Guglielmo MALIZIA
Maria Paola PICCINI
Sergio CICATELLI
La Formazione in servizio
dei formatori del CNOS-FAP
Lo stato dell’arte e le prospettive
Anno 2015
Università Pontificia Salesiana
Facoltà di Scienze dell’Educazione
Istituto di Sociologia
Coordinamento scientifico:
Dario Nicoli (Università Cattolica di Brescia)
Hanno collaborato:
Matteo D’ANDREA: Segretario Nazionale settore Automotive.
Dalila DRAZZA: Sede Nazionale CNOS-FAP – Ufficio Metodologico-Tecnico-Didattico.
FIAT GROUP Automobiles.
Comunità professionale AUTOMOTIVE: Angelo ALIQUÒ, Gianni BUFFA, Roberto CAVAGLIÀ, Egidio
CIRIGLIANO, Luciano CLINCO, Domenico FERRANDO, Paolo GROPPELLI, Nicola MERLI, Roberto
PARTATA, Lorenzo PIROTTA, Antonio PORZIO, Roberto SARTORELLO, Fabio SAVINO, Giampaolo
SINTONI, Dario RUBERI.
©2015 By Sede Nazionale del CNOS-FAP
(Centro Nazionale Opere Salesiane - Formazione Aggiornamento Professionale)
Via Appia Antica, 78 – 00179 Roma
Tel.: 06 5107751 – Fax 06 5137028
E-mail: cnosfap.nazionale@cnos-fap.it – http: www.cnos-fap.it
SOMMARIO
INTRODUZIONE ............................................................................................................... 5
PRIMO CAPITOLO
Il quadro di riferimento
(G. Malizia - S. Cicatelli)......................................................................................... 11
SECONDO CAPITOLO
Operatori del CNOS-FAP e Formazione in servizio.
Il Quadro dei Dati dell’Archivio dell’Ente
(G. Malizia - M.P. Piccini)....................................................................................... 69
TERZO CAPITOLO
A confronto sulla Formazione in servizio del CNOS-FAP.
Delegati regionali, Direttori dei CFP e Segretari Nazionali
dei Settori e delle Aree professionali
(G. Malizia - M.P. Piccini)....................................................................................... 145
QUARTO CAPITOLO
Soddisfazione per le attività di Formazione in servizio
(M.P. Piccini)............................................................................................................ 187
QUINTO CAPITOLO
Studio di dodici casi mediante focus group
(S. Cicatelli - M.P. Piccini - G. Malizia) ................................................................. 205
CONCLUSIONI GENERALI
(G. Malizia - M.P. Piccini - S. Cicatelli) ................................................................. 237
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................ 269
INDICE ........................................................................................................................... 277
3
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INTRODUZIONE
Se gli allievi sono i destinatari principali dell’attività educativa dei CFP del
CNOS-FAP, il motore dei relativi processi va identificato in primo luogo nei formatori.
Negli ultimi anni non sono mancate indagini sui giovani che frequentano i
Centri di Formazione Professionale, come per esempio quella annuale sul loro successo
nella IeFP (Malizia e Pieroni, 2013a e b; Marchioro, 2014; Malizia e Gentile,
2015) o quella del 2013 sui rapporti tra allievi, CFP e famiglia (Orlando, 2014)1,
mentre l’ultima ricerca sui formatori risale a più di dieci anni fa (Malizia, Pieroni e
Salatin, 2001); era perciò necessario e urgente avviare uno studio su di loro, non
tanto su tutti gli aspetti del loro complesso ruolo, quanto su ciò che ne rende possibile
l’esercizio efficace, la formazione specialmente in servizio.
1. OBIETTIVI
Nella ricerca del 2000-01 lo scopo era sia di approfondire la conoscenza della
situazione della formazione del personale del CNOS-FAP, sia di elaborare la proposta
di un sistema di qualità per una preparazione più adeguata degli operatori, sia
di predisporre un’ipotesi di standard formatori (Malizia, Pieroni e Salatin, 2001).
L’indagine evidenziava un posizionamento professionale medio più che buono
degli operatori CNOS-FAP (in rapporto ad altri enti italiani), ma segnalava più o
meno indirettamente alcune criticità del sistema organizzativo. Quanto ai miglioramenti
previsti, anzitutto si proponeva un dispositivo formativo con impianto flessibile;
in secondo luogo, si suggeriva di elaborare un piano con una prospettiva poliennale
che si sarebbe dovuto inserire nella missione di servizio della Federazione
CNOS-FAP Nazionale alle sedi locali e integrare agli eventuali piani formativi dei
CFP, ai piani formativi regionali e ai piani formativi individuali, anche in funzione
della implementazione delle nuove normative in materia di formazione continua e
dello sviluppo della contrattazione collettiva di comparto.
Negli oltre dieci anni trascorsi da quella ricerca, la Federazione e in particolare
la Sede Nazionale hanno maturato un’offerta molteplice:
– corsi residenziali nazionali di carattere prevalentemente tecnologico svolti
principalmente in collaborazione con le maggiori imprese del Settore che
hanno sottoscritto Accordi di collaborazione;
1 Solo per richiamare le più recenti.
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– corsi residenziali su tematiche metodologiche e tecnologiche realizzati a
livello locale, per rispondere con più efficacia alle esigenze dei vari contesti e
coinvolgere più facilmente l’intera équipe dei formatori;
– corsi di formazione in FAD con proposta di certificazione finale delle competenze
attuati in collaborazione con l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia
(IUSVE);
– proposta di seminari e giornate di studio annuali per i delegati regionali e, distintamente,
per il personale direttivo;
– giornate di coordinamento per i segretari nazionali dei Settori e delle Aree professionali;
– una giornata di coordinamento, a ritmo annuale, con tutti i formatori che operano
nei Settori e nelle Aree professionali per verificare e progettare per ciascun
Settore/Area professionale le attività di aggiornamento.
Indirettamente i risultati delle indagine sul successo formativo citate sopra
hanno confermato il buon livello di preparazione dei formatori del CNOS-FAP.
Mancavano però riscontri diretti e precisi sia sul piano quantitativo che qualitativo
per cui si è deciso di affidare una indagine in proposito all’Istituto di Sociologia
dell’Educazione dell’Università Salesiana che cercasse di evidenziare costi e benefici
della offerta dell’Ente riguardo ai formatori nel quadro del complesso delle iniziative
previste anche per gli altri dipendenti.
Di conseguenza attraverso la ricerca di cui si riferiscono qui i risultati principali
si è inteso perseguire i seguenti obiettivi:
a) descrivere lo stato dell’arte della formazione dei formatori e, in connessione,
di tutto il personale del CNOS-FAP, senza tralasciare di considerare con attenzione
anche quelli che non partecipano alle offerte di corsi, per determinarne la
consistenza quantitativa, la distribuzione territoriale e per settori, le motivazioni
e i giudizi;
b) valutare l’adeguatezza, l’efficienza e l’efficacia dell’offerta di formazione dei
formatori e, in connessione, di tutto il personale, utilizzando una molteplicità
di referenti come per esempio gli stessi formatori e gli altri operatori, i docenti
dei corsi di aggiornamento, i direttori dei CFP, i segretari nazionali dei Settori,
i delegati regionali; questa valutazione dovrebbe mettere in rilievo i punti di
forza (eccellenze) e i punti deboli del sistema di formazione dei formatori
CNOS-FAP;
c) sulla base dei risultati delle analisi quantitative e qualitative e tenendo conto
delle suggestioni dei referenti principali, elaborare una serie di proposte per
correggere le possibili criticità, per adeguare la formazione dei formatori e
degli altri operatori alle attuali esigenze, per introdurre le necessarie innovazioni
e per potenziare l’efficienza e l’efficacia. Una specie di “buone prassi” da
offrire a tutto il sistema attraverso i corsi nazionali e il sito web.
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2. DISEGNO DI ANALISI
La ricerca utilizza una pluralità di strumenti in relazione ai diversi referenti. In
questa maniera si è pensato di poter assicurare un’analisi in profondità e una sufficiente
oggettività nelle valutazioni.
Invece di servirsi di un questionario dettagliato per la ricerca di sfondo, in
quanto si tratta di dati che vengono già raccolti regolarmente da altri Enti, si è preferito
elaborare i risultati delle schede di gradimento che sono applicate al termine
di ogni corso. Dal momento che soltanto negli ultimi due anni sono state somministrate
anche ai docenti dei corsi di formazione dei formatori e degli altri operatori,
si è deciso di elaborare i dati delle schede dei formatori/operatori e dei docenti relative
all’ultimo biennio, 2012-13. Si sono anche raccolti i risultati dell’esame delle
competenze previsto nella FAD.
Allo scopo di costruire il database di tutti i frequentanti i corsi di formazione e
di quelli che non hanno mai partecipato, sono stati analizzati l’Archivio dei dipendenti
e l’Elenco dei corsi e dei Seminari dei Settori professionali. Questa disamina
ha permesso di delineare lo stato dell’arte della formazione dei formatori e più in
generale dei dipendenti del CNOS-FAP sul piano soprattutto quantitativo e ha consentito
di orientare i successivi approfondimenti di natura più qualitativa.
Al fine soprattutto di valutare l’adeguatezza, l’efficacia e l’efficienza dell’offerta
che viene effettuata dal CNOS-FAP in tema di formazione in servizio, ci si è
rivolti anche a referenti particolarmente significativi. In particolare si sono raccolti
i giudizi di operatori che occupano un posto centrale dal lato dell’offerta di
formazione e cioè, i Delegati regionali, i Direttori dei Centri e i Segretari nazionali
dei Settori e delle Aree professionali. Questa fase dello studio è stata condotta per
mezzo della costruzione e somministrazione di un questionario ad hoc, allo scopo
di rilevare e descrivere la percezione dei referenti appena indicati in merito al -
l’adeguatezza dell’offerta di Formazione in servizio del CNOS-FAP degli ultimi
due anni. Nel sondaggio sono stati coinvolti 70 intervistati: 11 Segretari nazionali,
47 Direttori di CFP e 12 Delegati regionali, dei quali 3 erano anche Direttori di
CFP.
Attraverso dei focus group si è realizzato uno studio di casi con cui si sono
raccolte le opinioni delle componenti principali di un CFP. Per l’individuazione dei
CFP da prendere in considerazione per questo studio si è assunto, in primo luogo,
un criterio basato sulle dimensioni dei Centri e, in secondo luogo, un “criterio geografico”.
In questo modo sono state rappresentate tutte le Regioni nelle quali si collocano
CFP funzionanti e disponibili e, secondo la consistenza quantitativa dei
Centri, situazioni di eccellenza e problematiche e, all’interno dei singoli CFP, opinioni
diverse, favorevoli o sfavorevoli, dei diversi soggetti coinvolti. La scelta di
condurre i focus group nei CFP più grandi è stata dettata da ragioni legate alla maggiore
disponibilità del personale docente e non e, soprattutto, alla disponibilità di
una potenziale ampia gamma di opinioni ed esperienze che potevano essere appro-
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fondite per mezzo delle interviste di gruppo. Nelle Regioni più grandi e con un
maggior numero di Centri sono state effettuate due visite a due CFP diversi. I CFP
delle Regioni del Sud e delle Isole sono stati esclusi dalla selezione in ragione del
perdurare della situazione problematica e precaria. La scelta dei CFP coinvolti in
questa fase dello studio, dunque, ne ha compresi complessivamente dodici: due in
Piemonte, Lombardia, Veneto, Lazio; uno in Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia
Romagna, Umbria. I focus group hanno visto la partecipazione di novantacinque
operatori del CNOS-FAP, tra i quali formatori dei diversi settori, membri dello staff
direttivo, coordinatori, personale amministrativo, operatori giovani e meno giovani,
con diversa esperienza di partecipazione ai corsi, con differente atteggiamento nei
confronti della formazione in servizio, con esperienza di partecipazione a vari tipi
di attività.
3. DISTRIBUZIONE DELLE ATTIVITÀ PER TEMPI/FASI
Il progetto si è sviluppato nelle seguenti crono-tappe:
a) marzo-aprile 2014: messa a punto del progetto di ricerca;
b) maggio-giugno 2014: elaborazione del questionario per i Delegati regionali, i
Direttori dei Centri e i Segretari dei Settori professionali, sua applicazione a
tali referenti ed elaborazione dei relativi dati;
c) giugno-settembre 2014: preparazione della bozza del rapporto sul sondaggio
appena ricordato e predisposizione degli strumenti di indagine per lo studio dei
casi;
d) ottobre-novembre 2014: realizzazione dei focus group ed elaborazione dei dati
dell’archivio dipendenti del CNOS-FAP;
e) dicembre 2014-marzo 2015: stesura del rapporto finale.
4. SCHEMA DELLA PRESENTE PUBBLICAZIONE
Essa include cinque capitoli più l’introduzione, le conclusioni e la bibliografia.
Il primo capitolo delinea il quadro teorico della ricerca. Esso ha come punto di
riferimento principale la formazione in servizio nella FP del CNOS-FAP ma non si
limita solo a questa: infatti, la formazione in servizio è strettamente connessa con
due tematiche e cioè il ruolo dei formatori e la loro formazione iniziale. Pertanto,
per una comprensione adeguata delle problematiche si è tenuto conto dei tre
aspetti, come anche della loro contestualizzazione nel mondo della scuola cattolica,
trattandosi di CFP di ispirazione cristiana.
Il secondo capitolo analizza i dati dell’archivio dell’Ente che contiene le informazioni
sugli operatori del CNOS-FAP e la loro formazione in servizio. Più precisamente,
vengono illustrate la condizione degli operatori del CNOS-FAP nell’anno
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formativo 2013-14 e la situazione della formazione in servizio nel 2012 e nel 2013,
e questo non solo a livello nazionale e di circoscrizione geografica, ma anche per
regioni e Centri.
Nel capitolo terzo i Delegati regionali, i Direttori dei CFP e i Segretari nazionali
dei Settori e delle Aree professionali si confrontano sulla formazione in servizio
del CNOS-FAP. Le valutazioni di questi referenti significativi, raccolte mediante
un questionario, vengono attentamente analizzate dai ricercatori in tutti i
loro aspetti.
Da quando ha ottenuto la certificazione, la Sede Nazionale CNOS-FAP provvede
alla somministrazione di questionari di soddisfazione al termine degli interventi
di formazione in servizio, al fine di ottenere suggerimenti e indicazioni utili
per le azioni future. I questionari vengono applicati agli operatori a conclusione
delle diverse iniziative e, nel caso dei corsi residenziali nazionali e regionali, dall’anno
2012, una versione modificata dello strumento è stata proposta anche ai docenti
responsabili della conduzione delle iniziative. Il capitolo quarto esamina i risultati
di questa rilevazione sistematica, evidenziando una ampia area di gradimento.
Il capitolo successivo riporta in sintesi i risultati degli studi di caso realizzati
attraverso il ricorso alla tecnica dei focus group. In particolare, con tutte le componenti
dei Centri selezionati sono state approfondite tematiche centrali per la conoscenza
e la valutazione della Formazione in servizio come la partecipazione alle
iniziative, i loro punti di forza e di debolezza, le ricadute sull’attività formativa e
didattica e le proposte di miglioramento.
Le conclusioni evidenziano che la Sede nazionale del CNOS-FAP si è impegnata
in maniera adeguata a realizzare le indicazioni della indagine del 2000-01 e i
relativi esiti sono stati nel complesso soddisfacenti. Dalla ricerca attuale emerge
che la Formazione in servizio dell’Ente merita in generale un giudizio di sufficienza,
spesso anche di buono, mentre l’ottimo riguarda ancora un numero piuttosto
contenuto di aree. È su queste soprattutto che si dovranno concentrare gli
sforzi del CNOS-FAP nei prossimi anni, ma per raggiungere tale scopo sarà necessario
anche un monitoraggio continuo delle iniziative realizzate: anche da questo
punto di vista, la ricerca offre utili indicazioni, confermando quanto già realizzato e
proponendo miglioramenti o il ricorso a nuovi strumenti.
Il volume è completato da un’ampia bibliografia che non si limita al CNOSFAP,
ma abbraccia anche la FP e il sistema dell’Istruzione.
Terminiamo con i ringraziamenti. Anzitutto ai professori Orlando, Pieroni e
Vettorato che hanno contribuito alla elaborazione del progetto di ricerca e alla conduzione
dell’indagine con diversi apporti in differenti momenti dello svolgimento
dello studio. Siamo anche riconoscenti alla Sede nazionale del CNOS-FAP nella
persona del suo Presidente, professor Mario Tonini, non solo per averci affidato la
presente investigazione, ma anche per il supporto offerto nelle varie fasi della sua
attuazione. Ringraziamo da ultimo le dottoresse Beatrice Russo e Maria Cristina
Monacchia per il loro ruolo di moderatrici nei focus group.
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Primo capitolo
Il quadro di riferimento
Guglielmo Malizia - Sergio Cicatelli
Incominciamo con una premessa. Il quadro che ci apprestiamo a delineare ha
come punto di riferimento principale la Formazione in servizio nella FP del
CNOS-FAP ma non si limita meramente ad essa; infatti, questa è strettamente connessa
con il ruolo dei formatori e con la loro formazione iniziale. Pertanto, per una
comprensione adeguata delle problematiche non potremo non tener contro dei tre
aspetti, come anche della loro contestualizzazione nel mondo della scuola cattolica,
trattandosi di CFP di ispirazione cristiana.
È inoltre evidente che la formazione (iniziale e in servizio) del personale docente
e la condizione del sistema di scuola cattolica sono tematiche che si collocano
sullo sfondo della situazione complessiva della scuola italiana.
Ad ogni teoria della formazione docente corrisponde infatti una teoria della
scuola e le scuole cattoliche appartengono – in quanto paritarie – all’unico sistema
educativo di Istruzione e di Formazione, che a sua volta comprende anche il settore
dell’istruzione e formazione professionale di cui fanno parte i Centri del CNOSFAP.
L’argomento è pertanto estremamente vasto e oggetto di continue riforme e
trasformazioni.
Nella pagine che seguono si cercherà di tratteggiare sia lo specifico problema
della formazione dei formatori (e più in generale quella di tutto il personale docente
italiano), sia l’evoluzione recente del sistema scolastico-formativo.
L’articolazione fondamentale del capitolo è semplice. Nella prima parte si cercherà
di presentare il quadro teorico che offre i parametri principali di riferimento
della ricerca. La seconda sezione sarà focalizzata sulla contestualizzazione delle
problematiche in esame: in altre parole, verrà delineata l’evoluzione che è avvenuta
al riguardo in Italia.
1. LA BASE TEORICA
Il paragrafo si articola in due sezioni principali. La prima illustra le tendenze a
livello internazionale; la seconda è riservata alle posizioni specifiche della scuola
cattolica.
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1.1. Le tendenze a livello internazionale
Per la distribuzione interna degli argomenti partiamo da due dei principali riferimenti
indicati sopra, il ruolo e la formazione, ricordando che la seconda ha senso
solo se funzionale al primo.
1.1.1. Il ruolo degli insegnanti
L’innovazione principale che si registra in proposito nel corso degli ultimi decenni
del secolo appena trascorso è rappresentata dall’evoluzione dal monopolio
alla mediazione (Goble e Porter, 1977; Faure et alii, 1972; Avalos, 1991; Cresson e
Flynn, 1995; Delors et alii, 1996; Rapporto mondiale sull’educazione. 2000, 2000;
Apprendre et enseigner dans la société de la communication, 2005; Malizia, 2008).
Secondo la concezione tradizionale l’insegnante detiene il monopolio delle
conoscenze, le trasmette a chi non le ha e cessa dalla sua funzione quando l’allievo
ha appreso tutto ciò che sa l’insegnante. Ciò presuppone a monte che le conoscenze
abbiano una natura fissa, finita e quantitativamente misurabile, cioè che l’apprendimento
consista nel deposito e nell’accumulazione di saperi, e che tra docente e
allievo si riscontri un dislivello di conoscenze che viene colmato dal travaso di
nozioni dal primo al secondo; una volta compiuto tale trasferimento, l’educando o si
inserisce nella vita pratica o passa a un altro insegnante che ne sa più del primo.
Inoltre, la condizione dell’insegnante si basa sul fatto di possedere maggiori
cognizioni di altri, in specie dei propri allievi. Questo significa che il docente di un
livello scolastico si vede riconosciuto uno status superiore a quello del collega del
livello precedente e che esso aumenta con l’elevarsi dell’età dello studente. Da ultimo,
il titolo di studio posseduto dal docente è inteso come misura (quantitativa)
della lunghezza della formazione e della capacità di riprodurre dei modelli piuttosto
che come indice (qualitativo) delle conoscenze e delle competenze acquisite.
Alla fine degli Anni ‘60 il modello del monopolio è entrato in crisi soprattutto
per effetto di due fattori. In primo luogo, va ricordata l’espansione enorme delle conoscenze,
per cui nessuno può vantare il monopolio dei saperi in un determinato
settore di studio. Il secondo fattore consiste nell’esplosione delle aspettative di
eguaglianza che rende sempre meno accettabile l’esistenza di una gerarchia rigida
di status tra le diverse categorie di insegnanti.
La prima risposta alla crisi è consistita in un tentativo di modernizzare il modello
del monopolio attraverso delle correzioni che però non ne hanno cambiato la
sostanza. La soluzione è venuta dal riconoscimento agli insegnanti di un nuovo
ruolo, quello della mediazione. In altre parole, l’insegnante si interpone tra l’educando
e la massa delle informazioni frammentarie, prive di ordine e tra loro spesso
contrastanti che tendono a sommergerlo, per aiutarlo a integrarle in un quadro coerente
di conoscenze. Il compito di trasmettere le conoscenze perde la priorità,
anche se non cessa di conservare la sua rilevanza; diviene invece essenziale il compito
di formare nell’educando la capacità di individuare, verificare e assimilare le
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conoscenze e le competenze che gli consentiranno di formulare e realizzare gli
obiettivi delle sue azioni sulla base di una valutazione realistica della situazione in
cui vive e nel rispetto degli interessi collettivi e dei diritti altrui. Ne consegue che il
docente non è più tanto o principalmente la fonte delle informazioni, ma il suo
ruolo consiste anzitutto nel guidare alle fonti delle conoscenze e nel predisporre le
occasioni di apprendimento.
1.1.2. La formazione degli insegnanti
Sulla formazione degli insegnanti è opportuno distinguere tra le indicazioni generali
e quelle specifiche su formazione iniziale e formazione in servizio (Apprendre
et enseigner dans la société de la communication, 2005; Malizia, 2008; Torres, 1996;
Delors et alii, 1996; Blondel, Delors et alii, 1998; Rapporto mondiale sull’educazione.
2000, 2000; Bindé, 2002; Halperin e Ratteree, 2003; Silvestre Oramas, 2003).
a) Indicazioni generali
Tenuto conto nell’insieme del nuovo ruolo dei docenti e delle attese che la società
nutre nei loro confronti, è opportuno tentare di definire le esigenze formative
basilari degli insegnanti.
– La prima è di coinvolgerli direttamente nella ricerca di una risposta a tutte le
problematiche che li riguardano, comprese quelle della riforma dei sistemi
educativi di Istruzione e di Formazione.
– Un bisogno molto sentito è quello di una consonanza piena tra il curricolo
della scuola e quello seguito dagli stessi insegnanti nella loro formazione.
– È necessario evitare ogni dicotomia, ma al contrario si deve trovare nella formazione
degli insegnanti una integrazione equilibrata, tra la preparazione in
una o più discipline, la competenza pedagogica e l’educazione culturale generale
di base.
– La preparazione dei docenti dovrebbe comprendere non solo gli aspetti cognitivi,
ma anche quelli emotivi e valoriali.
– Le esigenze di apprendimento dei docenti sono diversificate e, pertanto, vanno
trovate delle risposte altrettanto differenziate sul piano dell’offerta formativa.
– Un’attenzione prioritaria dovrebbe essere prestata alle carenze nella preparazione
di base degli insegnanti che vanno colmate con urgenza nel corso della
loro formazione.
– La stessa considerazione va data ad alcune aree del processo di insegnamentoapprendimento
che si sono dimostrate particolarmente critiche come per
esempio: l’insegnamento della lettura e della scrittura; le ripetenze e gli abbandoni
con le loro cause e i loro effetti; la programmazione didattica; le difficoltà
di apprendimento; la valutazione degli apprendimenti.
– Si deve assolutamente evitare di presupporre negli insegnanti conoscenze e
competenze che essi mai hanno ricevuto nella formazione iniziale o in servizio,
come per esempio: la capacità di innovazione; la partecipazione a gruppi
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di lavoro; le gestione dei compiti a casa; l’adattamento del curricolo; i criteri di
valutazione; la promozione del coinvolgimento delle famiglie e della comunità
nella scuola; la progettazione e l’attuazione delle attività extrascolastiche.
Il problema nasce dal fatto che mentre a livello di formulazione le politiche
educative delineano una figura di insegnante e un modello di formazione dei docenti
che si muovono nell’ambito del quadro sopra delineato, al momento della
loro realizzazione non vengono prese misure adeguate per rendere concreti gli
obiettivi proclamati. Più in particolare:
– la formazione dei docenti continua ad occupare una collocazione marginale
nelle politiche educative;
– agli insegnanti si chiede di assicurare buone prestazioni da parte degli allievi,
ma non vengono posti nelle condizioni di garantire processi validi di insegnamento-
apprendimento;
– l’innovazione in campo scolastico continua ad essere concepita come un’operazione
di breve termine da realizzarsi rapidamente;
– le condizioni di lavoro dei docenti (stato giuridico, stipendi, orari, assicurazioni)
non sono mai prese in seria considerazione per arrivare a delle soluzioni
soddisfacenti dei relativi problemi.
In conclusione, dalle argomentazioni fin qui presentate emergono le seguenti
linee generali per un ripensamento della formazione degli insegnanti.
1. Essa non può essere ristretta ad un addestramento, ma deve offrire tutte le conoscenze
e competenze richieste dalla complessità della vita sociale: non ci si
può limitare a sviluppare le abilità necessarie per svolgere compiti specifici ma
bisogna ripensare le relazioni tra teoria e pratica, tra dimensione organizzativa
e pedagogica, tra scuola e comunità.
2. Va superato l’approccio tradizionale alle riforme che consiste nell’adeguare
gli insegnanti e la loro formazione al piano di riforma già deciso. Al contrario
le conoscenze, le esperienze e la partecipazione attiva degli insegnanti sono essenziali
per l’elaborazione di proposte valide di innovazione e per il successo
della loro attuazione.
3. Il compito di gestire e di riformare in modo efficace la formazione degli insegnanti
si presenta molto complesso e, pertanto, non può essere assolto solo
dallo Stato che, comunque, deve continuare a svolgere un ruolo principale. In
aggiunta, vanno coinvolte le associazioni degli insegnanti, le organizzazioni
non governative che si occupano di questo ambito, i centri e le istituzioni accademiche
e di ricerca, il privato sociale e il mercato.
4. L’elevazione della qualità di tutto il sistema educativo attraverso la riforma è
una misura più efficace e meno costosa che non quella di dover prevedere
nella formazione degli insegnanti un settore consistente dedicato al recupero
delle carenze nella formazione culturale generale di quanti usciti dalla scuola
si iscrivono ai percorsi per la preparazione dei docenti.
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5. La riflessione critica e la sistemazione delle proprie prassi rappresentano lo
strumento più efficace di cui dispongono gli insegnanti per elevare il livello
della loro professionalità. La formazione dei docenti deve preparare all’analisi
della pratica dell’insegnamento e deve farne un pilastro del suo program -
ma.
6. La formazione degli insegnanti va considerata come una strategia in se stessa
e non semplicemente come parte di un disegno più grande di innovazione e ad
esso funzionale. Infatti, essa costituisce un processo continuo, realizzato in
varie modalità e passando attraverso diverse fasi.
7. Il punto di partenza deve essere identificato nelle esigenze degli insegnanti,
anche se non ci si può fermare a queste perché molto spesso sono domande di
breve respiro che curano i sintomi, ma non le cause di fondo. Esse vanno integrate
nel complesso della domanda sociale per cui la formazione degli insegnanti
deve tra l’altro abilitare i docenti a riorientare i loro bisogni di apprendimento
verso un ruolo più professionale.
8. La formazione degli insegnanti rientra nell’ambito dell’educazione degli adulti
e deve cercare di utilizzare le conoscenze e le esperienze più valide che tale livello
del sistema educativo ha realizzato.
9. Per l’efficacia della formazione degli insegnanti è essenziale che le persone in
formazione possano vedere le innovazioni in atto. A ciò potrebbero contribuire
reti di scuole in grado di offrire buone pratiche.
10. Pur essendosi sviluppata inizialmente come una professione da realizzare individualmente,
nel tempo è emerso prepotentemente il bisogno e il dovere di lavorare
in gruppo. Per divenire realtà ciò richiede una formazione adeguata da
parte dei docenti e la previsione di spazi negli edifici e, soprattutto, di tempi
nel calendario scolastico.
11. La preparazione all’autoformazione e allo studio personale costituisce una carenza
riconosciuta dei sistemi educativi, mentre rappresenta una precondizione
essenziale per quell’apprendere per tutta la vita che nella società del cambiamento
è richiesto a tutti per rimanere padroni della propria esistenza. Anche
questo è un ambito da curare particolarmente nel ripensamento della formazione
degli insegnanti.
b) La formazione iniziale
Le modalità principali di formazione iniziale possono essere sintetizzate in tre
strategie.
La prima consiste nel non prevedere nessuna formazione specifica per cui, ad
esempio nei Paesi in via di sviluppo, si va a insegnare dopo la scuola secondaria o
la primaria e in quelli sviluppati (ma è più storia che realtà) dopo il 1° ciclo dell’istruzione
superiore. Certamente, non è una modalità appropriata di formazione e
può essere accettata solo come ripiego in situazioni di mancanza di docenti a fronte
di una domanda molto consistente di istruzione per evitare che tanti giovani rimangano
senza l’educazione a cui aspirano legittimamente.
16
La seconda strategia è data dalla frequenza della preparazione specifica all’insegnamento
dopo la formazione culturale generale e/o in un determinato settore
scientifico (formazione consecutiva). Si situa dopo la scuola secondaria o dopo il
1° ciclo dell’istruzione superiore e consiste in almeno un anno che comprende insegnamenti
come la teoria generale dell’educazione, la didattica, le scienze sociali
(psicologia e sociologia dell’educazione...).
La terza modalità è costituita dalla frequenza contemporanea e intrecciata
della preparazione specifica all’insegnamento e della formazione culturale generale
e/o in un determinato settore scientifico (formazione parallela). Tale tipo di offerta
si situa di solito a livello post-scolastico.
La formazione consecutiva e quella parallela sono ambedue strategie valide.
Esaminiamo ora i programmi di formazione specifica alla funzione docente sia
che essi assumano la modalità parallela, sia che si presentino in quella consecutiva.
Si tratta di tre possibili strategie.
La formazione orientata consiste in un programma coerente finalizzato fin dall’inizio
esclusivamente all’insegnamento. I vantaggi sono diversi: facilita una progettazione
coerente dell’offerta formativa, consente la predisposizione di un curricolo
armonico e permette la costituzione di vere comunità educative. Non mancano,
tuttavia, i problemi: essa offre possibilità più ridotte di scelta agli studenti,
può mancare di stimoli e di varietà e dipende dalla domanda di insegnanti che si
riscontra in ogni Paese.
Al contrario la formazione aperta prevede per chi la frequenta una molteplicità
di sbocchi professionali. In questo caso gli elementi positivi possono essere identificati
nei seguenti aspetti: tale modalità di organizzare i programmi di formazione
specifica permette agli studenti una maggiore flessibilità nelle scelte, consente una
decisione più matura perché la scelta è ritardata rispetto al momento dell’inizio e
assicura risorse migliori e maggiori opportunità di ricerca, essendo inserita in un
contesto universitario e svolgendosi in un primo momento insieme a discipline di
maggiore prestigio. I limiti possono essere visti nella mancanza di specificità dei
programmi e nella difficoltà di conferire al curricolo una fisionomia professionale
unitaria.
Una terza strategia consiste nella formazione basata sulla scuola che è acquisita
principalmente durante l’insegnamento. Le ragioni di questa modalità vanno ricercate
nel bisogno urgente che i Paesi in via di sviluppo hanno di docenti. Dal punto di
vista organizzativo, dopo la scuola secondaria superiore (o meno) il futuro insegnante
svolge un breve periodo di formazione universitaria e successivamente viene
assegnato a una scuola dove continua la formazione personale e la preparazione professionale.
Tra i vantaggi si può ricordare che: viene valorizzata l’esperienza di insegnamento;
lo studente si trova già nella situazione per la quale viene formato; questo
tipo di programma stimola l’interesse e si caratterizza per un maggiore realismo;
inoltre, favorisce l’allargamento dell’accesso all’istruzione, soprattutto di base. Il
problema più grave consiste nel pericolo di un insuccesso del docente che viene im-
17
messo nell’insegnamento senza la dovuta preparazione, per cui rischia di danneggiare
gravemente gli allievi. In ogni caso, questa modalità è ammissibile solo come
transitoria.
In conclusione, riguardo all’organizzazione dei programmi di formazione specifica
non esiste una strategia totalmente buona o cattiva, ma la validità dipende dal
contesto in cui ci si trova ad operare.
Nelle sue realizzazioni più adeguate la formazione iniziale si articola solitamente
in cicli. Il primo offre una formazione generale ed una eventuale preparazione
di base nelle scienze dell’educazione. Di solito si situa a livello di istruzione
superiore, ha un minimo di durata di un anno e di norma conduce a un primo diploma.
Il secondo ciclo può essere organizzato in forma parallela o consecutiva e
generalmente si articola in due parti: la prima è dedicata allo studio centrato sulle
competenze professionali, si svolge a livello di istruzione superiore nella forma del
dipartimento e richiede un’esperienza di insegnamento (diretta o simulata); la seconda
parte consiste nell’iniziazione pratica guidata e viene realizzata in una scuola
sotto la guida di un consigliere pedagogico (per cui cfr. sotto la sezione c). C’è
anche bisogno di un aiuto esterno alla scuola (circoli pedagogici di cui alla sezione
c; istituzione di istruzione superiore presso la quale si sono studiate le scienze dell’educazione).
La durata è di almeno un anno. La valutazione per l’assunzione definitiva
dovrebbe essere affidata a un collegio di esaminatori formato per esempio da
un ispettore, dal direttore della scuola, dal consigliere pedagogico, da un professore
universitario e da un insegnante della scuola.
c) La formazione in servizio
Si richiamano anzitutto le tendenze generali più significative. In primo luogo
va segnalato l’orientamento a utilizzare prevalentemente le strutture e l’organizzazione
delle istituzioni incaricate della formazione iniziale. Ciò consente tra l’altro
di valutare i programmi della formazione iniziale e di renderli più concreti dato il
feedback che può venire dagli ex-allievi che sono coinvolti direttamente nella pratica
della docenza. Nei Paesi sviluppati la finalità principale consiste nell’aggiornare
e modernizzare un personale invecchiato e tradizionalista. Al contrario nelle
nazioni in via di sviluppo si mira in via prioritaria a completare la formazione iniziale
dei docenti.
A livello nazionale, l’autorità responsabile delle politiche educative dovrà garantire
la rispondenza a mete generali nel quadro dello sviluppo del sistema nazionale
di educazione: questo permette di agganciare la formazione in servizio alle
priorità del governo. Quanto al finanziamento, la responsabilità ultima spetta ai ministeri
competenti, ma al tempo stesso va realizzato un adeguato decentramento regionale
della gestione. In alcuni Paesi (soprattutto la Francia e quelli dell’area francofona)
funzionano centri pedagogici nazionali con compiti di ricerca, formazione,
innovazione, aiuto e documentazione. La formula è valida se questi centri non si
trasformano in strutture isolate, dedite solo all’investigazione teorica; al contrario
esse sono chiamate a svolgere un ruolo importante di collegamento tra le istituzioni
18
per la formazione iniziale dei docenti, le scuole e la ricerca di base; un’altra funzione
significativa è quella di diffondere prassi educative avanzate.
Il livello regionale è quello dove dovrebbero concentrarsi i maggiori sforzi. In
questo caso il perno consiste nell’istituzione incaricata della formazione iniziale dei
docenti. A tale livello si raccomanda l’introduzione di circoli pedagogici locali
(teachers’ centres) sia con compiti di promozione dell’innovazione pedagogica
attraverso la partecipazione dei docenti migliori in veste di formatori, sia anche con
funzioni sociali di aggregazione tra i docenti.
Segue il livello della singola scuola che non solo non va trascurato, ma anzi
deve assumere un’importanza primaria. Infatti, la formazione in servizio ha senso
se i suoi effetti si fanno sentire positivamente in ciascun istituto, nelle singole classi
e su ogni insegnante e allievo; altrimenti, è solo spreco di risorse e bisogna riconoscere
che parte della formazione in servizio è in tali condizioni. Pertanto gli obiettivi
a questo livello vanno identificati nel rinnovamento della scuola dall’interno e
nel miglioramento della pratica pedagogica. Determinante per il successo della formazione
in servizio nella singola scuola è la creazione di un ambiente che stimoli e
sostenga le iniziative di aggiornamento; da questo punto di vista svolge un ruolo
centrale la supervisione dei dirigenti che va concepita come un aiuto fornito da
questi agli insegnanti allo scopo di migliorare la loro pratica nel rispetto della responsabilità
primaria che essi hanno nel processo di insegnamento-apprendimento.
Tale funzione può essere delegata (o il dirigente può essere affiancato da) a un consigliere
pedagogico, docente esperto (che nel secondo caso ha soprattutto il compito
di motivare gli insegnanti all’innovazione mediante la formazione e a organizzare
la progettazione concreta di attività di aggiornamento).
Attenzione adeguata va riservata al livello individuale del singolo insegnante.
La formazione in servizio deve rispondere anche ai bisogni dei singoli docenti e
non solo alle esigenze del sistema educativo di istruzione e di formazione o a
quelle della scuola. Ciò implica la necessità di una partecipazione effettiva dei
docenti alle decisioni relative alla formazione in servizio.
1.2. Ruolo e formazione degli insegnanti di scuola cattolica
Essendo il CNOS-FAP un Ente di FP di ispirazione cristiana, non poteva mancare
nel quadro teorico un riferimento importante alla riflessione pedagogica sugli
insegnanti di scuola cattolica. Anche in questo caso adotteremo la tripartizione in
ruolo, formazione iniziale e in servizio.
1.2.1. Essere insegnanti di scuola cattolica oggi
Toccheremo in particolare tre aspetti che ci paiono centrali: il profilo, la relazione
educativa e la diversità di carismi tra docenti religiosi e laici (Cicatelli, 2006;
Cicatelli, 2009; Cicatelli, 2013; CNSC, 2008; CSSC, 2006; Malizia, Cicatelli, Fedeli
e Pieroni, 2006; Malizia e Cicatelli, 2005; Malizia, 2005).
19
a) Il profilo del docente di scuola cattolica
Sull’identità del docente di scuola cattolica esiste da qualche anno un documento
del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica (CNSC, 2008), che riteniamo
possa essere un punto di riferimento utile e imprescindibile per delineare il profilo
umano e professionale di coloro che scelgono di prestare la propria opera educativa
in una scuola cattolica. Essi si qualificano come professionisti dell’educazione e
dell’istruzione, come educatori cristiani, come mediatori di uno specifico progetto
educativo e come persone impegnate in un cammino di crescita spirituale.
Va inoltre ricordato che tra il settembre del 2005 e l’ottobre del 2006 il CSSC
(Centro Studi per la Scuola Cattolica) della CEI ha condotto una ricerca a livello
nazionale sui docenti di scuola cattolica, comprensiva anche dei formatori della FP
di ispirazione cristiana (CSSC, 2006, in particolare pp. 225-232): è anche su questa
indagine che si basano alcune delle osservazioni proposte qui di seguito.
A nostro giudizio, punto di partenza di ogni discorso sul profilo formativo del
docente di scuola cattolica non può che essere la secolare tradizione educativa cristiana
nelle sue espressioni migliori (CEI, 2010; Nanni, 2006; Malizia, Cicatelli,
Fedeli e Pieroni, 2006). Di essa fa intrinsecamente parte anzitutto un concetto di
azione educativa vista non solo come educare, cioè nutrire culturalmente l’alunno
con la trasmissione della migliore paideia sociale (riletta cristianamente), ma
anche, ed essenzialmente, come e-ducere, cioè “risveglio” e “maieutica” della persona:
sulla base di una con cezione antropologico-cristiana dell’educando quale
soggetto che non è da idolatrare, ma neanche semplicemente da plasmare, perché è
individualità creata e redenta da promuovere, persona da suscitare e da sostenere
nel suo processo di crescita e di qualificazione personale dell’esistenza propria, altrui
e comune.
Un secondo fattore intrinseco e portante è certamente l’idea della scuola e del
CFP intesi come comunità educativa: sorretta idealmente da un progetto educativo
cristianamente ispirato, supportata da un ambiente educativamente accurato, vissuta
in un clima di “famiglia”, praticata in collaborazione con le famiglie e la comunità
territoriale e ecclesiale (e magari con le rispettive forme associative), aperta
a iniziative di volontariato e di impegno civile e ecclesiale (CSSC, 2008; Sergiovanni,
2000; Wenger, 2006).
Parte integrante del progetto educativo sottostante alla scuola cattolica è inoltre
anche la concezione della relazione personale come strategia prima dell’educare
– con la tradizione di fiducia, di stima, di rispetto, di dialogo, di incontro, di proposta
che ciò comporta, e pur nella saggia attenzione alle tecnologie educative che
l’innovazione scientifico-tecnologica offre.
In quarto luogo la scuola cattolica è sorretta dalla considerazione che l’istruzione
è un’illuminazione della mente per irrobustire il cuore e che l’educazione
scolastica e dei CFP è, sì, stimolazione e formazione intellettuale (o professionale),
ma anche (e in un certo senso soprattutto) “affare di cuore”: cioè esperienza di tensione
ideale e morale, testimonianza ed esempio di “vita buona”, di ragionevolezza,
20
amorevolezza e giustizia vissute in prima persona e di per se stesse “effusive” e
“contagiose”.
Infine, è riferimento fondativo e orientante dei progetti educativi delle scuole
cattoliche una cultura ispirata ad un umanesimo integrale, inteso sia come forma
che come contenuto dell’educare – nella prospettiva della “civiltà della verità e dell’amore”.
Questi tratti comuni della tradizione ecclesiale dovranno essere rivissuti secondo
le modalità peculiari di ciascuna esperienza carismatica, origine di nuove
realtà scolastiche e formative, con tutta la freschezza, la creatività e lo spessore
anche storico che le potrà connotare (ad esempio, secondo lo “spirito” del sistema
preventivo salesiano o del sistema educativo lasalliano o ignaziano; oppure con
l’accento tipico dei Movimenti e delle nuove Comunità ecc.).
Entro questo quadro si tratterà di portare a livello di coscienza personalizzata,
in ciascun docente, una concezione cristiana del mondo e della vita. Infatti, la
scuola cattolica risulta fondata sul mistero di Gesù Cristo che «rivela e promuove il
senso nuovo dell’esistenza e la trasforma abilitando l’uomo a vivere in maniera divina,
cioè a pensare, volere e agire secondo il Vangelo, facendo delle beatitudini la
norma della vita» (Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, 1977, n. 34). È
in Lui che si ha anche la rivelazione dell’amore misericordioso di Dio (di cui Cristo
è il volto) e del rinnovamento umano nello Spirito.
Tale concezione del mondo e della vita arriva a delineare una specifica visione
del ragazzo/allievo: questi appare al contempo persona (come possono variamente
affermare anche molte prospettive pedagogiche umanistiche contemporanee), immagine
e somiglianza di Dio (come possono affermare anche pedagogisti di matrice
ebraica o musulmana o comunque religiosa) ma, solo cristianamente, anche
“figlio nel Figlio” e modello di quei “piccoli” che cercano evangelicamente il
Regno di Dio e la sua verità-giustizia.
Un altro punto da sviluppare, sia in sede di formazione iniziale che in sede di
aggiornamento e formazione in servizio, consiste nell’approfondimento della testimonianza
cristiana. In effetti l’ispirazione cristiana non si riduce a sola “referenza”
o a solo quadro di riferimento ideale e valoriale. Essa pretende di essere – o perlomeno
di poter essere – fonte di motivazione e ispirazione creativa di comportamenti
e vissuti educativi peculiari. Per tale motivo lo stesso agire e rapportarsi educativo
viene a risultare non solo come agire e relazione professionale, magari intrinsecamente
connotati di dimensioni affettive, filantropiche, sociali, ma anche come un
modo specifico di rapportarsi e vivere “agapicamente” (cioè secondo l’amore di
Dio) la comune vicenda umana di liberazione e pienezza vitale, a cui tutti aspiriamo.
La visione cristiana dell’educazione invita, da sempre, a pensare il proprio
ruolo professionale di docenza come una vocazione e come una missione specifica,
nel contesto della globale vocazione cristiana e della comune responsabilità
sociale educativa: sia come sensibilità nativa e coltivata, sia come espressione e
modo particolare di essere nella vita e nel processo di crescita del Corpo di Cristo
21
che è la Chiesa. L’indispensabile cura per questi aspetti di fondo della professione
docente si rivela in grado di integrare armonicamente e sinteticamente anche ogni
altra componente della professione docente. A livello personale, essa può promuovere
l’integrazione tra vita, cultura e fede, come richiesto da tutto il magistero ecclesiale
fin dal Vaticano II; tra personalità e ruoli; tra continuità e differenza di genere,
di appartenenze vitali, di stagioni di vita; tra prima formazione ed aggiornamento
continuo, tramite opportune iniziative e momenti. A livello di competenza
culturale, può porsi come integrazione di esperienza soggettiva, di tradizione culturale
ed ecclesiale, di ispirazione ideale e/o di fede, di conoscenza scientifica, di
tecniche pedagogiche e didattiche, di operatività personale e comunitaria. A livello
di azione educativa, è capace di tradursi nella integrazione tra mediazione e stimolazione
per una globale ed unitaria formazione personale e sociale degli individui
e delle aggregazioni comunitarie; o nell’integrazione tra azione individuale ed
azione comunitaria, tra docenza disciplinare e connessione interdisciplinare e trasferimenti
culturali e vitali (spingendo a essere professionisti dei nessi, delle disciplinarità
e delle trasversalità, della ricerca analitica e di quella comprensiva, dell’approfondimento
e dell’unificazione culturale e vitale). A livello di stili di apprendimento,
essa può dar luogo all’opportuna coniugazione di sentire, osservare,
teorizzare, progettare, operazionalizzare, valutare e verificare per un’azione comprensiva,
referenziata, giustificata: con l’intenzione ultima di risultare al contempo
valida, efficiente ed efficace, ma anche all’altezza dei bisogni, delle aspettative e
del futuro dei ragazzi e delle ragazze, singoli e gruppi-classe, con cui si entra in
relazione educativo-didattica.
Nei docenti appare poco evidenziata l’attenzione specifica al compito educativo-
sociale. Eppure questo aspetto della funzione docente è ineludibile. Rispetto
ad un recente passato gli insegnanti di oggi sono chiamati a concorrere all’educazione
alla convivenza civile e democratica di tutti e di ogni nuovo cittadino che
viene alla ribalta della vita sociale adulta, fortemente segnata dalla multicultura.
Essi debbono saper esprimere, all’interno della istituzione e della prassi scolastica,
atteggiamenti e comportamenti in qualche modo riferibili a quell’etica civile collegata
ai diritti umani e alle richieste di uno sviluppo sostenibile, equo e solidale, a
cui i governi nazionali e gli organismi internazionali intendono (o perlomeno dicono
di) ispirarsi e cercare di attuare. E a tali ideali civili si chiede che gli insegnanti
educhino gli alunni, sia individualmente sia collegialmente come comunità
di apprendimento. Questa attenzione ad una competenza educativa al sociale appartiene
a pieno titolo alle scuole cattoliche e ai CFP di ispirazione cristiana, che da
sempre hanno congiunto intenti di evangelizzazione e educazione della fede con
sensibilità e promozione umana e sociale: con una particolare attenzione per gli
“ultimi”.
b) Il docente di scuola cattolica e la relazione educativa
La capacità di coinvolgimento personale nella relazione educativa è parte
costitutiva della professionalità docente (CNSC, 2008; La Marca, 2006; Malizia,
22
Cicatelli, Fedeli e Pieroni, 2006). All’insegnante occorrono sia competenze cul -
turali e didattiche, indispensabili per consentire la conquista personale del sapere
da parte degli alunni, sia competenze relazionali, necessarie per interagire correttamente
con gli allievi stessi, i colleghi, i genitori e soprattutto per instaurare delle
relazioni educative profonde, significative ed efficaci. In particolare, sembra che
nella relazione educativa l’insegnante di scuola cattolica debba curare in parti -
colare: il modo di fare lezione in classe; l’attenzione alle caratteristiche peculiari di
ogni persona; il dialogo fitto e intenso, fatto di ascolto attento e di comunicazione
vibrante; l’esercizio dell’autorevolezza morale in un clima di libertà interiore; la
coerenza tra i principi religiosi e morali insegnati e la propria testimonianza di
vita; lo sviluppo della cooperazione tra gli alunni nello svolgimento del lavoro scolastico;
la guida e l’orientamento degli allievi da accompagnare nella loro crescita
umana.
La lezione svolta è realmente educativa non solo quando rende possibile la conoscenza,
la comprensione intellettuale, ma anche quando promuove l’atto della
volontà, vale a dire l’adesione alla verità scoperta e riconosciuta. La lezione, prodotto
o risultato dell’insegnamento, svolge una funzione educativa quando suscita
l’apprendere come azione immanente o formativa. Per la formazione dello studente
non è tanto importante e decisiva l’esposizione ex cathedra di conoscenze, quanto
il loro apprendimento reale. Il docente non può essere un ripetitore o un lettore
delle nozioni già presenti nei trattati o nelle riviste scientifiche, ma una persona che
stimola la curiosità e l’interesse dello studente. La relazione educativa è centrata
sul rispetto reciproco e sulla chiara definizione degli obiettivi da raggiungere insieme;
tutto ciò rende possibile muoversi all’interno del paradigma di una formazione
che non consente fughe nell’anonimato.
Al di sopra della competenza tecnica o della conoscenza scientifica – la cui
importanza nessuno nega o disdegna – ciò che maggiormente lascia un’impronta
nell’alunno è l’entusiasmo, la vicinanza, la flessibilità personale, la disponibilità, la
comprensione, l’empatia e il senso di giustizia dell’insegnante. La professione docente
contiene già al suo interno una forte tensione etica ed ideale, come servizio
alla persona nel suo processo di crescita e nello sviluppo guidato delle sue potenzialità
(Damiano, 2007). L’essere un docente di scuola cattolica comporta in più la
consapevolezza di svolgere un’attività rivolta all’uomo in quanto persona considerata
nella sua integralità e nell’orizzonte che conferisce alla vita la sua piena e ultima
destinazione.
In classe dovrebbe realizzarsi una reciproca passione comunicativa, simpatetica
e, per quanto possibile, una solidarietà dinamica tra insegnante e alunni, e
degli allievi tra di loro, sulla base di un’affinità e di una condivisione più o meno
estese, mediante il riconoscimento del valore della persona come essere libero e responsabile,
da difendere e da promuovere. La convivenza quotidiana offre molte
opportunità di incontro e condivisione, come una breve conversazione in corridoio,
alla fine di una lezione o in un momento di pausa. Questi contatti sporadici brevi,
23
quando sono di appoggio al colloquio formale, hanno un grande valore per stimolare
ed incoraggiare l’alunno, per risolvere un problema occasionale, per congratularsi
con chi ha raggiunto l’obiettivo che perseguiva, insomma per dimostrare ad
ogni allievo che all’insegnante interessa la sua persona, la sua situazione, i suoi desideri,
i problemi, gli hobby, il suo mondo, la sua esperienza.
Dalla natura della scuola cattolica discende anche uno degli elementi più
espressivi dell’originalità del suo progetto educativo: la sintesi tra cultura e fede.
Infatti il sapere, posto nell’orizzonte della fede, diventa sapienza e visione di vita.
Le singole discipline non presentano solo conoscenze da acquisire, ma verità da
scoprire e valori da assimilare. Tutto ciò esige un ambiente caratterizzato dalla ricerca
della verità, nel quale gli educatori – competenti, convinti e coerenti – aiutano
gli allievi ad operare una sintesi personale tra verità di fede e verità naturali.
Per giungere ad una autentica relazione educativa in classe è necessario anche
creare una piattaforma apprenditiva, che permetta agli allievi di instaurare significative
relazioni socio-affettive e socio-operative all’interno della classe, al fine di
raggiungere positivi risultati scolastici e, allo stesso tempo, una maggiore maturazione
e integrazione delle loro personalità in via di formazione. Per questo è necessario
che l’insegnante prenda in considerazione le condizioni personali e sociali
degli allievi e, nei limiti delle sue possibilità, favorisca il loro apprendimento attraverso
una programmazione personalizzata che faciliti il lavoro di gruppo, il gioco
collaborativo e altre forme di educazione sociale.
La meta ideale rimane il pieno sviluppo della capacità di autovalutazione nell’allievo,
il quale, riconoscendosi per come effettivamente è in un certo momento
del suo sviluppo e acquisendo consapevolezza delle sue effettive possibilità di miglioramento,
dovrebbe così prendere le decisioni giuste nell’orientare il suo impegno
nel lavoro scolastico. Sarà dunque necessario creare i presupposti che, da un
lato, permettano all’allievo di non vedere la valutazione come una sentenza sul proprio
valore, facendo in modo che la possa invece sperimentare come momento utile
alla propria crescita, in cui conoscere i propri punti di forza e comprendere in che
modo far fronte agli eventuali insuccessi, e che, dall’altro, garantiscano le migliori
condizioni di esercizio della sua responsabilità individuale.
Fondamentalmente, infine, l’insegnante di scuola cattolica accetta di essere la
guida e l’orientatore che accompagna l’alunno nel suo cammino verso la conquista
della piena identità cristiana mediante l’acquisizione personale delle conoscenze e
delle competenze necessarie per vivere da cittadino solidale e responsabile nella
“città terrena”, senza dimenticare che la meta finale e definitiva è la “città celeste”.
c) La diversità dei carismi dei docenti religiosi e laici nella scuola cattolica
Dato che siamo di fronte a una contrazione quantitativa molto marcata dei religiosi,
non solo nella scuola ma anche nell’immaginario vocazionale delle nuove
generazioni, diventa ancor più necessario interrogarsi criticamente sulla natura e
sulle caratteristiche educative di questa specifica “figura” di docente. In sostanza: il
religioso insegnante dispone di valori educativi specifici e propri, unici e insostitui-
24
bili – e perciò è necessario alla identità della scuola cattolica, e mai potrà essere
“supplito” dal docente laico – oppure può oggi cedere le sue funzioni educative alla
mediazione dei nuovi ministeri laicali – o perlomeno condividerle? A nostro parere,
ogni membro della comunità educante costituisce una ricchezza con il carisma
umano e cristiano che gli è proprio (Congregazione per l’educazione cattolica,
2007; De Giorgi, 2006; Malizia, Cicatelli, Fedeli e Pieroni, 2006). Non sembra essere
quindi una sostituzione meramente funzionale, quella che si opera in tante
scuole con il subentro di docenti laici ai docenti religiosi, ma un fenomeno che può
comportare quasi una vera e propria mutazione nell’identità e nel modello educativo
della scuola cattolica. In essa, infatti, entrambe le presenze sono a loro modo
significative: quella dei docenti laici rappresenta una ricchezza per la testimonianza
che essi possono offrire di una fede vissuta nel pieno contatto con le realtà secolari;
ma anche quella dei docenti religiosi è una ricchezza che sarebbe doloroso perdere,
per la loro testimonianza di un modo diverso di relazionarsi con quelle stesse realtà
(testimonianza che, del resto, costituisce un richiamo costante nella vita dell’intera
Chiesa).
Per quanto riguarda il religioso docente nella scuola cattolica, il punto nodale
della sua specificità educativa sta nel saper trasformare il proprio carisma congregazionale
e i tre voti religiosi da criterio di appartenenza personale a criterio del
fare cultura critica specifica nella scuola/FP.
Il voto di povertà nella scuola cattolica diventa metodologia scientifica di sobrietà
e quindi capacità di produrre risultati più profondamente conoscitivi della
realtà, con il minimo possibile di mezzi materiali. È proprio in quest’ottica che il
servizio agli ultimi, tipico del religioso, acquista una nuova ed esemplare significatività.
Riprogettare una disciplina a partire dalle situazioni reali dei più svantaggiati
significa che l’ascolto di chi è “povero” può suggerire una migliore organizzazione
persino del “sapere” e delle discipline, a servizio più della vita che della “cultura”
o delle “strutture” in senso stretto.
Il voto di castità è la capacità di parlare alla razionalità di una persona, e
perciò di fare educazione di natura scolastica o formativa, senza giocare ambiguamente
sulla sua emotività e sensibilità. Si educa meglio la persona, quanto meno si
cerca di condizionarla, possederla e perfino usarla nei suoi elementi di più facile
vulnerabilità, e quanto più si insiste appassionatamente sulla natura e sul dinamismo
razionale che la costituiscono – fin nella loro dimensione affettivamente più
intima e profonda.
Il voto di obbedienza nella scuola cattolica diventa capacità di proposta culturale
di valori e di significati, senza finalizzare tale proposta alla cattura del consenso
e al possesso delle volontà – e quindi senza volere “strumentalizzare” o
“convertire” le coscienze, ma mirando semplicemente alla loro crescita veramente
libera, attraverso il paragone con ciò che è oggettivamente vero e valido.
In questa prospettiva, la presenza del religioso di vita consacrata nella scuola
cattolica viene quindi ad assumere tre funzioni specifiche:
25
a) si pone come l’oltre profetico rispetto a qualsiasi educazione prodotta dalla
sola mediazione culturale;
b) si colloca entro la cultura stessa della scuola/FP, come portatrice di criteri di
giudizio critico contenuti nella sua identità e nella sua esperienzialità di vita; e
quindi come criterio “diverso e altro” del fare cultura, rispetto alla tradizionale
cultura umanistico-scientifico-tecnica-professionale della scuola/FP;
c) proprio per questo, diventa capace di valutare la reale portata educativa della
razionalità espressa nello statuto epistemologico di ogni singola disciplina, ponendosi
così come coscienza critica della razionalità disciplinare rispetto alla
più vasta e complessa razionalità della persona umana.
Se il docente religioso diventa il soggetto che assume la funzione di proporre
alla educatività il valore del “radicalmente oltre” rispetto allo sviluppo coerente dei
valori umani esistenti (e quindi diventa capacità di attingere il senso del vivere
anche oltre rispetto a qualsiasi cultura), il docente credente laico ha come impegno
specifico la mediazione tra il suo insegnamento e la capacità (introdotta in lui dal
battesimo) di promuovere a completezza i valori umani già esistenti attraverso la
loro finalizzazione al regno di Dio.
«La scuola cattolica, come comunità educativa che ha per aspirazione ultima
di educare alla fede, sarà tanto più idonea a compiere il suo mandato quanto più
rappresenterà la ricchezza della comunità ecclesiale. La presenza simultanea in
essa di sacerdoti, religiosi, religiose e laici costituisce per l’alunno un riflesso vivo
di questa ricchezza che gli facilita una maggior assimilazione della realtà della
Chiesa» (Sacra Congregazione per l’educazione cattolica, 1982, n. 43). Il rischio
attuale è che tale ricchezza sia sempre meno percepibile per via del progressivo diminuire
dei docenti sacerdoti o religiosi/e, soprattutto nei livelli più alti. Cresce
perciò la responsabilità dei laici nel testimoniare la loro appartenenza ecclesiale ed
i carismi propri della vita laicale. È non solo il profilo della scuola cattolica ma
quello della stessa Chiesa che va cambiando con il progressivo ampliamento del
protagonismo laicale. Ciò non può significare appiattimento sul modello più o
meno “neutrale” delle scuole statali o comunque non cattoliche, ma deve tendere a
conservare e ravvivare il carisma educativo originario di una scuola/centro o eventualmente
ad introdurne di nuovi, comunque sempre autenticamente ecclesiali. Essenziale
sarà sempre conservare una spiritualità di comunione come tratto caratteristico
delle scuole cattoliche. «Giova sottolineare che il contributo peculiare che gli
educatori laici possono apportare al cammino formativo, scaturisce proprio dalla
loro indole secolare, che li rende particolarmente capaci di cogliere “i segni dei
tempi”. Essi, infatti, vivendo la loro fede nelle condizioni ordinarie della famiglia e
della società, possono aiutare l’intera comunità educativa a distinguere con più precisione
i valori evangelici e i controvalori che questi segni racchiudono» (Congregazione
per l’educazione cattolica, 2007, n. 31). Sarà proprio la presenza dei laici,
perciò, con il loro costitutivo radicamento nel “secolo”, a favorire una preziosa
apertura della comunità educativa al mondo.
26
1.2.2. La formazione iniziale degli insegnanti di scuola cattolica
La domanda fondamentale da porsi in questo ambito è se l’insegnante di
scuola cattolica debba possedere ulteriori competenze in aggiunta a quelle richieste
ad ogni insegnante o debba possederne semplicemente di diverse. In relazione alla
formazione iniziale, a seconda della risposta, deriva la scelta di puntare su percorsi
semplicemente aggiuntivi rispetto a quello comune o su percorsi già a monte differenziati
(Cicatelli, 2006a; Malizia, Cicatelli e Fedeli, 2006; Malizia, Cicatelli, Fedeli
e Pieroni, 2006; Malizia e Cicatelli, 2005; Malizia, 2005). La preferenza teorica
andrebbe forse alla seconda ipotesi (con un impegno operativo non indifferente
delle università cattoliche o dei pedagogisti cattolici presenti nelle università statali
oppure con percorsi integrati tra università statali e istituti di studi teologici), ma
con maggiore realismo ci si deve orientare per ora su una più praticabile aggiunta
di formazione curata post lauream nelle sedi opportune, ivi incluse le scuole cattoliche,
le associazioni professionali o le semplici associazioni cattoliche.
In relazione ai contenuti di questa formazione iniziale, però, si riscontra una
sostanziale unanimità nel sottolineare l’importanza e la priorità della formazione
umana e spirituale dei docenti che andranno ad insegnare nelle scuole cattoliche.
Retta dottrina e probità di vita sono già richieste dal diritto canonico (can. 803 § 2),
ma ad esse devono aggiungersi una serie di “competenze” ulteriori, che vanno ben
oltre l’ambito professionale e attingono la sfera delle doti personali. Anche le qualità
umane devono essere sostenute da una cultura professionale coerente: da un
lato occorre recuperare una formazione pedagogica generale di fronte alla riduzione
dell’insegnamento ai suoi aspetti tecnici, come se una buona ricetta didattica
possa surrogare l’attenzione all’educativo; dall’altro, si deve nutrire questa cultura
pedagogica della migliore antropologia cristiana e della riflessione sulla dimensione
valoriale troppo spesso trascurata. Insomma, il fattore umano sembra essere
la chiave di volta del progetto educativo della scuola cattolica; quindi la formazione
dei docenti acquista un valore strategico essenziale nel processo di riqualificazione
della scuola cattolica stessa.
Sul piano culturale la formazione degli insegnanti di scuola cattolica va indirizzata:
– verso forme di umanesimo integrale che sappiano intercettare le domande di
educazione (nonché le difficoltà personali) di alunni e famiglie;
– verso la ricostruzione di una Weltanschauung cristiana che sia in grado di attribuire
senso ai diversi contenuti culturali insegnati;
– verso un consolidamento dell’appartenenza ecclesiale dei docenti, affinché essi
avvertano la propria opera come autentica espressione di un’azione della
Chiesa (ma anche la comunità cristiana dovrebbe riscoprire il valore della
scuola cattolica);
– verso un approfondimento della responsabilità educativa come impegno che ci
si assume in risposta ad una specifica vocazione che sappia nutrire affettivamente
la relazione interpersonale di ciascun docente con i propri allievi;
27
– verso la consapevolezza del valore educativo insostituibile che hanno la testimonianza
di vita e l’esemplarità umana e professionale dell’insegnante.
Sul piano operativo, fin da ora è possibile attivare, all’interno delle procedure
in vigore, appositi spazi formativi finalizzati ai docenti che poi andranno a svolgere
il proprio servizio nella scuola cattolica. In particolare si tratterebbe di garantire:
– alle scuole paritarie una quota di partecipazione alle iniziative formative promosse
istituzionalmente dal Ministero o dall’Indire,
– agli studenti dei corsi di laurea magistrale la possibilità di svolgere il tirocinio
anche all’interno delle scuole cattoliche paritarie,
– ai medesimi studenti la possibilità di utilizzare i crediti liberi nel corso di
laurea magistrale presso istituti o facoltà teologiche per acquisire anche competenze
in campo religioso,
– alle scuole paritarie l’accesso ai fondi statali per la formazione che vorranno
promuovere in proprio o in rete,
– ai docenti dell’Istruzione e Formazione Professionale una competenza pedagogico-
didattica equivalente a quella dei colleghi della scuola liceale, mediante
apposite iniziative formative.
A questo punto è opportuno anche evidenziare alcuni aspetti della sfera di
azione del docente di scuola cattolica che possono essere oggetto di attenzione all’interno
di un percorso formativo specifico. Si tratta di tematiche che ci sembra di
poter catalogare come approfondimenti o precisazioni all’interno delle linee generali
sopra indicate.
1. La dimensione europea non può essere più solo un riferimento di circostanza.
Il contesto in cui ci troviamo oggi ad operare supera i meri confini nazionali
e richiede un’attenzione più ampia, che abbia almeno le dimensioni continentali.
L’educazione è ormai oggetto di attenzione in varie sedi internazionali e
non si può fare a meno di prendere in considerazione i richiami che provengono
dai documenti internazionali e in particolare dai modelli offerti in sede
europea.
2. La famiglia deve essere sempre considerata un interlocutore privilegiato per
la scuola cattolica, non solo per il fatto che la scelta compiuta dai genitori
pone alla scuola l’obbligo morale di curare in modo particolare i rapporti con
le famiglie di origine degli alunni, ma anche e soprattutto perché la continuità
educativa tra scuola e famiglia è uno dei cardini del progetto educativo della
scuola cattolica in quanto sede di una attiva ed integrata comunità educante.
3. La scuola cattolica deve tornare a puntare ad una formazione di eccellenza, per
affiancare alla capacità di offrire servizi accessori e garanzie di sicurezza una
formazione che si distingua anche e soprattutto per la qualità dei suoi contenuti
e per l’equilibrio che riesce a realizzare tra tutte le componenti della cultura
personale, senza concedere nulla a concezioni elitarie della scuola cattolica che
non corrispondono alla sua genuina vocazione.
28
4. Occorre inoltre investire anche sulla formazione dei dirigenti di scuola cattolica.
Vista la complessità del progetto, è sempre più importante trovare persone
che sappiano dirigere e coordinare il lavoro dell’intero corpo docente, sapendo
indirizzarne l’azione in maniera coerente e nel costante equilibrio tra domanda
sociale di educazione, rispetto delle norme generali, adesione sincera al progetto
educativo di scuola e spirito di servizio alla persona.
5. Da un punto di vista metodologico, una pedagogia che sembra essere particolarmente
funzionale al progetto educativo di scuola cattolica è quella che si
fonda su una seria ermeneutica, cioè sulla capacità di interpretare e mettere in
relazione il vissuto dei singoli alunni con i modelli culturali contemporanei e
con la proposta di fede che alimenta l’intera azione educativa della scuola cattolica.
6. Tra le proposte operative in materia di reclutamento, sembra riscuotere particolare
interesse quella dell’albo regionale degli abilitati, cui le scuole cattoliche
vorrebbero poter attingere liberamente per scegliere gli insegnanti realmente
più in sintonia con la propria proposta educativa. La flessibilità del sistema di
formazione iniziale e la complessità del processo di reclutamento lasciano sperare
nel superamento di meccanismi formali che vanificano la libertà di educazione.
1.2.3. La formazione in servizio
In questo ambito gli obiettivi da perseguire possono essere identificati principalmente
nei seguenti due (Malizia, 2005; Malizia e Cicatelli, 2005; Di Agresti,
2005). Il primo è quello di aiutare a cogliere e a sostenere il significato delle istituzioni
educative in quanto tali e il ruolo che ogni docente è chiamato a svolgere in
esse. Il secondo riguarda la condivisione di un progetto educativo che si alimenta
dei valori forti dell’antropologia cristiana, ne traduce le istanze in termini culturali
e si offre al confronto per la costruzione di una società più umana e più giusta, attenta
alla difesa del primato dell’uomo e del diritto alla piena realizzazione di tutte
le sue potenzialità.
La formazione in servizio riferita al primo obiettivo, essendo centrata sull’aggiornamento
metodologico-culturale, organizzativo, partecipativo, è più agevole,
dato l’interesse generale che coinvolge tutti gli insegnanti, di scuole cattoliche e
non. Sicuramente non va dato per scontato, e va perseguito con cura e costanza, ma
c’è meno esigenza di renderlo presente. Il secondo obiettivo presenta una doppia
difficoltà: la prima riguarda, per la maggior parte degli insegnanti con una formazione
iniziale del tutto estranea alla problematica educativa della dimensione religiosa,
una vera iniziazione in situazione; la seconda è determinata dalle richieste di
alto profilo umano-cristiano che il lavoro in una scuola cattolica propone ed esige.
Comunque, una formazione specifica coinvolge molti aspetti qualificanti che riguardano
tanto il pensare quanto il vivere: la dimensione della fede nel progetto di
vita personale, la consapevolezza del ruolo da svolgere nel piano della salvezza, la
29
condivisione del progetto educativo, la partecipazione alla vita comunitaria fondata
su relazioni umane arricchenti, la corresponsabilizzazione nella gestione dei processi,
la preparazione culturale solida e critica secondo un’ottica cristiana, la capacità
di dialogo tra espressioni culturali e fedi diverse e così via.
In questo ambito non si parte da zero e vale la pena richiamare le proposte e
gli interventi già in atto:
1. i numerosi corsi di aggiornamento/riqualificazione professionale nati dalle
continue provocazioni provenienti dai recenti processo riformatori;
2. l’esperienza laboratoriale di ricerca-azione che sta già coinvolgendo scuole
cattoliche a livello regionale;
3. le prime esperienze di formazione mirate all’assunzione di responsabilità e a
cogliere le implicanze valoriali che derivano dall’accettazione di un incarico
nelle scuole cattoliche;
4. lo spazio che nella formazione in servizio viene riservato alla dimensione etica
e deontologica dell’operatore della FP e alle iniziative di supporto dell’identità
cristiana e carismatica degli enti;
5. lo sviluppo della realtà associativa che si propone di costruire reti e di ottimizzare
la qualità degli interventi, anche attraverso il coinvolgimento diretto degli
operatori.
Gli Enti di FP considerano la formazione dei formatori un’azione fondamentale
per l’animazione e l’affermazione della propria “proposta formativa” (Tonini, 2005).
Generalmente le aree che sono oggetto di tali iniziative sono quelle tecnico-professionali
che hanno come obiettivo principale l’aggiornamento tecnologico proprio
delle varie comunità/famiglie professionali e quelle metodologico-didattiche che mirano
al potenziamento e all’arricchimento delle competenze metodologiche, didattiche,
psico-pedagogiche ed educative. La formazione dei formatori in servizio tiene
conto anche dei destinatari diretti quali gli adolescenti, i giovani, gli adulti, le persone
in vario modo svantaggiate, le famiglie. L’attuazione delle iniziative di formazione
può avvenire a livello locale (nel singolo CFP), a livello regionale o interregionale
(iniziative promosse dalle Regioni o dall’Ente o da Enti associati) e a livello
nazionale. Le attività di carattere nazionale, destinate a tutti i formatori operanti
nelle Regioni, sono generalmente organizzate nella forma residenziale, nella forma
mista (residenziale e a distanza), nella forma on-line e nella forma off-line.
Uno dei problemi più delicati e importanti che gli Enti debbono affrontare è l’animazione
della loro identità cristiana e carismatica sia per i formatori neoassunti
che per quelli in servizio. In proposito sono state segnalate due iniziative (i percorsi
“Insieme per un nuovo progetto di formazione” ed “Etica e deontologia dell’operatore
della FP”) che si caratterizzano per essere state concepite come un servizio di
accompagnamento per formatori in ingresso e in servizio nella Formazione Professionale
e svolte in modo integrato (residenziale e on line) (Tacconi, 2003; Fontana,
Tacconi, Visentin, 2003). Per quanto riguarda il formatore della formazione in servizio,
la proposta è stata pensata come un utile strumento per aiutarlo a leggere e a
30
interpretare la propria esperienza e la realtà organizzativa in cui opera e di cui è
parte negli aspetti della sua storia, della sua cultura interna e della sua mission e a
sviluppare la capacità di guardare le cose da diversi punti di vista (capacità multiprospettica),
ricorrendo a modelli interpretativi ed operativi flessibili.
Il progetto promuove una vera e propria “comunità di apprendimento” che,
durante il percorso formativo, consente di confrontare continuamente teoria e
pratica, riflessioni ed esperienze, modelli interni e modelli esterni. Dalla comunità
di apprendimento, poi, si passa al termine del percorso alla costituzione di una
stabile e vitale “comunità di pratica” (Wenger, 2006), in cui ciascuno può ricorrere
alle risorse consulenziali di esperti e di colleghi per affrontare casi reali e quotidiani.
Un aspetto da considerare specificamente mette a fuoco l’attenzione che i responsabili
della scuola cattolica hanno verso le persone dei docenti in quanto tali,
nei loro compiti di insegnamento (Bissoli, 2005). Ciò comporta un venir a toccare
anche la loro collocazione di fronte all’opzione religiosa, concretamente la religione
di Chiesa, ovviamente non per sindacarla, ma per metterla a fuoco nel contesto
scolastico educativo. Sarà quindi un’attenzione che, motivandosi sul terreno
del patto professionale, interpella il docente per il suo dovere nei riguardi dei fini
dell’istituzione.
Il discorso si fa concreto aiutando il docente ad acquisire le competenze necessarie
per quanto concerne la componente religiosa (conoscenze, atteggiamenti, indicazioni
di metodo), in due direzioni: spiegando (sovente si tratta di una vera alfabetizzazione)
cosa è, come si realizza, una ermeneutica dei contenuti disciplinari,
sottolineando la centralità della persona umana come grande valore cristiano ed insieme
evidenziando il rilevante spessore umanizzante della visione evangelica fino
al dono della fede; in secondo luogo, si suggerirà ai docenti il modo di vivere una
relazione educativa con gli alunni (e i genitori) adeguata all’ispirazione credente,
mostrando il grande, innovativo contributo alla crescita dato dal sapersi confrontare
sulla tavola di valori religiosi, spirituali e morali; dal farsi un giudizio cristiano
sugli avvenimenti; dal compiere scelte di vita a favore degli altri.
Ma il processo formativo deve poter effettuare un passo in avanti badando non
solo alla collocazione religiosa del docente nei suoi doveri verso l’istituzione cristiana,
ma anche alla condizione soggettiva del docente stesso riguardo alla religione.
Qui si mostra al meglio il valore della scuola cattolica quando assume come
potenziali allievi gli stessi docenti esprimendo la sua valenza formativa nei loro
confronti.
Si dirà che vi è nella scuola cattolica una specifica cura dei docenti, fatta di incontri
stabiliti, di conferenze formative, anche di momenti di preghiera e di convivialità.
Sono cose da mantenere e migliorare, liberandole dalla routine e dai luoghi
comuni. Probabilmente c’è bisogno di qualcosa di più, una sorta di cura fuori degli
schemi convenuti. Per diversi docenti si dovrà prevedere una forma di accompagnamento,
fatto di incontro e dialogo personale, di percezione del travaglio inte-
31
riore e del doveroso rispetto che si deve, di condivisione dei momenti dolorosi, ma
anche lieti, di proposte di esperienze qualificate.
In una vera “comunità educante”, genitori e docenti hanno bisogno di fare formazione
insieme, superando un certo protagonismo individuale, una certa auto-referenzialità
(Tettamanti, 2005). La convinzione educativa della famiglia deve potersi
confrontare con quella degli insegnanti, con una scuola non più intesa come
una astratta istituzione, ma come una unità viva di persone che vivono un complesso
di valori a loro affidati dalla storia per comunicarli ai più piccoli. Ciò significa
assumere la responsabilità educativa nei confronti di ciascun ragazzo, nell’ambito
di una relazione, certamente di gruppo, ma anche, se non particolarmente, individuale,
che tenga conto del suo essere persona, con i problemi di crescita di
ognuno e con il vissuto che ciascuno porta con sé dentro la scuola.
Nasce quindi l’urgenza di creare alleanze tra adulti e di imparare a fare percorsi
formativi ed educativi insieme. La connaturalità educativa e la conseguente
esperienza dei genitori possono diventare cultura integrativa di natura scolastica e
con ciò i genitori integrarsi culturalmente con i docenti nello stesso momento curricolare.
Nella scuola ad ogni livello si educa insegnando: tuttavia se ciò comporta
una valorizzazione della educatività delle discipline, una modalità didattica, una
definizione dei criteri e degli strumenti di valutazione, si esige che il cammino educativo
sia frutto anche, se non soprattutto, di una sinergia educativa tra gli adulti
tutti che a diverso titolo sono nella scuola (docenti, genitori, personale direttivo e
operatori vari), legati fra loro da uno scopo comune e da un quotidiano lavoro fatto
insieme, capace di reggere il compito educativo, dove, appunto, la creatività di
ognuno (e non soltanto dei docenti) è accolta, coltivata, provocata da una condivisione
educativa in grado di rispondere ai bisogni delle giovani generazioni.
È vero che da parte della famiglia vi è spesso una delega educativa alla scuola/
centro e che questi ultimi, di fronte a forti carenze formative di base, svolgono di
fatto un ruolo di supplenza; tuttavia, loro compito è anche quello di rendere educativamente
coscienti gli stessi genitori, dei quali il ricorrere alla scuola cattolica può
essere inteso anche come una richiesta di aiuto nel ruolo di formatore dei figli. In
aggiunta, è condizione ineliminabile di ogni educazione che questa operazione
abbia all’origine una vita, una esperienza personale comunitaria capace di essere
propositiva di valori e sollecitante alla loro verifica personale in un orizzonte
sempre più vasto. E mettere in comune l’esperienza di ciascun adulto (ai quali i
ragazzi guardano), in particolare dei genitori e dei docenti, favorisce il giudizio, lo
sguardo e l’uso delle cose.
Ecco che allora la ri-comprensione della professionalità dell’insegnante si
pone come sintesi acuta ed equilibrata di vocazione e competenza, entro un soggetto
educante composito. Pertanto, dovranno essere articolati momenti di analisi
(temi ed obiettivi), spazi di confronto (assemblee di classe, di interclasse e di settore),
gesti di impegno (non solo la conoscenza genera azione, ma è l’azione che
spesso genera conoscenza): ciò presuppone – nella scuola – non soltanto instaurare
32
un rapporto con il sapere, ma soprattutto favorire un rapporto con la vita. Il tutto
certamente lasciato alla creatività della comunità educante, ma tuttavia teso a coinvolgere
e a rispondere ai bisogni formativi degli stessi allievi e a valorizzare un lavoro
comunitario efficace ed efficiente.
2. L’EVOLUZIONE DELLA FORMAZIONE DEI FORMATORI IN ITALIA
Dopo aver portato l’attenzione sulla situazione internazionale e sulla scuola
cattolica, concentriamo ora la nostra analisi sulla situazione italiana in una prospettiva
sia diacronica che sincronica. La disamina sarà articolata in due sezioni, una
focalizzata sul sistema educativo in generale e l’altra sulla condizione specifica
della FP.
2.1. Linee generali dell’evoluzione
Incominceremo con il delineare le componenti tradizionali della questione insegnante
nel nostro Paese. Passeremo poi a presentare sinteticamente le ultime riforme
intervenute in proposito.
2.1.1. La questione insegnante
«La “questione insegnante” appare come uno dei grandi temi irrisolti dell’intervento
pubblico in Italia»: con questa affermazione prendevano l’avvio le conclusioni
dell’indagine campionaria sugli insegnanti condotta dal Censis nel 1982 (La
questione insegnante, 1983, p. 5; Malizia e Nanni, 2010). Dopo cinque anni, nel
1987, nonostante gli sforzi compiuti, la valutazione era confermata aspramente
dalla rivolta dei Cobas, i comitati di base scolastici degli insegnanti.
Quali le ragioni a monte di uno dei conflitti di lavoro più duri che abbiano riguardato
la scuola nel periodo in esame (Cavalli, 1992 e 2000; Cavalli-Argentin,
2010; Damiano, 1982 e 2004; La questione insegnante, 1983; Cipollone, 1986;
Corradini, 1987; Malizia, 1988; Rapporto di base..., 1998; Di Pol, 2002; Ribolzi,
2002; Nanni, 2003; Moscato, 2008)?
Anzitutto si può osservare come nel decennio 1970-71/1980-81 il corpo docente
abbia seguito un andamento divergente rispetto allo sviluppo della scolarità:
alla contrazione della crescita degli allievi è corrisposta un’espansione elevata dei
docenti (268.000 unità in cifre assolute, pari a 1 nuovo docente ogni 6 nuovi alunni).
Nel quinquennio successivo la crescita è stata più contenuta. Tuttavia questa tendenza
a un certo assestamento non ha potuto compensare gli effetti del calo della
leva demografica degli alunni. Tale espansione ha corrisposto ad una politica dettata
dalla esigenza di trovare un impiego per una forza lavoro sovrabbondante. Ma
questa politica del personale della scuola, mirata soprattutto allo scopo sociale di far
fronte alla disoccupazione intellettuale, è stata pagata con determinate contropartite.
33
Il rapporto alunni-insegnante in Italia si presentava come il più basso d’Europa e
l’utilizzazione del personale docente sovrabbondante diveniva uno dei nodi della gestione
della scuola. Un’altra contropartita è stata costituita dalla difficoltà per le
nuove generazioni di accedere all’insegnamento. Un terzo effetto negativo va ricercato
nell’appiattimento del livello retributivo dei docenti: gli stipendi mensili degli
insegnanti italiani erano (e rimangono) molto inferiori a quelli di Francia, Germania,
Inghilterra e Spagna. Il problema si accresceva anche in connessione con i modi del
reclutamento, quasi solo basato sul servizio prestato e sull’anzianità di lavoro precario,
meno sulla preparazione effettiva e sulla qualità della competenza del futuro
insegnante. Non si sa infine se considerarlo una causa o un effetto di questa situazione,
ma in questi anni si andava consolidando il fenomeno della femminilizzazione
del corpo docente: agli inizi degli scorsi Anni ‘90 si registrava ancora un 20%
di insegnanti uomini di oltre 50 anni nella scuola primaria, ma la percentuale scendeva
al 5% tra i maestri con meno di 35 anni; altrettanto, nelle scuole medie le
donne non arrivavano al 60% nella fascia di età sopra i 50, ma superavano il 70% al
di sotto dei 35; nelle superiori si confermava l’andamento con un 46% di donne
ultracinquantenni e un 61% tra le più giovani (Cavalli, 1992). Meno di venti anni
dopo (Dati MIUR 2007-08) le donne costituiscono il 99% del personale docente
nella scuola dell’infanzia, il 95% di quello di scuola primaria, il 71% nella scuola
secondaria di primo grado e il 60% in quella di secondo grado, segnalando perciò la
stabilizzazione di una tendenza maturata negli ultimi decenni del secolo scorso.
La politica di gestione del personale insegnante, negli Anni ‘70-‘80, si è caratterizzata
per il garantismo estremo e la conseguente carenza di un’azione rivolta a
stimolare la professionalità, a valutarne l’effettiva buona qualità e a tener conto
delle differenziazioni in atto nel mondo degli insegnanti. L’appiattimento della carriera,
unito al basso livello degli stipendi, ha contribuito tra l’altro alla caduta del
prestigio della professione docente.
Nonostante l’art. 7 del DPR n. 417/74, solo oltre venti anni dopo sarà realizzata
un’adeguata e pertinente preparazione universitaria degli insegnanti della
scuola dell’infanzia e delle elementari. La Formazione Professionale di tutti i docenti
ha continuato a non essere del tutto soddisfacente. Rispetto alle richieste delle
miniriforme del 1974 e quelle conseguenti ai nuovi programmi delle scuole medie
e delle elementari del 1979 e del 1985, l’aggiornamento in servizio è venuto ad
essere un’esigenza prioritaria e bisogna riconoscere che negli Anni ‘80-‘90 esso era
diventato una prassi costante e diffusa nella scuola, con un soddisfacente tasso
di partecipazione dei docenti alle varie iniziative. Tuttavia, il modello adottato in
concreto risultò spesso troppo tradizionale: mancava in particolare un’adeguata capacità
progettuale e di stimolazione motivazionale (oltre che un adeguato impegno
di supporto strutturale ed economico).
Ma, a nostro parere, il malessere degli insegnanti manifestatosi sul finire degli
Anni ‘80 va spiegato anche con la crisi d’identità che ha attraversato in quegli anni
il corpo docente. Gli insegnanti infatti non costituivano una categoria omogenea, e
34
al loro interno erano constatabili nette differenziazioni sia sulle convinzioni pedagogiche
sia sulle diversità di status e di retribuzione sia sui problemi del potere e
sulle questioni politiche. Tali contrapposizioni davano spesso luogo a divisioni tra
sottogruppi occupazionali e a fenomeni di predominanza di un gruppo rispetto ad
un altro. Non sempre le immagini dell’insegnante maggiormente accreditate a livello
di opinione pubblica erano rappresentative di tutto il corpo docente. Nel momento
considerato, l’ideale prevalente dell’insegnante si identificava con il professionista
e la domanda di professionalizzazione sembrava maggioritaria; essa però
conviveva con altre esigenze di segno diverso e, pertanto, rimaneva fondamentalmente
ambigua. In molti casi si arrivava da parte di molti a sostenere pretese egualitariste
(e non di merito) in tema di retribuzioni e a rifiutare ogni verifica di qualità
sia nei docenti di ruolo sia nell’immissione in ruolo dei supplenti.
I singoli provvedimenti necessari per risolvere la “questione insegnante” erano
stati già proposti con chiarezza negli Anni ‘80. La formazione pre-servizio doveva
prevedere la preparazione universitaria per i docenti della materna e delle elementari
e occorreva potenziare la formazione pedagogico-didattica di tutti gli insegnanti.
I meccanismi concorsuali andavano migliorati, come pure l’anno di prova
iniziale. Le scuole dovevano assumere, accanto alla funzione di formare i giovani,
anche quella di preparare a insegnare. In connessione con questa esigenza bisognava
introdurre la figura del formatore dei formatori, o dell’esperto in formazione
degli insegnanti, che però non doveva trasformarsi in un “super-professore”, comportare
un salto di ruolo o costituire uno status definitivo, ma più semplicemente richiedeva
esoneri o semiesoneri temporanei e indennità speciali.
Un problema a sé, che rimase anch’esso irrisolto nel periodo che si sta analizzando
e che mostrava a chiare note già allora i caratteri dell’urgenza era quello del
precariato che, nonostante la Legge n. 270/82, era riemerso, anche se in forme meno
imponenti che nel passato. Si trattava di una questione che non poteva essere lasciata
alla gestione del solo Ministero della Pubblica Istruzione, ma che interpellava l’intera
politica del lavoro del Paese. Si invocò allora (e dopo) di orientare il nuovo reclutamento
verso aree di maggiore fabbisogno e potenziare gli strumenti di valutazione
delle competenze e delle conoscenze degli insegnanti. Si richiese una politica
di gestione del personale che assumesse una chiara finalità di stimolo, impulso e differenziazione
e che puntasse decisamente a valorizzare la professionalità, a promuovere
l’aggiornamento, a introdurre elementi di flessibilità nella carriera, nell’orario e
nel profilo docente, evitando tuttavia di creare ruoli appositi e ricorrendo invece agli
esoneri o semiesoneri parziali e temporanei, agli incentivi e al volontariato.
2.1.2. La formazione continua ed iniziale degli insegnanti nella riforma Berlinguer
(Legge n. 30/2000)
La cosiddetta riforma Berlinguer non entrerà mai in vigore, ma sembra opportuno
parlarne brevemente perché è stata il punto di partenza di un processo riformatore
che altri hanno poi condotto a termine. Un punto caldo della riforma riguar-
35
dava gli insegnanti che dovevano realizzare le indicazioni curricolari, elaborandole
nella concreta offerta formativa della scuola (Malizia e Nanni, 2010; Programma
quinquennale di progressiva attuazione, 2000; Malizia e Nanni, 1998, 2001 e 2002;
Malizia e Stenco, 1999; Bertagna, 2000, 2001 a e b; Nanni, 2000a, 2000b e 2003;
Speciale riordino, 2000; Niceforo, 2001; Bordignon, 2008).
a) L’insegnante della riforma e la sua formazione in servizio
Il punto di vista economico e professionale ha avuto certamente il suo peso.
Del resto la riforma non avveniva fuori della storia. La scuola di base veniva ad
avere un anno in meno rispetto alla durata delle elementari e della media pre-riforma;
ciò era causa di problemi reali di impiego e di reimpiego, prima ancora che
di timori psicologici o di perdita di status sociale da parte dei “professori” della
scuola media rispetto ai “maestri” delle elementari.
Il profilo dei docenti costituiva l’oggetto del titolo IV del “Programma quinquennale”
di attuazione della riforma (2000). Fin dall’inizio si ricordava che «la
legge di riordino prevede un impegno particolare rispetto alla questione degli insegnanti
» e ne metteva subito in evidenza il carattere di «risorsa strategica ai fini del
miglioramento della qualità del sistema scolastico» (2000, p. 33). Il testo proseguiva
dicendo che «il piano quinquennale di attuazione rappresenterà un’occasione
importante per avviare un progetto straordinario di promozione della professionalità
docente» (2000, p. 34).
In questo modo si dava indirettamente risposta alle tante questioni che negli
ultimi tempi avevano portato la classe insegnante a mobilitarsi e a scendere a più
riprese e con varie motivazioni in piazza, contro il Ministero e il Governo.
Indubbiamente il contesto di riferimento era tutt’altro che semplice e pacifico.
Oltre alle questioni relative alla stabilità occupazionale e alla retribuzione economica
o all’immagine sociale del ruolo docente, gli insegnanti di ogni ordine e grado
di scuola non condividevano del tutto la logica e gli effetti della riforma e costituivano
un universo estremamente variegato con cui fare i conti.
Già il “Regolamento dell’autonomia” del 1999, aveva prospettato un tipo di
insegnante che non era visto come un puro “tecnico dell’apprendimento” il quale
applicava un programma definito da altri, ma piuttosto come un professionista capace
di interpretare le finalità della scuola, traducendole collegialmente in un progetto
educativo efficace e assumendosene anche personalmente la responsabilità
progettuale, attuativa e verificativa (Dpr 275/99, art. 16, c. 3).
A riguardo, il “Programma quinquennale” disegnava un alto profilo professionale,
che doveva fungere da quadro degli obiettivi della formazione iniziale e continua
del docente della riforma. Egli – si dice – doveva essere:
• «colto, in grado di padroneggiare la propria disciplina nei suoi continui mutamenti,
di valutarne le potenzialità formative, di governarne i rapporti con le
altre discipline, di collocarne, infine, le finalità e gli obiettivi di apprendimento
all’interno delle finalità generali del sistema scuola;
36
• riflessivo, in grado di fare ricerca sulle proprie scelte didattiche e metodologiche
e di saperne verificare i risultati, in un processo di continua valutazione e
autovalutazione;
• competente rispetto alle conoscenze socio-psico-pedagogiche necessarie per la
corretta impostazione dei processi di insegnamento-apprendimento;
• capace di interagire con tutti i soggetti, interni ed esterni, della vita della
scuola, di lavorare in équipe, di dare il proprio contributo alla definizione e
alla realizzazione dell’offerta formativa, di saper svolgere compiti specifici e
differenziati» (2000, p. 34).
È appena da osservare che rimanevano piuttosto in ombra – anche se non
erano del tutto assenti almeno a livello implicito – gli aspetti della funzione docente
relativi alla mentalità, alla coscienza critica circa i propri riferimenti ideali,
istituzionali, civili e religiosi. Eppure essi non erano senza impatto sia nella conoscenza
sia nell’azione didattica sia nella condotta scolastica degli insegnanti. E
forse meritava almeno un accenno esplicito la rilevanza di una robustezza etica e
civile, personale e di categoria, come pure l’importanza di comportamenti deontologicamente
condivisi e praticati (Nanni, 2000a).
