L'esperienza di formazione formatori nel progetto 2003. La riflessività dell'operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della FPI

Autore: 
Cristina Baldi - Mariapia Locaputo
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
272
A cura di Cristina BALDI - Mariapia LOCAPUTO PROGETTO “OFS PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” L’esperienza di formazione formatori nel progetto integrazione 2003. La riflessività dell’operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della formazione professionale iniziale UNIONE EUROPEA Fondo Sociale Europeo Regione Puglia Sommario Introduzione ............................................................................................................................... 5 Presentazione della sperimentazione .................................................................................. 7 1° parte La storia della formazione professionale in Puglia tra tradizione e innovazione ................................................................................................ 11 2° parte: Il progetto “Integrazione 2003” ......................................................................................... 87 Conclusione ............................................................................................................................ 265 Bibliografia ............................................................................................................................ 267 3 Introduzione I processi di trasformazione, che negli ultimi decenni hanno investito le società contemporanee più evolute provocando decisi cambiamenti sul piano sociale, eco- nomico e prima ancora culturale, riguardano molto da vicino anche il mondo della formazione professionale. Oggi la sopravvivenza e la crescita delle imprese (in un mercato caratterizzato dagli sviluppi tecnologici, dall’internazionalizzazione, dalla dinamizzazione degli scambi e delle relazioni e, contemporaneamente, da una forte instabilità) è forte- mente condizionata dalla capacità di innovarsi e trasformarsi: emerge con forza la centralità del “capitale intellettuale”e dell’investimento in conoscenza, ricerca e know how innovativi. Inizia a delinearsi una nuova logica in cui la risorsa umana, assume un ruolo centrale in quanto “veicolo” di qualità del prodotto o del servizio erogato dalle im- prese. La ricerca della “qualità” determina investimenti forti e costanti in conoscenze e in cura del valore di cui sono portatrici le risorse umane, le uniche capaci di pro- durre innovazione apprendendo dalla soluzione dei problemi che esse stesse costantemente generano. Da oltre un decennio, il dibattito sulla formazione si presenta sempre più com- plesso e articolato, tanto da rendere altrettanto problematico fornire una definizione univoca del termine “formazione”, per via delle diversificate connotazioni che esso ha acquisito nell’attuale contesto sociale ed economico. Il crescente interesse attorno alla formazione professionale ha assunto declina- zioni diverse, non solo in relazione ai contenuti delle attività formative, ma anche in funzione della fase del ciclo di vita professionale. In altri termini, formazione professionale iniziale, formazione professionale superiore, formazione permanente e formazione continua non si differenziano solo per una diversa centratura sull’ad- destramento o sull’aggiornamento. La stessa riforma del sistema educativo di istruzione e formazione professio- nale, sull’onda delle indicazioni dell’Unione Europea, sottolinea l’importanza di creare le condizioni affinché sia garantito ad ogni persona “il diritto a formarsi, ad apprendere per tutto l’arco della vita1”. In quest’ottica, il ruolo della formazione viene rafforzato e assume un’impor- tanza cruciale per la crescita della persona e delle organizzazioni o delle comunità in cui questa è chiamata a investire le proprie competenze umane e professionali. 5 1 Legge n. 53/2003 art. 2. 6 La formazione, in tutte le sue accezioni, è sempre più la struttura portante di una società e di un mondo del lavoro articolato, flessibile e dinamico. Assumono rilievo sempre maggiore i significati della formazione in relazione a una società dominata dalla complessità e dalla frammentarietà e, più ancora, ci si interroga sul senso profondo del formarsi e del formare nell’ottica della realizza- zione di un nuovo progetto di uomo. “Fare formazione” significa, dunque, gettare uno sguardo in avanti, verso la creazione di “mondi possibili”, costruendo “ponti” che abilitino i giovani – nostri destinatari privilegiati dell’azione formativa – a definire il proprio percorso di vita sociale e professionale. “Formarsi” significa, in primo luogo, imparare a farlo in modo sistemico e par- tecipato. La surmodernitè, che caratterizza infatti la complessità sociale dei nostri giorni, spinge a lavorare in rete, a creare “legami” tra i vari contesti in cui si svolge la vita dell’uomo per poter garantire qualità in termini di efficacia ed efficienza a un servizio di formazione. Di qui la necessità di pensare la formazione della persona come un “mosaico” alla cui realizzazione contribuiscono vari “tasselli”, ovvero vari soggetti che con la persona interagiscono (famiglie, scuole, istituzioni, gruppi amicali, ecc.). Di conse- guenza, progettare la formazione delle persone nella loro pluridimensionalità necessita, oggi, del coinvolgimento di molti attori. In questo scenario, al progettista della formazione, si chiede di imparare a con- frontarsi con le realtà nelle quali è chiamato a intervenire, sapendo dialogare e ne- goziare con esse, si richiedono competenze tecnico-professionali molto articolate e il possesso di un bagaglio culturale e scientifico estremamente variegato: sognare, sperimentare e meditare il possibile e a volte l’impossibile, per aiutare i giovani ad inserirsi nella società. A questa logica si ispira il presente lavoro che è il risultato di un’attività di for- mazione dei formatori che ha visto camminare insieme, attraverso il dialogo, il confronto attivo e la collaborazione, i formatori degli Enti di Formazione Profes- sionale di ispirazione cristiana della Regione Puglia, al fine di garantire agli allievi, soprattutto ai più giovani, una formazione alla vita di qualità e un aiuto concreto alla realizzazione del proprio successo formativo. 2 CNOS-FAP – Centro Nazionale Opere Salesiane, Formazione Aggiornamento Professionale. 3 CIOFS/FP – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane, Formazione Professionale. 4 SCF – Scuola Centrale Formazione. 5 CNOS-FAP: Bari e Cerignola; CIOFS/FP: Ruvo di Puglia, Martina Franca, Taranto, Fraga- gnano; OFMI Foggia, ASSOCIAZIONE CALASANZIO: Campi Salentina; EPCPEP: Gioia del Colle e Ostuni; CIFIR: Bari, Oria e Taranto. 7 Presentazione della sperimentazione Nell’ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003) rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 hanno concluso il primo ciclo di studi, gli Enti di formazione Nazionali CNOS-FAP2, CIOFS/FP 3 e SCF 4 hanno elaborato un’offerta di servizi di supporto all’azione formativa dei CFP della Regione aderenti alla CONFAP Puglia, artico- lata in quattro principali “aree d’azione”: 1. Ricerca e Supporto alla progettazione; 2. Formazione Formatori; 3. Monitoraggio e Valutazione; 4. Diffusione e Pubblicizzazione. È nato così il Progetto Integrazione 2003 che, per la prima volta nella Regione Puglia, (nell’ambito della realizzazione dei percorsi sperimentali di Istruzione e Formazione Professionale, attuati secondo l’Accordo quadro del 19 giugno 2003 e della modellizzazione adottata dalla Regione nella formula dei percorsi formativi integrati tra Scuola, CFP e Aziende) ha visto la partecipazione di un buon numero di CFP5 attivati nel collaborare sui temi della organizzazione didattica e della gestione della propria offerta formativa, destinata ad allievi in diritto/dovere all’istruzione e formazione professionale. La finalità dichiarata dell’intervento progettuale, da parte dei suddetti Enti Na- zionali, è stata quella di proporre un’esperienza non solo addestrativa ma soprat- tutto educativo-formativa tale da indurre gli stessi operatori della FP a socializzare e fertilizzare le proprie conoscenze ed esperienze professionali, partendo dalla con- divisione e integrazione della comune storia della Formazione Professionale in Pu- glia fino a sviluppare e potenziare competenze metodologiche e psicopatologiche indispensabili nella relazione didattica, formativa ed educativa con gli utenti. Quanto raccolto nel presente lavoro descrive, in particolare, l’esperienza di Formazione Formatori che è stata vissuta da questi come una importante opportu- nità per lavorare insieme, confrontarsi sui propri vissuti lavorativi, condividere 8 ansie, preoccupazioni, aspettative, domande e camminare insieme alla ricerca di nuove strade che conducano ad offrire un servizio formativo di qualità agli utenti della formazione professionale. Il progetto si inserisce nei profondi cambiamenti culturali, istituzionali e strut- turali del Sistema educativo di istruzione e formazione italiano. Globalizzazione, società dell’informazione, rivoluzione tecnologica sono i nuovi termini di paragone con cui istituzioni scolastiche e formative sono chiamate a confrontarsi per adeguare e innovare i propri paradigmi di istruzione e forma- zione al lavoro, offrendo alle nuove generazioni standard di qualità funzionali alla professionalizzazione; ciò nonostante, i servizi alla persona, se da un lato debbono garantire la qualità delle azioni formative, dall’altro debbono continuare ad affer- mare la centralità della persona nella relazione educativa. Si stanno individuando, a vari livelli, nuove vie per rispondere quindi ai bi- sogni formativi. I molteplici iter legislativi e formativi, non sempre sono caratteriz- zati da organicità. Più in particolare, negli ultimi decenni, sono state approvate norme che stanno cambiando profondamente il nostro sistema educativo di istru- zione e formazione, incidendo profondamente anche sul vissuto dei docenti e degli operatori della Formazione Professionale iniziale. Con lo sguardo orientato ad allenare il cuore e la mente dei formatori ad un agire riflessivo, la proposta di Formazione Formatori, descritta in queste pagine, ha cercato di rispondere ai bisogni di adeguamento e più ancora di rinnovamento sempre più avvertiti da parte di chi agisce in questo campo. In questa esperienza di Formazione è stato possibile riflettere a lungo non solo sugli aspetti legislativi e sui nuovi orientamenti pedagogici cui la Riforma ha dato luogo, ma anche sulla identità della figura professionale, dell’operatore della for- mazione professionale iniziale. «Chi è il formatore nel quadro di una riforma che dichiara di pari dignità il (sotto) sistema dell’istruzione e quello dell’istruzione e della formazione profes- sionale? Un formatore di serie B? Un operatore pedagogico? Un educatore profes- sionale? Un animatore? O tutte queste professionalità assieme, vista la complessità degli utenti interessati alla offerta formativa proposta dal sistema della formazione professionale iniziale?». Mediante la presente pubblicazione si intende diffondere la visione maturata attraverso l’esperienza di formazione condotta, da CFP che, pur avendo tradizioni differenti, hanno cercato fortemente nell’integrazione di andare oltre la propria ot- tica per costruire una missione comune: quella di operatori pedagogici al servizio di soggetti deboli o a rischio di esclusione sociale. Le pagine che seguono vogliono offrire un quadro del lavoro di formazione svolto dai CFP accompagnati dalle autrici durante il “Progetto Integrazione 2003” che si è sviluppato lungo l’intero arco della prima sperimentazione dei percorsi for- 9 mativi di istruzione e formazione professionale attivati ai sensi dell’Accordo Stato – Regioni del giugno 2003. Si è voluto dare «spazio» e «voce» ai Centri di Formazione Professionale chiedendo di raccontare la loro storia, la loro vision, la loro mission e il prodotto dell’esperienza formativa vissuta insieme. E insieme si è voluto tentare di rispon- dere ad alcune delle domande di approfondimento emerse durante il cammino. Il primo capitolo traccia alcune coordinate inerenti l’identità del formatore nel quadro dei cambiamenti culturali e legislativi in atto e si sofferma, in particolare, sugli strumenti che consentono di offrire un servizio di qualità agli utenti della FP. Sono riportate alcune risposte alle domande di senso emerse durante gli incontri. Il secondo capitolo descrive l’esperienza di formazione dei formatori vissuta secondo le linee tracciate dal Progetto integrazione 2003. Nelle varie pagine si de- scrivono le fasi e le esperienze che hanno caratterizzato il cammino insieme. Il terzo capitolo dà voce agli operatori dei vari CFP, riportando il cammino di riflessione sul proprio agire educativo entro il quadro di riferimento della propria storia professionale e di quella del proprio ente di appartenenza, portatore di una propria vision e mission, ispirate alla promozione del giovane nella sua integralità. La formazione dei formatori ha coperto l’intero arco della prima sperimenta- zione dei percorsi formativi di istruzione e formazione professionale attivati con- sentendo di generare in ognuno un nuovo processo di riflessività pedagogica aperta al cambiamento e al confronto. 1ª Parte La Storia della Formazione Professionale in Puglia tra Tradizione ed Innovazione 11 1 QUAGLINO – CARROZZI, Il processo di formazione. Dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, 1998. Capitolo 1 I fondamenti antropologici e pedagogici della formazione professionale Mariapia LOCAPUTO Negli ultimi anni è esperienza comune ascoltare affermazioni che sottolineano quanto il lavoro e la formazione stiano cambiando profondamente. Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il modo di produrre. I microproces- sori, le cc.dd., le nanotecnologie, i computer hanno sostituito metodi e strumenti di lavoro che erano stati utilizzati e ritenuti validi per decenni. Inoltre, l’informatica e la telematica hanno introdotto nuovi modi di comunicare e di relazionarsi nel mondo del lavoro e anche nella vita sociale. I nuovi media (internet, in primis) – vista la loro intrinseca capacità pervasiva –sono caratterizzati da un preciso tratto di irreversibilità di incidenza sull’intera vita sociale, sia pubblica sia privata. I personal computer hanno modificato la nostra vita quotidiana cambiando il senso dell’esperienza, i tradizionali modelli di comportamento e, più globalmente, i quadri ideali e valoriali di riferimento, individuale e collettivo. La complessa rivoluzione tecnologica e sociale in atto spinge a richiedere nuove professionalità, con mansioni più sofisticate ed affidate a conoscenze più astratte, a capacità di consapevolezza, autonomia, flessibilità, responsabilità. I processi innovativi che hanno caratterizzato l’economia e la società intera a partire dagli anni Novanta, si sono tradotti in un aumento della domanda di forma- zione e coerentemente in un mutamento di obiettivi, contenuti e metodi. Il lavoro e la formazione sono cambiati, non solo perché sono mutate le tecno- logie e le organizzazioni aziendali, ma anche perché si è progressivamente verificata, e si sta verificando tuttora, una complessa mutazione culturale provocata dall’emer- gere di nuovi atteggiamenti nei confronti del lavoro e della formazione. Pertanto, oggi, si fa sempre più urgente l’istanza di una formazione focalizzata, non solo su conoscenze ed abilità tecniche specifiche, ma anche sullo sviluppo di capacità di concettualizzazione e di progettazione, affiancate sia da una disponibi- lità ad apprendere e ad aggiornarsi continuamente, sia da capacità relazionali, di adattamento e di cambiamento1. 13 2 COMMISSIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA, Politica di coesione a sostegno della crescita e del- l’occupazione:linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013, Bruxelles 05.07.2005 (COM 2005) 299. 3 Cfr. QUAGLINO – CARROZZI, Il processo di formazione. Dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, 1998. 4 D’ANNA G., Dir, Dizionario Italiano Ragionato, Sintesi, Firenze, 1987 5 GALIMBERTI U., Dizionario di psicologia, UTET, Torino, 1992. 6 Ibidem 7 Ibidem Le politiche di sviluppo a livello europeo 2 assegnano alla formazione, laddove questa si costituisca una “pratica di massa”, una valenza strategica per la crescita sociale ed economica di una nazione. La formazione non è più considerata soltanto come mero sistema che trasmette conoscenze codificate e tendenzialmente stabili, ma sempre più come insieme di dispositivi tecnici in grado di promuovere attitudini autonome, contestualizzate ed aperte al “possibile”3. Ciò richiede all’azione formativa un’attenzione al contesto concreto di inter- vento assumendo approcci (teorie, modelli e tecniche) che garantiscano letture più interpretative e “dialoganti”. In questo panorama assumono rilievo sempre maggiore i significati della for- mazione e, più ancora, il senso profondo del formarsi e del formare nell’ottica della realizzazione di un nuovo progetto di uomo. 1. Dal significato al senso della formazione oggi Il Dizionario della lingua italiana definisce la formazione come “atto o effetto del formare o del formarsi; in particolare maturazione delle facoltà di una persona in seguito a esperienza, apprendimento o studio” 4. Guardando al suo significato a partire dall’etimologia della parola, il termine formazione indica, quindi, l’attività di dar forma, di configurare, di plasmare. In psicologia, per formazione si intende il “processo teso allo sviluppo com- piuto dell’individuo, sia in termini di personalità psicologica sia in termini profes- sionali” 5. In ambito antropologico6, il termine si riferisce al processo di civilizzazione che si esprime nel doppio significato della parola cultura, intesa come educazione collettiva e come sistema di valori condivisi. La psicologia del lavoro7 si occupa della formazione intesa dal punto di vista professionale, come apprendimento programmato, tramite insegnamento e studio, delle conoscenze e delle abilità di base che rappresentano le condizioni preliminari per intraprendere consapevolmente una professione. Infine, in campo pedagogico, il termine formazione è spesso usato come sino- nimo di educazione e si riferisce allo sviluppo delle acquisizioni spirituali, pratiche e teoriche che accompagnano la maturazione dell’individuo. 14 8 CONTESSA G., La formazione: teorie, modelli e problemi, in www.psicopolis. com. Le differenti definizioni nascondono e rivelano al tempo stesso, diversi modi di intendere l’oggetto da definire, cioè diverse filosofie. La formazione viene quindi concettualizzata e realizzata diversamente in base agli ambiti e alle filosofie ad essa sottese. Così la formazione può essere intesa, in chiave idealista, come cambiamento emotivo e psicologico di carattere soggettivo, personale, legato all’essere dell’u- tente; ovvero, in chiave illuminista, razionalista, come un’azione di allargamento del campo cognitivo e di trasformazione dei comportamenti, intesi come modelli razionali di risposta8. La formazione può quindi essere concepita come un processo di trasmissione dell’eredità culturale da una generazione all’altra, come un trasferimento di cono- scenze e valori accreditati, oppure come un’azione di scoperta e stimolazione del potenziale degli utenti, i quali si trovano a confrontarsi con problemi e dubbi e ven- gono sostenuti nella ricerca della propria originale soluzione. Dalla prima impostazione scaturisce una psico-pedagogia direttiva, cioè che “dirige” i formandi verso un sapere prestabilito. Dalla seconda impostazione scaturisce una psico-pedagogia non direttiva o at- tiva, che si limita a stimolare ed aiutare i formandi a trovare le risposte di cui hanno bisogno. Le necessità di distinguere tra queste due opzioni deriva dall’esigenza di fon- dare un sistema di pensiero coerente dalle premesse filosofiche fondative, alle con- seguenze operative. Individuare i confini entro cui intendere la formazione, assumendo un signifi- cato “formale” del termine, aiuta a individuare il senso e i significati “sostanziali”, del fare formazione oggi. Il significato e il senso della formazione è cambiato nel corso degli ultimi de- cenni. Nell’età moderna, con l’idea dell’uomo come costruttore di sé e con l’idea del progresso e dello sviluppo come prodotto dell’intervento razionale dell’uomo, il termine formazione è divenuto una parola-programma utilizzata per indicare il pro- cesso di integrale sviluppo della persona (dal tedesco bildung). Con gli sviluppi delle discipline di carattere sociologico e degli studi sulle organizzazioni, con la parola formazione si è venuto ad intendere il processo di acquisizione delle competenze, che consentono di svolgere in maniera efficiente ed efficace un ruolo sociale e professionale. In questa dimensione la formazione diviene questione essenziale e risorsa im- prescindibile nelle politiche nazionali ed internazionali di sviluppo. La formazione appare, oggi, come risorsa strategica non semplicemente per la preparazione professionale che gli individui conseguono, ma perché “chiave di 15 9 NICOLI D. Manuale per progettista di formazione, nell’approccio antropologico-sociale, in Qua- derni per l’Obbligo Formativo, Provincia di Milano, n. 4/02 10 Ibidem 11 Cfr. FONTANA, S. TACCONI, G. VISENTIN M., Etica e deontologia dell’operatore della forma- zione professionale, Collana Studi - Progetti – Esperienze, ed. CNOS-FAP, Roma, 2003: Non c’è for- mazione/educazione se non là dove il senso della possibilità si intreccia con quello della realtà. Fare formazione ponendo al centro la relazione educativa con la persona del formando in termini di ser- vizio e di affidamento significa costruire un equilibrio dinamico tra la capacità di comportarsi in modo adeguato alla realtà e la capacità di vedere quello che non c’è (i mondi possibili) come possibi- lità in grado di animarla e trasformarla. volta” per la crescita dell’individuo in una collettività (il mondo del lavoro, ma anche la società civile, le comunità locali). Diviene quindi importante formare la persona, il cittadino, a un ruolo sociale oltre e prima ancora che professionale. La formazione, dunque, in modo più compiuto può essere intesa oggi come “un’azione di natura relazionale, intenzionale e programmata, volta ad accrescere il valore sociale della risorsa-persona”9. Essa si caratterizza10, dunque, in quanto: - Azione: ovvero un processo vitale applicato ad una realtà specifica (quella della persona in formazione) e volto alla sua trasformazione; - Di natura relazionale: si tratta di un’azione basata sul principio di recipro- cità, e si connota, non tanto come un mero trasferimento di informazioni o accrescimento di capacità e competenze, ma come relazione significativa di servizio e, nello stesso tempo, di affidamento tra persone11. - Intenzionale: ciò indica la presenza di un soggetto portatore di un quadro di valori coerente con l’azione formativa, e nel contempo di un intento di cam- biamento coerente con un sistema di finalità ed obiettivi. - Programmata: cioè un progetto che delinea in modo preciso i mezzi neces- sari, le fasi in cui si compone l’azione e le metodologie utilizzate dagli ope- ratori della formazione. - Centrata sulla risorsa-persona: si sottolinea così nella definizione la visione antropocentrica rispettosa della peculiarità-irriducibilità della persona umana. La persona è centrale rispetto all’organizzazione ed agli “imperativi di sistema”. Essa è un soggetto volitivo, dotato di senso, in grado di agire progettualmente, in una logica aperta all’evento. - Per il suo valore sociale: non si tratta del valore in sé (che pure è necessario tenere presente in ogni momento dell’agire formativo) quanto della spendibi- lità nel contesto sociale della risorsa umana, nel mercato del lavoro e delle professioni. - Perchè azione di accrescimento: tramite la formazione si realizza nella per- sona una trasformazione osservabile e valutabile che opera in modi differenti sia nel senso dello sviluppo di disposizioni interne, sia in quello di cono- scenze e competenze. 16 La formazione è, quindi, un’attività che mira alla valorizzazione (e prima al ri- conoscimento) del potenziale umano, in modo da rendere la persona capace di svi- luppare “laboriosità” e “creatività”, utilizzabili al fine di saper trovare soluzioni adeguate ai problemi incontrati, definiti all’interno di un particolare ambito di sa- peri e di competenze/responsabilità. La formazione professionale, come ambito specifico del più ampio campo della formazione, è strettamente legata alla struttura del lavoro intesa come ambito simbolico, operativo e relazionale nel quale si sviluppa l’attività umana come dina- mica di “creazione sociale”. Ciò comporta la necessità di delineare i modi del rapporto tra formazione e la- voro. Va ricordato che il lavoro, in particolare il tipo di lavoro emergente dall’at- tuale dinamica sociale ed economica (definibile, in modo sintetico, post-taylori- stica e post-burocratica), è portatore di una “formatività” implicita che va innanzi- tutto riconosciuta e poi valorizzata verso la massima promozione delle risorse umane. Una concezione formale del processo formativo lo descrive come una “forma” astratta derivante dalla codifica delle diverse prassi entro modelli e schemi. Questi sono utili, ma non possono sostituire le reali dinamiche del contesto socio-lavora- tivo le quali sono in grado di mobilitare il loro carattere formativo implicito. Una concezione della formazione di natura relazionale mira invece a definire un progetto formativo come entità vitale, che coinvolge sia la dimensione intersog- gettiva dell’azione sia la dimensione sociale. La situazione formativa è vista in chiave relazionale, in modo da lasciar emer- gere le caratteristiche dei soggetti nella scena dell’azione e da consentire una as- sunzione di responsabilità nei confronti della propria esistenza. La relazione educativo-formativa rappresenta, in primo luogo, un ambiente re- lazionale significativo che favorisce la valorizzazione del potenziale della persona destinataria dell’azione in modo da mobilitarne le risorse in direzione di un cam- biamento condiviso e compartecipato, effettivo e rilevante per la persona stessa. Tale azione è vista anche come intervento in un contesto al fine di: • valorizzare le caratteristiche specifiche (in particolare la cultura formativa, spesso implicita); • stimolare i soggetti (stakeholder – portatori di interessi, utenti, altri); • definire attraverso l’assunzione di responsabilità dei formatori (espliciti ed impliciti) un percorso in grado di mobilitare le risorse formative verso un cambiamento atteso e condiviso (apprendimenti, maturazione e mutamento sociale) sapendo sostenere le difficoltà e superare gli ostacoli. Formare consiste, allora, nel fornire competenze che, se fino a ieri non erano essenziali, sono oggi decisive per affrontare il cambiamento: “alle vecchie certezze date dalla stabilità dell’organizzazione e dalla prevedibilità del domani, devono so- 17 12 Cfr QUAGLINO – CARROZZI, op.cit. 13 POLLO M., Le sfide dell’abitare una società complessa, in Quaderni di animazione e forma- zione. L’animazione socioculturale, Edizione Gruppo Abele, Torino 2001. 14 POLLO M., op.cit. Nella cultura della società complessa il segno è andato sempre di più autonomizzandosi dall’ og- getto per manifestare il suo significato quasi esclusivo in relazione con gli altri segni. Questa trasfor- mazione profonda della lingua ha portato le persone a sganciarsi sempre di più dalla realtà per collo- carsi all’interno di un mondo immaginario. La parola si è fatta astratta perdendo la sua cosalità. La pa- rola greca logos ha prevalso sulla parola ebraica dabar. Infatti in ebraico dabar, oltre che «parola», si- gnifica anche «cosa», mentre in greco logos, oltre che «parola», significa anche «concetto», idea astrat- ta. Il differente modo di intendere e di usare la parola si manifesta nei differenti modelli culturali del mondo greco e di quello ebraico. Infatti mentre nella tradizione ebraica la parola è lo strumento che l’uomo ha a disposizione per dominare la realtà del mondo storico che abita e la verità è la fedeltà nella stituirsi maggiori capacità delle persone di orientarsi e di affrontare il nuovo e il di- verso”12. 2. Imprescindibilità del fondamento antropologico-sociale della formazione Cercare quali possono essere i concetti base a cui la formazione oggi può ispi- rarsi, implica la necessità di interrogarsi sull’idea di uomo, sul disegno di società e sull’interazione fra le diverse istituzioni in cui la sua vita si svolge. Questo com- porta sollevare “domande forti” come quelle inerenti la libertà e la possibilità di es- sere “creatori” di storia, domande sulla possibilità stessa per l’uomo di oggi di saper “decifrare” il tempo e lo spazio che abita per individuare significati ed elabo- rare una progettualità individuale e collettiva. Oggi chi fa formazione/educazione deve affrontare molteplici sfide che na- scono in gran parte dalla complessità sociale e dalla transizione verso quella che gli antropologi francesi chiamano la surmodernitè, correttamente traducibile in ita- liano con “surmodernità”13. L’espressione complessità sociale, sopra riportata, viene utilizzata normal- mente per indicare la cultura caratteristica delle società economicamente svilup- pate, che hanno vissuto al loro interno i processi di secolarizzazione e di moderniz- zazione e nelle quali, la stragrande maggioranza degli abitanti, vive condizioni di benessere e libertà tipiche delle moderne democrazie. Le sfide della complessità sociale nascono: - dalla fine del centro, o meglio, dalla nascita di una pluralità di centri che for- niscono ai valori sociali una legittimazione parziale e precaria, rendendo im- possibili le scelte tra valori, bisogni e opportunità, se non nella logica della utilità immediata; - dalla crisi della dialettica desiderio/limite, che ha dato vita al pluralismo estremizzato e al consumismo; - dalla crisi dell’identità storico-culturale legata alla crisi della memoria sto- rica, processo che ha comportato una perdita di contenuto anche delle parole; - dalla crisi della parola, che diventa sempre più astratta (logos) perdendo la sua aderenza col concreto (dabar)14; 18 vita quotidiana all’alleanza, nel mondo greco la parola rimanda all’ essenza della realtà, ai con- cetti astratti o ideali che la realtà nasconde o maschera e la verità, conseguentemente, consiste nel por- ta re alla luce, nello svelare queste essenze nascoste. Lo spostamento della parola verso l’astratto e il suo mondo, l’immaginario, tradisce quell’equilibrio tra dabar e logos che ha caratterizzato dopo l’avvento del cristianesimo la cultura dell’Occidente. 15 POLLO M., op.cit: Senza questa dimensione solidale sociale non è possibile l’esistenza dell’Io. li formarsi dell’Io e il suo mantenersi, infatti, è reso possibile solo dall’ esistenza del Noi. Se non ci fosse un Noi che si pren de cura, tutela ed educa i nuovi nati, questi non solo non potrebbero con - quistare la coscienza, ma, addirittura, non potrebbero sopravvivere. 16 POLLO M., op.cit: Insieme alle grandi narrazioni sono entrate in crisi le ideologie e i mecca- nismi sociali che aiutavano le persone a uscire dai loro mondi vitali quotidiani per entrare nella vita del sistema sociale. 17 Cfr TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Collana Progetti CNOS-FAP, Roma, 2003; FONTANA S. TACCONI G. VISENTIN M., Etica e deontologia dell’operatore della formazione professionale, Collana Progetti CNOS-FAP, Roma, 2003. 18 TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Collana Progetti CNO- SFAP, Roma, 2003. - dalla crisi del Noi, ovvero di quella dimensione sociale della vita costituita da una rete di solidarietà che consente a ogni individuo l’utilizzo nel proprio progetto di vita delle risorse, materiali e spirituali, messe a disposizione dagli individui che con lui condividono lo spazio e il tempo15; - dalla crisi delle grandi narrazioni e dei transattori in grado di collegare il mondo vitale delle persone con il sistema sociale16. Occorre poi tenere conto che la complessità è tipica delle cosiddette società del benessere, che, come è noto, sono società duali ovvero società in cui vi è una mag- gioranza, costituita dai due terzi circa dei suoi abitanti, che gode di condizioni di benessere e della pienezza dei diritti di cittadinanza, e una minoranza, costituita dal restante terzo, che non gode del benessere e soprattutto vive situazioni di emargina- zione e, quindi, di non pienezza dei diritti di cittadinanza. Queste sfide della complessità sociale sono, infine, arricchite da quelle della surmodernità, che vanno dalla scomparsa dei luoghi alla crisi dello sviluppo della persona lungo le tappe del suo ciclo vitale, fino all’indebolimento della responsabi- lità degli adulti verso le nuove generazioni. La società complessa ha, altresì, prodotto la scomparsa dei luoghi17 e la nascita dei “non luoghi”; la crisi della relazione intergenerazionale e la fusione nella rela- zione educativa genitoriale tra “materno” e “paterno”. Oggi, pertanto, è quanto mai imprescindibile inserire la formazione entro un orizzonte etico e antropologico fondante e fondativo. Per un CFP di ispirazione cristiana, progettare ed erogare la formazione, in un mondo in cui sono presenti cambiamenti che comportano la messa in “crisi” dei paradigmi di conoscenza 18, significa assumere a fondamento del proprio agire una specifica idea di uomo e della formazione come strumento di promozione umana. A fondamento del “fare formazione” nello stile e secondo il carisma di San Giovanni Bosco vi è il paradigma “buon cristiano e onesto cittadino”. Tutta 19 19 GIUGNI G.,La programmazione didattica in prospettiva sociale, Giunti &Lisciani, Teramo, 1987, pp. 153-154. La formazione “non riguarda tanto l’addestramento ad eseguire, nel lavoro, una de- terminata funzione, quanto piuttosto la promozione - nell’individuo - di una motivazione positiva nei confronti del lavoro; non considera la professione un accessorio, bensì una dimensione fondamentale della personalità, che va sviluppata nel contesto dello sviluppo integrale di quest’ultima, a partire dal- l’infanzia e non alla fine del processo evolutivo. La ‘professione’, in altri termini, deve ‘emergere’ dal- la personalità e non aggiungersi ad essa”. 20 NICOLI D., Manuale per il progettista di formazione, in Quaderni per l’Obbligo Formativo, Prov. Milano, n. 4/02 l’azione educativa/formativa di Don Bosco, a cui i CFP salesiani si ispirano, è fon- data sulla promozione dell’essere umano, posto al centro dell’azione educativa. La formazione è considerata come un’azione prevalentemente rivolta all’arric- chimento della dotazione personale di saperi, capacità e competenze, che si svolge in un contesto sociale ricco di stimoli e opportunità ma anche di limiti e necessità di scelta fra alternative non sempre compatibili. In una prospettiva antropologica (e antropocentrica) il riferimento prioritario della formazione è, dunque, la persona umana, collocata entro un contesto (quello della società complessa sopra descritto) che da un lato ne disegna gli spazi di azione e dall’altro ne vincola l’espressione. L’individuo, è considerato un soggetto dotato di più dimensioni ed è caratteriz- zato da un’intenzionalità. Tale intenzionalità fa riferimento ad aspirazioni e valori che costituiscono il suo mondo interiore e che attribuiscono alla sua azione un senso peculiare. La società è concepita come lo spazio reale entro cui si svolge l’avventura del- l’uomo e con il quale si delinea un dialogo/confronto dal carattere anch’esso for- mativo. In questa prospettiva, il processo formativo si colloca, non tanto nella dimen- sione del processo economico in senso stretto, quanto in quella della società civile e concepisce la persona innanzitutto come un cittadino portatore di diritti soggettivi ed irrinunciabili. Formare significa, dunque, porre a fondamento dell’azione formativa il desti- natario e la relazione educativa rivolta alla sua triplice dimensione di persona, citta- dino, lavoratore19. Ogni progettazione formativa, per non ridursi esclusivamente ad una costru- zione tecnica di obiettivi da raggiungere indipendentemente dai soggetti cui è desti- nata e dai contesti in cui opera, deve potersi riferire ad una antropologia esplicita e positiva20, ponendo a fondamento una visione di uomo e del suo rapporto con la so- cietà che si preoccupi di porre al centro la persona, i suoi bisogni, il suo progetto di vita. 20 21 Ibidem. La persona umana come referente e soggetto della formazione si pone come una realtà unica ed irripetibile, irriducibile, volitiva, sensata ed aperta, costituita da un in- sieme organico di fattori che ne delineano la personalità come apertura dinamica protesa verso una ricerca ed un compimento21. Il “mondo personale” è infatti caratterizzato da una radicale incompletezza e nel contempo da un bisogno di realizzazione che genera energie proprie dell’essere umano. Tale bisogno si esplicita nella ricerca di un percorso di vita, che consiste nel dare nome proprio alle esperienze che si conducono e che respinge di contro at- tività nelle quali il soggetto finisce per scomparire in un’indistinguibile massa. In ognuno di noi, la personalità è costituita da fattori originari inerenti l’individualità, la famiglia, l’ambiente etico-culturale di provenienza e le espe- rienze relazionali significative. La realtà personale originaria si apre ad un continuo cambiamento attraverso una dinamica intenzionale guidata dal quadro di valori di riferimento dell’indi- viduo. Tali valori sono le direttrici del percorso di vita e nel contempo, i criteri tra- mite cui selezionare le opportunità ed esperienze. La gran parte delle esperienze che la persona conduce non sono esplicitamente finalizzate all’educazione o alla formazione. Non per questo mancano di essere oc- casioni di apprendimento; anzi, esse spesso sono portatrici degli apprendimenti più rilevanti e persistenti, che mettono alla prova il quadro dei valori, lo modificano o perfezionano, in altri termini contribuiscono al processo di maturazione personale. Una particolare classe di esperienze tese a modellare la personalità è data dal- l’insieme delle esperienze di istruzione e formazione. Nel cammino di maturazione, la persona tende ad esplicitare una vocazione, ovvero la disposizione verso una particolare forma di realizzazione di sé, che com- prende (in modo più o meno esplicito, più o meno chiaro, a seconda delle condi- zioni di vita in cui è posta e delle esperienze condotte) una particolare attività lavo- rativo-professionale, non intercambiabile con nessun’altra in quanto portatrice pri- vilegiata dell’espressione personale. La persona tende così a costruire un progetto di vita nel quale si esplicitano i caratteri della personalità in relazione all’ambiente di riferimento, lungo una dire- zione certamente vincolata dalle opportunità e dal contesto. All’interno di tale pro- getto si delinea anche la dinamica lavorativa, ragione per cui si parla di progetto di vita/di lavoro intendendo una dimensione sociale, ma nel contempo fortemente an- corata al mondo personale dell’individuo. La persona umana è, quindi, essenzialmente apertura, vocazione e progetto; essa esige la possibilità di piena realizzazione del proprio potenziale e richiede un metodo specifico di cura e di promozione. Il progetto della persona si definisce entro un contesto di natura sociale, così co- me il processo di formazione rappresenta un’azione di natura essenzialmente sociale. 21 22 NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’i- struzione e della formazione professionale, Collana Progetti CNOS-FAP CIOFS/FP, Roma 2004. 23 SANTERINI M. L’educatore tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale, Ed. La Scuola, Brescia, 1998 p. 23 Assumendo, quindi, il processo formativo entro una prospettiva più ampia, si rende necessario definire il campo dell’azione formativa. Tale campo è definito dalle seguenti componenti: la persona, il contesto am- bientale, l’ambito professionale di riferimento, le opportunità formative e di svi- luppo professionale. In tal modo il processo di definizione del progetto formativo non segue un an- damento sequenziale (o ciclico) ma relazionale che pone in comunicazione due mondi: 1) quello della persona 2) quello del contesto di riferimento. L’incontro fra questi due mondi rende possibile il percorso formativo / di svi- luppo personale. In questa concezione l’obiettivo viene quindi ad essere quello della piena edifi- cazione, in chiave vocazionale, della personalità dell’individuo, considerato come il costruttore del proprio progetto di vita. La formazione (professionale) ha, in tale progetto, il compito di creare le con- dizioni affinché siano rispettati e pienamente espressi i “diritti di cittadinanza” di ogni individuo, specie dei più deboli e bisognosi 22. L’azione formativa rappresenta un valore in sé, un diritto fondamentale ed irrinunciabile della persona tramite il quale essa diviene più consapevole di se stessa. Ultimo elemento di riflessione riguarda i contesti della formazione. Con la parola contesto si intende l’“insieme di condizioni e circostanze nelle quali si inserisce l’azione educativa; […] uno spazio esperienziale nel quale la per- sona vive, agisce e sperimenta le sue relazioni sociali”23. All’interno del processo educativo, l’interdipendenza tra la dimensione della personalità individuale – nelle sue componenti sia cognitive, sia motivazionali – e gli aspetti socioculturali, ricorda quanto sia stretto l’intreccio esistente tra un sog- getto e il contesto di vita, senza per questo considerare la persona come diretto pro- dotto della società. Ogni educatore è chiamato a riflettere sul rapporto tra individuo e ambiente in cui vive: l’ambiente non è “altro” dall’educazione. La contestualizzazione di un’azione educativa è una condizione necessaria per cogliere il senso profondo dell’agire educativo, pertanto ogni intervento forma- tivo/educativo non può prescindere da una riflessione sulla persona nel suo con- testo di vita. Il rapporto tra persona, ambiente sociale, situazioni di vita, membri della famiglia, gruppi vicini, deve essere preso in considerazione in una logica di circolarità e reciprocità. Questo non per leggere la realtà in modo deterministico, 22 come causa di una situazione, bensì per ricercare ed evidenziare le opportunità di sviluppo e di crescita della persona. L’azione educativa è sempre contestualizzata e soggetta a interpretazione: è possibile educare solo tentando umilmente una comprensione globale delle per- sone, dei loro aspetti psicologici, cognitivi, affettivi, sociali, storici, per proporre nuovi significati e, attraverso essi, un cambiamento della persona e della società. La comprensione del contesto non è fine a se stessa, ma funzionale all’assun- zione di una decisione di cambiamento, di rinnovamento individuale e sociale. È funzionale all’elaborazione di un progetto. Il contesto in cui una persona vive è sempre un contesto culturale. La cultura, nella sua multiformità, rappresenta l’insieme dei significati che i gruppi umani at- tribuiscono alla realtà ed ai fenomeni nel corso del tempo e che trasmettono ai di- scendenti. Il “culturale”, cioè tutto ciò che riguarda le scelte storicizzate di un gruppo, traspira da ogni parte e caratterizza tutti gli aspetti del sociale: i modi di vita, il la- voro, la politica, l’educazione. Ognuno ha bisogno di vivere in una cultura intesa come linguaggio comune attraverso cui capire il contesto, porre limiti, stabilire di- ritti e doveri, trasmettere conoscenze e atteggiamenti. Potremmo dire che la cultura costituisce la chiave di lettura di un contesto e, quindi, delle persone che in quel contesto vivono e da cui traggono la propria “identità storico – sociale”. La crescita delle generazioni future avviene attraverso la trasmissione di tale eredità e la trasmissione frammentaria di questa cultura determina la creazione di gruppi marginali. Per convinzione largamente diffusa, la formazione professionale, almeno quella iniziale (indirizzata ai ragazzi che devono ancora assolvere il diritto-dovere all’istruzione e formazione), è rivolta a quella parte della popolazione giovanile al margine della società, a rischio di esclusione sociale (quando non anche a rischio di devianza), con difficoltà nell’apprendimento o, comunque, con scarse attitudini allo studio o con una abilità prevalentemente manuale. Dietro questa convinzione si nasconde un pregiudizio culturale che finisce col dividere le persone in buone e cattive, in brave e incapaci. In realtà, la formazione professionale erogata secondo il carisma di San Gio- vanni Bosco opera per vocazione, per scelta in contesti marginali, caratterizzati da una cultura frammentaria (talvolta da una non cultura), povera e precaria. Don Bosco, che ispira il lavoro educativo del CFP salesiano, considerava de- stinatari privilegiati della propria azione educativa i giovani, in special modo quella parte della gioventù, più al margine, in pericolo, a rischio di disagio o di devianza. Per primo egli vide la formazione al lavoro come uno strumento, una via per la formazione integrale della persona come “buon cristiano e onesto cittadino”. Potremmo quasi dire che per primo Don Bosco assunse una visione sistemica della formazione professionale, considerando la formazione al lavoro come via per 23 la crescita integrale della persona. Questo necessariamente impone – all’educatore come al progettista (di interventi formativi) – di imparare a dialogare con gli altri aspetti della vita di una persona interrogando il contesto in cui la persona vive (fa- miglia, ambiente extrascolastico e periscolastico, territorio) e interrogandosi sul le- game tra la crescita della persona in formazione e il contesto di riferimento. 24 24 Non a caso l’UE ha scelto come motto simbolico del cammino comune “unità nella diversità”. 25 Conclusioni presidenza del Consiglio dell’Unione europea, Consiglio straordinario di Lisbona, 21-23 marzo 2000. Capitolo 2 La memoria storica per la ricerca delle coordinate legislative Mariapia LOCAPUTO 1. Parola d’ordine: integrazione Il percorso di modernizzazione del sistema educativo italiano, che muove i suoi passi all’interno delle sfide e delle strategie di sviluppo declinate dall’Unione Europea, si articola intorno ad alcuni valori che costituiscono le chiavi di lettura e di interpretazione del processo di trasformazione culturale – e non solo – attual- mente in atto in Italia come nel resto dell’Europa. Gli atti di indirizzo e quelli normativi elaborati a livello nazionale come a li- vello europeo muovono intorno ai significati profondi delle parole “integrazione”, “modernizzazione”, “coesione”, “globalizzazione” Seppur tutti questi vocaboli richiamano al concetto di cambiamento, questo è maggiormente evidente e rilevante nel termine “integrazione”. Gli ultimi decenni hanno visto la nascita dell’Unione Europea come confedera- zione di stati, come comunità sovranazionale chiamata a perseguire interessi comuni per la crescita e lo sviluppo del Vecchio Continente, nel rispetto e nella conservazione dell’identità e della cultura dei singoli Stati24. Avviare un processo di coesione, di integrazione, e di crescita nell’ottica della globalizzazione, vuol dire non semplicemente perseguire le stesse mete, ma cam- minare insieme, attuando politiche di intervento comuni e condivise finalizzate a ridurre le disparità economiche e sociali fra le regioni europee e i loro abitanti, facendo sì che l’Europa diventi “l’economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulle conoscenze, capace di una crescita economica sostenibile con più posti di lavoro, più qualificati e con una maggiore coesione sociale 25”. L’integrazione, alla base dei processi di cambiamento (sociale, culturale ed economico) in atto in Europa, è espressione di democrazia, conquista di civiltà e una ricchezza da coltivare a tutti i livelli. 25 26 Il concetto di integrazione è centrale in sociologia. Per la teoria sociologica, la società, tutta nel suo complesso, è per natura integrata. Le forze, le parti che compongono il sistema sociale sono inter- dipendenti tra di loro per loro natura tese all’equilibrio e all’integrazione. Ma cosa significa integrazione? Nonostante l’ampio ricorso al termine integrazione e le numerose esperienze che si sono sviluppate al riguardo, a livello micro e macro, manca ancora una “teo- ria” dell’integrazione. Nel parlare generalmente di integrazione si intende la necessità di rapportarsi con gli “altri”: altre culture, altri sistemi e modi di agire e/o pensare per arricchirsi reciprocamente, senza perdere la propria identità e specificità. L’integrazione è un concetto prevalentemente sociologico comprendente diver- se sfaccettature. In sociologia 26 l’integrazione è vista come un processo attraverso cui un si- stema (una comunità di stati, di istituzioni, di persone) acquista e conserva unità strutturale e funzionale, pur mantenendo la differenziazione degli elementi. In genere l’integrazione si fonda sul consenso libero delle persone sociali che accettano la piattaforma che sta alla base dell’unificazione del comportamento; ma spesso sono leggi e norme esplicite, pressioni esterne, condizioni transeunti ed in- teressi momentanei a fondarla e giustificarla. Vale la pena di sottolineare come l’integrazione comporti (mediante un ipoteti- co libero consenso) l’accettazione di una piattaforma di valori (una meta comune) definite “consensualmente”. Spinta dall’Europa, e associata alla localizzazione, l’integrazione si configura, quindi, come una strategia per perseguire obiettivi comuni a diverse politiche, ine- renti la salute, l’occupazione, l’abitare, la protezione sociale, lo sviluppo locale, le quali combinandosi tra loro, convergono in interventi congiunti su un territorio comune. Queste convergenze e combinazioni tra materie e istituzioni diverse, determi- nano una ridefinizione continua delle materie stesse e delle competenze relative, al fine di creare forme di cooperazione, accordo, e quindi integrazione tra attori diversi. L’integrazione così intesa opera su diversi livelli: sul terreno delle pratiche, del- le agenzie e degli interventi, su quello gestionale delle scelte tecnico-amministrati- ve, ed infine, sul terreno istituzionale, delle responsabilità politico-amministrative. Per quanto più specificamente interessa il presente lavoro, l’integrazione tra l’istruzione e la formazione professionale ha assunto – in Europa come in Italia – progressiva centralità negli orientamenti e nelle scelte di politica scolastica e formativa in ossequio all’obiettivo condiviso di sostenere il processo di ammoder- namento dei sistemi dell’Istruzione e della Formazione, integrandoli e articolandoli in filiere ad alta specializzazione che forniscano occasioni formative lungo tutto l’arco della vita dei cittadini (long life learning). 26 27 Consiglio europeo straordinario di Lisbona, 23 – 24 marzo 2000, Bollettino UE 3-2000. Questo cammino di modernizzazione – auspicato nel nostro Paese, ma già in atto in Europa – ha come obiettivo prioritario quello di affermare il diritto di citta- dinanza formativa che amplia e consolida il tradizionale diritto all’istruzione, ed è presupposto alla effettiva possibilità di esercizio dei diritti socioeconomici, così come civili e politici. Lo sviluppo dell’integrazione fra formazione, educazione e lavoro sta diven- tando un riferimento crescente in molti progetti e molte attività. Creare però dei servizi integrati, non solo sulle tematiche, ma anche fra i soggetti che ad essi afferi- scono, è ancora un processo da compiersi. Gli enti aderenti al Progetto Integrazione 2003 della Regione Puglia hanno ispirato alla logica dell’integrazione la loro collaborazione e il loro percorso di for- mazione dei formatori che in questo lavoro viene raccontato. 2. Lo scenario dell’Unione Europea Le tecnologie dell’informazione, informatiche e telematiche, hanno provo- cato nell’ultimo decennio una radicale transizione sociale verso nuove forme di organizzazione dando così vita a quella che oggi viene indicata come “società della conoscenza”. I micro-processori stanno inducendo sotto i nostri occhi una “rivoluzione globa- le” dagli esiti non ancora chiari ed estesi, non solo alla produzione e alla comunica- zione sociale, ma anche ai modi di vita e all’esistenza individuale, familiare, e socia- le. Si sono accresciute enormemente le opportunità di accedere all’informazione e al sapere, ma d’altra parte si richiedono adattamenti e competenze nuove che, laddove manchino, possono provocare emarginazione ed esclusione sociale. Di fronte alla svolta epocale risultante dalle sfide della globalizzazione e della nuova economia basata sulla conoscenza, l’Unione Europea si è interrogata sulle strategie da attivare per favorire la crescita e la competitività dei paesi europei. In particolare, il capitale umano, inteso come l’insieme della conoscenze, ca- pacità e competenze dei singoli individui, è considerato dalle più recenti politiche comunitarie come la principale risorsa di cui disponiamo per il progresso e lo svi- luppo, pertanto la sua valorizzazione è ritenuta determinante sotto il profilo della qualità della vita, dell’occupazione, della coesione sociale e della competitività. Grazie a tale politica, negli ultimi anni, gli Stati membri e la Commissione hanno operato congiuntamente al fine di elaborare una strategia atta a migliorare i sistemi di istruzione e formazione europei e a dare attuazione al principio della for- mazione lungo tutto l’arco della vita. Iniziando dal Consiglio di Lisbona del marzo 200027, passando per quelli di Stoccolma e di Barcellona, per lo studio di Maastricht del 2004, fino a giungere 27 28 Decisione n. 1720/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che stabilisce un programma d’azione nel settore dell’istruzione e della formazione durante l’intero ar- co della vita. 29 Consiglio europeo straordinario di Lisbona, 23 – 24 marzo 2000, Bollettino UE 3-2000. alla raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo del 15 novembre 200628, sono state individuate le strategie da attivare per raggiungere l’obiettivo che vede l’Europa entro il 2010 come “l’economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulle conoscenze, capace di una crescita economica sostenibile con più posti di lavoro, più qualificati e con una maggiore coesione sociale”. 2.1 La strategia di Lisbona Una tappa fondamentale dell’attuale processo in tema di politiche educative è rappresentata dalla strategia formulata a Lisbona29 (marzo 2000) con la quale l’Unione europea si è data l’obiettivo di fare dei suoi sistemi di istruzione e di for- mazione un “punto di riferimento per la qualità a livello mondiale entro il 2010”. A Lisbona nel 2000 l’UE ha identificato nell’istruzione e nella formazione due strumenti essenziali per assicurare e sviluppare l’occupabilità, la coesione sociale e la realizzazione personale e professionale dei cittadini, svolgendo in tal modo un ruolo fondamentale nel perseguimento del traguardo che l’UE si è data per il 2010 di diventare l’economia basata sulla conoscenza più dinamica del mondo. In questo contesto, “lo sviluppo di un’istruzione e di una formazione professio- nale di qualità elevata è un elemento cruciale e parte integrante di tale strategia, se- gnatamente per quanto riguarda la promozione dell’inclusione sociale, della coesione, dell‘occupabilità e della competitività” (Consiglio dell’Unione Europea, 2002, 3). Di fronte alla complessità e alle novità offerte dalle nuove tecnologie e dai processi di globalizzazione, appare urgente che le persone vengano abilitate a ge- stire situazioni complesse dagli sviluppi imprevedibili, a confrontarsi con una cre- scente differenziazione, culturale, etnica e religiosa, a saper utilizzare le risorse of- ferte dalle tecnologie della informazione e comunicazione (TIC), a sapersi distri- care e prendere posizione rispetto alla molteplicità di informazioni frammentarie e al “conflitto delle interpretazioni”, che vengono diffuse dal sistema della comunica- zione sociale. All’istruzione e alla formazione si chiede che apra la strada all’intelligenza del mondo, fornendo gli strumenti e le competenze necessarie per leggere la realtà, orientarsi in essa, comprenderla anche in funzione creativa, sapendo dare un giu- dizio soppesato e ragionato su fatti, eventi, persone, situazioni, spesso inattese e ipoteticamente anche conflittuali. Nell’ottica espressa, il rafforzamento del sistema di istruzione e della forma- zione costituisce la chiave di volta per realizzare una crescita durevole del nostro continente. 28 30 Relazione del Consiglio “Istruzione”, al Consiglio europeo, sugli “Obiettivi concreti futuri dei sistemi d’istruzione e formazione“ [5680/01 EDU 18 - Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale]. Basandosi sui contributi degli Stati membri, la Commissione e il Consiglio hanno definito un certo numero di obiettivi comuni per il futuro, nonché il modo in cui i sistemi di istruzione e di formazione dovrebbero contribuire al raggiungi- mento dell’obiettivo strategico definito a Lisbona. Il Consiglio30 ha concentrato la sua attenzione sui tre obiettivi fondamentali: 1) Migliorare la qualità dei sistemi d’istruzione e di formazione L’istruzione e la formazione rappresentano uno strumento privilegiato di co- esione sociale e culturale, nonché uno strumento economico considerevole, desti- nato a migliorare la competitività e il dinamismo dell’Europa. Migliorare la “qualità” del predetto sistema implica: – migliorare la qualità della formazione degli insegnanti e degli addetti alla formazione; – riservare uno sforzo particolare all’acquisizione delle competenze di base che devono essere attualizzate per poter rispondere alle esigenze di sviluppo della società della conoscenza; – migliorare l’attitudine dei cittadini a leggere, a scrivere e a effettuare calcoli, in particolare per quanto riguarda le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le competenze trasversali (ad esempio: imparare ad ap- prendere, lavorare in équipe); – migliorare la qualità delle attrezzature nelle scuole e negli istituti di forma- zione, con un’ottimale utilizzazione delle risorse; – migliorare la corrispondenza fra le risorse e i bisogni, consentendo agli isti- tuti scolastici di realizzare nuove partnership che possano aiutarli nello svolgimento del loro nuovo ruolo, più diversificato che in precedenza. 2) Facilitare l’accesso di tutti all’istruzione e alla formazione Il modello sociale europeo di coesione sociale deve poter consentire a tutti i cittadini di accedere ai sistemi d’istruzione e di formazione formali e non formali, facilitando segnatamente il passaggio da un settore d’istruzione ad un altro (ad esempio dalla formazione professionale all’insegnamento superiore), dall’infanzia all’età matura. L’apertura dei sistemi d’istruzione e di formazione accompagnata da uno sforzo per rendere più invitanti tali sistemi, e per adattarli ai bisogni dei diversi gruppi destinatari, può svolgere un ruolo importante nella promozione di una citta- dinanza attiva, di una parità di opportunità e di una coesione sociale durevole. 3) Aprire l’istruzione e la formazione sul mondo Questo obiettivo comprende da una parte la costruzione dello spazio europeo dell’istruzione e della formazione tramite la mobilità e tramite l’insegnamento delle 29 31 Libro Bianco su Istruzione e Formazione: “Insegnare ad apprendere – verso la società conosci- tiva” – COM (95) 590, novembre 2005 32 Riunione di Copenaghen del 29-30 novembre 2002. lingue straniere da un lato, dall’altro il potenziamento dei collegamenti con il mondo del lavoro, della ricerca e della società civile nel suo insieme. Il raggiungimento di questi macro obiettivi comporta l’adozione da parte degli Stati membri di politiche nel campo educativo e sociale volte, tra l’altro, ad aumen- tare il numero dei cittadini europei con un diploma di scuola secondaria di II grado e a ridurre considerevolmente la percentuale di dispersione scolastica e formativa attraverso la promozione di complesse opere di ammodernamento dei sistemi di istruzione e formazione nazionali. Un ulteriore passo avanti, nella realizzazione del programma, è stato compiuto con il Consiglio Europeo di Stoccolma del marzo 2001 rispetto agli obiettivi futuri e concreti dei sistemi di istruzione e di formazione e con il Consiglio Europeo di Barcellona del marzo 2002 dove è stato riconosciuto il sistema dell’istruzione e della formazione come sfera prioritaria fondamentale della strategia di Lisbona. L’istruzione e la formazione si presentano come la carta vincente, per promuo- vere uno sviluppo per quanto possibile organico, armonico ed autentico a tutti i livel- li della vita, contrastando la povertà, impedendo l’esclusione, evitando lo scontro tra i popoli e le nazioni, lottando contro l’oppressione, la dominazione e la guerra come soluzione dei conflitti o delle esigenze di sviluppo. Tutto ciò si pone in continuità con il Libro Bianco del 1995 secondo il quale la “scuola rimane lo strumento insosti- tuibile dello sviluppo personale e dell’inserimento sociale di ogni individuo ...”31, perché “la qualità dell’istruzione e della formazione è diventata essenziale per la competitività dell’Unione Europea e per il mantenimento del suo modello sociale”. I documenti dell’UE sembrano proporre sei finalità irrinunciabili per l’istruzione e la formazione europea: – l’apprendimento lungo l’intero arco dell’esistenza; – la realizzazione della cittadinanza attiva mediante il riconoscimento dei di- ritti civili e sociali di tutti senza l’esclusione di nessuno; – la competitività nel quadro di un’economia basata sulla conoscenza e globa- lizzata; – la sussidiarietà orizzontale e verticale; – la centralità dell’istruzione e della formazione professionale per la promo- zione dell’inclusione sociale, della coesione, dell’occupabilità e della com- petitività; – la rilevanza dell’esperienza nei processi di apprendimento-insegnamento. Nel novembre del 2002, infine, con la Dichiarazione di Copenaghen32, i Mini- stri dell’istruzione e formazione professionale degli Stati membri dell’UE, dei paesi dell’EFTA/SEE e dei paesi candidati (i paesi partecipanti) dalla Commissione europea e dalle parti sociali europee, si sono impegnati, ancora una volta, a pro- 30 muovere una maggiore cooperazione in materia di istruzione e formazione profes- sionale, quale strategia atta a migliorare i risultati, la qualità e l’attrattiva dell’istru- zione e formazione professionale in Europa. 2.2 Verso il 2010 La verifica di metà percorso dei progressi compiuto dagli Stati membri ha ri- levato le difficoltà o in alcuni casi l’impossibilità di raggiungere entro il 2010 gli obiettivi prefissati e reso necessario una ridefinizione degli obiettivi e delle stra- tegie per realizzarli. Constatato il rallentamento nella creazione di posti di lavoro e l’insufficienza degli investimenti da parte degli Stati membri nel settore della ricerca e dello svi- luppo, l’UE ha preferito concentrare l’attenzione sulle azioni da svolgere per realiz- zare gli obiettivi prefissati. La data del 2010 e gli obiettivi riguardanti i diversi tassi di occupazione non vengono quindi più presentati come priorità, mentre vengono rilanciate le priorità politiche, segnatamente in materia di crescita e di occupazione. L’Unione europea considera una priorità per il suo sviluppo il miglioramento qualitativo e il rafforzamento dei sistemi di istruzione e formazione professionale degli Stati membri. Questa priorità è stata ribadita anche dal Comunicato di Maa- stricht del 14 dicembre 2004, che ha indicato la necessità di una maggiore coope- razione europea in materia di Vocational Education and Training (VET), indivi- duando anche gli impegni che gli Stati membri devono assumere e le azioni da compiere. In particolare, a Maastricht, i Ministri responsabili dell’istruzione e formazione professionale di 32 paesi europei, le parti sociali europee e la Com- missione Europea hanno deciso di rafforzare la loro cooperazione con l’obiettivo - ancora una volta dichiarato - di: – modernizzare i sistemi di istruzione e formazione professionale affinché l’economia dell’Europa diventi la più competitiva – offrire a tutti gli europei - giovani, lavoratori anziani, disoccupati, persone svantaggiate - le qualifiche e le competenze necessarie per integrarsi piena- mente nella emergente società della conoscenza, contribuendo così a creare nuovi e migliori posti di lavoro. Nel contesto del rilancio della strategia di Lisbona, il Consiglio europeo della primavera 2005 ha indicato nel capitale umano l’attivo più importante per l’Europa e di conseguenza ha invitato gli Stati membri a raddoppiare gli sforzi per migliorare il livello generale dell’istruzione e ridurre il numero di giovani che abbandonano prematuramente la scuola, in particolare attuando il programma di lavoro «Istruzione e formazione 2010» elaborato conformemente alla strategia di Lisbona fin qui citata. Il Consiglio europeo ha inoltre sottolineato che l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita costituisce una condizione imprescindibile per il raggiungimento 31 degli obiettivi di Lisbona anche attraverso una intensa opera di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione. L’obiettivo del programma d’azione nel settore dell’istruzione e della forma- zione durante l’intero arco della vita 2007-2013 è quello di sviluppare e di poten- ziare gli scambi, la cooperazione e la mobilità, affinché i sistemi di istruzione e di formazione divengano un riferimento di qualità mondiale (così come previsto dalla strategia di Lisbona). Il programma contribuisce così allo sviluppo della Comunità come società della conoscenza avanzata, caratterizzata da uno sviluppo economico sostenibile accompagnato da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occu- pazione, come pure da una maggiore coesione sociale. Al di là di tale obiettivo di portata generale, il programma persegue obiettivi specifici riguardanti l’istruzione e la formazione durante l’intero arco della vita nel- l’UE che consistono: � nel contribuire allo sviluppo di un insegnamento e di una formazione di qualità, nonché alla promozione di un livello di prestazioni elevato, all’in- novazione e al miglioramento della dimensione europea, nonché al miglio- ramento dei sistemi e delle procedure esistenti; � nel favorire la realizzazione di uno spazio europeo dedicato all’istruzione e alla formazione permanente; � nel contribuire a migliorare la qualità, l’accessibilità e l’attrattiva delle pos- sibilità d’istruzione e di formazione; � nel potenziare il loro contributo alla coesione sociale, alla cittadinanza at- tiva, al dialogo interculturale, alla parità fra donne e uomini e allo sviluppo personale; � nel contribuire a promuovere la creatività, la competitività, la capacità d’inserimento professionale e il potenziamento dello spirito d’iniziativa e dell’imprenditorialità; � nel contribuire ad incrementare la partecipazione delle persone di tutte le età, ivi comprese le persone aventi particolari esigenze e i gruppi svantag- giati; � nel promuovere l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica; � nel sostenere lo sviluppo degli strumenti offerti dalle tecnologie dell’infor- mazione e della comunicazione (TIC); � nel potenziare la creazione di un sentimento di cittadinanza europea nel ri- spetto dei valori europei e della tolleranza, nonché nel rispetto dei popoli e delle culture; � nel promuovere la cooperazione in materia di garanzia della qualità in tutti i settori dell’istruzione e della formazione; � nel contribuire alla qualità favorendo l’utilizzazione ottimale dei risultati, dei prodotti e dei processi innovativi, nonché lo scambio delle buone prassi. La coerenza e la complementarità di tali obiettivi con le politiche dell’UE re- golano l’attuazione del programma d’azione. Questo, deve contribuire alla realizza- 32 33 In Italia, la dicotomia, e la netta separazione tra istruzione e formazione professionale hanno radici storiche e culturali molto antiche, ribadite e rafforzate dalla riforma della scuola italiana operata in epoca fascista da Giovanni Gentile e mai completamente abiurata bensì semplicemente mitigata in epoche più recenti. Se La Riforma Gentile inquadrava la scuola articolandola su tre canali: uno di serie A, il liceo classico, uno di serie B costituito dal liceo scientifico e dagli istituti tecnici, uno di serie C composto dalle scuole e dagli istituti professionali, questa tripartizione e questa contrapposizione è andata smus- sandosi nel tempo per quanto attiene i licei e gli istituti tecnici (che sono andati sempre più “licealiz- zandosi”), rimanendo e accentuandosi rispetto alla Formazione Professionale. Così, mentre nelle altre parti del mondo e dell’Europa, il positivismo, l’evoluzionismo darwi- niano, lo strumentalismo Deweyano portavano ad esaltare la formazione tecnica e professionale, fon- data sullo studio empirico e sul metodo scientifico, in Italia, accadeva esattamente l’opposto. Il liceo, e il liceo classico in particolare, veniva assunto a modello di scuola, paradigma della formazione culturale dell’uomo. Nella Costituzione italiana, l’istruzione e la formazione diventano un diritto soggettivo delle persone. Ma mentre il diritto all’istruzione viene contemplato nella Parte I, al Titolo II, tra i diritti so- ciali (all’art. 34 co. 2. “L’istruzione inferiore impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gra- tuita”) il diritto alla formazione professionale viene enunciato nella Parte I, Titolo III, tra i diritti eco- nomici (art. 35 c. 2 cost). Si riferisce, perciò, alla “formazione e all’elevazione professionale” che si svolge nelle aziende, non al servizio della maturazione integrale della persona, ma al servizio del la- voro, che ha come fine il miglioramento dei processi lavorativi aziendali che coinvolgono l’imprenditore e il miglioramento della posizione professionale e retributiva del lavoratore. In questo modo anche all’interno della Costituzione italiana e fino ad oggi è stata conservata la dicotomia e la contrapposizione culturale e ideologica tra istruzione e formazione, tra scuola e forma- zione professionale. (G. Bertagna, Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e for- mazione professionale. Note storiche, pedagogiche e ordina mentali, in Rassegna CNOS n. 03/2004 pp 24-55). zione delle politiche orizzontali dell’UE tenendo conto delle esigenze specifiche di coloro i quali attraversano una fase di apprendimento, integrandoli ulteriormente nel sistema tradizionale dell’istruzione e della formazione. Il programma deve parimen- ti sostenere la parità tra le donne e gli uomini, nonché la presa di coscienza della di- versità culturale e linguistica e del multiculturalismo quale strumento di lotta contro il razzismo, i pregiudizi e la xenofobia. 3. Il quadro giuridico – normativo italiano: tra storia e prospettive Nel 2000, il Consiglio europeo di Lisbona ha individuato nella costruzione di una società avanzata basata sulla conoscenza il fondamento della strategia di svilup- po dell’Unione, affidando ai paesi membri il compito di darne piena attuazione en- tro il 2010. La comprensione della Strategia di Lisbona da parte dell’Italia ha preso le mos- se dalla consapevolezza della necessità di recuperare competitività innovando il no- stro attuale sistema di istruzione e formazione professionale. La scuola italiana – e con questa accezione intendiamo riferirci al sistema di istruzione e formazione professionale nel suo insieme – vive un processo di riforma istituzionale, ma ancor prima culturale33 da oltre un decennio, che ha impegnato di- versi Governi e un certo numero di pedagogisti, sociologi, tecnici della scuola. 33 � Verso il cambiamento Un primo tentativo di riforma ha avuto luogo nel 1997 con la legge delega n. 59 sul conferimento di funzioni e compiti alle regioni per la riforma della Pubblica Am- ministrazione (P.A.) e la semplificazione amministrativa (Riforma Bassanini che opera una prima devolution in applicazione del principio di sussidiarietà) attuata con il d.P.R. n. 275/99 e con la legge 196 di “riordino” della Formazione Professionale (art. 17). Si tratta di interventi che non si collocano nell’ordine di una riforma di si- stema, ma che intervengono per via non diretta nel campo della istruzione e della formazione professionale in vista di una loro integrazione. Per quanto riguarda più direttamente l’istruzione, la legge delega n. 59/97 in- troduce il principio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche intesa come auto- nomia progettuale, organizzativa e didattica. Con l’autonomia progettuale, organizzativa e didattica le singole scuole auto- nome si vedono affidare il compito di predisporre una offerta educativo – didattica e di servizi (Piano dell’Offerta Formativa) a misura delle esigenze riscontrabili nella specifica realtà locale di appartenenza. La scuola non si concepisce più come una indistinta unità del sistema scola- stico nazionale, chiamata a fornire un servizio quanto più possibile omogeneo e in- differenziato, di tipo applicativo rispetto alle direttive del centro, ma è sollecitata a rafforzare la propria identità culturale e progettuale confrontandosi con la comu- nità di appartenenza. Con i “curricoli” elaborati localmente dalle scuole viene meno la centralità dei “Programmi Nazionali” elaborati dal Ministero. Sul piano didattico l’autonomia ha comportato il superamento di una conce- zione esecutiva della attività didattica, che vedeva gli insegnanti impegnati ad ap- plicare i Programmi, sia nella loro formulazione ufficiale, sia nella interpretazione datane dai manuali scolastici. I docenti, attraverso lo strumento della programma- zione, più che esecutori, divengono interpreti, non preoccupati di svolgere l’intera serie di contenuti previsti, ma di scegliere, prestando una grande attenzione alla realtà nella quale operano. Nel campo della Formazione Professionale, la legge 196 del 1997 introduce un nuovo concetto di Formazione. L’art. 1 comma 2 della legge 845/78, che ha introdotto nel nostro ordina- mento la “formazione professionale” affidata alla competenza esclusiva delle Re- gioni, affermava che essa doveva essere “strumento della politica attiva del la- voro”, svolgersi “nel quadro degli obiettivi della programmazione economica” e, infine, tendere “a favorire l’occupazione, la produzione e l’evoluzione dell’organiz- zazione del lavoro in armonia con il progresso scientifico e tecnologico”. La funzionalità della “formazione professionale” regionale alle politiche at- tive del lavoro non poteva essere più chiara. 