche dell’ISFOL. mi limito a citare solo una valutazione fra tante: «[...] come già rilevato nella prima edizione dell’indagine, la filiera della IeFP si conferma come un canale attivo ed efficace. Sebbene in un contesto strutturale di crisi economico-occupazionale, riesce a rispondere sia alla funzione di professionalizzare giovani che “vocazionalmente” scelgono un percor- so di inserimento più rapido nel mondo del lavoro, sia di recupero alla formazione di coloro che, per stili cognitivi e di apprendimento, preferiscono formarsi attraverso metodologie didattiche improntate alla pratica, al laboratorio, con periodi di stage, che attualizzano maggiormente l’apprendimento nell’esperienza» (Occupati nella formazione, 21 maggio 2014, p. 9). Parte i iL QuAdro GenerALe di riFeriMento 11 Capitolo 1 LA trAnSizione dALLA ForMAzione AL LAVoro Lo scenario Il capitolo è articolato in tre sezioni principali. La prima tenta di delineare in sintesi le caratteristiche della società, con particolare riguardo all’Italia, nell’attuale situazione di crisi, mentre la seconda e la terza approfondiscono l’analisi con riferi- mento ai due sottosistemi che qui maggiormente interessano, quello occupazionale e quello educativo, e più precisamente: da una parte, la transizione dei giovani al mondo del lavoro e dall’altra il successo scolastico e formativo con un’attenzione specifica alla Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). 1. la società della conoscenza in una situazione di crisi Le tecnologie dell’informazione, informatiche e telematiche, hanno provocato nell’ultimo decennio uno scenario di radicale transizione sociale verso nuove forme di vita e di organizzazione che ha fatto parlare di “società della conoscenza” (Cresson e Flynn, 1995; malizia e Nanni, 2010; malizia e Pieroni, 2012b; de Luigi, martelli e Rizza, 2014). I micro-processori stanno inducendo sotto i nostri occhi una rivolu- zione globale dagli esiti non ancora chiari e scontati, che si estendono non solo alla produzione e alla comunicazione sociale, ma anche ai modi di vita e dell’esistenza individuale, familiare, sociale e mondiale. Sono cresciute enormemente le opportu- nità di accedere all’informazione e al sapere, ma d’altra parte si richiedono adatta- menti e competenze nuove che, se mancano, possono provocare emarginazione ed esclusione sociale. Sul lato strutturale, si può dire che si è compiuto il passaggio da un modello in- dustriale di economia ad uno post-industriale (Gosetti, 2011a e b; malizia e Nanni, 2010; malizia e Pieroni, 2012b; de Luigi, martelli e Rizza, 2014). Il primo pone l’accento su una concezione quantitativa della crescita (“trarre più dal più”), sul vo- lume della produzione, su una impostazione lineare, atomistica, gerarchica, dualisti- ca e manipolativa del lavoro e della sua organizzazione; il secondo sottolinea la qua- lità e l’intensità dello sviluppo (“ottenere più dal meno”), il valore della produzione, la natura simbolica, interattiva, contestuale, partecipativa, autonoma e intellettuale dell’attività occupazionale e della sua strutturazione. Il mondo delle aziende è do- minato da imprese dinamicizzate dalla risorsa “conoscenza”, flessibili, capaci di produrre una vasta gamma di beni e servizi che sono molto spesso immateriali. Sul lato negativo, le grandi imprese riducono le loro attività: le funzioni pro- 12 duttive di base sono conservate, mentre i servizi di supporto vengono affidati a dit- te o a persone esterne; per questa via, la grande industria è riuscita a ridurre la forza lavoro in maniera anche molto drastica. Il passaggio al post-industriale si accompa- gna anche ad un aumento dei fenomeni di precarizzazione e di de-regolazione del lavoro che mettono in crisi il sistema tradizionale delle relazioni sociali. Nel con- tempo la globalizzazione e l’informatizzazione contribuiscono ad aumentare la disoccupazione o sotto-occupazione che, a differenza della prima e della seconda ri- voluzione industriale, non riesce più ad essere interamente assorbita dai settori emergenti (il quaternario). di conseguenza i nostri sistemi sociali non riescono ad assicurare a tutti un accesso equo alla prosperità, a modalità decisionali democrati- che e allo sviluppo socio-culturale personale. La sostituzione del lavoro con capitale – da cui i vari casi di disoccupazione tecnologica – è un fenomeno antico che si manifesta a partire almeno dalla rivo - luzione industriale. ma oggi esso assume connotazioni diverse per due ragioni. Primo, tale processo investe anche le attività immateriali (cioè terziarie) dove lavo- rano i “colletti bianchi”, quelli cioè occupati negli uffici. Secondo, il capitale che sostituisce il lavoro non è rappresentato da macchine qualsiasi ma dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Il passaggio alla società della conoscenza trasforma il senso e il modo di lavo- rare, nascono nuove professioni, vecchi mestieri cambiano configurazione, altri scompaiono definitivamente. Si diversificano i mestieri e prima ancora le tipologie e le forme giuridiche dei rapporti occupazionali. C’è un’indubbia “intellettualizza- zione” del lavoro. È richiesta la flessibilità e la mobilità occupazionale e la poliva- lenza della cultura professionale. L’avvento dell’industrializzazione ha profondamente mutato il ruolo e lo sta- tus del lavoro (Bagnara, 2010; Panara, 2010; Rullani, 2011; malizia e Pieroni, 2012b; de Luigi, martelli e Rizza, 2014). Anzitutto, quest’ultimo si è gradualmente trasformato in lavoro cognitivo man mano che i cosiddetti lavori di “fatica” sono stati assunti dalle macchine, alimentate da energia artificiale. In secondo luogo è in atto un altro processo per cui il lavoro cognitivo di natura esecutiva viene progres- sivamente assorbito dall’automazione delle macchine, mentre contemporaneamente si sta diffondendo un’altra modalità di lavoro, il lavoro intelligente, che risulta sem- pre più necessario se si vuole orientare e sviluppare la complessità presente nella società della conoscenza. di fatto, il lavoro esecutivo non è stato ancora superato, ma costituisce un nodo problematico serio nei Paesi ricchi dove, in seguito alla meccanizzazione e all’apertura dei mercati verso i Paesi “low cost” – che invece se ne servono come forza portante della loro crescita – esso tende a perdere valore in maniera inarrestabile. In questa situazione i lavoratori del Nord del mondo dovran- no impegnarsi ad elevare il livello della propria occupazione da esecutivo a innova- tivo; si tratta però di un salto di qualità tutt’altro che facile e semplice perché richie- de conoscenza di processi complessi, autonomia e coraggio di investire a rischio. Un’altra opportunità che sta emergendo di fronte al fenomeno della fuga all’estero 13 del lavoro esecutivo e della sua sostituzione con le macchine è offerta dalla crescita del lavoro adattivo che si differenzia dagli altri due perché mira ad adeguare le pre- stazioni standard alle esigenze dei vari contesti o delle singole persone. Il lavoro cognitivo sta assumendo pertanto tre configurazioni tra loro profon- damente diverse. Anzitutto viene il lavoro creativo o intelligente che in modo inno- vativo adegua i processi meccanici ad un contesto complesso o riesce a dar vita a nuovi ambienti. Esso caratterizza i cosiddetti lavoratori della conoscenza che stan- no aumentando per numero e per importanza, sospinti dalle dinamiche della società attuale che impongono di affrontare quotidianamente situazioni di complessità, di- versità, incertezza e cambiamento accelerato. In secondo luogo va menzionato il la- voro esecutivo che, diversamente dal precedente, applica e replica conoscenze ri- producibili come le macchine e svolge mansioni soggette alle prescrizioni contenu- te in programmi. Gli operai delle imprese industriali e gli impiegati delle burocra- zie pubbliche, pur continuando ad essere presenti nei Paesi sviluppati, tuttavia ve- dono ridurre il proprio numero e indebolirsi la loro posizione sia perché sono facil- mente sostituibili sia anche per il confronto competitivo con i lavori “low cost” of- ferti nel Sud del mondo. Il lavoro adattivo abbraccia quelle attività tradizionali co- me la badante, l’idraulico, il cameriere, il riparatore, in cui è necessario adeguare ai diversi ambienti macchine o procedure che non sono in grado di rispondere ai pro- blemi in maniera soddisfacente. Ci troviamo di fronte ad una categoria di occupa- zioni che è destinata ad aumentare, in particolare nel campo dei servizi, ma i relati- vi stipendi si collocano a livelli bassi perché soffrono della concorrenza di sostituti “low cost” locali quali immigrati e disoccupati. In tutti e tre i casi il successo può essere assicurato dalla presenza delle tre caratteristiche a cui si è già accennato sopra: l’autonomia delle scelte, l’intelligenza della situazione e delle alternative, l’assunzione di una parte di rischio. La crisi del credito e la finanza “creativa” della fine dello scorso decennio han- no comportato un’interruzione nella crescita economica (Banca d’Italia, 2009a e b; Fortis, 2009; Governare l’economia globale, 2009; Guerrieri e Padoan, 2009; mali- zia e Tonini, 2010; malizia e Pieroni, 2012b). È soprattutto il sistema finanziario che si è trovato in grosse difficoltà: «Le banche hanno elargito prestiti in quantità elevate ai clienti poco solvibili [...] Hanno allettato i mutuatari con politiche di mar- keting aggressive. Con l’aumento dei tassi e lo scoppio della bolla immobiliare si è innescata la crisi» (Crisi globale identità locale, 2009, p. 41; d’Apice e Ferreri, 2009). Gli effetti non si sono fatti attendere e sono seguite anzitutto la bancarotta di varie grandi, medie e piccole imprese, tra cui banche famose, la crescita della disoccupazione e una maggiore diffusione di situazioni di estrema povertà. Inoltre, i prezzi delle merci hanno cominciato a salire a fronte di famiglie sempre più impo- verite dalla riduzione del reddito complessivo dei loro componenti. I governi si so- no trovati nel pericolo di vedere diminuito il gettito delle tasse e di essere obbligati a ridurre le spese, cominciando come sempre proprio da quelle sociali. Come in altri Paesi Occidentali, l’Italia ha vissuto tra il 2008 e il 2014 un pe- 14 riodo di profonda recessione economica. In proposito vale la pena richiamare alla lettera le valutazioni del Censis che fotografano molto bene la situazione: «La real- tà si è rivelata diversa da quella che ci aspettavamo, più complicata che nelle crisi precedenti e così “perfida” da imporci una radicale rottura di schema anche inter- pretativo (prima ancora che decisionale e operativo). Ci siamo infatti trovati dentro fenomeni e processi non padroneggiabili, e in parte neppure comprensibili [...]: – sono entrati in giuoco “fenomeni enormi” per dimensione e complessità fuori della nostra portata intellettuale e politica (la speculazione internazionale, la crisi dell’euro, la impotenza dell’apparato europeo, la modifica degli assetti geopolitici e altro ancora); – ci sono piovuti addosso “eventi estremi” quasi con caratteristiche di catastrofi naturali (basterebbe pensare a come abbiamo vissuto la dinamica dello spread e il pericolo di default) [...]; – e soprattutto ci siamo ritrovati nella progressiva crisi della sovranità, a tutti i livelli, visto che nessuno, in Italia e altrove, è stato in grado di esercitare un’ade guata reattività decisionale» (Censis, 2012, p. XII). L’influsso sfavorevole della recessione sull’economia italiana ha fatto sentire i suoi effetti sul Pil, provocandone la diminuzione: dalla metà del 2011 è risultato negativo, giungendo sino a -2,5% ha poi evidenziato una modesta ripresa nel terzo trimestre del 2013 ed infine si è ridotto di nuovo alla fine del 2014 (-0,4%) (Unionca- mere 2013; Unioncamere 2014; malizia e Gentile 2015; Censis 2014; Reyneri e Pin- taldi, 2013). Effetti simili si sono prodotti anche nel mercato del lavoro: in proposito, va osservato che il tasso generale di disoccupazione arrivato nel novembre del 2014 al 13,3%, è più del doppio di quello del 2007 (6,6%), rappresenta un massimo storico dal 1977 e su base annua registra una crescita dell’1%; inoltre, nella coorte 15-24 anni, la percentuale si colloca al 43% che è un dato molto preoccupante, ma sulla disoc - cupazione giovanile ritorneremo più ampiamente nella seconda sezione del capitolo. Va anche evidenziato che l’ultimo mese del 2014 ha riservato una sorpresa po- sitiva, la riduzione delle percentuali della disoccupazione generale e di quella gio- vanile al 12,9% e al 42% rispettivamente e l’incremento dell’occupazione al 55,7% della forza lavoro. questi segnali di ripresa hanno continuato a manifestarsi nel 2015, benché in maniera debole, a livello dello “zero virgola” (Censis, 2015; Sensi- ni, 2 marzo 2016; Redazione Online, 2 marzo 2016; marro, 2 marzo 2016; mazza, 2 marzo 2016; Pini, 2 e 5 marzo 2016): ne ricordo i principali. dopo tre anni di ca- duta, il Pil aumenta dello 0,8% (in dati grezzi e dello 0,6% in dati corretti in base ai giorni lavorati), una cifra che si situa poco al di sotto delle ultime previsioni uffi- ciali del governo che lo collocavano allo 0,9%. Tale risultato va attribuito principal- mente ai consumi interni che sono saliti dello 0,5%. Scendendo nei dettagli, i com- parti dell’agricoltura e dell’industria in senso stretto sono quelli che hanno ottenuto gli esiti migliori, +3,8% e +1,3% rispettivamente, mentre nei servizi ci si è fermati a +0,4% e nelle costruzioni si riscontra un esito negativo, -0,7%; a loro volta, le esportazioni sono aumentate del 4,3% e le importazioni del 6%. 15 A gennaio del 2016 il tasso di disoccupazione si colloca all’11,5%, pressoché il medesimo del dicembre del 2015 (11,6%), ma più basso dello 0,7% rispetto a un anno prima. Risale invece a gennaio il tasso di disoccupazione giovanile, raggiun- gendo il 39,3%, cioè la cifra più alta dall’ottobre passato. A sua volta la percentua- le degli occupati ha raggiunto il 56,8%, il dato più elevato dal maggio 2012, per effetto di una crescita di 70.000 rispetto al mese precedente e di 299.000 in con- fronto all’anno prima che, però, ha premiato soprattutto gli ultracinquantenni; tra i lavoratori dipendenti quelli a tempo indeterminato sono cresciuti molto di più de- gli altri, raggiungendo i 426.000, a conferma della particolare incidenza degli sgra- vi contributivi del Jobs Act sul boom di questo tipo di contratti. Comunque il tasso di occupazione rimane inferiore di una decina di punti circa in paragone ai princi- pali concorrenti europei. Positivo è anche il calo degli inattivi (-242.000 in un an- no) che ha riguardato anche in questo caso gli ultracinquantenni. Il Rapporto Censis, facendo riferimento al Jobs Act, sottolinea come durante il 2014 e il 2015 si sia realizzato il varo di un nuovo disegno riformatore (2015). Più in particolare, dall’entrata in vigore del Jobs Act si è registrata una crescita di 204.000 posti di lavoro, anche se siamo ancora lontani dalla situazione pre-crisi in quanto rispetto al 2008 ne mancano 561.000. Al tempo stesso, il Rapporto fa no- tare la persistenza di tre andamenti negativi: la polarizzazione ovvero l’aumento della disparità fra i redditi a livello nazionale dall’inizio della crisi, soprattutto nel Sud; l’adattamento attraverso la diminuzione delle ore lavorate e il conseguente assestamento a un livello inferiore di reddito disponibile in confronto all’anno precedente; la diffusione di atteggiamenti di resa anche molto marcati come nei Neet e l’esposizione alla povertà e alla precarietà per vari settori deboli del mondo del lavoro. La crescita italiana rimane modesta se confrontata con quella dei Paesi più svi- luppati: la Francia ha ottenuto nel 2015 un aumento dell’1,2%, la Germania dell’1,7%, la Gran Bretagna del 2,2% e gli Usa del 2,7%. questo andamento sem- bra dare supporto allo scenario ancora alquanto buio, descritto dal Rapporto Cen- sis 2015, di un’Italia in “letargo esistenziale”, Paese dello “zero virgola”, avvolto nelle nebbie di un “limbo”, che non riesce ad avviarsi verso una piena ripresa e una visione di lungo periodo (Censis, 2015). questo non significa che manchino segna- li di una certa luminosità che si cercherà di mettere in risalto più precisamente nei due sottosistemi di cui ci occuperemo nelle sezioni successive, quello dell’occupa- zione e quello dell’istruzione/formazione. Il 2015 è stato un anno eccezionale a motivo della caduta del prezzo del petro- lio e della cura monetaria della BCE. queste due dinamiche rimangono ancora in atto, ma le prospettive di sviluppo a livello mondiale sono molto deteriorate per l’effetto di vari fattori quali la frenata della Cina, la crisi dei Paesi emergenti, le gra- vi problematiche della industria energetica e le sofferenze delle banche. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, preoccupano alcuni andamenti riscontrati a dicem- bre del 2015 quali: la flessione dell’export del 2,2%, quella dell’import del 3,5% e 16 della produzione industriale dello 0,7%. Si tratta certamente di campanelli di allar- me da tenere in attenta considerazione almeno riguardo all’entità dello sviluppo che ci si aspetta nel 2016. Continuando nella panoramica generale delle caratteristiche della società della conoscenza, una certamente consiste nella emergenza educativa. In proposito, la prima problematica si pone nei confronti dell’educazione ai valori e ciò si può ca- pire facilmente se si fa riferimento al relativismo dominante nella cultura e nella so- cietà (Benedetto XVI, 11 giugno 2007; malizia et alii 2009; Papa Francesco 24 giu- gno 2015). Parte dell’emergenza educativa e al tempo stesso la sua causa è l’impre- parazione dei genitori, che tendono a rinunciare al loro ruolo educativo, anzi che neppure sanno più in che cosa consista. date le difficoltà che si incontrano a forma- re i giovani ai valori fondamentali della vita, si può capire la scelta della scuola di ripiegare dall’educazione all’istruzione. Anche in quest’ultima area si riscontrano serie problematiche: è sufficiente prendere in considerazione i tassi di insuccesso e le disparità formative secondo la classe sociale, ma su queste tematiche ritornerò più ampiamente nella terza sezione del capitolo. Altro punto di debolezza è la discrepanza, in termini non solo di cono- scenze e di competenze, ma spesso anche di attitudine e di approccio, che continua a permanere (ed anzi tende ad aggravarsi) tra le richieste del mercato del lavoro e l’insieme delle capacità offerte in uscita dal sistema formativo. Il problema è che in Italia questo divario e questa mancanza di convergenza sono frutto della separazio- ne culturale e di esperienza fra i due mondi e generano, di conseguenza, non solo crescenti difficoltà di inserimento dei giovani nel mondo produttivo ma anche una sempre minore possibilità, da parte del sapere tecnico e scientifico, di entrare nei processi produttivi e di incidere su di essi. Per rispondere al meglio alle nuove esigenze si dovrà pensare a una nuova fi- gura di lavoratore che non solo possieda i necessari requisiti tecnici, ma anche nuo- vi saperi di base (informatica-informazione, inglese, economia, organizzazione), ca- pacità personali (comunicazione e relazione, lavoro cooperativo, apprendimento continuo) e anche vere e proprie virtù del lavoro (affrontare l’incertezza, risolvere problemi, sviluppare soluzioni creative). In un contesto di piena globalizzazione, prevalgono un nuovo individualismo e un conseguente utilitarismo (malizia e Pieroni, 2012b). Le coordinate del senso da dare alla vita personale e collettiva vengono identificate prevalentemente in fattori materiali, tecnici, procedurali. Si diffonde il convincimento che i problemi propri della convivenza vanno affrontati e risolti facendo leva sulle istanze assolutizzate del mercato e sul potere della maggioranza. Una grande porzione di giovani e di adulti cresce con una personalità dissociata e con una coscienza frammentata nella percezione di sé e del mondo esperienziale in cui vive e si rapporta. La secolarizzazione religiosa (cioè una vita sociale senza religione), più che co- me “logica conseguenza” del trionfo della scienza e dello sviluppo tecnologico, si è attuata a livello pratico (in quanto le menti e i cuori della gente si sono rivolti più 17 che altro al consumismo, al benessere e al divertimento), ma è stata controbilancia- ta da un ritorno di fiamma del sacro, della magia, dei riti, di nuove forme di religio- sità e da quella diffusa tendenza ad una religiosità soggettivistica e cosmica, che ha avuto la sua classica espressione nei movimenti della New Age, della Next Age, nel ricorso a “guru”, a forme di pratiche tra il religioso e la cura di sé. Si è parlato di neopaganesimo e di politeismo post-cristiano, ma anche di mercato del sacro, di fie- ra dei misteri, di percorsi di religiosità e di mistica. questi andamenti dei processi storici dell’Occidente vengono a combinarsi e a scontrarsi con gli spostamenti delle popolazioni per i motivi più svariati, da quelli di tipo economico a quelli di natura politica, culturale, turistica, dando luogo al fe- nomeno della multicultura. Essa viene a caratterizzare sempre più la vita interna delle nazioni e il quadro internazionale (seppure non senza forme di difesa naziona- listica o localistica o confessionale). A livello di cultura ciò viene ad esaltare il fe- nomeno del pluralismo a tutti i livelli e, inoltre, può mettere in crisi i tradizionali modelli di uomo, di cultura e di sviluppo. 2. l’inserimento occupazionale dei giovani in italia La condizione attuale dei giovani italiani è tutt’altro che soddisfacente (Reyne- ri, 2014, 49-50; Istituto Giuseppe Toniolo, 2014). «[...] sempre meno numerosi e più istruiti (ma ancora poco a confronto dei coetanei degli altri Paesi europei), entrano più tardi nel mercato del lavoro e svolgono più frequentemente lavori non manuali qualificati, ma molto più che in passato sperimentano lunghi periodi in cui alterna- no spezzoni di occupazioni instabili e momenti di disoccupazione non brevi. Inol- tre, un elevato livello di istruzione non è più una garanzia di accesso a lavori pro- fessionalmente qualificati, anche se l’influenza dell’origine sociale si è un poco at- tenuata». Tenuto conto della tematica del presente rapporto, mi limiterò ad appro- fondire solo quanto riguarda il lavoro (Sensini, 2 marzo 2016; Redazione Online, 2 marzo 2016; marro, 2 marzo 2016; mazza, 2 marzo 2016; Pini, 2 e 5 marzo 2016; Amato 2 marzo 2016). da questo punto di vista risalta subito lo svantaggio del gruppo di età 15-24 in tema di disoccupazione. Se nel decennio 2007-16, cioè dagli anni appena antecedenti la crisi a quelli della crisi fino all’uscita da essa, la percen- tuale generale è salita dal 5,8% all’11,5% con un picco nel 2014 del 13,0%, il tasso giovanile presenta in corrispondenza cifre che risultano sempre superiori di più del triplo: 18,4%, 43,7% e 39,3%. Inoltre, come già si è fatto cenno sopra, la prima per- centuale (quella generale) registra tra il dicembre 2015 e il gennaio 2016 ancora una leggera diminuzione dall’11,6% all’11,5%, mentre la seconda (quella giovanile) au- menta dal 38,7% al 39,3%. La situazione si rovescia per gli altri tassi: l’occupazione aumenta, ma ha i ca- pelli grigi e si conferma che l’Italia non è il Paese migliore per i giovani. La percen- tuale relativa sale per tutte le fasce di età eccetto che per la coorte 15-24 anni: più 18 in particolare, durante il 2015 si riscontra una crescita dello 0,7% per il gruppo 24- 34 e per quello 35-49, mentre un reale balzo in avanti si registra tra i 50 e i 64 anni con un aumento dell’1,8%. In valori assoluti, i giovanissimi al di sotto dei 25 anni evidenziano un calo di 7.000, mentre gli over 50 registrano un aumento molto note- vole di 359.000, da attribuirsi probabilmente in gran parte all’innalzamento dell’età pensionabile; a loro volta, la coorte tra i 25 e i 34 vede una leggera crescita di 16.000 al contrario degli adulti fra i 35 e i 49 anni che segnalano una contrazione di 69.000. Analogo discorso vale anche per gli inattivi in quanto della diminuzione di 242.000 beneficiano quasi unicamente gli over 50 con un calo di 209.000 unità. Come si sa, l’inserimento nel mondo del lavoro varia notevolmente in base alla circoscrizione geografica e anche per sesso (Censis, 2015). Così nel primo seme- stre del 2015 i tassi di attività della popolazione 15-64 oscillavano tra oltre il 70% nel Nord (70,6% nel Nord Ovest e 70,4% nel Nord Est), il 68,9% al Centro e appe- na il 53,1% al Sud; a loro volta i maschi erano al 73,6% e le femmine si collocava- no a distanza notevole, il 54,4%. Inoltre, i tassi di occupazione raggiungevano i due terzi quasi al Nord Ovest (64,1%) e al Nord Est (64,9%), il 60,9% al Centro e poco oltre il 40% (42,2%) al Sud: anche in questo caso il divario tra uomini e donne è as- sai consistente, rispettivamente 64,8% e 47,1%. La disoccupazione è quasi fisiolo- gica al Nord (9,1% al Nord Ovest e 7,6% al Nord Est), sale poco oltre il 10% al Centro (11,4%) e si raddoppia quasi al Sud (20,3%): a loro volta, i maschi sono al 12,0% e le femmine al 13,8%. Il gruppo di età 15-24 anni vede la percentuale di disoccupazione a oltre un quarto (27,3%) al Nord Est, a più di un terzo (35,8%) al Nord Ovest, al 40,7% al Centro e al 60% circa (57,5%) al Sud; tra i maschi si supera il 40% (41,0%), ma tra le femmine si sale fino a oltre 45% (45,9%). In relazione all’UE a 28 Paesi l’Italia, nonostante i miglioramenti realizzati nel- l’ultimo anno, tende a situarsi nella parte inferiore della classifica sia per i tassi di attività che per quelli di disoccupazione: al riguardo sembra valere la regola del “meno 10” in paragone alla media Europea (Censis, 2015). Più precisamente, il dato sull’attività vede il nostro Paese al 64%, mentre l’UE si colloca al 72,3%; per il tasso di occupazione il divario è pressoché eguale, 55,7% e 64,8%. Sempre nell’Europa a 28 Stati l’Italia ha il peggiore valore dopo Spagna e Grecia riguardo ai giovani e dopo Grecia e Spagna per il tasso generale (Censis, 2014). Preoccupante è la crescita dei Neet (i giovani 15-29 anni che non lavorano e non studiano) che nel 2014 hanno toccato il 26,2% (oltre 2,4 milioni), crescendo del 4,2% dal 2010 e dello 0,2% dal 2013 (Censis, 2015). L’andamento negativo si ag- grava nelle tre Regioni del Sud che si contraddistinguono per una percentuale più elevata, Calabria, Sicilia e Sardegna, mentre nel biennio le cifre diminuiscono in tre Regioni del Nord (Piemonte, Lombardia e Veneto) e anche in due del meridione (molise e Puglia). Inoltre, il paragone con l’UE a 28 membri svantaggia ancora di più il nostro Paese sia per la percentuale notevolmente inferiore dell’UE nel com- plesso (15,3%) sia in quanto il dato dell’UE evidenzia nel biennio una diminuzione dal 15,9% al 15,3%. 19 Se disoccupazione e Neet non sono drammi ancora superati, tuttavia creatività e ibridazione, la capacità cioè di stabilire una relazione feconda fra tradizione e in- novazione, sono ancora efficacemente presenti tra i nostri giovani (Censis, 2015). Nel confronto con i maggiori Paesi europei l’Italia è quella che può vantare il più ampio numero di lavoratori autonomi tra i 20 e i 34 anni: 941.000, quasi il doppio della Germania (528.000) e più dell’Inghilterra (849.000). La crisi ha stimolato l’in- ventiva e l’ingegno: in paragone al 2009 i giovanissimi imprenditori sono cresciuti del 20,4% e il 15% del gruppo di età 16-30 intende iniziare uno start up nei prossi- mi anni. È un segnale positivo che può indicarci una delle possibili strade da per- correre per uscire dall’imbuto nel quale il nostro Pil sembra essere caduto. dopo aver offerto un quadro generale dell’inserimento occupazionale dei gio- vani nel nostro Paese, passo ad approfondire gli aspetti che riguardano caratteristi- che e fattori specifici della situazione, utilizzando i risultati della recente ricerca ef- fettuata dall’Istituto Giuseppe Toniolo (2014). Una prima costatazione in proposito è alquanto amara e riguarda il rapporto tra formazione e occupazione nell’accesso al mercato del lavoro: in Italia il rendimento dell’istruzione si presenta più basso e tardivo che negli altri Paesi sviluppati nel senso che esso diviene significativo solo dopo i 35 anni. Nonostante ciò, la decisione di non continuare gli studi risulta co- munque negativa almeno da due punti di vista: anzitutto, un livello elevato di istru- zione permette con maggiore probabilità di trovare un lavoro più soddisfacente e redditizio rispetto ad un livello più basso; in secondo luogo, elevandosi il grado di formazione della persona, crescono anche le opportunità di impiego sia dentro che fuori d’Italia, anche se in principio ci si deve frequentemente accontentare di occu- pazioni inferiori alle attese iniziali. Inoltre, i risultati dell’indagine sotto esame met- tono in risalto la condizione problematica di chi ha conseguito unicamente l’obbli- go perché solo il 55,0% di questo gruppo ha trovato un lavoro in confronto al 59,0% dei colleghi e la loro presenza tra i Neet risulta percentualmente più numerosa. A ciò va collegato il dato secondo cui sono principalmente i giovani delle famiglie di condizione socio-economica e culturale più bassa a limitare i loro studi ai livelli più bassi, oltre ai maschi: in particolare è stretta la correlazione con il titolo di stu- dio dei genitori. Pertanto, in Italia chi appartiene a una famiglia con inferiori risor- se culturali e strumentali incontra più difficoltà, a parità di capacità di base, a rag- giungere i più alti livelli del sistema di istruzione e di formazione e, se riesce a lau- rearsi corre con maggiori probabilità il pericolo di dover affrontare tempi lunghi di disoccupazione o di sotto-inquadramento. In sintesi, si può dire che il nostro Paese valorizza le competenze dei giovani e supporta la loro mobilità sociale meno delle altre nazioni nell’Unione Europea. dopo questa prima considerazione sui fattori che intervengono nel lavoro gio- vanile, l’indagine concentra l’attenzione sugli occupati e più specificamente sul ti- po di impiego. Oltre il 40% (42,6%) dispone di un contratto a tempo indeterminato, più di un terzo (35,6%) ne ha uno a tempo determinato e i lavoratori autonomi si collocano appena al di sopra di un quinto; la percentuale di chi lavora senza contrat- 20 to è veramente marginale (1,4%). Gli occupati sono in maggioranza smaschi, la gran parte ha un’età tra i 26 e i 30, mentre un terzo si colloca al di sotto dei 25. Po- co meno di un quarto ha conseguito una laurea (di primo o secondo livello) o un ti- tolo superiore, la metà possiede un diploma quadriennale o quinquennale o uno pro- fessionale biennale o triennale e più di un quinto (23%) si è fermato all’obbligo, tut- ti dati che sono lontani in negativo dalle medie europee. I laureati, in maggioranza donne e originari di famiglie di ceto medio, dispongono con maggiore probabilità di un lavoro a tempo determinato o in subordine autonomo. I diplomati della secon- daria superiore sono presenti principalmente negli impieghi a tempo indeterminato, mentre quanti erano iscritti a percorsi professionalizzanti post obbligo si distribui- scono abbastanza equamente tra il tempo indeterminato e il lavoro autonomo. da ultimo chi si è fermato all’obbligo o non l’ha concluso – maschio, del Sud e prove- niente da una famiglia di basso status socio-professionale – lavora a tempo indeter- minato nel 50.0% circa dei casi e negli altri è occupato a tempo determinato o è un lavoratore autonomo. dal punto di vista territoriale, gli occupati risiedono per la metà circa nel Nord, mentre gli altri si ripartono tra il Centro, con una certa preva- lenza, e il mezzogiorno. Passando al tema della percezione soggettiva del lavoro, emerge che quanti possiedono un diploma di scuola superiore o equivalente risultano i più soddisfatti, (il 70% quasi) mentre gli altri due gruppi di occupati, cioè coloro che hanno segui- to una formazione universitaria e quanti si sono limitati all’obbligo si dichiarano ta- li solo nel 60% dei casi. Tra quanti godono di stabilità, perché dispongono di un contratto a tempo indeterminato, si riscontra una differenza in base al livello di istruzione per cui i giovani con titoli più elevati esprimono una valutazione gene- ralmente più favorevole. La situazione di quanti si trovano in una condizione di pre- carietà in quanto occupati con diverse forme di contratti a tempo determinato, si presenta più variegata: chi ha frequentato studi universitari si dimostra più soddi- sfatto quanto alla flessibilità del lavoro e alla corrispondenza tra percorso formati- vo e impiego ottenuto; riguardo invece alla dimensione economica appaiono mag- giormente positivi i titolari di diploma della scuola superiore o equivalente e quanti non hanno proseguito dopo l’obbligo (e questi ultimi si dichiarano anche più con- tenti delle relazioni con i colleghi). Passando a coloro che sono impegnati nel lavo- ro autonomo, emerge che una valutazione favorevole della qualità economica non è correlata con un livello elevato di istruzione, mentre tale legame esiste riguardo al- la corrispondenza tra formazione e lavoro. Più in generale si può affermare che l’in- soddisfazione per gli aspetti economici della propria occupazione riguarda princi- palmente instabili ed autonomi. Concludo questa sezione sulla qualità del lavoro con le parole stesse del Rap- porto giovani 2014 (Istituto Giuseppe Toniolo, 2014, p. 26): «da un lato chi ha tito- li bassi sperimenta maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro [...], ma non necessariamente questo si associa (una volta entrati) ad un’insoddisfazione della propria condizione professionale. d’altro lato, chi ha titoli di studio più elevati, ha 21 maggiori opportunità di trovare un lavoro, ma sperimenta tempi lunghi di stabiliz- zazione e rischia maggiormente, nella fase iniziale, di dover adattare al ribasso le proprie aspettative, con l’ulteriore rischio di restare intrappolato in una condizione di sottoinquadramento professionale». Passando ora dal lavoro svolto di fatto a quello atteso, incomincio con il com- parto di aspirazione (Istituto Giuseppe Toniolo, 2014). Il sotto-campione degli stu- denti, in particolare le ragazze, i residenti al Sud e i non diplomati, si orienta in maggioranza relativa verso il lavoro nel settore pubblico, sebbene in realtà le sue capacità di assorbimento dell’occupazione giovanile siano piuttosto limitate, men- tre i consensi verso il commercio, l’artigianato e l’agricoltura risultano molto mo- desti in relazione alle reali opportunità di accoglienza. quanti sono alla ricerca di una occupazione, soprattutto donne e residenti al mezzogiorno, preferiscono il commercio e il turismo in percentuali più elevate delle possibilità attuali di rice- verli, mentre sottovalutano le attuali potenzialità di assorbimento dei servizi e del- l’artigianato. Riguardo al ruolo, sempre la maggioranza relativa opta per uno impiegatizio, in particolare le ragazze e il Sud; segue quello dirigenziale/manageriale che gode delle preferenze dei maschi e del Centro. La scelta del lavoro autonomo è inferiore alla percentuale di quanti di fatto lo svolgono per cui si può concludere che in parte essa non sia frutto di una vocazione, ma rappresenti una strategia adattiva per quan- ti non riescono a inserirsi nel lavoro dipendente. I settori in cui si tenta la strada del- l’autoimpiego sono principalmente quelli dei servizi e del commercio e per il finan- ziamento ci si affida alle banche o in subordine a risparmi personali. Il “lavoro dei sogni”, frutto dell’immaginario giovanile delle professioni, si contraddistingue per delle caratteristiche soprattutto di natura strumentale, mentre per effetto del perdurare della crisi economica le dimensioni espressive ricevono se- gnalazioni modeste. Più specificamente, esso deve essere ben remunerato e sicuro e consentire di fare carriera. Si capisce allora il motivo per cui il lavoro nel pubblico occupi il primo posto tra le professioni e un’occupazione in banca il terzo. In secon- da posizione si colloca il gestore di negozio in corrispondenza con l’interesse per il commercio emerso nell’esame dei settori. Alla fine della classifica si incontrano so- prattutto mestieri manuali quali il muratore, il saldatore, il pellettiere/valigiaio, il marmista, il macellaio e il posatore di pavimenti. I giovani dell’indagine sono pienamente coscienti che la loro ricerca del lavoro ha luogo in un contesto ostile come risulta chiaramente dalle risposte alla domanda se il nostro Paese offra possibilità di occupazione ai giovani perché è il 90% quasi (88,0%) ad essere sulla negativa. Tale opinione è ancora più diffusa tra gli strati del- la popolazione che incontrano maggiori problemi nel reperire un impiego come le donne e i giovani della classi sociali più basse. A giudizio degli intervistati le ragio- ni di tale situazione vanno ricercate non solo nella crisi economica, ma anche nella presenza di raccomandazioni, nella scarsa meritocrazia e nella difficoltà ad essere assunti se non si ha esperienza, mentre sono considerati poco influenti la rigidità 22 della leggi che disciplinano le assunzioni, il basso livello culturale e professionale fornito dalle scuole e dalle università e la poca predisposizione dei giovani a svol- gere alcuni lavori. I fattori della riuscita professionale vengono identificati in carat- teristiche del saper essere piuttosto che del sapere e del saper fare: in altre parole, a essere decisive sono non il pezzo di carta ma le capacità relazionali e la disponibili- tà, cioè l’effettiva competenza della persona e il suo impegno nel perseguire le fi- nalità stabilite. I giovani sono pronti a confrontarsi con questa condizione proble- matica, dimostrando grande pragmatismo, e tendono a ricorrere a strategie di adat- tamento fondate sull’abbassamento delle soglie di resistenza al cambiamento: in particolare al primo posto viene la disponibilità a mutare i committenti e i colleghi; successivamente si collocano la flessibilità oraria e la mobilità intesa come prontez- za a compiere frequenti trasferte e a cambiare residenza per lavoro in Italia; meno consensi, ma sempre tra il 40,0% e il 50,0%, ottengono la disponibilità a mutamen- ti frequenti del posto di lavoro, al pendolarismo su lunghe distanze e al trasferimen- to all’estero. Va aggiunto che una consistente percentuale degli intervistati risulta pronta a intraprendere anche un mestiere manuale, se però ben pagato o creativo o con orario flessibile. L’ultimo aspetto del lavoro atteso che è stato preso in considerazione riguarda la retribuzione. dall’indagine emerge che le aspettative circa lo stipendio che un giovane ritiene che riuscirà ragionevolmente a ottenere a carriera ben avviata si pre- sentano per ogni categoria di reddito più basse a confronto con la retribuzione che egli pensa che dovrebbe arrivare a percepire; in altre parole, i giovani credono che lo stipendio che di fatto otterranno sarà mediamente inferiore a quello che essi me- riterebbero. Più in particolare, i maschi nutrono attese di reddito più elevate non so- lo riguardo allo stipendio che pensano di dovere ricevere ma anche in relazione a quello che credono di poter percepire. I residenti al Nord evidenziano aspettative più elevate di quanti vivono in altre circoscrizioni territoriali del Paese. quanti pos- siedono un diploma di scuola superiore o equivalente rivelano attese superiori agli intervistati che si sono fermati all’obbligo; inoltre, chi dispone di una laurea dimo- stra aspettative più alte degli altri due gruppi. Infine, più sale l’età dei giovani e più diminuisce l’attesa salariale nel senso che dopo i 25 anni la fiducia di poter raggiun- gere i livelli più alti dello stipendio diminuisce gradualmente. Termino anche questa sezione sulle attese dei giovani circa il lavoro alla prova della crisi con alcune citazioni dirette del rapporto sotto esame (Istituto Giuseppe Toniolo, 2014, p. 26): «I giovani italiani hanno introiettato la convinzione che il proprio Paese sia con loro poco generoso di opportunità. L’obiettivo non è, come per i loro genitori, la mobilità sociale, ma adottare comportamenti che consentano almeno di mantenere la posizione [...]. L’abbassamento del livello delle aspettative è evidente anche dallo scarto tra la retribuzione considerata coerente con il livello di preparazione e quella effettivamente attesa. La ricerca di stabilità porta a recu- perare mestieri e professioni di scarso lavoro rispetto ai contenuti dell’attività svol- ta [...] e a rifiutare professioni qualificate, ma dai destini meno sicuri [...]». 23 L’indagine in esame dedica grande attenzione alla categoria dei Neet . Essi rap- presentano il 22% del campione della ricerca: la percentuale più consistente risiede al Sud e nelle Isole, è costituita da donne e si riscontra tra i celibi/nubili. L’investi- gazione ne fa emergere un profilo preoccupante, nel senso che essi condividono le caratteristiche negative dei loro colleghi in misura amplificata. I Neet risultano più sfiduciati delle istituzioni rispetto agli altri giovani, sono maggiormente preoccupa- ti del futuro e si impegnano molto meno nel sociale. Si dichiarano molto o abba- stanza felici in percentuale consistentemente più bassa dei loro colleghi e altrettan- to si può dire circa la fiducia riguardo alla cerchia amicale e familiare più stretta. In particolare si ipotizza che un 40% sia scontento e che un 20% non si ritenga soste- nuto dalla propria famiglia né dal gruppo degli amici e sia impaurito del futuro per cui si trova in una condizione di emarginazione sociale e sperimenta una situazione di rischio psico-sociale. Tra di loro il 12,3% dichiara di non essere al presente inte- ressato ad un lavoro, mentre gli altri affermano di essere disponibili a svolgerlo, ma si dividono tra chi cerca un’occupazione attivamente e chi invece lo fa senza gran- de impegno ed è pertanto in pericolo di entrare a far parte della categoria degli “sco- raggiati rassegnati”. In sintesi: «La maggiore incidenza dei Neet in Italia rispetto agli altri Paesi è dovuta da un lato alle nostre maggiori carenze nel raccordo tra formazione e lavo- ro, d’altro lato è anche intrecciata con la spiccata dipendenza passiva dei giovani italiani dalla famiglia d’origine che, in assenza di adeguate politiche di welfare, di- venta l’unico ammortizzatore sociale. [...] I Neet sono a rischio di esclusione dal mondo adulto, in cui faticano ad entrare, ma anche di compromissione del benesse- re sociale. Infatti, la totale inattività dal mondo formativo e lavorativo può avere conseguenze quali relazioni scarse o difficili, mancanza di partecipazione sociale e politica, scarsa salute fisica e mentale, abuso di droga o criminalità» (Istituto Giu- seppe Toniolo, 2014, pp. 82 e 94). 3. il sistema educativo di istruzione e di formazione: problemi e prospettive Come ha evidenziato l’analisi precedente, la transizione dei giovani al mondo del lavoro è questione complessa e articolata. Nel prosieguo essa verrà affrontata dall’ottica del sistema educativo limitatamente a tre prospettive che sono però cen- trali per il presente studio: anzitutto, verrà presentata sinteticamente la situazione dell’istruzione nel nostro Paese al 2015, mentre quella della formazione è rimanda- ta alla terza sezione; successivamente, si approfondirà il significato del successo/in- successo scolastico e formativo e si esamineranno i relativi dati; in terzo luogo, si richiameranno gli esiti dei percorsi della IeFP secondo le indagini ISFOL, cercando di evidenziare le loro potenzialità dal punto di vista delle problematiche che vengo- no qui affrontate. 24 3.1. L’anno della “buona scuola” Incomincio dagli aspetti quantitativi (Censis, 2015). Più del 50% della popola- zione italiana con 15 anni e oltre dispone al massimo del titolo della licenza media; al tempo stesso va sottolineato che tale percentuale risulta in costante calo, benché con ritmi ancora troppo lenti, mentre i livelli di scolarizzazione si presentano in gra- duale aumento. La porzione dei laureati sale dal 12,3% del 2013 al 12,7% del 2014 e quella dei diplomati raggiunge il 29,9%: lo stesso trend si riscontra tra gli occu- pati che evidenziano una quota di laureati superiore a un quinto del totale. Un altro andamento da sottolineare riguarda la presenza femminile che si contraddistingue per una maggiore scolarità superiore; il divario di genere si riduce pure nell’inqua- dramento professionale dei lavoratori in base al titolo di studio. Continua la diminuzione degli iscritti al sistema scolastico italiano che, come si sa, va attribuita alle dinamiche demografiche. Rispetto all’anno precedente cala- no in particolare gli alunni della scuola dell’infanzia (-1,6%) e della secondaria di 1° grado (-1,3%), mentre un andamento diverso si riscontra nella secondaria di 2° grado che segnala una crescita del +0,9%. Gli studenti con cittadinanza non italiana continuano a crescere, benché con tasso inferiore rispetto gli anni passati (+1,4%). dopo la scuola Secondaria di 1° grado gli studenti italiani continuano a preferi- re i percorsi liceali. Nel 2014-15 li ha scelti il 43,7% degli iscritti al primo anno del- la secondaria di 2° grado al netto delle ripetenze; inoltre, ad essi deve essere aggiun- to un 4,1% che opta per il percorso artistico. Al secondo posto si collocano gli istitu- ti tecnici con il 32,5% e al terzo gli istituti professionali con il 19,5%. Il confronto con il 2013-14 evidenzia per i licei una crescita del 3,4% e più precisamente il 3,6% nei licei classico, scientifico, linguistico e delle scienze umane, e l’1,6% nel percor- so artistico. diminuiscono invece in misura consistente i neo-iscritti agli istituti pro- fessionali (-2,4%) e agli istituti tecnici (-1,2%). Un dato positivo è offerto dalla riduzione della percentuale degli abbandoni al primo anno della secondaria di 2° grado dal 12,6% del 2009-10 al 10,8% del 2012-13. Altrettanto apprezzabile è la crescita del tasso di diploma che passa dal 75,0% del 2009-10 al 77,9% del 2013-14, mentre la percentuale del passaggio all’università scende dal 66,1% al 56,5%. Come si sa, è in corso un ridimensionamento del sistema dell’università: nel 2013-14 gli immatricolati diminuiscono dello 0,5% rispetto all’anno precedente e il totale degli iscritti scende dell’1,9%. Sul lato positivo va segnalato il calo degli studenti non regolari e la crescita dei laureati. Il fenomeno della contrazione quantitativa dell’università viene attribuito al modesto appeal di tale sistema e anche alla concorrenza di percorsi terziari alternativi. Un andamento positivo è costituito dalla crescita della partecipazione degli adulti del gruppo di età 25-64 anni a iniziative di apprendimento permanente. dopo una fase di stasi, nel 2014 si è registrata una crescita dal 6,2% all’8% e tale aumen- to andrebbe attribuito a una presenza più consistente di adulti occupati. Rimane una criticità seria che è data dalla distribuzione disomogenea nel territorio nazionale che vede avvantaggiato il Centro-Nord rispetto a un Sud in difficoltà. 25 Preoccupante è la crescita dei Neet (i giovani 15-29 anni che non lavorano e non studiano) che nel 2014 hanno toccato il 26,2% (oltre 2,4 milioni). ma su que- sto argomento e sui confronti europei ci si è già soffermati sopra. Su tutti i fronti il paragone con l’UE mette in risalto il divario in negativo del nostro Paese, nonostante alcuni importanti progressi realizzati in questi ultimi anni. Se cala la percentuale dei giovani che si fermano alla secondaria di 1° grado, por- tandosi al 15%, essa tuttavia rimane sempre superiore alla media europea, 11,1%. Cresce fino al 79,9% la porzione dei 20-24 anni con un diploma, ma l’UE è all’82,3%. Fra i 30-34enni con titolo terziario i maschi italiani sono il 18,8%, ma l’Europa ha già raggiunto il 33,6% e le italiane, pur sopravanzando gli uomini (29,1%), sono anch’esse lontane dal 42,3% dell’UE. Sul piano qualitativo, il Rapporto Censis riconosce le positività della Legge 107 del 2015 che ha avviato la riforma della “buona scuola”: è una di quelle luci a cui mi riferivo sopra (2015)1. Nonostante i dibattiti e le opposizioni che la sua approvazio- ne ha sollevato, non le si può negare il pregio di aver collocato di nuovo l’emergen- za educativa al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e non più come un’area della spending review, ma allo scopo di ripensare la mission del sistema di istruzio- ne e di formazione, i suoi contenuti, i suoi processi e la sua organizzazione. In particolare il Rapporto Censis si è focalizzato su due problematiche. Anzitut- to, introduzione della triennalità nella predisposizione del Piano dell’offerta formati- va: l’innovazione dovrebbe consentire un balzo in avanti in termini di qualità perché con il tempo il processo di programmazione didattica ed organizzativa rischiava di trasformarsi in un puro adempimento burocratico, mentre la riforma potrebbe consen- tire al Piano di essere ciò che si voleva originariamente e cioè un momento privile- giato di riflessione e di condensazione degli orientamenti fondamentali dell’offerta educativa delle scuole. L’altra novità che viene segnalata riguarda l’alternanza scuo- la-lavoro che è stata resa obbligatoria per tutte le secondarie di 2° grado e per tutti gli studenti dal terzo anno. Per rendersi conto del salto di qualità compiuto è suffi- ciente tenere presente che per effetto della riforma l’alternanza diventerà da occasio- nale a strutturale e si passerà da una platea di 200.000 allievi ad una di 1,5 milioni e da 70-80 ore a 400 nei tecnici e nei professionali e a 200 nei licei. Correttamente il Rapporto Censis invita a lavorare per realizzare al meglio la fase della implementazione. Infatti, le basi della riforma sono ancora deboli: riman- gono molti dubbi sulle strategie scelte per porre fine alla questione del precariato e assicurare la valorizzazione del corpo insegnante; sono ancora in fase di scrittura i decreti legislativi relativi ad ambiti determinanti per il successo della Legge 107/2015; le risorse, benché accresciute risultano ancora inadeguate per realizzare tutti i cambiamenti previsti. Pertanto due sono le raccomandazioni che vengono avanzate: operare per il recupero di quel consenso ampio che è mancato durante il 1 Su di essa si ritornerà più ampiamente nel capitolo 2. 26 dibattito in Parlamento; sostenere l’innesto delle innovazioni nel medio termine con intensità e attenzione, soprattutto attraverso l’offerta di percorsi validi di formazio- ne in servizio, affinché i cambiamenti entrino nel dNA delle scuole. 