Altrettanto era da dire per ciò che non dovrebbe mancare mai nell’ideazione del
profilo dell’insegnante: vale a dire una sorta di disponibilità “generativa” (dal
punto di vista professionale) nei confronti dei colleghi più giovani; come pure il
sentire come centrale nella pratica professionale la preoccupazione per la funzione
educativa e culturale, intesa come elemento di sintesi dei vari aspetti della professionalità
docente, ultimamente finalizzata alla qualità dell’apprendimento degli studenti
e della vita scolastica.
Il Programma quinquennale evidenziava come venisse a prevalere un modello
di formazione in servizio che mostrava una tendenziale preferenza per impostazioni
basate sull’autoformazione e su un modello di formazione permanente legato alle
singole istituzioni scolastiche. Più difficile restava individuare i criteri di valutazione
e di certificazione per quanto riguardava esperienze professionali vissute
nella scuola.
b) La formazione iniziale degli insegnanti della riforma
Molto più in là della prospettazione del problema non si andava neanche sulla
questione della formazione iniziale degli insegnanti.
Sulla struttura della formazione iniziale si avanzavano fondamentalmente tre
ipotesi correlate con la riforma universitaria in atto:
1. una laurea triennale disciplinare più una laurea specialistica (triennio più
biennio) seguita da una specializzazione annuale comprensiva del tirocinio. Era
la cosiddetta “ipotesi Tranfaglia”. Per alcuni la laurea specialistica doveva rimanere
ancorata a logiche disciplinari per rassodare la scientificità della formazione,
sia pure con integrazioni significative con le scienze della formazione.
Per altri si doveva dare, invece, maggior peso ai crediti dedicati all’approfondi-
37
mento delle scienze della formazione (la metà dei 120 crediti della laurea specialistica),
pensando ad una laurea finalizzata alla professione docente;
2. una laurea triennale disciplinare e un corso biennale di specializzazione all’insegnamento,
sul modello delle scuole di specializzazione all’insegnamento secondario
(le cosiddette Ssis);
3. una laurea specialistica nella Facoltà di Scienze della Formazione aperta ad integrazioni
con tutte le facoltà interessate, ma pensando per gli insegnanti della
scuola dell’infanzia ad un percorso formativo specifico nella linea dell’attuale
corso di laurea in scienze della formazione primaria.
Le ipotesi si legavano a complicati giochi accademico-istituzionali universitari,
oltre che a prospettive teoriche. Quel che restava assodato era che una scuola
nuova richiedeva nuovi insegnanti; o, meglio, che una buona riuscita della riforma
si affidava in primo luogo a insegnanti preparati, competenti, oltre che motivati e
dedicati.
A questo scopo si era unanimemente d’accordo che anche la professione docente
andava proiettata nella linea di una formazione lungo tutto l’arco della vita
professionale; e perciò che la formazione iniziale veniva a risultare come la base
fondativa di un progressivo sviluppo professionale, sempre ulteriormente qualificabile
e suscettibile di integrazioni, trasformazioni, modulazioni, riqualificazioni (debitamente
sorrette dal punto di vista economico!). Pur ispirata a principi unitari per
tutti i docenti, in coerenza con la prospettiva sistemica della Legge n. 30/2000, occorreva
pensare a una formazione iniziale che avesse articolazioni e specificazioni
interne ai cicli di istruzione e che prevedesse fin dall’inizio la possibilità di transitare
nei diversi cicli scolastici, mediante studi integrativi, riconversioni, rientri in
formazione (magari maturando periodi sabbatici o di aggiornamento concertati e
stipendiati). Certo la specificità della formazione docente chiedeva non solo di collegare
formazione iniziale e formazione in servizio, ma anche di caratterizzare già
la formazione iniziale nel senso di una virtuosa congiunzione di teoria e pratica, di
saperi scientifici e di saperi “curvati” didatticamente già nel loro apprendimento
universitario, di disciplinarità e di aperture interdisciplinari e globalmente culturali,
di metodologie e di “ragioni” ispirative.
2.1.3. Un nuovo modello di insegnante: la riforma Moratti e il Decreto legislativo
n. 227/2005
La riforma Berlinguer rimane come testimonianza storica dello stadio in cui si
era giunti nell’elaborazione teorica della politica scolastica (almeno da parte di una
componente parlamentare). Quel progetto sarà abrogato formalmente dalla successiva
riforma Moratti (Legge n. 53/2003), che si colloca nel contesto di un impianto
istituzionale sussidiario (cioè dell’insegnante che aiuta, “sussidia”, “tutorizza” l’alunno
nell’attuazione del suo piano di studio personalizzato). La scuola e l’insegnante
presentano tratti ideali molto diversi dal modello statalista e centralista (che
38
aveva dominato fino a tempi recenti nella gestione dell’attività di apprendimento/
insegnamento scolastico) (Malizia e Nanni, 2010; Malizia, Cicatelli, Fedeli e Pieroni,
2006; Bertagna, 2006; Scurati, 2006; Malizia e Cicatelli, 2005; Malizia, Cicatelli
e Fedeli, 2006).
La Legge n. 53/2003 e il DLgs. n. 227/2005 propongono una serie di innovazioni
profonde nella professionalità docente, che sembrano ancora oggi costituire
acquisizioni definite e che tracciano importanti linee di tendenza per lo sviluppo
futuro dell’intera scuola italiana. Il primo è il riconoscimento pedagogico e deontologico
della centralità della persona umana e del suo pieno ed autonomo sviluppo.
Il secondo è l’accento posto sulla libertà e sulla responsabilità personali. Il terzo
principio, che qualifica la scuola e l’insegnante ideali, è quello della progettualità.
In tale quadro di fondo si viene a insinuare l’idea, suggerita dalla normativa,
di un insegnante che deve passare dalla centralità dell’insegnamento a quella dell’apprendimento.
La riforma ipotizza inoltre un insegnante che sia anzitutto consapevole
che l’apprendimento non è mai soltanto una questione cognitiva, di organicità
logica e scientifica, ma sempre, e allo stesso tempo, anche affettiva, motoria,
estetica, morale, socio-relazionale, espressiva della persona. Proprio per questo
il docente deve essere in grado di organizzare un insegnamento che si fondi e si
sviluppi su questa integralità, senza semplificarla: superando l’esasperazione
lineare delle fasi della programmazione curricolare e al contempo riflettendo sulle
ragioni dello scarto tra progettato e realizzato, per fare meglio in futuro. Ne segue
l’invito a superare la prospettiva di un curricolo di istituto costruito in maniera
deduttiva e gerarchica dal generale al particolare, dall’alto verso il basso, dal nazionale
alla classe. Nazionale e locale, istituto e classe, gruppi e singoli valgono
l’uno come vincoli per l’azione dell’altro, con processi di interazione e di retroazione
continua.
L’ulteriore messaggio proposto dalla normativa ai docenti riguarda la necessità
di valorizzare in maniera sistematica, ai fini formativi, non solo gli apprendimenti
formali, quelli che si costruiscono a scuola, ma anche quelli non formali e informali,
tipici dell’extrascuola. Da questa funzione tutoriale di sistema, che compete a
tutti i docenti, proprio a causa della complessità delle composizioni in gioco e del
rischio che esse possano finire per essere autoreferenziali, la riforma ha ritenuto opportuno
enucleare il ruolo specifico di un docente tutor per ogni studente. Egli,
dopo apposita formazione, dovrebbe essere il garante, nei confronti degli allievi e
delle loro famiglie, del diritto personale di ciascuno ad avere a scuola un’organizzazione
degli apprendimenti formali tale che lo metta in grado di realizzare il suo
piano di studio personalizzato. Allo stesso tempo, proprio per la sua funzione di
holding, coaching e counselling nei confronti degli allievi e delle loro famiglie, il
tutor è anche il docente dell’équipe di insegnamento più adatto a coordinare i compiti
organizzativi, educativi e didattici che essa è chiamata a progettare e a realizzare,
per combinare le esigenze di tutti e di ciascuno, e anche per rendere soddisfacente
e produttivo il proprio lavoro di équipe. In questo senso è anche coordinatore.
39
Ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado è quindi richiesto il possesso di
una buona cultura generale e la padronanza di una peculiare cultura professionale
specialistica che si può riconoscere nelle seguenti cinque dimensioni: la prima riguarda
il sapere in modo superiore (cioè universitario) una o più discipline; la seconda
coinvolge il sapere sull’allievo in generale e il sapere sull’allievo particolare
con cui ci si relaziona (ad esempio se si tratta di allievi con difficoltà o con particolari
dotazioni personali); la terza dimensione implica il sapere e le competenze riguardanti
l’organizzazione dell’apprendimento e della vita scolastica; la quarta si
riferisce al sapere e alle competenze relative alla rete delle relazioni scolastiche;
l’ultima dimensione, infine, è una sintesi delle precedenti e si può indicare come il
sapere e la competenza sull’insegnamento nella sua portata più squisitamente educativa,
cioè su ciò che capita quando si vuole insegnare la cultura generale e le conoscenze
peculiari di una o più discipline ad un allievo tra altri allievi, in un’organizzazione
e con determinate relazioni interpersonali e sociali.
In questa linea, la nuova formazione del docente, prospettata dalla Legge n. 53/
2003 e dal DLgs. n. 227/2005, presuppone anzitutto che le coordinate principali
della cultura generale dei futuri docenti siano acquisite nel primo e nel secondo ciclo
di studi. Si chiede, invece, all’università, questa volta in collaborazione con le istituzioni
scolastiche, di fornire ai futuri docenti la cultura professionale specialistica e la
competenza professionale di cui hanno bisogno. E le si chiede di fornire l’una e
l’altra, rispettando e valorizzando, nel complesso, le sinergie che devono intervenire
tra università e scuola, tra teoria (scientifica) e pratica (professionale). I nuovi percorsi
formativi annunciano perciò da subito che l’abituale formazione dei docenti in
due luoghi (università e scuola), in due tempi (prima la formazione iniziale e poi
quella attiva, in servizio) e in due modalità (prima la teoria e la riflessione, poi la
pratica e l’azione; prima si impara a fare il docente e poi si esercita questo apprendimento)
va concettualmente e ordinamentalmente superata a vantaggio di un’integrazione
continua e sistematica dei due elementi di ogni coppia ricordata.
Il DLgs 227/2005 sarà formalmente abrogato con il successivo ministro Fioroni
(Legge n. 244/2007) che punterà al ripristino di una procedura di formazione e
reclutamento più tradizionale ma soprattutto più regolare. Per l’argomento che qui
ci occupa, tra gli interventi di Fioroni può essere ricordata la disapplicazione delle
norme relative alla funzione tutoriale, dettata dalla necessità di recuperare il consenso
di buona parte degli insegnanti e il sostegno sindacale. Toccherà però al successore
di Fioroni reimpostare la politica scolastica in termini dichiaratamente economici.
2.1.4. Insegnanti, risorse e razionalizzazione del sistema: il Ministero Gelmini
Il ministro Gelmini (2008-11) si troverà infatti a fare i conti con la pesante
crisi economica internazionale che determinava drastiche misure di ridimensionamento
della spesa pubblica, in particolare per la scuola, considerata un settore
sostanzialmente improduttivo. Il Decreto Legge n. 112, convertito nella Legge
40
n. 133/2008, prevede all’art. 64 una riduzione del personale docente che consenta
entro un triennio di recuperare un punto nel rapporto alunni/docenti, tagliando
inoltre il 17% della dotazione organica del personale Ata (amministrativo, tecnico e
ausiliario). Nell’insieme si sarebbe trattato di oltre centomila posti di lavoro in
meno. Per raggiungere l’obiettivo sarà necessario intervenire anche sui curricoli di
ogni ordine e grado di scuola, diminuendone la consistenza.
A parere del Ministro Gelmini, il sistema educativo di istruzione e di formazione
si presenta mediocre nei risultati e nella speranza, un sistema in cui sembrano
tramontati il senso della scuola e la cultura del merito (Malizia e Nanni, 2010). La
scuola si è trasformata in un ammortizzatore sociale e ha rinunciato al suo ruolo di
sviluppare la personalità dei giovani in tutte le dimensioni. Due logiche perverse
hanno alimentato questa situazione: per favorire gli studenti si è ritenuto opportuno
abbassare la qualità dei processi di apprendimento/insegnamento e si è creduto che
una maggiore stabilità occupazionale potesse consentire di pagare poco i docenti e
potesse compensare lo scadimento del loro ruolo e dello loro status, dimenticando
che uno Stato che retribuisce male i suoi insegnanti non può esigere molto da loro
in termini di qualità dell’educazione offerta.
Il confronto con gli altri Paesi dell’OCSE (cioè l’organizzazione intergovernativa
che associa tutte le nazioni più sviluppate del mondo) mette in evidenza la situazione
di svantaggio dei nostri insegnanti sul piano degli stipendi. La media in
questo raggruppamento di Stati si pone al di sopra dei 40.000 euro all’anno, mentre
in Italia un insegnante della Secondaria di 2° grado, dopo un periodo di 15 anni di
docenza, si situa sui 27.500 euro. Nelle parole del Ministro «abbiamo livellato le
retribuzioni verso il basso. [...] Nella scuola abbiamo troppi dipendenti e poco pagati.
Con una carriera pressoché piatta» (Gelmini, 10 giugno 2008, pp. 4-5). Le logiche
perverse individuate dal Ministro vanno – anche a suo parere – senz’altro ribaltate.
Ciò significa che bisogna puntare alla rivalutazione delle funzioni degli insegnanti,
iniziando dal completo riconoscimento della loro condizione professionale.
Questo tra l’altro richiede l’identificazione di nuove risorse attraverso uno
sforzo di riqualificazione della spesa pubblica che, peraltro, si pone in un contesto
di gravi difficoltà economiche e di crisi finanziaria a livello mondiale.
Per parte loro, gli oppositori del Ministro vedono questo intervento come una
grave riduzione del corpo insegnante con pericolo per l’efficacia dell’azione della
scuola. In questo senso tali azioni di razionalizzazione della rete scolastica e di ridimensionamento
del numero degli insegnanti (e il reinvestimento nell’istruzione
solo di un 30% dei risparmi e non di tutto il risparmio, senza chiarire le finalità in
positivo dei tagli) hanno scatenato le contestazioni dei sindacati e della piazza, con
la larga partecipazione di studenti, di insegnanti e di genitori.
Oggetto di contestazione è stato anche il decreto che ha abolito il “modulo” di
più insegnanti nelle scuole primarie, al posto dei quali si è restaurata la figura del
“maestro prevalente”, vale a dire un maestro unico per classe, affiancato solo dai docenti
di inglese e di religione: il decreto è passato nell’opinione pubblica come il ri-
41
torno alla figura del maestro unico, ma la scuola primaria offrirà comunque quattro
diverse opzioni orarie – 24, 27, 30 e 40 ore settimanali (tempo pieno) – e le scelte
delle famiglie non premieranno affatto la soluzione del maestro prevalente (24 ore).
Le innovazioni relative al primo ciclo sono state strutturate sistematicamente
in un regolamento, Dpr n. 89/2009, che modifica l’assetto ordinamentale, organizzativo
e didattico delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di 1° grado
(Govi, 2009; Cicatelli, 2009a e 2009b).
La scuola dell’infanzia costituisce il livello meno raggiunto da cambiamenti
per cui l’impostazione finora seguita rimane sostanzialmente inalterata. L’orario
settimanale resta ordinariamente di 40 ore, riducibili a 25 solo antimeridiane o prolungabili
a 50. La funzione docente è maggiormente orientata verso l’educativo e
tale spostamento di accento appare destinato a comportare un cambiamento importante
e positivo sul piano professionale.
La scuola primaria è il livello in cui sono state stabilite le innovazioni più ri -
levanti. Anzitutto, è stata reintrodotta, come nell’infanzia, l’iscrizione in anticipo
rispetto all’età ordinaria. Al posto del gruppo dei docenti è previsto un insegnante
unico di riferimento che svolge l’intero servizio (22 ore) nella stessa classe e il cui
orario viene completato a 24, 27 o 30 ore da altri insegnanti.
Al contrario, la scuola secondaria di 1° grado presenta innovazioni limitate.
L’orario obbligatorio è di 30 ore, cioè 29 più una di approfondimento in materie
letterarie, anche per venire incontro agli alunni stranieri; non saranno più effettuati,
invece, insegnamenti e attività facoltativo-opzionali che comportavano un orario
aggiuntivo di 4 ore. Nelle classi a tempo prolungato, che possono essere attivate
solo in presenza di condizioni strutturali e di servizi adeguati, si arriva a 36 ore settimanali,
eccezionalmente a 40.
Il secondo documento che cercheremo di analizzare è il regolamento per la
formazione iniziale degli insegnanti. La legge finanziaria 2008 aveva abrogato
il DLgs n. 227/05 e aveva ripristinato i tradizionali concorsi. Ma il DM 10-9-2010
n. 249, recante il nuovo regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti
della scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria di 1° e 2° grado interviene
in materia confermando la scelta di affidare a percorsi di natura universitaria
la preparazione all’abilitazione all’insegnamento in ogni livello del sistema di istruzione
(Malizia e Nanni 2010; Cisl Scuola, 2011, Corsi, 2011; Gobber, 2011; Luzzatto,
2011; Pellerey, 2011, Xodo, 2011 a e b).
Per la docenza nelle scuole dell’infanzia e in quella primaria, si richiede la frequenza
di un corso di laurea magistrale a ciclo unico quinquennale, attivato presso
le facoltà di scienze della formazione o presso altre facoltà autorizzate dal Ministero,
a cui potrà accedere solo un numero programmato di studenti sulla base di
una prova di accesso. Il totale dei posti annualmente disponibili viene fissato in relazione
alla programmazione regionale degli organici e del conseguente fabbisogno
di personale docente nelle scuole statali, maggiorato del 30% in relazione al fabbisogno
dell’intero sistema nazionale di istruzione. Ad iniziare dal secondo anno è
42
organizzato un tirocinio di 600 ore (24 crediti) che è parte integrante del corso e
prevede una quota crescente di ore dal secondo al quinto anno. Inoltre, sono potenziate
le competenze disciplinari e pedagogiche ed è introdotto uno specifico percorso
laboratoriale per la lingua inglese e le nuove tecnologie. Al termine del quinquennio
gli studenti ottengono un titolo abilitante per ambedue i tipi di scuola; il
relativo esame comprende la discussione della tesi e della relazione finale di tirocinio
davanti a una commissione accademica integrata da due docenti tutor e da un
rappresentante dell’ufficio scolastico regionale (USR).
La formazione degli insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo
grado richiede la frequenza di un corso di laurea magistrale biennale, successivo al
completamento di un primo ciclo universitario in una disciplina coerente con la futura
docenza. Anche in questo caso, l’accesso è previsto a numero programmato e
nei termini indicati sopra. Parte essenziale dei percorsi formativi è l’acquisizione di
competenze di inglese, digitali e didattiche per l’integrazione dei disabili. Dopo la
laurea magistrale si dovrà seguire un tirocinio formativo attivo (TFA), abilitante,
della durata di un anno e obbligatorio quanto alla frequenza: pertanto il percorso
per l’insegnamento nella scuola secondaria è più lungo del precedente, occupando
sei anni.
Il tirocinio per l’insegnamento nella secondaria comprende 1.500 ore (pari a
60 crediti) di cui 1.025 (41 crediti) riguardano insegnamenti di scienze dell’educazione,
didattiche disciplinari e laboratori pedagogico-didattici, mentre le rimanenti
475 ore (19 crediti) sono di tirocinio diretto o indiretto presso le scuole con la
guida di un tutor. La gestione delle attività di tirocinio è affidata al consiglio di
corso di tirocinio, composto da docenti e ricercatori del corso, tutor coordinatori,
due dirigenti scolastici o coordinatori didattici nominati dall’USR, un rappresentante
degli studenti. L’esame finale di abilitazione ha luogo di fronte a una commissione
formata da tre docenti universitari del corso, due tutor o tutor coordinatori e
un rappresentante dell’USR. Esso comprende la valutazione dell’attività svolta, l’esposizione
orale di un percorso didattico su un tema scelto dalla commissione e la
discussione della relazione finale di tirocinio.
Per la realizzazione delle attività di tirocinio è prevista la predisposizione da
parte dell’USR di un elenco regionale delle scuole accreditate, non solo statali ma
anche paritarie, che verrà formato in base a parametri determinati dal Ministero per
stipulare le necessarie convenzioni con le università. A loro volta le facoltà utilizzeranno
personale docente e dirigente, che opera nelle scuole sia statali che paritarie,
per lo svolgimento dei compiti tutoriali previsti dalla normativa.
Quanto ai processi formativi per il sostegno, la relativa specializzazione si ottiene
solo presso le università attraverso corsi autorizzati dal Ministero le cui caratteristiche
sono determinate con regolamento di ateneo sulla base dei parametri fissati
sempre dal Ministero. Inoltre, le università possono attivare corsi di perfezionamento
per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera in
relazione alla docenza nelle secondarie di secondo grado.
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Il DM n. 249/2010 ha subito successivamente importanti modifiche con il DM
n. 81/2013, che ha introdotto, accanto al TFA anche dei percorsi abilitanti speciali
(PAS), riservati a docenti che abbiano prestato servizio per almeno tre anni, i quali
possono accedervi senza selezione. Ciò ha determinato una complessa e contraddittoria
stratificazione di disposizioni che non è possibile ripercorrere in questa sede.
Di fatto si viene a bilanciare il criterio meritocratico con la logica del precariato
che intende premiare l’esperienza comunque acquisita sul campo, annullando la
programmazione dei posti in base all’organico.
Certamente non si può negare in tutto il processo la presenza di aspetti positivi.
Il primo è la conferma che quello degli insegnanti (e della loro formazione) era e
resta un punto «architravale» per la validità formativa del sistema. Alla fine va
anche apprezzata la decisione di optare per la quinquennalizzazione della preparazione
degli insegnanti della scuola dell’infanzia e della primaria (ad evitare, tra
l’altro, disparità di status e diseguaglianze di carattere economico). Un terzo punto
forte può essere identificato nell’unicità di tale formazione che dovrebbe rafforzare
l’identità della professione docente (anche se un minimo di differenziazione interna
non sarebbe di grande difficoltà da realizzare, al fine di essere maggiormente attenti
alle differenze evolutive generali e apprenditive tra l’arco vitale della seconda
infanzia e dell’ingresso nell’«età della ragione» con la scuola primaria). Va pure
apprezzata la sensibilità pedagogica di assicurare uno spazio adeguato ai bisogni
educativi speciali e agli studenti con disabilità. Si può anche affermare con una
certa sicurezza di giudizio che si siano compiuti progressi verso il superamento del
carattere eccessivamente teorico della laurea quadriennale e del biennio SSIS con
l’introduzione del tirocinio.
Ma a nostro parere permangono e meritano considerazione quelle che potremmo
chiamare le criticità, a cominciare dal divario tra le competenze che dovrebbe
possedere il futuro insegnante e la formazione che è prevista dal regolamento.
Infatti, il curricolo sembra tutto giocato sulla dimensione disciplinare e
sulla conoscenza delle materie, mentre rimane in ombra l’acquisizione di competenze
trasversali soprattutto psico-pedagogiche (e più largamente relazionali ed
umane, per non dire di quelle etiche e deontologiche, relative a quella che si può
dire la personalità di ruolo). Di conseguenza anche la professionalità del docente e
il suo profilo socio-istituzionale appaiono piuttosto deboli. Continua poi il grave errore
di voler realizzare riforme così importanti a costo zero.
Un’ultima considerazione va riservata al fabbisogno di personale ben formato
da parte della scuola cattolica e più in generale di quella paritaria. Ancora una
volta dobbiamo registrare la conferma del monopolio statale, in quanto la libertà di
scelta educativa e quella di istituzione scolastica rimangono mortificate. Il curricolo
formativo degli insegnanti resta molto rigido e non lascia grande spazio di manovra
per differenziazioni interne, rispettose del pluralismo formativo e aperte alla
fecondità formativa delle differenti tradizioni educative. Si può pensare che le università
di tendenza, quali ad esempio l’Università Cattolica e la Lumsa, facenti
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parte delle facoltà o università autorizzate dal Ministero, possano aggiungere crediti
ulteriori – o più giustamente, specificando in maniera differenziata il numero
dei crediti obbligatori – per l’insegnamento nella scuola cattolica, ma esse non coprono
tutto il territorio nazionale. Si potrebbe inoltre chiedere agli istituti superiori
di scienze religiose di offrire corsi integrativi per la preparazione degli studenti interessati
all’insegnamento nelle scuole cattoliche.
2.1.5. Il piccolo cabotaggio dei Ministeri Profumo e Carrozza
Dopo quattro Ministri dell’Istruzione, Università e Ricerca (Luigi Berlinguer,
Letizia Moratti, Giuseppe Fioroni e Mariastella Gelmini) che hanno guidato l’istruzione
per periodi sufficientemente lunghi (rispettivamente 27.05.96/25.04.00;
11.06.01/17.05.06; 17.05.06/08.05.08; 08.05.08/16.11.11) con la sola eccezione di
Tullio De Mauro (25.04.00/11.06.01) è ricominciata a Viale Trastevere la girandola
di personalità che in meno di tre anni ha visto succedersi tre rettori di università,
Francesco Profumo, Maria Chiara Carrozza, Stefania Giannini. Eppure i problemi
sono complessi e avrebbero richiesto impegni politici di più ampio respiro. Ricordiamo
le sfide della scuola con le parole del Censis: «Il lento processo di attuazione
della riforma dell’istruzione degli adulti e la mancanza di un sistema strutturato di
educazione per questa fascia di utenza a fronte di competenze linguistiche e matematiche
della popolazione adulta ai minimi livelli; la permanenza di sacche endemiche
di dispersione e abbandono precoce degli studi tra i più giovani; un sistema
universitario avvitato in annosi processi di metamorfosi; le disparità territoriali nell’offerta
e nelle performance della formazione professionale, sono solo alcune delle
derive di lungo periodo che affliggono il sistema educativo nazionale» (2013, p. 97;
Bertagna, maggio 2013).
Per il ministro Profumo le linee programmatiche del MIUR si focalizzano su
cinque priorità strategiche, tra le quali la seconda ci riguarda più da vicino: si tratta
infatti di valorizzare la professionalità dei docenti.
Parallelamente, un gruppo di azioni si concentra sul processo di insegnamento/
apprendimento con un forte investimento ideale sulle nuove tecnologie.
Un’altra finalità strategica da perseguire consiste nel promuovere il merito e l’eccellenza,
anche attraverso lo sviluppo del Sistema Nazionale di Valutazione. Il recupero
delle zone scolastiche più compromesse richiederà azioni di potenziamento
delle conoscenze e delle competenze, ai fini della riduzione dell’insuccesso formativo,
della dispersione e dell’abbandono scolastico. Gli interventi rinviano a monte
allo sviluppo della professionalità dei docenti che comporterà nuove modalità di
formazione iniziale, il tutoraggio intra e inter-scolastico, azioni formative mirate e
il miglioramento della carriera degli insegnanti.
Sul documento programmatico del Ministero l’appunto principale è che
sembra condividere sostanzialmente un modello di scuola che si costruisce sulla rispondenza
a criteri di razionalità strumentale, sulla preoccupazione di assicurare
l’efficienza dei mezzi rispetto ai fini. Si tratta sostanzialmente di una impostazione
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funzionalista o utilitarista di natura neo-liberale, correlata strettamente con le logiche
economiche e le esigenze del sistema produttivo, che vede nel capitale
umano la risorsa più importante per vincere la competizione nel mondo globalizzato
e che ritiene compito primario della scuola e della formazione nell’attuale società
della conoscenza la preparazione dell’uomo flessibile e del lavoratore competente.
A nostro parere sarebbe stato necessario confermare e potenziare il principio
della centralità della persona, in tutte le sue dimensioni, compresa quella spirituale:
puntando ad assicurare la presa in carico dello studente mediante un’azione di accompagnamento-
orientamento che vada oltre i confini del tempo-scuola. Ci
sembra, invece, sostanzialmente condivisibile la parte più tecnica del documento
programmatico sull’istruzione.
In materia di docenti è inoltre da ricordare il paventato aumento generalizzato
a 24 ore settimanali del lavoro degli insegnanti della scuola secondaria di primo e
secondo grado. Il ritiro della proposta non ha del tutto calmato il mondo della
scuola che costata come, nella spending review statale, la scuola, e più in generale
l’istruzione, la formazione, la ricerca, la salute pubblica, siano tra le prime istituzioni
sociali su cui si abbatte pesantemente la scure del governo.
Anche nel caso del ministro Carrozza, teniamo come punto di riferimento il
Documento Programmatico presentato alle Commissioni riunite del Senato e della
Camera (Audizione On. Sig. Ministro Carrozza, 6 giugno 2013; Malizia e Nanni,
2015). Riguardo all’istruzione, il Ministro articola il suo discorso tra obiettivi generali
e interventi di sistema per il personale e per gli studenti.
Per quanto riguarda gli obiettivi, viene tra l’altro sottolineata la qualità degli
apprendimenti, ricordando che i dati delle ricerche nazionali ed internazionali mettono
in risalto, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, soprattutto le percentuali
troppo elevate di 15enni con risultati insoddisfacenti (uno studente italiano su
cinque ha competenze insufficienti in lettura) e percentuali troppo basse di studenti
con risultati eccellenti (il 5,8% rispetto al 9-15% dei Paesi con esiti migliori).
Inoltre, l’Italia si caratterizza per le prestazioni insoddisfacenti in tutti e sette gli indicatori
dell’Agenda di Lisbona 2020. Tenuto conto della emergenza occupazionale
tra i giovani del nostro Paese, una istruzione di qualità assurge a obiettivo strategico
nelle politiche educative del governo. Ciò richiede a monte la valorizzazione
del prezioso lavoro degli insegnanti che tra l’altro sono chiamati sempre di più a
svolgere funzioni educative generali e a confrontarsi con la sfida delle tecnologie
digitali: pertanto, non dovrà loro mancare il riconoscimento effettivo da parte della
comunità nazionale.
Passando agli interventi, quelli relativi al personale hanno come priorità la valorizzazione
della professione docente e di tutto il personale. Di conseguenza, si
dovranno prevedere nuove modalità di sviluppo di carriera degli insegnanti con la
creazione di un sistema di valutazione delle prestazioni professionali, legato a una
progressione di carriera ma svincolato dal semplice criterio dell’anzianità di servizio.
Questo intervento rinvia a monte alla diffusione nella scuola di una cultura
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della valutazione mirata a dare un giusto riconoscimento al merito dei docenti,
senza spirito punitivo e senza l’intenzione di dare le pagelle agli insegnanti. Da tale
punto di vista il Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80 sul
Sistema Nazionale di Valutazione in materia di istruzione e formazione può costituire
una opportunità preziosa per una riflessione sul tema a cui, sempre secondo il
Ministro, dovranno partecipare tutti gli operatori del sistema.
La qualità delle scuole dipende anche dalla presenza di insegnanti scelti bene,
di dirigenti di profilo elevato e di ispettori (dirigenti tecnici) competenti e imparziali.
In proposito, il Ministro manifesta l’intenzione di iniziare una riflessione per
il nuovo reclutamento delle tre categorie.
Un altro intervento consiste nel rilancio della formazione dei docenti. Da
lungo tempo si procede in questo ambito in maniera contraddittoria nel senso che si
approvano le riforme, ma non si prevedono le risorse per la formazione iniziale e in
servizio degli insegnanti. Le misure da adottare non sembrano particolarmente onerose:
aumento del modesto finanziamento già previsto dal Ministero per la formazione
alle nuove Indicazioni nazionali; disponibilità per i dirigenti e gli insegnanti
di spazi e attrezzature per la raccolta e la condivisione di buone prassi; avvio in
collaborazione con Bruxelles di un piano straordinario per la formazione degli insegnanti
all’uso delle nuove tecnologie.
Un problema grave e che si trascina da troppi anni è rappresentato dalle consistenti
masse di personale precario che opera nella scuola con contratti a tempo determinato,
cui il Ministro intende rimediare almeno in parte con un piano triennale
di assunzioni per il 2014-17.
L’iniziativa principale del ministro Carrozza è il Decreto-Legge “L’istruzione
riparte” (convertito nella Legge n. 128/2013) che, dopo anni di sacrifici e di tagli,
restituisce risorse all’istruzione soprattutto e anche all’università e alla ricerca (Misure
urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, 12 settembre 2013; Il lavoro
di questi 10 mesi, 20.02.2014; Ufficio Stampa del MIUR, 7 novembre 2013;
Educazione&Scuola, 20.12.2013). Il Ministro riconosce che il provvedimento non
è una rivoluzione, tuttavia non si può negare che rappresenti una inversione di tendenza.
Anzitutto, il Decreto-Legge intende dare una risposta alle attese degli insegnanti:
è previsto, infatti, un piano triennale di assunzioni dei docenti e del personale
Ata, risorse per la formazione dei docenti e la stabilizzazione di oltre 26mila
insegnanti di sostegno, mentre dovrebbe cambiare la procedura di assunzione dei
dirigenti scolastici che saranno selezionati attraverso un corso-concorso annuale di
formazione della Scuola Nazionale di Amministrazione. Sono inoltre previste alcune
forme di potenziamento dell’offerta formativa e interventi sui libri digitali.
Nel merito, non si possono non apprezzare alcune scelte di fondo del Ministro
e le molte azioni di ottimizzazione degli ambiti di politica propri del Ministero. Anzitutto,
vengono riconfermati alcuni orientamenti del predecessore: non ci si propone
di porre in essere una riforma “Carrozza”, ma di realizzare un cambiamento
culturale che metta al centro l’istruzione come fattore fondamentale per rinnovare
47
la società e rilanciare il Paese; inoltre, si rivaluta la prospettiva della ricerca che nel
documento programmatico ottiene la medesima attenzione dell’istruzione e dell’università
(Audizione On. Sig. Ministro Carrozza, 2013; Vinciguerra, 2013). Un’inversione
di tendenza importante riguarda i finanziamenti di istruzione, università e
ricerca. In molte occasioni il Ministro ha affermato la centralità dell’istruzione, dell’università
e della ricerca per il Paese e questa convinzione non può che essere
grandemente apprezzata. Ciò che non sembra condivisibile è la concezione funzionalista
o utilitarista che si riscontra nel suo documento programmatico (ma anche
negli atti e nelle indicazioni di prospettiva). Diversamente dal suo predecessore,
però, la funzionalità non si riferisce solo allo sviluppo economico, ma anche all’equità,
alla libertà, alla partecipazione civica, al rispetto della legalità e più in generale
al miglioramento della qualità della vita.
Lodevole è, senz’altro, anche l’intento di introdurre un sistema di valutazione
esterno di cui sono state messe in evidenza correttamente le caratteristiche (L’Atto
di indirizzo del MIUR per il 2014, 2013/2014; Ministro dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca, 2014). Meno scontato anche qui è come tutto ciò possa essere
realizzato senza mettere in atto meri processi sanzionatori nei confronti delle
scuole in difetto.
Tra le criticità si può notare, infine, la mancanza di un’idea forte e unitaria di
scuola, la difficoltà a muoversi nella farraginosa procedura di reclutamento dei
nuovi docenti, la perdurante mancanza di un contratto di lavoro per la categoria, il
forse eccessivo entusiasmo per le nuove tecnologie che non possono risolvere da
sole tutti i problemi della scuola.
2.1.6. Il Ministero Giannini e “La Buona Scuola”: solo annunci o anche fatti?
Il 27 marzo 2014 il Ministro della Istruzione, della Università e della Ricerca,
on. Stefania Giannini, ha presentato in Senato le sue linee programmatiche e il
17 aprile il Parlamento ha definitivamente approvato il Documento di Economia e
Finanza (DEF) del governo che elenca anche vari provvedimenti importanti da
adottare nel sistema educativo del nostro Paese (Linee programmatiche del Mi -
nistro Stefania Giannini, 24.04.2014; L’istruzione nel documento di economia e
finanza. DEF, 06.06.2014; Malizia e Tonini, 2014). Non ci soffermiamo sui due
documenti perché sono stati superati dal Rapporto “La Buona Scuola” (dal 3 settembre
2014 accessibile in internet) che presenta il progetto generale del Governo,
la “vision” che intende perseguire, al fine di offrire al Paese un sistema educativo
più efficace ed efficiente (La Buona Scuola, 03.09.2014; Tonini e Malizia, 2014 e
2015; Falanga, Pruneri, Rivoltella e Santerini, 2014). Naturalmente ci limitiamo a
richiamare soltanto quanto si riferisce agli insegnanti.
Al riguardo del Rapporto il Governo ha organizzato una lunga consultazione
che si è tradotta in una mobilitazione educativa del Paese con 1.800.000 partecipanti
(on-line e of-fline), 2040 dibattiti e il 70% delle scuole coinvolte. Il progetto,
completato con le indicazioni dell’intero universo scolastico, avrebbe dovuto essere
48
tradotto in un decreto Legge, in tempo per l’attuazione a partire dall’anno scolastico
2015-16, già entro febbraio, ma si è preferito all’ultimo momento ripiegare su
un disegno di Legge, che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 13 marzo
2015, perché le questioni affrontate nel provvedimento erano troppe e non tutte urgenti
per cui era meglio che si esprimesse il Parlamento che, comunque dovrà farlo
quanto prima per assicurare l’attuazione del piano di assunzione dei precari.
Nella presentazione di questi provvedimenti incominciamo con il Rapporto che
nel primo capitolo tratta una problematica antica e al tempo stesso emergenziale del
nostro sistema educativo, cioè quella degli insegnanti precari. Nelle parole stesse
del Rapporto: «Abbiamo alimentato un precariato enorme, disperso in liste di attesa
infinite dove si resta parcheggiati per anni – in molti casi per decenni – in attesa di
un posto di lavoro. E questa precarizzazione ha messo in contrapposizione generazioni
di colleghi, che dovrebbero invece lavorare uniti nella missione più alta che
esiste [... e nel] mestiere più nobile e bello: quello di aiutare a crescere le nuove generazioni
» (La Buona Scuola, 03.09.2014, p. 6). Per risolvere alla radice tale annosa
e complessa questione, il Governo intende impegnarsi in due direzioni: anzitutto
avvio di un piano straordinario per assumere a settembre 2015 circa 150mila insegnanti
in modo da azzerare in una sola volta le graduatorie ad esaurimento dei precari
storici e sistemare anche tutti i vincitori dell’ultimo concorso; in secondo luogo,
previsione nel 2015 di un nuovo concorso per consentire ad altri 40mila insegnati
abilitati di entrare in ruolo, prendendo gradualmente, cioè tra il 2016 e il 2019, il
posto dei docenti che andranno in pensione e così ringiovanendo il corpo insegnante.
Da questo momento in poi, il concorso diventerà l’unica strada percorribile
per accedere alla carriera insegnante come avviene per ogni impiego pubblico.
Tali proposte del Governo introducono una importante novità, quella cioè del
passaggio da un organico di diritto ad uno funzionale: il primo comprende solo il
personale necessario per garantire lo svolgimento delle lezioni, mentre il secondo è
in grado di coprire tutte le esigenze dall’insegnamento in classe alle supplenze,
passando per le funzioni intermedie, la gestione dei progetti, il recupero degli
alunni in difficoltà, il potenziamento delle eccellenze.
Una seconda area di attenzione del Rapporto che qui interessa riguarda le
nuove opportunità di formazione e carriera offerte a tutti gli insegnanti. Il superamento
dei due nodi del precariato e della “supplentite” si accompagna all’affermazione
del principio che i docenti vanno anche loro valutati e che gli scatti dello stipendio
devono dipendere dal merito e non dall’anzianità. Anzitutto, andranno ridisegnati
nuovi percorsi di preparazione e di selezione, ripensati i contenuti, aggiornate
le competenze didattiche anche in relazione alle nuove esigenze poste dall’avvento
del digitale, ma tenendo sempre fermo l’assunto che al centro della professionalità
insegnante si colloca la relazione con l’allievo. Tale rinnovamento non riguarderà
solo la formazione iniziale, ma anche quella in servizio che diventerà un
diritto/dovere riconosciuto, un diritto nei propri confronti e un dovere nei confronti
degli studenti. Inoltre, viene introdotto un principio profondamente innovativo
49
nella carriera del docente per cui il suo avanzamento non dipende più dal criterio
(oggettivo e automatico) dell’anzianità, ma da quello soggettivo e frutto di valutazione
del merito, fondato sulla valorizzazione dell’impegno di ogni docente e del
suo contributo al miglioramento della propria scuola; inoltre, gli scatti dello stipendio
sono riservati ai due terzi degli insegnanti. Secondo il documento del Governo
si potranno utilizzare tre modalità di credito – didattico, formativo e professionale
– ma la questione dovrà essere ulteriormente approfondita. Inoltre, viene
introdotta la figura del docente mentor per aiutare il dirigente nella valorizzazione
delle risorse umane nell’ambito della didattica.
Nel Disegno di Legge sono state avanzate quattro proposte principali, su cui ci
soffermeremo brevemente dato che il DDL è ancora in discussione: in particolare si
tratta del piano di assunzioni straordinario, della Carta dell’insegnante (500 euro
per spese culturali), del reclutamento dei docenti con chiamata della scuola a partire
da albi territoriali e della formazione in servizio “obbligatoria, permanente e
strutturale” (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per
il riordino delle disposizioni legislative vigenti, 27 marzo 2015; Tuttoscuola, 2015).
Dal prossimo 1° settembre vengono stabilizzati 100.701 insegnanti: 99.000
presi dalle Gae (graduatorie ad esaurimento) e 1.700 dal concorso del 2012; inoltre,
per 27.000 docenti di scuola materna dovrebbe arrivare l’assunzione subito dopo
attraverso la Legge delega e il provvedimento sugli asili. Dopo la maxi-stabiliz -
zazione si tornerà ad assumere solo per concorso. Con questo schema le graduatorie
di prima fascia scompariranno davvero, ma le incrostazioni scolastiche hanno reso il
sistema complesso per cui secondo i sindacati resterebbero fuori 360mila aspiranti
docenti. In ogni caso non si può negare che si avrà un ampliamento degli organici e
investimenti per assicurare delle risorse in più, anche se modeste, agli insegnanti.
Uno degli aspetti più innovativi sembra essere il nuovo criterio di reclutamento
dei docenti. Chi è già in ruolo rimane nella condizione attuale, ma chi deve essere
assunto o chi si trasferisce da una scuola all’altra entra nell’albo professionale degli
insegnanti, che sarà il nuovo strumento di reclutamento: un elenco da cui attingeranno
i dirigenti per scegliere (con criteri pubblici e oggettivi) i docenti migliori
per la loro scuola, secondo il principio per cui non sarà più l’insegnante a scegliere
la scuola ma sarà la scuola scegliere i suoi insegnanti (in funzione del POF, che diviene
triennale ed acquista un ruolo più importante anche per la definizione dell’organico).
Rimane ancora piuttosto generica la volontà di valorizzare il merito degli insegnanti
(toccherà ai decreti delegati chiarire le modalità); è previsto, comunque, che
alla fine di ogni anno il dirigente scolastico, sentito il Consiglio di Istituto, assegnerà
un bonus per i consumi culturali al 5% dei suoi insegnanti per dare un riconoscimento
economico a chi si impegna di più. Inoltre, è già dichiarata l’introduzione
della formazione in servizio “obbligatoria, permanente e strutturale”, che
probabilmente – una volta a regime – inciderà in maniera significativa sulla qualità
del servizio scolastico.
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2.2. Il caso della FP
Questa sezione è dedicata direttamente all’evoluzione del ruolo e della formazione
del formatore della FP. In un primo momento ci si soffermerà sulla situazione
durante il primo sviluppo della FP; successivamente si concentrerà l’attenzione sull’affermarsi
negli Anni ‘90 di una nuova cultura organizzativa nella FP e sulla sua
incidenza sul tema di cui ci occupiamo; in terzo luogo si cercherà di illustrare la
condizione attuale a partire dagli anni 2000, mentre l’ultima parte focalizzerà il discorso
sul CNOS-FAP.
2.2.1. Dal dopoguerra agli Anni ‘80: l’inizio dello sviluppo
Tra la fine degli Anni ‘40 e tutti gli Anni ‘50 la struttura organizzativa, ancora
embrionale, della FP prevedeva le figure professionali del direttore, del segretario e
dell’istruttore teorico e pratico (Ghergo, 2009). Chiaramente si trattava di una articolazione
gestionale semplice, “a pettine”, in cui il dirigente rappresentava l’unico
riferimento gerarchico. Gli istruttori insegnavano i programmi addestrativi sotto la
guida del direttore e periodicamente esprimevano valutazioni sintetiche circa il profitto
degli allievi. La loro scelta era lasciata alla responsabilità degli Enti promotori
che, però, dovevano rispettare parametri minimi di requisiti: agli istruttori teorici si
richiedeva il possesso di un titolo di studio almeno di scuola media superiore e, in
ogni caso, corrispondente al livello e alla natura dell’insegnamento e a quelli pratici
l’adempimento almeno dell’obbligo e, di regola, l’esercizio del mestiere per un
minimo di quattro anni nel mondo produttivo. Gli aspiranti istruttori e quanti in attività
intendevano perfezionare la loro preparazione potevano iscriversi a corsi per
la formazione degli istruttori.
Alla fine del decennio successivo, un’indagine del Ministero del Lavoro fotografava
la situazione dei docenti della FP (Ghergo, 2009). Secondo tale ricerca, nel
1970-71 essi ammontavano a 7.831, una cifra che però non comprendeva tutti
quelli che svolgevano una qualche attività nei Centri, ma solo quelli che ne prestavano
una equivalente o superiore al minimo richiesto per instaurare un rapporto di
lavoro a tempo determinato, cioè un periodo di 7 mesi con un orario di docenza
non inferiore a 12 ore settimanali per gli istruttori e a 24 per gli istruttori pratici o
per gli aiuto istruttori. Riguardo a settori e funzioni si nota che il comparto dell’industria/
artigianato pesava di più tra il personale insegnante che tra i corsi e gli allievi
per una maggiore presenza di insegnanti a tempo indeterminato; inoltre, erano
gli insegnanti teorici a costituire la maggioranza relativa sia nell’industria/artigianato
che nel commercio/servizi, ma se si sommano insieme gli istruttori pratici, gli
aiuto istruttori (personale impegnato nelle ore di laboratorio quando gli allievi di un
corso superavano il numero di 20) e gli insegnanti teorico-pratici (dedicavano un
quarto della lezione a spiegazioni di carattere teorico), erano questi a prevalere.
Passando al titolo di studio, quasi il 60% (56,9%) possedeva la licenza della media
superiore: a notevole distanza seguivano quanti potevano contare solo sulla licenza
51
della media inferiore (14,9%), su quella elementare (10,4%) o sulla qualifica
(9,9%), mentre i laureati si collocavano all’ultimo posto, lontani anche dal 10%
(7,9%): in tale ottica, è evidente la criticità rappresentata da un livello di istruzione
notevolmente più basso di quello del corpo docente dell’istituto professionale. Se si
approfondisce il rapporto fra titolo di studio e disciplina insegnata, emergono due
andamenti preoccupanti: nelle materie scientifiche e tecnologiche i laureati erano
appena il 10% e i laureati e i diplomati dell’istituto tecnico costituivano meno della
metà degli insegnanti di materie tecnologiche.
Ulteriori informazioni sulla situazione dei formatori della FP negli Anni ‘60
vengono da una ricerca della Cassa del Mezzogiorno che, però, è anteriore all’altra
– riguarda l’anno 1967-68 ed è circoscritta al Centro-Sud (Ghergo, 2009). Dal
punto di vista dell’età, quasi il 50% (46,5%) si collocava nella coorte 20-30 anni
per cui il corpo docente della FP si poteva qualificare come complessivamente giovane:
il dato evidenziava un’altra criticità del sistema in questa fase del suo sviluppo
e cioè che la FP era ritenuta un impiego iniziale e momentaneo dei diplomati
e non una professione stabile. Un altro dato, assente nell’indagine del Ministero del
Lavoro, ma riscontrato da quella della Cassa del Mezzogiorno, riguardava l’impegno
orario di insegnamento che nella gran parte dei Centri si situava sulle 21-
25 ore settimanali. Un ultimo risultato nuovo evidenziava la partecipazione ai corsi
di aggiornamento che si limitava a poco più di un quarto (26,5%); la categoria
maggiormente coinvolta nelle iniziative di formazione in servizio era costituita
dagli istruttori, seguita dagli insegnanti teorici.
Della situazione negli Anni ‘70 ci informa una ricerca di tipo censimentale dell’ISFOL
(Ghergo, 2009). Il numero complessivo viene stimato in 17.500, più del
doppio cioè degli Anni ‘60: in un panorama generale di CFP con una ampiezza
media modesta (84,2 allievi per Centro) gli insegnanti ammontavano a circa 10 per
CFP, mentre il rapporto con gli allievi si situava a 9,1. Gli uomini costituivano oltre
il 70% del totale (71,5%) e di conseguenza le donne rappresentavano meno del
30% (28,5%), in controtendenza con la scuola che, invece, era investita da un forte
processo di femminilizzazione. I due terzi circa (63,8%) potevano contare su un
contratto a tempo indeterminato, mentre il 28,5% ne aveva uno a termine e un rapporto
di tipo professionale si riscontrava solo nel 3,5% dei casi: il dato evidenziava
il notevole percorso di stabilizzazione che era stato compiuto nell’ultimo decennio
per ridurre la precarietà del corpo docente. Riguardo al tipo di insegnamento si nota
che quasi la maggioranza (48,9%) era costituita da insegnanti teorici rispetto al
24,6% di insegnanti pratici, al 21,7% di teorico-pratici e al 3,7% di assistenti aiuto
istruttori: tale andamento non deve stupire perché i docenti teorici non insegnavano
solo materie con caratteristiche umanistiche, ma pure quelle tecnico-scientifiche
che fornivano il fondamento alle conoscenze operative. Anche negli Anni ‘70 il
personale docente manteneva la sua caratteristica di essere concentrato nelle coorti
di età più giovani: ciò risulta dalla media che si collocava a 34,6 anni. Il dato sollevava
un serio problema di gestione nel senso che la FP disponeva di un personale
52
che poteva e doveva utilizzare per anni, per cui emergeva la necessità di conciliare
le tutele professionali per il corpo docente con la flessibilità programmatoria del sistema.
L’orario settimanale vedeva più di un terzo con un impegno di 19-24 ore,
meno di un quarto fino a 12 e oltre 24 e una percentuale inferiore a un quinto con
13-18. Migliorava, ma non di molto, la situazione riguardo ai titoli di studio: saliva
a quasi due terzi (64%) la consistenza dei diplomati della secondaria superiore e
soprattutto quella dei laureati che si avvicinava a un quinto (17,4%), mentre diminuivano
i licenziati della media inferiore (13,8%) e soprattutto quelli delle elementari
(4,8%). Quanto all’esperienza previa di lavoro, il corpo docente si divideva in
due parti: il 43,6% poteva contare su un’esperienza di lavoro dipendente o autonomo,
ma il 47,9% era passato direttamente dallo studio all’insegnamento senza
alcun contatto con il mondo produttivo. Il 60% circa (59%) aveva frequentato corsi
di formazione o di aggiornamento e la partecipazione cresceva tra quanti erano
maggiormente inseriti nel sistema di FP, cioè i maschi, gli insegnanti a tempo indeterminato
e quelli con un titolo di studio più coerente o che, pur possedendo titoli
bassi, impartivano insegnamenti pratici.
Un decennio più tardi, nel 1989-90, il totale degli operatori raggiungeva la
cifra di 27.989 con una crescita di oltre il 60% rispetto alla precedente cifra
(Ghergo, 2011). All’interno di questo dato complessivo il rapporto tra la gestione
pubblica-regionale e/o delegata e la gestione convenzionata era di 1 a 2 e risultava
chiaramente sovrastimato rispetto a quello riscontrabile riguardo ai corsi dove si
abbassava da 1 a 4. Questo divario dipendeva dal fatto che in alcune Regioni che
avevano introdotto il ruolo della FP le statistiche facevano riferimento a tutto il personale
della gestione pubblica inserito in tale ruolo a prescindere dalla collocazione
e utilizzazione reale. Venendo alla distribuzione per funzioni, l’area pubblica presentava
un evidente squilibrio tra personale docente e non docente con un rapporto
60%-40% in paragone a quella convenzionata in cui la relazione era 75%-25%: in
questo caso la difformità dipendeva oltre che dalle procedure statistiche appena ricordate
anche dalla “lievitazione” nel pubblico delle qualifiche basse degli organici.
Migliorava, anche se di poco, la distribuzione tra i sessi che registrava in ambedue
le gestioni un rapporto 63,3% 36,7%. Per quanto riguarda l’età, la condizione
rimaneva ancora nel complesso relativamente giovane. Anche il titolo di
studio non era una caratteristica discriminante tra le due gestioni e si può dire che
prevaleva, come nel passato, una scolarità media superiore. I 3/5 degli insegnanti
potevano vantare un’attività lavorativa prima di iniziare la docenza nella FP: in generale
questa professionalità pregressa era svolta o in imprese di piccole dimensioni
(la maggior parte dei formatori più anziani) o in ambiente scolastico (la maggior
parte dei formatori più giovani).
La regolamentazione del personale della FP aveva due punti di riferimento, la
disciplina contrattualistica e la legislazione regionale, tra cui la prima presentava
un’importanza superiore. Va subito notato che i contratti delle due gestioni si caratterizzavano
per una diversità più spinta che non la somiglianza, Il contratto degli
53
operatori degli Enti convenzionati, anche se veniva predisposto e concluso tra le
organizzazioni sindacali e gli Enti privati, tuttavia era subordinato al consenso preventivo
esplicito delle Regioni per cui le parti che entravano nella trattativa erano
di fatto tre; inoltre, esso costituiva il luogo per la ricorrente conflittualità tra organizzazioni
sindacali ed Enti. Nel periodo considerato, le vertenze erano focalizzate
prima sulle dimensioni organizzative, successivamente su quelle istituzionali e da
ultimo su quelle funzionali. Del contratto degli operatori dei CFP pubblici va ricordata
la conferma delle collocazioni funzionali del personale docente nel 5° e nel 6°
livello che appaiono a giudizio degli esperti scarsamente rispondenti alla realtà.
Un’osservazione che riguardava le caratteristiche strutturali del personale della
FP nella loro totalità sosteneva che queste rispondevano solo parzialmente alle esigenze
di flessibilità del sistema: accanto ad andamenti favorevoli, come l’età
media, si riscontravano aspetti che si situavano maggiormente nella rigidità come il
livello di istruzione relativamente basso, le tipologie di esperienze lavorative pregresse
caratterizzate da professionalità tradizionali o da modelli scolastici e un’impostazione
contrattualistica che avvicinava i docenti agli insegnanti della scuola
piuttosto che ai formatori professionisti.
Un’ultima considerazione va riservata alle politiche del personale adottate dalle
Regioni nel decennio sotto esame e che erano sostanzialmente di due tipi: la regionalizzazione
e la riqualificazione. La prima andava distinta dalla pubblicizzazione:
questa si fondava su un pregiudizio ideologico secondo cui la FP era un servizio
pubblico e la sua gestione andava affidata solo a soggetti pubblici; al contrario, la
regionalizzazione si basava su ragioni di natura funzionale-programmatica secondo
cui il governo delle risorse umane della FP doveva essere assicurato da una forte
regia delle Regioni in modo da poter attuare una riorganizzazione sostanziale del sistema.
La ristrutturazione era pensata come la ridistribuzione del personale secondo
funzioni parallele alla FP quali l’orientamento, l’osservazione del mercato del lavoro,
l’informazione, la consulenza alle imprese sulle politiche formative e occupazionali
o in base ad altri compiti dell’amministrazione. Indubbiamente la regionalizzazione,
sebbene presentasse un’incidenza più o meno grande sulle attività private,
tuttavia non le escludeva come nel caso della pubblicizzazione. Tuttavia, anch’essa
non mancava di criticità: anzitutto, non era possibile definire la politica del personale
prima di aver determinato quella del settore perché il personale rappresentava
una risorsa strumentale; si sosteneva che la regionalizzazione permettesse di liberare
la FP di professionalità in eccesso o superate, ma si dimenticava che se queste esistevano
avevano ben poche possibilità di riqualificazione; l’utilizzo di parte del personale
in funzioni parallele alla FP o in altri compiti dell’amministrazione era destinato
a depauperare la FP da professionalità importanti o a dar vita a servizi di basso
profilo per competenze di livello elevato.
Sempre in questo ambito delle politiche di gestione del personale va richiamata
un’ulteriore distinzione tra formazione per l’aggiornamento del personale e
quella per la riqualificazione, la prima mirata ad accrescere e approfondire le com-
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petenze del docente e la seconda finalizzata a trasmettere competenze per settori lavorativi
relazionati, ma diversi, rispetto alla formazione. Nel decennio in esame si
allargava lo spettro delle iniziative di aggiornamento in modo da comprendere,
oltre alle abilità tecnico-disciplinari, anche le competenze pedagogiche e sociali,
specialmente quelle che riguardavano le nuove funzioni di facilitatore dell’apprendimento
individuale e collettivo. A loro volta, i processi di riqualificazione tendevano
a mettere in discussione la concezione di ispirazione scolastica del ruolo
unico del docente secondo la quale questi era un tecnico disciplinare incaricato di
insegnare un programma definito da altri mentre la FP, che si trova a stretto contatto
con i mondi produttivi a livello locale, doveva essere pronta a elaborare e
svolgere progetti con caratteristiche marcate di contestualizzazione e specificità per
cui si sentiva non solo l’esigenza di un ruolo docente, ma di una pluralità di ruoli a
monte (analista di fabbisogni, programmatore, analista della professionalità, consulente
orientatore...) e a valle (valutatore) dell’intervento formativo. Venendo nel
concreto dei corsi di riqualificazione, quelli offerti dalle Regioni del Sud erano
quantitativamente adeguati, ma non qualitativamente, mentre quelli organizzati
dagli Enti si rivelavano validi ma ispirati a modelli organizzativi tra loro non molto
congruenti. Un’osservazione finale riguarda i processi di aggiornamento e di riqualificazione
che risentivano negativamente anche della finalità emergenziale per cui
erano stati talora attivati, cioè con il solo scopo di garantire la continuità occupazionale
ad operatori momentaneamente non impegnati in attività formativa.
2.2.2. Gli Anni ‘90: la nuova cultura organizzativa e le funzioni del formatore
Una questione centrale degli inizi della decade ‘90 è costituita dalla situazione
degli operatori della FP che vedeva anzitutto una giustapposizione e frequente sostituzione
o integrazione delle figure di processo (progettisti, tutor, coordinatori)
alle figure di contenuto (docenti, istruttori) (ISFOL, 1992; Malizia e Tonini, 2012).
Inoltre, i compiti dei formatori tendevano a combinarsi nelle forme più varie sia nel
momento dell’assunzione che dell’organizzazione del lavoro. Si registrava anche
una situazione di elevata instabilità nei ruoli per cui questi non sempre corrispondevano
alle articolazioni precedenti delle figure, né d’altra parte ne emergevano di
nuovi che ottenevano un consenso generale e la loro differenziazione era talora
molto forte. La struttura del mondo del lavoro in cui coesistevano modalità tradizionali
e nuove e una gamma di forme intermedie esigeva dai formatori il possesso
non tanto delle abilità di adattarsi al cambiamento quanto la capacità di prevenirlo
e di fornire strategie adeguate di risposta. Di qui l’esigenza di disporre di categorie
anche contrattuali che affrontassero la tematica dell’innovazione dei profili professionali
e del relativo inquadramento.
A ciò va aggiunto che i CFP erano stati raggiunti agli inizi della decade ‘90 da
fenomeni di involuzione burocratica (ISFOL, 1995). Infatti, non infrequentemente
si notava una focalizzazione eccessiva sui bisogni degli operatori a scapito dei destinatari;
inoltre, non mancavano casi in cui si privilegiava il controllo normativo
55
sulle procedure rispetto alla verifica sostanziale sui risultati. In reazione a questi segnali
degenerativi si andava diffondendo l’esigenza di elaborare un modello alternativo
al CFP tradizionale.
A tal fine il Laboratorio “Studi e Ricerche” del CNOS-FAP realizzava nella
prima metà degli Anni ‘90 quattro ricerche, tre su finanziamento del Ministero del
Lavoro (Malizia, Chistolini, Pieroni e Tanoni, 1991 e 1993; Malizia, Borsato, Frisanco
e Pieroni, 1996) – rispettivamente sul coordinatore progettista, su quello di settore/
processo e sul direttore e lo staff di direzione – e una dello stesso CNOS-FAP sul
coordinatore delle attività di orientamento (Pellerey e Sarti, 1991). In base ai risultati
di tali investigazioni era possibile elaborare un modello di organizzazione delle azioni
di FP che si qualificava per essere al tempo stesso formativo, comunitario, progettuale,
coordinato, aperto, flessibile e qualificato (Malizia, Chistolini, De Nardi, Pellerey,
Pieroni, Sarti e Tanoni, 1993). In sostanza si trattava del modello del CFP polifunzionale
che, mentre da una parte cercava con la pluralità delle sue offerte di adeguarsi
alla complessità della società odierna, dall’altra non rinunciava, anzi mirava a
rafforzare il suo ruolo formativo al servizio di una gamma molto ampia di destinatari
(Malizia e Tonini, 2012). Esso si contrapponeva alla formula dell’agenzia formativa
(ISFOL, 1995; Il nuovo ruolo del CFP come agenzia di servizi, 1995) che però non
sembrava trovare il conforto dei dati delle ricerche menzionate sopra. I risultati di tale
impegno associativo hanno anche costituito il quadro di riferimento entro il quale si è
collocato l’articolo 7 del CCNL della FP convenzionata (1994-1997).
Per questi motivi, e tenuto anche conto che si trattava del quadro teorico di una
ricerca che riguardava i formatori del CNOS-FAP, si è pensato di concentrare l’attenzione
sul modello del CFP polifunzionale. Ciò non significa che sia l’unica proposta
in campo e che le altre non presentino elementi validi; tuttavia, ci sembra che
quella in esame possa contare su evidenze significative e che pertanto possa essere
presa come rappresentativa della riflessione e della prassi del decennio.
a) Un modello formativo e comunitario
Gli studi a medio e lungo termine coincidevano in generale su una previsione:
l’avvio del terzo millennio sarebbe stato contraddistinto da una vera e propria
esplosione delle conoscenze in tutti i campi (Cresson e Flynn, 1995). Nel nuovo
modello di società, ricerca, sapere e formazione diventavano il fondamento del sistema
sociale e non sarebbero stati più soltanto fattori di sviluppo: in altre parole,
la formazione con la ricerca e il sapere rappresentava il fondamento stesso della società
post-industriale o post-moderna.
Anche nella FP la centralità della formazione significa promozione integrale
delle persone; in questo caso, tuttavia, tale finalità prioritaria viene raggiunta attraverso
l’acquisizione di un ruolo professionale qualificato e di una specifica cultura
che è professionale, umanistica ed integrale. In altre parole tale cultura deve essere
focalizzata sulla condizione produttiva che, a sua volta, va inquadrata in una concezione
globale dell’uomo e che ottiene la sua piena significatività nella dimensione
etica e religiosa.
56
La formazione è opera comune, presuppone un accordo di base sulle finalità, i
contenuti, le metodologie da parte di tutte le componenti della FP, giovani e adulti,
animatori e operatori, genitori e collaboratori. La centralità della formazione esige
la costruzione di una comunità che sia allo stesso tempo soggetto e ambiente di
educazione. I dati delle ricerche evidenziano la convergenza delle opinioni degli
operatori della FP sulla centralità della formazione (e di una formazione di qualità)
e sul modello comunitario (Malizia, Chistolini, Pieroni e Tanoni, 1991 e 1993).
È chiaro che la centralità della formazione e la costruzione di una comunità
sono esigenze che si impongono in ogni Centro. Esse vanno realizzate in qualsiasi
tipo di CFP, qualunque sia la sua dimensione o il contenuto della sua offerta. Né la
complessità delle azioni intraprese dal Centro, né la presenza o la preponderanza di
corsi mirati a un pubblico adulto possono indurre a pensare che il CFP si sia trasformato
in un’azienda o in un’agenzia. Il CFP rimane un’istituzione formativa e la
sua riorganizzazione, pur necessaria ed urgente, resta al servizio della scelta educativa
e comunitaria la quale conserva il primato anche nella FP. Ed è questa logica
di fondo che distingue principalmente il CFP polifunzionale del CNOS-FAP da
certe concezioni agenziali della FP.
b) Un modello progettuale
In quegli anni si era andato delineando un consenso generale sulla necessità di
rinnovare il modello organizzativo delle istituzioni formative in quanto appariva del
tutto superato rispetto alle esigenze della società. La strategia principale di azione
doveva essere ricercata nella crescita e nella diffusione di un’adeguata cultura organizzativa
che significava fondamentalmente sviluppo della capacità di avviare prassi
progettuali di sistema. In altre parole, bisognava anzitutto passare da un approccio
organizzativo individualistico e disintegrato ad uno integrato che si traducesse in
proposte unitarie qualificanti di Centro e di corso. In secondo luogo la dimensione
progettuale non poteva essere solo una caratteristica dell’azione del singolo formatore,
ma doveva connotare l’attività di tutto il sistema. Inoltre, la progettazione doveva
includere come componente imprescindibile il controllo; altrimenti i risultati
dell’azione organizzativa avrebbero continuato a presentarsi come casuali.
In ogni caso, dalle ricerche più volte menzionate emerge chiara ed inequivocabile
la domanda degli operatori di introdurre nella FP la funzione/figura del coordinatore
di progetto che viene inteso come un’articolazione della funzione del formatore
(ISFOL, 1992; Malizia, Chistolini, Pieroni e Tanoni, 1991). In altre parole si fa
strada un’impostazione di natura educativa che parte dal presupposto che il CFP sia
principalmente una comunità formativa e più specificamente una comunità di formatori.
Ne segue che la progettazione degli interventi impegna la corresponsabilità
di tutti e diventa strumento prezioso attraverso cui la comunità formativa si crea e
si sviluppa: infatti, tale azione consente alla comunità del CFP di identificare la domanda
sociale di formazione, di fissare gli obiettivi dei propri interventi in relazione
alle esigenze del contesto, di elaborare strategie educative valide in risposta
al territorio, di valutare la propria attività in rapporto alle mete che ci si è posti. In
57
altre parole la progettazione è il cemento che unifica la comunità formatrice e il dinamismo
che la fa crescere.
c) Un modello al servizio della persona
La promozione integrale della persona significa che l’educando occupa il
centro del sistema formativo e che pertanto il sistema formativo deve fare dell’oggetto
dell’educazione il soggetto della sua propria educazione. A ogni persona va
assicurato il diritto ad educarsi scegliendo liberamente il proprio percorso tra una
molteplicità di vie, strutture, contenuti, metodi e tempi; in sostanza, è il sistema
formativo che deve adattarsi all’educando e non viceversa.
Indubbiamente, tutti gli operatori, i formatori, l’intero CFP e la FP nel suo
complesso sono primariamente impegnati a promuovere lo sviluppo integrale della
personalità degli allievi. Tra le nuove funzioni/figure che emergono dalle ricerche,
una che è chiamata a svolgere particolarmente tale servizio è senz’altro quella del
coordinatore delle attività di orientamento (Pellerey e Sarti, 1991).
Negli ultimi anni si era passati progressivamente dalla considerazione dell’orientamento
come un insieme di servizi, spesso esterni alle istituzioni formative o
almeno autonomi da esse, ad una in cui l’orientamento si presentava come un processo
educativo, continuo, finalizzato a far acquisire e a far utilizzare alla persona
le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti necessari per rispondere adeguatamente
alle scelte che continuamente era chiamata ad operare, soprattutto in relazione all’attività
professionale. Per ottimizzare, armonizzare, sincronizzare le attività formative
e didattiche con valenza orientante dei diversi operatori e del Centro nel suo
complesso, si è ritenuto necessario individuare una persona che, pur continuando a
far parte del corpo docente, in modo particolare si facesse carico della realizzazione
coordinata e finalizzata di questo insieme di attività. Si tratta della funzione/figura
del coordinatore delle attività di orientamento.
d) Un modello coordinato e integrato
Nella FP era in atto un processo di differenziazione e di moltiplicazione delle
funzioni, un tempo accentrate nelle figure del direttore e del formatore anche a motivo
della prevalenza di strutture semplici, fondate su attività generalmente consolidate
(Nicoli, 1991a,b,c). Queste dinamiche di riarticolazione si manifestavano con
particolare chiarezza a livello di personale formativo dove sempre più si richiedevano
precise specializzazioni di ruoli e funzioni. Esse a loro volta rinviavano all’introduzione
di forme nuove di integrazione attraverso la creazione di figure di raccordo
quali i coordinatori, in particolare di settore/processo.
A sua volta l’indagine del Laboratorio “Studi e Ricerche” del CNOS-FAP sul
direttore aveva messo in risalto una diffusa insoddisfazione nei confronti dell’articolazione
dei suoi compiti quale delineata nel CCNL (Malizia, Borsato, Frisanco e
Pieroni, 1996). Sembrava necessario un riaccorpamento e una semplificazione di
quell’elenco frammentato di mansioni in un disegno sintetico ed essenziale di
grandi funzioni. In particolare, sulla base dei risultati dell’indagine si proponevano
58
le seguenti sei: responsabilità della gestione del CFP nei confronti dell’Ente locale
o di formazione; leadership della comunità degli operatori, in particolare attraverso
la presidenza dell’organo collegiale dei formatori e la responsabilità della gestione
del personale; motivazione del personale e cura del suo aggiornamento; direzione e
coordinamento delle attività; coordinamento delle attività progettuali; innovazione
dell’organizzazione del CFP.
La stessa indagine metteva in risalto anche l’emergere di un altro organismo,
lo staff di direzione. In proposito, la funzione indicata al primo posto era quella
relativa al collegamento tra il CFP e il sistema delle imprese presenti sul territorio.
A questa si aggiungevano il coordinamento tra le varie attività promosse all’interno
del CFP, la preparazione delle principali decisioni da prendere, la pianificazione e
l’organizzazione delle attività del CFP in vista del raggiungimento degli obiettivi
formativi. Lo staff non era pensato come un contraltare al direttore, ma come un
sostegno al ruolo direttivo e una compartecipazione alle attività di conduzione del
CFP. Doveva svolgere consulenza al direttore, presentargli proposte, partecipare
alle decisioni, eseguire le iniziative promosse e decise dal direttore, verificare le
azioni formative.
e) Un modello aperto
Nel campo delle istituzioni formative un impatto decisivo è stato esercitato dal
nuovo modello di sviluppo, l’educazione permanente: in proposito si possono ricordare
due dei suoi assunti principali (Malizia, 1988). Anzitutto, lo sviluppo integrale
dell’uomo e, in particolare, l’educazione di ogni uomo, di tutto l’uomo, per
tutta la vita, richiede il coinvolgimento lungo l’intero arco dell’esistenza, oltre che
della scuola, di tutte le agenzie educative in una posizione di pari dignità formativa,
anche se ciascuna di esse interverrà in tempi e forme diverse secondo la propria natura,
la propria metodologia e i propri mezzi (policentricità formativa). In secondo
luogo, l’educazione è una responsabilità della società intera, comunità e singoli,
che sono chiamati a gestire democraticamente le iniziative formative (società educante).
L’esigenza dell’apertura al contesto attraversa tutte le figure/funzioni della FP.
I compiti del coordinatore di progetto convergono in questa direzione: si tratta di
individuare la domanda sociale di formazione, di fissare gli obiettivi degli interventi
formativi in relazione alle esigenze del contesto, di elaborare strategie educative
valide in risposta al territorio (Malizia, Chistolini, Pieroni e Tanoni, 1991). A
sua volta il coordinatore di settore/processo costituisce uno snodo tra il CFP, le
aziende e i singoli formatori (Malizia, Chistolini, Pieroni e Tanoni, 1993). La funzione
del coordinatore delle attività di orientamento è finalizzata tra l’altro a mantenere
il coordinamento e il collegamento fra la struttura formativa e i soggetti istituzionali
e sociali, il sistema scolastico e formativo, nonché gli eventuali specialisti
e Centri specifici di orientamento (Pellerey e Sarti, 1991). Da ultimo, il direttore è
chiamato ad assumersi la responsabilità della gestione del CFP nei confronti dell’Ente
locale o di formazione.
59
f) Un modello flessibile
La flessibilità rappresenta una caratteristica che è connessa strettamente con la
nozione di sistema aperto (Malizia e Tonini, 2012). Con tale aspetto si è inteso riferirsi
ai problemi di sede, di organico di appartenenza, di status. Ciò che si vuole
sottolineare è che il sistema del CNOS-FAP è “a geometria variabile”: la sua realizzazione
può essere la più varia, tutto dipende dalle particolari condizioni di ogni
Centro per cui si può andare da un’attuazione molto elementare alla più complessa;
quello che va assicurato in ogni caso è la presenza in ciascun CFP delle funzioni e
non delle figure e, nel contesto territoriale, delle necessarie unità specialistiche di
supporto (CFP complessi, sede regionale di Ente, servizi territoriali regionali).
g) Un modello qualificato
Con il termine qualificazione si è voluto significare il tipo di formazione necessario
per l’esecuzione dei vari compiti (Malizia e Tonini, 2012). In questo caso
le diverse ricerche citate fornivano indicazioni – che noi non riportiamo per ragioni
di essenzialità – in relazione al coordinatore di progetto, al coordinatore di processo/
settore, al coordinatore delle attività di orientamento e al direttore, precisando
per ognuno conoscenze e competenze.
Quanto ai requisiti per l’accesso alle quattro funzioni/figure, si riscontrava un
accordo generale su un’esperienza previa di docenza (e di managerialità per il
direttore) e su un corso di formazione in servizio finalizzata. Gli operatori, però, si
dividevano sulla laurea che per il momento non poteva essere imposta a tutti, ma
che doveva essere introdotta in futuro in relazione anche con la generale elevazione
dei livelli culturali di base per l’insegnamento.
2.2.3. Gli Anni 2000: il formatore della FP nel quadro delle riforme
Nel primo decennio del 2000 varie indagini dell’ISFOL consentono di delineare
l’evoluzione recente del personale della FP sia riguardo al ruolo che alla formazione
(ISFOL, 2009, 2007, 2006, 2005, 2004, 2002; Montedoro, 2006). Riguardo al
numero, dopo l’aumento consistente degli Anni ‘70, il rallentamento degli Anni ‘80,
la riduzione della prima metà del decennio ‘90, nel periodo 1996-2001 si riscontra
una crescita notevole che porta al raddoppio da 25.774 a 52.831 (+102,6%) (ISFOL,
2004; Montedoro, 2006). All’espansione si accompagna una serie di fenomeni che
comportano nuove divisioni intra-professionali e accentuano quelle già presenti e su
cui ci soffermeremo nel prosieguo.
La prima tendenza da segnalare riguarda l’evoluzione del profilo socio-anagrafico
di base del personale della FP (ISFOL, 2007, 2006, 2005, 2004, 2002;
Montedoro, 2006).
Rientra in questo quadro un deciso rallentamento, se non un vero e proprio
mutamento di direzione, del fenomeno dell’invecchiamento dei formatori. Da
questo punto di vista i dati parlano chiaro nel senso che nel 2006 la loro età media
si colloca sui 43 anni e, pertanto, risulta equivalente o di poco più bassa rispetto a
60
quanto riscontrato nelle precedenti indagini, 43,5 nel 2002 e 43,2 nel 2004
(ISFOL, 2007). In altre parole nel sistema della FP accreditata il ricambio generazionale
è continuato e probabilmente va attribuito all’avvio dell’accreditamento
che ha comportato modalità di selezione e di inclusione di attori e organizzazioni
nuove e tradizionali. Ciò ha contribuito a ridurre, anche se indirettamente, un andamento
che era emerso in maniera preoccupante nel corso degli anni, quello cioè
della obsolescenza delle competenze delle generazioni più anziane del personale,
correlato logicamente con il complicarsi delle problematiche sociali e istituzionali
da affrontare nella FP. Di fatto, l’evoluzione degli ultimi anni pare realizzare in
modo naturale il ricambio generazionale nonostante il mancato avvio di un turnover
pilotato.
Un’altra tendenza riguarda la composizione di genere del personale della FP.
Infatti, pare che sia in atto una novità veramente storica, quella cioè del sorpasso
delle donne rispetto agli uomini soprattutto tra le nuove leve. Nelle rilevazioni
campionarie effettuate dall’ISFOL, la componente femminile cresce dal 44,6% del
2002, al 48,9% del 2004, al 53,2% del 2006 (ISFOL, 2007).
Passando al quadro delle competenze, incominciamo con la situazione della
formazione di base. Anche da questo punto di vista va registrata una novità storica:
il 60,7% possiede ormai una laurea: ricordiamo che nel 2002 la percentuale era del
36,7% e nel 2004 del 39,9% (ISFOL, 2007). Ovviamente un andamento opposto si
registra tra i diplomati: 56,6%, 54,7% e 35,8% rispettivamente nel 2002, nel 2004 e
nel 2006. A loro volta, i titoli meno qualificati sono ormai divenuti marginali e
la loro consistenza continua a diminuire, passando dal 6,6%, al 6,4%, al 3,5%. In
aggiunta, le formatrici si distinguono per livelli di istruzione più elevati, essendo
contemporaneamente più giovani e rappresentate tra le nuove leve; dal punto di
vista territoriale sono le zone del Centro Italia ad essere più virtuose. Tenuto conto
che l’ultimo anno della rilevazione si caratterizza per la presenza esclusiva di enti
accreditati, trattandosi di una condizione ormai obbligatoria ovunque, si può supporre
che la realizzazione piena del nuovo dispositivo abbia comportato una forte
accelerazione all’elevazione dei titoli dei formatori.
Quanto alla formazione in servizio, la percentuale di quanti hanno partecipato
a iniziative di questo tipo raggiunge la cifra del 60% e i dati medi sulla frequenza
appaiono alquanto alti con 13 corsi quasi per ogni caso analizzato. A sua volta la
quota dei formatori che non hanno usufruito di alcuna esperienza in merito risulta
piuttosto elevata, collocandosi al 40%, e soprattutto preoccupa che sia cresciuta dal
2002 quando era il 26,3%. A parziale spiegazione della crescita si può richiamare il
dato relativo all’anzianità professionale che era di 16 anni in media nel 2002 e
2004, mentre nel 2006 scende a 13. Un’altra criticità è riscontrabile anche tra coloro
che hanno partecipato a iniziative di formazione in servizio in quanto il 20%
ha usufruito al massimo di 1 corso ogni 4 anni di servizio e il 30% di 1 ogni 3, per
cui la percentuale di chi ha seguito meno di 1 corso ogni anno di servizio raggiunge
la cifra del 62,7% ed è di conseguenza maggioritaria. Se i dati si disaggregano per
61
zone geografiche, la situazione appare migliore nel Nord e ciò in controtendenza
con la formazione di base. Emergono pertanto due modelli di competenza che si distinguono
su base territoriale nel senso che le Regioni settentrionali tendono a valorizzare
le competenze specialistiche ed esperienziali, mentre nelle altre risultano
meglio ripartite quelle di base. Inoltre, con riferimento alla composizione di genere,
il capitale di competenze delle formatrici appare più equilibrato perché alla condizione
migliore riscontrata nella formazione di base se ne accompagna una equivalente
riguardo alla formazione in servizio.
Un’ultima considerazione va riservata alla figura di formatore verso la quale la
FP, e più in particolare la IeFP, si sta muovendo in questo inizio del 2000 (Malizia,
Nanni e Tonini, 2012; Malizia, Nicoli e Clementini, 2008; Nicoli, 2007, 2009,
2011abc e 2014). Per delinearla bisogna partire dalle mete e dagli standard che regolano
il sistema di offerta sotto forma di saperi e competenze, articolati in abilità/
capacità e conoscenze. Tali mete e standard, in quanto livelli essenziali delle
prestazioni, mirano alla riconoscibilità e comparabilità degli apprendimenti a garanzia
degli utenti e degli altri soggetti coinvolti. Essi costituiscono il parametro di
riferimento per la valutazione degli apprendimenti dei destinatari.
La competenza non è un fenomeno assimilabile al saper fare, ma un modo di
essere della persona che ne valorizza tutte le potenzialità. Lavorare per competenze
significa favorire la maturazione negli allievi della consapevolezza dei propri talenti,
di un rapporto positivo con la realtà sostenuto da curiosità e volontà, in grado
di riconoscere le criticità e le opportunità che si presentano, in modo che possano
essere capaci di assumere responsabilità autonome nella prospettiva del servizio inteso
come contributo al bene comune.
L’elemento centrale di una formazione per competenze è costituito dalla possibilità
di privilegiare l’azione, significativa ed utile, in quanto situazione di apprendimento
reale ed attivo che consente di porre il soggetto che apprende in relazione
“vitale” con l’oggetto culturale da conoscere. Il discente è collocato in tal
modo nella condizione di fare un’esperienza culturale che ne mobilita le capacità
e ne sollecita le potenzialità positive. Il sapere si mostra a lui come un oggetto
sensibile, una realtà ad un tempo simbolica, affettiva, implicativa, pratica ed esplicativa.
Il formatore diventa, nel procedere secondo questo metodo, oltre che un
esperto di una particolare area disciplinare, anche il “mediatore” di un sapere che
“prende vita” nel rapporto con la realtà, come risorsa per risolvere problemi ed in
definitiva per vivere bene. Ciò comporta, in corrispondenza dei momenti cruciali
del percorso formativo, la scelta di occasioni e di compiti che consentano all’allievo
di fare la scoperta personale del sapere, di rapportarsi ad esso con uno spirito
amichevole e curioso, di condividere con gli altri questa esperienza, di acquisire un
sapere effettivamente personale.
La metodologia propria dei percorsi di IeFP, nella logica della formazione efficace,
mira a selezionare le conoscenze e le competenze chiave irrinunciabili, a dise-
62
gnare situazioni di apprendimento per laboratori nei quali svolgere esperienze che
permettano agli allievi di entrare in rapporto diretto con la conoscenza sotto forma
di procedimenti di scoperta e di ricostruzione dell’oggetto così da condurre ad una
acquisizione autenticamente personale. Ciò consente di mettere in moto un processo
di apprendimento attivo, quindi motivante e finalizzato, così da consentire
una valutazione più autentica.
Le risorse umane impegnate nelle attività formative devono a loro volta essere
caratterizzate da una piena visione professionale fondata sulla libertà di insegnamento,
non a carattere prestativo ma tesa ad una formazione efficace. Entro questo
quadro, i docenti risultano in grado di operare nella logica del lavoro d’équipe al
fine di condividere il progetto formativo e svolgere le attività collegiali di supporto,
gestire relazioni educative con i destinatari, programmare, realizzare e valutare occasioni
di apprendimento attive ed efficaci all’interno di un particolare ambito del
sapere, coordinare e collaborare entro attività a carattere interdisciplinare, impegnarsi
all’esterno negli ambienti di apprendimento reali.
Questa impostazione richiede il coinvolgimento di una pluralità di figure professionali,
come si è cercato di mostrare sopra, e necessita di una figura forte di coordinatore
dell’équipe. Ciò implica un esplicito riconoscimento giuridico delle specificità
professionali e la definizione di un adeguato organico di Centro, che consenta
di differenziare l’offerta formativa sia in termini di tipologie di insegnamenti,
sia di orari e funzioni.
2.2.4. L’evoluzione nel CNOS-FAP
Abbiamo illustrato sopra i contenuti e le ragioni della proposta del CFP polifunzionale
che, avanzata nell’ultimo decennio del secolo scorso, ha avuto come capofila
il CNOS-FAP. Completiamo la trattazione presentando l’evoluzione che si è registrata
nella Federazione sul piano quantitativo dalla sua nascita e su quello qualitativo
agli inizi del 2000 riguardo alla cultura organizzativa e ai formatori.
a) Una crescita quantitativa tendenziale
Nei primi quindici anni di vita della Federazione (1977-78/1991-92) l’aumento
del sistema di FP del CNOS-FAP con qualche eccezione è stato in generale costante,
ma al tempo stesso è rimasto entro limiti contenuti: infatti, si è restati in una
fascia compresa tra il 10 e il 30% (cfr. Tav. 1) (Malizia e Tonini, 2012). Sono stati i
corsi ad espandersi maggiormente, del 29,9%, passando da 411 a 534 e facendo
quindi registrare una crescita in valori assoluti di 123. Anche i formatori registrano
un andamento in costante aumento (+161 in valori assoluti), anche se percentualmente
più contenuto dei corsi (+22,6%). Gli allievi presentano una battuta di arresto
tra il 1981-82 e il 1986-87 nel senso che si riscontra una crescita zero (numeri
indici 104,8 e 104,7 rispettivamente); comunque, nei quindici anni l’aumento è di
1.816, pari al 20,3% in percentuale. A loro volta, i Centri sono in crescita, anche se
solo di tre, da 36 a 39, dopo aver registrato nel 1986-87 un aumento di 6.
63
Tav. 1 – Evoluzione del sistema di FP del CNOS-FAP (anni scelti: in VA e IND)
Legenda: VA=Valore Assoluto; IND=Numero Indice
Fonte: Rielaborazione su dati CNOS-FAP
Il primo balzo in avanti si realizza nel 1996-97 con gli allievi che crescono
della metà (+53%; o +4.375 soggetti) rispetto all’anno di fondazione della Federazione;
tra il 1996-97 e il 2001-02 continua l’espansione di un altro 50% per cui al
termine dei 25 anni gli iscritti risultano più che raddoppiati (+106,3%, o +9.498)
(cfr. Tav. 1). L’aumento è ancora maggiore nei corsi che tra il 1977-78 e il 2001-02
sono quasi triplicati, essendo saliti da 411 a 1.125 (+714). Nel 1996-97 i Centri ritornano
sui valori del 1986-87, 42 unità, e nel 2001-02 si attestano su 54 con un
salto del 50% (+18) rispetto agli inizi. In questo secondo periodo (1991-92/2001-
02), l’andamento dei formatori è al contrario molto contenuto e tra il 1991-92 e il
1996-97 la crescita è pressoché zero, anche se poi nel quinquennio successivo l’aumento
supera il 40% e nei 25 anni si colloca al 64,8%, pari a 463.
Nel 2001-02 oltre la metà degli allievi della Federazione (53,5%) frequentano
corsi che in base alla terminologia della riforma Moratti possiamo chiamare di secondo
ciclo: specificamente, più di un terzo (36,3%) è iscritto alla formazione iniziale,
il 10,7% ai corsi dell’obbligo scolastico in integrazione con la scuola e il
5,4% a corsi in integrazione con la media superiore. Un 10% quasi (8,8%) è collocato
nella formazione superiore: il 7,8% nel post-diploma e l’1% negli IFTS. Il
35,8% è impegnato nella formazione sul lavoro: apprendistato (13,9%) e formazione
continua di occupati e disoccupati. Gli allievi delle fasce deboli sono 343,
pari al 2% circa. In sintesi, intorno agli anni 2000, si può dire che i CFP del CNOSFAP
siano diventati polifunzionali, presentino cioè un’offerta formativa molteplice,
e al tempo stesso abbiano conservato la loro tradizionale attenzione alla fascia 14-
18 anni.
L’anno formativo 2003-04 è l’anno dell’inizio della sperimentazione dei percorsi
formativi triennali in tutte le Regioni. La Federazione CNOS-FAP, in quell’anno,
segna un’ulteriore crescita soprattutto nella Formazione Professionale Iniziale
realizzando 1.300 corsi di cui quasi 600 nella FPI e servendo 21.561 allievi di
cui oltre 6.000 in età tra i 14 e i 18 anni. Un’ulteriore crescita si registra nell’anno
formativo 2005-06, l’anno della massima espansione. I corsi formativi realizzati
sono stati 1.503 di cui 713 nella FPI e 20.409 allievi di cui quasi 14mila in età tra i
14 e i 18 anni. All’aumento delle attività è corrisposta anche la crescita delle sedi
Sistema di FP
del CNOS-FAP
1977-78 1981-82 1986-87 1991-92 1996-97 2001-02
VA IND. VA IND. VA IND. VA IND. VA IND. VA IND.
Centri 36 100,0 40 111,1 42 116,7 39 108,3 42 116,7 54 150,0
Corsi 411 100,0 448 109,0 477 116,1 534 129,9 698 169,8 1.125 273,7
Allievi 8.937 100,0 9.365 104,8 9.354 104,7 10.753 120,3 13.672 153,0 18.435 206,3
Formatori 714 100,0 777 108,8 827 115,8 875 122,6 880 123,2 1.177 164,8
64
che erano 60 nell’anno formativo 2003-04 e 61 nell’anno 2005/2006. Scelte politiche
regionali restrittive hanno avuto riflessi consistenti anche sulle attività della
Federazione CNOS-FAP, determinando la chiusura di molte sedi operative e la contrazione
delle attività in varie Regioni quali la Sardegna, l’Abruzzo e la Calabria.
Sulla base dell’ultima rilevazione, anno 2013-14 (CNOS-FAP, 2013), in 64 CFP la
Federazione CNOS-FAP svolge 1.678 corsi di cui 746 nella FPI, coinvolge 25.374
allievi di cui 14.295 in età tra i 14 e i 18 anni, 1.437 operatori1, di cui 1.262 a
tempo indeterminato: nel periodo considerato è evidente la notevole crescita che si
è registrata (cfr. Tav. 2).
Tav. 2 – Il sistema di FP del CNOS-FAP nel 2013-14 a confronto con il 2001-02 (inVA e IND)
Legenda: VA=Valore Assoluto; IND=Numero Indice; *Escluse le sedi regionale e nazionale; **Incluse le sedi regionale e
nazionale
Fonte: Rielaborazione su dati CNOS-FAP
b) L’aggiornamento del CFP polifunzionale
All’inizio del 1999, la Sede Nazionale CNOS-FAP ha affidato all’Istituto di Sociologia
FSE-UPS la realizzazione di un’indagine mirata alla rilevazione di elementi
della situazione dei Centri della Federazione in riferimento ai requisiti richiesti dal
regolamento attuativo della Legge 196/97, art. 17, e in vista della individuazione di
indicatori di qualità per un CFP polifunzionale (Malizia e Pieroni, 1999; Malizia e
Tonini, 2012). La Federazione avvertiva infatti l’esigenza di individuare nuove
forme di aiuto e di supporto soprattutto al direttore e alle figure di staff presenti nei
CFP o nella Sede Regionale (impegnate in attività di orientamento, coordinamento,
analisi, progettazione e valutazione dei fabbisogni), essendo questi i ruoli più coinvolti
nel processo di cambiamento/rinnovamento. Più in particolare, avendo presente
un modello organizzativo di CFP dinamico, orientato al sistema qualità e rispondente
alla logica dell’accreditamento, si intendeva elaborare, con la collaborazione
di un gruppo di esperti, un progetto di fattibilità inteso a predisporre un processo
permanente di monitoraggio e valutazione delle attività della FP CNOS-FAP.
Dall’indagine emergeva che se molto è stato attuato in questi ultimi anni e la
meta della polifunzionalità si è rivelata una realtà per molti Centri, la fase di completamento
di certi obiettivi richiedeva ancora ulteriori sforzi e nuove strategie
1 Negli ultimi anni le statistiche del CNOS-FAP forniscono dati non più sui formatori, ma sugli
operatori: questa è una delle ragioni che ha spinto la Sede Nazionale a promuovere la realizzazione
della presente ricerca.
Sistema di FP del
CNOS-FAP
2001-02 2013-14
VA IND. VA. IND.
Centri 54 100.0 64 118.5
Corsi 1.125 100.0 1.678 149.2
Allievi 18.435 100.0 25.374 137.6
Operatori 1.601* 100.0 1.437** Non paragonabili
65
d’intervento. Pertanto, stando ai risultati ottenuti attraverso il rilevamento, si suggerivano
i seguenti passi da intraprendere, ai fini di una più completa realizzazione
del modello CNOS-FAP di CFP polifunzionale.
1. Una prima proposta riguardava il conseguimento della “certificazione” del “sistema
qualità”, con tutti i requisiti che tale obiettivo comporta.
