Comunità professionale aziendale e amministrativa

Autore: 
CIOFS/FP (a cura di)
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
166
Comunità professionale aziendale e amministrativa ROMA DICEMBRE 2008 STUDI PROGETTI ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALESTUDI PROGETTI ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE Associazione CIOFS-FP Sede: Via di San Saba, 14 - 00153 Roma tel. 0039 06 5729911 - fax 0039 06 57299154 e-mail: info@ciofs-fp.org sito: www.ciofs-fp.org C IO FS /F P - C N O S- FA P CIOFS/FP Il CIOFS/FP (Centro Italiano Opere Femmini- li Salesiane - Formazione Professionale) è una Associazione che, nella sua attuale configu- razione, è stata costituita nel 1986 ed è pro- mossa dall’Ente Giuridico C.I.O.F.S., ricono- sciuto con D.P.R. del 20 ottobre 1967 n. 1105, il cui campo di avvio fu la Formazione Pro- fessionale. Rende attuale l’attenzione al mondo della for- mazione e del lavoro che Maria Mazzarello avviò con i laboratori familiari (1872) curando l’apporto peculiare che le donne sono chia- mate ad offrire alla società. Opera in 15 Re- gioni d’Italia. La Federazione CNOS-FAP (Centro Naziona- le Opere Salesiane - Formazione Aggiorna- mento Professionale) è un’Associazione di fatto, costituita nel 1977. Coordina i Salesiani d’Italia impegnati a pro- muovere un servizio di pubblico interesse nel campo dell’Orientamento, della formazione e dell’Aggiornamento professionale nello stile educativo di don Bosco. La Federazione è presente, attualmente, in 17 Regioni. Collana: studi progetti esperienze per una nuova formazione professionale. La collana si propone di contribuire al dibatti- to suscitato in Italia dalla riforma in atto, con particolare attenzione all’attivazione del per- corso di Istruzione e di Formazione Profes- sionale. Proporrà studi, progetti ed esperien- ze, individuandole tra le realizzazioni più si- gnificative delle diverse organizzazioni impe- gnate nel settore formativo. C O M U N IT À PR O FE SS IO N AL E AZ IE N D AL E E AM M IN IS TR AT IV A STU DI CIOFS/FP MINISTERO DEL LAVORO DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione CIOFS/FP Centro Italiano Opere Femminili Salesiane Formazione Professionale Roma dicembre 2008 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA MINISTERO DEL LAVORO DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione Coordinamento scientifico: Dario Nicoli Autori del volume: Angela Loiacono, Valentina Fidanza Hanno collaborato: Lauretta Valente, Angela Elicio Si ringraziano gli Operatori della Formazione Professionale del: CIOFS-FP Basilicata, CIOFS-FP Calabria, CIOFS-FP Emilia Romagna, CIOFS-FP Friuli Venezia Giulia, CIOFS-FP Lazio, CIOFS-FP Liguria, CIOFS-FP Lombardia, CIOFS-FP Piemonte, CIOFS-FP Puglia, CIOFS-FP Sardegna, CIOFS-FP Sicilia, CIOFS-FP Toscana, CIOFS-FP Veneto. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 3 INDICE PRESENTAZIONE 5 1. INTRODUZIONE 9 1.1 Natura economica, sociale e culturale della comunità professionale 9 1.2 La comunità professionale in prospettiva formativa 13 1.3 La comunità professionale Aziendale e Amministrativa nell’ambito europeo 15 1.3.1 La comunità professionale amministrativa nel sistema spagnolo 17 1.3.2 La comunità professionale amministrativa nel sistema tedesco 24 1.3.3 La comunità professionale amministrativa nel sistema svizzero 26 1.3.4 La comunità professionale amministrativa nel sistema francese 32 1.3.1 La comunità professionale amministrativa nel sistema della Gran Bretagna 35 2. MAPPA DELLE FAMIGLIE E FIGURE PROFESSIONALI PER COMPETENZE ESSENZIALI 38 2.1 Descrizione dei profili 39 2.2 Schema dell’offerta formativa 41 2.3 Profili per competenze 43 3. MODELLO FORMATIVO 46 3.1 Traguardi Formativi 46 3.2 Competenze comuni alla comunità professionale 59 3.3 Competenze delle figure professionali di indirizzo 62 3.4 Competenze professionali del quarto anno 66 4. GESTIONE DEL MODELLO FORMATIVO PER QUALIFICHE E DIPLOMI 69 4,1 Quadro orario 69 4.2 Vincoli e risorse 70 5. PROPOSTA DI PERCORSO FORMATIVO E DI UDA SIGNIFICATIVE 72 5.1 Esempio di percorso formativo per il primo anno 72 5.2 Esempio di percorso formativo per il secondo anno 73 5.3 Esempio di percorso formativo per il terzo anno 74 5.4 Esempio di percorso formativo per il quarto anno 75 5.5 Unità di Apprendimento per il primo anno 77 5.6 Unità di Apprendimento per il secondo anno 91 5.7 Unità di Apprendimento per il terzo anno 115 5.8 Unità di Apprendimento per il quarto anno 127 ALLEGATI 135 BIBLIOGRAFIA 159 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 4 Presentazione La presente Guida si inserisce in un ampio lavoro, comprendente una “Linea guida generale per i percorsi di istruzione e formazione professionale”, ed altre guide di comunità professionali così da costituire nell’insieme una proposta orga- nica e orientata alla gestione formativa degli stessi percorsi. Essa è promossa dagli enti di istruzione e formazione professionale che si ricono- scono nella prospettiva della “formazione efficace” centrata a sua volta sui prin- cipi del coinvolgimento degli allievi, della personalizzazione, del compito reale, della comunità di apprendimento, del coinvolgimento della società civile. In que- sto modo, la struttura formativa pone al centro del suo compito il “coltivare talen- ti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e propone la cultura – genera- le e professionale - come esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo. I percorsi di istruzione e formazione professionale che si intendono sostenere con queste guide si distinguono per quattro caratteristiche peculiari: - il riferimento ad opere espresse dalla realtà sociale, dotate di una tradizione tale da collocarle in modo stabile nel contesto locale oltre che nazionale; - la presenza di un’ispirazione educativa che ne connota l’azione attraverso lo stile della comunità educante, della valorizzazione dei talenti e potenzialità dei destinatari e del coinvolgimento dei soggetti del territorio; - la valorizzazione della cultura del lavoro “vitale” presente nel contesto come situazione di apprendimento entro cui svolgere percorsi di valore educativo, cul- turale e professionale; - la metodologia attiva tesa a sollecitare il coinvolgimento dei destinatari attra- verso compiti reali così da sollecitare l’apprendimento per soluzione dei proble- mi e per scoperta. La proposta qui contenuta è orientata su due criteri di fondo: il valore culturale del lavoro e il principio della continuità formativa. Il lavoro non è solo operatività, ma costituisce essenzialmente un fenomeno cultu- rale in forza del quale esso risulta dotato di una valenza etica ed educativa. L’elemento centrale di tale cultura è costituito dall’azione ovvero dalla mobilita- zione di tutte le risorse in vista di una risposta positiva ad un problema/opportu- nità ed ai compiti ad esso connessi; in tal modo il lavoro risulta un’esperienza 5 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA umana privilegiata in grado di sostenere nella persona un comportamento razio- nale dal carattere pienamente sociale ed inoltre capace di stimolare l’apprendi- mento. Questa azione è quindi qualcosa di differente dalla semplice attività che indica una mobilitazione solo pratica del soggetto umano: è il modo umano di per- cepire la realtà, di entrare in relazione con essa, di scoprirne le caratteristiche, di cogliere la propria autonomia, di partecipare da protagonista alla costruzione di forme di vita sociale ricche di valore. Il lavoro rappresenta un processo di azione ricco di significati e di valori, oltre che di relazioni, che si svolge secondo una modalità che consente di cogliere la cultu- ra entro una dimensione vitale. Il lavoratore «assume una rilevanza specifica in quanto modalità di espressione dell’identità personale, poiché in esso vengono coinvolte non unicamente le capacità operativo manuali, bensì la dimensione cognitiva, motivazionale, creativa, culturale, etico valoriale» (Bocca 1998, 104). Il principio di continuità formativa indica la possibilità, entro una specifica comu- nità professionale, di svolgere un percorso verso l’alto che sollecita nella persona che lo compie un cammino di crescita ad un tempo educativa, culturale e profes- sionale. In tal modo, l’allievo in formazione può accedere sia direttamente nel mercato del lavoro dopo un percorso triennale di qualifica IFP sia proseguire nell’ambito della formazione superiore sia infine transitare tramite moduli formativi appropriati (Larsa) presso i percorsi del sistema di istruzione e dell’università. Esso si lega al criterio della equivalenza formativa, in forza del quale è possibile stabilire una corrispondenza tra due titoli o parti di una formazione in riferimento ai rispetti- vi programmi, tale da poter sviluppare una comparazione tra i percorsi e gli esiti formativi – anche in vista di passaggi e di processi di certificazione reciproci. Ciò è reso possibile dalla prospettiva europea, in particolare dal Quadro europeo dei titoli e delle certificazioni (EQF), un dispositivo di traduzione che consente di mettere in relazione e posizionare, in una struttura a otto livelli, i diversi titoli (qualifiche, diplomi, certificati ecc.) rilasciati nei Paesi membri, sulla base degli esiti dell’apprendimento. Inteso nel senso corretto, il principio della continuità formativa richiede che il sistema si doti di una istruzione e formazione professionale iniziale di qualità, che sappia porre le basi del riconoscimento e della valorizzazione dei talenti degli ado- lescenti e dei giovani, che consenta loro un approccio positivo e costruttivo nei confronti della cultura, che insegni loro come apprendere a partire dalle espe- rienze, acquisendo quel metodo tramite cui l’adulto può trarre valore culturale dalle esperienze che conduce, a beneficio suo e della società in cui è impegnato. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 6 La Guida è rivolta innanzitutto ai formatori ed al personale coinvolto nelle azio- ni formative: essa propone loro un quadro di riferimento unitario cui riferirsi, una metodologia organica e coerente che consente di gestire al meglio le attività formative tenendo conto delle caratteristiche dei destinatari, del contesto e dei vincoli/opportunità della istruzione e formazione professionale. Inoltre, è rivolta al personale delle amministrazioni statali, regionali e provincia- li, che hanno la responsabilità della programmazione e dell’accompagnamento del sistema educativo e che possono trarre da essa spunti per la loro attività. È poi rivolta al personale delle istituzioni scolastiche affinché possa avere un rife- rimento per ciò che concerne i percorsi di istruzione e formazione professionale. Infine riteniamo che quanto elaborato possa costituire un’indicazione preziosa per gli orientatori affinché sappiano cogliere i talenti degli adolescenti e giovani e possano fornire loro una guida utile per il loro percorso di studio e di lavoro. 7 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 1. Introduzione 1.1 Natura economica, sociale e culturale della comunità professionale La comunità professionale aziendale e amministrativa rappresenta una delle comunità più ampie dell’economia moderna, in quanto attraversa trasversalmen- te tutti i settori produttivi, da quello primario (attività agricole ed estrattive) a quello secondario (industrie), fino ovviamente, a quello terziario e terziario avan- zato (servizi tradizionali e servizi ad alto contenuto tecnologico). Le figure profes- sionali che compongono la comunità aziendale e amministrativa trovano impiego nelle aziende, negli esercizi commerciali di medie e grandi dimensioni, negli studi professionali (commercialisti, avvocati, ingegneri, ecc.), nella Pubblica Ammi- nistrazione e nelle aziende no profit. Negli ultimi decenni l’introduzione di strumenti informatici (hardware e software) ha avuto un notevole impatto sui cicli produttivi, sostituendo in maniera alquanto rapida una parte del lavoro dell’uomo con quello del personal computer. Questa sostituzione in un primo momento ha fatto temere una drastica riduzione dei livelli occupazionali del personale impiegatizio amministrativo-aziendale, ma è stata poi compensata dai nuovi ruoli assegnati. In passato il principale compito del personale amministrativo era di natura statica (ripetitiva), riferito alle sole attività di segrete- ria, di contabilità generale e di contabilità del personale; oggi il suo ruolo è stato valorizzato, richiedendo maggiori competenze organizzative e di supporto nelle deci- sioni gestionali e riconoscendo in compenso maggiori margini di autonomia. Oggi il lavoro di segreteria non è più limitato alla gestione degli appuntamenti e dello sca- denzario, ma include l’organizzazione di eventi (viaggi, incontri di lavoro, convegni) ed attività di promozione della vita aziendale che richiedono maggiori capacità orga- nizzative e di pubbliche relazioni. Lo stesso si può dire del ruolo del contabile, che non deve limitarsi a gestire la contabilità generale e/o quella del personale, ma svol- ge un compito di primo piano nella stesura del bilancio di esercizio ed in tutta l’at- tività di programmazione e controllo di gestione (budget)1. I fenomeni di globalizza- zione dei mercati ed il rafforzamento di organismi sovranazionali (si pensi all’Unione Europea) hanno poi ampliato il panorama di riferimento economico, finanziario e giuridico, imponendo agli stati membri di adeguare i propri impianti legislativi al fine di uniformarli ai principi e alle direttive comunitarie. 9 INTRODUZIONE 1 AMADORI A. – PIEPOLI N., Cambiare Lavoro, Ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2001. Tali assestamenti ed armonizzazioni hanno influenzato e tutt’ora influenzano la vita delle aziende (e dei cittadini), imponendo loro una costante flessibilità nelle procedure produttive, specie di tipo amministrativo, pena l’esclusione dal merca- to; a titolo esemplificativo, si pensi all’impatto che ha avuto sulla vita delle azien- de il recepimento dello schema comunitario di bilancio d’esercizio (previsto dalla IV Direttiva CEE), l’introduzione della moneta unica (l’Euro) e la riforma delle società. A livello più generale si è avuta la trasformazione del mercato del lavoro passan- do da una società industriale ad una società post-industriale (si pensi, ad esempio, all’avvento della “new economy”). Nel periodo industriale il lavoro era considera- to una “merce” la cui compravendita veniva regolata da rapporti stabili e duratu- ri tra imprese e forza-lavoro; il mercato del lavoro era strutturato e regolato in modo tale da assicurare al lavoratore un immutabile sistema di garanzie e sicu- rezze (il cosiddetto “posto fisso”). Oggi invece la dinamica dei mercati è tale da imporre alle aziende continui cambiamenti ed evoluzioni: basti pensare che la vita media di un’impresa è scesa da cinquanta a pochi anni. Parallelamente, il singolo rapporto lavorativo si configura non più come un rapporto stabile e definitivo con la medesima azienda, ma è sempre più un percorso attraverso forme lavorative e imprese che cambiano. Di fronte a questi cambiamenti repentini e continui la vera risorsa strategica del terzo millennio sono le metacompetenze, ovvero gli strumen- ti sociali e culturali che permettono alla persona di entrare nel mondo del lavoro e soprattutto di rimanervi, per cui è indispensabile arricchire il proprio sapere e le proprie conoscenze lavorative per arrivare ad una cultura dell’aggiornamento pro- fessionale continuo. Nelle economie moderne si è fatto strada il concetto di azienda come “sistema”: l’azienda non viene più considerata quale semplice sommatoria delle sue parti componenti, dove alcune sono più importanti delle altre, ma come un insieme di elementi che necessariamente devono interagire per dar luogo a sinergie che ren- dano vitale il sistema stesso. L’ottica sistemica abbandona la vecchia idea che un reparto sia più importante di un altro e porta al risultato che tutti i reparti azien- dali devono necessariamente essere ben funzionanti, poiché il mancato o errato andamento dell’uno ha ripercussioni negative sull’intero sistema2. È grazie a que- sta nuova concezione che oggi le aziende tendono ad investire di più nella forma- zione degli addetti dell’area amministrativo-contabile, in quanto anche questa area è ritenuta importante nelle decisioni strategiche e gestionali che coinvolgono l’intera struttura. L’operatore amministrativo non è più un semplice esecutore, una figura di mansione, ma è un soggetto capace di relazionarsi con l’esterno, che pos- COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 10 2 BERTALANFFY L.V., Teoria Generale dei Sistemi, I.L.I., Milano, 1971. siede le conoscenze e gli strumenti necessari ad affrontare per tempo e con com- petenza le mutevoli esigenze amministrative imposte dall’ambiente, senza far subire traumi all’attività aziendale; per tali ragioni appare fondamentale per il lavoratore un costante aggiornamento professionale per una maggiore qualifica- zione e flessibilità all’interno del mondo lavorativo. Si deve inoltre tener presente che oggi l’impresa non è più localizzata in un unico spazio ben definito, ma è orga- nizzata come una rete di cui è sempre più difficile individuare i confini (che spes- so superano l’ambito nazionale). Per il lavoratore del reparto amministrativo è pertanto fondamentale comunicare continuamente con l’ambiente in cui opera, in modo da non subire passivamente gli input che riceve, ma instaurare con le sue interfacce un mutuo scambio di informazioni indispensabili per la crescita e la sopravvivenza aziendale. Si riscontra nella comunità aziendale e amministrativa un fenomeno di professio- nalizzazione delle tradizionali figure amministrative e contabili, ma nel contempo la comparsa di nuove figure di tecnici ed esperti nei vari rami della gestione azien- dale (finanziario, fiscale, organizzativo, delle risorse umane, della comunicazione, del marketing…), per la cui formazione è necessario un percorso composito ed in forte dinamica evolutiva. Dal punto di vista culturale, la comunità aziendale e amministrativa presenta una configurazione alquanto composita che riunisce diverse discipline, quali il diritto (principalmente pubblico, civile, del lavoro, com- merciale, tributario e fallimentare), la tecnica commerciale, la tecnica bancaria, la ragioneria, la matematica (in particolare quella finanziaria), la statistica (nozioni base), l’informatica, il marketing (nozioni di ricerche di mercato e di tecniche e politiche di vendita), l’economia ed organizzazione aziendale (nozioni), la mer- ceologia, almeno una lingua straniera (inglese) oltre le nozioni linguistiche di base (grammatica e letteratura), l’economia politica, la storia, la geografia (in partico- lare quella economica) e le scienze naturali. Un discorso a parte merita la deontologia professionale, importante per tutte le aree professionali, ma in modo particolare per quella aziendale e amministrativa, sia per la riservatezza dei dati aziendali cui hanno accesso i lavoratori di questa comunità professionale sia per l’elevato grado di interrelazione che essi hanno con tutti i settori produttivi: in un mondo sempre più superficiale è alto il rischio di allontanamento da quei valori Cristiani di rispetto del prossimo e del proprio lavo- ro che devono essere il fondamento della vita di ciascuno di noi. La comunità aziendale e amministrativa risulta dotata di una propria cultura spe- cifica, che è data dalla capacità di collocare ogni aspetto dell’attività lavorativa e professionale entro un quadro d’insieme che dia conto della varietà di significati mobilitati: le qualifiche professionali di questa comunità richiedono un insieme di conoscenze ed abilità che appartengono sia agli aspetti tecnico-operativi che 11 INTRODUZIONE all’ambito della cultura generale, ovvero della lingua italiana, delle lingue stranie- re, delle scienze, del diritto e dell’economia. In forza delle caratteristiche della comunità professionale è necessario che i suoi componenti abbiano una propensione per gli studi tecnico-scientifici con basi eco- nomico-giuridiche; il contesto aziendale-amministrativo richiede continuamente al lavoratore di effettuare calcoli matematici, di interpretare testi giuridici, di ana- lizzare scritture contabili, di conoscere, almeno sommariamente, gli aspetti tecni- ci del ciclo produttivo. Sarebbe impensabile lavorare nel reparto amministrativo di un’azienda o di uno studio professionale senza avere quelle conoscenze tecniche per comprendere la struttura del ciclo produttivo, le basi economiche per valuta- re l’andamento reddituale e patrimoniale dell’azienda, gli elementi di matematica per conteggiare gli oneri ed i proventi finanziari, le conoscenze giuridiche per interpretare un testo di legge o un contratto, i principi di scienza delle finanze e di tecnica tributaria per il conteggio delle imposte (dirette ed indirette), le conoscen- ze informatiche per poter usare il personal computer, le basi per saper leggere una rilevazione statistica. Ecco perché, contrariamente a quanto avveniva nel passato, la formazione dei lavoratori di questa comunità professionale deve essere basata soprattutto su elementi di natura giuridica, economica, finanziaria e scientifica (matematica ed informatica), aiutando gli allievi stessi a sviluppare un’attitudine al lavoro di gruppo con elevate capacità di comunicazione, razionalizzazione, organizzazione del proprio lavoro al fine di fronteggiare le diverse problematiche lavorative e ridurre al minimo le tensioni legate alle scadenze degli adempimenti e alle istanze poste dal datore di lavoro e dai clienti. Le conoscenze e le abilità che l’allievo è sollecitato a trasformare in competenze personali offrono, in questo qua- dro, un contributo di primaria importanza ai fini dell’integrazione critica delle nuove generazioni nella società contemporanea. Favorendo l’iniziativa dell’allievo per il suo sviluppo psichico ed intellettuale lo si mette nelle condizioni per defini- re e conquistare la propria identità di fronte agli altri, e di rivendicare un proprio ruolo nella realtà sociale, culturale e professionale. Nel lavoro aziendale sono centrali gli aspetti di razionalità, logica, precisione e ordine, ma pure quelli della comunicazione e dell’ascolto, dell’ideazione, dell’ag- giornamento costante e della risoluzione di problemi. L’asse portante della cultu- ra professionale aziendale e amministrativa è dato da tre componenti tra loro stret- tamente intrecciate: • l’affidabilità professionale circa gli aspetti tecnici di natura amministrativa e di supporto alla gestione; • il lavoro cooperativo in riferimento alle altre figure (tecniche, manageriali) presenti nell’organizzazione; COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 12 • la natura di servizio, ovvero di reperimento delle risorse e di supporto necessa- rio all’integrazione fra le capacità, le attese e le esigenze vitali di un particolare gruppo di persone e l’ambiente in cui quel gruppo svolge la propria attività in termini di accrescimento di valore. In forza dell’attuale volto della comunità professionale, è necessario che i suoi componenti ad ogni livello siano contraddistinti da una forte disposizione verso le componenti suddette e da capacità personali coerenti con tale asse culturale che delinea in tal modo una vocazione professionale peculiare. 1.2 La comunità professionale in prospettiva formativa La comunità professionale aziendale e amministrativa si distingue per il fatto di possedere una propria cultura, un proprio modus operandi, una rilevanza sociale ed economica tali da costituire una vera e propria potenzialità educativa nei con- fronti degli allievi. Ciascun allievo, grazie ai costanti e crescenti stimoli educativi ricevuti lungo tutto il corso di formazione, è stimolato a conoscere se stesso, le pro- prie competenze, i punti di forza e di debolezza della propria preparazione, per costruirsi un sistema di valori ispirati alle buone regole della convivenza civile, tanto da relazionarsi con gli altri sapendo ascoltare, dialogare e confrontarsi. In sintesi, la comunità aziendale e amministrativa consente agli allievi di maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi della esperienza umana, sociale e profes- sionale attraverso le conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere), le abi- lità operative apprese (il fare consapevole), nonché l’insieme delle azioni e delle relazioni interpersonali intessute (l’agire)3. Il percorso formativo per la qualifica professionale prevede un insieme organico di saperi, conoscenze, tecniche, modalità di azione e stili professionali: la professio- nalità specifica è l’oggetto della formazione che darà la possibilità agli allievi di acquisire abilità e conoscenze nel campo economico-giuridico che avranno come sbocco naturale i settori amministrativo-contabili di aziende di qualsiasi dimen- sione e settore produttivo o di studi commerciali. Il percorso che gli allievi seguono per arrivare alla acquisizione di una qualifica professionale prevede una disciplina, ovvero un insieme di saperi, tecniche, siste- mi di azioni e stili professionali, mediante la quale essi sono sollecitati a conosce- re se stessi, le proprie possibilità ed i propri limiti, le proprie inclinazioni, attitu- dini, capacità, nella porzione di mondo a cui si estende l’esperienza individuale. 13 INTRODUZIONE 3 Cfr. PECUP. Tale disciplina viene acquisita integrando continuamente il livello dei saperi, quel- lo delle tecniche ed infine quello degli stili di comportamento: questo significa di fatto aumentare l’occupabilità degli allievi e la loro capacità di adattamento ai mercati in continua evoluzione dei lavoratori. Nell’ambito formativo verrà valorizzata la cultura propria della comunità azien- dale e amministrativa attraverso il confronto con gli operatori, il linguaggio, le tec- niche, i modelli cognitivi ed operativi, il sistema di relazioni che essa consente, le tipologie di prodotti e di servizi. Le attività di stage e di laboratorio della comu- nità aziendale e amministrativa permettono all’allievo di interagire con la realtà lavorativa e l’organizzazione di un’azienda: in tal modo gli allievi non sono resi- stenti agli apprendimenti, perché ne comprendono motivazione e significato. Uno dei principali sforzi dei formatori di questa comunità sarà quello di far com- prendere agli allievi che tra le diverse aziende, qualunque sia la loro dimensione o tipologia di attività, vi è un comune denominatore, in quanto ciascuna di esse è sempre «una coordinazione economica in atto, istituita e retta per il soddisfaci- mento di bisogni umani, di cui l'uomo e la ricchezza sono elementi vitali», ovvero «un istituto economico destinato a perdurare che, per il soddisfacimento di biso- gni umani, ordina e svolge, in continua coordinazione, la produzione o il procac- ciamento e il consumo della ricchezza»4. Questo significa che le problematiche legate alla vita aziendale, anche se su scala diversa, hanno una matrice comune: è per tale motivo che l’allievo deve possedere le conoscenze sulle origini e sulla natu- ra dell’organizzazione aziendale. Storicamente l’azienda nasce nel contesto fami- liare come istituto di erogazione finalizzato esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni dei propri componenti; la sua evoluzione la porta a diventare sempre più istituto di produzione finalizzato al soddisfacimento indiretto dei bisogni dei suoi componenti mediante attività di produzione e scambio di beni e servizi. Le specifiche competenze che gli allievi della comunità aziendale e amministra- tiva dovranno perseguire sono principalmente le seguenti: • saper distinguere tra fatti aziendali “interni” ed “esterni”, comprenderne il significato, saperne individuare la natura ed essere in grado di ricondurre gli ele- menti distintivi su entità produttive (aziende di produzione/servizi) di qualsiasi dimensione; • possedere un insieme di strumenti economico-tecnico-giuridici, matematici, sta- tistici, commerciali, finanziari, atti a descrivere e “rilevare” (individuare, rap- presentare contabilmente ed interpretare) in modo appropriato i fatti aziendali, interni ed esterni, con riferimento ad uno specifico oggetto (ad esempio il reddi- to o il patrimonio); COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 14 4 ZAPPA G., 1929 e 1957 • saper leggere ed interpretare i testi (soprattutto giuridici), anche in lingua stra- niera (inglese e altre lingue), riuscendo a percepirne il significato fondamentale ed essenziale e sviluppare la capacità di comunicare ad altri, con parole e scrit- ti, i concetti appresi. Costituiscono, inoltre, fondamentali atteggiamenti degli allievi di questa comu- nità, quelli di: • coltivare l’interesse per le novità e per il costante aggiornamento culturale e pro- fessionale mediante la lettura di stampa specializzata e con il ricorso ad altri strumenti di informazione (Internet, banche dati, ecc.) in modo da analizzare un problema sotto diversi aspetti e con il gusto della ricerca continua al fine di tro- vare la soluzione più idonea e conveniente in termini di tempo e di costi; • avere la convinzione che il ruolo ricoperto è di fondamentale importanza per la vita dell’organismo produttivo (azienda o studio) in cui si trova ad operare e che tale ruolo non è di natura statica o ripetitiva, bensì ha una dinamicità che è fun- zione sia del proprio operato sia del grado di integrazione con gli altri soggetti con cui deve interagire; • avere flessibilità ed adattabilità al cambiamento. Questa serie di competenze ed atteggiamenti svilupperà una forte motivazione negli allievi, poiché li farà sentire parte attiva nelle realtà produttive in cui opere- ranno. Nella formazione dei lavoratori ricoprono un ruolo molto importante le attività di laboratorio e di stage, che consentono agli allievi un continuo confron- to pratico con il lavoro degli operatori del settore. 1.3 La comunità professionale Aziendale e Amministrativa nell’ambito europeo5 Analizziamo come in alcuni paesi europei vengono attuati i percorsi formativi nel- l’ambito della comunità professionale aziendale e amministrativa. Prendiamo in considerazione 5 paesi, dei quali Spagna, Germania, Svizzera, Francia erano già stati scelti per l’attuazione di una ricerca in ambito europeo sui sistemi nazionali della formazione professionale. Per questa analisi si è fatto riferimento a figure professionali normate, cioè definite da appositi regolamenti nazionali/regionali e da curricula formativi. I risultati e le caratteristiche emerse sono la diretta conse- 15 INTRODUZIONE 5 Estratto dal cap. 5, Nicoli D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale, Tipografia Pio XI, Roma, 2005 guenza della struttura stessa dei singoli sistemi. Si evidenziano tuttavia alcuni aspetti peculiari che influiscono sulle caratteristiche dell’offerta formativa predi- sposta nelle nazioni indagate: 1) la dimensione normativa forte che definisce i profili professionali, dove a cia- scun profilo corrisponde un curriculum formativo, come nel caso del sistema spagnolo e in parte del sistema tedesco, (il curriculum formativo relativo a cia- scun profilo è definito a livello centrale con la possibilità da parte dei singoli Länder di aggiungere ulteriori elementi alla formazione); 2) la modularità e la flessibilità dei percorsi, come nel caso del sistema francese, dove si riscontra la presenza di numerose tipologie di curricula formativi e di profili professionali senza che però ci sia coincidenza tra curriculum e certifi- cato; questo implica che la preparazione professionale per svolgere una profes- sione può essere raggiunta seguendo differenti tipologie di percorsi (formazio- ne professionale iniziale, formazione professionale continua per adulti, ecc.) cui corrispondono titoli di natura diversa. Ciò che è normato sono i singoli “tassel- li”, cui si può arrivare attraverso percorsi formativi diversi; 3) la flessibilità del sistema formativo, come nel caso del sistema svizzero, dove pur scegliendo un unico tipo di curriculum, è possibile raggiungere titoli di grado diverso e progressivi, il cui livello più alto abilita alla prosecuzione degli studi presso le università e/o scuole superiori tecniche. Questa caratteristica si con- trappone alla forte strutturazione dei sistemi tedesco e spagnolo, dove fin dal- l’inizio del percorso si esige la scelta tra l’inserimento nel sistema scolastico/del- l’istruzione o l’inserimento nel sistema della formazione professionale, quali canali disgiunti; 4) l’approccio al risultato piuttosto che al percorso formativo in uso in Gran Bretagna, dove solo la dimostrazione dell’acquisizione delle competenze richie- ste per una certa qualifica abilita alla qualifica in oggetto, indipendentemente da come il candidato le ha acquisite o sviluppate. Non sono previsti titoli o cre- diti per poter accedere alla valutazione, e non sono previsti limiti d’età. Nel caso della Gran Bretagna viene presentata una panoramica di alcune qualifi- che normate a livello nazionale, mentre nel caso di Spagna, Germania, Svizzera, Francia abbiamo preso in considerazione la figura del tecnico amministrativo che permette un confronto più appropriato tra i diversi sistemi di istruzione e forma- zione professionale. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 16 1.3.1 La comunità professionale amministrativa nel sistema spagnolo La formazione professionale in Spagna era regolata dalla Legge sull’educazione del 1990 (LOGSE), che combinava l’istruzione generale di base e la formazione professionale in un unico sistema; la LOGSE prevedeva l’obbligo di istruzione per dieci anni, dai 6 ai 16 anni di età. Nel 2006 tale LOGSE è stata modificata ed inte- grata dalla nuova Legge sull’educazione (LOE), i cui inerenti regi decreti stabili- scono la struttura generale della formazione professionale. Nel 2008 convivono alcune applicazioni residue della LOGSE del 1990 con le nuove applicazioni della LOE del 2006. La LOE regola il sistema educativo dall’infanzia fino all’istruzione secondaria superiore, includendo i livelli medio e superiore della formazione professionale: • l’istruzione primaria (dai 6 ai 12 anni di età) e l’istruzione secondaria (dai 12 ai 16 anni di età) costituiscono l’istruzione di base obbligatoria; • la formazione professionale iniziale (livello 1 del sistema spagnolo) destinata a quanti non abbiano completato l’istruzione secondaria obbligatoria ed abbiano già compiuto 16 anni. Sono previsti corsi di 600-700 ore; • l’istruzione secondaria post-obbligatoria è costituita dal baccalaureato (di dura- ta biennale, il cui superamento è necessario per accedere agli studi universitari), dalla formazione professionale di grado medio (livello 2 del sistema spagnolo), dagli insegnamenti professionali di arti plastiche e del disegno di grado medio, dagli insegnamenti sportivi di grado medio. Per accedere all’istruzione seconda- ria post-obbligatoria è necessario aver conseguito il “Graduado en Educación Secundaria Obligatoria”; • l’istruzione superiore è costituita dagli insegnamenti universitari, dalla forma- zione professionale di grado superiore (livello 3 del sistema spagnolo), dagli insegnamenti professionali di arti plastiche e del disegno di grado superiore, dagli insegnamenti sportivi di grado superiore. La formazione professionale è definita dalla LOE come un insieme di cicli forma- tivi ad organizzazione modulare, di durata variabile e con contenuti teorico-prati- ci adeguati alle 26 famiglie professionali riconosciute. I cicli formativi sono di grado medio e di grado superiore, e fanno riferimento al Catalogo Nazionale delle Qualifiche Professionali (che consta di 407 qualifiche normate), elaborato e gesti- to dall’Istituto Nazionale delle Qualifiche Professionali. Le qualifiche sono defini- te come un insieme di unità di competenze, e la formazione associata si esplica in moduli formativi. Ciascun modulo è codificato, quindi il medesimo modulo può essere presente, se il caso, in qualifiche che presentino elementi di attinenza. Un modulo formativo è composto da alcune realizzazioni professionali, e per ciascu- 17 INTRODUZIONE na realizzazione professionale sono indicati i criteri di realizzazione. La valutazio- ne dell’apprendimento degli alunni nei cicli formativi è realizzata per moduli pro- fessionali: il superamento di un ciclo formativo richiede la valutazione positiva in tutti i moduli che compongono quel ciclo. Gli allievi che conseguono una valuta- zione positiva solo per alcuni dei moduli che compongono un ciclo formativo, rice- vono un certificato accademico di accreditamento parziale accumulabile delle competenze professionali acquisite relativamente al Sistema Nazionale di Qualificazione e Formazione Professionale. È in preparazione un sistema di definizione e catalogazione nazionale per le qua- lifiche di istruzione superiore (Spanish Qualifications Framework for Higher Educations Qualifications), che includa i descrittori delle conoscenze ed abilità per tutti i livelli dell’istruzione superiore (dottorato, master, cicli di formazione supe- riore, formazione professionale, etc.)6. La formazione professionale è prevalentemente collegata al mondo delle occupa- zioni, oppure si colloca nell’ambito dei programmi di garanzia sociale; è previsto l’accesso alla formazione professionale (previa una prova di ammissione) anche per coloro che non abbiano conseguito i titoli di accesso previsti e cioè il comple- tamento dell’istruzione secondaria obbligatoria per l’accesso alla formazione pro- fessionale di grado medio oppure il conseguimento del baccalaureato per l’acces- so alla formazione professionale di grado superiore. Il conseguimento della quali- fica di “Tecnico” ottenuto con un corso di formazione di livello medio, consente l’accesso al biennio di baccalaureato ed il potenziale successivo accesso all’univer- sità, consentendo di fatto il ritorno a percosi di istruzione superiore a quanti non avessero completato l’istruzione secondaria obbligatoria. Il conseguimento della qualifica di “Tecnico superiore” ottenuto con un corso di formazione di livello superiore, consente l’accesso all’università. La formazione professionale può essere erogata da centri pubblici o privati auto- rizzati dall’Amministrazione educativa competente, da centri di riferenza nazio- nali e da centri integrati di formazione professionale conformi alle normative della LOE. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 18 6 Estratto dal cap. 5, Nicoli D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale, Tipografia Pio XI, Roma, 2005 Di seguito sono elencati i titoli ufficiali di grado medio. Actividades Agrarias Explotaciones Agrarias Extensivas Explotaciones Agrarias Intensivas Explotaciones Ganaderas Jardinería Trabajos Forestales y Conservación del Medio Natural Actividades Físicas y Deportivas Conducción de Actividades Físico-Deportivas en el Medio Natural Actividades Maritimo - Pesqueras Buceo de Media Profundidad Operaciones de Cultivo Acuícola Operación, Control y Mantenimiento de Máquinas e Instalaciones del Buque Técnico en Pesca y Transporte Marítimo Administración Gestión Administrativa Artes Gráficas Encuadernación y Manipulados de Papel y Cartón Impresión en Artes Gráficas Preimpresión en Artes Gráficas Comercio y Marketing Comercio Comunicación, Imagen y Sonido Laboratorio de Imagen Edificación y Obra Civil Acabados de Construcción Obras de Albañilería Obras de Hormigón Operación y Mantenimiento de Maquinaria de Construcción Electricidad y Electrónica Equipos Electrónicos de Consumo Equipos e Instalaciones Electrotécnicas 19 INTRODUZIONE Fabricación Mecánica Fundición Joyería Mecanizado Soldadura y Calderería Tratamientos Superficiales y Térmicos Hostelería y Turismo Cocina Pastelería y Panadería Servicios de Restaurante y Bar Imagen Personal Caracterización Estética Personal Decorativa Peluquería Industrias Alimentarias Conservería Vegetal, Cárnica y de Pescado Elaboración de Aceites y Jugos Elaboración de Productos Lácteos Elaboración de Vinos y otras Bebidas Matadero y Carnicería-Charcutería Molinería e Industrias Cerealistas Panificación y Repostería Informática Explotación de Sistemas Informáticos Madera y Mueble Fabricación a Medida e Instalación de Carpintería y Mueble Fabricación Industrial de Carpintería y Mueble Transformación de Madera y Corcho Mantenimiento de Vehículos Autopropulsados Carrocería Electromecánica de Vehículos COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 20 Mantenimiento y Servicios a la Producción Instalación y Mantenimiento Electromecánico de Maquinaria y Conducción de Líneas Mantenimiento Ferroviario Montaje y Mantenimiento de Instalaciones de Frío, Climatización y Producción de Calor Química Operaciones de Fabricación de Productos Farmacéuticos Laboratorio Operaciones de Proceso de Pasta y Papel Operaciones de Proceso en Planta Química Operaciones de Transformación de Plástico y Caucho Sanidad Cuidados Auxiliares de Enfermería Farmacia Servicios Socioculturales y a la Comunidad Atención Sociosanitaria Textil, Confección y Piel Calzado y Marroquinería Confección Operaciones de Ennoblecimiento Textil Producción de Hiladura y Tejeduría de Calada Producción de Tejidos de Punto Vidrio y Cerámica Operaciones de Fabricación de Productos Cerámicos Operaciones de Fabricación de Vidrio y Transformados La tavola che segue riassume le caratteristiche del percorso di “Tecnico ammini- strativo” in Spagna, come previsto dalla LOGSE del 1990. 21 INTRODUZIONE Tav. 1 - Tecnico amministrativo in Spagna5 Titolo del curriculum formativo Livello Ente erogatore della formazione Requisiti di accesso Durata in ore Contenuti e struttura del percorso formativo Situazioni di lavoro Commissione di accertamento/ esame finale TECNICO AMMINISTRATIVO Administraciòn: gestiòn Administrativa - Corso per “Tecnico di gestione amministrativa” Formazione professionale di grado medio - livello della formazione - parametro dell’Unione Europea: 2. Il titolo da accesso al percorso di baccalaureato Centro di formazione e formazione sul luogo di lavoro (F.C.T.) Titolo di scuola secondaria dell’obbligo, oppure in caso di partecipazione a un programma di garanzia sociale è richiesta la maggiore età con un anno di esperienza lavorativa 1300 ore di cui almeno il 25% presso una azienda Il percorso è strutturato in moduli professionali: - Comunicazione, archiviazione delle informazioni e immissione dati (160 ore) - Gestione amministrativa nelle compravendite (95 ore) - Gestione amministrativa del personale (95 ore) - Contabilità generale e tesoreria (160 ore) - Prodotti e servizi finanziari (130 ore) - Principi per la gestione amministrativa in ambito pubblico (95 ore) - Applicazioni informatiche (160 ore) - Formazione e orientamento al lavoro (65 ore) e da un periodo di formazione sul luogo di lavoro (340 ore). I diversi moduli professionali sono associati a 6 unità di competenza: 1) registrare, processare e trasmettere l’informazione 2) realizzare la gestione amministrativa relativa alle compra-vendite di prodotti/servizi 3) realizzare la gestione amministrativa del personale 4) realizzare la gestione della tesoreria e nel registro contabile 5) informare il cliente su prodotti e servizi finanziari 6) realizzare la gestione amministrativa nella Pubblica Amministrazione Ciascun modulo si articola in obiettivi formativi e relativi indicatori di realizzazione; mezzi di produzione da impiegare, materiali, processi e metodi di lavoro da utilizzare. Effettua le operazioni di gestione amministrativa presso organismi pubblici e imprese private, rispettando le norme di organizzazione interna e la legislazione in corso. Le funzioni amministrative nella grande e media impresa sono prevalentemente di tipo ausiliario, mentre nella piccola impresa possono riguardare anche la gestione del pub- blico e/o del cliente. Il tutor presso l’azienda formula una valutazione delle competenze professionali del- l’alunno durante il periodo formativo sul luogo di lavoro. Il tutor del centro di formazione elabora una valutazione complessiva dell’andamento di ciascuno dei moduli che tiene conto della valutazione degli apprendimenti sul luogo di lavoro. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 22 La LOE del 2006 definisce la Famiglia professionale Amministrazione e Gestione, che prevede 4 figure professionali di “nivel 3” (corrispondenti al Tecnico) e 7 figu- re professionali di livello pari o inferiore. Figure professionali di “nivel 3”: • Administraciòn de recursos humanos • Xestiòn administrativa pùblica • Xestiòn contable e de auditorìa • Xestiòn financeira Altre figure professionali: • Operacións auxiliares de servizos administrativos e xerais (nivel 1) • Operacións de gravación e tratamento de documentos (nivel 1) • Actividades administrativas de recepción e relación co cliente (nivel 2) • Actividades de xestión administrativa (nivel 2) • Asistencia administrativa e documental en despachos e oficinas (nivel 3) • Asistencia á dirección (nivel 3) • Comercialización e administración de produtos e servizos financeiros (nivel 3) 23 INTRODUZIONE Certificato rilasciato Figure professionali affini - settore amministrativo TECNICO AMMINISTRATIVO Con la frequenza a un corso di formazione professionale specifica si ottiene il titolo di “Tecnico”, che prevede la possibilità di accesso al percorso biennale per il consegui- mento del diploma baccalaureato, cioè il percorso scolastico di istruzione secondaria che si conclude a 18 anni e abilita l’accesso agli studi universitari. Sono certificabili i moduli che rientrano nel percorso formativo previsto per la specifica figura professio- nale e regolati dal Real Decreto 777/1998 del 30 aprile e dall’Orden del 20 dicembre 2001, che regola il riconoscimento dei percorsi di formazione professionale specifica prevista dalla Ley Orgánica 1/1990 del 3 settembre. Si tratta di una figura polivalente, tra i titoli ufficiali di grado medio non sono presenti altre figure 1.3.2 La comunità professionale amministrativa nel sistema tedesco5 L’istruzione e la formazione professionale in Germania è consecutiva al percorso di istruzione obbligatoria, articolato in 9 anni a tempo pieno e prevede il raggiun- gimento del certificato Hauptschulabschluss, valido per l’ammissione alla Berufsfachchule o alla Berufsschule. Con un ulteriore anno di istruzione è possibi- le ottenere il Mittlerer Schulabschluss Diploma, che abilita gli studenti all’ammis- sione ai corsi di istruzione secondaria superiore. I percorsi di formazione professionale di base hanno una durata variabile da 1,5 a 3,5 anni e nella maggior parte dei casi sono strutturati come: 1) percorsi di formazione professionale riferiti a un profilo professionale specifico - monoberufe -, questo comporta che l’iter formativo non prevede la possibilità di scelta tra profili professionali diversi; 2) percorsi di formazione ad indirizzo - Ausbildungsberufen mit Fachrichtungen, dove i primi due anni del percorso formativo sono dedicati allo sviluppo di conoscenze di base nel settore individuato senza essere riferiti a un profilo pro- fessionale specifico. A partire dal terzo anno il percorso formativo si orienta verso una direzione specifica riferita a una professione, e l’esame finale si svol- ge nelle materie a questa riferita. Tuttavia, per poter stipulare il contratto di formazione e di apprendistato, prima dell’inizio dell’intero percorso formativo è necessario che l’allievo decida le discipline di indirizzo. La tavola che segue riassume le caratteristiche del percorso di “Tecnico ammini- strativo” in Germania. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 24 Tav. 2 - Tecnico amministrativo in Germania 25 INTRODUZIONE Titolo del curriculum formativo Livello Ente erogatore della formazione Durata Requisiti di accesso Struttura e contenuti del percorso formati- vo, numero moduli Situazioni di lavoro Certificato rilasciato Figure professionali simili in ambito amministrativo TECNICO AMMINISTRATIVO AKaufmännisch Assistent /in Betriebswirtschaft - Assistente commerciale alle attività aziendali - Sono presenti 4 diversi indirizzi: Industria, Attività commerciali, Amministrazioni pubbliche, Organismi privati, economia aziendale. Per questo profilo sono previste specializzazioni in organizzazione aziendale, gestione del personale, contabilità. Non c’è segnalazione ufficiale del livello di formazione. Considerando la struttura del percorso formativo si ritiene possibile attribuire il 2° livello europeo Centro di formazione professionale e impresa Complessive 2400 ore, (2 anni articolati in 40 ore settimanali), dei quali un minimo di 4 settimane sono di pratica professionale presso uno degli ambiti di lavoro previsti dagli indirizzi proposti. Le disposizioni dei singoli Länder regolano la durata della pratica e le modalità di svolgimento dell’intero percorso Completamento della Hauptschule (9° anno) e diploma diMittlere Schulabschluss (10° anno) Le disposizioni nazionali prevedono un percorso formativo articolato come segue: • materie di cultura generale 320 h (tedesco, comunicazione, religione, sport e educa- zione fisica, politica e studi sociali); • materie professionalizzanti: - comuni a tutti gli indirizzi 720 h (matematica, inglese, materie comuni ai diversi indirizzi); - specifiche di indirizzo 1120 h (Economia aziendale e contabilità, informatica, orga- nizzazione aziendale e project management, terza lingua straniera); - differenziazioni introdotte dai Land 240 h Opera presso gli uffici commerciali di imprese di varie dimensioni, occupandosi della gestione del personale (atti amministrativi, calcolo di paghe e contributi); contribuendo alle operazioni contabili ordinarie (contabilità e controllo dei flussi di cassa), alle atti- vità di segreteria e di gestione della corrispondenza (anche in lingua), e rispondendo alle chiamate telefoniche. Titolo di Assistente commerciale alle attività aziendali - “Staatlich geprüfter Kaufmännischer Assistent /in Betriebswirtschaft” al superamento dell’esame di Stato, che prevede una parte scritta e una orale, o in alternativa una unica prova che integri teoria e pratica Wirtschaftassistent /in 1.3.3 La comunità professionale amministrativa nel sistema svizzero5 In Svizzera la formazione professionale si svolge a partire dai 16 anni di età, con il conseguimento dell’obbligo scolastico e secondo il sistema duale, che prevede un tirocinio in azienda parallelamente allo studio nella scuola professionale. La for- mazione professionale può essere svolta in un contesto scolastico a tempo pieno quale quello offerto dalle Scuole d’arti e mestieri o dalle Scuole Medie di Commercio. Alla formazione professionale di base segue la formazione professionale superiore, che si caratterizza come formazione del livello terziario non universitario, dispen- sa qualifiche professionali specifiche e prepara alle funzioni di “quadro”. La for- mazione professionale di base si colloca al livello secondario II, assimilabile al secondo dei livelli di formazione elaborati dalla Commissione europea, mentre la formazione professionale superiore al livello terziario. Dal 2004 è entrata in vigore la Legge sulla Formazione Professionale (LFPr), e per la prima volta tutte le professioni non universitarie sono assoggettate ad un unico sistema e sono rese comparabili fra loro. La LFPr ha esteso il suo campo d'appli- cazione alle professioni dei settori agricolo e forestale, precedentemente discipli- nate da altri atti legislativi federali, e alle professioni dei settori sociosanitario e artistico finora regolamentate a livello cantonale. La LFPr definisce la “formazio- ne professionale superiore” in ambito non universitario. È previsto un periodo di transizione di 5 anni per l’applicazione completa della LFPr. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 26 Sistema della formazione professionale in Svizzera7 La formazione transitoria è un’opzione che gli allievi hanno al termine della sco- larità obbligatoria: è concepita in funzione di un’applicazione pratica e del mondo del lavoro, ed è orientata verso i requisiti necessari per la formazione professiona- le di base. Alla maturità professionale (instituita nel 1994) si accede al completamento della formazione di base: nel 2008 la percentuale di successo è del 12%. Circa il 65% dei giovani dopo la scuola dell’obbligo sceglie la formazione profes- sionale; circa il 60% dei loro contratti di tirocinio è assorbito dalle 20 professioni più diffuse tra le circa 200 normate, come mostrato nel grafico seguente. 27 INTRODUZIONE FORMAZIONE PROFESSIONALE SUPERIORE Esami fed. di professio- ne/Esami professionali federali superiori Scuole specializzate superiori Scuole universitari professionali Maturità professionale Maturità liceale Scuole di cultura generale Università e Politecnici LIVELLO UNIVERSITARIO LIVELLO TERZIARIO LIVELLO SECONDARIO II Attestato federale di capacità (3 o 4 anni) Certificato federale di formazione pratica (2 anni) Formazioni transitorie Scuola dell’obbligo Formazione professionale di base Fo rm az io ne pr of es si on al e co nt in ua accesso diretto necessarie qualifiche supplementari 7 Tratto da http://www.bbt.admin.ch/themen/berufsbildung/00127/index.html?lang=it, sito ufficiale dell’Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia della Svizzera Numero di allievi nuovi iscritti nel 2006 alle 20 qualifiche più diffuse8 La formazione professionale, a tutti i suoi livelli, è in Svizzera un compito condi- viso fra la Confederazione, i Cantoni, le organizzazioni del lavoro. La confedera- zione ha la direzione strategica e lo sviluppo, emana le oltre 200 ordinanze sulle figure professionali normate, copre circa un quarto dei costi complessivi. Le orga- nizzazione del mondo del lavoro sono responsabili dei contenuti e dei posti di for- mazione, definiscono i contenuti della formazione, organizzano la formazione pro- fessionale di base, offrono corsi per la formazione professionale superiore. I Cantoni si occupano dell’attuazione e della vigilanza, gestiscono le scuole profes- sionali e la formazione scolastica a tempo pieno, si occupano del marketing dei posti di tirocinio curando i contatti diretti con le imprese; i Cantoni coprono circa tre quarti dei costi complessivi della formazione. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 28 Impiegato del commercio al dettaglio 10.620 Impiegato del commercio al dettaglio 5.720 Dipl. di scuola media di commercio 4.080 Montatore elettricista 2.300 Cuoco 2.140 Ooperatore sociosanitario 2.080 Polimeccanico 1.930 Parrucchiere 1.850 Ooperatore socioassistenziale 1.590 Falegname 1.530 Meccanico d’automobili 1.490 Informatico 1.480 Giardiniere 1.380 Muratore 1.340 Agricoltore 1.110 Riparatore di autoveicoli 1.090 Imbianchino 1.060 Carpentiere 1.040 Montatore d’impianti sanitari 980 Impiegato di logistica 1.110 0 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 12.000 Numero di nuovi iscritti nel 2006 8 Tratto da http://www.bbt.admin.ch/themen/berufsbildung/00127/index.html?lang=it, sito ufficiale dell’Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia della Svizzera La formazione professionale di base avviene in tre distinti luoghi di formazione: • azienda: la formazione professionale di base classica (tirocinio) si svolge in un’a- zienda in cui le persone in formazione apprendono le capacità pratiche inerenti alla professione. Rete di aziende di tirocinio: con questo modello più aziende si riuniscono e offrono congiuntamente uno o più posti di formazione. La soluzio- ne in rete è adatta alle aziende con poco personale o che, per la loro specializza- zione, possono offrire soltanto una parte della formazione; • scuola professionale di base: la scuola professionale impartisce l’insegnamento scolastico, composto da una parte di cultura generale e da una parte specifica alla professione. La formazione professionale di base può essere organizzata in diversi modi: modello classico con uno o due giorni di scuola e tre/quattro gior- ni in azienda per tutta la durata della formazione professionale di base; model- lo scolastico degressivo (più giorni di scuola all’inizio e successiva riduzione); periodi di formazione scolastica propedeutici al tirocinio, ecc; • corsi interaziendali: complementari alla formazione in azienda e nella scuola professionale, servono ad impartire e ad acquisire capacità fondamentali per la professione. I corsi interaziendali si svolgono spesso in centri propri del ramo professionale prescelto. La formazione professionale superiore prevede: • un esame federale di professione ed un esame federale professionale superiore. Gli esami federali di professione e gli esami federali professionali superiori sono curati dalle organizzazioni del mondo del lavoro. Queste ultime nonché le scuo- le private e pubbliche offrono corsi di preparazione agli esami; • cicli di formazione delle scuole specializzate superiori, che terminano con un diploma federale riconosciuto. Essi si basano su standard minimi statali e sono comparabili tra loro. La tavola che segue riassume le caratteristiche del percorso di “Tecnico ammini- strativo” in Svizzera. 29 INTRODUZIONE Tav. 3 - Tecnico amministrativo in Svizzera5 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 30 Titolo del curriculum formativo Livello Ente erogatore della formazione. Luoghi della formazione Requisiti di accesso Durata del percorso Struttura e contenuti del percorso formativo TECNICO AMMINISTRATIVO Impiegato di commercio Formazione professionale di livello secondario II Scuola media di commercio Licenza di scuola media con diritto di iscrizione alle scuole medie superiori. Per chi non dispone del titolo è necessario superare l’esame di ammissione, che prevede una prova in italiano, matematica e tedesco. 3 anni, di cui: 1° anno 35 h settimanali 2° anno - sezione diploma 35h settimanali 2° anno - sezione maturità 37h settimanali 3° anno - sezione diploma 36h settimanali 3° anno - sezione maturità 38h settimanali La formazione commerciale di base è stata oggetto di un'importante riforma entrata in vigore nel settembre del 2003 (regolamento federale di tirocinio del 24.01.2003), e avviene secondo differenti profili di formazione: “Profilo B” (formazione commerciale di base), “Profilo E” (formazione commerciale estesa), “Profilo M” (formazione commer- ciale estesa con maturità). Il profilo presentato si riferisce alla formazione a tempo pieno, estesa e con maturità. Il primo anno è comune, mentre a partire dal secondo si potrà scegliere tra la sezione maturità professionale commerciale. Le materie nel percorso scolastico a tempo pieno sono: - Italiano 4h - Tedesco 4h - Inglese 3h - Francese 3h (1° anno) - Economia Aziendale 1h - Contabilità 4h (1°anno e 2°anno ) 3h (3°anno) - Diritto 2h (2° e 3° anno) - Economia politica 2h (2° e 3° anno) - Informatica 2h (1° e 2° anno) - Informatica di gestione 2h (3° anno) - Dattilografia/elaborazione testi/Segretariato 2h - Storia e istituzioni politiche 2h - Matematica 4h (1° anno) 2h (2° e 3° anno) - Geoeconomia 3h (1° anno) 2h (3° anno) - Educazione fisica 3h - Insegnamento interdisciplinare 2h (3° anno) 31 INTRODUZIONE Struttura e contenuti del percorso formativo Situazioni di lavoro Certificato rilasciato Figure professionali simili in ambito amministrativo TECNICO AMMINISTRATIVO Materie opzionali: - Contabilità costi 2h (3° anno) - Marketing 2h (3° anno) - Storia dell’arte 2h (3° anno) - Storia della musica 2h (3° anno) - Biologia, chimica/fisica, scienze naturali 2h (2°-3° anno) - Francese 2h (2°-3° anno) Per conseguire la maturità professionale commerciale occorre svolgere un periodo di pratica professionale in azienda di minimo 39 settimane. Nel secondo e terzo anno sono previste settimane di simulazione pratica. L'impiegato/a di commercio opera in tutti i settori dell'economia e dell'amministrazione sia nell'ambito delle piccole e medie imprese, sia nei grossi gruppi internazionali. La professione è caratterizzata da un'estrema varietà di attività che spaziano in tutti i lavori d'ufficio, dei quali i più comuni sono: - contatti e relazioni: accoglienza clientela e contatti telefonici, relazioni con i colleghi e con la clientela; - corrispondenza e documentazione: apertura, controllo e distribuzione della corrispon- denza, archiviazione di documenti, invio di comunicazioni, dati, fatture, ricerca e riordino di documenti, evasione di pratiche, riproduzione di documenti; - elaborazioni e calcoli: calcolo conteggi, operazioni finanziarie, elaborazione di statis- tiche, tabelle e grafici, fatturazione, traffico dei pagamenti; - gestione delle informazioni e consulenza; - utilizzo delle tecnologie dell'informazione e comunicazione: compilazione elenchi, liste, immissione dati PC, registrazione dati, documenti, operazioni, ricerca dati, stam- pa documenti, utilizzo del telefono, fax, posta elettronica e Internet; - acquisti/vendite: redigere offerte, controllare e ordinare la merce, elaborare le ordi- nazioni, gestire i reclami dei clienti. Attestato federale di capacità di impiegato qualificato di commercio, con riconosci- mento federale.Maturità professionale commerciale Impiegato/a di commercio (trasporti pubblici), impiegato/a di vendita al minuto, segre- tario/a di studio medico 1.3.4 La comunità professionale amministrativa nel sistema francese5 In Francia, l’educazione professionale si svolge nei lycèes professionals oppure nelle scuole professionali. Il liceo professionale dura 2 anni (ciclo corto) o 4 anni (ciclo lungo), per arrivare fino alla maturità professionale (Baccalauréat professionnel). Ha l’obiettivo di preparare al mondo del lavoro, anche se consente, previo il superamento di alcuni esami, l’accesso al mondo universitario. Le scuole professionali propongono un insegnamento più concreto, con il fine di tra- smettere conoscenze teoriche e saperi specifici a una professione. Il percorso professio- nale propone due vie: il raggiungimento del Certificat d’aptitude professionnelle (CAP), oppure del Brevet d’études professionnelles (BEP) che copre uno spettro più ampio di professioni. Entrambi i diplomi prevedono percorsi biennali/triennali, ma mentre il CAP ha come fine l’inserimento nel mondo del lavoro, il BEP è un “trampo- lino di lancio” al Baccalauréat tecnologico o professionale, che consente di prosegui- re gli studi universitari. Nell’ambito della segreteria e dell’aiuto alla contabilità, la maggior parte dei percorsi proposti sono dei BEP, mentre i percorsi CAP sono più rari. Nella tavola seguente viene presentato un esempio di CAP per la figura professionale di Aide-comptable. Tav. 4 - CAP di Aide-comptable in Francia COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 32 Titolo del curriculum formativo Requisiti di accesso Durata del percorso in ore Struttura e contenuti del percorso formativo Situazioni di lavoro Certificato rilasciato AIDE-COMPTABLE Aide-comptable Questa formazione è accessibile al conseguimento del 4° AM oppure del 9° AF del sis- tema scolastico francese 18 mesi suddivisi in 3 semestri (di cui 6 settimane di stage). Sono previste 7 ore di lezione al giorno Il percorso si colloca nella formazione professionale iniziale, e si articola sull’insegna- mento delle seguenti materie professionalizzanti: • nozioni di contabilità generale • matematica commerciale • documenti commerciali • economia ed organizzazione aziendale • classificazione ed archiviazione • corrispondenza commerciale e tecniche di comunicazione • diritto del lavoro In generale questa figura professionale svolge mansioni di supporto a figure profes- sionali con un più elevato livello di capacità manageriale e gestionale, come ad esem- pio la figura del Tecnico amministrativo (descritta nella tavola seguente) Diploma di Stato Certificat d’aptitude professionnelle Tav. 5 - Tecnico amministrativo in Francia 33 INTRODUZIONE Titolo del curriculum formativo Livello Ente erogatore della formazione Requisiti di accesso Durata del percorso in ore Struttura e contenuti del percorso formativo TECNICO AMMINISTRATIVO Aide comptable Questa professione è accessibile con una formazione di livello V - classificazione francese (corrispondente ai titoli CAP, BEP CFPA) Lycée Professionnelle Allievi che hanno concluso il 3° anno di college ad indirizzo generale o tecnologico 1 anno - BEP MC 2 anni - Bac Professionnel Métiers de la Comptabilité ou Métiers du Secrétariat I possibili sbocchi sono ulteriori percorsi formativi per il raggiungimento del diploma professionale Baccalauréat Professionnel Commerce, Vente Représentation, Transports Il percorso si colloca nella formazione professionale iniziale, a conclusione dell’obbligo scolastico. Si articola su due livelli di cui: - il primo è dato dal raggiungimento del Brevet d'Etudes Professionnelles des Métiers de la Comptabilité (BEP MC), titolo di livello V, dopo un percorso annuale - il secondo è dato dal raggiungimento del titolo di diplôme de Baccalauréat Professionnel Secrétariat dopo un percorso biennale successivo Il percorso si articola su due assi principali: - l’insegnamento delle materie di base e culturali, quali la lingua francese, matemati- ca, studi sul mondo contemporaneo, educazione artistica, educazione fisica e sporti- va, inglese, vita sociale e professionale; - l’insegnamento delle materie professionalizzanti, quali gli elementi di contabilità, tec- niche segretariali, dattilografia, gestione del lavoro d’ufficio, amministrazione com- merciale, amministrazione del personale, comunicazione scritta e orale, diritto, economia, istituzioni pubbliche. A conclusione è previsto e obbligatorio uno stage in impresa, della durata di 3 setti- mane. La continuazione del percorso appena descritto è il raggiungimento del diplôme de Baccalauréat Professionnel Secrétaria attraverso un percorso biennale promosso da un liceo professionale. La struttura del percorso formativo si articola in: - insegnamenti generali, quali la lingua francese, matematica, storia e geografia, edu- cazione artistica, educazione fisica e sportiva, lingua inglese, - insegnamenti professionalizzanti, quali comunicazione, organizzazione e gestione degli archivi, contabilità, economia e diritto. È previsto un periodo di stage in azienda della durata complessiva di 16 settimane, arti- colato sui due anni formativi, con la finalità di: - mettere in pratica le acquisizioni professionali - migliorare le proprie conoscenze del settore professionale di riferimento - aumentare le chances di inserimento professionale Un profilo professionale analogo formato è quello della Segretaria contabile, che oltre a svolgere i consueti compiti segretariali (gestione del centralino telefonico, attività amministrative) e le registrazioni contabili, svolge i compiti legati all’amministrazione del personale (formalità amministrative, aggiornamento degli archivi del personale, calcolo delle paghe e dei contributi). Il soggetto che promuove questo tipo di percorso è l’Association Nationale pour la Formation Professionnelle des adultes. Questi percorsi hanno un taglio di tipo più pro- fessionalizzante, e sono prevalentemente rivolti a persone già inserite nel mondo del lavoro in cerca di occupazione e/o riqualificazione professionale. Il titolo più affine a questo repertorio e iscritto nel Repertorio Nazionale delle Certificazioni professionali è quello di Secrétaire administrative et commerciale, option bureautique, comptabilité /bureautique, commercial, di livello IV. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 34 Situazioni di lavoro Certificato rilasciato Figure professionali simili in ambito amministrativo TECNICO AMMINISTRATIVO Opera in imprese pubbliche o private, a seconda delle dimensioni dell’azienda i compi- ti acquistano maggiore ampiezza: - tratta e archivia le informazioni utili nell’impresa - riceve e verifica le informazioni contabili e effettua le registrazioni dei dati alfanu- merici, dei documenti amministrativi e contabili, - cura la contabilità corrente, - assicura la distribuzione della corrispondenza, la gestione degli ordini e delle forniture d’ufficio L’allievo titolare di un Baccalaureato Professionale di tipo segretariale dovrà essere in grado di: - assicurare lo svolgimento dei compiti propri della segreteria amministrativa, contabile e commerciale - utilizzare gli strumenti informatici per la raccolta dei dati, l’analisi e il trattamento delle informazioni e la loro diffusione - selezionare, orientare e diffondere i messaggi provenienti dall’esterno, predisporre ed archiviare i messaggi che provengono dall’interno - lavorare in maniera autonoma e prendere decisioni Brevet d'Etudes Professionnelles des Métiers de la Comptabilité (BEP MC). Diplôme de Baccalauréat Professionnel Secrétariat. Agent administratif d’entreprise, Agent de bureau, Employé de bureau, Employé aux écritures 1.3.5 La comunità professionale amministrativa nel sistema della Gran Bretagna In Gran Bretagna la formazione professionale è basata su degli standard occupaziona- li nazionali (National Occupational Standards - NOS) che sono la descrizione della prestazione standard attesa per la figura lavorativa. Questi NOS sono poi usati per definire le qualifiche professionali nazionali (National Vocational Qualifications - NVQ). Una NVQ è la descrizione della dimostrazione (o evidenza) che il candidato deve dare per dimostrare che raggiunge la prestazione attesa così come definita dal NOS. Un NOS specifica quali competenze il lavoratore deve possedere, e non cosa deve imparare. Non sono previsti titoli o crediti nè limiti di età per poter accedere alla valu- tazione. Sono in uso anche qualifiche professionali che non sono definite dagli enti sta- tali preposti alla definizione dei NVQ, ma sono definite da altri organismi, sia pubbli- ci sia privati (consorzi di lavoratori, di aziende, organizzazioni sindacali). Gli NVQ possono avere un livello che va da 1 a 5 , dove il livello 1 riguarda attività lavorative di routine mentre il livello 5 riguarda le occupazioni ad elevata professio- nalità. Un NVQ è costituito da un certo numero di Unità di Competenza. Tutti gli NVQ esistenti sono raccolti nel quadro nazionale delle qualifiche professionali (National Framework of Vocational Qualifications) che è suddiviso in 11 aree: • cura degli animali, piante, della terra • estrazione e fornitura di risorse naturali • edilizia • costruzioni • manifattura • trasporti • produzione ed erogazione di beni e servizi • servizi socio sanitari • servizi relativi al commercio e agli affari • comunicazioni • sviluppare e diffondere conoscenze ed abilità Nell’area dei servizi relativi al commercio e agli affari sono previste, tra le altre, le seguenti qualifiche professionali: NVQ in Team Leading (livello 2) NVQ in Business and Administration (ne esistono 4 diversi livelli) La gerarchia dei 4 livelli possibili per l’NVQ in Business and Administration offre una scala di progressione a persone con poca o nulla esperienza in amministrazione che pos- sono raggiungere con il quarto livello le abilità e competenze di un esperto superiore. 35 INTRODUZIONE 36 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA L’NVQ in Business and Administration di livello 4 offre sbocchi lavorativi come assi- stente amministrativo in aziende private o nella pubblica amministrazione, segretaria in studi legali, segretaria di direzione. Tutti e 4 i livelli di questo NVQ prevedono due unità obbligatorie (Svolgere i propri compiti lavorativi; Lavorare in ambiente aziendale-amministrativo) e poi alcune unità (generalmente 3 o 4, di complessità via via maggiore al crescere del livello) che pos- sono essere scelte in una rosa di possibilità abbastanza ampia. Di seguito sono ripor- tati i gruppi di possibilità per il livello 1 e per il livello 4. Tav. 6 - Unità opzionali per il NVQ in Business and Administration di livello 1 (si devono scegliere almeno 2 unità) Unità opzionali per il livello 1 Dare il benvenuto ai visitatori Gestire la posta Archiviare e rendere disponibili informazioni Fare e ricevere telefonate Usare strumenti e macchinari di un ufficio Uso di base di software per videoscrittura Uso di base di strumenti di Information Technology Assicurarsi che il proprio operato riduca i rischi per la salute e la sicurezza INTRODUZIONE 37 Tav. 7 - Unità opzionali per il NVQ in Business and Administration di livello 4 (si devono scegliere almeno 4 unità, delle quali alme- no 3 devono appartenere al gruppo B) Unità opzionali per il livello 4 Gruppo A Gruppo B Gestire e valutare il rapporto con i clienti Ricercare, analizzare e riferire informazioni Gestire strumenti e macchinari di un ufficio Gestire contratti Negoziare e concordare preventivi di spesa Monitorare ed esaminare l’implementazione degli obiettivi, delle strategie e delle politiche di una azienda corporate Agevolare e diffondere i processi decisionali di una azienda corporate Valutare fattori interni ed esterni e promuovere la collaborazione lavorativa Creare e gestire sistemi di informazioni Gestire progetti Presiedere riunioni Promuovere l’innovazione ed il cambiamento Gestire i rischi Esercitare leadership nella propria area di competenza Sviluppare relazioni interpersonali lavorative con colleghi ed azionisti Selezionare, assumere e trattenere colleghi Stanziare e controllare il progresso e la qualità del lavoro nella propria area di compe- tenza Dare ai colleghi l’opportunità di imparare 2. Mappa delle famiglie e figure professionali per competenze essenziali La “comunità professionale” è intesa come un aggregato di famiglie e figure profes- sionali definito sulla base dell’approccio culturale, ovvero della condivisione di un insieme omogeneo di fattori quali il know-how di base, i processi di lavoro ed i com- piti che vi si svolgono, il contesto organizzativo, l’ethos e le norme deontologiche, infi- ne un itinerario di formazione coerente e progressivo che si svolge a partire dal livello di qualifica per giungere a quelli di tecnico e di quadro/esperto. L’espressione “comu- nità professionale” indica una nuova classificazione delle occupazioni, tenendo conto delle trasformazioni che hanno portato al superamento delle vecchie nomenclature basate sui settori e sulle categorie di gruppo professionale. La “famiglia professionale” è invece un’espressione che indica, nell’ambito di una comunità più vasta, una sotto-aggregazione di figure professionali che, pur condivi- dendo un know-how di base ed una parte del percorso formativo, si distinguono per i compiti svolti e le tecnologie utilizzate. È il caso, nell’ambito della comunità profes- sionale elettrico-elettronica, della famiglia autronica come pure di quella degli instal- latori di impianti fotovoltaici. La comunità professionale Aziendale e Amministrativa è costituita da una sola famiglia professionale, che è pertanto coincidente con la comunità professionale in oggetto. Il riferimento prioritario per la definizione delle competenze, suddivise in abilità/capacità e conoscenze, è rivolto alla figura dell’operatrice/operatore dei servizi d’impresa. Questa figura professionale prevede una formazione polivalente che assicura una forma- zione tecnica coerente con le necessità connesse alle diverse organizzazioni di lavoro in cui è inserita, e nel contempo alle esigenze proprie di un percorso formativo che soddisfa i requisiti dell’obbligo di istruzione e formazione. Il tutto entro un quadro unitario, organi- co, olistico che superi il tradizionale dualismo tra area culturale ed area tecnico-pratica. La caratteristica principale di questo tipo di formazione è l’interdisciplinarietà, che si esplicita nello sviluppo e nell’attuazione di Unità di Apprendimento, il cui principio fondamentale si basa sulla metodologia induttiva tramite la quale lo studente si con- fronta con compiti-problemi per risolvere i quali è chiamato a mobilitare conoscenze ed abilità in modo da trasformare le proprie capacità in vere e proprie competenze. Non esiste pertanto un’unica progressione didattica che conduca all’esito formativo atteso: nell’ottica della personalizzazione del processo formativo, il raggiungimento delle mete generali proprie delle competenze chiave si concretizza diversificando l’in- tervento in funzione delle attitudini, delle inclinazioni e delle altre caratteristiche degli utenti. Ciò preclude, di fatto, la costruzione di programmi predefiniti che si basano su una dettagliata progettazione di contenuti e di tempistica delle attività. COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 38 Il percorso va pertanto costruito entro l’équipe formativa, in modo da garantire cam- mini personalizzati che garantiscano agli studenti l’acquisizione delle prerogative edu- cative, culturali e professionali indicate. 2.1 Descrizione dei profili • Operatrice/operatore dei servizi d’impresa Per la qualifica triennale si prevede la figura polivalente di operatrice/operatore dei servizi d’impresa, ovvero una figura professionale in grado di inserirsi a livello opera- tivo nei diversi ambiti del settore aziendale con conoscenze e abilità proprie del pro- cesso lavorativo. Non possiede una elevata competenza nei singoli ambiti di indirizzo sotto indicati. Potrà sviluppare competenze più specifiche nella fase iniziale dell’inse- rimento lavorativo (apprendistato professionale), in eventuali corsi di specializzazione o nei percorsi di istruzione e formazione superiore. È possibile articolare tale figura in due indirizzi: - Addetta/o alla segreteria - Addetta/o alla contabilità Tali figure possono ricoprire tutte le professionalità relative alle attività proprie della comunità professionale. • Addetta/o alla segreteria L’addetta/o alla segreteria è un operatore che, grazie alle sue capacità, conoscenze, abilità e competenze, è in grado di inserirsi operativamente in un contesto aziendale o di studio professionale con mansioni segretariali; utilizza strumenti di office automa- tion e strumenti telematici sia in italiano che in altre lingue straniere. Conosce l’organizzazione dell’azienda e dello studio professionale e, grazie alle sue capacità organizzative, è in grado di gestire l’agenda, preparare e gestire e documen- tare incontri e viaggi di lavoro. Gestisce i rapporti con i clienti e i fornitori, provvedendo all’emissione della docu- mentazione e agli adempimenti fiscali; gestisce i rapporti con le banche, conosce i diversi strumenti di pagamento (tradizionali ed elettronici). Possiede gli elementi di base per essere di supporto all’amministrazione del personale. • Addetta/o alla contabilità L’addetta/o alla contabilità è un operatore che, dotato di buona cultura socio-economi- ca e giuridica, unitamente alle conoscenze di tecnica commerciale e bancaria, di ragio- neria, di organizzazione aziendale, di diritto tributario e di almeno una lingua straniera (inglese), è in grado di inserirsi all’interno di una qualsiasi azienda o studio commercia- le gestendo le attività con strumenti informatici (PC e pacchetti applicativi). 39 MAPPA DELLE FAMIGLIE E FIGURE PROFESSIONALI PER COMPETENZE ESSENZIALI 40 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA Ha compiti esecutivi e di controllo per quanto concerne la contabilità elementare, generale, analitica, fiscale, industriale, l’amministrazione del personale, il magazzino; ha compiti gestionali per lo scadenzario fiscale, per tutti gli adempimenti di natura amministrativa, in particolare per liquidare le principali imposte (I.V.A. e Imposte Dirette), per adempimenti finalizzati alle autorizzazioni amministrative, sanitarie e fiscali necessarie per l’avvio e la prosecuzione dell’attività lavorativa (dichiarazioni di inizio attività, autorizzazioni tecnico-sanitarie, iscrizioni in registri, albi, ecc.). Gestisce la contabilità ed i rapporti commerciali con i clienti, i fornitori, le banche e gli istituti di assicurazione nazionali ed esteri, curando le procedure d’incasso e paga- mento e le relative condizioni e termini. Proprio per questa sua funzione poliedrica e trasversale, dialoga con tutti i reparti ed il suo ruolo è di valido supporto per le decisioni strategiche della direzione aziendale. L’addetta/o alla segreteria e l’addetta/o alla contabilità possono proseguire la propria formazione professionale per un ulteriore anno, conseguendo il diploma di tecnico. • Tecnico dei servizi d’impresa Alla fine del quarto anno di formazione professionale si consegue il diploma di tecni- co dei servizi d’impresa: una figura professionale in grado di gestire autonomamente le informazioni in entrata ed in uscita, di espletare le pratiche amministrative ineren- ti l’attività aziendale, di porre in essere gli adempimenti fiscali di natura periodica (esempio, la liquidazione I.V.A., i versamenti delle ritenute, ecc.) e di gestire i rappor- ti con gli uffici pubblici, con i clienti e i fornitori. Il tecnico dei servizi d’impresa può accedere a successiva formazione superiore per conseguire il diploma superiore di esperta/o della gestione contabile o di esperta/o in comunicazione aziendale. • Esperta/o della gestione contabile Questa figura professionale ha conseguito un diploma superiore, dopo aver frequenta- to con successo un corso di formazione professionale superiore della durata da uno fino a tre anni il cui accesso prevede il diploma di tecnico dei servizi d’impresa. L’esperta/o della gestione contabile è una figura professionale in grado di pianificare, realizzare e controllare autonomamente operazioni di natura contabile, commerciale, finanziaria, amministrativa e fiscale. La professionalità acquisita gli consentirà di trovare una col- locazione come quadro dirigenziale nel reparto amministrativo di aziende di qualsiasi dimensione o come “capo contabile” di uno studio commerciale. • Esperta/o in comunicazione aziendale Questa figura professionale ha conseguito un diploma superiore, dopo aver frequenta- to con successo un corso di formazione professionale superiore della durata da uno fino a tre anni il cui accesso prevede il diploma di tecnico dei servizi d’impresa. L’esperta/o MAPPA DELLE FAMIGLIE E FIGURE PROFESSIONALI PER COMPETENZE ESSENZIALI 41 in comunicazione aziendale è una figura professionale capace di comprendere i fabbi- sogni dell’impresa, progettare ed agire sui sistemi di comunicazione e di gestione delle risorse umane adottando un approccio integrato, capace cioè di fare leva su un baga- glio di competenze interdisciplinari che conferiscano loro la capacità di gestire la com- plessità delle organizzazioni e del comportamento organizzativo. Fondamentale è con- densare i tre elementi economico-aziendale, psicosociale e giuridico, che concorrono a creare le competenze di base caratteristiche della professionalità di chiunque aspiri a ricoprire ruoli di responsabilità nelle organizzazioni moderne ed in particolare dell'e- sperto in comunicazione aziendale, che dovrà conoscere le dinamiche motivazionali, le problematiche organizzative per programmare interventi di gestione (dalla valutazio- ne alla selezione, dall'analisi organizzativa alle strategie di leadership) e le dinamiche psicologiche che determinano l’efficacia dei processi di comunicazione. La sua collocazione più idonea sarà quella di responsabile della comunicazione di un’azienda o di uno studio professionale di medie/grandi dimensioni. 2.2 Schema dell’offerta formativa Si presenta di seguito, in rapporto al titolo di studio che viene rilasciato al termine dei percorsi di istruzione e formazione professionale, lo schema delle figure professionali previste, sia quelle a carattere polivalente sia quelle di indirizzo. La denominazione delle figure di indirizzo riferite alla qualifica professionale prevede comunque alla radice l’espressione “operatore/operatrice dei servizi d’impresa” poiché si tratta di articolazioni della figura polivalente. Il percorso di istruzione e formazione – che può avere una prosecuzione anche nella formazione superiore – ha come finalità la formazione di figure di quadri o di esperti, ovvero persone, dotate di una cultura superiore, in grado di svolgere un’attività pro- fessionale con rilevanti competenze tecnico/scientifiche e/o livelli significativi di responsabilità e autonomia nelle attività di programmazione, amministrazione e TITOLO DIPLOMA DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE TECNICA SUPERIORE DIPLOMA IFP QUALIFICA IFP DENOMINAZIONE Tecnico dei servizi d’impresa Operatrice/operatore dei servizi d’impresa FIGURA DI INDIRIZZO - Esperta/o della gestione contabile - Esperta/o in comunicazione aziendale - Addetta/o alla segreteria - Addetta/o alla contabilità gestione (IV livello europeo ECTS). Si tratta dello sbocco di un percorso successivo al diploma di formazione, della durata variabile da 1 a 3 anni, valido per l’ingresso nei relativi ruoli nel mondo del lavoro, oltre che come credito formativo per l’ingresso in percorsi universitari omogenei. DISEGNO DELL’OFFERTA FORMATIVA DELLA COMUNITA’ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 42 Diploma di istruzione e formazione tecnica superiore (da 1 a 3 anni) • Esperta/o della Gestione Contabile • Esperta/o in Comunicazione Aziendale Diploma professionale (quarto anno) TECNICO DEI SERVIZI D’IMPRESA Qualifica (triennio) OPERATRICE/OPERATORE DEI SERVIZI D’IMPRESA • Addetta/o alla Segreteria • Addetta/o alla Contabilità Anno di preparazione universitaria Larsa passaggi tra percorsi Specializzazione** Specializzazione* M on do de ll av or o Ap pr en di st at o *Specializzazione: Addetta/o alla Gestione dei Rapporti Commerciali Addetta/o alla Contabilità Generale e Industriale Addetta/o alla Contabilità del Personale **Specializzazione: Esperta/o in Amministrazione, Finanza e Controllo (AFC) Addetta/o alle Pratiche Fiscali e Societarie Addetta/o ai Rapporti con la Stampa e all’Organizzazione di Eventi 2.3 Profili per competenze Si presenta di seguito l’elenco dei traguardi formativi di riferimento per la comunità professionale: - le competenze comuni sono nel carattere normale - le competenze specifiche della qualifica polivalente della comunità professio- nale aziendale e amministrativa sono in grassetto - le competenze relative al quarto anno di diploma sono in corsivo e grassetto - in coda all’elenco sono riportate le competenze di cittadinanza. Competenze della famiglia professionale AZIENDALE E AMMINISTRATIVA - Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale e non verbale in vari contesti - Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo - Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunicativi - Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed operativi - Utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimo- nio artistico - Utilizzare e produrre testi multimediali - Analizzare ed interpretare il significato di testi normativi e di contratti - Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappre- sentandole anche sotto forma grafica - Confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando invarianti e relazioni - Individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi - Analizzare dati ed interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stes- si anche con l’ausilio di rappresentazioni grafiche, usando consapevolmente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni specifiche di tipo informatico - Risolvere specifici semplici problemi di matematica finanziaria - Osservare e descrivere ed analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di sistema e di complessità - Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle trasforma- zioni di energia a partire dall’esperienza - Avere cura del proprio corpo e praticare il moto e lo sport secondo uno stile di vita equilibrato ed attivo 43 MAPPA DELLE FAMIGLIE E FIGURE PROFESSIONALI PER COMPETENZE ESSENZIALI - Adottare comportamenti preventivi a tutela della salute e della sicurezza propria e altrui nei vari contesti domestici, scolastici, sociali e professionali - Assicurare la qualità del proprio lavoro in coerenza con i requisiti e le procedure previste - Utilizzare gli strumenti informatici e telematici ed essere consapevole delle poten- zialità delle tecnologie rispetto al contesto culturale e sociale in cui vengono appli- cate - Utilizzare in piena autonomia e con perizia un sistema informatico di tipo gestionale con relativi pacchetti applicativi per elaborare testi, usare fogli elettronici, data-base, posta elettronica e Internet - Comprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attra- verso il confronto tra aree geografiche e culturali - Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco rico- noscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione a tutela della persona, della col- lettività e dell’ambiente - Riconoscere i tratti caratteristici della cultura italiana ed europea nelle sue radici giudaico-cristiane, riconoscere il valore delle grandi religioni ed il loro patrimonio spirituale, cogliere l’importanza del confronto e della cooperazione tra culture diverse - Riconoscere gli elementi costitutivi della propria identità etico-religiosa - Orientarsi nel tessuto produttivo, economico e professionale del proprio territorio; cogliere il valore etico delle scelte economiche e delle loro conseguenze, orientarsi nel mercato del lavoro - Gestire gli atti amministrativi fondamentali della vita quotidiana e professionale - Gestire il front-office e le relazioni interne ed esterne - Effettuare operazioni amministrative clienti/fornitori - Effettuare operazioni fiscali e di amministrazione del personale - Gestire atti e documenti - Identificare le varie funzioni, le attribuzioni agli amministratori e ai lavora- tori dipendenti - Definire le mansioni e gli obblighi di ciascun ufficio o persona - Analizzare il contesto sociale ed economico che caratterizza gli attuali merca- ti del lavoro e le tecniche di organizzazione del lavoro e di gestione del perso- nale adatte a tale contesto - Gestire le relazioni sindacali COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 44 - Maturare una visione critica delle problematiche economiche e gestionali che caratterizzano la vita e l’organizzazione dell’impresa - Comprendere ed utilizzare i fondamentali meccanismi contabili e gli strumen- ti di controllo gestionale tipici dell’attività d’impresa - Sviluppare le procedure operative per la tenuta della contabilità in osservan- za delle norme civilistiche e fiscali in vigore - Gestire le procedure e predisporre la documentazione relativa all’amministra- zione del personale in conformità alle disposizioni legali e tributarie - Sviluppare abitudini mentali orientate alla risoluzione dei problemi e alla gestione dei dati e delle informazioni disponibili - Utilizzare gli strumenti informatici per la gestione dei processi amministrati- vi e contabili - Gestire la comunicazione con i clienti (interni ed esterni), anche in lingua inglese • Imparare ad imparare • Collaborare e partecipare • Agire in modo autonomo e responsabile • Esprimere un progetto personale di vita e di lavoro come dono e servizio al bene di tutti e di ciascuno. Competenze delle figure professionali di indirizzo della qualifica triennale ADDETTA/O ALLA SEGRETERIA - Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed operativi nell’ambito della segreteria - Orientarsi nel tessuto produttivo, economico e professionale del proprio territorio e orientarsi nel mercato del lavoro - Gestire il front-office e le relazioni interne ed esterne. ADDETTA/O ALLA CONTABILITÀ - Risolvere specifici semplici problemi di matematica finanziaria - Effettuare operazioni amministrative clienti/fornitori - Effettuare operazioni fiscali e di amministrazione del personale 45 MAPPA DELLE FAMIGLIE E FIGURE PROFESSIONALI PER COMPETENZE ESSENZIALI 46 3. M od el lo fo rm at iv o 3. 1 Tr ag ua rd iF or m at iv i Si pr es en ta di se gu ito l'e le nc o de it ra gu ar di fo rm at iv id ir ife rim en to pe r la co m un ità pr of es sio na le :c irc a il tr ie nn io di qu al ifi ca ,l e pa rt is pe ci fic he pe r la co m un ità pr of es sio na le az ie nd al e e am m in ist ra tiv a so no in gr as se tto m en tre pe r il qu ar to an no di di pl om a es se so no in co rs iv o e gr as se tto .I lq ua rt o an no di fo rm az io ne pr of es sio na le vu ol e so pr at tu tto da re ag li al lie vi la po ss ib ili tà di ut ili zz ar e in m od o di ve rs o (c io è pe rr ag gi un ge re co m pe te nz e di ve rs e e/ o pi ù co m pl es se ) le co no sc en ze e le ab ili tà /c ap ac ità gi à ac qu isi te e sv ilu pp at e du ra nt e la fo rm az io ne tr ie nn al e: pu ò qu in di ve rif ic ar si il ca so ,s ia pe ri tr ag ua rd if or m at iv is ia pe rl e co m pe te nz e pr of es sio na li, di co m pe te nz e e di ab ili tà /c ap ac ità cu in on co r- ris po nd on o co no sc en ze al cu ne ne lle ta be lle .C iò è pr op rio un a ca ra tte ris tic a di qu es to qu ar to an no di fo rm az io ne pr o- fe ss io na le ,c he m ira ad am pl ia re le co m pe te nz e e so pr at tu tto le m et ac om pe te nz e de ll’ al lie vo . TR AG U AR D IF O R M AT IV I( CO M PE TE N ZE CH IA V E D IC IT TA D IN AN ZA EU R O PE A) Tr ie nn io di qu al ifi ca pr of es si on al e e Q ua rt o an no di di pl om a pr of es si on al e (in co rs iv o) Co m pe te nz e 1. Pa dr on eg gi ar e gl is tru m en ti es pr es si vi ed ar go m en ta tiv i in di sp en sa bi li pe rg es tir e l’i n- te ra zio ne co m un ic at iv a ve rb al e e no n ve rb al e in va ri co nt es ti Ab ili tà /c ap ac ità • Co mp ren de re ilm es sa gg io co nte nu to in un tes to ora le. • Co gli ere le rel az ion ilo gic he tra le va rie co mp on en ti di un tes to ora le. • Es po rre in mo do ch iar o, log ico ec oe ren te rel az ion i,p res en taz ion is tru t- tur ate ,e sp eri en ze vis su te ot es ti as co lta ti. • Ric on os ce re dif fer en ti reg ist ri co mu nic ati vi di un tes to ora le. • Af fro nta re mo lte pli ci sit ua zio ni co mu nic ati ve ,a nc he im pre vis te ed in co nte sti no n no ti, sc am bia nd o inf orm az ion ie d ide e pe r es pri me re an ch ei lp rop rio pu nto di vis ta. • Ind ivi du are ilp un to di vis ta el ef ina lità de ll’a ltr o, in co nte sti for ma lie d inf orm ali . • Po ss ed ere pro pri età di lin gu ag gio ad eg ua te as itu az ion ir ife rib ili af att i di vit aq uo tid ian a. • Af fro nta re sit ua zio ni co mu nic ati ve an ch ec om ple ss es ul pia no pro fes - sio na le er ela zio na le sia all ’in ter no de ll’a zie nd as ia co nc lie nti ef orn i- tor i. Co no sc en ze • Pri nc ipa lis tru ttu re gra mm ati ca lid ell al ing ua ita lia na . • Sin tas si ef on eti ca . • Ele me nti di ba se de lle fun zio ni de lla lin gu a. • Le ss ico fon da me nta le pe rl a ge sti on e di se mp lic ic om un i- ca zio ni ora lii nc on tes ti for ma lie di nfo rm ali . • Co nte sto ,s co po ed es tin ata rio de lla co mu nic az ion e. • Co dic if on da me nta li de lla co mu nic az ion e ora le, ve rba le e no nv erb ale . • Pri nc ipi di org an izz az ion ed el dis co rso de sc rit tiv o, na rra tiv o, es po sit ivo ,a rgo me nta tiv o. • Te rm ini tec nic ip rop ri de iv ari lin gu ag gi se tto ria li. • Co mu nic az ion ee rel az ion en ei co nte sti org an izz ati vi ep ro- fes sio na li. 47 2. Le gg er e, co m pr en de re ed in te rp re ta re te st is cr itt id i va rio tip o 3. Pr od ur re te st id iv ar io tip o in re la zio ne ai di ffe re nt is co pi co m un ic at iv i 4. Ut ili zz ar e un a lin gu a st ra ni er a pe ri pr in ci pa li sc op ic om u- ni ca tiv ie d op er at iv i • Pa dro ne gg iar el es tru ttu re de lla lin gu ap res en ti ne it es ti. • Ap pli ca re str ate gie div ers ed ile ttu ra. • Ind ivi du are na tur a, fun zio ne ep rin cip ali sc op ic om un ica tiv ie de sp res - siv id iu nt es to. • Co gli ere ic ara tte ri sp ec ific id iu nt es to let ter ari o. • Co mp ren de re ed int erp ret are tes ti di va ria tip olo gia ,a tti va nd os tra te- gie di co mp ren sio ne div ers ific ate . • Ap pre zza re tes tia pp art en en tia lla pro du zio ne let ter ari ai tal ian ae str a- nie ra di ep oc he ed au tor id ive rsi ,c og lie nd on ei lm es sa gg io eg lia sp et- tif orm ali ,c oll oc an do l’o pe ra ne lc on tes to de lla pro du zio ne de ll’a uto re ed el co nte sto sto ric ol ett era rio . • Co mp ren de re e uti liz za re pe rl ’am bit o lav ora tiv o tes ti pro fes sio na li, riv ist es pe cia lis tic he ,d oc um en taz ion et ec nic ae ca pit ola ti. • Ric erc are ,a cq uis ire es ele zio na re inf orm az ion ig en era lie sp ec ific he in fun zio ne de lla pro du zio ne di tes ti sc rit ti di va rio tip o. • Pre nd ere ap pu nti er ed ige re sin tes ie rel az ion i. • Rie lab ora re in for ma ch iar al ei nfo rm az ion i. • Pro du rre tes tic orr ett ie co ere nti ,a de gu ati all ed ive rse sit ua zio ni co mu - nic ati ve ten en do co nto di ev en tua liv inc oli ric hie sti (sp az io, tem po ,fu n- zio ne ). • Co mp ila re co rre tta me nte la mo du lis tic ae pro du rre tes tis pe cif ici de ls et- tor e( rep ort ,v erb ali ,le tte re, att id ia cq uis to ev en dit a, pro sp ett if ina liz - za tia ll’o rga niz za zio ne de lla vo ro… ). • Co mp ren de re ip un tip rin cip ali di me ss ag gi ed an nu nc is em pli ci ec hia - ris ua rgo me nti di int ere ss ep ers on ale ,q uo tid ian o, so cia le op rof es sio - na le. • Ric erc are inf orm az ion ia ll’i nte rno di tes ti di bre ve es ten sio ne ,d iin te- res se pe rso na le, qu oti dia no ,s oc ial eo pro fes sio na le. • De sc riv ere in ma nie ra se mp lic ee sp eri en ze ed ev en ti rel ati vi all ’am bi- to pe rso na le, so cia le ep rof es sio na le. • Ut iliz za re in mo do ad eg ua to le str utt ure gra mm ati ca li. • St rut tur e es se nz ial id ei tes ti na rra tiv i, es po sit ivi ,a rgo me nta - tiv i. • Pri nc ipa lic on ne tti vi log ici . • Va rie tà les sic ali in rap po rto ad am bit ie co nte sti div ers i. • Te cn ich ed ile ttu ra an ali tic ae sin tet ica . • Te cn ich ed ile ttu ra es pre ss iva . • De no taz ion ee co nn ota zio ne . • Pri nc ipa li ge ne ri let ter ari , co n pa rti co lar e rif eri me nto all a tra diz ion ei tal ian a. • Co nte sto sto ric od ir ife rim en to di alc un ia uto ri ed op ere . • Au tor i,o pe re eg en eri de lla let ter atu ra ita lia na . • Pe rso na gg i,m iti, ero id ell al ett era tur a. • Pri nc ipa lia uto ri, op ere eg en eri de lla let ter atu ra str an ier a. • St rum en ti de lla co mu nic az ion e ne ic on tes ti ec on om ici e pro - fes sio na li. • Ele me nti str utt ura lid iu nt es to sc rit to co ere nte ec oe so . • Us od ei diz ion ari . • M od ali tà e tec nic he de lle div ers e for me di pro du zio ne sc rit ta: ria ss un to, let ter a, rel az ion i,a rti co lo, sc rit tur ac rea tiv a… • Fa si de lla pro du zio ne sc rit ta: pia nif ica zio ne ,s tes ure er ev isi on i. • M od uli sti ca pro pri ad el co nte sto ec on om ico ep rof es sio na le. • Le ss ico di ba se su arg om en ti di vit aq uo tid ian a, so cia le ep ro- fes sio na le. • Us od el diz ion ari ob ilin gu e. • Re go le gra mm ati ca lif on da me nta li. • Co rre tta pro nu nc ia di un rep ert ori od ip aro le ef ras im em ori zza te di us oc om un e. • Se mp lic im od ali tà di sc rit tur a: me ss ag gi bre vi, let ter ai nfo rm ale . • Cu ltu ra ec ivi ltà de ip ae si di cu is is tud ia la lin gu a. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 48 5. Ut ili zz ar e gl is tru m en ti fo nd a- m en ta li pe ru na fru izi on e co n- sa pe vo le de lp at rim on io ar ti- st ic o 6. Ut ili zz ar e e pr od ur re te st im ul - tim ed ia li An al izz ar e ed in te rp re ta re il si gn ifi ca to di te st in or m at iv ie di co nt ra tti • Int era gir ei nc on ve rsa zio ni bre vi es em pli ci su tem id iin ter es se pe rso - na le, qu oti dia no ,s oc ial eo pro fes sio na le. • Ut iliz za re ilr eg ist ro for ma le ei nfo rm ale ne lle co nv ers az ion i. • Sc riv ere bre vi tes tid iin ter es se pe rso na le, qu oti dia no ,s oc ial eo pro fes - sio na le. • Sc riv ere co rre tta me nte se mp lic it es ti su tem ati ch e co ere nti co n ip er- co rsi di stu dio ep rof es sio na le. • Rif let ter es ui pro pri att eg gia me nti in rap po rto all ’al tro in co nte sti mu lti- cu ltu ral i. • Es pri me rsi uti liz za nd ol al ing ua str an ier ac om em ez zo di co mu nic az ion e ad ott ato in co nte sti mu ltie tni ci. • Tra du rre da lla lin gu as tra nie ra all al ing ua ita lia na ev ice ve rsa bre vi tes ti sc rit ti eo ral i. • Co mp ren de re ea na liz za re as pe tti cu ltu ral is ign ific ati vi de ip ae si di lin - gu ai ng les ee me tte rli ac on fro nto co nq ue lli tip ici de ln os tro Pa es e. • Ric on os ce re ed ap pre zza re le op ere d’a rte . • Ut iliz za re gli str um en ti ch ec ara tte riz za no ill ing ua gg io de ll’o pe ra d’a rte ed ilv alo re de lp atr im on io art ist ico ed am bie nta le. • Ric on os ce re le pri nc ipa lif orm ed ie sp res sio ne art ist ica ed ilo ro au tor i. • Co mp ren de re ip rod ott ie im es sa gg id ell ac om un ica zio ne au dio vis iva . • Ela bo rar ep rod ott im ult im ed ial i(t es ti, im ma gin i,s uo ni, ec c.) ,a nc he co n tec no log ie dig ita li. • Ric on os ce re div ers ic od ici es tru me nti co mu nic ati vi pro pri de lla co mu ni- ca zio ne no nv erb ale eu tili zza rli in rel az ion ia id ive rsi co nte sti . • Co lla bo rar ea lla ge sti on ed ell ep ag ine we bd ip res en taz ion ed ell ap ro- pri aa zie nd a( ou t-l ine az ien da le) . Sv ilu pp ar e la ca pa ci tà di le gg er e e co mp re nd er e te sti no rm at ivi , in di vid ua nd o le pa rti di pi ù di ffi ci le co mp re ns io ne e re pe re nd o sp ie ga zio ni ed ai ut id ai sit iw eb ist itu zio na li e no n. • St rum en tid ell ac om un ica zio ne in lin gu as tra nie ra ne ic on tes ti ec on om ici ep rof es sio na li. • Ele me nti fon da me nta lip er la let tur a/ as co lto di un ’op era d’a rte (pi ttu ra, arc hit ett ura ,p las tic a, fot og raf ia, film ,m us ica … ). • Pri nc ipa lif orm ed ie sp res sio ne art ist ica ed au tor ip iù rile va nti . • Pri nc ipa lic om po ne nti str utt ura lie de sp res siv ed iu np rod ott o au dio vis ivo . • Ap pli ca zio ni pe rl ’el ab ora zio ne au dio ev ide o. • Co mu nic az ion et ele ma tic a. • Te cn ich ed iw eb de sig n. Il le ss ic o e la str ut tu ra de lla no rm at iva ci vil ist ic a e fis - ca le . Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 49 7. Ut ili zz ar e le te cn ic he e le pr o- ce du re de lc al co lo ar itm et ic o ed al ge br ic o, ra pp re se nt an - do le an ch e so tto fo rm a gr af ic a • Ac qu isi re ilc on ce tto log ico -m ate ma tic o op era tiv o e sa pe rr ela zio na re tra gli ele me nti di un os tes so sis tem ae tra id ive rsi sis tem in um eri ci. Ut iliz za re le div ers en ota zio ni es ap er co nv ert ire da un aa ll’a ltr a( da fra - zio ni ad ec im ali ,d af raz ion ia pp are nti ad int eri ,d ap erc en tua lia fra zio - ni… ). • Co mp ren de re il sig nif ica to di po ten za ,s ap er ca lco lar e le po ten ze e sa pe re uti liz za re le lor op rop rie tà. • Ris olv ere bre vi es pre ss ion in ei div ers iin sie mi nu me ric ip er ve nir ea lle so luz ion id iu np rob lem aa ttr av ers ol af orm ali zza zio ne el ar iso luz ion e di un es pre ss ion ea nc he co nl ’ut iliz zo de lla ca lco lat ric e. • Tra du rre bre vi ist ruz ion ii n se qu en ze sim bo lic he (an ch e co n tab ell e); ris olv ere se qu en ze di op era zio ni e pro ble mi so sti tue nd o all e va ria bil i let ter ali iv alo ri nu me ric i. • Co mp ren de re il sig nif ica to log ico -op era tiv o di rap po rto e gra nd ez za de riv ata ;i mp os tar e ug ua gli an ze di rap po rti pe rr iso lve re pro ble mi di pro po rzi on ali tà e pe rce ntu ale ;r iso lve re se mp lic ip rob lem id ire tti ed inv ers i. • Co mp ren de re ilc on ce tto di eq ua zio ne . • Ris olv ere eq ua zio ni di pri mo gra do ev eri fic are la co rre tte zza de ip roc e- dim en ti uti liz za ti me dia nte la so luz ion eo tte nu ta. • Ris olv ere sis tem id ie qu az ion id ip rim og rad oa pp lic an do div ers im eto di. • Ra pp res en tar e gra fic am en te eq ua zio ni di pri mo gra do .V eri fic arn e la co rre tte zza de ir isu lta ti. • Co mp ren de re ilc on ce tto di fun zio ne . • Ris olv ere eq ua zio ni di se co nd og rad oe ve rif ica re la co rre tte zza de ip ro- ce dim en ti uti liz za ti me dia nte la so luz ion eo tte nu ta. • Ra pp res en tar eg raf ica me nte eq ua zio ni di se co nd og rad o. • Eff ett ua re op era zio ni su iv ett ori . • Ca lco lar es om me ep rod ott id im atr ici .U tili zza re ma tri ci ed ete rm ina n- ti pe rl ar iso luz ion ed is ist em ili ne ari . • Ut iliz za re str um en ti ma te ma tic id iv ar ia na tu ra ne lle pr oc ed ur e di ma te ma tiz za zio ne di re alt à ch e si pr es en ta no in co nt es ti pr of es sio - na li. • Gl ii ns iem in um eri ci N, Z, Q, R; rap pre se nta zio ni, op era zio ni, ord ina me nto . • Is ist em id in um era zio ne . • Es pre ss ion ia lge bri ch e; pri nc ipa lio pe raz ion i. • Eq ua zio ni ed ise qu az ion id ip rim og rad o. • Sis tem id ie qu az ion ie dis eq ua zio ni di pri mo gra do . • Eq ua zio ni ed ise qu az ion id is ec on do gra do . • Se mp lic ie qu az ion id ig rad os up eri ore al se co nd o. • Sis tem id ie qu az ion id is ec on do gra do . • Pro gre ss ion ia rit me tic he eg eo me tri ch e. • De fin izi on ed ilo ga rit mo es ue pro pri età . Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 50 8. Co nf ro nt ar e ed an al izz ar e fig - ur e ge om et ric he ,i nd iv id ua nd o in va ria nt ie re la zio ni 9. In di vi du ar e le st ra te gi e ap pr o- pr ia te pe rl a so lu zio ne de i pr ob le m i 10 .A na liz za re da ti ed in te rp re - ta rli sv ilu pp an do de du zio ni e ra gi on am en ti su gl is te ss i an ch e co n l’a us ili o di ra pp re - se nt az io ni gr af ic he ,u sa nd o co ns ap ev ol m en te gl is tru - m en ti di ca lc ol o e le po te n- zia lit à of fe rte da ap pl ic az io ni sp ec ifi ch e di tip o in fo rm at ic o • Ric on os ce re ip rin cip ali en ti, fig ure el uo gh ig eo me tri ci ed es cri ve rli co n lin gu ag gio co mu ne . • Ind ivi du are le ca rat ter ist ich ee le pro pri età es se nz ial id ell ef igu re pia ne es oli de er ico no sc erl ei ns itu az ion ic on cre te. • Di se gn are fig ure ge om etr ich e co n se mp lic it ec nic he gra fic he ed op e- rat ive . • Ap pli ca re le pri nc ipa lif orm ule rel ati ve all ef igu re ge om etr ich ep ian ee so lid e. • Ric on os ce re ed ap pli ca re le pri nc ipa lif orm ule rel ati ve ai pu nti ,r ett ee co nic he (se mp lic i)n el pia no ca rte sia no . • Ris olv ere se mp lic ip rob lem id iv ari an atu ra me dia nte pe rco rsi ge om e- tri ci er ipe rco rre rne le pro ce du re di so luz ion e. • Ind ivi du are “ip ote si” e “te si” di un a dim os tra zio ne ,c om pre nd ern e i pri nc ipa lip as sa gg ilo gic i. • Pro ge tta re un pe rco rso ris olu tiv os tru ttu rat oi nt ap pe . • Fo rm ali zza re il pe rco rso di so luz ion e di un pr ob lem a at tra ve rso mo de lli alg eb ric ie gr af ici . • Co nv ali da re iri su lta tic on se gu iti sia em pir ica me nte sia str utt ura lm en te. • Tra du rre da lli ng ua gg io na tur ale al lin gu ag gio alg eb ric oe vic ev ers a. • Fa re sc elt ec on sa pe vo lin ell ed ive rse sit ua zio ni pro ble ma tic he de lc on - tes to lav ora tiv oa pp lic an do ido ne es tra teg ie ma tem ati ch e. • Ra cc og lie re, org an izz are er ap pre se nta re un ins iem ed id ati . • Ra pp res en tar ec las si di da tim ed ian te ist og ram mi ed iag ram mi at ort a. • Le gg ere ei nte rpr eta re tab ell ee gra fic itr ad ati co rre lat i.C os tru zio ne di gra fic i. • Ri co no sc er e un a re laz ion e tra va ria bil ii n te rm ini di pr op or zio na lit à dir et ta oi nv er sa ef or ma liz za rla at tra ve rso un af un zio ne ma te ma tic a. • Ra pp res en tar es ul pia no ca rte sia no ilg raf ico di un af un zio ne . • Int erp ret are da ti sta tis tic ip er co str uir e pro gra mm ip rob ab ilis tic id i ev en ti. • Gl ie nti fon da me nta lid ell ag eo me tri ae ils ign ific ato de ite rm i- ni: as sio ma ,t eo rem a, de fin izi on e. • Il pia no eu cli de o; rel az ion it ra ret te; co ng rue nz a di fig ure ; po lig on ie lor op rop rie tà. • Cir co nfe ren za ec erc hio . • M isu ra di gra nd ez ze ;g ran de zze inc om me ns ura bil i;p eri me tro e are ad ei po lig on i. • Te ore mi di Eu cli de ed iP ita go ra. • Te ore ma di Ta let ee su ec on se gu en ze . • Ilm eto do de lle co ord ina te; ilp ian oc art es ian o. • Int erp ret az ion eg eo me tri ca de is ist em id ie qu az ion i. • Tra sfo rm az ion ig eo me tri ch ee lem en tar ie lor oi nv ari an ti. • Le fas ir iso lut ive di un pro ble ma e lor o rap pre se nta zio ni co n dia gra mm i. • Pri nc ipa lir ap pre se nta zio ni ma tem ati ch ed iu no gg ett o. • Te cn ich er iso lut ive di un pro ble ma ch eu tili zza no fra zio ni, pro - po rzi on i, pe rce ntu ali ,f orm ule ge om etr ich e, eq ua zio ni e dis e- qu az ion id ip rim og rad o. • Pri nc ipa lip rob lem ati ch e de lc on tes to lav ora tiv o e lor o po ss i- bil is olu zio ni. • Sig nif ica to di an ali si eo rga niz za zio ne di da ti nu me ric i. • Ilp ian oc art es ian oe ilc on ce tto di fun zio ne . • Fu nz ion id ip rop orz ion ali tà dir ett a, inv ers a e rel ati vi gra fic i, fun zio ne lin ea re. • Inc ert ez za di un am isu ra ec on ce tto di err ore . • La no taz ion es cie nti fic ap er in um eri rea li. • Ilc on ce tto ei me tod id ia pp ros sim az ion e. • In um eri “m ac ch ina ”. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 51 Ri so lv er e sp ec ifi ci se m pl ic i pr ob le m id im at em at ic a fin an zia ria 11 .O ss er va re ,d es cr iv er e ed an al izz ar e fe no m en ia pp ar te - ne nt ia lla re al tà na tu ra le e ar tif ic ia le e ric on os ce re ne lle su e va rie fo rm e ic on ce tti di si st em a e di co m pl es si tà • Va lut are l’o rdi ne di gra nd ez za di un ris ult ato . • Ela bo rar ee ge sti re se mp lic ic alc oli att rav ers ou nf og lio ele ttr on ico . • Ela bo rar e e ge sti re un fog lio ele ttr on ico pe rr ap pre se nta re in for ma gra fic ai ris ult ati de ic alc oli es eg uit i. •S ap er tra du rre e ra pp re se nt ar e in mo do fo rm al izz at o pr ob le mi fin an zia ri, ec on om ic ie co nt ab ili me di an te mo de lli ma te ma ti- co -in fo rm at ic i. •R ic on os ce re ch e re nd ite ,a mm or ta me nt i, co sti tu zio ne di ca pi - ta le ,p re sti ti e rim bo rs is on o as pe tti di ve rs id iu no ste ss o pr o- bl em a •E ffe ttu ar e ca lc ol id el l’i nt er es se e de lm on ta nt e. •R ic on os ce re di ffe re nt if or m e di sc on to e le re la tiv e ap pl ic a- zio ni . • Ra cc og lie re da ti att rav ers o l’o ss erv az ion e dir ett a de if en om en in atu - ral i(f isi ci ch im ici ,b iol og ici ,g eo log ici ,e cc … )o de gli og ge tti art ific ial i ol ac on su lta zio ne di tes ti em an ua lio me dia . • Ut iliz za re le mi su re ap pro pri ate . • Ut iliz za re ip rin cip ali pro gra mm is oft wa re. • Ut iliz za re cla ss ific az ion i,g en era liz za zio ni e/ os ch em ilo gic ip er ric on o- sc ere er ap pre se nta re ilm od ell od ir ife rim en to. • Ric on os ce re ed efi nir ei pri nc ipa lia sp ett id iu ne co sis tem a, le rel az io- ni ch ei nte rco rro no tra ilm on do de iv ive nti co nl ’am bie nte . • An ali zza re un og ge tto ou ns ist em aa rti fic ial ei nt erm ini di fun zio ne o di arc hit ett ura . • An ali zza re if en om en ic him ici el as tru ttu ra de lla ma ter ia. • Ric on os ce re ed efi nir el ec ara tte ris tic he de lp ian eta Te rra ed ei co rpi ce les ti. • Se mp lic ia pp ros sim az ion ic he co ns en ton od ic rea re ed ela bo - rar e un fog lio ele ttr on ico co n le for mu le gra fic he co rri sp on - de nti . •D om an da e of fe rta ,c os ti, ric av i, pr of itt i. •C ap ita liz za zio ne e sc on to . Pr in ci pi o di eq ui va le nz a fin an zia ria . •L e re nd ite . •C os tit uz io ne e am mo rta me nt i. •L ’in te re ss e se mp lic e. •P re sti ti e rim bo rs i. •P re sti ti ob bl ig az io na ri. •T ito li di cr ed ito . •L ’in te re ss e co mp os to (m on ta nt e) . •L o sc on to co mm er ci al e. • Gr an de zza fis ica ,m isu ra es ua ap pro ss im az ion e. • Err ore su lla mi su ra. • Pri nc ipa lis tru me nti et ec nic he di mi su raz ion e. • Fo nd am en tal im ec ca nis mi di ca tal og az ion e. • Sis tem ae co mp les sit à. • Sc he mi log ici ed ab loc ch i,d iag ram mi ,t ab ell ee gra fic i. • Pri nc ipa lis oft wa re de dic ati . • Se mp lic is ch em ip er pre se nta re co rre laz ion it ra le va ria bil id i un fen om en oa pp art en en te all ’am bit os cie nti fic oc ara tte ris ti- co de lp erc ors of orm ati vo . • Ec os ist em a. • Ge os fer a, idr os fer ae da tm os fer at err es tre . • Im pa tto am bie nta le el im iti di tol ler an za . Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 52 12 .A na liz za re qu al ita tiv am en te e qu an tit at iv am en te fe no m en i le ga ti al le tra sf or m az io ni di en er gi a a pa rti re da ll’ es pe - rie nz a 13 .A ve re cu ra de lp ro pr io co rp o e pr at ic ar e il m ot o e lo sp or t se co nd o un o st ile di vi ta eq ui lib ra to ed at tiv o 14 .A do tta re co m po rta m en ti pr e- ve nt iv ia tu te la de lla sa lu te e de lla si cu re zz a pr op ria e al tru in ei va ri co nt es ti do m e- st ic i, sc ol as tic i, so ci al ie pr of es si on al i • Ind ivi du are ,c on la gu ida de ld oc en te, un ap os sib ile int erp ret az ion ed ei da ti in ba se as em pli ci mo de lli. • Or ga niz za re er ap pre se nta re id ati rac co lti, de sc riv ere raz ion alm en te i fen om en iin div idu ati ep res en tar ei ris ult ati de ll’a na lis i. • Es se re co ns ap ev oli de lr uo lo ch e ip roc es si tec no log ici gio ca no ne lla mo dif ica de ll’a mb ien te ch ec ic irc on da co ns ide rat oc om es ist em a. • Ric on os ce re in mo do ap pro fon dit o if en om en ic him ici -f isi ci de ip ro- ce ss iin ere nti la pro pri ac om un ità pro fes sio na le. • Int erp ret are un fen om en on atu ral eo un sis tem aa rti fic ial ed al pu nto di vis ta en erg eti co dis tin gu en do le va rie tra sfo rm az ion id ie ne rgi ai nr ap - po rto all el eg gi ch el eg ov ern an o. • Av ere la co ns ap ev ole zza de ip os sib ili im pa tti su ll’a mb ien te na tur ale de i mo di di pro du zio ne ed iu tili zza zio ne de ll’e ne rgi an ell ’am bit oq uo tid ian o. • Ind ivi du are iv an tag gi ec on om ici es oc ial id iim pia nti en erg eti ci rin no - va bil ie so ste nib ili ed eli ne are so luz ion ire lat ive al co nte sto az ien da le. • Es se re co ns ap ev oli de lla pro pri ar ea ltà pe rso na le da lp un to di vis ta de l be ne ss ere fis iol og ico ep sic olo gic o. • Ric on os ce re ir isc hi co nn es si ad un dis ord ina to sti le di vit a. • Pra tic are un os tile di vit ae qu ilib rat oe din am ico . • Pra tic are lo sp ort in mo do co rre tto ed ad eg ua to all ap rop ria rea ltà pe r- so na le. • Es se re co ns ap ev oli de if att ori di ris ch io ep eri co lo pre se nti ne lla vit a do me sti ca ,s oc ial ee sc ola sti ca ed ad ott are co mp ort am en ti ris pe tto si de lla sa lut ee de lla sic ure zza pe rs ée pe rg lia ltr i. • Ide nti fic are le co nd izi on id is icu rez za es alu bri tà de gli am bie nti di lav o- ro, ne lr isp ett o de gli ob bli gh ip rev ist id all a no rm ati va vig en te, ind ivi - du an do ic om po rta me nti da ad ott are in sit ua zio ni di em erg en za . • Es se re viv en te ed ev olu zio ne . • Sv ilu pp os os ten ibi le. • At om o, mo lec ola ,c om po sto el eg am ec him ico . • Inp ut ed ou tpu td iu ns ist em aa rti fic ial e. • Co rpi ce les ti. • Sv ilu pp os os ten ibi le. • Sc he mi ab loc ch i. • Inp ut- ou tpu td iu ns ist em aa rti fic ial e. • Di ag ram mi es ch em ilo gic ia pp lic ati ai fen om en io ss erv ati • Co nc ett od ic alo re ed it em pe rat ura . • Lim iti di so ste nib ilit àd ell ev ari ab ili di un ec os ist em a. • Im pia nti en erg eti ci rin no va bil i. • Pri nc ipi di fis iol og ia de lc orp ou ma no . • Co nc ett ifo nd am en tal id iig ien e/ sa lut e, ali me nta zio ne ,s es su - ali tà/ aff ett ivi tà. • Ris ch ic on ne ss ia ll’u so di so sta nz e ed a co mp ort am en ti dis - ord ina ti. • Te cn ich em oto rie . • Pra tic he sp ort ive . • Fa tto ri di ris ch io pre se nti ne lla vit a do me sti ca ,n ell a vit a so cia le en el co nte sto sc ola sti co . • No rm e pe rl a pre ve nz ion e e sic ure zza ne lla vit a do me sti ca , so cia le, sc ola sti ca • No rm ep er la pre ve nz ion ee la sic ure zza ne lla vo ro. • Te cn ich ed ip rev en zio ne es icu rez za . • Ele me nti ba sil ari di pri mo so cc ors o. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 53 15 .A ss ic ur ar e la qu al ità de lp ro - pr io la vo ro in co er en za co n i re qu is iti e le pr oc ed ur e pr e- vi st e 16 .U til izz ar e gl is tru m en ti in fo r- m at ic ie te le m at ic ie d es se re co ns ap ev ol e de lle po te nz ia - lit à de lle te cn ol og ie ris pe tto al co nt es to cu ltu ra le e so ci a- le in cu iv en go no ap pl ic at e • Sa pe rp rat ica re int erv en ti ba sil ari di pri mo so cc ors o. • Ad ott are ind ivi du alm en te ip rin cip id ell ’er go no mi a pe rp rev en ire e co ntr as tar es tre ss ,a ffa tic am en to em ala tti ep rof es sio na li. • Re dig ere do cu me nti rel ati vi all en orm ed is icu rez za de gli im pia nti rea - liz za ti od ei ma cc hin ari in us on ell ’az ien da . • Co mp ren de re le co ns eg ne ora lie sc rit te rel ati ve ai pro pri co mp iti ed i rel ati vi req uis iti di qu ali tà. • As co lta re in mo do att en to ed isp on ibi le le es ige nz ed eg lii nte rlo cu tor i ed ei cli en ti. • Ric on os ce re ils en so el ar ile va nz ad el pro pri oc om pit oe ntr ol ’or ga niz - za zio ne . • Ve rif ica re ev alu tar el ep rop rie pra tic he di lav oro ed ir ela tiv io utp ut. • Ge sti re in au ton om ia le no nc on for mi tà el ea zio ni co rre tti ve /p rev en ti- ve rel ati ve ai pro pri co mp iti. • Pe rse gu ire il mi gli or am en to co nt inu at ivo de lle pr op rie pr at ich e di lav or o. • Ric on os ce re ilr uo lo de lla tec no log ia ne lla vit aq uo tid ian ae ne ll’e co - no mi ad ell as oc iet à. • Sa pe rc og lie re le int er az ion it ra es ige nz e di vit a e pr oc es si te cn o- log ici . • Ad ott are se mp lic ip rog ett ip er la ris olu zio ne di pro ble mi pra tic i. • Sa pe rs pie ga re ilp rin cip io di fun zio na me nto e la str utt ura de ip rin ci- pa lid isp os itiv if isi ci es oft wa re. • Ut iliz za re le fun zio ni di ba se de is oft wa re più co mu ni pe rp rod urr et es ti ec om un ica zio ni mu ltim ed ial i,c alc ola re er ap pre se nta re da ti, dis eg na - re, ca tal og are inf orm az ion i,c erc are inf orm az ion ie co mu nic are in ret e. • Ut iliz za re le po ten zia lità off ert e da ap pli ca zio ni sp ec ific he pe ro rga - niz za re e ge sti re in ma nie ra inf orm ati zza ta le att ivi tà di un a pic co la az ien da . • Erg on om ia. • Pro ce du re pe rl as icu rez za . • M et od olo gie di let tu ra ed as co lto de lle co ns eg ne e de i co mp iti . • Or ga niz za zio ne de lla vo ro. • Sis tem id ig es tio ne de lla qu ali tà. • Pro ce du re di do cu me nta zio ne de lla vo ro. • Pro ce du re di ve rif ica ev alu taz ion e. • Te cn ich ed im igl ior am en to de lla qu ali tà. • St rut tur ec on ce ttu ali di ba se de ls ap ere tec no log ico . • Fa si di un pro ce ss o tec no log ico (se qu en za de lle op era zio ni: da lla “id ea al pro do tto ”). • Ilm eto do de lla pro ge tta zio ne . • Ar ch ite ttu ra de ic om pu ter . • St rut tur ad iIn ter ne t. • St rut tur a ge ne ral e e op era zio ni co mu ni ai div ers ip ac ch ett i ap pli ca tiv i (ti po log ia di me nù , op er az ion i di ed izi on e, cre az ion ee co ns erv az ion ed ei do cu me nti ,e cc … ). • Op er az ion i sp ec ifi ch e di ba se di alc un i de i pr og ra mm i ap pli ca tiv ip iù co mu ni. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 54 Ut ili zz ar e in pi en a au to no mi a e co n pe riz ia un sis te ma in fo rm at i- co co n re la tiv ip ac ch et ti ap pl ic a- tiv ip er el ab or ar e te sti ,u sa re fo gl i el et tro ni ci ,d at a- ba se ,p os ta el et - tro ni ca e In te rn et 17 .C om pr en de re il ca m bi am en to e la di ve rs ità de it em pi st or i- ci in un a di m en si on e di ac ro ni ca at tra ve rs o il co n- fro nt o fra ep oc he e in un a di m en si on e si nc ro ni ca at tra - ve rs o il co nf ro nt o tra ar ee ge og ra fic he e cu ltu ra li •C on su lta re im an ua li (si a ca rta ce ic he el et tro ni ci )p er la sin - ta ss id if un zio na lit à ed ap pl ic az io ni av an za te . •D ia lo ga re co n is iti di he lp -d es k pe rr ic ev er e in di ca zio ni su l- l’u til izz o di fu nz io na lit à av an za te o su pe rs on al izz az io ni di pr o- gr am mi ap pl ic at ivi . • Ric on os ce re le dim en sio ni de lte mp oe de llo sp az io att rav ers ol ’os se r- va zio ne di ev en ti sto ric ie da ree ge og raf ich e. • Co llo ca re ip iù ril ev an ti ev en ti sto ric ia ffr on ta ti se co nd ol ec oo rd ina - te sp az io- te mp o. • Ide nti fic are gli ele me nti ma gg ior me nte sig nif ica tiv ip er co nfr on tar e are ee pe rio di div ers i. • Co mp ren de re il ca mb iam en to in rel az ion e ag li us i, all e ab itu din i, al viv ere qu oti dia no ne lc on fro nto co nl ap rop ria es pe rie nz ap ers on ale e pro fes sio na le. • Le gg ere an ch e in mo da lità mu ltim ed ial e le dif fer en ti fon ti let ter ari e, ico no gra fic he ,d oc um en tar ie, ca rto gra fic he ric av an do ne inf orm az ion i su ev en ti sto ric id id ive rse ep oc he ed iff ere nti are eg eo gra fic he . • Ind ivi du are ip rin cip ali me zzi es tru me nti ch eh an no ca rat ter izz ato l’in - no va zio ne tec nic o-s cie nti fic a ne lc ors o de lla sto ria ,c on pa rti co lar e rif eri me nto al se tto re pro fes sio na le sp ec ific o. • Ric on os ce re ne lle vic en de po liti ch ee so cia lid eg liu ltim i5 0a nn i,d ic ui es ist on ot es tim on ie do cu me nti al ive llo ter rit ori ale ,r ifle ss id ell as to- ria na zio na le ei nte rna zio na le. • Co mp ren de re ed ap pro fon dir el ep rin cip ali qu es tio ni rel ati ve al fen o- me no de lla glo ba liz za zio ne ed ip rin cip ali ris ch ip er la pa ce mo nd ial e. • Ric on os ce re le pri nc ipa li tap pe sto ric he e le ev olu zio ni tec no log ich e de lla co mu nit àp rof es sio na le di ap pa rte ne nz a. •L a ge sti on e de lla co mu ni ca zio ne pe rv ia te le ma tic a: In te rn et ,p os ta el et tro ni ca ,i nt ra ne t. •I lp ro to co llo in fo rm at ic o. •O pe ra zio ni di co nd ivi sio ne in re te lo ca le . •T ec ni ch e di ric er ca di in fo rm az io ni e ap pr of on di me nt i -a gg io rn am en ti su di ve rs is iti w eb . • Pe rio diz za zio ni fon da me nta lid ell as tor ia mo nd ial e. • Pri nc ipa lif en om en is tor ici el ec oo rdi na te sp az io- tem po ch e lid ete rm ina . • Pri nc ipa li fen om en is oc ial i, ec on om ici ch e ca rat ter izz an o il mo nd o co nte mp ora ne o, an ch e in rel az ion e all e div ers e cu l- tur ee all ev ice nd es tor ich ed el pa ss ato . • Pri nc ipa li ev en ti ch e co ns en ton o di co mp ren de re la rea ltà na zio na le ed eu rop ea . • Pri nc ipa lis vil up pi sto ric ic he ha nn oc oin vo lto ilp rop rio ter ri- tor io el ap rop ria pro fes sio ne . • Di ve rse tip olo gie di fon ti. • Pri nc ipa li tap pe de llo sv ilu pp o, de ll’i nn ov az ion e tec nic o-s ci- en tif ica e de lla co ns eg ue nte inn ov az ion e tec no log ica ,c on pa rti co lar er ife rim en to al se tto re pro fes sio na le sp ec ific o. • L’It ali a, l’E uro pa el ep ote nz em on dia lin eg liu ltim i5 0a nn i. • Pro ble ma tic he de lla glo ba liz za zio ne er isc hi pe rla pa ce mo n- dia le. • Ta pp es tor ich ed ell ac om un ità pro fes sio na le di ap pa rte ne nz a. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 55 18 .C ol lo ca re l’e sp er ie nz a pe r- so na le in un si st em a di re go le fo nd at o su lr ec ip ro co ric on os ci m en to de id iri tti ga ra nt iti da lla Co st itu zio ne a tu te la de lla pe rs on a, de lla co lle tti vi tà e de ll’ am bi en te 19 .R ic on os ce re it ra tti ca ra tte ri- st ic id el la cu ltu ra ita lia na ed eu ro pe a ne lle su e ra di ci gi u- da ic o- cr is tia ne ,r ic on os ce re il va lo re de lle gr an di re lig io - ni ed il lo ro pa tri m on io sp iri - tu al e, co gl ie re l’i m po rta nz a de lc on fro nt o e de lla co op e- ra zio ne tra cu ltu re di ve rs e 20 .R ic on os ce re gl ie le m en ti co st itu tiv id el la pr op ria id en - tit à et ic o- re lig io sa • Co mp ren de re le ca rat ter ist ich ef on da me nta lid ei pri nc ipi de lle reg ole de lla Co sti tuz ion ei tal ian a. • Ind ivi du are le ca rat ter ist ich e es se nz ial id ell a no rm a giu rid ica e co m- pre nd erl ea pa rti re da lle pro pri ee sp eri en ze ed al co nte sto sc ola sti co - for ma tiv o. • Ide nti fic are id ive rsi mo de lli ist itu zio na lid io rga niz za zio ne so cia le el e pri nc ipa lir ela zio ni tra pe rso na -fa mi gli a-s oc iet à-S tat o. • Ric on os ce re le fun zio ni di ba se de llo St ato ,d ell eR eg ion ie de gli En ti Lo ca lie de ss ere in gra do di riv olg ers i,p er le pro pri en ec es sit à, ai pri n- cip ali se rvi zi da es si ero ga ti. • Ide nti fic are ilr uo lo de lle Ist itu zio ni eu rop ee ed ei pri nc ipa lio rga nis mi di co op era zio ne int ern az ion ale er ico no sc ere le op po rtu nit ào ffe rte all a pe rso na ,a lla sc uo la, al sis tem a for ma tiv o e ag li am bit it err ito ria li di ap pa rte ne nz a. • Ad ott are ne lla vit aq uo tid ian ac om po rta me nti res po ns ab ili pe rla tut e- la de ll’a mb ien te e de lle ris ors e na tur ali ,r ico no sc en do li co me be ne co mu ne . • Ric on os ce re la leg isl az ion ee le no rm es pe cif ich ed ell ac om un ità pro - fes sio na le di ap pa rte ne nz a. • Co gli ere iln es so tra ip rin cip ali fen om en is tor ico -gi uri dic i,l ing uis tic o- let ter ari ed art ist ici co nl er ad ici de lla no str ac ivi ltà . • Ind ivi du are ilv alo re de lle gra nd ifi gu re de lla tra diz ion es pir itu ale de lla pro pri ac ivi ltà er ico no sc ern el ap res en za ne lp rop rio vis su to. • Co gli ere la pe cu lia rit à ed il va lor e di cu ltu re div ers e da lla pro pri a e dis po rsi po sit iva me nte ec on sa pe vo lm en te al co nfr on to ea lla co op e- raz ion e. • Co gli ere le do ma nd ee le qu es tio ni pro pri ed ell ar ice rca di Di o: au ten - tic ità ,v eri tà, giu sti zia ,b ell ez za ,a mo re. • Co nfr on tar e gli as pe tti de lla pro pri a ide nti tà co n va ri mo de lli di vit a pe rc og lie re le co rri sp on de nz ea lla pro pri ar ea ltà pe rso na le. • Co sti tuz ion ei tal ian a. • Or ga ni de llo St ato el oro fun zio ni pri nc ipa li. • Co no sc en ze di ba se su lc on ce tto di no rm ag iur idi ca ed ig er- arc hia de lle fon ti. • Pri nc ipa lip rob lem ati ch er ela tiv ea ll’i nte gra zio ne ea lla tut ela de id irit ti um an ie all ap rom oz ion ed ell ep ari op po rtu nit à. • Or ga ni ef un zio ni di Re gio ne ,P rov inc ia eC om un e. • Co no sc en ze es se nz ial id ei se rvi zi so cia li. • Ru olo de lle org an izz az ion iin ter na zio na li. • Pri nc ipa lit ap pe di sv ilu pp o de ll’U nio ne eu rop ea . • No rm e di se tto re de lla co mu nit à pro fes sio na le di ap pa rte - ne nz a. • Ilp atr im on io sp irit ua le em ate ria le de ll’I tal ia ed ell ’Eu rop a. • Le gra nd ifi gu re de lla tra diz ion es pir itu ale :p en sie ro ed op ere . • Va lor ie co ntr as ti ne lla tra diz ion ee uro pe a. • Le gra nd ic ult ure div ers e da lla pro pri a ed il lor o pa tri mo nio sp irit ua le: ort od os sa ,is lam ica ,o rie nta le. • M ult icu ltu ral ità ,in ter cu ltu ral ità em eti cc iat oc ult ura le. • La dim en sio ne rel igi os ad ell av ita pe rso na le es oc ial e. • Ilm ist ero de lla vit a. • Lib ert àe de tic ac ris tia na . • Pe cc ato el ibe raz ion e. • Gi us tiz ia eG raz ia. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 56 21 .O rie nt ar si ne lt es su to pr od ut tiv o, ec on om ic o e pr of es si on al e de l pr op rio te rri to rio ,c og lie re il va l- or e et ic o de lle sc el te ec on om ic he e de lle lo ro co ns eg ue nz e, or ie n- ta rs in el m er ca to de ll av or o • Ind ivi du are in Ge sù Cr ist oi tra tti fon da me nta lid ell ar ive laz ion e di Di o. • Ric on os ce re la pre se nz a, la fun zio ne el os vil up po de lla Ch ies a ne lla so cie tà en ell ac ult ura . • Ric on os ce re le ca rat ter ist ich ep rin cip ali de lm erc ato de lla vo ro eu rop eo en az ion ale no nc hé le op po rtu nit àl av ora tiv eo ffe rte da l ter rit ori o. • Ric on os ce re ip rin cip ali se tto rii nc ui so no org an izz ate le att ivi tà ec on om ich ed el pro pri ot err ito rio . • Ric on os ce re ed ap pli ca re co nc ret am en te in fat tie vic en de de lla vit a qu oti dia na e pro fes sio na le if on da me nta li co nc ett ie co no - mi ci eg iur idi ci. • Ric on os ce re la va len za eti ca es oc ial ed ell es ce lte ec on om ich e ed ell el oro co ns eg ue nz e • Ide nti fic are le ca rat ter ist ich ee ss en zia lid el rap po rto di lav oro e de lla tut ela de lla vo ro, in ba se al co nte sto pro fes sio na le di rif e- rim en to. •R ic on os ce re if on da m en ta li co nc et ti ec on om ic ie gi u- rid ic i. •R ic on os ce re in di ve rs eo rg an izz az io ni az ie nd al ic on cr et e im od el li di or ga ni zz az io ne el ab or at ii n le tte ra tu ra . •R ed ig er e un pi an o di co ns um o. • Co gli ere gli as pe tti più rile va nti de ll’o rga niz za zio ne az ien da le ed int era gir ec orr ett am en te co ne ss a. • Sp era nz ae fed e. • La Ch ies a: M ist ero ei sti tuz ion e. • Re go le ch eg ov ern an ol ’ec on om ia ec on ce tti fon da me nta lid el me r- ca to de lla vo ro. • Eti ca ed ec on om ia • Eti ca de lla vo ro ed eo nto log ia pro fes sio na le • Re go le pe rl ac os tru zio ne di un cu rri cu lum vit ae . • St rum en tie ss en zia lip er leg ge re ilt es su to pro du tti vo de lp rop rio ter - rit ori o. • Pri nc ipa lis og ge tti de ls ist em ae co no mi co de lp rop rio ter rit ori o. • Ele me nti co sti tut ivi ,la na tur ag iur idi ca ,le div ers et ipo log ie di org a- niz za zio ne di un ’az ien da . • Tip olo gie de ic on tra tti di lav oro . • An al isi de ll’ of fe rta e pr ez zo di eq ui lib rio . •C on tro llo de ip re zz ie de im er ca ti. •L ib er a co nc or re nz a: mo no po lio e ol ig op ol io . •I lm er ca to de ll av or o: do ma nd a e of fe rta . •C on ta bi lit à na zio na le . •C on su mi ,in ve sti me nt ie bi la nc io de llo St at o. •D ist rib uz io ne fu nz io na le e pe rs on al e de lr ed di to . •L a po lit ic a fis ca le . •R ap po rti ec on om ic i:U ni on eE ur op ea ep ae si Ex tra co mu ni ta ri. •L a bi la nc ia de ip ag am en ti. •I ls in da ca to e gl ia rti co li 39 e 40 de lla co sti tu zio ne . •L ’az ie nd a e gl ie le me nt if on da me nt al i. •L ’az ie nd a co me sis te ma . •L e fu nz io ni az ie nd al i. •I ls ist em a in fo rm at ivo az ie nd al e. •L e op er az io ni di ge sti on e. •I fin an zia me nt i. •G li ob bl ig hi e le ma ns io ni di ci as cu n uf fic io . • Or ga niz za zio ne de lla vo ro. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 57 22 .G es tir e gl ia tti am m in is tra tiv i fo nd am en ta li de lla vi ta qu o- tid ia na e pr of es si on al e Id en tif ic ar e le va rie fu nz io ni ,l e at tri bu zio ni ag li am m in is tra to ri e ai la vo ra to ri di pe nd en ti De fin ire le ma ns io ni e gl io bb - lig hi di ci as cu n uf fic io o pe rs on a An al izz ar e il co nt es to so ci al e ed ec on om ic o ch e ca ra tte riz za gl ia ttu al im er ca ti de ll av or o e le te cn ic he di or ga ni zz az io ne de l la vo ro e di ge st io ne de l pe rs on al e ad at te a ta le co nt es to Ge st ire le re la zio ni si nd ac al i 23 .I m pa ra re ad im pa ra re • Ela bo ra re un bil an cio pe rso na le co n ac qu ist ia nc he im po rta nt i( co mp ut er, mo to ,v ac an ze … ). • Ge sti re ir ap po rti co ng lii sti tut id ic red ito . • Ge sti re ira pp ort ic on for nit ori di be ni es erv izi . • Ela bo rar el ac on tab ilit àe ss en zia le di un ’at tiv ità ec on om ica . • Ela bo rar ep rev en tiv ie pia nif ica re ad eg ua tam en te co sti ,r ica vi er isc hi (pr o- ge tta zio ne er ea liz za zio ne di un bu dg et ed ele me nti di sc ien ze fin an zia rie ). • Ge sti re co n su pp or ti inf or ma tic id oc um en ti e pr og ra mm ir igu ar da nt ii l mo vim en to de ip ro do tti az ien da li (or din az ion i, co ns eg ne ,m ov im en ta zio ne de lla me rce … ). An al izz ar e or ga ni gr am mi pe ri nd ivi du ar e l’o rg an izz az io ne pi ù ad at ta al l’a tti vit à sta bi lit a pe rl ’az ie nd a Ap pl ic ar e a co nt es ti ed or ga ni zz az io ni az ie nd al id iff er en ti le st ru t- tu re ge ra rc hi ch e ed or ga ni zz at iv e st ud ia te su m od el li te or ic i Re pe rir ed av ar ie fo nt id ii nf or ma zio ni (C on fin du str ia ,s in da ca ti, or ga - ni di sta mp a, et c.) qu an to ne ce ss ar io ad un co nf ro nt oc rit ic od el re al e me rc at o de ll av or o co n im od el li id en tif ic at i Ap pl ic ar e te cn ic he ne go zia li • Ric on os ce re ilp rop rio sti le di ap pre nd im en to co gli en do pu nti for tie cri tic ità . • Ind ivi du are ,s ce gli ere ed uti liz za re va rie fon tie va rie mo da lità di inf orm az io- ne ed if orm az ion e( for ma le, no nf orm ale ed inf orm ale ). • Ela bo rar es tra teg ie di stu dio ed ila vo ro da lc ara tte re for ma tiv op ert ine nti al pro pri os tile di ap pre nd im en to. • Or ga niz za re ilp rop rio ap pre nd im en to uti liz za nd oi nm od or az ion ale ilt em po ad isp os izi on e. • Do cu me nta re in mo do eff ica ce ip rop ri ap pre nd im en ti. • Bil an cio pe rso na le. • Re laz ion ed ia cq uis to. • At ti am mi nis tra tiv if on da me nta li. • Ist itu zio ni eo pe raz ion if ina nz iar ie. • Pre sti ti ed int ere ss is em pli ci ec om po sti . • Pri nc ipi di co nta bil ità . • Sc on ti ec ap ita liz za zio ne . • Re nd ite . • Pro gra mm ag es tio na le pe rl ap icc ola im pre sa . Di rit to de lla vo ro ed ell ac on tra ttu ali sti ca • St ili di ap pre nd im en to. • M eto di di stu dio . • Fo nti pe rl ’ap pre nd im en to. • Ap pre nd im en to for ma le, inf orm ale en on for ma le. • Ut iliz zo raz ion ale de lt em po . • Te cn ich ed id oc um en taz ion e. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 58 24 .C ol la bo ra re e pa rte ci pa re 25 .A gi re in m od o au to no m o e re sp on sa bi le 26 .E sp rim er e un pr og et to pe rs on al e di vi ta e di la vo ro co m e do no e se rv izi o al be ne di tu tti e di ci as cu no • Co mp ren de re id ive rsi pu nti di vis ta er ico no sc ere id irit ti fon da me n- tal id eg lia ltr i. • Int era gir ei ng rup po va lor izz an do le pro pri ee le alt rui ca pa cit à. • Sa pe rn eg oz iar e. • Sa pe rg es tir el ac on flit tua lità . • Co ntr ibu ire all ’ap pre nd im en to co mu ne ea lla rea liz za zio ne de lle att i- vit àc oll ett ive . • Co gli ere il im iti, le reg ole ,l e op po rtu nit à de lle sit ua zio ni in cu is iè co inv olt in ell os tud io, ne lla vit as oc ial e, ne lla vo ro. • As su me rsi co mp iti ep ort arl ia ter mi ne in mo do so dd isf ac en te. • Af fro nta re sit ua zio ni di inc ert ez za e/ o dif fic olt à pro va nd o a tro va re so luz ion is ap en do ch ied ere aiu to. • Sa pe rsi ins eri re in mo do att ivo ec on sa pe vo le ne lla vit as oc ial ee lav o- rat iva . • Fa rv ale re ip rop ri dir itt ie bis og ni e ric on os ce re al co nte mp o qu ell i alt rui . • Ric on os ce re ill im ite de ll’a uto su ffi cie nz au ma na ed ilv alo re de ls up e- ram en to di sé . • Co gli ere il va lor e de lla ge ne ros ità e de ld on o co me lin fa di rin no va - me nto de lle rel az ion ie de lle str utt ure so cia li. • Co gli ere le lin ee di fon do de lla do ttr ina so cia le de lla ch ies ai nt em ad i ec on om ia el av oro . • Ric on os ce re la ne ce ss ità di rin no va re e pu rif ica re la vit a so cia le me dia nte ilp rop rio se rvi zio pro fes sio na le. • Ilg rup po el es ue din am ich e. • St ile ed eti ca de lla co op era zio ne . • Pro ce ss id iin ter az ion ep art ec ipa tiv a. • Ne go zia zio ne . • Ge sti on ed ei co nfl itt i. • Di ag no si de lle sit ua zio ni: lim iti, reg ole ,o pp ort un ità . • Re sp on sa bil ità ed im pe gn i. • Di rit ti ed ov eri . • Re cip roc ità es ca mb io. • La do ttr ina so cia le de lla Ch ies a. • Eti ca de lla vo ro ed ell ep rof es sio ni. • Co mu nit às oc ial ee do no di sé . • Di lem mi eti ci de lla vo ro. Co m pe te nz e Ab ili tà /c ap ac ità Co no sc en ze 59 3.2 Competenze comuni alla comunità professionale Competenze professionali della qualifica polivalente operatrice dei servizi d’impresa MODELLO FORMATIVO Gestire il front-office e le relazioni interne ed esterne Effettuare operazioni amminis- trative clienti/fornitori Gestire le relazioni interpersonali Comunicare nelle diverse lingue con vari mezzi: telefono/fax, comunicazioni scritte e orali, mezzi telematici Mantenere i rapporti con altri enti e con uffici interni Consultare i manuali tecnici degli strumenti (fax, fotocopiatrice, etc.) ed applicarne le istruzioni Gestire e aggiornare l’archivio clienti/fornitori Emettere fatture Rilevare i dati dai documenti originari Registrare in ordine cronologico le operazioni contabili Aggiornare la posizione contabile del cliente e la posizione contabile dell’azienda nei confron- ti dei fornitori Applicare le norme IVA relative alla fatturazione Aggiornare gli scadenzari attivi e passivi Predisporre un prospetto per le varie scadenze Rilevare la priorità dei pagamenti Effettuare pagamenti ed incassi Pianificare e gestire il lavoro contabile inerente ad operazioni amministrative Utilizzare software specifici Conoscenza del profilo professionale in rap- porto al contesto aziendale ( ruoli e compe- tenze) Modalità di comunicazione riferite al con- testo aziendale Terminologia tecnica propria dell’ambito professionale in lingua italiana e straniera/e Corrispondenza commerciale in lingua ital- iana e straniera/e Caratteristiche e potenzialità degli stru- menti di comunicazione aziendali Ruoli e funzioni degli enti pubblici e privati in rapporto all’azienda (INPS, INAIL, banche, Ufficio delle Entrate, etc.) Flussi informativi intra-aziendali ed inter- aziendali Normativa della privacy Normativa Iva Sistemi di archiviazione Il contratto di compravendita Documentazione relativa al contratto di compravendita Mezzi di pagamento Regole di registrazione dei partitari clienti e fornitori Sanzioni per mancato pagamento Protesto Interessi di mora Sanzioni per la mancata o errata regis- trazione La compilazione dello scadenzario Competenze Abilità/capacità Conoscenze 60 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA Effettuare operazioni fiscali e di amministrazione del personale Gestire atti e documenti Applicare la normativa relativa all’amminis- trazione del personale Applicare a situazioni concrete le norme pre- viste dal contratto collettivo nazionale di riferi- mento Tenere i registri e compilare la modulistica con- nessa all’amministrazione del personale. Effettuare registrazioni contabili elementari Aggiornare scritture contabili e non a livello elementare Gestire correttamente software gestionali per effettuare registrazioni contabili elementari e per compilare i registri previsti Liquidare l’Iva Redigere e registrare la documentazione ban- caria cartacea e telematica relativa agli incassi e ai pagamenti Utilizzare un software per le registrazioni con- tabili Sviluppare la capacità di leggere, compilare la modulistica relativa alla documentazione d’uffi- cio ed ai rapporti con Enti, Istituzioni e non. Predisporre e gestire documenti e certificati, autocertificazioni, utenze, codice fiscale Ricevere ed emettere correttamente documen- tazione inerente le procedure d’ufficio Saper compilare la modulistica inerente i rap- porti con gli Istituti bancari, uffici postali, tri- bunale, uffici imposte dirette e indirette, cam- era di commercio. Gestire la corrispondenza, i verbali, il protocol- lo, anche con supporto informatico Gestire la documentazione relativa all’organiz- zazione ed esecuzione di attività aziendali Verificare l’esattezza dei documenti emessi ed effettuare le dovute rettifiche Acquisire la capacità di utilizzare, anche con riferimento allo specifico settore professionale, i principali programmi applicativi: videoscrittura ed excel, access e power point Le principali norme relative all’amminis- trazione del personale Le implicazioni di un rapporto di lavoro sub- ordinato Il contratto collettivo nazionale di riferi- mento I registri e la modulistica conservata in azienda I principali enti assicurativi e previdenziali, pubblici e privati ed adempimenti periodici connessi. I libri civilistici, fiscali e societari obbligatori Contabilità elementare I registri previsti dalla normativa sull’Iva Le funzionalità e le potenzialità dei princi- pali software gestionali Trattamento di documenti, certificati, auto- certificazioni Invio di posta con diverse modalità Accoglienza e gestione delle richieste e attese “frontali” dei clienti-utenti Ricezione ed emissione di documenti di trasporto Documenti comprovanti atti o richieste par- ticolari; per es. permessi, richieste su carta bollata, ecc Selezione e registrazione nel registro proto- collo della diversa tipologia dei documenti ricevuti ed emessi, per inviarli ai soggetti o uffici competenti o archiviarli negli oppor- tuni raccoglitori Note di commissioni, di provvigioni, di con- sulenza, ricevute particolari, ecc Trattamento di documenti di pagamento in entrata e in uscita Competenze Abilità/capacità Conoscenze MODELLO FORMATIVO 61 Conoscere il ruolo del sistema operativo nell’e- conomia di funzionamento di un personal com- puter ad uso ufficio Conoscere e utilizzare software specifico per la contabilità generale Predisporre ed utilizzare strumenti software per la gestione di processi amministrativi aziendali Ricezione e trasmissione di documenti com- provanti atti o richieste particolari; per es. richieste ferie, certificati di malattia, atti di compravendita ecc La corretta distribuzione di documenti alle funzioni di pertinenza La gestione della comunicazione per via telematica: Internet posta elettronica, intranet Il protocollo informatico I verbali, le convocazioni, le prenotazioni Le conferme d’ordine Il testo commerciale La lettera commerciale: la disposizione estetica secondo i vari stili La creazione e gestione dei fax in partenza e in arrivo Utilizzazione del pacchetto applicativo di presentation manager Utilizzazione del pacchetto applicativo di calcolo elettronico Realizzazione di documenti di testo con tabelle e grafici Inserimento ed estrazione di informazioni dagli archivi tabellari Ordinamento tabellare di dati con i diversi criteri L’invio di file ad una lista di destinatari Realizzazione di presentazioni tramite Power Point Procedure di calcolo, rappresentazioni sta- tistiche e grafici, tramite la predisposizione di un foglio elettronico Gestione della rubrica, del time manager Gestione informatizzata di procedure amministrativo-contabile, mediante soft- ware specifici Competenze Abilità/capacità Conoscenze 3.3 Competenze delle figure professionali di indirizzo9 a. Integrazioni ai traguardi formativi relativi alle figure di indirizzo Addetta/o alla segreteria COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 62 Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunica- tivi ed operativi (livello di padronanza = adeguato) Orientarsi nel tessuto produtti- vo, economico e professionale del proprio territorio e orientar- si nel mercato del lavoro. Comprendere i punti principali di messaggi e di annunci su argomenti di interesse quotidiano o professionale. Ricercare informazioni all’interno di testi di interesse quotidiano o professionale. Interagire in conversazioni medio-semplici su temi di interesse quotidiano o professionale. Scrivere correttamente testi medio-semplici su tematiche coerenti con il percorso di studio e professionale. Tradurre dalla lingua straniera alla lingua ita- liana e viceversa testi medio-semplici scritti e orali su tematiche coerenti con li percorso di studio e professionale. Riconoscere i principali settori in cui sono orga- nizzate le attività economiche nazionali Lessico medio-avanzato su argomenti pro- fessionali Corretta pronuncia di un repertorio di paro- le e frasi memorizzate di interesse profes- sionale Modalità di scrittura di interesse professio- nale Organizzazione aziendale Competenze Abilità/capacità Conoscenze 9 Sono qui riportate solamente le competenze, rilevanti per la figura professionale di indirizzo, che vanno ad integrare le competenze valide per la qualifica polivalente. In corsivo sono riportate le integrazioni a quelle competenze e abilità/capacità che, pur se già presenti nel modello formativo della qualifica polivalente, necessitano di ampliamento per la figura di indirizzo. Addetta/o alla contabilità b. Integrazioni alle competenze professionali delle figure di indirizzo Addetta/o alla segreteria 63 MODELLO FORMATIVO Risolvere specifici semplici problemi di matematica finanziaria Applicare differenti forme di sconto in vari con- testi applicativi Strumenti operativi di analisi: sistemi di misure decimali, arrotondamenti, alcune relazioni tra diverse grandezze Elementi di calcolo computistico: rapporti, proporzioni e percentuale Il compenso relativo al pagamento antici- pato: lo sconto commerciale, valore attuale e lo sconto mercantile L’unificazione dei capitali nel tempo: sca- denza comune ed adeguata Lo strumento operativo di riparto: il riparto semplice e composto Competenze Abilità/capacità Conoscenze Gestire il front-office e le relazioni interne ed esterne Gestire le relazioni interpersonali all’interno dell’azienda e verso i clienti Valutare le richieste del cliente e i suoi bisogni informativi Consultare, gestire ed aggiornare l'agenda appuntamenti Normativa di legge a tutela della privacy per la registrazione del consenso del cliente al trattamento dei dati Tecniche di time management per una ges- tione adeguata dei tempi e delle priorità Cenni di tecniche di comunicazione per facilitare la relazione con il cliente Tecniche di office automation Tecniche di accoglienza e comunicazione Gestione dei reclami amministrativi e negoziazione Tecniche di reporting Competenze Abilità/capacità Conoscenze COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 64 Effettuare operazioni ammini- strative clienti/fornitori Effettuare operazioni fiscali e di amministrazione del perso- nale Controllare i documenti in entrata e in uscita Elaborare e controllare retribuzioni facendo riferimento ad un CCNL Aggiornare le tabelle (contrattuali, fiscali, assistenziali, previdenziali) e gli archivi (azien- da e dipendenti), elaborare retribuzioni e provvedere agli adempimenti periodici utiliz- zando un software applicativo dedicato Reperire informazioni per l'autoaggiornamento e analizzare contratti collettivi di diversi settori (studi professionali, industria, turismo, com- mercio) Elaborare e controllare retribuzioni anche in presenza di particolari istituti contrattuali Provvedere agli adempimenti annuali verso l’amministrazione finanziaria dello stato, verso l’INPS, verso l’INAIL Compilare la modulistica per provvedere agli adempimenti presso i diversi enti in caso di assunzione, trasformazione, cessazione del rapporto di lavoro Aggiornare i libri obbligatori Distinguere e classificare i principali tributi (IRPEF, IRES, IRAP, IVA, ICI) Compilare il modello IVA, le dichiarazioni d’in- tenti e il modello INTRASTAT Calcolare l’IRPEF netta in relazione al tipo di reddito percepito, considerando deduzioni e detrazioni specifiche e compilare il modello 730 e il modello UNICO/PF Calcolare l’ICI e compilare la modulistica per il versamento dell’imposta Compilare il modello CUD e il modello 770 Sanzioni per la mancata o errata registra- zione Lavoro subordinato Fonti normative di riferimento La retribuzione: elementi positivi e negativi fissi e variabili Ritenute previdenziali Ritenute fiscali L’assegno per il nucleo familiare Denuncia riepilogativa mensile (DM10/2) Modello di versamento unificato (F24) Pacchetto applicativo dedicato Internet, motori di ricerca, siti INPS, Agenzia delle Entrate, INAIL ecc. Contratti collettivi: parte normativa e parte economica Trattamento economico in caso di malattia e maternità Mensilità aggiuntive Scheda fiscale, conguaglio fiscale di fine anno, mod. CUD Trattamento di fine rapporto: calcolo della quota maturata nell’anno Autoliquidazione del premio INAIL Modulistica per l’assunzione, cessazione, trasformazione del rapporto di lavoro Libro matricola, libro paga, registro degli infortuni Competenze Abilità/capacità Conoscenze 65 MODELLO FORMATIVO Effettuare registrazioni di documenti contabili Utilizzare software gestionali per la compi- lazione dei documenti e dei registri contabili Il funzionamento del sistema tributario ita- liano: tasse, imposte e contributi Presupposti e soggetti passivi relativi all’IVA, anche nel contesto internazionale Presupposti e soggetti passivi relativi all’IRPEF Presupposti e soggetti passivi relativi agli adempimenti ICI, significato di valore cata- stale e rendita catastale Gli obblighi dichiarativi del datore di lavoro Gli obiettivi della contabilità generale Fatturazione attiva e passiva Il magazzino: logistica, funzione, controllo, giornale, schede, scritture elementari I rapporti creditizi ed il loro regolamento Normativa civilistica e fiscale di riferimen- to (inclusi i registri) Generalità su IRES ed IRPEG Tecniche di rilevazione contabile Regimi contabili Personalizzazione di un pacchetto applica- tivo per la contabilità Competenze Abilità/capacità Conoscenze 3.4 Competenze professionali del quarto anno10 Il quarto anno di formazione professionale vuole soprattutto dare agli allievi la possi- bilità di utilizzare in modo diverso (cioè per raggiungere competenze diverse e/o più complesse) le conoscenze e le abilità/capacità già acquisite e sviluppate durante la for- mazione triennale: può quindi verificarsi il caso, sia per i traguardi formativi sia per le competenze professionali, di competenze e di abilità/capacità cui non corrispondono conoscenze alcune nelle tabelle. Ciò è proprio una caratteristica di questo quarto anno di formazione professionale, che mira ad ampliare le competenze e soprattutto le meta- competenze dell’allievo. Competenze professionali del diploma di tecnico dei servizi d’impresa COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 66 Maturare una visione critica delle problematiche economi- che e gestionali che caratteriz- zano la vita e l’organizzazione dell’impresa Comprendere ed utilizzare i fon- damentali meccanismi contabili e gli strumenti di controllo gestionale tipici dell’attività d’impresa Comprendere ed interpretare il processo di pia- nificazione elaborando con competenza dati e grafici richiesti Operare aggregazioni gestionali per differenti tipologie: centro di responsabilità, per proces- so, per prodotto Orientarsi nel sistema informativo aziendale, rinviando e controllando documenti e dati in ingresso e in uscita Conoscere e utilizzare in autonomia la struttura del sistema contabile e le regole per la tenuta della contabilità secondo il metodo della parti- ta doppia Procedere alla rilevazione sistematica delle operazioni di gestione sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione padroneggiando sia le tecniche contabili di tipo tradizionale che elettroniche Gestire in autonomia i rapporti di ordinaria amministrazione tra banche ed impresa Competenze Abilità/capacità Conoscenze 10 Le competenze qui riportate sono da intendersi come una integrazione alle competenze già elencate per la qualifica polivalente triennale. 67 MODELLO FORMATIVO Sviluppare le procedure opera- tive per la tenuta della contabi- lità in osservanza delle norme civilistiche e fiscali in vigore Gestire le procedure e predi- sporre la documentazione rela- tiva all’amministrazione del personale in conformità alle disposizioni legali e tributarie Sviluppare abitudini mentali orientate alla risoluzione dei problemi e alla gestione dei dati e delle informazioni dispo- nibili Riconoscere i regimi contabili fiscali ed i libri obbligatori e non Applicare la normativa IVA anche a casi parti- colari Leggere un bilancio di esercizio nelle sue diver- se parti Applicare gli studi di settore alla clientela in contabilità semplificata Rapportarsi con l’amministrazione finanziaria in caso di accertamento fiscale Provvedere agli adempimenti conseguenti alla dichiarazione di fallimento Effettuare gli adempimenti doganali Comparare i contratti collettivi di diversi setto- ri; conoscere i nuovi contratti Provvedere agli adempimenti relativi all’assun- zione, alla trasformazione, alla cessazione del rapporto di lavoro Comunicare correttamente con gli Enti previ- denziali Elaborare le retribuzioni in presenza di partico- lari istituti con software applicativo Rilevare con sufficiente autonomia l’andamen- to finanziario, patrimoniale ed economico del- l’impresa individuando eventuali punti critici Gestire i rapporti con terzi e con Enti Previdenziali e Pubblici inerenti ad atti di ordi- naria amministrazione tenendo sotto controllo eventuali casi di insolvenza Aggiornare scadenziari e partitari rilevando e gestendo situazioni critiche e problematiche Comprendere e intervenire collaborativamente nelle decisioni d’impresa sia a livello finanzia- rio che gestionale L’oggetto e lo scopo della contabilità analitica Competenze Abilità/capacità Conoscenze COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 68 Utilizzare gli strumenti informa- tici per la gestione dei processi amministrativi e contabili Gestire la comunicazione con i clienti (interni ed esterni), anche in lingua inglese Utilizzare le funzionalità avanzate di programmi di videoscrittura e di fogli elettronici Configurare un programma di posta elettronica Percepire e definire le caratteristiche e le esi- genze del cliente esterno(il cliente normale) ed interno (il cliente interno è dipendente della stessa azienda) Informare il cliente sul regime contabile a cui è soggetto e sulla documentazione che è tenuto a produrre Gestire eventuali criticità e/o reclami del cliente Comprendere e redigere testi e documenti a contenuto tecnico e commerciale in lingua ita- liana e inglese Tecniche di comunicazione e di comuni- cazione applicata Caratteristiche ed esigenze del cliente Il piano di comunicazione aziendale Competenze Abilità/capacità Conoscenze 4. Gestione del modello formativo per qualifiche e diplomi 4.1 Quadro orario Il percorso formativo relativo al diploma di istruzione e formazione professionale pre- vede di norma (salvo riconoscimenti di crediti formativi consistenti) una durata qua- driennale; presentiamo lo schema orario relativo a tale percorso a tempo pieno, che presenta una durata complessiva di 4.200 ore, articolato in relazione alle diverse atti- vità formative che vi si svolgono: L’attività comune è indicata con prevalenza del gruppo classe poiché occorre prevede- re la forma didattica del laboratorio che, per sua natura, si sviluppa tramite tutte le diverse articolazioni dal gruppo classe, al sottogruppo fino all’attività individuale. Lo stage ed il project work si svolgono prevalentemente in forma individuale e di pic- colo gruppo nel quale sia riconoscibile il contributo del singolo studente. I Larsa consentono di svolgere, nei tempi e nei modi più opportuni in base alla diagnosi continuativa dell’Equipe formativa, in riferimento a sottogruppi omogenei per livello di preparazione e per interesse, attività di recupero e di sviluppo degli apprendimenti al fine di superare lacune e criticità, e nel contempo di rafforzare i punti di forza e perfeziona- re la preparazione degli studenti. All’inizio del 4° anno, i LARSA possono essere utiliz- zati per uniformare le competenze degli allievi che nel triennio hanno, nella medesima famiglia professionale, conseguito la qualifica in differenti figure di indirizzo. La qualifica di istruzione e formazione professionale viene acquisita di norma (salvo riconoscimenti di crediti formativi consistenti) dopo un percorso triennale da parte di tutti gli studenti. Per coloro che dichiarino per tempo (entro il primo anno degli studi) 69 GESTIONE DEL MODELLO FORMATIVO PER QUALIFICHE E DIPLOMI Assi culturali Area tecico-professionale Stage LARSA - Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti TOTALE Linguaggi Matematica Scientifico-tecnologico Storico-sociale e cittadinanza 130 80 180 100 440 - 129 1.050 120 80 170 80 330 160 110 1.050 110 80 150 80 330 200 100 1.050 110 80 150 80 330 200 100 1.050 470 320 650 340 1.430 560 430 4.200 AREE FORMATIVE 1° ANNO 2° ANNO 3° ANNO 4° ANNO TOTALE la volontà di concludere il percorso con la qualifica triennale, è necessario predisporre una “curvatura” del percorso in relazione al progetto personale, prevedendo nel piano formativo personalizzato le attività e le esperienze coerenti con tale scopo. Ciò non esclude – naturalmente - la possibilità che il singolo piano formativo personalizzato comprenda competenze ulteriori, in base al progetto di ciascuno studente ed alle opportunità fornite dall’Istituzione formativa. 4.2 Vincoli e risorse I vincoli e le risorse che si indicano sono riferiti alle tecnologie di laboratorio ed alle attività di stage/project work essenziali per il successo del percorso formativo. 1) Dotazioni del laboratorio di informatica e di comunicazione COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 70 Informatica e comunicazione Computer con collegamento ad Internet: 1 per allievo Lavagna luminosa Lavagna a muro Server su piattaforma Windows Stampanti in rete: n. 2 Scanner piano Scanner verticale per negativi e diapositive Pinnacle Videodisplay Software per elaborazione testi (Word) Software per elaborazione fogli elettronici (Excel) Software per grafici e presentazioni (Power Point) Software per creazione/gestione data-base (Access) Software per Internet Software per posta elettronica Altre attrezzature: Calcolatrice Video-registratore Televisore Video proiettore Lettore DVD, CD-ROM Laboratorio Attrezzature 2) Dotazioni dei laboratori tecnico-professionali Il laboratorio di informatica e di comunicazione viene utilizzato anche come laborato- rio tecnico-professionale per il percorso triennale polivalente completandolo con degli opportuni software di contabilità per il primo indirizzo professionale e di attrezzature linguistiche per il secondo. 3) Stage / Project work 71 GESTIONE DEL MODELLO FORMATIVO PER QUALIFICHE E DIPLOMI Contabilità e Segreteria Linguistico Postazioni con software per gestione contabilità I.V.A. e generale Altri strumenti: Testi normativi (codice civile, testo unico imposte dirette, testo unico I.V.A., ecc.) Registri I.V.A. (manuali) Postazioni multimediali attrezzate con cuffie e riproduttori di suoni ed immagini Altri strumenti: Materiale didattico per le postazioni multimediali: CD audio, DVD,…. Dizionario di italiano, dizionario di inglese Laboratorio Attrezzature Primo anno Secondo anno Terzo anno Quarto anno Visite aziendali ed incontri con testimoni e referenti del settore finalizzati alla conoscenza del contesto, alla presa di contatto con le realtà del lavoro, alla concreta rappresentazione dell’organizzazione, delle professionalità, dei processi tecnici e di servizio, delle relazioni e delle problematiche proprie dell’area professionale. Ciò al fine di aiutare la persona - tramite approccio diretto - nella scelta dello specifico percorso formativo o lavo- rativo, migliorando la sua comprensione di un profilo professionale e delle sue principali determinanti. Si propone uno stage formativo al fine di favorire l’apprendimento di nuove competenze professionali ed inoltre di sviluppare e consolidare le competenze già esistenti. In tale stage allo studente verrà proposta la realizzazione di intere sequenze lavorative o di parti di esse con una maggior complessità di contenuti e un’attenzione più marcata ai risultati della performance. Si propone il completamento dello stage formativo, mirando in particolare alla completa padronanza delle compe- tenze tecniche al fine di verificare l’efficacia delle conoscenze e delle capacità acquisite nelle fasi precedenti e di completare lo sviluppo della professionalità necessaria per realizzare una performance di qualità. Ciò anche per favorire il completamento del percorso formativo per coloro che decidano di inserirsi nel mondo del lavoro dopo l’acquisizione della qualifica. È prevista un’area formativa denominata “project work”, un’esperienza di alternanza formativa, opportunamente concordata con le imprese partner, mediante la quale lo studente, dopo una fase di osservazione e interpretazione della realtà aziendale di riferimento, elabora e realizza un progetto rispondente a compiti coerenti con le finalità del percorso formativo e significativo per l’organizzazione stessa. È pertanto necessaria una formazione dello stu- dente all’utilizzo di strumenti di rilevazione del contesto organizzativo aziendale e di progettazione professionale. Si possono prevedere diverse tipologie di progetto: studio di un’organizzazione di lavoro; studio di un processo pro- duttivo / di servizio; ricostruzione del prodotto/servizio e del suo “ciclo di vita”; analisi di mercato; audit della qua- lità; progettazione di un processo tecnico / di una unità di servizio; ecc. Tale progetto diviene anche materiale su cui sviluppare la valutazione finale. La valutazione finale si basa precipuamente sulla prova professionale (capolavoro), su uno scritto e su un colloquio. Annualità Indicazioni 5. Proposta di percorso formativo e di UdA significative 5.1 Esempio di percorso formativo per il primo anno COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 72 Per questa UdA sono previsti Incontri di orientamento e Colloqui con le famiglie ACCOGLIENZA Scheda REPORT DELLE VENDITE E GRAFICI CORRELATI Larsa recupero Larsa approfondimento Larsa recupero Larsa approfondimento Larsa recupero Larsa approfondimento FATTURA Per questa UdA sono previsti Colloqui con le famiglie ORGANIZZAZIONE DI UNA FESTA DI FINE ANNO Queste UdA possono essere svolte anche in ordine inverso CAMPAGNA PUBBLICITARIA PARITARI CASSA/BANCA E CLIENTI/FORNITORI Valutazione Valutazione Valutazione NO SI NO SI NO SI Passaggio al 2° anno 5.2 Esempio di percorso formativo per il secondo anno 73 PROPOSTA DI PERCORSO FORMATIVO E DI UDA SIGNIFICATIVE Per questa UdA sono previsti Colloqui con le famiglie ACCOGLIENZA Scheda attività estiva PATENTE PER IL MOTORINO Larsa recupero Larsa approfondimento Larsa recupero Larsa approfondimento Larsa recupero Larsa approfondimento Queste UdA possono essere svolte anche in ordine inverso ORGANIZZAZIONE DI UN VIAGGIO LETTERE COMMERCIALI ACQUISTI DI MERCE Queste UdA possono essere svolte anche in ordine inverso PIANO DEI CONTI STAGE AZIENDALE E PREPARAZIONE RELAZIONE LIQUIDAZIONE DELL’IVA Valutazione Valutazione Valutazione NO SI NO SI NO SI Passaggio al 3° anno Larsa recupero Larsa approfondimento Valutazione NO SI Per questa UdA sono previsti Colloqui con le famiglie REALIZZAZIONE DI UNA FESTA DI FINE ANNO 5.3 Esempio di percorso formativo per il terzo anno COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 74 VISITA CULTURALE ALLE SEDI DEL GOVERNO E DELLE CAMERE DEL PARMAMENTO Larsa recupero Larsa approfondimento Larsa recupero Larsa approfondimento Larsa recupero Larsa approfondimento Queste UdA possono essere svolte anche in ordine inverso SITUAZIONE ECONOMICO- PATRIMONIALE CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO STAGE AZIENDALE Tesi di stage PROVA FINALE DI QUALIFICA Valutazione Valutazione Valutazione NO SINO SI NO SI Accesso al mondo del lavoro Passaggio al 4° anno Larsa recupero Larsa approfondimento Valutazione NO SI Queste UdA possono essere svolte anche in ordine inverso CONTRATTI DI LOCAZIONE DI IMMOBILI VERBALE DI ASSEMBLEA DEI SOCI DI UNA SRL 5.4 Esempio di percorso formativo per il quarto anno 75 PROPOSTA DI PERCORSO FORMATIVO E DI UDA SIGNIFICATIVE Larsa recupero Larsa approfondimento Larsa recupero Larsa approfondimento STAGE AZIENDALE Tesi di stage Valutazione Valutazione NO SI NO SI Passaggio alla formazione superiore Accesso al mondo del lavoro Larsa recupero Larsa approfondimento Valutazione NO SI Queste UdA possono essere svolte anche in ordine inverso o si può svolgere solamente una di esse UdA Project Work Gestione della contabilità generale in partita doppia UdA Project Work Analisi della struttura organizzativa e della tempistica operativa gestionale di differenti Studi commercialisti e/o Aziende Queste UdA possono essere svolte anche in ordine inverso o si può svolgere solamente una di esse UdA Project Work Gestione degli adempimenti legati all’amministrazione del personale UdA Project Work Gestione segreteria generale 5.5 Unità di Apprendimento per il primo anno Elenco degli strumenti proposti per il primo anno COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 78 1 2 3 4 5 6 Unità di apprendimento Accoglienza Unità di apprendimento Report delle vendite e grafici correlati (diagramma, istogramma, “torta”, ecc.) Unità di apprendimento Fattura Commerciale Unità di apprendimento Campagna pubblicitaria per il lancio di un prodotto Unità di apprendimento Partitari Cassa e Banca, Clienti e Fornitori Unità di apprendimento Evento finale N. TIPOLOGIA 1.1. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Attività di accoglienza” Primo anno 79 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL PRIMO ANNO Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Realizzazione di una scheda di presentazione della Comunità Professionale in PowerPoint, in cui venga presentato chi sono i membri del gruppo di lavoro e quanto hanno conosciuto della realtà del CFP e della comunità professionale in cui sono inseriti. Il prodotto potrà essere presentato dai membri dei singoli gruppi o nella riunione assem- bleare del mattino, in modo che gli appartenenti alle diverse comunità professionali pre- senti nel Centro possano conoscere anche le altre comunità oltre alla propria, o al primo incontro con i genitori. • Stimolare l’interesse, la sensibilità e la curiosità verso la professione • Promuovere negli allievi la conoscenza delle caratteristiche personali, delle proprie pos- sibilità e dei propri limiti, per valutare il proprio inserimento nella comunità profession- ale in vista di una conferma della scelta fatta • Far acquisire all’allievo i principali elementi del linguaggio professionale • Spingere l’allievo a gestire le informazioni e ad elaborare documenti • Promuovere la conoscenza della realtà formativa in cui gli allievi sono inseriti (ambiente, laboratori, regolamento, personale educativo, ecc.) • Promuovere la collaborazione e la cooperazione degli allievi fra loro • Promuovere lo sviluppo della capacità di ascolto, di dialogo e di confronto con gli altri, nel rispetto della persona altrui • Aiutare gli allievi a porre le prime basi per superare le dimensioni strumentali della Patente Europea per il Computer (Ecdl) e dimostrare di considerare la multimedialità e l’uso degli strumenti informatici un fecondo ambiente di apprendimento, in prospettiva teorica e/o professionale Gestire ed elaborare le informazioni in entrata. 1. Conoscere le caratteristiche della Comunità Professionale 2. Conoscere i compagni di corso 3. Riconoscere i prodotti e servizi tipici realizzati, le tecnologie e le figure professionali imp- iegate nella Comunità Professionale 4. Conoscere gli strumenti da utilizzare durante il corso e l’organizzazione dei corsi (orari, modalità di svolgimento, …) 5. Conoscere le regole di comportamento da osservare 6. Conoscere gli ambienti, i laboratori ed il personale educativo del CFP 7. Conoscere più approfonditamente l’ambiente del Centro incontrando gli allievi dell’ulti- mo anno per sapere da loro come è stato il loro ingresso al CFP e come si sono trovati 8. Adottare comportamenti adeguati al lavoro di gruppo Allievi del primo anno dei corsi di qualificazione professionale. Non è richiesto alcun prerequisito. La durata dell’UdA è prevista in circa 40 ore. • Presentazione dell’UdA da parte di un formatore • Divisione in gruppi di 4/5 allievi ciascuno • Visita alle aule ed ai laboratori • Incontro con il direttore del Centro e con il tutor del corso • Incontro con gli allievi del terzo anno ed intervista agli stessi Denominazione Realizzazione attività di accoglienza 80 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Analisi e sistemazione del materiale raccolto • Valutazione delle capacità dei membri del gruppo per la scelta del prodotto da realizzare • Impostazione del “dossier” in Power Point • Presentazione e spiegazione del lavoro prodotto alla riunione assembleare del mattino • Presentazione e spiegazione del lavoro prodotto al primo incontro con i genitori La U.d.A. è da svolgersi all’inizio del percorso formativo. • Lavoro di gruppo • Incontro (discussione e/o intervista) con il direttore del Centro e con gli allievi del terzo anno • Scheda per il gioco iniziale di conoscenza, che è possibile consultare in: BECCIU M. - COLASANTI A.R., La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, Roma, Tipografia Pio XI, 2003, 35-37. • Schede per le interviste, che è possibile consultare in: CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, Roma, Tipografia Pio XI, 2003, 100-105. • Macchina fotografica • Laboratorio di informatica • Videoproiettore • Cartelloni colorati • Fogli colorati • Pennarelli • Forbici • Colla • Cd-Rom • Video-proiettore Tutor-coordinatore: responsabile dell’attività, cura l’aspetto relazionale del gioco di conoscenza iniziale e l’organizzazione delle visite dei ragazzi al Centro e degli incontri con le varie figure (direttore, allievi dell’ultimo anno, formatori, ecc.) gestione dei colloqui con allievi e famiglie Formatore storico-socio-economica: organizzazione aziendale, strumenti di rile- vazione, elaborazione testi e presentazioni e responsabile di curare l’aspetto linguistico dell’intervista e della sua trascrizione e dell’intero lavoro, sia esso in forma di cartellone, di fascicolo o di presentazione di PowerPoint Formatore area dei linguaggi: cura l’aspetto linguistico del prodotto/lavoro, anche in lingua straniera, sia esso in forma di relazione, tesi, cartellone, fascicolo o di presentazione di PowerPoint Formatore area tecnologica: cura il rispetto dell’ambiente durante la visita dei ragazzi e di curare la gestione degli strumenti “informatici” per la realizzazione dei cartelloni o dei fascicoli Formatore area professionale: cura la visita degli allievi ai laboratori e spiega, rispon- dendo all’intervista, gli aspetti essenziali della comunità professionale di appartenenza Formatore sviluppo competenze professionali: comunicazione e relazione • Presentazione e spiegazione del lavoro prodotto • Discussione e/o intervista con il direttore del Centro e con gli allievi del terzo anno Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione attività di accoglienza 81 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL PRIMO ANNO 1.2. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Report delle vendite e grafici correlati” (diagramma, istogramma, “torta”, ecc.) Primo anno Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Realizzazione di una tabella che riporti i dati delle vendite annuali di un'azienda commer- ciale; le vendite annuali vanno presentate divise per periodo (mesi e settimane) e per pro- dotto, con relativi grafici (diagrammi, istogrammi, torte) per consentire l’analisi visuale del- l’andamento delle vendite nel periodo di riferimento. • Promuovere nell’allievo la familiarità con il linguaggio tecnico delle transazioni commer- ciali • Stimolare l’allievo ad utilizzare in modo avanzato le strumentazioni informatiche per lo svolgimento del lavoro • Accrescere nell’allievo la consapevolezza che una diversa veste grafica dei dati presen- tati viene percepita con grande impatto dall’osservatore • Verificare le conoscenze matematiche ed informatiche di base • Sviluppare la creatività nel realizzare il prodotto assegnato 1) Gestire le informazioni ricevute ed elaborare documenti contabili 2) Rappresentare contabilmente, analizzare ed interpretare il significato dei componenti reddituali 1) Elaborare tabelle e grafici con il foglio elettronico Excel 2) Leggere e interpretare i dati rappresentati in tabelle e tramite grafici 3) Utilizzare il dizionario italiano-inglese per la traduzione di termini tecnici-economici 4) Accrescere il glossario dei principali termini economico-giuridici relativi all’azienda Allievi del primo anno dei corsi di qualificazione professionale Utilizzo di base del foglio elettronico Excel La durata dell’UdA è prevista in circa 16 ore • Presentazione dell’UdA e degli indici di valutazione da parte del coordinatore che ne curerà l’organizzazione durante 1 ora del modulo di Orientamento in copresenza con l’o- rientatore • Svolgimento del modulo di Gestione Documenti Commerciali, della durata di n° 6 ore, in cui gli allievi elaborano i dati di vendita delle aziende, forniti dal formatore e studiano le cause che possono aver determinato lo specifico andamento delle vendite. A scopo di esercitazione e per stimolare la curiosità e la motivazione al lavoro potranno essere for- niti dati di aziende famose o locali, conosciute dagli allievi. La metodologia per i conte- nuti verterà pertanto sullo studio dei casi e sulle simulazioni possibili • Svolgimento del modulo di Informatica, della durata di n° 4 ore, con particolare riferi- mento al foglio elettronico Excel in cui gli allievi mostrano in forma grafica (diagramma, istogramma, torta) quanto hanno elaborato a partire dai dati ricevuti. La metodologia pre- vede in particolare esercitazioni pratiche al laboratorio informatico. Denominazione Realizzazione prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 82 Sequenza in fase Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Svolgimento del modulo di Italiano, della durata di n° 4 ore, in cui gli allievi elaborano cia- scuno una relazione che descriva tutti i passaggi seguiti per la realizzazione del prodotto, partendo dall’andamento delle vendite nel periodo richiesto sino ad illustrare le cause delle variazioni riscontrate ed i relativi effetti economici. La metodologia didattica segui- ta sarà quella dell’accompagnamento durante la realizzazione delle relazioni. • La valutazione e l’auto-valutazione saranno condotte durante 1 ora del modulo di Orientamento in copresenza con il formatore dell’area professionale in copresenza con l’orientatore) Periodo consigliato: seconda metà del I anno di corso • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Laboratorio di informatica • Dati contabili delle vendite (da elaborare) • Tabelle e grafici già realizzati da un’azienda commerciale/industriale • Schede esercitazioni • Videoproiettore • Dizionario italiano-inglese • Rubriche di valutazione Formatore dell’area tecnologica: responsabile dell’UdA. Responsabile delle abilità/capacità da 1 e 2, delle competenze 1 e 2 Formatore area storico-socio-economica: responsabile delle abilità/capacità della abilità/capacità 3 Formatore dell’area dei linguaggi: responsabile della abilità/capacità 3 Tutor-coordinatore: supporto del team dei formatori, motivazione del gruppo e predispo- sizione portfolio Il “prodotto” costituisce un primo passo per comprendere le dinamiche tipiche di un’azien- da commerciale e favorisce nell’allievo la capacità di elaborare dati contabili con l’ausilio di strumentazioni informatiche spingendolo ad interpretarne il significato in termini econo- mici. Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) mediante rubriche di valu- tazione della U.d.A. Denominazione Realizzazione prodotto professionale 83 1.3. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Fattura Commerciale” Primo anno UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL PRIMO ANNO Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Tempi Elaborare ed emettere una fattura commerciale • Promuovere la conoscenza completa delle modalità di funzionamento del ciclo produtti- vo aziendale o di uno studio professionale • Rafforzare le basi matematiche per il calcolo percentuale e per la determinazione degli interessi o degli sconti • Creare la consapevolezza dell’importanza della documentazione delle singole operazioni aziendali • Promuovere l’abitudine a far sempre riferimento al testo normativo nello svolgimento del proprio lavoro ed al costante aggiornamento attraverso i media specializzati • Curare l’acquisizione dei principali mezzi e clausole delle transazioni commerciali nazio- nali • Promuovere la conoscenza e l’aggiornamento dei principali obblighi imposti dal codice civile e dalle norme fiscali circa la documentazione delle operazioni aziendali Applicare i principi normativi sull’IVA 1) Riconoscere i soggetti dell’attività economica e le caratteristiche delle transazioni com- merciali 2) Applicare le principali condizioni di consegna e pagamento usate nella prassi commer- ciale Allievi del primo anno dei corsi di qualificazione professionale. Come prerequisito è previ- sto il superamento dei moduli introduttivi di informatica (Word ed Excel) Conoscenza degli elementi essenziali ed accessori della fattura; esecuzione di calcoli per- centuali; utilizzo di base del foglio elettronico La durata dell’UdA è di circa 9 ore. • Presentazione dell’UdA da parte del tutor-coordinatore durante 1 ora del modulo di Orientamento in compresenza con l’Orientatore • Svolgimento di n° 4 ore del modulo di Gestione Documenti Commerciali in cui gli allievi partendo da una transazione commerciale concreta si occupano dell’emissione di una fattura • Svolgimento di n° 3 ore del modulo di Informatica in cui gli allievi ricostruiscono elettro- nicamente la fattura utilizzando le funzioni di calcolo offerte dal software Excel. Particolare attenzione viene rivolta alla presentazione del compito\prodotto. • Auto-valutazione eseguita dagli allievi durante 1 ora del modulo di Orientamento, in compresenza con il formatore dell’area professionale Periodo di svolgimento consigliato: prima metà dell’anno formativo. Denominazione Realizzazione prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 84 Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Laboratorio di informatica • Rubriche di valutazione • Testi normativi di riferimento Formatore area professionale: responsabile dell’UdA nella predisposizione ed emissio- ne della fattura. Responsabile della competenza e delle abilità/capacità Formatore area tecnologica: responsabile dell’esecuzione del modulo di Informatica Tutor-coordinatore: supporto del team dei formatori, motivazione del gruppo, predispo- sizione del portfolio Orientatore: responsabile della auto-valutazione Nel modulo di Gestione Documenti Commerciali il docente ripercorre le fasi della compra- vendita, sottolineando gli aspetti organizzativi della azienda/studio professionale (chi fa cosa e come e quando), evidenzia gli elementi della fattura e la normativa giuridica di rife- rimento e sottolinea l’importanza della corretta determinazione degli importi. • Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) mediante rubriche di valu- tazione • Auto-valutazione Denominazione Realizzazione prodotto professionale 85 1.4. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Campagna pubblicitaria per il lancio di un prodotto” Primo anno UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL PRIMO ANNO Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Organizzazione di una campagna pubblicitaria per il lancio di un prodotto sul mercato nazionale. Individuazione dello strumento pubblicitario più idoneo in relazione al prodotto da commercializzare (TV, radio, stampa, manifesti, Internet, ecc.) e alle risorse economiche a disposizione dell’azienda. • Sviluppare l’attitudine a lavorare in gruppo • Favorire nell’allievo l’analisi del mercato di riferimento e lo studio del comportamento dei consumatori • Fornire la conoscenza dei diversi mezzi pubblicitari • Sviluppare la capacità decisionale di selezione fra diversi strumenti di comunicazione • Favorire l’individuazione del mix appropriato degli strumenti di marketing • Stimolare la creatività personale dell’allievo e la ricerca del “bello” • Promuovere nell’allievo la capacità di attirare l’attenzione e l’interesse del consumatore senza violare i principi etici e morali dell’individuo Elaborare una strategia di marketing utilizzando le principali “leve” del marketing-mix 1) Effettuare un’indagine di mercato al fine di conoscere i gusti e le abitudini di spesa dei consumatori del mercato di riferimento 2) Individuare la capacità di spesa dei consumatori 3) Utilizzare correttamente il linguaggio pubblicitario 4) Comunicare con poche parole e immagini le caratteristiche di un prodotto 5) Ricercare e gestire le informazioni sull’andamento delle vendite dei prodotti similari 6) Utilizzare il personal computer ed altre risorse multimediali per elaborare testi, tabelle, disegni, grafici, per la ricerca in rete e per l’utilizzo della posta elettronica 7) Promuovere un prodotto nel rispetto delle norme etico-morali 8) Possedere un comportamento attivo nell’interazione con i colleghi atto a raggiungere i risultati prefissati 9) Utilizzare correttamente il linguaggio tecnico anche in lingua straniera 10) Conoscere i diversi mezzi di comunicazione pubblicitaria Allievi del primo anno dei corsi di qualificazione professionale Utillizzo delle funzioni informatiche di base e degli applicativi Windows (Excell, PowerPoint) La durata dell’UdA è prevista in circa 80 ore. • Presentazione dell’iniziativa • Suddivisione degli allievi in gruppi • Individuazione del prodotto da lanciare sul mercato • Analisi del mercato di riferimento • Analisi dei diversi mezzi di comunicazione pubblicitaria • Richiesta preventivi ai diversi media • Studio di fattibilità della campagna con riferimento al budget delle risorse • Verifica intermedia dei comportamenti • Presentazione delle proposte dei singoli gruppi • Relazione illustrativa finale da parte di ogni gruppo Denominazione Realizzazione prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 86 Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relative compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Valutazione finale del lavoro svolto Periodo consigliato: circa a metà del I anno di corso • Discussione plenaria nel gruppo classe • Lavoro di gruppo • Contatti (se necessario, con l’assistenza dei formatori) con media locali e/o nazionali • Presentazione al gruppo classe del lavoro svolto (parlare in pubblico) • Laboratorio di informatica • Scheda tecnica del prodotto • Scheda sulla realtà socio-economica del mercato di riferimento • Materiali pubblicitari (riviste, giornali, depliants, manifesti, volantini) • Dizionario italiano-inglese • Scheda per la valutazione del lavoro cooperativo Formatore area professionale: responsabile dell’UdA. Responsabile del coordinamento dei singoli gruppi e assistenza nella realizzazione. Responsabile della competenza mirata, delle abilità/capacità 1, 2, 5 e 10 Formatore area dei linguaggi: responsabile delle abilità/capacità 3, 4, 9 Formatore area storico-socio-economica: responsabile delle abilità/capacità 7, 8 Formatore area scientifica: responsabile delle abilità/capacità 6 Tutor-coordinatore: supporto al team e motivazione dei gruppi • Studio di fattibilità rispetto ad un budget prefissato • Contatti (se necessario, con l’assistenza dei formatori) con media locali e/o nazionali Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione prodotto professionale 87 1.5. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Partitari Cassa/Banca e Clienti/Fornitori” Primo anno UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL PRIMO ANNO Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Elaborare dei partitari relativi alle movimentazioni di Cassa, di Banca, dei crediti verso i clienti e dei debiti verso i fornitori. • Sviluppare abilità e caratteristiche professionali di base attraverso la creazione dei prin- cipali strumenti per la tenuta di una contabilità • Familiarizzarsi con i principali strumenti finanziari e monetari impiegati nelle transazioni commerciali (tradizionali e non) • Favorire l’impiego di strumentazioni informatiche per le rilevazioni contabili • Sviluppare la capacità di espressione mediante l’utilizzo dei termini tecnici comunemente in uso Riconoscere la dinamica delle movimentazioni finanziarie tipiche di un’azienda o di uno stu- dio professionale 1) Rilevare contabilmente una grandezza economica o patrimoniale 2) Interpretare il significato di una scrittura contabile 3) Individuare gli effetti di natura economica e patrimoniale legati alle movimentazioni finanziarie e monetarie 4) Effettuare calcoli per l’elaborazione dei dati contabili 5) Rilevare gli interessi e gli sconti 6) Elaborare fogli di calcolo 7) Conoscere le cause delle principali movimentazioni finanziarie aziendali 8) Conoscere gli strumenti di pagamento più comunemente utilizzati nelle transazioni com- merciali moderne 9) Conoscere le principali condizioni applicate nelle transazioni commerciali 10) Apprendere le regole di contabilizzazione proprie del metodo della Partita Doppia 11) Utilizzare il personal computer ed i software per la gestione della contabilità aziendale 12) Utilizzare il linguaggio tecnico proprio delle operazioni commerciali e della contabilità aziendale anche in lingua straniera (inglese) Allievi del primo anno dei corsi di qualificazione professionale Uso del PC e del foglio elettronico (Excel) La durata dell’UdA è prevista in circa 100 ore • Presentazione dell’Ud.A. • Analisi delle principali operazioni commerciali e finanziarie di un’azienda o di uno studio commerciale • Illustrazione delle tecniche di contabilizzazione con il metodo della partita doppia • Fornitura dei dati di riferimento • Verifiche in itinere e correzione di eventuali errori • Incontro con il direttore amministrativo di un’azienda • Elaborazione dei partitari e stampa degli stessi • Valutazione finale Denominazione Realizzazione prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 88 Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione Periodo di svolgimento consigliato: seconda metà dell’anno formativo. • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Dibattito e/o intervista a testimone privilegiato • Laboratorio di informatica • Software di contabilità • Fac simile di partitari • Dati contabili da elaborare • Schede per l’esercitazione • Calcolatrice • Testi di contabilità e computisteria • Dizionario italiano-inglese • Scheda di valutazione • Scheda per il formatore Formatore area professionale: responsabile dell’UdA. Responsabile della competenza mirata. Responsabile delle abilità/capacità 1-3 e delle conoscenze 7, 8 e 10 Formatore area scientifica: responsabile delle abilità/capacità 4-6 e 11 Formatore area storico-socio-economica: responsabile della abilità/capacità 9 Formatore area linguistica: responsabile della abilità/capacità 12 Tutor-coordinatore: supporto del team Incontro con il direttore amministrativo di un’azienda Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione prodotto professionale 89 1.6. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Organizzazione di una festa di fine anno” Primo anno UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL PRIMO ANNO Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Realizzazione di una festa di fine anno, svolta alla presenza dei genitori, in cui gli allievi rea- lizzano una presentazione del lavoro svolto durante l’anno, attraverso delle diapositive di PowerPoint o attraverso la realizzazione di una videocassetta e una serie di scenette scher- zose, attraverso cui ripercorrere le dinamiche realizzate con i formatori o tra compagni. La festa si conclude, poi, con un rinfresco offerto agli allievi e ai genitori. • Promuovere negli allievi la consapevolezza delle proprie capacità, attitudini e aspirazioni e delle condizioni di realtà che le possono valorizzare e realizzare • Promuovere la collaborazione e la cooperazione tra gli allievi • Promuovere negli allievi la capacità di comunicare, attraverso varie modalità (multime- diali, espressive, linguistiche, grafiche), i propri vissuti e le proprie esperienze personali • Promuovere negli allievi la coscienza delle dinamiche personali che portano all’afferma- zione della propria identità attraverso rapporti costruttivi con adulti di riferimento e coe- tanei • Promuovere negli allievi la capacità di padroneggiare gli strumenti espressivi indispensa- bili per gestire in maniera costruttiva il confronto sociale Presa di consapevolezza del percorso svolto durante il corso dell’anno, delle capacità svi- luppate, dei prodotti realizzati e delle potenzialità ancora da sviluppare 1) Realizzare un reportage fotografico delle attività svolte al Centro 2) Utilizzare le proprie competenze linguistiche per realizzare interviste ai formatori, ai com- pagni e per riportarle in modo scherzoso con le modalità preferite 3) Utilizzare le proprie competenze informatiche per realizzare una presentazione in PowerPoint in cui inserire immagini, commenti, interviste, che possano descrivere le atti- vità svolte durante l’anno 4) Realizzare (in alternativa) una videocassetta, in cui siano riprese le varie attività del Centro, i prodotti realizzati, le interviste ai formatori e ai compagni 5) Utilizzare la propria creatività per allestire una mostra dei lavori prodotti durante l’anno da tutti gli allievi 6) Utilizzare le proprie competenze grafiche e professionali per eseguire cartelloni che siano di abbellimento alla mostra e che rappresentino il ciclo di lavorazione che ha portato alla realizzazione del prodotto 7) Preparare e rappresentare alcune brevi scenette che illustrino in modo scherzoso momen- ti divertenti della vita del Centro e delle esperienze realizzate durante il primo anno Allievi del primo anno dei corsi di qualificazione professionale Acquisizione delle competenze relative al primo anno La durata dell’UdA è prevista in circa 20 ore Denominazione Realizzazione prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 90 Sequenza in fasi Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Presentazione dell’UdA da parte di un formatore • Realizzazione di un reportage fotografico delle attività svolte al Centro • Realizzazione di interviste ai formatori e ai compagni • Raccolta di materiali utili per realizzare la presentazione in PowerPoint e le scenette • Realizzazione di una presentazione in PowerPoint sul lavoro svolto nell’anno o su momen- ti particolari • Realizzazione, in alternativa, di una videocassetta sul lavoro svolto nell’anno o su momen- ti particolari • Preparazione di scenette scherzose sui formatori e sui momenti più simpatici dell’anno • Sistemazione degli ambienti in cui svolgere la festa • Organizzazione del rinfresco per i genitori Evento da svolgersi al termine dell’anno di corso • Reportage fotografico o video • Interviste • Sceneggiatura e recitazione di scenette • Lavoro di gruppo • Presentazione del lavoro svolto (parlare in pubblico) • Lavori prodotti durante l’anno • Macchina fotografica o videocamera • Laboratorio informatico • Registratore per le interviste • Materiale di cancelleria • Costumi e attrezzi necessari per le scenette Tutor-coordinatore: responsabile dell’attività, cura l’aspetto relazionale della festa e del contatto con i genitori. Responsabile, inoltre, del coordinamento generale dell’attività, soprattutto delle sue parti espressive e relazionali Formatore dell’area dei linguaggi: cura l’aspetto linguistico delle interviste e delle rela- tive trascrizioni e dei cartelloni illustrativi della mostra Formatore dell’area storico-socio-economica: responsabile della preparazione e della rappresentazione delle scenette scherzose Formatore dell’area tecnologica: cura il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e la corretta realizzazione del reportage fotografico e delle riprese video Formatore dell’area professionale: responsabile della raccolta del materiale utile per produrre la presentazione in Power Point dell’evento finale Formatore dell’area scientifica: cura il rispetto dell’ambiente durante lo svolgimento della festa e la gestione degli strumenti “matematici” (righelli, squadre, ecc.) per la realiz- zazione dei cartelloni Formatore area professionale: comunicazione e relazione • Interviste • Gioco di ruolo nella recitazione delle scenette Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione prodotto professionale 5.6 Unità di Apprendimento per il secondo anno Elenco degli strumenti proposti per il secondo anno COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 92 1 2 3 4 5 6 7 8 Unità di apprendimento Presentazione Attività Estive Unità di apprendimento I dieci comandamenti Unità di apprendimento Guida turistica dei paesi dell’Unione Europea Unità di apprendimento Patente per il motorino Unità di apprendimento Educazione del tifoso ad un comportamento rispettoso Unità di apprendimento Lettere commerciali (in lingua italiana e straniera) Unità di apprendimento Elaborazione di un budget per acquisti di merce (libri per una libreria) Unità di apprendimento Evento finale N. TIPOLOGIA 2.1. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Scheda di presentazione dell’attività estiva” Secondo anno UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Prerequisiti Temi di svolgimento Realizzazione di una scheda o fascicolo, in formato elettronico, in cui venga fatta una presentazione delle attività svolte durante l’estate (tirocinio in azienda, viaggi, attività caratteristiche, vacanze). Tale scheda dovrebbe comprendere un sintetico diario di aneddoti divertenti e/o formativi vissuti durante l’estate. Nella scheda saranno raccolte informazioni (fotografie, notizie storiche, caratteristiche geografiche e naturali, attività culturali e di intrattenimento), reperite attraverso la navigazione in Internet, del luogo in cui il ragaz- zo è andato in vacanza o nel quale sarebbe voluto andare. Viene anche richiesta una stima dell’itinerario percorso (o che si sarebbe voluto percorrere) in termini di distanze e di spesa. • Promuovere la capacità di servirsi con proprietà degli strumenti di consultazione e degli strumenti infor- matici, per ottenere documentazioni, scrivere e archiviare • Aiutare gli allievi a porre le basi per superare le dimensioni strumentali della Patente Europea per il Computer (Ecdl) e dimostrare di considerare la multimedialità e l’uso degli strumenti informatici un fecondo ambiente di apprendimento, in prospettiva teorica e/o professionale • Promuovere la capacità di navigare in Internet per risolvere problemi, mirando alla selezione delle infor- mazioni adeguate • Promuovere la capacità di leggere e produrre testi di differenti dimensioni e complessità, ben costruiti a livello grammaticale-sintattico e adatto a tutte le situazioni interattive • Favorire negli allievi l’acquisizione di conoscenze solide sulla struttura grammaticale dell’italiano, anche con opportuni confronti con l’inglese • Promuovere l’utilizzo della lingua inglese per i principali scopi comunicativi e operativi • Promuovere la capacità di operare, orientandosi nello spazio e nel tempo, confronti costruttivi fra realtà geografiche e storiche diverse • Promuovere il rispetto, la cura, la conservazione e il miglioramento dell’ambiente • Promuovere la comprensione della realtà naturale con atteggiamento di curiosità, attenzione e rispetto • Facilitare negli allievi l’utilizzo efficace per l’espressione di sé e per la comunicazione interpersonale anche codici, tra loro integrati o autonomi (fotografia, cinema, web, ecc.) diversi dalla parola Navigare in Internet per risolvere problemi, mirando alla selezione delle informazioni adeguate 1) Utilizzare le proprie competenze linguistiche e grammaticali per una corretta stesura del diario di alcu- ni aneddoti relativi alle esperienze delle vacanze estive 2) Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realizzare vignette che descrivano even- ti simpatici e/o educativi vissuti nel periodo estivo 3) Utilizzare la propria conoscenza della lingua inglese per scrivere il testo delle vignette 4) Utilizzare in modo adeguato Ms Word per comporre un testo ben organizzato, compresivo di immagini 5) Utilizzare le principali funzioni di Internet per la ricerca di informazioni e di materiali relativi al luogo in cui i ragazzi sono stati in vacanza 6) Ricercare informazioni attraverso l’uso di un motore di ricerca 7) Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al luogo di villeggiatu- ra preso in considerazione 8) Utilizzare le proprie competenze matematiche per calcolare distanze chilometriche e per fare una stima delle spese necessarie al viaggio Allievi del secondo anno dei corsi di qualificazione professionale Acquisizione delle competenze relative al primo anno La durata dell’UdA è prevista in circa 45 ore Denominazione Realizzazione attività di accoglienza 93 94 COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA Sequenza in fasi Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Presentazione dell’UdA da parte di un formatore • Impostazione di un documento in Ms Word • Stesura del diario delle attività estive e dell’eventuale espressione di tirocinio formativo in azienda e, in particolare, di alcuni aneddoti divertenti e/o educativi avvenuti (in Ms Word); è possibile integrare tale diario con fotografie e materiali vari • Realizzazione delle vignette, fatte a mano libera o con l’ausilio di strumenti informatici • Traduzione dei testi delle vignette in lingua inglese • Realizzazione in Internet di una ricerca di informazioni, fotografie e materiali relativi al luogo in cui il ragazzo ha trascorso (o avrebbe voluto trascorrere) le vacanze estive attra- verso l’utilizzo di un motore di ricerca • Stesura di un documento in Ms Word che contenga i materiali scaricati da Internet e sistemati dal ragazzo rispetto ai diversi argomenti (storia del luogo, caratteristiche geo- grafiche e naturali, attività culturali e ricreative, ecc.) • Realizzazione di un calcolo delle distanze percorse (o che si dovrebbero percorrere) per raggiungere il luogo in questione e delle spese sostenute (o la stima di esse) durante il periodo di vacanza Periodo consigliato: inizio dell’anno di corso • Lavoro individuale • Utilizzo di motori di ricerca • Web browsing • Laboratorio informatico • Materiale di cancelleria Tutor-coordinatore: cura l’aspetto relazionale di questa attività e la gestione della comu- nicazione Formatore dell’area dei linguaggi: cura l’aspetto linguistico di tutto il lavoro e, in par- ticolare, della stesura del diario e della traduzione in lingua inglese delle vignette Formatore dell’area storico-socio-economica: responsabile di guidare i ragazzi nella scelta delle informazioni circa gli aspetti storici e culturali del luogo oggetto della ricerca e nella sistematizzazione di queste informazioni Formatore dell’area scientifica: responsabile dell’adeguato utilizzo delle competenze matematiche per il calcolo delle distanze percorse e delle spese effettuate e della guida agli allievi nella scelta delle informazioni circa gli aspetti geografici e naturali del luogo sul quale attuano la ricerca; responsabile di curare il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Formatore dell’area professionale: responsabile di una riflessione-relazione sull’even- tuale esperienze di tirocinio formativo in azienda Formatore dell’area tecnologica: cura il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Riflessione sull’attività di lavoro estivo o sul tirocinio in azienda (se svolti) Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione attività di accoglienza UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO 95 2.2. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “I dieci comandamenti della sicurezza stradale” Secondo anno Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Realizzare un opuscolo informativo sulla sicurezza stradale. In dieci punti dovranno essere evidenziate le principali norme che sono alla base di un corretto comportamento del pedo- ne e dell’automobilista, per la tutela della sicurezza propria, degli altri e dell’ambiente in cui si vive. Le dieci norme basilari dovranno essere desunte dalle risposte che un rappre- sentante delle forze dell’ordine darà alle domande appositamente predisposte dagli allie- vi dopo aver assimilato le principali nozioni sulle norme di comportamento stradale, sulla precedenza, sulle cause degli incidenti e sui comportamenti dopo gli incidenti nonché sui principi legati al rispetto della vita e al comportamento solidale. • Promuovere negli allievi la consapevolezza del valore delle regole nella convivenza civile • Promuovere il rispetto delle funzioni e delle regole della vita sociale e istituzionale, rico- noscendone l’utilità e impegnandosi a comprenderne le ragioni • Promuovere negli allievi la riflessione sul valore della vita • Facilitare negli allievi l’assunzione di comportamenti più adeguati per la tutela della sicu- rezza propria, degli altri e dell’ambiente in cui si vive, in condizioni ordinarie o straordi- narie di pericolo Riconoscere l’utilità del rispetto delle funzioni e delle regole della vita sociale e istituzio- nale 1) Conoscere le principali norme di comportamento stradale 2) Conoscere la segnaletica stradale 3) Conoscere le norme di rispetto della legge 4) Conoscere le norme della convivenza civile e le loro applicazioni pratiche 5) Conoscere l’importanza delle norme come valore per la difesa e protezione della vita 6) Realizzare un’intervista ad un rappresentante delle forze dell’ordine e riportarla per iscritto 7) Realizzare un opuscolo informativo Allievi del secondo anno di corso Non è previsto alcun requisito La durata prevista è di 15 ore • Svolgimento di n° 2 ore del modulo di Orientamento: - 1ª ora aprirà i lavori: sarà presentata l’UdA dal parte del coordinatore e del tutor che ne cureranno l’organizzazione (in compresenza con l’Orientatrice) - 2ª ora chiuderà i lavori: gli allievi si autovaluteranno rispondendo alle domande di una scheda predisposta dall’Orientatore Denominazione Realizzazione prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 96 Sequenza in fasi Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Crieri e modalità di valutazione • Svolgimento di n° 3 ore del modulo di Cultura Storico Sociale in cui gli allievi analizze- ranno le principali norme sulla precedenza, sul comportamento stradale, sulle cause degli incidenti e sul comportamento dopo gli incidenti, soffermandosi in particolare sui principi legati al rispetto della vita ed al comportamento solidale, descrivendo le norme e riportando esempi estrapolati da giornali, dai siti internet e in particolare dal sito www.educazionestradale.net e letture di testimonianze di giovani sopravvissuti ad un incidente stradale, racconti di alcuni allievi che hanno vissuto un incidente stradale • Svolgimento di n° 2 ore del modulo di Etica in cui saranno sensibilizzati al valore della vita • Svolgimento di n° 4 ore del modulo di Italiano in cui gli allievi si occuperanno della ste- sura delle domande da somministrare al rappresentante delle forze dell’ordine, di met- terle per iscritto e, successivamente, di elaborare il testo delle dieci regole che compor- ranno l’opuscolo • Svolgimento di n° 2 ore del modulo Visite Guidate in cui gli allievi effettueranno una intervista al rappresentante delle forze dell’ordine • Svolgimento di n° 2 ore del modulo di Informatica in cui gli allievi realizzeranno l’opu- scolo che dovrà essere corredato da immagini a tema. Gli allievi per la realizzazione del- l’opuscolo informativo si serviranno del programma Microsoft Word L’U.d.A. può essere svolta in qualsiasi momento del secondo anno di corso • Discussione nel gruppo classe • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Intervista ad un rappresentante delle forze dell’ordine • Laboratorio di informatica • Materiale di cancelleria Tutor-coordinatore: cura l’aspetto relazionale di questa attività e la gestione della comu- nicazione Formatore dell’area dei linguaggi: cura l’aspetto linguistico di tutto il lavoro Formatore dell’area storico-socio-economica: responsabile di guidare i ragazzi nella scelta delle informazioni atte a strutturare le domande da porre per completare l’opuscolo Formatore dell’area tecnologica: cura il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse • Intervista ad un rappresentante delle forze dell’ordine • Riflessione sul racconto fatto da superstiti di incidenti • Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) • Autovalutazione Denominazione Realizzazione prodotto professionale 2.3. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Guida turistica dei paesi dell’Unione Europea” Secondo anno 97 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Gli allievi devono realizzare una guida turistica dei paesi facenti parte dell’UE. Ad ogni allievo sarà assegnato un paese del quale redigere una scheda contenente informazioni geografiche, storiche e culturali. In particolare sarà posta attenzione agli avvenimenti sto- rici dell’ultimo secolo, all’ingresso del paese nell’UE e a monumenti e/o opere d’arte che assumono rilevanza a livello nazionale. Le schede di ogni singolo paese costituiranno la guida turistica. • Promuovere negli allievi la conoscenza del passato e individuarne i valori ancora presenti ed attuali in modo da farne tesoro per accrescere la formazione socio-culturale di cia- scuno • Favorire la conoscenza dei luoghi e dei monumenti in modo da sensibilizzare gli allievi al rispetto dei luoghi stessi, dell’ambiente e delle persone • Promuovere negli allievi la capacità di comprendere il valore socio-culturale di un’opera d’arte • Promuovere negli allievi la capacità di apprezzare e valorizzare il patrimonio artistico e ambientale Selezionare le informazioni rilevanti e più significative fra quelle disponibili (su web, su libri, riviste, enciclopedie) • Ricercare e gestire informazioni orali e scritte utilizzando strumenti tradizionali e/o infor- matici • Acquisire la conoscenza geografica, storica e culturale del paese assegnato • Conoscere i principali avvenimenti storici dell’ultimo secolo del paese assegnato • Redigere un testo descrittivo Allievi del secondo anno di corso Competenze informatiche del I anno La durata dell’UdA è prevista in circa 7 ore. • Svolgimento di n° 2 ore del modulo di Orientamento: - 1ª ora aprirà i lavori: sarà presentata l’UdA da parte del coordinatore e del tutor - 2ª ora chiuderà i lavori: gli allievi si auto valuteranno rispondendo alle domande di una scheda predisposta dall’Orientatore • Svolgimento di n° 3 ore del modulo di Cultura Storico Sociale in cui gli allievi per il paese oggetto di studio ricercheranno le informazioni geografiche, storiche e culturali relative ai paesi assegnati e trascriveranno il testo redatto in formato elettronico. Per la ricerca delle informazioni gli allievi utilizzeranno strumenti tradizionali ed informatici • Svolgimento di n° 2 ore del modulo di Italiano in cui gli allievi utilizzando le informazio- ni ottenute dovranno scrivere il testo della scheda del paese assegnato Denominazione Organizzazione evento COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 98 Tempi Metodi Strumenti Risorse umane Esperienze Criteri e modalità di valutazione L’U.d.A. può essere svolta in qualsiasi momento del secondo anno di corso • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Web browsing • Dizionari di italiano • Laboratorio di informatica • Riviste specializzate • Guide turistiche • Testi di geografia Tutor-coordinatore: cura l’aspetto relazionale dell’UdA Formatore orientatore: cura l’organizzazione Formatore dell’area dei linguaggi: cura l’aspetto linguistico Formatore dell’area storico-socio-economica: cura l’aspetto della ricerca delle infor- mazioni geografiche, storiche e culturali relative ai paesi assegnati. Per la ricerca delle informazioni gli allievi utilizzeranno strumenti tradizionali ed informatici Formatore dell’area scientifica: responsabile dell’adeguato utilizzo delle competenze matematiche utilizzate Ricerca delle informazioni attraverso l’utilizzo di strumenti tradizionali e multimediali • Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) • Autovalutazione Denominazione Organizzazione evento 2.4. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Conseguimento della Patente per il motorino” Secondo anno 99 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore, in ottemperanza al decreto legi- slativo n. 151 del 27 giugno 2003, che prevede l’introduzione dell’obbligo di tale certificato dal 1 luglio 2004 per i minorenni che non sono in possesso della patente di guida A o della patente di guida sotto categoria A1. La realizzazione di tale compito avviene attraverso lo svolgimento dei quattro moduli previsti dal Ministero, per un totale di 20 ore di lezione, attraverso l’incontro con un rappresentante delle forze del- l’ordine, con cui trattare dell’importanza delle norme della convivenza civile, attraverso un esercizio pra- tico di manutenzione del motorino e attraverso un’esercitazione di guida prevista al termine dell’UdA • Promuovere negli allievi la consapevolezza del valore delle regole nella convivenza civile • Promuovere il rispetto delle funzioni e delle regole della vita sociale e istituzionale, riconoscendone l’utilità e impegnandosi a comprenderne le ragioni • Facilitare negli allievi l’assunzione di comportamenti più adeguati per la tutela della sicurezza pro- pria, degli altri e dell’ambiente in cui si vive, in condizioni ordinarie o straordinarie di pericolo • Promuovere negli allievi il senso di rispetto e di cura per le cose in loro possesso (in questo caso per il motorino) Interiorizzare le norme di comportamento stradale e rendere il rispetto delle principali norme di sicu- rezza un automatismo comportamentale 1) Conoscere e rispettare le norme di comportamento stradale 2) Conoscere e rispettare la segnaletica stradale 3) Conoscere le norme di rispetto della legge 4) Conoscere e rispettare le norme della convivenza civile e le loro applicazioni pratiche 5) Adottare comportamenti adeguati per attuare un lavoro di gruppo 6) Utilizzare le competenze linguistiche per attuare la domanda di ammissione per sostenere l’esame della patente del motorino 7) Utilizzare le proprie competenze nell’ambito meccanico per attuare la manutenzione del ciclomotore 8) Utilizzare le proprie conoscenze di matematica per ipotizzare l’acquisto del motorino 9) Realizzare un’intervista ad un rappresentante delle forze dell’ordine e riportarla per scritto 10) Conoscere le implicanze burocratiche relative al possesso e all’utilizzo del motorino (bollo, assicu- razione, bollino blu, revisione, ecc.) 11) Superare la prova finale per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore 12) Saper guidare un motorino seguendo le norme di base del codice della strada e le principali norme di sicurezza Allievi del secondo anno di corso Conoscenze linguistiche, matematiche e meccaniche di base, acquisite con il primo anno di corso La durata dell’UdA è prevista in circa 50 ore • Presentazione dell’UdA da parte di un formatore • Svolgimento del modulo sulle norme di comportamento stradale • Incontro con il formatore dell’area meccanica per gli esercizi sulla manutenzione del motorino • Svolgimento dell’UdA “Acquisto del motorino” (se non è già stata svolta precedentemente) • Svolgimento del modulo sulla segnaletica • Svolgimento del modulo di educazione alla convivenza civile • Incontro ed intervista con un rappresentante delle forze dell’ordine con cui trattare dell’importanza delle norme della convivenza civile Denominazione Preparazione guida motorino COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 100 Tempi Metodi Strumenti Risorse umane Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Svolgimento del modulo sull’educazione al rispetto della legge • Presentazione delle implicanze burocratiche relative al possesso e all’utilizzo del motorino (bollo, assicura- zione, bollino blu, revisione, ecc.) • Realizzazione della domanda di ammissione per sostenere l’esame • Svolgimento della prova finale per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore • Realizzazione di una prova finale di guida del motorino, all’interno del cortile del Centro Periodo consigliato: prima metà del II anno di corso • Lezioni frontali • Intervista a rappresentante delle forze dell’ordine • Sostenimento dell’esame per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore • Scheda dei moduli di formazione per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore (in allegato) • Quiz per il conseguimento dell’attestato per la guida dei ciclomotori • Scheda dell’UdA “Acquisto del motorino” (se non è già stata precedentemente svolta) • Attrezzi utili per gli esercizi relativi alla manutenzione del motorino • Registratore per l’intervista con il rappresentante delle forze dell’ordine • Moduli per la domanda di ammissione all’esame •Motorino/i su cui fare esercizi di manutenzione e con cui fare la prova finale di guida Tutor-coordinatore: cura l’aspetto relazionale dell’UdA e l’organizzazione degli incontri degli allievi con il rap- presentante delle forze dell’ordine e della prova pratica finale Formatore dell’area dei linguaggi: cura l’aspetto linguistico dell’intervista al rappresentante delle forze del- l’ordine e della stesura della domanda di ammissione per sostenere l’esame Formatore dell’area storico-socio-economica: responsabile del modulo di educazione alla convivenza civile e della presentazione delle implicanze burocratiche relative al possesso e all’utilizzo del motorino (bollo, assicurazione, bollino blu, revisione, ecc.) Formatore dell’area professionale: responsabile dell’aspetto pratico relativo alla manutenzione del moto- rino Formatore dell’area scientifica: responsabile dell’adeguato utilizzo delle competenze matematiche utiliz- zate per ipotizzare l’acquisto del motorino Docente abilitato a svolgere il corso: responsabile della preparazione e organizzazione dei corsi, della gestione amministrativo contabile delle attività connesse, della verifica del registro delle presenze, dell’iden- tificazione dei candidati prima dell’esame, della lettura delle istruzioni per la compilazione delle schede d’e- same e dello svolgimento della prova finale. Tale docente, nel rispetto delle norme vigenti, deve essere: un insegnante di autoscuole, un’appartenente alle forze di polizia, un carabiniere, un vigile urbano, una guardia di finanza, un docente in possesso delle competenze derivanti dall’aver organizzato e realizzato specifiche atti- vità formative di educazione stradale, per almeno un triennio, certificato dal Dirigente Scolastico, o una per- sona designata dalle associazioni e dagli enti, pubblici e privati, impegnati in attività collegate alla circolazio- ne stradale e riconosciuti dal Ministero dei Trasporti • Intervista a rappresentante dele forze dell’ordine • Compilazione della modulistica necessaria • Esercizi sulla manutenzione e guida del ciclomotore Conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore Denominazione Realizzazione prodotto professionale “Moduli di formazione per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori”11 Modulo A: Norme di comportamento 1) Norme sulla precedenza a) Contenuti: • Norma generale sulla precedenza; regole e comportamenti da attuare in prossimità degli incroci • Uscita dal garage o dai parcheggi b) Normativa: codice della strada, articoli: 145 c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame 2) Norme di comportamento a) Contenuti: • Velocità • Posizione dei veicoli sulla strada • Manovra di sorpasso • Distanza di sicurezza • Svolta a destra e a sinistra • Cambio di corsia e cambio di direzione • Sosta e fermata • Trasporto di persone, animali o oggetti b) Normativa: codice della strada, articoli: 141, 142, 143, 148, 149, 154, 157, 158, 170 c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame 3) Cause di incidenti e comportamenti dopo gli incidenti; assicurazione; rispet- to della vita e comportamento solidale a) Contenuti: • Gareggiare in velocità • Condizioni della strada • Condizioni atmosferiche • Condizioni di traffico • Visibilità 101 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO 11 Tratto da: MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, Il patentino a scuola, in: www.istruzione.it/patentino/lineeguida.html, 2004, 1-8 • Comportamenti di sicurezza in caso di imprevisti • Abbigliamento del conducente • Spazio di frenata e di arresto • Intralcio alla circolazione • Inosservanza delle norme, inesperienze, imprudenza • Comportamenti in curva • Trasporto passeggeri • Obbligo di assicurazione per la circolazione dei veicoli a motore • Segnalazione di un incidente sulla strada • Obbligo di fornire le generalità in caso di incidente • Obbligo di avvisare gli agenti in caso di feriti b) Normativa: codice della strada, articoli: 192,193, 189, legge 24 dicembre 1969, n. 990 c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame 4) Elementi del ciclomotore e loro uso; comportamenti alla guida del ciclomo- tore e uso del casco a) Contenuti: • Segnalazione visiva ed illuminazione dei veicoli • Clacson • Pneumatici • Posizione alla guida • Stabilità del veicolo • Freni • Specchietti retrovisori • Manutenzione del ciclomotore • Manomissione del ciclomotore • Dispositivo silenziatore • Casco • Documenti necessari per circolare sul ciclomotore • Divieto di usare telefonino e walkman • Comportamenti degli altri utenti e nei loro confronti b) Normativa: codice della strada, articoli: 152, 153, 171, 173 c) Materiali didattici: normativa di riferimento, quiz d’esame d) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 102 Modulo B: Segnalazione 1) Segnali di pericolo e segnali di precedenza a) Contenuti: • Segnaletica stradale • Forma e colori dei segnali di pericoli • Distanza tra il cartello ed il pericolo presegnalato • Segnali: Strada deformata, dosso, cunetta, curva pericolosa, doppia curva, pas- saggio a livello con e senza barriere, attraversamento tranviario, attraversa- mento pedonale, attraversamento ciclabile, discesa pericolosa, salita ripida, strettoie, strada sdrucciolevole, banchina pericolosa, luoghi frequentati dai bambini, doppio senso di circolazione, caduta massi, semaforo, forte vento lat- erale, lavori in corso, diritto di precedenza, preavviso di dare precedenza, preavviso di fermarsi e dare precedenza, dare precedenza, confluenza laterale, stop, dare precedenza nei sensi unici alternati, diritto di precedenza nei sensi unici alternati. b) Normativa: codice della strada, articoli: 38, 39; regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada articoli da 105 a 114 c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame 2) Segnali di divieto a) Contenuti: segnali: divieto di transito, senso vietato, divieto di sorpasso, limite massimo di velocità, divieto di segnalazioni acustiche, transito vietato di pedoni, transito vietato alle biciclette, via libera, fine limitazione di velocità, fine del divi- eto di sorpasso, divieto di sosta, divieto di fermata, parcheggio autorizzato. b) Normativa: codice della strada, articoli 38,39; regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, articoli da 105 a 114. c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame 3) Segnali di obbligo a) Contenuti: segnali: direzioni obbligatorie, preavviso di direzioni obbligatorie, rotatoria, limite minimo di velocità, percorso pedonale, pista ciclabile, percorso pedonale e ciclabile, alt polizia. b) Normativa: codice della strada, articoli: 38 e 39; regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, articoli da 105 a 114. c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame. 103 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO 4) Segnali di indicazione e pannelli integrativi a) Contenuti: segnali: distanza, estesa, validità, inizio, continuazione e fine, inci- dente, zona soggetta ad allargamento, strada sdrucciolevole per pioggia, barriere, barriere direzionali, passaggio obbligatorio per veicoli operativi, senso unico, area pedonale, zona a traffico pedonale, zona a traffico limitato, attraversamen- to pedonale, uso corsie. b) Normativa: codice della strada, articoli: 38 e 39; regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, articoli da 105 a 114. c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame. 5) Segnali luminosi, segnali orizzontali a) Contenuti: segnali: semaforo, lanterne semaforiche, strisce bianche longitudinali, strisce gialle longitudinali, frecce direzionali, isole di traffico, delimitazione di fermata degli autobus in servizio pubblico, attraversamento pedonale, simbolo di passaggio a livello, striscia trasversale di arresto, attraversamento ciclabili. b) Normativa: codice della strada, articoli: 38 e 39; regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, articoli da 105 a 114 c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame 6) Fermata, sosta e definizioni stradali a) Contenuti: definizioni stradali e di traffico b) Normativa: codice della strada, articoli: 3, 175 c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame Modulo C: Educazione al rispetto della legge 1) Valore e necessità della regola e del rispetto dell’ ambiente a) Contenuti: • Principio informatore della circolazione • Obblighi verso funzionari e agenti • Responsabilità civile e penale • Responsabilità del proprietario del ciclomotore e principio di solidarietà • Mancato rispetto delle norme • Precedenza ai veicoli in servizio di emergenza • Denuncia di smarrimento o furto dei documenti • Segnalazione di pericolo sulla strada • Omissione di soccorso • Inquinamento acustico • Inquinamento atmosferico • Smaltimento olio esausto COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 104 b) Normativa: codice della strada, articoli: 140, 155, 156, 192, 195, 196, 210, 215, 217 codice penale, articolo 593. c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame 2) La salute a) Contenuti: • Stato psicofisico del conducente • Conseguenze provocate dall’uso di alcool • Conseguenze provocate dall’uso di droghe b) Normativa: codice della strada, articoli: 115, 186, 187 c) Verifica: questionario con domande specifiche tratte dai quiz d’esame 105 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO 2.5. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Educazione del tifoso ad un comportamento rispettoso” Secondo anno COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 106 Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Perequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Gli allievi devono realizzare un pieghevole che sarà distribuito al pubblico durante le parti- te di basket della squadra locale 1) Stimolare gli allievi a comprendere il senso reale e profondo della competizione sporti- va, sia per il tifoso che per chi gioca imparando a saper perdere, ma anche saper vince- re, senza mai mancare di rispetto nei confronti dell'avversario sconfitto 2) Far conoscere lo sport per quello che significa veramente, cioè la gioia della condivisio- ne, il rispetto dell'avversario e delle regole Riconoscere la differenza tra il bene e il male ed orientarsi di conseguenza nelle scelte di vita e nei comportamenti sociali e civili (non vi è crescita della persona se i sostenitori di una squadra si comportano in modo maleducato, usando espressioni e gesti inopportuni nei confronti dei tifosi avversari, o degli stessi giocatori) • Utilizzare con creatività i materiali per la realizzazione del pieghevole • Utilizzare le informazioni ricavate dalle interviste per comporre il testo del pieghevole • Utilizzare in modo efficace il messaggio comunicativo • Conoscere i valori del vivere civile Allievi del II anno di corso Utilizzo dell’applicativo Ms Word • La durata prevista è di 52 ore • Presentazione dell’UdA da parte del tutor che ne curerà l’organizzazione (durante 1 ora di Orientamento in compresenza con l’orientatore) • Svolgimento di 6 ore del modulo di Orientamento che favorirà negli allievi: - lo sviluppo della capacità di ascolto, dialogo e di confronto con gli altri - la comprensione dell’efficacia del messaggio comunicativo • Svolgimento di 15 ore del Modulo di Italiano in cui gli allievi impareranno: - a produrre testi adeguati rispetto alla situazione comunicativa applicando corrette regole ortografiche e morfosintattiche - a realizzare le interviste e a ricavare le informazioni utili per la stesura del testo del pieghevole • Svolgimento di 3 ore del modulo di Etica che favorirà negli allievi: - la consapevolezza del proprio valore come persona - la capacità di avvertire la differenza tra il bene e il male ed orientarsi di conseguenza nelle scelte di vita e nei comportamenti sociali e civili • Svolgimento di 5 ore del Modulo di Educazione Fisica in cui gli allievi saranno orientati a comprendere: - il valore positivo dello sport per la propria crescita individuale, sociale e culturale - il valore positivo della competizione orientata non solo allo scopo della vittoria Denominazione Attività di sensibilizzazione alla legalità 107 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Svolgimento di 5 ore del Modulo di Cittadinanza attiva in cui gli allievi saranno orienta- ti ad assumere comportamenti conformi al vivere civile • Svolgimento di 15 ore del Modulo di Informatica in cui gli allievi impareranno ad acqui- sire ed elaborare immagini e fotografie, realizzeranno il pieghevole nella fase di pre- stampa, nella fase di stampa, ad allestirlo, a valutarlo funzionalmente e artisticamente • Incontro con i giocatori della squadra locale (1 ora) • Valutazione ed auto-valutazione (l’auto-valutazione verrà svolta durante n° 1 ora del modulo di Orientamento, in compresenza con l’orientatore) L’U.d.A. può essere svolta in qualsiasi momento del secondo anno di corso • Lezione frontale • Discussione nel gruppo classe • Interviste • Educazione fisica finalizzata alla partecipazione attiva e non alla vittoria • Laboratorio di informatica • Schede di valutazione Formatore dell’area professionale: comunicazione e relazione Formatore dell’area dei linguaggi: Responsabile dell’UdA, Valutazione intermedia e finale Tutor-coordinatore: supporto al team, coordinamento Formatore dell’area tecnologica: cura il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Insegnante di educazione fisica: responsabile dell’obiettivo formativo 2 • Incontro ed intervista a squadra sportiva locale • Educazione fisica finalizzata alla partecipazione attiva e non alla vittoria • Valutazione intermedia e finale eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) • Autovalutazione Denominazione Realizzazione prodotto professionale 2.6. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Lettere commerciali in lingua italiana e straniera” Secondo anno COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 108 Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Prerequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Realizzazione dei principali schemi di lettere commerciali utilizzati nella prassi commercia- le delle aziende e degli studi professionali. La predisposizione di questo tipo di lettere com- porta la conoscenza delle principali clausole contrattuali utilizzate nelle operazioni com- merciali sia a livello nazionale sia a livello comunitario ed internazionale. • Far acquisire all’allievo il linguaggio tecnico tipico delle transazioni commerciali, anche in lingua straniera • Sviluppare la capacità di comunicare con i principali referenti commerciali di un’azienda o uno studio professionale anche straniero • Favorire la conoscenza delle clausole tipiche delle operazioni commerciali nazionali e con l’estero • Stimolare l’allievo allo studio della normativa commerciale e fiscale di riferimento per le transazioni a livello locale e sovranazionale • Favorire l’analisi del mercato di riferimento e delle influenze che lo stesso può avere sul- l’andamento aziendale Scegliere le clausole e condizioni contrattuali più vantaggiose tra quelle proposte da diver- si operatori commerciali 1) Gestire la comunicazione commerciale orale e scritta 2) Utilizzare i principali mezzi di comunicazione per il passaggio delle informazioni (telefo- no, fax, Internet, posta elettronica) 3) Elaborare autonomamente un testo a carattere commerciale sulla base di informazioni fornite da terzi, anche in lingua inglese 4) Utilizzare il dizionario italiano e italiano-inglese 5) Acquisire un glossario dei termini commerciali in lingua italiana e straniera (inglese) 6) Conoscere lo schema tipo di una lettera commerciale 7) Conoscere gli elementi principali di alcuni contratti aziendali (compravendita e noleggio) 8) Conoscere le principali clausole della prassi commerciale relative a condizioni e termini di consegna, pagamento, assicurazione delle merci 9) Conoscere la normativa doganale per l’esportazione/importazione delle merci 10) Conoscere la normativa comunitaria per la circolazione di merci, persone e capitali Allievi del II anno di corso Conoscenze di base della lingua straniera La durata dell’UdA è prevista in circa 80 ore • Presentazione dell’azienda e del settore in cui la stessa opera • Presentazione di schemi di lettere commerciali • Spiegazione delle clausole contrattuali tipiche • Approfondimento dei termini tecnici in italiano ed inglese • Organizzazione del lavoro Denominazione Realizzazione prodotto professionale 109 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Verifica in itinere sul grado di apprendimento • Predisposizione delle lettere tipo in italiano ed inglese • Incontro con il responsabile della segreteria direzionale di un’azienda • Valutazione finale Periodo di svolgimento consigliato: metà del secondo anno formativo • Lezioni frontali • Discussione plenaria nel gruppo classe • Incontro con testimone privilegiato • Laboratorio di informatica • Dizionari di italiano e di italiano-inglese • Fac-simile di lettere commerciali • Schemi di contratti aziendali • Codice civile • Schede di valutazione Formatore dell’area dei linguaggi: responsabile dell’UdA. Valutazione intermedia e finale. Responsabile delle abilità/capacità 1, 3, 4 e delle conoscenze 5 e 6 Formatore dell’area professionale: responsabile delle abilità/capacità 2 e delle cono- scenze 7, 8, 9, 10 Tutor-coordinatore: supporto al team, coordinamento Formatore dell’area tecnologica: cura il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Incontro con il responsabile della segreteria direzionale di un’azienda Valutazione intermedia e finale eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 110 2.7. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Acquisti di merce (libri per una libreria)” Secondo anno Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Prerequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Elaborazione di un budget per l’acquisto di libri da parte di una libreria. Lo svolgimento del compito comporta l’analisi dei prodotti da commercializzare e dei comportamenti dei con- sumatori. • Sviluppare abilità e caratteristiche personali attraverso la personalizzazione delle proprie scelte potenziando la capacità decisionale in presenza di risorse materiali e temporali limitate e tenendo conto delle esigenze dei clienti • Stimolare gli allievi a studiare i gusti e le abitudini dei consumatori e dei clienti dell’a- zienda di riferimento in modo da poter decidere la tipologia di merce da acquistare • Accrescere negli allievi la consapevolezza che per un imprenditore è fondamentale cono- scere i prodotti che commercializza, in modo da poter orientare la scelta dei suoi clienti • Favorire nell’allievo un processo che lo porti a schematizzare i comportamenti del con- sumatore e ad individuare il target di riferimento dell’azienda • Promuovere la consapevolezza che un acquisto “errato” comporta danni patrimoniali, economici e finanziari per l’azienda con possibili ripercussioni negative legate all’imma- gine della stessa e al grado di fidelizzazione del cliente Elaborare un budget utilizzando strumenti informatici (applicativi Ms Excel e PowerPoint) 1) Gestire le politiche di acquisti e vendite di un’azienda 2) Acquisire capacità decisionali e di valutazione 3) Acquisire capacità organizzative 4) Gestire le scorte 5) Leggere ed interpretare correttamente il Conto Economico e lo Stato Patrimoniale di un’azienda 6) Utilizzare un linguaggio tecnico-economico appropriato anche in inglese 7) Conoscere le tecniche di analisi del mercato 8) Conoscere i rischi correlati ad errate scelte di acquisto 9) Conoscere le dinamiche del magazzino Allievi del II anno di corso Conoscenza del conto economico e dello stato patrimoniale; utilizzo di MsExcel, Word e PowerPoint. La durata dell’UdA è prevista in circa 80 ore • Presentazione dell’azienda e del settore in cui la stessa opera e delle risorse economi- che che ha a disposizione • Presentazione delle tecniche di individuazione dei clienti tipo di un’azienda • Illustrazione sintetica delle diverse tipologie di merci acquistabili • Illustrazione delle dinamiche del magazzino • Studio del Conto Economico e dello Stato patrimoniale di un’azienda • Illustrazione dei metodi di elaborazione del budget Denominazione Elaborazione di un budget 111 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Verifica in itinere sul grado di apprendimento e di capacità decisionale dell’allievo • Incontro con il responsabile dell’area Programmazione e Controllo di un’azienda com- merciale • Predisposizione del budget • Valutazione finale Periodo di svolgimento consigliato: seconda metà del II anno formativo. • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Incontro con testimone privilegiato • Laboratorio di informatica • Dizionario italiano-inglese • Fac-simile di budget • Schede informative dei prodotti da acquistare • Schede di valutazione Formatore dell’area professionale: responsabile dell’UdA. Valutazione intermedia e finale. Responsabile delle abilità/capacità 1-5, delle conoscenze 7-9, della competenza mirata Formatore dell’area linguistica: responsabile della abilità/capacità 6 Tutor-coordinatore: supporto al team, coordinamento Formatore dell’area tecnologica: cura il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Incontro con il responsabile dell’area Programmazione e Controllo di un’azienda commer- ciale Valutazione intermedia e finale eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Elaborazione di un budget COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 112 2.8. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Realizzazione di una festa di fine anno” Secondo anno Compito/Prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Prerequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Realizzazione di una festa di fine anno, fatta alla presenza dei genitori, in cui gli allievi rea- lizzano una presentazione del lavoro svolto durante l’anno, attraverso delle diapositive di PowerPoint o attraverso la realizzazione di una videocassetta, una mostra dei lavori pro- dotti e una serie di scenette scherzose, attraverso cui ripercorrere le dinamiche realizzate- si durante l'esperienza di stage. La festa si conclude, poi, con un rinfresco offerto agli allie- vi e ai genitori. • Promuovere negli allievi la consapevolezza del percorso svolto durante il corso dell'an- no, delle capacità sviluppate, dei prodotti realizzati e delle potenzialità ancora da svi- luppare • Far riflettere gli allievi sulla esperienza di stage, che facilita la presa di coscienza delle proprie dinamiche personali che portano all'affermazione della propria identità attraver- so rapporti costruttivi con adulti già inseriti nel mondo del lavoro • Promuovere negli allievi la capacità di padroneggiare gli strumenti espressivi indispen- sabili per gestire in maniera costruttiva il confronto sociale • Sviluppare la consapevolezza di lavorare in modo cooperativo • Sviluppare abilità e caratteristiche professionali nel campo specifico Presa di consapevolezza del percorso svolto durante il corso dell’anno, delle capacità svi- luppate, dei prodotti realizzati e delle potenzialità ancora da sviluppare 1) Adottare comportamenti adeguati alle norme igieniche e di sicurezza 2) Realizzare una videocassetta, in cui siano riprese le varie attività del Centro, i prodotti realizzati, le interviste ai formatori e ai compagni 3) Identidicare le dinamiche realizzatesi durante l’esperienza di stage e trasporle in sce- nette scherzose 4) Utilizzare le proprie competenze grafiche e professionali per realizzare cartelloni che siano di abbellimento alla mostra e che rappresentino il ciclo di lavorazione che ha por- tato alla realizzazione dei lavori prodotti durante l'anno da tutti gli allievi Allievi del II anno dei corsi di qualificazione professionale. Acquisizione delle competenze relative al II anno La durata dell’UdA è prevista in circa 20 ore • Presentazione dell’UdA da parte di un formatore • Realizzazione di una videocassetta sul lavoro svolto nell’anno • Realizzazione di un reportage fotografico delle attività svolte al Centro • Realizzazione di cartelloni che rappresentino il ciclo di lavorazione che ha portato alla realizzazione dei lavori prodotti durante l’anno • Realizzazione di interviste ai formatori e ai compagni • Raccolta di materiali utili per realizzare la presentazione in PowerPoint • Realizzazione di una presentazione in PowerPoint sul lavoro svolto nell’anno o su momenti particolari Denominazione Organizzazione evento finale 113 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL SECONDO ANNO Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Allestimento della mostra per l’esposizione dei lavori prodotti durante l’anno • Sistemazione degli ambienti in cui svolgere la festa • Preparazione del menù per il rinfresco • Preparazione dei prodotti alimentari da servire durante il rinfresco • Organizzazione del rinfresco per i genitori Evento da svolgersi al termine dell’anno di corso • Reportage fotografico o video • Interviste • Sceneggiatura e recitazione di scenette • Lavoro di gruppo • Presentazione del lavoro svolto (parlare in pubblico) • Lavori prodotti durante l’anno • Macchina fotografica o videocamera • Laboratorio informatico • Registratore per le interviste • Materiale di cancelleria • Costumi e attrezzi necessari per le scenette Tutor-coordinatore: responsabile dell’attività, cura l’aspetto relazionale della festa e del contatto con i genitori. Responsabile, inoltre, del coordinamento generale dell’attività, soprattutto delle sue parti espressive e relazionali Formatore dell’area dei linguaggi: cura l’aspetto linguistico delle interviste e delle rela- tive trascrizioni e dei cartelloni illustrativi della mostra Formatore dell’area storico-socio-economica: responsabile della preparazione e della rappresentazione delle scenette scherzose Formatore dell’area tecnologica: cura il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e la corretta realizzazione del reportage fotografico e delle riprese video Formatore dell’area professionale: responsabile della raccolta del materiale utile per produrre la presentazione in Power Point dell’evento finale Formatore dell’area scientifica: cura il rispetto dell’ambiente durante lo svolgimento della festa e la gestione degli strumenti “matematici” (righelli, squadre, ecc.) per la realiz- zazione dei cartelloni Formatore area professionale: comunicazione e relazione • Interviste • Gioco di ruolo nella recitazione delle scenette Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Organizzazione evento finale 114 5.7 Unità di Apprendimento per il terzo anno COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 116 Elenco degli strumenti proposti per il terzo anno 1 2 3 4 5 Unità di apprendimento Visita guidata alle sedi del Governo (Palazzo Chigi) e delle Camere del Parlamento (Palazzo Madama e Montecitorio) Unità di apprendimento Contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e ad uso commerciale Unità di apprendimento Verbale di assemblea dei soci Unità di apprendimento Situazione economico-patrimoniale Unità di apprendimento Contratto di lavoro subordinato N. TIPOLOGIA 3.1. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Visita culturale alle sedi del Governo (Palazzo Chigi) e delle Camere del Parlamento (Palazzo Madama e Montecitorio)” Terzo anno 117 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL TERZO ANNO Compito/Prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Prerequisiti Tempi di svolgimento Organizzare una visita di tre/quattro giorni alle sedi del Governo (Palazzo Chigi), del Senato (Palazzo Madama) e della Camera dei Deputati (Montecitorio). L’allievo, alla fine della visita, dovrà redigere una relazione descrittiva dei luoghi visitati e delle funzioni istituzionali degli organi dello Stato, con cenni storici sull’evoluzione istituzionale degli ultimi due secoli. • Stimolare l’allievo ad avere la conoscenza del passato, a riconoscerne la permanenza nel presente ed a analizzare le motivazioni alla base dei cambiamenti avvenuti nelle diverse epoche storiche (soprattutto quelle degli ultimi secoli) fino ai giorni nostri • Sviluppare il senso di appartenenza ad uno stato democratico fondato sul lavoro, sulla famiglia, sull’uguaglianza fra gli essere umani e di ispirazione Cristiana. • Promuovere negli allievi la capacità di leggere un’opera d’arte, apprezzare e valoriz- zare il patrimonio artistico ed ambientale • Favorire il lavoro organizzativo di gruppo e stimolare gli allievi a individuare i vantag- gi della cooperazione 1) Riconoscere, in tratti e dimensioni specifiche della cultura e del vivere sociale con- temporanei, radici che legano gli allievi al mondo classico e giudaico-cristiano e l’i- dentità spirituale e materiale dell’Italia e dell’Europa 2) Riconoscere le funzioni svolte dai diversi organi istituzionali e individuarne gli effetti sulla vita quotidiana 1) Conoscere le istituzioni dello Stato italiano e la loro collocazione nel territorio, le loro funzioni ed i poteri degli organi dello Stato italiano 2) Conoscere i principali avvenimenti della storia costituzionale italiana ed i principi garantiti dalla Costituzione della Repubblica 3) Conoscere i principi ispiratori della cultura Cristiana nella Costituzione della Repubblica Italiana 4) Utilizzare gli strumenti informatici per ricercare informazioni, itinerari e per preparare la relazione finale sulla visita 5) Individuare l’itinerario più idoneo per raggiungere i luoghi da visitare 6) Utilizzare i mezzi pubblici e sviluppare la capacità di orientamento 7) Stare in gruppo e rispettare le regole di buona condotta 8) Predisporre e gestire un piccolo budget di spesa 9) Arricchire il proprio glossario di termini giuridici appresi durante la visita Allievi del terzo anno di corso. Competenze dei primi due anni di corso. Non è previsto alcun prerequisito relativo al III anno di corso. La durata dell’UdA è prevista in circa 40 ore. Denominazione Organizzazione visita culturale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 118 Sequenza in fasi Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Presentazione dell’UdA • Presentazione dei luoghi da visitare anche attraverso l’ausilio di videocassette o altri strumenti multimediali (CD-Rom, ecc.) • Raccolta materiali da Internet • Analisi delle piante della città e dei luoghi da visitare • Predisposizione dell’itinerario • Elaborazione del budget di spesa • Visita guidata ai luoghi prescelti • Realizzazione glossario dei termini giuridici appresi durante la visita • Stesura relazione finale sulla visita • Presentazione dell’esperienza ad altri allievi Periodo di svolgimento consigliato: inizio del III anno di corso. • Lezioni frontali • Visione di video • Ricerca in Internet • Lavoro individuale • Presentazione del lavoro svolto (parlare in pubblico) • Lavoratorio di informatica • Videoregistratore • Lettore CD-ROM e DVD • Piantine di Roma e dei palazzi da visitare • Testo della Costituzione della Repubblica Italiana • Schede Formatore area storico-socio-economica: responsabile dell’UdA. Responsabile delle competenze mirate 1 e 2. Responsabile delle conoscenze 1-3, 9. Contesto storico di riferimento, conoscenza dei rapporti tra la persona e l’ordinamento dello Stato ital- iano, i diritti del cittadino, i principi garantiti dalla Costituzione, tutela della dignità e della centralità dell’essere umano nella dottrina Cristiana Formatore area professionale: responsabile delle abilità/capacità 4-8; sviluppo delle capacità di: organizzare un lavoro di gruppo, sintetizzare ed elaborare relazioni scritte ed orali sull’evento, comunicare e gestire relazioni Tutor-coordinatore: supporto organizzativo e rapporti con le famiglie • Elaborazione di un budget • Elaborazione di un itinerario Valutazione eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Organizzazione visita culturale 119 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL TERZO ANNO 3.2. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e commerciale” Terzo anno Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Prerequisiti Tempi di svolgimento Esecuzione di contratti di tipo locazioni abitative e commerciali. • Far acquisire una proprietà di linguaggio giuridica (anche in lingua straniera) • Sviluppare abilità e caratteristiche personali che portino alla personalizzazione dei percorsi lavorativi secondo scelte proprie • Accrescere la capacità decisionale in presenza di possibili alternative • Stimolare la ricerca di documentazione giuridica (norme e giurisprudenza) quale sup- porto principale per il proprio lavoro • Stimolare l’allievo a leggere ed interpretare le norme giuridiche • Analizzare la fattispecie concreta al fine di individuare la fattispecie giuridica astratta di riferimento • Quantificare gli effetti ed i rischi economici legati al “prodotto” da realizzare 1) Saper leggere ed interpretare una norma giuridica 2) Conoscere gli elementi essenziali ed accidentali di un contratto ed interpretare il signi- ficato delle clausole contrattuali 3) Conoscere gli elementi caratterizzanti i contratti di locazione 4) Conoscere i principi basilari della disciplina delle locazioni abitative e commerciali 5) Conoscere il trattamento fiscale delle locazioni 6) Conoscere la modulistica necessaria per la registrazione del contratto 7) Utilizzare mezzi informatici per la ricerca di norme giuridiche ed informazioni (motori di ricerca in Internet, accesso a banche dati giuridiche) 8) Elaborare autonomamente schemi contrattuali 9) Utilizzare un appropriato linguaggio giuridico 10) Utilizzare gli strumenti informatici per la stesura dei contratti 11) Liquidare e versare le imposte per la registrazione del contratto e per le annualità successive 12) Registrare un contratto di locazione presso gli uffici fiscali competenti 13) Individuare le fattispecie astratte applicabili alle situazioni concrete 14) Acquisire la capacità di ragionamento seguendo i principi dettati dagli istituti giuri- dici di riferimento 15) Predisporre uno scadenzario degli adempimenti fiscali 16) Gestire le scadenze dei pagamenti/incassi del canone mediante la predisposizione di ricevute o fatture 17) Preparare la lettera di rinnovo/disdetta della locazione Allievi del III anno dei corsi di qualificazione professionale. Saperi giuridici di base del primo e secondo anno. La durata dell’UdA è prevista in circa 100 ore. Denominazione Realizzazione di un prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 120 Sequenza in fasi Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione • Illustrazione e studio degli elementi essenziali e accidentali di un contratto • Analisi e studio della disciplina delle locazioni di beni immobili • Analisi e studio del contratto di locazione di immobile ad uso abitativo secondo le norme vigenti in materia • Esempi con schemi delle varie tipologie di contratto ad uso abitativo • Analisi e studio del contratto di locazione di immobile ad uso commerciale secondo le norme vigenti in materia • Esempi con schemi delle varie tipologie di contratto ad uso commerciale • Utilizzo del computer e dei software applicativi per la ricerca della normativa di riferi- mento • Utilizzo delle banche dati • Verifica del grado di apprendimento • Comunicazione dei dati di riferimento per la stesura simulata di due schemi tipo: uno per le locazioni abitative e l’altro per quelle commerciali • Simulazione di casi pratici mediante la predisposizione dei singoli contratti di locazione • Valutazione finale • Discussione su eventuali difficoltà incontrate nella predisposizione dei contratti Periodo di svolgimento consigliato: primi mesi del III anno di corso. • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Laboratorio di informatica • Banche dati giuridiche • Testi normativi di riferimento • Codice civile • Schemi di contratti tipo • Dizionario italiano Formatore area professionale: Responsabile dell’UdA. Presentazione e piano di lavo- ro. Responsabile delle competenze mirate, delle conoscenze 1-6, delle abilità/capacità 10-13, 15-17. Valutazione intermedia e finale Formatore area dei linguaggi: responsabile abilità/capacità 8, 9, 14. Formatore dell’area tecnologica: cura del supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Tutor-coordinatore: supporto del team dei formatori, motivazione del gruppo Accesso a banche dati giuridiche Valutazione intermedia e finale eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione di un prodotto professionale 121 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL TERZO ANNO 3.3. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Verbale di Assemblea dei Soci di una S.R.L.” Terzo anno Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Prerequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Redazione di un verbale di un’assemblea (ordinaria) di una società a responsabilità limi- tata mediante la simulazione di un caso pratico. • Promuovere negli allievi una proprietà di linguaggio tecnico-giuridico anche in lingua straniera • Sviluppare nell’allievo il senso di appartenenza all’azienda o allo studio professionale • Riconoscere la composizione ed il funzionamento degli organi di una società commer- ciale • Riconoscere gli obblighi imposti dalle norme civilistiche e fiscali per la tenuta dei libri sociali (bollatura e vidimazione) 1) Tenere (e aggiornare) i libri sociali (obbligatori e non) 2) Sintetizzare e trascrivere, autonomamente, i contenuti di una riunione (ad esempio, di un’assemblea) tenutasi anche in lingua straniera 1) Acquisire il linguaggio giuridico-commerciale tipico delle società di capitali 2) Individuare l’organizzazione di una società commerciale, i poteri e le funzioni degli organi societari 3) Approfondire la conoscenza della disciplina delle diverse forme societarie 4) Acquisire la capacità di sintetizzare e trascrivere i contenuti “chiave” di una riunione 5) Utilizzare un linguaggio giuridico appropriato anche in lingua inglese 6) Redigere, in formato elettronico, un verbale di assemblea, rispettando i requisiti essenziali del verbale di assemblea 7) Comunicare a terzi, mediante testi scritti e orali, dei concetti appresi 8) Conoscere gli adempimenti obbligatori degli organi societari 9) Conoscere le basi della disciplina civilistica delle società di capitali 10) Conoscere le cause di nullità e annullabilità delle delibere assembleari Allievi del III anno di corso. Concetti di base sulle diverse forme giuridiche societarie. Utilizzo di un software per la videoscrittura La durata dell’UdA è prevista in circa 100 ore. • Individuazione della struttura organizzativa della società a responsabilità limitata • Spiegazione delle attribuzioni e funzioni degli organi sociali della s.r.l. • Simulazione di un’assemblea ordinaria dei soci di una s.r.l. • Spiegazione dei contenuti essenziali di un verbale assembleare • Illustrazione di fac-simile di verbali assembleari • Valutazione in itinere sul grado di apprendimento dei concetti finora spiegati • Stesura del verbale tramite in formato elettronico • Valutazione finale degli elaborati • Discussione su eventuali difficoltà incontrate nella predisposizione dei verbali Denominazione Realizzazione di un prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 122 Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione Periodo di svolgimento consigliato: prima metà del III anno di corso. • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Laboratorio di informatica • Testi normativi di riferimento • Codice civile • Schemi di verbali-tipo • Dizionario di italiano e di italiano-inglese Formatore area professionale: Responsabile dell’UdA. Presentazione e piano di lavo- ro. Responsabile della competenza mirata 1, delle abilità/capacità 2-3, delle conoscen- ze 8-10. Valutazione intermedia e finale. Formatore area dei linguaggi: responsabile della competenza mirata 2, delle abi- lità/capacità 1, 4-7. Tutor-coordinatore: supporto del team dei formatori Formatore dell’area tecnologica: responsabile di curare il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Gioco di ruolo “assemblea dei soci” Valutazione intermedia e finale eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione di un prodotto professionale 123 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL TERZO ANNO 3.4. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Situazione economico-patrimoniale” Terzo anno Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Elaborazione di una situazione economico-patrimoniale. L’allievo, partendo da una situa- zione contabile iniziale di riferimento, deve effettuare delle scritture di esercizio sul Libro Giornale e sui Partitari (con il metodo della Partita Doppia) e, alla fine del periodo, le scritture di assestamento (ammortamenti, rimanenze di magazzino, ratei e risconti) in modo da rilevare le componenti reddituali di competenza dell’esercizio e determinare l’ammontare del reddito del periodo e del patrimonio alla data di riferimento della stes- sa situazione. • Favorire l’uso del linguaggio tecnico appropriato • Far comprendere l’importanza delle scritture contabili per la rilevazione delle grandez- ze economiche (reddito, patrimonio, …) • Far comprendere il nesso logico-matematico tra il metodo di rilevazione contabile (Partita Doppia) e la rappresentazione delle grandezze patrimoniali, economiche e finanziarie nei rispettivi prospetti di bilancio Eseguire autonomamente le scritture di esercizio, quelle di assestamento e quelle per la chiusura generale e la riapertura dei conti, applicando i concetti “chiave” sulla natura dell’operazione aziendale e sul funzionamento dei conti 1) Acquisire il linguaggio economico-contabile 2) Conoscere le componenti reddituali e patrimoniali (ordinari e straordinari), le differen- ze fra reddito e patrimonio e l’incidenza delle operazioni aziendali su tali grandezze 3) Analizzare gli effetti delle operazioni aziendali sul reddito e sul patrimonio 4) Utilizzare il metodo della Partita Doppia per le rilevazioni contabili 5) Conoscere le diverse tipologie di conti e le modalità di funzionamento dei conti 6) Conoscere ed applicare i metodi di calcolo nelle operazioni fondamentali 7) Rilevare interessi e sconti nei regimi di capitalizzazione “semplice” e “composta” 8) Conoscere i principi di redazione del bilancio 9) Conoscere le regole ed i principi per la tenuta di una contabilità regolare ed ordinata 10) Determinare l’importo del reddito e del patrimonio aziendale 11) Effettuare le scritture di assestamento (rettifica e integrazione) delle componenti red- dituali e patrimoniali mediante la rilevazione di: - ammortamenti - rimanenze di magazzino - ratei e risconti 12) Determinare il valore delle grandezze soggette a stima 13) Effettuare la chiusura generale dei conti e l’apertura degli stessi 14) Determinare il valore del reddito e del patrimonio aziendale 15) Utilizzo del computer e di un software specifico per la tenuta della contabilità gene- rale Allievi del terzo anno dei corsi di qualificazione professionale. Denominazione Realizzazione di un prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 124 Prerequisiti Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione Conoscenza del metodo della Partita Doppia e della differenza fra reddito e patrimonio. La durata dell’UdA è prevista in circa 150 ore. • Illustrazione dell’azienda di riferimento • Approfondimento dei concetti di reddito e patrimonio • Approfondimento delle regole di contabilizzazione con il metodo della Partita Doppia • Scritture contabili partendo dalla situazione iniziale di riferimento • Scritture di assestamento • Valutazione intermedia e controllo delle scritture effettuate: correzione di eventuali errori • Rilevazione extra-contabile del reddito e del patrimonio • Chiusura dei conti del Conto Economico • Rilevazione contabile del reddito dell’esercizio • Chiusura generale dei conti • Predisposizione dei prospetti di Conto Economico e Stato Patrimoniale • Riapertura dei conti • Valutazione finale degli elaborati • Incontro con il responsabile del controllo di gestione di un’azienda L’U.d.A. può essere svolta in qualsiasi momento del III anno di corso. • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Dibattito e/o intervista a testimone privilegiato • Laboratorio di informatica • Software di gestione della contabilità generale • Calcolatrice • Codice civile • Dizionario di italiano-inglese Formatore area professionale: Responsabile dell’UdA. Presentazione e piano di lavo- ro. Responsabile della competenza mirata, delle abilità/capacità e conoscenze 1-5, 8-14. Valutazione intermedia e finale Formatore area scientifica: responsabile delle abilità/capacità e conoscenze 6, 7, 15 Tutor-coordinatore: supporto del team dei formatori Formatore dell’area tecnologica: responsabile di curare il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Incontro con il responsabile del controllo di gestione di un’azienda Valutazione intermedia e finale eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione di un prodotto professionale 125 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL TERZO ANNO 3.5. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Contratto di lavoro subordinato” Terzo anno Compito/prodotto Obiettivi formativi Competenze mirate Abilità/capacità e conoscenze Destinatari Prerequisiti Predisposizione di un contratto di lavoro subordinato. • Accrescere negli allievi la consapevolezza della centralità del contratto di lavoro e delle relative clausole nei rapporti tra datore di lavoro e lavoratore • Offrire all’allievo strumenti per prendere consapevolezza delle condizioni lavorative del passato, riconoscerne l’influenza sul presente e far tesoro di queste consapevolezze per la soluzione dei problemi e per la progettazione del futuro • Sviluppare la consapevolezza circa il comportamento che il lavoratore deve tenere in azienda, senza violare le norme giuridiche, al fine di evitare il rischio di licenziamento • Favorire l’individuazione delle mansioni e dei ruoli del lavoratore • Favorire la consapevolezza che il lavoratore è inserito in un contesto sociale più ampio che vede il coinvolgimento di altri soggetti • Sviluppare nell’allievo il rispetto verso il Prossimo e la capacità di relazionarsi con lo stesso Riconoscere le basi della contrattazione collettiva (C.C.N.L.) e individuale, della discipli- na delle assunzioni e dei licenziamenti individuali e collettivi 1) Acquisire il linguaggio economico-giuridico tipico del diritto del lavoro 2) Saper leggere ed interpretare norme giuridiche 3) Conoscere i requisiti essenziali di un contratto di lavoro subordinato 4) Conoscere ed interpretare le norme contenute nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro della categoria di appartenenza dell’azienda di riferimento 5) Conoscere le garanzie costituzionali e le norme imperative a tutela dei diritti del lavo- ratore 6) Conoscere gli obblighi ed i diritti del lavoratore e del datore di lavoro 7) Conoscere il concetto di mansione e qualifica del lavoratore 8) Conoscere la disciplina relativa alle assunzioni ed ai licenziamenti 9) Conoscere i principi del trattamento fiscale/previdenziale dei redditi di lavoro dipen- dente 10) Individuare gli effetti economici del contratto 11) Utilizzare strumenti informatici per la ricerca di informazioni in rete e per l’elabora- zione testi 12) Acquisire la tecnica per la stesura di un contratto di lavoro subordinato 13) Accrescere il proprio glossario dei termini giuridici tipici del rapporto di lavoro Allievi del terzo anno di corso. Basi di diritto. Principi costituzionali in materia di lavoro. Principi giuridici di base sui con- tratti. Denominazione Realizzazione di un prodotto professionale COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 126 Tempi di svolgimento Sequenza in fasi Tempi Metodi Strumenti Risorse umane e relativi compiti Esperienze Criteri e modalità di valutazione La durata dell’UdA è prevista in circa 100 ore. • Spiegazione dei principi costituzionali e delle norme imperative per la tutela del lavoro e dei diritti del lavoratore • Illustrazione dei requisiti essenziali di un contratto di lavoro • Ricerca e interpretazione delle norme stabilite dai C.C.N.L. della categoria di appartenenza • Individuazione degli obblighi e dei diritti del lavoratore e del datore di lavoro • Brevi cenni sulla disciplina delle assunzioni e dei licenziamenti/dimissioni • Brevi cenni sul trattamento fiscale e previdenziale delle retribuzioni dei dipen- denti • Individuazione delle clausole da inserire nel contratto da stipulare (come simu- lazione) • Verifica in itinere del grado di apprendimento • Predisposizione del contratto • Valutazione finale degli elaborati • Incontro con un consulente del lavoro Periodo di svolgimento consigliato: ultimi due mesi dell’anno formativo. • Lezioni frontali • Lavoro individuale • Dibattito e/o intervista a testimone privilegiato • Laboratorio di informatica • Accesso a banche dati • Codice civile • Statuto dei Lavoratori • C.C.N.L. della categoria di riferimento • Dizionario di italiano Formatore area storico-socio-economica: Responsabile dell’UdA. Presentazione e piano di lavoro. Responsabile della competenza mirata, delle abilità/capacità e conoscenze 2-12. Valutazione intermedia e finale Formatore area dei linguaggi: responsabile delle abilità/capacità 1, 13. Tutor-coordinatore: supporto del team dei formatori Formatore dell’area tecnologica: responsabile di curare il supporto informatico per la realizzazione del lavoro e l’apprendimento di un adeguato uso di Internet e delle sue risorse Incontro con un consulente del lavoro Valutazione intermedia e finale eseguita dal team dei formatori (eterovalutazione) Denominazione Realizzazione di un prodotto professionale 5.8 Unità di Apprendimento per il quarto anno COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 128 Elenco degli strumenti proposti per il quarto anno 1 2 3 4 Project Work Gestione della contabilità generale in Partita Doppia Project Work Analisi della struttura organizzativa e della tempistica operativa gestionale di differenti Studi commercialisti e/o Aziende Project Work Gestione degli adempimenti legati all’amministrazione del personale Project Work Gestione segreteria generale N. TIPOLOGIA 129 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL QUARTO ANNO 4.1. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Gestione della contabilità generale in Partita Doppia” Quarto anno Allievo Corso Titolo del progetto Contesto organizzativo Specificazione del compito Prodotto atteso Metodologie Fasi di lavoro Tempi Tecnico dei servizi di impresa Gestione della contabilità generale in Partita Doppia Due diverse entità organizzative, indicativamente: 1) Impresa di medie dimensioni 2) Impresa di grandi dimensioni In riferimento alle due entità organizzative, si chiede all’allievo di: a) ricostruire il quadro della contabilità generale tenendo conto della natura giuridica e delle dinamiche organizzative b) compilare elementi di contabilità generale in partita doppia in riferimento ad un pre- ciso periodo temporale c) verificare il lavoro svolto ed individuare elementi di miglioramento in termini di ottimizzazione dei tempi. Il progetto finale, adeguatamente documentato, avrà la seguente struttura: 1) presentazione dell’organizzazione (natura, dimensioni, collocazione di mercato, organ- igramma, ecc.) 2) ricostruzione del quadro della contabilità generale in rapporto alle dinamiche organiz- zative 3) esempio di compilazione di contabilità generale in partita doppia 4) sintesi e relazione individuale sul lavoro svolto 5) proposte di miglioramento • Visite mirate in azienda • Intervista a testimoni privilegiati • Lettura della documentazione • Osservazione sul campo • Applicazione delle tecniche di gestione della contabilità in partita doppia • Studio personale • Confronto con formatori ed esperti 1) Elaborazione del piano di lavoro 2) Individuazione delle entità organizzative 3) Ricostruzione del contesto 4) Ricostruzione del processo di contabilità generale 5) Elaborazione di una porzione di contabilità in partita doppia 6) Verifica e formulazione dei suggerimenti migliorativi 7) Elaborazione del documento progettuale e sua presentazione 200 ore (il progetto può essere realizzato in questi tempi solo garantendo una notevole personalizzazione) Denominazione Tipo di attività: PROJECT WORK COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 130 4.2. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Analisi della struttura organizzativa e della tempistica operativa gestionale di differenti Studi commercialisti e/o Aziende” Quarto anno Allievo Corso Titolo del progetto Contesto organizzativo Specificazione del compito Prodotto atteso Tecnico dei servizi di impresa Analisi della struttura organizzativa e della tempistica operativa gestionale di differenti Studi commercialisti e/o Aziende12 Diverse entità organizzative, indicativamente: 1. Uno Studio Commercialista con un unico titolare di medie dimensioni 2. Uno Studio di Commercialisti associati di grandi dimensioni13 In riferimento alle due entità di consulenza, si chiede all’allievo di: a) ricostruire le dinamiche operative e gestionali tipiche del settore indicando la tempi- stica e la periodicità b) analizzare, compilare e gestire documenti, dati e modulistica in uso nel settore sia in entrata che in uscita rinviandoli agli uffici competenti quando richiesto c) valutare e confrontare le tecniche di archivio e di consultazione di dati e documenti d) verificare il lavoro svolto ed individuare elementi comuni e differenti tra le entità orga- nizzative analizzate facendo emergere il proprio giudizio personale rispetto alle proce- dure ritenute più efficienti ed efficaci Il progetto finale, adeguatamente documentato, avrà la seguente struttura: 1) presentazione dell’organizzazione (natura, dimensioni, presentazione della consulenza offerta, organigramma, ecc.) 2) ricostruzione delle procedure e della tempistica operativa in rapporto alle dinamiche organizzative e alla tipologia ed entità del servizio di consulenza offerto 3) raccolta di esempi di modulistica interna utilizzata, di tecniche di archivio e di consul- tazione dei dati; 4) sintesi e relazione individuale sul lavoro svolto Denominazione Tipo di attività: PROJECT WORK 12 L’allievo dovrebbe analizzare la tempistica delle fasi di lavoro (es: quando l’impiegata fattura, il tempo dedicato all’archivio o alla ricerca dati, il tempo in cui si contabilizzano i dati. In modo particolare si tratta di tenere sotto controllo la logica e la metodologia lavorativa). In questo caso l’obiettivo principa- le è quello di sviluppare la capacità di confronto ed analisi rispetto a pratiche piu’ o meno omogene. È per questo che si preferisce il settore di studi commercialisti. 13 È importante che le attività svolte siano comparabili, per consentire un confronto in termini di struttu- ra, di organizzazione e di gestione delle mansioni, a livello di modulistica interna e di tecniche di archi- vio, di tempistica operativa e di gestione di dati ed informazioni. 131 UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL QUARTO ANNO Metodologie Fasi di lavoro Tempi • Visite mirate in azienda • Intervista a testimoni privilegiati • Lettura della documentazione • Osservazione sul campo • Applicazione delle tecniche di gestione della contabilità in partita doppia • Studio personale • Confronto con formatori ed esperti 1) Elaborazione del piano di lavoro 2) Individuazione delle entità organizzative 3) Ricostruzione del contesto 4) Ricostruzione del processo di contabilità generale 5) Elaborazione di una porzione di contabilità in partita doppia 6) Verifica e formulazione dei suggerimenti migliorativi 7) Elaborazione del documento progettuale e sua presentazione 200 ore (il progetto può essere realizzato in questi tempi solo garantendo una notevole personalizzazione) Denominazione Tipo di attività: PROJECT WORK COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 132 4.3. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Gestione degli adempimenti legati all’amministrazione del personale” Quarto anno Allievo Corso Titolo del progetto Contesto organizzativo Specificazione del compito Prodotto atteso Metodologie Fasi di lavoro Tempi Tecnico dei servizi di impresa Gestione degli adempimenti legati all’amministrazione del personale Due diverse entità organizzative, indicativamente: 1) piccola/media impresa, 2) attività di natura artigianale In riferimento alle due entità organizzative, si chiede all’allievo di: a) ricostruire le procedure utilizzate per l’amministrazione del personale tenendo conto del contratto collettivo del settore e delle dinamiche organizzative b) compilare la documentazione relativa all’amministrazione del personale in riferimen- to ad un preciso periodo temporale c) verificare il lavoro svolto ed individuare elementi di miglioramento. Il progetto finale, adeguatamente documentato, avrà la seguente struttura: 1) presentazione dell’organizzazione (natura, dimensioni, collocazione di mercato, organ- igramma, ecc.) 2) ricostruzione delle procedure utilizzate per l’amministrazione del personale 3) esempio di compilazione della documentazione relativa all’amministrazione del per- sonale 4) verifica e proposte di miglioramento • Visite mirate in azienda • Intervista a testimoni privilegiati • Lettura della documentazione • Osservazione sul campo • Applicazione delle tecniche di gestione della contabilità in partita doppia • Studio personale • Confronto con formatori ed esperti 1) Elaborazione del piano di lavoro 2) Individuazione delle entità organizzative 3) Ricostruzione del contesto 4) Ricostruzione delle procedure utilizzate per l’amministrazione del personale 5) Compilazione della documentazione relativa all’amministrazione del personale 6) Verifica e formulazione dei suggerimenti migliorativi 7) Elaborazione del documento progettuale e sua presentazione 150 ore Denominazione Tipo di attività: PROJECT WORK 133 4.4. UNITÀ DI APPRENDIMENTO “Gestione segreteria generale” Quarto anno UNITÀ DI APPRENDIMENTO PER IL QUARTO ANNO Allievo Corso Titolo del progetto Contesto organizzativo Specificazione del compito Prodotto atteso Metodologie Fasi di lavoro Tempi Tecnico dei servizi di impresa Gestione segreteria generale Tre diverse entità organizzative, indicativamente: 1) piccola/media impresa, 2) attività di natura artigianale 3) studio professionale In riferimento alle due entità organizzative, si chiede all’allievo di: 1) Accogliere i visitatori/clienti/fornitori provvedendo ad indirizzarli negli uffici o alle persone richi- este, soddisfacendo le loro esigenze fondamentali. 2) Gestire le chiamate telefoniche in arrivo e in uscita 3) Smistare la posta in entrata (compresi eventuali fax ricevuti nella propria postazione di lavoro) pre- occupandosi di selezionarla e calassificarla secondo le procedure e le modalità di protocollo pre- viste dall’ente/azienda 4) Smistare la posta in uscita (compresi eventuali fax inviati dalla propria postazione di lavoro) preoccu- pandosi di classificarla secondo le procedure e le modalità di protocollo previste dall’ente/azienda 5) Archiviare i documenti cartacei classificandoli e disponendoli nei luoghi predisposti secondo le modalità previste dall’ente/azienda 6) Effettuare l’invio di posta elettronica (compresi eventuali allegati). 7) Leggere la posta elettronica in arrivo (compresi gli allegati ricevuti). 8) Scrivere e elaborare testi con l’ausilio di strumenti informatici e con i format predisposti dal- l’ente/azienda di appartenenza. 9) Archiviare i documenti elettronici. 