3.2. Successo/insuccesso scolastico e formativo: significato e dati Incomincio con due definizioni tradizionali. Anzitutto, il successo scolastico viene inteso: «(...) come la conclusione dell’iter di studi nei tempi previsti, con una preparazione adeguata e con una apprezzabile valutazione finale» (Bramanti e Odi- freddi, 2006, Benadusi, Giancola e Viteritti, 2008; Bottani e Benadusi, 2006; Casel- li, 2008; malizia e Pieroni, 2012b; Coggi, 2015; macrì, 2015; malizia e Gentile, 2016). A sua volta il successo formativo viene identificato con il pieno inserimento a tutti i livelli della vita sociale al termine del più ampio percorso educativo. Come si vedrà, le due definizioni non sono pienamente soddisfacenti una per difetto e l’altra per eccesso; ai fini tuttavia di un approfondimento della questione, conviene in ogni caso continuare a presentare le ulteriori argomentazioni di queste posizioni tradizionali. In tale quadro i rapporti tra i due concetti ricordati sopra sono stati immaginati sulla base di tre diversi modelli. Un primo di carattere dicotomico prevede due canali diversi, uno nell’istruzione e uno nella IeFP. Un altro modello immagina il successo scolastico come un sottoinsieme del successo formativo e ci sono degli studenti, quelli che rimangono per tutto il loro percorso all’interno del sistema di istruzione, per i quali la coincidenza è completa. Una terza impostazione li ipotizza come due insiemi diversi, ma anche complementari: in questo caso, si osserva un ambito consistente in cui i due concetti si sovrappongono, una situazione che rinvia alla cooperazione di soggetti e di istituzioni di origine e natura diversa. Si è anche cercato di identificare le attività principali da porre in essere per rag- giungere il successo. In primo luogo, vanno ricordate quelle di natura trasversale che sono finalizzate a educare i giovani nella dimensione della cittadinanza, pro- muovendo le competenze relazionali, atteggiamenti di responsabilità, la capacità di adattarsi a situazioni sempre mutevoli, l’acquisizione dei valori democratici. Le at- tività culturali e professionali riguardano l’itinerario didattico e mirano ad offrire le conoscenze, le abilità e le competenze necessarie per affrontare le scelte degli studi e del lavoro. Il terzo gruppo mira alla prevenzione e al recupero dalle situazioni di disagio scolastico, formativo e sociale. Bisogna anche riconoscere che la riflessione si è svolta soprattutto sul lato del- l’insuccesso. da questo punto di vista sono stati elaborati degli indicatori molto più chiari. Li ricordiamo di seguito: gli abbandoni, le ripetenze e le bocciature, la fre- quenza irregolare, i ritardi, i rallentamenti, la qualità scadente degli esiti, i percorsi formativi accidentati, l’inoccupazione, la disoccupazione e la sotto-occupazione. Un ordine e una precisione maggiore si possono trovare nella riflessione che è stata compiuta dal Centro Studi per la Scuola Cattolica della CEI (CSSC, 2001; malizia e Cicatelli, 2008; Cicatelli e malizia, 2012; Cicatelli, 2015). Nel quadro 27 dell’attenzione che l’educazione cattolica ha da sempre dedicato alla qualità e in continuità e collaborazione con le federazioni/associazioni di scuola cattolica e del- la FP di ispirazione cristiana, esso si è impegnato dalla fine degli Anni ’90 a pro- muovere una cultura della qualità. Per raggiungere questa meta ha elaborato una proposta di indicatori, ha predisposto criteri per un sistema di valutazione che fosse tavola di confronto tra le scuole, ha proposto modelli per la certificazione e l’accre- ditamento e ha costituito uno specifico osservatorio. Ai fini di questo studio è utile richiamare qui la sua mappa della qualità che ha cercato di portare chiarezza in que- sto ambito anche in riferimento a ciò che ci interessa più da vicino e cioè la delimi- tazione dei concetti di successo scolastico e formativo. Tenendo conto delle più recenti acquisizioni in materia di indicatori, si è quin- di pervenuti a delineare un elenco comune di settori ed ambiti di indagine. La map- pa della qualità non si limita a considerare i risultati, ma tiene conto di tutto il per- corso formativo a partire dalle risorse umane e materiali impegnate in esso per pas- sare al processo di insegnamento-apprendimento; inoltre, la vita di una scuola o di un Centro di Formazione Professionale non può essere concepita come autoreferen- ziale, ma si svolge in un rapporto fecondo di interscambio con il contesto che viene a costituire uno dei poli essenziali della mappa. Pertanto, gli indicatori sono artico- lati in 4 settori: il contesto che rappresenta un insieme strutturato di relazioni e di appartenenze a livello ideale e concreto e fa da quadro situazionale di riferimento entro il quale si svolge la vita delle scuole e dei CFP; le risorse che costituiscono il punto di partenza del processo di insegnamento-apprendimento e ne assicurano le condizioni di alimentazione; i processi che specificano le modalità di organizzazio- ne del servizio formativo; gli esiti che si riferiscono ai risultati formativi a breve e a lunga durata. Tale settore, che è quello che qui interessa più da vicino, comprende a sua volta 4 ambiti; due riguardano direttamente le istituzioni formative e cioè l’im- magine esterna (le rappresentazioni del servizio scolastico e formativo da parte dei soggetti esterni) e la soddisfazione dei diversi soggetti (i livelli di soddisfazione del- le attese da parte dei diversi soggetti, committenza, clienti, personale); due, invece, si riferiscono specificatamente agli studenti e agli allievi e sono i risultati formativi (livelli di apprendimento e di maturazione, conseguiti dall’azione educativo-forma- tiva della scuola o del centro) e l’impatto socio-culturale (ricaduta dell’azione edu- cativo-formativa dell’istituzione formativa sul piano del successo scolastico e pro- fessionale, sociale e culturale). A mio parere sono questi due ultimi indicatori a descrivere il successo scolasti- co (e il termine va riservato al caso in cui si è iscritti al sottosistema dell’istruzione) e formativo (se invece si frequenta l’IeFP); tuttavia, ancora rimangono nelle defini- zioni richiamate delle commistioni con la qualità dell’istituzione formativa. Un’e- voluzione all’interno della riflessione nel CSSC ha portato recentemente all’elabo- razione di una proposta di monitoraggio dell’Istruzione e Formazione Professionale di qualità in cui il concetto di successo formativo viene articolato in due definizio- ni, una che si riferisce al successo formativo in termini di apprendimento (il succes- 28 so interno degli allievi della IeFP distribuito in quattro tipologie: minimo, profes- sionale, culturale, eccellente) e l’altra relativa al successo formativo declinato in termini di esiti (il successo esterno descritto sulla base di due tipologie: inserimento nel lavoro e continuità negli studi che può essere intesa come percorso nella IeFP per conseguire il diploma di tecnico o di tecnico superiore o come percorso nell’i- struzione per ottenere un diploma di istruzione secondaria superiore e successiva- mente anche un titolo universitario o dell’istituto tecnico superiore) (Nicoli, 2010; malizia e Pieroni, 2012b). Sul piano negativo, l’insuccesso formativo sta a indicare sia i fenomeni di dispersione (abbandoni, ripetenze e frequenza irregolare) sia le si- tuazioni di disoccupazione, inimpiegabilità ed emarginazione (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università di milano – Bicocca e Libero Istituto Universitario “C. Cattaneo”, 2005; malizia e Pieroni, 2012b). dopo essersi soffermati sui significati di successo/insuccesso scolastico e for- mativo, si presenteranno brevemente i dati sulla situazione italiana. mi limiterò ai principali, facendo riferimento al successo formativo in termini sia di apprendimen- to sia di esiti, come anche all’insuccesso formativo. Inzio con un riferimento allo stato formativo dei giovani. Nel 2011-122 gli iscritti al secondo ciclo ammontavano a circa 2.800.000 effettivi, una cifra certa- mente elevata che includeva sia quelli della secondaria di 2° grado che quelli della IeFP (Barbieri, 2015; Tacconi, 2015). Se, però, si considera il divario tra gli iscritti al primo anno e al quinto, emerge una differenza di ben 170.000 giovani che lascia- vano il sistema educativo; in aggiunta, va precisato che tra il 2008-09 e il 2011-12 lo scarto è di fatto raddoppiato. In sintesi, si può affermare che il divario in questione evidenzia seri problemi del sistema a trattenere gli iscritti al proprio interno. Passando ad altri parametri che si pongono più sul lato dell’insuccesso forma- tivo, ma sempre dalla parte degli apprendimenti, incominciamo con un confronto con gli altri Paesi del nostro continente. Come si è osservato sopra, in Italia, nel 2014, il 15,0% del gruppo di età 18-24 anni possiede al massimo un titolo della se- condaria inferiore e non si trova in ulteriore istruzione o formazione: tale percen- tuale è superiore alla media dell’Unione Europea (11,1%) (Censis, 2015). Va ag- giunto che il tasso raggiunge tra i maschi il 17,7%, mentre tra le femmine scende al 12,2%; inoltre, le variazioni sul piano territoriale sono notevoli in quanto nel 2013 si va dal 12,6% del Nord Est, al 13,7% del Centro, al 15,5% del Nord Ovest fino 21,4% del Sud, con il numero maggiore di abbandoni nella Sicilia e nella Sardegna, ma anche con quote elevate in Regioni del Centro Nord come la Toscana, l’Emilia Romagna, la Provincia Autonoma di Bolzano e la Valle d’Aosta (Istat, 2014). Tuttavia, in positivo va anche ricordato che tra il 2000 e il 2014 la percentuale del nostro Paese si è abbassata del 10,3%, scendendo dal 25,3% al 15,0%. 2 Anche se non molto recente, è l’ultimo anno di cui si dispongono dei dati che qui interessano. 29 Una conferma dell’andamento appena richiamato viene dai dati sugli abbando- ni che sono stati anticipati brevemente nella precedente sezione (n. 3.1). Nell’anno scolastico 2012-13 essi toccavano il 10,8% a livello del primo anno della seconda- ria di 2° grado, una percentuale tutt’altro che marginale; sul lato positivo vale la pena ricordare che nel 2009-10 presentavano un tasso più elevato, ben 12,6% (Censis, 2015). Va però aggiunto che la percentuale varia notevolmente tra i vari tipi di secondaria di 2° grado e che negli istituti professionali si raggiunge la cifra del 38,4% di allievi dispersi tra il primo e il quinto anno e in alcune Regioni ci si avvicina al 50% (Le deleghe della legge 107/2015. 4 Incontri al mIUR, 30 no- vembre 2015). Passando alle ripetenze, la percentuale nella secondaria di 2° grado presenta notevoli differenze anzitutto tra gli anni e più precisamente: 8,8% al primo, 6,0% al secondo, 6,7% al terzo, 5,5% al quarto e 3,2% al quinto (Barbieri, 2015). Nel tempo, la situazione generalmente rimane stabile o peggiora perché nel 2006-07 il tasso pas- sa dall’8,5% al primo, al 7,2% al secondo e al terzo, al 5,3% al quarto, al 2,0% al quinto (Nicoli, 2011). Come per gli altri indicatori, si riscontrano variazioni impor- tanti per tipologie di scuole e genere per cui le cifre si abbassano nei licei e crescono negli istituti professionali, aumentano tra i maschi e scendono tra le femmine. Per valutare i livelli di apprendimento che il sistema educativo del nostro Pae- se consente di raggiungere, si può fare riferimento ai risultati dell’indagine OCSE- Pisa che ha luogo ogni tre anni e coinvolge gli studenti quindicenni, cioè quelli che in Italia corrispondono agli allievi del secondo anno della secondaria di 2° grado (Tacconi, 2015; Oecd, 2013). L’ultima edizione è stata effettuata nel 2013 e ha ri- guardato 65 Paesi: il nostro ha ottenuto esiti globalmente inferiori alla media gene- rale. Anche in questo caso i risultati differiscono notevolmente secondo le circoscri- zioni territoriali e le Regioni. Ricordo che nell’Italia Settentrionale si registrano esi- ti superiori alla media OCSE, mentre l’andamento opposto si riscontra nel Centro e nel meridione. Inoltre, emerge che le Regioni e le Province Autonome che presen- tano elevati livelli di diversificazione di tipi di scuole e di indirizzi sono anche quel- le che si caratterizzano per i risultati migliori. Un ultimo indicatore del successo/insuccesso formativo in termini di apprendi- menti è offerto dal tasso di regolarità. Tre quarti quasi (74,7%) degli iscritti alla se- condaria di 2° grado erano al primo anno o in anticipo (2,9%) o regolari (71,8%), mentre poco più di un quarto (25,3%) risultava in ritardo di un anno (16,1%), di due (5,2%) e di tre anni e più (4,0%); preoccupa che la situazione si sia deteriorata nel tempo (Nicoli, 2011; mIUR, 2011)3. Nella secondaria di 2° grado, diversamente da- gli altri ordini e gradi di scuola, la percentuale più elevata di studenti in ritardo non si riscontra all’ultimo anno, ma al terzo anno anche se la differenza è minima, 0,7% (29,4% e 30,1% rispettivamente); questo andamento è un segno chiaro delle diffi- 3 L’anno scolastico di riferimento dei dati è il 2009-10 perché non sono state trovate statistiche più recenti. 30 coltà che sperimentano gli studenti nel passaggio dal biennio al triennio della scuo- la superiore. La variabile di genere presenta un’incidenza notevole perché sono so- prattutto le ragazze a procedere con regolarità nei loro studi; è sufficiente conside- rare che nella secondaria superiore gli studenti in ritardo sono il 32,2% mentre le studentesse sono il 22,8%. Come si è già più volte osservato sopra, le differenze di- vengono più consistenti tra tipi di secondaria superiore: all’ultimo anno i licei evi- denziano un rapporto tra regolari/in anticipo e in ritardo che si pone fra il 90,7% e il 9,3%; esso però diviene 62,5%-37,5% negli istituti tecnici e 56,6%-43,4% negli istituti professionali (Nicoli, 2011). 3.3. Gli esiti dei percorsi di IeFP Come si sa, il secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazio- ne si distribuisce in due (sotto)sistemi: l’istruzione secondaria superiore e l’Istru- zione e Formazione Professionale (IeFP) (Tacconi, 2015; malizia e Nanni, 2010). Anche se mi concentrerò sul secondo, non posso fare a meno di dedicare una breve premessa al primo. L’istruzione secondaria superiore, di competenza statale, si caratterizza per un’offerta quinquennale che si articola in diverse tipologie di scuole: i licei, gli isti- tuti tecnici e gli istituti professionali (IPS). qui interessano soprattutto gli ultimi per i loro stretti legami con la IeFP (Le deleghe della Legge 107/2015. 4 Incontri al mIUR, 30 novembre 2015; Tacconi, 2015). Va subito evidenziato che gli IPS co- stituiscono l’anello più debole del secondo ciclo del nostro sistema educativo. Tra l’altro, come si è osservato sopra, registrano il tasso più elevato di abbandoni: ben 38,4% di allievi dispersi tra il primo e il quinto anno e in alcune Regioni ci si avvicina al 50%. Con le riforme Fioroni (Legge n. 40/2007) e Gelmini (Legge n. 133/2008) gli IPS sono stati licealizzati, omologati agli istituti tecnici e non possono più impartire autonomamente le qualifiche; contemporaneamente si è assi- stito, come si approfondirà nel seguito, al boom della IeFP. Tuttavia, gli IPS sono stati rimessi in gioco, introducendo due forme di collegamento con la IeFP e con- sentendo una concorrenza sleale da parte degli IPS. La gran parte delle Regioni ha scelto la tipologia “integrativa” (agli studenti iscritti agli IPS quinquennali è offerta l’opportunità di ottenere alla conclusione del terzo anno la qualifica professionale) con cui esse possono scaricare i costi della IeFP sullo Stato; tale formula (come anche quella “complementare” in cui gli IPS assumono una funzione sussidiaria e attuano per conto delle Regioni i percorsi IeFP di qualifica triennali e di diploma quadriennale4) è negativa per gli allievi perché, come si vedrà più dettagliatamente dopo, i risultati per loro sono molto peggiori, in paragone ai CFP accreditati dalle Regioni, soprattutto rispetto a tre indicatori: gli abbandoni, gli esiti occupazionali e i costi pro-capite. La ragione principale di questa differenza va attribuita principal- 4 Anche in questo caso le Regioni possono scaricare i costi della IeFP sullo Stato. 31 mente al fatto che gli IPS conservano molto spesso il modello tradizionale di inse- gnamento e di organizzazione del lavoro. L’altro (sotto)sistema rientra nella competenza regionale, sebbene entro vincoli statali – i cosiddetti livelli essenziali delle prestazioni o LEP – e include i corsi di IeFP di durata triennale e quadriennale (Redazione di Rassegna CNOS, 2016; ISFOL, 23 settembre 2015; Tacconi, 2015; malizia e Nanni, 2010). Recentemente è stata prevista la possibilità di continuare il percorso mediante la frequenza di un quinto anno nell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) per terminare con una specializzazione a livello di istruzione superiore non universitaria nell’istruzio- ne tecnica superiore (ITS). Nel 2013-14 gli iscritti toccano la cifra di 328.000 che segna un aumento ri- spetto al 2012-13 dell’8,7%, pari a 26.000 in valori assoluti. Il dato globale costi- tuisce più del 10% (11,3%) del totale degli allievi del secondo ciclo, una porzione rilevante tenuto conto che l’IeFP è nata in via sperimentale nel 2003 ed è stata rico- nosciuta come ordinamentale soltanto nel 2011: in altre parole, tale canale può es- sere considerato legittimamente come un valido (sotto)sistema alternativo alla scuo- la secondaria di 2° grado per l’adempimento dell’obbligo di istruzione e per il dirit- to-dovere all’istruzione e alla formazione. Nel 2013-14 il 57,0% del totale è iscritto ai percorsi attivati presso gli IPS (187.000) e il 43,0% a quelli presso i centri accreditati (ISFOL, 23 settembre 2015). A livello di primo anno lo squilibrio tra i due canali è ancora più accentuato con il 38,4% nelle istituzioni formative accreditate, il 56,3% negli IPS con l’IeFP integrativa (tipologia A) e il 5,3% negli IPS con l’IeFP complementare (tipologia B) (Le deleghe della Legge 107/2015. 4 Incontri al mIUR, 30 novembre 2015). Nel 2013-14 i corsi triennali erano frequentati da 316.000 allievi e il quarto anno da 12.000; inoltre, i qualificati hanno raggiunto la cifra di 75.604 rispetto ai 42.705 dell’anno precedente e per la prima volta i qualificati degli IPS sono stati più nume- rosi di quelli dei centri accreditati (ISFOL, 23 settembre 2015). dal punto di vista dei profili professionali quello che raccoglie più consensi è costituito dall’operatore della ristorazione con oltre 94.000 allievi, seguito dall’operatore del benessere con oltre 36.000. Venendo agli aspetti validi della IeFP, il primo da segnalare consiste nel suc- cesso che è riuscita ad ottenere tra le famiglie e i giovani: si è infatti passati dai cir- ca 24.000 frequentanti del 2002-03 agli attuali 328.000 (ISFOL, 23 settembre 2015; Redazione di Rassegna CNOS, 2016). In proposito, vale la pena aggiungere che tale balzo in avanti è avvenuto nel contesto del nostro Paese dove la FP è stata rite- nuta sempre un canale di serie B rispetto alla scuola. I motivi del grande consenso riscosso vanno indentificati nella passione edu- cativa e nelle metodologie formative partecipative. Riguardo alla prima: «Gli ope- ratori dei Centri di Formazione Professionale [...] con il loro carisma ed il loro en- tusiasmo, e soprattutto trasmettendo un personale e genuino interesse verso le sorti dei ragazzi, hanno fatto comprendere loro come ci fosse qualcuno che ne aveva 32 davvero a cuore le sorti e che era disposto ad aiutarli concretamente». quanto alla seconda ragione, si può affermare che: «da un’altra parte, ma sempre in connessio- ne con gli aspetti di recupero e rimotivazione, le difficili situazioni familiari e per- sonali che i formatori si sono trovati ad affrontare, hanno richiesto l’attivazione di metodologie formative partecipative in grado di mobilitare un interesse che la scuo- la non era riuscita ad attivare ed in grado di restituire al ragazzo fiducia nei suoi mezzi e nelle sue possibilità» (Crispolti e d’Arcangelo, 2012; Redazione di Rasse- gna CNOS, 2016). Passione educativa e metodologie partecipative hanno messo in movimento negli allievi motivazione, rimotivazione, desiderio di continuare gli stu- di, impegno per apprendere nuovamente anche dopo un insuccesso scolastico e riprogettare la propria esistenza mediante l’esercizio di un mestiere. Un altro punto forte è rappresentato dall’efficacia della IeFP nella lotta alla dispersione scolastica. Varie ricerche, soprattutto dell’ISFOL hanno offerto prove più che convincenti che tale (sotto)sistema costituisce una strategia valida per il recupero dell’apprendimento e la rimotivazione dei giovani in situazione di disagio (ISFOL, 23 settembre 2015). da questo punto di vista si segnala soprattutto la IeFP dei centri ac- creditati: infatti, i loro allievi evidenziano le percentuali più elevate di successo for- mativo con il 65,7% in media per ogni passaggio d’anno che diviene l’85,0% tra il primo e il secondo anno, sale al 91,0% circa tra il secondo e il terzo e si colloca all’85,2% alla qualifica. Pertanto, le Regioni che hanno scommesso su tale offerta so- no riuscite a limitare notevolmente la dispersione scolastica mentre nelle altre, soprat- tutto nel mezzogiorno, permane l’emergenza dell’insuccesso scolastico e formativo. Un altro elemento positivo della IeFP è dato dalla sua rilevante capacità inclu- siva. Anzitutto nel 2013-14 la cifra globale degli allievi stranieri risulta nei quattro anni superiore a 48.000 e rappresenta il 14,7% del numero complessivo degli iscrit- ti (ISFOL, 23 settembre 2015), una percentuale più elevata del doppio di quella della loro presenza nella scuola secondaria di 2° grado (6,8%) (Censis, 2015). Lo stesso vale per i disabili che sono il 7% nella IeFP e il 3,9% nella secondaria di 2° grado (CNOS-FAP, 2014). Anche gli esiti occupazionali degli allievi della IeFP sono lusinghieri. A tre an- ni dalla qualifica il 50,0% risulta occupato, il 23,5% disoccupato e il 18,6% in cer- ca di occupazione (ISFOL, 23 settembre 2015). A loro volta il 6,6% ha optato per la prosecuzione degli studi. Tra quanti hanno reperito un impiego, la maggioranza si trova in condizione di lavoratore dipendente (85,6%), l’8,3% ha scelto il lavoro autonomo e il 6,4% dispone di un contratto atipico. Anche in questo caso sono i centri accreditati a ottenere i migliori esiti. In tale contesto si capisce come mai la grande maggioranza esprima una valu- tazione positiva dei percorsi di IeFP (ISFOL, 23 settembre 2015). Nell’indagine su un campione rappresentativo di qualificati a tre anni dal titolo, il 78,0% manifesta la propria soddisfazione riguardo alla scelta della IeFP e le assegna un punteggio superiore a 8 in una scala da 1 a 10 che è in genere più alto che non per altri tipi di istruzione; tale apprezzamento sale all’81% tra gli ex-allievi dei centri accreditati, 33 mentre quelli degli IPS si situano a 11 punti percentuali di distanza. quasi due qua- lificati su tre hanno trovato utile la formazione ricevuta nella IeFP ai fini dello svol- gimento del proprio lavoro e anche in questo caso sono quelli delle istituzioni for- mative accreditate a dare valutazioni più positive (62,4% rispetto al 51,4% degli IPS). Inoltre, il 60,0% dichiara che l’occupazione reperita corrisponde in tutto o in parte alla formazione ricevuta, anche se una minoranza consistente denuncia un disallineamento con il percorso seguito nella IeFP. Il giudizio risulta positivo pure riguardo all’esperienza formativa: l’82,6% sarebbe pronto a rifare la scelta della IeFP; gli ex-allievi apprezzano in particolare le relazioni con i compagni e i forma- tori e valutano favorevolmente i contenuti e i metodi dell’apprendimento; e sono i qualificati dei centri accreditati ad apparire più entusiasti e soddisfatti rispetto ai loro colleghi degli IPS. quanto alle criticità, esse provengono tutte da fattori esterni alla IeFP (Reda- zione di Rassegna CNOS, 2016; ISFOL, 23 settembre 2015). La prima è la disomo- geneità sul piano territoriale. mentre nelle Regioni dell’Italia settentrionale si riscontrano in generale sia i centri accreditati sia gli IPS in regime sussidiario, il Centro e il Sud si caratterizzano per la presenza esclusiva o predominante della se- conda formula. Il risultato è che la circoscrizione territoriale che più avrebbe biso- gno dei centri accreditati, il Sud, è proprio quella che ne dispone in misura grande- mente insufficiente. Un altro punto debole va cercato nella difformità riguardo al modello formati- vo (Redazione di Rassegna CNOS, 2016; ISFOL, 23 settembre 2015). Le Regioni hanno effettuato scelte molto diverse riguardo alle modalità di iscrizione, alle tipo- logie dell’offerta formativa, alle date di avvio dell’anno formativo, all’organizza- zione del modello didattico, alla definizione del curricolo, all’organizzazione del- l’esame di qualifica. L’effetto finale è stato che il sistema risulta difficilmente com- prensibile dai giovani e dalle famiglie. La carenza di una comunicazione forte a li- vello nazionale ha reso ancor più evidente la poca conoscenza che la società civile ha di questa offerta formativa. Una terza criticità riguarda la ripartizione delle risorse finanziarie (Redazione di Rassegna CNOS, 2016; ISFOL, 23 settembre 2015). Una prima disomogeneità consiste nella differenza del costo annuale per allievo tra i centri accreditati e gli IPS nel senso che esso nei primi è inferiore di un terzo rispetto ai secondi per cui bi- sognerebbe procedere a un loro bilanciamento. Inoltre, i costi dei centri accreditati andrebbero equilibrati meglio tra le Regioni perché nei due terzi dei percorsi si ri- scontra un’oscillazione di 1.500 euro, tra un minimo di 3.900 e un massimo di 5.400. 35 dopo aver descritto lo scenario in cui si colloca in Italia la transizione dalla for- mazione al lavoro, cercherò di illuminare la situazione con i risultati degli studi e delle ricerche sull’argomento. Le prospettive principali che verranno illustrate nel prosieguo sono due e riguardano l’una il rapporto tra istruzione/formazione ed eco- nomia e l’altra la relazione tra educazione e welfare. Tenterò di evidenziare anche la sostanziale coincidenza tra i due approcci riguardo ai loro orientamenti operativi1. 1. istruzione, formazione ed economia Nonostante l’attuale grave crisi economica e occupazionale, rimane come pun- to stabile di riferimento per tutti la convinzione che l’istruzione e la formazione rap- presentano risorse fondamentali per lo sviluppo personale e sociale, a livello nazio- nale e internazionale. Allo stesso tempo, va però precisato che quando si cerca di approfondire il tema sul piano scientifico, ci si accorge che la relazione non è così evidente e che non mancano perplessità e dubbi, anche fondati, sull’entità e sulla natura positiva di tale rapporto. 1.1. L’affermarsi della teoria del capitale umano negli Anni ‘60 Il punto di partenza è costituito dalla teoria del capitale umano che è nata tra la fine degli Anni ‘50 e l’inizio dei ‘60 nel quadro sia della interpretazione funzio- nalista, secondo la quale lo sviluppo dell’istruzione e della formazione dipendeva dalla modernizzazione economica e dalla diversificazione istituzionale e sociale che ne deriva, sia della tesi della scuola economica neoclassica che affermava la centra- lità antropologica del problema del lavoro per cui l’uomo sarebbe il suo lavoro. Inoltre, essa ha costituito una risposta agli interrogativi emersi da più parti circa l’efficienza delle massicce spese effettuate in quel periodo per finanziare l’espan- sione enorme del sistema scolastico (Lodigiani, 1999 e 2007; Bertagna, 2002 e 2006; Fischer, 1998, 2003 e 2007; Halsey et alii, 1998; malizia e Pieroni, 2012b; malizia, 2012; de Luigi, martelli e Rizza, 2014). La tesi fondamentale che viene sostenuta è che l’istruzione non rappresenta sol- Capitolo 2 Le ProSPettiVe teoriche 1 I testi principali di riferimento del capitolo sono: malizia e Pieroni, 2012b, pp. 15-26: malizia e Nanni, 2015, pp. 793-799. 36 tanto un bene di consumo, ma va considerata anche come un investimento produttivo sia per il singolo in quanto estende le sue opportunità professionali, sia per la società poiché prepara la forza lavoro necessaria per lo sviluppo economico. L’Istruzione e la Formazione Professionale sono considerate modalità differenti di accumulazione del capitale, il “capitale umano” cioè, il più importante per la crescita economica e sociale, e pertanto costituiscono risorse strumentali di natura fondamentale al servi- zio del sistema economico e della sua espansione. Pertanto, l’analisi della domanda di lavoro espressa dal mercato del lavoro costituisce la base della pianificazione di una offerta formativa che corrisponda alle istanze manifestate dalla imprese. Per questa sua impostazione la teoria del capitale umano è stata definita un modello “domandista” dei rapporti tra istruzione e formazione da una parte e sviluppo socio-economico dall’altra (Bertagna, 2002 e 2006; malizia e Pieroni, 2012b; mali- zia, 2012). Va aggiunto che tale interpretazione è stata largamente utilizzata nei Paesi sviluppati per giustificare la democratizzazione dei sistemi educativi. Infatti, l’al- largamento dell’accesso all’istruzione e alla formazione, elevando il livello delle competenze dei lavoratori, doveva contribuire allo sviluppo del sistema produttivo e la riduzione della selezione poteva far argine a due sprechi: dei talenti, in quanto molti giovani di origine sociale modesta, brillanti, ma privi del retroterra culturale tipico di una famiglia dei ceti medi, rimanevano bloccati da esami prematuri e se- veri ed erano impediti di dare alla crescita del Paese il loro apporto qualificato; del- le risorse, poiché le ripetenze facevano spendere il doppio per percorrere un anno di scuola e con gli abbandoni l’investimento era totalmente perso. L’applicazione è stata ampia anche nei Paesi in via di sviluppo. Particolare successo ha registrato la spiegazione del sottosviluppo: la rapida ripresa dei Paesi sviluppati dopo la secon- da guerra mondiale, nonostante le gravi perdite di capitali fisici, sarebbe dovuta al- la presenza di una forte riserva di capitale umano; di conseguenza, il sottosviluppo sarebbe da attribuirsi al fatto che le popolazioni del terzo mondo, pur disponendo di abbondanti materie prime, mancherebbero delle competenze necessarie per utiliz- zare tecniche di produzione più avanzate. Alla fine degli Anni ‘60 la crisi economica ha messo in discussione la relazio- ne positiva che la teoria del capitale umano ipotizzava tra istruzione ed economia: il sistema educativo era cresciuto in maniera imponente, ma nel mondo produttivo si registravano segni sempre più preoccupanti di disoccupazione intellettuale, di sta- gnazione e di dequalificazione. Infatti, l’intensificazione nelle imprese dell’organiz- zazione scientifica del lavoro aveva consentito un uso più razionale della forza la- voro già assunta, riducendo in maniera consistente il bisogno di assumere altra ma- nodopera qualificata. Se era aumentato il terziario avanzato che richiedeva compe- tenze molto elevate, era contemporaneamente cresciuto un terziario dequalificato che rendeva controproducente una Istruzione e una Formazione Professionale di li- vello alto. Inoltre, l’affermarsi dell’organizzazione fordista e della grande fabbrica centralizzata e gerarchica aveva comportato la separazione tra concezione ed ese- 37 cuzione e una parcellazione e dequalificazione del lavoro che consisteva sempre più nella ripetizione di azioni elementari. Nella società industriale, e a maggior ragione in quella post-industriale, la do- manda di istruzione e di formazione risultava tutt’altro che chiara e distinta; al con- trario essa si presentava complessa in quanto legata alla condizione di classe, alla situazione familiare, alle reti di relazioni sociali, alle tradizioni locali, ai tratti di personalità, al background educativo di ogni soggetto. Un discorso analogo va ripe- tuto per la domanda socio-economica di lavoro. I due fattori mettevano in discus- sione la validità di ogni politica formativa di piano che andasse oltre il breve termi- ne e l’indicazione di linee generali di sviluppo (Bertagna, 2002 e 2006). Nello stes- so senso la rapidità dell’evoluzione socio-economica comportava il rischio che le terminalità scolastiche (titoli di studio) o professionali (qualifiche) risultassero già superate nel momento stesso in cui veniva introdotto il curricolo che preparava al loro conseguimento. Pertanto, le competenze finali dei percorsi di istruzione e di formazione risultavano sempre meno connesse agli aspetti tecnico-specialistici, mentre tendevano a relazionarsi maggiormente con le dimensioni educative e cultu- rali generali dei giovani. A tutto ciò si aggiungeva la contestazione del ‘68 che rifiutava ogni asservi- mento della scuola alle esigenze del capitalismo, sia nel senso della subordinazione alla struttura professionale sia nel senso della riproduzione della struttura sociale esistente. da questo punto di vista una critica convincente si appunta sul fatto che la teoria del capitale umano trascura le ragioni strutturali della povertà siano esse la situazione di classe o lo scambio diseguale, cioè l’attuale ingiusto ordine econo- mico nazionale e internazionale. Nonostante ciò, non si può certamente negare che esista un vantaggio indivi- duale e sociale a investire nell’istruzione e che il capitale umano costituisca la risorsa più importante per la crescita economica. Al tempo stesso non è possibile affermare che siano sufficienti le dinamiche del mondo produttivo per assicurare lo sviluppo qualitativo e quantitativo del sistema educativo dell’istruzione e della formazione. 1.2. Le posizioni critiche degli Anni ‘70 In seguito sono state elaborate altre teorie, ma nessuna ha ottenuto un consenso generale (Lodigiani, 1999 e 2007; Bertagna, 2002 e 2006; Fischer, 1998, 2003 e 2007; Halsey et alii, 1998; malizia e Pieroni, 2012b; malizia, 2012). Per esempio le interpretazioni conflittualiste sostengono che le politiche relative ai percorsi di istruzione e di formazione non sono condizionate principalmente dalle esigenze del- la società industriale, ma dagli interessi delle élite, e il sistema educativo si limita puramente a conformarsi ai bisogni dell’economia capitalista, esercitando un ruolo di controllo delle masse e fornendo abiti comportamentali invece che abilità cogni- tive. In particolare, secondo Bowles e Gintis la scuola sarebbe apprezzata dal mon- do produttivo capitalista non tanto per le conoscenze e le competenze che fornisce, 38 quanto perché forma i tratti della personalità che consentono un inserimento docile nelle gerarchie industriali e nelle burocrazie. Infatti, le qualità del carattere che as- sicurano il successo nell’istruzione sarebbero le stesse che identificano il buon la- voratore; tali ipotesi, però, hanno trovato nella ricerca empirica solo modesti riscon- tri (Bowles e Gintis, 1978, 1979 e 1982; Fischer, 1998, 2003 e 2007; malizia e Pie- roni, 2012b; malizia, 2012). Alla teoria dei tratti della personalità, va avvicinata quella dell’istruzione come cultura di ceto di Collins secondo la quale il ruolo dell’istruzione e della formazione non consisterebbe nell’insegnare conoscenze e abilità tecniche, ma piuttosto nel tra- smettere il linguaggio, le buone maniere, gli stili di vita e i valori di un determinato gruppo sociale (1978a e b, 1980; Fischer, 1998, 2003 e 2007; malizia e Pieroni, 2012b; malizia, 2012). Inoltre, viene negata o ridimensionata la valenza del sistema educativo in funzione della preparazione professionale che, invece, si realizzerebbe esclusivamente o principalmente nel luogo stesso del lavoro. La preparazione richie- sta per i differenti lavori non dipenderebbe dalle esigenze del sistema produttivo, ma dai rapporti di forza tra i ceti in un determinato momento storico. Pertanto, il titolo di istruzione posseduto non vale come attestazione delle abilità tecniche acquisite quanto dei valori interiorizzati. Infatti, la dirigenza di una organizzazione scegliereb- be i dirigenti dal proprio ceto e i dipendenti dai ceti subordinati che, però, hanno in- teriorizzato una cultura di rispetto nei confronti del ceto dominante. Anche in questo caso si tratta di affermazioni che mancano di un sostegno univoco e convincente sul piano empirico; inoltre, lo stesso Collins ammette che la scolarizzazione elementare di massa sarebbe un prere quisito necessario per il decollo industriale di un Paese; in aggiunta, l’esperienza di lavoro non pare sufficiente per far apprendere saperi e com- petenze a quel livello di sofisticazione che questi hanno ormai toccato. Altri studiosi hanno elaborato la teoria credenzialista (o dell’inflazione dei ti- toli di studio) secondo la quale tra istruzione/formazione ed economia non sussiste- rebbe alcun rapporto e i titoli di studio costituirebbero unicamente delle credenziali per presentarsi sul mercato del lavoro (Passeron, 1982; Fischer, 1998, 2003 e 2007; malizia e Pieroni, 2012b; malizia, 2012). L’aumento del livello dei titoli richiesti per l’assunzione ai vari posti di lavoro non potrebbe essere attribuito al ritmo incal- zante del progresso scientifico e tecnologico, ma dipenderebbe da un eccesso di ma- nodopera istruita per cui lo stesso titolo di studio non assicurerebbe più l’accesso alla medesima occupazione del passato ma a una di livello più basso, avendo perso di valore, essendosi cioè inflazionato; in altre parole, l’elevazione delle qualifica- zioni per l’inserimento occupazionale servirebbe come un meccanismo di filtro per regolare in maniera ordinata l’accesso al mondo del lavoro di una manodopera trop- po istruita/formata. Al contrario sembra accertato che l’istruzione di base di massa precede lo sviluppo industriale; inoltre, se la teoria credenzialista fosse esatta, non si capirebbe come mai gli imprenditori continuino a corrispondere stipendi più alti ai lavoratori più istruiti/formati e non si sia cercato di predisporre meccanismi di fil- tro meno costosi del sistema educativo. 39 La tesi del parcheggio si situa all’estremo opposto rispetto alla teoria del capi- tale umano e parla di un rapporto negativo (Barbagli et alii, 1973; Fischer, 1998, 2003 e 2007; malizia e Pieroni, 2012b; malizia, 2012). Nei periodi di disoccupa- zione si registrerebbe una crescita degli iscritti al sistema formativo: per evitare gli effetti negativi della mancanza di lavoro si entrerebbe nella scuola come in un par- cheggio in attesa di uscirne al momento propizio. Al contrario nelle fasi di piena oc- cupazione gli effettivi del sistema educativo rimarrebbero stabili o diminuirebbero. di fatto però il rapporto negativo non è sempre vero: negli Stati Uniti l’espansione dell’istruzione superiore dopo la seconda guerra mondiale è avvenuta in un periodo di piena occupazione. A loro volta, gli economisti istituzionalisti hanno sostenuto che il mercato del lavoro è segmentato (doeringer e Piore, 1971; Fischer, 1998, 2003 e 2007; malizia e Pieroni, 2012b; malizia, 2012). Esso si articolerebbe almeno in uno primario e in uno secondario: il primo sarebbe contraddistinto da alti stipendi, stabilità del lavo- ro, buone condizioni occupazionali e opportunità di promozione; invece, il mercato di lavoro secondario presenterebbe tratti opposti quali remunerazioni modeste, pre- carietà, difficile situazione di lavoro e poche possibilità di carriera. Il mercato di la- voro primario sarebbe formato dai mercati interni delle grandi aziende e delle buro- crazie pubbliche che tendono a privilegiare la promozione di propri dipendenti ri- spetto al ricorso al mercato di lavoro esterno quando si tratta di ricoprire posizioni che si sono rese libere. Pertanto, i lavoratori dei mercati interni non sono esposti al- la competizione dal di fuori e i soggetti più istruiti/formati continuano ad essere pa- gati meglio, a prescindere dalla loro produttività. Nel complesso, in base alle teorie critiche delle posizioni del capitale umano il sistema educativo finisce con il perdere qualsiasi finalità esplicita di Formazione Professionale. Certamente esso assume con maggiore chiarezza il ruolo di servizio sociale nel senso che è chiamato a garantire a tutti i cittadini un bene, impegnandosi a combattere ogni disparità e ad assicurare l’eguaglianza delle opportunità indipen- dentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione e dalle condizioni per- sonali e sociali. Al tempo stesso viene però teorizzata la deprofessionalizzazione del- l’istruzione e della formazione, mentre si preferisce affidare alle imprese o ad agen- zie extrascolastiche la funzione di qualificazione iniziale e continua della forza lavo- ro. Indubbiamente anche negli Anni ‘70 si ritiene che il sistema educativo possa of- frire un contributo significativo alla lotta alla disoccupazione, ma non perché faciliti un uso efficace della forza lavoro, ma in quanto riduce la pressione dell’offerta po- tenziale di lavoro sul mercato, svolgendo, come si è ricordato sopra, una funzione di parcheggio. Inoltre, l’espansione dell’istruzione e della formazione separata dalle necessità dell’economia porta a due gravi conseguenze: la dequalificazione della scuola secondaria superiore e l’aumento della disoccupazione intellettuale. Al termine di questa disamina delle due prime fasi della riflessione sui rapporti tra sistema educativo e produttivo, pare possibile avanzare la seguente conclusione sintetica in riferimento alle teorie finora analizzate. La tesi del capitale umano 40 sottolinea l’importanza dell’istruzione e della formazione, ma trascura le carenze storiche del processo di accumulazione capitalista. A loro volta le teorie radicali so- no molto consapevoli di tali limiti, ma non danno adeguato conto della funzione economica del sistema educativo. 1.3. La nuova centralità dell’istruzione e della formazione A partire dalla fine degli Anni ‘90 ritorna la fiducia nell’istruzione e nella for- mazione su base, però, nuova nel senso che trova giustificazione in un contesto dif- ferente e in altri paradigmi interpretativi (Lodigiani, 1999 e 2007; Bertagna, 2002 e 2006; Fischer, 1998, 2003 e 2007; Halsey et alii, 1998; malizia e Pieroni, 2012b; malizia, 2012). diversamente da quanto si affermava nella decade ‘70, l’elevazione del livello educativo della popolazione viene ritenuta uno strumento per combattere la disoccupazione. Si registrano anche il ripristino del profilo professionalizzante dell’istruzione e della formazione e la crescente valorizzazione della seconda per- ché si pensa possano contribuire in maniera significativa all’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Su questo mutamento di prospettiva hanno influito anzitutto i cambiamenti che si sono verificati a livello economico, produttivo e occupazionale. In proposito si può ricordare il cambiamento che è intervenuto nella composizione della forza la- voro: il comparto industriale si è ridimensionato, mentre si è assistito ad una espan- sione consistente di quello terziario. Tale andamento si spiega principalmente come conseguenza dell’introduzione e della diffusione delle nuove tecnologie dell’infor- mazione: ciò ha comportato tra l’altro una nuova centralità del sapere e un amplia- mento dei contenuti professionali del lavoro che si sono riflettuti sui livelli di quali- ficazione per l’entrata nel mondo del lavoro, determinando un loro innalzamento. Al tempo stesso si affermano nuovi modelli organizzativi detti “postfordisti” che si contraddistinguono per le caratteristiche della flessibilità e della qualità e questi pa- radigmi produttivi tendono a mettere al centro le risorse umane. Se tutti sono d’ac- cordo che tali trasformazioni a livello economico, produttivo e occupazionale esi- gono un lavoro più qualificato, l’unanimità viene meno quando si tratta di precisare se tale processo investa tutte le categorie di lavoratori: non manca infatti chi sostie- ne la tesi della polarizzazione secondo la quale la nuova domanda di lavoro discri- minerebbe in maniera netta quanti possono contare sulle necessarie competenze e quanti invece non le possiedono, determinando un aumento delle disuguaglianze e della forbice delle professionalità tra una ristretta élite di “ingegneri della conoscen- za” e una massa di persone destinate a lavori dequalificati. Nonostante questa diffe- renza di pareri, l’accordo ritorna nel sottolineare che l’istruzione e la formazione so- no necessarie per acquisire le conoscenze, le abilità e le competenze richieste per lavorare nei processi trasformati dalle nuove tecnologie, pena l’esclusione dal mer- cato del lavoro o la collocazione nel livelli più bassi. Tra i fattori del mutamento nell’approccio all’istruzione e alla formazione che si pongono sul lato del contesto, vanno ricordate le dinamiche connesse con l’affer- 41 marsi della globalizzazione. L’espansione che ha caratterizzato l’economia tra la fi- ne della seconda guerra mondiale sino alla crisi petrolifera ha ricevuto un contribu- to importante dalla chiusura nazionalistica dei Paesi nel senso che gran parte del- l’attività produttiva si realizzava entro i confini dello Stato in uno spazio protetto da controlli sul movimento dei capitali, dei beni e dei servizi. Con l’avvento della glo- balizzazione il panorama cambia, la concorrenza si sposta sui mercati internaziona- li e l’affermarsi dei Paesi di nuova industrializzazione, tra questi in particolare la Cina, dà vita a una competizione che pone seri problemi alle nazioni a economia avanzata perché i primi possono contare su una produzione di massa a basso costo. Pertanto, i secondi vengono a trovarsi di fronte a una alternativa non facile: una strategia consiste nel cercare di vincere il confronto, collocandosi allo stesso livel- lo, cioè procedendo a trasferire le attività economiche in Paesi dove il costo del la- voro sia basso; l’altra ipotesi tende a concentrare le attività economiche nei com- parti caratterizzati da livelli elevati di conoscenza, ricerca e innovazione in cui la competizione dei Paesi in via di sviluppo non è temibile. Siccome i costi sociali del- la prima strategia sono troppo elevati, le nazioni ad economia avanzata adottano la seconda, puntando sulla fabbricazione di un ventaglio di beni e servizi la cui com- petitività si basi meno sul prezzo e più sulla qualità. questa opzione richiede a mon- te la presenza nella forza lavoro di una professionalità sempre più elevata che rende di nuovo centrale l’investimento in istruzione e formazione. Sul ritorno della fiducia nell’istruzione e nella formazione ha anche influito il progresso che si è realizzato a livello teorico. Infatti, sono stati abbandonati i mo- delli che si fondavano su una visione unitaria, omogenea e atomistica del mercato, su una concezione lineare e irreversibile delle sue direzioni di sviluppo e sulla na- tura dominante e strutturante della domanda. Emerge invece un paradigma esplica- tivo pluricausale che cerca di collegare i cambiamenti che si sono verificati nella domanda di lavoro per effetto dell’avvento delle nuove tecnologie dell’informazio- ne e della ristrutturazione dei processi produttivi e dell’organizzazione industriale, con i mutamenti che sono intervenuti nell’offerta di lavoro che si presenta sempre più scolarizzata e femminilizzata. In altre parole al modello “domandista” del capitale umano si sostituisce quel- lo “interattivo”. Le relazioni tra istruzione e formazione da una parte e crescita eco- nomica dall’altra non si possono basare solo sulla domanda di lavoro, ma bisogna parimenti prendere in attenta considerazione la qualità dell’offerta. L’impianto e la qualità delle attività imprenditoriali non possono prescindere dalla presenza in loco delle necessarie competenze per svolgerle. Assicurare più e migliore istruzione e formazione a tutti e soprattutto a quanti sono disoccupati o sottoccupati, benché possa comportare nel breve termine spese consistenti, tuttavia è segno di una visio- ne strategica che nel lungo periodo offre dei ritorni ben superiori agli svantaggi del momento. L’analisi della domanda di lavoro possiede una rilevanza centrale per la definizione delle politiche educative; però, sarebbe errato da parte delle imprese perseguire una politica autoreferenziale, ma anch’esse devono mettersi al servizio 42 della istruzione e della formazione delle persone e tener conto dei valori che queste esprimono. Si richiede pertanto un monitoraggio costante delle istanze della doman- da e dell’offerta per giungere ad elaborare strategie concertate, mentre ogni politica a senso unico da parte del sistema economico sarebbe necessariamente perdente. Gli interventi del governo sul lavoro non possono consistere in una semplice presa d’atto dei dati economici, ma devono considerare attentamente le correlazioni tra le dinamiche dello sviluppo e i bisogni dei singoli e dei gruppi. In questo contesto il modello “interazionista” non rifiuta il meglio di quello “domandista”, ma provvede a integrarlo. L’intervento pubblico non è più focalizzato come nel passato sul sostegno alla domanda aggregata da parte dello Stato secondo la tradizionale impostazione key- nesiana, ma mira a favorire in una prospettiva di natura promozionale l’incontro tra domanda e offerta e ad aiutare le persone che nel mercato del lavoro si trovano in una condizione di debolezza come giovani, donne, cassintegrati, disoccupati di lun- go periodo, extracomunitari. Tenuto conto anche della natura eterogenea, disconti- nua e segmentata del mercato del lavoro, viene predisposto un ampio ventaglio di misure di politica attiva rivolte a rispondere in maniera flessibile alla complessità della domanda e dell’offerta: tra esse assume una posizione centrale la formazione professionale. Infatti, la garanzia del lavoro non coincide più con il posto fisso assi- curato a vita, ma consiste in una gamma di dispositivi mirati ad elevare il livello di istruzione e di formazione del soggetto e l’efficienza del mercato del lavoro affin- ché il lavoratore possa beneficiare del massimo di possibilità nei percorsi di mobili- tà tra una impresa e l’altra e nell’alternanza tra formazione e lavoro. Le indicazioni che vengono dalla letteratura più recente circa l’incidenza del- l’istruzione e della formazione sullo sviluppo economico attestano un superamento delle posizioni più negative del passato e il raggiungimento di una prima sintesi (Saha e Fägerlind, 1994; Lodigiani, 1999 e 2007; malizia e Pieroni, 2012b; mali- zia, 2012; de Luigi, martelli e Rizza, 2014). Tuttavia, la relazione è tutt’altro che semplice e diretta: in altre parole non esistono automatismi per cui si possa affer- mare che qualsiasi investimento nel sistema educativo conduca necessariamente ai risultati voluti e, pertanto, non sono da escludere casi di eccessiva fiducia nelle stra- tegie dell’istruzione e della formazione o di una scelta di modalità sbagliate di in- tervento. Al tempo stesso va affermato che non è pensabile per un Paese realizzare una politica per lo sviluppo senza il sostegno di una popolazione adeguatamente formata, in particolare se si tiene conto dell’attuale fase di esplosione delle cono- scenze e di espansione della tecnologia. Pertanto, si può dire che l’educazione è il fattore principale dello sviluppo a condizione che la sua traduzione in un progetto concreto corrisponda alle esigenze proprie di ciascun Paese. L’attuale recupero della centralità del capitale umano e della relazione tra istru- zione e formazione da una parte e lavoro dall’altra non è più interpretabile in senso meccanicistico e automatico. Infatti, si è ormai pienamente consapevoli degli stretti rapporti che intercorrono tra sistemi educativo, produttivo ed occupazionale. 