2. Andava poi indubbiamente annoverata l’introduzione di nuove figure: oltre a
quelle che già esistevano nella maggior parte dei Centri, andavano previsti
(meglio ancora se come figure di sistema nello staff) il responsabile dei servizi
di sicurezza ed il responsabile della qualità; non ci si nascondeva però che
sarebbero state sempre più richieste in un immediato futuro anche quelle del
responsabile delle reti informatiche e del coordinatore delle attività di integrazione
(in vista di una FP indirizzata a vantaggio delle fasce deboli, sempre più
ampie ed attuali in una società in rapida trasformazione tecnologica), coerentemente
anche all’esigenza (avvertita in oltre la metà dei Centri e sperimentata
in una parte degli stessi) di potenziare l’orientamento e le azioni formative a
favore di questi soggetti.
3. Un altro passo da compiere in tempi brevi era quello di una sempre più decisa
apertura del CFP al territorio così da assumere una piena posizione di collaborazione,
concertazione, integrazione con le varie realtà di riferimento.
4. Bisognava anche continuare, come era stato fatto egregiamente fino a quel momento,
nell’organizzazione di corsi di formazione per i formatori nelle due
principali direttrici:
– corsi per tutti, mirati cioè al costante aggiornamento della formazione delle
varie figure di formatori;
– corsi “ad hoc” per la preparazione di figure specialistiche, con particolare
riferimento a quelle da introdurre ex-novo.
5. Si suggeriva pure di effettuare un costante monitoraggio sulla “qualità” della
formazione erogata nei CFP della Federazione, sulla base di un modello aggiornato
di CFP polifunzionale e di standard minimi di qualità e nel rispetto
della giusta autonomia di ogni Centro.
6. Un altro passo consisteva nel creare una rete informatizzata, in grado di collegare
tutti i Centri, così da realizzare un’informazione in tempo reale su problematiche
emergenti e da socializzare innovazioni e sperimentazioni in atto.
7. Infine, si trattava di ampliare e/o rendere accessibile al maggior numero possibile
di Centri la partecipazione a progetti/programmi multiregionali e transnazionali.
Sulla base dei risultati di questa ricerca la Federazione ha ritenuto opportuno
orientare lo sforzo di rinnovamento soprattutto in tre direzioni: il potenziamento
della formazione dei formatori, l’attuazione dell’obbligo formativo e del diritto-dovere
all’istruzione e formazione e la realizzazione di un modello organizzativo di
qualità. Ovviamente, qui richiamiamo solo le indicazioni che riguardano la prima
perché del secondo non ci occupiamo in questa ricerca e del terzo si è parlato sopra.
66
c) Il potenziamento della formazione dei formatori
Anche in questo caso si è partiti con una ricerca che è stata realizzata dalla Sede
Nazionale del CNOS-FAP nel gennaio-giugno 2000 con lo scopo sia di approfondire
la conoscenza della situazione della formazione del personale del CNOS-FAP, sia di
elaborare la proposta di un sistema di qualità per una preparazione più adeguata
degli operatori, sia di predisporre un’ipotesi di standard per i formatori (Malizia, Pieroni
e Salatin, 2001). L’indagine evidenziava un posizionamento professionale
medio più che buono degli operatori CNOS-FAP (in rapporto ad altri Enti italiani),
ma segnalava più o meno indirettamente alcune criticità del sistema organizzativo:
– una situazione con significative eterogeneità tra gli operatori, sia a livello di
percezione che di situazioni professionali (es. tra Nord e Sud, tra generazioni e
tra salesiani e non salesiani);
– un sistema ancora non adeguatamente orientato all’utenza e al territorio: abituato
ad aspettare gli utenti più che ad andare verso di loro (forse perché non
aveva mai avuto gravi problemi di domanda e di risorse), non particolarmente
preoccupato di ascoltare (non a caso risultano sottodimensionate le competenze
marketing e valutazione);
– un sistema non molto aperto e tendenzialmente autoreferenziale, che collaborava
ancora poco con altri soggetti del territorio; ciò poteva essere un limite
nella prospettiva del “fare rete”;
– unsistema non adeguatamente differenziato nei suoi servizi e funzioni: molto
focalizzato sulla erogazione formativa tradizionale con ancora debole presenza
di altri servizi (orientamento, accompagnamento, counselling, ...) e un po’ indietro
sulle nuove tecnologie didattiche e sulla FAD.
Circa il dispositivo formativo proposto, sono condivisibili le indicazioni della
ricerca con un impianto flessibile basato su:
– formazione d’ingresso: corso formatori (master di primo ciclo o di secondo
ciclo per i livelli più alti);
– formazione in servizio: interventi ricorrenti con attenzione all’identità dell’Ente
e alla formazione comportamentale (in presenza); sviluppo delle formule
a distanza (moduli FAD) e degli stage all’estero.
I dati della ricerca non vanno letti solo in sé, ma anche in rapporto ai trend osservabili
a livello nazionale. A questo livello e in particolare in rapporto allo scenario
dell’accreditamento degli operatori:
– il livello generale degli operatori appariva in grado di reggere la copertura
delle funzioni previste e dei relativi standard (c’era anche di più rispetto agli
standard minimi);
– si riscontravano segnali incoraggianti di apertura all’innovazione, visto il rilievo
dato all’analisi della nuova domanda di formazione;
– il modello organizzativo poteva reggere un orientamento alla qualità senza
enormi rivoluzioni;
67
– era possibile rilevare inoltre una complementarità tra il rilievo delle competenze
“salesiane” (sistema preventivo, carisma pedagogico...) collegate alla
mission e le competenze professionali richieste.
Sulla base di questi dati è stato elaborato un piano con una prospettiva poliennale.
Esso si inseriva nella missione di servizio della Federazione CNOS-FAP Nazionale
alle sedi locali e doveva integrarsi agli eventuali piani formativi di CFP, ai
piani formativi regionali e ai piani formativi individuali, anche in funzione della
implementazione delle nuove normative in materia di formazione continua e dello
sviluppo della contrattazione collettiva di comparto.
Dal punto di vista degli obiettivi, il piano aveva carattere strategico e si proponeva
di sistematizzare un dispositivo di formazione iniziale degli operatori, in
grado di equilibrare le componenti valoriali e professionali, di fornire le linee guida
per il consolidamento di un dispositivo di formazione permanente in servizio, compatibile
e coerente con i processi di accreditamento interno ed esterno in atto e fornire
delle proposte di percorsi per l’acquisizione e/o lo sviluppo delle competenze
individuate come più necessarie dalla ricerca e/o segnalate dai responsabili dell’Ente.
Il piano assumeva come criteri di base metodologici la distinzione tra la formazione
di ingresso e quella in servizio, di base e specialistica, il principio di interazione
tra formazione e attività professionale e la pluralità dei modi di formazione
(in presenza e non). Esso muoveva inoltre dalla consapevolezza della triplice articolazione
degli interventi a livello nazionale, regionale e locale, pur sviluppando
solo le proposte relative al livello nazionale.
Per facilitare la traduzione operativa del piano, si è ritenuto opportuno predisporre
un catalogo (cfr. per esempio CNOS-FAP, 2013) che contenesse un’offerta
formativa permanente e sistematica per gli operatori, basata sulle buone prassi in
atto presso le singole sedi. Più specificamente esso è finalizzato ai seguenti obiettivi:
– “sistematizzare la formazione iniziale degli operatori, in modo da equilibrare
le componenti valoriali e professionali, soprattutto attraverso la proposta di
moduli ‘comportamentali’;
– fornire le linee guida per il consolidamento della formazione permanente in
servizio, compatibile e coerente con i processi di accreditamento interno ed
esterno in atto;
– fornire delle proposte di percorsi per l’acquisizione e/o lo sviluppo delle competenze
più necessarie individuate dalla ricerca e/o segnalate dai responsabili
dell’Ente;
– mettere a sistema la formazione in atto e quella in fase di progettazione e facilitare
l’accesso alle informazioni disponibili per quanto riguarda le opportunità
di crescita professionale” (CNOS-FAP e Cepof, 2003, 8).
Sulla base di queste indicazioni, la formazione dei formatori sembra aver raggiunto
una metodologia ed una strutturazione sufficientemente stabili. Vengono
68
proposte attività corsuali residenziali nazionali legate soprattutto alla crescita dei
settori professionali, attività residenziali locali connesse in particolare ai bisogni
delle varie Delegazioni regionali, attività di formazione per il personale direttivo,
attività di formazione a distanza per tutti gli operatori. Il catalogo, nella sua globalità,
copre tutti i settori, dall’area pedagogico-salesiana, a quella della dottrina sociale
della Chiesa, a quella metodologico-didattica, a quella tecnologica.
69
Secondo capitolo
Operatori del CNOS-FAP e Formazione in servizio.
Il Quadro dei Dati dell’Archivio dell’Ente
Guglielmo Malizia - Maria Paola Piccini
Uno degli obiettivi principali della ricerca consiste nella presentare in maniera
dettagliata e in una prospettiva prevalentemente quantitativa la situazione della
Formazione in servizio del CNOS-FAP in tutti suoi aspetti più significativi. La
parte dell’indagine che qui viene commentata è rivolta proprio a rispondere a
questa esigenza: infatti, verranno analizzati i dati dell’archivio dell’Ente che contiene
le informazioni in questione. Più precisamente, la sezione è articolata in
quattro parti: la prima verrà dedicata a una nota metodologica sulla fonte e la raccolta
dei dati; nella seconda sarà illustrata la condizione degli operatori del CNOSFAP
all’anno formativo 2013-14; successivamente verrà analizzata la situazione
della Formazione in servizio nel 2012 e nel 2013; la da ultimo si offriranno delle
osservazioni conclusive, includendo anche una sintesi di ambedue i tipi di dati riguardanti
Regioni e Centri1.
1. L’ARCHIVIO DIPENDENTI DEL CNOS-FAP
Le informazioni raccolte nel database archivio dipendenti del CNOS-FAP sono
state elaborate in funzione della struttura stessa dell’archivio informatico. Dato il
costante e continuo aggiornamento dell’archivio, le informazioni sono state estratte
alla data del 3 novembre 20142.
Sono state considerate, in un primo momento le caratteristiche di base dei dipendenti
CNOS-FAP, in particolare, ci si è concentrati sulle seguenti caratteristiche
socio-demografiche: genere (maschile/femminile); età, rilevata attraverso l’anno di
1 Anche se questo capitolo è responsabilità comune dei due autori, la sezione 1 è stata redatta da
M.P. Piccini e quelle 2 e 3 da G. Malizia, mentre la 4 è opera di ambedue. Pertanto, le differenze di
stile e di forma che si possono riscontrare nel testo e nella presentazione delle tabelle dipendono dalle
scelte effettuate dai due autori nello spazio di autonomia proprio.
2 Successivamente l’estrazione delle informazioni, sono stati individuati e corretti alcuni errori
di inserimento delle informazioni quali, ad esempio, l’attribuzione dello status Salesiano a una operatrice
donna e l’attribuzione ad un operatore maschio del genere sessuale femminile. In ogni caso, tali
sviste non alterano in maniera significativa gli esiti complessivi delle elaborazioni.
70
nascita e successivamente ricodificata in intervalli (meno di 20 anni; 20-30 anni;
31-40 anni; 41-50 anni; 51-60 anni; oltre 60 anni); status (Salesiano/non Salesiano);
titolo di studio (Laurea, Diploma, Qualifica professionale, Licenza media, Licenza
elementare, Altro); tipo di contratto (tempo indeterminato/determinato), profilo
(Collaboratore Amministrativo, Direttore di funzione, Direttore di sede operativa,
Direttore Generale, Formatore, Formatore - Coordinatore, Formatore - Orientatore,
Formatore -Tutor, Operatore di Segreteria, Operatore Tecnico Ausiliario, Operatore
Tecnico della Logistica, Progettista, Responsabile Amministrativo-Organizzativo,
Responsabile dei Processi, Tecnico dei Servizi); località (regione, circoscrizione
geografica e centro).
In un secondo momento l’attenzione si è focalizzata sulla partecipazione alla
formazione in servizio, sempre in considerazione delle caratteristiche sociodemografiche
dei partecipanti.
Essenzialmente lo studio consiste di analisi mono e bivariate ottenute attraverso
un sistema di query (interrogazioni), rivolte direttamente al sistema che fornisce in
risposta esclusivamente il conteggio (in valore assoluto) degli stati delle diverse caratteristiche
considerate (le variabili). L’analisi monovariata fornisce una prima descrizione
della popolazione considerata (gli operatori CNOS-FAP), mostrando come
questa si differenzia al suo interno, in funzione delle modalità di ciascuna variabile.
L’analisi bivariata è stata condotta mediante l’esame di tabelle di contingenza, che
consentono di studiare la distribuzione congiunta delle modalità di coppie di variabili.
Successivamente, le informazioni fornite esclusivamente in valore assoluto
sono state ricondotte alle relative percentuali. Le percentuali sono state calcolate,
per tutte le variabili e per tutti gli incroci fra variabili, pur nella consapevolezza
della talvolta scarsissima numerosità delle diverse quote di popolazione considerate.
Inoltre, per quanto riguarda le schede delle singole Regioni e località, si tiene a
precisare che non è stato possibile percentualizzare le informazioni presentate in
funzione del totale dei dipendenti nelle due annate oggetto di studio, data l’impossibilità
tecnica di ricostruire in maniera esatta la composizione dei dipendenti
CNOS-FAP in termini di caratteristiche sociodemografiche3.
Eventuali scostamenti dal totale dei dipendenti dipendono dalla presenza nel
database di campi non obbligatori (Titolo di studio, Profilo e livello contrattuale).
Per quanto riguarda la variabile Profilo, in particolare, gli scostamenti dal totale si
spiegano anche in ragione del fatto che un singolo operatore può ricoprire più funzioni
contemporaneamente. In relazione alla variabile Tipo di contratto è da tenere
presente che nel database non vengono registrati i collaboratori con contratti a progetto,
ma soltanto i dipendenti con contratto a tempo determinato o indeterminato.
Infine, un invito alla prudenza nella valutazione del livello di partecipazione alle
diverse attività di Formazione in servizio da parte dei Direttori e dei Segretari di
3 In questo caso, è stato comunque effettuato un confronto per approssimazione con il numero
complessivo di operatori alla data del 3 novembre 2014.
71
settore è dovuto, poiché nell’archivio non compaiono, in qualità di partecipanti, gli
operatori che hanno lavorato all’organizzazione delle attività stesse.
Le informazioni archiviate nel database sono state trattate esclusivamente a
fini statistici e nel rispetto della riservatezza e della tutela della privacy.
Essendo l’archivio dipendenti funzionale, in uso da ormai diversi anni e costantemente
aggiornato, si è stabilito di non procedere ex novo all’inserimento dati nella
forma classica di una matrice di dati (casi per variabili), ossia una tabella che veda
sulle righe gli operatori e sulle colonne le diverse caratteristiche degli stessi operatori.
Per le stesse ragioni di opportunità, si è ritenuto più utile non procedere alla costruzione
di una nuova cornice di inserimento dati, ma i ricercatori hanno collaborato con
la Sede Nazionale e, in particolare, con i responsabili del sistema informatico, per
ottimizzare il sistema attualmente in uso. Nello specifico, si suggerisce di inserire un
filtro per annualità, in modo da poter estrarre le informazioni suddivise per anni solari
o formativi e, in merito alla FAD, si consiglia di registrare non soltanto il dato sulle
certificazioni effettivamente conseguite, ma di registrare, se tecnicamente possibile,
gli accessi e, di conseguenza, gli abbandoni. Si consiglia inoltre, di monitorare periodicamente
la composizione socio-demografica dei dipendenti CNOS-FAP, in modo da
valutare il quadro complessivo ogni sei-dodici mesi, assumendo come periodi di riferimento
momenti significativi per il CNOS-FAP, come l’inizio dell’anno formativo.
2. LA SITUAZIONE DEGLI OPERATORI DEL CNOS-FAPALL’ANNO FORMATIVO 2013-14
La crescita notevole che ha caratterizzato l’evoluzione del personale della FP nel
periodo 1996-01 sembra che si sia protratta nel CNOS-FAP fino all’anno formativo
2004-05 (ISFOL 2004: Montedoro, 2006; cfr. Tav. 1): infatti, tra il 1999-00 e il 2004-
05 gli operatori dell’Ente passano da 1179 a 1812, registrando un incremento di più
della metà (53,6%): da subito precisiamo che con la dizione operatori si intendono tutti
i dipendenti con contratto a tempo indeterminato o determinato, mentre i consulenti
sono esclusi dal conteggio. Fra il 2003-04 e il 2006-07 – ma soprattutto nel biennio
2004-05 e 2005-06 – si registra un vero crollo da 1812 a 1266 con una perdita di oltre
40 punti percentuali (46,3%): questo andamento si spiega soprattutto come effetto
della chiusura dei centri in Sardegna e in Abruzzo. Nel periodo successivo (2006-
07/2013-14) il numero dei dipendenti senza il personale delle Sedi Regionali e Nazionale
si mantiene sostanzialmente stabile e nell’ultimo anno formativo chiude in leggera
crescita, +8,8% (rispetto al 2006-07); se ci riferisce al personale comprensivo
delle sedi, l’andamento è molto più piatto, ma termina con una crescita del +7% (o del
+9% qualora si prendano in considerazione i dati dell’archivio dipendenti alla data del
03.11.144 che però non sono comparabili con gli altri di cui non conosciamo la data).
4 Come si è precisato sopra, l’archivio offre soltanto i dati come si trovano al momento dell’accesso
e non quelli diversi di momenti precedenti.
Tav. 1 – Evoluzione degli operatori del CNOS-FAP (a.f. 1999-00/2013-14; in VA e IND)
Legenda: VA=Valore Assoluto; IND=Numero Indice; *Dal catalogo 2013/14; **Dall’archivio dipendenti al 03.11.14
Dalla Tavola 2 alla 21 si esamineranno le articolazioni del totale degli operatori
– quale risultava nell’archivio al momento in cui i dati sono stati scaricati, cioè al
3 novembre del 2014, come si è detto sopra – in base alle loro caratteristiche sociodemografiche
e a quelle professionali.
Tav. 2 – Operatori per sesso, incrociato con età e circoscrizione geografica (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
Incominciamo con il sesso ed emerge chiaramente la collocazione tradizionale
dell’offerta formativa del CNOS-FAP nell’ambito della preparazione allo svolgimento
dei mestieri tipicamente maschili: infatti, tra gli operatori gli uomini ammontano
ai due terzi circa (65,3%) o a 956 unità, mentre i dati delle donne sono
34,7% e 507 rispettivamente (cfr. Tav. 2). Questo andamento diverge da quello generale
del personale della FP che ha visto negli ultimi anni le femmine sorpassare i
maschi (53,2% e 46,8%: ISFOL, 2007).
L’incrocio del sesso con l’età vede una sovra-rappresentazione degli uomini
nelle coorti più anziane, 51-60 e oltre 60, e ciò è spiegabile con la situazione dei
72
Anni formativi
Operatori
Escluse le sedi regionali e nazionale Incluse le sedi regionali e nazionale
VA IND VA IND
1999/2000 1179 100,0
2000/01 1507 127,8
2001/02 1601 135,8
2002/03 1737 147,3
2003/04 1777 150,7
2004/05 1812 153,6
2005/06 1774 150.4
2006/07 1266 107,3 1342 100,0
2007/08 1266 107,3 1343 100,0
2008/09 1288 109,2 1335 99,4
2009/10 1314 111,4 1336 99,5
2010/11 1281 108,6 1352 100,7
2011/12 1260 106,8 1333 99,3
2012/13 1336 113,3 1408 104,9
2013/14 1369 116,1 *1437
**1463
*107,0
**109,0
Sesso Totale
Età Circoscrizione Geografica
<20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60 Nord
Est
Nord
Ovest Centro Sud
M 65,3 100,0 70,0 62,4 56,4 74.6 86,7 67,8 62,4 70,9 65,2
F 34,7 0,0 30,0 37,6 43,6 25.4 13,3 32,2 37,6 29,1 34,8
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 2 90 441 477 378 75 323 625 199 316
Totale*** 100,0 0,1 6,2 30,1 32,6 25,8 5,1 22,1 42,7 13,6 21,6
decenni precedenti che si caratterizzava per una netta predominanza degli uomini,
mentre è meno comprensibile per le classi più giovani che appartengono a una fase
in cui, come si è visto sopra, il rapporto si è capovolto.
Quanto poi all’incrocio con la circoscrizione geografica, la concentrazione
maggiore di maschi si registra nell’Italia Centrale, mentre il Sud risulta sulla
media, il Nord Est leggermente al di sopra e il Nord Ovest di poco al di sotto.
Se si passa all’incrocio tra il sesso e lo stato ecclesiale (cfr. Tav. 3), emerge
che, come è ovvio, i Salesiani sono tutti concentrati tra i maschi, per cui fra i laici
il rapporto uomini/donne risulta leggermente più favorevole alle seconde.
Tav. 3 – Operatori per sesso, incrociato con stato ecclesiale e titolo di studio (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1387 a causa della presenza
nell’archivio di campi non obbligatori
Il titolo di studio vede una sovra-rappresentazione delle femmine tra i laureati
e questo andamento appare in linea con l’evoluzione recente del personale della FP
(ISFOL, 2007). Anche la loro sovra-rappresentazione nella qualifica professionale
e nella licenza media ed elementare era attesa perché nel passato le donne arrivavano
all’insegnamento nella FP con titoli più bassi degli uomini. Questi ultimi, a
loro volta, sono sovra-rappresentati tra i diplomati dato che questo era il titolo di
studio in cui in passato si accedeva normalmente al ruolo di formatore nella FP.
L’incrocio del sesso con il tipo di contratto non incide se non molto marginalmente
sulla distribuzione tra uomini e donne (cfr. Tav. 4). Diverso è il caso del profilo.
Infatti, i maschi sono sovra-rappresentanti nelle posizioni direttive e nelle funzioni
intermedie, tranne il caso del formatore orientatore, oltre che tra i semplici
formatori. Le femmine a loro volta sono percentualmente più numerose che nel totale
nell’amministrazione e tra gli operatori tecnici eccetto che tra i tecnici dei servizi
dove ritorna la ripartizione fra i sessi che si riscontra nel totale.
Passando all’età, i dati sembrano confermare sostanzialmente per il CNOS-FAP
il rallentamento che si è verificato nell’invecchiamento dei formatori nella seconda
metà del precedente decennio (ISFOL, 2007). Infatti, la Tavola 5 evidenzia che il 70%
circa (69,0%) degli operatori del nostro Ente si colloca al di sotto dei 50 anni e quasi
il 40% (36,3%) ha un’età pari o inferiore ai 40, mentre solo un quarto (25,8%) si situa
tra i 51 e i 60 e appena il 5,1% oltre i 60. Le donne risultano più giovani degli uomini.
Tra le prime la fascia 31-50 comprende il 73,7% del totale, mentre fra i secondi la percentuale
è del 56,9%. Il dato si spiega con l’accesso ritardato delle operatrici nell’Ente.
73
Sesso Totale
Stato Ecclesiale Titolo di Studio****
Salesiano Laico Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
M 65,3 100,0 63,7 54,3 74,9 58,7 40,4 50,0 88,9
F 34,7 0,0 36,3 45,7 25,1 41,3 59,6 50,0 11,1
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 70 1393 512 742 63 57 4 9
Totale*** 100,0 4,8 95,2 36,9 53,5 4,5 4,1 0,3 0,6Lo
Tav. 4 – Operatori per sesso, incrociato con il tipo di contratto e il profilo (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1462 perché un dipendente è
in stage; ***** Il totale è 1546 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo,
2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore,
7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica,
12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
Tav. 5 – Operatori per età, incrociata con il sesso e la circoscrizione geografica (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
L’incrocio dell’età con la circoscrizione geografica vede una sovra-rappresentazione
delle coorti più anziane (51 e oltre) nel Sud e anche nel Centro, sebbene
leggermente di meno.
A loro volta le fasce più giovani (da meno 20 a 40) risultano percentualmente
più consistenti al Nord Est e al Nord Ovest, benché in questo caso in misura lievemente
inferiore.
L’incrocio con lo stato ecclesiale mette in risalto l’età più elevata dei Salesiani
rispetto ai laici (cfr. Tav. 6). Infatti, la coorte tra i meno 20 e i 50 include tra i primi
il 55,7% del totale e tra i secondi il 69,7%; l’andamento si capovolge nella fascia
51-oltre 60 in quanto le percentuali sono rispettivamente 44,6% e 30,3%, e le differenze
sono soprattutto notevoli tra gli ultra sessantenni, 15,7% e 4,6%.
74
Sesso Totale Tipo di Contratto
Tempo Indeterminato Tempo Determinato
M 65,3 63,7 65,3
F 34,7 36,3 34,7
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 ****1272 ****190
Totale*** 100,0 87,0 13,0
Profilo*****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
25,3 69,2 84,1 87,5 72,6 78,2 47,2 69,3 20,3 44,1 100,0 77,8 34,7 74,1 64,3
74,7 30,8 15,9 12,5 27,4 21,8 52,8 30,7 79,7 55,9 0,0 22,2 65,3 25.9 35,7
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
87 13 44 8 807 110 36 192 69 68 4 18 49 27 14
5,6 0,8 2,8 0,5 52,2 7,1 2,3 12,4 4,5 4,4 0,3 1,2 3,2 1,7 0,9
Età Totale Sesso Circoscrizione Geografica
M F Nord Est Nord Ovest Centro Sud
<20 0,1 0,2 0,0 0,0 0,2 0,5 0,0
20-30 6,2 6,6 5,3 8,4 8,0 5,0 0,9
31-40 30,1 28,8 32,7 35,0 32,0 26,1 24,1
41-50 32,6 28,1 41,0 31,3 33,1 34,7 31,6
51-60 25,8 29,5 18,9 22,0 24,0 26,6 32,9
>60 5,1 6,8 2,0 3,4 2,7 7,0 10,4
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 956 507 323 625 199 316
Totale*** 100,0 65,3 34,7 22,1 42,7 13,6 21,6
75
p p , ( ; )
Età
Totale Stato Ecclesiale Titolo di Studio****
Salesiano Laico Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare
Altro
<20 0,1 0,0 0,1 0,0 0.3 0,0 0,0 0,0 0,0
20-30 6,2 2,9 6,3 8,8 5,5 1,6 0,0 25,0 22,2
31-40 30,1 27,1 30,3 37,9 26,8 23,8 19,3 0.0 22,2
41-50 32,6 25,7 33,0 32,0 32,3 38,1 42,1 25,0 33,3
51-60 25,8 28,6 25,7 16,6 30,9 30,2 36,8 0,0 22,2
>60 5,1 15,7 4,6 4,7 4,2 6,3 1,8 50.0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 70 1393 512 742 63 57 4 9
Totale*** 100,0 4,8 95,2 36,9 53,5 4,5 4.1 0,3 0,6
Tav. 6 – Operatori per età, incrociata con stato ecclesiale e titolo di studio (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1387 a causa della presenza
nell’archivio di campi non obbligatori
Il titolo di studio si accompagna a un sovra-rappresentazione delle coorti più
giovani tra i laureati dato che la loro entrata in numero consistente nella FP risulta
piuttosto recente. Al contrario, le fasce di età più anziane crescono man mano che
si passa dai diplomati, ai qualificati, ai licenziati della media e delle elementari:
riguardo a questi due ultimi gruppi l’assenza o quasi dalle coorti più giovani fa ben
sperare in relazione a una elevazione della formazione di base degli operatori della
FP del CNOS-FAP.
L’incrocio dell’età con il tipo di contratto evidenzia una collocazione percentuale
notevolmente maggiori delle coorti più giovani nel tempo determinato: i due
terzi quasi (63,6%) di questi si situano tra meno 20 e 40 anni, mentre tra quanti
usufruiscono di un contratto a tempo indeterminato non si raggiunge neppure un
terzo (32,4%). La distribuzione di tale gruppo si avvicina sostanzialmente a quella
del totale tranne che per la fascia 51-60 che è leggermente sovra-rappresentata (cfr.
Tav. 7).
Passando ai profili, i direttori appaiono squilibrati verso le coorti più anziane
per una certa sovra-rappresentazione dei direttori di funzione, di sede e generali nel
gruppo oltre i 60 e dei direttori di sede e generali anche nel gruppo 51-60; l’andamento
si spiega in parte perché si tratta di posizioni all’apice della carriera, ma non
si può negare una presenza in eccesso di anziani. Al contrario tra i formatori si
riscontra una leggera sovra-rappresentazione delle fasce più giovani in particolare
di quella tra i 21 e i 40 anni. Tra le figure intermedie, i formatori tutor si collocano
sul totale, tra i responsabili dei processi prevalgono le coorti più giovani, mentre
l’andamento opposto si riscontra tra i formatori coordinatori e tutor, e i progettisti,
in parte spiegabile per l’esperienza che tali profili presuppongono. Su versanti
opposti si collocano i responsabili amministrativo-organizzativi e gli operatori di
segreteria con i primi più giovani e i secondi più anziani, mentre tra i collaboratori
amministrativi prevale la coorte 41-50. Tra gli operatori tecnico-ausiliari la piramide
dell’età tende verso le fasce più elevate; l’andamento è diverso tra i tecnici
dei servizi; a loro volta gli operatori tecnici della logistica sono troppo pochi per
riuscire a identificare un trend.
Tav. 7 – Operatori per età, incrociata con il tipo di contratto e il profilo (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1462 perché un dipendente è
in stage; ***** Il totale è 1546 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo,
2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore,
7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica,
12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
A livello di circoscrizione geografica, gli operatori del CNOS-FAP si distribuiscono
tra una maggioranza relativa nelle Regioni di Nord Ovest (Valle d’Aosta,
Piemonte, Liguria e Lombardia) (44,2%), più di un quarto al Nord Est (Friuli Venezia
Giulia, Veneto ed Emilia Romagna) (22,1%) e al Sud (Abruzzo, Campania,
Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia) (21,6%) e intorno al 10% nel Centro (Umbria,
Lazio e Sardegna) (10,6%) (cfr. Tav. 8). Rispetto alla distribuzione degli iscritti alla
IeFP nei CFP, le percentuali sono sostanzialmente simili nel Nord Ovest (44,6%) e
nel Centro (10,6%), mentre sono alquanto diverse nel Nord Est (32,4%) e nel Sud
(12,4%) con il CNOS-FAP che risulta meglio rappresentato nel Meridione e meno
nel Nord Est: va tuttavia tenuto presente che il raffronto deve essere preso con
molta prudenza per le considerevoli differenze tra i termini di paragone, non ultima
la collocazione della Sardegna per noi al Centro e per il Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali al Sud Isole (2013, p. 32).
L’incrocio della circoscrizione geografica con il sesso non comporta mutamenti
significativi rispetto al totale. Si registra solo una leggera sovra-rappresentazione
delle femmine nel Nord Ovest e una ancor più leggera sotto-rappresentazione
al Centro.
76
Età Totale Tipo di Contratto
Tempo Indeterminato Tempo Determinato
<20 0,1 0,1 0.5
20-30 6,2 3,1 26,3
31-40 30,1 29,2 36,8
41-50 32,6 33,6 25,8
51-60 25,8 28,5 7,9
>60 5,1 5,5 2,6
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 ****1272 ****190
Totale*** 100,0 87,0 13,0
Profilo*****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
0,0 0,0 0,0 0,0 0,2 0,0 0.0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
2,3 0,0 0,0 0,0 8,4 1,8 0,0 4,2 7,2 7,4 25,0 0,0 0,0 0,0 14,3
23,0 23,1 13,6 0,0 33,5 27,3 22,2 33,9 37,7 19,1 25,0 16,7 14,3 18,5 42,9
44,8 38,5 25,0 25,0 30,9 33,6 38,9 31,8 34,8 35,3 25,0 38,9 46,9 29,6 35,7
29,9 23,1 52,3 50,0 21,0 33,6 36,1 25,5 18,8 29,4 25,0 44,4 30,5 44,4 7,1
0,0 15.4 9,1 25,0 5,1 3,6 2,8 4,7 1,4 8,8 0,0 0,0 8,2 7,4 0,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
87 13 44 8 807 110 36 192 69 68 4 18 49 27 14
5,6 0,8 2,8 0,5 52,2 7,1 2,3 12,4 4,5 4,4 0,3 1,2 3,2 1,7 0,9
Tav. 8 – Operatori per circoscrizione geografica, incrociata con il sesso e l’età (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
Quanto all’età, i dipendenti del Nord Est e del Nord Ovest sono sovra-rappresentati
nella coorte 20-30 e leggermente in quella 31-40 e risultano sotto-rappresentati
nella fascia oltre 60 e di poco in quella 51-60. A sua volta il Centro si colloca
sul totale tranne che per una percentuale più alta oltre i 60 e lievemente più
bassa nella fascia 20-30. Il Sud vede sotto-rappresentate le coorti 20-30 e 31-40 e
sovra-rappresentate quelle 51-60 e oltre 60.
Lo stato ecclesiale comporta delle variazioni significative rispetto al totale
solo tra i Salesiani (cfr. Tav. 9). Il Nord Est si caratterizza per una sovra-rappresentazione
di Salesiani e il Nord Ovest per una leggera sotto-rappresentazione. Il
Centro vede una percentuale inferiore dei Salesiani rispetto al totale e anche il Sud,
benché più ridotta.
Tav. 9 – Operatori per circoscrizione geografica, incrociata con lo stato ecclesiale e il titolo di studio
(a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1387 a causa della presenza
nell’archivio di campi non obbligatori
L’incrocio della circoscrizione geografica con il titolo di studio vede il Nord
Est con una leggera sovra-rappresentazione di laureati e una sotto-rappresentazione
di titoli al di sotto del diploma, oltre che fra le qualificazioni altre. Nel Nord Ovest
la percentuale dei laureati è più bassa del totale, mentre è superiore tra i qualificati,
i licenziati della media e i possessori di titoli altri. Il Centro si colloca sul totale
tranne una sotto-rappresentazione di licenziati della media e di titoli altri. Nel Sud
si registra una percentuale inferiore di qualifiche professionali e di titoli altri.
77
Circoscrizione
geografica Totale Sesso Età
M F <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
Nord Est 22,1 22,9 20,5 0,0 30,0 25,6 21,2 18,8 14,7
Nord Ovest 42,7 40,8 46,4 50,0 55,6 45,4 43.4 19,7 22,7
Centro 13,6 14,7 11,4 50,0 11,1 11,8 14.5 14,0 18,7
Sud 21,6 21,5 21,7 0,0 3,3 17,2 21.0 27,5 44.0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 956 507 2 90 441 477 378 75
Totale*** 100,0 65,3 34,7 0,1 6,2 30,1 32.6 25,8 5,1
Circoscrizione
geografica Totale
Stato Ecclesiale Titolo di Studio****
Salesiano Laico Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
Nord Est 22,1 34,3 21,5 27,0 22,5 15,9 12,3 0,0 11,1
Nord Ovest 42,7 40,0 42,9 39,6 45,4 63,5 63,2 50,0 77,8
Centro 13,6 8,6 13,9 15,0 14,3 12,7 7,0 50,0 0,0
Sud 21,6 17,1 21,8 18,4 17,8 7,9 17,5 0,0 11,1
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 70 1393 512 742 63 57 4 9
Totale*** 100,0 4,8 95,2 36.9 53,5 4,5 4,1 0,3 0,6
Se si fa riferimento al tipo di contratto, bisogna dire che la distribuzione degli
operatori del CNOS-FAP tra le circoscrizioni territoriali in base al tempo indeterminato
riflette sostanzialmente quella del totale (cfr. Tav. 10). Al contrario i residenti
al Nord Est, al Nord Ovest e al Centro sono leggermente sovra-rappresentati
nel tempo determinato, mentre quelli del Sud sono sotto-rappresentati nel medesimo
tipo di contratto.
Passando all’incrocio con il profilo, nell’area funzionale della direzione la ripartizione
dei direttori di Sede operativa tra le circoscrizioni territoriali segue,
come è ovvio, la distribuzione dei Centri, cioè la distribuzione del totale fra le
varie zone geografiche; inoltre, nel Nord Est sono sovra-rappresentati i direttori
generali e sotto-rappresentati i direttori di funzione, al Sud la situazione si capovolge,
nel Nord Ovest sono sotto-rappresentati ambedue i profili mentre il Centro
vede percentuali più elevate nei due casi (cfr. Tav. 10). Nell’area funzionale dell’erogazione,
la ripartizione dei formatori riflette quella del totale; nel Nord Est
risultano sovra-rappresentati i coordinatori e sotto-rappresentati gli orientatori, i
tutor, i progettisti e i responsabili dei processi; al Nord Ovest sono i tutor a mostrare
quote superiori e minori i coordinatori e i progettisti; nel Centro sono
sovra-rappresentati i progettisti e leggermente gli orientatori, mentre di poco sono
sotto-rappresentati i tutor e i responsabili dei processi; al Sud i progettisti e i responsabili
dei processi evidenziano percentuali superiori, ma inferiori i coordinatori
e i tutor. Nell’area funzionale dell’amministrazione, il Nord Est si colloca sul
totale, il Nord Ovest al di sotto, mentre Centro e Sud si situano al di sopra. Nell’ultima
area delle segreteria, logistica e servizi di supporto, al Nord Est sono
sovra-rappresentati i tecnici dei servizi e sotto-rappresentati gli altri profili, al
Nord Ovest si riscontra una sovra-rappresentazione tranne che tra gli operatori
tecnici ausiliari dove la percentuale si sistema sul totale, nel Centro la tendenza è
alla sotto-rappresentazione eccetto che tra gli operatori tecnici ausiliari dove si è
sul totale, e al Sud si registra una sovra-rappresentazione tra gli operatori tecnici
ausiliari e gli operatori tecnici della logistica, una sotto-rappresentazione tra i tecnici
dei servizi mentre si è sul totale quanto agli operatori di segreteria. Da ultimo
si possono offrire indicazioni sintetiche – da prendere con prudenza – circa la presenza
in eccesso (10% e oltre rispetto al totale) o in difetto (10% e più al di sotto
sempre del totale) di profili nelle varie circoscrizioni geografiche: il Nord Est registra
nel primo caso i direttori generali e i formatori coordinatori e nel secondo i
direttori di funzione e gli operatori tecnici ausiliari; il Nord Ovest rispettivamente
da una parte i formatori tutor e gli operatori di segreteria e dall’altra i direttori di
funzione e generali, i progettisti e i responsabili amministrativo-organizzativi; il
Centro vede profili solo in eccesso e cioè i direttori di funzione e generali, i progettisti
i collaboratori amministrativi; il Sud rispettivamente da una parte i direttori
di funzione, i progettisti, i responsabili amministrativo-organizzativi e gli
operatori tecnici ausiliari e dall’altra i direttori generali, i formatori coordinatori e
i tutor.
78
Tav. 10 – Operatori per circoscrizione geografica, incrociato con il tipo di contratto e il profilo
(a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1462 perché un dipendente è
in stage; ***** Il totale è 1546 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo,
2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore,
7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica,
12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
Tav. 11 – Operatori per stato ecclesiale, incrociato con l’età e la circoscrizione geografica
(a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
Dal punto di vista dello stato ecclesiale, gli operatori si distribuiscono tra il
4,8% (70) di Salesiani e il 95,2% (1393) di laici (cfr. Tav. 11). Già alla fine degli
Anni ‘90 il rapporto tra religiosi e laici nei Centri della Confap era molto squilibrato
a favore dei secondi (7,0% e 93,0% rispettivamente) (CSSC, 1999, p. 322); attualmente
è ancora diminuito, almeno nei CFP salesiani, e certamente sarebbe auspicabile
che la Congregazione impegnasse un numero maggiore dei suoi religiosi a servizio
della formazione dei giovani degli ambienti popolari che si avviano al lavoro e
che rientrano tra i destinatari principali della Società di San Francesco di Sales (Costituzioni
della Società di San Francesco di Sales, 2003, art. 27).
79
Circoscrizione geografica Totale Tipo di Contratto
Tempo Indeterminato Tempo Determinato
Nord Est 22,1 21,8 24,2
Nord Ovest 42,7 42,5 44,2
Centro 13,6 13,1 17,4
Sud 21,6 22,7 14,2
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 1462 ****1272 ****190
Totale*** 100,0 87,0 13,0
Profilo*****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
21,8 7,7 20,5 37,5 23,0 40,0 16,7 12,0 14,5 8,8 0,0 16,7 22,4 14,8 28,6
34,5 0,0 43,2 25,0 42,1 36,4 44,4 66,1 56,5 42,6 50,0 22,2 18,4 44,4 50,0
24,1 46,2 15,9 25,0 12,4 11,8 16,7 10,4 8,7 14,7 0,0 27,8 22,4 1,1 7,1
19,5 46,2 20,5 12,5 22,4 11,8 22,2 11,5 20,3 33,8 50,0 33,3 36,7 29,6 14,3
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
87 13 44 8 807 110 36 192 69 68 4 18 49 27 14
5,6 0,8 2,8 0,5 52,2 7,1 2,3 12,4 4,5 4,4 0,3 1,2 3,2 1,7 0,9
Stato
Ecclesiale Totale
Età Circoscrizione Geografica
<20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60 Nord
Est
Nord
Ovest Centro Sud
Salesiano 4,8 0,0 2,2 4,3 3,8 5,3 14,7 7,4 4,5 3,0 3,8
Laico 95,2 100,0 97.8 95,7 96,2 94,7 85,3 92,6 95,5 97,0 96,2
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 2 90 441 477 378 75 323 625 199 316
Totale*** 100,0 0,1 6,2 30,1 32,6 25,8 5,1 22,1 42,7 13,6 21,6
80
Non si è riportato l’incrocio dello stato ecclesiale con il sesso perché l’andamento
è prevedibile a priori. I Salesiani sono sovra-rappresentati tra i maschi, anzi
sono tutti maschi e i laici tra le donne.
Come già è emerso sopra, i Salesiani aumentano in maniera consistente nel
gruppo di età oltre i 60, mentre si riducono nella coorte tra meno 20 e 30. Nelle
altre coorti la loro percentuale si situa in prossimità del totale. Tra i laici si riscontrano
naturalmente tendenze opposte.
La presenza dei Salesiani cresce leggermente nel Nord Est e diminuisce,
sempre di poco, al Centro. Nelle altre due circoscrizioni geografiche, Nord Ovest e
Sud, si colloca intorno ai dati del totale. Il contrario si registra tra i laici.
L’incrocio dello stato ecclesiale con il titolo di studio vede i Salesiani sovrarappresentati
nella categoria altro titolo perché possiedono un maggior numero di
master, qualifiche di scuole di specializzazione e simili, e leggermente tra i laureati,
mentre sono sotto-rappresentati nella qualifica professionale, nella licenza media
e assenti nel caso della licenza elementare (cfr. Tav. 12). L’andamento opposto si
riscontra fra i laici.
Il tipo di contratto registra un aumento leggero dei Salesiani nel tempo determinato
dato che devono restare disponibili al cambiamento di residenza per ragioni
di obbedienza.
Passando da ultimo al profilo, come era prevedibile, i Salesiani sono sovrarappresentati
nell’area funzionale della direzione, direttore di funzione (15,4%),
direttore di sede operativa (31,8%) e direttore generale (50%), ma mai in maniera
preponderante. Nell’area funzionale dell’erogazione vengono grosso modo rispettate
le percentuali del totale tranne i casi del progettista in cui sono tutti laici e del
formatore orientatore in cui i Salesiani sono leggermente sotto-rappresentati, pur
trattandosi di un ruolo delicato anche sul piano pastorale. L’area funzionale amministrativa
vede i Salesiani assenti tra i collaboratori amministrativi, mentre fra i responsabili
amministrativo-organizzativi si ristabilisce sostanzialmente il rapporto
percentuale tra Salesiani e laici (4,1% e 95,9% rispettivamente). L’area funzionale
in cui i Salesiani sono più assenti è quella della segreteria, logistica e servizi di
supporto, in quanto mancano tra i tecnici dei servizi, gli operatori tecnici della
logistica e gli operatori di segreteria e sono sotto-rappresentati tra gli operatori
tecnici ausiliari.
La percentuale dei laureati (36,9%) tra gli operatori del CNOS-FAP risulta
superiore a un terzo e si avvicina al 40% (cfr. Tav. 13): essa però è notevolmente
inferiore a quella dei formatori della FP, anche se il 60,7% raggiunto in proposito
nel 2006, appare un poco sospetto dato che nel 2004 si era al 39,9% (ISFOL, 2007).
I diplomati sono oltre la metà (53,5%) e la loro consistenza si colloca al di sopra del
dato nazionale in misura considerevole (35,8%). Risultano ormai marginali le quote
dei qualificati (4,5%), dei licenziati della media (4,1%) e soprattutto di quelli delle
elementari (0,3%) e l’andamento è in linea con il trend nazionale; i titoli altri di cui
è in possesso lo 0,6% riguardano i master, le scuole di specializzazione e simili.
81
Tav. 12 – Operatori per stato ecclesiale, incrociato per titolo di studio, tipo di contratto e profilo (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1462 perché un dipendente è in stage; *****Gli scostamenti dal totale, che è 1387, sono
dovuti alla presenza nell’archivio di campi non obbligatori; ****** Il totale è 1546 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore
di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico
Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica, 12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
Stato Ecclesiale Totale
Titolo di Studio***** Tipo di Contratto
Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro Tempo
Indeterminato
Tempo
Determinato
Salesiano 4,8 7,2 3,2 1,6 1,8 0,0 44,4 4,4 6,8
Laico 95,2 92,8 96,8 98,4 98,2 100,0 55,6 95,6 93,2
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 1463 512 742 63 57 4 9 ****1272 ****190
Totale*** 100,0 36,9 53,5 4-5 4,1 0,3 0,6 87,0 13,0
Profilo******
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
0,0 15,4 31,8 50,0 4,0 3,6 2,8 5,7 0,0 1,5 0,0 0,0 4,1 3,7 0,0
100,0 84,6 68,2 50,0 96,0 96,4 97,2 94,3 100,0 98,5 100,0 100,0 95,9 96,3 100,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
87 13 44 8 807 110 36 192 69 68 4 18 49 27 14
5,6 0,8 2,8 0,5 52,2 7,1 2,3 12,4 4,5 4,4 0,3 1,2 3,2 1,7 0,9
82
Tav. 13 – Operatori per titolo di studio, incrociato con il sesso e la circoscrizione geografica
(a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Gli scostamenti dal totale, che è 1387,
sono dovuti alla presenza nell’archivio di campi non obbligatori
L’incrocio con il sesso evidenzia il balzo in avanti delle donne tra i laureati che
sono appunto sovra-rappresentati con il 48,5% rispetto al 30,8% degli uomini. Al
contrario è un retaggio del passato la percentuale delle femmine tra i licenziati
della media che supera in maniera consistente il totale (7% rispetto al 4,1%).
Se si prendono in considerazione le circoscrizioni geografiche, i laureati sono
sovra-rappresentati al Nord Est e leggermente al Centro e al Sud mentre il Nord
Ovest è sotto-rappresentato. I diplomati si situano sostanzialmente intorno al totale
in tutte le ripartizioni territoriali.
Tav. 14 – Operatori per titolo di studio, incrociato con lo stato ecclesiale e l’età (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Gli scostamenti dal totale, che è 1387,
sono dovuti alla presenza nell’archivio di campi non obbligatori
L’incrocio del titolo di studio con l’età vede i laureati sovra-rappresentati nelle
coorti più giovani (20-40) e sotto-rappresentati nella fascia 51-60, mentre il gruppo
Titolo di
Studio Totale Sesso Circoscrizione Geografica
M F Nord Est Nord Ovest Centro Sud
Laurea 36,9 30,8 48,4 42,7 32,5 39,1 38,8
Diploma 53,5 61,5 38,5 51,7 53,9 53,8 54,5
Qualifica
Professionale 4,5 4,1 5,4 3,1 6,4 4,1 2,1
Licenza
Media 4,1 2,5 7,0 2,2 5,8 2,0 4,1
Licenza
Elementare 0,3 0,2 0,4 0,0 0,3 1,0 0,0
Altro 0,6 0,9 0,2 0,3 1,1 0,0 0,4
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1387 904 483 323 625 197 242
Totale*** 100,0 65,2 34,8 23,3 45,1 14,2 17,4
Titolo di
Studio Totale Stato Ecclesiale Età
Salesiano Laico <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
Laurea 36,9 55,2 36,0 0,0 50,0 46,1 36,0 23,9 38,7
Diploma 53,5 35,8 54,4 100,0 45,6 47,3 52,6 64,3 50,0
Qualifica
Professionale 4,5 1,5 4,7 0,0 1,1 3,6 5,3 5,3 6,5
Licenza
Media 4,1 1,5 4,2 0,0 0,0 2,6 5,3 5,9 1,6
Licenza
Elementare 0,3 0,0 0,3 0,0 1,1 0,0 0,2 0,0 3,2
Altro 0,6 6,0 0,4 0,0 2,2 0,5 0,7 0,6 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1387 67 1320 2 90 421 456 356 62
Totale*** 100,0 4,8 95,2 0,1 6,5 30,3 32,9 25,7 4,5
83
di età 41-50 si situa sui dati del totale come quello oltre il 60, un andamento quest’ultimo
che stupisce anche perché la percentuale è leggermente superiore al
totale: forse il dato si può spiegare per una sovra-rappresentazione dei Salesiani in
tale fascia (cfr. Tav. 14). Un trend opposto si riscontra riguardo al diploma e i titoli
di licenzia media ed elementare che sono assenti o quasi nella coorte da meno 20 a
40. La percentuale dei titoli altri cresce leggermente nel gruppo dei più giovani, 20-
30, perché sono qualificazioni che si sono affermate recentemente.
I laureati sono sovra-rappresentanti tra i Salesiani e l’andamento opposto si riscontra
negli altri casi, soprattutto per il diploma; al contrario, la categoria dei titoli
altri registra una percentuale superiore al totale. I dati dei laici si allineano a quelli
del totale.
Tav. 15 – Operatori per titolo di studio, incrociato con il tipo di contratto e il profilo (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Gli scostamenti dal totale, che è 1387,
sono dovuti alla presenza nell’archivio di campi non obbligatori; *****Per la ragione appena indicata il totale è 1386;
******Il totale è 1472 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore
di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form.
orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica, 12. Progettista,
13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
Se il punto di riferimento è il tipo di contratto, i laureati aumentano nel tempo
determinato, mentre i diplomati diminuiscono; l’andamento opposto, sebbene meno
accentuato, si riscontra nel tempo indeterminato (cfr. Tav. 15). Probabilmente il
trend dei primi si spiega tenendo conto che sono più giovani e cercano anche di
mantenersi aperta la strada per la mobilità professionale.
Titolo di Studio Totale Tipo di Contratto
Tempo Indeterminato Tempo Determinato
Laurea 36,9 33,6 58,3
Diploma 53,5 57,1 29,9
Qualifica Professionale 4,5 4,4 5,3
Licenza Media 4,1 4,0 4,8
Licenza Elementare 0,3 0,2 1,1
Altro 0,6 0,7 0,5
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1387 *****1199 *****187
Totale*** 100,0 86,5 13,5
Profilo******
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
19,3 75,0 47,6 75,0 41,1 40,9 71,4 39,3 11,5 3,2 0,0 22,2 23,4 44,4 30,8
67,5 25,0 52,4 25,0 51,8 54,5 25,7 53,9 77,0 25,8 50,0 72.2 74,5 51,9 69,2
10,8 0,0 0,0 0,0 4,7 1,8 0,0 3,7 8,2 11,3 25,0 0,0 2,1 0,0 0,0
2,4 0,0 0,0 0,0 2,1 0,9 0,0 2,6 3,3 50.0 25,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 6,5 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 0,3 1,8 2,9 0.5 0,0 3,2 0,0 5,6 0,0 3,7 0,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
83 12 42 8 759 110 35 191 61 62 4 18 47 27 13
5,6 0,8 2,9 0,5 51,6 7,5 2,4 13,0 4,1 4,2 0,3 1,2 3,2 1,8 0,9
84
Nel caso dell’incrocio del titolo di studio con il profilo, i laureati risultano
sovra-rappresentati, come era prevedibile, nell’area funzionale della direzione e in
quella dell’erogazione, sebbene in misura meno marcata tranne che tra gli orientatori
e i responsabili di processo in cui è consistente, mentre tra i progettisti prevalgono
sorprendentemente i diplomati e la situazione dei formatori tutor si colloca
sul totale. A loro volta, i diplomati sono sovra-rappresentati tra i responsabili amministrativo-
organizzativi e tra i collaboratori amministrativi, cioè nell’area funzionale
dell’amministrazione, e nell’area funzionale della segreteria, logistica e servizi
di supporto tra gli operatori di segreteria, gli operatori tecnici della logistica e i tecnici
dei servizi, mentre tra gli operatori tecnici ausiliari la maggioranza è costituita
dai licenziati della media.
Tav. 16 – Operatori per tipo di contratto, incrociato con il sesso e l’età (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Un dipendente è impegnato in stage
Per quanto riguarda il tipo di contratto, gli operatori del CNOS-FAP si distribuiscono
tra l’87% a tempo indeterminato e il 13% a tempo indeterminato: tale
rapporto rispecchia sostanzialmente quello esistente a livello nazionale tra gli oc -
cupati in genere che nel 2013 era 86,8% rispetto al 13,2% (Censis, 2014, p. 187)
(cfr. Tav. 16).
L’incrocio con il sesso non mette in evidenza nessuno spostamento sostanziale
rispetto al totale. Si nota soltanto una leggera crescita del tempo indeterminato tra
i maschi e del determinato tra le femmine e viceversa.
L’età implica spostamenti più significativi. Il tempo indeterminato è sotto-rappresentato
nei gruppi di età più giovani (meno 20-40) e sovra-rappresentato nelle
fasce più anziane (51-oltre 60). L’andamento opposto si riscontra per il tempo determinato.
Quanto all’incrocio del tipo di contratto con le circoscrizioni geografiche, il
tempo indeterminato risulta sovra-rappresentato al Sud e quello determinato leggermente
al Centro (cfr. Tav. 17). A sua volta il primo è sottorappresentato al
Centro, anche se di poco, e il secondo al Sud.
Passando allo stato ecclesiale, il tempo determinato evidenzia percentuali superiori
al totale nel caso dei Salesiani e il tempo indeterminato inferiori tra gli
stessi. Inoltre, nessuna differenza importante, sempre in relazione al totale, si riscontra
tra i laici.
Tipo di
Contratto Totale Sesso Età
M F <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
Tempo
Indeterminato 87,0 87,3 86,4 50,0 43,8 84.1 89,1 96,0 93,3
Tempo
Determinato 13,0 12,7 13,6 50,0 56,2 15,9 10,3 4,0 6,7
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1462 955 507 2 89 441 477 378 75
Totale*** 100,0 65,3 34,7 0,1 6,1 30,2 32,6 25,8 5,1
85
Tav. 17 – Operatori per tipo di contratto, incrociato con la circoscrizione geografica e lo stato ecclesiale
(a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Un dipendente è impegnato in stage
L’incrocio con il titolo di studio vede i contratti a tempo indeterminato sottorappresentati
tra i laureati e leggermente tra i possessori di qualifica professionale e
i licenziati della media e sovra-rappresentati tra i diplomati e di poco nella categoria
degli altri titoli (cfr. Tav. 18). L’andamento opposto si riscontra nei contratti a
tempo determinato.
Venendo ai profili, nell’area funzionale della direzione i contratti sono tutti a
tempo indeterminato (direttori di funzione e direttori generali) o quasi (direttori di
sede operativa con l’eccezione di uno). Sempre i contratti a tempo indeterminato
risultano sovra-rappresentati in tutte le categorie dei formatori tranne che tra i semplici
formatori. Anche nell’area funzionale dell’amministrazione sono ancora i contratti
a tempo indeterminato a evidenziare percentuali superiori a quelle del totale.
Infine è nell’area funzionale della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto
che il tempo determinato è sovra-rappresentato, eccetto che tra gli operatori
di segreteria in cui il tempo indeterminato appare leggermente sovra-rappresentato.
Passando da ultimo a considerare gli incroci dei profili con le altre variabili
socio-demografiche, va anzitutto evidenziato che essi raggiungono la cifra di 1546
che è superiore a quella degli operatori del CNOS-FAP (1437) perché alcuni di
questi svolgono più funzioni (cfr. Tav. 19). La maggioranza assoluta è costituita dai
semplici formatori (807 o 52,2%) a cui si aggiungono quelli che svolgono funzioni
intermedie come i tutor (192 o 12,4%), i coordinatori (110 o 7,1%), gli orientatori
(36 o 2,3%) e, per noi, anche i progettisti (18 o 1,2%) e i responsabili dei processi
(27 o 1,7%) che rimangono sostanzialmente dei formatori: in tutto si tratta di 1190
profili (76,9%). L’area funzionale della direzione ne comprende 65 (4,2%) e più
esattamente: 44 direttori di sede operativa (2,8%), 13 (0,8%) direttori di funzione e
8 direttori generali (0,5%). Nell’area funzionale dell’amministrazione i profili ammontano
a 136 (8,8%) e comprendono 87 (5,6%) collaboratori amministrativi e 49
(3,2%) responsabili amministrativo-organizzativi. Da ultimo, l’area funzionale
della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto include 155 (10,2%) profili
e più precisamente: 68 (4,4%) operatori tecnici ausiliari, 4 (0,3%) operatori tecnici
della logistica, 69 (4,5%) operatori di segreteria e 14 (0,9%) tecnici dei servizi. Nel
complesso si può dire che l’inquadramento delle funzioni del CNOS-FAP rispetta
Tipo di
Contratto Totale Stato Ecclesiale Circoscrizione Geografica
Salesiano Laico Nord Est Nord Ovest Centro Sud
Tempo
Indeterminato 87,0 81,2 87,1 85,8 86,5 83,4 91,5
Tempo
Determinato 13,0 18,8 12,7 14,2 13,5 16,6 8,5
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1462 69 1393 323 624 199 316
Totale*** 100,0 4,7 95,3 22,1 42,7 13,6 21,6
86
Tav. 18 – Operatori per tipo di contratto, incrociato con il titolo di studio e il profilo (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Un dipendente è impegnato in stage; *****Gli scostamenti dal totale, che è 1386, sono dovuti alla
presenza nell’archivio di campi non obbligatori; ******Il totale è 1545 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore di
funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico
Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica, 12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
Tipo di Contratto Totale Titolo di Studio*****
Laurea Diploma Qualifica Professionale Licenza Media Licenza Elementare Altro
Tempo Indeterminato 87,0 78,7 92,4 84,1 84,2 50,0 88,9
Tempo Determinato 13,0 21,3 7,6 15,9 15,8 50,0 11,1
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1462 512 741 63 57 4 9
Totale*** 100,0 36,9 53,5 4,5 4,1 0,3 0,6
Profilo******
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
95,4 100,0 97,7 100,0 81,9 98,2 94,4 91,7 89,9 85,3 75,5 94,4 98,0 100,0 78,6
4,6 0,0 7,3 0,0 18,1 1,8 5,6 8,3 10,1 14,7 25,0 5,6 2,0 0,0 21,4
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
87 13 44 8 806 110 36 192 69 68 4 18 49 27 14
5,6 0,8 2,8 0,5 52,2 7,1 2,3 12,4 4,5 4,4 0,3 1,2 3,2 17 0,9
87
Tav. 19 – Operatori per profilo, incrociato con il sesso e l’età (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1546 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione
Profilo Totale Sesso Età
M F <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
Direttore di sede
operativa 2,8 3,7 1,3 0,0 0,0 1,3 2,2 5,7 5,3
Direttore di funzione 0,8 0,9 0,7 0,0 0,0 0,6 1,0 0,7 2,6
Direttore generale 0,5 0,7 0,2 0,0 0,0 0,0 0,4 1,0 2,6
Formatore 52,2 58,3 40,9 100,0 73,1 58,3 48,8 44,0 53,9
Formatore coordinatore 7,1 8,6 4,4 0,0 2,2 6,5 7,3 9,2 5,3
Formatore orientatore 2,3 1,7 3,5 0,0 0,0 1,7 2,7 3,2 1,3
Formatore Tutor 12,4 13,2 10,9 0,0 8,6 14,0 12,0 12,2 11,8
Progettista 1,2 1,4 0,7 0,0 0,0 0,6 1,4 2,0 0,0
Responsabile
dei processi 1,7 2,0 1,3 0,0 0,0 1,1 1,6 3,0 2,6
Collaboratore
amministrativo 5,6 2,2 12,0 0,0 2,2 4,3 7,6 6,5 0,0
Responsabile Amm.
organ. 3,2 1,7 5,9 0,0 0,0 1,5 4,5 3,7 5,3
Op. tecnico ausiliario 4,4 3,0 7,0 0,0 5,4 2,8 4,7 5,0 7,9
Op. tecnico della
logistica 0,3 0,4 0,0 0,0 1,1 0,2 0,2 0,2 0,2
Op. di segreteria 4,5 1,4 10,2 0,0 5,4 5,6 4,7 3,2 1,3
Tecnico dei servizi 0,9 0,9 0,9 0,0 2,2 1,3 1,0 0,2 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1546 1005 541 2 93 463 510 402 76
Totale*** 100,0 65,0 35,0 0,1 6,0 30,0 33,0 26,0 4,9
88
la scelta di fondo dell’Ente di dare la priorità alla formazione in confronto ad altre
dimensioni come la direzione, l’organizzazione, l’amministrazione e la logistica; al
tempo stesso vengono assicurati una funzionalità sufficiente della leadership ai vari
livelli e un minimo di struttura gestionale e tecnica. Forse risulta un po’ carente la
struttura dei servizi di supporto di tipo nuovo e avanzati.
L’incrocio dei profili con il sesso vede in generale una sovra-rappresentazione
degli uomini in quelli di maggiore prestigio e cioè la direzione e la formazione, con
particolare riguardo alle funzioni intermedie. Le donne prevalgono di norma nell’area
funzionale dell’amministrazione e in quella della segreteria, della logistica e
dei servizi di supporto.
Passando all’incrocio con l’età, i direttori sono sovra-rappresentati nelle fasce
da 51 e oltre, le funzioni intermedie dai 41 e più, mentre i formatori si collocano
principalmente tra meno 20 e 40. I profili dell’area funzionale dell’amministrazione
tendono a concentrarsi tra i 41 e i 60, mentre gli operatori tecnici ausiliari
prevalgono tra i 41-oltre 60, gli operatori di segreteria con i tecnici dei servizi tra i
20 e i 50 e gli operatori tecnici della logistica tra i 20 e i 30.
Dal punto di vista della circoscrizione geografica, il Centro vede una certa
prevalenza delle funzioni direttive, mentre al lato opposto, anche se di poco, si colloca
il Nord Ovest (cfr. Tav. 20). Passando all’area funzionale della erogazione, il
Nord Est si caratterizza per una presenza maggiore di formatori e in particolare di
coordinatori e minore di tutor, il Nord Ovest per una superiore di tutor e inferiore
di formatori e progettisti, il Centro per una minore di formatori e tutor e maggiore
di progettisti e il Sud per una presenza superiore di responsabili di processo, di formatori
e di progettisti e inferiore di coordinatori e tutor. Quanto alla terza area, il
Centro registra una prevalenza di collaboratori amministrativi e di responsabili amministrativo-
organizzativi – e di questi ultimi anche il Sud, mentre sul lato opposto
si situa il Nord Est. Nell’area funzionale della logistica, della segreteria e dei servizi
di supporto, il Nord Est si caratterizza per una loro presenza generalmente inferiore,
il Centro per quella di operatori di segreteria e di operatori tecnici della logistica
e per una leggera prevalenza di operatori tecnici ausiliari.
Se il confronto è con lo stato ecclesiale, i Salesiani prevalgono percentualmente
nell’area funzionale della direzione, mentre sono di norma sotto-rappresentati
nelle altre e nel caso di alcuni profili risultano totalmente assenti come i progettisti
– e potrebbe essere una carenza seria dato che la progettualità è fondamentale
per il successo della FP – i collaboratori amministrativi, gli operatori tecnici della
logistica, gli operatori di segreteria e i tecnici dei servizi – e l’assenza è meno grave
perché non si tratta di profili così decisivi per l’attività educativa. A loro volta, i
laici sono più consistenti in tutti gli altri profili tranne che tra i tutor.
L’incrocio del profilo con il titolo di studio vede la prevalenza delle funzioni
dirigenti tra i laureati rispetto ai diplomati, mentre le stesse sono assenti tra i possessori
di qualifiche professionali, di licenze elementari e medie e di altri titoli (cfr.
Tav. 21). Nell’area funzionale dell’erogazione le varie categorie di formatori sono
89
Tav. 20 – Operatori per profilo, incrociato con la circoscrizione geografica e lo stato ecclesiale (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1546 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione
Profilo Totale Stato Ecclesiale Circoscrizione Geografica
Salesiano Laico Nord Est Nord Ovest Centro Sud
Direttore di sede
operativa 2,8 19,4 2,0 2,7 2,8 3,3 2,7
Direttore di funzione 0,8 2,8 0,7 0,3 0,0 2,8 1,8
Direttore generale 0,5 5,6 0,3 0,9 0,3 0,9 0,3
Formatore 52,2 44,4 52,6 56,5 50,3 47,4 54,8
Formatore coordinatore 7,1 5,6 7,2 13,4 5,9 6,2 3,6
Formatore orientatore 2,3 1,4 2,4 1,8 2,4 2,8 2,4
Formatore Tutor 12,4 15,3 12,3 7,0 18,8 9,5 6,7
Progettista 1,2 0,0 1,2 0,9 0,6 2,4 1,8
Responsabile
dei processi 1,7 1,4 1,8 1,2 1,8 1,4 2,4
Collaboratore
amministrativo 5,6 0,0 5,9 5,8 4,4 10,0 5,2
Responsabile Amm.
organ. 3,2 2,8 3,2 3,3 1,3 5,2 5,5
Op. tecnico ausiliario 4,4 1,4 4,5 1,8 4,3 7,0 4,0
Op. tecnico della
logistica 0,3 0,0 0,3 0,0 0,3 0,0 0,6
Op. di segreteria 4,5 0,0 4,7 3,0 5,8 2,8 4,2
Tecnico dei servizi 0,9 0,0 0,9 1,2 1,0 0,5 0,6
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1546 72 1474 329 676 211 330
Totale*** 100,0 4,7 95,3 21,3 43,7 13,7 21,3
90
Tav. 21 – Operatori per profilo, incrociato con il titolo di studio e il tipo di contratto (a.f. 2013-14; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 1546 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione; ***** Gli scostamenti dal
totale, che è 1472, sono dovuti alla presenza nell’archivio di campi non obbligatori
Profilo Totale
Tipo di Contratto Titolo di Studio*****
Tempo
Indeterminato
Tempo
Determinato Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
Direttore di sede
operativa 2,8 3,2 0,5 3,6 2,8 0,0 0,0 0,0 0,0
Direttore di funzione 0,8 1,0 0,0 1,6 0,4 0,0 0,0 0,0 0,0
Direttore generale 0,5 0,6 0,0 1,1 0,3 0,0 0,0 0,0 0,0
Formatore 52,2 48,9 75,3 56,9 50,1 52,9 27,6 0.0 20,0
Formatore coordinatore 7,1 8,0 1,0 8,2 7,7 2,9 1,7 0.0 20,0
Formatore orientatore 2,3 2,5 1,0 4,6 1,1 0,0 0,0 0,0 10,0
Formatore Tutor 12,4 13,0 8,2 13,7 13,1 10,3 8,6 0,0 10,0
Progettista 1,2 1,3 0,5 0,7 1,7 0,0 0,0 0,0 10,0
Responsabile
dei processi 1,7 2,0 0,0 2,2 1,8 0,0 0,0 0,0 10,0
Collaboratore
amministrativo 5,6 6,1 2,1 2,9 7,1 13,2 3,4 0,0 0,0
Responsabile Amm.
organ. 3,2 3,6 0,5 2,0 4,5 1,5 0,0 0,0 10,0
Op. tecnico ausiliario 4,4 4,3 5,2 0,4 2,0 10,3 53,4 100,0 20,0
Op. tecnico della
logistica 0,3 0,2 0,5 0,0 0,3 1,5 1,7 0,0 0,0
Op. di segreteria 4,5 4,6 3,6 1,3 6,0 7,4 3,4 0,0 0,0
Tecnico dei servizi 0,9 0,8 1,5 0,7 1,1 0,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****1546 1351 194 548 784 68 58 4 10
Totale*** 100,0 87,4 12,6 37,2 53,3 4,6 3,9 0,3 0,7
91
generalmente sovra-rappresentate o si collocano sul totale tra i laureati, sono sul totale
o leggermente sotto-rappresentate tra i diplomati, sono sotto-rappresentate tra i
possessori di qualifiche professionali eccetto che nel caso dei semplici formatori
che si situano sul totale, sono decisamente sotto-rappresentate o assenti tra i licenziati
della media e totalmente assenti in quelli delle elementari e hanno qualche
presenza talora anche consistente (coordinatori, orientatori, progettisti e responsabili
dei processi) fra i titoli altri. I collaboratori amministrativi prevalgono tra i possessori
di qualifiche professionali e i responsabili amministrativo-organizzativi tra i
diplomati e i titoli altri. Nell’area funzionale della segreteria, della logistica e dei
servizi di supporto, gli operatori tecnici ausiliari si distribuiscono percentualmente
soprattutto tra i possessori di qualifiche professionali e i licenziati della media,
come d’altra parte gli operatori tecnici della logistica, e gli operatori di segreteria
tra i possessori delle qualifiche professionali e i tecnici dei servizi tra diplomati e
laureati. In conclusione, agli operatori del CNOS-FAP va riconosciuta senz’altro
una sufficiente preparazione di base; al tempo stesso, sembrerebbe opportuna una
elevazione generalizzata del suo livello soprattutto nelle aree funzionali della direzione
e della erogazione.
Venendo al tipo di contratto, solo i semplici formatori sono sovra-rappresentati
nel tempo determinato mentre gli operatori dell’area funzionale della segreteria,
della logistica e dei servizi tendono ad esserlo, ma leggermente. Tutti gli altri profili
sono generalmente o assenti o sotto-rappresentati, sempre nel tempo determinato.
3. LA FORMAZIONE IN SERVIZIO DEGLI OPERATORI DEL CNOS-FAP NEGLI ANNI
2012 E 2013
L’analisi quantitativa sulla Formazione in servizio degli operatori del CNOSFAP
è limitata agli anni solari 2012 e 2013 perché solo da poco l’Ente ha iniziato a
raccogliere sistematicamente i relativi dati. Nel periodo considerato si registra una
crescita rispetto al totale sia in valori assoluti da 631 a 677 (+46 o +7,3%) sia in
percentuale dal 51,2% al 53,6% (+2,4%) (cfr. Tav. 22). Tale cifra è leggermente inferiore
a quella riscontrata dall’ISFOL su tutto il territorio nazionale riguardo, però,
ai soli formatori, cioè 59,5% (2007).
L’analisi che segue è articolata in due parti tra loro diseguali. La prima offre
una disamina dei dati sulla partecipazione alla Formazione in servizio degli operatori
del CNOS-FAP in base alle caratteristiche socio-demografiche ed è la più consistente.
Anche se sono le stesse utilizzate per la presentazione, nella prima sezione,
delle statistiche sul personale in generale, vale la pena ricordarle: si tratta del
sesso, dell’età, della circoscrizione geografica, dello stato ecclesiale, del titolo di
studio, del tipo di contratto e del profilo. La seconda parte è invece dedicata ad approfondire
i tipi di attività che rientrano nella Formazione in servizio offerta dalla
Sede Nazionale del CNOS-FAP.
92
Tav. 22 – Partecipazione alla Formazione in servizio per sesso, incrociato con età e circoscrizione geografica
(anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
La partecipazione in base al sesso vede una sovra-rappresentazione dei maschi
e una sotto-rappresentazione delle femmine (cfr. Tav. 22).
In ambedue gli anni gli uomini costituiscono i tre quarti circa del totale e le
donne l’altro quarto del totale (75% e 25%; 74,6% e 25,4%, rispettivamente),
mentre la proporzione tra gli operatori del CNOS-FAP è nell’anno formativo 2013-
14 di due terzi a un terzo quasi (65,3% e 34,7%), come si è osservato sopra (cfr.
Tav. 2).
L’incrocio del sesso con l’età mette in evidenza che gli uomini sono sovra-rappresentati
nelle coorti più anziane (51-oltre 60) e le donne nella fascia intermedia
(41-50). Inoltre, la percentuale dei primi cresce tra i più giovani (20-30) e diminuisce
invece quella delle seconde, ma l’andamento tende ad attenuarsi notevolmente
nel 2013.
La circoscrizione geografica non comporta nessuno scostamento di rilievo
rispetto al totale nel 2012.
Nel 2013 si registra un andamento che vede gli uomini sovra-rappresentati al
Centro e al Sud e sottorappresentati al Nord Est e al Nord Ovest, mentre la tendenza
opposta si riscontra tra le donne.
L’incrocio con lo stato ecclesiale evidenzia un andamento scontato in ambedue
gli anni (cfr. Tav. 23). I maschi sono ovviamente sovra-rappresentati tra i Salesiani
e lo sono al 100%; al contrario, nessuno scostamento di rilievo rispetto al totale si
riscontra tra i laici.
Passando al titolo di studio, la partecipazione degli uomini correttamente aumenta
tra i possessori di diploma, di qualifica professionale e di licenza media (nel
2012), cioè tra coloro che detengono qualificazioni più esposte all’obsolescenza
e diminuisce tra i laureati in quanto meno esposti a tale dinamica. L’andamento si
rovescia tra le donne e appare non molto comprensibile.
Sesso Totale
Età Circoscrizione Geografica
<20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60 Nord
Est
Nord
Ovest Centro Sud
2012
M 75.0 0,0 80,8 73,7 68,8 81,0 95,8 73,5 77,0 73,9 74,1
F 25,0 0,0 19,2 26,3 31,2 19,0 4,2 26,5 23,0 26,1 25,9
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 0 26 213 215 153 24 215 239 92 85
Totale*** 100,0 0,0 4,1 33,8 34,1 24,2 3,8 34,1 37,9 14,6 13,5
2013
M 74,6 100,0 77,1 72,7 67,1 82,4 93,3 69,9 71,8 83,5 83,8
F 25,4 0,0 22,9 27,3 32,9 17,6 6,7 30,1 28,2 16,5 16,3
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 1 35 216 219 176 30 176 312 109 80
Totale*** 100,0 0,1 5,2 31,9 32,4 26,0 4,4 26,0 46,1 16,1 11,8
93
Tav. 23 – Partecipazione alla Formazione in servizio per sesso,
incrociato con lo stato ecclesiale e il titolo di studio (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 623 nel 2012 e 666 nel 2013 a
causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori
L’incrocio del sesso con tipo di contratto vede una leggera sovra-rappresentazione
delle donne nel tempo determinato e una altrettanto lieve sotto-rappresentazione
tra gli uomini (cfr. Tav. 24). Nel tempo indeterminato, al contrario, non si notano
scostamenti di rilievo rispetto al totale. L’andamento è sostanzialmente eguale
sia nel 2012 che nel 2013.
L’incrocio con il profilo vede nell’area funzionale della direzione una sovrarappresentazione
degli uomini nella Formazione in servizio dei direttori di sede
operativa, nessuno scostamento di rilievo rispetto al totale nel caso dei direttori generali,
mentre tra i direttori di funzioni le donne sono sovra-rappresentate nel 2012
e gli uomini nel 2013. Passando all’area funzionale dell’erogazione – comprensiva
dei progettisti, come si è precisato sopra – le percentuali dei maschi sono in generale
leggermente più elevate della loro presenza nel totale tranne che tra gli orientatori
in cui prevalgono nettamente le femmine. Queste ultime sono nettamente
sovra-rappresentate nell’area funzionale dell’amministrazione quanto alla partecipazione
all’offerta di Formazione in servizio. L’area funzionale della segreteria,
della logistica e dei servizi di supporto vede le donne prevalere nell’aggiornamento
degli operatori di segreteria e gli uomini nel caso di quello dei tecnici di servizio:
essi sono sovra-rappresentati anche a livello di operatori tecnici ausiliari e della logistica,
ma si tratta solo di una persona in entrambi i casi.
La partecipazione alla Formazione in servizio dei dipendenti del CNOS-FAP
in base all’età registra una sostanziale coincidenza nella distribuzione per coorti nei
due anni, 2012 e 2013 (cfr. Tav. 25). Essa si concentra nelle fasce 31-60 anni, le più
esposte alla obsolescenza, che riuniscono il 90% circa di quanti hanno usufruito
delle offerte messe a disposizione; è invece meno comprensibile che la percentuale
si collochi oltre il 30% nelle coorti 31-40 e 41-50, mentre scende sul 25% in quella
Sesso Totale
Stato Ecclesiale Titolo di Studio****
Salesiano Laico Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
2012
M 75.0 100,0 74,1 56,5 85,7 80,0 100,0 0,0 100,0
F 25,0 0,0 25,9 43,5 14,3 20,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 21 610 232 364 20 5 0 2
Totale*** 100,0 3,3 96,7 37,2 58,4 3,2 0,8 0,0 0,3
2013
M 74,6 100,0 73,8 53,8 88,0 77,8 50,0 0,0 100,0
F 25,4 0,0 26,2 46,2 12,0 22,2 50,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 25 652 251 383 18 12 0 2
Totale*** 100,0 3,7 96,3 37,7 57,5 2,7 1,8 0,0 0,3
94 Tav. 24 –
Partecipazione alla Formazione in servizio per sesso, incrociato con il tipo di contratto e
il profilo (
anni 2012 e
2013; in %
e
VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 683 nel 2012 e 728 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione -
1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor,
9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica, 12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei
servizi
p p p p
Sesso Totale Tipo di Contratto
Tempo Indeterminato Tempo Determinato
2012
M 75.0 75,1 71,4
F 25,0 24,9 28,6
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 610 21
Totale*** 100,0 96,7 3,3
2013
M 74,6 74,8 70,6
F 25,4 25,2 29,4
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 643 34
Totale*** 100,0 95,0 5,0
Profilo****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
2012
11,8 50,0 89,7 75,0 78,5 79,2 53,3 76,9 18,2 100,0 100,0 78,6 40,0 77,8 85,7
88,2 50,0 19,3 25,0 21,5 20,8 46,7 23,1 81,8 0 0 21,4 60,0 22,2 14,3
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
17 6 29 4 372 77 15 91 11 1 1 14 20 18 7
2,5 0,9 4,2 0,6 54,5 11,3 2,2 13,3 1,6 0,1 0,1 2,0 2,9 2,6 1,0
2013
50,0 100,0 83,9 75,0 76,2 78,5 40,0 71,7 25,0 100,0 100,0 75,0 33,3 77,8 100,0
50,0 0,0 16,1 25,0 23,8 21,5 60,0 28,3 75,0 0,0 0,0 25,0 66,7 22,2 0.0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
8 2 31 4 428 79 20 106 4 1 1 12 9 18 5
1,1 0,1 4,3 0,5 58,8 10,9 2,7 14,6 0,5 0,1 0,1 1,6 1,2 2,5 0,7
95
51-60 che di per sé ne avrebbe maggiore bisogno. Correttamente la cifra si abbassa
al minimo per i più giovani (meno 20-30), mentre appare discutibile la partecipazione
modesta dei più anziani (oltre 60).
L’incrocio dell’età con il sesso vede una sovra-rappresentazione delle donne
nelle fasce 31-50, soprattutto in quella 41-50, e una loro sotto-rappresentazione in
quelle 51-oltre 60 che risulta difficile da spiegare dato che si tratte delle coorti più
anziane. Tra gli uomini l’andamento è opposto anche se in misura modesta rispetto
al totale.
Quanto alla circoscrizione geografica, le classi di età più giovani (soprattutto
quella 31-40) tendono a crescere nel Nord Est e a diminuire nel Centro e nel Sud
(solo nel 2013). Il gruppo di età intermedia, 41-50, aumenta nel Centro e nel Sud
(solo nel 2012) e si riduce nel Nord Est e nel Nord Ovest, ma in entrambi gli ultimi
casi unicamente nel 2012. Le fasce più anziane (51-oltre 60) tendono a crescere al
Centro e al Sud (solo 2013), mentre diminuiscono nel Sud, ma unicamente nel 2012.
Tav. 25 – Partecipazione alla Formazione in servizio per età,
incrociata con il sesso e la circoscrizione geografica (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
Passando allo stato ecclesiale, le coorti più giovani (meno 20-40 anni) sono
assenti o sotto-rappresentate tra i Salesiani, mentre il trend contrario si registra per
quelle più anziane (51-oltre 60); la coorte intermedia (41-50) si colloca sui dati del
totale (cfr. Tav. 26). Anche i dati dei laici si collocano sostanzialmente su quelli del
totale.
Età Totale Sesso Circoscrizione Geografica
M F Nord Est Nord Ovest Centro Sud
2012
<20 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
20-30 4,1 4,4 3,2 5,1 5,4 0,0 2,4
31-40 33,8 33,2 35,4 38,6 34,3 20,7 34,1
41-50 34,1 31,3 42,4 29,3 31,0 45,7 42,4
51-60 24,2 26,2 18,4 23,3 26,4 28,3 16,5
>60 3,8 4,9 0.6 3,7 2,9 5,4 4,7
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 473 158 215 239 92 85
Totale*** 100,0 75,0 25,0 34,1 37,9 14,6 13,5
2013
<20 0,1 0,2 0,0 0,0 0,0 0,9 0,0
20-30 5,2 5,3 4,7 5,7 7,4 0,0 2,5
31-40 31,9 31,1 34,3 35,2 34,9 22,0 26,3
41-50 32,3 29,1 41,9 32,4 30,8 38,5 30,0
51-60 26,0 28,7 18,0 23,3 24,7 32,1 28,8
>60 4,4 5,5 1,2 3,4 2,2 6,4 12,5
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 505 172 176 312 109 80
Totale*** 100,0 74,6 25,4 26,0 46,1 16,1 11,8
96
Tav. 26 – Partecipazione alla Formazione in servizio per età, incrociata con stato ecclesiale e titolo di studio (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 623 nel 2012 e 666 nel 2013 a causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori
Età Totale
Stato Ecclesiale Titolo di Studio****
Salesiano Laico Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
2012
<20 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
20-30 4,1 0,0 4,3 3,0 5,2 0,0 0,0 0,0 0,0
31-40 33,8 28,6 33,9 38,4 30,2 35,0 20,0 0,0 50,0
41-50 34,1 33,3 34,1 38,4 31,9 35,0 60,0 0,0 0,0
51-60 24,2 28,6 24,1 16,4 29,1 25,0 20,0 0,0 50,0
>60 3,8 9,5 3,6 3,9 3,6 5,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 21 610 232 364 20 5 0 2
Totale*** 100,0 3,3 96,7 37,2 58,4 3,2 0,8 0,0 0,3
2013
<20 0,1 0,0 0,2 0,0 0,3 0,0 0,0 0,0 0,0
20-30 5,2 0,0 5,4 5,2 5,7 0,0 0,0 0,0 0,0
31-40 31,9 28,0 32,1 38,6 28,2 22,2 16,7 0,0 50,0
41-50 32,3 32,0 32,4 36,7 29.2 38,9 50,0 0,0 0,0
51-60 26,0 28,0 25,9 16,7 31,9 33,3 25,0 0,0 50,0
>60 4,4 12,0 4,1 2,8 4,7 5,6 8,3 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 25 652 251 383 18 12 0 2
Totale*** 100,0 3,7 96,3 37,7 57,5 2,7 1,8 0,0 0,3
97
Riguardo poi al titolo di studio, le coorti più giovani tendono a crescere tra i
laureati e gli altri titoli nella fascia 31-40 o rimangono stabili in quelle meno 20-30,
mentre tendono a diminuire tra i diplomati, i qualificati e i licenziati della media;
il primo andamento non è facilmente spiegabile perché i laureati più giovani non
dovrebbero avere grande bisogno di aggiornamento. La coorte intermedia (41-50) è
sovra-rappresentata generalmente tra i laureati, i qualificati e i licenziati della
media ed è sotto-rappresentata tra i diplomati che, pure, sarebbero egualmente
esposti alla obsolescenza. Le classi di età più anziane (51-oltre 60) tendono ad aumentare
tra i diplomati, i qualificati e i titoli altri e a ridursi tra i laureati e ciò correttamente
perché sono i primi titoli ad essere più bisognosi di aggiornamento.
L’incrocio dell’età con il tipo di contratto vede una sovra-rappresentazione delle
fasce più giovani (20-40) e intermedie (41-50) e una sotto-rappresentazione delle
coorti più anziane (51-oltre 60) nel tempo determinato (cfr. Tav. 27): probabilmente
sono i primi tre gruppi che hanno maggiore bisogno di essere inseriti nel progetto
formativo del CNOS-FAP. Nel tempo indeterminato, al contrario, non si notano
scostamenti di rilievo rispetto al totale. L’andamento è sostanzialmente eguale sia
nel 2012 che nel 2013. L’incrocio con il profilo vede generalmente nell’area funzionale
della direzione una sotto-rappresentazione delle classi di età più giovani
(20-40) e una sovra-rappresentazione di quelle più anziane (51-oltre 60), mentre
quella intermedia (41-50) diminuisce tra i direttori di sede operativa e quelli generali
(unicamente nel 2012) e cresce tra quelli di funzione e quelli generali (solo nel
2013) (cfr. Tav. 27). L’area funzionale dell’erogazione registra una diminuzione
delle percentuali (o talora una stabilità rispetto al totale) nelle coorti più giovani
(meno 20-40) tranne il caso dei formatori tutor che vedono un aumento nel 2013;
una sostanziale stabilità della classe intermedia (41-50) eccetto che per il formatore
orientatore e il progettista (solo nel 2013); una crescita delle coorti più anziane (51-
oltre 60) nella maggioranza dei casi. Nell’area funzionale dell’amministrazione le
classi più giovani (meno 20-40) risultano generalmente sotto-rappresentate, quella
intermedia (41-50) è sovra-rappresentata nel 2013 e quelle più anziane nel caso del
responsabile amministrativo-organizzativo, mentre il contrario si verifica per il collaboratore
amministrativo. L’area funzionale della segreteria, della logistica e dei
servizi di supporto registra una tendenza alla crescita nei gruppi di età più giovani
(meno 20-40), un aumento in quello intermedio (41-50) nel caso del tecnico dei
servizi, ma l’andamento è opposto tra gli operatori di segreteria, e un trend alla diminuzioni
in quelli più anziani (51-oltre 60).
Diversamente dai casi precedenti, la frequenza alle attività di Formazione in
servizio dei dipendenti del CNOS-FAP secondo la circoscrizione geografica evidenzia
delle differenze tra i due anni di riferimento (cfr. Tav. 28). In sintesi, tra il
2012 e il 2013 la percentuale diminuisce da più di un terzo (34,1%) a oltre un
quarto (26%) nel Nord Est e cresce dal 40% quasi (37,9%) al 50% circa (46,1%)
nel Nord Ovest, mentre rimane nel complesso sufficientemente stabile nel Centro
(14,6% e 16,1% rispettivamente) e nel Sud (13,5% e 11,8%). Il confronto con la
98
Tav. 27 – Partecipazione alla Formazione in servizio per età, incrociata con il tipo di contratto e il profilo (anni 2012 e 2013; in % e VA)
(Continua)
Età Totale Tipo di Contratto
Tempo Indeterminato Tempo Determinato
2012
<20 0,0 0,0 0,0
20-30 4,1 3,4 23,8
31-40 33,8 33,1 52,4
41-50 34,1 34,8 14,3
51-60 24,2 24,9 4,8
>60 3,8 3,8 4,8
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 610 21
Totale*** 100,0 96,7 3,3
2013
<20 0,1 0,2 0,0
20-30 5,2 3,7 32,4
31-40 31,9 31.1 47,1
41-50 32,3 33,3 14,7
51-60 26,0 27,1 5,9
>60 4,4 4,7 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 643 34
Totale*** 100,0 95,0 5,0
99
(Segue)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 683 nel 2012 e 728 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione -
1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor,
9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica, 12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei
servizi
Profilo****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
2012
0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 5,4 2,6 0,0 4,4 9,1 100,0 0,0 0,0 0,0 0,0 14,3
35,3 33,3 13,8 0,0 36,6 33,8 26.7 36,3 36,4 0,0 100,0 21,4 25,0 22,2 28,6
58,8 66,7 27,6 25,0 37,3 35,1 46,7 34,1 36,4 0,0 0,0 35,7 35,0 38,9 42,9
5,9 0,0 44,8 50,0 21,5 28,6 26,7 23,1 18,2 0,0 0,0 42,9 35,0 33,3 14,3
0,0 0,0 13,8 25,0 4,3 0,0 0,0 2,2 0,0 0,0 0,0 0,0 5,5 5,6 0,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
17 6 29 4 372 77 15 91 11 1 1 14 20 18 7
2,5 0,9 4,2 0,6 54,5 11,3 2,2 13,3 1,6 0,1 0,1 2,0 2,9 2,6 1,0
2013
0,0 0,0 0,0 0,0 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 7,0 2,5 0,0 3,8 0,0 100,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
25,0 0,0 12,9 0,0 33,9 30,4 15,0 37,7 50,0 0,0 0,0 25,0 0,0 16,7 40,0
75,0 50,0 25,2 50,0 31,3 35,4 50,0 29,2 25,0 0,0 0,0 50,0 44,4 33,3 40,0
0,0 50,0 48,4 50,0 22,7 31,6 35,0 24,5 25,0 0,0 100,0 25,0 56,6 38,9 20,0
0,0 0,0 12,9 0,0 4,9 0,0 0,0 4,7 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 11,1 0,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
8 2 31 4 428 79 20 106 4 1 1 12 9 18 5
1,1 0,1 4,3 0,5 58,8 10,9 2,7 14,6 0,5 0,1 0,1 1,6 1,2 2,5 0,7
100
distribuzione degli operatori del CNOS-FAP al 2013-14 vede una sovra-rappresentazione
del Nord Est e del Nord Ovest (solo nel 2013), una sostanziale stabilità al
Centro e una sotto-rappresentazione al Sud e al Nord Ovest (unicamente nel 2012).
Tav. 28 – Partecipazione alla Formazione in servizio per circoscrizione geografica,
incrociata con il sesso e l’età (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
L’incrocio della circoscrizione con il sesso mette in evidenza una coincidenza
molto elevata tra i dati relativi ai maschi e la distribuzione delle percentuali nei totali,
ma la corrispondenza diminuisce nel passaggio dal 2012 al 2013. Le femmine
a loro volta sono sovra-rappresentate al Nord Est e al Nord Ovest (solo 2013), ma
sono sotto-rappresentate al Centro e al Sud (in entrambi i casi solo nel 2013) e leggermente
nel Nord Ovest (unicamente nel 2012).
Quanto all’incrocio della circoscrizione con l’età, il Nord Est e il Nord Ovest
tendono ad essere sovra-rappresentati nelle fasce più giovani (20-40) – e questo
non è molto comprensibile dato che sono quelle meno esposte al rischio dell’obsolescenza
delle conoscenze – e sotto-rappresentate in quella più anziana (60 ed oltre)
e a scostarsi di poco o a coincidere con il totale in quella intermedia (41-50) e in
quella anziana (51-60). Il Centro diminuisce tra le coorti più giovani (20-40) e
cresce in quella intermedia e in quelle più anziane e l’andamento sembrerebbe corretto.
Il Sud è sotto-rappresentato tra i più giovani (20-30) e fra i più anziani (60 e
oltre), mentre il trend è più vario nelle altre classi, anche se sembra prevalere la
tendenza a convergere con i dati del totale.
I Salesiani sono sovra-rappresentati nel Nord-Est e sotto-rappresentati nel
Nord Ovest e nel Centro; nel Sud sono sotto-rappresentati nel 2012 e sovra-rappresentanti
nel 2013 (cfr. Tav. 29). Al contrario, le circoscrizioni si collocano sostanzialmente
sul totale riguardo ai laici.