10) Verificare il lavoro svolto ed individuare elementi di miglioramento. Il progetto finale, adeguatamente documentato, avrà la seguente struttura: 1) presentazione dell’organizzazione (natura, dimensioni, collocazione di mercato, organigramma, ecc.) 2) ricostruzione procedure aziendali 3) esempio di compilazione di modulistica e documenti 4) verifica e proposte di miglioramento • Visite mirate in azienda • Intervista a testimoni privilegiati • Lettura della documentazione • Osservazione sul campo • Applicazione delle tecniche di gestione della contabilità in partita doppia • Studio personale • Confronto con formatori ed esperti 1) Elaborazione del piano di lavoro 2) Individuazione delle entità organizzative 3) Ricostruzione del contesto 4) Ricostruzione del processo di lavoro 5) Elaborazione di documenti 6) Verifica e formulazione dei suggerimenti migliorativi 7) Elaborazione del documento progettuale e sua presentazione 150 ore Denominazione Tipo di attività: PROJECT WORK ALLEGATI Comunità professionale Aziendale e amministrativa 136 Ru br ic he de it ra gu ar di fo rm at iv ii nt eg ra tiv id el tr ie nn io di qu al ifi ca pr of es sio na le e de lq ua rt o an no di di pl om a pr of es sio na le EL EN CO DE IT RA GU AR DI FO RM AT IV II NT EG RA TI VI 1. An ali zza re ed int erp ret are ils ign ific ato di tes ti no rm ati vi ed ic on tra tti 2. Ris olv ere se mp lic ip rob lem id im ate ma tic af ina nz iar ia 3. Ut iliz za re in pie na au ton om ia ec on pe riz ia un sis tem ai nfo rm ati co co nr ela tiv ip ac ch ett ia pp lic ati vi pe re lab ora re tes ti, us are fog lie let tro nic i,d ata -ba se ,p os ta ele ttr on ica eI nte rne t 4. Ide nti fic are le va rie fun zio ni, le att rib uz ion ia gli am mi nis tra tor ie ai lav ora tor id ipe nd en ti 5. De fin ire le ma ns ion ie gli ob bli gh id ic ias cu nu ffi cio op ers on a 6. An ali zza re ilc on tes to so cia le ed ec on om ico ch ec ara tte riz za gli att ua lim erc ati de lla vo ro el et ec nic he di org an izz az ion ed el lav oro ed ig es tio ne de lp ers on ale ad att ea tal ec on tes to 7. Ge sti re le rel az ion is ind ac ali It ra gu ar di fo rm at ivi in te gr at ivi 1, 2e 3s on o re la tiv ia lt rie nn io di qu al ifi ca pr of es sio na le . It ra gu ar di fo rm at ivi in te gr at ivi 4, 5, 6e 7s on o re la tiv ia lq ua rto an no di di pl om a. 137 1. An al iz za re ed in te rp re ta re il si gn ifi ca to di te st in or m at iv ie di co nt ra tti Es em pi :r ic er ca re ut ili zz an do In te rn et ip rin ci pi fo nd am en ta li de lla co st itu zi on e ita lia na ,l e pr in ci pa li fo nt id el di rit to de ll av or o el ab or an do un a sin te si in cu iv en go no ev id en zi at ii co nc et ti ch ia ve Fo nt id il eg itt im az io ne :R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1 PA RZ IA LE 2 BA SI LA RE 3 AD EG UA TO 4 EC CE LL EN TE Af fro nt ac on dif fic olt àe se nz ai nt er - es se la let tu ra di te sti no rm at ivi ed i co nt ra tti ,i nd ivi du a co n fa tic a ic on - ce tti più ev ide nt i Ri ce rca in mo do dis or ga nic o is iti we bp er re pe rir es pie ga zio ni ed aiu ti Le gg e tes ti no rm ati vi e ind ivi du a i co nc ett id ic om pre ns ion ep iù fac ile Ri ce rca su Int er ne tin fo rm az ion iin di- vid ua nd o i pr inc ipa li sit i we b pe r re pe rir ei nf or ma zio ni Le gg ee co mp re nd ei lli ng ua gg io te c- nic o di te sti no rm at ivi e di co nt ra tti ide nt ifi ca nd oi co nc et ti pr inc ipa li Ri ce rca ei nd ivi du as uI nt er ne ti pr in- cip ali sit iw eb ido ne ip er re pe rir e sp ieg az ion ie da iut in ec es sa ria co m- pr en de re le pa rti di più dif fic ile co m- pr en sio ne Co mp re nd ei lli ng ua gg io te cn ico di te sti no rm at ivi ed ic on tra tti ide nt if- ica nd oc on pr on te zza ic on ce tti fo n- da me nt ali Ri ce rca , ind ivi du a e se lez ion a su Int ern et is iti we b ido ne ia rep eri re sp ieg az ion ie da iut in ec es sa ria co m- pre nd ere le pa rti di tes to di più dif fi- cil ec om pre ns ion e In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Lin gu ag gi Pr of es sio na le Sc ien tif ico -te cn olo gic o • An ali zza re ed int er pr et ar ei lt es to let to • Ind ivi du ar ei lc on ce tto fo nd am en ta le de lt es to let to • Ap pli ca re la pri nc ipa le ter mi no log ia tec nic ad ite sti no rm ati vi ed ic on tra tti • Co mp re nd er ei lli ng ua gg io te cn ico di te sti no rm at ivi ed ic on tra tti • Ut iliz za re so ftw ar ep er la na vig az ion ei nI nt er ne t • St ru ttu re lin gu ist ich ed ei te sti • Va rie tà les sic ale • Te cn ich ed ile ttu ra an ali tic ae sin te tic a • Va rie tà les sic ale giu rid ica • Co nc et to ge ne ra lig iur idi ci • Le fu nz ion ie ic om an di de is of tw ar en ec es sa ri pe rn av iga re in Int er ne t As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Sv ilu pp ar el ac ap ac ità di leg ge re e co mp re nd er e te sti no rm at ivi , ind ivi du an do i co nc et ti fo nd a- me nt ali Ut iliz za re Int er ne t pe r re pe rir e sp ieg az ion ie d aiu ti da is iti ist i- tu zio na lie no n 138 2. R is ol ve re se m pl ic ip ro bl em id im at em at ic a fin an zi ar ia Es em pi :: sim ul ar e la co st itu zi on e di un ’a zi en da ,l e m od al ità di re pe rim en to de if in an zi am en ti (p re di sp or re ta be lle e gr af ic ip er ev id en zi ar e l’a nd a- m en to de ll’ at tiv ità ,c om pi la re la m od ul ist ic a ba nc ar ia e no n) Fo nt id il eg itt im az io ne :R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Tra du rre e rap pre se nta re in mo do for ma liz za to pro ble mi fin an zia ri, ec o- no mi ci ec on tab ili uti liz za nd om od el- lim ate ma tic o-i nfo rm ati ci Tra tta re re nd ite , am mo rta me nt i, co sti tuz ion e di ca pit ale , pre sti ti e rim bo rsi co me as pe tti div ers id iu no ste ss op rob lem a Eff ett ua re ca lco lid ell ’in ter es se ed el mo nta nte Ric on os ce re dif fer en tif orm ed is co n- to el er ela ¬ti ve ap pli ca zio ni Ind ivi du a co n dif fic olt à i pro ble mi fin an zia ri, ec on om ici ec on tab ili; uti liz - za se mp lic if un zio ni de lf og lio ele ttr o- nic o e pro du ce gra fic in on se mp re ad eg ua tia rap pre se nta re id ati Ind ivi du ac on dif fic olt àl ed ive rse fon ti di fin an zia me nto Co no sc e so mm ari am en te le for mu le de ll’i nte res se e de l mo nta nte e le ap pli ca me cc an ica me nte Co no sc e se mp lic i for me di sc on to; no nè in gra do di ap pli ca rle as em pli ci sit ua zio ni co nc ret e Ind ivi du a pr ob lem if ina nz iar i, ec on o- mi ci e co nt ab ili; rie sc e a ra pp re se n- ta rli gr af ica me nt e ut iliz za nd o le fu n- zio ni pr inc ipa lid el fo gli oe let tro nic o Ri co no sc el ep rin cip ali fo nt id if ina n- zia me nt o e la dif fe re nz a tra inv es ti- me nt oe fin an zia me nt oe tra ip rin ci- pa lit ipi di am mo rta me nt o Co no sc e ed ap pli ca le fo rm ule pe ri l ca lco lo de ll’i nt er es se ed el mo nt an te Co no sc el ep rin cip ali fo rm ed is co nt o e le ap pli ca a se mp lic i sit ua zio ni co nc re te Tra du ce ei nte rpr eta an ch ec on l’u so di so ftw are ap pro pri ato pro ble mi fin an zia - ri, ec on om ici ec on tab ili; lir ap pre se nta gra fic am en te uti liz za nd oi lg raf ico ad e- gu ato pe rla rap pre se nta zio ne de id ati Ric on os ce tra le va rie fon ti di fin an zia - me nto ,la co rre laz ion et ra inv es tim en to e fin an zia me nto ,in div idu a le pri nc ipa li for me di fin an zia me nto e di am mo rta - me nto Co no sc e ed ap pli ca ad eg ua tam en te le for mu le dir ett e e inv ers e pe ri lc alc olo de ll’i nte res se ed el mo nta nte Co no sc el ed iff ere nti for me di sc on to e le ap pli ca ad eg ua tam en te all er ich ies te ed all es itu az ion ic om pil an do la mo du li- sti ca In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Tra du ce e int erp ret a, an ch e co n l’u so di so ftw ar e ap pr op ria to , pr ob lem i fin an zia ri, ec on om ici ec on tab ili; lir ap - pre se nta gra fic am en te sc eg lie nd o il gra fic op iù ad att oa du na co rre tta rap - pre se nta zio ne de id ati ed ela bo ran do an ch el af orm ae ste tic a Ric on os ce co n pa dro na nz a e au ton o- mi at ra le fon tid ifi na nz iam en to la co r- rel az ion e tra inv es tim en ti e fin an zia - me nti ;i nd ivi du a la for ma di fin an zia - me nto e ilt ipo di am mo rta me nto più co nfo rm ea lle es ige nz ed ell ’az ien da Co no sc ee da pp lic ac on pa dro na nz ae au ton om ia le for mu le fin an zia rie dir et- te ei nv ers ep er ilc alc olo de ll’i nte res - se ed el mo nta nte Co no sc el ed iff ere nti for me di sc on to, le ap pli ca in mo do ap pro pri ato ea uto - no mo in rel az ion ea lle ric hie ste ed all e sit ua zio ni co mp ila nd o co rre tta me nte la mo du lis tic a M at em at ico Sc ien tif ico -te cn olo gic o Pr of es sio na le • Co mp re nd er ei lc on ce tto di pr op or zio ne • Co mp re nd er ei lc on ce tto di pe rce nt ua le • Es eg uir ec alc oli pe rce nt ua li • Ut iliz za re ilf og lio ele ttr on ico • Ut iliz za re le fu nz ion id el fo gli oe let tro nic op er an ali zza re pr ob lem if ina nz iar i • Ins er ire gr af ici pe rr ap pr es en ta re da ti • Sc eg lie re ilg ra fic oa da tto pe rr ap pr es en ta re id at i • Se lez ion ar ei da ti da ra pp re se nt ar eg ra fic am en te • Ri co no sc er ei va ri as pe tti di un pr ob lem af ina nz iar io • Ef fe ttu ar ec alc oli de ll’i nt er es se ed el mo nt an te • Ri co no sc er ed iff er en ti fo rm ed is co nt o • Ap pli ca re le dif fe re nt if or me di sc on to • Co mp ila re la dis tin ta di sc on to de gli ef fe tti at tiv i • Di sti ng ue re div er si tit oli di cre dit o • De te rm ina re ilp ro fit to di un aa zie nd a • M isu re eg ra nd ez ze • Pr op or zio ni dir et te ei nd ire tte • Ca lco lis op ra es ot to ce nt o • Le fu nz ion if ina nz iar ie di un fo gli oe let tro nic o • It ipi di gr af ici • Le op zio ni de lg ra fic o • Co nc et to di do ma nd ae of fe rta • Co nc et to di co sto ,r ica vo ep ro fit to • Co nc et to di ca pit ali zza zio ne es co nt o • Pr inc ipi od ie qu iva len za fin an zia ria • Le re nd ite • Co sti tu zio ne ea mm or ta me nt i • L’i nt er es se se mp lic ee co mp os to • Pr es tit ie rim bo rsi • Tit oli di cre dit o • Lo sc on to co mm er cia le As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze 139 3. U til iz za re in pi en a au to no m ia e co n pe ri zi a un si st em a in fo rm at ic o co n re la tiv ip ac ch et ti ap pl ic at iv ip er el ab or ar e te st i, us ar e fo gl ie le ttr on ic i, da ta -b as e, po st a el et tr on ic a e In te rn et Es em pi :e la bo ra re do cu m en ti pe r co m un ic az io ni in te rn e ed es te rn e al l’a zi en da ,p re pa ra re gr af ic ip er la pr es en ta zi on e di un a sit ua zi on e az ie nd al e, ar ch iv ia re da ti e st am pa rli do po av er li es tr ap ol at ii n ba se a de te rm in at ic rit er id is ce lta ,i nv ia rli pe re -m ai la ir es po ns ab ili de lla se de ce nt ra le Fo nt id il eg itt im az io ne :R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Ut iliz za re le fun zio ni av an za te di un pro gra mm a di ela bo raz ion e di tes ti pe rg es tir el ac om un ica zio ne az ien - da le in tut tii su oi as pe tti :d oc um en - ti, di tip o av an za to, co mp ren de nti so luz ion iti po gra fic he ef orm att az io- ni so fis tic ate ,e do cu me nti a str ut- tur a co mp les sa ,c he co mp ren do no tab ell e, sc he de ed ele me nti gra fic i. Ut iliz za re op era zio ni co mp les se di sta mp a un ion e ne ll’a mb ito de ll’a p- pli ca zio ne di ela bo raz ion et es ti Ut iliz za re le fun zio ni av an za te di fog lio ele ttr on ico pe rm od ific are e mi gli ora re la pre se nta zio ne di da ti nu me ric i,t es tua lig raf ici ,e rio rdi na - re, eff ett ua re int err og az ion ie co lle - ga me nti su da ti. Fo rm att are e pre - se nt ar e dia gr am mi e gr af ici . Ut iliz za re gli str um en tid ia na lis ie di ve rif ica , re gis tra re ed es eg uir e ma cro Eff ett ua se mp lic i op era zio ni leg ate all a cre az ion e e for ma tta zio ne di un do cu me nto .S tam pa do cu me nti ,m a no nè in gra do di im po sta re la for ma t- taz ion ea de gu ata Eff ett ua le op era zio ni di ba se leg ate all ’el ab ora zio ne , all a for ma tta zio ne , all a mo dif ica e all ’us o di un fog lio ele ttr on ico .U tili zza so lta nto se mp lic i for mu le ari tm eti ch e. St am pa qu an to ela bo rat o se nz a im po sta zio ne ad e- gu ata Eff ett ua le op era zio ni ord ina rie leg ate all ac rea zio ne ,f orm att az ion ed id oc u- me nti .C op ia es po sta tes tia ll’ int ern o di un do cu me nto e fra do cu me nti div ers i. Ins eri sc e tab ell e, dis eg ni e im ma gin in el do cu me nto Eff ett ua le pri nc ipa lio pe raz ion ile ga te all ’el ab ora zio ne , all a for ma tta zio ne , all a mo dif ica e all ’us o di un fog lio ele ttr on ico .E lab ora ea pp lic as em pli ci for mu le ma tem ati ch ee log ich e. Cr ea , for ma tta es tam pa se mp lic ig raf ici . Eff ett ua le op era zio ni ord ina rie leg ate all a cre az ion e, for ma tta zio ne e rif ini - tur a di do cu me nti in mo do ch e sia no pro nti pe re ss ere dis tri bu iti. Co pia e sp os ta tes tia ll’i nte rno di un do cu me n- to ef ra do cu me nti div ers i.U sa le fun - zio na lità pre se nti ne lp rog ram ma di ela bo raz ion e tes ti co me la cre az ion e di tab ell e, l’u so di dis eg ni ei mm ag ini in un do cu me nto e gli str um en ti pe r l’in vio di do cu me nti a un a lis ta di de sti na tar i Eff ett ua op era zio ni leg ate all ’el ab ora - zio ne ,la for ma tta zio ne ,la mo dif ica e l’u so di un fog lio ele ttr on ico .E lab ora e ap pli ca for mu le ma tem ati ch e e log i- ch eu sa nd of orm ule ef un zio ni. Cr ea e for ma tta gra fic i.S tam pa tab ell ee gra - fic iu tili zza nd o le op zio ni pre vis te pe r la pre se nta zio ne de id ati In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Eff ett ua au ton om am en te ec on ab ilit à le op era zio ni ord ina rie leg ate all a cre az ion e, for ma tta zio ne e rif ini tur a di do cu me nti in mo do ch es ian op ron - ti pe re ss ere dis tri bu iti. Co pia es po - sta tes tia ll’i nte rno di un do cu me nto e fra do cu me nti div ers i. Us a le fun zio - na lità pre se nti ne lp rog ram ma di ela - bo raz ion e tes ti co me la cre az ion e di tab ell e, l’u so di dis eg ni ei mm ag ini in un do cu me nto eg lis tru me nti pe rl’ in- vio di do cu me nti au na lis ta di de sti - na tar i,v elo ciz za ill av oro co nl ’ut iliz zo de lle ma cro pe rl e op era zio ni ric or- ren ti Eff ett ua in mo do au ton om o e ap pro - pri ato op era zio ni leg ate all ’el ab ora - zio ne ,a lla for ma tta zio ne ,a lla mo dif i- ca e all ’us o di un fog lio ele ttr on ico . Ela bo ra e ap pli ca for mu le ma tem ati - ch e e log ich e us an do for mu le e fun - zio ni. Cr ea ef orm att ag raf ici ido ne ia i da ti da rap pre se nta re. St am pa tab el- le eg raf ici uti liz za nd ol eo pz ion ia va n- za te pe rla pre se nta zio ne de id ati COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 140 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Re ali zza re eg es tir eu nd ata ba se , pro ge tta re tab ell e e qu ery pe r me tte re in rel az ion ei da ti, rea liz - za re ma sc he re e rep ort pe rp re- se nt ar e inf or ma zio ni in mo do pro fes sio na le. Pro gra mm are ma cro pe rm igl io- rar e le pre sta zio ni di un da tab a- se ,l ’im po rta zio ne e l’e sp ort az io- ne de lle inf orm az ion i Ut iliz za re le fun zio ni av an za te di Int ern et e di un pro gra mm a di po sta ele ttr on ica pe rl ar ice rca e l’in vio di da ti, do cu me nti ei nfo r- ma zio ni. Co no sc ere la no rm ati va pe r la ga ran zia de lla pri va cy e de lla sic ure zza de id ati Ins eri sc e da ti in tab ell e e ma sc he re. Pre pa ra es tam pa se mp lic ire po rt Us ap rog ram mi di po sta ele ttr on ica pe r inv iar ee ric ev ere me ss ag gi. Ric erc as ul W eb us an do un bro ws er e gli str um en tid ib as ep er la ric erc a Cr ea e mo dif ica se mp lic i ta be lle , qu ery ,m as ch ere e rep ort .. Pre pa ra e sta mp as em pli ci rep ort Us a pro gra mm id ip os ta ele ttr on ica pe ri nv iar e e ric ev ere me ss ag gi, all e- ga re file ,c on os ce le no rm e su lla pri - va cy es ul tra tta me nto de id ati . Ric erc as ul W eb us an do un bro sw er e ip rin cip ali str um en ti di ric erc a, co m- pre nd e se mp lic ic on ce tti e it erm ini ba sil ari leg ati all ’us od iIn ter ne t Cr ea e mo dif ica ta be lle , qu er y, ma sc he re er ep ort .E str ae le inf orm a- zio ni co nte nu te in un da tab as e uti liz - za nd og lis tru me nti di int err og az ion ee ord ina me nto dis po nib ili ne lp ac ch ett o ap pli ca tiv o. Pr ep ar a re po rt pe r la sta mp ae dis tri bu zio ne de lle inf orm a- zio ni ne lri sp ett od ell en orm es ul tra t- tam en to de id ati Us a pro gra mm id ip os ta ele ttr on ica pe ri nv iar e e ric ev ere me ss ag gi, all e- ga re file ,g es tis ce ca rte lle di co rri - sp on de nz a ne lr isp ett o de lle no rm e su lla pri va cy e su lt rat tam en to de i da ti. Ri ce rca su l W eb us an do un bro ws er e gli str um en ti di ric erc a dis po nib ili, sa ce rca re da ti, co mp ren - de co nc ett ie ite rm ini leg ati all ’us od i Int ern et el ’im po rta nz ad ell as icu rez za In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Cr ea e mo dif ica in mo do au ton om o e co n ab ilit à tab ell e, qu ery ,m as ch ere e rep ort .C rea rel az ion itr at ab ell e, es tra e e ma nip ola le inf orm az ion ic on ten ute in un da tab as eu tili zza nd og lis tru me n- ti di int er ro ga zio ne e or din am en to dis po nib ili ne lp ac ch ett o ap pli ca tiv o. Pre pa ra rep ort av an za tip er la sta mp ae dis tri bu zio ne de lle inf or ma zio ni ne l ris pe tto de lle no rm e su lt rat tam en to de id ati Us a co n co mp ete nz a pro gra mm i di po sta ele ttr on ica pe rin via re er ice ve re me ss ag gi, all eg are file ,o rga niz za re e ge sti re ca rte lle di co rri sp on de nz a ne l ris pe tto de lle no rm es ull ap riv ac ye su l tra tta me nto de id ati . Ric erc as ul W eb us an do un bro sw er e gli str um en ti di ric erc a dis po nib ili, sa ind ici zza re e sta mp are sit ie pa gin e W eb ec erc are da tiu tili zza nd oi nm od o av an za to gli op era tor ilo gic i,c om pre n- de ic on ce tti ei ter mi ni leg ati all ’us od i Int ern et el ’im po rta nz ad ell as icu rez za 141 Sc ien tif ico - te cn olo gic o EL AB OR AZ IO NE TE ST I • Us are un pro gra mm ad ie lab ora zio ne tes ti pe rc rea re, for ma tta re, mo dif ica re, sa lva re es tam pa re un do cu - me nto • Us are gli str um en tip er la for ma tta zio ne di un tes to • Co pia re, sp os tar et es tia ll’i nte rno di un do cu me nto ef ra do cu me nti div ers i • Ric erc are ,s os tit uir et es to all ’in ter no de ld oc um en to • Cr ea re em od ific are tab ell e • Ins eri re dis eg ni, im ma gin ie gra fic i • Us are l’in vio di do cu me nti au na lis ta di de sti na tar i • Us are im od ell i • Cr ea re un do cu me nto M as ter • Ins eri re int err uz ion id is ez ion ee di pa gin a • Ins eri re int es taz ion i,p iè di pa gin ae no te • Cr ea re so mm ari ei nd ici • Ut iliz za re la sta mp au nio ne • Ut iliz za re le ma cro • Ins eri re fog lid ic alc olo eg raf ici • Pro teg ge re un do cu me nto • St am pa re un do cu me nto FO GL IO EL ET TR ON ICO • Us are un fog lio ele ttr on ico pe rc rea re, for ma tta re, mo dif ica re, sa lva re es tam pa re un do cu me nto • Im po sta re ilf orm ato de lle ce lle in ba se ai da ti • M od ific are rig he ec olo nn e • Co pia re, sp os tar ee ca nc ell are ce lle ,ri gh e, co lon ne ef orm ule • Ap pli ca re for mu le ma tem ati ch ee fun zio ni log ich eu tili zza nd oi rif e-r im en tir ela tiv i,m ist ie as so lut i • Ric on os ce re ec ap ire im es sa gg id ie rro re più co mu ni as so cia tia ll’u so de lle for mu le • Cr ea re dif fer en tit ipi di gra fic ia pa rti re da id ati di un fog lio ele ttr on ico GE ST IO NE EM AI L • Inv iar eu nm es sa gg io co na lta /b as sa pri ori tà • Cr ea re ea gg ior na re un ind iriz za rio /li sta di dis tri bu zio ne • Inv iar eu nm es sa gg io au na lis ta di dis tri bu zio ne • Ino ltr are un me ss ag gio • Ag giu ng ere un ind iriz zo all ’el en co • Ut iliz za re ilc on tro llo ort og raf ico IN TE RN ET • Ut iliz za re un bro ws er pe rla na vig az ion ei nI nte rne t • Ca mb iar el ap ag ine ini zia le/ ho me di un bro ws er • Ag gio rna re un ap ag ina W eb • Vis ua liz za re gli ind iriz zi già vis ita tiu sa nd ol ab arr ad eg lii nd iriz zi • Ca nc ell are la cro no log ia • Ap rir eu nU RL • At tiv are un lin ki pe rte stu ale • Co mp ila re un af orm ei ns eri re le inf orm az ion in ec es sa rie ad es eg uir eu na tra ns az ion e • As se gn are un se gn ali bro /b oo km ark au na pa gin aW eb • Ap rir eu na pa gin aW eb ap art ire da un se gn ali bro /b oo km ark • Se lez ion are un mo tor ed iri ce rca sp ec ific o • Ce rca re inf orm az ion is pe cif ich em ed ian te fra si op aro le ch iav e • Co pia re tes ti, im ma gin ie UR Ld au na pa gin aW eb au nd oc um en to • Sc ari ca re file di tes to, im ma gin i,a ud io, vid eo ,p rog ram mi da un ap ag ina W eb • St am pa re pa gin eW eb uti liz za nd ol eo pz ion id is tam pa ad eg ua te • Le fu nz ion id ib as e e av an za te di un pr og ra mm a di ela bo - ra zio ne te sti • Us od ell ag uid ai nl ine a • Fo rm at ta zio ne av an za ta de lt es to • Co nt ro llo de lt es to -C on tro lli rig he -C or re zio ne au to ma tic ad el te sto -I ns er im en to au to ma tic od el te sto • W or da rt • Ca se lle di te sto • Ta be lle • Im ma gin ie dis eg ni • Im od ell i • Ins er im en to co mm en ti • Re vis ion i • Do cu me nt iM as te r • Te sto in co lon ne • So mm ar io ei nd ice • Le no te • Im od uli • La sta mp au nio ne • Le ma cro pr ot ez ion ee sta mp ad iu nd oc um en to • Le fun zio ni di ba se ea va nz ate di fog lio ele ttr on ico • La gu ida in lin ea • Im po rta zio ne de id at i • Vis ua liz za zio ne fo gli od ila vo ro • Or din am en to de id at i -O rd ina me nt ip er so na liz za ti -F ilt ri au to ma tic ie av an za ti -S ub to ta li • Pr ot ez ion ee sic ur ez za • Co lle ga me nt ot ra da ti ef og lid ila vo ro • St ru ttu ra di un ind iri zzo di po sta ele ttr on ica • Te cn ich ep er ge sti re in mo do ef fic ac e im es sa gg i • Ac co un td ip os ta ele ttr on ica • Si gn ifi ca to e dif fe re nz a tra Int er ne te il W or d W ide W eb (W W W ) • Ip ro to co lli (H TP P, UR L, lin k, ipe rte stu ale ,IS P, FT P) • Si gn ifi ca to di br ow se r • M ot or ed ir ice rca • Si to pr ot et to (no me ut en te ep as sw or d) • Ce rti fic at od igi ta le di ide nt ifi ca zio ne • Cr itt og ra fia es uo us o • Pe ric oli di inf et ta re ilc om pu te r • Si gn ifi ca to di se gn ali br o/ bo ok ma rk • Cr ite ri di ric er ca As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 142 4. Id en tif ic ar e le va ri e fu nz io ni ,l e at tr ib uz io ni ag li am m in is tr at or ie ai la vo ra to ri di pe nd en ti Es em pi :a na lis id io rg an ig ra m m ip er in di vi du ar e l’o rg an izz az io ne pi ù ad at ta al l’a tti vi tà sta bi lit a pe rl ’a zie nd a sim ul at a Fo nt id il eg itt im az io ne :R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Le gg ere ec om pre nd ere un org an - igr am ma ch e rap -pr es en ti l’o rga - niz za zio ne de ll’a zie nd a Cla ss ific are le ca teg ori ee le qu al- ific he de il av ora tor ip rev ist e da l- l’o rga niz za zio ne az ien da le Ind ivi du are ip roc es si, le pro ce - du re ed i do cu me nti ch e co m- pe ton oa lla fun zio ne /p roc es so Int era gir e e ge sti re ir ap po rti co n le alt re fun zio ni/ pro ce ss i, se rvi zi, uff ici ,e nti pro du tti vi Co no sc ere eo pe rar ei nc on for mi tà de ls ist em aq ua lità az ien da le Le gg e l’o rga nig ram ma ,h a dif fic olt à a dis tin gu ere il ruo lo de lle va rie fig ure an ch es ee vid en ti Ide nti fic al ep rin cip ali ca teg ori ed ila vo - rat ori ;n on se mp re co gli e la dif fer en za de lle qu ali fic he Ide nti fic ai pro ce ss ie le pro ce du re più se mp lic i;n on ind ivi du ai do cu me nti ch e co mp eto no all ev ari ef un zio ni Ge sti sc e co n dif fic olt à il rap po rto co n alt ri uff ici int ern ia ll’a zie nd a ric hie sti an ch ep er se mp lic io pe raz ion i Co no sc e il sis tem a qu ali tà ma no n co mp ren de co mp let am en te gli sc op ie le fin ali tà Le gg e e co mp ren de l’o rga nig ram ma pe ri nd ivi du are le fig ure ch e op era no all ’in ter no de ll’a zie nd a Ide nti fic a le pri nc ipa li ca teg ori e e qu ali fic he de ila vo rat ori Ind ivi du ap er cia sc un af un zio ne le pro - ce du re più se mp lic i e i do cu me nti es se nz ial i Ge sti sc e il rap po rto co n alt ri uff ici int ern ia ll’a zie nd ar ich ies ti da se mp li- ci op era zio ni Co no sc ei ls ist em aq ua lità el ep roc e- du re rel ati ve as em pli ci op era zio ni Le gg ee co mp ren de in ba se all ’or ga n- igr am ma le fig ure ch e op era no all ’in - ter no de ll’a zie nd ae di lre lat ivo ruo lo Ide nti fic a all ’in ter no de lle va rie ca te- go rie de il av ora tor il e div ers e qu ali - fic he em an sio ni Ind ivi du ap er cia sc un af un zio ne ip rin - cip ali pro ce ss ie pro ce du re e ip rin ci- pa li do cu me nti ch e de vo no es se re pro do tti Ge sti sc ei lra pp ort oc he le va rie op er- az ion ir ich ied on o co n alt re fun zio ni, pro ce ss i,s erv izi ,u ffi ci ed en ti pro du t- tiv iin ter ni ed es ter ni all ’az ien da Co no sc ei ls ist em aq ua lità el ep roc e- du re pre vis te In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Pr of es sio na le • Le gg er ee co mp re nd er eu no rg an igr am ma • Ind ivi du ar el ev ar ie ca te go rie eq ua lif ich ed ei lav or at or i • Ind ivi du ar el em an sio ni di cia sc un af igu ra all ’in te rn od iu np ro ce ss od ila vo ro • Ind ivi du ar ei lf lus so di do cu me nt ia ll’i nt er no di un pr oc es so ei nr ela zio ne ad alt ri pr oc es si int er ni oe ste rn ia ll’a zie nd a • Ind ivi du ar el ep ro ce du re ne ce ss ar ie pe ra ss icu ra re ils ist em aq ua lit à • Ap pli ca re le pr oc ed ur en ec es sa rie pe ra ss icu ra re ils ist em aq ua lit à • L’o rg an igr am ma • Ca te go rie di lav or at or i • Le qu ali fic he de ila vo ra to ri • Is ist em id ic om un ica zio ne all ’in te rn od ell ’az ien da • Ils ist em aq ua lit à • Pr oc ed ur ed el sis te ma qu ali tà all ’in te rn od ell ’az ien da As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Le gg ee co mp ren de co np ron tez za ed au ton om ia in ba se all ’or ga nig ram ma le fig ure ch eo pe ran oa ll’i nte rno de l- l’a zie nd a, il ruo lo es erc ita to e le rel az ion itr ai va rio rga ni Ide nti fic a co n au ton om ia all ’in ter no de lle va rie ca teg ori ed ei lav ora tor ile div ers e qu ali fic he e ma ns ion ie le rel az ion ac orr ett am en te tra lor o Ind ivi du ap er cia sc un af un zio ne ec on au ton om ia ip roc es si el ep roc ed ure co rre tti , i do cu me nt i ch e de vo no es se re pro do tti ed ilf lus so di lav oro an ch e in rel az ion e ad alt ri uff ici e/ o are e An ali zza eg es tis ce co np ad ron an za e au ton om ia il rap po rto ch e le va rie op era zio ni ric hie do no co n alt re fun - zio ni, pro ce ss i, se rvi zi, uff ici ed en ti pro du tti vi int ern ie de ste rni all ’az ien - da Co no sc ei ls ist em aq ua lità el ep roc e- du re pe ru na vis ion ec om ple ta de ll’a t- tiv ità de ll’a zie nd a ap pli ca nd ole co r- ret tam en te 143 ALLEGATI 5. D ef in ir e le m an si on ie gl io bb lig hi di ci as cu n uf fic io o pe rs on a Es em pi :s im ul ar eo pe ra zio ni am m in ist ra tiv ep er de fin ire ic om pi ti di cia sc un ad de tto (u ffi cio ac qu ist i: re sp on sa bi le de ls et to re ,r es po ns ab ile de gl ia cq ui sti , ad de tto al la co nt ab ili tà ,e cc )a ss eg na nd o a cia sc un o la m an sio ne e gl io bb lig hi ,r uo ta nd o pe rio di ca m en te af fin ch é cia sc un o po ss a a tu rn o ric op rir e tu tte le m an sio ni pe ra ve re un a vi sio ne di in sie m e de ll’ in te ra or ga ni zz az io ne Fo nt id il eg itt im az io ne :R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Co no sc ere ed ap pli ca re ilc on ce tto di org an izz az ion e e pia nif ica zio ne de lla vo ro eg lie lem en tip er l’a na li- si di un flu ss od ila vo ro Co mp ren de re e ris pe tta re il pe ri- me tro fu nz ion ale ed op er at ivo de lle va rie fun zio ni Ap pli ca re im od ell id io rga niz za zio - ne de lla vo ro eg lis tru me nti pe ri l co ord ina me nto tec nic od ell er iso r- se Ot tim izz are le att ivi tà, le ris ors e po ss ed ute ,il tem po dis po nib ile pe r ilr ag giu ng im en to di un ob iet tiv o Pia nif ica in mo do sa ltu ari o il lav oro , ind ivi du ac on dif fic olt àl as uc ce ss ion e de lle fas id ell ’or ga niz za zio ne Ind ivi du ac on dif fic olt ài lp rop rio lim ite op era tiv o, ha dif fic olt à ad es eg uir e co mp iti in co lla bo raz ion e co n alt re fig ure Di sti ng ue co n dif fic olt à im od ell ip iù se mp lic id io rga niz za zio ne de lla vo ro Or ga niz za co nd iff ico ltà ilp rop rio lav o- ro, no nr ies ce ac on sid era re it em pi e le ris ors e ne ce ss ari e pe rr ag giu ng ere l’o bie tti vo Pia nif ica in mo do co rre tto il lav oro e rie sc e ad ind ivi du are le fas ip iù ev i- de nti de lfl us so di lav oro Co no sc e le fun zio ni sp ec ific he di cia - sc un a are a rie sc e ad op era re co n il pro pri og rup po di lav oro Ap pli ca se mp lic im od ell id io rga niz za - zio ne eu sa ip rin cip ali str um en tip er il co ord ina me nto de lle ris ors e Pia nif ica ilp rop rio lav oro ind ivi du an do la su cc es sio ne de lle op era zio ni e i do cu me nti ch ed ev on oe ss ere pro do tti Ap pli ca ilc on ce tto di org an izz az ion ee lo ap pli ca pe r pia nif ica re il pro pri o lav oro ind ivi du ale ei nt ea m, co ns ide - ran do le va rie fas i Ric on os ce le fun zio ni sp ec ific he di cia sc un a are a; op era ad eg ua tam en te co ni lp rop rio gru pp od ila vo ro ec on i div ers iu ffi ci Ap pli ca ip rin cip ali mo de lli di org an iz- za zio ne de lla vo ro eu sa gli str um en ti pe r il co ord ina me nto tec nic o de lle ris ors e Pia nif ica ilp rop rio lav oro e/ od el gru p- po di lav oro ind ivi du an do la su cc es - sio ne de lle op era zio ni e id oc um en ti ch e pro gre ss iva me nte de vo no es se re pro do tti In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Pr of es sio na le • Ide nti fic are is og ge tti de ll’a tti vit àe co no mi ca • Ric on os ce re le rel az ion ie sis ten tif ra is og ge tti de ll’a tti vit àe co no mi ca • Ide nti fic are le ca rat ter ist ich ed ei va rit ipi di sis tem ie co no mi ci • Ind ivi du are le pri nc ipa lic ate go rie di im pre se in rel az ion ea lla for ma giu rid ica • Ind ivi du are le ca teg ori ed ila vo rat ori er ela tiv eq ua lifi ch e • Ric on os ce re le pri nc ipa lia ree op era tiv ed ell ’im pre sa • Ind ivi du are le tec nic he di org an izz az ion ed ell er iso rse • L’i mp re sa • Is og ge tti ec on om ici • Le pr inc ipa lif or me di im pr es a • Iv ar is ist em ie co no mi ci • L’o rg an izz az ion ea zie nd ale • L’o rg an izz az ion ee pia nif ica zio ne de lle at tiv ità a- zie nd ali • Ip rin cip ali se tto ri de ll’a tti vit àd iim pr es a As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Co no sc ei div ers is ist em id io rga niz za - zio ne pe rp ian ific are il lav oro ind ivi - du ale ei nt ea m av en do ch iar ol ’ob iet - tiv o fin ale e le fas ip rog res siv e pe r po rta re at erm ine ilc om pit oa ss eg na - to in mo do au ton om o Ric on os ce er isp ett al ef un zio ni sp ec ifi- ch ed ic ias cu na are ap er op era re co lla - bo rat iva me nte co ni lp rop rio gru pp od i lav oro ec on id ive rsi uff ici Ap pli ca in mo do au ton om oe dis tin gu e id ive rsi mo de lli di org an izz az ion e de l lav oro pe r il co ord ina me nto tec nic o de lle ris ors ep er as sic ura re l’o tti mi zza - zio ne de ite mp ie de ic os ti Pia nif ica ,in mo do au ton om o, ilp rop rio lav oro e/ o de lt ea m ind ivi du an do co n pro nte zza la su cc es sio ne de lle op era - zio ni e id oc um en ti ch e pro gre ss iva - me nte de vo no es se re pro do tti ,c on si- de ran do it em pi di ris po sta ed ev en - tua lis ca de nz e COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 144 6. An al iz za re il co nt es to so ci al e ed ec on om ic o ch e ca ra tte ri zz a gl ia ttu al im er ca ti de ll av or o e le te cn ic he di or ga ni zz az io ne de ll av or o e di ge st io ne de lp er so na le ad at te a ta le co nt es to Es em pi :c on l’a iu to di In te rn et ,g io rn al ie riv ist e sp ec ia liz za te ric er ca re le fig ur e pr of es sio na li m ag gi or m en te ric hi es te da lle az ien de ,l ’o ffe rta di la vo ro di sp on ib ile e le tip ol og ie di co nt ra tto pi ù ut ili zz at e Fo nt id il eg itt im az io ne :n or m at iv a re la tiv a al co nt ra tto di la vo ro su bo rd in at o e no n, CC N L, le gg e 62 6 su lla sic ur ez za e pr ev en zi on e de gl ii nf or tu - ni su ll av or o 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Ide nti fic are la no rm ati va ch er eg o- la ilc on tra tto di lav oro su bo rdi na to en on (co ntr att oa pro ge tto )p er op e- rar es ce lte org an izz ati ve Co mp ren de re le tem ati ch e ine ren ti la co sti tuz ion e, ge sti on e ed es tin - zio ne de l rap po rto di lav oro pe r ga ran tir e ido ne e sc elt e di org an iz- za zio ne An ali zza re ilm erc ato de lla vo ro ei l co nt es to so cia le ed ec on om ico att ua le pe rin div idu are nu ov ef igu re ep rof es sio ni ne ce ss ari ep er so dd i- sfa re le es ige nz e de l co nt es to att ua le Co no sc ere eo ss erv are la no rm ati - va ch er eg ola la sic ure zza el ap re- ve nz ion ed eg lii nfo rtu ni su lla vo ro e le pr oc ed ur e pr ev ist e ne i va ri am bie nti di lav oro Co gli es alt ua ria me nt el ad iff er en za tra iv ar ic on tra tti el en or me ch er eg ola no ilc on tra tto di lav or o Co mp re nd es alt ua ria me nt el ep rin cip a- lit em at ich ee le no rm ec he re go lan oi l ra pp or to di lav or o ma no n rie sc e ad ap pli ca rle Ind ivi du a id at ip iù ev ide nt ic he ca ra t- te riz za no ilm er ca to de lla vo ro ma no n le ca ra tte ris tic he ch e co nt ra dd ist in- gu on oi lc on te sto at tu ale Co no sc e so mm ar iam en te le no rm e a tu te la de ll av or at or e; dim os tra sc ar so int er es se pe rl e re go le e no n se mp re sa ad eg ua re i pr op ri co mp or ta me nt i all en or me di sic ur ez za Ide nti fic a le tip olo gie di co ntr att ip iù uti liz za tip er ill av oro su bo rdi na to en on el ep rin cip ali no rm ec he lid isc ipl ina no Co mp ren de le pri nc ipa lit em ati ch ei ne - ren ti la co sti tuz ion e ge sti on e ed es tin - zio ne de lra pp ort od ila vo ro ma le ge sti - sc ea de gu ata me nte in mo do sa ltu ari o An ali zza co n qu alc he inc er te zza il me rca to de ll av or o, ril ev an do id at i più sig nif ica tiv i pe r ind ivi du ar e la do ma nd a e l’o ffe rta ,g li sb oc ch ie le fig ur e pr of es sio na li ric hie ste da ll’a - zie nd a Co no sc el ep rin cip ali no rm ea tut ela de l lav ora tor e rel ati ve all a sic ure zza su l lav oro e pre ve nz ion e de gli inf ort un i; ind ivi du a le pri nc ipa li fig ure di rif eri - me nto ei co mp ort am en tie ss en zia lip er la pre ve nz ion ed eg lii nfo rtu ni Ide nti fic al et ipo log ie di co ntr att ip re- vis ti pe ri ll av oro su bo rdi na to e no n, la no rm ati va ch e li dis cip lin a; ind ivi - du a po ss ibi li sc elt e in ba se all a ne ce ss ità de ll’a zie nd a Co mp ren de le fon da me nta li tem ati - ch e e le pro ble ma tic he rel ati ve all a co sti tuz ion e, ge sti on e, ed es tin zio ne de lr ap po rto di lav oro su bo rdi na to e le ge sti sc e ad eg ua ta me nt e pe r ga ran tir eu na bu on ao rga niz za zio ne An ali zza il me rca to de ll av oro ,r ile - va nd oi da tin ec es sa rip er ind ivi du are la do ma nd a e l’o ffe rta ,g li sb oc ch ie le fig ure pro fes sio na lie me rge nti ,p er po te r ind ivi du ar e l’o rg an izz az ion e ric erc a pe rso na le ris po nd en te all e es ige nz ed ell ’az ien da Co no sc e e os se rva le fon da me nta li no rm ea tut ela de lla vo rat ore rel ati ve all as icu rez za su lla vo ro ep rev en zio - ne de gli inf ort un i;i nd ivi du al ep rin ci- pa li fig ure di rif eri me nto ad ott an do co mp ort am en ti ad eg ua ti pe rl a pre - ve nz ion ed eg lii nfo rtu ni In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Ide nti fic a, in mo do au ton om o, iv ari tip i di co ntr att op rev ist ip er ill av oro su bo rdi - na to en on ,la no rm ati va ch el id isc ipl ina el as ce lta più op po rtu na pe rl’ az ien da Co mp ren de le tem ati ch ee le pro ble ma ti- ch e rel ati ve all a co sti tuz ion e e ge sti on e di un rap po rto di lav oro ;le ge sti sc ec on co mp ete nz a e in au ton om ia al fin e di ga ran tir e un ’ot tim a org an izz az ion e de l lav oro An ali zza co n co mp ete nz a e cri tic ità il me rca to de l lav or o, ril ev an do i da ti ne ce ss ari pe ri nd ivi du are la do ma nd a e l’o ffe rta ch e em erg e da ll’a ttu ale co nte - sto so cia le ed ec on om ico ,g lis bo cc hi el e fig ure pro fes sio na lie me rge nti ,a lf ine di po ter de ter mi na re l’o rga niz za zio ne ric er- ca pe rso na le ris po nd en te all e es ige nz e de ll’a zie nd a Co no sc e e os se rva co n dil ige nz a e res po ns ab ilit àl en orm ea tut ela de lla vo - rat ore rel ati ve all as icu rez za su lla vo ro e pre ve nz ion e de gli inf ort un i; ind ivi du a tut te le fig ure di rif eri me nto e le pro ce - du re ne ce ss ari ea ga ran tir el ’ap pli ca zio - ne de lla leg ge ad ott an do co mp ort am en ti ad eg ua tip er la pre ve nz ion ei nr ife rim en - to ac ias cu na mb ito di lav oro Pr of es sio na le • Ind ivi du are le ca teg ori ed ila vo rat ori el er ela tiv eq ua lifi ch e • Co no sc ere ilc on ce tto di me rca to de lla vo ro ed is og ge tti ch ev io pe ran o • An ali zza re l’a nd am en to de lm erc ato de lla vo ro eg lis vil up pi leg ati all ’oc cu pa zio ne • Ind ivi du are le are ed im ag gio re sv ilu pp on el me rca to di lav oro na zio na le, co mu nit a- rio ed es ter o • Co no sc ere la no rm ati va ch er eg ola ilc on tra tto di lav oro su bo rdi na to en on • Co no sc ere ip rin cip ali co ntr att id ila vo ro • Co no sc ere la no rm ati va su lla sic ure zza su lla vo ro el ap rev en zio ne de gli inf ort un i • Le ca te go rie di lav or at or ie re lat ive qu ali fic he • La no rm at iva ch er eg ola ilr ap po rto di lav or o • Ilc on tra tto co lle tti vo na zio na le di lav or o • Le pr inc ipa lif ed er az ion in az ion ali de ila vo ra to ri • L’e vo luz ion ed el sin da ca to • Is og ge tti de lm er ca to de lla vo ro • Ilf lus so de ila vo ra to ri ne lc on te sto at tu ale • Le no rm es ull as icu re zza de lla vo ro el ap re ve nz ion ed eg lii nf or tu ni As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze 145 ALLEGATI 7. G es tir e le re la zi on is in da ca li Es em pi :: ric er ca re co n l’a iu to di In te rn et le op in io ni sin da ca li de il av or at or in eg li ul tim ia nn i, in di vi du ar e le ca us e ch e ha nn o de te rm in at o il co nf lit to e le fo rm e ch e ne ha nn o pe rm es so la so lu zio ne Fo nt id il eg itt im az io ne :n or m at iv a de ld iri tto de ll av or o, CC N L 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Co no sc ere e ap pli ca re la no rm ati - va de ll av oro e il ruo lo de lla co n- tra tta zio ne co lle tti va Ac qu isi re tec nic he di ne go zia zio ne ne ll’a mb ito de lle rel az ion i Ind ivi du are an ali zza re er iso lve re i pro ble mi pe rg iun ge re ad un as olu - zio ne ap pro pri ata Co no sc e su pe rfi cia lm en te la no rm ati va de ll av oro no n co gli en do l’im po rta nz a de lla co ntr att az ion ec oll ett iva Co no sc e alc un e tec nic he di rel az ion e, ma le ap pli ca co n dif fic olt à no n riu - sc en do ar iso lve re ic on flit ti Ind ivi du a ilp rob lem a se nz a riu sc ire ad ind ivi du are le ca us e pe rg iun ge re all a so luz ion e Co no sc e le pr inc ipa li no rm e ch e rig ua rda no ilm on do de lla vo ro, ilr uo lo de lla co ntr att az ion ec oll ett iva co gli en - do ne so lo gli as pe tti più rile va nti Ap pli ca ne ll’a mb ito de lle rel az ion i se mp lic it ec nic he di ne go zia zio ne in ca so di co nfl itt oc on ic oll eg hi Ind ivi du a ne lp rob lem a le pri nc ipa li ca us ee sa ltu ari am en te giu ng ea so lu- zio ni di ca si se mp lic i Co no sc e la no rm ati va de ll av oro ,l ’e- vo luz ion e, l’im po rta nz ae ilr uo lo de lla co ntr att az ion ec oll ett iva co gli en do l’e - vo luz ion ec he ha av uto ne lc ors od ell a sto ria Ap pli ca ne ll’a mb ito de lle re laz ion i ad eg ua te tec nic he di ne go zia zio ne pe r ris olv ere co nfl itt ie div erg en ze co n i co lle gh ie le fig ure ge rar ch ica me nte su pe rio ri Ind ivi du a, an ali zza er iso lve ip rob lem i giu ng en do as olu zio ni ad eg ua te In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za St or ico -so cio - ec on om ico Pr of es sio na le • Ind ivi du ar el ep rin cip ali no rm ec he re go lan oi lr ap po rto di lav or o • Co nf ro nt ar e ne lc or so de lla sto ria gli ev en ti so cia li ch e ha nn o po rta to ca mb ia- me nt in el mo nd od el lav or o • Co mp re nd er ei lm ut am en to de ll’a ttu ale me rca to de lla vo ro el ec au se ch el ’ha n- no pr od ot to • Co no sc er e gli ev en ti de lla riv olu zio ne ind us tri ale e co nf ro nt ar li co n l’a ttu ale co nt es to • Int er ag ire ut iliz za nd ot ec nic he di ne go zia zio ne • An ali zza re er iso lve re ilp ro ble ma • La na sc ita de ls ind ac at o • Le pr inc ipa lif ed er az ion id is ind ac at i • La riv olu zio ne ind us tri ale • L’e vo luz ion ed el lav or o • Ilc on tra tto di lav or o • Te cn ich ed ir ela zio ne • Pr ob lem so lvi ng As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Co no sc el an orm ati va de lla vo ro, l’im - po rta nz ae ilr uo lo de lla co ntr att az ion e co lle tti va co gli en do ,c on au ton om ia, co me èe vo lut an el co rso de lla sto ria Ap pli ca in mo do au ton om o e ap pro - pri ato ne ll’a mb ito de lle rel az ion il e tec nic he di ne go zia zio ne pe rr iso lve re co nfl itt ie div erg en ze ,s ia co n ic oll e- gh is ia co n fig ure ge rar ch ica me nte su pe rio ri Ind ivi du a an ali zza e ris olv e co n au to- no mi a ip rob lem ig iun ge nd o rap ida - me nte a pro po rre so luz ion ie ffi ca ci e co ere nti COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 146 Ru br ich e de lle co m pe te nz e pr of es sio na li de lt rie nn io di qu al ifi ca pr of es sio na le e de l qu ar to an no di di pl om a pr of es sio na le EL EN CO DE LL E CO M PE TE NZ E PR OF ES SI ON AL I 1. Ge sti re ilf ron to ffi ce el er ela zio ni int ern ee de ste rne 2. Eff ett ua re op era zio ni am mi nis tra tiv ec lie nti /fo rni tor i 3. Eff ett ua re op era zio ni fis ca lie d’a mm ini str az ion ed el pe rso na le 4. Ge sti re att ie do cu me nti 5. M atu rar eu na vis ion ec rit ica de lle pro ble ma tic he ec on om ich ee ge sti on ali ch ec ara tte riz za no la vit ae l’o rga niz za zio ne de ll’i mp res a 6. Co mp ren de re ed uti liz za re if on da me nta lim ec ca nis mi co nta bil ie gli str um en ti di co ntr oll og es tio na le tip ici de ll’a tti vit àd ’im pre sa 7. Sv ilu pp are le pro ce du re op era tiv ep er la ten uta de lla co nta bil ità in os se rva nz ad ell en orm ec ivi lis tic he ef isc ali in vig ore 8. Ge sti re le pro ce du re ep red isp orr el ad oc um en taz ion er ela tiv aa ll’a mm ini str az ion ed el pe rso na le in co nfo rm ità all ed isp os izi on ile ga lie tri bu tar ie 9. Sv ilu pp are ab itu din im en tal io rie nta te all ar iso luz ion ed ei pro ble mi ea lla ge sti on ed ei da ti ed ell ei nfo rm az ion id isp on ibi li 10 .U tili zza re gli str um en ti inf orm ati ci pe rl ag es tio ne de ip roc es si am mi nis tra tiv ie co nta bil i 11 .G es tir el ac om un ica zio ne co ni cli en ti (in ter ni ed es ter ni) an ch ei nl ing ua str an ier a Le co mp et en ze pr of es sio na li 1, 2, 3e 4s on o re la tiv e al tri en ni o di qu al ifi ca pr of es sio na le . Le co mp et en ze pr of es sio na li 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11 so no re la tiv e al qu ar to an no di di pl om a. 147 ALLEGATI 1. G es tir e il fr on t- of fic e e le re la zi on ii nt er ne ed es te rn e Es em pi :s im ul az io ne e ge st io ne de lla co m un ic az io ne co n en ti es te rn ie d uf fic ii nt er ni al l’a zi en da in di ve rs e lin gu e co n ut ili zz o de im ez zi di co m un i- ca zi on ep iù id on ei :i nv io di co nv oc az io ni ad as se m bl ee ,r el az io ni ,v er ba li, av vi si ed an nu nc id ’e ve nt i, ci rc ol ar i. Si m ul az io ni di co nv er sa zi on it el ef on ic he e co llo qu ic on va ri re fe re nt i. Fo nt id il eg itt im az io ne :D ec re to Le gg e 13 9 de l2 2 ag os to 20 07 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Ge sti re le rel az ion ii nte rpe rso na li uti liz za nd o mo da lità di co mu ni- ca zio ne ad eg ua te al co nt es to az ien da le in rap po rto ai ruo lie all e co mp ete nz e Co mu nic are ne lle div ers e lin gu e co nv ari me zzi :te lef on o/ fax ,c om u- nic az ion i sc rit te e or ali , me zzi tel em ati ci, uti liz za nd o ter mi no lo- gia tec nic ap rop ria de ll’a mb ito pro - fes sio na le M an ten ere ir ap po rti co na ltr ie nti pu bb lic i e pr iva ti e co n uf fic i int ern i,g es ten do ilf lus so inf orm a- tiv oi ntr a-a zie nd ale ed int er– az ien - da le, ne lr isp ett o de lla no rm ati va su lla pri va cy Co ns ult are im an ua li tec nic id eg li str um en ti (fa x, fot oc op iat ric e, etc .) ed ap pli ca re le ist ruz ion ip er un uti - liz zo ott im ale de gli ste ss i Int era gis ce co n fig ure di rif eri me nto , co n cu ih a già ins tau rat o un rap po rto co mu nic ati vo Co mp ren de e for nis ce co n dif fic olt à inf orm az ion in ell ed ive rse lin gu eu tili z- za nd o so lo im ez zi di co mu nic az ion e più co mu ni Co no sc ei nm od os up erf ici ale ira pp or- ti de ll’a zie nd ac on gli en ti es ter ni eg li uff ici int ern i Ev ide nz ia dif fic olt à ne l co ns ult are i ma nu ali tec nic i,u tili zza so lo le fun zio ni più se mp lic id eg lis tru me nti Int era gis ce co n va rie fig ure di rif eri - me nto uti liz za nd o mo da lità di co mu - nic az ion ei do ne e Co mu nic a ne lle div er se lin gu e in mo do se mp lic e pe ri nv iar e me ss ag gi e bre vi co mu nic az ion i uti liz za nd o i pri nc ipa lim ez zi di co mu nic az ion e Co no sc e gli en ti es ter ni e gli uff ici int er ni int er ag en ti co n l’a zie nd a, co no sc e la no rm ati va ch e reg ola la pri va cy Co mp ren de se mp lic ii str uz ion ir ela - tiv ea gli str um en ti eu tili zza le pri nc i- pa lif un zio ni Ad eg ua le mo da lità di co mu nic az ion e in ba se al co nte sto az ien da le ea iv ari int erl oc uto rii nte rni ed es ter ni Co mu nic an ell ed ive rse lin gu ec on lin - gu ag gio tec nic o co rre tto ed uti liz za i me zzi di co mu nic az ion ep iù ido ne i Co no sc ei rap po rti de ll’a zie nd ac on gli en ti es te rn i e gli uf fic i int er ni e ge sti sc e la co mu nic az ion e in co nfo r- mi tà all an orm ati va su lla pri va cy Co ns ult a im an ua li tec nic ip er uti liz - za re gli str um en tii nm od oa de gu ato In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Lin gu ag gi Pr of es sio na le • Int er ag ire ut iliz za nd oi va ri re gis tri • Int er ag ire in lin gu ai ta lia na • Int er ag ire in lin gu as tra nie ra • Ind ivi du ar ei ru oli el ef un zio ni ch er eg ola no la vit aa zie nd ale • Ind ivi du ar eg lie nt ip ub bli ci ep riv at ic he so no in ra pp or to co nl ea zie nd e • Ut iliz za re gli str um en ti re lat ivi all ac om un ica zio ne in us on ell ’az ien da • Ir eg ist ri di co mu nic az ion e • Ill es sic of on da me nt ale pe re sp rim er si ne lle div er se lin gu e • Co no sc en za de lp ro fil op ro fe ss ion ale • Ru oli ef un zio ni de gli en ti pu bb lic ie pr iva ti • No rm at iva su lla pr iva cy • M od ali tà di co mu nic az ion er ife rit ea lc on te sto az ien da le • Te rm ino log ia te cn ica pr op ria de ll’a mb ito pr of es sio na le in lin gu ai ta lia na e str an ier a • Flu ss iin fo rm at ivi int ra -a zie nd ali ed int er- az ien da li As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Ad eg ua co n pro nte zza le mo da lità di co mu nic az ion e in ba se al co nte sto az ien da le e all a sit ua zio ne ,d iff ere n- zia nd ole as ec on da de gli int erl oc uto ri int ern ie de ste rni Co mp re nd e, int er pr et a e fo rn isc e inf orm az ion in ell e div ers e lin gu e uti - liz za nd o ter mi ni tec nic ia pp rop ria ti e ge ste nd o il me zzo di co mu nic az ion e più ido ne o Ge sti sc el ac om un ica zio ne co ng lie nti es ter ni e co n gli uff ici int ern i, ne l ris pe tto de it erm ini ,d ell e sc ad en ze , mo da lità pre vis te da lle va rie no rm a- tiv e, os se rva nd ol en orm ec he reg ola no ilt rat tam en to de id ati se ns ibi li Le gg e e co mp ren de le ist ruz ion ic on - ten ute ne im an ua lit ec nic i,c on os ce le ca ra tte ris tic he e po te nz ial ità de gli str um en ti e liu tili zza in ma nie ra ott i- ma le ris olv en do se mp lic i pr ob lem i tec nic i COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 148 2. Ef fe ttu ar e op er az io ni am m in is tr at iv e cl ie nt i/ fo rn ito ri Es em pi :s im ul az io ne e ge sti on e di fa tti am m in ist ra tiv id iu n’ az ien da :c re az io ne de ll’ az ien da ,c re az io ne de gl ia rc hi vi cli en ti e fo rn ito ri, ac qu ist ie ve nd ita di be ni ,r eg ist ra zio ni de lle op er az io ni co nt ab ili ef fe ttu at e Fo nt id il eg itt im az io ne :i lC od ic e Ci vi le ,i lc on tr at to di co m pr av en di ta ,l a no rm at iv a IV A 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Ap pli ca re is ist em id ’ar ch ivi az ion e pe rg es tir e e ag gio rna re l’a rch ivi o cli en ti/ for nit ori Ap pli ca re le no rm e IVA rel ati ve all a fat tur az ion e ed em ett ere fat - tur ed iv en dit ad ib en ie se rvi zi ne l ris pe tto de lla no rm ati va Re gis tra re in ord ine cro no log ico le op era zio ni co nta bil iri lev an do id ati da id oc um en tio rig ina ri Ag gio rna re la po siz ion e co nta bil e de lc lie nte el ap os izi on ec on tab ile de ll’a zie nd an ei co nfr on tid ei for ni- tor i Ag gio rna re gli sc ad en za ri att ivi e pa ss ivi ,p red isp orr e un pro sp ett o pe rl e va rie sc ad en ze ,r ile va re la pri ori tà de ip ag am en ti Eff ett ua re pa ga me nti ed inc as si Or din a l’a rch ivi o cli en ti e fo rn ito ri se co nd o ic rit eri d’a rch ivi az ion e in us o ne ll’a zie nd a, ma ha dif fic olt à ne lla ge sti on ec om ple ss iva Em ett e se mp lic if att ure ,m a ev ide nz ia dif fic olt à in pre se nz a d’e lem en ti ch e co mp ort an o co no sc en ze più ap pro fon - dit ed ell an orm ati va IVA Re gis tra in ord ine cro no log ico se mp lic i op era zio ni co nta bil i, ma ne ce ss ita di co nfe rm a e su pp ort o ne ic as ic he pre - se nta no ma gg ior ec om ple ss ità Ag gio rna ire gis tri co nta bil id ei cli en tie de if orn ito ri se gli ès tat op ian ific ato il lav oro e ne ce ss ita di su pp ort o pe rl e op era zio ni più co mp les se Ag gio rna gli sc ad en za ri att ivi e pa ss ivi so lo se gli ès tat op ian ific ato ill av oro Co mp ila se mp lic i mo du li re lat ivi ai pa ga me nti ma ne ce ss ita di un su pp ort o pe rv eri fic arn el ’es att ez za Or din a e ag gio rna l’a rch ivi o cli en ti e for nit ori se co nd o i cri ter i d’a rch ivi - az ion ei nu so ne ll’a zie nd a Em ett ef att ure di ve nd ite ,n ed ist ing ue gli ele me nti es se nz ial i,a pp lic al an or- ma tiv aI VA di ba se ,u tili zza an ch ep ro- ce du re inf orm ati ch e Re gis tra se mp lic io pe raz ion ic on tab ili rel ati ve all a co mp rav en dit a in ord ine cro no log ico tra en do id ati da id oc u- me nti ori gin ari uti liz za nd oa nc he pro - ce du re inf orm ati zza te Ag gio rna ire gis tri co nta bil id ei cli en ti ef orn ito ri co mp ien do le op era zio ni di ord ina ria am mi nis tra zio ne Ag gio rna le va rie sc ad en ze rel ati ve all e ris co ss ion e e ai pa ga me nti ,p re- dis po ne un pro sp ett op er le va rie sc a- de nz e Co mp ila se mp lic im od uli rel ati vi ai pa ga me nti ea lle ris co ss ion i Ge sti sc ee ag gio rna l’a rch ivi oc lie nti e for nit ori ,s ec on do ic rit eri in us o ne l- l’a zie nd au tili zza nd oa nc he pro ce du re inf orm ati zza te Em ett e fat tur e di ve nd ita rel ati ve a be ni es erv izi ,n ed ist ing ue iv ari ele - me nti ,a pp lic a la no rm ati va IVA pre - vis ta ut iliz za nd o an ch e pr oc ed ur e inf orm ati zza te Re gis tra le op era zio ni co nta bil ic om p- les se rel ati ve all a co mp rav en dit a in ord ine cro no log ico tra en do id ati da i do cu me nti ori gin ali uti liz za nd o an ch e pro ce du re inf orm ati zza te Ag gio rna er eg ist ra le op era zio ni co n- tab ili de ic lie nti e l’o pe raz ion e co n- tab ile de ll’a zie nd a ne ic on fro nti de i for nit ori ne gli ap po sit ir eg ist ri uti liz - za nd oa nc he pro ce du re inf orm ati zza te Ag gio rna le va rie sc ad en ze rel ati ve all e ris co ss ion ie ai pa ga me nti ,p re- dis po ne un pro sp ett op er le va rie sc a- de nz e uti liz za nd o an ch e pro ce du re inf orm ati zza te Co mp ila la mo du lis tic an ec es sa ria pe r eff ett ua re pa ga me nti e ris co ss ion i att rav ers oi sti tut id ic red ito en on ,u ti- liz za nd o an ch e pro ce du re inf orm ati z- za te In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Ge sti sc ee ag gio rna l’a rch ivi oc lie nti e for nit ori , co dif ica nu ov i ins eri me nti se co nd oi cri ter id ’ar ch ivi az ion ei nu so ne ll’a zie nd ai nm od oa uto no mo ec or- re tto ut iliz za nd o an ch e pr oc ed ur e inf orm ati zza te Em ett e fat tur e di ve nd ita rel ati ve a be ni e se rvi zi in mo do au ton om o, ne dis tin gu ei va rie lem en ti, ap pli ca la no r- ma tiv aI VA ric hie sta ed eff ett ua ilc on - tro llo pri ma di ino ltr arl e uti liz za nd o an ch ep roc ed ure inf orm ati zza te Re gis tra le op era zio ni co nta bil ir ela - tiv e all a co mp ra ve nd ita in or din e cro no log ico tra en do id ati da id oc u- me nti ori gin ali in mo do au ton om o e pe rti ne nte uti liz za nd o an ch e pro ce - du re inf orm ati zza te Ag gio rna er eg ist ra le op era zio ni co n- tab ili de ic lie nti e l’o pe raz ion e co n- tab ile de ll’a zie nd a ne ic on fro nti de i for nit ori ne gli ap po sit ir eg ist ri, co n- sa pe vo le de ite mp ie de lle no rm ep re- vis ti da l Co dic e Ci vil e, ut iliz za nd o an ch ep roc ed ure inf orm ati zza te Ag gio rna co rre tta me nte e in pie na au ton om ia le va rie sc ad en ze rel ati ve all er isc os sio ni ea ip ag am en ti, ev ide n- zia in an tic ipo la sc ad en za al fin e di ris pe tta re it em pi e le pri ori tà, ino ltra ev en tua li so lle cit i uti liz za nd o an ch e pro ce du re inf orm ati zza te Ind ivi du a e co mp ila in mo do au ton om o la mo du lis tic a ido ne a pe r eff ett ua re pa ga me nti e ris co ss ion i tra mi te ist itu ti di cre dit oe no n, eff et- tua ilc on tro llo ,u tili zza nd oa nc he pro - ce du re inf orm ati zza te 149 ALLEGATI Pr of es sio na le • Ge sti re ea gg ior na re l’a rch ivi oc lie nt ie fo rn ito ri • Em et te re fa ttu re • Ri lev ar ei da ti da id oc um en ti or igi na ri • Re gis tra re in or din ec ro no log ico le op er az ion i • Ag gio rna re la po siz ion ec on tab ile de lc lie nte el ap os izi on ec on tab ile de ll’a zie n- da ne ic on fro nti de if orn ito ri • Ap pli ca re le no rm eI VA re lat ive all af at tu ra zio ne • Ag gio rn ar eg lis ca de nz ar ia tti vi ep as siv i • Pr ed isp or re un pr og et to pe rl ev ar ie sc ad en ze • Ri lev ar el ap rio rit àd ei pa ga me nt i • Pia nif ica re eg es tir ei lla vo ro co nt ab ile ine re nt ea do pe ra zio ni am mi nis tra tiv e • Si ste mi d’a rch ivi az ion e • Ilc on tra tto di co mp ra ve nd ita • M ez zi di pa ga me nt o • Re go le di re gis tra zio ne de lla co nt ab ilit àe lem en ta re • Sa nz ion ip er ma nc at op ag am en to ,p ro te sto • Int er es si di mo ra • Sa nz ion ip er la ma nc at ao er ra ta re gis tra zio ne As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 150 3. Ef fe ttu ar e op er az io ni fis ca li e di am m in is tr az io ne de lp er so na le Es em pi :g es tir el ef er ie, m al at tie ep er m es si; ve rs am en to di co nt rib ut ip re vi de nz ia li ea ss icu ra tiv i, ad em pi m en ti re la tiv ia ll’ as su nz io ne ,t ra sfo rm az io ne ec es - sa zio ne de lr ap po rto di la vo ro Fo nt id il eg itt im az io ne :I lC od ic e Ci vi le ,i lc on tr at to co lle tti vo na zi on al e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Sv olg er e at tiv ità di am mi nis - tra zio ne de lp ers on ale Te ne re ir eg ist ri re lat ivi all ag es - tio ne de lp er so na le Ris pe tta re le sc ad en ze leg ate ag li ad em pim en tip eri od ici M os tra dif fic olt à ed inc ert ez za ne ll’o c- cu pa rsi de ll’a mm ini str az ion ed el pe rso - na le ne lr isp ett o de lla no rm ati va e de l co ntr att o co lle tti vo na zio na le di rif eri - me nto vig en te Ag gio rna ire gis tri el am od uli sti ca co n- ne ss aa ll’a mm ini str az ion ed el pe rso na - le ch ied en do qu alc he de luc ida zio ne e co mm ett en do alc un ie rro ri, mo str an do di co no sc ere su pe rfi cia lm en te gli en ti co nn es si Cu ra, so lo su so lle cit az ion e, gli ad em pi- me nti pe rio dic i co nn es si all ’am mi ni- str az ion ed el pe rso na le an ch ea ttr av er- so l’u tili zzo di se mp lic is oft wa re ge sti o- na lic om me tte nd oa lcu ni err ori È in gra do di oc cu pa rsi ,c on qu alc he inc ert ez za , de ll’a mm ini str az ion e de l pe rso na le ne lri sp ett od ell an orm ati va ed el co ntr att oc oll ett ivo na zio na le di rif eri me nto vig en te Ag gio rna ir eg ist ri e la mo du lis tic a co nn es sa all ’am mi nis tra zio ne de lp er- so na le ch ied en do qu alc he de luc ida - zio ne ,m os tra nd o di co no sc ere su ffi - cie nte me nte gli en tic on ne ss i Cu ra gli ad em pim en ti pe rio dic ic on - ne ss ia ll’a mm ini str az ion e de lp ers o- na le an ch ea ttr av ers ol ’ut iliz zo di se m- pli ci so ftw are ge sti on ali È pr ec iso ne ll’a mm ini str az ion e de l pe rso na le, ne lr isp ett o de lla no rm ati - va ed el co ntr att oc oll ett ivo na zio na le di rif eri me nto vig en te Ag gio rna in mo do ord ina to ir eg ist ri e la mo du lis tic a co nn es sa all ’am mi ni- str az ion e de lp ers on ale ,g es ten do i rap po rti co ng lie nti co nn es si Cu ra co ns ap ev olm en te gli ad em pi- me nti pe rio dic ic on ne ss ia ll’a mm ini - str az ion e de lp ers on ale an ch e att ra- ve rso l’u tili zzo di se mp lic is oft wa re ge sti on ali In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Pr of es sio na le • Ap pli ca re la no rm at iva re lat iva all ’am mi nis tra zio ne de lp er so na le • Te ne re ir eg ist ri ob bli ga to ri pr ev ist id all an or ma tiv ap er ill av or os ub or din at o • Int er ag ire co n ip rin cip ali en ti as sic ur at ivi e pr ev ide nz ial ip er ir ela tiv ia de mp i- me nt ip er iod ici ea nn ua li • Ef fe ttu ar er eg ist ra zio ni di co nt ab ilit àe lem en ta re • Co mp ila re er eg ist ra re la do cu me nt az ion eb an ca ria ca rta ce ae te lem at ica re la- tiv aa gli inc as si ea ip ag am en ti • Ut iliz za re so ftw ar eg es tio na le pe rl at en ut ad ell ac on ta bil ità • Re gis tra re le fa ttu re di ac qu ist oe di ve nd ita ne ir isp et tiv ir eg ist ri IVA • De te rm ina re l’im po rto de ll’I VA da ve rsa re • Le pr inc ipa lin or me re lat ive all ’am mi nis tra zio ne de lp er so na le • Ilc on tra tto di lav or os ub or din at o • Ilc on tra tto co lle tti vo na zio na le de ls et to re di rif er im en to • Le re go le pe rl at en ut ad ei re gis tri ob bli ga to ri pe ri da to ri di lav or o • Ip rin cip ali en ti as sic ur at ivi e pr ev ide nz ial ip ub bli ci e pr iva ti e ir ela tiv i ad em pim en ti pe rio dic ie an nu ali • La no rm at iva fis ca le e pr ev ide nz ial e re lat iva al re dd ito di lav or o dip en - de nt ep er ild ipe nd en te ep er ild at or ed ila vo ro • Le re go le pe rl at en ut ad ell ac on ta bil ità ele me nt ar e • Le re go le pe rl at en ut ad ei re gis tri IVA • Le re go le pe ri lc alc olo de lla liq uid az ion eI VA • Le po te nz ial ità el ef un zio na lit àd el so ftw ar ea pp lic at ivo ge sti on ale As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze È au ton om o e pre cis o ne ll’a mm ini - str az ion e de lp ers on ale ,n el ris pe tto de lla no rm ati va ed el co ntr att oc oll et- tiv on az ion ale di rif eri me nto vig en te Ag gio rna co n au ton om ia e in mo do ord ina to ep rec iso ire gis tri el am od u- lis tic a co nn es sa all ’am mi nis tra zio ne de lp ers on ale ,g es ten do ott im am en te ira pp ort ic on gli en tic on ne ss i Cu ra in au ton om ia e co n co ns ap ev o- lez za gli ad em pim en ti pe rio dic ic on - ne ss ia ll’a mm ini str az ion e de lp ers o- na le an ch ea ttr av ers ol ’ut iliz zo di se m- pli ci so ftw are ge sti on ali 151 ALLEGATI 4. G es tir e at ti e do cu m en ti Es em pi :s im ul ar e op er az io ni am m in ist ra tiv e pr ed isp on en do ed ela bo ra nd o ve rb al i, ric hi es te su ca rta bo lla ta ,r ice zio ne ed em iss io ne di do cu m en ti di tra sp or to ,c om pi la zio ne ed in vi o fa x, ge sti on e em ai l, ge sti on e de lla ru br ica e de ll’ ag en da Fo nt id il eg itt im az io ne :p ro ce du re st an da rd iz za te ;n or m at iv a na zi on al e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Sa pe rle gg ere la mo du lis tic ar ela ti- va all ad oc um en taz ion ed ’uf fic io Co mp ila re att ie do cu me nti rif eri ti al co nte sto az ien da le di rif eri me nto Sm ist are e reg ist rar e de lla co r- ris po nd en za in en tra ta ed in us cit a Co mp ren de in mo do es se nz ial e e co n dif fic olt àl ei nfo rm az ion iri ch ies te pe rla co mp ila zio ne de lla mo du lis tic a/ do cu - me nta zio ne (an ch ei nf orm ae let tro nic a, pre dis po sta da gli uff ici ,e nti ,a zie nd e co nc ui ve ng on oi ntr att en uti rap po rti di lav oro ) Rip ort ai da tii nm od op arz ial me nte co r- ret to ec on più im pe rfe zio ni (ca nc ell atu - re, alt ro) . Pre pa ra la do cu me nta zio ne az ien da le int ern ac on ele me nti se mp lic ie de ss en - zia li Pro ce ss al ac orr isp on de nz ai ne ntr ata e in us cit a (al l’u ffi cio /ru olo co mp ete nte ) av va len do si de l su pp ort o inf orm ati co pe ril rel ati vo tra tta me nto (ar ch ivi az ion e inf orm ati ca ,p rot oc oll o inf orm ati co )i n mo do im pre cis o e co mm ett en do qu al- ch ee rro re Co mp ren de in mo do es se nz ial el ei nfo r- ma zio ni ric hie ste pe rl a co mp ila zio ne de lla mo du lis tic a/ do cu me nt az ion e (an ch ei nf orm ae let tro nic a) pre dis po sta da gli uff ici ,e nti ,a zie nd ec on cu iv en go - no int rat ten uti rap po rti di lav oro Rip ort ai da ti in mo do co rre tto ma co n qu alc he im pe rfe zio ne (ca nc ell at ur e, alt ro) . Pre pa ra la do cu me nta zio ne az ien da le int er na ar ric ch en do la in pa rte co n ap pro fon dim en tiu tili Pro ce ss al ac orr isp on de nz ai ne ntr ata e in us cit a (al l’u ffi cio /ru olo co mp ete nte ) av va len do si de ls up po rto inf orm ati co pe ril rel ati vo tra tta me nto (ar ch ivi az ion e inf orm ati ca ,p rot oc oll oi nfo rm ati co ) Co mp ren de ad eg ua tam en te le inf or- ma zio ni ric hie ste pe rl a co mp ila zio ne de lla mo du lis tic a/ do cu me nt az ion e (an ch ei nf orm ae let tro nic a) pre dis po - sta da gli uff ici ,e nti ,a zie nd e co n cu i ve ng on oi ntr att en uti rap po rti di lav oro Rip ort ai da tii nm od oc orr ett oe do rdi - na to. Pre pa ra la do cu me nta zio ne az ien da le int ern aa rri cc he nd ola co na pp rof on di- me nti uti li Pro ce ss al ac orr isp on de nz ai ne ntr ata ei nu sc ita (al l’u ffi cio /ru olo co mp ete n- te) in mo do co ns ap ev ole av va len do si de ls up po rto inf orm ati co pe ril rel ati vo tra tta me nto (ar ch ivi az ion e inf orm ati - ca ,p rot oc oll oi nfo rm ati co ) In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Lin gu ag gi Pr of es sio na le • Int er ag ire ut iliz za nd oi va ri re gis tri co mu nic at ivi • Int er ag ire in lin gu ai ta lia na • Int er ag ire in lin gu as tra nie ra co nl ’ut iliz zo di te rm ini te cn ici • Ind ivi du ar ei ru oli el ef un zio ni ch er eg ola no la vit aa zie nd ale • Ind ivi du ar eg lie nt ip ub bli ci ep riv at ic he so no in ra pp or to co nl ea zie nd e • Ut iliz za re gli str um en ti re lat ivi all ac om un ica zio ne in us on ell ’az ien da • Ir eg ist ri di co mu nic az ion e • Ill es sic of on da me nt ale pe re sp rim er si ne lle div er se lin gu e • M od ell id ile tte re co mm er cia li • Ru oli ef un zio ni de gli en ti pu bb lic ie pr iva ti • No rm at iva su lla pr iva cy • M od ali tà di co mu nic az ion er ife rit ea lc on te sto az ien da le • Te rm ino log ia te cn ica pr op ria de ll’a mb ito pr of es sio na le in lin gu ai ta lia na e str an ier a • Flu ss iin fo rm at ivi int ra -a zie nd ali ed int er- az ien da li • Ip rin cip ali me zzi di co mu nic az ion e pe ri lp as sa gg io de lle inf or ma zio ni (te lef on o, fa x, Int er ne t, po sta ele ttr on ica ) As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Co mp ren de co n es att ez za e au ton o- ma me nte le inf orm az ion ir ich ies te pe r la co mp ila zio ne de lla mo du lis tic a/ do cu me nta zio ne (an ch ei n for ma ele ttr on ica ) pre dis po sta da gli uff ici ,e nti ,a zie nd e co n cu iv en go no int rat ten uti rap po rti di lav oro Rip ort ai da tii nm od op rec iso ,c orr ett o ed ord ina to. Pre pa ra la do cu me nta zio ne az ien da le int ern a arr icc he nd ola co n ap pro fon di- me nti uti lie di llu str ati vi Pro ce ss a la co rri sp on de nz a in en tra ta ei nu sc ita (al l’u ffi cio /r uo lo co mp ete n- te) av va len do si de ls up po rto inf orm ati - co pe ril rel ati vo tra tta me nto (ar ch ivi a- zio ne inf orm ati ca ,p rot oc oll o inf orm a- tic o) mo str an do au ton om ia e pa dro - na nz as ia ne lp roc es so sia ne ll’u tili zza - zio ne de ls up po rto inf orm ati co COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 152 5. M at ur ar e un a vi si on e cr iti ca de lle pr ob le m at ic he ec on om ic he ge st io na li ch e ca ra tte ri zz an o la vi ta e l’o rg a- ni zz az io ne de ll’ im pr es a Es em pi :r es po ns ab ili tà in re la zio ne al ru ol o ric op er to ne ll’ am bi to az ien da le Fo nt id il eg itt im az io ne :C od ic e de on to lo gi co pr of es sio na le ,R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Co no sc ere l’o rga niz za zio ne ed i fa tti ec on om ico -g es tio na li ch e as su mo no rile va nz a ne lc on tes to az ien da le Ha un a co no sc en za pa rzi ale de ll’o rga - niz za zio ne d’i mp res a, co mp ren de if att i ec on om ico -ge sti on ali più se mp lic i e ge sti sc ec on dif fic olt ài lfl us so de ire la- tiv id ati /d oc um en tia nc he se gu ida to Ha un a co no sc en za es se nz ial e de l- l’o rg an izz az ion e d’i mp re sa , co m- pr en de ifa tti ec on om ico -g es tio na lie ge sti sc e il flu ss o de ir ela tiv id at i/ do cu me nt is olo se gu ida to Ha un a bu on a co no sc en za de ll’o rga - niz za zio ne d’i mp re sa , co mp re nd e i fat ti ec on om ico -ge sti on ali ed è in gra do di ge sti re il flu ss o de ir ela tiv i da ti/ do cu me nt i in au to no mi a e in un ’ot tic aa zie nd ale glo ba le In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za St or ico -so cia le • Int er ag ire co n co ns ap ev ole zza ed et ica ide nt ifi ca nd o ib iso gn ie le op po rtu nit à pr es en ti • Ap pr en de re in mo do ef fic ac ep er so rm on ta re gli os ta co lie pe rr ag giu ng er el ’o- bie tti vo fin ale • Le pr op rie str at eg ie di ap pr en dim en to • La pr op ria ca rri er ae sc he mi lav or at ivi • Pu nt id if or za ed id eb ole zza de lle pr op ri ab ilit à • Gl is tru me nt id io rie nt am en to dis po nib ili As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Ha pie na co gn izi on e de ll’o rg an iz- za zio ne d’i mp res a, co mp ren de if att i ec on om ico -ge sti on ali ed èi ng rad od i ge sti re ilf lus so de ir ela tiv id ati /d oc u- me nti in au ton om ia e in un ’ot tic a az ien da le glo ba le 153 ALLEGATI 6. Co m pr en de re ed ut ili zz ar e if on da m en ta li m ec ca ni sm ic on ta bi li e gl is tr um en ti di co nt ro llo ge st io na le tip i- ci de ll’ at tiv ità d’ im pr es a Es em pi :c om pi la zi on e pr im a no ta ,a gg io rn am en to sc rit tu re co nt ab ili (li br o gi or na le ) Fo nt id il eg itt im az io ne :C od ic e Ci vi le ,N or m at iv a co nt ab ile na zi on al e, N or m at iv a co m un ita ria ,L eg isl az io ne N az io na le 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Co no sc ere ed uti liz za re la str utt ura de ls ist em a co nta bil e e le reg ole pe r la te nu ta de lla co nt ab ilit à se co nd o il me tod o de lla pa rti ta do pp ia Pro ce de re all ar ile va zio ne sis tem a- tic ad ell eo pe raz ion id ig es tio ne sia d’o rd ina ria sia di str ao rd ina ria am mi nis tra zio ne pa dro ne gg ian do sia le tec nic he co nta bil id iti po tra - diz ion ale sia ele ttr on ich e Ge sti re i ra pp or ti d’o rd ina ria am mi nis tra zio ne tra ba nc he ed im pre sa Ide nti fic ac on dif fic olt ài da tid at ras fer i- re ne ili bri co nta bil i Re gis tra le op era zio ni sia in for ma ca rta - ce as ia ele ttr on ica co ni nc ert ez za Ag gio rna le sc rit tur ec on tab ili sa ltu ari a- me nte ,i nte rag isc e co n dif fic olt à co n le ba nc he Ide nt ifi ca id at id at ra sfe rir en ei lib ri co nt ab ili Re gis tra le op er az ion is ia in fo rm a ca rta ce a sia ele ttr on ica ch ied en do alc un ei nf or ma zio ni Ag gio rn a le sc rit tu re co nt ab ili, fa fa tic aa di nt er ag ire co nl eb an ch e Ide nti fic ac on pre cis ion ee pu ntu ali tà i da ti da tra sfe rir e ne il ibr ic on tab ili ag gio rna nd oli Re gis tra co mp iut am en te le op era zio ni sia in for ma ca rta ce a sia ele ttr on ica ch ied en do alc un ei nfo rm az ion i Ag gio rna le sc rit tur e co nta bil ip eri - od ica me nt e, int er ag isc e co n le ba nc he In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Pr of es sio na le Sc ien tif ico -te cn olo gic o • Ri co no sc er el as tru ttu ra ec on om ico -p at rim on ial ea zie nd ale • Ap pli ca re le dif fe re nz ef ra pa tri mo nio er ed dit o • Ap pli ca re le re go le di co nt ab iliz za zio ne co ni lm et od od ell ap ar tit ad op pia • Ri co no sc er el ’or ga niz za zio ne az ien da le • Cu ra re ils up po rto inf or ma tic op er la re ali zza zio ne de lla vo ro el ’ap pr en dim en to di un ad eg ua to us od iIn te rn et ed ell es ue ris or se • Le dif fe re nz ef ra pa tri mo nio er ed dit o • Pr inc ipi de lla Co nt ab ilit à • Ilm et od od ell ap ar tit ad op pia • Lin gu ag gi sp ec ifi ci et ec nic i As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Ide nti fic ai nm od oa uto no mo id ati da tra sfe rir en ei lib ric on tab ili ag gio rna n- do li Re gis tra co mp iut am en te e in mo do au ton om o le op era zio ni sia in for ma ca rta ce as ia ele ttr on ica Ag gio rna le sc rit tur ec on tab ili in mo do sis tem ati co , int era gis ce au ton om a- me nte co nl eb an ch e COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 154 7. Sv ilu pp ar e le pr oc ed ur e op er at iv e pe r la te nu ta de lla co nt ab ili tà in os se rv an za de lle no rm e ci vi lis tic he e fis ca li in vi go re Es em pi :t en ut a lib ri co nt ab ili ,t en ut a lib ro so ci, lib ro de gl ii nv en ta ri Fo nt id il eg itt im az io ne :C od ic e Ci vi le ,N or m at iv a fis ca le 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Ri co no sc er e i re gim i co nt ab ili fis ca lie di lib rio bb lig ato rie no n Co mp ren de re le fin ali tà di red az io- ne de lb ila nc io di es erc izi o Di sti ng ue re le div ers e tip olo gie di ac ce rta me nto fis ca le e la rel ati va do cu me nta zio ne Di sti ng ue co nd iff ico ltà id ive rsi reg im i co nta bil i, co no sc e pa rzi alm en te il ibr i ob bli ga tor ie no n, pre vis ti da cia sc un o di es si. Ide nti fic ac on inc ert ez za l’a pp li- ca bil ità de ire gim ic on tab ili Ap pli ca in mo do sa ltu ari ol et ec nic he e le fin ali tà di red az ion e de lb ila nc io di es erc izi o; lo leg ge pa rzi alm en te Co no sc ep arz ial me nte le fas id ell ’ac ce r- tam en to fis ca le. In qu ell o dir ett o, è in gra do di so dd isf are as ten to le ric hie ste de l pe rso na le de ll’a mm ini str az ion e fin an zia ria rap po rta nd os ic on lo ste ss o in mo do po co pro fes sio na le. Ap pli ca co n dif fic olt à gli stu di di se tto re all a cli en tel ai nc on tab ilit às em pli fic ata Di sti ng ue id ive rsi re gim ic on ta bil i co n qu alc he inc er te zza , co no sc e su pe rfi cia lm en te il ibr io bb lig at or ie no n, pr ev ist i da cia sc un o di es si. Ide nt ifi ca l’a pp lic ab ilit à de ir eg im i co nt ab ili a ric or re re de ip re su pp os ti co sì co me pr ev ist o da lla no rm at iva vig en te Ap pli ca co nq ua lch ei nc ert ez za le tec - nic he e le fin ali tà di red az ion e de l bil an cio di es erc izi o; lo leg ge in og ni su ap art e Co no sc e le fa si de ll’a cc er ta me nt o fis ca le. In qu ell o dir et to ,è in gr ad o di so dd isf ar ei np ar te le ric hie ste de l pe rso na le de ll’ am mi nis tra zio ne fin an zia ria ra pp or ta nd os i co n lo ste ss o in mo do ab ba sta nz a pr of es - sio na le. Ap pli ca gli stu di di se tto re all ac lie nt ela in co nt ab ilit às em pli fi- ca ta Di sti ng ue id ive rsi reg im ic on tab ili, co no sc ei lib rio bb lig ato rie no n, pre vi- sti da cia sc un o di es si. Ide nti fic a co n es at te zza l’a pp lic ab ilit à de i re gim i co nta bil ia ric orr ere de ip res up po sti co sì co me pre vis to da lla no rm ati va vig en te Ap pli ca le tec nic he e le fin ali tà di red az ion e de lb ila nc io di es erc izi o; lo leg ge in og ni su a pa rte ed es pri me un ae ss en zia le va lut az ion es ul ris ult a- to di es erc izi o Co no sc e le fa si de ll’a cc er ta me nt o fis ca le. In qu ell od ire tto ,è in gra do di so dd isf are le ric hie ste de lp ers on ale de ll’a mm ini str az ion e fin an zia ria rap - po rta nd os ic on lo ste ss o, ris pe tta nd o ruo li e co mp ete nz e. Ap pli ca gli stu di di se tto re all a cli en tel a in co nta bil ità se mp lifi ca ta in mo do ad eg ua to In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Lin gu ag gi Pr of es sio na le • Int er ag ire ut iliz za nd oi va ri re gis tri co mu nic at ivi • Int er ag ire in lin gu ai ta lia na • Ap pli ca re le din am ich ep at rim on ial ie re dd itu ali • Ap pli ca re le te cn ich ed ir ed az ion ed el bil an cio di es er ciz io • Ap pli ca re le fa si de ll’a cc er ta me nt of isc ale dir et to ei nd ire tto • Ap pli ca re le te cn ich ed ic on ta bil ità se mp lif ica ta • Ir eg ist ri di co mu nic az ion e • Ill es sic of on da me nt ale pe re sp rim er si ne lle div er se lin gu e • No rm at iva su lla pr iva cy • Te rm ino log ia te cn ica pr op ria de ll’a mb ito pr of es sio na le in lin gu ai ta lia na e str an ier a • Flu ss iin fo rm at ivi int ra -a zie nd ali ed int er- az ien da li As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Di sti ng ue pro nta me nte e co n au ton o- mi ai div ers ire gim ic on tab ili, co no sc ei lib ri ob bli ga tor ie no n, pre vis ti da cia - sc un od ie ss i.I de nti fic ac on es att ez za e pre cis ion e l’a pp lic ab ilit à de ir eg im i co nta bil ia ric orr ere de ip res up po sti co sì co me pre vis to da lla no rm ati va vig en te Ap pli ca pe rfe tta me nte le tec nic he el e fin ali tà di red az ion e de lb ila nc io di es erc izi o; èi ng rad od ile gg erl oi no gn i su ap art ee di es pri me re un as ua va lu- taz ion es ul ris ult ato di es erc izi o Co no sc e le fa si de ll’a cc er ta me nt o fis ca le. In qu ell od ire tto ,è in gra do di so dd isf are au ton om am en te le ric hie - ste de lp ers on ale de ll’a mm ini str az ion e fin an zia ria rap po rta nd os ic on lo ste s- so ,r isp ett an do ruo li e co mp ete nz e. Ap pli ca co n pa dro na nz a e au ton om ia gli stu di di se tto re all ac lie nte la in co n- tab ilit às em pli fic ata 155 ALLEGATI 8. G es tir e le pr oc ed ur e e pr ed is po rr e la do cu m en ta zi on e re la tiv a al l’a m m in is tr az io ne de lp er so na le in co nf or - m ità al le di sp os iz io ni le ga li e tr ib ut ar ie Es em pi :s im ul az io ne e ge sti on e di pr oc ed ur e re la tiv e ag li ad em pi m en ti pr ev ist id al la leg ge pe ri ll av or o su bo rd in at o (a ss un zio ne ,a ss icu ra zio ne pr es so En ti pr ev id en zia li, in qu ad ra m en to re tri bu tiv o) e di op er az io ni d’ ac qu ist o e di ve nd ita di m er ce o se rv izi ,r ile va nd o id at id a do cu m en ti or ig in ar ip er la lo ro re gi - str az io ne ,u til izz an do so ftw ar es pe cif ici ge sti on al i Fo nt id il eg itt im az io ne :I lC od ic e Ci vi le ,i lc on tr at to co lle tti vo na zi on al e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Ap pli ca re a sit ua zio ni co nc ret e la no rm ati va rel ati va all ’am mi nis tra - zio ne de lp ers on ale e il co ntr att o co lle tti vo na zio na le di rif eri me nto Co mp ila re ea gg ior na re ir eg ist ri e la mo du lis tic a rel ati va all ’am mi ni- str az ion ed el pe rso na le Eff ett ua re reg ist raz ion i co nta bil i ele me nta ri pe r l’a gg ior na -m en to de ire gis tri ed ei lib ric on tab ili Ge sti re so ftw are ge sti on ali pe r reg ist raz ion ic on tab ili ele me nta rie la sta mp ad ei reg ist ri ed oc um en ti pre vis tid all an orm ati va De ter mi na re l’im po rto IVA da ve r- sa re, e co mp ila re la mo du lis tic a ne ce ss ari ap er ilv ers am en to Ap pli ca le pr inc ipa li no rm e re lat ive all ’am mi nis tra zio ne de lp ers on ale ,m a de ve es se re gu ida to ne lla se qu en za de lle op era zio ni Co mp ila ea gg ior na sa ltu ari am en te ire gis tri ob bli ga tor ip er ill av oro dip en de nte in mo do im pre cis oe av olt ei nc om ple to Eff ett ua se mp lic ir eg ist raz ion ic on tab ili in mo do ap pro ss im ati vo Ut iliz za so lo alc un ef un zio ni de ls oft wa re ge sti on ale pe rl ’el ab ora zio ne de lla co n- tab ilit à, co mp ien do av olt ei ne sa tte zze De ter mi na l’im po rto de lla liq uid az ion e IVA co ni mp rec isi on ie co mp ila la mo du - lis tic an ec es sa ria in mo do ap pro ss im a- tiv o Ap pli ca le no rm e rel ati ve all ’am mi ni- str az ion ed el pe rso na le, pe ri pri nc ipa - lia de mp im en tip rev ist id all al eg ge Co mp ila ea gg ior na ir eg ist ri ob bli ga - tor ip er ill av oro dip en de nte rel ati vo a se mp lic io pe raz ion i Eff ett ua se mp lic ir eg ist raz ion ic on ta- bil ip er l’a gg ior na me nto de ili bri co n- tab ili Ut iliz za le fun zio ni più se mp lic id el so ftw are ge sti on ale pe rl’ ela bo raz ion e de lla co nta bil ità ele me nta re De ter mi na l’im po rto de lla liq uid az ion e IVA ne ic as ip iù se mp lic ie co mp ila la mo du lis tic a ne ce ss ari a pe ri lv ers a- me nto ne lle su ep art ip iù es se nz ial i Ap pli ca la no rm ati va rel ati va all ’am mi - nis tra zio ne de lp ers on ale pe ri pri nc i- pa li ad em pim en ti pre vis ti da lla leg ge in mo do op po rtu no Co mp ila e ag gio rna ir eg ist ri ob bli ga - tor ip er ill av oro dip en de nte el am od u- lis tic an ec es sa ria in mo do ap pro pri ato Eff ett ua reg ist raz ion i di co nta bil ità ele me nta re pe r l’a gg ior na me nto de i reg ist ri e de il ibr ic on tab ili co n pre ci- sio ne Ut iliz za in mo do ap pro pri ato le pri nc i- pa li fun zio ni de is oft wa re ge sti on ali pe r l’e lab ora zio ne de lla co nta bil ità ele me nta re co ne sa tte zza De ter mi na l’im po rto de lla liq uid az ion e IVA ec om pil al am od uli sti ca ne ce ss a- ria pe ril ve rsa me nto co np rec isi on e In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Pr of es sio na le Sc ien tif ico -te cn olo gic o • Em et te re fa ttu re • Ri lev ar ei da ti da id oc um en ti or igi na ri • Re gis tra re in or din ec ro no log ico le op er az ion i • Ag gio rn ar el ap os izi on ec on ta bil ed el cli en te el ap os izi on ec on ta bil ed ell ’az ien - da ne ic on fro nt id ei fo rn ito ri • Ap pli ca re le no rm eI VA re lat ive all af at tu ra zio ne • Do cu me nt ar el ar et tif ica di un ao pe ra zio ne fa ttu ra ta pr ec ed en te me nt e • Ap pli ca re ip rin cip ali re gim iIV A • Ag gio rn ar eg lis ca de nz ar ia tti vi ep as siv i • Pr ed isp or re un pr og et to pe rl ev ar ie sc ad en ze • Ri lev ar el ap rio rit àd ei pa ga me nt i • Pia nif ica re eg es tir ei lla vo ro co nt ab ile ine re nt ea do pe ra zio ni am mi nis tra tiv e • Cu ra re ils up po rto inf or ma tic op er la re ali zza zio ne eg es tio ne de lla vo ro • Si ste mi d’a rch ivi az ion e • Ilc on tra tto di co mp ra ve nd ita • M ez zi di pa ga me nt o • Re go le di re gis tra zio ne de lla co nt ab ilit àe lem en ta re • Sa nz ion ip er ma nc at op ag am en to ,p ro te sto • Int er es si di mo ra • Sa nz ion ip er la ma nc at ao er ra ta re gis tra zio ne • M od ali tà di ve rsa me nt od ell ’IV A • M od ell id ip ag am en to • Lin gu ag gi sp ec ifi ci et ec nic i As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Ap pli ca la no rm ati va rel ati va all ’am - mi nis tra zio ne de lp ers on ale pe rtu tti gli ad em pim en ti pre vis ti da lla leg ge ,i n mo do se qu en zia le ea uto no mo Co mp ila e ag gio rna ir eg ist ri ob bli ga - tor ip er ill av oro dip en de nte el am od - uli sti ca ne ce ss ari a, ge ste nd o au ton o- ma me nte ite mp ie le sc ad en ze Eff ett ua reg ist raz ion id ic on tab ilit àe le- me nta re pe rl ’ag gio rna me nto de ir eg - ist rie de ili bri co nta bil ic on au ton om ia, ve rif ica nd ol ’es att ez za fin ale de lla vo ro Ut iliz za co np ad ron an za ea uto no mi al e pri nc ipa li fun zio ni de is oft wa re ge s- tio na lis ia pe rl’ ela bo raz ion ed ell ac on - tab ilit à ele me nta re sia pe rl a sta mp a de ire gis tri pre vis tid all an orm ati va De ter mi na l’im po rto de lla liq uid az ion e IVA e co mp ila la mo du lis tic a ne ce s- sa ria pe r il ve rsa me nt o in pie na au ton om ia e ne lr isp ett o de it em pi e de lle sc ad en ze COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 156 9. Sv ilu pp ar e ab itu di ni m en ta li or ie nt at e al la ri so lu zi on e de ip ro bl em ie al la ge st io ne de id at ie de lle in fo r- m az io ni di sp on ib ili Es em pi :a ffr on ta re e ris ol ve re un pr ob lem a sig ni fic at iv o tra m ite la vo ro di gr up po ;g es tir e le sit ua zio ni di cr isi e di co nf lit to ;c on di vi de re co n gl ia ltr ii pr o- pr is ap er ie co m pe te nz e Fo nt id il eg itt im az io ne :R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Re pe rir e au ton om am en te tut te le inf orm az ion ii ne ren ti l’a nd am en to fin an zia rio , ec on om ico , pa tri mo - nia le de ll’i mp res a an ch e da sc a- de nz ari ep art ita ri, rile va nd oe ve n- tua lis itu az ion ic rit ich e Co mp ren de re e int erv en ire co lla - bo ra tiv am en te ne lle de cis ion i d’i mp res a sia a liv ell o fin an zia rio ch eg es tio na le Ind ivi du a le inf orm az ion ip iù es se nz ial i ch e gli pe rm ett on o il rag giu ng im en to de ll’o bie tti vo pre vis to so lo do po ric hie - sta .R ile va ev en tua lip rob lem ic on rit ar- do Ap po rta ils uo co ntr ibu to ne lle de cis io- ni co n dif fic olt à, co lla bo ran do co n gli alt rii nm od os ten tat o Ag isc e co n pr op ria ini zia tiv a, ind ivi - du an do tu tte qu ell e inf or ma zio ni ut ili ch eg lip er me tto no ilr ag giu ng i- me nt od eg lio bie tti vi pr ev ist i.R ile va so lo le pr ob lem at ici tà più co mu ni Ap po rta ils uo co nt rib ut on ell ed ec i- sio ni, co lla bo ra nd oc on gli alt ri Ag isc ec on ini zia tiv a, ind ivi du an do pre - cis am en te tut te qu ell e inf orm az ion i uti li ch e gli pe rm ett on o il rag giu ng i- me nto de gli ob iet tiv ip rev ist i.P rev ien e ev en tua lip rob lem ati cit à Ap po rta in mo do ap pro pri ato il su o co ntr ibu to ne lle de cis ion i, co lla bo ran - do ea pp ren de nd od ag lia ltr i In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Lin gu ag gi • Int er ag ire ut iliz za nd oi va ri re gis tri co mu nic at ivi • Int er ag ire in lin gu ai ta lia na • Ir eg ist ri di co mu nic az ion e • Ill es sic of on da me nt ale pe re sp rim er si ne lle div er se lin gu e As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Ag isc e co n ini zia tiv a e au ton om ia, ind ivi du an do pre cis am en te e glo ba l- me nte tut te qu ell e inf orm az ion iu tili ch e gli pe rm ett on o il rag giu ng im en to de gli ob iet tiv ip rev ist i.P rev ien ee ve n- tua li pro ble ma tic ità rec up era nd o le po ss ibi lia no ma lie Ap po rta in mo do co ns ap ev ole ed ap pro pri ato il su o co ntr ibu to ne lle de cis ion i, co lla bo ran do e ap pre nd en - do att iva me nte da lr ap po rto co n gli alt ri 157 ALLEGATI 10 .U til iz za re gl is tr um en ti in fo rm at ic ip er la ge st io ne de ip ro ce ss ia m m in is tr at iv ie co nt ab ili Es em pi :r ed az io ne di co m un ica zio ni co m m er cia li, let te re ,g es tio ne cli en ti, ge sti on e fo rn ito ri, ge sti on e sc ad en zia ri Fo nt id il eg itt im az io ne :R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Ut iliz za re gli str um en ti inf orm ati ci pe rla ge sti on ed ei pro ce ss ia mm i- nis tra tiv o e co nt ab ili (Pe rso na l Co mp ute r,V ide os cri ttu ra, Fo gli od i ca lco lo, Da tab as e, po sta ele ttr on i- ca ) Ut iliz za re il so ftw are ge sti on ale pe rl ’in se rim en to de id ati am mi ni- str ati vo co nta bil i Ut iliz za in mo do im pre cis og lis tru me nti inf orm ati ci tip ici de lla sit ua zio ne pro - fe ss ion ale . Az ion a co n dif fic olt à i co ma nd ip er il rag giu ng im en to de ll’o - bie tti vo pre vis to Ins eri sc ei da tic on im pre cis ion io ma n- ca nz e, èc on ce ntr ato in mo do dis co nti - nu o, pre dis po ne la sta mp ad ia lcu ni ela - bo rat i Ut iliz za co rre tta me nt e gli str um en ti inf or ma tic i tip ici de lla sit ua zio ne pr of es sio na le as ec on da de lla sit ua - zio ne ric hie sta (le tte re , ca lco li, ge sti on e di da ta ba se ,p os ta ele ttr o- nic a). Az ion a ic om an di pe ri lr ag giu ng i- me nt o de ll’o bie tti vo pr ev ist o co n qu alc he inc er te zza Ins er isc ei da tic or re tta me nt e, èc on - ce nt ra to ne ll’i mp ut az ion ed eg lis te s- si, pr ed isp on e la sta mp a de gli ela - bo ra ti Ut iliz za se nz a inc ert ez za gli str um en ti inf orm ati ci tip ici de lla fig ura pro fes - sio na le a se co nd a de lla sit ua zio ne ric hie sta (le tte re, ca lco li, ge sti on e di da tab as e, po sta ele ttr on ica ).È pre cis o ne ll’ az ion are ic om an di pe r il rag - giu ng im en to de ll’o bie tti vo pre vis to Ins eri sc ei da ti co rre tta me nte co np re- cis ion e, èc on ce ntr ato ne ll’i mp uta zio ne de gli ste ss i, pre dis po ne la sta mp a de gli ela bo rat i In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Lin gu ag gi Pr of es sio na le Sc ien tif ico -te cn olo gic o • Int er ag ire ut iliz za nd oi va ri re gis tri co mu nic at ivi • Int er ag ire in lin gu ai ta lia na • Ag ire ca pa cit à lin gu ist ich e e co mu nic at ive se ns ibi liz za nd o l’u so de lla lin gu a str an ier ac on l’im pie go di te rm ini te cn ici • Co mu nic ar ec on ip rin cip ali re fe re nt ic om me rci ali di un ’az ien da ou no stu dio pr o- fe ss ion ale • An ali zza re ilm er ca to di rif er im en to ed ell ei nf lue nz ec he lo ste ss op uò av er es ul- l’a nd am en to az ien da le • An ali zza re ed ec ide re ,s ce gli en do tra div er si op er at or ic om me rci ali et ra div er se cla us ole ec on diz ion ip ro po ste da gli ste ss i • Cu ra re il su pp or to inf or ma tic o pe rl a re ali zza zio ne e ge sti on e de ll av or o e l’a p- pr en dim en to di un ad eg ua to us od iIn te rn et ed ell es ue ris or se • Ir eg ist ri di co mu nic az ion e • Ill es sic of on da me nt ale pe re sp rim er si ne lle div er se lin gu e • Lin gu ag gio te cn ico tip ico de lle tra ns az ion ic om me rci ali in lin gu a ita l- ian a/ str an ier a • Cl au so le tip ich ed ell eo pe ra zio ni co mm er cia lin az ion ali ec on l’e ste ro • No rm at iva co mm er cia le ef isc ale di rif er im en to pe rl et ra ns az ion ia liv el- lo na zio na le ei nt er na zio na le • Lin gu ag gi sp ec ifi ci et ec nic i As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Ut iliz za co n au ton om ia, rap idi tà, e se nz a inc ert ez za gli str um en ti inf or- ma tic iti pic id ell af igu ra pro fes sio na le a se co nd a de lla sit ua zio ne ric hie sta (le tte re, ca lco li, ge sti on ed id ata ba se , po sta ele ttr on ica ). È mo lto pre cis o e sic uro ne ll’ az ion are ic om an di pe ri l rag giu ng im en to de ll’o bie tti vo pre vis to Ins eri sc ei da tic orr ett am en te co np re- cis ion e, è co nc en tra to, è ve loc e ne l- l’im pu taz ion ed eg lis tes si, pre dis po ne la sta mp a de gli ela bo rat in ei giu sti tem pi di co ns eg na COMUNITÀ PROFESSIONALE AZIENDALE E AMMINISTRATIVA 158 11 .G es tir e la co m un ic az io ne co n ic lie nt i( in te rn ie d es te rn i), an ch e in lin gu a in gl es e Es em pi :r isp on de re al le ric hi es te co m m er cia li e co nt ab ili di az ien de es te re sia in fo rm a sc rit ta (le tte re co m m er cia li) sia in fo rm a or al e (c on ve rs az io ne te le- fo ni ca ) Fo nt id il eg itt im az io ne :R eg ol am en to de ll’ ob bl ig o di ist ru zi on e 1P AR ZI AL E 2B AS IL AR E 3A DE GU AT O 4E CC EL LE NT E Co mp re nd er et es ti ed oc um en ti a co nt en ut o te cn ico e co mm er cia le in lin gu ai ng les e Re dig er e te sti e do cu me nt ic om - me rci ali ,in lin gu ai ng les e, ela bo - ra nd o sia ris po ste co nf or mi all e ric hie ste da pa rte de lc lie nt e sia ric hie ste in lin ea co n la co mu ni- ca zio ne az ien da le Co nv ers are dir ett am en te ot ele fo- nic am en te co ni lc lie nte ,in lin gu a ing les e, pe rc om un ica rgl ila do cu - me nta zio ne ch eè ten uto ap rod ur- re e il reg im e co nta bil e a cu iè so gg ett o Co mp ren de co nm olt af ati ca ils ign ific a- to di tes ti e do cu me nti sc rit ti in lin gu a ing les e, de no tan do il po ss es so di un glo ss ari o po ve ro di ter mi ni tec nic ie pro fes sio na lii nl ing ua str an ier a Co mp on et es tie do cu me nti co mm erc ia- lii nl ing ua ing les eu tili zza nd ou nl es si- co co mm erc ial e e tec nic o mo lto ele - me nta re. Ris po nd ec on mo lta dif fic olt à in sit ua zio ni ch e ric hie do no ve loc ità di red az ion e Co nv ers a co n dif fic olt à rip ete nd o più vo lte le ric hie ste er isp on de uti liz za nd o un lin gu ag gio pro fes sio na le fra mm en - tar io e no n mo lto co mp ren sib ile da l cli en te ste ss o Co mp ren de co nd iff ico ltà ils ign ific ato di tes ti e do cu me nti sc rit ti in lin gu a ing les e, de no tan do il po ss es so di un se mp lic eg los sa rio di ter mi ni tec nic ie pro fes sio na lii nl ing ua str an ier a Co mp on et es ti ed oc um en ti co mm er- cia lii nl ing ua ing les ec on pa dro na nz a di un les sic o co mm erc ial e e tec nic o se mp lic e. Ris po nd e co n inc ert ez za in sit ua zio ni ch e ric hie do no ve loc ità di red az ion e Co nv ers ac on ilc lie nte ,c om pre nd en - do gli as pe tti più im po rta nti de lle su e ric hie ste ,r isp on de uti liz za nd o un lin - gu ag gio pro fes sio na le es se nz ial er ife - rit o all a do cu me nta zio ne e al reg im e co nta bil e Co mp ren de il sig nif ica to di tes ti e do cu me nti sc rit tii nl ing ua ing les ed op o es se rsi so ffe rm ato ,d en ota nd o il po s- se ss o di un bu on glo ss ari o di ter mi ni tec nic ie pro fes sio na li in lin gu a str a- nie ra Co mp on e tes ti e do cu me nti co mm er- cia li in lin gu a ing les e uti liz za nd o co r- ret tam en te il les sic o co mm erc ial e e tec nic oe le str utt ure gra mm ati ca li. Èi n gra do di ris po nd ere in sit ua zio ni ch e ric hie do no ve loc ità di red az ion e Co nv ers ac on ilc lie nte ,c om pre nd en do le ric hie ste ino ltr ate e ris po nd e in mo do ap pro pri ato uti liz za nd o il lin - gu ag gio pr of es sio na le rif er ito all a do cu me nta zio ne ea lre gim ec on tab ile In di ca to ri/ Ev id en ze Liv el li di pa dr on an za Lin gu ag gi Pr of es sio na le Sc ien tif ico -te cn olo gic o • Int er ag ire ut iliz za nd oi va ri re gis tri co mu nic at ivi • Int er ag ire in lin gu ai ta lia na • Ag ire ca pa cit àl ing uis tic he ec om un ica tiv es en sib iliz za nd ol ’us od ell al ing ua str a- nie ra co nl ’im pie go di te rm ini te cn ici • Co mu nic ar ec on ip rin cip ali re fe re nt ic om me rci ali di un ’az ien da ou no stu dio pr o- fe ss ion ale • An ali zza re ilm er ca to di rif er im en to ed ell ei nf lue nz ec he lo ste ss op uò av er es ul- l’a nd am en to az ien da le • An ali zza re ed ec ide re ,s ce gli en do tra div er si op er at or ic om me rci ali et ra div er se cla us ole ec on diz ion ip ro po ste da gli ste ss i • Cu ra re il su pp or to inf or ma tic o pe rl a re ali zza zio ne e ge sti on e de ll av or o e l’a p- pr en dim en to di un ad eg ua to us od iIn te rn et ed ell es ue ris or se • Ir eg ist ri di co mu nic az ion e • Ill es sic of on da me nt ale pe re sp rim er si ne lle div er se lin gu e • Lin gu ag gio te cn ico tip ico de lle tra ns az ion ic om me rci ali in lin gu a ita lia - na /s tra nie ra • Cl au so le tip ich ed ell eo pe ra zio ni co mm er cia lin az ion ali ec on l’e ste ro • No rm at iva co mm er cia le ef isc ale di rif er im en to pe rl et ra ns az ion ia liv el- lo na zio na le ei nt er na zio na le • Lin gu ag gi sp ec ifi ci et ec nic i As si cu ltu ra li Ab ili tà /C ap ac ità Co no sc en ze Co mp ren de fac ilm en te, att rav ers ou na rap ida let tur a, il sig nif ica to di tes ti e do cu me nti sc rit ti in lin gu a ing les e, de no tan do il po ss es so di un am pio glo ss ari o di ter mi ni tec nic ie pro fes - sio na lii nl ing ua str an ier a Co mp on e tes ti e do cu me nti co mm er- cia lii n lin gu a ing les e uti liz za nd o co r- ret tam en te il les sic o co mm erc ial e e tec nic o e le str utt ure gra mm ati ca li. Ris po nd e eff ica ce me nte in sit ua zio ni ch er ich ied on ov elo cit àd ire da zio ne Co nv ers ac on ilc lie nte sp ed ita me nte , co mp re nd en do le su e ric hie ste , ris po nd e se nz aa lcu na es ita zio ne ,u ti- liz za nd o in mo do ap pro pri ato il lin - gu ag gio pr of es sio na le rif er ito all a do cu me nta zio ne ea lre gim ec on tab ile 159 BIBLIOGRAFIA Bibliografia Amadori A. - Piepoli N. (2001), Cambiare Lavoro, Ed. Il Sole 24 Ore, Milano. Arendt H. (1999), Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano. Bertalanffy L.V. (1971), Teoria Generale dei Sistemi, I.L.I., Milano. Bocca G. (1998), Pedagogia del lavoro. Itinerari, La Scuola, Brescia. Donati P. (2001), Il lavoro che emerge, Boringhieri, Torino. Le Boterf G. (2000), Construire les compétences individuelles et collectives, Editions d’Organisation, Paris. Malavasi P. (2003), Pedagogia e formazione delle risorse umane, Vita e Pensiero, Milano. Mazzeo R. (2005), L’organizzazione efficace dell’apprendimento, Erickson, Trento. Morgan G. (1999), Images: le metafore dell’organizzazione, Angeli, Milano. Morin E. (2000), La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pen- siero, Raffaello Cortina Editore, Milano. Mostarda M.P. (2008), Progettualità formativa, La Scuola, Brescia. Nicoli D. (a cura di), (2005), Il diploma di istruzione e formazione professionale, Tipografia Pio XI, Roma. Nicoli D. (2009), Il lavoratore coinvolto, Vita e Pensiero, Milano. Reyneri E. (2002), Sociologia del mercato del lavoro, Il Mulino, Bologna. Rullani E. (2004), Economia della conoscenza, Carocci, Roma. Schön D. A. (2006), Formare il professionista riflessivo, Angeli, Milano. Sen A. (2002), Etica ed economia, Laterza, Bari. Unione europea (2008), Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa al Quadro europeo dei Titoli e delle Qualifiche (EQF), Bruxelles. Valzan A. 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Linee guida per i percorsi di istruzione e formazione professionale. II edizione

Autore: 
Dario Nicoli (a cura di)
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
248
A cura di Dario NICOLI Linee guida per i percorsi di istruzione e formazione professionale CIOFS/FP Anno 2008 Si ringraziano quanti hanno collaborato alla stesura del presente volume: La Direzione e l’Ufficio Metodologico-didattico della Sede nazionale del CNOS-FAP Lauretta Valente, Angela Elicio e Angela Loiacono della Sede nazionale CIOFS/FP – gli operatori del CNOS-FAP appartenenti a: - Settore metalmeccanico - Settore elettrico-elettronico - Settore elettrico-elettronico / autoriparatore - Settore grafico-multimediale - Settore turistico-alberghiero - Area informatica - Area dell’orientamento - Commissione intersettoriale linguaggi e storico-socio-economica - Commissione intersettoriale scientifica-matematica – gli operatori del CIOFS/FP e i referenti del Progetto IFP di: - CIOFS/FP Basilicata - CIOFS/FP Calabria - CIOFS/FP Emilia Romagna - CIOFS/FP Friuli Venezia Giulia - CIOFS/FP Lazio - CIOFS/FP Liguria - CIOFS/FP Lombardia - CIOFS/FP Piemonte - CIOFS/FP Puglia - CIOFS/FP Sardegna - CIOFS/FP Sicilia - CIOFS/FP Toscana - CIOFS/FP Veneto 3 PRESENTAZIONE Il CNOS-FAP e il CIOFS/FP hanno pubblicato, nell’anno 2004, il volume “Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’Istruzione e della Formazione Professionale” e Guide per l’elaborazione di piani formativi personalizzati attinenti varie comunità professionali: alimentazione, aziendale e amministrativa, commerciale e vendite, elettrica ed elettronica, estetica, grafica e multimediale, legno e arredamento, meccanica, sociale e sanitaria, tessile e moda, turistica e alberghiera. I medesimi Enti, a distanza di pochi anni, hanno riscontrato la necessità di aggiornare e approfondire lo stesso argomento con la proposta di una nuova Linea Guida per i percorsi di istruzione e formazione professionale. Le motivazioni sono da rintracciare sia nell’evoluzione normativa che negli stimoli emersi dai monitoraggi delle sperimentazioni. L’attuale documento, che si ispira anche ad avanzate esperienze europee, quella francese in particolare, propone uno sperimentato modello di competenza e di cultura del lavoro, suggerisce percorsi scanditi da situazioni di apprendimento, consegna al formatore una rigorosa definizione di traguardi formativi, elabora un preciso iter valutativo del percorso e del servizio, contiene, infine, una modalità di accreditamento dei formatori. La proposta, articolata in percorsi e progetti, interessa in particolare i giovani in età compresa tra i 14 e i 18 anni e costituisce la base per una formazione che coinvolge la persona per tutto il corso della vita. La presente Linea Guida vuole concorrere a rendere progressivamente “stabile”, “strutturata”, “unitaria”, “professionalizzante” quella offerta formativa che si propone ai giovani che non intendono scegliere i percorsi della scuola secondaria superiore, una offerta dunque “distinta” (non separata) da quella ma “equivalente” nelle finalità formative. Oggi a beneficiarne sono soprattutto quei giovani che scelgono, dopo un primo ciclo di studi di base che termina, nella scuola secondaria di primo grado con un esame di Stato, di assolvere l’obbligo di istruzione in un percorso triennale di istru- zione e formazione professionale. Sono, poi, quelli che, ancora soggetti all’obbligo, fuoriescono dagli istituti secondari di secondo grado e si spostano nei percorsi di istruzione e formazione professionale. Sono, infine, i giovani immigrati che optano 4 per questa tipologia formativa che si rivela più idonea al loro progetto di vita e più efficace per l’inserimento nella società italiana. Una affermazione progressiva e stabile di questa particolare proposta sarebbe salutata positivamente dagli Enti di FP che sono stati protagonisti, in questi anni, della sperimentazione avviata dall’anno 2003. Il lavoro svolto punterebbe ad una meta, la collocazione di questa offerta all’interno dei percorsi di Istruzione e Formazione disciplinati dal D. Lgs. 226/05. Arriverebbe a soluzione positiva, inoltre, una prospettiva più volte affrontata ma sempre naufragata, quello cioè di poter assolvere l’obbligo sancito dall’articolo 34 della Costituzione non solo nella istituzione scolastica ma anche in quella forma- tiva. Concorrerebbe, infine, ad aiutare i giovani nella scelta dopo la scuola media con una offerta che va nell’ottica della differenziazione e non dell’omologazione dei percorsi formativi, agendo così in forma preventiva anche sul grave fenomeno della dispersione scolastica. Il volume è articolato in più parti. Nell’introduzione vengono esposte le scelte culturali, metodologiche e proce- durali per la progettazione e la gestione dei percorsi di istruzione e formazione pro- fessionale in diritto-dovere e dei progetti integrati nelle iniziative del secondo ciclo degli studi. Vari paragrafi, poi, affrontano le caratteristiche dell’impianto progettuale: gli aspetti fondativi, la proposta di una nuova alleanza tra giovani e cultura, la metodo- logia peculiare della IFP, l’offerta formativa, la progettazione e la gestione dei processi di apprendimento, la valutazione e la certificazione degli apprendimenti, la gestione organizzativa e l’autovalutazione del servizio, la qualificazione delle risorse umane impegnate. Numerosi allegati, infine, si propongono come proposte esemplari ai forma- tori: i traguardi formativi comuni (competenze chiave di cittadinanza europea), il piano formativo di massima, il profilo dell’allievo e il bilancio delle risorse per- sonali, l’unità di apprendimento, il sussidio didattico, il portfolio, la gestione degli ingressi e delle uscite, gli strumenti di valutazione, le rubriche delle competenze comuni del triennio di qualifica professionale, la certificazione finale, la certifica- zione delle competenze, il libretto formativo del cittadino, l’autovalutazione del servizio, la metodologia di abilitazione del personale. La nuova versione della Linea Guida non sarebbe stata possibile senza che gli operatori della formazione professionale si fossero generosamente impegnati nell’apportare specifici contributi. A tutti loro va il nostro ringraziamento per l’impegno e la dedizione. 5 Un ringraziamento particolare, poi, va al prof. Dario Nicoli che ha coordinato l’intero progetto, portandolo all’attuale stesura. Proponiamo la Linea Guida ai formatori e al personale coinvolto nelle azioni formative, al personale delle Amministrazioni statali, regionali e provinciali, al personale delle istituzioni scolastiche, agli operatori di orientamento, con l’auspicio che ciascuno vi trovi spunti utili per l’affermazione di questa offerta formativa. Mario Tonini Lauretta Valente (Presidente CNOS-FAP) (Presidente CIOFS/FP) 7 INTRODUZIONE La “Linea guida” rappresenta il riferimento culturale, metodologico e proce- durale per la progettazione e la gestione dei percorsi di istruzione e formazione professionale in diritto-dovere, dai 14 fino ai 18 anni, come pure dei progetti inte- grati nelle iniziative del secondo ciclo degli studi, secondo un approccio rigoroso, coerente con le normative italiane e le disposizioni europee, così da delineare una IFP di qualità. La proposta è elaborata in modo da consentire una sua gestione aperta e flessi- bile, compreso l’apprendistato in diritto-dovere come pure forme di alternanza più impegnative rispetto ai soli stage. Essa è basata sul concetto di “formazione efficace” ed è centrata sui principi del coinvolgimento degli allievi, della personalizzazione, del compito reale, della comunità di apprendimento, del coinvolgimento della società civile. Si tratta di una metodologia in grado di mettere a frutto le “risorse vitali del- l’educazione”: la prima di tali risorse è costituita dai giovani destinatari, che presentano spesso una motivazione legata alla figura professionale scelta, alla possibilità di “imparare facendo”, ma anche al riscatto di una esperienza scola- stica non raramente problematica; subito connessa a questa, vi è il formatore, una figura decisiva per il successo delle attività di IFP, con caratteristiche umane, deontologiche, meto-dologiche e tecniche che lo rendono un modello di riferi- mento per l’intero sistema educativo; infine, è risorsa decisiva per il successo delle attività formative la presenza di organismi formativi dotati di una propria vocazione e missione educativa e sociale riferita proprio ad adolescenti e giovani che si iscrivono alle azioni formative della Istruzione e formazione professionale al fine di accrescere la propria cultura, apprendere un lavoro, diventare cittadini della società della conoscenza. La missione dell’istruzione professionale consiste nell’offerta di percorsi formativi a carattere professionalizzante, tendenzialmente polivalenti, coerenti con i riferimenti europei (QEQ) e con i contenuti delle Linee guida per le agenzie formative accreditate ai sensi del DM del 29/11/2007 (MPI/MLPS), approvate dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il 14.02.2008. Tali percorsi prevedono una tappa triennale ed una quadriennale, riferiti alle necessità del contesto economico locale, nell’ambito delle prerogative che la Costituzione attribuisce alle Regioni ed alle Province autonome. I percorsi di istruzione e formazione professionale (IFP) si distinguono per quattro caratteristiche peculiari: 8 1) il riferimento ad opere espresse dalla realtà sociale, dotate di una tradizione tale da collocarle in modo stabile nel contesto locale oltre che nazionale; 2) la presenza di un’ispirazione educativa che ne connota l’azione attraverso lo stile della comunità educante, della valorizzazione di talenti e potenzialità dei destinatari e del coinvolgimento dei soggetti del territorio; 3) la valorizzazione della cultura del lavoro “vitale” presente nel contesto come situazione di apprendimento entro cui svolgere percorsi di valore educativo, culturale e professionale; 4) la metodologia attiva tesa a sollecitare il coinvolgimento dei destinatari attra- verso compiti reali così da sollecitare l’apprendimento per soluzione dei pro- blemi e per scoperta. La proposta qui contenuta è orientata verso la continuità formativa: inteso nel senso corretto, questo principio richiede che il sistema si doti di una istruzione e formazione professionale iniziale di qualità, che sappia porre le basi del ricono- scimento e della valorizzazione dei talenti degli adolescenti e dei giovani, che consenta loro un approccio positivo e costruttivo nei confronti della cultura, che insegni loro come apprendere a partire dalle esperienze, acquisendo quel metodo tramite cui l’adulto può trarre valore culturale dalle esperienze che conduce, a beneficio suo e della società in cui è impegnato. La “Linea guida” è rivolta innanzitutto ai formatori e al personale coinvolto nelle azioni formative: essa propone loro un quadro di riferimento unitario cui riferirsi, una metodologia organica e coerente che consente di gestire al meglio le attività formative tenendo conto delle caratteristiche dei destinatari, del contesto e dei vincoli/opportunità della istruzione e formazione professionale. Inoltre, è rivolta al personale delle Amministrazioni statali, regionali e provin- ciali, che hanno la responsabilità della programmazione e dell’accompagnamento del sistema educativo e che possono trarre da essa spunti per la loro attività. È poi rivolta al personale delle istituzioni scolastiche affinché possa avere un riferimento per ciò che concerne i percorsi di istruzione e formazione professio- nale. Infine, riteniamo che quanto elaborato possa costituire un’indicazione preziosa per gli orientatori affinché sappiano cogliere i talenti degli adolescenti e dei giovani e possano fornire loro una guida utile per il loro percorso di studio e di lavoro. Le scelte operate Le “Linee guida” si riferiscono per buona parte alla letteratura francese in tema di sistema educativo e di percorsi formativi. In particolare la scelta del modello di competenza e di cultura del lavoro è ispi- rata all’elaborazione di Guy Le Boterf (1994; 2000) che presenta un paradigma 9 convincente, rilevante (lo stesso modello europeo del QEQ risulta molto affine alla sua elaborazione), e di grande utilità sul piano operativo. Il concetto di “situazione di apprendimento” è ripreso da Antonio Valzan (2003), un esperto francese di interdisciplinarietà, che è risultato molto appropriato alla necessità di costruire “unità di apprendimento” che consentano, attraverso un compito reale che si conclude con un prodotto significativo, di mobilitare le capacità degli allievi al fine di tradurle in competenze. È stata inoltre valorizzata anche l’ampia documentazione in tema di compe- tenze presente nei vari siti del sistema educativo francese: – il Centro Inffo, interlocutore privilegiato dello Stato, delle regioni, dei partner sociali e delle professioni, che ha come missione la promozione della forma- zione professionale presso gli attori e i decisori la cui missione è conoscere, informare, orientare (http://www.centre-inffo.fr); – il SIEC che tratta degli esami nazionali francesi compresi quelli che rilasciano un certificato di formazione professionale, di livello avanzato, di abilitazione all’insegnamento, ecc. (http://www.siec.education.fr). Circa l’approccio metodologico – tenuto conto del dibattito in corso in tema di paradigmi pedagogici e didattici – si è preferito adottare un metodo misto, in grado di conciliare i seguenti tre elementi: 1) una definizione rigorosa dei traguardi formativi per ciò che concerne gli assi culturali e le competenze di cittadinanza, oltre a quelle professionali, articolate in abilità/capacità e conoscenze, e una valutazione numerica, compreso il voto di condotta, così da corrispondere alle norme nazionali (in particolare l’ob- bligo di istruzione) e alle prassi consolidate; 2) un’impostazione operativa che privilegia le unità di apprendimento attive e per compiti reali, di cui alcune strategiche di natura interdisciplinare e le altre di asse cultuale e disciplinare; 3) una certificazione delle competenze sostenuta da un modello valutativo che influenza anche i voti delle singole materie oltre che della condotta, così da generare un approccio formativo omogeneo basato sulla centralità dell’allievo inteso in senso olistico e non come somma di parti (dimensioni, materie...). In questo modo, il focus della competenza è posto sull’evidenza dei compiti/ prodotti che ne attestano concretamente la padronanza da parte degli allievi, valo- rizzando così il concetto di “capolavoro” che viene esteso anche agli assi culturali e alla cittadinanza. È il significato del criterio della attendibilità che sta al centro della nostra proposta e che è ripreso dall’elaborazione di Bottani e Tuijman (1990, 25). Ciò significa che solo in presenza di almeno un prodotto reale significativo, svolto personalmente dal destinatario, è possibile certificare la competenza che in tal modo corrisponde effettivamente ad un “saper agire e reagire” adeguatamente nei confronti delle sfide (compiti, problemi, opportunità) iscritte nell’ambito di riferimento della competenza stessa. 10 Si distingue pertanto tra verifica – che riguarda la rilevazione degli appren- dimenti in relazione a conoscenze ed abilità e che viene svolta tramite strumenti consolidati come l’interrogazione, il test, il compito scritto – e valutazione, che invece consente di esprimere un giudizio fondato circa il grado di padronanza della persona relativamente alla competenza. In tal modo, viene superato il concetto accumulativo della valutazione come somma di prove di verifica e viene posto l’accento sulla capacità degli allievi di fronteggiare compiti/problemi mobilitando le risorse di cui sono dotati o che sono in grado di reperire. La valutazione avviene sia all’interno (anche con l’apporto autovalutativo del- l’allievo), sia all’esterno tramite il coinvolgimento del tutor dell’impresa e di esperti/testimoni coinvolti nelle attività di alternanza formativa. La valutazione procede in due direzioni che rappresentano altrettanti punti di vista tramite cui si guarda lo stesso fenomeno, ovvero l’allievo in apprendimento. Essi sono: 1) il pagellino con i voti per asse culturale/disciplina che riflettono sia le attività comuni sia quelle svolte dal singolo docente, oltre alla condotta che è decisa comunemente dall’équipe; 2) la certificazione delle competenze che indica il giudizio di padronanza dell’allievo su una scala di tre livelli centrati sui criteri di autonomia, responsabilità, complessità del compito e consapevolezza, in accordo con la metodologia QEQ. La coerenza tra i voti del pagellino e i giudizi per livelli del certificato di competenze è garantita dal riferimento agli stessi traguardi forma- tivi e dal “travaso” di voti su registri dei singoli docenti, derivanti dalle attività svolte dagli allievi nelle unità di apprendimento comuni. L’assunzione del modello dell’obbligo di istruzione può comportare una ten- denziale separazione tra gli assi culturali, le aree professionali e l’area della cittadi- nanza. Tale pericolo viene facilmente evitato se si assicurano tre attenzioni presenti nella metodologia: in primo luogo, dalla definizione da parte dell’équipe formativa del piano formativo di massima unitario che individua i traguardi condivisi da tutti i formatori; inoltre, dalla individuazione di alcune unità di apprendimento comuni, scelte per la loro significatività e la loro valenza “mobilitante” l’insieme dei saperi proposti; infine, dal modello di valutazione che vede un apporto di tutti i formatori non solo nella valutazione delle competenze ma anche nella definizione di note e voti negli assi culturali oltre che nel comportamento. È prevista anche l’autovalutazione del servizio, al fine di consentire alla strut- tura formativa di operare come un’organizzazione che apprende dall’esperienza (learning organization), e quindi di migliorare continuativamente capitalizzando gli esiti della sua opera; ciò avviene ponendo l’accento su quattro aspetti: 1) la capacità di attrazione manifestata dagli allievi tramite le iscrizioni; 2) il legame con il territorio evidenziato attraverso collaborazioni, reti, eventi ecc.; 3) il gradi- mento dei vari attori coinvolti (allievi, famiglie, personale, referenti esterni); 4) il successo formativo degli allievi, inteso in tutte le sue possibili varianti (allievi che raggiungono il titolo di studio previsto; allievi che, dopo una fase del percorso, si inseriscono positivamente e in forma accompagnata in un altro percorso formativo 11 o di apprendistato nello stesso contesto geografico; allievi che, per motivi di mo- bilità della famiglia, dopo una fase del percorso, si inseriscono positivamente e in forma accompagnata in un altro percorso formativo o di apprendistato in un altro contesto geografico; allievi che si iscrivono lungo il percorso formativo tramite passaggi e laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti; allievi che trovano lavoro coerente dopo l’acquisizione del titolo di studio professionale; allievi che proseguono gli studi successivamente all’acquisizione del titolo di studio professionale). Tutta la proposta è fortemente salesiana: ciò si rintraccia nel principio di personalizzazione che ricorre sia sul piano didattico, sia su quello organizzativo. Questa scelta prevede una cura del cammino personale di ciascuno, senza alcuna esclusione. Tale impostazione prevede un continuum tra diagnosi delle capacità/ risorse personali, piano formativo personalizzato, interventi di sostegno, recupero ed approfondimento; in tal modo, si evita il sistema dei debiti formativi che presenta caratteri di rigidità e di spersonalizzazione, visto che si riferisce prevalen- temente alla componente cognitiva del sapere e prevede azioni standardizzate di recupero e di valutazione. L’impianto della “Linea guida” ha potuto usufruire di 5 anni di sperimentazione oltre che di una mole rilevante di ricerche e monitoraggi, ampiamente documentati dai siti degli enti promotori (http://www.cnos-fap.it; http://www.ciofs-fp.org). Il materiale risultante da tale impegno è quindi pubblico e disponibile anche in forma cartacea per tutti coloro che ne facciano richiesta. Questo sforzo metodologico e sperimentale non finisce con l’elaborazione della presente “Linea guida”, ma richiede un passo ulteriore teso a creare un sistema di comunità di pratiche tramite l’elaborazione e la diffusione di strumenti di supporto per il lavoro dei formatori e delle altre figure impegnate. L’intero lavoro è oggetto di accompagnamento, monitoraggio e valutazione da parte di un Gruppo operativo creato a tale scopo presso le sedi nazionali degli Enti promotori. In periodi indicativamente biennali verranno forniti rapporti pubblici circa il piano di applicazione della “Linea guida” ed i passi ulteriori di consolidamento del sistema IFP, così da fornire ai giovani interessati un servizio veramente di qualità. In particolare, nel corso della fase di applicazione della presente “Linea guida” si ritiene utile affrontare i seguenti aspetti. 1) Elaborazione di sussidi per gli assi culturali, le aree professionali e l’area della cittadinanza, da proporre agli allievi, comprendenti materiali strutturati riferiti ai saperi, indicazioni per la realizzazione di unità di apprendimento coerenti con i criteri metodologici della Guida, strumenti sia di verifica (valorizzando anche le prove OCSE-PISA), sia di valutazione nella prospettiva della attendi- bilità. I sussidi degli assi culturali e dell’area di cittadinanza avranno una parte comune e una parte curvata in riferimento ai macro-settori di cui si compone l’offerta di IFP (agro-alimentare, impianti, servizi all’impresa, servizi alla persona, turismo e territorio). 12 2) Rilevazione circa l’impatto della “Linea guida” sia in senso diretto, ovvero in riferimento agli enti ed alle strutture formative che la realizzano, sia in senso indiretto ovvero come ricaduta nei vari territori del Paese. 3) Rilevazione delle esperienze di reti e poli formativi stabili tra sistema forma- tivo e sistema economico e professionale, per favorire un processo di quali- ficazione dell’offerta formativa sulla base dell’alleanza virtuosa tra i vari soggetti interessati. 4) Rilevazione riferita alle esperienze dei quarti anni, dei percorsi di formazione superiore, oltre che degli anni di preparazione all’esame di Stato, così da indi- viduare – anche in relazione al punto precedente riferito alle reti – in che misura il sistema IFP si costituisce nella prospettiva della continuità verticale. 13 1. ASPETTI FONDATIVI 1.1. Rilevanza europea della IFP nel contesto europeo Il modello di istruzione e formazione professionale che sta alla base della presente “Linea guida” è quello del sistema definito nel contesto europeo con l’espressione VET (Vocational Education and Training): esso comprende i percorsi formativi professionalizzanti (ovvero che terminano con titoli riconosci- bili e quindi spendibili per l’ingresso nel mercato del lavoro), anche se nel nostro Paese non si tratta di un sistema unitario, ma piuttosto di un ambito frammentato in vari sotto-sistemi: istruzione professionale, istruzione tecnica, formazione pro- fessionale, apprendistato, formazione superiore, formazione continua e perma- nente. Tale ambito formativo è al centro dell’attenzione dell’Unione europea; In particolare, essa si riferisce al programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” avviato in seguito al Consiglio europeo di Lisbona 2000 nel quale si afferma l’impegno volto ad assicurare ai giovani l’acquisizione, entro il diciot- tesimo anno di età, di una qualifica professionale che, a seguito degli impegni sottoscritti a Lisbona, deve corrispondere almeno al secondo livello europeo (85/368/CEE). L’Unione europea ha formulato degli orientamenti in grado di cogliere le op- portunità offerte dalla nuova economia, allo scopo fra l’altro di sradicare il flagello sociale costituito dalla disoccupazione, indicando quattro prospettive di fondo: 1) migliorare la capacità d’inserimento professionale; 2) attribuire maggiore importanza all’istruzione e alla formazione lungo tutto l’arco della vita; 3) aumentare l’occupazione nel settore dei servizi, latore di nuovi posti di lavoro; 4) promuovere la parità di opportunità sotto tutti gli aspetti. La Commissione ha inoltre sollecitato in modo forte l’obiettivo del migliora- mento della qualità dei sistemi d’istruzione e formazione, strumento privilegiato di coesione sociale e culturale, nonché considerevole strumento economico, destinato a migliorare la competitività e il dinamismo dell’Europa. IMPIANTO PROGETTUALE Viene fra l’altro suggerito di migliorare la qualità della formazione degli in- segnanti e degli addetti alla formazione e di riservare uno sforzo particolare al- l’acquisizione delle competenze di base che devono essere attualizzate per poter rispondere alle esigenze di sviluppo della società della conoscenza. Tutto ciò nella prospettiva di una formazione per i cittadini della “società cognitiva”, che deve comprendere l’attitudine a leggere, a scrivere e a effettuare calcoli, segnatamente per quanto riguarda le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, oltre a competenze parimenti decisive quali imparare ad apprendere, lavorare in équipe, assumere responsabilità. Il miglioramento della qualità delle attrezzature nelle scuole e negli istituti di formazione, con un’ottimale utilizzazione delle risorse, rappresenta del pari una priorità, così come l’aumento delle assunzioni di quadri scientifici e tecnici, come ad esempio per le matematiche e le scienze naturali, al fine di garantire una posizione concorrenziale dell’Europa nell’economia del do- mani. Migliorare la qualità dei sistemi d’istruzione e di formazione significa infine migliorare la corrispondenza fra le risorse e i bisogni, consentendo alle istituzioni formative di realizzare nuove partnership che possano aiutarli nello svolgimento del loro nuovo ruolo, più diversificato che in precedenza. In tal modo, il modello sociale europeo di coesione sociale deve poter consen- tire a tutti i cittadini di accedere ai sistemi d’istruzione e di formazione formali e non formali, facilitando segnatamente il passaggio da un settore d’istruzione ad un altro (ad esempio dalla formazione professionale all’insegnamento superiore), dall’infanzia all’età matura. L’apertura dei sistemi d’istruzione e di formazione ac- compagnata da uno sforzo per rendere più invitanti tali sistemi, anche per adattarli ai bisogni dei diversi gruppi destinatari, può svolgere un ruolo importante per la promozione di una cittadinanza attiva, della parità di opportunità e della coesione sociale durevole. Il riferimento europeo comprende anche il Quadro Europeo delle Qualifiche (QEQ, in originale EQF – European Qualifications Framework1), secondo il cui sistema di descrizione delle certificazioni, le competenze devono essere articolate attraverso l’espressione delle conoscenze e delle abilità che le declinano (o che devono poter essere mobilitate per raggiungere la competenza). È da tale fonte che traiamo il concetto di competenza, oltre a quelli di conoscenze ed abilità, intesi come modo di definizione degli apprendimenti. In questa prospettiva, la qualifica professionale è riferibile al livello 3, mentre il diploma professionale al livello 4, così come indicato dai descrittori che defini- scono gli 8 livelli del QEQ. 14 1 La traduzione italiana (“qualifica”) appare riduttiva rispetto al significato originario inglese “qualification” con il quale si intendono tutte le certificazioni che si rilasciano nell’ambito del sistema educativo: ciò è evidente nella traduzione francese che utilizza correttamente il termine “certifications”. 15 1.2. Peculiarità del caso italiano Dal confronto internazionale emerge che, a differenza di quanto accade in Italia, in nessuno dei Paesi di riferimento il tema dell’istruzione e formazione pro- fessionale presenta una valenza ideologica: anche nei sistemi a carattere liceale, come la Francia, la possibilità di optare per i percorsi a carattere professionaliz- zante risulta diffusa ad ogni livello ed inoltre viene sempre più sollecitata come strumento di coesione sociale e di competitività economica, e questo a partire dagli ultimi anni dell’obbligo. Si coglie in altri termini una maggiore laicità dei Paesi partner in riferimento alle tematiche dell’educazione, mentre è solo nel caso italiano che l’ambito della istruzione e formazione professionale è visto in modo pregiudiziale come un fattore di segregazione e di esclusione, come se tramite esso si sviluppasse un processo di sub-cittadinanza, assolutamente non di pari dignità rispetto ai percorsi generalisti. Ciò è confermato anche dalla riflessione in ordine agli aspetti metodologici: in effetti, un’altra causa della diversità del caso italiano è da ricondurre alla “episte- mologia delle discipline” che è segnalata – rispetto agli altri Paesi – da un’ecces- 2 Ndt: In francese: ... compiti in un ambito di lavoro o di studio. siva frammentazione delle materie, dal peso dominante degli insegnamenti astratti, non collegati con la realtà, infine da un maggiore enciclopedismo dei programmi di riferimento. Questo limite indica nello stesso tempo la dominanza della cultura storico-filosofica e letteraria contro le culture scientifiche e tecniche, considerate di serie minore, mentre l’ambito professionale viene generalmente indicato per coloro che “non sono portati” per gli studi. In effetti, si può dire che buona parte dei motivi della scarsa attenzione ai processi di apprendimento degli studenti deriva da questa scelta epistemologica che privilegia di gran lunga il pensiero astratto, mne- monico e deduttivo, mentre le altre forme di intelligenza – induttiva, operativa, spaziale, emozionale... – vengono scarsamente mobilitate. A ciò vanno aggiunte anche le rigidità metodologiche ed organizzative – prima fra tutte la ripartizione oraria e la classificazione degli insegnamenti – che non consentono di sviluppare percorsi centrati sulle reali capacità delle persone. Ciò conduce ad una generale passività degli studenti, che non avvertono in tal modo il valore di ciò che gli viene impartito in termini di competenza ovvero di padronanza nel fronteggiare problemi reali. È in questo quadro che risulta rilevante l’inserimento dell’obbligo di istruzione nell’ambito del diritto-dovere di istruzione e formazione; con tale innovazione nor- mativa si intende confermare la possibilità di scelta da parte della persona, e quindi la necessaria strutturazione dell’offerta formativa in modo tale che il cittadino possa esercitare le proprie opzioni – che assumono rilevanza costituzionale – senza che venga obbligato ad un percorso determinato dall’alto, pena il venir meno della possibilità di riconoscere ed attualizzare i propri talenti e quindi di realizzare il pro- prio progetto personale di vita e di lavoro. Questa visione esclude concezioni “comprensive” come quella del “biennio unico”, una soluzione assolutamente inadeguata alle problematiche della scuola (e per tale motivo giustamente abbandonata anche da quei Paesi che negli anni ’80 l’hanno adottata). Tale prospettiva fortunatamente non è stata perseguita dal nostro sistema educativo, in cui si è preferita la logica dell’obbligo di istruzione centrato sul principio di equivalenza tra percorsi scolastici e formativi in coerenza con il quadro generale (specie europeo), che vede un movimento riformatore proteso verso la differenziazione dei percorsi al fine di perseguire mete equivalenti. La chiave di volta dei modelli che si stanno imponendo nei sistemi educativi nazionali consiste nella possibilità di coniugare equità e differenze; inoltre, la consapevo- lezza della criticità dell’impatto di una parte consistente dei giovani nei confronti di modelli scolastici “generalistici” ha portato a valorizzare i percorsi a carattere pro- fessionalizzante non solo come mezzi per il recupero della dispersione scolastica, ma anche come opportunità preziose per declinare educazione alla cittadinanza, formazione culturale e formazione professionale. È questo il punto che consente di ampliare il valore dei percorsi di istruzione e formazione professionale, facendone un fattore prezioso dei nuovi sistemi educativi che perseguono il successo forma- tivo per tutti, nessuno escluso. 16 17 La norma sull’obbligo di istruzione non presenta infatti una valenza ordina- mentale, poiché si inserisce, qualificandolo, nel quadro introdotto dal decreto legis- lativo 15 aprile 2005, n. 76 e quindi presuppone il diritto-dovere di istruzione e for- mazione. Questa norma da un lato conferma i due principi del pluralismo formativo e della pari dignità tra i percorsi delle istituzioni scolastiche e quelli delle istitu- zioni formative e dall’altro introduce un principio conseguente a tale scelta, poiché indica i saperi e le competenze, articolati in conoscenze ed abilità, che assicurano l’equivalenza formativa tra tutti i percorsi. Si concretizza quindi in “orientamenti” comuni che i curricoli dei diversi ordini, tipi ed indirizzi di studio debbono perse- guire nel rispetto della loro identità e degli obiettivi che li caratterizzano. Un ulteriore elemento di chiarezza – e di convergenza possibile tra gli schiera- menti – è costituito dai requisiti per l’accreditamento delle strutture formative re- centemente emanati dal Ministero della Pubblica Istruzione, che indicano altrettanti elementi decisivi per l’identificazione di tali strutture: – l’assenza del fine di lucro;3 – la presenza di un progetto educativo; – l’applicazione del contratto della formazione professionale;4 – la qualificazione del personale docente. Ciò contribuisce a chiarire i caratteri delle strutture formative competenti per la realizzazione di due tipi di servizi: i percorsi (triennali e quadriennali) ed i progetti (specie per combattere l’esclusione e l’insuccesso formativo). Si tratta di entità di carattere educativo che promanano dalla società, dotate di stabilità tale da fornire sicurezza circa il valore e la continuità delle azioni formative, e che operano secondo la prospettiva della istruzione e formazione intesa come bene pubblico accessibile a tutti. 1.3. Una risorsa per qualificare il sistema educativo Le recenti sperimentazioni di percorsi IFP in varie realtà italiane, per la loro natura e per la complessità delle loro prospettive, rappresentano un vero e proprio laboratorio riformatore, di natura progettuale reale, in grado di confermare alcune ipotesi circa la soluzione di problemi rilevanti che affliggono il nostro sistema educa- tivo e gli impediscono di ottenere quei risultati che tutti si attendono da esso. In ef- fetti, a partire dalle conferme emergenti dai monitoraggi, risulta possibile evidenziare in che modo l’esperienza sperimentale possa dare risposte convincenti ad una serie di questioni condivisibili che riguardano il disegno del nuovo sistema educativo. Le criticità della scuola italiana, specie nel secondo ciclo degli studi e nei per- corsi successivi, sembrano da ricondurre innanzitutto all’assenza di una dimensione di sistema, visto che esso si presenta come un disegno a “canne d’organo” in cui 3 Della struttura erogativa, non dell’ente di appartenenza. 4 Cui andrebbero aggiunti i contratti assimilabili come il pubblico impiego e l’edilizia. 18 5 L’attuale normativa a seguito della legge 53/03 ha introdotto per la prima volta per il secondo ciclo degli studi un documento che indica le comuni mete educative, culturali e professionali, il PECUP. 6 Audizione del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni. VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione, Camera dei Deputati, Roma, 29 giugno 2006, p. 10. 7 Ibidem, pp. 10-11. ogni percorso è posto a sé stante mentre mancano standard comuni di riferimento a tutto il ciclo secondario.5 Tutto questo segnala la rilevanza, nell’ambito del nuovo sistema educativo, dell’istruzione e formazione professionale, secondo un approccio che eviti di co- struire percorsi unici, ma che ponga in gioco proposte formative articolate e nel contempo equivalenti per ciò che concerne gli esiti dei percorsi. Ritorna nuova- mente l’importanza della qualifica e dei percorsi professionalizzanti, soprattutto in riferimento al successo formativo, perché il problema del nostro sistema non sta nel numero di adolescenti che si iscrivono al ciclo secondario, quanto nella reale possi- bilità di tutti questi di giungere a risultati formativi apprezzabili, coerenti con il proprio progetto personale di vita e di lavoro. Le esperienze sperimentali hanno saputo fornire una risposta effettiva e con- vincente alle domande sociali emergenti dai giovani, dalle famiglie, dalla società e ciò è confermato dall’ampio consenso ricevuto. Inoltre, esse rappresentano una ri- sposta alla tematica della dispersione, il cui contrasto è stato definito dall’ex Mini- stro Giuseppe Fioroni la “madre di tutte le battaglie”, e che è costituita dall’insuc- cesso scolastico, dalla demotivazione, dall’apprendimento, dagli abbandoni.6 Essa si sviluppa già nella scuola media (più del 2,5% dei ragazzi esce ogni anno senza il titolo) ed esplode specie nel biennio delle superiori, cui accede il 97% dei giovani, segno che il problema non sta nell’estensione dell’obbligatorietà dell’istruzione, quanto nella capacità della scuola di portare al successo formativo coloro che già scelgono la prosecuzione degli studi.7 A partire dalle conferme emergenti dai monitoraggi, è possibile affermare che le sperimentazioni avvalorano il principio guida del pluralismo formativo e della sussidiarietà: la situazione del sistema formato italiano, per molti aspetti più critica rispetto a quella degli altri Paesi europei, necessita, per essere fronteggiata, della mobilitazione di tutte le risorse disponibili, senza preclusioni ideologiche, al fine di creare un sistema ad un tempo unitario e pluralistico, coerente con il principio di sussidiarietà. È bene che tale patrimonio venga riconosciuto e pienamente valo- rizzato nello sforzo di qualificazione generale del sistema nella logica del diritto- dovere di tutti e di ciascuno, nessuno escluso. 1.4. Una formazione per la continuità La prospettiva che abbiamo scelto è quella della continuità formativa; tale principio, infatti, non si riferisce solo ad uno specifico ambito delle azioni forma- tive, quelle collocate dopo la formazione iniziale, poiché in tal modo verrebbe a 19 mancare un punto di riferimento unitario da cui guardare l’insieme delle occasioni formative che riguardano la persona lungo tutto il corso della sua vita. In senso corretto, il principio della continuità porta invece al riconoscimento del diritto individuale all’apprendimento lungo tutto il corso della vita, ritenuto condizione indispensabile per l’esercizio della cittadinanza e per la corretta ge- stione dei ruoli sociali nell’ambito della società della conoscenza. Tale diritto di ordine generale, perché sia effettivo, prevede a sua volta cinque ulteriori diritti spe- cifici, tra di loro non alternativi. 1) Diritto ad un orientamento continuo ed efficace: questo è tale se si riferisce alle attitudini, inclinazioni, propensioni e vocazioni della persona, oltre che alle condizioni di realizzabilità del suo progetto personale, e non costruisce il cammino successivo in base al solo riferimento alle prestazioni didattiche. Inoltre, deve potersi svolgere lungo tutto il corso della vita, ed accompagnare la persona nel suo cammino. 2) Diritto alla formazione iniziale: ogni persona, senza alcuna distinzione, deve poter sviluppare pienamente le proprie potenzialità in contesti educativi e for- mativi adeguati. Ciò impone alle istituzioni competenti – Stato, Regioni e Pro- vince autonome – di garantire tale diritto proponendo una varietà di opzioni formative di valore equivalente, che consentano alle persone di scegliere i per- corsi che più corrispondono alle proprie inclinazioni e vocazioni personali, ivi compresi i percorsi a carattere professionalizzante. 3) Diritto al passaggio da un percorso all’altro: va garantito in ogni momento del cammino formativo l’accesso ad altri percorsi, prevedendo un bilancio di ingresso e l’eventualità della frequenza di moduli integrativi (LARSA di pas- saggio) senza che la persona sia penalizzata a causa di regole organizzative o impostazioni didattiche differenti. 4) Diritto alla formazione permanente per l’acquisizione di competenze utili alla crescita personale e professionale. Occorre che le istituzioni rimuovano gli ostacoli che impediscono l’accesso alle attività di formazione permanente, con particolare riguardo ai soggetti svantaggiati dal punto di vista sociale e cultu- rale, ai disabili, ai lavoratori anziani e a rischio di obsolescenza professionale, ai lavoratori discontinui, ai senza lavoro, agli stranieri. 5) Diritto a veder riconosciuti tutti gli apprendimenti variamente acquisiti ovvero in modo formale, informale e non formale. Ciò richiede la definizione di un quadro generale dei saperi e delle competenze, articolato per compiti che agiscono su abilità/capacità e conoscenze, ed inoltre una metodologia rigorosa ed aperta di valutazione, certificazione e riconoscimento delle acquisizioni che consenta di delineare un linguaggio comune tra ambiti diversi del sistema (istruzione e formazione, inserimento e reinserimento lavorativo, gestione e sviluppo delle risorse umane). La continuità formativa rappresenta il risultato di un insieme di condizioni che si pongono innanzitutto nell’ambito della formazione iniziale: – un metodo di studio che privilegia l’azione e la sollecitazione dell’autonomia e dell’intraprendenza della persona; – un processo di apprendimento che procede per scoperta e conquista e che trae dall’esperienza gli spunti di riflessione che consentano alla persona di acqui- sire un sapere consapevole e fondato; – una disposizione all’apprendimento cooperativo, reso possibile dall’inseri- mento della persona in una vera comunità educativa, che consente di superare l’individualismo e di concepire lo studio ed il lavoro come un processo condi- viso; – un’impostazione dei percorsi formativi centrata su aggregazioni di figure e famiglie professionali, così da poter proporre ai destinatari culture del lavoro integre e capaci di sollecitarne l’attenzione in riferimento a tutto l’arco del sapere; – una cura della personalizzazione, in particolare per gli ingressi e le uscite lungo il corso degli studi, tramite una metodologia di accompagnamento che prevede orientamento, bilancio e laboratori di sostegno ai passaggi; – una metodologia di progettazione, valutazione e certificazione che consente di riconoscere ogni apprendimento significativo sotto forma di saperi e compe- tenze, qualsiasi sia il modo in cui è stato acquisito. In questo modo, il giovane che frequenta i percorsi di IFP si trova nella condi- zione di poter usufruire di un’esperienza motivante, dotata di valore reale, capace di accrescerne il patrimonio culturale per mezzo delle varie esperienze formali, non formali ed informali che ne sollecitano la curiosità ed il desiderio di apprendere. 