43 L’interpenetrazione che si registra tra sfera sociale e sfera economica ed il radica- mento dell’economia nella società portano a una prospettiva multidimensionale del- lo sviluppo che fonda la presenza di molteplici e differenziati itinerari di crescita il cui successo è condizionato dalle interazioni specifiche che si creano in un determi- nato contesto tra variabili di diversa natura. In questo quadro l’investimento in istruzione e formazione non viene più visto solo come una scelta individuale effet- tuata in nome di una razionalità esclusivamente strumentale, ma è interpretato in un’ottica più complessa che prende in considerazione vari altri fattori quali i mer- cati di lavoro particolari come quelli “interni”, la contrattazione tra organizzazioni datoriali e sindacali, la disparità nella distribuzione delle ricchezze, il quadro istitu- zionale in cui le scelte si collocano. La valenza dell’investimento in istruzione e in formazione non viene più calcolata sulla base soltanto dell’aumento del reddito, ma anche in termini di crescita di occupabilità del lavoratore e di adeguamento alle esi- genze delle imprese e alle innovazioni tecnologiche e organizzative. questo non significa che non rimangano dei problemi importanti da affrontare. Anche oggi un livello alto di istruzione e di formazione facilita il reperimento di una occupazione, ma non offre alcuna sicurezza che la si trovi veramente e soprat- tutto che corrisponda al titolo posseduto. quest’ultimo è raggiunto da fenomeni di svalutazione e di inflazione che comportano una crescita continua verso l’alto del grado di istruzione formale necessario per inserirsi nel mercato del lavoro, mentre tendono a marginalizzare chi vi entra con credenziali educative deboli. A loro volta queste sono sempre più un segno formale del livello di qualifica raggiunto, mentre sempre di meno riescono a svolgere una funzione di filtro delle persone più capaci o a indicare le conoscenze e le competenze realmente possedute. È anche entrato in crisi il monopolio del sistema di istruzione come unico canale di trasmissione dei saperi e di formazione. Tuttavia il limite maggiore del modello “interattivo” risiede altrove (Bertagna, 2002 e 2006; malizia e Pieroni, 2012b; malizia, 2012). Pur presentando un insieme di vantaggi rispetto a quello “domandista” di cui supera l’autoreferenzialità del sistema economico e valorizzando, invece, le connessioni di quest’ultimo con il sistema educativo, il ruolo dell’istruzione e della Formazione Professionale iniziali e ricorrenti, l’attenzione alle attitudini dei singoli, la sensibilità sociale, l’imparare ad apprendere, la concertazione e la negoziazione, tuttavia non incide se non marginalmente sull’assunto principale del modello “domandista” secondo il quale il significato e il bene di ciascuno vengono a coincidere con l’utile e il produttivo. L’occupabilità del soggetto assurge a valore fondamentale e nessuno può discostarsi sostanzialmente dal modello di uomo o di donna che lo sviluppo economico di un certo periodo storico richiede. diversa è la portata e l’incidenza di un modello “personalista” che pone al centro la persona e non il sistema economico o le imprese o l’occupabilità. In questo caso è la persona che diviene il fine a cui vengono subordinati la crescita e i processi di istruzione/formazione. Pertanto, lo sviluppo non ha senso se dovesse ledere 44 anche un solo soggetto. L’istruzione e la formazione non hanno valore in se stesse, ma in quanto sono considerate da ciascuno uno strumento significativo per perfe- zionarsi e divenire migliore. Inoltre, esse non si giustificano in quanto esigenze og- gettive del tempo, ma perché le persone vi riconoscono un’esperienza che le fa cre- scere. Livelli anche molto elevati di crescita economica e una estrema diffusione dell’istruzione e della formazione non sono sufficienti se al tempo stesso non ren- dono più persona ogni persona. Non è accettabile che la realizzazione dell’uomo si riduca al suo lavoro: il percorso da porre in essere è, invece, quello opposto di ren- dere il lavoro, l’occupabilità e l’economia strumenti per sviluppare a pieno ogni persona e tutta la persona. 2. Welfare ed educazione: dalla separazione alla correlazione L’evoluzione che si cercherà di evidenziare tocca principalmente due dimen- sioni (malizia e Nanni, 2013 e 2015; malizia e Pieroni, 2012b). Il punto di partenza è costituito dagli sviluppi che si sono verificati nei regimi concreti di welfare e di educazione, a cui è dedicata la prima parte di questa sezione. In un secondo mo- mento si delineeranno i riflessi di questi mutamenti nella letteratura, mettendo in ri- salto i diversi paradigmi esplicativi. 2.1. L’evoluzione dei regimi di welfare Per lungo tempo le analisi effettuate sullo Stato sociale e sull’educazione han- no concluso sulla mancanza di relazioni reciproche (Agostini, 2013; Benadusi, 2013). Infatti, nel passato gli studi in materia hanno identificato il centro del welfa- re nelle assicurazioni sociali, escludendo l’istruzione. Più specificamente, ciò che faceva pensare a binari paralleli era il modo diverso di concepire l’eguaglianza nei due mondi: lo Stato sociale mirerebbe ad assicurare la parità assoluta (o delle con- dizioni) in relazione a parametri definiti di salute e di benessere, mentre la preoccu- pazione dei sistemi educativi sarebbe quella di assicurare l’eguaglianza delle oppor- tunità concepita come una aumentata disponibilità di occasioni di mobilità sociale. A partire dagli Anni ‘80 la letteratura evidenzia un’altra situazione: le politiche dello Stato sociale e dell’istruzione si caratterizzerebbero per il fatto di essere alter- native (Agostini, 2013). questo andamento sarebbe visibile in modo chiaro nel con- fronto tra tipologie di regimi liberali e conservatori di welfare: nei primi l’educa- zione viene privilegiata rispetto alle assicurazioni sociali per il suo ruolo determi- nante ai fini della mobilità sociale, mentre l’inverso si verificherebbe nei secondi. Una esemplificazione particolarmente illuminante in proposito sarebbe offerta dalle politiche per l’istruzione superiore: i Paesi del primo raggruppamento tendono a in- vestire di più nelle opportunità di accesso all’università, mentre i secondi puntano maggiormente sui programmi assicurativi. Più in generale, secondo questa interpre- tazione della letteratura rilevante l’Europa e gli Stati Uniti si qualificherebbero per 45 la prevalenza di due tipologie di welfare state opposte, che sarebbero attribuibili a una concezione diversa di eguaglianza: in un caso delle condizioni e nell’altro delle opportunità; ma ambedue i paradigmi escluderebbero l’integrazione tra le politiche sociali e quelle dell’educazione. Agli inizi del 2000 si fa strada un’altra tesi che evidenzia l’esistenza di gruppi di Paesi tra i quali si riscontrerebbero elementi di corrispondenza tra i regimi di welfare e di istruzione (Esping-Andersen, 2000; Lodigiani, 2008; Busemeyer e Ni- kolai, 2010; Agostini, 2013; West e Nikolai, 2013). Per esemplificare questa posi- zione si utilizzerà la tipologia di West e Nikolai perché non dimentica i Paesi medi- terranei e distingue chiaramente quelli scandinavi dagli altri del Nord Europa, an- che se si serve solo di due parametri di riferimento, l’eguaglianza (o l’ineguaglian- za) delle opportunità e la spesa pubblica nel campo dell’educazione, rispetto alla ti- pologia più articolata di Iversen e Stephens (2008) dei “tre mondi di formazione del capitale umano” che, però ignora il raggruppamento del Sud del nostro continente (Redazione di «Scuola democratica», 2013). La classificazione di West e Nikolai, completata con quella di Esping-Ander- sen, prevede quattro diversi regimi (West e Nikolai, 2013; Lodigiani, 2008; Esping- Andersen, 2000). Il modello cosiddetto socialdemocratico è tipico dei Paesi scandi- navi come danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia. L’impostazione è universali- stica, l’accesso alle prestazioni è fondato sulla cittadinanza ed è indipendente dal mercato (demercificazione), il welfare è individuale (defamilizzazione) e i sistemi sono pubblici e basati principalmente su denaro pubblico; sul versante dell’istruzio- ne, l’accesso all’educazione prescolastica e alla Formazione Professionale è più esteso della media dei Paesi analizzati, mentre i tassi di abbandono risultano più bassi. Il regime conservatore-corporativo riguarda i Paesi dell’Europa Centrale co- me Austria, Belgio, Germania e Olanda. Esso attribuisce un ruolo centrale allo Sta- to e alla famiglia: la protezione dai rischi è focalizzata sul capofamiglia, è diversifi- cata secondo la categoria lavorativa e i compiti di cura e di garanzia del benessere sono caricati sulla famiglia, mentre l’entità della spesa pubblica si colloca nella me- dia dei Paesi considerati; a sua volta la frequenza dell’educazione prescolastica e della Formazione Professionale è elevata. Il modello mediterraneo, che riguarda tra l’altro Francia, Grecia, Italia, Portogallo e Spagna, è contraddistinto: «(...) dal pre- valere di una protezione dualistica dei lavoratori, che conduce all’ipergarantismo di quanti sono impiegati nei settori centrali dell’economia a discapito di quanti sono impiegati invece nei settori periferici; dalla preferenza per i trasferimenti monetari; dal carattere particolaristico e clientelare dell’apparato politico-istituzionale; dal- l’approccio universalistico alla sanità e dalla presenza di un mix peculiare tra pub- blico e privato» (Lodigiani, 2008); sul lato dell’istruzione, l’accesso all’educazione prescolastica è esteso (tranne che nel caso della Grecia), mentre quello alla Forma- zione Professionale è diverso a seconda dei Paesi e la percentuale dell’abbandono risulta elevata, se si esclude la Francia. L’ultima impostazione è quella liberale che si riscontra nei Paesi anglosassoni quali l’Irlanda, il Regno Unito e gli Stati Uniti. 46 In questo caso, è il mercato a svolgere il ruolo centrale, mentre la funzione dello Stato presenta un carattere residuale – in quanto pochi rischi ottengono la qualifica- zione di “sociali” – e selettivo – nel senso che sono tutelate solo le persone in reale situazione di necessità; a sua volta, la frequenza all’educazione prescolastica si diversifica in base ai Paesi, quella della Formazione Professionale è modesta e il tasso di abbandono si presenta alto, eccetto che negli USA. Una prima conclusione che si può trarre da questi andamenti è che nei diversi raggruppamenti i regimi di welfare e di istruzione dimostrano di avere in comune vari tratti qualificanti, per cui risulta tra loro l’esistenza di una certa corrisponden- za. La disamina dei livelli di spesa riguardanti la protezione sociale e l’educazione nei gruppi di Paesi richiamati sopra, durante il periodo 1995-2007, ha permesso di approfondire il senso della coerenza appena affermata (Agostini, 2013). Andamenti convergenti tra welfare e istruzione all’interno dei gruppi, anche se opposti tra i gruppi, si possono osservare nei modelli scandinavi e mediterranei: i primi si distin- guono per le percentuali di spesa più alte nel welfare e nell’educazione, anche se negli anni considerati i livelli di investimento sono diminuiti; a loro volta, i regimi mediterranei presentano i livelli più bassi di spesa nell’educazione e sono penultimi in graduatoria (dopo gli scandinavi e i continentali, ma prima degli anglosassoni) quanto a quelli per welfare. I modelli continentali si caratterizzano per livelli di spe- sa superiori ai mediterranei e agli anglosassoni, ma inferiori agli scandinavi per cui occupano una posizione intermedia. L’unica eccezione all’andamento convergente tra welfare e istruzione si riscontra tra i paesi anglosassoni che si distinguono per una riduzione degli investimenti sociali e una crescita per quelli in educazione. A partire dagli Anni ‘90 negli ambiti del welfare e dell’educazione si è via via affermato un nuovo attore, l’Unione Europea (Ferrera, 2013; Agostini, 2013; Paci, 2013), che ha avviato in proposito misure di coordinamento. Nel settore dell’istru- zione vanno ricordati il Processo di Bologna (1998) per l’armonizzazione nell’istru- zione superiore, quello di Copenaghen (2002) con i medesimi intendimenti per la Formazione Professionale, anche se più limitati per la maggiore difformità e fram- mentazione del settore, e il “metodo aperto di coordinamento” (mAC-istruzione e formazione o mAC-IF), che ha riguardato quasi tutti gli aspetti rilevanti dell’istru- zione e della formazione, puntando a determinati obiettivi di convergenza fra Paesi che sono stati inseriti nella Strategia di Lisbona (2001) (Ferrera, 2012 e 2013). A sua volta nell’ambito del welfare l’UE è intervenuta con la Strategia europea per l’occupazione (1997), la Strategia di Lisbona appena citata e, ultimamente, con il Pacchetto di investimenti sociali e il rilancio della Strategia europea per l’inclusio- ne attiva che, come le altre misure, mira ad assicurare un adeguato supporto al red- dito, un mercato del lavoro inclusivo e un accesso a servizi di qualità in particolare nella istruzione e nella formazione (Commissione Europea, 2013; Agostini, 2013). Sulla base di queste politiche si può ipotizzare l’emergere di un modello di for- mazione del capitale umano che presenta come punto di riferimento principale quel- lo dei Paesi scandinavi e in seconda istanza quello tedesco: più precisamente esso 47 comprenderebbe, oltre a un’elevata autonomia organizzativa del sistema educativo, una: «(...) istruzione di base (a cominciare dalla prima infanzia), capace di assicura- re pari opportunità e robuste competenze trasversali e generali; la presenza di cana- li di formazione tecnico-professionale, capaci di creare competenze più specifiche; intrecci e “passerelle” tra le due sfere; un elevato accordo tra IF, mercato del lavoro e mondo delle imprese» (Ferrera, 2013). Più in generale in relazione a questa evo- luzione si stanno affermando due paradigmi di studio che prendono il nome di in- vestimento sociale e di welfare attivo che puntano a superare la separazione storica tra educazione e welfare per arrivare a una concezione che li ritiene dimensioni in- tegranti di un programma attuale di Stato sociale (Agostini, 2013). 2.2. I paradigmi dell’investimento sociale e del welfare attivo I due modelli saranno presentati come un tutto unico perché si integrano facil- mente tra loro (morel, 2013; Ciarini, 2013; Pavolini, 2013; Cerea, 2013). Inoltre, verranno indicati con il nominativo con cui sono più conosciuti nella letteratura e cioè quello di investimento sociale.2 di esso si cercherà di richiamare i principi, le strategie, i limiti e le prospettive. Incominciamo dalle idee di base che fanno dell’investimento sociale una terza via tra lo Stato assistenziale (o «keynesismo») e il neo-liberalismo: infatti, tale pa- radigma sociale cerca come lo Stato assistenziale di unire tra loro coesione sociale e crescita economica, ma diversamente da esso persegue tale obiettivo principal- mente mediante politiche di preparazione piuttosto che di riparazione, senza però escluderle; come il neo-liberalismo, pone in essere interventi di attivazione, ma si differenzia da esso in quanto li integra sia con strategie che rafforzano il capitale umano, lo conservano nel tempo e ne potenziano l’utilizzazione efficace, sia con politiche di sicurezza attiva (Cerea, 2013). Il principio del welfare attivo che carat- terizza il paradigma in questione non intende limitarsi a un’assistenza di carattere esclusivamente passivo, orientata a difendere le persone da condizioni disagiate in una prospettiva di riparazione del danno subito (disoccupazione, malattia, invalidi- tà e vecchiaia) come nello Stato assistenziale, ma mira a predisporre interventi di natura abilitante che puntano anzitutto a potenziare le capacità di decisione, di azio- ne e di partecipazione dei cittadini e di auto-protezione e responsabilizzazione ri- guardo alla gamma delle situazioni problematiche in cui si trovano coinvolti (Cola- santo, 2011; Lodigiani, 2008; Colasanto e Lodigiani, 2007; Naldini, 2006; Paci, 2005; Ranci, 2004; Ferrera, 2004; Esping-Andersen, 2000). A marcare la distanza dai modelli assistenziale e neo-liberale può essere utile soffermarsi sulla diversità tra “promettere l’occupazione” e “assicurare l’occupabilità”: non ci si limita a offri- re un posto di lavoro, ma si intende approntare le condizioni per sviluppare nelle 2 In questa sezione approfondiremo, e completeremo la trattazione di un argomento che era stato presentato più sinteticamente in malizia e Nanni, 2013. 48 persone le conoscenze e le competenze al fine di ottenere un’occupazione e, al contempo, si cerca di promuovere nel mercato le opportunità che facilitino il repe- rimento del lavoro. L’obiettivo è quello di realizzare la flexicurity, vale a dire assi- curare un raccordo tra l’esigenza di flessibilità del mercato e il bisogno dei cittadini di protezione sociale. La stessa equidistanza tra i due modelli assistenziale e neo-li- berale si riscontra a riguardo della posizione che il paradigma in questione assume in tema di rapporti tra Stato e società civile. Infatti, esso propone una impostazione della dinamica sociale a tre dimensioni: lo Stato si propone come garante-promotore, cioè come garante della soddisfazione per tutti i cittadini dei bisogni fondamentali, ma non più primariamente gestore – anche se lo rimane in via sussidiaria; si abban- dona /mercato, pubblico/privato; e, invece, si riconosce e si potenzia il terzo settore o privato sociale. Le politiche che corrispondono al paradigma dell’investimento sociale si arti- colano in tre tipologie (morel, 2013). La prima consiste negli interventi per la for- mazione del capitale umano e per la sua conservazione nel tempo. La misura che viene raccomandata per prima è costituita dalla promozione dell’educazione presco- lastica. Le ragioni sono molteplici: l’infanzia è il periodo migliore dell’esistenza per acquisire le competenze intellettuali e sociali necessarie per apprendere durante tut- ta la vita, per combattere la trasmissione inter-generazionale delle disparità socio- economiche e culturali e per garantire un maggiore rendimento economico. In que- sto ambito sono decisive anche le politiche dirette ad assicurare alti tassi di scola- rizzazione, eguaglianza di accesso all’istruzione e livelli elevati di qualità dell’edu- cazione per tutti. Altrettanto determinanti sono le misure che rientrano nella strate- gia dell’educazione permanente. Tutti questi interventi sono pensati in un contesto di elevata autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche e formative. La seconda area di intervento è rappresentata dalle politiche rivolte ad accre- scere l’occupazione. In proposito assumono un carattere strategico tutte le misure che facilitano ai genitori la conciliazione tra i tempi del lavoro e quelli della fami- glia, in modo da elevare i tassi di occupazione femminile (e di conseguenza accre- scere l’offerta di lavoro, promuovere lo sviluppo economico e aumentare la soste- nibilità finanziaria del sistema di protezione sociale) e di consentire alle famiglie di realizzare il loro progetto di genitorialità. qui sono determinanti i servizi di cura dell’infanzia e i congedi parentali. Non bisogna neppure sottovalutare l’importanza dei servizi di assistenza agli anziani per sostenere il lavoro delle donne con età su- periore ai 50 anni. La terza tipologia riguarda l’impegno a ridurre i rischi della disoccupazione. In questo caso sono decisive le misure di flexicurity, rivolte a garantire modalità dif- ferenziate di lavoro per tutta la vita, politiche di sicurezza attiva e l’impegno a so- stenere non solo i lavoratori che operano regolarmente e stabilmente all’interno del mercato del lavoro, ma anche i marginali, gli esclusi e coloro che cercano di acce- dervi. Altrettanto determinanti sono gli interventi nel campo della formazione per- manente degli adulti. 49 Anche se, come si è visto sopra, le politiche dell’UE nei settori del welfare e del- l’educazione sono influenzate dal paradigma dell’investimento sociale, sarebbe sba- gliato non tenere conto dei limiti che sono stati evidenziati dagli studiosi dell’area nei suoi riguardi (morel, 2013; Pavolini, 2013; Cerea, 2013). Un primo rischio è che la focalizzazione sulle politiche di attivazione del mercato del lavoro, rispetto a quel- le assistenziali di natura passiva, possa lasciare nell’ombra le necessità delle fasce economicamente più fragili della popolazione. Un altro pericolo, insito nelle stesse strategie, è che ci si concentri su misure dirette al rapido inserimento in un lavoro “qualsiasi esso sia” e ci si dimentichi dell’istanza della sua “qualità”: per cui biso- gnerebbe puntare anzitutto sia sulla formazione del capitale umano, in vista dell’ap- prendimento di competenze elevate, sia sulla promozione di occupazioni più adegua- te e non solo più numerose. Le proclamazioni solenni a livello di UE e di singoli Paesi della finalizzazione delle politiche del welfare e dell’educazione ad obiettivi di coesione e di inclusione sociale tendono ad essere più di facciata che di sostanza. Esiste anche il rischio che gli interventi tesi ad assicurare la parità tra i sessi nel lavoro – e in particolare quelli rivolti a conciliare il lavoro con le esigenze familiari – vengano strumentalizzati ad una prospettiva esclusivamente economicistica, vale a dire preoccupata quasi solo di elevare i tassi dell’occupazione femminile, dimen- ticando le aspirazioni delle donne alla loro autorealizzazione. Un analogo problema di strumentalizzazione riguarda le politiche per l’infanzia: il pericolo è che queste non siano focalizzate principalmente sul bambino di oggi, ma sull’adulto di doma- ni: per cui non è centrale l’interesse per il bambino in quanto tale, ma per l’adulto che potrebbe diventare. Le sue esigenze attuali vengono trascurate rispetto al ruolo futuro che dovrà occupare. Pure la visione dell’adulto potrebbe essere riduttiva: nel senso che non pare disporre di una cittadinanza piena, ma viene concepito quasi esclusivamente come cittadino-lavoratore, la cui integrazione sociale si limita a quella lavorativa e la cui realizzazione si identifica con la sua abilità ad adeguarsi agli sviluppi del mondo produttivo. Un ultimo rischio riguarda la tentazione di con- centrare l’attenzione sul lato dell’offerta del lavoro (soprattutto incentivando le po- litiche di formazione del capitale umano) e di dimenticare la necessità di interveni- re dalla parte della domanda, stimolando la crescita economica. Le ambiguità che sono state elencate sopra dipenderebbero dal fatto che il pa- radigma dell’investimento sociale è stato declinato in due diverse modalità: una più umanistica e l’altra più produttivistica (morel, 2013; Cerea, 2013; Pavolini, 2013; malizia e Nanni, 2013 e 2015; Colasanto e Lodigiani, 2007). La prima è centrata sulla promozione della persona e si distingue per la sua natura inclusiva e universa- listica. Le politiche si focalizzano sul capitale umano poiché si punta anzitutto a svi- luppare le capacità di scelta e di decisione dei soggetti, la loro responsabilità, le op- portunità di autorealizzazione. L’entrata nel mondo del lavoro resta indubbiamente un passo decisivo nella vita della persona, è una delle strategie per promuovere la sua crescita integrale, ma non l’unica. È certamente necessaria per garantire una cit- tadinanza attiva, ma non è sufficiente. In questa declinazione, l’educazione adem- 50 pie un compito fondamentale ai fini dell’empowerment e della capacitazione del soggetto. L’altra modalità si caratterizza per la logica strettamente efficientistica. In questo caso l’esercizio dei diritti sociali è subordinato all’impegno nel mercato del lavoro e la formazione è immaginata in modo strumentale e come una misura di breve termine: cioè solo come politica attiva del lavoro. Ovviamente nel rapporto è la prima impostazione che servirà come parametro di riferimento. 3. considerazioni conclusive In sintesi, si può affermare che gli ultimi due decenni hanno assistito a un cam- biamento molto significativo sia nelle politiche sociali, sia in quelle educative e sia in quelle relative al mondo del lavoro (Lodigiani, 2008; Colasanto e Lodigiani, 2007; Colasanto, 2011; malizia e Pieroni, 2012b; malizia e Nanni, 2013 e 2015). In primo luogo si è passati da provvedimenti di carattere passivo, fondati sul diritto di cittadinanza o sui versamenti corrisposti, a interventi di natura attiva, cioè condizio- nati alla realizzazione da parte degli interessati dei comportamenti richiesti. Una se- conda modalità evolutiva ha riguardato la transizione da misure standardizzate, re- lative a tipologie di rischio prestabilite, a programmi individualizzati e da una foca- lizzazione su strategie economiche di carattere macro che privilegiavano la doman- da di lavoro, a politiche mirate principalmente sull’offerta, sul livello micro e sul- l’attivazione dei beneficiari. Un ultimo trend è consistito in un’azione di decentra- mento che ha permesso ai soggetti locali di divenire protagonisti e di non essere più solo semplici esecutori, un andamento che ha comportato una revisione della distri- buzione delle competenze a livello territoriale tra centro e periferia e che ha rivalu- tato il privato, in particolare sociale, rispetto al pubblico e le responsabilità indivi- duali in confronto con quelle collettive. In questo quadro si ridisegnano i ruoli del lavoro, della istruzione/formazione e del welfare: il primo si presenta come lo strumento più rilevante di inclusione so- ciale, la seconda è chiamata a svolgere il compito di presiedere alla transizione nel mondo del lavoro e di offrire un contributo centrale al sistema di sicurezza in chia- ve attivante nella mobilità delle persone e il welfare si deve caratterizzare sempre più in senso inclusivo, universalistico, promozionale e personalista. Il pericolo insi- to in questo modello è che la scuola/FP vengano ridotte a puro sostituto funzionale del lavoro e del welfare. Certamente non si può negare che l’istruzione/formazione deve proporsi mete di natura professionalizzante e che possa facilitare nel lungo ter- mine l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e contribuire al conseguimento di una buona occupazione; al tempo stesso non si può limitare il suo ruolo a queste fi- nalità e soprattutto non si può chiedere ad essa di creare da sola nuovo lavoro o di assicurare la stabilità del posto. Sarà necessario invece che sia collocata in un siste- ma più vasto di protezioni comprensivo di un insieme integrato di strategie attive e passive. 51 In altre parole bisogna superare gli effetti del cambiamento di prospettiva riguardo al problema della disoccupazione che si è verificato con la strategia di Lisbona e che ha inciso fortemente sui sistemi educativi, portando in primo piano la funzione professionalizzante in relazione stretta alle richieste del mondo del la- voro (Commissione Europea, 2009). L’approccio che ha prevalso è stato di natura economicistica e ha coinvolto i programmi di istruzione/formazione. Tale andamen- to contrasta grandemente con la concezione europea dell’apprendimento per tutta la vita che lo vede come “empowerment” e gli attribuisce il ruolo di promuovere la cittadinanza attiva. Nonostante i limiti appena accennati che si possono ricondurre nelle ragioni ul- time alla mancata adozione di un modello personalista3, non si può non essere d’ac- cordo con l’orientamento di natura preventiva, abilitante e attivante che le politiche del lavoro e dell’educazione hanno recentemente assunto con l’intendimento di va- lorizzare la promozione del capitale umano come strumento per difendersi dai peri- coli della disoccupazione, della espulsione precoce dal mercato del lavoro e dalla marginalizzazione. Il rapporto tra investimento formativo, occupabilità, produttivi- tà e attivazione è innegabile: infatti, il tasso di disoccupazione risulta più elevato tra le persone con livelli bassi di istruzione e di formazione e i fenomeni di precarizza- zione, marginalizzazione ed esclusione colpiscono in percentuali più consistenti quanti possono contare solo su titoli e qualificazioni deboli. Al tempo stesso, come si è ricordato nella sezione precedente, l’investimento formativo elevato non offre una sicurezza assoluta contro la disoccupazione, né garantisce in maniera piena la corrispondenza tra, da una parte, l’iter formativo seguito e, dall’altra, l’occupazione ottenuta, la stabilità del posto e uno stipendio elevato. Pertanto, non è sufficiente elevare la soglia educativa della popolazione per riuscire a risolvere il nodo dell’occupazione proprio perché non esiste alcun deter- minismo nelle relazioni tra la istruzione/formazione, il lavoro e le politiche sociali. Più in particolare, va sottolineato che non è compito dell’educazione creare posti di lavoro, ma al massimo si può pensare a un suo contributo per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro; inoltre, essa non riesce a garantire sempre e ovunque il tipo di occupazione voluti né a difendere dalla disoccupazione. I tempi della riforma educativa sono lunghi e quindi è impossibile o quasi che essa possa adattarsi in tempo reale alla domanda sociale; non bisogna neppure dimenticare che le attese formative degli allievi possono non coincidere con le esigenze del sistema produttivo. L’educazione non può nemmeno fornire una garanzia assoluta di egua- glianza perché risulta condizionata dal background economico, culturale e sociale della famiglia e dalle caratteristiche ascritte di ciascuno. «Non si vuole con questo sminuire il valore dell’apprendimento permanente. Per quanto fatichi a intercettare tutti i bisogni potenziali di formazione, laddove ha 3 Per il quale cfr. la sezione 1.3 alla fine. 52 successo innesca una ricaduta positiva che non va trascurata, non solo sui diretti beneficiari, bensì anche nelle nuove generazioni, contribuendo a modificare la pre- disposizione dei genitori a investire nel capitale umano dei propri figli» (Lodigiani, 2008). In conclusione per affrontare in maniera adeguata il problema della disoccupa- zione soprattutto giovanile, non basta agire solo dalla parte dell’istruzione e della formazione o da quella dell’occupazione o del welfare, ma risulta necessario ricorrere a una pluralità di misure che attengono contemporaneamente a vari campi quali il mondo del lavoro, le politiche di sicurezza sociale e il sistema educativo. Riguardo a quest’ultimo è emerso con evidenza che sia il modello interattivo perso- nalista sia il paradigma dell’investimento sociale attribuiscono alla Istruzione e Formazione Professionale un ruolo senz’altro centrale. 53 dopo l’analisi della situazione e la presentazione del quadro teorico di riferi- mento, passo a illustrare le risposte del governo Renzi. I provvedimenti da prendere in considerazione potrebbero essere vari, ma certamente quelli che hanno ottenuto maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica sono la Buona Scuola e il Jobs Act. Procederò pertanto a una disamina delle misure in questione, evidenziando so- prattutto quegli aspetti che riguardano le problematiche dell’occupazione giovanile alla luce delle prospettive teoriche dell’approccio interattivo-personalista e del pa- radigma dell’investimento sociale1. 1. la “Buona scuola” Ricordo che il Rapporto di base è stato reso accessibile su internet il 3 settem- bre del 2014 e che il 20 maggio 2014 la Camera ha approvato il relativo disegno di legge il quale, però, è stato modificato dal Senato il 25 giugno per cui è dovuto ri- tornare alla Camera: questa lo ha licenziato definitivamente il 9 luglio (La Buona Scuola, 30 settembre, 2014; Riforma del sistema nazionale di istruzione e di forma- zione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, 27 marzo 2015, 25 maggio 2015 e 25 giugno 2015; malizia e Tonini, 2014b e 2015abc; malizia e Nanni, 2015). L’iter che si è concluso con la Legge 13 luglio 2015, n. 107, si è rivelato per il governo più difficile di quello che si poteva immaginare all’inizio del percorso: lo attestano tra l’altro sia i risultati della votazione finale, 277 sì, 173 no e 4 astenuti, sia le proteste dentro e fuori il Parlamento che l’hanno accompagnata. Nel presente contributo si distribuirà il commento in due sezioni: la prima sarà de- dicata all’esame dei contenuti, mentre la seconda offrirà elementi per una valutazione. 1.1. I contenuti della riforma Il discorso seguirà le articolazioni del Rapporto: l’autonomia; gli studenti, l’offerta di istruzione e la preparazione per il mondo del lavoro; il piano di assunzione dei pre- cari e la formazione e la carriera dei docenti; le strategie del cambiamento e le risorse. Capitolo 3 Le riSPoSte recenti deLLA PoLiticA in itALiA La Buona Scuola e il Jobs Act 1 Il capitolo ha come testo principale di riferimento: malizia e Tonini, 2015c, pp. 4-32. 54 1.1.1. L’ATTUAzIONE PIENA dELL’AUTONOmIA Il primo argomento da trattare, perché occupa una collocazione centrale nel provvedimento è quello dell’autonomia, che si vuole completamente realizzata, dato che la normativa esiste ed è nel complesso adeguata, ma la pratica è lontana dall’essere soddisfacente (CISL Scuola, 18 luglio 2015; FLC CGIL, 14 luglio 2015; Guida alla nuova scuola, 10 luglio 2015; mIUR, luglio 2015; Tuttoscuola, agosto 2015; malizia e Tonini, 2014b e 2015abc; malizia e Nanni, 2015; Cicatelli, 2015). dal momento che l’autonomia non è in sé uno scopo, ma costituisce un mezzo, una strategia fondamentale di politica educativa, è bene richiamare da subito le finalità complessive a cui la sua realizzazione viene indirizzata dalla legge. Le citiamo alla lettera: «Per affermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza e innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento, per contrastare le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, per prevenire e recuperare l’abbandono e la dispersione scolastica, in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale dei diversi gradi di istruzione, per realizzare una scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazio- ne alla cittadinanza attiva, per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente dei cittadini [...]» (art.1, c.1). Si trat- ta certamente di traguardi ambiziosi che qualificano la Legge n. 107/2015: tra di es- si, alcuni, come l’elevazione della formazione impartita, la lotta alle disparità e agli insuccessi e l’attuazione del diritto all’istruzione, erano prevedibili date le carenze della nostro sistema educativo in questi ambiti; altri si caratterizzano per una mag- giore novità sul piano ordinamentale come il richiamo al nuovo modello di società in cui ricerca, sapere e formazione sono divenuti il fondamento del sistema e non costituiscono più soltanto fattori di sviluppo, o la proposta di realizzare una scuola aperta a significare che l’educazione è una responsabilità della società intera, comu- nità e singoli, che sono chiamati a gestire democraticamente le iniziative formative secondo l’ottica della società educante. La strategia principale nell’attuazione dell’autonomia è rappresentata dal pia- no triennale dell’offerta formativa che definisce l’identità culturale e progettuale delle scuole e contiene la loro programmazione curricolare, extracurricolare, edu- cativa e organizzativa, collocandola in un orizzonte più ampio di tempo e di azione del Pof attuale. Il provvedimento elenca ben 17 obiettivi tra i quali scegliere quelli da inserire nel proprio programma: si va dal rafforzamento del contrasto alla disper- sione e alla discriminazione, anche attraverso la riduzione del numero degli alunni, al potenziamento delle competenze linguistiche, matematico-logiche e scientifiche, digitali, nella musica, nell’arte e nel cinema, delle discipline motorie e dell’alter- nanza scuola-lavoro, all’alfabetizzazione e al perfezionamento dell’italiano come seconda lingua e all’alfabetizzazione alle tecniche e ai media di produzione e diffu- sione delle immagini, alla valorizzazione dell’educazione interculturale, alla pace, al rispetto delle differenze, alla legalità e alla sostenibilità ambientale, al rafforza- 55 mento delle metodologie laboratoriali e dei percorsi formativi individualizzati, del coinvolgimento degli alunni, alla valorizzazione del merito, alla definizione di un sistema di orientamento, fino alla valorizzazione della scuola come comunità atti- va, aperta al territorio. Una specificazione dell’obiettivo della prevenzione e del contrasto ad ogni for- ma di discriminazione si trova nel comma 16 che citiamo alla lettera per le polemi- che che sta suscitando: «Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazio- ne dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 ago- sto 2013, n. 93 [...]». Esso introduce nel nostro sistema di istruzione l’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza alle donne. In proposito va sot- tolineato che non è questione di insegnamento, non si parla di una disciplina, ma di una educazione dato che si tratta di una problematica molto “sensibile”. La norma- tiva richiamata fa riferimento agli obiettivi di un “Piano d’azione straordinario con- tro la violenza sessuale e di genere”, che deve essere predisposto dal ministro delle pari opportunità in sinergia con la nuova programmazione dell’Unione europea per il periodo 2014-2020. ma su questa disposizione ritorneremo in sede di valutazione de “La Buona Scuola” a motivo del dibattito acceso che ha suscitato nell’opinione pubblica. Anche se il piano triennale diviene attivo dal prossimo anno, tuttavia le scuole dovranno procedere già nel 2015-16 alla sua definizione in vista del triennio 2016- 17/2018-19. Esso dovrà includere il fabbisogno dei posti comuni e di sostegno del- l’organico dell’autonomia, quello relativo ai posti del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, le esigenze di infrastrutture e di strutture materiali e i piani di miglioramento. In ogni caso, dovrà mantenersi coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi fissati a livello nazionale e prendere in considerazione la domanda di formazione proveniente dall’ambiente culturale, so- ciale ed economico; in vista di ciò, il dirigente stabilirà le relazioni necessarie con gli Enti locali e le istanze del territorio e terrà conto delle proposte e dei pareri of- ferti dalle associazioni dei genitori e, nelle secondarie di secondo grado, anche di quelle degli allievi. Il piano è elaborato dal collegio dei docenti in riferimento alla situazione di partenza dell’istituto e sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal dirigente (le cui competenze pertanto rimangono le stesse di quelle per il POF annuale): l’approva- zione viene data dal consiglio di istituto. Un progresso notevole sul piano della de- burocratizzazione della nostra scuola rispetto a precedenti formulazioni è che il pia- no non deve essere validato dal mIUR e che il compito dell’ufficio scolastico regio- nale si riduce da una valutazione della compatibilità economica e finanziaria e della coerenza con gli obiettivi a una verifica del rispetto del limite dell’organico asse- gnato a ogni istituzione scolastica. Al documento deve essere assicurata trasparenza 56 e pubblicità adeguata e può essere rivisto annualmente entro il mese di ottobre. molto importante è anche la disposizione secondo la quale entro il settembre di cia- scun anno il mIUR è tenuto ad assegnare a ciascuna scuola la quota parte del fondo di funzionamento relativo al periodo settembre-dicembre, informandola preventiva- mente dell’entità della seconda parte riguardante la fase gennaio-agosto che dovrà essere corrisposta entro febbraio. Un’altra innovazione rilevante connessa con il piano triennale, ma che riguar- da da vicino i docenti, è l’organico dell’autonomia, che non è più soltanto l’organi- co di diritto – quello, cioè, che comprende unicamente il personale necessario per garantire lo svolgimento delle lezioni – ma è, invece, quello in grado di coprire tut- te le esigenze dall’insegnamento in classe, comprese le funzioni intermedie, la gestione dei progetti, il recupero degli alunni in difficoltà, il potenziamento delle eccellenze. Esso è introdotto a partire dal 2016-17 per l’intera istituzione scolasti- ca, o istituto comprensivo, e per tutti gli indirizzi degli istituti secondari di secondo grado che sono parte della stessa istituzione scolastica e, come dice il nome, la sua finalità è quella di dare completa attuazione al processo di realizzazione dell’auto- nomia e di riorganizzazione dell’intero sistema scolastico. Previamente e sempre a decorrere dall’anno 2016-17 un decreto del ministro definisce con cadenza trienna- le l’organico dell’autonomia su base regionale, tenendo conto della presenza di aree montane, piccole isole, zone interne a bassa intensità demografica o a basso proces- so immigratorio e della presenza di percentuali elevate di dispersione. L’organico dell’autonomia della singola istituzione scolastica è composto da posti comuni, di sostegno e per il potenziamento dell’offerta formativa ed è funzionale alle esigenze didattiche, organizzative e progettuali delineate nel piano triennale. All’attuazione di quest’ultimo gli insegnanti della dotazione organica contribuiscono con le attivi- tà di insegnamento, potenziamento, sostegno, organizzazione, progettazione e coor- dinamento. Il punto di maggiore criticità e di contestazione, ma anche il più innovativo, re- sta il voluto potenziamento del ruolo del dirigente scolastico come leader educativi, a cui verranno garantiti strumenti e personale per il miglioramento dell’offerta for- mativa. In sintesi, il suo nuovo ruolo viene descritto nei termini seguenti: egli assi- cura un’efficace ed efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali, oltre agli elementi comuni del sistema nazionale di istruzione, e ne ga- rantisce il buon funzionamento; esercita funzioni di direzione, gestione, organizza- zione e coordinamento; è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e stru- mentali, dei risultati del servizio e della valorizzazione delle risorse umane. Al ri- guardo, uno dei cambiamenti più significativi rispetto al passato consiste nel fatto che sarà il dirigente ad assumere i docenti per chiamata diretta: infatti, a partire dal 2016-17, egli avanza ai docenti la proposta di incarico triennale rinnovabile sulla ba- se delle esigenze definite nel piano triennale, ma su questa tematica ritorneremo più ampiamente in seguito. Altre sue funzioni consistono: nella determinazione degli in- segnanti per compiti di sostegno organizzativo, cioè in qualità di “middle manage- 57 ment”, fino al 10% di tutto il corpo docente; nella riduzione del numero degli allievi per classe in vista della lotta al superaffollamento e delle necessità dei disabili; nelle sostituzioni delle assenze fino a 10 giorni, servendosi dei docenti dell’organico del- l’autonomia. In ogni caso va precisato che il loro incarico è triennale e soprattutto che essi sono sottoposti a valutazione sulla base dei seguenti parametri: raggiungi- mento dei risultati per il miglioramento del servizio; esercizio delle competenze ge- stionali ed organizzative mirate al perseguimento degli obiettivi loro attribuiti; valo- rizzazione dell’impegno e dei meriti del personale della scuola; valutazione della sua attività all’interno della comunità professionale e sociale; apporto al miglioramento formativo e scolastico degli allievi e dei processi organizzativi e didattici; direzione unitaria dell’istituto scolastico e sviluppo della partecipazione e della cooperazione tra le diverse componenti, le istanze del contesto e le reti di scuole. In relazione al potenziamento delle funzioni viene prevista una integrazione strutturale a incremen- to del FUN (Fondo Unico Nazionale) per la dirigenza scolastica. 