Circoscrizione
geografica Totale Sesso Età
M F <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
2012
Nord Est 34,1 33,4 36,1 0,0 42,3 39,0 29,3 32,7 33,3
Nord Ovest 37,9 38,9 34,8 0,0 50,0 38,5 34,5 41,2 29,2
Centro 14,6 14,4 15,2 0,0 0,0 8,9 19,5 17,0 20,8
Sud 13,5 13,3 15,9 0,0 7,7 13,6 16,7 9,2 16,7
Totale* 100,0 100,0 100,0 0,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 473 158 0 26 213 215 153 24
Totale*** 100,0 75,0 25,0 0,0 4,1 33,8 34,1 24,2 3,8
2013
Nord Est 26,0 24,4 30,8 0,0 28,6 28,7 26,0 23,3 20,0
Nord Ovest 46,1 44,4 51,2 0,0 65,7 50,5 43,8 43,8 23,3
Centro 16,1 18,0 10,5 100,0 0,0 11,1 19,2 19,9 23,3
Sud 11,8 13,3 7,6 0,0 5,7 9,7 13,1 13,1 33,3
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 505 172 1 35 215 219 176 30
Totale*** 100,0 74,6 25,4 0,1 5,2 31,9 32,4 26,0 4,4
101
Tav. 29 – Partecipazione alla Formazione in servizio per circoscrizione geografica, incrociata con lo stato ecclesiale e il titolo di studio (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 623 nel 2012 e 666 nel 2013 a causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori
Circoscrizione
geografica Totale
Stato Ecclesiale Titolo di Studio****
Salesiano Laico Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
2012
Nord Est 34,1 61,9 33,1 37,5 33,8 20,0 20,0 0,0 0,0
Nord Ovest 37,9 28,6 38,2 32,8 39,6 65,0 80,0 0,0 100.0
Centro 14,6 4,8 14,9 17,2 13,5 15,0 0,0 0,0 0,0
Sud 13,5 4,8 13,8 12,5 13,2 0,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 21 610 232 364 20 5 0 2
Totale*** 100,0 3,3 96,7 37,2 58,4 3,2 0,8 0,0 0,3
2013
Nord Est 26,0 44,0 25,3 29,1 26,1 11,1 8,3 0,0 0,0
Nord Ovest 46,1 36,0 46,5 42,7 47,0 72,7 91,7 0,0 100,0
Centro 16,1 4,0 16,6 17,9 16,2 11,1 0,0 0,0 0,0
Sud 11,8 16,0 11,7 10,8 10,7 5,6 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 25 652 251 383 18 12 0 2
Totale*** 100,0 3,7 96,3 37,7 57,5 2,7 1,8 0,0 0,3
102
Il titolo di studio vede la circoscrizione del Nord Est sovra-rappresentata tra i
laureati e sotto-rappresentata tra i qualificati e i licenziati della media, mentre ci si
sarebbe aspettato il contrario come avviene nel Nord Ovest (cfr. Tav. 29). Il Centro
e il Sud registrano una diminuzione della partecipazione alla Formazione in servizio
tra i qualificati (tranne nel 2012 per il Centro) e tra i licenziati della media – e
sarebbero le categorie più bisognose di aggiornamento – mentre nel caso dei laureati
e dei diplomati i dati si collocano intorno a quelli del totale.
Per quanto riguarda l’incrocio delle circoscrizioni geografiche con il tipo di
contratto, il Nord Est è sovra-rappresentato nel tempo determinato, ma unicamente
nel 2012, e il Nord Ovest e il Sud solo nel 2013, mentre il Centro è sotto-rappresentato
in ambedue gli anni (cfr. Tav. 30).
Nel tempo indeterminato, al contrario, non si riscontrano scostamenti di rilievo
rispetto al totale.
Nell’area funzionale della direzione, la partecipazione alla Formazione in servizio
nel Nord Est tende a diminuire nel caso dei direttori di sede operativa e a crescere
nelle altre figure tranne che per i direttori di funzione nel 2012; un andamento
sostanzialmente opposto si riscontra nel Nord Ovest; il Centro tende a crescere
tranne che tra i direttori generali nel 2012 dove si abbassa e i direttori di sede operativa
nel 2013 dove si colloca sul totale; il Sud presenta un trend alla diminuzione
eccetto che tra i direttori di funzione nel 2012 e i direttori di sede nel 2013 dove le
percentuali aumentano.
L’area funzionale erogazione vede: la frequenza delle attività di Formazione in
servizio del Nord Est sotto-rappresentata tranne che tra i coordinatori dove è sovrarappresentata
e tra i formatori dove si colloca sul totale; il Nord Ovest sovra-rappresentato
tra gli orientatori, i tutor e i responsabili dei processi, sotto-rappresentato
tra i coordinatori e i progettisti e sui dati del totale tra i formatori; il Centro
sovra-rappresentato tra orientatori e progettisti, sotto-rappresentato tra i responsabili
dei processi e tra i coordinatori solo nel 2013 e collocato sui dati del totale per
il resto; il Sud sotto-rappresentato eccetto che tra i progettisti e i responsabili del
processi dove è sovra-rappresentato.
Nell’area funzionale dell’amministrazione il Nord Est registra un aumento più
del totale nella partecipazione alla Formazione in servizio, il Nord-Ovest una diminuzione,
il Centro una crescita nel 2012 e una riduzione nel 2013 e il Sud un’analoga
tendenza.
Nell’area funzionale della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto il
Nord Est evidenzia una sovra-rappresentazione tra i tecnici dei servizi e una sottorappresentazione
negli altri casi, il Nord Ovest una sovra-rappresentazione tranne
che una sotto-rappresentazione per i tecnici dei servizi e per gli operatori tecnici
della logistica (solo nel 2013), una sotto-rappresentazione o assenza dei medesimi
nel Centro e una sovra-rappresentazione nel Sud degli operatori di segreteria, dei
tecnici dei servizi e degli operatori tecnici della logistica (solo nel 2013) e un’assenza
di partecipazione nel 2012 e tra gli operatori tecnici ausiliari.
103
Tav. 30 – Partecipazione alla Formazione in servizio per circoscrizione geografica, incrociato con il tipo di contratto e il profilo (anni 2012 e 2013; in % e VA)
( Continua)
Circoscrizione
geografica Totale Tipo di Contratto
Tempo Indeterminato Tempo Determinato
2012
Nord Est 34,1 33,6 47,6
Nord Ovest 37,9 37,9 38,1
Centro 14,6 15,1 0,0
Sud 13,5 13,4 14,3
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 610 21
Totale*** 100,0 96,7 3,3
2013
Nord Est 26,0 26,1 23,5
Nord Ovest 46,1 45,7 52,9
Centro 16,1 16,8 2,9
Sud 11,8 11,4 20,6
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 643 34
Totale*** 100,0 95,0 5,0
104
Segue
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 683 nel 2012 e 728 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione -
1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor,
9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica, 12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei
servizi
Profilo*****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
2012
41,2 16,7 27,6 50,0 33,6 50,6 26,7 20,9 18,2 0,0 0,0 21,4 35,0 16,7 42,9
35,3 0,0 51,7 25,0 35,2 31,2 40,0 59,3 54,5 100,0 100,0 21,4 25,0 44,4 28,6
17,6 66,7 17,2 25,0 13,4 13,0 26,7 15,4 9,1 0,0 0,0 35,7 30,0 11,1 0,0
5,9 16,7 3,4 0,0 17,7 5,2 6,7 4,4 18,2 0,0 0,0 21,4 10,0 27,8 28,6
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
17 6 29 4 372 77 15 91 11 1 1 14 20 18 7
2,5 0,9 4,2 0,6 54,5 11,3 2,2 13,3 1,6 0,1 0,1 2,0 2,9 2,6 1,0
2013
50,0 50,0 22,6 75,0 24,8 48,1 15,0 7,5 25,0 0,0 0,0 16,7 66,7 16,7 40,0
25,0 0,0 45,2 0,0 45,3 32,9 55,0 71,7 50,0 100,0 0,0 33,3 0,0 55,6 40,0
12,5 50,0 16,1 25,0 16,1 12,7 25,0 15,1 0,0 0,0 0,0 33,3 11,1 0,0 0,0
12,5 0,0 16,1 0,0 13,8 6,3 5,0 5,7 25,0 0,0 100,0 16,7 22,2 27,8 20,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
8 2 31 4 428 79 20 106 4 1 1 12 9 18 5
1,1 0,1 4,3 0,5 58,8 10,9 2,7 14,6 0,5 0,1 0,1 1,6 1,2 2,5 0,7
105
Il rapporto tra Salesiani e laici nella partecipazione alla Formazione in servizio
registra una presenza molto modesta dei primi rispetto ai secondi: il 3,3% in confronto
al 96,7% nel 2012 e il 3,7% in paragone al 96,7% nel 2013 (cfr. Tav. 31). È
un andamento che riflette, un po’ peggiorata, la situazione a livello di tutti gli operatori:
4,8% e 95,2% nel 2013-14.
Tav. 31 – Partecipazione alla Formazione in servizio per stato ecclesiale,
incrociato con l’età e la circoscrizione geografica (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
Anche questa volta non abbiamo riportato l’incrocio dello stato ecclesiale con
il sesso perché l’andamento è prevedibile a priori. I Salesiani sono sovra-rappresentati
tra i maschi, anzi sono tutti maschi, e i laici tra le donne.
L’incrocio con l’età vede i Salesiani sovra-rappresentati nella coorte più anziana
(oltre 60), collocati sul totale fra i 31 e 60 e assenti tra meno 20 e 30 (cfr.
Tav. 31). L’andamento opposto si riscontra fra i laici.
La circoscrizione geografica vede una leggera sovra-rappresentazione dei Salesiani
al Nord Est e una modesta sotto-rappresentazione al Centro. Il trend contrario
si riscontra nel caso dei laici.
L’incrocio tra status ecclesiale e titolo di studio registra una sovra-rappresentazione
dei Salesiani nella partecipazione alla Formazione in servizio tra i possessori
di titoli altri e leggermente tra i qualificati e tra i licenziati della media (solo nel
2013) (cfr. Tav. 32), la loro assenza tra i licenziati delle elementari e della media
(unicamente nel 2012), e la loro collocazione sul totale nel caso dei laureati e dei
diplomati. L’andamento opposto si riscontra tra i laici tranne che tra i licenziati
delle elementari che sono assenti anche fra i laici.
Il tipo di contratto evidenzia una crescita dei Salesiani nel tempo determinato
e una corrispondente diminuzione dei laici. Nel caso del tempo indeterminato non
si riscontra nessun scostamento di rilievo dal totale.
Stato
Ecclesiale Totale
Età Circoscrizione Geografica
<20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60 Nord
Est
Nord
Ovest
Centro
Sud
2012
Salesiano 3,3 0,0 0,0 2,8 3,3 3,9 8,3 6,0 2,5 1,1 3,3
Laico 96,7 0,0 100,0 97,2 96,7 96,1 91,7 94,0 97,5 98,9 96,7
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 0 26 213 215 153 24 215 239 92 85
Totale*** 100,0 0,0 4,1 33,8 34,1 24,2 3,8 34,1 37,9 14,6 13,5
2013
Salesiano 3,7 0,0 0,0 3,2 3,7 4,0 10,0 6,3 2,9 0,9 5,0
Laico 96,3 100,0 100,0 96,8 96.3 96,0 90,0 93,8 97,1 99,1 95,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 1 35 216 219 176 30 176 312 109 80
Totale*** 100,0 0,1 5,2 31,9 32,4 26,0 4,4 26,0 46,1 16,1 11,8
106 Tav. 32 –
Partecipazione alla Formazione in servizio per stato ecclesiale, incrociato per titolo di studio, tipo di contratto e
profilo (
anni 2012 e
2013; in %
e
VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 623 nel 2012 e 666 nel 2013 a causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori;
*****Il totale è 683 nel 2012 e 728 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede
operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della
logistica, 12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
Stato
Ecclesiale Totale
Titolo di Studio**** Tipo di Contratto
Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro Tempo
Indeterminato
Tempo
Determinato
2012
Salesiano 3,3 3,9 2,7 5,0 0,0 0,0 50,0 3,1 9,5
Laico 96,7 96,1 97,3 95,0 100,0 0,0 50,0 96.9 90,5
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 232 364 20 5 0 2 610 21
Totale*** 100,0 37,2 58,4 3,2 0,8 0,0 0,3 96,7 3,3
2013
Salesiano 3,7 4,4 2,3 5,6 8,3 0,0 50,0 3,4 8,8
Laico 96,3 95,6 97,7 94,4 91,7 0,0 50,0 96,6 91,2
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 251 383 18 12 0 2 643 34
Totale*** 100,0 37,7 57,5 2,7 1,8 0,0 0,3 95,0 5,0
Profilo*****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
2012
0,0 0,0 20,7 25,5 2,4 2.6 6,7 3,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 5,6 3,4
100,0 100,0 79,3 75,5 97,6 97,4 93.3 96,7 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 94,4 96,6
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
17 6 29 4 372 77 15 91 11 1 1 14 20 18 7
2,5 0,9 4,2 0,6 54,5 11,3 2,2 13,3 1,6 0,1 0,1 2,0 2,9 2,6 1,0
2013
0,0 0,0 25,8 50,0 2,1 2,5 5,0 3,8 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 5,6 0,0
100,0 100,0 74,2 50,0 97,9 97,5 95,0 96,2 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 94,4 100,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
8 2 31 4 428 79 20 106 4 1 1 12 9 18 5
1,1 0,1 4,3 0,5 58,8 10,9 2,7 14,6 0,5 0,1 0,1 1,6 1,2 2,5 0,7
107
Tav. 33 – Partecipazione alla Formazione in servizio per titolo di studio, incrociato con il sesso e la circoscrizione geografica (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 623 nel 2012 e 666 nel 2013 a causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori
Titolo di Studio Totale Sesso Circoscrizione Geografica
M F Nord Est Nord Ovest Centro Sud
2012
Laurea 37,2 28,1 64,3 40,5 31,8 43,5 37,7
Diploma 58,4 67,0 33,1 57,2 60,3 53,3 62,3
Qualifica
Professionale 3,2 3,4 2,5 1,9 5,4 3,3 0,0
Licenza Media 0,8 1.1 0,0 0,5 1,7 0,0 0,0
Licenza Elementare 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
Altro 0,3 0,4 0,0 0,0 0,8 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****623 466 157 215 239 92 77
Totale*** 100,0 74,8 25,2 34,5 38,4 14,8 12,3
2013
Laurea 37,7 27,3 67,4 41,5 34,0 41,3 39,1
Diploma 57,5 68,2 26,7 56,8 57,7 56,9 59,4
Qualifica
Professionale 2,7 2,8 2,3 1,1 4,2 1,8 1,4
Licenza Media 1,8 1,2 3,5 0,6 3,5 0,0 0,0
Licenza Elementare 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
Altro 0,3 0,4 0,0 0,0 0,6 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****666 494 172 176 312 109 69
Totale*** 100,0 74,2 25,8 26,4 46,8 16,4 10,4
108
Passando da ultimo al profilo, i Salesiani sono sovra-rappresentati nella partecipazione
alla Formazione in servizio dell’area funzionale della direzione tranne che
nel caso dei direttori di funzione. Nell’area funzionale erogazione i Salesiani aumentano
leggermente tra gli orientatori e i responsabili dei processi, si collocano sul
totale nel caso dei tutor, diminuiscono leggermente tra i formatori e i coordinatori e
sono assenti tra i progettisti. L’area funzionale dell’amministrazione non evidenzia
la presenza di alcun Salesiano nella partecipazione alla Formazione in servizio e lo
stesso vale per l’area funzionale della segreteria, logistica e servizi di supporto.
La partecipazione alla Formazione in servizio per titolo di studio, se confrontata
con la ripartizione degli operatori in base alla medesima variabile nel 2013-14
(cfr. sopra Tav. 13), vede nel 2012 una leggera sovra-rappresentazione di laureati e
di diplomati da una parte e dall’altra una modesta sotto-rappresentazione di licenziati
della media e l’assenza di quelli delle elementari, mentre nel 2013 le due distribuzioni
si avvicinano maggiormente tranne che per l’assenza ancora di licenziati
delle elementari nelle attività di aggiornamento (cfr. Tav. 33). Veramente ci si sarebbe
aspettato un impegno più grande per il completamento, prolungamento e perfezionamento
dei livelli inferiori di formazione, mentre sono quelli sufficienti o più
elevati a ricevere una maggiore attenzione.
L’incrocio con il sesso evidenzia un diverso andamento secondo i generi tra i
titoli più alti, mentre fra quelli più bassi non si notano differenze di rilievo a parte
l’assenza di licenziate della media ma solo nel 2012; inoltre, nella Formazione in
servizio mancano donne in possesso di titoli altri. Il trend appena richiamato vede i
maschi sovra-rappresentati tra i diplomati e sotto-rappresentati tra i laureati, mentre
l’opposto si verifica tra le femmine.
Passando alle circoscrizioni geografiche, la percentuale dei laureati nella Formazione
in servizio aumenta più del totale nel Nord Est e nel Centro, si mantiene
sui dati del totale al Sud e si abbassa nel Nord Ovest. A loro volta i diplomati tendono
a collocarsi sui dati del totale tranne che nel Sud in cui la loro percentuale
cresce e nel Centro in cui essa diminuisce, ma in entrambi i casi solo nel 2012. Lo
stesso trend a situarsi sul totale è maggioritario negli altri casi tranne che per l’assenza
di partecipazione dei licenziati della media e dei possessori di titoli altri che
tende a concentrarsi al Centro dell’Italia.
L’incrocio del titolo di studio con lo stato ecclesiastico registra una sostanziale
coincidenza dei dati della partecipazione dei laici con quelli del totale (cfr. Tav. 34).
Al contrario, la frequenza dei Salesiani è sovra-rappresentata tra i laureati e i possessori
di titoli altri ed è sotto-rappresentata tra i diplomati e ciò riflette la diversa
distribuzione dei Salesiani tra i titoli di studio, percentualmente più numerosi tra
laureati e possessori di titoli altri.
Se si fa riferimento all’età, la partecipazione dei laureati è assente o bassa tra
le coorti più giovani (meno 20-40), cresce tra la fascia relativamente giovane (31-
40) e quella intermedia (41-50) e diminuisce o rimane sul totale inspiegabilmente
nelle coorti più anziane (51-oltre 60). Quella dei diplomati vede una crescita poco
109
comprensibile tra 20 i e 30 e corretta tra i 51-60 (ma non oltre i 60 dove rimane stabile
sul totale), mentre si abbassa nelle altre fasce. La partecipazione dei possessori
del resto dei titoli diminuisce o è assente tra le fasce più giovani e si colloca sul totale
o cresce nelle coorti più anziane.
Tav. 34 – Partecipazione alla Formazione in servizio per titolo di studio,
incrociato con lo stato ecclesiale e l’età (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 623 nel 2012 e 666 nel 2013 a
causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori
L’incrocio del titolo di studio con il tipo di contratto, vede i dati del tempo indeterminato
sostanzialmente coincidenti con quelli del totale (cfr. Tav. 35). La partecipazione
alla Formazione in servizio dei laureati e dei licenziati della media a
tempo determinato è sovra-rappresentata, mentre risulta sotto-rappresentata quella
dei diplomati e assente quella dei possessori di titoli altri, di qualifica professionale
(solo nel 2013) e di licenza elementare (tale risultato, però, si colloca sul dato del
totale): quest’ultimo andamento si spiega in relazione alla distribuzione dei titoli
degli operatori del CNOS-FAP nel tempo determinato (cfr. sopra Tav. 15).
Se si fa riferimento al profilo, nell’area funzionale delle direzione la partecipazione
dei laureati risulta ovviamente sovra-rappresentata tranne nel caso dei direttori di
Titolo di
Studio Totale Stato Ecclesiale Età
Salesiano Laico <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
2012
Laurea 37,2 42,9 37,0 0,0 26,9 42,8 41.4 25,2 39,1
Diploma 58,4 47,6 58,8 0,0 73,1 52,9 54.0 70,2 56,5
Qualifica
Professionale 3,2 4,8 3,2 0,0 0,0 3,4 3,3 3,3 4,3
Licenza
Media 0,8 0,0 0,0 0,0 0,0 0,5 1,4 0,7 0,0
Licenza
Elementare 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
Altro 0,3 4.8 0,2 0,0 0,0 0,5 0,0 0,7 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****623 21 602 0 26 208 215 151 23
Totale*** 100,0 3,4 96,6 0,0 4.2 33.4 34,5 24,2 3,7
2013
Laurea 37,7 47,8 37,3 0,0 37,1 45,8 42,4 24,1 25,9
Diploma 57,5 39,1 58,2 100,0 62,9 51,6 51,6 70,1 66,7
Qualifica
Professionale 2,7 4,3 2,6 0,0 0,0 3,2 3,2 3,4 3,7
Licenza
Media 1,8 4,3 1,7 0,0 0,0 2,8 2,8 1,7 3,7
Licenza
Elementare 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
Altro 0,3 4,3 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****666 23 643 0 35 212 217 174 27
Totale*** 100,0 3,5 96,5 0,0 5,3 31,8 32,6 26,1 4,1
110
Tav. 35 – Partecipazione alla Formazione in servizio per titolo di studio,
incrociato con il tipo di contratto e il profilo (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 623 nel 2012 e 666 nel 2013 a
causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori; *****Il totale è 675 nel 2012 e 717 nel 2013 perché alcuni
dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede
operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore
di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica, 12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo,
14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
p ( ; )
Titolo di Studio Totale Tipo di Contratto
Tempo Indeterminato Tempo Determinato
2012
Laurea 37,2 36,2 66,7
Diploma 58,4 59,6 23,8
Qualifica Professionale 3,2 3,2 4,8
Licenza Media 0,8 0,7 4,8
Licenza Elementare 0,0 0,0 0,0
Altro 0,3 0,3 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** ****623 602 21
Totale*** 100,0 96,6 3,4
2013
Laurea 37,7 36,5 60,6
Diploma 57,5 58,8 33,3
Qualifica Professionale 2,7 2,8 0,0
Licenza Media 1,8 1,6 6,1
Licenza Elementare 0,0 0,0 0,0
Altro 0,3 0,3 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0
Totale** ****666 633 33
Totale*** 100,0 95,0 5,0
Profilo*****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
2012
17,6 50,0 34,5 75,0 36,8 42,9 73,3 39,6 18,2 0,0 0.0 28,6 25,0 50,0 42,9
58,8 50,0 65,5 25,0 59,6 54,5 20,0 56,0 72,7 100,0 0.0 64,3 75,0 44,4 57,1
23,5 0,0 0,0 0,0 2,7 1,3 0,0 3,3 9,1 0,0 100,0 0,0 5,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 0,8 1,3 0,0 3,1 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 6,7 0,0 0,0 0,0 0,0 7,1 0,0 5,6 0,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
17 6 29 4 364 77 15 91 11 1 1 14 20 18 7
2,5 0,9 4,3 0,6 53,9 11,4 2,2 13,5 1,6 0,1 0,1 2,1 3,0 2,7 1,0
2013
37,5 100,0 43,3 75,0 36,4 40,5 75,0 38,7 25,0 0,0 0,0 25,0 22,2 33,3 0,0
50,0 0,0 56,7 25,0 58,9 57,0 20,0 55,7 50,0 100,0 100,0 66,7 77,8 61,1 100,0
12,5 0,0 0,0 0,0 3,1 1,3 0,0 1,9 25,5 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 1,7 1,3 0,0 3,8 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 5,0 0,0 0,0 0,0 0,0 8,3 0,0 5,6 0,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
8 2 30 4 418 79 20 106 4 1 1 12 9 16 5
111
sede operativa nel 2012 in cui è leggermente sotto-rappresentata, e quella dei diplomati
tende ad essere sotto-rappresentata eccetto che tra i direttori di sede operativa nel
2012 tra cui è sovra-rappresentata; gli altri titoli sono assenti, ma ciò corrisponde alla
loro distribuzione in generale tra i direttori. Nell’area funzionale della erogazione della
formazione la frequenza dei laureati all’aggiornamento aumenta più del totale tra gli
orientatori e i responsabili dei processi (solo nel 2012, mentre diminuisce nel 2013) e
leggermente tra i coordinatori, ma si abbassa tra i progettisti e rimane sul totale negli
altri casi, mentre quella dei diplomati ha un andamento opposto; la partecipazione dei
possessori del resto dei titoli o si colloca sui dati del totale o, più spesso, è assente, eccetto
i titoli altri che crescono tra gli orientatori, i progettisti e i responsabili dei processi.
L’area funzionale dell’amministrazione vede: i laureati sotto-rappresentati tranne
che tra i collaboratori amministrativi nel 2013 in cui sono sul totale; i diplomati sovra-
rappresentati tra i responsabili amministrativo-organizzativi mentre tra i collaboratori
amministrativi risultano sotto-rappresentati nel 2013 e collocati sul totale nel
2012; i qualificati sovra-rappresentati tra i collaboratori amministrativi, mentre tra i responsabili
amministrativo-organizzativi appaiono assenti nel 2013 e leggermente sovra-
rappresentati nel 2012; il resto dei titoli assente tranne che nel caso dei possessori
di altri titoli che sono sovra-rappresentati tra i responsabili amministrativo-organizzativi.
Nell’area funzionale della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto, tralasciando
gli operatori tecnico-ausiliari e gli operatori tecnici della logistica di cui solo
uno partecipa alla Formazione in servizio in entrambi i casi con titolo di diplomato,
i laureati aumentano tra i tecnici dei servizi nel 2012 (ma sono assenti nel 2013) e diminuiscono
tra gli operatori di segreteria, i diplomati crescono in ambedue i casi e la
partecipazione dei possessori del resto dei titoli è assente. Ancora una volta si nota una
certa disattenzione ai titoli più bassi e tra le aree funzionali meno elevate.
Se il punto di riferimento è il tipo di contratto, la partecipazione alla Formazione
in servizio evidenzia che il totale nei due anni è quasi del tutto costituito da
operatori a tempo indeterminato (96,7% e 95% rispettivamente nel 2012 e nel
2013), mentre quelli a tempo determinato sono una percentuale molto esigua (3,3%
e 5%) (cfr. Tav. 36). Si capisce la remora a non investire su lavoratori che potrebbero
anche lasciare i Centri, o non meritare l’impegno del CNOS-FAP, ma lo scarto
notevole con la distribuzione generale degli operatori per tipo di contratto (87% e
13% nel 2013-14: cfr. sopra Tav. 16) richiederebbe probabilmente un riequilibrio
tra i due gruppi nella Formazione in servizio.
L’incrocio con il sesso non mostra alcuna differenza di rilievo rispetto al totale.
Si nota soltanto un leggero aumento del tempo indeterminato tra i maschi e del determinato
tra le femmine e viceversa.
La partecipazione alla Formazione in servizio per tipo di contratto incrociato
con l’età registra nel complesso una tendenza alla crescita con l’elevarsi del numero
degli anni nel tempo indeterminato e alla diminuzione con l’abbassarsi nel tempo
determinato (cfr. Tav. 36). L’andamento corrisponde alla logica del tempo determinato
che è utilizzato in genere con i lavoratori più giovani (cfr. sopra Tav. 7).
112
Tav. 36 – Partecipazione alla Formazione in servizio per tipo di contratto, incrociato con il sesso e l’età
(anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
Lo stato ecclesiale non comporta scostamenti di rilievo tra i laici rispetto ai
dati del totale (cfr. Tav. 37). Al contrario, la partecipazione in base al contratto a
tempo determinato è sovra-rappresentata tra i Salesiani e quella in base al tempo
indeterminato è sotto-rappresentata.
L’incrocio con la circoscrizione geografica non evidenzia differenze importanti
rispetto al totale nel Nord Est e nel Nord Ovest. Nel Centro al contrario il
tempo indeterminato è sovra-rappresentato e l’opposto si verifica per quello determinato.
Al Sud la situazione rispecchia sostanzialmente il totale nel 2012, ma nel
2013 la tendenza è a una diminuzione della partecipazione degli operatori a tempo
indeterminato e una crescita di quelli a tempo determinato.
Il titolo di studio comporta un leggero aumento del tempo indeterminato tra i
diplomati e tra i possessori di altri titoli e una riduzione consistente tra i licenziati
della media (cfr. Tav. 38). Un andamento opposto si riscontra per la partecipazione
alla Formazione in servizio degli operatori a tempo determinato in base ai titoli di
studio.
L’incrocio del tipo di contratto con i profili registra nell’area funzionale della
direzione una sovra-rappresentazione del tempo indeterminato tra i dirigenti e una
corrispondente sotto-rappresentazione del tempo determinato. Nell’area funzionale
della erogazione la partecipazione degli operatori a tempo indeterminato diminuisce
tra i progettisti e gli orientatori e aumenta tra i responsabili dei processi; un
andamento opposto si registra nel tempo determinato. L’area funzionale dell’amministrazione
vede una sovra-rappresentazione del tempo indeterminato tra i responsabili
amministrativo-organizzativi e i collaboratori amministrativi insieme con
l’assenza del tempo determinato in ambedue i casi. Nell’area funzionale della segreteria,
della logistica e dei servizi di supporto, il tempo determinato aumenta più
Tipo di
Contratto Totale Sesso Età
M F <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
2012
Tempo
Indeterminato 96,7 96,8 96,2 0,0 80,8 94,8 98,6 99,3 95,8
Tempo
Determinato 3,3 3,2 3,8 0,0 19,2 5,2 1,4 0,7 4,2
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 473 158 0 26 213 215 153 24
Totale*** 100,0 75,0 25,0 0,0 4,1 33,8 34,1 24,2 3,8
2013
Tempo
Indeterminato 95,0 95,2 94,2 100,0 68,6 92,6 97,7 98,9 100,0
Tempo
Determinato 5,0 4,8 5,8 0,0 31,4 7,4 2,3 1,1 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 505 172 1 35 216 219 176 30
Totale*** 100,0 74,6 25,4 0,1 5,2 31,9 32,4 26,0 4,4
113
del totale tra i tecnici dei servizi, gli operatori di segreteria (solo nel 2012) e gli
operatori tecnici ausiliari ed è assente tra gli operatori tecnici della logistica,
mentre un andamento opposto si riscontra nel tempo indeterminato.
Tav. 37 – Partecipazione alla Formazione in servizio per tipo di contratto,
incrociato con la circoscrizione geografica e lo stato ecclesiale (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga
La partecipazione alla Formazione in servizio in base al profilo registra: nell’area
funzionale della direzione una leggera sovra-rappresentazione nel 2012
(5,7%) rispetto al 2013 (5,1%), attribuibile alla frequenza dei direttori di funzione e
una altrettanto modesta sovra-rappresentazione di ambedue gli anni rispetto alla
percentuale dell’area nel totale degli operatori del CNOS-FAP (4,1%) nel 2013-14,
dovuta soprattutto alla frequenza all’aggiornamento dei direttori di sede operativa;
nell’area funzionale della erogazione, che è la più consistente, collocandosi oltre i
tre quarti, la sovra-rappresentazione, questa volta, del 2013 (91,1%) in confronto al
2012 (85,9%) e di ambedue in paragone al 2013-14 (76,9%), dovuta in particolare
al formatore e nel caso del confronto con il 2013-14 anche al tutor; nell’area funzionale
dell’amministrazione, la sotto-rappresentazione sia del 2012 (5,4%) che del
2013 (ancora di più, 2,3%) rispetto al 2013-14 (8,8%), attribuibile soprattutto al
collaboratore amministrativo; nell’area funzionale della segreteria, della logistica e
dei servizi di supporto, lo stesso andamento, anche più accentuato (2,8%, 1,4% e
10,1% rispettivamente), dovuto principalmente all’operatore di segreteria e all’operatore
tecnico ausiliario (cfr. Tav. 39). In sintesi la partecipazione cresce più del
totale nell’area delle direzione e specialmente dell’erogazione e diminuisce nelle
aree dell’amministrazione e della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto,
un andamento comprensibile, ma che nel lungo termine potrebbe portare a
delle conseguenze negative sul piano più strettamente gestionale.
Tipo di
Contratto Totale Stato Ecclesiale Circoscrizione Geografica
Salesiano Laico Nord Est Nord Ovest Centro Sud
2012
Tempo
Indeterminato 96,7 90,5 96,9 95,3 96,7 100,0 96,5
Tempo
Determinato 3,3 9,5 3,1 4,7 3,3 0,0 3,5
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 21 610 215 239 92 85
Totale*** 100,0 3,3 96,7 34,1 37,9 14,6 13,5
2013
Tempo
Indeterminato 95,0 88,0 95,2 95,5 94,2 99,1 91,3
Tempo
Determinato 5,0 12,0 4,8 4,5 5,8 0,9 8,8
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 25 652 176 312 109 80
Totale*** 100,0 3,7 96,3 26,0 46,1 16,1 11,8
114 Tav. 38 –
Partecipazione alla Formazione in servizio per tipo di contratto, incrociato con il titolo di studio e
il profilo (
anni 2012 e
2013; in %
e
VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 623 nel 2012 e 666 nel 2013 a causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori;
*****Il totale è 683 nel 2012 e 728 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede
operativa, 4. Direttore generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della
logistica, 12. Progettista, 13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
Tipo di
Contratto Totale
Titolo di Studio****
Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
2012
Tempo Indeterminato 96,7 94,0 98,6 95,0 80,0 0,0 100,0
Tempo Determinato 3,3 6,0 1,4 5,0 20,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 631 232 364 20 5 0,0 2
Totale*** 100,0 37,2 58,4 3,2 0,8 0,0 0,3
2013
Tempo Indeterminato 95,0 92,0 97,1 100,0 83,3 0,0 100,0
Tempo Determinato 5,0 8,0 2,9 0,0 16,7 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** 677 251 383 18 12 0 2
Totale*** 100,0 37,7 57,5 2,7 1,8 0,0 0,3
Profilo*****
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
2012
100,0 100,0 100,0 100,0 96,5 98,7 93,3 98,9 90,9 0,0 100,0 92,9 100,0 100,0 71,4
0,0 0,0 0,0 0,0 3,5 1,3 6,7 1,1 9,1 100,0 0,0 7,1 0,0 0,0 28,6
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
17 6 29 4 372 77 15 91 11 1 1 14 20 18 7
2,5 0,9 4,2 0,6 54,5 11,3 2,2 13,3 1,6 0,1 0,1 2,0 2,9 2,6 1,0
2013
100,0 100,0 96,8 100,0 93,7 98,7 95,0 99,1 100,0 0,0 100,0 91,7 100,0 100,0 80,0
0,0 0,0 3,2 0,0 6,3 1,3 5,0 0,9 0,0 100,0 0,0 8,3 0,0 0,0 20,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
8 2 31 4 428 79 20 106 4 1 1 12 9 18 5
1,1 0,1 4,3 0,5 58,8 10,9 2,7 14,6 0,5 0,1 0,1 1,6 1,2 2,5 0,7
115
Tav. 39 – Partecipazione alla Formazione in servizio per profilo, incrociato con il sesso e l’età (anni 2012 e 2013; in % e VA)
( Continua)
Profilo Totale Sesso Età
M F <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
2012
Direttore di sede
operativa 4,2 5,1 1,7 0,0 0,0 1,7 3,4 7,9 16,0
Direttore di funzione 0,9 0,6 1,7 0,0 0,0 0,9 1,7 0,0 0,0
Direttore generale 0,6 0,6 0,6 0,0 0,0 0,0 0,4 1,2 4,0
Formatore 54,5 57,5 45,7 0,0 69,0 59,1 51,3 48,5 64,0
Formatore coordinatore 11,3 12.0 9,1 0,0 6,9 11,3 11,5 13,3 0,0
Formatore orientatore 2,2 1,6 4,0 0,0 0,0 1,7 3,0 2,4 0,0
Formatore Tutor 13,3 13,8 12,0 0,0 13,8 14,3 13,2 12,7 8,0
Progettista 2,0 2,2 1,7 0,0 0,0 1,3 2,1 3,6 0,0
Responsabile
dei processi 2,6 2,8 2,3 0,0 0,0 1,7 3,0 3,6 4,0
Collaboratore
amministrativo 2,5 0,4 8,6 0,0 0,0 2,6 4,3 0,6 0,0
Responsabile Amm.-
organ. 2,9 1,6 6,9 0,0 0,0 2,2 3,0 4,2 4,0
Op. tecnico ausiliario 0,1 0,2 0,0 0,0 3,4 0,0 0,0 0,0 0,0
Op. tecnico della
logistica 0,1 0,2 0,0 0,0 0,0 0,4 0,0 0,0 0,0
Op. di segreteria 1,6 0,4 5,1 0,0 3,4 1,7 1,7 1,2 0,0
Tecnico dei servizi 1,0 1,2 0,6 0,0 3,4 0,9 1,3 0,6 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****683 508 175 0 29 230 234 165 25
Totale*** 100,0 74,3 25,7 0,0 4,2 33,7 34,3 24,1 3,7
116
Segue
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 683 nel 2012 e 728 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione
( g )
Profilo Totale Sesso Età
M F <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
2013
Direttore di sede
operativa 4,3 4,8 2,7 0,0 0,0 1,8 3,3 7,9 12,5
Direttore di funzione 0,3 0,4 0,0 0,0 0,0 0,0 0,4 0,5 0,0
Direttore generale 0,5 0,6 0,5 0,0 0,0 0,0 0,8 1,0 0,0
Formatore 58,8 60,3 54,5 100,0 81,1 63,6 56,1 50,8 65,6
Formatore coordinatore 10,9 11,5 9,1 0,0 5,4 10,5 11,7 13,1 0,0
Formatore orientatore 2,7 1,5 6,4 0,0 0,0 1,3 4,2 3,7 0,0
Formatore Tutor 14,6 14,0 16,0 0,0 10,8 17,5 13,0 13,6 15,6
Progettista 1,6 1,7 1,6 0,0 0,0 1,3 2,5 1,6 0,0
Responsabile
dei processi 2,5 2,6 2,1 0,0 0,0 1,3 2,5 3,7 6,3
Collaboratore
amministrativo 1,1 0,7 2,1 0,0 0,0 0,9 2,5 0,0 0,0
Responsabile Amm.-
organ. 1,2 0,6 3,2 0,0 0,0 0,0 1,7 2,6 0,0
Op. tecnico ausiliario 0,1 0,2 0,1 0,0 2,7 0,0 0,0 0,0 0,0
Op. tecnico della
logistica 0,1 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,5 0,0
Op. di segreteria 0,5 0,2 1,6 0,0 0,0 0,9 0,4 0,5 0,0
Tecnico dei servizi 0,7 0,9 0,0 0,0 0,0 0,9 0,8 0,5 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****728 541 187 1 37 228 239 191 32
Totale*** 100,0 74,3 25,7 0,1 5,1 31,3 32,8 26,2 4,4
117
L’incrocio con il sesso, evidenzia nell’area funzionale della direzione una
leggera sotto-rappresentazione delle donne riguardo alla partecipazione alla For -
mazione in servizio dei direttori di sede operativa e la loro assenza tra i direttori
di funzione nel 2013 (nel 2012 si ha una loro modesta sovra-rappresentazione).
Nell’area della erogazione si registra una sotto-rappresentazione delle donne nella
frequenza all’aggiornamento tra i formatori e una loro leggera sovra-rappresentazione
tra gli orientatori. L’area dell’amministrazione vede crescere rispetto al totale
la percentuale delle donne e diminuire quella degli uomini soprattutto nel 2013.
Nell’area funzionale della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto, si osserva
una sovra-rappresentazione delle donne nella partecipazione alla Formazione
in servizio degli operatori di segreteria in particolare nel 2012 e la loro assenza o
quasi tra gli operatori tecnici ausiliari e tra i tecnici dei servizi. In sintesi, non si
osservano disparità considerevoli tra i sessi, ma si potrebbero ridurre le differenze
ancora esistenti.
A sua volta l’età pone in risalto un tendenziale andamento in crescita con il suo
aumento nell’area della direzione, soprattutto tra i direttori di sede operativa, ma non
così chiara tra i direttori di funzione e generali. Nell’area dell’erogazione la partecipazione
decresce stranamente dalle coorti più giovani a quelle più anziane tranne fra
i meno 20 che sono assenti e i più 60 che sono sovra-rappresentati; solo tra i coordinatori,
gli orientatori e i responsabili dei processi si nota un andamento tendenziale
alla crescita con l’aumento dell’età. L’area dell’amministrazione mette in evidenza
un aumento con l’età tra i 31 e i 60. Nell’area funzionale della segreteria, della logistica
e dei servizi di supporto, si osserva nel 2012 una diminuzione con l’età e nel
2013 una sovra-rappresentazione nel gruppo di età 31-40. Comunque, tendono ad
essere centrali i gruppi di età 31-60, mentre i meno sono giustamente assenti, i 20-
30 sono sovra-rappresentati tra i formatori e i tutor, non molto spiegabilmente, e i
più anziani (oltre 60) sembrano piuttosto abbandonati a se stessi.
Quanto poi all’incrocio tra frequenza alle attività di aggiornamento e la circoscrizione
geografica, la partecipazione dei profili dell’area funzionale della direzione
mostra che nella maggioranza dei casi le percentuali si collocano sul totale;
le eccezioni riguardano il direttore di sede operativa che è leggermente sotto-rappresentato
al Sud (solo nel 2012), il direttore di funzione che è leggermente sovrarappresentato
al Centro e assente al Sud (unicamente nel 2013) e il direttore generale
che è leggermente sovra-rappresentato al Nord Est e assente al Nord Ovest (in
entrambi i casi solo nel 2013, cfr. Tav. 40). Nell’area funzionale della erogazione la
situazione è piuttosto variegata: la frequenza dei formatori cresce al Centro e al
Sud; quella dei coordinatori cresce al Nord Est e diminuisce al Sud e leggermente
al Nord Ovest; quella degli orientatori sale lievemente al Centro e si abbassa leggermente
al Sud e al Nord Ovest (solo nel 2013); quella dei tutor aumenta al Nord
Ovest e si riduce al Nord Est e al Sud; quella dei progettisti cresce in misura modesta
al Centro e al Sud e scende in altrettanta misura al Nord Est (solo nel 2013);
il responsabile dei processi aumenta leggermente al Sud, si riduce al Nord Est (solo
118
Tav. 40 – Partecipazione alla Formazione in servizio per profilo, incrociato con la circoscrizione geografica e lo stato ecclesiale (anni 2012 e 2013; in % e VA)
( Continua)
Profilo Totale Stato Ecclesiale Circoscrizione Geografica
Salesiano Nord Est Nord Ovest Centro Sud
2012
Direttore di sede
operativa 4,2 26,1 3,5 3,6 5,7 4,8 1,1
Direttore di funzione 0,9 0,0 0,9 0,4 0,0 3,8 1,1
Direttore generale 0,6 4,3 0,5 0,9 0,4 1,0 0,0
Formatore 54,5 39,1 55,0 56,1 49,8 47,6 71,7
Formatore coordinatore 11,3 8,7 11,4 17,5 9,1 9,5 4,3
Formatore orientatore 2,2 4,3 2,1 1,8 2,3 3,8 1,1
Formatore Tutor 13,3 13,0 13,3 8,5 20,5 13,3 4,3
Progettista 2,0 0,0 2,1 1,3 1,1 4,8 3,3
Responsabile
dei processi 2,6 4,3 2,6 1,3 3,0 1,9 5,4
Collaboratore
amministrativo 2,5 0,0 2,6 3,1 2,3 2,9 1,1
Responsabile Amm.
organ. 2,9 0,0 3,0 3,1 1,9 5,7 2,2
Op. tecnico ausiliario 0,1 0,0 0,2 0,0 0,4 0,0 0,0
Op. tecnico della
logistica 0,1 0,0 0,2 0,0 0,4 0,0 0,0
Op. di segreteria 1,6 0,0 1,7 0,9 2,3 1,0 2,2
Tecnico dei servizi 1,0 0,0 1,1 1,3 0,8 0,0 2,2
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****683 23 660 223 263 105 92
Totale*** 100,0 3,4 96,6 32,6 38,5 15,4 13,5
119
(Segue)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 683 nel 2012 e 728 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione
Profilo Totale Stato Ecclesiale Circoscrizione Geografica
Salesiano Nord Est Nord Ovest Centro Sud
2013
Direttore di sede
operativa 4,3 29,6 3,3 3,8 4,1 4,4 5,6
Direttore di funzione 0,3 0,0 0,3 0,5 0,0 0,9 0,0
Direttore generale 0,5 7,4 0,3 1,6 0,0 0,9 0,0
Formatore 58,8 33,3 59,8 57,6 56,7 61,1 66,3
Formatore coordinatore 10,9 7,4 11,0 20,7 7,6 8,8 5,6
Formatore orientatore 2,7 3,7 2,7 1,6 3,2 4,4 1,1
Formatore Tutor 14,6 14,8 14,6 4,3 22,2 14,2 6,7
Progettista 1,6 0,0 1,7 1,1 1,2 3,5 2,2
Responsabile
dei processi 2,5 3,7 2,4 1,6 2,9 0,0 5,6
Collaboratore
amministrativo 1,1 0,0 1,1 2,2 0,6 0,9 1,1
Responsabile Amm.
organ. 1,2 0,0 1,3 3,3 0,0 0,9 2,2
Op. tecnico ausiliario 0,1 0,0 0,1 0,0 0,3 0,0 0,0
Op. tecnico della
logistica 0,1 0,0 0,1 0,0 0,0 0,0 1,1
Op. di segreteria 0,5 0,0 0,6 0,5 0,6 0,0 1,1
Tecnico dei servizi 0,7 0,0 0,7 1,1 0,6 0,0 1,1
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****728 27 701 184 342 113 89
Totale*** 100,0 3,7 96,3 25,3 47,0 15,5 12,2
120
nel 2013) e diminuisce (2012) o è assente (2013) al Centro. La partecipazione dei
profili dell’area funzionale dell’amministrazione si situa nella maggioranza dei casi
sui dati del totale tranne quella del collaboratore amministrativo che aumenta nel
Nord Est (2013) e diminuisce nel Sud (2012) e del responsabile amministrativoorganizzativo
che aumenta leggermente nel Nord Est (2013) e nel Centro (2012) e
diminuisce (2012) o è assente (2013) nel Nord Ovest. Nell’area funzionale della
segreteria, della logistica e dei servizi di supporto la frequenza all’aggiornamento
risulta: prevalentemente assente tra gli operatori tecnici ausiliari (eccetto che nel
Nord Ovest) e tra gli operatori tecnici della logistica (tranne che nel Nord Ovest nel
2012 e nel Sud nel 2013); sui dati del totale tra gli operatori di segreteria e i tecnici
dei servizi tranne nel primo caso in cui la partecipazione è assente al Centro (2013)
e nel secondo in cui la frequenza cresce leggermente al Sud. Come osservazione
generale si può dire che è principalmente la partecipazione nell’area funzionale
dell’erogazione che richiede interventi di riequilibrio piuttosto generalizzati nelle
varie circoscrizioni rispetto al totale.
Se si passa all’incrocio tra la partecipazione alla formazione in base al profilo
e lo stato ecclesiale emerge, come negli altri casi, che i dati relativi ai laici si collocano
generalmente su quelli del totale. Quanto ai Salesiani, la frequenza alle attività
di aggiornamento dei profili dell’area funzionale della direzione è sovra-rappresentata
tra di loro tranne il caso della partecipazione dei direttori di funzione che
è assente; nell’area funzionale dell’erogazione la frequenza degli orientatori e dei
responsabili dei processi cresce tra i Salesiani, mentre diminuisce quella dei formatori
e dei coordinatori, quella dei progettisti è assente (ma non ci sono Salesiani
progettisti) e quella dei tutor risulta sul totale; da ultimo la partecipazione dei profili
delle aree funzionali dell’amministrazione e della segreteria, della logistica e dei servizi
di supporto è assente tra i Salesiani anche perché questi ultimi sono presenti
solo tra i responsabili amministrativo-organizzativi e gli operatori tecnici ausiliari.
In conclusione, l’unico suggerimento che si può dare è quello di riequilibrare un
poco la partecipazione dei vari profili tra i Salesiani.
L’incrocio della partecipazione alla Formazione in servizio tra il profilo e il
tipo di contratto evidenzia come negli altri casi che i dati relativi al tempo indeterminato
si collocano generalmente su quelli del totale (cfr. Tav. 41). Quanto al tempo
determinato, si registra l’assenza dei profili dell’area funzionale della direzione
dalla frequenza all’aggiornamento tranne nel caso dei direttori di sede operativa nel
2013 che sono tuttavia sotto-rappresentati. L’area dell’erogazione vede la sovrarappresentazione
dei formatori e dei progettisti, la sotto-rappresentazione dei coordinatori
e dei tutor e l’assenza dei responsabili dei processi (che però non hanno
contratti a tempo determinato), mentre la partecipazione degli orientatori è sui dati
del totale. La partecipazione dei profili dell’area dell’amministrazione manca nel
tempo determinato. Nell’area funzionale della segreteria, della logistica e dei servizi
di supporto, la partecipazione degli operatori tecnico-ausiliari, degli operatori
di segreteria (2012) e dei tecnici dei servizi è leggermente sovra-rappresentata
121
Tav. 41 – Partecipazione alla Formazione in servizio per profilo, incrociato con il titolo di studio e il tipo di contratto (anni 2012 e 2013; in % e VA)
( Continua)
Profilo Totale
Tipo di Contratto Titolo di Studio*****
Tempo
Indeterminato
Tempo
Determinato Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
2012
Direttore di sede
operativa 4,2 4,4 0,0 3,9 4,9 0,0 0,0 0,0 0,0
Direttore di funzione 0,9 0,9 0,0 1,2 0,8 0,0 0,0 0,0 0,0
Direttore generale 0,6 0,6 0,0 1,2 0,3 0,0 0,0 0,0 0,0
Formatore 54,5 54,5 61,9 52,3 55,6 47,6 60,0 0,0 0,0
Formatore coordinatore 11,3 11,5 4,8 12,9 10,8 4,8 20,0 0,0 0,0
Formatore orientatore 2,2 2,1 4,8 4,3 0,8 0,0 0,0 0,0 33,3
Formatore Tutor 13,3 13,6 4,8 14,1 13,1 14,3 20,0 0,0 0,0
Progettista 2,0 2,0 4,8 1,6 2,3 0,0 0,0 0,0 33,3
Responsabile
dei processi 2,6 2,7 0,0 3,5 2,1 0,0 0,0 0,0 33,3
Collaboratore
amministrativo 2,5 2,6 0,0 1,2 2,6 19,0 0,0 0,0 0,0
Responsabile Amm.-
organ. 2,9 3,0 0,0 2,0 3,6 4,8 0,0 0,0 0,0
Op. tecnico ausiliario 0,1 0,0 4,8 0,0 0,3 0,0 0,0 0,0 0,0
Op. tecnico della
logistica 0,1 0,2 0,0 0,0 0,0 4,8 0,0 0,0 0,0
Op. di segreteria 1,6 1,5 4,8 0,8 2,1 4,8 0,0 0,0 0,0
Tecnico dei servizi 1,0 0,8 9,5 1,2 1,0 0,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****683 660 23 256 390 21 5 0 3
Totale*** 100,0 96,6 3,4 37,9 57,8 3,1 0,7 0,0 0,4
122
(Segue)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è 683 nel 2012 e 728 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione;
*****Il totale è 675 nel 2012 e 717 nel 2013 a causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori
( g )
Profilo Totale
Tipo di Contratto Titolo di Studio*****
Tempo
Indeterminato
Tempo
Determinato Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
2013
Direttore di sede
operativa 4,3 4,3 2,9 4,8 4,1 0,0 0,0 0,0 0,0
Direttore di funzione 0,3 0,3 0,0 0,7 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
Direttore generale 0,5 0,6 0,0 1,1 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0
Formatore 58,8 57,8 79,4 55,7 55,9 72,2 58,3 0,0 0,0
Formatore coordinatore 10,9 11,2 2,9 11,7 10,9 5,6 8,3 0,0 0,0
Formatore orientatore 2,7 2,7 2,9 5,5 1,0 0,0 0,0 0,0 33,3
Formatore Tutor 14,6 15,1 2,9 15,0 14,4 11,1 33,3 0,0 0,0
Progettista 1,6 1,6 2,9 1,1 1,9 0,0 0,0 0,0 33,3
Responsabile dei
processi 2,5 2,6 0,0 2,2 2,7 0,0 0,0 0,0 33,3
Collaboratore
amministrativo 1,1 1,2 0,0 1,1 1,0 5,6 0,0 0,0 0,0
Responsabile Amm.-
organ. 1,2 1,3 0,0 0,7 1,7 0,0 0,0 0,0 0,0
Op. tecnico ausiliario 0,1 0,0 2,9 0,0 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0
Op. tecnico della
logistica 0,1 0,1 0,0 0,0 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0
Op. di segreteria 0,5 0,6 0,0 0,4 0,5 5,6 0,0 0,0 0,0
Tecnico dei servizi 0,7 0,6 2,9 0,0 1,2 0,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****728 694 34 273 411 18 12 0 3
Totale*** 100,0 95,3 4,7 38,1 57,3 2,5 1,7 0,0 0,4
123
sempre nel tempo determinato, mentre manca quella degli operatori tecnici della
logistica. In conclusione, si può raccomandare che la partecipazione al tempo determinato
vada riequilibrata nell’area funzionale dell’erogazione e avviata nell’area
funzionale dell’amministrazione.
Se si fa riferimento all’incrocio tra i profili e i titoli di studio, la partecipazione
alla Formazione in servizio è limitata nell’area funzionale della direzione ai laureati
e ai diplomati anche perché tali figure mancano nel resto dei titoli e le percentuali
si collocano generalmente sui dati del totale (cfr. Tav. 41). Nell’area funzionale
dell’erogazione emerge che: la frequenza di orientatori, progettisti e responsabili
dei processi si concentra tra i laureati, i diplomati e i possessori di titoli altri ed è
assente nel restante dei casi – anche perché tali profili non si riscontrano tra questi
titoli – e le percentuali si situano sui dati del totale; la partecipazione dei formatori
diminuisce tra i laureati e tra i diplomati (solo nel 2013 ed è sul totale nel 2012),
cresce tra i qualificati (solo nel 2013, ma scende nel 2012), sale tra i licenziati della
media (solo nel 2012, ma è sul totale nel 2013) ed è assente nel restante dei titoli
dove comunque mancano tali operatori; la frequenza dei coordinatori si colloca sul
totale tra laureati, diplomati e qualificati, mentre cresce tra i licenziati della media
(solo nel 2012 e nel 2013 è sul totale) ed è assente nel restante dei titoli tra cui comunque
non si trovano tali operatori; la frequenza dei formatori tutor si situa sul totale
tra laureati e diplomati, sale tra i licenziati della media, diminuisce tra i qualificati
(solo nel 2013, ma è sul totale nel 2012) ed è assente nel restante dei titoli dove
comunque tali operatori non si riscontrano. Nell’area funzionale dell’amministrazione
la partecipazione dei collaboratori amministrativi e dei responsabili amministrativo-
organizzativi diminuisce tra i laureati e i diplomati (nel 2012, ma è sul totale
nel 2013), si colloca sul totale tra i diplomati, cresce tra i qualificati (tranne
quella dei responsabili amministrativo-organizzativi che è assente nel 2013) ed è
assente nel restante dei titoli dove comunque tali operatori generalmente non si riscontrano.
Nell’area funzionale della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto,
la partecipazione dell’operatore di segreteria è sovra-rappresentata tra i qualificati
e sul totale (2013) e sotto-rappresentata (2012) tra laureati e diplomati,
quella dell’operatore tecnico-ausiliare si situa sul totale tra i diplomati, quella dell’operatore
tecnico della logistica è sovra-rappresentata tra i qualificati (solo 2012)
e si colloca sul totale tra i diplomati (solo nel 2013) e quella del tecnico dei servizi
si colloca sul totale tra i diplomati e tra i laureati (solo 2012): certamente questa è
l’area dei profili che richiede maggiori interventi di riequilibrio insieme con quella
della erogazione, anche se in questo caso parzialmente.
Come si è osservato all’inizio, dopo aver esaminato la partecipazione degli
operatori del CNOS-FAP alla Formazione in servizio in base alle loro caratteristiche
socio-demografiche, si dedicherà l’ultima parte di questa sezione ad un’analisi
secondo il tipo delle attività offerte dalla Sede Nazionale dell’Ente. Anzitutto,
va evidenziato che il totale di quanti hanno frequentato i vari tipi di offerta è superiore
a quello degli operatori che vi hanno partecipato perché alcuni di questi hanno
preso parte a più di un tipo e precisamente 887 rispetto a 631 nel 2012 e 924 in
confronto a 677 nel 2013 e la differenza è di circa il 40% (40,6% nel primo caso
e 36,5% nel secondo), un primo segnale del successo delle iniziative in generale
(cfr. Tav. 42).
Nella stessa direzione sembra andare anche il dato della crescita che si registra
tra i due anni che è in valore assoluti di 37 presenze in più e del 4,2% in percentuale.
La distribuzione della frequenza tra le varie attività registra una sostanziale
convergenza tra i due anni: la maggioranza assoluta va ai corsi regionali (che
corrispondono alla dizione di corsi residenziali regionali/locali, utilizzata nel questionario
dei Delegati, Direttori e Segretari dei Settori che verrà commentato nel
capitolo successivo) che nel biennio crescono leggermente dal 50,2% (327) nel
2012 al 53,5% (494); intorno a un quarto/un quinto si collocano i corsi nazionali
(che corrispondono alla dizione corsi residenziali nazionali – area delle competenze
tecnico-professionali e corsi residenziali nazionali – area delle competenze
di base) che sono sostanzialmente stabili a livello percentuale, 23,4% o 208 e
23,9% o 221 e i seminari dei settori professionali (che corrispondono alla dizione
seminari tecnici per i formatori del questionario dei Delegati, Direttori e Segretari
dei Settori) che segnano una leggera diminuzione percentuale e in valori assoluti
dal 19,7%, o 175, al 17,7%, o 164); le altre tre offerte si collocano al disotto del
5% (i seminari per il personale direttivo che restano stabili a livello percentuale,
4,1%, o 36, e 4,1%, o 38; i seminari tematici legati ad eventi esterni che diminuiscono
in percentuale e in valori assoluti dal 2,1%, o 19, allo 0,5%, o 5; i corsi FAD
che scendono in percentuale e in valori assoluti, ambedue minimi, dallo 0,5%, o 4,
allo 0,2%, o 2).
A un primo esame, ma ritorneremo poi sull’argomento nel commento ai focus
group, l’ossatura della Formazione in servizio del CNOS-FAP è costituita primariamente
dai corsi regionali e poi da quelli nazionali e dai seminari dei settori; preoccupa
la presenza totalmente marginale della FAD in un mondo dominato dalle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione.
L’incrocio del tipo di attività di Formazione in servizio con il sesso mette in
evidenza un’ulteriore leggera crescita della frequenza degli uomini rispetto alle
donne in paragone con il totale dei partecipanti contati una volta sola che aveva già
visto un aumento percentuale da due terzi circa a tre quarti quasi in relazione alla
distribuzione per sesso del totale degli operatori (cfr. sopra Tav. 23).
L’articolazione delle attività tra gli uomini riflette sostanzialmente i dati del
totale. Se si passa a quella delle donne, si registra una sovra-rappresentazione dei
corsi regionali, una sotto-rappresentazione tra i corsi nazionali, nei seminari dei
settori professionali (solo nel 2013) e nei seminari del personale direttivo (unicamente
nel 2012), mentre sono assenti dai seminari tematici. Anche in questo caso
la conclusione che si può trarre è quella di un riequilibrio della partecipazione a
favore delle donne soprattutto quanto ai corsi nazionali e ai seminari dei settori
professionali.
124
125
Tav. 42 – Partecipazione alla Formazione in servizio per tipo di attività, incrociato con il sesso e l’età
(anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è superiore al numero degli
operatori che hanno partecipato alla Formazione in servizio perché alcuni hanno preso parte a più di un tipo di attività
Se ci si riferisce all’età, va notata anzitutto una sostanziale coincidenza della
distribuzione per classi di età tra il totale degli operatori del CNOS-FAP, il totale di
quanti partecipano alla Formazione in servizio contati una volta sola e il totale di
quanti hanno frequentato i vari tipi di attività, contati per ogni tipo (cfr. Tav. 42). La
partecipazione ai corsi regionali vede una modesta crescita nelle coorti più anziane
(51-oltre 60) che si giustifica per l’obsolescenza delle conoscenze e delle competenze
e che per la medesima ragione si giustificherebbe anche per la coorte intermedia
(41-50) dove, invece, si osserva una leggera diminuzione. Riguardo ai corsi
nazionali si nota una sovra-rappresentazione delle classi più giovani (20-40) e una
sotto-rappresentazione di quella più anziane (50-oltre 60) che forse si spiega per le
tematiche trattate in questi corsi che hanno una funzione maggiormente di socializ-
Tipo di
Attività Totale Sesso Età
M F <20 20-30 31-40 41-50 51-60 >60
2012
Seminario
settori
professionali
19,7 19,8 19,4 0,0 15,4 20,7 21,7 16,1 18,5
Seminario
direttori 4,1 4,7 1,9 0,0 0,0 1,6 3,5 8,0 14,8
Seminario
tematico 2,1 2,8 0,0 0,0 5,1 1,3 3,5 1,0 0,0
Corso
nazionale 23,4 24,2 20,9 0,0 28,2 27,0 25,2 15,6 14,8
Corso
regionale 50,2 48,0 57,3 0,0 48,7 49,0 45,9 58,8 51,9
FAD 0,5 0,4 0,5 0,0 2,6 0,3 0,3 0,5 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****887 681 206 0 39 304 318 199 27
Totale*** 100,0 76,8 23,2 0,0 4,4 34,3 35,8 22,4 3,0
2013
Seminario
settori
professionali
17,7 19,1 13,2 0,0 17,6 18,1 20,5% 13,8 16,7
Seminario
direttori 4,1 4,3 3,7 0,0 0,0 1,6 3,3% 8,4 13,3
Seminario
tematico 0,5 0,7 0,0 0,0 2,0 1,0 0,3% 0,0 0,0
Corso
nazionale 23,9 24,5 21,9 50,0 25,5 25,9 25,4 21,3 3,3
Corso
regionale 53,5 51,2 60,7 50,0 54,9 52,8 50,5 56,4 66,7
FAD 0,2 0,1 0,5 0,0 0,0 0,6 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****924 705 219 2 51 309 307 225 30
Totale*** 100,0 76,3 23,7 0,2 5,5 33,4 33,2 24,4 3,2
zazione al progetto dell’Ente a cui le generazioni più anziane sono state già ampiamente
introdotte. I seminari dei settori professionali evidenziano una sostanziale
stabilità sui dati del totale nelle coorti più giovani (20-40), una leggera crescita in
quella intermedia (41-50) e una modesta diminuzione in quelle più anziane, soprattutto
tra i 51-60. Nei seminari per i direttori si registra, come era da aspettarsi per la
loro età, una sovra-rappresentazione delle classi di età più anziane (51-oltre 60), nei
seminari tematici legati ad eventi esterni tendono a prevalere i più giovani (20-40),
probabilmente più disponibili e interessati, come anche nei corsi FAD data la maggiore
conoscenza e competenze nelle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione da parte delle generazioni più giovani.
L’incrocio del tipo di attività di Formazione in servizio con la circoscrizione
geografica mette in evidenza tra il 2012 e il 2013 una crescita della partecipazione
degli operatori contati per ogni tipo di attività nel Nord Ovest e leggera al Centro e
una diminuzione al Nord Est e modesta al Sud, mentre nei confronti del totale dei
partecipanti contati una sola volta, nel 2012 cresce il Nord Est e diminuisce il Sud e
leggermente il Nord Ovest e nel 2013 aumenta leggermente il Nord Ovest e il
Centro e scende il Sud (cfr. Tav. 43). In altre parole, l’andamento che sembra più
chiaro nel biennio pare quello di una diminuzione della partecipazione del Sud
rispetto alla sua presenza nel totale dei partecipanti. Venendo ai singoli tipi di attività,
nel Nord Est risulta sovra-rappresentata la partecipazione ai corsi regionali e
leggermente sotto-rappresentata quella ai corsi nazionali e ai seminari dei settori
professionali per cui parrebbe consigliabile un riequilibrio; nel Nord Ovest le percentuali
tendono a collocarsi sul totale soprattutto nel 2013; un andamento simile si
riscontra al Centro tranne che per la frequenza dei corsi nazionali che diminuisce
rispetto al totale e quella dei seminari per direttori che risulta in crescita; il Sud
vede una sovra-rappresentazione dei corsi nazionali e dei seminari dei settori professionali
e una sotto-rappresentazione dei corsi regionali, ma il trend dipende dalle
difficoltà di organizzare questi ultimi per l’insufficiente supporto degli assessorati
competenti.
Se si fa riferimento allo stato ecclesiale, si nota una leggera diminuzione delle
percentuali dei Salesiani, passando dal totale degli operatori a quello dei partecipanti
alla Formazione in servizio contati una sola volta, a quello dei partecipanti
calcolati tante volte quanti i tipi di attività frequentati: sarebbe opportuno che vi
prendessero parte secondo la loro presenza nel totale perché hanno bisogno di aggiornamento
anche più dei laici, occupando posizioni direttive in misura notevolmente
più consistente (cfr. Tav. 43).
La partecipazione dei laici ai vari tipi di attività si colloca in ambedue gli anni
sui dati del totale, mentre quella dei Salesiani è sotto-rappresentata nei corsi nazionali,
nei seminari dei settori professionali e nei corsi regionali (solo nel 2013) e
sovra-rappresentata nei seminari per i direttori e certamente questo andamento va
riequilibrato per mantenere le proprie conoscenze e competenze a un livello comparabile
con i laici.
126
127
Tav. 43 – Partecipazione alla Formazione in servizio per tipo di attività,
incrociato con lo stato ecclesiale e la circoscrizione geografica (anni 2012 e 2013; in % e VA)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è superiore al numero degli
operatori che hanno partecipato alla Formazione in servizio perché alcuni hanno preso parte a più di un tipo di attività
L’incrocio della partecipazione alle differenti iniziative di Formazione in servizio
con i tipi di contratto vede una sostanziale coincidenza delle percentuali riguardo
alla frequenza degli operatori sia contati una volta sola o più volte secondo
il tipo di attività, sia tra gli anni 2012 e 2013; al contrario si notano diversità tra gli
operatori che partecipano ai vari tipi di formazione e gli operatori in generale dell’Ente
nel senso che tra i primi cresce la presenza dei contratti a tempo indeterminato
e diminuisce quella dei contratti a tempo determinato che si riduce a percentuali
inferiori al 5% (cfr. Tav. 44). Come al solito, l’articolazione delle varie offerte
di aggiornamento con il tempo indeterminato si pone sui dati del totale. La distribuzione
in base al tempo determinato mette in risalto una crescita della partecipazione
nei seminari dei settori professionali e una diminuzione nei corsi regionali e nazio-
Tipo di
Attività Totale Stato Ecclesiale Circoscrizione Geografica
Salesiano Laico Nord Est Nord Ovest Centro Sud
2012
Seminario
settori
professionali
19,7 12,0 20,0 11,8 22,4 21,4 28,6
Seminario
direttori 4,1 28,0 3,4 3,1 4,9 7,1 0,8
Seminario
tematico 2,1 0,0 2,2 0,7 1,7 1,6 7,1
Corso
nazionale 23,4 8,0 23,9 19,2 26,7 19,8 27,8
Corso
regionale 50,2 52,0 50,1 65,2 43,4 49,2 35,7
FAD 0,5 0,0 0,5 0,0 0,9 0,8 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****887 25 862 287 348 126 1256
Totale*** 100,0 2,8 97,2 32,4 39,2 14,2 14,2
2013
Seminario
settori
professionali
17,7 13,8 17,9 14,8 18,2 16,9 23,4
Seminario
direttori 4,1 27,6 3,4 3,9 3,8 5,6 3,6
Seminario
tematico 0,5 0,0 0,6 0,0 0,2 0,6 2,7
Corso
nazionale 23,9 10,3 24,4 20,4 23,9 21,9 34,2
Corso
regionale 53,5 44,8 53,7 60,9 53,7 54,4 36,0
FAD 0,2 3,4 0,1 0,0 0,2 0,6 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****924 29 895 230 423 160 111
Totale*** 100,0 3,1 96,9 24,9 45,8 17,3 12,0
128
Tav. 44 – Partecipazione alla Formazione in servizio per tipo di attività, incrociato con il titolo di studio, il tipo di contratto e il profilo (anni 2012 e 2013; in % e VA)
( Continua)
Tipo di Attività Totale
Tipo di contratto Titolo di Studio******
Tempo
Indeterminato
Tempo
Determinato Laurea Diploma Qualifica
Professionale
Licenza
Media
Licenza
Elementare Altro
2012
Seminario settori
professionali 19,7 19,5 26,9 20,2 19,0 16,7 33,3 0,0 66,7
Seminario direttori 4,1 4,2 0,0 4,3 4,2 0,0 0,0 0,0 0,0
Seminario tematico 2,1 2,2 0,0 0,6 3,3 0,0 0,0 0,0 0,0
Corso nazionale 23,4 23,7 15,4 23,0 22,7 16,7 44,4 0,0 33,3
Corso regionale 50,2 49,9 57,7 51,2 50,4 66,7 22,2 0,0 0,0
FAD 0,5 0,5 0,0 0,6 0,4 0,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****887 861 26 322 520 24 9 0 3
Totale*** 100,0 97,1 2,9 36,7 59,2 2,8 1,0 0,0 0,3
2013
Seminario settori
professionali 17,7 17,6 20,5 15,9 18,6 9,5 18,8 0,0 50,0
Seminario direttori 4,1 4,2 2,3 5,2 3,7 0,0 0,0 0,0 0,0
Seminario tematico 0,5 0,6 0,0 0,3 0,7 0,0 0,0 0,0 0,0
Corso nazionale 23,9 24,1 20,5 23,5 23,7 19,0 25,0 0,0 0,0
Corso regionale 53,5 53,4 54,5 54,9 53,1 71,4 56,3 0,0 50,0
FAD 0,2 0,1 2,3 0,3 0,2 0,0 0,0 0,0 0,0
Totale* 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Totale** ****924 880 44 328 544 21 16 911--0 2
Totale*** 100,0 95,2 4,8 36,0 59,7 2,3 1,8 0,0 0,2
129
(Segue)
Legenda: VA=Valore Assoluto; *% di colonna; **VA di riga; ***% di riga; ****Il totale è superiore al numero degli operatori che hanno partecipato alla Formazione in servizio perché
alcuni hanno preso parte a più di un tipo di attività; *****Il totale è 878 nel 2012 e 911 nel 2013 a causa della presenza nell’archivio di campi non obbligatori; ****** Il totale è 973
nel 2012 e 1007 nel 2013 perché alcuni dipendenti svolgono più di una mansione - 1. Collaboratore amministrativo, 2. Direttore di funzione, 3. Direttore di sede operativa, 4. Direttore
generale, 5. Formatore, 6. Form. coordinatore, 7. Form. orientatore, 8. Form. tutor, 9. Operatore di Segreteria, 10. Op. Tecnico Ausiliario, 11. Op. Tecnico della logistica, 12. Progettista,
13. Resp. Ammin. Organizzativo, 14. Responsabile dei processi, 15. Tecnico dei servizi
Profilo******
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
2012
11,1 0,0 0,0 0,0 19,4 22,3 37,5 25,2 8,3 0,0 0,0 41,7 0,0 29,6 36,4
0,0 0,0 80,6 75,0 0,2 3,1 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 7,4 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0% 2,6 3,1 0,0 2,4 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 3,7 0,0
5,6 0,0 0,0 0,0 26,9 23,8 33,3 22,0 16,7 0,0 0,0 29,2 0,0 22,2 36,4
83,3 100,0 19,4 25,0 50,9 47,7 29,2 48,0 75,0 100,0 100,0 25,0 100,0 37,0 27,3
0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 2,4 0,0 0,0 0,0 4,2% 0,0 0,0 0,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
18 6 36 4 532 130 24 127 12 1 1 24 20 27 11
1,8 0,6 3,7 0,4 54,7 13,4 2,5 13,0 1,2 0,1 0,1 2,5 2,0 2,8 1,1
2013
11,1 50,0 4,9 0,0 15,3 25,8 29,4 21,7 40,0 0,0 0,0 38,9 25,0 33,3 28,6
0,0 0,0 70,7 100,0 0,0 4,2 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 8,3 7,4 0,0
0,0 0,0 0,0 0,0 0,7 0,8 0,0 0,7 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
22,2 0,0 7,3 0,0 26,4 21,7 26,5 21,0 20,0 100,0 0,0 33,3 25,0 22,2 28,6
66,7 50,0 17,1 0,0 57,5 47,5 44,1 55,8 40,0 0,0 100,0 27,8 41,7 37,0 42,9
0,0 0,0 0,0 0,0 0,2 0,0 0,0 0,7 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0
100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
9 2 41 4 588 120 34 138 5 1 1 18 12 27 7
0,9 0,2 4,1 0,4 58,4 11,9 3,4 13,7 0,5 0,1 0,1 1,8 1,2 2,7 0,7
130
nali: dal momento che i tre andamenti tendono a ridursi nel 2013, non pare necessario
suggerire alcun riequilibrio.
Se si prende in considerazione l’incrocio della frequenza alle diverse offerte di
aggiornamento con il titolo di studio, anzitutto si osserva una fondamentale corrispondenza
delle percentuali riguardo alla frequenza degli operatori sia contati una
volta sola o più volte secondo il tipo di attività, sia tra gli anni 2012 e 2013, e al
tempo stesso si registra una notevole coincidenza tra gli operatori che partecipano ai
vari tipi di formazione e gli operatori in generale dell’Ente tranne che per una sovrarappresentazione
dei primi tra i diplomati e una sotto-rappresentazione tra i qualificati
(cfr. Tav. 44). Venendo ai singoli tipi di attività, la distribuzione tra i laureati e i
diplomati si colloca in generale sui dati del totale; quella tra i qualificati evidenzia
una sovra-rappresentazione dei corsi regionali e una sotto-rappresentazione dei corsi
nazionali e dei seminari dei settori professionali; quella tra i licenziati della media si
situa sui dati del totale nel 2013, superando alcune differenze riscontrabili nel 2012;
quella fra i titoli altri mette in risalto una crescita dei seminari dei settori professionali
e dei corsi nazionali (solo nel 2012, mentre nel 2013 sono assenti), una collocazione
sul totale dei corsi regionali (nel 2013, ma mancano nel 2012) e una assenza
negli altri casi. Sembra che l’unico andamento chiaro da riequilibrare riguardi i qualificati
professionali la cui presenza dovrebbe aumentare nei seminari dei settori professionali
e nei corsi nazionali e diminuire nei corsi nazionali.
L’incrocio della partecipazione ai vari tipi di Formazione in servizio con i profili
vede una sostanziale coincidenza delle percentuali riguardo alla frequenza degli
operatori sia contati una volta sola o più volte secondo il tipo di attività, sia tra gli
anni 2012 e 2013; al contrario si notano differenze in base ai profili tra gli operatori
che partecipano ai vari tipi di formazione e gli operatori in generale dell’Ente nel
senso che nel primo caso sono sovra-rappresentate le aree funzionali della direzione
e della formazione, mentre sono sotto-rappresentate quelle dell’amministrazione
e della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto che, pertanto, vanno
riequilibrate (cfr. Tav. 44). Passando, poi, ai singoli tipi di attività, l’area funzionale
della direzione vede nell’insieme una sovra-rappresentazione della partecipazione
ai seminari dei direttori e una sotto-rappresentazione o assenza negli altri casi. Nell’area
funzionale dell’erogazione tendono a crescere i seminari dei settori professionali
(tranne tra i formatori che sono sul totale) e i corsi nazionali tra i formatori,
i tutor e i progettisti, mentre negli altri casi sono sul totale, e a diminuire i corsi regionali
tra i coordinatori, gli orientatori, i progettisti e i responsabili dei processi
mentre aumentano tra i formatori e rimangono sul totale negli altri casi. L’area funzionale
dell’amministrazione evidenzia andamenti contrastanti tra i due anni in merito
ai responsabili amministrativo-organizzativi e per quanto riguardo i collaboratori
amministrativi si nota una crescita nei corsi ragionali e una diminuzione nei seminari
dei settori professionali. Nell’area della segreteria, della logistica e dei servizi
di supporto le uniche tendenze un poco consolidate riguardano una sovra-rappresentazione
dei seminari per i settori professionali e una sotto-rappresentazione
131
dei corsi regionali, relativamente soltanto ai tecnici dei servizi e agli operatori di
segreteria che sono gli unici ad avere una consistenza numerica sufficiente. La raccomandazione
che si può fare è di riequilibrare la partecipazione alle varie attività
secondo i casi, a meno che le diversità non dipendano da situazioni specifiche.
4. CONCLUSIONI
Le informazioni raccolte nel database archivio dipendenti del CNOS-FAP sono
state elaborate in funzione della struttura stessa dell’archivio informatico. Dato il
costante e continuo aggiornamento dell’archivio, le informazioni sono state estratte
alla data del 3 novembre 2014. Sono state considerate, in un primo momento le
caratteristiche di base dei dipendenti CNOS-FAP; in un secondo momento l’attenzione
si è focalizzata sulla partecipazione alla Formazione in servizio, sempre in
considerazione delle caratteristiche socio-demografiche dei partecipanti. Essenzialmente
lo studio è consistito in analisi mono e bivariate ottenute attraverso un
sistema di query (interrogazioni), rivolte direttamente al sistema che fornisce in
risposta esclusivamente il conteggio (in valore assoluto) degli stati delle diverse
caratteristiche considerate (le variabili). Le informazioni archiviate nel database
sono state trattate esclusivamente a fini statistici e nel rispetto della riservatezza e
della tutela della privacy.
Essendo l’archivio dipendenti funzionale, in uso da ormai diversi anni e costantemente
aggiornato, si è stabilito di non procedere ex novo all’inserimento dati
nella forma classica di una matrice di dati (casi per variabili), ossia una tabella che
veda sulle righe gli operatori e sulle colonne le diverse caratteristiche degli stessi
operatori. Per le stesse ragioni di opportunità, si è ritenuto più utile non procedere
alla costruzione di una nuova cornice di inserimento dati, ma i ricercatori hanno
collaborato con la Sede Nazionale e, in particolare, con i responsabili del sistema
informatico, per ottimizzare il sistema attualmente in uso. Nello specifico, si suggerisce
di inserire un filtro per annualità, in modo da poter estrarre le informazioni
suddivise per anni solari o formativi e, in merito alla FAD, si consiglia di registrare
non soltanto il dato sulle certificazioni effettivamente conseguite, ma di registrare,
se tecnicamente possibile, gli accessi e, di conseguenza, gli abbandoni. Si consiglia
inoltre, di monitorare periodicamente la composizione socio-demografica dei dipendenti
CNOS-FAP, in modo da valutare il quadro complessivo ogni sei-dodici
mesi, assumendo come periodi di riferimento momenti significativi per il CNOSFAP,
come l’inizio dell’anno formativo.
4.1. La condizione degli operatori del CNOS-FAP
La crescita notevole che ha caratterizzato l’evoluzione del personale della FP
nel periodo 1996-01 sembra che si sia protratta nel CNOS-FAP fino all’anno formativo
2004-05 (ISFOL 2004: Montedoro, 2006; cfr. Tav. 1): infatti, tra il 1999-00
132
e il 2004-05 gli operatori dell’Ente passano da 1179 a 1812, registrando un incremento
di più della metà (53,6%): precisiamo che con la dizione operatori si intendono
tutti i dipendenti con contratto a tempo indeterminato o determinato, mentre i
consulenti sono esclusi dal conteggio. Fra il 2003-04 e il 2006-07 – ma soprattutto
nel biennio 2004-05 e 2005-06 – si registra un vero crollo da 1812 a 1266 con una
perdita di oltre 40 punti percentuali (46,3%): questo andamento si spiega soprattutto
come effetto della chiusura dei Centri in Sardegna e in Abruzzo. Nel periodo
successivo (2006-07/2013-14) il numero dei dipendenti senza il personale delle
Sedi Regionali e Nazionale si mantiene sostanzialmente stabile e nell’ultimo anno
formativo chiude in leggera crescita, +8,8% (rispetto al 2006-07); se ci riferisce al
personale comprensivo delle sedi, l’andamento è molto più piatto, ma termina con
una crescita del +7% (o del +9% qualora si prendano in considerazione i dati dell’archivio
dipendenti alla data del 03.11.145 che però non sono comparabili con gli
altri di cui non conosciamo la data).
Passiamo a considerare brevemente le articolazioni del totale degli operatori in
base alle loro caratteristiche socio-demografiche e a quelle professionali.
Incominciamo con il sesso ed emerge chiaramente la collocazione tradizionale
dell’offerta formativa del CNOS-FAP nell’ambito della preparazione allo
svolgimento dei mestieri tipicamente maschili: infatti, tra gli operatori gli uomini
ammontano ai due terzi circa (65,3%) o a 956 unità, mentre i dati delle donne
sono 34,7% e 507 rispettivamente. Questo andamento diverge da quello generale
del personale della FP che ha visto negli ultimi anni le femmine sorpassare i maschi
(53,2% e 46,8%: ISFOL, 2007). Pertanto è auspicabile che il CNOS-FAP
cerchi di adeguarsi al trend generale senza però perdere le sue caratteristiche tradizionali.
Passando all’età, i dati sembrano confermare sostanzialmente per il CNOSFAP
il rallentamento che si è verificato nell’invecchiamento dei formatori nella seconda
metà del precedente decennio (ISFOL, 2007). Infatti, la Tavola 5 evidenzia
che il 70% circa (69%) degli operatori del nostro Ente si colloca al di sotto dei 50
anni e quasi il 40% (36,3%) ha un’età pari o inferiore ai 40, mentre solo un quarto
(25,8%) si situa tra i 51 e i 60 e appena il 5,1% oltre i 60.
A livello di circoscrizione geografica, gli operatori del CNOS-FAP si distribuiscono
tra una maggioranza relativa nelle Regioni di Nord Ovest (44,2%), più di un
quarto al Nord Est (22,1%) e al Sud (21,6%) e intorno al 10% nel Centro (10,6%)
(cfr. Tav. 8). Rispetto alla distribuzione degli iscritti alla IeFP nei CFP, le percentuali
sono sostanzialmente simili nel Nord Ovest (44,6%) e nel Centro (10,6%),
mentre sono alquanto diverse nel Nord Est (32,4%) e nel Sud (12,4%) con il
CNOS-FAP che risulta meglio rappresentato nel Meridione e meno nel Nord Est:
va tuttavia tenuto presente che il raffronto deve essere preso con molta prudenza
5 Come si è precisato sopra, l’archivio offre soltanto i dati come si trovano al momento dell’accesso
e non quelli diversi di momenti precedenti.
133
per le considerevoli differenze tra i termini di paragone, non ultima la collocazione
della Sardegna per noi al Centro e per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
al Sud Isole (2013, p. 32).
Dal punto di vista dello stato ecclesiale, gli operatori si distribuiscono tra il
4,8% (70) di Salesiani e il 95,2% (1393) di laici (cfr. Tav. 11). Già alla fine degli
Anni ‘90 il rapporto tra religiosi e laici nei centri della Confap era molto squilibrato
a favore dei secondi (7% e 93% rispettivamente) (CSSC, 1999, p. 322); attualmente
è ancora di più diminuito, almeno nei CFP salesiani, e certamente sarebbe
auspicabile che la Congregazione impegnasse un numero maggiore dei suoi religiosi
a servizio della formazione dei giovani degli ambienti popolari che si avviano
al lavoro e che rientrano tra i destinatari principali della Società di San Francesco
di Sales (Costituzioni della Società di San Francesco di Sales, 2003, art. 27).
La percentuale dei laureati (36,9%) tra gli operatori del CNOS-FAP risulta superiore
a un terzo e si avvicina al 40% (cfr. Tav. 13): essa però è notevolmente inferiore
a quella dei formatori della FP, anche se il 60,7% raggiunto in proposito nel
2006, appare un poco sospetto dato che nel 2004 si era al 39,9% (ISFOL, 2007). I
diplomati sono oltre la metà (53,5%) e la loro consistenza si colloca al di sopra del
dato nazionale in misura considerevole (35,8%). Risultano ormai marginali le quote
dei qualificati (4,5%), dei licenziati della media (4,1%) e soprattutto di quelli delle
elementari (0,3%) e l’andamento è in linea con il trend nazionale; i titoli altri di cui
è in possesso lo 0,6% riguardano i master, le scuole di specializzazione e simili.
La raccomandazione che si può fare è di aumentare la presenza dei laureati in
rapporto ai diplomati.
Per quanto riguarda il tipo di contratto, gli operatori del CNOS-FAP si distribuiscono
tra l’87,0% a tempo indeterminato e il 13,0% a tempo indeterminato. Tale
rapporto rispecchia sostanzialmente quello esistente a livello nazionale tra gli oc -
cupati in genere che nel 2013 era 86,8% rispetto al 13,2% (Censis, 2014, p. 187)
(cfr. Tav. 16).
Passando da ultimo a considerare gli incroci dei profili con le altre variabili
socio-demografiche, va anzitutto evidenziato che essi raggiungono la cifra di 1546
che è superiore a quella degli operatori del CNOS-FAP perché alcuni di questi
svolgono più funzioni (cfr. Tav. 19). La maggioranza assoluta è costituita dai semplici
formatori (807 o 52,2%) a cui si aggiungono quelli che svolgono funzioni intermedie
come i tutor (192 o 12,4%), i coordinatori (110 o 7,1%), gli orientatori
(36 o 2,3%) e, per noi, anche i progettisti (18 o 1,2%) e i responsabili dei processi
(27 o 1,7%) che rimangono sostanzialmente dei formatori: in tutto si tratta di 1190
profili (76,9%). L’area funzionale della direzione ne comprende 65 (4,2%) e più
esattamente: 44 direttori di sede operativa (2,8%), 13 (0,8%) direttori di funzione e
8 direttori generali (0,5%). Nell’area funzionale dell’amministrazione i profili ammontano
a 136 (8,8%) e comprendono 87 (5,6%) collaboratori amministrativi e 49
(3,2%) responsabili amministrativo-organizzativi. Da ultimo, l’area funzionale
della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto include 155 (10,2%) profili
134
e più precisamente: 68 (4,4%) operatori tecnici ausiliari, 4 (0,3%) operatori tecnici
della logistica, 69 (4,5%) operatori di segreteria e 14 (0,9%) tecnici dei servizi. Nel
complesso si può dire che l’inquadramento delle funzioni del CNOS-FAP rispetta
la scelta di fondo dell’Ente di dare la priorità alla formazione in confronto ad altre
dimensioni come la direzione, l’organizzazione, l’amministrazione e la logistica; al
tempo stesso vengono assicurati una funzionalità sufficiente della leadership ai vari
livelli e un minimo di struttura gestionale e tecnica.
Forse risulta un po’ carente la struttura dei servizi di supporto di tipo nuovo e
avanzati per la quale si suggerisce un potenziamento.
4.2. La situazione della Formazione in servizio degli operatori del CNOS-FAP
L’analisi quantitativa sulla Formazione in servizio degli operatori del CNOSFAP
è limitata agli anni solari 2012 e 2013 perché solo da poco l’Ente ha iniziato a
raccogliere sistematicamente i relativi dati. Nel periodo considerato si registra una
crescita rispetto al totale sia in valori assoluti da 631 a 677 (+46 o +7,3%) che in
percentuale dal 51,2% al 53,6% (+2,4%) (cfr. Tav. 22). Tale cifra è leggermente inferiore
a quella riscontrata dall’ISFOL su tutto il territorio nazionale riguardo, però,
ai soli formatori, cioè 59,5% (2007).
La partecipazione in base al sesso vede una sovra-rappresentazione dei maschi
e una sotto-rappresentazione delle femmine (cfr. Tav. 22). In ambedue gli anni gli
uomini costituiscono i tre quarti circa del totale e le donne l’altro quarto del totale
(75% e 25%; 74,6% e 25,4%, rispettivamente), mentre la proporzione tra gli operatori
del CNOS-FAP è nell’anno formativo 2013-14 di quasi due terzi a un terzo
(65,3% e 34,7%), come si è osservato sopra (cfr. Tav. 2).
Pertanto, è auspicabile un rafforzamento della partecipazione delle donne.
La partecipazione alla Formazione in servizio dei dipendenti del CNOS-FAP
in base all’età registra una sostanziale coincidenza nella distribuzione per coorti nei
due anni, 2012 e 2013 (cfr. Tav. 25). Essa si concentra nelle fasce 31-60 anni, le più
esposte alla obsolescenza, che riuniscono il 90% circa di quanti hanno usufruito
delle offerte messe a disposizione; è invece meno comprensibile che la percentuale
si collochi oltre il 30% nelle coorti 31-40 e 41-50, mentre scende sul 25% in quella
51-60 che di per sé ne avrebbe maggiore bisogno. Correttamente la cifra si abbassa
al minimo per i più giovani (meno 20-30), mentre appare discutibile la partecipazione
modesta dei più anziani (oltre 60).
Si suggerisce di conseguenza di potenziare la partecipazione alla Formazione
in servizio delle coorti più anziane.
La frequenza alle attività di Formazione in servizio dei dipendenti del CNOSFAP
secondo la circoscrizione geografica evidenzia delle differenze tra i due anni
di riferimento (cfr. Tav. 28). In sintesi, tra il 2012 e il 2013 la percentuale diminuisce
da più di un terzo (34,1%) a oltre un quarto (26,0%) nel Nord Est e cresce
dal 40% quasi (37,9%) al 50% circa (46,1%) nel Nord Ovest, mentre rimane nel
complesso sufficientemente stabile nel Centro (14,6% e 16,1% rispettivamente) e
135
nel Sud (13,5% e 11,8%). Il confronto con la distribuzione degli operatori del
CNOS-FAP al 2013-14 vede una sovra-rappresentazione del Nord Est e del Nord
Ovest (solo nel 2013), una sostanziale stabilità al Centro e una sotto-rappresentazione
al Sud e al Nord Ovest (unicamente nel 2012).
Sarebbe dunque auspicabile un potenziamento delle offerte al Sud.
Il rapporto tra Salesiani e laici nella partecipazione alla Formazione in servizio
registra una presenza molto modesta dei primi rispetto ai secondi: il 3,3% in confronto
al 96,7% nel 2012 e il 3,7% in paragone al 96,7% nel 2013 (cfr. Tav. 31). È
un andamento che riflette, un po’ peggiorata, la situazione a livello di tutti gli operatori:
4,8% e 95,2% nel 2013-14.
Un aumento della frequenza dei Salesiani sembra di conseguenza un orientamento
da adottare nelle politiche dell’Ente.
La partecipazione alla Formazione in servizio per titolo di studio, se confrontata
con la ripartizione degli operatori in base alla medesima variabile nel 2013-14
(cfr. sopra Tav. 13), vede nel 2012 una leggera sovra-rappresentazione di laureati e
di diplomati da una parte e dall’altra una modesta sotto-rappresentazione di licenziati
della media e l’assenza di quelli delle elementari, mentre nel 2013 le due di -
stribuzioni si avvicinano maggiormente tranne che per l’assenza ancora di licenziati
delle elementari nelle attività di aggiornamento (cfr. Tav. 33).
Veramente ci si sarebbe aspettato un impegno più grande per il completamento,
prolungamento e perfezionamento dei livelli inferiori di formazione, mentre
sono quelli sufficienti o più elevati a ricevere una maggiore attenzione.
Se il punto di riferimento è il tipo di contratto, la partecipazione alla Formazione
in servizio evidenzia che il totale nei due anni è quasi del tutto costituito da
operatori a tempo indeterminato (96,7% e 95% rispettivamente nel 2012 e nel
2013), mentre quelli a tempo determinato sono una percentuale molto esigua (3,3%
e 5%) (cfr. Tav. 36). Si capisce la remora a non investire su lavoratori che potrebbero
anche lasciare i Centri, o non meritare l’impegno del CNOS-FAP, ma lo scarto
notevole con la distribuzione generale degli operatori per tipo di contratto (87% e
13% nel 2013-14: cfr. sopra Tav. 16) richiederebbe probabilmente un riequilibrio
tra i due gruppi nella Formazione in servizio.
La partecipazione alla Formazione in servizio in base al profilo registra: nell’area
funzionale della direzione una leggera sovra-rappresentazione nel 2012
(5,7%) rispetto al 2013 (5,1%), attribuibile alla frequenza dei direttori di funzione e
una altrettanto modesta sovra-rappresentazione di ambedue gli anni rispetto alla
percentuale dell’area nel totale degli operatori del CNOS-FAP (4,1%) nel 2013-14,
dovuta soprattutto alla frequenza all’aggiornamento dei direttori di sede operativa;
nell’area funzionale della erogazione, che è la più consistente, collocandosi oltre i
tre quarti, la sovra-rappresentazione, questa volta, del 2013 (91,1%) in confronto al
2012 (85,9%) e di ambedue in paragone al 2013-14 (76,9%), dovuta in particolare
ai formatori e nel caso del confronto con il 2013-14 anche ai tutor; nell’area funzionale
dell’amministrazione, la sotto-rappresentazione sia del 2012 (5,4%) che del
136
2013 (ancora di più, 2,3%) rispetto al 2013-14 (8,8%), attribuibile soprattutto ai
collaboratori amministrativi; nell’area funzionale della segreteria, della logistica e
dei servizi di supporto, lo stesso andamento, anche più accentuato (2,8%, 1,4% e
10,1% rispettivamente), dovuto principalmente agli operatori di segreteria e agli
operatori tecnici ausiliari (cfr. Tav. 39).