34 34 Tra l’altro l’art. 17 della predetta legge n. 196/1997 titolato “Riordino della formazione profes- sionale” prevede che 1. Allo scopo di assicurare ai lavoratori adeguate opportunità di formazione ed elevazione profes- sionale anche attraverso l’integrazione del sistema di formazione professionale con il sistema scolasti- co e con il mondo del lavoro e un più razionale utilizzo delle risorse vigenti, anche comunitarie, desti- nate alla formazione professionale e al fine di realizzare la semplificazione normativa e di pervenire ad una disciplina organica della materia, anche con riferimento ai profili formativi di speciali rapporti di lavoro quali l’apprendistato e il contratto di formazione e lavoro, il presente articolo definisce i se- guenti princìpi e criteri generali, nel rispetto dei quali sono adottate norme di natura regolamentare co- stituenti la prima fase di un più generale, ampio processo di riforma della disciplina in materia: a. valorizzazione della formazione professionale quale strumento per migliorare la qualità del- l’offerta di lavoro, elevare le capacità competitive del sistema produttivo, in particolare con riferimento alle medie e piccole imprese e alle imprese artigiane e incrementare l’occupazione, attraverso attività di formazione professionale caratterizzate da moduli flessi- bili, adeguati alle diverse realtà produttive locali nonchè di promozione e aggiornamento pro- fessionale degli imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei soci di cooperative, secondo moda- lità adeguate alle loro rispettive specifiche esigenze; b. attuazione dei diversi interventi formativi anche attraverso il ricorso generalizzato a stages, in grado di realizzare il raccordo tra formazione e lavoro e finalizzati a valorizzare pienamente il momento dell’orientamento nonchè a favorire un primo contatto dei giovani con le imprese; c. svolgimento delle attività di formazione professionale da parte delle regioni e/o delle province anche in convenzione con istituti di istruzione secondaria e con enti privati aventi requisiti predeterminati; d. […]. La legge n. 196/9734 vede la FP come una sommatoria di interventi formativi funzionali al mercato territoriale e ai bisogni di formazione e di elevazione profes- sionale dei lavoratori. Per la prima volta la legge riconosce la possibilità di creare forme di integra- zione tra sistema di formazione professionale, sistema scolastico e mondo del la- voro, ma non riconosce alla Formazione Professionale la funzione di educazione “globale” della persona. Rimane, dunque, sostanzialmente ferma la dicotomia tra formazione culturale e umana, nel sistema scolastico, e formazione professionale funzionale al lavoro e ai bisogni formativi del territorio, nel sistema della formazione professionale. Più oltre, la riforma c.d. Berlinguer che stabilisce l’innalzamento dell’ob- bligo scolastico a 15 anni e introduce l’obbligo formativo fino a 18 anni, ha accen- tuato la contrapposizione tra istruzione e formazione, privilegiando nella sostanza una formazione di tipo scolastico tradizionale. Infatti, mentre, da un lato, l’art. 1, comma1, afferma solennemente che “il si- stema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valo- rizzazione della persona umana”, e, quindi lascia prefigurare, sebbene con qualche forzatura, l’afferenza possibile della “formazione professionale” svolta entro il di- ciottesimo anno nell’alveo dei diritti di carattere etico-sociale del cittadino, dal- l’altro (art. 1, comma 2) disconferma questa possibilità a) ribadendo che “il sistema educativo di formazione (professionale, n.d.a.) si realizza secondo le modalità previste dalla legge 24 giugno 1997 n. 196 e 35 35 Dal punto di vista giuridico e ordinamentale, l’affermazione del principio di sussidiarietà, al centro della rivoluzione copernicana in atto in Italia a partire dalla metà degli anni ’90 – anche ispi- rato dal Trattato di Maastricht del 1992 - implica che i compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica devono essere affidati alle strutture più vicine alla cittadinanza, lasciando alle strutture am- ministrative sovraordinate soltanto quelle funzioni che, per loro natura, non possono essere svolte lo- calmente. Di guisa che, per quanto attiene il sistema dell’istruzione e formazione professionale di cui ci si sta occupando lo Stato, nella sua veste sussidiaria rispetto alla Regione, determina solo le norme ge- nerali e l’indicazione dei principi generali in materia di istruzione, mentre alle Regioni, in quanto enti più vicine ai cittadini spetta la competenza esclusiva a legiferare in materia di istruzione e formazione professionale. Nella nuova configurazione istituzionale lo Stato svolge in particolare tre funzioni: - governa unitariamente il sistema educativo nazionale; - controlla la qualità complessiva del sistema educativo di istruzione e formazione; - interviene con provvedimenti perequativi (finanziari e/o tecnici). Viene particolarmente valorizzato il ruolo programmatico e di coordinamento gestionale degli enti territoriali. Le disposizioni normative, con particolare riguardo all’articolo 117 della modificata Costitu- zione dispongono che Stato e Regioni da una parte, Regioni, enti territoriali ed istituzioni scolastiche dall’altra, collaborino per elaborare una politica formativa coerente con le specificità del territori. Tale politica formativa dovrà comunque essere nello stesso tempo unitaria e coordinata con le politiche formative nazionali. dalla legge 17 maggio 1999 n. 144”, norme, come si è visto, esplicitamente improntate al funzionalismo economicistico, non ad una prospettiva squisi- tamente educativa; b) attribuendo anche al “sistema educativo di istruzione” il fine di sviluppare “conoscenze, capacità e competenze, generali e di settore …, adeguate al- l’inserimento … nel mondo del lavoro anche con riguardo alle specifiche realtà territoriali”, volte, cioè, all’inserimento immediato nella produzione aziendale, quasi a far coincidere anche in linea teorica fini economici e fini pedagogo-educativi. Solo la riforma costituzionale del 2001 e più ancora la c.d. Riforma Moratti del 2003 hanno aperto la strada a una equiparazione dei due sottosistemi del si- stema educativo secondo una prospettiva personalista. � La nascita del (sotto)sistema educativo di istruzione e formazione profes- sionale La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il Titolo V della nostra Costituzione Repubblicana, nel senso della devolution e in piena attuazione del principio di sussidiarietà35, per la prima volta nella storia del nostro ordinamento, distingue tra “istruzione”, a legislazione concorrente tra Stato e Regioni (salvo che per le “norme generali” e i “principi fondamentali” che restano alla legislazione esclusiva dello Stato) e “istruzione e formazione professionale” a legislazione esclu- siva regionale. 36 Tralasciando l’organizzazione del primo ciclo, a cui è dedicato, in attuazione della riforma, il d. legisl. n. 19 febbraio 2004, n. 59 “Definizione delle norme gene- rali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma del- l’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53”. (G. U. n. 51 del 2 marzo 2004 - Suppl. Ord. n. 31), e che non è oggetto del nostro lavoro, il secondo ciclo del sistema educativo si articola in due (sotto)sistemi a cui il legislatore ha attribuito pari dignità. Infatti, all’art. 1, co. 1 ha affermato solennemente che sia il “sistema educativo di istruzione” a cui appartengono i licei sia il “sistema educativo dell’istruzione e formazione professionale” a cui afferiscono ciò che oggi si potrebbe indicare come la maggior parte degli istituti tecnici e professionali, oltre che i CFP regionali, rag- giungono i propri scopi sociali ed economici solo se hanno come fine “la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di auto- La legge delega 28 marzo 2003, n. 53, più nota come Riforma Moratti, che ha creato in Italia il “sistema” educativo di istruzione e formazione, prendendo atto di queste disposizioni, ha interpretato l’“istruzione” come l’ambito del sistema educa- tivo contenente la scuola dell’infanzia, la scuola primaria, la scuola secondaria di I grado e i licei, e l’“istruzione e formazione professionale” come l’ambito del si- stema educativo nazionale a cui riferire tutta quella ricca serie di istituti di istru- zione professionale e formazione professionale, nati per corrispondere alle esigenze formative più tecnico-professionali dei ragazzi dai 14 in avanti, fino alla maggiore età e poi per l’intero corso della vita. Istituti, in altri termini, non riducibili e riconducibili a licei. Quindi, per effetto della Riforma, il Sistema educativo italiano si articola se- condo lo schema che segue: 37 nomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione”. La Riforma e i decreti delegati che ad essa hanno dato attuazione 36, hanno so- stanzialmente equiparato e posto sullo stesso piano i due (sotto)sistemi del sistema educativo. Affermano, infatti, la libertà delle famiglie di operare le scelte educative più rispondenti ai bisogni di crescita della persona in età evolutiva, nella consape- volezza che entrambi i percorsi conducono alla piena maturazione della persona umana, prima ancora che alla sua preparazione culturale e tecnico – professionale. In altri termini, ambedue, pur nella loro diversità, hanno come fine la persona e la sua massima educazione possibile, impiegando a questo scopo, come risorsa, anche il lavoro, senza ridurre l’educazione personale ai soli atti richiesti dall’eser- cizio di un compito lavorativo 37. 38 36 I Decreti legislativi che hanno dato attuazione alla delega operata dal Parlamento in favore del Governo con la legge n. 53/2003 sono stati adottati con una certa sollecitudine già a partire dal 2004 ed hanno dato forma e contenuto ai principi enunciati dalla legge di riforma. In particolare, il nuovo sistema educativo di istruzione e formazione professionale si articola at- tualmente intorno ad alcuni decreti legislativi , oltre che intorno a due fondamentali accordi della Conferenza Unificata Stato – Regioni e un a serie di circolari ministeriali che, tra le altre cose, hanno disciplinato il portfolio delle competenze: - DECRETO LEGISLATIVO 19 febbraio 2004, n. 59 “Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53”. (G. U. n. 51 del 2 marzo 2004 - Suppl. Ord. n. 31) che ha definito e arti- colato il percorso di istruzione relativo al primo ciclo di studi, disciplinando l’organizzazione delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado; - DECRETO LEGISLATIVO n. 286 del 19 novembre 2004 concernente “Istituzione del Servizio Nazionale di valutazione del sistema di istruzione e di istruzione e formazione nonché riordino dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.53” (G.U. n. 282 del 1 dicembre 2004) che nell’istituire l’INVALSI ha intro- dotto una serie di norme in materia di valutazione interna ed esterna sia per il sistema di istru- zione che per quello dell’istruzione e formazione professionale in un ottica ispirata ai principi di qualità enunciati dall’Unione Europea a partire dalla Strategia di Lisbona; - DECRETO LEGISLATIVO n. 77 del 15 aprile 2005, concernente la “Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, ai sensi dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53” (G.U. n. 103 del 5 maggio 2005) che riconosce l’alternanza quale modalità di rea- lizzazione della formazione del secondo ciclo per gli studenti tra i 15 e i 18 anni; - DECRETO LEGISLATIVO n. 76 del 15 aprile 2005 concernente il “Diritto – dovere all’istru- zione e alla formazione, ai sensi dell’art. 2, comma 1 lettera c) della legge 28 marzo 2003, n. 53” (G.U. n. 103 del 5 maggio 2005) che disciplina il diritto – dovere alla istruzione e forma- zione professionale; - DECRETO LEGISLATIVO del 17 ottobre 2005 concernente le “Norme generali e livelli es- senziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione professionale ai sensi della legge 28 marzo 2003 n. 53”; - CONFERENZA UNIFICATA STATO – REGIONI del 15 gennaio 2004 che ha definito gli standard minimi relativi alle competenze di base (area dei linguaggi, scientifica, tecnologica, socio – economica); - CONFERENZA UNIFICATA STATO – REGIONI del 10 ottobre 2006 che ha definito gli stan- dard formativi minimi per le competenze tecnico – professionali. 37 Cfr G. Bertagna, Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e formazione professionale. Note storiche, pedagogiche e ordina mentali, in Rassegna CNOS n. 03/2004 pagg. 24-55 39 38 G. Bertagna, op. cit. Si tratta, insomma, di garantire in tutto il secondo ciclo, ma, viste le sue carat- teristiche tecnico-professionali, particolarmente negli istituti dell’“istruzione e for- mazione professionale”, la condizione che il lavoro e la professione non sono va- lori sociali ed economici in sé, ma lo sono se e solo se alimentano e perfezionano le capacità di ciascuno di ragionare, giudicare, esprimersi, operare, agire bene con gli altri, nella società, scoprire e attribuire significati alla propria vita e al mondo38. I processi e le pratiche di lavoro, professionali e professionalizzanti, devono essere intesi quali mezzi ed occasioni di apprendimento aventi il fine di maturare la dimensione etico-sociale della persona dell’allievo. In altri termini, mezzi ed occa- sioni didattiche saranno finalizzati a promuovere l’educazione, intesa come intelli- genza critica, volontà buona, gusto estetico, responsabilità morale, impegno sociale e civile, espressività artistica e linguistica. � Le novità di maggior rilievo della riforma Il combinato disposto della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, della legge delega n. 53/03 e dei relativi decreti legislativi ha, perciò, ridisegnato non solo un nuovo quadro ordinamentale complessivo del sistema educativo italiano, ma ha introdotto, numerosi elementi di novità. 1) Il Profilo Educativo, Culturale e Professionale (PECUP) Il PECUP, Profilo educativo, culturale e professionale, costituisce uno dei principali riferimenti per l’orientamento pedagogico-didattico della Riforma. Il PECUP delinea ciò che lo studente dovrebbe sapere, saper fare e saper es- sere alla fine del Primo e del Secondo ciclo di studi ed è comune ai sotto-sistemi dei licei e dell’istruzione e formazione professionale. In questa prospettiva cultura e professionalità si dimostrano opportunità e stru- menti per l’educazione della persona nella sua integralità. L’acquisizione di cono- scenze disciplinari, interdisciplinari (il sapere) e abilità operative (il fare), apprese e esercitate nel sistema formale (la scuola), non formale (le altre istituzioni forma- tive) e informale (la vita sociale), si conferma come realmente formativa trasfor- mandosi in competenze personali (saper essere). Il PECUP si propone come strumento di garanzia per promuovere l’integralità della persona sostenendone uno sviluppo armonico, integrale e integrato (affinché ogni allievo sia in grado di affrontare la vita in tutte le sue dimensioni) ed è il rife- rimento principale per l’orientamento degli obiettivi generali e specifici d’apprendimento nella composizione dei Piani di Studio Personalizzati. Obiettivi questi che, declinati a loro volta in obiettivi formativi nelle Unità di Apprendimento si traducono in competenze effettive degli allievi. Se la logica ologrammatica che coglie il tutto anche nella parte anima la nuova filosofia educativa, il principio dell’apertura diventa il principio fondamentale del- l’insegnamento, anche il più particolare, coinvolgendo il docente in un’atmosfera culturale di ampio respiro e invitandolo a ragionare non più in termini di territorio ma di confini, non più della propria disciplina di insegnamento ma della cultura che, in generale, la avvolge e ne autorizza la costituzione e l’essenza. Il coinvolgimento di così alti obiettivi diventa a sua volta corresponsabilità di molteplici figure e istituzioni educative sottolineando l’importanza di ogni grado scolastico e la necessità di un atteggiamento disponibile alla flessibilità organizza- tiva e collaborativa che inquadri i momenti di passaggio in una logica del raccordo e della continuità e nei termini di coordinamento e di sviluppo unitario dei processi formativi interni ed esterni alla scuola. 2) Il Principio della corresponsabilità scuola/cfp e famiglie In linea con i principi dettati dalla nostra Costituzione39, oltre che dalla Dichia- razione dei Diritti del fanciullo40, in ossequio al principio di sussidiarietà41, con la riforma, la famiglia diviene a tutti gli effetti partner della scuola richiedendole, non semplicemente una partecipazione, ma la piena condivisione e partecipazione al progetto educativo 42. Mentre la legislazione precedente riconosceva ai genitori diversi ambiti di re- sponsabilità, ma collocandoli all’esterno dell’azione educativo-formativa della scuola (consiglio di classe, di istituto), l’attuale normativa promuove il protago- nismo della famiglia come componente interna e attiva dell’azione formativa, par- tecipe alla progettazione e gestione di azioni interne al progetto formativo. Nella nuova visione della scuola promossa dalla Riforma, i genitori sono con- siderati partner dei docenti nella costruzione del progetto educativo e l’autonomia 40 39 Nella Costituzione, particolarmente agli artt. 2, 29, 30 e 34 viene messo in luce il diritto dei minori di usufruire di un’educazione, di un’istruzione e di una formazione da parte della famiglia e della scuola; e viene ribadito il dovere e il diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli. 40 Nella Dichiarazione dei Diritti del fanciullo è sottolineata la primaria responsabilità della fa- miglia nell’orientamento e nell’educazione dei figli, sia l’impegno dello Stato a rispettare il diritto e il dovere dei genitori di guidare gli stessi nell’esercizio del diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. 41 Il principio di sussidiarietà (verticale e orizzontale) ha tratto nuovo impulso dalla modifica del Titolo V della Costituzione (legge 3 del 18.ottobre.2001). Il nuovo assetto costituzionale segna il passaggio da una gestione gerarchica della scuola da parte dello Stato ad una gestione poliarchia da parte di tre soggetti rilevanti: lo Stato, che detta le norme generali e i principi fondamentali; le Regioni, che concorrono a determinare gli altri aspetti in materia di istruzione; le singole autonomie scolastiche che elaborano l’offerta formativa concreta. A questi si uniscono le famiglie alle quali è assicurata la libertà di scelta educativa e gli insegnanti ai quali è assicurata la libertà di insegnamento. 42 Nell’art. 1 si legge che la crescita e la valorizzazione di ogni allievo dovrà avvenire “nel ri- spetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio del- l’autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione”. 41 scolastica è chiamata a interloquire costantemente con i genitori. Viene introdotto nelle scuole lo status giuridico del genitore titolare di diritti educativi nella rela- zione con la scuola e con i docenti. La corresponsabilità tra scuola e famiglia viene oggi identificata come uno dei principali fattori protettivi per lo sviluppo personale e scolastico dei ragazzi, parti- colarmente di coloro che si trovano in condizioni di vulnerabilità e di rischio (Chri- stenson, 2001). L’accordo intersistemico tra famiglia e scuola viene pertanto individuato come un importante fattore di tutela della salute, nonché elemento chiave per il successo del percorso formativo 43. Le modalità concrete attraverso cui realizzare questa corresponsabilità, poi, possono essere le più varie: partecipazione diretta alla stesura dei piani di studio personalizzati degli allievi, collaborazione alla raccolta delle informazioni e docu- mentazione per il portfolio, collaborazioni con il tutor. 3) Crediti, certificazioni e passerelle Un’ulteriore novità di rilievo della riforma è costituita dalla possibilità rico- nosciuta a ogni allievo di passare da un sottosistema ad un altro o di cambiare indirizzo all’interno dello stesso sottosistema44. Il passaggio avviene attraverso la frequenza di apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta. In questo modo la legge ha creato un sistema di passaggi (attraverso l’acquisizione di crediti certificati) tra un percorso e l’altro garantito in ogni momento da strumenti di personalizzazione: LARSA - Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti. Un ulteriore elemento di novità è costituito dalla possibilità di conseguire cer- tificazioni di competenza per la frequenza di esercitazioni pratiche, esperienze for- mative e stage realizzati in Italia o all’estero anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi. 4) L’Alternanza scuola – lavoro Secondo il dettato del decreto legislativo n. 77/2005 l’alternanza scuola – lavoro costituisce una modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo “per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro”. 43 Cfr M. Becciu, A.R. Colasanti, La corresponsabilità CFP – famiglia: i genitori nei CFP, Col- lana Progetti CNOS FAP, 2006 44 “È assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei, nonché di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa” (l. n. 53/2003, art.2, lettera. i). Valorizzando le metodologie di apprendimento di carattere attivo e induttivo, ovvero fondate sull’esperienza concreta, la riforma sancisce il principio dell’alter- nanza formativa quale opzione rispondente ai bisogni individuali di istruzione e formazione dei giovani, che consente di perseguire le seguenti finalità: a) attuare modalità di apprendimento flessibili e equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo, rispetto agli esiti dei percorsi del secondo ciclo, che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica; b) arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro; c) favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali; d) realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e forma- tive con il mondo del lavoro e la società civile, che consenta la partecipa- zione attiva degli attori del territorio (imprese, enti pubblici e privati, ca- mere di commercio, terzo settore…) nei processi formativi; e) correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. Il presupposto di fondo consiste nella natura formativa del lavoro: possiamo sostenere che questo fa parte del “mondo buono” che consente la piena realizza- zione della persona umana” 45. Lo sviluppo di pratiche di alternanza formativa è incoraggiato dalla ricerca di forme di interazione ed integrazione culturale tra saperi classici, a matrice umani- stico-letterario, e conoscenze tecniche specifiche, con particolare attenzione a quelle connesse al modello di sviluppo attuale (si pensi ad esempio all’informatica ed alla telematica che hanno pervaso tutti i curricoli). In virtù di tali conoscenze ogni percorso formativo ha subito una riprogettazione orientata alla prospettiva epi- stemologica delle interconnessioni culturali. Si tratta da un lato di superare la rigida suddivisione dei saperi e i gravi effetti che da questa scaturiscono (ad esempio l’incapacità di articolare gli uni con gli altri) e dall’altro di perseguire l’attitudine a contestualizzare e ad integrare gli stessi saperi, stimolando in tal modo questa qualità fondamentale della mente umana46. Da qui l’importanza di una strategia pedagogica delle connessioni tra ambiti e mondi di sapere differenti, in modo da stimolare nell’allievo le capacità di con- fronto e ricerca dei legami e di soluzione dei problemi tramite strategie integrate. Inoltre, l’alternanza ed in genere le pratiche di didattica attiva si sono imposte a partire dalla crisi dei processi di apprendimento basati sulla mera trasmissione di conoscenze ed abilità nello schema usuale dell’insegnamento; è infatti dimostrato 42 45 Bocca G., Pedagogia del lavoro. Itinerari, Brescia, La Scuola, 1998, p. 107. 46 Cfr MORIN E., La testa ben fatta, Milano Raffaello Cortina, 2000; MORIN E., I sette saperi ne- cessari all’educazione del futuro, Milano Raffaello Cortina, 2001. 43 che tutte le metodologie che mettono l’allievo in condizione di prendere parte ad un compito reale hanno maggiore possibilità di suscitare motivazione, interesse, partecipazione, apprendimento. Non si tratta di una questione riguardante l’area dei cosiddetti “soggetti proble- matici”, anche se è in questo ambito che si evidenziano maggiormente le criticità della didattica tradizionale. La possibilità di dare corso a strategie di didattica attiva ed in particolare di alternanza formativa risulta utile ed anche necessaria in ogni contesto formativo, sia esso liceale o professionale, come pure in riferimento ad ogni tipologia di allievo oltre che in corrispondenza di differenti obiettivi formativi: orientamento, recupero, approfondimento. Per i motivi fin qui esposti, la strategia dell’alternanza formativa47 – a sua volta connessa a tecniche di apprendimento basate sul contratto, sul compito, sul training on the job, sulla valutazione autentica – diviene un’opzione interessante in ogni percorso formativo, dal momento che consente di trasformare le capacità della per- sona in vere e proprie competenze. Ciò risulta ulteriormente accentuato dalla, a questo punto evidente, considera- zione che ogni attività formativa si apre ad una prospettiva di lavoro inteso in senso lato ovvero come esperienza in grado di mobilitare le risorse dell’individuo e della società nella prospettiva della soluzione di problemi di interesse sociale. 5) Personalizzazione e portfolio delle competenze La Riforma, assicurando “a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abi- lità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”, introduce nel nostro sistema educativo il 47 Dal punto di vista normativo ed organizzativo, due solo le principali forme che assume l’alternanza, a seconda della differente figura che assume il soggetto coinvolto: 1) l’alternanza scuola-lavoro che si svolge ”sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappre- sentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pub- blici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per pe- riodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro” (legge 53/2003, art. 4) e che quindi propone la figura dello studente/allievo; 2) l’apprendistato che si svolge entro un contratto di lavoro a causa mista che coinvolge l’impresa in una logica condizionante secondo la quale essa si impegna ad impartire una for- mazione qualificante ed inoltre a permettere la partecipazione dell’apprendista a moduli for- mativi esterni a fronte di un costo del lavoro notevolmente ridotto (Riforma Biagi, D. Lgs. N.276/2003). Va ricordato a questo proposito che, con l’approvazione della legge 53/2003, anche l’apprendistato ri- entra pienamente nella prospettiva generale del secondo ciclo: - finalizzato quindi alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sa- pere, il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi; - avente l’obiettivo del conseguimento dei diplomi e delle qualifiche. principio della personalizzazione in forza del quale il percorso formativo va proget- tato e programmato in riferimento alla specifica realtà personale dell’allievo. Personalizzare significa delineare differenti percorsi di trasferimento-acquisi- zione delle conoscenze, abilità e competenze, in base alle caratteristiche personali degli allievi: stili di apprendimento, metodi di studio, caratteristiche peculiari48. Il concetto di personalizzazione è strettamente connesso a quello di successo formativo. Esso si realizza nel momento in cui la persona è in grado di trasformare le proprie capacità (attitudini, atteggiamenti, risorse, vocazione) in competenze, al fine di ottenere comunque un risultato soddisfacente. Il tema della personalizzazione rappresenta uno degli snodi centrali nelle ri- forme dei sistemi formativi. Attraverso una formazione personalizzata si mette “in risalto la fondamentale e irripetibile caratterizzazione dei diversi soggetti educandi senza imbrigliarli in un unico progetto e in un analogo percorso educativo che significherebbe da una parte misconoscere la realtà e la dignità delle singole persone, dall’altra esporli a bru- cianti delusioni e fallimenti. In secondo luogo si constata che è difficile prevedere in anticipo tutti i bisogni e le possibilità educative che durante l’attività emerge- ranno. Essere prigionieri di un progetto prefabbricato rende ciechi e sordi a nuove istanze, a occasioni inaspettate, a nuove presenze e a nuove prospettive. Le cose veramente importanti nel fatto educativo sono l’attività e l’esperienza che vengono proposte, che devono essere in sé cariche di potenzialità e di valori in molte dire- zioni. Ciascun giovane le vivrà secondo il suo animo e la sua motivazione, le farà fruttificare secondo i propri ritmi, il proprio stile, arricchendo se stesso secondo le proprie esigenze e prospettive. In terzo luogo ci si espone a pericoli di formalismo tecnicista, di burocratismo, di comportamentismo riduttivo”49. La personalizzazione dei percorsi può avvenire concretamente attraverso la previsione di forme flessibili di aggregazione che superino i gruppi classe per valorizzare i gruppi di livello, gruppi d’interesse o elettivi che consentano ad ogni allievo di valorizzare le proprie competenze e attitudini e di raggiungere il suc- cesso formativo in termini di standard formativi o di eccellenza. Le azioni di per- sonalizzazione consistono in laboratori di approfondimento e di recupero, attività connesse ai passaggi tra ambiti e sistemi formativi, laboratori di livello ed elettivi, attività di alternanza, esperienze di autoformazione, laboratori di sviluppo di capa- cità personali. In concreto la personalizzazione trova, quindi, attuazione attraverso: – Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti (LARSA) – Il portfolio delle competenze individuali – Lo sviluppo delle capacità personali 44 48 D. Nicoli, voce Personalizzazione in Malizia G, Antonietti D., Tonini M. (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, II edizione, collana Studi CNOS-FAP Roma, 2007. 49 PELLEREY M., Educare. Manuale di pedagogia come scienza pratico-progettuale, Roma, LAS, 1999; 45 Queste ultime attengono alle competenze trasversali relative al saper essere e sono incoraggiate dalla Riforma e, prima ancora, dagli orientamenti comunitari, mentre i LARSA, costituiscono lo strumento privilegiato per favorire il successo formativo degli allievi, consentire loro di recuperare o approfondire il presidio delle competenze anche al fine di favorire le passerelle tra un sottosistema e l’altro. Per portfolio si intende oggi genericamente una raccolta documentata e com- mentata che riguarda il curriculum formativo e lavorativo di uno studente. Attualmente questo strumento è uno dei più discussi temi della “Riforma Mo- ratti” e ha riaperto in Italia il dibattito sulla valutazione. In ambiti che vanno da quello pedagogico a quello delle politiche scolastiche, si attribuiscono al Portfolio le valenze più varie: in alcuni casi lo si ritiene l’ennesimo strumento classificatorio che non garantisce l’oggettività della valutazione dello studente, in altri l’occasione per superare i limiti delle tradizionali valutazioni espresse con i voti. Nelle scuole il Portfolio ha cominciato a diffondersi negli Stati Uniti dagli inizi degli anni ‘90 e poi in altri Paesi, anche europei, nell’ambito del movimento della Valutazione Autentica. Il Portfolio, al contrario della valutazione standardizzata, permette di documen- tare l’apprendimento, l’evoluzione e il conseguimento delle competenze dello stu- dente, favorire la comunicazione con le famiglie e con soggetti esterni alla scuola, fornire allo studente occasioni per imparare a riflettere sul proprio percorso forma- tivo e per auto valutarsi con il conseguente effetto di far crescere la motivazione. Al rilievo attribuito alla persona in apprendimento che, come abbiamo detto, viene posta al centro del percorso formativo, in quanto destinataria di un’azione educativa globale che deve tendere alla sua maturazione culturale, spirituale e pro- fessionale, (oltre che allo sviluppo delle capacità e competenze, attraverso cono- scenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte perso- nali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea) si associa, nella Riforma, la valorizzazione degli strumenti di valutazione relativi alla personalizzazione del percorso. Di qui, l’importanza attribuita al portfolio delle competenze quale stru- mento privilegiato di valutazione dell’allievo entro una dimensione personalistica e personalizzata. In un processo di apprendimento che deve rendere l’allievo sempre più prota- gonista, responsabile e consapevole del proprio apprendimento, il portfolio diventa uno strumento d’assessment, di performance, volto a facilitare i processi d’apprendimento–insegnamento, coinvolgendo gli studenti come “attori” a pieno titolo e riconoscendo loro una piena e completa partecipazione a tutte le pratiche ivi svolte, comprese quelle valutative, continue e pervasive 50. 50 Cfr. VARISCO B. M., Portfolio, Roma, Carocci, 2004; Pellerey M., Le competenze individuali e il Portfolio, Collana Progettare la scuola, Milano, La Nuova Italia, 2004. Sul piano concreto, il portfolio è una raccolta significativa dei lavori (dei “capo- lavori”) dell’allievo che racconta la storia del suo impegno, del suo progresso e del suo rendimento. Tramite esso è possibile capire la storia della crescita e dello svi- luppo di una persona corredandola con materiali che permettono di comprendere “che cosa è avvenuto” dal momento della presa in carico della persona (che richiede un’attenta osservazione delle sue capacità e acquisizioni previe) fino al momento della partenza, passando per le varie fasi di cui si compone il percorso formativo. Con esso si mira a evidenziare il patrimonio di capacità, conoscenze, abilità e competenze dell’allievo, con una metodologia che consente di concentrare l’attenzione sia su ciò che sa fare sia su ciò che sa. Più precisamente, tramite il portfolio è possibile rilevare la capacità di “costruzione” della conoscenza e la “ca- pacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta, attraverso prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso. Questo approccio sceglie il lavoro come “forma” del processo di apprendi- mento. Ciò consente di: � rendere gli allievi attivi fin dall’inizio � stimolare un profilo docente più ampio e significativo � porre ad oggetto della formazione dei compiti/problema reali/realistici � perseguire il sapere utile e significativo � sviluppare una conquista personale del sapere � acquisire un metodo di lavoro e di studio � acquisire una struttura deontologica e morale Il portfolio51 è un contenitore progressivo di materiali e pertanto costituisce il riferimento privilegiato (accanto alle prove, ai test, ai colloqui-interrogazioni) per la valutazione dell’allievo nei diversi momenti dell’attività: lungo il percorso, a 46 Anagrafico Comprende i dati personali dell’allievo e la sua vicenda formativa e lavorativa (con valore formativo) Orientativo Comprende le attività di orientamento svolte, il progetto personale e le eventuali variazioni0 Formativo e valutativo Comprende le attività formative svolte mettendo in luce in modoparticolare i prodotti realizzati Certificativo Comprende i documenti di certificazione delle acquisizioni che ac- compagnano il percorso della persona, con indicazione del valore in termini di credito. 51 La struttura del portfolio è concordata e definita nell’ambito del Centro; esso comprende co- munque i seguenti ambiti: Il portfolio è composto da una parte essenziale – corrispondente al “libretto formativo” da con- segnare alla persona ed agli eventuali interlocutori (sistema educativo, sistema lavorativo e professio- nale) e dagli allegati conservati presso il Centro. 47 fine d’anno, alla fine del cammino (è il materiale personale che l’allievo porta al- l’esame finale). 4. La Regione Puglia, la Formazione professionale e le sperimentazioni della “riforma Moratti” Negli ultimi anni si è assistito nello scenario economico italiano ed europeo ad un radicale cambiamento nelle politiche di programmazione: tale fenomeno, origi- nato da processi di territorializzazione e contestualizzazione - incentivati dall’U- nione europea e assunti come riferimento centrale dalle nuove politiche di sviluppo nazionale - ha condotto al consolidamento di nuovi modelli di governance che si sono via via affiancati ai già consolidati modelli di government 52. La trasformazione in atto e la necessità di gestione della stessa ha condotto ad una crescente necessità di progettualità capace di rispondere ai bisogni emergenti. L’obiettivo principale è coinvolgere cittadini e attori nei processi decisionali, tra- sformando la partecipazione in “corresponsabilizzazione”, per rendere i piani ope- rativi, organizzati. In particolare, la progettazione a livello istituzionale tende a promuovere la corresponsabilità nei campi dell’urbanistica, della sostenibilità ambientale, della vi- vibilità degli spazi e della pianificazione dei servizi; più in generale, nelle politiche di sviluppo locale e nelle politiche pubbliche integrate. La “nuova programmazione” a livello regionale come a livello nazionale53 si ispira a concetti forti e innovativi come: il partenariato, la concertazione, l’approccio ascendente - bottom-up - e, soprattutto, la partecipazione di una plura- lità di soggetti54. Anche in campo educativo si fanno strada approcci progettuali di carattere par- tecipativo. Il portfolio è compilato ed aggiornato dal coordinatore-tutor, in collaborazione con tutti i forma- tori impegnati nel team. Per la parte relativa alla raccolta ed “etichettatura” dei materiali prodotti, esso è compilato da ciascun allievo chiamato ad essere protagonista consapevole della propria crescita. Le due dimensioni previste, orientamento e valutazione, si intrecciano in continuazione perché l’unica valutazione positiva per l’allievo è quella che contribuisce a conoscere l’ampiezza e la profondità delle sue competenze e, attraverso questa conoscenza progressiva e sistematica, a fargli scoprire ed apprezzare sempre meglio le capacità potenziali personali, non pienamente mobilitate, ma indispensa- bili per avvalorare e decidere un proprio progetto di vita. 52 BOBBIO L. A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei pro- cessi decisionali inclusivi Edizioni Scientifiche Italiane, Roma 2004. 53 Cfr DOCUMENTO STRATEGICO NAZIONALE e DOCUMENTI STRATEGICI REGIONALI in www.dps.tesoro.it; DOCUMENTO STRATEGICO DELLA REGIONE PUGLIA 2007-2013, in www.regione.puglia.it. 54 Infatti, alla base di strumenti come l’Agenda 21 Locale, i Progetti Integrati Territoriali, i Pro- grammi Comunitari qu ali Leader, Equal o Interreg, i Piani Sociali di Zona, i Piani Strategici per le città e altri, ci sono processi decisionali inclusivi che necessitano di metodologie per facilitare la par- tecipazione attiva delle persone. Questa nuova logica della programmazione partecipata ispira anche i nuovi orientamenti strategici regionali in materia di formazione 55 che invitano a un mag- giore coinvolgimento – già in fase di progettazione degli interventi formativi – di una pluralità di soggetti (famiglie, servizi sociali, enti locali, scuole, CFP, associa- zioni di volontariato, imprese) in vista della realizzazione di un piano di anima- zione territoriale. Il lavoro in rete, i partenariati, i progetti integrati sono la nuova frontiera del lavoro in formazione e più in generale dei processi di inclusione sociale di cui la formazione è uno strumento. La formazione professionale assume oggi una valenza strategica nelle politiche di inclusione sociale richiedendo il coinvolgimento di una molteplicità di soggetti- attori (stakeholders) già in fase di progettazione. L’attuazione della Riforma Moratti – in via sperimentale – in attesa della defi- nizione dei decreti attuativi e degli accordi Stato - Regioni, ha avuto luogo secondo modalità diverse da regione a regione. In virtù della ricordata riforma del Titolo V della Costituzione e in applicazione del principio di sussidiarietà, ex art. 117 Cost., le Regioni hanno legislazione esclu- siva in materia di istruzione e formazione professionale restando conservati allo Stato solo la potestà legislativa per la determinazione dei principi fondamentali. Le Regioni, dunque, in ossequio al dettato costituzionale, hanno piena potestà amministrativa, rimanendo libere, entro i principi enunciati a livello statale (i LEP - Livelli Essenziali delle Prestazioni) di organizzare e gestire il sotto-sistema dell’i- struzione e formazione professionale nel modo ritenuto più opportuno. Questa rivoluzione copernicana che ha rovesciato le logiche del passato per dare piena attuazione alla devolution, ha creato disuguaglianze e divergenze non marginali nell’attuazione “libera” della riforma Moratti in via sperimentale. Infatti, ogni regione, interpretando il dettato normativo alla luce – anche e so- prattutto – degli orientamenti politici degli organi di governo territoriali, ha dato corso alle sperimentazioni secondo modelli amministrativi (ma anche pedagogici) alquanto non omogenei. Se alcune regioni hanno interpretato la normativa nel senso della piena pari di- gnità tra istruzione e formazione professionale e valorizzando quest’ultima, altre amministrazioni regionali hanno invece rifiutato tale equiparazione non solo non ri- conoscendo l’equiparazione del (sotto) sistema della formazione, ma addirittura ne- gando ogni dignità alla formazione professionale erogata dagli enti di formazione accreditati presso le Regioni a vantaggio di quella erogata dagli istituti professio- nali statali. In questo quadro di tentativi contrastanti e talvolta contraddittori di dare attua- zione alla Riforma, la Regione Puglia ha assunto una posizione che potremmo defi- nire mediana. 48 55 DOCUMENTO STRATEGICO DELLA REGIONE PUGLIA 2007-2013, in www.regione.puglia.it 49 Forse lungimirante, alla luce degli eventi che caratterizzano il dibattito odierno in merito alla formazione professionale e ad una ulteriore riforma del Sistema edu- cativo italiano (sulla cui utilità ci si interroga), la nostra amministrazione regionale ha valorizzato il concetto di integrazione promuovendo la sperimentazione di per- corsi di formazione condivisi e co-gestiti (prima ancora che co-progettati) tra enti di formazione accreditati, istituti scolastici statali e aziende. Una prima forma di integrazione in tal senso aveva avuto luogo con l’avvio dei primi obblighi formativi dopo la riforma Berlinguer, ma i risultati in termini di dia- logo erano stati poco soddisfacenti raggiungendo raramente il livello di confronto e di condivisione. Diversamente, le prime sperimentazioni della Riforma Moratti, a cui si rife- risce il presente lavoro, hanno visto, per la prima volta, incontrarsi, lavorare in- sieme e confrontarsi insegnanti delle scuole statali con formatori degli enti di for- mazione professionale. Non sempre il risultato di questa collaborazione si è articolato in termini di condivisione e di compartecipazione56 al cammino di crescita dei ragazzi, ma è stato un avvio i cui risultati iniziano ad emergere adesso, dopo 4 anni di lavoro. 56 Il percorso di formazione dei formatori a cui si riferisce il presente lavoro e il confronto attivo tra i formatori coinvolti ha messo in luce la generalizzata difficoltà di coinvolgere i docenti delle scuole statali partner nelle azioni di formazione dei formatori. 1 ISFOL (a cura di) C. MONTEDORO, Ripensare l’agire formativo: dall’accreditamento alla qualità pedagogica, Franco Angeli, Roma 2001. 2 L’autonomia scolastica, orientandosi al servizio e alla produttività, assume la responsabilità dei nuovi traguardi da raggiungere e «si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati a diversi con- testi, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti al fine di ga- rantire il successo formativo coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istru- zione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento». Cfr. comma 2, art. 1, D.M. 22.02.99 – Regolamento sull’autonomia scolastica. Il Regolamento, ridefi- nendo il Progetto Educativo di Istituto (PEI) e il Piano dell’Offerta Formativa (POF), ribadisce con forza che la scuola dell’autonomia è la scuola del progetto: il mondo delle istituzioni scolastiche non può e non deve oggi sclerotizzare le proprie funzioni con azioni progettuali ingessate, predefinite e uguali per tutta l’utenza. La flessibilità progettuale e l’articolazione dei corrispettivi modelli organiz- zativi ed esecutivi divengono una necessità inevitabile dal momento in cui l’istituto vuole migliorare e arricchire la propria offerta formativa. La progettazione è pertanto l’azione previsionale del sistema organizzativo scolastico correlato alla costruzione di processi educativi e formativi (conoscenze, ca- pacità e competenze) mediante attività realizzate con metodologie, metodi e risorse adeguate. Di qui, la necessità di un’osservazione quotidiana dell’attività educativa e formativa scolastica, sulla base di indicatori che rilevino la presenza di buone pratiche organizzative con cui strutturare e destrutturate – nell’ottica di una circolarità continua – i processi formativi. 3 Cfr. L. PERLA, Valutazione e qualità in università, Carocci, Roma 2004, pp. 22-25. 4 “Insieme di opportunità e di servizi volti a consentire alla persona di acquisire una qualifica professionale e – progressivamente – un diploma di formazione ed un diploma di formazione supe- riore. Il percorso di istruzione e formazione professionale iniziale presenta carattere educativo, istitu- zionale, progressivo. Esso è equivalente rispetto al percorso liceale con il quale condivide il modello Capitolo 3 Valutare i processi di istruzione e formazione professio- nale: una ipotesi di indicatori per la Qualità negoziata Cristina BALDI Le recenti innovazioni riformistiche richiedono ai Centri di formazione profes- sionale (CFP) che desiderino risultare competitivi di ridefinire i criteri relativi alla gestione dei processi macro e micro organizzativi: questo perché da un lato, il Piano dell’Offerta Formativa si ispiri a criteri1 di efficacia ed efficienza organizza- tiva2; dall’altro, perché il piano delle relazioni umane non si allontani da un ap- proccio antropologicamente e pedagogicamente fondato3. Ai CFP che offrono istruzione e formazione si richiede un servizio di qualità: una qualità da negoziare, vista la complessità dei livelli nei quali va a ri-definirsi dinamicamente e una qua- lità che, ad erogazione del servizio di istruzione e formazione professionale, risulti negoziata. Il presente paragrafo intende focalizzare gli elementi essenziali di un percorso di valutazione del processo di istruzione e formazione professionale4, nonché indi- 51 regolatore (profilo educativo culturale e professionale) e la possibilità di passaggi reciproci, ma dal quale risulta diversificato dal punto di vista metodologico e del disegno delle opportunità. Il nuovo art. 117 della Costituzione parla di ‘istruzione e formazione professionale’ intendendo non già un ac- costamento meccanico di strutture preesistenti, quanto una realtà nuova concepita in stretta relazione con il territorio, le imprese, le professioni, la società civile, nell’ambito dell’autonomia delle istitu- zioni scolastiche e formative. Il sistema di Istruzione e Formazione Professionale non si limita alla tradizionale Formazione Professionale Iniziale, ma riguarda ogni cittadino lungo tutto il corso della sua vita”. Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, p. 109. 5 Il CFP (o Centro di Formazione Polifunzionale, o Centro di Servizi Formativi, ma la prima di- zione ormai tradizionale sembra continuare a prevalere) può essere definito come «la sede operativa che opera per lo sviluppo delle risorse umane, erogando: direttamente servizi formativi; […] diretta- mente o avvalendosi di una sede accreditata per l’orientamento, servizi orientativi; (…) direttamente o avvalendosi di una struttura specialistica, servizi connessi all’inserimento lavorativo» (Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Ufficio Centrale O.F.P.L., 2001, p. 10). 6 E. BECCHI E ALTRI (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. 7 «Agli inizi degli anni ‘90, la complessità sempre maggiore del ruolo che la Formazione Profes- sionale è chiamata a svolgere in quanto snodo centrale fra tre gruppi di sistemi (produttivo e scola- stico; lavorativo e formativo; della stratificazione sociale e della promozione dei ceti più deboli della società) ha messo in crisi l’impostazione tradizionale del CFP, impegnato quasi esclusivamente nell’e- rogazione di interventi formativi di tipo corsuale per gli adolescenti. Nel dibattito che si è aperto sulle prospettive di sviluppo si sono fronteggiate grosso modo tre ipotesi. Nella impostazione strategica, il CFP è considerato come un sistema organizzativo connesso con il mondo esterno al quale offre ser- vizi. A livello operativo, la realizzazione di una precisa programmazione e di un decentramento con- trollato richiede una direzione strategica con attenzioni nuove: a tale fine sarebbe da preferire la strut- tura per progetti, con tutte le conseguenze di un’ampia delega, di un processo decisorio decentrato, viduare gli indicatori funzionali ad organizzare una efficace gestione della qualità, realizzata mobilitando il Servizio stesso, all’insegna di un’idea centrale: la qualità da ricercare è quella prodotta e certificata prima di tutto all’interno del servizio e a partire dagli utenti e dagli operatori di quello specifico contesto. Il percorso di valutazione del processo formativo che sarà presentato è speci- fico, in quanto adeguato al contesto organizzativo del Centro di Formazione Pro- fessionale5; realtà non molto lontana dalle istituzioni scolastiche statali, ma neppure ad esse coincidente, soprattutto a livello legislativo. Il modello è stato elaborato a seguito di una intuizione, maturata grazie ad una serie di esperienze quali: il Pro- getto Integrazione, che ha consentito una “analisi delle prassi organizzative” più diffuse in alcuni CFP della Puglia; la partecipazione ad un seminario (dal titolo: Per un modello di valutazione del contesto educativo: dall’asilo nido alla secon- daria. Strumenti, strategie, pregiudiziali teoriche nell’ambito delle attività forma- tive del dottorato in Progettazione e Valutazione dei Processi Formativi) che ha attivato la “riflessività” e lo studio di alcuni testi di approfondimento sui temi in oggetto, che ha condotto ad una “sistematizzazione” delle idee6. Dopo alcuni anni di esperienza di insegnamento e di osservazione diretta dalla complessità dei micro e macro processi del CFP7 in cui opero come formatore, le esperienze accennate unitamente alle questioni organizzative poste da alcuni opera- 52 comunicazioni a doppio senso ad ogni livello, coordinamento per comitati, organizzazione del lavoro ispirata all’autocontrollo e clima favorevole allo sviluppo e all’innovazione. A sua volta, l’agenzia di servizi formativi si caratterizza per un modello organizzativo orientato al mercato e attento al servizio prodotto. Dal punto di vista dei prodotti/servizi, essa intende superare una visione scolastica della for- mazione e, pertanto, si impegna non solo dal lato dell’offerta, ma soprattutto da quello dell’analisi della domanda e, in particolare, cerca di elaborare risposte. Sul piano organizzativo, le strutture de- vono caratterizzarsi per i tratti di: flessibilità, adeguatezza e personalizzazione delle strutture, specia- lizzazione per settori, imprenditività e managerialità. Le dimensioni dell’agenzia sono ridotte perché in caso contrario non è possibile conseguire uno degli obiettivi che il mercato sociale richiede mag- giormente: la flessibilità. Il modello comunitario mette l’accento sulla centralità della formazione che è opera comune ed esige un accordo di base su finalità, contenuti e metodologie da parte di tutti le componenti della FP. Ciò esige la costruzione di una comunità che sia al tempo stesso soggetto ed am- biente di educazione. La mission prevalente del CFP viene identificata nel servizio diretto alla persona e l’educando occupa il centro del sistema formativo. Sul piano organizzativo, il modello comunitario prevede che si realizzi una maggiore articolazione della figura del formatore (operatori della FP). La priorità accordata alla maturazione, soprattutto professionale, della persona e alla dimensione comuni- taria ci fa dare la preferenza al terzo modello. È vero che esso ha da imparare dalla impostazione stra- tegica quanto all’ambito organizzativo e strategico e in questo senso è valido lo sforzo di chi ha cer- cato di comporre le due prospettive in una ipotesi che è stata chiamata mista, che però non dovrebbe portare a una equiparazione dei tre ambiti, strategico, organizzativo e formativo, ma l’ultimo do- vrebbe essere prevalente. A sua volta il modello agenziale trascura sia questa dimensione che quella comunitaria, anche se sono corrette l’insistenza sulla domanda formativa e la preoccupazione per un alleggerimento del nucleo dei formatori stabili. La struttura della sede formativa. Una delle caratteristiche del nuovo CFP consiste nella diversi- ficazione dell’offerta formativa che sinteticamente viene ad abbracciare interventi sia corsuali (acco- glienza, formazione e inserimento), sia individualizzati (partecipazione individuale, tutoring sul la- voro, formazione a distanza): anche da ciò discende il nome di Centro di formazione”Polifunzionale” che viene utilizzato dal CCNL per indicare la struttura operativa della FP. Per realizzare tali servizi, i processi da innescare sono quelli che: “in un’ottica di qualità (qualità e ricerca), precedono (diagnosi, progettazione, promozione), accompagnano (monitoraggio), seguono (valutazione), la realizzazione (erogazione) dei servizi stessi” (Ibidem, p. 13). Ciascuno dei processi si articola in aree operative che sono state identificate nelle seguenti: diagnosi, progettazione, erogazione, monitoraggio e valutazione, promozione e qualità e ricerca. Per attivarle, il CFP deve poter contare sulla disponibilità di compe- tenze professionali relative ad otto funzioni: di governo (direzione, amministrazione e coordina- mento); di processo (analisi, progettazione e valutazione); di prodotto (docenza e orientamento). L’organigramma del CFP va completato con l’indicazione degli organismi collegiali: in proposito è opportuno sottolineare che negli ultimi anni a quelli tradizionali, come per es. il Consiglio di Centro con poteri decisionali notevoli sulle questioni più rilevanti, il Consiglio di corso, le Assemblee dei ge- nitori e il Comitato di controllo, si è aggiunto lo staff di direzione a cui vengono generalmente affidate funzioni di sostegno al ruolo direttivo e di compartecipazione alle attività di conduzione del CFP». Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della forma- zione professionale, op. cit. pp. 36-38. tori dei CFP tutorati nell’esperienza di formazione formatori, mi hanno indotto ad ipotizzare la scelta di alcuni indicatori con cui poter osservare – per valutare – nella quotidianità, la qualità del servizio reso in fase applicativa, ai vari livelli. Il presente paragrafo rappresenta una sorta di diario preventivo, di banco di prova da cui trarre le ipotesi di una ricerca, convalidandole con le teorizzazioni scientifiche esistenti in materia di progettazione e valutazione dei processi formativi, questo af- finché l’ipotesi possa successivamente dare il via ad un percorso sperimentale. 53 8 N. ZINGARELLI, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1993. 9 «E’ questa una delle problematiche pedagogiche oggi maggiormente discusse anche a livello nazionale, specie dopo le novità introdotte nella scuola dell’obbligo per ciò che attiene appunto ai cri- teri e ai modi con cui la scuola giudica i suoi alunni. E d’altro canto la valutazione scolastica non può essere staccata dal contesto pedagogico e didattico in cui è inserita […]. La valutazione dovrebbe ser- vire non solo a verificare se e fino a che punto ciascun allievo ha compiuto il percorso didattico pro- gettato, ma anche ad evidenziare eventuali lacune specifiche per le quali si potrà procedere non ad una selezione/esclusione dell’individuo, ma alla predisposizione di strumenti idonei ad un aiuto sup- plementare o di recupero». La valutazione pedagogicamente intesa può divenire un indicatore privile- giato della prassi educativa e scolastica, un descrittore teorico-scientifico di una «[…] pedagogia in- tesa come scienza dell’educazione». Cfr. P. BERTOLINI, L. CARONIA, Dizionario di pedagogia e scienze dell’educazione, Zanichelli, Bologna 1989, p. 690. 10 Su tali ed altri interrogativi si è concentrata l’attenzione degli studiosi della ricerca valutativa – filone di ricerca meglio conosciuto come Evaluation Research – a seguito di un insieme di fattori concomitanti che hanno portato ricercatori, operatori pedagogici, organizzatori e responsabili delle politiche formative ad interrogarsi circa la possibilità di disporre di metodi e tecniche di valutazione che conducessero ad un miglioramento dei progetti e degli interventi di formazione: la rilevanza del fatto pedagogico non più disgiunta da quello valutativo; l’assunzione delle teorie del curricolo nelle pratiche organizzative e didattiche della formazione; la pianificazione dei progetti di formazione; l’esigenza economica di ottimizzazione delle risorse umane e tecnologiche; ed, infine, il diffondersi generalizzato di una cultura valutativa non solo teorica, ma pragmatica; questi gli aspetti che hanno condotto ad un ripensamento e ad un allargamento delle prospettive valutative. Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Research, Armando Editore, Roma 1997 c, pp. 7-13. 11 La competenza è di fatto «una caratteristica intrinseca di un individuo casualmente collegata ad una performance». Cfr. L. M. SPENCER, S. M. SPENCER, Competenza nel lavoro, Franco Angeli, Milano 1995. Questa definizione apre una serie di osservazioni che, se opportunamente argomentate, possono farci comprendere quando sia possibile parlare di competenza; e come essa sia riconoscibile tramite la messa in atto di specifici comportamenti. La competenza potenzialmente ha una possibilità 1. Perché valutare il processo formativo? In un contesto di attenzioni crescenti al problema della valutazione è neces- sario intendere il senso che essa assume quando viene riferita al concetto di risul- tato piuttosto che a quello di processo. Partendo dalla etimologia del termine va- lutazione, quest’ultima si afferma come un atto, un effetto del valutare e consiste nella “acquisizione di dati ed informazioni che permettono di verificare l’efficacia di un intervento educativo e/o formativo e il profitto di un allievo”8. Secondo la definizione appena letta, un processo formativo è valutabile positivamente solo se produce il risultato atteso9. A questo punto è opportuno interrogarsi circa la neces- sità di circoscrivere la valutazione agli esiti che la formazione produce, essendo i risultati maggiormente rilevabili; oppure, se estendere la valutazione alle attività di progettazione e applicazione degli interventi formativi, anziché limitarla alla verifica delle competenze raggiunte dall’allievo10. Probabilmente dinanzi a simili interrogativi è necessario concentrarsi sul che cosa deve essere valutato, in modo da compiere una scelta che diriga verso la valutazione dei risultati rispetto a quella del processo, o viceversa. Mi sono chiesta quanto potesse essere pedagogicamente fondata una valuta- zione degli alunni basata unicamente sulla competenza11 acquisita dagli stessi, al 54 di sviluppo, qualora il patrimonio genetico della persona includa la presenza di una corrispondente at- titudine; l’esercizio fa in modo che la persona “naturalmente disposta a …” divenga capace nel fare una determinata cosa; la conoscenza e l’apprendimento – organizzate in esperienze finalizzate – ren- dono la persona competente. La performance può testimoniare, tramite il comportamento, la presenza o meno di una competenza: “potrebbe” … ma non è detto, dal momento che la performance dipende da una serie di componenti (fattori psico-fisici, contesto, grado di preparazione, autostima, ecc.) che sono parte integrante nella generazione di un comportamento efficace. Chomsky stesso affermava che la performance rappresenta una “realizzazione effettiva ma parziale della competenza”. N. CHOMSKY, Linguaggio e problemi della conoscenza, Il Mulino, Bologna 1991. Valutare unicamente i risultati, equivarrebbe ad ignorare che una persona: può essere competente, ma esibire una performance ineffi- cace; può non essere competente, ma essere efficace casualmente; può essere potenzialmente compe- tente (in quanto portatore geneticamente di una attitudine ad essa corrispondente), ma mancare di co- noscenze e di pratica che lo abilitino ad un saper fare. La valutazione del risultato, in tal senso, costi- tuisce un tentativo di percepire il possesso di una competenza su un tutto a partire da una parte, valu- tando soltanto gli aspetti cognitivi, mettendo tra parentesi quelli affettivo-motivazionali. 12 La consultazione di alcuni principi teorici mi ha condotto a considerare una osservazione pre- sente nella letteratura di riferimento: il risultato non esiste in sé, ma è sempre il prodotto della inter- pretazione di colui che valuta; non esiste un unico risultato, ma una costellazione infinita di esiti che potenzialmente influenzeranno la vita di ognuno (più o meno consciamente); il risultato formativo di- pende solo in parte dall’attività formativa, in quanto una serie di fattori esterni alla stessa, ma profon- damente legati ad essa – il vissuto personale – hanno un peso determinante su ciò che poi si innesta nel processo formativo stesso. Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una pro- posta di Evaluation Research, op. cit., pp. 9-13. 13 Ibidem, pp. 10-11. termine di un processo formativo di istruzione e formazione professionale. Per troppo tempo, nella storia della valutazione, ci si è focalizzati staticamente sulla va- lutazione dei risultati12: una valutazione abbastanza parziale e riduttiva, in quanto esclusivamente connessa al controllo conclusivo dei così detti outcomes – esiti della formazione – rivolti tanto alle competenze acquisite dai formandi, quanto alle trasformazioni avvenute nel sistema formativo. La valutazione dei risultati si limita semplicemente a ricercare delle prove che quantifichino un cambiamento, che non può solo dimostrarsi sulla base delle competenze acquisite o sulla base dei cambia- menti intervenuti nel sistema delle attività valutative. Se quindi i processi formativi riguardano il designarsi della relazione, limitarsi ai soli effetti finali delle compe- tenze acquisite è comodo, ma poco attendibile. La valutazione dei processi formativi, invece, dà senso e significato al “fatto che diviene”, ovvero a quello che si innesta nella relazione tra i soggetti interessati dalla istruzione e formazione. La valutazione dei risultati si limita semplicemente a ricercare delle prove che quantifichino un cambiamento; la valutazione dei processi formativi “riguarda il cambiamento, ma il suo scopo è il miglioramento raggiungi- bile mediante la trasformazione e la regolazione dell’oggetto valutato, e non sol- tanto con il controllo e con il dominio di esso”13. 55 Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Re- search, Armando Editore, Roma 1997. Fonte: elaborazione dell’A.14 14 ANALISI DEI BISOGNI L’analisi dei bisogni è la prima valutazione da compiersi, una sorta di “ricerca delle necessità e delle esigenze dell’organizzazione, da cui nascono gli obiettivi dell’attività formativa”. Essa si af- ferma come un punto di partenza per avviare la programmazione di un intervento di formazione, ma soprattutto uno strumento indispensabile affinchè la progettazione dell’intervento avvenga su un in- sieme di dati che rispecchiano i bisogni formativi reali. PROGRAMMAZIONE Pellerey (1979) la definisce come un insieme di attività orientate alla “definizione degli standard formativi generali, mediante l’analisi del contesto allargato entro cui l’iter formativo va collocandosi e la verifica di compatibilità tra gli standard formativi, il tipo di utenza a cui è diretto l’intervento e la domanda culturale o professionale proveniente dal territorio”. PROGETTAZIONE Ancora con Pellerey vediamo che la progettazione può essere definita come “l’insieme delle at- 2. Il sistema del processo formativo nel contesto allargato La ricchezza di un approccio valutativo orientato al processo sta nel fatto che la creazione del setting formativo può essere compiuta correttamente, o, comunque, diminuendo drasticamente le possibilità di errore, grazie a delle retroazioni – rego- lazione, riorganizzazione, revisione – che consentono flessibilmente di rimodulare quanto realizzato in precedenza. 56 tività orientate all’organizzazione sistematica delle risorse intellettuali e tecnologiche declinabili in schemi e piani di produzione di interventi formativi”. La progettazione inoltre comprende: - la modularizzazione dell’intervento: ovvero grossomodo la scelta dei moduli didattici, delle azioni che caratterizzeranno l’intervento, con i rispettivi contenuti ed obiettivi; - la definizione delle strategie, dei metodi e delle tecniche: tenendo sempre conto, anche sulla base di esperienze precedenti, quale potrebbe esser la risposta del gruppo utente alla presenta- zione di detenninati input; - la scelta e selezione dei media e dei modi di comunicazione: questo punto è particolarmente curato nei casi in cui, sia stato commissionato da un cliente ad un progettista un pacchetto for- mativo; di qui la necessità di pubblicizzare l’evento per informare l’utenza; - la determinazione dei criteri valutativi: in tal caso qualora il progettista coincida con il valuta- tore, egli dovrà scegliere quale approccio valutativo prescegliere; - la ripartizione temporale dell’intervento: il soggetto non deve esser aggredito, ma quasi natu- ralmente portato a formarsi. La gestione del tempo del corso deve tener conto dei tempi di fer- tilizzazione ed interiorizzazione dei vissuti da parte dei soggetti. Comprendere la soggettività e la professionalità delle risorse, significa anche capire come coin- volgerle nel processo formativo: la progettazione infatti oltre ad allocare correttamente le risorse che serviranno in fase di erogazione, non può e non deve ignorare i bisogni degli utenti. APPLICAZIONE Bruscaglioni (1990) parlando di applicazione la definisce come “esplicitazione in aula o in am- bienti appositamente predisposti, delle attività promosse dal formatore e dagli allievi, nelle contin- genze delle situazioni e del retroterra culturale ed esperenziale di ciascuno”. ANALISI DEGLI ESITI “Comprende l’insieme delle attività di verifica e/o valutazione”. Cfr. Ibidem, pp. 15-19. 15 G. MILAN, Disagio giovanile e strategie educative, Città Nuova Editrice, Roma 2004. 16 P. GOGUELIN, La formazione/animazione, Isedi-Petrini, Torino 1991. In questa sede non è possibile soffermarsi sull’analisi degli steps di cui un pro- cesso formativo si compone: per comodità si è riportato una schematizzazione di un modello esistente nella letteratura della ricerca valutativa, rielaborata da Pel- lerey (1979), affinché il lettore possa comprenderne o ricordarne la complessità. La scelta degli indicatori con cui poter rilevare la qualità del servizio reso nel CFP è riferita alla fase applicativa, pur non limitandosi ad essa, essendo questa col- legata a processi micro e macro dimensionali, coinvolti nell’erogazione del servizio di istruzione e formazione professionale. Importante concludere questa parte descrittiva, richiamando l’attenzione sul senso ed il significato che i formatori tutti – protagonisti dell’esperienza di Forma- zione Formatori del Progetto Integrazione – hanno attribuito all’istruzione e forma- zione professionale relativamente alla categoria dei soggetti interessati: gli adole- scenti15. Formare implica un intervento profondo e globale che provoca nel soggetto uno sviluppo nel campo intellettuale, fisico o morale e un cambiamento nelle strutture corrispondenti a questi campi, in modo che questo sviluppo non sia sovrapposto alla struttura esistente, ma sia integrato in nuove strutture più generali, che consentano ad ognuno di raggiungere se- condo le proprie capacità, un livello culturale multidisciplinare, capace di fargli meglio comprendere i fenomeni della vita16. Questa la “visione comune” che ha orientato le azioni di formazione previste dal progetto. 57 3. Gli indicatori per una qualità negoziata a) La qualità educativa: i presupposti I Centri di Formazione Professionale salesiani hanno come fine l’educazione umana e cristiana dei giovani lavoratori per farne dei “buoni cristiani ed onesti cit- tadini” (Don Bosco), capaci di assumere le loro responsabilità nella comunità cri- stiana e sociale. Grazie allo studio di un testo della prof.ssa Becchi 17, in qualità di operatore pedagogico mi sono interrogata sul concetto di qualità educativa del servizio del CFP, chiedendomi come la scala SVANI 18 – rimodulata ad hoc – potesse favorire un percorso di valutazione formativa giornaliera per il servizio reso da noi formatori, impegnati in una missione educativa ai margini del sociale; contemporaneamente, mi sono interrogata sulla possibilità che, la stessa modellizzazione adeguata per il CFP CNOS-FAP Regione Puglia, sede di Bari, potesse essere estesa alla realtà degli altri CFP. Il CFP è un servizio educativo formale, informale e non-formale della colletti- vità. Come tale ha una fisionomia pedagogica sui generis (non paragonabile al servizio reso dal sistema statale, sebbene ad esso integrato nei processi di pro- grammazione/progettazione/erogazione dei processi formativi), caratterizzato da un complesso e delicato gioco di relazioni, che coinvolge formatori ed educatori (del CFP), insegnanti (della scuola statale), aziende e allievi. In linea con lo stile procedurale che contraddistingue le politiche della Regione Puglia nel settore dell’Istruzione e della Formazione Professionale, le questioni aperte dal nuovo scenario normativo – il ruolo e le funzioni dei coordinatori peda- gogici, le procedure per l’accreditamento, i dispositivi di controllo e di verifica – sono state oggetto di discussione pubblica nel corso di seminari, convegni, dibattiti, e non solo da un punto di vista amministrativo. La necessità di una qualificazione pedagogica dei Centri di Formazione Professionale, attraverso la delineazione di un progetto educativo del servizio e l’avvio di procedure valutative, appare cen- trale. Da qui l’esigenza di riaprire la discussione, già avviata con la stesura degli in- dicatori, su altri elementi quali: le componenti e le garanzie irrinunciabili di un 17 E. BECCHI, A. BONDIOLI, R. CENTAZZO, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, P. O. GHEDINI, (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Ro- magna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. 18 Realizzata negli Stati Uniti per consentire una valutazione obiettiva del nido, e adattata alla si- tuazione italiana, la SVANI – Scala di Valutazione dell’Asilo Nido Italiano - articola in 37 item valu- tabili quantitativamente e raggruppati in 7 subscale (arredi e materiali, routine, linguaggio, apprendi- menti, interazioni, organizzazione delle attività, bisogni degli adulti). Sulla base dei dati raccolti si possono costruire profili e indici che consentono confronti tra sezioni e nidi diversi e fra il “prima“ e il “dopo” di azioni di intervento. Essa serve a molteplici scopi. Può essere utilizzata per definire la qualità educativa delle singole sezioni di un asilo nido, ma anche per cogliere le dimensioni più cri- tiche, che occorre correggere e migliorare. 58 19 Cfr. L. VERDI VIGHETTI, Verso una qualità pedagogica della formazione, in “Skill” dicembre, 1999. 20 ISFOL (a cura di) C. MONTEDORO, Ripensare l’agire formativo:dall’accreditamento alla qualità pedagogica, Franco Angeli, Roma 2001, pp. 65-78. 21 Ibidem, op. cit., p. 66. “buon CFP”; le responsabilità dei diversi “attori sociali” chiamati a realizzarle sui nuovi ambiti di “professionalità – progettuale e operativo – profilati”; e, non ul- timo, sugli “strumenti” da adottare per lo svolgimento dei nuovi compiti cui gli “operatori della formazione professionale” sono chiamati. b) La qualità educativa: il percorso La qualità educativa del CFP si misura dunque nella sua capacità di costituirsi a laboratorio della formazione professionale degli adolescenti in un gioco di scambi nel quale le storie di vita dei ragazzi, i vissuti dei formatori, le pratiche di istruzione e di formazione, l’organizzazione spazio-temporale dell’educativo ven- gono continuamente discusse e verificate. In linea con l’idea di qualità teorizzata dalla prof.ssa Becchi, nei paragrafi suc- cessivi si propone una scala che potrebbe permettere di rilevare la qualità del servizio reso quotidianamente al CFP, articolando le aree e gli items di questa scala su vari livelli di osservazione. c) La qualità educativa: gli indicatori Prendendo le mosse da una definizione della “‘qualità pedagogica’ intesa come ricerca della specificità del valore aggiunto dell’approccio qualità applicato alla formazione, considerata come interazione, relazione, trasformazione, sviluppo di competenze, atteggiamenti, conoscenze dei/delle ‘clienti’ finali”19, è necessario dare fondamento a tale definizione individuando alcuni elementi valoriali e caratteri- stiche essenziali che rendano la qualità pedagogica una «qualità negoziata». Consultando il “Modello delle 6 P” esistente in letteratura 20, la “qualità della formazione” è paragonabile ad un sistema complesso, costituito da alcuni sottosi- stemi quali: la qualità prevista, paragonata, progettata, proposta, prodotta, perce- pita; livelli, questi, funzionali alla organizzazione e gestione di micro e macro pro- cessi efficaci. La qualità pedagogica, per essere una qualità negoziata, deve riferirsi in particolare alla qualità proposta, una qualità che deve essere rilevata in fase di erogazione della formazione mediante l’espressione di giudizi da parte di coloro che direttamente o indirettamente fruiscono della formazione. La qualità proposta è, infatti, la risultante delle intersezioni tra 4 aree che incidono direttamente sulla relazione formativa e sui processi di apprendimento21. Da queste premesse, la co- struzione di un approccio teorico alla qualità pedagogica necessita di criteri con cui interpretare la realtà formativa grazie a cui è possibile erogare un servizio di qua- 59 22 E. BECCHI, A. BONDIOLI, R. CENTAZZO, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, P. O. GHEDINI, (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Ro- magna, op. cit. 23 La rivisitazione della scala SVANI – ancora in via di ideazione – vuol fungere da analizzatore funzionale ad operazioni di decentramento rispetto al quotidiano vissuto nel Cfp: coloro i quali la uti- lizzeranno (operatori della formazione professionale, insegnanti, alunni, genitori degli alunni, respon- sabili dei servizi sociali, valutatori interni ed esterni) potranno superare l’osservazione dell’«immediato» e/o semplicemente di «ciò che appare», per riflettere metodologicamente sulla realtà formativa. La restituzione non direttiva rappresenterebbe la modalità psico-pedagogicamente orientata, con cui il valutatore, ad indagine ultimata, comunicherà i risultati delle rilevazioni com- piute, confrontando le eventuali differenze tra tipologie di persone interessate nella fase valutativa. lità: la costruzione di un sistema di indicatori di qualità costituisce il punto di par- tenza, verso la via della qualità negoziata. L’indicatore, in tale percorso di costruzione della scala, rappresenterebbe – at- tenendomi a ciò che sostiene Egle Becchi – un criterio di interpretazione del CFP, espresso nel suo livello di ottimalità per alcuni aspetti che si riterranno irrinuncia- bili 22. Gli strumenti e le altre metodologie di valutazione possono essere utilizzate non solo in funzione di una certificazione della qualità educativa delle istituzioni che devono essere valutate, ma anche in chiave formativa, cioè per sollecitare gli operatori verso una maggiore consapevolezza circa le caratteristiche della propria organizzazione pedagogica. La valutazione della qualità dovrebbe quindi portare a segnalare i “punti forti” ed i “punti deboli” dell’ambiente formativo esaminato, nel contesto di una discus- sione sui risultati dell’osservazione/rilevazione (restituzione non direttiva 23)grazie a cui tracciare dei possibili percorsi di sviluppo istituzionale. d) La qualità educativa: rivisitazione della scala Svani Il punto di partenza del sistema di indicatori che qui viene prospettato, è un idea di CFP da intendersi come sistema di relazioni sociali, che sta in una più ampia e complessa rete di nessi sociali con i quali transagisce, e che necessita di un sistema di indicatori della qualità educativa che rispettino: da un lato, i dettami na- zionali e dall’altro, i dettami regionali giuridici che regolamentano il (sotto)sistema della Istruzione e Formazione Professionale. Il CFP non solo eroga contributi peda- gogici, ma esaudisce domande, soddisfa aspettative, evoca concetti di istruzione e formazione dei soggetti interessati dalla formazione. Conseguentemente, due sono i fattori che inevitabilmente debbono incidere sulla costruzione di indicatori della loro organizzazione di sistema: da un lato, gli indicatori non devono rappresentare semplicemente una variabile fenomenica – e per questo osservabile – ma devono anche essere descrittori di dinamiche intra ed interpersonali indicative di vissuti; dall’altro, gli stessi devono dar voce ai soggetti interessati direttamente ed indiret- tamente dalla formazione (alunni, insegnanti, operatori pedagogici, famiglie, terri- torio). 