1.1.2. CENTRALITà dEGLI STUdENTI E I CONTENUTI dEGLI INSEGNAmENTI Altro punto focale della legge è costituito dagli studenti (CISL Scuola, 18 luglio 2015; FLC CGIL, 14 luglio 2015; Guida alla nuova scuola, 10 luglio 2015; mIUR, luglio 2015; Tuttoscuola, agosto 2015; malizia e Tonini, 2014b e 2015abc; malizia e Nanni, 2015; Cicatelli, 2015). Tale orientamento potrebbe essere ritenuto scontato, ma non è così, dato che il Rapporto iniziale su “La Buona Scuola” mette- va al centro piuttosto gli insegnanti. dopo diversi annunci e qualche marcia indie- tro sembra che si sia arrivati ad un accordo in vista del potenziamento di alcuni in- segnamenti particolarmente rilevanti in prospettiva di futuro, pur senza grandi stra- volgimenti dei curricoli attuali degli ordinamenti scolastici. In questo caso le coor- dinate di riferimento sono principalmente due: infatti, si tratta sia di rispondere ai bisogni attuali degli allievi, anzitutto, e poi delle loro famiglie e della società intera in tutti i suoi settori, sia di orientare la loro preparazione verso il futuro. Il potenziamento voluto si muove in molteplici direzioni. In primo luogo, si in- tende rafforzare le competenze linguistiche: l’italiano per gli studenti stranieri e l’in- glese per tutti anche mediante l’insegnamento in questa lingua di discipline generali- ste; saranno inoltre potenziate arte, musica, diritto, economia e discipline motorie; si promuoverà lo sviluppo delle competenze digitali come il pensiero computazionale e l’uso critico e cosciente dei media; né verrà trascurata l’educazione ai corretti stili di vita, alla cittadinanza attiva e all’ambiente. Nelle scuole secondarie di secondo grado il curricolo assume un carattere maggiormente flessibile: esse infatti attiveran- no materie opzionali per venire incontro alla domanda formativa dei loro studenti. Oltre al curricolo nazionale (assetti ordinamentali) e al curricolo della scuola (spazi di flessibilità e potenziamenti disciplinari), si punta a realizzare il curriculum dello studente che servirà per redigere la storia scolastica dell’allievo, orientare la prosecuzione degli studi e agevolare l’accesso al mondo del lavoro. Esso dovrebbe raccogliere tutte le informazioni utili relative al percorso di studi, alle competenze 58 acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze forma- tive anche in alternanza e alle attività culturali, artistiche, musicali e di volontariato sociale che l’allievo effettua in ambito extrascolastico. Le commissioni degli esami di Stato dovranno prendere in considerazione tale documento. Con un decreto del ministro di natura regolamentare vengono disciplinate entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge le modalità di individuazione del profilo dell’allievo e di as - sociazione a una identità digitale e le forme di trattamento da parte di ciascuna isti- tuzione scolastica dei dati personali inclusi nel curriculum dello studente che, quin- di, saranno accessibili tramite il portale online del mIUR. Una novità da evidenziare è rappresentata dall’istituzione di un sistema integra- to di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni. Esso risulta costituito dai servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia, allo scopo sia di as - sicurare a tutti i bambini e le bambine eguali opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, ovviando a disparità e a ostacoli territoriali, economici, etnici e culturali, sia di garantire la conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei ge- nitori, lo sviluppo della qualità dell’offerta educativa e della continuità tra i vari servi- zi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie. Risulta di grande rilevanza in riferimento alla mentalità dell’opinione pubblica corrente, che già la Camera nella prima votazione abbia eliminato il termine “statale” accanto alle parole “scuole del- l’infanzia” che avrebbe cancellato la presenza di tutte le paritarie. L’attuazione di obiettivi così significativi è rimessa al governo attraverso una delega specifica. Una meta fondamentale in vista di innalzare la qualità della formazione si può identificare nel rendere la scuola più inclusiva. due sono i settori in cui si focaliz- zerà l’impegno: il sostegno e l’integrazione. Circa la prima finalità si dovranno raf- forzare le misure a favore degli studenti con disabilità e bisogni educativi speciali: in questo caso tutti i docenti sono chiamati a fare la loro parte, ma la realizzazione piena dello scopo in questione richiede di formare insegnanti di sostegno in mag- gior numero e meglio preparati. Il raggiungimento dell’integrazione comporterà l’impegno di organizzare classi meno numerose (contrastando il fenomeno delle co- siddette “classi pollaio”, sia in genere sia in specie nelle zone ad alta densità di alunni stranieri), di accrescere i laboratori linguistici per perfezionare l’italiano co- me seconda lingua e di prevedere laboratori di lingue non comunitarie. La scommessa di realizzare una “Buona Scuola” fondata sul lavoro vede un rafforzamento del collegamento tra scuole e imprese mediante un irrobustimento dell’alternanza scuola-lavoro (ASL). questa ha costituito finora una dimensione minore del sistema di istruzione ed è spesso ignorata da tanti, talora pure nella se- condaria di secondo grado dove dovrebbe inserirsi. La Legge n. 107/2015 ne preci- sa anzitutto le finalità: accrescere le opportunità di lavoro e sviluppare le capacità di orientamento degli allievi. Nel concreto gli istituti tecnici e professionali dovran- no assicurarla negli ultimi tre anni per almeno 400 ore e i licei per almeno 200 e i relativi percorsi andranno inseriti nei piani triennali. L’ASL non si limita alle im- prese, ma coinvolgerà anche gli enti pubblici, si potrà svolgere durante la sospen- 59 sione delle attività didattiche e anche all’estero, ma sempre secondo il programma formativo e le modalità di verifica ivi stabilite, e sarà il dirigente scolastico a indi- viduare le strutture idonee e a stipulare le relative convenzioni. I percorsi in que- stione saranno attivati dal 2015-16 a partire dalla classe terza. La legge prevede due nuovi strumenti mirati a rendere più strutturato il micro-sistema dell’alternanza: il registro nazionale delle imprese e degli enti che la offrono, da istituire presso le ca- mere di commercio a partire dal 2015-16; la carta dei diritti e dei doveri degli stu- denti in alternanza, con particolare riguardo alla possibilità per lo studente di espri- mere una valutazione sull’efficacia e sulla coerenza dei percorsi stessi con il pro- prio indirizzo di studio, da definire con apposito regolamento. dopo quattro anni dalla loro creazione, la Legge n. 107/2015 rilancia gli istitu- ti tecnici superiori (ITS), anche se continua a rinviare a successivi decreti ministe- riali parecchie delle scelte importanti da effettuare. Tra le innovazioni più significa- tive va annoverato anzitutto l’aumento dei fondi premiali dal 10% al 30% e la loro assegnazione che dovrà tenere conto del numero dei diplomati e del tasso di occu- pabilità. Inoltre, l’accesso ai percorsi è assicurato tanto dal diploma di scuola secon- daria superiore quanto dal diploma professionale, ottenuto alla conclusione dei per- corsi di IeFP e integrato da un percorso di istruzione e formazione tecnica superio- re. Sul piano delle semplificazioni burocratiche vengono previste modificazioni nel- la composizione delle commissioni di fine corso i cui membri era particolarmente complicato mettere intorno ad unico tavolo, e nella predisposizione e valutazioni delle prove finali. Sempre sulla stessa linea è stabilito che le fondazioni degli ITS potranno darsi un’organizzazione più agile e che usufruiranno di un regime conta- bile unico e di uno schema di rendicontazione uniforme per tutto il territorio nazio- nale. Infine, tutte le fondazioni dovranno disporre di un patrimonio minimo di 50.000 euro per garantire almeno un ciclo completo di studi biennali. quanto alla IeFP, la Camera ha conservato nell’approvazione definitiva i con- tenuti di 3 dei 4 emendamenti di Forma che erano stati introdotti in prima lettura proprio alla Camera e poi mantenuti al Senato, ovviando pertanto alla grave caren- za del disegno di legge iniziale che di fatto ignorava la IeFP (8 aprile 2015). Anzitutto, si è ottenuta la soppressione di un comma secondo il quale tutte le scuole secondarie di secondo grado (inclusi i licei) potevano permettere ai loro stu- denti di conseguire in apprendistato qualifiche e diplomi professionali. Infatti, la norma non teneva conto che tali scuole hanno un ordinamento del tutto diverso da quello dei percorsi di IeFP per obiettivi, struttura, durata, impianto pedagogico e ri- sultati di apprendimento, e quindi non erano idonee per ottenere i titoli appena men- zionati; inoltre, secondo il Titolo V della Costituzione le materie relative all’appren- distato e ai percorsi di IeFP sono di esclusiva competenza delle Regioni. Nell’attuale comma 44 sono stati sostanzialmente accolti altri due emendamen- ti che riguardano le tematiche più rilevanti per l’IeFP e in particolare il riconosci- mento della parità con il sotto-sistema della istruzione secondaria superiore: «Nel- l’ambito del sistema nazionale di istruzione e formazione e nel rispetto delle com- 60 petenze delle regioni, al potenziamento e alla valorizzazione delle conoscenze e del- le competenze degli studenti del secondo ciclo nonché alla trasparenza e alla quali- tà dei relativi servizi possono concorrere anche le istituzioni formative accreditate dalle regioni per la realizzazione di percorsi di istruzione e formazione professiona- le, finalizzati all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione. L’offerta formativa dei percorsi di cui al presente comma è definita, entro centot- tanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal ministro dell’i- struzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il ministro del lavoro e del- le politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’arti- colo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Al fine di garantire agli allievi iscritti ai percorsi di cui al presente comma pari opportunità rispetto agli studenti delle scuole statali di istruzione secondaria di secondo grado, si tiene conto, nel ri- spetto delle competenze delle regioni, delle disposizioni di cui alla presente legge. All’attuazione del presente comma si provvede nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e della dotazione organica dell’autonomia e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Come si è già ricordato sopra, non è stato invece recepito il quarto emendamen- to presentato da Forma, nonostante la sua notevole rilevanza. Infatti, esso raccoman- dava di cogliere l’opportunità dell’approvazione della legge su “La Buona Scuola” per innovare complessivamente l’attuale modello di organizzazione dell’istruzione tecnico-professionale, in corrispondenza con i settori che contraddistinguono il mon- do produttivo del XXI secolo (la tecnologia, l’economia e la finanza, i servizi alla persona e al territorio), abolendo l’anacronistica distinzione tra i percorsi scolastici di istruzione tecnica e professionale e le sovrapposizioni con quelli di IeFP. 1.1.3. LA VALORIzzAzIONE dEGLI INSEGNANTI Indubbiamente una “Buona Scuola” non può che promuovere il potenziamento del ruolo docente e la Legge n. 107/2015 contiene varie misure che lo riguardano, di cui qui sono ricordate le principali (CISL Scuola, 18 luglio 2015; FLC CGIL, 14 lu- glio 2015; Guida alla nuova scuola, 10 luglio 2015; mIUR, luglio 2015; Tuttoscuo- la, agosto 2015; malizia e Tonini, 2014b e 2015abc; malizia e Nanni, 2015; Cicatel- li, 2015). Anzitutto, si tratta del piano di assunzioni straordinario che rappresenta uno degli aspetti più significativi del provvedimento2. dalla fine dell’agosto del 2015 a tutto l’anno in questione verranno immessi in ruolo 102.734 insegnanti e più preci- samente 81.541 su posti comuni e 21.193 su posti di sostegno. Il piano vero e proprio sarà anticipato dall’inserimento nei posti divenuti vacanti in seguito al turn-over e alla stabilizzazione del sostegno in base a una ripartizione paritaria tra 2 Per la descrizione delle fasi del piano straordinario di assunzioni ho seguito le indicazioni di TUTTOSCUOLA (agosto 2015, pp. 22-23) perché mi sono sembrate le più plausibili. 61 graduatorie dei concorsi e quelle ad esaurimento. Successivamente verranno attri- buiti i posti vacanti non conferiti l’anno passato e poi si provvederà all’attuazione del piano straordinario vero e proprio e in questo caso la distribuzione vedrà la pre- cedenza dei vincitori dei concorsi rispetto agli insegnanti delle graduatorie ad esau- rimento (GAE). Le sedi attribuite presentano un carattere contingente e durata an- nuale in attesa dell’incarico triennale presso una scuola a partire dal 2016-17. dopo la maxi-stabilizzazione si tornerà ad assumere solo per concorso e già entro il 1° di- cembre 2015 ne dovrà essere bandito uno per 60.000 posti relativamente al triennio 2016-18. Inoltre, la legge mette fine all’abuso della reiterazione dei contratti a tem- po determinato ponendo un vincolo di 36 mesi che però si applicherà a partire dal 1° settembre 2016 per cui non avrà effetto retroattivo. dalla stessa data, le supplen- ze che, quindi, restano in essere nonostante le oltre centomila stabilizzazioni, po- tranno essere assegnate solo a chi dispone di una abilitazione. da ultimo, il periodo di formazione e di prova del personale docente ed educa- tivo verrà disciplinato da un decreto ministeriale che fisserà gli obiettivi, le modali- tà di valutazione del livello del loro conseguimento, le attività di formazione e i pa- rametri per la valutazione. La legge ne stabilisce la durata che è almeno di centot- tanta giorni di servizio effettivo di cui almeno centoventi per attività didattiche. Inoltre, il positivo superamento di questo periodo determina l’effettiva immissione in ruolo; in caso negativo è possibile usufruire di un secondo periodo che, però, non è rinnovabile. La valutazione del superamento o meno è affidata a un comitato com- posto dal dirigente scolastico, da tre docenti, di cui due scelti dal collegio e uno dal consiglio di istituto, e dal docente tutor, ma su questo punto ritorneremo successi- vamente a proposito della valorizzazione del merito del personale docente. La normativa sugli incarichi di docenza introduce una profonda innovazione nel nostro sistema educativo, in un certo senso una piccola rivoluzione che, sebbe- ne anticipata negli ultimi anni nelle proposte di vari rappresentanti del mondo della scuola, tuttavia ha trovato una fiera opposizione da parte dei sindacati. Prima della Legge n. 107/2015 l’insegnante che aveva superato il concorso o che era stato no- minato dalla GAE, sceglieva l’istituzione scolastica in cui intendeva prestare il suo servizio di docenza e ne diveniva titolare inamovibile; analogamente avveniva nel caso di trasferimento. La riforma cambia la prospettiva e l’insegnante non sarà più titolare in una scuola, ma farà parte di un’area territoriale di carattere sub provin- ciale da cui sarà chiamato. In prima istanza tale novità coinvolgerà unicamente gli insegnanti neo-assunti inseriti nell’ambito di cui sopra e anche quelli in esubero o soprannumerari; poi gradualmente verrà allargata anche a quelli che lasciano la scuola attuale per passare ad altra sede. La procedura prevede che a decorrere dal 2016-17 l’insegnante sarà scelto dalla scuola tramite il dirigente che gli farà pervenire una proposta di incarico: naturalmente, egli può non accettarla. Inoltre, egli può cercare di farsi incaricare, presentando il proprio curricolo che documenterà le sue competenze ed esperienze formative. Il docente potrebbe ricevere più proposte di incarico da parte di vari di- 62 rigenti e in questo caso, ovviamente, la decisione finale spetta a lui. Se dovessero mancare proposte o nel caso di un suo rifiuto, entra il gioco l’ufficio scolastico re- gionale che provvede ad assegnarlo ad una scuola vacante. Il dirigente predispone la proposta di incarico in coerenza con le indicazioni contenute nel piano triennale dell’offerta formativa e deve assicurare trasparenza e pubblicità a tutta la procedu- ra, in particolare ai criteri adottati e ai curricoli degli insegnanti, mediante la loro pubblicazione nel sito internet della scuola. Nell’assegnare gli incarichi, deve dichiarare l’assenza di incompatibilità derivanti da rapporti di coniugio, parentela o affinità entro il secondo grado con gli insegnanti stessi. Un altro tema importante che viene affrontato è quello della formazione in ser- vizio del personale docente. La legge al comma 124 la rende obbligatoria, per - manente e strutturale, al fine di garantire il costante aggiornamento degli insegnanti e di perseguire il continuo miglioramento dell’apprendimento degli studenti. «Le at- tività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di migliora- mento delle istituzioni scolastiche [...], sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del ministro del- l’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappre- sentative di categoria». Inoltre, per gli insegnanti di ruolo viene introdotta la carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente. Si tratta di un voucher individuale dell’importo di 500 euro che può essere speso: «(...) per l’acquisto di li- bri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscri- zione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze pro- fessionali, svolti da enti accreditati presso il ministero dell’istruzione, dell’universi- tà e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per inizia- tive coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione [...]» (art. 1, c. 121). Un’altra piccola rivoluzione consiste nella valorizzazione del merito profes - sionale del docente. Nella consultazione su “La Buona Scuola” il principio aveva ottenuto una buona accoglienza da parte di cittadini, genitori e studenti, mentre la maggioranza degli insegnanti aveva dimostrato una certa freddezza. Comunque, il sistema misto che unisce progressione di carriera e riconoscimento economico del merito ha incontrato un ampio consenso nella consultazione ed è stato introdotto nella legge. La riforma affida alle singole scuole il compito di determinare in con- creto i criteri per valutare gli insegnanti sulla base di un quadro generale di riferi- mento, su cui torneremo immediatamente dopo, e attribuisce al dirigente la respon- sabilità di individuare i meritevoli con il supporto di un apposito comitato e appli- cando i parametri appena menzionati. Inoltre, viene creato un fondo di 200 milioni 63 annui a partire dal 2016, che con decreto del ministro viene distribuito a livello ter- ritoriale e fra le scuole in proporzione alla dotazione organica dei docenti e tenendo conto della complessità e del rischio educativo delle diverse zone. Sulla base delle risorse attribuite, il dirigente assegna ogni anno agli insegnanti un bonus con carat- teristiche di retribuzione accessoria, servendosi dei criteri determinati dal comitato di valutazione dei docenti. questo organismo è presieduto dal dirigente ed è forma- to da tre insegnanti di cui due scelti dal collegio e uno dal consiglio di istituto, da due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione o da un rappresentante degli studenti e da uno dei genitori per il secondo ciclo, scelti in tutti i casi dal consiglio di istituto, e da un componente esterno indivi- duato dall’ufficio scolastico regionale; quando si tratta di valutazione del periodo di formazione e di prova, l’organismo è composto dal dirigente, dai tre docenti, dal do- cente tutor, mentre non partecipano i rappresentanti dei genitori e degli studenti. «Il comitato individua i criteri per la valorizzazione dei docenti sulla base: a) della qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica, nonché del successo formativo e scolastico degli studenti; b) dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e dell’innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione di buone pratiche didattiche; c) delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale» (art. 1, c. 129). Inoltre, a conclusione del triennio 2016-18, gli uffici scolastici regionali invieranno al ministero una rela- zione sui criteri seguiti dalle scuole e un apposito comitato tecnico scientifico no- minato dal ministro, previo confronto con le parti sociali, redigerà delle linee guida a livello nazionale rivedibili periodicamente. 1.2. Le strategie del cambiamento Incomincio con la previsione dell’adozione del Piano nazionale della scuola di- gitale ad opera del mIUR (CISL Scuola, 18 luglio 2015; FLC CGIL, 14 luglio 2015; Guida alla nuova scuola, 10 luglio 2015; mIUR, luglio 2015; Tuttoscuola, agosto 2015; malizia e Tonini, 2014b e 2015abc; malizia e Nanni, 2015; Cicatelli, 2015). Le finalità generali indicate dalla legge sono di due tipi: sviluppare e migliorare le com- petenze digitali e rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzio- ne delle competenze in generale. Esse, poi, vengono dettagliate in obiettivi precisi quali: la promozione delle competenze digitali degli studenti; il rafforzamento degli strumenti didattici e laboratoriali; l’adozione di strumenti organizzativi e tecnologici per favorire la governance, la trasparenza e la condivisione dei dati; la formazione dei docenti per la cultura digitale e quella del personale Ata per l’innovazione digita- le dell’amministrazione; il rafforzamento delle infrastrutture di rete; lo sviluppo della rete nazionale dei centri di ricerca; l’adozione di testi didattici in formato digitale, an- che predisposti autonomamente dalle scuole. A partire dal 2016-17 le singole istitu- zioni scolastiche prevedranno nei loro piani triennali attività coerenti con le finalità, i 64 principi e gli strumenti indicati nel Piano nazionale; inoltre, possono scegliere degli insegnanti entro l’organico dell’autonomia a cui assegnare il compito del coordina- mento delle attività e ad essi si può affiancare anche un insegnante teorico-pratico. Per promuovere lo sviluppo della didattica laboratoriale, è riconosciuta alle scuole la possibilità di dotarsi di laboratori territoriali per l’occupabilità, anche me- diante la partecipazione di vari soggetti co-finanziatori, per il perseguimento di obiettivi come: l’orientamento della didattica e della formazione ai settori strategici del Made in Italy; l’utilizzo di servizi propedeutici al collocamento al lavoro e alla riqualificazione di giovani non occupati; l’apertura delle scuole al territorio con pos- sibilità di uso anche al di fuori dell’orario. Per quanto attiene infine alle risorse fi- nanziarie, vengono previsti 90 milioni di euro per il 2015 e 30 a decorrere dal 2016. Per l’edilizia scolastica, la Legge n. 107/2015 predispone un piano di finanzia- mento per promuovere la costruzione di scuole innovative in diverse direzioni, ar- chitettonica, impiantistica, tecnologica, energetica e della sicurezza strutturale e an- tisismica, e che si qualifichino per la presenza di nuovi ambienti di apprendimento e di apertura al territorio. In proposito viene stanziato un finanziamento di 300 mi- lioni di euro per il triennio 2015-17. All’Osservatorio per l’edilizia scolastica sono demandate anche funzioni di indirizzo, di programmazione degli interventi e di dif- fusione della cultura della sicurezza. Inoltre, tale programmazione sarà aggiornata annualmente, gli enti beneficiari dei finanziamenti attiveranno forme di rendiconta- zione dell’uso delle risorse, quelle dell’8 per mille verranno impiegate in caso di eventi eccezionali e imprevedibili e quelle non utilizzate saranno destinate ad ulte- riori interventi. Allo scopo di garantire la sicurezza degli edifici e di prevenire i crolli dei solai e dei controsoffitti si provvederà a finanziare indagini diagnostiche e dalla legge è autorizzata la relativa spesa. Viene anche elencata una serie di strumenti per rendere la scuola più trasparen- te in modo da completare il processo iniziato con il ministro Profumo, che intende- va rendere disponibili i dati in possesso del sistema informativo del mIUR. Pertan- to è prevista l’introduzione del cosiddetto “Portale unico dei dati della scuola”, con l’obiettivo di assicurare permanentemente l’accesso e la fruibilità dei dati pubblici del mIUR. Più in particolare saranno rese disponibili le informazioni relative a: i bilanci delle scuole, i dati pubblici riguardanti il Sistema Nazionale di Valutazione, l’anagrafe dell’edilizia scolastica e degli studenti, gli incarichi di docenza, i Piani dell’Offerta Formativa, i dati dell’Osservatorio tecnologico, i materiali e le opere autoprodotte dagli istituti scolastici in formato aperto, i dati, i documenti e le infor- mazioni utili a valutare l’avanzamento didattico, tecnologico e d’innovazione del sistema scolastico, la normativa, gli atti e le circolari e, sentito il Garante per il trat- tamento dei dati personali, il curriculum degli studenti e dei docenti. Per il 2015 è previsto il finanziamento di un milione di euro per la realizzazione del portale e a partire dal 2016 centomila euro annui per il mantenimento e la gestione; inoltre, dal 2016 al 2019 sono stanziati a favore dell’INVALSI otto milioni di euro all’anno per potenziare il sistema di valutazione delle scuole. 65 La Legge n. 107/2015 individua le risorse finanziarie disponibili per la sua rea- lizzazione ai commi 201-210. La normativa stabilisce che la Buona Scuola potrà contare su circa un miliardo di euro per il 2015 e intorno a tre miliardi tra il 2016 e il 2025. Un cambiamento positivo, anche se non soddisfacente, introdotto dalla Camera rispetto al testo originale presentato dal governo e mantenuto poi nel resto dell’iter parlamentare, si registra riguardo alla detraibilità delle spes e sostenute dalle fami- glie con figli iscritti alle scuole paritarie e a quelle statali nella misura del 19%. Essa viene estesa anche agli studenti delle secondarie di secondo grado, mentre non viene ritoccato il tetto dei 400 euro che rimane una somma veramente irrisoria. Inoltre, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della riforma viene avviato un piano straordinario di verifica della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità scolastica: «Con particolare riferimento alla coerenza del piano trienna- le dell’offerta formativa con quanto previsto dalla legislazione vigente e al rispetto della regolarità contabile, del principio della pubblicità dei bilanci e della legisla- zione in materia di contratti di lavoro. [...] il piano è diretto a individuare priorita- riamente le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado caratterizzate da un numero di diplomati che si discosta significativamente dal numero degli alunni fre- quentanti le classi iniziali e intermedie. Il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presenta annualmente alle Camere una relazione recante l’illustrazione degli esiti delle attività di verifica» (art. 1, c. 152). Altra novità introdotta dalla riforma consiste nello school bonus per erogazioni a favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione e di formazione sia statali che paritari. Con esso i privati possono fare donazioni alle scuole per la co- struzione di nuovi edifici, per la manutenzione e per la promozione di progetti de- dicati all’occupabilità degli studenti. Pertanto, quanti lo effettueranno godranno di un beneficio fiscale, cioè di un credito di imposta al 65% in prima istanza, che poi scende al 50%, e lo potranno utilizzare dalla dichiarazione dei redditi del 2016. Le relative somme sono assegnate a un apposito fondo del mIUR ai fini dell’erogazio- ne alle scuole beneficiarie; allo scopo di realizzare un riequilibrio tra di esse, il 10% del fondo viene attribuito alle istituzioni scolastiche che risultano destinatarie del bonus in un ammontare inferiore alla media nazionale. Alla fine il cinque per mille dedicato alle singole scuole non è entrato nella ri- forma. Il governo aveva introdotto la possibilità di finanziare gli istituti mediante una donazione decisa dal contribuente sul “730” e corrisposta dallo Stato. La que- stione è stata espunta e rinviata a un intervento che in futuro si occupi di problema- tiche di carattere fiscale. A spingere in questa direzione sono state sia le proteste della minoranza del Pd e dell’opposizione che temeva che la disposizione potesse introdurre disparità fra le scuole, sia il Forum del Terzo Settore preoccupato che l’ampliamento del numero dei beneficiari potesse sottrarre risorse al no profit. Un’altra novità rispetto al ddl iniziale riguarda la riduzione delle deleghe al go- verno. Ne sono saltate cinque e cioè il potenziamento dell’autonomia, le assunzioni 66 e la formazione dei dirigenti, il riordino degli organi collegiali, il riordinamento de- gli istituti tecnici superiori e la scuola digitale. Le altre sono state riformulate o cor- rette come nel caso del sistema da 0 a 6 anni in cui è stato tolto il riferimento stata- le accanto a scuole dell’infanzia perché avrebbe escluse le scuole paritarie e quelle degli Enti locali. Pertanto restano quelle su: il testo unico relativo al sistema nazio- nale di istruzione e di formazione, la formazione iniziale e l’accesso nei ruoli di do- cente della scuola secondaria, la promozione e inclusione scolastica dei disabili, la revisione dei percorsi dell’istruzione professionale e il raccordo con quelli della IeFP, il sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni, il diritto allo studio, la promozione della cultura umanistica e del patrimonio artistico-culturale, le istitu- zioni scolastiche italiane all’estero e la valutazione e certificazione delle competen- ze degli studenti e gli esami di Stato. 1.3. Punti di forza e di criticità della riforma Incomincio con delle considerazioni generali, partendo dal giudizio particolar- mente critico della FLC CGIL che possiamo prendere come rappresentativo del mondo sindacale, anche se delle posizioni più radicali. «Una legge, che per la pri- ma volta dal dopoguerra, rompe il nesso costituzionale tra istruzione e uguaglianza, istruzione e libertà di insegnamento, istruzione e democrazia. Una legge indifferen- te ai principi connettivi della Repubblica contenuti nella Costituzione e che anzi contiene molte norme di dubbia costituzionalità. Per non parlare poi dell’elevato numero di deleghe (nove) che il Governo ha chiesto al Parlamento su un’infinità di materie. Con un ricatto è stata utilizzata l’immissione in ruolo dei precari per avere in cambio mano libera su terreni delicati e decisivi per garantire nella scuola e nel Paese libertà e democrazia. Una legge che non solo è sbagliata ma non potrà affatto produrre quei benefici di cui la scuola ha bisogno e peggiorerà la qua- lità dell’istruzione» (FLC CGIL, 14 luglio 2015). Un sondaggio demos per “Repubblica” dell’ottobre dello scorso anno eviden- ziava che la “La Buona Scuola” riscuoteva il 60% dei consensi di un campione rap- presentativo della popolazione e che tale percentuale era notevolmente superiore a quella ottenuta dalla riforma Gelmini che si era fermata al 37%; inoltre, l’apprezza- mento era più elevato tra gli studenti di quasi dieci punti (69%) (Osservatorio Capi- tale Sociale, 18 ottobre 2014). di fronte, però, alla domanda se tale intervento avrebbe migliorato la scuola, solo una maggioranza relativa (44%) rispondeva po- sitivamente, mentre il 9% riteneva che la qualità sarebbe rimasta più o meno uguale e il 29% che sarebbe peggiorata. Per altri commentatori, la legge costituisce una riforma di ampio respiro, ben- ché piuttosto farraginosa, e forse troppo ampia, ma è anche vero che ha toccato mol- ti aspetti che necessitavano innovazioni profonde (Tuttoscuola, 20 marzo 2015; ddl «La Buona Scuola». L’audizione di «Tuttoscuola», 8 aprile 2015; Falanga, Pruneri, Rivoltella e Santerini, 2014; Ferratini, 5 settembre 2014). Si tratterebbe di un vero progetto di cambiamento, di un provvedimento progressivo e organico tale da far 67 compiere alla nostra scuola un balzo in avanti, di una ventata di novità e di reali passi in avanti. Si è detto anche che la direzione della riforma è giusta; però ora si pone il problema di mantenersi fedeli ad essa, senza retromarce. È stato osservato che la leg- ge ha trovato un consenso maggioritario di forze che occupano il centro dello spazio politico-parlamentare che lascia alla sinistra vecchia e nuova e ai sindacati, in parti- colare alla CGIL, il compito di fare da portavoce al personale della scuola, tranne i di- rigenti, e alla destra divisa e perplessa quello di gestire una generica opposizione di principio. In altre parole, il presidente del consiglio ha preso come interlocutori prin- cipali i destinatari dell’offerta formativa della scuola, genitori e studenti, invece dei docenti e dei loro sindacati e ha demandato ai dirigenti una funzione centrale, quella di recuperare una relazione favorevole con il contesto sociale (l’associazionismo), istituzionale (gli Enti locali) ed economico (il mondo delle imprese attraverso l’alter- nanza) (Buona-scuola/ 1. Consensi e dissensi trasversali, 12 luglio 2015). Comunque, come valutazione generale, propongo quella della Fidae per la sua completezza, equilibrio e realismo nel senso che tiene conto sia della validità dei contenuti e delle loro criticità sia della problematicità delle condizioni per il suc- cesso. «molte delle finalità perseguite [...] vanno nella direzione di una scuola più autonoma, più efficiente, più efficace, più aperta e radicata nel territorio, più rispon- dente ai bisogni individuali degli alunni e della società, più attenta alla formazione del personale, alla valorizzazione della sua professionalità e alla premialità del me- rito, più vincolata alla rendicontazione sociale del suo operato, più trasparente, più fidelizzata e sostenuta dalla contribuzione diretta della società civile, più rinnovata nei contenuti, nei linguaggi e nei saperi, più sicura nelle strutture edilizie, più colle- gata in rete, più semplificata nelle procedure amministrative. In sintesi, più europea. Sono aspetti largamente condivisibili, in taluni casi anche coraggiosi perché intac- cano vecchie incrostazioni ideologiche ed organizzative, sebbene il loro destino fu- turo sia legato ad una molteplicità di variabili di cui oggi è difficile dire: come la quantità delle risorse economiche che saranno per davvero destinate, la tempistica e la qualità della decretazione normativa delegata, la volontà e forza politica di per- seguire fino in fondo il progetto riformatore delineato, la qualità e quantità delle re- sistenze corporative e burocratiche che saranno messe in campo per ostacolare il tutto o una sua parte significativa, l’atteggiamento più o meno ostile o collaborati- vo dei sindacati e dell’apparato burocratico, gli equilibri politici che si andranno a riformulare [...] in Parlamento, l’atteggiamento di apertura o chiusura di chi dovrà poi quotidianamente “praticare” le riforme come i dirigenti e i docenti, gli umori variabili della piazza a cominciare da quella studentesca» (Fidae, 8 aprile 2015, Cicatelli, 2015; malizia e Tonini, 2015c; diesse, 9 luglio 2015). Va certamente apprezzato che si intenda tradurre in pratica adeguatamente le disposizioni sull’autonomia in modo da realizzarla in una maniera piena e autentica (malizia e Tonini, 2015c; Tuttoscuola, 20 marzo 2015; diesse, 9 luglio 2015; Cica- telli, 2015; Falanga, Pruneri, Rivoltella e Santerini, 2014). Infatti, l’autonomia con- sente alla singola scuola di gestire la sua vita sulla base della libertà dei soggetti 68 educa tivi e le caratteristiche che l’autonomia assume ne “La Buona Scuola” vanno generalmente in questa direzione. Anzitutto, l’introduzione del piano triennale dell’offerta formativa permette la realizzazione di un progetto globale finalizzato alla qualificazione dell’offerta e al- l’elevazione sul terreno qualitativo dei livelli di istruzione e di formazione. Risulta senz’altro significativo che i fabbisogni formativi vengano determinati con un ap- proccio dal basso in cui la singola scuola svolge un ruolo attivo e centrale. Indub- biamente le scuole, anche se autonome, non sono in grado da sole di risolvere tutti i problemi del nostro sistema educativo, ma sono necessarie politiche a livello nazio- nale e la presenza di una cabina centrale di regia che possa indicare orientamenti precisi e obiettivi chiari e fattibili: è questo, però, un aspetto in cui non si riscontra la necessaria chiarezza. Senz’altro condivisibile è la nuova concezione dell’organico dei docenti. Esso non è più un istituto giuridico di carattere nazionale, statico e standardizzato, valido per tutti i tipi di scuola, ma si è trasformato in uno strumento funzionale alle esigen- ze proprie di ciascuna istituzione scolastica. Inoltre, esso può divenire uno strumen- to per realizzare una scuola sempre aperta e rendere l’offerta formativa più flessibi- le ed efficace in particolare riguardo al problema della dispersione. A sua volta, la buona governance rinvia alla presenza di un dirigente che pos- sieda le competenze necessarie sia gestionali, per assicurare l’efficienza della scuo- la, sia educative, connesse alla promozione della didattica e alla qualificazione del- l’offerta formativa; che sia munito dei poteri richiesti per organizzare il lavoro al- l’interno della scuola, guidare il piano di miglioramento e stabilire relazioni fecon- de con il contesto. Il suo ruolo dovrà essere bilanciato dai protagonismi dei docenti e dalla partecipazione dei genitori e degli studenti, pure attraverso l’attivazione de- gli organi collegiali e bisogna riconoscere i progressi compiuti dalla legge verso la realizzazione di questo equilibrio, anche se non del tutto soddisfacenti. Come si è osservato sopra, la riforma ripristina la centralità degli studenti e dei loro bisogni formativi che si era persa nel Rapporto iniziale del 3 settembre scorso, che aveva dato la priorità agli insegnanti (malizia e Tonini, 2015c; Tuttoscuola, 20 marzo 2015; ddl «La Buona Scuola». L’audizione di «Tuttoscuola», 8 aprile 2015; diesse, 9 luglio 2015; Cicatelli, 2015; Falanga, Pruneri, Rivoltella e Santerini, 2014). Rimane invece la visione riduttiva delle loro esigenze che sembrano limitate alle dimensioni intellettuale, fisica e della cittadinanza senza prendere in considera- zione, se non marginalmente, quella morale e spirituale: in altre parole, pare man- care al provvedimento un respiro ideale e culturale ampio. Inoltre, se è condivisibi- le l’affermazione della centralità dell’istruzione, non lo è la concezione funzionali- sta che emerge dal Rapporto e dalla legge, in quanto – alla fine dei conti – la subor- dina fortemente alle logiche economiche e alle esigenze del sistema produttivo. Al contrario, sarebbe stato necessario confermare e potenziare il principio della centra- lità della persona, in tutte le sue dimensioni e del valore “umanizzante” dell’educa- zione in sé e per sé. 69 Alla centralità degli allievi corrisponde un’eccezionale crescita quantitativa delle conoscenze e delle competenze che gli alunni dovrebbero apprendere. Esiste pertanto un pericolo reale di cadere nell’enciclopedismo. A mio parere tutto dipen- de se si punterà principalmente all’aumento delle conoscenze e delle discipline o piuttosto si mirerà ad accrescere le competenze da acquisire e l’opzionalità dei pro- grammi. In ogni caso, i pericoli denunciati sono reali e vanno affrontati soprattutto in sede di redazione dei decreti attuativi. Senz’altro positiva è la proposta di potenziare l’attuazione del curricolo di isti- tuto e di introdurre il curricolo dello studente con la possibilità di personalizzare il piano di studio mediante le materie opzionali e il rafforzamento dell’alternanza. Tale misura rende le scuole più flessibili e consente loro di modulare la propria of- ferta in relazione ai bisogni delle famiglie e del territorio e più specificamente di ogni studente. Una novità importante è quella che riguarda il segmento 0-6 anni. In altre pa- role si intenderebbe realizzare un sistema integrato di educazione e di istruzione fin dalla nascita che parta dalle buone pratiche esistenti. Come si è già chiarito sopra, è stata rivista la delega al governo, eliminando la parola statale che cancellava con quel semplice aggettivo il sistema pubblico integrato che include le scuole paritarie e degli Enti locali. quanto alle polemiche sull’introduzione dell’educazione alla parità dei sessi e della prevenzione della violenza alle donne, non si può negare che dietro ad alcuni fini senz’altro accettabili, come la lotta alle discriminazioni e agli atteggiamenti omofobici, si possano nascondere altri obiettivi non dichiarati e ambigui come quel- lo di superare gli stereotipi che riguardano la rappresentazione del significato del- l’essere uomini e donne. «dopo l’epoca di un sesso biologico e anatomico che ha imposto il genere come modellamento di ruoli culturali e sociali, con costrizioni a danno delle donne (sesso debole) e degli omosessuali (femminilizzati, quindi gerar- chicamente inferiori) non abbiamo bisogno, al contrario, di un genere che prevale sul sesso, con il conseguente rifiuto del corpo sessuato, della realtà, e soprattutto del giusto senso del limite che la differenza uomodonna porta con sé. Un mondo andro- gino non è il migliore dei mondi possibile se pensiamo, invece, a una cultura della relazione, del costituirsi come persone nell’alterità e nell’incontro. ma se non parti- remo dall’offesa che millenni di disuguaglianza hanno portato alla dimensione “femminile” non riusciremo a costruire veramente la dignità delle persone, oppo- nendoci a chi “decostruisce” la realtà in modo ambiguo» (Santerini, 14 agosto 2015). Pertanto, sono comprensibili le proteste dei genitori preoccupati del diffon- dersi di progetti diseducativi e di forzature ideologiche in nome della parità di ge- nere; al tempo stesso, vanno evitate forme esasperate di reazione. decisivi saranno l’impegno dell’amministrazione e della politica a realizzare una scuola realmente aperta e la determinazione dei genitori di partecipare attivamente alla vita delle scuole, avvalendosi in particolare dello strumento del consenso informato, previsto da una recente circolare, di fronte a qualsiasi proposta di attività extracurricolare 70 nelle istituzioni scolastiche: certamente non aiutano le minacce del ministro di azio- ni legali contro chi parla della penetrazione dell’ideologia gender nelle scuole. Non si può che essere d’accordo sulla proposta di una scuola fondata sul lavo- ro e bisogna riconoscere che essa ha fatto dei notevoli passi avanti durante l’iter di approvazione della legge (malizia e Tonini, 2014b, 2015abc; Tuttoscuola, 20 marzo 2015; Forma, 8 aprile 2015; diesse, 9 luglio 2015; Cicatelli, 2015; Falanga, Prune- ri, Rivoltella e Santerini, 2014). Anzitutto, l’alternanza scuola-lavoro diviene strut- turale da occasionale che era: infatti, prima dell’entrata in vigore della riforma co- involgeva appena il 4% degli studenti per sole 70 ore. Per gli ITS, le giovanissime superscuole di tecnologia sorte alla fine del 2011, si prospetta una nuova stagione, anche se il rinnovamento della formazione superiore non universitaria appare anco- ra troppo timido. Va certamente apprezzata la rivalutazione della IeFP per le seguenti ragioni: si tratta di un sotto-sistema alla pari con quello dell’istruzione secondaria superiore al- l’interno del sistema educativo di istruzione e di formazione del secondo ciclo; i ri- sultati che la riguardano sono particolarmente soddisfacenti perché, dove è attivata la IeFP delle istituzioni formative accreditate, il 50% dei giovani è occupato entro tre anni dalla qualifica, crolla la dispersione scolastica e i costi si abbassano del 30% rispetto all’istruzione statale; gli istituti professionale al contrario soffrono di una grave crisi perché vengono percepiti come brutte copie degli istituti tecnici o dei migliori CFP, tranne che per il settore alberghiero e della ristorazione, e perché il loro tasso di dispersione già molto elevato non riesce a scendere. da questo pun- to di vista preoccupa il ricorso della Regione Veneto alla Corte Costituzionale su al- cune disposizioni della Legge n. 107/2015 perché uno riguarda il principio della so- stanziale parità tra sistema di IeFP e sistema di istruzione secondaria di secondo grado. Anche gli altri ricorsi (circa le fondazioni degli ITS, l’articolazione in ambiti sub-provinciali dei ruoli docenti, le deleghe al governo per il testo unico sulla scuo- la e la IeFP e il riordino della formazione iniziale dei docenti della secondaria) ri- guardano normative valide a livello contenutistico per cui non sarebbe auspicabile che fossero cancellate per un motivo formale, anche se importante. In ogni caso, preoccupa molto di più che la riforma non abbia eliminato la disparità di fatto di cui sono oggetto i centri accreditati rispetto agli IPS di cui si è parlato nel capitolo 1 e che consiste soprattutto nella convenienza economica delle Regioni ad attivare la IeFP negli IPS piuttosto che nei CFP perché in questa maniera riescono a scaricare i relativi costi sullo Stato, anche se, come si è ricordato sopra, le ricerche mettono chiaramente in rilievo la superiorità dei CFP almeno da tre punti di vista: la lotta agli abbandoni, gli esiti occupazionali e i costi pro-capite3. Nella situazione emergenziale dei docenti precari il piano straordinario per l’assunzione di oltre centomila di loro è certamente apprezzabile, ma comporta vari 3 Per una trattazione più ampia cfr. sezione n. 3.3 del capitolo 1. 71 problemi (malizia e Tonini, 2015c; Falanga, Pruneri, Rivoltella e Santerini, 2014; Fondazione Giovanni Agnelli, 6 aprile 2015; CISL Scuola, 7 aprile e 18 luglio 2015; FLC CGIL, 7 aprile e 14 luglio 2015; Tuttoscuola, agosto 2015; diesse, 9 lu- glio 2015; Cicatelli, 2015). Sul lato positivo, va sottolineato che il piano straordina- rio assicurerà alle istituzioni scolastiche l’8% di insegnanti in più e una media di 7 docenti aggiuntivi per ogni scuola. Nel 2015-16 saranno assunti oltre 100.000 insegnanti prendendoli dalle GAE ad esaurimento e da quelle di merito e successi- vamente i concorsi verranno banditi regolarmente ogni tre anni a partire dal 1° di- cembre prossimo. Al tempo stesso si riducono le immissioni in ruolo previste nel Rapporto del settembre 2014, né si realizza l’ipotesi prevista che le GAE ad esauri- mento e le supplenze sarebbero scomparse. ma vi sono altri problemi egualmente seri oltre a quello che il numero degli as- sunti, anche se consistente, è molto lontano dal totale dei precari. Gran parte dei neo-assunti non dovrebbe ottenere una cattedra, ma potenzierà i nuovi insegnamen- ti e rappresenterà una riserva per le supplenze brevi e per le attività di recupero: in altre parole, si possono trasformare in una difficoltà seria di gestione per i dirigenti e una sfida per gli stessi precari utilizzati anche in altri livelli scolastici e in altre classi di concorso. Inoltre, dal punto di vista territoriale, la gran parte risiede al Sud dove il numero degli studenti risulta in declino, mentre le proiezioni dei prossimi dieci anni evidenziano un aumento al Nord. La promessa di assunzione di tutti i pre- cari delle GAE non sembra aver tenuto conto dei profili professionali di cui ha bi- sogno il nostro sistema di istruzione: infatti, mentre per le ore di musica alle ele- mentari e per quelle di economia e di diritto alle superiori sembra che le GAE pos- sano assicurare i docenti richiesti, questo non si verifica per la matematica, per cui si dovrà ricorrere ancora ai supplenti delle graduatorie. dubbi ci sono anche sulla preparazione di molti per cui si propone un’adeguata formazione in servizio. Anche se con qualche distinguo, si può essere d’accordo sulla assegnazione del personale mediante chiamata diretta da parte delle scuole che opereranno le loro scelte sulla base dei loro bisogni di natura didattica e organizzativa regolarmente aggiornati dai Piani dell’Offerta Formativa. Si tratta di una proposta veramente ri- voluzionaria rispetto alla cultura formativa del nostro sistema educativo per cui nel- l’attuazione della legge ci si dovrà conquistare il consenso dei docenti, assicurando in particolare che funzionino i contrappesi alla discrezionalità decisionale dei diri- genti quali il controllo a priori da parte degli organi collegiali e la valutazione a posteriori degli esiti della scuola. La formazione in servizio diventa obbligatoria e deve essere coerente con il Piano triennale dell’Offerta Formativa; inoltre per la sua realizzazione è previsto per la prima volta un finanziamento strutturale. È apprezzabile la previsione di una card per l’aggiornamento e la formazione dei docenti di 500 euro. Inoltre, sono mantenuti in toto gli scatti di anzianità e al tempo stesso viene creato un fondo di 200 milioni di euro all’anno per la valorizzazione del merito del personale docente, la cui ripartizione tra le scuole dovrà tenere conto delle aree con 72 più gravi problematiche educative; certamente, un bonus annuale di piccole dimen- sioni e piuttosto lontano dall’ipotesi iniziale di una progressione economica fondata sul merito. In ogni scuola il conferimento del premio spetta al dirigente che opererà secondo criteri fissati, in base a linee guida nazionali, da un nucleo di valutazione interno alla scuola composto anche da genitori e studenti. La questione dell’introduzione di un livello intermedio di figure e funzioni, che era nell’ombra nel documento del 2014, riceve ora sufficiente attenzione. Non si è tenuto conto, invece, del suggerimento della Fondazione Agnelli secondo cui le fun- zioni più importanti dovrebbero essere assegnate a docenti che abbiano conseguito un livello superiore di carriera (6 aprile 2015). Soprattutto, non si è presa in consi- derazione la sua proposta di una differente strutturazione della carriera docente. In- fatti, a suo parere questa è l’unica strada percorribile per arrivare a premiare il me- rito degli insegnanti che, essendo divenuti dei professionisti, devono essere capaci di partecipare attivamente alla collegialità della scuola autonoma, contribuire al buon funzionamento dell’organizzazione e impegnarsi nello sviluppo delle proprie competenze. La loro carriera dovrebbe prendere in considerazione tutte queste di- mensioni e articolarsi in due o tre livelli, con tetti percentuali di ammissione deter- minati per ogni livello, aumenti di stipendio permanenti e portabili nei trasferimen- ti e passaggi di livello disciplinati da concorsi nazionali che dovrebbero utilizzare elementi diversi di valutazione. La carriera dovrebbe essere unica nel senso di evi- tare di distinguere un percorso fondato su competenze didattico-disciplinari e un al- tro su quelle organizzative perché ambedue fanno parte del patrimonio di capacità di un docente. Inoltre, la carriera va concepita come uno sviluppo professionale che può sboccare sulla dirigenza scolastica o tecnica. dopo esserci occupati dei contenuti della riforma, è opportuno concentrare l’at- tenzione sulle strategie del cambiamento (malizia e Tonini, 2015c; Tuttoscuola, 20 marzo 2015; ddl «La Buona Scuola». L’audizione di «Tuttoscuola», 8 aprile 2015; diesse, 9 luglio 2015; macrì, 2015b; Cicatelli, 2015; Falanga, Pruneri, Rivoltella e Santerini, 2014). Inizio con la realizzazione della scuola digitale attraverso il varo del nuovo pia- no nazionale, la previsione di iniziative di didattica laboratoriale e la predisposizio- ne delle risorse per programmare. Gli obiettivi del progetto sono senz’altro ambi- ziosi. Indubbiamente, una novità significativa – tutta comunque da verificare nella pratica – può essere vista nella possibilità riconosciuta alle scuole di dotarsi di la- boratori territoriali per l’occupabilità. È comunque tutto il provvedimento che pre- senta riscontri sostanzialmente positivi; una certa criticità può essere vista nelle ri- sorse messe a disposizione che non paiono molto adeguate. Continuano gli investimenti pubblici nella edilizia scolastica con finanziamen- ti non solo per la manutenzione, ma anche per la costruzione di strutture innovati- ve. Comunque, in questo momento si ha l’impressione che dopo l’impegno iniziale tutto sia fermo o quasi. Trova un consenso generale la proposta di creare un portale unico dei dati 73 relativi alle scuole. In proposito va ricordato che negli ultimi due anni il ministero è stato posto sotto accusa per non avere messo a disposizione informazioni in suo possesso. L’open data consentirebbe di riprendere il percorso già iniziato verso la massima trasparenza. Comunque, non vanno trascurate le problematiche finanziarie che potrebbero insorgere a proposito della realizzazione di un sistema di assistenza alle scuole perché dovrebbe essere assicurato senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Una novità positiva è che dopo anni di tagli si riprenda a investire nella scuola con un finanziamento aggiuntivo di 3 miliardi a regime sul capitolo dell’istruzione. Inoltre, può essere considerato coraggioso da parte della riforma l’abbandono di un autentico tabù, quello secondo cui la scuola pubblica si fa soltanto con soldi pubbli- ci. Che possa essere consentito al sistema educativo di attingere anche alle risorse private, o meglio ancora che la scuola possa sostenersi anche con i contributi della società civile e del mondo dell’innovazione, pur con tutti i rischi che comporta – che potrebbero essere tenuti sotto controllo con opportune misure di vigilanza e di trasparenza – può costituire una chance in più per la scuola dell’autonomia e del ter- ritorio, con una riserva: che si eviti il pericolo di creare scuole di serie A e B. La no- vità in questione si verifica con lo school bonus con cui si permette al privato di en- trare nella scuola pubblica e di contribuire al miglioramento del sistema educativo, cercando di non creare gravi disparità tra le istituzioni scolastiche, in un momento in cui le risorse pubbliche tendono a scarseggiare, mentre sarebbero necessari inve- stimenti più consistenti nell’istruzione. Una innovazione significativa si può identificare nella detraibilità delle spese sostenute dalle famiglie per la frequenza anche delle scuole paritarie: in altre parole la riforma accoglie il principio che le spese per l’educazione rappresentano un in - vestimento delle famiglie per il futuro del Paese. Rimane il problema che l’entità del- la detrazione è del tutto simbolica, limitandosi a un massimo di 76 euro ad alunno. A proposito della scuola paritaria, vale la pena anzitutto riportare in proposito il giudizio di un esperto: «Seguendo una vecchia e anacronistica concezione questa legge rimane impigliata dentro una visione statalistica riservando pertanto alla scuola paritaria una posizione residuale e marginale, di semplice “supplenza” alle inadempienze o incapacità dello Stato; contraddice la portata culturale, sociale, po- litica dell’autonomia che, prima di essere autonomia delle istituzioni e degli appa- rati, è autonomia dei cittadini in quanto persone libere: [...]» (macrì, 2015). Infatti, non solo la riforma non ha reso effettiva la libertà di scelta educativa sul piano eco- nomico – misura attesa ormai da quasi settanta anni – perché, come si è osservato sopra, ha previsto una detrazione fiscale insignificante per i genitori che iscrivono i figli alle scuole paritarie, ma ha anche creato una serie di gravi problemi per queste ultime, introducendo misure di grande portata, ma garantendo risorse solo per le scuole statali come: la previsione del curricolo potenziato che pone serie difficoltà alle scuole paritarie che non possono contare sull’organico funzionale; la digitaliz- zazione rispetto alla quale le scuole paritarie potrebbero non essere in grado di com- 74 petere; l’alternanza scuola-lavoro che impone obblighi ulteriori alle paritarie spe- cialmente con la introduzione di 400/200 ore di ASL nel triennio senza assicurare i mezzi per adempierli; il piano straordinario di assunzioni che potrebbe produrre una emorragia di insegnanti delle paritarie (Cicatelli, 2015). La riduzione delle deleghe al governo può lasciare spazio alla discussione nel Parlamento e nella società civile. Ne rimangono comunque 9 a cui si devono ag- giungere 24 provvedimenti amministrativi per rendere operative alcune normative della riforma. Si può senz’altro affermare che l’attuazione del provvedimento si presenta tutta in salita. In proposito, c’è da augurarsi che i decreti e le circolari si li- mitino al loro compito di facilitare l’applicazione della riforma senza introdurre nuove e inutili complicazioni burocratiche e che anche l’amministrazione si impe- gni con efficacia, efficienza e rapidità nella stessa direzione. 