In conclusione la partecipazione cresce più del totale nell’area delle direzione
e specialmente dell’erogazione e diminuisce nelle aree dell’amministrazione e della
segreteria, della logistica e dei servizi di supporto; un andamento comprensibile,
ma che nel lungo termine potrebbe portare a delle conseguenze negative sul piano
più strettamente gestionale per cui è auspicabile un riequilibrio a favore delle due
aree citate.
Dopo aver esaminato la partecipazione degli operatori del CNOS-FAP alla
Formazione in servizio in base alle loro caratteristiche socio-demografiche, passiamo
ad un’analisi secondo il tipo delle attività offerte dalla Sede Nazionale dell’Ente.
Anzitutto, va evidenziato che il totale di quanti hanno frequentato i vari tipi
di offerta è superiore a quello degli operatori che vi hanno partecipato perché alcuni
di questi hanno preso parte a più di un tipo e precisamente 887 rispetto a 631
nel 2012 e 924 in paragone a 677 nel 2013 e la differenza è di circa il 40% (40,6%
nel primo caso e 36,5% nel secondo), un primo segnale del successo delle iniziative
in generale (cfr. Tav. 42). Nella stessa direzione sembra andare anche il dato
della crescita che si registra tra i due anni che è in valore assoluti di 37 presenze in
più e del 4,2% in percentuale. La distribuzione della frequenza tra le varie attività
registra una sostanziale convergenza tra i due anni: la maggioranza assoluta va ai
corsi regionali (che corrispondono alla dizione di corsi residenziali regionali/locali,
utilizzata nel questionario dei Delegati, Direttori e Segretari dei Settori che verrà
commentato nel capitolo successivo) che nel biennio crescono leggermente dal
50,2% o 327 nel 2012 al 53,5% o 494; intorno a un quarto/un quinto si collocano i
corsi nazionali (che corrispondono alla dizione corsi residenziali nazionali – area
delle competenze tecnico-professionali e corsi residenziali nazionali – area delle
competenze di base) che sono sostanzialmente stabili a livello percentuale, 23,4% o
208 e 23,9% o 221 e i seminari dei settori professionali (che corrispondono alla dizione
seminari tecnici per i formatori del questionario dei Delegati, Direttori e Segretari
dei Settori) che segnano una leggera diminuzione percentuale e in valori assoluti
(dal 19,7%, o 175, al 17,7%, o 164); le altre tre offerte si collocano al disotto
del 5% (i seminari per il personale direttivo che restano stabili a livello percentuale,
4,1%, o 36, e 4,1%, o 38; i seminari tematici legati ad eventi esterni che diminuiscono
in percentuale e in valori assoluti dal 2,1%, o 19, allo 0,5%, o 5; i corsi FAD
che scendono in percentuale e in valori assoluti, ambedue minimi, dallo 0,5%, o 4,
allo 0,2%, o 2).
A un primo esame, ma ritorneremo poi sull’argomento nel commento ai focus
group, l’ossatura della Formazione in servizio del CNOS-FAP è costituita primariamente
dai corsi regionali e poi da quelli nazionali e dai seminari dei settori; preoc-
137
cupa la presenza totalmente marginale della FAD in un mondo dominato dalle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione.
4.3. La situazione nelle Regioni
Richiameremo molto in sintesi i dati Regione per Regione secondo l’ordine
delle circoscrizioni geografiche seguito nella ricerca: Nord Est, Nord Ovest, Centro
e Sud6.
Al 3 novembre 2014 l’Associazione regionale CNOS-FAP dell’Emilia Romagna
comprendeva globalmente 40 operatori, pari al 2,7% del totale nazionale e
al 12,4% della circoscrizione del Nord Est. Essi si distribuivano tra il CFP di Bologna
(25 o il 62,5%) e quello di Forlì (15 o il 37,5%), mentre non si riscontravano
né nella Delegazione regionale, né nella sede distaccata di San Lazzaro di Savena
(BO). Sulla base dei risultati degli incroci con le variabili socio-demografiche adottate
in questa ricerca si suggerisce di ringiovanire gradualmente il gruppo degli
operatori, di potenziare la presenza dei laureati e tra i profili quella dei formatori,
dei tutor e degli operatori di segreteria.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 33 gli operatori dalla Regione Emilia Romagna che hanno frequentato le differenti
offerte della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari al 5,2%; nell’anno successivo
2013 si registra una lieve diminuzione, 31 o il 4,6%. Se ambedue le cifre vengono
riferite, per un confronto in via approssimativa, alla percentuale della Regione
sul totale degli operatori del CNOS-FAP al 3 novembre del 2014, si nota che in entrambi
i casi la percentuale della partecipazione è all’incirca il doppio di quella
degli operatori. Sulla base delle analisi effettuate, si raccomanda di aumentare le
partecipazione alla Formazione in servizio dei più giovani, dei laici, dei laureati.
Se si fa riferimento ai vari tipi di attività, per cui lo stesso operatore ne può
frequentare anche più di una, la somma delle presenze diventa 40 nel 2012 e 32 nel
2013. Anche in questo caso, la raccomandazione non può essere che quella di potenziare
rispetto al dato del 2013 la partecipazione alle diverse forme di aggiornamento
offerte dalla Sede Nazionale del CNOS-FAP.
Sempre al 3 novembre 2014 il totale degli operatori della Regione Friuli Venezia
Giulia ammontava a 59 unità che rappresentavano il 3,4% del dato nazionale e il
15,5% della circoscrizione del Nord Est. Essi sono concentrati nel CFP di Udine (49
o 98%) e solo 1 (2%) è aggregato alla Delegazione regionale. Se si può dare qualche
suggerimento in proposito, si potrebbe raccomandare di continuare a consolidare la
presenza femminile, di potenziare la quota dei laureati, di dare spazio anche al contratto
a tempo determinato e di ampliare la cerchia delle figure intermedie.
Passando poi alla partecipazione alla Formazione in servizio, il 2012 vede 36
operatori della Regione Friuli Venezia Giulia impegnati nella frequenza delle offerte
6 Per non appesantire la pubblicazione diamo solo una breve sintesi dei dati. Chi fosse interessato
a maggiore informazioni, si può rivolgere alla Sede Nazionale del CNOS-FAP.
138
organizzate dalla Sede Nazionale del CNOS-FAP e la situazione rimane sostanzialmente
inalterata nel 2013 (38 e 5,6%). Anche in questo caso si può tentare in via
approssimativa un paragone con la percentuale degli operatori della Regione sul totale
al 3 novembre del 2014 ed emerge che entrambe le cifre della partecipazione
all’aggiornamento sono maggiori in maniera consistente (40% circa) rispetto a
quelle degli operatori sul complesso dei dipendenti dell’Ente (3,4%). Tre suggerimenti
sono possibili in questo caso: consolidare la partecipazione femminile e rafforzare
quella dei laureati e dei Salesiani.
Quando si esaminano i diversi tipi di attività, dato che il medesimo operatore
può prendere parte anche a più di una, la somma dei partecipanti, contati più volte,
diviene 46 nel 2012 e sale leggermente a 50 nel 2013. La raccomandazione che si
può fare sulla base delle analisi effettuate è quella di rafforzare la partecipazione ai
corsi nazionali, soprattutto, e, in quanto possibile, ai seminari dei settori professionali.
L’associazione regionale CNOS-FAP del Veneto può contare su 233 operatori
che costituiscono il 15,9% del totale nazionale e quasi i quattro quinti (72,1%) di
quello circoscrizionale. Di essa fanno parte 7 Centri e la delegazione regionale: dei
primi il più numeroso è quello di Verona con 67 dipendenti e il 30% quasi del valore
complessivo (28,8%); tre si situano intorno al 15% (Este, 36 o 15,5%, Venezia
– Mestre, 35 o 15% e San Donà di Piave, 34 o 14,6%); uno a circa il 10% (Schio,
22 o 9,4%); mentre due si collocano tra il 5% e il 10% (Bardolino, 18 o 7,7%, e
Sant’Ambrogio Valpolicella, 12 o 5,2%); alla delegazione fanno capo 9 operatori,
pari 3,9%. Al termine delle analisi effettuate si può suggerire di potenziare ancora
di più la presenza delle donne, dei laureati e dei tutor e di consolidare quella delle
altre funzione intermedie e degli operatori relativamente giovani.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012 erano
146 gli operatori dalla Regione Veneto che hanno frequentato le differenti offerte della
Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari al 23,1%; nel 2013 si registra una consistente
diminuzione, 102 o il 15,8%. Se ambedue le cifre vengono riferite, per un confronto
in via approssimativa, alla percentuale della Regione sul totale degli operatori del
CNOS-FAP al 3 novembre del 2014 (15,9%), si nota che la percentuale della partecipazione
è più elevata della seconda nel 2012, mentre nel 2013 si equivalgono per cui
il calo dal 23,1% al 15,8% non dovrebbe probabilmente preoccupare. In relazione ai
dati analizzati in dettaglio si potrebbe raccomandare un leggero riequilibrio a favore
delle donne, delle coorti più anziane, dei diplomati e dei laici.
Se si analizzano i diversi tipi di attività, dato che il medesimo operatore può
prendere parte anche a più di una, la somma dei partecipanti, contati più volte, diviene
201 nel 2012 e scende a 142 nel 2013. Tenuto conto del riequilibrio tra i due
anni, forse l’unica raccomandazione che si può fare è quella di potenziare la partecipazione
ai seminari dei settori professionali.
Sempre alla data più volte ricordata, nella Regione Liguria erano presenti nel
complesso 44 operatori, pari al 3% del dato nazionale e al 7% della circoscrizione
139
del Nord Ovest. Essi si ripartivano tra il CFP di Genova - Quarto, che impegnava più
della metà del personale (24 o il 54,5%), quello di Genova - Sampierdarena con il
30% circa (13 o il 29,5%) e quello di Vallecrosia con 7 dipendenti, il 15,9% del totale
regionale, mentre non ne sono segnalati nella Delegazione regionale. Al riguardo
si suggerisce di ringiovanire il gruppo degli operatori, di potenziare la presenza dei
Salesiani, dei contratti a tempo determinato, dei formatori e dei coordinatori.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 23 gli operatori dalla Regione Liguria che hanno frequentato le differenti
offerte della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari al 3,6% del totale; nel 2013 si
registra una lieve diminuzione, 20 o il 3%. Se ambedue le cifre vengono riferite,
per un confronto in via approssimativa, alla percentuale della Regione sul totale
degli operatori del CNOS-FAP al 3 novembre del 2014, si nota che in entrambi i
casi la percentuale della partecipazione si situa sostanzialmente allo stesso livello
di quella degli operatori (3%). In proposito si potrebbe raccomandare di aumentare
la partecipazione degli uomini, dei più giovani e dei diplomati.
Se si fa riferimento ai vari tipi di attività di Formazione in servizio, per cui lo
stesso operatore ne può frequentare anche più di una, la somma delle presenze diventa
29 nel 2012 e 31 nel 2013. Come raccomandazione finale al riguardo, si suggerisce
di rafforzare le presenze nei corsi regionali.
L’associazione regionale CNOS-FAP della Lombardia dispone di 167 operatori
che costituiscono l’11,4% del totale nazionale e più di un quarto (26,7%) di quello
circoscrizionale. Essa comprende 5 Centri e la delegazione regionale: dei primi il più
numeroso è quello di Arese con 65 dipendenti e il 40% quasi del valore complessivo
(38,9%), uno si situa intorno ad un quarto (Sesto San Giovanni, 41 o 24,6%), un
altro circa a un quinto (Milano, 31 o 18,6%) e un quarto oltre il 10% (Brescia, 18 o
10,8%), mentre l’ultimo si colloca al di sotto del 5% e il 10% (Treviglio, 6 o 3,6%);
alla delegazione fanno capo 6 operatori, pari anch’essi al 3,6%. In proposito si può
suggerire di potenziare ancora di più la presenza delle donne, dei formatori, dei progettisti,
dell’area dell’amministrazione e degli operatori tecnici ausiliari.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 75 gli operatori dalla Regione Lombardia che hanno frequentato le differenti
offerte della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari all’11,9%; nell’anno successivo
2013 si riscontra un aumento in valori assoluti (89) e in percentuale, 13,1%. Se ambedue
le cifre vengono riferite, per un confronto in via approssimativa, alla percentuale
della Regione sul totale degli operatori del CNOS-FAP al 3 novembre del
2014 (11,4%), si nota che la percentuale della partecipazione è più elevata della seconda
nel 2013, mentre nel 2012 si equivalgono. Sulla base delle analisi effettuate
nella precedente sezione si raccomanda un leggero riequilibrio a favore delle
donne, dei laici, dei diplomati e delle aree funzionali della direzione, dell’amministrazione
e della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto.
Se si analizzano i diversi tipi di attività, dato che il medesimo operatore può
prendere parte anche a più di una, la somma dei partecipanti, contati più volte, di-
140
viene 104 nel 2012 e sale a 115 nel 2013. Tenuto conto dell’andamento, l’unica
raccomandazione che si può fare è quella di potenziare la partecipazione ai corsi
nazionali, ai seminari dei settori professionali e a quelli per i direttori.
Il Piemonte poteva contare al 3 novembre 2014 su 402 operatori che rappresentano
più di un quarto del totale nazionale (27,5%) e due terzi quasi (64,3%) di
quello circoscrizionale. Esso comprende 13 Centri e la delegazione regionale: dei
primi i più numerosi per personale sono Fossano, Vigliano Biellese e San Benigno
Canavese che evidenziano percentuali superiori al 10% del totale (14,4% o 58,
12,7% o 51 e 11,7% o 47 rispettivamente), tra il 10% e il 5% si collocano Torino -
Valdocco (8,7% o 35), Torino - Rebaudengo (8% o 32), Bra (7,7% o 31), Alessandria
(6,5% o 26) e Vercelli (6.2% o 25), mentre al di sotto del 5% si situano Savigliano
(4% o 16), Castelnuovo Don Bosco e Saluzzo (3,2% o 13) e Serravalle
Scrivia (3% e 12); alla delegazione fanno capo 20 operatori, pari al 5%. Al termine
delle analisi compiute in proposito si può suggerire di aumentare la presenza dei
Salesiani, di elevare il livello della formazione di base degli operatori e di potenziare
il profilo dei tutor.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 138 gli operatori dalla Regione Piemonte che hanno frequentato le differenti
offerte della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari al 21,9% del totale; nel 2013 si
riscontra un aumento consistente in valori assoluti, 200, e in percentuale, 29,5%.
Se ambedue le cifre vengono riferite, per un confronto in via approssimativa, alla
percentuale della Regione sul totale degli operatori del CNOS-FAP al 3 novembre
del 2014 (27,5%), si nota che la percentuale della partecipazione è inferiore alla
seconda in particolare nel 2012: comunque, la crescita tra i due anni fa ben sperare
per il futuro. In proposito si può raccomandare di potenziare la presenza delle coorti
più anziane, dei Salesiani, dei laureati, dei coordinatori e dei tutor.
Se si analizzano i diversi tipi di attività, dato che il medesimo operatore può
prendere parte anche a più di una, la somma dei partecipanti, contati più volte, diviene
211 nel 2012 e sale a 273 nel 2013. Tenuto conto delle tendenze in atto, l’unica
raccomandazione che si può fare è quella di consolidare gli andamenti del 2013.
Il totale degli operatori della Regione Valle d’Aosta ammonta a 12 unità che
rappresentava lo 0,8% del dato nazionale e l’1,9% della circoscrizione del Nord
Ovest. Essi lavorano tutti nel CFP di Châtillon (12 o 0,8%), mentre nessuno è
aggregato alla delegazione regionale. Se si può dare qualche suggerimento si
potrebbe raccomandare di consolidare la presenza femminile, di inserire almeno un
Salesiano, di potenziare la quota dei diplomati e dei laureati, di dare ancora più
spazio al contratto a tempo indeterminato e di rafforzare la presenza dei formatori.
Passando poi alla partecipazione alla Formazione in servizio, il 2012 vede 3
operatori (0,5%) della Regione Valle d’Aosta impegnati nella frequenza delle offerte
organizzate dalla Sede Nazionale del CNOS-FAP e la situazione rimane sostanzialmente
inalterata nel 2013 (3 o 0,4%). Anche in questo caso si può tentare in via approssimativa
un paragone con la percentuale degli operatori della Regione sul totale
141
al 3 novembre del 2014 ed emerge che entrambe le cifre della partecipazione all’aggiornamento
sono la metà circa rispetto a quelle degli operatori sul complesso dei
dipendenti dell’Ente (0,8%). I suggerimenti che si possono dare alla fine riguardano
il potenziamento della partecipazione delle donne, dei laureati e di quanti hanno stipulato
un contratto a tempo determinato e una maggiore diversificazione dei profili
che frequentano la Formazione in servizio includendo anche le aree dell’amministrazione
e della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto.
Quando si analizzano i diversi tipi di attività, dato che il medesimo operatore
può prendere parte anche a più di una, la somma dei partecipanti, contati più volte,
diviene 4 nel 2012 e nel 2013. La raccomandazione che si può fare in proposito è
di aumentare le partecipazioni e di diversificarle maggiormente.
La Regione Lazio contava complessivamente su 143 dipendenti (9,8% del totale
nazionale), rispettivamente 10 (7%) della Sede Nazionale e altrettanti della delegazione
regionale, 65 (45,5%) del CFP Teresa Gerini, che pertanto impiega la
metà quasi del totale, 34 del CFP Borgo Ragazzi Don Bosco con un quarto quasi
(23,8%) e 24 (16,8%) del CFP Pio XI. Al riguardo si potrebbe suggerire di ringiovanire
il gruppo degli operatori, di potenziare la presenza delle donne, dei contratti
a tempo indeterminato e di riequilibrare l’area dei formatori.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 50 gli operatori dalla Regione Lazio che hanno frequentato le differenti offerte
della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari al 7,9% del totale; nel 2013 si registra
un considerevole aumento, 74 o il 10,9%. Se ambedue le cifre vengono riferite,
per un confronto in via approssimativa, alla percentuale della Regione sul totale
degli operatori del CNOS-FAP al 3 novembre del 2014 (9,8%), si nota che la percentuale
della partecipazione si situa nel 2012 al di sotto del livello di quella degli
operatori mentre nel 2013 risulta superiore ed è auspicabile che tale andamento si
consolidi nel tempo. In sintesi si potrebbe raccomandare di aumentare le partecipazione
delle donne, dei più giovani e dei contratti a tempo determinato e dell’area
della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto.
Se si fa riferimento ai vari tipi di attività di Formazione in servizio per cui lo
stesso operatore ne può frequentare anche più di uno, la somma delle presenze diventa
66 nel 2012 e 105 nel 2013. Come raccomandazione finale, si può suggerire
di consolidare le presenze del 2013.
Sempre alla data più volte ricordata, nella Regione Sardegna erano presenti
nel complesso 16 operatori, pari all’1,1% del dato nazionale e all’8% della circoscrizione
del Centro. Essi si ripartivano tra la delegazione regionale, che impegnava
più della metà del personale (9 o 56,3%), e i CFP di Lanusei, Sassari e Selargius
con 2 operatori e quello di Olbia con 1, mentre non ne sono segnalati a Nuoro e
a Tortolì. In conclusione si potrebbe suggerire di potenziare la presenza dei Salesiani
e dei contratti a tempo determinato, di riequilibrare l’area dei formatori e di pre -
vedere qualche operatore dell’area della segreteria, della logistica e dei servizi di
supporto.
142
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 11 gli operatori dalla Regione Sardegna che hanno frequentato le differenti
offerte della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari all’1,7% del totale; nel 2013
si registra una diminuzione di una certa entità, 3 o lo 0,4%. Se ambedue le cifre
vengono riferite, per un confronto in via approssimativa, alla percentuale della Regione
sul totale degli operatori del CNOS-FAP al 3 novembre del 2014 (1,1%), si
nota che la percentuale della partecipazione si situa nel 2012 al di sopra del livello
di quella degli operatori mentre nel 2013 risulta inferiore ed è auspicabile che si
ritorni subito all’andamento del 2012. In sintesi si potrebbe raccomandare il consolidamento
degli andamenti del 2012.
Se si fa riferimento ai vari tipi di attività di Formazione in servizio per cui lo
stesso operatore ne può frequentare anche più di uno, la somma delle presenze è 11
nel 2012 e 3 nel 2013. Come raccomandazione finale, si può suggerire di allargare
la partecipazione a una gamma più ampia di tipi di attività.
Sempre al 3 novembre 2014, l’associazione regionale CNOS-FAP dell’Umbria
poteva contare su 40 operatori, pari al 2,7% del totale nazionale e al 20,1% della
circoscrizione del Centro. Essi si distribuivano tra il CFP di Perugia, che impegnava
più della metà del personale (21 o 52,5%), quello di Foligno con il 30% (13)
e quello di Marsciano con 7 dipendenti, il 17,5% del totale regionale, mentre non
ne sono segnalati nella delegazione regionale. In base alle analisi effettuate in dettaglio
si potrebbe suggerire di potenziare la presenza dei Salesiani e dei contratti a
tempo determinato, di rafforzare le aree della direzione e della segreteria, della logistica
e dei servizi di supporto e di riequilibrare quella della erogazione.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 31 gli operatori dalla Regione Umbria che hanno frequentato le differenti offerte
della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari al 4,9% del totale e nel 2013 la situazione
rimane sostanzialmente stabile, 32 o il 4,7%. Se ambedue le cifre vengono
riferite, per un confronto in via approssimativa, alla percentuale della Regione sul
totale degli operatori del CNOS-FAP al 3 novembre del 2014, si nota che in entrambi
i casi la percentuale della partecipazione è superiore in maniera consistente
rispetto a quella sul totale degli operatori (2,7%). In sintesi si potrebbe raccomandare
di aumentare le partecipazione degli uomini, dei laureati, dei coordinatori, dei
tutor e dell’area dell’amministrazione.
Se si fa riferimento ai vari tipi di attività di Formazione in servizio per cui lo
stesso operatore ne può frequentare anche più di uno, la somma delle presenze diventa
49 nel 2012 e 52 nel 2013. Come raccomandazione finale, si può suggerire di
rafforzare le presenze nei corsi regionali e nei seminari dei settori professionali.
La Regione Abruzzo conta complessivamente su 10 dipendenti (0,7% del totale
nazionale e 3,2% della circoscrizione Sud), rispettivamente 5 (50%) del CFP di Ortona,
4 (40%) del CFP de L’Aquila e 1 (10%) del CFP di Vasto, mentre nessuno è
aggregato alla Delegazione regionale. Se si può dare qualche suggerimento, si potrebbe
raccomandare di ringiovanire il personale, di inserire almeno un Salesiano,
143
di dare ancora più spazio al contratto a tempo indeterminato, di rafforzare la presenza
dei formatori e di prevedere qualche tutor.
Passando poi alla partecipazione alla Formazione in servizio, il 2012 vede 2
operatori (0,3%) della Regione Abruzzo impegnati nella frequenza delle offerte organizzate
dalla Sede Nazionale del CNOS-FAP e nel 2013 si assiste a un raddoppio
(4 o 0,6%). Anche in questo caso si può tentare in via approssimativa un paragone
con la percentuale degli operatori della Regione sul totale al 3 novembre del 2014
ed emerge che la prima cifra della partecipazione all’aggiornamento è la metà circa
rispetto a quelle degli operatori sul complesso dei dipendenti dell’Ente (0,7%) e la
seconda si colloca sostanzialmente allo stesso livello. I suggerimenti che si possono
dare alla fine riguardano il potenziamento della partecipazione delle donne, dei più
giovani e dei diplomati e una maggiore diversificazione dei profili che frequentano
la formazione.
Quando si analizzano i diversi tipi di attività, dato che il medesimo operatore
può prendere parte anche a più di una, la somma dei partecipanti, contati più volte,
diviene 5 nel 2012 e 6 nel 2013. La raccomandazione che si può fare in proposito è
di rendere annuali le presenze distribuite tra due anni.
L’associazione regionale CNOS-FAP della Puglia comprende globalmente 23
operatori, pari all’1,6% del dato nazionale e al 7,3% della circoscrizione Sud. Essi
si ripartivano tra il CFP di Bari, che impegnava l’80% circa del personale (18 o
78,3%) e quello di Cerignola il 20% circa (4 o 17,4%), oltre alla Delegazione regionale
con solo 1 unità (4,3%). In conclusione si potrebbe suggerire di ringiovanire
il gruppo degli operatori, di potenziare la presenza degli uomini e dei contratti
a tempo indeterminato e di riequilibrare l’area della erogazione.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 3 gli operatori dalla Regione Puglia che hanno frequentato le differenti
offerte della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari allo 0,5% del totale; nell’anno
2013 si registra un lieve aumento, 5 o lo 0,7%. Se ambedue le cifre vengono ri -
ferite, per un confronto in via approssimativa, alla percentuale della Regione sul
totale degli operatori del CNOS-FAP al 3 novembre del 2014, si nota che in entrambi
i casi la percentuale della partecipazione si riduce di oltre la metà rispetto
a quella degli operatori (1,6%). Le raccomandazioni principali che si possono fare
sono di potenziare la partecipazione alla Formazione in servizio in generale, di aumentare
la presenza delle donne, delle coorti più anziane, dei diplomati e dei contratti
a tempo indeterminato e di allargare la gamma delle figure coinvolte.
Quando si analizzano i diversi tipi di attività, dato che il medesimo operatore
può prendere parte anche a più di una, la somma dei partecipanti, contati più volte,
diviene 4 nel 2012 e 7 nel 2013. Il suggerimento che si può avanzare in proposito è
di aumentare le partecipazioni e di diversificarle maggiormente.
La Sicilia poteva contare al 3 novembre 2014 su 283 operatori che rappresentano
un quinto circa del totale nazionale (19,3%) e il 90% quasi (89,6%) di quello
circoscrizionale. Essa comprende 8 Centri e la delegazione regionale: dei primi i
144
più numerosi per personale sono Gela e Palermo con più di un quarto ciascuno
(62 o 21,9% e 61 o 21,6% del totale, rispettivamente), intorno al 15% si collocano
Catania - San Filippo Neri e Catania - Barriera (45 o 15,9% e 44 o 15,6%), mentre
tutti gli altri Centri si situano al di sotto del 10% (Ragusa, 22 o 7,8%; Misterbianco
- Belsito, 21 o 7,4%; Catania - Salette, 18 o 6,4%; Caltanissetta a cui non corrisponde
nessun operatore); alla Delegazione fanno capo 10 unità, pari al 3,5%. Sulla
base delle analisi effettuate nel dettaglio si può suggerire di ringiovanire il personale,
di aumentare la presenza dei Salesiani e dei contratti a tempo determinato e di
riequilibrare l’area della erogazione.
Per quanto riguarda la partecipazione alla Formazione in servizio, nel 2012
erano 80 gli operatori dalla Regione Sicilia che hanno frequentato le differenti
offerte della Sede Nazionale del CNOS-FAP, pari al 12,7% del totale; nell’anno
successivo 2013 si riscontra una diminuzione consistente in valori assoluti, 71, e in
percentuale, 10,5%. Se ambedue le cifre vengono riferite, per un confronto in via
approssimativa, alla percentuale della Regione sul totale degli operatori del CNOSFAP
al 3 novembre del 2014 (19,5%), si nota che la percentuale della partecipazione
è inferiore, in misura considerevole, alla seconda in entrambi gli anni. Alla
fine, in sintesi si può raccomandare di consolidare la presenza delle donne e dei più
giovani e di rafforzare quella dei diplomati, dei laureati, dell’area delle direzione e
di quella della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto.
Se si analizzano i diversi tipi di attività, dato che il medesimo operatore può
prendere parte anche a più di una, la somma dei partecipanti, contati più volte,
diviene 117 nel 2012 e 98 nel 2013. Tenuto conto dell’andamento, si può raccomandare
un potenziamento della partecipazione ai corsi regionali e ai seminari per
i direttori.
Terzo capitolo
A confronto sulla Formazione in servizio del CNOS-FAP.
Delegati regionali, Direttori dei CFP e
Segretari Nazionali dei Settori e delle Aree professionali
Guglielmo Malizia - Maria Paola Piccini
Come è stato chiarito nel progetto di ricerca, l’indagine oggetto del rapporto è
mirata al raggiungimento di tre obiettivi principali: anzitutto si tratta di presentare
in maniera dettagliata e in una prospettiva prevalentemente quantitativa la situazione
della Formazione in servizio del CNOS-FAP in tutti i suoi aspetti più significativi;
in secondo luogo ci si propone di valutare l’adeguatezza, l’efficacia e l’efficienza
dell’offerta che viene effettuata dall’Ente, cercando di identificare i punti di
eccellenza e le criticità del sistema; l’ultimo scopo consiste nel predisporre sulla
base degli esiti della precedente analisi quali-quantitativa, un insieme articolato
di proposte per potenziare il progetto del CNOS-FAP in materia1. La parte della
ricerca i cui risultati verranno illustrati in questo rapporto contribuisce soprattutto
al perseguimento del secondo obiettivo: infatti, tra i referenti di cui si sono ricercate
le valutazioni occupano indubbiamente un posto centrale, dal lato dell’offerta di
formazione, i Delegati regionali, i Direttori dei Centri e i Segretari nazionali dei
settori e delle aree professionali; nel prosieguo sono proprio le loro opinioni, raccolte
con questionario, ad essere esaminate.
L’articolazione interna dell’analisi che verrà effettuata si attiene sostanzialmente
allo schema dello strumento di indagine. Dopo aver illustrato brevemente lo strumento
di indagine utilizzato e le modalità di raccolta delle informazioni, vengono
presentate le caratteristiche principali degli intervistati, per poi approfondire il tema
della partecipazione ai corsi sul piano quantitativo e qualitativo e della soddisfazione.
Segue il commento a due sezioni del questionario, dedicate l’una ad analizzare i
punti di forza e di criticità della Formazione in servizio promossa dalla Sede Nazionale
del CNOS-FAP negli ultimi due anni e l’altra sulla sua ricaduta e impatto sull’Ente.
Infine, si è inteso raccogliere il parere degli intervistati in vista della elaborazione
di suggerimenti e proposte per il miglioramento della offerta del CNOS-FAP.
145
1 Anche se il rapporto di ricerca è responsabilità comune dei due autori, le sezioni 1 - 4 sono
state redatte da M.P. Piccini e quelle 5 - 7 da G. Malizia, mentre la 8 è opera di ambedue. Pertanto, le
differenze di stile e di forma che si possono riscontrare nel testo e nella presentazione delle tabelle dipendono
dalle scelte effettuate dai due autori nello spazio di autonomia proprio.
1. QUESTIONARIO E MODALITÀ DI RACCOLTA DELLE INFORMAZIONI
Questa fase dello studio è stata condotta per mezzo della costruzione e somministrazione
di un questionario ad hoc2, allo scopo di rilevare e descrivere la percezione
del punto di vista dei Direttori dei CFP, dei Delegati regionali e dei Segretari nazionali
in merito all’adeguatezza dell’offerta di Formazione in servizio del CNOS-FAP degli
ultimi due anni. A tale scopo si è costruito, quale strumento di rilevazione un questionario
articolato in cinque aree tematiche fondamentali. La prima è volta a delineare
il profilo personale e professionale dei rispondenti attraverso la raccolta di informazioni
anagrafiche quali l’età, il titolo di studio, lo status etc. cui seguono domande
destinate a ricostruire il ruolo e l’esperienza lavorativa pregressa degli intervistati. La
seconda area tematica mira ad approfondire il livello e la qualità della partecipazione
ai corsi di Formazione in servizio promossi dalla Sede Nazionale negli anni 2012-
2013, rilevati attraverso scale di valutazione della consistenza della partecipazione
stessa, della soddisfazione o insoddisfazione circa la partecipazione. Sono incluse in
questa stessa area tematica, inoltre, domande relative ai possibili ostacoli alla partecipazione
ai corsi, quesiti circa la soddisfazione in merito all’offerta formativa e domande
di approfondimento che invitano gli intervistati a chiarire le motivazioni del
giudizio negativo o positivo sempre in merito alla Formazione in servizio. La terza
area tematica del questionario prende in considerazione punti di forza e criticità delle
attività di Formazione in servizio promosse dalla Sede Nazionale rilevati attraverso
scale di valutazione. Successivamente, il questionario prevede una serie di domande
destinate a verificare l’impatto e la ricaduta delle diverse attività di Formazione in
servizio promosse dalla Sede Nazionale. Infine, l’ultima area tematica è finalizzata a
raccogliere suggerimenti e proposte in vista del miglioramento delle attività di Formazione
in servizio promosse dalla Sede Nazionale sia per quanto riguarda l’offerta
formativa, sia relativamente alle metodologie didattiche. Il questionario si conclude
con l’invito alla valutazione prima dell’effettivo impiego delle risorse per la Formazione
in servizio erogate dalla Sede Nazionale, poi delle rispettive potenzialità d’uso.
I questionari sono stati somministrati nei mesi di aprile, maggio e giugno 2014,
per mezzo sia di contatti diretti, sia di invii tramite posta elettronica, coinvolgendo
nello studio i Direttori dei diversi CFP, i Delegati regionali e i Segretari nazionali.
2. PROCEDURE DI CODIFICA E DI ANALISI DEI DATI
Terminata la fase di raccolta dei questionari, si è proceduto al cosiddetto spoglio
degli stessi, condotto allo scopo di individuare e, laddove possibile, correg-
146
2 Ai Segretari nazionali è stata proposta una versione del questionario modificata in minima
parte per adattarla al tipo di informazioni che si presupponeva potessero essere nella disponibilità dei
Segretari stessi.
gere eventuali errori di compilazione, identificare e valutare le mancate risposte,
controllare i significati delle risposte riportate sotto l’alternativa “altro” e eventuale
loro classificazione a posteriori nelle categorie corrispondenti alle altre alternative
di risposta previste per le singole domande o in nuove ulteriori categorie
e, infine, numerare i questionari utili. In seguito, è stato definito il piano di codifica,
che consiste nell’elenco numerato di tutte le variabili generate da ogni questionario,
ciascuna riportata con le rispettive modalità e i valori a esse associati.
Data la presenza nel questionario di domande che ammettevano risposte multiple,
il numero delle variabili che compare nel piano di codifica, e di conseguenza
nella matrice dei dati, è maggiore di quello delle domande complessivamente presenti
nel questionario stesso. In base al piano di codifica si è, infine, proceduto
alla costruzione della matrice dei dati, sulla quale sono state applicate diverse
procedure di analisi scelte in funzione degli obiettivi della ricerca e, di volta in
volta, del tipo di variabili generate dai questionari. I dati raccolti sono stati,
quindi, sottoposti a varie procedure di analisi mono e bivariate, in particolare:
l’analisi delle frequenze per tutte le variabili; l’analisi di tavole di contingenza per
lo studio delle relazioni tra coppie di variabili ritenute particolarmente significative,
tutte procedure disponibili nel software SPSS3 (Statistical Package for the
Social Sciences).
L’analisi monovariata fornisce una prima descrizione del campione, mostrando
come questo si differenzia al suo interno in funzione delle modalità di ciascuna
variabile ed è comunque utile per individuare e correggere eventuali errori di inserimento
dati presenti nella matrice e per individuare variabili che presentano di -
stribuzioni molto squilibrate, ossia modalità con frequenze ridotte, che possono
rappresentare un problema in relazione alle successive analisi bivariate. L’analisi
bivariata viene condotta mediante, appunto, la costruzione di tavole di contingenza,
che consentono di studiare la distribuzione congiunta delle modalità di coppie di
variabili, una riportata in colonna e l’altra in riga.
3. I RISPONDENTI
Complessivamente questa fase dello studio ha coinvolto 70 intervistati (cfr.
Tav. 1): 11 Segretari nazionali4, 47 Direttori di CFP e 12 Delegati regionali, dei
quali 3 sono anche Direttori di CFP.
147
3 SPSS (originariamente Statistical Package for the Social Sciences, recentemente modificato in
Statistical Product and Service Solutions) è stato realizzato nella sua prima versione nel 1968 da
Norman H. Nie, Dale H. Bent e C. Hadlai Hull ed è probabilmente il programma più utilizzato per
l’analisi statistica nelle scienze sociali.
4 I settori/aree di responsabilità dei Segretari nazionali intervistati sono: Area scientifica, Automotive,
Cultura e inglese, Elettrico, Energia, Grafico, Informatica, Inglese (commissione cultura),
Meccanica, Orientamento e servizi al lavoro, Progettazione.
148
Tav. 1 – Ruolo degli intervistati
Legenda: VA=Valore assoluto
Quasi la metà degli intervistati lavora al Nord, mentre gli altri si distribuiscono
equilibratamente fra Sud e Centro Italia (cfr. Tav. 2). La risposta non dovuta si riferisce
al questionario per i Segretari nazionali, ai quali non è stato richiesto di specificare
la Regione di appartenenza. Il dettaglio delle Regioni di provenienza è riportato
nelle Tavole 3 e 4.
Tav. 2 – Zona di provenienza degli intervistati
Legenda: VA=Valore assoluto
Tav. 3 – Regione di provenienza dei Direttori
Legenda: VA=Valore assoluto
Ruolo VA %
Direttore del CFP 47 67,1
Delegato regionale 12 17,1
Segretario nazionale 11 15,7
Totale 70 100,0
Zona VA %
Non dovuto 11 15,7
Nord 34 48,6
Centro 12 17,1
Sud 13 18,6
Totale 70 100,0
Regione Direttore VA %
Non dovuto 20 28,6
Piemonte 12 17,1
Veneto 7 10,0
Sicilia 6 8,6
Lombardia 4 5,7
Sardegna 4 5,7
Lazio 3 4,3
Liguria 3 4,3
Abruzzo 2 2,9
Emilia Romagna 2 2,9
Puglia 2 2,9
Calabria 1 1,4
Campania 1 1,4
Friuli Venezia Giulia 1 1,4
Umbria 1 1,4
Valle d'Aosta 1 1,4
Totale 70 100,0
149
Tav. 4 – Regione di provenienza dei Delegati
Legenda: VA=Valore assoluto
Il 42,9% degli intervistati ha un’età compresa fra i 31 e i 50 anni (cfr. Tavv. 5 e
6) e il 35,7% fra i 51 e i 60 anni. La quota di ultrasessantenni (21,4%) è comunque
ben rappresentata, mentre ha meno di 40 anni solo il 10% dei rispondenti. I Segretari
nazionali sono i più giovani: 7 su 11 hanno un’età compresa fra i 31 e i 50 anni.
I rispondenti si dividono in Laici (58,6%) e Salesiani (41,4%), in particolare
Sacerdoti (cfr. Tavv. 7 e 8). Nel dettaglio, il 66% dei Direttori di CFP e il 90,9% dei
Segretari nazionali sono Laici, mentre i Delegati regionali sono tutti Salesiani.
Regione del Delegato VA %
Non dovuto 58 82,9
Abruzzo 1 1,4
Campania 1 1,4
Emilia Romagna 1 1,4
Friuli Venezia Giulia 1 1,4
Lazio 1 1,4
Liguria e Toscana 1 1,4
Lombardia 1 1,4
Piemonte e Valle d'Aosta 1 1,4
Puglia 1 1,4
Sardegna 1 1,4
Sicilia 1 1,4
Veneto 1 1,4
Totale 70 100,0
Tav. 5 – Età dei rispondenti
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale
cumulata
Tav. 6 – Età dei rispondenti ricodificata
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale
cumulata
Tav. 7 – Stato civile degli intervistati
Legenda: VA=Valore assoluto
Età (al 2014) VA % % cum.
31-40 anni 7 10,0 10,0
41-50 anni 23 32,9 42,9
51-60 anni 25 35,7 78,6
61-70 anni 12 17,1 95,7
Oltre 70 anni 3 4,3 100,0
Totale 70 100,0
Stato civile VA %
Laico 41 58,6
Salesiano Coadiutore 6 8,6
Salesiano Sacerdote 23 32,9
Totale 70 100,0
Tav. 8 – Stato civile degli intervistati ricodificato
Legenda: VA=Valore assoluto
Stato civile Rec. VA %
Laico 41 58,6
Salesiano 29 41,4
Totale 70 100,0
Età Rec. VA % % cum.
31-50 anni 30 42,9 42,9
51-60 anni 25 35,7 78,6
Oltre 60 anni 15 21,4 100,0
Totale 70 100,0
150
Per quanto riguarda il titolo di studio (cfr. Tavv. 9 e 10) i rispondenti sono per
lo più in possesso di una laurea, civile o ecclesiastica, ma è ben rappresentata anche
la quota dei diplomati. Da segnalare la presenza di rispondenti che hanno dichiarato
di aver conseguito titoli di studio superiori, in particolare, master in diversi ambiti.
Tav. 9 – Titolo di studio degli intervistati
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
Tav. 10 – Titolo di studio degli intervistati ricodificato
Legenda: VA=Valore assoluto
Nel dettaglio, il 46,8% dei Direttori di CFP e il 63,6% dei Segretari nazionali
sono in possesso di lauree civili (coerentemente con quanto emerso circa lo status:
si tratta, infatti, per lo più di laici), mentre i Delegati regionali hanno prevalentemente
(58,3%) lauree di tipo ecclesiastico.
Tornando all’esperienza professionale, oltre la metà dei Direttori dei CFP dichiara
di ricoprire tale ruolo da un arco di tempo che va da uno a sei anni (cfr. Tav.
11). Per quanto riguarda l’esperienza di direzione di altri CFP prima dell’attuale
(cfr. Tav. 12) il 76% afferma di non averne avuta.
Tav. 11 – Anni di esperienza professionale dei Direttori
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
Titolo di studio VA % % cum.
Qualifica/diploma professionale 1 1,4 1,4
Diploma di scuola secondaria superiore 22 31,4 32,9
Laurea triennale (o diploma universitario o laurea breve) 5 7,1 40,0
Laurea magistrale o titolo civile equivalente 27 38,6 78,6
Licenza o altro titolo di studio ecclesiastico 15 21,4 100,0
Totale 70 100,0
Anni di direzione del CFP VA % % valida % cum.
Meno di un anno 4 5,7 8,0 8,0
Da 1 a 6 anni 27 38,6 54,0 62,0
Da 7 a 10 anni 10 14,3 20,0 82,0
Più di 10 anni 9 12,9 18,0 100,0
Subtotale 50 71,4 100,0
Risposta non dovuta 20 28,6
Totale 70 100,0
Titolo di studio Rec. VA %
Diplomi e qualifiche 23 32,9
Lauree civili 32 45,7
Lauree ecclesiastiche 15 21,4
Totale 70 100,0
151
Tav. 12 – Esperienza professionale dei Direttori
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
Anche fra i Delegati regionali la maggior parte dichiara di ricoprire tale ruolo
da uno a sei anni (cfr. Tav. 13) e, dalla distribuzione di frequenza, si evince che si
tratta di persone con esperienze precedenti, sia nella veste di Delegati regionali sia
di Direttori di CFP (cfr. Tav. 14).
Tav. 13 – Anni di esperienza professionale dei Delegati
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
Tav. 14 – Esperienza professionale dei Delegati
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
Infine, anche per quanto riguarda i Segretari nazionali, il periodo di esperienza
più rappresentato è quello da uno a sei anni (cfr. Tav. 15) e per tutti si tratta della
prima esperienza nel ruolo di Segretario nazionale (cfr. Tav. 16).
Direzione di altri CFP in precedenza VA % % valida % cum.
Sì, uno 6 8,6 12,0 12,0
Sì, più di uno 6 8,6 12,0 24,0
No 38 54,3 76,0 100,0
Subtotale 50 71,4 100,0
Risposta non dovuta 20 28,6
Totale 70 100,0
Anni da Delegato VA % % valida % cum.
Meno di un anno 1 1,4 8,3 8,3
Da 1 a 6 anni 8 11,4 66,7 75,0
Più di 10 anni 3 4,3 25,0 100,0
Subtotale 12 17,1 100,0
Risposta non dovuta 58 82,9
Totale 70 100,0
Il Delegato in precedenza VA % % valida % cum.
È stato Delegato in altra regione 2 2,9 14,3 14,3
È stato Direttore di un CFP 3 4,3 21,4 35,7
È stato Direttore in più CFP 1 1,4 7,1 42,9
Non è stato né direttore, né Delegato 5 7,1 35,7 78,6
È stato sia direttore, sia Delegato 3 4,3 21,4 100,0
Subtotale 14 20,0 100,0
Risposta non dovuta 56 80,0
Totale 70 100,0
152
Tav. 15 – Anni di esperienza professionale dei Segretari nazionali
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
Tav. 16 – Esperienza professionale dei Segretari nazionali
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
Dunque, complessivamente si tratta di persone con un buon livello di esperienza
sulle spalle, come si può vedere dalla Tavola 18; infatti, oltre la metà dei
rispondenti ha un’esperienza di uno/sei anni, quota che raggiunge il 92,9% se sommata
a quanti attestano un’esperienza di oltre sette anni, mentre, solo il 7,1%
dichiara meno di un anno di esperienza (e si tratta, più specificamente, di quattro
Direttori e un Delegato).
Tav. 17 – Anni di esperienza degli intervistati
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
4. LA PARTECIPAZIONE AI CORSI DI FORMAZIONE IN SERVIZIO
Gli intervistati sono stati invitati a valutare (su una scala da 1 a 4, da “nessuno”
a “tutti o quasi tutti”), la partecipazione alle diverse proposte di Formazione
in servizio offerte dalla Sede Nazionale. Nella Tavola 18 sono riportate, in sintesi,
le statistiche descrittive.
Da notare come, secondo la percezione degli intervistati, abbiano partecipato
più della metà dei formatori dei rispettivi CFP (o delegazioni regionali o settori/
aree) ai seminari per il personale direttivo e ai corsi residenziali regionali/locali.
Anni da Segretario VA % % valida % cum.
Da 1 a 6 anni 6 8,6 54,5 54,5
Da 7 a 10 anni 2 2,9 18,2 72,7
Più di 10 anni 3 4,3 27,3 100,0
Subtotale 11 15,7 100,0
Risposta non dovuta 59 84,3
Totale 70 100,0
Anni di esperienza VA % % cum.
Meno di un anno 5 7,1 7,1
Da 1 a 6 anni 39 55,7 62,9
Da 7 a 10 anni 12 17,1 80,0
Più di 10 anni 14 20,0 100,0
Totale 70 100,0
È stato Segretario nazionale di altri settori/aree VA % % valida % cum.
No 11 15,7 100,0 100,0
Risposta non dovuta 59 84,3
Totale 70 100,0
153
Seminari per i formatori, Corsi residenziali nazionali, sia per quanto riguarda
l’area delle competenze tecnico professionali, sia l’area delle competenze di base,
Apporto tecnologico e formativo delle imprese al settore/area (per i Segretari nazionali),
Attività formative con FONDER, Convegni promossi dalla CISI, Seminari
tematici legati ad eventi esterni registrano, invece, una partecipazione di meno
della metà dei formatori. Infine, la partecipazione è estremamente ridotta per i corsi
FAD e i Progetti internazionali.
Tav. 18 – Valutazione della partecipazione ai corsi di Formazione in servizio
Legenda: M=Media; DS=Deviazione Standard
Nel dettaglio (cfr. Tav. 19), per quanto riguarda la partecipazione ai seminari
per il personale direttivo, il 57,6% degli intervistati dichiara che hanno partecipato
“tutti o quasi tutti” i formatori, specialmente al Nord (64,7%) e al Centro (66,7%);
al Sud le risposte si distribuiscono equamente fra “nessuno ha partecipato” (30,8%)
e “tutti o quasi hanno partecipato” (30,8%). Non si rilevano particolari differenze
nella percezione di Delegati regionali e Direttori di CFP, né di laici e religiosi.
In riferimento alla partecipazione ai corsi residenziali regionali/locali il 42,4%
degli intervistati dichiara che hanno partecipato “tutti o quasi tutti i formatori”, specialmente
al Nord (55,9%), mentre al Centro e al Sud le risposte si ripartiscono fra
“nessuno” (rispettivamente 41,7% e 30,8%) e “più della metà hanno partecipato”
(33,3%). Il 45,7% degli intervistati dichiara che “meno della metà” dei formatori
ha partecipato ai seminari specifici per formatori (55,9% al Nord, 50% al Centro),
con una partecipazione ancora più bassa al Sud, dove il 30,8% degli intervistati dichiara
che “nessuno” ha partecipato a questo tipo di seminari.
Per quanto riguarda i corsi residenziali nazionali relativi all’area delle competenze
tecnico-professionali, complessivamente il 54,3% degli intervistati dichiara
che “meno della metà” dei formatori vi hanno partecipato (il 70,6% al Nord, il
41,7% al Centro e il 38,5% al Sud). Il livello di partecipazione è più basso al
Centro e al Sud dove si rilevano percentuali importanti di intervistati che dichiarano
che “nessuno” ha partecipato: 33,3% al Centro e 23,1% al Sud (più un altro
Partecipazione a: N Min. Max. M DS
Seminari per il personale direttivo 52 1 4 3,27 1,105
Corsi residenziali regionali/locali 55 1 4 2,98 1,147
Seminari per i formatori 61 1 4 2,28 0,951
Corsi residenziali nazionali - area delle competenze tecnico professionali 63 1 4 2,25 0,822
Corsi residenziali nazionali - area delle competenze di base 61 1 4 2,10 0,724
Apporto tecnologico e formativo delle imprese al settore/area 8 1 4 2,00 1,069
Attività formative con FONDER 49 1 4 1,82 0,928
Convegni promossi dalla CISI 51 1 4 1,76 0,839
Seminari tematici legati ad eventi esterni 54 1 4 1,76 0,671
Corsi FAD 52 1 4 1,56 0,608
Progetti internazionali (mobilità) 50 1 3 1,30 0,505
154
Tav. 19 – Partecipazione ai diversi corsi di Formazione in servizio
Legenda: M=Media; NR=Non risponde; VA=valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata; ND=Risposta non dovuta
Qualità della partecipazione a: M Nessuno ha
partecipato Insoddisfacente Poco
soddisfacente
Abbastanza
soddisfacente
Molto
soddisfacente
Non
risponde
Totale
valido ND Totale
Corsi residenziali regionali/locali 3,28
VA 8 1 1 28 16 5 59 11 70
% valida 11,4 1,4 1,4 40,0 22,9 7,1 84 15,7 100
% cum. 13,6 1,7 1,7 47,5 27,1 8,5 100
Apporto tecnologico e formativo
delle imprese al settore/area 3,20
VA 1 1 2 2 5 11 59 70
% valida 9,1 9,1 18,2 18,2 45,5 100,0
% cum. 9,1 18,2 36,4 54,5 100,0
Seminari per il personale direttivo 3,17
VA 5 2 3 28 15 6 59 11 70
% valida 8,5 3,4 5,1 47,5 25,4 10,2 100,0
% cum. 8,5 11,9 16,9 64,4 89,8 100,0
Corsi residenziali nazionali - area
delle competenze tecnico professionali
3,16
VA 7 2 2 36 15 8 70
% valida 10,0 2,9 2,9 51,4 21,4 11,4 100,0
% cum. 10,0 12,9 15,7 67,1 88,6 100,0
Seminari per i formatori 3,16
VA 11 2 3 30 15 9 70
% valida 15,7 2,9 4,3 42,9 21,4 12,9 100,0
% cum. 15,7 18,6 22,9 65,7 87,1 100,0
Corsi residenziali nazionali - area
delle competenze di base 3,02
VA 8 2 3 39 8 10 70
% valida 11,4 2,9 4,3 55,7 11,4 14,3 100,0
% cum. 11,4 14,3 18,6 74,3 85,7 100,0
Progetti internazionali (mobilità) 3,00
VA 29 1 2 9 4 14 59 11 70
% valida 49,2 1,7 3,4 15,3 6,8 23,7 100,0
% cum. 49,2 50,8 54,2 69,5 76,3 100,0
Attività formative con FONDER 2,96
VA 20 1 3 20 4 11 59 11 70
% valida 33,9 1,7 5,1 33,9 6,8 18,6 100,0
% cum. 33,9 35,6 40,7 74,6 81,4 100,0
Seminari tematici legati ad eventi
esterni 2,88
VA 18 2 5 22 5 18 70
% valida 25,7 2,9 7,1 31,4 7,1 25,7 100,0
% cum. 25,7 28,6 35,7 67,1 74,3 100,0
Convegni promossi dalla CISI 2,86
VA 17 1 5 20 3 13 59 11 70
% valida 28,8 1,7 8,5 33,9 5,1 22,0 100,0
% cum. 28,8 30,5 39,0 72,9 78,0 100,0
Corsi FAD 2,33
VA 21 3 12 12 11 59 11 70
% valida 35,6 5,1 20,3 20,3 18,6 100,0
% cum. 35,6 40,7 61,0 81,4 100,0
155
23,1% che decide di non rispondere). Il 54,3% dei rispondenti dichiara che “meno
della metà” dei formatori ha partecipato ai corsi residenziali nazionali relativi all’area
delle competenze di base. La tendenza è la stessa individuata per i corsi residenziali
nazionali dell’altro ambito: una partecipazione più consistente al Nord,
dove si dichiara che “nessuno ha partecipato” solo nell’8,8% dei casi, a fronte di
una partecipazione meno diffusa al Centro (33,3%) e al Sud (15,4%).
In riferimento alla partecipazione alle attività formative con FONDER buona
parte degli intervistati del Nord e del Sud dichiarano che “nessuno” vi ha partecipato,
rispettivamente il 38,2% e il 46,2%. La situazione è leggermente più confortante
al Centro dove il 41,7% degli intervistati dichiara che vi ha partecipato “meno
della metà” dei formatori. Complessivamente il 42,4% degli intervistati dichiara
che “meno della metà” dei formatori ha partecipato a convegni promossi dalla
CISI. Nel dettaglio, il 58,3% al Centro, il 38,5% al Sud e il 38,2% al Nord. Tuttavia,
al Nord si registra anche un ulteriore 38,2% di intervistati che dichiara che
“nessuno” vi ha partecipato; al Centro tale percentuale sale al 41,7%, mentre al Sud
si attesta al 23,1%.
Per quanto riguarda la partecipazione a seminari tematici legati ad eventi
esterni, al Nord il 55,9% degli intervistati dichiara che vi hanno partecipato “meno
della metà dei formatori”, al Centro dichiara la stessa cosa il 50% degli intervistati
(l’altro 50% dichiara che “nessuno” vi ha partecipato), al Sud lo dichiara il 23,1%
assieme a un 46,2% che dichiara che “nessuno” vi ha partecipato e a un 30,8% di
intervistati che preferisce non rispondere a questa domanda.
La partecipazione ai corsi FAD è nulla per il 42,45% dei rispondenti. In particolare,
la situazione è relativamente più confortante al Centro dove a fronte di un
33,3% di intervistati che dichiara che “nessuno” vi ha partecipato si rileva anche un
66,7% che dichiara che “meno della metà” vi ha partecipato. Al Nord il 47,1% degli
intervistati dichiara che “nessuno” vi ha partecipato e il 41,2% indica che “meno
della metà” vi ha partecipato. Infine, al Sud il 38,5% dei rispondenti dichiara che
“nessuno” vi ha partecipato e, in egual misura (30,8%) o scelgono di non rispondere
o dichiarano che “meno della metà” dei formatori ha partecipato ai corsi FAD.
“Nessuno” ha partecipato ai progetti internazionali per il 61% degli intervistati,
senza differenze particolarmente evidenti fra le percezioni degli intervistati
delle diverse aree geografiche.
Dallo studio delle tavole di contingenza (analisi bivariata) non si rilevano particolari
dissomiglianze nella distribuzione di frequenza delle risposte in funzione
del ruolo o dello stato civile. Tendenzialmente, la percezione del livello di partecipazione
alle varie attività di Formazione in servizio è più critica o più realistica da
parte dei Direttori dei CFP, probabilmente perché hanno maggiori occasioni di contatto
diretto con i formatori. I Delegati, tutti Salesiani, in alcuni casi si dimostrano
più ottimisti nel valutare il livello di partecipazione, in particolar modo alle attività
con FONDER, alle attività promosse dalla CISI, ai corsi FAD e ai progetti internazionali.
156
Per quanto concerne gli anni di esperienza, da rilevare essenzialmente la maggiore
concentrazione di mancate risposte fra gli intervistati con minore esperienza.
Gli intervistati con più esperienza hanno tendenzialmente una percezione più pessimistica
della partecipazione alle attività di Formazione in servizio. Tendenza che si
conferma in riferimento all’età dei rispondenti: fra i più giovani si registra un numero
maggiore di mancate risposte e si rileva anche una stima della partecipazione
più ottimistica. Sempre in riferimento alla stima della partecipazione, considerando
il titolo di studio degli intervistati, i laureati in generale (in possesso di titoli sia
civili, sia ecclesiastici) si dimostrano più pessimisti.
Gli intervistati sono stati, in seguito, invitati a valutare su una scala da 1 a 4
(da “insoddisfacente” a “molto soddisfacente”), la qualità della partecipazione dei
formatori alle diverse proposte di Formazione in servizio offerte dalla Sede Nazionale.
Nella Tavola 20 sono riportate nel dettaglio le statistiche descrittive. Da notare
come, nella percezione degli intervistati, sia valutata in modo “abbastanza
soddisfacente” la partecipazione dei formatori ai Corsi residenziali regionali/
locali, ai Seminari per il personale direttivo, ai Corsi residenziali nazionali - area
delle competenze tecnico professionali, ai Seminari specifici per i formatori, ai
Corsi residenziali nazionali - area delle competenze di base e ai Progetti internazionali;
ancora in modo abbastanza soddisfacente, anche se in misura leggermente
inferiore, viene valutata la partecipazione alle Attività formative con FONDER,
ai Seminari tematici legati ad eventi esterni ed ai Convegni promossi dalla CISI.
Infine, è poco soddisfacente per gli intervistati la partecipazione dei formatori ai
corsi FAD.
Tav. 20 – Valutazione della qualità della partecipazione ai corsi di Formazione in servizio
Legenda: M=Media; DS=Deviazione Standard
In particolare (cfr. Tav. 21), per quanto riguarda la qualità della partecipazione
da parte dei formatori ai corsi residenziali regionali/locali, il 47,5% degli intervistati
dichiara che è “abbastanza soddisfacente” e il 27,1% che è “molto soddisfacente”.
L’area della soddisfazione è più diffusa fra gli intervistati del Nord.
Qualità della partecipazione a: N Min. Max. M DS
Corsi residenziali regionali/locali 46 1 4 3,28 0,621
Apporto tecnologico e formativo delle imprese al settore/area 5 2 4 3,20 0,837
Seminari per il personale direttivo 48 1 4 3,17 0,724
Corsi residenziali nazionali - area delle competenze tecnico professionali 55 1 4 3,16 0,660
Seminari per i formatori 50 1 4 3,16 0,710
Corsi residenziali nazionali - area delle competenze di base 52 1 4 3,02 0,610
Progetti internazionali (mobilità) 16 1 4 3,00 0,816
Attività formative con FONDER 28 1 4 2,96 0,637
Seminari tematici legati ad eventi esterni 34 1 4 2,88 0,729
Convegni promossi dalla CISI 29 1 4 2,86 0,639
Corsi FAD 27 1 3 2,33 0,679
157
In riferimento alla qualità della partecipazione ai seminari per il personale direttivo,
gli intervistati si dichiarano abbastanza soddisfatti nel 47,5% dei casi con
percentuali più elevate al Nord.
Per quanto concerne la valutazione della partecipazione ai Corsi residenziali
nazionali - area delle competenze tecnico professionali, si dichiara abbastanza soddisfatto
il 51,4% degli intervistati. L’area della soddisfazione è più estesa al Nord.
Il 42,9% degli intervistati si dichiara abbastanza soddisfatto della partecipazione
dei formatori ai Seminari specifici per i formatori e, anche in questo caso, si
dichiarano più soddisfatti i rispondenti del Nord.
Stessa tendenza per quanto riguarda la qualità della partecipazione ai Corsi residenziali
nazionali - area delle competenze di base: è valutata in modo abbastanza
soddisfacente dal 55,7% degli intervistati, con proporzioni più evidenti fra gli intervistati
del Nord.
Per quanto riguarda la partecipazione ai Progetti internazionali buona parte dei
rispondenti (15,3%) la valuta in modo abbastanza soddisfacente, in particolar modo
al Nord e al Centro, ma in questo caso sono da tenere presenti le elevate percentuali
di rispondenti che non hanno risposto e che non dovevano rispondere avendo indicato
che nessuno dei formatori ha partecipato a questo specifico tipo di attività.
Relativamente alle Attività formative con FONDER, si dichiarano abbastanza
soddisfatti il 33,9% degli intervistati e l’area di maggiore soddisfazione, in questo
caso, è il Centro.
Il 31,4% dei rispondenti è abbastanza soddisfatto anche della partecipazione ai
Seminari tematici legati ad eventi esterni, specialmente gli intervistati del Nord.
Per quanto riguarda la partecipazione ai Convegni promossi dalla CISI il
33,9% dei rispondenti si dichiara abbastanza soddisfatto, in maniera trasversale alle
diverse aree geografiche.
Infine, per il 20,3% degli intervistati la partecipazione dei formatori ai corsi
FAD è abbastanza soddisfacente e, allo stesso tempo, per una quota altrettanto
numerosa tale partecipazione è giudicata, invece, poco soddisfacente. Da notare
che al Sud si concentra il maggior numero di mancate risposte registrate per questa
domanda.
Per quanto concerne il ruolo, complessivamente i Direttori dei CFP si dichiarano
abbastanza soddisfatti della partecipazione alle attività di Formazione in servizio,
come anche i Delegati che lo sono particolarmente in merito a seminari di vario tipo
(per i formatori, per il personale direttivo, tematici esterni) e ai convegni promossi
dalla CISI. Allo stesso tempo, i Direttori sembrano essere i più critici nell’esprimere
scarsa soddisfazione in merito alla partecipazione ai corsi FAD. Inoltre, i laici appaiono
complessivamente abbastanza soddisfatti della partecipazione a tutte le attività
di tipo seminariale, mentre i Salesiani si dichiarano abbastanza soddisfatti di
quella relativa ai corsi regionali/locali, ai progetti internazionali e ai convegni CISI.
Una precisazione è necessaria per quanto riguarda l’apporto tecnologico e formativo
delle imprese al settore/area: si tratta di domande rivolte soltanto ai Segre-
158
Tav. 21 – Qualità della partecipazione ai diversi corsi di Formazione in servizio
Legenda: M =Media; VA=valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata; ND=Risposta non dovuta
Qualità della partecipazione a: M Nessuno ha
partecipato Insoddisfacente Poco
soddisfacente
Abbastanza
soddisfacente
Molto
soddisfacente
Non
risponde
Totale
valido ND Totale
Corsi residenziali regionali/locali 3,28
VA 8 1 1 28 16 5 59 11 70
% valida 11,4 1,4 1,4 40,0 22,9 7,1 84 15,7 100
% cum. 13,6 1,7 1,7 47,5 27,1 8,5 100
Apporto tecnologico e formativo
delle imprese al settore/area 3,20
VA 1 1 2 2 5 11 59 70
% valida 9,1 9,1 18,2 18,2 45,5 100,0
% cum. 9,1 18,2 36,4 54,5 100,0
Seminari per il personale direttivo 3,17
VA 5 2 3 28 15 6 59 11 70
% valida 8,5 3,4 5,1 47,5 25,4 10,2 100,0
% cum. 8,5 11,9 16,9 64,4 89,8 100,0
Corsi residenziali nazionali - area
delle competenze tecnico professionali
3,16
VA 7 2 2 36 15 8 70
% valida 10,0 2,9 2,9 51,4 21,4 11,4 100,0
% cum. 10,0 12,9 15,7 67,1 88,6 100,0
Seminari per i formatori 3,16
VA 11 2 3 30 15 9 70
% valida 15,7 2,9 4,3 42,9 21,4 12,9 100,0
% cum. 15,7 18,6 22,9 65,7 87,1 100,0
Corsi residenziali nazionali - area
delle competenze di base 3,02
VA 8 2 3 39 8 10 70
% valida 11,4 2,9 4,3 55,7 11,4 14,3 100,0
% cum. 11,4 14,3 18,6 74,3 85,7 100,0
Progetti internazionali (mobilità) 3,00
VA 29 1 2 9 4 14 59 11 70
% valida 49,2 1,7 3,4 15,3 6,8 23,7 100,0
% cum. 49,2 50,8 54,2 69,5 76,3 100,0
Attività formative con FONDER 2,96
VA 20 1 3 20 4 11 59 11 70
% valida 33,9 1,7 5,1 33,9 6,8 18,6 100,0
% cum. 33,9 35,6 40,7 74,6 81,4 100,0
Seminari tematici legati ad eventi
esterni 2,88
VA 18 2 5 22 5 18 70
% valida 25,7 2,9 7,1 31,4 7,1 25,7 100,0
% cum. 25,7 28,6 35,7 67,1 74,3 100,0
Convegni promossi dalla CISI 2,86
VA 17 1 5 20 3 13 59 11 70
% valida 28,8 1,7 8,5 33,9 5,1 22,0 100,0
% cum. 28,8 30,5 39,0 72,9 78,0 100,0
Corsi FAD 2,33
VA 21 3 12 12 11 59 11 70
% valida 35,6 5,1 20,3 20,3 18,6 100,0
% cum. 35,6 40,7 61,0 81,4 100,0
159
tari nazionali che, nello specifico, si distribuiscono equamente (27,3%) fra “nessuno”
ha partecipato, “meno della metà” ha partecipato e la mancata risposta. Tuttavia,
per quanto riguarda la valutazione della qualità della partecipazione all’apporto
tecnologico, quanti hanno deciso di rispondere si dichiarano abbastanza
(18,2%) o molto soddisfatti (18,2%).
Per quanto concerne gli anni di esperienza da rilevare, anche nel caso della valutazione
della qualità della partecipazione, la maggiore concentrazione di mancate
risposte fra gli intervistati con minore esperienza. Tendenzialmente gli intervistati
con più esperienza mostrano una maggiore soddisfazione circa la qualità della partecipazione
alle attività di Formazione in servizio. Tendenza che si conferma in
riferimento all’età dei rispondenti: fra gli ultracinquantenni la percentuale di soddisfazione
è maggiore (specialmente in riferimento alle attività di tipo seminariale).
Sempre in riferimento alla valutazione della qualità della partecipazione, considerando
il titolo di studio degli intervistati, i laureati, in generale, si dimostrano in
proporzione meno soddisfatti (specialmente in riferimento alle diverse attività di
tipo seminariale).
Tav. 22 – Ostacoli alla partecipazione ai corsi di Formazione in servizio
Legenda: Base dati N=70; la % non ha somma 100 perché erano ammesse più risposte; VA=Valore assoluto
Agli intervistati è stato poi richiesto di indicare quali pensano possano essere
gli elementi che fanno da ostacolo alla partecipazione dei formatori alle diverse attività
di Formazione in servizio promosse dalla Sede Nazionale (cfr. Tav. 22). Sulla
base delle risposte più frequenti i maggiori ostacoli per la partecipazione dei formatori
sembrerebbero essere elementi che, per lo più, hanno a che fare con la mancanza
o comunque l’insufficienza di personale interno (con contratto a tempo indeterminato
o determinato) e con il carico eccessivo di lavoro sui singoli operatori,
che per queste ragioni non possono usufruire delle diverse proposte di Formazione
in servizio. A seguire, si rintracciano motivazioni che hanno a che fare con la programmazione
temporale e la rigidità degli orari di svolgimento delle diverse ini -
ziative. Piuttosto consistenti in termini di frequenza anche i riferimenti alla scarsa
Ostacoli alla partecipazione: VA % valida
Insufficienza del personale interno del CFP che impedisce la partecipazione 37 52,9
Eccessivo carico di lavoro personale 31 44,3
Incompatibilità rispetto alle date programmate 23 32,9
Rigidità dell'orario del corso 11 15,7
Mancanza di finalizzazione alla carriera 10 14,3
Scarsa sensibilità della dirigenza 7 10,0
Mancata finalizzazione alla definizione dei ruoli/compiti da svolgere nel centro 7 10,0
Scarso interesse dei partecipanti verso gli argomenti/tematiche trattate 6 8,6
Assenza di incentivi economici per i partecipanti ai corsi 6 8,6
Scarsa praticità e/o eccessiva astrattezza dei contenuti dei corsi 4 5,7
Basso livello contenutistico dei corsi 1 1,5
Scarsa preparazione dei docenti dei corsi 0 0,0
Carenze metodologiche da parte dei docenti dei corsi 0 0,0
160
finalizzazione alla progressione di carriera delle iniziative di formazione, alla
scarsa finalizzazione alla definizione di ruoli e compiti da svolgere nei CFP e il
riferimento ad una scarsa sensibilità della dirigenza. Non sono stati, invece, indicati
da nessuno degli intervistati, problemi che possono avere a che fare con la preparazione
e il livello di autorevolezza dei docenti dei diversi corsi di Formazione
in servizio.
Gli intervistati, nel caso di questa domanda, hanno in buona misura approfittato
della possibilità di specificare altri eventuali ostacoli alla partecipazione ai
corsi di Formazione in servizio e nella Tavola 23 sono riportati, in sintesi, i risultati
della ricodifica effettuata a posteriori di tali specifiche.
Tav. 23 – Specifica di altri eventuali ostacoli alla partecipazione ai corsi di Formazione in servizio
Legenda: VA=Valore assoluto
In dettaglio, i problemi relativi all’insufficienza del personale interno al CFP e
all’assenza di incentivi economici sono particolarmente sentiti al Centro e al Sud.
Le problematiche, invece, connesse con l’eccessivo carico di lavoro personale, la
rigidità degli orari, delle date e della logistica dei corsi in generale, nonché lo
scarso interesse dei partecipanti verso le tematiche dei corsi, sono maggiormente
avvertite al Nord, a seguire al Centro, infine al Sud.
La mancanza di finalizzazione alla carriera è trasversalmente riconosciuta
come un ostacolo nelle diverse aree geografiche; la scarsa praticità è considerata un
ostacolo esclusivamente al Nord e il basso livello contenutistico dei corsi lo è
esclusivamente al Sud. Interessante notare come la scarsa sensibilità della dirigenza
e la mancata finalizzazione alla definizione dei ruoli siano ostacoli indicati, per lo
più, dai Segretari nazionali.
Anche nel caso della percezione degli eventuali ostacoli, il giudizio dei Direttori
sembra essere più vicino alla realtà concreta vissuta nei diversi CFP, questi si
dimostrano, infatti, più sensibili, insieme ai Delegati, agli ostacoli di carattere più
spiccatamente pratico connessi con la gestione della partecipazione alle attività di
formazione, compatibilmente con le esigenze organizzative dei diversi centri. L’influenza
sul giudizio dello status salesiano/laico è coerente con la composizione in
prevalenza laica del sub-campione di Direttori dei CFP.
Per quanto riguarda gli eventuali ostacoli, si noti come fra gli intervistati con
meno anni di esperienza tendenzialmente non vengono indicati elementi che possono
avere a che fare con la dirigenza e con i contenuti dei corsi. Per quanto riguarda
l’età degli intervistati, i più giovani sono più sensibili alle questioni econo-
Specifica di altri eventuali ostacoli alla partecipazione VA
Problemi relativi alla gestione del personale 9
Problemi relativi agli impegni familiari degli operatori 6
Problematiche peculiari del CNOS Sicilia 3
Problematiche relative alle diversità regionali dei diversi CFP 1
161
miche, gli adulti agli aspetti organizzativi delle attività (date e orari), mentre i più
maturi denunciano scarsa sensibilità della dirigenza. Infine, relativamente al titolo
di studio degli intervistati i diplomati sembrano preoccupati circa l’eccessivo carico
di lavoro personale, mentre i laureati in generale sono più sensibili agli aspetti
legati ai contenuti dei corsi, all’interesse dei partecipanti e, di nuovo, alla sensibilità
della dirigenza.
La partecipazione alle diverse proposte e opportunità di Formazione in servizio
(cfr. Tav. 24) è quasi sempre concordata con il Direttore e/o con lo staff di
direzione (85,7%) specialmente al Nord, a detta principalmente dei Direttori e dei
laici. Gli intervistati si dichiarano essenzialmente soddisfatti della Formazione in
servizio offerta dalla Sede Nazionale: il 51,4% è abbastanza soddisfatto, il 35,7% è
molto soddisfatto, mentre solo il 2,8% si dichiara apertamente poco o per nulla
soddisfatto e il 10% degli intervistati decide di non rispondere a questa domanda
(cfr. Tavv. 25 e 26). Questa situazione si individua specialmente al Nord, secondo
l’opinione in particolare dei Direttori e dei laici. In funzione dell’età e del titolo di
studio non si individuano differenze significative fra gli intervistati, mentre è da
segnalare il fatto che l’area della soddisfazione sia più ampia fra gli intervistati con
minore esperienza professionale.
Tav. 24 – Tipo di partecipazione alle attività di Formazione in servizio
Legenda: VA=Valore assoluto
Tav. 25 – Soddisfazione per la Formazione in servizio offerta dalla Sede Nazionale CNOS-FAP
Legenda: VA=Valore assoluto; % cum.=Percentuale cumulata
Tav. 26 – Valutazione della soddisfazione per la Formazione in servizio offerta dalla Sede Nazionale CNOS-FAP
Legenda: M=Media; DS=Deviazione Standard
Tipo di partecipazione alle attività di Formazione in servizio VA % valida
Non risponde 4 5,7
Volontaria 1 1,4
Concordata con il Direttore e/o con lo staff di direzione 60 85,7
Decisa dall'associazione CNOS-FAP regionale 5 7,1
Totale 70 100,0
Quanto è soddisfatto della Formazione in servizio offerta
dalla Sede Nazionale CNOS-FAP VA % valida % cum.
Non risponde 7 10,0 10,0
Per nulla soddisfatto 1 1,4 11,4
Poco soddisfatto 1 1,4 12,9
Abbastanza soddisfatto 36 51,4 64,3
Molto soddisfatto 25 35,7 100,0
Totale 70 100,0
Statistiche descrittive N Min. Max. M DS
Soddisfazione per la Formazione in servizio offerta dalla Sede Nazionale 66 1 4 3,33 0,591
162
Agli intervistati che hanno espresso un giudizio negativo veniva richiesto nel
questionario di specificarne le ragioni (cfr. Tav. 27), che essenzialmente si concentrano
sulla scarsa significatività dei corsi, la scarsa incidenza nella concreta prassi
formativa dei formatori, il mancato conseguimento degli obiettivi formativi e la limitata
trasferibilità nel proprio CFP degli elementi costitutivi dell’offerta di Formazione
in servizio.
Tav. 27 – Motivi di insoddisfazione per la Formazione in servizio offerta dalla Sede Nazionale CNOS-FAP
Legenda: Base dati N=70; la % non ha somma 100 perché erano ammesse più risposte; VA=Valore assoluto
La scarsa significatività dei contenuti e la scarsa incidenza nella prassi formativa
vengono parimenti indicate al Nord e al Sud, mentre il mancato conseguimento
degli obiettivi e la limitata trasferibilità nei CFP sono motivo di insoddisfazione
prevalentemente al Sud. In riferimento a ruolo e status non si notano differenze significative
nella distribuzione di frequenza delle risposte. Differenze che si rilevano,
invece, in riferimento agli anni di esperienza: chi ne ha da 7 a 10 è preoccupato
circa la limitata trasferibilità e la scarsa incidenza sulla prassi formativa,
mentre chi ne ha da 1 a 6 tiene in considerazione il mancato conseguimento degli
obiettivi e la scarsa significatività dei contenuti. In parte queste tendenze si confermano
studiando le differenze per età fra gli intervistati: i rispondenti di età fino a
60 anni giudicano scarsamente significativi e con una scarsa ricaduta nelle prassi
formativa i contenuti dei corsi. In generale, gli intervistati con più esperienza si dimostrano
più critici rispetto a quelli con meno esperienza. Gli intervistati in possesso
di una laurea civile, infine, sono i principali portatori di giudizio negativo in
merito agli elementi considerati finora.
Allo stesso modo, nel questionario veniva richiesto agli intervistati di specifica -
re le ragioni del loro giudizio positivo in merito alla Formazione in servizio dei formatori
offerta dalla Sede Nazionale (cfr. Tav. 28). Il principale motivo di soddisfazione
riguarda la significatività dei contenuti proposti nelle diverse attività, indicato
dall’80,6% degli intervistati; a seguire, si individuano motivazioni legate all’idoneità
della docenza (46,8%), alla trasferibilità nel proprio CFP (45,2%) e al conse-
Ragioni del giudizio negativo: VA % valida
La scarsa significatività dei contenuti proposti 2 50,0
La scarsa incidenza nella prassi formativa dei formatori 2 50,0
Il mancato conseguimento degli obiettivi 1 25,0
La limitata trasferibilità nel proprio CFP 1 25,0
L'inefficacia delle metodologie didattiche 0 0,0
L'inadeguatezza delle attrezzature e delle tecnologie didattiche 0 0,0
La scarsa validità dei sussidi didattici 0 0,0
La poca idoneità della docenza 0 0,0
La mancanza di partecipazione dei corsisti 0 0,0
L'inefficienza organizzativa 0 0,0
La insoddisfacente ospitalità 0 0,0
163
guimento degli obiettivi formativi (41,9%). Buona parte degli intervistati indica,
poi, come ulteriori motivi di soddisfazione da un lato l’incidenza nella prassi formativa
dei formatori (30,6%) e la partecipazione dei corsisti stessi (29%), dall’altro
l’efficienza organizzativa (29%) e l’ospitalità (21%). Infine, si rilevano ragioni di
soddisfazione connesse con la metodologia didattica (12,9%), le attrezzature
(12,9%) e i diversi sussidi didattici (6,5%) a disposizione per la Formazione in servizio.
Importante sottolineare come fra i motivi di soddisfazione sia stata indicata
anche la possibilità di entrare in contatto e scambiare esperienze con i formatori di
altri CFP durante i corsi di Formazione in servizio (cfr. Tav. 29). Anzi, l’esigenza di
interscambio e collaborazione fra realtà diverse è una dimensione che emerge anche
in risposta ad altre domande del questionario, quindi, sembra essere una istanza da
non sottovalutare e da valorizzare per il futuro.
Tav. 28 – Motivi di soddisfazione per la Formazione in servizio offerta dalla Sede Nazionale CNOS-FAP
Legenda: Base dati N=70; la % non ha somma 100 perché erano ammesse più risposte; VA=Valore assoluto
Tav. 29 – Specifica di altri motivi di soddisfazione per la Formazione in servizio
offerta dalla Sede Nazionale CNOS-FAP
Legenda: VA=Valore assoluto
Nel dettaglio, al Centro e al Nord, sono prevalentemente motivo di soddisfazione
gli aspetti pratici, concreti dell’attività formativa, quali la significatività dei
contenuti proposti, l’idoneità della docenza, la trasferibilità nel proprio CFP, l’adeguatezza
delle attrezzature e delle tecnologie didattiche e la validità dei sussidi didattici,
nonché l’efficienza organizzativa e l’ospitalità.
Il conseguimento degli obiettivi e, quindi, l’efficacia delle metodologie didattiche
sono indicate come motivo di soddisfazione prevalentemente al Sud e al
Nord, così come l’incidenza nella prassi formativa dei formatori.
Ragioni del giudizio positivo: VA % valida
La significatività dei contenuti proposti 50 80,6
La idoneità della docenza 29 46,8
La trasferibilità nel proprio CFP 28 45,2
Il conseguimento degli obiettivi 26 41,9
La incidenza nella prassi formativa dei formatori 19 30,6
La partecipazione dei corsisti 18 29,0
L'efficienza organizzativa 18 29,0
L'ospitalità 13 21,0
L'efficacia delle metodologie didattiche 8 12,9
L'adeguatezza delle attrezzature e delle tecnologie didattiche 8 12,9
La validità dei sussidi didattici 4 6,5
Ragioni del giudizio positivo: Altro VA
La temporalità dei corsi 1
Scambio di esperienze durante il corso con altri formatori 1
164
La stessa partecipazione dei corsisti è motivo di soddisfazione prevalentemente
al Nord e al Sud.
Con riferimento ai ruoli, il giudizio dei Direttori, complessivamente, si avvicina
molto a quello dei Segretari nazionali. È interessante notare, inoltre, come i
Segretari nazionali esprimano soddisfazione per lo più in merito agli elementi concreti
maggiormente legati alla docenza, ai contenuti e alle metodologie e tecnologie
didattiche, nonché alla partecipazione stessa da parte dei corsisti.
L’influenza dello status si rispecchia nell’andamento delle risposte espresse dai
Direttori dei CFP (prevalentemente laici), dai Segretari nazionali (quasi tutti laici) e
dei Delegati regionali (tutti Salesiani).
Per quanto riguarda l’esperienza, si noti come i più esperti motivano il loro
giudizio positivo attraverso ragioni che hanno a che fare con i contenuti dei corsi,
i sussidi didattici, l’idoneità della docenza, il conseguimento degli obiettivi formativi
e la trasferibilità nei CFP. I più giovani in termini di età sono attenti al -
l’adeguatezza delle attrezzature, delle tecnologie didattiche, alla partecipazione
dei corsisti e al conseguimento degli obiettivi formativi, mentre i più anziani considerano
maggiormente l’idoneità della docenza e l’efficacia delle metodologie
didattiche, all’insegna di quella che sembra delinearsi come una sorta di contrapposizione
fra didattica tradizionale e didattica innovativa. Anche in riferimento
al titolo di studio degli intervistati si rilevano tendenziali differenze: i diplomati
legano il loro giudizio positivo ad aspetti concreti di efficienza/efficacia della
didattica, delle attrezzature, dei sussidi, dell’organizzazione stessa delle attività,
di significatività dei contenuti, della loro trasferibilità e del conseguimento degli
obiettivi formativi, mentre i laureati, in generale, sembrano più concentrati sulle
possibili e auspicabili ricadute sulla prassi formativa e sulla partecipazione stessa
dei corsisti.
5. PUNTI DI FORZA E DI CRITICITÀ: UN BILANCIO
Una sola domanda, ma molto articolata, ha sollecitato gli intervistati ad ef -
fettuare un bilancio delle attività di Formazione in servizio promosse dalla Sede
Nazionale. Le risposte verranno presentate in due momenti: prima si ragionerà sui
totali e poi questi saranno approfonditi in relazione alle diverse categorie in cui si
distribuisce il campione.
Nel complesso i risultati sono sostanzialmente positivi: la valutazione espressa
dalla media ponderata non scende mai al di sotto dell’abbastanza soddisfatti; al
tempo stesso non si può trascurare che in genere i dati non si collocano sul molto o
in prossimità di esso (cfr. Tav. 30).
Un aspetto riceve un giudizio che si colloca quasi tra molto e abbastanza: il
“clima” del corso (collaborazione, impegno...) (M: 3,46; molto: 42,9%). Inoltre, si
avvicinano a questo risultato le alternative quali: la competenza e l’autorevolezza
165
Tav. 30 – Valutazione della Formazione in servizio promossa dalla Sede Nazionale (dom. 10 - in %; in M e in graduatoria sulla M)
Legenda: M=Media ponderata; VA=Valore assoluto; NR=Non risponde
Qualità della Formazione in servizio M
In VA e %
NR Insoddisfacente Poco
soddisfacente
Abbastanza
soddisfacente
Molto
soddisfacente
VA % VA % VA % VA % VA %
“Clima” del corso 3,46 7 10,0 0 0,0 1 1.4 32 45,7 30 42,9
Competenza e autorevolezza dei docenti 3,38 7 10,0 0 0,0 0 0,0 39 55,7 24 34,3
Disponibilità a fornire chiarimenti da parte dei docenti 3,38 7 10,0 0 0,0 0 0,0 39 55,7 24 34,3
Significatività dei contenuti dei corsi 3,35 7 10,0 1 1,14 1 1,14 36 51,4 25 35,7
Efficienza organizzativa (orari, ospitalità, luogo…) 3,29 7 10,0 0 0,0 4 5,7 37 52,9 22 31,4
Chiarezza nell’esposizione degli argomenti 3,27 7 10,0 0 0,0 1 1,4 44 62,9 18 25,7
Personale coinvolgimento nei corsi da parte dei formatori
3,19 7 10,0 0 0,0 7 10,0 37 52,9 19 27,1
Adeguatezza delle attrezzature, delle tecnologie didattiche
e dei materiali 3,14 7 10,0 0 0,0 4 5,7 46 65,7 13 18,6
Raggiungimento degli obiettivi formativi 3,11 7 10,0 1 1,4 2 2,9 49 70,0 11 15,7
Grado di approfondimento degli argomenti e dei temi 3,06 7 10,0 0 0,0 5 7,1 49 70,0 9 12,9
Efficacia della metodologia didattica 3,06 8 11,4 0 0,0 7 10,0 44 62,9 11 15,7
Soddisfazione delle attese formative 3,02 7 10,0 1 1,4 3 4,3 53 75,7 6 8,6
166
dei docenti e la loro disponibilità a fornire chiarimenti (in ambedue i casi, 3,38;
34,3%); la significatività dei contenuti (3,35; 35,7%).
A sua volta, un gruppo di caratteristiche della Formazione in servizio del
CNOS-FAP ottiene una valutazione più che sufficiente. Anzitutto, si tratta dell’efficienza
organizzativa (orari, ospitalità, luogo...) (3,29; 41,4%) e della chiarezza nell’esposizione
degli argomenti da parte dei docenti dei corsi (3,27; 25,7%). Seguono
a una qualche distanza: il personale coinvolgimento nei corsi da parte dei formatori
(3,19; 27,1%); l’adeguatezza delle attrezzature, delle tecnologie didattiche e dei
materiali del corso (3,14; 18,6%); il raggiungimento degli obiettivi formativi (3,11;
15,7%).
Il giudizio coincide sostanzialmente con la sufficienza su tre aspetti. Due presentano
una stessa media, mentre si diversificano quanto alla percentuale del
molto: l’efficacia della metodologia didattica (3,06; 15,7%) e la soddisfazione delle
attese formative (3,06; 12,9%). L’ultimo posto è occupato dalla soddisfazione delle
attese formative (3,02; 8,6%).
Infine, meraviglia che 7 intervistati (10%) non rispondano alle domande e che
nel caso dell’item “Efficacia della metodologia didattica” salgono a 8 (11,4%). Infatti,
si tratta di operatori che per il loro ruolo conoscono la situazione e sono interessati
ai problemi che vengono sollevati dalle domande.
Il secondo momento dell’analisi dei risultati si basa sugli incroci con variabili
significative quali, come si è specificato sopra, l’età, lo stato ecclesiale, la residenza,
il titolo di studio, il ruolo e l’esperienza professionale degli intervistati5.
Iniziando con l’età, una tendenza comune ai vari item è quella che vede raggrupparsi
gli intervistati che non rispondono – generalmente 5 su 7 – tra i più giovani,
cioè nella coorte 31-50 anni: l’andamento, anche se si può capire, non appare
legittimamente fondato perché nessuno degli intervistati per la sua posizione ed
esperienza sembrerebbe mancare di un minimo di conoscenza della FP del CNOSFAP.
L’altro andamento che si riscontra evidenzia tra i gruppi di età meno giovani
percentuali più elevate di soddisfazione per la Formazione in servizio del CNOSFAP;
ciò si può spiegare con la maggiore esperienza e competenza di queste categorie
ed essere interpretato come una prova a favore della validità dell’offerta della
Sede Nazionale. Va comunque precisato che in due casi la crescita nell’apprezzamento
viene solo dalla coorte 51-60 e si tratta dell’efficienza organizzativa e dell’adeguatezza
delle attrezzature, delle tecnologie didattiche e dei materiali.
Altra variabile significativa da considerare nella FP del CNOS-FAP e anche
tipica di essa è costituita dallo stato ecclesiale di laico o salesiano del personale.
Un andamento che emerge dal confronto e che meraviglia è la concentrazione degli
intervistati che non rispondono tra i Salesiani che in linea di principio dovrebbero
essere meglio informati della situazione e più interessati a prendere posizione sulle
5 In generale, ci si soffermerà solo su quelle variabili il cui utilizzo statistico nell’esame delle domande
porta a risultati di una qualche rilevanza.
167
domande. Inoltre, tutte le dimensioni della Formazione in servizio del CNOS-FAP
ricevono un apprezzamento più elevato dai laici che non dai Salesiani che, pertanto,
risultano più critici nei confronti della Formazione delle loro Opere educative.
Riguardo agli incroci con la circoscrizione geografica in cui si svolge la propria
attività professionale, va anzitutto ricordato che tale informazione non è stata
richiesta ai Segretari nazionali in quanto essi esercitano il loro ruolo in tutto il territorio
italiano e non in un determinato Centro o Regione. Anche in questo caso si
notano due tendenze: una vede il numero degli intervistati che non rispondono aumentare
man mano che si passa dal Nord – dove non si riscontrano affatto – al
Centro e al Sud; l’altra, con la progressione opposta sul territorio, cioè dal Meridione
al Settentrione, vede crescere l’apprezzamento per i vari aspetti della qualità
delle attività di Formazione in servizio promosse dalla Sede Nazionale del CNOSFAP.
Il titolo di studio trova gli intervistati che non rispondono divisi quasi equamente
tra i possessori di lauree civili e di lauree ecclesiastiche, mentre nessuno dei
diplomati si sottrae alle domande. A loro volta, le valutazioni più positive si riscontrano
nell’ultima delle categorie citate, mentre l’apprezzamento tende a scendere
passando alle lauree civili e ancor di più a quelle ecclesiastiche, ma in quest’ultimo
caso ci potrebbe essere un influsso dello stato salesiano del rispondente che, come
si è visto sopra, si accompagna a una crescita nella criticità dei giudizi.
Passando poi agli incroci con il ruolo degli inchiestati, emerge che l’assenza di
risposta si concentra tra i Direttori dei CFP e soprattutto – proporzionalmente – tra
i Delegati regionali, mentre nessuno dei Segretari nazionali si sottrae alle domande:
non è difficile vedere in questo esito la concomitanza di una presenza esclusiva dei
Salesiani tra i Delegati e di una consistente tra i Direttori da una parte e dall’altra di
quella assolutamente preponderante dei laici tra i Segretari. La stessa relazione potrebbe
spiegare la crescita dell’apprezzamento per i vari aspetti della Formazione in
servizio del CNOS-FAP tra i Segretari, la maggiore criticità dei Delegati e la posizione
intermedia tendente al positivo riscontrabile tra i Direttori.
Il confronto con gli anni di esperienza professionale evidenzia due andamenti
presenti pressoché in tutte le alternative. La tendenza a non rispondere alla domanda
si concentra tra quanti esercitano da meno tempo il loro attuale ruolo, cioè
tra gli intervistati che dichiarano un periodo di servizio tra 1 e 6 anni o inferiore a
1. È un atteggiamento questo che si comprende ma che, a nostro giudizio, è difficile
da giustificare: anche gli intervistati che svolgono il loro attuale ruolo da non
molto tempo possono tuttavia contare su una esperienza, certamente non breve, dei
centri del CNOS-FAP. L’altro andamento mostra che la percentuale di coloro che
valutano positivamente la Formazione in servizio promossa dalla Sede Nazionale
del CNOS-FAP cresce tra chi può vantare una esperienza più lunga. Dato che chi
ha più esperienza, è più competente e quindi il suo apprezzamento ha una maggiore
rilevanza, se quanti si trovano in questa condizione aumentano, il segnale non può
che essere favorevole.
168
6. RICADUTA DELLA FORMAZIONE IN SERVIZIO SULLE ATTIVITÀ DEL CNOS-FAP
Anche in questo caso la prima domanda comprende una pluralità di alternative
ognuna delle quali pone degli interrogativi complessi. Come sopra, le risposte saranno
esaminate sotto due prospettive: anzitutto si analizzeranno i totali e in un secondo
momento questi verranno approfonditi sulla base di diversi incroci con variabili
significative.