2. UNA NUOVA ALLEANZA TRA GIOVANI E CULTURA 2.1. I giovani della Istruzione e formazione professionale La prima questione che va posta è relativa ai destinatari delle azioni formative previste dalla “Linea guida”: chi sono i giovani che si iscrivono ai percorsi di IFP? Quattro sono le loro caratteristiche più rilevanti. Da un lato è vero – come sostiene uno stereotipo comune – che la parte del mondo giovanile che si iscrive ai percorsi di IFP comprende una quota maggiore di persone che “non riescono negli studi” rispetto a coloro che si iscrivono alle altre opzioni scolastiche, ma questa considerazione risulta non più vera se consideriamo gli studenti della istruzione professionale ed una parte crescente di chi è nell’istru- zione tecnica. Ciò significa che sono in aumento i giovani che hanno un rapporto critico con la scuola e che presentano una “carriera degli studi” non in linea con le attese dell’istituzione nei loro confronti. È questo un aspetto importante da consi- derare, poiché indica che i giovani iscritti ai percorsi di IFP sono per certi versi por- tatori di una condizione simile ad una quota rilevante della popolazione giovanile. 20 21 Ma il mero riferimento alla riuscita negli studi non è sufficiente per compren- dere i destinatari dell’IFP: se infatti consideriamo il loro progetto personale, sco- priamo che, mediamente, si tratta di persone mosse dal desiderio di imparare un mestiere così da potersi inserire nel mondo del lavoro. Questa motivazione si estende anche al metodo di studio: la IFP è vista infatti come un ambiente in cui si può imparare attraverso la pratica, con un minore peso delle materie “teoriche” e con un modo di apprendere che meglio valorizza le loro capacità ed in particolare l’“intelligenza dell’azione”. Anche questo secondo carattere dei giovani iscritti alla IFP segnala la presenza di una criticità del nostro sistema educativo, ovvero il ca- rattere eccessivamente astratto degli insegnamenti impartiti e l’insistenza eccessiva sull’intelligenza cognitiva, in particolare quella analitica e mnemonica, centrata sulla padronanza del linguaggio e sull’astrazione dalla realtà, mentre le altre forme di intelligenza – pratica, spaziale, creativa, relazionale, emotiva... – risultano poco o per nulla sollecitate. In terzo luogo, molti di questi giovani, avendo alle spalle un’esperienza scola- stica negativa, sono alla ricerca di un’occasione di riscatto che consenta loro di acquisire stima da parte degli altri e quindi anche di se stessi. Infatti, l’esito di un percorso di studi problematico è quasi sempre dato dalla disistima di sé, visto che le pratiche scolastiche li hanno spesso visti nella parte dell’impreparato e quindi dell’incapace. Un’esperienza di questo genere porta molti di loro a ricer- care altrove la propria realizzazione ed a considerare più interessante – piuttosto che lo studio astratto – l’ingresso nella vita adulta e quindi nel mondo del lavoro. È questa un’importante istituzione educativa propria della cultura popolare, che vede nel lavoro non solo un momento di integrazione sociale ma anche una rile- vante occasione di realizzazione di sé. La valenza educativa della IFP è confer- mata anche dal rilevante numero di giovani che, dopo la qualifica, si iscrivono al IV anno dei percorsi di IFP (le ricerche indicano che, là dove esistono questi per- corsi, circa il 50% dei qualificati li frequentano), mentre è comunque rilevante il numero – mediamente tra il 25 ed il 30% – di chi prosegue gli studi tramite pas- saggio agli istituti scolastici. Anche questo segnala una valenza emblematica della IFP: la possibilità di incontrare un’esperienza di apprendimento più confacente alla loro cultura – di natura popolare – consente a questi giovani di accrescere la propria preparazione ed anche di riprendere passione per gli studi lungo il corso della loro vita. Ma vi è anche una componente di giovani di origine etnica diversa da quella italiana che si iscrive in misura rilevante nei percorsi di IFP e che vede in essi la possibilità di inserirsi nella vita sociale proprio attraverso l’apprendimento di un la- voro. Anche questo caso conferma il valore del lavoro come occasione di crescita culturale attraverso l’acquisizione di competenze sia professionali che sociali; la funzione integrativa della IFP ne moltiplica così il significato specie se conside- riamo il rapidissimo incremento dei flussi immigratori e le problematiche che ciò introduce nella realtà sociale italiana. Ciò è ancora più rilevante se consideriamo la progressiva dimenticanza del tema del lavoro da parte delle culture “intellettuali” sempre più attratte dalle questioni della comunicazione e dell’estetica, come se in fondo non si trattasse ancora di occasioni di lavoro inteso come forma organizzata e razionale di soddisfazione di bisogni sociali. Tutte le caratteristiche proprie dei giovani destinatari della IFP che abbiamo evidenziato disegnano non tanto una realtà giovanile a sé stante, isolata dal con- testo giovanile più generale e segnata da minorità intellettuale e sociale, quanto un punto di osservazione in grado di cogliere alcune dinamiche importanti circa il rap- porto tra cultura intellettuale-scolastica e cultura reale-popolare, e nel contempo un’esperienza formativa di valore emblematico, in grado di sollecitare un apprendi- mento che valorizzi le capacità proprie di questa parte del mondo giovanile. 2.2. Superare il contrasto tra cultura scolastica e cultura reale La questione centrale posta dai giovani che si avvicinano alla IFP consiste in un contrasto di natura culturale: i livelli tanto elevati di dispersione scolastica, che oramai da anni caratterizzano il nostro sistema educativo, e la crescente demotiva- zione di una quota rilevante dei giovani nei confronti dello studio non sono il se- gnale di una particolare debolezza intellettuale delle giovani generazioni del nostro Paese, ma indicano l’esito di un’impostazione culturale e didattica – specie del se- condo ciclo degli studi – che insiste eccessivamente su una concezione astratta e mnemonica dell’apprendimento. Ciò riflette anche il grave ritardo del processo riformatore che non ha per- messo un adeguamento delle metodologie e delle risorse alla realtà nuova che via via si è manifestata. L’idea di una scuola depositaria del sapere “ufficiale”, e quindi istituzione de- dicata alla trasmissione dello stesso alle giovani generazioni mediante l’istruzione, viene decisamente contraddetta dalla dinamica della complessità che propone una concezione attiva e olistica della cultura. Non si tratta solo della velocità del cam- biamento che rinnova rapidamente i saperi; è in discussione più precisamente la se- parazione tra momento della “teoria” e momento della “pratica”, un principio che ha fondato gli apparati scolastici ed accademici della modernità, e che appare parti- colarmente resistente specie nella realtà italiana. Questa separazione del campo del sapere risulta una delle principali cause dell’isolamento delle istituzioni scolastiche da una società nella quale la cultura è divenuto un fattore rilevante dello sviluppo tanto da portare diversi autori ad affermare che ci troviamo nell’ambito di un si- stema sociale centrato sulla conoscenza e sulla competenza. Ciò pone in crisi un modello di istruzione di tipo scolastico che presuppone uniformità e rispetto, centrato sulla rigidità ed indivisibilità del gruppo classe e su metodologie didattiche rigide e uniformanti che presuppongono come unico ri- medio alla complessità del mondo giovanile la selezione, specie negli anni iniziali, processo che continua ad alimentare il grave livello di dispersione scolastica del nostro Paese. 22 23 La questione di fondo non è costituita pertanto dal presunto “indebolimento in- tellettuale” della gioventù, quanto dal contrasto tra la cultura così come è proposta normalmente nella scuola, specie del ciclo secondario, e il modo in cui viene con- cepita la cultura nella società attuale e la sua trasmissione, che propone una visione non più istituzionale né statica, bensì sociale (ovvero aperta, disponibile) e dina- mica. Tale contrasto culturale si manifesta nei quattro aspetti riassunti in tabella. È a causa di questa prospettiva angusta che le caratteristiche della gioventù vengono lette dal mondo della scuola soprattutto sotto un profilo negativo, ponendo l’accento volta a volta sulla mancanza di motivazione ed interesse, sul cronico ri- tardo di preparazione rispetto a come sono disegnati i cicli degli studi, sull’assenza di un metodo di studio, sulla sregolatezza e la drammatizzazione dell’esperienza di vita condotta a scuola. Questo modo di pensare i giovani è già indice di una problematica educativa che investe il sistema scolastico e riflette una crisi di ampio raggio che riguarda in particolare il ciclo secondario degli studi, ma ha un’origine precedente. È evidente che un lavoro educativo e formativo non può essere svolto in modo efficace se non origina da una positività e dalla convinzione di poter conseguire per tutti gli studenti, mediante un approccio adeguato ed un metodo definito, mete di miglioramento apprezzabili e dotate di valore. I giovani del nostro tempo esprimono in effetti una grande curiosità e sono fa- cili da interessare a temi che vengano loro presentati con passione e coinvolgi- mento, ma presentano una modesta motivazione agli studi. Riflettono un’epoca me- diatica che stimola tramite sequenze incalzanti e diffonde conoscenze molteplici, rispetto alle quali mancano spesso di un’organizzazione e di un quadro di riferi- mento adeguato. Presentano un cammino di apprendimento che pone attenzione soprattutto sulle dimensioni emotive, ovvero a ciò che li smuove dal loro mondo e dà loro soddisfazioni immediate, e manifestano il bisogno di appoggiare quanto vengono apprendendo entro un metodo stabile. Inoltre, tali giovani presentano una grande differenziazione di culture, lingue, livelli di preparazione, motivazioni e curiosità, stili di apprendimento e ciò pone in crisi un contesto scolastico ancora eccessivamente centrato sul gruppo classe. Emerge quindi, a partire da questo contrasto tra giovani e scuola, una sfida im- portante per l’IFP: si tratta di passare dall’istruzione alla formazione, incorag- giando un atteggiamento attivo nei confronti della conoscenza piuttosto che un at- teggiamento passivo (che presuppone, per essere sostenuto dal soggetto, unica- mente il ricorso all’autorità, una prospettiva improponibile in un tempo di indebo- limento della stessa), traendo dalla realtà il materiale su cui svolgere l’opera dell’e- ducazione. L’Unione europea si fa portavoce di questo passaggio, specie quando sollecita a considerare come “cultura” ogni apprendimento, qualsiasi sia il modo in cui viene acquisito (formale, non formale, informale), e di dotare ogni cittadino di competenze chiave che gli consentano di vivere da protagonista la società della conoscenza (Unione europea 2008). Per questo la proposta della “Linea guida” si colloca entro un quadro educa- tivo ed antropologico che muove da una relazione significativa tra giovani ed adulti, e quindi tra giovani e cultura, e da un’identificazione tra studenti e ambiente formativo. Tale proposta richiede la capacità di collocare i saperi entro situazioni di apprendimento attive a partire da compiti e problemi posti nella forma della scoperta e della costruzione, così da consentire ai giovani di acquisire una cultura personale consapevole, provata, critica, promuovente. La diffusione di modelli di intervento integrato e lo stesso obbligo di istruzione non devono pertanto portare ad una regressione verso un modello di programma- zione didattica che frammenta le discipline e propone un insegnamento astratto e deduttivo, e che, di fronte alle difficoltà di preparazione all’ingresso, tende a ripar- tire sempre più indietro e a ridurre fatalmente le mete generando in tal modo un circolo vizioso di demotivazione, disistima reciproca e noia. Per contrastare tale esito occorre valorizzare la metodologia formativa peculiare della IFP; ciò significa attribuire importanza al fattore “antropologico” dell’educa- zione che non risulta riducibile alle sole tecniche didattiche, così da sostenere in modo intenzionale e progettuale un ethos formativo favorevole all’apprendimento. Occorre inoltre attribuire la giusta rilevanza all’atteggiamento morale – ovvero l’orientamento al bene – ai fini della valorizzazione positiva delle opportunità for- mative offerte ai giovani. 24 25 2.3. L’educazione morale ovvero il riferimento al bene Una delle competenze fortemente sollecitate dall’Unione europea consiste nell’“imparare ad apprendere”; questa non deve essere concepita come una tecnica: si tratta in realtà dell’evidenza di un costume morale centrato sulla responsabilità e sulla condivisione (Jonas 1990). La nuova prospettiva che la società della conoscenza sollecita nei confronti del sistema educativo non si riduce né alle mere capacità né alle abilità. La realtà dell’individuo è caratterizzata anche da un’altra dimensione che nell’ambito didat- tico prende il nome generico di “comportamento” ma che possiamo più precisa- mente definire “virtù personali” ovvero la disposizione a cercare e fare il bene, che si evidenzia nel modo in cui la persona si pone nei confronti di un particolare con- testo, dei compiti e delle responsabilità che ad essa si propongono. Lo stesso concetto di competenza, se liberato da un eccesso di contenuto tec- nico, richiama l’importanza nella nostra società di persone dotate di vere e proprie disposizioni morali; la competenza non è un fenomeno assimilabile al saper fare, ma un modo di essere della persona che ne valorizza tutte le potenzialità. Lavorare per competenze significa favorire la maturazione negli studenti della consapevo- lezza dei propri talenti, di un rapporto positivo con la realtà sostenuto da curiosità e volontà, in grado di riconoscere le criticità e le opportunità che gli si presentano, capaci di assumere responsabilità autonome nella prospettiva del servizio inteso come contributo al bene comune. Tali disposizioni morali si manifestano nei seguenti modi: – in primo luogo si evidenzia l’importanza della fiducia nella propria realtà per- sonale ovvero la stima e la coscienza del proprio originale valore; – in secondo luogo la capacità di cogliere, nell’ambito in cui si opera, non solo ciò che si è scelto sulla base di una specifica predilezione ma anche ciò che si è obbligati a fare, significati buoni per sé e per la collettività; – successivamente, si sollecita la disposizione a mettersi in gioco in questo parti- colare contesto ovvero a porre in atto una responsabilità consapevole di fronte ai compiti ed ai doveri connessi in vista dell’accrescimento del bene personale, comunitario e sociale; – ciò comporta quindi la dimensione dell’impegno che a sua volta significa modestia (moderazione nel considerare se stessi), lealtà (fedeltà e senso del- l’onore), forza d’animo e coraggio nel momento in cui si presentano avversità che possono essere costituiti da ostacoli oppure da distrazioni; – tutto quanto evidenziato si esprime attraverso l’assunzione di una disciplina, che consiste nell’apprendere una regola di vita e saperla assumere in modo rigoroso, ma anche nella pazienza che a sua volta significa saper tollerare i limiti altrui e quelli propri e disporsi ad una reciproca correzione resa con- vincente dal sentimento di fraternità che si fonda sulla dedizione, l’affezione e la donazione personale in forza di una comune visione del bene. La proposta della IFP persegue pertanto, attraverso la cultura del lavoro e le esperienze formative che questa esprime, l’educazione morale del giovane intesa come ricerca di una forma adeguata – ragionevole, voluta ovvero libera – in cui svolgere la propria esistenza. Occorre passare da una morale prescrittiva e precet- tiva ad una morale relazionale e comunitaria, che consenta un dialogo continuo circa il senso dei contenuti e delle esperienze educative e giunga a convinzioni ragionevoli perché maturate entro un confronto aperto, franco, comunitario. Ciò comporta non tanto una tecnica, quanto una disposizione morale dell’educatore entro una comunità educativa che vive gli stessi valori che intende condividere con gli allievi. L’educatore è chiamato anch’egli ad avere fiducia nella propria realtà personale, a vivere il proprio compito come vocazione orientata al bene altrui e proprio, ad assumere responsabilità ed impegno, a disporsi ad un’opera da condividere insieme agli altri entro uno stile fraterno di stima e di cooperazione. Circa l’insegnamento della religione, verrà definito un accreditamento con l’Ufficio della pastorale regionale competente avente per oggetto un accordo circa l’utilizzo del personale interno e l’indicazione dei sussidi da utilizzare. 3. LA METODOLOGIA PECULIARE DELLA IFP 3.1. Criteri metodologici L’IFP possiede una propria peculiare metodologia che presuppone il pieno coinvolgimento della comunità nel compito educativo e formativo, e nel supera- mento dei curricoli formali per optare decisamente per una pedagogia del reale. L’approccio formativo adottato nella presente “Linea guida” si orienta alla formazione efficace basata sulle seguenti caratteristiche fondamentali: – riflette la caratterizzazione educativa propria delle Opere salesiane; – è centrato sugli allievi; – si riferisce ad una pedagogia del successo inteso come valorizzazione dei talenti dei giovani destinatari; – si colloca entro istituzioni formative ricche di offerte; – sollecita un apprendimento significativo e responsabile il cui scopo è la vita buona; – prevede un metodo misto tradizionale e per competenze; – considera il “capolavoro” come dimostrazione delle competenze dell’allievo; – coinvolge gli allievi; – coinvolge le famiglie; – considera la valutazione un processo condiviso entro una comunità educativa che si apre anche alle imprese come partner del processo e validatori dello stesso. L’approccio della formazione efficace pone in evidenza innanzitutto la centra- lità della persona; ciò significa perseguire una più accentuata personalizzazione dei 26 27 percorsi di apprendimento, anche tenuto conto della grande varietà dei destinatari, delle loro culture e del loro livello di preparazione. Ciò comporta la presenza di di- versi luoghi di apprendimento, evitando che tutto si svolga nel gruppo classe, che sempre meno rappresenta un contesto socio-psicologico omogeneo. La personaliz- zazione mira a scoprire le capacità buone di ciascuno (talenti) e ne sollecita la mo- bilitazione tramite le esperienze proposte che mirano a porre il giovane in un ruolo di maggiore protagonismo rispetto alle pratiche pedagogiche tradizionali. Non si tratta solo di un atteggiamento di ascolto e disponibilità all’incontro con il destinatario delle attività educative, ma di una scelta metodologica che su- pera gli approcci per contenuti e per obiettivi per mirare alle competenze, intese come caratteristiche della persona tali da renderla capace di fronteggiare problemi e compiti in autonomia, sapendo mobilitare le risorse di cui è a disposizione o che rintraccia via via nel contesto. Il punto centrale del metodo risiede nel passaggio da un insegnamento “inerte” ad un insegnamento più vitale, superando la mera trasmissione dei contenuti per avviare una pratica di costruzione degli stessi, così che gli allievi siano protagonisti del loro cammino. Ciò richiede di: selezionare dalla massa enciclopedica del sapere quelle conoscenze ed abilità che effettivamente risultano essenziali e decisive per la crescita della persona; riflettere maggiormente sul passaggio dall’insegnamento al- l’apprendimento, un processo che non può più essere affidato ad una sorta di determi- nismo pedagogico oppure al presunto valore evocativo della parola; variare le moda- lità di apprendimento mettendo a fuoco processi attivi, che mobilitano le valenze ope- rative ed anche emotive (anche la matematica può essere affascinante!) del sapere; introdurre modalità di apprendimento centrate su compiti reali, svolte in laboratori, dove si sviluppano percorsi non necessariamente lineari ma basati su nuclei di sapere connessi con i processi presenti nella realtà; coinvolgere gli allievi nelle pratiche di valutazione rendendo espliciti i criteri ed i parametri di riscontro, così da creare una reale comunità di apprendimento che possiede i termini del compito e procede ad una piena corresponsabilità educativa; cercare appoggi esterni al contesto scolastico che dimostrino in modo convincente l’utilità di quanto si impara dentro la scuola. Con ciò si intende il concetto di pedagogia del successo, un approccio educa- tivo che mira alla massima valorizzazione del potenziale (talenti) delle persone in modo che diventi competenza, così che tutti acquisiscano il “sapere della cittadi- nanza” nel quadro di riferimento del progetto personale di ciascuno. Il successo di cui si parla non è riferito ad un titolo o un certificato, ma al progetto di vita della persona in apprendimento, in tutte le sue componenti cognitive, emotive, operative, morali, spirituali, estetiche, entro una prospettiva unitaria o integrale. In tal modo si persegue uno stile vitale di implicazione degli allievi sollecitando la mobilitazione delle loro potenzialità (cognitive, operative, emotive, estetiche, reli- giose, morali) nei diversi ambiti della vita scolastica, sostenendo iniziative in grado di caratterizzare l’istituto, compresi riti interni ed esterni (di inizio, di conclusione, di celebrazione, di passaggio), iniziative nelle quali i giovani siano protagonisti. 3.2. Il formatore della IFP Risulta centrale per il successo dei percorsi IFP la figura del formatore che pre- senta requisiti peculiari relativi alla propria vocazione, alla deontologia ed alla me- todologia. Sul piano antropologico il formatore è effettivamente “coinvolto” nella sua missione: egli è parte attiva di una comunità educante, presenta una vocazione che lo orienta verso i destinatari dei percorsi di IFP, è capace di sollecitare un apprendi- mento relazionale ed un approccio alla cultura come esperienza tesa alla ricerca della verità. Egli è in grado di superare l’inerzia dei curricoli tradizionali proponendo una formazione veramente efficace così che la persona si ponga in modo aperto e sensi- bile di fronte alla realtà e sia in grado di comprendere, orientarsi e agire. È qui che si coglie il valore della IFP: essa consente alla persona di mobilitarsi in modo attivo a fronte di compiti-problema reali che ne stimolino l’autonomia, l’iniziativa concreta, in definitiva il desiderio di apprendere tramite coinvolgimento personale. È ciò che si intende per “competenza”. Il formatore è in grado di sollecitare le tre valenze del sapere: 1) una cognitiva che indica un insieme di nozioni, leggi, regole entro una strut- tura formale che spesso viene appoggiata su una epistemologia che vuole essere peculiare di ogni disciplina rispetto alle altre; 2) una esplicativa che si propone come strumento di lettura e comprensione del reale; 3) una emotiva che sollecita le corde della sensibilità e smuove il mondo perso- nale in senso culturale. Egli, di conseguenza, è in grado di sollecitare processi di apprendimento cen- trati su tre codici differenti: quello formale, che non va però fornito tutto insieme ed in fase previa; quello destrutturato che aggrega abilità/capacità e conoscenze intorno a “situazioni di apprendimento” ovvero esperienze coinvolgenti; quello di ausilio che si propone come supporto nei confronti di attività collocate in contesti desueti rispetto al proprio ambito disciplinare. Il criterio di fondo cui riferire la professionalità del formatore è la possibilità di sollecitare i talenti dei giovani e di stimolarli alla ricerca, a prendere il cam- mino. Occorre insegnare per compiti con consegne chiare e stimolanti, variare le situazioni di apprendimento ed il modo di implicazione con gli studenti, puntare talvolta sullo stupore e sul contrasto con il punto di vista usuale. Ciò significa lavorare per competenze. Ciò significa favorire la maturazione negli studenti della consapevolezza dei propri talenti, di un rapporto positivo con la realtà sostenuto da curiosità e volontà, in grado di riconoscere le criticità e le opportunità che gli si presentano, capaci di assumere responsabilità autonome nella prospettiva del servizio inteso come contributo al bene comune. 28 29 La competenza non è un fenomeno assimilabile al saper fare, ma un modo di essere della persona che ne valorizza tutte le potenzialità. Ciò significa superare la “socializzazione” – ovvero l’adattamento della per- sona a ruoli stabiliti e rigidi, un processo che oggi funziona piuttosto “a rovescio” provocando disaffezione e rifiuto per tutto ciò che appare impersonale – per una prospettiva di “socievolezza” propria di chi, dotato di libertà e volontà, è posto in condizione di mettere a frutto i propri talenti nella costruzione di una vita sociale sempre più a misura d’uomo «Chiave della felicità è lo scoprire che cosa uno è adatto a fare e il dargli l’opportunità di farlo» (Dewey 2004, 341). Ciò mediante una formazione efficace che valorizza la figura dell’insegnante come adulto significativo, collocato entro una comunità di apprendimento, capace di mobilitare i talenti degli studenti in esperienze significative concrete, sfidanti, che suscitano interesse e sollecitano un apprendimento per scoperta e conquista personale. L’elemento centrale di una formazione efficace, per competenze, è costituito dalla possibilità di privilegiare l’azione, significativa ed utile, in quanto situazione di apprendimento reale ed attiva che consente di porre il soggetto che apprende in relazione “vitale” con l’oggetto culturale da apprendere. Il discente è posto in tal modo nella condizione di fare un’esperienza culturale che ne mobilita le capacità e ne sollecita le potenzialità buone. Il sapere si mostra ad egli come un oggetto sensibile, una realtà ad un tempo simbolica, affettiva, pratica ed esplicativa. Il docente diventa, nel procedere secondo questo metodo, oltre che un esperto di una particolare area disciplinare, anche il “mediatore” di un sapere che “prende vita” nel rapporto con la realtà, come risorsa per risolvere problemi ed in definitiva per vivere bene. Ciò comporta, in corrispondenza di momenti cruciali del percorso formativo, la scelta di occasioni e di compiti che consentano allo studente di fare la scoperta personale del sapere, di rapportarsi ad esso con uno spirito amichevole e curioso, di condividere con gli altri questa esperienza, di acquisire un sapere effettivamente personale. 4. OFFERTA FORMATIVA L’offerta formativa propria del sistema di IFP prevede la distinzione in per- corsi e progetti definiti in modo distinto, come di seguito indicato: – Percorsi 1) Triennio di qualifica 2) Quarto anno di diploma professionale 3) Alternanza formativa 4) Apprendistato – Progetti 1) Moduli formativi per giovani iscritti alla scuola 2) Progetti territoriali per combattere la dispersione 4.1. Percorsi I percorsi indicano la parte centrale, stabile e quindi irrinunciabile dell’offerta formativa, su base tri-quadriennale, con continuità verticale nella formazione supe- riore, secondo una gestione autonoma ed esclusiva. Questa è la condizione che con- sente di esplicare nel modo migliore possibile tutte le potenzialità della metodo- logia della IFP e che quindi rappresenta una chance rilevante per l’utenza che si ri- volge alle istituzioni formative. Quattro sono le tipologie di percorsi. 1) Triennio di qualifica È un percorso rivolto ad adolescenti che hanno terminano il ciclo primario e che desiderano assolvere il diritto-dovere (ed in questo l’obbligo di istruzione) attraverso un cammino ad un tempo educativo, culturale e professionale. Il triennio si conclude con una qualifica di Istruzione e formazione professio- nale che consente l’ingresso immediato nel mondo del lavoro ed il prosegui- mento del percorso formativo nel IV anno di diploma professionale. Sono possibili ingressi anche lungo il percorso, tramite bilancio delle risorse e delle competenze ed eventuali LARSA8 di allineamento. La sua struttura è integra, senza tappe intermedie. Al II anno è previsto il rila- scio di un certificato di competenze relative all’obbligo di istruzione. 2) Quarto anno di diploma professionale È il passaggio successivo alla qualifica e si conclude con il rilascio di un di- ploma di Istruzione e formazione professionale che consente l’inserimento im- mediato nel mondo del lavoro, la prosecuzione degli studi nella formazione su- periore, l’inserimento nei percorsi universitari dopo la frequenza di un anno propedeutico per l’acquisizione di un diploma di Stato. Sono possibili ingressi, con eventuali LARSA di riallineamento, anche da parte di giovani che hanno frequentato con successo tre anni di un istituto tec- nico e professionale, purché vi sia corrispondenza di settore. 3) Alternanza formativa Non si tratta di un percorso vero e proprio, quanto di una metodologia forma- tiva che prevede una più intensa attività formativa – rispetto agli stage previsti nei percorsi precedenti – entro una o più organizzazioni del lavoro, a condi- zione che ciò sia svolto entro un progetto formativo organico, coerente con la 30 8 Laboratori di Recupero e Sviluppo degli Apprendimenti. 31 metodologia qui indicata, dove i laboratori vengono sostituiti con le attività in azienda. La pratica dell’alternanza formativa si svolge a partire dal II anno dei percorsi ordinari. L’équipe dei formatori prevede la presenza di tecnici del- l’azienda che in tal modo svolgono funzioni formative integre. 4) Apprendistato per il diritto-dovere Dopo il II anno o comunque al compimento del sedicesimo anno di età, è pos- sibile per il giovane in diritto-dovere svolgere il proprio percorso formativo in apprendistato: si tratta di un contratto di lavoro a causa mista che rappresenta la formula reciproca rispetto a quella dell’alternanza: titolare del rapporto di lavoro è l’azienda mentre l’istituzione formativa si occupa delle attività forma- tive extra aziendali. La metodologia è identica a quella indicata per i percorsi ordinari così come la valutazione, la certificazione e il rilascio di un titolo di qualifica valido per l’assolvimento del diritto-dovere e per il prosieguo degli studi. 4.2. Progetti I progetti indicano la parte ulteriore dell’offerta formativa, costituita da attività volte a contrastare le problematiche dell’apprendimento e quindi la dispersione, affrontate sia in fase preveniva tramite moduli integrativi realizzati con gli istituti scolastici, sia in fase conclamata attraverso Centri per il successo formativo ovvero strutture che sono in grado di intervenire con una varietà di strumenti entro un pro- getto di ampio respiro. 1) Moduli formativi per giovani iscritti alla scuola Sono attività formative integrate, svolte dall’istituzione formativa per conto di quella scolastica, che consistono in moduli di laboratorio professionalizzante ed inoltre di stage e tirocini mirati. Tali moduli sono caratterizzati dall’essere una metodologia di prevenzione e contrasto dell’insuccesso formativo rivolta ad “aree critiche” del mondo studentesco. Il possesso di adeguate competenze, debitamente certificate, possono consentire anche l’accesso agli esami di qua- lifica professionale per l’assolvimento del diritto-dovere e per l’accesso imme- diato nel mercato del lavoro. 2) Progetti territoriali per combattere la dispersione Si tratta di un vero e proprio servizio specialistico nella gestione delle proble- matiche di crisi connesse ai processi di apprendimento e di inserimento lavora- tivo e sociale, svolto d’intesa con le istituzioni del sistema educativo territo- riale, costituito da una serie di opportunità di varia natura rivolte ad adole- scenti e giovani in difficoltà: orientamento, supporto didattico nelle specifiche aree formative critiche, percorsi destrutturati per soggetti che non possono/non riescono ad inserirsi in un gruppo classe ordinario, sostegno ed accompagna- mento al fine di realizzare un’efficace metodologia di placement nel mercato del lavoro. Inoltre sono previsti anche interventi di “secondo livello” per gli operatori del sistema educativo: supporto formativo tramite laboratori di buone pratiche, monitoraggio ed accompagnamento rivolto a progetti similari da rea- lizzare anche in altri contesti. 5. PROGETTAZIONE E GESTIONE DEI PROCESSI DI APPRENDIMENTO Per la progettazione e la gestione dei processi di apprendimento si prevedono le azioni e gli strumenti sintetizzati in tabella. Nei paragrafi che seguono se ne offre una descrizione. In allegato, vengono riportati gli strumenti. 5.1. Progettazione La progettazione formativa comprende la definizione complessiva e delle si- tuazioni che si intendono allestire, e delle caratteristiche, così da perseguire i tra- guardi desiderati (All. 1 per i traguardi comuni) tenendo conto delle peculiarità del contesto, dei soggetti, dei vincoli e delle risorse disponibili al fine di sviluppare un servizio di qualità. La progettazione si esplica in un disegno complessivo, condiviso da tutta l’é- quipe formativa, all’interno del quale trovano senso le attività, la loro successione nel tempo, il rapporto tra queste ed i cambiamenti attesi nei destinatari in termini di apprendimenti e di maturazioni, le risorse necessarie e le metodologie di realizza- zione oltre che di verifica. In questo senso, il progetto indica anche un quadro di riferimento per definire le congruenze tra finalità auspicate e mezzi per realizzarle; ciò aiuta a pensare l’insie- me delle proposte educative in maniera non frammentata ma organica, porta a discu- tere e condividere un itinerario di lavoro attribuendo ad esso significati condivisi. In tal modo, il momento della progettazione consente di delineare un percorso praticabile sulla base di riflessioni tratte dalla storia professionale ed in particolare dalle esperienze svolte in precedenza dalla stessa istituzione formativa. 32 33 Il progetto prevede una scansione della durata dell’intero intervento formativo fino alla sua terminalità, definita dal rilascio di un titolo di studio (qualifica o di- ploma). La capacità realizzativa del progetto si dimostra tramite verifiche perio- diche gestite in forma collegiale che possono (sarebbe meglio dire: debbono) por- tare anche alla revisione del progetto stesso sulla base delle indicazioni emergenti. Infine è evidenziata tramite le attività di valutazione circa il lavoro fatto ed i suoi esiti. Si tratta quindi di un canovaccio, che assume proprio per questo aspetto il nome di “Piano formativo di massima” (All. 2). Questo strumento di progettazione rappresenta la guida ovvero la rappresentazione di massima del percorso che orienta i docenti-formatori nel loro lavoro; esso consente di includere nell’azione formativa quelle “prestazioni reali e adeguate” che permettono di rendere attivo il processo di apprendimento degli allievi, sulla base di esperienze reali ed interdisci- plinari che indicano i passaggi fondamentali del percorso stesso e che vanno gestite secondo la metodologia della valutazione autentica. In tal modo si concentra l’attenzione del percorso formativo sulle azioni più ri- levanti, condivise da tutta l’équipe formativa, che si propongono agli allievi e quindi sul loro coinvolgimento attivo e sulla mobilitazione dei loro talenti così da formare vere competenze. Tutte le attività formative sono previste per unità di apprendimento; queste possono essere comuni a tutti i docenti-formatori e dovranno assorbire al massimo il 50% delle ore disponibili, mentre il resto è dedicato alle unità di apprendimento di asse culturale o area professionale, anch’esse strutturate in modo attivo tramite una situazione di apprendimento sfidante, così da suscitare un legame con i desti- natari e da coinvolgerli attivamente nelle dimensioni concrete dell’area formativa. Si indicano le azioni da inserire nel Piano formativo di massima: – Attività di accoglienza, orientamento ed accompagnamento (compresi i collo- qui con gli allievi) – Colloqui ed iniziative con le famiglie – UdA strategiche (interdisciplinari) – LARSA interni e esterni – Alternanza – Altre iniziative (tornei, gite, eventi...) – Attività collegiali per l’équipe dei docenti-formatori (incontri, formazione, ...). 5.2. Gestione dei processi di apprendimento La gestione dei processi di apprendimento rappresenta la parte più rilevante dell’azione formativa; essa comprende tutte le attività che consentono di sviluppare le mete previste in termini sia di apprendimenti sia di maturazioni. È esclusa la mera proposizione di conoscenze ed abilità tra loro isolate: l’ap- prendimento efficace avviene nel momento in cui la persona utilizza in modo perti- nente e consapevole le risorse formative (conoscenze, abilità e capacità) a fronte di compiti/problema e non nella ripetizione di espressioni linguistiche o di operazioni tecniche o mentali. Ciò significa che ogni formatore dovrà elaborare, per tutti i nuclei portanti della sua area formativa (tratti dagli standard di riferimento), una serie completa di unità di apprendimento in grado di soddisfare le esigenze presunte. È prevista poi l’elaborazione di sussidi di asse culturale ed inoltre di area professionale; tutti questi materiali saranno parte del Centro risorse per l’apprendimento, uno stru- mento indispensabile per un’azione formativa efficace di natura comunitaria. Il percorso formativo è gestito tramite le seguenti cinque modalità operative, così da rendere possibile un riferimento chiaro ed organico su cui sviluppare l’atti- vità di valutazione e quindi di certificazione. 1) Profilo dell’allievo e bilancio delle risorse (All. 3) È uno strumento riferito ai giovani iscritti ai percorsi di IFP e consente di svi- luppare una diagnosi iniziale di tipo dialogico e formativa, tendente ad indivi- duare le potenzialità ed i talenti della persona, oltre alle sue risorse, e di deli- neare un piano formativo che corrisponda alle sue caratteristiche. L’analisi del profilo dell’allievo costituisce un’attività preliminare ad ogni azione formativa; essa mira a ricostruire le caratteristiche più rilevanti della persona ai fini della definizione di un progetto formativo personalizzato, ovvero in grado di mobilitare i punti di forza della persona e di superare i punti di debolezza che emergono dalla analisi e riflessione circa l’esperienza ed il bagaglio della persona. L’attività di definizione del profilo e di bilancio delle risorse non ha un intento investigativo né valutativo, ma è un’occasione di ascolto e di dialogo/con- fronto con l’allievo, che avviene sulla base di una traccia definita di temi ed argomenti, così da stimolare la riflessione dello stesso circa il suo momento attuale ed il progetto che intende perseguire. Il profilo è centrato su due elementi: a) le capacità personali; b) le risorse, ovvero le conoscenze e le abilità. Con l’espressione capacità personali si fa riferimento a “quell’insieme di ca- ratteristiche (...) strettamente legate al Sé, e precisamente ai repertori personali di base: cognitivo, affettivo-motivazionale, socio-interpersonale, che sono coinvolte in numerosi compiti ed attività ed esportabili da un contesto all’altro. Tali capacità, possedute dal soggetto su base innata e appresa, sono da inten- dersi come unità complesse, comprendenti componenti cognitive, emozionali ed operazionali che interdipendono con unità contestuali dell’ambiente sociale” (Becciu-Colasanti, 2003, 7). Le risorse, intese come abilità/capacità e relative conoscenze, si riferiscono agli assi culturali (dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico sociale), all’area tecnico professionale ed a quella della cittadinanza. 34 35 Per la rilevazione delle capacità personali è possibile fare riferimento a stru- menti presenti in varie pubblicazioni (Polacek 2005; Comoglio 2006). Per la rilevazione delle risorse si propone un metodo misto composto da con- fronto diretto con l’allievo ed un insieme essenziale di strumenti di rilevazione a carattere snello e con intento di sondaggio del grado di preparazione. In al- ternativa a questi ultimi, è possibile sottoporre all’allievo alcuni compiti reali da cui emergano in modo indiretto le padronanze effettive circa gli assi cultu- rali e gli strumenti informatici e telematici. Il profilo/bilancio delle risorse deve essere sempre centrato sul progetto perso- nale del destinatario: all’inizio questo viene rilevato così come egli lo intende, mentre alla fine l’esito del lavoro deve essere riproposto alla persona in modo da consentire ad essa di chiarire meglio il punto in cui si trova, la coerenza tra il suo bagaglio e le mete che si propone, le attenzioni che deve porre in atto, assieme all’istituzione formativa, per giungere all’esito desiderato e possibile. 2) Unità di apprendimento (All. 4) L’Unità di Apprendimento (UdA) rappresenta la struttura di base dell’azione formativa a carattere sia interdisciplinare, ovvero condivisa dall’intera équipe formativa, sia di asse culturale o area professionale. Essa indica un insieme or- ganico e progettato di occasioni di apprendimento che consentono all’allievo di entrare in un rapporto personale con il sapere, attraverso una mobilitazione di- retta su compiti che conducano a prodotti veri e propri di cui egli possa andare orgoglioso e che possano costituire oggetto di una valutazione più autentica. Tutte le situazioni che accadono nel percorso formativo debbono essere orga- nizzate per unità di apprendimento. Esse si distinguono però in tre categorie: – le situazioni significative e rilevanti, che indicano snodi importanti del pro- cesso di sviluppo della persona, che impegnano la totalità dei formatori (collegio formatori) e che presentano una gestione strutturata; – le situazioni connesse alla vita di classe per così dire “ordinaria” che si svolgono tramite lezioni, esercitazioni, compiti e verifiche e che richiedono una gestione ed un controllo centrati più su conoscenze ed abilità; – le situazioni connesse alle esperienze formative non strettamente curricolari relative alla vita di classe e di istituto (es.:accoglienza ed aiuto rispetto a com- pagni in difficoltà, organizzazione di incontri ed eventi) oppure riferite a con- testi esterni alla scuola che richiedono un approccio più morbido e intuitivo. In tal senso, possiamo avere UdA ad ampiezza massima (tutti i formatori), media (alcuni) o minima (area formativa). Essa prevede sempre compiti reali (o simulati) e relativi prodotti che i destina- tari sono chiamati a realizzare ed indica le risorse (capacità, conoscenze, abi- lità) che gli viene chiesto di mobilitare per diventare competenti. In tal senso, ogni UdA deve sempre mirare almeno una competenza tra quelle presenti nel repertorio di riferimento. In ognuno dei tre casi indicati, l’UdA esprime una pedagogia dei compiti che mira alla capacità di “costruzione” e alla “capacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta attraverso prodotti concreti ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso. Nella gestione dell’UdA occorre considerare i seguenti punti: – elaborare un documento di consegna agli studenti da cui risulti chiaro ciò che viene loro richiesto, le risorse ed i tempi, i criteri di valutazione; – l’autovalutazione da parte dell’allievo il cui esito è a sua volta valorizzato da- gli insegnanti in quanto esprime la sua capacità di riflessione costituendo in tal modo un fattore di apprendimento più elevato (apprendere dall’esperienza, imparare ad imparare) definito solitamente con il termine “meta competenza”. 3) Sussidio didattico (All. 5) Rappresenta un supporto per l’apprendimento rivolto direttamente all’allievo che propone - in riferimento ai nuclei essenziali del sapere - materiali (schede, esempi, strumenti di verifica...) in grado di sollecitare un apprendimento per ap- plicazione e per scoperta, in modo da stimolare il destinatario a mettersi in gioco sviluppando le proprie capacità ed abilità. Tale sussidio copre l’intera area dei saperi e rappresenta un sostituto dinamico e più fruibile del libro di testo. Il sussidio didattico è realizzato indicativamente secondo un metodo di lavoro basato su cinque passi: a) il primo passo consiste nella ricognizione, partendo dalla letteratura in mate- ria, delle prospettive per la didattica propria delle aree disciplinari indicate, in particolare della storia, delle scienze sociali, del diritto e dell’economia; b) il secondo passo prevede l’analisi dei traguardi formativi previsti al fine di elaborare uno schema di schede tematiche connesse sulla base di un indice di riferimento (All. 4); c) il terzo passo prevede la definizione del contributo dell’asse culturale entro il piano formativo unitario (All. 3); d) il quarto passo consiste nella elaborazione dei contenuti proposti, sotto forma di esperienze applicative capaci di suscitare interesse, in chiave indut- tiva, con la spiegazione presentata preferibilmente a seguito dell’esperienza; e) il quinto passo consiste nella elaborazione degli strumenti di verifica e di valutazione, simili a quelli OCSE-PISA, tenendo conto delle rubriche rela- tive alle competenze dell’asse culturale (All. 2). 4) Portfolio dell’allievo (All. 6) Il portfolio rappresenta una raccolta significativa dei lavori dell’allievo capace di raccontare la storia del suo impegno, del progresso e del suo rendimento. Con esso si mira a evidenziare il suo patrimonio di capacità, conoscenze, abi- lità e competenze, con una metodologia che consente di concentrare l’atten- zione su ciò che sa fare con ciò che sa. 36 37 Attraverso il suo utilizzo si intende superare il modo tradizionale di gestire il processo formativo ed inoltre di documentare e valutare il profitto scolastico. Più precisamente, tramite il portfolio è possibile rilevare la capacità di “costru- zione” della conoscenza e la “capacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta attraverso prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educa- tive e formative del percorso. Questo approccio sceglie il lavoro come “forma” del processo di apprendi- mento. Ciò consente di: – rendere gli allievi da subito attivi – stimolare un profilo docente più ampio e significativo – porre ad oggetto della formazione dei compiti/problema reali/realistici – perseguire il sapere utile e significativo – sviluppare una conquista personale del sapere – acquisire un metodo di lavoro e di studio – acquisire una struttura deontologica e morale. I prodotti che possono essere interessanti per il portfolio sono: capolavori professionali; schede (es.: glossario); presentazioni; video; CD ROM; dossier; dépliant; ecc. Tramite il portfolio è possibile capire la storia della crescita e dello sviluppo di una persona corredandola con materiali che permettono di comprendere “che cosa è avvenuto” dal momento della presa in carico della persona (che richiede un’attenta osservazione delle sue capacità e acquisizioni previe) fino al momento della partenza, passando per le varie fasi di cui si compone il percorso formativo. Il portfolio è elaborato dall’allievo che è chiamato a scegliere i lavori di cui va più orgoglioso, accanto a quelli che, d’intesa con i formatori, risultano signifi- cativi al fine di documentare i suoi progressi nell’apprendimento. Tra i lavori documentabili vi sono anche quelli realizzati in stage/alternanza formativa. Possono essere rilevanti anche le gite, i tornei, gli eventi... purché gestiti in chiave formativa. Essendo materiale personale, l’allievo è chiamato a dare una forma distintiva al suo portfolio, caratterizzandolo così secondo i suoi gusti e preferenze. Vi possono essere foto della persona, della classe, del centro, dépliant di eventi, ecc. Così, oltre al contenuto, anche dal modo in cui è stato strutturato e dalle sue caratteristiche organizzative ed estetiche è possibile cogliere il significato che l’allievo attribuisce alla sua esperienza formativa. Il portfolio è un contenitore progressivo di materiali e pertanto costituisce il riferimento privilegiato (accanto alle prove, ai test, ai colloqui-interrogazioni) per la valutazione dell’allievo da parte dell’équipe dei formatori nei diversi momenti dell’attività: lungo il percorso, a fine d’anno, alla fine del cammino (è il materiale personale che l’allievo porta all’esame finale). L’équipe esprime anche una valutazione del modo in cui l’allievo ha curato il portfolio. I prodotti che compongono il portfolio sono di due tipi: quelli di cui l’allievo va più orgoglioso e che decide di inserire per documentare i suoi progressi; quelli che presentano maggiore significatività perché segnalano passi impor- tanti nel processo di apprendimento. I due tipi possono coincidere. Lo strumento è composto da due parti: elenco delle prestazioni (prodotti) più importanti che si decide di documentare, indicando in quale periodo sono state svolte; per ogni prodotto, viene chiesta una presentazione, una documentazione ed un’autovalutazione che stimoli l’allievo alla riflessione circa il proprio per- corso di apprendimento, i suoi punti forti e gli elementi da migliorare. Circa la documentazione da inserire, occorre distinguere tra: prodotti che pos- sono essere documentati tramite il loro inserimento integrale che basta a spie- garli (es.: scheda, dossier...); prodotti che si documentano tramite una relazione con testi ed immagini di supporto. Occorre curare in particolare il linguaggio poiché rivela la padronanza della persona circa un determinato ambito del sapere. Nei paragrafi che seguono, si propone la mappa delle azioni e degli strumenti di gestione del percorso formativo, compresa la valutazione e la certificazione. 5) Gestione degli ingressi e delle uscite (All. 7) La metodologia di gestione degli ingressi e delle uscite (passaggi) è definita sulla base di una serie di criteri di riferimento: – garantire ad ogni persona la possibilità di inserirsi in ogni percorso forma- tivo, tenuto conto della presenza di requisiti (gli aspetti mancanti recupera- bili tramite un LARSA apposito); – garantire nel contempo ad ogni persona la possibilità di uscire da ogni per- corso formativo, tramite un itinerario accompagnato e supportato; – rendere stabile l’intesa tra istituzioni scolastiche e formative differenti, in forza di un metodo e di un linguaggio condiviso; – garantire ad ogni persona il riconoscimento del proprio bagaglio di saperi e competenze, così da tradurlo in credito spendibile nel percorso formativo; – garantire ad ogni persona il giusto carico di lavoro per completare i pas- saggi, senza che essa venga penalizzata da questa scelta. I passaggi sono comunque momenti onerosi per la persona, poiché si tratta di passare da un’istituzione all’altra ed inoltre da un gruppo classe ad un altro, e ciò comporta un problema di raffronto degli apprendimenti, di socializzazione, di allineamento e financo di consonanza, tutti aspetti che richiedono appunto impegno e dedizione. Ma nel contempo, si tratta di una metodologia impegnativa anche per i forma- tori ed i dirigenti, il cui centro è determinato dalla possibilità di un riconosci- mento reciproco e dalla spendibilità dei crediti attestati. Il cuore del metodo sta nel rapporto di fiducia tra organismi formativi, garantito dalla compatibilità del modo di leggere ed attestare le acquisizioni delle persone. 38 39 È evidente che, in tal modo, si creano le condizioni per la costituzione di reti formative che abbiano al loro centro gli apprendimenti delle persone e non solo le convenienze delle strutture erogative. Gli strumenti relativi alle transizioni degli allievi tra i diversi percorsi sono stati definiti sulla base di una successione in fasi tipiche del processo di gestione dei passaggi, così delineate: a) Domanda di passaggio/Domanda di ingresso b) Bilancio personale c) Certificazione in caso di abbandono d) Confronto bagaglio/requisiti richiesti e) Convenzione tra organismi f) Attestazione del Dirigente/Direttore. 6. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI Per la valutazione degli apprendimenti e la certificazione delle competenze, vengono proposti numerosi strumenti. Li elenchiamo di seguito. Nei paragrafi suc- cessivi vengono descritti nel più ampio quadro che descrive la nostra proposta per la valutazione. I singoli materiali cui si fa riferimento sono riportati in allegato. 6.1. Valutazione degli apprendimenti L’approccio valutativo che si propone è innanzitutto di ispirazione educativa: questo significa porre al centro dell’attenzione innanzitutto il giovane con le sue capacità buone, entro la comunità educante intesa come corresponsabilità tra i soggetti coinvolti ed offerta di occasioni di apprendimento in grado di sviluppare pienamente tali capacità (Plessi 2004, 255). In questo senso, l’ispirazione pragmatica delle soluzioni proposte è motivata anche dal rispetto del lavoro dei formatori, in forza del criterio secondo cui è giusto sollecitare soltanto quelle metodologie che dimostrano di migliorare effettivamente le pratiche professionali e che contribuiscono a valorizzare la loro professionalità stimolandoli al confronto, alla riflessione ed al miglioramento continuativo. Ciò è coerente con l’intento di sostenere la crescita di una comunità professionale di for- matori in grado di fare ricerca mediante l’arricchimento continuo e reciproco delle pratiche educative, ivi compresa la valutazione. Tre sono le finalità dell’azione valutativa: 1) innanzitutto essa svolge un compito pienamente formativo in forza del quale è al servizio dell’intervento educativo cui fornisce informazioni e stimoli così da aiutare coloro che progettano e gestiscono l’intervento a comprendere meglio la situazione e puntare al suo miglioramento continuativo (Palumbo 2006); 2) in secondo luogo essa intende riscontrare nel destinatario la presenza dei requisiti (conoscenze, abilità, competenze e capacità personali) che consentono di attribuire ad esso il titolo di studio in quanto fattore ad un tempo educativo, culturale e professionale, e quindi il certificato delle competenze che rappre- sentano il riferimento prioritario degli apprendimenti, ed inoltre delle cono- scenze, abilità e capacità personali; 3) infine, essa consente di delineare un linguaggio ed un metodo di confronto, tali da porre in atto una cooperazione educativa tra l’organismo formativo e i sog- getti coinvolti nell’educazione ovvero la famiglia ed i soggetti della vita eco- nomica – aziende ed enti – così da condurre ad esiti non solo valutati ma anche condivisi e validati in modo congiunto dalla comunità educante intesa in senso ampio. Questo approccio esclude da un lato una concezione della valutazione come attività volta esclusivamente al controllo ed alla misurazione di comportamenti prestabiliti (Tacconi 2007, 6) perché in questo modo verrebbe meno la sua natura educativa e l’intera azione si ridurrebbe all’esecuzione di programmi prestabiliti che chiedono solo di essere posti in atto. Inoltre manca la prova – o meglio: esi- stono prove contrarie a questa tesi – che sia possibile elaborare verifiche in grado di assicurare esiti attendibili e generalizzabili secondo i requisiti della obiettività, della sicurezza e della imparzialità.9 Inoltre, l’approccio adottato esclude una concezione autoreferenziale della valutazione, intesa come compito esclusivo dell’istituzione formativa e quindi attri- 40 9 “Nel maggio del 1999 in una sessione speciale dedicata alla valutazione degli apprendimenti, Edward Haertel proclamò che era fallito il movimento per l'elaborazione di verifiche scolastiche capaci di garantire valutazioni attendibili e generalizzabili” (traduzione del testo di SPALDING E., Tre P per valutare, a cura dell’ADI (http://ospitiweb.indire.it/Portfolio/p1una%20storia.htm). 41 buita ai soli formatori, senza il concorso degli attori interessati al buon esito delle azioni educative. In particolare, in riferimento a quest’ultimo aspetto, si è voluto proporre una metodologia in grado di assicurare una reale cooperazione educativa tra i soggetti della comunità; ciò ha portato alla necessità di considerare i seguenti punti di vista: quello della famiglia che, nella gran parte dei casi, predilige metodi valutativi co- siddetti “tradizionali”, centrati sulla notazione relativa alle discipline e al compor- tamento dell’allievo; quello dell’impresa che ha a cuore sia gli aspetti di abilità tec- nica sia quelli definiti come “comportamento organizzativo”, ma anche le capacità della persona espresse in termini di motivazione e progetto. Tutto ciò si è tradotto in una cura del linguaggio, di cui si è perseguita ad un tempo la chiarezza e la condivisione, così da proporre locuzioni e notazioni in grado di riferirsi ad oggetti capaci di evidenza dal punto di vista dei soggetti coin- volti, evitando formule eccessivamente specialistiche e criptiche. L’adozione di un linguaggio chiaro e condiviso è inoltre una condizione essen- ziale per poter arricchire la valutazione degli apprendimenti e delle acquisizioni con la pratica dalla validazione che comporta un giudizio circa il valore degli esiti effettuato a carico degli stakeholder principali, in particolare i tutor aziendali ed i professionisti coinvolti specie nelle attività formative svolte presso gli ambienti reali di lavoro. Nel momento della validazione avviene un riconoscimento sociale di ciò che il progetto è stato in grado di realizzare, e consente all’allievo formato di poter vantare nel proprio curricolo l’esperienza svolta ed il giudizio espresso. L’intesa tra i soggetti del sistema educativo ed i soggetti del mondo economico possiede anche un carattere epistemico poiché consente di creare comunità di la- voro che concordano circa i requisiti di un’azione formativa effettivamente riuscita, condividono il dispositivo di valutazione e validazione degli apprendimenti ed in generale rende possibile uno scambio fattivo ed arricchente tra i soggetti coinvolti. Ciò comporta che la valutazione non coincide con una fase o una particolare attività, ma è un fattore permanente che arricchisce la dinamica relazionale e so- ciale dell’azione formativa che così viene vista non più come una prerogativa esclusiva delegata a specifiche istituzioni dove operano professionisti a ciò dedi- cati, ma rappresenta un momento di corresponsabilità della comunità sociale che così attualizza la sua vocazione educativa. La relazione rappresenta pertanto non solo la dimensione fondamentale dell’a- zione educativa che si svolge tra formatore e destinatario, ma anche quella relativa alle dinamiche che coinvolgono i vari attori che concorrono alla qualità dell’azione formativa. Similmente, l’elemento fondamentale della presente guida è costituito dalla relazione che intercorre tra il cuore del processo di apprendimento e quindi di valu- tazione, ovvero la competenza, le capacità della persona ovvero le sue potenzialità, ed infine le risorse mobilitate dalla persona (conoscenze ed abilità). La metodo- logia proposta mira a rendere leggibile tale relazione entro un’esperienza formativa concreta nella quale il destinatario mostra di essere in grado di saper agire e reagire alle sollecitazioni proposte attraverso la mobilitazione di conoscenze, abilità e ca- pacità di cui è in possesso, così da perseguire un risultato positivo. Questo approccio ci consente inoltre, in forza di tale strutturazione, di conside- rare egualmente fenomeni formativi diversi, ovvero formali, informali e non for- mali, in modo da ricostruire le acquisizioni significative della persona indistinta- mente dal modo e dal luogo in cui sono avvenuti. Ciò vale in ogni momento del processo formativo, ma anche per interventi svolti in riferimento a destinatari dotati di un bagaglio di acquisizioni che non sono necessariamente l’esito di un percorso formale. Una metodologia siffatta, pertanto, può essere applicata in diversi contesti e con differenti tipologie di utenti, anche se rimane in ogni caso la necessità di una condivisione di fondo con tutti gli attori che sono coinvolti nelle azioni formative. L’équipe dei formatori esprime la valutazione circa: 1) la competenza, ovvero la padronanza dimostrata dall’allievo nel risolvere un insieme di problemi posti e di utilizzare ed incrementare le proprie risorse in ordine all’assolvimento dei compiti indicati. Sono individuate tramite la rubrica: esiste se sono soddisfatti tutti gli indicatori previsti, almeno a livello di soglia; 2) le singole conoscenze ed abilità il cui apprendimento è richiesto per la corretta soluzione del compito in riferimento alle diverse aree formative. Queste ultime sono individuate mediante: compiti reali (nei quali sono “mobilitate”), test (individuate tra alternative), esercizi (applicate), compiti ed interrogazioni (argomentate in modo pertinente); 3) i comportamenti e la condotta della persona, specie quelli riferiti all’insieme della vita dell’organismo formativo e che vengono specificati normalmente nei seguenti indicatori: cura personale, rispetto degli altri (compagni e personale), rispetto delle regole, rispetto dell’ambiente, spirito di condivisione, ovvero ciò che è definito nel progetto educativo. I tre fattori sono da considerare non come tre ambiti giustapposti, ma come componenti di un processo formativo olistico, quindi rintracciabili in ogni attività che l’allievo è chiamato a svolgere, sia in modo formale, sia informale. Trattandosi di un approccio olistico, si è scelto di porre al centro dello stesso un linguaggio ed una metodologia che consenta di rappresentare le relazioni che intercorrono tra compiti, conoscenze ed abilità oltre che comportamenti e che per- metta di delineare un accordo tra docenti e di condurre ad una certificazione valida delle competenze. Ciò è reso attraverso la rubrica, ovvero “matrice” della compe- tenza. Essa consiste in uno strumento in grado di coniugare l’univocità dei rife- rimenti e la varietà dei percorsi possibili. Inoltre, presenta un insieme ordinato di indicazioni metodologiche ed operative a carico dell’équipe di educatori-formatori finalizzato alla descrizione delle acquisizioni di un soggetto – indicandone il livello di padronanza – sia attraverso la frequenza ad un percorso formale, sia tramite esperienze formative non formali ed informali. 42 43 La rubrica per le competenze rappresenta una matrice che ci consente di iden- tificare, per una specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le sue componenti: – Indicatori, ovvero le evidenze (compiti, comportamenti osservabili) che costi- tuiscono il riferimento concreto della competenza. – Livelli, ovvero i gradi di padronanza (basilare, adeguato, eccellente) che il sog- getto è in grado di mostrare nel presidiare quei compiti. – Conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso del- l’azione di apprendimento, ovvero quelle che costituiscono il centro di quel campo di sapere competente. La distinzione dei livelli è fondata sui seguenti criteri: – Autonomia: caratteristica di chi agisce conducendo da sé il processo di lavoro, pur avvalendosi di indicazioni. – Complessità: caratteristica del compito/problema che lo rende in qualche misura inedito rispetto ai casi precedentemente affrontati. – Consapevolezza: coscienza del senso della propria condotta volta alla solu- zione dei compiti/problema. – Efficacia: capacità della soluzione del compito/problema di soddisfare i requi- siti di risultato richiesti. Ecco la specificazione dei livelli, tenendo conto dei criteri indicati: La rubrica delle competenze, connessa al profilo ed al repertorio, sulla base di una scelta degli obiettivi formativi rilevanti e significativi per il gruppo classe, per i sottogruppi e per le persone che li compongono, consente all’équipe formativa i seguenti tre utilizzi: – Individuazione delle situazioni di apprendimento consone e rilevanti, oltre che essenziali, su cui impegnare i componenti dell’équipe ad un lavoro prevalente- mente interdisciplinare; – Verifica e valutazione delle acquisizioni effettivamente agite in modo perti- nente ed efficace da parte degli allievi; – Rielaborazione degli obiettivi e dei percorsi di apprendimento così da indiriz- zare l’azione formativa in modo da valorizzare le acquisizioni e sormontare le criticità emerse. La rubrica è uno strumento di supporto dell’azione didattica nella logica della costruzione del percorso formativo, in modo condiviso tra i docenti che compon- gono l’équipe. È uno strumento che esige un riscontro o validazione, composto di due passi: a) nel momento della elaborazione essa richiede una validazione provvisoria, che consiste nel riflettere sulla sua struttura, sul linguaggio, sul suo carattere evocativo e di facilitazione dell’azione didattica; b) a seguito della sua applicazione essa chiede di essere validata rilevando i riscontri provenienti dal campo in cui si è spe- rimentata così da poter giudicare della sua consistenza e procedere ad una rielabo- razione migliorativa. Si ricorda che anche l’allievo, tramite l’autovalutazione, è chiamato a illustrare e nel contempo diagnosticare il proprio percorso di studi scegliendo i prodotti di cui va più orgoglioso ed elaborando una scheda (presentazione) in cui espone il risultato ed il percorso seguito, esprime una valutazione ed indica i punti di forza e quelli di miglioramento. Perché ciò possa accadere, occorre che nell’atto della consegna il docente comunichi e spieghi i prodotti attesi, i comportamenti con- formi, i criteri di valutazione che intende adottare. L’autovalutazione rappresenta un elemento importante della valutazione effettuata dai docenti. In definitiva, quattro sono le caratteristiche della metodologia valutativa pro- posta. 1) Tale valutazione presenta un carattere chiaramente formativo; essa tiene conto dei progressi e dei punti di forza dell’allievo e segnala i suoi punti deboli ed i mezzi per correggerli. Si tratta di una dimensione regolatrice della valutazione che mira ad apprezzare il processo di apprendimento lungo tutto il corso del- l’azione. 2) La valutazione è centrata su situazioni di apprendimento che coinvolgono la persona tramite esperienze che consentono di acquisire competenze, ovvero un “saper agire” fondato sulla mobilitazione e l’utilizzo efficace di un insieme di risorse. 3) Si tratta di una valutazione trasparente: essa indica un accompagnamento del percorso e consente di fornire ai formatori ed agli allievi, oltre che agli altri at- tori, gli elementi che consentano loro di comprendere il cammino e di confron- tare gli apprezzamenti offerti con i criteri su cui si fondano e con gli oggetti osservati e valutati, così da creare una comunicazione aperta e appropriata. 4) È infine una valutazione globale: accanto alle competenze degli allievi, essa apprezza le sue conoscenze ed abilità, le sue attitudini ed i suoi comportamenti sociali, fattori che lo stesso allievo è sollecitato a valutare in proprio acqui- sendo quella capacità di autovalutazione che diventa un elemento rilevante del suo bagaglio personale. Gli strumenti (All. 8) proposti per la valutazione si distinguono in queste cate- gorie: valutazione delle competenze; valutazione delle conoscenze ed abilità; valu- tazione dei comportamenti; valutazione sommativa o pagellino; ammissione all’e- same; valutazione finale del percorso. 44 45 In allegato si propongono le rubriche delle competenze comuni del triennio di qualifica professionale (All. 9). Il centro del processo di valutazione è dato dalla competenza che indica il grado di padronanza dell’allievo in riferimento a compiti e problemi collocati in vari campi connessi agli assi culturali del processo di apprendimento. In tal modo, le conoscenze e le abilità sono concepite come risorse, in quanto entrano nel “gioco” dell’apprendimento delle competenze. Valutare le competenze significa pertanto valutare anche conoscenze, abilità e capacità personali, entro una visione dotata di senso unitario, poiché la competenza non è né un né un sapere, né un saper fare, né un saper essere, e neppure la somma di queste tre componenti; essa più precisamente è un saper agire fondato sulla mobilitazione e l’utilizzo efficace di una serie di risorse che in tal modo risultano apprese in quanto messe in azione consapevolmente ed in modo appropriato dal soggetto. Saper agire significa quindi ricorrere in maniera appropriata ad una varietà di risorse sia interne che esterne, secondo un modo che supera il livello della mera applicazione o dell’automatismo. Ciò prevede – dal punto di vista dell’allievo – il perseguimento non di un obiettivo didattico o formativo, bensì una sfida reale ovvero situazioni che comportano una messa in discussione delle sue conoscenze e delle sue rappresentazioni personali. Accanto a ciò, è possibile porre al centro dell’attenzione valutativa le cono- scenze e relative abilità, intese in quanto patrimonio di sapere che si rileva contem- poraneamente in modo indiretto – a partire dai compiti reali in cui tale sapere spe- cifico è messo in gioco – e diretto ovvero indagando il possesso delle strutture del sapere sotto forma di nozioni, spiegazioni, leggi, regole, criteri, strumenti, connes- sioni, ecc. La compresenza di queste due dinamiche, indiretta e diretta, permette di vagliare conoscenze ed abilità secondo un metodo attendibile che consente sia di coglierle in quanto patrimonio autonomo, dotato di una sua struttura linguistica, logica ed euristica, sia in quanto componente dei processi di azione in cui figurano come risorse necessarie al loro corretto svolgimento. Inoltre, oggetto di valutazione sono i comportamenti, una componente del pro- cesso di apprendimento che riguarda la dimensione sociale e quindi etico-morale del- la persona che viene sollecitata mediante le pratiche educative a riconoscere nella sua dimensione personale ciò che è bene e ad affezionarsi ad esso, adottando una disposi- zione umana tesa ad esso, naturalmente entro una vicenda dinamica che si esprime in un cammino, in fasi di sfida e di crisi ed inoltre in momenti di superamento. 6.2. Certificazione degli apprendimenti La certificazione degli apprendimenti rappresenta un’azione che mira a descri- vere in modo sistematico le acquisizioni della persona, preferibilmente sotto forma di competenze, e a registrarle in un formato condiviso tra i diversi attori del sistema educativo di IFP, compresi i soggetti economici. La certificazione mira pertanto a connotare il documento prodotto in stretto riferimento al merito delle acquisizioni della persona, di cui questa si è dotata attraverso le più diverse esperienze forma- tive (formali, non formali ed informali). La certificazione si riferisce a due categorie di fenomeni: in primo luogo le competenze intese come fattori che qualificano il grado di autonomia e di responsa- bilità della persona a fronte di specifiche categorie di compiti/problema dal rile- vante valore personale, sociale e professionale; nel contempo, essa specifica i saperi, ovvero le conoscenze e le abilità/capacità, ovvero le risorse di cui la per- sona si è impadronita e che ha saputo certamente mobilitare nel lavoro di soluzione dei compiti/problema indicati. Nella certificazione debbono essere evidenziati i livelli di padronanza delle competenze, che possono essere indicati per gradi progressivi: parziale, basilare, adeguato, eccellente. È evidente che la mancata notazione indica che la persona non possiede una padronanza neppure parziale della competenza indicata. La definizione di certificazione degli apprendimenti si lega necessariamente ad una seconda, quella del credito formativo. Questo rappresenta una documentazione che attribuisce alla persona in possesso di un’acquisizione un valore esigibile presso un organismo formativo, in vista del raggiungimento di uno specifico titolo. Perché il credito relativo ad un’acquisizione formativa sia effettivamente esigibile, occorre che l’organizzazione ricevente riconosca la certificazione fatta da quella inviante ed attribuisca a questa certificazione un valore affinché possa essere davvero utilizzata per accedere a (o progredire in) un percorso formativo o lavorativo senza che alla persona titolare sia imposto di ripetere le attività di apprendimento riconosciute. Di conseguenza, il credito formativo indica il valore di una certificazione e sanci- sce l’accettazione da parte dell’organismo ricevente della validità della formazione impartita all’allievo da altri organismi e viceversa, a condizione che vengano soddi- sfatte le tre successive condizioni: a) che l’organismo rilasciante sia accreditato secon- do le procedure appositamente previste e che in particolare preveda una funzione organizzativa e personale adeguati a tale compito e che adotti la metodologia prevista; b) che il credito ed il suo valore sia chiaramente riferito al PECUP ed alle Indicazioni regionali; c) che contenga le informazioni necessarie ad individuare le attività formati- ve svolte, le competenze personali e professionali maturate dal titolare, le conoscenze e le abilità che egli ha acquisito e che sono iscritte nelle competenze maturate. Il riconoscimento di un credito avviene mediante un processo di bilancio che prevede anche l’analisi dei materiali di valutazione e di documentazione personale dell’allievo. Tale analisi riguarda la presenza delle condizioni di validità del credito stesso, e di norma non prevede una prova di accertamento di tipo valutativo poiché l’attestazione soddisfa già i requisiti di trasparenza necessari. In questo senso, la certificazione costituisce un atto con cui viene accertato il possesso di una competenza determinata ovvero il possesso di un credito for- mativo, ma il cui valore effettivo dipende però dall’organizzazione presso cui viene proposto. 46 47 Certificazione degli apprendimenti e crediti formativi alludono ad un docu- mento che, pur non sostituendosi al titolo di studio, sia nella versione del certificato finale dei percorsi IFP (All. 10) che in quello del certificato delle competenze che vale sia per l’obbligo di istruzione sia per ogni attività formativa (All. 11), si pro- pone come strumento atto ad accompagnare la persona nella sua crescita in termini di esperienze e di competenze: si tratta del libretto formativo (All. 12). Quest’ultimo, definito in sede istituzionale nazionale ai sensi dell’Accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, rappresenta “il libretto personale del lavoratore... in cui vengono re- gistrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la forma- zione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione con- tinua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale se- condo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate” (D.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, art. 2 comma i). Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendi- mento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. La realizzazione di questo documento trae origine dalla limitatezza delle de- claratorie professionali basate sulle qualifiche come fonte per precisare la padro- nanza professionale del titolare; esso si presenta quindi come uno strumento dina- mico in grado di accompagnare la persona in tutto l’arco della sua esperienza for- mativa e lavorativa in coerenza con il concetto di lifelong learning. Questa concezione è coerente con le strategie e le azioni dell’Unione europea finalizzate alla trasparenza delle competenze e alla mobilità delle persone tanto che il Libretto può essere considerato il corrispettivo italiano di EUROPASS, il passa- porto delle qualifiche e delle competenze che favorisce la “portabilità” delle stesse in Europa, con la differenza che il Libretto rappresenta la carta d’identità per muo- versi sia sul territorio nazionale, sia attraverso le diverse esperienze di apprendi- mento e lavoro. È infine coerente con la Borsa Continua del Lavoro per favorire l’incontro domanda-offerta di lavoro. Il Libretto fornisce informazioni sul soggetto e sul suo curriculum di apprendi- mento formale, non formale e informale, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un sistema formativo all’altro; rende riconosci- bili e trasparenti le competenze comunque acquisite e sostiene in questo modo l’oc- cupabilità e lo sviluppo professionale; aiuta gli individui a mantenere consapevo- lezza del proprio bagaglio culturale e professionale anche al fine di orientare le scelte e i progetti futuri. L’adozione di una metodologia di certificazione degli apprendimenti non rap- presenta quindi unicamente un fenomeno compilativo di natura amministrativa, ma richiama una pratica formativa centrata su competenze che, a sua volta, comporta il passaggio già indicato da un insegnamento “inerte” ad un insegnamento più vitale, superando la mera trasmissione dei contenuti per avviare una pratica di costruzione degli stessi, così che gli allievi siano protagonisti del loro cammino. Escludendo, per motivi evidenti,10 la certificazione al termine del primo anno dei percorsi IFP, la prima di tale metodologia riguarda l’obbligo di istruzione che indica i saperi e le competenze, articolati in conoscenze ed abilità/capacità, che ogni cittadino deve poter acquisire entro il biennio del secondo ciclo degli studi, e quindi anche nei percorsi di IFP. Si presenta un modello di certificazione attendibile dei saperi e delle compe- tenze, ovvero “sostenute da efficacia dimostrativa e riscontro probatorio”. Ciò mira a sollecitare il “saper agire” degli studenti che si esprime nella capacità/padronanza di affrontare problemi e compiti sfidanti. Questo porta ad identificare non più semplici attività, ma veri compiti/problemi significativi che conducano a risultati concreti. Il metodo di certificazione che si propone è costituito da due documenti: la scheda di certificazione delle competenze che prevede l’elenco delle 24 com- petenze dell’obbligo di istruzione ed accanto la valutazione nei 4 livelli previsti (parziale, basilare, adeguato, eccellente); la scheda di registrazione delle situazioni di apprendimento significative e delle aree disciplinari coinvolte dove si indicano le occasioni di apprendimento svolte nel biennio che si riferiscono esplicitamente a quella specifica competenza. Circa questo secondo documento, si precisano le seguenti indicazioni: per ogni competenza occorre almeno fare riferimento ad una UdA centrata su compiti reali; è possibile che una UdA si riferisca a più competenze (in particolare alcune compe- tenze di cittadinanza, come “progettare” e “risolvere problemi” possono essere sod- disfatte da esperienze formative previste da più assi culturali). La certificazione delle competenze rappresenta il momento in cui, a seguito della valutazione, si passa alla loro registrazione su una scheda che ne indichi il livello di padronanza e fornisca le altre informazioni utili alla comprensione del giudizio. Non si tratta di un atto amministrativo che si limiti a mettere dei giudizi a fianco dell’elenco delle competenze, ma è un processo di elevato valore formativo e sociale. Occorrere pertanto garantire il criterio della attendibilità, che a sua volta comporta di sostenere il giudizio di padronanza con riferimenti precisi, dando ad esso un’efficacia dimostrativa ed un riscontro probatorio. La certificazione si svolge in due modi. 1) Per ogni allievo, si compila una scheda di registrazione – allegata alla scheda di certificazione (All. 11) – che, a fianco dell’elenco delle competenze che si intendono certificare (tratte dal repertorio elaborato nelle fasi iniziali del per- corso), indichi le situazioni di apprendimento più significative svolte e le aree disciplinari coinvolte, quando ricorrono. 48 10 Non si ritiene che in un anno gli allievi possano acquisire effettive competenze, ma semmai risorse utili alla loro successiva piena acquisizione. 49 Si propongono alcuni esempi: – per le attività: esercitazioni in classe, compiti a casa, lavori di gruppo...; – per le azioni: simulazioni, progetti, compiti reali, comprese le attività in alternanza (che meritano una particolare attenzione); – per le esperienze: incontri, eventi, esperienze formative extrascolastiche (che richiedono una documentazione probatoria). 2) Successivamente, si compila la scheda di certificazione delle competenze (All. 11) che indica: – la valutazione – nel caso in cui la competenza sia posseduta ad un livello almeno accettabile – espressa nella forma comprensibile (sufficiente/basi- lare; buono/adeguato; ottimo/eccellente); – le note che prevedono, oltre a ciò che i formatori ritengono utile precisare, anche indicazioni circa le competenze non possedute in forma almeno ac- cettabile. La certificazione finale è indicata dal documento proposto dall’Unione Euro- pea, “EUROPASS - Supplemento al certificato” 11 (All. 10) che consente di specifi- care la natura del certificato che viene rilasciato e che indica l’ambito di attività in cui la persona è risultata competente. 7. GESTIONE ORGANIZZATIVA E AUTOVALUTAZIONE DEL SERVIZIO 7.1. Condizioni organizzative per l’efficacia formativa In questo paragrafo intendiamo esplicitare le condizioni di natura organizza- tiva che consentono di realizzare effettivamente azioni formative efficaci, secondo l’approccio proposto nei paragrafi precedenti. È infatti evidente l’influsso dell’organizzazione nel determinare le scelte me- todologiche e didattiche; basti pensare, nell’approccio scolastico, alla rilevanza decisiva di due fattori quali la classe di insegnamento e l’unità oraria che rappre- sentano per molti versi il vero impedimento ad una didattica centrata sull’appren- dimento. In questo senso, l’approccio della formazione efficace richiede: 1) una struttura formativa ricca di opportunità orientative, formative ed in gene- rale educative, così da arricchire gli stimoli proposti ai destinatari; 2) una gestione delle risorse umane che favorisca la dinamica di comunità educa- tiva (che comprende, ma va oltre, la mera collegialità) cui affidare la progetta- zione unitaria del percorso (piano formativo di massima), la cura dei processi educativi e formativi, la valutazione e la certificazione; 11 http://www.europass-italia.it/Europass/dispositivi/supplcertificato.htm. 50 3) l’aggregazione delle discipline in assi culturali così da ottenere un numero contenuto di formatori per ogni corso; 4) una gestione del tempo e dello spazio che consenta l’articolazione di differenti situazioni di apprendimento (gruppo-classe, gruppo di livello, gruppo di inte- resse, alternanza, studio individuale) e che preveda, indicativamente a fine anno, un evento importante, aperto all’esterno, nel quale gli allievi possano proporre le migliori UdA realizzate; 5) la presenza di un figura di formatore-coordinatore con caratteristiche “forti” al fine di animare l’équipe formativa entro un contesto comunitario; 6) la personalizzazione dei processi di apprendimento garantendo a tutti un ser- vizio di orientamento, di tutoring ed accompagnamento lungo tutto il percorso; 7) un processo di apprendimento centrato sulla pedagogia del compito reale quindi costituita da sussidi didattici per asse culturale ed area professionale e da UdA; 8) la cura dei passaggi da percorso a percorso, nei due sensi; 9) l’uso del portfolio personale e del libretto formativo; 10) il coinvolgimento delle famiglie oltre la mera informazione, in una logica di corresponsabilità educativa; 11) il coinvolgimento dei soggetti della società civile nel compito educativo (alter- nanza formativa); 12) la cura della gestione della qualità dei processi e dei risultati delle azioni svolte dall’intera struttura. Si precisano di seguito le condizioni qui esposte, con specificazione dei requi- siti organizzativi che rendono possibile l’effettuazione di percorsi formativi dal ca- rattere autenticamente educativo, culturale e professionale. 51 7.2. Autovalutazione del servizio L’autovalutazione del servizio che proponiamo non esaurisce tutti i temi indi- cati nel paragrafo precedente, che sono oggetto della gestione svolta nell’ambito del sistema di qualità adottato dall’Ente. Abbiamo invece voluto individuare alcuni specifici fattori che – in modo peculiare – consentono alla struttura formativa di operare come un’organizzazione che apprende dall’esperienza (nella logica delle learning organization), e quindi di migliorare continuativamente se stessa e la pro- pria competenza capitalizzando via via gli esiti della sua opera. Così intesa, si ri- tiene che l’organizzazione acquisisca essa stessa un carattere formativo; ciò signi- fica che l’efficacia formativa si ripercuote dagli allievi al personale fino al contesto esterno e alla stessa organizzazione. Le azioni previste per l’autovalutazione del servizio si distinguono in quattro ambiti: 1) la capacità di attrazione manifestata dagli allievi tramite le iscrizioni; 2) il legame con il territorio evidenziato attraverso collaborazioni, reti, eventi ecc.; 3) il gradimento dei vari attori coinvolti (allievi, famiglie, personale, referenti esterni); 4) il successo formativo degli allievi, inteso in tutte le sue possibili varianti: – allievi che raggiungono il titolo di studio previsto; – allievi che, dopo una fase del percorso, a seguito di revisione del proprio progetto personale o per motivi di mobilità della famiglia, si inseriscono positivamente e in forma accompagnata in un altro percorso formativo o di apprendistato nello stesso contesto geografico o in un altro, anche tramite passaggi e laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti; – allievi che trovano lavoro coerente dopo l’acquisizione del titolo di studio professionale; – allievi che proseguono gli studi successivamente all’acquisizione del titolo di studio professionale. Gli strumenti proposti (All. 13) sono da compilare di anno in anno, tranne la scheda di gradimento degli allievi per cui si consiglia la somministrazione almeno due volte l’anno, così da rilevare gli scostamenti tra le due rilevazioni. 8. QUALIFICAZIONE DELLE RISORSE UMANE IMPEGNATE Il Decreto legislativo 226/05, all’articolo 19, in quanto livello essenziale per l’accreditamento della struttura formativa, prevede i requisiti dei docenti affer- mando che le “Regioni assicurano, quali livelli essenziali dei requisiti dei docenti, che le attività educative e formative siano affidate a personale docente in possesso di abilitazione all’insegnamento e ad esperti in possesso di documentata esperienza maturata per almeno cinque anni nel settore professionale di riferimento”. In tal modo si introducono due tipologie di figure: il personale docente che deve essere in possesso di abilitazione all’insegnamento; gli esperti che devono avere un’esperienza nel settore (si ritiene sia economico sia formativo) di almeno cinque anni. Se il secondo caso è facilmente documentabile, il primo comporta un appro- fondimento poiché il fenomeno “abilitazione all’insegnamento” nelle forme della Pubblica istruzione appare in gran parte non proponibile per le attuali figure di do- centi presenti nei Centri di formazione professionale. Ciò richiede un intervento progettuale al fine di: ricostruire il bagaglio di espe- rienze e di competenze del personale docente della formazione professionale; con- sentire un bilancio di competenze in rapporto ai referenziali di competenza previsti per la docenza sia nella sua componente comune, sia in quella definita dalle aree 52 53 formative e professionali; realizzare – in accordo con un’Università – un intervento formativo di allineamento per le componenti che il bilancio ha individuato come mancanti; valutare e certificare – sempre in accordo con un’Università – il quadro delle competenze, conoscenze ed abilità acquisite secondo un formato di certifica- zione cui la Regione potrà attribuire valenza di titolo equivalente alla abilitazione ai fini dell’accreditamento del personale entro il più generale accreditamento del- l’organismo formativo. Tale proposta ha valore per il personale in servizio e per tutti coloro che ver- ranno impiegati di nuovo nelle attività formative di IFP fino a che non sarà ope- rante il nuovo regime di formazione del personale docente. Si tratta di una proposta che viene incontro alle necessità di riconoscimento e di valorizzazione della professionalità acquisita da parte del personale docente attual- mente operante nella formazione professionale impegnato stabilmente nelle attività, qualsiasi sia la ragione giuridica del rapporto di lavoro, secondo l’approccio di rico- noscimento delle acquisizioni formali, non formali e informali previsto per il nuovo ordinamento nel suo insieme. Essa costituisce, in questo senso, un’alternativa da un lato ad un processo di abilitazione a carattere esclusivamente burocratico-formale, e dall’altro alla solu- zione sempre insoddisfacente della “sanatoria”. Inoltre essa può costituire un esempio, in chiave analogica, della metodologia che il sistema educativo è tenuto a realizzare per i propri destinatari. Il presente progetto mira a delineare una forma nuova di abilitazione, da sotto- porre al riconoscimento di Regioni e Province autonome, centrata sullo strumento del “Portfolio del formatore” inteso come componente del Piano di qualificazione delle risorse umane. Questo è centrato su quattro punti: 1) elaborazione degli standard professio- nali; 2) compilazione del portfolio del formatore; 3) bilancio delle competenze e delle risorse e piano formativo di riallineamento con i requisiti dell’abilitazione; 4) certificazione di competenza rilasciata dalla Regione con le Università. Il Piano di qualificazione delle risorse umane, di conseguenza, è così struttu- rato: I documenti attestanti il percorso formativo ed il project work, oltre alla certifi- cazione, verranno inclusi nel portfolio del formatore, che costituirà d’ora in poi il documento continuamente aggiornato tramite cui il titolare documenterà la propria crescita professionale nei vari modi in cui questa verrà stimolata: corsi di forma- zione, progetti, metodologie e strumenti, articoli e dossier. In tale ottica, verranno adeguatamente documentate e quindi valorizzate nell’ambito del processo di abili- tazione del personale docente tutte le attività formative che vengono realizzate a loro favore, al fine della qualificazione della loro professionalità con particolare riferimento alle sperimentazioni di nuovi percorsi di IFP ed alle attività innovative via via attuate (es.: centro risorse, poli formativi, innovazioni metodologiche...). Si propone in allegato (All. 14) una metodologia di riferimento per poter pro- cedere all’abilitazione del personale docente mediante portfolio: analisi e defini- zione del ruolo del personale docente; bilancio delle risorse personali; piano di svi- luppo personale. 9. GLOSSARIO Abilità “Indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qua- lifiche le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti)” (QEQ). Destrezza nell’utilizzo di uno strumento o nell’esecuzione di un’operazione men- tale, acquisita tramite addestramento ovvero imitazione ed applicazione oppure per tentativi ed approssimazioni progressive. L’abilità rappresenta, assieme alle cono- scenze ed alle capacità, una risorsa di cui la persona competente dispone e che mobilita, mette in opera (in francese si usa un’espressione che rende bene il senso dell’operazione: “mettre en valeur”, “mettere in valore”) nell’attività cui si dedica. 54 55 È da sottolineare il nesso fra “abilità” e “mansione” ad indicare, in genere, un com- pito specifico e limitato, talvolta parcellizzato. Alternanza Strategia metodologica che consente – in riferimento al singolo allievo – di realiz- zare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si integrano reciproca- mente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’organizzazione di lavoro e di impresa. Apprendimento formale Apprendimento acquisito in un contesto organizzato e strutturato (in un Istituto sco- lastico / Centro di formazione o sul posto di lavoro) ed esplicitamente designato come tale (in termini di obiettivi, tempi o risorse). L’apprendimento formale è un atto volontario della persona che apprende; generalmente termina con una certificazione. Apprendimento non formale Apprendimento che si acquisisce entro iniziative oggetto di programmazione, non esplicitamente designate come attività d’apprendimento (in termini di obiettivi, tempi o risorse), ma che contemplano una parte importante di apprendimento. È un atto volontario della persona che apprende e generalmente non termina con una certificazione. In tal senso, la procedura di validazione mira essenzialmente alla valorizzazione degli apprendimenti acquisiti in modo non formale, per giungere ad una loro certificazione. Apprendimento informale Tutti gli apprendimenti che avvengono senza un’intenzione formativa esplicita ed un programma mirato a ciò. La gran parte degli apprendimenti delle persone av- vengono nella modalità informale. Bilancio di competenze Particolare dispositivo di rilevazione delle competenze di cui la persona è porta- trice ed acquisite tramite l’esperienza di vita e di lavoro, anche in assenza di titoli formali (certificati, diplomi o attestati). Tale dispositivo, di origine francese, ha lo scopo di individuare e di certificare tali competenze e quindi di renderle evidenti socialmente e contrattualmente, specie in riferimento a giovani ed adulti a bassa scolarità. Nel contesto normativo francese è utilizzato per la mobilità lavorativa. Capacità Caratteristiche della persona possedute su base innata e appresa. Riguardano i suoi repertori di base: cognitivo, affettivo-motivazionale, socio-interpersonale, e riflet- tono il lavoro che la persona mette in atto al fine dell’adattamento personale, inter- personale, scolastico e professionale al contesto di riferimento. Capolavoro / prova professionale Rappresenta il prodotto reale più significativo che l’allievo realizza nel momento della valutazione finale del percorso di IFP e che mira a dimostrare la sua padro- nanza in riferimento alle competenze proprie della figura professionale che intende assumere. Tale espressione riprende una pratica della cultura artigianale che con- siste nella prova concreta e significativa che il candidato fornisce per poter essere giudicato meritevole di far parte della cerchia della comunità professionale. Centro risorse per l’apprendimento È una struttura, collocata a livello di ente o di insieme di enti, che raccoglie e pro- pone strumenti e sussidi a sostegno della professionalità dei formatori e dei diri- genti. Esso consente la raccolta e la circolazione di informazioni, di progetti, di piani formativi, ma soprattutto di unità di apprendimento con le necessarie metodologie di valutazione e certificazione, tutti materiali indispensabili per una metodologia di formazione efficace. Il Centro risorse è collocato entro un sistema di relazioni a rete costituite dalle comunità professionali dei formatori e dalle reti degli enti. Certificazione degli apprendimenti Azione tesa a descrivere in modo sistematico le acquisizioni della persona ed a registrarle in modo condiviso tra i diversi attori del sistema educativo e del mondo del lavoro, con l’indicazione delle ancore ovvero delle esperienze (formali, non formali ed informali) su cui tali acquisizioni sono state formate. La certificazione si riferisce a due categorie di fenomeni: 1) le competenze intese come fattori che qualificano il grado di autonomia e di responsabilità della persona a fronte di specifiche categorie di compiti/problema dal rilevante valore personale, sociale e professionale; 2) nel contempo, essa specifica le conoscenze e le abilità, ovvero le risorse di cui la persona si è impadronita e che ha saputo certamente mobilitare nel lavoro di soluzione dei compiti/problema indicati. Nella certificazione debbono essere evidenziati i livelli di padronanza delle compe- tenze, che possono essere indicati per gradi progressivi: basilare, adeguato, eccel- lente. Competenza “Comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo pro- fessionale e/o personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le com- petenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia” (QEQ). Caratteristica della persona, che la rende capace di fronteggiare in modo adeguato compiti e problemi riferiti ad uno specifico campo della vita sociale. La persona competente è in grado di mobilitare le risorse possedute (abilità, capacità, cono- scenze) al fine di portare uno specifico compito-problema ad una soluzione ade- guata. La competenza non è pertanto riducibile né a un sapere, né a ciò che si è acquisito con la formazione. Essa è una dotazione del soggetto umano in un con- testo definito, e ne realizza le potenzialità. La competenza non è riducibile al mero saper fare, ma indica l’autonomia e la responsabilità della persona in ordine alla vita personale e sociale intesa nel suo complesso. Essa non è assimilabile pertanto ad un processo di adattamento, ma di 56 57 riconoscimento e sviluppo delle potenzialità del soggetto entro un ambito che ne sollecita la libertà, la volontà e la responsabilità. Comunità educante Ambiente ricco di valori, professionalità e stimoli costituito da tutti coloro che in vario modo partecipano alla vita della struttura formativa e ne condividono la mis- sione educativa; è il centro propulsore e responsabile di tutta l’esperienza educativa e culturale, aperta al contesto esterno, entro cui si delinea e si consolida progressi- vamente la corresponsabilità educativa della famiglia e dell’organismo formativo, in una logica di continuità e con l’intento di contribuire al bene della società. Comunità professionale Aggregato di famiglie e figure professionali definito sulla base dell’approccio cul- turale, ovvero della condivisione di un insieme omogeneo di fattori quali il know- how di base, i processi di lavoro ed i compiti che vi si svolgono, il contesto orga- nizzativo, l’ethos e le norme deontologiche, infine un itinerario di formazione coerente e progressivo che si svolge a partire dal livello di qualifica per giungere a quelli di tecnico e di quadro/esperto. Tale espressione indica una nuova classificazione delle occupazioni tenendo conto delle trasformazioni che hanno portato al superamento delle vecchie nomenclature: quella basata sui settori, che enfatizza esclusivamente gli aspetti economici e tecno- logici e che presenta una particolare cecità rispetto ad altri aspetti decisivi quali la funzione, il livello di responsabilità e di autonomia nei processi decisionali; quella centrata sulla categoria di gruppo professionale12 che, se pure supera i limiti della classificazione a matrice economica, non consente di spiegare ed accompagnare ade- guatamente le dinamiche che hanno investito la nuova struttura occupazionale quali la diffusione delle nuove tecnologie informatiche e telematiche, il peso crescente delle nuove competenze cognitive, comunicative e sociali, infine il processo di pro- fessionalizzazione che ha investito buona parte delle attività di lavoro qualificate. Conoscenze “Risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le cono- scenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative a un settore di studio o di lavoro. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche” (QEQ). In senso lato indicano le cognizioni – nozioni, leggi, regole – che sono proprie di un certo campo disciplinare. Esse si riferiscono a processi e risultati intellettivi di tipo “cognitivo”, distinti da quelli di tipo relazionale, emotivo, comportamentale, operativo... 12 L’International Standard Classification of Occupation (ISCO) individua nove gruppi e preci- samente: dirigenti ed imprenditori, professioni intellettuali, professioni tecniche, impiegati esecutivi, addetti vendite e servizi personali, agricoltori qualificati, manuali specializzati, manuali semiqualifi- cati, manuali non qualificati. Se è vero che l’organizzazione del sapere in senso formale (ovvero quello che viene concepito come tale nelle istituzioni accademiche e scolastiche e che coin- cide con il sapere che si “insegna”) è sempre disciplinare, in realtà la conoscenza non è solo strutturata in materie, discipline o aree culturali ed inoltre non è vero che il sapere che si impara sia sempre disciplinare: anzi, la gran parte della conoscenza che gli esseri umani posseggono non è disciplinare. Credito formativo Si ha un credito reale solo quando un’organizzazione riconosce l’attestazione e la certificazione fatta da un’altra ed attribuisce a questa certificazione un “valore” af- finché possa essere davvero utilizzata per accedere a (o progredire in) un percorso formativo o lavorativo. Di conseguenza, la semplice certificazione non rappresenta di per sé un credito. Perché un credito sia tale bisogna che ci sia un “potere” che lo riconosce (o che impone alle organizzazioni coinvolte di riconoscerlo). Famiglia professionale Espressione che indica, nell’ambito di una comunità più vasta, una sotto-aggrega- zione di figure professionali che, pur condividendo un know-how di base ed una parte del percorso formativo, si distinguono per i compiti svolti e le tecnologie utilizzate. È il caso, nell’ambito della comunità professionale elettrico-elettronica, della fami- glia autronica come pure di quella degli installatori di impianti fotovoltaici. Figura professionale Descrizione delle caratteristiche di un ruolo professionale, ed in particolare della collocazione organizzativa e dei compiti di cui è investito, così da costituire riferi- mento per la progettazione – e la certificazione finale – di un percorso che miri a formare persone dotate di competenze adeguate. Essa risponde alla necessità di finalizzare le attività di istruzione e formazione tec- nico professionale alle reali necessità del mondo del lavoro, così da consentire l’oc- cupabilità delle persone formate e la loro valorizzazione entro il contesto economico. Formazione efficace Orientamento proprio di una struttura formativa che pone al centro del suo compito il “coltivare talenti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e proporre la cultura come esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo. Le condizioni essenziali per la formazione efficace sono: senso di comunità e con- divisione di un progetto unitario da parte di tutti gli educatori; ascolto e lettura delle peculiari caratteristiche di ciascun destinatario; ricerca di alcune occasioni formative chiave “forti” ed in grado di coinvolgere tutti gli educatori; strategia mista: destrutturata e strutturata; buon senso (non imporre cose che non si sanno fare; non limitarsi all’elenco dei problemi; “quel che piace a me piace anche ai ragazzi”); dare importanza al coordinatore per evitare una frammentazione delle attività; riflettere sulle esperienze e trovare gli stimoli di miglioramento. 58 59 Equivalenza formativa Corrispondenza stabilita tra due titoli o parti di una formazione in riferimento ai rispettivi programmi di formazione, tale da poter sviluppare una comparazione tra i percorsi e gli esiti formativi – anche in vista di passaggi e di processi di certifica- zione reciproci. Indicatore È il fattore osservabile che pone in evidenza il processo di apprendimento e con- sente di ancorare la misurazione ed il giudizio valutativo ad un riferimento con- creto, consentendo così di giungere ad esiti attendibili ovvero sostenuti da efficacia dimostrativa e riscontro probatorio. Libretto formativo del cittadino “Il libretto personale del lavoratore... in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di in- serimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indi- rizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché rico- nosciute e certificate” (D.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, art. 2 comma i). Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendimento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. Livelli essenziali delle prestazioni I livelli essenziali delle prestazioni (LEP) rappresentano i requisiti richiesti ad un organismo formativo – indipendentemente dalla sua natura giuridica – affinché i percorsi che esso attiva siano in grado di soddisfare i diritti civili e sociali dei citta- dini. Essi costituiscono nel contempo i requisiti per l’accreditamento delle strutture formative presso le Regioni e Province autonome, secondo l’approccio sostenuto dall’Unione europea. La presenza di questo dispositivo giuridico è il segnale di un sistema formativo non monopolistico ma aperto e pluralistico, con taluni aspetti di concorrenzialità tra gli or- ganismi, nel quale si esercita una funzione di governance da parte dell’ente pubblico. Notazione Il processo di misurazione come pure quello di valutazione concludono con l’espres- sione di una nota che consiste nell’attribuire un segno riferito ad un apprendimento; ciò può avvenire in forma si/no, in forma algebrica, per scale di rating, per narrazione. Personalizzazione Riferimento del percorso formativo alla specifica realtà personale dell’allievo. Per- sonalizzare significa delineare differenti modi di acquisizione di conoscenze, abi- lità e competenze, in base alle caratteristiche personali degli allievi: stili di appren- dimento, metodi di studio, caratteristiche peculiari. La personalizzazione non av- viene unicamente in un gruppo classe, ma prevede una flessibilità nell’aggrega- zione di gruppi di allievi: gruppi classe (per alcuni scopi), gruppi di livello (per altri scopi), gruppi d’interesse, laboratori, ecc. Il gruppo classe rappresenta più un gruppo di socializzazione che un gruppo di apprendimento, mentre solo quando si costituiscono gruppi di “scopo” gli allievi imparano meglio. Il concetto di per- sonalizzazione, che non va confuso con quello di individualizzazione che implica l’adattamento del percorso formativo al singolo individuo (es.: nei casi di allievi disabili), richiede sempre un’analisi dei bisogni dei soggetti che porti a modalità organizzative diversificate per gruppi, che possono variare a seconda degli obiettivi di apprendimento. Portfolio / dossier personale Raccolta significativa dei lavori dell’allievo – a cura dello stesso con il supporto dei formatori – capace di raccontare la storia del suo impegno, del progresso e del suo rendimento. Con esso si mira a evidenziare il suo patrimonio di capacità, conoscenze, abilità e competenze, con una metodologia che consente di concentrare l’attenzione su ciò che sa fare con ciò che sa. Profilo professionale Descrizione delle caratteristiche di un ruolo professionale, ed in particolare della collocazione organizzativa e dei compiti che caratterizzano tale ruolo, così da costi- tuire riferimento per la progettazione – e la certificazione finale – di un percorso che miri a formare persone dotate di competenze adeguate. L’utilizzo dei profili professionali risponde alla necessità di finalizzare le attività di istruzione e formazione tecnico professionale alle reali necessità del mondo del la- voro, così da consentire l’occupabilità delle persone formate e la loro valorizza- zione entro il contesto economico. Prova Elementi giustificativi di varia natura: descrizione delle attività, diplomi, attestati, dichiarazioni, certificati di lavoro, diario di lavoro, realizzazioni personali, argo- mentazione orale, ecc. Permettono ai periti di pronunciarsi in merito alle compe- tenze dichiarate. Rubrica delle competenze Strumento in grado di coniugare l’univocità dei riferimenti e la varietà dei percorsi possibili. Inoltre, presenta un insieme ordinato di indicazioni metodologiche ed operative a carico dell’équipe di educatori-formatori finalizzato alla descrizione delle acquisizioni di un soggetto – indicandone il livello di padronanza – sia attra- verso la frequenza ad un percorso formale, sia tramite esperienze formative non formali ed informali. In tal modo, la rubrica per le competenze rappresenta una ma- 60 61 trice che ci consente di identificare, per una specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le sue componenti: – Indicatori, ovvero le evidenze (compiti, comportamenti osservabili) che costi- tuiscono il riferimento concreto della competenza. – Livelli, ovvero i gradi di padronanza (basilare, adeguato, eccellente) che il sog- getto è in grado di mostrare nel presidiare quei compiti. – Conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso dell’a- zione di apprendimento, ovvero quelle che costituiscono il centro di quel campo di sapere competente. Situazione di apprendimento Indica la collocazione dell’insegnamento entro un contesto attivo, sfidante per la per- sona, che renda vitale il processo di apprendimento, evitando quindi l’inerzia propria di una didattica centrata sulla “epistemologia della disciplina”. La scelta di una ade- guata situazione di apprendimento consente di entrare nel contesto del laboratorio. Standard formativi Insieme di elementi che costituiscono il parametro di riferimento per la valutazione degli apprendimenti dei destinatari e mirano alla riconoscibilità e comparabilità degli apprendimenti a garanzia degli utenti e degli altri soggetti coinvolti. Lo stan- dard per essere tale deve necessariamente indicare il livello di accettabilità della prestazione. Successo formativo È il successo del progetto di vita della persona in apprendimento; esso comprende tutte le sue componenti (cognitive, emotive, operative, morali, spirituali, este- tiche...) entro una prospettiva unitaria o integrale. Il successo prevede una presa in carico formativa, la lettura/consapevolezza dei talenti personali, la conoscenza della realtà, l’individuazione di una meta desiderabile e di un itinerario da seguire, infine l’elaborazione dei criteri guida per la sua percorrenza. Sussidio didattico Rappresenta un supporto per l’apprendimento rivolto direttamente all’allievo che propone – in riferimento ai nuclei essenziali del sapere – materiali (schede, esempi, strumenti di verifica...) in grado di sollecitare un apprendimento per applicazione e per scoperta, in modo da stimolare il destinatario a mettersi in gioco sviluppando le proprie capacità ed abilità. Tale sussidio copre l’intera area dei saperi e rappresenta un sostituto dinamico e più fruibile del libro di testo. Titolo di studio Documento ufficiale che viene rilasciato al termine del percorso formativo ordina- mentale e che attesta l’acquisizione da parte del titolare delle competenze, cono- scenze ed abilità connesse agli standard formativi di riferimento. Nel sistema di IFP si prevedono i seguenti titoli: qualifica professionale, diploma professionale, diploma professionale superiore. Esso ha un duplice valore: riconosce ad un individuo d’aver seguito con successo un’azione d’insegnamento o di formazione, ed inoltre indica il possesso dei requi- siti utili per l’accessibilità ad una professione e per progredire all’interno di un con- testo professionale. Unità di apprendimento L’unità di apprendimento (UdA) rappresenta la struttura di base dell’azione forma- tiva a carattere interdisciplinare, ovvero condivisa dall’intera équipe formativa; essa indica un insieme organico e progettato di occasioni di apprendimento che consentono all’allievo di entrare in un rapporto personale con il sapere, attraverso una mobilitazione diretta su compiti che conducano a prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso, di cui egli possa andare orgoglioso e che possano costituire oggetto di una valutazione più autentica. Validazione Processo mediante il quale da parte di soggetti terzi (anche rispetto al processo formativo) viene attribuito un giudizio di validità ad una competenza posseduta da un individuo, dopo che questa è stata dimostrata attraverso un efficace ed efficiente fronteggiamento di un compito reale. La validazione, inoltre, riguarda anche la rubrica della competenza ovvero il rap- porto tra indicatori/evidenze, livelli di padronanza e risorse (conoscenze ed abilità) mobilitate. Validazione degli apprendimento acquisiti Procedura mediante la quale un’istituzione scolastica o formativa riconosce che i saperi e/o le competenze risultanti da una formazione formale o non formale o dall’esperienza hanno lo stesso valore di quelle sancite da un titolo di studio. Valutazione (attendibile) Valutare significa attribuire un valore ad un’azione. Nel caso della formazione, la valutazione è quell’attività che mira a rilevare il patrimonio di saperi e compe- tenze – articolati in abilità, capacità e conoscenze – di una persona, utilizzando una metodologia che consenta di giungere a risultati certi e validi. L’espressione richiama l’attribuzione di un giudizio (stimare, apprezzare) all’azione stessa, che richiede a sua volta un modello di riferimento definito ed inoltre una metodologia operativa. Mentre sta venendo meno l’illusione di poter elaborare dispositivi di valutazione basati sul criterio della oggettività, tramite test che prevedano indicatori validi uni- versalmente e non condizionati dagli attori della valutazione né dal contesto, si fa sempre più strada l’idea che la valutazione debba piuttosto essere fondata sul cri- terio della attendibilità ovvero essere basata su un modello razionale, essere condi- visa tra gli attori in gioco, riferirsi a prestazioni reali e adeguate così da poter veri- ficare non solo ciò che un allievo sa, ma come sa agire di fronte a compiti e pro- blemi mobilitando le risorse a sua disposizione. 62 63 Verifica Raccolta sistematica di elementi che consentono di comprendere a quale punto del cammino di apprendimento si colloca l’allievo, così da indirizzare l’azione forma- tiva in direzione di ciò che appare utile e necessario al fine di colmare le lacune e di valorizzare le capacità dei destinatari. La verifica non presenta quindi una natura di giudizio in rapporto a parametri di risultato (standard), ma di processo (comprensione, partecipazione, sviluppo degli apprendimenti). 10. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI AA.VV., Il capitale sociale. Istruzioni per l’uso, Il Mulino, Bologna, 2001. AGOSTI A. (cur.), La formazione. Interpretazioni pedagogiche e indicazioni opera- tive, Angeli, Milano, 2006. AJELLO A.M. (cur.), La competenza, Il Mulino, Bologna, 2002. BARROWS H.S., Il processo tutoriale, Fondazione Smith Kline, Milano, 1998. BATESON G., Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976. BAUMAN Z., Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari, 2002. BAUMANN Z., La società individualizzata, Il Mulino, Bologna, 2001. BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, CNOS-FAP, Roma, 2003. BECK U., La società globale del rischio, Asterios, Trieste. 2001. BENEDETTO XVI, Spe Salvi, Libreria Vaticana, 2007. BERTAGNA G., Pensiero manuale. 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Percorsi triennali di IeFP, Tipografia Pio XI, Roma, 2005, 9-12. 152 153 ALLEGATO 9 RUBRICHE DELLE COMPETENZE COMUNI DEL TRIENNIO DI QUALIFICA PROFESSIONALE 157 R U B R IC H E D E L L E C O M P E T E N Z E C O M U N I D E L T R IE N N IO D I Q U A L IF IC A P R O F E SS IO N A L E 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 ALLEGATO 10 CERTIFICAZIONE FINALE 209 CERTIFICAZIONE FINALE 210 ALLEGATO 11 CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE 213 C E R T IF IC A Z IO N E D E L L E C O M P E T E N Z E 214 ALLEGATO 12 LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO 217 LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO 218 219 220 221 ALLEGATO 13 AUTOVALUTAZIONE DEL SERVIZIO 225 METODOLOGIA DI AUTOVALUTAZIONE DEL SERVIZIO 226 227 228 229 230 231 232 ALLEGATO 14 METODOLOGIA DI ABILITAZIONE DEL PERSONALE 235 METODOLOGIA DI ABILITAZIONE DEL PERSONALE 236 18 La denominazione più corretta è “quadro europeo delle certificazioni”, come risulta dalla traduzione francese. 237 238 239 INDICE PRESENTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 IMPIANTO PROGETTUALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 1. Aspetti fondativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 1.1. Rilevanza europea della IFP nel contesto europeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 1.2. Peculiarità del caso italiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 1.3. Una risorsa per qualificare il sistema educativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 1.4. Una formazione per la continuità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 2. Una nuova alleanza tra giovani e cultura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 2.1. I giovani della Istruzione e formazione professionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 2.2. Superare il contrasto tra cultura scolastica e cultura reale . . . . . . . . . . . . . . . 22 2.3. L’educazione morale ovvero il riferimento al bene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 3. La metodologia peculiare della IFP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 3.1. Criteri metodologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 3.2. Il formatore della IFP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 4. Offerta formativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 4.1. Percorsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 4.2. Progetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 5. Progettazione e gestione dei processi di apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 5.1. Progettazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 5.2. Gestione dei processi di apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 6. Valutazione e certificazione degli apprendimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 6.1. Valutazione degli apprendimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 6.2. Certificazione degli apprendimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 7. Gestione organizzativa e autovalutazione del servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 7.1. Condizioni organizzative per l’efficacia formativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 7.2. Autovalutazione del servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51 8. Qualificazione delle risorse umane impegnate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 9. Glossario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 10. Riferimenti bibliografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 11. Sitografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 240 ALLEGATI Allegato 1: Traguardi formativi comuni (competenze chiave di cittadinanza) . . . . . . . . . . 71 Allegato 2: Piano formativo di massima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 Allegato 3: Profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 Allegato 4: Unità di apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 Allegato 5: Sussidio didattico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95 Allegato 6: Portfolio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 Allegato 7: Gestione degli ingressi e delle uscite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 Allegato 8: Strumenti per la valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 Allegato 9: Rubriche delle competenze comuni del triennio di qualifica professionale . . . 155 Allegato 10: Certificazione finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207 Allegato 11: Certificazione delle competenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211 Allegato 12: Libretto formativo del cittadino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215 Allegato 13: Autovalutazione del servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223 Allegato 14: Metodologia di abilitazione del personale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233 INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239 241 Pubblicazioni 2002-2008 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” 1) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professionale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 2) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e for- mazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 3) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professionale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 4) CIOFS/FP (a cura di), Il territorio e il sistema di Istruzione e Formazione Professionale. L’intera- zione istituzionale per la preparazione delle giovani generazioni all’inserimento lavorativo in rapporto agli obiettivi di Lisbona - Atti del XVII Seminario di Formazione Europea, 2006 5) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nel- l’istruzione e nella formazione professionale. Roma, 7-9 settembre 2006, 2007 6) CIOFS/FP (a cura di), Competenze del cittadino europeo a confronto – Atti del XIX Seminario di Formazione Europea, 2008 7) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Cata- nia, Noto, Modica, 2004 8) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orien- tativi, 2003 9) CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004 10) COLASANTO M. (a cura di), Il punto sulla formazione professionale in Italia in rapporto agli obiet- tivi di Lisbona, 2008 11) COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare attivo, 2007 12) D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istruzione e formazione professionale, 2005 13) DONATI C. - L. 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La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 15) NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 15) PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona. Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 28) PELLEREY M., Studio sull’intera filiera formativa professionalizzante alla luce delle strategie di Lisbona a partire dalla formazione superiore non accademica. Rapporto finale, in stampa 15) PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 15) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 31) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 2. Nella sezione “progetti” 32) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 33) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodo- logico e proposte di strumenti, 2003 34) BALDI C. - M. LOCAPUTO, L’esperienza di formazioni formatori nel progetto integrazione 2003. La riflessività dell’operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della FPI, 2008 35) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 36) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 37) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 38) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 39) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 40) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 41) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 42) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 43) CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 44) CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffu- sione di una buona pratica, 2004 45) CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), ORION tra orientamento e network, 2004 243 46) CIOFS/FP LIGURIA (a cura di), Linee guida per l’orientamento nei corsi polisettorial (fascia 16-17 anni). L’esperienza realizzata in Liguria dal 2004 al 2006, 2006 47) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 48) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e propo- ste di strumenti, 2003 49) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Operatore Servizi Turistici in rete. Rivisitando il progetto: le buone prassi. Progettazione, Ricerca, Orientamento, Nuova Imprenditorialità, Inserimento Lavorativo, 2005 50) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 51) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 52) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 53) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 54) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 55) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 56) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 57) CNOS-FAP (a cura di), Guida per la fruizione delle risorse formative CNOS-FAP, in stampa 58) CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 59) COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, s.d. 60) D’AGOSTINO S., Apprendistato nei percorsi di diritto-dovere, 2007 61) FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 62) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 63) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa. II edizione, 2007 64) MALIZIA G. – V. PIERONI – A. SANTOS FERMINO, Individuazione e raccolta di buone prassi mirate all’accoglienza, formazione e integrazione degli immigrati, in stampa 65) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 66) MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 67) NICOLI D. - G. TACCONI, Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 68) NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 69) NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istru- zione e della formazione professionale, 2004 70) NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 71) NICOLI D., Linee guida per i percorsi di istruzione e formazione professionale, in stampa 72) NICOLI D., Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. II volume, 2008 73) POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 74) RUTA G. (a cura di), Vivere in… 1. L’identità. Percorso di cultura etica e religiosa, 2007 244 75) RUTA G. (a cura di), Vivere… Linee guida per i formatori di cultura etica e religiosa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, 2007 76) TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 77) VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui percorsi formativi, 2003 78) VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 3. Nella sezione “esperienze” 79) ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 80) CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 81) CNOS-FAP (a cura di), Educazione della persona: una “bussola” per orientarsi tra buone pratiche, (in stampa) 82) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 83) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 84) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, 2003 85) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 86) COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i percorsi di istruzione e formazione professionale, 2006 87) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 88) NICOLI D. - COMOGLIO M.,Una formazione efficace.Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali di Istruzione e Formazione professionale in Piemonte 2002-2006, 2007 89) TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordinatore delle attività educative del CFP, 2005 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Dicembre 2008

Vivere per... 3. Il progetto. Percorso di cultura etica e religiosa

Autore: 
Giuseppe Ruta (a cura di)
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
144