60 24 Per dirla con Bronfenbrenner, ci si riferisce a micro-situazioni che hanno una possibilità di crescita immediata sugli utenti. (subscala 1). U. BRONFENBRENNER, Ecologia dello sviluppo umano, il Mulino, Bologna 2002. Di seguito, verrà presentato lo schema delle componenti e delle condizioni ir- rinunciabili di quella che è definibile come qualità educativa o intrinseca, dove l'intrinsicità rimanda all’idea di un CFP in relazione alla sua specifica finalità for- mativa, in quanto “luogo educativo”, oltre che di istruzione e formazione. Le sub- scale ipotizzate con i relativi items, hanno cercato di tener conto, sulla base del modello della scala Svani, delle componenti e delle condizioni irrinunciabili per la gestione di un servizio di istruzione e formazione professionale di qualità. Le componenti indicano gli aspetti d’ambiente del CFP con cui l’adolescente è in contatto 24; le condizioni si riferiscono a quei livelli ambientali sovra-ordinati che incidono non solo sull’acquisizione di conoscenze e competenze tecnico-profes- sionali, ma anche di quelle di tipo relazionale grazie a cui è davvero possibile garantire – come affermava Goguelin – lo sviluppo integrale della persona che deve formarsi. La scala non è ancora definita (non vi è ancora un acronimo con cui poterla indicare); così come non è previsto nella presente pubblicazione l’inserimento dei descrittori grazie a cui, le persone che potenzialmente debbono utilizzare la scala ai fini valutativi, possano esprimere un giudizio sui livelli pre- sentati. L’ipotesi è in fase di costruzione per poter poi essere sperimentata sul campo, in vista di accorgimenti e modificazioni che consentano l’ideazione di una scala tramite cui rilevare – proprio grazie a giudizi espressi – la qualità educativa intesa come frutto di una negoziazione continua. 61 SUBSCALA 1: ARREDI E MATERIALI A DISPOSIZIONE DEI RAGAZZI La diversificazione dell’offerta formativa di un CFP - che offre sia interventi corsuali (accoglienza, for- mazione e inserimento), sia individualizzati (partecipazione individuale, tutoring sul lavoro, formazione a distanza) – determina l’esistenza di una struttura polifunzionale: gli spazi e gli arredi sono funzionali alla gestione di micro e macro processi non solo ed esclusivamente relativi alla didattica, ma anche alla cura del progetto di crescita personale e professionale degli utenti. Items 1: Arredi per le cure di routine Items 2: Arredi per le attività di apprendimento in classe Items 3: Arredi per le attività di apprendimento in laboratorio Items 4: Arredi per le attività di apprendimento in cortile Items 5: Arredi per le attività di apprendimento in oratorio Items 6: Disposizione della istituzione Items 7: Materiale didattico in mostra SUBSCALA 2: CURE DI ROUTINE La presenza quotidiana dell’alunno nella struttura di un Centro di Formazione Professionale è un mo- mento molto delicato e importante perché rappresenta il contatto che il giovane, nella giornata, ha con fi- gure istituzionali nei confronti delle quali deve potersi relazionare ben consapevole che queste si occupe- ranno non solo di potenziare la sua mente, ma anche di risvegliare il suo cuore. Ogni giovane, in virtù del proprio vissuto personale, affronta in maniera diversa la stessa esperienza di istruzione e formazione: i formatori, gli educatori, gli animatori, gli insegnanti delle istituzioni scolastiche statali, debbono adottare strategie individualizzate coinvolgendo anche i genitori che sono parte integrante del progetto formativo e strategie personalizzate dirette al gruppo-classe di cui l’alunno è parte integrante. Le cure di routine sono funzionali alla soddisfazione dei bisogni primari e secondari affinché nella gior- nata scolastica il ragazzo possa avere tutti gli elementi necessari e funzionali ad un buon rendimento. Items 8: Buon giorno e saluto finale Items 9: Ricreazione Items 10: Tempo pieno “libero” Items 11: Cambi Items 12: Pulizia ed ordine personale degli allievi Items 13: Abitudini igieniche Items 14: Norme igieniche Items 15: Gestione della sicurezza Items 16: Norme di sicurezza 62 SUBSCALA 3: ASCOLTARE E PARLARE Il Piano dell’Offerta Formativa del CFP si ispira al progetto educativo nazionale delle Scuole Salesiane attualizzando, anche formalmente, la tradizione educativa salesiana dell’accompagnamento del giovane o dello studente. Ragione, religione, e amorevolezza – i tre ingredienti del Sistema Preventivo di don Bosco – sono nutrimento della relazione didattico-educativa che si innesta nel processo di professionaliz- zazione. Ascoltare l’altro e parlare all’altro divengono modelli relazionali con cui il giovane cresce grazie ad un progetto educativo integrale che lo aiuta ad essere in relazione con se stesso e con l’altro. Items 17: Uso formale del linguaggio Items 18: Uso informale del linguaggio Items 19: Comunicazione funzionale Items 20: Comunicazione affettiva Items 21: Colloqui Items 22: Celebrazioni e confessioni Items 23: Libri, films e documentari SUBSCALA 4: ATTIVITÀ DI APPRENDIMENTO Al fine di garantire il successo formativo, ciascun alunno deve impegnarsi a fondo in tutte le materie previste dal Piano dell’Offerta Formativa (POF): questo affinché egli sviluppi, per ciascuna annualità, il set di conoscenze e competenze (di base, tecnico-professionali e trasversali) indispensabili per il for- marsi della professionalità prescelta. Questa la motivazione per cui l’intero impianto progettuale prevede l’alternanza di attività funzionali all’istruzione (lezioni frontali), alla formazione professionale (attività laboratoriali di tipo tecnico) e alla crescita delle capacità personali del soggetto (attività psico-pedago- giche). Items 24: Coordinazione oculo-manuale Items 25: Lavori di gruppo/Giochi di squadra Items 26: Attività artistiche Items 27: Musica e ritmica Items 28: Attività di costruzione/assemblaggio in laboratorio Items 29: Giochi di role-playing Items 30: Attività psico-pedagogiche Items 31: Autodiagnosi delle capacità personali 63 SUBSCALA 5: INTERAZIONE Un’educazione integrale deve misurarsi oggi con la dimensione sociale della carità. Le comunità educative salesiane sono consapevoli che la lotta contro il disagio giovanile è parte della loro missione educativa. Si sentono pertanto coinvolte profondamente in essa secondo il carisma salesiano e lo stile di Don Bosco, con intelligenza e realismo e, sempre, con carità. I CFP dunque, sul piano delle relazioni: accompagnano i gio- vani alla conoscenza adeguata della complessa realtà sociopolitica in cui vivono, aiutandoli a vivere se- condo il rispetto delle regole; introducono fisicamente i giovani nel mondo degli uomini e donne che chie- dono solidarietà e aiuto; insegnano ai giovani ad elaborare precisi e concreti progetti di solidarietà e a matu- rare forme di intervento sociale; fanno comprendere che la carità è espressione del proprio incontro con Cristo; li avviano all’impegno e alla partecipazione alla «politica» -ossia alla complessa e varia azione eco- nomica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzio- nalmente il bene comune- facendo sì che si assumano responsabilità dirette negli organismi scolastici di partecipazione e nelle associazioni nelle quali possono coprire ruoli di gestione e direzione; li educano al servizio, come espressione della solidarietà e itinerario di discernimento e di maturazione vocazionale. Items 32: Interazione tra gli allievi Items 33: Interazione tra gli allievi e i formatori Items 34: Interazione tra gli allievi e i direttori Items 35: Personalizzazione ed individualizzazione Items 36: Disciplina SUBSCALA 6: ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITÀ L’attività formativa si svolge di norma nell’arco di 36 ore settimanali in 6 giorni, dal lunedì al sabato, dalle ore 8,00 alle ore 14,00. Gli allievi al mattino ascoltano un pensiero religioso-formativo; partecipano, in alcune occasioni durante l’anno formativo, alla Santa Messa, a celebrazioni liturgiche, a momenti di riflessione e colloqui col Di- rettore, l’Animatore e l’equipé dei docenti. I formatori collaborano con l’animatore, ad accompagnare gli allievi nei luoghi prefissati per il “buon- giorno”, e sono presenti durante il pensiero formativo e durante la breve pausa tra la terza ora (10,00 - 11,00) e la quarta ora (11,00 - 12,00). Per la maturazione integrale del giovane si richiede la massima puntualità. Indipendentemente dall’ora d’entrata in classe e dall’ora d’uscita, gli alunni devono firmare il registro delle presenze. Affinché l’opera educativa sia efficace e feconda è necessario che il giovane conosca e condivida lo spi- rito e il metodo degli educatori e, nel rispetto dei docenti, non docenti e compagni, collabori con loro con generosità e responsabilità. Le famiglie saranno corresponsabili nell’intero processo formativo del proprio figlio, interagendo, dunque, attivamente con il Centro di Formazione Professionale. Items 37: Orario delle attività Items 38: Controllo delle attività quotidiane Items 39: Cooperazione tra i formatori Items 40: Cooperazione tra i formatori e gli insegnanti Items 41: Disposizioni per alunni con particolare problemi psico-fisici 64 SUBSCALA 7: BISOGNI DEGLI ADULTI La formazione formatori ha una rilevanza fondamentale all’interno del progetto educativo dell’alunno. Il compito dei formatori è di svolgere un ruolo di mediazione in una esperienza di istruzione e di forma- zione professionale che, per essere pedagogicamente orientata, richiede d’essere affrontata con compe- tenza professionale, capacità di osservazione e un approccio metodologico coerente: di qui la necessità che gli operatori della formazione professionale siano continuamente aggiornati nel proprio campo di competenza per erogare un servizio di qualità negoziata. Items 42: Bisogni personali degli adulti Items 43: Opportunità di crescita professionale Items 44: Zona riservata agli incontri degli adulti Items 45: Spazi di consulenza e di ascolto per gli operatori pedagogici Items 46: Giornata libera SUBSCALA 8: ATTIVITÀ EXTRA-SCOLASTICHE Le attività extrascolastiche nel CFP consentono all’alunno di essere soggetto attivo nella costruzione e realizzazione del proprio progetto personale/professionale. Esse – di vario tipo ed organizzabili con il consenso informato della famiglia – rappresentano pertanto una prassi educativa attiva volta a favorire la capacità del soggetto di risolvere il problema del suo avvenire professionale, facilitandogli l’assolvimento dei compiti vocazionali relativi alla: - conoscenza di sé (potenzialità attitudinali, capacità, interessi e valori); - conoscenza del mondo del lavoro e delle professioni; - formulazione di progetti di vita e di lavoro e loro valutazione in funzione della decisione di scelta di un progetto e del modo migliore di realizzarlo. Items 47: Interventi formativi Items 48: Interventi educativi Items 49: Interventi informativi e di sensibilizzazione Items 50: Interventi di addestramento Items 51: Interventi progettuali Items 52: Interventi esperenziali Items 53: Interventi di rete Items 54: Interventi consulenziali Items 55: Interventi in caso di crisi Items 56: Interventi di aiuto professionale e di self-help Items 57: Interventi di animazione sociale 65 SUBSCALA 9: CORRESPONSABILITÀ SCUOLA-FAMIGLIA Con la Legge 53/2003 – Riforma Moratti – ai genitori si chiede di diventare componente costitutiva della struttura scolastico – formativa e di qualificarsi come presenza costante e attiva nella comunità educante. Nello scenario normativo la famiglia è considerata “la prima formazione sociale con la quale le istitu- zioni scolastiche devono interloquire per realizzare l’autonomia” (d.P.R. 275/99): “le istituzioni scola- stiche non sono più obbligate a fare tutte la stessa cosa nello stesso tempo, perché non sono più ad ema- nazione diretta dello stato; ma vanno affermandosi come istituzioni scolastiche autonome in ambito di- dattico, funzionale ed organizzativo. La scuola diventa così formazione sociale, espressione dei soggetti che la compongono, chiamata ad agire ponendo al centro la domanda educativa dell’alunno …” (S. Cri- scuoli, 2003). Il processo di trasformazione della scuola in atto con la Riforma Moratti, pone, dunque, le condizioni per la creazione di una “scuola adulta” capace di formare la persona, oltre che offrire conoscenze e compe- tenze funzionali allo sviluppo del profilo professionale prescelto dai soggetti in formazione: condizione, affinché questo avvenga, è che la scuola sia generata dalla responsabilità di gestori, docenti, genitori, stu- denti che la compongono a titolo diverso e con funzioni complementari che si armonizzano fra di loro a fini educativi. Non è più sufficiente la sola partecipazione dei genitori: occorre che i soggetti della comunità educativa siano chiamati ad assumersi le responsabilità reciproche tramite un rinnovato patto sociale, di cui il patto formativo è parte integrante. Per la realizzazione della proposta formativa è indispensabile la corresponsabilità tra famiglia e CFP: quest’ultimo si avvarrà di una figura di sistema che coinvolgerà le famiglie a vari livelli (cfr. subscala 8 attività extra scolastiche). Items 58: Co-progettazione al POF Items 59: Personalizzazione del percorso formativo Items 60: Redazione del portfolio delle competenze 66 SUBSCALA 10: RELAZIONI CON IL TERRITORIO L’intero impianto del percorso formativo è centrato sulla scoperta e sull’aiuto alla realizzazione del pro- getto personale d’ogni destinatario intorno ad un’identità lavorativo-professionale e sulla base di una proposta educativo-formativa tesa a formare il cittadino, il lavoratore, il cristiano. L’approccio della formazione professionale prevede, infatti, un concetto di competenza intesa come piena padronanza delle conoscenze, delle tecnologie e dei processi nell’ambito lavorativo di riferimento. Per il raggiungimento degli obiettivi formativi del presente progetto, sarà necessaria una stretta COLLABO- RAZIONE TRA CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE, SCUOLA E AZIENDA. L’integrazione fra i tre elementi, di cui sopra, favorisce la strategia della alternanza formativa secondo quanto previsto dalla legge n.53, 28 marzo 2003 (Riforma Moratti): l’alternanza rappresenta una stra- tegia metodologica che consente – in riferimento al singolo allievo - di realizzare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si integrano reciprocamente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’organizzazione di lavoro e di impresa. La collaborazione e la corresponsabilizzazione con i servizi sociali, comporta la relazione con tutte le strutture che sono autorizzate per l’assistenza ai minori. La maggior parte degli alunni frequentanti i CFP sono ragazzi difficili ovvero adolescenti con varie forme di disagio, disadattamento e devianza; aver cura del progetto educativo significa affiancare al progetto di professionalizzazione un progetto di ri-educa- zione orientato al ri-scatto, nel presente, da un passato oscuro. Il Cfp, allontanandosi dai pericoli dell’au- torefenzialità, deve: dialogare e corresponsabilizzare le famiglie, senza sostituirsi ad esse, anche qualora la famiglia sia una presenza negativa; lavorare in rete nel sociale per garantire al minore la tutela dei propri diritti ed il rispetto dei propri doveri, soprattutto nei casi di una reiterazione della pena dovuta alla commissione di un reato (la messa alla prova). Items 61: Istituzioni scolastiche statali partner IItems 62: Aziende partner Items 63: Assessorati Items 64: Servizi Sociali Items 65: Educatori di Circoscrizione Items 66: Tribunale dei minori Items 67: Comunità per minori (semiresidenziali e residenziali) 67 69 25 Cfr. GIOVANNI BATTISTA LEMOYNE, Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco, raccolte dal sacerdote salesiano, edizione 1898, Volume V, Capo VI, p. 52. 26 Relativamente al fenomeno della dispersione scolastica nel secondo ciclo di istruzione esiste un ampia letteratura psicologica di riferimento che ha scientificamente provato la casualità esistente tra «caratteristiche strutturali dell’istituto e dispersione scolastica» e tra «caratteristiche ambientali e dispersione scolastica». Cfr. per la prima tipologia di ricerche, «dispersione scolastica e caratteristiche strutturali dell’istituto»: tipologia d’istituto (Benvenuto et al., 2000); grandezza (Rumberger e Pa- lardy, 2005); collocazione geografica, (Rumberger e Palardy, 2005); tipo di controllo, (Rumberger e Palardy, 2005); per la seconda, «dispersione scolastica e caratteristiche ambientali»: clima (Rum- berger, 1995); politiche educative (Lillard e De Cicca, 2000). Capitolo 4 La Riflessività del Formatore della Formazione Pro- fessionale: un Educatore alla ricerca dell’Equilibrio tra Ragione, Religione e Amorevolezza Cristina BALDI “Un giorno del 1854 Don Bosco si ritrovava negli uffici del ministro Urbano Rattazzi, in conversazione con lui, e si sentì per l’ennesima volta domandare quale fosse il suo metodo educativo. Don Bosco rispose: «Vostra eccellenza non ignora che vi sono due sistemi in educazione, uno chiamato sistema repressivo, l’altro pre- ventivo. Il primo si prefigge di educare l’allievo con la forza, col reprimerlo e pu- nirlo quando ha violato la legge. Il sistema preventivo, invece, cerca di educarlo con la dolcezza e perciò lo aiuta soavemente ad osservare la legge medesima, e gliela somministra con i mezzi più adatti ed efficienti allo scopo. È questo il si- stema in vigore da noi …”25. Educare oggi come educava Don Bosco rappresenta indubbiamente una sfida. Nello scorrere del tempo, il sistema repressivo a cui le istituzioni scolastiche hanno ispirato la pseudo progettualità educativa ha determinato la fuoriuscita di numero- sissimi ragazzi – i così detti drop-out – dai percorsi scolastici statali 26: sicché molti di questi ragazzi sono caduti in pericolo e alcuni sono diventati pericolosi perché lontani da eventi che avrebbero potuto proteggerli, preservarli anziché puntellarli e reprimerli. I Centri di Formazione Professionale che hanno partecipato al Progetto Inte- grazione – così come tanti altri CFP che, pur non avendo partecipato all’esperienza condotta, offrono il medesimo servizio – accolgono da decine di anni i ragazzi i quali, “essendosi allontanati” e/o “essendo stati allontanati” dal canale statale e av- vicinandosi al canale della istruzione e formazione professionale, possono rifuggire dai pericoli derivanti dalle convinzioni di un futuro privo di colori. 27 Da giugno 2006 nessun bando pubblicato dalla Regione Puglia consente ai CFP di program- mare e progettare percorsi di istruzione e formazione professionale: sicché molti CFP, che da decenni operano in tale settore, ultimate le sperimentazioni triennali avviate nel 2003, sono inattivi con il ri- schio presto di scomparire dal territorio, negando la possibilità a moltissimi ragazzi di istruirsi e for- marsi … L’impianto delle sperimentazioni triennali avviate in Puglia nel 2003 è stato centrato sulla scoperta e sull’aiuto alla realizzazione del progetto personale d’ogni destinatario intorno ad un’iden- tità lavorativo-professionale e sulla base di una proposta educativo-formativa tesa a «formare il citta- dino, il lavoratore, il cristiano». L’approccio della formazione professionale prevede, infatti, un con- cetto di competenza intesa come piena padronanza delle conoscenze, delle tecnologie e dei processi nell’ambito lavorativo di riferimento. Per il raggiungimento degli obiettivi formativi del presente pro- getto, è stata attivata una stretta collaborazione tra centri di formazione professionale (Cfp), scuola statale e azienda. L’integrazione fra i tre elementi, di cui sopra, ha favorito la strategia della «alter- nanza formativa» secondo quanto previsto dalla legge n.53, 28 marzo 2003 (Riforma Moratti): l’alternanza ha rappresentato una strategia metodologica che ha consentito – in riferimento al singolo allievo – di realizzare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si sono integrate recipro- camente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’orga- nizzazione di lavoro e di impresa. 28 «[…] La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. … La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di rag- giungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Cfr, Costitu- zione della Repubblica Italiana, Roma 27 dicembre 1947, art. 33 e 34. Molti dei ragazzi che si riversano nel canale della FP sono capaci e meritevoli, ma rifiutano psi- cologicamente l’inserimento nei percorsi di istruzione offerti dal canale statale perché le «caratteri- stiche strutturali» ed «il clima» che le caratterizzano non consentono «la strutturazione di una visione del mondo e di sé-nel-mondo-con-gli-altri». I cfp – come descritto nel paragrafo precedente – invece favoriscono il recupero dei soggetti portatori di un disagio, dei ragazzi marginali, dei ragazzi devianti consentendone l’educazione e la ri-educazione. La Repubblica deve rendere «effettiva» la possibilità a ciascuno dei ragazzi difficili di godere del diritto di istruzione assicurando loro «concretamente» un trattamento scolastico equipollente a quello garantito agli alunni delle scuole statali: un tentativo da sostenere e da diffondere perché si possa rispondere nel «campo dell’educazione» secondo quei criteri di sussidiarietà e libertà sempre più indispensabili per il futuro dei giovani. Cfr. M. NAPOLI, Principio di sussidiarietà, Vita e Pensiero, Milano 2003. 29 Cfr. V. CAPORALE, Lavoro e responsabilità in C. LANEVE (a cura di), L’educatore, oggi: tratti per un profilo di San Giovanni Bosco, Servizio Editoriale Universitario, Bari Marzo 2007, pp. 45-52. Attualmente l’offerta formativa dei Centri di Formazione Professionale ri- sponde alla domanda di istruzione e formazione dei soggetti interessati solo relati- vamente all’ultimazione dei percorsi triennali sperimentali già avviati ed in via di conclusione 27; ma, nel limbo legislativo quale quello introdotto dalla finanziaria dell’attuale sistema di governo, appare “chiusa la strada della FP ai giovani” i quali vengono dunque privati di diritti costituzionalmente sanciti, in quanto impossibili- tati in futuro ad intraprendere un percorso alternativo a quello statale.28 A differenza di ciò che comunemente si crede – molto probabilmente perché non si ha piena consapevolezza di ciò che è divenuta la formazione professionale29 – eliminare dall’offerta formativa il canale della FP o cercare di “inserire” quest’ul- 70 30 A livello regionale, gli attuali orientamenti legislativi in Puglia non cancellano la formazione professionale, ma affidano la titolarità dei percorsi di istruzione e formazione professionale alle scuole statali (le secondarie di 2° livello); titolarità sino al 2003 riconosciuta da un d.l. – a livello na- zionale – ai CFP vista la sussistenza di caratteristiche strutturali ad hoc e la centralità del progetto pe- dagogico cui i percorsi della fp si ispirano. Molti istituti scolastici statali non disponendo degli am- bienti idonei alla erogazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale (laboratori, cortili, oratori, ecc.) e della presenza educativa costante di figure specialistiche (tutor d’aula, animatori, edu- catori, home-maker, ecc) commissionerebbero ai CFP la gestione di alcuni iter del processo formativo attivando, in tal senso, una sorta di «formazione a voucer»: come se il recupero dei ragazzi difficili possa attivarsi a «tempo determinato», frammentando l’esperienza educativa e/o ri-educativa. 31 L’istruzione e la FP rappresenta infatti «un insieme di opportunità e di servizi volti a consen- tire alla persona di acquisire una qualifica professionale e – progressivamente un diploma di forma- zione superiore». Molti drop-out, inseriti nelle sperimentazioni triennali, al termine delle stesse hanno conseguito una qualifica professionale che – vista l’integrazione con il canale statale e, mediante l’attivazione delle così dette passerelle, la possibilità di un riconoscimento dei crediti formativi acqui- siti nel percorso della fp – sono rientrati nel canale statale per la frequenza del 4° e 5° anno funzional- mente al conseguimento del diploma; altra parte, è stata inserita all’interno di aziende che richiede- vano le figure professionali istruite e professionalizzate mediante i percorsi della Fp. Cfr, D. NICOLI, Il nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, in “Professionalità”, 75 (2003), XI- XXI. tima in alcune della pagine del POF di un istituto scolastico statale (mediante un paternariato che releghi i cfp soltanto a istituzioni che «prestano» i propri ambienti laboratoriali e/o «gestiscono psico-pedagogicamente» le situazioni dei ragazzi diffi- cili) 30 equivale a privare di ogni dignità non solo il senso dell’istruzione medesima, ma anche della educatività di cui storicamente sono stati testimoni i percorsi di istruzione e formazione professionale31». Nell’esperienza di Formazione dei Formatori prevista dal Progetto Integra- zione è stato possibile riflettere a lungo, non solo sugli aspetti legislativi e sui nuovi orientamenti pedagogici cui la Riforma avrebbe dato luogo, ma anche sulla identità della figura professionale incaricata di gestire nel canale della Fp i percorsi di istruzione e formazione: la figura dell’operatore della formazione professionale. Come sarà possibile prendere visione in seguito, grazie ai racconti testimoniali dell’esperienza di coloro i quali hanno preso parte al Progetto Integrazione, diffe- renti sono state le questioni poste dagli operatori della FP dei quali abbiamo curato la formazione: domande di senso in parte preesistenti, in altra parte poste soprat- tutto a seguito dell’attuazione della legge n.53, 28 marzo 2003. «Se la FP ha pari dignità rispetto ai percorsi offerti dal canale statale, l’operatore della FP è un insegnante? Un formatore? Un operatore pedagogico? Un educatore professionale? Un animatore? O tutte queste professionalità assieme, vista la complessità degli utenti interessati alla offerta formativa della Fp?». Ed, in- fine: «il formatore, avrà la possibilità in futuro di non essere considerato un “inse- gnante di serie b”»? Questi i principali interrogativi posti dai formatori con i quali è stata avviata una riflessione. Mediante la presente pubblicazione si intende diffondere la visione maturata durante l’esperienza di formazione condotta; la visione di CFP che, pur avendo tra- 71 32 Cfr. A. CANEVARO (a cura di), La formazione dell’educatore professionale. Percorsi teorici e pratici per l’operatore pedagogico, La Nuova Italia Scientifica, Roma febbraio 1991; M. GROPPO (a cura di), L’educatore professionale oggi. Figura, funzione, formazione, Vita e Pensiero, Milano 1990; C. LANEVE (a cura di), L’educatore, oggi: tratti per un profilo di San Giovanni Bosco, op. cit.; B. MAGGI, La formazione: concezioni a confronto, Etas, Milano 1991; A. MONASTA, Mestiere: proget- tista di formazione, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1997; C. MONTEDORO, (Ed.), Dalla pratica alla teoria per la formazione: un percorso di ricerca epistemologica, Franco Angeli, Milano 2000; D. NI- COLI, Il nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, op. cit.; M. SANTERINI, L’educatore tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale, Editrice La Scuola, Brescia 1998; et. al. 33 Cfr, J. DELORS (a cura di), Insegnare ad apprendere. Verso la società conoscitiva. Libro bianco dell’istruzione, C.E., Bruxelles 1996; Trattato della Comunità europea; Trattato sull’Unione europea (i testi sono reperibili anche nel sito ufficiale dell’Unione europea: http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/index.htm); et. al. dizioni differenti, hanno cercato fortemente nell’integrazione una modalità per co- struire una missione comune: quella di operatori pedagogici al servizio di soggetti deboli a rischio di esclusione sociale. A differenza di ciò che comunemente si crede, non esiste ancora un idea chiara di quale professionalità “si debba vestire” l’operatore della FP, sebbene alcuni con- tributi in campo pedagogico hanno tracciato egregiamente tanto il profilo di questa figura professionale quanto i suoi confini con le aree di competenza di altre figure che si occupano di educazione 32. Chi scrive, non ha la presunzione di assurgere a verità le proprie ipotesi funzionalmente alla modellizzazione della figura in og- getto; ma, sottolineando anticipatamente che essa indubbiamente riveste ruoli edu- cativi, desidera precisare, che tali ipotesi sono: da un lato, sostenute da autorevoli teorizzazioni preesistenti; dall’altro, testimoniate dalle memorie professionali di persone che da anni sono operatori della FP, oltre che dalla propria. In Italia, a partire dalla metà degli anni Novanta, nonostante l’“impulso” cultu- rale indotto dall’Unione Europea e la sensibilizzazione connessa a temi quali la lifelong learning e più in generale la qualità dei sistemi nazionali di istruzione e formazione 33, a tali sollecitazioni non sempre è corrisposta un’azione sufficiente- mente organica e incisiva; soprattutto relativamente alla qualificazione delle risorse umane impegnate nella programmazione, progettazione e applicazione dei processi di istruzione e formazione professionale, ai vari livelli di ogni ordine e grado di istruzione. A conferma di quanto appena dichiarato e per ovviare a sterili generaliz- zazioni, si vuole qui sottolineare che durante l’esperienza di formazione dei forma- tori della FP condotta in Puglia è stata infatti rilevata una perdurante inadeguatezza in una parte significativa delle azioni di qualificazione delle risorse umane della formazione professionale: gli operatori della FP sovente hanno comunicato di “mancare di una visione strategica stentando ad allinearsi alle reali esigenze degli utenti e dei contesti di riferimento”. Questa condizione reale, dunque, necessita: da un lato, di una riflessione pedagogica, dall’altro, di un ripensamento normativo che garantisca di fatto un sostegno adeguato attraverso interventi di formazione iniziale 72 34 Cfr. ISFOL (a cura di C. MONTEDORO E F. GAUDIO), I formatori della formazione professionale. Come (e perché) cambia una professione, I libri del FSE, Roma 2005. 35 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, p. 129. 36 Cfr. G. MALIZIA - S. CHISTOLINT - V. PIERONI - U. TANONI, II Progettista di formazione e la nuova organizzazione del Centro di Formazione Professionale in rapporto al territorio e ai processi interni di insegnamento-apprendimento, Ricerca, Roma, CNOS-FAP, 1991. La ricerca citata è stata affidata dal Ministero del Lavoro al CNOS/FAP che ha realizzato il relativo progetto presso il suo la- boratorio «Studi Ricerche e Sperimentazioni», costituito presso gli Istituti di Didattica e di Sociologia della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. L’indagine è stata effettuata da un’equipe diretta da G. Malizia e composta da: S. Chistolini. V. Pieroni e U. Tanoni. 37 Cfr. G. TACCONI (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003. C. GEMMA, Il coordinatore-tutor Un ruolo da interpretare, La Scuola, Brescia 2004. 38 Cfr, CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, Istituto Sale- siano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per la gestione dello stage, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CIOFS-FP PIEMONTE, Le competenze orientative. Un approccio metodo- logico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, Torino 2003; CIOFS-FP PIEMONTE, Le compe- tenze orientative. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, To- rino2003; CIOFS-FP PIEMONTE, L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, Torino 2003; et. al. 0. 39 Cfr. M. BECCIU, A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2006. 40 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, op.cit., p. 130. ISFOL, I formatori. Caratteristiche, motivazioni, prospettive, e continua appropriati, al fine di assicurare un livello qualitativo sufficiente per l’accesso alla professione di “operatore della formazione professionale”. Per quel che attiene il versante della riflessione pedagogica, mentre nella tradi- zione pedagogica esiste un’ampia letteratura sulla figura professionale dell’inse- gnante, è difficile individuare identità, funzioni e ruolo sociale di quelli che sono oggi chiamati “formatori” o “operatori della Fp”, sebbene i mutamenti normativi che hanno interessato negli ultimi anni la FP in Italia abbiano in qualche modo ob- bligato ad un ripensamento delle competenze dell’operatore della FP34. In linea generale, nel tempo “dalla più generale, e onnicomprensiva, funzione del formatore si sono delineate altre funzioni, più specifiche…”35 a cui oggi corri- spondono altre figure professionali che – con alcune variazioni di denominazione a seconda delle regioni a cui ci si riferisce –, rivestono funzioni differenti quali: il coordinamento 36, la progettazione; la valutazione e l’analisi del fabbisogno; la docenza e la docenza-tutoring 37 (la compresenza in classe con altro docente); l’orientamento38; l’esperto in gestione dei processi di collaborazione scuola-fami- glia per la promozione della corresponsabilità educativa 39, ecc. Quello del forma- tore dunque è un mestiere complesso, dotato di una molteplicità di ruoli e per questo bisognoso di una formazione continua che lo renda competente e flessibile nella gestione di varie funzioni all’interno di “percorsi rivolti a giovani allievi o adulti o a fasce di utenza marginale” 40. 73 Franco Angeli, Milano 1992; ISFOL, Modelli di formazione dei formatori, Roma 1998; ISFOL, Standard Formatori. Per un modello nazionale di competenze verso l’accreditamento professionale, Roma 1998; ISFOL, Rapporto ISFOL 2001, Franco Angeli, Milano 2001; ISFOL, Rapporto ISFOL 2004, Tiel- lemedia, Roma 2004; ISFOL, Rapporto ISFOL 2005, Tiellemedia, Roma 2005; F. GAUDIO - C. MONTE- DORO (Edd.), I formatori della formazione professionale. Come (e perché) cambia una professione, op.cit.; D.R. DI NUBILA (Ed.) Professione formatore. Il ruolo, le competenze, i luoghi e le prospettive, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2005. 41 Circa il ruolo dell’educatore e delle altre professioni sociali, un panorama valido anche per l’Italia è rappresentato da alcuni lavori francesi quali: F. LE POULTIER, Recherches évaluatives en tra- vail social, Presses Universitaires de Grenoble, Grenoble 1990; J. L. MARTINET, Les éducateurs au- jourd’hui, Privat, Toulouse 1993. 42 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, II ed., p. 106. Nel presente paragrafo i «pensieri» sostenuti sono frutto della rielaborazione personale di teorizzazioni accreditate da sperimentazioni già condotte; e intendono, sulla base di quest’ultime, tracciare alcuni altri elementi teorici che fungono da congetture al fine di continuare a “disegnare il profilo del formatore”. Gli operatori stessi coinvolti nella formazione sentivano fortemente l’esigenza di riflettere al fine di costruire e consolidare la propria identità professionale. È stato dunque necessario fare memoria della tradizione della formazione profes- sionale; e, al tempo stesso, accogliere l’innovazione per consolidare un profilo completo di operatore della FP che potesse essere così condiviso dai formatori senior e da quelli junior. I formatori della Fp sono stati in passato: maestri di bottega, addestratori, edu- catori e/o rieducatori di giovani delinquenti, operatori pedagogici nel campo della pedagogia speciale 41. Nella fase storica più recente – come anticipato precedente- mente – una serie di fattori culturali hanno determinato un ripensamento della figura in oggetto, sino ad attribuirle normativamente e tecnicamente una validità strategica che ha contribuito ad innescare un’evoluzione piuttosto significativa nel profilo socio-anagrafico e professionale del formatore. In questo contributo, pertanto, si associa l’immagine dell’operatore della FP ad “…un mestiere complesso ed in forte trasformazione sul piano dei livelli di profes- sionalità e dell’identità soggettiva, organizzativa e sociale” 42. Il rafforzamento di tale concezione, tuttavia, non conduce al definitivo supera- mento di una certa debolezza insita nello statuto professionale del formatore che anche in Puglia viene considerato un “insegnante di serie B” o un “doppione dell’e- ducatore professionale”. È necessario dunque consolidare gli elementi connotativi che possono contribuire – anche in termini di prestigio e riconoscibilità sociale – all’affermazione dell’operatore della Fp. Sin dall’affidamento dell’incarico, chi scrive ricorda di aver voluto caratteriz- zare tanto il piano delle azioni di formazione quanto quelle di accompagnamento secondo lo stile salesiano: in qualità di «formatori dei formatori» dei CFP della Puglia in cui avremmo dovuto condurre l’esperienza, io e la collega non avremmo 74 43 Cfr. A. SANTONI RUGIU, Crisi del rapporto educativo, La Nuova Italia, Firenze 1975. 44 Cfr. D. DEMETRIO, Gli approcci empirici nell’analisi di una professionalità pedagogica in dis- cussione in M. GROPPO (a cura di), L’educatore professionale oggi. Figura, funzione, formazione, op. cit., p.65. 45 La CONFAP – Confederazione Nazionale Formazione Aggiornamento Professionale – è una con- federazione costituitasi nel 1974, su iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana, allo scopo di offrire un riferimento organico ed unitario agli Enti di formazione professionale di ispirazione cristiana nel loro servizio formativo rivolto a giovani ed adulti nell’ambito dell’Orientamento e della Formazione al lavoro e sul lavoro. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito ufficiale: www.confap.it. potuto annullare il nostro capitale di esperienza personale e professionale maturato grazie alla collaborazione con i centri CNOS FAP; ma, la nostra visione salesiana, nel totale rispetto delle tradizioni dei Cfp della cui formazione saremmo stati re- sponsabili per tre anni, sarebbe stata messa “al servizio” dei centri stessi di modo tale che le nostre esperienze, unite alle loro, avrebbero potuto potenziare congiun- tamente e reciprocamente il capitale formativo di ogni operatore della FP, noi com- prese. Non sarà sufficiente raccontare l’azione degli operatori della FP dei quali si è stati formatori nell’esperienza del Progetto Integrazione, per marcare le responsa- bilità educative della figura del formatore: la problematicità del lavoro pedagogico, in questa sede, richiede di esaminare la funzione del formatore in rapporto all’istru- zione e all’educazione di cui esso è responsabile. Già in passato, studiosi di provenienza extra-pedagogica avevano evidenziato e anticipato quella che sarebbe poi stata la «crisi del rapporto educativo»43: «crisi identificabile a livello di contenuti (educare o istruire), di sedi (quante e quali sono le situazioni, oltre la scuola, che contribuiscono alla crescita?) e infine di ruoli (quale ‘potere’ educativo esercita, ancora, chi stabilisce relazioni finalizzate allo sviluppo e al cambiamento, istituzionalmente riconosciute)»44. Oggi questa crisi si continua a viverla, così come si continua pedagogicamente a discuterla senza però risolverla. È stato infatti solo dato un nome all’«operatore della FP» e ai processi formativi in cui esso è chiamato ad operare; ma l’azione di descrizione teorica rischia di essere una «scatola vuota» se, come è stato fatto in passato, non vengono messe in campo sperimentazioni e ricerche che dotino il for- matore, nel tempo, di metodologie scientifiche che trasformino quella scatola vuota in una “cassetta degli attrezzi” dell’operatore della FP. La consapevolezza che quanto si sta scrivendo non risolverà le questioni peda- gogiche sospese è un requisito cruciale del presente lavoro; ma, sulla base di un ap- proccio empirico con cui è stata condotta l’esperienza di formazione dei formatori di alcuni CFP della Puglia, si intende fornire altre coordinate per l’individuazione di uno specifico professionale. Per far questo, come precisato precedentemente, è stato necessario riferirsi ad un “orizzonte di senso” quale quello della pedagogia cristiana, cui tutti i cfp coin- volti nel progetto integrazione – afferenti alla CONFAP 45 – si ispirano; ma, se la vi- sione è stata personalistica, concretamente al servizio dei cfp è stato offerto un ap- 75 46 Cfr, P. BRAIDO, Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di don Bosco, LAS, Roma 1998. 47 Nella maggior parte dei casi, riferendoci ai racconti testimoniali degli operatori aderenti al progetto integrazione, i soggetti interessati dalla formazione professionale iniziale sono ragazzi diffi- cili così come denominati dalla pedagogia fenomenologica. Cfr. P. BERTOLINI, Ragazzi difficili Peda- gogia interpretativa e linee di intervento, La Nuova Italia, Milano luglio 2000. 48 Ibidem, p. 85. proccio metodologico intriso della pedagogia preventiva di San Giovanni Bosco, ragion per cui le coordinate del profilo di operatore della fp che verrà tracciato, vanno ricercate all’interno dei tempi e degli spazi in cui matura e si sviluppa il si- stema preventivo di Don Bosco 46; nonché rimandate alle posizioni fenomenolo- giche che hanno offerto un contributo pedagogico di grande rilievo nel trattamento educativo dei ragazzi difficili 47. Il «Sistema Preventivo di San Giovanni Bosco» sopra citato si fonda sulla ra- gione, religione ed amorevolezza. La ragione è alla base del regolamento e l’educatore-formatore deve autorevolmente educare il ragazzo all’oblatività. La re- ligione è il fondamento ed il nutrimento dell’educazione e i ragazzi la vivono in vari modi ed in vari momenti tra cui la preghiera del mattino con cui accogliere il Signore e raccogliersi in Lui. L’amorevolezza, infine, si concretizza nell’impegno dell’educatore di “non stancarsi mai di vigilare, osservare, di comprendere, compa- tire e soccorrere”, di partecipare affettivamente oltre che cognitivamente alla vita formativa affinché la presenza dell’operatore recuperi l’assenza educativa del pas- sato, la ricolori “mettendo il giovane nell’impossibilità di commettere mancanze”. Continuando a tracciare il profilo dell’operatore della FP è possibile avvalersi di alcune «metafore educative» che fungono da «lente di ingrandimento» circa le funzioni educative che debbono essere esercitate da un formatore. La consapevolezza che l’educazione, nella sua prospettiva preventiva, è fattore di umanizzazione e di trasformazione sociale implica che l’operatore della FP deve accompagnare il giovane impegnato nel percorso di istruzione e formazione pro- fessionale: lì dove l’accompagnamento – la nostra prima metafora educativa – im- plica l’accostarsi per un tratto, breve o lungo che sia, all’esistenza del soggetto in formazione. Accompagnare, dunque, è “toccare una vita per sempre” nella consa- pevolezza che nei percorsi formativi prima di accompagnare è necessario incon- trare l’altro, conoscerlo e comprenderlo. In educazione, l’incontro tra l’operatore della FP e l’utente implica un delicato passaggio “da una situazione di radicale alte- rità ad una di mutua conoscenza, di reciproco riconoscimento” 48. L’incontro con l’alterità, soprattutto quando quest’ultima diviene portatrice di sofferenza e di dis- agio – come nei percorsi della FP è possibile che si verifichi –, realizza e presup- pone sempre un interscambio relazionale, ossia lo specifico caratterizzante dell’o- peratore della FP e dell’utente. Tuttavia il passaggio dall’incontro alla conoscenza e, dalla conoscenza alla comprensione, non è affatto garantito: non ci sono ga- ranzie, ragion per cui l’operatore della FP deve far proprie alcune strategie metodo- logiche che intenzionalmente messe in campo perseguano il reciproco riconosci- 76 48 Ivi. 50 Cfr, D. SCHON, Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari 1993. mento come uno scopo. Se – come l’approccio fenomenologico ci insegna – la sfida dell’incontro è per l’operatore della FP “quella di passare dall’opacità alla tra- sparenza dei sé…” 49 è necessario essere consapevoli che nel cammino educativo molti fattori possono intervenire e ostacolare il percorso tracciato dal progetto, ren- dendolo incerto, imprevedibile, tortuoso. Ma se l’incertezza rappresenta uno dei fattori di problematicità, la riflessività e la responsabilità rispetto alla propria pratica educativa, richiedono al formatore un insieme di competenze quali: l’analisi e la risoluzione di problemi; la padronanza metodologica; la capacità di tradurre il sapere esperto in sapere insegnato. Sintesi della vocazione di un operatore della FP è il servizio, seconda nostra metafora educativa ereditata dalla tradizione filantropica e dalla pedagogia cri- stiana: il formatore, da un lato deve costruire un immagine di sé che ricordi la di- gnità dell’altro, specie se – come nei percorsi della FP – esso è in condizione di dis- agio; dall’altro, deve configurarsi come un “professionista in situazione”, capace di rilevare e comprendere i bisogni dell’utente. L’unica via possibile perché il formatore sia in grado di mettersi al servizio dell’utente è divenire “professionista riflessivo”, secondo la felice teorizzazione di D. Schon: se l’operatore riflette nel corso dell’azione, diventa un ricercatore nel contesto della pratica educativa. Egli non dipenderà soltanto da una determinata teoria o tecnica, ma costruirà una nuova teoria del caso considerato nella sua uni- cità, perché sperimentato in prima persona. L’atteggiamento dell’operatore, intriso di responsabilità, comprendendo che l’altro pur diverso da sé convoca e costituisce la propria identità, non considera mezzi e fini separatamente, ma piuttosto li defi- nisce interattivamente nel corso dell’identificazione di una situazione problematica che deve trattare educativamente. Egli non separa il pensare dal fare, elaborando una decisione che dovrà successivamente tradurre in azione 50. Il profilo del formatore che va delineandosi implica perciò una serie di compe- tenze che non possono ridursi a prescrizioni burocratiche o ai lunghi elenchi di obiettivi polverizzati della gnoseologia comportamentista, né ancora ignorare i con- testi affettivi e relazionali. L’operatore della FP deve essere in grado di: mettere in situazione le conoscenze, riflettere sulle esperienze, studiare gli esiti, promuovere una alfabetizzazione affettiva per la prevenzione o il trattamento del disagio so- ciale. Proseguendo nella delineazione dei tratti qualificanti la figura del formatore, la tecnica rappresenta la terza metafora educativa. Molto spesso l’”operatore della FP centrato sul servizio” è ispirato dalla forza interiore e sostenuto nell’azione dal pro- prio carisma; invece, l’“operatore della FP tecnico” pone fiducia negli strumenti del mestiere dando dunque molta importanza alla cassetta degli attrezzi nella pra- tica educativa. Nella costruzione del nostro profilo di formatore va ricercato un 77 51 Per un maggiore approfondimento si rinvia il lettore al testo L. PERLA, Educazione e senti- menti. Interpretazioni e modulazioni, Editrice La Scuola, Brescia 2002, pp. 108-119. 52 Ibidem. 53 Passione essendo una delle parole-chiave della predicazione cristiana è stata usata fin dagli inizi della nostra letteratura, da autori come Dante e Iacopone da Todi. Nella cultura medievale il sig- nificato principale di passione è quello di sofferenza del corpo, tormento fisico, legato inizialmente alla narrazione evangelica e poi esteso a qualsiasi dolore Nei trattati di medicina antica si parla di pas- sione del fegato, passione dei denti invece che di mal di fegato o mal di denti. Un altro significato an- tico, poi caduto in disuso, è quello della filosofia medievale, nella quale la passione era la caratteri- stica dell’essere passivo, la condizione di un oggetto quando viene sottoposto a una certa azione. In questo senso, la passione era contrapposta all’azione; e questa contrapposizione rispecchiava quella grammaticale tra verbo attivo e verbo passivo. 54 In particolare, passione può significare l’amore sensuale, anche violento, e indicare la persona che è oggetto di quell’amore. equilibrio tra soggettività personale e funzionalità dell’intervento, dunque tra il «servizio» da rendersi e la «tecnica» con cui esso va gestito. È convinzione di chi scrive che il sentire sia un momento fondamentale per l’operatore della fp qualora esso desideri – nella pratica – farsi presenza educativa significativa e critica nella storia dei soggetti interessati dalla formazione. Passione della conoscenza, sentimento estetico, felicità, incanto, gentilezza ed intimità nella teorizzazione proposta da Loredana Perla51 costituiscono per gli ope- ratori della FP –aventi indiscutibilmente funzioni educative– un primo “invito” alla conoscenza/comprensione del sentire e dei suoi tratti educativamente qualificanti. Una breve analisi del contributo dell’autrice è utile per approfondire il tema in oggetto in quanto la riflessione teorica può non solo risultare funzionale ad un trat- teggio del profilo del formatore, ma anche descrivere i possibili risvolti che, grazie alla pratica educativa, possono innestarsi nei soggetti interessati dalla formazione. La prima strategia metodologica è per l’operatore della fp quella di diventare testimone della passione della conoscenza: Passione e conoscenza sembrano concetti mutuamente escludentisi. […] Certo, la passione può anche opporsi allo sviluppo personale quando è cieca. Il problema pedagogico è allora quello di renderla consapevole, di trasformarla da forza produttrice di passività e di schia- vitù della mente in “affetto attivo” che guida gli uomini alla ricerca del vero utile …52. Costruendone storicamente i significati, la parola passione proviene dal latino passio, a sua volta derivato dal verbo pati che significava sopportare, patire. In realtà, in latino classico “passio” voleva dire solo “turbamento dell’animo”: il si- gnificato di sofferenza, patimento è nato traducendo il greco dei Vangeli, nei quali con pathos si indicava appunto il martirio di Gesù 53. Accanto al significato di soffe- renza fisica si trova quello di sofferenza morale, per cui la passione è un’emozione tanto violenta da dominare la volontà di chi la prova. Questo significato è giunto fino a noi, con diverse sfumature. Chiamiamo infatti passioni i sentimenti incon- trollabili come l’amore, l’odio o la gelosia, che spingono chi li prova ad azioni de- finitive, senza ritorno 54. 78 55 Cfr. J. BLEICHER, L’ermeneutica contemporanea, il Mulino, Bologna 1986. 56 E. H. ERIKSON (1950), Infanzia e società, Armando Editore, Roma 1976. 57 Cfr. C. LANEVE, Lingua e persona, Editrice La Scuola, Brescia 1987. È passione il trasporto totale per un’idea o un’opinione: la passione della co- noscenza, ad esempio, per un formatore, è l’attaccamento alla propria cultura pro- fessionale che si concreta nel confronto con l’altro operatore e/o con qualsiasi altra persona che possa generare, nell’incontro, apprendimento. Nel contatto con il mondo, con la società e, nella stessa, il vivere le dimensioni formali, non formali, e informali attiva nel formatore la conoscenza, da intendersi come il frutto di una at- tività interpretativa che da luogo – a sua volta – ad un processo di costruzione di un senso delle cose che si esperiscono, oltre che di un loro significato 55. Vivere la quotidianità con passione vuol dire ricercare, esplorare, costruire una ipotesi di senso all’interno delle esperienze cognitive, emozionali ed emotive che la “vita di un CFP” offre. La passione può essere così intesa come passione per la ricerca di un senso: allora, lavorare con passione per un operatore della FP, equivale a dedicarsi com- pletamente al suo percorso di strutturazione/destrutturazione/ri-strutturazione del proprio se professionale, oltre che personale. La passione diviene motore della co- gnitività perché il formatore comprende che, nel proprio percorso di professionaliz- zazione, accanto ai contenuti disciplinari è necessario il sapere emozionale e quello relazionale, in quanto, il desiderio di conoscere per essere professionalmente, com- petente, implica che ci sia nella relazione educativa la possibilità di testimoniare, e oserei dire, di contagiare emozionalmente quanti debbono essere istruiti ed educati. Per quel che attiene specificatamente la relazione educativa, la passione della conoscenza -testimoniata dal formatore- deve promuovere la curiosità naturale di ogni educando: il che equivale ad alimentare la più potente motivazione della pas- sione che è la «curiosità». Come affermava don Bosco essendo “l’educazione cosa di cuore”, quando le cose le si vivono con il cuore si è predisposti naturalmente a vivere quelle esperienze con trasporto, essendo curiosi e al tempo stesso desiderosi di coltivare quel sentimento perchè esso possa originare cognizione, volizione, comportamenti funzionali al mantenimento dell’esperienza stessa. La passione per la conoscenza, inoltre, se coltivata, può sostenere nell’educando i suoi atteggia- menti emozionali di base fondati sulla fiducia nel mondo 56: sicchè l’educando considera i formatori che lo accompagnano nel percorso di istruzione e forma- zione fonti di apprendimento. L’apprendimento, così concepito, essendo costruito nella relazione con l’io- mondo-altri ha un fondamento emotivo. Ma perché l’educando viva con il cuore la propria esperienza di formazione è necessario che l’educatore senta la relazione educativa con passione, attuando il “bisogno di essere mediante la parola” 57: l’esperienza di apprendimento deve dunque farsi mediante la comunicazione educativa da intendersi come un «pro- 79 58 Cfr. G. GIUGNI, Principi ed aspetti della comunicazione educativa, in «Annali della Pubblica Istruzione», Anno XL, n.3/4, pp. 227-240. 59 L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 119-128. 60 Ibidem, note n°66, 67, 68. 61 Ivi. 62 Ivi. 63 Cfr. C. LANEVE, D. NARDELLI, R. PAGANO, L. PERLA, Pedagogia e didattica dei beni culturali. Viaggio nella memoria e nell’arte, La Scuola, Brescia 2000. cesso di scambio, di reciprocità tra educatore ed educandi sulla base di una rela- zione vissuta e del riconoscimento dell’altro come persona simile ma diversa»58. Proseguendo nel percorso di costruzione del nostro profilo professionale, la se- conda strategia metodologica è per l’operatore della FP quella di diventare testi- mone del «sentimento estetico»: … non come semplice stato “associativo”, in cui soggetto e oggetto artistico si incontrano, per caso, per abitudine o per disposizione psicologica, bensì quale atto consapevole della persona, quale possibilità originaria della sua natura, le cui basi risiedono nell’osservazione e nell’esperienza estetica che è esperienza del bello e che … può essere educata59. Una pedagogia del sentimento estetico deve trasformasi per l’operatore – sul piano educativo – nella programmazione/progettazione e applicazione di itinerari formativi che possano promuovere il sentimento estetico negli educandi. Non po- tendo soffermarci in questa sede sulla natura di cui le varie esperienze estetiche si sostanziano60 è importante sottolineare che anche nei percorsi di istruzione e forma- zione è possibile educare al sentimento estetico; gli studi esistenti sul tema hanno provato, infatti, che esso sia suscitabile da diversi fattori quali: l’osservazione di una rappresentazione artistica, l’evocazione di una rappresentazione immaginativa (ricordo, fantasticheria, soluzione creativa), la ricerca scientifica, lo sport, ecc. seb- bene alcune esperienze favoriscano maggiormente l’esperienza estetica (incontro con le opere d’arte di letteratura, di pittura, di scultura, musicale) 61. All’operatore della FP – proseguendo nella lettura della proposta metodologica della Prof.ssa Perla – è possibile fornire alcune indicazioni per la formazione e la conservazione del sentimento estetico. La prima indicazione metodologica prescrive l’incontro “convinto e ripetuto del soggetto con l’arte ed i beni in genere” 62. Il contatto con il bello, nella fruizione –agevolata per l’alunno dalla presenza dell’educatore–, deve essere nutrito dalla curiosità che, come precedentemente mostrato, può divenire il motore della pas- sione. Soggettivamente il giovane potrà vivere l’esperienza estetica se la stessa – proprio come l’approccio della formazione professionale prevede – è vissuta “in presa diretta”: a stretto contatto con un archivio, con un museo, con una grande as- sociazione sportiva, ecc., il giovane deve poter provare piacere e godimento. Perce- pire una esperienza con piacere e provare godimento per la stessa vuol dire com- piere un primo passo per la costruzione del sentimento estetico. La seconda indicazione metodologica, consiste nell’impegno per l’operatore di educare l’allievo a guardare il bene artistico, oltre che a contemplarlo 63. Guardare 80 64 Ibidem, p. 128. 65 www.frasicelebri.it 66 Cfr.S. NATOLI, La felicità. Saggio sulla teoria degli affetti, Feltrinelli, Milano 2003. 67 Cfr. L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 128-135. vuol dire ri-conoscere il valore del bene, e, dunque, per il formando-fruitore affi- nare le capacità percettive, le sensibilità intuitivo-emotive che, grazie ad un con- fronto culturale e un’attribuzione di significati, rendono l’allievo protagonista di un cambiamento etico-morale (oltre che estetico). La terza ed ultima indicazione metodologica funzionale all’educazione del sentimento estetico consiste nel “far trascendere all’allievo la iniziale condizione di ‘sensibilità’ al bello … a quell’orizzonte spirituale di bellezza ideale”64, ovvero nel promuovere l’innalzamento della sensibilità estetica a sentimento estetico a tal punto da far sentire l’alunno il primo responsabile della tutela del bene “guardato”. La terza strategia metodologica è per l’operatore della FP quella di diventare testimone della felicità: Victor Hugo afferma che la suprema felicità della vita è sapere di essere amati per quelli che si è, e più precisamente, di essere amati nonostante quello che si è 65. La felicità basata su precisi principi quali quella della valorizzazione dell’es- sere persona – al di là della problematicità della sua storia di vita –, può aiutare il formatore a promuovere nell’allievo l’educazione alla felicità, nel faticosissimo processo di educazione e/o ri-educazione. Si dice comunemente che la felicità è fatta di attimi perché essa transita, e non sempre la si possiede. Ammesso che questo sia vero, la felicità si possiede però quanto basta per poter affermare che esiste. La felicità non è mai un problema per chi si sente felice, nel momento in cui si sente felice, ma di certo essa si muta in problema quando la si perde o quando non la si è mai esperita: da esperienza si tra- sforma in meta, da stato della mente volge in questione morale. La felicità deve es- sere esperita dagli allievi come “luogo di esperienza” e come “idea”66. Chi è felice lo è secondo un’idea: indipendentemente dalla propria condizione, tanto l’educatore quanto l’educando sono situati in un mondo che decide della perce- zione e del significato della sua stessa felicità. È questa la ragione per cui quando si parla di felicità ciò di cui si parla davvero riguarda i modi del sentirsi felici e quando si ragiona di felicità si indaga anche sulle risorse dell’io. In tal senso, il problema della felicità non deve consistere nella creazione di un “sentimento artifi- ciale, ma … nel creare le condizioni per una educazione che renda possibile il fruire in modo pieno e stabile, nel tempo, di tale stato affettivo. Nella prospettiva educativa, infatti, la felicità si identifica meno con l’immediatezza del godimento e più con l’obiettivo strategico riguardante la condotta (e quindi la moralità) e l’autorealizzazione (e quindi il compimento pieno della propria vocazione perso- nale)”67. 81 68 Cfr. G. CORALLO, Pedagogia L’atto di educare – Problemi di metodologia dell’educazione, Società editrice internazionale, Torino marzo 1968, II v., pp. 98-100. 69 La resilienza é piú della semplice capacitá di resistere alla distruzione proteggendo il proprio io da circonstanze difficili; é pure la possibilitá di reagire positivamente a scapito delle difficoltá e la voglia di costruire utilizzando la forza interiore propria degli essere umani. Non é solo sopravvivere a tutti i costi, ma è avere la capacitá di usare l´esperienza nata da situazioni difficili per costruire il fu- turo. L’operatore della FP deve creare alcune «condizioni educative» affinché l’allievo faccia sua una buona condotta e, nel fare propria la stessa, riesca a trovare la propria vocazione, realizzandosi. Anzitutto – come descritto dalla studiosa Perla – il giovane deve acquisire e maturare una profonda conoscenza di sé e delle pro- prie capacità: questa la “prima delle condizioni” a cura del formatore. Affinché questo avvenga, l’educatore non deve ergersi a modello educativo, né soffocare l’educando, ma assisterlo ininterrottamente in tutte le tappe della vita, attuando il principio della valorizzazione. Per riprendere le parole di Don Gino Corallo “ac- canto alla persona dell’educando, il principio della valorizzazione … (e cioè l’opera dell’educatore) si attesta in due momenti … rappresentati dalla individua- lizzazione e dalla intenzionalità personalizzante …”. Il formatore dapprima deve individualizzare la relazione educativa, trattando l’educando secondo le sue caratte- ristiche peculiari; in seguito, deve personalizzare l’essere dell’educando, dando luogo al “doveroso sviluppo assiologico”, promuovendo “l’intenzionalità di carat- tere etico-libero” dell’educando che, man mano, diventerà capace di giudizi etici 68. La “seconda condizione educativa” è quella di educare l’allievo a gestire il rapporto tra felicità ed ansia da perdita: nella società contemporanea, in cui si as- siste ad una progressiva massificazione dei bisogni, i giovani vanno educati ad una identificazione dei bisogni reali; inoltre, qualora essi non vengano soddisfatti gli al- lievi vanno sostenuti nella ri-elaborazione dell’insuccesso: il racconto degli eventi nella relazione educativa crea affetto, confidenza e familiarità – come affermava Don Bosco – stati emotivi per cui la disposizione affettiva facilita l’educazione alla felicità. Il raccontare l’insuccesso per un educando equivale a divenire soggetti re- silienti 69. Di qui la “terza condizione” per un’educazione alla felicità: l’allievo capace di superare l’insuccesso, la sconfitta, il mancato guadagno è anche potenzialmente ca- pace di sviluppare in sé un atteggiamento emozionale basato sull’autostima e sulle proprie capacità. Infine, condizione imprescindibile per la costruzione di una feli- cità stabile e piena è che i giovani limitino l’esperienza cognitiva dell’egocen- trismo: in tal senso, l’operatore deve saper testimoniare l’imprescindibilità dell’al- terità nella relazione educativa, educando l’allievo ad essere felice con l’altro – educatore, compagno, ecc – e per l’altro. La familiarità, in tal senso è un elemento fondamentale perchè la felicità invada i cuori di coloro che sono coinvolti nella re- lazione educativa. La persona-educando si realizza nella comunicazione con gli altri. Nel contesto della formazione integrale dell’uomo l’educazione alla felicità 82 70 Cfr. L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 135-141. 71 Ivi. 72 Ivi. 73 Ivi. ne costituisce un aspetto fondamentale. Non c’è felicità che non include il rapporto con Dio e disponibilità vitale con il mondo e con gli altri. La dimensione intersog- gettiva viene affermata come una dimensione costitutiva e fondamentale del- l’uomo. La quarta strategia metodologica per l’operatore della FP è l’incanto: Auroralmente correlato al sapere, l’incanto è tra le emozioni chiave dell’educare, lo stato d’animo di chi, bambino o uomo che sia, apre gli occhi al mondo e ne resta meravigliato, stupefatto, affascinato … Ovviamente sono i più giovani ad essere esposti alla perdita del senso del nuovo e, quindi, della sensibilità del meravigliarsi, e questo in misura largamente superiore agli adulti…70. Educare all’incanto, equivale ad educare alla sensibilità: educazione che va su- scitata “non con l’azione diretta, ma indiretta, capace di stabilire le condizioni fa- vorevoli al suo manifestarsi e conservarsi … La prima di queste condizioni è rica- vabile dalla lezione rousseauiana del perder tempo per guadagnare tempo”71. Ogni operatore-lettore può riflettere sul fatto che le “ansie da apprendimento cognitivo che spesso condizionano insegnanti e formatori, inducono per lo più a ridurre le azioni educative finalizzate al consolidamento di quella fondamentale tonalità esi- stenziale che è la ‘fiducia di base’, anticipatrice e informatrice di ogni movimento cognitivo. La seconda condizione comporta, soprattutto da parte dei genitori, una coraggiosa riduzione dei beni e delle esperienze consumistici” 72 offerti ai propri figli per compensare un “difetto di presenza” genitoriale (che si verifica quando il genitore proietta nel figlio il proprio io) o una “mancata presenza”. “… La terza condizione deriva dalle prime due e riguarda il recupero della categoria della ‘len- tezza’ nei processi di educazione. … Cosa fare? Certamente restituire al tempo for- mativo la sua misura. Ogni cosa ha il suo tempo e il tempo dell’educazione ha una qualità o, meglio è una qualità. Non è semplicemente l’accumularsi di ore iden- tiche, scandite dall’orologio del pensiero, ma è un tempo interiore, quantitativa- mente lungo o corto, a seconda della forma che il sentimento del momento gli con- ferisce. … Il tempo che l’educatore spende per i suoi allievi esprime certamente la misura del sentimento messo in gioco nella situazione formativa. … L’educazione all’incanto richiede insomma il tempo della lentezza anche perché, come sostiene Kundera, “parlare della lentezza significa parlare della memoria – e parlare della memoria significa parlare di tutto” 73. Il parlare del formatore con i suoi alunni e l’abituarli ad una pratica autobiografica significa attivare molteplici possibilità di dilatazione dei tempi e dei luoghi in cui si vive, provocando il sentimento dell’in- canto, scaturibile dalla sorpresa di ricordi importanti. 83 74 Ibidem, pp. 141-146. 75 Ibidem, pp. 149-153. La quinta strategia metodologica per l’operatore della FP è la gentilezza: …L’educazione morale e quella sociale risultano essere i motori fondamentali dei compor- tamenti “gentili”. Si educa alla gentilezza e poi si sceglie di essere “gentili” e tale scelta, essendo orientata al bene dell’altro, è valoriale e morale assieme 74. Una caratteristica questa dai tanti indicatori comportamentali, sintetizzabili nella frase di Don Bosco “Qui con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare con voi” capace di comprendere quando dire cose che facciano sentire i giovani amati e come dirle, utilizzando il repertorio linguistico di cortesia appropriato”. La sesta ed ultima strategia metodologica di cui il formatore deve essere testimone è l’intimità: riconoscere e ‘riguadagnare’ il sentimento dell’intimità può allora voler dire ridurre le di- stanze con la propria interiorità; recuperare le dimensioni come quelle della riservatezza o del silenzio, che non si traducono in un mero tacere, ma nell’ascolto dell’ipseità e dell’alte- rità; deportare infine le ansie di dominio e di controllo sul mondo per farsi più vicini al mi- stero personale del quale si è portatori 75. Il giovane per poter viver a pieno il percorso educativo e/o rieducativo deve di- rigersi verso l’unità che coincide con l’intimità. In una prospettiva personalistica il formatore deve far proprio l’insegnamento di Mouneir testimoniando al giovane in formazione che esso per “ri-accogliersi” deve “ri-prendersi”, “ri-afferrarsi”, fare si- lenzio, rifuggire dall’esibizionismo, coltivare il “pudore dei sentimenti” che non vanno scritti sui muri, ma incisi nei cuori. In un mondo in cui i ragazzi sono traditi, disseccati, triturati, classificati, psicanalizzati, dove spesso servono da “materia pri- ma”, il Signore ha affidato a Don Bosco una pedagogia dove trionfa il rispetto del ragazzo, della sua intimità, della sua grandezza e debolezza, della sua dignità di fi- glio di Dio. Il fatto educativo, visto in profondità, appare sempre affascinante ed allo stesso tempo sempre complesso. In queste pagine si è cercato di disegnare i tratti di un profilo quale quello del formatore della FP, un operatore pedagogico dedito nella maggior parte dei casi al rapporto educativo con ragazzi difficili. Rimane un interrogativo da porsi: l’operatore della FP può educare nel e con il Sistema Preventivo oggi? Una sfida, un interrogativo che si risolve in un segreto: un segreto di tre pa- role, per dirla con Enzo Bianco: ragione, religione ed amorevolezza che rendono l’educazione cosa di cuore. Gli operatori che desiderino vivere tale proposta educativa salesiana debbono pensarla anche come una proposta di educazione alla spiritualità. 84 76 A. MARTINELLI, La santità giovanile nelle biografie scritte da don Bosco – Approccio storico, in DICASTERO PASTORALE GIOVANILE (a cura di) Il sistema preventivo vissuto come cammino di san- tità, Settimana di Spiritualità della Famiglia Salesiana «Salesianum» - Roma – 20-25 gennaio 1980, Editrice Elle Di Ci, Torino 1981, p. 132. 77 Ibidem, pp. 134-136. 78 GIOVANNI BOSCO, Trattatello di Don Bosco, marzo-aprile 1877. Una “spiritualità proposta e vissuta con ragionevolezza” 76 in cui i giovani sono protagonisti attivi delle proprie scelte ed il formatore non è semplice programma- tore di una crescita progressiva e profonda; ma educatore che sa affiancarlo e sa bussare alla porta, attendendo che l’educando gli apra. Una “spiritualità proposta e vissuta con amorevolezza”77 perché: indirizzata al cuore e nutrita di un linguaggio fatto di esperienze e non solo di parole; vissuta e testimoniata in primis dai formatori e, dunque, accessibile. Una spiritualità educativa che trova il suo nutrimento nella religione in quanto “l’educazione è cosa di cuore, e solo Dio ne è il padrone, e noi non potremo ri- uscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne dà in mano le chiavi” 78. Tutti i membri della Famiglia Salesiana (e non solo) sono chiamati ad offrire ai giovani il progetto cristiano lasciatoci in eredità da Don Bosco: il presente contri- buto, lungi dal voler rappresentare una modellizzazione della figura dell’operatore della FP, è frutto delle riflessioni di una operatrice della FP che, vivendo il carisma salesiano, è interessata alla vita dei giovani. Le riflessioni rimangono aperte ad ac- cogliere – quand’anche esse fossero critiche – le considerazioni dei genitori, degli esperti del mondo accademico e degli operatori pedagogici. Vivere nel proprio CFP il carisma salesiano equivale a vivere a pieno la mis- sione salesiana che è nutrita di una profonda ed assoluta fede cristiana. Crescere nello spirito e nell’esperienza di Famiglia Salesiana equivale a mettersi al servizio dell’impegno educativo e pastorale dei giovani. Un edificio educativo, quello del CFP che può essere abitato davvero dal “for- matore per vocazione”, chiamato ad essere presenza educativa per nutrire e cre- scere i complessi cuccioli di uomo, soltanto dopo aver trovato con la ragione, con la religione e con l’amorevolezza un equilibrio. 85 2ª Parte IL PROGETTO INTEGRAZIONE 2003 87 1 CNOS FAP – Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale. 2 CIOFS FP – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane Formazione Professionale 3 SCF – Scuola Centrale Formazione 4 Cfr. paragrafo del capitolo I. Capitolo 1 La visione del progetto “integrazione 2003”: dal dia- logo all’integrazione Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nell’ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003) – rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 avevano concluso il primo ciclo di studi – gli Enti di formazione Nazio- nali CNOS FAP 1, CIOFS FP2 E SCF 3 hanno elaborato un’offerta di servizi articolata in quattro principali “aree d’azione”, quali: 1. Ricerca e Supporto alla progettazione 2. Formazione Formatori 3. Monitoraggio e Valutazione 4. Diffusione e Pubblicizzazione Nella progettualità in questione gli Enti nazionali avevano il compito di garan- tire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi e, nel contempo, di consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza ac- cumulato a livello nazionale. Quanto raccolto nel presente testo intende descrivere l’esperienza di Forma- zione Formatori facente parte di una delle quattro aree di azione del Progetto Inte- grazione. Sin dall’affidamento dell’incarico si è inteso caratterizzare – tanto il piano delle azioni di formazione quanto quello delle azioni di accompagnamento – nella prospettiva della qualità: questo al fine di sostenere l’offerta relativa al sistema di formazione professionale avente impostazione educativa, identità metodologica, natura istituzionale, percorsi graduali e continui, definendone le caratteristiche ge- nerali ed articolando le sue diverse componenti (servizi, organizzazione, risorse umane, accreditamento) 4. La visione ci ha orientato alla crescita ed alla valorizzazione della persona umana includendo, nel percorso che ci avrebbe impegnato, anche la nostra crescita personale e professionale; la missione ci ha richiesto di personalizzare i fabbisogni formativi, rimodulando – conseguentemente – la programmazione di massima pre- 89 5 Si rinvia il lettore all’approfondimento trattato nel secondo paragrafo del presente capitolo. 