Se la qualità della Formazione in servizio promossa dalla Sede Nazionale
del CNOS-FAP aveva ottenuto globalmente una valutazione di sufficienza che in
qualche caso si era spostata in direzione dell’ottimo, la sua ricaduta sulle attività
dei CFP dell’Ente riceve nel complesso un giudizio inferiore, che tende a situarsi
al di sotto della sufficienza e riguardo a determinati aspetti si colloca anche tra
l’abbastanza e il poco (cfr. Tav. 31).
La valutazione coincide o quasi con la sufficienza riguardo a quattro dimensioni.
In primo luogo viene la ricaduta sulla crescita personale dei formatori (M:
3,10; molto + abbastanza6: 80,0%), un risultato che fa onore al CNOS-FAP, cioè
alla visione personalista e non funzionale dei propri collaboratori. Ottiene una considerazione
simile, benché leggermente inferiore, l’impatto sulla dimensione professionale
dell’attività dei formatori e più specificamente sull’uso dei nuovi strumenti
e delle tecnologie didattiche (3,08; 77,1%), sulle competenze didattiche e pedagogiche
(2,98; 78,6%) e sul lavoro in équipe (2,97; 71,4%).
Un altro gruppo di dimensioni riceve un giudizio che si avvicina alla sufficienza.
Si collocano in questo ambito le ricadute su tre categorie di relazioni: con gli
allievi (2,92; 60%), tra salesiani e laici (2,89; 64,3%) e con il territorio e il mondo
produttivo (2,79; 64,3%). Anche l’impatto sulla prassi educativa salesiana (for -
mazione etico-religiosa e sistema preventivo) e quello sugli apprendimenti non
riescono ad ottenere una valutazione piena di abbastanza soddisfacente (rispetti -
vamente 2,85 e 61,4%; 2,76 e 65,7%).
Successivamente, la media si sposta verso l’insufficienza, sebbene ancora
risulti leggermente superiore a una collocazione a mezza strada tra abbastanza e
poco. Anche in questo caso si tratta di relazioni, ma di altro tipo: con le famiglie
(2,73; 52,8%), con le altre scuole/centri (2,66; 54,3%), e inoltre del contributo
alla soluzione dei problemi generali della FP e locali del singolo centro (2,64:
52,8%).
Le non risposte sono maggiori che nel caso precedente e salgono a 8, 9 e perfino
a10.
Passando al secondo momento dell’analisi, si procederà ad un approfondimento
dei risultati appena richiamati, incrociando i totali con caratteristiche rilevanti
degli intervistati.
6 In questo caso, come nei successivi, si utilizza anche l’abbastanza perché le percentuali del
molto sono generalmente poco consistenti per cui le differenze tendono ad annullarsi.
169
Tav. 31 – Impatto/ricaduta della Formazione in servizio promossa dalla Sede Nazionale (dom. 11 - in %; in M e in graduatoria sulla M)
Legenda: M=Media ponderata; VA=Valore assoluto; NR=Non risponde
Ricaduta della Formazione in servizio M
In VA e %
NR Insoddisfacente Poco
soddisfacente
Abbastanza
soddisfacente
Molto
soddisfacente
VA % VA % VA % VA % VA %
Crescita personale umana dei formatori 3,10 8 11,4 1 1,4 5 7,1 43 61,4 13 18,6
Nuovi strumenti/tecnologie didattiche 3,08 8 11,4 2 2,9 6 8,6 39 55,7 15 21,4
Competenze didattiche e pedagogiche dei formatori 2,98 8 11,4 1 1,4 6 8,6 48 68,6 7 10,0
Lavoro in équipe 2,97 8 11,4 1 1,4 11 15,7 39 55,7 11 15,7
Relazioni con gli allievi 2,92 10 14,3 1 1,4 17 24,3 28 40,0 14 20,0
Relazioni tra salesiani e laici nel centro o nei centri 2,89 9 12,9 1 1,4 15 21,4 35 50,0 10 14,3
Prassi educativa salesiana 2,85 8 11,4 1 1,4 18 25,7 32 45,7 11 15,7
Relazioni con il mondo produttivo e il territorio 2,79 8 11,4 4 5,7 13 18,6 37 52,9 8 11,4
Apprendimento degli allievi 2,76 8 11,4 2 2,9 14 20,0 43 61,4 3 4,3
Relazioni con le famiglie 2,73 10 14,3 1 1,4 22 31,4 29 41,4 8 11,4
Relazioni con altre scuole/CFP 2,66 9 12,9 4 5,7 19 27,1 32 45,7 6 8,6
Soluzione dei problemi (generali della FP, in loco del CFP…) 2,64 9 12,9 3 4,3 21 30,0 32 45,7 5 7,1
170
Il confronto con l’età trova i più giovani meno positivi nel loro giudizio, oltre
che maggioritari tra gli intervistati che non rispondono. A loro volta le due coorti
più anziane esprimono valutazioni più favorevoli, soprattutto il gruppo oltre i 60
anni e tenuto conto della loro esperienza il loro giudizio è probabilmente più affi -
dabile.
L’incrocio con lo stato ecclesiale conferma l’andamento inatteso emerso nella
domanda precedente della concentrazione della maggioranza delle non risposte tra i
Salesiani che pure dovrebbero in linea di principio conoscere meglio la situazione
ed essere più interessati a intervenire sulle varie questioni. Pure l’altra tendenza a
una maggiore criticità dei Salesiani è presente nei relativi dati, anche se non con la
chiarezza della domanda precedente in quanto si riscontra nei due terzi dei casi,
mentre in due non si notano differenze rilevanti tra Salesiani e laici (la ricaduta
sulla crescita personale umana dei formatori e quella sull’uso dei nuovi strumenti/
tecnologie didattiche) e in altre due i Salesiani sono più favorevoli (si tratta delle
relazioni con gli allievi e di quelle salesiani/laici).
L’applicazione ai totali della variabile circoscrizione geografica porta agli stessi
risultati osservati nella domanda precedente. La percentuale degli intervistati che
non rispondono aumenta passando dal Nord, in cui sono totalmente o quasi assenti,
al Centro e al Sud. A loro volta, le valutazioni positive tendono a crescere nell’Italia
Settentrionale e a diminuire in quella Centrale e soprattutto nel Meridione.
L’andamento dei dati per effetto dell’incrocio con il titolo di studio ripete
grosso modo quello che era emerso nella domanda precedente. I diplomati rispondono
a tutte le alternative, mentre gli intervistati che si sottraggono alle domande si
concentrano tra i laureati civili e percentualmente soprattutto tra i possessori di licenze
ecclesiastiche. Inoltre, sono i primi ad esprimere giudizi più favorevoli – e in
proposito va tenuta presente la loro condizione di laici che, come si è visto, si accompagna
di solito a un livello più elevato di apprezzamento –, mentre la considerazione
si abbassa tra gli altri due gruppi in cui maggiore è la presenza dei Salesiani,
generalmente più critici, come si è già notato.
Anche il confronto con la variabile di ruolo ripropone sostanzialmente le tendenze
riscontrate nei dati già esaminati sopra. Nella gran maggioranza dei casi i Segretari
nazionali non si sottraggono alle domande del questionario, mentre le non
risposte si registrano tra i Direttori e in particolare tra i Delegati regionali. Questi
ultimi sono anche i più severi nel loro giudizio, mentre i Segretari nazionali tendono
a mostrarsi più positivi e i Direttori a posizionarsi in una collocazione vicina
ai totali. Si è già ipotizzato che questo risultato dipenda dalla maggiore o minore
presenza di Salesiani, in genere più severi, e dei laici, nell’insieme più positivi, nei
tre gruppi.
Da ultimo, l’incrocio con la durata dell’esperienza nell’attuale funzione evidenzia
i due andamenti riscontrati nell’esame della domanda 10, sebbene non con
la stessa chiarezza. Anzitutto, le non risposte tendono a concentrarsi tra le file di
chi svolge il proprio ruolo da 1 a 6 anni e soprattutto tra chi lo esercita da meno di
171
un anno, mentre non si registrano tra quanti si collocano tra 7 e 10 e sono assolutamente
marginali fra chi si situa oltre i 10. Inoltre, nei primi due gruppi si notano
valutazioni più critiche che diventano più positive nelle altre due categorie. In proposito
non bisogna dimenticare che i Salesiani sono maggiormente presenti nei due
primi gruppi e i laici nei secondi due.
Un indicatore importante dell’utilità della Formazione in servizio promossa dal
CNOS-FAP consiste nella valorizzazione che gli operatori fanno delle risorse
messe a disposizione a questo fine dalla Sede Nazionale. A tale tematica è dedicata
una domanda in se stessa complessa e resa ancor di più tale da due strettamente ad
essa collegate (cfr. Tav. 32).
Tav. 32 – Valorizzazione da parte dei formatori delle risorse erogate
dalla Sede Nazionale per la Formazione in servizio (dom. 15 - in VA e %; in M e in graduatoria sulla M)
Legenda: M=Media ponderata; VA=Valore assoluto; NR=Non risponde
L’interrogativo di base chiede in che misura i formatori utilizzino per la loro
Formazione in servizio un insieme di risorse erogate dalla Sede Nazionale: il panorama
che ne emerge è tutt’altro che entusiasmante in quanto in media nessuna
viene valorizzata molto o abbastanza.
Solo tre si collocano tra abbastanza e poco e in particolare si tratta del Concorso
dei capolavori dei settori professionali (M: 2,62; molto + abbastanza 52,9%),
della ricerca sul successo formativo degli allievi del CNOS-FAP (2,59; 51,4%) e
del sito del CNOS-FAP (2,57; 50%).
Le altre tre risorse si situano prossime al poco o coincidono quasi con esso: la
valorizzazione delle Newsletter ottiene una media di 2,33 (molto + abbastanza:
40%), le pubblicazioni e le ricerche 2,19 (25,8%) e la Rassegna CNOS 2,09
(27,1%).
Ancora una volta stupisce la presenza non marginale di intervistati che non
rispondono. Essi oscillano tra i 6 riguardo alla valorizzazione di Rassegna CNOS e
delle Newsletter, ai 7 del Concorso dei capolavori e della ricerca sul successo formativo,
agli 8 delle pubblicazioni e delle ricerche e ai 10 del sito.
Risorse per la Formazione in servizio M
In VA e %
NR Per nulla Poco Abbastanza Molto
VA % VA % VA % VA % VA %
Gli standard che emergono dal Concorso
nazionale dei capolavori dei settori professionali
2,62 7 10,0 7 10,0 19 27,1 28 40,0 9 12,9
Risultati della ricerca sul successo formativo
degli allievi del CNOS-FAP 2,59 7 10,0 8 11,4 19 27,1 27 38,5 9 12,0
Il sito www.CNOS-FAP.it 2,57 10 14,3 6 8,6 19 27,1 30 42,9 5 7,1
Le Newsletter 2,33 6 8,6 7 10,0 29 41,4 28 40,0 0 0,0
Pubblicazioni e ricerche 2,19 8 11,4 8 11,4 36 51,4 16 22,9 2 2,9
Rassegna CNOS 2,09 6 8,6 13 18,6 32 45,7 19 27,1 0 0,0
172
Passando ad esaminare i risultati sulla base degli incroci, emerge che la valorizzazione
per la Formazione in servizio delle risorse erogate dalla Sede Nazionale
è maggiore al Nord che non al Centro e al Sud.
Inoltre, l’utilizzazione tende a crescere nella percezione dei laici, dei diplomati,
dei Segretari nazionali e di quanti possiedono un’esperienza di ruolo più
lunga; al contrario, l’uso delle opportunità elencate si riduce rispetto ai totali secondo
il parere dei Salesiani, dei possessori di titoli ecclesiastici, dei Delegati regionali
e di quanti non possono vantare una esperienza lunga della funzione esercitata.
Forse si potrebbe prendere come più vicino alla realtà il convincimento di
quanti sono più esperti e più competenti e quindi ritenere che la situazione sia più
favorevole di quella descritta dai risultati generali: si tratta in ogni caso di un miglioramento
che non incide sostanzialmente sul giudizio complessivo espresso di
una valorizzazione nel complesso insufficiente.
Da ultimo la presenza delle non risposte tende ad aumentare percentualmente
tra i Salesiani, al Sud, tra i possessori di titoli ecclesiastici, i Delegati e chi ha una
esperienza di ruolo più lunga, mentre il fenomeno opposto si riscontra tra i laici, al
Nord, i diplomati, i Segretari nazionali e chi può vantare una esperienza più lunga
della propria funzione.
La ragione principale della modesta valorizzazione da parte dei formatori delle
risorse erogate dalla Sede Nazionale per la Formazione in servizio viene identificata
nella inadeguata loro socializzazione all’interno dei CFP: la segnalazione
viene da oltre un terzo per quanto riguarda le Newsletter (38,7%), la Rassegna
CNOS (35,5%) e le pubblicazioni/ricerche (33,9%), mentre la percentuale scende
intorno a un quinto riguardo al sito (20,1%), ai risultati della ricerca sul successo
formativo (19,4%) e al Concorso dei capolavori dei settori professionali (16,1%)
(cfr. Tav. 33). Questa giustificazione chiama in causa la responsabilità di Direttori,
Delegati e Segretari perché la socializzazione delle risorse della Formazione in servizio
è anche e principalmente un loro compito.
Un altro motivo è che non aiutano a risolvere i problemi concreti dei Centri:
tale opinione è sostenuta da una percentuale che va da un quarto a un quinto in riferimento
alla Rassegna CNOS (24,2%), alle pubblicazioni/ricerche (22,6%) e alle
Newsletter (21%), ma scende attorno al 10% in relazione alla ricerca sul successo
formativo (11,3%), al Sito (9,7%) e al Concorso nazionale dei capolavori (9,7%).
Una terza motivazione, l’eccessiva teoricità delle risorse, riceve delle valutazioni
molto differenti: il 30,6% nel caso della Rassegna CNOS e il 21% in merito
alle pubblicazioni/ricerche, mentre non è neppure menzionata negli altri casi.
Ancora minore consenso incontra la ragione del livello troppo elevato dell’offerta
di formazione: neppure un quinto (19,2%) riguardo alla Rassegna CNOS,
oltre il 10% in riferimento alle pubblicazioni/ricerche, mentre negli altri casi non è
neppure presa in considerazione.
Le altre motivazioni sono avanzate da minoranze marginali o da nessuno. La
mancanza di aggiornamento non è menzionata da alcuno tranne che da un intervi-
173
Tav. 33 – Motivi della scarsa valorizzazione da parte dei formatori delle risorse erogate dalla Sede Nazionale per la Formazione in servizio (dom. 15.1 - in VA e %)
Legenda: VA=Valore assoluto; NR=Non risponde
Motivi
Rassegna CNOS Le Newsletter Pubblicazioni
e ricerche
Sito www.CNOSFAP.
it
Risultati della ricerca sul
successo formativo degli
allievi del CNOS-FAP
Gli standard che emergono
dal Concorso nazionale dei
capolavori dei settori professionali
VA % VA % VA % VA % VA % VA %
NR 11 17,7 11 17,7 11 17,7 11 17,7 11 17,7 11 17,7
Troppo teoriche 19 30,6 0 0,0 13 21,0 0 0,0 0 0,0 0 0,0
Di livello troppo elevato 12 9,4 0 0,0 8 12,9 0 0,0 0 0,0 3 4,8
Non aiutano a risolvere i
problemi concreti del centro 15 24,2 13 21,0 14 22,6 6 9,7 7 11,3 6 9,7
Sono poco
aggiornate 0 0,0 0 0,0 1 1,6 1 1,6 0 0,0 0 0,0
Non vengono adeguatamente
socializzate
all’interno dei CFP
22 35,5 24 38,7 21 33,9 13 21,0 12 19,4 10 16,1
Non aiutano a rispondere ai
bisogni del territorio o del
mondo produttivo
1 1,6 5 8,1 2 3,2 2 3,2 2 3,2 5 8,1
Non interessano gli amministratori
locali 5 8,1 2 3,2 5 8,1 2 3,3 2 3,2 4 4,8
174
stato in merito alle pubblicazioni/ricerche. Percentuali inferiori al 5% ritengono che
non aiutano a rispondere ai bisogni del territorio e del mondo produttivo o che non
interessano gli amministratori locali. Si potrebbe anche volgere in positivo questi
risultati e dire che le risorse in questione sono aggiornate, che contribuiscono a risolvere
i problemi del contesto e del sistema produttivo e che hanno una loro significatività
per gli amministratori locali.
La presenza delle non risposte segue l’andamento evidenziato sopra riguardo
alla domanda 15.
Dal momento che non tutti gli incroci presentano un andamento univoco, nel
prosieguo ci si limiterà a quelli da cui emergono tendenze sufficientemente chiare.
I più giovani sottolineano in misura superiore il motivo secondo il quale le risorse
elencate non risolvono i problemi dei Centri, mentre danno minore rilevanza
alla ragione che fa riferimento alla inadeguata socializzazione dei risultati; l’andamento
opposto si riscontra riguardo ai più anziani. La medesima polarizzazione,
anche se meno accentuata si riscontra tra l’Italia Settentrionale e Meridionale da
una parte e Centrale dall’altra. Questa volta lo stato ecclesiale non è discriminante.
Il motivo che non risolvono i problemi dei Centri è sottolineato da quanti possiedono
una laurea civile o ecclesiastica e dagli intervistati che hanno meno esperienze
del ruolo; al contrario, riceve minore attenzione dai diplomati, dai Delegati
regionali e dai Segretari nazionali.
L’insufficiente socializzazione è accentuata dai possessori di lauree civili, dai
Segretari nazionali e da chi può vantare una esperienza di ruolo più lunga, mentre
l’andamento opposto si riscontra tra i possessori di titoli ecclesiastici, i Delegati
regionali e chi ha una esperienza del proprio ruolo più breve.
Passando all’ultima domanda sulle risorse, quella che presenta più forme di
valorizzazione, sostenute da un consenso almeno intorno a un quinto degli intervistati7,
è la ricerca sul successo formativo degli allievi del CNOS-FAP. Scendendo
nel dettaglio, per il 30% circa degli intervistati i suoi risultati sono utilizzati nei
rapporti con il mondo produttivo e il territorio (31,4%), nelle relazioni con gli amministratori
locali (30%) e nella lettura personale (30%); per circa un quarto nelle
riunioni degli organismi dei centri (27,1%), nella preparazione e accompagnamento
all’inserimento nel mondo del lavoro (25,7%) e nella progettazione formativa
(24,3%); la percentuale scende a un quinto riguardo alla valutazione degli allievi
(20%) e all’organizzazione di stage (20%); mentre solo nel caso della valorizzazione
nella didattica dei formatori il consenso si abbassa sotto un quinto
all’11,4% (cfr. Tav. 34).
Al secondo posto si colloca il Concorso nazionale dei capolavori che viene utilizzato
nella didattica dei formatori a parere di un terzo circa degli intervistati
(32,9%), nella progettazione formativa secondo il 30% quasi (28,6%), nella valuta-
7 Ci è sembrata la percentuale minima per dare un fondamento quantitativo accettabile alle indicazioni
degli intervistati.
175
Tav. 34 – Forme di valorizzazione da parte dei formatori delle risorse erogate dalla Sede Nazionale per la Formazione in servizio (dom. 16 - in VA e %)
Legenda: VA=Valore assoluto; NR=Non risponde
Modalità di valorizzazione delle
risorse
Rassegna
CNOS Le Newsletter Pubblicazioni
e ricerche
Sito www.CNOSFAP.
it
La ricerca sul successo
formativo degli
allievi del CNOSFAP
Il Concorso nazionale dei
capolavori dei settori professionali
VA % VA % VA % VA % VA % VA %
NR 14 18,6 14 18,6 14 18,6 14 18,6 14 18,6 14 18,6
Nella lettura personale 44 62,9 36 51,4 30 42,9 27 38,6 21 30.0 11 15,7
Nella didattica dei formatori 6 8,6 9 2,9 14 20,0 18 25,7 8 11,4 23 32,9
Nelle riunioni degli organismi dei
centri 7 10,0 12 17,1 6 8,6 6 8,6 19 27,1 13 18,6
Nella progettazione formativa 9 12,9 4 5,7 19 27,1 15 21,4 17 24,3 20 28,6
Nella valutazione degli allievi 3 4,3 2 2,9 6 8,6 1 1,4 14 20,0 13 18,6
Nella preparazione e accompagnamento
all’inserimento nel lavoro
4 5,7 1 1,4 11 15,7 6 8,6 18 25,7 6 8,6
Nell’organizzazione di stage 1 1,4 0 0,0 7 10.9 8 11,4 14 20,0 8 11,4
Nei rapporti con il mondo produttivo
e il territorio 4 5,7 3 4,3 11 15,7 8 11,4 22 31,4 10 14,3
Nei rapporti con gli amministratori
locali 12 17,1 5 7,1 10 14,3 7 10,0 21 30,0 11 15,7
Altro 3 4,3 2 2,8 2 2,8 2 2,8 2 2.8 2 2,8
176
zione degli allievi e nelle riunioni degli organismi dei Centri per un quinto circa
(18,6%).
Seguono le pubblicazioni/ricerche e il Sito che possono contare su tre modalità
di utilizzazione che ottengono percentuali intorno a un quinto o superiori: le prime
risorse sono valorizzate nella lettura personale con il 42,9% di segnalazioni, nella
progettazione formativa con il 27,1% e nella didattica dei formatori con il 20%; la
seconda nella lettura personale (38,6%), nella didattica dei formatori (25,7%) e
nella progettazione formativa (21,4%).
Nel caso della Rassegna CNOS e delle Newsletter solo una forma di valorizzazione
consegue una percentuale almeno intorno a un quinto: la lettura personale
(62,9% e 51,4%).
Venendo agli incroci, le forme di valorizzazione delle risorse sono più diffuse
al Nord e meno al Centro e al Sud. La loro percezione risulta maggiore tra i laici
che fra i Salesiani, tra i diplomati che fra i possessori di lauree civile, tra i Segretari
nazionali che tra i Delegati e aumenta passando dagli intervistati con una esperienza
più breve del ruolo a quelli con un’esperienza più lunga. Le non risposte
mostrano le tendenze messe in risalto nella domanda 15.
7. PROPOSTE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA FORMAZIONE IN SERVIZIO DEL
CNOS-FAP
L’ultima sezione del questionario è dedicata a raccogliere suggerimenti per
rendere ancora più efficace e valida l’offerta del CNOS-FAP. Questa volta non si
tratta di una sola domanda, ma di tre.
Il primo interrogativo riguarda la tipologia di competenze su cui nei prossimi
anni si dovrebbe focalizzare maggiormente la Formazione in servizio promossa
dalla Sede Nazionale. Secondo gli intervistati, l’area su cui bisognerebbe concentrare
l’impegno di miglioramento è quella delle competenze di base e a richiederlo
è la maggioranza assoluta (51,4%): certamente, si tratta di un ambito in cui tradizionalmente
la FP presenta delle criticità per cui il dato potrebbe essere scontato,
ma se lo è oggettivamente, non lo si può dire soggettivamente, nella consapevolezza
del personale della FP, di solito meno attento a tale area, e di conseguenza, da
questo punto di vista il risultato può essere considerato al tempo stesso una novità e
un progresso. Da un’altra prospettiva, costituisce una sorpresa il suggerimento successivo:
una percentuale di poco inferiore alla precedente (47,1%) domanda un potenziamento
delle competenze tecnico-professionali che di solito vengono considerate
la dimensione più valida dell’offerta formativa della FP, e ciò fa pensare che la
FP, nonostante l’apprezzamento unanime di cui gode in questo campo, deve attrezzarsi
sempre meglio per rispondere a un mercato del lavoro la cui domanda di professionalità
cresce continuamente di livello e si diversifica altrettanto nelle forme.
Le competenze relative allo sviluppo organizzativo e gestionale delle risorse umane
177
vengono segnalate da più di un terzo degli intervistati (35,7%): si tratta di un ambito
che si è affermato solo di recente e che probabilmente meriterebbe una maggiore
considerazione. Stupisce, inoltre, che neppure un terzo (32,9%) segnali l’area
formativa salesiana dato che gli stessi intervistati avevano evidenziato in una domanda
precedente che la ricaduta della Formazione in servizio del CNOS-FAP in
tale area non solo non è ottimale, ma non è neppure pienamente sufficiente. Inoltre,
sorprende ancora di più che sei intervistati (8,6%) non rispondano alla domanda,
pur essendo questo un ambito che rientra nei compiti del loro ruolo.
Gli incroci evidenziano le richieste delle varie categorie. Il bisogno di Formazione
in servizio nel campo delle competenze trasversali viene sottolineato maggiormente
dai più anziani e da chi ha una esperienza di ruolo più lunga, dagli intervistati
dell’Italia Centrale, dai diplomati, dai Segretari nazionali. A loro volta le competenze
tecnico-professionali sono richieste in misura proporzionalmente più consistente
dai più giovani e con meno esperienza di ruolo, dai laici e ancora dai diplomati
e dai Segretari nazionali. La domanda di competenze organizzative è più presente
tra i laici, al Nord e al Centro, tra i diplomati, tra i Delegati e tra quanti possono
contare su una più lunga esperienza di ruolo. Da ultimo la richiesta delle competenze
dell’area salesiana risulta più evidente al Nord, tra quanti hanno una più
lunga esperienza di ruolo e ovviamente tra i Salesiani e in tutte le categorie in cui
questi sono maggioritari: i più anziani, i possessori di titoli ecclesiastici e i Delegati
regionali.
La seconda domanda di questa area prospettica passa dai contenuti alle metodologie
e chiede quali dovrebbero essere privilegiate dalla Sede Nazionale nella
Formazione in servizio. Al primo posto viene indicata dal 60% degli intervistati
una metodologia mista articolata tra aula, formazione a distanza e autoformazione.
Se le tre strategie organizzate in un unico progetto ottengono la maggioranza assoluta
dei consensi, da sole ricevono scarsa considerazione (a distanza e autoformazione
2,9% ciascuna) tranne che quella d’aula che viene indicata da più di un terzo
(35,7%). A loro volta, i tirocini sono indicati dal 30% circa (28,6%) e l’affiancamento
a colleghi più anziani/esperti da poco più di un quinto (21,4%).
A sottolineare la validità della metodologia mista sono i diplomati, i Salesiani
e le variabili connesse: i più anziani, i possessori di titoli ecclesiastici e i Delegati.
A sua volta la formazione d’aula ottiene preferenze superiori al totale tra gli intervistati
dell’Italia Centrale, i laici e le categorie collegate: i più giovani, i possessori
di diploma e di lauree civili, i Segretari nazionali e quanti possono vantare una
esperienza di ruolo più lunga. Tirocinio e affiancamento trovano maggiori consensi
tra i più giovani e i laici e il primo anche tra i diplomati e fra quanti esercitano il
loro ruolo da più tempo.
Dopo aver sondato le opinioni degli intervistati sul miglioramento di competenze
e metodi, non poteva mancare una domanda sugli obiettivi a cui in prospettiva
finalizzare prevalentemente la Formazione in servizio promossa dalla Sede
Nazionale del CNOS-FAP. La metà quasi (47,1%) si concentra sulla innovazione
178
del sistema di FP generale e locale e una minoranza consistente sulla motivazione/
rimotivazione dei formatori (41,4%) e sul loro aggiornamento professionale
(40%). Più del 30% (31,4%) segnala la qualità dell’offerta formativa dei Centri e
oltre un quinto la formazione salesiana (21,4%). Una percentuale inferiore al 10%
(7,1%) indica il consolidamento del proprio ruolo e percentuali minime (1,4%) la
formazione spirituale, la riconversione/mobilità verticale e gli scatti retributivi,
mentre nessuno segnala le progressioni di carriera.
Gli incroci mettono in evidenza alcune polarizzazioni significative. La finalizzazione
al sistema di FP generale e locale è sottolineata al Nord e dai Salesiani con
le variabili correlate: i possessori di titoli ecclesiastici, i Delegati e gli intervistati
con una esperienza del loro ruolo di meno di un anno. I laici, invece, scelgono in
maggioranza aspetti più rilevanti per i singoli formatori, anche se funzionali alla efficacia
dell’offerta, come l’aggiornamento professionale e la motivazione/rimotivazione,
oltre che la qualità del servizio. Sulla linea di attenzione al singolo formatore
sono anche i più giovani, i Segretari nazionali e gli intervistati con periodi lunghi
di esperienza di ruolo, tutte categorie tra le quali prevalgono nettamente i laici; la
finalizzazione all’aggiornamento è anche evidenziata al Sud. Da ultimo, la formazione
salesiana viene segnalata, con percentuali superiori a quelle osservate nel
totale, dagli intervistati del Meridione e dai Salesiani, ma l’incidenza dell’aumento
è minima nelle variabili generalmente collegate con questi ultimi.
8. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Il capitolo raccoglie una serie di dati che offrono un apporto significativo al
perseguimento del secondo obiettivo della ricerca, quello mirato a redigere un
bilancio dei punti di forza e di debolezza della Formazione in servizio del CNOSFAP
mediante una valutazione della sua adeguatezza, efficacia ed efficienza. In
proposito sono stati intervistati 70 soggetti tra Direttori dei Centri (47), Delegati
regionali (12) e Segretari nazionali dei settori e delle aree professionali (11), cioè
l’universo di quanti svolgono un ruolo di leadership nella organizzazione e nella
gestione dell’Ente.
In primo luogo, si richiamano in sintesi le caratteristiche principali delle persone
inchiestate. Il gruppo di età più consistente (30 o 42,9%) risulta relativamente
giovane: 31-50 anni; segue a poca distanza la coorte 51-60 (25 o 35,7%), mentre i
più anziani, gli ultra sessantenni, sono 15 (21,4%). Come è ormai un andamento
consolidato nella FP di ispirazione cristiana, la maggioranza sono laici (41 o
58,6%); tuttavia, la presenza dei Salesiani, anche se minoritaria, mantiene una sua
consistenza quantitativa tutt’altro che marginale (29 o 41,4%). Anche la distribuzione
geografica degli intervistati segue l’andamento caratteristico della FP, cioè la
concentrazione nella Italia Settentrionale: il 50% quasi (34 o 48,6%) risiede al
Nord e meno di un quinto (12 o 17,1%) al Centro e al Sud (13 o 18,6%); i Segretari
179
nazionali non sono stati inclusi in questa ripartizione perché svolgono il loro ruolo
in tutto il Paese. Quanto al titolo di studio, la maggioranza assoluta ne possiede uno
di istruzione superiore e più precisamente 32 o 45,7% una laurea civile e 15 o
21,4% una ecclesiastica, mentre un terzo circa (23 o 32,9%) si limita a un diploma.
Il ruolo li suddivide tra Direttori di Centri, più dei due terzi (47 o 67,1%), Delegati
regionali, meno di un quinto (12 o 17,1%) e Segretari nazionali dei settori e delle
aree professionali, intorno al 15% (11 o 15,7%). Oltre il 50% (39 o 55,7%) può
vantare una sufficiente esperienza del proprio ruolo (1-6 anni), un quinto una lunga
(7-10, 12 o 17,1%) anche molto (oltre 10, 14 o 20%), mentre solo 5 (7,1%) si limitano
a meno di un anno.
A giudizio degli intervistati, negli ultimi due anni solari (2012 e 2013) più della
metà dei formatori hanno partecipato ai seminari per il personale direttivo e ai corsi
residenziali regionali/locali. La frequenza si abbassa a meno della metà riguardo ai
seminari tecnici per i formatori, ai corsi residenziali nazionali relativi alle aree delle
competenze tecnico professionali e di quelle di base o alle iniziative che hanno permesso
di usufruire dell’apporto tecnologico e formativo delle imprese ai settori. Si
avvicina a questo livello anche la partecipazione alle attività formative con Fonder,
ai convegni promossi dalla CISI e ai seminari tematici legati ad eventi esterni. Una
frequenza limitata – tra meno della metà e nessuna partecipazione o molto prossima
a quest’ultima situazione – viene riferita ai corsi FAD e al coinvolgimento nei progetti
internazionali. Pertanto, si può dire che secondo la percezione della leadership
del CNOS-FAP la partecipazione risulta sufficientemente generalizzata e che ha toccato
le tematiche più importanti da quelle per il personale dirigente a quelle dei formatori,
da quelle locali a quelle generali, dalle competenze tecnico professionali a
quelle di base fino a quelle specifiche delle imprese di riferimento. Probabilmente
un limite può essere visto nella minore attenzione alle problematiche generali e a
quelle nazionali o europee. Generalmente la stima della partecipazione alle diverse
opportunità di Formazione in servizio offerte dalla Sede Nazionale sembra essere
più positiva al Nord, ad eccezione delle attività formative con FONDER, dei convegni
promossi dalla CISI e dei corsi FAD, che vedono una valutazione della partecipazione
più ampia nelle Regioni dell’Italia centrale. Allo stesso tempo la percezione
del livello di partecipazione alle varie attività di Formazione in servizio è più
critica o, semplicemente più realistica, da parte dei Direttori dei CFP, presumibilmente
in virtù delle maggiori occasioni di contatto diretto con i formatori. In particolare,
gli intervistati con una maggiore esperienza professionale, hanno una percezione
tendenzialmente più pessimistica della partecipazione alle attività di Formazione
in servizio, rispetto agli intervistati con minore esperienza che preferiscono
non rispondere. Tendenza che si conferma in riferimento all’età dei rispondenti: fra i
più giovani si registra un numero maggiore di mancate risposte e si rileva anche una
stima più ottimistica del livello di partecipazione. Infine, l’essere in possesso di una
laurea sembra essere legato a una percezione maggiormente critica della partecipazione
alle diverse proposte di Formazione in servizio.
180
Se si passa dalla quantità alla qualità della partecipazione, la prima constatazione
è che in nessuna delle offerte di Formazione in servizio promosse dalla Sede
Nazionale essa viene ritenuta dagli intervistati molto soddisfacente o quasi. Tuttavia,
la frequenza di un gruppo consistente di iniziative riceve una valutazione più
che abbastanza positiva: si tratta dei corsi residenziali regionali/locali, del contributo
dell’apporto tecnologico e formativo delle imprese ai settori/aree, dei seminari
per il personale direttivo, di quelli tecnici per i formatori e dei corsi nazionali nell’area
delle competenze tecnico-professionali. La qualità della partecipazione è
considerata abbastanza soddisfacente nel caso dei corsi residenziali nazionali nell’area
delle competenze di base, nei progetti internazionali e nelle attività formative
con Fonder e si avvicina a tale livello nei seminari tematici legati ad eventi esterni
e nei convegni promossi dalla CISI. La valutazione scende a poco soddisfacente riguardo
ai corsi FAD. Coerentemente con le valutazioni espresse in merito al livello
di partecipazione alle diverse attività di formazione, la valutazione della soddisfazione
in merito alla partecipazione stessa è più ottimistica al Nord, rispetto alle
altre aree geografiche. Per quanto concerne il ruolo, complessivamente i Direttori
dei CFP si dichiarano abbastanza soddisfatti della partecipazione alle proposte di
Formazione in servizio, come anche i Delegati che lo sono particolarmente in merito
alle diverse attività di tipo seminariale. Tendenzialmente gli intervistati con più
esperienza professionale mostrano una maggiore soddisfazione circa la qualità
della partecipazione alle attività di Formazione in servizio8. Andamento che si conferma
in riferimento all’età dei rispondenti e al titolo di studio: fra gli ultracinquantenni
la percentuale di soddisfazione è maggiore, mentre i laureati si dichiarano, in
proporzione, meno soddisfatti.
Una maggioranza assoluta di intervistati identifica l’ostacolo più serio alla partecipazione
nella insufficienza del personale interno ai Centri e una relativa, ma
consistente, nell’eccessivo carico di lavoro personale; un terzo fa riferimento alla
incompatibilità rispetto alle date programmate a cui si aggiunge un 15% che sottolinea
la rigidità degli orari dei corsi. Nessuno chiama in causa i docenti riguardo sia
alla loro preparazione sia alle metodologie utilizzate, né vengono sollevate critiche,
se non molto marginalmente, al livello dei corsi o alla loro praticità. Non sono
menzionati, tranne che in percentuali modeste, l’assenza di incentivi economici e
lo scarso interesse dei partecipanti per gli argomenti trattati. Qualche considerazione
maggiore, ma sempre limitata, ottengono la mancata finalizzazione alla definizione
dei ruoli e alla carriera o la scarsa sensibilità della dirigenza. In particolare,
al Centro e al Sud sono denunciati problemi riguardanti l’insufficienza del personale
interno al CFP e l’assenza di incentivi economici, invece, al Nord sono maggiormente
avvertite questioni connesse con l’eccessivo carico di lavoro personale,
la rigidità degli orari, delle date e della logistica dei corsi in generale. L’opinione
8 Da rilevare, anche nel caso della valutazione della qualità della partecipazione, la maggiore
concentrazione di mancate risposte fra gli intervistati con minore esperienza professionale.
181
dei Direttori (prevalentemente laici) si dimostra tendenzialmente centrata su ostacoli
di carattere spiccatamente pratico, legati alla gestione della partecipazione alle
attività di formazione, in considerazione delle esigenze organizzative dei diversi
Centri. Età e titolo di studio degli intervistati sembrano incidere sulla valutazione
dei possibili ostacoli in maniera piuttosto simile: da un lato si distinguono i più giovani,
sensibili soprattutto alle questioni economiche, gli adulti più attenti agli
aspetti organizzativi delle attività (date e orari) e i più maturi che denunciano scarsa
sensibilità della dirigenza; dall’altro si individuano i diplomati per lo più preoccupati
circa l’eccessivo carico di lavoro personale e i laureati maggiormente sensibili
agli aspetti legati ai contenuti dei corsi, all’interesse dei partecipanti e alla sensibilità
della dirigenza.
Correttamente la decisione sulla partecipazione alle offerte di Formazione
viene concordata con il Direttore del Centro e/o con lo staff di direzione nella quasi
totalità di casi. Solo cinque affermano che è presa dall’Associazione CNOS-FAP
Regionale e uno che è totalmente volontaria.
Nel complesso la soddisfazione per la Formazione in servizio offerta dalla
Sede Nazionale del CNOS-FAP è elevata in quanto la media esprime una valutazione
più che abbastanza positiva e nessuno o quasi si dichiara per nulla o poco
soddisfatto. Al tempo stesso va segnalato che la maggioranza assoluta dei giudizi
favorevoli si concentra sulla sufficienza, mentre solo poco più di un terzo dà una
valutazione molto positiva. Pertanto, la Sede Nazionale dovrà impegnarsi nei prossimi
anni a invertire l’attuale rapporto tra abbastanza e molto soddisfacente. Questa
condizione di larga soddisfazione si identifica specialmente al Nord, secondo l’opinione
in particolare dei Direttori e dei laici. In funzione dell’età e del titolo di
studio non si individuano differenze significative fra gli intervistati.
Data la percentuale così bassa di risposte negative non vale la pena soffermarsi
sulle ragioni di tale presa di posizione e concentriamo l’attenzione sulle ragioni in
positivo. Solo una ottiene un vero plebiscito e si tratta della significatività dei contenuti
proposti. Altre tre possono vantare una maggioranza relativa consistente
come l’idoneità della docenza, la trasferibilità nel proprio CFP e il conseguimento
degli obiettivi. Intorno al 30% sono segnalate l’incidenza sulla prassi formativa dei
formatori, la partecipazione dei corsisti e l’efficienza organizzativa, mentre il consenso
scende a un quinto nel caso dell’ospitalità. Probabilmente si tratta di aspetti
in cui bisognerebbe fare meglio e ciò vale ancora di più per quelli indicati da percentuali
intorno o meno del 10%: l’efficacia della metodologia didattica, l’adeguatezza
delle attrezzature e la validità dei sussidi didattici. In particolare, gli aspetti
concreti dell’attività formativa, quali la significatività dei contenuti proposti, l’idoneità
della docenza, la trasferibilità nel proprio CFP, l’adeguatezza delle attrezzature
e delle tecnologie didattiche e la validità dei sussidi didattici, nonché l’efficienza
organizzativa e l’ospitalità sono motivo di soddisfazione al Centro e al
Nord. Allo stesso tempo, il conseguimento degli obiettivi e, quindi, l’efficacia delle
metodologie didattiche, così come l’incidenza nella prassi formativa dei formatori
182
giustificano la soddisfazione prevalentemente nelle Regioni del Sud e al Nord. Con
riferimento ai ruoli, il giudizio dei Direttori dei CFP (prevalentemente laici), complessivamente,
si avvicina molto a quello dei Segretari nazionali (quasi tutti laici).
Per quanto riguarda l’esperienza, si noti come i più esperti motivano il loro giudizio
positivo attraverso ragioni che hanno a che fare con i contenuti dei corsi, i
sussidi didattici, l’idoneità della docenza, il conseguimento degli obiettivi formativi
e la trasferibilità nei CFP. Sembra possibile individuare fra le motivazioni del giudizio
positivo espresso dagli intervistati una sorta di contrapposizione fra didattica
tradizionale e didattica innovativa; infatti, i più giovani (e i laureati) si mostrano
più sensibili all’adeguatezza delle attrezzature, delle tecnologie didattiche, alla partecipazione
dei corsisti, al conseguimento degli obiettivi formativi, quindi, alle auspicabili
ricadute sulla prassi formativa, mentre i più anziani tengono in maggiore
considerazione l’idoneità della docenza e l’efficienza/efficacia delle metodologie
didattiche proposte.
Passando, poi, a un bilancio puntuale dei punti di forza e di criticità dell’offerta
di Formazione in servizio della Sede Nazionale del CNOS-FAP, se la valutazione
certamente non la boccia, ma anzi la promuove, non si può dire che lo faccia
a pieni voti. Su tutti gli aspetti menzionati c’è spazio per il miglioramento, anche se
in alcuni di più e in altri di meno.
Il clima e i docenti (competenza, autorevolezza e disponibilità) sembrano soddisfare
maggiormente Delegati, Direttori e Segretari per cui in questo ambito bisogna
solo avere il coraggio di mirare al massimo: gli unici punti su cui si dovrà richiedere
ai docenti dei corsi un impegno maggiore riguardano l’efficacia della metodologia
didattica, l’approfondimento degli argomenti e dei temi e, anche se in misura
inferiore, la chiarezza nell’esposizione degli argomenti.
I formatori non sembrano molto coinvolti nei corsi e questa situazione si comprende
se si tiene conto che le loro attese formative sono solo abbastanza soddisfatte
e gli obiettivi dei corsi risultano solo sufficientemente raggiunti: ecco altri
campi in cui si richiedono miglioramenti per passare da ina valutazione discreta ad
una ottimale.
Anche sul piano organizzativo sono necessari potenziamenti: anzitutto riguardo
all’adeguatezza delle attrezzature, delle tecnologie didattiche e dei materiali
e in secondo luogo circa orari, ospitalità e luogo dei corsi.
Pure in questo caso stupisce che in tutte le alternative si riscontrano 7 intervistati
che non rispondono alla domanda e in un item, quello dell’“efficacia della metodologia
didattica”, diventano 8. Infatti, in qualità di Delegati regionali, di Direttori
di Centri e di Segretari nazionali dei settori e delle aree professionali dovrebbero
disporre delle informazioni necessarie per valutare la qualità delle attività di
Formazione in servizio, almeno di quelle in cui sono coinvolti. Siccome questo andamento
lo si riscontra in tutte le domande, anche se la consistenza quantitativa
varia, ma non di molto, ci sembra sufficiente averlo rilevato qui per cui non ci ritorneremo
ulteriormente sopra.
183
Passando in sintesi agli incroci con variabili significative, probabilmente appare
scontata la valutazione più positiva al Nord rispetto al Centro e al Sud della Formazione
in servizio promossa dalla Sede Nazionale del CNOS-FAP: in proposito, non
vanno dimenticati i pesanti condizionamenti negativi che pesano dall’esterno sulla
FP soprattutto nell’Italia Meridionale. Va anche notato con soddisfazione che l’apprezzamento
cresce tra gli intervistati più esperti e, quindi, più competenti; alla
stessa conclusione porta l’andamento simile sull’età. Le maggiori criticità dei Salesiani
si potrebbero spiegare per il fatto di non voler esser considerati poco oggettivi;
al contrario, i laici non hanno questa remora e si esprimono più positivamente. Ed è
questa polarizzazione salesiani/laici che è probabilmente alla base della severità più
grande dei laureati civili ed ecclesiastici e dei Delegati/Direttori rispetto alla valutazione
più favorevole dei diplomati e dei Segretari nazionali.
La considerazione della Formazione in servizio in se stessa era sboccata in una
valutazione nell’insieme soddisfacente, anche se non ottimale. I risultati della domanda
sulla loro ricaduta/impatto tendono ad oscurare l’orizzonte in quanto l’utilità
di tante attività sembra essere nel complesso modesta. La Formazione in servizio
pare avere un’incidenza ridotta su aspetti centrali della vita dei Centri del CNOSFAP
come le relazioni con gli allievi, il loro apprendimento, la prassi educativa salesiana,
le relazioni tra Salesiani e laici e quelle con le famiglie. Emerge ancora una
volta una criticità più volte messa in evidenza negli anni passati: un certo isolamento
dei Centri rispetto al mondo produttivo e al territorio, e alle altre scuole/Centri;
anche la ricaduta sulle problematiche generali e locali della FP appare ridotta. Le
attività di Formazione in servizio sembrano dimostrare una maggiore valenza di
miglioramento riguardo alla maturazione dei formatori, alla loro padronanza delle
nuove tecnologie, alle loro competenze professionali e al lavoro in équipe: ma anche
in questo caso i risultati si collocano sulla sufficienza e sollecitano ulteriori potenziamenti
e rafforzamenti.
Quanto ai risultati degli incroci, l’esito che emerge con evidenza è la conferma
degli andamenti osservati nella domanda precedente. Anche in questo caso sono
stati riscontrati apprezzamenti maggiori tra i più anziani, i laici, al Nord, fra i diplomati,
i Segretari nazionali e chi può vantare periodi più lunghi di esperienza,
mentre risultano più critici i più giovani, i Salesiani, il Centro e il Sud, i laureati/licenziati
e i Direttori/Delegati.
Un indicatore significativo dell’utilità delle offerte di Formazione in servizio
promosse dal CNOS-FAP può essere identificato nella valorizzazione che gli operatori
riservano alle risorse messe a disposizione a tale scopo dalla Sede Nazionale;
in particolare, si tratta della Rassegna CNOS, delle Newsletter, delle pubblicazioni/
ricerche, del Sito del CNOS-FAP, della ricerca sul successo formativo degli allievi
del CNOS-FAP e del Concorso nazionale dei capolavori dei settori professionali. In
sintesi, le risorse messe a disposizione dalla Sede Nazionale per la Formazione in
servizio vengono utilizzate tra abbastanza e poco oppure poco. La ragione principale
di questa situazione va ricercata in una criticità esterna alle risorse, cioè nella
184
inadeguata socializzazione all’interno dei CFP. In secondo luogo pesa anche una
carenza intrinseca ad esse e cioè il fatto che non aiutano a risolvere i problemi dei
Centri. Al tempo stesso, va segnalato che in generale non sono eccessivamente teoriche
o di livello troppo elevato se non Rassegna CNOS e le pubblicazioni/ricerche
e, comunque, non si possono considerare poco aggiornate. La ricerca sul successo
formativo e il Concorso dei capolavori sono le risorse che presentano maggiori
forme di valorizzazione e Rassegna CNOS e le Newsletter quelle che ne hanno di
meno. Come al solito, il Nord è più positivo del Centro e del Sud, i laici dei Salesiani,
i diplomati dei laureati, i Segretari dei Delegati, i più anziani dei più giovani e
i più esperti dei meno.
L’ultima parte dello strumento di indagine mirava a fare emergere dagli intervistati
proposte per il miglioramento dell’offerta di Formazione in servizio promossa
dalla Sede Nazionale. La tipologia di competenze su cui si dovrebbe focalizzare
nei prossimi anni lo sforzo di rinnovamento è costituita dalle competenze trasversali,
una indicazione che sorprende in positivo perché si tratta di competenze
non sempre molto valutate dai formatori; al secondo posto e a poca distanza vengono
indicate le competenze tecnico-professionali relative ai settori che, sebbene
siano già una eccellenza della IeFP salesiana, tuttavia richiedono un costante sviluppo.
Meno considerate sono le competenze relative allo sviluppo organizzativo e
gestionale delle risorse umane e quelle riguardanti l’area formativa salesiana, ma
ambedue esigerebbero una maggiore attenzione: le prime perché si tratta di una
tipologia in sviluppo e le seconde perché la proposta formativa dei Centri si ispira
al carisma salesiano. Le accentuazioni che emergono dagli incroci dovrebbero guidare
nell’offerta alle varie categorie.
Passando dai contenuti alle metodologie, si può dire che la preferenza si appunta
su una metodologia mista e nel caso che non la si possa realizzare, la scelta
va alla metodologia d’aula e in subordine ai tirocini e all’affiancamento, mentre
vengono scartate l’autoformazione/formazione aperta e quella a distanza9, se da
sole. In proposito si nota una certa polarizzazione tra Salesiani e laici con le variabili
connesse che vede i primi più favorevoli alla metodologia mista e i secondi a
quella d’aula.
L’ultimo ambito di miglioramento riguarda le mete principali su cui finalizzare
in futuro l’offerta della Sede Nazionale. Dalle risposte emerge una visione della
Formazione in servizio centrata sul sistema di FP e funzionale alla qualità del servizio,
mentre appaiono ignorate del tutto o quasi le attese individuali, non solo di
ruolo, di carriera e di guadagno ma anche di formazione spirituale, cosa questa che
suona strana in un Ente di ispirazione religiosa come il CNOS-FAP. Anche in
questo caso si nota una certa polarizzazione tra Salesiani e laici con le variabili
9 Per quest’ultima, almeno fino a quando non si realizzerà un miglioramento radicale dell’attuale
offerta di FAD da parte della Sede Nazionale, come specifica un intervistato nell’“altro” della domanda.
185
connesse nel senso che i primi tendono a finalizzare la Formazione in servizio al sistema
di FP generale e locale e i secondi a dimensioni più significative per i singoli
formatori quali l’aggiornamento professionale e la motivazione/rimotivazione. Sarà
compito della Sede Nazionale trovare un giusto equilibrio tra le due istanze.
Altre indicazioni per il rinnovamento delle attività di Formazione in servizio
del CNOS-FAP possono essere tratte indirettamente da domande che non erano mirate
primariamente a questo scopo: le ricordiamo.
Il quadro delle offerte promosse dalla Sede Nazionale dovrà essere rafforzato
riguardo alle problematiche generali, nazionali e internazionali.
Inoltre, ai fini di migliorare la frequenza alla Formazione in servizio promossa
dalla Sede Nazionale del CNOS-FAP bisognerà assicurare: una attenzione maggiore
alla qualità della frequenza, rendendo i contenuti più rispondenti alle esigenze
dei formatori e curando meglio la loro selezione più mirata in relazione alle tipologie
di offerta; un personale più numeroso nei CFP – ma ciò non dipende dagli
Enti di formazione –; una migliore distribuzione del carico di lavoro; un calendario
di offerte più rispondente alle disponibilità di tempo dei formatori.
La soddisfazione manifestata dagli intervistati nei confronti della Formazione
in servizio promossa dalla Sede Nazionale è senz’altro notevole, ma la sufficienza
rappresenta il voto maggioritario. Pertanto, la Sede Nazionale dovrà intervenire efficacemente
per elevare il livello di tale valutazione a uno più positivo.
Più in particolare, bisognerà che la Formazione in servizio venga organizzata
in modo da accrescere il proprio impatto sulla maturazione dei formatori, sulla padronanza
delle nuove tecnologie, sulle competenze professionali, sul lavoro in
équipe, sulle relazioni con gli allievi, sul loro apprendimento, sulla prassi educativa
salesiana, sulle relazioni tra Salesiani e laici, su quelle con le famiglie, su quelle
con il mondo produttivo e il territorio. Inoltre, sarà necessario potenziare la valorizzazione
delle risorse erogate dalla Sede Nazionale, aiutando Direttori, Delegati e
Segretari a saperle socializzare ai formatori e agli altri operatori e rendendole più
facilmente utilizzabili per risolvere i problemi dei centri attraverso un loro ripensamento
sul modello della ricerca sul successo formativo degli allievi e del Concorso
nazionale dei capolavori.
187
Quarto capitolo
Soddisfazione per le attività di Formazione in servizio
Maria Paola Piccini
Da quando ha ottenuto la certificazione, la Sede Nazionale CNOS-FAP provvede
alla somministrazione di questionari di soddisfazione al termine degli interventi
di Formazione in servizio, al fine di ottenere suggerimenti e indicazioni utili
per le azioni future. I questionari vengono proposti agli operatori a conclusione
delle diverse iniziative di Formazione in servizio (corsi residenziali nazionali e regionali,
seminari dei settori professionali e corsi per il personale direttivo) e, nel
caso dei corsi residenziali nazionali e regionali, dall’anno 2012, una versione modificata
del questionario viene proposta anche ai docenti responsabili della conduzione
delle iniziative stesse. I rispondenti (sia partecipanti che docenti) sono invitati
ad esprimere il loro giudizio riguardo alcuni elementi caratterizzanti gli interventi
di Formazione in servizio, utilizzando una scala di valutazione a cinque passi:
“molto buono” (10), “buono” (8), “discreto” (6), “scarso” (4), “insufficiente” (2).
Per ognuno degli items del questionario viene calcolata la media delle valutazioni
e la percentuale di pareri positivi espressi, ottenuta sommando i punteggi assegnati
alle risposte “discreto”, “buono” e “molto buono”. Per esprimere un giudizio
sui risultati la stessa Sede Nazionale si basa sul seguente criterio: se la percentuale
di pareri positivi è minore o uguale al 66%, questo indica “non conformità”;
se la percentuale è compresa fra il 67 e il 76%, ciò sta ad indicare la necessità
di azioni di miglioramento. In generale, laddove la percentuale di pareri positivi
espressi sia inferiore al valore minimo accettabile atteso, pari al 77%, si individua
una criticità.
Nelle tabelle 1, 2, 3, 4, e 5 sono riportati i dati forniti ed elaborati dalla Sede
nazionale, ai quali sono accostati i risultati di successive elaborazioni condotte dall’Istituto
di Sociologia, come proposta di approfondimento per la valutazione della
soddisfazione complessivamente espressa dagli operatori. In sostanza, si suggerisce
per il futuro, di utilizzare una scala di valutazione a passi pari (sei o quattro), eliminando
il punto centrale della scala, invitando così gli intervistati a esprimere giudizi
inequivocabilmente positivi o negativi. Si suggerisce, inoltre, di modificare le
etichette verbali assegnate ai diversi passi della stessa scala di valutazione, poiché
la differenza fra i giudizi “insufficiente” e “scarso” non è chiara ed è comunque minima
dal punto di vista semantico. Laddove queste modifiche non siano attuabili, si
suggerisce di considerare soltanto le percentuali dei giudizi positivi (“buono” e
188
Tav. 1 – Valutazione delle attività formative (corsi nazionali) da parte dei Partecipanti
Legenda: MB=molto buono; B=buono; D=discreto; S=scarso; INS=insufficiente; % voti suff. = MB + B + D; % voti positivi=MB + B; % punto centrale=D; % voti negativi=S + INS
10 8 6 42 10 8 6 4 2
N. DOMANDA MB B D S INS MB B D S INS
1 Interesse dei temi trattati 135 90 22 2 0 249 99 99,2% 90,4% 8,8% 0,8% 8,88 175 76 16 1 1 269 93 99,3% 93,3% 5,9% 0,7% 9,14
2 Approfondimento dei temi trattati 68 124 51 6 0 249 98 97,6% 77,1% 20,5% 2,4% 8,04 108 124 29 6 2 269 86 97,0% 86,2% 10,8% 3,0% 8,45
3 Chiarezza del docente nell’esporre gli argomenti 109 98 38 3 0 248 99 98,8% 83,5% 15,3% 1,2% 8,52 140 101 24 4 0 269 90 98,5% 89,6% 8,9% 1,5% 8,80
4 Disponibilità del docente a fornire chiarimenti 158 74 14 3 0 249 99 98,8% 93,2% 5,6% 1,2% 9,11 186 71 11 1 0 269 96 99,6% 95,5% 4,1% 0,4% 9,29
5 Capacità del docente di stimolare/motivare l’interesse 99 109 35 6 0 249 98 97,6% 83,5% 14,1% 2,4% 8,42 126 112 26 5 0 269 88 98,1% 88,5% 9,7% 1,9% 8,67
6 Materiale didattico (dispense, diapositive, video…) 94 102 43 10 0 249 96 96,0% 78,7% 17,3% 4,0% 8,25 99 112 48 7 2 268 78 96,6% 78,7% 17,9% 3,4% 8,23
7
Funzionalità delle aule per le lezioni (acustica,
luminosità, attrezzature, arredi) 124 94 23 7 1 249 97 96,8% 87,6% 9,2% 3,2% 8,67 128 106 27 5 3 269 87 97,0% 87,0% 10,0% 3,0% 8,61
8
Logistica a supporto del partecipante (ubicazione
corso, vitto, sede del pernottamento) 108 83 38 6 14 249 92 92,0% 76,7% 15,3% 8,0% 8,13 161 74 31 3 0 269 87 98,9% 87,4% 11,5% 1,1% 8,92
9
Attività della Segreteria CNOS-FAP Sede Nazionale
(disponibilità, trasmissione informazioni) 99 120 22 8 0 249 97 96,8% 88,0% 8,8% 3,2% 8,49 132 102 33 2 0 269 87 99,3% 87,0% 12,3% 0,7% 8,71
10
Giudizio complessivo sul corso (rispetto agli obiettivi
previsti, rispetto dei conte-nuti previsti) 92 124 27 4 2 249 98 97,6% 86,7% 10,8% 2,4% 8,41 128 117 17 5 2 269 91 97,4% 91,1% 6,3% 2,6% 8,71
11
Giudizio sul proprio interesse e sulla propria
partecipazione all’azione formativa 123 103 20 2 1 249 99 98,8% 90,8% 8,0% 1,2% 8,77 157 91 16 4 1 269 92 98,1% 92,2% 5,9% 1,9% 8,97
Valutazione delle attività formative (corsi
nazionali) da parte dei Partecipanti
% voti
Positivi
%
punto
centrale
% voti
Negati
vi
media
anno 2012 anno 2013
%
punto
centrale
% voti
Negativi media totale
v.a.
%
voti
suff.
%
voti
suff.
totale
v.a.
%
voti
suff.
%
voti
suff.
% voti
Positivi
189
“molto buono”) per confrontarle con le percentuali dei giudizi negativi (“scarso” e
“insufficiente”), isolando le percentuali di risposte neutre (“discreto”).
1. SODDISFAZIONE PER I CORSI RESIDENZIALI NAZIONALI
Nel dettaglio, per quanto riguarda la soddisfazione circa le Azioni Formative
dell’anno 2012 (ossia i corsi residenziali nazionali), la somministrazione dei questionari
ha coinvolto complessivamente 249 partecipanti ai corsi (cfr. Tav. 1). Tutti
gli items del questionario, secondo quanto indicato dalla Sede Nazionale, hanno registrato
un giudizio ampiamente sufficiente, infatti, per ognuno degli items la
somma dei giudizi da “discreto” a “molto buono” è sempre compresa tra il 92 e il
99%. Tali percentuali di pareri positivi, se considerate isolando la quota di quanti
hanno espresso un giudizio “discreto”, consentono di individuare almeno tre aree di
relativa criticità, ossia la logistica (76,6%), l’approfondimento dei temi trattati
(77,1%) e, anche se in misura minore, il materiale didattico (78,7%) messo a disposizione
dei partecipanti1. Particolare soddisfazione viene espressa in merito alla disponibilità
dei docenti (93,2%) e all’interesse dei temi trattati (90,4%). Il valore
medio delle risposte ottenute da ciascun intervistato per ognuno degli items si colloca
sempre in corrispondenza di punteggi che esprimono un giudizio compreso fra
“buono” e “molto buono”.
Per quanto concerne la soddisfazione dei partecipanti per le Azioni Formative
dell’anno 2013, la somministrazione dei questionari ha coinvolto 269 persone. Tutti
gli items del questionario hanno registrato un giudizio ampiamente sufficiente,
tanto che, per ognuno degli items, la somma dei giudizi da “discreto” a “molto
buono” è sempre compresa tra il 97 e 99%. Tali percentuali di pareri positivi, se
considerate isolando la quota di quanti hanno espresso un giudizio “discreto”, confermano
il dato già individuato circa la soddisfazione, fatta eccezione per il materiale
didattico messo a disposizione dei partecipanti alle diverse iniziative (78,7%).
Anche per l’anno 2013, particolare soddisfazione viene espressa in merito alla disponibilità
dei docenti (95,5%) e all’interesse dei temi trattati (93,3%). Il valore
medio delle risposte ottenute da ciascun intervistato per ognuno degli items si colloca
sempre in corrispondenza di punteggi che esprimono un giudizio compreso fra
“buono” e “molto buono”. Esaminando congiuntamente i giudizi medi espressi dai
partecipanti nel 2012 e nel 2013, si nota come tutti gli aspetti presi in considerazione
nel questionario hanno registrato un miglioramento della valutazione ricevuta,
tranne che il materiale didattico a disposizione dei partecipanti e la funzionalità
delle aule per le lezioni (cfr. Graf. 1).
1 Per meglio discriminare circa le aree di criticità, data la vastità delle quote di giudizi positivi
espressi, in questa sede si considerano bisognosi di attenzione anche gli elementi per i quali i giudizi
positivi si attestano attorno all’80%.
190 Grafico 1
–
Valutazione delle attività formative (
corsi nazionali) da parte dei Partecipanti
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191
Tav. 2 – Valutazione delle attività formative (corsi nazionali) da parte dei Docenti
Legenda: MB=molto buono; B=buono; D=discreto; S=scarso; INS=insufficiente; % voti suff. = MB + B + D; % voti positivi=MB + B; % punto centrale=D; % voti negativi=S + INS
10 8 6 4 2 10 8 6 4 2
N. DOMANDA MB B D S INS MB B D S INS
1 Interesse dei partecipanti ai temi trattati 15 6 1 0 0 22 100 100,0% 95,5% 4,5% 0,0% 9,27 21 12 0 0 0 33 100 100,0% 100,0% 0,0% 0,0% 9,27
2 Comprensione dei partecipanti circa i temi trattati 10 11 1 0 0 22 100 100,0% 95,5% 4,5% 0,0% 8,82 14 17 2 0 0 33 94 100,0% 93,9% 6,1% 0,0% 8,73
3 Interazione degli allievi durante il corso 6 12 4 0 0 22 100 100,0% 81,8% 18,2% 0,0% 8,18 21 8 4 0 0 33 88 100,0% 87,9% 12,1% 0,0% 9,03
4 Grado interesse dei partecipanti 13 8 1 0 0 22 100 100,0% 95,5% 4,5% 0,0% 9,09 20 13 0 0 0 33 100 100,0% 100,0% 0,0% 0,0% 9,21
5 Raggiungimento degli obiettivi del corso 3 17 2 0 0 22 100 100,0% 90,9% 9,1% 0,0% 8,09 11 19 3 0 0 33 91 100,0% 90,9% 9,1% 0,0% 8,48
6
Funzionalità delle aule per le lezioni (acustica,
luminosità, attrezzature, arredi) 8 11 2 0 1 22 96 95,5% 86,4% 9,1% 4,5% 8,27 13 16 4 0 0 33 88 100,0% 87,9% 12,1% 0,0% 8,55
7
Logistica a supporto (ubicazione corso, vitto, sede del
pernottamento) 6 16 0 0 0 22 100 100,0% 100,0% 0,0% 0,0% 8,55 20 9 4 0 0 33 88 100,0% 87,9% 12,1% 0,0% 8,97
8
Giudizio complessivo sui partecipanti al corso (rispetto
orari, partecipazione, interesse) 11 9 2 0 0 22 100 100,0% 90,9% 9,1% 0,0% 8,82 22 10 1 0 0 33 97 100,0% 97,0% 3,0% 0,0% 9,27
9 Giudizio complessivo sul proprio lavoro 5 16 1 0 0 22 100 100,0% 95,5% 4,5% 0,0% 8,36 11 22 0 0 0 33 100 100,0% 100,0% 0,0% 0,0% 8,67
%
punto
centrale
% voti
Negativi media
Valutazione delle attività formative (corsi
nazionali) da parte dei Docenti
anno 2012 anno 2013
totale
v.a.
%
voti
suff.
%
voti
suff.
% voti
Positivi
%
punto
centrale
% voti
Negativi media
totale
v.a.
%
voti
suff.
%
voti
suff.
% voti
Positivi
192 Grafico 2
–
Valutazione delle attività formative (
corsi nazionali) da parte dei Docenti
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193
Sempre in merito alla soddisfazione per le Azioni Formative (ossia i corsi residenziali
nazionali), nell’anno 2012 la somministrazione dei questionari ha coinvolto
anche 22 docenti (cfr. Tav. 2), che hanno espresso giudizi largamente positivi:
tutti gli items del questionario, secondo quanto indicato dalla Sede Nazionale, mostrano
il 100% di giudizi sufficienti, ad eccezione della funzionalità delle aule
(95,5%). Tali percentuali di pareri positivi, se considerate isolando la quota di
quanti hanno espresso un giudizio “discreto”, consentono di discriminare meglio il
livello di soddisfazione dei docenti che, pur confermandosi molto ampio, mostra
delle lievi flessioni in riferimento all’interazione degli allievi durante il corso
(81,8%) e alla funzionalità delle aule (86,4%), che vede anche un 4,5% di giudizi
completamente negativi (“scarso” e “insufficiente”). Il valore medio delle risposte
ottenute da ciascun docente per ognuno degli items si colloca sempre in corrispondenza
di punteggi che esprimono un giudizio compreso fra “buono” e “molto
buono” e il parere più positivo viene generalmente espresso in merito all’interesse
dei partecipanti nei confronti dei temi trattati.
I docenti coinvolti nella valutazione delle Azioni Formative per l’anno 2013
sono stati 33 e tutti gli items del questionario mostrano il 100% di giudizi sufficienti.
Valutare queste informazioni al netto della quota di quanti hanno espresso un
giudizio “discreto”, aiuta a distinguere meglio il livello di soddisfazione dei docenti
che, pur confermandosi pressoché totale per quanto riguarda l’interesse dei partecipanti
e il giudizio complessivo sul proprio lavoro, mostra delle lievi flessioni in riferimento
all’interazione degli allievi durante il corso (87,9%), alla funzionalità
delle aule (87,9%) e alla logistica a supporto (87,9%). Rimane, comunque, da rilevare
che, nel caso dell’anno 2013, nessun docente ha espresso alcun giudizio negativo.
Il valore medio delle risposte espresse da ciascun docente per ognuno degli
items si colloca sempre in corrispondenza di punteggi che esprimono un giudizio
compreso fra “buono” e “molto buono” e il parere più positivo viene espresso in
merito all’interesse dei partecipanti nei confronti dei temi trattati e al loro comportamento
in generale. Considerando congiuntamente i giudizi medi espressi dai docenti,
si nota come tutti gli elementi da valutare nel questionario hanno registrato
un miglioramento della valutazione dal 2012 al 2013, tranne che la comprensione
da parte dei partecipanti circa i temi trattati, in leggera flessione, e quello sull’interesse
degli stessi partecipanti nei confronti dei temi trattati che rimane invariato
nelle due diverse annate (cfr. Graf. 2).
2. SODDISFAZIONE PER I CORSI RESIDENZIALI LOCALI
La somministrazione dei questionari sulla soddisfazione per i Corsi Residenziali
Locali nell’anno 2012 ha coinvolto 613 partecipanti (cfr. Tav. 3). Tutti gli items
del questionario, secondo quanto indicato dalla Sede Nazionale, hanno registrato un
giudizio ampiamente sufficiente, infatti, la quota di valutazioni da “discreto” a
194
Tav. 3 – Valutazione dei corsi residenziali locali (corsi regionali) da parte dei Partecipanti
Legenda: MB=molto buono; B=buono; D=discreto; S=scarso; INS=insufficiente; % voti suff. = MB + B + D; % voti positivi=MB + B; % punto centrale=D; % voti negativi=S + INS
195
Grafico 3 – Valutazione dei corsi residenziali locali (corsi regionali) da parte dei Partecipanti
196
“molto buono” è sempre compresa tra il 92% e il 99%. Tali percentuali di pareri
positivi, se considerate isolando la quota di quanti hanno espresso un giudizio di -
screto, consentono di individuare almeno due aree di relativa criticità: il materiale
didattico (76,3%) e la funzionalità delle aule (76,3%). Particolare soddisfazione
viene espressa in merito alla disponibilità dei docenti (92,2%) e all’interesse dei
temi trattati (88,9%).
Per i Corsi Residenziali Locali nell’anno 2013 la somministrazione dei questionari
di soddisfazione ha coinvolto 778 partecipanti. Tutti gli items del questionario
hanno registrato un giudizio ampiamente sufficiente, infatti, per ognuno degli
items la somma dei pareri da “discreto” a “molto buono” è sempre compresa tra il
93% e il 100% (che si registra in riferimento alla disponibilità dei docenti). Tali
percentuali di pareri positivi, se considerate al netto della quota di quanti hanno
espresso un giudizio “discreto”, consentono di riconoscere una certa criticità
riguardante il materiale didattico (71%) messo a disposizione. A tale proposito è
stata aperta dalla Sede Nazionale un’azione di miglioramento che ha coinvolto i
CFP interessati. Particolare soddisfazione viene espressa dai partecipanti in merito
alla disponibilità dei docenti (93,3%) e all’interesse dei temi trattati (89,2%). In relazione
sia al 2012, sia al 2013 il valore medio delle risposte espresse da ciascun
intervistato per ognuno degli items si colloca comunque sempre in corrispondenza
di punteggi che esprimono un giudizio compreso fra “buono” e “molto buono”.
Considerando congiuntamente i pareri medi espressi, si nota come tutti gli elementi
da valutare nel questionario hanno registrato un miglioramento della valutazione
dal 2012 al 2013, tranne che il materiale didattico a disposizione dei partecipanti
che si configura, dunque, come elemento che necessita attenzione in vista di miglioramento
(cfr. Graf. 3).
Ancora in merito alla valutazione dei Corsi Residenziali Locali del 2012, sono
stati coinvolti 62 docenti (cfr. Tav. 4) che hanno espresso giudizi estremamente positivi:
tutti gli items del questionario mostrano il 100% di pareri sufficienti tranne
che la logistica a supporto (96,8%) e la funzionalità delle aule (98,4%). Tali percentuali
di giudizi positivi, se considerate isolando la quota di quanti hanno
espresso un giudizio “discreto”, consentono di discriminare meglio il livello di soddisfazione
dei docenti che, pur confermandosi elevatissimo, mostra quote meno
ampie di soddisfazione proprio in riferimento alla funzionalità delle aule (88,7%) e
alla logistica a supporto che vede anche un 3,2% di giudizi completamente negativi.
Il valore medio delle risposte fornite da ciascun docente per ognuno degli
items si colloca comunque sempre in corrispondenza di punteggi che esprimono un
giudizio compreso fra “buono” e “molto buono” e il parere maggiormente positivo
viene espresso in merito all’interesse dei partecipanti nei confronti dei temi trattati.
I docenti coinvolti nella valutazione dei Corsi Residenziali Locali del 2013
sono stati 79 e, anche in questo caso, quasi tutti gli items del questionario mostrano
il 100% di giudizi sufficienti. Tali percentuali di pareri positivi, se considerate al
netto della quota di quanti hanno espresso un giudizio “discreto”, consentono di
197
Tav. 4 – Valutazione dei corsi residenziali locali (corsi regionali) da parte dei Docenti
Legenda: MB=molto buono; B=buono; D=discreto; S=scarso; INS=insufficiente; % voti suff. = MB + B + D; % voti positivi=MB + B; % punto centrale=D; % voti negativi=S + INS
10 8 6 4 2 10 8 6 4 2
N. DOMANDA MB B D S INS MB B D S INS
1 Interesse dei partecipanti ai temi trattati 40 22 0 0 0 62 100 100,0% 100,0% 0,0% 0,0% 9,29 48 29 2 0 0 79 97 100,0% 97,5% 2,5% 0,0% 9,16
2 Comprensione dei partecipanti circa i temi trattati 30 30 2 0 0 62 97 100,0% 96,8% 3,2% 0,0% 8,90 28 47 4 0 0 79 95 100,0% 94,9% 5,1% 0,0% 8,61
3 Interazione degli allievi durante il corso 39 22 1 0 0 62 98 100,0% 98,4% 1,6% 0,0% 9,23 45 29 4 1 0 79 94 98,7% 93,7% 5,1% 1,3% 8,99
4 Grado interesse dei partecipanti 38 23 1 0 0 62 98 100,0% 98,4% 1,6% 0,0% 9,19 39 38 1 1 0 79 97 98,7% 97,5% 1,3% 1,3% 8,91
5 Raggiungimento degli obiettivi del corso 22 37 3 0 0 62 95 100,0% 95,2% 4,8% 0,0% 8,61 23 50 6 0 0 79 92 100,0% 92,4% 7,6% 0,0% 8,43
6
Funzionalità delle aule per le lezioni (acustica,
luminosità, attrezzature, arredi) 30 25 6 1 0 62 89 98,4% 88,7% 9,7% 1,6% 8,71 47 26 6 0 0 79 92 100,0% 92,4% 7,6% 0,0% 9,04
7
Logistica a supporto (ubicazione corso, vitto, sede del
pernottamento) 29 30 1 2 0 62 95 96,8% 95,2% 1,6% 3,2% 8,77 49 29 1 0 0 79 99 100,0% 98,7% 1,3% 0,0% 9,22
8
Giudizio complessivo sui partecipanti al corso (rispetto
orari, partecipazione, interesse) 32 26 4 0 0 62 94 100,0% 93,5% 6,5% 0,0% 8,90 35 42 1 1 0 79 97 98,7% 97,5% 1,3% 1,3% 8,81
9 Giudizio complessivo sul proprio lavoro 10 49 3 0 0 62 95 100,0% 95,2% 4,8% 0,0% 8,23 27 49 3 0 0 79 96 100,0% 96,2% 3,8% 0,0% 8,61
% voti
Negativi
% voti
Positivi
Valutazione dei corsi residenziali locali (corsi
regionali) da parte dei Docenti
anno 2012 anno 2013
totale
v.a.
%
voti
suff.
%
voti
suff.
% voti
Positivi
%
punto
centrale
% voti
Negativi media totale
v.a.
%
voti
suff.
%
voti
suff.
%
punto
centrale
media
198 Grafico 4
–
Valutazione dei corsi residenziali locali (
corsi regionali) da parte dei Docenti
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199
discriminare meglio il livello di soddisfazione dei docenti che, pur confermandosi
pressoché totale, mostra delle lievi flessioni in riferimento al raggiungimento degli
obiettivi del corso (92,4%) e alla funzionalità delle aule (92,4%), mentre in merito
alla logistica a supporto si individua la quota più ampia di soddisfazione (98,7%).
Il valore medio delle risposte espresse da ciascun docente per ognuno degli items si
colloca sempre in corrispondenza di punteggi che esprimono un giudizio compreso
fra “buono” e “molto buono” e il giudizio più positivo viene espresso proprio in
merito agli aspetti logistici. Considerando congiuntamente i pareri medi espressi, si
nota come tutti gli elementi da valutare nel questionario hanno registrato un relativo
peggioramento della valutazione da parte dei docenti dal 2012 al 2013, tranne
che la logistica a supporto, la funzionalità delle aule e il giudizio complessivo sul
proprio lavoro (cfr. Graf. 4).
3. SODDISFAZIONE PER I SEMINARI DEI SETTORI PROFESSIONALI E PER I SEMINARI
PER I DIRETTORI
La somministrazione dei questionari sulla soddisfazione per i Seminari dei
Settori Professionali nell’anno 2012 ha coinvolto 188 partecipanti (cfr. Tav. 5).
Tutti gli items del questionario hanno registrato un giudizio ampiamente sufficiente,
infatti, per ognuno degli items la somma dei giudizi da “discreto” a “molto
buono” è sempre compresa tra il 95 e il 99%. Tali percentuali di pareri positivi, se
considerate isolando la quota di quanti hanno espresso un giudizio “discreto”, consentono
di individuare almeno due aree di relativa criticità, ossia l’approfondimento
dei temi trattati (73,9%) e la chiarezza del docente nell’esporre gli argomenti
(76,6%). Secondo la Sede Nazionale, che ha analizzato le motivazioni della relativa
insoddisfazione espressa dai partecipanti circa il livello di approfondimento dei
temi trattati, questi avrebbero gradito dei seminari di maggiore durata, in modo da
affrontare meglio i diversi argomenti. Essendo prevista per i seminari una durata
massima di 18 ore, la Sede Nazionale ha optato per la soluzione di limitare le tematiche
da proporre all’interno dei singoli seminari. Per contro, particolare soddisfazione
viene espressa in merito alla disponibilità dei docenti a fornire chiarimenti
(93,6%).
Relativamente ai Seminari dei settori professionali nell’anno 2013 la somministrazione
dei questionari sulla soddisfazione ha coinvolto 158 persone. Tutti gli
items del questionario hanno registrato un giudizio ampiamente sufficiente, infatti,
per ognuno degli items la somma dei giudizi da “discreto” a “molto buono” è
sempre compresa tra il 96% e il 100% (che si registra in riferimento agli aspetti logistici).
Tali percentuali di pareri positivi, se considerate al netto della quota di
quanti hanno espresso un giudizio “discreto”, consentono di individuare almeno
due criticità riguardanti i docenti dei seminari: la chiarezza nell’esporre gli argomenti
(79,7%) e la capacità di stimolare/motivare l’interesse (81,8%). Particolare
200
Tav. 5 – Valutazione dei Seminari dei settori professionali da parte dei Partecipanti
Legenda: MB=molto buono; B=buono; D=discreto; S=scarso; INS=insufficiente; % voti suff. = MB + B + D; % voti positivi=MB + B; % punto centrale=D; % voti negativi=S + INS
10 8 6 4 2 10 8 6 4 2
DOMANDA MB B D S INS MB B D S INS
Interesse dei temi trattati 76 88 22 2 0 188 87 98,9% 87,2% 11,7% 1,1% 8,53 79 61 17 1 0 158 89 99,4% 88,6% 10,8% 0,6% 8,76
Approfondimento dei temi trattati 47 92 41 6 2 188 74 95,7% 73,9% 21,8% 4,3% 7,87 61 73 22 2 0 158 85 98,7% 84,8% 13,9% 1,3% 8,44
Chiarezza del docente nell’esporre gli argomenti 54 90 41 3 0 188 77 98,4% 76,6% 21,8% 1,6% 8,07 53 73 28 4 0 158 80 97,5% 79,7% 17,7% 2,5% 8,22
Disponibilità del docente a fornire chiarimenti 93 83 8 4 0 188 94 97,9% 93,6% 4,3% 2,1% 8,82 70 63 21 3 1 158 84 97,5% 84,2% 13,3% 2,5% 8,51
Capacità del docente di stimolare/motivare l’interesse 118 49 17 4 0 188 89 97,9% 88,8% 9,0% 2,1% 8,99 72 58 24 4 1 159 82 96,9% 81,8% 15,1% 3,1% 8,47
Materiale didattico (dispense, diapositive, video…) 97 72 17 1 1 188 90 98,9% 89,9% 9,0% 1,1% 8,80 80 60 16 1 1 158 89 98,7% 88,6% 10,1% 1,3% 8,75
Funzionalità delle aule per le lezioni (acustica,
luminosità, attrezzature, arredi) 76 83 24 5 0 188 85 97,3% 84,6% 12,8% 2,7% 8,45 67 68 22 1 0 158 85 99,4% 85,4% 13,9% 0,6% 8,54
Logistica a supporto del partecipante (ubicazione
corso, vitto, sede del pernottamento) 86 85 16 1 0 188 91 99,5% 91,0% 8,5% 0,5% 8,72 73 67 18 0 0 158 89 100,0% 88,6% 11,4% 0,0% 8,70
anno 2013
totale
v.a.
%
voti
suff.
%
voti
suff.
% voti
Positivi
%
punto
centrale
% voti
Negativi media
Valutazione dei seminari dei settori professionali
da parte dei Partecipanti
anno 2012
totale
v.a.
%
voti
suff.
%
voti
suff.
% voti
Positivi
%
punto
centrale
% voti
Negativi media
201
Grafico 5 – Valutazione dei Seminari dei settori professionali da parte dei Partecipanti
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202
soddisfazione viene espressa dai partecipanti in merito all’interesse dei temi trattati
(88,6%), al materiale didattico (88,6%) e alla logistica di supporto (88,6%). Con
riferimento ad entrambe le annate (2012 e 2013) il valore medio delle risposte
espresse da ciascun intervistato per ognuno degli items si colloca comunque
sempre in corrispondenza di punteggi che esprimono un parere compreso fra
“buono” e “molto buono”. Considerando congiuntamente i giudizi medi espressi, si
nota come alcuni degli elementi da valutare nel questionario, quali l’interesse e
l’approfondimento dei temi trattati, la chiarezza del docente e la funzionalità delle
aule, hanno registrato un miglioramento della valutazione dal 2012 al 2013, mentre
altri, quali la disponibilità e la capacità dei docenti a stimolare l’interesse, il materiale
didattico a disposizione dei partecipanti e la logistica a supporto, hanno registrato
una certa flessione (cfr. Graf. 5).
Infine, secondo quanto indicato dalla Sede Nazionale, la valutazione che emer -
ge dai questionari di soddisfazione per i Seminari rivolti ai Direttori, sia per l’anno
2012, sia per l’anno 2013, è molto buona. Il valore medio delle risposte espresse da
ciascun intervistato per ognuno degli items si colloca comunque sempre in corrispondenza
di punteggi che esprimono un giudizio compreso fra “buono” e “molto
buono”. L’unico aspetto che, relativamente l’anno 2013, ha ottenuto un giudizio
medio lievemente inferiore agli altri è stato quello della funzionalità del luogo di
svolgimento dell’Assemblea.
4. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
In estrema sintesi, analizzando i risultati della rilevazione sistematica del livello
di soddisfazione per le attività di Formazione in servizio offerte dal CNOSFAP
ai suoi operatori, si individua una ampia area di soddisfazione, soprattutto per
quanto concerne gli aspetti legati ai principali soggetti coinvolti, ossia la qualità
della docenza e il coinvolgimento dei partecipanti, ma anche l’interesse e l’approfondimento
dei temi affrontati.
Questa indicazione è sostanzialmente coerente con quanto riscontrato attraverso
il questionario somministrato, a distanza di tempo, a Direttori, Delegati e Segretari
(cfr. capitolo 3 paragrafo 4). In particolare, nel caso dei rispondenti a quest’ultimo
questionario l’area della soddisfazione ammonta complessivamente
all’87,1% (con un giudizio medio che si colloca fra “abbastanza” e “molto soddisfatto”).
Nel dettaglio, risultano essere prevalentemente motivo di soddisfazione,
anche in questo caso, aspetti dell’attività formativa, quali la significatività dei contenuti
proposti nelle diverse attività, l’idoneità della docenza, la trasferibilità nei
CFP e il conseguimento degli obiettivi formativi.
È importante ricordare quanto suggerito per il futuro in apertura di questo capitolo,
ossia l’adozione di una scala di valutazione a passi pari (sei o quattro), che
elimini il punto centrale della scala stessa, invitando così gli intervistati a esprimere
203
giudizi inequivocabilmente positivi o negativi. Si suggerisce, inoltre, la modifica
delle etichette verbali assegnate ai diversi passi della scala di valutazione, dal momento
che la differenza fra i giudizi “insufficiente” e “scarso” non è sufficientemente
chiara ed è comunque minima dal punto di vista semantico. Laddove queste
modifiche non siano attuabili, si suggerisce di considerare soltanto le percentuali
dei giudizi positivi (“buono” e “molto buono”) per confrontarle con le percentuali
dei giudizi negativi (“scarso” e “insufficiente”), isolando le percentuali di risposte
neutre (“discreto”).
205
Quinto capitolo
Studio di dodici casi mediante focus group
Sergio Cicatelli - Maria Paola Piccini - Guglielmo Malizia
A completamento dell’analisi qualitativa prevista nel progetto di ricerca, il presente
capitolo riporta in sintesi i risultati degli studi di caso realizzati attraverso il
ricorso alla tecnica dei focus group. In particolare, con tutte le componenti dei CFP
selezionati sono state approfondite tematiche centrali per la conoscenza e la valutazione
della Formazione in servizio come la partecipazione alle diverse iniziative, i
loro punti di forza e di debolezza, le ricadute sull’attività formativa e didattica e le
proposte di miglioramento. Sono questi anche i titoli delle sezioni che seguono, a
cui fa da introduzione una nota metodologica1.
1. NOTA METODOLOGICA SUI FOCUS GROUP
Questa fase dello studio vuole essere un approfondimento di natura qualitativa,
finalizzato alla raccolta delle opinioni delle componenti interessate di alcuni Centri.
La scelta di ricorrere alla tecnica del focus group è motivata dall’esigenza di affrontare
il tema della Formazione in servizio degli operatori CNOS-FAP in una situazione
di interazione simile a un processo conversazionale “normale”, con il conseguente
vantaggio di raccogliere opinioni, sollecitate dal confronto con altre persone,
spontanee e a un buon livello di approfondimento.
Il focus group è una tecnica di raccolta delle informazioni che coinvolge non
un intervistato soltanto, ma più persone contemporaneamente (generalmente un
piccolo gruppo). I partecipanti al focus group vengono invitati da un moderatore a
discutere tra loro di un particolare argomento o insieme di argomenti tra di essi collegati,
affrontando così le tematiche che la ricerca ha interesse a “mettere a fuoco”.
Diversamente da altre tecniche di rilevazione per la ricerca sociale, nel focus
group non c’è un’alternanza fra domande poste dall’intervistatore e risposte date a
queste stesse domande dagli intervistati, ma alcune persone, opportunamente sele-
1 Anche se il capitolo è responsabilità comune dei tre autori, la sezione 1 è stata redatta da M.P.
Piccini, quelle 2-5 da S. Cicatelli e quelle 6-7 da G. Malizia. Pertanto, le differenze di stile e di forma
che si possono riscontrare nel testo dipendono dalle scelte effettuate dai tre autori nello spazio di
autonomia proprio.
206
zionate, interagiscono discutendo liberamente su argomenti proposti, appunto, dal
moderatore.
L’assunto su cui si basa il focus group è che nell’interazione diretta con altre
persone sia più facile far emergere ed esprimere in modo immediato e spontaneo
non solo opinioni, ma anche motivazioni, sentimenti, riferimenti valoriali, immagini
di realtà e quant’altro potrebbe risultare difficile da esternare in un colloquio
individuale con un intervistatore.
Nel corso della discussione possono verificarsi le seguenti evenienze, tutte positive
dal punto di vista del ricercatore: i partecipanti, grazie al confronto con gli
altri, sono agevolati nel definire, chiarire, approfondire e comunicare in modo articolato
e coerente la propria posizione; la particolare situazione d’interazione tra
“pari” gioca a favore di un indebolimento dei meccanismi di difesa che spesso sono
a monte di sospetti, timori, esitazioni, reticenze e, più in generale, della tendenza a
non rispondere in modo sincero e collaborativo; la discussione può sollecitare il ricordo
e far affiorare elementi che, diversamente, rimarrebbero inespressi; l’interazione
con gli altri, dunque, favorisce la riflessione, l’analisi e può stimolare l’emergere
di idee nuove, di elementi che altrimenti non sarebbero riferiti.
Nel presente studio si è optato per un focus group semistrutturato, in cui il
ruolo del moderatore è limitato a interventi finalizzati a agevolare l’andamento
della discussione, contrastare deviazioni dal tema e equilibrare gli interventi
(Corrao, 2000). Per guidare la conduzione del focus group è stata predisposta non
una serie di domande prefissate, ma una traccia semistrutturata pensata come una
lista flessibile di temi e sotto-temi da proporre e trattare, ritenuti particolarmente
interessanti in relazione agli obiettivi dello studio. Per sollecitare l’approfondimento
di questi temi il moderatore formula, di volta in volta, domande mirate, inserendosi
nella discussione nel momento più opportuno o riallacciandosi agli interventi
dei partecipanti. In particolare, sono stati coinvolti nella conduzione dei focus
group un primo moderatore (conduttore) per la gestione della discussione (Krueger,
1994) e un secondo moderatore (osservatore) con la responsabilità di intervenire in
caso di difficoltà del primo nel coordinare il dibattito e con lo specifico compito di
fungere da osservatore e prendere annotazioni sintetiche sui contenuti degli interventi.
Il ruolo dei due moderatori2, coerentemente con il grado di strutturazione del
focus group è, dunque, essenzialmente quello di esercitare un controllo sia sui contenuti
della discussione sia sulle eventuali dinamiche di gruppo (Corrao, 2000).
Inoltre, le due moderatrici si sono alternate nei ruoli di conduttore e osservatore,
nell’ambito di ognuno dei focus group. Questa modalità di conduzione ha consen-
2 La dottoressa Beatrice Russo è dottoranda presso il Dottorato in Sociologia e Scienze sociali
(SeSS), Curriculum in Ricerca Applicata alle Scienze Sociali (RASS), Dipartimento di Scienze Sociali
ed Economiche, Sapienza Università di Roma; la dottoressa Maria Cristina Monacchia, psicologa,
psicoterapeuta familiare in formazione, esperta in psicopatologia dell’apprendimento scolastico,
laureata presso l’Università Pontificia Salesiana, Facoltà di Scienze dell’Educazione.
207
tito la copertura dei temi oggetto d’indagine, soprattutto attraverso l’interruzione di
discussioni infruttuose, facendo sempre attenzione a non ostacolare o inibire la
spontaneità d’espressione dei partecipanti.
La traccia utilizzata per la conduzione dei focus group, focalizzati sulla valutazione
dell’offerta di Formazione in servizio erogata dal CNOS-FAP per il personale
dei CFP, si compone di temi e sotto-temi articolati in quattro aree principali:
1. Valutazione della partecipazione alle diverse attività di Formazione in servizio
e delle motivazioni personali. Sono riconducibili a questa prima area tematica
gli inviti alla riflessione circa la partecipazione (o non partecipazione) alle diverse
opportunità di formazione, le attese di formazione e le esperienze precedenti
dei partecipanti, i corsi che sono rimasti più impressi nella memoria in
tutta la vita professionale dei formatori coinvolti nel focus group, le iniziative
personali di aggiornamento e gli elementi che possono essere considerati d’ostacolo
per la Formazione in servizio. Sempre a questa prima area si riconducono
gli approfondimenti circa i fattori positivi e quelli di maggiore criticità,
l’efficacia percepita dei corsi, l’interesse e l’attenzione eventualmente rilevate
nel gruppo in formazione, le riflessioni sulla differenza tra i corsi su argomenti
tecnici e quelli su tematiche trasversali, con riferimento alle preferenze del
gruppo e a quelle rilevate, più in generale, tra i colleghi.
2. Punti di forza e criticità delle attività di Formazione in servizio. La seconda
area tematica include argomenti finalizzati ad approfondire le diverse opinioni
circa il raggiungimento degli obiettivi formativi e la soddisfazione delle attese
formative, la significatività degli argomenti dei corsi di formazione, il grado
di interesse e di approfondimento degli stessi argomenti e dei temi dei corsi;
la chiarezza, la disponibilità e la capacità di gestione dell’aula da parte dei
docenti dei corsi di formazione, la loro competenza, l’adeguatezza al compito
e l’autorevolezza; l’adeguatezza e aggiornamento dei materiali dei corsi, degli
eventuali ausili didattici e della metodologia didattica adottata in generale; la
logistica e l’organizzazione concreta dei corsi; il personale coinvolgimento e
interesse nei confronti dei temi dei corsi; il “clima” del corso. Infine, si invita
alla riflessione e alla valutazione di diverse risorse CNOS, quali Rassegna
CNOS, la Newsletter, le varie pubblicazioni e ricerche, il sito internet, la Ricerca
sul successo formativo degli allievi, il Concorso nazionale dei capolavori.
3. Ricaduta sul CFP delle attività di Formazione in servizio. Nella terza area
tematica gli spunti di riflessione vertono sulla ricaduta didattica dei corsi
frequentati, cioè sulla loro utilità, distinguendo tra l’utilità per la didattica e
l’utilità per la crescita professionale complessiva, con approfondimenti circa
l’incidenza nelle prassi didattiche quotidiane e, infine, i principali risultati
della partecipazione alla Formazione in servizio, non solo in termini di apprendimento
ma anche in termini di socializzazione, amicizie e relazioni coltivate,
curiosità soddisfatte, apprendimenti indiretti o incidentali, crescita umana etc.