2. il Jobs act Come si è visto nel capitolo 1, in Italia il lavoro è diventato una vera emergen- za nazionale, in quanto le famiglie lo considerano in questo momento come il pro- blema più grave, all’origine di un disagio generalizzato tra la popolazione. Nel 2014 il governo ha emanato due provvedimenti, la garanzia giovani, avviata nel maggio e rivolta ad offrire a questi ultimi un ventaglio di opportunità per aiutarli ad entrare nel mondo del lavoro, e la Legge n. 78 del 16 maggio, che ha inteso dare una risposta urgente alla necessità di rilanciare l’occupazione, semplificando il ricorso al - l’apprendistato e al contratto a tempo determinato (malizia e Tonini, 2014a). Indub- biamente l’azione più organica è costituita dal Jobs Act di cui si presenteranno sin- teticamente la Legge delega del 10 dicembre 2014 n.183 e i decreti attuativi nei contenuti rilevanti per il nostro tema (malizia e Tonini, 2015ac). 2.1. La legge delega 10 dicembre 2014 n. 183 In meno di un anno il Jobs Act è cresciuto da un essenziale sommario di punti redatto dalla segreteria del Pd ad un’ampia riforma del mercato del lavoro (malizia e Tonini, 2015a; Studio Trifirò & Partners, 2015; Ferrera, 2015; marro, 2015; Cen- sis, 2014). Il percorso è stato complicato e turbolento: come tutti i cambiamenti che riguardano materie importanti e problematiche particolarmente avvertite dalla so- cietà civile, il provvedimento ha prodotto incertezze e timori nell’opinione pubbli- ca e in questo caso anche dure critiche da parte sindacale, ma nello stesso tempo è stato interpretato come un segnale positivo dal mondo dell’economia, dai mercati finanziari e dagli investitori stranieri. Secondo la legge delega il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti dovrebbe diventare la modalità privilegiata per entrare nel mercato del lavoro. Le imprese che faranno ricorso a tale tipologia potranno usufruire di un insieme di in- centivi che lo renderanno più vantaggioso in paragone alle altre forme di contratto 75 sia quanto alle tasse da pagare che per i contributi da versare: da questo punto di vi- sta, il governo si è impegnato a ridurre le altre tipologie con i decreti attuativi, com- preso il superamento delle collaborazioni coordinate a progetto. Nell’ottica del la- voratore, le tutele crescenti sono quelle che lo proteggono dal licenziamento e au- mentano con l’anzianità di servizio. A tale proposito è stato riscritto l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori: vediamo come. La normativa rimane inalterata per i licenziamenti nulli o discriminatori, cioè quelli fondati su motivi politici, religiosi o di genere; in tutte queste fattispecie si applicherà il reintegro nel posto di lavoro. I licenziamenti economici, dovuti al cat- tivo andamento dell’impresa, non prevedono più il reintegro a differenza di quanto avviene attualmente, e ciò anche nel caso di una motivazione manifestamente insus- sistente; l’unica tutela offerta in proposito consiste in un indennizzo che sarà cre- scente in base all’anzianità di lavoro e la cui regolamentazione verrà precisata dal relativo decreto attuativo. quanto ai licenziamenti disciplinari, motivati cioè dal comportamento del lavoratore, di norma viene previsto un indennizzo crescente sal- vo specifiche fattispecie di licenziamento ingiustificato in cui rimane possibile il reintegro e che verranno precisate nel decreto attuativo con l’intendimento di ridur- re la discrezionalità del giudice. Va comunque precisato che il contratto a tutele cre- scenti si applica solo ai nuovi assunti. La legge delega offre i criteri per la semplificazione degli adempimenti a cari- co dei cittadini e delle imprese allo scopo di razionalizzare le procedure per la co- stituzione e la gestione dei rapporti di lavoro: più specificamente si intende ridurre il numero degli atti amministrativi richiesti in materia. Inoltre, sarà creata una Agenzia nazionale per l’impiego che è chiamata a svolgere il ruolo di facilitare i contatti tra domanda e offerta di lavoro, valorizzando le sinergie tra i servizi pub- blici e privati. Viene potenziata contemporaneamente la funzione di monitoraggio e di valutazione delle politiche attive del lavoro. La normativa relativa alle mansioni nel caso di riorganizzazione, di ristrutturazione e di conversione aziendale sarà rivi- sta, mirando a conciliare l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con quello del lavoratore a salvaguardare l’occupazione, la professionalità e le condi- zioni di vita. Il passaggio da una mansione all’altra e l’eventuale demansionamen- to, oggi vietato, diventano il primo più semplice e il secondo possibile. La regola- mentazione dei controlli a distanza verrà ripensata e si prevede il monitoraggio de- gli impianti e degli strumenti di lavoro, assicurando al tempo stesso la dignità e la riservatezza del lavoratore. Nel Jobs Act si configura un adeguato supporto alla genitorialità, prevedendo interventi a protezione della maternità e in vista di facilitare la conciliazione tra i tempi della vita e quelli del lavoro. La relativa indennità andrà gradualmente estesa a tutte le lavoratrici. Sono anche previste la cosiddette ferie solidali, la possibilità cioè per quanti dispongono di un sovrappiù di ferie di rinunciarvi per consentire a colleghi in necessità di utilizzarle. L’ambito di applicazione dei contratti di solida- rietà viene semplificato e il ricorso ai pagamenti con voucher è ampliato. Rimane 76 l’impegno a introdurre il compenso orario minimo per i rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato e anche, fino al loro superamento, per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da con- tratti collettivi. La legge delega contempla il riordino della disciplina sugli ammortizzatori so- ciali. Per la cassa integrazione, cioè per gli strumenti di tutela in costanza di lavoro, sono previsti più limiti: la sua durata verrà ripensata e l’intervento non potrà più es- sere consentito nel caso di cessazione di attività della impresa; l’accesso alla cassa sarà possibile solo dopo aver esaurito tutte le opportunità di riduzione dell’orario di lavoro previste nei contratti. Le aziende che se ne servono dovranno contribuire maggiormente alla spesa, mentre la generalità delle imprese godrà di una diminuzio- ne degli oneri contributivi ordinari in rapporto al reale uso degli strumenti di tutela. da ultimo viene rivista la regolamentazione dell’assicurazione sociale per l’impiego (ASPI), prevista dalla Legge Fornero. La durata è commisurata all’anzia- nità contributiva del lavoratore nel senso che sarà più lunga per i lavoratori contrat- tualmente più anziani e per le carriere contributive più rilevanti. L’ambito di appli- cazione viene universalizzato ed essa è estesa anche ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa fino al loro superamento. La NASpI (nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego) corrisponderà a chi perde il lavoro una indennità pari al 75% dello stipendio per un massimo di 24 mesi; inoltre, saranno sperimentati due sussidi aggiuntivi, l’assegno di disoccupazione (ASdI) per quei la- voratori con carichi di famiglia che non sono riusciti a trovare una occupazione al termine della NASpI, e un assegno, chiamato dIS-COLL (disoccupazione per i collaboratori), per i collaboratori a progetto che perdono il lavoro. Il problema cen- trale in proposito è quello delle risorse disponibili che dovranno essere garantite ogni anno dalla legge di stabilità. 2.2. I decreti attuativi due decreti attuativi sono stati approvati in via definitiva dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 20 febbraio 2015 (Governo Italiano Presidenza del Consiglio dei ministri, 20 febbraio 2015); per gli altri quattro si è provveduto il 15 settembre dello stesso anno. qui di seguito offrirò una sintesi dei testi (malizia e Tonini, 2015ac; Studio Trifirò & Partners, 2015). Incomincio con le “Disposizione in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti” (d.Lgs 4 marzo 2015, n. 23). dal primo marzo le nuove assunzioni a tempo indeterminato vengono effettuate con questo contratto fortemente incentivato in particolare dallo sgravio contributivo totale di tre anni previsto dalla legge di stabilità e dalla sua maggiore flessibilità. Ovviamente per i i lavoratori assunti prima di questa data rimangono valide le nor- me precedenti, specificamente l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Il decreto legislativo conferma le novità della legge delega riguardo ai licenzia- menti. La reintegrazione nel posto di lavoro avverrà solo per quelli discriminatori e 77 nulli intimati in forma orale e per quelli disciplinari, unicamente quando venga pro- vata l’insussistenza del fatto materiale contestato. Nel caso di licenziamenti ingiu- stificati in cui si accerti che non si verifica la fattispecie del licenziamento per giu- sta causa o per giustificato motivo viene previsto un risarcimento, proporzionato al- l’anzianità di servizio e, pertanto, sottratto alla discrezionalità del giudice. quest’ul- timo verrà calcolato in due mensilità per ogni anno di anzianità con un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mesi. Per evitare una causa in tribunale si po- trà utilizzare la nuova conciliazione facoltativa incentivata. Il decreto legislativo modifica anche la normativa dei licenziamenti collettivi, cioè di oltre i 5 lavoratori. Pertanto non è più contemplata la reintegrazione nel ca- so di violazione delle procedure o dei criteri di scelta, ma si applica sempre la rego- la del risarcimento nella misura stabilita per i licenziamenti individuali. La reinte- grazione nel posto rimane invece quando si tratta di licenziamento collettivo inti- mato senza l’osservanza della forma scritta. Nelle piccole imprese con meno di 15 dipendenti la reintegra è prevista solo nei casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Nelle altre fat- tispecie di licenziamenti ingiustificati è stabilito un risarcimento crescente di una mensilità per anno di anzianità da un minimo di due a un massimo di sei mensilità. Il nuovo regime vale anche per i sindacati e i partiti politici. Il secondo decreto legislativo che è stato varato definitivamente il 20 febbraio 2015 contiene le “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammor- tizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavo- ratori disoccupati” (d.Lgs 4 marzo 2015, n. 22). Il provvedimento disciplina la nuova assicurazione sociale per l’impiego che assume l’acronimo di NASpI. Si applica a tutte le situazioni di disoccupazione che si verificano a partire dal 1° maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti che ab- biano perso il lavoro e possano contare su almeno tredici settimane di contribuzio- ne negli ultimi quattro anni di lavoro ed almeno diciotto giornate effettive di lavoro negli ultimi dodici mesi: in sintesi, il decreto legislativo introduce un assegno uni- versale di disoccupazione. La durata della prestazione consiste in un numero di set- timane pari alla metà delle settimane contributive degli ultimi quattro anni di lavo- ro. quanto all’indennità, la sua entità è rapportata alla retribuzione e, comunque, non può superare i 1.300 euro; inoltre, dopo i primi quattro mesi essa viene ridotta del 3% al mese. La somministrazione è subordinata alla partecipazione del disoccu- pato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale. In via sperimentale è previsto un assegno di disoccupazione (ASDI) da erogare a quanti, terminata la NASpI, non siano riusciti a reperire un’occupazione e si trovino in una situazione di particolare necessità. L’importo è pari al 75% del - l’ammontare della NASpI e la durata è limitata a sei mesi. I titolari di contratti a collaborazione coordinata e continuativa che perdono il lavoro potranno usufruire dell’indennità di disoccupazione per i collaboratori (DIS- COLL). Per ottenerne l’erogazione bisogna aver cumulato almeno tre mesi di con- 78 tribuzione nel periodo che intercorre tra il primo gennaio dell’anno precedente il ve- rificarsi della disoccupazione e la data di tale evento. L’ammontare è commisurato al reddito e, come per la NASpI, dopo i primi quattro mesi viene ridotto del 3% al mese. La durata consiste nella metà delle mensilità contributive versate e non può superare i sei mesi. Anche in questo caso, la somministrazione è subordinata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive. Passando ai decreti approvati definitivamente nel Consiglio dei ministri del 4 settembre 2015, incomincio con le “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale” (d.Lgs 14 settembre 2015, n. 149). Il decreto legislativo prevede la creazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro per combattere gli abusi in questo ambito e a tale fine ha accorpato in unica agen- zia i servizi del ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INAIL e dell’INPS (di Frischia, 5 settembre 2015; Riccardi, 5 settembre 2015). questa go- de di personalità di diritto pubblico, di autonomia di bilancio e di propri poteri per la definizione delle norme relative alla sua organizzazione e al suo funzionamento; inoltre, la struttura interna si articola in tre organi: il direttore generale, il consiglio di amministrazione e il collegio dei revisori. Il compito più rilevante consiste nella vigilanza in materia di lavoro, contribuzio- ne e assicurazione obbligatoria. Allo scopo di potenziare l’attività di coordinamento, si prevede la stipula di appositi protocolli con altri organi preposti alla vigilanza nel medesimo ambito i quali, a loro volta, sono tenuti a raccordarsi con l’Ispettorato. dall’entrata in vigore del decreto in questione, il reclutamento del personale ispettivo viene affidato esclusivamente a tale agenzia. Pertanto, il personale ispetti- vo di INPS ed INAIL è inserito in un ruolo ad esaurimento dei relativi istituti. Un altro decreto attuativo approvato il 4 settembre 2015 contiene le “Disposi- zioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e le politiche attive” (d.Lgs 14 settembre 2015, n. 150). La normativa anzitutto procede all’istituzione di una “Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro” che sarà coordinata dalla nuova “Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro” (ANPAL) (di Frischia, 5 settembre 2015; Riccardi, 5 set- tembre 2015). Ne faranno parte: le strutture regionali per le politiche attive del lavoro, l’INPS, l’INAIL, le Agenzie per il lavoro e gli altri soggetti autorizzati all’attività di in- termediazione, gli Enti di formazione, Italia Lavoro, l’ISFOL, il sistema delle Camere di commercio, le università e gli istituti di scuola secondaria di secondo grado. L’istituzione dell’ANPAL dovrà essere effettuata senza nuovi oneri a carico della finanza pubblica. Il quadro di riferimento della sua azione sarà costituito dalle linee di indirizzo triennali e dagli obiettivi annuali stabiliti dal ministero del Lavoro in ma- teria di politiche attive; quest’ultimo provvederà a fissare i livelli essenziali delle pre- stazioni validi per tutto il territorio nazionale e per garantirli concretamente procederà insieme con le Regioni a definire un piano mirato all’erogazione delle politiche atti- ve. All’ANPAL viene demandato il compito di istituire un Albo nazionale dei sogget- 79 ti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro: lo scopo è di valorizzare le sinergie tra soggetti pubblici e privati e di potenziare le capacità di in- contro tra domanda e offerta di lavoro. Il decreto stabilisce anche la creazione di un sistema informativo delle politiche del lavoro e del fascicolo del lavoratore: con tali innovazioni si intende assicurare una migliore gestione del mercato del lavoro e del monitoraggio delle prestazioni corrisposte. È prevista anche l’istituzione di un Albo nazionale degli enti accreditati a svolgere attività di formazione professionale. L’ANPAL è chiamato a esercitare funzioni di vigilanza sui fondi interprofessionali e bilaterali. da ultimo, l’agenzia in questione dovrà predisporre un Repertorio naziona- le degli incentivi all’occupazione nel quadro del riordino di tutta la materia. I lavoratori disoccupati o che subiscono una riduzione di orario o a rischio di disoccupazione vengono inseriti in una classe di “profilazione” (una categorizzazio- ne che permette ai servizi coinvolti di garantire a ogni soggetto interessato un per- corso individuale coerente con le proprie caratteristiche personali, formative e pro- fessionali) per valutarne il grado di occupabilità, e saranno convocati dai Centri per l’impiego allo scopo di concludere un Patto di servizio personalizzato: questo in- cluderà la disponibilità del lavoratore a partecipare ad attività di natura formativa, di riqualificazione e di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro. Per rendere più sicuro il coinvolgimento dei lavoratori, la domanda di ASPI (Assicura- zione Sociale per l’Impiego), di NASpl (Nuova prestazione di Assicurazione Socia- le per l’Impiego) o di dISS-COLL (disoccupazione per i lavoratori) sarà conside- rata equivalente alla dichiarazione di disponibilità del lavoratore. Una serie di disposizioni riguarda i beneficiari di prestazioni a sostegno del reddito. quelli che non abbiano riottenuto una occupazione, saranno chiamati a sti- pulare il Patto di servizio personalizzato, ma quelli che senza giustificato motivo non prendono parte alle attività mirate a ottenere l’inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro, saranno soggetti a sanzione. Viene istituito anche un Assegno di ricollocazione a favore di disoccupati che percepiscono la NASpl quando la disoc- cupazione supera la durata di quattro mesi. Ai lavoratori titolari di strumenti di so- stegno del reddito può essere richiesto di svolgere attività di servizio a favore della comunità del comune di residenza. Il quinto decreto riguarda le “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazio- ne delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e di pari opportunità (d.Lgs 14 set- tembre 2015, n. 151). Le relative misure possono essere distribuite in tre categorie principali (di Frischia, 5 settembre 2015; Riccardi, 5 settembre 2015). Il primo gruppo include le semplificazioni di procedure e adempimenti. Anzi- tutto, vanno ricordati gli interventi rivolti ai disabili al fine di ovviare ai problemi di funzionamento che la normativa finora in vigore ha messo in risalto, e più preci- samente si tratta di: la possibilità per i datori di lavori privati di assumere i lavora- tori con disabilità mediante la richiesta nominativa, ma non di procedere all’assun- zione diretta; la revisione completa della procedura per la concessione degli incen- 80 tivi per l’assunzione di disabili, prevedendo il pagamento diretto ed immediato al datore di lavoro da parte dell’INPS. In secondo luogo, vengono le misure di razio- nalizzazione e di semplificazione in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro quali: la tenuta del libro unico del lavoro in modalità telematica presso il ministero del lavoro; la previsione che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, politi- che attive e formazione professionale siano compiute unicamente per via telemati- ca; il rafforzamento della Banca dati politiche attive e passive; l’abolizione dell’au- torizzazione al lavoro all’estero. quanto agli interventi di razionalizzazione e sem- plificazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di assicurazione obbligato- ria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali vanno ricordate la mes- sa a disposizione al datore di lavoro da parte dell’INAIL dei mezzi tecnici e specia- listici per la diminuzione dei livelli di rischio e la previsione dello svolgimento di- retto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso e di prevenzione degli incendi e di evacuazione. Un ultimo gruppo è costituito dalla revisione delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale e tra l’altro si procede alla mo- difica della cosiddetta maxisanzione per il lavoro “nero”, introducendo gli importi sanzionatori “per fasce” e non legati alla singola giornata di lavoro irregolare e la procedura di diffida, e si apporta una correzione anche al provvedimento di sospen- sione dell’attività imprenditoriale, favorendo una immediata eliminazione degli ef- fetti del comportamento illecito e valorizzando le modalità di natura premiale. Riguardo alle disposizione in materia di rapporto di lavoro, la misura più co- nosciuta per le polemiche che l’hanno accompagnata riguarda la revisione della di- sciplina dei controlli a distanza del lavoratore. Finora questi ultimi erano completa- mente vietati dallo Statuto dei lavoratori e anche adesso viene proibito di spiare i dipendenti mediante telecamere o altri strumenti che possono violare la privacy del lavoratore. Le telecamere potranno esser installate solo per il controllo dei mezzi di produzione, ma sarà necessario il consenso dei sindacati e il permesso del ministe- ro del lavoro. L’imprenditore potrà controllare l’uso degli strumenti messi a dispo- sizione dei lavoratori quali tablet, telefonini e personal computer e in questo caso non si richiede un accordo preventivo con i sindacati. Rimane obbligatorio informa- re prima e in maniera completa i lavoratori sulle modalità d’uso degli strumenti e garantire che i controlli avvengano sempre nel rispetto della privacy. Se si osserva- no queste due condizioni, le informazioni che l’impresa raccoglie potranno servire anche a scopi disciplinari, incluso il licenziamento. Un’altra misura che merita di essere ricordata consiste nella possibilità per i lavoratori di cedere a titolo gratuito ai loro colleghi i riposi e le ferie allo scopo di assistere i figli minori. Infine, le di- missioni andranno date solo con modalità telematiche e si dovranno utilizzare spe- cifici formulari, messi a disposizione nel sito del ministero del lavoro. Nessuna al- tra forma di effettuazione delle dimissione sarà più possibile per cui la pratica odio- sa delle dimissioni in bianco, che finora ha riguardato soprattutto le lavoratrici è de- stinata a scomparire. 81 Il sesto e ultimo decreto attuativo contiene le “Disposizioni per il riordino del- la normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavo- ro” (d.Lgs 14 settembre 2015, n. 148) che risultano finalizzate al conseguimento di tre obiettivi: l’inclusione di lavoratori e imprese, la semplificazione e le certezze per le imprese e la razionalizzazione delle integrazioni salariali (di Frischia, 5 settem- bre 2015; Riccardi, 5 settembre 2015). Incomincio con il primo, cioè l’inclusione. Per chi perde il lavoro il decreto introduce un nuovo assegno universale di disoccupazione, la NASpI, che avrà una durata di due anni, al termine dei quali è prevista la possibilità di una proroga del supporto. La nuova assicurazione sociale si riferisce a tutti i lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro e che possono contare su almeno 13 settimane di contri- buzioni negli ultimi 4 anni di lavoro e su almeno 18 giornate effettive di lavoro ne- gli ultimi 12 mesi. L’indennità viene calcolata in relazione alla retribuzione e non può superare i 1.300 euro; passati i primi 4 mesi, la NASpI viene diminuita del 3% al mese e la durata consiste in un numero di settimane pari alla metà di quelle con- tributive degli ultimi 4 anni di lavoro. Il decreto porta a regime e rende strutturali (cioè finanzia per sempre) altre strategie rilevanti di politica sociale quali: i provve- dimenti per la conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro tra cui l’amplia- mento della sfera di applicazione del congedo parentale; l’introduzione dell’asse- gno di disoccupazione (ASdI) che mette a disposizione un reddito sino a sei mesi ai beneficiari con figli minori o ultracinquantacinquenni che esauriscono il sussidio senza aver reperito un’occupazione; il fondo per le politiche attive del lavoro. Inoltre, la normativa allarga il campo di applicazione delle integrazioni salariali in caso di riduzione o sospensione dell’orario di lavoro a 1.400.000 lavoratori e a 150.000 da- tori di lavoro, esclusi in passato da queste tutele: tale risultato si raggiungerà esten- dendo la cassa integrazione agli apprendisti e includendo nei fondi di solidarietà tut- ti i datori di lavoro con più di 5 dipendenti, mentre il limite in precedenza era di 15. Le misure corrispondenti agli obiettivi di realizzare semplificazioni e di assicu- rare certezze alle imprese riguardano principalmente la cassa integrazione. Un uni- co testo normativo di 47 articoli sostituisce 15 leggi e un insieme di norme stratifi- catesi negli ultimi 70 anni. Gli ammortizzatori sociali sono estesi alle piccole im- prese oltre i 5 dipendenti e cioè a un milione e mezzo quasi di lavoratori che nel passato non erano compresi. Altre disposizioni sono dirette alla razionalizzazione delle integrazioni salaria- li. Tra l’altro, viene ridotta la durata della cassa integrazione guadagni, sia di quella ordinaria che di quella straordinaria, a 24 mesi in un quinquennio mobile, ma il li- mite massimo può arrivare a 36 mesi con il ricorso ai contratti di solidarietà. Inol- tre, è introdotto uno sconto del 10% sul contributo ordinario per tutte le imprese, mentre quelle che si servono maggiormente della cassa integrazione dovranno pa- gare di più ed è previsto un contributo addizionale del 9% della retribuzione per chi le utilizza per un anno, del 12% fino a due anni e del 15% per tre. Il decreto razio- nalizza la disciplina delle causali di concessione dell’intervento straordinario di in- 82 tegrazione salariale a tre: riorganizzazione aziendale, crisi aziendale e contratti di solidarietà. Infine, vengono previsti meccanismi di attivazione dei beneficiari di in- tegrazione e di condizionalità delle prestazione, consistenti principalmente nella convocazione da parte dei Centri per l’impiego in vista della conclusione di un Pat- to di servizio personalizzato. 2.3. Una valutazione Come si è visto nel capitolo 2, le dinamiche di innovazione in atto e la rifles- sione che le accompagna stanno facendo emergere in Europa un modello di Stato sociale attivo e dinamico, proteso a sviluppare la promozionalità dei cittadini, la lo- ro responsabilità e la loro capacità di fronteggiare le situazioni, facendo leva sulle proprie risorse e puntando sul lavoro e sulla formazione (malizia e Pieroni, 2012b; malizia e Nanni, 2015). Tale concezione di welfare non vuole limitarsi a un’assi- stenza di natura unicamente passiva, mirata cioè a proteggere le persone dalle situa- zioni problematiche in un’ottica di riparazione del danno ricevuto (disoccupazione, malattia, invalidità, vecchiaia), ma punta a mettere in campo strategie di carattere abilitante nel senso che intende primariamente rafforzare le capacità di decisione, azione e partecipazione attiva dei cittadini e di auto-protezione e responsabilizza- zione rispetto al ventaglio dei problemi sociali da cui sono minacciati. In altre paro- le, si tratta di allargare la gamma degli interventi oltre il supporto al reddito a quelli di promozione della persona nell’affrontare condizioni di disagio. Si parla in questi casi di un welfare che mira allo sviluppo di una cittadinanza attiva e che trova nel lavoro un settore fondamentale per l’integrazione sociale. Per capire la diversità rispetto al passato, è sufficiente riflettere sulla differenza tra pro- mettere l’occupazione e garantire l’occupabilità; in altre parole, non ci si ferma a offrire un posto di lavoro, ma si vogliono creare le condizioni da una parte per pro- muovere nella persona le conoscenze e le competenze per conseguire una occupa- zione e dall’altra, in riferimento al mercato, per sviluppare in esso opportunità tali da poter essere facilmente utilizzate. Sorreggono questa impostazione tre principi basilari: anzitutto, l’occupazione rappresenta generalmente un progresso in para - gone alla condizione di assistenza e di dipendenza dai servizi sociali; la correspon- sione di indennità non può avere che un carattere selettivo nel senso che dovrà essere condizionata all’accertamento di una vera situazione di bisogno; essa inoltre non può che essere promozionale in quanto dipenderà dall’impegno delle persone in stato di bisogno a cui verrà richiesta la partecipazione ai programmi di (re)inseri- mento lavorativo, all’accettazione di un’occupazione alle condizione di mercato e alla frequenza di attività formative. La meta pertanto è quella di attuare la flexicurity che significa realizzare un rac- cordo tra il bisogno di flessibilità del mondo della produzione e del lavoro e la do- manda dei cittadini di sicurezza e protezione sociale. Ciò richiede l’esistenza di una strategia politica deliberata che riesca realmente a puntare sui due obiettivi e a fare sintesi tra di loro; inoltre, l’impegno deve essere rivolto a sostenere non solo i lavo- 83 ratori che operano regolarmente e stabilmente all’interno del mercato del lavoro, ma anche i marginali, gli esclusi e coloro che cercano di accedervi. Il Jobs Act intende collocarsi in questa prospettiva (malizia e Tonini, 2015ac; malizia e Nanni, 2015; Studio Trifirò & Partners, 2015; Ferrera, 2015; marro, 2015; Censis, 2014). Ricordo gli orientamenti principali alla base del progetto. da una parte, si vuole impedire che le tipologie di lavoro precario continuino a rappresen- tare la regola dato che il contratto a tempo indeterminato risulta troppo costoso ed eccessivamente rigido, per cui si mira a superarle in modo che esse ritornino a essere l’eccezione; dall’altra, si intende accogliere la domanda delle imprese di rendere meno onerose le assunzioni e di agevolare i licenziamenti in presenza di aziende decotte e di attività divenute di fatto improduttive. Tutto ciò può risultare positivo solo se vengono potenziati i sussidi e le politiche di collocamento dei lavo- ratori disoccupati. Per ora si è riportato al centro il contratto a tempo indeterminato, anche se a tutele crescenti, e sono state tolte le barriere a licenziamenti non più procrastinabili, ma l’ampliamento degli ammortizzatori sociali non è ancora molto adeguato, né completamente finanziato, e l’Agenzia per il collocamento è stata delineata, ma non ancora attuata. Venendo ai particolari, il cuore del provvedimento è senz’altro costituito dal ri- ordino della disciplina dei rapporti di lavoro. «La centralità del contratto di lavoro a tempo indeterminato, pur con la flessibilità delle tutele crescenti e l’abolizione del reintegro, è una scelta coraggiosa: chiara quanto a intenti e finalità sociali, ma dagli esiti incerti se commisurata alle dinamiche della iper-competizione, della velocità del cambiamento e della rapida obsolescenza dei prodotti e dei saperi che caratterizza l’economia dei nostri giorni» (Censis, 2014). Per quanti oggi dispongo- no di un’occupazione a tempo indeterminato non ci sarà alcun cambiamento di rilievo. Il contratto a tutele crescenti vale solo per i nuovi rapporti di lavoro e consentirà a molti precari, in particolare giovani, l’opportunità di un’occupazione stabile. Non si tratta certamente di un lavoro fisso, assicurato a prova di licenzia- mento, ma si garantirà un’occupazione senza un termine prestabilito. Il progresso è evidente se si pensa che i giovani potranno di nuovo impostare progetti di vita per periodi di tempo molto più lunghi di quando si è obbligati a sbarcare il lunario mese per mese. In linea di principio gli ammortizzatori sociali perdono la connotazione as - sistenzialistica e vengono legati ad un’ottica di responsabilizzazione individuale e collettiva. La tutela contro la disoccupazione diventa veramente universale, una opportunità che mancava nel nostro Paese. Certamente sono necessarie risorse adeguate, ma le disponibilità dovrebbero essere presenti nella finanza pubblica spe- cialmente se la cassa integrazione verrà ricondotta al suo ruolo naturale. Non è stata ancora istituita l’Agenzia nazionale per l’impiego, anche se previ- sta nella legge delega e dai decreti attuativi. La sua definizione è senz’altro molto delicata se si vuole arrivare a una integrazione corretta tra il suo ruolo di coordi - namento e di propulsione e le funzioni delle altre strutture a diversi livelli. In altre 84 parole, manca un tassello fondamentale per la realizzazione anche in Italia della flexicurity, ossia non sono ancora attuati gli strumenti per accompagnare al sussidio di disoccupazione opportunità formative e di reinserimento e per aiutare a trovare un nuovo lavoro. Inoltre, non è solo questioni di strumenti, ma anche di risorse adeguate. Un’ultima considerazione riguarda gli effetti del provvedimento in questione. Il Jobs Act, diversamente dalla riforma monti-Fornero, viene varato alle soglie di una ripresa dell’economia e non durante la crisi più seria dalla fine della seconda guerra mondiale. Si può pertanto pensare a una crescita dell’occupazione, a un rafforzamento delle piccole imprese non più frenate dal vincolo dei 15 dipendenti, a una riduzione delle delocalizzazioni delle grandi per evitare i lacci della disciplina del lavoro esi- stenti nel nostro Paese, a più stabilità del lavoro. Si tratta però solo di una previsione ragionevole che finora ha avuto verifiche solo riguardo all’aumento dei posti di lavoro: infatti, secondo il rapporto Censis, dall’entrata in vigore del Jobs Act si è registrata una crescita di 204.000 posti di lavoro, anche se siamo ancora lontani dalla situazione pre-crisi in quanto rispetto al 2008 ne mancano 561.000 (2015). 3. osservazioni conclusive Se si tenta un confronto tra il modello interattivo-personalista della transizione al mondo del lavoro e il paradigma dell’investimento sociale presentato nel capito- lo 2 e le politiche del governo Renzi, si possono evidenziare almeno alcuni punti di convergenza e punti di differenza di natura generale. Anzitutto, tra i primi va ricordato il rafforzamento dell’educazione prescolastica, il potenziamento delle competenze trasversali e generali, il miglioramento dell’al- ternanza scuola-mondo del lavoro, il consolidamento dell’autonomia, l’introduzione della flexicurity e l’attenzione accresciuta alla riconciliazione tra la vita familiare e il mondo del lavoro. Tra i secondi, suscita molte critiche una tendenza scuola-centrica e Stato- centrica che persiste nelle politiche del governo Renzi in particolare riguardo alla IeFP e alla scuola paritaria. Un’altra carenza è il modesto sviluppo in Italia delle strategie del lifelong learning. Inoltre, sembra esserci troppa fiducia nelle politiche attive del lavoro e nell’offerta di lavoro; mentre si tende a trascurare le misure di protezione sociale passiva e la necessità di sostenere la domanda di lavoro da parte delle imprese. Sarebbe, però, un errore ignorare il progresso indubbio che le proposte recenti di interventi nell’educazione, nel lavoro e nel welfare potrebbero segnare per la rea- lizzazione dei modelli interattivo personalista e dell’investimento sociale. Parte ii L’indAGine SuL cAMPo 87 A questo punto normalmente si sarebbe dovuta presentare l’ultima edizione del monitoraggio, quella cioè del 2015. Tuttavia, per ragioni indipendenti dalla volontà dei ricercatori e legate allo slittamento eccessivo del calendario dell’anno formati- vo in Sicilia, l’edizione appena citata non ha potuto tenere conto dei CFP del CNOS-FAP di questa Regione i cui ex-allievi costituiscono il 15% circa del totale. La conseguenza è stata pertanto che i dati del 2015 non rispecchiano l’universo dei qualificati e dei diplomati del CNOS-FAP. Pertanto, ho deciso di presentare i risultati sia dell’ultimo che del penultimo monitoraggio e in questo capitolo1 mi occuperò del monitoraggio del 2014 relativo ai qualificati e diplomati del 2013-14 che è l’ultimo ad avere come punto di riferimento l’universo, mentre del quinto sa- rà oggetto il monitoraggio del 2015 sui qualificati e diplomati del 2014-15 che è l’ultimo in ordine temporale, ma non ha come riferimento l’universo, mancando gli ex-allievi della Sicilia (malizia e Gentile, 2015 e 2016). Il sondaggio in esame, giunto alla sua quinta edizione, è stato effettuato dalla Se- de Nazionale della Federazione CNOS-FAP con lo scopo di verificare la con dizione degli ex-allievi a un anno dalla qualifica o dal diploma. Più in particolare si è voluto verificare il “successo formativo” dei giovani alla luce della legge del 1999 (il dpr. 275/99) che all’art. 1 affida all’autonomia delle scuole la finalità di garantirlo a tutti. A questo punto, passo a precisare la metodologia di ricerca che è stata presen- tata in generale nell’introduzione. In un primo momento ci si è rivolti alle segrete- rie dei 51centri del CNOS-FAP, per conoscere anzitutto il numero dei qualificati e dei diplomati a giugno-luglio 2013, suddivisi per i comparti di qualifica operativi in ciascun CFP e per ottenere dati anagrafici ripartiti per settore. A seguito di queste prime informazioni è stato definito l’universo degli ex-allievi di riferimento in 3329 soggetti. di questi sono stati monitorati, tramite intervista telefonica personalizzata, 2932, pari all’88,1% del totale. Il campione di fatto raggiunto non è statisticamente rappresentativo in senso stretto perché non sappiamo se i 397 soggetti mancanti al- l’appello si distribuiscano in maniera casuale; tuttavia, tenuto conto che costituisce il 90% quasi dell’universo, lo si può ritenere comunque rappresentativo, se non Capitolo 4 iL SucceSSo ForMAtiVo dei QuALiFicAti e diPLoMAti neL 2012-13 il monitoraggio del 2014 1 Il capitolo ha come testo principale di riferimento: malizia e Gentile, 2015, pp. 111-135. 88 statisticamente, almeno socialmente. Perciò, dai risultati è possibile trarre, con la dovuta prudenza, generalizzazioni accettabili (Frudà, 2007). In particolare, i 2932 monitorati si distribuiscono tra 2652 qualificati dell’IeFP (90,5%), 249 diplomati dell’IeFP (8,5%) e 31 diplomati dell’Istituto Professionale di Stato (1,1%), suddivisi fra 13 Regioni 2. Ad essi è stata applicata una breve scheda, articolata in una decina di domande, sostanzialmente la stessa utilizzata nelle edizio- ni precedenti 3. dei 397 ex-allievi (11,9%) che non sono stati reperiti, i telefoni di 197 (5,9% del totale) sono risultati inesistenti. Il confronto con le precedenti edizioni che hanno coinvolto l’universo, cioè tutte meno la prima che era limitata ai qualificati dei settori automotive ed elettrico-elettronico nel 2008-09, vede una stabilizzazione della percentuale degli ex-allievi reperiti intorno al 90% (87,0% nel 2010-11, 89,5% nel 2011-12 e 88,1% nel 2012-13), mentre la cifra di partenza nel 2009-10 era leggermente inferiore, 84,5% 4; in corrispondenza, la quota degli ex- allievi non trovati si è venuta collocare di poco al di sopra del 10% (13%, 10,5% e 11,9% rispettivamente), dopo il 15,5% iniziale e all’interno la porzione dei numeri di telefono inesistenti si è gradualmente dimezzata dal 10,0% del 2009-10 al 5,9% del 2012-13 (malizia e Pieroni, 2010, 2012ab e 2013; marchioro, 2014). Un’ultima osservazione riguarda l’analisi che segue. Naturalmente la disamina si concentrerà sui risultati del monitoraggio del 2014 (relativi ai qualificati e diplo- mati del 2012-13). Faremo inoltre dei confronti ma limitatamente ai sondaggi del 2012 (qualificati e diplomati del 2010-11) e del 2013 (qualificati e diplomati del 2011-12) perché soltanto a partire dal monitoraggio del 2012 l’indagine è stata am- pliata ai diplomati, mentre prima era limitata ai qualificati; in qualche caso poi, co- me si metterà in risalto nell’analisi che segue, mi limiterò al 2013 e al 2014 perché nel tempo qualche domanda è stata aggiornata. 1. le caratteristiche personali degli ex-allievi Nella suddivisione in base alla variabile di genere si osserva una netta preva- lenza dei maschi (2474 o 84,4%) a fronte del 15,6% (458) della componente fem- minile (cfr. Tav. 1). questo andamento rispecchia la vocazione tradizionale dell’En- te impegnato dall’origine nella formazione alla professioni cosiddette “maschili”. Nei tre monitoraggi considerati (2012, 2013 e 2014), la percentuale delle ex-allieve è rimasta sostanzialmente la stessa, anche se non va trascurata la leggera crescita nel tempo dal 15,0% al 15,5% al 15,6%. Passando agli incroci con variabili socio-demografiche significative, ci limitia- mo a fornire i dati per le ragazze, dato che l’andamento per i maschi può essere 2 Si ringrazia il dott. massimiliano Ripanti che ha curato con grande competenza e disponibilità l’elaborazione statistica dei dati. 3 Cfr. Appendice 1. 4 Inoltre riguardava solo i qualificati, mentre le successive si riferiscono a qualificati e diplomati. 89 facilmente desunto, essendo l’opposto. Le ex-allieve risultano leggermente più giovani e di nazionalità italiana; risiedono soprattutto nel Nord Ovest e sul piano regionale sono sovra-rappresentate nelle Regioni del Piemonte, della Sardegna e dell’Umbria (leggermente), assenti in Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Puglia e Valle d’Aosta e sotto-rappresentate nelle altre; la loro consistenza tra i diplomati è minima; sono assenti nei settori tradizionalmente “maschili” come automotive, elet- trico-elettronico, energia e meccanica industriale, e sovra-rappresentate in quelli “femminili” quali il turistico-alberghiero, il grafico e i comparti altri (legno, agri- coltura, benessere, amministrazione e punto vendita...). Oltre il 40% (40,9%) degli ex-allievi ha compiuto 18 anni e il 20% quasi (18,8%) 17 e tale andamento significa che il 60% circa (59,7%) ha ottenuto il titolo con un età regolare, 17 o 16 anni (cfr. Tav. 1). Più di un quarto (26,7%) dichiara di averne 19 5, mentre i ventenni e oltre non sono nemmeno il 15% (13,6%): in sintesi gli irregolari quanto all’età costituiscono il 40,1%. Nel tempo è leggermente diminuita la quota dei regolari (-1,9%), anche se il calo maggiore si è verificato nel monitoraggio del 2013. Gli incroci con le caratteristiche citate sopra evidenziano una sovra-rappresen- tazione delle classi più giovani (diciassettenni e diciottenni) tra le ex-allieve, nel Piemonte, nella Puglia e nel Veneto, tra i diplomati e nell’automotive, il grafico, il turistico-alberghiero e i settori altri. A loro volta, le coorti più anziane risultano sovra-rappresentate tra gli ex-allievi di origine migratoria, nel Centro e nel Sud e più specificamente in Abruzzo, Lazio, Lombardia, Sardegna, Sicilia e in Umbria ma anche nel Nord Ovest e precisamente in Valle d’Aosta e nei settori elettrico-elettro- nico, energia e meccanica industriale. La presenza degli ex-allievi di origine migratoria (stranieri o italiani di seconda generazione), rispetto a quelli italiani, si attesta al 13,3%, mentre i secondi costitui- scono l’86,7% (cfr. Tav. 1). Comunque, i primi continuano ad essere oltre il doppio della presenza degli studenti stranieri nella secondaria di secondo grado (6,6% nel 2012-13) (Censis, 2014). La situazione rimane sostanzialmente stabile in relazione al 2012 con un solo decimo di punto in più per gli ex-allievi di origine migratoria che, però, avevano registrato una crescita dell’1,2% tra il 2012 e il 2013. In sintesi si possono riassumere le caratteristiche degli ex-allievi di origine mi- gratoria nei seguenti aspetti: risultano maggiormente presenti tra i maschi, sono più anziani dei loro colleghi italiani, si concentrano nell’Italia Centrale, mentre sono sotto-rappresentati nel Sud, risiedono soprattutto in Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Umbria e Valle d’Aosta, mentre sono assenti in Puglia e sotto-rap- presentati in Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia e Veneto, e quanto ai comparti sono sovra-rappresentati nel settore dell’energia e sotto-rappresentati nel turistico- alberghiero. 5 I diciannovenni nel 2014 (diciottenni nel 2013) possono essere regolari se diplomati, ma questi ultimi costituiscono appena il 9,6% del totale. 90 La distribuzione fra le 13 Regioni dei 51 CFP da cui provengono gli intervista- ti evidenzia notevoli variazioni a livello territoriale. Il Piemonte occupa il primo po- sto con oltre il 30% degli ex-allievi (30,5%) (cfr. Tav. 1). A loro volta, tre Regioni si collocano intorno al 15,0%: il Veneto con il 17,9%, la Lombardia con 17,1% e la Sicilia con il 13,3%. Tra il 5,0% e il 10,0% si colloca solo il Lazio (7,3%), mentre le altre 8 Regioni si situano al di sotto del 3,0%, eccetto l’Umbria con il 3,3%. Nel tempo la distribuzione rimane stabile nella gran parte dei casi tranne le seguenti va- riazioni: tra il 2011 e il 2013 crescono il Piemonte e soprattutto la Lombardia, men- tre diminuiscono leggermente Veneto, Umbria e Sicilia. Per limitare la dispersione delle frequenze si menzioneranno solo gli incroci che riguardano le prime 5 Regioni (pari quasi al 90% del totale, 86,1%). Il Pie- monte si caratterizza per una sovra-rappresentazione di ex-allieve, delle classi di età più giovani e dei settori automotive, energia, turistico-alberghiero e altri e per una sotto-rappresentazione di maschi, delle coorti di 19 anni e oltre, di diplo- mati e dei comparti elettrico-elettronico e grafico; il Veneto per delle percentuali superiori al totale di diciassettenni e diciottenni, di qualificati e dei settori elettrico- elettronico, grafico e di meccanica industriale, e per cifre inferiori di ex-allieve, di diciannovenni e oltre, di ex-allievi di origine migratoria e dei settori automotive, turistico-alberghiero e altri e per l’assenza di diplomati; la Lombardia per una sovra-rappresentazione di ex-allievi, dei diciannovenni e oltre, dei diplomati e dei settori automotive, elettrico-elettronico e grafico e per la sotto-rappresentazione delle femmine, delle coorti più giovani, dei qualificati e dei settori altri e per l’assenza del comparto energia; la Sicilia per delle percentuali superiori al totale di diplomati e dei settori dell’energia, della meccanica industriale e del turistico al- berghiero, e per cifre inferiori delle ragazze, degli ex-allievi di origine migratoria e dei settori del grafico e altri; il Lazio per una sovra-rappresentazione dei dicianno- venni e oltre, degli ex-allievi di origine migratoria, e dei settori autonomotive, elet- tav. 1 - Distribuzione degli ex-allievi secondo le principali variabili socio-demografiche (2014; in %) Legenda: Sesso: 1 = maschio, 2 = femmina Età: 1 = 17 anni; 2 = 18 anni; 3 = 19 anni; 4 = 20 anni; 5 = 21 anni; 6 = 22 anni; 7 = altro; 8 = non risponde Nazionalità: 1 = italiana; 2 = migratoria Regione: 1 = Abruzzo; 2 = Emilia Romagna; 3 = Friuli Venezia Giulia¸4 = Lazio; 5 = Liguria; 6 = Lombardia; 7 = Pie- monte; 8 = Puglia; 9 = Sardegna; 10 = Sicilia; 11 = Umbria; 12 = Valle d’Aosta; 13 = Veneto Circoscrizione: 1 = Nord Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte, Val d’Aosta); 2 = Nord Est (Emilia Romagna, Friuli Vene- zia Giulia, Veneto); 3 = Centro (Abruzzo, Lazio, Umbria); 4 = Sud (Puglia, Sardegna, Sicilia) Titolo finale: 1 = Qualifica Professionale; 2 = Diploma Professionale; 3 = Diploma di IP (diploma di scuola secondaria superiore – Normativa di riferimento dPR n. 87/2010) 91 trico-elettronico e grafico, e per una sotto-rappresentazione delle ex-allieve, dei diciassettenni e dei diciottenni, dell’assenza dei diplomati e dei settori turistico alberghiero e altri. Se si fa riferimento alle circoscrizioni geografiche, emerge che la metà degli ex-allievi (50,6%) proviene dal Nord Ovest, un quarto quasi dal Nord Est (22,8%), poco più del 10% (11,1%) dal Centro e il 15,6% dal Sud e Isole. Nel triennio consi- derato, aumenta il Nord Ovest e diminuiscono leggermente il Nord Est (soprattutto tra il 2011-12 e il 2012-13), il Centro (in particolare tra il 2010-11 e il 2011-12) e il Sud/Isole (soprattutto tra il 2011-12 e il 2012-13). Il confronto con la distribu - zione degli iscritti alle istituzioni formative dell’IeFP in generale vede una sovra- rappresentazione degli ex-allievi nel Nord Ovest e una sotto-rappresentazione nel Nord Est e nel Sud/Isole (in questo caso leggera) (ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. direzione Generale per le Politiche Attive e Passive del Lavoro, 2013). Gli incroci con le solite variabili socio-demografiche ed educative evidenziano che il Nord Ovest registra percentuali superiori al totale di ex-allieve, di diciasset- tenni e diciottenni, di intervistati di origine migratoria, di diplomati e dei settori au- tomotive, turistico alberghiero e altri, e cifre inferiori di maschi, di diciannovenni e oltre, di qualificati e dei settori elettrico-elettronico, energia, grafico e meccanica industriale. Nel Nord Est risultano sovra-rappresentati le classi di età più giovani, i qualificati e i settori grafico e meccanica industriale e sotto-rappresentati le ragazze e i settori automotive, energia, turistico alberghiero e altri, e assenti i diplomati. Nel Centro si riscontrano percentuali superiori al totale di diciannovenni, di intervistati di origine migratoria e oltre e dei settori automotive, elettrico-elettronico, energia e grafico e cifre inferiori di ex-allieve, di diciassettenni e di diciottenni e dei settori meccanica industriale, turistico alberghiero e altri, e assenti i diplomati. Al Sud so- no sovra-rappresentati le ragazze, le coorti di 19 anni e oltre, gli ex-allievi italiani, i diplomati e i settori elettrico-elettronico e turistico alberghiero, e sotto-rappresenta- ti le classi di età più giovani, gli intervistati di origine migratoria e i settori automo- tive, grafico e altri. 