11 Percorso Caro allievo, benvenuto nell’area della PROGETTUALITÀ! Insieme alle due rimanenti aree della “Identità” e della “Relazionalità”, costituisce una delle tre dimensioni di cultura etica e religiosa su cui sei chiamato a muoverti e ad incamminarti verso una più piena maturità uma- na, culturale e professionale. Hai a disposizione, così, tre volumi in corrispondenza alle tre aree: Quello che hai tra le mani è il terzo volume. L’area della “progettualità” consiste in una piattaforma per riflettere sul progetto della tua vita, confrontandoti con le tante vie possibili per realiz- zarlo, con la proposta evangelica per una esistenza felice, con la «novità cristiana» nella società del nostro tempo e con i principali contenuti della Dottrina sociale della Chiesa. 22 Percorso Questo primo volume contiene cinque Unità di Apprendimento (UA) secondo il seguente schema: In ogni UA troverai quanto elencato qui di seguito: 1. Introduzione al percorso e obiettivi Si tratta di due pagine introduttive con lo scopo di indicarti lo scopo e gli obiettivi dell’UA. 2. I momenti del percorso e metodo dell’UA L’UA si sviluppa attraverso cinque movimenti: esperienza – riflessione – spiegazione – sperimentazione – verifica. Essi sono resi graficamente con i pezzi fondamentali del conosciutissimo gioco degli scacchi, secondo i significati suggeriti dalla seguente tabella: 33 Percorso MOMEnTI dEL PROcEssO d’APPREndIMEnTO RIchIAMO GRAfIcO dEGLI scAcchI Esperienza: il punto di partenza del cammino non è mai un’idea, un elemen- to astruso, ma un’esperienza concreta tratta dalla tua vita o dalla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo. Pedina: sebbene a prima vista in- significante, ogni pedina ha la sua importanza. Indica ogni frammento di vita che va considerato importante in sé ma anche nel grande gioco della vita. Riflessione: sei chiamato a riflettere attentamente sull’esperienza della vita, tramite modalità di ricerca, autoesplo- razione e problemi da affrontare. Torre: la torre è il segno che indica un luogo elevato dove la sentinella veglia, osserva, vigila attentamente. È il luogo della riflessione da dove è possibile esplorare la realtà. spiegazione: la riflessione personale non basta; è necessaria la spiegazione del formatore su contenuti, concetti, soluzioni a problemi che vanno affrontati e approfonditi. cavallo: sebbene con un movimento limitato (a “elle”), il cavallo rimanda a un intervento puntuale e a specifiche incursioni per spingersi oltre, verso ulteriori conquiste. sperimentazione: dopo la riflessione e la spiegazione, sei invitato a tornare alla vita per sperimentare nuovi significati e nuovi modi espressivi. Alfiere: il movimento trasversale dell’alfiere sta ad indicare la possi- bilità di spaziare e di sperimentare quanto prima è stato vissuto, riflettuto e spiegato. Verifica: con l’aiuto del formatore, sei invitato a verificare il percorso dell’UA, misurandoti non solo sui contenuti, ma sulle abilità e competenze acquisite. Regina: la Regina è il pezzo più im- portante sia per movimento, sia per possibilità, ma è anche il più precario. Indica il processo di un continuo col- laudo e la possibilità di recupero… contenuto: non è tanto un dato da co- noscere, memorizzare ed apprendere, bensì l’esperienza nella sua totalità e ricchezza, nelle sue potenzialità. Re: il Re è il pezzo determinante, a cui vale la pena sacrificare qualche pedi- na per raggiungere il risultato finale. Difenderlo e mantenerlo sino alla fine significa “vincere”. 44 Percorso 3. Strumenti per l’approfondimento Oltre alle indicazioni per l’approfondimento che ti potrà indicare il tuo formatore, il volume alla fine di ogni UA ti suggerisce alcuni libri e sussidi. * * * Potrai, su questi sentieri, riflettere insieme al formatore e ai tuoi compagni sui valori profondi che danno un senso alla vita e su come il cristianesimo contribuisca a realizzare un’esistenza pienamente umana. A questo scopo avrai a disposizione varie possibilità di ricerca e diversi strumenti segnalati da questo manuale. Non essere titubante nel chiedere chiarimenti al tuo formatore perché ti accompagnerà volentieri durante tutto il percorso. A questo punto, non resta altro che augurarti: Buon viaggio! 55UA 1 66 Percorso Questa unità “Vivere è progettarsi” ti aiuterà a riflettere sulla capacità di guardare al futuro e di fare progetti da parte della persona umana. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 77 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Confrontarsi con alcuni do- cumenti della Bibbia e non, per approfondire il tema del- la responsabilità dell’uomo di fronte al proprio futuro per- sonale e di fronte all’intera umanità. Mettere a fuoco il problema della progettualità, essenziale per ogni uomo e per la realizzazione inte- grale di sé. Tratteggiare, con modali- tà linguistiche differenti, la propria visione del fu- turo e la consistenza del proprio progetto di vita. 88 E sperienza Dare una sbirciata sulla corrispondenza o sul diario personale altrui non è corretto. Generalmente è così. Ma tra amici capita di entrare in merito a cose segrete e di aprire vicendevolmente il cuore. Gigi oggi è in vena d’aperture… Dal diario di Gigi «Caro Diario, ieri sera hanno trasmesso alla TV una puntata di “Superquark”: quanti misteri custodisce la natura! Il mondo na- sconde segreti davvero meravigliosi. L’in- tervento degli animali nell’habitat non fini- sce mai di stupirmi e riesce a dilatare a di- smisura la mia mente e il mio cuore: dal volo dell’aquila nel cielo ai percorsi dei pesci negli abissi, dalla rete finemente tessuta dal ragno nella mia stanza e che mamma puntualmen- te spazza via, al nido costruito dalle rondini sotto le grondaie della casa di fronte, dalle premure del mammifero per i suoi piccoli alla fedeltà del cane al suo padrone. Eppure questi esseri viventi seguono come una traiettoria già tracciata, agiscono istintivamente, senza alcuna prospettiva: da che mondo è mondo l’aquila, i pesci, il ragno, le rondini, i mammiferi ed il cane non hanno modificato progetti, non hanno nutrito speranze… La loro spontaneità ci appare quasi automatica e determinata. Solo l’uomo si pone domande, solo l’uomo avanza pretese, solo l’uomo intende osare per andare oltre… Se guardo, infatti, l’universo, con le sue galassie e i suoi movimenti, se considero le sue distanze in anni luce, avverto un senso di forte smar- rimento e di pochezza, tale da domandarmi: ma io chi sono? verso dove vado? Ho chiesto al mio professore di cultura generale, presso il Centro di Formazio- ne Professionale che frequento da due anni, se per caso non stia diventando pazzo a pormi queste domande e se non dovrei semplicemente lasciarmi andare e vivere senza farmi troppi problemi. È normale chiedersi “perché”? È normale sentirsi quasi schiacciati da interrogativi che come macigni gravano sulle spalle? Il Prof mi ha detto che avrei potuto studiare filosofia e che tanti, prima di me, si sono poste simili do- mande e hanno cercato di rispondervi. Come sa fare lui, d’impatto, mi ha passato su un foglio fotocopiato due pensieri di Pascal che voglio riportarti quasi per intero: «L’uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna pen- sante. Non c’è bisogno che tutto l’universo s’armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d’acqua basta ad ucciderlo. Ma, anche se l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide, perché sa di morire e conosce la superiorità dell’universo su di lui; l’universo invece non ne sa niente. […] l’universo mi circonda e m’inghiottisce come un punto; mediante il pensiero, io lo comprendo»1. 1 B. Pascal, Pensieri e altri scritti, S. Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 199612, pp. 240-241 [Brunschvicg, nn. 347-348]. 99 E sperienza Caro Pascal, nonostante che siamo distanti nel tempo, la pensiamo in fondo allo stesso modo. L’uomo ha questo di grande: può volere, può piantare, può proget- tare, può pianificare, può conquistare, può costruire, può amare, può sperare… può sempre dire: “e poi?”, “e allora?”. Come anche avverte inesorabilmente il suo limite: non tutto ciò che vuole riesce a realizzarlo, non tutto quello che progetta si traduce automaticamente in benessere. La storia, dalla più lontana alla recente, ci presenta delle forti ambiguità: la fiducia nella scienza e nel progresso dell’umanità è segnata da fallimenti. Accanto alle grandi conquiste si sono piazzati inesorabilmente segni di regresso umano e d’inciviltà. Basterebbe accostare due istantanee fotografiche del secolo XX: la prima che ritrae la passeggiata dell’uomo sulla luna e la seconda che raffigura i volti dei bambini ebrei dietro il filo spinato dei campi di concentramen- to… Questi avvenimenti inducono a riflettere: verso dove vado? Verso dove cammi- na l’umanità? Se varie ombre si addensano per il futuro, nulla riesce a condannare l’uomo all’immobilità… qualcosa lo spinge ad andare avanti, nonostante tutto, per- ché si finisce sempre per dire: “chi si ferma, è perduto”. Ma per oggi basta così. A domani. Gigi (il mancato “filosofo” - come dice il prof)». 1010 E sperienza Castelli di sabbia e castelli in aria Scegli almeno una delle due modalità per continuare la riflessione: A. Quante volte ti sei trovato a costruire un castello di sab- bia in riva al mare! Da solo o con gli amici… Poi un’onda- ta o un cavallone all’improvviso oppure i ragazzi del lido accanto per dispetto… e tutto è andato via, spazzato in un minuto… Quindi la rabbia che tutto è andato in fumo e si è dissolto in un baleno… Tra le seguenti conclusioni ho fatto mia la seguente:  Non vale la pena fare progetti e realizzare qualcosa…  Occorre lottare con gli altri per imporre i propri progetti…  È bene costruire su basi più solide e resistenti…  Non bisogna prendersela nella vita…  (nessuna di queste ma…) Una vignetta per rompere il ghiaccio Prova a completare la striscia con uno slogan o con il disegno... SLOgAN DISEgNO 1111 E sperienza B. Quante volte ho pensato a qualcosa di straordina- rio e ho sognato ad occhi aperti il mio futuro! Nel comunicarlo agli altri, ho ricevuto risposte diffe- renti: «Basta crederci!», «Impossibile! Non ce la farai…», «Auguri! In bocca al lupo!», «Hai troppi grilli per la testa!», «Sono castelli in aria»… Tra le seguenti ho fatta mia la conclusione:  Non realizzerò mai quello che ho sognato…  Hanno ragione quelli che hanno fiducia in me, posso farcela…  In fondo devo riconoscere che hanno ragione coloro che dicono che non ce la farò…  L’ideale non è un castello in aria…  (nessuna di queste ma…) Un mondo da progettare. Hai mai pensato come vorresti il mondo? Hai mai sognato qualcosa di nuovo e di diverso? Come vedi il domani? Prova a confrontarti con la seguente canzone di Luciano Ligabue e a rispondere alle precedenti sollecitazioni: Il cielo è vuoto o il cielo è pieno Io non so se sono cotto certi giorni non mi basta ciò che vedo, sento e tocco però so che non so stare fermo e so che cerco e so che tante volte trovo e perdo qui fra corpi solidi se il cielo è vuoto o il cielo è pieno, il giorno che ci guarderemo si saprà se il cielo è vuoto o il cielo è pieno se il cielo è vuoto o il cielo è pieno… LI g A B U E Luciano Ligabue - conosciuto sempli- cemente come Ligabue - è un cantau- tore, scrittore, regista e sceneggiato- re italiano. Dopo aver svolto i lavori più disparati, tra cui il bracciante ed il metalmeccanico, quindi ragioniere, conduttore radiofonico, commercian- te, promoter e consigliere comunale a Correggio, nel 1987 fonda insieme ad alcuni amici il gruppo musicale ama- toriale Orazero. Vorrei che il mondo... Io ho sognato qualcosa di nuovo per domani... 1212 R iflessione Prova a riflettere seguendo la pista proposta: Personalmente In gruppo Philips 6x6. Non è il modello di un rasoio elettrico, ma una tecnica di dinamica di gruppo. Sei capace, in un gruppo di sei elementi (te compreso), di esprimere in un minuto quello che hai in testa sulla seguente questione: “Vivere alla giornata”. Io la penso così…? Provaci. gli altri cinque minuti, ascolta ciò che hanno in testa i tuoi amici di gruppo. Quali sono i punti di convergenza e quali sono divergenti? MR. MAGORIUM E LA BOTTEGA DELLE MERAVIGLIE 2 Titolo originale : Mr. Magorium’s Wonder Emporium Genere : Commedia, Fantastico Regia: Helm Zach Sceneggiatura: Helm Zach Fotografia: Roman Osin Musica: Alexandre Desplat – Aaron Zigman Interpreti principali: Natalie Portman (Molly Mahoney), Dustin Hoffman (Mr. Magorium) Anno: 2007 (U.S.A.) Durata: 93’ Produzione: Mandate Pictures, FilmColony, Walden Media Distribuzione: Moviemax 2 http://www.nicktv.it/editoriali/magorium/magorium.asp Sulla base di queste considerazioni, il formatore condurrà gli allievi alla visione del film Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie: Che reazioni provi dentro di te, di fronte alle confidenze di Gigi? Cosa condividi? Cosa no? 1313 R iflessione Trama: Molly Mahoney (Natalie Portman) non finisce mai nulla che abbia iniziato; ha 25 anni e la sua vita è ricca di gioia e di magia. Mahoney ama il suo la- voro di manager della Bottega delle meraviglie di Mr. Magorium, il più incredibile, il più incante- vole, il più straordinario negozio di giocattoli del mondo. Un posto pieno fino al soffitto di un’infini- tà di giochi strepitosi. La Bottega è di proprietà di Edward Mago- rium (Dustin Hoffman), un uomo autoproclamatosi “impresario di giocattoli, ammiratore di meravi- glie e amante delle scarpe”. Ma- gorium è un candido uomo dai capelli bianchi che ha raggiunto la veneranda età di 243 anni senza invecchiare un solo giorno da quando ne aveva 65. Possiede il negozio da 114 anni, durante i quali ha regalato meraviglia e magia ai bambini di ogni età. Tuttavia, è arrivato per lui il momento di passare la sua magica eredità alla riluttante Mahoney, che improvvisamente si trova di fronte a qualcosa che non si sarebbe mai aspettata ma che in cuor suo ha sempre temuto. Prima di lasciare la sua eredità, però, Mr. Magorium, vuole capire quanto essa possa valere. In tutti questi anni non ha mai dato una sola occhiata ad una qualsiasi ricevuta ed è perciò totalmente ignaro della situazione finanziaria della Bottega. Magorium si vede quindi costretto ad assumere un contabile, “una specie di incrocio tra una calcolatore ed un mutante”, a suo dire. Questo “mutante” è Henry Weston (Jason Bateman). Tuttavia, proprio nel momento in cui Mr. Magorium è in procinto di partire, si verificano nella Bottega dei cambiamenti oscuri e sinistri. Quello che una volta era stato un negozio allegro, colorato e felice inizia ad ingrigirsi come se anch’esso avesse consapevo- lezza dell’imminente partenza di Mr Magorium. grazie anche all’aiuto di Eric (Zach Mills), il volenteroso commesso bambino, il negozio pian piano comincia a tornare al suo aspetto originario e così anche lo scettico Henry impara a credere nella magia, mentre Mahoney acquista fiducia in sé stessa: è il principio di un nuovo inizio. In breve: ambientato in un negozio dove i giocattoli per magia prendono vita, quando Magorium, l’anziano proprietario, decide di affidare la bottega delle me- raviglie alla sua assistente Mahoney, i giocattoli si arrabbiano e perdono tutta la loro magia. Per fortuna il piccolo Eric, un cliente affezionato, ha un piano per aiutare la ragazza a riportare il negozio al suo antico splendore. Il messaggio è chiaro: Quando si ha un’eredità c’è bisogno di custodirla e di ricrearla conti- nuamente. La memoria del passato si recupera attuandola con fedeltà creativa e proiettandola nel futuro. 1414 S piegazione Ogni giorno capita di fare tante cose… e capita anche di essere travolti da esse. Vi sono momenti, forse attimi, in cui affiora un interrogativo: «perché?». Sapere il senso di ciò che facciamo è importante per non essere trascinati dalle correnti e per essere capaci di progettare la propria vita, senza dimettersi dalla responsabilità di ricercare il significato di ciò che abbiamo, di ciò che facciamo e soprattutto di ciò che siamo. Attesa (Van Der Meer3) «[...] Non so perché esisto, lavoro, do lezioni, scrivo. Qualcuno dice: «logico che sia così». Altri invece: «assurdo». C’è chi mi ammira. c’è chi mi considera pazzo. Con tutto questo, la terra continua la sua corsa attraverso gli spazi, gli anni passano, il sole non cessa di splendere sempre più bello, al di sopra della no- stra testa. Talvolta penso che questa vita sia una stupida favola [...] Non accade nulla: nulla che m’interessi. Vivo nell’attesa. Da sempre, la mia vita è in attesa di qualcosa, di una catastrofe, di una gioia, di qualcosa che sia grande e bello... Vivo per qualcosa d’altro. Non so che cosa sia quest’altro, ma vivo nell’attesa di qualcosa [...] Questo silenzio è insopportabile: perché non acca- de qualcosa, qualche cosa di tragico, di terribile, d’impensato? Il cuore mi batte come una campana a martello, i pensieri danzano davanti a me come ali nere di uccelli paurosi». Non avrò vissuto invano (Emily Dickinson) «Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi non avrò vissuto invano; se potrò alleviare il dolore di una vita o placare una pena, o aiutare un pettirosso morente a rientrare nel suo nido, non avrò vissuto invano». «Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d’acqua nel becco. “Cosa credi di fare?” – gli chiese serio il leone. “Vado a spegnere l’incendio!” – ri- spose il piccolo volatile. “Con una goccia d’acqua?” - disse il leone con un sogghigno di irrisione. Il colibrì, proseguendo il volo, rispose: “Io faccio la mia parte!”». 3 Brano riportato in: “Documenta” 1(1997) 2(marzo), p.109. Confronta i due brani precedenti e il piccolo racconto del colibrì e prendi posizione. Sei d’accordo di più con Van Der Meer o con Emily Dickinson? Per quali motivi? 1515 S piegazione Se apriamo la Bibbia possiamo scoprire che le domande che noi ci poniamo oggi, anche se formulate diversamente, sono le stesse domande dell’uomo di ieri. Tra una domanda e l’altra, tra un rigo e l’al- tro affiora in filigrana la proposta che Dio fa all’uomo perché possa realizzare felicemente il progetto della propria esi- stenza e possa costruire la storia insieme con gli altri uomini. Forse non tutti sanno che i primi 11 capitoli del libro della genesi sono stati composti mentre gli ebrei era- no deportati in Babilonia, in esilio lontano dalla terra promessa. Durante quegli anni, affiorarono domande profonde nel cuore dei deportati: «perché ci è capitato tutto ciò?», «perché Dio, che ci ha dato in dono la terra promessa, ha permesso di esserne allontanati?», «perché il male?», «perché i buoni soffrono e i perversi sono felici?». Servendosi di racconti che già circolavano tra le antiche popolazioni orientali, il po- polo ebraico tenta di riaffermare la propria fede in Dio e rispondere alle domande della vita. Il primo racconto della creazione, più sintetico e denso di significato del secon- do (cfr. gen 2,4b-25), vuole presentare in modo logico e ordinato tutte le creature esistenti nel mondo, ricalcando la scansio- ne della settimana ebraica che culmina- va con il sabato, giorno di riposo. Tutti gli esseri cominciano ad esistere per iniziati- va di Dio, secondo un ordine crescente di dignità, fino ad arrivare all’uomo, imma- gine di Dio e re della creazione. Il testo non vuole descrivere le origini dell’uomo e dell’universo dal punto di vista delle scien- ze (come le pensiamo oggi), ma esprime- re un insegnamento di fede. In principio, all’origine (da qui la parola “genesi”) non c’è, per la Bibbia, il nulla o il caso, ma Dio, essere unico, più grande della realtà che esiste ed infinito, trascendente, anteriore al mondo, creatore. LA CREAZIONE NELLA BIBBIA gUARDA INDIETRO MA SPINgE IN AVANTI Il primo racconto della creazione (gen 1,1 – 2,4a) 1In principio Dio creò il cielo e la terra. 2Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. 3Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu. 4Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre 5e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno. 6Dio disse: “Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque”. 7Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. 8Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. 9Dio disse: “Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e ap- paia l’asciutto”. E così avvenne. 10Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. 11E Dio disse: “La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, cia- scuno secondo la sua specie”. E così avvenne: 12la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto 1616 S piegazione con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. 13E fu sera e fu mattina: terzo giorno. 14Dio disse: “Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni 15e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra”. E così avvenne: 16Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. 17Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra 18e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. 19E fu sera e fu mattina: quarto giorno. 20Dio disse: “Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo”. 21Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri vi- venti che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 22Dio li benedisse: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra”. 23E fu sera e fu mattina: quinto giorno. 24Dio disse: “La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie”. E così avvenne: 25Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 26E Dio disse: “Fac- ciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. 27Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. 28Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”. 29Poi Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. 30A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde”. E così avvenne. 31Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. 1Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. 3Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. 4aQueste le origini del cielo e della terra, quando furono creati. 1717 S piegazione La creazione all’incontrario (J. Zink) «In principio Dio creò il cielo e la terra. Dopo parecchi mi lioni di anni, l’uomo si fece coraggio e decise di assu- mersi il comando del mondo e del futuro. Allora comin- ciarono gli ultimi sette giorni della storia. Nel mattino del primo giorno, l’uomo decise di essere libero e bello, buono e felice. Decise di non essere più a immagine di un Dio, ma di essere semplicemente uomo. Dovendo tuttavia crede- re in qualcosa, credette nella libertà e felicità, nella borsa valori e nel progresso, nella pianificazione e nello sviluppo e special mente nella sicurezza. Sì la sicurezza era la base. Lanciò satel liti di investigazione, preparò missili carichi di bombe atomi che. E fu la sera e la mattina del primo giorno. Nel secondo giorno degli ulti- mi tempi, morirono i pesci dei fiumi inquinati dagli scarichi industriali, morirono i pesci del mare per gli scoli delle grandi petroliere e per il deposito del fondo degli oceani: i depositi erano radioattivi; morirono gli uccelli del cielo impregnati da gas velenosi, morirono gli anima li che attraversavano incauti le grandi autostrade, avvelenati dalle scariche soffocanti del traffico infernale. Ma morirono an che i cagnolini di lusso per eccesso di colorante che arrossava le salsicce. E fu la sera e la mattina del secondo giorno. Nel terzo giorno seccò l’erba nei prati, le foglie sugli al beri, il muschio delle rocce e i fiori nei giardini. Poiché l’uo mo aveva deciso di controllare le stagioni, conforme ad una piani ficazione precisa. Ci fu però un piccolo errore nel computatore della pioggia e, finché non fu scoperto il difetto, le sorgenti seccarono e le barche che veleggiavano sui fiumi si arenarono nei letti rinsecchiti. E fu la sera e la mattina del terzo giorno. Nel quarto giorno, morirono 4 dei 5 miliardi di uomini; al cuni contaminati da virus coltivati in provette scientifiche, al tri per la dimenticanza imper- donabile di chiudere i depositi bat teriologici, preparati per la guerra seguente, altri ancora mori rono di fame poiché qualcuno non si ricordava più dove aveva na scosto le chiavi dei depositi di cereali. E maledissero Dio: se Egli era buono, perché permetteva tanti mali? E fu la sera e la mattina del quarto giorno. Nel quinto giorno gli uomini decisero di azionare il pulsan te rosso, poiché si sentivano minacciati. Il fuoco avvolse il pianeta, le montagne fumarono, i mari evaporarono. Nelle città gli scheletri di cemento armato diventarono neri, lanciando fumo dalle orbite aperte. E gli angeli del cielo assistettero spaven tati nel vedere il pianeta azzurro prendere il colore del fuoco, e coprirsi poi di un marrone sporco e infine di rimanere color ce nere. Essi interruppero i loro canti per dieci minuti. E fu la sera e la matti- na del quinto giorno. Nel sesto giorno si spense la luce: polvere e cenere copri rono il sole, la luna e le stelle. E l’ultimo scarafaggio antia tomico morì per eccesso di calore. E fu la sera e la mattina del sesto giorno. Nel settimo giorno, c’era pace, finalmente! La terra era in forme e vuota, le tenebre coprivano l’abisso e lo spirito del l’uomo, il fantasma dell’uomo, aleggia- va sulle cose. Ma nel mondo dell’inferno si commentava la storia affascinante dell’uomo che aveva preso il comando del mondo, e risate sguaiate echeggiarono fino ai cori degli angeli. Nulla impedisce che l’uomo vada fino ai limiti delle sue possibilità; ma resta ancora una speranza: che il mondo, e con esso il suo futuro, sia nelle mani di un Al tro». Prova a rileggere il brano di genesi, non solo guardando il passato ma volgendo lo sguardo al futuro. In questo episodio si nasconde un progetto, un disegno che atten- de di essere realizzato da parte dell’uomo, dopo l’input iniziale di Dio. Non è detto che l’esito finale del progetto sia forzatamente positivo: dipende infatti dalla libera determinazione dell’uomo. Leggi il seguente brano: 1818 S piegazione Vi sono degli uomini che hanno tratto ispirazione dal racconto della creazione, elabo- rando narrazioni originali, poesie, opere d’arte, musiche e film. Ecco alcuni esempi e alcune piste di riflessione. Poesia In principio (g. Rodari) In principio la terra era tutta sbagliata, renderla abitabile fu una bella faticata. Per passare i fiumi non c’erano i ponti. Non c’erano i sentieri per salire i monti. Ti volevi sedere? Neanche l’ombra di un panchetto. Cascavi dal sonno? Non esisteva il letto. Per non pungersi i piedi, né scarpe né stivali. Se ci vedevi poco, non trovavi gli occhiali. Per fare una partita non c’erano i palloni. mancava la pentola e il fuoco per cuocere i maccheroni. Anzi a guardar bene, mancava anche la pasta. Non c’era niente di niente. Zero via zero, e basta. C’erano solo gli uomini con due braccia per lavorare, e agli errori più grossi si poté rimediare. Da correggere, però, ne restano ancora tanti: rimboccatevi le maniche, c’è lavoro per tutti quanti. Dal confronto dei due racconti che cosa ne deriva? Scrivi in una sola espressione ciò che pensi: 1919 S piegazione Arte – esplorazione L’arte, nelle molteplici sue espres- sioni, ha rappresentato con gran- de estro le origini del mondo e dell’uomo. Un percorso interes- sante può essere la visita o la presentazione tramite video o diapositive dei mosaici, ad es. della “cupola della genesi” del- la Basilica di S. Marco a Venezia o del Duomo di Monreale o della maestosa volta della Cappella Si- stina di Michelangelo a Roma. Musica - audizione Anche la musica offre evocazioni interessanti della creazione, come ad es. La creazione di J. Haydn. Altri brani musicali sono delle autentiche risonanze delle ori- gini del mondo, come ad es. La Primavera tratta dalle Quattro stagioni di A. Vivaldi o la Sinfonia “Dal nuovo mondo” di A. Dvorak. Un classico spiritual è La creazione di J.W. Johnson (da: Canti Negri, Ed. Fussi), di cui riportiamo il testo: Allora Dio sedette sul fianco della collina; presso un immenso fiume profondo sedette. Con la testa tra le mani, Dio pensò e ripensò, fino a che disse: - Creerò un uomo! Questo gran Dio, come una mamma china sul suo bambino, s’inginocchiò nella polvere a lavorare un pezzo d’argilla, finché lo formò a sua somiglianza. Poi soffiò in lui il fiato della vita, e l’uomo cominciò a vivere. 2020 S piegazione L ’uomo è, per sua natura, progetto… Ogni uomo, in modo più o meno espli- cito, guarda avanti, progetta la propria vita e mira alla piena realizzazione di sé. Egli è capace di fare grandi sacrifici pur di raggiungere uno scopo a lungo intra- visto e da tanto sognato. L’uomo è per sua natura un essere di futuro, che vive in prospettiva, che non si accontenta di quello che è o di quello che ha ma che alimenta ogni giorno il senso dell’avve- nire. Trovandosi a vivere con gli altri nel mondo, egli progetta e realizza anche per gli altri, alternando apertura ai gran- di valori della vita e chiusura in picco- li arroccamenti egoistici che lo possono isolare, farlo ripiegare in se stesso e ren- dere infelice. In questa tensione verso il di più, l’uomo non trova in Dio il taglieg- giatore di turno, l’avversario geloso della sua libertà. Il Dio di gesù Cristo è colui che rende possibile la realizzazione dei progetti dell’uomo, attraverso il grande rispetto e il misterioso ossequio alla li- bertà umana. … e nonostante tutto… Nel realizzare il proprio progetto di vita, ogni uomo avverte di trovarsi in strutture che frenano, si imbatte in limiti che si frap- pongono; talvolta si scopre come intossica- to da sostanze somministrate dai vari siste- mi di potere e di influenza economica per rabbonirlo e asservirlo ad idee e a progetti che non sono personali e che lo portano gradualmente ad estraniarsi da se stesso. Si trova tra condizioni di vita positi- ve e condizionamenti che lo rallentano nel processo di crescita: l’uomo avverte la propria corporeità come grande possibili- tà di muoversi e di agire nel mondo, pur nella limitazione dello spazio e del tem- po. Se sono qui, non posso essere lì. Se devo fare qualcosa, non posso nello stes- so tempo farne tante altre... Ogni giorno esperimento il limite dell’essere in questo mondo così bello, ma che tante volte mi sta stretto. Tutti gli uomini, soprattutto i giovani, avvertono lo scarto esistente tra desiderio e realizzazione, tra progetto e attuazione, tra quello che si è e quello che si vorrebbe essere. Nella società in cui vive, ognuno avverte di essere vincolato a delle leggi di convivenza; esse tentano di regolare i rapporti tra i vari membri socia- li, esprimendo di volta in volta i diritti e i doveri. La libertà creatrice d’ognuno deve in qualche modo convivere con la libertà creatrice degli altri, evitando conflitti di interesse, perché non prevalga il benes- sere di uno sulla collettività, o all’opposto il bene sociale finisca per schiacciare le legittime esigenze dei singoli. SPIEgAMOCI MEgLIO... 2121 S piegazione In particolare la sofferenza, il male, la morte mettono a dura prova i nostri pro- getti e la loro condivisione con quelli che ci stanno accanto e che ci sono cari. Sen- tiamo tutto il peso di ogni evento contra- stante che sul più bello, mentre stiamo arrivando al massimo di una realizzazio- ne, è come “un bastone tra le ruote”. Essi mettono a dura prova la nostra pazienza e resistenza, anche se avvertiamo con tutte le nostre forze che essi non sono l’ultima parola sul nostro futuro. …ha la libertà di progettare! Anche in momenti di forte svantaggio, l’uomo avverte che la speranza è l’ulti- ma a morire e che è la prima a soprav- vivere. Nonostante tutto, l’uomo nutre la speranza che qualcosa cambi e che tut- to si risolva. In fondo al suo cuore, av- verte che essa non è illusione e che alla fine non delude. Nessun male che c’è nel mondo può bloccare la speranza e l’ane- lito di un futuro migliore, a partire dal- le scelte del presente e dai sacrifici che l’uomo avverte necessari per la realizza- zione personale e degli altri. Per realizzare qualsiasi progetto, vie- ne richiesta la qualità umana di rimanere fedeli e costanti. Occorre prepararsi ad affrontare il rischio. Non è mai lontana abbastanza e risolta completamente la possibilità del tradimento (proprio ed al- trui) e del fallimento. Vivere insieme con realismo e speranza, nella coscienza dei propri limiti e delle proprie risorse signifi- ca essere consapevoli di avere un grande tesoro in vasi di creta – come amava dire san Paolo ai cristiani di Corinto (cfr. 2Cor 4,7). Mai dire che nella nostra vita è tutto oro, perché ogni giorno facciamo esperienza della fragilità. Mai convincersi che nella nostra vita tutto è perduto e vano, perché si nascondono in noi risorse preziose e finora inesplorate. L’esistenza umana, tra risorse e limiti, tra libertà e condizionamenti, è un appel- lo a guardare oltre, perché ogni progetto umano (la gioia di condividere in pieno la vita tra un uomo e una donna, la soddisfa- zione di creare qualcosa che serva al pro- gresso dell’umanità, la risposta concreta offerta a chi chiede o è nel bisogno, la lotta per la giustizia…) è contrassegnato dall’in- finito. L’uomo non è il padrone assolu- to della propria esistenza, degli altri e del mondo, ma il responsabile di sé e degli altri, il custode creativo di que- sta terra. A ragione J. gevaert afferma: «Nessuno mi ha interpellato per do- mandare se volevo venire in questo mondo. Nessuno può fare nulla per re- starci. Conviene allora riconoscere che nessuno, in fin dei conti, sta alla radi- ce della propria esistenza, e non è in suo potere realizzare il senso ultimo di questa esistenza»1. 1 J. Gevaert, Il problema dell’uomo. Introduzione all’an- tropologia filosofica, Elle Di Ci, Leumann – Torino 19958, p. 229. 2222 S piegazione Alla fine di questo tratto di strada fat- to insieme, sentiamo di trovarci ad un bivio: sperare nel futuro o acciuffa - re l’attimo fuggente, consumare le occa- sioni che man mano ci si presentano o guardare al di là del proprio naso, fino ad aprirsi alla speranza, progettando attimo dopo attimo la propria vita. In un mondo che privilegia i prodotti già confezionati e lo stile dell’USA e gET- TA, è possibile non dimettersi dal sogno e non smettere di progettare con audacia e coraggio? C’è posto oggi per la speranza? Qualcuno dice di sì, anche se comporta rischi e sacrifici: «Sperare è un dovere, non un lusso. Sperare non è sognare, al contrario: è il mezzo per trasformare un sogno in realtà. Felici coloro che osano sognare e che sono disposti a pagare il prezzo più alto perché il sogno prenda corpo nella vita degli uomini» (card. Sue- nens). In questo nostro tempo, mai come adesso, si è avvertita l’urgenza di non smarrire il senso della prospettiva e di realizzare progetti di una nuova umanità. Solo chi è capace di nutrire tale dimen- sione è degno di realizzarsi e di guidare altri ad una realizzazione più piena, come recita un antico racconto: «Il capo di una certa tribù, ac- campata alla base di una montagna, era moribondo. Radunò i suoi tre fi- gli e disse loro: “Io sto per morire e uno di voi dovrà succedermi come capo della nostra tribù. Voglio che ognuno di voi scali la nostra mon- tagna sacra e mi porti qualcosa di bello. Colui che mi porterà il dono più significativo mi succederà”. Dopo parecchi giorni i figli tor- narono. Il primo aveva portato a suo padre un fiore che cresceva vi- cino alla vetta ed era estremamente raro e bello. Il secondo figlio aveva portato una pietra colorata, liscia e rotonda, resa tale dalla pioggia e dal venti sabbiosi. Il terzo figlio aveva le mani vuote. Egli disse: “Padre, non ti ho portato niente da far vedere. Mentre mi trovavo sulla vetta della montagna sacra, ho visto nell’altro versante una terra preziosa, piena d’una verdeggiante pastura e un lago cristallino. E ho avuto una visione di come la nostra tribù potrebbe vivere una vita migliore. Ero così estasiato di quanto vedevo e di quello che pensavo che non ho potuto portarti nulla al mio ritorno”. Il padre allora disse: “Tu sarai il nuovo capo della nostra tribù perché hai por- tato quello che era più prezioso di tutti: la visione di un futuro migliore ”»1. 1 P. J. Wharton, Stories and Parables for Preachers and Teachers, Paulist Press Mahwah, New Jersey (USA) 1986, pp. 29-30. 2323 S perimentazione Message in a bottle (Police, Message in a box, 1993) Nient’altro che un naufrago, un’isola persa nel mare, un altro giorno di solitudine, nessuno qui, solo io. Più solitudine del tollerabile. Soccorretemi prima che sprofondi nella disperazione. Invierò un S.O.S. al mondo. Spero che qualcuno raccolga il mio messaggio nella bottiglia. È passato un anno da quando ho scritto la lettera. Avrei voluto capirlo fin dall’inizio. Solo la speranza può farmi resistere. L’amore può sanarti la vita ma anche spezzarti il cuore. Sono uscito stamattina, non credevo ai miei occhi. Cento miliardi di bottiglie trascinate sulla spiaggia. Sembra che non sia solo nella mia solitudine. Cento miliardi di naufraghi cercano casa. Invierò un S.O.S. al mondo. Spero che qualcuno raccolga il mio messaggio nella bottiglia. Sto lanciando un S.O.S. Un messaggio nella bottiglia. Dopo aver ascoltato la canzone dei Police, che cosa scriveresti in un foglio per esprimere il tuo S.O.S. o il tuo desiderio per il futuro? E chi vorresti che raccogliesse la bottiglia e partecipasse al tuo appello o al tuo progetto? Tieni presente che: S.O.S. è il segnale internazionale di pericolo variamente in- terpretato: Save our Souls (salvate le nostre vite, letteralmente: salvate le nostre anime), Save our Ship (salvate la nostra nave), Save our Sailors (salvate i nostri marinai), Stop other Segnals (sospendete altri segnali). Quali tra questi significati si avvicina di più al tuo messaggio e alla tua intenzione? U 2 - B O N O In ormai 30 anni di carrie- ra, gli U2 hanno segnato la storia della musica planetaria. Bono, Edge, Adam e Larry formano un gruppo rock irlandese, nato nel 1976. Con oltre 170 milioni di dischi ven- duti possono essere defi- niti uno dei più importanti gruppi musicali affermatisi sulla scena internazio- nale. Fin dagli esordi, gli U2 si sono occupati della questione irlandese e del rispetto per i diritti civili, improntando su questi temi anche buona parte della loro attività artistica. Per puntualizzare alcuni elementi fondamentali, il formatore si serve di una can- zone e di due racconti: 2424 S perimentazione Confronto . Prova a confrontare quanto hai scrit- to con il seguente racconto: «Avete mai osservato le trote in un fiume di mon- tagna? L’acqua si apre un varco verso la vallata, veloce, vortico sa, al di là dei dislivelli che fanno nascere migliaia di cascate e cascatelle. Il sole disegna un vero arcobaleno nella schiuma. Nulla resiste alla corrente. Se guardate più da vicino, intravedete le testoline ne re e i corpi argentei di centinaia di pesciolini. Ad ogni cascata, saltano fuori dall’acqua. Controcorrente. In cerca della sorgente. Non conformisti e instancabili. Più la corrente è violenta, più il loro colpo di reni è più forte. Essi balzano sull’acqua, nel vero senso del- la pa rola. Al contrario, il pesce rosso si accon- tenta di cogliere con le sua labbra pigre le alghe microscopiche dell’acqua rio! La trota ha bisogno di trovare resistenza, non riesce a vivere in acqua stagnante. Sarebbe la sua fine, per mancanza di ossigeno e di movimento»4. Confronto. Prova a confrontare la tua esperienza, talvolta difficile, con quella di Bakhita raccontata da Benedetto XVI: «[…] giuseppina Bakhita, canonizzata da Papa giovanni Paolo II, era nata nel 1869 circa – lei stessa non sapeva la data precisa – nel Darfur, in Sudan. All’età di nove anni fu rapita da trafficanti di schiavi, picchiata a sangue e venduta cinque volte sui mercati del Sudan. Da ultimo, come schiava si ritrovò al servizio della madre e della moglie di un generale e lì ogni giorno veniva fustigata fino al sangue; in conseguenza di ciò le rimasero per tutta la vita 144 cicatrici. Infine, nel 1882 fu comprata da un mercante italiano per il console italiano Callisto Legnani che, di fronte all’avanzata dei mahdisti, tornò in Italia. Qui, dopo “padroni” così terribili di cui fino a quel momento era stata 4 G. Danneels, Giovani correnti e controcorrenti, Juvenilia, Torino 1991, p. 38. Questo racconto vuol dirmi che 2525 S perimentazione proprietà, Bakhita venne a conoscere un “padrone” totalmen- te diverso – nel dialetto veneziano, che ora aveva imparato, chiamava “paron” il Dio vivente, il Dio di gesù Cristo. Fino ad allora aveva conosciuto solo padroni che la disprezzavano e la maltrattavano o, nel caso migliore, la consideravano una schiava utile. Ora, però, sentiva dire che esiste un “paron” al di sopra di tutti i padroni, il Signore di tutti i signori, e che questo Signore è buono, la bontà in persona. Veniva a sapere che questo Signore conosceva anche lei, aveva creato anche lei – anzi che Egli la amava. Anche lei era amata, e proprio dal “Paron” supremo, davanti al quale tutti gli altri padroni sono essi stessi soltanto miseri servi. Lei era conosciuta e amata ed era attesa. Anzi, questo Padrone aveva affrontato in prima persona il destino di essere picchiato e ora la aspettava “alla destra di Dio Padre”. Ora lei aveva “speranza” – non più solo la piccola speranza di trovare padroni meno crudeli, ma la grande speranza: io sono definitivamente amata e qualunque cosa accada – io sono attesa da questo Amore. E così la mia vita è buona. Mediante la conoscenza di questa speranza lei era “reden- ta”, non si sentiva più schiava, ma libera figlia di Dio. Capiva ciò che Paolo intendeva quando ricordava agli Efesini che prima erano senza speranza e senza Dio nel mondo – senza speranza perché senza Dio. Così, quando si volle riportarla nel Sudan, Bakhi- ta si rifiutò; non era disposta a farsi di nuovo separare dal suo “Paron”. Il 9 gennaio 1890, fu battezzata e cresimata e ricevette la prima santa Comunione dalle mani del Patriarca di Venezia. L’8 dicembre 1896, a Verona, pronunciò i voti nella Congregazio- ne delle suore Canossiane e da allora – accanto ai suoi lavori nella sagrestia e nella portineria del chiostro – cercò in vari viaggi in Italia soprattutto di sollecitare alla mis- sione: la liberazione che aveva ricevuto mediante l’incontro con il Dio di gesù Cristo, sentiva di doverla estendere, doveva essere donata anche ad altri, al maggior numero possibile di persone. La speranza, che era nata per lei e l’aveva “redenta”, non poteva tenerla per sé; questa speranza doveva raggiungere molti, raggiungere tutti» (Spe salvi, n. 3). Rispetto alla mia vita reputo l’esperienza di Bakhita:  distante  vicina  interessante  irraggiungibile  né distante, né vicina  a pensarci bene, ci sono delle somiglianze… e dico perché 2626 V erificaV erifica Verifica finale Simulazione. Rifletti un po’ su come sarebbe un progetto umano, senza… • Un progetto senza di me… • Un progetto senza gli altri… • Un progetto senza mondo… • Un progetto senza Dio… In tre punti, tira le conclusioni del tema fin qui affrontato, esprimendoti in forma personale: 1. Penso che… 2. Credo che… 3. Sono convinto che… La cosa che mi è rimasta più impressa in questa Unità di Apprendimento è Confronta quanto è emerso dalla tua verifica personale con i tuoi compa- gni di corso. Dal confronto è emerso che: PER APPROFONDIRE accattoli Luigi, Io non mi vergogno del vangelo. Dieci provocazioni per la vita quotidiana per il cristiano comune, Dehoniane, Bologna 2004. BeneDetto Xvi, Spe salvi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007. ciciola Pino, “Diretto’ io andrò in Paradiso”. Storie dal carcere minorile di Nisida, Ancora, Milano 2008. De rosa giuseppe, L’uomo, la sua natura, il suo destino, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2007. Gevaert Joseph, Il problema dell’uomo. Introduzione all’antropologia filosofica, Elle Di Ci, Leumann – Torino 19958. ruta giuseppe (ed.), Sulle ali della croce. Nino Baglieri e… tanta voglia di correre, Coop. S.Tom. – Elle Di CI, Messina – Leumann Torino 2008. 2727UA 2 2828 Percorso Questa unità “Tante vie per realizzare la vita” ti aiuterà a riflettere sui principali orientamenti etici presenti nella società e sui fondamentali criteri di discernimento del bene e del male. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 2929 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Analizzare e confrontare al- cuni documenti culturali e religiosi di carattere etico. Focalizzare il problema del senso della vita, cogliendo la dimensione morale di ogni scelta e interrogan- dosi sulle conseguenze delle pro- prie azioni. Individuare, alla luce del van- gelo, alcuni criteri essenziali per distinguere ciò che è bene e ciò che è male, ciò che rende l’uomo veramente felice e ciò che non lo rende tale. 3030 E sperienza Sui muri delle strade, dentro le stazioni, a terra e sui muri delle metropolitane… per- fino nei vagoni, sulle facciate dei palazzi del centro e di periferia ti sei certamente imbattuto in scritte e grafismi senza firma. Forse anche tu con l’uniposca o con lo spray hai lasciato qualche messaggio. Tra le tante frasi eccone alcune abbastanza enigmatiche ed interessanti: Viva la Resistenza! Adesso ba sta! Via gli extra! Dio c’è Renato v ive! Noi gay... e tu? Il corpo è mio e ne faccio quello che voglio! Sara ti amo! Dio è morto. Firmato Nietzsche Spegni la TV e apri gli occhi. W io! tutti! W Ragiona con la t ua testa, non obbedire al Vaticano Anarchico è bello! Del Pierosei un dio! Dialoghiamo: • Hai visto messaggi sui muri della tua città? In gruppo potreste farne un elenco? • A quali di questi metteresti la firma? Perché? • Da quali di queste frasi ti dissoci totalmente? Perché? Reagisci a questi messaggi pubblicitari : • «Lo sapevate che grazie alla chimica oggi è possibile proteggere superfici da qualsiasi scritta vandalica e tramite un getto d’acqua calda rimuovere sem- plicemente scritte e graffiti?» • «Lo sapevate che il 98% degli edifici che hanno installato telecamere di video- sorveglianza non sono imbrattati da scritte?» 3131 E sperienza Mezzo pieno o Mezzo vuoto (Max Pezzali, Live!, 2008) Mezzo pieno o mezzo vuoto questo è il solo ed unico bicchiere che abbiamo se si stava meglio quando si stava peggio non lo so però io vivo adesso mezzo pieno o mezzo vuoto mi hanno detto di giocare quindi io gioco faccio del mio meglio, almeno ci proverò se ho ragione o no, io non mi sposto Colpa dell’Euro, colpa del dollaro colpa del surriscaldamento e del carbonio colpa di Al Qaeda, colpa dell’arbitro colpa del prezzo di un barile di petrolio colpa del varco nel centro storico colpa di tutti i condizionatori a luglio colpa del feto, colpa dell’atomo colpa di tutta la droga disciolta nel Po Scorrono le immagini e non riesco più a capire se è la realtà scorrono le pagine e non riesco ad intuire se è la verità Mezzo pieno o mezzo vuoto questo è il solo ed unico bicchiere che abbiamo se si stava meglio quando si stava peggio non lo so però io vivo adesso mezzo pieno o mezzo vuoto mi hanno detto di giocare quindi io gioco faccio del mio meglio, almeno ci proverò se ho ragione o no, io non mi sposto Colpa del wrestling, colpa di Britney Spears colpa del made in China contenendo i costi colpa dei vecchi, colpa dei giovani che con il mulo non si comprano più i dischi colpa del gossip, colpa di CSI di criminologi e psicologi esperti colpa dei ladri e dei maniaci colpa di internet che brulica di matti Scorrono le immagini e non riesco più a capire se è la realtà scorrono le pagine e non riesco ad intuire se è la verità Mezzo pieno o mezzo vuoto questo è il solo ed unico bicchiere che abbiamo se si stava meglio quando si stava peggio non lo so però io vivo adesso mezzo pieno o mezzo vuoto mi hanno detto di giocare quindi io gioco faccio del mio meglio, almeno ci proverò se ho ragione o no, io non mi sposto mezzo pieno o mezzo vuoto questo è il solo ed unico bicchiere che abbiamo se si stava meglio quando si stava peggio non lo so però io vivo adesso io vivo adesso io vivo adesso io vivo adesso M A X P EZ Z A LI Originario di Pavia, classe 1967, inizia con gli “883” con le prime canzoni tra cui “Hanno ucciso l’uomo ragno”. Il lin- guaggio e le tematiche sono quelle degli adolescenti e del loro vissuto. La “Regola dell’amico” è il tormentone del 1997 che precede il disco “La dura legge del gol”. Il 2000 vede gli 883 impegnati in giro per l’Europa con un tour che attraversa Au- stria, Germania e Svizzera… Max Pezzali in questi ultimi anni è tornato a cantare da solo, ma i successi sono continuati. 3232 E sperienza  Occhio a questa striscia di Quino Le domande importanti continuano: • Vivere, perché? • Lavorare, e poi? • In che consiste la felicità? • Ci sono delle vie per la felicità? In gruppetti, in tre minuti fornite tre risposte per ognuna di queste domande Dialoghiamo:  Ti ritrovi nelle parole di Max Pezzali? Hai qualche cosa da aggiungere in pro- posito?  Ti sembra giusto addossare sempre la colpa sugli altri?  Qual è il messaggio centrale che lancia l’intera canzone?  Secondo te, in base al testo della canzone, nel mondo c’è più bene, o più male?  Reagisci al seguente commento tratto dal sito ufficiale www.maxpezzali.it: «Ogni giorno veniamo bombardati da notizie che ci fanno sprofondare in una sorta di asfissiante ansia collettiva: l’emergenza ambientale ed energetica, la minaccia terroristica, la decadenza dei valori e dei costumi, la concorrenza produttiva dei paesi in via di sviluppo, le problematiche legate all’uso e all’abuso delle nuove tecnologie informatiche... Tutto pare suggerire che questo primo decennio del XXI secolo sia uno dei periodi storici peggiori nei quali si possa vivere, e sem- bra prevalere la considerazione comune secondo cui “in fondo si stava meglio quando si stava peggio ”. Anche a me a volte è capitato di pensarla così, ma ricordando che negli anni della mia giovinezza la generazione degli adulti diceva più o meno le stesse cose riguardo ai miei coetanei e ai cambiamenti del mondo circostante, mi sono reso conto che quest’epoca burrascosa e contraddittoria porta con sé anche delle straordinarie opportunità di progresso e di migliora- mento. Sta a noi vedere il bicchiere mezzo pieno sfruttando al meglio i nuovi strumenti che abbiamo a disposizione. O almeno spero!». 3333 E sperienza La tua opinione Ciò che segue è una specie di gioco. È utile farlo da solo, poi è opportuno che con- fronti ciascuna risposta che dai con le risposte dei tuoi compagni. Esprimi la tua opinione riguardo a ciascuna delle seguenti azioni: Ammissibile Dipende dai casi Non ammissibile Viaggiare sui mezzi pubblici senza pagare Fumare occasionalmente marijuana Divorziare Ubriacarsi Assentarsi dal lavoro quando non si è realmente malati Prendere qualcosa in un negozio senza pagare Avere rapporti sessuali senza essere sposati Fare a botte per far valere le proprie ragioni Fare a botte con tifosi di una squadra avversaria Dichiarare al fisco meno di quanto si guadagna Fumare tabacco Avere esperienze omosessuali Vivere insieme (convivere) senza essere sposati Prendere droghe (erba,pasticche,eroina…) Abortire Avere una relazione con una persona sposata Fare danno a beni pubblici (cabine telefoniche…) Raccomandare qualcuno Non andare la domenica a messa pur potendo Prestare falsa testimonianza in tribunale Lasciar condannare una persona innocente pur conoscendo il colpevole Condannare una persona a morte 3434 R iflessione  Una canzone degli U2: Zooropa Zooropa... Vantaggi della tecnica Zooropa... Sii tutto quello che puoi Sii un vincitore Mangia per dimagrire Zooropa... Un tipo di bianco più blu Zooropa... Questa sera può diventare tua Siamo leggeri e verdi E pulitini Zooropa... Meglio nelle intenzioni Zooropa... Volare nei cieli amici Con l’applicazione della scienza Abbiamo quell’alone di confidenza... E io non ho bussola E io non ho uomo E io non ho ragioni Ragioni per tornare indietro E io non ho religione E io non so cosa è cosa E io non conosco il limite Il limite di quello che abbiamo Zooropa... Non ti preoccupare tesoro, è tutto a posto Zooropa... Tu hai le scarpe giuste Zooropa... Per superare la notte Zooropa... Fuori fa freddo, ma le luci sono accese Zooropa... Evita la metropolitana Zooropa... Dai andiamo alla terra eterna Fuori la testa dal fango tesoro Metti i fiori nel fango tesoro In superficie Niente nomi particolari di luoghi Nessuna canzone particolare Mi sono nascosto Da cosa mi sto nascondendo? Zooropa... Non ti preoccupare tesoro, è tutto a posto Zooropa... L’incertezza... Può essere una luce che guida Zooropa... Io sento delle voci, voci ridicole Zooropa... Nella scia Zooropa... Andiamo, andiamo... In superficie Zooropa... Fuori la testa dal fango tesoro (Sognerà il mondo nel quale vuole vivere: lo sognerà forte e chiaro) U 2 In ormai 30 anni di carriera, gli U2 hanno segnato la storia della musica planetaria. Bono, Edge, Adam e Larry formano un grup- po rock irlandese, nato nel 1976. Con oltre 170 milioni di dischi venduti possono essere definiti uno dei più importanti gruppi musicali affermatisi sulla scena internazionale. Fin dagli esordi, gli U2 si sono occupati della que- stione irlandese e del rispetto per i diritti civili, improntando su questi temi anche buona parte della loro attività artistica. 3535 R iflessione Che cosa è che vale veramente nella vita? Zooropa passa in rassegna alcune ipotesi: La tecnica: Sii un vincitore… Ma è sicuro che la tecnica è la via della fe- licità? È maledettamente contraddittoria: si mangia… per dimagrire; il bianco è così bianco che è blu… La scienza: fa volare, fa essere padroni di tutto… Ma mi accorgo che, se ho solo la scienza, non mi ritrovo più la bussola per orientarmi, non ragiono con la mia testa; la religione mi sfugge; mi toglie il senso del limite… Che confusione! Di chi mi devo fidare? Zooropa: «Non ti preoccupare, tesoro: è tutto a posto. L’incertezza può essere una luce che guida». Conosci gente che si abbandona alla tecnica come alla soluzione di tutti i problemi della vita? Tu che ne dici? È vero che la scienza è l’ultima parola? Oppure, all’opposto, che della scienza non c’è da fidarsi? Non c’è altro, al di fuori della scienza e della tecnica, che sia via alla feli- cità? Zooropa suggerisce: «Fuori la testa dal fango, tesoro» - Si può sognare un mondo nel quale vivere? - Quali caratteristiche deve avere questo mondo sognato? - È possibile che questo mondo sognato spunti dal nulla? - Perché il sogno divenga realtà ci dovrà essere il contributo di cias- cuno. Il contributo si chiama impegno etico oppure responsabilità morale . Quante morali ci sono? • C’è la morale di chi si crede onnipotente, al centro del mondo. • C’è la morale di chi crede di poter strutturare al meglio le situazioni a pro- prio vantaggio. • C’è la morale di chi imposta l’esistenza come un impegno per l’altro. Nell’ambiente in cui vivi quale “morale” pensi che prevalga? 3636 R iflessione  Test Ed ora un test (ricorda che i test sono simili ai giochi: non si prendono troppo sul serio, anche se possono dire qualcosa di serio): Sentirsi al centro del mondo 1 «Il mondo è mio!», sembrano dire alcune persone con il loro modo di fare e di essere: non riescono infatti a non essere il centro dell’universo in qualsiasi occasione. Quante pretese e presunzioni! Tanti altri tendono invece a mettersi da parte, a non far notare la loro presenza. Se non è timidezza è umiltà, cioè il rendersi conto che siamo parte di un insieme che solo grazie alla collaborazione di ognuno può funzionare. Rispondi alle seguenti domande. L’albero che più mi assomiglia: A – sequoia C – castagno B – ulivo Incontri un amico, con lui parli: B – del più e del meno A – di ciò che mi è accaduto ultimamente C – delle novità della sua vita e della mia Per farti sentire da molta gente useresti: A – un microfono B – un megafono C – la voce Tra questi corpi celesti preferisci: B – la Luna C – la Stella Polare A – il Sole Squilla il telefono: A – è per me B – non aspettavo telefonate C – per chi sarà? L’elemento della punteggiatura che più utilizzo: B - ? (punto interrogativo) C - , (virgola) A - ! (punto esclamativo) 1 Con qualche modifica; cfr. M.t. B rot, Ti senti il centro del mondo? Test, in “Dimensioni nuove” 29 (1998) 10, p. 65. 3737 R iflessione Ad una festa: C – da un angolo osservi tutto quello che accade A – fai sentire la tua presenza B – speri di conoscere nuovi amici In viaggio per: A – l’America, il paese delle meraviglie B – la Cina, vasta e affascinante C – l’Africa, antica e selvaggia Un’esperienza emozionante: B – l’avverarsi di un sogno A – parlare a una platea di migliaia di persone C – la vita in sé A B C M ag g iormente A : E G O C E N T R I C O Sei convinto che il mondo si potrebbe fermare da un momento all’altro quando tu non ci sei. Credi di bastare a te stesso: tu non hai bisogno del l’aiuto di nessuno, mentre gli altri non possono fare a meno di te. Devi sempre dire la tua in ogni occasione e non ammetti di avere torto.... Nessuno ti ha mai detto che tutti siamo necessari, ma nessuno indispensabile? Un consiglio: guarda a chi ti vuole bene, nonostante i tuoi atteg giamenti, prima che sia tardi, altrimenti potresti rimanere non il solo ma completamente solo. M ag g iormente B : U N P O ’ P R I N C I P E U N P O ’ P O V E R O Ti capita di dimenticare che nes suno ti ha incoronato imperato re dell’universo e in quelle occa sioni sei poco disponibile, corte se, simpatico, anzi diventi anti patico e insopportabile. A volte te ne rendi conto, a volte no, e resti convinto di comportarti al meglio. Prova a riflet- tere prima di agire, in modo da scegliere la strada della condivisione e del l’umiltà, è quella che porta più gioia. M ag g iormente C : SA N F R A N C E SC O P E R A M I C O Se non è la timidezza che ti fa apparire umile vuol dire che hai capito che ognuno di noi ha le sue qualità, ma che solo utilizzandole al servizio del prossimo potremmo ottenere buoni risultati. Ti sei reso conto, o lo stai facendo giorno dopo giorno, che non bisogna mettersi in mostra per far capire il nostro valore, anzi chi lo fa probabilmente ha biso gno di continue conferme per ché è insicuro e debole. 3838 S piegazione A CHE SERVE LA MORALE? Questo pomeriggio domenicale ho vo- luto godermi una partita di quelle che contano: sono andato allo stadio. Undici giocatori da una parte, undici dall’altra. Chi doveva star proprio male era il pallo- ne: preso a calci un po’ da tutti quanti. Ogni giocatore conosceva bene le regole del gioco e le metteva in pratica. L’arbitro fischiava poche volte per scorrettezze, del resto subito rientrate. Che sarebbe capita- to ad una partita senza regole riconosciute e messe in pratica? Non ci sarebbe stato neppure la partita, che si regge proprio su quelle regole. A che serve la morale? A giocare bene la partita della vita. Ciò che conta è vivere in pienezza. Qualcuno lo chiama felicità; qualche altro beatitudine; qualche altro ancora riuscita. La morale è per la felicità, per la beatitudine, per la piena riuscita della persona. Senza morale è come voler giocare una partita di calcio senza regole; è come un tre- no deragliato: non giungerà mai al traguardo; la persona senza morale va incontro al non senso della vita (allo “scatafascio”). PAROLE PER INTENDERCI Morale: riguarda i pensieri, le parole, le azio- ni della persona in ordine al bene e al male. È morale: la persona è orientata al bene; è immorale: la persona è orientata al male. Ti accorgi che “morale” o “immorale” non sono le cose, ma le persone. Sono le perso- ne che hanno la capacità di fare delle scelte. Queste possono essere “buone” o “cattive”. Ti accorgi che c’è un problema più profondo: che cosa è che è bene? che cosa è che è male? Ti accorgi pure che “bene” e “male” implica una relazione: è bene, rispetto a chi o a che cosa? è male, rispetto a chi o a che cosa? Messaggio ai giovani del mondo Nel 1965, al termine del Concilio Ecumenico Vaticano II, dai tremila Vescovi di tutto il mondo è stato indirizzato ai giovani un Messaggio. Parla di “morale”, anche senza pronunziare la parola: AI GIOVANI «È a voi, infine, giovani e ragazze del mondo intero, che il Concilio vuole rivolgere il suo ultimo messaggio. Perché siete voi che raccoglierete la fiac cola dalle mani dei vostri padri e vivrete nel mondo nel momento delle più gigantesche trasformazioni della sua storia. Siete voi che, raccogliendo il meglio dell’esempio e dell’in- segnamento dei vostri genitori e dei vostri maestri, for merete la società di domani: voi vi salverete o perirete con essa. La Chiesa, durante quattro anni, ha lavorato per ringiovanire il proprio volto, per meglio corrispondere al disegno del proprio Fondatore, il grande Vivente, il Cristo eternamente giovane. E al termine di questa imponente “re visione di vita” essa si volge a voi: è per voi giovani, per voi soprattutto, che essa con il suo Concilio ha acceso una luce, quella luce che rischiara l’avvenire, il vostro avvenire. 3939 S piegazione La Chiesa è desiderosa che la società che voi vi accingete a costruire rispetti la dignità, la libertà, il diritto delle persone: e queste persone siete voi. Essa è ansiosa di poter espande- re anche in questa nuova società i suoi tesori sempre antichi e sempre nuovi: la fede, che le vostre anime possano attingere liberamente nel- la sua benefica chiarezza. Essa ha fiducia che voi tro verete una tale forza ed una tale gioia che voi non sarete tentati, come taluni dei vo- stri predecessori, di cedere alla se- duzione di filosofie dell’egoismo e del piacere, o a quelle della disperazione e del nichilismo; e che di fronte all’atei smo, fenomeno di stanchezza e di vecchiaia, voi saprete affermare la vostra fede nella vita e in quanto dà un senso alla vita: la certezza della esistenza di un Dio giusto e buono. È a nome di questo Dio e del suo Figlio Gesù che noi vi esortiamo ad ampliare i vo- stri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’ap pello dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate di dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mon- do migliore di quello attuale! La Chiesa vi guarda con fiducia e con amore. Ricca di un lungo passato sem- pre in essa vivente, e camminando verso la perfezione umana nel tempo e verso i destini ultimi della storia e della vita, essa è la vera giovinezza del mondo. Essa possiede ciò che fa la forza e la bellezza dei giovani: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e di ripartire per nuove con- quiste. guardatela, e voi ritroverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell’amore, il compagno e l’amico dei giovani. Ed è appunto in nome di Cristo che noi vi salutiamo, che noi vi esortiamo, che noi vi benediciamo». Quali parole del Messaggio ti sembrano più significative? Sottolineale e commen- tale in gruppo. Puoi ridire ad amici tuoi con tue parole il contenuto del Messaggio? Il Messaggio centra l’attenzione su Gesù: perché? Che rapporto c’è tra Cristo e la vita nuova prospettata dal Messaggio? 4040 S piegazione Quale morale? Osserva le tre strisce, facendo il passaggio dal segno grafico ai possibili significati: a) Racconta cosa avviene in ciascuna striscia b) Qual è l’interesse maggiore del protagonista di ciascuna striscia? c) Tentate in gruppo una conclusione: è possibile che le tre strisce rappresen- tino tre modi diversi di comportamento morale? Potete dare un nome a questi modi diversi? 1. 2. 3. 4141 S piegazione Massime sulla felicità La morale è la via della felicità. Da ciò che si intende per “felicità” si può capire il tipo di morale. Di seguito trovi delle massime sulla felicità2: • La felicità è una fetta di vita spalmata di marmellata. • Felicità è andare d’accordo con se stessi. • La felicità è un profumo che non potete versare sugli altri senza riceverne alcune gocce su di voi. • Felicità è amare e nient’altro. Chi può amare è felice. • La felicità non è uno scopo da perseguire avidamente. È un fiore da cogliere sulla via del dovere. • La felicità è una merce meravigliosa: più se ne distribuisce e più se ne ha. • La felicità è una stazione intermedia tra Troppo e Troppo poco. • La felicità è una coperta calda. • La felicità non consiste nell’acquistare e godere, ma nel non desiderare nulla, per- ché consiste nell’essere liberi. • La felicità di questo mondo è composta di molti tasselli, ma ne manca sempre qualcuno. • Tre cose occorrono per essere felici: essere imbecilli, essere egoisti e avere una buona salute. Ma se vi manca la prima, tutto è finito. • Non chiedere a Dio di renderti felice, ma utile. La felicità verrà dopo. 2 e. Bianco (ed.), Nuovo dizionario di pensieri citabili, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1995, pp. 154-156. Ogni massima sulla felicità esprime anche un tipo di morale: morale dell’appa- renza, morale del prestigio, morale dell’utile, morale del comodo, morale dell’al- truismo, morale dell’interesse, morale del distacco, morale dell’occasione… - Scegli quattro massime sulla felicità in cui più facilmente ti ritrovi. - Che tipo di morale esprime ciascuna massima? - In gruppetti confrontate le scelte operate da ciascuno. 4242 S piegazione Ed ora qualche approfondimento. I modelli della vita quotidiana 3 guardiamo attorno a noi. Il mondo non è solo uno spettacolo, ma lo spazio in cui imparare a muoversi, a riflettere, a prendere posizione. Giornali, radio, televisio- ne allargano sempre più gli orizzonti della conoscenza e della vita. Colpiti da mille immagini, rischiamo di seguire gli impulsi immediati, evitando la fatica di una sintesi interiore responsabile. Il cumulo di informazioni, di spettacoli, di provocazioni affa- scina e costringe a fare i conti con altri modelli di vita. Il testo evoca tre “modelli” della vita quotidiana, ossia tre orientamenti etici: a) la morale dell’uomo dell’apparenza; b) la morale dell’uomo della tecnologia; c) la morale dell’uomo dell’altruismo. Consideriamoli in modo più approfondito. 3 Il testo è tratto da: CEI, Io ho scelto voi. Catechismo dei giovani/1, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1993, pp. 40-41. Con insistenza ci viene proposta la figura di cantanti e attori famosi, degli eroi degli stadi, di uomini di potere e di prestigio sociale, di gente che ha soldi [… ] È il mito del successo facile, della vita ridotta a spettacolo, dell’esasperata preoccupazione per il corpo; è la convinzione che il potere e il denaro diano tutto. Guardiamo anche attorno a noi. Quale testimonianze offre il mondo degli adulti? C’è chi ha realizzato la propria vita secondo un progetto deciso e chi, a parole o nei fatti, manifesta il proprio fallimento: divisioni in famiglia, insoddisfazioni nel lavoro, incapacità di rapporti e di dialogo con gli altri, sfiducia nella società… Molti, adagiati in una mediocrità senza slanci, danno l’impressione più che altro di subire la vita e accontentarsi di catturare, come surrogato, quelle occasioni e quei piaceri che sembrano rendere, giorno per giorno, la vita meno insopportabile. Ma, se guardiamo bene intorno a noi, ci sono tante persone che, pur in mezzo a fatiche e magari nel dolore, riescono a vivere in una profonda serenità interiore, a dare senso non solo alla loro vita, ma anche a quella degli altri: persone che vivono con coraggio la loro avventura umana. 4343 S piegazione a) La morale dell’uomo dell’apparenza Per questo tipo di morale il benessere coincide in buona parte con la cura del corpo (si sprecano fitness, aerobica, palestre, chirurgie estetiche…). Si raggiunge il pieno benessere quando si riesce a provare forti emozioni, anche se di breve dura- ta, e anche a costo di sentirsi male dopo. Identikit dell’uomo della morale dell’appa- renza: abbigliato alla moda, vuol sentirsi attra - ente, fascinoso, realizzato fisicamente, a posto socialmente, soddisfatto professionalmente. È persona che punta ad essere presente dove si fa notorietà (in TV, nei circoli, tra amici, in politica…). Ci tiene a che ci si accorga di lui, se no o cade in depressione o mette scompiglio. È persona che vuol successo, in fretta e abbondante. Insegue la fortuna e teme fortemente il malocchio o la congiunzione negativa degli astri. Se ha in testa un progetto da realizzare, lo sogna e facilmente scambia il sogno per realtà: crede di averne diritto subito. Lo sforzo paziente e prolungato costituisce per lui un’avversità. Non gli importa se qualcuno la pensa diversamente: «Fatti gli affari tuoi, ché io mi faccio i miei». Per lui è “morale” tutto ciò (pensieri, parole, azioni) che è conforme a questa visione di vita. È “immorale” tutto ciò che vi si contrappone. b) La morale dell’uomo della tecnologia Per questo tipo di morale, il benessere coincide in buona parte con la padronanza dei mezzi tec- nici: grande affidamento è posto all’informatica, ai risultati tecnici della scienza, al dominio sulla natura, alla manipolazione “intelligente” di essa. Il pieno benessere consiste nel sapere coniugare tecnologia ed ecologia. Di tale possibilità di benes- sere si diventa apostoli ferventi. Identikit dell’uomo della morale della tecnolo- gia: è persona che “ragiona” e pone la ragione come misura di ciò che è bene e di ciò che è male. Nel ra- gionare tollera difficilmente situazioni diverse: o abbandona il campo (chiude il dialogo, rompe in famiglia, con gli amici) o fa il corrucciato (fa pesare la sua presenza, muso lungo, irritato…). Per lui tutto va bene (potrebbe andare bene), dato che può fidarsi sulla tecnica, che suppone sempre in progresso e alla lunga onnipotente. È persona che vuole il successo, ma sa programmare i passi da compiere. Ha pazienza, si fida di sé, meno degli altri, molto delle macchine. Non gli interessa l’apparenza, ma è fiero delle Si nutre dei seguenti slogan (e di altri che puoi formulare tu stesso): • Siediti e goditi la vita: ci sono altri che sgobbano per te • Fatti vedere: così tu esisti • Hai diritto a tutto: prenditelo • Pensa a te, gli altri si arrangino • Mordi e fuggi • La felicità è a portata di mano: che aspetti? A sua volta si nutre dei seguen- ti slogan (puoi formularne tu stesso, da solo e in gruppo): • Progràmmati e tutto andrà bene • Divèrtiti girovagando (zippan- do in TV e in Internet) • Usa la testa e ci riuscirai • Tu domini il mondo • Felicità è avere più informa- zioni degli altri • La macchina è tutto 4444 S piegazione sue riuscite, mentre si meraviglia che altri non abbiano lo stesso suo stile di vita, ossia, la sua morale. Per lui è “morale” tutto ciò (pensieri, parole ed opere) che è conforme a questa visione di vita. È “immorale” tutto ciò che vi si contrappone. c) La morale dell’uomo dell’altruismo Per questo tipo di morale, il pieno benessere con- siste nello sforzo congiunto per alleviare il peso della vita a qualcuno, non importa a chi (uomo o donna, giovane o anziano, del suo paese o di altro paese, conosciuto o sconosciuto). Identikit dell’uomo della morale dell’altruismo: è persona allegra, simpatica, ottimista. È nemico delle lenti scure ed amico di chi si rimbocca le mani- che per risolvere una situazione di emergenza. Non ci pensa due volte per correre là dove succedono piccole o grandi catastrofi. È persona a volte duttile, a volte testarda. È propenso a fidarsi degli altri. Usa con entusiasmo le tecnologie e gli strumenti della comunicazione, ma intuisce che non c’è da fidarsene troppo, perché – dice – il vero problema è l’uomo e non le macchine. Pensa che essere uomo è essere responsabile e si meraviglia che altri possano pensa- re diversamente. Per lui è “morale” tutto ciò (pensieri, parole ed opere) che è conforme a questa visione di vita. È “immorale” tutto ciò che vi si contrappone. Si nutre dei seguenti slogan (puoi formularne altri tu stes- so, da solo e in gruppo): • Non puoi essere felice da solo • I poveri gridano e tu non es- sere sordo • Pensi a te quando pensi agli altri • Siamo fatti gli uni per gli altri • Nella vita non c’è che un modo per essere felici: vivere per gli altri • La vita non è un peso per molti e una festa per pochi, ma per tutti è un impegno • Diventa qualcuno per fare il mondo più umano • Sii uomo, per te e per gli altri, e non da solo 4545 S piegazione Un documento del Magistero della Chiesa cattolica Un testo fondamentale del Concilio Ecumenico Vaticano II, Gaudium et Spes (GS), tratteggia diverse correnti dell’agire morale. Diverse correnti morali «L’umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono all’intero universo. Provocati dall’intelligenza e dall’attività creativa dell’uomo, sullo stesso uomo si ripercuotono, sui suoi giudizi e desideri individuali e collettivi, sul suo modo di essere e agire sia nei confronti delle cose che degli uomini. Possiamo così parlare di una vera trasformazione sociale e culturale che ha i suoi riflessi anche nella vita religiosa» (GS 4). Contraddizioni nella vita «Mai il genere umano ebbe a disposizione tante ricchezze, possibilità di potenza economica, e tuttavia una grande parte degli uomini è ancora tormentata dalla fame e dalla miseria, e intere moltitudini sono ancora interamente analfabete. Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto si affermano nuove forme di schiavitù sociale e psichica (GS 4). Mentalità tecnico-scientifica: “ciò che vale è la tecnica” «Il presente turbamento degli animi e la trasformazione delle condizioni di vita si collegano con una più radicale modificazione che sul piano della formazione intellettuale dà un crescente peso alle scienze matematiche, fisiche e umane, mentre sul piano dell’azione si affida alla tecnica, originata da quelle scienze. Questa mentalità scientifica modella in modo diverso di un tempo la cultura e il modo di pensare. La tecnica poi è tanto progredita da trasformare la faccia della terra e da perseguire ormai la conquista dello spazio ultraterrestre» (GS 5). Mentalità dell’avere: “ciò che vale è quanto possiedo” «Si diffonde il tipo di società industriale, che favorisce l’opulenza economica di alcune nazioni, e profondamente trasforma concezioni e condizioni secolari di vita sociale. Parimenti si accresce il gusto e la ricerca della società urbana, favoriti dal moltiplicarsi delle città e dei loro abitanti, nonché della diffusione tra i rurali dei modelli di vita cittadina» (GS 6). 4646 S piegazione Mentalità materialista: “ciò che vale è solo ciò che posso vedere e toccare con mano” «Anche la vita religiosa è sotto l’influsso delle nuove situazioni. Da un lato un più acuto senso critico la purifica da ogni concezione magica del mondo e dalle sopravvivenze supersti- ziose ed esige sempre più una adesione più persona- le e attiva alla fede; nume- rosi sono perciò coloro che giungono a un più acuto senso di Dio. D’altro canto però moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla religione. A differen- za dei tempi passati, nega- re Dio o la religione o far- ne praticamente a meno, non è più un fatto insolito e individuale. Oggi infatti questo atteggiamento non raramente viene presenta- to come esigenza del pro- gresso scientifico o di un nuovo tipo di umanesimo» (GS 7). Mentalità della solidarietà: “ciò che vale è che ogni uomo è mio fratello” «I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli più ricchi. Le donne rivendicano, dove ancora non l’hanno raggiunta, la parità con gli uomini non solo di diritto, ma anche di fatto. Operai e contadi- ni non vogliono solo gua- dagnare il necessario per vivere, ma sviluppare la loro personalità col lavo- ro e prendere la loro par- te nell’organizzazione del- la vita economica, sociale, politica e culturale… Sotto tutte queste esigenze si cela un desiderio più pro- fondo e universale: i singoli e i gruppi organizzati ane- lano a una vita interamen- te libera, degna dell’uomo, che metta al proprio servi- zio tutto quanto il mondo oggi può offrire loro così abbondantemente. Anche gli stati si sforzano sempre più di raggiungere una cer- ta comunità universale» (GS 9). Mentalità individualista: “ciò che vale sono io, io, io” «La profonda e rapida tra- sformazione delle cose esige, con più urgenza, che non vi sia alcuno che, non prestan- do attenzione al corso delle cose e intorpidito dall’inerzia, indulga a un’etica puramen- te individualistica. Il dovere della giustizia e dell’amore viene sempre più assolto per il fatto che ognuno, con- tribuendo al bene comune secondo le proprie capacità e le necessità degli altri, pro- muove e aiuta anche le isti- tuzioni pubbliche e private che servono a migliorare le condizioni di vita degli uomi- ni. Vi sono di quelli che ten- gono in poco conto le leggi e le prescrizioni sociali. Non pochi non si vergognano di evadere, con vari sotterfugi e frodi, alle giuste imposte a agli altri obblighi sociali. Altri trascurano certe norme del- la vita sociale, ad esempio le misure igieniche, o le norme stabilite per la guida dei vei- coli, non rendendosi conto di metter in pericolo, con la loro incuria, la propria vita e quella degli altri» (GS 30). 4747 S piegazione Testimonianze nel tempo Canzoni, cinema, libri di sociologia, studi di psicologia non cessano di descrivere e di capire le diverse correnti morali ai giorni nostri. Alcune testimonianze riguarda- no soprattutto gli orientamenti morali delle giovani generazioni. Uno psicologo: Vittorino Andreoli 4 V. Andreoli è psicologo: ha osservato a lungo molti giovani e le società del no- stro tempo. giunge a delle considerazio- ni. Confrontale con i modi di comporta- mento dei giovani che conosci. Bisogno di etica «Siamo convinti che esistano tante eti- che e che le culture vi incidano pesante- mente, ma nello stesso tempo pensiamo che per poterle applicare sia utile asso- lutizzare e attribuirle a un dio. Il relativi- smo etico non aiuta l’ordine sociale […] Dopo un periodo in cui l’Io ha delirato, occorre dedicarsi alla logica della comu- nità, e quindi al codice di comportamen- to relativo al Noi». Insensibili alla norma sociale «Il giovane del tempo presente ha una forte percezione del gruppo di apparte- nenza e manca di quella dell’intera so- cietà. Egli vive per il gruppo ed è inesistente per ogni espressione sociale più ampia. È curioso che tutto ciò avvenga mentre un megafono alieno parla di cittadini d’Euro- pa o addirittura del mondo». Bisognosi di un nemico «È la cultura del nemico la chiave di lettura delle guerre tra gruppi giovanili: nelle curve degli stadi, nelle piazze delle città. Con gli estremisti del pallone, ho sempre verificato il loro disinteresse per il calcio e il fascino per la lotta […] Non è importante sapere il perché si è scelto un nemico, è essenziale identificarlo […] Non è vero che i giovani del tempo presente amino la pace. Nel migliore dei casi parlano in modo retorico di una pace del mondo, mentre uccidono un fratello o il proprio padre». 4 I brani seguenti sono tratti da v. anDreoli, Giovani. Sfida, rivolta, speranza, futuro, Rizzoli, Milano 1995, pp. 77-85. 4848 S piegazione Giovani senza senso di colpa «La colpa è il sentimento di malessere che si avverte quando si disapprova un proprio comportamento […] La colpa ha a che fare con l’etica, mentre la vergogna non attiva strategie per mutare il comportamento. Il sentimento di colpa è molto allentato nel mondo giovanile attuale. La colpa nasce, infatti, quando una proibizione viene inte- riorizzata, un imperativo finisce per diventare normativa personale, per cui tradirlo è andare contro di sé. La mancanza di colpa nei giovani d’oggi fa pensare che siano mancati gli imperativi, oppure siano stati impartiti in modo contraddittorio. Forse è mancata l’autorità, se manca non si genera colpa. I ragazzi d’oggi sentono colpa se, mangiando di più, escono dal peso-norma, mentre non entrano in colpa per aver uc- ciso un passante correndo in macchina […]. Si può avvertire colpa in maniera grave se non si è telefonato in tempo a un’amica, e non percepirla nell’aver trascurato un impegno preso col padre o con la nonna. Colpa nei confronti del proprio criceto e non verso il proprio fratello. Segni di un’educazione contraddittoria». Né buoni né cattivi «Non conosco giovani buoni e giovani cattivi. Sono buoni e cattivi, il che equivale a dire né buoni né cattivi. Dipende dalle circostanze. Possono la mattina compiere un’azione addirittura encomiabile e la sera uccidere un tunisino. Oppure partecipare a una cele- brazione religiosa con la nonna e poi la sera in gruppo lanciare sassi dai cavalcavia per colpire la macchine in corsa sull’autostrada. È come se i giovani non avesse consapevo- lezza dei parametri (valori) di riferimento e tutto fosse provvisorio o mutevole». 4949 S perimentazione Sono morali in un mare di nebbia. È vero: ognuno difende la sua morale e a parole tutto può sembrare chiaro. Interrogando, però, l’io profondo fa capolino un dubbio. Dialogo tra Troppo Sicuro e il Dubbio (prima parte) Dubbio – Da dove vieni? TroppoSicuro – Dal passare un po’ di tempo con gli amici. Sai, ci siamo divertiti. Niente di male. D Niente di male, dici? E che cosa c’è stato di bene? TS Tutto. Se non ti godi la vita quando sei giovane, perdi il treno e addio giovinezza! D Ma quei soldi che hai speso in discoteca e dintorni da chi provengono? TS O bella! Perché ci sono padre e madre? Se mi hanno messo al mondo, mi devo- no pure mantenere! D E credi di avere diritto alla paga settimanale, tu che non lavori per guadagnarti il pane? TS Non è colpa mia se mi hanno messo in questo mondo. Le cose piacevoli ci sono e sarei imbecille se non me li prendessi da dove si trovano. D E per prenderli, quante cavolate hai fatto e quante ne hai raccontate a tua madre! TS Sono loro che sono ficcanaso. Ancora non si sono abituati a fare gli affari loro. D Veramente il quarto comandamento… TS Non ti lascio neppure finire. Se mi devi fare prediche valle a fare a qualcun altro. Io non ne ho bisogno. D Bravo. Vedo che sei un ottimo obbediente. TS Io non obbedisco a nessuno. Una cosa la faccio perché lo decido io. D È vero: hai deciso tu di andare a scuola un giorno sì e due giorni no. Ma sei sicuro che veramente l’hai deciso tu o te l’hanno suggerito altri? E poi, ti sembra bene venir meno ai propri impegni? TS È bene perché lo voglio io. D E chi ti ha messo in testa che la preghiera è roba da bambini e che la confessione è invenzione dei preti? TS Nessuno. Lo vedo da me. D E che una sniffata dopo l’altra non fa male, anzi fa sentire bene, te lo sei cacciato tu dalla testa o te l’hanno messo in testa i cosiddetti amici? Abbiamo individuato almeno tre orientamenti etici, che vanno per la maggiore: La morale dell’apparire La morale della ragione La morale dell’altruismo 5050 S perimentazione TS Se per me è bene, lo è di sicuro. Se lo voglio, lo faccio. Decido io ciò che è bene e ciò che è male. D Se anche fosse così, sei proprio sicuro che sei tu che puoi decidere ciò che è bene e ciò che è male? TS Chi altri se no? TroppoSicuro aveva pronunciato le ultime parole con arroganza, ma la voce tradiva un tremolio. Non era proprio del tutto certo che le cose stessero così. Tuttavia biso- gnava difendersi a qualunque costo dal Dubbio. A sera gli capitò un fatto, che non avveniva da diverso tempo, ormai, da quando, sedicenne, aveva smesso di frequen- tare l’Azione Cattolica e si era unito a certi amici. gli capitò, quella sera, di aprire il Nuovo Testamento. Gli occhi andarono al capitolo primo della lettera ai Romani. Si lasciò afferrare dal testo: «18L’ira di Dio si manifesta dal cielo contro tutti gli uomini, perché lo hanno rifiu- tato e hanno commesso ogni specie di ingiustizia soffocando la verità. 19Eppure ciò che si può conoscere di Dio è visibile a tutti: Dio stesso l’ha rivelato agli uomini. 20Infatti, fin da quando Dio ha creato il mondo, gli uomini con la loro intelligenza possono vedere nelle cose che egli ha fatto le sue qualità invisibili, ossia la sua eterna potenza e la sua natura divina. Perciò gli uomini non hanno alcun motivo di scusa: 21hanno conosciuto Dio, poi si sono rifiutati di adorarlo e di ringraziarlo come Dio. Si sono smarriti in stupidi ragionamenti e così non hanno capito più nulla. 22Essi, che pretendono di essere sapienti, sono impaz- ziti: 23adorano immagini dell’uomo mortale, di uccelli, di quadrupedi e di rettili, invece di adorare il Dio glorioso e immortale. 24Per questo, Dio li ha abbando- nati ai loro desideri: si sono lasciati andare a impurità di ogni genere fino al punto di comportarsi in modo vergognoso gli uni con gli altri; 25proprio loro che hanno messo idoli al posto del vero Dio e hanno adorato e servito quel che Dio ha creato, anziché il Creatore. A lui solo sia la lode per sempre. Amen. 26Dio li ha abbandonati lasciandoli travolgere da passioni vergognose: le loro donne hanno avuto rapporti sessuali contro natura, invece di seguire quelli naturali. 27Anche gli uomini, invece di avere rapporti con le donne, si sono in- fiammati di passione gli uni per gli altri. Uomini con uomini commettono azioni turpi, e ricevono così in loro stessi il giusto castigo per questo traviamento. 28E poiché si sono allontanati nei loro pensieri da Dio, Dio li ha abbandonati, li ha lasciati soli in balia dei loro pensieri corrotti, ed essi hanno compiuto cose or- ribili. 29Sono ormai giunti al colmo di ogni specie di ingiustizia e di vergognosi desideri. Sono avidi, cattivi, invidiosi, assassini. Litigano e ingannano. Sono maligni, traditori, 30calunniatori, nemici di Dio, violenti, superbi, presuntuosi, inventori di mali, ribelli ai genitori. 31Sono disonesti e non mantengono le pro- messe. Sono senza pietà e incapaci di amare. 32Eppure sanno benissimo come Dio giudica quelli che commettono queste colpe: sono degni di morte. Tuttavia non solo continuano a commetterle, ma anche si rallegrano con tutti quelli che si comportano come loro» (Rm 1, 18-32). 5151 S perimentazione Dialogo tra Troppo Sicuro e il Dubbio (seconda parte) Il giorno dopo, di sera, TuttoSicuro incontrò di nuovo Dubbio. Dubbio – Ciao. Da dove vieni? TuttoSicuro – Dalla terra che trema. Sai che ieri sera ti sei mostrato arrogante? D Arrogante io? Ti ho posto solo alcune domande per aiutarti a riflettere. Tu affer- mavi che decidi tu ciò che è bene e ciò che è male. TS Ti dico di più, che il male in fondo non esiste. Caso mai è male ciò che non è di tuo gradimento e ciò nonostante sei costretto a subire, perché altri te l’impongono.. D Il male peggiore sarebbe se decidessi di non fidarti di nessuno, neppure di te stesso. Avresti atrofizzato la tua libertà. Saresti una cosa inerte, per esempio un muro che non decide proprio niente, ma si lascia fare e basta. TS Hai ragione. Ma, anche se mi fido del giornale o della propaganda o del profes- sore, io intendo seguire la mia coscienza. D Devi seguire la tua coscienza. Ma ti accorgi che la tua coscienza non si forma dal niente, ma con l’aiuto di coloro di cui ti sei fidato. Dopo aver letto il brano della lettera ai Romani, rifletti: San Paolo afferma che alcuni modi di essere e di fare sono certamente cattivi: avidità, invidia, assassini, liti, inganni, tradimenti, malignità, calunnie, violenza, su- perbia, presunzione, ribellione ai genitori, disonestà, egoismo, uso improprio della sessualità, presunzione, durezza di cuore. Anche la Veritatis Splendor, di giovanni Paolo II (n. 100) riporta «una serie di comportamenti e di atti che contrastano la dignità umana: il furto, il tenere deliberatamente cose avute in prestito o oggetti smarriti, la frode nel commercio (cf Dt 25, 13-16), i salari ingiusti (cf Dt 24,14-15; Gc 5,4), il rialzo dei prezzi speculando sull’ignoranza e sul bisogno altrui (cf Am 8,4-6), l’appropriazione e l’uso privato dei beni sociali di un’impresa, i lavori eseguiti male, la frode fiscale, la contraffazione di assegni e di fatture, le spese eccessive, lo sperpero, ecc. Ed ancora: Il settimo comandamento proibisce gli atti o le iniziative che, per qualsiasi ragione, egoistica o ideologica, mercantile o totalitaria, portano all’asservimento di esseri umani, a misconoscere la loro dignità personale, ad ac- quistarli, a venderli e a scambiarli come fossero merci. Ridurre le persone, con la violenza, ad un valore d’uso oppure ad una fonte di guadagno, è un peccato contro la loro dignità e i loro diritti fondamentali. San Paolo ordinava ad un pa- drone cristiano di trattare il suo schiavo cristiano “non più come uno schiavo, ma... come un fratello... come uomo..., nel Signore” (Fm 16)». Perché questi atteggiamenti e gesti sono cattivi? Perché – come afferma San Paolo – chi pensa e fa così è colpevole dinanzi a Dio ed è degno di morte eterna? Vedi i versetti 19-22. 5252 S perimentazione A questo punto Tutto Sicuro si pose da sé una domanda: «Di chi mi fido io per decidere ciò che è bene e ciò che è male?». Gli venne in mente ciò che aveva letto nella Lettera ai Romani, dalla Sacra Scrittura: «Gli uomini non hanno alcun motivo di scusa: hanno conosciuto Dio, poi si sono rifiutati di adorarlo e di ringraziarlo come Dio. Si sono smarriti in stupidi ragionamenti» (Rm 1,21). Tutto Sicuro cominciò a ragionare tra sé: «O ti fidi di Dio o ti fidi della tua ragione o del tuo tornaconto. Ma chi è più degno di fiducia: Dio, la ragione o il tornaconto? Dio è il creatore di tutto e di tutti ed è il Padre pieno di misericordia e di Amore. La ragione, in fondo, è stata creata da Dio, quindi mi dovrebbe guidare a Lui. Il tor- naconto è semplicemente l’egoismo. Mi ci posso fidare, facendo a meno di Dio?». TuttoSicuro rilesse alcuni versetti più sotto: il brano biblico fa vedere al vivo le con- seguenze miserabili del non fidarsi di Dio che è la vita: Nel decidere ciò che è bene e ciò che è male «non hanno tenuto conto di Dio. 24Per que- sto Dio li ha abbandonati ai loro desideri: si sono lasciati indurre a impurità di ogni genere […] 26Dio li ha abbandonati lascian- doli travolgere da passioni vergognose […] 28Poiché si sono allontanati da Dio, Dio li ha abbandonati, li ha lasciati soli in balia dei loro pensieri corrotti, ed essi hanno com- piuto cose orribili. Sono ormai giunti al colmo di ogni specie di ingiustizia e di ver- gognosi desideri […] 32Non solo continuano a commetterli, ma anche si rallegrano con tutti quelli che si comportano come loro» (Rm 1, 24. 26. 28. 32). Dubbio – Che pensi? TuttoSicuro – Che mi sembra ora di sapere da dove viene il bene e il male. D Mi fai partecipe di quello che pensi? TS È bene quello che si fa o si pensa tenendo conto di Dio… D E poi? TS Il male è conseguenza di un grave errore di prospettiva: invece di tenere conto di Dio quale Creatore e Padre, è rifiuto di adorarlo e di ringraziarlo. LA COSCIENZA SI FORMA A secondo della formazione, la co- scienza può essere: • spenta: si cura poco di cercare la verità e il bene; • retta: cerca onestamente il bene; • vera: ricerca il bene che sia vero; • massimalista: ricerca traguar- di troppo alti da realizzare in fret- ta e poca fatica; • minimalista: l’ideale morale è approssimativo; non c’è bisogno di sforzarsi troppo…; • massificata: la propria coscien- za è riflesso della voce collettiva; • istintuale: è bene ciò che pia- ce; risposta immediata ed emoti- va dinanzi a cose, persone…; • aperta: tiene conto degli altri nelle proprie scelte. Una coscienza formata è retta, vera, aperta. 5353 S perimentazione D Sai che quello che stai dicendo sono parole della Lettera ai Romani, al primo capitolo? TS Sì, lo so. D Fidarti di Dio è una tua scelta. In questo decidi tu. Se ti fidi di Dio, ti fidi del Crea- tore dell’universo e di Gesù Cristo, l’inviato di Dio. TS Il male è mettere idoli al posto del vero Dio, è adorare e servire quello che è stato creato da Dio, anziché il Creatore. Qui c’è l’errore di prospettiva. D Amico mio, siamo arrivati al punto di conoscere il crite- rio per sapere se sei libero o schiavo. O adori Dio, che ti chiama ad essere figlio suo, e allora sei libero, perché figlio; o servi gli idoli, che sono tutto ciò che non è Dio e che invece viene falsamente considerato come Dio, e allo- ra sei schiavo, perché servo degli idoli. - Cammino di liberazione . Nessuno può dire: “sono libero”. Tutti possiamo dire: “sono in un cammino di liberazione”. Sono libero man mano che sono “li- berato” dal servire le false divinità, per riconoscere solo l’unico e vero Dio, il Creatore e Padre e il suo Figlio Gesù Cristo, salvatore di ogni uomo che si fida di Lui. - Sono libero = sono responsabile . Chi non è responsabile non è libero, ap- punto perché è incatenato e non può fare diversamente. - Sono responsabile = sono capace di rispondere ad altri delle mie azio - ni. Il responsabile sa quello che fa e perché lo fa. L’irresponsabile è incapace di dire ad altri ciò che fa e perché lo fa. Cfr. Rm 2, 5-6.16; 14,12; Eb 4,13 Idoli Leggi: Ger 10 Libertà Leggi: GS 17 5454 V erificaV erifica 1. Durante il percorso abbiamo individuato delle parole, che si richiamano a vicenda: morale, felicità, coscienza, libertà, responsabilità, riuscita. Mettete insieme le paro- le, formando un discorso completo e sensato. 3. Esprimi come può essere la coscienza a seconda della sua formazione. 2. Per distinguere le diverse “morali” si usa anche il termine “mentalità”: si vuol in- dicare che la moralità è un atteggiamento interiore dell’uomo. Traccia l’identikit di diverse mentalità: a. mentalità tecnico-scientifica b. mentalità dell’avere c. mentalità materialista d. mentalità della solidarietà e. mentalità individualista 4. Leggete il seguente racconto che parla della retta ricerca della verità. Potete in- ventare un racconto anche voi? Il gallo, il gufo e la verità 1 Al tramonto un gallo e un gufo si incontrarono presso un albero. Tra loro sorse una disputa. Il gallo disse: «Quando l’astro rotondo e brillante si alza nel cielo, fa caldo. Ciò signi- fica che quell’astro produce calore». 1 e. Del F avero, La perla, il sole e altre favole, Gribaudi, Milano 2000, pp. 26-27. 5555 V erificaV erifica a. mentalità tecnico-scientifica b. mentalità dell’avere c. mentalità materialista d. mentalità della solidarietà e. mentalità individualista Il gufo replicò: «Ti sbagli! Quello che dici è falso! Ti posso assicurare che quando l’astro si alza nel cielo, fa freddo». Il gallo insistette: «Spesso, al mattino, l’astro si leva all’orizzonte e man mano che sale riscalda la terra». Il gufo ribadì: «Io parlo per esperienza. Da quando mi sveglio, a quando mi addormento fa freddo. Quando l’astro si leva fa freddo, sempre». In verità l’uno parlava del sole e l’altro della luna. Quando ci mettiamo alla ricerca della verità, riusciamo a scoprirne una parte: la nostra è sempre una scoperta parziale. Dovremmo imparare a scoprire la verità, cer- candola al di sopra di noi, costi quel che costi (E. Del Favero). 5. Gli spettacoli, le canzoni, i film, le trasmissioni televisive… comunicano anche un modo etico di vivere l’esistenza. Scegliete tre a piacimento, ad es. L’isola dei famosi, Il grande fratello, Ballarò… Descrivetelo brevemente per come appare: scenografia, coreografie, svolgimento della trasmissione, dialoghi, musiche… Tentate di darne una valutazione etica, secondo la visione cristiana. Descrizione Valutazione etica 1 2 3 6. Fate una raccolta di proverbi (almeno una decina) o in lingua italiana o tradizio- nali nelle lingue regionali e paesane. Esaminate: a quali orientamenti etici ognuno dei proverbi si rifà? Tentate di classificarli secondo le diverse visioni morali. 5656 V erificaV erifica 7. Si dice: “Il lavoro nobilita l’uomo”. Ma, è il lavoro che dà valore all’uomo o è l’uomo a dare valore al lavoro? Discutetene insieme. Concludete, formulando delle proposizioni: PER APPROFONDIRE De F alco M arotta M. , Verso una globalizzazione etica? Conoscere, capire e valutare il più im- portante fenomeno del nostro tempo, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2002. F iore C., Etica per i giovani. Vol. 1. Appunti e spunti di educazione morale, Elle Di Ci, Leu- mann – Torino 1998. F iore C., Etica per i giovani. Vol. 2. Appunti e spunti di educazione morale, Elle Di Ci, Leu- mann – Torino 2003. F iore C., I dieci comandamenti per i giovani, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2006. Gatti g., Che male c’è?, “Mondo nuovo” 219, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2003. Al termine di questa UA, esprimi il tuo parere… 8. Un duetto L’incontro con il giovane ricco A un giovane interessa sapere che cosa è bene e che cosa è male. È in gioco la felicità. Per questo è stupendo l’incontro di Cristo con il giovane, di cui parla l’evangelista Matteo: «16Un tale si avvicinò a gesù e gli domandò: - Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna? 17Ma Gesù gli disse: - Perché mi fai una domanda su ciò che è buono? Dio solo è buono. Ma se vuoi entrare nella vita eterna ubbidisci ai comandamenti. 18Quello chiese ancora: - Quali comandamenti? Gesù rispose: - Non uccidere; Non commettere adulterio; Non rubare; Non dire il falso contro nessuno; 19Rispetta tuo padre e tua madre; Ama il prossimo tuo come te stesso. 20Quel giovane disse: - Io ho sempre ubbidito a tutti questi comandamenti: che cosa mi manca ancora? 21E Gesù gli rispose: - Per essere per- fetto, vai a vendere tutto quello che hai, e i soldi che ricavi dalli ai poveri. Allora avrai un tesoro in cielo. Poi, vieni e seguimi. 22Ma dopo aver ascoltato queste parole, il giovane se ne andò via con la faccia triste, perché era molto ricco» (Mt 19, 16-22). La persona rende morale il lavoro quando… L’onestà del lavoro consiste in… Nella visione cristiana non tutti i lavori sono degni della persona umana: alcuni “lavori” sono immorali, perché… 5757UA 3 5858 Percorso Questa unità “Il manifesto della vita felice” ti aiuterà a riflettere sulla proposta di vita del cristianesimo incentrata sulla persona di Gesù Cristo, sul suo messaggio e le sue caratterizzazioni etiche sul piano personale e sociale. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 5959 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Cogliere il significato pro- fondo e le implicanze etico- religiose presenti nel brano evangelico del Discorso della Montagna. Rilevare la domanda di felicità pre- sente in ogni uomo. Confrontare la proposta etica cristiana con la propria visione etica e i modelli di vita più ri- correnti nella società. 6060 E sperienza C’è un filo rosso che collega tutte le reti d’informazioni (giornali, radio, TV, in- ternet…) e che s’impone fortemente all’at- tenzione di tutti e di ciascuno. È la molla economica della fabbrica delle comunica- zioni ed è l’espediente più dirompente nei mezzi di comunicazione sociale è servito a volontà in tutte le salse. Sai cos’è? Forse l’hai già capito. La “pubblicità” o i suggerimenti d’acquisto, come si dice in modo più soft. Qualche volta ci si può indisporre, quando nel vivo di un film si apre la parentesi pubblicitaria… lasciando il dubbio se sia il film ad interrompere la pubblicità, o questa ad interrompere il film. Zapping permettendo, si resta affascinati da tanti messaggi che promettono benes- sere e felicità. Ogni suggerimento è un imperativo a comprare un prodotto (quasi a voler insinuare: “se non compri…, sei un uomo mancato…”), ma il tutto è condito e oleato opportunamente con un invito a procurarsi a buon mercato dei valori quali la bellezza, la leggerezza, l’intelligenza, la forza, la ricchezza, la potenza, il benesse- re, la salute… tutti quei beni che possono dare all’uomo la felicità. Servendoti di alcuni settimanali, o di alcuni spezzoni filmati, in base anche all’esempio fittizio riportato e alle tue conoscenze pubblicitarie, prova a compilare questa tabella: Il prodotto pubblicizzato Ambiente (casa, strada, posto di lavoro…) Slogan o messaggio chiave Il valore che promette all’acquisto Mea (crema per pelle e prodotti cosmetici) Ufficio (e casa) Niente più problemi Bellezza 6161 E sperienza In pubblicità non trovi mai una persona infelice, una famiglia disagiata, delle condizioni sfavore- voli… e se li trovi, è perché fanno da contrasto, perché sono supera- bili con certezza quasi matematica dai prodotti che sono pubblicizza- ti. Si assiste così al miracolo della felicità: i foruncoli scompaiono, la forfora non è più un problema, la pancia non c’è più, il mal di testa diventa in frettissima un lontano ricordo… Il miracolo della felicità buca il video con tanta facilità, da conquistare tutti, grandi e piccoli. La pubblicità mette a nudo il desiderio profondo di ognuno e di tutti: essere felice, essere felici. La sua conquista ad ogni costo è come un chiodo fisso per individui e società… Il sogno di costruire un mondo felice ha contagiato proprio tutti. Ma, se tutti vogliono la stessa cosa, desiderando la felicità in cima ad ogni pensiero, sono tante le vie scelte per procurarsela, le più disparate e le più contraddittorie. L’incrocio tra mille progetti di felicità tante volte genera colli- sioni e conflitti, scatenando la corsa all’accaparramento di una vita felice. Alla ricerca di questo bene inestimabile, si è disposti a tutto. Talvolta, la ricerca affannosa della felicità si può spingere fino all’esagerazione, fino ai brividi del rischio e dell’ebbrezza provata la notte del sabato sera sulle moto o sulle auto, compromet- tendo l’esistenza propria ed altrui. Non poche volte capita di avere degli abbagli, di prendere «lucciole per lanterne», di inseguire chimere. Non è sempre oro quello che luccica e non è raro di trovarsi a mani vuote dopo aver tentato di acciuffare la gioia. La vita è ricerca di felicità… Prova a individuare personaggi “famosi e felici” da copertina e da grandi sponsor e a descrivere la parabola della loro vita: Personaggio Area di attività Segnidi successo Segni di fallimento Situazione attuale Maradona Calcio Soldi Cocaina… Ricoveri 6262 R iflessione Attorno al tema della felicità sono tante le domande che posso- no emergere. I seguenti tre quesiti possono aiutare a focalizzare l’inter- rogativo di fondo. 1. È possibile raggiungere la felicità? Di fronte a quest’interrogativo, forse tu hai già dato una risposta. Tra le seguenti espressioni quale si avvicina di più al tuo punto di vista?  «Una cosa irraggiungibile: que- sta è la felicità!».  «La felicità? Non è di questo mondo».  «L’importante è consumare più occasioni possibili…».  «Sono più le tristezze che le gioie di questa vita».  «Tutto sommato sono più le gioie…in questa vita».  «Basta che io sia felice…».  «Non si può essere veramente felici da soli». Dopo esserti confrontato con i compagni, dai la tua risposta personale. 2. In che cosa consiste la vera felicità? 6363 R iflessione 3. Chi è l’uomo autenticamente felice? Tra i seguenti giudizi espressi dalla gente comune, scegli, mettendo una crocetta, quelli che ti sembrano veri, dubbi (?) o falsi: Giudizi Vero ? Falso «Il signor Bianchi è felice perché ha vinto il superenalotto. Beato lui!». «Daniela è felice perché è infermiera e i malati sono soddi- sfatti del suo servizio». «Fabio, dopo tanti anni di attesa e tanti sacrifici, ha final- mente trovato lavoro». «Marisa, una mia compagna di classe, è ammalata. Dicono che abbia un tumore». «La signora Lucia è felice perché è nato il primo nipotino». «Il professor Serio è felice il 27 di ogni mese perché ritira lo stipendio». «Mio fratello più piccolo è felice di andare a scuola» «Un mio amico medico va ogni estate in Africa per aiutare chi è nel bisogno». «Gianni e Maria sono sposati da poco e stanno per separarsi». 1) 2) 3) Secondo te che cosa rende veramente felice? 6464 S piegazione Tra mille proposte e miriadi di suggestioni su come vivere e come progettare il proprio futuro, ce n’è una che ha segnato duemila anni di storia. Di fronte al Vangelo di gesù Cristo, vari uomini e donne (Francesco d’Assi- si, Domenico di Guzman, Ignazio di Loyola, Tere- sa d’Avila, Don Bosco, Maria Mazzarello, Massimi- liano Kolbe, Pier Giorgio Frassati, Raoul Follerau, Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta e tan- ti altri conosciuti o sconosciuti) hanno scelto di viverne gli orientamenti di vita e hanno accettato di modellare la propria esistenza in base ad essi. Se il messaggio di gesù è unico ed unitario, esso ha prodotto in ognu- no di questi testimoni un riflesso originale di quella gioia che viene da Dio e che scatena una testimonianza forte e convincente. Perché, essere cristiani non significa essere tristi, ma essere felici in profondità. Il cuore del Vangelo, della «lieta notizia», è costi- tuito dalle Beatitudini che gesù Cristo ha proclamato con forza e che a buon diritto può essere considerato il manifesto della vita felice, di quella vita in pienez- za che gesù Cristo vuole promuovere in coloro che lo seguono: «io sono ve- nuto – egli afferma – per- ché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (gv 10,10). Come un abile architetto, Egli offre con le Beatitudini e il grande discorso della montagna (cfr. Mt 5-7) un pro- getto alternativo di felicità, volendo fare di questo mon- do una casa della gioia. Se nell’Antico Testamento, Dio aveva offerto trami- te Mosè i dieci comanda- menti, come strada per la felicità dell’uomo («Farai ciò che è buono e giusto agli occhi del Signore, perché tu sia felice…»: Dt 6,18), nel Nuovo Testamento, lo stesso Dio per mezzo del suo Figlio, Gesù Cristo offre la via delle beatitudini, il cammino della felicità perfetta. Srotoliamo questo progetto contenuto nel vangelo di Matteo come discorso della montagna (capitoli 5-7). 6565 S piegazione La casa della vita felice è costruita in alto, in montagna. Da un posto alto è possibile ammirare il panorama e respirare a pieni polmoni aria pura e incontaminata.  gesù si rivolge a due cerchie di ascoltatori: vede le folle, ma sembra ammaestrare i vi- cini, i discepoli… Cosa vuol dire questo par- ticolare? Il suo discorso è rivolto a tutti o ad alcuni in particolare? Il discorso vale per i cristiani o per tutti gli uomini?  Alla fine del brano (cfr. Mt 7,28-29) la folla che sembrava distante si mera- viglia dell’insegnamento di gesù. Cosa vuol dire questo? Vangelo secondo Matteo - Capitolo 5 Le beatitudini 1Vedendo le folle, gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2Prendendo allora la parola, li ammaestra- va dicendo: 3“Beati quelli che sono poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli. 4Beati quelli che sono nel pianto, perché essi saranno consolati. 5Beati quelli che sono miti, perché essi avranno la terra in eredità. Matteo ha raccolto in questo discorso vari detti e varie espressioni pronunziate da gesù in occasioni diverse, con l’intento di offrire un quadro del suo insegnamento abbastanza completo ai destinatari del vangelo. Tentiamo di analizzare i capp. 5-7 di Matteo, lasciandoci guidare dalla metafo- ra del progetto della casa della felicità . Apriamo il rotolo che contiene la pianta della costruzione e cerchiamo di percor- rerla attraverso stanze e corridoi. La mappa etica del cristiano 6666 S piegazione Salendo verso l’alto, per prima cosa ti im- batti nel cancello d’ingresso bello e mae- stoso , invitante eppure semplice e povero. Non è soltanto un appello alla felicità o un messaggio augurale o un semplice saluto (come la parola “salve” stampata a caratteri cubitali nei tappeti d’ingresso delle abitazioni), ma una realtà già inaugurata che contagia, una ventata d’aria nuo- va che riempie i polmoni e pervade il cuore…  L’evangelista Matteo raccoglie in questo brano otto beatitudini, a cui aggiunge una nona conclusiva.  Quale è il significato delle singole espres- sioni? Puoi aiutarti con la seguente traduzione: «La felicità che tutti sperano da Dio sarà certamente dei poveri, - che sono poveri anche di dentro - perché il regno dei cieli è fatto per loro. La felicità è di chi piange perché Dio stesso sarà il loro conforto. La felicità è degli umili perché la terra promessa sarà loro. 6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché essi saranno saziati. 7Beati quelli che hanno misericordia, perché essi troveranno misericordia. 8Beati quelli che hanno un cuore puro, perché essi vedranno Dio. 9Beati quelli che portano pace, perché essi saranno chiamati figli di Dio. 10Beati quelli che sono perseguitati per la giustizia, perché di loro è il regno dei cieli. 11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno, men- tendo, ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti, che vissero prima di voi. 6767 S piegazione La felicità è di coloro che hanno fame e sete di giustizia perché riceveranno da Dio ciò che desiderano. La felicità è di coloro che operano la misericordia perché riceveranno misericordia da Dio stesso. La felicità è di coloro che guardano tutto con occhio puro perché vedranno Dio. La felicità è di coloro che lottano per la pace perché saranno chiamati figli di Dio. La felicità è di coloro che sono perseguitati a causa della giustizia perché il regno di Dio è per loro. Quando sarete calunniati e perseguitati e insultati con tutte le possibili bugie e parolacce, solo per il fatto di essere miei amici, proprio allora state contenti. Ma contenti per davvero! Felicissimi! Perché vi aspetta una grande ricompensa in cielo. E ricordatevi sempre: nei tempi antichi, anche i profeti sono già stati perseguitati». Sale della terra e luce del mondo 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 15né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. Appena attraversato il cancello, ci si imbatte in una spianata che impressiona: di giorno il sole fa risalta- re la bellezza dei colori e l’armonia delle forme, di notte i lampioni ben collocati e distanziati simmetricamente at- torno allo spiazzo creano un’atmosfera davvero roman- tica. L’accesso alla casa è obbligato: il portone d’entrata e il cortile antistante danno già l’idea della bellezza del fabbricato e invitano a continuare nell’esplorazione. 6868 S piegazione  Con due immagini (il sale e la luce ), gesù comunica ai suoi discepoli il ruolo che essi devono assolvere nell’umanità. Prova a immaginare: il sale quando è troppo… la luce quando è eccessiva… il sale quando perde il suo sapore… la luce quando è debole e smorta…  Di fronte al brano precedente, ci si interroga: si può essere sale o luce per gli altri? Conosciamo qualche esempio? Il compimento della legge 17Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son ve- nuto per abolire, ma per dare compimento. 18In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure uno iota o un se- gno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. 19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altret- tanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. La nuova giustizia è superiore all’antica 20Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. 21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il pro- prio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della geenna. 23Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. 25Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guar- dia e tu venga gettato in prigione. 26In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo! 27Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; 28ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulte- rio con lei nel suo cuore. 29Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella geenna. 30E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella geenna. 6969 S piegazione 31Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio; 32ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. 33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; 34ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; 35né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per gerusalemme, perché è la città del gran re. 36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; 39ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; 40e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. 42Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle. Lasciati alle spalle cancello e cortile, ci si apre dinanzi un sentiero stretto, lungo, pieno di giravolte, talvolta aspro. Sembrerebbe a prima vista una nota stonata. Ma la curiosità è più forte. Inoltriamoci, passando per le curve e salendo per una scala che sembra non finire mai. Finalmen- te, ci siamo. Si arriva ad un posto bellissimo, dove la natura è incontaminata e intatta come quando uscì dalle mani di Dio. Sebbene sentiamo il peso delle difficoltà e la stanchez- za, sentiamo di non mollare; decidiamo di proseguire con la speranza di essere premiati nella fatica.  gesù completa la Legge dell’Antico Testamento. Egli non l’abolisce, bensì la porta a compimento. Riesce, così, in modo forte ed ef - ficace, a collegare il progetto di Dio con i desideri più profondi del cuore umano. In Lui questo collegamento diventa perfetto e riceve significato l’espressione più volte ripetuta: «È stato detto… ma io vi dico…».  Prova a scrivere le espressioni più forti… Ma io vi dico: 1) 2) 3) 7070 S piegazione Capitolo 6 Fare l’elemosina in segreto 1guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Pa- dre vostro che è nei cieli. 2Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già rice- vuto la loro ricompensa. 3Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, 4perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Pregare in segreto 5Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 6Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Il viottolo assai stretto, che prima sembrava interminabi- le, man mano si allarga e conduce, finalmente, alla porta principale della casa, che si erge imponente sulla cima della montagna. È un’impressione particolarmente suggestiva.  Di fronte all’espressione del v. 48 viene da domandarsi: È possibile essere perfetti come il Padre celeste? Pensiamo che Cristo chieda agli uomini un’impresa im- possibile? 43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo ne- mico; 44ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri per- secutori, 45perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto sol- tanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. 7171 S piegazione La vera preghiera. Il Pater 7Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. 8Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. 9Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; 10venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. 11Dacci oggi il nostro pane quotidiano, 12e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, 13e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. 14Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro ce- leste perdonerà anche a voi; 15ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. Digiunare in segreto 16E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 17Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto , 18perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Entrando dalla porta principale, la prima stanza è un gran- de ambiente, accogliente e caldo. Al centro campeggia un grande camino , che ha raccolto in tanti anni molte memorie e molti ricordi di famiglia. Quella grande sala è stata da sempre riservata agli incontri privati dei familiari con il Padre e per le ore di riposo.  «Non praticate la vostra religione per ricevere gli applausi della gente; perché la ricompensa umana è incompatibile con la ricompensa del Padre che vede nel segreto». Gesù vuole denunciare la vanità degli uomini o la strumen- talizzazione della religione per il proprio tornaconto e successo personale? 7272 S piegazione Adiacente a quella prima sala, c’è una stanza de- stinata al lavoro. Vi sono attrezzi e utensili vari e si respira un’aria pura e gradevole. Tra questa e la prima sala non vi sono porte divisorie, ma sono comunicanti. Dalla pacatezza ispirata dal primo ambiente si passa gradualmente e con na- turalezza alla vivacità operosa del secondo.  Gesù Cristo pone davanti all’uomo del- le alternative. Egli non può prendere «due piccioni con una fava» ma è chiamato a operare una scelta netta. Pensi che il Cristo sia esagerato? Perché?  «…Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore». Come commenteresti questa espressione evangelica a partire da alcune esperienze quotidiane?  Elemosina, preghiera e digiuno. Cose d’altri tempi o cose attuali? Pos- sono essere sostituite oggi dalla dichiarazione dell’otto per mille, dalle tec- niche antistress e di autorilassamento e dalle cure dimagranti?  Dio come Padre. Cosa c’è che va e cosa non va in questa comunicazione di Gesù all’umanità? Il vero tesoro 19Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; 20 accumulatevi invece tesori nel cie- lo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. 21Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. L’occhio lucerna del corpo 22La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; 23ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! Dio e il denaro 24Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o prefe- rirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona. 7373 S piegazione Procedendo più avanti, dietro a que- ste due stanze, c’è un salone anco - ra più grande, dove tutta la fami- glia si riunisce per i pasti, dove si ricevono gli amici e dove si discutono dei problemi che interessano i fami- liari tutti. Anche qui, c’è un tepore tutto particolare: ci si sente a casa, a proprio agio.  gesù sembra dire all’uomo di oggi: «non vivere nell’ansia! Non essere ansioso!». Certa- mente non vuole indulgere alla pigrizia e al disimpegno. Qual è il principale motivo per vivere nella sere- nità, nonostante i problemi e gli affanni della vita?  Cristo raccomanda di abbandonarsi nelle mani di Dio che è Padre che provvede ad ogni uomo e ad ogni creatura. Come pensi che questo sia possibile nella vita quotidiana? Non affannatevi per le cose… 25Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del ve- stito? 26guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? 28E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? 31Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa in- dosseremo? 32Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. 33 Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena. 7474 S piegazione Dietro la casa, c’è un piccolo cor- tile che porta alla cucina e al bagno. Questo spazio non solo è importantis- simo per i vari servizi, ma anche per garantire tranquillità nella parte ante- riore della casa.  «Ti sei mai guardato allo spec - chio?». Così in genere rispondo- no coloro ai quali abbiamo fatto osservare qualcosa di negativo e che si sono sentiti particolarmen- te indispettiti dalle nostre osservazioni critiche. Che cosa c’è di vero in questa affermazione e fino a che punto collima con le parole pronunziate da Gesù? Capitolo 7 Non giudicare 1 Non giudicate, per non essere giudicati; 2perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. 3Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratel- lo, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? 4O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo oc- chio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? 5Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non profanare le cose sante 6Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Efficacia della preghiera 7Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; 8perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bus- sa sarà aperto. 9Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? 10O se gli chiede un pesce, darà una serpe? 11Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! 7575 S piegazione Il luogo più bello e più intimo dell’abi- tazione è costituito dalla veranda dietro la casa, di modeste dimensioni ma con una bella veduta sulla vallata sottostante. Non ci si stanca mai di restare lì comodamente sdraiati sia durante il giorno, quando non vi sono impegni lavorativi, sia di notte, dopo le giornate afose nel periodo estivo.  già nell’Antico Testamento troviamo questa “regola d’oro” (cfr. Tb 4,15). Essa conferisce all’uomo tranquillità d’animo e consente di sperimentare nell’intimo una pace con Dio, con gli altri e con se stessi. Se tutti gli uomini praticassero questa regola… Pensi sia possibile realizzarla nel rapporto con gli altri?  Questa regola ribadita dal Cristo non è astratta, ma operativa. Si tratta di “fare” agli altri quello che ognuno vorrebbe che gli altri facessero nel suoi confronti. Ti è possibile “entrare nei box”, fermare un attimo la tua corsa frenetica di ogni giorno e riflettere quanto questo viene realizzato nella tua esistenza? Le due vie 13Entrate per la porta stretta , perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; 14quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano! I falsi profeti 15guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. 16Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? 17Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; 18un albero buo- no non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. 19Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e get- tato nel fuoco. 20Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere. La regola d’oro 12Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti. 7676 S piegazione I veri discepoli 21Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? 23Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. 24Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è si- mile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatte- rono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. 26Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sab- bia. 27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si ab- batterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”. 7777 S piegazione Allegata alla mappa, c’è una specie di re- lazione tecnica della zona edificabile, delle istruzioni che riguardano il modo in cui è stata costruita la casa, sin dalle fondamenta, com- prese alcune note su alcuni particolari e acces- sori.  Due sono le vie, esistono due tipi di albe- ri, si registra spesso il distacco tra il dire e il fare: si impone una scelta coraggiosa nella vita di ogni uomo. Quali sono i motivi per scegliere una possibilità e scartare l’altra? Perché Gesù insiste anche sul verbo “fare”?  Non basta solo ascoltare ma anche mettere in pratica. L’immagine delle due case, una costruita sulla roccia, l’altra sulla sabbia, richiamano tanti motivi dell’immaginario collettivo (ad es. la favola dei tre porcellini) o della musica (ad es. la canzone Il signore di Baux di Angelo Branduardi), ma soprattutto intende sintetizzare quanto gesù vuole affermare in questo lungo discorso della montagna. Qual è il messaggio di fondo? È possibile avere una certa stabilità nella vita? A quali condizioni secondo la gente co- mune? A quali condizioni secondo Gesù di Nazaret? Stupore della folla 28Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: 29egli infatti insegnava loro come uno che ha auto- rità e non come i loro scribi. Il nostro viaggio è termi- nato e siamo rimasti me- ravigliati della bellezza del progetto, dell’originalità dell’abitazione e della bra- vura dell’architetto . Viene la voglia di vendere tutto, per acquistare il progetto e per abitare una casa del genere. In fondo è questo quello che ciascuno di noi desidera rea- lizzare nella propria esisten- za: la casa della felicità! 7878 S perimentazione Per puntualizzare alcuni elementi fondamentali, ci serviamo di alcuni interrogativi a cui seguono alcune traiettorie di risposta e di auspicabile approfondimento.  Le prescrizioni del messag- gio di Gesù vanno conside- rate come delle ingiunzioni che vincolano l’uomo e non lo fanno essere libero? Un errore che si può com- mettere è quello di prendere le singole espressioni di gesù come dei comandamenti da osservare. L’uomo sarebbe la- sciato solo con le sue povere forze a raggiungere dei tra- guardi umanamente impossibili come quello dell’amore verso i nemici. I detti di gesù sarebbe- ro delle ingiunzioni che piovono dall’esterno sull’uomo, oppure un incoraggiamento moralisti- co “senza proteine e senza ca- lorie” a osare di più, un invito puro e semplice ad uno sforzo sovrumano che finisce prima o poi per frustrarlo profonda- mente. Sarebbe come spingere l’uomo a spiccare il volo senza dargli le ali. Avrebbe ragione il filosofo Norberto Bobbio ad affermare: «Il limite dell’etica cri- stiana è proprio nella sua altezza: così sublime e impegnativa da essere continua - mente tradita. Questa morale dell’amore! La vedo così poco pratica e praticabile! […] Ritengo più praticabile la morale classica delle virtù: non amore, ma rispetto per gli uomini»1. 1 Intervista di v. M essori, Dialoghi su Gesù, Jesus, Milano 1983, pp. 22-23. Prova ad esprimere il tuo parere a riguardo: 7979 S perimentazione  Di fronte alle esigenti proposte di gesù si può rimanere spiazzati. Non è facile trovare anche tra i cri- stiani chi pensi che il discorso del- la montagna sia realizzabile anche oggi. Anche noi ci domandiamo: è possibile oggi mettere in pratica il discorso della montagna? Esistono persone che ne sono testi- moni? Qualche volta le espressioni di gesù vengono prese alla lettera, men- tre hanno l’intento di cambiare la lo- gica umana. Ad esempio: «Porgi l’al- tra guancia» (Mt 5,39). Come fare a non pensare al popolare film di Bud Spencer e Terence Hill che nella tra- ma smentisce il detto e suggerisce l’impossibilità di tale consiglio. Que- sta come altre espressioni non vanno prese alla lettera, ma nel loro signifi- cato più profondo: gesù, con quel ti- pico modo di dire, vuole invitare a ri- nunciare alla vendetta, a spezzare la spirale della violenza che genera altra violenza, rompere con il passato e con i conflitti che lo hanno segnato, innescare nei rapporti umani innesti di novità che rimpiazzino il vecchio mondo e creino il nuovo. In questo senso non solo è possibile mettere in pratica le parole di gesù, ma anche auspicabile perché il seme della pace possa fiorire nell’animo di ciascuno e di tutti. Vi sono storie di uomini che hanno creduto al messaggio di gesù e hanno visto come esso sia realizzabile, spesso a costo di fatiche e sacrifici. Questa è la migliore prova che è possibile realizzare il messaggio di gesù. Si pensi al profeta dell’India, il Mahatma gandhi che ha tratto dal discorso della montagna ispirazione per la sua dottrina della non-violenza o al pastore luterano Martin Luther King. Ci sono perso - ne anche oggi che credono alla realizzazione delle beatitudini di gesù? Certamente, anche se in questo nostro mondo, dominato dalla logica del profitto e dell’interesse, le parole di gesù possono risuonare irrealizzabili ed incredibili. Al Cristo capita anche oggi quello che successe al protagonista di questo racconto popolare: «Cento anni fa, un povero contadino, un giorno, andò in città e per la prima volta vide un aereo: “una grande carcassa di ferro lucente, con due grandi ali, che si alzava da solo da terra e volava”. Tornando al suo paesetto, dove nessuno ancora aveva visto, né aveva sentito parlare di aereo, cercò di spiegare che cosa era un aereo. Quando ebbe finito di parlare, ognuno cercò di dire la sua, per spiegare quello che aveva capito: “Vola?” - “Vola sì, ma non batte le ali”; “Fa chiasso?” - 8080 S perimentazione “Altro che! Ma la voce non esce dal becco”; “Ha il becco?” – “Sì, ma non lo apre”. “Mangia e beve?” – “Beve la benzina, ma non ha stomaco”; “Digerisce?” – “Sem- bra di si, perché tutto il liquido sparisce nel suo ventre, ma non ha intestino”; “Vola da solo?” – “Vola, ma non è vivo”; “Ma come è possibile una simile cosa, amico mio!”. Nessuno riuscì a farsi un’idea esatta di quello che fosse un aereo. Il poveretto cercò di paragonare l’aereo a tante cose, che i suoi amici conoscevano. Ma l’aereo era una cosa così nuova, che non c’era verso di paragonarlo, costrin- gendolo ad entrare nelle categorie familiari a quel popolo. Solo vedendolo con i propri occhi e toccandolo con le proprie mani, avrebbero potuto capire e rendersi conto che cosa fosse quella carcassa meravigliosa, di cui il loro amico parlava con tanto stupore»2.  Il discorso della montagna è per tutti o solo per alcuni? Afferma C. Mesters: «Il discorso della montagna [sareb- be] solo per una piccola élite. C’è chi pensa così: “quello che gesù dice nel discorso della montagna non può essere per tutti! È impossibile”. Ne deducono che il discorso della montagna deve essere inteso, non come legge universale, valida per tutti, ma come consiglio diretto ai più generosi, a quelli che ne sentono la vocazione. Il gruppo scelto si li- miterebbe ai vescovi, ai preti, ai religiosi e a qualche laico di azione cattolica. Per la grande massa della gente comune basterebbero i dieci comandamenti, che sono anche troppo. Non si dovrebbe esigere dai laici quello che gesù propone nel suo discorso. Opinione molto comune tra i cattolici, non come teoria ufficiale, ma come pratica della vita»3. Tu che ne dici? 2 Riportato da: c. M esters, Dio, dove sei? Bibbia e liberazione umana, Queriniana, Brescia 1977, p. 181. 3 Ibidem, p. 174. È possibile per gli uomini del nostro tempo fare l’esperienza della conoscenza di Cristo? 8181 S perimentazione  La proposta etica di Gesù interessa solo il singolo, l’individuo? Un’impressione affio- ra di fronte al messag- gio di gesù. Sembra che esso coinvolga il singolo e non la comunità, i vari gruppi sociali e le aggre- gazioni. Ma ad una let- tura più profonda si può scoprire che:  gesù si rivolge il più delle volte al “voi” piuttosto che al “tu”;  Ogni volta che si rivolge al “tu”, in- tende in qualche modo implicare gli altri attraverso un atteggiamento atto ad accogliere, per- donare, condividere con gli altri, in una originale dinamica di dare e ricevere;  Rivela, infatti, non un Dio del singolo, ma il volto del Padre “nostro” che non fa differenze di persone e che invita ad abbattere ogni frontiera o steccato che divide l’uomo dal suo fratello.  Il percorso svolto insieme: la mappa o la sequenza In gruppo di due o tre elementi, siete capaci di raffigurare il cammino fatto, indivi- duando la mappa o i vari movimenti (cancello, cortile, atrio, laboratorio, cortile inter- no… veranda, fondamenta…) in sequenza? Potete utilizzare le tecniche più disparate (fumetti, collage di giornali, segnaletica stradale…) e muovervi con la massima cre- atività, cercando di cogliere i significati più profondi del discorso della montagna. Conosci esperienze di gruppi o di comunità che vivono insieme il messaggio di gesù? 8282 S perimentazione  L’allergia ad ogni regola Oggi si assiste ad una generale resistenza ed avversione ad ogni tipo di legge, vista esclusivamente come limitazione alla libertà umana. Si nutre la convinzione che ogni trasgressione rende l’uomo veramente libero e disinibito. Eppure se si guarda atten- tamente: ogni gioco, ogni rito, ogni azione umana si muove al di dentro di alcune re- gole. Nell’attuale crisi dell’autorità e delle norme etiche viene coinvolta anche la legge di Dio. L’uomo d’oggi si sente adulto, emancipato, pensa di poter fare a meno di ogni riferimento a Dio o a gesù Cristo. Fino a quando peserà il fardello della legge divina sull’uomo, egli non potrà sentirsi autenticamente libero. Un pensatore contempora- neo, André Gide, raccoglie questa pretesa e lancia la sfida, quando afferma: «Comandamenti di Dio, voi avete straziato la mia anima. Comandamenti di Dio, siete voi dieci o venti? Fin dove vorrete portare i vostri confini? Insegnere- te ancora che vi sono cose proibite? Nuovi castighi minacciati alla sete di tutto ciò che di bello avrò trovato sulla terra?».  La ballata delle schede poetiche. Servendoti di una immagine poetica o di una metafora descrivi che cosa è per te la felicità. “La felicità è come…”: continua tu la frase scrivendola in un foglietto bianco, esprimendo quello che pensi profondamente dentro di te. Alla fine, dopo averle raccolte in classe, si dà lettura delle schede inter- pretandone il significato e intervenendo liberamente. Fino a che punto sei d’accordo con A. gide? La felicità è come: 8383 S perimentazione  L’oroscopo. Ogni giorno, sfogliando i giornali, una delle prime cose che cattura la nostra attenzione è l’oroscopo. Se da una parte si può rimanere condizionati dai vari auspici fino a cadere in un certo fatalismo, dall’altra parte rimane l’esigenza di avere orientamenti per il futuro. L’annuncio del Regno da parte di gesù è pieno di prospet- tive per il futuro a partire dall’impegno nel presente. Provate a compilare l’«oroscopo del Regno», spigolando dal brano di Mt 5-7 le indicazioni che non incorrono in fata- lismi impotenti e in ribellioni di fronte alle sfide attuali. Eccone un esempio: Ariete «E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22). Toro «E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete» (Mt 21,22). Gemelli «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti» (Mt 7,12). Cancro «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano...» (Mt 6,19-20). Leone «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde» (Mt 12,30). Vergine «Ecco io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt 10,16). Bilancia «Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Mt 7,1-2). Scorpione «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa» (Mt 7,13). Sagittario «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no. Il di più viene dal maligno» (Mt 5,37). Capricorno «Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello» (Mt 5,36). Acquario «... siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45). Pesci «Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini» (Mt 6,2). Che cosa pensi di mantenere in questa proposta e cosa cambieresti? 8484 V erificaV erifica PER APPROFONDIRE cantalaM essa r., Le beatitudini evangeliche. Otto gradini verso la felicità, Edizioni San Paolo, Milano 2008. Danneels g., Le beatitudini del cristiano, “Mondo nuovo” 127, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1992. DuM ais M., Il discorso della montagna. Stato della ricerca, interpretazione, bibliografia, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1999. F anelli P., Felicità con le ali. Le beatitudini di Gesù, Paoline, Milano 2008. neGri F. - GuGlielM oni L., Gioventù beata. Garbato invito a far parte del “popolo delle beatitu- dini”, Elle Di Ci, Leumann – Torino 2007. siGalini D., Con il vangelo in tasca. 7 percorsi di felicità, Paoline, Milano 2008. Esprimi in poche parole il messaggio centrale del discorso della montagna: Esprimi i punti fondamentali della mappa etica cristiana rispetto al rapporto con Dio: Esprimi i punti fondamentali della mappa etica cristiana rispetto al rapporto con gli altri: Esprimi i punti fondamentali della mappa etica cristiana rispetto al rapporto con se stessi: Esprimi la tua personale opinione rispetto alla mappa etica del cristiano: 8585UA 4 8686 Percorso Questa unità La “novità cristiana” e la passione per questo mondo ti aiuterà a riflettere sul vissuto umano che si dibatte tra gioie e fatiche quotidiane, evidenziando la “novità” della fede cristiana e le forti motivazioni che rendono più vivibile il mondo in cui abitiamo. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 8787 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Esaminare alcuni documenti biblici e della tradizione ec- clesiale, approfondendo al- cuni orientamenti etici nel campo della giustizia e della solidarietà. Confrontare la novità della propo- sta cristiana con le scelte personali e sociali presenti nel tempo Elaborare una sintesi personale sulla novità cristiana nel mon- do e sui risvolti possibili nel rin- novamento dei rapporti sociali ed economici. 8888 E sperienza Fede cristiana e problemi quotidiani appaiono a molti uomini d’oggi due parallele che non si incontrano mai, neppure all’infinito. L’impressione è diffusa a macchia d’olio. La Chiesa appare lontana e distante dai pro- blemi di ogni giorno, specialmente del lavoro. Le cose stanno proprio così? Sono possibili dei punti di contatto od ogni tentativo d’incontro è precluso o destinato al fallimento? Proviamo a guardare la nostra esperienza e a prendere posizione di fronte al seguente dialogo sulla questione tra due giovani apprendisti, nostri coetanei: Quelli che lavorano o che si preparano al lavoro, in genere non frequentano la Chiesa. La maggior parte dei partecipanti sono vecchi e bambini. Luigi: I vecchi vanno in Chiesa perché hanno paura della morte e cercano di conqui- starsi un pezzo di “paradiso”. I bambini sono spinti dai genitori. Fra poco si accor- geranno che le cose sentite in Chiesa non servono a risolvere i problemi concreti. Mauro: Sono credente, anche se non praticante. Eppure hai ragione. Difficilmente i problemi del lavoro trovano posto nella Chiesa. Luigi: Io l’ho sempre sostenuto. Essere credente significa spesso evitare di guardare in faccia la realtà. Le preghiere non servono a niente, quando devi conquistarti un lavoro. Ci vuole ben altro...la giusta raccomandazione! Mauro: Ho sempre avuto la sensazione che, entrando in chiesa, in un certo senso tu devi quasi dimenticare di essere un lavoratore. Ti sembra di entrare in un altro mondo. Ovattato. Dove tutto si debba risolvere in un’apatica rassegnazione. Luigi: Secondo me tutto dipende dal fatto che i preti i nostri problemi non li vivono e che per non dar fastidio a chi comanda fanno di tutto per tenere intrappolati i fedeli nel tempio. Mauro: Sento comunque che le cose devono stare molto diversamente. Se la fede non ha niente da dirmi per la mia vita quotidiana, a che serve? Forse dipende da noi se l’abbiamo rinchiusa nelle sacrestie... Prova ad inventare come potrebbe proseguire il dialogo… Partendo dalla tua esperienza, prova a descrivere il tipo di relazione esi- stente tra la fede e la vita quotidiana in: Famiglia Gruppo amici Attività sportive Scuola / CFP Città / Quartiere 8989 R iflessione I vari interventi in classe sul dialo- go tra Luigi e Mauro, probabilmen- te molto animati, in merito a que- sto tema scottante, non colgono soltanto le incoerenze nella vita dei credenti o le debolezze della Chie- sa come istituzione. Esprimono an- che un’aspirazione molto profonda che in fondo c’è nel cuore di ognu- no, ma che non sempre riesce a decollare: far entrare, a pieno tito- lo, la religione nel gioco della vita. Tentando di mettere tra parentesi le incoerenze che si notano in noi e negli altri e sospendendole per un attimo, ci si può domandare: la fede è proprio incompatibile con la vita, con questo mondo, con i problemi che l’uomo deve affrontare ogni giorno? La fede può diventare quella marcia in più atta a conferire maggiore forza nella ricerca di soluzioni efficaci alle questioni capitali della vita? Forse non è bene precludere questa possibilità ed evitare di ipotizzare questa traiettoria di ricerca. A tale scopo tentiamo di far emergere alcuni problemi fondamentali: • È possibile che la fede cristiana coinvolga tutto l’uomo e scenda fino ai pro- blemi quotidiani? • Cosa comportano sul piano personale e sociale il contatto e la sintesi tra fede e vita? • Quale contributo può offrire la Chiesa, in quanto comunità, in questa ricerca di collegamento tra fede e vita? • Dove trovare elementi per costruire la risposta? 9090 S piegazione Vi sono passi della Bibbia e della fede cristiana che non solo hanno inciso sui valori su cui si basa la nostra società occidentale, ma che anche oggi possono ispirare nuovi orientamenti e dare nuovo impulso al progresso sociale e alla promozione integrale dell’uomo. Conoscerli è importante non solo per superare pregiudizi, ma anche per avere una visione più chiara delle cose e della cultura di cui facciamo parte. 1. Dio contesta la schiavitù e progetta la liberazione: Es 1,8-22; 3,7-8. 8Allora sorse sull’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto giusep- pe. 9E disse al suo popolo: “Ecco che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. 10Prendiamo provvedimenti nei suoi riguardi per impedire che aumenti, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai no- stri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese”. 11Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses. 12Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva oltre misura; si cominciò a sentire come un incubo la presenza dei figli d’Israele. 13Per questo gli Egiziani fecero la- vorare i figli d’Israele trattandoli duramente. 14Resero loro amara la vita costringendoli a fabbricare mattoni di argilla e con ogni sorta di lavoro nei campi: e a tutti questi lavori li obbligarono con durezza. 15Poi il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua: 16“Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere”. 17Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini. 18Il re d’Egitto chiamò le le- vatrici e disse loro: “Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?”. 19Le levatrici risposero al faraone: “Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito!”. 20Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. 21E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. 22Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: “Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia”. 7Il Signore disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. 8Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Hittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il gebuseo. 9191 S piegazione Lavoro alienante e oppressivo. Pesante e cri- minale restrizione demografica di una mino- ranza etnica la cui stessa presenza inquieta l’oppressore egiziano. Ma il fatto stesso dell’oppressione, il grido del popolo è contrario al volere di Dio. Lo chiama quindi in causa, dà origine alla sua iniziativa. La situazione disumanizzante della schiavitù ha un significato non solo umano-sociale, ma di fede: è un “peccato” che Dio non può tol- lerare. Il susseguirsi dei verbi che descrivono l’azione di Dio implica un suo coinvolgimen- to totale. È un Dio che vede gli eventi umani. Coglie il dramma umano della sofferenza. Si fa carico del problema. Pone in gioco se stesso per un’azione di liberazione. Rivela il suo volto attraverso il riscatto del popolo. È un’esperienza religiosa che ha il suo culmine sul Sinai, nell’Alleanza. Ma essa è parte integrante dell’esperienza di liberazione dalla schiavitù.  Conosci qualche testimonianza nella quale dei credenti hanno messo in gioco la loro vita per la salvezza dei loro fratelli?  Conosci oggi situazioni o persone soggette alla schiavitù o a forme di op- pressione nella società? 2. Un cammino su due piedi: Es. 20,1-17 1Dio allora pronunciò tutte queste parole: 2“Io sono il Signore, tuo Dio , che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schia- vitù: 3non avrai altri dei di fronte a me. 4Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. 5Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazio- ne, per coloro che mi odiano, 6ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi. 7 Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio , perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. 8 Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: 9sei giorni fatiche- rai e farai ogni tuo lavoro; 10ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. 11Perché in sei giorni il Signore ha 9292 S piegazione fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro. 12Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio. 13Non uccidere . 14Non commettere adulterio . 15Non rubare. 16Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. 17Non desiderare la casa del tuo prossimo . Non desiderare la moglie del tuo prossimo , né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appar- tenga al tuo prossimo”. Dio rivendica il ruolo esclusivo nel processo della liberazione e si pone a garanzia d’ogni suo ulterio- re sviluppo («Io, il Dio di Abramo ti ho fatto uscire dall’Egitto... Se ascolterai la mia Parola, tu sarai e resterai popolo libero»). Il popolo di Israele è chiamato a rispondere a quest’iniziativa di Dio e a condividere il patto di alleanza con Lui. I primi tre comandamenti significano per Isra- ele porsi al servizio di Dio attraverso il culto rituale, la venerazione e la santificazione del tempo come segno di un’accettazione incondi- zionata che permea profondamente tutta la vita. Il segno di un’autentica reli- giosità non va cercato in pure espressioni rituali né si esaurisce in esse. Tutta la seconda parte del decalogo è un invito a trovare Dio nelle relazioni interpersonali che si sviluppano all’interno della società. Questi sette comanda- menti costituiscono una sorta di prolungamento nella storia e di visibilizzazione dell’esperienza religiosa, che consiste per il popolo d’Israele nell’iniziativa di liberazione e di alleanza da parte di Dio. I valori dell’autorità, della vita, della verità, della giustizia, dell’amore, della famiglia, sono percepiti nella loro chiarezza e resi possibili, appunto perché rap- portati alla dimensione religiosa.  Dirsi credente e non rispettare in concreto i valori fondamentali della vita sociale crea scandalo. Prova ad elencare alcune esperienze di incoerenza tra religione e vita: 9393 S piegazione Straordinario lo sviluppo della religiosità cultuale nel popolo ebraico. Regolato mi- nuziosamente, scandiva il ritmo del tempo e della vita. Facile la tentazione di risolvere in esso tutta la religiosità. Le violazioni della giustizia e del diritto, i soprusi nei confron- ti dell’orfano, della vedova, del forestiero diventano, però, i segni drammatici di una religiosità vuota e vana. Lo stesso digiuno rituale non ha senso se non si traduce in termini di giustizia sociale: sciogliere le catene inique, togliere i legami che feriscono la dignità umana, rimandare liberi gli oppressi, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire uno che è nudo.  Anche nel non credente troviamo l’amore per i valori umani. Conosci esem- pi di collaborazione sociale tra credenti e non credenti?  Si può fare riferimento a qualche persona che ha vissuto in modo sublime la sintesi tra amore verso Dio e impegno per la giustizia? 3. La giustizia come atto di culto: Am 5,21-25 21Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni; 22anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco i vostri doni e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. 23Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non posso sentirlo! 24Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne. 25Mi avete forse offerto vittime e oblazioni nel deserto per quarant’anni, o Israeliti? 9494 S piegazione Il regno di Dio è annunciato. Proclamato vicino. In- dicato come presente. Esige da parte dell’uomo la conversione per potervi partecipare. Salvezza e superamento di mali concreti: fame, ma- lattia, oppressione, disperazione, emarginazione, ne attestano la presenza. La liberazione dal demo- nio, inoltre, sintesi di ogni falso idolo che opprime l’uomo e alimenta le strutture sociali oppressive dei più poveri (idolo del potere, del denaro, della falsa religiosità) svela il costituirsi di una società nuova fondata sulla giustizia. Il Regno di Dio è la proposta di un nuovo rapporto religioso. Cristo ricrea un uomo nuovo e lo pone in termini radicalmente diversi di fronte a Dio. Ma è ap- punto questo uomo nuovo che è chiamato a creare una società nuova. Conver- tirsi al regno ed entrarvi significa accogliere la causa del Dio dei poveri e lottare contro ogni situazione ingiusta.  Da che cosa dipende il facile slittamento della religiosità sul piano sempli- cemente dei riti e delle celebrazioni religiose?  Conosci qualche profeta dei nostri tempi che ha saputo alzare la voce per contestare una fede bigotta e assente dalla vita dei più poveri?  Quali altre voci di denuncia sono venute da parte di non credenti? 4. Il Regno di Dio costruito sulla giustizia: Mt 11,1-5 1Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. 2giovan- ni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: 3“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?”. 4gesù rispose: “Andate e riferite a giovanni ciò che voi udite e vedete: 5I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella… 9595 S piegazione Il Regno di Dio appartiene a quanti crea- no nel loro cuore atteggiamenti di povertà, umiltà e di mitezza. Atteggiamenti che la po- vertà materiale, liberamente scelta o accettata, rende possibile. È aver fame e sete di Dio. Ri- cerca di Lui come sola ricchezza. Unico rifugio e sostegno. Abbandono totale e incondizionato nelle sue mani. Questo atteggiamento religioso, costantemente attualizzato, rende capaci di pro- vare misericordia verso gli altri fratelli. Saperli accogliere nella loro dignità di persone. Costruire relazioni e strutture di pace. Por- tare con coraggio la fatica e forse anche la sofferenza di una vita che non sempre accetta di essere contestata nelle sue impostazioni oppressive dei più poveri. 5. Dalla scelta religiosa all’impegno per la giustizia: Mt 5,1-12 (cfr. UA 3) 1Vedendo le folle, gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2Prendendo allora la parola, li ammaestra- va dicendo: 3“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 5Beati i miti, perché erediteranno la terra. 6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 10Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. 9696 S piegazione 7. Dio e i fratelli. Il dinamismo di un unico amore: Mt 25,31-46 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla si- nistra. 34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, be- nedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visi- tarti? 