208
4. Eventuali suggerimenti e proposte per le attività di Formazione in servizio.
L’ultima area tematica della traccia per la conduzione dei focus group riguarda
le raccomandazioni per eventuali miglioramenti alla formazione dei formatori,
relativamente alle competenze che si vorrebbero acquisire/migliorare, alle metodologie
didattiche, alla finalizzazione delle attività.
Nel complesso, la discussione ha seguito la classica sequenza costituita da domande
di apertura (per creare un clima disteso nel gruppo), domande introduttive
(per indurre la riflessione sull’argomento chiave e avviare la conversazione), domande
di transizione (per riflettere sui temi in rapporto all’esperienza dei partecipanti),
domande chiave (centrate sulle informazioni cruciali), domande finali (per
chiarire meglio le posizioni emerse).
Per l’individuazione dei CFP da prendere in considerazione per lo studio e lo
svolgimento dei focus group si è assunto, in primo luogo, un criterio basato sulle
dimensioni dei Centri e, in secondo luogo, un “criterio geografico”. In questo modo
sono rappresentate tutte le Regioni nelle quali si collocano CFP funzionanti e disponibili
e, secondo la consistenza quantitativa dei Centri, situazioni di eccellenza e
problematiche e all’interno dei singoli CFP, opinioni diverse, favorevoli o sfavorevoli,
dei diversi soggetti coinvolti.
La scelta di condurre i focus group nei CFP più grandi è dettata da ragioni
legate alla maggiore disponibilità del personale docente e non e, soprattutto, alla
disponibilità di una potenziale ampia gamma di opinioni ed esperienze che possono
essere approfondite per mezzo delle interviste di gruppo. Nelle Regioni più grandi
e con un maggior numero di CFP sono state effettuate due visite a due Centri diversi.
I CFP delle Regioni del Sud e delle Isole sono stati esclusi dalla selezione in
ragione del perdurare della situazione problematica e precaria. La selezione di CFP
coinvolti in questa fase dello studio, dunque, ne comprende complessivamente
dodici: due in Piemonte, Lombardia, Veneto, Lazio; uno in Friuli Venezia Giulia,
Liguria, Emilia Romagna, Umbria. Compatibilmente con la disponibilità dei formatori
e con le esigenze organizzative dei Centri, i focus group hanno visto la partecipazione
di novantacinque operatori del CNOS-FAP, tra i quali formatori dei
diversi settori, membri dello staff direttivo, coordinatori della formazione, personale
amministrativo. Tale selezione include operatori giovani e meno giovani, con
diversa esperienza di partecipazione ai corsi (assidui, meno assidui, non assidui),
con diverso atteggiamento (positivo vs critico) nei confronti della formazione in
servizio, con esperienza di partecipazione alla Formazione in servizio relativa alle
competenze di base e alla formazione specifica per settori (e/o affini), a corsi residenziali
nazionali, a corsi residenziali locali e/o a corsi FAD.
I focus group sono stati effettuati in un periodo compreso tra il 13 ottobre e il 24
novembre 2014 e ognuno di essi ha avuto una durata compresa fra i cinquanta e gli
ottanta minuti. Nel dettaglio, i Centri di Formazione Professionale del CNOS-FAP
selezionati per lo svolgimento dei focus group sono stati i seguenti: Roma Pio XI
(13 ottobre 2014); Perugia (17 ottobre 2014); Bologna (21 ottobre 2014); Genova
209
Sampierdarena (23 ottobre 2014); Sesto San Giovanni (29 ottobre 2014); Fossano (31
ottobre 2014); Roma Teresa Gerini (3 novembre 2014); Milano centrale (5 novembre
2014); Udine (6 novembre 2014); Torino Valdocco (20 novembre 2014); Verona San
Zeno (24 novembre 2014); Verona Sant’Ambrogio Valpolicella (24 novembre 2014).
I focus group sono stati registrati con il consenso dei partecipanti e le moderatrici
hanno, in seguito, trascritto integralmente le registrazioni. Le trascrizioni dei 12 focus
group sono state analizzate con il software ATLAS.ti (versione 5.0)3, sviluppato nella
prima metà degli Anni ‘90 da Thomas Muhr per supportare proprio l’analisi di tipo
qualitativo. In particolare, nel presente studio il software è stato utilizzato per facilitare
il processo di codifica dei testi. Si tratta di una procedura mediante la quale l’informazione
contenuta nei testi viene sintetizzata e ricondotta a nuclei concettuali fondamentali.
In questo senso un codice (code) è una etichetta verbale atta a rappresentare
il contenuto di una o più porzioni di testo (quotation). Si tratta, dunque, di identificare
all’interno dei testi le unità significative che contengono informazioni utili per
l’analisi e assegnare loro un codice, appunto. In particolare, il procedimento di codifica
è stato messo in atto in due fasi: una prima fase di cosiddetta “codifica aperta” e
una seconda di “codifica assiale”. Nella prima fase le informazioni contenute nei testi
dei focus group sono state ricondotte a concetti generali che ne riassumono contenuto
e significato, per un totale di 92 codici. Nella seconda fase i codici sono stati ricondotti
a dimensioni più generali che ne raccolgono il significato in categorie concettualmente
più ampie. Nello specifico, i codici sono stati classificati in famiglie di
codici (code families) parzialmente corrispondenti alle diverse aree tematiche della
traccia utilizzata per la conduzione dei focus group (cfr. Tav. 1).
2. LA PARTECIPAZIONE ALLE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE IN SERVIZIO
L’area tematica su cui si sono maggiormente soffermati i focus group è stata
quella della partecipazione alle attività di Formazione in servizio e delle motivazioni
personali. Sotto questa etichetta si raccolgono aspetti diversi che possono andare
dalla semplice informazione sulle attività cui ciascun intervistato ha partecipato alla
qualità della partecipazione stessa e dunque alla dimensione motivazionale che può
essere stata sollecitata dalle attività di formazione.
A partire dalle risposte raccolte nei focus group la partecipazione appare condizionata
oggettivamente da una serie di fattori diversi che possono essere esaminati
in base a polarizzazioni interne all’organizzazione dei corsi:
– la modalità di partecipazione (in presenza / a distanza);
– la collocazione territoriale (regionale / nazionale);
– i contenuti affrontati (generali / specifici);
– la possibilità di partecipazione (libera / obbligata).
3 Disponibile all’indirizzo http://www.atlasti.com
210
Tav. 1 – Code Families
Code Family: Partecipazione
Codes (22): [Comprensione significato del focus group] [Concorso capolavori] [Corsi dal contenuto
pratico] [Corsi di orientamento tutor] [Corsi specifici/Corsi trasversali] [Corso ben progettato]
[Corso specifico informatica Utile] [Iniziative personali di aggiornamento] [Partecipazione
alla progettazione dei corsi] [Partecipazione conformista] [Partecipazione corsi anni precedenti]
[Partecipazione corsi per Direttori] [Partecipazione decisa/concordata Direttore] [Partecipazione
degli Altri formatori del CFP] [Partecipazione di dipendenti senza contratto] [Partecipazione:
corsi dedicati amministrativi] [Partecipazione: impegnato in corsi non CNOS] [Partecipazione:
corsi interni] [Pollicione d’oro] [Qualità dei corsi] [Questione FAD] [Risorse CNOS]
Quotation(s): 309
Code Family: Proposte
Codes (19): [Condivisione dei contenuti dei corsi] [Condivisione unità didattiche] [Esigenze
specifiche degli amministrativi] [Formazione Pedagogica salesiana] [Necessità di formazione
continua] [Preferenza per metodologia d’aula] [Preferenza per metodologie interattive] [Proposta
di argomenti specifici per i corsi] [Proposta: condivisione dei materiali prima e dopo il
corso] [Proposta: corsi mirati sui singoli CFP] [Proposta: esame finale dei corsi] [Proposta: legittimare
la condivisione dei corsi con certificazione] [Proposta: richiami alla formazione] [Proposta:
scambi di colleghi fra CFP] [Proposta: Testimonianze] [Proposta: Tirocini aziendali per
formatori] [Rapporti dipendenti amministrazione e famiglie allievi] [Rapporti famiglie allievi
formatori aziende] [Rapporti formatori famiglie]
Quotation(s): 110
Code Family: Punti di forza
Codes (8): [Punto di forza: Certificazione competenze] [punto di forza: Collaborazione fra colleghi]
[Punto di forza: Concorso capolavori] [punto di forza: Condivisione degli obiettivi]
[Punto di forza: Logistica] [Punto di forza: Metodologia coinvolgente] [Punto di forza: Scambio
esperienze] [Punto di forza: Scelta dei temi]
Quotation(s): 71
Code Family: Ostacoli
Codes (17): [Problema specifico del CFP: organizzazione didattica] [problema specifico del
CFP: tipologia di allievi] [Problema: collocazione geografica e risorse] [Problema: collocazione
temporale dei corsi] [Problema: corsi troppo specializzati] [Problema: corsi troppo teorici] [Problema:
difficoltà economiche] [Problema: dislivello competenze partecipanti ai corsi] [Problema:
disparità fra situazioni diverse] [Problema: mancata socializzazione dei corsi] [Problema:
offerta attività non rispondente esigenze CFP] [Problema: progettazione e monitoraggio dei
corsi] [Problema: ripetitività dei corsi] [Problema: scarso interesse] [Problema: sostituzioni]
[Problema: troppa burocrazia] [Problema: uso del tempo (libero)]
Quotation(s): 142
Code Family: Ricadute
Codes (10): [Ricaduta immediata dei corsi] [Ricaduta in tempi lunghi dei corsi] [Ricaduta ostacolata
da organizzazione temporale] [Ricaduta ostacolata da problemi economici] [Ricaduta
ostacolata dalle troppe disparità fra i centri] [Ricaduta scarsa] [Ricaduta su entusiasmo e motivazione]
[Ricaduta sull’aggiornamento e scambio di esperienze] [Ricaduta sulle competenze e contenuti
professionalizzanti] [Ricaduta sulle competenze formatori e allievi]
Quotation(s): 63
211
La partecipazione può anche essere condizionata, più soggettivamente, dalla
motivazione dei destinatari, i quali possono essere raggruppati in base a criteri diversi,
ora di nuovo polarizzati in coppie antinomiche, ora più variamente articolati:
– la funzione (direttori/formatori/amministrativi/figure di sistema);
– il contratto (stabili/precari);
– le modalità di selezione (sempre gli stessi/a rotazione).
Da un punto di vista complessivo, i corsi di formazione appaiono come un’esperienza
importante e ricorrente nella vita dei formatori e sono percepiti come un
appuntamento qualificante, sia per la sistematicità del loro svolgimento, sia per i
risultati attesi e raggiunti.
Le dinamiche della partecipazione possono essere un indicatore abbastanza attendibile
della capacità dei corsi di intercettare la domanda di formazione. Non è
detto che i corsi quantitativamente più partecipati siano i migliori o i più apprezzati,
anche perché la domanda e l’offerta sono estremamente varie. Possiamo
quindi tentare di analizzare la situazione sulla base dei criteri sopra indicati di classificazione,
cominciando dall’asse di polarizzazione relativo alla modalità di partecipazione,
in presenza o a distanza.
Sui corsi organizzati in modalità FAD il giudizio degli intervistati è pressoché
unanimemente negativo: sono poco funzionali, di fatto inutili; qualcuno addirittura
non ricorda nemmeno l’argomento del corso scelto e in genere parzialmente frequentato;
la frequenza è piuttosto distratta e la qualità dei materiali formativi
sembra essere talvolta scadente. La possibilità tipica della FAD di partecipare al
percorso formativo in maniera più libera (da casa, negli orari preferiti, ecc.) costituisce
di fatto un ostacolo, perché si finisce per rinviare ripetutamente l’attività o
per svolgerla in maniera marginale e con scarsa motivazione. L’interattività delle
piattaforme utilizzate è giudicata alquanto modesta: in alcuni casi erano a disposizione
solo materiali da fruire passivamente, in altri l’interazione tra i partecipanti si
è trasformata in forum disordinati e poco produttivi.
Per rimanere all’interno degli strumenti di comunicazione a distanza, un po’
diverso è il giudizio sulla Newsletter CNOS, che è invece giudicata utile, anche se
talvolta contiene troppe informazioni e finisce per essere consultata superficialmente
(si segnalano parecchi disguidi nella ricezione per posta elettronica). I più
attenti utilizzano anche la rivista cartacea Rassegna CNOS, alla quale viene riconosciuto
un alto livello di qualità, anche se pochi la usano come materiale di studio e
aggiornamento.
Per ovvi motivi organizzativi i corsi in presenza non possono raggiungere tutto
il personale dei CFP e quindi un aspetto particolare emerso dai focus group è
la modalità di selezione dei partecipanti. Qualcuno immagina che i corsi siano
un’operazione istituzionalizzata, la partecipazione alla quale può essere ora il risultato
di una decisione personale ora una sorta di privilegio riservato ai soliti noti (c’è
chi dichiara che «ai corsi vanno quasi sempre gli stessi»), ma la maggior parte
212
degli intervistati è decisamente soddisfatta di questa esperienza, anche perché con
l’andare del tempo, una volta sperimentata l’opportunità formativa, si partecipa
volentieri e si vorrebbero avere ancora più occasioni di formazione (viene osservato
infatti che «ogni anno dobbiamo eliminare delle richieste perché gli iscritti
sono troppi»).
Nonostante il dato positivo sia il più frequente, sia quantitativamente che qualitativamente,
rimane l’impressione di una partecipazione piuttosto disuguale: da
una parte qualcuno rimane un po’ isolato e non vuole o non riesce a partecipare;
dall’altra si nota un atteggiamento di sufficienza per cui i corsi sono frequentati più
per dovere che per piacere o per interesse personale, salvo poi ricredersi a cose
fatte. È simpatica l’osservazione di un intervistato che dichiara: «il corso più bello
negli ultimi dieci anni è stato quello cui ho partecipato per sbaglio; per cui ogni
tanto spero che mi obblighino ad andare ad un corso».
In base alla collocazione territoriale dei corsi (ovviamente solo quelli in presenza)
si distinguono corsi di livello regionale e di livello nazionale. In questa articolazione
si rispecchia spesso anche una differenza tematica, con i primi dedicati
ad argomenti di carattere più spiccatamente tecnico-professionale ed i secondi
rivolti a tematiche più generali o trasversali.
Sembra interessante che proprio il livello territoriale di organizzazione compaia
come fattore chiave per distinguere le tipologie di corsi; queste almeno sembrano
essere le categorie utilizzate dagli intervistati, che in genere ricorrono al
livello territoriale per identificare il corso e addirittura per attribuirgli valore. È probabile
che si tratti solo di un modo per esprimersi sinteticamente, ma la scelta del
riferimento geografico-organizzativo può essere indicativa della stessa percezione
del corso: un’occasione legata al sistema complessivo dei Centri CNOS-FAP.
I corsi regionali in genere sono dedicati ad argomenti di più immediata spendibilità
nell’area professionale, mentre quelli di livello nazionale trattano tematiche
più trasversali e generiche. I primi sono forse più apprezzati e partecipati in quanto
rispondono ad esigenze immediate di aggiornamento ed offrono una facile trasfe -
ribilità dei contenuti appresi nella quotidiana attività d’aula (finendo quindi per
essere almeno implicitamente apprezzabili anche dagli allievi). Da un lato c’è chi
dichiara «non ce la faccio a stare cinque giorni a sentir parlare di teoria»; dall’altro
c’è chi lamenta che «ci si chiede di essere molto pratici e poi sono solo corsi
teorici». La preferenza va quindi ai corsi più rapidamente spendibili nell’attività
quotidiana.
I corsi nazionali sono in genere considerati di maggior valore, sia per l’impegno
che richiedono, sia per il numero ristretto di partecipanti ammessi. I corsi di
cultura generale o di formazione pedagogica hanno inevitabilmente una ricaduta a
più lunga distanza e talvolta se ne scopre la validità e la stessa utilità solo a posteriori.
Anche in questo caso c’è chi ritiene che questi corsi «volano troppo alto per il
nostro target», ma è interessante la testimonianza di un altro formatore che osserva:
«A me è successo che mi hanno mandato a fare un corso sulla dispersione scola-
213
stica e sull’orientamento dei ragazzi. Ho detto: “ma cosa ci vado a fare?”, ma poi
alla fine è stato interessante. Mi è piaciuto molto. Sono cose che comunque metti
nel tuo fardello e possono servire un domani».
Come ci si può attendere facilmente, alcuni corsi hanno lasciato il segno, altri
sono stati meno apprezzati. Non è agevole segnare una linea di demarcazione tra
corsi locali e corsi nazionali, individuando sistematicamente negli uni o negli altri
quelli più graditi e partecipati. I corsi regionali, in quanto di solito indirizzati su tematiche
tecniche, offrono una ricaduta immediata e quindi sono apprezzati dai formatori
di area professionale; i corsi nazionali, dedicati a tematiche trasversali, incontrano
invece di più il favore dei formatori di cultura generale.
Sul piano della socializzazione, i corsi nazionali sono ovviamente quelli che
offrono maggiori occasioni di incontro e di scambio e sono quindi apprezzati anche
per la rete di relazioni che consentono di stabilire o di rafforzare. I corsi regionali
rispondono di più a esigenze pratiche locali e di aggiornamento tecnico, consentono
l’incontro di operatori che probabilmente già si conoscono e sembrano essere
più concentrati sul compito. Ma tutto questo è facilmente immaginabile ed è probabile
che tali aspetti siano già previsti anche nella fase progettuale.
Alla modalità di partecipazione libera o obbligata è legata in buona parte la
motivazione dei formatori, dato che il processo che conduce a partecipare ad un
corso influisce in maniera rilevante sulla soddisfazione e sugli stessi risultati della
formazione. Si sa che alcuni corsi sono obbligatori (e in questo caso vengono frequentati
per senso del dovere, magari poi scoprendo interessi insospettati), ma è
senz’altro preferibile poter trovare soddisfazione ad un bisogno formativo personale
e quindi poter scegliere di partecipare a corsi specifici o addirittura poter incidere
sulla scelta degli argomenti da svolgere.
È naturale attendersi una maggiore motivazione per i corsi scelti direttamente
dai formatori, che cercano di far coincidere l’obbligo con l’interesse personale. Dichiara
uno di essi: «Io credo anche che a livello di motivazione incida la modalità
di proposta e adesione al corso. Nel senso che, quando devi andare perché bisogna
andare e magari non vedi un’urgenza perché nel tuo lavoro quotidiano non è
emerso il bisogno di aggiornamento, ma ti viene semplicemente proposto perché è
previsto che tu vada, sicuramente la difficoltà a trovare una motivazione c’è. Sicuramente
all’inizio, poi magari, fatta l’esperienza, trovi delle positività».
Sul piano motivazionale è anche interessante la testimonianza di un altro formatore
che osserva: «In questi corsi veniamo molto spesso “riempiti” e ben motivati,
forse perché è luglio, comunque non vedo l’ora di tornare in classe e mettere
in pratica tutte queste belle cose».
Per quanto riguarda i soggetti coinvolti, in genere sembra di poter dire che
l’offerta di corsi riesca a raggiungere un po’ tutto il personale e che rimanga fuori
solo chi proprio non vuole lasciarsi coinvolgere. Del resto la programmazione dei
corsi, pur migliorabile, non è frutto di improvvisazione ma di una meditata valutazione
delle esigenze formative degli allievi e, di conseguenza, dei formatori.
214
In base ai destinatari si può distinguere tra: corsi indifferenziati e corsi per alcune
categorie particolari; corsi per Direttori e corsi per altri operatori; corsi per
formatori e corsi per amministrativi; corsi aperti anche al personale fuori contratto
e corsi solo per il personale stabile.
I corsi per i Direttori sembrano essere quelli di maggior successo: la partecipazione
è ampia e regolare e, nonostante il ricordo di qualche isolato disguido organizzativo,
assicurano una buona socializzazione tra persone che svolgono la stessa
funzione in contesti e condizioni diverse. Spesso risultano aver partecipato non
solo i Direttori ma anche i coordinatori. Va comunque tenuto presente che si tratta
di corsi rivolti a soggetti selezionati e motivati a monte, per cui il loro successo è in
buona misura prevedibile.
Tra le categorie coinvolte viene lamentata la apparentemente scarsa attenzione
alle cosiddette figure di sistema, cui si vorrebbe venissero dedicati specifici corsi
almeno ogni certo numero di anni.
I corsi per i formatori sono invece la maggioranza e devono affrontare
un’ampia varietà di argomenti e competenze. Accanto ai corsi di carattere tecnico,
che vengono apprezzati ma limitatamente all’aggiornamento che producono, la domanda
principale che viene dai partecipanti è quella di fornire strumenti per affrontare
le situazioni di emergenza quasi quotidiana che si trovano a vivere con gli allievi.
Come osserva un formatore, «i problemi che danno i ragazzi non sono stati
mai a livello didattico, sono stati sempre problemi di gestione d’aula, di comportamento,
di saper rispondere a determinate situazioni». Più drammaticamente un altro
dice che si combatte «una guerra quotidiana» e che a lezione «siamo proprio in
trincea». Si vorrebbero allora suggerimenti pratici per le emergenze, ricette spendibili
per le criticità relazionali di ogni giorno, ma un orientatore (e può essere significativo
che si tratti proprio di una figura intermedia) osserva con maggiore ponderazione
che «i corsi che attivano processi mi mandano a casa carico, i corsi che
puntano a un prodotto mi mandano a casa con brutte parole, scarico»; e ricorda tra
le sue esperienze «una serie di corsi dai quali tornavano tutti contenti e carichi e
non c’era un prodotto finale, c’era una scintilla su cosa vuol dire una relazione con
un adolescente, una scintilla su cosa vuol dire comunicare, una scintilla su cosa
vuol dire padroneggiare le emozioni». Va però notato che questo orientatore dichiara
anche di essere talvolta preso in giro dai colleghi – si presume bonariamente – per
questi suoi entusiasmi.
I corsi per formatori lasciano spesso fuori gli amministrativi, che trovano soddisfazione
alle loro esigenze solo in corsi specifici. In effetti, sembra di poter rilevare
una certa trascuratezza nei confronti del personale amministrativo, che forse
non è al primo posto nelle preoccupazioni di chi progetta la formazione di tutto il
personale. Emerge infatti una certa insoddisfazione da parte del personale amministrativo
per la mancanza di occasioni formative specifiche, soprattutto a livello nazionale
(«se ne potrebbero fare di più»; «ci servirebbe avere ogni anno qualcosa
che sia proprio fatto per il nostro lavoro. Non solo informatica»).
215
Anche per gli amministrativi vale il discorso di non limitare la formazione agli
aspetti tecnici: in particolare sembra interessante la testimonianza di uno di essi,
che individua nei rapporti con le famiglie un settore chiave della loro specifica professionalità.
Proprio dagli amministrativi vengono denunciati alcuni errori organizzativi
che talvolta hanno messo in crisi la funzionalità dei CFP e degli stessi corsi
di formazione: «abbiamo fatto dei corsi residenziali di informatica che hanno ampliato
un po’ le nostre conoscenze, però sono stati proposti nel periodo in cui c’erano
le iscrizioni, quindi... sono stati bloccati e siamo stati richiamati in ufficio».
I corsi sono in genere rivolti al personale in servizio e ciò lascia emergere
come fattore discriminante la durata del contratto di coloro che hanno un rapporto
di lavoro a tempo determinato. In teoria se il corso cade in un periodo che non rientra
nella vigenza del contratto di lavoro (per esempio in estate), gli interessati
non potrebbero parteciparvi, ma proprio questo impedimento rende spesso i corsi
più attraenti: emerge, infatti, in vari casi la delusione degli esclusi o la soddisfazione
di chi è comunque riuscito a prendervi parte lo stesso.
Accanto ai corsi CNOS-FAP occorre anche tenere conto della partecipazione
a corsi organizzati da altri soggetti. Talvolta chi partecipa a questi corsi esterni è
esonerato dal partecipare a quelli CNOS-FAP, altre volte partecipa a tutti. Si ha
l’impressione che ci sia qualche “professionista dell’aggiornamento”, che partecipa
a un gran numero di corsi, ma più numerosi sono forse i “professionisti dell’assenza”,
che rimangono esclusi – per scelta o per caso – da tutti i corsi anche per
lunghi periodi.
È facile disporre di dati oggettivi sul numero dei formatori coinvolti nei corsi
nei diversi anni e si presume che il coinvolgimento sia abbastanza allargato, ma va
registrata anche l’opinione di un formatore che osserva come nei corsi gli capiti di
trovare «sempre gli stessi», mentre a suo parere il numero di coloro che non vanno
mai ad un corso è piuttosto elevato. Anche se può darsi che si tratti solo di una percezione
distorta, è il caso di tenere conto anche di questo aspetto.
È generalmente apprezzata la possibilità di avere un coinvolgimento nella progettazione
dei corsi, cosa che incide positivamente sui livelli di partecipazione.
Come è ovvio, non è sempre possibile far decidere alla base tutte le tematiche da
affrontare, anche perché occorre mediare tra opinioni ed esigenze diverse, ma rimane
il dato positivo della consultazione allargata. E quanto più è partecipata la decisione,
tanto più è avvertito come un limite il numero ristretto di partecipanti, che
può lasciare fuori qualcuno ancora sinceramente interessato.
Sembra di poter notare che il coinvolgimento dei formatori nella decisione/
progettazione dei corsi sia direttamente proporzionale alla consapevolezza delle
problematiche formative, per cui i più motivati e attenti sono anche quelli che si
impegnano di più nella selezione degli argomenti dei corsi. Ma va notato che
spesso la consapevolezza cresce strada facendo, ponendo implicitamente la domanda
se la formazione debba rispondere soprattutto alle esigenze dei formatori o
indirizzare la loro stessa professionalità, cioè se debba essere progettata più dal
216
basso o dall’alto. Anche i corsi decisi (o imposti) dall’alto sono però in molti casi
condivisi perché se ne comprende la necessità o addirittura la inevitabilità (tipico il
caso dei corsi sulla sicurezza).
I principali problemi emergono in relazione al calendario poiché talvolta i
corsi si vanno a sovrapporre ad altre attività istituzionali o addirittura, come si è
visto, c’è stata la necessità di richiamare in servizio il personale inviato ai corsi
perché in sede c’erano urgenze che evidentemente non erano state all’inizio valutate
con sufficiente attenzione. Del resto, la frequenza dei corsi e la possibile coincidenza
tra quelli di livello nazionale e quelli di livello locale può porre il problema
di reciproche interferenze tra i diversi corsi e tra questi e le altre attività istituzionali
del CFP.
Simmetrica alla possibilità di scegliere le tematiche dei corsi c’è quella di scegliere
di parteciparvi. In genere è il Direttore del CFP a decidere chi deve frequentare
ogni corso, ma la decisione è spesso condivisa con i diretti interessati e quindi
si riescono facilmente a combinare i desideri dei formatori e la concreta possibilità
di partecipare ai corsi preferiti. Talvolta, come ribadisce qualcuno, «ci si va perché
ci si deve andare», ma c’è chi osserva di aver «sempre notato una certa sensibilità
della direzione [...] a invogliare o comunque a rendere partecipi tutti delle possibilità
formative». Si nota comunque una certa differenza tra i corsi regionali, ai quali
si è spesso spinti ad andare, e quelli nazionali, cui si partecipa prevalentemente su
domanda. In qualche caso c’è anche chi ammette che «bisogna riempire la sala»,
ma viene dato atto ai direttori di scegliere di solito bene i destinatari delle azioni di
formazione.
3. I PUNTI DI FORZA DELL’OFFERTA DELLA SEDE NAZIONALE DEL CNOS-FAP
Tra le domande poste nel corso dei focus group una riguardava i punti di forza
e le criticità dei corsi frequentati e sembra quindi giusto soffermarsi su questo
aspetto, che comprende una valutazione più o meno implicita degli stessi corsi. In
questo paragrafo ci dedicheremo ai dati positivi; nel prossimo daremo spazio ai
motivi di criticità.
I punti di forza possono essere divisi in due categorie di dimensioni e qualità
piuttosto disuguali: da una parte ci sono le varie e numerosissime dichiarazioni che
insistono sulla dimensione relazionale e sui contatti umani che accompagnano la
frequenza di ogni corso; dall’altra ci si sofferma su alcuni aspetti particolari più
legati ai contenuti dei corsi.
Per quanto riguarda la prima categoria, gli intervistati sono pressoché unanimi
nell’indicare come principale punto di forza l’occasione offerta di confrontarsi di
persona e di scambiarsi esperienze. In tutti i focus group è emerso questo aspetto
con una frequenza e una sistematicità che lo rendono indiscutibilmente il motivo di
maggior efficacia e gradimento dei corsi di formazione.
217
La cosa è facilmente comprensibile anche solo da un punto di vista psicologico,
perché il primo dato che caratterizza materialmente i corsi di formazione è
proprio il fatto di costringere a muoversi, a interrompere la routine quotidiana, a
confrontarsi con altre persone.
La novità è dunque il primo aspetto positivo. Come osserva un formatore «mi
piace molto l’idea di rompere la quotidianità»: da un lato si torna «un po’ come
quando si andava a scuola», dall’altro l’interruzione della routine didattica rende il
corso un momento «di respiro, di stacco: cambiare un po’ l’orario della settimana,
una settimana diversa perché c’è un’occasione diversa di lavorare». Del resto, può
valere per tutti e in qualunque situazione di vita e di lavoro che «tutti i giorni viviamo
in un contesto molto schematico e magari il corso rompe un po’ questo
schema con orari un po’ diversi, con attività anche diverse. [...] Il corso crea dinamiche
personali, un circolo virtuoso anche con persone differenti, al di là poi del
contenuto». Proprio quest’ultima precisazione ci sembra importante, perché a prescindere
dai contenuti proposti i corsi hanno sempre in comune il fatto di essere
qualcosa di diverso rispetto al lavoro quotidiano; e questa novità costituisce un motivo
di attrazione positiva.
Un altro formatore sottolinea come l’effetto novità funzioni anche all’interno
dello stesso corso, quando si riesce a staccare dall’attività formativa e lasciare
spazio alla relazione informale: «si ricorda cosa provano i ragazzi quando stanno
sette ore in classe [...] ed è molto utile ogni tanto tornare dall’altra parte». Insomma,
sembra di poter dire che un primo fattore positivo è l’interruzione della
routine, sia rispetto alla didattica in sede, sia rispetto all’impegno intellettuale dell’attività
di formazione. Si tratta di una considerazione quasi ovvia, ma proprio per
questo motivo non deve essere trascurata e va tenuta presente per valutare gli effetti
dei corsi e la loro organizzazione.
Il dato psicologico emerge anche nella dimensione relazionale che viene apprezzata
da molti degli intervistati. I corsi di formazione offrono inevitabilmente
l’occasione di: 1) incontrare nuove persone o rivedere vecchi colleghi, 2) stabilire
relazioni interessanti e 3) visitare nuovi luoghi.
1. Dal primo punto di vista è innegabile che il dato positivo sia costituito proprio
dall’incontro personale. È suggestivo il commento di un formatore che parla –
impropriamente ma con efficace risonanza – di «dolce empatia» a proposito
dell’attesa di «rivedere i colleghi che ho visto l’anno prima».
Da questo punto di vista, i corsi nazionali risultano più apprezzati di quelli
regionali, perché ovviamente consentono di allargare la cerchia dei contatti e
delle relazioni, fare esperienze sempre nuove e diverse, incontrare realtà sconosciute.
I corsi regionali invece sono più concentrati sul compito particolare e
fanno incontrare sempre le stesse persone: sono anch’essi utili, ma la preferenza
va a quelli nazionali, per chi ha avuto la possibilità di parteciparvi. Un formatore
conclude che «il corso regionale può essere utile per i tempi, per la partecipazione
maggiore, però poi ti perdi un po’ del poter confrontarsi con gli altri».
218
È interessante in proposito l’opinione di un altro formatore, che parla dei corsi
come di un’occasione di «rilancio»: chi vi partecipa «può tornare anche ricaricato
e dire “adesso proviamo a fare qualcosa di diverso, di nuovo, di originale,
che dia entusiasmo e vitalità a tutto l’ambiente”». In chi organizza questi corsi
è sicuramente ben presente la ricarica motivazionale che può derivare da
queste attività: nel progettarli, dunque, l’attenzione va almeno equamente distribuita
tra i contenuti e il contesto (accoglienza, ambiente di lavoro, possibilità
di fare gruppo, attività ricreative, ecc.).
I corsi possono costituire anche un’occasione di meditazione, come osserva un
altro formatore, che trova tra i punti di forza «il fatto di trovarsi o ritrovarsi,
scambiare anche solo [...] le informazioni di vita dei centri. Questo lo trovo
arricchente e, in alcuni casi, dà anche una sensazione di ringraziamento per ciò
che abbiamo; ché a volte solo girando per i centri o anche andando all’estero
vedi che veramente siamo fortunati ad avere queste strutture e tutto quello che
ci sta intorno». In genere, infatti, i corsi vengono organizzati presso sedi di
eccellenza e offrono spunti per migliorarsi, ma talvolta si scopre di essere già
in una condizione privilegiata o comunque soddisfacente e allora si apprezza
di più ciò che si ha. Insomma, il confronto è sempre utile e il primo dato positivo
dei corsi è proprio la possibilità di uscire da casa.
Osserva un coordinatore che «i formatori apprezzano molto [...] quando riusciamo
a trovare dei momenti per stare insieme al di là dell’ambito prettamente
del corso». Può infatti valere anche per i formatori la condizione di isolamento
spesso vissuta dagli insegnanti, soprattutto di scuola secondaria, che si
chiudono nella classe e hanno scarse occasioni di confronto con i colleghi,
tranne alcuni momenti istituzionali e le relazioni amicali che sono inevitabilmente
limitate a poche persone. Aumentare le occasioni di incontro consente
di favorire scambi fecondi e può facilmente motivare o rimotivare docenti – e,
nel nostro caso, formatori – alla ricerca di nuovi stimoli. Può valere l’immagine
usata da un intervistato che, dopo aver partecipato a diversi corsi, dice di
avere «i numeri di cellulare di mezza Italia».
2. Accanto alla dimensione psicologica della relazione che si può stabilire in un
corso, conta anche la funzionalità della relazione stessa. Incontrare colleghi
nuovi arricchisce indubbiamente, ma non solo sul piano umano. I contatti che
si stabiliscono servono anche alla crescita della professionalità di ognuno.
Ai fini dell’acquisizione di nuove conoscenze la dimensione relazionale può
essere un indubbio fattore di facilitazione dell’apprendimento. Come osserva
un formatore, per esempio nel campo dell’informatica, oggi si può contare su
parecchi tutorial «ma il valore aggiunto diventa il confronto con i colleghi».
Un altro operatore apprezza almeno l’alternarsi di momenti d’aula e di momenti
di formazione on line: «ma se è solo on line... Io ho bisogno di confronto
». In altre parole, molti contenuti possono anche essere appresi individualmente
con sussidi e manuali di vario genere, ma il rapporto personale con
219
i colleghi è assolutamente insostituibile e l’incontro con persone ed esperienze
diverse da quelle che si incontrano ogni giorno nel proprio CFP accresce senz’altro
il valore del momento di formazione. La considerazione, peraltro più
volte ribadita, coincide con il severo giudizio altrove formulato nei confronti
della formazione a distanza, che dunque riceve un’ulteriore bocciatura.
Molto semplicemente si può dire, come fa un formatore, che in questi corsi «si
vede effettivamente come lavorano gli altri»: non vale solo per l’osservazione
di procedure tecniche ma anche (e forse soprattutto) per la conoscenza di modalità
e contesti nuovi di azione. C’è chi dice, scherzando, che si sente un po’
come una «spia» per essere andato a vedere il lavoro degli altri. In maniera
efficace, un altro formatore osserva che «se mandi una mail, arriva a tutti e va
bene. Però quando ti trovi lì, in 15-20 dei venti centri CNOS dello stesso settore,
e si comincia a parlare, saltano fuori un sacco di idee». Come accade in
ogni situazione di vita, la presenza di più persone non produce solo lo scambio
o la somma delle conoscenze di tutti (che sarebbe già un buon risultato), ma
moltiplica le loro potenzialità ed apre prospettive impreviste e probabilmente
assai feconde.
Anche la sede di svolgimento del corso è fonte di esperienze interessanti. Osserva
infatti una coordinatrice che «è anche positivo il fatto che si giri nelle diverse
sedi operative, perché ti dà l’idea che non tutto è come il tuo centro [...],
anche se è vero che spesso, essendo in estate, vediamo i centri in chiusura,
senza i ragazzi e senza attività didattica, però già solo l’idea di come è fatta la
struttura, come funziona, quali sono le figure, questo già aumenta il senso di
appartenenza, ti dà quell’idea che fai parte di un ente che è più del tuo centro».
E questo rivela anche quanto i corsi contribuiscano a rendere visibile il CNOSFAP
come istituzione nazionale e la stessa pedagogia (e spiritualità) salesiana
come fattore unificante di tante iniziative.
Quando poi il confronto si realizza a livello internazionale le stimolazioni sono
ancora maggiori. In un focus group è stata ricordata l’esperienza avuta in Finlandia
da un formatore, che è rimasto profondamente colpito dal prestigio sociale
che ha lì la FP rispetto al ruolo marginale che ha in Italia. Il confronto internazionale
è indubbiamente stimolante perché, come dice quell’intervistato, si
vede «quanto in altri paesi sono più avanti rispetto a noi, sia per quanto riguarda
attrezzature e tecnologie, sia anche come visione generale e utilità pratica della
FP», che in Finlandia appare come la «punta di diamante» dei percorsi di studio
dei giovani. Scambi internazionali si saranno avuti certamente anche con altri
paesi, ma il caso qui riportato sembra abbastanza emblematico del confronto
ampio che si può stabilire appena si varcano i confini nazionali, sia sul piano
delle condizioni materiali di lavoro (che spesso penalizzano l’Italia), sia per la
diversa cultura formativa.
Sul piano metodologico può essere interessante la battuta di un formatore,
secondo il quale «i corsi bisogna farli almeno in due» (o addirittura in tre),
220
perché si offre la possibilità di discutere sul momento con il collega del proprio
CFP per confrontare la trasferibilità di certe innovazioni o semplicemente
per chiarire con chi si ha più confidenza la comprensione di alcuni contenuti.
Viceversa, il formatore che partecipa da solo ad un corso apprende sicuramente
cose nuove, ma è costretto ad un confronto differito con i colleghi del proprio
Centro e questo può ridurre in qualche modo l’efficacia della formazione ricevuta.
Sarebbe il caso di tenere nel giusto conto anche questo minimo suggerimento
organizzativo nella progettazione di nuovi corsi.
A livello pratico, infine, sempre per rendere efficace lo scambio promosso dai
corsi, un operatore osserva come «la cosa più utile da fare è lavorare su una messa
in rete». La cultura di rete è sicuramente già acquisita dal CNOS-FAP e dalla
FP in genere, ma è interessante che l’esigenza nasca proprio a partire dai corsi e
che dunque sia avvertita come funzionale alla professionalità dei formatori.
3. In terzo luogo, uno dei punti di forza ricorrenti nelle opinioni degli intervistati
è la loro collocazione territoriale. Ancora una volta vale il fatto di uscire dal
proprio CFP, ma sono in questo caso gli aspetti “turistici” del corso a pesare.
A prescindere da chi dichiara semplicemente «io partecipo perché mi piace
andare in giro», le valutazioni positive riguardano le visite sul territorio, che a
giudizio di una formatrice «si possono anche leggere come visite turistiche, ma
sono un modo per valorizzare l’attività culturale: capire dove sei, cosa fai».
Quindi è importante scegliere bene le sedi dei corsi, anche se la stessa persona
trova che talvolta i corsi nazionali – apparentemente favoriti nel promuovere
incontri con il territorio – «sono qualcosa messa lì, che non dialoga con le
realtà nelle quali sono immersi».
Ovviamente non tutte le sedi consentono di effettuare visite interessanti. Come
dice un formatore, «ci sono sedi in cui si ha la fortuna di essere nel centro della
città che ti ospita, altre invece dove sei un satellite». In certi casi, cioè, si può
uscire anche solo per qualche minuto dalla sede del corso e trovarsi in pieno
centro urbano e respirare l’aria di una città diversa; in altri casi si rimane
chiusi nella sede perché i dintorni non offrono nulla.
In genere però la soddisfazione per l’esperienza condotta fuori casa è elevata.
C’è chi dice che per i corsi nazionali si fa fatica a trovare aspetti negativi e che
addirittura si è «sempre trattati come dei re»; c’è chi si accontenta semplicemente
di avere a disposizione un televisore o un distributore di caffè. Non va
comunque trascurato che nella valutazione degli aspetti logistici molto dipende
dalle attese; e chi lavora in un CFP sa adattarsi facilmente a diverse condizioni
di vita ed apprezzare anche quelle piccole comodità che possono fare la differenza
e testimoniare un grado particolare di ospitalità.
Accanto all’ampio capitolo della dimensione relazionale, tra i punti di forza
sono anche presenti – ma in misura incomparabilmente minore – alcuni aspetti
particolari che è difficile raggruppare organicamente, sia per l’esiguità dei riferimenti,
sia per la varietà delle situazioni.
221
Un primo aspetto positivo può essere costituito dalla metodologia coinvolgente.
Dalle parole di alcuni intervistati emerge un particolare gradimento per
corsi di carattere laboratoriale, in cui ci sia la possibilità di mettersi concretamente
alla prova in situazioni di lavoro. Un formatore, ad esempio, dice di apprezzare
anche i «corsi teorici, ma che fanno lavorare, anche a gruppi», cioè i
corsi «dove si lavora tutti insieme e si prova a ragionare tutti insieme». Varie
volte ritorna nei focus group la differenza tra corsi teorici e pratici: nella logica
della FP la dimensione concreta del lavoro e del coinvolgimento personale in
ciò che si apprende non può mai essere trascurata.
Un ulteriore motivo di apprezzamento viene dalla certificazione delle competenze
acquisite a fine corso. Almeno uno degli intervistati sottolinea la differenza
tra un attestato di frequenza e una certificazione di competenze: quest’ultima
costituisce senz’altro un valore aggiunto perché documenta e valorizza
l’impegno del corsista. Per dirla in termini oggi attuali, è un riconoscimento
del merito che produce soddisfazione.
Un caratteristico punto di forza è poi costituito dal Concorso dei capolavori, un’iniziativa
tipicamente salesiana, che viene giudicata «una bella vetrina per il mondo
CNOS». Non è solo il Concorso in sé a valere, quanto «tutto quello che ci sta
dietro», dato che il Concorso nazionale mobilita una grande quantità di energie
durante l’intero anno. Anche il Concorso può essere l’occasione per incontrare
persone e stabilire contatti significativi, ma ciò che conta è soprattutto la concentrazione
sul lavoro e la percezione che si tratta di un impegno qualificante: dice
un formatore, per evidenziare il valore percepito nella partecipazione a questa
attività, che «quello che è andato al concorso l’ha messo sul curriculum».
Come è facile immaginare, un aspetto decisivo è infine rappresentato dai contenuti
dei corsi, in relazione ai quali i giudizi sono ampiamente positivi. Si va
da chi dice che i temi proposti costituiscono «una carta vincente» a chi giudica
i «contenuti veramente di alto livello». Ma c’è anche chi trova che, al di là
delle occasioni di incontro e della validità formativa per le persone che vi partecipano,
la ricaduta è piuttosto scarsa. Rimane quindi il dubbio se l’offerta di
formazione sia correttamente tarata sulle esigenze dei formatori – e indirettamente
degli allievi – o se talvolta si raggiungano solo obiettivi di buona socializzazione.
È probabile che sia oggettivamente difficile raggiungere una posizione
unanime, quanto meno per il numero dei formatori che partecipano ai
corsi, ma in genere si ha l’impressione di una diffusa efficacia delle iniziative
formative e che i casi di delusione rimangano un po’ isolati.
4. I PUNTI DI DEBOLEZZA
Esaurito l’esame dei punti di forza è necessario passare ai punti di debolezza,
cioè ai problemi e alle difficoltà che caratterizzano i corsi. Mentre i dati positivi
222
erano facilmente raggruppabili intorno a pochi fattori, le negatività presentano una
maggiore varietà, anche se è ugualmente possibile aggregare le osservazioni degli
intervistati almeno intorno a tre poli di riferimento:
1. gli aspetti logistici e organizzativi, che raccolgono la maggior parte delle osservazioni;
2. le carenze progettuali, che incidono significativamente sulla qualità dei corsi;
3. la spendibilità concreta dei corsi, talvolta lontani dalla realtà dei CFP.
1. Alla dimensione logistico-organizzativa possono riferirsi tutte le critiche mosse
circa le date e i luoghi dei corsi, gli aspetti burocratici, le disfunzioni comunicative,
gli squilibri nella composizione dei gruppi di corsisti, le difficoltà dei CFP
a sostituire i formatori inviati ai corsi. Ciascuno di questi temi può costituire
una sorta di sottogruppo all’interno della dimensione organizzativa.
L’aspetto che appare assumere maggiore rilevanza è la collocazione spaziotemporale
dei corsi: ci sono infatti problemi di calendario e di collocazione
geografica, che sono ovvi ma non per questo meno importanti.
Innanzitutto la collocazione temporale costituisce un problema pressoché insolubile,
poiché è osservazione quasi unanime che non si possa trovare il periodo
ideale per svolgere i corsi. Ma si ha l’impressione che l’insolubilità del problema
derivi anche dalla varietà delle persone, che hanno esigenze diverse o
vivono in contesti diversi ed è quindi impossibile riuscire a conciliare tutte le
loro pur legittime pretese. Soprattutto per i corsi di carattere nazionale è inevitabile
dover mediare tra situazioni diversissime e chiedere perciò un minimo di
adattamento e sacrificio ad ognuno.
Se i corsi si svolgono in luglio, alla fine delle lezioni, ci si arriva con la stanchezza
di un intero anno di lavoro, «quando – come dice un formatore – uno è
scarico, soprattutto di forze psicologiche perché ha dato tutto quello che poteva
dare». Inoltre, finito il corso si va in ferie e si rischia di dimenticare buona
parte di quello che si è appreso, quanto meno perché non c’è la possibilità di
applicarlo immediatamente.
La collocazione estiva spesso va anche ad interferire con le attività di chiusura
dell’anno, il riordino dei laboratori, le valutazioni, e si rischia di sommare alla
fatica del lavoro di un anno anche l’affanno delle incombenze finali che si
sommano.
C’è poi anche il rischio della sovrapposizione con iniziative formative di tipo
diverso, per cui è necessario dover decidere tra più proposte e quindi dover
inevitabilmente rinunciare a qualcosa. Descrive bene la situazione un formatore,
secondo il quale «il problema è che poi nella prima settimana di luglio
(tanto è sempre quel periodo, più o meno) vien fuori tutto quanto in concomitanza
con altri corsi, altri eventi, che magari non c’entrano con il CNOS-FAP;
e a volte è capitato che all’ultimo bisogna disdire o non partecipare ai corsi già
organizzati da un anno perché ci sono delle sovrapposizioni».
223
A queste difficoltà si aggiungono quelle dei Centri che prolungano la loro attività
ordinaria per tutto il mese di luglio e quindi si trovano a non poter mandare
nessun formatore ai corsi. Ricorda infatti un Direttore che come CFP
«non riusciamo a ricalcare quello che è il calendario scolastico tradizionale.
Noi per esempio l’anno scorso abbiamo iniziato i corsi a dicembre per terminarli
in terza annualità a fine luglio, il 28 luglio». Ed è ovvio che non si può far
assentare un formatore (o addirittura più di uno) per un’intera settimana, quale
è la durata dei corsi nazionali.
Se invece i corsi si spostano a settembre, vanno ad interferire con le attività di
inizio anno; si passa dalle ferie al corso e alla normale attività formativa senza
soluzione di continuità e l’affanno che veniva prima denunciato alla fine delle
lezioni si trasferisce all’inizio del nuovo anno, andando a pesare su tutta l’attività
didattica. Come dice un formatore, «quest’anno al rientro abbiamo fatto
un corso la prima settimana di settembre. Per me è stato devastante, nel senso
che sono arrivato al primo giorno di scuola che non avevo niente di pronto».
Se infine i corsi vengono distribuiti durante l’anno c’è il problema della sostituzione
dei partecipanti, con il rischio di bloccare l’ordinaria attività formativa
di un Centro, soprattutto se piuttosto piccolo.
A giudicare dalla quantità di osservazioni emerse nei focus group, quello delle
sostituzioni sembra essere il problema principale. Si tratta di una circostanza
ovvia, ma non per questo meno complessa, dato che il personale inviato a frequentare
un corso deve per forza essere sostituito se ci si trova nel mezzo dell’anno
formativo. Non c’è solo il sovraccarico di lavoro per i colleghi che restano
in sede; c’è anche il rischio di non poter assicurare il normale servizio,
soprattutto se ci si trova in un CFP di piccole dimensioni: osserva infatti un Direttore
che «in un centro di quindici formatori, se tiri via tre, non si fa formazione
». In particolare il problema si può porre nel caso dei cosiddetti richiami
a ottobre: anche se di solito si tratta solo di un paio di giorni, il problema rimane
ed è particolarmente avvertito perché cade proprio nel mezzo dell’attività
formativa. Sempre lo stesso Direttore conclude che «se da un lato il richiamare
la formazione è senz’altro vantaggioso dal punto di vista didattico, dall’altro
lo è meno perché toglie risorse e forze al centro che manda i formatori».
Più in generale c’è da dire che, al di là dell’esperienza comunque positiva di
muoversi da casa e fare nuovi incontri, per molti la partecipazione a un corso
comporta anche l’assenza dalla famiglia e, come osserva con una certa ironia un
coordinatore, «stiamo diventando tutti un po’ grandi e abbiamo tutti un po’ famiglia;
non è che sia semplice andare via». E tra le considerazioni ironiche può
essere il caso anche di ricordare l’imbarazzo di chi, arrivato in camera con il collega,
vi ha trovato un letto matrimoniale (che si è provveduto subito a separare).
Alle difficoltà di collocazione temporale si possono legare anche quelle di collocazione
geografica, dato che anche la sede dei corsi può creare problemi. Da
questo punto di vista, i corsi regionali sono più apprezzati perché consentono
224
di rientrare a casa in giornata. Quelli nazionali invece implicano necessariamente
un viaggio, che talvolta può essere anche piuttosto lungo. A tale proposito
vengono denunciate quelle che agli occhi di qualcuno appaiono delle incongruenze
poco comprensibili. Possiamo dirlo con le parole di un orientatore:
«i corsi sia a Udine che a Bari li ho trovati tanto fuori mano», soprattutto se
poi «a Bari non c’è nessun collega della Puglia» e quindi si avverte come uno
spreco di risorse il trasferimento forzato (e inutile) di tanti corsisti. D’altra
parte, bisogna anche fare i conti con la geografia: l’Italia è lunga e non si possono
organizzare i corsi solo a Roma, Milano o Bologna, che sono collegate
meglio con il resto d’Italia e possono offrire anche qualche utile diversivo nel
tempo libero («se uno va a Roma, dopo un giro se lo può anche fare», chiosa
un formatore). È certamente utile conoscere realtà diverse, ma la dislocazione
territoriale dei corsi comporta anche conseguenze economiche non irrilevanti.
Alla scelta della sede del corso si collegano infatti le spese di trasporto, che
possono incidere notevolmente. Molti ad esempio lamentano le rigide regole di
rimborso, che escludono talvolta di poter viaggiare in aereo anche se il biglietto
aereo spesso è più conveniente di quello ferroviario. Inoltre, le stesse
modalità di rimborso impongono di non acquistare i biglietti on line e di recarsi
in stazione, dove qualcuno racconta di non aver più trovato posto dopo
aver fatto due ore di fila. E c’è chi si scandalizza «che nel mondo di internet
noi non possiamo gestire un biglietto on line e che dobbiamo andare in stazione
a farci il biglietto». Si tratta di disfunzioni facilmente rimediabili, ma
che sono avvertite sicuramente con fastidio da chi si trova ad esserne vittima.
In genere le lamentele parlano genericamente di un eccesso di burocrazia di
fatto legata soprattutto alle procedure di rimborso delle spese sostenute.
Più in generale, però, si avverte il disagio di chi opera in sedi periferiche, dove
risulta difficile anche organizzare le normali integrazioni all’attività formativa.
È facile infatti in una grande città organizzare una visita a un’azienda o a una
fiera, ma in un centro più piccolo una visita del genere diventa un viaggio o un
problema.
Completa il quadro delle difficoltà organizzative la scarsa o imperfetta comunicazione
che accompagna talvolta la proposta dei corsi. Se l’informazione
non circola in maniera tempestiva ed efficace, è chiaro che si creano problemi.
Racconta un formatore che il direttore di un centro «aveva 1400 mail da guardare
e non le aveva guardate e non aveva avvertito nessuno». Forse c’è un po’
di esagerazione in questo episodio, ma l’abitudine ai nuovi strumenti di comunicazione
elettronica può creare talvolta situazioni del genere, per cui è bene
utilizzare anche canali alternativi di comunicazione per essere certi di raggiungere
effettivamente tutti i destinatari.
Ancora sul piano organizzativo possono valere le critiche mosse alla composizione
disuguale dei gruppi di corsisti. È ovvio che in un gruppo di apprendimento
omogeneo si può procedere più speditamente ma spesso, come osserva
225
un formatore, soprattutto nei corsi di carattere più tecnico, nonostante siano
precisati fin dall’inizio i requisiti di partecipazione, «viene gente che neanche
ha letto quei requisiti, direttori che mandano formatori che non hanno niente a
che vedere con quei requisiti» e allora «succede che il corso va male perché
non puoi andare avanti, perché devi stare appresso a quelli che stanno indietro
o che non sanno niente». È incisivo, ma preoccupante, l’aneddoto raccontato
da un coordinatore a proposito di un corso da lui frequentato sul BLC: «dopo
dieci minuti che l’insegnante parlava, ha visto delle facce strane e ha chiesto
“tutti sanno cos’è un BLC?” e due hanno alzato la mano e hanno detto di no e
quindi abbiamo fatto il corso quasi uguale a quello dell’anno prima». Diverso
e più comprensibile può essere invece il divario tra chi «è già sul pezzo», come
dicono diversi intervistati, e chi invece deve ancora entrare in situazione: del
resto è piuttosto difficile trovare gruppi di corsisti del tutto omogenei e la pluralità
di condizioni, quando non è eccessiva, può essere un arricchimento.
2. Il secondo ampio raggruppamento dei punti di debolezza dei corsi di formazione
è caratterizzato da alcuni limiti progettuali, che possono avere una ricaduta
significativa sulla qualità complessiva degli stessi corsi.
In questo ambito si raccolgono meno osservazioni, anche perché alcuni aspetti
sono già emersi sul piano organizzativo: quando per esempio si mandano a frequentare
un corso formatori con competenze troppo diverse, è chiaro che si sta
minando la riuscita del corso. Più in generale, però, vale qui la classica alternativa
– già vista in altre circostanze – tra corsi teorici e pratici. Come osserva incisivamente
un formatore, «io ho appreso di più in 15-20 minuti di indicazioni
del collega, perché mi dà indicazioni utili e concrete, che in quaranta ore».
D’altra parte, va anche ricordato che qualcuno ha lamentato l’eccessiva specializzazione
di alcuni corsi, che alla fine risultano poco spendibili in classe.
In vari casi ritorna inoltre l’utilità di trovarsi a frequentare il corso con un collega
dello stesso CFP, perché ciò consente di discutere immediatamente l’applicazione
dei contenuti appresi nel proprio contesto di lavoro. È solo il collega
infatti che può conoscere le difficoltà poste dall’ambiente di lavoro e che
può fare utilmente da “spalla” per verificare la fattibilità di tante proposte.
Altro difetto denunciato è la ripetitività dei corsi. C’è chi dice di aver sentito
per sette anni sempre lo stesso psicologo sullo stesso argomento e chi si lamenta
di corsi inutilmente lunghi, in cui dopo i primi due giorni si continuano
a ripetere sempre le stesse cose, con inevitabile spreco di risorse e frustrazione
dei partecipanti.
Ci sono poi alcuni che hanno lamentato l’impossibilità di conciliare le situazioni
diverse di ogni CFP. C’è chi dichiara di essere sempre andato a frequentare
corsi nel Nord Est, «dove la situazione è decisamente migliore che non da noi»
e di essersi quindi sentito «un po’ avvilito» (ma questo genere di confronti può
essere anche stimolante). C’è invece chi vorrebbe che i corsi fossero «più tarati
sulla realtà, non solo della FP, ma proprio del centro stesso, perché comunque
226
tre centri hanno tipologie e target differenti; quindi fare un corso standard è
sbagliato».
Più in generale sembra di notare una certa insofferenza per alcune modalità di
conduzione dei corsi, che in qualche caso appaiono poco attente alle singole
persone. Da una parte c’è la richiesta di essere maggiormente ascoltati quando
si promuove una consultazione per la programmazione di un corso: ricorda un
formatore di aver proposto, insieme ad altri, di dedicare un corso all’alta velocità
ferroviaria e invece era stato organizzato un corso sui collegamenti marittimi.
Aggiunge in proposito un orientatore che «quando la gente che ha quasi
cinquant’anni fa delle proposte, poi un minimo si aspetta ...». Dall’altra parte c’è
il problema del tempo libero, che andrebbe valorizzato di più, se è vero – come
dice un formatore – che è solo negli intervalli dei corsi che si possono discutere
i problemi professionali particolari, «confrontare situazioni, metodologie e modi
di affrontare gli argomenti del corso, ma anche argomenti esterni».
Infine, sempre in relazione alla gestione del tempo libero, che deve essere tenuto
presente e valorizzato in quanto tale, c’è chi lamenta «che venga gestito
come se fosse una colonia: adesso tutti al corso, poi tutti a mangiare e si va a
mangiare là, dopo si va a vedere quella cattedrale, quel teatro, quella piscina».
È probabile che ci sia anche una certa dose di insofferenza personale, ma
sembra importante preoccuparsi di rispettare un po’ tutte le sensibilità e lasciare
ad ognuno i propri spazi vitali. Anche perché, come dice un altro formatore,
«a noi ci hanno tagliato le ore libere. Che significa libere? Non l’ho mai
capito. Io nelle ore libere faccio più che quando faccio lezione, perché vado a
cercare le cose che mi interessano per poi poter fare lezione».
3. L’ultimo aspetto da prendere in considerazione tra i limiti dei corsi è la loro
scarsa spendibilità quando si rientra in sede. Il problema si collega alla critica
già vista sui corsi troppo teorici, che assumono talvolta un’impostazione
troppo astrattamente accademica. Ma sembra che i formatori trascurino la differenza
che deve inevitabilmente esserci tra un corso rivolto ad adulti e un
corso rivolto ad adolescenti, tra la formazione dei formatori e la formazione
degli allievi. Spesso c’è una richiesta di ricette pratiche da applicare senza
troppe mediazioni nella propria classe, suggerimenti concreti per risolvere i
problemi della vita quotidiana in classe.
Come dice un’intervistata, molti corsi «volano troppo alto per il nostro target e
volano troppo alto in termini accademici». Non è facile comprendere il significato
di un esempio citato, ma ricorre più di una volta e quindi vale la pena
ricordare il richiamo alla «bellissima storia di Beethoven, che poi non so né
come passarla, né come attivarmi per passarla, né come renderla interessante,
né quali strumenti utilizzare». In un altro focus group conferma la stessa impressione
il formatore che dice: «mi hanno fatto assaporare cose troppo belle,
ci hanno fatto dire cose bellissime; ma poi vivo con questo strappo, prima la
cosa bellissima e poi la cosa pratica»
227
Il nodo fondamentale è il livello degli allievi dei CFP, che spesso richiede ai
formatori competenze più relazionali che culturali o tecniche. Il divario tra
una formazione mirata sull’aggiornamento professionale e una quotidianità in
cui prevale il problema della sopravvivenza o della comunicazione impossibile
(«a volte disturbano anche in maniera violenta, quindi fai fatica ad avere
un ambiente tranquillo in cui insegnare») costituisce il filo conduttore di
numerosi rilievi critici. È però una sorta di comprensibile sfogo in cui torna
ad affacciarsi il disagio – soprattutto relazionale – della vita quotidiana di un
CFP.
Sul piano cognitivo, come esemplifica un formatore parlando dei suoi allievi,
«è difficile studiare inglese perché non sanno l’italiano»: se manca un minimo
di competenza grammaticale è difficile agganciare sul vuoto l’apprendimento
di una nuova lingua. Ma il problema non è solo intellettuale, perché anche gli
esiti formativi sembrano essere piuttosto deludenti, almeno stando alla testimonianza
di una formatrice che si domanda «come si possa fornire al mercato
del lavoro della gente così».
Non si deve dimenticare che talvolta si registra nei CFP la presenza di un 60-
70% di allievi extracomunitari e «spesso ti capita di avere in classe ragazzi che
non parlano l’italiano» e che non si sa come coinvolgere. Emerge in diversi
intervistati un senso di inadeguatezza, di impotenza, cui si vorrebbe che proprio
i corsi per formatori ponessero rimedio, a meno che non si possa contare
sul sostegno di qualche specialista in grado di affrontare le situazioni più critiche:
c’è chi vorrebbe «uno psicologo o anche un salesiano» e chi osserva che
l’importante è la preparazione, perché «non è che basti la figura del prete».
Per concludere sulle disfunzioni progettuali può valere dunque la battuta sbrigativa
di chi accusa che «chi deve decidere questi corsi non entra in classe».
L’analisi dei punti di debolezza dei corsi può risultare alla fine ingenerosa, se
ci si ferma a considerare la lista delle lamentele. Nel confronto con i dati positivi,
sono questi a prevalere, ma non si devono sottovalutare i difetti, che possono creare
malumori capaci di condizionare la stessa fruizione dei corsi. Premesso che non
sarà mai possibile mettere d’accordo tutti e che anche alcuni dei problemi sollevati,
per esempio in relazione ai tempi e ai luoghi di svolgimento dei corsi, possono
riscuotere valutazioni diverse per via della disponibilità personale dei singoli corsisti,
sembra importante non trascurare quegli aspetti organizzativi che possono
contribuire a creare un gruppo coeso e motivato, dedicando il tempo necessario all’ascolto
delle esigenze – formative e personali – di ogni corsista.
5. RICADUTA DELLA FORMAZIONE IN SERVIZIO SULLE ATTIVITÀ DEL CNOS-FAP
Nel corso dei focus group si è affrontato anche il tema della ricaduta dei corsi,
aspetto fondamentale delle iniziative di Formazione dei formatori, perché se non vi
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fosse ricaduta sarebbe del tutto inutile promuovere questi corsi o qualsiasi altra iniziativa.
L’argomento è stato discusso ampiamente, con varietà di posizioni e testimonianze
personali, ma è possibile raggruppare gli esiti dei focus sostanzialmente intorno
a quattro forme di polarizzazione:
1. ricaduta scarsa o elevata;
2. ricaduta diretta o indiretta;
3. ricaduta contenutistica o metodologica;
4. ricaduta professionale o motivazionale.
In ciascuna coppia il primo elemento corrisponde, in termini assolutamente generali,
a una ricerca di immediata spendibilità di quanto appreso nei corsi, mentre il
secondo aspetto tende ad esprimere una più mediata efficacia del corso nel tempo.
Spesso le tipologie vanno facilmente a sovrapporsi ma in linea di massima sembra
di poter adottare questo schema interpretativo per procedere nel nostro resoconto.
Come è facile immaginare, le opinioni sono piuttosto varie e i giudizi sulla
ricaduta dei corsi frequentati sono legate alle esperienze personali, spesso condi -
zionate da fattori soggettivi o ambientali che comunque non devono essere sotto -
valutati.
1. Per un primo approccio si può distinguere tra chi ritiene che i corsi frequentati
abbiano avuto una scarsa ricaduta e chi invece ritiene che siano stati molto
utili, anche se i giudizi sono raramente così radicali e tendono a disporsi in maniera
meno oppositiva e più ragionata.
I motivi della scarsa ricaduta sono in gran parte prevedibili e riconducibili: a) a
problemi organizzativi, soprattutto dovuti a una poco felice collocazione temporale;
b) a una ridotta disponibilità economica, che influisce sulla possibilità
di mettere in pratica le novità nel proprio Centro; c) alla disparità di condizioni
tra i diversi Centri, che non riescono a fruire in maniera efficace di un corso tarato
su una inesistente o lontana medietà.
Relativamente al primo aspetto (a), tornano alcune obiezioni già sentite sulla
collocazione temporale dei corsi e sull’impossibile quadratura del cerchio: se i
corsi vengono organizzati subito dopo la fine delle lezioni diventa difficile ritrovare
la concentrazione all’inizio del nuovo anno; se sono organizzati poco
prima dell’inizio delle lezioni si va ad interferire con l’avvio del nuovo anno
formativo e, come dice un formatore, «non c’è nemmeno il tempo di sperimentare
le cose imparate».
Le difficoltà economiche (b) consistono prevalentemente nella scarsità di
mezzi di alcuni CFP, che spesso non sono in grado di procurarsi attrezzature
aggiornate e quindi rendono di fatto inapplicabili le novità apprese nei corsi,
generando peraltro forme di frustrazione supplementare negli stessi formatori.
Si va però dalle posizioni pessimiste di chi si lamenta di non avere l’attrezzatura
vista in fabbrica e deve accontentarsi di un simulatore a chi più ottimisti-
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camente spera «che dopo ci sia anche la possibilità di acquistare una macchina
per poter applicare».
Anche la disparità di condizioni dei diversi Centri (c) è un fattore in buona
parte connesso alla disponibilità economica e comunque poco modificabile.
Da un lato ci sono le ineliminabili differenze di collocazione geografica e di
contenuti della proposta formativa, dall’altro ci sono le semplici risorse materiali
distribuite in maniera disuguale tra tutti i CFP. Come dice un formatore,
«nell’area grafica capita proprio quello che si diceva, perché [...] in altri centri
capitava che ci dicessero “ok, io faccio il corso, poi vado a casa e come faccio
a infondere nei ragazzi ciò che ho metabolizzato in questo corso?”».
Al polo opposto si trovano tutti coloro che invece dichiarano di riscontrare una
buona ricaduta dei corsi frequentati. Da una parte torna qui la differenza tra i
corsi nazionali e quelli locali: come dice un formatore, «un corso fatto nel proprio
centro ha un effetto corto, mentre un corso nazionale apre nuovi orizzonti
». Dall’altra si tratta sia di formatori che si riferiscono alla immediata
spendibilità dei contenuti appresi (comprensibile soprattutto nel caso di aggiornamenti
tecnologici da tradurre rapidamente in pratica didattica), sia di formatori
che riconoscono di essere stati positivamente influenzati dalla frequenza di
corsi che solo sulla media o lunga distanza hanno rivelato tutta la loro efficacia.
Ma questo ci porta a passare al secondo tipo di polarità.
2. Possiamo parlare di una ricaduta diretta nel caso di corsi di aggiornamento tecnico,
che vengono facilmente riversati nel lavoro d’aula o di laboratorio. Parliamo
invece di una ricaduta indiretta per quei contenuti che tendono a fornire
un bagaglio di professionalità pedagogica generale che i formatori possono
tesaurizzare per il resto della loro vita professionale e che soprattutto dovrebbe
tendere a trasferirsi sull’intera vita del Centro.
Nel primo caso può sintetizzare tutto l’osservazione di un formatore che
esprime un concetto quanto mai ovvio nel mondo della produzione e della FP:
«se i settori smettono di aggiornarsi, tempo cinque anni diventano obsoleti e
possono anche chiudere: a livello tecnico più che a livello didattico».
Quanto alla ricaduta della partecipazione di un formatore sull’intero centro,
più di un intervistato descrive la situazione del formatore che al rientro in sede
cerca di trasmettere ai colleghi quanto ha appreso al corso, ma difficilmente
funziona il trasferimento a cascata degli apprendimenti. Osserva giustamente
un direttore: «C’è chi dice: “torno dal corso, faccio una riunione con tutti i
docenti e racconto a tutti quello che ho appreso”. La ricaduta è persa per oltre
il 90%. Invece io credo di più a una ricaduta non tanto immediata quanto come
processo in cui tu dimostri nei fatti quello che hai imparato ai colleghi, dimostri
[...] qualcosa che hai messo in pratica concretamente e che in qualche misura
funziona».
A questo proposito, ritorna qui la richiesta di inviare ai corsi due o tre colleghi
dello stesso CFP. Come dice un formatore, «perché ci sia ricaduta non bisogna
230
andare da soli. [...] Se partecipano a questi corsi due dello stesso centro è vero
che i posti di dimezzano (perché se ci sono venti posti vuol dire che partecipano
solo dieci centri), però il fatto di condividere il corso con un collega forse
dà quella spinta in più per poi calare tutto nella realtà di tutti i giorni. Se sei da
solo, torni ma il sistema sta andando in un’altra direzione e tu non hai la forza
e la voglia di cambiarlo».
3. Ulteriore chiave di lettura antinomica può essere quella tra la ricaduta, generalmente
immediata, di corsi che sono di solito concentrati su contenuti particolari
e quella, più a lunga distanza, di corsi di carattere metodologico.
Il primo caso coincide in buona parte con i corsi che hanno prevalente carattere
di aggiornamento tecnologico. Si tratta di nozioni assolutamente necessarie
(altrimenti, come si è già detto, si finisce fuori dal mercato del lavoro) e
facilmente trasferibili nella didattica quotidiana, dove peraltro incontrano il
favore degli allievi che vedono una spendibilità immediata di ciò che stanno
apprendendo. Ad esempio, commenta una formatrice che «spesso, specialmente
l’insegnante di informatica riporta strumenti nuovi con i quali far lavorare
i ragazzi, che magari si trovano più interessati».
La facile trasferibilità delle nozioni apprese ha anche un effetto di rinforzo per
gli stessi formatori, che vedono maturare rapidamente gli apprendimenti dei
propri allievi. È bella, anche se dovrebbe essere esperienza comune per
chiunque insegni, la testimonianza di un formatore che dice, parlando di un
suo allievo, «fino a ieri gli insegnavo una cosa e adesso vedo che la fa».
Diverso, ma ugualmente efficace, è il caso dei corsi a carattere metodologico o
di contenuto pedagogico, che per loro natura non forniscono ricette o soluzioni
da applicare direttamente nelle classi. Sono occasioni di formazione e di riflessione
personale che possono produrre i loro effetti anche a distanza di anni,
come testimonia efficacemente un formatore: «ho chiaro il ricordo e la ricaduta
anche professionale di un corso psicopedagogico (quindi nulla di tecnico),
[...] che ha trasferito tante e tante competenze che scopro a distanza di anni e
che probabilmente all’indomani del corso non avrei mai detto di avere acquisito.
Attingo spessissime volte a quelle competenze a distanza di tempo».
In altre parole, ciò che conta sembra essere soprattutto la capacità di metabolizzare
quanto si è appreso in patrimonio personale che possa fruttare sulla
breve, media e lunga distanza. Non si deve quindi essere impazienti perché, se
il corso ha comunque prodotto una forma di apprendimento, se ha avuto un
significato per chi vi ha partecipato, prima o poi produrrà i suoi effetti, anche
in maniera del tutto imprevedibile e forse inconsapevole.
4. Infine, l’ultima chiave di lettura può essere quella che si sofferma sull’alternativa
tra una ricaduta professionale ed una motivazionale.
Possiamo parlare di effetti a livello professionale quando il formatore impara
qualcosa di tecnico e specifico che rimane nel suo bagaglio squisitamente professionale.
Parliamo invece di effetti di carattere motivazionale quando la rica-
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duta del corso frequentato si produce soprattutto sulla persona del formatore (a
prescindere dalla sua area professionale). È ovvio che il primo caso si riferisce
a corsi di carattere tecnico (o anche metodologico, ma sempre in chiave facilmente
applicativa); il secondo caso rinvia alle conseguenze di più ampia portata
che i corsi possono avere sulla motivazione del formatore, come occasione
di complessiva ricarica dei suoi atteggiamenti nei confronti del lavoro che è
chiamato a svolgere.
Alcuni tendono ad attribuire un’efficacia professionalizzante solo o prevalentemente
ai corsi di livello superiore (dove indubbiamente la visibilità dell’aggiornamento
è maggiore), mentre al livello base sembrerebbe che la ricaduta
sia piuttosto generica. Altri accennano alla cartina di tornasole costituita dagli
stage aziendali, in cui gli allievi vengono messi alla prova con i processi da
utilizzare nel lavoro quotidiano e in questi casi l’aggiornamento professionale
si vede subito (anche perché altrimenti si dovrebbe registrare il fallimento o
quanto meno la scarsa utilità di tutta la formazione ricevuta dagli allievi).
Più interessanti ci sembrano le testimonianze degli effetti prodotti dai corsi sul
piano motivazionale. E qui è in gioco la stessa persona del formatore che,
come si è visto altrove, trova nella frequenza dei corsi un’importante occasione
di confronto con i colleghi, di scambio di esperienze, di riflessione sulla
propria competenza professionale, didattica e, in qualche caso, umana.
Un formatore dichiara che i corsi frequentati negli ultimi anni sono stati «una
grossissima occasione per rimettermi in gioco in una maniera differente rispetto
ai venti anni precedenti di insegnamento qua e quindi è stato un rilancio.
[...] Chi partecipa può tornare anche ricaricato e dire “adesso proviamo a fare
qualcosa di diverso, di nuovo, di originale, che dà entusiasmo e vitalità a tutto
l’ambiente”».
Più in generale viene avvertita la possibilità di «tenersi aggiornati su quello
che succede nel resto d’Italia», come dice un direttore, o di ricavare dei «giovamenti
personali», come annota un coordinatore.
Devono purtroppo essere registrate anche esperienze negative sul piano motivazionale,
come emerge dalla testimonianza di un tutor a proposito della frequenza
di uno dei corsi obbligatori sulla sicurezza, in cui ha imparato a «stabilire le
distanze, le proporzioni, le misure delle postazioni di lavoro, i punti di luce del
locale, le misure di sicurezza per avere accesso ad un certo tipo di strumentazioni,
ma poi vivo in un ambiente di lavoro in cui per aprire le finestre devo salire
in piedi sul banco e per scendere devo magari anche mettere il piede sul pc».
Questa esperienza, per quanto singola, non può essere sottovalutata perché
esprime il disagio della distanza fra le condizioni teoriche che vengono presentate
nei corsi e le condizioni reali di lavoro che spesso sono segnate da mille
difficoltà cui la buona volontà degli operatori riesce a rimediare solo in parte.
Si può quindi concludere con l’appello di un Salesiano intervistato: «Ti mandano
al corso, ma poi finisce lì. Spesso il formatore che non viene poi coin-
232
volto in un processo di cambiamento, una cosa per lui significativa, si arricchisce
personalmente ma non ha ricaduta sul centro».
6. LE PROPOSTE DEI FOCUS GROUP
La maggioranza dei suggerimenti si concentra sui contenuti e le tipologie di
competenze su cui la Formazione in servizio dovrebbe concentrare maggiormente
le sue offerte.
Iniziamo con le proposte che si riferiscono all’allargamento del ventaglio delle
conoscenze degli operatori. Nulla o quasi è suggerito a proposito delle discipline
tradizionali delle aree scientifica, professionale e delle scienze umane tranne che:
per un accenno alla Formazione in servizio nelle materie scientifiche che non si
deve limitare ai contenuti, ma fornire le competenze operative per insegnarle in
maniera efficace; per alcune indicazioni più consistenti riguardo alle lingue rispetto
alle quali bisognerebbe preparare i formatori a leggere i manuali in inglese e a insegnare
una disciplina linguistica in una lingua straniera secondo la metodologia
“clil” (content and language integrated learning). Probabilmente la scarsità di suggerimenti
in questo ambito dipende dall’abbondanza di corsi di aggiornamento
nelle aree appena citate.
Un gruppo consistente di proposte riguarda il potenziamento della preparazione
in tema di pedagogia salesiana. Le ragioni sono varie: «ritengo che Don
Bosco abbia avuto delle intuizioni formidabili»; tra il personale il numero dei salesiani
è molto diminuito e non infrequentemente i Centri non dispongono neppure di
uno di essi; gli attuali formatori spesso mancano di una esperienza precedente dell’ambiente
salesiano; la pedagogia salesiana può fornire indicazioni utili per trattare
in maniera efficace con allievi «che hanno avuto degli insuccessi e rientrano
in formazione dopo aver preso delle bastonate». A parere dei partecipanti ai focus
la formazione alla pedagogia salesiana deve essere calata nell’attualità e bisogna
evitare che si ripetano per anni i medesimi cliché tradizionali e ormai sorpassati.
Un certo numero di partecipanti ai focus propone lo sviluppo di iniziative di
Formazione in servizio su tematiche come la salute (in particolare la prevenzione
dall’abuso delle droghe), il benessere, l’ecologia e la sicurezza. Sono tutti argomenti
di particolare rilevanza per la IeFP, che coinvolgono tutti gli allievi in prima
persona e che finora non sarebbero stati offerti in misura corrispondente alla loro
importanza.
Un altro gruppo di proposte mira a rafforzare e ad ampliare le competenze didattiche,
gestionali e organizzative degli operatori del CNOS-FAP.
Anzitutto, va registrata la domanda di potenziare l’offerta di Formazione in
servizio per preparare figure di sistema quali orientatori, tutor, responsabili DSA
(disturbi specifici di apprendimento), DF (diagnosi funzionale) e BES (bisogni
educativi speciali). La richiesta riguarda in primo luogo tutta l’area del disagio che
233
trova nella IeFP un’accoglienza non solo ampia e pronta, ma anche particolarmente
efficace nella gran parte dei casi, ma che la si vorrebbe sempre tale.
Nella stessa linea si colloca la proposta di sviluppare i corsi per la gestione
d’aula in modo da realizzare una IeFP sempre più inclusiva. La preoccupazione
principale è quella di venire incontro ai bisogni dei ragazzi difficili e problematici
che «sono sempre di più ognuno con il suo disagio diverso» da quello degli altri.
Tenuto conto del clima generale che caratterizza in questo momento il sistema
educativo di istruzione e di formazione e il dibattito su “La buona Scuola” del governo
Renzi4, non poteva mancare la richiesta di potenziare l’offerta di aggiornamento
a proposito della valutazione. La prima preoccupazione è certamente quella
di acquisire le competenze per una valutazione efficace degli allievi, ma non solo,
in quanto l’esigenza si estende anche alla valutazione dei formatori e dei singoli
Centri.
Si riscontrano operatori che denunciano problemi di vario tipo nel relazionarsi
con le famiglie. Vi sono genitori con i quali i rapporti sono buoni relativamente al
Centro, ma che «ci chiedono un mano per risolvere le difficoltà che incontrano
a casa nella gestione dei loro figli». Poi, si riscontrano anche famiglie che non si
fanno mai vedere nei CFP per tutto il tempo del percorso formativo del figlio,
nono stante che vengano cercate e contattate più volte per telefono. La Formazione
in servizio del CNOS-FAP dovrebbe occuparsi più ampiamente ed efficacemente
anche di questa area.
Un ultimo ambito per il quale sono richiesti interventi di aggiornamento da
parte della Sede Nazionale riguarda i rapporti con le aziende. La domanda è in
questo caso molto specifica. Si tratta di recuperare l’ambiente delle imprese ai valori
della dottrina sociale della Chiesa in un contesto che tende a mettere al centro
il profitto e la competizione e invece dimentica le persone soprattutto gli ultimi e
il valore della solidarietà sociale.
Oltre che dei contenuti e delle competenze, i partecipanti ai focus group si
sono occupati anche di avanzare proposte circa le metodologie che la Sede Nazionale
dovrebbe privilegiare nella Formazione in servizio.
Al primo posto viene indicata una metodologia mista articolata tra aula, formazione
a distanza e autoformazione.
La metodologia d’aula rimane centrale e la ragione va ricercata nella «presenza
in essa del rapporto umano, del gruppo di lavoro, dello scambio e dell’attività
operativa». Metodologia d’aula non significa soltanto lezione frontale, anche
se questa non può mancare (ma potrebbe essere anche svolta on-line), ma i corsi
devono essere interattivi, con molte opportunità di interrelazioni, pratici e di natura
laboratoriale «perché si impara facendo», «stimolanti e accattivanti». Una formula
che può aiutare è quella dei corsi «dove i formatori poi realizzano il materiale didattico
». Qualcuno suggerisce il ricorso a delle testimonianze: queste possono es-
4 Cfr. sopra cap. 1.
234
sere offerte non solo da competenti di livello scientifico elevato, ma anche da colleghi
esperti dello stesso Centro o di altri Centri. Da questo punto di vista possono
essere importanti i richiami alla formazione purché però non tolgano risorse e forze
al Centro che manda i formatori.
Accanto a momenti di incontro fisico e di scambio diretto, dovranno essere
previsti momenti di studio personale e di formazione a distanza. Non si può lasciare
tutto on-line perché il lavoro nei Centri è molto e le scadenze sono tante e
quindi si rischia di iniziare un corso e di non terminarlo più. Può servire per questi
momenti fuori dall’aula la condivisione dei contenuti dei corsi e delle unità didattiche
perché si tratta di vedere realizzati in pratica da colleghi i contenuti che si
sono appresi nelle lezioni frontali. Un supporto significativo per attuare nel Centro
ciò che si è appreso nei corsi può essere offerto da formatori dello stesso CFP che
hanno partecipato alla medesima iniziativa per cui si suggerisce che la partecipazione
alla Formazione in servizio dovrebbe sempre coinvolgere più di un partecipante
per Centro.
Una proposta che viene avanzata ancora sul piano metodologico riguarda la
previsione di un esame finale e di un attestato di qualifica. Infatti, questo potrebbe
dare «più senso a quello che uno fa» e «spingerebbe qualcuno a vivere l’esperienza
del corso in maniera un po’ meno passiva». Qualcuno suggerisce che ci sia una
prova di inizio per verificare il livello di competenza e una finale per valutare gli
obiettivi raggiunti. Al tempo stesso bisogna dosare i contenuti per evitare di voler
affrontare in un corso di 30 ore un argomento di sei mesi. In questi casi non si tratterebbe
più di rilasciare un semplice attestato di frequenza, ma una vera certificazione
di competenza.
Un ultimo gruppo di proposte riguarda i destinatari, cioè i formatori e più in
generale gli operatori.
La prima afferma il primato delle esigenze di questi ultimi, non solo professionali
e di carriera, ma anche umane, purché funzionali alla qualità del servizio. Due
sono gli aspetti su cui si concentrano le indicazioni dei partecipanti ai focus group.
Uno di carattere generale insiste sulla necessità da parte della dirigenza del CNOSFAP
di sviluppare in estensione e in profondità la motivazione alla Formazione in
servizio «perché il formatore non può mai dire di aver finito di imparare» e «perché
con il carico di lavoro che si ha rimane ben poco tempo per l’auto-apprendimento
[...] per cui abbiamo la necessità di essere costantemente formati in modo da poter
offrire un’informazione puntuale». L’altra proposta è molto specifica, ma è opportuno
citarla non solo in quanto riflette in modo chiaro il primato dei bisogni formativi
degli operatori, ma anche per il riferimento a una istanza che è emersa dall’analisi
quantitativa condotta nel capitolo 1 riguardo ai dati dell’archivio, e cioè di una
attenzione particolare alle esigenze specifiche degli amministrativi e che si riscontra
anche in questo capitolo in una sezione precedente.
Una proiezione del primato delle esigenze dei destinatari a livello di tutto il
centro è la proposta che le iniziative di Formazione in servizio siano mirate sui sin-
235
goli CFP. Infatti, «un corso fatto in sede è più comodo, è più fruibile, risparmi sul
tempo e l’organizzazione e lo puoi fare in contemporanea ai corsi e alle normali
attività». Ma la ragione più vera è che la Formazione in servizio ha senso se i suoi
effetti si fanno sentire positivamente in ciascun Centro, nei singoli corsi e su ogni
formatore e allievo; altrimenti, è solo spreco di risorse. Pertanto gli obiettivi a
questo livello vanno identificati nel rinnovamento della IeFP dall’interno e nel miglioramento
della pratica pedagogica. Determinante per il successo della Formazione
in servizio nel singolo CFP è la creazione di un ambiente che stimoli e sostenga
le iniziative di aggiornamento.
237
Conclusioni generali
Guglielmo Malizia - Maria Paola Piccini - Sergio Cicatelli
Giunti al termine di questo studio non possiamo fare a meno di affrontare la
sfida di offrire un panorama sintetico del Rapporto, nonostante le difficoltà che ciò
può comportare perché il compito da svolgere consiste nel riportare ad unità un
complesso di riflessioni vasto e diversificato non solo per gli argomenti trattati ma
anche per le differenti prospettive utilizzate. Le conclusioni riflettono ovviamente
l’impostazione del volume: il primo paragrafo delinea in maniera molto essenziale
il quadro teorico di riferimento; il secondo propone in sintesi i risultati della ricerca
empirica; il terzo è più propositivo e si incentra sulle ipotesi di intervento più importanti
che il Rapporto suggerisce.
1. IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO
Naturalmente non riprenderemo tutta l’analisi, anche se in formato ridotto, delineata
nel capitolo primo, ma ci concentreremo sulla FP in generale e sul CNOSFAP
e non più tanto sul piano evolutivo, quanto soprattutto sull’attualità.
1.1. Gli Anni 2000: il formatore della FP nel quadro delle riforme
Nel primo decennio del 2000 varie indagini dell’ISFOL consentono di delineare
l’evoluzione recente del personale della FP riguardo al numero, al ruolo e
alla formazione (ISFOL, 2009, 2007, 2006, 2005, 2004, 2002; Montedoro, 2006).
Riguardo al numero, dopo l’aumento consistente degli Anni ‘70, il rallentamento
degli Anni ‘80, la riduzione della prima metà del decennio ‘90, nel periodo 1996-
2001 si riscontra una crescita notevole che porta al raddoppio da 25.774 a 52.831
(+102,6%) (ISFOL, 2004; Montedoro, 2006). All’espansione si accompagna una
serie di fenomeni che comportano nuove divisioni intra-professionali e accentuano
quelle già presenti e su cui ci soffermeremo nel prosieguo.
La prima tendenza da segnalare riguarda l’evoluzione del profilo socio-anagrafico
di base del personale della FP (ISFOL, 2007, 2006, 2005, 2004, 2002;
Montedoro, 2006).
Rientra in questo quadro un deciso rallentamento, se non un vero e proprio
mutamento di direzione, del fenomeno dell’invecchiamento dei formatori. Da
questo punto di vista i dati parlano chiaro nel senso che nel 2006 la loro età media
si colloca sui 43 anni e, pertanto, risulta equivalente o di poco più bassa rispetto a
quanto riscontrato nelle precedenti indagini, 43,5 nel 2002 e 43,2 nel 2004 (ISFOL,
238
2007). In altre parole, nel sistema della FP accreditata il ricambio generazionale è
continuato e probabilmente ciò va attribuito all’avvio dell’accreditamento che ha
comportato modalità di selezione e di inclusione di attori e organizzazioni nuove e
tradizionali. Ciò ha contribuito a ridurre, anche se indirettamente, un andamento
che era emerso in maniera preoccupante nel corso degli anni, quello cioè della obsolescenza
delle competenze delle generazioni più anziane del personale, correlato
logicamente con il complicarsi delle problematiche sociali e istituzionali da affrontare
nella FP. Di fatto, l’evoluzione degli ultimi anni pare realizzare in modo naturale
il ricambio generazionale nonostante il mancato avvio di un turn-over pilotato.
Un’altra tendenza riguarda la composizione di genere del personale della FP.
Infatti, pare che sia in atto una novità veramente storica, quella cioè del sorpasso
delle donne rispetto agli uomini soprattutto tra le nuove leve. Nelle rilevazioni
campionarie effettuate dall’ISFOL, la componente femminile cresce dal 44,6% del
2002, al 48,9% del 2004, al 53,2% del 2006 (ISFOL, 2007).
Passando al quadro delle competenze, incominciamo con la situazione della
formazione di base. Anche da questo punto di vista va registrata una novità storica:
il 60,7% possiede ormai una laurea: ricordiamo che nel 2002 la percentuale era del
36,7% e nel 2004 del 39,9% (ISFOL, 2007). Ovviamente un andamento opposto si
registra tra i diplomati: 56,6%, 54,7% e 35,8% rispettivamente nel 2002, nel 2004 e
nel 2006. A loro volta, i titoli meno qualificati sono ormai divenuti marginali e la
loro consistenza continua a diminuire, passando dal 6,6%, al 6,4%, al 3,5%. In aggiunta,
le formatrici si distinguono per livelli di istruzione più elevati, essendo contemporaneamente
più giovani e rappresentate tra le nuove leve; dal punto di vista
territoriale sono le zone del Centro Italia ad essere più virtuose. Tenuto conto che
l’ultimo anno della rilevazione si caratterizza per la presenza esclusiva di enti accreditati,
trattandosi di una condizione ormai obbligatoria ovunque, si può supporre
che la realizzazione piena del nuovo dispositivo abbia comportato una forte accelerazione
all’elevazione dei titoli dei formatori.
Quanto alla formazione in servizio, la percentuale di quanti hanno partecipato
a iniziative di questo tipo raggiunge la cifra del 60% e i dati medi sulla frequenza
appaiono alquanto alti con 13 corsi quasi per ogni caso analizzato. A sua volta la
quota dei formatori che non hanno usufruito di alcuna esperienza in merito risulta
piuttosto elevata, collocandosi al 40% e soprattutto preoccupa che sia cresciuta dal
2002 quando era il 26,3%. A parziale spiegazione della crescita si può richiamare il
dato relativo all’anzianità professionale che era di 16 anni in media nel 2002 e
2004, mentre nel 2006 scende a 13. Un’altra criticità è riscontrabile anche tra coloro
che hanno partecipato a iniziative di formazione in servizio in quanto il 20%
ha usufruito al massimo di 1 corso ogni 4 anni di servizio e il 30% di 1 ogni 3, per
cui la percentuale di chi ha seguito meno di 1 corso ogni anno di servizio raggiunge
la cifra del 62,7% ed è di conseguenza maggioritaria. Se i dati si disaggregano per
zone geografiche, la situazione appare migliore nel Nord e ciò in controtendenza
con la formazione di base. Emergono pertanto due modelli di competenza che si di-
239
stinguono su base territoriale nel senso che le Regioni settentrionali tendono a valorizzare
le competenze specialistiche ed esperienziali, mentre nelle altre risultano
meglio ripartite quelle di base. Inoltre, con riferimento alla composizione di genere,
il capitale di competenze delle formatrici appare più equilibrato perché alla condizione
migliore riscontrata nella formazione di base se ne accompagna una equivalente
riguardo alla formazione in servizio.
Un’ultima considerazione va riservata alla figura di formatore verso la quale la
FP, e più in particolare la IeFP, si sta muovendo in questo inizio del 2000 (Malizia,
Nanni e Tonini, 2012; Malizia, Nicoli e Clementini, 2008; Nicoli, 2007, 2009,
2011abc e 2014). Per delinearla bisogna partire dalle mete e dagli standard che regolano
il sistema di offerta sotto forma di saperi e competenze, articolati in abilità/
capacità e conoscenze. Tali mete e standard, in quanto livelli essenziali delle
prestazioni, mirano alla riconoscibilità e comparabilità degli apprendimenti a garanzia
degli utenti e degli altri soggetti coinvolti. Essi costituiscono il parametro di
riferimento per la valutazione degli apprendimenti dei destinatari.
La competenza non è un fenomeno assimilabile al saper fare, ma un modo di
essere della persona che ne valorizza tutte le potenzialità. Lavorare per competenze
significa favorire la maturazione negli allievi della consapevolezza dei propri talenti,
di un rapporto positivo con la realtà sostenuto da curiosità e volontà, in grado
di riconoscere le criticità e le opportunità che si presentano, in modo che possano
essere capaci di assumere responsabilità autonome nella prospettiva del servizio inteso
come contributo al bene comune.
L’elemento centrale di una formazione per competenze è costituito dalla possibilità
di privilegiare l’azione, significativa ed utile, in quanto situazione di apprendimento
reale ed attivo che consente di porre il soggetto che apprende in relazione
“vitale” con l’oggetto culturale da conoscere. Il discente è collocato in tal modo
nella condizione di fare un’esperienza culturale che ne mobilita le capacità e ne
sollecita le potenzialità positive. Il sapere si mostra a lui come un oggetto sensibile,
una realtà ad un tempo simbolica, affettiva, implicativa, pratica ed esplicativa.