2. il percorso formativo È stata chiesta al campione intervistato anche quale fosse la situazione di in- gresso (titolo di studio posseduto) al momento dell’iscrizione ai percorsi di IeFP. I risultati sono stati i seguenti: – la maggior parte degli allievi (72,7% o 2119) proviene da un regolare percorso all’interno della scuola secondaria di primo grado e dal confronto con la scorsa edizione, si osserva un +10,1 % di presenza di questo sotto-campione, mentre il dato si allinea quasi perfettamente sui valori dei qualificati/diplomati del 2010-11 (71,8%), dopo un forte calo nel 2011-12; 92 – la rimanente parte (813 o 27,73%) dichiara di aver frequentato, prima di acce- dere ai percorsi formativi della Federazione CNOS-FAP, uno o più anni presso una scuola secondaria di secondo grado e tale percentuale registra un calo del - 8,5% rispetto agli ex-allievi del 2011-12, ma rimane stabile in paragone a quel- li del 2010-11 (solo il -0,1%). Se si considerano le variabili socio-demografiche ed educative, gli ex-allievi che sono transitati direttamente dalla secondaria di primo grado alla IeFP crescono tra le ex-allieve, i più giovani, nel Nord Ovest e nei settori automotive e turistico al- berghiero e specialmente energia e altri e si abbassano tra gli intervistati di origine migratoria, nel Nord Est, nel Sud e soprattutto nel Centro, tra i diplomati e nei settori elettrico-elettronico e grafico. dal punto di vista della tipologia di percorso formativo frequentato, l’80,1% era iscritto a quello triennale di qualifica, un 10% quasi (8,8%) al quadriennale di diploma professionale, un altro 10% circa (8,5%) al biennale e poco più dell’1% a quello annuale (1,6%) e al diploma di IP (1,1%). In questo caso non è possibile il confronto con gli ex-allievi del 2010-11, mentre negli ultimi due anni si registra una sostanziale stabilità delle percentuali. I percorsi annuali si concentrano nell’automotive e nel turistico alberghiero, i biennali tra le ex-allieve, gli intervistati di origine migratoria, nell’automotive e nei settori altri, i triennali particolarmente nel Nord Est, nell’Italia Centrale, nel settore energia, i quadriennali tra i diciannovenni e oltre, nel Nord Ovest e nel Sud, nei set- tori elettro-elettronico, grafico e meccanica industriale e quelli di diploma di IP in aggiunta alle classi di età più anziane, tra gli ex-allievi di origine migratoria, nel Nord Ovest e nell’elettro-elettronico e nella meccanica industriale. Anche questa volta la totalità degli ex-allievi ha potuto fare una esperienza di stage durante il proprio percorso formativo; inoltre, esso risulta al 99,1% coerente con la qualifica professionale conseguita. Come nell’edizione precedente, è stato anche chiesto agli intervistati di precisare la misura dell’apprendimento che ne ave- vano tratto: il 70,8% lo quantifica in molto, un quarto circa (24,2%) in abbastanza per cui neppure il 3% è sulla negativa (poco 2,6% e per nulla 0,2%), mentre il 2,2% non risponde. Un altro dato positivo è che tra le ultime due edizioni – le uniche che includevano la domanda – si registra un aumento del 15,8% di chi ha risposto molto anche se la somma dei “molto” e degli “abbastanza” registra tra i due anni solo una leggera crescita del 2,3% dal 92,7% al 95,0%. I risultati delle due domande sullo stage esimono ovviamente da ulteriori approfondimenti mediante l’analisi degli incroci. Alla fine del percorso formativo quasi tutti hanno ottenuto la qualifica (90,5%), il 10% circa (8,5%) il diploma e l’1,1% il diploma di IP (dell’istituto professionale, cioè il diploma di scuola secondaria di secondo grado a norma del dPR n. 87/2010) (cfr. Tav. 1). Nell’intervista agli ex-allievi del 2010-11 erano previste solo le due prime possibilità e il totale si distribuiva tra il 95,8% e il 4,2%; fra gli ultimi due an- ni non si notano differenze rilevanti, mentre rispetto al 2010-11 si registrano una di- 93 minuzione dei qualificati, una crescita dei possessori del diploma professionale e la novità della comparsa dei diplomi di IP. I diplomi professionali e di IP sono concentrati tra i maschi e i secondi manca- no tra le ragazze. Ovviamente, i qualificati diminuiscono con l’età, mentre aumen- tano i diplomati. Tra gli ex-allievi di origine migratoria sono leggermente sovra-rap- presentati i diplomi di IP e sotto-rappresentati di poco i diplomi professionali e l’an- damento opposto si riscontra fra gli italiani. I diplomi professionali si riscontrano solo nel Nord Ovest (Piemonte, Liguria e soprattutto Lombardia) e nel Sud (Sicilia) e i diplomi di IP unicamente nel Nord Ovest (Lombardia). Per quanto riguarda i set- tori, i diplomati della IeFP si trovano nell’automotive e soprattutto nell’elettrico- elettronico, nel grafico e nella meccanica industriale e i diplomati dell’IP nell’elet- trico-elettronico e nella meccanica industriale. Più dell’80% (81,5%) dei qualificati ha ottenuto il titolo nel mese di giugno, nessuno a luglio, il 3,0% a settembre e il 15,6% in altra data: nel tempo diminuisce la percentuale di giugno e cresce l’indicazione di altro a significare che l’anno for- mativo tende a iniziare in modo non regolare, anche se ancora in misura contenuta. La percentuale di quanti hanno ottenuto il diploma professionale a giugno è più bas- sa di quella dei qualificati, collocandosi intorno al 70% (67,9%), ma ad essa va ag- giunta la cifra di quanti lo conseguono a luglio che è del 10% circa (8,8%) per cui la differenza con i qualificati circa la data tradizionale di ottenimento del titolo (giu- gno/luglio) è modesta (4,8%); comunque, un quarto circa (23,3%) segnala un’altra data. Nel tempo si nota una diminuzione dei diplomati nelle date di giugno e di lu- glio e una crescita di altre date per cui la conclusione può essere come per la quali- fica; da questo punto di vista, è sintomatico che le altre date sono assolutamente predominanti al Sud/Isole. Nessuno problema per il mese del conseguimento del di- ploma di IP che, essendo ottenuto in una scuola, risulta per tutti a giugno. molto più importante della data del titolo è certamente il settore nel quale è sta- to conseguito (cfr. Tav. 2). Più del 30% (31,4%) l’ha ottenuto nel comparto elettri- co-elettronico e intorno a un quinto (20,1%) nella meccanica industriale; tra il 10% e il 15% si collocano l’automotive (riparazione veicoli a motore, 13,0%), il grafico (11,4%) e i comparti altri con l’11,7% (che comprende benessere, 8,7%, punto ven- dita, 1,1%, lavorazione artistica del legno e amministrazione, ambedue 0,7%, agri- coltura, 0,4%); al di sotto del 10% si riscontrano il turistico alberghiero (9,6%) e l’energia (2,5%). In questo caso il confronto è possibile solo con gli ex-allievi del 2011-12: tra i due anni crescono leggermente gli intervistati del settore elettrico- elettronico e sempre nella stessa misura diminuiscono quelli della meccanica indu- striale e dell’energia. Il comparto elettrico-elettronico risulta sovra-rappresentato tra i maschi – e as- sente tra le donne – i diciannovenni, gli inchiestati di origine migratoria, nel Centro 6 6 Se non è specificato, il dato riguarda tutte le Regioni della circoscrizione. 94 e tra i diplomati. La meccanica industriale cresce nel Nord Est, diminuisce nel Nord Ovest e nell’Italia Centrale e manca tra le donne. L’automotive aumenta nel Centro (eccetto che nell’Abruzzo dove manca) e cala nel Nord Est (eccetto che nel Friuli Venezia Giulia dove cresce), nel Sud/Isole (nella Sicilia, ma in Puglia e in Sardegna aumenta) e tra i diplomati. Il grafico è sovra-rappresentato tra le ex-allieve, il Nord Est (tranne che nel Friuli Venezia Giulia dove manca) e i diplomati e sotto-rappre- sentato tra gli intervistati di origine migratoria e nel Sud/Isole. I settori altri cresco- no tra le ragazze e nel Piemonte e diminuiscono tra i maschi, nel Nord Est, nel Cen- tro (eccetto l’Umbria) e nel Sud/Isole e sono assenti tra i diplomati. Il turistico al- berghiero è sovra-rappresentato tra le ex-allieve e al Sud/Isole (eccetto in Puglia do- ve manca), è sotto-rappresentato nel Nord Est e nel Centro (tranne l’Umbria) e assente tra i diplomati. Il settore energia cresce tra gli ex-allievi di origine migrato- ria, è presente in Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia e Umbria e assente nelle altre Regioni, e manca tra le donne e tra i diplomati. 95 t av . 2 - I se tto ri d el la q ua lif ic a e de l d ip lo m a in cr oc ia ti co n le p ri nc ip al i v ar ia bi li so ci o- de m og ra fic he ( 20 14 ; in V A e % ) Le ge nd a: * = E ne rg ie a lte rn at iv e/ ri nn ov ab ili - E di liz ia ** = B en es se re , L av or az io ne A rt is tic a de l L eg no , A gr ic ol tu ra , A m m in is tr az io ne , P un to V en di ta V A = V al or i A ss ol ut i 96 3. posizione degli ex-allievi ad un anno dalla qualifica o dal diploma L’analisi della posizione degli ex-allievi a un anno dal conseguimento della qualifica/diploma professionale evidenzia i seguenti percorsi: – più del 40% (42,2% o 1238 ex-allievi) ha proseguito gli studi (il 15,6% nei per- corsi di IeFP e il 26,6% nel sistema scolastico); – il 30% (879) ha trovato un’occupazione; – un quarto quasi (24,7% o 724) dichiara, al momento dell’intervista, di non stu- diare e di non lavorare; – il 3,1% (91) comunica di essere impegnato in altre attività (servizio civile, pa- tenti europee) (cfr. Tav. 3). Rispetto alle due ultime edizioni del monitoraggio si riscontra un ulteriore au- mento della percentuale degli ex-allievi che continuano gli studi (il 2,0% in con- fronto a quella del 2013 e il 3,2% rispetto a quella del 2012); solo riguardo al 2013 si può precisare che la crescita ha interessato unicamente il passaggio al sistema scolastico (+2,2%), mentre la prosecuzione nella IeFP è rimasta nel complesso sta- bile (-0,2%). Nel 2014 resta invariato il dato degli occupati in paragone al 2013, do- po la diminuzione tra il 2012 e il 2013 (-3,9%), per cui sembrerebbe arrestarsi il ca- lo verificatosi in proposito. Rispetto al monitoraggio del 2012, subisce un decre- mento di -2,4% il dato di coloro che non lavorano e non studiano (leggermente di più, -2,7%, in confronto al monitoraggio del 2013), ma se nel 2014 si sommano, a chi non lavora e non studia, quelli che segnalano altre posizioni (27,8% in tutto), come nel 2012, la differenza si annulla; tuttavia, questa rimane riguardo al 2013 (-2,2%), un altro piccolo segnale positivo come quello della stabilità degli occupati tra il 2013 e il 2014 e quello più consolidato della crescita della prosecuzione degli studi tra il 2012 e il 2014. Venendo agli incroci, le ragazze preferiscono continuare gli studi nella IeFP e meno nella scuola, trovano più difficilmente un’occupazione per cui non lavorano e non studiano in percentuali superiori al totale (cfr. Tav. 3). Il passaggio al sistema educativo di istruzione e di formazione diminuisce con l’età, mentre crescono quan- ti trovano un’occupazione e non lavorano né studiano. Tra gli ex-allievi di origine migratoria calano rispetto al totale gli intervistati che si iscrivono alla scuola e alla IeFP e aumentano quelli che non lavorano e non studiano. Nel Nord Ovest gli inchiestati preferiscono passare all’IeFP e meno alla secondaria di secondo grado e di minuiscono quelli che non lavorano e non studiano; nel Nord Est quelli che pro - seguono nella scuola si raddoppiano quasi, mentre si azzerano quasi quelli che scel- gono la IeFP e calano quanti non lavorano o non studiano; al Centro diminuiscono i passaggi al sistema di istruzione e di formazione (soprattutto alla formazione), crescono quelli che trovano un lavoro, ma anche quelli che non lavorano e non studiano; nel Sud l’andamento è il medesimo tranne che per la percentuale degli ex-allievi che trovano un lavoro e che si colloca sul totale. Passando ai settori, gli ex-allievi dell’automotive e della meccanica industriale continuano gli studi in 97 percentuali minori del totale, mentre trovano più facilmente un’occupazione; l’an- damento è opposto per quelli dell’elettrico-elettronico; nell’energia gli intervistati sono sulla stessa linea dell’automotive, ma in più registrano percentuali superiori di ex-allievi che non lavorano e non studiano; quasi i due terzi del grafico (63,3%) proseguono gli studi e in gran maggioranza nella scuola, mentre in negativo dimi- nuiscono gli occupati, ma in positivo calano anche quelli che non lavorano né studiano; gli ex-allievi del turistico alberghiero trovano meno lavoro e crescono tra quanti non lavorano e non studiano; gli intervistati dei settori altri optano maggior- mente per la IeFP e meno per la scuola e sono sovra-rappresentanti tra quanti non studiano né lavorano. Nel passaggio dai qualificati ai diplomati crescono le percentuali degli ex-allievi che hanno trovato un’occupazione e diminuisce la con- tinuazione degli studi soprattutto nella IeFP. 98 t av . 3 - P os iz io ne d eg li ex -a lli ev i a d un a nn o da l t ito lo in cr oc ia ta c on il s es so . l a ci rc os cr iz io ne e i se tto ri ( 20 14 ; in V A e % ) Le ge nd a: * = E ne rg ie a lte rn at iv e/ ri nn ov ab ili - E di liz ia ** = B en es se re , L av or az io ne A rt is tic a de l L eg no , A gr ic ol tu ra , A m m in is tr az io ne , P un to V en di ta V A = V al or i A ss ol ut i 99 3.1. Gli ex-allievi che hanno proseguito gli studi Passando ora ad esaminare nei particolari i percorsi degli ex-allievi a un anno dalla qualifica/diploma, la maggioranza relativa (1238 o 42,2%), ha optato per la prosecuzione degli studi. Essi si sono divisi tra i due canali disponibili come segue: – 780 (63,0%) si sono iscritti alla secondaria di 2° grado; – 458 (37,0%) hanno scelto la IeFP. Come si è osservato sopra, nel tempo questa opzione è in crescita e l’aumento tende a concentrarsi sul passaggio al sistema scolastico. I 780 ex-allievi che hanno scelto la secondaria di 2° grado si sono divisi tra gli istituti tecnici (474 o 60,8%) e gli istituti professionali (292 o 37,4%), con una per- centuale residua di 1,4% (11) ascrivibile ad altri percorsi scolastici e uno 0,4% (3 ex-allievi) che non risponde al quesito. Rispetto alla scorsa edizione del monitorag- gio si registra un aumento percentuale consistente degli intervistati che sono passati all’istituto tecnico (+19,0%) e una diminuzione in misura analoga degli intervistati che hanno optato per gli istituti professionali (-18,8%). Gli incroci vedono gli iscritti all’istituto tecnico diminuire con l’età, mentre l’andamento opposto si riscontra fra quelli dell’istituto professionale; lo stesso trend di calo e di aumento si osserva tra italiani ed ex-allievi di origine migratoria. Gli studenti dell’istituto tecnico aumentano nel Nord Est e nel Sud, mentre diminuisco- no nel Nord Ovest e l’andamento opposto si registra per l’istituto professionale. quanto ai settori, l’istituto professionale cresce tra gli ex-allievi dell’automotive, dell’energia, del turistico alberghiero e dei settori altri, e diminuisce nell’elettrico- elettronico, nel grafico e nella meccanica industriale, mentre il trend contrario si no- ta per l’istituto tecnico. quanto ai 458 allievi che hanno proseguito gli studi nei percorsi di IeFP, due terzi quasi (62,2% o 285) sono passati al IV anno della FP e un quarto circa (23,8% o 109) si sono iscritti al corso annuale di specializzazione. Inoltre, percentuali infe- riori al 10% hanno frequentato l’IFTS (0,7% o 1) o altri corsi di FP (9,6% o 44) o l’annualità per conseguire il diploma di IP (3,7% o 17). In paragone al monitoraggio del 2013, l’unico che consente un confronto anche se non pieno, si registra un decre- mento degli ex-allievi che sono passati al IV anno (-11,7%) e una sostanziale stabili- tà di quelli che si sono iscritti all’annuale di specializzazione (-1,0%). Risultano in notevole aumento coloro che hanno frequentato altri corsi di FP (+9,8%); inoltre, nel 2013 non erano considerati gli intervistati che hanno scelto l’annualità per consegui- re il diploma di IP che, se fossero sommati a quelli che hanno optato per il diploma professionale, diminuirebbe a 8,0% il decremento degli iscritti al IV anno. Passando agli incroci con le solite variabili socio-demografiche, emerge che le scelte dei maschi e delle ragazze sono opposte nel senso che i primi si orientano principalmente verso il diploma professionale e le seconde verso la specializza - zione. quanto all’età, i diciassettenni preferiscono iscriversi al IV anno della FP e ovviamente, essendo solo qualificati, sono assenti dalle opzioni per il diploma di 100 IP e l’IFTS. Gli ex-allievi di origine migratoria si orientano verso la specializza- zione in percentuali superiori al totale e inferiori verso il diploma professionale. quanto alle circoscrizioni geografiche, il Nord Ovest si colloca sul totale, il Nord Est e il Centro sono sovra-rappresentati tra gli altri corsi di IeFP e il Sud tra questi ultimi e nel IV anno. Il percorso del diploma professionale viene preferito dagli ex-allievi dei settori dell’automotive, dell’elettrico-elettronico, del grafico e del tu- ristico alberghiero, la specializzazione dai comparti altri, il diploma di IP dalla meccanica industriale e gli altri corsi di IeFP dal settore energia. I possessori di un diploma professionale si sono orientati in percentuali superiori al totale verso il diploma di IP. 3.2. Gli ex-allievi che hanno trovato un’occupazione dal punto di vista quantitativo, il secondo tipo di posizione in cui si collocano gli ex-allievi a un anno dalla qualifica/diploma consiste nello svolgere una occupa- zione. Come si è visto sopra, essa riguarda il 30,0% degli intervistati, pari a 879 soggetti. Tre domande cercano di identificare che cosa possa favorire la ricerca del la- voro, incominciando dall’analisi dei settori in cui si è trovata un’occupazione. Se le relative percentuali si considerano in se stesse, emerge che il comparto che assicura maggiore occupabilità è la meccanica industriale con più di un quinto del totale (21,5%); seguono tra il 10% e il 15% il turistico alberghiero (14,4%), l’elettrico- elettronico (12,6%) e l’automotive (11,3%); tra il 5% e il 10% si collocano i settori altri (9,6%), il benessere (7,8%), il punto vendita (7,6%) e l’energia (6,9%); al di sotto del 5% si trovano l’agricoltura (4,6%), il grafico (2,6%), la lavorazione arti- stica del legno (0,7%) e l’amministrazione (0,1%), mentre lo 0,2% non risponde (cfr. Tav. 4). Se invece si analizzano in confronto con la distribuzione generale degli ex-al- lievi tra i settori, si nota che nel caso della meccanica industriale, dell’automotive e della lavorazione artistica del legno si registra una sostanziale coincidenza tra le percentuali dei settori occupazionali e dei settori di qualifica/diploma, mentre il tu- ristico alberghiero, il punto vendita, l’energia, l’agricoltura si caratterizzano per una potenzialità occupazionale maggiore (le percentuali dei settori occupazionali sono superiori a quelle dei settori di qualifica/diploma) e l’elettrico-elettronico, il grafico e l’amministrazione minore 7. Mettendo insieme i due tipi di dati, si può dire che la meccanica industriale, l’automotive e il turistico alberghiero sono i settori che possono garantire maggiore occupabilità. Nel tempo il paragone è possibile solo con il monitoraggio del 2013: tra i due anni non si riscontrano globalmente differenze di rilievo tranne che per una 7 manca il riferimento ai settori altri perché l’espressione ha un significato diverso quando si parla dei settori della qualifica e quando si parla dei settori di lavoro. 101 leggera crescita dell’elettrico-elettronico, dell’energia e del punto vendita e una mo- desta riduzione della meccanica industriale e del benessere. In base ai soliti incroci e limitandosi ai settori principali e alle variazioni più importanti, si può dire che la meccanica industriale registra una sovra-rappresenta- zione dei maschi, dei diciannovenni e oltre, dei residenti nel Nord Est e dei diplo- mati e una sotto-rappresentazione delle ragazze, dei diciassettenni, dei residenti nel Centro e nel Sud. A sua volta il turistico alberghiero offre opportunità occupaziona- li superiori al totale agli ex-allievi di origine migratoria e ai residenti nel Sud e mi- nori ai residenti nel Nord Ovest e ai diplomati. L’elettrico-elettronico vede una so- vra-rappresentazione di ex-allievi di origine migratoria, di residenti nel Centro e nel Sud e di diplomati e una sotto-rappresentazione di residenti nel Nord Ovest. In quarto luogo, l’automotive offre maggiori opportunità lavorative ai residenti nel Sud e minori agli ex-allievi di origine migratoria, ai residenti nel Nord Est e ai di- plomati. Nel comparto del benessere si riscontra una sovra-rappresentazione di ra- gazze, di diciassettenni, di residenti nel Nord Ovest e una sotto-rappresentazione di maschi, di diciannovenni e oltre, di residenti del Centro e del Sud e l’assenza dei re- sidenti del Nord Ovest e dei diplomati. Nel punto vendita crescono con percentuali superiori al totale le ex-allieve e i residenti del Centro e diminuiscono gli ex-allievi di origine migratoria, i residenti del Sud e i diplomati. Il settore offre maggiori opportunità occupazionali ai diciassettenni, agli ex-allievi di origine migratoria e ai residenti del Centro e minori ai residenti nel Sud e ai diplomati. Un approfondimento limitatamente all’automotive è consistito in una domanda rivolta a identificare il nome dell’azienda che ha assunto i meccanici auto. Il 60% quasi (59,6%) ha indicato officine indipendenti, a grande distanza il 13,1% la FIAT e con molto maggiore distacco, il 2%, la mercedes, mentre appena l’1% ciascuna hanno ottenuto industrie automobilistiche come la Renault, Volkswagen, Citroen, Peugeot e Chrysler; altre marche hanno totalizzato il 7,1% mentre l’11,1% non risponde. Il confronto con il monitoraggio del 2012, l’unico possibile, evidenzia una diminuzione delle officine indipendenti, una crescita della percentuale della FIAT e del ventaglio delle industrie automobilistiche coinvolte. 102 t av . 4 - I se tto ri in c ui g li ex -a lli ev i h an no tr ov at o la vo ro in cr oc ia ti co n le p ri nc ip al i v ar ia bi li so ci o- de m og ra fic he ( 20 14 ; in V A e % ) Le ge nd a: * = E ne rg ie a lte rn at iv e/ ri nn ov ab ili - E di liz ia ** * = N on r is po nd e V A = V al or i A ss ol ut i 103 Il 30% circa (29,8%) degli ex-allievi si è rivolto al proprio CFP per trovare la- voro: il centro, quindi, ha costituito per loro una risorsa nella ricerca di una occupa- zione. La percentuale è certamente buona se si tiene conto che nelle assunzioni le imprese si servono di conoscenze dirette per il 55%, per il 28% delle banche dati aziendali e per il 7% di conoscenti e fornitori, mentre altri canali di ricerca ottengo- no percentuali marginali come per esempio l’1,8% dei Centri per l’Impiego (Union- camere, 2014). Al tempo stesso ci si sarebbe aspettati una percentuale più alta, anzi che tutti o quasi fossero stati coinvolti perché il servizio dei CFP del CNOS-FAP, cioè dei Salesiani di don Bosco, ai loro allievi non si può fermare al conseguimen- to del titolo e soprattutto non dovrebbe mancare in un momento così decisivo della vita dei giovani come quello del reperimento del lavoro, in particolare in una fase di crisi come l’attuale. In questo senso, non è un segnale positivo il dato che la per- centuale sia rimasta ferma nelle ultime tre edizioni del monitoraggio. In un’ottica migliorativa e sulla base dei riscontri avuti, in questo e nei prece- denti monitoraggi, con le famiglie e con gli allievi qualificati si è deciso all’interno della Federazione CNOS-FAP di avviare un progetto di supporto alla ricerca del la- voro attraverso degli sportelli dei Servizi Al Lavoro (SAL). questi, presenti a poco a poco in un sempre maggior numero di CFP salesiani, offrono la possibilità alle persone in cerca di una opportunità lavorativa di essere accompagnate e guidate nel- la loro ricerca con il supporto della figura di un operatore con competenze orienta- tive. Il servizio erogato viene attuato attraverso una nuova metodologia di accom- pagnamento al lavoro che prevede un primo colloquio e successive fasi di consu- lenza che consentono la valutazione delle competenze e delle potenzialità del can- didato con lo scopo di ottimizzare e facilitare un processo di inserimento lavorativo che sia soddisfacente sia per le persone che per le aziende. dagli incroci emerge che le ex-allieve si rivolgono meno al CFP forse perché pensano che sia orientato maggiormente al servizio dei maschi; non si notano invece differenze tra italiani ed ex-allievi di origine migratoria. I diciannovenni e oltre di- mostrano maggiore fiducia nel centro, forse perché si sentono più svantaggiati degli altri a causa del loro ritardo negli studi. Il ricorso al proprio centro cresce nel Nord Ovest e diminuisce nelle altre circoscrizioni soprattutto nel Centro. Per quanto ri- guarda i settori, quelli che ottengono maggiore fiducia nel momento della ricerca del lavoro sono la meccanica industriale e l’automotive, mentre la fiducia scende nell’e- lettrico-elettronico, nell’energia, nel turistico alberghiero e nei comparti altri. da ul- timo i diplomati si rivolgono maggiormente al CFP che non i qualificati. Un’altra risorsa per le ricerca di una occupazione è costituita dall’impresa in cui si è effettuato lo stage. dalle risposte degli ex-allievi è emerso che meno di un quarto (23,1%) degli occupati ha trovato lavoro nell’azienda dello stage e che la percentuale negli ultimi tre anni si è ridotta del 5,7% a testimonianza delle difficol- tà crescenti che i giovani hanno incontrato nelle assunzioni. Anche in questo caso le ex-allieve evidenziano problematiche più serie dei lo- ro colleghi, mentre non ci sono differenze tra italiani e stranieri. Nel Nord Ovest 104 crescono le probabilità di trovare un lavoro mediante lo stage, ma diminuiscono nel Centro e nel Sud. I settori con potenzialità maggiori sono la meccanica industriale e l’automotive e quelli con meno il turistico-alberghiero, l’energia, i comparti altri, l’elettrico-elettronico e il grafico. I diplomati hanno maggiori probabilità di trovare un lavoro nell’azienda dello stage. Utilizzando le risorse elencate sopra che hanno agevolato il reperimento di una occupazione, la maggioranza assoluta (55,8%) è riuscita a trovare un lavoro entro tre mesi dalla qualifica/diploma; inoltre, meno di un quinto (17,4%) ha impiegato 6 mesi e un quarto circa (23,3%) un anno. Nel monitoraggio del 2014 la prima per- centuale è tornata sui valori del 2012 dopo un peggioramento nel 2013; nessun re- cupero rispetto al 2012 è avvenuto riguardo al periodo di sei mesi e rimane sostan- zialmente la percentuale dell’anno scorso che aveva segnato la perdita di oltre 5 punti percentuali; la cifra relativa a un anno segna un abbassamento del 10,3% ri- spetto al 2013 ma al tempo stesso si colloca per il 3,1% sopra il 2012. Periodi più brevi per trovare un’occupazione sono stati sperimentati: dalle co- orti più giovani, dai residenti al Sud, dai settori dell’automotive, dell’energia e del turistico alberghiero. Invece, evidenziano tempi più lunghi: le ex-allieve, i dician- novenni e oltre, gli intervistati di origine migratoria, i residenti del Nord Est e del Centro, il settore grafico e altri settori. Passando dai canali di ricerca e dai tempi, cioè dal percorso effettuato, al lavoro in se stesso, una prima domanda ha riguardato la coerenza dell’occupazione con la qualifica/diploma. Il 60% circa (58,0%) risponde positivamente mentre oltre il 40% (41,8%) è sulla negativa e lo 0,2% non risponde. Nel confronto con il monitoraggio del 2013, l’unico possibile, emerge che la coerenza subisce un decremento del 7,3%, un ulteriore segno dell’aggravarsi delle problematiche del mondo del lavoro tra il 2013 e il 2014. Inoltre, la coerenza cresce tra le ex-allieve, tra i più giovani, nel Nord Ovest nei settori automotive, turistico alberghiero, energia ed altri e tra i diplomati, mentre diminuisce tra i maschi, i diciannovenni e oltre, nel Nord Est, nel Centro e nel Sud, nei settori elettrico-elettronico, meccanico e grafico e tra i qualificati. quanto al tipo di azienda in cui gli occupati si sono inseriti, tre quarti (75,3%) sono stati assunti da micro imprese (strutture imprenditoriali con meno di 10 occu- pati e un fatturato annuo, oppure un totale di bilancio annuo, non superiore a 2 mi- lioni di euro), mentre le altre tipologie si collocano a grande distanza, 10,6% nelle piccole imprese (strutture imprenditoriali con meno di 50 occupati e un fatturato annuo, oppure un totale di bilancio annuo, non superiore a 10 milioni di euro), 6,6% nelle grandi (strutture imprenditoriali con più di 250 occupati e un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro) e 2,8% nelle medie (strutture imprenditoriali con meno di 250 oc- cupati e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale bi- lancio annuo non superiore a 43 milioni di euro), e il 4,7% non risponde. Fra le tre edizioni del monitoraggio prese in considerazione cresce la quota delle micro im- prese e delle grandi, mentre si dimezzano quasi quelle delle piccole e delle medie. 105 Passando agli incroci con le variabili socio-demografiche, le ex-allieve si inseri- scono per la quasi totalità nelle micro imprese, mentre si distribuiscono tra le varie ti- pologie grosso modo come il totale. I più giovani sono sovra-rappresentati nelle micro aziende al contrario dei diciannovenni e oltre che lo sono, anche se leggermente, nelle medie e nelle grandi. Gli italiani trovano più facilmente lavoro nelle micro imprese e meno gli ex-allievi di origine migratoria che, però, sembrano trovare difficoltà a capi- re la domanda. Il Nord Ovest si colloca grosso modo sul totale, nel Nord Est sono so- vra-rappresentate le medie e le grandi imprese, mentre le micro prevalgono nel Centro e nel Sud dove le assunzioni nelle grandi imprese sono assenti. L’automotive vede una crescita percentuale superiore al totale dell’inserimento nelle grandi imprese e una ri- duzione riguardo alle piccole, nell’elettrico-elettronico diminuiscono, anche se legger- mente, le assunzioni nelle micro; queste ultime sono assolutamente predominanti nei settori dell’energia, della grafica, del turistico alberghiero e nei settori altri; la mecca- nica industriale registra una sotto-rappresentazione delle micro e una sovra-rappresen- tazione delle piccole e medie. I diplomati diminuiscono nelle micro e crescono nelle altre tipologie, mentre i qualificati si collocano sul totale. Venendo poi alle modalità contrattuali, gli ex-allievi che lavorano hanno dichiarato di essere occupati nelle seguenti tipologie: – oltre un terzo (36,6%) è stato assunto con la formula dei contratti atipici (con- tratti di collaborazione, a chiamata, a progetto, ecc.); – un po’ meno di un terzo (32,4%) con il contratto di apprendistato; – un quinto circa (18,3%) con un contratto a tempo determinato; – quasi il 10% (9,1%) con un contratto a tempo indeterminato; – il 3,4% con altre tipologie contrattuali non formalizzate; – mentre solo 1 intervistato non risponde alla domanda. Rispetto alle due precedenti edizioni si assiste ad un incremento dei contratti a tempo determinato (+2,6%), indeterminato (+6,5%) e atipico (+2,7%) e ad una riduzio- ne percentuale del numero dei contratti in apprendistato (-15,4%) e delle tipologie con- trattuali non formalizzate (-6,3%) che però compaiono solo nel monitoraggio del 2013. Sulla base degli incroci e prendendo come punti di riferimento i contratti atipi- ci e le tipologie non formalizzate è possibile identificare i sotto-campioni con mag- giore o minore stabilità contrattuale a livello di percentuali. La prima categoria comprende: i maschi, i diciassettenni, gli intervistati di origine migratoria, il Nord Ovest e il Nord Est, la meccanica industriale, i settori altri e i diplomati. Si trovano invece in una situazione più precaria: le ex-allieve, i diciottenni e i diciannovenni e oltre, gli italiani, il Centro e il Sud, i settori elettrico-elettronico, dell’energia, grafi- co e turistico alberghiero. 3.3. Gli ex-allievi che non lavorano né studiano dei 724 che non lavorano né studiano al momento del monitoraggio (24,7% ri- spetto al totale degli ex-allievi) la situazione è la seguente: 106 – la maggior parte, pari ad oltre i due terzi (67,7% o 490), ha dichiarato di esser- si attivata nella ricerca di un lavoro ma senza esito; – un quinto circa (17,3% o 125) ha trovato lavoro durante l’anno ma attualmente è disoccupato; – meno del 10% (7,7% o 56) è rimasto in attesa di migliori opportunità; – resta un numero residuale di ex-allievi (4,7% o 34) che ha svolto esperienze di tirocinio (2,6% o 19) o un corso di apprendistato (0,8% o 6) o che è in attesa di iscriversi ad un altro corso di IeFP (0,3% o 2) o che ha scelto l’alternativa “altro” (1,0% o 7); – mentre il 2,6% (19) non ha risposto alla domanda (Cfr. Tav. 5). Nel triennio preso in considerazione, il dato percentuale di coloro che hanno cercato lavoro senza trovarlo diminuisce leggermente rispetto al 2013 (-1,9%), mentre cresce del 10,2% in paragone al 2012; della stessa cifra (-10,2%) cala anche la quota di coloro che si sono posti alla ricerca di migliori opportunità. La porzione degli ex-allievi che hanno reperito un’occupazione durante l’anno ma attualmente sono disoccupati aumenta rispetto al 2013 (+3,3%), ma si riduce, anche se in misu- ra minore (-2,6%) in paragone al 2012. La percentuale residuale del 4,7% che ha svolto altre esperienze rimane stabile rispetto al 2012, dopo che nel 2013 si era quasi azzerata. In sintesi, solo il 7,7% degli ex-allievi che non lavorano né studiano (solo l’1,9% sul totale degli intervistati) sembra veramente inattivo, ed è anche una percentuale in calo, mentre gli altri si sono impegnati in varie forme per uscire dalla loro situazione, benché senza successo. Gli incroci permettono di individuare i sotto-campioni che si sono dati mag- giormente da fare e quelli meno, pur in una situazione in cui gli ex-allievi non lavo- rano né studiano al momento del sondaggio. Nel primo gruppo si trovano i dician- novenni e oltre, gli intervistati di origine migratoria, i residenti nel Nord Est e nel Centro e gli ex-allievi dei settori automotive ed energia; nel secondo, le classi di età più giovani, i residenti nel Sud e gli ex-allievi dei comparti elettrico-elettronico e grafico. 107 t av . 5 - Si tu az io ne d eg li ex -a lli ev i c he n on la vo ra no n é st ud ia no in cr oc ia ta c on il s es so , l a ci rc os cr iz io ne e i se tto ri ( 20 14 ; in V A e % ) Le ge nd a: * = E ne rg ie a lte rn at iv e/ ri nn ov ab ili - E di liz ia ** = B en es se re , L av or az io ne A rt is tic a de l L eg no , A gr ic ol tu ra , A m m in is tr az io ne , P un to V en di ta V A = V al or i A ss ol ut i N R = N on R is po nd e 108 4. valutazione complessiva dell’esperienza Alla richiesta di esprimere il proprio grado di soddisfazione in merito all’espe- rienza formativa vissuta nella IeFP del CNOS-FAP, il 94,1% si colloca sui livelli più elevati, tra molto (67,3% o 1973) e abbastanza (26,8% o 785). dei restanti 174, 75 (2,6%) risultano poco soddisfatti e 9 (0,3%) per nulla, mentre 90 (3,1%) non hanno risposto al quesito. Nel tempo si nota un recupero dell’andamento del monitoraggio del 2012, dopo i dati meno positivi del 2013. Per quanto riguarda il grado più alto, si registra una sostanziale stabilità tra il 2014 e il 2012 (solo -2,1%) e al tempo stes- so un aumento consistente di quasi il 10% (+9,9%) in confronto al 2013; la medesi- ma stabilità tra il 2014 e il 2012 (unicamente +0,4%) si riscontra in relazione all’“ab- bastanza”, mentre fra il 2013 e il 2014 la relativa percentuale diminuisce del -6,6%; invece, non ci sono variazioni di rilievo riguardo alle due altre alternative. La valutazione è certamente positiva, ma rimane più di un quarto degli ex-al- lievi (26,8%) che non dà un giudizio di ottimo, ma solo di sufficiente. Attraverso gli incroci e utilizzando soprattutto i dati relativi agli ex-allievi abbastanza soddisfatti si possono identificare i sotto-campioni più favorevoli e quelli meno. Alla prima ca- tegoria appartengono: gli intervistati di origine migratoria, i residenti al Centro, i settori meccanico, grafico e turistico alberghiero e i diplomati. danno più peso ri- spetto al totale alla sufficienza: le ex-allieve, i residenti al Sud, i settori automotive, elettrico-elettronico, energia e altri. Le due successive domande (Sulla base degli anni trascorsi nei CFP salesiani rifrequenteresti o faresti frequentare a tuo figlio/a i nostri corsi di IeFP? Consiglie- resti i corsi della Federazione CNOS-FAP ad un amico o a un parente?) approfon- discono il tema della valutazione e confermano sostanzialmente l’andamento emer- so riguardo al grado di soddisfazione. Oltre l’80% (84,7% o 2484) ripeterebbe la stessa esperienza e iscriverebbe i propri figli ai centri salesiani e poco più del 10% (11,8% o 347) si dichiara indeci- so, mentre è determinato sulla negativa neppure il 3% (2,9% o 86); inoltre, unica- mente lo 0,5% (15) non ha risposto al quesito. Nel tempo si segnala un aumento percentuale degli ex-allievi che rifrequenterebbero i percorsi dei CFP del CNOS- FAP soprattutto rispetto al 2013 (+4,1%) e meno in confronto al 2012 (+1,3%); inoltre, diminuiscono gli indecisi -4,4% al 2013 e -1,3% riguardo al 2012, mentre restano sostanzialmente invariati gli altri dati. Gli incroci evidenziano solo una maggiore positività nel turistico alberghiero e una indecisione relativamente più estesa tra gli ex-allievi di origine migratoria Percentuali molto simili si riscontrano nelle risposte all’altra domanda di valu- tazione. Anche in questo caso più dell’80% (82,5% o 2420) dichiara di essere pronto a consigliare i corsi di IeFP del CNOS-FAP ad un amico o ad un parente. Solo il 3% circa (2,9% o 85) risponde negativamente, mentre il 14,1% (412) risulta indeciso e lo 0,5% (15) non si pronuncia. Nel tempo l’andamento è pressappoco lo stesso che nella precedente domanda: gli ex-allievi che consiglierebbero i corsi aumentano in 109 paragone al 2013 (+8,8%), ma sono stabili in confronto al 2012 (solo -0,2%), gli in- decisi diminuiscono di -8,9% rispetto al 2013 e sono nel complesso invariati riguar- do al 2012 (+0,5%), mentre le altre percentuali non subiscono cambiamenti di rilie- vo. dagli incroci emerge unicamente una grande disponibilità a consigliare nel set- tore energia, una minore nei settori altri e nei diplomati e una relativamente maggio- re indecisione degli ex-allievi di origine migratoria e dei residenti al Sud. Un’ultima domanda mira a valorizzare l’esperienza degli ex-allievi per ottene- re proposte di miglioramenti da apportare ai percorsi di IeFP del CNOS-FAP. In proposito, il 90% quasi (87,7% o 2573) ha dichiarato che a loro parere non v’era nulla da cambiare. La quota residua risulta frammentata tra: percentuali attorno o al di sotto dell’1% su singole proposte già elencate nella domanda (qualità dei forma- tori, contenuti, metodi di insegnamento, attrezzature, stage, relazioni interpersonali, mantenimento di legami tra il CFP e gli ex-allievi); solo appena il 2,8% (82) si rifu- gia nell’“altro” e anche meno (lo 0,5% o 15) non risponde. Il confronto con i moni- toraggi del 2013 e del 2014 evidenzia un aumento di quanti ritengono che non ci sia alcun miglioramento da apportare e una riduzione dell’“altro”. dagli incroci emer- ge che i sotto-campioni più soddisfatti circa l’attuale offerta del CNOS-FAP risulta- no essere gli ex-allievi di origine migratoria, i residenti al Nord Est e al Centro e il settore energia, mentre lo sono di meno i residenti al Sud e i settori altri. La possibilità di dialogare direttamente con gli allievi e con le famiglie nelle interviste telefoniche ha consentito non solo di ascoltare le loro risposte alle doman- de del questionario ma anche di raccogliere il racconto del vissuto degli allievi al- l’interno dei CFP del CNOS-FAP in maniera informale. molti ex-allievi si sono me- ravigliati nel constatare che a distanza di un anno i Salesiani dimostrassero un sin- cero interesse a verificare il percorso di vita dei “loro ragazzi”. Inoltre, molti inter- vistati desideravano sottolineare che avevano mantenuto i contatti con i rispettivi CFP, facendo nomi e cognomi di direttori e formatori e chiedendo di salutarli, in quanto questi avevano lasciato un’impronta significativa nella loro vita. Tali com- menti sono il segnale evidente che l’esperienza formativa non termina con il conse- guimento della qualifica, ma continua per molti come rapporto di reciproca amici- zia e di sincera fiducia. In questo contesto si sono raccolti alcuni commenti di ex- allievi e genitori che confermano ulteriormente la validità delle opzioni fondamen- tali del Progetto Educativo Nazionale Salesiano. 1) L’importanza del lavorare insieme all’interno di un progetto educativo da parte di tutti gli operatori (= la comunità formativa): – «Lì da voi ci sentivamo una squadra, tutti uniti anche se provenienti da posti molto diversi». – «Il ragazzo non si è trovato spaesato. dalla nostra famiglia è passato alla vostra famiglia». – «Una cosa favolosa! Un centro dove tutti ti danno una mano. L’esperienza dal punto di vista umano e formativo la consiglierei a tutti». – «Si sono create delle relazioni speciali con i formatori e con il personale del 110 CFP. Persino il custode aveva creato un rapporto affettivo con mio figlio». – «I formatori erano molto pazienti e seri. Il Preside era più che un amico. Ambiente più che positivo». – «È la prima volta che mi trovavo veramente bene in una scuola». 2) L’attenzione al giovane (= una educazione personalizzata e non di massa): – «mi avete ridato l’autostima e quella è una materia che non tutti sanno insegnare». – «mi avete riavviato il circuito elettrico della fiducia». – «I professori erano molto vicini e attenti alle esigenze dei nostri figli». – «Gli insegnanti lavorano come se fossero i genitori dei ragazzi». – «dopo gli anni al CFP mio figlio ha rinforzato la sua autostima. Ha accresciuto la capacità di credere nelle proprie competenze e ha tirato fuori delle qualità che fino a quel momento non erano emerse». – «Al CFP li hanno fatti crescere come persone con le qualità che avevano. quel- le poche biglie nel sacchetto che tenevano dalle passate esperienze fallimentari gliele hanno fatte fruttare bene. Ora magari questi ragazzi diventeranno ottimi operai, elettricisti o falegnami grazie ai formatori, e magari senza il CFP sareb- bero stati pessimi ragionieri o ingegneri». – «Il CFP è stato un luogo di incontro e di salvezza per mio figlio. Voi gli avete ridato la voglia di credere nelle sue capacità!». 3) Il progetto educativo che guarda al presente, la professione, e al futuro, l’in- serimento nella società, nella Chiesa, nel mondo del lavoro (= un CFP inserito nel- la comunità locale): – «Rimpiango le giornate passate al centro. Grazie a voi ho capito cosa volevo, ho proseguito gli studi e ora sono iscritto all’Università». – «Il percorso formativo che ha fatto mio figlio lo consiglierei a tutti. Al CFP dei salesiani lo hanno fatto crescere in senso umano, nelle relazioni sociali e gli hanno trasmesso delle competenze. Prima era un ragazzo isolato ora ha ritrova- to la spinta per rimettersi in gioco». – «Al CFP insegnano ai ragazzi un mestiere e li preparano alla vita». – «Io penso che non tutti i ragazzi possano stare dietro una scrivania a lavorare. questi centri devono esistere, sono fondamentali e bisognerebbe ampliare la scelta degli indirizzi, ad esempio calzolai, agricoltori». 4) Un progetto rispettoso della persona ma anche propositivo di valori umani e cristiani (= la pedagogia della proposta e non del silenzio per formare onesti citta- dini e buoni cristiani): – «Oggi che viviamo in un mondo di relazioni virtuali al CFP salesiano abbiamo sperimentato la solidità di relazioni vere e concrete». – «Avete dato a mio figlio il valore dell’io come persona a servizio degli altri». – «Ho avuto la percezione di un insegnamento a 360 gradi che riguardava non so- lo la didattica ma anche la vita». 111 – «Al CFP abbiamo imparato un mestiere, e ricevuto dei valori sani». – «È stata una esperienza di crescita umana e spirituale». 5) Il miglioramento continuo che stimola il CFP a guardare chi è in difficoltà: – «Come genitore la modalità educativa e formativa utilizzata nel vostro CFP mi ha soddisfatto e l’ho trovata adeguata specialmente per mio figlio che aveva specifici disturbi di apprendimento». – «Io consiglio il CFP per i ragazzi che hanno problemi perché nei Centri di For- mazione Professionale dei salesiani una soluzione la trovano sempre». – «Ho rivisto mia figlia alzarsi dal letto con un sorriso per andare al CFP». – «mio figlio aveva problemi di apprendimento ma voi lo avete fatto sentire ca- pace e non diverso. questo unito al valore dato alle materie laboratoriali ha da- to al ragazzo la convinzione e la giusta motivazione per proseguire gli studi». – «Per gli allievi di origine migratoria il CFP è stato uno strumento che ha age- volato l’integrazione». – «mi pento di non aver scelto il CFP subito dopo le medie per mio figlio. Avremmo risparmiato lacrime e amarezza e guadagnato da subito sorrisi». – «Come mamma sono rimasta stupita a vedere alzarsi mio figlio alle 6.00 del mattino per andare allo stage». – «Se qualcuno ha un figlio che non vuole studiare lo possono aiutare solo i Salesiani di don Bosco!». 113 Capitolo 5 iL SucceSSo ForMAtiVo dei QuALiFicAti e diPLoMAti neL 2013-14 il monitoraggio del 2015 Il capitolo esamina i principali risultati della sesta edizione del monitoraggio realizzato dalla Sede Nazionale della Federazione CNOS-FAP con l’obiettivo di va- lutare la situazione degli ex-allievi a un anno dalla qualifica o dal diploma1. Prima di addentrarmi nella descrizione del disegno di analisi, faccio presente che per ra- gioni di opportunità, legate allo slittamento temporale eccessivo del calendario del- l’anno formativo in Sicilia, non si è potuto inserire nel monitoraggio del 2015 i CFP dell’Associazione CNOS-FAP di tale Regione. dato il peso considerevole di que- st’ultima sul totale degli ex-allievi, costituendo essa circa il 15% del totale, l’uni- verso di quest’anno non coincide con quello degli ex-allievi della IeFP salesiana, qualificati e diplomati del 2013-14, come nei precedenti monitoraggi (malizia e Gentile, 2015)2. Ciò significa che non si potranno fare dei riscontri puntuali con le precedenti indagini, ma il confronto sarà concentrato nel confermare eventuali an- damenti consolidati in tendenziale aumento o riduzione. Inoltre, come ho già chia- rito nel capitolo precedente, non ho potuto focalizzare questa seconda parte del rap- porto sul monitoraggio del 2015 perché non ha come riferimento l’universo degli ex-allievi del CNOS-FAP e per questo motivo ho riportato nel capitolo precedente una sintesi del monitoraggio del 2014 che è l’ultimo di quelli che è stato effettuato sull’universo dei qualificati e dei diplomati dei CFP salesiani. Al fine di valutare il successo formativo degli ex-allievi si è ricorso, come ne- gli anni precedenti, alla seguente metodologia di ricerca. In un primo momento ci si è rivolti alle segreterie dei 45 Centri del CNOS-FAP coinvolti, per conoscere an- zitutto il numero dei qualificati e dei diplomati a giugno-luglio 2014, suddivisi per i comparti di qualifica operativi in ciascun CFP e per ottenere i dati anagrafici ripar- titi per settore. A seguito delle informazioni raccolte è stato definito l’universo de- gli ex-allievi di riferimento in 2923 soggetti – ovviamente senza la Sicilia; di questi sono stati monitorati, tramite intervista telefonica personalizzata, 2602, pari all’89,0% del totale. Il campione di fatto raggiunto non è statisticamente rappresen- 1 Il capitolo ha come testo principale di riferimento: malizia e Gentile, 2016. 2 Ricordo che i monitoraggi sono iniziati nel 2010, ma soltanto dal 2012 si sono coinvolti qualifi- cati e diplomati, mentre i precedenti riguardavano solo i primi. Pertanto, il confronto, nel senso spiega- to sopra, avviene solo fra gli ultimi quattro (2012, 2013, 2014, 2015) e in qualche caso ci limiteremo agli ultimi tre (o due) perché nel tempo si è aggiunta qualche domanda o queste sono state aggiornate. 114 tativo in senso stretto perché non sappiamo se i 321 soggetti mancanti all’appello si distribuiscano in maniera casuale; tuttavia, tenuto conto che costituisce il 90% quasi dell’universo, lo si può ritenere comunque rappresentativo, se non statisticamente, almeno socialmente. Perciò, dai risultati è possibile trarre, con la dovuta prudenza, generalizzazioni accettabili (Frudà, 2007). Più in particolare, i 2602 ex-allievi raggiunti si distribuiscono tra 2349 qualifi- cati dell’IeFP (90,3%), 225 diplomati dell’IeFP (8,6%) e 28 diplomati dell’Istituto Professionale di Stato (1,1%), suddivisi fra 12 Regioni 3. Ad essi è stata applicata una breve scheda, articolata in una decina di domande, sostanzialmente la stessa utilizza- ta nelle edizioni precedenti 4. dei 321 ex-allievi (11,0%) che non sono stati reperiti, i telefoni di 138 (4,7% del totale) sono risultati inesistenti, mentre non si è riusciti a raggiungere gli altri. I dati del 2015 confermano gli andamenti positivi degli ultimi monitoraggi e cioè la stabilizzazione della percentuale degli ex-allievi trovati intor- no al 90% e il dimezzamento della porzione dei numeri di telefono inesistenti (mali- zia e Pieroni, 2010, 2012 e 2013; marchioro, 2014; malizia e Gentile, 2015). 1. le caratteristiche personali degli ex-allievi Incomincio con la distribuzione in base al sesso che registra una chiara predo- minanza dei maschi sulle femmine (2210 o 84,9% rispetto a 392 o 15,1%) (cfr. Tav. 1). Il dato riflette la vocazione tradizionale del CNOS-FAP, nato per la preparazio- ne dei giovani ai mestieri cosiddetti “maschili”. In proposito, va evidenziato che l’andamento conferma sostanzialmente quanto emerso dai monitoraggi precedenti. Venendo agli incroci con variabili socio-demografiche significative, si com- menteranno solo i dati che riguardano le ragazze, poiché quelli relativi ai maschi si collocano generalmente sul totale. Le femmine sono più giovani e in misura preva- lente di nazionalità italiana; frequentano principalmente i CFP del Nord Ovest 5; la loro presenza è leggermente maggiore del totale tra i qualificati e minore tra i diplo- mati; mancano quasi o del tutto nei settori tradizionalmente “maschili” come auto- motive, elettrico-elettronico, meccanica industriale, e risultano sovra-rappresentate in quelli “femminili” quali il turistico-alberghiero, il grafico e comparti “altri” (più specificamente nel benessere, nell’amministrazione e nel punto vendita, mentre mancano quasi del tutto nella lavorazione artistica del legno e sono sui valori del to- tale nel caso dell’agricoltura). 3 Si ringraziano la dott.ssa daniela Coialbu e il dott. massimiliano Ripanti che hanno curato con grande competenza e disponibilità rispettivamente le interviste telefoniche e l’elaborazione statistica dei dati. 4 Cfr. Appendice 1. 5 Negli incroci con le circoscrizioni geografiche non si terrà conto del Sud perché l’assenza della Sicilia comporta una notevole distorsione dei relativi dati. Per lo stesso motivo, non si farà riferimen- to alle singole Regioni, comunque situate. 