40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più pic- La morte in Croce, supplizio infamante riservato agli schiavi e ai sovvertitori politici dell’ordine costituito, mette allo scoperto i meccanismi perversi di ogni forma di potere e denuncia ogni sistema che causa la morte degli innocenti. È giudizio pronunciato contro il peccato dei potenti che crocifiggono il giusto. È invito a lottare contro ogni perversione del potere. La Resurrezione è la conferma della verità della vita di Cristo. Trionfo della sua causa a favore della giu- stizia e dei poveri. Abbracciare la croce di Cristo e seguirlo sulla via del calvario, significa far propria non solo la propria cro- ce e sofferenza ma anche la croce di tutti coloro che soffrono ingiustamente. Partecipare alla sua Resurrezione significa guardare a una società nella quale tutti i crocifissi della storia possono sperare e lottare per realizzarla. 6. La condanna del potere ingiusto [Cfr. Mt 26-28; Mc 14-16; Lc 22-24; Gv 18-20] 9797 S piegazione coli, l’avete fatto a me. 41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lonta- no da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. 46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna”. Il credente è colui che ha contem- plato e fatto esperienza dell’amore di Dio. Ogni qualvolta si riunisce in assemblea liturgica attinge alla fon- te di tale amore. In esso si educa. Lo preferisce ad ogni altro dono. Amato da Dio non può dimenticar- si dei propri fratelli e non può non amarli così come Dio ha amato lui. I segni autentici della sua religiosi- tà sono colti dal modo concreto col quale egli si pone di fronte ad ogni uomo. Qualsiasi forma di distinzione di persone o di emarginazione del povero, ogni chiusura o indifferenza verso le vittime della povertà, ogni connivenza con si- stemi sociali oppressivi e ingiusti, sono una contraddizione della sua fede.  “ Ogni volta che avete/non avete fatto queste cose …l’avete/non l’ave- te …fatto a me”. Osservando i comportamenti sociali, ti sembra che que- sta regola venga rispettata?  Conosci persone o gruppi che invocano Dio e usano la violenza e il disprez- zo della persona nella società? 9898 S piegazione 8. I credenti a servizio della società (S. Giovanni Crisostomo) «Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia ignudo; dopo averlo ornato qui in chiesa con stoffe di seta, non per- mettere che fuori egli muoia di freddo per la nudità. Colui che ha detto “questo è il mio corpo” (Mt 26,26), confermando con la sua parola l’atto che faceva, ha detto anche: “Mi avete visto soffrire la fame e non mi avete dato da mangiare” e “quanto non avete fatto a uno dei più piccoli tra questi, neppure a me l’avete fatto” (Mt 25,42-45). Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo quindi a pen- sare e a comportarci degnamente verso così grandi misteri e a onorare Cristo come egli vuol essere onorato. Il culto più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che egli stesso vuole, non quello che pensiamo noi. Anche Pietro credeva di onorare gesù, impe- dendogli che gli lavasse i piedi (cfr. gv 13,8), ma ciò non era onore, bensì il contrario. Così anche voi onoratelo nella maniera che egli stesso ha comandato, impiegando cioè le vostre ricchezze a favore dei poveri. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro. Con questo non vi vieto di fare quei doni, ma vi scongiuro, dopo aver presentato queste offerte, anzi prima ancora di farle, di elargire ele- mosine. Dio accoglie anche i doni che voi fate alla chiesa, ma gradisce assai di più quelli che fate ai poveri. Nel primo caso si avvantaggia soltanto colui che offre, mentre nel secondo trae profitto anche chi riceve. L’offerta che si fa qui potrebbe essere anche occasione di vana- gloria e di ostentazione; là, invece, tutto è misericordia e amore. Quale vantaggio può avere Cristo se la sua mensa è coperta di vasi d’oro, mentre egli stesso muore di fame nella persona dei poveri? Cominciate a saziare lui che ha fame e in seguito, se vi resta ancora del denaro, ornate anche il suo altare. gli offri un calice d’oro e non gli dai un bic- chiere d’acqua fresca? Che beneficio ne ritrae? Tu procuri per l’altare 9999 S piegazione La scelta di fede e l’impegno nella vita quotidiana per costruire società più giu- ste non possono subire alcun distacco. Sarebbe un distruggere la stessa espe- rienza di fede. È ancora la carità, in tutte le sue multiformi espressioni, a fare sintesi tra fede e vita, tra annunzio del Vangelo e servizio al fratello. Il volto e la fisionomia dell’amore costituisce il cuore della fede e permette ad essa di non chiudersi nell’ambito intimistico e di non rimanere bloccata nelle mura del tempio. Oggi più che mai la carità, espressione della fede che opera nella storia, parla il linguaggio della carità politica e sociale, come maniera esigente di vivere l’im- pegno cristiano al servizio degli altri.  Quali azioni concrete si possono proporre per esprimere la ”fede in opere” nella vita sociale? Annotale sinteticamente. Politica Famiglia Lavoro Scuola Sport veli intessuti d’oro e a lui non offri il vestito necessario. Che guadagno ne ricava? Dimmi: se tu vedessi un uomo privo del cibo necessario, lo lasceresti forse consumarsi di fame e ti dedicheresti invece a coprire d’argento la tavola? Credi che quel povero ti ringrazierebbe, o piuttosto non si indignerebbe contro di te? E se, vedendolo coperto di stracci e intirizzito dal freddo, tu trascurassi di dargli un vestito per innalzare invece colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore? Non credi che egli considererebbe ciò una derisione da parte tua e come un supremo insulto? Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo e ti preoccupi invece di adornare il pavimento, le pareti e i capitelli delle colonne; tu appendi catene d’argento per le lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per vietarvi di onorarlo con tali doni, ma per esortarvi ad offrire aiuto ai poveri insieme a quei doni, o meglio a far precedere ai doni simbolici l’aiuto concreto»1. 1 s. Giovanni crisostoMo , Commento al Vangelo di S. Matteo, Città Nuova, Roma 1966, vol. 2, pp. 323-324. 100100 S perimentazione 1) Idee L’analisi dei testi biblici e l’insegnamento della Chiesa offrono elementi di riflessione che rendono più scandalosa ogni forma di incoerenza o di latitanza da parte dei cre- denti nell’impegno a favore dei poveri e della giustizia. Ma nello stesso tempo possono far guardare con simpatia ad una religione cristiana che non invita a chiudersi nelle sacrestie, ma chiede di fare della presenza nel tempio, il momento della carica rivolu- zionaria che spinge a lottare, per amore dei fratelli, per una società più giusta. Possiamo appuntare le idee fondamentali: 2) Problemi A partire da queste due idee fondamentali affiorano degli interrogativi:  Non esiste, secondo il messaggio della Bibbia e del Magistero della Chiesa, nessuna separazione tra fede e vita . Tra esse c’è stretta connessione. Una rimanda all’altra.  La fede si rende visibile ed operante nella vita quotidiana attraverso la ca- rità e l’impegno verso tutti i fratelli sia sul piano personale sia su quello socio-politico.  Per quali ragioni il credente è spinto talvolta a chiudersi nel tempio?  Quali sono, attualmente, nell’ambito cristiano, le forme di chiusura più evi- denti? Ne conosci qualcuna del passato recente? Quali cause l’hanno deter- minata?  Conosci forme di chiusura in altre religioni? Sono superabili? A quali condi- zioni? 101101 S perimentazione 3) Pilastri concettuali Tutto il nostro percorso ci ha permesso di confrontarci con una religiosità che, nel mo- mento in cui si traduce in scelta personale di adesione a Dio perché lo si è conosciuto per la rivelazione di Cristo (fede), coinvolge tutto l’uomo e non accetta di essere ridotta a un angolo limitato della propria vita (limitandosi, ad esempio, al solo culto). È necessario guardare allora al mondo e alle relazioni sociali come al luogo in cui la fede chiede di essere realizzata attraverso la pas- sione per la giustizia. È il modo “pubblico” di vivere la carità cristiana. È evidente che il credente, nel momento in cui si confronta con la storia e le sue complessità si ritrova accanto ad altri uomini (laicità). Anche lui è alla ricerca delle soluzioni e delle strategie migliori per realizzare i valori in cui crede. La fede non può essere intesa come una sorta di serbatoio privilegiato da cui tirare fuori le risposte ad ogni problema. Dalla fede vengono motivazioni e finalità, chiarezza di valori uma- ni. Dalla sofferta ricerca umana proviene la scelta dei percorsi e delle strategie. La sintesi tra fede e vita si costruisce su alcuni concetti fondamentali:  concetto di fede che abbracci tutto l’uomo in tutte le sue dimensioni;  concetto di mondo come luogo ove la fede è testimoniata;  concetto di laicità come modo di essere del credente nel mondo, uomo ac- canto ad altri uomini;  concetto di azione del credente nel mondo, portatore di valori umani illumi- nati dalla fede, da condividere con gli altri uomini. Prova a verbalizzare i concetti acquisiti: • il credente è colui che nella storia... • il cristiano dalla fede attinge... • vivere la laicità significa... 102102 S perimentazione Se uno volesse operare da cristiano nel mondo... • dovrebbe conoscere... • dovrebbe essere... • dovrebbe fare... Se volessi elaborare una lettera aperta alle comunità cristiane per pro- vocarle a spendersi di più sul piano della giustizia sociale, che oggi as- sume dimensioni mondiali, cosa scriveresti? Cosa ti aspetteresti dai credenti di fronte alla sfruttamento dei minori nei paesi del terzo mondo? La disoccupazione è diventata ormai un problema drammatico. Se fossi un semplice sindacalista, diresti… faresti… Se fossi responsabile di un gruppo di laici cristiani, diresti... faresti... Se fossi un politico, diresti… faresti… 103103 S perimentazione Confrontati con il seguente brano e prendi posizione. L’analfabeta politico (Bertold Brecht) Il peggior analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non ascolta, non parla né partecipa agli avvenimenti politici. Non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e delle medicine dipendono dalle decisioni politiche. Un analfabeta politico è tanto animale che si inorgoglisce e gonfia il petto nel dire che odia la politica. Non sa l’imbecille che dalla sua ignoranza politica proviene la prostituta, il minore abbandonato, il rapinatore ed il peggiore di tutti i banditi, che è il politico disonesto, ingannatore e corrotto, leccapiedi delle imprese nazionali e multinazionali. Sei d’accordo? Fino a che punto? In che cosa ti senti provocato? La po- litica è inutile,sporca e dannosa? 104104 S perimentazione La fede costituisce una sfida per i credenti perché li provoca costantemente a tradur- re la loro religiosità sul piano della carità e della passione per questo mondo che si vuole sempre più giusto. Le religioni, sia quelle ufficiali sia quelle nascoste nell’intimo del cuore dell’uomo, sono strade che conducono a Dio e che Dio percorre per raggiungere l’uo- mo. Ma tutte sono poste di fronte ai problemi concreti della vita quotidiana. Tutte sono interpellate dal grido di aiuto di tanti fratelli, vittime dell’ingiustizia. Sembra che Dio, in un certo senso dica: «Non mi importa con quale nome mi invo- chiate o con quale culto mi onoriate e nemmeno se non mi avete trovato ancora né un nome, né un tempio in cui pregare... ciò che conta è che la vostra ricerca non si allontani mai dalla strada percorsa dai fratelli. Certamente prima o dopo mi incon- trerete. Io cammino sempre con l’uomo». Questo vale anche e soprattutto per i cristiani. Da coloro che hanno conosciuto Cri- sto e il suo messaggio di carità non può venir meno una testimonianza coerente di amore per tutti i fratelli e di impegno per la giustizia. Il nostro mondo non è solo oggetto da ammirare, ma spazio vitale da abita- re, da cambiare, da trasformare… in meglio. Tanto resta da fare… 105105 S perimentazione C’è da fare (giorgia, Come Thelma e Louise, 1995) C’è da fare, c’è da fare, c’è sempre qualcosa da fare. C’è da fare, c’è da fare, c’è sempre qualcosa da fare e da rifare. C’è da fare, c’è da fare, c’è da far da mangiare per un mondo affamato. C’è da fare, c’è da fare, c’è sempre qualcosa da fare dentro di noi. C’è da fare andare avanti la baracca, aggiustare qualche cosa che si spacca. E quando poi pioverà un secchio qui e un altro là contro l’umidità. È inutile parlare fare finta di guardare. C’è da fare, c’è da fare, c’è sempre qualcosa da fare e da rifare. C’è da fare, c’è da fare, c’è da fare un casino anche contro il destino, c’è da fare, da cambiare, c’è sempre qualcosa da fare e tu lo sai. La mattina c’è da riordinare il letto e rimette molti sogni nel cassetto, che siamo sempre a metà perché qualcosa non va, ci vuole più volontà, arrangiarsi, ingegnarsi, lavorare e poi stancarsi per liberarsi c’è da fare sai qualcosa di importante c’è da fare qualcosa di più grande c’è da fare. Ci sarebbe da cambiare mezzo mondo, dare a tutto un senso molto più profondo, col sole in faccia si sa che gran fatica sarà, contro l’aridità. G IO R G IA giorgia Todrani prende dal padre la passione per la musica nera. Nel 1994 è la vera rivelazione del Festival di Sanremo con la canzone E poi. L’anno successivo ritorna al Festival con Come saprei, scritta insieme ad Eros Ramaz- zotti, conquistando il primo posto. Nel 1996 con Strano il mio destino si clas- sifica al terzo. Incomincia dopo questi successi a cantare con Luciano Pava- rotti, Andrea Bocelli, Pino Daniele. Nel 2001 a Sanremo con il brano scritto da Zucchero Di sole e d’azzurro, si clas- sifica al secondo posto confermandosi come una delle più belle voci italiane di questi ultimi tempi. 106106 S perimentazione È inutile parlare, fare finta di guardare, c’è da fare, c’è da fare, qualche volta sbagliare, dover ricominciare, c’è da fare, c’è da fare, c’è da far da mangiare per un mondo affamato, c’è da fare, c’è da fare, c’è sempre qualcosa da fare e tu lo sai, c’è da fare qualcosa di importante c’è da fare. È inutile parlare, fare finta di guardare quando c’è da fare sai. C’è da fare qualcosa di importante C’è da fare qualcosa di importante. Prova ad individuare che cosa c’è da fare di importante per migliorare le relazioni e il mondo in: Politica Famiglia Lavoro Chiesa Città 107107 V erificaV erifica 1) Quali sono i principali valori che la Bibbia indica per una giusta relazione nella vita sociale? 2) Descrivi un episodio biblico che manifesta l’intervento di Dio nella vita concreta degli uomini. 3) Descrivi l’episodio del giudizio finale raccontato nel Vangelo (cfr. pp. 96-97) e il suo significato. Novità cristiana e passione per il mondo : rispondi brevemente 108108 V erificaV erifica PER APPROFONDIRE PontiFi cio consiGlio Della GiustiZia e Della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004. PontiFi cio consiGlio Della GiustiZia e Della Pace, Dizionario di Dottrina Sociale della Chiesa, LAS, Roma 2005. toso Mario – Q uinZi gabriele, I cattolici e il bene comune. Quale formazione?, LAS, Roma 2007. 4) Quali sono le idee fondamentali presenti nella Bibbia e nell’insegnamen - to della Chiesa sulla relazione tra fede e vita? 5) Esprimi la tua personale opinione circa la relazione tra religione e vita nella società di oggi. 109109UA 5 110110 Percorso Questa unità “La dottrina sociale della Chiesa: una proposta per tutti” ti aiuterà a riflettere sul ruolo educativo della Chiesa nella formazione della coscienza sociale e politica dei cristiani e sui punti fondamentali di etica sociale e del lavoro. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 111111 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Conoscere l’insegnamento del- la chiesa sulla vita, il matrimo- nio, la famiglia e il lavoro Riconoscere le linee di fondo, i va- lori fondamentali,i principi di rifles- sione e i criteri di giudizio presenti nella Dottrina sociale della Chiesa Individuare gli atteggiamen- ti e i comportamenti più cor- retti e coerenti con la Dot- trina sociale della Chiesa da assumere in campo econo- mico, sociale e politico 112112 E sperienza Il caso della settimana Discussione vivace, oggi al bar. Antonio spara a zero contro il parroco. Nell’omelia bollava come sfruttatori quei proprietari che assume- vano a minor prezzo extracomunitari per la raccolta stagionale dell’uva. Io la penso così Ognuno definisca la sua posizione, selezionan- do la risposta che più si avvicina alla sua idea: 1. L’intervento del parroco:  è un’indebita intromissione  ce l’ha con i proprietari  difende gli extracomunitari  è dalla parte dei suoi parroc- chiani disoccupati  è... 2. Il parroco mira a:  cambiare il mercato del lavoro  sollecitare l’intervento della magistratura  incidere sulla mentalità dei proprietari  convertire alla sua religione gli extracomunitari  .... 3. Il prete:  quando parla deve sempre criticare qualcuno  ha le sue fisime di ex sindacalista  richiama valori per educare le coscienze  vuole essere alla moda  ... In tribunale Un gruppo sostenga la legittimità, i contenuti e le modalità dell’intervento del parroco. Un altro so- stenga il contrario. Alla fine si verifichino le ragioni pro e contro e i loro punti forza. Pronunciare, motivandolo, un eventuale verdetto di con- danna o di assoluzione. 113113 R iflessione È evidente che il parroco (= la chiesa “magisteriale”, cioè chiamata ad insegnare) non è competente né ha autorità al di fuori dell’ambito della proposta e dell’educa- zione alla fede. Un parroco non è chiamato ad offrire soluzioni sindacali o ricette per risolvere problemi di natura economica e politica. Non è chiamato neppure a sosti- tuirsi alle decisioni che ogni uomo matura nell’intimità del proprio cuore. Campo privilegiato della sua azione è l’educazione della coscienza, nucleo profondo e delicato della persona (cfr. Gaudium et spes, 16). È là che ognuno di noi percepi- sce e scopre il mondo dei valori, sia sul piano religioso (che cosa credere?) ed etico (come comportarsi?). Lì s’innesca un delicato processo che chiama in causa l’auto - nomia e la determinazione della persona. Ognuno in questo scrigno segreto della sua interiorità: guarda la vita in profondità, intuisce il bene, prende le decisioni più importanti, si muove ad agire…. Contemplare i valori, sforzarsi di farli propri e renderli personali. Decidersi a viverli, dopo averli individuati in una determinata situazione. In questo processo di scelta la persona è pienamente coinvolta. Cuore, mente e mani: tutto l’uomo si sente proteso verso la realizzazione di sé… e degli altri nel mondo. Ecco perché il parroco o il credente cristiano che vive accanto ad altri che non cre- dono allo stesso modo è chiamato a proporre, non ad imporre; a stimolare, non a sostituirsi agli interlocutori… Ogni intervento esterno o è formativo e rispettoso del dinamismo della coscienza, o è destinato al fallimento, perché è avvertito come un’invasione di campo, da respin- gere immediatamente. 114114 R iflessione Ci si può chiedere: - Su quali valori avviene l’educazione della coscienza? Sottolinea soltanto tre valori che ti sembrano legittimi e desiderabili: prevaricazione, solidarietà, libertà, violenza, fraternità, autorevolezza, coercizione, uguaglianza, prepotenza, influenza, sollecitudine, imposizione, autorità, fedeltà, coerenza Sai dire il perché della scelta? - Che cosa deve aspettarsi oggi la coscienza del credente dalla Chiesa? Rispondi liberamente: Prova a fare il confronto sui valori vissuti ieri e oggi: • i genitori di ieri e i genitori di oggi (prima) (ora) • gli insegnanti di ieri e gli insegnanti di oggi (prima) (ora) • la chiesa di ieri e la chiesa di oggi (prima) (ora) • lo stato di ieri e lo stato di oggi (prima) (ora) 115115 S piegazione 1. Dalla Parola di Dio, la coscienza sociale La Bibbia parla di Dio che ha a cuore tutta la vita dell’uomo e lo chiama a re- sponsabilità piena nel costruire la vita sociale, economica e politica. Non offre soluzioni tecniche ai singoli problemi, ma rivela alla coscienza che ogni uomo è figlio di Dio e che tutti devono essere trattati come fratelli. Essa è scoperta, approfondimento, educazione costante della propria coscienza di persone con un’eminente dignità perché creata ad immagine di Dio ma anche del compito, mai pienamente espletato, di risolvere, nell’amore verso tutti, i problemi della vita in comune. La formazione sociale avviene nell’ascolto della Parola di Dio proclama- ta e attualizzata dalla comunità cristiana (cfr. Mt 25,31-45). La fede illumina la coscienza e le fa scoprire che in ogni uomo è presente Cristo (cfr. Lc 4,16-19).. Il credente ha coscienza di essere cittadino partecipe e responsabile nella realtà sociale in cui è inserito : Tt 3,1-8 1[Carissimo Tito,] ricorda loro [ai cristiani] di esser sottomessi ai magi- strati e alle autorità, di obbedire, di essere pronti per ogni opera buona; 2di non parlar male di nessuno, di evitare le contese, di esser mansueti, mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini. 3Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di pas- sioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell’invidia, degni di odio e odiandoci a vicenda. 4Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, 5egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, 6effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di gesù Cri- sto, salvatore nostro, 7perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna. 8Questa parola è degna di fede e perciò voglio che tu insista in queste cose, perché coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone. Ciò è bel- lo e utile per gli uomini. Quali virtù sociali risuonano nel testo appena letto e quali atteggiamenti sono invece antisociali? Evidenzia le prime con l’evidenziatore giallo e i secondi con l’evidenziatore verde. 116116 S piegazione 2. Dai Padri della Chiesa: una coscienza per animare l’intera società Lettera a Diogneto «[...] I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per il paese, né per la lingua, né per gli abiti. Essi non abitano in città di loro pro- prietà, non si servono di qualche dialetto straordinario, il loro genere di vita non ha nulla di singolare. Non è all’immaginazione o ai sogni di spiriti agitati che la loro dottrina deve la sua scoperta; non si fanno, come tanti altri, campioni di una dottrina umana. Essi si dividono in città greche e barbare secondo la parte toccata a ciascuno; si confor- mano agli usi locali per i vestiti, il nutrimento e la maniera di vivere, pur manifestando le leggi straordinarie e veramente paradossali della loro repubblica spirituale. Risiedono ciascuno nella propria patria, ma come stranieri. Soddisfano tutti i loro doveri di cittadini, sopportano tutti gli incarichi come stra- nieri. Ogni terra straniera è per loro una patria e ogni patria una terra straniera. Si sposano come tutti, hanno dei figli, ma non abbandonano i loro neonati. Partecipano tutti della stessa tavola, ma non dello stesso letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Passano la loro vita sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite e la loro maniera di vivere supera in perfezione tutte queste leggi. Amano tutti gli uomini e tutti li perseguitano. Li misconoscono, li condannano; li uccidono e con questo essi si guadagnano la vita. Sono poveri e arricchiscono un gran numero di persone. Mancano di tutto e sovrabbondano di ogni cosa. Vengono disprezzati e in questo disprezzo essi trovano la loro gloria. Vengono calunniati e giustificano. Vengono insultati ed essi benedicono. Oltraggiati ed onorano. Non fanno che il bene, ma vengono puniti come scellerati. E puniti, sono nella gioia come se nascessero alla vita. gli Ebrei fanno loro la guerra come a de- gli stranieri; sono perseguitati dai greci e quelli che li detestano non saprebbero dire la causa del loro odio. In una parola, quello che l’anima è nel corpo, i cristiani lo sono nel mondo. L’anima è diffusa in tutte le membra dei corpo come i cristiani nelle città del mondo. L’anima abita nel corpo e tuttavia essa non è del corpo, come i cristiani abitano nel mondo ma non sono del mondo. Invisibile, l’anima è tenuta prigioniera in un corpo visibile; così i cristiani: si vede bene che sono nel mondo, ma il culto che rendono a Dio rimane invisibile. La carne detesta l’anima e le fa guerra, senza aver ricevuto alcun torto, perché essa le impedisce di godere dei pia- ceri. Così il mondo detesta i cristiani che non gli fanno alcun torto, ma solo perché essi si oppongono ai suoi piaceri. L’anima ama questa car- ne che la detesta e le sue membra, come i cristiani amano coloro che 117117 S piegazione li odiano. L’anima è chiusa nel corpo, ma è essa che mantiene il corpo; i cristiani sono come prigionieri nella prigione del mondo, ma sono loro che mantengono il mondo. L’anima immortale abita in una tenda mortale, così come i cristiani si accampano nel corruttibile, attendendo l’incorruttibilità celeste. L’anima diventa migliore mortificandosi con la fame e la sete. I cristiani perseguitati di giorno in giorno si moltiplicano sempre più. Talmente elevato è il posto che Dio ha loro assegnato, che non è permesso loro di disertarlo». A chi o a che cosa sono paragonati i cristiani nella società nel testo appena letto? Basilio di Cesarea «Considera, amico mio, la natura delle ricchezze. Perché l’oro sca - tena dentro di te tanta passione? È una pietra, l’oro, una pietra l’ar - gento, una pietra la perla, pietre tutte le gemme, il topazio, il berillio, l’agata, il giacinto, l’ametista, il diaspro. Ecco il fiore delle ricchezze. Ma tu le sotterri in nascondigli e anneghi nell’ombra queste meraviglie, oppure le porti su di te e trai vanità dal loro prezioso splendore. Dimmi, che cosa ci guadagni ad agitare una mano su cui brillano delle pietre? Non arrossisci a desiderare delle pietre, come le donne incinte che ro- dono la ghiaia? Vuoi anche da ghiotto pietre che brillano e collezioni sardonie, diaspri, ametiste. Ma quale persona elegante ha potuto allungare la sua vita di un solo giorno? La ricchezza ha mai intimidito la morte? Il denaro ha mai cacciato la malattia? Fino a quando quest’oro, sarà inganno dell’ani- ma, amo della morte, esca del peccato? Fino a quando la ricchezza, sarà motivo di guerre che forgia le armi e affila le spade? A causa di essa, alcuni genitori dimenticano i sentimenti della natura, alcuni fratelli si guardano con occhi assassini. A causa di essa, i deserti nu- trono gli omicidi, il mare i pirati, le città i delatori. Chi ha partorito la menzogna? Chi è l’artigiano dei falsi? Chi ha generato lo spergiuro se non la ricchezza, se non la frenesia che essa suscita? Che cosa vi prende, uomini? Chi ha cambiato i vostri beni in traditori? “Ci aiutano a vivere”. Sono provviste di male quelle che vi consegnano col vostro denaro. “È il riscatto dell’anima”. Non è invece l’occasio- ne della sua rovina? “Dobbiamo avere del denaro per i nostri figli”. Assurda ragione per arricchirvi! Vi servite del pretesto dei vostri figli 118118 S piegazione 3. Fino alla Dottrina sociale della Chiesa Lungo i secoli, durante la sua millenaria esperienza, la Chiesa ha elaborato un quadro organico di idee, di principi, di orientamenti e di direttive che vanno sotto il nome di Dottrina sociale della Chiesa. Esaminiamone le principali caratteristiche1: 1 I testi riportati sono tratti da: PontiFicio consiGlio Della GiustiZia e Della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004. Per altri riferimenti magisteriali: cfr. G. ruta (ed.), Etica della persona e del lavoro , CNOS-FAP, Roma 2004, pp. 426ss. per tranquillizzare il vostro cuore. Non accusate un innocente, vostro figlio ha il suo padrone, il suo custode particolare. Da un altro egli ha ricevuto la vita e sempre da lui attende la propria sussistenza. Forse che i Vangeli non sono stati scritti anche per le persone sposate? Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi e dai il ricavato ai poveri. Quando pregavi il Signore di benedire la tua unione e di concederti dei figli, aggiungevi “Dammi dei figli in modo che io possa trasgredire i tuoi comandamenti; dammi dei figli perché io non entri nel Regno”? Chi, del resto, sarà garante della virtù di nostro figlio e potrà assicurarci che egli non misurerà la fortuna che noi gli avre- mo lasciato? Per tanti individui, la ricchezza è divenuta serva della corruzione! Non conosci quella parola dell’Ecclesiaste: Ho visto una malattia terribile: la ricchezza conservata per la disgrazia del suo padrone? e quell’altra: Che io lasci la ricchezza al mio successore. Chi sa se egli sarà saggio o insensato?». Che cosa è l’oro per Basilio? Che cosa vale di più delle ricchezze? Prova a rispondere: Quando le cose e il denaro ci uniscono? Prova a rispondere: Quando le cose e il denaro ci dividono? 119119 S piegazione CHE COSA È? a) Il conoscere illuminato dalla fede 72 La dottrina sociale non è stata pensa - ta da principio come un sistema organico, ma si è formata nel corso del tempo, at- traverso i numerosi interventi del Magi- stero sui temi sociali . Essa è «l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse real- tà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principa- le è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’in- segnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristia- no». 74 La dottrina sociale trova il suo fonda- mento essenziale nella Rivelazione bibli- ca e nella Tradizione della Chiesa. A questa sorgente, che viene dall’alto, essa attinge l’ispirazione e la luce per comprendere, giudicare e orientare l’esperienza umana e la storia. Prima e al di sopra di tutto sta il progetto di Dio sul creato e, in particolare, sulla vita e sul destino dell’uomo chia- mato alla comunione trinitaria. 75 La fede e la ragione costituiscono le due vie conoscitive della dottrina sociale, essendo due le fonti alle quali essa attinge: la Rivelazione e la natu- ra umana. Il conoscere della fede comprende e dirige il vissuto dell’uomo nella luce del mistero storico-salvifico, del rivelarsi e donarsi di Dio in Cristo per noi uomini. Questa intelligenza della fede include la ragione, mediante la quale essa, per quanto possibile, spiega e comprende la verità rivelata e la integra con la verità della natura umana, attinta al progetto divino espresso dalla creazione, ossia la verità integrale della persona in quanto essere spirituale e corporeo, in relazione con Dio, con gli altri esseri umani e con le altre creature. b) È l’espressione del ministero d’insegnamento della Chiesa 79 La dottrina sociale è della Chiesa perché la Chiesa è il soggetto che la elabora, la diffonde e la insegna . Essa non è prerogativa di una componente del corpo ecclesiale, ma della comunità intera: è espressione del modo in cui la Chiesa 120120 S piegazione comprende la società e si pone nei confronti delle sue strutture e dei suoi mutamen- ti. Tutta la comunità ecclesiale — sacerdoti, religiosi e laici — concorre a costituire la dottrina sociale, secondo la diversità di compiti, carismi e ministeri al suo interno. 80 Nella dottrina sociale della Chiesa è in atto il Magistero in tutte le sue componenti ed espressioni. Primario è il Magistero universale del Papa e del Concilio: è questo Magistero a determinare l’indirizzo e a segnare lo sviluppo della dottrina sociale. Esso, a sua volta, è integrato da quello episcopale, che ne specifica, traduce e attualizza l’insegnamento nella concretezza e peculiarità delle molteplici e diverse situazioni locali. L’insegnamento sociale dei Vescovi offre validi contributi e stimoli al magistero del Romano Pontefice. Si attua in questo modo una circolarità, che esprime di fatto la collegialità dei Pastori uniti al Papa nell’insegnamento sociale della Chiesa. Il complesso dottrinale che ne risulta comprende ed integra l’insegna- mento universale dei Papi e quello particolare dei Vescovi. In quanto parte dell’insegnamento morale della Chiesa, la dottrina sociale ri- veste la medesima dignità ed ha la stessa autorevolezza di tale insegnamento . Essa è Magistero autentico, che esige l’accettazione e l’adesione dei fedeli. c) È finalizzata per una società riconciliata nella giustizia e nell’amore 81 L’oggetto della dottrina sociale è essenzialmente lo stesso che ne costi- tuisce la ragion d’essere: l’uomo chiamato alla salvezza e come tale affida- to da Cristo alla cura e alla responsabilità della Chiesa. Con la sua dottrina sociale, la Chiesa si preoccupa della vita umana nella società, nella consapevolezza che dalla qualità del vissuto sociale, ossia delle relazioni di giustizia e di amore che lo intessono, dipende in modo decisivo la tutela e la promozione delle persone, per le quali ogni comunità è costituita. Nella società, infatti, sono in gioco la dignità e i diritti della persona e la pace nelle rela- zioni tra persone e tra comunità di perso- ne. Beni, questi, che la comunità sociale deve perseguire e garantire. 82 L’intento della dottrina sociale è di ordine religioso e morale . Religio - so perché la missione evangelizzatrice e salvifica della Chiesa abbraccia l’uomo «nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme del suo essere comunitario e sociale». Morale perché la Chiesa mira ad un «umanesimo plenario», vale a dire alla «liberazione da tutto ciò che opprime l’uomo» e allo «svi- 121121 S piegazione luppo di tutto l’uomo e di tutti gli uo- mini». La dottrina sociale traccia le vie da percorrere verso una società ricon- ciliata ed armonizzata nella giustizia e nell’amore, anticipatrice nella storia, in modo incoativo e prefigurativo, di «nuovi cieli e... terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia» (2 Pt 3,13). d) È un messaggio per i figli della Chiesa e per l’umanità 83 Prima destinataria della dottri - na sociale è la comunità ecclesiale in tutti i suoi membri, perché tut- ti hanno responsabilità sociali da assumere . La coscienza è interpellata dall’insegnamento sociale per riconoscere e adempiere i doveri di giustizia e di carità nella vita sociale. Tale insegnamento è luce di verità morale, che suscita appropriate risposte secondo la vocazione e il ministero di ciascun cristiano. Nei compiti di evangelizzazione, vale a dire di insegnamento, di catechesi e di formazione, che la dottrina sociale della Chiesa suscita, essa è desti- nata ad ogni cristiano, secondo le competenze, i carismi, gli uffici e la missione di annuncio propri di ciascuno. La dottrina sociale implica altresì responsabilità relative alla costruzione, all’organiz- zazione e al funzionamento della società: obblighi politici, economici, amministrativi, vale a dire di natura secolare, che appartengono ai fedeli laici, non ai sacerdoti e ai religiosi. Tali responsabilità competono ai laici in modo peculiare, in ragione della condizione secolare del loro stato di vita e dell’indole secolare della loro vocazione: mediante tali responsabilità, i laici mettono in opera l’insegnamento sociale e adem- piono la missione secolare della Chiesa. 84 Oltre la destinazione, primaria e specifica, ai figli della Chiesa, la dottrina sociale ha una destinazione universale. La luce del Vangelo, che la dottrina so- ciale riverbera sulla società, illumina tutti gli uomini, ed ogni coscienza e intelligen- za sono in grado di cogliere la profondità umana dei significati e dei valori da essa espressi e la carica di umanità e di umanizzazione delle sue norme d’azione. Sicché tutti, in nome dell’uomo, della sua dignità una e unica e della sua tutela e promozio- ne nella società, tutti, in nome dell’unico Dio, Creatore e fine ultimo dell’uomo, sono destinatari della dottrina sociale della Chiesa. La dottrina sociale è un insegnamento espressamente rivolto a tutti gli uomini di buona volontà e, infatti, è ascoltato dai membri delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali, dai seguaci di altre tradizioni reli- giose e da persone che non fanno parte di alcun gruppo religioso. 122122 S piegazione LA DOTTRINA SOCIALE NEL NOSTRO TEMPO: CENNI STORICI tratti dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa L’avvio di un nuovo cammino 87 La locuzione dottrina sociale risale a Pio XI e designa il «corpus» dottri- nale riguardante temi di rilevanza so - ciale che, a partire dall’enciclica Rerum novarum di Leone XIII, si è sviluppa- to nella Chiesa attraverso il Magistero dei Romani Pontefici e dei Vescovi in comunione con essi. Nella sua continua attenzione per l’uomo nella società, la Chiesa ha accumulato così un ricco patrimonio dottrinale. Esso ha le sue radici nella Sacra Scrittura, specialmente nel Vangelo e negli scritti apostolici, ed ha preso forma e corpo a partire dai Padri della Chiesa e dai grandi Dottori del Medio Evo, costituendo una dottrina in cui, pur senza espliciti e di- retti interventi a livello magisteriale, la Chiesa si è via via riconosciuta. 88 Gli eventi di natura economica che si produssero nel XIX secolo ebbero conseguenze sociali, politiche e culturali dirompenti. gli avvenimenti collegati alla rivoluzione industriale sovvertirono secolari assetti sociali, sollevando gravi pro- blemi di giustizia e ponendo la prima grande questione sociale, la questione operaia, suscitata dal conflitto tra capitale e lavoro. Dalla Rerum novarum ai nostri giorni 89 In risposta alla prima grande questione sociale, Leone XIII promulga la pri- ma enciclica sociale, la Rerum novarum (1891). Essa prende in esame la con- dizione dei lavoratori salariati, particolarmente penosa per gli operai delle in- dustrie, afflitti da un’indegna miseria. La questione operaia viene trattata secondo la sua reale ampiezza: essa è esplorata in tutte le sue articolazioni sociali e politiche, per essere adeguatamente valutata alla luce dei principi dottrinali fondati sulla Rivelazione, sulla legge e sulla morale naturale. La Rerum novarum elenca gli errori che provocano il male sociale, esclude il sociali- smo come rimedio ed espone, precisandola e attualizzandola, «la dottrina cattolica 123123 S piegazione sul lavoro, sul diritto di proprietà, sul principio di collaborazione contrapposto alla lotta di classe come mezzo fondamentale per il cambiamento sociale, sul diritto dei deboli, sulla dignità dei poveri e sugli obblighi dei ricchi, sul perfezionamento della giustizia mediante la carità, sul diritto ad avere associazioni professionali». La Rerum novarum è diventata il documento ispirativo e di riferimento dell’attività cristiana in campo sociale. Il tema centrale dell’Enciclica è quello dell’instaurazione di un ordine sociale giusto, in vista del quale è doveroso individuare dei criteri di giudizio che aiutino a valutare gli ordinamenti socio-politici esistenti e a prospettare linee d’azione per una loro opportuna trasformazione. 91 All’inizio degli anni Trenta, a ridosso della grave crisi economica del 1929, Pio XI pubblica l’enciclica Quadragesimo anno (1931), commemorativa dei quarant’anni della Rerum novarum. Il Papa rilegge il passato alla luce di una situazione economico-sociale in cui all’industrializzazione si era aggiunta l’espansione del potere dei gruppi finanzia- ri, in ambito nazionale ed internazionale. Era il periodo post-bellico, in cui si andavano affermando in Europa i regimi totalitari, mentre si inaspriva la lotta di classe. L’Enci- clica ammonisce sul mancato rispetto della libertà di associazione e ribadisce i principi di solidarietà e di collaborazione per superare le antinomie sociali. I rapporti tra capitale e lavoro devono essere all’insegna della cooperazione. La Quadragesimo anno ribadisce il principio che il salario deve essere pro- porzionato non solo alle necessità del lavoratore, ma anche a quelle della sua famiglia. Lo Stato, nei rapporti col settore privato, deve applicare il principio di sussidiarietà, principio che diverrà un elemento permanente della dottrina sociale. L’Enciclica rifiuta il liberalismo inteso come illimitata concorrenza delle forze econo- miche, ma riconferma il valore della proprietà privata, richiamandone la funzione sociale. In una società da ricostruire fin dalle basi economiche, che diventa essa stessa e tutta intera «la questione» da affrontare, «Pio XI sentì il dovere e la respon - sabilità di promuovere una mag- giore conoscenza, una più esat- ta interpretazione e una urgente applicazione della legge morale regolativa dei rapporti umani..., allo scopo di superare il conflit- to delle classi e di arrivare a un nuovo ordine sociale basato sul- la giustizia e sulla carità». 92 Pio XI non mancò di far sentire la sua voce contro i regimi totalitari che durante il suo pontificato si afferma- rono in Europa. già il 29 giugno 1931 aveva protestato contro le sopraffazioni del regime fascista in Italia con l’enciclica Non abbia- 124124 S piegazione mo bisogno. Nel 1937 pubblicò l’enciclica Mit brennender Sorge, sulla situazione della Chiesa Cattolica nel Reich germanico. Il testo della Mit brennender Sorge fu letto dal pulpito di tutte le chiese cattoliche in germania, dopo essere stato diffuso nella mas- sima segretezza. L’Enciclica giungeva dopo anni di soprusi e di violenze ed era stata espressamente richiesta a Pio XI dai Vescovi tedeschi, in seguito alle misure sempre più coercitive e repressive adottate dal Reich nel 1936, in particolare nei confronti dei giovani, obbligati ad iscriversi alla «gioventù hitleriana». Il Papa si rivolge ai sacerdoti e ai religiosi, ai fedeli laici, per incoraggiarli e chiamarli alla resistenza, fino a quando una vera pace tra la Chiesa e lo Stato non sia ristabilita. Nel 1938, davanti al diffon- dersi dell’antisemitismo, Pio XI affermò: «Siamo spiritualmente semiti». Con l’enciclica Divini Redemptoris (1937), sul comunismo ateo e sulla dottrina sociale cristiana, Pio XI criticò in modo sistematico il comunismo, definito «intrinsecamente perverso», e indicò come mezzi principali per porre rimedio ai mali da esso prodotti, il rinnovamento della vita cristiana, l’esercizio della carità evangelica, l’adempimen- to dei doveri di giustizia a livello interpersonale e sociale in ordine al bene comune, l’istituzionalizzazione di corpi professionali e inter-professionali. 94 Gli anni Sessanta aprono orizzonti promettenti: la ripresa dopo le deva- stazioni della guerra, l’inizio della decolonizzazione, i primi timidi segnali di un di- sgelo nei rapporti tra i due blocchi, americano e sovietico. In questo clima, il beato giovanni XXIII legge in profondità i «segni dei tempi». La questione sociale si sta universalizzando e coinvolge tutti i Paesi: accanto alla questione operaia e alla rivo- 125125 S piegazione luzione industriale, si delineano i problemi dell’agricoltura, delle aree in via di svilup- po, dell’incremento demografico e quelli relativi alla necessità di una cooperazione economica mondiale. Le disuguaglianze, in precedenza avvertite all’interno delle Nazioni, appaiono a livello internazionale e fanno emergere con sempre maggiore chiarezza la situazione drammatica in cui si trova il Terzo Mondo. Giovanni XXIII, nell’enciclica Mater et magistra (1961) , «mira ad aggior- nare i documenti già conosciuti e a fare un ulteriore passo in avanti nel processo di coinvolgimento di tutta la comunità cristiana». Le parole-chiave dell’Enciclica sono comunità e socializzazione: la Chiesa è chiamata, nella verità, nella giustizia e nell’amore, a collaborare con tutti gli uomini per costruire un’au- tentica comunione. Per tale via la crescita economica non si limiterà a soddisfare i bisogni degli uomini, ma potrà promuovere anche la loro dignità. 95 Con l’enciclica Pacem in terris (1963), Giovanni XXIII mette in evidenza il tema della pace, in un’epoca segnata dalla proliferazione nucleare. La Pacem in terris contiene, inoltre, una prima approfondita riflessione della Chiesa sui diritti; è l’Enciclica della pace e della dignità umana. Essa prosegue e completa il discorso della Mater et magistra e, nella direzione indicata da Leone XIII, sottolinea l’importanza della collaborazione tra tutti: è la prima volta che un documento della Chiesa viene 126126 S piegazione indirizzato anche «a tutti gli uomini di buona volontà», che vengono chiamati a un «compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà». La Pacem in terris si sofferma sui pubblici poteri della comunità mondiale, chiamati ad «affrontare e risolvere i problemi a con- tenuto economico, sociale, politico, culturale che pone il bene comune universale». 96 La Costituzione pastorale Gaudium et spes (1965) , del Concilio Vaticano II, costituisce una significativa risposta della Chiesa alle attese del mondo contemporaneo. In tale Costituzione, «in sintonia con il rinnovamento ecclesiologi- co, si riflette una nuova concezione di essere comunità dei credenti e popolo di Dio. Essa ha suscitato quindi nuovo interesse per la dottrina contenuta nei documenti precedenti circa la testimonianza e la vita dei cristiani, come vie autentiche per ren- dere visibile la presenza di Dio nel mondo». La Gaudium et spes traccia il volto di una Chiesa «intimamente solidale con il genere umano e la sua storia», che cammina con tutta l’umanità ed è soggetta insieme al mondo alla medesima sorte terrena, ma che al tempo stesso è «come fermento e quasi anima della società umana, per rinnovarla in Cristo e trasformarla in famiglia di Dio». 97 Un altro documento del Concilio Vaticano II molto importante nel « corpus» della dottrina sociale della Chiesa è la dichiarazione Dignitatis humanae (1965), in cui si proclama il diritto alla libertà religiosa. Il docu- mento tratta il tema in due capitoli. Nel primo, di carattere generale, si afferma che il diritto alla libertà religiosa si fonda sulla dignità della persona umana e che deve essere sancito come diritto civile nell’ordinamento giuridico della società. Il secondo capitolo affronta il tema alla luce della Rivelazione e ne chiarisce le implicazioni pastorali, ricordando che si tratta di un diritto riguardante non solo le singole persone, ma anche le diverse comunità. 98 «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace», afferma Paolo VI nell’enciclica Populorum progres- sio (1967), che può essere conside- rata come un ampliamento del capi- tolo sulla vita economico-sociale della Gaudium et spes, nonostante introduca alcune significative novità. In partico- lare, il documento traccia le coordinate 127127 S piegazione di uno sviluppo integrale dell’uomo e di uno sviluppo solidale dell’umanità: «due tematiche queste che sono da considerarsi come gli assi intorno ai quali si struttura il tessuto dell’Enciclica. Volendo convincere i destinatari dell’urgenza di un’azione solidale, il Papa presenta lo sviluppo come “il passaggio da condizioni di vita meno umane a condizioni più umane” e ne specifica le caratteristiche». Tale passaggio non è circoscritto alle dimensioni meramente economiche e tecniche, ma implica per ogni persona l’acquisizione della cultura, il rispetto della dignità degli altri, il ricono- scimento «dei valori supremi, e di Dio che ne è la sorgente e il termine». Lo svilup- po a vantaggio di tutti risponde all’esigenza di una giustizia su scala mondiale che garantisca una pace planetaria e renda possibile la realizzazione di «un umanesimo plenario», governato dai valori spirituali. 99 In tale prospettiva, Paolo VI istituisce, nel 1967, la Pontificia Commissione Iustitia et Pax, realizzando un voto dei Padri Conciliari, per i quali è «assai opportuna la creazione di qualche organismo della Chiesa universale che abbia lo scopo di sensi- bilizzare la comunità dei cattolici a promuovere il progresso delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni». Per iniziativa di Paolo VI, a cominciare dal 1968, la Chiesa celebra il primo giorno dell’anno la Giornata Mondiale della Pace. Lo stesso Pontefice dà avvio alla tradizione dei Messaggi che affrontano il tema scelto per ogni Giornata Mondiale della Pace, accrescendo così il « corpus» della dottrina sociale. 128128 S piegazione 100 A ll’inizio degli anni Settanta, in un clima tur - bolento di contestazione fortemente ideologica, Paolo VI riprende l’in- segnamento sociale di Leone XIII e lo aggior - na, in occasione dell’ot- tantesimo anniversario della Rerum novarum, con la Lettera aposto - lica Octogesima adve- niens (1971). Il Papa riflette sulla società post- industriale con tutti i suoi complessi problemi, rile- vando l’insufficienza delle ideologie a rispondere a tali sfide: l’urbanizzazione, la condizione giovanile, la situazione della donna, la disoc- cupazione, le discriminazioni, l’emigrazione, l’incremento demografico, l’influsso dei mezzi di comunicazione sociale, l’ambiente naturale. 101 Novant’anni dopo la Rerum novarum, Giovanni Paolo II dedica l’encicli- ca Laborem exercens (1981) al lavoro , bene fondamentale per la persona, fattore primario dell’attività economica e chiave di tutta la questione sociale. La Laborem exercens delinea una spiritualità e un’etica del lavoro, nel contesto di una profonda riflessione teologica e filosofica. Il lavoro non dev’essere inteso soltanto in senso oggettivo e materiale, ma bisogna tenere in debita considerazione anche la sua dimensione soggettiva, in quanto attività che esprime sempre la persona. Oltre ad es- sere paradigma decisivo della vita sociale, il lavoro ha tutta la dignità di un ambito in cui deve trovare realizzazione la vocazione naturale e soprannaturale della persona. 102 Con l’enciclica Sollicitudo rei socialis (1987) , Giovanni Paolo II comme- mora il ventesimo anniversario della Populorum progressio e affronta nuo- vamente il tema dello sviluppo, lungo due direttrici: «da una parte, la situazione drammatica del mondo contemporaneo, sotto il profilo dello sviluppo mancato del Terzo Mondo, e dall’altra, il senso, le condizioni e le esigenze di uno sviluppo degno dell’uomo». L’Enciclica introduce la differenza tra progresso e sviluppo e af- ferma che «il vero sviluppo non può limitarsi alla moltiplicazione dei beni e dei servizi, cioè a ciò che si possiede, ma deve contribuire alla pienezza dell’“essere” dell’uomo. In questo modo, s’intende delineare con chiarezza la na - tura morale del vero sviluppo». 103 Nel centesimo anniversario della Rerum novarum, Giovanni Paolo II promulga la sua terza enciclica sociale, la Centesimus annus (1991) , da cui emerge la continuità dottrinale di cent’anni di Magistero sociale della Chiesa. 129129 S piegazione Riprendendo uno dei prin- cipi basilari della concezio- ne cristiana dell’organizza- zione sociale e politica, che era stato il tema centrale dell’Enciclica precedente, il Papa scrive: «il princi- pio, che oggi chiamiamo di solidarietà... è più volte enunciato da Leone XIII col nome di “amicizia”...; da Pio XI è designato col nome non meno significativo di “carità sociale”, mentre Pa- olo VI, ampliando il concet- to secondo le moderne e molteplici dimensioni della questione sociale, parla- va di “civiltà dell’amore”». giovanni Paolo II mette in evidenza come l’insegna- mento sociale della Chiesa corra lungo l’asse della re- ciprocità tra Dio e l’uomo: riconoscere Dio in ogni uomo e ogni uomo in Dio è la condizione di un autentico sviluppo umano. L’articola- ta ed approfondita analisi delle «res novae», e specialmente della grande svolta del 1989 con il crollo del sistema sovietico, contiene un apprezzamento per la democra- zia e per l’economia libera, nel quadro di un’indispensabile solidarietà. Nella luce e sotto l’impulso del Vangelo 104 I documenti qui richiamati costituiscono le pietre miliari del cammino della dottrina sociale dai tempi di Leone XIII ai nostri giorni . All’elaborazione e all’insegnamento della dottrina sociale, la Chiesa è stata ed è ani- mata da intenti non teoretici, ma pastorali, quando si trova di fronte alle ripercussio- ni dei mutamenti sociali sui singoli esseri umani, su moltitudini di uomini e di don- ne, sulla loro stessa dignità, in contesti in cui «si cerca instancabilmente un ordine temporale più perfetto, senza che di pari passo avanzi il progresso spirituale». Per queste ragioni si è costituita e sviluppata la dottrina sociale, «un aggiornato “corpus” dottrinale, che si articola man mano che la Chiesa, nella pienezza della Parola rivela- ta da Cristo gesù e con l’assistenza dello Spirito Santo (cfr. Gv 14,16.26; 16,13-15), va leggendo gli avvenimenti mentre si svolgono nel corso della storia». 130130 S piegazione SCheda RIaSSuNtIVa 1. Che cosa è la Dottrina sociale della Chiesa? La Dottrina sociale della Chiesa è l’incontro del messaggio evan- gelico e delle sue esigenze, che si riassumono nel comandamento su- premo dell’amore di Dio e del prossimo e nella giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della società . 2. Che cosa propone? «L’oggetto primario di questi insegnamenti sociali è la dignità per- sonale dell’uomo, immagine di Dio, e la tutela dei suoi diritti ina- lienabili. [...] Pertanto la finalità di questa dottrina della Chiesa è sempre la promozione e la liberazione integrale della persona umana, nella sua dimensione terrena e trascendente, in ordine alla costruzione del regno ultimo e definitivo» (conFe renZa ePiscoPale latino- aMe ricana, Documento fina- le della conferenza di Puebla L’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina (1979), nn. 343-346). MAPPA TEMATICA Piste di ricerca su temi particolari con rimandi al Compendio della Dottrina sociale della Chiesa 1. I diritti umani nn. 81-85. 2. Il bene comune nn. 89-91. 3. La sussidiarietà nn. 99-101. 4. La solidarietà nn. 104-107. 5. La democrazia nn. 222-225. 6. La destinazione universale dei beni nn. 92-97. 7. I valori sociali nn. 108-111. 8. Il lavoro umano nn. 149-159. 9. Famiglia e società nn. 117-122. 10. Produzione, impresa e mercato nn. 185-195. 11. La Comunità politica nn. 209-213. 12. La Comunità internazionale nn. 235-238. 13. L’ambiente nn. 256-266. 14. La pace nn. 271-280.   131131 S piegazione 3. Che cosa offre? «Esperta in umanità, la Chiesa attraverso la sua dottrina sociale, offre un insieme di principi di riflessione e di criteri di giudizio e quindi di direttive di azione , perché siano realizzati quei profondi cambiamenti che le situazioni di miseria e di ingiustizia esigono, e ciò sia fatto in un modo che contribuisca al vero bene degli uomini» (s. conGreGaZione Per la Dottrina Della F eDe, Istruzione Libertà cristiana e liberazione (1986), n. 72). 4. A quale scopo? «La dottrina sociale della Chiesa ha lo scopo di comunicare un sapere non solo teorico, ma anche pratico e orientativo dell’azione pasto- rale. Ecco perché essa, oltre ai principi permanenti di riflessione, offre anche dei criteri di giudizio sulle situazioni, le strutture, le istituzioni che organizzano la vita economica, sociale, politica, culturale, tecnologica e su- gli stessi sistemi sociali. A questo proposito, non vi è dubbio che il pronun- ciarsi circa le condizioni di vita più umane o meno umane delle persone, circa il valore etico delle strutture e dei sistemi sociali, economici, politici e culturali, in rapporto alle esigenze della giustizia sociale, fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa» (s. conGreGaZione Per l’e DucaZione cattolica, Orientamenti per lo studio e l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale (1988), n. 47).   132132 S piegazione 5. Qual è il principio base della Dottrina sociale della Chiesa? «Il supremo comandamento dell’amore conduce al pieno riconosci- mento della dignità di ciascun uomo, creato ad immagine di Dio. Da questa dignità derivano diritti e doveri naturali. Alla luce dell’immagine di Dio, si manifesta in tutta la sua profondità la libertà, prerogativa essenziale della persona umana: sono le persone i soggetti attivi e responsabili della vita sociale. Al fondamento, che è la dignità dell’uomo , sono intimamente legati il principio di solidarietà e il principio di sussidiarietà. In virtù del primo, l’uomo deve contribuire con i suoi simili al bene comune della società, a tutti il livelli. Con ciò, la dottrina della chiesa si oppone a tutte le forme di individualismo sociale o politico. In virtù del secondo, né lo stato, né alcuna società devono mai sostituirsi all’iniziativa ed alla responsabilità delle persone e delle comunità intermedie in quei settori in cui esse pos- sono agire, né distruggere lo spazio necessario alla loro libertà. Con ciò, la dottrina sociale della chiesa si oppone a tutte le forme di collettivismo» (s. conGreGaZione Per la Dottrina Della F eDe, Istruzione Libertà cristiana e libera- zione (1986), n. 73). In sintesi La competenza della Chiesa è essenzial- mente di ordine religioso ed etico. Par- la di Dio che si è fatto uomo, celebra la salvezza nella liturgia e scopre la infinita grandezza dell’uomo al cui servizio pone se stessa. È un mondo di valori che la Chiesa prende in consegna e che la coscienza umana da sempre sogna e al quale ama avvicinarsi seguendo il delicato processo della edu- cazione che va dalla proposta autorevole, alla sperimentazione esistenziale attra- verso testimonianze credibili, al graduale accompagnamento nella comprensione, nell’assimilazione e nell’attuazione. Valore fondamentale è la persona uma- na, creata ad immagine di Dio, redenta da Cristo, tempio dello Spirito. Strettamente collegati alla persona i va- lori fondamentali: dignità, verità, libertà, giustizia, solidarietà, pace, carità.  133133 S piegazione Dalla dignità della persona e dai suoi valori scaturiscono una serie di principi di riflessione, modi di intendere determinate dimensioni della vita della persona in comunità: la vita, il bene comune con la sua concettualizzazione che abbraccia la globalità della persona - il principio di autorità - la sua storicità, la destinazione uni- versale dei beni, la partecipazione, la sussidiarietà, la solidarietà, la scelta preferen- ziale dei poveri. Tutto questo crea un patrimonio di criteri di giudizio in base al quale si valutano, si criticano e si progettano settori specifici della vita: l’economia, lo stato, il lavoro, il mer- cato, le forme di governo, la famiglia, il progresso, i rapporti internazionali, la scuola... Direttive di azione o prassi concrete rinviano alla vasta e complessa realtà della storia, ove spesso non è sempre facile, ad una chiarezza di valori, di principi e di criteri di giudizio, trovare o far corrispondere chiarezza e condivisione di scelte, do- vendo confrontarsi con analisi, risorse disponibilità, opportunità e opinabilità diffe- renti. Ma il credente non può non scegliere di schierarsi decisamente a favore della tutela della vita, del lavoro rispetto al capitale, del dialogo, della solidarietà sociale, dell’impegno politico attivo, della formazione permanente della persona rispetto al cambiamento strutturale... Il passaggio dal piano valoriale e teorico al pratico ha bisogno di mediazioni culturali, sociali, economiche e politiche, ma soprattutto ha bisogno di un lungo e costante processo di formazione personale e comunitario e di una mirata opera di potenzia- mento delle abilità di discernimento e di operatività... Mappa della Dottrina sociale della Chiesa PRINCIPI DI RILESSIONE CRITERI DI GIUDIZIO PERSONA ValoRI amore verità libertà solidarietàgiustiziapace dignità personalità economia scuola istituzioni rapporti internazionali sviluppo famiglia forme di governo Stato lavoro mercato solidarietà sussidiarietà partecipazione scelta preferenziale dei poveri bene comune destinazione universale dei beni 134134 S perimentazione Personalmente Partiamo da alcuni problemi  Spesso si sente dire: La Chiesa interviene su temi che non sono strettamente di sua competenza.  Che cosa la spinge a parlarne? Perché invece non scende a risolvere i problemi della società?  Tanti gli interventi della Chiesa in campo sociale, poche le ricadute sulle coscienze dei cristiani che spesso si rifugiano in una religiosità fatta di devozioni e di intimi- smo. In gruppo L’asta  Fare un elenco dei valori che si ritengono fondamentali per poter agire corretta- mente nella società.  Dividere i partecipanti in gruppi. Ad ogni gruppo viene assegnata una somma simbolica uguale per tutti.  Si dia tempo ai gruppi di discutere all’interno quali valori si intendono acquistare e con quale spesa.  Di volta in volta vengono messi in vendita i singoli valori. Il conduttore presenti la bontà, la necessità, l’efficacia del valore in palio. Ogni gruppo interessato al valore motivi la sua scelta. Infine si dia via libera alle offerte dei singoli gruppi.  Al termine del gioco ogni gruppo possederà dei valori, quelli che è riuscito ad acquistare. Provi a barattare con altri gruppi tentando di recuperare i valori che avrebbe desiderato.  A questo punto ogni gruppo dica l’utilizzo che intende fare dei suoi valori, come intende potenziarli, cosa richiederebbe alla Chiesa sul piano formativo. Cosa ne pensi? Esprimi il tuo parere: 135135 S perimentazione Altri input I seguenti input invitano a prendere po- sizione, a esprimere la propria idea, di- chiarare le proprie intenzioni sui valori in cui si crede, sugli atteggiamenti da ma- turare e i comportamenti da assumere.  La nostra banca finanzia una fabbrica di armi...  La banca a cui abbiamo i nostri rispar- mi ha negato il finanziamento di una cooperativa di imprenditorialità giovanile...  Gli zainetti dei nostri fratelli più piccoli, dei nostri cuginetti e dei figli dei nostri amici sono prodotti da bambini indiani che non vanno a scuola...  La fabbrica che produce elettrodomestici in paese è stata trasferita in un paese dell’Est, dove la manodopera è meno costosa. Trecento operai sono rimasti senza lavoro...  I giovani nostri coetanei non riescono a trovare lavoro. Allora...  Il ritmo di lavoro obbliga molte famiglie a lasciare soli a casa, per tutta la giorna- ta, gli anziani...  Molti commercianti della nostra città per far fronte alla concorrenza dei supermer- cati sono finiti nelle mani di usurai...  In parlamento si sta discutendo una legge restrittiva per gli extracomunitari: per- ché tolgono lavoro ai residenti... Simulazione di un problema sociale. Scegliete un problema sociale che vi sta particolarmente a cuore. Sviluppate qualche linea di soluzione servendovi della griglia che segue: Il problema... Cosa fare? I valori in gioco Cosa occorre: • per vedere • per valutare • per agire 136136 V erificaV erifica Dottrina sociale della Chiesa : rispondi brevemente PER APPROFONDIRE Appunti di Dottrina Sociale della Chiesa, in “Note di Pastorale giovanile” 42(2008) 6 [nume - ro monografico]. PontiFicio consiGlio Della GiustiZia e Della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004. PontiFicio consiGlio Della GiustiZia e Della Pace, Dizionario di Dottrina Sociale della Chiesa, LAS, Roma 2005. toso Mario, Umanesimo sociale. Viaggio nella Dottrina Sociale e dintorni, LAS, Roma 20022. toso Mario – Q uinZi gabriele, I cattolici e il bene comune. Quale formazione?, LAS, Roma 2007. 5) Quali sono i principi di riflessione che contiene? 1) Che cosa è la dottrina sociale della chiesa? 2) Che cosa propone? 3) Qual è il principio base della dottrina sociale della chiesa? 4) Quali sono i valori fondamentali che contiene? 137137 S cacco matto “Come Don Bosco scommettiamo sui giovani” Torino - Valdocco, 28 Settembre 2008 Carissimi Confratelli, Sorelle, membri della Famiglia Salesiana Carissimi volontari e amici di Don Bosco Carissimi giovani, Questa volta il tema dell’Harambée, in sintonia con la Strenna del Rettor Maggiore per l’anno 2008 “Educhiamo con il cuore di Don Bosco per lo sviluppo integrale della vita dei giovani, soprattutto i più poveri e svantaggiati, promuovendo i loro diritti”, ha a che vedere con l’essenza del nostro carisma salesiano, che è prevalentemente pe- dagogico, e di modo particolare con il Sistema Preventivo, che va sempre riletto e ripensato alla luce delle nuove esigenze e sfide dei giovani. Il mio intervento intende ri- badire l’intuizione originale di Don Bosco convinto della sua attualità: “scommettiamo sui giovani”. La scelta di Don Bosco La scelta per i giovani in situazione di povertà ed emarginazione è stata sempre nel cuore e nella vita della Famiglia Salesiana da Don Bosco fino ad oggi. Don Bosco non fu uno studioso specializzato di pedagogia, non fu un filosofo dell’educazione. Durante tutta la sua vita Don Bosco cercò di rispondere, con stra- ordinarie intuizioni e con un grande senso pratico, ai bisogni sempre in crescita di assistenza e di educazione degli adolescenti e giovani che approdavano a Torino in cerca di lavoro. La sua finalità principale era prevenire le cadute e le ricadute di questi giovani attraverso la loro formazione professionale, morale e religio - sa. Partì dal niente per costruire un immenso edificio in cui si ritrovano i punti fermi destinati a trasferirsi in quell’ampia rete di istituti educativi che è stato definito dal papa Paolo VI “il fenomeno salesiano”. Dopo Don Bosco, la Congregazione Salesiana, oggi presente in 130 paesi del mondo, ha continuato con una presenza variegata di opere e di servizi a favore dei ragazzi in situazione di povertà ed emarginazione, ricavando sempre ispirazione nel criterio preventivo. La formazione professionale e l’abilitazione per il lavoro è stata una di queste risposte che si è convertita, quasi sin dall’inizio, come la carta di identità dei salesiani, pressoché universalmente riconosciuta. In questi ultimi trenta anni però la realtà della povertà, soprattutto quella gio- vanile, si è venuta facendo più globale e drammatica, come conseguenza di fattori 138138 S cacco matto economici, culturali, strutturali e umani, fino a convertirsi in una cultura di non- solidarietà e di esclusione. Oggi si parla infatti delle nuove povertà dei giovani per indicare tutte quelle si- tuazioni di abbandono in cui si possono trovare o cadere. Rimane sempre la convin- zione che finché non ci sia un cambio di cultura non riusciremo a superarle. Rimane comunque il fatto che la povertà socioeconomica è la più grave delle povertà perché va sempre preceduta, accompagnata o seguita da altre forme di povertà inimmagi- nabili. Qui, come in tante altre cose, purtroppo, la realtà supera la fantasia. Le sfide odierne Ecco, una rapida mappa dell’emarginazione e dello sfruttamento giovanile nel mondo: • I ragazzi di strada, le gang Hanno preferito prendere la strada come “habitat’ naturale, talmente insoppor- tabile era la loro situazione familiare. Ed eccoli, costretti a prendere una via che a poco a poco li farà sfociare nel crimine (borseggi, furti, aggressioni) e nella tossico- dipendenza o nel narcotraffico, mentre sopravvivono in condizioni di grave indigenza affettiva e sociale, senza presente e senza futuro. Nelle strade delle grandi città di America Latina, Africa ed Asia vivono e muoiono di freddo, fame, malattie, o anche assassinati. Sono quasi 100 milioni nel mondo. Una cifra impressionante. • I ragazzi soldato C’è stato bisogno che due adolescenti di Mianmar occupassero la copertina delle principali riviste, con un mitra in mano e una sigaretta in bocca, perché il mondo scoprisse un fatto che esisteva da anni e che non era esclusivo di Asia, vale a dire, l’inserimento di ragazzi nell’esercito, nella guerriglia, o come sicari: senza età né preparazione militare, semplicemente al servizio della morte. Raggiungono il nume- ro di circa 300 mila, impiegati in operazioni di guerra tra le più rischiose, alcuni come semplici cavie per ripulire i campi minati. • I ragazzi violati Una delle situazioni più tristi, anche per lo stigma con cui vengono marcati le vit- time, è la pedofilia e il così detto turismo sessuale, che sono un business vergognoso. Volta per volta si scoprono reti di pornografia infantile attraverso l’internet, che sono soltanto la punta dell’“iceberg” dello sfruttamento sessuale di bambini e di adolescenti, e che rispecchiano un problema molto più profondo, cioè la perdita di ogni riferimento morale. Ogni anno, secondo i dati Unicef, un milione di bambini viene introdotto nel commercio sessuale. E’ un mercato che muove 13 miliardi di dollari l’anno. • I ragazzi lavoratori e schiavi Sono passati già più di 150 anni sin dal momento in cui don Bosco – così come altre personalità laiche e religiose più avvedute del suo tempo e della sua città - si 139139 S cacco matto batté per i diritti dei lavoratori minorenni e riuscì ad ottenere un contratto di lavoro per loro. È aumentata la sensibilità in favore dei diritti dei minorenni, ma anche è cresciuto a livelli inimmaginabili il numero di bambini e ragazzi sfruttati come piccoli operai in condizioni inumane. Si contano infatti sui 250 milioni di bambini tra i 5/15 anni costretti a lavori vietati per pericolosità fisica, psichica o mentale, talvolta resi schiavi, e questo a più di un secolo dall’abolizione legale. • I ragazzi “nessuno” Tra le esperienze più traumatizzanti nella vita di qualsiasi persona è la perdita della propria famiglia, che lascia l’individuo all’improvviso senza i legami affettivi più impor- tanti, quelli che al solito gli danno un senso di sicurezza. È come se un vento impetuoso strappasse la tenda e ci spogliasse di ogni protezione. Ebbene, sono circa 50 milioni i ragazzi non registrati in nessuna anagrafe: non hanno nome, casa, patria, genitori. Se si aggiungono i 130 milioni di ragazzi/e analfabeti si ha un quadro desolante. • I ragazzi carcerati Uno dei campi di lavoro in cui i salesiani e membri della Famiglia Salesiana non si sono astenuti dall’operare è stato quello delle “correzionali” o riformatori per minorenni, anche se per vocazione storica la loro opzione è sempre stata quella del “prevenire”, non del “reprimere”. Del resto sappiamo che all’origine del sistema pre- ventivo di don Bosco, l’elemento catalizzatore che lo spinse ad assumere la scelta della preventività fu proprio la sua dura esperienza di cappellano nelle carceri tori- nesi, al seguito del suo maestro, don Giuseppe Cafasso. Se questo tipo di prigioni ha una ricaduta ancora più negativa sui ragazzi, possiamo immaginare che cosa suc- cede quando essi vengono incarcerati insieme a persone di qualunque età, qualsiasi sia la trasgressione o il crimine commesso. Sono tanti, troppi. Anche nelle nazioni cosiddette civili. L’Italia ne ospita circa 500. I ragazzi dal carcere non escono mai migliori, al contrario. Solo negli USA i minori detenuti sono 100 mila. • I ragazzi donatori forzati di organi e i mutilati Una volta oltrepassata la frontiera morale, sembra che non ci siano limiti all’uo- mo e che tutto, assolutamente tutto, diventi lecito. Lo si attua nel campo della in- gegneria genetica, dove si fanno esperimenti attraverso le cellule madri per avere accesso a tessuti ed organi sostitutivi. In maniera più cinica lo si fa attraverso il traffico di organi, che è una delle realtà più vergognose del nostro tempo. Si parla di 4 milioni di donne e bambini interessati al turpe commercio, e almeno di 6 milioni di bimbi mutilati per cause diverse. • I ragazzi poveri ed emarginati Potrebbero non essere indicati sotto una classifica a sé stante. In effetti, la po- vertà economica e sociale è generalmente la causa delle altre povertà. Ma c’è il fatto che ci sono ragazzi che solo possono essere definiti come poveri ed emarginati, privi di accesso a tutti quei beni a cui ha diritto ogni persona per raggiungere una vita veramente umana. La cifra va oltre qualsiasi previsione, più di 600 milioni di bambini 140140 S cacco matto vivono sotto la soglia della povertà, 160 milioni quelli denutriti; 6 milioni ogni anno muoiono di fame: 17 mila al giorno, 708 ogni ora... • I ragazzi delle fogne / i vaganti Al solito si tratta di gruppi dei ragazzi della strada, specialmente quando co- minciano ad usare stupefacenti. La paura d’essere catturati dalla polizia o minac- ciati dalle bande giovanili più forti, li porta a cercare tane dove trovare rifugio. Così nell’America Latina. Ma anche l’Europa è colpita: vivono nelle fogne di Bucarest un migliaio di ragazzi. Più numerosi sono i vaganti nel continente (Francia, Germania, Olanda...). Si parla di almeno un milione. Nel mondo raggiungono i 12 milioni. • I ragazzi ammalati Mai come oggi la scienza e la tecnica, anche – o soprattutto – nel campo della medicina, sono state capaci di raggiungere i successi e le possibilità su cui si può ora contare. Il che significa che ci sono le condizioni per vincere molte malattie; tutta- via ogni minuto nei 5 continenti 5 bimbi contraggono l’AIDS; sono quasi 11 milioni i minori che ne hanno contratto il virus; quanti, poi, i bimbi attaccati da tubercolosi, malaria, meningite, epatite, colera, ebola?... • I ragazzi rifugiati e orfani Sono molte le espressioni di una causa comune, la violenza, che spinge a molti ragazzi e persino bambini ed adolescenti ad emigrare e cercare rifugio. Ho trovato gruppi di adolescenti dell’Honduras nella frontiera con gli Stati Uniti dopo aver fatto un viaggio ricolmo di rischi. Li ho trovati nella Colombia, sono gli “spiazzati dalla guerriglia” o gli orfani di grandi sciagure o malattie. Li ho visto in Africa. Sono più di 50 milioni i bambini profughi e/o rifugiati vittime di odi razziali, guerre, persecuzioni, ammassati in campi profughi o dispersi qua e là. Moltissimi gli orfani: in Africa 13 milioni causati dall’AIDS. • I ragazzi ... Tanta sventura sollecita le coscienze di tutti. Alla fine del Capitolo Generale 25 i Salesiani hanno fatto un appello rivolto a tutti quelli che hanno responsabilità nei confronti dei giovani: “Prima che sia troppo tardi salviamo i ragazzi, il futuro del mondo”. Ecco il mio appello, come successore di Don Bosco, l’amico dei giovani, proprio qui a Roma, il centro della cultura e della civiltà occidentale. Dinanzi a questo panorama così triste delle piaghe del mondo giovanile, noi Sa - lesiani “siamo dalla parte dei giovani, perché – come Don Bosco – abbiamo fiducia in loro, nella loro volontà di imparare, di studiare, di uscire dalla povertà, di prendere in mano il loro proprio futuro… Siamo dalla parte dei giovani, perché crediamo nel valore della persona, nella possibilità di un mondo diverso, e soprattutto nel grande valore dell’impegno educativo”. Investiamo sui giovani! globalizziamo l’impegno per l’educazione e prepariamo così un futuro positivo per il mondo intero. 141141 S cacco matto La risposta salesiana oggi Forse voi mi domanderete: “Ma in concreto che stanno facendo i salesiani oggi per attutire questa scottante realtà”? Anzitutto siamo consapevoli che nel contempo, grazie a personalità di alto pro- filo morale, sono sorte molte istituzioni che con la generosità e la dedizione mirabili dei loro membri, hanno creato opere e servizi di assistenza, di educazione e di recupero come risposta alle situazioni di emarginazione soprannominate, e così contribuiscono a promuovere quello che Giovanni Paolo II chiama “la cultura della vita e della solidarietà”. L’umanesimo cristiano, l’umanesimo interreligioso si è articolato con l’umanesimo laico, per sinergicamente collaborare alla ridefinizione delle coordinate educative e delle decisioni operative in favore di quella che don Bo- sco definiva “la porzione più delicata e preziosa dell’umana Società, la gioventù”. In questo sforzo collabora anche la Congregazione Salesiana apportando la ricchezza del metodo educativo ereditato da Don Bosco, il ben noto Sistema Pre- ventivo. Secondo questo Sistema la prima preoccupazione è quella di prevenire il male attraverso l’educazione. Come ho accennato prima, la povertà e l’emarginazione non sono soltanto un fenomeno economico, ma una realtà che tocca la mentalità delle persone e della stessa società, una forma di vedere e di mettere a fuoco la vita. L’educazione è, quindi, un elemento fondamentale per la prevenzione e superamen- to della emarginazione. Attraverso l’educazione il Sistema Preventivo vuole aiutare i giovani a ricostruire la propria identità personale, a rivitalizzare i valori che non sono riusciti a sviluppare e ad elaborare appunto per la loro situa- zione di emarginazione e scoprire ragioni per vivere con senso, con gioia, con responsabilità e competenza. Di pari passo il Sistema Preventivo di Don Bosco ha una grande proiezione so- ciale; vuole collaborare con molte altre agenzie alla trasformazione della società, lavorando per il cambio di criteri e visioni di vita, per la promozione della cultura dell’altro, di uno stile di vita sobrio, di un atteggiamento constante di condividere gratuitamente e di lottare per la giustizia e la dignità di ogni vita umana, attraverso l’educazione ai diritti umani. Inoltre, questo Sistema crede decisamente che la dimensione religiosa della per- sona è la sua ricchezza più profonda e significativa, e perciò cerca, come finalità ultima di tutte le sue proposte, di orientare ogni ragazzo verso la realizzazione della sua vocazione a figlio di Dio. Penso che questo sia uno dei contributi più importanti che il Sistema Preventivo di Don Bosco può offrire nel campo dell’educazione dei ra- gazzi, degli adolescenti e dei giovani in situazione di povertà e rischio psicosociale. Tutta questa strada Don Bosco l’ha voluta realizzare trasformando le sue opere educative in vere e proprie case – voleva che si chiamassero proprio in questo modo, in un’epoca in cui non esistevano le “Case-Famiglia” oggi tanto diffuse – dove il ragazzo potesse esperimentare appunto un clima di famiglia, inserirsi attivamente in una rete di rapporti interpersonali autentici e significativi, e così sviluppare il suo protago - nismo e la sua naturale creatività. È quello che si chiama “una comunità educativa”, 142142 S cacco matto in cui tanto gli educatori come gli stessi giovani condividono man mano i valori e i tra- guardi del progetto educativo e si impegnano insieme nella sua realizzazione. Non so se c’è veramente bisogno di un nuovo ordine internazionale o si manca piuttosto good governance. È indubbio invece che i grandi problemi macrocosmici si risolvono nel microcosmo della nostra vita e delle nostre opere educative. È lì dove cominciano la gestazione e la crescita delle proposte alternative. La risposta di Don Bosco all’incipiente Rivoluzione Industriale, nella seconda metà del secolo XIX, non è consistita in un dibattito accademico, in una sterile ricer- ca di teorici correttivi di una difficile situazione, ma nella sua fantasia pastorale per uscire sulle strade, accogliere i ragazzi che venivano dalla campagna e restava- no esposti allo sfruttamento, fare contratti di lavoro con i datori di lavoro che assicurassero i diritti di questi giovani, organizzare lui stessi laboratori di formazione che li mettesse in condizione di guadagnarsi onestamente il pane, e, soprattutto, offrire loro una esperienza educativa che li abilitasse ad affrontare con garanzie di successo la vita. Dietro questo esempio luminoso, oggi ci sono centinaia di Salesiani, membri della Famiglia Salesiana, educatori, animatori, pedagogisti, psicologi, volontari che lavorano a favore dei ragazzi operai, degli adolescenti soldati, dei bambini sfruttati nel turismo sessuale, dei ragazzi della strada. Sono cambiati i tempi, sono cambiati i pericoli, i rischi, le esigenze dei minori, dunque devono cambiare anche i modelli educativi, le tipologie di intervento. Le case salesiane oggi non sono quelle del tem- po di don Bosco. Non c’è dubbio. Ma l’amore per i giovani rimane lo stesso, e guai se dovesse venir meno! Si tratta, dicevo, di una chiara e significativa esperienza di solidarietà, orientata a formare – sono parole di Don Bosco – “onesti cittadini e buoni cri- stiani”, cioè costruttori della città, persone attive e responsabili, consapevoli della loro dignità, con progetti di vita, aperti alla trascendenza agli altri e a Dio. Le nostre differenti esperienze di opere di emarginazione nel mondo hanno va- lore come “segno” di una proposta educativa a servizio dei ragazzi, e di una propo- sta alternativa a favore della società, e gioveranno veramente a dare volto umano alla globalizzazione se siamo capaci di creare uomini solidali e di promuovere reti di solidarietà. Finisco con le parole conclusive dell’ Appello per salvare i giovani del mondo : “Globalizzare tutti insieme l’impegno per l’educazione! È questo un compito per tutti gli uomini e le donne che responsabilmente hanno a cuore il futuro dei propri figli e di tutti i giovani del mondo. A una globalizzazione di tipo economico cerchiamo di rispondere con una globalizzazione di tipo educativo, che dia vigore e speranza al mondo giovanile”. 1 5 27 57 85 109 137 In di ce

Vivere con... 2. La relazione. Percorso di cultura etica e religiosa

Autore: 
Giuseppe Ruta (a cura di)
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
152
11 Percorso Caro allievo, benvenuto nell’area della RELAZIONALITÀ! Insieme alle due rimanenti aree della “Identità” e della “Progettualità”, costituisce una delle tre dimensioni di cultura etica e religiosa su cui sei chiamato a muoverti e ad incamminarti verso una più piena maturità uma- na, culturale e professionale. Hai a disposizione, così, tre volumi in corrispondenza alle tre aree: Quello che hai tra le mani è il secondo volume. L’area della “relazionalità” consiste in una piattaforma per riflettere sulla tua capacità di relazionarti con gli altri, con le differenti religioni, con la Chiesa voluta da Gesù Cristo, con la celebrazione dell’eucaristia e i sacramenti che hanno la forza di rendere i fedeli cristiani un cuor solo e un’anima sola e di compiere la missione loro affidata per la salvezza del mondo. 22 Percorso Questo secondo volume contiene cinque Unità di Apprendimento (UA) secondo il seguente schema: In ogni UA troverai quanto elencato qui di seguito: 1. Introduzione al percorso e obiettivi Si tratta di due pagine introduttive con lo scopo di indicarti lo scopo e gli obiettivi dell’UA. 2. I momenti del percorso e metodo dell’UA L’UA si sviluppa attraverso cinque movimenti: esperienza – riflessione – spiegazione – sperimentazione – verifica. Essi sono resi graficamente con i pezzi fondamentali del conosciutissimo gioco degli scacchi, secondo i significati suggeriti dalla seguente tabella: 33 Percorso MOMENTI dEL pROcEssO d’AppRENdIMENTO RIchIAMO gRAfIcO dEgLI scAcchI Esperienza: il punto di partenza del cammino non è mai un’idea, un elemen- to astruso, ma un’esperienza concreta tratta dalla tua vita o dalla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo. pedina: sebbene a prima vista in- significante, ogni pedina ha la sua importanza. Indica ogni frammento di vita che va considerato importante in sé ma anche nel grande gioco della vita. Riflessione: sei chiamato a riflettere attentamente sull’esperienza della vita, tramite modalità di ricerca, autoesplo- razione e problemi da affrontare. Torre: la torre è il segno che indica un luogo elevato dove la sentinella veglia, osserva, vigila attentamente. È il luogo della riflessione da dove è possibile esplorare la realtà. spiegazione: la riflessione personale non basta; è necessaria la spiegazione del formatore su contenuti, concetti, soluzioni a problemi che vanno affrontati e approfonditi. cavallo: sebbene con un movimento limitato (a “elle”), il cavallo rimanda a un intervento puntuale e a specifiche incursioni per spingersi oltre, verso ulteriori conquiste. sperimentazione: dopo la riflessione e la spiegazione, sei invitato a tornare alla vita per sperimentare nuovi significati e nuovi modi espressivi. Alfiere: il movimento trasversale dell’alfiere sta ad indicare la possi- bilità di spaziare e di sperimentare quanto prima è stato vissuto, riflettuto e spiegato. Verifica: con l’aiuto del formatore, sei invitato a verificare il percorso dell’UA, misurandoti non solo sui contenuti, ma sulle abilità e competenze acquisite. Regina: la Regina è il pezzo più im- portante sia per movimento, sia per possibilità, ma è anche il più precario. Indica il processo di un continuo col- laudo e la possibilità di recupero… contenuto: non è tanto un dato da co- noscere, memorizzare ed apprendere, bensì l’esperienza nella sua totalità e ricchezza, nelle sue potenzialità. Re: il Re è il pezzo determinante, a cui vale la pena sacrificare qualche pedi- na per raggiungere il risultato finale. Difenderlo e mantenerlo sino alla fine significa “vincere”. 44 Percorso 3. Strumenti per l’approfondimento Oltre alle indicazioni per l’approfondimento che ti potrà indicare il tuo formatore, il volume alla fine di ogni UA ti suggerisce alcuni libri e sussidi. * * * Potrai, su questi sentieri, riflettere insieme al formatore e ai tuoi compagni sui valori profondi che danno un senso alla vita e su come il cristianesimo contribuisca a realizzare un’esistenza pienamente umana. A questo scopo avrai a disposizione varie possibilità di ricerca e diversi strumenti segnalati da questo manuale. Non essere titubante nel chiedere chiarimenti al tuo formatore perché ti accompagnerà volentieri durante tutto il percorso. A questo punto, non resta altro che augurarti: Buon viaggio! 55UA 1 66 Percorso Questa unità “Vivere è entrare in relazione” ti aiuterà a riflettere sugli aspetti della relazionalità della persona umana. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 77 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Riflettere sui sentimenti dell’amicizia e dell’amore pre- senti nella sensibilità giovani- le e nella cultura di oggi Prendere consapevolezza dell’im- portanza del vivere in relazione con gli altri Confrontare il significato delle relazioni umane con l’originalità dell’esperien- za biblica e cristiana 88 E sperienza Iniziamo, ascoltando una canzone Fango (Jovanotti, Safari, 2008) Io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che non sono solo io lo so che non sono solo anche quando sono solo sotto un cielo di stelle e di satelliti tra i colpevoli le vittime e i superstiti un cane abbaia alla luna un uomo guarda la sua mano sembra quella di suo padre quando da bambino lo prendeva come niente e lo sollevava su era bello il panorama visto dall’alto si gettava sulle cose prima del pensiero la sua mano era piccina ma afferrava il mondo intero ora la città è un film straniero senza sottotitoli le scale da salire sono scivoli, scivoli, scivoli il ghiaccio sulle cose la tele dice che le strade son pericolose ma l’unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente il profumo dei fiori l’odore della città il suono dei motorini il sapore della pizza le lacrime di una mamma le idee di uno studente gli incroci possibili in una piazza di stare con le antenne alzate verso il cielo io lo so che non sono solo io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che non sono solo e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che non sono solo e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango la città un film straniero senza sottotitoli una pentola che cuoce pezzi di dialoghi come stai quanto costa che ore sono J O V A N O TT I Lorenzo Cherubini (classe 1966), in arte Jovanotti, inizia la sua carriera a vent’anni a Radio Deejay con Claudio Cecchetto. Le collezioni e i singoli sono legati in genere a particolari eventi da quelli più feriali a quelli straordi- nari (come Cuore scritto in occasione della tragica scom- parsa di Giovanni Falcone). Ha percorso varie tappe di maturazione artistica, musi- cale e letteraria (si pensi al libro Grande Boh!), utilizzan- do generi diversi. Jovanotti ha intensificato tours e ha al suo attivo collaborazioni con artisti di fama internazionale (Pino Daniele, Bono Vox, Luciano Pavarotti). Le sue canzoni sono sempre attese e rimangono per lungo tempo in vetta alle classifiche. Tra gli album più belli Il quinto mon- do (2002) e Safari (2008) con bei testi, ritmi coinvol- genti, originali melodie. 99 E sperienza che succede che si dice chi ci crede e allora ci si vede ci si sente soli dalla parte del bersaglio e diventi un appestato quando fai uno sbaglio un cartello di sei metri dice tutto è intorno a te ma ti guardi intorno e invece non c’è niente un mondo vecchio che sta insieme solo grazie a quelli che hanno ancora il coraggio di innamorarsi e una musica che pompa sangue nelle vene e che fa venire voglia di svegliarsi e di alzarsi smettere di lamentarsi che l’unico pericolo che senti veramente è quello di non riuscire più a sentire niente di non riuscire più a sentire niente il battito di un cuore dentro al petto la passione che fa crescere un progetto l’appetito la sete l’evoluzione in atto l’energia che si scatena in un contatto io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che non sono solo e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango io lo so che non sono solo anche quando sono solo io lo so che non sono solo e rido e piango e mi fondo con il cielo e con il fango e mi fondo con il cielo e con il fango e mi fondo con il cielo e con il fango Immediatamente: La frase che mi ha colpito di più è… Dopo aver riletto il testo: L’espressione che condivido di più è… L’espressione che condivido di meno è… 1010 E sperienza «Nessun uomo è un’isola» È proprio così? Si tratta di una frase fatta, di uno stereotipo oppure è una realtà fondamentale nella vita di ogni uomo? È possibile vivere da soli? Si può fare a meno dell’altro o degli altri? … Le domande si possono moltiplicare e le risposte possono essere le più varie e disparate. Ma esse, da qualunque parte provengano, richiedono un collaudo «ai box» e un supplemento di riflessione personalissima. Proviamo a pensare. Ci sono momenti in cui amiamo stare da soli, ma non sia- mo capaci di resistere a lungo. Quando siamo da soli nella nostra stanza, non vedia- mo l’ora di accendere la radio e di rompere in qualche modo l’isolamento. Le mura, poi, tappezzate di poster delle star preferite: cantanti, giocatori, campioni… danno la sensazione di essere in gradita compagnia. Anche nella riflessione mentale, nello scrivere il diario personale, nel percorrere da soli la strada non si può fare a meno di rapportarsi con se stessi, di rivolgersi a sé come ad un “tu”. Come Anna Frank, nel suo famoso diario, si rivolgeva a Ketty, per- sonaggio amicale immaginario, ma così immediato e verosimile. C’è in noi il bisogno innato di rivolgerci ad un “tu”, anche quando riflettiamo. Talvolta avremo osservato in altri un comportamento strano: li abbiamo visti parlare da soli sul bus o in auto, quasi rivelando il bisogno nascosto di parlare con qualcuno, per quanto fittizio e immaginario, dei propri problemi e di ciò che si sente dentro. Per le strade ci capita di sentire qualcuno dialogare senza avere persone ac- canto: con il cellulare all’orecchio ci sentiamo degli intrusi ascoltatori di una parte di conversazione tra due fidanzati, due amici, due colleghi, due uomini d’affari… 1111 E sperienza La vita dell’uomo è relazione Sembrerà una cosa sconta- ta, come aprire una porta aper- ta: la vita dell’uomo è relazione, cioè contatto con qualcosa, con il mondo in cui si vive e in cui ci si muove, ma soprattutto l’esi- stenza è rapporto con qualcuno sentito come alter ego, un altro io, uno specchio in cui ritrovarsi per parti o per intero. L’umore di ciascuno dipende fortemente dal benessere delle relazioni con gli altri. Quando il rapporto con le persone che amiamo e che ci amano si incrina, ci sentiamo male e non riusciamo a nasconderlo nel volto e nel portamento fisico. Dalla nascita fino all’ultimo istante della vita, l’uomo vive e sopravvive per le relazioni che gli altri gli riservano e per quella che riesce a intessere con gli altri. Sin dal primo istante della vita l’uomo è relazione , frutto dell’amore di un uomo e di una donna, risultato creativo di cellule che si cercano, di una fecondazione in cui è impossibile l’apporto solitario, in cui si esige necessariamente il concorso di due es- seri che si amano. Nel codice genetico di ogni neonato sono iscritti i geni del proprio padre e della propria madre, ma formando un essere originale, unico ed irrepetibile. Nessuna clonazione può mai eliminare questa realtà di fondo: l’uomo nella sua sin- golarità è relazione, è essere con gli altri. Tra tante risorse, non mancano i conflitti Se la dimensione “interpersonale” è fondamentale, se il rapporto con gli altri è costitutivo della persona umana, l’essere con gli altri comporta delle difficoltà. Il nostro stare in contatto con gli amici, fossero anche i fratelli e le sorelle, o con le persone che frequentiamo raramente, registra degli alti e dei bassi, non è un elettrocardiogramma piatto. Non sono rare le fermate, le incomprensioni e, talvolta, i conflitti. Perché io e gli altri non siamo fatti in serie come le lampadine: ognuno ha una sua originalità, un modo di vedere la realtà. I miei criteri, giudizi, gusti e stile di vita sono diversi da quelli altrui. Potremmo avere le magliette firmate uguali o lo stesso modello di moto, ma vi sono delle differenze che non si possono eliminare. Saremmo dei robot “freddamente uguali”, usciti dalla stessa fabbrica. Non ci sarebbe bisogno di dialogo, perché esso è possibile solo tra persone diverse. Proprio come la sinfo- nia è composta da note differenti, in tempo e tonalità diversi, ma tutte predisposte armoniosamente. 1212 E sperienza Mettiamo “a fuoco” la nostra esperienza Il problema ci tocca da vicino ed esige un’attenta riflessione individuale e d’insieme. • Compila il seguente diagramma e la tabella successiva, in cui potrai annotare gli alti e bassi del tuo rapporto con gli altri oppure le relazioni positive e negative che ricordi della tua vita passata. DIAGRAMMA . Dai un punteggio da 1 a 10, colorando con due tinte differenti il livello delle relazioni meno positive (-) e il livello di quelle più positive (+) - + - + - + - + - + - + - + - + - + 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 Anni 2 4 6 8 10 12 14 16 18 TABELLA . Annota nella prima colonna l’età che avevi all’incirca, nella seconda le relazioni positive e nella terza quelle negative che ricordi, nominando esplicitamente o segnando attraverso dei segni convenzionali, noti a te solo, le persone con chi hai intessuto tali rapporti Età Relazioni positive Relazioni negative • APPUNTI. Le esperienze positive e negative del passato ci condizionano positiva- mente o negativamente. A partire da esse, con quali atteggiamenti positivi e negativi ti accosti agli altri? Evidenziane almeno tre e, se te la senti, dici nei confronti di chi. ...nei confronti di… Atteggiamenti positivi fiducia, simpatia, apertura, amicizia, sollecitudine, collaborazione, sincerità, solidarietà… Atteggiamenti negativi diffidenza, risentimento, odio, sfiducia, indifferenza, chiusura, antipatia, ironia, perplessità… 1313 R iflessione L’OTTAVO GIORNO Regia: Jaco Van Dormael. Sceneggiatura: Jaco Van Dormael. Direttore della fotografia: Walther Vanden Ende. Musica: Pierre Van Dormael. Scenografia: Hubert Pouille. Montaggio: Susana Rossberg. Interpreti: Daniel Auteuil (Harry), Pascal Duquenne (Georges), Miou Miou (Julie). Anno: 1996 (Belgio/Francia). Durata: 118’. Premi e riconoscimenti: Palma d’oro come migliore interpretazione (per Auteuil e Duquenne) al Festival di Cannes (1996). Produzione: Philippe Godeau. Distribuzione: Mikado. Trama. Un incontro può cambiare la vita. In un mondo pieno di cose e povero di relazioni, la storia di Harry e Georges intende essere un’alternativa di vita, ribaltan- do i criteri valutativi dell’esistenza e dell’andazzo socio-economico di oggi. Se Harry rappresenta la persona “normale”, tutta compresa nel suo “fare”, nella corsa verso il successo, mai appagato dai risultati raggiunti, interamente preso dal vortice del- la fretta e dell’ansia, Georges, ra- gazzo “down” assomma in sé tut- te quelle persone distanti da ogni mentalità e possibilità di profitto e di utilità. In tale contrasto, le cose diventano diaframmi opachi e bar- riere, raffreddano il cuore ed impe- discono scambi di senso, anziché essere cristalli nitidi e ponti, che ri- scaldano l’anima e instaurano lega- mi profondi e duraturi. Lo scontro narrativo che si scatena è tra com- plessità e semplicità, tra frenesia e spontaneità, tra artificiosità ed in- genuità. Con la metafora della cre- azione, ripresa all’inizio ad opera di Sulla base della precedente fase d’esperienza, il formatore condurrà gli allievi alla visione del film. 1414 R iflessione Georges e alla fine ad opera di Harry, con indovinate tonalità simboliche, si colloca il graduale avvicinamento di mondi diversi e distanti, in cui sono prigionieri più o meno tutti gli uomini, titani e vittime, forti e deboli. L’amicizia diventa nel racconto filmico la chiave di apertura e di rinascita per scoprire l’altro, per accorciare le distanze e prendersi cura del “diverso”. La sinfonia non è forse la risultante di note differenti chiamate a richiamarsi e a sostenersi a vicenda per costituire una sola musica? Nel film (nonostante l’epilogo drammatico del suicidio di Georges), la monotonia e la solitudine cedono il passo al gusto della vita. Quando? Nell’“ottavo giorno” (quello che non appare in nessun calendario e in cui Dio creò i diversi, a metà tra gli angeli e gli uomini), quel giorno in cui il cerchio dell’indifferenza, e di ogni sua assurda giu- stificazione, viene spezzato e ci si apre all’imprevedibilità e all’originalità dell’incon- tro. Non senza gli inevitabili scontri e la fatica di apprendere dai «diversi». Perché imparare dalla vita di coloro che non riteniamo «normali» non solo è possibile ma insopprimibile. Come in Rain Man, il protagonista impara dal fratello autistico, Harry scopre il senso della propria vita da Georges e diventa capace di ricostruire il legame con la moglie e le figlie. Ci sono possibilità nella società di oggi per far sognare una realtà “diversa” in cui i valori dell’amicizia, dell’amore, della solidarietà trovino cittadinanza? L’ottavo giorno nel suo linguaggio si rivela ottimista, pessimista oppure semplicemente realista? Come viene espresso nel film il contatto con le persone che noi sentiamo “diver- se”? Il film indica un ideale irraggiungibile o una possibilità reale d’incontro con colui che è “diverso”? Interrogativi in sospensione 1515 R iflessione @ @ come amicizia e come amore Oggi, come ieri, si riescono a notare differenze lampanti sul diverso modo di pensare l’amicizia e l’amore. I giovani che sono chiamati a costruire il futuro e mi- gliorare la storia fanno tutti esperienze di amicizia e amore, più o meno riuscite. Confrontiamoci con alcuni testi, per capire meglio le nostre convinzioni e per crescere nel dialogo. Amico (Renato Zero, Prometeo, 1991) Il sole muore già e di noi questa notte avrà pietà dei nostri giochi confusi nell’ipocrisia il tempo ruba i contorni a una fotografia E il vento spazza via questa nostra irreversibile follia chissà se il seme di un sentimento rivedrà la luce del giorno che un’altra vita ci darà. Resta amico accanto a me, resta e parlami di lei se ancora c’è... l’amore muore disciolto in lacrime ma noi teniamoci forte e lasciamo il mondo ai vizi suoi. Io e te... lo stesso pensiero Io e te... il tuo ed il mio respiro Sarà tornare ragazzi e crederci ancora un po’ sporcheremo i muri con un altro «no» E vai se vuoi andare avanti! Perché sei figlio dei tempi! Ma se frugando nella tua giacca scoprissi che dietro il portafoglio un cuore ancora c’è... amico cercami! E ti ricorderai del morbillo e le cazzate tra di noi la prima esperienza fallimentare... chi era lei? Amico era ieri, le vele le hai spiegate ormai! E tu ragazza pure tu che arrossivi se la mano andava giù ritorna a pensare che sarai madre, ma di chi? di lui che è innocente e non si dica figlio di... Io e te... lo stesso pensiero Io e te... il tuo ed il mio respiro Che fai se stai lì da solo, in due più azzurro è il volo amico è bello, amico è tutta l’eternità è quello che non passa mentre tutto va Amico, amico, amico! Il più fico amico è chi resisterà! Chi resisterà? Chi di noi, chi di noi resisterà? R EN AT O Z ER O Renato Fiacchini, in arte Renato Zero, nasce a Roma nel 1950. Sta per morire in tenera età e riesce a sal- varsi per una trasfusione di sangue; frequenta le scuole fino alla terza media, dopo- diché si dedica completa- mente alle sue vere passio- ni: la musica, la danza, il canto, la recitazione. Dopo un esordio poco fortunato e diverse incomprensioni nel mondo dello spettaco- lo, arriva il successo con Zerofobia, album con pezzi pregevoli e contrastanti come Il cielo e Mi vendo. Nel 1978 nasce Zerolandia, il grande tendone itinerante sotto il quale affluiscono ogni sera migliaia di fans, mentre esplode in tutta Italia la Zerofollia. A mo- menti di grande successo, seguono momenti di stasi, ma oggi nessuno mette in dubbio il valore di Renato come artista. 1616 R iflessione Per un amico in più (Riccardo Cocciante, Cocciante, 1982) Non dico che dividerei una montagna ma andrei a piedi certamente a Bologna per un amico in più per un amico in più perchè mi sento molto ricco e molto meno infelice e vedo anche quando c’è poca luce con un amico in più con il mio amico in più non farci caso tutto passa hanno tradito anche me almeno adesso tu sai bene chi è piccolo grande aiuto discreto amico muto il lavoro cosa vuoi che sia mai un giorno bene un giorno male lo sai da retta un poco a me giochiamo a briscola non posso certo diventare imbroglione ma passerei qualche notte in prigione per un amico in più per un amico in più perchè mi tiene ancor più caldo di un pullover di lana a volte è meglio di una bella sottana un caro amico in più un caro amico in più e se ti sei innamorato di lei io rinuncio anche subito sai forse guadagno qualcosa di più un nuovo amico tu perché un amico se lo svegli di notte è capitato già esce in pigiama e prende anche le botte e poi te le ridà ah na na na na na ah na na na na na na (instrumental) per un amico in più per un amico in più per un amico in più per un amico in più capelli grigi si qualcuno ne hai è meglio avremo un po’ più tempo vedrai divertendoci come non mai ancora insieme noi non dico che divederei una montagna per un amico in più ma andrei a piedi certamente a Bologna per un amico in più ah na na na na na ah na na na na na na forse guadagno qualche cosa di più un vero amico... R IC C A R D O C O C C IA N TE Nato da padre italiano e da madre francese, esordisce con un album, Mu (1972), ove convivono rock e religione. Concerto per Margherita (1976) è una delle canzoni più conosciute di Cocciante. Artista ormai affermato anche in Europa ed America Latina, con Cervo a prima- vera (1981) raggiunge un altro grande successo, seguito dall’album Cocciante (1982), con le canzoni Un buco nel cuore, Un nuovo amico, In bicicletta e Celeste nostalgia. Ritiratosi negli Stati Uniti, il cantante torna in Italia solo per parteci- pare al Festival di Sanremo del 1991, che vince con Se stiamo insieme. Il successo recente di Notre Dame de Paris (1998) ha una risonanza mondiale. Alla fine del 2002 produce in Francia Le petit prince - sua seconda opera popolare - seguita nel 2005 da Giulietta & Romeo, presentata in anteprima al Colosseo e in tournée mondiale dal giugno 2007. 1717 R iflessione Amici mai (Antonello Venditti, Da San Siro a Samarcanda, 1992) Questa sera non chiamarmi no stasera devo uscire con lui lo sai non e’ possibile io lo vorrei, ma poi mi viene voglia di piangere Certi amori non finiscono fanno dei giri immensi e poi ritornano amori indivisibili, indissolubili, inseparabili Ma amici mai per chi si cerca come noi non e’ possibile odiarsi mai per chi si ama come noi basta sorridere No no non piangere ma come faccio io a non piangere... .... Tu per me sei sempre l’unica straordinaria, normalissima vicina e irraggiungibile, inafferrabile, incomprensibile Ma amici mai per chi si cerca come noi non e’ possibile odiarsi mai per chi si ama come noi sarebbe inutile Mai mai il tempo passerà Mai mai il tempo vincerà ...... Il nostro non conoscersi per poi riprendersi e’ una tortura da vivere ma stasera non lasciarmi no stasera non uscire con lui il nostro amore e’ unico, insuperabile, indivisibile ma amici mai. ma amici mai. A N TO N EL LO V EN D IT TI Nato a Roma nel 1949, fin dal liceo, studia il pianoforte e compone le prime canzoni. Nel 1972 con l’album Theorius Campus, in coppia con Francesco De Gregori, è il debutto ufficiale. Canzoni famose come Roma Capoccia, Le cose della vita, Sora Rosa, Lilly, Campo de’ fiori e Marta lo rendono subito ben accetto al grande pubblico. Seguo- no due album popolarissimi: Sotto il segno dei pesci, edito nel 1978 e Buona Domenica, pubblicato nel 1979. Nel 1983 lancia la famosa canzone Grazie Roma e nel 1984 l’album Cuore (che contiene clamorosi successi come Ci vorrebbe un amico e Notte prima degli esami). In questo mondo di ladri (1988) e Benvenuti in Paradiso (1991) superano il milione di copie e i suoi concerti sono sempre affollatissimi. Nel novembre del 2000 esce una raccolta delle più belle canzoni d’amore dal titolo Se l’amore è amore. 1818 R iflessione A te (Jovanotti, Safari, 2008) A te che sei l’unica al mondo, l’unica ragione per arrivare fino in fondo ad ogni mio respiro, quando ti guardo dopo un giorno pieno di parole, senza che tu mi dica niente tutto si fa chiaro, a te che mi hai trovato all’angolo coi pugni chiusi con le mie spalle contro il muro pronto a difendermi, con gli occhi bassi stavo in fila con i disillusi, che mi hai raccolto come un gatto e mi hai portato con te. a te io canto una canzone perchè non ho altro, niente di meglio da offrirti di tutto quello che ho, prendi il mio tempo e la magia, che con un solo salto ci fa volare dentro all’aria come bollicine a te che sei semplicemente sei sostanza dei giorni miei sostanza dei giorni miei. a te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande a te che hai preso la mia vita mi hai fatto molto di più a te che hai dato senso al tempo senza misurarlo a te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore. a te che io ti ho visto piangere nella mia mano, fragile che potevo ucciderti stringendoti un po’ e poi ti ho visto con la forza di un aeroplano, prendere in mano la tua vita e trascinarla in frano. a te che mi hai insegnato i sogni e l’arte dell’avventura a te che credi nel coraggio e anche nella paura a te che sei la miglior cosa che mi sia concessa a te che cambi tutti i giorni e resti sempre la stessa a te che sei semplicemente sei sostanza dei sogni miei sostanza dei sogni miei a te che sei essenzialmente sei sostanza dei sogni miei sostanza dei giorni miei a te che non ti piaci e sei una meraviglia le forze della natura si concentrano in te che sei una roccia, sei una pianta, sei un uragano sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano. a te che sei l’unica amica che io posso avere, 1919 R iflessione l’unico amore che vorrei se io non ti avessi con me a te che hai reso la mia vita bella da morire che riesci a render la fatica un immenso piacere a te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande a te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più a te che hai dato senso al tempo senza misurarlo a te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore a te che sei semplicemente sei sostanza dei giorni miei sostanza dei sogni miei e a te che sei semplicemente sei compagna dei giorni miei sostanza dei giorni miei. Dopo l’ascolto delle canzoni sottolinea con un evidenziatore di un colore le espressioni che parlano di amicizia e con un colore differente quelle che parlano dell’amore tra un uomo e una donna. Quali somiglianze e quali differenze trovi? Successivamente confrontali con i tuoi compagni. Alla fine del confronto annota- te le principali. Somiglianze Differenze 1. 1. 2. 2. 3. 3. 4. 4. 5. 5. 2020 S piegazione «Il termine “amore” è oggi diventato una delle paro- le più usate ed anche abusate, alla quale diamo accezioni del tutto differenti. […] Ricordia- mo in primo luogo i diversi si- gnificati della parola “amore”: si parla di amor di patria, di amore per la professione, di amore tra amici, di amore per il lavoro, di amore tra genitori e figli, tra fratelli e familiari, dell’amore per il prossimo e dell’amore per Dio. In tutta questa molteplicità di significati, però, l’amore tra uomo e donna, nel quale corpo e anima concorrono inscindibilmente e all’essere umano si schiude una promessa di felicità che sembra irresistibile, emerge come modello di amore per eccellenza, al cui confronto, a prima vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono. Sorge allora la domanda: tutte queste forme di amore alla fine si unificano e l’amore, pur in tutta la diversità delle sue manifestazioni, in ultima istanza è uno solo, o invece utilizziamo una medesima parola per indicare realtà totalmente diverse?» (Benedetto XVI, Deus caritas est, n.2). Nel mondo delle relazioni La realtà di oggi rivela molti interrogativi nel campo delle relazioni. Tutti gli ambienti di vita vengono toccati da difficoltà di intendersi e di rapportarsi corretta- mente. Genitori e figli, ragazzi e ragazze, anziani e giovani, italiani ed extracomu- nitari, cattolici e appartenenti ad altre confessioni cristiane o ad altre religioni. È un problema che ci tocca profondamente e da vicino. Come devo rapportarmi con gli altri, senza perdere la mia dignità e senza calpestare i diritti degli altri o rimanere indifferente al loro effettivo riconoscimento? Se le relazioni sono fondamentali per vivere e sopravvivere, occorre ricercare un continuo equilibrio tra esigenze di ciascu- no e bisogni di tutti, tra identità personale e dialogo con gli altri. E quando l’io (ego) prevale sugli altri? L’atteggiamento del bimbo “egocentrico” che pensa di essere al centro dell’uni- verso e considera gli altri come dei satelliti che gli girano attorno, se nelle prime fasi dell’esistenza assolve ad una funzione di sicurezza e rafforza la propria personalità, a mano a mano che si cresce, deve, in buona parte, essere superato per fare spa- zio alla considerazione degli altri. Accanto alla necessaria cura di sé, questa opera 2121 S piegazione di “decentramento” è indice di maturi- tà. Uno che pensasse solo a se stesso e non guardasse alle esigenze altrui, mancherebbe di umanità e sarebbe un uomo a metà. Nella storia dell’umanità non sono state poche le forme di ditta - tura, in cui prevale la volontà di uno o di pochi su quella del resto della nazione. «Lo Stato sono io» - affer - mò emblematicamente Luigi XIV, re di Francia. E non è stato l’unico a pensar- la così. Nel secolo XX Hitler, Stalin e Mussolini sono stati esponenti di que- sto individualismo di fondo e di questa immaturità umana, seguendo una lo- gica perversa e anti-umana. Ma anche oggi non mancano fenomeni in questa direzione. Il benessere del singolo o di alcuni non prevede alcuna considera- zione per gli altri, spesso strumenta- lizzati allo scopo unico di incrementare sempre di più il potere di chi sta in alto. Gli altri, i deboli, gli indifesi, gli emargi- nati, sono asserviti a tale obiettivo; ad essi, spesso, vengono negati i diritti più fondamentali. Vi sono stati, e vi sono attualmente, forme politiche di stampo assolutistico e dittatoriale. Ma non c’è bisogno di allontanarsi dal proprio am- biente. Oltre allo scenario internazionale, nei rapporti sociali (tra persone sposate, tra genitori e figli, tra amici, tra datori di lavoro e operai…) vi sono forme di prevaricazione egoistica sui bisogni e le necessità altrui. Si può parlare in questi casi di autentica umanità? Con quali atteggiamenti ogni uomo può combattere in se stesso questo istinto fondamentale di prevalere sugli altri e di fare da padrone nel mondo? Nota bene. Per indicare questo atteggiamento di fondo a livello sociale si usa - no i seguenti termini: individualismo, egoismo, egocentrismo, assolutismo… Ne conosci altri? 2222 S piegazione E quando gli altri prevalgono sull’io? Oggi assistiamo a fenomeni in cui vengono negati i diritti fondamentali della persona umana. A tanti bambi- ni viene sottratta l’attenzione di sentirsi al centro delle premure, di essere ama- to e di essere accettato nella sua unici- tà e singolarità. Il diritto a vivere viene puntualmente negato, nonostante la sua affermazione nel diritto internazionale. Sono tanti gli abbandoni e le logiche del profitto che tentano di togliere e sfigurare la dignità dell’uomo. Sistemi sociali e reti di comunicazione planetaria trattano pic- coli, donne e persone svantaggiate come merce di scambio. Si pensi al traffico di organi, al mercato di pedofilia e di prosti- tuzione. Questi sintomi avvertono che il singolo soggetto è merce di consumo per soggetti che non riescono più a controlla- re gli istinti più bassi. Il soggetto finisce per essere un numero, uno schiavo alla mercé dei migliori offerenti (ma sarebbe meglio dire “peggiori”). Il singolo uomo è un tassello insignificante e rimpiazzabile come pezzo di ricambio nel grande moloch della struttura sociale. Forme di massificazione, in cui non c’è spazio per la singolarità dell’individuo, in cui tutti vengono omologati e asserviti al sistema, ieri come oggi si sono avvicen- date nella storia dei popoli. «Il centro di tutto è la collettività, non la personalità» è lo slogan di coloro che portano avanti forme politiche ispirate al collettivismo del passato e del presente. Quali sono attualmente le forme politiche che portano que- sto marchio? È possibile rintracciare fenomeni similari anche nei rapporti sociali che intessiamo ogni giorno (tra amici, tra datori di lavoro e operai, tra telespettatori, nel- la comunicazione telematica…)? Si può parlare in questi casi di autentica umanità? Con quali atteggiamenti e iniziative concrete l’uomo può liberare se stesso e gli altri dagli effetti massificanti di questi sistemi? Nota bene. Per indicare questo atteggiamento di fondo a livello sociale si usa - no i seguenti termini: collettivismo, massificazione, comunismo, … Ne conosci altri? 2323 S piegazione L’uomo è essere con… essere per… Tra i due estremi (individualismo e collettivismo) c’è un equilibrio da mantenere e ricercare continuamen- te. La nostra vita e la storia dell’uma- nità costituiscono gli scenari diversifi- cati dove conflitti e riappacificazioni, squilibri e nuovi equilibri di rapporto si alternano non senza sofferenza e rischi. Se da una parte il soggetto non va assolutizzato nei suoi diritti a sca- pito di quelli altrui, dall’altra i doveri che il soggetto è chiamato a compie- re a beneficio della società non possono annullare i diritti di cui è portatore. L’uomo è fondamentalmente relazione, un soggetto che si trova ad “essere con…” gli altri. Egli è in cammino verso la maturità umana che consiste nell’“essere per…” gli altri. Le difficoltà e i problemi che comporta tale realtà non ne diminuiscono l’importanza, anzi… sono proprio le situazioni più difficili dal punto di vi- sta relazionale che ci portano ad apprezzare il valore di vivere con e di spendersi per gli altri. Dall’inizio alla fine della vita, l’uomo gioisce e soffre di relazioni più o meno riuscite: «Il bambino che non ha fatto l’esperienza di un amore affettivo, non solo non diventa maturo nel sentimento, ma diventa nevrotico; quella nevrosi è caratte- rizzata da profonda incertezza nel sentimento, da un profondo complesso d’in- feriorità, e dall’impossibilità di ordinarsi verso gli altri e di vivere il contatto con loro. Gli effetti sono più gravi e più profondi nella misura in cui l’amore affettivo è mancato maggiormente e in età più giovanile»1. La relazione di amicizia L’amicizia consiste essenzialmente in un amore scambievole tra simili: è un rapportarsi ad altri come a se stessi. L’amore con cui uno ama se stesso è forma e radice dell’amicizia: abbiamo infatti amicizia per gli altri, in quanto ci comportiamo con loro come verso noi stessi. Bisogna allora non solo scegliere bene gli amici, ma soprattutto qualificare l’amicizia con delle motivazioni che non siano quelle più co- muni della frequentazione esteriore, accompagnata da segni di benevolenza, o della coincidenza di interessi, o della semplice attrattiva sensibile, ma quelle della ricerca della verità, della comune realizzazione e della felicità. 1 A. terruwe, Amore ed equilibrio, Paoline, Roma 1970, p. 32. 2424 S piegazione La felicità è l’espe- rienza concreta e il frut- to dell’amicizia vera. Nessun uomo, benché sia sano, ricco, saggio, ecc. può sentirsi felice se non ha amici. Si sentirebbe solo e triste nel non poter condi- videre le sue preoccupazio- ni e il suo mondo interiore con altre persone. L’espe- rienza insegna che le gioie, quando sono condivise con qualcuno, diventano più in- tense e gustose, e che le pene, se condivise, risulta- no più leggere e sopporta- bili. I veri amici ci aiutano con le parole e con le ope- re, e anche con l’esempio della vita. Per questo, come recitano gli antichi proverbi, il vero amico è un tesoro e l’amicizia autentica è una delle più grandi fortune che un uomo possa avere su questa terra. L’amicizia umana autentica è una condizione ne- cessaria per conseguire la felicità in questa vita, perché l’uomo è un essere sociale, che ha bisogno dell’aiuto degli altri per svilupparsi adeguatamente, in uno scambio arricchente di “dare” e “ricevere”. Ma l’amicizia porta alla felicità passando per la fedeltà. Nell’amore amica - le la fedeltà gioca un ruolo determinante: del resto, per qualificare lo stretto legame amicale tra due persone, si parla di “amici fedeli”. La fedeltà nell’amicizia consiste nel poter contare sull’amico, sulla sua solidarietà e disponibilità; essa è strettamen- te connessa con il fatto di dimostrare la propria amicizia. La fedeltà nell’amicizia è profondamente diversa da quella matrimoniale perché il rapporto amicale, diversa- mente da quello coniugale, non è esclusivo: il fatto di amare un secondo amico non costituisce di per sé un atto d’infedeltà verso il primo: si possono amare anche pro- fondamente più amici contemporaneamente. Se però il secondo legame di amicizia porta in secondo piano il primo, allora si può parlare di infedeltà. Vi sono vari livelli di infedeltà: ad un primo livello un rapporto di amicizia fa venire completamente meno un altro rapporto di amicizia; ad un secondo livello l’amore al primo amico diminui- sce a causa del secondo rapporto amicale; ad un terzo livello l’amico che occupava il primo posto occupa poi un posto minore. Si tratta di infedeltà anche nel caso in cui l’amore per l’amico venga ottusamente meno, senza un vero e proprio motivo. Un nuovo rapporto di amicizia può infatti condurre alla consapevolezza dei limiti di un precedente rapporto amicale, e quindi al suo diminuire d’intensità, senza che l’infe- deltà giochi alcun ruolo. Non sempre un nuovo rapporto, causando il diminuire di un preesistente rapporto d’amicizia, implica infedeltà. 2525 S piegazione Le quattro forme di amicizia Distinguiamo essenzialmente quattro forme di amicizia: a) L’amicizia umana vera, che im- plica un amore fondato sull’autenticità. Con essa noi amiamo una persona per se stessa, e da lei ci sentiamo riamati. Perciò si è soliti dire che l’amico è come un “altro io”, che due amici sono “anime gemelle” e che l’amicizia è come “un’ani- ma che vive in due corpi”. È un’amicizia “permanen- te”. L’amicizia vera è quel- la che comporta una bontà reciproca, un essere simili nell’autenticità. E questa “reciprocità” è il frutto di una relazione buona tra soggetti buoni. Se i soggetti non fossero buoni, non si potrebbe dare una relazione buona, ma se non ci fosse reciprocità non si darebbe quel tipo speci- fico di relazione buona che è l’amicizia. Ciò implica una determinata qualità etica dei soggetti che entrano in rapporto (la loro autentici- tà), dalla quale scaturisce di conseguenza una determinata qualità e sublimità della relazione. La qualità eti- ca dei soggetti - una personalità buona e autentica - fa sì che la relazione d’amici- zia si instauri non in vista dell’utile o del piacere, ma per se stessa. Il punto più alto dell’amicizia è l’amore. L’amicizia si caratterizza come quell’amore di benevolenza o di devo- zione in cui chi ama si dà a colui che è amato, dandogli i suoi beni o ciò che ha - e questo, più o meno completamente, fino a quel perfetto dono di devozione in cui si dà tutto ciò che si ha, tutti i propri beni e anche la propria vita. In fondo è quel tipo di amore di cui par- la Gesù Cristo in Gv 15,13: «non vi è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici». L’amore in sen- so proprio, considerato nella sua for- ma estrema e completamente assoluta, consiste nel fatto che la persona si dà direttamente, “scopertamente”, senza nascondersi sotto le specie di alcun al- tro dono meno totale: si dà tutt’intera fin dal primo momento, dando e comu- nicando all’amico ciò che essa è ed esta- siandosi in lui. Dunque, la differenza tra amore e amicizia è una differenza nella “qualità intrinseca” dell’amore e cioè nel potere che esso ha di liberare l’anima da se stessa. L’amicizia evidenzia pertanto una qualità dell’amore - la benevolenza reciproca spinta sino al dono della vita - per cui essa esprime la struttura di base dell’amore cristiano. 2626 S piegazione b) L’amicizia dilettevole, che è quella fondata sul mutuo piacere di vi- vere insieme. Ma il piacere che provie- ne dall’amico non è il motivo della vera e stabile amicizia, bensì ne è il frutto e la conseguenza. Da ciò deriva che nulla è tanto proprio degli amici quanto il vi- vere insieme, il condividere esperienze, all’interno del gruppo di amici. Ma occor- re anche dire che il dirsi amici per il solo fatto di appartenere a uno stesso gruppo individua un legame che comporta una qualche amicizia, ma che non lo è pro- priamente, perché in questa esperienza di gruppo si può avere familiarità e per- sino amore sentimentale, ma ciò non può dirsi amicizia nel senso pieno del termine. La comunanza di interessi o la comu- ne appartenenza ad un gruppo non producono automaticamente amore amicale. L’amicizia porta ad uno sguardo reciproco di amore, alla comprensione re- ciproca, all’apertura all’altro, al fiducioso poter contare sull’amico, alla familiarità del rapporto, all’essere radicati su un am- bito di valori comuni. Proprio da quest’ul- timo punto si ricava che l’amicizia, nel senso forte del termine, si distingue dal superficiale cameratismo: ciò che ac- comuna gli amici non è un accidente casuale e contingente, ma un ambito reale di valori. c) L’amicizia utilitaria, nella qua- le gli amici si amano principalmente per l’utilità vicendevole. In questo caso l’amico è amato non propriamen- te per se stesso, ma per l’utile che esso procura. Questo tipo di amicizia viene a cessare non appena cessa di es- serci il piacere o l’utilità. Se senza dub- bio le circostanze favorevoli sono una base che pone l’amicizia al di sopra di ogni sospetto di utilitarismo e garan- tiscono l’atteggiamento disinteressato verso l’amico, tuttavia la vera amicizia non solo è possibile nelle circostanze meno fortunate, ma anzi proprio in tali circostanze è messa alla prova e sag- giata nella sua autenticità. 2727 S piegazione d) L’amicizia e l’amore coniugale . L’aprirsi all’amico non raggiunge però i livelli che raggiunge l’amore coniugale. Nell’amicizia la relazione non è di tipo io-tu, come nell’amo- re coniugale (relazione raffi- gurabile nell’immagine di due persone poste l’una di fronte all’altra), e non è pienamente una noi-relazione (raffigurabi- le con l’immagine di persone l’una di fianco all’altra, rivol- te verso un qualcosa d’altro). L’amicizia racchiude questi due tipi di relazione, ma so- prattutto la prima in maniera piuttosto debole: l’amico non è il tema principale del rapporto, come avviene invece nel matrimonio, e d’altra par- te non è il semplice essere rivolti verso un qualcosa d’altro. Raffigurato in un’imma- gine, il rapporto amicale è un tenersi per mano formando un semicerchio: e quindi un reciproco essere di fronte e al contempo aperti verso un qualcosa d’altro. La relazione interpersonale di amicizia è dono di sé e ricerca dell’altro. Il donare-accogliere rappresenta l’attuazione delle varie potenzialità affettive, cogniti- ve e volitive della personalità Amicizia e comunità La distinzione tra relazione di amicizia e comunità consiste essenzialmente nel fatto che la comunità è costituita da legami sociali e presenta il carattere di una totalità quasi sostanzialmente nuova rispetto ai singoli rapporti tra i suoi membri. L’amicizia consiste in una relazione tra gli amici che può portare a forme comunitarie come circoli di amici o coppie di amici. L’amicizia è una relazione personale che si instaura tra due persone. Anche se il gruppo di amici è numeroso, i legami di amicizia che si formano sono personali e non possono formarsi per interposta per- sona. È possibile però che una solida amicizia tra due sostenga anche il meno forte legame di amicizia con un terzo. Il carattere strettamente personale del rapporto amicale porta al fatto che i circoli di amici non possono mai diventare comunità di comunità, ma sono comunità fondate su rapporti personali tra i membri. Inoltre, poiché l’amicizia implica una presa di posizione consapevole, appar- tenere ad una comunità di amici si distingue dall’appartenere ad esempio alla co- munità umana. In questo secondo caso l’appartenenza non dipende dall’esperienza della persona, né dalla sua volontà. Il costituirsi in comunità da parte del rapporto 2828 S piegazione amicale retroagisce positivamente sugli amici: la comunità costituisce una tota - lità organica nuova rispetto ai semplici contatti personali ed è portatrice di valori che la distinguono e che agiscono sui membri che la costituiscono. Il radicamento della comunità di amici nelle persone che la formano fa sì che al venir meno delle persone venga meno anche la comunità, e se un certo gruppo di amici si rinnova in modo che ad un certo punto i suoi membri non sono più gli stessi del gruppo originario, non si potrà parlare a rigore dello stesso gruppo di amici. Ciò non è affatto scontato: non avviene per tutti i gruppi sociali, si pensi ad esempio a socie- tà come lo Stato, la Nazione, la Chiesa o l’umanità. Il senso cristiano dell’amicizia e dell’amore Il cristiano cura molto l’amicizia umana, ma tale amicizia ha bisogno di tra- scendenza, cerca una realizzazione completa, un legame amicale che porti ad una felicità senza limiti. L’amicizia umana non basta per la felicità completa, perché essa è un bene limitato, come limitata è la persona umana. I migliori amici tra le perso- ne umane possono venir meno, a causa dell’infermità e della morte. Non possono restare sempre con noi; spesso devono vivere lontano. Anche se vogliono aiutarci, molte volte non lo possono fare, perché le loro conoscenze non sono universali e il loro potere è molto relativo. Partendo dall’amicizia umana, il cristiano cerca l’amicizia con Dio, amicizia su- prema e inestinguibile, che può renderci felici in maniera totale e perpetua. Ora ci domandiamo: è possibile l’amicizia tra l’uomo e Dio? Secondo Aristotele è im- 2929 S piegazione possibile, perché tra l’uomo, essere limitato, e Dio, essere infinito, c’è di- stanza infinita, mentre l’amicizia esige sempre una certa “uguaglianza” tra gli amici. S. Tommaso d’Aquino risponde che questo succede sul piano naturale; sul piano soprannaturale la situazione è diversa, perché la grazia divina eleva l’uomo a un piano superiore di quello puramente naturale. Questa grazia è una partecipazione alla vita divina, che rende l’uomo figlio di Dio, che è più di amico. Così, secondo la visione cri- stiana, l’amicizia tra l’uomo e Dio non è soltanto possibile, ma è un dato di fatto. Tale amicizia si chiama “carità”. S. Tommaso fu il primo a dimo- strare che la carità è l’amicizia soprannaturale tra l’uomo e Dio. Dalla Bibbia e dalla teologia sappiamo che la carità è la virtù per eccellenza e costituisce l’essenza della vita cristiana. “Chi vive nella carità rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1Gv 4,16). Secondo S. Paolo “la carità non passerà mai” (1Cor 13,8). Quindi la carità o l’amici- zia con Dio suppone e perfeziona l’amicizia umana. Sul piano umano ci sentiamo soli e infelici quando non possiamo conversare amichevolmente con un amico che ci comprenda e ci aiuti. Se manca la carità o l’amicizia con Dio, la vita spirituale sarà imperfetta e monca per un cristiano. Senza la carità egli non può piacere a Dio, né può sentirsi amato da Lui come amico. Se ama Dio con carità genuina, cercherà di essere gradito a Lui in tutto il suo operare, perché questo esige l’amicizia genuina. La carità e l’amicizia con Dio sono imperfette in questa vita. Saranno perfette nella vita ultraterrena, quando si godrà della visione di Dio. Intanto, durante questo pellegrinaggio, la nostra carità o amicizia con Dio è più o meno imperfetta. Per questa ragione, nella vita si ha sempre bisogno del sostegno dell’amicizia umana. Se questa ci manca, è normale che ci si senta vacillanti e si cada facilmente in qualche forma di tristezza o depressione. Lo sapevano bene i santi, i quali cercavano l’aiuto di amici sinceri per camminare insieme e con coraggio verso la perfezione cristiana. Lo stesso aiuto viene ricercato nei diversi gruppi o movimenti religiosi di tutti i tempi. Come l’amicizia con i malvagi è molto nociva, così l’amicizia con i buoni giova molto alla propria autenticità umana e cristiana. Il bene inferiore va subordinato al bene superiore, e l’amicizia umana deve essere orientata all’amicizia divina. L’amicizia umana è molto complessa, come lo stesso uomo, essa ha una dimensione corporale e una dimensione spirituale. Sarà amore cor- porale o amore spirituale a seconda che predomini in esso la prima o la seconda dimensione. L’esperienza insegna che l’amore umano può trasformarsi da corporale in spirituale e viceversa. 3030 S piegazione PUNTI CALDI (Denis Sonet)2 2 Le schede che seguono sono riprese da: d. Sonet, Scoprire l’amore, SEI, Torino 1993, pp. 58. 50. 256. 255. AUTOEROTISMO L’autoerotismo o masturbazione è la ricerca solitaria del piacere sessuale mediante l’eccitazione degli organi genitali. In passato era giudicata severa- mente e addirittura considerata dannosa dal punto di vista medico. Oggi in- vece certe riviste ne parlano come se fosse un ideale di sessualità. A questo proposito si impone una valutazione più equilibrata. In questi atti solitari il problema non è l’atto in sé: tutto il corpo dell’uomo è bello e merita di esser toccato; è il fatto che questo piacere venga vissuto in solitudine: la sessualità è fatta di rapporti e il piacere non ha senso se non viene reciprocamente dato e reciprocamente ricevuto. Si può dunque comprendere come nella masturbazione sia sempre pre- sente una componente di insoddisfazione: anche se viene immaginato, manca quell’ “altro” necessario ad ogni relazione sessuale. In più, è spiacevole sentire dentro di sé una forza che si impone. «Verso i 14-15 anni ero fiero del mio corpo, di un corpo che cresceva, che pareva divenire forte, ma avevo anche vergogna per la masturbazione. Le ho già detto che non la consideravo un vizio, ed é vero, ma la vergogna è più forte di ogni convinzione e evidenza. In sostanza, a ferirmi non era il fatto di pratica- re un gioco che alcuni considerano proibito, piuttosto la sensazione di mancare di volontà; ogni masturbazione era una sconfitta della volontà, e faceva di me un perdente. Parlo all’imperfetto, ma questo pensiero è ancora radicato dentro di me» (Domenico, 17 anni). Detto questo, non stupisce che nell’adolescenza non sia stato ancora ac- quisito il pieno controllo sulle pulsioni; quando è solo casuale, la masturbazio- ne è il segno che la volontà é stata travolta da una pulsione troppo forte e non c’è da preoccuparsi. L’importante è che non diventi un’abitudine sistematica che rischierebbe di indurre un ripiegamento su se stessi, una ricerca narcisisti- ca unicamente del proprio piacere, col rischio, nella futura vita di coppia, di ve- dere nell’altro solo un oggetto. Saper padroneggiare le pulsioni - così utile per una buona vita sessuale futura - non si impara con un atteggiamento chiuso e volontarista, ma con la pratica di una corretta igiene di vita e di una generosa apertura verso gli altri. Concludiamo, infine, ricordando che il ricorso alla masturbazione non è mai una necessità! 3131 S piegazione OMOSESSUALIT À L’omosessualità (dal greco omo, simile) detta anche pederastia (in greco, innamoramento dei bambini), uranismo o saffismo (dal nome della poetessa omosessuale Saffo, dell’isola di Lesbo) consiste nella tendenza permanente e involontaria ad avere rapporti amorosi con persone dello stesso sesso. Questa differenza è un segnale della difficoltà ad accettare, nell’ambito della sessualità, chi è diverso da noi. Nell’evoluzione dell’affettività, c’è un blocco al gradino dell’amicizia, per timore di affrontare l’approccio con il sesso opposto. La non complementarietà degli organi sessuali (gli organi maschili non sono idonei all’incontro con un corpo maschile), la grande fragilità delle coppie omossessuali (spesso tormentate dalla gelosia e dal complesso di colpa), l’im- possibilità della procreazione ce ne mostrano sufficientemente i limiti. L’omosessualità non può dunque essere presentata come un ideale in tema di sessualità e non può essere riconosciuta come modello, come un’alter- nativa all’eterosessualità. Ma in nessun caso bisogna respingere o disprezzare gli omosessuali. Non devono essere identificati né ridotti alla loro omosessua- lità: prima di essere omosessuali, sono esseri umani a pieno titolo, che spesso conducono una lotta impari e dolorosa contro una pulsione imperiosa, e che raramente trovano nella società o nella terapia l’aiuto necessario. RAPPORTI PRE-MATRIMONIALI La posizione della Chiesa in merito alle relazioni sessuali si spiega con ragio- ni umane e spesso di buon senso: «La sessualità si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrale dell’amore con cui l’uomo e la donna si impegnano totalmente l’uno verso l’altra fino alla morte». «La donazione fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale e totale» (Gio- vanni Paolo II). Ma ci sono anche ragioni strettamente religiose: ogni volta che gli sposi si rinnovano il sì del sacramento matrimoniale, ogni volta si donano Dio, ogni volta Dio dona loro la grazia. L’atto d’amore, che è per eccellenza il momento del sì, è anche - in quanto dono - il luogo per eccellenza della grazia di Dio. Dunque un cristiano desidera che i suoi gesti d’amore si realizzino nell’ambito della grazia e cioè solo dopo l’impegno solenne davanti a Dio. Il Nuovo Testamento aggiunge che, dopo il battesimo, il cristiano appartiene a Cristo, a Dio. Il cristiano non può “donarsi” al coniuge se non c’è il consenso di Dio di dare all’altro ciò che gli ap- partiene: «Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Glorificate dunque Dio nel vostro corpo» (1 Cor 6,12). 3232 S piegazione DIVORZIO La posizione della Chiesa sul divorzio è ispirata prima di tutto dalle parole di Gesù stesso: «L’uomo, dunque, non separi ciò che Dio ha congiunto. Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra commette adulterio» (Mc 10, 9. 11). E Gesù aggiunge: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso» (Mt 19, 11). La si spiega anche con l’alto concetto che essa ha del matrimonio. Se il matrimonio cristiano è il segno dell’amore di Dio, deve essere fedele e senza ripensamenti, come l’amore di Dio. Dio non “divorzierà” mai da noi; continuerà ad amarci, anche se noi non lo amiamo più. Un cristiano che divorzia non può risposarsi in chiesa: non può ricevere una seconda volta la missione di essere il segno del fedele amore di Dio. È bene notare inoltre che una donna abbandonata con i figli da un marito incurante avrebbe difficoltà a capire come la chiesa gli possa permettere un nuovo matrimonio religioso. Detto questo, la Chiesa non obbliga nessuno a vivere con un coniuge in- sopportabile. Ammette, per ragioni gravi, la separazione. «Motivi diversi, quali incomprensioni reciproche, incapacità di aprirsi a rapporti interpersonali, ecc., possono dolorosamente condurre il matrimonio valido a una frattura spesso irreparabile. Ovviamente la separazione deve essere considerata come estre- mo rimedio, dopo che ogni altro ragionevole tentativo si sia dimostrato vano» (Giovanni Paolo II). I divorziati-risposati non sono però esclusi dalla Chiesa: «potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita» (Gio- vanni Paolo II). Il divorzio viene spesso vissuto dalla coppia, e soprattutto dai figli, come una dolorosa rottura e un fallimento. Meglio sarebbe prevenire che guarire: una scelta del coniuge più giudizio- sa, meno impulsiva, una seria preparazione alla vita di coppia, il ricorso imme- diato ad un consiglio competente in caso di conflitto, lo sforzo per una migliore comunicatività potrebbero sensibilmente diminuire il numero delle rotture. 3333 S perimentazione La ballata dei pensieri e due decaloghi Il formatore prepara due fogli con la scritta ini- ziale “Amicizia è…” e “Amore è…”. Chiede ad ogni ragazzo/a di completare le due espressioni con un proprio pensiero. Dopo aver completato la frase l’allievo/a ripiega il foglio in modo da coprire ciò che ha scritto e lo passa al compagno il quale annota quello che pensa… e così via. Quando tutti avranno scritto sui fogli i loro pensieri, il formatore leggerà il contenuto e insieme alla classe ela- borerà un decalogo sull’amicizia e uno sull’amore. Referendum sui punti caldi Il formatore prepara dei foglietti su questa falsa riga: autoerotismo si  no  omosessualità si  no  rapporti prematrimoniali si  no  divorzio si  no  Li distribuisce agli allievi e li fa compilare in segreto. Si può an- che predisporre una specie di cabina elettorale e simulare una sezione. Dopo aver raccolto le schede si fa lo sfoglio e si comu- nicheranno i risultati. Superando la curiosità di chi si è espresso per il si e chi per il no, il formato- re aiuterà gli allievi a interpretare i dati e ricercarne le motivazioni della scelta. 