6 Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Re- search, op.cit.. vista dal progetto: affinché la formazione non si riducesse ad una semplice “dina- mica istruzionale”, ma si caratterizzasse nei termini di un concreto processo che “desse forma” alle conoscenze e competenze tacite dei CFP5. Molti CFP “non sanno di sapere”, ovvero non comprendono che, nelle proprie realtà, sussistono conoscenze e competenze inespresse: conoscenze apprese non solo nella realtà professionale, ma anche nella realtà personale. Conoscenze posse- dute, ma non utilizzate, in quanto la rigidità dei dettami nazionali e regionali spesse volte vincola il soggetto all’utilizzo di conoscenze e competenze che soddisfino le richieste provenienti dall’ambiente; vincolo che non considera che la medesima ri- sposta, se da un lato, per generare risposte adattive, implica la flessibilità, dal- l’altro, qualora le richieste dell’ambiente siano sempre le medesime, generano una stasi ed una cristallizzazione delle conoscenze e delle competenze del soggetto. Al fine di determinare l’innesto relazionale che il processo formativo richiede (così come descritto nella letteratura di riferimento 6), pur nel rispetto dei dettami cui i CFP sono chiamati a rispondere, abbiamo riflettuto sulla necessità di erogare una formazione che facesse emergere le conoscenze e le competenze tacite, nonché proposto per i CFP un iter formativo che determinasse lo sviluppo di nuove cono- scenze, cercando con “esperienze finalizzate” di trasformare le medesime in com- petenze. Il progetto Integrazione nella sua visione generale ha avuto come macro obiet- tivi quelli di: – garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi; – consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di espe- rienza accumulato a livello nazionale. Tutto ciò al fine di favorire l’effetto moltiplicatore di “buone pratiche” per le realtà della Regione Puglia. Nell’ambito del progetto di riforma del sistema d’istruzione e formazione pro- fessionale in diverse realtà regionali e provinciali (Lazio, Liguria, Lombardia, Mo- lise, Piemonte, Puglia, Veneto, Provincia di Trento) era stato già firmato nel 2002 un protocollo d’intesa con il MIUR per anticipare in via sperimentale i percorsi trien- nali di formazione professionale che sarebbero stati previsti nella Legge Moratti. L’ISFOL a fine giugno ha stilato un primo monitoraggio sui percorsi in attua- zione, esaminando i progetti approvati. Le regioni hanno previsto durate complessive variabili tra le 1000 e le 1200 ore annue (3000-3600 nel triennio), con azioni di accoglienza, di orientamento, di personalizzazione e di formazione per le competenze di base, trasversali e profes- sionali. Ogni regione ha accompagnato e valutato le sperimentazioni attraverso ap- posite commissioni. 90 La sperimentazione dei percorsi d’istruzione e formazione professionale prima dell’approvazione della legge di riforma ha evidenziato l’intenzione del MIUR, condivisa da alcune regioni, di rendere visibile la possibilità di creare un sistema regionale di pari dignità, capace di portare a pieno compimento quel processo d’innovazione metodologica e didattica che già i percorsi biennali dell’obbligo for- mativo avevano avviato. Si può ritenere che l’attività sperimentale svolta abbia rag- giunto un buon successo e ha, inoltre, favorito interventi di formazione congiunta di formatori e docenti. In Puglia sappiamo con certezza che sono state avviate anche sperimentazioni di percorsi scolastici integrati con moduli di FP, come previsto da alcuni protocolli. La questione è cercare di capire come e quanto l’integrazione abbia rappresen- tato una strategia ai fini della riduzione del fenomeno della dispersione scolastica; e, d’altro canto, comprendere quanto nell’integrazione tra i due circuiti sia stato possibile istruire e formare gli utenti. Negli anni 2003-04/2004-05, nelle regioni che avevano già iniziato le speri- mentazioni sono più che raddoppiati i corsi avviati e altre regioni hanno avviato i percorsi sperimentali di FP. Negli anni 2005-06/2006-07 la situazione non appare così felice (soprattutto per quel che riguarda la Puglia) nonostante, negli anni precedenti, il canale della istruzione e formazione professionale -grazie ai percorsi integrati con la scuola- abbia risposto ad una problematica sociale quale quella della dispersione scolastica, dando una possibilità di istruzione e formazione agli utenti. Nell’esperienza di formazione dei formatori il dialogo è stato un elemento fon- damentale mediante cui costruire corresponsabilmente l’integrazione. Riflettendo sulla etimologia del termine dialogo – dal greco dià, “attraverso” e logos, “discorso” – esso indica il confronto verbale tra due o più persone, nonché una forma appropriata all’espressione di sentimenti diversi ed alla discussione di idee persino opposte. Il dialogo nella sua “forma orale” ha dunque rappresentato nella formazione formatori una “pratica formativa”, una “forma espressiva” funzio- nale alla ricostruzione storica delle buone prassi consolidatesi nel tempo in ogni CFP; ed, in un secondo momento, la sua stessa utilizzazione come “scrittura” sa- rebbe divenuta una traccia dell’analisi della pratica educativa messa in campo dagli stessi operatori. Inoltre, se da un lato la ricostruzione storica delle pratiche consen- tiva la presa di consapevolezza del capitale di esperienze possedute dal CFP, l’analisi della pratica educativa – orientata nei termini di una formalizzazione di al- cune pratiche della fp e del racconto testimoniale del vissuto dei formatori – ha consentito un potenziamento del patrimonio culturale dei centri. Questa la ragione per cui all’interno di questo testo si è deciso di “dare la parola ai formatori”, di ren- dere la “scrittura raccontata dalla voce” degli stessi operatori della fp: affinché pos- sano conoscersi le storie dei centri, l’esperienza di formazione formatori e quanto innestatosi grazie ad essa. 91 7 D. NICOLI, Per una cultura dell’integrazione tra sistema della formazione professionale e si- stema scolastico in RASSEGNA CNOS, Problemi esperienze prospettive per la formazione professionale, anno 16/ n° 2 – 2000. 8 Ibidem. Per quel che riguarda il termine integrazione, compiere una chiarificazione circa il significato da noi condiviso nella esperienza di formazione, se da un lato ha rappresentato un processo di significazione che ci ha consentito di costruire un “orizzonte di senso comune”, pur nel rispetto delle tradizioni; dall’altro, a tutti i CFP coinvolti nella formazione ha consentito di comprendere quando e come sa- rebbe stato possibile parlare di “sistema integrato”. Non è possibile in questa sede affrontare la complessità del fenomeno dell’in- tegrazione, e per questo motivo si rinvia il lettore a riflessioni autorevoli 7 aperte dalle questioni di cui l’integrazione si sostanzia; ma si ritiene opportuno sottoli- neare che il concetto di integrazione che ci ha ispirati nella formazione formatori è quello orientato in due direzioni quali: – lo sviluppo – “tra soggetti autonomi e dotati di una propria legittimazione ed uno spazio specifico d’azione – di percorsi formativi in collaborazione; – la messa a regime di modalità dì rapporto tra sistemi” 8. Tutti i CFP da noi tutorati, coerentemente all’orizzonte di senso, nella quotidia- nità hanno cercato di realizzare in collaborazione con le scuole un sistema integrato. Ma nella fase successiva alla Riforma Moratti, il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni e alle Province di cui al riformato Titolo V della Costituzione ha aperto uno scenario nuovo, complesso e ambiguo per le possibili interpretazioni: sicché, molte questioni lasciate irrisolte non sempre hanno favorito il prosieguo delle espe- rienze di istruzione e formazione integrate. Ad esempio, la distinzione tra percorsi nel “sistema dei licei” e percorsi nel “sistema di istruzione e formazione” ha fornito ele- menti che hanno contraddetto l’ipotesi di percorsi integrati anche se, le norme – nelle varie regioni, come in Puglia – non ne hanno impedito l’attuazione. È stato co- munque evidente nella formazione realizzata che, ogni ipotesi di percorso integrato realizzato ed in corso d’opera, ha sempre portato i formatori ad interrogarsi sulle ca- ratteristiche del modello di integrazione e sulla fisionomia del curriculum dei corsi di istruzione e formazione professionale che avrebbero erogato affinché: da un lato, esso rispondesse ai dettami nazionali e regionali; dall’altro, consentisse di tutelare la missione educativa cui ogni CFP si ispirava. La prima di queste riguarda il rapporto tra la centralità della persona-alunno nel servizio di istruzione e di istruzione superiore e la collocazione del sistema di istruzione e formazione nel contesto delle risorse di cui la regione Puglia dispone per il proprio sviluppo. Riferirsi al secondo dei termini della relazione sopra riportata, può apparente- mente segnalare una scarsa attenzione alle dimensioni della persona, in realtà, pen- sare ai centri di formazione professionale come risorsa per lo sviluppo regionale, 92 equivale soltanto a ribadire l’importanza della esistenza di strutture che concreta- mente lascino intravedere un ampio spazio di flessibilità e di progettazione dell’of- ferta di istruzione e formazione. Quindi “puntare le luci sul cfp”, non significa “la- sciare in ombra l’alunno”, ma solo sottolineare che l’assenza nel territorio di simili strutture non consentirebbe l’attuarsi di un diritto costituzionalmente sancito, secondo il quale, la persona, per poter crescere e realizzarsi nella propria vita, deve essere orientata a scelte che siano confacenti con le proprie attitudini e capacità personali. L’integrazione, comunque, prima di divenire tale, necessita dell’interazione tra sistemi di istruzione e formazione professionale; tale interazione deve però costi- tuire il presupposto per un’offerta di attività che consentano all’utente l’opportunità di acquisire competenze spendibili come crediti per “passare” da un sottosistema all’altro; la visione comune (con la centralità del progetto educativo, oltre a quella dell’istruzione e formativa) rappresenta, in questo modo, l’anima dell’integrazione. La visione comune e la condivisione – orientata nei termini di una riflessione pedagogica – sull’impianto del percorso di istruzione e formazione professionale rendono i due sistemi un “sistema integrato” in cui nessuno è inglobato nell’altro. Secondo tali presupposti, i percorsi integrati che ne risultano appaiono come: a) l’esito di una “ricerca” e “scelta” personale (ad opera dell’allievo che nella diversificazione dell’offerta formativa se ben orientato può compiere le scelte giuste); b) l’accumulo di competenze certificabili come crediti; c) l’opportunità di ingresso/uscita da e verso il lavoro. In questo senso, l’integrazione costituisce la modalità in cui i sistemi di istru- zione e formazione “si pensano” progettando l’offerta in funzione dell’utente e della sua libertà di scelta: senza rinunciare alle proprie specificità (anzi, proprio perché specifici e diversi reciprocamente potenziabili) generano anche percorsi progettati sulla persona concorrendovi, ciascuno, secondo le specificità proprie. L’integrazione, mediante il dialogo, diviene così lo spazio in cui i sistemi di istruzione progettano corresponsabilmente per la persona-alunno. 1. La Formazione Formatori La FORMAZIONE DEI FORMATORI viene messa in stretto rapporto di causa-effetto con l’esigenza di adottare criteri selettivi, in quanto agisce sulla sua principale ri- sorsa, quella umana-professionale, per adeguarla/rafforzarla rispetto al bisogno di flessibilità/innovazione. Con l’evolversi/complessificarsi dei fenomeni legati ai contesti della socializ- zazione primaria e secondaria, anche la personalità in formazione dei giovani ri- sente ovviamente delle problematiche sottese, con particolare riferimento a sempre nuove e più complesse forme di disagio. Tutto questo comporta una crescente fles- sibilità e continui ri-adattamenti riferiti, non solo alle tipologie di servizi da attivare ex-novo e/o ristrutturare, ma, anche, ai ruoli professionali e relative competenze degli operatori. 93 Come tale, la formazione dei formatori rappresenta una componente organiz- zativa di base mirata a definire le caratteristiche degli interventi e di coloro che li attuano. Tuttavia nell’assunzione del ruolo di «formatori dei formatori» abbiamo riflet- tuto sulla visione della formazione che avremmo erogato, intendendola non solo come «aggiornamento e apprendimento di nuove funzioni, contenuti e tecniche specialistiche; ma anche come un lavoro costante di riflessione/feed-back sulle proprie attività in termini di concetti, di metodologie e di verifiche finalizzate alla “risposta” da dare di volta in volta lungo l’intervento». Gli obiettivi previsti dall’azione di Formazione dei Formatori del Progetto In- tegrazione – così come descritto dalle documentazioni ufficiali dello stesso – sono i seguenti: – favorire la condivisione, tra gli operatori del sistema formazione e del si- stema istruzione coinvolti nel progetto, di metodologie e strumenti per il mi- glioramento delle capacità relazionali e delle competenze necessarie a svi- luppare una didattica innovativa che privilegi la centralità dello studente; – creare le condizioni affinché gli operatori della integrazione possano trovare un linguaggio comune, condividendo la strategia tecnica relativa ai saperi minimi; – qualificare la professionalità degli operatori della formazione e dell’istru- zione coinvolti nel progetto attraverso attività formative che li rendano in grado di controllare e valutare il processo presidiato perseguendo il miglio- ramento continuo delle proprie risorse; – formare gli organismi della formazione professionale e dell’istruzione sugli strumenti e le metodologie adottate per lo sviluppo del modello attuato nel- l’offerta formativa sperimentale. Al fine di raggiungere questi obiettivi per ogni CFP che è stato tutorato, sono state rilevate le attese ed i fabbisogni degli enti, affinché – come descritto prece- dentemente – si potessero generare delle buone prassi all’interno del circuito del- l’apprendimento. Con “fabbisogno formativo” si vuole qui indicare l’insieme dei contenuti di specifici interventi di formazione formulati a partire dai bisogni emersi. Senza l’analisi dei fabbisogni sarebbe stato difficile progettare una formazione efficace, rispondente ai bisogni reali dei CFP e capace di cogliere le istanze innova- tive che, implicitamente, l’esperienza di formazione stessa avrebbe indotto nel CFP. Per questa ragione, per definire efficacemente i fabbisogni formativi dei CFP siamo partiti, dall’analisi dei bisogni di formazione, confrontandoli con la “proget- tazione di massima” che il progetto Integrazione prevedeva: per garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi sarebbe stato necessario proporre ai centri i medesimi iter formativi affinché poi, sia nelle esperienze di azioni seminariali, sia riguardo alle risultanze si potesse effettuare un confronto; 94 9 M. TIRITICCO (a cura di) con contributi di: G. BERTAGNA, G. ALLULLI, D. SUGAMIELE, O. NICE- FORO, A. VALENTINO, M.M. NOVELLI, P. BENESPERI, M. MARRAS, B. SERRAVALLI, A. TOCCO, G. ANTO- NELLI, Istruzione e formazione. Processi in atto e prospettive, Tecnodid Editrice, Napoli 2003. questo però non avrebbe escluso la possibilità di una personalizzazione del pro- cesso formativo pur sempre nell’ambito di uno specifico oggetto culturale. I referenti dei CFP assieme ai formatori hanno rappresentato il proprio ente, mettendo la propria professionalità a disposizione di noi formatori dei formatori af- finché potessimo analizzare il livello del potenziale di cui il centro di formazione professionale era portatore. Tutti i CFP hanno compreso la necessità di un “percorso comune” agli altri centri; e, soprattutto, vista la portata regionale del progetto, hanno suggerito essi stessi la necessità di essere forniti della stessa “cassetta degli attrezzi” per poter indi- viduare –a parità di condizioni metodologiche, ma considerata l’esistenza di tradi- zioni differenti– “cosa” potesse attivare circuiti di apprendimento più efficaci per gli utenti. Il che equivale a dire per un formatore riflettere sui tratti della propria profes- sionalità comprendendo che si può imparare molto dal piacere dell’ascolto e della scoperta della pratica educativa di altri operatori pedagogici afferenti ad altri CFP. I CFP, inoltre, hanno accolto positivamente la proposta di partire dall’analisi del livello organizzativo esistente, non ricadendo in comportamenti di chiusura, bensì rendendosi consapevoli del fatto che questa disposizione avrebbe costituito un elemento di forza perché avrebbe permesso ad ogni CFP di: – riflettere sul proprio operato; – di rimotivare gli operatori rispetto alla missione di cui si è portatori; – di far conoscere qualcosa in più del mondo della formazione professionale; – di imparare ad imparare, non più nell’ottica della competizione con gli altri CFP della Puglia, ma nella prospettiva della integrazione. Inoltre, anche l’analisi avrebbe rappresentato un momento di formazione. È necessario comunque ricordare che la formazione dei formatori nell’espe- rienza condotta ha accompagnato in parallelo l’evoluzione in atto nel sistema di istruzione e formazione, ed ha vissuto nel periodo di attuazione della legge 53/2003 una fase di transizione e di ridisegno. I cambiamenti legislativi in atto hanno infatti generato a catena una serie di processi per cui gli operatori della FP in fase di formazione 9: – hanno avvertito fortemente l’esigenza di una crescente formalizzazione della propria ‘figura professionale’, delle loro competenze e della validità dei loro curricoli. Si tratta di una esigenza che procede da diverse istanze – provenienti anche dal passato – che attengono ad esempio alla necessità di maggiore riconoscimento so- ciale del sistema formativo e della professione di formatore, anche attraverso le forme dell’accreditamento o della certificazione professionale. – I formatori sono divenuti agenti della rapida evoluzione che negli ultimi anni ha invaso anche il canale della FP, nel senso di una forte flessibilizza- 95 10 Nel presente testo non sono inseriti i materiali didattici utilizzati nei tre seminari plenari per un motivo ben preciso: i referenti del Ciofs Nazionale nella stesura della documentazione dell’esperienza del Progetto Integrazione hanno svolto una lavoro di puntuale ricognizione. Il presente lavoro avendo avuto intenzionalmente l’obiettivo di costruire un substrato scientifico su cui impostare la costruzione del profilo dell’operatore della fp si limiterà a presentare il prodotto dei lavori realizzati mediante l’esperienza di formazione formatori: una esperienza di formazione che si è totalmente ispirata al co- strutto teorico descritto nel primo capitolo. Sicché se la razionalità teoretica ha sostenuto noi autrici del testo a “guardare”, a conoscere il profilo del formatore per poterlo descrivere scientificamente, co- struendo nel 1° capitolo una ipotesi a riguardo; nel 2° e 3° capitolo, rispettivamente, la razionalità pratica e la razionalità tecnica hanno cercato di “trovare all’istante i provvedimenti neces- sari” perché l’operatore della fp possa costruirsi ispirandosi a tali principi e di “dare intenzionalmente atto ai provvedimenti” fornendo all’operatore metodologie e strumenti per l’azione educativa. Cfr, G. BERTAGNA, Avvio alla riflessione pedagogica, Editrice La Scuola, Brescia 2000, pp. 39-68. zione: dei sistemi di offerta (si pensi alla fortissima evoluzione normativa avvenuta negli ultimi anni, che ha aperto in rapida successione nuovi “fronti” formativi come la formazione continua, gli IFTS, l’apprendistato, la formazione integrata, l’alta formazione, etc.); delle fonti di finanziamento (tema che già si propone nel ricorso a fondi strutturali a programmazione re- gionale e nazionale, ma anche con lo sviluppo delle iniziative europee, dei modelli “privatistici” dei fondi interprofessionali, dei voucher e in generale con lo sforzo di aumentare l’area “a mercato”; e si tratta di aspetti che dopo il 2006 non potranno che porsi in modo ancora più forte e stressato al si- stema). È indubbio che queste professionalità sono andate evolvendo, complessifican- dosi. In questo quadro è cresciuta e sicuramente maturata l’esigenza di un progetto che inquadrasse la formazione formatori all’interno di un quadro di nuove figure che apparentemente necessitano dell’aggiornamento delle competenze esistenti, ma anche che, nella complessità, rischiano di frammentarsi in una pluralità di profili professionali, di ambiti di competenza da presidiare, di approcci metodologici da saper utilizzare, etc. Da qui il punto di partenza dei partners coinvolti nel progetto che si pongono il problema di modellizzare la “figura del formatore” e i relativi referenziali di com- petenze, ma anche di sperimentare nuovi servizi per i formatori e modalità alterna- tive alla formazione in presenza e in aula, ma soprattutto, realizzare processi di ap- prendimento realmente integrati con le evoluzioni organizzative dei soggetti. 2. Le Azioni Seminariali L’attività di formazione dei formatori in forma plenaria è stata organizzata in forma di seminari i cui contenuti e le cui attività sono state incentrate su alcuni nu- clei tematici rilevanti della formazione iniziale 10. In particolare, il primo seminario di formazione, che ha avuto luogo il 15 e il 16 ottobre 2004 – e che ha visto una massiccia partecipazione dei CFP coinvolti nell’a- 96 11 Si rinvia il lettore a visionare la descrizione sintetica presente nel paragrafo 2.4.1 Il 1° Project Work. 12 Si rinvia il lettore a visionare la descrizione sintetica presente nel paragrafo 2.4.2 Il 2° Project Work. 13 CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per la gestione dello stage, op.cit.. 14 Il primo gruppo di CFP affidati al CIOFS–FP è costituito da: CIOFS di Martina Franca, di Ruvo, di Taranto, EPCPEP di Gioia del Colle, 15 Il secondo gruppo affidato a noi referenti del CNOS FAP è costituito dai seguenti cfp: ASSOCIA- ZIONE CALASANZIO; CIFIR di BARI; CIFIR di ORIA; CIFIR del SACRO COSTATO; CNOS FAP di BARI; CNOS FAP di CERIGNOLA. zione progettuale – ha approfondito gli aspetti più problematici della Riforma Mo- ratti, per quanto più direttamente attiene al sistema dell’istruzione e formazione pro- fessionale. Nella medesima occasione formativa, è stato presentato il primo Project Work – PW – su cui i singoli CFP avrebbero dovuto lavorare: l’elaborazione e speri- mentazione di una Unità di Apprendimento – UdA – nei propri percorsi di istruzione e formazione professionale riferiti al progetto integrazione 200311. Nel secondo seminario di formazione dei formatori, che ha avuto luogo il 19 ed il 20 maggio 2005, è stato approfondito il tema dello stage e dell’orientamento nei percorsi sperimentali. Nel contempo i CFP coinvolti hanno: presentato le risul- tanze della prima esperienza di project work realizzata presso i propri centri; condi- viso le coordinate per la realizzazione del 2° project work su cui i singoli CFP avrebbero dovuto lavorare 12. Il project work avrebbe dovuto consentire ai CFP di lavorare sullo stage analizzando le partiche esistenti per eventualmente rimodularle sulla base di un modello già sperimentato a seguito di alcuni studi condotti dal Cnos Fap Nazionale 13. Nel terzo e ultimo seminario, tenutosi il 20 ed 21 maggio 2006 si è affrontato il tema della valutazione dei processi formativi e del portfolio delle competenze. A conclusione del programma previsto per il terzo seminario, è stato gestito in plenaria un feedback sulla esperienza di formazione formatori. 3. Il 1° Project Work Nella concreta organizzazione degli interventi di accompagnamento alla elabo- razione e sperimentazione dei Project Works, i referenti degli enti nazionali CIOFS FP e CNOS FAP hanno preferito suddividere i CFP della Puglia coinvolti nel “Pro- getto Integrazione 2003” in due gruppi: rispettivamente, il primo14 è stato affidato – per l’erogazione delle azioni di accompagnamento previste dalla formazione for- matori – a 2 risorse umane individuate e rappresentanti il CIOFS FP, nelle persone della dott.ssa Valentina Fidanza e dott.ssa Angela Loiacono; il secondo gruppo15, alle Autrici, quali risorse individuate come referenti del CNOS FAP. 97 Ricordiamo che … Ogni cfp disponeva di 12 ore di formazione, per ciascun PW. Dunque, ogni cfp avrebbe programmato 24 ore di formazione nelle tre annua- lità interessanti il progetto integrazione. Sia il 1° PW che il 2°, individuate 2 date condivise con i formatori dei CFP, si realizzava in due incontri di 6 ore ciascuno. Tra una sessione intensiva e l’altra ve- niva appositamente inserito un tempo di lavoro tutorato a distanza, per consentire ai formatori di riflettere ed applicare nella pratica educativa quanto condiviso in formazione. In particolare, sottolineiamo che … Il primo Project Work prevedeva: la focalizzazione sul profilo professionale in uscita interessante il percorso triennale attivato ed il suo possibile inserimento in una delle comunità professionali presenti all’interno delle guide Ciofs Fp-Cnos Fap; la sperimentazione dell’Unità di Apprendimento sul Patentino. Non tutti i cfp hanno potuto sperimentare la UdA prescelta per il fatto che gli alunni cui l’attività doveva rivolgersi avevano già conseguito il patentino; ragione per cui, nei cfp in cui si è rilevata tale condizione, con i direttori di centro ed i for- matori referenti è stata programmata, progettata e realizzata un UdA che potesse costituire non solo una possibilità di “allenamento didattico” per i docenti – abituati ad una impostazione didattica di tipo tradizionale - ma una sperimentazione di una “didattica in situazione” per gli alunni che, grazie alla diversa impostazione didat- tica, avrebbero rilevato i risultati dei propri apprendimenti con la realizzazione di un compito-prodotto. Vista la specificità dei contenuti e delle risultanze il presente paragrafo de- scrive unicamente l’impostazione, rinviando il lettore alla fruizione diretta di quanto realizzato. 4. Il 2° Project Work Nella realizzazione del secondo project work – esclusivamente centrato sullo stage – è stata significativa la presenza di coloro che hanno beneficiato del servizio, ognuno aventi differenti competenze e, conseguentemente, ruoli specifici nel CFP. Differentemente dal 1° PW, nel presente paragrafo sarà possibile descrivere le attività condotte, integrando, la descrizione con i materiali didattici utilizzati per l’erogazione della formazione d’aula, nonché per la realizzazione delle attività svi- luppate dai formatori del cfp durante il project work e a conclusione del medesimo per scopi documentali. La fase documentale è stata avviata a seguito della eroga- zione delle 12 ore di formazione previste per il 2° PW; monitorata costantemente – al di fuori delle 12 ore previste dal progetto, con uno scambio di informazioni on 98 line o contatti telefonici – è stata anch’essa conclusa con la redazione di un report finale per ciascuno dei CFP a noi affidati. Nel primo incontro del 2° Project work Nel primo incontro si è riflettuto teoreticamente sulla gestione dello stage: a li- vello concettuale ci si è confrontati sulle componenti che possono rendere lo stage una esperienza formativa. Quando ci si relaziona con gli operatori della FP che coordinano percorsi di istruzione e formazione professionale per i giovani, capita spesso di accogliere, da parte degli operatori medesimi, la visione di uno “stage”, non tanto concepita come esperienza formativa funzionale alla promozione dell’“alternanza scuola-lavoro”; quanto piuttosto come esperienza di professionalizzazione, paragonabile, dunque ad una realtà simile a quella dell’apprendistato. Che cosa sia uno stage, per le aziende che negli ultimi anni hanno fruito di questo strumento formativo, tende ad essere dato per scontato; e, molto spesso, anche per «quelle aziende» che vengono coinvolte in forma di paternariato nei per- corsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai Centri di Formazione Pro- fessionale. Le analogie e le differenze che intercorrono tra stage, tirocinio formativo e al- ternanza scuola-lavoro, finiscono quasi sempre per non trovare spazio nelle azioni di formazione degli operatori della FP. Sono invece fondamentali in fase di sotto- scrizione di un protocollo di intesa in cui ci si impegna come CFP a tutelare i diritti di cui gli alunni sono portatori, non solo quando si istruiscono ed educano, ma anche quando vivono l’esperienza formativa dello stage svolgendola c/o le aziende parteners. (L.196/97, L.144/99) Riferendosi all’impegno dell’aziende parteners per la tutela di tali diritti, nel primo incontro si è riflettuto molto sulla necessità di programmare e progettare atti- vità grazie a cui le aziende si corresponsabilizzino, in fase di Paternariato, sia in qualità di «struttura ospitante» un soggetto-destinatario dell’attività, sia qualità di «istituzione» avente cura della persona-alunno che deve maturare ed interiorizzare le conoscenze e le competenze del profilo professionale, durante un‘esperienza che, deve, in questo modo, assumere le vesti dell’azione formativa. Vista la crescente attenzione per questi temi sia da parte dei potenziali stagisti sia da parte delle imprese e dei CFP, in fase di formazione d’aula, abbiamo indivi- duato le caratteristiche fondamentali delle diverse opportunità di formazione on the job. Comune caratteristica a tutte le esperienze di stage, tirocinio e alternanza scuola-lavoro è costituita dalla concezione del luogo di lavoro come luogo di ap- prendimento. L’organizzazione che ospita lo stagista è vista pertanto come contesto di apprendimento complementare a quello dell’aula e del laboratorio. Il Tutor aziendale, a cui è affiancata la persona che svolge un periodo di stage-tirocinio, rappresenta in azienda quello che il “prof” rappresenta nel contesto scolastico-for- 99 mativo. Il tutor diventa un facilitatore di apprendimento in grado di illustrare il la- voro, supervisionare le attività affidate, valutare il livello di competenza raggiunto. Esistono però alcune importanti differenze nell’utilizzo dei termini stage, tirocinio e alternanza scuola-lavoro che si cercherà ora di mettere a fuoco. Con il termine stage, nei materiali informativi riguardanti il Piano dell’Offerta Formativa (POF) di ciascun CFP, si indica solitamente una fase prevista all’interno di un percorso formativo professionalizzante. Lo stage consiste pertanto nel tra- scorrere un certo periodo di tempo all’interno di una realtà lavorativa allo scopo di verificare, integrare e rielaborare quanto appreso in aula e/o laboratorio. Lo stage viene attivato sulla base di una convezione e/ o protocollo di intesa tra azienda e centro di formazione professionale in cui sono contenute le informazioni necessarie a garantire la regolarità dello stage in termini legali. In termini didattici, a garanzia degli obiettivi formativi del periodo di stage, viene sottoscritto da tutte le parti in gioco un progetto di stage in cui sono precisati: orari da rispettare, area di inseri- mento, mansioni da assegnare, competenze attese in ingresso e competenze da ac- quisire al termine dell’esperienza. Lo stage, inserendosi in tutto e per tutto in un percorso formativo, è completamente gratuito sia per l’azienda ospitante sia per il partecipante. Gli operatori dei CFP hanno descritto l’esperienza di stage come “un’opportu- nità di inserimento temporaneo nel mondo del lavoro”, che, a seguito della conclu- sione del percorso triennale di istruzione e formazione professionale, determina un “impatto occupazionale”. Lo stage è finalizzato all’acquisizione di una esperienza pratica, alla crescita professionale e personale del tirocinante e rientra in un pro- getto individualizzato di formazione e/o di ricerca del lavoro. L’alternanza scuola-lavoro risulta essere una dicitura complessa da definire per il fatto di essere tutt’ora in evoluzione da un punto di vista normativo. A differenza di quanto si possa affermare per stage e tirocinio non è possibile definire l’alternanza come strumento formativo. Essa si configura piuttosto come una nuova metodologia formativa nel sistema integrato di istruzione, formazione pro- fessionale e lavoro. La metodologia dell’alternanza può prevedere il ricorso allo strumento dello stage, ma può anche svilupparsi attraverso altri strumenti di forma- zione basati sulla strategia del learning by doing (imparare facendo). Per tutti gli studenti compresi tra il 15° e il 18° anno d’età è possibile realizzare dei percorsi di istruzione e formazione con la modalità dell’alternanza scuola-lavoro. Per rispon- dere alle esigenze di questo approccio formativo, l’organizzazione didattica, sia nel sistema dei licei sia nel sistema dell’istruzione e formazione professionale, consen- tirà sempre più spesso di alternare periodi di formazione in aula-laboratorio a pe- riodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro a cui attribuire specifici cre- diti formativi. Come sarà possibile desumere dalla scaletta del primo incontro, ai momenti teoretici si è affiancato un momento di riflessione empirica sulle pratiche di ge- stione dello stage esistenti all’interno del CFP: 2 griglie apposite – utilizzate du- 100 rante 2 lavori di gruppo – hanno consentito dapprima una sistematizzazione delle procedure e dei processi di stage esistenti; successivamente, le stesse procedure ed i medesimi processi, sono stati implementati – a livello di ipotesi - mediante l’utilizzo di uno schema ad hoc proposto nel suo utilizzo agli operatori. Le lezioni frontali, e i lavori di gruppo hanno indotto un processo di riflessione sulla pratica di gestione dello stage secondo quanto realmente vissuto da ciascun ente. I formatori si sono dichiarati soddisfatti soprattutto per aver potuto riflettere criticamente sulle procedure ed i processi che da tempo, pur essendo abitualmente gestiti in un determinato modo, avevano perduto la loro significatività, nonché la loro possibilità di un potenziamento in termini di efficacia ed efficienza. 101 16 C. BALDI, M. LOCAPUTO, Lavoro di gruppo sullo stage. Analisi del livello organizzativo esi- stente, Scheda n° 1, Cnos Fap Regione Puglia Sede di Bari, Bari, ottobre 2006. (SCHEDA N° 1) ANALISI DEL LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE ESISTENTE16 Analizza con le persone che compongono il tuo Gruppo di Lavoro (GdL) l’esperienza di stage prevista all’interno del percorso di istruzione e formazione professionale interessato dal Progetto Integrazione. Potrai aiutarti con la tabella ri- portata di seguito. Il presente esercizio va svolto in gruppo, valorizzando, nello stesso gruppo le competenze delle risorse umane presenti affinché lo stage – così come realmente organizzato - possa essere scomposto nei suoi processi organizzativi e per questo analizzato in termini di punti di forza e punti di debolezza. 102 17 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit.. Nel secondo incontro del 2° Project work Nel secondo incontro di FF, sulla base di altri elementi teorici, ci si è concen- trati sulla gestione esistente nei CFP, presentando agli operatori della Fp coinvolti in formazione, il modello di gestione dello stage secondo la proposta del CNOS FAP 17, ai fini di una potenziale implementazione delle pratiche di stage esistenti. L’incontro ha assunto la caratteristica delle formazione laboratoriale. La decisione di sottolineare la metodologia didattica adottata è dovuta a due fattori: il primo è l’invito, proveniente dai formatori stessi, a sottolineare che nel percorso di formazione si è lavorato per una didattica laboratoriale, didattica che sembra rappresentare ancora una novità come pratica integrata e quotidiana. Il se- condo fattore è rappresentato dal fatto che il progetto Formazione Formatori, ormai realizzato e conclusosi, ha fornito ai suoi partecipanti una particolare occa- sione in termini cognitivi, relazionali e metodologici. Per alcuni formatori lavorare insieme, sperimentare attività, riflettere sulla pro- pria esperienza e trarne coordinate teoriche e operative, dalle quali partire per sce- gliere le azioni e i materiali per le proprie classi, ha rappresentato una vera innova- zione, quasi un ribaltamento rispetto ad altri percorsi formativi. Inoltre, il legame stretto con gli operatori della FP ha permesso un coinvolgimento e una gratifica- zione non creatosi in occasione dei tre incontri plenari. Visionare le schede proposte dal modello ha significato per gli operatori anzi- tutto riflettere sulla «necessità di riflettere», ovvero di «imparare ad imparare» mediante l’osservazione critica e metariflessiva delle procedure e dei processi atti- vati nella quotidianità. Nel secondo incontro dunque, l’attività di presa visione delle schede prevista dal modello nazionale ha indotto autoformazione negli operatori: utilizzare delle schede per gestire le procedure e le pratiche di stage per gli operatori ha significato metariflettere sulle modalità e sui significati con cui i formatori stessi attribuiscono valore e senso all’esperienza di stage. Si può quindi definire positiva la proposta di analisi del modello: attività che ha indotto un processo di acquisizione delle pratiche proposte a livello nazionale. Nel secondo incontro, inoltre, sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi – effettuata in occasione del primo incontro della formazione formatori per la realiz- zazione del secondo project work – era emersa all’unisono la necessità di concen- trasi sulle caratteristiche dell’età adolescenziale: età dei soggetti interessati dai per- corsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai CFP. “I nostri alunni, sono adolescenti … e quindi di per sè, ogni giorno in aula ci si trova ad affrontare la gestione di conflitti le cui cause non sono necessariamente scolastiche; quanto piuttosto, evolutive … Delle volte, sebbene molti di noi forma- 103 tori siano mamme, papà … ci troviamo incapaci di gestire i bisogni relazionali di cui sono portatori i nostri alunni, che oltre ad essere “adolescenti”, sono adolescenti difficili …”. Questo frammento autobiografico rappresenta un ritratto del vissuto di uno dei formatori dei CFP che ha fortemente desiderato dedicare una parte della formazione formatori alla problematizzazione psico-pedagogica dell’età adolescen- ziale. L’adolescenza è un epoca della vita nella quale, ciascuno di noi, secondo tempi e intensità diverse, che variano da individuo a individuo, attraversa episodi di tri- stezza, di noia, di timidezza, di paura, di angoscia. L’adolescenza è l’età della vita dove ogni essere umano è chiamato ad un compito evolutivo fondamentale: entrare progressivamente nell’età adulta. Questa entrata nella maturità implica necessaria- mente, per compiersi, un processo di separazione. Ciò da cui ci si deve separare, sono i propri genitori. La separazione si compie sia in senso fisico, evitando di abitare la casa dei ge- nitori troppo a lungo, ma soprattutto deve avvenire sul piano del desiderio. L’alunno che attraversa l’adolescenza deve poter riuscire a riconoscere e se- guire il proprio desiderio. Questo si concretizza in due modi: la costruzione degli affetti, d’amicizia e d’amore, fuori dalla famiglia, e la scelta di un percorso di studi o di lavoro che non sia troppo lontano dai propri interessi. L’energia e il sentimento di soddisfazione che proviene dalla capacità di eseguire, almeno in parte, questi due compiti della giovinezza, dipende proprio dalla misura con cui un adolescente riesce a formulare e realizzare parte dei suoi desideri. Crediamo però di poter affermare che la possibilità di riconoscere e fare ciò che si desidera davvero, separandosi autenticamente, dipende sempre da una crisi, da una opposizione e separazione dagli ideali dei genitori. Molto spesso questa opposizione non si esplica costruttivamente bensì come processo distruttivo ed autodistruttivo, anche sul piano scolastico, in quanto gli adolescenti a scuola possono proiettare sui professori sentimenti ambivalenti che permettano loro di rielaborare emozioni e sentimenti dissociativi che stanno speri- mentando nei confronti dei propri genitori. I docenti, i formatori, gli educatori che nella scuola e nell’extra scuola si rela- zionano con gli adolescenti debbono attrezzarsi sul piano delle competenze di rela- zione: debbono, al di là del proprio ruolo di trasmettitori di conoscenza, possedere competenze psico-pedagogiche grazie a cui gestire con competenza la costruzione di un progetto educativo che sostenga gli alunni adolescenti nel loro processo di in- serimento nel sociale. L’approccio fenomenologico di Piero Bertolini è stato parti- colarmente oggetto di approfondimento, in quanto il paradigma fenomenologico è stato dall’Autore pedagogicamente problematizzato al fine di tracciare le coordi- nate di percorsi educativi e ri-educativi funzionali alla costruzione della visione se- mondo-altri per i ragazzi difficili: i ragazzi che, nella maggior parte dei casi, rap- presentano gli utenti-tipo della FP. 104 Orientare l’ultima parte del nostro incontro sugli elementi di cui sopra, ha con- sentito di descrivere anche il modello educativo di Don Bosco, capace di promuo- vere in un ottica preventiva una progettualità educativa nutrita di un carisma che parla al cuore dei giovani. Il che equivale a dire, come don Bosco stesso affermava: “Sono contento che ci sei, quello che sei, che sai, che fai, che hai … mi interessa e io sono qui per te …”. 105 18 C. BALDI, M. LOCAPUTO, Lavoro di potenziamento dello stage. Potenziamento del livello di or- ganizzazione esistente, Scheda n° 2, Cnos Fap Regione Puglia Sede di Bari, Bari, ottobre 2006. (SCHEDA N° 2) POTENZIAMENTO DEL LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE ESISTENTE18 Dopo aver analizzato con le persone che compongono il tuo gruppo di la- voro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel tuo Cfp, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise – dovrai potenziare le proce- dure e i processi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 106 1 I riferimenti degli autori curatori di ogni contributo presente in questo paragrafo sono riportati nell’indice. Capitolo 2 La Storia dei CFP coinvolti nel progetto Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nelle pagine che seguono il lettore fruirà della “scrittura della storia dei CFP raccontata dalla voce” di alcuni dei formatori rappresentanti i centri che hanno preso parte all’esperienza di formazione dei formatori. Ad ogni CFP è dedicato un intero paragrafo. Al di là di una formattazione standard, il faticoso ma affascinate lavoro di ri- costruzione storica svolto è completamente a cura dei formatori: infatti, sono stati essi stessi1a costruire una sintesi della storia dei loro centri, e questo ha con- sentito loro, in alcuni casi, anche di conoscere e/o ricordare frammenti di storia dei propri enti. 107 1. Associazione Calasanzio di Campi Salentina ASSOCIAZIONE “CALASANZIO - Cultura e Formazione” LA SCUOLA CALASANZIANA Le origini dei Padri Scolopi risalgono ad un sacerdote spagnolo, San Giuseppe Calasanzio (1557 – 1648), che nel 1597 diede inizio a Roma ad una scuola popo- lare diversa dai collegi e dalle scuole di catechismo allora esistenti. Egli era convinto che l’unico modo per riformare la società fosse l’istruzione e così diede vita alle Scuole Pie, le prime scuole per tutti. Proclamò il diritto all’edu- cazione di tutti i fanciulli e lottò per esso, e per questo fu perseguitato. Ma nello stesso tempo ebbe un esito straordinario, giacchè rispondeva pienamente alle sfide e aspettative del suo tempo. Nel 1948 il Papa Pio XII lo dichiarò “Patrono univer- sale di tutte le scuole popolari del mondo”. Nel corso dei secoli la Scuola calasanziana ha continuato ad affermare la di- gnità di ogni persona di accedere alla cultura e il diritto allo studio come promo- zione sociale, diventando luogo di formazione di diverse generazioni e fucina di in- novazioni culturali e scientifiche. Oggi i Padri Scolopi sono presenti in 29 Stati e in 4 continenti con Parrocchie, Missioni e Scuole. La sede di Campi Salentina (Le) è stata la prima scuola popolare sorta in Pu- glia (1631) che accoglieva ragazzi del luogo e dei paesi vicini. Attualmente fun- ziona come Liceo Classico e come Ente di Formazione Professionale: l’Associazione “CALASANZIO – Cultura e Formazione”. Essa, forte dell’esperienza calasanziana, opera nell’ambito della Formazione e dell’Obbligo Formativo aderendo ai Progetti POR stabiliti dalla Regione Puglia. 108 Interno chiostro Istituto Calasanzio L’Associazione Calasanzio - Cultura e Formazione offre una formazione pro- fessionale rivolta ai ragazzi in età di OBF con i seguenti corsi: 1. Operatore marketing on line di prodotti e servizi turistici e commerciali 2. Operatore dell’impresa turistica I progetti sono finalizzati ad assicurare ai giovani una proposta formativa di carattere educativo, culturale e professionale, in modo che ogni allievo ottenga un risultato soddisfacente in termini di acquisizione di una qualifica professionale, di supporto per l’inserimento lavorativo e possa, ove lo ritenga, proseguire il proprio iter formativo nell’ambito dell’istruzione o della formazione professionale. A questa si affianca un’attività di formazione rivolta invece ad adulti già in possesso di diploma di scuola media superiore di 2° grado con i corsi rispettiva- mente di specializzazione, perfezionamento e di qualifica: • Esperto in ICT per la commercializzazione di prodotti turistici il cui obiet- tivo è quello di formare una figura professionale che sia in grado di promuo- vere e vendere, attraverso le nuove tecnologie della comunicazione e dell’in- formazione, servizi turistici e di contribuire allo sviluppo del turismo del- l’aria turistica di riferimento. 109 • Organizzazione e gestione dell’esercizio teatrale che mira a creare una fi- gura professionale che sia in grado di gestire il bene culturale teatro -con l’obiettivo di promuoverlo, valorizzarlo e tutelarlo- e di progettare e coordi- nare eventi teatrali. • Assistente domiciliare e dei servizi tutelari il cui obiettivo è di formare un fi- gura professionale in grado di provvedere alla cura e all’assistenza indivi- duale di soggetti in stato di bisogno, quali anziani e bambini, per promuo- verne l’autonomia. I ragazzi del corso Operatore marketing 110 2. CIFIR di Bari LA STORIA DEL VILLAGGIO DEL FANCIULLO SAN NICOLA Il santo fondatore «Io l’amo i miei bambini, ei per me sono il più caro ideal della mia vita» (Sant’Annibale Maria Di Francia) Così scriveva Sant’Annibale Maria Di Francia nel settembre del 1902. Nato a Messina il 5 luglio 1851 da una famiglia nobile, a 18 anni si sentì chia- mato al sacerdozio con una vocazione che lui stesso definì “luce improvvisa, forza irresistibile e coscienza sicurissima”. Ancora Diacono, l’incontro “provvidenziale” con un mendicante quasi cieco lo portò alla drammatica scoperta di un quartiere periferico di Messina: il “Quartiere Avignone”, degradato non solo dalla povertà economica ma soprattutto da quella morale. Le “Case Avignone”, però, furono per Padre An- nibale la porta che si spa- lancava su quell’amore in- finito verso i poveri e gli orfani che fu la caratteri- stica di tutta la sua vita. 111 Con il consenso del Ve- scovo andò ad abitare in quel “ghetto” -il più miserabile dei quartieri- che prometteva solo vizi e depravazione, mettendosi al servizio dei mendicanti, dei ragazzi di strada, degli affamati. Lì, fra quelle baracche fatiscenti, spende il suo cospicuo patrimonio … ma non basta … non bastano i soldi e non basta la sua sola persona per tutte quelle anime, per i poveri e affamati del mondo intero. Come fare? Una parola del Vangelo, percepita sin dalla sua adolescenza, gli si mostrò come “rimedio” per realizzare, nella Chiesa e nel mondo, i suoi ideali apostolici: “Pregate il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38 ; Lc 10,2). Padre Annibale aveva in- tuito che quelle parole del Van- gelo non erano una semplice esortazione, ma un esplicito “comando” di Gesù a “Pregare” (Rogare) il Padrone della messe per ottenere i buoni operai. Fondò così le due Congregazioni religiose: nel 1887 le Suore “Figlie del Divino Zelo” e dieci anni dopo i Sacerdoti “Rogazionisti del Cuore di Gesù” e volle che i membri di questi due Istituti s’impegnassero a vivere il Rogate con un quarto voto. Nel Quartiere Avignone della sua amata Messina, realizza ciò che definisce lo “spirito di doppia carità: evangelizzazione e soccorso ai poveri”, dando inizio agli Orfanotrofi Antoniani, maschili e femminili, destinati all’infanzia abbandonata. La sua preoccupazione, però, non fu solo dare a quei fanciulli il pane ma fu so- prattutto insegnare loro un mestiere ed educare in modo completo la loro persona, moralmente e religiosamente. 112 113 Non a caso hanno definito Sant’Annibale “Padre degli orfani e dei poveri”. Appena si diffuse la notizia della sua morte, puntualmente registrata dai gior- nali dell’epoca, l’intera città di Messina si riversò nelle strade e nelle piazze per “vedere il Santo che dorme”. I funerali furono una vera e propria apoteosi! Il Sommo Pontefice Gio- vanni Paolo II, il 16 maggio 2004, ha proclamato P. Annibale Maria di Francia Santo, definen- dolo “Autentico anticipatore e ze- lante maestro della moderna pa- storale vocazionale”. Il carisma rogazionista a Bari Sull’esempio di Padre Annibale, i Padri Rogazionisti, impegnati nel campo della promozione sociale e della formazione umana e religiosa della gioventù più sfortunata, quella costituita da quanti oggi definiremmo “drop-out”, hanno cercato di attuare, nel tempo, il carisma rogazionista, per realizzare gli ideali di acco- glienza, servizio, moralità e socialità nei diversi luoghi in cui si sono attivati. Pertanto, Bari come Messina, il quartiere Picone come Avignone, Padre Mario Labarbuta come il suo Santo Fondatore; luoghi e persone sono legate da un invisi- bile filo-rosso: sollevare gli orfani e i poveri dalla miseria umana e materiale. Bari, nell’immediato dopoguerra, appariva come tante altre città d’Italia: pie- gata e schiacciata dal dolore del lutto, dall’indigenza e dalla fame. C’erano centinaia di bambini e giovani da nutrire ma anche da edu- care ed avviare al lavoro. Possiamo dire che la storia della città di Bari degli ultimi sessant’anni è stata caratterizzata da istituzioni come il Villaggio del Fanciullo San Nicola, che nacque, appunto, per affrontare il particolare scenario del dopoguerra. “C’è una moltitudine di ragazzi che po- polano la nostra città ed i nostri paesi: sbu- cano fuori da tutti gli usci, passano a frotte per le strade, si raccolgono nelle piazza, si sparpagliano per le campagne. Quanti sono? 25 mila nella città … dai sei agli 11 anni … sul volto pallido e patito, sul corpo mingher- lino, portano i segni della sofferenza e della denutrizione materiale … potranno essere selvatici, maleducati, maneschi, molesti anche alla quiete ma nel fondo del loro cuore non sono cattivi. Il pericolo di una to- tale irreparabile perversione minaccia da ogni parte e urge correre ai ripari” (Lettera pastorale, Salviamo il fanciullo, salviamo la famiglia). Così, Mons. Mimmi, Arcivescovo di Bari, scriveva nell’ottobre del 1946 in una lettera pastorale, facendosi portavoce del grido di dolore di migliaia di sciuscià baresi, già avviati al furto, alla delinquenza e al vizio e progettare di destinare loro le 22 baracche del rione Picone, che servirono ai tedeschi durante la guerra per de- tenere i loro prigionieri. Per realizzare quest’Opera Mons. Mimmi, nel dicembre del 1945, scrive al Direttore Padre Prudentino, dell’Istituto di Trani dei Padri Rogazionisti e la storia degli uomini si innesta e si con- fonde con la storia di Dio. “Pare che ci si offre l’occasione di aprire un villaggio per fanciulli nelle baracche militari, nei pressi di Bari. Avrebbe ella la possibilità di assumere la direzione a mezzo della sua Congrega- zione? Gradirei una risposta, o meglio ancora un colloquio. Fiducioso attendo” (Sto- ria della casa di Trani, dal 1 gennaio 1943 al 30 giugno 1948, anno 1945, mese di di- cembre, Archivio Rogazionista Trani). 114 La risposta fu generosa! A realizzare tutto è stato un gio- vane sacerdote Rogazionista, origi- nario di Minervino Murge, che con il coraggio che viene dalla fede concre- tizzò l’opera caritativa e sociale degli inizi. “C’è un nome a Bari, scritto a ca- ratteri d’oro nel cuore di tante fami- glie, il nome di Padre Mario Labarbuta Rogazionista che alla periferia della città è riuscito a fondare il Villaggio del Fanciullo: istituzione che raccoglie un’infinità di ragazzi dai sette ai quat- tordici anni, sin qui abbandonati a se stessi od ai quali le famiglie non pote- vano comunque provvedere, quando non li sfruttavano per fini incoffessa- bili”. (HERMAN CARBONE, Democratici sindaco questore e giunta al Villaggio del fanciullo di Bari, in “Il giornale della sera”, 22 agosto 1947, pag. 2) Nel Quartiere Picone, proprio sul lato del Policlinico, reggevano ancora le 22 baracche di legno col tetto in lamiera, abbandonate dalle truppe alleate. Circondate da un muro e filo spinato, ma sufficienti per ospitare i bambini abbandonati della città. Lì, il 29 maggio 1946 – data di fondazione del Villaggio del Fanciullo S. Ni- cola – una dozzina di ragazzi vennero accolti da Padre Mario Labarbuta. “28 martedì. Il P. Labarbuta allora, che ad ogni costo vuol prendere possesso delle baracche, con un camioncino appartenente ad un amico dell’Arcivescovo, va a Trani dal P. Prudentino ottiene quattro materassi, tre reti con altro materiale. La stessa sera parte da Trani con Fr.llo Egidio ed un ex orfanello di nome Ragno e vanno a dormire nelle baracche dove non c’è se non ciò che hanno portato i tre da Trani. Si armano i letti, si mangia qualche boccone e poi, fatto il segno della croce, si cerca di dormire. Impossibile! È la prima notte che si dorme nella nuova casa di Bari, sorgente dalle baracche come quelle del quartiere Avignone” (Storia della Casa di Bari, quaderno 1, anno 1946, mese di maggio, Archivio Rogazionisti Bari) Nel giro di pochi anni, i ragazzi ospitati saranno oltre 300; vittime innocenti di una guerra crudele. Servono ora aiuti concreti e materiali. Padre Mario Labar- buta, proprio come il suo Fondatore, si dà da fare per reperire tutti i beni di prima necessità. 115 In una baracca viene allestito il refet- torio. La cucina da campo serve pasti cal- di per centinaia di ra- gazzi in piatti di allu- minio, mentre i viveri sono offerti dalla Pon- tificia Opera di Assi- stenza. “8 sabato. La casa baracca va pian piani- no sistemandosi. Oggi è stato sistemato uno scaffale per la pasta mentre è venuto il giovane preposto al- l’assistenza pontificia (certo Bonvino) per prendere nota dei bisogni delle baracche” (Storia della Casa di Bari, quaderno 1, anno 1946, mese di giugno, Archivio Roga- zionisti Bari) “Erano giorni difficili eppure li superavamo con l’aiuto della Provvidenza e con tanta felicità. Era la felicità di vedere intorno a noi facce sempre più pulite, e non so- lo fisicamente, ma anche e soprattutto moralmente” (La storia di tanti sciuscià pas- sati dalla malavita al lavoro, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 7 maggio 1971, pag. 4) 116 LA FORMAZIONE PROFESSIONALE E IL C.I.F.I.R. La formazione dei primordi. «Il lavoro in una casa educatrice è tra i primi efficienti della moralità; desso è ordine, è disciplina, è vita, è caparra di buon avvenire per i soggetti che vengono educati. Non vi può essere educazione né religiosa né civile discompagnata dal lavoro». (Sant’Annibale Maria di Francia – 20/08/1906) L’esordio delle attività formative del Villaggio del Fanciullo, esplicazione massima del carisma e della volontà del Fondatore e dei suoi collaboratori di com- piere opere di carità verso gli ultimi ed i piccoli, si realizza, dunque, per l’incorrere di molteplici fattori determinanti, durante gli anni ‘40. Il Provveditore agli studi di Bari, Tommaso Fio- re, istituendo in una baracca una sede della scuola ele- mentare Carlo del Prete, av- via la struttura all’azione pedagogico-istruttiva che, in breve tempo, richiamò oltre mille alunni, non solo bambini. Infatti, accanto al- le classi di scuola elementa- re, si costituirono classi di avviamento professionale e di istituto tecnico industriale e professionale, in una co- struzione non ancora dotata completamente di imposte e, quindi, esposta al freddo e a condizioni fisiche e climatiche per nulla favorevoli. In esse gli insegnanti svolsero un lavoro molto difficile per “scolarizzare” dei ragazzi vivaci sottratti alla strada, invogliarli a studiare e farli innamorare del lavoro che gli avrebbe dato l’orgoglio e la dignità di chi ama il proprio mestiere garanten- dogli un futuro onesto e se- reno. 117 Sin dall’inizio si mirò ad un’educazione completa psico-fisica della persona, curando aspetti non sempre prettamente professionaliz- zanti, come lo sport, la musica e l’educazione civica. Per cui agli insegnanti si affiancarono, in quest’opera tanto entusiasmante quanto inno- vativa e faticosa, preparatori atletici e maestri di musica. Si creò una banda musicale di circa trenta elementi negli anni ‘47/’48, che cominciò ad esibirsi e ad eseguire concerti nella provincia di Bari. Allo stesso modo, ispirandosi ai più recenti modelli americani, si in- stillarono nelle giovani generazioni principi di democrazia ed autogover- no procedendo a stilare la Costituzio- ne e ad eleggere sindaco, questore e giunta tra i “piccoli cittadini” del Villaggio del Fanciullo. L’azione più importante, però, fu svolta proprio nell’ambito dell’avviamento al lavoro con l’attivazione dei primi corsi di sartoria, calzoleria, officina meccanica, autocarrozzeria, tipografia e falegnameria, a cui i giovani si iscrivevano in base ad interessi ed attitudini di ciascuno. Ovviamente i settori andarono continuamente aumentando ed i corsi si fecero sempre più adeguati ai tempi, aggiungendo ai suddetti quelli nell’ambito informati- co, per tornitori, saldatori, elettricisti, radiotecnici ed esperti nella manutenzione dei televisori. Certamente rimasero fondamentali il laboratorio di falegnameria (il primo sorse nel 1949 al costo di due milioni di lire) e l’officina meccanica, di cui furono pro- gressivamente potenziate le attrezzature. Successivamente, la scuola di arti e mestieri, col riconoscimento da parte del Ministero del Lavoro, divenne Centro di Formazione Professionale ed al posto delle baracche fu eretta la costruzione maestosa di piazza Giulio Cesare, la cui prima pie- tra fu posta l’11/07/1948. 118 2 Mons. Mimmi, 6 dicembre 1946 “Villaggio del Fanciullo S. Nicola Bari”, supplemento del- l’Araldo di S. Antonio , dicembre 1946, p.3 119 Così Mons. Marcello Mimmi nel giorno della festa del Santo patrono della città di Bari, il 06/12/1946, incitava l’opera rogazionista: Villaggio del Fanciullo affrettati a crescere; converti le baracche di legno in padiglioni di pietra; accogli a centinaia a centinaia i nostri fanciulli perché nella luce di Dio, sotto la protezio- ne di San Nicola crescano saggi cittadini e buoni cristiani2. In modo mirabile si rispose all’invito e si sviluppò la feconda attività didattica. Il 25/06/1974 si istituisce, dunque, l’Ente C.I.F.I.R., Centri d’Istruzione e For- mazione Istituti Rogazionisti. Da quel momento l’impegno prioritario del Villaggio del Fanciullo è diventato proprio la formazione professionale dei giovani in situa- zione di disagio socio-economico. Senza alcuno scopo lucrativo, si restava fedeli al carisma del Fondatore ed alle origini descritte dell’opera caritativa e si continuava a proclamare, con il proprio sti- le educativo, la centralità della persona al fine di dare un contributo valido alla co- stituzione di una società nuova. Nel perseguire l’obiettivo di un ritmo e di una qualità del lavoro a misura d’uomo, secondo l’ispirazione ai valori cristiani di solidarietà e giustizia, la forma- zione professionale diviene strumento per la valorizzazione e la crescita del singolo e per lo sviluppo della collettività. Per questo, in un’azione di educazione permanente dell’utenza, il C.I.F.I.R., sin dal principio, ha cercato di realizzare gli insegnamenti della Chiesa integrandosi fortemente nel tessuto sociale, attraverso solidi collegamenti al sistema d’istruzione ed alle diverse iniziative di stampo culturale presenti sul territorio. La partecipazione sentita alle varie condizioni di vita e la promozione umana hanno, pertanto, da sempre, qualificato l’Ente come centro di formazione attento al- l’uomo, rispettoso delle soggettività e proponente scelte di cristianità. Il C.I.F.I.R. nel terzo millennio Varcata la soglia del nuovo millennio già da alcuni anni, con gli stessi principi degli esordi, il C.I.F.I.R. continua la sua opera educativa tuttora progettando e svolgendo attività formative di perfezionamento e aggiorna- mento professionale, convegni, studi, partenariati e corsi di qua- lificazione e specializzazione in risposta ai bandi ed alle azioni promosse dalla Regione Puglia. Pertanto le attuali sette sedi C.I.F.I.R. in Puglia (Bari, Trani, Santeramo, Oria, Taranto, Ra- cale e Porto Cesareo) e la recen- tissima sede lucana di Matera si rivolgono ad un’utenza davvero variegata e investono molteplici settori professionali come ambiti in cui esplicare la formazione dei giovani in particolar modo orfani e bisognosi, disadattati, diversamente abili, disoccupati, emigrati. 120 121 I corsi, pertanto, sono di vario genere: - Obbligo formativo/formazione iniziale, in particolare per minori ad alto ri- schio; - Formazione superiore: formazione post diploma; IFTS; formazione nell’am- bito dei cicli universitari; formazione post-universitaria; - Formazione continua: formazione nell’ambito dell’apprendistato professiona- lizzante; formazione per occupati, formazione per disoccupati propedeutica all’occupazione; aggiornamento e qualificazione per disoccupati; - Formazione nell’area dello svantaggio: interventi destinati soprattutto a dis- abili in età non scolare, portatori di handicap, persone invalide e affetti da malattie psichiatriche. Allo stesso modo i settori produttivi in cui, attualmente, il C.I.F.I.R. esplica la sua azione formativa sono molteplici: - industria ed artigianato; - beni culturali; - terziario; - turismo e ristorazione; - ambientale; - spettacolo e moda; - pesca ed agroalimentare; - autoimprenditorialità in genere. Anche le tipologie di azioni attuate sono diversificate in: - orientamento, che mira a far emergere motivazioni, risorse e potenzialità, attitudini ed interessi degli utenti per indirizzarli ai percorsi formativi e professionali per loro più adeguati; - formazione personalizzata, impostata sulla base del progetto personale e pro- fessionale di ciascuno; 122 - trasmissione di competenze tecnico-professionali, attraverso metodologie di apprendimento specifiche e stage formativi; - collaborazione di consulenti e formatori qualificati, infatti il C.I.F.I.R. si av- vale da anni di risorse umane altamente specializzate nelle aree operative di competenza. Alla luce della lunga storia che ha visto l’Ente impegnato nell’ambito educa- tivo con tanta professionalità e serietà e dell’attuale domanda, forte e rilevante, di un servizio valido e saldamente fondato sui valori cristiani, il sogno del C.I.F.I.R. è poter continuare a rispondere ancora con la propria offerta formativa alle urgenze, alle esigenze ed ai desideri della nostra società con lo stile, i sentimenti e le parole di S. Annibale Maria di Francia. «Perle deterse le bambine mie, Le raccolsi nel loto ad una ad una, Quasi conchiglie in mezzo delle vie; Oggi avviate a civil fortuna». (Sant’Annibale Maria Di Francia) 123 124 3. CIFIR di Oria L’istituto Antoniano Maschile Di Oria Il vescovo di Oria favorì l’opera di Padre Annibale di Francia offrendo ai suoi orfani reduci dal terremoto di Messina del 1908, ospitalità, concorde con la munici- palità di Francavilla e Oria. Qui c’era il vecchio convento di San Pasquale che fu ceduto in proprietà al Di Francia il 28 settembre del 1909 e quindi ai rogazionisti. Si dava così avvio in Oria a un movimento educativo e formativo della gio- ventù, avviando corsi specializzati per i settori artigianali e innestando sul tronco di una economia tradizionalmente agricola, le macchine della moderna civiltà indu- striale. È in base al principio che il lavoro non è solo forza economica ma anche causa di moralità e perfezione che P. Annibale proprio all’inizio della sua attività a Oria avviò corsi specializzati per i diversi settori artigianali, comprando man mano che si sviluppavano, macchinari moderni. L’origine dell’attività di formazione professionale dell’Istituto Rogazionista di Oria è da vedersi nell’educazione al lavoro come acquisizione di tecniche operative dopo l’istruzione di base fino alla completa padronanza dell’arte o del mestiere, scelti e appresi liberamente, in una fase in cui, nel meridione d’Italia, l’artigianato era a livello primitivo e si svolgeva con strumenti primitivi. L’educazione e la formazione hanno sempre seguito tre direttrici: 1. fare intendere il lavoro come fonte di beni di cultura creati dai singoli per la società; 2. fare intendere la cultura come elaborazione dell’attività dell’uomo sul piano intellettivo e su quello sperimentale; 125 3. fare intendere la professione come capacità di operare con responsabilità ed efficienza. Il C.I.F.I.R. di Oria inoltre ha camminato con i tempi trasformandosi da Centro d’Addestramento a Centro di Formazione Professionale. Alle arti e mestieri in questo Istituto Antoniano Maschile è succeduto il Centro di Formazione Professionale (C.I.F.I.R.) che ancora oggi rivolge i propri servizi non solo agli oritani ma anche a molti giovani dei paesi limitrofi. Questo passaggio ha determinato un recupero sul piano del decondizionamento culturale e un supera- mento del semplice e limitativo avviamento al lavoro. Il Centro, autorizzato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale fin dal Gennaio 1956 e riconfermato dalla Regione Puglia nel 1972, è un’alternativa per tutti i giovani che, dopo aver terminato il ciclo della scuola dell’obbligo, aspi- rano ad essere qualificati per l’inserimento nel mondo lavorativo, nella realtà indu- striale meccanica, elettromeccanica, elettronica, informatica, ambientale, turistica. IL C.I.F.I.R. OGGI Il C.I.F.I.R., in tutte le sue sedi, risulta accreditato presso la Regione Puglia e Basilicata per lo svolgimento di attività formative per le seguenti macrotipolige: 1 Formazione Superiore 2. Area dello Svantaggio 3. Obbligo Formativo 4. Apprendistato Professionalizzante 5. Formazione Formatori 6. Formazione Continua VISION Il C.I.F.I.R. promuove, organizza, gestisce: • iniziative dirette allo svolgimento di at- tività formative e culturali, • il perfezionamento e l’aggiornamento culturale-tecnico-professionale in ogni settore delle arti e professioni, industrie e del commercio, dei servizi agricoli a livello locale, regionale, interregionale, nazionale e comunitario, • la formazione, l’aggiornamento del personale docente e non docente dei vari settori a tutti i livelli, • convegni, dibattiti, studi sociali, culturali ispirati ai fini istituzionali della Congregazione dei PP. Rogazionisti, • intese con associazioni-federazioni, commissioni, didattiche e formative, or- ganizzative a livello locale, regionale interregionale, nazionale e comuni- tario, che trattano i problemi della formazione professionale, culturale, didat- tica e metodologica ecc., • inserimenti nelle azioni promosse dalla Comunità Economica Europea circa lo sviluppo della istruzione e formazione a livello comunitario, • corsi di qualsiasi tipo e durata di formazione, qualificazione, specializza- zione primaria e secondaria, di alta qualificazione, specializzazione, riquali- ficazione in conformità alle leggi vigenti, • piani, progetti, promuove istanze ad ottenere fondi e finanziamenti per la ge- stione dei corsi ed attività di qualsiasi tipo per il conseguimento delle finalità di cui innanzi. Nell’ambito del sistema sociale di formazione il C.I.F.I.R. intende promuovere una Formazione Professionale che mette al centro la persona, il saper essere prima che il saper fare, l’integrazione del lavoro e della professione nella globalità dell’e- sistenza, la partecipazione attiva e solidale alla vicenda comunitaria; finalizza la propria azione a precise scelte che favoriscono una organizzazione del lavoro a mi- sura d’uomo ed uno sviluppo della società capace di ripensare alla luce del Vangelo i rapporti dell’uomo con le risorse ambientali, con la tecnologia, con la politica economica, con il senso dell’agire storico e mondano. Formula giudizi di valore sul mondo del lavoro e sulle sue implicazioni antro- pologiche e prova ad elaborare modelli interpretativi delle realtà sociali e produt- tive, in linea con la propria ispirazione cristiana e in spirito di dialogo e di ricerca per una cultura della collaborazione e della solidarietà tra le persone e tra i popoli. Sostiene e difende l’importanza della Formazione Professionale come risorsa strategica per lo sviluppo personale e comunitario, in un contesto di “qualità totale” che comprende la riduzione degli squilibri sociali e territoriali; inquadra la propria azione Normativa in una globale prospettiva di educazione permanente, cercando l’integrazione con il sistema sociale di istruzione e collaborando con le iniziative formative e culturali del territorio. 126 4. CIFIR del Sacro Costato Il CIFIR Sacro Costato di Taranto – Centro Servizi Formativi - è una sede ope- rativa aderente al circuito CIFIR Centri Rogazionisti operanti nel territorio della Regione Puglia, attivo dal 1989. L’Ente opera a Taranto e in provincia attraverso il sistema della formazione fi- nanziata attingendo ai finanziamenti del POR Regione Puglia e di altre Fonti di fi- nanziamento Ministeriali e Comunitarie. È uno degli enti che hanno ottenuto l’accreditamento delle sedi operative da parte della Regione Puglia. Ha accreditato le proprie sedi nelle 4 macro aree pro- poste dalla Regione: 1) Formazione Superiore 2) Formazione Continua 3) Obbligo Formativo 4) Area del Disagio La formazione è il riflesso della società, ma è anche speranza in una rinascita, per questo il C.I.F.I.R. Sacro Costato – Centro Servizi Formativi offre un modello culturale fondato su precise istanze morali. A tal proposito si specifica che il bacino di utenza nel quale il nostro Ente opera è rappresentato dalla Città Vecchia di Ta- ranto, la quale presenta numerose situazioni di sofferenza e di disagio sotto il pro- filo sociale. La quasi totalità della popolazione di questa zona si colloca, infatti, ai livelli medio-bassi della piramide sociale: numerose sono le famiglie prive di adeguate ri- sorse economiche. Il capofamiglia è spesso un disoccupato che vive di attività saltuarie; il più delle volte è aiutato dalla moglie (numerose sono, ad esempio, le mam-me che vanno a servizio presso altre famiglie) e dai figli (in molti casi avviati prematura- mente ad attività lavorative di tipo precario o marginale). La Città Vecchia è spesso caratterizzata dalla presenza di attività marginali che a volte vanno oltre i limiti della legalità. Numerosi sono gli alunni appartenenti a famiglie in cui sono presenti seri pro- blemi con la giustizia e molti hanno o hanno avuto uno o entrambi i genitori in car- cere. In questa ottica si inserisce l’attività formativa del CIFIR Sacro Costato, in quanto il nostro Team Direttivo pensa che nella “retta e sana educazione” abbia sede il motore del rinnovamento sociale. Da considerarsi di fondamentale impor- tanza è l’ispirazione religiosa del nostro Ente, che mira a formare non solo la pro- fessionalità, ma anche lo spirito dell’allievo per aiutarlo ad emergere dal contesto sociale di appartenenza. 127 Pertanto, l’intero gruppo operativo si propone di: – aiutare gli studenti a sviluppare personalità forti, capaci di scelte libere e coerenti con la fede cristiana e sostenerli nello sviluppo di competenze pro- fessionali in linea con il proprio percorso di crescita in relazione alla collet- tività e al territorio; – coordinare l’insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, affinché la conoscenza del mondo, della vita, dell’uomo che gli studenti ac- quistano sia illuminata dalla fede; – dar vita ad un ambiente comunitario formativo, il cui centro e modello è Cristo e in cui i principi evangelici diventino norme educative, motivazioni interiori e, insieme, mete finali. Le aree tematiche dei percorsi formavi proposti e realizzati negli anni gravi- tano intorno ai seguenti temi: – UTENZE SPECIALI (Handicap, Immigrati, giovani a rischio); – TURISMO; – RISTORAZIONE; – ICT-INFORMATION AND COMMUNICATION TECHNOLOGY; – AMBIENTE-VERDE; – GESTIONE AZIENDALE. Dal 1999 al 2006 sono stati attivati e conclusi positivamente molti corsi tra i quali sono qui di seguito elencati: – Operatore Contabile Informatizzato (obbligo formativo) – Operatore Tecnico del Turismo (obbligo formativo) – Operatore alberghiero e della ristorazione (obbligo formativo) – Assistente al Turismo (obbligo formativo) – Animatore Turistico 1° edizione (obbligo formativo) – Animatore Turistico 2° edizione (obbligo formativo) – Cuoco (obbligo formativo) – Office Automation e Servizi Internet (adulti disoccupati) – Creazione d’impresa turistica (pari opportunità mis. 3.14) – Assistente alla Lingua Italiana dei Segni (specializzazione) – Operatore di Segreteria Informatizzato (sordi) – Addetto alla manutenzione degli spazi verdi (disagio) – Ortovivaista (disagio) Da quanto sopra elencato si evince che il CIFIR Sacro Costato si è occupato principalmente di percorsi formativi rivolti a giovani in obbligo formativo, si è scelto di voler offrire ai giovani in dispersione scolastica una proposta di triplice valenza: educativa, culturale e professionale. Il Cifir Sacro Costato realizza proposte formative in risposta all’analisi dei bi- sogni professionali rilevati sul territorio. I settori della ristorazione, del turismo e dei pubblici esercizi sono stati partico- 128 larmente presi in considerazione per lo sviluppo di profili professionali in quanto offrono delle concrete opportunità occupazionali. Si può affermare che la vocazione turistica è caratteristica del nostro territorio. L’approccio metodologico è caratterizzato dai seguenti punti fondamentali: – centralità dell’allievo e del successo formativo; – didattica attiva ed apprendimento dall’esperienza; – professionalità progettuale; – organizzazione flessibile; – creatività ed autonomia; – portfolio competenze; certificazione competenze. L’Ente si connota in particolare per aver adottato una didattica assistita e forte- mente orientata all’acquisizione di competenze operative e di laboratorio. 