115 Se si prende in considerazione l’età, emerge che il 40% circa (38,1%) ha 18 an- ni e più del 15% (16,9%) 17: in altre parole, si può dire che oltre la metà degli inter- vistati (55,0%) ha conseguito il titolo con un’età regolare, 17 o 16 anni (cfr. Tav. 1). Il 30% quasi (29,8%) ne ha compiuti 196, mentre i ventenni e oltre costituiscono ap- pena il 15,2% del totale: in breve, gli irregolari assommano al 45,0%. Segnaliamo che i risultati evidenziano una leggera crescita degli irregolari, dopo tre anni di sta- bilità, un andamento complessivamente non molto positivo dal punto di vista della scuola, ma che comunque esalta la funzione di rimotivare alla formazione di giova- ni in pericolo di abbandono, svolta dalla IeFP. Passando agli incroci con le variabili elencate sopra, si nota che le coorti più giovani (diciassettenni e diciottenni) sono presenti in percentuali superiori al totale tra le ragazze, gli ex-allievi di nazionalità italiana, nel Nord Ovest, tra i qualificati e nel turistico-alberghiero. L’andamento opposto si riscontra tra i maschi, gli intervi- stati di origine migratoria, il Centro, naturalmente tra i diplomati e nella meccanica industriale. Gli intervistati di origine migratoria (stranieri o italiani di seconda generazio- ne) rappresentano ormai un quinto circa (17,3%), mentre gli italiani sono scesi a po- co oltre i quattro quinti (82,7%) (cfr. Tav. 1). In particolare, i primi costituiscono molto più del doppio degli studenti stranieri iscritti alla secondaria di secondo grado (6,8% nel 2013-14) (Censis, 2015). dal momento che i dati sugli italiani si collocano sostanzialmente sul totale, mi limito a fornire le cifre relative alle caratteristiche socio-demografiche degli ex-al- lievi di origine migratoria. questi sono sovra-rappresentati tra i maschi, le coorti di 19 anni e oltre, nell’Italia Centrale, mentre sono sotto-rappresentati nel Nord Ovest. tav. 1 - Distribuzione degli ex-allievi secondo le principali variabili socio-demografiche (2015; in %) Legenda: Sesso: 1 = maschio, 2 = femmina Età: 1 = 17 anni; 2 = 18 anni; 3 = 19 anni; 4 = 20 anni; 5 = 21 anni; 6 = 22 anni; 7 = altro; 8 = non risponde Nazionalità: 1 = italiana; 2 = migratoria Regione: 1 = Abruzzo; 2 = Emilia Romagna; 3 = Friuli Venezia Giulia; 4 = Lazio; 5 = Liguria; 6 = Lombardia; 7 Piemonte; 8 = Puglia; 9 = Sardegna; 10 = Umbria; 11 = Valle d’Aosta; 12 = Veneto Circoscrizione: 1 = Nord Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta); 2 = Nord Est (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto); 3 = Centro (Abruzzo, Lazio, Umbria); 4 = Sud (Puglia e Sardegna) Titolo finale: 1 = Qualifica Professionale; 2 = Diploma Professionale; 3 = Diploma di IP (diploma di scuola secondaria superiore – Normativa di riferimento dPR 87/2010) 6 I diciannovenni nel 2015 (diciottenni nel 2014) possono essere regolari se diplomati, ma questi ultimi costituiscono appena il 9,7% del totale. 116 Le percentuali crescono oltre il totale tra i qualificati e diminuiscono tra i diplomati; se si fa riferimento ai settori, essi sono sovra-rappresentati nell’automotive e legger- mente nella meccanica industriale e nella energia, sotto-rappresentati nella grafica e in misura modesta nel turistico-alberghiero e nel benessere e assenti nell’amministra- zione. quest’anno le Regioni sono 12 e non 13, come usualmente, perché nel sondag- gio non è stata inclusa la Sicilia per i motivi indicati sopra (cfr. Tav. 1). La porzione maggiore degli intervistati risiede in Piemonte con un terzo (33,2%); Veneto e Lom- bardia si situano ognuna oltre un quinto (20,9% e 20,7% rispettivamente); il Lazio totalizza intorno al 10% (8,9%); le altre 8 si collocano tra il 3,7% e lo 0,8% (e più esattamente l’Emilia Romagna è al 3,7%, il Friuli Venezia Giulia al 3,2%, l’Umbria al 2,9%, la Liguria al 2,5%, la Puglia all’1,2%, la Sardegna all’1,0%, l’Abruzzo e la Valle d’Aosta allo 0,8%). Al fine di ridurre la dispersione delle frequenze, anche quest’anno ci limitere- mo a commentare gli incroci che si riferiscono alle prime 4 Regioni che da sole rag- gruppano più dell’80% (83,7%) del totale. Il Piemonte si contraddistingue per delle percentuali superiori al totale di ragazze, delle classi di età più giovani, di qualifi- cati e dei settori energia, turistico-alberghiero e “altri” e per cifre inferiori di ma- schi, delle coorti di 19 anni e oltre, di diplomati e dei comparti elettrico-elettronico, grafico e di meccanica industriale; il Veneto per una sovra-rappresentazione di di- ciottenni, di italiani, di qualificati e dei settori elettrico-elettronico, grafico e di mec- canica industriale, e per una sotto-rappresentazione di diciannovenni e oltre, di ex- allievi di origine migratoria e dei settori automotive, turistico-alberghiero e altri e per l’assenza di diplomati; la Lombardia per delle percentuali superiori al totale dei maschi, dei diciannovenni e oltre, dei diplomati e dei settori elettrico-elettronico e grafico e leggermente meccanica industriale e per cifre inferiori delle ragazze, dei più giovani, dei qualificati e dei settori “altri” e per l’assenza del comparto energia; il Lazio per una sovra-rappresentazione dei maschi, dei diciannovenni e oltre, degli ex-allievi di origine migratoria, dei qualificati e dei settori autonomotive, elettrico- elettronico e grafico, e per una sotto-rappresentazione delle ex-allieve, dei dicias- settenni e dei diciottenni, e del comparto della meccanica industriale e dell’assenza dei diplomati e dei settori energia, turistico alberghiero e “altri”. La distribuzione per circoscrizioni geografiche vede al primo posto il Nord Ovest con il 60% quasi (57,3%) degli intervistati; seguono il Nord Est con il 30% circa (27,9%), il Centro con oltre il 10% (12,6%) e il Sud con appena il 2,2% a mo- tivo, come sappiamo, dell’assenza della Sicilia. La mancanza di tali dati comporta ovviamente una certa distorsione dell’andamento della ripartizione territoriale. Venendo poi agli incroci con le solite caratteristiche socio-demografiche, non ci occuperemo del Sud per la sua consistenza quantitativa poco rilevante, come si è già osservato sopra. Nel Nord Ovest si riscontra una sovra-rappresentazione di ex-allieve, di diciassettenni e diciottenni (leggermente), di diplomati e dei settori turistico alberghiero e “altri”, e una sotto-rappresentazione di maschi, di 19enni 117 e oltre (in misura modesta), di qualificati e dei settori elettrico-elettronico, grafico e meccanica industriale. Il Nord Est registra percentuali superiori al totale di maschi (leggermente) e delle classi di età più giovani (in misura modesta), dei qualificati e dei settori grafico e meccanica industriale e inferiori delle femmine (leggermente), dei 19enni e oltre (in misura modesta) e dei settori automotive, turistico alberghiero e altri, e assenti i diplomati. Il Centro evidenzia una sovra-rappresentazione di ma- schi, di 19enni e oltre, di intervistati di origine migratoria, di qualificati e dei settori automotive, elettrico-elettronico e grafico e una sotto-rappresentazione di ex-allie- ve, di 17enni e di 18enni e dei settori meccanica industriale, turistico alberghiero e altri, e assenti i diplomati. 2. il percorso formativo La prima domanda in materia ha riguardato il titolo di studio posseduto al mo- mento dell’iscrizione alla IeFP. I tre quarti circa (72,3%) provengono direttamente da un percorso regolare nella secondaria di 1° grado, concluso con il superamento del relativo esame di Stato: il dato conferma l’andamento degli ultimi due anni. Più di un quarto (26,9%) si è iscritto alla IeFP dopo aver frequentato per uno o più anni la secondaria di 2° grado e neppure l’1% (0,9%) non possedeva nessun titolo. Anche riguardo a questi dati emerge la tendenza alla stabilità negli ultimi anni. dagli incroci con le caratteristiche socio-demografiche più volte richiamate, emerge che gli intervistati che sono passati direttamente dalla secondaria di 1° grado alla IeFP risultano sovra-rappresentati tra le femmine, le coorti di età più giovani, nel Nord Ovest, tra i diplomati e nei settori “altri”, mentre sono sotto-rappresentati tra i 19enni e oltre, gli ex-allievi di origine migratoria (leggermente), nel Nord Est e nel Centro e tra i settori nella grafica e in misura più modesta nella meccanica industriale e nella energia. Un andamento opposto si riscontra tra gli inchiestati che sono arrivati all’IeFP dopo un periodo più o meno lungo di permanenza nella secondaria di 2° grado. In base alla tipologia di percorso formativo seguito, l’80% quasi (77,4%) ha frequentato quello triennale di qualifica, mentre il biennale e il quadriennale di di- ploma si collocano intorno al 10% (11,6% e 8,6% rispettivamente). Risultano, poi, del tutto marginali i percorsi annuali (1,3%) e quelli di diploma di IP (1,1%). Se si prendono in considerazione le variabili socio-demografiche, la partecipa- zione alla IeFP triennale cresce rispetto al totale tra i 17enni e i 18enni, nel Nord Est e nel Centro, tra i qualificati e, quanto ai settori, nell’energia, nel grafico, nella mec- canica industriale e tra quelli “altri, mentre diminuisce tra i 19enni e oltre, nel Nord Ovest e nei comparti automotive e turistico-alberghiero ed è assente ovviamente tra i diplomati. A loro volta, i percorsi biennali sono sovra-rappresentati tra le ex-allie- ve (leggermente), tra gli intervistati di origine migratoria, nel Nord Ovest e nei set- tori automotive e turistico-alberghiero, ma risultano sotto-rappresentati tra le coorti 118 più giovani, nel Centro (leggermente) e tra i comparti meccanico industriale e gra- fico e assenti nel Nord Est, tra i diplomati e nell’area dell’energia. Infine, la parte- cipazione ai quadriennali risulta superiore al totale tra i 19enni ed oltre, nel Nord Ovest, tra i diplomati e nel turistico alberghiero e inferiore tra le ragazze e i 18enni (leggermente in ambedue i casi), tra gli ex-allievi di origine migratoria e nel settore “altri”, e assente tra i 17enni (ovviamente) e i qualificati e anche nel Nord Est, nel Centro, e nel comparto energia. Come nelle edizioni precedenti del monitoraggio, tutti gli intervistati dichiara- no di aver partecipato ad una esperienza di stage durante la frequenza della IeFP nei centri salesiani. Inoltre, per la quasi totalità degli ex-allievi (98,1%) essa era del tut- to corrispondente alla qualifica professionale ottenuta nei CFP del CNOS-FAP. Il 70% quasi (69,7%) ritiene de aver imparato molto da tale esperienza e per oltre un quarto (26,9%) lo è stata abbastanza; chi opta per le alternative “poco” (1,6%) o “nulla” (0,1%), è una percentuale del tutto irrilevante (1,7%), mentre l’1,7% non ri- sponde. In aggiunta, va evidenziato che l’andamento risulta sostanzialmente stabile negli ultimi anni. Le percentuali appena ricordate rendono inutile l’analisi dei soliti incroci. Se si passa a considerare il titolo conseguito al termine della frequenza della IeFP, il 90,3% ha ottenuto la qualifica, il 10% circa (8,6%) il diploma professionale e l’1,1% il diploma di IP (dell’istituto professionale, cioè il diploma di scuola se- condaria di 2° grado a norma del dPR n. 87/2010) (cfr. Tav. 1). da quando si è co- minciato a monitorare anche i diplomati, non si riscontrano diversità importanti tra le cifre prese in esame. I qualificati aumentano tra le ex-allieve (leggermente), tra le coorti di età più giovani, tra gli intervistati di origine migratoria, al Nord Est e al Centro e nell’ener- gia e nei settori “altri” e diminuiscono tra i 19enni e oltre, al Nord Ovest e nel turi- stico-alberghiero. I diplomi professionali sono sovra-rappresentati tra i più anziani, nel Nord Ovest e nel turistico-alberghiero e sotto-rappresentati tra le ragazze (leg- germente), tra i più giovani, tra gli ex-allievi di origine migratoria, nei comparti “al- tri” e assenti nel Nord Est, nel Centro e nell’energia. I diplomi di IP sono concen- trati tra i 19enni, nel Nord Ovest, nell’elettrico-elettronico e nel meccanico indu- striale, mentre mancano tra le femmine, i 17enni e i 18enni (ovviamente), nel Nord Est e nel Centro e nei comparti automotive, grafico, energia, turistico alberghiero e “altri”. Venendo al mese di conseguimento dei titoli richiamati sopra, la quasi totalità dei qualificati (94,7%) l’ha ottenuto a giugno, mentre il restante 5,3% si distribui- sce tra lo 0,5% a luglio, il 2,0% a settembre e il 2,8% in altra data. Per il diploma professionale e per quello di IP viene indicato unicamente giugno. Chiudiamo questa sezione sul percorso formativo degli ex-allievi, analizzando i settori dei loro titoli (cfr. Tav. 2). Il 30% circa (27,6%) l’ha ottenuto nel comparto elettrico-elettronico, un quinto (20,1%) nella meccanica industriale e tra il 15% e il 10% nell’automotive (15,3%), nel grafico e nel turistico alberghiero (ambedue 119 11,6%), mentre al di sotto del 10% si collocano l’energia (4,0%) e i settori “altri” (il 9,8% che includono: il benessere, 5,6%; la lavorazione artistica del legno, 1,4%; il punto vendita, 1,1%; l’amministrazione, 1,0%; l’agricoltura, 0,7%). La percentuale degli ex-allievi che hanno ottenuto il titolo nell’elettro elettro- nico aumenta rispetto al totale tra i ragazzi, al Centro e leggermente nel Nord Ovest e tra i diplomati, mentre manca tra le femmine. La meccanica industriale è sovra- rappresentata al Nord Est e leggermente tra i maschi, i 19enni e oltre e gli intervi- stati di origine migratoria, è sotto-rappresentata tra i 17enni, nel Nord Ovest e al Centro e quasi del tutto assente tra le femmine. quanto all’automotive, gli ex-al- lievi crescono tra gli intervistati di origine migratoria, al Centro e in misura mode- sta tra i maschi, mentre diminuiscono al Nord Est e sono quasi del tutto assenti tra le ragazze. A sua volta, il grafico risulta sovra-rappresentato tra le femmine, al Nord Est e al Centro ed è sotto-rappresentato leggermente tra gli intervistati di origine migratoria e al Nord Ovest. Il turistico alberghiero si presenta superiore al totale tra le ragazze, i 17enni, al Nord Ovest e fra i diplomati, mentre si rivela inferiore al Nord Est e al Centro e in misura modesta tra i maschi e gli intervistati di origine migratoria. I comparti “altri” sono sovra-rappresentati tra le femmine e al Nord Ovest e leggermente tra le coorti di età più giovani, mentre risultano sotto- rappresentati tra i maschi, al Nord Est e al Centro e tra i diplomati e in misura modesta tra i 19enni e gli ex-allievi di origine migratoria. da ultimo il settore ener- gia cresce, anche se in quantità contenuta, tra gli intervistati di origine migratoria e nel Nord Est, mentre diminuisce nella stessa misura tra i 17enni e al Centro e manca tra i diplomati. 120 t av . 2 - I se tto ri d el la q ua lif ic a e de l d ip lo m a in cr oc ia ti co n le p ri nc ip al i v ar ia bi li so ci o- de m og ra fic he ( 20 15 ; in V A e % ) Le ge nd a: * = E ne rg ie a lte rn at iv e/ ri nn ov ab ili - E di liz ia ** = B en es se re , L av or az io ne A rt is tic a de l L eg no , A gr ic ol tu ra , A m m in is tr az io ne , P un to V en di ta V A = V al or i A ss ol ut i 121 3. posizione degli ex-allievi ad un anno dalla qualifica o dal diploma A un anno dalla qualifica/diploma gli ex-allievi dichiarano di trovarsi nelle se- guenti situazioni dal punto di vista dello studio e del lavoro: – il 50% quasi (46,6% o 1265 intervistati) ha continuato il proprio percorso nel sistema di istruzione e di formazione: il 30,8% nella scuola (801) e un quinto circa (17,8% o 464) nella FP; – un terzo quasi (32,2% o 838) ha trovato un’occupazione; – il 17,3% (449) non studia né lavora: – l’1,9% (50) è impegnato in altre attività come il servizio civile e le patenti europee. I dati confermano tre andamenti emersi dai monitoraggi precedenti: la crescita degli ex-allievi che proseguono gli studi dopo il conseguimento del titolo, la dimi- nuzione di quanti non studiano e non lavorano e la stabilità della percentuale di quelli che dichiarano di aver trovato un lavoro. Prendendo in considerazione gli incroci con le solite variabili, emerge che le ex-allieve proseguono gli studi in percentuali inferiori al totale, ma ciò riguarda il passaggio al sistema scolastico, mentre la frequenza della FP è anche leggermente superiore al dato generale; inoltre, esse non lavorano né studiano in percentuali più elevate (cfr. Tav. 3). I 17enni e i 18enni sono sovra-rappresentati tra quanti conti- nuano la loro formazione nella scuola o nella FP e sotto-rappresentati tra gli inter- vistati che hanno trovato un’occupazione o che non lavorano e non studiano; l’an- damento opposto si registra invece tra i 19enni e oltre che risultano sotto-rappresen- tati tra gli ex-allievi che frequentano il sistema di istruzione e di formazione, men- tre evidenziano percentuali superiori al totale tra chi è riuscito a reperire un lavoro e tra quanti dichiarano di non lavorare né studiare. Gli intervistati di nazionalità ita- liana si collocano sostanzialmente sui dati generali; quanto agli ex-allievi di origine migratoria, essi si iscrivono alla scuola o alla FP in quantità minore del totale, men- tre quelli che trovano un’occupazione o che non lavorano né studiano, registrano percentuali più elevate. Passando alle circoscrizioni geografiche, gli ex-allievi del Nord Ovest preferi- scono frequentare la IeFP piuttosto che la scuola, anche se il totale di quanti prose- guono gli studi rimane sostanzialmente inalterato rispetto al dato generale; al con- trario, le cifre degli ex-allievi che riescono a inserirsi nel mondo del lavoro e quelle di coloro che non lavorano e non studiano si collocano grosso modo sul totale. Il Nord Est vede aumentare gli ex-allievi che proseguono gli studi, ma la crescita va attribuita tutta a coloro che si iscrivono alla secondaria di 2° grado, mentre i passag- gi alla IeFP si riducono al 5,1%; inoltre, diminuiscono gli intervistati che non lavo- rano, né studiano, al contrario di quelli che trovano un’occupazione che si colloca- no sul totale. Al Centro risultano sotto-rappresentati gli ex-allievi che continuano la loro formazione, ma il calo riguarda la frequenza della IeFP mentre i passaggi alla scuola crescono; gli intervistati che riescono a reperire una occupazione sono leg- 122 germente sotto-rappresentati, diversamente da quanti non lavorano, né studiano che aumentano. Venendo ai comparti, gli intervistati che hanno ottenuto il titolo nell’automoti- ve risultano sotto-rappresentati tra quanti proseguono gli studi, mentre sono sovra- rappresentati tra gli ex-allievi che non lavorano e non studiano e leggermente tra quelli che hanno trovato un lavoro; nell’elettrico-elettronico quasi il 60% (58,9%) continua la propria formazione nella scuola e nella IeFP, mentre si riducono gli in- tervistati che riescono a reperire un’occupazione e che non lavorano né studiano; gli ex-allievi del settore energia continuano la formazione in percentuale complessiva- mente inferiore al totale, ma la sotto-rappresentazione riguarda la IeFP e non la se- condaria di 2° grado che si colloca sul dato generale, mentre contemporaneamente si registra una crescita tra gli intervistati che hanno reperito un’occupazione e tra quelli che non lavorano né studiano; nel settore grafico è il 71,3% (la cifra più alta tra i settori) che prosegue gli studi, ma la sovra-rappresentazione si registra nella frequenza della scuola e non della IeFP la cui percentuale è inferiore al dato generale, mentre le percentuali di chi lavora e quelle di chi non lavora e non studia si trovano al di sotto del totale; la meccanica industriale evidenzia la quota più alta di intervistati che lavora (40,2%), mentre si abbassano leggermente le cifre di chi prosegue la formazione o non lavora né studia; il turistico alberghiero segue a ruota la meccanica industriale per gli ex-allievi che lavorano (39,9%) come anche i settori “altri” (39,7%), mentre in ambedue i casi diminuiscono coloro che proseguo- no gli studi, anche se limitatamente alla secondaria di 2° grado, e crescono gli ex-allievi che non lavorano e non studiano, benché in maniera rilevante tra i primi (turistico alberghiero, 22,8%, la cifra più alta) e in misura molto ridotta tra i secon- di (comparti “altri”). 123 t av . 3 - P os iz io ne d eg li ex -a lli ev i a d un a nn o da l t ito lo in cr oc ia ta c on il s es so , l a ci rc os cr iz io ne e i se tto ri ( 20 15 ; in V A e % ) Le ge nd a: * = E ne rg ie a lte rn at iv e/ ri nn ov ab ili - E di liz ia ** = B en es se re , L av or az io ne A rt is tic a de l L eg no , A gr ic ol tu ra , A m m in is tr az io ne , P un to V en di ta V A = V al or i A ss ol ut i 124 3.1. Gli ex-allievi che hanno proseguito gli studi Come si è ricordato sopra, la maggioranza relativa degli ex-allievi (46,6% o 1265) dichiara che dopo il conseguimento del titolo ha continuato la propria forma- zione. Più precisamente, 801 o il 63,3%, i due terzi quasi, hanno deciso di prosegui- re nella secondaria di 2° grado rispetto a poco più di un terzo (36,7% o 464) che ha optato, invece, per la FP. I dati del 2015 confermano l’andamento in crescita di que- sto percorso negli ultimi anni che però riguarda quasi esclusivamente le iscrizioni alla scuola. Se si fa riferimento alla frequenza della secondaria di 2° grado, la maggioranza assoluta (53,1% o 425) ha optato per l’istituto professionale e oltre il 40% (43,9 o 352) per l’istituto tecnico; quasi del tutto irrilevanti sono altre scelte che raccolgono appena il 2,9% (23 in valori assoluti) e 1 ex-allievo (0,1%) che non risponde. Nessun andamento significativo con cui sia possibile un confronto è riscontrabile nei tre anni precedenti l’attuale monitoraggio. Le ragazze e i 19enni preferiscono l’istituto professionale, ma sono soprattutto gli intervistati di origine migratoria a optare per questo percorso; invece sono le co- orti più giovani, 17enni e in particolare 18enni, a orientarsi verso l’istituto tecnico. Venendo agli incroci con le circoscrizioni geografiche, gli ex-allievi del Nord Ovest e del Centro risultano sovra-rappresentati nell’istituto professionale e il Nord Est nell’istituto tecnico. I qualificati si collocano sui dati del totale, mentre i diplomati danno più spazio ad altri percorsi. Gli ex-allievi dell’energia, del turistico alberghie- ro, dell’automotive e dei settori “altri” risultano sovra-rappresentati nell’istituto professionale; al contrario, quelli dell’elettrico elettronico, della meccanica indu- striale e del grafico lo sono nell’istituto tecnico. I due terzi quasi (65,5% o 304) dei 464 intervistati che hanno optato per la FP si sono iscritti al IV anno della IeFP e poco più di un quinto (22,4% o 104) al corso annuale di specializzazione; le altre scelte raccolgono percentuali inferiori al 10% e più precisamente il diploma di IP il 5,6% (26) l’IFTS l’1,1% (5) e altri corsi di FP il 5,4% (25). Anche in questo caso non emergono nel tempo tendenze consolidate che potrebbero essere confermate dai dati del monitoraggio del 2015. Le ragazze si orientano principalmente verso il cor- so annuale di specializzazione e i maschi verso il quarto anno della IeFP; i 17enni sono sovra-rappresentati nei corsi annuali di specializzazione, i 18enni nel IV anno della IeFP e i 19enni ed oltre nel diploma di IP; gli ex-allievi di origine migratoria frequentano il corso annuale di specializzazione in percentuali superiori al totale, mentre l’andamento opposto si riscontra riguardo al quarto anno della IeFP. Gli in- tervistati del Nord Ovest si collocano sul dato generale, quelli del Nord Est sono so- vra-rappresentati nel quarto anno della IeFP e negli altri corsi di FP e quelli del Cen- tro sono concentrati in questi ultimi e si riscontrano in percentuali superiori al tota- le nel corso annuale di specializzazione. A loro volta, i qualificati frequentano il quarto anno della IeFP in percentuali superiori al totale, mentre i diplomati si divi- dono tra il diploma di IP – la grande maggioranza – e gli IFTS. Gli incroci con i set- tori evidenziano i seguenti andamenti: gli ex-allievi del grafico, dell’automotive e della meccanica industriale sono sovra-rappresentati nel quarto anno della IeFP, 125 mentre gli altri comparti lo sono nel corso annuale di specializzazione e l’energia negli altri corsi di FP. 3.2. Gli ex-allievi che hanno trovato un’occupazione In termini quantitativi, il secondo percorso che gli ex-allievi hanno seguito è stato quello di passare dallo studio al mondo del lavoro dove hanno trovato un’oc- cupazione (32,2% o 838). Sottolineiamo ancora che il dato mantiene nel tempo una sostanziale stabilità. Per cercare di determinare i fattori che facilitano l’occupabilità, si è iniziato con l’esaminare i comparti nei quali gli ex-allievi sono riusciti a reperire un lavoro (cfr. Tav. 4). I settori che offrono maggiori opportunità di trovare un’occupazione sono la meccanica industriale con un quarto circa (23,6%) e il turistico alberghiero con un quinto quasi (20,4%); poco al di sopra del 10% si collocano l’automotive (11,3%) e l’elettrico-elettronico (11,0%); tra il 10% e il 5% il punto vendita (7,5%), il benessere (6,1%), “altri” comparti (5,8) e l’energia (5,4%); al di sotto del 5% si riscontrano l’agricoltura (4,1%), il grafico (2,4%), la lavorazione artistica del legno (1,7%) e l’amministrazione (0,7%). 126 t av . 4 - I s et to ri in c ui g li ex -a lli ev i h an no tr ov at o la vo ro in cr oc ia ti co n le p ri nc ip al i v ar ia bi li so ci o- de m og ra fic he ( 20 15 ; in V A e % ) Le ge nd a: * = E ne rg ie a lte rn at iv e/ ri nn ov ab ili - E di liz ia V A = V al or i A ss ol ut i 127 Se i settori non si prendono in considerazione in sé stessi ma in confronto con la ripartizione generale degli ex-allievi tra i comparti, emerge che il benessere, la lavorazione artistica del legno, l’energia e l’amministrazione evidenziano una so- stanziale corrispondenza tra le cifre dei comparti occupazionali e quelli della quali- fica/diploma, che il meccanico industriale, il turistico alberghiero, il punto vendita e l’agricoltura presentano un capacità occupazionale superiore (le percentuali dei settori occupazionali sono maggiori di quelle dei comparti di qualifica/diploma) e che l’elettrico-elettronico, l’automotive e il grafico si contraddistinguono per una potenzialità minore (le percentuali dei settori occupazioni sono inferiori a quelle dei settori di qualifica/diploma). mettendo insieme i due tipi di dati si può dire che la meccanica industriale, il turistico alberghiero e l’automotive sono i comparti che possono assicurare una più grande occupabilità 7. Se si prendono in considerazione gli incroci con le variabili socio-demografiche, limitando ovviamente l’analisi ai comparti principali e alle differenze più rilevanti, emerge che gli intervistati della meccanica industriale evidenziano percentuali supe- riori ai dati del totale nel Nord Est e leggermente tra i maschi e gli ex-allievi di origine migratoria e inferiori tra le ragazze, i 17enni, il Centro e i diplomati. Nel turistico al- berghiero si registra una sovra-rappresentazione delle femmine, dei diplomati e leg- germente dei 17enni e una sotto-rappresentazione in misura contenuta dei ragazzi, del Nord Est e del Centro. Gli intervistati dell’automotive si caratterizzano per percentua- li più elevate del dato generale al Centro e leggermente tra i maschi e più basse al Nord Est, mentre il settore è assente tra le ex-allieve. L’elettrico-elettronico offre op- portunità lavorative maggiori ai diplomati e minori alle ragazze, agli ex-allievi di ori- gine migratoria e leggermente ai 17enni e ai residenti del Nord Est. Nel punto vendita si osserva una sovra-rappresentazione contenuta degli intervistati di origine migrato- ria, del Nord Est e del Centro e una sotto-rappresentazione modesta dei 17enni e dei diplomati. Gli intervistati dei settori “altri” evidenziano percentuali leggermente supe- riori ai dati del totale tra i 19enni e oltre e al Centro e lievemente inferiori tra i 17enni e i diplomati. da ultimo nel comparto del benessere si nota una sovra-rappresenta - zione di ragazze, di 17enni e leggermente di 18enni, nel Nord Ovest e di qualificati e una sotto-rappresentazione di maschi e in misura contenuta di 19enni e di ex-allievi di origine migratoria, mentre il settore manca del tutto nel Nord Est e tra i diplomati. Unicamente riguardo all’automotive è stato richiesto a coloro che hanno trova- to un’occupazione in questo comparto di specificare il nome dell’azienda. Oltre i tre quarti (76,8% o 72 in valori assoluti) sono stati assunti da officine indipendenti mentre le altre alternative si collocano a grande distanza: la FIAT e la Renault (5,3% o 5, ciascuna); Volkswagen, Audi, mercedes, Toyota, Peugeot, BmW (1,3% o 1, ognuna); altre marche (4,2% o 4); 2 (2,1%) non rispondono. dal confronto con i precedenti monitoraggi non emergono andamenti consolidati. 7 manca il riferimento ai settori altri perché l’espressione ha un significato diverso quando si parla dei settori della qualifica e quando si parla dei settori di lavoro. 128 Più del 30% (31,0%) degli ex-allievi che ha trovato un lavoro, si è rivolto al Centro a cui era iscritto, mentre il 70% quasi (68,6%) non l’ha fatto e 3 (9,6%) non hanno risposto. dal momento che i dati sono rimasti sostanzialmente inalterati ri- spetto al monitoraggio precedente, tranne che per un leggero aumento (+1,2%) del- la prima percentuale citata, richiamiamo in sintesi le osservazioni in proposito con- tenute nel capitolo 4: il numero di coloro che ricorrono al proprio CFP per reperire un’occupazione è senz’altro consistente se si tiene conto del comportamento gran- demente prevalente tra le imprese di servirsi di conoscenze dirette o di banche dati (Unioncamere, 2014); tuttavia, ci si sarebbe attesa una percentuale più alta, anzi che tutti o quasi si fossero rivolti al centro frequentato perché il servizio dei CFP del CNOS-FAP, cioè dei Salesiani di don Bosco, ai loro allievi non si può limitare al conseguimento del titolo e soprattutto non dovrebbe mancare in una fase cosi deli- cata dell’esistenza dei giovani come quella della ricerca di un’occupazione. In positivo richiamo una iniziativa a cui ho già accennato nel capitolo preceden- te. In un’ottica migliorativa e sulla base dei riscontri avuti, in questo e nei precedenti monitoraggi, insieme con le famiglie e con gli allievi qualificati si è deciso all’inter- no della Federazione CNOS-FAP di avviare un progetto di supporto alla ricerca del lavoro attraverso gli sportelli dei Servizi Al Lavoro (SAL). questi, presenti a poco a poco in un sempre maggior numero di CFP salesiani, offrono la possibilità agli ex al- lievi qualificati-diplomati e alle persone in cerca di una opportunità lavorativa di es- sere accompagnate e guidate con il supporto della figura di un operatore con compe- tenze orientative. Il servizio erogato viene attuato attraverso una nuova metodologia di accompagnamento al lavoro che prevede un primo colloquio e successive fasi di consulenza che consentono la valutazione delle competenze e delle potenzialità del candidato con lo scopo di ottimizzare e facilitare un processo di inserimento lavora- tivo che sia soddisfacente sia per le persone che per le aziende. Passando agli incroci con le variabili socio-demografiche, la prima osservazio- ne riguarda le ragazze che, al momento della ricerca di una occupazione, ricorrono al Centro a cui erano iscritte. queste si rivolgono ai CFP del CNOS-FAP in percen- tuali inferiori rispetto al totale e a quella dei maschi, forse perché – si diceva nel ca- pitolo precedente – ritengono che il CFP del CNOS-FAP sia più competente nell’ac- compagnare i ragazzi nella transizione al lavoro; al contrario non si osservano di- versità significative tra gli ex-allievi italiani e quelli di origine migratoria. I 17enni si rivolgono in percentuali maggiori al proprio CFP, quasi un 10% in più rispetto al totale, e questo potrebbe essere un segno importante di una crescita di fiducia tra le nuove generazioni sulle potenzialità dei CFP del CNOS-FAP di costituire una risor- sa nella fase di ricerca del lavoro. Gli intervistati del Nord Ovest si rivolgono al pro- prio centro in percentuali leggermente più elevate del dato generale e quelli del Centro sono sovra-rappresentati tra gli ex-allievi che non ricorrono al CFP a cui era- no iscritti. A loro volta i qualificati si collocano sul totale, mentre i diplomati dimo- strano maggiore fiducia nel proprio centro. Gli ex-allievi della meccanica industria- le e dell’automotive si servono in percentuali superiori al dato generale del CFP da 129 loro frequentato, mentre la fiducia diminuisce tra quelli dell’energia, del turistico alberghiero, dell’elettrico-elettronico, dei settori altri e del grafico. Un altro canale per trovare una occupazione è costituito dall’azienda in cui l’ex-allievo ha svolto lo stage. Solo un quarto circa (23,5%) degli occupati risponde positivamente alla relativa domanda, a conferma dei problemi che i giovani incon- trano nel reperire un lavoro anche nelle imprese dove si è conosciuti e apprezzati. Le ragazze evidenziano maggiori difficoltà dei colleghi maschi, mentre gli ex- allievi di origine migratoria risultano leggermente favoriti. Anche in questo caso, i 17enni sembrano facilitati rispetto ai 18enni e ai 19enni ed oltre. Gli intervistati del Nord Ovest si trovano in una situazione più positiva del totale, anche se in misura modesta, mentre gli inchiestati del Centro incontrano maggiori problemi. Il con- fronto tra qualificati e diplomati vede questi ultimi in condizione migliore con il 40,3% che trova un lavoro nell’impresa dello stage. Venendo poi agli incroci con i settori, gli intervistati della meccanica industriale e dell’automotive risultano favo- riti, mentre quelli dell’energia, del turistico alberghiero, dell’elettrico elettronico, degli “altri” comparti e del grafico sono sovra-rappresentati tra gli ex-allievi che non vengono assunti nell’azienda dello stage. Una domanda nuova, introdotta nel presente monitoraggio e che è stata rivolta a tutti gli intervistati, ha riguardato il Programma Garanzia Giovani. Neppure un quinto (19,2%) del totale degli ex-allievi dichiara di conoscerlo, una percentuale in- feriore a quella degli inchiestati che si è servito degli altri due canali per trovare un lavoro, disponibili nei Centri del CNOS-FAP; oltre l’80% (80,4%) invece è sulla negativa e lo 0,3% non risponde. La disinformazione evidente chiama in causa so- prattutto i responsabili a livello politico e amministrativo nel governo nazionale e nelle Regioni; al tempo stesso dai dati non pare che l’impegno in proposito dei CFP sia stato soddisfacente. Gli incroci evidenziano i sotto-campioni più informati e quelli meno: nel primo gruppo si riscontrano le ragazze (leggermente), i residenti al Centro, gli intervistati del turistico alberghiero e dei settori “altri”, mentre tra i secondi vanno annoverati gli ex-allievi di origine migratoria, quelli del Nord Est, i diplomati, gli inchiestati del grafico e della meccanica industriale. Servendosi dei canali ricordati sopra, la maggioranza relativa degli occupati (43,9%) dichiara di essere stata assunta entro tre mesi dalla qualifica/diploma, men- tre un quinto circa (19,0%) ha impiegato sei mesi e il 30,5% un anno. Le cifre dei monitoraggi precedenti risultano piuttosto oscillanti per cui non emergono tenden- ze consolidate che potrebbero essere verificate dai dati del 2015. dagli incroci con le variabili emerge che tempi più brevi per l’assunzione si ri- scontrano tra i 17enni, i residenti nel Nord Ovest, i diplomati, gli inchiestati della meccanica industriale e dell’automotive. dichiarano invece di sperimentare periodi più lunghi: le ragazze, gli ex-allievi di origine migratoria, il Nord Est e il Centro, i qualificati, i comparti “altri”, l’elettrico-elettronico e il turistico alberghiero. Passando al tipo di lavoro che si è riusciti a reperire, un primo dato evidenzia che i due terzi circa (62,6%) ha trovato un’occupazione coerente con la qualifica/di- 130 ploma, mentre il 37,4% è sulla negativa. Anche in questo caso non sono possibili conferme di tendenze perché non si riscontrano andamenti consolidati nei monito- raggi precedenti. La corrispondenza aumenta tra le femmine, le classi di età più gio- vani, gli intervistati del Nord Ovest, i diplomati, e nei settori turistico alberghiero e della meccanica industriale; al contrario essa si riduce e cresce la difformità tra i 19enni e oltre, gli ex-allievi di origine migratoria, i residenti nel Nord Est e nel Centro, i qualificati, gli inchiestati dei settori grafico, dell’elettrico-elettronico, del- l’energia e dell’automotive. La tipologia delle aziende che hanno assunto gli ex-allievi occupati vede al pri- mo posto con l’80% quasi (79,9%) le microimprese (strutture imprenditoriali con meno di 10 occupati e un fatturato annuo, oppure un totale di bilancio annuo, non superiore a 2 milioni di euro); seguono a notevole distanza con il 12,5% le piccole (strutture imprenditoriali con meno di 50 occupati e un fatturato annuo, oppure un totale di bilancio annuo, non superiore a 10 milioni di euro), con il 4,3% le grandi (strutture imprenditoriali con più di 250 occupati e un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro) e con il 2,9% le medie (strutture imprenditoriali con meno di 250 occupati e un fattu- rato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro), mentre lo 0,4% non risponde. I dati del monitorag- gio del 2015 confermano l’andamento in crescita delle microimprese. Le ragazze sono occupate per la quasi totalità (93,5%) nelle microimprese, mentre i maschi si collocano sostanzialmente sul totale tranne che nel caso proprio delle microimprese in cui sono leggermente sotto-rappresentati. L’inserimento nelle microimprese diminuisce passando dalle coorti di età più giovani a quelle più an- ziane, mentre l’andamento opposto si riscontra riguardo alle piccole imprese. Non vi sono differenze sostanziali tra la collocazione degli italiani e quella degli ex-al- lievi di origine migratoria tranne che per una leggera sovra-rappresentazione di que- sti ultimi nelle microimprese. I residenti nel Nord Est si caratterizzano per percen- tuali superiori al totale nella piccole imprese e cifre inferiori nelle microimprese, mentre l’andamento opposto, anche se in misura modesta, si riscontra nel Nord Ovest e nel Centro. I qualificati si collocano sostanzialmente sul dato generale, mentre i diplomati vengono assunti in misura maggiore nelle imprese medie e gran- di e meno nelle micro. Negli incroci con i comparti, gli ex-allievi della meccanica industriale, della grafica e dell’energia sono sovra-rappresentati nelle piccole im- prese e sotto-rappresentati nelle micro-imprese, gli intervistati dei settori “altri”, del turistico alberghiero e dell’elettrico-elettronico si caratterizzano per un andamento opposto e gli inchiestati dell’automotive sono sovra-rappresentati nelle grandi im- prese e sotto-rappresentati nelle microimprese. L’ultima domanda che si prende in considerazione in quest’area riguarda la ti- pologia contrattuale di assunzione. Oltre il 40% (43,2%) degli ex-allievi occupati lavora con un contratto atipico, un terzo quasi (31,2%) con quello di apprendistato e un quinto circa (17,4%) con uno a tempo determinato; al di sotto del 10% si col- 131 locano invece il tempo indeterminato (5,6%) e altre modalità contrattuali non formalizzate (2,5%). I dati del 2015 confermano alcuni andamenti emersi nei moni- toraggi precedenti e cioè: l’aumento dei contratti atipici e la diminuzione dell’ap- prendistato e delle tipologie non formalizzate. In altre parole viene evidenziata la crescita nel tempo della instabilità contrattuale che, a sua volta, riflette la situazione di crisi economica del Paese. Se si fa riferimento agli incroci con le solite variabili socio-demografiche, è possibile elencare le categorie che godono di una maggiore o minore stabilità la- vorativa, facendo perno da una parte sul tempo indeterminato e l’apprendistato e dall’altro sui contratti atipici e sul tempo determinato. Nel primo raggruppamento vanno annoverati i 17enni, i residenti nel Nord Est, i diplomati e i settori della mec- canica industriale e della grafica, mentre nel secondo rientrano gli ex-allievi di ori- gine migratoria, quelli del Centro, i qualificati, i comparti del turistico alberghiero, dei settori “altri”, dell’elettrico-elettronico e dell’energia. 3.3. Gli ex-allievi che non lavorano né studiano Sono 449 (17,3%) gli intervistati che non lavorano, né studiano e la gamma delle condizioni in cui si trovano più precisamente appare diversificata. I due terzi circa (65,6% o 293), cioè la maggior parte, si sono messi subito a cercare lavoro, senza riuscire a trovarlo e più di un quinto (21,6% o 97) lo ha trovato, ma al mo- mento è disoccupato; il 4,7% (21) ha fatto un’esperienza di tirocinio; l’1,1% (5) si è iscritto a un nuovo corso di FP e l’1,6 (7) ha optato per l’alternativa “altro”; solo il 3,6% (16) è rimasto in attesa di migliori opportunità di scelta, mentre il 2,2% (10) non risponde e nessuno si è iscritto a un corso di apprendistato. I dati del presente monitoraggio confermano due andamenti dei precedenti e cioè l’aumento degli intervistati che hanno reperito un lavoro, ma che ora ne sono rimasti senza e, so- prattutto, la riduzione a una percentuale irrilevante (3,6% degli ex-allievi di questo sotto-campione e 0,6% di tutti gli inchiestati) degli ex-allievi in attesa di occasioni più favorevoli, cioè di quelli che costituiscono la vera categoria degli inattivi. Gli incroci permettono di individuare i sotto-campioni che si sono dati mag- giormente da fare e quelli meno, anche se la percentuale generale di chi è rimasto in attesa di migliori opportunità è ormai molto bassa. Nel primo gruppo si trovano le femmine, il Centro, il turistico alberghiero, l’automotive e il grafico; nel secondo, il Nord Est, i diplomati, i settori dell’energia e della meccanica industriale e legger- mente i 17enni e i 18enni (cfr. Tav. 5). 132 t av . 5 - Si tu az io ne d eg li ex -a lli ev i c he n on la vo ra no n é st ud ia no in cr oc ia ta c on il s es so . l a ci rc os cr iz io ne e i se tto ri ( 20 15 ; in V A e % ) Le ge nd a: * = E ne rg ie a lte rn at iv e/ ri nn ov ab ili - E di liz ia ** = B en es se re , L av or az io ne A rt is tic a de l L eg no , A gr ic ol tu ra , A m m in is tr az io ne , P un to V en di ta ** * = Il to ta le in q ue st o ca so è 7 18 V A = V al or i A ss ol ut i N R = N on R is po nd e 133 4. valutazione complessiva dell’esperienza Il 96,5% degli ex-allievi si dichiara soddisfatto dell’esperienza formativa vis- suta nei corsi di IeFP offerti dai CFP del CNOS-FAP, il 70% circa (67,9%) molto e il 30% quasi (28,6%) abbastanza. Le altre alternative ricevono segnalazioni mini- me: poco l’1,5% e per nulla lo 0,4%, mentre l’1,7% non risponde. I dati conferma- no alcuni andamenti degli ultimi monitoraggi: la crescita degli intervistati che indi- cano “molto” e la diminuzione di quanti segnalano “poco” o non rispondono. In proposito può essere ripetuta la valutazione che si è espressa a riguardo del prece- dente monitoraggio: il giudizio degli ex-allievi è di generale apprezzamento, ma re- sta il 30% circa che non dà una valutazione di ottimo, ma solo di sufficiente. Se si prendono in considerazione gli incroci e si fa riferimento soprattutto ai dati relativi agli ex-allievi abbastanza soddisfatti, si possono evidenziare le categorie di intervistati più positive e quelle meno. Nel primo raggruppamento si possono anno- verare: i residenti nel Centro, gli inchiestati dell’automotive e della meccanica indu- striale e in misura contenuta i 17enni. Attribuiscono maggiore rilevanza alla suffi- cienza i seguenti sotto-campioni: le femmine, gli ex-allievi del Nord Est, dell’energia e della grafica e leggermente i 19enni e oltre e gli intervistati di origine migratoria. La valutazione dell’esperienza formativa nella IeFP dei CFP CNOS-FAP conti- nua nelle due domande successive. dalla prima emerge che, sulla base degli anni tra- scorsi nei CFP del CNOS-FAP, il 90% quasi (89,5%) degli ex-allievi rifrequenterebbe (o farebbe frequentare a suo/a figlio/a) i corsi di IeFP erogati dal CNOS-FAP, mentre neppure il 2% (1,5%) è per la negativa, meno del 10% (8,7%) risulta indeciso e lo 0,2% non risponde. I dati del 2015 confermano due andamenti degli ultimi monitorag- gi e cioè che aumentano i “sì” e diminuiscono gli indecisi. Gli incroci mettono in ri- salto una leggera maggiore positività nel Nord Est, una minore nei settori energia e grafica e in misura modesta tra gli ex-allievi di origine migratoria e anche una sovra- rappresentazione tra gli indecisi di questi ultimi e dei comparti di energia e grafica. Nella seconda domanda di approfondimento della valutazione complessiva, il 90% circa (88,0%) degli intervistati afferma che è disposto a consigliare ad un suo pa- rente o amico di iscriversi ai corsi di IeFP salesiana; inoltre, non arrivano al 2% (1,7%) coloro che non lo farebbero, il 10,1% appare indeciso, mentre non risponde lo 0,2%. Anche questi risultati confermano tendenze emerse negli ultimi monitoraggi: aumenta- no gli ex-allievi che sono pronti a consigliare la frequenza dei CFP del CNOS-FAP e al tempo stesso diminuiscono sia quanti sono per la negativa sia gli indecisi. A loro volta, gli incroci evidenziano una disponibilità relativamente più grande a consigliare tra i 17enni e nell’automotive, una minore tra gli ex-allievi di origine migratoria, nell’ener- gia e nella grafica e una maggiore incertezza a prendere posizione sulla domanda anco- ra tra gli intervistati di origine migratoria, della grafica e (leggermente) tra i 17enni. Una conferma indiretta della valutazione complessivamente positiva fornita da- gli ex-allievi viene dall’ultima domanda in cui si chiedeva loro di indicare l’ambito dei corsi della FP salesiana che si riteneva migliorabile. Infatti, oltre il 90% (91,8%) 134 degli intervistati indica l’alternativa “nessuno”; inoltre percentuali minime, al di sotto del 2%, segnalano, nell’ordine, per una revisione i contenuti e gli argomenti trattati e le relazioni interpersonali (ambedue 1,4%), il legame tra CFP ed ex-allievi (1,1%), i metodi di insegnamento (0,8%), le attrezzature, la qualità dei formatori e lo stage (0,6%, ognuno dei tre item), mentre l’1,3% indica “altro” e lo 0,3% non ri- sponde. Le cifre elencate risultano in continuità con l’andamento degli ultimi moni- toraggi che evidenziavano l’aumento di quanti ritenevano che nessun ambito neces- sitasse di un miglioramento. Gli incroci consentono di distinguere tra i gruppi più soddisfatti, che sono gli ex-allievi di origine migratoria, i residenti del Nord Est e del Centro, l’automotive e la meccanica industriale, e quelli meno ai quali apparten- gono le ragazze, i diplomati, il turistico alberghiero e l’energia. Come negli altri monitoraggi, anche in questo, la possibilità di dialogare diret- tamente con gli ex-allievi e con le famiglie nelle interviste telefoniche ha consenti- to non solo di ascoltare le loro risposte alle domande del questionario ma anche di raccogliere in maniera informale il racconto del vissuto degli allievi all’interno dei CFP del CNOS-FAP. data la loro rilevanza, ho ritenuto utile presentare qui di seguito i commenti principali di ex-allievi e genitori relativi all’indagine del 2015 che confermano ulteriormente la validità delle opzioni fondamentali del Progetto Educativo Nazionale Salesiano. 1) L’importanza del lavorare insieme all’interno di un progetto educativo da parte di tutti gli operatori (= la comunità formativa): – «Era come lasciare mio figlio in una seconda famiglia». – «da voi il ragazzo si è sentito accolto e compreso come a casa sua». – «Al CFP ti trattano come un figlio». – «Con i professori potevi ridere e scherzare ma poi quando diventavano seri ci aiutavano ad imparare un mestiere». – «Il ragazzo non si è trovato spaesato. dalla nostra famiglia è passato alla vostra famiglia». – «La comunicazione e la collaborazione tra il CFP e la nostra Struttura (Casa Famiglia) è stata ottima. Tutti hanno contribuito al recupero del ragazzo e so- stenuto il suo percorso con estrema flessibilità e fermezza allo stesso tempo. Hanno saputo lavorare sulla motivazione del ragazzo». – «Ho nostalgia di voi, eravate un’ambiente speciale». – «Una cosa favolosa! Un centro dove tutti ti danno una mano. L’esperienza dal punto di vista umano e formativo la consiglierei a tutti». – «È la scuola ideale per tutti i genitori che non si fidano dei figli, perché il CFP è molto attento e telefona continuamente». – «Nel CFP era come se fossimo in un gruppo di amici». – «Abbiamo avuto subito l’idea di un ambiente positivo, dove c’era la passione per insegnare valori e un mestiere ai ragazzi». – «Vi descrive una sola parola: “siete stupendi”. Forse “siete stupendi” sono due parole. Allora lasci solo “stupendi». 135 – «dopo la mia famiglia ci siete voi! ma staccati di poco!». – «del vostro CFP abbiamo avuto subito l’idea di un ambiente positivo. Un luogo dove c’era attenzione nei confronti dei ragazzi che con il vostro metodo educa- tivo possono essere stimolati e valorizzati». 2) L’attenzione al giovane (= una educazione personalizzata e non di massa): – «I professori erano molto vicini alle necessità degli allievi». – «I ragazzi sono stati accolti, capiti e aiutati a realizzarsi per quello che sono». – «La cosa che mi ha colpito di più del percorso formativo è che noi ragazzi ve- nivamo prima del voto». – «Il CFP è stato un luogo di incontro e di salvezza per mio figlio. Voi gli avete ridato la voglia di credere nelle sue capacità». – «Il Centro di Formazione Professionale salesiano ha restituito a mio figlio la fi- ducia in se stesso. Voi puntate molto sugli aspetti positivi dei ragazzi valoriz- zando quello che sanno fare». – «L’esperienza di mio figlio ha arricchito anche la nostra famiglia. I ragazzi con voi hanno saputo sviluppare le doti umane che avevano e ora vivono di rendita». – «Siete riusciti ad accendere di nuovo le lampadine nella testa di mio figlio. Pri- ma le aveva ma erano tutte fulminate». 3) Il progetto educativo che guarda al presente, la professione, e al futuro, l’in- serimento nella società, nella Chiesa, nel mondo del lavoro (= un CFP inserito nel- la comunità locale): – «Per me siete stati una scuola di vita». – «Eccezionali. Continuate così. dopo gli anni al CFP sono riuscito a prendere il diploma in un Istituto Tecnico superiore e ora sogno l’Università. ma ne avete una vostra? Così torno da voi». – «Al CFP insegnano ai ragazzi un mestiere e li preparano alla vita!». – «Il percorso formativo che ha fatto mio figlio lo consiglierei a tutti. Al CFP dei salesiani lo hanno fatto crescere in senso umano, nelle relazioni sociali e gli hanno trasmesso delle competenze. Prima era un ragazzo isolato ora ha ritrova- to la spinta per rimettersi in gioco». – «I vostri sono centri che preparano costantemente al lavoro e in tal senso mi ha colpito la grande pazienza dei formatori». – «È stata una esperienza di crescita umana e spirituale». – «Avete cresciuto un uomo e un lavoratore». – «mio figlio ha appreso un mestiere e tanti valori». – «È stata una esperienza di crescita umana e spirituale». – «Al CFP abbiamo imparato un mestiere e ricevuto dei valori sani». 4) Un progetto rispettoso della persona ma anche propositivo di valori umani e cristiani (= la pedagogia della proposta e non del silenzio per formare onesti cit- tadini e buoni cristiani): – «I formatori ci hanno aiutato a saper parlare in modo nuovo ai nostri figli. Il dialogo era fondamentale nel centro di formazione!». 