3434 S perimentazione CAST AWAY Regia: Robert Zemeckis. Sceneggiatura: William Broyles Jr. Direttore della fotografia: Don Burgess. Musica: Alan Silvestri. Scenografia: Rick Carter. Montaggio: Arthur Schmidt. Interpreti: Tom Hanks (Chuck Noland), Helen Hunt (Kelly). Anno: 2000 (USA). Durata: 144’. Premi e riconoscimenti: Golden Globe 2001 a Tom Hanks come Miglior Attore Drammatico; Candidato all’Oscar 2001 nelle categorie: Mi- glior Attore (Tom Hanks), Miglior Sonoro. Produzione: 20th Century Fox, Dreamworks, Im - age Movers/Playtone. Distribuzione: UIP. Trama. La vita personale e professionale di Chuck Nolan, ingegnere della Federal Express, è scandita dall’orologio, dai ritmi frenetici e dai continui spostamenti, spes- so senza preavviso, che lo tengono lontano dalla sua fidanzata Kelly. Mancano pochi giorni a Natale, quando arriva di nuovo il momento di partire. Dopo aver promesso a Kelly di essere insieme per l’ultimo dell’anno, Chuck sale sull’aereo. Ma stavolta il viaggio non va come al solito. L’apparecchio finisce dentro una fortissima bufera che lo abbatte. Quando riprende conoscenza, Chuck è solo su un’isola deserta. Ben presto capisce che l’isola, a sua volta, è fuori da ogni traiet- toria conosciuta. Privato quindi di ogni contatto umano e senza punti di riferimento, Chuck deve cominciare a procurarsi le cose più elementari per sopravvive- La solitudine e l’insopprimibile bisogno degli altri Per continuare la sperimentazione, il formatore propone la visione del seguente film. 3535 S perimentazione re: l’acqua, il cibo, un riparo. Dopo molti tentativi, riesce ad accendere il fuoco e prova grande entusiasmo. Passano così quattro anni, e un giorno dal mare Chuck tira fuori un pezzo di cabina di nave. Mentre cerca di costruire una scialuppa per passare le onde che circondano l’isola, Chuck litiga e poi fa pace con Wilson, un pallone bianco su cui lui ha disegnato i tratti di un viso umano e che è diventato il suo confidente. Oltrepassa le onde, viene avvistato da una nave e salvato. Quattro settimane dopo, il ritorno a casa crea entusiasmo e imbarazzo. Kelly nel frattempo si è sposata ed ha un figlio. Lui va a trovarla a casa, poi va via. Lei lo rincorre: i due si amano ancora, ma le cose sono andate diversamente e non si può tornare indietro. Chuck riprende a girare: la strada giusta da imboccare è difficile ma forse ci può riuscire. (da: http://magazine.libero.it/cinema/bd/schedafilm.php?sch=38040) Interrogativi in sospensione Il formatore propone agli allievi di commentare la visione del film e di riflettere sui contenuti trattati compilando la seguente scheda. 1. Immedesimandoti nel ruolo del protagonista che emozioni hai provato? 2. Che importanza ha per il protagonista il pallone… 3. Cosa gli manca di quello che ha lasciato? 4. Quali sono le paure di………? 3636 S perimentazione 5. Riesci a trovare aspetti positivi in questa storia? Quali. 6. Scrivi tre aspetti positivi e tre negativi del “vivere soli” e del “vivere con gli altri” 9. Qual è la persona più importante nella tua vita al momento attuale e quale per il tuo futuro? 10. Che cosa provi quando l’attendi, dopo un periodo d’assenza? 7. Quali pagine della letteratura, di altri film e di canzoni ti richiama la visione di questo film? Quali esperienze tue o di altre persone che tu conosci si avvicinano alla storia del protagonista? 8. Tante (poche o molte) persone sono importanti per la nostra vita. Alcune sono lontane, altre vicine… Quali vorrei averle sempre con me e non perderle mai? Richiamane tre. 3737 S perimentazione La salita verso il dono di sé 3 Vi sono diversi livelli dell’amore umano: come dei gradini vanno verso l’alto dall’amore ricevuto all’amore donato. Grosso modo sono quattro le “fasi” che ciascuno è chiamato a percorrere e a maturare, come mostra la seguente striscia a fumetto: 3 Libero adattamento di d. Sonet, Scoprire l’amore, pp.55-63 e pp. 40-41. Per concludere la sperimentazione, il formatore guida gli allievi in questo breve percorso che si snoda in quattro tappe. Mettiamo «a fuoco» la nostra esperienza La prima persona che l’essere umano impara ad amare è se stesso. Il neonato… Il bambino scopre presto l’amore dell’altro… Il giovane divenuto grande… Il giovane divenuto grande … 1a fase: amor di sé 2a fase: amor dell’altro per noi 3838 S perimentazione 3a fase: amor dell’altro Più il bambino cresce e più diventa capace di generosità; e diventare adulti significa arrivare a un amore in grado di donarsi, di essere disinteressati… Ecco le cinque grandi aspettative che formano il rompicapo dell’amore: Vivere uno di questi sogni significa vivere un amore spezzettato, sbriciolato, povero, diminuito. Un vero amore mira a riunire queste cinque aspettative… 4a fase: con l’altro si amano gli altri Quando l’amore è profondo è del tutto naturale che porti coloro che si amano verso la fase successiva, quella dell’amore fecondo. L’amore risplende e si diffonde. Fa desiderare un figlio, alimenta l’incontro con gli altri. Sente il richiamo del mondo che aspira a un po’ più di umanità, ad una maggiore tenerezza. Così insieme… Provate a commentare il grafico in particolare le parole aggiunte rispetto al di- segno precedente (accoglienza, durata, dono, apertura): 3939 V erificaV erifica 2. Elenca almeno tre atteggiamenti positivi e tre negativi di relazione umana: 3. Che cosa capita quando l’io prevale sugli altri? 4. Che cosa capita quando gli altri prevalgono sull’io? 1. Realizza nello spazio sottostante un grafico rappresentativo che esprima a tuo modo il rapporto tra queste parole/esperienze umane: amore autentico, amore tradito, amicizia vera, amicizia interessata, amicizia dilettevole, solitudine, iso- lamento, emarginazione… 4040 PER APPROFONDIRE Benedetto XVI, Deus caritas est, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2006. ChApmAn Gary, I 5 linguaggi dell’amore, Elle Di Ci, Leumann - Torino 2003. LoSAnA Ottavio, Adolescenti, sessualità, amore, Elle Di Ci, Leumann - Torino 2005. Sonet Denis, Il primo bacio e dintorni, Elle Di Ci, Leumann - Torino 2003. Sonet Denis, Scoprire l’amore, SEI, Torino 1993. terruwe Anna Alberdina Antoinette, Amore ed equilibrio, Paoline, Roma 1970. 5. Esprimi in poche parole il senso cristiano dell’amicizia e dell’amore. 6. Tra film, canzoni, informazioni ricevute, esperienze narrate che cosa ti è ri- masto più impresso? 7. Rifletti sul tema di questa UA: vivere è entrare in relazione. Gli altri sono im- portanti per la nostra vita. Tutti sono importanti allo stesso modo? In base a che cosa stabilisci che alcune persone siano più importanti di altre per la tua vita? V erificaV erifica 4141UA 2 4242 Percorso Questa unità “Cristianesimo e religioni a confronto” ti aiuterà ad aprirti in modo attivo e critico di fronte alla crescente quantità di informazioni e di sollecitazioni esterne sulle diversità culturali e religiose e a collabora- re, cooperare con gli altri al buon andamento della vita sociale. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 4343 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Operare un sereno e autentico confronto tra cristianesimo e religioni Scoprire nelle religioni più diffuse i segni che le contraddistinguono, apprezzan- done i valori in esse presenti e coglien- do nel confronto l’originalità della fede cristiana Individuare ed assumere nei con- fronti delle differenti religioni gli atteggiamenti più umanamente corretti e secondo il vangelo 4444 E sperienza Che ne dici? La religione è un fatto individuale o un fatto sociale? Tu che ne pensi? Anche tu la pensi così? Di seguito sono riportate una serie di slogan sulle diverse religioni, dopo averle lette esprimi le tue riflessioni  «La religione è una faccenda personale; ognuno risolve il suo problema religioso, se ce l’ha». «Sì, ma come la mettiamo con popoli interi che si definiscono religiosi, per esem- pio, cristiani o buddisti o islamici?»  «Ad ogni popolo una sua religione. In Italia siamo tutti cristiani, in Marocco tutti islamici, in India tutti induisti. È bene che ogni territorio resti caratterizzato dalla propria religione»  «Entrando nel terzo millennio, l’Europa sta divenendo l’Europa delle religioni: fino- ra ha avuto tradizioni cristiane (cattolici, protestanti, anglicani); ma se diventasse musulmana sarebbe la stessa cosa: per me o cristiano o islamico è indifferente». 4545 E sperienza Chi ha ragione? La ragione sta tutta da una parte? Perché c’è il rischio che un gruppo religioso divenga intollerante? Conosci gruppi religiosi fondamentalisti intolleranti? Tu ti sei fatto un’idea se c’è differenza tra una religione e l’altra? Diffe - renza in che cosa? Esprimi il tuo parere. Fondamentalismo Atteggiamento di chi sostiene l’applicazione letterale e rigoro- sa dei principi di un movimento religioso o politico, senza che sia fatta un’opera di interpretazione alle mutate condizioni sociali e culturali (per es.: fondamentali- smo islamico; fondamentalismo di gruppi di cristiani…)  «A che servono le religioni? Guardate nell’Ulster o nella ex Jugoslavia o in Algeria o nella Palestina…: la gente ammazza l’altra gente in nome della propria religione. Bella roba, la religione: fa diventare assolutisti, integralisti, prepotenti!!!». «Alt, amico. E non ti accorgi che le religioni svolgono un ruolo di difesa della comune dignità di ogni uomo? Che difende la donna e il lavoro? Ad Assisi nel 1986 ma anche in altri raduni, abbiamo visto le religioni unite per la pace».  «Per me una religione vale l’altra. Nessuno può pretendere che la sua religione sia superiore all’altra. D’altronde, tutte le religioni dicono di essere nella verità».  «Il punto debole di ogni religione è che ognuna di essere immagina Dio a modo suo. Ma allora, quanti dei ci sono? O c’è un solo Dio chiamato con tanti nomi?» «Per conto mio, mi sta bene quella religione che io stesso mi fabbrico su misura, senza scomodare Budda o Cristo o Maometto…». 4646 E sperienza Ricerca Dopo aver riflettuto ed esserti confrontato con i tuoi compagni e il formatore su quanto precedente- mente proposto, in un gruppo di tre o quattro com- ponenti, fai una ricerca su una delle seguenti reli- gioni, seguendo lo schema sotto proposto. • INDUISMO E BUDDISMO (tradizioni religiose dalla cultura orientale); • EBRAISMO E ISLAM (tradizioni religiose dalla cultura medio-orientale) • CRISTIANESIMO (tradizioni religiose della cultu- ra occidentale) • SETTE E MOVIMENTI RELIGIOSI SCHEMA Di ciascuna Religione ricerca: • come e quando essa è nata (chi è il fondatore); • quale è il “Dio” in cui i “fedeli” credono; • come essi sono divenuti appartenenti; • in che cosa essi credono; • qual è l’organizzazione del sistema religioso; • a quale tipo di esperienza religiosa esso conduce; • quali sono i suoi libri dichiarati “sacri”; • a quali valori morali educa gli appartenenti; • quali sono i suoi riti; • qual è la sua visione sulla vita, sulla morte, sul lavoro, sul dolore, sulla famiglia…  «A me piace prendere un po’ di qua e un po’ di là: mi affascinano le religioni orientali, Maometto mi è simpatico, Gesù Cristo mi interessa per il suo amore ai poveri e ai lavoratori. Non ho bisogno di andare in chiesa, per sentirmi un perfetto religioso». Affascina pure te questa posizione? Perché? «Studiare le religioni vuol dire esplorare un paesag- gio che è ben lungi da ri- dursi a poche montagne che dominano lo spazio e i secoli. È tentare di risalire alle sorgenti di ciascuna di esse per ritrovare l’ispira- zione, l’intuizione che le ha fondate. Significa seguirle sul filo della storia, persi- stenti di una forza viva» (Émile POULAT, in: Atlante delle Religioni, UTET, Tori- no 1996, p. 7). 4747 R iflessione Leggi con attenzione il seguente dialogo tra Gianluca e Muhamud Dialogo tra Gianluca, nato a Viterbo, e Muhamud, proveniente dal Marocco. Scena : nell’officina del meccanico, dove i due sono giovani apprendisti. In una pausa del lavoro. G Quindi, vieni dal Marocco? M Sì, dalle parti di Meknès G Chi te l’ha fatto fare? Non te ne potevi stare al tuo paese? M Pongo a te la stessa domanda. So che dall’inizio del 1900 e per tutto il secolo milioni di italiani sono andati negli Stati Uniti, in Argentina, in Francia, in Svizzera, in Germania. Chi gliel’ha fatto fare? G La fame, amico mio: quando non c’è lavoro e condizioni di vita dignitose si cerca altrove. M Ecco, hai avuto la risposta. G È vero che in Marocco siete tutti musulmani? M Proprio tutti non lo so, ma quasi tutti i nativi del Marocco credo proprio di sì. G Come qui in Italia che tutti nascono cristiani? M Non lo so se è così; ma forse sì. Se uno nasce in Italia diventa cristiano, se uno nasce in Marocco o in Libia o in Afganistan diventa musulmano. G E quelli che nascono in India? M Beh, penso che nascano induisti. G Vuoi dire che ogni paese ha la sua religione? M Forse è così. Ma non ne sono sicuro. Noi musulmani vorremmo che tutti abbracciassero l’Islam e divenissero adoratori dell’unico vero Dio, Allah. G Anche noi cristiani? M E perché no? G Eppure quasi quasi mi piacerebbe diventare musulmano. Potrei avere molte mogli, non essere legato ai comandamenti, non avere precetti e norme dalla Chiesa…: essere libero, come penso che siate voi musulmani. M Veramente, se dici così, si vede proprio che ci conosci poco. Anche noi abbiamo dei doveri religiosi. Per esempio, la preghiera pubblica tre volte al giorno… G Ma allora, che differenza c’è tra un cristiano, un musulmano, un buddista, un induista… 4848 R iflessione M Non lo so. Forse non c’è nessuna differenza. G Sì, per me una religione vale l’altra. M Veramente per noi musulmani non è così. Tutti devono diventare musulmani, perché Allah è l’unico Dio. Gianluca quella sera rimuginava le parole di Muhamud: “Tutti devono diventare mu- sulmani”, e pensava: «Allora il cristianesimo dovrebbe finire? Ma chi sono veramente i musulmani?». Adesso rifletti sugli interrogativi che l’affermazione di Muhamud ha suscitato in Gian- luca ponendoti i seguenti interrogativi: • Che rapporto c’è tra la religione cristiana e la religione islamica? • Cosa pensa la Chiesa cattolica delle diverse religioni? • Ci può essere un dialogo tra Cristianesimo e Religioni? • E tu… ti sei mai posto altri interrogativi di questo genere? Che tipo di risposte si possono trovare? 4949 S piegazione 1. Religione e Religioni In che consiste l’essere religiosi? Leggi le seguenti testimonianze: Il sig. Mario, elettricista, ha l’abitudine, uscendo di casa per il lavoro, di dire in cuor suo questa preghiera: «Signore del cielo e della terra, grazie per avermi donato ancora questo giorno. Tu sai che mi affido a Te e a Te, Padre grande e buono, affido mia moglie e i miei figli Giuseppina e Francesco. Incontrerò molta gente oggi. Desidero fare la tua volontà. So che mi sei vicino con il tuo amore». Il poeta Shaikh Mattâ Ghoryâ-Khail, del Pakistan, esprime un forte “sentimento re- ligioso”. Il mondo parla di Dio: «Quando sbocciano i fiori nei giardini e sorride la rosa sullo stelo, quando il rombo del fiume spumeggiante arriva fino a me, io Ti scopro nell’opere che hai fatto, vi scorgo la Tua mano e mi ricordo, mi ricordo di Te; perché tutto mi parla del Tuo amore»1. Dal Madagascar fiorisce una sentenza popolare: la forza dell’uomo è Dio: «Ci si appoggia alla roccia, ma non serve: si sgretola la roccia. Ci si appoggia ad un tronco, ma non serve: imputridisce e cade. Sostegno inalterabile Tu solo, Padrone di tutte le cose, Tu solo ascolti la nostra preghiera, Tu che, solo, ci salvi, o Creatore»2. Giuseppe Mazzini è considerato uno dei prota- gonisti del Risorgimento italiano. Il suo pensie- ro umano, sociale, politico trova fondamento in una certezza: Dio esiste e l’uomo è rapporto con Dio: «Dio esiste. Noi non dobbiamo né vogliamo provarcelo: tentarlo, ci sembrerebbe be- stemmia, come negarlo, follia. Dio esiste, 1 S. dAnIeLI, Canti e poesie dei popoli, EMI, Bologna 1979, p.151. 2 S. dAnIeLI, Canti e poesie dei popoli, p.154. 5050 S piegazione perché noi esistiamo. Dio vive nella nostra coscienza, nella coscienza dell’Uma- nità, nell’Universo che ci circonda. La nostra coscienza lo invoca nei momenti più solenni di dolore e di gioia… Non vi sono atei fra noi: se ve ne fossero, sa- rebbero degni non di maledizione, ma di compianto. Colui che può negar Dio davanti a una notte stellata, davanti alla sepoltura dei suoi più cari, davanti al martirio, è grandemente infelice o grandemente colpevole… Senza Dio voi, a qualunque sistema civile vogliate appigliarvi, non potete trovare altra base che la Forza cieca, brutale, tirannica… Senza Dio, voi potete imporre, non persua- dere; potete essere tiranni, non educatori ed apostoli»3. a) In che cosa consiste la religione? Secondo gli studiosi del fenomeno reli- gioso nel mondo, la religione esprime il rap- porto dell’uomo con il sacro e la divinità. Accanto trovi una descrizione di “re- ligione” e una breve definizione di “reli- giosità”: analizza ciò che dice lo studioso e confrontalo con la tua esperienza per- sonale e di gruppo. Come è evidente, il “religioso” non si limita ad un solo aspetto della vita (per esempio, i riti, la preghiera), ma abbraccia tutte le esperienze dell’esistenza (si dice che è onnicomprensivo): il modo di vivere individuale, sociale e politico; i sentimenti; la considerazione del bene e del male; questa vita e la vita oltre la morte. Essere religiosi è dare qualità alla propria esistenza. Tale qualità deriva dal rapporto con Colui che viene considerato essere Dio. 3 Da: G. mAZZInI , Dei Doveri dell’Uomo, Rizzoli, Milano 1949, citato da: L. ruSCA (ed.), Il breviario dei laici, Rizzoli, Milano 1985, pp.101-103 Cosa trovi di simile nelle diverse posizioni sopra elencate? In che cosa si differenziano? Religione «Atteggiamento costante dell’uo- mo a trascendere se stesso, a maturare un rapporto di comu- nione con una realtà ultima e totalizzante, assuma esso il ca- rattere di un Dio unico e perso- nale o di una pluralità di spiriti o di dei o di una forza vitale e cosmica» (F. G AreLLI, Fedi di fine secolo, Franco Angeli, Milano 1996, p.9). Religiosità Indica il modo personale di vi- vere il rapporto con Dio. 5151 S piegazione b) Perché esistono molte Religioni? La domanda è simile ad un’altra: perché esistono nel mondo molte culture? Ciascuna cultura ha vissuto e vive un proprio modo di rapportarsi con Dio: si è costruito una propria visione di Dio, del mondo, della vita; ha organizzato di con- seguenza in maniera congeniale al proprio modo di vivere sia i riti religiosi, che lo stesso modo di organizzare l’esperienza religiosa. Come è da guardare con rispetto alle diverse culture, perché sono frutto di ge- nerazioni di persone, così è da guarda- re con rispetto ad ogni religione, che è espressione di quel popolo, nel suo rap- porto con Dio. La religione non è semplice folclore esterno, ma esprime le verità più profonde che danno senso alla vita di un popolo. Possiamo ora considerare alcune Religioni nel mondo, quelle con cui più facil- mente veniamo a contatto o sulle strade delle nostre città o attraverso la TV o via Internet. Dopo ci domanderemo che tipo di rapporto o di dialogo ci può essere tra il Cristianesimo e le diverse Religioni. Cultura (in termini antropologici) Esprime l’insieme di ciò che un po- polo ritiene buono per sé, in quanto dà significato alla vita: l’insieme delle tradizioni, dei modi di pensare e di fare, tipici di un popolo in un deter- minato periodo storico. Prodotti culturali Ciò che esce dalle mani dell’uomo, come suo “lavoro”: un film, una can- zone, un arnese di casa o di cam- pagna, un libro, una poesia, un fri- gorifero, un computer, un telefonino, un’opera architettonica, un dise- gno… 5252 S piegazione 2. Tradizioni religiose dalla cultura orientale: Induismo, Buddismo Ci accostiamo al mondo orientale in punta di piedi: per conoscere veramente un popolo o un insieme di popoli, occorre viverci dentro e non da una generazione. Nel mondo orientale vi incontriamo Religioni segnate dal monismo. L’India è il luogo della terra ove hanno avuto origine alcune delle più antiche Religioni, tra cui l’Induismo. Origine Nessuno sa quando abbia avuto ori- gine: non si tramanda nessun fondatore. L’Induismo è incarnato nelle tradizioni dell’India. Tremilacinquecento anni di storia: è come un grande fiume in cui si sono ri- versati Molti ruscelli: credenze e tradizioni varie, che fanno dell’Induismo un insieme variegato. Permane un filo rosso che lo collega alle antiche scritture. Libri sacri I “Veda” (= conoscenza), complesso dei testi sacri più antichi (composti tra il 1500 e l’’800 a.C.), attribuiti alla diretta rivelazione di Brama. Tra i testi originali vi sono le “Samhita” (o “Mantra”), le “Upanishad” (= seder- si ai piedi del Maestro), ove sono contenute le concezioni basilari dell’induismo, i “Rigveda” (= scienza degli inni di lode): contengono 1028 inni dedicati a varie divi- nità, suddivisi in 10 libri di epoca e tradizione diverse. Quale Dio? • Brahman è l’unico Dio supremo, l’“Assoluto”, al di sopra di tutto, energia che pervade tutto: non ha né forma né sembianza, ma può venire sulla terra e as- sumere le sembianze di un dio in terra. Molte sono le “divinità” minori, a cui fanno capo le diverse correnti o sètte indù. Tra di esse, le principali divinità: • Visnu, il “Preservatore”, padrone del destino umano, il dio buono che si avvicina agli uomini attraverso dieci incarnazioni (= avatar). La settima incarnazione è Rama-Chandra, nobile eroe, che combatté contro il male nel Monismo Dottrina filosofica e religiosa che as- serisce esserci una sola realtà da cui tutto fluisce, che tutto pervade e in cui tutto confluisce. Le cose (cosmo, animali, persone) che all’apparenza sembrano distinte, sono la stessa realtà di Dio che si manifesta varia- mente. 5353 S piegazione mondo. Le sue gesta sono narrate nell’epica Ramayana. L’ottava incarnazione è Krishna, l’eroe dai molti miti, amante, guerriero, re. La nona incarnazione è Buddha, l’Illuminato, fondatore del Buddismo. • Shiva, il Distruttore, divinità ambivalente e misteriosa, potenza cosmica, che ora crea il mondo con la sua danza sfrenata, ora lo distrugge per ricrearlo. • Consorte di Braman è Sarasvati, dea della conoscenza, della cultura. • Moglie di Visnu è Lakshmi, dea della fortuna e della bellezza. • Consorte di Shiva è Kali-Durga, la “grande madre”, dea del castigo e della morte. Credenze L’induismo crede che il mondo sia sottoposto a un continuo processo di creazione, conservazione e dissoluzione, in una catena di vita, di morte e di rinascita (= Samsara). L’uomo è un’anima incarnata: l’anima è spirituale, con- sapevole, immortale. L’ignoranza del Brahman oscura la visione dell’anima, che viene contaminata dall’egoismo e precipita verso soddisfazioni mondane, di- menticando i valori spirituali (= karma o “azione”). Dopo la morte, le cattive azioni fatte durante la vita portano ad una necessaria purificazione, che si ottiene mediante la reincarnazione negli ordini inferiori, per esempio sotto forma di animali; le buone azioni portano alla reincarnazione negli ordini superiori, per esempio nelle vesti dei sacerdoti. L’ideale profondo della vita induista è uscire dal ciclo duro delle reincarnazioni, per raggiungere la felicità perenne. Già in vita l’indù ha tre strumenti per riscattarsi dalla schiavitù del ciclo delle reincarnazioni: la meditazione (= la conoscenza di Brahman), la pratica dell’osservanza religiosa, la devozione. Stile di vita La famiglia è l’unità basilare; è il luogo dove si impara ad essere indù. Il rispetto degli anziani è sacro. Nelle case ordinariamente si trova un tempietto, con quadri e statue delle divinità, ornate con fiori freschi, frutta, bastoncini d’incenso. Ogni stadio della vita è segnato dal rituale di famiglia: nascita, passaggio all’età adulta, matrimonio, preghiera quotidiana, festività annuali, morte. Gli induisti hanno dieci regole di vita, la via della salvezza; cinque sono cose da evitare e cinque sono cose da fare: Cinque cose da evitare • distruggere o danneggiare qualsiasi cosa; • dire bugie; • rubare; • essere invidioso; • essere ingordo. Cinque cose da fare • tieni pulita la persona; • accontentati di ciò che hai; • sii gentile e paziente; • istruisciti; • cerca di dare la tua mente al Brahman vs 5454 S piegazione Alcuni induisti rinunziano a tutto, per divenire mendicanti girovaghi: ciò li av- vicina a Dio. Sono i sadhu o “uomini santi”, dall’aspetto a volte piuttosto strano e dall’abbigliamento povero. Preghiera È tradizionalmente personale e familiare, più che comunitaria. Dinanzi al tempietto di casa, la preghiera (puja) è meditazione, rito di aspersione, incenso offerto, lettura dei libri sacri, recita dei Mantra o formule sacre. Nel tempio (mandir), ornato di statue delle divinità, l’indù offre cibo e animali alla divinità, mediante il fuoco sacro: spesso il cibo viene distribuito ai poveri. Il pellegrinaggio ha come meta uno dei fiumi sacri dell’India, per pu - rificarsi dai peccati. È occasione di festa. Meta preferita, il fiume Gange e la città di Varanari o Benares, importante centro religioso, oppure Dvarka, Ramesvaram. Grandiose folle di indù sono richiamate periodicamente dalla feste religiose: la processione del dio del tempio; Holi, all’inizio della primavera, come festa della vita nuova: canti, simboli fallici, acqua e polvere colorata ne costituiscono gli elementi; Divoli, festa dell’inizio dell’anno nuovo (tra ottobre e novembre): è la festa delle luci, in onore di Visnu e la moglie Lakshmi. Più di cinquecento milioni di persone in India, in Giappone, nel Nepal, in Birma- nia, in Cambogia, nel Vietnam, nel Tibet, e altrove nel mondo, seguono la via trac- ciata da Gautama Budda, che è la nona avatar (o incarnazione) del dio Vishnu. Origine È fatta risalire al principe indiano di nome Siddhartha Gautama, vissuto tra il 565 e il 486 a.C. nel Nepal. Intorno ai trent’anni abbandonò lo splendido palazzo di famiglia, vagando per le campagne, in meditazione su ciò che è permanente e importan- te, riducendosi a pelle e ossa. Cercava una via di salvezza al problema del dolore e della fatica del vivere. Presso il fiume Gaya ebbe la grande illuminazione (Budda = illuminato). Passò il resto della vita predicando nella valle del medio Gange, lasciando numerosa schiera di discepoli, sia monaci che laici. Nei secoli, il Buddismo si è incanalato secondo diverse correnti, secondo le culture dei popoli tra cui attecchiva. Libri sacri Sono molto numerosi, secondo le diverse scuole buddiste. I primi scritti risal- gono a 400 anni dopo la morte di Budda:  la raccolta dei Tripitaka (= tre canestri): a) il Vinaya-pitaka: tratta della disciplina monastica; b) il Sutra-pitaka (o Darma-pitaka): parla di Budda, della reincarnazione, delle dottrine filosofiche; c) l’Abhidharma-pitaka: ri- guarda la dottrina superiore; 5555 S piegazione  il Dhammapada, il più antico testo. Contiene le verità e la via del ben vivere morale. Quale Dio? C’è qualcosa di “non creato, fuori del tempo, e senza forma”. Non lo chiamano “Dio”. Il buddismo è piuttosto una forma di vita, di ascesi personale verso il benessere totale (una specie di paradiso? Dio?). È come un veicolo, una zatte- ra o una nave, che porta gli uomini attraverso l’oceano del dolore del mondo verso un “Al di là”, verso la salvezza, la beatitudine. Credenze Più che un “credo!” o professione di fede, il bud - dismo è una via per oltrepassare la fatica del vi- vere e giungere al nirvana o beatitudine. Modello e polo di riferimento è l’esperienza del fondatore. Capisaldi del credere sono i “Tre Gioielli” (trirat- na): il Budda, il Dharma (la sua dottrina) e il Sangha (l’ordine dei monaci). È il monaco l’incarnazione del buddismo, colui che segue la via che porta al nirvana: contraddistinto da una veste gialla o color zafferano, col capo rasato e con la barba, vive di elemosina, con la sua ciotola laccata tra le mani. Tutti trascorrono almeno un periodo di tempo da “monaci”: i ragazzi passano un certo tempo in un monastero, per la loro educazione religiosa. Budda ha insegnato le Quatto Nobili Verità: 1) Tutto è dolore e nulla è duraturo: tutto passa e tutto è sofferenza; 2) Il dolore nasce dall’attaccamento al mondo materiale. Gli uomini diventano ingordi ed egoisti; 3) L’egoismo e l’ingordigia si possono vincere; 4) C’è un sentiero che porta alla cessazione del desiderio: è il Nobile Ottuplice Sentiero. Stile di vita Ovunque si trovi, nella vita quotidiana il buddista si impegna a seguire il Nobile Ottu- plice Sentiero, a osser- vare i Cinque Precetti e a mettere in pratica le Cinque Promesse: Il vero buddista ama la vita, è affascina- to da ogni essere viven- te e tratta ogni vita con rispetto. Professione di fede «Nel Budda mi rifugio Nel Dharma mi rifugio Nel Sangha mi rifugio» Il Nobile Ottuplice Sentiero (rettitudine del pensiero) Retta Fede: bisogna sapere ciò che si fa Retto Pensiero: non si può sprecare tempo in fanta- sticherie Retta Parola: aprendo bocca, bisogna dire cose buone Retta Azione: essere altruisti; l’egoismo è il male Retta Vita: il lavoro è per aiutare altri; non può mai recare danno a creature viventi Retto Sforzo: è l’esercizio della volontà; occorre impe- gnasi al massimo Retta Attenzione: occorre prestare la massima atten- zione a ciò che si fa Retta Concentrazione: occorre concentrarsi su ciò che si fa 5656 S piegazione Preghiera Non c’è preghiera ufficiale rivolta a Dio; alcuni indirizzano preghiere allo “spirito di Budda”, ritenuto presente in ognuno. Si erigono santuari a Budda: in India sono chiamati stupa, in Tailandia wat, in Cina e in Giappone pagode. La Pagoda d’Oro di Rangoon (capitale della Birmania) è nel suo genere il santuario più grande e più antico del mondo: vi sono conser- vate le reliquie di Gautama Budda. Alcuni santuari sono “monumenti”: non hanno sale di raduno. I fedeli portano fiori, bastoncini d’incenso, meditano le parole del Budda. I luoghi visitati dal Budda diventano mete di pelle- grinaggi e in suo onore si celebrano feste: a maggio la festa del Wesac: commemorazione della nascita, illumi- nazione e morte di Budda. A novembre, la festa della luce: si celebra la fine della stagione annuale delle piog- ge con la festa delle Candele Galleggianti: su una foglia, a mo’ di barchetta, si pone un lumino acceso; foglie e lumini galleggiano nel fiume. Gautama morì a 80 anni. In seguito il Buddismo si è diramato in tre tronconi:  il Theravada (chiamato “Piccolo veicolo”): è la forma primitiva, con la salvez- za prospettata al monaco;  il Mahayana (chiamato “Grande veicolo”), formatosi circa il primo secolo d.C.: la salvezza è raggiungibile da tutti, monaci e laici. È aperto al politeismo indù;  il Vajrayana (chiamato “Veicolo del Diamante”): si è formato con il confluire di tradizioni locali e pratiche esoteriche, in una sorta di sincretismo religioso. Le Cinque Promesse fatte dal pio buddista: 1) Non mangerò a sazietà, e comun- que mai dopo mezzogiorno 2) Mi terrò lontano dal ballo, da spet- tacoli o divertimenti 3) Non userò profumi e ornamenti 4) Non cercherò un letto comodo o sontuoso 5) Non accetterò, né toccherò, ogget- ti d’oro o d’argento I Cinque Precetti, per la vita quotidiana 1) Non uccidere né recar danno a qualsiasi essere vivente; 2) Non prendere per tuo ciò che non ti è dato; 3) Non essere indulgente con il tuo cor- po, cadendo in disordini sessuali; 4) Non dire bugie o parole che recano offesa; 5) Non bere bevande alcoliche né assu- mere droghe: offuscano la mente. «Se segui la luce del Budda, sarai traghet- tato attraverso il fiu- me del dolore verso la beatitudine». 5757 S piegazione 3. Tradizioni religiose dalla cultura medio-orientale: Ebraismo e Islam Veniamo in territori più vicini al nostro mondo occidentale: vi incontriamo reli- gioni monoteiste, il cui volto è per noi più familiare. Nel primo secolo d.C. le legioni romane misero a ferro e a fuoco Gerusalemme, la capitale dell’antico Israele. Gli Israeliti (o Ebrei) dovettero fuggire via dalla Pale- stina e si diffusero nel mondo allora conosciuto in Occidente: una prima grossa co- lonia prese dimora proprio a Roma, la capitale dell’Impero romano. Già prima, però, numerosi ebrei si trovavano a Roma. E nei secoli precedenti gli Israeliti avevano sof- ferto numerose deportazioni, tanto da far temere la fine del popolo di Israele. Rima- neva, però, la promessa divina, creduta con fede incrollabile dagli Ebrei dispersi: «Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suo- lo… Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri… Io il Signore l’ho detto e lo farò » (Ez 36,24. 28. 36). La religione ebraica si può sintetizzare in queste tre parole: Dio si è formato un popolo; fede del popolo nell’unico Dio; a questo popolo Dio ha promesso una terra. Origine Con la vicenda del popolo ebraico avviene una novità in fatto di Religio - ne: non l’uomo va in cerca di Dio, ma è Dio stesso che si forma un popolo lungo la storia umana. La Religione ebraica coincide con la storia della relazione che l’unico Dio (Jhwh) ha voluto stabilire con un popolo; all’inizio con una persona e la sua famiglia. Circa 4000 anni fa Dio si rivelò ad Abramo, pastore di animali, abitan- te a Ur, quasi alla confluenza dei due grandi fiumi, il Tigri e l’Eufrate. Con Abramo stabilì un’alleanza; gli fece la promessa di una terra lontana, la Palestina. Abramo si impegnava, per sé e per i discendenti, di “appartenere” a Colui che si era rivelato essere Dio, il Creatore e Signore dell’intero universo, cieli e terra e quanto in essi è contenuto. Abramo credette alla parola di Dio e così pure credettero suo figlio Isacco e i figli di Isacco, Esaù e Giacobbe, e i figli di Giacobbe, tra cui Giuda, Simeone, Giuseppe, Beniamino. Si formò dapprima un clan, una famiglia allargata, poi divenne popolo numeroso con diverse traversie. Intorno al 1350 a.C. i discendenti di Abramo di Giacobbe si erano dovuti assog- gettare come schiavi in terra d’Egitto. Ancora una volta Dio irrompe nella storia di questo popolo: chiama uno di loro, Mosè, e lo incarica di far risuonare al popolo che Dio – il “Presente” operoso - intende rinnovare l’Alleanza, facendo di quegli schiavi 5858 S piegazione un popolo libero, con una legge divina e una terra, quella promessa ad Abramo 800 anni prima, la Palestina. Con mano potente, Jahwè fece uscire gli Israeliti dall’Egitto; alle falde del mon- te Sinai, a sud della penisola arabica, il Dio che si era rivelato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe e ora a Mosè, fece un patto con il popolo: «Se rispettate l’alleanza con me, voi sarete la mia proprietà particolare, il mio popolo fra tutti gli altri» (Es 19,6). L’appartenenza a Dio doveva essere manifestata attraverso una vita santa, perché Dio Jahwè è tutto santo. I dieci Comandamenti, parole scolpite da Dio sulla roccia e consegnate a Mosè, sintetizzano il genere di vita santa (cfr. Es 20,1-17). Gli Israeliti conquistano la terra promessa da Dio, la Palestina (ca 1240 a.C.). Toccherà a Davide (ca 1000 a.C.) di prendere Gerusalemme e farne la nuova ca- pitale dello stato e la nuova città-santuario del Dio vivente, Dio dei padri e Signore della storia. Occupata, liberata e di nuovo occupata da eserciti stranieri, la Palestina conserverà il carattere di “terra promessa”, e gli Ebrei, dispersi più volte, conserve- ranno la loro identità religiosa ovunque andranno. Oggi permangono fedeli all’Alleanza, in una terra ancora una volta ri- conquistata e contesa. Libri sacri La storia dell’alleanza tra Dio e il popolo ebraico è narrata in una rac- colta di 39 libri (alcuni allargano a 46 libri), chiamata Tenakh o Bibbia ebrai- ca. I libri sono suddivisi in tre gruppi: 1) la Torah: i primi cinque libri o “Libri di Mosè”. Narrano l’origine del mondo, la sto- ria antica del popolo ebraico e contengono le norme di vita dettate al popolo; 2) i Profeti: libri che contengono la storia successiva del popolo ebraico e i mes- saggi che Dio inviava al popolo tramite uomini, chiamati “profeti”; 3) gli Scritti: altri libri di saggezza umana e religiosa. Tra di essi, il libro del Salmi, una raccolta di preghiere, in forma di poesia religiosa, e di canti. Dal secondo secolo d.C. alla Tenakh si sono aggiunti:  Mishnah: insegnamenti etici e rituali, basati sulla Bibbia;  Talmud, basato sulla Mishnah, con ulteriori aggiunte e riflessioni. La Bibbia raccoglie scritti di mille anni. C’è una convinzione: a scriver- la materialmente sono stati degli uomini, ma il significato che essa veicola viene da Dio, tanto che ogni Ebreo può dire che la Bibbia ha Jahwè per auto - re. In quegli scritti Dio si rivela, ma rivela pure chi è l’uomo. La Bibbia è la risposta di Dio – amante della vita – al grido di dolore o di invocazione di ogni uomo in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Quale Dio? Gli Israeliti sono certi che non loro con i loro ragionamenti hanno attribuito del- le qualità a Dio, ma Egli stesso si è rivelato attraverso gli eventi della storia. Egli è l’unico ed eterno. È onnipotente e misericordioso. Ha creato l’universo e la terra abitata, compreso l’uomo e lo mantiene nell’essere. Ha creato non perché co- 5959 S piegazione stretto, ma per benignità verso l’uomo, fatto signore della creazione, a immagine di Dio. È Lui che dà all’uomo la norma di vita. Dio si scelse il popolo ebraico, non perché esso era il popolo migliore, ma per- ché così Egli ha voluto; al popolo degli israeliti assegnò la missione di preparare la venuta di un Messia con sembianze umane (l’Unto di Dio, discendente di Davide), che avrebbe annunziato e realizzato la venuta del Regno di Dio sulla terra. Il Dio di Israele è, quindi, il Dio della storia, costruttore e artefice del- la storia umana. Non ha nulla di mescolanza con elementi della natura, sia esso il sole o la terra o i fiumi o gli animali e neppure l’uomo. Se ne differenzia totalmente, eppure Lui li ha creati e li sostiene in vita, e fa balenare un Regno divino, oltre la morte, in cui l’uomo starà sempre con Dio. Credenze Dalle vicende storiche del rap- porto tra Dio e il popolo di Israele, la religione ebraica desume il suo “Cre- do”. Stile di vita È Dio che creando l’uomo gli ha dato pure la “legge della vita”. L’ha ri- velato agli Ebrei, perché venisse an- nunziata a tutti gli uomini. In ciò sta il ruolo speciale del popolo ebraico, l’elezione: avere in deposito la luce della “Legge” da annunziare alle Na- zioni. Essa consiste in 613 comanda- menti (mitsvot), 248 dei quali in forma positiva, 365 in forma negativa. Tutti si possono sintetizzare in due forme: una più lunga, i dieci Comandamenti, l’altra più breve, i due Precetti. Mosè Maimonide (1135-1204 d.C.) sinte- tizza così il Credo ebraico : • Dio è ed è Creatore dell’universo. • Dio è uno. • Egli è immateriale. • Egli è eterno. • Si deve servire e adorare solo Lui. • Dio parla e manda messaggeri. • Mosè è il profeta per eccellenza. • Dio ha dato le norme della vita a Mosè sul monte Sinai. • Le norme della vita (la “Legge”) hanno una natura inviolabile. • Dio conosce ogni cosa. • Dio è giudice dell’uomo in questo mon- do e nell’altro. • Verrà il Messia al tempo stabilito da Dio. • I morti risorgeranno per la potenza di Dio. Io sono il Signore Dio tuo. 1. Non aver altro Dio oltre a me 2. Non nominare il nome di Dio invano 3. Ricordati di consacrarmi il giorno di festa 4. Rispetta tuo padre e tua madre 5. Non uccidere 6. Non commettere adulterio 7. Non rubare 8. Non testimoniare il falso contro nessuno 9. Non desiderare la moglie di un altro 10. Non desiderare quello che appar- tiene ad un altro I dieci Comandamenti (o le dieci Parole) Es 20,1-17 6060 S piegazione Il fondamento della Legge sta nella creazione. Tutti gli uomini sono stati creati a immagine e so- miglianza di Dio. Tutti gli uomini sono stati creati uguali, con pari dignità. Ogni uomo ha la capacità di scegliere fra il bene e il male. Il mondo per sé è buono, creato da Dio, che vuole che l’uomo lo conservi e lo migliori mediante il lavoro. Preghiera Il pio ebreo prega tre volte al giorno, mattino, mezzogiorno e sera, in privato e durante le celebrazioni religiose. Molte preghiere vengono prese dai Libri sacri (la Bibbia). Luogo della preghiera è sia la casa (in famiglia), sia la sinagoga (o tempio). Un luogo tutto particolare oggi è il “Muro del Pianto”, il muro che rimane dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera dei Romani (70 d.C.). La casa è un luogo santo, in cui Dio è presente. Soprattutto il sabato (Shabbat o Sabbath) è il giorno di festa. Si comincia al tramonto del venerdì; la padrona di casa accende almeno due candele e recita una preghiera. Prima del pasto serale il capofamiglia svolge la cerimonia del Kiddush: prende una coppa di vino e recita una benedizione. Poi benedice il giorno, sua moglie, i figli e due pagnotte chiamate hallot. Nella sinagoga c’è un armadio, l’ “arca” dove vengono conservati i libri della Torah. Indica la presenza di Dio vicino al suo popolo. Ci si raduna di sabato e nelle grandi feste annuali. Di sabato la Torah viene letta a voce alta dinanzi all’assemblea. Le feste ebraiche costituiscono il ricordo celebrativo degli interventi di Dio nella storia di Israele: la festa dei Purim (a marzo) ricorda quando Dio salvò il suo po- polo dall’eccidio, mediante la regina Ester; la grande e più solenne festa di Pesach (Pasqua, ad aprile) ricorda quando Dio liberò gli Israeliti dalla schiavitù d’Egitto e lo fece “popolo di Dio”, “popolo dell’Alleanza”; la festa dello Shabuot (pentecoste, tra maggio e giugno) ricorda il dono della Legge fatto a Mosè; con la festa del Rosh Hashanah inizia l’Anno nuovo (a settembre); giorno sacro è Yom Kippur (a settem- bre), giorno di preghiera per il perdono dei peccati; la festa della Luce, l’Hanukkah (a dicembre): otto giorni di luce per ricordare la rinnovata dedicazione del Tempio di Gerusalem- me nel 164 a.C. Il grande pellegrinaggio a Gerusalemme è tradizionalmente il dovere del pio ebreo. Dio li aveva condotti a Gerusalemme e la città è stata scelta come luogo delle sua particolare presenza. Oggi del grande Tempio distrutto dai Romani nel 70 d.C. rimane solo il Muro Orientale, meta reli- giosa del pellegrinaggio. I due Precetti che sono come la sintesi dell’intera Legge: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore con tutta la tua anima e con tutte le tue forze (Dt 6,5) Ciascuno di voi deve amare il suo prossimo come se stesso (Lv 19,18) Il Sabato ricorda il riposo di Dio dalla creazione e ricorda la grande Pasqua, il passag- gio del Mar Rosso, quando gli Israeliti furono liberati da Jahweh dalla schiavitù dell’Egitto e divennero un popolo libero. 6161 S piegazione Islam significa “sottomissione a Dio (Allah)”. Radicato inizialmente in ter- ritori arabi, l’Islamismo si è diffuso in Africa e in Asia e tende a sottomettere tutto il mondo ad Allah. In molti Stati costituisce la religione ufficiale e il Corano (il libro sacro) e le sue interpretazioni si sovrappongono alla Carta costituzionale degli Stati e al Codice civile e penale. Origine Religione fondata sulla esperienza e la predicazione di Maometto, vissuto in Arabia (La Mecca 750 d.C. – Medina 632 d.C.). La Mecca allora era al centro di un fiorente commercio. Rimasto orfano da fanciullo fu custode di greggi e guida alle carovane. Un ricco zio lo inviò in viaggio d’affari nel nord. A 25 anni sposò una ricca vedova quarantenne di nome Khadigia, che gli diede tre figlie. Per una crisi religio- sa, cominciò a ritirarsi sulla collina della Mecca per dedicarsi alla meditazione. Aveva circa 40 anni quando ebbe la rivelazione di Dio. Davanti a lui stava un angelo che gli affidò il messaggio, e così altre volte: l’angelo dava messaggi, che Maometto ripeteva alla gente della Mecca disposta ad ascoltarlo. Si sentì quindi ispirato a denunciare il paganesimo e il politeismo della Mecca e a predicare l’esistenza di un solo Dio, Allah. Combattuto dai ricchi mercanti, si trasferì nella vicina Medina (emigrazione o ègira, 622 d.C.). Organizzò i suoi seguaci anche in forma militare e l’intera città fu strutturata seconda la sua predicazione, espellendo le tribù ebraiche che aveva sperato invano di convertire. Nel 627 organizzò un attacco militare alla Mecca, che finì per sottometter- si, ed entrò in città (nel 730), ove ripristinò il carattere sacro, eliminando idolatria e politeismo. Unificò tutto il mondo arabo sotto il potere assoluto dell’unico Dio, Allah. Quando morì, a Medina nel 632, non avendo figli maschi, gli succedette il fedele Abu-Bakr, che divenne il primo califfo, ossia successore del profeta. Con lui incominciò la grande espansione dell’Islamismo, fede religiosa e ordinamento statale insieme. Libri sacri Verso il 650 d.C. furono raccolte le rivelazioni avute da Maometto nel libro Il Corano (Qur’ân = recitazione), libro “sacro ed eterno”, ove è fissata la parola infallibile che Dio ha mandato dal cielo. È grazia di Dio (baraka ) il solo recitarne dei versetti, ed è grazia impararne versetti a memoria. Con il Corano, la Sunna, un racconto della vita e delle opere del Profeta, preso a modello che tutti i musulmani dovrebbero seguire. Anche la Bibbia è considerato un testo sacro, in linea secondaria al Corano. Quale Dio? Dio è unico, creatore del mondo e suo legislatore. Nelle sue mani è la sorte di ogni uomo. Giudice misericordioso, egli premierà alla fine del mondo i buoni con il paradiso e condannerà i malvagi all’inferno. Dio, il Misericordioso, permette 6262 S piegazione agli angeli ribelli (= demoni) di indurre l’uomo in tentazione; ma Egli invia i suoi an- geli, così come ha inviato come suoi profeti Adamo e Noè, Abramo e Mosè, Davide e Gesù; Maometto è l’ultimo e definitivo profeta. Credenze Nella espressione riportata nel riquadro è racchiusa l’essenziale professione di fede dell’Islam. Si diventa musulmani recitando lo shahadah: «Non esiste altro dio all’in- fuori di Allah e Maometto è il profeta di Allah» (in arabo: « La ila’ ha illallah Muham- mad ur rasullullah). Cinque sono i pilastri dell’Islam, che co- stituiscono insieme l’atto di fede e le norme di vita del muslim (musulmano). Stile di vita Sui testi sacri si è sviluppato un codi- ce di comportamento che tutti i musulmani sono tenuti a seguire. La Shari’a, o “legge dell’Islam” è considerata la scienza di tutte le cose umane e divine, e distingue le azio- ni in doverose, meritorie o raccomandate, permesse o legalmente indifferenti, avver- se o riprovevoli, vietate. Non c’è distinzione tra privato e comune, religioso e pro- fano, spirituale e materiale. Tutto è di Allah e gli uomini sono suoi rappresentanti in terra. L’Islamismo è fondato sul principio della fratellanza umana, indipen - dentemente dalla razza; prevede il rispetto e la benevolenza verso il pros- simo che si sottomette ad Allah. Per chi non si sottomette il Corano chiama i fedeli a combattere contro questi nemici, perché esiste un solo Dio e a nessuno è lecito negare la sua unicità ( Jihad o “guerra santa”). È vietato l’alcool, la carne di maiale, il gioco d’azzardo, l’usura, l’immagine umana o anche animale. La vita familiare è molto importante e va tenuta nascosta agli estranei. Il visitatore è introdotto nella stanza degli ospiti e si intrattiene con gli uomini e i ragazzi, mentre le donne e le ragazze stanno in un’altra stanza. I bam- bini imparano dai genitori a divenire muslim e a recitare le preghiere prescritte e le posizioni della preghiera. La preghiera Il pio musulmano prega cinque volte al giorno, ovunque si trovi, da solo o in famiglia o con altri: all’alba, dopo mezzogiorno, a metà pomeriggio, dopo il tra- monto del sole, quando è già buio. Le posizioni per la preghiera sono varie: in piedi, inchinati, prostrati, seduti sui calcagni; tutti segni di rispetto d’obbedienza verso Dio. «Nel nome di Allah clemente, misericordioso. Lode a Dio, Signore dell’universo, sovrano assoluto del giorno del giudizio. Te solo adoriamo, Te solo invochiamo in aiuto» (prologo del Corano) I cinque pilastri dell’Islam: 1. La professione di fede (shaha- dah) 2. La preghiera (salat) 3. Il digiuno (ramadan) 4. L’elemosina (rakat) 5. Il pellegrinaggio (hajj) 6363 S piegazione La moschea è il luogo pubblico per pregare Dio. Dall’alto della torre (il minareto) un incaricato (muezzin) chiama i fedeli alla preghiera. Una nicchia alla parete (la mihrab) indica la direzione verso la Mecca: è lì dove ci si rivolge durante la preghiera. Le giornate festive ricordano la vicenda storica di Maometto: l’anno inizia nel ricordo della partenza di Maometto dalla Mecca per Medina (mese del Muhar- ram). Le due principali festività (bairam) concludono il pellegrinaggio alla Mecca e il mese del digiuno (mese del Ramadan). Il grande pellegrinaggio (Hajj) da compiersi almeno una volta nella vita, costituisce la quinta Colonna dell’Islam. La Mecca è il luogo della “Casa di Dio”, dove Dio, l’Unico, incontrò Abramo. I pellegrini ve- stiti di bianco girano attorno al tempio (Ka’bo), un piccolo edificio in pietra di forma cubica che si trova nel cortile della grande Moschea: tutta ricoperta di tessuto nero e dorato, su cui sono ricamate parole del Corano. È il luogo dell’incontro di Dio con Abramo. Dentro si trovano delle lampade, segno della luce di Dio sull’umanità. Il digiuno ricorda al musulmano che solo Dio è l’Assoluto. Il mese del Ramadan (il nono mese del calendario musulmano) ricorda il tempo in cui il Profeta ha inco- minciato a ricevere da Allah gli insegnamenti dell’Islam. Questi sono più importanti del cibo: per tale motivo i musulmani adulti nel mese del Ramadan digiunano dall’al- ba fino alla sera, leggono il Corano, pregano. Al termine del mese si fa una gioiosa festa, in cui pure vengono distribuiti doni ai poveri. Maometto morì a 62 anni. Alla sua morte l’Islamismo si divise in due correnti:  i fedeli alla vedova del Profeta (i musulmani sunniti), che interpretano la Sunna sul consenso della comunità;  i fedeli al successore del Profeta, Alì, suo cugino e genero (i musul- mani sciiti), che interpretano il Corano facendo riferimento ai maestri ispirati o Imam. Gli sciiti sperano in un messia che sarà il vero Imam (il Madhi), che restaurerà la purezza dell’Islamismo. Particolarmente restrittivi sulla interpre- tazione del Corano, hanno i rappresentanti più autorevoli negli ayatollah. SETTE E MOVIMENTI RELIGIOSI Le quattro Religioni, di cui abbiamo appena tracciato il profilo, costituiscono fenomeni gran- diosi nella storia dell’umanità. È opportuno un cenno a diversi fenomeni religiosi, che chiamia- mo “Sette” e “Movimenti religiosi”. Quanti sono nel mondo? Sono innumerevoli: per lo più deri- vano dalle grandi Religioni già considerate o dal Cristianesimo o da nessuno di loro. Si potrebbero contare con grande pazienza, ma il loro numero può variare il giorno dopo: interessi personali o di gruppo, visioni nuove di esistenza, accentuazioni Si considera “sètta” un qualsiasi gruppo reli- gioso avente una visio- ne del mondo peculiare propria, derivante, ma non identica, dagli in- segnamenti di una del- le principali religioni del mondo 6464 S piegazione Non stanno sullo stesso piano Cristianesimo e le diverse Religioni. Non perché esso si pone al di sopra o al di sotto delle Religioni; ma semplicemente perché, sin dal- la sua nascita e secondo il suo Fondatore, Gesù Cristo, non si pone come alternativa alle Religioni. I cristiani – quelli che accolgono Cristo nella loro vita – onorano e stima - no le diverse Religioni, perché sono certi che in ciascuna di esse si trovano delle verità di Dio e delle verità dell’uomo che vi sono infuse dall’unico Dio e Signore dell’universo. Compito dei cristiani è assolvere una missione che hanno ricevuto da Gesù Cristo, che è Dio che si è voluto incarnare: annunziare al mondo, a tutti, a qualunque razza o popolo o religione appartengano, che Dio ha tanto amato il mondo da dare a noi l’unigenito suo Figlio, perché chiunque si affida a Lui trovi salvezza eterna. Sotto questa luce – che è convinzione basilare dei cristiani – possiamo acco - stare il Cristianesimo, seguendo lo stesso schema con cui abbiamo considerato le Religioni, per poterne discernere affinità e radicali diversità. Origine È strana l’origine dei cristiani. Da una parte si innestano nella tradizione ebraica: riconoscono che la Bibbia degli Ebrei è veramen- te Parola di Dio e che Dio si è rivelato ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe, ai profeti e ha voluto im- mischiarsi nelle faccende umane: Egli è il creato- re dell’uomo, e non ha mai abbandonato l’uomo a se stesso. In particolare ha voluto prendersi cura di un clan di nomadi (con a capo Abramo) e ne ha fatto un popolo, con Mosè, liberandolo dalla schiavitù degli Egiziani. A questo popolo ha offerto un patto di Alleanza (i Comandamenti), ha dato una terra, la Palestina, perché fosse un popolo libero dalla schiavitù dei falsi dèi e fosse testimone e annunciasse ai popoli fra i quali ve- niva a trovarsi che Dio è il Creatore, amante del- la vita, padre di ogni uomo che nasce a questo mondo e che, quindi, tutti sono fratelli, perché Egli ha cura di tutti i popoli e di tutte le nazioni. di una o di un’altra verità di fede, momenti di slancio generoso… possono su- scitare nuove forme religiose. Se sei interessato, puoi approfondire l’argomento con l’aiuto del tuo for- matore. 6565 S piegazione Compito principale del popolo ebraico era quello di preparare, con il suo genere di vita santa, un Salvatore, che Dio avrebbe inviato, l’Unto del Signore, il Messia. Questi avrebbe liberato il mondo dai peccati. Quando Dio ha deciso, ha veramente inviato il Messia, colui che Egli ha unto come uno spe- ciale ambasciatore. Solo che è avvenuto ciò che gli Ebrei non si aspettavano. Pensavano che sa- rebbe stato un uomo, un glorioso discendente del re Davide. In effetti Dio ha inviato un uomo, discendente del re Davide, ma quell’uomo era lo stesso Dio che si è voluto fare uomo: si è chiamato Gesù il Messia (che i cristiani hanno tradotto in “Cristo”. È venuto l’Unto del Signore per salvare il suo popolo. Il popolo di Dio non è costituito solo dal popolo ebraico, ma è l’intero mondo, che comprende tutte le genti, di ogni razza, linguaggio e religione. La sorpresa è stata tanto grande da sembrare incredibile. I capi del popolo ebraico hanno accusato Gesù di essere un bestemmiatore di Dio (perché lui che era un uomo pretendeva di essere Dio), non religioso (perché dichiarava che tante tradizioni religiose erano solo costruzioni umane, che non venivano da Dio), empio (perché dava la stessa importanza ai riti religiosi e al prendersi cura dei malati, dei poveri e addirittura dei peccatori). Per questo, con la complicità, anche se riluttante, del procuratore dell’imperatore romano Ponzio Pilato, lo hanno preso a tradimento, hanno convocato il tribunale per giudicarlo e lo hanno condannato a morte per cro- cifissione, secondo l’uso dei Romani. Sembrava che tutto fosse finito. Ma Dio è pieno di sorprese. Gesù come uomo è veramente morto; ma quell’uomo era Dio, il Figlio amato del Padre. Que - sti ha risuscitato l’uomo Cristo Gesù e a Lui ha dato la garanzia che tutte le genti sarebbero state salvate dal loro peccato per opera sua. È a questo punto che Dio ha inventato per l’uomo un’altra sorpresa, impossibile altrimenti a verificarsi. Ed è la seguente. L’uomo Gesù, dopo che è risuscitato dai morti, non è più visibile dagli uomini, e tuttavia ha voluto continuare ad essere visibile, perché la sua voce umana arrivi a tutte le genti e annunzi l’amore misericordioso di Dio per tutti i popoli e le religioni. Allora Gesù si è costituito un corpo, non fatto alla maniera di tutti i corpi umani, ma fatto da tutti coloro che avrebbero creduto in Lui. Egli, mediante il suo Spirito, avrebbe parlato al cuore delle persone, che così avrebbero potuto accogliere le parole dei suoi discepoli. Coloro che avrebbero accolto il lieto annunzio della salvezza e avrebbero creduto in Lui avrebbero costituito il suo Corpo visibile attraverso i secoli. Così è nata la Chiesa e quindi il Cristianesimo. I cristiani – discepoli del Signore Gesù – sono convinti di essere, come comunità, il Corpo visibile di Gesù, e hanno la stessa missione di Gesù, che è quella di annunciare a tutte le genti quanto Dio ama gli uomini, tutti po- poli secondo tutte le razze e le religioni. A tutti Gesù offre la certezza dell’amore di Dio e chiede solo di credere a questo amore, quindi di credere in Lui, Gesù, che è Dio che per amore dell’uomo si è fatto uomo (pur rimanendo Dio). Chi crede in Lui Gesù, parola ebraica che si- gnifica “Salvatore”. Messia, parola ebraica che significa “Unto, consacrato per una missione”. Cristo, parola greca che si- gnifica “Unto, consacrato” 6666 S piegazione sarà salvo dal male radicale che è il peccato e il non senso della vita e avrà la vita in tutta la sua pienezza di figlio di Dio. Più che di rinunziare alla propria religione, Gesù chiede di credere in Lui, per- ché, credendo in Lui, sarà salvo anche quanto di buono, di vero e di divino è nella religione del proprio popolo. Ai cristiani è dato di annunziare alle genti questo amore divino: così hanno incominciato a fare fin dal primo minuto secondo d.C. e così fanno ora, nel terzo millennio; così faranno finché ci sarà questa terra e questo cielo. I libri sacri Il grande racconto dell’amore di Dio per l’uomo nella storia degli uomini è narrato in una serie di libri, che sono stati scritti in un arco di tempo che va dal 1000 a.C. al 100 d.C. L’insieme dei 73 libri è la Bibbia cristiana, distinta in due parti, chia- mate Antico Testamento e Nuovo Testamento. L’Antico Testamento comprende i 46 libri della Bibbia ebraica (la Tenakh); il Nuovo Testamento contiene 27 libri:  quattro “Vangeli”: riportano fatti e detti di Gesù;  un libro chiamato “Atti degli Apostoli”: narra le vicende dei primi cristiani e del primo annuncio dell’amore di Dio alle genti (agli Ebrei, ai Romani, ai Greci…);  ventuno “lettere” scritte da apostoli, indirizzate a comunità cristiane e anche a singole persone, ma che hanno valore universale per il loro significato;  un libro intitolato “Apocalisse”: vi si descrive in immagini allegoriche sia la lotta che molti, sordi alla voce di Dio e obbedienti piuttosto a satana (il men- zognero e l’assassino), conducono contro Gesù e la sua Chiesa sia la vittoria gloriosa di Gesù, salvatore di chiunque si affida a Lui, mediante l’ascolto della Parola annunziata dalla Chiesa. Quale Dio? Nella storia dell’umanità, Dio si è fatto progressivamente conoscere.  La creazione parla di Dio (cfr. Rom 1,19-20; Sap 13-15; At 17,24-28; At 14,15-17);  di Lui parla la retta coscienza di ogni uomo, perché Egli si fa conoscere se l’uomo pratica la giustizia, la misericordia, la fedeltà (cfr. Ger 22,16; 31,31- 34; Is 1,10-17);  si fa conoscere attraverso uomini scelti da Lui (cfr. Is 43,10-12; Eb 1,1). Dio si fa conoscere come Colui che non è muto, ma parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33.11; Gv 15,14-15; Bar 3,38) e si intrattiene con essi. Interviene nel- la storia umana, per capovolgere la condizione di schiavitù in condizione di uomini liberi (cfr. Es 3; 14), per creare nell’uomo un “cuore” nuovo (cfr. Ger 31,31-34). Però, anche se parlano di Lui la natura, la coscienza e uomini inviati da Dio stes- so, solo Colui che è Dio può rivelare chi è veramente Dio. Gesù, Dio fatto uomo, ri- vela pienamente e definitivamente il volto misterioso di Dio. È la sorpresa tra le sorprese che Dio si facesse uomo, rimanendo Dio. Gesù irrompe nella storia umana nella maniera più ordinaria: è nato da una donna, Maria di Nazaret, in Pale- stina, nell’anno 8-7 a.C., al tempo in cui Erode era re degli Ebrei, Cesare Augusto era imperatore dei Romani, che dominavano anche la Palestina. Morirà ucciso inchiodato 6767 S piegazione su una croce, fuori delle mura della città di Gerusa- lemme, il 33 d.C., quando Ponzio Pilato era procu- ratore romano in Palestina e Tiberio era imperatore dell’impero romano. La tomba, dove l’avevano de- posto cadavere, è vuota, perché egli, dopo meno tre giorni di sepolcro, è risorto, vivo per sempre. Nel breve arco di tempo in cui Egli è rimasto uomo tra gli uomini ha fatto brillare il volto di Dio, attraverso la sua persona, quello che ha detto e quello che ha fatto. Dio è Padre, misericordioso, Amore in se stesso e verso l’umanità, l’anti-male che vuole il bene di ogni suo figlio, al di là di quanto ciascuno sia o faccia. Egli «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere per quelli che fanno il bene e per quelli che fanno il male» (Mt 5,45). Con la sua vita e soprattutto con la sua morte e la sua risurrezione, Gesù ha svelato che Dio è Comunione di Amo - re: non è il solitario dell’universo, ma l’unico Dio è in tre Persone infinitamente diverse e inconfondibili, unite nella comunione d’amore più vero e reale. Gesù l’ha mostrato con nomi a noi familiari: Padre, Figlio, Spirito. Perché amore senza confini, Dio è l’autore dell’universo: forza esplosiva che dà vita e moto ad ogni creatura del mondo che conosciamo e dell’universo intero. In par- ticolare, opera di Dio è l’uomo, che Lui ha voluto a immagine e somiglianza Sua, rifles- so della Comunione tra le Tre Persone, da cui è creato. È volontà di Dio che ciascuna persona umana entri in comunione con Lui, l’Assoluto, “il più grande”. Credenze La Chiesa cattolica fin dalle ori- gini ha condensato ciò in cui la Chie- sa crede in una breve formula. Vi si esplicita la fede un solo Dio in tre Persone; vi si narra la vicenda storica di Gesù, il Figlio che si è fatto uomo e, in fine, il risultato della sua opera: la Chiesa, la fraternità universale, il perdono dei peccati, la risurrezione di tutti gli uomini per l’eternità. Stile di vita Il Cristianesimo è anzitutto una “voce”: esso ha la missione di annunciare al mondo intero la buona notizia di Dio-Amore, che si è incarnato, perché tutti siano certi dell’amore eterno di Dio per ciascuno dei suoi figli nel mondo intero. Lo stile del cristiano – che sia veramente discepolo di Gesù – è quello del “mandato”, perché con il suo modo di vivere e la sua parola, annun- «Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vici- no al Padre, ce l’ha fatto conoscere» Gv 1,18 Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di sa verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna. Amen. 6868 S piegazione zi nel suo ambiente di vita quanto Gesù ha fatto e ha detto. Il suo è lo stile del testimone. Testimone con il modo di vi- vere: Gesù ha fatto vedere come bisogna vivere. Gesù stesso cita l’Antico Testamento per indica- re che il comandamento di Dio è l’amore. L’amore che viene da Dio dà nuovo significato ai die- ci Comandamenti, dati da Dio nell’Antico Testamento e sostan- zia quanto Gesù dice sul modo di vivere dei discepoli nel discorso delle Beatitudini (cfr. Mt 5-7). Gesù – che è Dio – rivela così la “vita nuova” a cui ciascuna per- sona al mondo è chiamata: vive in questa terra da figlio e da figlia di Dio. Dio stesso rende possibile a ciascuna persona che si apre a Lui di entrare in comunione con Lui. Il tempo della vita terrena è il tempo della “gestazione” e del- la nascita dell’uomo nuovo, rige- nerato secondo l’immagine del Figlio. La comunione con Dio diviene piena con la morte, che rende possibile abitare con Dio, sempre, trasfigurati dall’amore trinitario. «Amatevi gli uni gli altri. Amatevi come Io vi ho amato» (Gv 13,34). «Ama il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tut - ta la tua mente. Questo è il comandamen- to più grande e più importante. Il secondo è ugualmente importante: Ama il tuo prossi- mo come te stesso » (Mt 22,37-39). «Beati quelli che sono poveri di fronte a Dio. Dio darà loro il suo regno. Beati quelli che sono nella tristezza: Dio li con- solerà. Beati quelli che non sono violenti: Dio darà loro la terra promessa. Beati quelli che desiderano ardentemente quel- lo che Dio vuole: Dio esaudirà il loro desideri. Beati quelli che hanno compassione degli altri: Dio avrà compassione di loro. Beati quelli che sono puri di cuore: essi vedranno Dio. Beati quelli che diffondono la pace: Dio li accoglierà come suoi figli. Beati quelli che sono perseguitati per aver fatto la volontà di Dio: Dio darà loro il suo regno» (Mt 5,3-10). 6969 S piegazione Preghiera Il cristiano prega, al modo di Gesù, che è il “modello di preghiera”. Conside- ra preghiera l’offerta di sé, spirito, anima e corpo, a Dio (cfr. Rom 12), mettendo se stesso a disposizione di Dio. Spazio e tempo, avvenimenti e attività, of- ferti a Dio e vissuti con amore e per amore, costituiscono la preghiera ordinaria del cristiano. Ama pregare in comunità: in fami- glia (secondo il modo e il tempo scelti dalla famiglia stessa), nell’assemblea liturgica, in particolare: • la domenica, con la celebrazio- ne della eucaristia, attualizzan- do la Pasqua del Signore; • il giorno della celebrazione della riconciliazione, in cui il Signore perdona i peccati e ricostruisce l’immagine dell’uomo nuovo. Le feste scandiscono la vita dei cristiani. Ogni festa ricorda avveni- menti passati, dà senso divino all’oggi, offre speranza per il futuro. Le feste principali ricordano quanto Dio ha fatto per l’uomo, attraverso Gesù. Altre feste, in memoria di Maria la madre di Gesù e dei santi, resi tali dalla potenza di Dio, sono occasione per lodare Dio, ringraziarlo, chiede- re perdono e chiedere grazie per sé e per gli altri. Il cristiano dà pure importan- za al digiuno, privazione del cibo, per indicare che la Parola di Dio è il vero nutrimento dell’uomo. Ciascuno lo pratica secondo il suo cuore. Mol- ti cristiani ritengono pure rilevanti i pellegrinaggi, viaggi per giungere a luoghi in cui sembra che Dio si sia particolarmente manifestato (san- tuari): indicano che l’intera vita è un cammino verso Dio, chiamati da Lui. LE FESTE CRISTIANE • Il Natale di Gesù, luce del mondo (25 dicembre). • L’Epifania, manifestazione di Gesù alle genti, quale salvatore universale (6 gen- naio) • La Pasqua, dal Giovedì Santo alla Do - menica di risurrezione: Gesù si dona all’uomo sino alla morte. Il Padre lo ha risuscitato e lo ha innalzato accanto a sé (Ascensione) (marzo-aprile) • La Pentecoste, 50 giorni dopo la Pasqua: Gesù invia sui discepoli il suo Spirito, il quale fa vivere la Chiesa quale Corpo vi- vente di Gesù nella storia degli uomini. 7070 S perimentazione Il formatore avvia la sperimentazione di questa UA proponendo la visione di un film. MONSIEUR IBRAIM E I FIORI DEL CORANO Regia: François Dupeyron. Sceneggiatura: François Dupeyron. Direttore della fotografia: Remy Chevrin. Scenografia: Katia Wyszkop. Montaggio: Dominique Faysse. Interpreti: Omar Sharif (Ibraim), Pierre Boulanger (Momo) Anno: 2003 (Francia). Durata: 94’. Premi e riconoscimenti: Leone d’oro (Venezia 2003) alla carriera e Premio César (2004) come migliore attore a Omar Sharif. Produzione: Laurent Pétin, Michèle Pétin. Distribuzione: Lucky Red. Trama. Momo è un ragazzino di tredici anni che vive in un quartiere periferico di Parigi con il padre. Il suo è un piccolo mondo, i cui attori secondari sono le prosti- tute che passeggiano nella via, la figlia dei vicini di casa e l’arabo che gestisce la drogheria in cui Momo commette spesso piccoli furti. Quando, di punto in bianco, suo papà lo abbandona a se stesso, a Momo non resta altro che affidarsi alle cure e ai saggi consigli di monsieur Ibrahim. E attraverso le loro conversazioni, Momo sco- pre che la vita non è necessariamente triste [...] Il rapporto tra i due protagonisti è raccontato con delicatezza e brio e la differente visione del mondo che loro hanno traspare non solo dal contrasto delle loro religioni («Cosa vuol dire essere ebrei? Per mio padre vuol dire essere sempre arrabbiato, per me non poter fare un sacco di cose che vorrei fare») ma dal diverso atteggiamento che tengono nei confronti degli altri. Il film diventa così un lungo viaggio iniziatico alla scoperta delle cose che davvero contano nella vita («Quando si vuole imparare qualcosa non si legge un libro: si parla con qualcuno»), e anche se alla fine sembra di trovarsi di fronte ad un’apologia del Corano non sarebbe corretto tacciare il film di “buonismo” o sottovalutarne l’impatto emotivo. (da: http://www.cinefile.biz/ibrahim.htm) 7171 S perimentazione Interrogativi in sospensione Il formatore propone agli allievi di commentare la visione del film e di riflettere sui contenuti trattati compilando la seguente scheda. • Qual è, secondo te, il messaggio centrale del film? • Qual è stata la scena e la frase che ti è piaciuta di più e perché? • Secondo te può esserci amicizia vera tra persone che con profonda convinzio- ne professano religioni diverse? Sono più i pregi o i rischi che si corrono? 7272 V erificaV erifica 1) Descrivi almeno tre caratteristiche che contraddistinguono la religione Cri- stiana e un’altra, a tua scelta, tra quelle di seguito elencate: Induista, Buddista, Ebraica e Islamica. CRISTIANESIMO ………… 1 1 2 2 3 3 2) Esprimi sinteticamente la differenza che c’è tra il cristianesimo e le altre re- ligioni. In base a quanto hai scritto il cristianesimo può dialogare e confrontarsi con le altre religioni? si  no  3) Essere cristiani, ebrei, musulmani, buddisti… è la stessa cosa? Qual è la tua convinzione in merito? 4) Che cosa è il fondamentalismo? Quali sono gli atteggiamenti positivi che si oppongono ad esso? Scrivine almeno tre. 7373 V erificaV erifica 6) Che differenza c’è tra “politeismo” e “monoteismo”? 5) Che cosa significano i termini “religione” e “religiosità”?  Sono la stessa cosa, sono sinonimi  Indicano due realtà diverse: se hai scelto la seconda risposta, specifica la differenza religione = religiosità = 7) Leggi e commenta brevemente il seguente brano di documento: «Nel compiere la sua missione, la Chiesa entra in contatto con persone di altre tradizioni religiose. Alcuni diventano discepoli di Gesù Cristo nella sua Chiesa, al termine di una profonda conversione e per una libera decisione personale. Altri sono attirati dalla persona di Gesù e dal suo messaggio, ma per varie ragioni non entrano a far parte del suo gregge. Altri ancora sembrano nutrire poco o nessun interesse verso Gesù. Qua- lunque sia il caso, la missione della Chiesa si rivolte a tutti. Anche in relazione alla religione a cui questi appartengono, si vede che nel dialogo la Chiesa ha un ruolo profetico. Rendendo testimonianza ai valori del Vangelo, essa pone domande a queste religioni. Ugualmente la Chiesa, nella misura in cui porta il segno dei limiti umani, potrebbe essere messa in discussione. Così, nel promuovere questi valori, in uno spirito di emulazione e di rispet- to verso il mistero di Dio, i membri della Chiesa e i seguaci delle altre religioni si ritrovano compagni sul cammino comune che tutta l’umanità è chiamata a percorrere. Il Papa Giovanni Paolo II lo diceva ad Assisi, al termine della giornata di preghiera, di digiuno e di pellegrinaggio per la pace: “Cerchiamo di vedere in 7474 V erificaV erifica PER APPROFONDIRE de mArtInI Nicola – roGG ero Dante, Induismo e Cristianesimo: due religioni, due mistiche, due partner in dialogo, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1987. G nerre Corrado, La Religiosità orientale. Induismo e buddismo a confronto col cristianesimo, Il Minotauro, Roma 2003. G uZZettI Cherubino Mario, Cristo e Allah. Convergenze tra Cristo e Islàm nella fede e nella vita, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1983. IntroVIG ne Massimo – Z oCCAteLLI Pierluigi (edd.), Le religioni in Italia, Elle Di Ci, Leumann - Torino 2006. K AtunArICh Sergio M., Ebrei e cristiani. Storia di un rapporto difficile, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1993. mACCArI Carlo, Liberazione buddista e salvezza cristiana, Elle Di Ci, Leumann-Torino 1995. SCArAnArI IntroVIG ne Silvia, L’Islam, Elle Di Ci, Leumann - Torino 1998. essa un anticipo di ciò che Dio vorrebbe che fosse lo sviluppo storico dell’umani- tà: un viaggio fraterno nel quale ci accompagniamo mutuamente verso la mèta trascendente che egli stabilisce per noi”» (pontIF ICIo ConSIG LIo per IL dIALoG o InterreLIG IoSo – C onGr eG AZIone per L’e VAnG eLIZZAZIone deI popoLI, Dialogo e annuncio, 1991, n. 79). Quali somiglianze e quali differenze noti tra quanto letto e quanto hai scritto nelle precedenti risposte? 8) Alla fine di questo dialogo-confronto con le religioni trova almeno 5 parole/ frasi/immagini che metti nella “tua valigia della conoscenza” … 7575UA 3 7676 Percorso Questa unità “Una Chiesa in movimento” ti aiuterà a riflettere sugli aspetti principali della identità e della presenza della Chiesa nella società e nella cultura. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 7777 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Evidenziare i principali aspetti della fisionomia della Chiesa come mistero ed istituzione Superare alcuni pregiudizi sulla Chiesa presenti nella nostra men- talità e nella cultura corrente Riconoscere i segni del- lo sviluppo storico del- la Chiesa nella società e nella cultura 7878 E sperienza «Chiesa»: un caso archiviato da tempo? «Per favore, non parlatemi di Chiesa… E poi a che serve?». A tanti giovani di oggi questo tema non interes- sa. Su questa specie di UFO, oggetto-non-identifica- to, si è accumulata polvere e a tanti dà l’impressio- ne d’antiquariato. “Roba da Medioevo!” – aggiunge qualcuno che ne sa di più. Nella vita di ogni giorno, nella ferialità, la Chie- sa appare talvolta lontana dai giovani, i quali nella maggior parte dei casi mostrano noncuranza, se non proprio indifferenza. Se i cosiddetti “uomini di chie- sa” considerano “lontani” i giovani, anche questi ricambiano il giudizio, rinfacciando esempi di come sia invece la Chiesa “lontana” dai giovani. Scambiarsi tali “compli- menti” non giova a nessuno. Ci si domanda: è possibile rintracciare qualche spiraglio per un contatto rinnovato e maggiormente comprensivo? Anche in base alle ultime inchieste sul mondo giovanile, la Chiesa ha tutta l’aria di essere un caso archiviato da tempo e appare agli occhi dei giovani troppo distante e rigida, in particolare in campo morale. Vagliando l’atteggiamento dei giovani nei confronti della religione e della Chiesa, la sensazione che si prova è “ad imbuto”: si restringe sempre di più sia la quantità dei giovani, sia la qualità del confronto e dell’appartenenza alla comunità cristiana. Spesso si sente dire: «Io credo in Dio, ma faccio a meno della Chiesa»; «Me la vedo direttamente con Gesù Cristo! Gli altri in questo non c’entrano!». Se gli altri pensano così, come la pensiamo noi?  una società per azioni  una famiglia più grande  un supermarket di beni religiosi  uno spazio dove ci sono più luci che ombre  una stazione ferroviaria  una comunità in difficoltà  una sala d’attesa  una superpotenza diplomatica  un museo d’arte antica  uno spazio dove ci sono più om- bre che luci  un’azienda matrimoniale  una multinazionale  (se di quelle segnalate nessuna ti sod- disfa, proponi una tua definizione) Dalla discussione in aula è possibile che si giunga ad una conclusione unica. È più probabile che le conclusioni siano diverse. Il problema infatti non è semplice. Il formatore aiuti gli allievi a non arrivare a delle conclusioni affrettate. E tu cosa pensi della Chiesa? Per me la Chiesa è come… Scegli al massimo tre risposte, annotando le preferenze con i numeri 1, 2, 3: 7979 R iflessione È possibile riaprire il caso? Per gente che vuol pensare e che non vuo- le liquidare in fretta un argomento di vitale im- portanza si apre la possibilità di aprire il “caso Chiesa”, archiviato e rimosso in modo sommario e sbrigativo, quasi un residuo delle memorie infanti- li e di prima comunione. Portare delle ragioni pro o contro è un modo onesto per non sottovalutare la questione strettamente collegata a quella di Gesù di Nazaret (cfr. vol. 1, UA 3). Oggi sembra in gran parte superato l’atteggiamento espresso dallo slo- gan «Cristo sì, Chiesa no», anche se non sempre con motivi egualmente fondati e solidi. Può darsi che esso sia stato sostituito da un secco “Cristo no, Chiesa no”, o da “Cristo boh!, Chiesa boh!” che si rivela di certo più radicale ed esclusivo, oppure da un “si, però…” che seleziona e sceglie alcuni aspetti e ne tralascia altri. Sono due i punti di vista che vogliamo privilegiare nell’osservare questa realtà e nell’interrogarci su di essa. Esiste un legame forte tra la Chiesa di oggi e il progetto di comunità che Gesù Cristo voleva realizzare? È possibile per i cristiani una fede «individuale», facendo a meno della Chiesa? La Chiesa di oggi corrisponde a quella voluta da Cristo? Probabilmente non è la Chiesa in se stessa che oggi fa difficoltà a giovani ed adulti, quanto piuttosto alcune incoerenze o certe controtestimonianze osservabili nella comunità cristiana. Fondamentalmente è una questione di credibilità. Si predi- ca bene, si razzola male; si annuncia l’amore per tutti, si fa preferenza di persone; si dice che tutti sono figli di Dio, ma alcuni di fatto prevaricano con la propria autorità su altri. Particolare contrasto assume l’agire di Cristo, posto a confronto con lo stile della Chiesa in merito all’amore per i poveri, al rispetto della donna, alla divisione tra cristiani, alla giustizia e alla fraternità, alla non-violenza e alla pace, al rispetto dei diritti della persona e di ogni popolo… Nell’Anno Santo 2000, Giovanni Paolo II ha invitato tutta la Chiesa a rivedere la propria storia, a chiedere e a dare perdono. Il 12 marzo, giorno di grande portata storica, il papa si è solennemente espresso così: «Perdoniamo e chiediamo perdono! Mentre lodiamo Dio che, nel suo amore misericordioso, ha suscitato nella Chiesa una messe meravigliosa di santità, di ardore missionario, di totale dedizione a Cristo e al prossimo, non possiamo non riconoscere le infedeltà al Vangelo in cui sono incorsi certi nostri fratelli, spe- cialmente durante il secondo millennio. Chiediamo perdono per le divisioni che 8080 R iflessione sono intervenute tra i cristiani, per l’uso della violenza che alcuni di essi hanno fatto nel servizio alla verità e per gli atteggiamenti di diffidenza e di ostilità as- sunti talora nei confronti dei seguaci di altre religioni. Confessiamo, a maggior ragione, le nostre responsabilità di cristiani per i mali di oggi. Dinanzi all’atei- smo, all’indifferenza religiosa, al secolarismo, al relativismo etico, alle violazioni del diritto alla vita, al disinteresse verso la povertà di molti Paesi, non possiamo non chiederci quali sono le nostre responsabilità. Per la parte che ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, ha avuto in questi mali, contribuendo a deturpa- re il volto della Chiesa, chiediamo umilmente perdono». Il gesto coraggioso di papa Wojtyla non è segno di debolezza ma di autenticità, quasi un collaudo millenario della Chiesa, senza mettere a tacere positività e nega- tività. È lo sforzo di rendere la Chiesa, «popolo di Dio in cammino», maggiormente corrispondente al progetto del suo Signore e fondatore: Gesù Cristo. I cinque «mai più» pronunziati dal papa, alla fine della celebrazione del 12 marzo 2000, sono come dei paletti che indicano il tragitto per il prossimo secolo e per il millennio che si è aperto. Essi dovrebbero rimanere come scolpiti nel cuore di tutti i cristiani e di cia- scun credente: 1) Mai più contraddizioni alla carità nel servizio della verità. 2) Mai più gesti contro la comunione della chiesa. 3) Mai più offese verso qualsiasi popolo. 4) Mai più ricorsi alla logica della violenza. 5) Mai più discriminazioni, esclusioni, oppressioni, disprez- zo dei poveri e degli ultimi. Toccati profondamente da quest’atteg- giamento di correttezza e senza ammor- tizzare le parti più dolorose ed increscio- se, possiamo anche noi intraprendere la ricerca sulla Chiesa, come grande comunità che raduna tutti coloro che credono in Gesù Risorto e vogliono «insieme» testimoniarlo al mondo. Alla luce dei documenti a noi ri- masti delle origini del cristianesimo (specialmente gli Atti degli Apostoli) è possibile confrontare la Chiesa di oggi con la Chiesa primitiva, come alla luce dei Vangeli è possibile scorgere alcu- ne tracce della comunità che Gesù ha vo- luto raccogliere attorno a sé, i lineamenti del volto autentico della Chiesa. 8181 R iflessione È possibile per i cristiani una fede “individuale”? A monte della precedente domanda, c’è un interrogativo meno alto e meno esigen- te, ma che tante volte e in diverse maniere affiora in ragionamenti ed espressioni co- muni. Ad esempio, di fronte alla confessione dei propri peccati, si è portati a dire: «Che bisogno c’è di ricorrere al prete? Perché non posso confessarmi direttamente a Dio? Me la vedo con Lui!». La fede del cristiano as- sume così una dimensione individualistica che scalza quasi del tutto ogni riferimento sociale e comunitario. D’altra parte bisogna ammettere che la comunità cristiana tante volte appare agli occhi di grandi e piccoli come un grande magazzino di distribuzione di servizi religio- si e nulla più. Come in un grande supermar- ket, ogni battezzato gira con il suo carrello scegliendo ciò di cui ha bisogno o ciò che gli piace. Il cliente spigola così una serie di beni di consumo: chiede il battesimo per il pro- prio bambino, ritira il certificato della cresima, partecipa al funerale di un amico… È nato da un secolo a questa parte un tipo di cristianesimo da vivere individualmente, da single. La parrocchia e ogni forma di aggregazione diventa- no optional e accessori per la fede, senza alcun senso di appartenenza alla Chiesa e senza la consapevolezza di essere radunati dallo stesso Dio di Gesù Cristo. Ma que - sto tipo di cristianesimo è possibile? È questo il sogno di Gesù Cristo sull’uma - nità? Il suo è un progetto che anziché portare all’unità, fraziona e frammenta, isola e condanna l’uomo alla sua solitudine? Queste domande si riallacciano alla precedente (La Chiesa di oggi corrisponde a quella voluta da Cristo?) e non è possibile rispondervi senza lo sforzo di intravedere nella mente e nel cuore di Gesù di Nazaret quello che egli ha disegnato per l’uma- nità, senza vagliare con coraggio fino a che punto il suo piano si sia concretizzato nella vita della Chiesa di oggi. In particolare è importante valutare che cosa sia passato da Gesù alla Chiesa e quanto oggi stenti a passare dall’uno all’altra, considerandone gli effetti concreti. In uno slogan è possibile esprimere il nostro compito investigativo: «cercasi Chiesa». Perché: “Cercare la Chiesa è cercare il luogo in cui continua in qualche misura la vicenda di Gesù. Per coloro che appassionatamente desiderano seguirlo ed essere con lui, la sua comunità apparirà spontaneamente come la casa in cui abitare e la barca nella quale viaggiare verso un mondo nuovo”. 8282 S piegazione Passati i giorni della paura per la morte di Gesù, i suoi discepoli trovarono forza e coraggio per annunciare l’evento inatteso della sua risurrezione e proclamare a tutti che egli è l’unico Salvatore (cfr. vol. 1, UA 4-5). Dopo aver ricevuto lo Spirito Santo che lo stesso Gesù aveva loro promesso, le cose cambiarono nettamente: chi avrebbe scommesso su quei poveri uomini, chi avrebbe immaginato che il timore fosse vinto dalla franchezza, la debolezza fosse superata di gran lunga dalla forza di Dio? Ciò che sembrava la fine, si è rivelato l’inizio di tutto. Il giorno di Pentecoste fu per quei poveri pescatori, discepoli di Gesù, qualcosa di grande. Proprio il contrario di quegli uomini che nel capitolo 11 della Genesi avevano tentato di costruire una torre che toccasse il cielo. Leggete i due brani in parallelo e annotate somiglianze e differenze. Contrasto At 2,1-13 Mentre il giorno di Pentecoste stava per fi- nire, si trovavano tutti insieme nello stes- so luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Ap- parvero loro lingue come di fuoco che si divide- vano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciaro- no a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni na- zione che è sotto il cielo. Venuto quel frago- re, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la pro - pria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopota- mia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egit- to e delle parti della Libia vicino a Cirène, stra- nieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio ”. Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: “Che signifi- ca questo?”. Altri invece li deridevano e diceva- no: “Si sono ubriacati di mosto”. Gen 11,1-9 Tutta la terra aveva una sola lin- gua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: “Venite, facciamoci mattoni e cuocia- moli al fuoco”. Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dis- sero: “Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disper- derci su tutta la terra”. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: “Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro”. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signo- re confuse la lingua di tutta la ter- ra e di là il Signore li disperse su tutta la terra. Babele Pentecoste 8383 S piegazione Associa le seguenti parole alla situazione iniziale e alla situazione finale dei due avvenimenti narrati: costruire, disperdersi, riunirsi, sentire parlare nella propria lin- gua, comprendere, tutti insieme, confusione, possibile, una sola lingua, stupore, più lingue, farsi un nome, un popolo, confondersi, impossibile, incomprensione, parlare in altre lingue, annunziare le opere di Dio… Inserisci almeno due per casella. Situazione iniziale Situazione finale Babele Pentecoste Annota a partire da quanto hai analizzato il significato complessivo del brano: Significato complessivo del brano Babele Pentecoste L’evento della Pentecoste non è stato un evento isolato, non è stata una parentesi che si apre e subito dopo si chiude, ma ha sortito i suoi benefici ef- fetti sui discepoli di Gesù costituendoli come chiesa, comunità capace di conti- nuare la sua missione nel tempo. Gli Atti degli Apostoli presentano diversi quadri che riassumono lo stile delle prime comunità cristiane. Nonostan - te i limiti che non vengono nascosti, in esse c’è una tensione tutta particolare per concretizzare il sogno che Gesù ha fatto per ciascuna comunità. 8484 S piegazione La prima comunità cristiana Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e so- stanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati (At 2,42-48). La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli rendevano testi- monianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpa- tia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno (At 4,32-35). In sintesi le cinque principali caratteristiche del volto della Chiesa primitiva secondo i due brani degli Atti degli Apostoli, precedentemente riportati, sono: 1) unione fraterna, un cuor solo e un’anima sola 2) frazione del pane, preghiere 3) prodigi e segni, testimonianza 4) moltitudine di coloro che erano venuti alla fede 5) ogni cosa era fra loro comune Associa con dei richiami le caratteristiche precedenti con le seguenti: Caratteristiche della Chiesa Richiama i numeri corrispondenti • La Chiesa è una significa che la Chiesa non è un miscuglio di individui ma l’insieme, la comunione dei fedeli cristiani uniti con Dio e tra di loro. • • La Chiesa è santa significa che, nonostante le debolezze presenti in ogni realtà umana, la Chiesa è riempita e sostenuta dalla forza dello Spirito di Dio e manifesta pertanto la santità di Dio. • • La Chiesa è cattolica significa «universale» ed indica l’apertura della Chiesa ad ogni uomo e a tutti gli uomini, senza settarismi e discriminazioni. • • La Chiesa è apostolica significa che la Chiesa è missionaria, inviata all’intera umanità, fondata, per volere di Gesù Cristo, sugli apostoli e guidata dai loro successori: il papa e i vescovi. • 8585 S piegazione UNA CHIESA IN MOVIMENTO Uno sguardo rapido alla storia Il volto della Chiesa di Cristo non sempre è apparso nel suo splendore: rughe e tratti di bellezza convivono in essa lungo i secoli. Uno sguardo veloce sulla storia della Chiesa ci fa scorgere questi chiaroscuri. In principio (I sec. d.Cr.) Pietro e gli apostoli, dal gior- no di Pentecoste, pieni di coraggio, cominciarono ad annunziare a tutti la «lieta notizia»: Gesù è risorto! É incredibile come pochi uomini, in gran parte incolti e ignoranti, siano riusciti ad annunciare il vangelo fino agli estre- mi confini del mondo allora conosciuto. Presi da grande entusiasmo e affrontan- do tante difficoltà, fondavano dappertut- to comunità che radunavano coloro che credevano in Gesù. Nonostante alcuni problemi che le fonti neotestamentarie non tacciono, i primi cristiani erano «un cuor solo e un’anima sola» (cf At 4,32). Ad Antiochia, capitale della Siria, c’era una fervente comunità cristiana: proprio in quel luogo, per la prima volta i disce- poli del Signore Gesù furono chiamati «cristiani» (cf. At 11,26). Tra di loro non c’erano solo ebrei, ma anche persone provenienti da diverse regioni e da religioni pagane. Il cristianesimo sin dal primo momento non fu un cerchio chiuso o un’aggrega- zione d’élite, ma si aprì a tutti, senza distinzioni: «Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo, né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,26-28). A esprimersi così è Paolo . A lui si deve gran parte della diffusione del cristia- nesimo e la sua apertura universale. Egli da persecutore dei cristiani “sulla strada di Damasco” fu chiamato da Gesù Cristo a diventare apostolo: questo era un segno che aveva lasciato tutti stupiti. Con il suo lavoro e con quello degli altri apostoli e cristiani, il vangelo si diffuse a Cipro, nell’Asia minore, in Grecia, in Sicilia, nell’Italia meridionale, a Roma, nel Nord Africa, nella Gallia meridionale e nella Spagna. Inol- tre il cristianesimo penetrò in Mesopotamia, in Egitto, in Arabia e probabilmente fino 8686 S piegazione alle lontane Indie. I legami di ciascuna comunità e delle comunità tra loro venivano rinsaldati tramite le visite degli apostoli, le «lettere di comunione» che essi inviava- no, gli scambi continui di solidarietà e di fraternità. Tra persecuzione e diffusione (sec. I-III d. Cr.) La Chiesa dei primi tre secoli fu come un albero in continuo sviluppo, nonostante le difficoltà interne alle comunità cristiane e le persecuzioni da parte delle autorità giudaiche e degli imperatori romani come Nerone, Decio e Diocleziano. Tutti avver- tivano che il cristianesimo non era una religione da aggiungere alle altre presenti nella Roma imperiale. Nel pantheon di Roma venivano ad aggiungersi di continuo al- tre divinità. Credere in Gesù Cristo significava andare «controcorrente», rinunciare alle ido- latrie, al culto dell’imperatore e al politeismo: per i cristiani di allora vi furono pochi intervalli di tranquillità e lunghi periodi di sofferenze e persecuzioni affrontate con coraggio. Stupiscono tuttora la capacità di perdona- re i propri persecutori e le incisioni delle cata- combe su cui ricorre spessissimo la parola pax , pace: è il grido della speranza e la fiducia nel futuro. Diverse testimonianze riflettono l’animo dei primi cristiani condotti al martirio : da Stefano primo martire, agli apostoli, ai vesco- vi di Roma, Lino e Clemente, e poi il vescovo d’Antiochia Ignazio, il diacono Lorenzo, i giova- ni Lucia, Agnese, Agata, Sebastiano, Tarcisio... Accanto a questi testimoni, vi furono anche cri- stiani che rinunciarono alla fede cristiana per avere salva la vita. Paolo così descrive le tante difficoltà affrontate per portare il vangelo a tutte le genti: «Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufra- gio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, fre- quenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese» (2Cor 11,24-28). 8787 S piegazione Il cristianesimo si consolida (sec. IV) Sotto l’imperatore Costantino il Grande, nel 311 d.C. il cristianesimo si diffuse ulteriormente fino a divenire, con l’imperatore Teodosio, la re- ligione ufficiale dell’impero romano. Sorsero numerose e maestose chiese, chiamate «basili- che», come quella dedicata a S. Maria Maggiore in Roma, capaci di contenere il sempre più nume- roso popolo cristiano. La Lettera a Diogneto, un documento del II secolo d.C., così descrive il compito dei cristiani nella società: «I cristiani sono uomini come gli altri: non si differenziano né per il paese che abitano, né per la lingua che parlano, né per il modo di vestire. Non si isolano nelle loro città, né usano particolari linguaggi: la stessa vita che conducono non ha niente di strano. Abitano in città greche o barbare, a seconda dei casi, e adattandosi alle tradizioni locali nel vestire, nel mangiare e negli usi di ogni giorno, testimoniano un modo di vivere nella società che, secondo il parere di tutti, ha dello straordinario. Abitano nella propria patria come stranieri: adem- piono con lealtà i loro doveri di cittadini, ma sono trattati come dei forestieri; ogni terra straniera è per loro patria ed ogni patria è terra straniera. Obbedi- scono alle leggi dello Stato ma con la loro vita vanno oltre la legge. Vengono maltrattati e loro trattano tutti con amore. Pertanto i cristiani sono nel mondo ciò che l’anima è nel corpo, i cristiani sono sparsi nelle varie città della terra; l’anima abita nel corpo, ma non è del corpo, i cristiani abitano nel mondo ma non sono del mondo». Con l’Editto di Costantino (313 d.Cr.) venne riconosciuto ai cristiani il diritto di vivere in pace la propria fede. «Noi, Costantino e Licinio, […] vogliamo dare an- che ai Cristiani, oltre che a tutti gli altri, la piena libertà di praticare la religione che hanno scelto. Sono annullate tutte le vecchie leggi che proi- bivano la religione cristiana. Noi riteniamo giu- sto che chiunque voglia seguire la fede cristiana possa farlo senza paura di essere perseguitato o punito. E riconosciamo la libertà di praticare la propria religione anche a tutti gli altri». 8888 S piegazione Il periodo che seguì l’Editto di Costantino è ricco di personaggi dotti, alcuni dei quali, preposti a guidare le comunità cristiane, furono denominati «padri del- la Chiesa»: in oriente Atanasio, Basilio, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo; in occidente: Ambrogio, Girolamo, Agostino. Il papa Leone «il grande» lavorò per l’unità della Chiesa ed ebbe il coraggio di fermare Attila. Papa Gregorio «il grande» governò l’Italia in tempi difficili e inviò missionari nelle terre più lontane. Assieme a questi aspetti positivi, vi furono all’interno della Chiesa non po- che lotte. Per definire la dottrina cristiana, vennero celebrati, tra il IV e V sec, alcuni Concili (i più celebri sono quelli di Nicea, Costantinopoli, Efeso e Calcedonia) per discutere delle importanti questioni. Inoltre la vicinanza tra potere politico e realtà spirituale non sempre sviluppò il fervore delle origini della Chiesa. Essere cristiano e far parte dell’impero romano tendevano ad essere la stessa cosa. Chi non era cri- stiano, veniva a trovarsi in una situazione di svantaggio e non era raro il caso di chi si sentisse costretto ad abbracciare la fede cristiana. Tra monaci e barbari (sec. V e seguenti) Ma accanto a queste pecche, la Chiesa, specialmente in al- cuni suoi rappresentanti, fu maestra di saggezza e di umanità. In particolare il monachesimo, oltre ad essere un invito a riscopri- re i valori del vangelo, costituì un punto forte per la creazione e la conservazione della cultura d’occidente e d’oriente. L’invasio- ne delle nuove popolazioni come i Goti, i Vandali e i Longobardi scompaginarono l’assetto politico del tempo, accelerarono la fine dell’Impero romano, portarono povertà nella società e disorienta- mento nella Chiesa. Le abbazie benedettine come Subiaco, Montecassino e Bob- bio ed altri centri monastici contribuirono notevolmente all’espan- sione dei valori cristiani e all’accoglienza di coloro che fuggiva- no dalle città devastate dai «barbari». La vita sociale, segnata dalla preghiera, dal lavoro e dallo studio («ora et labora»), rinasceva attorno ai grandi monasteri. Così la Regola di S.Benedetto descrive la vita nel monastero: “L’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci o si occupano nel lavori manuali oppure si dedicano alla lettura dei testi sacri. In inverno, cioè da ottobre fino a Pasqua, i monaci lavorino dalle ore 6 fino alle 10 del mattino. Poi si dedichino alla lettura fino alle 12. In ogni stagione, l’ora del pranzo e della cena siano fissate in modo che tutto si faccia con la luce del sole. Per il cibo sono sufficienti due pietanze cotte. Se è possibile si può aggiungere frutta e verdura fresche. Per il pane ne basti un pezzo a testa, per il vino un quarto di litro”. 8989 S piegazione Tra rinsaldamento politico e divisioni ecclesiali (sec. VIII e seguenti) In questi secoli si lavorò tanto per far convivere in pace le vecchie popolazioni e le nuove da poco insediate nel territorio europeo. Intorno all’ 800 d.C. Carlo Magno cercò di realizzare l’ideale della cristianità, mediante la collaborazione tra impero e Chiesa. La nascita delle scuole e dei primi ospedali erano segni della sensibilità cristiana e costituivano una risposta ai tempi nuovi. Il papa godeva un suo prestigio e una sua au- tonomia rispetto all’imperatore ed esercitava potere civile nella città di Roma e dintorni. Ben presto la Chiesa si trovò a fronteggiare una situazione difficile, dopo quella delle invasioni dei popoli del Nord. L’impero bizantino ad oriente, distaccandosi per motivi innanzi tutto po- litici ma anche religiosi da Roma, si espandeva verso la Russia. Verso l’866 la Chiesa orientale e la Chiesa di Roma cominciarono a separarsi, ricorrendo alla lotta e lanciandosi vicendevolmente scomuniche. Il 1054 fu l’anno della separazione definitiva, in se- guito a pesanti accuse e scomuniche da ambedue le parti. L’Islam di Maometto al sud fu una delle cause determinanti che provocò la scomparsa della fede cristiana da intere regioni, soprattutto in Africa. Verso la fine del sec. X, la Chiesa e l’intera socie- tà occidentale vissero un periodo di difficoltà, segnato dalla convinzione che l’anno 1000 avrebbe segnato la fine della storia e la venuta finale di Cristo. Bisognerà attendere molti secoli per avere consistenti segni di riconciliazione tra cattolici e ortodossi. Il 7 dicembre 1965 il papa Paolo VI e il patriarca ortodosso di Costantinopoli Atenagora I hanno abolito le scomuniche reciproche del 1054. «Ripensiamo ai tristi avvenimenti che, dopo non pochi dissensi, nel 1054 furo- no causa di grave ostilità tra la chiesa di Roma e quella di Costantinopoli. Ma ora cambiati i tempi e le disposizioni d’animo, siamo ripieni di gioia per il fatto che il nostro venerabile fratello Atenagora I, patriarca di Costantinopoli, e il suo sinodo, condividono il nostro desiderio di essere scambievolmente uniti nella carità, «dolce e salutare vincolo dei cuori»... Desideriamo rimuovere e cancel- lare dalla memoria della Chiesa e considerare del tutto dimenticata la sentenza di scomunica pronunciata in quell’epoca» (Paolo VI). «Ora per una misteriosa disposizione di Dio, nell’anno 1054 sopravvenne alla Chiesa una triste tempesta: i rapporti tra le chiese di Roma e Costantinopoli sono stati messi alla prova e la carità che le teneva unite è stata ferita a tal punto che la scomunica è comparsa in seno alle Chiese di Dio... Bisognava dunque che le Chiese di Roma e Costantinopoli, imitando la bontà e l’amore di Dio per gli uomini, riconsiderassero insieme questi fatti e ristabilissero la pace...» (Atenagora I). 9090 S piegazione Dopo il primo millennio dell’era cristiana (secc. X-XV) Dopo l’anno 1000, vi fu una nuova rinascita che coinvolse la società e la Chiesa. Perfino le costruzioni civili e religiose, spesso in pietra bianca, e la fioritu- ra dei Comuni rivelarono l’inizio di una nuova epo- ca. Si lottò perché la Chiesa potesse vivere in libertà rispetto al potere politico e soprattutto che il papa e i vescovi potessero essere eletti non da imperatori o da nobili, bensì dall’autorità spirituale o del papa o dei vescovi. Si raggiunsero dei compromessi e non sempre si pervenne ad un accordo. Il XII e il XIII secolo furono scenari delle « crociate» contro l’Islam, nel ten- tativo di conquistare Gerusalemme e i luoghi santi. Accanto a queste guerre san- guinarie e ad esecuzioni spietate contro gli eretici, vi fu la costruzione di grandi abbazie e grandi cattedrali, prima di stile romanico, lineare e robusto nelle forme, e poi di stile gotico, esuberante e slanciato verso l’alto. La nuova sensibilità spirituale, improntata al Vangelo, degli ordini di S. Francesco d’Assisi e di S. Domenico di Guzman erano i segnali positivi del primo «medioevo». In una società di ferro e fortemente militarizzata, incominciarono a sorgere forme di assi- stenza agli ammalati e di non-violenza: non solo tra i frati ma anche tra i membri laici del terzo ordine francescano che venivano invitati a non portare armi. Era un gran sacrificio per quei tempi. Ecco una delle più famose preghiere di S. Francesco: «Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace. Dove è odio, fa’ che io porti l’amore Dove è offesa, che io porti il perdono Dove è discordia, che io porti l’unione Dove è dubbio, che io porti la fede Dove è errore, che io porti la verità Dove è disperazione, che io porti la speranza Dove è tristezza, che io porti la gioia Dove sono le tenebre, che io porti la luce. Maestro, fa’ che io non cerchi tanto di essere consolato, quando di consolare di essere compreso, quanto di comprendere di essere amato, quanto di amare poiché è dando, che si riceve perdonando, che si è perdonati morendo, che si risuscita a vita eterna». 9191 S piegazione Nei secoli XIV e XV per la Chiesa vi furono momenti di grande prestigio, durante i quali il Papa costituiva l’elemento di unione per le nazioni europee. E questo anche in tempi di confusione e di fragilità, come il periodo durante il quale il papa si stabilì ad Avignone, in Francia. Momenti di incertezza e di smarrimento che trovò anche di- vise persone colte e sante. Caterina da Siena invitò con insistenza il papa a ritornare a Roma e a riassumere con coraggio il timone della Chiesa. La scoperta del nuovo mondo (sec. XV) Il 1492, anno della scoperta dell’America, segnò l’inizio di una nuova espansione missiona- ria. Ogni spedizione coloniale da parte di spagnoli, portoghesi, inglesi, era accompagnata da un grup- po di sacerdoti e religiosi, affinché, oltre a portare in quelle lontane terre la «civiltà», fosse conse- gnato agli indigeni il Vangelo di Gesù. L’attenzione a rispettare gli usi e costumi di quelle popolazioni non fu sempre praticata, si confuse la fede cristia- na con ciò che era europeo. In nome del Vange- lo si fece violenza agli indigeni, costringendoli alla schiavitù e a condizioni disumane. Dall’anno della scoperta del nuovo mondo, vi furono missionari, come Francesco Saverio, Bartolomeo Las Casas, Roberto De Nobili, Matteo Ricci che, con le parole e con la vita, difesero le popolazioni indigene e so- prattutto fecero di tutto per far apprezzare la loro cultura, la loro religiosità e il loro stile di vita. In una Istruzione del 1659 della S. Congregazione per la propagazione della fede (chiamata comunemente Propaganda Fide), fondata dal papa Gregorio XV per controllare e promuovere le missioni, si legge: «Non dovete fare pressioni su questi popoli perché cambino i loro riti, i loro costumi e le loro tradizioni, a meno che non siano chiaramente contrari alla religione e alla morale naturale. Non c’è niente di più assurdo che trasferire presso i cinesi la Francia, la Spagna, l’Italia o qualunque altro paese d’Europa. Non dovete portar loro la cultura dei nostri paesi, ma la fede che non disprezza né distrugge gli usi e i costumi di nessun popolo, sempre ammesso che non siano malvagi, e desidera che siano conservati intatti... Non cercate di sostitu- ire le usanze europee a quelle di questi popoli e siate più attenti possibile ad adattarvi voi a loro». 9292 S piegazione Tra tante pecche il desiderio di rinnovamento (sec. XVI) Molti dei papi e dei vescovi del periodo erano più preoccupati a svolgere il compito di governo che occuparsi del bene spirituale del- le comunità a loro affidate. Si sentiva nell’aria un bisogno di rinnovamento, ma esso non fu sentito da tutti. Verso il 1517, in Germania, Martin Lute- ro, nell’intento di operare una «riforma» nella Chiesa, fondò un movimento di rinnovamento che ben presto, a causa di incomprensioni e di difficoltà anche di ordine politico, si trasformò in rottura e opposizione alla Chiesa di Roma. Lo svizzero Zwingli e il francese Calvino , dopo di lui, sebbene con idee diverse, segui- rono la stessa strada. In seguito tale movi- mento fu chiamato «protestante». Le reazioni da parte dei «cattolici» (così si chiamarono i fedeli al papa) e da parte dei «protestanti» furono tra le più diverse: dalle più violente e accese ad altre più miti e tolle- ranti. In alcune regioni, come la Germania in particolare, si verificò questo fatto: a decidere la religione degli abitanti di un posto era il principe e non il popolo. Questo provocava disuguaglianze e fenomeni di intolleranza verso le minoranze. Il concilio di Trento (1545-1563), l’opera dei Gesuiti, fondati da Ignazio di Loyola, l’azione di Carlo Borromeo vescovo di Milano e di altri vescovi, la fondazione degli oratori per opera di S.Filippo Neri cercarono in tutti i modi di contrapporsi alla pressione «protestante», ma soprattutto di operare il rinnovamento della Chiesa desiderato da tanti. Tra il XV e il XVI secolo vi fu l’esplosione delle scienze e della tecnica di cui Le- onardo da Vinci costituisce l’emblema; molti esponenti della Chiesa non riuscirono a capirne l’importanza e a scorgere la positività del «rinascimento». Accanto alle scoperte scientifiche, anche l’arte raggiunse grandi traguardi: i pontefici romani si fecero promotori delle opere di Michelangelo, Raffaello e altri insigni artisti. Di que- sto periodo sono la Basilica di S. Pietro e gli affreschi della Cappella Sistina ad opera di Michelangelo. Dal 1600 al 1700 la Chiesa appare sottomessa agli Stati che da una parte ga- rantiscono la religione cattolica, dall’altra utilizzano la Chiesa per scopi propri. I ve- scovi e i sacerdoti di questo periodo vivono in maggior parte nella ricchezza e sono influenti nella società. L’arte barocca esprime bene quest’epoca, carica di grandiosità e di pomposità. 9393 S piegazione Insieme alle debolezze della Chiesa di questo perio- do, vi furono anche delle luci: sorsero diversi santi, parti- colarmente impegnati nella solidarietà con i più poveri, come S. Vincenzo de’ Paoli e S.Luisa de Marillac, e nell’edu- cazione dei giovani e del popolo, come san Giovanni Batti- sta de La Salle. Dopo il 1700 si diffuse l’atteggiamento di uomini che non si riconoscevano più cristiani, ma si dichia- rarono solo «credenti in Dio», fiduciosi soltanto di ciò che è naturale. Rivelazione di Dio, miracoli e tutto quanto sa di soprannaturale veniva rifiutato in nome del «lume del- la ragione». La Chiesa veniva considerata una istituzione umana, fu sfidata a difendere la propria origine da Dio e furono in molti ad avvertire l’urgenza di rinnovarsi. Nel 1633 ci fu il processo a Galileo Galilei. Egli fu costretto a rinunciare alle sue teorie scientifiche, considerate contrarie alla Bibbia e offensive per la fede cristiana. Così scriveva in una lettera indirizzata a Madama Cristina di Lorena: «Il motivo che essi portano per condannare l’opinione della mobilità della terra e della stabilità del sole è, che leggendosi in molti passi della Bibbia, che il Sole si muove e la terra sta ferma, ne consegue che, per il fatto che è impossibile che la Bibbia mentisca o sbagli, ogni sentenza, che affermi che il sole stia fer- mo e la terra si muova attorno ad esso, è errata e deve essere condannata... Io ricordo di aver ascoltato da una persona illustre che l’intenzione dello Spirito Santo (che ha ispirato la Bibbia) non sia stata quella di insegnarci come vada il cielo, ma come si vada in cielo»1. Nonostante le buone intenzioni di Galileo, la condanna delle sue idee non si fece attendere: «Sentenziamo che tu, Galileo, per le cose dette nel processo, ti sei reso so- spetto di eresia, perché hai affermato dottrine contrarie alla Sacra Scrittura, e cioè che il Sole sia immobile al cemtro dell’Universo, e che la Terra si muova e non sia al centro del mondo. Devi con cuore sincero, e davanti a noi, abiurare, detestare e maledire il tuo errore. E affinché per l’avvenire tu sia più cauto, ordiniamo che sia proibito il libro Dialogo sopra i massimi sistemi, e ti condan- niamo al carcere. Per penitenza ti imponiamo di recitare per tre anni una volta alla settimana i sette Salmi penitenziali». Soltanto in questi ultimi decenni è stato riconosciuta come ingiusta la condan- na di Galileo. 1 Libera trascrizione da: GALILEI G., Lettera a Madama Cristina di Lorena, in Opere, Rizzoli, Milano-Roma 1936, vol. I, pp.883.888. 9494 S piegazione Il vento della rivoluzione francese (sec. XVIII) La Rivoluzione francese (1789) portò un nuovo ordinamento sociale in nome dei principi di «uguaglianza, libertà e fraterni- tà». La Chiesa fu coinvolta in pieno da tale movimento rivoluzionario e dovette adattar- si a vivere in condizioni diverse. Dovette ri- nunciare a numerosi privilegi e spogliata di numerosi possedimenti accumulati lungo i secoli. Dal 1800 in poi ci sono stati grandi cam- biamenti: il progresso della scienza, della tecnica e lo sviluppo delle prime industrie nel- le grandi città portarono a una delle più grandi rivoluzioni della storia umana. Alle nuove povertà originate da que- sta nuova situazione vennero incontro nuovi santi come Giuseppe Benedetto Cottolengo, don Bosco e altri. Nel frattempo il papa, con la breccia di Porta Pia, perdeva il controllo del territorio dello Stato pontificio e la sua autorità politica veniva fortemente ridimen- sionata. Gli ex stati pontifici vennero annessi al nuovo regno dell’Italia unita. Al- cuni erano convinti che la perdita del potere temporale del Papa fosse la fine della Chiesa. In questo periodo si diffuse l’atteggiamento tra pensatori e anche tra la gente comune di non credere più in Dio (sono chiamati atei, cioè «senza Dio»). I cattolici in Italia, come in altre nazioni, vennero a poco a poco emarginati dalla vita politica. Una nuova sensibilità verso i problemi sociali (sec. XIX) In queste condizioni nacque una nuova sensibilità per i problemi sociali: papa Leone XIII scrive la lettera enciclica Rerum novarum (1891) per denuncia - re le ingiustizie contro gli operai e per chiedere, in nome del vangelo, mag- giori garanzie per i lavoratori. In essa si legge: «La natura non ha fatto i ricchi e i proletari per lottare tra loro. Gli uni hanno bisogno degli altri... Perciò gli operai hanno il dovere di prestare liberamente la loro opera ai padroni, astenendosi da atti violenti. I padroni non devono consi- derare gli operai come schiavi e lasciare loro il tempo necessario e la comodità per compiere i doveri religiosi senza imporre loro lavori sproporzionati all’età 9595 S piegazione e al sesso. I capitalisti ricordino poi di dare a ciascuno la giusta paga, perché defraudare i lavoratori della giusta ricompensa è colpa che grida vendetta agli occhi di Dio» (n. 15). Alla fine del 1859 nel Regno di Sardegna furono stipulate le prime norme per la tutela del lavoro dei minori. Un ori- ginale contratto di lavoro per un ragazzo operaio, originario di Mondovì, risale a qualche anno prima e precisamente all’ 8 febbraio 1852. Nasce dall’ini- ziativa di Don Bosco, l’amico dei giovani. «Convenzione tra il Sig. Giu- seppe Bartolino, Mastro Minu- siere [falegname] dimorante in Torino ed il giovane Giusep- pe Odasso, nativo di Mondovì, con intervento del Reverendo Sacerdote Giovanni Bosco e coll’assistenza e fideiussione del padre del detto giovane Vincenzo Odasso, nativo di Garessio, domiciliato in questa capitale. Per la presente scrittura a doppio originale da potersi insinuare a semplice ri- chiesta d’una delle parti fattasi nella Casa dell’Oratorio esistente in Torino sotto il titolo di San Francesco di Sales venne pattuito quanto infra: 1°. Il Sig. Bartolino Giuseppe, Mastro Minusiere, esercente la professione in Torino, riceve nella qualità di apprendista nell’arte di falegname il giovane Giu- seppe Odasso, nativo di Mondovì, del vivente Vincenzo di Garessio ed in questa capitale domiciliato». [...] Il mastro «si obbliga» a «dare al medesimo nel corso del suo apprendi- mento le necessarie istruzioni e le migliori regole onde imparare ad esercitare l’arte [...] occuparlo inoltre continuamente in lavori propri dell’arte sua e pro- porzionati alla di lui età e capacità, e alle fisiche sue forze ed escluso qualun- que altro servizio che fosse estraneo alla sua professione. La corresponsione della mercede settimanale è considerata con successivi aumenti di semestre in semestre. Nel caso in cui l’apprendista si ammalasse o non potesse, per altro legittimo impedimento, recarsi al lavoro per più di 15 giorni, terminati i due anni di apprendistato presterà ancora servizio per tanti giorni quanti sono quelli delle sue assenze». 9696 S piegazione Due guerre e l’anelito per la pace (sec.XX-XXI) Le due guerre mondiali di questo secolo por - tarono ovunque distruzione e povertà: le due bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki, il numero ingente di morti e l’olocausto ebraico sono il culmine di que- sta fase, una delle più tristi della storia dell’umanità. La voce dei papi (soprattutto di Pio XII), di vescovi, di sacerdoti e di cristiani si levò contro la guerra, nonostante periodi di silenzio e di turbamento. La testimonianza di p. Massimiliano Kolbe che offrì la propria vita per salvare un padre di famiglia dalla sicura fucilazione nel campo di concentramento di Auschwitz è uno dei gesti più coraggiosi da parte dei cristiani che accolsero ebrei, sfollati, politici e militari perseguitati. Nel 1958 Papa Giovanni XXIII, chiamato per la sua bontà d’animo «il papa buono», portò una ven- tata di rinnovamento nella Chiesa, prospettò nuove possibilità di dialogo con tutti: con gli altri cristiani, le altre religioni, gli uomini di buona volontà. Apertura al mondo di un Concilio Il 25 gennaio 1959 papa Giovanni annunciò la decisione di promuovere il Con- cilio Vaticano II, l’evento più grande per la Chiesa del secolo XX, continuato e portato a termine con grande intelligenza e coraggio dal suo successore Paolo VI. Il Concilio Vaticano II durò dall’11 ottobre 1962 all’ 8 dicembre 1965 e si svolse in quattro tappe. I partecipan- ti erano circa 2.400; vennero invitati come uditori esponenti delle altre comunità cristiane (protestanti, anglicani e orto- dossi) ed inoltre alcuni laici. Alla fine dei lavori vennero consegnati 16 documenti im- portanti che dovevano orienta- re il rinnovamento della Chiesa e dei suoi rapporti con il mon- do. Tra le tante novità del Con- cilio ivi contenute, sono da ri- cordare: 9797 S piegazione a. l’approfondimento dell’identità della Chiesa, secondo quanto Cristo ha voluto che essa sia e in dialogo con il mondo di oggi, affinché «a Cristo vivo, corrisponda la Chiesa viva» (Paolo VI); b. la riscoperta della Bibbia e della Liturgia per la vita del cristiano e delle comunità; c. la valorizzazione di tutte le forze ecclesiali: vescovi, sacerdoti, diaconi e soprattutto laici, secondo il ruolo di ciascuno; d. la possibilità di celebrare la liturgia nella lingua parlata di ciascun popolo (non solo in latino, com’era prima), favorendo una maggiore parteci- pazione da parte di tutti i fedeli; e. lo stile di dialogo e di solidarietà che la chiesa cattolica è chiamata ad attuare nei confronti degli altri cristiani, delle religioni non cristiane e del mondo di oggi; f. il riconoscimento della dignità di tutti gli uomini e di tutto l’uomo. Giovanni Paolo II, il papa polacco, pellegrino di Cristo nel mondo Dopo i trentatré giorni di Giovanni Paolo I, arrivò il nuovo papa dalla Polonia: Karol Wojtyla che prese il nome di Giovanni Paolo II. Con la tenacia dell’operaio e con la forza che gli è propria, intraprende numerosi viag- gi, raggiunge i più lontani, vuole incontrare tutti: ricchi e poveri, governanti e operai, grandi e piccoli. Porta a tutti il sostegno del vangelo di Gesù e continua la realizzazione del Concilio Vaticano II. Favorisce incontri con protestanti e or- todossi, con gli ebrei (storici l’incontro con il rabbino Toaff nella Sinagoga di Roma il 13 aprile 1986 e la visita a Gerusalemme dal 23 al 26 marzo del 2000), con musulmani e con le altre religioni: toccante e profondo l’in- contro ad Assisi il 27 ottobre 1986. Subisce un attentato in Piazza S. Pietro il 13 maggio 1981, perdona Alì Agca, viene sottoposto a diversi interventi chirurgici, soffre per le di- visioni che perdurano tra i cristiani: ma è sempre pronto a ripartire e portare avanti la sua missione. Il pensiero costante del papa, nella prima parte del suo pontificato, va ai paesi dell’Est, dove la Chiesa ha sofferto le persecuzioni sotto il regime comunista. La profetica lotta sindacale polacca di So- lidarnosc, con a capo Walesa, e la caduta del muro di Berlino hanno indotto Giovanni 9898 S piegazione Paolo II a interessarsi sempre di più perché la nuova situazione politica in Europa sia realizzata nel segno della pace e nel rispetto dei diritti di ogni uomo. I suoi di- scorsi diventano accorati e forti durante i sanguinosi scontri in tutti gli angoli della terra dove gli uomini soffrono ingiustizie. I giovani diventano puntualmente gli in- terlocutori privilegiati dei suoi viaggi e di importanti appuntamenti come le Giornate Mondiali della Gioventù. L’attuale papa Benedetto XVI Il 2 aprile 2005, dopo un periodo di malattia e di sofferenza, Giovanni Paolo II lascia questa terra. Al suo posto viene eletto il 19 aprile successivo, il cardinale te- desco Joseph Ratzinger, che pren - de il nome di Benedetto XVI. «Un umile lavoratore nella vigna del Signo- re»: così, con la forza della semplicità, l’attuale papa si è presentato al mondo. Sebbene di carattere diverso, l’attuale Pontefice sta continuando il lavoro del suo predecessore, lasciandosi apprez- zare per la sua fermezza ma anche per la sua cordialità delicata. Il viaggio compiuto negli Stati Uniti d’America e la Giornata mondiale della Gioventù a Sidney (2008) hanno fatto superare al- cune perplessità su di lui. Tanti sono i gesti che dimostrano il suo coraggio e la sua forza nel guidare la Chiesa nel dialogo con il mondo, con le altre ideo- logie, con le altre religioni, con le altre confessioni cristiane, senza smarrire il senso dell’identità cristiano-cattolica. Giorno 27 dicembre 1983, Giovanni Paolo II va a visitare i detenuti del carcere ro- mano di Rebibbia e incontra Alì Agca, il suo attentatore. In quella occasione disse: «In questa circostanza, ho potuto incontrare anche la persona, che voi tutti conoscete, di nome Alì Agca, che nell’anno 1981, il 13 maggio, ha attentato alla mia vita, ma la Provvidenza ha condotto le cose in una sua maniera, direi eccezionale, direi anche, meravigliosa. Oggi, dopo più di due anni, ho potuto incontrare il mio attentatore e ho potuto ripetergli il mio perdono che ho con- cesso subito dopo l’attentato e poi ho anche dichiarato pubblicamente, quando era possibile per me, dall’ospedale». 9999 S piegazione Lungo questi venti secoli, la Chiesa non si è fermata, non è stata statica, ma dinamica, in movimento, in cammino nella storia dell’umanità. Dopo aver esaminato alcuni documenti sulla vita della Chiesa delle origini e aver percorso in poche battute la sua esperienza bimillenaria, dopo aver tratteggiato i lineamenti della comunità dei discepoli di Cristo, ci soffermiamo un attimo sull’identità della chiesa. Più che interrogarci su Che cosa è la Chiesa? – come solitamente si dice -, è più corretto chiedersi Chi è la Chiesa? Da questa domanda scaturisce la seguente: Qual è il compito della Chiesa in questo mondo? Attingendo alla riflessione che la Chiesa ha compiuto su se stessa è possibile puntualizzare la sua identità così divina e così umana, così grande e così piccola, così santa e così peccatrice… «convocata» dall’amore di Dio e «popolo di Dio in cammino» nei solchi della storia. Una Chiesa in comunione «“Chiesa” significa “convocazione”: assemblea di coloro che la parola di Dio convoca per formare il popolo di Dio e che, nutriti del corpo di Cristo, diventano essi stessi corpo di Cristo e segno nel mondo del Signore risorto. “Così la Chiesa intera si presenta come “un popolo radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”» (C onCILIo VAtICAno II, Lumen gentium, 4). Una Chiesa che celebra «La Liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua forza» (ConCILIo VAtICAno II, Sacrosanctum conci- lium, 10). «La madre Chiesa de- sidera ardentemente che tutti i fedeli vengano gui- dati a quella piena, con- sapevole e attiva parteci- pazione delle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il po- polo cristiano... ha diritto e dovere in forza del bat- tesimo» (ConCILIo VAtICAno II, Sacrosanctum conci- lium, 14). 100100 S piegazione Una Chiesa missionaria «La Chiesa è mandata da Cristo a tutti i popoli; si rivolge a tutti gli uomi- ni; abbraccia tutti i tempi: “per sua natura è missionaria”» (ConCILIo VAtICAno II, Ad gentes, 2). La Chiesa «cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mon- do la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e quasi l’anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio» (ConCILIo VAtICAno II, Gaudium et spes, 40). Una Chiesa a servizio «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei po- veri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito santo nel loro cammino verso il regno del Padre e hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò essa si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia » (ConCILIo VAtICAno II, Gaudium et spes,1). Una Chiesa in ascolto che evangelizza «Il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essen- ziale della Chiesa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale non rendono meno ur- genti. Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il ca- nale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrifi- cio del Cristo nella santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione» (pAoLo VI, Evan- gelii nuntiandi, 14). 101101 S perimentazione 1. Design sulla Chiesa Hai a disposizione le seguenti figure geometriche. A partire da una di esse, descrivi l’immagine di Chiesa che si avvicina a quanto tu pensi e subito dopo quale immagine ti sembra più idonea. Puoi servirti del grafico in basso, integrando la fi- gura scelta con altre figure geometriche (rombo, quadrato, trapezio) oppure figure di solidi (sfera, piramide e cubo) ed eventuali combinazioni con segnali e grafismi convenzionali per esprimere la tua immagine di Chiesa «come è» e «come dovreb- be essere». Alla fine, servendoti di alcuni segni (ad es. quadratini), colloca i giovani all’interno del grafico e relaziona in classe sul perché della collocazione. Come è Come dovrebbe essere 2. A confronto con Gilbert Prova a confrontarti con il seguente brano che riporta il parere di Guy Gilbert. In che cosa sei d’accordo e in che cosa no? «Io amo la Chiesa appassionatamente. Non quella del peccato, delle false ap- parenze, ma la Chiesa che porta eternamente nel suo cuore il mistero della presenza di Cristo; la Chiesa portatrice del messaggio fantastico della Buona Notizia offerta a ogni uomo e ogni donna [...]. Tutti i giorni ci vengono gettati in faccia l’Inquisizione, le guerre di religione, una morale spesso gretta, sconnes- sa, un certo settarismo, lo sfarzo del Vaticano e non so che altro ancora. Hanno ragione coloro che ci rinfacciano tutto questo. Dovremmo riflettere e rientrare in noi stessi. É necessario, però, andare più lontano, perché, al di là di tutto questo, la Chiesa è un’altra cosa. É santa nel suo fondatore e peccatrice in colo- ro che invia a lavorare nel suo campo. Sarà sempre così [...]. Il dramma nostro 102102 S perimentazione interiore sarà sempre quello di vedere la Chiesa contaminata, a volte insudicia- ta e profanata dai suoi ministri [...] La nostra gioia interiore è quella di credere che essa avanza ogni giorno, come colui che ha camminato per le strade di Palestina, dicendo ai peccatori che erano decisi a seguirlo: «Lasciate le vostre reti in porto e andate ad annunciare la Buona Notizia». Questa è la Chiesa a cui guardo intensamente perché mi dà la forza di andar più lontano». Sono d’accordo Non sono d’accordo 1. 1. 2. 2. 3. 3. 3. Il futuro della Chiesa 4. La Chiesa e i giovani La Chiesa ha più passato o più futuro? Prova a dire la tua e a esplicitarne il perché. Che cosa dovrebbe fare la Chiesa per essere più vicina ai giovani e alla gente? Se dovessi dare dei suggerimenti ad una comunità di cristiani, che cosa diresti? 103103 V erificaV erifica 2. La Chiesa per i cristiani è necessaria o facoltativa? necessaria  facoltativa  Esprimi anche il perché 3. Quali sono le azioni principali che compie la Chiesa secondo la missione affi- datale da Gesù Cristo? Scrivine almeno tre… 1. 2. 3. Rispondi sinteticamente 1. La Chiesa è Una, cioè Santa, cioè Cattolica, cioè Apostolica, cioè 4. Completa le seguenti frasi sulla storia della Chiesa - I discepoli che Gesù inviò in tutto il mondo si chiamano - Uno di loro che, sebbene non avesse conosciuto direttamente Gesù, divenne suo testimone, dopo aver perseguitato i cristiani, si chiama - Tra i primi cristiani vi furono alcuni che arrivarono a dare la vita per Gesù Cristo durante le persecuzioni degli Imperatori romani. Essi sono chiamati - Mentre prima veniva proibito ai cristiani di professare la propria fede fu l’Imperatore con un a rendere libera l’espressione della fede da parte dei cristiani. - I combattimenti tra cristiani e musulmani in epoca medievale sono chia- mate 104104 V erificaV erifica PER APPROFONDIRE dIAnICh Severino, Chiesa estroversa. Una ricerca sulla svolta dell’ecclesiologia contempora- nea, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1987. dIAnICh Severino, Cristo sì Chiesa no? Discussione su una mentalità diffusa, “Mondo nuovo” 64, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1992. LohFInK Gerhard, Dio ha bisogno della Chiesa? Sulla teologia del popolo di Dio, S.Paolo, Ci- nisello Balsamo (MI) 1999. LohFInK Gerhard, Gesù come voleva la sua comunità? La Chiesa quale dovrebbe essere, Pa- oline, Cinisello Balsamo (MI) 1987. LohFInK Norbert, Sogni sulla Chiesa, Paoline, Milano 1986. rÉtIF Louis., Ho visto nascere la Chiesa di domani, Jaca Book, Milano 1972. - La scoperta dell’America avvenne nel Da quel momento vi furo- no dei missionari che portarono il vangelo di Gesù in tutto il mondo. Essi sono (indica almeno tre nomi) - La riforma protestante in Germania e la separazione con la Chiesa di Roma fu portata avanti nel sec. XVI da - Il primo documento (enciclica) della Chiesa sui problemi sociali e del lavoro porta il titolo latino Rerum novarum e fu scritta da papa nell’anno - Giovanni XXIII inaugurò nel 1962 una grande assemblea di tutti i vesco- vi del mondo, riunione continuata dal suo successore Paolo VI. Questo grande avvenimento viene comunemente chiamato - Di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI scrivi almeno due avvenimenti im- portanti che li hanno caratterizzati: Giovanni Paolo II Benedetto XVI 105105UA 4 106106 Percorso Questa unità “C’è una Pasqua per la Chiesa” ti aiuterà a riflettere sull’importanza dell’Eucaristia e della Domenica nella vita della Chiesa e del cristiano Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 107107 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Evidenziare il senso globale dell’eucaristia e della dome- nica per i cristiani Superare le principali visioni di- storte e infantili circa l’eucaristia cristiana e la domenica Individuare il significato dei momenti più importanti dell’eucaristia domenicale 108108 E sperienza 1. Scrivi, senza pensarci troppo, tutte le parole che ti vengono in mente quando pensi a “Domenica” 2. Pensa alle canzoni che parlano di “domenica”! Che idea della Domenica viene fuori? Cantante o cantautore Titolo 1) 2) 3) queste le idee di domenica in poche battute 109109 E sperienza 3. Quali sentimenti suscita in te il suono della campana della chiesa la domenica mattina?  Nella mia città/paese non si sentono più le campane suonare  Indifferenza: non ci faccio caso; non la sento…  Fastidio, per aver interrotto il mio sonno  Allegria, perché annuncia l’arrivo di un giorno nuovo, senza scuola, che posso dedicare al riposo, allo sport, al divertimento, agli amici  Il richiamo a Dio... 4. Come ti senti interpellato, in quanto cristiano, dal suono di quella campana?  Mi richiama ad un “precetto” (quello di “andare a Messa la domenica”);  Chi mi chiede di andare a messa è come se mi chiedesse di ritornare ad essere bambino.  Mi ricorda che è il giorno in cui la comunità cristiana celebra nella gioia la Pasqua del Signore per obbedire al comando del Signore: “Fate questo in memoria di me!”.  Non sono cristiano per andare a Messa.  Non sono cristiano. Il formatore, dopo la riflessione personale da parte di ciascuno degli allievi, stimola al confronto in gruppo delle risposte elaborate 110110 R iflessione Gianni e il parroco: faccia a faccia Il parroco e Gianni da un po’ di tempo a questa parte sono come due parallele che non si incontrano mai… forse neanche all’infinito? C’è guerra fredda tra i due. Le cose non vanno come una volta. Gianni, da ragazzino, andava a gioca- re coi compagni a pallone nel piazzale antistante la parrocchia, partecipava agli incontri di catechi- smo e andava a messa la domenica. Da quando ha finito la scuola dell’obbligo, Gianni ha inco- minciato a esplorare altri mondi, ad avere nuo- ve amicizie ed ogni sabato partecipare al “rito notturno” della discoteca. La domenica mattina serve a ricuperare il sonno… Schiva spesso lo sguardo del parroco ed è bravo ad eludere anche i predicozzi della mamma e della nonna. Con un po’ di fantasia proviamo ad entrare nella mente del parroco e nel cuore di Gianni. Il parroco vorrebbe dire a Gianni: «Caro Gianni, è domenica! Oggi non suona la “sveglia” a ricordarti che devi le- varti presto per raggiungere a tempo il centro professionale o il posto di lavoro. In lontananza si sentono i rintocchi di una “campana”: è la campana dell’orologio che scandisce lo scorrere del tempo; è lo scampanio proveniente dal campanile della chiesa che ricorda ai cristiani il loro impegno a radunarsi in assemblea con i propri fratelli di fede per la celebrazione domenicale della Pasqua del Signore. Il rintocco della campana è un invito, un appello che puoi accogliere o lasciar cade- re; è un segno che attende di essere interpretato da te». Gianni vorrebbe dire al parroco: «Quando vado a messa la domenica (ormai raramente per la verità), mi domando che senso abbia che ogni settimana alcune persone del quartiere si ritrovino lì den- tro, mentre la maggior parte si distende e fa mille altre cose... Sì, capisco, è per pregare, ma mi sembra tutto così anonimo e spersonalizzante. Quelli che vanno in chiesa sembrano tante isole. C’è il dottor Natale, che ha lo studio in piazza, e sua moglie Silvana che sembra andare a messa per far sfoggio di abiti e pellicce. C’è la signora Maria, l’infermiera, sempre sola in chiesa perché il marito (il signor Pasquale) la Domenica va al circolo dei cacciatori, vicino alla villa comunale. C’è nonna Michelina che ci tiene alla messa e alle “cose di Dio” (come dice lei) e non fa 111111 R iflessione altro che ricordarmi di non mancare al precetto domenicale. Ci sono molti anziani e pochi giovani, molte donne e pochi uomini, le facce di sempre e raramente facce nuove. Ci si ritrova insieme, ma si respira nell’aria estraneità e disagio. Prima che inizi la messa, c’è gente che mormora e pettegola su questo o su quella, sul loro modo di vestire o su quello che è capitato durante la settimana trascorsa. Quando inizia la messa, allora si cerca di fare silenzio, ma qualche commento non lo si rie- sce a frenare. Ci si conosce quasi tutti in paese, eppure si è così estranei. Quando vado in città e vado nella parrocchia della mia ragazza, la situazione non è migliore. La gente spesso non si conosce e non c’è tutta quella chiacchiera del mio paese. In fondo in fondo però è la stessa cosa. Tutto il mondo è paese. Ognuno si sente distante, o per puntare il dito e ciarlare sugli altri o per rimanere sulle sue, indiffe- rente. Anche quando ci si scambia il segno della pace con il vicino, sembra un gesto formale, senza alcuna profondità. Ne ho parlato con la mia vecchia catechista e ha esclamato, scrollando le spalle: “Che ci posso fare io? Perché non lo dici al Parro- co?”. Lo ripeto a lei, e non mi ripeta come in altre occasioni: “Hai ragione, Gianni; ma posso fare tutto io in questa parrocchia?”. Tutti pare che abbiamo ragione da vendere. Ma: la Chiesa non dovrebbe innanzitutto “accogliere”?». Segna con colori differenti le affermazioni del parroco e di Gianni che condividi (ad es. verde) e quelle con cui sei in disaccordo (ad es. blu). Poi, confrontale con il tuo compagno di banco ed, infine, discutetene in classe con l’aiuto del formatore. Ad un sondaggio sommario risulta che:  ha ragione solo Gianni  ha ragione solo il Parroco  hanno ragione entrambi La percentuale di ragione/torto, per la classe, è la seguente Gianni Parroco Ha ragione % Ha ragione % Ha torto % Ha torto % I motivi del verdetto sono le seguenti: 112112 R iflessione Avere un’opportunità e non saperlo, oppure perderla in modo banale: non è una cosa piace- vole e vantaggiosa. È come cercare gli occhiali ed averli sul naso, o sognare una miniera d’oro e magari esserci seduti sopra. La Domenica per una gran parte di battezzati è solo il fine-setti- mana, il week-end , la giornata della partita della squadra del cuore, la grande abbuffata di compe- re ai supermercati, l’appuntamento settimanale per uscire con gli amici… Tra i cristiani e coloro che non credono sembra che non ci sia alcuna differenza. Pare che la pensino allo stesso modo. Eppure colui che ha ricevuto il battesimo, il cri- stiano, dovrebbe avvertire di essere in un oriz- zonte diverso di cui talvolta, a sprazzi, sente il bisogno e il desiderio. Il seguente racconto indu- ce a riflettere in questa direzione: C’era una volta un vecchio, brillante e saggio pesce che nuotava da solo e che meditava. Era molto avanti negli anni e tutti coloro che lo conoscevano gli vo- levano molto bene. Un giorno un giovane pesce, molto curioso e bramoso di conoscere, si avvicinò al vecchio, brillante e saggio pesce. Il giovane pesce pensava: «È vecchio, sono sicuro che saprà rispondere alla mia domanda». Gli si avvicinò e gli chiese: «Signore, potrebbe dirmi dove si trova l’oceano?» Il nostro vecchio, brillante e saggio pesce ripeté la domanda sorridendo: «Vuoi sapere dove si trova l’oceano, piccolo mio?» Allora il giovane pesce, un po’ sorpreso: «Sì, voglio con tutta l’anima mia sapere dov’è, come andarvi, e anche contemplarlo con i miei occhi». «Benissimo, mio giovane amico – disse il vecchio, brillante e saggio pesce -, ho capito benissimo. Ebbene! Tu stai nuotando in quell’oceano che tu cerchi!». Sorpreso e deluso, il giovane pesce ag- giunse: «È impossibile, signore que- sta non è che acqua». «Sì – aggiunse il saggio pesce -, ma è anche l’oceano; puoi fidarti di me che te lo dico». Il giovane pesce se ne andò, tutto triste, cercando qual- cun altro che potesse dirgli dove si trova l’oceano… 113113 S piegazione Per il cristiano, la Domenica è il giorno della comunità, che radunata in as- semblea celebra la Pasqua del Signore. Nella celebrazione dell’Eucaristia, per- tanto, il cristiano ricorda la Risurrezione di Gesù e la nascita della Chiesa, come famiglia di Dio. Come uno scrigno che custodisce un grande tesoro, la domenica è il giorno che racchiude in sé l’identità del cristiano. Il cristiano è l’uomo della domenica e la domenica, che culmina con la celebrazione della Messa, è il giorno del cristiano. Lo ricorda il Concilio Vaticano II «Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della ri- surrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente “giorno del Signore” o “domenica”. In que- sto giorno infatti i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare all’Eucaristia, e così far memoria della passione, della resurrezione e della gloria del Signore Gesù e rendere grazie a Dio che li ha rigenerati mediante la Risurrezione di Gesù dai morti, per una speranza viva (1 Pt 1,3). Per questo la domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro» (Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 106). La seguente preghiera (prefazio X per le Domeniche ordinarie) costituisce una bella raccolta dei significati dell’Eucaristia che i cristiani celebrano di Domenica: Testo Completa le frasi È veramente giusto benedirti e ringraziarti, Padre santo, sorgente della verità e della vita, perché in questo giorno di festa ci hai convocato nella tua casa. Oggi la tua famiglia, riunita nell’ascolto della parola e nella comunione dell’unico pane spezzato, fa memoria del Signore risorto nell’attesa della domenica senza tramonto, quando l’umanità intera entrerà nel tuo riposo. Allora noi vedremo il tuo volto e loderemo senza fine la tua misericordia. Con questa gioiosa speranza, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo a una sola voce l’inno della tua gloria. Il giorno di festa è la La famiglia di Dio è che è chiamata a Domenica senza tramonto significa Se vi sono significati che trovi difficili, puoi chiedere sempre al tuo formatore. 114114 S piegazione Proviamo, adesso, ad entrare nel rito della Messa per osservarne il suo svolgi- mento e scoprirne i significati nascosti. La Messa è un “rito” che contiene un “fatto”: la pasqua di Cristo e della Chiesa! Quando si svolge il rito, il fatto è annunciato e attuato. Il rito della Messa è costruito da sempre attorno alla Liturgia della Parola e alla Liturgia Eucaristica che costituiscono come la doppia vetta, con una introduzione (riti di ingresso) e una conclusione (riti di congedo). I RITI D’INGRESSO La celebrazione della Messa inizia con il canto, il saluto, la richiesta di perdono, il Gloria e la preghiera del sacerdote, con cui i cristiani, riuniti insieme, sono aiutati a formare una comunità pronta ad ascoltare con fede la Parola di Dio ed a celebrare degnamente l’Eucaristia. 