5. I CNOS FAP sede di Bari e di Cerignola L’esperienza del CNOS FAP sede di Bari e di Ceri- gnola, e più in genere dei CFP salesiani ha origini molto lontane, che risalgono al santo fondatore: San Giovanni Bosco, Santo Patrono dei giovani e degli apprendisti. Il Lavoro è l’esperienza della prima infanzia di Gio- vanni Bosco. Lo vive come situazione gioiosa e creativa e come dura condizione per sussistere. Don Bosco fu un giovane lavoratore e del lavoro fece il suo campo privilegiato di intervento pastorale. L’Oratorio di Don Bosco, nella Torino della prima rivoluzione industriale, era composto soprattutto da scal- pellini, mutatori, selciatori, quadratori. Egli affermava sovente che un mestiere imparato bene, esercitato con co- scienza, rappresentava un arma indispensabile, per non essere sconfitti nella lotta per la vita. Guai a quel giovane che si fosse presentato a un datore di lavoro dicendo: non so far nulla, ma sono disposto a far tutto. Di ciò avrebbe immediatamente approfittato il padrone affidandogli un lavoro qua- lunque al minimo di paga. Don Bosco, che amava i suoi giovani capì questo pericolo. Pensò a renderli forti e ad insegnare loro un mestiere, che li rendesse, come oggi si dice “operai specializzati”. Per questo istituì le scuole professionali, creò i laboratori che rappresentavano, in piccolo, il mondo 129 artigianale e industriale del tempo, dando vita poco per volta a un sistema completo di educazione al lavoro che comprendeva istituzioni, programmi pedagogici, una figura particolare di religioso (in mezzo ai giovani con i giovani) e un regolamento per la scuola professionale. Le scuole professionali salesiane si ordinarono sempre meglio, si moltiplica- rono sempre di più e divennero famose non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo. L ‘applicazione del Sistema Preventivo e del principio educativo cardine: “educare al lavoro attraverso il lavoro” ha dato buoni risultati al tempo di Don Bosco e continua ancora oggi. Quindi, l‘esperienza salesiana nel campo professionale si rifà a Don Bosco, che fin dal 1842 seguiva i giovani apprendisti presso le botteghe artigiane della città di Torino, fondava per loro scuole serali, festive e diurne e nel 1853 dava inizio ai laboratori interni prima per calzolai, sarti e legatori, poi per falegnami, ti- pografi e fabbri ferrai. In Italia, l’impegno dei salesiani per la formazione professionale (FP) è stato sempre vivo e si è continuamente rinnovato per rispondere alle esigenze mutate del contesto sociale, economico e politico. Il 9 dicembre del 1977 i Salesiani hanno scelto, tramite la costituzione del CNOS-FAP, lo strumento di una associazione di diritto civile per promuovere, ge- stire, rinnovare il proprio impe- gno di presenza nella formazione professionale. Era appena inizia- to il trasferimento della compe- tenza per la Formazione profes- sionale alle Regioni e, ad un anno di distanza, la legge quadro na- zionale 845/78 confermava la va- lidità della scelta associativa per essere presenti nella FP. Gli studi, le ricerche e la riflessione sull’esperienza hanno creato un patrimonio culturale e organizzativo che il CNOS-FAP consegna a quanti hanno a cuore la formazione professionale. Il Centro Salesiano di Formazione pro- fessionale di Bari è nato, entro questa logica, intorno agli anni ’50 affiancandosi all’Avvia- mento e alle scuole professionali esistenti. Dal 1978, col passaggio della Formazione Profes- sionale alle Regioni, viene costituito il CNOS FAP Regione Puglia con sedi a Bari, Cerigno- la, Manduria e Lecce. 130 La Mission Il Cnos Fap considera la formazione professionale, innovata fortemente, una risposta alle esigenze di una larga fascia di giovani che non accedono alla scuola secondaria superiore o sono emarginati dal sistema scolastico, e una autentica ri- sorsa per elevare la qualificazione dei vari soggetti del mondo del lavoro. Attraverso la Formazione professionale, il CNOS FAP mira a: 1) promuovere le dimensioni spirituale, educativa, culturale, sociale, politica e di solidarietà del lavoro umano; 2) educare alla convivenza civile sollecitando comportamenti coerenti a li- vello locale, nazionale, europeo e mondiale; 3) rispondere alla domanda formativa emergente dalle fasce sociali più deboli, specie di quelle giovanili; 4) realizzare iniziative di orientamento nella dimensione educativa e promo- zionale, favorendo specifici interventi rivolti a soggetti esposti al rischio di marginalità culturale, professionale e sociale; L’azione formativa del Cnos Fap si fonda su 4 strategie fondamentali. 1) La costituzione della Comu- nità formativa La costruzione della comunità è la premessa indispensabile al lavorare insieme, caratteristico della nuova or- ganizzazione del lavoro, nella piena valorizzazione delle “risorse umane”. 2) La qualificazione educativa e professionalizzante del CFP Il CFP dà particolare importanza ai valori educativi di base (formazione della coscienza, sviluppo della libertà responsabile e creativa, capacità di relazione, eser- cizio della responsabilità sociale e politica, educazione alla convivenza civile) af- finchè trovino nella dimensione professionale una piena affermazione, in prospet- tiva di una formazione unitaria ed integrale della personalità del lavoratore. A questo scopo offre ai giovani in formazione occasioni significative per assumere e maturare conoscenze, atteggiamenti, comportamenti e abilità operative coerenti con l’esercizio efficiente ed efficace della professione e propone esperienze per guidarli verso l’assunzione di un ruolo professionale adeguato. 3) La tensione verso una professionalità fondata su una valida e significativa cultura del lavoro e su un progetto di vita Il soggetto in formazione è sostenuto nello sforzo di acquisire un appropriato senso critico ed è aiutato a dare sistematicità alle proprie esperienze e a ricercarne il significato globale in una visione cristiana, secondo lo stile e il metodo di Don Bosco. 131 Per questo, ci si propone di umanizzare la formazione al lavoro e alla scelta profes- sionale; di integrare l’esperienza lavorativa nell’insieme della vita di relazione; di personalizzare la scelta e la pratica professionale e di inserire in forma attiva e par- tecipativa i giovani nel mondo del lavoro e della società civile ed ecclesiale nella prospettiva di una cultura della corresponsabilità e della solidarietà. 4) L’offerta del servizio di orientamento professionale Il servizio di orientamento integra e supporta l’intervento globale delle istitu- zioni formative in quanto offre un contributo specifico sotto il profilo psicopedago- gico, didattico e sociale, promuovendo nel giovane un processo di sviluppo di atti- tudini, preferenze, interessi e valori che esige una convergente azione formativa, in vista della “maturità professionale”. L’offerta formativa dei CFP CNOS FAP della Regione Puglia si articola in: – Formazione iniziale attraverso l’organizzazione di corsi per i ragazzi in di- ritto dovere alla istruzione e formazione professionale entro il 18° anno di età nei settori della: • Impiantistica elettrica civile e industriale • Automazione industriale • Conuizione di macchine utensili tradizionali e a controllo numerico – Formazione post diploma e superiore per i giovani disoccupati in possesso di una qualifica o un diploma di scuola secondaria di II grado e coloro che siano disoccupati ma in possesso di una Laurea nei settori della • Automazione industriale • Manutenzione industriale • Programmazione di Macchine utensili a CNC • Socio – assistenziale • Animazione culturale • Ambiente • Amministrazione d’azienda • Informatica • Energia • Sicurezza sul lavoro – Formazione continua per i lavoratori anche attraverso la formazione a cata- logo 132 6. EPCPEP di Ostuni L’Ente Pugliese per la Cultura Popolare e l’Educazione Professionale – E.P.C.P.E.P. –opera nel settore della Formazione da oltre 70 anni con una presenza capillare sul territorio attraverso sedi operative in 14 comuni pugliesi. Negli anni recenti ha realizzato, in convenzione con la Regione Puglia, attività formative nei seguenti settori: Industria, Turismo, Ambiente, Informatica e nell’ambito dei POR PUGLIA 2000-2006 Misure 3.3, 3.4, 3.2, 3.8, degli I.F.T.S 1999-2000-2001, nonché delle iniziative di apprendistato, finanziate dal Ministero del Lavoro e della Formazione continua L.236. Nell’anno formativo 2002 ha avuto assegnati, per le attività POR PUGLIA, oltre 100 corsi da realizzare nel biennio 02/03. L’E.P.C.P.E.P. ha realizzato, inoltre, progetti nazionali e comunitari di forma- zione/orientamento, quali i POM 94-99, Programmi di iniziativa comunitaria OC- CUPAZIONE (Volèt Integra eYouthstart), il Programma Leonardo da Vinci 2000 ed EQUAL 2002. Ha collaborato, in forma continuativa, con la Società per l’imprenditoria Gio- vanile (Ig) alla realizzazione, in Puglia, della fase formativa e di tutoring, prevista dalla L. 608. Anno inizio attività: 1923 (anno di fondazione). ATTIVITÀ Formazione Per Formazione Professionale, si intende tutta una serie di azioni collegate al mondo formativo e agli strumenti necessari allo svolgimento di una determinata at- tività professionale. La formazione professionale intende infatti sviluppare un’offerta di percorsi di apprendimento che soddisfino le esigenze di tutte le persone lungo l’intero arco della vita: – dei ragazzi, a partire dalla fine della scuola media fino ai 18 anni, per conse- guire un diploma o una qualifica e avere l’opportunità di formulare decisioni consapevoli sul piano educativo, professionale e di attuarle; – dei giovani per acquisire competenze nel momento dell’ingresso nel mer- cato del lavoro; – dei disoccupati per reinserirsi nel sistema economico-produttivo; – delle fasce deboli e a rischio di esclusione per integrarsi nel mercato del la- voro; – delle donne per migliorare l’accesso, la partecipazione e i percorsi di car- riera nel mercato del lavoro; – dei lavoratori adulti, nel mantenersi aggiornati rispetto ai nuovi saperi e al- l’innovazione tecnologica. 133 La formazione professionale soddisfa inoltre i fabbisogni formativi espressi dalle aziende e dal sistema economico-produttivo, perché promuove una forza la- voro competente, qualificata e adattabile, sostiene l’innovazione e l’adattabilità nell’organizzazione del lavoro, favorisce lo sviluppo dello spirito imprenditoriale, per la creazione di nuovi posti di lavoro, persegue la qualificazione e il rafforza- mento del potenziale umano nella ricerca, nella scienza e nella tecnologia. Le tipologie di formazione: – Formazione per la creazione d’impresa – Formazione all’interno dell’obbligo formativo Percorsi nell’apprendistato – Formazione nell’ambito dell’apprendistato post-obbligo formativo – Formazione per l’obbligo formativo – Obbligo formativo – Formazione al lavoro (post obbligo formativo) – Formazione post-diploma – Formazione integrata con l’università – Formazione per occupati (o formazione continua) – Formazione per la pubblica amministrazione – Formazione formatori Orientamento Le varie sedi EPCPEP rivolgono grande attenzione agli interventi di orienta- mento, intesi come supporto alla formulazione di un progetto personale lungo tutto l’arco della vita professionale. Interventi che si articolano, e sono proposti all’u- tenza, in tre modalità differenti: accoglienza e informazione, formazione orienta- tiva, consulenza orientativa. Il servizio di accoglienza e informazione si realizza attraverso colloqui perso- nalizzati con esperti messi a disposizione della sede di Foggia (psicologici, sociolo- gici, esperti del mercato del lavoro) La formazione orientativa può essere realizzata sia individualmente che per gruppi, ed è finalizzata al miglioramento delle cono- scenze di sé e delle proprie inclinazioni rafforzando alcune competenze con per- corsi e moduli formativi. La consulenza orientativa è essenzialmente un intervento individuale e personalizzato (ma può essere proposta anche a gruppi), ha una du- rata variabile a seconda delle necessità e delle risorse del soggetto, e si realizza con la modalità del sostegno orientativo. Nell’ambito dell’Orientamento, viene inoltre realizzato il bilancio di compe- tenze, ovvero un percorso di orientamento strutturato, che aiuta la persona a con- quistare consapevolezza delle proprie competenze, capacità, attitudini, aspirazioni professionali. Obiettivo del bilancio di competenze è progettare il proprio percorso professionale, attraverso la ricostruzione delle proprie conoscenze, abilità e risorse sociali, ed il confronto con il contesto esterno. A questo segue la definizione di un “piano d’azione” accompagnato per proporsi efficacemente sul mercato del lavoro. 134 Il percorso si rivolge a persone che hanno già maturato esperienze lavorative - e che intendono svilupparne nuove o proporsi ad altri settori professionali -, a gio- vani che si preparano ad entrare nel mondo del lavoro e a persone che desiderano progettare un reinserimento lavorativo dopo un periodo di assenza. Il bilancio di competenza non rappresenta solo un utile strumento per facilitare soddisfacenti percorsi professionali, ma è anche una vera e propria opportunità per le imprese, perché può garantire talenti fortemente motivati a raggiungere obiettivi aziendali, essendo un’azione finalizzata allo sviluppo della professionalità, in alcuni casi cor- relata strettamente alla formazione continua. Tirocinio Il tirocinio formativo è uno strumento che permette alle aziende di entrare in contatto con risorse preparate e selezionate e, allo stesso tempo, consente ai giovani di fare una prima esperienza di lavoro. Il tirocinio formativo è quindi una doppia opportunità, che la legge 196/97 ha introdotto a favore dell’occupazione. Si tratta di un periodo di presenza in azienda (fino ad un massimo di 12 mesi), finalizzato all’apprendimento di conoscenze professionali. L’assenza di qualsiasi obbligo di assunzione consente all’azienda di poter valutare le risorse più promettenti con le quali instaurare un rapporto professionale stabile. Cos’è il tirocinio per i giovani? Sembra impossibile che la ricerca di lavoro vada a buon fine se le aziende ri- chiedono sempre esperienze professionali già maturate. Il tirocinio formativo è uno strumento efficace per interrompere questo circolo vizioso, fornendo ai giovani un mezzo per entrare in azienda, farsi conoscere ed apprezzare, o per lavorare ad un progetto di sviluppo delle proprie competenze professionali e capacità personali. Il tirocinio formativo è rivolto a disoccupati e inoccupati, per inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro. Cos’è il tirocinio per l’azienda? Per le aziende è uno strumento che facilita la preselezione del personale senza peraltro avere obblighi di assunzione. Articolazione I beneficiari – Nessun vincolo di età – Per i giovani è sufficiente aver assolto gli obblighi scolastici, ma lo stage è accessibile anche a lavoratori adulti, e particolarmente utile, in questo caso, ad aggiornare la propria formazione e i requisiti professionali già posseduti. 135 La durata – Non superiore a 4 mesi per gli studenti che frequentano la scuola secon- daria. – Non superiore a 6 mesi per lavoratori inoccupati, disoccupati, compresi quelli iscritti alle liste di mobilità. – Non superiore a 6 mesi per gli allievi di istituti professionali di Stato, corsi di formazione professionale, studenti frequentanti attività formative post-di- ploma o post-laurea, anche nei 18 mesi successivi al completamento della formazione. – Non superiore a 12 mesi per gli studenti universitari, compresi coloro i quali frequentano corsi di diploma universitario, dottorati di ricerca o corsi di spe- cializzazione post-secondari anche non universitari, anche nei 18 mesi suc- cessivi al termine degli studi. – Non superiore a 12 mesi per persone svantaggiate ai sensi del comma 1 del- l’art. 4 della L. 381/91, con l’esclusione dei soggetti individuati al succes- sivo punto F. – Non superiore a 24 mesi nel caso di soggetti portatori di handicap. Le modalità di svolgimento – Nessun vincolo per l’azienda ospitante ad instaurare alcun rapporto di la- voro con il tirocinante alla fine dello stage. – Nessun salario, in quanto lo stage non configura in alcun modo un rapporto di lavoro; è possibile solo un eventuale rimborso spese; le modalità di erogazio- ne variano per tipologia dei tirocinanti e per la loro collocazione geografica. Monitoraggio Il sistema del monitoraggio si basa su un sistema di valutazione che mira a va- lutare l’efficacia dell’azione formativa e del raggiungimento degli obiettivi prefis- sati. L’azione valutativa è un processo parallelo alla formazione, che consente di intervenire sull’iter formativo evidenziandone punti di forza e debolezza e di inne- scare un meccanismo di correttivi. La valutazione interna mira a: – raggiungimento degli obiettivi generali e specifici del corso; – efficacia ed efficienza dell’impatto didattico/formativo; – pertinenza ed efficacia dei materiali e sussidi didattici; Vengono utilizzati quali indicatori: – numero partecipanti qualificati/numero partecipanti iscritti al corso; – livello medio di acquisizione di abilità/competenza dei partecipanti; – livello di soddisfazione dei partecipanti; 136 Il monitoraggio mira a: – accertare l’effettivo svolgimento dell’attività da programma; – definire la coerenza obiettivi risultati; Per quanto riguarda l’Area finanziaria si fa riferimento a questi indicatori: – costo orario della iniziativa; – incidenza del costo personale docente; – utilizzo del piano finanziario; Per quanto riguarda l’Area didattica si fa riferimento a questi indicatori: – numero dei partecipanti medi; – frequenza alla formazione; – proporzione tra allievi iscritti, frequentanti. Per quanto riguarda l’Area organizzativa si fa riferimento a questi indicatori: – grado di expertice dei docenti; – presenza docenti e tutor; – tecnologie didattiche utilizzate; – soddisfazione formati. La valutazione dell’apprendimento misura i traguardi raggiunti dagli allievi, durante il percorso e alla sua fine, rispetto alle conoscenze, capacità e abilità opera- tive e competenze. La misurazione riguarda tre aree. Nell’area della conoscenza si misura la capacità dell’allievo: – di mettere in relazione i contenuti dell’attività progettuale e i contenuti delle discipline scolastiche; – di verbalizzare le conoscenze sviluppate in seguito al progetto; – di definire mappe della realtà circostante, utilizzando le informazioni acqui- site; – di comprensione del metodo utilizzato. Nell’area dell’organizzazione al lavoro si misura la capacità dell’allievo: – di saper rispettare ruoli e compiti, regole e tempi; – di saper assumere iniziative personali; – di essere consapevoli della responsabilità del ruolo che rivestono all’interno del gruppo; – di essere in grado di comunicare all’esterno del gruppo. Nell’area del processo di lavoro si misura la capacità dell’allievo: – di rispettare le fasi del lavoro e i tempi di realizzazione; – di utilizzare gli strumenti di lavoro, anche seguendo una metodologia perso- nale; – di partecipare produttivamente alla progettazione dei compiti operativi; – di ricostruire il processo operativo, anche fuori dal contesto protetto. 137 Il meccanismo rappresentato dalla ruota evidenzia la circolarità di un processo costituito da: • progettazione del percorso formativo; • esecuzione delle attività didattiche; • verifica delle attività erogate (intermedia e finale); • attuazione di eventuali correttivi per migliorare la qualità delle attività. Tipologia corsi Obbligo Formativo Percorsi previsti dalla legge 144/99, art.68, comma 1, lett. b e c, realizzati nel sistema della formazione professionale e nell’esercizio dell’apprendistato. Formazione superiore Interventi formativi, corsuali o individualizzati, post-qualifica, post-diploma e post-laurea; rientrano in tali interventi anche i percorsi IFTS previsti dalla legge 144/99, art.69 e l’alta formazione relativa agli interventi all’interno di cicli univer- sitari. Formazione continua Interventi formativi, corsuali o individualizzati, destinati a soggetti occupati, nel settore pubblico e privato, in CIG e mobilità, a disoccupati per i quali la forma- zione è propedeutica all’occupazione, nonché ad apprendisti che abbiano assolto l’obbligo formativo. Formazione svantaggiati Interventi formativi, corsuali o individualizzati, destinati esclusivamente a tos- sicodipendenti, ex tossicodipendenti, nomadi, rifugiati, immigrati, prostitute ed ex prostitute, ristretti ed ex ristretti, persone positive hiv, disabili in età non scolare, diversamente abili, minori ad alto rischio, persone invalide e malati mentali. 4- Agire 3- Verificare 2- Fare 1- Pianificare La valutazione del gradimento delle attività corsuali serve a misurare la qualità delle attività formative messe in campo. Essa avviene secondo il principio della circolarità progettuale enunciato dalla ruota di Deming (1966). 138 Capitolo 3 La Formazione Formatori nei CFP Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nelle pagine che seguono sarà possibile prendere visione delle risultanze dei lavori dei due PW realizzati nei CFP a noi affidati. Si precisa, inoltre, che i docu- menti che seguono sono stati redatti da alcuni formatori referenti dei CFP; le AA hanno soltanto predisposto i format che, tanto nella fase documentale del 1° PW quanto in quella del 2° PW, hanno facilitato la riflessione e la meta-riflessione dei centri sulle esperienze di istruzione, formative ed educative vissute all’interno del- l’esperienza di formazione formatori. In alcuni casi, nei materiali proposti vengono nuovamente espressi concetti e definizioni già esposti nei primi due capitoli. La scelta di non apportare modifiche ai materiali dei vari Centri ha come obiet- tivo la valorizzazione delle diverse modalità di presentazione dei concetti condivisi. 139 I Project Work 1. Associazione Calasanzio Sede Legale: via Pirrotta n°2 – Sede Operativa: via Cavour n°7 – 73012 CAMPI SALENTINA (LE) tel/fax: 0832.720.162 – e-mail: associazionecalasanzio@virgilio.it PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “OPERATORE MARKETING ON-LINE DI PRODOTTI E SERVIZI TURISTICI E COMMERCIALI” Redatto da: dott. Carmine Centonze, tutor; dott.ssa Manuela Pulli, tutor Approvato da: Padre Giuseppe Zonno – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 140 • Introduzione Il progetto Integrazione 2003 “Operatore Marketing on-line di prodotti e ser- vizi turistici e commerciali” ha lo scopo di realizzare la sperimentazione di un si- stema educativo d’istruzione e di formazione, che consenta la crescita e la valoriz- zazione culturale e professionale dei giovani ai quali è destinato. Gli obiettivi dell’azione formativa sono di tipo conoscitivo ed operativo, e l’acquisizione delle competenze si avrà sia all’interno del percorso sia all’esterno di esso. L’esigenza delle aziende pugliesi di formare figure professionali con compe- tenze e conoscenze specifiche nel settore turistico, risponde alle nostre attese di formare giovani che siano in grado di utilizzare le tecnologie informatiche nell’or- ganizzazione e gestione aziendale con metodi tradizionali e soprattutto di promuo- vere e sviluppare attività commerciali e servizi on-line. • Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La provincia di Lecce è inserita in una regione come la Puglia che sebbene stia attraversando una fase di ripresa economica, cresce ancora a ritmi ridotti rispetto ad altre regioni, alternando cicli positivi e recessivi. Tale forte variabilità nel ritmo di crescita denota un’economia dinamica ed al contempo fragile, che risente in maniera particolarmente intensa di fasi congiuntu- rali negative a causa di squilibri strutturali. Negli ultimi anni, in tutti i settori produttivi si è manifestata l’esigenza di pre- sentare i prodotti e i servizi oltre che con i sistemi e le tecniche tradizionali anche in rete, per raggiungere un maggior numero di consumatori, per promuovere i pro- dotti e/o servizi, per gli scambi commerciali. Oggi, il Governo regionale e le Amministrazioni provinciali hanno riscoperto il patrimonio culturale e le potenzialità turistiche locali come nuova fonte di ric- chezza e crescita economica del territorio. L’incremento del turismo in generale e culturale in particolare, impongono di creare opportunità per il recupero, la valorizzazione e la tutela dell’ingente patri- monio artistico, tradizionale e folkloristico regionale. Dall’analisi statistica dei flussi turistici in Puglia, negli ultimi anni, si evi- denzia una tendenza a sostituire la ricettività classica alberghiera con campeggi e villaggi turistici, privilegiando, quindi, gli impianti per il turismo all’aria aperta. La comunità turistico alberghiera rappresenta una delle più importanti realtà all’interno del bilancio del nostro Paese, sia in termini di occupazione, sia in ter- mini economici. Tale area ha, infatti, una grande incidenza sulle attività produttive dell’Italia e il complesso delle attività legate al turismo genera una grande ric- chezza. Basti pensare che la domanda di beni e servizi riconducili al turismo per l’anno 2001 ha determinato per il nostro Paese una valore aggiunto stimabile al 141 1 ISFOL, Isfol orienta: manuale per gli operatori. Area “Turismo, ospitalità e tempo li- bero”, Franco Angeli, Milano 2003, p. 7. 5,7% del PIL1. Ciò ha determinato una crescita degli occupati della comunità pari al 4,3%. Tale crescita è omogeneamente distribuita nelle diverse aree geografiche e nella suddivisione delle aziende per numero di addetti. Considerando invece l’inquadramento dei nuovi assunti, la maggioranza di essi si avrà tra gli operai (nel caso della comunità professionale turistico alberghiera gli operai sono rappresentati dagli operatori: commis di cucina, commis di sala/bar, addetti al ricevimento), se- guiti dai quadri e dai dirigenti. Sul piano economico, l’ambito turistico e alberghiero si pone come un’attività di consumo in cui si realizza un trasferimento di quote di mercato da un territorio di origine, che è il luogo in cui le persone risiedono, ad un territorio di destinazione, che è la meta turistica. La classificazione economica di questa comunità si può defi- nire come un fenomeno complesso in quanto vi è sia una domanda di consumo di- retta, rivolta alle agenzie turistiche, agli alberghi, ai ristoranti, sia una domanda in- dotta rappresentata dalla produzione di ciò che occorre per il turismo in se stesso (come, ad esempio, la produzione di navi da crociera o dei prodotti alimentari). Il sistema turistico alberghiero non si identifica in una singola categoria di pro- dotti o di servizi ma piuttosto in una pluralità di prodotti e servizi in ragione del contesto in cui vengono acquistati o consumati. Infatti, sono collegate con l’ambito turistico e alberghiero tutto un ventaglio di attività, molto differenziate tra loro per funzioni e compiti specifici, ma accomu- nate tutte dall’erogazione del servizio verso il soggetto “turista”. La distanza tra le differenti figure scompare quando consideriamo che tutte, nella maggior parte dei casi, operano all’interno della stessa azienda (hotel), l’una magari al front-office l’altra in cucina, ma con l’obiettivo comune di soddisfare i bisogni del cliente. Inoltre, è di particolare importanza per comprendere la ricchezza, sotto il pro- filo economico e culturale della comunità turistica e alberghiera, notare come in questi anni sia avvenuta una progressiva proliferazione e frammentazione delle mo- tivazioni che conducono ad entrare nella “dinamica del turismo”. Ancor oggi è pos- sibile distinguere il viaggio “di vacanza” e il viaggio “di lavoro”, ma ad essi si as- sociano motivazioni sempre più variegate, che articolano la domanda rispetto alla comunità turistico alberghiera. Ciò che sembra offrire un’importante “pista” di lettura per comprendere la va- lenza culturale della comunità turistico alberghiera e che sembra accomunare le di- verse motivazioni è il fatto che il momento del turismo offre alle persone la possi- bilità di muoversi, di conoscere nuovi luoghi, di incontrare nuove persone e di co- noscere nuove culture e tradizioni, a livello artistico ma anche, ad esempio, a livel- lo enogastronomico. Questa dimensione di incontro con il nuovo, in una costante prospettiva di ritorno verso la propria meta di origine, consente alle persone di por- si in un ottica di scambio e di confronto, che incrementa non solo la conoscenza di 142 aspetti nuovi, ma anche la cura della dimensione relazionale in un’ottica di scam- bio e di reciprocità. Questa considerazione mette in rilievo in modo particolare l’importanza che ha a livello culturale questo ambito turistico e della ristorazione. La comunità turistico alberghiera si caratterizza inoltre per l’elevato livello di mobilità all’interno del paese ed in tutta l’Unione Europea incrementando ulterior- mente le già notevoli possibilità di inserimento professionale. Considerando le particolarità della comunità professionale turistica e della ri- storazione, possiamo desumere brevemente le caratteristiche che dovrebbero avere coloro che intendono entrare a farvi parte. Innanzitutto sembra essenziale una buona capacità di leggere e di interpretare autonomamente eventi, problematiche e tendenze del mondo circostante, buone capacità comunicative ed un comporta- mento improntati alla tolleranza, all’autocontrollo e al senso della misura. Inoltre, possono essere importanti una certa padronanza dei mezzi espressivi ed adeguate doti di precisione, attenzione e concentrazione. Dal punto di vista occupazionale, sebbene complessivamente nella regione siano presenti ampie fasce con un titolo di studio medio-alto e disponibile alla mo- dalità nel territorio, si registra un elevato tasso di disoccupazione. Per questo oggi è necessario assumere una specializzazione in risposta alle nuove richieste di un mercato in evoluzione. Negli ultimi anni, infatti, tutti i settori produttivi sono stati interessati da pro- cessi di informazione per raggiungere elevati livelli di produttività. La progressiva estensione dei “sistemi informativi” basati su tecnologie infor- matiche e su strumenti ad alta integrazione, ha modificato i processi di lavoro tradi- zionali e le relative professionalità esistenti. Il progetto intende dare risposta a queste esigenze, attraverso la formazione di operatori capaci di interpretare le vocazioni del territorio e l’evoluzione tecnologica e strutturale del mercato turistico. In questo scenario l’Operatore marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commerciali è un operatore che sulla base di indicazioni precise e nel rispetto della normativa di settore, applica procedure formalizzate e consuetudinarie e pone in essere transazioni di tipo cooperativo interne ed esterne alla realtà aziendale. L’Operatore marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commerciali uti- lizza o collabora alla progettazione - realizzazione di prodotti software per la pro- mozione del turismo ed alla vendita dei servizi associati, tramite rete telematica o con modalità tradizionali. Nello svolgimento del suo lavoro ha rapporti relazionali con le figure aziendali che con lui interagiscono quali, responsabili e capi ufficio, oltre che con altri operatori. La figura professionale in oggetto è dotata di strumenti logici, metodologici, operativi e abilità nell’utilizzo delle tecnologie multimediali. Questa figura professionale può rientrare nella categoria degli Addetti ai ser- vizi turistici. L’addetto ai servizi turistici è una figura polivalente che ha appreso delle com- petenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ri- 143 cettiva alberghiera o extra alberghiera (villaggi, campeggi, ecc), oppure come ad- detto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Potrebbe aspi- rare, con le dovute competenze, a divenire tecnico delle attività turistiche o a spe- cializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubblico o privato (settore della consulenza). La qualifica trien- nale potrà svilupparsi nei diplomi professionali di: Tecnico dei servizi turistici • Caratterizzare le tipologie di aziende presenti nella regione puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le spe- rimentazioni Le Amministrazioni locali pugliesi, nel corso degli anni, hanno posto l’attenzione sul turismo quale risorsa strategica per lo sviluppo economico regio- nale. Le attrattive di questa area geografica sono legate sia alle risorse ambientali che a quelle culturali. Nonostante ciò, la provincia di Lecce è da sempre conside- rata soprattutto una destinazione per il turismo balneare. D’altro canto, il potenziale legato al patrimonio culturale non pare essere stato sfruttato appieno. La crescente rilevanza del settore turistico può, in parte essere spiegata con l’incremento del reddito pro-capite nei paesi sviluppati che ha determinato un in- cremento più che proporzionale della domanda di beni di lusso, quali il turismo. La domanda di turismo è spesso caratterizzata da una forte stagionalità, dovuta all’azione di tutta una serie di fattori sia naturali (clima, stagioni) sia istituzionali (vacanze, eventi sociali, ecc.). I dati per la provincia di Lecce mostrano un incremento di circa 1350% in qua- rant’anni (1962 – 2003). Una certa stabilità caratterizza gli anni ‘60, mentre un trend crescente contraddistingue il periodo 1970 – 1999. Dal 1999 in poi il trend è decisamente crescente. I dati forniti dall’APT (Agenzia per il Turismo) permettono di effettuare un’a- nalisi comparata tra settore alberghiero ed extralberghiero. Le presenze di turisti nel periodo oggetto di analisi risultano in aumento in entrambi i settori i quali, però, si caratterizzano per diversi valori della durata media di soggiorno. Quest’ul- tima è data dal rapporto tra presenze ed arrivi di turisti e, per tutto il periodo analiz- zato, risulta superiore nel settore extralberghiero rispetto all’alberghiero. Analizzando le presenze mensili si nota come nei mesi di luglio e agosto siano sensibilmente maggiori, nonostante negli ultimi anni anche giugno e settembre re- gistrino una crescita. In termini relativi, più del 40% di presenze si concentrano nel mese di agosto mentre quelle di luglio si attestano intorno al 25%. Giugno e settembre raccolgono ciascuna circa il 10% delle presenze locali, mentre nessuno dei restanti mesi del- l’anno raggiunge il 4%. Tale forte stagionalità è giustificabile solo con il turismo di tipo balneare. 144 I dati forniti dall’APT per quello che riguarda l’offerta si riferiscono al numero di esercizi, di camere, di letti e di bagni presenti sul territorio tra il 1980 – 2003. L’offerta dei posti letto in provincia di Lecce è aumentata del 165% nel 2003 rispetto al 1980. All’inizio del periodo considerato, il settore alberghiero offriva circa 6.000 posti letto, mentre l’extralberghiero ne metteva a disposizione circa 13.000; nel 2003 si è passati rispettivamente a 15.000 e 35.000 posti letto. La maggior parte dei posti letto nel settore extralberghiero provengono dalla voce campeggi e villaggi turistici. Gli esercizi del settore alberghiero comprendono anche i residence e la distinzione è in base al numero di stelle. Valutare l’evoluzione degli esercizi in base alle suddette categorie permette di capire qual è il target di clientela cui puntano le imprese. Risulta- no in aumento i residence e gli alberghi a tre e a quattro stelle, mentre si riducono gli hotel a due e una stella. Tali dinamiche sono collegate al bisogno di migliorare la qua- lità del servizio offerto al fine di soddisfare una più esigente clientela. L’evoluzione lo- cale del settore alberghiero è coerente con la tendenza a livello nazionale. La consistenza dei flussi turistici in provincia di Lecce ha evidenziato, negli ultimi anni una evoluzione decisamente positiva, e in misura più marcata rispetto a quanto verificatosi nel panorama complessivo pugliese e più in generale nazionale. Lo sviluppo del settore e la maggiore consapevolezza da parte del territorio, della propria vocazione turistica, hanno posto in maniera evidente nuovi problemi e nuove sfide da affrontare. Sono stati rilevati mutamenti nelle scelte del consuma- tore – turista, sempre meno turista e più viaggiatore, che giunge a destinazione già preparato a conoscere non solo il territorio e le sue attrattive, ma anche la sua storia e la storia della sua gente; con un occhio rivolto anche agli eventi, alle occasioni che sul territorio stesso si manifestano. La crescita del livello culturale dei turisti, la sensibilità nei confronti delle que- stioni ambientali, il rispetto delle tradizioni e delle culture locali, sono diventati cri- teri fondamentali della scelta del luogo di vacanza. Adeguare l’industria turistica (imprese ed Enti pubblici) a questa tendenza non è soltanto un fattore di rispetto dell’ambiente e delle risorse, ma anche un elemento fondamentale dello sviluppo economico e turistico. Punti di debolezza di una vacanza nel Salento: • Pulizia delle spiagge • Servizio nettezza urbana nei centri abitati • Trasporti pubblici • Presenza nelle strutture ricettive di personale scarsamente professionale. Accoglienza, specializzazione degli operatori, controllo dei prezzi, prestazione qualitativa dei servizi, preciso ruolo del commercio e della ristorazione, dei tra- sporti e non da ultimo, ma decisiva, la responsabilità delle Istituzioni locali, dallo smaltimento dei rifiuti, alla tutela ambientale, ai servizi igienici, al traffico, alla se- gnaletica turistica e stradale, sono fattori da potenziare per un turismo di successo e 145 di ritorno. Non è sufficiente che il turista visiti il Salento, bisogna fare in modo che si innamori e ritorni. È necessario sottolineare i due obiettivi importanti per la “ cattura” dei turisti: • la promozione, cioè convincere il turista a scegliere il Salento • l’accoglienza, convincere il turista a ritornare nel Salento Si devono altresì adottare diverse politiche di promozione, commercializza- zione e accoglienza, in riferimento alla tipologia di prodotto considerato e presenti nel territorio: • turismo culturale • convegni e congressi • percorsi enogastronomici • percorsi archeologici • agriturismo e natura • terme e salute • percorsi religiosi Al fine dell’attrazione delle diverse tipologie di turista giocano un ruolo fonda- mentale. I SERVIZI ACCESSORI: risorse ambientali e monumentali, ricettività, ac- cesso al territorio, strutture informative e di intermediazione, attività culturali e ri- creative La MAGGIORE PROFESSIONALITÀ degli operatori del settore per la ge- stione e la promozione di Bed & breakfast, case vacanza, country house; la ge- stione di servizi di front office in un’ottica di accoglienza e cortesia; la gestione e la promozione di attività ricreative; la gestione attività di promozione e valorizza- zione dei prodotti tipici. 146 • Confrontare gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professio- nalità nelle aziende di riferimento 147 • Ipotizzare e definire nuove qualifiche e indirizzi esplicitando compiti/prodotti e competenze 148 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” COMPITO-PRODOTTO Realizzazione di un opuscolo, in cui vengano illustrate le offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dos- sier completo di informazioni turistiche, gastronomiche e culturali, itinerari e budget di spesa da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Salento. Prevedendo l’opuscolo differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto opuscolo. OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire tra gli allievi le condizioni per cui utilizzare tutti gli aspetti po- sitivi che vengono da un corretto lavoro di gruppo. • Promuovere negli allievi la capacità di ascolto, di dialogo, di confronto con le altre persone, in modo da acquisire capacità relazionali e comuni- cative. • Promuovere negli allievi la capacità di risolvere con responsabilità, indi- pendenza e costruttività i normali problemi della vita quotidiana perso- nale. • Offrire agli allievi strumenti per acquisire capacità decisionali sulla base della conoscenza di sé e di un sistema di valori, in modo da saper conce- pire progetti di vario ordine. • Aiutare gli allievi a superare prospettive d’analisi troppo parziali che im- pediscono la scoperta delle connessioni tra i vari campi del sapere, la convalidazione dei confini disciplinari, l’importanza unificatrice delle vi- sioni globali. • Facilitare la comprensione e il successivo utilizzo degli stili cognitivi più funzionali al raggiungimento degli obiettivi (sintetico o analitico a se- conda delle circostanze). • Promuovere la capacità di servirsi con proprietà degli strumenti di con- sultazione e degli strumenti informatici, per ottenere documentazioni, scrivere e archiviare. • Promuovere la capacità di navigare in internet per risolvere problemi, mirando alla selezione delle informazioni adeguate. • Favorire negli allievi l’acquisizione di conoscenze solide sulla struttura grammaticale dell’italiano, anche con opportuni confronti con l’inglese, il francese e lo spagnolo. • Promuovere l’utilizzo della lingua inglese, francese e spagnola per i prin- cipali scopi comunicativi e operativi. • Promuovere il rispetto, la cura, la conservazione e il miglioramento del- l’ambiente. • Promuovere la comprensione della realtà naturale con atteggiamento di curiosità, attenzione e rispetto. • Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Il centro di formazione professionale Associazione Calasanzio ha realizzato una Uda differente da quella prevista per il primo PW (quella del patentino). Per esi- genze didattico-organizzative e coerentemente al profilo professionale in uscita, i formatori del cfp hanno progettato e realizzato la UdA Opuscolo Salento e Turismo. 149 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche e grammaticali per una cor- retta stesura delle varie sezioni dell’opuscolo “Salento e turismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realiz- zare l’impostazione grafica dell’opuscolo. • Utilizzare la propria conoscenza della lingua inglese, francese e spagnola per scrivere il testo dell’opuscolo. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di infor- mazioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastrono- mica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. • Utilizzare le proprie competenze matematiche per elaborare un budget. • Strutturare un foglio di calcolo per la gestione di un budget (MS Excel). • Conoscere ed applicare i metodi di calcolo. • Conoscere la normativa ambientale e di sicurezza. • Conoscere i sistemi di certificazione obbligatori e volontari. DESTINATARI Allievi del secondo anno PREREQUISITI Rilevazione, durante la fase di stage del primo anno delle informazioni funzionali alla realizzazione dell’opuscolo. Inoltre, sono richieste le com- petenze acquisite nel primo anno TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 20 ore Formazione d’aula e laboratorio: 40 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA; 2) Divisione in gruppi; 1 3) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista, etc.) e sele- zione dei materiali; 30 4) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 6 5) Predisposizione dei budget di spesa in relazione agli itinerari proposti; 5 6) Predisposizione dello schema dell’opuscolo; 3 7) Realizzazione dell’opuscolo (disegno, grafica …); 20 8) Inserimento dei dati 9) Sperimentazione della fruibilità dell’opuscolo 10) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori METODOLOGIA • Intervista narrativa • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono 150 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” RISORSE UMANE Formatore dell’area scientifica: richiami sulle conoscenze di base (le operazioni fondamentali, calcoli necessari per gestire un preventivo di spesa), sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ricerca in rete, utilizzo della posta elettronica, utilizzo di Word, Excel, Power Point. Formatore dell’area dei linguaggi: sviluppo delle facoltà comunicative e descrittive, conoscenze di base della lingua inglese, francese e spagnolo. Formatore dell’area storico-socio-economica: conoscenza dei luoghi, culture, usi e costumi del territorio salentino. Conoscenza della normativa ambientale e dei sistemi di certificazione obbligatori e volontari. Formatore dell’area professionale: saperi professionali. Formatore delle competenze trasversali: (formatore di tecniche della comunicazione) sviluppo delle capacità personali. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI - Testi - Videoproiettore - Siti internet - Aula d’informatica con collegamento alla rete - Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: - schede valutazione oggettiva per ciascun allievo - autovalutazione all’interno del gruppo - verifica intermedia che ha come obiettivo quello di stimolare nell’allievo e nel gruppo lo spirito di autocritica - verifica finale 151 152 Sede Legale: via Pirrotta n°2 – Sede Operativa: via Cavour n°7 – 73012 CAMPI SALENTINA (LE) tel/fax: 0832.720.162 – e-mail: associazionecalasanzio@virgilio.it PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «SITO “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “OPERATORE MARKETING ON-LINE DI PRODOTTI E SERVIZI TURISTICI E COMMERCIALI” Redatto da: dott. Carmine Centonze, tutor; dott. Alessandro Mazzotta; dott.ssa Ma- nuela Pulli, tutor; Approvato da: Padre Giuseppe Zonno – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 153 • Introduzione Il secondo Project Work ha avuto come obiettivo quello di riflettere sulle pra- tiche di gestione dello stage e sugli strumenti per implementare le predette pratiche. Nel primo incontro si è riflettuto teoreticamente sulla gestione dello stage: a li- vello concettuale si è teorizzato sulle componenti che possono rendere lo stage una esperienza formativa. L’attività formativa è stata caratterizzata da un lavoro di gruppo sulle pratiche di stage in atto che partisse da una definizione del concetto di stage. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. FINALITÀ Il Centro di Formazione Professionale, nella sua visione si ispira alle se- guenti finalità: – far acquisire le conoscenze pratiche; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e pratiche; OBIETTIVI L’alunno è in grado di: – acquisire le conoscenze pratiche oltre a quelle meramente dichiarative; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e competenze pratiche; – sperimentare software di gestione turistica; – creare di pacchetti di viaggio; – relazionarsi con il cliente; – utilizzare altre lingue in forma corretta (compreso l’italiano). LO STAGE Lo stage si afferma come: – una prima esperienza di alternanza lavoro e studio; – un’esperienza lavorativa “protetta”; – un processo di integrazione tra lavoro e scuola; – una messa in opera dei processi teorici appresi. FINALITÀ L’alunno è in grado di: – acquisire le conoscenze pratiche oltre a quelle meramente dichiarative; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e competenze pratiche. OBIETTIVO L’alunno è in grado di: – acquisire conoscenze pratiche che favoriscano un inserimento nel mondo lavorativo. – fare pratica in azienda. DISCIPLINE COINVOLTE Conoscenze di base: – Lingua Inglese – Lingua Francese – Lingua spagnola Conoscenze tecnico-professionali: – Applicazioni multimediali – Tecnica turistica – Marketing turistico Conoscenze trasversali: – Tecnica di comunicazione DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Non c’è stato un coinvolgimento del personale docente nelle attività di programmazione/progettazione/applicazione dello stage. Questo in virtù di una visione secondo cui lo stage è stato considerata un’esperienza a parte. Tutor Si relaziona durante l’esperienza di stage alle aziende partners. La Sua pre- senza si sostanzia in visite grazie a cui è possibile monitorare l’efficacia del processo. Le aziende partners allocate in Campi Salentina sono visitate ogni giorno; quelle nelle zone limitrofe hanno una cadenza bisettimanale. Le visite hanno i seguenti obiettivi: – rilevare le presenze dei ragazzi; – monitorare l’efficacia della esperienza, tanto in termini formativi, quanto in termini educativi; – testimoniare la produttività, ovvero la realizzazione dei prodotti le cui caratteristiche sono compatibili con il fare competente del profilo pro- fessionale. Non viene utilizzata una modulistica predisposta che testimoni l’intera esperienza. Altro personale Personale amministrativo Nella fase di progettazione dell’offerta formativa, alcune RU dell’ammini- strazione si interessano dell’attivazione delle partnership. Nella maggior parte dei casi, il parternariato è attivato sulla base delle disponibilità delle aziende di accogliere i ragazzi: c’è fortunatamente coincidenza tra le carat- teristiche. AZIENDE INTERESSATE Visto il profilo in uscita DURATA 100 ore primo anno 200 ore secondo anno 300 ore terzo anno 154 FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO – Visite guidate presso le aziende (primo contatto con le aziende del set- tore) – Osservazione ambiente di lavoro. – Conoscenza della realtà locale. SECONDO ANNO – Primo inserimento nell’organizzazione lavorativa. – Affiancamento del tutor aziendale. – Sperimentazione delle competenze acquisite – Interazione tra tutor del CFP e tutor aziendale (solo rilevazione pre- senze). TERZO ANNO Attualmente non è sicuro che l’esperienza si svolga nelle stesse aziende. Si vorrebbe indirizzarli verso strutture più specifiche (alberghi, villaggi turistici). METODOLOGIA – Prima la didattica e poi lo stage (in coda alle annualità) – 6 o 8 ore al giorno – Forum infrastage una volta alla settimana COMPETENZE DISCIPLINARI – Conoscenza e uso del pc – Contatti telefonici nella fase di fidelizzazione del cliente – Conoscenze linguistiche e di scrittura COMPETENZE TECNOLOGICHE – Uso del computer finalizzato alla realizzazione di prodotti professionali (opuscoli, siti web) anche se più nell’attività didattica d’aula. CONTENUTI – Settore professionale di riferimento – Profilo professionale di riferimento – Realtà locale – Professionalizzazione MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE – Registro di presenze – Forum infrastage con confronto orale RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) In fase intermedia: – risultati poco soddisfacenti in termini di soddisfazione degli allievi ri- spetto alle loro aspettative e rispetto alla possibilità di sperimentare le competenze acquisite. Quando ci si relaziona con gli operatori della FP che coordinano percorsi di istruzione e formazione professionale per i giovani, capita spesso di accogliere, da parte degli operatori medesimi, la visione di uno “stage”, non tanto concepita come esperienza formativa funzionale alla promozione dell’“alternanza scuola-lavoro” e luogo di apprendimento esso stesso, quanto piuttosto come esperienza di professio- nalizzazione, paragonabile, dunque ad una realtà simile a quella dell’apprendistato o del tirocinio secondo una visione che concepisce lo stage semplicemente in chiave addestrativa. «Che cosa sia uno stage», per le aziende che negli ultimi anni hanno fruito di questo strumento formativo, tende ad essere dato per scontato; e, molto spesso, 155 2 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit. anche per «quelle aziende» che vengono coinvolte in forma di parternariato nei percorsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai Centri di Formazione Professionale. Il lavoro di gruppo ha evidenziato idee contrastanti e qualche volta contraddit- torie sullo stage e sullo scarso coinvolgimento delle aziende coinvolte nella realiz- zazione del percorso in fase progettuale. Per taluni lo stage è essenzialmente “prima esperienza di lavoro e di studio” per altri è essa stessa “esperienza lavora- tiva”, per altri ancora un “processo di integrazione tra lavoro e scuola; messa in opera dei processi teorici appresi” finalizzato ad acquisire conoscenze pratiche. Le stesse aziende non hanno idea del valore dello stage in un percorso di for- mazione professionale. Con il termine stage, nei materiali informativi riguardanti il progetto dell’asso- ciazione Calasanzio, si indica solitamente una fase prevista all’interno di un per- corso formativo professionalizzante. Lo stage consiste pertanto nel trascorrere un certo periodo di tempo all’interno di una realtà lavorativa allo scopo di verificare, integrare e rielaborare quanto appreso in aula e/o laboratorio. Lo stage viene atti- vato sulla base di una convezione e/ o protocollo di intesa tra azienda ed centro di formazione professionale in cui sono contenute le informazioni necessarie a garan- tire la regolarità dello stage in termini legali. Dal punto di vista didattico, invece, spesso non viene stipulato un progetto di stage per evidenziare le finalità didattiche dello stage. E questo fa sì che i ragazzi (e le stesse aziende) siano disorientate circa l’esperienza di tipo formativo che dovrebbe caratterizzare lo stage. L’alternanza scuola-lavoro risulta essere una dicitura complessa da definire per il fatto di essere tutt’ora in evoluzione da un punto di vista normativo. Le lezioni frontali, e i lavori di gruppo hanno indotto un processo di riflessione sulla pratica di gestione dello stage secondo quanto realmente vissuto dall’ente. I formatori si sono dichiarati soddisfatti soprattutto per aver potuto riflettere critica- mente sulle procedure ed i processi da attuare anche considerata la poca esperienza sul campo degli operatori e dello stesso ente di formazione. In occasione del secondo incontro di FF sulla base di altri elementi teorici ci si è concentrati pur sempre sulla realtà di gestione esistente nel CFP, presentando agli operatori della FP coinvolti in formazione, ai fini di una potenziale implementa- zione delle pratiche di stage esistenti, il modello di gestione dello stage secondo la proposta del Cnos nazionale2. L’incontro ha assunto le caratteristiche delle formazione laboratoriale a partire dalla presentazione degli strumenti per implementare l’esperienza di stage, come esperienza di apprendimento complesso secondo il modello e la metodologia elabo- rata dall’esperienza del CNOS FAP e descritta nella Guida alla gestione dello Stage. 156 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” COMPITO-PRODOTTO Realizzazione di un sito, in cui vengano illustrate alcune offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dos- sier completo di informazioni turistiche, gastronomiche e culturali, itinerari da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Sa- lento. Prevedendo il sito differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto sito. Visionare le schede proposte dal modello ha significato per gli operatori anzi- tutto riflettere in modo critico sulle procedure e sui processi attivati nella quotidia- nità. Come già sottolineato, nel secondo incontro, l’attività di presa visione delle schede prevista dal modello nazionale ha indotto autoformazione negli operatori: utilizzare delle schede per gestire le procedure e le pratiche di stage per gli opera- tori ha significato meta-riflettere sulle modalità e sui significati con cui i formatori stessi attribuiscono valore e senso all’esperienza di stage. Alla luce del lavoro di condivisione svolto, gli operatori dell’ente hanno pro- vato a personalizzare alcuni degli strumenti di implementazione della pratica di stage illustrati quali le schede di valutazione dello stage e, soprattutto, il diario di stage. Infine, sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi – effettuata in occasione del primo incontro della formazione formatori per la realizzazione del secondo Pro- ject Work – l’ultima parte del secondo incontro è stata dedicata all’approfondi- mento del modello di esami di qualifica proposto dalla sede nazionale del CNOS FAP. A tal fine è stato nuovamente illustrato il modello di esami di cui sopra e ci si è confrontati sulla pratica di gestione degli esami in uso presso il CFP e sulle moda- lità operative di miglioramento o di gestione più efficace dello stesso. • Scegliere utilizzare l’Unità di Apprendimento «sito “salento e turismo”» Il centro di formazione professionale Associazione Calasanzio ha realizzato per il secondo PW all’interno della esperienza di stage la realizzazione della UdA «SITO “SALENTO E TURISMO”» in continuità didattica della UdA realizzata in occa- sione del 1° PW. 157 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche, grammaticali e informa- tiche per una corretta creazione delle varie sezioni del sito “Salento e tu- rismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realiz- zare l’impostazione grafica del sito • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di infor- mazioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastrono- mica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. DESTINATARI Allievi del terzo anno. PREREQUISITI Punto di partenza sarà l’Opuscolo “Salento e Turismo”, dal quale verranno estratte le informazioni per la realizzazione del sito. TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 70 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 2) Presentazione dell’UdA; 1 3) Divisione in gruppi; 1 4) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista) e selezione dei materiali; 5 5) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 10 6) Predisposizione dello schema del sito; 20 7) Realizzazione del sito (disegno, grafica); 33 8) Sperimentazione della fruibilità del sito 9) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori METODOLOGIA • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono RISORSE UMANE Formatore dell’area tecnico-scientifica: richiami sulle conoscenze di base, sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ri- cerca in rete, utilizzo di programmi specifici per la realizzazione di un sito quali Photoshop e Flash. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI – Testi – Videoproiettore – Siti internet – Aula d’informatica con collegamento alla rete – Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: – schede valutazione oggettiva per ciascun allievo – autovalutazione all’interno del gruppo – verifica finale 158 2. CIFIR di Bari C.I.F.I.R. VILFAN – Centro di Formazione Professionale Villaggio del Fanciullo S. NICOLA Piazza Giulio Cesare, 13 70124 BARI � 080/5425168 � 080/542 4298 E-mail cifir@tin.it P.I. 01094971007 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PROTOTIPO DELL’IMPIANTO ELETTRICO DI UNA CASA UNIFAMIGLIARE” CORSO DI “INSTALLATORE/MANUTENTORE IMPIANTI ELETTRICI CIVILI ED INDUSTRIALI” OFS 03015 Redatto da: dott.ssa Lucia Guaragno – Coordinatrice didattica Approvato da: Padre Vincenzo Mero – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 159 Introduzione Nell’Ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003), rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 hanno concluso il primo ciclo di studi, gli Enti di formazione Nazionali CNOS, CIOFS e SCF hanno formulato un’offerta di servizi in quattro principali aree d’azione (Ricerca e Supporto alla progettazione, Formazione Formatori, Mo- nitoraggio e Valutazione, Diffusione e Pubblicizzazione). Obiettivo degli Enti nazionali è quello sia di garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi sia di consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza accumulato a livello nazionale. Questo riteniamo dia modo di favorire l’effetto moltiplicatore che “buone pra- tiche” elaborate a livello nazionale (in special modo dagli enti proponenti) possono generare per le realtà della Regione Puglia. Le singole azioni proposte stanno supportando i progetti di sperimentazione anche attraverso un’azione globale di coordinamento che si pone l’obiettivo di inte- grare tutti gli attori in una cornice condivisa e partecipata. Obiettivi: L’integrazione tra scuola e formazione professionale è, ora più che mai, occa- sione di sperimentazione e ricerca, terreno di prova per nuovi assetti futuri, occa- sione di valorizzazione delle diverse esperienze e specificità in cui tutto può essere riconsiderato a condizione che si mantenga come punto di riferimento l’allievo e la risposta ai suoi fabbisogni. Per tal motivo si ritiene di investire in un’azione di ri- cerca e supporto relativa alle azioni messe in atto riguardo alle intese Stato-Regioni tendenti a definire il modello di istruzione e formazione: – Normative, esperienze, applicazioni. – Modelli e prassi di OF, sviluppati nel contesto nazionale, in grado di dare ri- sposte non solo a specifici bisogni di allievi, famiglie e sistemi, ma anche fornire indicazioni su approcci, percorsi, metodologie e strumenti che pos- sano essere applicabili nell’ambito del progetto, con particolare attenzione ai modelli di personalizzazione di percorsi formativi. – Sviluppi, tendenze, metodologie, relative alle certificazioni di competenze e crediti formativi nelle attività formative integrate Queste le finalità e gli obiettivi del Progetto Formazione Formatori. Chi scrive ha seguito tutti gli incontri organizzati dalla SFC sin da aprile 2004. Inizialmente sono state fornite le normative, le applicazioni e i possibili svi- luppi delle Leggi nazionali: accordo tra il MIUR, il Ministero del Lavoro, le Re- gioni, per la definizione di standard minimi formativi; Legge 53/ del 28 marzo 2003: Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione profes- sionale. 160 Tali strumenti si sono resi indispensabili per orientarci nella nuova “Sperimen- tazione”. Ad ogni buon conto, ciò che ha reso questo progetto stimolante e signifi- cativo è stata l’organizzazione del 1° Project work. Il confronto con i docenti e i responsabili di altri Enti pugliesi, impegnati nella realizzazione dei progetti integrazione, è stato davvero edificante ed a tratti illumi- nante. Ognuno ha portato la propria esperienza e dallo scambio fecondo di queste ciascuno ha trovato il modo di realizzare la 1° annualità dell’Offerta Formativa Sperimentale 2003. Il confronto, però, coi modelli e la prassi di OF, sviluppati in regioni del nord Italia, l’ho trovato deludente. I modelli della Regione Piemonte o della Regione Ve- neto, li trovo molto distanti da quello della Regione Puglia nella quale siamo chia- mati a realizzare il Progetto Integrazione 2003. Decisamente apprezzabili le risorse umane messe in campo, in modo partico- lare il tutoraggio (per il nostro Centro la dott.ssa Cristina Baldi) di cui abbiamo po- tuto disporre per la realizzazione dei nostri obiettivi. 161 162 a) Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La qualifica del corso “Installatore/Manutentore Impianti Elettrici Civili e In- dustriali” fa’ perfettamente riferimento alla Qualifica di Operatore Elettrico ed Elettronico riportata nella guida della comunità professionale Elettrica ed Elettro- nica. DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore elettrico ed elettronico è una figura polivalente in grado di ef- fettuare assemblaggi, installazioni e riparazioni di apparecchiature e si- stemi elettrici ed elettronici di media complessità. All’operatore elettrico ed elettronico è richiesto di saper svolgere i se- guenti compiti: 1. Lettura e interpretazione di schemi elettrici ed elettronici 2. Esecuzione di impianti elettrici/elettronici nel rispetto della norma- tive e delle legislazioni vigenti di settore; 3. Verifica di impianti e apparecchiature con l’ausilio di strumentazione adeguata; 4. Esecuzione delle lavorazioni meccaniche richieste dalla figura pro- fessionale; 5. Organizzazione e gestione del piano di lavoro; 6. Ricerca e recupero di eventuali anomalie; 7. Manutenzione ordinaria degli impianti e apparecchi elettrici ed elet- tronici; 8. Registrazione dei dati tecnici relativi al processo lavorativo e ai risul- tati; 9. Utilizzo dei materiali e della componentistica elettrica ed elettronica al fine di effettuare scelte corrette in fase di dimensionamento e di in- stallazione; 10. Applicazione dei concetti fondamentali dell’elettrotecnica e delle metodologie d’impiego degli strumenti per la verifica dei circuiti elettrici ed elettronici; 11. Rispetto delle norme di prevenzione infortuni e sicurezza nel lavoro (Dlg 626/94); 12. Inserimento consapevole e responsabile nell’ambiente di lavoro in ri- ferimento agli aspetti economici, organizzativi, sindacali, contrat- tuali, ecc. 13. Uso dei mezzi informatici per la scelta della componentistica tramite cataloghi in formato elettronico e per l’esecuzione dei disegni (Ap- plicativi CAD). FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1. Installatore manutentore impianti civili e industriali 2. Installatore manutentore impianti di automazione industriale 3. Installatore manutentore di sistemi elettronici 4. Assemblatore, manutentore di personal computer e installatore di reti locali; CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1. Tecnico elettrico 2. Tecnico elettronico 3. Tecnico informatico 163 b) Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le speri- mentazioni Con circa 1.576 mila abitanti, la provincia di Bari denota un alto livello di ur- banizzazione (83% e 4° posto fra le 103 province) ed un’accentuata densità demo- grafica (307 abitanti per kmq e 4° posto nel Mezzogiorno). Il saldo demografico positivo riflette un alto tasso di natalità, a cui si affianca una netta prevalenza della popolazione con meno di 15 anni (17,9%) su quella oltre i 64, che denota una strut- tura per età relativamente giovane e con un carico delle classi senili (14,1%) tra i più bassi della Penisola. Tessuto imprenditoriale Con circa 150.000 aziende, nella provincia di Bari è localizzato il 40% del tes- suto imprenditoriale pugliese. Il sistema produttivo è caratterizzato dalla ridotta di- mensione e dal prevalere delle ditte individuali. Rispetto al contesto regionale, meno significativo appare il ruolo del settore primario, che comunque incide sul totale eco- nomia in misura sensibilmente più rilevante (27,3%) che nel resto del Paese (17,8%). Anche l’industria, con una quota in linea con la media nazionale, è una delle più flo- ride del Mezzogiorno (4° posto) e tende verso configurazioni distrettuali. Occupazione Il versante occupazionale presenta luci ed ombre. La quota di occupati (com- prendente i lavoratori sia pubblici che privati), pressoché stazionaria, copre il 36,6% delle forza lavoro, realizzando la seconda migliore performance della Pu- glia, pur attestandosi su livelli significativamente inferiori alla media nazionale. Il numero di addetti impiegati dalle imprese, tuttavia, risulta in diminuzione: nel triennio 1997-99, infatti, questi sono passati da 238.666 a 211.458, l’11,40 % in meno. Il tasso di disoccupazione (16,7%), quantunque rappresenti il valore più con- tenuto della regione, ad eccezione di Brindisi, rileva rispetto al tasso medio italiano un differenziale di 5 punti percentuali ed una dinamica divergente in ragione del sensibile incremento dovuto all’ingresso di nuova forza lavoro sul mercato. Valore Aggiunto Bari è la provincia del Mezzogiorno, ad eccezione di Napoli, che più contri- buisce alla formazione del reddito prodotto in Italia (2,1%). Il valore procapite, pur significativamente superiore ai dati regionale e ripartizionale, permane sensibil- mente più basso della media italiana, anche in ragione della crescita più lenta del- l’aggregato a livello provinciale. La distribuzione per settore del Pil evidenzia, ri- spetto all’Italia, la rilevante propensione agricola della provincia (6,1%) e la consi- derevole incidenza del commercio e dei trasporti (rispettivamente 4° e 6° posto tra le province del Mezzogiorno). Inferiore alla media nazionale appare l’apporto (7,8%) fornito dall’artigianato al Pil provinciale. Tuttavia, il comparto sembra es- sere caratterizzato dalla presenza di attività discretamente remunerative, anche in virtù della presenza sul territorio barese di realtà distrettuali o quasi distrettuali. Apertura mercati La presenza di alcune realtà manifatturiere a decisa vocazione internazionale contribuisce in modo determinante all’alto valore delle esportazioni registrato dalla provincia nel 1999, pari a oltre 4.666 miliardi di lire. Il giro d’affari con l’export è quindi molto positivo (2° posto tra le province meridionali) e garantisce alla pro- vincia un’elevata copertura nell’interscambio ed un saldo della bilancia commer- ciale che consegue la migliore performance del Mezzogiorno. Tuttavia la propen- sione all’esportazione (11) è meno della metà della media nazionale ed anche il tasso di apertura (17,2) è lontano dai livelli italiani. Reddito e consumi I valori procapite di alcuni indicatori di carattere economico, quali reddito dis- ponibile e consumi finali interni, configurano per le famiglie baresi standard di vita superiori alla media delle province pugliesi e del Mezzogiorno in generale. Si regi- stra tuttavia un marcato ritardo rispetto alla media nazionale e lontane sembrano es- sere le realtà italiane più floride, circostanza testimoniata dal livello di ricchezza per abitante, inferiore di circa il 20% dal dato italiano, e dall’alta incidenza della spesa alimentare sul complesso dei consumi (21%), indicativa della propensione a soddisfare i bisogni di prima necessità. Nella provincia di Bari i settori di attività che prevedono un incremento occu- pazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 1.599 posti di lavoro, l’85% dei quali riservati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 819 posti di la- voro, il 73% riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+497 con un 36% riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 1.500 con un 34% ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 44% riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). 164 Nella provincia di Brindisi i settori di attività che prevedono un incremento oc- cupazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 239 posti di lavoro, l’86 % dei quali ri- servati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 174 posti di la- voro, il 68 % riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+ 42 con un 29 % riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 159 con un 30 % ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 38 % riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). Nella provincia di Taranto i settori di attività che prevedono un incremento oc- cupazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 249 posti di lavoro, l’91 % dei quali ri- servati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 493 posti di la- voro, il 68 % riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+ 236 con un 25 % riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 591 con un 35 % ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 44 % riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). Fonti: – Il Corriere della Sera – Il Sole 24 ore. – Interviste con testimoni privilegiati esperti del settore – La Gazzetta del Mezzogiorno – Ministero del Lavoro – Pubblicazione della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricol- tura di Bari – Pubblicazioni dell’Unione Europea – Pubblicazioni e Compendio Statistico Italiano ISTAT – SVIMEZ – Unioncamere 165 c) Confrontare gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professio- nalità delle aziende di riferimento L’installatore manutentore di impianti elettrici civili ed industriali offre un grado medio di polifunzionalità: effettua l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei segnali, ecc.; effettua l’installazione manutenzione di semplici im- pianti industriali; opera in relazione con altre professionalità quali i progettisti, i tecnici, i fornitori, gli installatori termoidraulici, i muratori. L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole – medie imprese o presso arti- giani che operano: – nel settore dell’impiantistica elettrica nelle abitazioni, nelle attività commer- ciali, negli ambienti industriali, ecc.; – nel settore dell’installazione/manutenzione di impianti per la gestione ed il controllo degli accessi: apricancelli, TVCC, automatismi in genere; – nel settore della gestione intelligente della sicurezza degli edifici (antintru- sione, risparmio energetico, rivelazione incendi); – nel settore della distribuzione commerciale degli articoli elettrici. Nello svolgimento del lavoro intrattiene rapporti con l’ufficio tecnico, con il magazzino, con i fornitori esterni, con il cliente e con le figure tipiche presenti nei cantieri. Sviluppi ulteriori della professionalità possono condurlo al lavoro autonomo, dopo aver acquisito esperienza come lavoratore dipendente per il periodo previsto dalla legge n. 46/90, o a specializzazioni ulteriori quali: addetto all’automazione con PLC, installatore di reti informatiche e telefoniche, installatore di antenne TV e TV satellite, ascensorista, addetto alla domotica, ecc. È una figura destinata ad evolversi in vista delle sempre maggiori esigenze di automazione, monitoraggio ed informatizzazione degli impianti. Si prevede il ri- corso a sistemi programmabili di gestione degli impianti che si caratterizzano per la presenza di competenze nei settori elettronico ed informatico/industriale. Si pre- vede la diffusione di sistemi programmabili di gestione degli impianti con conse- guente richiesta di personale competente nei settori elettronico ed informatico. L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali garantisce la regola d’arte nella realizzazione, ampliamento, trasformazione e manutenzione di impianti utilizzatori adibiti a uso civile e industriale in categorie 0 e 1 (Norma CEI 64-8 3° ed., Legge 46/90 e DPR 447/91) in modo autonomo e/o sulla base di infor- mazioni mobilitando anche tutte le risorse acquisite quali i saperi e le abilità propri dell’area linguistica, antropologica, etica e scientifica e le capacità personali colti- vate. 166 d) Descrizione sintetica delle competenze necessarie a coprire il ruolo e svol- gere i relativi compiti Sapere (conoscenze) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali ha cono- scenza dei materiali, utensili ed attrezzi a mano e/o elettrici, strumenti di misura, apparecchiature di comando e controllo, di manovra e protezione, canaline, cas- sette, conduttori e cavi elettrici e degli altri prodotti tecnici disponibili sul mercato, nonché delle loro caratteristiche di funzionamento, d’uso e di installazione. Pos- siede inoltre conoscenze del disegno elettrico, delle norme legislative, delle norme tecniche e antinfortunistiche, dell’elettrotecnica, della matematica, della legisla- zione del lavoro, della lingua inglese, dell’informatica, dell’organizzazione del la- voro, e degli altri saperi e abilità propri dell’area linguistica, antropologica, etica e scientifica. Saper fare (capacità e abilità operative) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali: – svolge mansioni soprattutto esecutive, osservando le norme in materia di si- curezza e prevenzione; – interpreta la documentazione che accompagna il progetto (disegni, schemi, schede tecniche, manuali); – predispone i materiali e le attrezzature da utilizzare; – stabilisce il piano di lavoro; – utilizza correttamente gli attrezzi di lavoro e ne cura la manutenzione; – effettua l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei se- gnali, ecc.; – effettua l’installazione / manutenzione di semplici impianti industriali. È in grado di compiere interventi in autonomia che riguardano: – la soluzione di problemi non previsti che emergono dalla situazione; – la segnalazione di anomalie ed il loro recupero. Saper essere (capacità e abilità comportamentali e attitudinali) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali può svolgere la sua attività lavorativa alle dipendenze di terzi oppure come lavoratore autonomo o in cooperazione. Nello svolgimento del lavoro intrattiene rapporti con l’ufficio tecnico, con il magazzino, con i fornitori esterni, con il cliente e con le figure ti- piche presenti nei cantieri. Ha inoltre rapporti relazionali con Enti pubblici, con altre aziende, con società pubbliche e/o private per l’espletamento di pratiche am- ministrative, fiscali, di carattere normativo e di certificazione. 