136 – «Nel centro di formazione si poteva parlare con i professori, c’era un dialogo sempre. Per molti docenti a scuola sei un gradino al di sotto, mentre, al CFP dei salesiani, eravamo tutti sullo stesso piano». – «Sono stati coinvolti in molte esperienze di volontariato! questo è stato impor- tante al pari del percorso di studio». – «I professori ci insegnavano attraverso il loro esempio quotidiano e un po’ alla volta ci miglioravano». – «I formatori stavano molto meno in cattedra e più tra di noi. Così ci hanno tra- smesso le regole attraverso il dialogo e non con l’imposizione». – «Avete dato a mio figlio il valore dell’ io come persona a servizio degli altri». – «Parlo come genitore e insegnante e noto che i giovani oggi sono molto fragili e a volte non hanno le idee chiare. Personalmente con il CFP dei salesiani mi sono trovata benissimo perché sapevano come prendere i ragazzi, come parlar- ci e valorizzarli. In virtù di questo sto pubblicizzando molto le vostre attività!». – «mio figlio quando è entrato da voi ragionava come un neonato. Stando con voi si è vaccinato alla vita!». – «mio figlio si è accorto del metodo educativo che si è usato e quello salesiano è ottimo, perché alterna dolcezza a fermezza». – «Con mio figlio la formula vincente è stato il vostro metodo educativo. Un in- sieme di regole ferme ed efficaci inserite in un clima familiare dove sentirsi parte di un’unica realtà». – «Una esperienza ottima per quanto riguarda l’offerta didattica ed il metodo educativo». – «dopo gli anni al CFP mio figlio ha accresciuto la capacità di credere nelle proprie competenze e ha tirato fuori delle qualità che fino a quel momento non erano emerse». – «Avete dato a mio figlio non solo una competenza professionale ma anche il senso del volontariato; quindi avete creato non solo operai per le aziende ma anche operai nel volontariato». 5) Il miglioramento continuo che stimola il CFP a guardare chi è in difficoltà: – «Se non fosse esistita questa opportunità mio figlio si sarebbe chiuso in se stes- so dopo il fallimento con le altre scuole, grazie!». – «Il CFP è stato un luogo di incontro e di salvezza per mio figlio». – «Io ho un amico in un’altra regione che non vuole più studiare. C’è qualcosa pure per lui? ma senza stressarlo troppo eh!!». – «Prima di venire da voi ero un poco di buono voi mi avete sottratto il poco ed è rimasto il buono». – «Eravamo in un tunnel, ora siamo in un sogno. Grazie di tutto!». – «È un percorso ottimo per i ragazzi che hanno problemi psicologici, sono de- motivati o che non hanno voglia di studiare. Attraverso le parole dei formatori e i loro insegnamenti i ragazzi crescono. dopo il vostro percorso formativo i ragazzi escono fuori cambiati». 137 – «dopo l’esperienza al CFP salesiano ho visto sfatare il mito secondo il quale i ragazzi sono allergici alle regole. In realtà tutto dipende dalla capacità degli adulti di farsi ascoltare, dal loro modo di comunicare e far rispettare le regole ai ragazzi». – «mio figlio soffriva di disturbi dell’attenzione ed ha trovato in voi massima disponibilità». – «mio figlio ha sofferto di depressione e devo dire che i formatori hanno creato un ambiente sereno e hanno saputo trasmettergli l’equilibrio che aveva smarrito». – «Se non fosse esistita questa opportunità mio figlio avrebbe avuto le gambe ta- gliate dopo il fallimento con le altre scuole». – «Il ragazzo si è sentito accolto e accompagnato. Se avessi conosciuto prima questa opportunità, non avremmo perso del tempo prezioso». – «Ho visto in mio figlio, da quando ha frequentato il CFP salesiano, un forte cambiamento in positivo». – «mi avete cambiato totalmente. Rispetto a prima mi è rimasto solo il nome... ma quello me lo tengo che mi piace». – «I Salesiani mi hanno aiutato in un momento in cui ero molto indeciso sulla mia vita». – «Al CFP, se noi ragazzi ci mettiamo l’impegno, i professori cercano di offrirci tutte le opportunità per farci migliorare umanamente e professionalmente». – «Ho visto in mio figlio un forte cambiamento da quando ha frequentato il CFP. È diventato un uomo e sarà anche un buon lavoratore». 139 Il rapporto presenta in sintesi i risultati della terza fase di un progetto di ricerca di ampio respiro che il CNOS-FAP ha inteso realizzare con la collaborazione dell’I- stituto di Sociologia dell’Educazione dell’Università Salesiana sul tema dell’inseri- mento nel lavoro dei qualificati della propria IeFP. con l’obiettivo di valutare la si- tuazione degli ex-allievi a un anno dalla qualifica o dal diploma (malizia e Gentile, 2015 e 2016; malizia e Pieroni, 2012b e 2013). Più in particolare si è voluto verifi- care il “successo formativo” dei giovani alla luce della legge del 1999 (il dpr. 275/99) che all’art. 1 affida all’autonomia delle scuole la finalità di garantirlo a tutti. Per motivi di tempo e di risorse la prima fase della ricerca è stata focalizzata sui qualificati nel 2008-09 dei settori meccanici auto ed elettro-elettronici della IeFP salesiana (malizia e Pieroni, 2010); la seconda fase ha riguardato gli allievi dei percorsi biennali, triennali e quadriennali sperimentali di IeFP del CNOS-FAP, qua- lificati nell’anno formativo 2009-10, relativamente a 5 macrosettori (auto, elettrico- elettronico, grafico, industria, turismo) più vari altri (edilizia, lavorazione artistica del legno, agricoltura, benessere1, amministrazione, punto vendita) che sono stati trattati insieme per la loro ridotta consistenza numerica (malizia e Pieroni, 2012b). La terza fase riguarda non solo i qualificati e i macrosettori appena richiamati del 2009-10 (con l’aggiunta dell’energia nel 2011-12), ma per la prima volta anche i di- plomati. Più precisamente, finora (ma è ancora in corso) tale fase ha incluso quali- ficati e diplomati nei seguenti anni formativi: 2010-11, 2011-12, 2012-13 e 2013- 14 (malizia e Pieroni, 2013; marchioro, 2014; malizia e Gentile, 2015 e 2016). Al fine di valutare gli esiti della transizione al lavoro si è deciso di ricorrere alla seguente metodologia di ricerca che si richiama qui in generale, mentre per le cifre precise si dovranno consultare i capitoli 4 e 5. In una primo momento ci si è rivolti alle segreteria dei centri del CNOS-FAP, per conoscere anzitutto il numero dei qualificati e dei diplomati a giugno-luglio dell’anno in corso, suddivisi per settori di qualifica operativi in ciascun CFP e per ottenere dati anagrafici distribuiti per settore di qualifica. A seguito di queste prime informazioni è stato definito l’universo degli ex-allievi di riferimento che poi sono stati monitorati tramite inter- vista telefonica personalizzata. Ad essi è stato applicata una breve scheda, compren- dente una decina di domande, che è rimasta sostanzialmente la stessa dalla prima fase della ricerca (malizia e Gentile, 2015 e 2016)2. Il monitoraggio va inquadrato nella situazione di crisi che la società italiana ha vissuto tra il 2008 e il 2014 e che solo nel 2015 ha registrato qualche segnale di ri- oSSerVAzioni concLuSiVe 1 Estetiste e acconciatori. 2 Per la scheda cfr. Appendice I. 140 presa. Come negli altri Paesi Occidentali, l’Italia ha attraversato una fase di profon- da recessione economica. In proposito vale la pena richiamare alla lettera le valuta- zioni del Censis che fotografano molto bene la situazione: «La realtà si è rivelata diversa da quella che ci aspettavamo, più complicata che nelle crisi precedenti e co- sì “perfida” da imporci una radicale rottura di schema anche interpretativo (prima ancora che decisionale e operativo). Ci siamo infatti trovati dentro fenomeni e pro- cessi non padroneggiabili, e in parte neppure comprensibili [...]: – sono entrati in giuoco “fenomeni enormi” per dimensione e complessità fuori della nostra portata intellettuale e politica (la speculazione internazionale, la crisi dell’euro, l’impotenza dell’apparato europeo, la modifica degli assetti geopolitici e altro ancora); – ci sono piovuti addosso “eventi estremi” quasi con caratteristiche di catastrofi naturali (basterebbe pensare a come abbiamo vissuto la dinamica dello spread e il pericolo di default) [...]; – e soprattutto ci siamo ritrovati nella progressiva crisi della sovranità, a tutti i li- velli, visto che nessuno, in Italia e altrove, è stato in grado di esercitare un’ade- guata reattività decisionale» (Censis, 2012). Va anche evidenziato che l’ultimo mese del 2014 ha riservato una sorpresa po- sitiva, la riduzione delle percentuali della disoccupazione generale e di quella gio- vanile al 12,9% e al 42% rispettivamente, e l’incremento dell’occupazione al 55,7%. questi segnali di ripresa hanno continuato a manifestarsi nel 2015, benché in maniera debole (Censis, 2015; Sensini, 2 marzo 2016; Redazione Online, 2 mar- zo 2016; marro, 2 marzo 2016; mazza, 2 marzo 2016; Pini, 2 e 5 marzo 2016). do- po tre anni di caduta, il Pil aumenta dello 0,8% (in dati grezzi e dello 0,6% in dati corretti in base ai giorni lavorati), una cifra che si situa poco al di sotto delle ultime previsioni ufficiali del governo che lo collocavano allo 0,9%. A gennaio del 2016 il tasso di disoccupazione si colloca all’11,5%, pressoché il medesimo del dicembre del 2015 (11,6%), ma più basso dello 0,7% rispetto a un anno prima. Risale invece a gennaio il tasso di disoccupazione giovanile, raggiun- gendo il 39,3% dopo il 38,7% del dicembre del 2015; comunque, esso rimane note- volmente al di sotto del picco del 43,7% del marzo del 2014. A sua volta la percen- tuale degli occupati ha raggiunto il 56,8%, il dato più elevato dal maggio 2012. questo andamento altalenante sembra dare supporto allo scenario ancora alquanto buio, descritto dal Rapporto Censis 2015, di un’Italia in “letargo esistenziale”, Pae- se dello “zero virgola”, avvolto nelle nebbie di un “limbo”, che non riesce ad av- viarsi verso una piena ripresa e una visione di lungo periodo (Censis, 2015). Ciò non significa che manchino segnali di una certa luminosità. Se disoccupazione e Neet (26,2% nel 2014 rispetto al dato medio dell’Ue 15,3%) non sono drammi ancora superati, tuttavia creatività e ibridazione, la capa- cità cioè di stabilire una relazione feconda fra tradizione e innovazione, sono anco- ra efficacemente presenti tra i nostri giovani (Censis, 2015). Nel confronto con i maggiori Paesi europei l’Italia è quella che può vantare il più ampio numero di la- 141 voratori autonomi tra i 20 e i 34 anni: 941.000, quasi il doppio della Germania (528.000) e più dell’Inghilterra (849.000). La crisi ha stimolato l’inventiva e l’inge- gno: in confronto al 2009 i giovanissimi imprenditori sono cresciuti del 20,4% e il 15% del gruppo di età 16-30 intende iniziare uno start up nei prossimi anni. Per quanto riguarda la scuola, un dato favorevole è offerto dalla diminuzione della percentuale degli abbandoni al primo anno della secondaria di 2° grado dal 12,6% del 2009-10 al 10,8% del 2012-13. Sul piano qualitativo, il Rapporto Censis riconosce le positività della Legge 107 del 2015 che ha avviato la riforma della “Buona Scuola” (2015). Nonostante i dibattiti e le opposizioni che la sua approva- zione ha sollevato, non le si può negare il pregio di aver collocato di nuovo l’emer- genza educativa al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e non più come un’area della spending review, ma allo scopo di ripensare la mission del sistema di istruzione e di formazione, i suoi contenuti, i suoi processi e la sua organizzazione. Nonostante questi segnali positivi, rimane vero che la condizione attuale dei giovani italiani è tutt’altro che soddisfacente (Reyneri, 2014; Istituto Giuseppe To- niolo, 2014). « [...] sempre meno numerosi e più istruiti (ma ancora poco a confron- to dei coetanei degli altri Paesi europei), entrano più tardi nel mercato del lavoro e svolgono più frequentemente lavori non manuali qualificati, ma molto più che in passato sperimentano lunghi periodi in cui alternano spezzoni di occupazioni insta- bili e momenti di disoccupazione non brevi. Inoltre, un elevato livello di istruzione non è più una garanzia di accesso a lavori professionalmente qualificati, anche se l’influenza dell’origine sociale si è un poco attenuata». Comunque, in Italia chi ap- partiene a una famiglia con inferiori risorse culturali e strumentali incontra più diffi- coltà, a parità di capacità di base, a raggiungere i più alti livelli del sistema di istru- zione e di formazione e, se riesce a laurearsi corre con maggiori probabilità il peri- colo di dover affrontare tempi lunghi di disoccupazione o di sotto-inquadramento. In sintesi, si può dire che il nostro Paese valorizza le competenze dei giovani e suppor- ta la loro mobilità sociale meno delle altre nazioni nell’Unione Europea. molte ricer- che mettono in risalto che in Italia il rendimento dell’istruzione si presenta più basso e tardivo in paragone ad altri Paesi con un livello di sviluppo simile. dal punto di vista della posizioni più seguite sul piano teorico per affrontare le problematiche appena accennate, si può dire che nell’ultimo ventennio si sono af- fermati due paradigmi, quello interattivo nel mondo del lavoro (che da parte dello scrivente si vorrebbe anche personalista) e quello dell’investimento sociale riguar- do ai rapporti tra educazione e welfare (malizia e Pieroni, 2012b; malizia e Nanni, 2013 e 2015). Più specificamente, si è passati in primo luogo da provvedimenti di carattere passivo, fondati sul diritto di cittadinanza o sui versamenti corrisposti, a interventi di natura attiva, cioè condizionati alla realizzazione da parte degli inte- ressati dei comportamenti richiesti. Una seconda modalità evolutiva ha riguardato la transizione da misure standardizzate, relative a tipologie di rischio prestabilite, a programmi individualizzati e da una focalizzazione su strategie economiche di ca- rattere macro che privilegiavano la domanda di lavoro, a politiche mirate principal- 142 mente sull’offerta, sul livello micro e sull’attivazione dei beneficiari. Un ultimo trend è consistito in un’azione di decentramento che ha permesso ai soggetti locali di divenire protagonisti e di non essere più solo semplici esecutori, un andamento che ha comportato una revisione della distribuzione delle competenze a livello ter- ritoriale tra centro e periferia e che ha rivalutato il privato, in particolare sociale, ri- spetto al pubblico e le responsabilità individuali in confronto con quelle collettive. In questo quadro si ridisegnano i ruoli del lavoro, della istruzione/formazione e del welfare: il primo si presenta come lo strumento più rilevante di inclusione so- ciale, la seconda è chiamata a svolgere il compito di presiedere alla transizione nel mondo del lavoro e di offrire un contributo centrale al sistema di sicurezza in chia- ve attivante nella mobilità delle persone e il welfare si deve caratterizzare sempre più in senso inclusivo, universalistico, promozionale e personalista. Il pericolo insi- to in questo modello è che la scuola/FP vengano ridotte a puro sostituto funzionale del lavoro e del welfare. Certamente non si può negare che l’istruzione/formazione deve proporsi mete di natura professionalizzante e che possa facilitare nel lungo termine l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e contribuire al conseguimento di una buona occupazione; al tempo stesso non si può limitare il suo ruolo a queste finalità e soprattutto non si può chiedere ad essa di creare da sola nuovo lavoro o di assicurare la stabilità del posto. Sarà necessario invece che sia collocata in un sistema più vasto di protezioni comprensivo di un insieme integrato di strategie attive e passive. Se si tenta un confronto tra i due paradigmi appena citati e le politiche del Go- verno Renzi, in particolare la “Buona Scuola” e il Jobs Act, si possono evidenziare almeno alcuni punti di convergenza e punti di differenza di natura generale. Anzi- tutto, tra i primi va ricordato il rafforzamento dell’educazione prescolastica, il po- tenziamento delle competenze trasversali e generali, il miglioramento dell’alternan- za scuola-mondo del lavoro, il consolidamento dell’autonomia, l’introduzione della flexicurity e l’attenzione accresciuta alla riconciliazione tra la vita familiare e il mondo del lavoro. Tra i secondi, suscita molte critiche una tendenza scuola- centrica e Stato-centrica che persiste nelle politiche del governo Renzi in particola- re riguardo alla IeFP e alla scuola paritaria. Un’altra carenza è il modesto sviluppo in Italia delle strategie del lifelong learning. Inoltre, sembra esserci troppa fiducia nelle politiche attive del lavoro e nell’offerta di lavoro; mentre si tende a trascurare le misure di protezione sociale passiva e la necessità di sostenere la domanda di lavoro da parte delle imprese. Eppure, la IeFP presenta molti aspetti validi che dovrebbero convincere il go- verno a fornirle un sostegno adeguato. Il primo da segnalare consiste nel successo che è riuscita ad ottenere tra le famiglie e i giovani (ISFOL, 23 settembre 2015; Re- dazione di Rassegna CNOS, 2016). Si è infatti passati dai circa 24.000 frequentanti del 2002-03 agli attuali 328.000 e, come si è visto sopra, la crescita non si è ferma- ta. I motivi del grande consenso riscosso vanno indentificati nella passione educati- va e nelle metodologie formative partecipative. Un altro punto forte è rappresentato 143 dall’efficacia della IeFP nella lotta alla dispersione scolastica. Varie ricerche, soprat- tutto dell’ISFOL, hanno offerto prove più che convincenti che tale (sotto)sistema costituisce una strategia valida per il recupero dell’apprendimento e la rimotivazio- ne dei giovani in situazione di disagio; da questo punto di vista si segnala soprattut- to la IeFP dei centri accreditati. Un altro elemento positivo della IeFP è dato dalla sua rilevante capacità inclusiva. Anche gli esiti occupazionali degli allievi della IeFP sono lusinghieri: a tre anni dalla qualifica il 50,0% risulta occupato, il 23,5% disoccupato e il 18,6% in cerca di occupazione; a sua volta il 6,6% ha optato per la prosecuzione degli studi. In tale contesto si capisce come mai la grande maggioran- za degli interessati esprima una valutazione positiva dei percorsi di IeFP: nell’inda- gine su un campione rappresentativo di qualificati a tre anni dal titolo, il 78,0% ma- nifesta la propria soddisfazione riguardo alla scelta della IeFP e le assegna un pun- teggio superiore a 8 in una scala da 1 a 10 che è in genere più alto che non per altri tipi di istruzione; inoltre, tale apprezzamento sale all’81% tra gli ex-allievi dei cen- tri accreditati, mentre quelli degli IPS si situano a 11 punti percentuali di distanza. Il monitoraggio del CNOS-FAP conferma questi andamenti positivi della IeFP. Nel sintetizzarne gli esiti, prenderò le mosse dai dati dell’ultima edizione che aveva come riferimento l’universo degli ex-allievi dell’Ente a un anno dalla qualifica/di- ploma, quella cioè del 2014 (qualificati e diplomati del 2012-13) e li metterò a pa- ragone con i due sondaggi che permettono il confronto, quelli del 2012 e del 2013; invece, il paragone con i dati dell’ultimo monitoraggio del 2015 sarà limitato a con- fermare eventuali andamenti consolidati in tendenziale aumento o riduzione perché tale sondaggio ha un universo di riferimento più ristretto, non avendo potuto rag- giungere gli ex-allievi della Sicilia. Nel 2014 il monitoraggio ha raggiunto l’88,1% dell’universo dei qualificati/di- plomati del 2012-13, cioè una porzione in grado di garantire la rappresentatività so- ciale e la quota è rimasta sostanzialmente stabile nel tempo3 intorno al 90%. Il 90,5% sono qualificati dell’IeFP, l’8,5% sono diplomati dell’IeFP e l’1,1% possie- de il diploma della secondaria di 2° grado dell’IP e anche questi dati sono rimasti nel complesso invariati rispetto all’anno precedente e al seguente, gli unici con cui è possibile il confronto. La percentuale degli ex-allievi non reperiti si situa intorno al 10% ed è anch’essa immutata nel tempo, mentre la porzione dei numeri di tele- fono inesistenti si è contemporaneamente ridotta della metà. In secondo luogo, è opportuno richiamare i dati principali sulle variabili socio- demografiche ed educative che identificano le caratteristiche degli intervistati e del loro contesto. Una prima constatazione riguarda la predominanza dei maschi (84,4%) sulle femmine (15,6%) che nel tempo risulta nel complesso invariata e corrisponde alla vocazione tradizionale del CNOS-FAP. Le seconde risiedono principalmente nel 3 A meno che non sia detto diversamente, va compreso anche il monitoraggio del 2015. 144 Nord Ovest, mentre sono assenti o quasi in Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Puglia e Valle d’Aosta, frequentano specialmente i comparti tradizionalmente “femminili” come il turistico alberghiero, il grafico e i settori altri; la loro presenza tra i diplo- mati è minima: probabilmente, l’Ente potrebbe cercare di coinvolgerle maggior- mente e di ridurre i vuoti. Il 60% circa ha conseguito la qualifica o il diploma con un’età regolare, cioè la gran parte degli intervistati, e questo è senz’altro un risultato importante, anche se sul lato meno positivo va osservato che la percentuale è rimasta stabile negli ultimi anni e anzi risulta leggermente diminuita nel monitoraggio del 2015, anche se que- sto dato va preso con molta prudenza. Comunque, è altrettanto importante che la IeFP continui a offrire un’opportunità di recupero a tutti gli studenti in difficoltà nella scuola. Va anche sottolineata una discreta presenza di qualificati di origine migratoria (13,3%), che è il doppio degli iscritti nelle scuole secondarie di 2° grado del nostro Paese (6,6% nel 2012-13). L’andamento è confermato anche dal monitoraggio del 2015. quanto alle circoscrizioni geografiche, risulta che la metà degli ex-allievi risie- de nel Nord Ovest, un quarto quasi nel Nord Est, poco più del 10,0% nel Centro e il 15,6% nel Sud e Isole. Nel triennio considerato, cresce il Nord Ovest e si riducono leggermente il Nord Est, il Centro e il Sud/Isole. Il paragone con la ripartizione de- gli iscritti alle istituzioni formative dell’IeFP in generale vede una sovra-rappresen- tazione degli ex-allievi nel Nord Ovest e una sotto-rappresentazione nel Nord Est e nel Sud/Isole (ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. direzione Generale per le Politiche Attive e Passive del Lavoro, 2013). Si è già accennato sopra alla distribuzione tra qualificati e diplomati e alla sta- bilità dei dati nel tempo. quanto poi alla ripartizione tra i settori, oltre il 30% proviene dal comparto elet- trico-elettronico e intorno a un quinto dal meccanico industriale; tra il 10% e il 15% si collocano l’automotive, il grafico e i settori altri che includono soprattutto il benes- sere e poi il punto vendita, la lavorazione artistica del legno, l’amministrazione e l’a- gricoltura; al di sotto del 10% si riscontrano il turistico alberghiero e l’energia. In que- sto caso il confronto si può fare unicamente con i qualificati/diplomati del 2011-12: tra i due anni aumentano in misura modesta gli intervistati del l’elettrico-elettronico e sempre di poco diminuiscono quelli della meccanica industriale e dell’energia e que- sto andamento risulta confermato dai dati degli ex-allievi del 2013-14. La crescita di quanti si iscrivono dopo un regolare percorso nella scuola di 1° grado e la loro consistenza grandemente maggioritaria (72,2%) confermano che sempre di più la IeFP sta assumendo la fisionomia di una istituzione formativa normale. La permanenza di coloro che provengono dalle scuole di 2° grado nella misura di poco più di un quarto attesta il ruolo di recupero che la FP continua ad as- solvere nei confronti dei “rottamati” dei sistemi scolastici, ossia di quei soggetti che vanno incontro ad insuccessi scolastici e/o che si ritirano spontaneamente perché non ce la fanno ad andare avanti. 145 A un anno dalla qualifica la posizione degli ex-allievi risulta la seguente: – si consolida il sorpasso nella scelta di continuare gli studi (42,2%), rispetto a quella di andare subito a lavorare (30%), che certamente esalta la capacità del- la IeFP appena citata di rimotivare alla formazione giovani che per il carico precedente di fallimenti erano in pericolo di voltare le spalle al sistema educa- tivo di istruzione e di formazione; – nel monitoraggio del 2014 rimane stabile il dato degli occupati (30%) in con- fronto al 2013 dopo il calo tra il 2012 e il 2013 per cui parrebbe fermarsi la di- minuzione registratasi al riguardo; – al momento dell’intervista un quarto quasi (24,7%) afferma di non studiare e di non lavorare, ma va subito precisato che il dato è in diminuzione nel tempo e che solo l’1,9% del totale degli ex-allievi è veramente inattivo; – se tali andamenti vengono visti nel quadro della grave crisi economica, in par- ticolare della disoccupazione giovanile, che affligge attualmente il nostro Pae- se, come è stato messo in risalto nel capitolo 1, non si possono che ribadire le potenzialità positive della IeFP sotto tutti i punti di vista. Rispetto alla posizione dei lavoratori, va evidenziato che: – se le percentuali sulla distribuzione degli ex-allievi tra i settori si considerano in se stesse, emerge che quello che garantisce maggiore occupabilità è la mec- canica industriale con più di un quinto del totale; seguono tra il 10% e il 15% il turistico alberghiero, l’elettrico-elettronico e l’automotive; tra il 5% e il 10% si collocano i settori altri, il benessere, il punto vendita e l’energia; al di sotto del 5% si trovano l’agricoltura, il grafico, la lavorazione artistica del legno e l’amministrazione; – se la distribuzione degli ex-allievi per settori si analizza in paragone alla ripar- tizione generale degli ex-allievi tra i settori, si osserva che la meccanica in - dustriale, l’automotive e la lavorazione artistica del legno evidenziano una so- stanziale coincidenza tra le percentuali dei settori occupazionali e dei settori di qualifica/diploma, mentre il turistico alberghiero, il punto vendita, l’energia, l’agricoltura si qualificano per una potenzialità occupazionale maggiore (le percentuali dei settori occupazionali sono superiori a quelle dei settori di quali- fica/diploma) e l’elettrico-elettronico, il grafico e l’amministrazione per una minore, per cui, mettendo insieme i dati dei due paragrafi, si può dire che la meccanica industriale, l’automotive e il turistico alberghiero sono quelli che possono garantire maggiore occupabilità e nel tempo si riscontra una certa convergenza su di essi 4; – sul piano territoriale la percentuale degli occupati cresce nel Centro e si abbas- sa leggermente nel Nord Est, ma nel primo caso l’andamento si accompagna a 4 manca il riferimento ai settori altri perché l’espressione ha un significato diverso quando si par- la dei settori della qualifica e quando si parla dei settori di lavoro. 146 un aumento degli ex-allievi che non lavorano né studiano e nel secondo alla lo- ro diminuzione, ma in questo caso mancano conferme nel tempo; – ulteriori dati positivi vanno riscontrati nel fatto che tutti hanno effettuato uno o più stage durante il percorso formativo, che più della maggioranza assoluta ha trovato lavoro entro i primi tre mesi e quasi un quinto entro sei; – il 30% circa si è rivolto al proprio CFP per reperire un’occupazione, una per- centuale senz’altro rilevante, che però non è maggioritaria e che è rimasta sta- bile nel tempo per cui risulta particolarmente benvenuta l’iniziativa dello spor- tello SAL di cui si parlerà più ampiamente in seguito; – quanto alle tipologie contrattuali, va ricordata in negativo la consistenza dei contratti atipici e non formalizzati (intorno al 40%) e di quelli a tempo deter- minato (un quinto circa), mentre i contratti di apprendistato e a tempo indeter- minato costituiscono una minoranza anche se consistente, più del 40%, per cui gli ex-allievi del CNOS-FAP soffrono anche loro della generale precarietà del lavoro giovanile con il solo dato positivo di una crescita nel triennio (monito- raggi del 2012, 2013 e 2014) del tempo indeterminato (mentre nel monitorag- gio del 2015 il dato diminuisce rispetto all’anno precedente). Nella parte terminale del sondaggio, alla richiesta di effettuare una valutazione complessiva della propria esperienza formativa nella IeFP del CNOS-FAP, gli ex-allievi hanno fatto registrare percentuali vicine al massimo sia nel manifestare il loro grado di soddisfazione per la formazione ricevuta, sia perché sarebbero disposti a compiere nuovamente la stessa scelta e la consiglierebbero anche ad altri. Tale andamento è stato confermato dalle poche indicazioni di miglioramenti che sono state espresse dagli intervistati. La valutazione è certamente positiva, anche perché tutti i dati favorevoli sono in leggera crescita ma resta più di un quarto degli ex-allievi che non dà un giudizio di ottimo, ma solo di sufficiente e si tratta soprat- tutto delle ex-allieve, dei residenti al Sud, dei settori automotive, elettrico-elettro - nico, energia e dei settori altri: è un ambito questo in cui ci aspettiamo a breve un impegno per raggiungere dappertutto o quasi l’ottimo nella globalità dei CFP salesiani. In sintesi, si può dire che dai sei monitoraggi effettuati a partire dal 2009 emer- ge una serie di andamenti positivi ormai consolidati nel tempo. Ricordo i principali: – il sorpasso della scelta di continuare gli studi rispetto a quella di andare subito a lavorare che evidenzia la capacità della IeFP di rimotivare alla formazione giovani che per gli insuccessi accumulati nella scuola erano in pericolo di ab- bandonare il sistema educativo di istruzione e di formazione; – il ruolo importante svolto dalla IeFP riguardo al reperimento di una occupazio- ne da parte dei giovani del gruppo di età 15-24 anni, quello cioè che trova dif- ficoltà più gravi nel passaggio al mondo del lavoro; – la diminuzione costante degli ex-allievi che non lavorano e non studiano, ridot- ti a poco più del 15% di cui veramente inattivi sono solo l’1,9%; – la crescita nel tempo della presenza degli ex-allievi di origine migratoria tra gli 147 iscritti alla IeFP salesiana che costituiscono molto più del doppio degli studenti stranieri presenti nella secondaria di 2° grado; – l’incidenza positiva dei percorsi di IeFP sulla formazione dei qualificati; – la brevità dei tempi di attesa per il reperimento di un lavoro; – un giudizio globale molto favorevole da parte dei qualificati e diplomati circa l’offerta formativa della IeFP del CNOS-FAP (malizia e Gentile, 2016). Non mancano alcune criticità come la crescita della precarietà di quanti trova- no un lavoro, un ricorso al Centro per reperire l’occupazione ancora non molto dif- fuso e una soddisfazione nei confronti dell’IeFP salesiana che un 30% circa ritiene ancora solo sufficiente rispetto al 70% quasi che la considera ottimale. Comunque, si tratta di carenze limitate, di cui alcune sono già in corso di superamento e che po- tranno essere facilmente ovviate in tempi relativamente brevi. Termino, ricordando l’ultima iniziativa del CNOS-FAP per sostenere gli ex-al- lievi nella ricerca di un’occupazione, cioè l’offerta di “servizi al lavoro” da orga- nizzare in ogni centro salesiano (Gentile, 2015). Al fine di potenziare il successo formativo degli allievi del CNOS-FAP, la Federazione, fin dalla sua costituzione, è impegnata nella progettazione ed erogazione di servizi di formazione iniziale, su- periore, continua, apprendistato, formazione aziendale, orientamento professionale, accompagnamento al lavoro, assistenza e consulenza alle imprese per la stesura di piani formativi aziendali. In particolare: • promuove l’occupazione e la crescita sociale/professionale delle persone, con maggiore attenzione all’inserimento dei giovani e degli adulti in possesso di qualifiche professionali maggiormente richieste dal mercato del lavoro; • garantisce un’ampia e puntuale informazione sulle attività offerte, sulle pro- cedure e sulle regole di erogazione dei servizi, nella sezione dedicata ai Servizi al Lavoro del sito del CNOS/FAP. All’interno di tale sezione è anche possibile compi- lare un apposito modulo per contattare direttamente i diversi Sportelli “Servizi Al Lavoro” dei CFP salesiani in Italia ed essere inserito in un portale specifico per il matching domanda/offerta di lavoro; • considera la qualità del servizio erogato come fattore primario, attraverso un continuo e costante monitoraggio delle attività erogate e della professionalità degli operatori/trici; • favorisce la collaborazione con altri soggetti pubblici e privati per lo svilup- po di una rete territoriale dei servizi per il lavoro al fine di fornire soluzioni adegua- te ai bisogni professionali locali; • attualizzando l’esperienza di don Bosco e dei Salesiani, assolve – senza sco- po di lucro – ad un impegno sociale: – promuovendo la dimensione educativa, culturale e solidale del lavoro umano; – soddisfacendo la domanda formativa che, nell’attuale fase storica, emerge fortemente da giovani e adulti in cerca di inserimento e reinserimento occupaziona- le, ma anche dai lavoratori coinvolti in processi di riqualificazione; 148 – attivando iniziative di orientamento al lavoro per contrastare il rischio di marginalità professionale e sociale delle persone; – promuovendo l’azione di una rete territoriale di sportelli di “Servizi Al La- voro (SAL)” che erogano servizi alle imprese, rivolti alle aziende, e servizi alla per- sona, in grado di rispondere alle esigenze di giovani e adulti occupati e disoccupati. Per quanto riguarda i servizi alla persona, le attività erogate dagli sportelli “Servizi al Lavoro” promossi dalla Federazione CNOS-FAP includono: • informazione: sostenere l’utente nell’acquisire informazioni utili nell’orien- tarsi e promuoversi nel mercato del lavoro e presentare i servizi offerti dalla rete re- gionale/nazionale pubblica e privata; • accoglienza, primo filtro e/o presa in carico della persona: garantire all’uten- te la possibilità di essere preso in carico mediante un primo colloquio individuale; • orientamento professionale: sostenere l’utente nella costruzione e definizio- ne di un percorso personalizzato attraverso colloqui di approfondimento e strumen- ti, come PerformanSe, per la valutazione delle competenze; • consulenza orientativa: sostenere l’utente che necessita di servizi di suppor- to per l’individuazione dell’obiettivo professionale, al fine di promuovere attiva- mente l’inserimento o il reinserimento occupazionale o a migliorare la propria po- sizione nel mercato del lavoro; • accompagnamento al lavoro: supportare l’utente nella ricerca di un impiego e nelle attività correlate all’inserimento lavorativo mediante misure di formazione, tirocinio, stage, apprendistato e altre; • incontro domanda/offerta di lavoro: sostenere e agevolare l’incontro tra do- manda e offerta di lavoro, accompagnando il lavoratore verso un impiego, offrendo una risposta efficace sia al bisogno di collocazione lavorativa degli utenti, sia alle necessità professionali delle aziende. Per quanto si riferisce ai servizi alle imprese, le attività erogate dagli sportelli “Servizi al Lavoro” promossi dalla Federazione CNOS-FAP riguardano: 1) La formazione “su misura”, consistente nella: • rilevazione dei fabbisogni professionali delle imprese e definizione di pro- cessi di adeguamento delle competenze professionali dei lavoratori; • stesura ed erogazione di percorsi di formazione continua per il miglioramen- to delle performances aziendali; • accompagnamento alla redazione di piani formativi personalizzati in ambito di apprendistato. 2) La valorizzazione e lo sviluppo delle risorse umane, declinabile come: • promozione dell’inserimento lavorativo di giovani ed adulti in possesso di qualifiche, diplomi e certificazioni professionali, mediante processi di selezione dei profili professionali; • attivazione di tirocini di formazione/orientamento o di inserimento/reinseri- mento lavorativo o percorsi di apprendistato; 149 • elaborazione di progetti di coaching aziendale, gestione delle risorse umane e definizione dei profili di carriera. 3) La consulenza aziendale, configurabile come assistenza ai datori di lavoro per/e nell’applicazione delle normative inerenti le facilitazioni all’inserimento la- vorativo e la fruizione di eventuali misure di accompagnamento. 4) L’incontro domanda/offerta di lavoro attraverso: • scouting e promozione nei confronti delle imprese; • promozione degli inserimenti lavorativi in modalità di apprendistato. APPendici 153 1. generalità del qualificato: 1.1. nome/cognome: ___________________________________ 1.2. sesso:   m q f q 1.3. etÀ (in numero anni): 1. q 17 2. q 18 3. q 19 4. q 20 5. q 21 6. q 22 7. q Altra età _________ 1.4. famiglia di origine: 1. q Italiana 2. q migratoria (Stranieri /Italiani II generazione) 1.5. titolo di ingresso: q Licenza media    q Anni di scuola superiore    q Nessun titolo 2. indicare il nome del cfp: _________________________________________ CNOS-FAP ____________________________________________ 3. regione dove è collocato il cfp q ABRUzzO q CALABRIA q CAmPANIA q EmILIA ROmAGNA q FRIULI VG q LAzIO q LIGURIA q LOmBARdIA q PIEmONTE Appendice i Scheda per il Monitoraggio del Successo Formativo (2015) 154 q PUGLIA q SARdEGNA q SICILIA q UmBRIA q VALLE d’AOSTA q VENETO 4. titolo professionale ottenuto 1. q qualifica Professionale 2. q diploma Professionale 3. q diploma di IP (diploma di scuola secondaria superiore. Normativa di riferimento dPR n° 87/2010) 4.1.1. tipologia percorso formativo: 1. q Annuale 2. q Biennale 3. q Triennale 4. q quadriennale 5. q Annuale per il diploma di IP (diploma di scuola secondaria superiore. Normativa di riferimento dPR n° 87/2010) 4.1.2. titolo del diploma o della qualifica professionale conseguita: ___________________________________________________________________ 4.2. settore della qualifica o del diploma: 1. q RIPARAzIONE VEICOLI A mOTORE (AUTOmOTIVE) 2. q ELETTRICO-ELETTRONICO 3. q GRAFICO 4. q mECCANICO (mECCANICA INdUSTRIALE) 5. q TURISTICO ALBERGHIERO (comprende anche la RISTORAzIONE) 6. q BENESSERE 7. q LAVORAzIONE ARTISTICA dEL LEGNO 8. q AGRICOLTURA 9. q AmmINISTRAzIONE 10. q PUNTO VENdITA 11. q ENERGIA (energie alternative/rinnovabili- Edilizia) 12. q ALTRO __________________________________________________ 4.3. mese e anno (2014) – della qualifica professionale : 1. q Giugno 2. q Luglio 3. q Settembre 4. q Altro 155 – del diploma professionale: 1. q Giugno 2. q Luglio 3. q Settembre 4. q Altro _________________________________________________ – del diploma di ip ( norm. di riferimento dpr n° 87/2010): 1. q Giugno 2. q Luglio 3. q Settembre 4. q Altro _________________________________________________ 4.4. durante il tuo percorso formativo hai fatto lo stage? 1. q SI 2. q NO 4.4.1. durante lo stage hai imparato (Per chi ha frequentato lo stage): 1. q Nulla 2. q Poco 3. q Abbastanza 4. q molto 4.4.2. lo stage risulta coerente con la qualifica professionale conseguita? (Per chi ha frequentato lo stage) 1. q SI 2. q NO 5. attualmente cosa fai: 1. q hai proseguito gli studi nel sistema scolastico (alla dom. 5.1.1) 2. q hai proseguito gli studi nella Formazione Professionale (alle dom. 5.1.2) 3. q hai trovato un’occupazione (alle dom. 5.2.1, 5.2.2, 5.2.3, 5.2.4, 5.2.5, 5.2.6,5.2.7,5.2.8,5.2.9) 4. q stai facendo esperienza mediante un tirocinio 5. q non lavori né studi (alla domanda 5.3) 6. q altro (specificare) __________________________________________ 5.1.1. dove? (per coloro che hanno proseguito gli studi nel sistema scolastico) 1. q negli Istituti Tecnici 3. q negli Istituti Professionali 4. q Altro (specificare) _________________________________________ 156 5.1.2. dove? (per coloro che hanno proseguito nella Formazione Professionale) 1. q nell’annuale di specializzazione 2. q nel IV anno della FP 3. q diploma di IP (diploma di scuola secondaria superiore. Normativa di riferimento dPR n° 87/2010) 4. q IFTS 5.2. (per chi lavora) 5.2.1. nel trovare lavoro ti sei rivolto al tuo cfp? 1. q SI 2. q NO 5.2.2. Hai trovato lavoro nell’azienda dello stage? (Per chi ha frequentato lo stage) 1. q SI 2. q NO 5.2.3. entro quanto tempo dalla qualifica o dal diploma professionale hai trovato un lavoro? 1. q entri i primi 3 mesi 2. q entro 6 mesi 3. q entro 1 anno 4. q Altro (specificare) _________________________________________ 5.2.4. indica la forma contrattuale di assunzione 1. q Apprendistato professionalizzante 2. q Contratto a tempo determinato 3. q Contratto a tempo indeterminato 4. q Contratti atipici (indicare la forma contrattuale) ________________________________________________________ 5. q Altre modalità contrattuali non formalizzate 5.2.5. che lavoro fai (specificare lavoro e qualifica) ___________________________________________________________ 5.2.6. il lavoro svolto risulta coerente con la qualifica/diploma professionale conseguito? (coerenza formativa) 1. q SI 2. q NO 157 5.2.7. settore occupazionale 1. q RIPARAzIONE VEICOLI A mOTORE (AUTOmOTIVE) 2. q ELETTRICO-ELETTRONICO 3. q GRAFICO 4. q mECCANICO (mECCANICA INdUSTRIALE) 5. q TURISTICO ALBERGHIERO (comprende anche la RISTORAzIONE) 6. q BENESSERE 7. q LAVORAzIONE ARTISTICA dEL LEGNO 8. q AGRICOLTURA 9. q AmmINISTRAzIONE 10. q PUNTO VENdITA 11. q ENERGIA (energie alternative/rinnovabili- Edilizia) 12. q ALTRO __________________________________________________ 5.2.8. nome dell’azienda* 1. q FIAT Group (Alfa Romeo, Lancia, Abarth)/Chrysler (Chrysler, Jeep, dodge, Ram)/ Ferrari e maserati/magneti marelli e Teksid/ CNH (Iveco) 2. q RENAULT 3. q FORd 4. q VOLKSWAGEN 5. q AUdI 6. q mERCEdES 7. q TOYOTA 8. q HONdA 9. q CITROEN 10. q PEUGEOT 11. q GENERAL mOTORS 12. q NISSAN 13. q BmW 14. q CHRYSLER 15. q Altre marche _____________________________________________ 16. q officine indipendenti ________________________________________ * Vale solo per i meccanici auto 5.2.9. tipologia aziendale** 1. q micro impresa (strutture imprenditoriali con meno di 10 occupati e un fat- turato annuo oppure, un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milio- ni di euro) 2. q piccola impresa (strutture imprenditoriali con meno di 50 occupati e un fatturato annuo, oppure, un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro) 158 3. q media impresa (strutture imprenditoriali con meno di 250 occupati e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale bilan- cio annuo non superiore a 43 milioni di euro) 4. q grande impresa (strutture imprend. con più di 250 occupati e un fatturato annuo super. a 50 milioni di euro, oppure un totale bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro) 5.3. cosa hai fatto dopo aver conseguito o il diploma professionale? (per chi non lavora, né studia) 1. q ti sei iscritto ad un nuovo corso di Formazione Professionale 2. q ti sei messo subito a cercare lavoro, senza riuscire a trovarlo 3. q sei rimasto in attesa di migliori opportunità di scelta 4. q hai fatto una esperienza di Tirocinio 5. q hai fatto un corso di apprendistato 6. q hai trovato lavoro ma al momento sei disoccupato 7. q Altro (specificare) _________________________________________ 6. sei a conoscenza del programma garanzia giovani? 1. q SI 2. q NO 7. in che misura ritieni/e soddisfacente l’esperienza formativa vissuta nei corsi di iefp salesiana: 1. q molto 2. q Abbastanza 3. q Poco 4. q Per nulla 7.1. quale ambito ritieni/e migliorabile nei corsi di iefp salesiana: 1. q qualità dei formatori 2. q Contenuti e argomenti trattati 3. q metodi di insegnamento 4. q Attrezzatura 5. q Stage 6. q Relazioni interpersonali 7. q Legame tra CFP ed ex allievi 8. q Nessuno 9. q Altro_____________________________ 159 7.2. sulla base degli anni trascorsi nei cfp salesiani rifrequenteresti (o farebbe rifrequentare a suo figlia/o) i nostri corsi di iefp: 1. q SI 2. q NO 3. q Non so 7.3. consiglieresti/e i corsi di iefp salesiana ad un tuo amico o parente: 1. q SI 2. q NO 3. q Non so 8. il monitoraggio sul successo formativo è (Risposta di pertinenza della segre- teria): 1. q Voluto dalla regione sì q no q 2. q Previsto dal manuale di qualità del CFP sì q no q 3. q Proposto dalla Federazione sì q no q ** Estratto della Raccomandazione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, relativa alla nuova defi- nizione delle microimprese, piccole e medie imprese, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea serie L 124 del 20.5.2003; recepita con D.M. del 18 Aprile 2005. 161 AGOSTINI C., Istruzione e welfare: modelli e andamenti della spesa, in «Scuola democratica», 3 (2013), pp. 669-689. 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La società della conoscenza in una situazione di crisi ............................................. 11 2. L’inserimento occupazionale dei giovani in Italia ................................................... 17 3. Il sistema educativo di istruzione e di formazione: problemi e prospettive ............ 23 3.1. L’anno della “buona scuola” ........................................................................... 24 3.2. Successo/insuccesso scolastico e formativo: significato e dati ........................ 26 3.3. Gli esiti dei percorsi di IeFP............................................................................. 30 CAPITOLO 2 LE PROSPETTIVE TEORICHE ............................................................................................. 35 1. Istruzione, formazione ed economia ........................................................................ 35 1.1. L’affermarsi della teoria del capitale umano negli Anni ‘60 ........................... 35 1.2. Le posizioni critiche degli Anni ‘70 .................................................................. 37 1.3. La nuova centralità dell’istruzione e della formazione .................................... 40 2. Welfare ed educazione: dalla separazione alla correlazione...................................... 44 2.1. L’evoluzione dei regimi di welfare .................................................................... 44 2.2. I paradigmi dell’investimento sociale e del welfare attivo ............................... 47 3. Considerazioni conclusive ......................................................................................... 50 CAPITOLO 3 LE RISPOSTE RECENTI dELLA POLITICA IN ITALIA: LA “BUONA SCUOLA” E IL JOBS ACT ............................................................................... 53 1. La “Buona Scuola”. ................................................................................................... 53 1.1. I contenuti della riforma .................................................................................. 53 1.1.1. L’attuazione piena dell’autonomia ......................................................... 54 1.1.2. Centralità degli studenti e i contenuti degli insegnamenti ..................... 57 1.1.3. La valorizzazione degli insegnanti......................................................... 60 1.2. Le strategie del cambiamento ........................................................................... 61 1.3. Punti di forza e di criticità della riforma.......................................................... 66 2. Il Jobs Act ................................................................................................................. 74 2.1. La legge delega 10 dicembre 2014 n. 183 ........................................................ 74 2.2. I decreti attuativi ............................................................................................... 76 2.3. Una valutazione ................................................................................................ 82 3. Osservazioni conclusive ............................................................................................ 84 indice 174 parte seconda l’indagine sul campo ................................................................................................... 85 CAPITOLO 4 IL SUCCESSO FORmATIVO dEI qUALIFICATI E dIPLOmATI NEL 2012-13. IL mONITORAGGIO dEL 2014 ........................................................................................... 87 1. Le caratteristiche personali degli ex-allievi ............................................................... 88 2. Il percorso formativo ................................................................................................. 91 3. Posizione degli ex-allievi ad un anno dalla qualifica o dal diploma ......................... 95 3.1. Gli ex-allievi che hanno proseguito gli studi .................................................... 99 3.2. Gli ex-allievi che hanno trovato un’occupazione ............................................. 100 3.3. Gli ex-allievi che non lavorano né studiano ..................................................... 105 4. Valutazione complessiva dell’esperienza................................................................... 108 CAPITOLO 5 IL SUCCESSO FORmATIVO dEI qUALIFICATI E dIPLOmATI NEL 2013-14. IL mONITORAGGIO dEL 2015 ........................................................................................... 113 1. Le caratteristiche personali degli ex-allievi ............................................................... 114 2. Il percorso formativo ................................................................................................. 117 3. Posizione degli ex-allievi ad un anno dalla qualifica o dal diploma ......................... 121 3.1. Gli ex-allievi che hanno proseguito gli studi .................................................... 124 3.2. Gli ex-allievi che hanno trovato un’occupazione ............................................. 125 3.3. Gli ex-allievi che non lavorano né studiano ..................................................... 131 4. Valutazione complessiva dell’esperienza................................................................... 133 osservazioni conclusive ........................................................................................... 139 appendici ...................................................................................................................... 151 Appendice I: Scheda per il monitoraggio del Successo Formativo (2015)................... 153 Appendice II: Bibliografia ............................................................................................. 161 175 Pubblicazioni nella collana del cnoS-FAP e del cioFS/FP “Studi, ProGetti, eSPerienze Per unA nuoVA ForMAzione ProFeSSionALe” iSSN 1972-3032 tutti i volumi della collana sono consultabili in formato digitale sul sito biblioteca.cnos-fap.it Sezione “Studi” 2002 mAliziA G. - NiColi D. - PieroNi V. (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimenta- zione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. 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