Il formatore diventa, nel procedere secondo questo metodo, oltre che un
esperto di una particolare area disciplinare, anche il “mediatore” di un sapere che
“prende vita” nel rapporto con la realtà, come risorsa per risolvere problemi ed in
definitiva per vivere bene. Ciò comporta, in corrispondenza dei momenti cruciali
del percorso formativo, la scelta di occasioni e di compiti che consentano all’allievo
di fare la scoperta personale del sapere, di rapportarsi ad esso con uno spirito
amichevole e curioso, di condividere con gli altri questa esperienza, di acquisire un
sapere effettivamente personale.
La metodologia propria dei percorsi di IeFP, nella logica della formazione efficace,
mira a selezionare le conoscenze e le competenze chiave irrinunciabili, a disegnare
situazioni di apprendimento per laboratori nei quali svolgere esperienze che
permettano agli allievi di entrare in rapporto diretto con la conoscenza sotto forma
di procedimenti di scoperta e di ricostruzione dell’oggetto così da condurre ad una
240
acquisizione autenticamente personale. Ciò consente di mettere in moto un processo
di apprendimento attivo, quindi motivante e finalizzato, così da consentire
una valutazione più autentica.
Le risorse umane impegnate nelle attività formative devono a loro volta essere
caratterizzate da una piena visione professionale fondata sulla libertà di insegnamento,
non a carattere prestativo ma tesa ad una formazione efficace. Entro questo
quadro, i docenti risultano in grado di operare nella logica del lavoro d’équipe al
fine di condividere il progetto formativo e svolgere le attività collegiali di supporto,
gestire relazioni educative con i destinatari, programmare, realizzare e valutare
occasioni di apprendimento attive ed efficaci all’interno di un particolare ambito
del sapere, coordinare e collaborare entro attività a carattere interdisciplinare, impegnarsi
all’esterno negli ambienti di apprendimento reali.
Questa impostazione richiede il coinvolgimento di una pluralità di figure professionali
e necessita di una figura forte di coordinatore dell’équipe. Ciò implica un
esplicito riconoscimento giuridico delle specificità professionali e la definizione di
un adeguato organico di Centro, che consenta di differenziare l’offerta formativa
sia in termini di tipologie di insegnamenti, sia di orari e funzioni.
1.2. L’evoluzione nel CNOS-FAP
Completiamo la trattazione sulla FP, richiamando la situazione nella Fede -
razione CNOS-FAP che costituisce il quadro di riferimento e l’oggetto di questo
studio.
1.2.1. Una crescita quantitativa tendenziale
Nei primi quindici anni di vita della Federazione (1977-78/1991-92) l’aumento
del sistema di FP del CNOS-FAP con qualche eccezione è stato in generale costante,
ma al tempo stesso è rimasto entro limiti contenuti: infatti, si è restati in una fascia
compresa tra il 10 e il 30% (cfr. Tav. 1) (Malizia e Tonini, 2012). Sono stati i corsi
ad espandersi maggiormente, del 29,9%, passando da 411 a 534 e facendo quindi
registrare una crescita in valori assoluti di 123. Anche i formatori registrano un
andamento in costante aumento (+161 in valori assoluti), anche se percentualmente
più contenuto dei corsi (+22,6%). Gli allievi presentano una battuta di arresto tra il
1981-82 e il 1986-87 nel senso che si riscontra una crescita zero (numeri indici
104,8 e 104,7 rispettivamente); comunque, nei quindici anni l’aumento è di 1.816,
pari al 20,3% in percentuale. A loro volta, i Centri sono in crescita, anche se solo di
tre, da 36 a 39, dopo aver registrato nel 1986-87 un aumento di 6.
Il primo balzo in avanti si realizza nel 1996-97 con gli allievi che crescono
della metà (+53% o +4.375 soggetti) rispetto all’anno di fondazione della Federazione;
tra il 1996-97 e il 2001-02 continua l’espansione di un altro 50% per cui al
termine dei 25 anni gli iscritti risultano più che raddoppiati (+106,3% o +9.498)
(cfr. Tav. 1). L’aumento è ancora maggiore nei corsi che tra il 1977-78 e il 2001-02
241
sono quasi triplicati, essendo saliti da 411 a 1.125 (+714). Nel 1996-97 i Centri
ritornano sui valori del 1986-87, 42 unità e nel 2001-02 si attestano su 54 con un
salto del 50% (+18) rispetto agli inizi. In questo secondo periodo (1991-92/2001-
02), l’andamento dei formatori è al contrario molto contenuto e tra il 1991-92 e
il 1996-97 la crescita è pressoché zero, anche se poi nel quinquennio successivo
l’aumento supera il 40% e nei 25 anni si colloca al 64,8%, pari a 463.
Tav. 1 – Evoluzione del sistema di FP del CNOS-FAP (anni scelti: in VA e IND)
Legenda: VA=Valori Assoluti; IND=Numeri Indici
Fonte: Rielaborazione su dati CNOS-FAP
Nel 2001-02 oltre la metà degli allievi della Federazione (53,5%) frequentano
corsi che in base alla terminologia della riforma Moratti possiamo chiamare di
secondo ciclo: specificamente, più di un terzo (36,3%) è iscritto alla formazione
iniziale, il 10,7% ai corsi dell’obbligo scolastico in integrazione con la scuola e
il 5,4% a corsi in integrazione con la media superiore. Un 10% quasi (8,8%) è collocato
nella formazione superiore: il 7,8% nel post-diploma e l’1% negli IFTS. Il
35,8% è impegnato nella formazione sul lavoro: apprendistato (13,9%) e formazione
continua di occupati e disoccupati. Gli allievi delle fasce deboli sono 343,
pari al 2% circa. In sintesi, intorno agli Anni 2000, si può dire che i CFP del
CNOS-FAP siano diventati polifunzionali, presentino cioè un’offerta formativa
molteplice, e al tempo stesso abbiano conservato la loro tradizionale attenzione alla
fascia 14-18 anni.
L’anno formativo 2003-04 è l’anno dell’inizio della sperimentazione dei percorsi
formativi triennali in tutte le Regioni. La Federazione CNOS-FAP, in quell’anno,
segna un’ulteriore crescita soprattutto nella Formazione Professionale Iniziale realizzando
1.300 corsi di cui quasi 600 nella FPI e servendo 21.561 allievi di cui oltre
6.000 in età tra i 14 e i 18 anni. Un’ulteriore crescita si registra nell’anno formativo
2005-06, l’anno della massima espansione. I corsi formativi realizzati sono stati
1.503 di cui 713 nella FPI e 20.409 allievi di cui quasi 14mila in età tra i 14 e i 18
anni. All’aumento delle attività è corrisposta anche la crescita delle sedi che erano 60
nell’anno formativo 2003-04 e 61 nell’anno 2005-06. Scelte politiche regionali restrittive
hanno avuto riflessi consistenti anche sulle attività della Federazione CNOSFAP,
determinando la chiusura di molte sedi operative e la contrazione delle attività
in varie Regioni quali la Sardegna, l’Abruzzo e la Calabria. Sulla base dell’ultima rilevazione,
anno 2013-14 (CNOS-FAP, 2013), in 64 CFP la Federazione CNOS-FAP
svolge 1.678 corsi di cui 746 nella FPI, coinvolge 25.374 allievi di cui 14.295 in età
Sistema di FP
del CNOS-FAP
1977-78 1981-82 1986-87 1991-92 1996-97 2001-02
VA IND. VA IND. VA IND. VA IND. VA IND. VA IND.
Centri 36 100,0 40 111,1 42 116,7 39 108,3 42 116,7 54 150,0
Corsi 411 100,0 448 109,0 477 116,1 534 129,9 698 169,8 1.125 273,7
Allievi 8.937 100,0 9.365 104,8 9.354 104,7 10.753 120,3 13.672 153,0 18.435 206,3
Formatori 714 100,0 777 108,8 827 115,8 875 122,6 880 123,2 1.177 164,8
242
tra i 14 e i 18 anni, 1.437 operatori1, di cui 1.262 a tempo indeterminato: nel periodo
considerato è evidente la notevole crescita che si è registrata (cfr. Tav. 2).
Tav. 2 – Il sistema di FP del CNOS-FAP nel 2012-13 a confronto con il 2001-02 (inVA e IND)
Legenda: VA=Valori Assoluti; IND=Numeri Indici; *Escluse le sedi regionale e nazionale; **Incluse le sedi regionale e
nazionale
Fonte: Rielaborazione su dati CNOS-FAP
1.2.2. L’aggiornamento del CFP polifunzionale
All’inizio del 1999, la Sede Nazionale CNOS-FAP ha affidato all’Istituto di
Sociologia FSE-UPS la realizzazione di un’indagine mirata alla rilevazione di elementi
della situazione dei Centri della Federazione in riferimento ai requisiti
richiesti dal regolamento attuativo della legge 196/97, art. 17, e in vista della individuazione
di indicatori di qualità per un CFP polifunzionale (Malizia e Pieroni,
1999; Malizia e Tonini, 2012). La Federazione avvertiva infatti l’esigenza di individuare
nuove forme di aiuto e di supporto soprattutto al direttore e alle figure di staff
presenti nei CFP o nella Sede Regionale (impegnate in attività di orientamento,
coordinamento, analisi, progettazione e valutazione dei fabbisogni), essendo questi
i ruoli più coinvolti nel processo di cambiamento/rinnovamento. Più in particolare,
avendo presente un modello organizzativo di CFP dinamico, orientato al sistema
qualità e rispondente alla logica dell’accreditamento, si intendeva elaborare, con la
collaborazione di un gruppo di esperti, un progetto di fattibilità inteso a predisporre
un processo permanente di monitoraggio e valutazione delle attività della FP
CNOS-FAP.
Dall’indagine emergeva che se molto è stato attuato in questi ultimi anni e la
meta della polifunzionalità si è rivelata una realtà per molti Centri, la fase di completamento
di certi obiettivi richiedeva ancora ulteriori sforzi e nuove strategie
d’intervento. Pertanto, stando ai risultati ottenuti attraverso il rilevamento, si suggerivano
i seguenti passi da intraprendere, ai fini di una più completa realizzazione
del modello CNOS-FAP di CFP polifunzionale.
1. Una prima proposta riguardava il conseguimento della “certificazione” del
“sistema qualità”, con tutti i requisiti che tale obiettivo comporta.
Sistema di FP del
CNOS-FAP
2001-02 2013-14
VA IND. VA. IND.
Centri 54 100.0 64 118.5
Corsi 1.125 100.0 1.678 149.2
Allievi 18.435 100.0 25.374 137.6
Operatori 1.601* 100.0 1.437** Non paragonabili
1 Negli ultimi anni le statistiche del CNOS-FAP forniscono dati non più sui formatori, ma sugli
operatori: questa è una delle ragioni che ha spinto la Sede Nazionale a promuovere la realizzazione
della presente ricerca.
243
2. Andava poi indubbiamente prevista l’introduzione di nuove figure: oltre a
quelle che già esistevano nella maggior parte dei Centri, (meglio ancora se
come figure di sistema nello staff) e più specificamente: il responsabile dei
servizi di sicurezza ed il responsabile della qualità; non ci si nascondeva però
che sarebbero state sempre più richieste in un immediato futuro anche quella
del responsabile delle reti informatiche e del coordinatore delle attività di integrazione
(in vista di una FP indirizzata a vantaggio delle fasce deboli, sempre
più ampie ed attuali in una società in rapida trasformazione tecnologica), coerentemente
anche all’esigenza (avvertita in oltre la metà dei Centri e sperimentata
in una parte degli stessi) di potenziare l’orientamento e le azioni formative
a favore di questi soggetti.
3. Un altro passo da compiere in tempi brevi era quello di una sempre più decisa
apertura del CFP al territorio così da assumere una piena posizione di collaborazione,
concertazione, integrazione con le varie realtà di riferimento.
4. Bisognava anche continuare, come era stato fatto egregiamente fino a quel momento,
nell’organizzazione di corsi di formazione per i formatori nelle due
principali direttrici:
– corsi per tutti, mirati cioè al costante aggiornamento della formazione delle
varie figure di formatori;
– corsi “ad hoc” per la preparazione di figure specialistiche, con particolare
riferimento a quelle da introdurre ex-novo.
5. Si suggeriva pure di effettuare un costante monitoraggio sulla “qualità” della
formazione erogata nei CFP della Federazione, sulla base di un modello aggiornato
di CFP polifunzionale e di standard minimi di qualità e nel rispetto
della giusta autonomia di ogni centro.
6. Un altro passo consisteva nel creare una rete informatizzata, in grado di collegare
tutti i centri, così da realizzare un’informazione in tempo reale su problematiche
emergenti e da socializzare innovazioni e sperimentazioni in atto.
7. Infine, si trattava di ampliare e/o rendere accessibile al maggior numero possibile
di centri la partecipazione a progetti/programmi multiregionali e transnazionali.
Sulla base dei risultati di questa ricerca la Federazione ha ritenuto opportuno
orientare lo sforzo di rinnovamento soprattutto in tre direzioni: il potenziamento
della formazione dei formatori, l’attuazione dell’obbligo formativo e del dirittodovere
all’istruzione e formazione e la realizzazione di un modello organizzativo di
qualità. Ovviamente, qui richiamiamo solo le indicazioni che riguardano la prima
che è l’oggetto di questo studio.
1.2.3. Il potenziamento della formazione dei formatori
Anche in questo caso si è partiti con una ricerca che è stata realizzata dalla
Sede Nazionale del CNOS-FAP nel gennaio-giugno 2000 con lo scopo sia di approfondire
la conoscenza della situazione della formazione del personale del CNOSLaFORMAZIONE_
244
FAP, sia di elaborare la proposta di un sistema di qualità per una preparazione più
adeguata degli operatori, sia di predisporre un’ipotesi di standard per i formatori
(Malizia, Pieroni e Salatin, 2001). L’indagine evidenziava un posizionamento professionale
medio più che buono degli operatori CNOS-FAP (in rapporto ad altri
Enti italiani), ma segnalava più o meno indirettamente alcune criticità del sistema
organizzativo:
– una situazione con significative eterogeneità tra gli operatori, sia a livello di
percezione che di situazioni professionali (es. tra Nord e Sud, tra generazioni e
tra salesiani e non salesiani);
– un sistema ancora non adeguatamente orientato all’utenza e al territorio: abituato
ad aspettare gli utenti più che ad andare verso di loro (forse perché non
aveva mai avuto gravi problemi di domanda e di risorse), non particolarmente
preoccupato di ascoltare (non a caso risultano sottodimensionate le competenze
marketing e valutazione);
– un sistema non molto aperto e tendenzialmente autoreferenziale, che collaborava
ancora poco con altri soggetti del territorio; ciò poteva essere un limite
nella prospettiva del “fare rete”;
– unsistema non adeguatamente differenziato nei suoi servizi e funzioni: molto
focalizzato sulla erogazione formativa tradizionale con ancora debole presenza
di altri servizi (orientamento, accompagnamento, counselling, ...) e un po’ indietro
sulle nuove tecnologie didattiche e sulla FAD.
Circa il dispositivo formativo proposto, sono condivisibili le indicazioni della
ricerca con un impianto flessibile basato su:
– formazione d’ingresso: corso formatori (master di primo ciclo o di secondo
ciclo per i livelli più alti);
– formazione in servizio: interventi ricorrenti con attenzione all’identità dell’Ente
e alla formazione comportamentale (in presenza); sviluppo delle formule
a distanza (moduli FAD) e degli stage all’estero.
I dati della ricerca non vanno letti solo in sé, ma anche in rapporto ai trend osservabili
a livello nazionale. A questo livello e in particolare in rapporto allo scenario
dell’accreditamento degli operatori:
– il livello generale degli operatori appariva in grado di reggere la copertura
delle funzioni previste e dei relativi standard (c’era anche di più rispetto agli
standard minimi);
– si riscontravano segnali incoraggianti di apertura all’innovazione, visto il rilievo
dato all’analisi della nuova domanda di formazione;
– il modello organizzativo poteva reggere un orientamento alla qualità senza
enormi rivoluzioni;
– era possibile rilevare inoltre una complementarità tra il rilievo delle competenze
“salesiane” (sistema preventivo, carisma pedagogico...) collegate alla
mission e le competenze professionali richieste.
245
Sulla base di questi dati è stato elaborato un piano con una prospettiva poliennale.
Esso si inseriva nella missione di servizio della Federazione CNOS-FAP Nazionale
alle sedi locali e doveva integrarsi agli eventuali piani formativi di CFP, ai
piani formativi regionali e ai piani formativi individuali, anche in funzione della
implementazione delle nuove normative in materia di formazione continua e dello
sviluppo della contrattazione collettiva di comparto.
Dal punto di vista degli obiettivi, il piano aveva carattere strategico e si proponeva
di sistematizzare un dispositivo di formazione iniziale degli operatori, in
grado di equilibrare le componenti valoriali e professionali, di fornire le linee guida
per il consolidamento di un dispositivo di formazione permanente in servizio, compatibile
e coerente con i processi di accreditamento interno ed esterno in atto e fornire
delle proposte di percorsi per l’acquisizione e/o lo sviluppo delle competenze
individuate come più necessarie dalla ricerca e/o segnalate dai responsabili dell’Ente.
Il piano assumeva come criteri di base metodologici la distinzione tra la formazione
di ingresso e quella in servizio, di base e specialistica, il principio di interazione
tra formazione e attività professionale e la pluralità dei modi di formazione
(in presenza e non). Esso muoveva inoltre dalla consapevolezza della triplice articolazione
degli interventi a livello nazionale, regionale e locale, pur sviluppando
solo le proposte relative al livello nazionale.
Per facilitare la traduzione operativa del piano, si è ritenuto opportuno predisporre
un catalogo (cfr. per esempio CNOS-FAP, 2013) che contenesse un’offerta
formativa permanente e sistematica per gli operatori, basata sulle buone prassi in
atto presso le singole sedi. Più specificamente esso è finalizzato ai seguenti obiettivi:
– “sistematizzare la formazione iniziale degli operatori, in modo da equilibrare
le componenti valoriali e professionali, soprattutto attraverso la proposta di
moduli ‘comportamentali’;
– fornire le linee guida per il consolidamento della formazione permanente in
servizio, compatibile e coerente con i processi di accreditamento interno ed
esterno in atto;
– fornire delle proposte di percorsi per l’acquisizione e/o lo sviluppo delle competenze
più necessarie individuate dalla ricerca e/o segnalate dai responsabili
dell’Ente;
– mettere a sistema la formazione in atto e quella in fase di progettazione e facilitare
l’accesso alle informazioni disponibili per quanto riguarda le opportunità
di crescita professionale” (CNOS-FAP e Cepof, 2003, 8).
Sulla base di queste indicazioni, la formazione dei formatori sembra aver raggiunto
una metodologia ed una strutturazione sufficientemente stabili. Vengono
proposte attività corsuali residenziali nazionali legate soprattutto alla crescita dei
settori professionali, attività residenziali locali connesse in particolare ai bisogni
delle varie Delegazioni regionali, attività di formazione per il personale direttivo,
246
attività di formazione a distanza per tutti gli operatori. Il catalogo, nella sua globalità,
copre tutti i settori, dall’area pedagogico-salesiana, a quella della dottrina sociale
della Chiesa, a quella metodologico-didattica, a quella tecnologica.
2. L’INDAGINE SUL CAMPO
Prima di illustrare i risultati della ricerca, è bene richiamare in sintesi le ragioni,
gli obiettivi e il disegno di analisi.
Se gli allievi sono i destinatari principali dell’attività educativa dei CFP del
CNOS-FAP, il motore dei relativi processi va identificato in primo luogo nei formatori.
Negli ultimi anni non sono mancate indagini sui giovani che frequentano i
Centri di Formazione Professionale, come per esempio quella annuale sul loro successo
nella IeFP (Malizia e Pieroni, 2913a e b: Marchioro, 2014; Malizia e Gentile,
2015) o quella del 2013 sui rapporti tra allievi, CFP e famiglia (Orlando, 2014)2,
mentre l’ultima ricerca sui formatori risale a più di dieci anni fa (Malizia, Pieroni e
Salatin, 2001); era perciò necessario e urgente avviare uno studio su di loro, non
tanto su tutti gli aspetti del loro complesso ruolo, quanto su ciò che ne rende possibile
l’esercizio efficace, la formazione specialmente in servizio.
Gli obiettivi sono riassumibili nei seguenti tre:
1. descrivere lo stato dell’arte della formazione dei formatori e, in connessione,
di tutto il personale del CNOS-FAP, senza tralasciare di considerare con attenzione
anche quelli che non partecipano alle offerte di corsi, per determinarne la
consistenza quantitativa, la distribuzione territoriale e per settori, le motivazioni
e i giudizi;
2. valutare l’adeguatezza, l’efficienza e l’efficacia dell’offerta di formazione dei
formatori e, in connessione, di tutto il personale, utilizzando una molteplicità
di referenti come per esempio gli stessi formatori e gli altri operatori, i docenti
dei corsi di aggiornamento, i Direttori dei CFP, i Segretari nazionali dei settori,
i Delegati regionali; questa valutazione dovrebbe mettere in rilievo i punti di
forza (eccellenze) e i punti deboli del sistema di formazione dei formatori
CNOS-FAP;
3. sulla base dei risultati delle analisi quantitative e qualitative e tenendo conto
delle suggestioni dei referenti principali, elaborare una serie di proposte per
correggere le possibili criticità, per adeguare la formazione dei formatori e
degli altri operatori alle attuali esigenze, per introdurre le necessarie innovazioni
e per potenziare l’efficienza e l’efficacia.
Quanto al disegno di analisi, la ricerca ha utilizzato una pluralità di strumenti
in relazione ai diversi referenti. In questa maniera si è pensato di poter assicurare
2 Solo per richiamare le più recenti.
247
un’analisi in profondità e una sufficiente oggettività nelle valutazioni. In particolare
sono stati elaborati i risultati delle schede di gradimento che vengono applicate al
termine di ogni corso. Allo scopo di costruire il database di tutti i frequentanti i
corsi di formazione e di quelli che non hanno mai partecipato, si sono analizzati
l’Archivio dei dipendenti, l’Elenco dei corsi e dei Seminari dei settori professionali.
Inoltre, si sono raccolti mediante un questionario i giudizi di operatori che occupano
indubbiamente un posto centrale dal lato dell’offerta di formazione e cioè, i
Delegati regionali, i Direttori dei Centri e i Segretari nazionali dei settori e delle
aree professionali. Attraverso dei focus group si è realizzato uno studio di casi con
cui si sono raccolte le opinioni delle componenti principali dei CFP.
2.1. La situazione degli operatori del CNOS-FAP
La crescita notevole che ha caratterizzato l’evoluzione del personale della FP
nel periodo 1996-01 sembra che si sia protratta nel CNOS-FAP fino all’anno
formativo 2004-05 (ISFOL 2004: Montedoro, 2006; cfr. Tav. 1, cap. 23): infatti, tra
il 1999-00 e il 2004-05 gli operatori dell’Ente passano da 1179 a 1812, registrando
un incremento di più della metà (53,6%): precisiamo che con la dizione operatori si
intendono tutti i dipendenti con contratto a tempo indeterminato o determinato,
mentre i consulenti sono esclusi dal conteggio. Fra il 2003-04 e il 2006-07 – ma soprattutto
nel biennio 2004-05 e 2005-06 – si registra un vero crollo da 1812 a 1266
con una perdita di oltre 40 punti percentuali (46,3%): questo andamento si spiega
soprattutto come effetto della chiusura dei Centri in Sardegna e in Abruzzo. Nel periodo
successivo (2006-07/2013-14) il numero dei dipendenti senza il personale
delle sedi regionali e nazionali si mantiene sostanzialmente stabile e nell’ultimo
anno formativo chiude in leggera crescita, +8,8% (rispetto al 2006-07); se ci si riferisce
al personale comprensivo delle sedi, l’andamento è molto più piatto, ma termina
con una crescita del +7% (o del +9% qualora si prendano in considerazione i
dati dell’archivio dipendenti alla data del 03.11.144 che però non sono comparabili
con gli altri di cui non conosciamo la data).
Passiamo a considerare brevemente le articolazioni del totale degli operatori in
base alle loro caratteristiche socio-demografiche e a quelle professionali.
Incominciamo con il sesso ed emerge chiaramente la collocazione tradizionale
dell’offerta formativa del CNOS-FAP nell’ambito della preparazione allo svolgimento
dei mestieri tipicamente maschili: infatti, tra gli operatori gli uomini ammontano
ai due terzi circa (65,3%) o a 956 unità, mentre i dati delle donne sono
34,7% e 507 rispettivamente. Questo andamento diverge da quello generale del
personale della FP che ha visto negli ultimi anni le femmine sorpassare i maschi
(53,2% e 46,8%: ISFOL, 2007),
3 Anche le altre tavole di questa sezione si trovano nel cap. 2.
4 Come si è precisato sopra, l’archivio offre soltanto i dati come si trovano al momento dell’accesso
e non quelli diversi di momenti precedenti.
248
Passando all’età, i dati sembrano confermare sostanzialmente per il CNOSFAP
il rallentamento che si è verificato nell’invecchiamento dei formatori nella seconda
metà del precedente decennio (ISFOL, 2007). Infatti, la tavola 5 evidenzia
che il 70% circa (69,0%) degli operatori del nostro Ente si colloca al di sotto dei 50
anni e il 40% quasi (36,3%) ha un’età pari o inferiore ai 40, mentre solo un quarto
(25,8%) si situa tra i 51 e i 60 e appena il 5,1% oltre i 60.
A livello di circoscrizione geografica, gli operatori del CNOS-FAP si distribuiscono
tra una maggioranza relativa nelle Regioni di Nord Ovest (44,2%), più di un
quarto al Nord Est (22,1%) e al Sud (21,6%) e intorno al 10% nel Centro (10,6%)
(cfr. Tav. 8). Rispetto alla distribuzione degli iscritti alla IeFP nei CFP, le percentuali
sono sostanzialmente simili nel Nord Ovest (44,6%) e nel Centro (10,6%),
mentre sono alquanto diverse nel Nord Est (32,4%) e nel Sud (12,4%) con il
CNOS-FAP che risulta meglio rappresentato nel Meridione e meno nel Nord Est:
va tuttavia tenuto presente che il raffronto deve essere preso con molta prudenza
per le considerevoli differenze tra i termini di paragone, non ultima la collocazione
della Sardegna per noi al Centro e per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
al Sud e Isole (2013, p. 32).
Dal punto di vista dello stato ecclesiale, gli operatori si distribuiscono tra il
4,8% (70) di salesiani e il 95,2% (1393) di laici (cfr. Tav. 11). Già alla fine degli
Anni ‘90 il rapporto tra religiosi e laici nei centri della Confap era molto squilibrato
a favore dei secondi (7% e 93% rispettivamente) (CSSC, 1999, p. 322); adesso si è
ancora di più abbassato, almeno nei CFP salesiani.
La percentuale dei laureati (36,9%) tra gli operatori del CNOS-FAP risulta
superiore a un terzo e si avvicina al 40% (cfr. Tav. 13): essa però è notevolmente
inferiore a quella dei formatori della FP, anche se il 60,7% raggiunto in proposito
nel 2006, appare un poco sospetto dato che nel 2004 si era al 39,9% (ISFOL,
2007). I diplomati sono oltre la metà (53,5%) e la loro consistenza si colloca al di
sopra del dato nazionale in misura considerevole (35,8%). Risultano ormai marginali
le quote dei qualificati (4,5%), dei licenziati della media (4,1%) e soprattutto
di quelli delle elementari (0,3%) e l’andamento è in linea con il trend nazionale; i
titoli altri di cui è in possesso lo 0,6% riguardano i master, le scuole di specializzazione
e simili.
Per quanto si riferisce al tipo di contratto, gli operatori del CNOS-FAP si distribuiscono
tra l’87% a tempo indeterminato e il 13% a tempo determinato. Tale
rapporto rispecchia sostanzialmente quello esistente a livello nazionale tra i dipendenti
che nel 2013 era l’86,8% rispetto al 13,2% (Censis, 2014, p. 187).
Passando da ultimo a considerare gli incroci dei profili con le altre variabili
socio-demografiche, va anzitutto evidenziato che essi raggiungono la cifra di 1546
che è superiore a quella degli operatori del CNOS-FAP perché alcuni di questi
svolgono più funzioni (cfr. Tav. 19). La maggioranza assoluta è costituita dai semplici
formatori (807 o 52,2%) a cui si aggiungono quelli che svolgono funzioni intermedie
come i tutor (192 o 12,4%), i coordinatori (110 o 7,1%), gli orientatori
249
(36 o 2,3%) e, per noi, anche i progettisti (18 o 1,2%) e i responsabili dei processi
(27 o 1,7%) che rimangono sostanzialmente dei formatori: in tutto si tratta di 1190
profili (76,9%). L’area funzionale della direzione ne comprende 65 (4,2%) e più
esattamente: 44 direttori di sede operativa (2,8%), 13 (0,8%) direttori di funzione e
8 direttori generali (0,5%). Nell’area funzionale dell’amministrazione i profili ammontano
a 136 (8,8%) e comprendono 87 (5,6%) collaboratori amministrativi e 49
(3,2%) responsabili amministrativo-organizzativi. Da ultimo, l’area funzionale
della segreteria, della logistica e dei servizi di supporto include 155 (10,2%) profili
e più precisamente: 68 (4,4%) operatori tecnici ausiliari, 4 (0,3%) operatori tecnici
della logistica, 69 (4,5%) operatori di segreteria e 14 (0,9%) tecnici dei servizi. Nel
complesso si può dire che l’inquadramento delle funzioni del CNOS-FAP rispetta
la scelta di fondo dell’Ente di dare la priorità alla formazione in confronto ad altre
dimensioni come la direzione, l’organizzazione, l’amministrazione e la logistica; al
tempo stesso vengono assicurati una funzionalità sufficiente della leadership ai vari
livelli e un minimo di struttura gestionale e tecnica.
2.2. La partecipazione alla Formazione in servizio nel CNOS-FAP: dati quantitativi,
qualità e gradimento
La tematica è affrontata da due prospettive: quella quantitativa per la quale ci
serviremo dei dati dell’archivio del CNOS-FAP e quella qualitativa per la quale
attingeremo ai risultati del sondaggio tra i Delegati regionali, i Direttori dei Centri
e i Segretari dei settori professionali e dei focus group dei 12 CFP.
2.2.1. I dati dell’archivio
L’analisi quantitativa sulla formazione in servizio degli operatori del CNOSFAP
è limitata agli anni solari 2012 e 2013 perché solo da poco l’Ente ha iniziato a
raccogliere sistematicamente i relativi dati. Nel periodo considerato si registra una
crescita rispetto al totale sia in valori assoluti da 631 a 677 (+46 o +7,3%) che in
percentuale del totale dal 51,2% al 53,6% (+2,4%) (cfr. Tav. 22, cap. 25). Tale cifra
è leggermente inferiore a quella riscontrata dall’ISFOL su tutto il territorio nazionale
riguardo, però, ai soli formatori, cioè 59,5% (2007).
La partecipazione in base al sesso vede una sovra-rappresentazione dei maschi
e una sotto-rappresentazione delle femmine (cfr. Tav. 22). In ambedue gli anni gli
uomini costituiscono i tre quarti circa del totale e le donne l’altro quarto (75% e
25%; 74,6% e 25,4%, rispettivamente), mentre la proporzione tra gli operatori del
CNOS-FAP è nell’anno formativo 2013-14 di due terzi a un terzo quasi (65,3% e
34,7%), come si è osservato sopra (cfr. Tav. 2).
La partecipazione alla formazione in servizio dei dipendenti del CNOS-FAP in
base all’età registra una sostanziale coincidenza nella distribuzione per coorti nei
5 Questa e le seguenti tavole della presente sezione si trovano nel cap. 2.
250
due anni, 2012 e 2013 (cfr. Tav. 25). Essa si concentra nelle fasce 31-60 anni che
riuniscono il 90% circa di quanti hanno usufruito delle offerte messe a disposizione;
è invece meno comprensibile che la percentuale si collochi oltre il 30% nelle
coorti 31-40 e 41-50, mentre scende sul 25% in quella 51-60 che di per sé ne
avrebbe maggiore bisogno. Correttamente la cifra si abbassa al minimo per i più
giovani (meno 20-30), mentre appare discutibile la partecipazione modesta dei più
anziani (oltre 60).
La frequenza alle attività di formazione in servizio dei dipendenti del CNOSFAP
secondo la circoscrizione geografica evidenzia delle differenze tra i due anni
di riferimento (cfr. Tav. 28). In sintesi, tra il 2012 e il 2013 la percentuale diminuisce
da più di un terzo (34,1%) a oltre un quarto (26%) nel Nord Est e cresce dal
40% quasi (37,9%) al 50% circa (46,1%) nel Nord Ovest, mentre rimane nel complesso
sufficientemente stabile nel Centro (14,6% e 16,1% rispettivamente) e nel
Sud (13,5% e 11,8%). Il confronto con la distribuzione degli operatori del CNOSFAP
al 2013-14 vede una sovra-rappresentazione del Nord Est e del Nord Ovest
(solo nel 2013), una sostanziale stabilità al Centro e una sotto-rappresentazione al
Sud e al Nord Ovest (unicamente nel 2012).
Il rapporto tra salesiani e laici nella partecipazione alla formazione in servizio
registra una presenza molto modesta dei primi rispetto ai secondi: il 3,3% in confronto
al 96,7% nel 2012 e il 3,7% in paragone al 96,7% nel 2013 (cfr. Tav. 31). È
un andamento che riflette, un po’ peggiorata, la situazione a livello di tutti gli operatori:
4,8% e 95,2% nel 2013-14.
La partecipazione alla formazione in servizio per titolo di studio, se confrontata
con la ripartizione degli operatori in base alla medesima variabile nel 2013-14
(cfr. sopra Tav. 13), vede nel 2012 una leggera sovra-rappresentazione di laureati e
di diplomati da una parte e dall’altra una modesta sotto-rappresentazione di licenziati
della media e l’assenza di quelli delle elementari, mentre nel 2013 le due distribuzioni
si avvicinano maggiormente tranne che per l’assenza ancora di licenziati
delle elementari nelle attività di aggiornamento (cfr. Tav. 33).
Se il punto di riferimento è il tipo di contratto, la partecipazione alla formazione
in servizio evidenzia che il totale nei due anni è quasi del tutto costituito da
operatori a tempo indeterminato (96,7% e 95% rispettivamente nel 2012 e nel
2013), mentre quelli a tempo determinato sono una percentuale molto esigua (3,3%
e 5%) (cfr. Tav. 36). Si capisce la remora a non investire su lavoratori che potrebbero
anche lasciare i Centri, o non meritare l’impegno formativo del CNOS-FAP,
ma lo scarto notevole con la distribuzione generale degli operatori per tipo di contratto
(87% e 13% nel 2013-14: cfr. sopra Tav. 16) richiederebbe probabilmente un
riequilibrio tra i due gruppi nella formazione in servizio.
La partecipazione alla formazione in servizio in base al profilo registra: nell’area
funzionale della direzione una leggera sovra-rappresentazione nel 2012
(5,7%) rispetto al 2013 (5,1%), attribuibile alla frequenza dei direttori di funzione e
una altrettanto modesta sovra-rappresentazione di ambedue gli anni rispetto alla
251
percentuale dell’area nel totale degli operatori del CNOS-FAP (4,1%) nel 2013-14,
dovuta soprattutto alla frequenza all’aggiornamento dei direttori di sede operativa;
nell’area funzionale della erogazione, che è la più consistente, collocandosi oltre i
tre quarti, la sovra-rappresentazione, questa volta, del 2013 (91,1%) in confronto al
2012 (85,9%) e di ambedue in paragone al 2013-14 (76,9%), dovuta in particolare
ai formatori e nel caso del confronto con il 2013-14 anche ai tutor; nell’area funzionale
dell’amministrazione, la sotto-rappresentazione sia del 2012 (5,4%) che del
2013 (ancora di più, 2,3%) rispetto al 2013-14 (8,8%), attribuibile soprattutto ai
collaboratori amministrativi; nell’area funzionale della segreteria, della logistica e
dei servizi di supporto, lo stesso andamento, anche più accentuato (2,8%, 1,4% e
10,1% rispettivamente), dovuto principalmente agli operatori di segreteria e agli
operatori tecnici ausiliari (cfr. Tav. 39).
Dopo aver esaminato la partecipazione degli operatori del CNOS-FAP alla formazione
in servizio in base alle loro caratteristiche socio-demografiche, passiamo ad
un’analisi secondo il tipo delle attività offerte dalla Sede Nazionale dell’Ente. Anzitutto,
va evidenziato che il totale di quanti hanno frequentato i vari tipi di offerta è
superiore a quello degli operatori che vi hanno partecipato perché alcuni di questi
hanno preso parte a più di un tipo e precisamente 887 rispetto a 631 nel 2012 e 924
in paragone a 677 nel 2013 e la differenza è di circa il 40% (40,6% nel primo caso e
36,5% nel secondo), un primo segnale del successo delle iniziative in generale (cfr.
Tav. 42). Nella stessa direzione sembra andare anche il dato della crescita che si registra
tra i due anni che è in valore assoluti di 37 presenze in più o del 4,2% in percentuale.
La distribuzione della frequenza tra le varie attività registra una sostanziale
convergenza tra i due anni: la maggioranza assoluta va ai corsi regionali (che corrispondono
alla dizione di corsi residenziali regionali/locali, utilizzata nel questionario
dei Delegati, Direttori e Segretari dei Settori) che nel biennio crescono leggermente
dal 50,2% o 327 nel 2012 al 53,5% o 494; intorno a un quarto/un quinto si collocano
i corsi nazionali (che corrispondono alla dizione corsi residenziali nazionali – area
delle competenze tecnico-professionali e corsi residenziali nazionali – area delle
competenze di base e che sono sostanzialmente stabili a livello percentuale, 23,4% o
208 e 23,9% o 221) e i seminari dei settori professionali (che corrispondono alla dizione
seminari tecnici per i formatori del questionario dei Delegati, Direttori e Segretari
dei Settori) che segnano una leggera diminuzione percentuale e in valori assoluti
dal 19,7% o 175, al 17,7% o 164); le altre tre offerte si collocano al disotto del 5%
(i seminari per il personale direttivo che restano stabili a livello percentuale, 4,1% o
36, e 4,1% o 38; i seminari tematici legati ad eventi esterni che diminuiscono in percentuale
e in valori assoluti dal 2,1% o 19, allo 0,5% o 5; i corsi FAD che scendono
in percentuale e in valori assoluti, ambedue minimi, dallo 0,5% o 4, allo 0,2% o 2).
A un primo esame, si può dire che l’ossatura della formazione in servizio del
CNOS-FAP è costituita primariamente dai corsi regionali e poi da quelli nazionali e
dai seminari dei settori; preoccupa la presenza totalmente marginale della FAD in
un mondo dominato dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
252
2.2.2. La prospettiva di referenti significativi sulla qualità della partecipazione
Se si passa dalla quantità alla qualità della partecipazione, vanno richiamate
anzitutto le valutazioni in proposito dei partecipanti ai focus group.
Da un punto di vista complessivo, i corsi di formazione appaiono come un’esperienza
importante e ricorrente nella vita dei formatori e sono percepiti come un
appuntamento qualificante, sia per la sistematicità del loro svolgimento, sia per
i risultati attesi e raggiunti.
Per quanto riguarda i soggetti coinvolti, in genere sembra di poter dire che
l’offerta di corsi riesca a raggiungere un po’ tutto il personale e che rimanga fuori
solo chi proprio non vuole lasciarsi coinvolgere.
La maggior parte degli intervistati è decisamente soddisfatta di questa esperienza,
anche perché con l’andare del tempo, una volta sperimentata l’opportunità
formativa, si partecipa volentieri e si vorrebbero avere ancora più occasioni di formazione.
Nonostante il dato positivo sia il più frequente, sia quantitativamente che qualitativamente,
rimane l’impressione di una partecipazione piuttosto disuguale: da
una parte qualcuno rimane un po’ isolato e non vuole o non riesce a partecipare;
dall’altra si nota un atteggiamento di sufficienza per cui i corsi sono frequentati più
per dovere che per piacere o per interesse personale, salvo poi ricredersi a cose
fatte.
Sui corsi organizzati in modalità FAD il giudizio degli intervistati è pressoché
unanimemente negativo: sono poco funzionali, di fatto inutili; qualcuno addirittura
non ricorda nemmeno l’argomento del corso scelto e in genere parzialmente frequentato;
la frequenza è piuttosto distratta e la qualità dei materiali formativi sembra
essere talvolta scadente.
Per rimanere all’interno degli strumenti di comunicazione a distanza, un po’
diverso è il giudizio sulla Newsletter CNOS, che è invece ritenuta utile, anche se
talvolta contiene troppe informazioni e finisce per essere consultata superficialmente
(si segnalano parecchi disguidi nella ricezione per posta elettronica). I più
attenti utilizzano anche la rivista cartacea Rassegna CNOS, alla quale viene riconosciuto
un alto livello di qualità, anche se pochi la usano come materiale di studio e
aggiornamento.
I corsi regionali in genere sono dedicati ad argomenti di più immediata spendibilità
nell’area professionale, mentre quelli di livello nazionale trattano tematiche
più trasversali e generiche. I primi sono forse più apprezzati e partecipati in quanto
rispondono ad esigenze immediate di aggiornamento ed offrono una facile trasferibilità
dei contenuti appresi nella quotidiana attività d’aula.
I corsi nazionali sono in genere considerati di maggior valore, sia per l’impegno
che richiedono, sia per il numero ristretto di partecipanti ammessi. I corsi
di cultura generale o di formazione pedagogica hanno inevitabilmente una ricaduta
a più lunga distanza e talvolta se ne scopre la validità e la stessa utilità solo a posteriori.
253
Sul piano della socializzazione, i corsi nazionali sono ovviamente quelli che
offrono maggiori occasioni di incontro e di scambio e sono quindi apprezzati anche
per la rete di relazioni che consentono di stabilire o di rafforzare. I corsi regionali
rispondono di più a esigenze pratiche locali e di aggiornamento tecnico, consentono
l’incontro di operatori che probabilmente già si conoscono e sembrano essere
più concentrati sul compito.
Se si fa riferimento ai destinatari, i corsi per i direttori sembrano essere quelli
di maggior successo: la partecipazione è ampia e regolare e, nonostante il ricordo
di qualche isolato disguido organizzativo, assicurano una buona socializzazione tra
persone che svolgono la stessa funzione in contesti e condizioni diverse. Spesso
risultano aver partecipato non solo i direttori ma anche i coordinatori.
Tra le categorie coinvolte viene lamentata la apparentemente scarsa attenzione
alle cosiddette figure di sistema, cui si vorrebbe venissero dedicati specifici corsi
almeno ogni certo numero di anni.
I corsi per i formatori sono invece la maggioranza e devono affrontare
un’ampia varietà di argomenti e competenze. Accanto ai corsi di carattere tecnico,
che vengono apprezzati ma limitatamente all’aggiornamento che producono, la
domanda principale che viene dai partecipanti è quella di fornire strumenti per
affrontare le situazioni di emergenza quasi quotidiana che si trovano a vivere con
gli allievi.
I corsi per formatori lasciano spesso fuori gli amministrativi, che trovano soddisfazione
alle loro esigenze solo in corsi specifici.
I corsi sono in genere rivolti al personale in servizio e ciò lascia emergere
come fattore discriminante la durata del contratto di coloro che hanno un rapporto
di lavoro a tempo determinato e che, quindi, possono restare esclusi se il corso
cade in un periodo che non rientra nella vigenza del contratto.
È generalmente apprezzata la possibilità di avere un coinvolgimento nella progettazione
dei corsi, cosa che incide positivamente sui livelli di partecipazione.
Come è ovvio, non è sempre possibile far decidere alla base tutte le tematiche da
affrontare, anche perché occorre mediare tra opinioni ed esigenze diverse, ma
rimane il dato positivo della consultazione allargata. E quanto più è partecipata la
decisione, tanto più è avvertito come un limite il numero ristretto di partecipanti,
che può lasciare fuori qualcuno ancora sinceramente interessato.
Una sintesi di queste posizioni, ma più critica, si può trovare nei risultati del
questionario applicato ai Direttori dei Centri, ai Delegati regionali e ai Segretari nazionali
dei settori e delle aree professionali, che costituiscono l’universo di quanti
svolgono un ruolo di leadership nella organizzazione e nella gestione dell’Ente.
La prima constatazione è che in nessuna delle offerte di Formazione in servizio
promosse dalla Sede Nazionale la qualità della partecipazione viene ritenuta dagli
intervistati molto soddisfacente o quasi.
Tuttavia, la frequenza di un gruppo consistente di iniziative riceve una valutazione
più che abbastanza positiva: si tratta dei corsi residenziali regionali/locali, del
254
contributo dell’apporto tecnologico e formativo delle imprese ai settori/aree, dei seminari
per il personale direttivo, di quelli tecnici per i formatori e dei corsi nazionali
nell’area delle competenze tecnico professionali.
La qualità della partecipazione è considerata abbastanza soddisfacente nel caso
dei corsi residenziali nazionali nell’area delle competenze di base, nei progetti internazionali
e nelle attività formative con Fonder e si avvicina a tale livello nei seminari
tematici legati ad eventi esterni e nei convegni promossi dalla CISI.
La valutazione scende a poco soddisfacente riguardo ai corsi FAD.
Un indicatore significativo dell’utilità delle offerte di Formazione in servizio
promosse dal CNOS-FAP può essere identificato nella valorizzazione che gli operatori
riservano alle risorse messe a disposizione a tale scopo dalla Sede Nazionale;
in particolare, si tratta della Rassegna CNOS, delle Newsletter, delle pubblicazioni/
ricerche, del Sito del CNOS-FAP, della ricerca sul successo formativo degli
allievi del CNOS-FAP e del Concorso nazionale dei capolavori dei settori professionali.
Anche in questo caso la valutazione dei Delegati, dei Direttori e dei Segretari
risulta più critica di quella dei partecipanti ai focus. In sintesi, le risorse messe
a disposizione dalla Sede Nazionale per la Formazione in servizio vengono utilizzate
tra abbastanza e poco oppure poco. La ragione principale di questa situazione
va ricercata in una criticità esterna alle risorse, cioè nella inadeguata socializzazione
all’interno dei CFP. In secondo luogo pesa anche una carenza intrinseca ad
esse e cioè il fatto che non aiutano a risolvere i problemi dei Centri. Al tempo
stesso, va segnalato che in generale non sono eccessivamente teoriche o di livello
troppo elevato se non la Rassegna CNOS e le pubblicazioni/ricerche e, comunque,
non si possono considerare poco aggiornate. La ricerca sul successo formativo e il
Concorso dei capolavori sono le risorse che presentano maggiori forme di valorizzazione
e la Rassegna CNOS e le Newsletter quelle che ne hanno di meno. Il Nord
è più positivo del Centro e del Sud, i laici dei salesiani, i diplomati dei laureati, i
Segretari dei Delegati, i più anziani dei più giovani e i più esperti dei meno.
2.2.3. Il gradimento delle attività di formazione in servizio del CNOS-FAP
Da quando ha ottenuto la certificazione, la Sede Nazionale CNOS-FAP provvede
alla somministrazione di questionari di soddisfazione al termine degli interventi
di Formazione in servizio, al fine di ottenere suggerimenti e indicazioni utili
per le azioni future. I questionari vengono proposti agli operatori a conclusione
delle diverse iniziative (corsi residenziali nazionali e regionali, seminari dei settori
professionali e corsi per il personale direttivo) e, nel caso dei corsi residenziali nazionali
e regionali, dall’anno 2012, una versione modificata del questionario viene
somministrata anche ai docenti responsabili della conduzione delle iniziative
stesse. In estrema sintesi, analizzando i risultati della rilevazione sistematica del
livello di soddisfazione per le attività di Formazione in servizio offerte dal CNOSFAP
ai suoi operatori, si individua una ampia area di soddisfazione, soprattutto per
quanto concerne gli aspetti legati ai principali soggetti coinvolti, ossia la qualità
255
della docenza e il coinvolgimento dei partecipanti, ma anche l’interesse e l’approfondimento
dei temi affrontati. Qualche criticità relativa, anche se in termini
molto contenuti, si riscontra riguardo all’approfondimento dei temi trattati, ai materiali
didattici e alla funzionalità di aule e di luoghi; la Sede Nazionale è già inter -
venuta per ovviare ai primi due problemi, limitando le problematiche da proporre
nelle attività di formazione e impegnandosi a migliorare i materiali messi a dispo -
sizione.
Queste indicazioni sono sostanzialmente coerenti con quanto riscontrato attraverso
il questionario somministrato, a distanza di tempo, a Direttori, Delegati e
Segretari a cui si è accennato sopra. In particolare, nel caso dei rispondenti a quest’ultimo
questionario l’area della soddisfazione ammonta complessivamente
all’89,9% (con un giudizio medio che si colloca fra “abbastanza” e “molto soddisfatto”).
Al tempo stesso va segnalato che la maggioranza assoluta dei giudizi favorevoli
si concentra sulla sufficienza, mentre solo poco più di un terzo dà una valutazione
molto positiva. Pertanto, la Sede Nazionale dovrà impegnarsi nei prossimi
anni a invertire l’attuale rapporto tra abbastanza e molto soddisfacente.
E, nel dettaglio, risultano essere prevalentemente motivo di soddisfazione,
anche in questo caso, aspetti dell’attività formativa, quali la significatività dei contenuti
proposti nelle diverse attività, l’idoneità della docenza, la trasferibilità nei
CFP e il conseguimento degli obiettivi formativi.
2.3. Punti di forza e di debolezza della formazione in servizio del CNOS-FAP
Secondo i partecipanti ai focus group i punti di forza della offerta della Sede
Nazionale del CNOS-FAP possono essere divisi in due categorie: da una parte ci
sono le varie e numerosissime dichiarazioni che insistono sulla dimensione relazionale
e sui contatti umani che accompagnano la frequenza di ogni corso; dall’altra ci
si sofferma sui contenuti dei corsi e anche su alcuni aspetti particolari non facilmente
classificabili in maniera unitaria.
Per quanto riguarda la prima categoria, gli intervistati sono pressoché unanimi
nell’indicare come principale punto di forza l’occasione offerta di confrontarsi di
persona e di scambiarsi esperienze. I corsi di formazione offrono inevitabilmente
l’occasione di: incontrare nuove persone, rivedere vecchi colleghi, stabilire relazioni
interessanti e visitare nuovi luoghi.
Un aspetto decisivo è infine rappresentato dai contenuti dei corsi, in relazione
ai quali i giudizi sono ampiamente positivi. Si va da chi dice che i temi proposti
costituiscono «una carta vincente» a chi giudica i «contenuti veramente di alto
livello». Ma c’è anche chi trova che, al di là delle occasioni di incontro e della validità
formativa per le persone che vi partecipano, la ricaduta è piuttosto scarsa. Rimane
quindi il dubbio se l’offerta di formazione sia correttamente tarata sulle esigenze
dei formatori – e indirettamente degli allievi – o se talvolta si raggiungano
solo obiettivi di buona socializzazione. È probabile che sia oggettivamente difficile
raggiungere una posizione unanime, quanto meno per il numero dei formatori che
256
partecipano ai corsi, ma in genere si ha l’impressione di una diffusa efficacia delle
iniziative formative e che i casi di delusione rimangano un po’ isolati.
Tra i punti di forza sono anche presenti alcuni aspetti particolari che è difficile
raggruppare organicamente. Un primo elemento positivo può essere costituito dalla
metodologia coinvolgente. Dalle parole di alcuni intervistati emerge un particolare
gradimento per corsi di carattere laboratoriale, in cui si sperimenta la possibilità di
mettersi concretamente alla prova in situazioni di lavoro. Un ulteriore motivo di
apprezzamento viene dalla certificazione delle competenze acquisite a fine corso.
Un caratteristico punto di forza è poi costituito dal concorso dei capolavori, un’iniziativa
tipicamente salesiana, che viene giudicata «una bella vetrina per il mondo
CNOS». Non è solo il concorso in sé a valere, quanto «tutto quello che ci sta
dietro», dato che il concorso nazionale mobilita una grande quantità di energie nel
corso dell’intero anno.
Esaurito l’esame dei punti di forza è necessario passare ai punti di debolezza,
cioè ai problemi e alle difficoltà che caratterizzano i corsi, su cui ci soffermeremo
più a lungo per offrire alla Sede nazionale elementi precisi su cui basare il proprio
impegno migliorativo.
Alla dimensione logistico-organizzativa possono riferirsi tutte le critiche mosse
circa le date e i luoghi dei corsi, gli aspetti burocratici, le disfunzioni comunicative,
gli squilibri nella composizione dei gruppi di corsisti, le difficoltà dei CFP a sostituire
i formatori inviati ai corsi. L’aspetto che appare assumere maggiore rilevanza è
la collocazione spazio-temporale dei corsi: ci sono infatti problemi di calendario e di
collocazione geografica, che sono ovvi ma non per questo meno importanti.
Innanzitutto la collocazione temporale costituisce un problema pressoché insolubile,
poiché è osservazione quasi unanime che non si possa trovare il periodo
ideale per svolgere i corsi. Ma si ha l’impressione che l’insolubilità del problema
derivi anche dalla varietà delle persone, che hanno esigenze diverse o vivono in
contesti diversi ed è quindi impossibile riuscire a conciliare tutte le loro pur legittime
pretese. Soprattutto per i corsi di carattere nazionale è inevitabile dover mediare
tra situazioni diversissime e chiedere perciò un minimo di adattamento e sacrificio
ad ognuno.
Se i corsi si svolgono in luglio, alla fine delle lezioni, ci si arriva con la stanchezza
di un intero anno di lavoro, «quando – come dice un formatore – uno è scarico,
soprattutto di forze psicologiche perché ha dato tutto quello che poteva dare».
Inoltre, finito il corso si va in ferie e si rischia di dimenticare buona parte di quello
che si è appreso, quanto meno perché non c’è la possibilità di applicarlo immediatamente.
La collocazione estiva spesso va anche ad interferire con le attività di chiusura
dell’anno, il riordino dei laboratori, le valutazioni, e si rischia di sommare alla fatica
del lavoro di un anno anche l’affanno delle incombenze finali che si sommano.
C’è poi anche il rischio della sovrapposizione con iniziative formative di tipo
diverso, per cui è necessario dover decidere tra più proposte e quindi dover inevitabilmente
rinunciare a qualcosa.
257
A queste difficoltà si aggiungono quelle dei centri che prolungano la loro attività
ordinaria per tutto il mese di luglio e quindi si trovano a non poter mandare
nessun formatore ai corsi. Ricorda infatti un direttore che, come CFP «non riusciamo
a ricalcare quello che è il calendario scolastico tradizionale». Ed è ovvio
che in questa situazione non si può far assentare un formatore (o addirittura più di
uno) per un’intera settimana, quale è la durata dei corsi nazionali.
Se invece i corsi si spostano a settembre, vanno ad interferire con le attività di
inizio anno; si passa dalle ferie al corso e alla normale attività formativa senza soluzione
di continuità e l’affanno che veniva prima denunciato alla fine delle lezioni
si trasferisce all’inizio del nuovo anno, andando a pesare su tutta l’attività didattica.
Se infine i corsi vengono distribuiti durante l’anno c’è il problema della sostituzione
dei partecipanti, con il rischio di bloccare l’ordinaria attività formativa di
un centro, soprattutto se piuttosto piccolo. A giudicare dalla quantità di osservazioni
emerse nei focus group, quello delle sostituzioni sembra essere il problema
principale. Si tratta di una circostanza ovvia, ma non per questo meno complessa,
dato che il personale inviato a frequentare un corso deve per forza essere sostituito
se ci si trova nel mezzo dell’anno formativo. Non c’è solo il sovraccarico di lavoro
per i colleghi che restano in sede; c’è anche il rischio di non poter assicurare il normale
servizio, soprattutto se ci si trova in un CFP di piccole dimensioni. In particolare
il problema si può porre nel caso dei cosiddetti richiami a ottobre: anche se di
solito si tratta solo di un paio di giorni, il problema rimane ed è particolarmente avvertito
perché cade proprio nel mezzo dell’attività formativa.
Più in generale c’è da dire che, al di là dell’esperienza comunque positiva di
muoversi da casa e fare nuovi incontri, per molti la partecipazione a un corso comporta
anche l’assenza dalla famiglia e, come osserva con una certa ironia un coordinatore,
«stiamo diventando tutti un po’ grandi e abbiamo tutti un po’ famiglia; non
è che sia semplice andare via».
Alle difficoltà di collocazione temporale si possono legare anche quelle di collocazione
geografica, dato che anche la sede dei corsi può creare problemi. Da
questo punto di vista, i corsi regionali sono più apprezzati perché consentono di rientrare
a casa in giornata. Quelli nazionali invece implicano necessariamente un
viaggio, che talvolta può essere anche piuttosto lungo. A tale proposito vengono denunciate
quelle che agli occhi di qualcuno appaiono delle incongruenze poco comprensibili.
Possiamo dirlo con le parole di un orientatore: «i corsi sia a Udine che a
Bari li ho trovati tanto fuori mano», soprattutto se poi «a Bari non c’è nessun collega
della Puglia» e quindi si avverte come uno spreco di risorse il trasferimento
forzato (e inutile) di tanti corsisti.
Alla scelta della sede del corso si collegano infatti le spese di trasporto, che
possono incidere notevolmente. Molti ad esempio lamentano le rigide regole di
rimborso, che escludono talvolta di poter viaggiare in aereo anche se il biglietto
aereo spesso è più conveniente di quello ferroviario. Inoltre, le stesse modalità di
rimborso impongono di non acquistare i biglietti on line e di recarsi in stazione,
258
dove qualcuno racconta di non aver più trovato posto dopo aver fatto due ore di
fila. Si tratta di disfunzioni facilmente rimediabili, ma che sono avvertite sicuramente
con fastidio da chi si trova ad esserne vittima. In genere le lamentele parlano
genericamente di un eccesso di burocrazia di fatto legata soprattutto alle procedure
di rimborso delle spese sostenute.
Completa il quadro delle difficoltà organizzative la scarsa o imperfetta comunicazione
che accompagna talvolta la proposta dei corsi. Se l’informazione non circola
in maniera tempestiva ed efficace, è chiaro che si creano problemi. Racconta
un formatore che il direttore di un Centro «aveva 1400 mail da guardare e non le
aveva guardate e non aveva avvertito nessuno». Forse c’è un po’ di esagerazione in
questo episodio, ma l’abitudine ai nuovi strumenti di comunicazione elettronica
può creare talvolta situazioni del genere, per cui è bene utilizzare anche canali alternativi
di comunicazione per essere certi di raggiungere effettivamente tutti i destinatari.
Ancora sul piano organizzativo possono valere le critiche mosse alla composizione
disuguale dei gruppi di corsisti. È ovvio che in un gruppo di apprendimento
omogeneo si può procedere più speditamente, ma spesso, come osserva un formatore,
soprattutto nei corsi di carattere più tecnico, nonostante siano precisati fin dall’inizio
i requisiti di partecipazione, «viene gente che neanche ha letto quei requisiti,
direttori che mandano formatori che non hanno niente a che vedere con quei
requisiti» e allora «succede che il corso va male perché non puoi andare avanti,
perché devi stare appresso a quelli che stanno indietro o che non sanno niente».
Il secondo ampio raggruppamento dei punti di debolezza dei corsi di formazione
è caratterizzato da alcuni limiti progettuali, che possono avere una ricaduta
significativa sulla qualità complessiva degli stessi corsi.
Alcuni aspetti sono già emersi sul piano organizzativo: quando per esempio si
mandano a frequentare un corso formatori con competenze troppo diverse, è chiaro
che si sta minando la riuscita del corso. Più in generale, però, vale qui la classica
alternativa – già vista in altre circostanze – tra corsi teorici e pratici. D’altra parte,
va anche ricordato che qualcuno ha lamentato l’eccessiva specializzazione di alcuni
corsi, che alla fine risultano poco spendibili in classe.
In vari casi ritorna inoltre l’utilità di trovarsi a frequentare il corso con un collega
dello stesso CFP, perché ciò consente di discutere immediatamente l’applicazione
dei contenuti appresi nel proprio contesto di lavoro. Altro difetto denunciato
è la ripetitività dei corsi.
Ci son poi alcuni che hanno lamentato l’impossibilità di conciliare le situazioni
diverse di ogni CFP. C’è chi dichiara di essere sempre andato a frequentare corsi
nel Nord Est, «dove la situazione è decisamente migliore che non da noi» e di
essersi quindi sentito «un po’ avvilito» (ma questo genere di confronti può essere
anche stimolante). C’è invece chi vorrebbe che i corsi fossero «più tarati sulla
realtà, non solo della FP, ma proprio del Centro stesso, perché comunque tre Centri
hanno tipologie e target differenti; quindi fare un corso standard è sbagliato».
259
Più in generale sembra di notare una certa insofferenza per alcune modalità
di conduzione dei corsi, che in qualche caso appaiono poco attente alle singole
persone. Da una parte c’è la richiesta di essere maggiormente ascoltati quando si
promuove una consultazione per la programmazione di un corso. Dall’altra parte
c’è il problema del tempo libero, che andrebbe valorizzato di più, se è vero
– come dice un formatore – che è solo negli intervalli dei corsi che si possono
discutere i problemi professionali particolari, «confrontare situazioni, metodologie
e modi di affrontare gli argomenti del corso, ma anche argomenti esterni». Infine,
sempre in relazione alla gestione del tempo libero, che deve essere tenuto presente
e valorizzato in quanto tale, c’è chi lamenta «che venga gestito come se fosse una
colonia».
L’analisi dei punti di debolezza dei corsi può risultare alla fine ingenerosa, se
ci si ferma a considerare la lista delle lamentele. Nel confronto con i dati positivi,
sono questi a prevalere, ma non si devono sottovalutare i difetti, che possono creare
malumori capaci di condizionare la stessa fruizione dei corsi.
In conclusione, se la valutazione delle varie componenti certamente non boccia
la formazione in servizio, ma anzi la promuove, non si può dire che lo faccia a
pieni voti. Su tutti gli aspetti menzionati c’è spazio per il miglioramento, anche se
in alcuni di più e in altri di meno. Il clima e i docenti (competenza, autorevolezza e
disponibilità) sembrano soddisfare maggiormente per cui in questo ambito bisogna
solo avere il coraggio di mirare al massimo: gli unici punti su cui si dovrà richiedere
ai docenti dei corsi un impegno maggiore riguardano l’efficacia della metodologia
didattica, l’approfondimento degli argomenti e dei temi e, anche se in misura
inferiore, la chiarezza nell’esposizione degli argomenti. I formatori non sembrano
molto coinvolti nei corsi e questa situazione si comprende se si tiene conto che le
loro attese formative sono solo abbastanza soddisfatte e gli obiettivi dei corsi risultano
solo sufficientemente raggiunti: ecco altri campi in cui si richiedono miglioramenti
per passare da ina valutazione discreta ad una ottimale. Pure sul piano organizzativo
sono necessari potenziamenti: anzitutto riguardo all’adeguatezza delle
attrezzature, delle tecnologie didattiche e dei materiali e in secondo luogo circa
calendario, orari, ospitalità e luogo dei corsi.
2.4. Le ricadute sulle attività formative e didattiche dei Centri
Il tema della ricaduta dei corsi è aspetto fondamentale delle iniziative di formazione
dei formatori, perché se non vi fosse ricaduta sarebbe del tutto inutile promuovere
questi corsi o qualsiasi altra iniziativa. Il parere dei partecipanti ai focus
group ci è sembrato più equilibrato di quello di Delegati, Direttori e Segretari per
cui ci soffermeremo maggiormente sugli esiti della loro analisi.
Anzitutto, si può distinguere tra chi ritiene che i corsi frequentati abbiano
avuto una scarsa ricaduta e chi invece ritiene che siano stati molto utili, anche se i
giudizi sono raramente così radicali e tendono a disporsi in maniera meno oppositiva
e più ragionata.
260
I motivi della scarsa ricaduta sono in gran parte prevedibili e riconducibili:
a) a problemi organizzativi, soprattutto dovuti a una poco felice collocazione temporale;
b) a una ridotta disponibilità economica, che influisce sulla possibilità di
mettere in pratica le novità nel proprio centro; c) alla disparità di condizioni tra i
diversi centri, che non riescono a fruire in maniera efficace di un corso tarato su
una inesistente o lontana medietà.
Al polo opposto si trovano tutti coloro che invece dichiarano di riscontrare una
buona ricaduta dei corsi frequentati. Da una parte torna qui la differenza tra i corsi
nazionali e quelli locali: come dice un formatore, «un corso fatto nel proprio centro
ha un effetto corto, mentre un corso nazionale apre nuovi orizzonti». Dall’altra si
tratta sia di formatori che si riferiscono alla immediata spendibilità dei contenuti
appresi (comprensibile soprattutto nel caso di aggiornamenti tecnologici da tradurre
rapidamente in pratica didattica), sia di formatori che riconoscono di essere
stati positivamente influenzati dalla frequenza di corsi che solo sulla media o lunga
distanza hanno rivelato tutta la loro efficacia.
Possiamo parlare di una ricaduta diretta nel caso di corsi di aggiornamento tecnico,
che vengono facilmente riversati nel lavoro d’aula o di laboratorio. Parliamo
invece di una ricaduta indiretta per quei contenuti che tendono a fornire un bagaglio
di professionalità pedagogica generale che i formatori possono tesaurizzare per
il resto della loro vita professionale e che soprattutto dovrebbe tendere a trasferirsi
sull’intera vita del centro.
Nel primo caso può sintetizzare tutto l’osservazione di un formatore che
esprime un concetto quanto mai ovvio nel mondo della produzione e della FP: «se i
settori smettono di aggiornarsi, tempo cinque anni diventano obsoleti e possono
anche chiudere: a livello tecnico più che a livello didattico».
Quanto alla ricaduta della partecipazione di un formatore sull’intero centro,
più di un intervistato descrive la situazione del formatore che al rientro in sede
cerca di trasmettere ai colleghi quanto ha appreso al corso, ma difficilmente funziona
il trasferimento a cascata degli apprendimenti. A questo proposito, ritorna qui
la richiesta di inviare ai corsi due o tre colleghi dello stesso CFP.
Ulteriore chiave di lettura antinomica può essere quella tra la ricaduta, generalmente
immediata, di corsi che sono di solito concentrati su contenuti particolari e
quella, più a lunga distanza, di corsi di carattere metodologico.
Il primo caso coincide in buona parte con i corsi che hanno prevalente carattere
di aggiornamento tecnologico. Si tratta di nozioni assolutamente necessarie
(altrimenti, come si è già detto, si finisce fuori dal mercato del lavoro) e facilmente
trasferibili nella didattica quotidiana, dove peraltro incontrano il favore degli allievi
che vedono una spendibilità immediata di ciò che stanno apprendendo.
Diverso, ma ugualmente efficace, è il caso dei corsi a carattere metodologico o
di contenuto pedagogico, che per loro natura non forniscono ricette o soluzioni da
applicare direttamente nelle classi. Sono occasioni di formazione e di riflessione
personale che possono produrre i loro effetti anche a distanza di anni.
261
In altre parole, ciò che conta sembra essere soprattutto la capacità di metabolizzare
quanto si è appreso in patrimonio personale che possa fruttare sulla breve,
media e lunga distanza.
Infine, l’ultima chiave di lettura può essere quella che si sofferma sull’alternativa
tra una ricaduta professionale ed una motivazionale.
Alcuni tendono ad attribuire un’efficacia professionalizzante solo o prevalentemente
ai corsi di livello superiore (dove indubbiamente la visibilità dell’aggiornamento
è maggiore), mentre al livello base sembrerebbe che la ricaduta sia piuttosto
generica. Altri accennano alla cartina di tornasole costituita dagli stage aziendali, in
cui gli allievi vengono messi alla prova con i processi da utilizzare nel lavoro quotidiano
e in questi casi l’aggiornamento professionale si vede subito.
Più interessanti ci sembrano le testimonianze degli effetti prodotti dai corsi sul
piano motivazionale. È qui in gioco la stessa persona del formatore che, come si è
visto altrove, trova nella frequenza dei corsi un’importante occasione di confronto
con i colleghi, di scambio di esperienze, di riflessione sulla propria competenza
professionale, didattica e, in qualche caso, umana.
3. PROPOSTE DI LINEE DI AZIONE
Le abbiamo divise in tre aree. Anzitutto, verranno richiamate le indicazioni che
la ricerca ha messo in risalto riguardo all’archivio dei dipendenti e al monitoraggio
sulla formazione in servizio: in secondo luogo si raccoglieranno tutti i suggerimenti
che l’investigazione ha evidenziato circa la consistenza quantitativa e la distribuzione
degli operatori e della loro partecipazione alle iniziative di aggiornamento; la
terza sezione è mirata a offrire proposte circa le finalità, i contenuti, le metodologie
e i destinatari delle attività di formazione in servizio.
3.1. Indicazioni per l’archivio e il monitoraggio dell’Ente
Essendo l’archivio dipendenti funzionale, in uso da ormai diversi anni e costantemente
aggiornato, si è stabilito di non procedere ex novo all’inserimento dati
nella forma classica di una matrice di dati (casi per variabili), ossia una tabella che
veda sulle righe gli operatori e sulle colonne le diverse caratteristiche degli stessi
operatori. Per le stesse ragioni di opportunità, si è ritenuto più utile non procedere
alla costruzione di una nuova cornice di inserimento dati, ma i ricercatori hanno
collaborato con la Sede nazionale e, in particolare, con i responsabili del sistema
informatico, per ottimizzare il sistema attualmente in uso. Nello specifico, si suggerisce
di inserire un filtro per annualità, in modo da poter estrarre le informazioni
suddivise per anni solari o formativi e, in merito alla FAD, si consiglia di registrare
non soltanto il dato sulle certificazioni effettivamente conseguite, ma di registrare,
se tecnicamente possibile, gli accessi e, di conseguenza, gli abbandoni. Si consiglia
inoltre, di monitorare periodicamente la composizione socio-demografica dei di-
262
pendenti CNOS-FAP, in modo da valutare il quadro complessivo ogni sei-dodici
mesi, assumendo come periodi di riferimento momenti significativi per il CNOSFAP,
come l’inizio dell’anno formativo.
Quanto ai questionari di soddisfazione utilizzati per la raccolta del gradimento
dei partecipanti alla formazione in servizio e dei docenti delle varie offerte, si suggerisce
per il futuro, di fare ricorso a una scala di valutazione a passi pari (sei o
quattro), eliminando il punto centrale della scala, invitando così gli intervistati a
esprimere giudizi inequivocabilmente positivi o negativi. Si suggerisce, inoltre, di
modificare le etichette verbali assegnate ai diversi passi della stessa scala di valutazione,
poiché la differenza fra i giudizi “insufficiente” e “scarso” non è chiara ed è
comunque minima dal punto di vista semantico. Laddove queste modifiche non
siano attuabili, si suggerisce di considerare soltanto le percentuali dei giudizi positivi
(“buono” + “molto buono”) per confrontarle con le percentuali dei giudizi negativi
(“scarso” + “insufficiente”), isolando le percentuali di risposte neutre (“discreto”).
3.2. Un riequilibrio delle politiche del personale e della partecipazione alla formazione
in servizio
Sulla base dei dati analizzati nella sezione 2.1. si avanzano le seguenti proposte
per la politica del personale.
1. Pare auspicabile che il CNOS-FAP cerchi di adeguarsi al trend generale della
FP che vede una presenza adeguata delle donne tra gli operatori senza però
perdere quelle caratteristiche tradizionali che gli vengono dalla sua origine di
Ente di formazione degli allievi.
2. Il Meridione e il Nord Est sembrano due circoscrizioni in cui il CNOS-FAP
dovrebbe cercare di aumentare la sua offerta, anche mediante l’impiego di un
personale più numeroso, condizionatamente certo alle politiche regionale per
la IeFP.
3. Sarebbe grandemente opportuno che la Congregazione Salesiana impegnasse
un numero maggiore dei suoi religiosi a servizio della formazione dei giovani
degli ambienti popolari che si avviano al lavoro e che rientrano tra i destinatari
principali della Società di San Francesco di Sales (Costituzioni della Società di
San Francesco di Sales, 2003, art. 27).
4. In tema di qualificazione di base del personale la raccomandazione che si può
fare è di aumentare la presenza dei laureati in rapporto ai diplomati.
5. Riguardo alle ripartizione dei profili, risulta un po’ carente la struttura dei servizi
di segreteria, di logistica e di supporto, soprattutto di tipo nuovo e avanzato,
per la quale si suggerisce un potenziamento.
Tenendo conto dei risultati dell’esame dei dati dell’archivio dipendenti si suggeriscono
le seguenti misure per un rafforzamento della partecipazione alla formazione
in servizio.
263
1. Anzitutto, bisognerebbe aumentare la percentuale degli operatori che frequentano
le iniziative di aggiornamento.
2. In secondo luogo, sarebbe giusto un rafforzamento della presenza delle donne.
3. Si suggerisce di potenziare la partecipazione alla formazione in servizio delle
coorti più anziane (oltre 50 anni) perché le più esposte al pericolo dell’obsolescenza
delle conoscenze e delle competenze.
4. Sul piano della ripartizione delle offerte di iniziative sarebbe dunque auspicabile
un potenziamento delle iniziative per il Sud.
5. Un aumento della frequenza dei salesiani sembra un orientamento da adottare
nelle politiche dell’Ente, perché sono sotto-rappresentati.
6. Sarebbe necessario un impegno più grande per il completamento, prolungamento
e perfezionamento dei livelli inferiori di formazione, mentre sono quelli
sufficienti o più elevati a ricevere una maggiore attenzione.
7. Sarebbe auspicabile un riequilibrio della partecipazione alla formazione in servizio
tra possessori di contratto a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato
a favore dei secondi.
8. La partecipazione cresce più del totale nell’area delle direzione e specialmente
dell’erogazione e diminuisce nelle aree dell’amministrazione e della segreteria,
della logistica e dei servizi di supporto, un andamento comprensibile, ma che
nel lungo termine potrebbe portare a delle conseguenze negative sul piano più
strettamente gestionale per cui è auspicabile un riequilibrio a favore delle due
aree citate.
9. Bisognerebbe rafforzare nell’offerta di formazione in servizio l’utilizzo delle
nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
3.3. Orientamenti per un potenziamento della Formazione in servizio del CNOS-FAP
La soddisfazione manifestata dagli interessati nei confronti della Formazione
in servizio promossa dalla Sede Nazionale è senz’altro notevole, ma la sufficienza
rappresenta il voto maggioritario. Pertanto, la Sede Nazionale dovrà intervenire
efficacemente per elevare il livello di tale valutazione a uno più positivo.
Un ambito di miglioramento riguarda le mete principali su cui finalizzare in
futuro l’offerta della Sede Nazionale. Dalle risposte di Delegati, Direttori e Segretari
emerge una visione della Formazione in servizio centrata sul sistema di FP e
funzionale alla qualità del servizio, mentre appaiono ignorate del tutto o quasi le
attese individuali, non solo di ruolo, di carriera e di guadagno ma anche di formazione
spirituale, cosa questa che suona strana in un Ente di ispirazione religiosa
come il CNOS-FAP. Anche in questo caso si nota una certa polarizzazione tra salesiani
e laici nel senso che i primi tendono a finalizzare la Formazione in servizio
al sistema di FP generale e locale e i secondi a dimensioni più significative per i
singoli formatori quali l’aggiornamento professionale e la motivazione/rimotivazione.
Sarà compito della Sede Nazionale trovare un giusto equilibrio tra le due
istanze.
264
Un gruppo di suggerimenti si concentra sui contenuti e le tipologie di competenze
su cui la formazione in servizio dovrebbe concentrare maggiormente le sue
offerte.
Iniziamo con le proposte che si riferiscono all’allargamento del ventaglio delle
conoscenze degli operatori.
Nulla o quasi è suggerito dai partecipanti ai focus group a proposito delle discipline
tradizionali delle aree scientifica, professionale e delle scienze umane. Probabilmente
la scarsità di suggerimenti in questo ambito dipende dall’abbondanza di
corsi di aggiornamento nelle aree appena citate. In questo campo i Delegati, Direttori
e Segretari sono molto più espliciti. La tipologia di competenze su cui si dovrebbe
focalizzare nei prossimi anni lo sforzo di rinnovamento è costituita dalle
competenze trasversali, una indicazione che sorprende in positivo perché si tratta
di competenze non sempre molto valutate dai formatori; al secondo posto e a poca
distanza vengono indicate le competenze tecnico-professionali relative ai settori
che, sebbene siano già una eccellenza della IeFP salesiana, tuttavia richiedono un
costante sviluppo. Meno considerate sono le competenze relative allo sviluppo
organizzativo e gestionale delle risorse umane e quelle riguardanti l’area formativa
salesiana, ma ambedue esigerebbero una maggiore attenzione le prime perché si
tratta di una tipologia in sviluppo e la seconda perché la proposta formativa dei
Centri si ispira al carisma salesiano e bisogna riconoscere che i partecipanti ai
focus group sono molto più favorevoli dei Delegati, Direttori e Segretari a questa
proposta. Uno dei problemi più delicati e importanti che gli Enti di ispirazione cristiana
debbono affrontare è l’animazione della loro identità cristiana e carismatica
sia per i formatori neoassunti che per quelli in servizio: da questo punto di vista si
raccomanda di rafforzare iniziative già esistenti come i percorsi “Insieme per un
nuovo progetto di formazione” ed “Etica e deontologia dell’operatore della FP” e
di predisporne di nuove.
Un certo numero di partecipanti ai focus raccomanda lo sviluppo di iniziative
di formazione in servizio su tematiche come la salute (in particolare la prevenzione
dalla abuso delle droghe), il benessere, l’ecologia e la sicurezza.
Un altro gruppo di proposte mira a rafforzare e ad ampliare le competenze
didattiche, gestionali e organizzative degli operatori del CNOS-FAP.
Anzitutto, va registrata la domanda di potenziare l’offerta di formazione in
servizio per preparare figure di sistema quali orientatori, tutor, responsabili DSA
(disturbi specifici di apprendimento), DF (diagnosi funzionale) e BES (bisogni
educativi speciali).
Nella stessa linea si colloca la proposta di sviluppare i corsi per la gestione
d’aula in modo da realizzare una IeFP sempre più inclusiva.
Tenuto conto del clima generale che caratterizza in questo momento il sistema
educativo di istruzione e di formazione e il dibattito su “La buona Scuola” del governo
Renzi, non poteva mancare la richiesta di potenziare l’offerta di aggiornamento
a proposito della valutazione.
265
Si riscontrano operatori che denunciano problemi di vario tipo nel relazionarsi
con le famiglie. La formazione in servizio del CNOS-FAP dovrebbe occuparsi più
ampiamente ed efficacemente anche di questa area. Tra l’altro, in una vera “comunità
formativa”, genitori e docenti avrebbero bisogno di fare formazione insieme,
superando un certo protagonismo individuale e una certa auto-referenzialità.
Oltre che riguardo ai contenuti e alle competenze, i partecipanti ai focus group,
sono state avanzate proposte circa le metodologie che la Sede nazionale dovrebbe
privilegiare nella formazione in servizio.
Al primo posto viene indicata una metodologia mista articolata tra aula, formazione
a distanza e autoformazione.
La metodologia d’aula rimane centrale e la ragione va ricercata nella «presenza
in essa del rapporto umano, del gruppo di lavoro, dello scambio e dell’attività
operativa». Metodologia d’aula non significa soltanto lezione frontale, anche
se questa non può mancare (ma potrebbe essere anche svolta online), ma i corsi
devono essere interattivi, con molte opportunità di interrelazioni, pratici e di natura
laboratoriale «perché si impara facendo», «stimolanti e accattivanti». Una formula
che può aiutare è quella dei corsi «dove i formatori poi realizzano il materiale
didattico». Qualcuno suggerisce il ricorso a delle testimonianze: queste possono
essere offerte non solo da competenti di livello scientifico elevato, ma anche da
colleghi esperti dello stesso centro o di altri centri. Da questo punto di vista possono
essere importanti i richiami alla formazione durante purché però non tolgano
risorse e forze al Centro che manda i formatori.
Accanto a momenti di incontro fisico e di scambio diretto, dovranno essere
previsti momenti di studio personale e di formazione a distanza. Non si può
lasciare tutto online perché il lavoro nei centri è molto e le scadenze sono tante e
quindi si rischia di iniziare un corso e di non terminarlo più. Può servire per questi
momenti fuori dall’aula la condivisione dei contenuti dei corsi e delle unità didattiche
perché si tratta di vedere realizzati in pratica da colleghi i contenuti che si
sono appresi nelle lezioni frontali. Un supporto significativo per attuare nel centro
ciò che si è appreso nei corsi può essere offerto da formatori dello stesso CFP che
hanno partecipato alla medesima iniziativa per cui si suggerisce che la partecipazione
alla formazione in servizio dovrebbe sempre coinvolgere più di un partecipante
per centro.
Un proposta che viene avanzata ancora sul piano metodologico riguarda la previsione
di un esame fiale e di un attestato di qualifica. Infatti, questo potrebbe dare
«più di senso a quello che uno fa» e «spingerebbe qualcuno a vivere l’esperienza
del corso in maniera un po’ meno passiva». Qualcuno suggerisce che ci sia una
prova di inizio per verificare il livello di competenza e una finale per valutare gli
obiettivi raggiunti. Al tempo stesso bisogna dosare i contenuti per evitare di voler
affrontare in un corso di 30 ore un argomento di sei mesi. In questi casi non si tratterebbe
più di rilasciare un semplice attestato di frequenza, ma una vera certificazione
di competenza.
266
Per la formazione in servizio degli insegnanti un ruolo determinante è rivestito
dalla supervisione del dirigente (o di una figura di sistema da lui delegata). In prima
battuta, questa va concepita come un aiuto fornito dai dirigenti agli insegnanti allo
scopo di migliorare la loro pratica nel rispetto della responsabilità primaria che essi
hanno nel processo di insegnamento-apprendimento. E forse questo un ambito in cui
il CNOS-FAP deve avviare un cammino di riflessione e di proposte.
Quanto ai sussidi, sarà necessario potenziare la valorizzazione delle risorse
erogate dalla Sede Nazionale, aiutando Delegati, Direttori e Segretari a saperle
socializzare ai formatori e agli altri operatori e rendendole più facilmente utilizzabili
per risolvere i problemi dei centri attraverso un loro ripensamento sul modello
della ricerca sul successo formativo degli allievi e del Concorso nazionale dei capolavori.
Un ultimo gruppo di proposte riguarda i destinatari, cioè i formatori e più in
generale gli operatori.
La prima afferma il primato delle esigenze di questi ultimi, non solo professionali
e di carriera, ma anche umane, purché funzionali alla qualità del servizio. Due
sono gli aspetti su cui si concentrano le indicazioni dei partecipanti ai focus group.
Uno di carattere generale insiste sulla necessità da parte della dirigenza del CNOSFAP
di sviluppare in estensione e in profondità la motivazione alla formazione in
servizio «perché il formatore non può mai dire di aver finito di imparare» e «perché
con il carico di lavoro che si ha rimane ben poco tempo per l’auto-apprendimento
[...] per cui abbiamo la necessità di essere costantemente formati in modo da poter
offrire un’informazione puntuale».
L’altra proposta è molto specifica, ma è opportuno citarla non solo in quanto
riflette in modo chiaro il primato dei bisogni formativi degli operatori, ma anche
per il riferimento a una istanza che è emersa dall’analisi quantitativa condotta nel
capitolo 2 riguardo ai dati dell’archivio, e cioè di una attenzione particolare alle
esigenze specifiche degli amministrativi e che si riscontra anche in questo capitolo
in una sezione precedente.
Una proiezione del primato delle esigenze dei destinatari a livello di tutto il
centro è la proposta che le iniziative di formazione in servizio siano mirate sui singoli
CFP. Infatti, «un corso fatto in sede è più comodo, è più fruibile, risparmi sul
tempo e l’organizzazione e lo puoi fare in contemporanea ai corsi e alle normali
attività». Ma la ragione più vera è che la formazione in servizio ha senso se i suoi
effetti si fanno sentire positivamente in ciascun centro, nei singoli corsi e su ogni
formatore e allievo; altrimenti, è solo spreco di risorse. Pertanto gli obiettivi a
questo livello vanno identificati nel rinnovamento della IeFP dall’interno e nel
miglioramento della pratica pedagogica. Determinante per il successo della formazione
in servizio nel singolo CFP è la creazione di un ambiente che stimoli e sostenga
le iniziative di aggiornamento.
Inoltre, ai fini di migliorare la frequenza alla Formazione in servizio promossa
dalla Sede Nazionale del CNOS-FAP bisognerà assicurare: una attenzione mag-
267
giore alla qualità della frequenza, rendendo i contenuti più rispondenti alle esigenze
dei formatori e curando meglio la loro selezione più mirata in relazione alle tipologie
di offerta; un personale più numeroso nei CFP – ma ciò non dipende dagli
Enti di formazione –; una migliore distribuzione del carico di lavoro; un calendario
di offerte più rispondente alle disponibilità di tempo dei formatori.
269
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277
INDICE
SOMMARIO .................................................................................................................................. 3
INTRODUZIONE ............................................................................................................................ 5
1. Obiettivi ............................................................................................................................... 5
2. Disegno di analisi................................................................................................................ 7
3. Distribuzione delle attività per tempi/fasi ....................................................................... 8
4. Schema della presente pubblicazione............................................................................... 8
PRIMO CAPITOLO
Il quadro di riferimento
(G. Malizia - S. Cicatelli)..................................................................................................... 11
1. La base teorica.................................................................................................................... 11
1.1. Le tendenze a livello internazionale............................................................................ 12
1.1.1. Il ruolo degli insegnanti ................................................................................... 12
1.1.2. La formazione degli insegnanti ....................................................................... 13
1.2. Ruolo e formazione degli insegnanti di scuola cattolica ........................................... 18
1.2.1. Essere insegnanti di scuola cattolica oggi....................................................... 18
1.2.2. La formazione iniziale degli insegnanti di scuola cattolica............................ 26
1.2.3. La formazione in servizio ................................................................................ 28
2. L’evoluzione della Formazione dei formatori in Italia .................................................. 32
2.1. Linee generali dell’evoluzione .................................................................................... 32
2.1.1. La questione insegnante................................................................................... 32
2.1.2. La formazione continua ed iniziale degli insegnanti
nella riforma Berlinguer (Legge n. 30/2000) .................................................. 34
2.1.3. Un nuovo modello di insegnante:
la riforma Moratti e il Decreto legislativo n. 227/2005.................................. 37
2.1.4. Insegnanti, risorse e razionalizzazione del sistema:
il Ministero Gelmini......................................................................................... 39
2.1.5. Il piccolo cabotaggio dei Ministeri Profumo e Carrozza................................ 44
2.1.6. Il ministero Giannini e “La Buona Scuola”:
solo annunci o anche fatti? .............................................................................. 47
2.2. Il caso della FP............................................................................................................ 50
2.2.1. Dal dopoguerra agli Anni ‘80: l’inizio dello sviluppo.................................... 50
2.2.2. Gli Anni ‘90: la nuova cultura organizzativa e le funzioni del formatore ..... 54
2.2.3. Gli Anni 2000: il formatore della FP nel quadro delle riforme ...................... 59
2.2.4. L’evoluzione nel CNOS-FAP .......................................................................... 62
278
SECONDO CAPITOLO
Operatori del CNOS-FAP e Formazione in servizio.
Il Quadro dei Dati dell’Archivio dell’Ente
(G. Malizia - M.P. Piccini)................................................................................................... 69
1. L’archivio dipendenti del CNOS-FAP ............................................................................. 69
2. La situazione degli operatori del CNOS-FAP all’anno formativo 2013-14 ................. 71
3. La Formazione in servizio degli operatori del CNOS-FAP negli anni 2012 e 2013 ... 91
4. Conclusioni.......................................................................................................................... 131
4.1. La condizione degli operatori del CNOS-FAP ........................................................... 131
4.2. La situazione della Formazione in servizio degli operatori del CNOS-FAP............. 134
4.3. La situazione nelle Regioni ......................................................................................... 137
TERZO CAPITOLO
A confronto sulla Formazione in servizio del CNOS-FAP.
Delegati regionali, Direttori dei CFP e Segretari Nazionali
dei Settori e delle Aree professionali
(G. Malizia - M.P. Piccini)................................................................................................... 145
1. Questionario e modalità di raccolta delle informazioni ................................................ 146
2. Procedure di codifica e di analisi dei dati........................................................................ 146
3. I rispondenti ........................................................................................................................ 147
4. La partecipazione ai corsi di Formazione in servizio .................................................... 152
5. Punti di forza e di criticità: un bilancio........................................................................... 164
6. Ricaduta della Formazione in servizio sulle attività del CNOS-FAP .......................... 168
7. Proposte per il miglioramento della Formazione in servizio del CNOS-FAP............. 176
8. Osservazioni conclusive ..................................................................................................... 178
QUARTO CAPITOLO
Soddisfazione per le attività di Formazione in servizio
(M.P. Piccini)........................................................................................................................ 187
1. Soddisfazione per i corsi residenziali nazionali .............................................................. 189
2. Soddisfazione per i corsi residenziali locali ..................................................................... 193
3. Soddisfazione per i seminari dei settori professionali e per i seminari per i Direttori 199
4. Osservazioni conclusive ..................................................................................................... 202
QUINTO CAPITOLO
Studio di dodici casi mediante focus group
(S. Cicatelli - M.P. Piccini - G. Malizia)............................................................................ 205
1. Nota metodologica sui focus group .................................................................................. 205
2. La partecipazione alle attività di Formazione in servizio ............................................. 209
3. I punti di forza dell’offerta della Sede Nazionale del CNOS-FAP............................... 216
4. I punti di debolezza ............................................................................................................ 221
5. Ricaduta della Formazione in servizio sulle attività del CNOS-FAP .......................... 227
6. Le proposte dei focus group.............................................................................................. 232
279
CONCLUSIONI GENERALI
(G. Malizia - M.P. Piccini - S. Cicatelli)............................................................................ 237
1. Il quadro teorico di riferimento........................................................................................ 237
1.1. Gli Anni 2000: il formatore della FP nel quadro delle riforme................................. 237
1.2. L’evoluzione nel CNOS-FAP ....................................................................................... 240
1.2.1. Una crescita quantitativa tendenziale .............................................................. 240
1.2.2. L’aggiornamento del CFP polifunzionale ....................................................... 242
1.2.3. Il potenziamento della formazione dei formatori............................................ 243
2. L’indagine sul campo ......................................................................................................... 246
2.1. La situazione degli operatori del CNOS-FAP............................................................. 247
2.2. La partecipazione alla Formazione in servizio nel CNOS-FAP:
dati quantitativi, qualità e gradimento ....................................................................... 249
2.2.1. I dati dell’archivio............................................................................................ 249
2.2.2. La prospettiva di referenti significativi sulla qualità della partecipazione..... 252
2.2.3. Il gradimento delle attività di Formazione in servizio del CNOS-FAP ......... 254
2.3. Punti di forza e di debolezza della formazione in servizio del CNOS-FAP............... 255
2.4. Le ricadute sulle attività formative e didattiche dei Centri........................................ 259
3. Proposte di linee di azione ................................................................................................. 261
3.1. Indicazioni per l’archivio e il monitoraggio dell’Ente............................................... 261
3.2. Un riequilibrio delle politiche del personale e
della partecipazione alla formazione in servizio........................................................ 262
3.3. Orientamenti per un potenziamento della Formazione in servizio del CNOS-FAP.. 263
BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................ 269
INDICE........................................................................................................................................ 277
281
Pubblicazioni nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP
“STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE”
ISSN 1972-3032
Tutti i volumi della collana sono consultabili in formato digitale sul sito biblioteca.cnos-fap.it
Sezione “Studi”
2002 MALIZIA G. - NICOLI D. - PIERONI V. (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione
della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002
2003 MALIZIA G. - PIERONI V. (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della
FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow-up, 2003
2004 CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don
Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004
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CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati.
Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004
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2014 CNOS-FAP (a cura di), Il Concorso nazionale dei capolavori dei settori professionali.
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2015 CNOS-FAP (a cura di), Il Concorso nazionale dei capolavori dei settori professionali.
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Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma
Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@donbosco.it
Luglio 2015