167 FIGURA PROFESSIONALE INSTALLATORE MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI Denominazioni equivalenti Impiantista civile e industriale; installatore e manutentore di apparati elettromeccanici; elettricista impianti- sta industriale e abitazioni civili; Installatore e manutentore di sistemi elettrici ed elettro- meccanici civili elettricista impiantista (Obn) Note Compiti specifici L’installatore manutentore di impianti elettrici (m/f) è una figura professionale in grado di svolgere una varietà di compiti: - lettura e interpretazione di schemi elettrici: topografici, funzionali, di principio e di montaggio; - conoscenza dell’elettrotecnica di base; - dimensionamento tramite tabelle delle condutture elettriche; - scelta e verifica della funzionalità dei dispositivi di comando, di protezione e dei componenti elettrici; - uso corretto della terminologia tecnica; - collaborazione nella verifica degli impianti elettrici; - esecuzione dell’installazione degli impianti elettrici e di segnale; - esecuzione degli impianti citofonici e videocitofonici; - esecuzione delle verifiche, della ricerca di eventuali anomalie e loro riparazione, della manutenzione di impianti elettrici; - misura tramite multimetro dei parametri elettrici caratteristici: resistenza, tensione, corrente; - cablaggio e messa in opera dei centralini di distribuzione; - conoscenza della struttura, del principio di funzionamento del M.A.T. e del TRASFORMATORE; - cablaggio e messa in opera di quadri elettrici di comando per avviamento/inversione M.A.T.; - conoscenza dei componenti elettronici (resistenze, condensatori, diodi); - realizzazione dei circuiti elettronici fondamentali: alimentatore semplice e stabilizzato; - uso del PLC per la realizzazione di semplici automatismi di comando e di movimentazione; - realizzazione di semplici preventivi di impianti elettrici. Pertanto egli possiede particolari abilità che gli permettono di avere: – capacità di dare e ricevere informazioni; – capacità di problem solving; – capacità di problem setting; – capacità di orientamento per il raggiungimento degli obiettivi; – affidabilità nella scelta delle soluzioni proposte; – capacità di dialogare con i soggetti posti ai vari livelli gerarchici e/o funzio- nali e/o di progetto, collaborando nel proporre obiettivi; – capacità di programmare e valutare i risultati. • Confronto con la guida Dal confronto del Progetto Corso dell’OFS03015 con la guida della comunità professionale elettrica ed Elettronica del CIOFS FP/CNOS FAP, risulta che la descri- zione dei compiti caratterizzanti la figura in uscita è esattamente la stessa riportata di seguito: 168 Collocazione organizzativa Trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole-medie imprese o presso artigiani che opera- no: nel settore dell’impiantistica elettrica nelle abitazioni, nelle attività commerciali, negli ambienti industriali, ecc.; nel settore dell’installazione/manutenzione di impianti per la gestione ed il controllo degli accessi: apricancel- li, automatismi in genere; nel settore della ricezione e distribuzione commerciale degli articoli elettrici. ATTIVITÀ Lavori di gruppo per la realizzazione della planimetria di una casa unifamiliare, del di- segno dell’impianto elettrico, dello sviluppo degli ambienti; realizzazione del plastico; realizzazione di un piccolo manuale descrittivo del lavoro svolto in italiano ed in inglese. COMPITO – PRODOTTO Plastico di una casa unifamiliare corredato di impianto elettrico e di un breve manuale bilingue. OBIETTIVI FORMATIVI Il soggetto è in grado di: – analizzare e comprendere il compito assegnato; – affrontare i problemi e mettere in atto comportamenti adeguati a risolvere le situazioni; – lavorare in gruppo; – prendere iniziative; – assumersi responsabilità. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDI- MENTO Il soggetto è in grado di: – disegnare una planimetria; – progettare un impianto elettrico elementare; – disegnare lo schema di un impianto elettrico elementare; – tradurre alcuni termini tecnici. DESTINATARI Tutti gli alunni del corso OFS 03015: Installatore/manutentore impianti elettrici civili eindustriali TEMPI DI SVOLGIMENTO La durata della UdA è prevista in 34 ore complessive del modulo di Personalizzazione dei percorsi (recuperi ed approfondimenti) ed è da svolgersi a maggio 2005. SEQUENZA IN FASI ED ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA da parte di un formatore. 2) Svolgimento del sub-modulo 1 di Disegno per la realizzazione della planimetria di una casa unifamiliare nella scala opportuna e dello sviluppo degli ambienti. 3) Svolgimento del sub-modulo 2 di Pratica di laboratorio per la realizzazione disegno dell’impianto elettrico unificare. 4) Svolgimento del sub-modulo 3 di Pratica di laboratorio per la realizzazione del pla- stico. 5) Svolgimento del sub-modulo 4 di Inglese per la realizzazione di un piccolo manuale descrittivo del lavoro svolto in italiano ed in inglese. e) Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Inizialmente si ipotizzava la sperimentazione della UdA sul patentino, ma un’a- nalisi del contesto classe ha rilevato la mancanza di condizioni oggettive e sogget- tive necessarie per l’erogazione di quella Uda. Si è quindi ipotizzata una UdA che consentisse un’alternativa alla didattica d’aula per una componente specifica di de- stinatari. È stata così realizzata una UdA che approfondisse un’area di interesse dei destinatari (la pratica di laboratorio) sulla base di una struttura standard. 169 RISORSE UMANE COORDINATORE: si prenderà cura dell’aspetto gestionale dell’UdA. FORMATORI INTERNI: Formatore del modulo di disegno per lo sviluppo del submodulo 1 (n°12 ore di teoria) Formatore del modulo di Pratica di laboratorio per lo sviluppo dei submoduli 2 e 3 (n° 18 ore di pratica) Formatore del modulo di Inglese per lo sviluppo del submodulo 4 (n° 4 di teoria) MATERIALI - Fogli da disegno, squadre, matite, gomme. - Balsa per plastici, collante, taglierini. - Componenti elettrici per modellismo; - Fogli colorati, spillatrice, pennarelli. 170 C.I.F.I.R. VILFAN – Centro Servizi Formativi Villaggio del Fanciullo S. NICOLA Piazza Giulio Cesare, 13 70124 BARI � 080/5425168 � 080/542 4298 E-mail cifir@tin.it P.I. 01094971007 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE SECONDO PROJECT WORK AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE LO STAGE: FONDAMENTI CONCETTUALI E IMPOSTAZIONE PROGETTUALE Redatto: dalla coordinatrice didattica: dott.ssa Guaragno Lucia Approvato: dal Direttore del C.F.P. P. Vincenzo Mero Uso: pubblico 171 • Introduzione «Bisogna amare i fanciulli con amore tenero e paterno: è questo il segreto dei segreti per guadagnarli a Dio e salvarli». (P. Annibale Maria Di Francia) Questa espressione tratta dai numerosissimi scritti di Sant’Annibale Maria Di Francia, rivela il suo bisogno insopprimibile di spendere la sua vita per il “pros- simo”, in modo particolare nella persona dei poveri, degli orfani e dell’infanzia ab- bandonata. Sant’Annibale è nato a Messina il 5 luglio 1851 e vi è morto il 1° giugno 1927. A 18 anni, si sentì chiamato al sacerdozio, con una vocazione che lui stesso de- finì “improvvisa, certa e irresistibile”. A questa età percepì pure l’importanza del comando di Gesù «la messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate (Rogate) il Padrone della messe perché mandi operai alla sua messe» (Mt 9,38; Lc 10,2). L’incontro con un mendicante quasi cieco, che gli chiedeva l’elemosina, portò Padre Annibale nel luogo più malfamato di Messina chiamato “Quartiere Avi- gnone”. Qui si dedicò completamente alla cura dei poveri, dei fanciulli e delle bambine esposte a tutti i pericoli. In quel luogo, ritenuto stimolo del vizio e della depravazione, Padre Annibale iniziò, più di un secolo fa, gli Istituti educativo-assistenziali detti “Orfanotrofi An- toniani”, destinati all’infanzia abbandonata. La sua preoccupazione non fu solo quella di dare il pane e il lavoro ma soprat- tutto di educare in modo completo la persona, moralmente e religiosamente. Avrebbe voluto abbracciare i poveri e i bambini di tutto il mondo. Ma come fare? La parola del Vangelo percepita fin dalla sua adolescenza, gli aprì questa pos- sibilità. «Cosa sono questi pochi orfani che si salvano e questi pochi poveri che si evangelizzano, dinanzi a milioni che si perdono e sono abbandonati come gregge senza pastore? Ho considerato i limiti delle mie forze e delle mie capacità, ho cercato una via d’uscita e l’ho trovata ampia ed immensa nelle parole di Gesù: “Pregate dunque il Padrone della messe...”. Allora mi è sembrato di avere trovato il segreto di tutte le opere buone e della salvezza di tutte le anime”. (P. Annibale Maria Di Francia) Per realizzare nella Chiesa i suoi ideali apostolici ha fondato due Congre- gazioni religiose, i Rogazionisti del Cuore di Gesù e le suore Figlie del Divino Zelo, affidando loro la missione di pregare per le vocazioni e dedicarsi alla educa- zione e santificazione dei fanciulli, specialmente orfani e bisognosi. Iniziò, quindi, ad accogliere sin dal 1887 prima a Messina e poi ad Oria, le storie umane di tanti bambini e giovani poveri, orfani spesso abbandonati, e di in- teri nuclei familiari. 172 LO STAGE Lo stage o tirocinio è uno degli strumenti formativi per realizzare l’alternanza tra formazione e lavoro. Consiste essenzialmente in un periodo di permanenza di un soggetto (stagista) in azienda, finalizzato alla conoscenza della realtà aziendale e all’acquisizione di competenze professionali relative ad una specifica attività lavorativa. Si realizza come fase di un percorso formativo (un corso di qualificazione, di specializzazione, ecc.), ge- neralmente svolta nella parte finale del percorso stesso. Attraverso lo stage la Formazione Professionale svolge, a tutti gli effetti, un ruolo di “intermediazione” tra soggetto e organizzazioni, favorendo l’incontro tra persone in cerca di occupazione ed aziende. Inoltre, in una fase in cui le imprese sono attra- versate da molteplici e continue innovazioni tecnologiche, organizzative e normative, lo stage diventa anche una risorsa per incrementare il livello di scambio ed interazione tra mondo aziendale e Formazione Professionale. L’esperienza di stage può portare una serie di vantaggi ai soggetti coinvolti, in particolare: 1) per l’utente, i vantaggi acquisibili dall’esperienza di stage si sostanziano nella possibilità di: • ottenere un’opportunità di accesso al mercato del lavoro; • realizzare un’esperienza formativa; • toccare “con mano” i problemi che l’ambiente lavorativo pone; • avere un’opportunità di verifica del proprio grado di preparazione; • verificare la rispondenza dell’indirizzo prescelto rispetto alle aspettative; • sedimentare e far propri i contenuti presentati durante le lezioni, per poterli applicare nelle situazioni concrete. 2) per le strutture formative, i vantaggi traibili dall’esperienza di stage attendono: • alla possibilità di dare maggiore efficacia all’attività cui tali strutture sono preposte istituzional- mente; • alla possibilità di monitorare la qualità del servizio istituzionalmente svolto; • alla possibilità di avere un ritorno in termini di immagine e di potenziale utenza per la considera- zione che può suscitare nell’opinione pubblica la conoscenza che una elevata percentuale di stage si è trasformata in assunzioni a tutti gli effetti; • alla possibilità di ridurre lo scollamento tra competenze richieste dal mondo del lavoro e competenze offerte dalla formazione. Un lungo periodo di tempo, nel corso del quale l’azione e gli insegnamenti di Sant’Annibale Maria di Francia, precorrendo i tempi e i precetti divenuti più tardi di rango costituzionale, avevano individuato nella formazione professionale e nel la- voro l’occasione di recupero e di crescita sociale di una gioventù sfortunata. Negli Istituti Rogazionisti di Bari, di Oria e di Trani vengono sperimentate nuove modalità lavorative con l’attivazione di corsi di formazione professionale. L’attuale momento storico mette a dura prova gli Istituti religiosi; c’è il ri- schio di tradire le proprie radici, di consegnare al mercato realtà come questa dove, grazie al carisma di Padre Annibale, si è arrivati a fare di un Istituto di Formazione Professionale un centro di avviamento al lavoro. La formazione professionale esercita un ruolo importante nell’educazione, così come la storia di Sant’Annibale ci ha insegnato, è un’occasione educativa e culturale che diventa espressione della missione e dell’esperienza di accoglienza dei Rogazionisti e che intende dare continuità alle proposte educativo/formative av- viate da Padre Annibale sin dal secolo scorso. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. 173 FINALITÀ Lo stage rappresenta, in molti indirizzi scolastici italiani del secondo ciclo, una rilevante opportunità for- mativa che evidenzia una svolta culturale: scuola e lavoro non costituiscono più due momenti distinti e sequenziali della vita personale, ma si integrano e si completano. Favorendo l’esperienza diretta di lavoro in azienda, lo stage agevola le scelte professionali dei giovani realizzando uno strumento di flessibilità che migliora la formazione e facilita l’inserimento nel contesto lavorativo. OBIETTIVO Orientare attraverso: • informazioni sul mondo del lavoro, finalizzate alle diverse scelte professionali; • esperienze di “osservazione guidata” all’interno di settori lavorativi, con durata ridotta e da realiz- zarsi in momenti diversi del percorso formativo; • occasioni offerte allo stagista per la messa a fuoco dei propri interessi, valori e aspirazioni, facendo emergere e superare, così, eventuali debolezze Formare attraverso: • l’esperienza finalizzata all’acquisizione di competenze di base e professionalizzanti per il cittadino lavoratore, riferite a uno specifico ambito occupazionale e volte a verificare, integrare e rielaborare quanto già appreso in aula. La pratica formativa completa le competenze tecnico - professionali con quelle trasversali, acquisibili soprattutto in stage Accompagnare (Job placement) lo studente, a fine percorso scolastico, nell’inserimento al lavoro o alla professione RISULTATO Lo stage è progettato in un’ottica di orientamento, conoscenza e osservazione del mondo del lavoro. Bisognerebbe, però, focalizzare l’attenzione e stimolare la riflessione sulle reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, quali gli esiti occupazionali, e monitorare questo aspetto fondamentale soprattutto dopo il conseguimento del Diploma di Qualifica. FINALITÀ L’attività concreta che lo stage consente di realizzare costituisce per lo studente un’occasione di fondamentale importanza per la verifica e il potenziamento delle proprie attitudini e inclinazioni, ma anche per saldare il divario tra teoria e prassi, tra sapere e saper fare. OBIETTIVI L’obiettivo dello stage è sicuramente incentrato sul soggetto che apprende e tende a facilitare processi di: • acquisizione, consolidamento e sviluppo delle conoscenze tecnico-professio- nali in contesti produttivi; • acquisizione di competenze relazionali, comunicative, organizzative e finaliz- zate alla risoluzione di problemi; • socializzazione nell’ambiente di lavoro; • capacità di riutilizzazione dell’esperienza all’interno del percorso scolastico; • apertura al confronto e all’adattamento al mondo del lavoro grazie ad una di- retta conoscenza e rispetto delle norme che lo regolano; • motivazione allo studio, alla riflessione e all’impegno. • Metavalutazione sullo stage 174 DISCIPLINE COINVOLTE Le discipline coinvolte nella realizzazione dello stage, sono sicuramente quelle professionalizzanti quali: la Pratica di Laboratorio, la Tecnologia Elettrica, il Disegno Elettrico, ma anche discipline trasversali, in modo particolare Etica della persona e del lavoro, Counseling e Competenze trasversali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Il formatore coinvolto è il docente di Pratica di Laboratorio, il quale avendo una ottima professionalità nel settore è spesso colui che individua le aziende più serie e qualificate e da’ indicazioni anche sulla destinazione degli studenti nelle stesse a seconda delle caratteristiche degli uni e delle altre. AZIENDE INTERESSATE Lo stage si svolge presso aziende operanti nel settore specifico di riferimento. DURATA PRIMO ANNO: 100 ORE SECONDO ANNO: 200 ORE TERZO ANNO: 300 ORE FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO: Orientare attraverso: • informazioni sul mondo del lavoro, finalizzate alle diverse scelte professionali; • esperienze di “osservazione guidata” all’interno di settori lavorativi, con dura- ta ridotta e da realizzarsi in momenti diversi del percorso formativo; • occasioni offerte allo stagista per la messa a fuoco dei propri interessi, valori e aspirazioni, facendo emergere e superare, così, eventuali debolezze. SECONDO ANNO: Formare attraverso: • l’esperienza finalizzata all’acquisizione di competenze di base e professiona- lizzanti per il cittadino lavoratore, riferite a uno specifico ambito occupaziona- le e volte a verificare, integrare e rielaborare quanto già appreso in aula. La pratica formativa completa le competenze tecnico - professionali con quelle trasversali, acquisibili soprattutto in stage TERZO ANNO: Accompagnare (Job placement) Lo studente, a fine percorso scolastico, nell’inserimento al lavoro o alla profes- sione. METODOLOGIA Lo stage è caratterizzato da alcune sezioni di “addestramento”, alle quali fà se- guito il lavoro di gruppo dei corsisti, in maniera tale da sviluppare la tecnica del “lavoro in team”, utilizzando le attrezzature presenti nell’azienda. L’approccio didattico è basato sulla metodologia del learn by doing, in maniera tale da acquisire competenze immediatamente utilizzabili ed accelerare il pro- cesso di apprendimento. Gli allievi durante lo stage sono costantemente seguiti e coordinati da collabora- tori e tecnici dell’azienda ospitante, i quali assicurano nella forma dell’accom- pagnamento un graduale e adeguato inserimento dell’allievo nel sistema produt- tivo dell’azienda. È prevista la possibilità di avvalersi della prestazione di un docente del corso in qualità di tutor, per assicurare il pieno raggiungimento degli obiettivi didattici e professionali attesi dall’esperienza dello stage. COMPETENZE DISCIPLINARI Cfr. Regolamento C.F.P – C.I.F.I.R. VILFAN 175 COMPETENZE TECNOLOGICHE L’alunno è in grado di: • osservare il lavoro del personale aziendale, cogliendo come si svolge il pro- cesso lavorativo, quali tecniche tradizionali ed innovative sono presenti e ac- quisendo dimestichezza con le dinamiche proprie del mondo del lavoro; • comprendere ed eseguire i compiti, i lavori e le procedure assegnate, a partire dagli schemi e dalla documentazione dei progetti o partendo da indicazioni orali, sapendo organizzare il materiale occorrente e la strumentazione neces- saria e lavorando secondo norme e sicurezza; • acquisire capacità di lavorare in autonomia ed in team, rispettando le norme di sicurezza ed antinfortunistiche; • operare nel lavoro secondo l’organizzazione interna dell’azienda. CONTENUTI Saperi: • Normativa antinfortunistica di settore. • Norme CEI applicate negli impianti eseguiti. • Procedure per la scelta dei cavi, dei materiali e delle attrezzature da utilizzare a partire da progetti assegnati. • Conoscere le grandezze elettriche da misurare per la verifica di eventuali ano- malie ed individuare gli strumenti di misura necessari. Abilità operative: • Applicare le misure di sicurezza e protezione. • Rispettare la normativa per l’esecuzione dell’impianto a regola d’arte. • Predisporre la lista dei materiali e attrezzi occorrenti per l’impianto. • Utilizzare correttamente attrezzatura e strumentazione. • Eseguire gli impianti elettrici richiesti ed il controllo visivo e funzionale degli stessi, con il recupero di eventuali anomalie, lavorando secondo norme e sicu- rezza. • Acquisire nuove conoscenze tecniche e metodologie di lavoro innovative. • Adeguarsi alle tempistiche di lavoro imposte dal processo produttivo. • Eseguire manutenzioni elettriche su impianti e macchinari esistenti. Capacità personali: • Diagnosticare e promuovere la propria realtà personale. • Comunicare e gestire relazioni. • Apprendere ad apprendere. • Organizzare il lavoro e risolvere i problemi. • Lavorare in modo cooperativo. • Progettare il proprio percorso di lavoro. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE La verifica eseguita al termine della fase di “stage”, intesa come particolare si- tuazione didattica vissuta durante il periodo di formazione è a cura dell’Azienda Rogate s.r.l. che gestisce per conto del C.I.F.I.R. l’accompagnamento allo stage. La valutazione prevede una serie di “indicatori” che servono a definire il gradi- mento e/o l’accettabilità della esperienza fatta e la qualità dei risultati conseguiti e sono i seguenti: - capacità di apprendimento; - capacità di comunicazione; - competenze tecniche; - capacità di problem solving; - professionalità. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) La relazione finale di stage e il monitoraggio aziendale è a cura della Rogate s.r.l., società incaricata dall’Ente C.I.F.I.R. di realizzare le azioni di accompa- gnamento allo stage 176 • Il racconto testimoniale della seconda esperienza di stage Nell’ambito dei Percorsi Formativi Sperimentali triennali (Avviso/8), l’Ente di Formazione Nazionale CNOS ha formulato l’offerta del servizio di Formazione For- matori, garantendo un’azione di qualità e consentendo agli Enti Pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza accumulato a livello nazionale. Questo ha favorito l’effetto moltiplicatore che “buone prassi” elaborate a livello nazionale hanno potuto essere trasmesse nella realtà della nostra Regione Puglia. Il 2° P. W. realizzato dal CNOS per gli Enti di Formazione Professionale di ispi- razione cristiana è stato un momento di riflessività e di confronto sulla realizzazione dello stage/ tirocinio: quali i fondamenti concettuali e le linee progettuali. Come per il 1° P. W. le forze messe in campo dal CNOS per la formazione dei formatori sono state eccellenti. L’approccio metodologico di riservare, sia durante il seminario sia durante il p.w. una parte alla teoria ed una ai lavori di gruppo, ha reso sempre molto interes- sante l’apprendimento, poiché lo scambio di esperienze si è rivelato particolarmente arricchente e stimolante. Pur condividendo in linea di massima sia i fondamenti concettuali sia le linee progettuali, purtroppo la nostra Sede Operativa si è trovata in difficoltà nel con- fronto perché non si occupa – direttamente – della realizzazione degli stages. Infatti, per scelta dell’Ente C.I.F.I.R., l’organizzazione e l’accompagnamento del tirocinio formativo, viene demandato ad una Società esterna al C.F.P.: la Rogate s.r.l.. La suddetta Società si impegna a realizzare il progetto formativo individuale per ogni tipologia di azienda, a designare le aziende e il “responsabile aziendale” in- caricato di seguire il tirocinante e certificare i risultati del tirocinio, ed infine, a redi- gere report finali ed esiti dell’attività di stage. Il modello proposto dal CNOS, sicuramente risulta efficace: il semplice fatto che le aziende sono scelte tra quelle costituite dagli ex allievi non solo è di sicuro stimolo per i giovani in formazione, ma così facendo sono fatti salvi anche gli obiet- tivi educativi e formativi che rispondono così, in modo stringente, al carisma del- l’Ente. La Rogate s.r.l. cerca di garantire per il nostro Ente, che gli obiettivi educativi siano quanto più stringenti al carisma del nostro Fondatore, coniugando a questo anche l’efficienza, la competenza e la professionalità di una moderna Azienda che si occupa primariamente di accompagnamento al lavoro. Conclusioni Per tutte le ragioni suesposte, non ci è possibile presentare un “nostro” mo- dello, una nostra progettualità circa lo stage. Grazie però al confronto con il CNOS e il suo modello di progettualità sarebbe auspicabile il recupero di questo settore. 177 Personalmente condivido il carisma rogazionista da oltre 25 anni e credo che la nostra Sede Operativa abbia le potenzialità, le professionalità e le competenze per poter gestire direttamente questo importante aspetto formativo che incide pro- fondamente nella realizzazione degli obiettivi educativi che il nostro Ente si pro- pone di conseguire nei confronti dei giovani. 178 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA 3. CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIO- NALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI “OPERATORE E MANUTENTORE MACCHINE UTENSILI” Redatto da: Maria Grazia Durante, figura strategica di sistema Approvato da: Padre Angelo Laddaga, direttore Cifir Oria Uso: pubblico 179 Il lavoro di project work si è articolato in due parti: una dedicata all’approfondimento della figura professionale e della relativa co- munità professionale di appartenenza anche in vista della possibilità di proporre correttivi o introdurre nuove figure professionali; una dedicata alla progettazione e sperimentazione di una UdA. Approfondimento Comunità professionale – Natura della Comunità Professionale di riferimento. Come primo passo del lavoro si è verificata la coerenza della qualifica profes- sionale designata dal progetto con le qualifiche attestanti profili professionali rico- nosciuti a livello nazionale, contenuti nelle tabelle ministeriali. Il profilo professio- nale designato dal progetto è previsto dalla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 24 ottobre 1990. Successivamente si è proceduto all’analisi della natura della comunità pro- fessionale di riferimento prevista dal nostro progetto. Si è riscontrato che la quali- fica professionale da noi prevista non ottempera completamente alle specifiche pre- viste dalla guida meccanica CNOS-FAP in quanto, la denominazione del nostro corso è «Operatore e Manutentore Macchine Utensili», quella prospettata dalla guida CNOS-FAP maggiormente confacente al profilo professionale contemplato dal ns progetto è «Operatore meccanico: Costruttore alle Macchine Utensili» • Tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di Oria (BR), in cui si stanno realizzando le sperimentazioni. Riteniamo che, in primo luogo, occorre mettere in evidenza il ruolo giocato a livello nazionale dal settore meccanico pugliese e da quello provinciale. 180 della quota occupazionale nazionale. Nella provincia di Brindisi, invece, la quota occupazionale del settore meccanico si attesta al 11,3% della quota nazionale. Questi dati forniscono utili indicazioni per comprendere il peso e il dinamismo del settore meccanico regionale e provinciale. L’importanza del ruolo svolto dal settore meccanico può anche essere messa in evidenza non solo dalla capacità del settore di generare occupazione , ma anche at- traverso il contributo che questo settore fornisce all’interscambio commerciale ov- vero alla somma delle sue importazioni ed esportazioni Il settore meccanico rappresenta la voce principale della bilancia commerciale nazionale, incidendo a livello provinciale per il 36, 6% sull’interscambio italiano; la provincia di Brindisi presenta una quota di interscambio sul totale dell’interscambio meccanico nazionale, nel 2001, pari al 23,5%. Il settore industriale risulta scarsa- mente sviluppato ad eccezione di un grosso centro metalmeccanico operante nel ter- ritorio di Taranto (ILVA). Numerosa è la presenza di piccole e medie aziende nel po- lo industriale di Brindisi trainato dalla presenza della centrale Enel di Cerano per la erogazione di energia elettrica. Si evidenzia, inoltre, la presenza di aziende operanti nel settore turistico seppur limitatamente alle zone costiere sotto forma di campeggi e villaggi turistici di di- mensioni medio-piccole. Anche il settore agricolo occupa una posizione di rilevo nei territori limitrofi a Taranto in quanto fiorente è nel circondario di Mandria (TA) la produzione, l’imbottigliamento, e l’esportazione del vino e dell’olio. Il settore meccanico assume in Italia un ruolo che si potrebbe definire strate- gico per la capacità di generare occupazione e un saldo positivo della bilancia com- merciale. Nell’ambito della Regione Puglia si riscontra dai dati Excelsior, una quota oc- cupazionale nel settore meccanico pari al 29,2% 181 – Confronto degli indirizzi ipotizzati nella Guida con i fabbisogni di pro- fessionalità delle aziende di riferimento. Analizzando i profili professionali previsti dalla Guida Meccanica del CNOS- FAP è possibile stabilire che tali indirizzi risultano appropriati al fabbisogno di pro- fessionalità meccanica evidenziato dalle aziende operanti nel nostro territorio di ri- ferimento. – Definizione di nuove qualifiche e profili Riguardo a questo punto non riteniamo sia opportuno proporre nuove figure professionali in quanto consideriamo esaustive, per il fabbisogno professionale del nostro contesto, le figure e i profili prospettatici dal CNOS in quanto frutto di uno studio approfondito e attendibile. Il nostro proponimento in merito è quello di pro- cedere, con maggior dettaglio possibile, ad una ulteriore e più approfondita analisi del nostro territorio al fine di metterci al passo con i continui cambiamenti del mon- do socio-economico che ci circonda, dando rilievo ai nuovi scenari occupazionali e alle relative richieste di figure professionali da parte delle aziende presenti. • Sperimentazione UdA Così come previsto dal Progetto Integrazione 2003 in applicazione delle speri- mentazioni proposte dal CNOS di Bari, cui il CIFIR è associato, si è voluto aderire alla sperimentazione dell’Unità di Apprendimento denominata «Patente per il Mo- torino». L’Offerta Formativa Sperimentale, attivata dall’ente CIFIR-IAM di Oria attraverso il corso OFS 03014 Operatore e Manutentore Macchine Utensili, ha tro- vato integrazione nella progettazione e successiva realizzazione di una attività ex- tracurricolare, pomeridiana, rivolta ai soli iscritti e frequentanti il corso suddetto che intendono conseguire il certificato di abilitazione alla guida dei ciclomotori. Premesso che il CIFIR è a conoscenza delle indicazioni dettate dal CNOS in materia di realizzazione delle unità di apprendimento e degli strumenti proposti dallo stesso ai fini della sperimentazione dell’offerta formativa alla luce della Ri- forma Moratti ( legge n.53/2003), alcune variazioni sono state apportate allo schema di unità di apprendimento previsto dalle linee guida proposte relativamente alle modalità di realizzazione di tale attività. La scelta di considerare l’Unità di apprendimento Patente per il motorino una attività extracurriculare, sebbene sovvertisse la definizione stessa di unità di ap- prendimento, è stata dettata dall’esigenza di inquadrare quest’ultima nel progetto madre. A tal proposito doverosa risulta una precisazione. Alla luce degli incontri avutisi con i formatori del CNOS Cristina Baldi e Maria Pia Locaputo, dopo aver effettuato una attenta analisi del progetto si è evidenziato che il corso OFS 03014, attivato dal CIFIR in data 06.09.2004, al primo anno, presenta a tutt’oggi una errata assegnazione del monte ore previsto per le competenze trasversali (Potenziamento, 182 riallineamento, personalizzazione dei percorsi, etc.) le quali in sede di assegnazione alle risorse umane responsabili della realizzazione del corso sono state considerate moduli disciplinari, oggetto di insegnamento. Tale errore non ha consentito il ri- corso al suddetto monte ore in quanto assegnato e quindi completamente esaurito. L’attività extracurriculare in questione ha avuto inizio in data 19.05.2005 durante le ore pomeridiane (dalle 15.00 alle 19.00), successivamente alla somministrazione di un questionario di gradimento agli alunni frequentanti il corso. Sebbene le guide del CNOS prevedessero il coinvolgimento dell’intera classe nella partecipazione all’unità di apprendimento, la scelta adottata di intraprendere come attività pomeridiana extra- curriculare la suddetta, ha fatto sorgere nei ragazzi stessi una selezione naturale che ha fatto sì che aderissero all’iniziativa esclusivamente i ragazzi interessati al conse- guimento della patente. L’attività in questione è stata finalizzata a 10 ragazzi iscritti al corso sperimen- tale che hanno manifestato un grande interessamento al conseguimento della pa- tente per il motorino. La scelta di tale attività non a caso è frutto di un positivo ri- scontro da parte nostra dell’entusiasmo dei ragazzi. L’articolazione sintetica del percorso formativo prevede due azioni: 1. Formazione; 2. Esame finale. L’azione relativa alla formazione è stata strutturata nei seguenti moduli disci- plinari: 1. Norme di comportamento (per un totale di 10 ore di cui 5 di teoria e 5 di pratica); 2. Segnaletica (per un totale di 20 ore) 3. Educazione al rispetto della legge e della convivenza civile (per un totale di 9 ore) 4. Guida all’acquisto del motorino (per un totale di 5 ore) 5. Information Experience (per un totale di 6 ore) L’azione relativa all’esame finale prevede 3 ore finalizzate allo svolgimento della prova per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomo- tore integrate con la realizzazione di una prova finale di guida del motorino all’in- terno del piazzale del Centro, ciò al fine di creare “l’evento” patente per il moto- rino con il coinvolgimento della stampa locale. Come è facile riscontrare, si è voluto conservare lo schema modulare proposto dal CNOS relativamente alle discipline oggetto di insegnamento con alcune modi- fiche concettuali. Si è voluto introdurre, infatti, come modulo disciplinare l’information experience. Essa consiste nell’attività di implementazione, da parte degli iscritti, su supporto informatico del materiale didattico necessario allo svolgi- mento dell’UdA (ossia segnaletica stradale in power point, realizzazione della do- manda di ammissione all’esame finale, esercitazione sui quiz d’esame attraverso l’ausilio del pc). 183 DOCENTI COORDINATORE TUTORS FUNZIONISTRATEGICHE PERSONALE AMMINISTRATIVO P. Perrone Alessandro - Educazione al rispetto della legge e alla convivenza civile - Guida acquisto del motorino Carone Alberto Claudio Cap. Polizia Municipale Guido Emilio (responsabile Forze dell’ordine) Gabriella Greco Chirico Salvatore (segretario) La Cala Vito - Segnaletica - Norme di Comportamento Saracino Fernando Sconosciuto Luca Andrea Tundo Maria Cristina Laserra Francesco - Information experience Cometa Eupremio Durante Mariagrazia Saracino Eleonora D’Elia Cosimo (bidello) Di Cataldo Danilo (bidello) Attraverso la predetta attività, i partecipanti hanno potuto usufruire di uno stru- mento in più nell’apprendimento didattico. Ciò al fine di adeguare il nostro CFP alle metodologie didattiche degli Istituti di Istruzione Superiore, auspicando una completa equiparazione di entrambi. L’esperienza svolta ha permesso soprattutto di correggere e adeguare gli sforzi dei soggetti coinvolti nella direzione di una progettazione futura in termini di unità di apprendimento. Relativamente al modulo guida all’acquisto del motorino si è pensato di inse- rire tale modulo come attività didattica vera e propria, a differenza di quanto pro- posto dalle guide ( unità di apprendimento) in cui verrà fornita la capacità di perso- nalizzare una scelta in presenza di risorse materiali e temporali limitate, applica- zione di strumenti matematici e logici nella scelta di acquisto di un ciclomotore, le modalità di pagamento del ciclomotore, il concetto di bene mobile registrato ecc. Le risorse umane coinvolte in tale attività sono state le seguenti, insieme con l’attività svolta dal Direttore del centro P. Angelo Laddaga, 184 CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK LE PRATICHE DI GESTIONE DELLO STAGE CORSO DI “OPERATORE E MANUTENTORE MACCHINE UTENSILI” Redatto da: Maria Grazia Durante, figura strategica di sistema Approvato da: dott.ssa Rosa Cioce, direttore Cifir Oria Uso: pubblico 185 FINALITÀ Lo stage intende: - far conoscere ai ragazzi il mercato del lavoro in cui si inseriranno - far conoscere alle aziende i nostri allievi - verificare quanto imparato durante la formazione d’aula e in laboratorio DISCIPLINE COINVOLTE Tutte le discipline: di base, trasversali e professionali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Soprattutto i formatori di area tecnico professionale e il tutor AZIENDE INTERESSATE Le aziende del territorio della provincia di Brindisi e Taranto disponibili ad ac- cogliere i nostri allievi e a sostenerci nell’azione formativa DURATA 100 ore il primo anno 200 ore il secondo anno 300 ore il terzo anno COMPETENZE DISCIPLINARI Grande importanza è attribuita alle discipline laboratoriali, ma non bisogna mai dimenticare che le materie di base sono fondamentali ai fini di una buona pre- sentazione e un buon servizio in ambito lavorativo. CONTENUTI Potenziamento delle discipline laboratoriali. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Attualmente nessuna formalizzata, ma si ritiene utile approfondire l’utilizzo del diario di stage in fase di adattamento alle esigenze del CFP Successivamente si è passato ad una attenta analisi delle metodologie di pro- gettazione e gestione dello stage tra le quali ha sortito molto interesse il “Diario di Bordo” , valido strumento di raccolta dati per la loro successiva elaborazione. Successivamente, ci si è concentrati sull’analisi del livello di organizzazione esistente attraverso la compilazione di una scheda all’uopo predisposta nella quale venivano dettagliate: finalità, obiettivi, discipline coinvolte, docenti dell’Istituto La realizzazione del secondo Project Work ha avuto ad oggetto le pratiche di gestione dello stage e la elaborazione o l’approfondimento di uno strumento pratico di gestione al fine di migliorare il nostro servizio per i ragazzi della formazione ini- ziale. Innanzitutto si è proceduto ad intessere dei colloqui con i formatori aventi lo scopo di far emergere le reali metodologie utilizzate nello stato attuale da parte dei formatori coinvolti nei corsi dell’obbligo formativo. Diverse e numerose sono state le considerazioni formulate dai formatori ope- ranti in filed riguardo le difficoltà oggettive di reperire aziende valide, nell’ambito del territorio di Brindisi e Provincia, disposte ad ospitare i nostri allievi durante le attività di stage. Prima fra tutte la particolare situazione economica e occupazionale in cui il nostro CFP è inserito che purtroppo ci vede lottare con la volontà degli im- prenditori di farsi carico dei nostri formandi. 186 Scolastico Statale partners coinvolti, formatori coinvolti, Aziende interessate, du- rata, fasi e tempi dell’attività, metodologia, competenze disciplinari, modalità di verifica e/o valutazione, risultati conseguiti. Il tutto costituendo dei GdL tra i for- matori coinvolti. La seconda giornata di formazione ci ha visto approfondire, su richiesta dei docenti del CIFIR coinvolti nell’iniziativa, le modalità di svolgimento dell’esame finale per il conseguimento della qualifica professionale con l’utilizzo delle ru- briche di valutazione per la declinazione delle valutazioni. 187 4. CIFIR del Sacro Costato C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848187 Fax 0831 846252 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI “OPERATORE ALBERGHIERO” Redatto dalle: dott.ssa Carolina Battista, coordinatrice – dott.ssa Maria Di Stratis, progettista Approvato da: Suor Teresina Dessupoiu – Direttore del C.F.P. Uso: Pubblico 188 • Introduzione Il Progetto Integrazione OFS - 2003 Offerta Formativa Sperimentale di Istruzione e Formazione Professionale. Il macro obiettivo del Progetto Integrazione era quello di far confluire le espe- rienze degli enti nazionali referenti (SCF, CNOS FAP, CIOFS FP) in un progetto di qualità comune a supporto di alcune aree di azione: – Ricerca e Supporto alla Progettazione – Formazione Formatori – Monitoraggio e Valutazione – Diffusione dei Risultati. L’effetto delle buone pratiche elaborate a livello nazionale ha sicuramente ge- nerato un effetto moltiplicatore sul tessuto della formazione pugliese e favorito la crescita degli enti di formazione aderenti al progetto, in particolare attraverso l’azione di formazione dei formatori e l’elaborazione di project work comuni. Attese del Centro di Formazione Professionale Il Cifir Sacro Costato di Taranto ha subito aderito con entusiasmo al Progetto Integrazione e la Direttrice S. Teresina Dessupoiu ha incoraggiato e supportato lo staff a partecipare alle attività comuni ed a sperimentare le attività proposte dal pro- getto. Dal confronto fra Direttore del centro ed equipe delle funzioni strategiche sono emerse, sia all’inizio, sia in itinere, alcune riflessioni ed aspettative per questo pro- getto tra cui: 1) la possibilità di fare un percorso comune e condiviso che potesse essere la base di partenza per collaborazioni future; 2) l’opportunità del confronto fra gli enti pugliesi e le metodologie sperimen- tate a livello nazionale dagli enti promotori del progetto; 3) la possibilità di accrescere le conoscenze le competenze del CFP attraverso l’azione di Formazione dei Formatori; 4) la definizione di standard condivisi per quanto riguarda le metodologie di progettazione, le metodologie di gestione dei processi formativi (tutoring), i progetti sperimentali; 5) la realizzazione, la validazione ed il confronto per UDA sperimentali; 6) il supporto e la condivisione di esperienze finalizzate al coinvolgimento at- tivo delle famiglie per favorire il processo educativo condiviso nei progetto OFS. 189 Tra le mete preferite la Puglia è inserita fra le regioni ‘emergenti’ a livello eu- ropeo. Il Turista Italiano (ISNART) continua a preferire il proprio Paese per le va- canze ( 77% delle preferenze) e la Puglia si attesta al 10° posto nelle mete preferite anticipando regioni come l’Umbria, l’Abruzzo e la Sardegna. Infatti sul territorio Pugliese il sistema turistico negli ultimi anni ha registrato una forte crescita. Una buona parte del flusso turistico è di tipo nazionale (+12,4%), e le presenze crescono del 9,7% (Fonte: ISTAT- Osservatorio Regionale Banche–Impresa). Nonostante il consolidamento della clientela straniera di lungo periodo, le bel- lezze pugliesi restano meta soprattutto del turismo nazionale. Con un tasso di cre- scita medio annuo tra il 1990 e il 2002 del +6%, contro il +2,8% per le presenze italiane, e un eccezionale incremento nel 2002, anno in cui la domanda estera pu- gliese raggiunge il +10%, il turismo regionale è ancorato principalmente ai flussi nazionali. Città d’arte 33% Agriturismo 4% Laghi 7% Montagna 9% Eno-gastronomia 2% Altro 10% Mare 21% Sport 5% Itinerari 6% Terme 3% • Racconto testimoniale dell’Esistente: Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando la sperimentazioni. Le scelte degli indirizzi e delle Comunità Professionali operate dal CIFIR Sacro Costato di Taranto negli anni partono da un’analisi socio-economica del ter- ritorio regionale e provinciale in particolare. L’analisi tiene conto delle macro tendenze internazionali e nazionali in ambito turistico e parte delle reali esigenze del fruitore dei servizi collegati alle aziende dei settori turistico, alberghiero e dell’alimentazione. Da un lato sono state analizzate le esigenze del turista del terzo millennio e dall’altro sono stati realizzati confronti con i trend di crescita e con i risultati pro- dotti dalle aziende operanti in questi comparti. La Puglia negli anni ha infatti visto aumentare in maniera importante la pro- pria vocazione turistica, tra il 1990 e il 2002 le presenze sono aumentate del 50,6%. 190 Fonte: Elaborazione Osservatorio BANCHE IMPRESE su dati Mercury e ISTAT Nel 2002 la percentuale di incidenza della componente straniera sul movi- mento complessivo è, infatti, ancora pari al 14,6%, superiore solo a quella regi- strata in Molise e Basilicata, ma ben lontana dal 42,2% che costituisce la media Italia. Recentemente, nonostante uno scenario nazionale in difficoltà e che ha visto diminuire le presenze complessive (-1,4%), la Puglia ha ulteriormente accresciuto l’ammontare dei flussi turistici, con un’accelerazione che nel 2002 ha raggiunto un tasso a due cifre sia in termini di presenze (+10,3%) sia di arrivi (+11,1%). As- sieme alla Calabria, la Puglia risulta così la regione che ha consolidato il migliore risultato dell’anno. Andamento del tasso di crescita delle presenze nelle regioni italiani (variazioni percentuali) 191 Diversi studi hanno dimostrato come nel tempo la concezione del turismo si sia modificata in modo più o meno radicale a seconda degli ambiti, e ad affiancare un turismo tradizionale che presenta motivazioni legate al riposo e al relax nascono nuove motivazioni, anche “forti”, che si orientano verso l’impegno culturale o so- ciale (istruzione, arte, religione, natura, ecc) o verso forme innovative, peraltro sempre più presenti, legate all’intrattenimento, allo spettacolo, all’enogastronomia, all’agriturismo, agli sport estremi ecc.. 192 Graduatoria regionale dei tassi di crescita delle presenze Fonte: elaborazione Mercury su dati ISTAT 193 Il “turista tipo” del terzo millennio somiglia sempre meno al turista del se- condo millennio e chiede sempre più servizi innovativi e di qualità. La capacità del sistema turismo di rispondere a questi “nuovi bisogni” determi- nerà la conferma o meno delle buone performance finora assicurate, pur con alti e bassi, dal turismo italiano. Interessanti i dati sugli scenari e lo sviluppo possibile del settore messi in ri- salto dal Rapporto annuale Ernst & Young (Largo Consumo - 2004). Il dato più in- teressante è quello che riguarda l’impatto di fattori internazionali sul settore che de- termina secondo il parere degli intervistati non una diminuzione del turismo, quanto un’accentuarsi della scelta di mete più vicine. Al viaggio in paesi lontani gli italiani sembrano aver anteposto le mete dome- stiche. Sempre in questa direzione tra i prodotti turistici italiani venduti all’estero tro- viamo in pole position le città d’arte e la cultura, attrattori anche del turismo nazio- nale, come evidenziano i dati dell’indagine Doxa (Gli Italiani e la Cultura, 2004). I Settori di Sviluppo La marcata rilevanza del turismo nazionale, influenza anche il tipo di alloggio scelto per svolgere le vacanze. Per quanto riguarda le preferenze dei turisti rispetto alle diverse tipologie ricettive, la Puglia appare infatti caratterizzata da una forte ri- levanza delle strutture non alberghiere, che nel 2002 concentrano il 43,9% delle presenze regionali. Nonostante la variazione delle presenze sia risultata leggermente a favore degli alberghi (+10,3% contro il + 9,4% per le strutture extralberghiere), la Puglia rimane una tra le regioni in cui il turismo alberghiero riveste una meno cospicua rilevanza, incidendo per oltre il 10% in meno della media nazionale (66,9%). Il segmento turistico che ha registrato il miglior andamento è stato quello dei villaggi turistici, seguito dagli agriturismi. Difficoltà più diffuse si segnalano invece nella ricettività alberghiera che nel- l’ultimo anno conferma esiti meno favorevoli rispetto alle altre tipologie ricettive. Più nel dettaglio, sempre nella nostra regione si osserva che: I villaggi turistici presentano risultati economici migliori (+6,9%), grazie ad una forte espansione della clientela (+8,1%). Tra le diverse tipologie del turismo, il 2002 risulta particolarmente favorevole per gli agriturismi (in crescita sostanziale), per i campeggi e per i villaggi turistici, per le strutture di categoria superiore (oltre 3 stelle) e di dimensioni medio-grandi (da 250.500 a 500.000 euro di fatturato); mentre dal punto di vista territoriale emerge una dinamica fortemente positiva nelle province di Foggia e Lecce, e un netto miglioramento di Brindisi. Il 2002 rappresenta un anno di ulteriore espansione dei flussi turistici verso la Puglia rispetto agli anni precedenti. In particolare sostanzialmente stazionario anche il risultato del comparto turi- stico tarantino. Nonostante la stabilità congiunturale, le imprese turistiche della provincia ten- dono a rafforzare la propria base occupazionale, con un incremento dell’occupa- zione fissa del +2%, mentre resta stabile il ricorso a forme di lavoro atipiche. L’aumento del livello occupazionale del 2002, dopo il risultato analogo del- l’anno precedente, sembra imputabile al consolidamento della vocazione turistica provinciale. La propensione ad investire appare infatti significativa (48,4% degli esercizi), e superiore alla media regionale, ma soprattutto più orientata all’ampliamento della capacità ricettiva. La sfida per la Puglia Per comprendere perché la Puglia incontri sempre più il favore di chi viaggia per vacanza, bisogna prendere in considerazione anche la considerevole vitalità di- mostrata nel realizzare un sistema turistico adeguato alle richieste dei flussi turi- stici. Rispetto alla capacità di ospitare flussi crescenti di turisti internazionali è di sicuro rilievo il processo di crescita sia quantitativa che qualitativa delle strutture alberghiere, che risultano quelle maggiormente appetibili per questa forma di tu- rismo. La sfida per i prossimi anni resta ancora la capacità di perfezionare l’offerta tu- ristica ed il suo adattamento alle mutevoli esigenze dei turisti, soprattutto per gli al- berghi la cui elevata dimensione richiede notevoli sforzi per una gestione efficiente delle strutture. Permangono infatti i segnali di criticità già rilevati, come ad esempio la minore durata del soggiorno dei turisti. Rimane forte inoltre l’attenzione dei turisti per i costi della vacanza, che appare evidente nella minore propensione a recarsi in strutture alberghiere, contraddistinte per elevati rincari dei tariffari. La forza della Puglia sembra quindi venire dalla diffusa presenza di strutture ricettive alternative a quelle alberghiere, dove i turisti si fermano più a lungo, ma dove si re- cano quasi esclusivamente nel periodo estivo. Questo fa pensare alla necessità di introdurre elementi/iniziative che, per gli alberghi, attirino, ma soprattutto “tratten- gano” i turisti (soprattutto) internazionali; dall’altra, favoriscano l’allungamento della stagione per la componente non alberghiera, dove prende sempre più piede la richiesta di strutture agrituristiche e dove forte resta la domanda di alloggi privati, componente largamente sconosciuta alle statistiche ufficiali. Caratterizzare ed Approfondire la Natura della Comunità Professionale di ri- ferimento Racconto testimoniale del 15.01.2005 In data 15.01.2005 i due Enti di Formazione – Cifir Sacro Costato Taranto ed ECPEP Ostuni (BR) – si sono incontrati per la condivisione del Project Work ed hanno elaborato una base di riflessioni comuni operando entrambi sulle Comunità 194 Professionali Turistico-Alberghiero e Alimentazione. Il confronto è avvenuto su due fronti: da un lato sono stati comparati i contesti socio economico in cui i due enti operano, dall’altro sono state analizzate le diffe- renze di progettazione tra i due enti ed il confronto con le relative Comunità Pro- fessionali di Riferimento e di relativi indirizzi Professionali. In merito al primo punto si è pervenuti alla seguente considerazione condivisa: il contesto delle attività economiche di tipo turistico-alberghiero e dell’alimenta- zione esistente nei territori di Taranto ed Ostuni presenta delle differenze sebbene queste non siano rilevanti. Infatti, tali differenze non sono tali da poter parlare di distretti turistici disomo- genei, per cui gli indirizzi sperimentati nei percorsi formativi dei due enti – non- ostante la differente qualifica – presentano un grado di affinità molto elevato e par- tono da considerazioni comuni al tessuto socio economico in cui poi gli indirizzi professionali possono trovare occupazione. Gli indirizzi formativi su cui sono stati operati i confronti nel Progetto Integra- zione OFS sono: 1. Addetto alle strutture turistiche ed alberghiere - E.C.P.E.P. Ostuni 2. Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione - CIFIR Sacro Costato – Ta- ranto. La prima considerazione riguarda l’identificazione delle Comunità Professio- nali di Riferimento in cui ricadono i due indirizzi professionali, ovvero: – Comunità Professionale Alimentazione – Comunità Professionale turistica e alberghiera Le Macro Aree di Competenze Professionalizzanti acquisibili nell’indirizzo professionale ‘Addetto alle strutture Turistiche Alberghiere’ dell’ente E.C.P.E.P. di Ostuni (BR) sono sostanzialmente riconducibili ai seguenti ambiti: 1. Cucina 2. Cucina Tradizionale 3. Pizzeria 4. Pasticceria 5. Sala- Bar 6. Reception 7. Marketing Le Macro Aree di Competenze Professionalizzanti acquisibili nell’indirizzo professionale ‘Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione’ dell’Ente Cifir Sacro Costato di Taranto sono sostanzialmente riconducibili ai seguenti ambiti: a. Cucina b. Cucina Tradizionale c. Pizzeria d. Pasticceria e. Sala- Bar L’analisi è stata condotta su due livelli: 195 196 mancanti ai due indirizzi in atto presso i due enti sono comuni ad entrambi ed at- tengono ad alcuni compiti specifici. Andando poi nel dettaglio dei due indirizzi professionali previsti nella Comunità Alimentazione è emerso che tutte le compe- tenze per Addetto alla Trasformazione degli Alimenti e Addetto alla Panificazione e Pasticceria le ritroviamo sia nell’Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione del Cifir Sacro Costato Taranto sia nell’Addetto alle Strutture Turistiche Alberghiere dell’ ECPEP Ostuni. Operando un confronto con i profili previsti dalla comunità professionale Ali- mentazione e gli indirizzi in essere nei due enti, le competenze professionalizzanti sono presenti in entrambi gli enti. Sono stati analizzati i compiti caratteristici delle due Comunità Professionali e, successivamente, sono state approfonditi e confrontati gli indirizzi professionali previsti dalle comunità e considerati più affini a quelli in essere presso i due enti. Comunità Professionale Alimentazione L’analisi è cominciata dal confronto tra le competenze della Qualifica dell’O- peratore dell’Alimentazione e le competenze dei due indirizzi suddetti della Comu- nità Professionale Alimentazione. Nelle tabelle seguenti è stato riassunto il lavoro di analisi e sono state eviden- ziati i compiti caratteristici della COMUNITÀ PROFESSIONALE ALIMENTAZIONE an- dando ad evidenziare le competenze mancanti agli indirizzi in essere presso i due enti. Confronto competenze a Livello Macro – Qualifica Di interesse il dato relativo ai compiti caratteristici delle comunità: i compiti 197 Comunità Professionale Turistico-Alberghiera L’analisi è cominciata dal confronto tra le competenze della Qualifica dell’O- peratore Qualifica Operatore Turistico e Alberghiero e le competenze dei due indi- rizzi suddetti della Comunità Professionale Turistico-Alberghiera. Nelle tabelle seguenti è stato riassunto il lavoro di analisi e sono state eviden- ziati i compiti caratteristici della Comunità Professionale Turistico-Alberghiera an- dando a rilevare le competenze mancanti agli indirizzi in essere presso i due enti. Confronto competenze a Livello Macro –Qualifica Dal confronto dei compiti relativi alla comunità professionale Operatore Turi- stico Alberghiero sono emerse alcune differenze fra i compiti individuati nelle due progettazioni. Il CIFIR Sacro Costato ha evidenziato delle differenze rispetto ai compiti pre- visti nella comunità professionale. Questo Centro opera a Taranto in un contesto a grande potenzialità turistica, sia di turismo Culturale sia di tipo balneare ed i profili professionali sono più orien- tati all’area della ristorazione e servizi di accoglienza piuttosto che a forme di ser- vizio completo del turista (alloggio, ristorazione, aspetti organizzativi), mentre a Ostuni l’ECPEP opera in una realtà socio economica che consente di affrontare anche queste problematiche • Racconto testimoniale del 16.04.2005: confronto dei due indirizzi In data 16.05.2005 presso il Cifir Sacro Costato di Taranto si sono incontrati lo Staff del Centro insieme al coordinatore del Progetto Integrazione; era assente il rappresentante dell’Ente ECPEP di Ostuni con cui era stata condivisa la prima parte del Project Work. In questo secondo incontro sono stati approfonditi i confronti con le comunità professionali ed i relativi indirizzi e si è cercato di elaborare una sintesi delle consi- derazioni fatte nella prima sessione e in quest’ultima. La sintesi può così essere schematizzata: – ascoltare il territorio che chiede indirizzi a competenze multiple; – dare Vita una nuova Comunità Professionale; – fare fusione di Comunità Professionale alimentazione e turistica e alber- ghiera; – integrare gli indirizzi delle due comunità • Confrontare le qualifiche e gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professionalità delle aziende di riferimento. In questo paragrafo del dossier l’obiettivo è presentare la natura economica, sociale e culturale della comunità professionale, la prospettiva formativa in cui essa si inserisce, nonché la figura professionale – il profilo in uscita della sperimenta- zione - che ad essa fa riferimento. Confronto con i profili previsti dalla comunità professionale 198 Natura economica, sociale e culturale della comunità È da considerarsi turismo l’insieme dei comportamenti e dei correlati bisogni degli individui nel momento in cui questi si spostano dai loro luoghi abituali di re- sidenza e di vita (casa, ufficio), per un periodo di tempo limitato. La comunità turistico-alberghiera rappresenta una delle più importanti realtà all’interno del bilancio del nostro Paese, sia in termini di occupazione, sia in ter- mini economici. Tale area ha, infatti, una grande incidenza sulle attività produttive dell’Italia e il complesso delle attività legate al turismo genera una grande ric- chezza. Basti pensare che la domanda di beni e servizi riconducili al turismo per l’anno 2001 ha determinato per il nostro Paese una valore aggiunto stimabile al 5,7% del PIL. In riferimento alla situazione di Taranto – come descritto nel paragrafo 2 – il- lustriamo di seguito il risultato del confronto delle caratteristiche reali della figura e, dunque, dell’indirizzo in uscita dal percorso rispetto a quanto previsto dalle guide per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati delle Comunità Profes- sionali. Nella comunità professionale turistica e alberghiera la denominazione iniziale del percorso di qualificazione è operatore turistico alberghiero. Si prevedono in uscita tre indirizzi: a) Addetto ai servizi turistici b) Commis di sala e bar c) Commis di cucina Nella pagina che segue si riporta la rappresentazione schematica delle guide della comunità professionale redatta dal Cnos e Ciofs Nazionale. 199 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico alberghiero rappresenta una figura professionale po- livalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate; – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 4) Addetto ai servizi turistici. 5) Commis di sala e bar. 6) Commis di cucina CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 3) Tecnico dei servizi turistici 4) Tecnico delle attività ristorative Comunità Professionale Turistico-Alberghiera La comunità professionale dell’alimentazione rappresenta una delle comunità che offrono alle figure professionali maggiori prospettive professionali e, in termini statistici, maggior impatto occupazionale, sia come dipendenti sia come lavoratori autonomi. Nella comunità professionale Alimentazione la denominazione iniziale del per- corso di qualificazione è Operatore dell’Alimentazione. Questa figura professionale, indipendentemente dalla specifica qualifica, pre- vede in uscita due indirizzi: 1) Addetto alla trasformazione degli alimenti 2) Addetto alla panificazione e pasticceria Nella pagina che segue si riporta la rappresentazione schematica delle guide della comunità professionale redatta dal Cnos e Ciofs Nazionale. Comunità Professionale Turistico-Alberghiera 200 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore dell’alimentazione rappresenta una figura professionale poli- valente in grado di affrontare una varietà di compiti: – preparazione e distribuzione delle materie prime alimentari; – compilazione ed interpretazione delle scritture contabili di base; – individuazione di diversi alimenti secondo la specie, qualità, provenienza territoriale e stagionalità; – gestione delle merci in magazzino; – rispetto delle norme HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e dell’attrezzatura) – sviluppo delle soluzioni anche innovative con gusto estetico e ed abilità manuale; – conservazione degli alimenti, applicando le diverse tecniche; – rispetto delle norme generali di antinfortunistica; – rispetto delle basilari norme della legislazione, che regola i pubblici eser- cizi; – organizzazione di un punto vendita; – utilizzazione delle tecnologie informatiche comuni; – traduzione di semplici testi in lingua inglese (manuali d’uso dei macchi- nari). FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1) Addetto alla trasformazione degli alimenti 2) Addetto alla panificazione e pasticceria CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1) Tecnico dell’alimentazione DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO-ALBERGHIERO DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico-alberghiero dell’alimentazione rappresenta una fi- gura professionale polivalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate; – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio; – preparazione e distribuzione delle materie prime alimentari; – compilazione ed interpretazione delle scritture contabili di base; – individuazione di diversi alimenti secondo la specie, qualità, provenienza territoriale e stagionalità; – gestione delle merci in magazzino; – rispetto delle norme HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e dell’attrezzatura) Fusione due comunita: operatore turistico-alberghiero dell’alimentazione 201 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO-ALBERGHIERO DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) – sviluppo delle soluzioni anche innovative con gusto estetico ed abilità ma- nuale; – conservazione degli alimenti, applicando le diverse tecniche; – rispetto delle norme generali di antinfortunistica; – rispetto delle basilari norme della legislazione, che regola i pubblici eser- cizi; – organizzazione di un punto vendita; – utilizzazione delle tecnologie informatiche comuni; – traduzione di semplici testi in lingua inglese (manuali d’uso dei macchinari) FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1) Addetto ai servizi turistici. 2) Commis di sala e bar. 3) Commis di cucina 4) Addetto alla trasformazione degli alimenti 5) Addetto alla panificazione e pasticceria CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1) Tecnico dei servizi turistici 2) Tecnico delle attività ristorative 5) Tecnico dell’alimentazione FIGURA PROFESSIONALE OPERATORE ALBERGHIERO E DELL’ALIMENTAZIONE Denominazioni equivalenti Operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centrali- nista; assistente di portineria; operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn); camerieri e assimilati; esercenti di bar e baristi; addetto di sala bar; commis di sala; addetto ai servizi di sala e bar; operatore di sala bar (Obn); operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centralinista; assistente di portineria; operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn); esercenti e altri addetti alla preparazione di cibi in alberghi, ristoranti, fast-food e assimilati; addetto cu- cina; addetto servizi di cucina; operatore cucina (Obn) Note Compiti specifici L’operatore alberghiero e dell’alimentazione (m/f), al termine del percorso formativo è capace di affron- tare i seguenti compiti: – realizzazione del processo di gestione di una prenotazione di un servizio offerto dall’azienda; – realizzazione dell’attività di scrittura delle lettere commerciali; Nuova Figura Professionale In riferimento alle caratteristiche dell’indirizzo (figura in uscita) sulla base di quanto specificato e rappresentato sinteticamente nelle precedenti tabelle di seguito si riporta lo schema riguardante i compiti specifici dell’Operatore alberghiero e del- l’alimentazione. Si precisa che il frutto di tale lavoro è il risultato di un processo attento di ana- lisi delle competenze caratterizzanti e descritte nelle comunità di riferimento per ciascuno degli indirizzi attivabili. 202 – utilizzazione di un sistema informatico di gestione alberghiera e di prenotazione aerea; – gestione delle scritture obbligatorie del settore alberghiero (schedine di notifica, libro arrivi e partenze, statistiche per gli enti turistici locali); – collaborazione nella preparazione della sala e nell’allestimento di buffet e banchetti, alle dipendenze dirette dello Chef de Rang o del Maître; – effettuazione, sempre alle dipendenze del responsabile di reparto, del servizio ai tavoli dei cibi e delle bevande alcoliche e non; – realizzazione del processo di utilizzazione, in parziale autonomia, e manutenzione delle attrezzature e degli utensili in dotazione; – realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; – preparazione e servizio, conoscendone i diversi stili, delle bevande tradizionali e delle bevande alco- liche, alle dipendenze del responsabile del bar; – gestione delle relazioni con la clientela e cooperazione con spirito cooperativo nella brigata di sala e con gli altri reparti; – identificazione e scelta degli ingredienti riconoscendone le principali caratteristiche merceologiche, alle dipendenze dirette del responsabile di reparto; – preparazione linea di cucina; – collaborazione nella pulizia, preparazione e cottura degli ingredienti e nella presentazione di pietanze; – utilizzazione delle attrezzature e degli utensili in dotazione al reparto, curandone la manutenzione or- dinaria; – realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; – facilitazione della relazione con i componenti della brigata di cucina e con gli altri reparti con spirito cooperativo. Collocazione organizzativa L’addetto ai servizi turistico-alberghieri è una figura polivalente che ha appreso delle competenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ricettiva alberghiera o extra alber- ghiera (villaggi, campeggi, ecc), oppure come addetto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Il qualificato potrebbe aspirare con le dovute competenze a divenire tecnico delle attività turistiche o a specializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubblico o privato (settore della consulenza). COMPITO/PRODOTTO Conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore, in confor- mità con il decreto legislativo n.151 del 27 giugno 2003, che prevede l’obbligatorietà di tale certificato dal 1 luglio 2004 per i minorenni che non sono in possesso della patente di guida A e della patente sotto categoria A1. La realizzazione di tale compito per il conseguimento del certificato di idoneità avviene attraverso lo svolgimento di 20 ore così ripartite: - 4 ore destinate alle norme di comportamento; - 6 ore destinate alla segnaletica e alle norme di circolazione; - 2 ore destinate all’educazione per il rispetto della legge; - 8 ore dedicate all’educazione alla convivenza civile. Lo svolgimento dei moduli come previsti dal Ministero sono da articolarsi attra- verso l’incontro con un rappresentante delle forze dell’ordine e un istruttore pratico di una scuola guida per sviluppare il connubio tra conoscenza delle re- gole di convivenza civile e pratica delle esercitazioni previste per il consegui- mento del certificato di idoneità. • Sperimentazione dell’Unita’ di Apprendimento: ‘patente per il motorino’ 203 OBIETTIVI FORMATIVI L’alunno è in grado di: – sviluppare coscienza al valore delle regole nella convivenza civile; – favorire il rispetto delle regole della vita sociale e istituzionale; – riconoscere il valore e l’utilità delle regole sociali; – stimolare negli allievi l’assunzione di comportamenti adeguati da utilizzare e mettere in pratica nelle varie situazioni della vita quotidiana; – sviluppare il concetto di tutela della propria sicurezza, della sicurezza altrui e dell’ambiente circostante. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO L’alunno è in grado di: – conoscere e rispettare le regole di comportamento stradale; – conoscere e rispettare la segnaletica stradale; – conoscere le norme del rispetto della legge; – conoscere le norme della convivenza civile e saperle applicare nel quoti- diano; – conoscere le pratiche burocratiche relative al possesso del motorino quali il bollo, l’assicurazione, la revisione ecc. DESTINATARI Allievi del primo anno del corso di formazione professionale della sperimenta- zione triennale denominato “operatore alberghiero e dell’alimentazione”. TEMPI DI SVOLGIMENTO La durata dell’UdA è prevista in 20 ore, da svolgersi nella seconda metà del- l’anno formativo in orario mattutino nell’iter curriculare quotidiano. SEQUENZA IN FASI ED ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA da parte del formatore. 2) Svolgimento del modulo sulle norme di comportamento. 3) Realizzazione del modulo sulla segnaletica e sulle norme di circolazione. 4) Svolgimento del modulo per il rispetto della legge. 5) Svolgimento del modulo sulla convivenza civile. 6) Presentazione dell’iter burocratico relativo al possesso di un motorino. 7) Incontro formativo con un rappresentante delle forze dell’ordine al fine di focalizzare l’attenzione sulle norme di comportamento civile e sociale. RISORSE UMANE Coordinatore: cura dell’aspetto relazionale e organizzativo dell’UdA, contatto pratico e formale con la scuola guida, il formatore pratico e il rappresentante delle Forza dell’Ordine. Tutor: organizzazione degli incontri degli allievi con i formatori, gestione dello svolgimento pratico dell’UdA, supporto pratico e elemento di congiunzione tra allievi e formatori impegnati nell’UdA Formatore abilitato a svolgere il corso: docente di autoscuola con compe- tenze derivate dalla realizzazione pratica di attività di educazione stradale Rappresentante delle Forse dell’Ordine MATERIALI – Manuali di pratica e teoria per il conseguimento della certificazione di ido- neità – Cartelloni illustrati con regole e segnaletica stradale – Quiz per il conseguimento dell’attestato La sperimentazione dell’UdA per il conseguimento della patente del motorino è stata accolta positivamente dall’Ente. Le conoscenze e le competenze valide per il conseguimento del certificato di idoneità sono quelle previste dal Ministero dell’Istruzione e gli argomenti trattati sono stati articolati in 20 ore di lezione in aula come previsto dallo stesso pro- gramma ministeriale. 204 La Direttrice dell’Ente, il Coordinatore e il Tutor del corso hanno elaborato la struttura modulare delle nozioni da sviluppare e hanno affrontato la “problematica” della scelta dei docenti. Si è parlato di “problematica” in quanto nel corpo docente dell’Ente manca una figura di riferimento per le aree tecnico-specifiche da trattare, tenuto conto che il CIFIR Sacro Costato svolge la sua azione formativa nell’area del turismo e dell’alimentazione. Si è dunque delineata l’esigenza di realizzare un partenariato con una scuola guida della zona, con la quale non sono emerse difficoltà, ci si è accordati sugli obiettivi, i contenuti e le modalità di realizzazione. Per quanto riguarda lo svolgimento pratico delle ore si è pensato di inserirle in orario mattutino, all’interno dell’ordinario orario scolastico per garantire la pre- senza dell’utenza. L’eventualità di svolgere le ore in orario pomeridiano ha sollevato qualche in- certezza, in quanto avrebbe gravato sul livello di attenzione dell’utenza e sicura- mente sulla loro stessa presenza. In merito all’utenza c’è da sottolineare che la possibilità di conseguire il paten- tino per il motorino 50 di cilindrata, non ha coinvolto l’intero gruppo classe in quanto molti di loro sono risultati essere più interessati all’acquisizione del paten- tino per il 125, essendo prossimi al raggiungimento del 18° anno di età. Comunque si è cercato di coinvolgere l’intero gruppo classe, anche perché lo svolgimento del- l’UdA sperimentale pone l’accento in modo decisivo sull’acquisizione delle norme di convivenza civile e sociale, di cui i ragazzi destinatari dell’obbligo formativo sono, nella maggioranza dei casi, carenti. Tale sperimentazione ha un gran valore educativo oltre che formativo vista la necessità di stimolare in ogni modo l’acquisizione delle regole sociali e dei valori quali l’onestà e il senso civile. È riportata di seguito la tabella oraria relativa alla realizzazione dell’UdA: 205 Le difficoltà organizzative a proposito dell’orario si sono rilevate, soprattutto nella modifica dell’orario dei docenti della scuola partner, ma sono state superate senza grandi problemi, vista soprattutto la valenza educativa della sperimentazione. La scelta di un rappresentante delle Forze dell’Ordine si è rilevata fondamen- tale non solo in quanto rappresentante dello Stato, ma in quanto figura che ha “im- pressionato” positivamente l’utenza essendo il simbolo di quella legalità a volte te- muta, a volte non conosciuta ma pur sempre ricercata. 206 CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK “LO STAGE” CORSO DI “OPERATORE ALBERGHIERO” Redatto dalle: dott.ssa Carolina Battista, coordinatrice – dott.ssa Maria Di Stratis, progettista Approvato da: Suor Teresina Dessupoiu – Direttore del C.F.P. Uso: Pubblico 207 LO STAGE Lo stage si qualifica come una fase del percorso formativo caratterizzata dall’arricchimento delle competenze acquisite. Attraverso lo stage le conoscenze teoriche si trasformano in competenze pratiche. Esso si propone non solo come mezzo per verificare direttamente determinate realtà esterne, ma anche come strumento alternativo per l’apprendimento, come stimolo per la comunicazione con il si- stema economico-produttivo. Attraverso lo stage, il discente entra in una organizzazione complessa, inte- ragisce con i diversi ruoli di un ambiente lavorativo (i suoi usi, linguaggi e valori relativi), sperimenta delle pratiche di lavoro. Ancora, lo stage è una esperienza formativa che non è solo addestramento , ma mira a “dare forma” a ciò che “forma non ha” , ovvero rappresenta un percorso in cui si fondono tre momenti salienti dell’a- zione educativa: istruire (ciò che mira al “saper”) formare ( che mira al “saper fare”), educare (che mira al “saper essere”) FINALITÀ Lo stage è funzionale all’acquisizione di capacità pratiche e relazionali volte al raggiungimento di una professionalità spendibile nel mondo del lavoro. OBIETTIVO Lo stage si propone i seguenti obiettivi: Obiettivi di tipo conoscitivo: processo formativo attraverso cui l’allievo comprende, direttamente nella realtà lavorativa concreta, il ruolo al quale viene formato grazie a momenti di osservazione di pro- cessi lavorativi particolarmente significativi ai fini dell’apprendimento. Obiettivi di tipo applicativo: processo formativo attraverso cui l’allievo sperimenta ed opera nella concreta realtà lavorativa il ruolo lavorativo al quale viene formato, tramite l’applicazione, la verifica ed il consolidamento di conoscenze, abilità ed atteggiamenti acquisiti durante l’attività formativa in aula. In generale, si vuole offrire agli allievi una esperienza personale e professionalizzante che tenga conto della propria personalità. RISULTATO Lo stage tende a: • accertamento dell’interesse dell’allievo nei confronti del profilo professionale di riferimento; • impegno e senso di responsabilità per l’impegno assunto; • interesse univoco verso le discipline di ordine pratico • Introduzione Il cfp descriva, facendo riferimento alla progettualità in corso, la visione e la missione entro cui è inserita l’esperienza di stage. L’interrogativo proposto di seguito richiama fortemente il carisma cui ogni cfp si ispira, nella quotidianità, per rispondere alle esigenze della gioventù. Cosa si intende offrire ai giovani dei percorsi di istruzione e formazione con l’esperienza di stage? Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. Seguendo lo schema utilizzato nel lavoro di gruppo proposto durante la forma- zione dei formatori, il cfp descriva le modalità operative attuali di gestione dello stage (definizioni, contenuti, gli obiettivi, le risorse coinvolte). 208 OBIETTIVI Lo stage intende: • Offrire agli allievi una esperienza personale e professionalizzate che tenga conto della propria personalità. Come lo si raggiunge? 1) Pianificazione della tempistica di realizzazione. 2) Individuazione e valutazione delle realtà offerte dal territorio. 3) Valutazione e analisi delle caratteristiche attitudinali e comportamentali di ciascun allievo. • Educare l’allievo alla convivenza civile e al rispetto delle regole Come lo si raggiunge? 1) Individuazione dei ruoli all’interno della realtà lavorativa. 2) Conoscenza, analisi e rispetto delle regole comportamentali. 3) Modulazione del rapporto interpersonale. • Favorire l’inserimento lavorativo del soggetto grazie al percorso formativo offerto Come lo si raggiunge? 1) Analisi della occupabilità offerta dal territorio. 2) Dialogo preventivo con il titolare dell’azienda. 3) Condivisione della mission formativa. • Offrire una multidimensionalità dell’esperienza affinché i soggetti possano scoprire le proprie inclinazioni professionali Come lo si raggiunge? 1) Individuazione delle diverse aree professionali. 2) Organizzazione della turnazione degli stagisti al fine di permettere una com- pleta conoscenza delle diverse aree professionali. I. Pianificazione dei forum infrastage a cadenza regolare. II. Revisione e rivalutazione dei criteri di turnazione al fine di favorire e garan- tire la giusta collocazione professionale. DISCIPLINE COINVOLTE Conoscenze di base: - Lingua italiana - Cultura storico sociale - Diritto del lavoro - Logica matematica - Economia di base Conoscenze tecnico-professionali: - Competenze teoriche specifiche - Pratica di laboratorio Conoscenze trasversali: - Sicurezza sul lavoro - Procedure relative alla qualità - Etica della persona e del lavoro LO STAGE 209 DOCENTI DELL’ISTITUTO SCOLASTICO STATALE PARTNERS COINVOLTI Conoscenze di base: - Lingua italiana - Cultura storico sociale - Logica matematica - Economia di base Conoscenze tecnico-professionali: - Competenze teoriche specifiche FORMATORI COINVOLTI Conoscenze di base: - Docente di Italiano e Storia - Docente di Matematica - Docente di Economia Conoscenze tecnico-professionali: - Docente di Competenze Teorico specifiche - Docente di Sala Bar - Docente di Laboratorio di Cucina - Docente di Laboratorio di Pasticceria Conoscenze trasversali: - Docente di Sicurezza sul lavoro - Docente di Etica della persona e del lavoro AZIENDE INTERESSATE Nella fase di stage sono state coinvolte le seguenti tipologie di aziende: - Ristoranti - Pizzerie - Laboratori Di Pasticceria - Grande Distribuzione Organizzata - Sala Bar DURATA La durata dello stage per l’intero triennio consta di 600 ore FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO: 100 ORE SECONDO ANNO: 200 ORE TERZO ANNO: 300 ORE METODOLOGIA Prima dell’avvio dell’attività di stage la Direttrice, il Coordinatore e il Tutor del corso si incontrano per stabilire le fasi di turnazione e i gruppi di lavoro che si integreranno nelle varie realtà lavorative. Tali gruppi sono definiti in base alle caratteristiche caratteriali e professionali dell’allievo. Per le attività di stage del primo e del secondo anno gli allievi entrano in contatto con tutte le realtà pro- duttive proposte, nella terza annualità si cerca di pianificare lo stage secondo le attitudini espresse e dimostrate dagli allievi. Gli stage si svolgono sulla base di apposite convenzioni stipulate tra l’Ente pro- motore e i datori di lavoro. Questo documento contiene le regole di svolgimento dello stage e definisce gli obblighi dei soggetti coinvolti. Alla convenzione è allegato un progetto formativo e di orientamento dove ven- gono esplicitate le modalità di svolgimento dello stage e il contenuto dello stesso in termini di apprendimento. Il progetto formativo si presenta chiaro nei suoi obiettivi e contenuti concreti ed è compilato dall’Ente promotore su proposta dell’azienda che attiva lo stage. 210 METODOLOGIA In particolare esso contiene: - gli obiettivi e le modalità di svolgimento dello stage; - il nome del tutor incaricato dal soggetto promotore e del responsabile azien- dale; - gli estremi identificativi delle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e la responsabilità civile; - la durata ed il periodo di svolgimento dello stage; - il settore aziendale di inserimento. Sono stipulate tante convenzioni quante sono le realtà interessate dall’attività di stage. In itinere il Tutor si occupa del monitoraggio dell’attività, si reca in visita presso le realtà e si confronta con i gestori dell’azienda. COMPETENZE DISCIPLINARI Le competenze da impiegare fanno capo a tutte le discipline del percorso forma- tivo. Nell’esperienza di stage si concretizzano trasversalmente tutte le discipline. COMPETENZE TECNOLOGICHE L’alunno è in grado di: - saper gestire e organizzare il posto mobile di lavoro in un team; - intervenire con consapevolezza nelle situazioni legate alla sicurezza personale; - utilizzare con responsabilità le attrezzature più semplici; - applicare le procedure di trasformazione e le tecniche di cottura degli alimenti; - conoscere gli elementi costitutivi di un menù; - distinguere gli alimenti e classificarli in base alla loro destinazione d’uso; - acquisire autonomia all’interno dello staff di settore, nella gestione del proprio ruolo e dei propri spazi; - utilizzare autonomamente le attrezzature e gli impianti nel rispetto delle norme igieniche e della prevenzione antinfortunistica; - conoscere la suddivisione degli alimenti per categorie in base alla loro natura e utilizzazione; - saper pianificare diverse tipologie di menù in ordine alle esigenze dell’utenza; - saper progettare e strutturare diverse tipologie di menù in relazione all’utenza, alle risorse umane, alle derrate alimentari, all’impiantistica; - conoscere l’analisi dei costi settoriali; - gestire correttamente l’approvvigionamento dei prodotti alimentari; - conoscere la normativa vigente relativa all’igiene alimentare; - applicare la normativa vigente relativa all’igiene alimentare e le modalità di at- tuazione di un piano di controllo dei punti critici e del rischio igienico; - progettare e strutturare diverse tipologie di menù in relazione all’utenza, alle risorse umane, alle derrate alimentari, all’impiantistica; - gestire correttamente l’approvvigionamento dei prodotti alimentari; - indossare la propria divisa nel rispetto dell’etica professionale; - mettere in funzione le macchine e le attrezzature in dotazione nei laboratori; - organizzare il proprio posto di lavoro; - realizzare la mise en place di un tavolo; - realizzare semplici preparazioni di caffetteria; - realizzare i principali tipi di servizio; - organizzare la prassi del servizio vini; - organizzare semplici bevande miscelate; - applicare ai diversi stili di servizio le tecniche principali della specificità di servizio; - realizzare ricette della cucina di base; - realizzare ricette della cucina regionale; - realizzare ricette di panificazione e pizzeria; - realizzare ricette della pasticceria; - preparare bevande miscelate; - intraprendere relazioni semplici con la clientela; 211 COMPETENZE TECNOLOGICHE - collaborare all’allestimento della sala ristorante secondo le tipologie di ser- vizio; - inserirsi attivamente nel lavoro d’équipe; - utilizzare la terminologia di settore; - curare l’igiene personale ed indossare correttamente la divisa; - ordinare in modo semplice i compiti assegnati; - distinguere i mezzi tecnologici ed il loro principale funzionamento nei settori operativi; - utilizzare in modo minimo il linguaggio tecnico e la simbologia usata nei re- parti; - usare il saluto e dare il benvenuto; - utilizzare i più elementari moduli e registri obbligatori in modo corretto; - ordinare adeguatamente i dati da registrare; - usare in modo semplice obbligatori; - utilizzare gli strumenti del Front-Office (PC, telefono, etc.); - impostare semplici lettere commerciali, cartoncini menu, dépliants, etc.; - utilizzare un programma di gestione alberghiera, della ristorazione i pacchetti applicativi più diffusi; - svolgere le operazioni relative al “ciclo cliente”; - curare la corrispondenza relativa al ricevimento. gli strumenti del Front-Office (PC, telefono, ecc.). - utilizzare correttamente la divisa e comportarsi in modo adeguato; - svolgere correttamente i compiti assegnati collaborando proficuamente con i settori di sala e cucina; - accogliere correttamente la clientela; - utilizzare esattamente i moduli e registri; - compilare e ordinare la modulistica di settore. CONTENUTI - Tecniche di cottura di alcuni alimenti e le relative procedure di lavorazione. - Norme igienico sanitarie relative alla persona, ai locali, ai macchinari ed agli utensili. - Figure e il relativo profilo professionale delle brigate di sala e di bar. - Reparti della struttura ristorativa, i macchinari e le attrezzature in dotazione. - Microlingua di settore (inglese- francese). - Principi di una corretta alimentazione. - La gastronomia e i piatti tipici. - Le principali tecniche di manipolazione in cucina. - Ricette di prodotti da forno. - Ricette di prodotti di pasticceria. - Ricette di antipasti, primi secondi. - Ricette della cucina regionale. - Tecniche di presentazione dei piatti. - Tecniche e servizi di una sala bar. - Ricette e metodi di panificazione. - La classificazione enologica, le zone DOC e DOCG e le principali tipologie di denominazioni protette. - Mezzi tecnologici utilizzati nel settore. - Linguaggio di settore. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Lo strumento di monitoraggio per lo stage è rappresentato dal Libretto di Stage, a cura del tutor formativo, nel quale è data indicazione precisa e dettagliata del programma di stage sostenuto dagli allievi in ciascuna delle realtà ospitanti. Per ciascuna realtà è individuato un tutor aziendale interno alla struttura ospi- tante, ma, al fine di garantire continuità didattica e maggiore integrazione lavo- rativa e sociale degli allievi, è garantita la compresenza del tutor formativo e del tutor aziendale per l’intero periodo di stage. 212 MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Questo perché il tutor formativo si configura come figura essenziale di riferi- mento per il gruppo classe. Al termine dell’attività frontale e di stage ciascun allievo ha acquisito elementi conoscitivi, abilità operative e capacità necessarie per presidiare in modo otti- male il ruolo professionale assegnatogli nelle varie realtà ospitanti. Molto utili ai fini della verifica e valutazione dell’attività di stage sono le schede di soddisfazione, in cui gli allievi sono chiamati ad esprimere giudizi in scala da 1 a 4 su alcuni item, tra cui i seguenti: interesse per l’attività, relazioni sul luogo di lavoro, grado di integrazione, capacità esecutive, valutazione sull’allievo, uti- lità per l’azienda. Si chiede un giudizio personale sull’azienda ospitante e un pa- rere critico, in modo tale da correggere eventuali comportamenti inadeguati da parte dell’allievo e verificare se vi siano delle mancanze da parte dell’azienda ospitante. In fase finale il tutor formativo stila una relazione nella quale riassume tutte le fasi di sviluppo dell’attività, dall’organizzazione iniziale alle attività svolte gior- nalmente dal singolo allievo. La relazione si completa con un quadro sintetico relativo alle presenze e alle assenze di ogni allievo. FINALITÀ Lo stage intende: - offrire la possibilità di acquisire professionalità e sicurezza spendibile in am- bito lavorativo; - offrire la possibilità di scegliere e orientare il proprio cammino di vita. DISCIPLINE COINVOLTE In questo processo sono coinvolte tutte le discipline: di base, trasversali e pro- fessionali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Allo stesso modo sono coinvolti tutti i formatori, tra cui anche coloro che appar- tengono alla scuola statale partner del progetto corso. AZIENDE INTERESSATE Le migliori aziende del territorio per la prima e la seconda annualità. Per il terzo anno sarebbe interessante coinvolgere le grandi aziende a livello nazionale o in- ternazionale DURATA Le 600 ore totali sono ben distribuite ed equilibrate nel percorso didattico. FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Allo stato attuale il nostro Ente ha sperimentato lo stage in itinere, secondo cui gli allievi sono impegnati nelle aziende 2 o 3 giornate alla settimana. Al fine di potenziare e personalizzare il percorso formativo si potrebbe ipotiz- zare uno stage in fase finale solo per la terza annualità, in modo da favorire una maggiormente integrazione professionale dell’allievo ai fini di innalzare le pro- babilità di occupabilità. METAVALUTAZIONE SULLO STAGE Dopo aver analizzato con le persone che compongono il tuo gruppo di lavoro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel tuo Cfp, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise – dovrai potenziare le procedure e i processi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 213 METODOLOGIA La turnazione si è rivelata molto valida per offrire agli allievi la possibilità di vagliare le proprie attitudini nelle varie realtà. Anche in questo caso, si potrebbe pensare ad una soluzione diversa per la terza annualità. Nei primi due anni gli allievi devono comprendere e stabilizzare le proprie attitu- dini professionali, al terzo anno possono concentrarsi sul settore scelto e impe- gnarsi ai fini di garantirsi una probabile integrazione professionale e lavorativa. COMPETENZE DISCIPLINARI Grande importanza è attribuita alle discipline laboratoriali, ma non bisogna mai dimenticare che le materie di base sono fondamentali ai fini di una buona pre- sentazione e un buon servizio in ambito lavorativo. COMPETENZE TECNOLOGICHE L’informatica si configura essenziale per l’eventuale gestione di archivi o pro- grammi specifici in ambiente di lavoro. CONTENUTI Potenziamento delle discipline laboratoriali MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Libretto di stage, diario di stage e relazione finale sono ottimi strumenti di mo- nitoraggio. Si potrebbe integrare la strumentazione valutativa con l’attivazione di forum in- frastage , all’interno dei quali si possono discutere, nonché approfondire, le di- namiche lavorative e le eventuali problematicità caratteriali o professionali. I forum potrebbero essere un ottimo metodo per guidare e monitorare lo svolgi- mento dello stage. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) Tutti i risultati ottenuti dalle varie strumentazioni didattiche possono essere ana- lizzati e riportati in tabelle per realizzare dei grafici da cui si potrebbe evincere immediatamente l’andamento dell’iter formativo. • Il racconto testimoniale della seconda esperienza di stage Nei giorni 17 e 25 novembre 2006 il CIFIR Sacro Costato di Taranto ha ospi- tato due giornate di formazione tenute dalle dott.sse Cristina Baldi e Maria Pia Lo- caputo – formatori del Cnos Fap Regione Puglia sede di Bari-, sull’argomento “stage”. Alle due giornate era presente tutto lo staff formativo del CIFIR di Taranto, tra cui la Direttrice, la progettista, le coordinatrici e tutte le tutor operanti sui corsi. Alla luce della modellizzazione CNOS è stato interessante confrontarsi sulle varie esperienze e le diverse problematicità. Sono state prese in analisi tutte le strumentazioni e le metodologie di valuta- zione relative all’attività di stage. Nel corso del Progetto Integrazione sono state distribuite le linee guida del CNOS, lette e studiate da noi formatori al fine di migliorare l’ offerta formativa. Nell’arco dei 3 anni del Progetto Integrazione abbiamo cercato di utilizzare al meglio l’esperienza acquisita e le strumentazioni condivise. Agli esordi, il percorso di stage veniva seguito personalmente dalla tutor del corso che si preoccupava di controllare le presenze e verificarne l’impegno, sti- 214 lando una unica relazione finale. Alla luce delle linee guida abbiamo trovato lo spunto per adottare nuovi stru- menti e per sperimentarli ai fini del monitoraggio dell’attività. Lo staff direttivo ha studiato e analizzato i contenuti delle linee guida e, alcuni strumenti, come il libret- to di stage, sono stati adottati e profusi ai tutor, adattandoli alle nuove esigenze. Le due giornate di formazione con i formatori del Cnos Fap Regione Puglia sede di Bari, hanno fornito stimoli non solo per l’adozione di nuovi strumenti im- mediatamente accolti, ma anche per la conoscenza di nuovi elementi con cui inte- grare le nostre attività: i forum infrastage. I gruppi di lavoro formati in questa occasione hanno condiviso la finalità degli incontri, attraverso i quali si possono subito riscontrare eventuali malesseri o argi- nare eccessivo entusiasmo non costruttivo. Il gruppo dei formatori si è riproposto di realizzare la programmazione futura dello stage tenendo conto dei forum di discussione, come parentesi settimanale al- l’interno del percorso formativo. Giornate di formazione come queste hanno favorito il consolidamento del gruppo di lavoro. La prima volta il nostro Ente ha potuto ospitare le giornate di for- mazione in sede, avendo la possibilità di aprire queste giornate a tutti i tutor e ad alcuni docenti interessati. Ai precedenti work-shop ha partecipato solo il gruppo di monitoraggio del CIFIR di Taranto, formato dalla Direttrice, dalle Coordinatrici e dalla Progettista. La condivisione allargata ha permesso di creare un gruppo di la- voro ben affiatato: per la prima volta docenti, tutor e coordinatori hanno argomen- tato e condiviso idee sulla programmazione e sullo svolgimento dello stage. Tale lavoro di equipe si è rivelato fondamentale affinché tutti i formatori con- dividessero le medesime finalità. Valutazioni ed eventuali Alla luce di quanto detto e delle esperienze fatte all’interno del Progetto Inte- grazione 2003 si può affermare con certezza che il gruppo dei formatori del CIFIR di Taranto si è arricchito dal punto di vista professionale e culturale. Il Progetto è stato da noi accolto con grande entusiasmo ed interesse, l’esperienza fatta ci ha arricchito non solo sul piano metodologico ma anche su quello legislativo. La conoscenza delle leggi e dei decreti che gestiscono e guidano i nostri per- corsi e le nostre attività ci ha aiutati ad avere un quadro completo nel campo della formazione professionale. Lo stage è sostanziale per una buona riuscita del percorso formativo e, monito- rarlo nel migliore dei modi attraverso strumentazioni innovative e condivise, favo- rirebbe la buona riuscita dell’esperienza. Non bisogna dimenticare che al centro di ogni processo formativo c’è sempre l’allievo con le sue problematiche e le sue richieste. Il nostro compito, in qualità di 215 formatori, è quello di aiutare e sollecitare l’integrazione sociale e culturale dell’al- lievo e, traguardo fondamentale per noi, l’inserimento occupazionale. Ci si augura che tale tipo di formazione possa essere nuovamente sperimentata e messa a regime; ciò consentirebbe a noi formatori di creare forum di scambio cul- turale e metodologici per la crescita personale e professionale dell’Ente. 216 5. CNOS FAP Regione Puglia (Bari e Cerignola) PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI IMPIANTI “INSTALLATORE/MANUTENTORE DI ELETTRICI E DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE” N.B. I CFP del Cnos Fap avendo esperienze assimilabili, e una progettazione unica e un esiguo numero di partecipanti alla formazione hanno scelto di realiz- zare insieme i Project Work previsti dal percorso di formazione dei formatori. Per questo motivo, di seguito viene illustrato il materiale prodotto unitamente dai due centri. Redatto da: Nicola Barile, formatore; Domenico Campanella, formatore; Nicola Paparella, formatore, don Rino Roca, direttore CFP Cerignola Approvato da: dott. Luigi Cannillo – Direttore del CNOS FAP Regione Puglia Uso: Pubblico 217 Denominazione iniziale del percorso di qualificazione OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO Compiti caratteristici della comunità professionale (livello di qualificazione) L’operatore elettrico ed elettronico è una figura polivalente in grado di effet- tuare assemblaggi, installazioni e riparazioni di apparecchiature e sistemi elettrici ed elettronici di media complessità. All’operatore elettrico ed elettronico è richiesto di saper svolgere i seguenti compiti: 1) Lettura e interpretazione di schemi elettrici ed elettronici • Introduzione Il consiglio dei formatori del corso inserito nel “Progetto Integrazione 2003” ha espresso viva soddisfazione per l’iniziativa che consente di attivare un confronto e uno scambio attivo tra i CFP del nostro territorio - locale e regionale - al fine di condividere e crescere nella creazione di “buone pratiche” nella gestione della formazione professionale iniziale, anche alla luce delle recenti riforme in atto con la creazione, ad opera della Riforma Moratti, dell’”unico” Sistema di istruzione e formazione professionale. In particolare, l’esperienza di condivisione appare importante al fine della comprensione di alcuni nodi centrali e problematici insiti nella riforma stessa quali: personalizzazione dei percorsi e centralità del concetto di competenza; didattica per unità di apprendimento; integrazione scuola-CFP; certificazione delle competenze e riconoscimento dei crediti; portfolio delle competenze; alternanza scuola-lavoro; coinvolgimento e “corresponsabilità” delle famiglie; ecc. Questi alcuni dei temi che ci interrogano maggiormente e ci motivano ulterior- mente alla collaborazione e al confronto. Il lavoro intrapreso ci ha portato preliminarmente a interrogarci sul profilo pro- fessionale interessato dal progetto ovvero l’installatore/manutentore di impianti elettrici e di automazione industriale nonché sulla comunità professionale di appar- tenenza e sull’impatto occupazionale che la stessa ha sul territorio della provincia di Bari e di Foggia. In un momento successivo abbiamo lavorato alla sperimentazione della Unità di Apprendimento proposta: cioè quella relativa al conseguimento della certifica- zione per la guida dei ciclomotori (patentino). Alcuni formatori hanno provato anche a progettare UdA più specifiche per il settore dell’automazione industriale che sperimenteremo più avanti nel corso della terza annualità del progetto. • Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La denominazione del profilo professionale interessato dal “Progetto Integra- zione 2003” avviso n. 8/2003 “Installatore/Manutentore di impianti elettrici e di au- tomazione industriale” rappresenta una figura professionale che appartiene alla co- munità professionale “Operatore elettrico ed elettronico”. 218 Denominazione iniziale del percorso di qualificazione OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO Compiti caratteristici della comunità professionale (livello di qualificazione) 2) Esecuzione di impianti elettrici/elettronici nel rispetto della normative e della legislazioni vigenti di settore; 3) Verifica di impianti e apparecchiature con l’ausilio di strumentazione adeguata; 4) Esecuzione delle lavorazioni meccaniche richieste dalla figura profes- sionale; 5) Organizzazione e gestione del piano di lavoro; 6) Ricerca e recupero di eventuali anomalie; 7) Manutenzione ordinaria degli impianti e apparecchi elettrici ed elettro- nici; 8) Registrazione dei dati tecnici relativi al processo lavorativo e ai risul- tati; 9) Utilizzo dei materiali e della componentistica elettrica ed elettronica al fine di effettuare scelte corrette in fase di dimensionamento e di instal- lazione; 10) Applicazione dei concetti fondamentali dell’elettrotecnica e delle meto- dologie d’impiego degli strumenti per la verifica dei circuiti elettrici ed elettronici; 11) Rispetto delle norme di prevenzione infortuni e sicurezza nel lavoro (Dlg 626/94); 12) Inserimento consapevole e responsabile nell’ambiente di lavoro in rife- rimento agli aspetti economici, organizzativi, sindacali, contrattuali, ecc. 13) Uso dei mezzi informatici per la scelta della componentistica tramite cataloghi in formato elettronico e per l’esecuzione dei disegni (Appli- cativi CAD). Figure professionali previste 8) Installatore manutentore impianti civili e industriali 9) Installatore manutentore impianti di automazione industriale 10) Installatore manutentore di sistemi elettronici 11) Assemblatore, manutentore di personal computer e installatore di reti locali Continuità (diploma di formazione) 1) Tecnico elettrico 2) Tecnico elettronico 3) Tecnico informatico In particolare, rispetto alle figure professionali previste nella comunità profes- sionale elaborata dalle guide, il nostro progetto puntava a creare una figura profes- sionale che inglobasse le competenze dell’installatore/manutentore di impianti elet- trici civili e industriali e quelle dell’installatore/manutentore di impianti di automa- zione industriale. Chiaramente stiamo parlando di qualifica di base e non di carattere speciali- stico, anche se la capacità di impegnarsi e di apprendere dei ragazzi spesso può me- ravigliare e possono sorprendere i risultati che si possono raggiungere anche con il tipo di utenza che generalmente “popola” i nostri CFP. Per questo motivo, in vista della realizzazione di percorsi triennali di forma- zione si è pensato di realizzare una figura professionale più completa, competente 219 nell’impiantistica civile e industriale oltre che, nell’automazione industriale. Come illustrato nel nostro progetto, l’installatore/manutentore di impianti elet- trici e di automazione industriale offre un livello medio di polifunzionalità ed è in grado di: – effettuare l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei se- gnali, ecc; – effettuare l’installazione/manutenzione di impianti industriali; – effettuare l’installazione/manutenzione di impianti per l’automazione indu- striale con varie tipologie di comando e controllo dei motori, con compe- tenza nella cablatura dei quadri elettrici industriali, realizzati in logica ca- blata e con l’utilizzo dei PLC; – operare in relazione con altre professionalità quali i progettisti, i tecnici, i programmatori di PLC, i fornitori, gli installatori termoidraulici, i muratori; In termini di Saper fare (capacità e abilità operative) l’installatore/manutentore di impianti elettrici e di automazione industriale è in grado di: – realizzare la serie di impianti elettrici ed elettronici fondamentali, a partire dagli schemi, usando correttamente l’attrezzatura e manipolando adeguata- mente materiali e componenti; – realizzare l’impianto elettrico di un ambiente e di una abitazione civile sulla base degli schemi funzionale e costruttivo; – effettuare operazioni di verifica funzionale e di misura delle grandezze in gioco; – realizzare gli impianti elettrici ed elettronici di segnalazione e con l’uso di relè, in bassa tensione, presenti nei locali dell’abitazione civile in base al di- segno e a specifiche tecniche; – effettuare operazione di misura e controllo delle diverse tensioni presenti. – realizzare impianti citofonici e videocitofonici presenti nei locali civili e nel terziario sulla base di fogli di istruzione e di schemi elettrici; – effettuare operazioni di verifica funzionale e diagnosticare il guasto even- tuale. – realizzare l’impianto elettrico, di una abitazione civile, utilizzando l’attrezzatura, i materiali e le apparecchiature elettriche ed elettroniche sulla base di schemi funzionali e unifilari; – effettuare operazioni di verifica funzionale e di misura delle grandezze in gioco; – realizzare, in base a schemi, impianti elettrici industriali di telecomando per motori asincroni trifase, con fine corsa, interruttori di prossimità, timer; ef- fettuarne il collaudo funzionale, la ricerca dei guasti ed il ripristino delle anomalie; 220 – eseguire semplici impianti pneumatici ed elettropneumatici e provvedere alla loro manutenzione; – eseguire controlli generici su azionatori, attraverso logica elettromeccanica; • controlli di potenza, in ordini alle esecuzioni; • una programmazione di processo; • collegamenti e programmazioni su sistemi PC-PLC – eseguire controlli di produzione; • controlli sequenziali con PC-PLC; • controlli su struttura pluriasse a definizione cartesiana; • montaggio di stazione di pilotaggio e controllo; – eseguire le operazioni varie, in piena consapevolezza delle normative vi- genti; – effettuare le semplici operazioni meccaniche al banco o al trapano, richieste per l’esecuzione degli impianti elettrici, interpretare i disegni di particolari meccanici. • Caratterizzare le tipologie di aziende presenti nella regione puglia ed in par- ticolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le sperimen- tazioni La progettazione della “figura professionale” parte dall’analisi dei fabbisogni di professionalità del contesto economico-produttivo locale (a breve e medio termine), attraverso strumenti e con modalità particolari, che vanno dall’esame di fonti stati- stiche (Istat, Excelsior, Isfol, Ministero del Lavoro, Assoindustria, Ipres, Camera di Commercio) alla valutazione dei risultati di indagini specifiche (CNOS FAP Nazio- nale, Università Pontificia Salesiana Dipartimento Statistica-Pedagogia-Sociologia del Lavoro, Cospes, Ipres Puglia, POR Puglia 2000-2006 Pag. 5 Sistemi della Puglia Centrale, consorzio ASI, API, Libro Bianco della Commissione Europea Direzione Generale XXII “Insegnare e apprendere: verso la società conoscitiva”). È fondamentale evidenziare che già dalla fase di rilevazione dei fabbisogni professionali sono state effettuate, dimostrando grande validità ed efficacia, forme di interazione strutturate prioritariamente tra i soggetti coinvolti nella progettazione del percorso formativo: in particolare cfp Cnos-Fap/Sistema delle Imprese. Le azioni di indagine sul fabbisogno professionale effettuate nel territorio han- no coinvolto direttamente circa 150 (centocinquanta) aziende appartenenti: • al territorio di Bari, Modugno, Bitonto, Bisceglie e Molfetta, oltre che di Foggia; • alla classe dimensionale di 6-40 addetti; • ai settori di attività meccanico, elettrico ed elettronico. Le figure professionali tipo individuate nel corso dell’indagine sono: • Operatore su macchine utensili a Controllo Numerico; • Installatore/manutentore di impianti elettrici di automazione industriale; 221 222 • Operatore al banco con l’ausilio di macchine utensili; • Operatore alle macchine utensili; • Disegnatore con sistemi CAD-CAM; • Installatore/manutentore elettricista civile ed industriale; • Manutentore programmatore di impianti con PLC; • Saldatore Tali figure rispondono alla effettiva domanda delle imprese. È noto che le imprese metalmeccaniche con l’introduzione dell’automazione segnalano notevoli difficoltà nel reperimento di figure professionali specializzate. Il CNOS FAP non è in grado di soddisfare la continua richiesta delle imprese in quanto gli allievi che hanno conseguito una rispondente ed adeguata qualifica professionale sono attualmente già tutti occupati. Ipotesi di implementazione delle competenze della figura professionale Nella tabella che segue in corsivo sono evidenziate le integrazioni – in termini di compiti – ritenute necessarie per il completamento delle competenze della figura professionale in uscita. 2. FIGURA PROFESSIONALE INSTALLATORE MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE DENOMINAZIONI EQUIVALENTI Installatore e riparatore di apparati elettromeccanici; operatore elettronico industriale; montatore e ma- nutentore di sistemi di comando e controllo; manutentore e programmatore di impianti con PLC; monta- tore e manutentore di sistemi di automazione industriale. Manutentore elettro-elettronico e di sistemi di automazione; manutentore impianti e utenze elettro-elet- troniche (Obn) COMPITI SPECIFICI L’installatore manutentore di impianti di automazione industriale (m/f) è una figura professionale in grado di svolgere una varietà di compiti e rivestire ruoli differenti: 1) Lettura e interpretazione di disegni di schemi elettrici funzionali, multifilari e a blocchi; 2) Lettura e interpretazione di disegni di schemi di circuiti elettronici, schemi a blocchi di circuiti digi- tali; 3) Lettura e interpretazione di disegni di schemi di azionamenti pneumatici e/o elettropneumatici oleo- dimanici; 4) Leggere e interpretare il principio di funzionamento del TRASFORMATORE mono e trifase e del M.A.T. per gli azionamenti in ambito produttivo e non; 5) Realizzazione, su uno schema elettrico fornito, del cablaggio e messa in opera di un quadro di co- mando per avviamento/inversione M.A.T. con segnalazione acustica e luminosa e le relative prote- zioni: magnetotermica, termica, differenziale; 6) Verifica della funzionalità e ottimizzazione del quadro realizzato, relazionando su eventuali anomalie che potrebbero presentarsi in relazione a eventi produttivi; 7) Lettura e interpretazione di uno schema per il comando e un limitato controllo di più azionamenti mediante MAT con modalità funzionali differenti: Stella-triangolo, commutazione di polarità, inver- sione di marcia, avviamento con autotrasformatori, avviamento di MAT con resistenze rotoriche; 223 8) Esecuzione delle varie attività circa gli azionamenti, attraverso realizzazioni circuitali singole e/o composite con realizzazione di circuiti di comando e potenza, nonché controlli delle variabili elet- triche attraveso strumentazioni opportune (Voltmetri, ampermetri, cosfimetri, varmetri, ecc…); 9) Realizzazione di controlli per: mancanza di fase, mancanza di alimentazione per intervento di una protezione, sovraccarico, azionamenti paralleli in caso di totale blakout (simulazione di un’assenza completa di alimentazione esterna con shift automatico su una linea secondaria); 10) Lettura e comprensione dei linguaggi di programmazione dei controllori programmabili nelle mo- dalità KOP, AWL, FUP (per PLC SIEMENS), LADDER, MNEMONICO, e A BLOCCHI (per PLC OMRON); 11) Lettura e interpretazione di diagrammi di flusso che conseguono un’attività di programmazione; 12) Trasduzione di schemi elettromeccanici delle esercitazioni più complete e complesse realizzate con logica elettromeccanica (cablata) in linguaggi di programmazione e editing successivo; 13) Comparazione operativa e funzionale delle realizzazioni attraverso valutazione dei tempi e delle modalità operative; 14) Installazione di Controllori programmabili all’interno di un quadro di comando per l’azionamento indiretto di una movimentazione semplice utilizzando attuatori elettromeccanici per il governo di si- stemi elettrici (MAT) e pneumatici/oleodinamici; 15) Programmazione di una EEPROM e allocazione all’interno della CPU del PLC montato e cablato all’interno di un semplice quadro di comando (di cui sopra); 16) Controllo della velocità di un MAT attraverso encoder opportunamento programmato; 17) Installazione di inverter per la regolazione di velocità di MAT; 18) Controllo della velocità di un motore elettrico alimentato a corrente continua; 19) Controllo della velocità e degli step di azionatori vari; 20) Programmazione OFF/ON LINE di strazione di PC-PLC, opportunamente montata per la movimen- tazione di un processo che si orienta secondo le coordinate cartesiane ortogonali che realizzi il ca- rico e scarico di un prodotto non opportunamente precisato; 21) Realizzazione di una programmazione di processo che realizza la movimentazione su di un sistema pluriasse ad azionamento misto pneumatico elettrico per la gestione di un processo produttivo, dove si distinguono le fasi operative e si completa la gestione produttiva con lo scarico e la successiva transfert in continuità; 22) Realizzazione, in completamento di controlli e recuperi di eventuali anomalie, attraverso la pro- grammazione di routine di gestione; 23) Esecuzione di varie operatività inerenti il controllo totale di un processo attraverso l’utilizzo di pro- grammazioni che consentono il controllo della posizione (Time uot) e della funzionalità dei canali di I/O del PLC (confronto matematico in esadecimali); 24) Ottimizzazione del processo attraverso la visualizzazione delle scansioni operative del programma ed eventuali variazioni on line realizzate attraverso la rete di gestione PC-PLC; 25) Utilizzazione ottimale dei software specifici (CX Programmer e Simantec) per le gestioni di cui trat- tasi; 26) Applicazione dei tutti i riferimenti normativi (ISO 9000…) 27) Esecuzione delle verifiche, controlli e misure riguardanti gli attuatori, trasduttori, i quadri di co- mando e controllo e le interfacce di vari sistemi; 28) Manutenzione ordinaria e straordinaria di quanto realizzato, attraverso riferimenti normativi e/o antinfortunistici che garantiscano il recupero delle anomalie nello standard normativo riferito al- l’efficienza; 29) Lettura e comprensione delle norme di installazione e d’uso degli attuatori elettrici ed elettronici, dei rivelatori e dei componenti, al fine di sostituirli con altri caratterizzati da analoghe prestazioni; 30) Conoscenza dei sistemi di comando, controllo per l’attuazione di macchine operatrici e dei loro cicli operativi e tecnologici; 31) Uso dei mezzi informatici per l’esecuzione dei disegni tecnici; 32) Consultazione di manuali tecnici per il corretto impiego della componentistica. COLLOCAZIONE ORGANIZZATIVA Trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole-medie e grandi imprese che operano: • Nel settore della quadristica per impianti industriali • Nel settore dell’equipaggiamento elettrico a bordo macchina delle macchine operatrici • Nel settore della progettazione e della programmazione del PLC • Negli ambiti manutentivi di grosse aziende (multinazionali) • In aziende specifiche per servizi manutentivi PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “STAGE ” CORSO DI “INSTALLATORE/MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI E DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE” Redatto da: Nicola Barile, formatore; Domenico Campanella, formatore; Nicola Paparella, formatore, don Rino Roca, direttore Cfp Cerignola Approvato da: Luigi Cannillo – Direttore del CNOS FAP Regione Puglia Uso: Pubblico 224 • Introduzione Il lavoro di approfondimento della tematica relativa alla gestione dello Stage nei percorsi di formazione iniziale in diritto – dovere ha consentito di definire ulte- riormente lo stage quale nucleo portante del percorso formativo che si basa sul- l’inserimento in un contesto di lavoro come principale risorsa per favorire l’apprendimento di nuove capacità professionali o per orientare le scelte di carriera. L’esperienza di stage, di inserimento in aziende per mettere alla prova le com- petenze acquisite in laboratorio e in classe costituisce una delle modalità didattico- formative centrali dell’azione pedagogica nello stile di Don Bosco, il nostro santo fondatore. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage Per i formatori del CNOS FAP sede di Bari e di Cerignola, l’esperienza di stage costituisce la principale leva del cambiamento, la risorsa strategica su cui puntare per l’organizzazione, la gestione e la valutazione di percorsi formativi di qualità. L’esperienza reale può assolvere due funzioni essenziali: • favorire l’incremento delle capacità e delle competenze richieste da una de- terminata figura professionale; • verificare in che misura gli apprendimenti sono stati interiorizzati. Oltre a rappresentare il momento di apprendimento delle specifiche capacità di ruolo, l’inserimento in azienda assume anche una funzione dimostrativa e di certifi- cazione delle nuove acquisizioni. In questo senso lo stage può essere definito come una prova professionale ba- sata sulla messa in opera da parte dell’allievo delle risorse apprese (saperi, abi- lità, capacità personali), con lo scopo di dimostrare l’acquisizione di una determi- nata competenza nell’esercizio di una specifica attività lavorativa, per la cui vali- dazione è indispensabile il giudizio positivo di un soggetto terzo: l’impresa. L’approfondimento del livello esistente della pratica di stage ha messo in luce le finalità dello stage: – verificare se le competenze maturate (anche in termini di apporto tecnolo- gico conseguito) sia rispondente alle esigenze delle aziende e del settore (di- vario di competenza) – verificare la capacità di gestire la propria professionalità all’interno dell’a- zienda – verificare che l’intera fase esperienziale sia la verifica sostanziale del rag- giungimento degli obiettivi professionali indicati dal profilo di riferimento – verificare se c’è corrispondenza tra tecnologia che produce (aziende) e tec- nologia che forma – creare un collegamento col mondo del lavoro al fine di favorire l’inserimento degli allievi all’interno delle aziende 225 AZIENDE INTERESSATE Le aziende interessate e coinvolte nell’azione di stage sono quelle del settore economico di riferimento, ovvero aziende del territorio di Bari che si occupano di impiantistica elettrica civile e industriale, oltre che di automazione indu- striale DURATA Stage orientativo: 100 Stage formativo: 350 Stage di preinserimento: 150 – favorire un’esperienza di apprendimento – coinvolgere e sensibilizzare le aziende nella formazione (creare “cultura” della formazione) In termini di obiettivi formativi, lo stage, a seconda della sua collocazione nel percorso formativo deve rendere il giovane in grado di: Stage iniziale – riconoscere le tipologie di aziende del settore professionale di riferimento – consolidare la scelta formativa effettuata Stage formativo – familiarizzare con gli addetti dell’azienda al fine di favorire la comunica- zione e l’integrazione delle risorse; – affiancarsi operativamente al ruolo di riferimento verificando anche le com- petenze acquisite – discutere con gli addetti dell’azienda su alcune specifiche tecnologiche e normative – relazionarsi con i diretti preposti al fine di arricchirne la propria base opera- tiva – far sintesi degli aspetti multidisciplinari acquisiti e applicarli nell’ambito dell’esperienza – relazionare sulle positività dell’intera fase esperienziale. Stage di pre-inserimento – lavorare in autonomia limitatamente alle esigenze dell’azienda; – relazionarsi con i responsabili di settore o di area dell’azienda al fine di indi- care eventuali miglioramenti della fase produttiva; – comprendere in definitiva il ruolo operativo all’interno dell’azienda e trac- ciarne un percorso in caso di eventuale inserimento lavorativo all’interno della stessa. In ordine alle discipline e ai docenti delle istituzioni scolastiche partner coin- volti nell’azione di stage, si evidenzia la difficoltà di coinvolgere questi ultimi nella gestione operativa dell’esperienza anche se tutte le discipline previste nel progetto sono coinvolte nell’azione. Diversamente, i formatori del CFP sono tutti sostanzialmente coinvolti nell’a- zione di stage insieme al tutor del corso. 226 FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Stage orientativo: 30 ore impiantistica civile 40 ore impiantistica industriale 30 ore automazione industriale Visite e affiancamento in osservazione della durata di 6 ore circa; Stage formativo: al termine del secondo anno anche secondo le esigenze organizzative del CFP con giornate della durata di 6 ore Stage preinserimento: al termine del terzo anno con un orario giornaliero di 8 ore METODOLOGIA Si concorda sempre con l’azienda quello che i ragazzi “andranno a fare” in azienda Circa la metodologia essa di articola in una prima fase di affiancamento in os- servazione, per poi progressivamente caratterizzarsi per un maggiore presidio del ruolo fino alla piena autonomia Nello stage orientativo c’è un rotazione tra le aziende COMPETENZE DISCIPLINARI Comunicare in lingua italiana corretta Scrivere in modo corretto Conoscere le specifiche di base delle discipline scientifiche (matematica, am- biente) Conoscere la normativa in materia di sicurezza sul posto di lavoro COMPETENZE TECNOLOGICHE Conoscere gli aspetti fondamentali delle tecnologie e le relazioni con l’attività operativa; Possedere manualità e alcuni aspetti che riguardano la progettualità operativa CONTENUTI Di carattere tecnico operativo MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Valutazione al termine degli affiancamenti Inquadramenti operativi all’interno dell’azienda Valutazione dell’occupabilità Osservazione diretta e questionari di valutazione RISULTATI CONSEGUITI – interazione attiva con l’ambiente lavorativo – conoscenza del mercato del lavoro del settore – apprendimento di nuove competenze operative in situazione L’analisi del livello esistente di gestione dello stage e il confronto con il mo- dello teorico a cui i CFP CNOS FAP della Regione Puglia già si ispirano ha con- sentito di mettere in luce alcune incongruenze tra quello che si progetta e in cui si crede e la concreta attuazione del modello. In particolare, il gruppo dei formatori coinvolti nell’azione progettuale ha ap- profondito gli strumenti di gestione dello stage prestando molta attenzione al diario di stage e alle rubriche di valutazione relative allo stesso. Per effetto della riflessione e del lavoro di gruppo, sono stati adattati gli stru- menti offerti dalla sede Nazionale del CNOS alle concrete esigenze dei nostri CPF e delle aziende del territorio pugliese. 227 6. EPCPEP di Ostuni CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE DI OSTUNI Via Ludovico Pepe, 27 - 72017 Ostuni (Br) Tel./Fax 0831 336643 - e-mail: ostunicfp@libero.it PROGETTO “OFS PUGLIA 2003” OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” RELAZIONE 1° PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE: “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “Addetto alle strutture turistiche alberghiere” Redatto da: Giovanni Enzo Nacci Approvato da: Francesco CUCCI Uso: Pubblico 228 • Introduzione Il Progetto Integrazione OFS “ADDETTI ALLE STRUTTURE TURISTICHE ALBERGHIERE” Un aspetto qualificante dei percorsi di integrazione è dato dall’adozione di mi- sure di personalizzazione atte a rendere più flessibile il percorso formativo e con- sentire attenzioni educative e formative alle caratteristiche ed ai bisogni specifici di ogni singolo allievo, ai diversi stili di apprendimento e metodi di studio, alle neces- sità di approfondimento e/o di recupero, alle “soluzioni diversificate” che occorre mettere in campo nella gestione di “casi personali” che richiedono maggiori risorse e progettualità. La personalizzazione avviene comunque in un contesto-classe, dove il gruppo costituisce una delle leve dell’apprendimento. Ciò vale anche nel caso in cui si deb- bano delineare sotto-gruppi differenti, che non costituiscono una sorta di corsi a sé stanti, ma rappresentano articolazioni dei gruppi-classe originari per la gestione di attività di recupero e/o di approfondimento. La ricerca in itinere è composta dall’insieme di attività condotte al fine di mo- nitorare costantemente il mercato di riferimento della figura professionale in uscita dal corso, permettendo un aggiornamento, in tempo reale, del know how e delle skills di tali figure a quelli che risulteranno essere i bisogni emergenti ed i gap del settore di riferimento, consentendo di fornire una formazione just in time e conte- stualizzata. In particolare, la ricerca socio-economico-culturale sul territorio, verte sulle te- matiche oggetto del corso, sul segmento di mercato obiettivo da poter occupare e sulle tipologie di strutture all’interno delle quali la figura professionale in uscita dal corso dovrà operare; particolare importanza verrà attribuita all’analisi di casi con- creti di imprese operanti nel settore di specifico interesse del progetto: tale con- fronto su casi e fra casi fornirà ai partecipanti al programma formativo elementi chiarificatori e di confronto evolutivo rispetto al profilo attitudinale necessario al- l’espletamento del ruolo e delle funzioni nel settore di riferimento del corso. • Approfondire la natura della Comunità Professionale di riferimento Il primo degli obiettivi del Project Work era finalizzato all’approfondimento della natura della comunità professionale di riferimento. Qui di seguito si propone una tabella esemplificativa delle caratteristiche del- l’operatore turistico ed alberghiero, secondo quanto pubblicato dal testo dal titolo “Comunità Professionale turistica e alberghiera. Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati” a cura del Cnos e Ciofs Nazionale. Il modello teorico proposto sarà integrato e arricchito, oltre che da un punto di vista schematico, anche tramite la verbalizzazione delle motivazioni per cui chi scrive, sulla base dell’esperienza e delle attività di analisi svolte in itinere, può con- 229 frontare la teoria con la prassi. Inoltre, si precisa che nella stessa tabella, i compiti caratterizzanti l’operatore turistico sono arricchiti dai compiti descritti come carat- teristici in altre comunità professionali, pubblicate dal CNOS FAP E CIOFS NAZIONALE: in particolare, uno studio attento del contenuto delle guide - consegnateci nel primo seminario tenutosi in data 15 e 16 ottobre 2004 - mi ha consentito di riflettere sulla trasversalità di alcuni compiti caratterizzanti il profilo professionale in uscita dalla sperimentazione attivata presso il nostro centro, rispetto alla specificità con cui le stesse azioni sono descritte nelle guide con riferimento specifico alle figure profes- sionali riconducibili a ciascuna delle comunità. L’area delle competenze trasversali vuole supportare gli allievi nell’acquisi- zione di una sempre più precisa capacità di riconfigurare lo spazio di vita e di pro- gettare soluzioni più vicine agli scopi che vogliono e devono conseguire nel con- testo lavorativo: I anno L’alunno è in grado di: – saper applicare corrette misure preventive e acquisire comportamenti re- sponsabili per la tutela della salute propria ed altrui; – dialogare con il responsabile del servizio sulle operazioni svolte e sui risul- tati ottenuti; – gestire le fasi operative dell’attività di cucina, sala e bar e sviluppare la ca- pacità di dare e ricevere informazioni; – dialogare con i soggetti posti ai vari livelli gerarchici e/o funzionali; – avere una giusta autonomia linguistica dal punto di vista grammaticale e sin- tattico; – preparare le materie prime da utilizzare e un semplice menu; – diagnosticare le proprie competenze e risorse personali e riconoscere i propri stili comportamentali; – comunicare con altri nel contesto di apprendimento e di lavoro, in situazione di interazione; – collaborare con altri nella realizza zione di una attività; – migliorare le proprie strategie di apprendimento e di azione; – accogliere ed assistere un gruppo di turisti operando in situazione assistita. II anno L’alunno è in grado di: – conoscere le principali forme di cortesia, di saluto e di benvenuto e saperle usare correttamente; – conoscere le elementari forme di comunicazione verbale e non verbale e saper rispettare le dovute formalità operative e comportamentali in riferi- mento ai doveri e ai diritti; 230 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico alberghiero rappresenta una figura professionale po- livalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita; – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – recuperare e rafforzare abilità comunicative in vari contesti e settori, soprat- tutto di tipo professionale; – diagnosticare la qualità dei propri stili comportamentali e dei propri processi di pensiero; – comunicare con altri nel contesto di apprendimento e di lavoro anche in si- tuazione di interazione mediata da strumenti di diversa natura (cartacei, in- formatici, telematici); – assumersi responsabilità all’interno di un lavoro di gruppo e saper collabo- rare attivamente nel gruppo, rispettando le regole stabilite; – migliorare le proprie prestazioni lavorative anche in forme di auto-apprendi- mento; – avere la capacità di elaborare quanto appreso per poter lavorare, nello stesso settore, se ve ne offre l’occasione, anche nel paese straniero laddove si usa la lingua appresa. III anno L’alunno è in grado di: – svolgere attività di informazione, con costante attività di rappresentanza nei confronti delle agenzie intermediarie e dei grandi clienti (associazioni, cir- coli aziendali, nuclei sociali, aziende, ecc.); – essere in grado di individuare, in base alla richiesta, le soluzioni tecniche più opportune per la costruzione di un pacchetto turistico; – promuovere presso enti locali, consorzi e imprese azioni ed eventi di valo- rizzazione, di interesse scientifico-culturale e di richiamo turistico dei beni culturali; – sviluppare una forte identità personale e professionale; – risolvere problematiche nuove e diverse, senza resistenze al cambiamento; – sviluppare sicurezza e rapidità di risposta e di proposta di soluzioni opera- tive. – fornire un nuovo impulso produttivo alle imprese interessate creando al loro interno competenze e capacità innovative finalizzate alla valorizzazione delle risorse turistiche, nonché all’ottimizzazione delle risorse impegnate. 231 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) – implementazione del piano di lavoro, verificando le eventuali anomalie e, se necessario, rimovendole; 1 – allestimento, verifica ed azionamento di impianti di altoparlanti e di illu- minazione in caso di eventi/manifestazione; – utilizzo delle strumentazioni informatiche, hardware e software, in parti- colare per l’elaborazione dei testi, di fogli elettronici per la ricerca di in- formazioni (internet) e per la comunicazione (posta elettronica) e crea- zione/gestione di un sito web2; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione delle informazioni di varia natura anche in lingua straniera, uti- lizzando le strumentazioni adeguate;3 – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate (inglese e francese); – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio; – preparazione e distribuzione delle materie prime elementari;4 – individuazione dei diversi alimenti secondo la specie, qualità, prove- nienza territoriale e stagionalità;5 – rispetto delle norme del manuale di autocontrollo HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e della attrezzatura);6 – sviluppo di soluzioni anche innovative con gusto estetico e abilità ma- nuali;7 – conservazione degli alimenti applicando le diverse tecniche;8 – manutenzione ordinaria e piccole riparazioni del parco giochi e delle altre strutture sportive e ricreative. FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 7) Addetto ai servizi turistici. 8) Commis di sala e bar. 9) Commis di cucina CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 6) Tecnico dei servizi turistici 7) Tecnico delle attività ristorative 1 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit. 2 Cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale Aziendale e amministrativa, pag. 47. 3 Ibidem. 4 Ibidem 5 Cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale Alimentazione, pag. 51. 6 Ibidem. 7 Ibidem. 8 Ibidem. 232 Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando la speri- mentazioni La legge sull’obbligo formativo e la successiva regolamentazione attuativa non si limita a prescrivere un obbligo, ma definisce un sistema complesso di relazioni fra i soggetti, istituzionali e non, operanti sul territorio, per assicurare il successo formativo dei giovani. Queste relazioni sono finalizzate sia allo sviluppo del processo di comunica- zione relativo ai percorsi e alle scelte dei giovani soggetti ad obbligo, sia alla co- stituzione di banche dati sulla domanda e sull’offerta di formazione e di lavoro, sia al tutorato del percorso, con il coinvolgimento delle famiglie e dei servizi di inter- vento sociale. La formazione professionale e l’apprendistato diventano, quindi, due canali che, al pari della scuola, permettono ai giovani di continuare il percorso formativo, almeno fino a raggiungere quel traguardo di una qualificazione di base che ormai costituisce lo standard minimo indispensabile per inserirsi nella società civile ed economica. Va aggiunto che, in una prospettiva di lifelong learning, questi percorsi non dovranno più rappresentare, come in passato, solamente dei punti di arrivo, ma delle fasi di passaggio a successive attività formative da seguire im mediatamente dopo il conseguimento della qualifica. L’analisi di dati ISFOL su dati regionali dimostra che gli allievi iscritti ai corsi di primo livello rappresentano con 95.131 unità il 17,4% dell’utenza dell’intero si- stema di formazione professionale regionale (tab. 1). Tra gli iscritti prevale nettamente la componente maschile con 37.147 unità ri- spetto alle 21.072 di quella femminile. L’analisi dell’andamento delle iscrizioni mostra un lieve calo dagli anni ‘80, seguito da un calo più forte a partire dall’inizio degli anni ‘90, anche a seguito dei nuovi meccanismi di finanziamento previsti dal FSE e dalle conseguenti scelte re- gionali. Pertanto, dal 1990 al 1998-99, gli allievi passano dalle 244.403, alle 95.131 unità. Un ulteriore calo, ancora da quantificare (la rilevazione è in corso) è stato pro- dotto dall’innalzamento dell’obbligo scolastico a partire dal 1999-2000 (tab. 2 e 3). 233 234 Nel frattempo, il tasso di passaggio dalla scuola media alla scuola secondaria superiore è cresciuto fino ad assestarsi, nell’anno 1998/99, sui 94,5 punti percen- tuali. Sul sistema scolastico secondario, la cui recente riforma ha completato il quadro della ristrutturazione dell’intero sistema formativo italiano, sembra che con- tinuino a ricadere molteplici aspettative a cui non può da solo rispondere. Pen- siamo, ad esempio, che il tasso di diploma, pur crescendo rispetto all’anno prece- dente, si assesta nell’anno 1998-99 sui 75,4 punti percentuali contro i 68,4 del 1997. Le informazioni relative alla regolarità dell’iter scolastico contribuiscono a de- lineare i percorsi e le motivazioni dei giovani in età dell’obbligo formativo . La ta- bella 4 riporta gli alunni respinti e non 1997/98; 2,3 alunni su 100 iscritti alla prima classe della scuola secondaria superiore non ottengono alcuna valutazione uscendo dal sistema per cause non formalizzate, mentre sono 21,6 (su 100 iscritti) gli alunni respinti agli scrutini al termine della stessa classe. L’indicatore di interruzione di frequenza, elaborato dal Ministero della Pub- blica Istruzione, si assesta nella prima classe secondaria sul 13,3% di allievi iscritti alla scuola secondaria che abbandona il percorso. Per la quinta classe, lo stesso va- lore sale sino ai 14,8 punti (tab. 5). La disaggregazione del dato per tipologia degli istituti secondari rileva che la maggior parte delle interruzioni avviene nell’istru- zione professionale, artistica e tecnica. Se da una parte, dunque, si assiste ad una domanda forte e diffusa di istruzione professionalizzante, dall’altra, è proprio questo il segmento dell’istruzione dove si registra il maggior numero di abbandoni. 235 Per rispondere a tale domanda di formazione professionalizzante il presente in- tervento di “Offerta Formativa Sperimentale di istruzione e formazione professio- nale” può effettivamente costituire un canale alternativo per adempiere l’obbligo scolastico e l’obbligo formativo in quanto è in grado di offrire un percorso effetti- vamente funzionale al trasferimento di competenze tecnico-professionali spendibili e riconoscibili dal mercato del lavoro. A conferma di quanto sopra anche dall’analisi del P.O.R 2000/2006 allo stato attuale e sulla base delle dinamiche di sviluppo emerse nell’attuale decennio, è pos- sibile individuare i sistemi locali di sviluppo, legati essenzialmente alle aree pro- duttive presenti nella provincia di Brindisi. Il sistema turistico della provincia di Brindisi è legato soprattutto all’area co- stiera presente tra Fasano-Ostuni-Carovigno-Brindisi, con forti collegamenti al- l’area dei trulli (Putignano, Alberobello, Locorotondo, Fasano, Cisternino e Ostuni 236 in provincia di Brindisi), e all’area carsica di Castellana Grotte e dell’Alta Murgia (Gravina, Altamura). I principali punti di debolezza di tale sistema hanno origine nella difficoltà di riuscire a costituire un sistema integrato in grado di valorizzare le risorse naturali, culturali, storiche dell’area compresa tra la provincia di Bari e la provincia di Brin- disi, con un’offerta sempre più destagionalizzata di nuovi servizi di ospitalità con specifiche caratteristiche distintive del turismo culturale, religioso, sportivo-ricrea- tivo, congressuale, d’affari\fieristico, scolastico e rurale. Al 31 dicembre 1998, le imprese registrate presso i Registri Camerali delle provincie pugliesi ammontano a 370.452 unità. Considerando i settori principali, le imprese agricole ammontano a 125.621 (33,9%), quelle manifatturiere a 37.824 unità (10,2%), le imprese del settore delle costruzioni a 33.798 (9,1%), gli esercizi alberghieri e i ristoranti esprimono una consistenza pari a 10.744 imprese (2,9%) mentre gli esercizi commerciali raggiun- gono una consistenza di 103.097 aziende (27,8%). Alla stessa data, le imprese extra-agricole ammontano a 244.077 (65,9%); di queste il 15,8% è costituito da imprese industriali, il 13,8% da aziende operanti nel settore delle costruzioni, il 42,2% da attività commerciali ed il 4,4% da alberghi e pubblici esercizi (la rimanente quota è ascrivibile ad “imprese non classificabili”). Sotto il profilo dimensionale, l’apparato produttivo pugliese presenta la se- guente composizione: le micro-imprese (1-9 addetti) detengono una quota pari all’87,2%, legger- mente inferiore a quella del Mezzogiorno 87,7%) ma superiore alla media italiana (84,6%); – le piccole aziende (10-49 dipendenti) ammontano all’11,3% del totale, ri- spetto al 10,6% del Mezzogiorno ed al 13,2% dell’Italia; – le medie imprese (50-249 addetti) risultano pari all’1,3% (1,4% per il Mez- zogiorno ed 1,9% nella media nazionale); – le imprese maggiori con più di 250 dipendenti (in numero di 105 a livello regionale) non superano la quota dello 0,2%, leggermente inferiore a quelle del Mezzogiorno e dell’Italia (entrambe allo 0,3%). Il turismo in Puglia rappresenta uno dei settori economici a più elevata potenzia- lità di sviluppo. Nel 1991 la capacità ricettiva della regione, ovvero il numero di po- sti letto alberghieri e complementari era rispettivamente di 35.409 e di 8.422, mentre nel 1996 tale numero è salito a 48.814 e 110.645 per le due categorie di esercizi, pari ad un totale di 159.459 (fonte Insud). Le presenze di turisti italiani e stranieri nelle strutture alberghiere ed extra alberghiere sono state nel 1997 pari a 4 e 3 milioni di unità (circa 7,2 milioni in complesso), con una presenza estera pari a circa il 15% del totale, ed una permanenza media nel complesso di circa 3,6 giorni. L’incremento di presenze turistiche negli ultimi anni si è aggirato intorno all’8% annuo. Il Programma Operativo Regionale, meglio conosciuto come P.O.R., rappre- senta un’importante occasione per realizzare sul territorio provinciale Brindisino 237 interventi capaci di determinare lo sviluppo del territorio e una migliore qualità della vita. Affinché ciò si verifichi è necessario programmare al meglio progetti ed inter- venti formativi. Per questa ragione sono state realizzate indagini sui fabbisogni professionali nella regione Puglia, con lo scopo di identificare parametri attendibili ed aggiorna- bili di conoscenza della domanda e dell’offerta di lavoro. La rilevazione di fabbisogni formativi e l’individuazione dei profili professio- nali consente di riavviare un confronto costante con gli Enti locali del sistema for- mativo basato su una maggiore conoscenza dei fenomeni, da cui discenderà una pro- grammazione più orientata ai reali bisogni del mercato. In tale ottica, una volta indi- viduati i profili necessari, la qualità della formazione potrà essere l’arma vincente. L’indagine IPRES per il territorio Brindisino individua prioritariamente un fabbisogno di manodopera qualificata nel settore turistico-alberghiero. Da tale indagine emerge l’evidenza che gli operatori in possesso di una quali- fica professionale, riferita al settore, hanno maggiori possibilità occupazionali. La presente proposta formativa, Addetto alle strutture turistiche alberghiere, viene formulata dal C.F.P. di Ostuni, presente da anni sul territorio con interventi nel settore. Ostuni, definita la ‘Città Bianca’ per la colorazione a calce delle sue case, sorge in collina ai margini della Valle d’Itria. Un paesaggio dalle mille suggestioni definita ultimamente la “città presepe”, la “bianca regina degli ulivi che scende verso un mare terso e azzurro”. La marina di Ostuni, venti chilometri di costa multiforme, è dotata di attrezza- ture e insediamenti turistici tra i quali primeggiano il villaggio Valtur, Rosamarina, Il Villaggio Vacanze, l’Hotel Incanto, Grand Hotel Masseria Santa Lucia, Hotel Villaggio Residence Plaia, La Darsena, Lo Scoglio degli Achei. La sua vocazione turistica è stata premiata con numerosi riconoscimenti. La presenza costante degli Operatori Turistici e delle Amministrazioni Locali alla BIT di Milano e Francoforte conferma l’ipotesi di crescita e di sviluppo nel settore turistico-alberghiero. Il bacino di utenza individuato nei comuni di Ostuni, Carovigno, San Vito, San Michele, Ceglie M., Cisternino, Fasano, Mesagne comprende una Popolazione di circa 180.000 abitan ti, dei quali 85.000 maschi e 95.000 femmine. Da una economia basata sull’agricoltura, si è passati oggi ad una voca zione prevalen temente turistica che vede Ostuni e il com pren so rio di riferimento impe- gnati in questa profonda azione di rinnovamento. Il territorio ha risposto a questa nuova realtà insediando nuove strutture ope- ranti nei settori alberghiero, agrituristico e della ristorazione. Le aziende operanti nel settore della ristorazione sono 251 così distribuite: – Ostuni 84 aziende di cui 42 Ristoranti 20 Pizzerie ,14 Rist.-Albergo, 8 Agri- turismo; 238 – Fasano 63 aziende di cui 30 Ristoranti, 18 Pizzerie, 10 Rist.-Albergo, 5 Agriturismo; – Carovigno 37 aziende di cui 18 Ristoranti, 13 Pizzerie, 6 Ristor.-Albergo; – Ceglie 27 aziende di cui 13 Ristoranti, 10 Pizzerie, 4 Ristor.-Albergo; – Cisternino 36 aziende di cui 18 Ristoranti, 12 Pizzerie, 3 Ristor.-Albergo, 3 Agriturismo; – Mesagne 23 aziende di cui 8 Ristoranti, 12 Pizzerie, 3 Ristor.-Albergo; – San Vito 15 aziende di cui 11 Ristoranti e 4 Pizzerie; – San Michele 13 aziende di cui 9 Ristoranti e 4 Pizzerie. L’occupazione nel settore vede un numero totale di addetti di circa 900 unità che salgono a più di duemila nel periodo di alta stagione. (Alcune considerazioni particolari andrebbero fatte per forme di occupazione non regolarmente codificate che da stime non ufficiali vedrebbero addirittura raddoppiato il dato in esame). Sono proprio questi dati che indicano un preciso orientamento del mercato del lavoro che privilegia i soggetti con una impostazione organizzativa basata su una crescente professionalità. L’azione formativa proposta , Addetto alle strutture turistiche alberghiere, ri- sponde quindi a specifiche esigenze del mercato del lavoro: attraverso processi di formazione specifici si potrà, oltre che incrementare l’occupazione nel settore, con- tare su una sempre più elevata qualità dei servizi offerti, condizione fondamentale per garantire l’accelerazione di quel trend di crescita del settore già evidenziato. L’intervento progettato, nasce così sulla base di tali considerazioni e si co- struisce in relazione alla risoluzione di tali problematiche, attraverso la formazione e la qualificazione di una figura professionale che sia anche promotore dello svi- luppo locale e facilitatore di processi di comprensione, analisi e valutazione delle questioni sopra specificate. • Confrontare le qualifiche e i profili ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professionalità delle aziende di riferimento L’“Addetto alle strutture turistiche alberghiere” è colui che accoglie persone singole o gruppi nei viaggi assicurando la necessaria assistenza e fornendo ele- menti significativi di interesse turistico delle zone di transito. Egli deve accogliere ed assistere il gruppo turistico dal momento dell’arrivo sino al termine del soggiorno; perciò deve adoperarsi affinché: – il viaggio acquistato dal turista-cliente venga realizzato nel migliore dei modi; – il gruppo possa amalgamarsi sufficientemente, in modo da far sentire ogni partecipante membro di una specie di unità viaggiante; – venga assicurato che tutti i servizi e le agevolazioni promesse dall’organiz- zazione al cliente siano erogati, mediante controlli sul comfort delle strut- 239 ture ricettive, sull’efficienza del trasporto, sulla qualità dei pasti, sulla com- petenza delle guide locali, ecc.; – siano in regola tutte le formalità per i passaggi di frontiera e delle linee do- ganali; – tutti i turisti del gruppo siano informati sulle particolarità sia di usi che di leggi dei luoghi di transito e di destinazione. A tal fine egli deve predisporre commenti informativi, senza pregiudizi culturali, politici, religiosi, sui paesi e luoghi visitati, in maniera comunque abbastanza generica. Relaziona al- l’organizzazione per cui presta servizio sull’andamento del tour, informan- dola di eventuali inconvenienti, lacune, problemi emersi nel corso di essi. Ciò permette un apprezzamento professionale ed obiettivo sulla reale qualità dei servizi offerti. L’attività dell’Addetto alle strutture turistiche alberghiere si può dividere in: – orientarsi ed operare in contesti diversi, dimostrando di possedere una buona formazione culturale e una preparazione professionale flessibile e poliva- lente; – stabilire rapporti comunicativi adeguati all’interlocutore ed alle situazioni; – esprimersi con correttezza e proprietà di linguaggio in almeno due lingue straniere con conoscenza della lingua di settore; – comunicare ai clienti informazioni sulle risorse culturali e turistiche del ter- ritorio e i sugli eventuali programmi di animazione o altro organizzati dalla struttura ricettiva; – comunicare e collaborare con i diversi settori ed utilizzare al meglio gli im- pianti, – espletare le mansioni relative ai servizi di ricevimento, portineria, cassa e maincourante; – utilizzare le attrezzature di settore offerte dalla moderna tecnologia ed i si- stemi informatizzati per la gestione delle strutture ricettive (es.per la pro- grammazione della distribuzione delle camere). – utilizzare le conoscenze di Economia e Tecnica dell’Impresa Turistica; – utilizzare i software per la gestione delle fasi di check-in e check-out dei clienti oltre ai principali programmi di videoscrittura e calcolo. Prescindendo dalla classificazione proposta a soli fini di sche matizzazione, bi- sogna sottolineare che la completezza delle presta zioni è caratteristica tipica del buon accompagnatore turistico per le sue funzioni culturali, sociali, economiche e promozionali. La professione dunque viene svolta prevalentemente «in viag gio», in Paesi e Nazioni diverse, utilizzando diversi mezzi di trasporto; pertanto è una professione particolarmente dinamica. 240 FIGURA PROFESSIONALE Addetto alle strutture turistiche alberghiere Denominazioni equivalenti Operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centrali- nista; assistente di portineria. Operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn) Compiti specifici L’addetto alle strutture turistiche alberghiere (m/f), al termine del percorso formativo è capace di affron- tare i seguenti compiti: 1. facilitazione del rapporto con il cliente attraverso l’utilizzo delle elementari tecniche di comunica- zione; 2. realizzazione del processo di gestione di una prenotazione di un servizio offerto dall’azienda; 3. realizzazione dell’attività di scrittura delle lettere commerciali; 4. gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione corretta di almeno 2 lingue stra- niere scritte e parlate; 5. utilizzazione di un sistema informatico di gestione alberghiera e di prenotazione aerea; 6. interazione con enti turistici territoriali per avere informazioni turistico/culturali da comunicare con il cliente; 7. gestione delle scritture obbligatorie del settore alberghiero (schedine di notifica, libro arrivi e par- tenze, statistiche per gli enti turistici locali);9 8. collaborazione nella preparazione della sala e nell’allestimento di buffet e banchetti, alle dipendenze dirette dello Chef de Rang o del Maître; 9. effettuazione, sempre alle dipendenze del responsabile di reparto, del servizio ai tavoli dei cibi e delle bevande alcoliche e non; 10. realizzazione del processo di utilizzazione, in parziale autonomia, e manutenzione delle attrezzature e gli utensili in dotazione; 11. realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; 12. preparazione e servizio, conoscendone i diversi stili, delle bevande tradizionali e delle bevande alco- liche, alle dipendenze del responsabile del bar; 13. gestione delle relazioni con la clientela e cooperazione con spirito cooperativo nella brigata di sala e con gli altri reparti;10 14. identificazione e scelta degli ingredienti riconoscendone le principali caratteristiche merceologiche, alle dipendenze dirette del responsabile di reparto; 15. preparazione linea di cucina; 16. collaborazione nella pulizia, preparazione e cottura degli ingredienti e nella presentazione di pie- tanze; 17. utilizzazione delle attrezzature e degli utensili in dotazione al reparto, curandone la manutenzione ordinaria; 18. realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP 19. facilitazione della relazione con i componenti della brigata di cucina e con gli altri reparti con spirito cooperativo 9 Dal compito numero 1 al 7, cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale turistico e alberghiera, pag. 22, Figura professionale Addetto ai servizi turistici. 10 Dal compito numero 8 al 13, cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani forma- tivi personalizzati Comunità professionale turistico e alberghiera, pag. 22, Figura professionale Commis di sala e bar. Ipotizzare e definire nuove qualifiche e profili esplicitando compiti/prodotti e competenze 241 FIGURA PROFESSIONALE Addetto alle strutture turistiche alberghiere Collocazione organizzativa L’addetto ai servizi turistico-alberghieri è una figura polivalente che ha appreso delle competenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ricettiva alberghiera o extra alberghiera (vil- laggi, campeggi, ecc), oppure come addetto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Il qualificato potrebbe aspirare con le dovute competenze a divenire tecnico delle attività turistiche o a spe- cializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubbli- co o privato (settore della consulenza). DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” COMPITO PRODOTTO Realizzazione di un opuscolo e di un CD multimediale, in cui vengano illu- strate le offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dossier completo di informazioni turistiche, gastro- nomiche e culturali, itinerari e budget di spesa da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Salento. Prevedendo l’opuscolo differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto opuscolo. OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire tra gli allievi le condizioni per cui utilizzare tutti gli aspetti posi- tivi che vengono da un corretto lavoro di gruppo. • Promuovere negli allievi la capacità di ascolto, di dialogo, di confronto con le altre persone, in modo da acquisire capacità relazionali e comuni- cative. • Promuovere negli allievi la capacità di risolvere con responsabilità, indi- pendenza e costruttività i normali problemi della vita quotidiana perso- nale. • Offrire agli allievi strumenti per acquisire capacità decisionali sulla base della conoscenza di sé e di un sistema di valori, in modo da saper conce- pire progetti di vario ordine. • Aiutare gli allievi a superare prospettive d’analisi troppo parziali che im- pediscono la scoperta delle connessioni tra i vari campi del sapere, la convalidazione dei confini disciplinari, l’importanza unificatrice delle vi- sioni globali. • Facilitare la comprensione e il successivo utilizzo degli stili cognitivi più funzionali al raggiungimento degli obiettivi (sintetico o analitico a se- conda delle circostanze). • Promuovere la capacità di servirsi con proprietà degli strumenti di con- sultazione e degli strumenti informatici, per ottenere documentazioni, scrivere e archiviare. Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Il Centro di Formazione Professionale Epcpep di Ostuni – come il centro As- sociazione Calasanzio – ha realizzato una Uda differente da quella prevista per il primo PW (quella del patentino). Per esigenze didattico-organizzative e coerente- mente al profilo professionale in uscita i formatori del CFP hanno progettato e rea- lizzato la UdA Opuscolo Salento e Turismo. 242 DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI FORMATIVI • Promuovere la capacità di navigare in internet per risolvere problemi, mi- rando alla selezione delle informazioni adeguate. • Favorire negli allievi l’acquisizione di conoscenze solide sulla struttura grammaticale dell’italiano, anche con opportuni confronti con l’inglese, il francese e lo spagnolo. • Promuovere l’utilizzo della lingua inglese, francese e spagnola per i prin- cipali scopi comunicativi e operativi. • Promuovere il rispetto, la cura, la conservazione e il miglioramento del- l’ambiente. • Promuovere la comprensione della realtà naturale con atteggiamento di curiosità, attenzione e rispetto. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche e grammaticali per una cor- retta stesura delle varie sezioni dell’opuscolo “Salento e turismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realizzare l’impostazione grafica dell’opuscolo. • Utilizzare la propria conoscenza della lingua inglese, francese e spagnola per scrivere il testo dell’opuscolo. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici per realizzare un CD multimediale con un programma di presentazioni o un programma di creazione siti web. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di informa- zioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastronomica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. • Utilizzare le proprie competenze matematiche per elaborare un budget. • Strutturare un foglio di calcolo per la gestione di un budget (MS Excel). • Conoscere ed applicare i metodi di calcolo. • Conoscere la normativa ambientale e di sicurezza. • Conoscere i sistemi di certificazione obbligatori e volontari. DESTINATARI Allievi del secondo anno PREREQUISITI Rilevazione, durante la fase di stage del primo anno delle informazioni funzionali alla realizzazione dell’opuscolo. Inoltre, sono richieste le com- petenze acquisite nel primo anno. TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 20 ore Formazione d’aula e laboratorio:40 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA; 2) Divisione in gruppi; 1 3) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista) e selezione dei materiali; 15 4) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 5 5) Predisposizione dei budget di spesa in relazione agli itinerari proposti; 5 6) Predisposizione dello schema dell’opuscolo; 3 7) Realizzazione dell’opuscolo (disegno, grafica); 15 8) Realizzazione del CD multimediale; 15 9) Inserimento dei dati 10) Sperimentazione della fruibilità dell’opuscolo 11) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori 243 DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” METODOLOGIA • Intervista narrativa • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono RISORSE UMANE Formatore dell’area scientifica: richiami sulle conoscenze di base (le ope- razioni fondamentali, calcoli necessari per gestire un preventivo di spesa), sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ricerca in rete, utilizzo della posta elettronica, utilizzo di Word, Excel, Power Point, FrontPage. Formatore dell’area dei linguaggi: sviluppo delle facoltà comunicative e descrittive Formatore dell’area storico-socio-economica: conoscenza dei luoghi, cul- ture, usi e costumi del territorio salentino. Conoscenza della normativa am- bientale e dei sistemi di certificazione obbligatori e volontari. Formatore dell’area professionale: saperi professionali. Formatore delle competenze trasversali: (formatore di tecniche della co- municazione) sviluppo delle capacità personali. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI – Testi – Videoproiettore – Siti internet – Aula d’informatica con collegamento alla rete – Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: – schede valutazione oggettiva per ciascun allievo – autovalutazione all’interno del gruppo – verifica intermedia che ha come obiettivo quello di stimolare nell’allievo e nel gruppo lo spirito di autocritica – verifica finale 244 CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE DI OSTUNI Via Ludovico Pepe, 27 - 72017 Ostuni (Br) Tel./Fax 0831 336643 - e-mail: ostunicfp@libero.it PROGETTO “OFS PUGLIA 2003” OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” RELAZIONE 2° PROJECT WORK LO STAGE CORSO DI “Addetto alle strutture turistiche alberghiere” Redatto da: Nacci Giovanni, Brandi Tommaso, Sozzi Giovanni, Ferrari Giovanna, Carlucci Annarita, Graci Antonella, Ugenti Grazia, Lanzillotti Giancarlo, Vita Elio Approvato da: Francesco CUCCI Uso: Pubblico 245 • Introduzione Lo stage, in un percorso formativo che prevede l’alternanza tra formazione e lavoro, rappresenta il momento più importante del processo di apprendimento poi- ché permette agli allievi di approfondire le conoscenze teoriche e pratiche acquisite in aula attraverso la verifica sul campo di modelli organizzativi e tipologie produt- tive mediante un approccio comparativo che possa stimolare sia l’apprendimento sia la propensione all’autoimprenditorialità. In questo senso lo stage permette di verificare in ambiente reale sia le cono- scenze teoriche sia il confronto con le applicazioni pratiche. L’obiettivo dello stage è quello di fornire agli allievi, in alternanza formazione-lavoro, la possibilità di av- vicinarsi (o riavvicinarsi) al mondo del lavoro, confrontandosi con le problematiche (creative, organizzative, gestionali, di mercato) presenti nelle realtà. In sostanza si tratta una action learning, cioè l’applicazione concreta e pratica in un contesto lavorativo reale, e quindi non simulato, delle conoscenze acquisite in aula. • Analisi del Livello Esistente di Organizzazione dello Stage. Nel sottoparagrafo che segue gli operatori descrivono gli aspetti di istruzione – in termini di conoscenze e competenze – ed educazione (nei termini delle capacità relazionali) che il CFP di Ostuni programma siano curati durante l’esperienza di stage affinché essa si affermi e sostanzi come un esperienza formativa, e non mera- mente addestrativa. a) Contenuti Lo stage avrà una durata complessiva di 300 ore. Saranno promosse, a vari livelli: Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di alcune, fondamentali e più comuni, tecniche dei call center. Conoscenze pratiche: i partecipanti incominceranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi di improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a vantaggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospi- tanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. Nello svolgimento delle attività di stage gli allievi verranno affiancati da un tutor interno alla struttura ospitante che ha il compito di favorire il collegamento e l’integrazione con l’organizzazione ospitante. Gli allievi avranno inoltre un tutor 246 LO STAGE Lo stage fornisce validi strumenti per modificare il proprio atteggiamento con l’obiettivo di imparare. FINALITÀ Lo stage consentirà ai partecipanti di: – conoscere, sia a livello teorico sia pratico, alcune basilari tecniche; – attivare, attraverso semplici esercizi, alcune abilità utili allo svolgimento di qualsiasi attività di pub- bliche relazioni; – iniziare a prendere consapevolezza delle proprie capacità, contribuendo in questo modo a completare la propria figura professionale; – imparare come poter individuare e risolvere velocemente eventuali criticità organizzative, ambientali, individuali ed interpersonali; – provare a trasformare le stesse difficoltà in opportunità di crescita professionale ed aziendale. OBIETTIVO I principali obiettivi dello stage sono: – agevolare la scelta professionale attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro realizzato con l’esperienza sul campo; – far conoscere gli aspetti nuovi della professionalità in uscita, delle tecniche e dell’organizzazione del lavoro; – permettere di verificare il livello di conoscenze raggiunto all’interno di un contesto lavorativo; – completare il processo di apprendimento attraverso l’esperienza sul campo; – verificare, attraverso le applicazioni pratiche, la padronanza del ruolo professionale e delle compe- tenze; – stimolare la realizzazione di un progetto professionale; – stimolare il confronto con le figure presenti sia nella realtà lavorativa sia nell’ambiente esterno (opera- tori pubblici e privati, utenti dei servizi, etc.); – facilitare l’ingresso degli allievi qualificati nel mondo del lavoro; – stimolare attitudini all’autoimprenditorialità ed al lavoro autonomo. formativo di riferimento che avrà il compito di monitorare il percorso formativo di ciascun corsista attraverso griglie di valutazione appositamente predisposte. Nello specifico lo stage sarà così articolato: Giornata di pre-stage: incontro con gli allievi per illustrare gli obiettivi e le modalità di attuazione dello stesso. Fase conoscitiva: in questa fase gli allievi si ambienteranno nella nuova realtà formativa con l’obiettivo di comprendere le dinamiche e i ruoli aziendali. Fase applicativa: nella fase applicativa gli allievi cercheranno di imitare e in- terpretare le attività basilari in affiancamento al personale interno all’azienda. Fase valutativa: oltre a registrare quotidianamente le presenza gli allievi dovranno produrre a fine stage una relazione che descriva l’andamento generale dello stage e in particolare la tipologia di lavoro svolto, le difficoltà incontrate, le strategie adot- tate per la risoluzione dei problemi, il riscontro delle nozioni teoriche acquisite in aula. b) Quadro sinottico dello stage 247 RISULTATO Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risultati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 1) verifica della rispondenza tra qualifica conseguita e obiettivi prefissati; 2) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni im- prenditoriali. Il primo tipo di verifica prevede che al termine dell’azione formativa vi siano esami di qualifica che, at- traverso prove teorico – pratiche abbiano la capacità di verificare il raggiungimento degli obiettivi ripor- tati nel documento progettuale. Nel secondo caso sarà possibile valutare se l’azione formativa proposta, consente l’effettivo inserimento lavorativo dei giovani qualificati e la rispondenza tra azione formativa svolta e l’impatto socio occupa- zionale. OBIETTIVI Il soggetto è in grado di: • conoscere gli aspetti organizzativi e sindacali dell’unità produttiva; • utilizzare le tecniche e le tecnologie di prodotto e di produ zione acquisite, ve- rificandone la rispondenza nel nuovo contesto formativo-produttivo (azienda); • confrontare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche, tecnico operative con le abilità richieste, per perfezionare il proprio profilo professionale adeguan- dolo alle esigenze del mondo del lavoro; • verificare gli effetti positivi e negativi del lavoro rispetto all’uomo, all’am- biente, alla struttura alberghiera intesa come insieme di reparti operativi inter- dipendenti; • intendere l’attività di ogni ambiente di lavoro come un processo, governato da tecnologie in movimento, che esige forme di organizzazione e programma- zione degli interventi nonché collaborazione tra singoli e gruppi; • far emergere le esigenze di una professionalità matura ed aggiornata, insieme con una cultura della mobilità che, specialmente oggi, attraversa diagonal- mente, come condizione e rischio, tutti i settori di attività; • consentire la gestione del front office attraverso l’utilizzo oculato di materiali, informazioni, attrezzature e macchine, nel rispetto di norme specifiche, al fine di garantire la sua funzionalità; • affinare le capacità comunicative ed acquisire una certa padronanza nell’ap- proccio col cliente e nel gestire le varie situazioni che si possono venire a creare in situazioni operative ‘reali’; • conoscere il tipo di rapporti personali e delle forme di comunicazione che si instaurano sul posto di lavoro; • individuare la nuova situazione formativa legata alle conoscenze, abilità e ca- pacità professionali necessarie all’espletamento del proprio ruolo in azienda per un recupero e approfondimento delle stesse. OBIETTIVI DIDATTICI Al termine dello stage, l’allievo, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, con sufficiente autonomia, è in grado di: • schematizzare l’organigramma funzionale dell’azienda; • descrivere, su apposita scheda, i processi lavorativi individuando quelli pri- mari e secondari; • descrivere i flussi informativi legati all’assistenza e all’accoglienza di turisti; • descrivere le condizioni generali legate all’ambiente di lavoro; • descrivere, su apposita scheda, le fasi di lavoro del reparto accoglienza; LO STAGE 248 OBIETTIVI • descrivere, su apposita scheda, le attività specifiche effettuate in situazione di lavoro correlate di: – tempi; – tipo di coinvolgimento; – macchine, apparecchiature, strumenti; – risorse materiali ed informazioni; – conoscenze ed abilità utilizzate; – conoscenze ed abilità non acquisite; – tecniche e procedure utilizzate; – grado di difficoltà; – atteggiamenti presi per la risoluzione di eventuali problemi emersi; • valutare l’esperienza indicando eventuali correttivi sia metodologici sia conte- nutistici. DISCIPLINE COINVOLTE CONOSCENZE DI BASE: Il soggetto è in grado di: • acquisire la padronanza dei termini relativi al settore di lavoro; • saper ascoltare e comprendere comunicazioni e relazioni, in particolare se ri- feriti al proprio ambito professionale o alla propria esperienza giovanile, indi- viduandone i concetti fondamentali, l’organizzazione generale e le finalità perseguite. CONOSCENZE TECNICO-PROFESSIONALI: Il soggetto è in grado di: • individuare i percorsi d’avvio di un’attività commerciale; • mantenere scritture contabili, economiche e tributarie di un’attività turistico- alberghiera; • impiegare efficacemente le strategie e gli strumenti del marketing per l’analisi del mercato turistico, posizionamento dei servizi, acquisizione dei clienti, conduzione della vendita e fidelizzazione; • gestire le risorse disponibili per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di marketing; • analizzare il quadro di riferimento in cui dovranno progettare ed eseguire i piani di promozione, di marketing e di commercializzazione utilizzando le tecnologie informatiche e telematiche più opportune; • personalizzare la richiesta dei clienti in funzione dei loro bisogni; • mettere a punto tecniche di commercializzazione di prodotti facilmente frui- bili da parte della clientela; • seguire le esercitazioni pratiche fissate dall’obiettivo finale; • impiegare efficacemente le strategie e gli strumenti del marketing per l’analisi del mercato turistico, posizionamento dei servizi, acquisizione dei clienti, conduzione della vendita e fidelizzazione; • gestire le risorse disponibili per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di marketing; • innescare azioni utili a far fruire ed apprezzare anche al turista medio il patri- monio culturale della regione, facendo emergere con opportune tecniche di motivazione i bisogni culturali dello stesso turista; • costruire semplici “carte tematiche” relative alla propria regione; • redigere progetti in collaborazione con esperti tendenti alla tutela dei beni na- turali ed ambientali; • ricercare ed elaborare interventi sul patrimonio artistico del territorio; • ideare prodotti e servizi destinati al pubblico utilizzando le tecnologie infor- matiche e multimediali; 249 DISCIPLINE COINVOLTE • soddisfare la nuova domanda turistica che richiede sempre più un “pacchetto” di servizi che adempia non solo ai bisogni turistici primari, bensì anche a quelli connessi al “tempo libero turistico” quali le visite a musei, monumenti, pinacoteche, nonché l’utilizzo di impianti sportivi, servizi ricreativi ed altri. CONOSCENZE TRASVERSALI: Il soggetto è in grado di: • svolgere attività di informazione, con costante attività di rappresentanza nei confronti delle agenzie intermediarie e dei grandi clienti (associazioni, circoli aziendali, nuclei sociali, aziende, ecc.); • individuare, in base alla richiesta, le soluzioni tecniche più opportune per la costruzione di un pacchetto turistico; • promuovere presso enti locali, consorzi e imprese azioni ed eventi di valoriz- zazione, di interesse scientifico-culturale e di richiamo turistico dei beni cultu- rali; • sviluppare una forte identità personale e professionale; • risolvere problematiche nuove e diverse, senza resistenze al cambiamento. • sviluppare sicurezza e rapidità di risposta e di soluzioni operative; • fornire un nuovo impulso produttivo alle imprese interessate creando al loro interno competenze e capacità innovative finalizzate alla valorizzazione delle risorse turistiche, nonché all’ottimizzazione delle risorse impegnate. AZIENDE INTERESSATE Le aziende nella progettualità hanno il compito di: • incrementare la professionalità sia per quanto concerne l’ar ricchi mento di contenuti tecnici sia per quanto si riferisce ad indicazioni per l’orien tamento, oltre che per l’individuazione di corretti vi per i curricula disciplinari; • far comprendere agli allievi sia le diverse realtà produttive e l’organizzazione del lavoro cui la figura professionale di riferimento opera sia le attività pra- tiche operative richieste e le modalità di utilizzo delle attrezzature e dei mate- riali; • far valutare le capacità relazionali e comportamentali richieste per operare al- l’interno delle strutture operative. DURATA Complessivamente l’esperienza di stage consiste di 300 ore FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ L’esperienza di stage si suddivide nelle fasi di seguito riportate e descritte. Fase conoscitiva: in questa fase gli allievi si ambienteranno nella nuova realtà formativa con l’obiettivo di comprendere le dinamiche e i ruoli aziendali. Fase applicativa: nella fase applicativa gli allievi cercheranno di imitare e in- terpretare le attività basilari in affiancamento al personale interno all’azienda. Fase valutativa: oltre a registrare quotidianamente le presenza gli allievi do- vranno produrre a fine stage una relazione che descriva l’andamento generale dello stage e in particolare la tipologia di lavoro svolto, le difficoltà incontrate, le strategie adottate per la risoluzione dei problemi, il riscontro delle nozioni teoriche acquisite in aula. METODOLOGIA OBIETTIVI GENERALI La metodologia di gestione dello stage è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi generali e degli obiettivi didattici; è possibile comunque che gli allievi raggiungano obiettivi non programmati: qualora questo si verifichi l’ente prov- vede ad integrare i protocolli descrittivi al fine di rendere la descrizione del progetto quanto più aderente alla realtà. 250 METODOLOGIA Gli obiettivi generali sono funzionali a: • conoscere gli aspetti organizzativi e sindacali dell’unità produttiva; • utilizzare le tecniche e le tecnologie di prodotto e di produzione acquisite, ve- rificandone la rispondenza nel nuovo contesto formativo-produttivo (azienda); • confrontare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche, tecnico operative con le abilità richieste, per perfezionare il proprio profilo professionale adeguan- dolo alle esigenze del mondo del lavoro; • verificare gli effetti positivi e negativi del lavoro rispetto all’uomo, all’am- biente, alla struttura alberghiera intesa come insieme di reparti operativi inter- dipendenti; • intendere l’attività di ogni ambiente di lavoro come un processo, governato da tecnologie in movimento, che esige forme di organizzazione e programma- zione degli interventi nonché collaborazione tra singoli e gruppi. OBIETTIVI DIDATTICI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • schematizzare l’organigramma funzionale dell’azienda; • descrivere, su apposita scheda, i processi lavorativi individuando quelli pri- mari e secondari; • valutare l’esperienza indicando eventuali correttivi sia metodologici sia conte- nutistici. COMPETENZE DISCIPLINARI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • utilizzare un linguaggio tecnico; • gestire la pratiche lavorative con l’applicazione dei principi teorici dell’orga- nizzazione del lavoro; • impiegare le attrezzature e i materiali per la manutenzione primaria della struttura; • gestire le pratiche lavorative mediante il riconoscimento e l’applicazione di standard qualitativi; • riconoscere e mettere in campo le funzioni dell’Addetto alle strutture turi- stiche alberghiere; • riconoscere e testimoniare i compiti e le responsabilità dell’Addetto. COMPETENZE TECNOLOGICHE Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • saper ricorrere a strumenti e metodi appropriati per effettuare scelte strate- giche di mercato; • accogliere e assistere i clienti; • rispettare le politiche commerciali e gli obiettivi di marketing dell’azienda. CONTENUTI Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di alcune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti inizieranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordata con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. 251 Metavalutazione sullo stage Gli operatori della FP dell’Epcpep di Ostuni, dopo aver analizzato con le per- sone che compongono il proprio gruppo di lavoro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel proprio CFP, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise in formazione d’aula durante l’esperienza di formazione forma- tori – hanno ipotizzato alcuni accorgimenti circa la gestione delle procedure e i pro- cessi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 252 MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risul- tati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 1) verifica della rispondenza tra obiettivi prefissati e risultati ottenuti; 2) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni imprenditoriali. FINALITÀ Ottimizzare le potenzialità di uno strumento, come quello dello stage, atto a completare la formazione di un allievo, tramite un maggior coinvolgimento e interazione delle partnership aderenti al progetto. OBIETTIVI Far comprendere agli allievi il comportamento idoneo da tenere in azienda, le responsabilità verso i collaboratori e i clienti, le possibilità che possono nascere per il lavoro. DISCIPLINE COINVOLTE Tutte le discipline dell’area tecnico-professionale, in parte quelle trasversali e solo in minima proporzione le discipline di base. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Maggiore coinvolgimento dei docenti di pratica e del tutor di stage. AZIENDE INTERESSATE Coinvolgere le aziende nel costruire un percorso più idoneo e formativo per lo stagista. Inoltre le aziende ospitanti devono comprendere l’opportunità che hanno di poter selezionare possibili future figure. DURATA La durata dello stage è di 300 ore, prevedendo, in ogni caso una articolazionefunzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Lo stage si realizzerà presso Enti ed Istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio di riferimento dell’azione progettuale e dell’attività formativa. La durata dello stage è di 300 ore, prevedendo, in ogni caso una articolazione funzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. METODOLOGIA La partecipazione degli allievi allo stage sarà accompagnata da una organizza- zione del lavoro individuale sia progettato ex ante, dallo staff di coordinamento, sia assistito dall’organizzazione interna degli Enti ospitanti, finalizzato a privile- giare una formazione pratica. Lo stage sarà così articolato: • stage orientativo; • stage conoscitivo; • stage applicativo; • stage finale. 253 METODOLOGIA Lo stage si realizzerà presso Enti ed Istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio di riferimento dell’azione progettuale e dell’attività formativa. La du- rata dello stage è di 300 ore, pari al 50% delle ore complessive di formazione del Corso, e si articolerà con una programmazione media di 8 ore giornaliere per 5 giorni la settimana, prevedendo, in ogni caso una articolazione funzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. COMPETENZE DISCIPLINARI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • utilizzare un linguaggio tecnico; • gestire la pratiche lavorative con l’applicazione dei principi teorici dell’orga- nizzazione del lavoro; • impiegare le attrezzature e i materiali per la manutenzione primaria della struttura; • gestire le pratiche lavorative mediante il riconoscimento e l’applicazione di standard qualitativi; • riconoscere e mettere in campo le funzioni dell’Addetto alle strutture turi- stiche alberghiere; • riconoscere e testimoniare i compiti e le responsabilità dell’Addetto. COMPETENZE TECNOLOGICHE Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • ricorrere a strumenti e metodi appropriati per effettuare scelte strategiche di mercato; • accogliere e assistere i clienti; • rispettare le politiche commerciali e gli obiettivi di marketing dell’azienda. CONTENUTI Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di al- cune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti inizieranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risul- tati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 3) verifica della rispondenza tra obiettivi prefissati e risultati ottenuti; 4) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni imprenditoriali. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di al- cune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti incominceranno a familiarizzare con i trucchi del mestiere, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. • Il Racconto Testimoniale della Seconda Esperienza di Stage Dal lavoro svolto è emersa con chiarezza l’importanza del vivere lo stage comprendendo (anche laddove si presentino delle difficoltà) “cosa fare”, “come farlo” e soprattutto “quando farlo”. È stato anche possibile evidenziare come sia il tutor nelle sue funzioni di mo- nitoraggio, sia il tirocinante siano facilitati dalla capacità di quest’ultimo di racco- gliere il maggior numero possibile di informazioni sull’azienda ospitante (e sulle aziende della stessa area geografica) con l’obiettivo di verificarne l’affidabilità e l’operatività, alla stregua di un operatore economico alla ricerca di un partner. Infine, per ottimizzare la propria esperienza nell’impresa ospitante, si è rive- lato utile individuare eventualmente un referente aziendale d’elezione, qualora il tutor aziendale non disponesse del tempo necessario per seguire e formare lo sta- gista. • Conclusioni Uno stage appena concluso può anche diventare, se ben condotto “un utile per- corso per verificare l’idea che si ha di un certo tipo di professioni in relazione alle modalità, ai luoghi ed al contesto in cui queste si esercitano”. Alla luce del fatto che si può imparare qualcosa da ogni circostanza, “chiu- diamo il cerchio”, affermando che affrontare l’esperienza dello stage con un atteg- giamento positivo e con una maggiore consapevolezza, renderà più facile ai parte- cipanti intraprendere il proprio lavoro. 254 Capitolo 4 La parola ai formatori dei CFP Nelle pagine che seguono i racconti testimoniali a cura degli operatori dei CFP esporranno – descrivendo qualitativamente – le risultanze dell’azione Formazione Formatori del Progetto Integrazione. La testimonianza, per la sua stessa natura, si presta a comunicare al meglio le verità che non riguardano le cose ma le esperienze fattuali vissute dalle persone: visto il grado di coinvolgimento dei formatori nell’esperienza di condotta, rite- niamo che gli stessi formatori debbano essere “testimoni” di quanto vissuto. La testimonianza così come si manifesta nella esperienza è, prima che oggetti- vità consegnata al discorso, soggettività del testimone che parla per mezzo di se stesso prima ancora che attraverso le parole. Ed è proprio questa soggettività che dà o fa perdere valore veritativo al discorso. Il frammenti, le valutazioni personali raccontate, riportano quel che realmente accaduto, vissuto e innestatosi nel processo formativo di cui sono stati protagonisti i formatori dei CFP. • Associazione Calasanzio L’opuscolo “Salento e Turismo”, con relativo sito realizzati dagli studenti del corso in “Operatore Marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commer- ciali”, sono stati il punto di arrivo di un progetto formativo pluridisciplinare svi- luppato durante il biennio scolastico 2005/2007. Le finalità di questo percorso sono state quelle di stimolare gli allievi a mettere in pratica le nozioni teoriche apprese durante le lezioni frontali, e allo stesso tempo di far conoscere loro la realtà turistica in cui vivono ma che spesso non conoscono o non considerano come futura prospettiva lavorativa. Le discipline coinvolte nel lavoro sono state: tecnica turistica, marketing , storia dell’arte e informatica. Oggetto di questo lavoro è stato il Salento, studiato ed analizzato sotto diverse sfaccettature, dalla storia, all’arte, alle bellezze del territorio ed infine alla sua ri- cettività turistica; detti argomenti sono stati approfonditi dai docenti delle rispettive discipline, secondo le competenze di ciascuno. Così la prima parte dell’opuscolo, concernente la storia e l’architettura salentina, è stato seguita dalla docente di sto- ria dell’arte, la parte degli itinerari turistici e dell’elencazione delle strutture ricet- tive è stata curata dalla docente di tecnica turistica, infine la terza parte concernen- te la produttività dell’economia salentina ha visto impegnata la docente di marke- ting. Da ultimo, nell’impostazione grafica del materiale raccolto e nella progetta- zione e attuazione gli studenti sono stati coadiuvati dall’insegnate di informatica. 255 Le fila del lavoro complessivo sono state tenute dal tutor del corso. Durante le ore di lezione gli allievi, secondo le propri inclinazioni, sono stai divisi in gruppi, ciascuno con impegni diversi. I ragazzi con maggiore capacità di sintesi hanno curato la parte della ricerca degli argomenti; altri, dotati di una più profonda abilità informatica, si sono impegnati nella ricerca di materiale fotogra- fico e nella realizzazione del sito. Le fonti di ricerca per la realizzazione dell’opuscolo sono state i diversi siti web di propaganda turistica territoriale, i cui argomenti i ragazzi hanno selezio- nato e rielaborato in maniera del tutto personale. Gli elaborati, di volta in volta realizzati, sono stai poi supervisionati dal docente della disciplina interessata. Inoltre con l’insegnate di storia dell’arte si sono realizzate delle visite guidate nel Salento, che hanno permesso agli studenti di vedere da vicino la realtà territoriale da loro stessi descritta e proposta negli itinerari turistici dell’opuscolo. Il lavoro ha visto la partecipazione attiva ed entusiasta di quasi tutti gli allievi che si sono sentiti i protagonisti della realizzazione di un prodotto “reale” per dei “lettori reali” incarnando concretamente la figura professionale delineata dalla intitolazione stessa del loro corso “Operatore marketing on-line di prodotti e ser- vizi turistici e commerciali”. L’opuscolo è stato pubblicato per fini scolastici, ma la sua veste grafica e la cura con cui è stato redatto lo rendono fruibile ad un pubblico più vasto. Inoltre nella realizzazione dello stesso gli alunni hanno svolto la funzione di piccoli “tour operator” creando proposte di itinerari e di strutture ricettive da cui un eventuale turista può davvero trarre spunto per una vacanza nel Salento. Questo loro entusiasmo ha coinvolto anche gli studenti degli altri due corsi in “Operatore dell’Impresa Turistica” che hanno realizzato materiale informativo sugli usi e costumi salentini, presentato insieme all’opuscolo in un apposito stand nella dodicesima edizione della “Città del Libro” realizzata dal 23 al 26 Novembre 2006 a Campi Salentina. La partecipazione a tale manifestazione è sembrata ai responsabili dei corsi quanto mai appropriata, poiché il tema annuale dell’evento è stato il viaggio, e quale migliore occasione per presentare il “viaggio culturale” compiuto da questi ragazzi attraverso le bellezze del Salento e descritto nell’opuscolo? Inoltre la presenza attiva e assidua ad una manifestazione di ampio respiro culturale come questa, ha fatto sì che i ragazzi si sentissero coinvolti in un’espe- rienza lavorativa e formativa concreta a contatto diretto con il pubblico che, inte- ressato ed incuriosito, ha rivolto loro delle domande inerenti lo stesso opuscolo e l’ente formativo di cui fanno parte accrescendo in loro maggiore entusiasmo e con- sapevolezza nel percorso scolastico scelto. Volendo fare un bilancio dei tre anni trascorsi insieme agli allievi in virtù anche delle sollecitazioni indotte dalla formazione formatori molte sono state le problematiche che abbiamo dovuto affrontare. Sin dal primo giorno di scuola si è evidenziata la particolarità dei ragazzi, assai eterogenei sia per età che per espe- 256 rienze di vita e di studio. Subito si è dovuto lavorare per creare un gruppo classe, cercando di considerare le peculiarità e le necessità di ognuno dei singoli studenti, instaurando con loro un rapporto quasi individuale, cercando di conquistare la loro fiducia. Superata questa prima fase, si è intervenuti sulla rimotivazione scolastica. Co- adiuvati anche dai docenti e dall’equipe socio-psico-pedagogica, abbiamo cercato di far superare ai ragazzi l’idea negativa della scuola e dei docenti derivata da pregresse esperienze fallimentari vissute nella scuola tradizionale. Con grandi difficoltà, crediamo di aver raggiunto, un minimo di risultati sia durante gli anni di frequenza, (da ricordare i lavori realizzati: opuscolo e sito sul turismo) sia per il futuro, in quanto più della metà dei ragazzi hanno espresso la volontà di proseguire il ciclo di studi. Si è riusciti a ottenere questi risultati grazie al principio del rispetto della per- sona e delle regole che da sempre hanno ispirato il fondatore delle scuole Pie dei padri Scolopi, San Giuseppe Calasanzio. Riteniamo, inoltre, che l’esperienza di formazione formatori abbia costituito un momento utile e produttivo in quanto, la condivisione delle nostre esperienze e il confronto con esperienze altre ci ha dato modo di approfondire alcune problema- tiche importanti per il nostro lavoro. In particolare l’approfondimento dei nuovi temi legati alla Riforma (persona- lizzazione, UdA, individualizzazione; ecc.) e al ruolo – anch’esso formativo – che lo stage dovrebbe avere nell’esperienza del diritto-dovere all’istruzione e forma- zione professionale, sono stati per noi oggetto di riflessione e di arricchimento per la nostra “giovane” esperienza in qualità di formatori. Gli incontri di formazione hanno indotto in noi il desiderio e la voglia di vi- vere la formazione come momento di crescita individuale e di gruppo. • Cifir di Bari Con l’erogazione della Formazione Formatori, il CNOS FAP ha fornito al no- stro Ente di Formazione un notevole contributo circa lo sviluppo di processi e per- corsi di apprendimento che si caratterizzano come fasi importanti del life long learning. La Formazione Professionale, così come è stata tradizionalmente intesa, ha subito e sta subendo un profondo e continuo cambiamento. Quando nel 2004 è stato approvato il Progetto Integrazione, da “Cenerentola dell’iter scolastico”, destinata a giovani socialmente svantaggiati o culturalmente marginalizzati, la Formazione Professionale è diventata nuovo canale in cui ha avuto di fronte la prospettiva di diventare laboratorio di sviluppo delle competenze nel sistema dell’istruzione e della formazione previsto dalla Riforma Moratti in materia. Tutto questo, però, ha sfidato noi operatori della FP proprio sul difficile ter- reno delle competenze, ma ancor di più delle conoscenze. 257 Personalmente ritengo che lo scambio delle “buone prassi” elaborate dal CNOS a livello nazionale, sia stato per la mia figura professionale, importantissima. Nel mese di marzo u.s., sono stata in un centro di F.P. della Regione Veneto, grazie al progetto Gulliver, e in quella sede, al di là delle differenze che caratteriz- zano quasi “endemicamente” nord-sud, davvero mi sembrava di “parlare la stessa lingua”, con sorpresa ho scoperto che la Formazione Professionale nella Regione Veneto era fortemente caratterizzata dall’esperienza del CNOS. Per questo motivo, ritengo che investire in questa azione di FF, mi abbia dato la possibilità di approfondire le normative, le esperienze, le applicazioni, le prassi e i modelli dell’obbligo formativo, già sviluppati a livello nazionale e mi hanno messo in grado di dare risposte non solo ai specifici bisogni degli allievi, delle fa- miglie e dei sistemi, ma anche di fornire indicazioni su approcci, percorsi, metodo- logie e strumenti che ho potuto applicare, nell’ambito del Progetto, con particolare attenzione ai modelli di personalizzazione dei percorsi formativi. Il 1° PW sulle Unità di Apprendimento mi ha dato la possibilità, in qualità di coordinatrice didattica, di “imparare” sul campo un metodo teso a realizzare stru- menti didattici ad hoc finalizzati al recupero di saperi che costituiscono spesso un ostacolo per l’utenza tipica della FP e costruiti secondo un approccio amichevole e piacevole. Così ho realizzato una Unità di Apprendimento in un’area di interesse dei de- stinatari (la Pratica di Laboratorio) sulla base di una struttura standard fornitaci durante i seminari tenuti dal CNOS FAP che preveda le seguenti voci: – obiettivi – utenti e loro caratteristiche; – fasi di applicazione; – tempi; – risorse; – metodologia; Il 2° PW realizzato è stato un momento di riflessività e di confronto sulla rea- lizzazione dello stage/tirocinio. Come per il 1° P. W. le forze messe in campo dal CNOS per la formazione dei formatori sono state eccellenti. L’approccio metodologico, sia durante i seminari sia durante i P.W. (con una di teoria ed una di lavori di gruppo) ha reso sempre molto interessante l’apprendimento, poiché lo scambio di esperienze si è rivelato particolarmente ar- ricchente e stimolante. Quest’anno il 2° P. W. ha riguardato lo stage: quali i fondamenti concettuali e le linee progettuali. Pur condividendo in linea di massima sia gli uni sia gli altri, purtroppo la no- stra Sede Operativa si è trovata in difficoltà nel confronto perché non si occupa – direttamente – della realizzazione degli stages. Infatti, per scelta dell’Ente 258 C.I.F.I.R., l’organizzazione e l’accompagnamento del tirocinio formativo, viene de- mandato ad una Società esterna al C.F.P.: la Rogate s.r.l.. La suddetta Società si impegna, però, a realizzare il progetto formativo indivi- duale per ogni tipologia di azienda, a designare le aziende e il “responsabile aziendale” incaricato di seguire il tirocinante e certificare i risultati del tirocinio, ed infine, a redigere report finali ed esiti dell’attività di stage. Per concludere questo mio racconto testimoniale, su quella che è stata la mia personale esperienza, vorrei sottolineare che al di là dei vantaggi professionali, che ho sicuramente tratto, la Formazione Formatori è stata per me una bella espe- rienza umana, fondata sulla condivisione con altri della stessa passione educativa, dell’attenzione alla persona in formazione e della stessa ispirazione cattolica. «Da parte loro gli insegnanti ricordino che dipende essenzialmente da loro che la scuola cattolica sia in grado di realizzare i suoi scopi e le sue iniziative. Essi dunque devono pre- pararsi scrupolosamente, per essere forniti della scienza sia profana che religiosa, atte- stata dai relativi titoli di studio, e ampiamente esperti nell’arte pedagogica, aggiornata con le scoperte del progresso contemporaneo. Stretti tra loro e con gli alunni dal vincolo della carità e ricchi di spirito apostolico, essi devono dare testimonianza sia con la vita sia con la dottrina all’unico Maestro che è Cristo». (CONCILIO VATICANO II, Dichiarazione gravissimum educationis, sull’educazione cristiana, n.8) • Cifir di Oria Poche righe per riflettere sull’importanza di “formarsi” per “crescere” e “ap- portare miglioramenti” al continuo divenire del mondo della formazione professio- nale. L’esperienza di formazione vissuta all’interno del nostro Centro di Forma- zione Professionale, vista come momento di scambio e confronto di buone prassi e di metodologie didattiche, in un’ottica della formazione lungo tutto l’arco della vita, non può che risultare positiva e ricca di nuovi input cognitivi, formativi e na- turalmente relazionali con il gruppo classe che si viene a formare. Ritengo che ogni iniziativa volta al miglioramento della qualità dei percorsi formativi che andiamo a realizzare debba essere avallata e concordata in tutte le sue parti al fine di “raggiungere” i tanto agognati indicatori di efficienza ed effi- cacia dei percorsi formativi destinati ai nostri utenti. Il lavoro di approfondimento realizzato attraverso la formazione dei formatori all’interno del Progetto Integrazione 2003 ci ha consentito di apprendere validi strumenti didattici e metodologici dando anche la possibilità di sperimentare con mano molti concetti teorici che diversamente non saremmo riusciti a sviluppare e ci ha indirizzato, dunque, verso il miglioramento continuo alla ricerca della speri- mentazione delle novità . Conoscere le UDA e approfondire l’utilizzo di strumenti di lavoro come le ru- briche di valutazione e i diari di bordo per lo stage ha fornito indubbiamente ai 259 formatori del nostro Centro la possibilità di elevare la qualità dei servizi erogati e nel contempo una crescita umana e culturale. Pertanto ringrazio la disponibilità e la professionalità dei formatori e forma- trici del CNOS che hanno curato le azioni di formazione formatori e ci hanno indi- rizzato lungo la strada giusta per continuare a svolgere il nostro lavoro anche se tra mille difficoltà, sicuri di poter ottenere dei risultati tangibili in termini di spen- dibilità di figure professionali nel mondo lavorativo. • Cifir del Sacro Costato Il Progetto Integrazione OFS - 2003 ha contribuito senza alcun dubbio al pro- gresso e allo sviluppo del nostro CFP. Agli esordi, noi formatori abbiamo aderito all’esperienza condivisa con grande entusiasmo e con il desiderio di sperimentare nuove metodologie innovative. A distanza di 4 anni si può affermare che quello che si era configurato come macro obiettivo del Progetto integrazione è da considerarsi centrato in quanto l’esperienza condivisa con gli Enti CNOS FAP, CIOFS FP E SCF ha migliorato la dina- mica programmatica del nostro Ente. Le buone pratiche elaborate a livello nazionale hanno generato un effetto mol- tiplicatore sul tessuto della formazione pugliese, in particolare attraverso l’azione di formazione dei formatori e l’elaborazione di project work comuni. All’avvio del programma molti dei nostri formatori avevano alle spalle pochi anni di esperienza nella formazione professionale e tanta voglia di crescere. A tal proposito l’azione di Formazione Formatori con assemblee e riunioni frequenti ha permesso di creare un gruppo di lavoro affiatato e concentrato sulla condivisione delle competenze. Il confronto delle varie esperienze a livello regionale ha permesso di fare una riflessione comune da cui sono emerse le difficoltà e i vantaggi delle diverse stru- mentazioni didattiche. Le nostre problematiche relative all’obbligo formativo sono state riscontrate anche nei percorsi degli altri Enti, ciò ha permesso di confortarci e trovare sempre rinnovato entusiasmo per sperimentare la didattica con nuove e innovative stru- mentazioni. I forum creati tra i formatori hanno permesso lo scambio di idee e riflessioni al fine di superare le difficoltà comuni. La definizione e l’identificazione di standard condivisi per ciò che concerne le metodologie di progettazione e le metodologie di gestione dei processi formativi ha di gran lunga migliorato il riscontro educativo dell’attività didattica. Accanto ai forum di discussione, i Project Work sono stati formativi in quanto ci hanno permesso di sperimentare sul campo le idee emerse. Sino ad un paio di anni fa nessuno di noi aveva sperimentato l’UDA , si può dire che a stento si cono- sceva il significato dell’acronimo. Attraverso i Project Work si è data forma con- creta all’UDA non solo nella teoria ma anche nella pratica. La possibilità di ela- 260 borare un compito/prodotto e svilupparlo basandosi sulle competenze e le abilità degli allievi ci è piaciuta molto e l’abbiamo inserita in ogni percorso di obbligo formativo. Tra le varie sperimentazioni, condotte a volte con molta difficoltà, siamo orgogliosi di citare il CD multimediale dal titolo “TG CIFIR“ che ha impe- gnato i nostri animatori turistici e li ha visti attori e autori del telegiornale del- l’Ente. L’entusiasmo dimostrato dagli allievi è stato profuso anche a noi formatori. Gli allievi dell’Obbligo Scolastico sono così vivaci che a volte un piccolo successo può essere ritenuto un grande traguardo. Tutto ciò si è potuto realizzare grazie all’esperienza offertaci dal Progetto In- tegrazione. Noi formatori abbiamo sicuramente consolidato il concetto che la cultura da trasmettere è una esperienza unitaria che parte dal concreto e non dalla meccanica trascrizione degli obiettivi generali del processo formativo tradotti in didattica di- sciplinare. L’interscambio tra formatori di diversa esperienza ha contribuito ad accre- scere ed ampliare le idee di ciascuno di noi. Il lavoro intercorso ha sollecitato nell’équipe dei formatori la promozione del- l’interdisciplinarità. Il centro della metodologia emersa dai forum di discussione avviati e svilup- pati nel Progetto Integrazione risiede nel superamento della didattica per trasmis- sione di saperi e abilità, concentrandosi su una concezione formativa centrata sulla cura della relazione educativa e della situazione di apprendimento, in vista di un coinvolgimento dell’allievo come soggetto attivo del processo formativo. Tutto il percorso di apprendimento si basa sull’azione; questa è la logica che muove le UdA, secondo cui, l’apprendimento diventa maggiormente significativo se avviene a partire dall’esperienza diretta dell’allievo. Inizialmente i project work e i work-shop hanno rivelato la poca abitudine di noi formatori a lavorare assieme, a condividere soluzioni e processi, a integrare capacità e competenze. Attraverso il confronto e la condivisione permanente delle modalità formative si è riusciti a compiere, step by step, un buon salto qualitativo che, attraverso la buona e sincera condivisione, ha permesso di migliorare e accre- scere le potenzialità educative e progettuali interne all’Ente. L’idea di un impianto didattico preconfezionato e scandito da materie o da specifiche attività laboratoriali è andata via via deteriorandosi, modellandosi sul- l’idea di “azione”. Tale aspetto è positivo se si pensa che i percorsi formativi sono integrati e condotti con la scuola statale. L’esperienza e la padronanza di alcuni assunti ma- turati nei forum del Progetto Integrazione ci ha permesso di riportare il concetto di “azione didattica” nelle assemblee interne al fine di condividere l’esperienza del- l’Uda con i docenti degli Istituti Statali. In conclusione sento di poter affermare con certezza che quelle che erano le aspettative iniziali, ovvero: 261 • la possibilità di fare un percorso comune e condiviso che potesse essere la base di partenza per collaborazioni future; • l’opportunità del confronto fra gli enti pugliesi e le metodologie sperimen- tate a livello nazionale dagli enti promotori del progetto; • la possibilità di accrescere le conoscenze e le competenze del CFP attra- verso l’azione di Formazione dei Formatori; • la realizzazione, la validazione ed il confronto per UDA sperimentali. Sono state interamente soddisfatte e si può affermare che l’esperienza fatta ha di sicuro migliorato, nonché accresciuto, il processo didattico-valutativo del nostro Ente. • CNOS FAP di Bari e Cerignola L’esperienza di formazione dei formatori all’interno del Progetto Integrazione 2003 è stata per i formatori del CNOS FAP , che vantano una esperienza personale ormai ventennale in materia di formazione iniziale, un’occasione per “rispolvera- re” le pratiche di gestione dell’attività formativa con i ragazzi, per provare a rivede- re il proprio stile di insegnamento e per confrontarsi con quanti più giovani o meno giovani, condividendo l’esperienza di essere formatori per i giovani… più difficili. Il territorio entro cui sono ubicati i nostri CFP sono caratterizzati da un alto tasso di dispersione scolastica e formativa oltre che da una popolazione giovanile a rischio di esclusione sociale, questo determina una curvatura della nostra azione educativa verso questa tipologia di utenza. Come operatori pedagogici che vivono la missione salesiana consideriamo l’educazione come un’azione che - nutrita di ragione, religione e amorevolezza - insegna ad affrontare la realtà, rendendo i soggetti interessati da tale educazione, ovvero i giovani, “buoni cristiani ed onesti cittadini”. Il Progetto Integrazione 2003 ha costituito per i nostri enti l’occasione per ri- cominciare a fare formazione (nel senso che ci è più caro) e a interrogarci su come “fare formazione” dopo le vicissitudini che hanno caratterizzato la FP nella Re- gione Puglia, ma soprattutto stante il cambiamento in atto a livello sociale e cultu- rale (globalizzazione, società della conoscenza…). L’utenza dei nostri CFP, spesso a rischio di esclusione sociale, ci ha interro- gati sull’efficacia dei nostri interventi educativi e sulla necessità di adattare le no- stre pratiche di insegnamento ai nuovi bisogni dei giovani. Gli input teorici offerti e gli stimoli provenienti dal confronto con gli altri ope- ratori della formazione in occasione degli incontri seminariali e degli approfondi- menti in occasione della elaborazione dei PW, hanno messo talvolta in discussione la bontà di quello che facciamo per educare i nostri giovani; ma ci hanno anche rafforzato nella convinzione che la formazione professionale costituisce la via pri- vilegiata per la realizzazione dei progetti di vita professionale di questi giovani un po’ al margine della società o a rischio di emarginazione. La didattica attiva, l’utilizzo di Unità formative capitalizzabili e adesso di 262 Unità di Apprendimento, la valutazione fondata sui “capolavori”, la formazione in situazione, attraverso lo stage, tutte azioni che caratterizzano il nostro quotidiano agire educativo vanno rispettate, incrementate e promosse a tutti i livelli. Tutta l’esperienza è stata occasione per arricchire ulteriormente il nostro ba- gaglio di conoscenze ed esperienza. • Epcpep di Ostuni Alla luce della esperienza di formazione condotta mi rendo consapevole del fatto che il formatore deve possedere necessariamente una cultura metodologico- didattica e competenze ed abilità specifiche di carattere sociale, economico e pe- dagogico, soprattutto quando esso – come nel nostro caso – si occupa dell’istru- zione e formazione professionale rivolta prevalentemente ai ragazzi difficili. Essere formatore richiede il possesso di competenze disciplinari e multidisci- plinari. In generale, il Formatore ha padronanza degli strumenti di progettazione formativa, conoscenza del quadro normativo - locale, nazionale e comunitario - in materia di formazione professionale, capacità di svolgere ricerca scientifica e ca- pacità relazionali (con gli altri esperti di formazione, con gli utenti, con la commit- tenza, con i soggetti istituzionali, etc.). Ma egli, come emerso in occasione della ri- flessione condotta nell’esperienza di formazione formatori deve inoltre: – saper leggere la realtà economica e sociale del territorio in cui opera; pos- sedere elementi di conoscenza dell’organizzazione aziendale e del lavoro; possedere strumenti di analisi della professionalità; – conoscere le procedure e gli strumenti di analisi dei bisogni di formazione; – essere a conoscenza delle metodologie di progettazione formativa, della di- dattica e della valutazione; – conoscere le caratteristiche essenziali del processo formativo. Molto spesso il formatore è incaricato della progettazione dei percorsi di istruzione e formazione non possedendo sempre strumenti idonei e funzionali alla realizzazione di percorsi che rispondano ai bisogni del territorio locale, ma soprat- tutto dei soggetti interessati alla formazione. La formazione dei formatori è necessaria perchè il formatore per progettare: – deve essere in grado di definire degli obiettivi formativi, tradurli in un pro- getto coerente con le finalità, i tempi e le risorse disponibili; – deve conoscere il sistema di formazione professionale a livello regionale, nazionale e comunitario (ad esempio, deve conoscere gli strumenti di finan- ziamento e gestione degli interventi formativi). In particolare il Formatore impegnato in attività diretta ovvero nell’eroga- zione della formazione deve possedere, oltre le competenze sopra descritte, cono- scenze: – professionali, relative al proprio ambito, e ne cura l’aggiornamento sullo sviluppo storico ed epistemologico, ne pianifica e programma i contenuti e le auspicabili articolazioni modulari, con responsabilità e deontologia pro- 263 fessionale, con dinamica capacità di presa di decisioni e soluzioni di pro- blemi; – operative, concorrendo alla pianificazione, programmazione, organizza- zione, realizzazione e valutazione del processo formativo con capacità meto- dologica-didattica, con disponibilità al rinforzo rispetto ai bisogni ed ai tempi di apprendimento, collaborando per la realizzazione e utilizzazione dei supporti didattici e applicando adeguate valutazioni ex ante, in itinere ed ex post del processo di apprendimento; – procedurali, aggiornando le proprie conoscenze in ordine all’esecuzione di normative e procedure rispondenti alla specificità dei singoli progetti di orientamento e formazione. Ringraziamo quanti ci hanno consentito mediante questa esperienza triennale di formazione dei formatori di rispondere alla fertilizzazione e al potenziamento delle competenze su citate. Ci auguriamo che il progetto integrazione non si risolva solo con un seminario finale che ne diffonda le risultanze, ma continui a vivere nel ricordo di quanto co- struito assieme e, nella prospettiva della collaborazione e della integrazione, possa riproporsi come esperienza di formazione futura. 264 Conclusioni Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO I pensieri, i gesti e il sentire dell’educatore debbono essere congiunti da un le- game di senso: lo sguardo pedagogico può così orientare l’azione del formatore nei sentieri della relazione educativa affinché l’educando possa essere riscoperto e ri- scoprirsi. A conferma di quanto appena dichiarato e per ovviare a sterili generalizza- zioni, chi scrive sottolinea che durante l’esperienza di formatori al servizio dei giovani e di formazione dei formatori della FP condotta in Puglia, abbiamo ri- levato una perdurante inadeguatezza in una parte significativa delle azioni di qua- lificazione delle risorse umane della formazione professionale: gli operatori della FP con cui abbiamo avuto il piacere di confrontarci sovente hanno comunicato di “mancare di una visione strategica stentando ad allinearsi alle reali esigenze degli utenti e dei contesti di riferimento”. Questa condizione reale, dunque, necessita: da un lato, di una riflessione peda- gogica; dall’altro, di un ripensamento normativo che garantisca di fatto un so- stegno adeguato attraverso interventi di formazione iniziale e continua appropriati, al fine di assicurare un livello qualitativo sufficiente per l’accesso alla professione di “operatore della formazione professionale”. Il presente lavoro ha visto costantemente in dialogo una prospettiva fenomeno- logica di tipo esistenzialista – quale quella di Piero Bertolini – con i presupposti contenuti nel sistema preventivo di San Giovanni Bosco. Non è nostra presunzione affermare scientificamente che tali teorizzazioni siano complementari: la proposta è quella di cogliere il valore aggiunto che dal “dialogo” fra le suddette posizioni può aver luogo, generando una nuova “prospet- tiva di senso” condivisibile da chi laicamente o cristianamente intende soffermarsi sulla scelta dei principi per la pratica educativa e rieducativa dei ragazzi difficili. La necessaria ricostruzione delle coordinate storiche per la realizzazione di un quadro legislativo si è resa inoltre necessaria in quanto un modello educativo non può prescindere da quello storico-culturale che ispira e alle volte condiziona la vi- sione entro cui gli “addetti ai lavori” debbono costantemente confrontarsi. Per colmare il senso di vuoto che spesse volte gli operatori della FP esperi- scono, è necessario dunque che essi si sentano parte di un “opera educativa” che possa condurli ad una sistematica analisi ed autoanalisi del proprio lavoro; la for- mazione e la valutazione della pratica ad ampio raggio sono indispensabili affinché 265 1 GIOVANNI BOSCO, Trattatello di Don Bosco. 2 Ibidem. i formatori possano viversi come operatori in crescita all’intero di un CFP orientato ad un ripensamento funzionale delle proprie pratiche. Don Bosco affermava: “Da circa quarant’anni tratto con la gioventù, e non mi ricordo d’aver usato castighi di sorta, e con l’aiuto di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desideravo, e ciò da quegli stessi fanciulli, pei quali sembrava perduta la speranza di buona riuscita …” 1. I formatori che desiderino vivere tale proposta educativa debbono pensarla anche come una proposta di educazione alla spiritualità. Una “spiritualità proposta e vissuta con ragionevolezza” in cui i giovani sono protagonisti attivi delle proprie scelte ed il genitore non è semplice programmatore di una crescita progressiva e profonda, ma educatore che sa affiancarlo e sa bussare alla porta, attendendo che il figlio gli apra. Una “spiritualità proposta e vissuta con amorevolezza” perché: indirizzata al cuore e nutrita di un linguaggio fatto di esperienze e non solo di parole; vissuta e testimoniata dai formatori e, dunque, accessibile. Una spiritualità educativa che trova il suo nutrimento nella religione in quanto “l’educazione è cosa di cuore, e solo Dio ne è il padrone, e noi non potremo ri- uscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne dà in mano le chiavi” 2. Tutti i membri della Famiglia Salesiana e tutti gli operatori dei CFP che si ispi- rano ad altre visioni educative – laiche o cristiane che siano – sono chiamati ad of- frire un progetto educativo che possa portare il giovane incessantemente ad essere riscoperto e a potersi riscoprire. Il presente contributo, lungi dal voler rappresentare una modellizzazione circa il profilo dell’operatore della FP nonché della pratica educativa di cui egli deve es- sere responsabile, è frutto delle riflessioni di formatori che, vivendo il carisma sale- siano, sono interessati (tanto teoreticamente quanto quotidianamente) alla vita dei giovani. Le riflessioni riportate rimangono aperte ad accogliere le considerazioni degli esperti del mondo accademico e degli operatori pedagogici. Concludiamo sottolineando come vivere nel proprio CFP il carisma salesiano equivale a vivere appieno la missione salesiana nutrita da una profonda ed assoluta fede cristiana: crescere nello spirito e nell’esperienza di Famiglia Salesiana equi- vale a mettersi al servizio dell’impegno educativo e pastorale dei giovani. 266 BIBLIOGRAFIA BECCHI E, E ALTRI (a cura di BONDIOLI A. e GHEDINI P.O.), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. BECCIU M, COLASANTI A.R., La corresponsabilità CFP – famiglia: i genitori nei CFP, Collana Pro- getti CNOS FAP, 2006. BERTAGNA G., Avvio alla riflessione pedagogica, Editrice La Scuola, Brescia 2000, pp. 39-68. BERTAGNA G., Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e forma- zione professionale. Note storiche, pedagogiche e ordina mentali, in Rassegna CNOS n. 03/2004 BERTOLINI P, CARONIA L., Dizionario di pedagogia e scienze dell’educazione, Zanichelli, Bologna 1989, p. 690. BERTOLINI P., Ragazzi difficili Pedagogia interpretativa e linee di intervento, La Nuova Italia, Milano luglio 2000. BLEICHER J, L’ermeneutica contemporanea, il Mulino, Bologna 1986. BOBBIO L. A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi deci- sionali inclusivi Edizioni Scientifiche Italiane, Roma 2004. BOCCA G., Pedagogia del lavoro. Itinerari, Brescia, La Scuola, 1998, p. 107 BRAIDO P., Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di don Bosco, LAS, Roma 1998. BRONFENBRENNER U., Ecologia dello sviluppo umano, il Mulino, Bologna 2002. CANEVARO A. (a cura di), La formazione dell’educatore professionale. Percorsi teorici e pratici per l’operatore pedagogico, La Nuova Italia Scientifica, Roma febbraio 1991 CAPORALE V., Lavoro e responsabilità in C. LANEVE (a cura di), L’educatore, oggi: tratti per un pro- filo di San Giovanni Bosco, Servizio Editoriale Universitario, Bari Marzo 2007, pp. 45-52. CIOFS-FP PIEMONTE, L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, Torino 2003; et. al. 0 . CIOFS-FP PIEMONTE, Le competenze orientative. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, Torino 2003. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, Istituto Sa- lesiano Pio XI, Roma 2003; COMMISSIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA, Politica di coesione a sostegno della crescita e dell’occupa- zione:linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013, Bruxelles 05.07.2005 (COM 2005)299. CONTESSA G., La formazione: teorie, modelli e problemi, in www.psicopolis. com. CORALLO G., Pedagogia L’atto di educare – Problemi di metodologia dell’educazione, Società edi- trice internazionale, Torino marzo 1968, II. CRISCUOLI S., Strumenti per la Riforma Progetto R.I.So.R.S.E. Rapporto Nazionale, Le Monnier 3 / 4, 2003 XLIX. D’ANNA G., Dir, Dizionario Italiano Ragionato, Sintesi, Firenze, 1998. DELORS J. (a cura di), Insegnare ad apprendere. Verso la società conoscitiva. Libro bianco dell’istruzio- ne, C.E., Bruxelles 1996; Trattato della Comunità europea; Trattato sull’Unione europea (i testi sono reperibili anche nel sito ufficiale dell’Unione europea: http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/index.htm); et. al. DEMETRIO D., Gli approcci empirici nell’analisi di una professionalità pedagogica in discussione in M. GROPPO (a cura di), L’educatore professionale oggi. Figura, funzione, formazione, op. cit., p.65. 267 DEMING W. E., Some Theory of Sampling, Dover Publications, 1966. ERIKSON E.H.(1950), Infanzia e società, Armando Editore, Roma 1976. FONTANA S., TACCONI G., VISENTIN M., Etica e deontologia dell’operatore della formazione professio- nale, Collana Progetti CNOSFAP, Roma, 2003. GALIMBERTI U., Dizionario di psicologia, UTET, Torino, 1992. GEMMA C., Il coordinatore-tutor Un ruolo da interpretare, La Scuola, Brescia 2004. GIUGNI G., Principi ed aspetti della comunicazione educativa, in «Annali della Pubblica Istruzione», Anno XL, n.3/4. GIUGNI G., La programmazione didattica in prospettiva sociale, Giunti &Lisciani, Teramo, 1987, GOGUELIN P., La formazione/animazione, Isedi-Petrini, Torino 1991. GROPPO M. (a cura di), L’educatore professionale oggi. Figura, funzione, formazione, Vita e Pensiero, Milano 1990. ISFOL (a cura di C. MONTEDORO E F. GAUDIO), I formatori della formazione professionale. Come (e perché) cambia una professione, I libri del FSE, Roma 2005. ISFOL (a cura di) C. MONTEDORO, Ripensare l’agire formativo: dall’accreditamento alla qualità peda- gogica, Franco Angeli, Roma 2001. LANEVE C. E ALTRI: Pedagogia e didattica dei beni culturali. Viaggio nella memoria e nell’arte, La Scuola, Brescia 2000. LANEVE C., Lingua e persona, Editrice La Scuola, Brescia 1987. LEMOYNE G.B., Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco, raccolte dal sacerdote salesiano, edi- zione 1898, Volume V, Capo VI, p. 52. MAGGI B, La formazione: concezioni a confronto, Etas, Milano 1991. MALIZIA G. E ALTRI, II Progettista di formazione e la nuova organizzazione del Centro di Formazione Professionale in rapporto al territorio e ai processi interni di insegnamento-apprendimento, Ri- cerca, Roma, CNOS-FAP, 1991. MARTINELLI A., La santità giovanile nelle biografie scritte da don Bosco – Approccio storico, in DI- CASTERO PASTORALE GIOVANILE (a cura di) Il sistema preventivo vissuto come cammino di san- tità, Settimana di Spiritualità della Famiglia Salesiana «Salesianum» - Roma – 20-25 gennaio 1980, Editrice Elle Di Ci, Torino 1981, p. 132. MILAN G., Disagio giovanile e strategie educative, Città Nuova Editrice, Roma 2004. MONTEDORO C., (Ed.), Dalla pratica alla teoria per la formazione: un percorso di ricerca epistemolo- gica, Franco Angeli, Milano 2000. MORIN E., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano Raffaello Cortina, 2001. MORIN E., La testa ben fatta, Milano Raffaello Cortina, 2000; CHOMSKY N., Linguaggio e problemi della conoscenza, Il Mulino, Bologna 1991. NAPOLI M., Principio di sussidiarietà, Vita e Pensiero, Milano 2003. NATOLI S., La felicità. Saggio sulla teoria degli affetti, Feltrinelli, Milano 2003. NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, Collana Progetti CNOS FAP CIOFS/FP, Roma 2004. NICOLI D. in MALIZIAG., ANTONIETTI D., TONINI M.(a cura di), Le parole chiave della formazione pro- fessionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, p. 129. NICOLI D. Manuale per progettista di formazione, nell’approccio antropologico-sociale, in Quaderni per l’Obbligo Formativo, Provincia di Milano, n. 4/02. NICOLI D., Il nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, in “Professionalità”, 75 (2003), XI-XXI. NICOLI D., Per una cultura dell’integrazione tra sistema della formazione professionale e sistema scolastico in RASSEGNA CNOS, Problemi esperienze prospettive per la formazione professionale, anno 16/ n° 2 – 2000. NICOLI D., voce Personalizzazione in Malizia G, Antonietti D., Tonini M. (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, II edizione, collana Studi CNOS FAP Roma, 2007. PELLEREY M., Educare. Manuale di pedagogia come scienza pratico-progettuale, Roma, LAS, 1999; PELLEREY M., Le competenze individuali e il Portfolio, Collana Progettare la scuola, Milano, La Nuova Italia, 2004 PERLA L, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, Editrice La Scuola, Brescia 2002,. PERLA L., Valutazione e qualità in università, Carocci, Roma 2004, pp. 22-25. 268 POLLO M., Le sfide dell’abitare una società complessa, in Quaderni di animazione e formazione. L’animazione socioculturale, Edizione Gruppo Abele, Torino 2001. QUAGLINO G.P., CARROZZI G.P., Il processo di formazione. Dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, 1998. SANTERINI M. L’educatore tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale, Ed. La Scuola, Bre- scia, 1998 p. 23. SANTONI RUGIU A., Crisi del rapporto educativo, La Nuova Italia, Firenze 1975. SCHON D., Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari 1993. SPENCER S.M, Competenza nel lavoro, Franco Angeli, Milano 1995. TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Collana Progetti CNOSFAP, Roma, 2003. TESSARO F, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Research, Armando Editore, Roma 1997 c, pp. 7-13. TIRITICCO M. (a cura di) con contributi di: G. BERTAGNA, G. ALLULLI, D. SUGAMIELE, O. NICEFORO, A. VALENTINO, M.M. NOVELLI, P. BENESPERI, M. MARRAS, B. SERRAVALLI, A. TOCCO, G. ANTO- NELLI, Istruzione e formazione. Processi in atto e prospettive, Tecnodid Editrice, Napoli 2003. VARISCO B. M., Portfolio, Roma, Carocci, 2004 e VERDI VIGHETTI L., Verso una qualità pedagogica della formazione, in “Skill” dicembre, 1999. ZINGARELLI N, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1993. 269 INDICE INTRODUZIONE (Associazione CNOS-FAP Regione Puglia) .................................................. 5 Presentazione della sperimentazione (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ........................................................................................ 7 1ª parte. La storia della formazione professionale in Puglia tra “tradizione” e “innovazione” CAPITOLO 1 I fondamenti antropologici e pedagogici della formazione professionale (Mariapia Locaputo) .................................................................................................................... 13 1. Dal significato al senso della formazione oggi ................................................................. 14 2. Imprescindibilità del fondamento antropologico-sociale della formazione .................. 18 CAPITOLO 2 La memoria storica per la ricerca delle coordinate legislative (Mariapia Locaputo) .................................................................................................................... 25 1. Parola d’ordine: integrazione ........................................................................................ 25 2. Lo scenario dell’Unione europea .................................................................................... 27 2.1. La strategia di Lisbona ............................................................................................ 28 2.2 Verso il 2010 ............................................................................................................. 31 3. Quadro giuridico – normativo italiano: tra storia e prospettive .............................. 33 4. La Regione Puglia, la formazione professionale e le sperimentazioni della “riforma Moratti” ..................................................................................................... 47 CAPITOLO 3 Valutare i processi di Istruzione e Formazione Professionale: una ipotesi di indicatori per la qualità negoziata (Cristina Baldi) ............................... 51 1. Perché valutare il processo formativo?.......................................................................... 54 2. Il sistema del processo formativo nel contesto allargato .......................................... 56 3. Gli indicatori per una qualità negoziata ........................................................................ 58 271 272 CAPITOLO 4 La Riflessività del Formatore della Formazione Professionale: un Educatore alla ricerca dell’equilibrio tra Ragione, Religione e Amorevolezza (Cristina Baldi). ............................................................................................................................. 69 2ª parte Il progetto “Integrazione 2003” CAPITOLO 1 La visione del progetto “Integrazione 2003”: dal dialogo all’integrazione (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ............................... 89 1. La formazione formatori ................................................................................................ 93 2. Le azioni seminariali ........................................................................................................ 96 3. Il primo project work ....................................................................................................... 97 4. Il secondo project work .................................................................................................... 98 CAPITOLO 2 Il progetto “Integrazione 2003”: la storia dei CFP coinvolti nel progetto (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ..................................................................................... 107 1. Associazione Calasanzio ................................................................................................. 108 2. CIFIR di Bari ..................................................................................................................... 111 3. CIFIR di Oria .................................................................................................................... 124 4. CIFIR del Sacro Costato ................................................................................................. 127 5. CNOS-FAP di Bari e di Cerignola ................................................................................ 129 6. EPCPEP di Ostuni ............................................................................................................ 133 CAPITOLO 3 La formazione formatori nei CFP (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ..................................................................................... 139 1. Associazione Calasanzio ................................................................................................. 140 2. CIFIR di Bari ...................................................................................................................... 159 3. CIFIR di Oria .................................................................................................................... 179 4. CIFIR del Sacro Costato ................................................................................................. 188 5. CNOS-FAP di Bari e di Cerignola ................................................................................ 217 6. EPCPEP di Ostuni ............................................................................................................ 228 CAPITOLO 4 La parola ai formatori dei CFP (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo)....................................................................................... 255 Conclusioni (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo)....................................................................................... 265 Bibliografia..................................................................................................................................... 267 274 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Maggio 2008

Pages