1. Il Raduno dell’assemblea  L’Assemblea liturgica è il segno sa- cramentale della presenza del Signore, che viene «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52) e a renderli «per- fetti nell’unità» (Gv 17,20).  L’assemblea liturgica è «il primo gran- de segno di cui si fa esperienza nella cele- brazione, e all’interno del quale si pongono tutti gli altri. Essa ha il suo punto di partenza nella iniziativa libera e gratuita del Signore che convoca i credenti intorno a sé» (CEI, Eucaristia, Comunione e Comunità, n. 36). LITURGIA DELLA PAROLA LITURGIA EUCARISTICA riti di ingresso presentazione dei doni riti di congedo Nella Messa o Cena del Signore, il popolo di Dio è chiamato a riunirsi insieme sotto la presidenza del sacerdote per celebrare il memoriale del Signore, cioè il sacrificio eucaristico (Introduzione al Messale, n. 7). 115115 S piegazione La celebrazione liturgica è l’azione di tutto il popolo di Dio, in cui ognuno è attivamente coinvolto. La celebrazione della Messa, pertanto, non inizia quando il presidente (vescovo o presbitero) con i ministri (diaconi, accoliti e lettori) si recano all’altare, ma molto prima nell’atto del raduno della comunità cristiana, che si dispo- ne alla partecipazione nella preparazione della liturgia. Il tutto inizia già quando, al suono della campana i fedeli escono di casa e si avviano verso la Chiesa. In quel momento che fa convergere i fedeli verso lo stes- so luogo per diventare il soggetto attivo della celebrazione, la Chiesa trova una manifestazione sensibile, e insieme l’attuazione più piena. Da quanto si è detto, scaturisce l’impegno di tutti i cristiani a radunarsi in as- semblea e a prendevi parte in modo attivo e consapevole. 2. L’altare Giunti nel presbiterio, il sacerdote bacia l’altare in segno di venerazione, perché riconosce in esso la pre- senza di Cristo Gesù. Oltre l’altare, sono oggetto di venerazione anche l’evangeliario (il libro dei Vangeli) e l’assemblea, che in- sieme al celebrante - presidente sono i quattro segni tipici della presenza di Cristo nella celebrazione: • l’assemblea (= Chiesa, Corpo di Cristo); • l’evangeliario / libro dei vangeli (= Parola del Signore); • l’altare con il pane e la coppa / il calice del vino (= Eucaristia); • il presidente (= Cristo capo). La quadruplice presenza di Cristo nella celebrazione è richiamata anche dall’uso litur- gico dell’incenso . Nella Messa s’incensano, infatti, l’altare con il pane e il vino e la croce, l’evangeliario, il presidente con gli altri sacerdoti concelebranti e l’assemblea dei fedeli: «L’altare su cui si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della croce, è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a parteci- pare quando è convocato per la Messa; l’altare è il centro dell’azione di grazie che si compie con l’Eucaristia» (Introduzione al Messale, n. 259). «L’altare è il punto centrale per tutti i fedeli, è il polo della comunità che cele- bra. Non è un semplice arredo, ma il segno permanente del Cristo sacerdote e vittima, è mensa del sacrificio e del convito pasquale che il Padre imbandisce per i figli nella casa comune, sorgente e segno di unità e carità. Dovrà pertan- to essere ben visibile e veramente degno; a partire da esso e attorno ad esso dovranno essere pensati e disposti i diversi spazi significativi» (CEI, La proget- tazione di nuove chiese, n. 8). 116116 S piegazione Preparata dai riti di inizio, l’assemblea si dispone all’ascolto della Parola di Dio e a partecipare alla Eucaristia, che costituiscono come le due mense imbandite a cui i cristiani si accostano per nutrirsi spiritualmente. Infatti, secondo la parola della Bib- bia, l’uomo non vive solo di pane materiale ma anche di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3). LA LITURGIA DELLA PAROLA 1. Importanza e ruolo La liturgia della Parola è parte integrante e costitu- tiva della celebrazione. La Parola di Dio, proclamata nell’assemblea e commen- tata nell’omelia, è - al pari dell’Eucaristia - segno della presenza di Cristo, il Verbo unico del Padre, che rivela e attua con potenza la sal- vezza dell’uomo. «Per poter celebrare con fervido impegno il memo- riale del Signore, ricordino i fedeli che unica è la pre- senza di Cristo, sia nel- la parola di Dio “perché è lui che parla quando nel- la chiesa si legge la sacra Scrittura” sia “soprattut - to sotto le specie euca - ristiche” » (Introduzione al Lezionario, n. 46). Sant’Agostino scrive: «L’Eucaristia è il nostro pane quotidiano, ma anche ciò che vi spiego è pane quotidiano e così anche le letture che ascoltate ogni giorno in chiesa è pane quotidiano» (Sermone 57,7). «Anche la parola di Dio che vi si spiega ogni giorno e in un certo modo vi viene spezzata, è un pane quotidiano. E come di quell’altro pane ha fame il ventre, così di questo pane ha fame lo spirito» (Ser- mone 58,4). 117117 S piegazione 2. Il segno della Parola nei segni liturgici L’importanza della Parola di Dio nell’azione liturgica deve risaltare con chiarezza anche dai segni che ne circondano e ne accompagnano lo svolgimento: la dignità del libro e del luogo per la proclamazione della Parola di Dio, l’atteggiamento del lettore, nella consapevolezza che questi è il portavoce di Dio dinanzi ai suoi fratelli.  Il Lettore La Parola di Dio, per quanto sia stata fissata de- finitivamente in un testo scritto, è una realtà viva che deve essere annunciata ai fedeli dalla viva voce del lettore, segno della presenza di Cristo, che parla al suo popolo.  L’Ambone L’ambone è un luogo sopraelevato dal quale si legge la Parola di Dio  Il Lezionario e l’Evangeliario Il Lezionario contiene le letture, i testi biblici che sono proclamati nella liturgia sia la domenica che i giorni feriali. • Il Lezionario domenicale e festivo presenta tre letture, di cui la prima è di solito un brano dell’Antico Testamento, la seconda un testo di San Paolo e gli altri scritti del Nuovo Testamento e l’ultima lettura è sempre un brano del Vangelo. In questo modo si pone nel debi- to rilievo l’unità dei due Testamenti e della storia della salvezza, incentrata in Cristo. L’Antico Testamento, letto nella liturgia, ha la funzione di annunciare la salvezza, che in Cristo (Vangelo) trova pieno e definitivo compimento. • Il Lezionario feriale invece propone solo due testi: il primo è un brano dell’An- tico o del Nuovo Testamento e il secondo è sempre il Vangelo. “Nell’ambiente della chiesa deve esserci un luogo elevato, stabile, ben curato e opportunamente decoroso, che risponda insieme alla dignità della Parola di Dio, suggerisca chiaramente ai fedeli che nella Messa è preparata la mensa sia della Parola di Dio sia del Corpo di Cristo, e infine sia adatto il meglio possibile a facilitare l’ascolto e l’attenzione dei fedeli durante la liturgia della Parola. Si deve pertanto far sì che, secondo la struttura di ogni singola chiesa, l’ambone si armonizzi architettonicamente e spazialmente con l’altare» (Introduzione al Lezionario, n. 32). 118118 S piegazione La Liturgia della Parola, secondo la forma tipica del Lezionario domenicale e festivo, si presenta strutturata attorno a tre momenti successivi: l’ascolto delle Let- ture; l’omelia e la preghiera dei fedeli. Essa si sviluppa un modo originale di dialogo tra il Signore e la comunità cristiana, secondo il seguente schema: DIO PARLA LA COMUNIT À RISPONDE 1. Prima lettura (Profezia) 2. Salmo responsoriale 3. Seconda lettura (Apostolo) 4. Canto al Vangelo 5. Vangelo 6. Omelia (spiegazione della Parola di Dio, esortazione ad una risposta autentica nella vita, introduzione alla celebrazione eucaristica) 7. Credo 8. Preghiera universale 3. L’ascolto della Parola di Dio «Nella liturgia della Parola trova espressione tutta la vicenda della storia della salvezza, dalla quale emerge sempre il primato di Dio che parla. È Dio che va incontro all’uomo, è lui che incomincia a parlare. Perciò intorno all’altare c’è un popolo in ascol- to del suo Dio che “qui-ora” parla» (CEI, Eucaristia, comunione e comunità, n. 41). 4. Omelia L’omelia è il discorso semplice e pacato, che colui che presiede come il padre di famiglia rivolge ai suoi, intrattenendosi con loro in modo amichevole sulla Parola di Dio che è stata letta, invitando ognuno a praticare quanto hanno ascoltato. 5. “Credo” o Professione di fede Il testo si presenta ordinato in tre parti, che sviluppano il contenuto della fede cristiana, celebrata e attuata nella Messa. • Nel primo articolo, molto breve, è professata la fede nel Dio Unico, il Padre Creatore e Signore • Il secondo articolo, più sviluppato, presenta l’opera redentrice del Figlio , Cristo Gesù. Egli è Dio con il Padre, “Dio da Dio”, “Luce da Luce” (cf Gv 1,1-5.9; 119119 S piegazione 10,30), che si è incarnato e si è sottoposto all’umiliazione della morte di Croce per la salvezza dell’uomo. • Il contenuto del terzo articolo del Simbolo è la professione di fede nella divi- nità dello Spirito Santo, che, con il Padre e il Figlio, è l’Unico Dio degno di essere adorato e glorificato. • L’aggiunta del Credo sulla Chiesa, il nuovo popolo di Dio, radunato mediante Cristo nello Spirito per la gloria del Padre, è uno sviluppo del terzo articolo: la Chie- sa è l’opera dello Spirito. Battezzata in Cristo dallo Spirito, la Chiesa ha ottenuto la remissione dei peccati, ed ha ereditato la Vita nuova dei figli di Dio. Unita a Cristo Risorto che dona lo Spirito, essa condivide lo stesso destino e partecipa alla mede- sima missione del suo Signore ed è chiamata già oggi, nella speranza, alla vita che non ha fine, nella risurrezione della carne. 6. La Preghiera universale La preghiera universale conclude la liturgia della Parola, e si pone come risposta e risonanza alla stessa Parola, proclamata e spiegata nell’omelia. 120120 S piegazione LA LITURGIA EUCARISTICA La Parola divina, letta e spiegata nella prima parte della celebrazione, si fa ora evento sacramentale di salvezza per noi. L’attenzione dell’assemblea si sposta dall’ambone, da dove è stata proclamata la Parola, e dalla sede o cattedra del presi- dente, all’altare, simbolo di Cristo, luogo dell’azione di grazie e mensa del banchetto della carità divina. La seconda parte della Messa è distinta in tre momenti, che richiamano e svi- luppano i gesti di Cristo nell’ultima Cena: 1. Presentazione dei doni • «Nella preparazione dei doni, sono portati all’altare pane e vino con acqua, cioè gli stessi elementi che Cristo prese tra le sue mani. • Nella preghiera eucaristica si rendono grazie a Dio per tutta l’opera della salvezza, e le offerte diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. • Mediante la frazione di un unico pane si manifesta l’unità dei fedeli, e per mezzo della comunione i fedeli si cibano del Corpo e del Sangue del Signore, allo stesso modo con il quale gli Apostoli li hanno ricevuti dalle mani di Cristo stesso» (Introduzione al Messale, n. 72). «Il pane. Ricordate ciò che era questo elemento nel campo, come la terra lo generò, la pioggia lo nutrì e maturò fino alla spiga, poi il lavoro umano lo trasportò sull’aia, trebbiò, ripulì, ripose nel gra- naio, trasse fuori, macinò, mescolò all’acqua, fece cuocere ed infine ne uscì pane. I fedeli. Ricor- date: anche voi non c’eravate e foste creati, per mezzo del lavoro dei buoi, cioè degli annunciatori del Vangelo, veniste trebbiati. Quando diveniste catecumeni, foste tenuti nel granaio. Deste i vostri nomi: cominciaste ad essere macinati con digiuni ed esorcismi. Poi veniste all’acqua e foste cosparsi e diveniste una cosa sola. Con il fuoco dello Spirito Santo foste cotti e diveniste pane del Signore. Il vino. Così anche il vino era in molti acini ed ora è ridotto ad un’unica cosa: è una cosa sola nella soavità del calice ma dopo la torchiatura. I fedeli. Anche voi dopo quei digiuni, sforzi, umiliazioni e contrizioni. Infine nel nome di Cristo perveniste come al calice del Signore» (SAnt’ AGo StIno). 121121 S piegazione Il presidente riceve dal ministro la patena con il pane e tenendola fra le mani recita la preghiera di benedizione prescritta e allo stesso modo fa anche con il calice, nel quale versa il vino insieme ad alcune gocce d’acqua mentre pronunzia sottovoce la formula apposita, che ne spiega il significato simbolico: «L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui (Gesù) che ha voluto assumere la nostra natura umana» Nell’acqua unita al vino, è significata la partecipazione dei fedeli (= acqua) al sacrificio di Cristo (= vino); per il mistero dell’acqua unita al vino, infatti, i cristiani sono resi consorti della divinità del Verbo che si è degnato di rendersi partecipe della nostra umanità. 2. La preghiera eucaristica La preghiera eucaristica richiama espressamente il gesto e la preghie - ra di Gesù nell’ultima Cena quando «prese il pane, pronunciò su di esso la preghiera di benedizione [...] e allo stesso modo fece sulla coppa del vino» (Mt 26,26-28). «Prendete e mangiate...» «Prendete e bevete...». A. Introduzione La Preghiera eucaristica si apre con il Dialo- go, che si compone di tre elementi: il saluto, l’in- vito alla partecipazione e al rendimento di gra- zie. Segue il prefazio, che è essenzialmente un rendimento di grazie, nel quale «il celebrante, a nome di tutto il popolo santo, glorifica Dio Padre e lo ringrazia per tutta l’opera della salvezza o per qualche suo particolare aspetto secondo la diversità del giorno, della festa o del tempo». B. Racconto della Pasqua del Signore Dopo il canto del Santo, il sacerdote riprende la narrazione della storia della salvezza. La comu- nità cristiana dà lode al Padre sia perché per mez- zo del Figlio nella potenza dello Spirito Santo ha dato origine all’universo e lo sostiene con la sua provvidenza, sia perché ha voluto radunare attor- no a sé la Chiesa per la celebrazione della Messa, in cui si rinnova il sacrificio perfetto di Cristo e quello della Chiesa, reso perfetto in Cristo. 122122 S piegazione C. Invocazione dello Spirito La salvezza è opera del Dio uno e trino, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Padre, al quale spetta ogni iniziativa, agisce per Cristo nello Spirito. È Lui che raduna la Chiesa in comunità celebrante; è Lui ancora che accetta e consacra i doni, a Lui presentati. Dal Padre per Cristo, la Chiesa invoca lo Spirito Santo. D. Intercessioni La preghiera acquista un respiro cosmico quando la comunità sente di essere unita alla famiglia umana, alla Chiesa universale e per tutti prega il Padre. 3. I Riti di Comunione L’assemblea dei fedeli recitano il “Padre nostro”, quindi il sacerdote che presiede recita la preghiera della pace, spezza l’ostia e invita i fedeli ad accostarsi alla mensa eucaristica. Di fronte al dono di Dio, l’uomo avverte tutto il peso della propria indi- genza spirituale e, come il centurione del Vangelo (Mt 8,8; Lc 7,7), dichiara e con- fessa la propria indegnità e insieme la propria disponibili- tà ed apertura ad accogliere il dono di Dio: “Signore non sono degno, ma Tu vieni!”. La partecipazione al Cor- po e al Sangue di Cristo di tutta l’assemblea è richiesta come un fatto abituale dal- la natura della celebrazione, come è normalmente richiesto da colui che accetta un invito a pranzo di gustare i cibi pre- parati. Nella comunione euca- ristica, infatti, i fedeli parteci- pano in pienezza al sacrificio di Cristo, che per la salvezza dell’uomo accettò di subire la Passione della Croce. La pas- sione del Signore è presente sotto i segni del pane e del vino, per cui “mangiando” del suo pane e “gustando” del suo vino i fedeli sono ricolmi del dono dello Spirito Santo, che li stabilisce nella comunione con il Padre. 123123 S piegazione I RITI DI CONCLUSIONE La comunità celebrante, saziata dal dono di Dio, si congeda per rientrare nel quotidiano della vita. L’incontro con Cristo risorto, l’esperienza della sua presenza salvifica, spingono il cristiano alla “missione”. Perché la gioia della scoperta delle meraviglie del Signore non finisca in se stessi, i cristiani devono comunicarla e con- dividerla con i loro fratelli di fede e annunciarla ad ogni uomo che incontrano. La missione è la conseguenza naturale di ogni incontro autentico con il Cristo risorto. «Una persona che avesse visto le prime comunità cristiane celebrare l’Euca- ristia avrebbe probabilmente creduto che stessero semplicemente cenando. Intuizione stupenda di Gesù: quando vuole lasciare il segno della sua presenza per i tempi futuri, sceglie il più sociale dei gesti umani: il pasto. Gesù, poi, sce- glie un segno, lo “spezzare il pane”, per cui i cristiani non possono cenare con lui senza accettare di cenare e far famiglia con gli altri. Ma c’è di più: nella cena di Gesù non si mangia un qualsiasi cibo, ma egli stes- so si dona a suoi come pane di vita. Gesù è presente realmente nel pane e nel vino eucaristici, per restare con coloro che credono in lui e farsi loro cibo. L’Eu- caristia è il gesto con cui Gesù esprime la sua volontà di offrirsi al Padre e di donarsi agli uomini come pane che nutre per la vita eterna» (CEI, Catechismo dei Giovani/1 Io ho scelto voi , pp. 151-152) 124124 S perimentazione • Vi viene proposta la girandola dei frammenti. A partire da questi quattro stralci let- terari provate a esprime il significato del pane e del vino, segni essenziali dell’euca- ristia cristiana. Usate pure l’evidenziatore e la matita per sottolineare o cerchiare ciò che più vi colpisce. Aggiungete pure qualche parola che esprima ciò che pensate. Il pane Un pane grande così (Gianni Rodari) «Se io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane così Verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chilì, i poveri, i bambini, i vecchietti, gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria un giorno senza fame! Il più bello di tutta la storia!» Come questo pane spezzato (Didaché) «Come questo pane spezzato era sparso qua e là sopra i colli, e, raccolto, divenne una cosa sola, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno; poiché tua è la gloria e la potenza per Gesù Cristo, nei secoli!» Il vino Il vino dell’amore (Pablo Neruda) «Vino colore del giorno, vino colore della notte. Il vino fa venire la primavera, il vino fa crescere come una pianta la gioia. Vino della vita, tu sei ancora amicizia tra gli esseri, trasparenza, abbondanza di gioia» Una moltitudine di grappoli (sant’Agostino) «Il vino formato da numerosi grappoli è uno solo. È uno nella coppa gustosa, ma dopo che il contadino l’ha fatto passare per il torchio. Anche voi, dopo la vostra conversione a Cristo, formate la coppa del Signore, siete là sull’altare, il vino siete voi». 125125 S perimentazione • Ascoltate in classe e commentate insieme questa canzone Il cerchio della vita (Ivana Spagna – Elton John – Tim Rice, Il cerchio della vita, 1994) Un bel giorno ti accorgi che esisti che sei parte del mondo anche tu non per tua volontà e ti chiedi chissà siamo qui per volere di chi? Poi un raggio di sole ti abbraccia e i tuoi occhi si tingono di blu e ti basta così ogni dubbio va via e i perché non esistono più è una giostra che va questa vita che gira insieme a noi e non si ferma mai e ogni vita lo sa che rinascerà in un fiore che fine non ha un soffio di vento ti sfiora e il calore che senti sarà una forza di cui hai bisogno e se vuoi resterà forte dentro te devi solo sentirti al sicuro c’è qualcuno che è sempre con noi alza gli occhi e se vuoi tu vederlo potrai e i perché svaniranno nel blu è giostra che questa vita che gira insieme a noi e non si ferma mai e ogni vita lo sa che rinascerà in un fiore e ancora vivrà. La canzone ha qualcosa di comune con la tematica affrontata? Che cosa secondo voi? IV A N A S PA G N A Ivana Spagna, nata nel 1956 in provincia di Verona, mostra pre- cocemente un talento musicale non comune, studia pianoforte e già nel 1971 pubblica il suo pri- mo singol Mamy Blue. Negli anni successivi, sino al 1982, si sente parlare poco di lei che continua a lavorare in sordina come corista. Il 1986 è l’anno dell’exploit, con il nome d’arte Spagna, imponendosi al pubblico europeo con il singolo Easy Lady. L’anno seguente esce il suo primo album Dedicated to the moon. Con il singolo Call me rag- giunge il primo posto nella Classi- fica Europea. Da quel momento i successi non si contano più, basti ricordare Circle of life (scritta e cantata da Elton John), tema prin- cipale della colonna sonora del film d’animazione Il re leone, uno dei più grandi successi della Disney. 126126 S perimentazione • Nel seguente brano evangelico sono ravvisabili gli elementi più importanti della celebrazione eucaristica: liturgia della Parola, giorno di domenica, missione di portare il vangelo, liturgia eucaristica. Dopo un’attenta lettura, sei capace di indi- viduarli? Annotali in modo appropriato nel margine destro, dopo aver sottolineato o evidenziato le espressioni di riferimento. I discepoli di Emmaus (Vangelo di Luca 24,13-25) Parti della S.Messa [13] Ed ecco in quello stesso giorno (cfr. Lc 24,1) due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, [14] e conversavano di tutto quello che era accaduto. [15] Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. [16] Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. [17] Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; [18] uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». [19] Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; [20] come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. [21] Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. [22] Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro [23] e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. [24] Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto». [25] Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! [26] Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». [27] E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. [28] Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. [29] Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. [30] Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. [31] Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. [32] Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». [33] E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, [34] i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». [35] Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 127127 V erificaV erifica 1. Prova ad esprimere qual è il significato dell’Eucaristia e della Domenica per il cristiano: Eucaristia Domenica 2. Disponi in successione i vari elementi della celebrazione eucaristica qui elen- cate “alla rinfusa”. Attento che c’è un elemento infiltrato: scambio della pace, canto iniziale, presentazione dei doni, omelia, Vangelo, raduno dell’assemblea, preghiera dei fedeli, Angelo di Dio, comunione, prima lettura o Profezia, canto finale, Preghiera eucaristica, seconda lettura o Apostolo, benedizione finale, Credo, Padre nostro. Nella colonna accanto scrivi a quale parte della Messa appartengono: Riti d’Ingresso, Liturgia della Parola, Liturgia Eucaristica, Riti di conclusione LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA Elementi Parti della Messa 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 L’elemento infiltrato è… 128128 V erificaV erifica 3. Tra i seguenti segni (persone e cose) della celebrazione dell’eucaristia, can- cella quelli che sono estranei, che non c’entrano: pane, acqua, altare, olio, papa, lezionario, incenso, assemblea, candele, sale, fiori, vino, profumo, lettore, messale, aceto, ulivo, sacerdote, vescovo, lampadine, crocifisso, ambone. 4. L’Eucaristia non sempre riporta nella vita dei cristiani i significati che essa nasconde. Appaiono così dei controsensi… Nella lista che segue, sottolinea con una linea i significati positivi e con due i controsensi che si possono registrare nelle comunità cristiane. Alla fine esprimi un parere come si possano superare questi controsensi: incapacità di perdonare, tristezza, ascolto di Dio, contesa, condivisione con i più poveri, indifferenza per i problemi altrui, riconciliazione, riconoscimento dei propri peccati, maldicenza, amore, vendetta, comunione, pace, gioia, egoismo, trasparenza, dono di sé, umiltà… Per me i controsensi si possono superare:  non celebrando più l’eucaristia…  celebrandola di meno…  lasciando che la vita si trasformi secondo l’eucaristia…  PER APPROFONDIRE Conte Nunzio, Il pane della vita e il calice della salvezza. Teologia e pastorale dell’eucaristia, Coop.S.Tom. – Elle Di Ci, Messina – Leumann (TO) 2006. dI SAnte Carmine, L’eucaristia terra di benedizione. Saggio di antropologia biblica, Dehonia- ne, Bologna 1987. mIGLIettA Carlo, L’eucaristia secondo la Bibbia. Itinerario biblico-spirituale, Gribaudi, Milano 2004. 129129UA 5 130130 Percorso Questa unità “In un mondo di segni” ti aiuterà a riflettere su i significati originari dei segni e dei simboli della religione cattolica e a riconoscere l’importanza ed il significato dei sacramenti per l’inizio, lo sviluppo e la ripresa della vita cristiana. Ricorda in quale punto del percorso si colloca questa unità... 131131 Percorso Il formatore introdurrà l’argomento dell’unità d’apprendimento e ti guiderà in un percorso che consentirà di raggiungere questi obiettivi: Individuare il significato ori- ginario e genuino dei vari se- gni nella religione cattolica Approfondire il linguaggio dei se- gni e la loro incidenza nella vita dell’uomo e della società Riconoscere l’importanza dei Sacramenti nella vita del cri- stiano e della Chiesa 132132 E sperienza 1. Descrivi le due immagini di sopra e comunica il significato che evocano dentro di te… 4. A quale esigenza profonda risponde l’uso dei segni? 5. Pensi che tutti i segni siano dello stesso tipo e hanno la stessa importanza? 2. Ti sei mai chiesto perché nella vita di ogni giorno facciamo continuamente uso di segni, oltre che di parole?  Si  No 3. Pensi che l’uomo possa fare a meno dei segni?  Si  No 133133 E sperienza Attenzione! Se guardi in profondità la tua esperienza e quella degli altri uo- mini e donne, scoprirai che non tutti i segni hanno lo stesso valore e lo stesso signi- ficato. Una cosa è un cartello stradale, una cosa è un abbraccio. Il mondo dei segni è vario, articolato e complesso. Una prima categoria di segni risponde alla esigenza dell’uomo di “conoscere”, di “sapere”, come i segnali stradali che dicono come bisogna muoversi in città per arrivare a destinazione e senza causare o subire danno. Una seconda categoria di segni assolvono ad un compito più intimo e profon - do, oltre a far conoscere qualcosa permettono di entrare in relazione con quanto si è conosciuto. Così un “bacio” dato ad una persona cara non solo fa sapere a quella persona che io le voglio bene (non solo le offre un’informazione), ma più ancora gli comunica la mia amicizia e, nel comunicarla, l’amicizia cresce e si consolida. Un se- gno dello stesso tipo ma di significato opposto è lo schiaffo, il pugno che viene dato o ricevuto, in quanto comunica sentimenti negativi espressi attraverso gesti violenti… Mentre i primi vengono detti “segni” (in quanto informano e rimandano a qual- cos’altro), i secondi sono meglio qualificati come “simboli”, termine che proviene dalla lingua greca che significa “mettere insieme”, “unire” (in quanto manifestano e realizzano relazioni umane più o meno profonde e positive). Vedi questo esempio per verificare se la distinzione è chiara. Spesso i fidanzati lasciano il segno del loro amore sul tronco degli alberi, sui muri… anche se gli am- bientalisti non gradiscono ed è oggettivamente giusto non farlo. Prova a schizzarlo nel seguente riquadro e a descriverne il significato: Disegno Significato Si tratta di un segno o di un simbolo? Sai dire il perché? 134134 E sperienza Prova adesso ad individuare dei “segni” e dei “simboli” con cui entri a contatto più comunemente nella vita di ogni giorno: SEGNI SIMBOLI Gioco di simulazione. Supponiamo che sei in un’isola deserta, da solo, e hai la possibilità di avere con te solo cinque oggetti che hai nella tua stanza. Quali sce- glieresti? Di essi quali sono delle semplici cose e quali sono dei segni? Quali di essi ti richiamano le relazioni più importanti della tua vita e hanno un valore simbolico? Scrivi e metti una crocetta nelle colonne accanto Oggetti Cose Segni Relazione con… 1. 2. 3. 4. 5. Anche il mondo religioso ha i suoi segni e i suoi simboli Anche nel campo propriamente religioso si fa ampio uso di segni e di simboli. Tutte le religioni sono ricche di questi elementi importanti di comunicazione religio- sa. Alcuni sono comuni tra le religioni, altri sono originali e caratteristici di una tra- dizione religiosa. Ad esempio, se vediamo una persona che traccia su di sé il “segno della croce”, intuiamo subito che appartiene alla religione cristiana; se vediamo un uomo che si toglie le scarpe e si prostra verso Oriente, deduciamo che è un appar- tenente all’Islam, che è musulmano. Prova a enumerare almeno tre segni d’appartenenza di un cristiano cattolico. 135135 R iflessione Viviamo in un mondo di segni La vita non è fatta solo di idee o di parole, ma anche di gesti e di segni. Nella vita di ogni giorno noi entriamo in relazione con gli altri e con la natura attra- verso un’articolata tessitura di segni. Basta guardarsi attorno e scoprire che siamo immersi in un mondo di segni e di simboli, di cui abbiamo assoluto bisogno per poter comunicare con gli altri in modo più profondo. Segni sono le parole, ma segni sono anche le espressioni del volto che sorride o che piange. Segni sono anche gli oggetti e tutto ciò che viene assunto per indicare qualcosa di particolare. Così una maglietta a strisce bianco-nere o nero-azzurre o rosso-nere, che per sé propongono solo un diverso abbinamento di colori, sono diventati segni distintivi di una squadra di calcio, indicano i bianco-neri della Juventus, i nero-azzurri dell’In- ter e i rosso-neri del Milan. Il tifoso che porta allo stadio la bandiera della squadra del cuore segnala agli altri la propria appartenenza. Così il cavallino rosso rampante in una macchina indica che si tratta di una Fer- rari. Le strade delle città e dei paesi sono disseminate di segnaletiche di vari colori e disegni e di semafori, che regolano il movimento delle macchine e dei pedoni. Un mondo di segni vive in noi Facciamo comunemente ricorso ai segni anche per esprimere i nostri sentimenti. Così per salutare una persona che incontriamo possiamo dirle “ciao”, ma anche stringerle la mano. Se vogliamo dire a una persona che ci è cara, pos- siamo donare una rosa, o darle un bacio. Disponiamo di tanti modi per esternare la ricchezza e la varietà di sentimenti che si affollano dentro di noi. Accanto alla parola, che è il linguaggio proprio ed esclusivo dell’uomo, facciamo ricorso abitualmente anche ad altri linguaggi che si affiancano e a volte si sostituiscono alle parole. La profondità e l’intensità dei sentimenti umani si esprimono meglio con i simboli che con le parole, che per quanto appropriate non possono mai giungere dove arriva il simbolo. L’espressione “ti voglio bene” non dice quando può esprimere un bacio o una rosa; un volto irrorato di lacrime dice molto di più di un semplice “sto soffrendo”. Un esempio lampante è quello del cuore innamorato. Un ragazzo che sente qualcosa di profondo per una ragazza mette in moto una serie di risorse che lo coinvolgono piena- mente: sono parole, gesti, segni che parzialmente e nel loro insieme esprimono l’amore per lei. È preso interamente da tale sentimento che ogni particolare di per sé insignificante assume una grande risonanza: un’abitazione diventa «la casa della mia ragazza», un numero telefonico «il recapito della persona che amo»… 136136 S piegazione La Bibbia: uno «scrigno di simboli» Il linguaggio dei segni, così es- senziale nel rapporto con gli altri, è tipico anche della Bibbia, definito «grande codice» (N. Frye) e «giar- dino dell’immaginario» (T. Eliot). Anche Dio parla il linguaggio dei segni. Per comunicare con l’uo- mo, lo fa al modo umano, usando i segni. L’uomo, essere corporeo, comu- nica e dialoga con tutto se stesso. Il suo corpo è insieme presenza e lin- guaggio; attraverso il proprio corpo l’uomo rivela se stesso e comunica con l’altro. Da ciò scaturisce l’intima e profonda esigenza dell’uomo di «vedere» per credere; egli chiede continuamente a Dio un segno quale garanzia di autenticità della salvezza annunciata. Nel segno, Dio si rivela all’uomo, e l’uomo, accogliendo il dono di Dio, fa l’esperienza di lui, del suo amore che salva. Quali sono i segni di Dio nella Bibbia? Proviamo ad aprirla e ad individuarne qualcuno. • Mosè, inviato da Dio dal Faraone per liberare il popolo di Israele, chiede e ri- ceve un segno: «Questo è il segno che io ti ho inviato: quando avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte» (Es 3,12). • Gedeone, chiamato da Dio a guidare la riscossa del popolo contro i Madianiti, chiede anch’egli un segno dal cielo: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che sei proprio tu quello che parla con me»; la sua richiesta trova risposta nel «segno del vello» (Gdc 6,17.36-40). • A volte, Dio stesso prende l’iniziativa nel concedere un segno. È il caso del re Acaz, a cui, suo malgrado, il Signore dà il segno dell’Emmanuele: «Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Em- manuele» (Is 7,14). • L’arcangelo Gabriele annuncia a Maria il suo concepimento verginale dell’Em- manuele per opera dello Spirito Santo (Lc 1,30-35; e confrontalo con Is 7,10-17); l’annuncio è accompagnato da un segno: la maternità della cugina Elisabetta, la quale, pur essendo sterile ed avanti negli anni, attende un figlio (Lc 1,36). • Agli scribi e ai farisei che chiedono un segno, Gesù dà il segno di Giona profeta (cf Mt 12,38-41). • Gesù invita i suoi ascoltatori a considerare le opere che lui compie, come segni rivelatori della sua identità di messia (Gv 5,36; 10,37-38; 14,11). Alla domanda dei di- scepoli del Battista: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro? Gesù rispose: Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano... E beato colui che non si scandalizza di me» (Mt 11,3-6). 137137 S piegazione • L’apostolo Tommaso invoca anch’egli un segno a sostegno del- la sua fede: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, non cre- derò» (Gv 20,25). Cristo Gesù, pur rimproverando l’apostolo per la sua incredulità, accondiscende tuttavia alla sua richiesta: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma cre- dente» (v. 27). Il segno porta alla fede, ma è nella fede che il segno è compreso ed accolto, per cui Gesù continua: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (v. 29). Solo nella fede i segni vengono capiti a pieno ed è possibile contemplare in essi le opere meravigliose della bontà e della misericordia di Dio. Ma il segno più grande che è contenuto e rivelato nella Bibbia è lo stesso Gesù Cristo. Alla sua nascita l’angelo, che annuncia il lieto annuncio ai pastori, pro- clama: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una man- giatoia» (Lc 2,10-12). Tanti segni, un’unica fonte Parlare di “segni” nella religione cattolica, è fare riferimento anzitutto e soprat- tutto al Cristo che agisce nella comunità dei credenti, nella Chiesa. In Gesù, Dio si incontra con l’uomo e l’uomo con Dio. Non è improprio parlare di Lui come il «primo» sacramento. Egli costituisce l’unica fonte di tutti i sacramenti della Chiesa. I sette “sacramenti”: Battesimo, Confermazione, Eucaristia, Penitenza, Unzione degli infermi, Ordine e Matrimonio , in quanto azioni liturgiche, che espri- mono e attuano in modo eminente l’incontro di salvezza tra Dio e l’uomo, non sono altro che i punti che in Gesù Cristo rendono possibile questo misterioso contatto. I sacramen- ti sono i segni – simboli mediante i quali il Signore mentre rivela all’uomo la sua volontà di salvezza gli comunica il suo amore, realizza quanto annuncia. Nella celebrazione dei sacramenti, Cristo stesso è presente e opera efficacemente la salvezza. I sacramenti sono anzitutto un dono di Dio all’uomo. Aiutato dal Signore, l’uomo accetta il dono e si impegna ad amare Dio a vivere da figlio di Dio con un compor- tamento coerente. 138138 S piegazione I sette sacramenti della Chiesa che richiamano tutte le tappe e gli avvenimenti più importanti della vita del cristiano, sono tradizionalmente distinti in tre gruppi: • il primo è formato dal Battesimo, dalla Confermazione e dalla Eucaristia me- diante i quali l’uomo è introdotto e iniziato alla vita cristiana; • il secondo comprende la Penitenza e l’Unzione degli infermi che sostengono il cristiano nei momenti di sofferenza spirituale (peccato: penitenza) e corporale (ma- lattia: unzione degli infermi) • il terzo gruppo accompagna il fedele nelle scelte fondamentali della vita, quel- la del Matrimonio o quella del servizio ai fratelli nel Ministero ordinato. I SACRAMENTI DELLA INIZIAZIONE CRISTIANA In analogia con quanto avviene nella vita fisica, che comporta necessariamente la generazione e lo sviluppo della persona, e il nutrimento perché possa mantenersi sempre in forma, così anche nella vita spirituale si fa riferimento alla generazione (Battesimo) alla crescita e alla maturazione nella fede (Confermazione) e al cibo che alimenta continuamente la vita (Eucaristia). Battesimo Come la vita è il primo e fondamentale dono su cui si in- nestano tutti gli altri, così il battesimo è nella vita cristia- na il primo e fondamentale sacramento da cui sgorgano tutti gli altri. Il battesimo è la porta di ingresso nella famiglia di Dio, attraversando la quale si entra a far parte della Chiesa. Il battesimo segna la rinascita spirituale dell’uomo, il passag- gio dalla morte alla vita, dal peccato alla comunione con Dio. Il nome “battesimo” è un termine greco che letteralmente significa “immergere” nell’acqua. Il gesto del sacerdote che immerge il bambino nell’acqua indica con un gesto altamente espressivo che l’uomo vecchio, segnato dal peccato, è affoga- to nella morte di Cristo per risorgere nuovo nella risurrezione del Signore. San Paolo così si esprime: «Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo stati dunque sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato» (Rm 6, 3-6). 139139 S piegazione Nella preghiera di benedizione dell’acqua, sono richiamati alcuni episodi biblici in cui è preannunciato ed esplicitato il significato del battesimo cristiano. Con il battesimo l’uomo è rigenerato alla vita di figlio di Dio (cfr. creazione: Gen 1-3), muore al peccato per risorgere a vita nuova (cfr. diluvio: Gen 6-9), diventa membro della famiglia di Dio che è la Chiesa (cfr. Passaggio del Mar Rosso: Es 13- 15). Immerso nell’acqua (cfr. battesimo di Gesù nel Giordano: Mt 3) è unito alla morte di Gesù per vivere con Lui e come Lui. L’inizio della vita nuova è significata anche dalla candela che si accende al cero pasquale e dalla veste bianca che viene consegnata nel battesimo. Liberato dal peccato e reso partecipe della vita di Dio, il battezzato è unito alla comunità dei figli di Dio, è aggregato anche alla Chiesa. Il battesimo, dunque, è un dono fatto alla persona ma anche alla comunità cristiana. Come la nascita di una nuova persona è un fatto che riguarda il diretto interessato ma anche i genitori, i fratelli e le sorelle, i parenti, in quanto il neonato nasce anche come membro di quella particolare famiglia, così la nascita spirituale di un nuovo cristiano è un fatto che riguarda tutta la comunità cristiana, in quanto il neo battezzato è figlio di Dio ma anche membro della Chiesa. Confermazione Il secondo sacramento dell’iniziazione cristiana è la Confermazione o Cresima: «Nella Confermazione, che li segna con lo Spi- rito Santo, dono del Padre, i battezzati ricevono una più profonda configurazione a Cristo e una maggiore abbondanza di Spirito Santo, per es- sere capaci di portare al mondo la testimonian- za dello stesso Spirito fino alla piena maturità di Cristo» (Rito della Iniziazione cristiana degli adulti, n. 2b). Con il Battesimo, il cristiano è unito a Cristo, partecipe della sua stessa vita divina di Figlio di Dio, mentre con la Confermazione è abilitato a fare come Cristo, a comportarsi come si è comportato Lui, a compiere le sue stesse opere (cf Gv 14,12-14). Il cristiano è abilitato a tanto dal dono dello Spirito Santo che è invocato sul cresimando con alcuni segni-simboli: • con il gesto del vescovo che impone le mani sul cresimando; • con il segno della crismazione (per questo il sacramento è anche detto: “Cre- sima”). Il vescovo con il pollice unto di olio crismale traccia un segno di croce sul capo del cresimando e dice: Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono 140140 S piegazione Fortificato dal dono dello Spirito Santo, il cristiano è abilitato ad osservare i comandamenti, a mettere in pratica il Vangelo e, dunque, a fare nella propria vita la volontà di Dio, trasformando tutta la sua esistenza in una offerta che Dio gradisce e che nella celebrazione dell’Eucaristia è unita a quella di Cristo e della Chiesa. Eucaristia L’Eucaristia completa il cammino di iniziazio- ne alla vita cristiana, abilitando il fedele a unirsi a Cristo nell’offerta di tutta la sua vita dedicata al compimento della volontà di Dio. L’Eucaristia è il sacramento più importante in cui si celebra la Pasqua del Signore e della Chiesa (cfr. UA 4). «Partecipando all’assemblea eucaristica, i fedeli man- giano la carne del Figlio dell’uomo e bevono il suo sangue, per ricevere la vita eterna e manifestare l’unità del popolo di Dio. Offrendo se stessi con Cri- sto, s’inseriscono nell’universale sacrificio, che è tutta l’umanità redenta offerta a Dio per mezzo di Cristo, sommo sacerdote; e pregano il Padre che effonda poi largamente il suo Spirito, perché tutto il genere umano formi l’unica famiglia di Dio. I tre sacramenti dell’iniziazione cristiana sono così tra loro intimamen- te congiunti, che portano i fedeli a quella maturità cristiana per cui possano compiere, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria del popolo di Dio» (Rito dell’Iniziazione cristiana degli adulti, n. 2c). I SACRAMENTI DELLA GUARIGIONE Con il Battesimo e la Confermazione il cristiano diventa partecipe della vita di Dio, che alimenta continuamente con la partecipazione all’Eucaristia. Come la vita fisica così anche quella spirituale rimane, tuttavia, esposta alla malattia e alla sof- ferenza. In questo caso insieme al cibo si ha bisogno di ricorrere anche alle medici- ne. Il Signore Gesù, come medico celeste, si è preso cura durante la sua vita dei malati e dei peccatori, ha guarito il paralitico dal peccato e dalla sua infermità: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati […] Che cosa è più facile dire ti sono rimessi i tuoi peccati o dire alzati e cammina? Ora perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua. Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in pre- senza di tutti» (Mc 2,5.11-12). 141141 S piegazione Gesù ha comandato alla Chiesa di fare lo stesso. Per questo la Chiesa, come il buon samaritano, si fa accanto ad ogni uomo sofferente nel corpo e nello spirito, fascia le sue ferite accorda il perdono delle colpe (cf Lc 10,29-37). La medicina spirituale che la Chiesa prepara per coloro che soffrono sono: la Penitenza ai peccatori e l’Unzione degli infermi ai malati e agli anziani. Penitenza La Penitenza è il sacramento che rimette le colpe gravi commesse dopo il Battesimo. Come in un nuovo battesimo, la penitenza purifica il cristiano che ha commesso peccati gra- vi, lo ristabilisce nella comunione con Dio e con la Chiesa e lo riconduce alla Eucaristia, il sacramento della perfetta conversione. Il cristiano non si dispera se cedendo alla ten- tazione pecca gravemente, perché Dio è misericor- dioso, ma neppure si esalta, presumendo di essere a posto con Dio, perché sa di essere peccatore. Al sentimento di disperazione per la colpa com- messa, il cristiano oppone la fiducia nel Signore mi- sericordioso. Alla presunzione di sentirsi a posto con Dio e con gli uomini, il cristiano risponde con l’umiltà di chi sa di essere peccatore. Il sacramento della riconciliazione sollecita l’uomo da una parte a non sotto- valutare le conseguenze del peccato e dall’altra a non disperare di fronte alla gravità della colpa commessa. Il contenuto del quarto sacramento, comunque lo si chiami (penitenza, confes- sione, riconciliazione), è la «conversione» dell’uomo, il suo passaggio continuo e pro- gressivo dalla situazione di peccato alla comunione con Dio e con il prossimo, in rispo- sta alla iniziativa di Dio, che si volge con amore pieno di misericordia verso di lui. Nella Bibbia, la conversione è un motivo presente dall’inizio alla fine, dal primo peccato compiuto dall’uomo descritto nella Genesi all’invito di conversione rivolto alle varie comunità cristiane dell’Asia nel libro dell’Apocalisse. Tutta la storia della salvezza è un grande cammino di conversione e di ritorno a Dio, dopo aver peccato contro di Lui. Ma c’è una parabola narrata da Gesù che sintetizza in modo mirabile l’espe- rienza biblica della conversione. Nella parabola evangelica del figlio prodigo o come è meglio dire, del Padre misericordioso, i diversi aspetti della conversione si tro- vano armonicamente intrecciati tra loro in una mirabile sequenza che muovendo dalla consapevolezza del proprio peccato e passando dalla volontà decisa di risol- levarsi riconduce di fatto il giovane tra le braccia del padre misericordioso (cfr. Lc 15,11-32). 142142 S piegazione Sacramento dell’Unzione e cura pastorale degli infermi Seguendo l’esempio di Gesù, che “passò beneficando e risanando tutti” (At 10,38), e ob- bedendo al suo comando (Mc 16,18), la Chiesa si prende cura degli infermi, visitandoli e confor- tandoli con il sacramento dell’Unzione, mentre si associa alla ricerca scientifica e collabora con la scienza medica nella lotta contro le malattie. Al malato gravemente infermo, la Chiesa reca il conforto del Signore con il sacramento dell’Unzione, come è raccomandato nella Lette- ra di san Giacomo: «Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede sal- verà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commes- so peccati gli saranno perdonati» (Gc 5,14-15). L’Unzione è conferita «a quei fedeli, il cui stato di salute risulta seriamente com- promesso per malattia o vecchiaia» (Rito dell’Unzione degli Infermi, n. 8). Il malato è unto con l’olio benedetto dal vescovo il giovedì santo in cattedrale. Il parroco, mentre spalma l’olio benedetto sulla fronte e sulle mani degli infer- mi, dice queste parole: «Per questa santa unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo. E, liberandoti dai peccati, ti salvi e nella sua bontà ti sollevi». Gesù e la Chiesa assumono l’olio nel senso terapeutico per significare la cura spi- rituale dell’uomo. La guarigione dalla malattia corporale è il segno della salvezza, della liberazione dal male più profondo che è il peccato (Mc 2,1-12). Le guarigioni, che opera Gesù e, in suo nome, gli Apostoli e la Chiesa in ogni tempo, sono “segni” della salvezza. Il Signore concede al malato la forza necessaria perché egli possa dominare psicologicamente e spiritualmente la sua situazione di malattia e viverla in pienezza, unito a Gesù morto e risorto. I SACRAMENTI DEL SERVIZIO DELLA COMUNIONE I sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio, sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli al- tri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo di Dio (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1534). 143143 S piegazione Ministero ordinato Con il sacramento dell’Ordine o del Mini- stero ordinato alcuni tra i cristiani sono chia- mati in modo del tutto particolare ad essere segno della presenza di Cristo Gesù che è venuto nel mondo non per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per tutti. Ai ministri ordinati è affidato il compito di edificare l’unico Corpo di Cristo, la Chie- sa, mediante la predicazione del Vangelo ed esercitando la presidenza delle assemblee li- turgiche. Il Sacramento dell’Ordine è distinto in tre gradi: Vescovi, Presbiteri e Dia- coni. «La Chiesa cattolica riconosce che esistono due gradi di partecipazione ministe- riale al sacerdozio di Cristo: l’episcopato e il presbiterato. Il diaconato è finalizzato al loro aiuto e al loro servizio. Per questo il termine “sacerdote” designa nell’uso attuale, i vescovi e i presbiteri, ma non i diaconi. Tuttavia, la dottrina cattolica insegna che i gradi di partecipazione sacerdotale (episcopato e presbiterato) e il grado di servizio (diaco- nato) sono tutti e tre conferiti da un atto sacramentale chiamato “ordinazione” cioè dal sacramento dell’Ordine» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1554). I Vescovi, in quanto successori degli Apostoli, hanno la pienezza del sacerdozio, che esercitano aiutati dai presbiteri e dai diaconi. Matrimonio Dio che ha creato l’uomo per amore, lo ha anche chiamato all’amore, vocazione fondamen- tale e innata di ogni essere umano. Infatti l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio che è amore. Avendolo Dio creato uomo e donna, il loro reciproco amore diventa un’immagine dell’amore assoluto e indefettibile con cui Dio ama l’uomo. È cosa buona, molto buona, agli occhi del creatore (cf Gen 1,31). E questo amore che Dio benedi- ce è destinato ad essere fecondo e a realizzarsi nell’opera comune della custodia della creazione (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1604). L’amore dell’uomo e della donna che si uniscono in matrimonio è elevato dal Si- gnore alla dignità di sacramento. Nel loro reciproco amore i coniugi cristiani diventano se- gno dell’amore con cui Cristo ama la Chiesa. 144144 S piegazione Il tema dell’amore tra l’uomo e la donna è ricorrente nella Bibbia, che si apre con la creazione di Adamo a cui il Signore dona Eva, «carne della sua carne» e si conclude con la visione delle nozze dell’Agnello (Ap 19,7-9). L’uomo e la donna sono creati l’uno per l’altro, fino a formare nel matrimonio un solo essere: «Così che non sono più due, ma una carne sola» (Mt 19,6); «Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24). Il matrimonio cristiano in quanto segno sacramentale dell’amore sponsale di Cristo e della Chiesa si realizza a certe condizioni e comporta anche degli obblighi particolari. L’amore per sua natura può esprimersi in pienezza solo in un clima di libertà, non può pertanto subire costrizioni. L’amore che sboccia tra l’uomo e la don- na, che si aprono accoglienti l’uno all’altro, è stabile e fedele; ad immagine di Cristo che ama la Chiesa fino al dono totale di sé sulla croce. Ad immagine dell’amore di Dio, infine, anche quello degli sposi diventa creativo nella generazione di nuove cre- ature. A questo riguardo, il sacerdote rivolge alcune domande agli sposi che stanno per esprimere il loro consenso: «Siete venuti a celebrare il Matrimonio senza alcuna costrizione, in piena libertà e con- sapevoli del significato della vostra decisione? Siete disposti seguendo la via del Matrimonio, ad amarvi e a onorarvi l’un l’altro per tutta la vita? Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi e a educarli secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa?» (Rito del Matrimonio, 2004, n. 68) A queste condizioni, il consenso che gli sposi si scambiano nel giorno del loro ma- trimonio li unisce per sempre e li rende segno visibile dell’amore di Dio per l’uomo «Io, N., accolgo te, N., come mio/mia sposo/sposa. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita» (Rito del matrimonio, 2004, n. 71) L’amore fedele e duraturo che gli sposi si sono reciprocamente promesso è si- gnificato dall’anello che porteranno al dito. Gli anelli sono benedetti dal sacerdote con questa formula: «Signore, benedici questi anelli nuziali: gli sposi che li porteranno custodiscano integra la loro fedeltà. Rimangano nella tua volontà e nella tua pace e viva- no sempre nel reciproco amore» (Rito del Matrimonio, 2004, n. 76). Quindi, gli sposi si scambiano gli anelli, promet- tendosi amore e fedeltà: «N., ricevi quest’anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Rito del Matrimonio, 2004, n. 77). 145145 S piegazione Infine, una domanda: Perché i cristiani celebrano i sacramenti? Non c’è un solo motivo, bensì tanti. Il principale è tuttavia il seguente: come Dio nel rivelarsi agli uomini si è servito di parole umane e di segni (e la Bibbia ne è ricca), così ogni celebrazione da parte dei cristiani vive di parola di Dio e di segni che realizzano la salvezza di Cristo per l’umanità. Anche se possono risultare a vol- te incomprensibili, i segni manifestano nella loro semplicità e profondità l’incontro sempre possibile tra Dio e gli uomini in Cristo. I sacramenti, inoltre, rendono possibile l’espressione totale dell’uomo, oltre la rivelazione di Dio nei suoi confronti. Perché l’uomo ha un bisogno insopprimibile di esprimersi e di comunicare attraverso i segni, di sentirsi parte della famiglia di Dio e ricevere con la mente e con il cuore la salvezza. Attraverso i segni che l’uomo pone, risponde all’iniziativa di Dio. Ad esempio il segno della pace che scambia con il suo simile è risposta a Dio che vuole fare di tutti gli uomini una grande famiglia e che chiama tutti alla pace. Gesù Cristo lo sapeva benissimo e, in quanto Figlio di Dio fattosi uomo, oltre al parlare in parabole e con discorsi, ha posto in essere dei gesti e dei segni, assai co- muni ma pieni di significato. Si pensi alla cena con i suoi discepoli o al banchetto con i pubblicani e i peccatori; si pensi al gesto di prendere per mano la bimba morta o il figlio della vedova di Nain. Ora che è risorto e asceso al cielo Egli con la sua potenza, si mette nella stessa lunghezza d’onda dell’uomo per comunicargli la salvezza. Per la Chiesa i sacramenti sono “punti dell’incontro con Dio”. In sintesi: Che cosa è un simbolo? Che cosa è un rito? Leggi attentamente il seguente racconto1 e individua qual è il simbolo e qual è il rito ivi nascosto e celebrato: Un giorno, non molto tempo fa, un contadino si presentò alla porta di un convento e bussò energicamente. Quando il frate portinaio apri la porta, il contadino gli mostrò, sorridendo, un magnifico grappolo d’uva. «Frate portinaio», disse il contadino, «sai a chi voglio regalare questo grappolo d’uva che è il più bello della mia vigna?» «Forse all’abate o a qualche padre del convento». «No. A te!». «A me?». Il frate arrossì tutto per la gioia. «Lo vuoi dare proprio a me?». «Certo perché mi hai sempre trattato con amicizia e mi hai aiutato quando te lo chiedevo. Voglio che questo grappolo d’uva ti dia un po’ di gioia». La gioia semplice e schietta che vedeva sul volto del frate portinaio illuminava anche lui. Il frate portinaio mise il grappolo d’uva bene in vista e lo rimirò tutta la mattina. 1 F errero B., Quaranta storie nel deserto, Elle Di Ci, Leumann – Torino 1989, pp. 16-17. 146146 S piegazione Era veramente un grappolo stupendo. Ad un certo punto gli venne un’idea: «Perché non porto questo grappolo all’abate per dare un po’ di gioia anche a lui?». Prese il grappolo e lo portò all’abate. L’abate ne fu sinceramente felice. Ma si ricordò che c’era nel convento un vecchio frate ammalato e pensò: «Porterò a lui il grappolo, così lo solleverà un poco». Così il grappolo d’uva emigrò di nuovo. Ma non rimase a lungo nella cella dei frate ammalato. Costui pensò infatti che il grappolo avrebbe fatto la gioia del frate cuoco, che passava le giornate a sudare sui fornelli, e glielo mandò. Ma il frate cuoco lo diede al frate sacrestano, per dare un po’ di gioia anche a lui, questi lo portò al frate più giovane del convento, che lo portò ad un altro, che pensò bene di darlo ad un altro. Finché, di frate in frate, il grappolo d’uva tornò al frate portinaio. Così fu chiuso il cerchio. Un cerchio di gioia. Il simbolo è perché Il rito è perché Darei questo titolo al racconto Dal racconto e dalle tue puntualizzazioni è possibile trarre alcune risposte: Il simbolo è un “legame di vita”: le cose non sono semplici cose ma segni di appartenenza e di condivisione; l’uomo attraverso il simbolo è capace di entrare in se stesso e di dare il meglio di sé; gli uomini non sono dei solitari ma fanno parte di una comunità, capaci di comunicare grazie ai simboli. Il rito è una celebrazione attraverso i simboli che creano legami profondi. In uno spazio segnato dalla festa si viene provocati a fare e ad agire, ognuno ha il suo posto e svolge una mansione. Vi sono tempi particolari in cui svolgere il rito, attra- verso il quale viene evocato un particolare evento (la pasqua, il natale) e al quale i membri della comunità partecipano con tutte le proprie risorse. Il rito è capace di creare comunione e di rafforzare i vincoli tra gli appartenenti al gruppo-comunità. Il simbolo come «legame di vita» Il rito come «spazio simbolico ridimensionale» 1. - tra l’uomo e il mondo (immaginario) «le cose possono parlare» 1. - dimensione spaziale - PROVOCAZIONE (spinge a prendere posizione, a fare, ad agire) 2. - tra l’uomo e se stesso (sogno) «l’uomo è capace di riflettersi» 2. - dimensione temporale - EVOCAZIONE (invita a uscire da sé per ritrovarsi nell’evento) 3. - tra l’uomo e l’altro/a (amore) «gli uomini sono fatti per comunicare» 3. - dimensione interpersonale - CONVOCAZIONE (realizza la comunione con gli altri) 147147 S perimentazione 1. Leggi attentamente la seguente testimonianza. Il teologo brasiliano L. Boff descri- ve in un’intensa pagina, il si gnificato che ha per lui e per la sua numerosa famiglia una semplice brocca di metallo. «C’è una brocca di alluminio. Di quello antico, buono e lucente. Il manico è rotto. Ma le conferisce un aspetto di antichità. Vi hanno bevuto gli undici figli da piccoli a grandi. Essa ha accompagnato la famiglia nei molti traslochi. Dalla campagna al villaggio. Dal villaggio alla città. Dalla città alla metropoli. Ci fu- rono nascite. Ci furono morti. Prese parte a tutto. Venne sempre con noi. È la continuità del mistero della vita nella diversità delle situazioni di vita e di morte. Essa rimane. Sempre lucente e antica. Credo che quando entrò in casa doveva essere già vecchia. Di quella vecchiaia che è giovinezza perché genera la vita. Pezzo centrale della cucina. Ogni volta che si beve da lei non si beve acqua. Ma la freschezza, la dolcezza, la familiarità, la storia familiare, la reminiscenza del bimbo avido che sazia la sete. Potrebbe essere una qualunque acqua. In questa brocca, è sempre fresca e buona. In casa tutti quelli che si dissetano bevono da questa brocca. Come in un rito tutti esclamano: com’è bello bere da questa brocca! com’è buona qui l’acqua! E si tratta dell’acqua che, secondo i giornali, viene inquinata. Viene dal fiume sudicio della città. Piena di clo- ro. Ma per via della brocca l’acqua diventa buona, salubre, fresca e dolce. Il figlio ritorna. Ha girato il mondo. Ha studiato. Arriva. Bacia la madre. Abbraccia i fratelli. Sono cancellate le no- stalgie sofferte. Le parole sono poche. Gli sguardi lunghi e attenti. È necessario prima bere l’altro per amarlo. Gli occhi che bevono parlano il linguaggio del cuore. Soltanto dopo gli sguardi, la bocca parla di cose superficiali: come ti sei ingrassato! come stai bene! Come sei diventato alto! Lo sguar- do non parla affatto di questo. Parla dell’ineffabilità dell’amo- re. «Mamma, ho sete! Voglio bere dalla vecchia brocca»! E il figlio bevve tante acque. L’acqua San Pellegrino. Le acque della Germania, dell’Inghilterra, della Francia, la buona ac- qua di Grecia. L’acqua delle sorgenti cristalline delle Alpi, del Tirolo, delle fontane romane, l’acqua di S. Francisco. L’acqua di Ouro-Fino, di Teresópolis, di Petrópolis. Tante acque... Ma nessuna è come questa. Ne beve una brocca. Non per saziare la sete del corpo. Questa, tante acque la saziano. Ma la sete dell’archetipo familiare, la sete dei penati paterni, la sete fraterna, archeologica, delle radici da dove viene la linfa della vita umana. Questa sete sol- tanto la brocca la può saziare. Beve per gustare il miste- ro che la brocca contiene e significa. Perché l’acqua della brocca è buona, dolce, salubre e fresca? Perché la brocca è un sacramento. La brocca-sacramento conferisce all’acqua bontà, dolcezza, freschezza e salute»2. 2 L. BoFF , I sacramenti della vita, Borla, Roma 1979, pp.16-17. 148148 S perimentazione Secondo te, l’acqua della brocca di cui parla Leonardo Boff è una cosa, un segno o un simbolo? Perché? 2. Che differenza c’è tra la liturgia cristiana, i sacramenti della Chiesa e le prati- che magiche diffuse un po’ dappertutto negli ambienti cittadini e rurali? Perché secondo te la gente va dietro i maghi, i luoghi divinatori (le carte) e gli oroscopi? Qual dovrebbe essere l’atteggiamento corretto del cristiano in merito? E di un uomo che non crede? Dai una risposta sintetica a questa “raffica” di domande: Che cosa vuol dire con questa esperienza questo teologo brasiliano? In che misura questo miracolo dell’acqua si realizza nei sacramenti della Chiesa? 149149 V erificaV erifica 1. Scrivi con tue parole la differenza che c’è tra: cosa segno simbolo rito magia 2. Nomina almeno cinque segni che ricorrono nella Bibbia e richiama l’episodio in cui si trovano: ad es. arcobaleno (arca di Noè, diluvio universale) 3. Commenta brevemente la seguente espressione di Sant’Agostino. Che cosa vuol dire con queste parole? NON C’È ALTRO SACRAMENTO DI DIO SE NON GESÙ CRISTO (Sant’Agostino) 4. Compila la seguente mappa, collocando correttamente i sette sacramenti: I SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA I SACRAMENTI DELLA GUARIGIONE I SACRAMENTI DEL SERVIZIO DELLA COMUNIONE 150150 V erificaV erifica 5. Descrivi il segno ed esprimi il significato dei sette sacramenti: 1. Battesimo: 2. Confermazione: 3. Eucarestia: 4. Penitenza: 5. Unzione degli Infermi: 6. Ordine: 7. Matrimonio: PER APPROFONDIRE BoFF Leonardo, I sacramenti della vita, Borla, Roma 1979. Conte Nunzio, «Questo per voi il segno!» (Lc 2,12a). Sacramentaria generale , Coop.S.Tom., Messina 2004. SChILLeBeeCKX Edward, Cristo sacramento dell’incontro con Dio, Paoline, Roma 19818. SChILLeBeeCKX Edward, I sacramenti punti di incontro con Dio, Queriniana, Brescia 1966. 151151 1 5 41 75 105 129 In di ce 152152

Individuazione e raccolta di buone prassi mirate all'accoglienza, formazione e integrazione degli immigrati

Autore: 
Guglielmo Malizia - Vittorio Pieroni - Antonia Santos Fermino
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
241
Guglielmo MALIZIA - Vittorio PIERONI - Antonia SANTOS FERMINO Individuazione e raccolta di buone prassi mirate all’accoglienza, formazione e integrazione degli immigrati CIOFS/FP La ricerca è stata affidata dal CNOS-FAP e dal CIOFS/FP al CENSIS. L’indagine è stata realizzata da un gruppo di lavoro coordinato da Claudia Donati e composto da: Luigi Bellesi, Sergio Vistarini e Vittoria Coletta. L’équipe ha operato sotto la responsabilità di Claudia Donati (CENSIS) d’intesa con i Presidenti del CNOS-FAP e del CIOFS/FP. 3 INTRODUZIONE Il progetto nel suo complesso mirava a qualificare la rete integrata degli inter- venti che favoriscono l’accoglienza degli immigrati (adolescenti, giovani e adulti) ai fini di un loro inserimento nella FP e nella vita sociale e attiva. L’obiettivo ultimo dell’indagine quali-quantitativa consisteva quindi nella ste- sura di un report che nel raccogliere le buone prassi arrivasse poi ad indicare le linee-guida da mettere a disposizione delle figure di sistema per sperimentare mo- delli d’intervento finalizzati ad accogliere ed operare con la sempre maggiore pre- senza nei CFP di questa categoria di soggetti. In pratica si è trattato di predisporre una specie di “cassetta degli attrezzi”, che possa servire a chi lavora in questo set- tore lungo il processo di accoglienza, formazione e integrazione di allievi immi- grati ai fini di un loro inserimento/integrazione nella vita sociale e attiva; A seguito di questo obiettivo generale vi era poi quello di arrivare a definire un quadro normativo della problematica sottesa all’attività con queste categorie di soggetti (capitolo 1). Per poter operare con soggetti appartenenti ad altre culture/etnie/religioni oc- correva predisporre, in base ai recenti studi, un quadro concettuale dei fattori che favoriscono la costruzione dell’identità negli adolescenti di origine migratoria, e conseguentemente anche il processo di integrazione nei sistemi formativi e nella vita attiva (capitolo 2). Un ulteriore obiettivo consisteva nella raccolta di buone prassi per lavorare con queste categorie di soggetti, allo scopo poi di diffonderle/socializzarle (capitoli 3 e 4). A seguito della raccolta delle buone prassi veniva infine la ricostruzione di un modello d’intervento per favorire l’integrazione nei sistemi formativi e nella vita dei giovani immigrati, e su cui era affidata l’ipotesi di una successiva sperimenta- zione (capitolo 5). Per realizzare questi obiettivi si è fatto ricorso a metodologie di ricerca quali- quantitative. La dimensione quantitativa aveva come obiettivo primario quello di individuare i bisogni formativi espressi/inespressi de queste particolari categorie di soggetti. In questo caso il contributo è stato assicurato appoggiando il progetto ad un’indagine in atto nel Comune di Latina, territorio per eccellenza di vocazione mi- gratoria e da tempo ormai nel focus della mobilitazione di variegate popola- zioni/etnie. Per la dimensione prettamente qualitativa si è fatto ricorso invece ai focus group mirati a far emergere – da parte di un congruo numero di professionisti che 4 lavorano nel settore (direttori dei Centri, docenti/formatori, psicologi, rappresen- tanti delle amministrazioni locali, dei servizi socio-assistenziali, delle associazioni di categoria…) – le diverse sfaccettature dell’esperienza in atto e le possibili stra- tegie d’intervento. All’atto pratico l’indagine qualitativa si è svolta in 7 CFP scelti sulla base di una provata esperienza nel lavorare con queste categorie di soggetti: 1) CNOS-FAP - Roma “T. Gerini” 2) CNOS-FAP - Bologna 3) CIOFS/FP - Emilia Romagna (Bologna) 4) CIOFS/FP - Lazio (Ginori, Togliatti, Morrone, Ladispoli, Ostia, Colleferro) 5) ENAIP - Veneto (Dolo, Mirano, Noale) 6) Fondazione Clerici - Pavia 7) Casa di Carità Arti e Mestieri - Torino Nella distribuzione delle attività per tempi/fasi si è partiti in un primo mo- mento (primavera/estate 2007) dalla elaborazione dei primi due capitoli relativi al quadro teorico. Nell’autunno successivo si è passati quindi a visitare uno per uno i 7 Centri riportati sopra, attività che si è prolungata fino a gennaio 2008. Una volta sbobinati gli interventi che sono stati fatti dai vari protagonisti durante i focus, nella primavera successiva è stata ricostruita l’attività di ogni Centro sulla base delle buone pratiche messe a punto per l’accoglienza, la formazione e l’integra- zione degli immigrati e poi si è passati a ricostruire le linee-giuda per allestire mo- delli d’intervento da sperimentare a favore degli immigrati, nell’ipotesi di una pro- seguimento del progetto. Un doveroso ringraziamento va a tutti coloro che hanno collaborato a questo lavoro partecipando alle varie attività, e in particolare a: – CNOS-FAP - Roma “T. Gerini” – CNOS-FAP - Bologna – CIOFS/FP - Emilia Romagna (Bologna) – CIOFS/FP - Lazio (Ginori, Togliatti, Morrone, Ladispoli, Ostia, Colleferro – ENAIP - Veneto (Dolo, Mirano, Noale) – Fondazione Clerici - Pavia – Casa di Carità - Torino 5 Capitolo 1 Le politiche dell’immigrazione in Italia. L’evoluzione recente Guglielmo MALIZIA Il capitolo cerca di offrire al tempo stesso un quadro generale della situazione e approfondimenti specifici per gli aspetti che interessano più da vicino la presente ricerca: l’approccio è prevalentemente macrostrutturale e la prospettiva politico-le- gislativa. La prima sezione è dedicata ad esaminare in maniera sintetica le recenti leggi organiche sull’immigrazione come panorama di sfondo in cui situare la susse- guente analisi. La seconda parte è articolata in quattro sottosezioni che affrontano ognuna le politiche riguardanti un ambito particolare direttamente rilevante per l’oggetto dell’indagine in corso e cioè: la famiglia, il sistema educativo di istru- zione e di formazione, il mondo del lavoro, i diritti di cittadinanza. 1. IL QUADRO DI RIFERIMENTO: LE RECENTI LEGGI ORGANICHE SULL’IMMIGRA- ZIONE Nelle ultime decadi l’immigrazione ha costituito uno dei fattori principali delle trasformazioni in atto nel nostro Paese (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007; Bitoka e Gersony, 2007). La presenza consistente di stranieri originari di tutti i continenti (2,67 milioni di residenti regolari nel 2005, pari al 4,5% della popola- zione: cfr. Einaudi, 2007, p. V) e il forte calo delle nascite hanno esercitato un im- patto notevole sul nostro sistema sociale nel suo complesso e sui singoli ambiti quali il mercato della casa e la famiglia, la scuola e la FP, il lavoro e le professioni, la cittadinanza e la politica. Fino alla prima guerra mondiale gli stranieri costituivano un gruppo veramente marginale della popolazione italiana, raggiungendo appena lo 0.4%, un segno questo della situazione di grave ritardo economico del nostro Paese; nonostante la poca consistenza quantitativa, essi occupavano un posto importante nel nostro si- stema produttivo in qualità di finanziatori, imprenditori e commercianti (Ibidem). L’avvento del fascismo con il suo seguito di nazionalismo, totalitarismo e razzismo ha comportato il progressivo allontanamento di questa sparuta pattuglia di stranieri per cui l’Italia ha assunto nel secondo dopoguerra i caratteri di una società così omogenea da impedirle di capire che presto sarebbe stata coinvolta nell’immigra- zione exrtraeuropea, come gli altri Paesi del vecchio continente. 6 L’industrializzazione e il conseguente “boom” economico degli anni ’60 che hanno portato l’Italia su livelli comparabili con quelli del Nord dell’Europa hanno cambiato la nostra condizione da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione. Lo sviluppo produttivo ha determinato un dislivello notevole in rapporto alle na- zioni dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa centro-orientale e dell’America Latina che ha reso conveniente lo spostamento di un numero consistente di persone verso i no- stri lidi. L’innalzamento dei livelli di educazione e di guadagno degli italiani, ele- vando le loro attese occupazionali e sociali, hanno reso sempre meno appetibile una serie di lavori manuali quali la pesca, l’agricoltura, la collaborazione familiare, l’edilizia e le attività industriali meno qualificate. La crescita delle possibilità di la- voro in nero hanno favorito l’inserimento occupazionale precario di stranieri privi delle necessarie autorizzazioni. Alla fine del millennio la provenienza dagli ex-Paesi comunisti dell’Europa è divenuta di gran lunga prevalente e la crescita esponenziale dell’emigrazione verso il nostro Paese è dipesa soprattutto al crollo della natalità interna. Gli stranieri che sono arrivati numerosi in Italia hanno impedito il calo della popolazione globale e hanno contribuito all’aumento degli occupati e al mantenimento dei livelli tradizio- nali del PIL e delle nostre capacità competitive. Solo con molto ritardo le politiche pubbliche hanno affrontato questa trasfor- mazione epocale dell’Italia. Il dibattito si è concentrato su tre nodi fondamentali. Il primo ha riguardato la regolazione dei flussi di entrata dei lavoratori stranieri in modo da conciliare la solidarietà verso le nazioni meno fortunate, le insufficienze settoriali di manodopera del nostro Paese e le possibilità di lavoro degli italiani. Il secondo nodo si riferisce al problema della sicurezza, cioè del controllo delle fron- tiere e del fenomeno degli arrivi clandestini mediante il ricorso a strategie efficaci di espulsione, che si dovrebbe però gestire in modo da non contravvenire ai diritti umani, in particolare d’asilo, di difesa, all’unità familiare e dei minori. Un terzo dilemma va identificato nella questione dell’integrazione che richiede al tempo stesso di inserire gli immigrati alla pari con gli autoctoni, assicurando il manteni- mento della loro identità culturale, e di evitare le derive di un’assimilazione for- zata, la costituzione di “riserve indiane” e tensioni pericolose tra gli autoctoni e i cittadini. Non si può dire che trenta anni di dibattiti siano riusciti a far emergere solu- zioni capaci di bilanciare in maniera pienamente soddisfacente le esigenze in gioco, anche se non si può negare che progressi siano stati fatti. Inoltre, la contrapposi- zione politica tra i poli, che è stata dura durante la decade ’90, sembra che negli ul- timi anni sia diminuita a motivo della crescente accettazione della immigrazione e di una più diffusa convinzione di realizzare una integrazione non conflittuale. Mi limiterò a illustrare questo dibattito, concentrando la disamina sulle prime due leggi organiche dell’immigrazione, cioè la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini, e sul di- segno di legge Amato-Ferrero (Codini, 2007b; Zanfrini, 2007c; Fredo, Bergama- schi e Parisi, 2007). 7 1.1. La legge Turco-Napolitano Benché il percorso del provvedimento sia stato relativamente breve, poco più di un anno dal 31 gennaio 1997 al 19 febbraio 1998, tuttavia esso costituisce la conclusione di otto anni di tentativi per completare la legge Martelli, n. 39/90, che avevano impegnato tutti i governi che si erano succeduti nel periodo citato (Ei- naudi, 2007; Turco e Tavella, 2006; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007). Il testo norma- tivo n. 40/1998 che porta i nomi degli on. Turco e Napolitano rappresenta certa- mente il dispositivo di più ampia portata che fosse stato emanato fino a quella data nel nostro Paese sull’immigrazione e la condizione dello straniero e mirava a con- ciliare le esigenze tra loro non sempre facilmente armonizzabili della solidarietà, della apertura e della sicurezza. Venendo alle normative principali, la legge che si applicava ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, indicati nel testo come stranieri, riconosceva a questi ultimi i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto in- ternazionale generalmente ammessi; inoltre, gli stranieri regolari fruivano di tutti i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano per cui partecipavano alla vita pubblica locale e godevano di parità di trattamento riguardo alla tutela giurisdizio- nale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministra- zione e nell’accesso ai pubblici servizi. La regolamentazione dei permessi rilasciati per lavoro, famiglia o studio assumeva carattere di maggiore flessibilità e poteva consentire lo svolgimento di attività differenti da quelle inizialmente stabilite, com- preso il lavoro. La disciplina dell’integrazione era potenziata in quanto veniva pre- visto un fondo speciale per le politiche dell’immigrazione ed erano introdotte nuove disposizioni contro la discriminazione e per la realizzazione delle pari op- portunità nell’accesso alle case popolari, alla salute e all’istruzione. Ulteriore im- pulso a un andamento regolato dei flussi di entrata in Italia doveva venire dall’ado- zione del documento programmatico triennale che era chiamato a stabilire i criteri generali per la determinazione delle entrate nel nostro Paese. La legge Turco-Napolitano ha proceduto anche a riorganizzare sostanzialmente il sistema delle quote per i lavoratori immigrati. Annualmente un decreto interve- niva a stabilire un limite massimo che doveva tenere in adeguata considerazione le entrate per ricongiungimento familiare e per la richiesta di asilo. Comunque, l’in- novazione principale era rappresentata dalla previsione di quote riservate o privile- giate a favore di quegli Stati legati all’Italia da accordi che consentivano il con- trollo dei flussi e il ritorno in patria degli stranieri allontanati o respinti. Per evitare periodi di iniziale clandestinità e facilitare da subito l’incontro tra domanda e of- ferta di lavoro, è stato consentito di entrare nel nostro Paese per lavoro senza un contratto a condizione che un cittadino italiano fornisse garanzie circa il sostenta- mento, l’alloggio e le spese sanitarie; inoltre, è stata introdotta la possibilità di au- tosponsorizzazione per gli stranieri privi di un garante in Italia a condizione che de- positassero una somma che potesse assicurarne il mantenimento nel nostro Paese. 8 Nella stessa linea di facilitare i flussi per ragioni di lavoro era previsto un permesso di soggiorno per occupazioni stagionali di durata più lunga. Inoltre, tutta la materia della programmazione nell’ambito del lavoro era affidata alla competenza della presidenza del consiglio al fine di evitare negoziazioni defatiganti tra più ministeri. Un’altra novità notevole consisteva nell’allungamento progressivo dei per- messi di soggiorno: la ragione che giustificava tale orientamento andava ricercata nell’intenzione di rendere stabili le presenze degli stranieri in Italia in modo da rea- lizzare una integrazione crescente nel tempo. Lo sbocco finale era costituito dal ri- lascio di una carta di soggiorno che doveva sancire il passaggio da una condizione di immigrato temporaneo a quella di immigrato permanente. All’iter di progressiva stabilizzazione degli straniere si affiancava ovviamente l’attribuzione di una gamma sempre più ampia di diritti. La normativa sulle espulsioni era rafforzata e resa più incisiva in quanto erano previste nuove modalità di diniego dell’ingresso, di respingimento alla frontiera o nelle immediate vicinanze o di allontanamento. Per equilibrare questi inasprimenti, la legge Turco-Napolitano stabiliva casi di inespellibilità che erano identificati con le fattispecie dei minori di 16 anni, delle donne incinte, dei possessori di carta di soggiorno, dei parenti di cittadini italiani, di richiedenti l’asilo in attesa che il loro status venisse chiarito. Al fine di ovviare alle difficoltà che si erano avute circa stranieri privi di documenti non identificabili immediatamente, era previsto la pos- sibilità di trattenimento coatto nei cosiddetti centri di permanenza temporanea, i CPT, per il tempo richiesto – e comunque non superiore ai venti giorni estendibili a trenta – per identificarli ed eventualmente conseguire i documenti e i nullaosta degli Stati di origine in vista del rimpatrio. Correttamente la legge n. 40/1998 ha mirato a potenziare l’attività repressiva nei confronti dei trafficanti di persone e degli sfruttatori della immigrazione clandestina. Al fine di tutelare le vittime di queste azioni delittuose e convincerle a denunciarle poteva essere rilasciato un per- messo speciale di soggiorno della durata di sei mesi rinnovabile, che offriva la op- portunità di un percorso di reinserimento. Passando a una valutazione di merito del dispositivo, non credo che si possa negare che esso segni un progresso notevole in tema sia di programmazione dei flussi, sia della sicurezza, cioè del controllo delle frontiere e del fenomeno degli ar- rivi clandestini, sia dell’integrazione; al tempo stesso si deve riconoscere che esso rappresenta un compromesso tra esigenze contrastanti tra le quali non si è sempre riusciti a trovare un punto di incontro soddisfacente sul piano giuridico e applica- tivo (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007). Inoltre, nonostante l’ampia gamma di tematiche regolate dalla legge e il suo carattere organico, la normativa non è intervenuta a disciplinare alcuni ambiti di rilievo: infatti, sono stati affidati a dispositivi separati la riforma della cittadinanza, le problematiche dell’asilo, la que- stione del diritto di voto e, malgrado i tentativi effettuati, i governi dell’Unione non sono riusciti a varare dei provvedimenti in nessuno dei tre ambiti. Certamente le critiche maggiori sono pervenute dalla destra che ha denunciato la inadeguatezza 9 soprattutto sul piano del contrasto all’immigrazione clandestina, ma anche il peri- colo di conflitti sociali e religiosi, di una guerra tra poveri in competizione per ri- sorse pubbliche insufficienti e di una solidarietà troppo ampia, mentre si sarebbe dovuta limitare l’entrate in Italia solo a chi poteva contare su lavoro e casa. A sua volta, la sinistra ha contestato la estensione eccessiva delle espulsioni e l’insuffi- ciente riconoscimento del diritto di difesa. Anche il giudizio delle associazioni è stato piuttosto articolato nel senso che in positivo hanno riconosciuto che la legge n. 40/98 garantisce i diritti fondamentali della persona umana e prevede strategie valide per la programmazione dei flussi, ma nello stesso tempo hanno lamentato che essa non assicura opportunità di ricorso effettivo contro le misure restrittive della libertà personale e che etichetta gli immigrati in condizione di povertà con una valutazione presuntiva di elevata pericolosità sociale. Venendo all’applicazione del dispositivo in relazione ai tre nodi fondamentali messi in risalto sopra, la programmazione dei flussi ha sì segnato un miglioramento rilevante rispetto al passato, ma la sua incidenza non è stata tale da ridurre in ma- niera consistente le entrate clandestine in quanto le domande di regolarizzazione hanno superato del doppio gli ingressi programmati nel periodo 1998-2001 (700.000 contro 282.000) (Einaudi, 2007, p. 265). Le ragioni dello scarto sono molteplici e vanno dalla inadeguatezza delle stime dei fabbisogni, alla lentezza delle procedure amministrative, alla problematicità di conciliare le diverse esigenze politiche e sociali, alla forte crescita dell’immigrazione nel periodo 1996-2001 ri- spetto al quinquennio precedente per effetto dell’aumento della pressione degli Stati poveri o a medio reddito, del crollo della natalità nel nostro Paese e del conse- guente invecchiamento e del miglioramento della situazione del mercato del lavoro italiano. Quanto al problema della sicurezza, i dati mettono in evidenza un aumento dell’efficacia dell’azione repressiva tra il 1998 e il 2001 in quanto cresce il numero sia degli stranieri rintracciati in condizione di clandestinità o di irregolarità sia delle espulsioni con accompagnamento alla frontiera e si osserva un calo degli sbarchi il- legali sulle nostre coste (Einaudi, 2007, pp. 272-273). A proposito del secondo an- damento va notato che esso è principalmente il frutto di una politica particolar- mente innovativa che aveva portato alla conclusione di una serie di accordi con i Paesi vicini per ottenere la loro cooperazione a fermare le partenze e a contrastare le organizzazioni criminali che operavano nel traffico e nel contrabbando delle per- sone. Nonostante ciò, i due fenomeni della irregolarità e della clandestinità sono cresciuti negli anni 1998-02 più rapidamente che non nel periodo precedente. Questo andamento è dovuto agli effetti congiunti del calo consistente della disoccu- pazione nel nostro Paese e del notevole aumento della domanda di lavoro straniero e si connette con il mutamento della provenienza della immigrazione, non più dal- l’Africa, ma dall’Europa centro-orientale, e con la trasformazione delle strategie di entrate che utilizzavano il regime di esenzione dal visto per i candidati all’ingresso nell’UE o i visti di breve periodo per turismo a cui faceva seguito un periodo di 10 permanenza irregolare. Inoltre, benché non si possa parlare di una crescita genera- lizzata della criminalità nel nostro Paese durante la decade ’90, tuttavia, va ricono- sciuto il rilevante incremento della presenza degli immigrati in queste attività; al tempo stesso si deve sottolineare con forza che la più gran parte della popolazione straniera non vi era coinvolta in quanto le percentuali dei detenuti stranieri con per- messo di soggiorno e dei detenuti con cittadinanza italiana in paragone ai rispettivi universi di riferimento erano sostanzialmente equivalenti. Il terzo nodo, quello dell’integrazione, ha iniziato a suscitare in misura signifi- cativa l’interesse dell’opinione pubblica solo nell’ultimo periodo della legislatura, quando cioè il numero degli immigrati nel nostro paese ha raggiunto una consi- stenza quantitativa non più trascurabile e soprattutto ha assunto le caratteristiche di una maggiore stabilità e per una gran parte anche della lunga durata. La problema- tica si presentava più complessa di quella degli altri due nodi perché la sua solu- zione richiedeva il coinvolgimento di più attori a partire dai vari livelli di governo per passare ai corpi intermedi e soprattutto ai cittadini italiani e agli stranieri stessi, e si sapeva che sulla questione mancava un consenso di tutte le parti interessate. D’altra parte i modelli possibili erano diversi: la gamma delle soluzioni oscillava tra l’assimilazionismo, il multiculturalismo, la presenza temporanea dell’immigrato e l’intercultura. Quest’ultimo pare certamente il più adeguato perché consiste nel “costruire un equilibrio tra la tensione all’universalismo dei diritti e il riconosci- mento delle differenze individuali” e consente di individuare “percorsi di inclu- sione dei cittadini stranieri sulla base dell’affermazione di diritti e doveri di tutte le parti in causa (stranieri, nazionali, enti, associazioni) e nel rispetto delle specificità culturali e religiose” (Einaudi, 2007, p. 305) per cui in sintesi si propone una iden- tità arricchita, fondata sulla conoscenza dell’identità del Paese in cui si risiede, sul consenso ai valori che la definiscono e sulla valorizzazione delle culture delle co- munità straniere; inoltre esso consentiva di evitare le carenze delle altre imposta- zioni quali: la imposizione di un unico modello e la pretesa di annullare la diversità in nome di una laicità assurta al rango di nuova religione; la creazione di riserve in- diane e la conseguente utopia di una convivenza tra comunità chiuse; la proposta di una soluzione del tutto insufficiente nella situazione italiana. Questa a sua volta ap- pariva comunque abbastanza lontana dal modello interculturale: il mercato del la- voro sembrava avviato a una integrazione subalterna degli stranieri, sul piano abita- tivo un terzo circa degli immigrati si trovava in una condizione di grave disagio e in materia di cittadinanza le ambizioni iniziali del centrosinistra non avevano tro- vato attuazione se non in alcuni modesti progressi a livello locale. 1.2. La legge Bossi-Fini La campagna elettorale che nel 2001 ha portato al potere il centrodestra era stata lunghissima, essendo di fatto iniziata nel 1999, e aveva permesso ai partiti della coalizione di elaborare un insieme di ipotesi sul tema dell’immigrazione, anche se con varie differenziazioni all’interno (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007). Una 11 volta vinte le elezioni, la preparazione di una legge in materia divenne una priorità del governo. Il relativo disegno di legge fu approvato dal Consiglio dei Ministri a metà settembre del 2001, con alcune modifiche venne presentato al Senato nel no- vembre del medesimo anno e l’adozione definitiva si ebbe nel luglio del 2002: in pratica il dibattito parlamentare era durato meno di un anno. La legge Bossi-Fini del 30 luglio 2002, n. 189, ha mantenuto l’impostazione complessiva del precedente testo, n. 40/1998, in quanto ha conservato le quote, le espulsioni amministrative e le strategie per l’integrazione, cioè le coordinate del dispositivo Turco-Napolitano (Einaudi, 2007; Mantovani, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007; Bellagamba e Cariti, 2005; Zanrosso, 2007). Al tempo stesso ha pro- ceduto con sistematicità a cambiare l’impianto globale in maniera restrittiva: “ac- corciamento della durata dei permessi, limitazione dei ricongiungimenti familiari, estensione dell’accompagnamento alla frontiera da parte della polizia, allunga- mento del trattenimento nei Cpt (Centri di permanenza temporanea e di acco- glienza) e del numero di anni necessario per ottenere la carta di soggiorno” (Ei- naudi, 2007, p. 311). Gli assi principali su cui poggia la legge n. 189/02 possono essere identificati in tre orientamenti. Anzitutto, si intendeva contrastare con più impegno e serietà il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della criminalità che vi era strettamente connessa. Un’altra finalità centrale del dispositivo è mirata a diminuire in misura consistente i flussi in ingresso dei lavoratori, facendo ricorso a strategie alternative per cercare di soddisfare la domanda di manodopera in aumento, specialmente da parte delle aziende del Settentrione: in particolare si puntava a stimolare gli sposta- menti di disoccupati del Meridione verso il Nord e a incentivare il ritorno in Italia dei discendenti degli emigranti del nostro Paese. Un altro caposaldo può essere visto nella tendenza a favorire l’immigrazione temporanea in modo da evitare che la presenza degli extracomunitari potesse assumere in misura crescente il carattere della permanenza. Venendo a una valutazione globale, si può cominciare proprio dall’ultimo asse della legge n. 189/02 (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007; Mantovano, 2007): infatti, il calo della natalità e il conseguente invecchiamento del nostro Paese non erano problemi da affrontarsi con una immigrazione temporanea, priva o quasi di incentivi a integrarsi, ma rinviava a delle politiche capaci di assicurare dei flussi in aumento di stranieri desiderosi di insediarsi stabilmente in Italia e di inse- rirsi permanentemente nel tessuto della nostra società. Più in generale, si deve de- nunciare il velleitarismo di varie disposizioni e la loro limitata incidenza effettiva sulla prassi, come si vedrà meglio nel prosieguo. Tenuto conto del principio sotto- stante alla legge di limitare l’immigrazione a pochi stranieri, unicamente per lavoro e solo per il tempo strettamente necessario dopo il quale l’auspicio era il ritorno immediato a casa, era totalmente legittima la denuncia del pericolo di una crescita del fenomeno della clandestinità che richiedeva naturalmente per essere sanato il ricorso a regolarizzazione di massa. 12 Passando all’applicazione della legge Bossi-Fini in relazione ai tre nodi fonda- mentali della immigrazione richiamati all’inizio della sezione n. 1, già nel 2002 il decreto di programmazione dei flussi si discostava profondamente dagli orienta- menti del centrosinistra per conformarsi allo spirito delle politiche del nuovo go- verno (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007; Mantovano, 2007). Le quote di ingressi stabili autorizzati e quelle privilegiate erano ridotte in misura sostan- ziale, mentre quella per la ricerca di lavoro era stata eliminata in toto dalla 189. A sua volta in conformità alle novità previste dalla Bossi-Fini venivano previste faci- litazioni per il rientro dei discendenti di emigranti italiani in Argentina e iniziative per la formazione all’estero in vista dell’ingresso in Italia; tuttavia, i risultati del- l’applicazione di queste strategie furono modesti. Pertanto, per effetto di questi provvedimenti la programmazione dei flussi divenne assolutamente insoddisfa- cente e rischiava anche di compromettere la cooperazione con i Paesi mediterranei a causa dello svuotamento di fatto della strategie delle quote privilegiate Riguardo al nodo della sicurezza, le strategie di confronto in mare e le poli- tiche aggressive verso i Paesi della riva meridionale del Mediterraneo non hanno ottenuto risultati molto soddisfacenti (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Mantovano, 2007). Gli esiti non furono migliori sul piano europeo nel senso che non trovarono accoglimento le proposte, sostenute anche dall’Italia, di cancellare gli aiuti allo svi- luppo in favore delle nazioni che non cooperavano a impedire la immigrazione clandestina e di esternalizzare i controlli, creando campi di transito furori dell’Eu- ropa. Questi insuccessi convinsero il Ministro dell’Interno in carica a riprendere le strategie del governo dell’Ulivo mirate a realizzare accordi di collaborazione con gli Stati della sponda Sud del Mediterraneo, dimostrando piena disponibilità a for- nire delle contropartite. In aggiunta, anche le strategie di inasprimento delle espul- sione hanno inaspettatamente rivelato un livello basso di incidenza soprattutto per tre ragioni: all’inizio la regolarizzazione realizzata dal governo di centrodestra aveva ridotto in misura consistente il numero dei clandestini e degli irregolari per cui era diminuito di molto il bisogno di provvedere ad allontanamenti; la moltipli- cazione dei rinnovi cartacei dei permessi di soggiorno di cui era stata diminuita la durata media non solo si era dimostrata nociva dal punto di vista dell’integrazione, ma aveva comportato uno spreco di risorse che unito alla riduzione dei fondi per l’immigrazione si era tradotta in una diminuzione degli allontanamenti; in ag- giunta, alcuni interventi della Corte Costituzionale a difesa dei diritti degli immi- grati aveva ridotto l’asprezza delle misure di espulsione volute dalla maggioranza di centrodestra. In coerenza con lo spirito delle politiche di contenimento dell’im- migrazione clandestina, il governo in carica si è impegnato a potenziare i CPT, una strategia di azione molto costosa e controversa, anche se non si può negare ad essa una certa efficacia. In proposito il confronto tra le parti politiche è stato certamente molto aspro anche se non sembra sia mancata al termine una certa convergenza tra i moderati di ambedue gli schieramenti su una linea d’azione volta a riformare e a umanizzare i CPT, ma non ad abolirli. 13 Il governo della Casa delle Libertà si orientò a ridurre drasticamente le poli- tiche dell’integrazione sia eliminando organismi a ciò deputati, sia sopprimendo il fondo destinato specificamente a questo fine, sia affidando sempre più la realizza- zione di tali strategie agli Enti locali (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007). Al tempo stesso le preoccupazioni suscitate dagli attacchi terroristici hanno sollecitato i Paesi dell’Europa ad affrettare la revisione già in atto dei modelli di integrazione: Dani- marca e Olanda hanno deciso di rivedere le politiche multiculturali seguite nel pas- sato perché avevano portato a trascurare i fenomeni dello sviluppo dell’estremismo religioso islamico e dell’autosegrazione degli stranieri e vi hanno apportato corre- zioni importanti nel senso di sottolineare maggiormente i doveri degli immigrati ri- spetto ai diritti, di adottare strategie di assimilazione e di definire sul piano giuri- dico nuovi obblighi in tema di apprendimento della lingua, delle norme sociali, della normativa dello Stato ospitante e di introdurre cerimonie di adesione al nuovo Paese; anche la Francia si è posta il problema di ripensare la propria politica assi- milazionista di fronte alla rivolta delle “banlieues“ nel 2005; solo la Gran Bretagna sembra rimasta sostanzialmente fedele alla tradizionale impostazione multicultu- rale. In Italia il timore del terrorismo ebbe un’incidenza più teorica che reale: si dif- fuse una certa ostilità culturale verso l’Islam, non mancarono preoccupazioni per il mantenimento dell’identità italiana, i provvedimenti di polizia si focalizzarono sui musulmani con esiti alterni e la tesi dello scontro di civiltà ebbe una breve fiam- mata di sostegno pubblico. La maggior parte del governo di centrodestra, dopo un primo periodo di scontro, assunse un orientamento più conciliante, una specie di doppio binario da una parte di attenzione e severità verso ogni estremismo e dal- l’altra di tolleranza e di dialogo verso il mondo islamico. Ancora più aperta si pre- sentava l’impostazione del centrosinistra che, pur non volendo rinunciare alle pro- prie tradizioni, si dichiarava pronto ad andare alla scoperta, all’incontro, all’acco- glienza. Inoltre, tra gli operatori della immigrazione l’idea dell’interculturalità gua- dagna terreno ed evolve verso una concezione sempre più matura: “L’intercultura- lità richiede di accettare una sorta di doppia identità degli immigrati, che coniuga quella di origine a quella di adozione, senza chiedere di abbandonare elementi della cultura originaria se non quelli definiti dalla cultura costituzionale del Paese di ac- coglienza. Richiede una forma di adattamento reciproco che identifica nella per- sona piuttosto che nello Stato o nella comunità il fattore essenziale, che non classi- fica le persone con stereotipi, pretendendo di cristallizzarne a priori identità e ap- partenenza a seconda di religione, razza o nazionalità, esasperando le differenze” (Einaudi, 2007, p. 354). Da ultimo va sottolineato che durante la XIV legislatura le politiche dell’immi- grazione del governo di centrodestra hanno subito una graduale evoluzione silen- ziosa. Alcuni segnali di cambiamento sono stati già evidenziati sopra; la grande re- golarizzazione del 2002, che ha riguardato ben 646.000 stranieri su 705.000 do- mande, mettendo in risalto la forte pressione migratoria verso l’Italia, anche per ef- 14 fetto della elevata domanda di lavoro domestico e per le imprese, aveva sancito l’insuccesso delle strategie di restrizione migratoria verso l’Europa, anche se non nei confronti dell’Africa. Ma la svolta si è prodotta riguardo ai flussi legali dei la- voratori perché in tre anni, dal 2003 al 2006, si è passati da un regime molto restrit- tivo ad uno tra i più aperti d’Europa con un balzo da soli 11.500 ingressi di lavora- tori extracomunitari compresi gli stagionali a 120.000, oltre a un numero altissimo (170.000) di lavoratori provenienti da Paesi che avevano aderito all’UE nel 2004. Le ragioni di questo andamento sono complesse: si va dagli effetti dell’amplia- mento dell’UE verso gli Stati dell’Europa centro-orientale, alla accettazione sempre più ampia dell’immigrazione da parte della opinione pubblica italiana, fino alle pressioni crescenti del sistema economico e sociale sul governo. 1.3. Il disegno di legge delega Amato-Ferrero Nel 2006 con le elezioni generali ritorna al potere il governo di centro-sinistra che avvia una profonda riforma della Bossi-Fini (Ufficio Stampa e Comunicazione del Ministero degli Interni, 2007). Infatti, a suo parere tale legge non avrebbe ri- solto i problemi della immigrazione nel nostro Paese dovuti alla ricettività limitata per il suo intenso popolamento, all’alto livello di clandestinità, alle difficoltà nella realizzazione delle espulsioni, alle pressioni e agli intralci provocati dalla crimina- lità organizzata; essa, inoltre, non avrebbe saputo valorizzare le potenzialità del fe- nomeno che può assicurare il ricambio demografico a un’Italia con una natalità in forte calo, risorse importanti alle imprese attraverso l’apporto dei lavoratori immi- grati, una crescita economica significativa e uno strumento di competitività me- diante il contributo di una immigrazione caratterizzata da elevata professionalità. La riforma è incominciata subito con l’approvazione di alcune misure che hanno riguardato i ricongiungimenti familiari, la carta di lungo-soggiorno, la lotta allo sfruttamento, l’abolizione dei permessi di soggiorno sotto i tre mesi; in ag- giunta, è stato presentato un disegno legge sulla cittadinanza. Un impegno partico- lare è stato dedicato al cambiamento del testo unico sull’immigrazione che ha tro- vato un primo sbocco nel disegno di legge delega al governo per la modifica della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero, comu- nemente intitolato dai nomi del due primi firmatari, i ministri Amato e Ferrero (Uf- ficio Stampa e Comunicazione del Ministero degli Interni, 2007; Codini, 2007a; Ferrero, 2007; Mantovano, 2007). Le finalità generali del provvedimento sono mirate a sciogliere i tre nodi fon- damentali dell’immigrazione, che ho già indicato sopra: regolare in modo razionale i flussi della immigrazione legale, soprattutto quella dei lavoratori stranieri; com- battere il fenomeno degli arrivi clandestini; realizzare l’integrazione (Ufficio Stampa e Comunicazione del Ministero degli Interni, 2007). Gli obiettivi più pun- tuali consistono: nel facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro stra- niero, adottando forme di collegamento tra soggiorno e occupazione più realistiche e conformi ai bisogni delle aziende e delle famiglie; nel rendere la durata del per- 15 messo di soggiorno più rispondente alle necessità del sistema economico, cercando anche di semplificare le procedure; nel prevedere un percorso preferenziale per l’ingresso di immigrati qualificati; nel garantire maggiormente l’esecuzione dei rimpatri, favorendo la cooperazione dell’immigrato; nel realizzare una riforma ra- dicale dei CPT. Allo scopo di perseguire la finalità di governare in modo razionale l’immigra- zione regolare, una prima strategia del disegno di legge consiste nella programma- zione triennale della quota di stranieri da ammettere (Ufficio Stampa e Comunica- zione del Ministero degli Interni, 2007; Codini, 2007a). Inoltre, le quantità sono stabilite in base ai dati sulla reale domanda di lavoro, preparati dal Ministero della Solidarietà Sociale e completati dalle indicazioni fornite dai Consigli territoriali per l’immigrazione esistenti presso le Prefetture, in modo da assicurare che gli ingressi siano proporzionati alle realtà economiche e sociali e alla capacità di assorbimento dei contesti locali. Infatti, la normativa esistente in tema di programmazione dei flussi ha mostrato varie carenze: lungaggini procedurali per la redazione dei de- creti; ritardi seri nella loro approvazione; necessità di continui ampliamenti delle cifre fissate; eccessiva subordinazione alle domande dei datori di lavoro e ai bi- sogni della comunicazione politica. Pertanto, la proposta di passare a una program- mazione triennale che tenga conto delle capacità di assorbimento della società ci- vile è condivisibile anche perché l’immigrazione ha ormai assunto un carattere strutturale nel nostro Paese e gli immigrati mirano a inserirsi stabilmente in Italia. La previsione però di un adeguamento annuale delle quote potrebbe annullare in tutto o in parte la produzione degli effetti benefici appena richiamati Ai fini sia di accrescere la capacità competitiva del nostro sistema produttivo sia di trasmettere una immagine differente di migrante come soggetto non necessa- riamente destinato ad occupare i livelli più bassi della gerarchia professionale, il di- segno di leggere prevede un percorso privilegiato per l’immigrazione altamente qualificata. Quanto ai lavoratori generici, la riforma mantiene la norma della legge Bossi-Fini sulla chiamata per conoscenza diretta, ma verrà anche realizzato un si- stema di liste, distribuite per nazionalità e disponibili su internet, alle quali possono iscriversi i migranti che vogliono venire nel nostro Paese per motivi di lavoro, anche se da alcune parti si fa osservare che queste assunzioni a distanza non sono molto appetibili né per gli immigrati, né per i datori di lavoro. Nel presentare le loro domande questi ultimi possono far ricorso agli uffici per l’immigrazione op- pure a soggetti abilitati a svolgere la funzione di sponsor-garante quali per esempio Regioni ed Enti locali, associazioni imprenditoriali e professionali, sindacati e isti- tuti di patronato; tale figura può far entrare per lavoro in Italia stranieri inseriti nelle liste, ma sempre nei limiti previsti dalle quote, offrendo assicurazioni di na- tura patrimoniale, per cui si permette al migrante di venire nel nostro Paese regolar- mente per trovare una occupazione e al tempo stesso al datore di lavoro di proce- dere all’assunzione solo dopo una prova positiva. La riforma reintroduce una forma limitata di autosponsorizzazione per una ridotta porzione di stranieri, soprattutto 16 qualificati, che dimostrano di disporre delle risorse adeguate al periodo di perma- nenza in Italia oppure che siano richiesti nominativamente da un cittadino italiano o dell’UE che goda di un reddito sufficiente a offrire la garanzia patrimoniale ri- chiesta; il sistema era già previsto nella legge Turco-Napolitano e aveva provato nella sua breve applicazione di funzionare bene. Anche a motivo dell’insuccesso dell’attuale dispositivo che pone un vincolo rigido tra disponibilità di un lavoro ed entrata in Italia, la riproposizione dell’istituto dello sponsor appare accettabile sem- prechè venga completata dalla introduzione di strategie che possano garantire glo- balmente la riuscita della procedura. Passando al tema del soggiorno, il governo di centrosinistra ha inteso evitare permessi troppo brevi in quanto costringono lo straniero a una corsa ostacoli per il rinnovo e implicano per l’amministrazione un eccesso di burocratizzazione delle procedure. Pertanto, si è provveduto ad abolire il permesso per soggiorni inferiori a tre mesi e il disegno di legge ha stabilito un allungamento della durata. In aggiunta, il rinnovo è stato previsto per un tempo pari al doppio di quello del primo rilascio e, se la domanda è stata avanzata nei termini fissati, il permesso scaduto continua a mantenere la sua validità in attesa del rinnovo. Sono stati allungati anche i tempi per cercare un nuovo lavoro nel caso dello straniero che perde il posto ed è possi- bile assumere immigrati, già titolari di un permesso per il lavoro subordinato, che non dispongano più di un soggiorno regolare in seguito alla conclusione dell’ul- timo rapporto di lavoro. 2. AMBITI SPECIFICI DI ATTENZIONE Dopo aver delineato il quadro generale di riferimento, in questa seconda se- zione la disamina si sofferma sulle aree specifiche della condizione degli immigrati in Italia (Ambrosini, 2005). In proposito si opererà una selezione delle tematiche nel senso che ci occuperemo soltanto di quegli ambiti che sono direttamente rile- vanti ai fini dell’approfondimento delle problematiche oggetto di questo studio. 2.1. Le famiglie dei giovani di origine migratoria Incomincio con precisare le tendenze più importanti a livello quantitativo (Ma- razzi, 2005). In base ai dati ISTAT (14° Censimento della popolazione, risultati de- finitivi, 16 giugno 2004), crescono in Italia le famiglie di stranieri e con stranieri nel senso che la percentuale del totale dei cittadini stranieri residenti in Italia che vive in famiglia era passata tra il 1991e il 2001 dal 95,6% al 97,9% e il numero delle famiglie con almeno un membro di cittadinanza non italiana è aumentata di tre volte quasi (Marazzi, 2005, pp. 9 e 16-19). Del secondo gruppo il 61.8% si ca- ratterizzava per la presenza all’interno di tutti stranieri: rispetto al totale il 41.4% erano famiglie unipersonali e il 17.5% comprendeva due persone. A loro volta le famiglie che includevano tre o quattro membri costituivano quasi il 30%, mentre 17 solo il 4.2% poteva vantare 6 o più componenti; in ogni caso cresce nel tempo il numero dei membri stranieri per famiglia. Inoltre, le Regioni che totalizzano più del 50% delle famiglie con almeno un componente straniero comprendono Lom- bardia, Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna. In aggiunta, i due terzi circa della fami- glie con un membro straniero presentano un solo nucleo familiare; al contrario, ap- pena il 3% ne segnala più di uno. Da ultimo, sul piano più qualitativo si può dire che all’interno del gruppo dei maschi che hanno dato vita a una famiglia “tradizio- nale”, cioè composta da genitori e figli, la decisione di migrare può essere conside- rata nel 46% dei casi come il risultato di una scelta che si è fatta strada all’interno della coppia o dell’intero nucleo familiare; al contrario, per il 54% il progetto mi- gratorio viene deliberato autonomamente o entro la famiglia di origine. In generale la famiglia straniera gode all’interno della nostra legislazione della medesima tutela giuridica che è prevista per le famiglie italiane (Marazzi, 2005). Al tempo stesso va segnalato che la Carta Costituzionale precisa l’ambito della pro- tezione accordata in quanto questa viene riconosciuta in maniera piena solo alla fa- miglia intesa come società naturale fondata sul matrimonio, cioè il termine di rife- rimento è costituito dalla famiglia naturale composta dai coniugi e dai loro figli, basata su una relazione eterosessuale, monogama, relativamente stabile e qualifi- cata dall’eguaglianza tra i coniugi che risultano titolari di reciproci diritti e doveri. Questo significa che la famiglia straniera viene protetta entro determinati paletti nel senso che si deve configurare come un’unione che presenti alla base un matrimonio per cui la tutela si limita al gruppo formato dal coniuge, i figli e i genitori e per- mette il ricongiungimento con un coniuge. Va però aggiunto che siccome i nostri tribunali attualmente offrono un qualche riconoscimento anche alla famiglia di fatto, tale estensione ha valore anche per le convivenze tra stranieri, tranne che si tratti di una situazione poligamica perché in questo caso la condizione della donna sarebbe in contrasto con il principio costituzionale della parità uomo-donna. La so- stanziale eguaglianza tra famiglia straniera e famiglia italiana trova alcune ecce- zioni che sono considerate ragionevoli; in ogni caso, i giudici sono intervenuti per proteggerla da inammissibili discriminazioni. Non mancano in aggiunta aspetti pro- blematici che si celano nei particolari della normativa e della prassi come gli osta- coli di natura burocratica o di carattere socio-economico che si frappongono al ri- congiungimento familiare. Nonostante l’eguaglianza in linea di principio che si riscontra sul piano normati- vo, non si può non essere d’accordo con quanto afferma L. Bindi, cioè che “[…] una politica per la famiglia, e per la famiglia immigrata in particolar modo, nel nostro Pae- se è ancora di là da venire nella sua forma più organica”1 (2005a, p. 60). Pertanto, nel prosieguo si concentrerà l’attenzione sugli aspetti principali della condizione della fa- miglia immigrata con particolare riguardo alla socializzazione dei figli. 1 La sottolineatura è nostra. 18 Incomincio con il segnalare i cambiamenti che la famiglia subisce per effetto del contesto migratorio nel quale va ad inserirsi: sottolineo ancora una volta che la prospettiva di questo rapporto ci impone di focalizzare la nostra disamina sull’inte- grazione degli adolescenti (Bindi, 2005a; Baldassarre e Verderosa, 2005). Il nuovo ambiente influisce anzitutto avviando processi di profonda ridefinizione dei ruoli all’interno e nelle relazioni con l’esterno. In qualche caso si arriva fino a situazioni dolorose di separazione dei genitori a motivo di un diverso percorso migratorio o in ragione di una sopravvenuta condizione di insostenibilità della convivenza. Più fre- quentemente sono le madri a mutare la loro condizione in positivo nel senso che, mentre prima si trovavano chiuse all’interno della famiglia in una situazione di subalternità, ora hanno una occupazione all’esterno, producono e gestiscono una parte consistente delle entrate familiari, conoscono la lingua del Paese di acco- glienza meglio dei mariti e diventano le rappresentanti privilegiate della famiglia verso le autorità pubbliche e i privati. Questo contribuisce ad abbassare l’autorità del padre, anche se non è il solo fattore, in quanto pesa soprattutto la condizione di subalternità in cui egli si trova nel mondo del lavoro e nel contesto sociale. La po- sizione subordinata riguarda anche le madri, benché in misura minore, per cui l’au- torevolezza dei genitori finisce per erodersi fortemente nei confronti dei figli che si rendono conto della loro collocazione al fondo della scala sociale e della condi- zione emarginata della famiglia. Il modello più individualistico e focalizzato sulla sola famiglia nucleare che caratterizza il nostro Paese, come in generale tutti i sistemi sociali avanzati, mette in crisi l’immagine di famiglia che gli immigrati si portano dai loro contesti di ori- gine e che si caratterizza come una comunità unica a cui subordinare anche le ca- ratteristiche identitarie del singolo. In aggiunta, la tendenza delle famiglie immi- grate a risiedere nella stessa casa in più gruppi in contrasto con le modalità proprie della vita familiare nella nazione ospitante costituisce occasione per valutazioni ne- gativi da parte del vicinato autoctono che possono giungere fino a una vera e pro- pria stigmatizzazione e accrescere l’emarginazione delle famiglie immigrate e, in particolare, dei giovani. Di riflesso ne soffrono le relazioni intergenerazionali e le relative modalità di comunicazione anche perché si fanno sentire gli effetti del con- fronto con la disinvoltura e l’informalità dei rapporti tra le generazioni che contrad- distinguono i Paesi sviluppati, in particolare quelli occidentali. In questo contesto, l’esperienza migratoria rappresenta uno “sradicamento traumatico” non solo per gli adulti, ma anche e soprattutto per i giovani (Bindi, 2005a, p. 51). Poiché sino al ricongiungimento familiare i figli sono vissuti anche per lungo tempo nei Paesi d’origine con uno dei genitori o con i nonni o con la rete allargata delle parentele, quando giungono nella società di accoglienza, per effetto della separazione che si è consumata rispetto a entrambi i genitori o a uno dei due essi trovano piuttosto complesso riavviare un rapporto a lungo interrotto e superare la rottura dei legami con le persone a cui erano affidati in patria. Una volta ricon- giunti con la famiglia, essi continuano ad usare in tale contesto la lingua madre, 19 mentre l’ambiente sociale li sollecita ad imparare il più rapidamente possibile la lin- gua locale che alla gran maggioranza dei giovani risulta completamente estranea. Il figlio non mette molto tempo a capire che la situazione di vita della famiglia nella nazione di accoglienza si caratterizza per il disagio, l’emarginazione e la sub- alternità. Questo si riflette sui processi di integrazione dei giovani immigrati presso i coetanei autoctoni che corrono il pericolo di essere compromessi anche per i molti pregiudizi che i giovani del posto nutrono nei loro confronti (Valtolina e Marazzi, 2006). “Al senso di sradicamento traumatico, dunque, si affianca un certo grado di sconforto circa le possibilità concrete di integrazione , la delusione verso il genitore o i genitori immigrati, di cui, sino ad allora, si è vagheggiato il destino nel Paese di accoglienza, e un complessivo senso di disagio, rispetto a una situazione nuova che, a volte, sembra aprirsi con i peggiori auspici” (Bindi, 2005a, p. 51). La consa- pevolezza che i giovani immigrati acquisiscono della situazione svantaggiata in cui essi si trovano insieme con la loro famiglia sarebbe all’origine di molte conflittua- lità nelle relazioni intergenerazionali e anche di veri e propri disagi psicofisici. Sulla conflittualità appena evocata pesa anche la contrapposizione segnalata sopra tra l’immagine tradizionale piuttosto autoritaria e rigida della famiglia che i figli hanno elaborato nel Paese d’origine e la rappresentazione più flessibile e per- missiva che di essa recepiscono nella società di accoglienza. Tutto ciò ingenera una forte confusione nell’immaginario di adulti e giovani; soprattutto, i secondi ten- dono a sottrarsi alle norme stabilite dai padri in tema di scelte residenziali, matri- moniali e professionali. Da qui emerge il bisogno di una mediazione competente da parte dei servizi sociali, sanitari, scolastici e giudiziari che sia capace di mettersi in posizione di ascolto per capire i problemi e di elaborare proposte originali di conci- liazione. Il problema dell’integrazione assume contorni diversi riguardo agli immigrati che sono nati da genitori stranieri in Italia e che comunemente vengono designati con l’espressione “seconde generazioni”. Questi giovani sono senz’altro avvantag- giati in quanto conoscono la lingua del nostro Paese, avendola appresa da subito, presentano una scolarizzazione pienamente svolta e possono usufruire di reti diffuse di solidarietà. Pertanto, la loro integrazione è un processo più semplice, sebbene an- che loro si trovino in una condizione caratterizzata dalla “doppia appartenenza”. Un problema reale e serio va visto nella garanzia di pari opportunità per le seconde ge- nerazioni: infatti, se è vero che per molti di loro l’integrazione dopo il diciottesimo anno di età presenta un percorso carente, se non fallimentare, è anche vero che per un gruppo consistente risulterà positiva riguardo ai processi di scolarizzazione e di socializzazione, mentre l’esito tenderà ad essere negativo nell’accesso al lavoro. Sul lato positivo, va sottolineato che i giovani immigrati che frequentano la moschea, le parrocchie o i gruppi di preghiera tendono a riuscire meglio a scuola, godono di una rete di rapporti più soddisfacenti, dimostrano propensione a rima- nere in Italia con attese di miglioramento. Al contrario, l’intenzione di adottare in- condizionatamente la cultura gli stili di vita del Paese di accoglienza può portare a 20 delusioni, creare ostacoli all’integrazione e soprattutto destina molti a una assimila- zione al ribasso che è destinata ad alimentare la marginalità urbana. In questi casi ciò che fa la differenza in senso positivo è il capitale sociale e culturale che le gio- vani generazioni ereditano dalla rete familiare. Sulla integrazione familiare influisce anche la questione abitativa (Einaudi, 2007; Caritas, 2007). Negli ultimi anni si osserva una crescita significativa della presenza degli immigrati sul mercato immobiliare italiano. Nonostante questa ten- denza positiva, tuttavia la grande maggioranza delle famiglie straniere vivono in condizioni precarie, in luoghi di emergenza, sovraffollati o degradati. Inoltre, fi- nora si è riusciti ad evitare in Italia la ghettizzazione di immigrati a motivo della grande dispersione dell’immigrazione tra comunità differenti; tuttavia, questa situa- zione potrebbe non durare per sempre per cui sono necessari interventi dell’autorità pubblica per evitare la concentrazione maggioritaria di stranieri in aree particolari. 2.2. Le politiche della scuola e della FP Sul piano quantitativo gli alunni con cittadinanza non italiana ammontano nel- l’anno scolastico 2006-07 a 501.494 e rappresentano il 5.6% del totale (Giovan- nini, 2007, pp. 132-135)2 (cfr. Tav. 1). La crescita è stata sostenuta rispetto al 2000- 01 quando la percentuale era l’1.8%: concretamente la presenza degli studenti stra- nieri si è più che triplicata in sette anni. Le femmine rappresentano il 47% del dato complessivo e tale percentuale si conforma pienamente con la distinzione di genere riscontrabile presso gli stranieri che soggiornano in Italia (cfr. Caritas, 2007, p. 166). L’andamento sta a provare che i genitori non mostrano alcuna remora a iscri- vere le figlie femmine a scuola, come risulta confermato anche dal tasso della loro presenza nella secondaria di 2° grado che tocca il 49.8%. In proposito va aggiunto che la presenza delle ragazze cresce quando esse risultano originarie dell’Europa. Tav. 1 - Alunni con cittadinanza non italiana (totali; 2000-2007; in VA e %) Anni scolastici VA % sul totale degli iscritti 2000-01 147.406 1.8 2001-02 181.767 2.3 2002-03 232.766 3.0 2003-04 282.683 3.5 2004-05 351.576 4.2 2005-06 424.683 4.0 2006-07 501.494 5.6 VA = Valori assoluti Fonte: ISMU, 2007 2 Il dato è provvisorio e pertanto potrebbe essere oggetto di variazioni, anche se di poca entità. Una conferma del carattere non definitivo della cifra viene dalla Caritas che fornisce un totale legger- mente inferiore, 500.512, benché la percentuale sul complesso degli iscritti sia la stessa, 5.6% (Caritas e Migrantes, 2007, pp. 165-166). 21 Se si passa a considerare i singoli ordini e gradi di scuola, va anzitutto osser- vato che la partecipazione degli alunni con cittadinanza italiana è aumentata a tutti i livelli (cfr. Tav. 2). Emerge in particolare il dato della primaria con il 6.8%, se- guito dalla secondaria di 1° grado (6.5%) che registra l’aumento maggiore tra i due anni presi in considerazione nella Tav. 2: +1%. La scuola dell’infanzia si colloca sul 5.7% con una percentuale senz’altro discreta, anche se più bassa dei bambini autoctoni, mentre in un certo senso sarebbe più importante che venisse frequentata dagli alunni stranieri che ne hanno maggiormente bisogno in vista dell’apprendi- mento della lingua italiana e della socializzazione fra pari. All’ultimo posto si situa la secondaria di 2° grado, 3.8%, che però può vantare un numero di iscritti con cit- tadinanza non italiana superiore in valori assoluti a quello della scuola dell’in- fanzia. Non è possibile, invece, collocare la formazione professionale in questa classifica perché i dati relativi sono parziali nel senso che si dispongono informa- zioni solo su alcune Regioni: qui può essere citato il caso della Lombardia dove nel 2004-05 la percentuale degli stranieri iscritti ai corsi del diritto-dovere raggiungeva l’11.6% con un aumento notevole rispetto all’anno precedente, 8.9% (Ambrosini, 2007. p. 39; Colasanto, 2007, p. 26). Tav. 2 - Percentuale degli alunni con cittadinanza non italiana sul totale degli iscritti (per ordine a grado di scuola; 2005-06/2006-07; in VA e %) Ordine e grado % sul totale di scuola VA degli iscritti Dell’infanzia 5.0 5.7 Primaria 6.0 6.8 Secondaria di 1° grado 5.5 6.5 Secondaria di 2° grado 3.1 3.8 Totale 4.8 5.6 VA = Valori assoluti Fonte: ISMU, 2007 Se si approfondisce l’analisi relativa al secondo ciclo, emerge che la secon- daria superiore, pur presentando la percentuale più bassa di studenti con cittadi- nanza non italiana, tuttavia è il grado scolastico che fa sperare l’incremento mag- giore: infatti, nel 2006-07 evidenzia una crescita di quasi un quarto (24.9% che su- pera di molto il dato medio, 18%) e nel 2005-06 aveva registrato un vero balzo in avanti con il 40% circa (38.2%) (Caritas, 2007, pp. 168-169). Al tempo stesso va notato che lo sviluppo appena messo in risalto si presenta alquanto disomogeneo per tipo di istituto nel senso che gli alunni stranieri si collocano al di sotto del 2% nei licei classici, scientifici, leggermente al di sopra nei licei linguistici e nei licei e istituti magistrali, raggiungono quasi il 3% negli istituti d’arte e nei licei artistici, mentre la percentuale si raddoppia negli istituti tecnici (4.1%) e sale al 7.5% negli istituti professionali: in concreto, intorno all’80% degli studenti con cittadinanza non italiana frequenta gli ultimi due tipi di secondaria superiore (cfr. Tav. 3). La preoccupazione è che questa distribuzione riproduca semplicemente la condizione 22 sociale di questi giovani. Inoltre, se a livello di secondaria superiore mancano i dati sulla evasione dal diritto-dovere di istruzione e di formazione; tuttavia, si possiede quello sul ritardo scolastico che fa registrare una situazione allarmante nel senso che nel 2005-06 si raggiunge la percentuale del 75% degli alunni stranieri (Caritas, 2007, p. 169). Per quanto riguarda la formazione professionale, i corsi per gli immigrati com- prendono un ventaglio notevole di iniziative (Ambrosini, 2007). Si va dalla forma- zione per il rientro a quella legata alle esigenze di politica sociale (per esempio le offerte per i minori non accompagnati), a quella connessa con percorsi di promo- zione, quali i corsi per mediatori interculturali, a quella per l’avvio di attività auto- nome, a quella che viene effettuata nei Paesi di provenienza. Vi sono inoltre inizia- tive che sono utilizzate in misura grandemente maggioritaria da immigrati come la formazione per operatori socio-assistenziali. Ovviamente vanno aggiunti i corsi formazione professionale iniziale del diritto-dovere di cui ho appena parlato sopra. Tav. 3 - Studenti con cittadinanza non italiana secondo il tipo di scuola secondaria superiore sul totale degli iscritti (2006-07; in VA e %) Tipo di secondaria superiore VA % sul totale degli iscritti Licei classici 3.596 1.2 Licei scientifici 10.212 1.7 Ex istituti e scuole magistrali 5.300 2.4 Istituti professionali 41.893 7.5 Istituti tecnici 38.498 4.1 Istituti d’arte e licei artistici 2.936 2.9 Licei linguistici 394 2.3 Totale 102.829 3.8 VA = Valori assoluti Fonte: ISMU, 2007 La presenza degli alunni con cittadinanza non italiana aumenta nel tempo sia nelle scuole statali che in quelle non statali; tuttavia, essa è percentualmente supe- riore nelle prime come anche l’incremento per cui lo scarto fra i due sottosistemi tende a crescere nel tempo (Giovannini, 2007, p. 134). Venendo ai particolari, tra il 2005-06 e il 2006-07 la percentuale degli studenti stranieri sale nelle scuole statali dal 4% al 5.6%, mentre nelle non statali si va dal 3.8% al 4.2%, cioè il guadagno è solo dello 04% (cfr. Tav. 4); l’andamento è comprensibile se si tiene conto che la parità effettiva non è stata raggiunta in nessuno degli ordini e gradi del nostro si- stema di istruzione. Inoltre, le differenze maggiori si riscontrano nelle scuola pri- marie (3.9%) e nella secondaria di 1° grado (3%). In conformità all’andamento degli ultimi anni, sono i Paesi dell’Europa centro-orientale ad essere i più rappresentati e il dato corrisponde alle tendenze ri- scontrate nella crescita della popolazione straniera complessiva (cfr. Giovannini, 2007, pp. 134-135 e Caritas, 2007, pp. 167-168). In linea con questi dati, le cittadi- 23 nanze più numerose sono da qualche tempo l’albanese (15.5%) e la rumena (13.6%), oltre a quella marocchina (13.5%): i loro studenti raggiungono global- mente la cifra di 214.047 nel 2006-07 e costituiscono oltre il 40% (42.7%) del dato complessivo degli alunni con cittadinanza non italiana. Un peso non trascurabile registrano anche Cina, Jugoslavia, Ecuador, Tunisia, Perù, Filippine e Macedonia la cui presenza si colloca tra il 4.9% e il 2.5%. Differenze, anche se non molto rile- vanti, si riscontrano in relazione ai singoli ordini e gradi di scuola in quanto gli al- banesi e i marocchini dimostrano una consistenza maggiore nella scuola dell’in- fanzia, i marocchini e i rumeni nella primaria, mentre i rumeni scendono nella scuola dell’infanzia e i marocchini nella secondaria di 2° grado. Tav. 4 - Studenti con cittadinanza non italiana nei diversi ordini e gradi di scuola secondo il tipo di gestione (2005-06/2006-07; in %) Ordine e grado Scuole statali Scuole non statali Scuole statali Scuole non statali di scuola 2005-06 2005-06 2006-07 2006-07 Dell’infanzia 5.3 4.6 6.1 5.2 Primaria 6.2 2.7 7.1 3.2 Sec. di 1° grado 5.7 2.8 6.7 3.7 Sec. di 2° grado 3.2 2.1 3.9 2.3 Totale 5.0 3.8 5.8 4.2 Fonte: ISMU, 2007 Un andamento che va sottolineato è quello che emerge dalla concentrazione per aree geografiche in corrispondenza alle tendenze generali dei processi migra- tori nei diversi contesti territoriali su cui a loro volta incidono la condizione socio- economica e le caratteristiche del mercato del lavoro (cfr. Giovannini, 2007, pp. 135-137 e Caritas, 2007, pp. 165-166). Infatti, i due terzi circa (65.7%) frequentano gli studi nell’Italia Settentrionale dove è presente solo il 40.8% del totale degli iscritti al sistema nazionale di istruzione (più precisamente si tratta del 37.1% nel Nord Ovest e del 28.6% nel Nord Est); seguono il Centro con il 24.1%, il Meri- dione con il 7.3% e le Isole con il 2.9%. La Regione che si contraddistingue per l’incidenza più elevata di studenti stranieri è l’Emilia-Romagna (10%), mentre la Lombardia si caratterizza per la cifra più alta in valori assoluti (121.520). Tra le province emergono sul piano quantitativo Milano, Roma e Torino; al tempo stesso va sottolineato che nella classifica si collocano a poca distanza province medie. Lo stesso andamento si ripete riguardo alle città capoluogo perché la presenza degli studenti stranieri è diffusa non solo in quelle grandi, ma anche nelle medie; inoltre, l’incidenza percentuale si fa maggiormente sentire in alcuni piccoli comuni. La concentrazione territoriale riguarda anche le scuole nel senso che il 35% non anno- vera nel corpo studentesco alcun alunno con cittadinanza non italiana, il 62% ne conta meno del 20% e il 3.4% supera il 20%; inoltre, la presenza più numerosa di scuole con almeno il 20% di studenti stranieri si registra nell’infanzia e nella pri- maria. 24 Fino all’inizio degli anni ’80 risultano sostanzialmente assenti dalla politica scolastica provvedimenti specifici che riguardano gli immigrati in conformità con l’immagine tradizionale dell’Italia, come Paese di immigrazione (Besozzi, 2004). Durante la decade ’80 il governo prende coscienza dei fenomeni migratori sempre più consistenti che coinvolgono il nostro territorio nazionale e decide di intervenire anche in campo educativo al fine di favorire i processi di inserimento nel nostro si- stema scolastico, cercando di assicurare l’accesso e la permanenza. Alla fine degli anni ’80, ma soprattutto nei ’90 la preoccupazione principale diviene la diversità linguistica e culturale per cui le politiche scolastiche si interessano soprattutto di educazione interculturale. La legge Turco-Napolitano, n. 48/98, e il conseguente testo unico, Dlgs. n. 286/98 attribuiscono rilevanza speciale al diritto dei minori stranieri all’istruzione, alla definizione dell’obbligatorietà della frequenza scola- stica e alle relative misure di sostegno, agli aspetti organizzativi della scuola, all’in- segnamento dell’italiano come lingua seconda e al mantenimento della lingua d’o- rigine per la formazione dei docenti: il modello di integrazione che viene delineato risulta pertanto fondato sul rispetto e sullo scambio reciproco. Comunque, rimane urgente l’esigenza di una normativa di riferimento in tema di secondaria superiore e di formazione professionale in vista dell’attuazione del diritto-dovere alla istru- zione e alla formazione e dell’elevazione del relativo obbligo di istruzione fino ai 16 anni. Parlando di politiche scolastiche non ci si può fermare al solo ambito nazio- nale, ma è d’obbligo anche il riferimento al piano regionale e locale (Besozzi, 2004). A questo livello si è assistito in anni recenti a un crescendo rilevante di provvedimenti in tema di immigrazione che hanno cercato di risolvere i problemi connessi con l’incremento sostenuto dei flussi verso le differenti aree territoriali dell’Italia con particolare riguardo alla consistente domanda educativa avanzata dai singoli, dalle famiglie e dalla diverse comunità etniche. Le politiche adottate in questo campo a livello regionale e locale hanno puntato soprattutto alla creazione di osservatori e consulte provinciali principalmente nelle aree geografiche con più elevata presenza di immigrati, alla costituzione di centri di studio e di ricerche e alla promozione graduale del lavoro di rete tra scuole, associazioni ed enti di varia natura. L’integrazione sociale e professionale degli stranieri e la lotta ai pregiudizi nei loro confronti hanno rappresentato il nucleo centrale dell’iniziativa UE “Equal” che ha consentito l’attuazione nel nostro Paese di circa 700 progetti durante il pe- riodo 2000-06 (Isfol, 2006). In questo quadro si inserisce una serie di interventi concreti mirati a realizzare l’integrazione degli studenti con cittadinanza non italiana (Giovannini, 2007). Si può incominciare con il mettere in evidenza un gruppo di azioni più consolidate quali: le pratiche di accoglienza alla cui messa a punto e diffusione hanno contri- buito in particolare i centri interculturali e rispetto alle quali la normativa più re- cente indica come prioritario il criterio dell’età dell’alunno e non più quello della scolarità precedente in modo da ridurre in quanto possibile il tasso di ritardo scola- 25 stico che tende a penalizzare gli studenti con cittadinanza non italiana (Bindi, 2005b); gli interventi per l’insegnamento dell’italiano che includono la redazione e la diffusione di sussidi, la formazione degli insegnanti, l’acquisizione di adeguate strategie educative e didattiche; iniziative a favore delle famiglie soprattutto nel campo delle problematiche linguistiche e di orientamenti da effettuare in partico- lare mediante l’intervento di mediatori culturali e linguistici; i corsi di formazione dei dirigenti organizzati dal Ministero. A sua volta, la formazione professionale ha offerto opportunità per certificare almeno parzialmente diplomi e competenze nei casi di titoli ottenuti all’estero che non trovano in Italia riconoscimento, per creare attraverso corsi specifici occasioni di impiego a categorie di immigrati istruiti, per fornire luoghi di incontro, dialogo e scambio culturale e per facilitare il recupero di giovani che altrimenti correrebbero un grave pericolo di essere emarginati (Ambro- sini, 2007). Oltre a questa serie di azioni consolidate che ho appena elencato, va richiamata una serie di interventi di natura più contingente (Giovannini, 2007). La manovra di bilancio relativa al 2007-10 prevede la sperimentazione di forme congiunte di atti- vità tra Stato, Regioni e gli altri Enti locali mirate ad assicurare un’attribuzione delle risorse finanziarie più rispondente ai bisogni delle diverse realtà territoriali e all’evoluzione della popolazione. A sua volta il CCNL del Comparto Scuola riguar- dante il periodo 2006-09 ha mantenuto la decisione di allocare personale specifico alle aree geografiche dove l’immigrazione è maggiormente concentrata e il rischio educativo risulta più elevato. Inoltre, il Fondo per l’inclusione sociale degli immi- grati, istituito presso il Ministero della Solidarietà Sociale, prevede l’attribuzione di risorse finanziarie a progetti di insegnamento della lingua italiana come seconda lingua, di impiego dei mediatori linguistici, per la promozione della partecipazione delle famiglie immigrate nelle attività scolastiche e di orientamento. Va anche se- gnalata la creazione dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale a partire dal dicembre 2006. La nuova struttura che è stata istituita presso il Ministero della Pubblica Istruzione è chiamata a svolgere una funzione di studio e di orientamento. In un primo documento ha evi- denziato quattro principi generali che avrebbero guidato in questi ultimi anni le ini- ziative di educazione interculturale più efficaci: in concreto si tratterebbe dell’uni- versalismo cioè dell’attribuzione ad ogni bambino del diritto all’istruzione e all’e- guaglianza delle opportunità, della scuola comune, cioè della scelta di ammettere gli alunni con cittadinanza non italiana nella scuola di tutti, della centralità della persona e della intercultura, cioè della promozione del dialogo e del confronto delle culture. Sul piano concreto vengono raccomandati interventi per favorire l’attua- zione del diritto allo studio, l’integrazione fuori e dentro la scuola, gli aspetti rela- zionali e l’approccio interculturale all’insegnamento. Dopo aver fornito un quadro sintetico dei dati e una visione generale delle po- litiche scolastiche e formative e degli interventi concreti, si cercherà di mettere in risalto le problematiche più rilevanti che emergono e le prospettive maggiormente 26 significative che sembrano delinearsi in questo momento. In corrispondenza con l’elenco delle attività in atto che è stato presentato sopra, si può senz’altro indicare come una prima priorità il consolidamento ulteriore di quanto si riscontra già pie- namente condiviso e legittimato in parecchi contesti locali (Giovannini, 2007). Un’area problematica e prospettica di particolare rilevanza è costituita dalle azioni per l’intercultura che negli ultimi anni hanno registrato globalmente un mi- nore impegno concreto (Giovannini, 2007; Bindi, 2005b). Se è un ambito in cui certamente non sono mancati progressi rilevanti, è anche vero che si registrano ca- renze tutt’altro che marginali, anche perché il cammino percorso finora è attribui- bile più alla buona volontà dei singoli insegnanti e di qualche dirigente che non a iniziative di natura istituzionale. Infatti, è lo stesso concetto di educazione intercul- turale che può risultare vago e vuoto alla prova dei fatti; a ciò si aggiunge che è stata più spesso concepita come un’appendice dell’attività scolastica tradizionale e non come un modello nuovo di insegnamento apprendimento la cui applicazione ri- chiedeva cambiamenti profondi nell’impostazione dei processi pedagogici e didat- tici; inoltre, non è mancato che tutta l’operazione si sia tradotta in attività di “mar- keting” o di “maquillage” realizzata dagli istituti per accrescere le iscrizioni e rima- nere competitivi. Venendo poi alla programmazione concreta, va riconosciuto che questa appare focalizzata più sul docente che non sullo studente singolo e sulla classe; a sua volta, l’insegnamento si riduce spesso a riferimenti occasionali alla cultura degli altri e, quindi, non fornisce contenuti che siano in grado di interessare al tempo stesso sia gli studenti stranieri sia i loro colleghi autoctoni; non va nep- pure dimenticata una certa improvvisazione come il ricorso a strumenti didattici non particolarmente verificati, la carenza di formazione specifica dei docenti, la discontinuità delle iniziative. Inoltre, non infrequentemente l’offerta di educazione interculturale si è ridotta a pura informazione curiosa. A ciò ha contribuito un eccesso di ricorso in classe al- l’uso della testimonianza autobiografica che viene richiesta agli alunni di cittadi- nanza non italiana (Bindi, 2005b). Questa strategia didattica è di per sé valida in quanto costituisce una occasione significativa per la reciproca conoscenza tra gli studenti, per lo sviluppo di modalità personali di espressione, per la elaborazione di memorie comuni e per la denuncia di esperienze negative che si sono sofferte. La testimonianza autobiografica tende frequentemente a concentrarsi su argomenti di tipo tradizionale come usi, costumi, feste, cerimonie, manifestazioni gastrono- miche, musica e danza per cui si assiste a una specie di “folklorizzazione” dell’im- migrato che si trova pertanto in una posizione di svantaggio di fronte ai compagni autoctoni ormai affrancati da una cultura arcaica. La troppa piaggeria, lo sforzo ec- cessivo dimostrato nell’accoglienza, la sovraesposizione del problema dell’origine culturale tendono a distinguere nettamente l’alunno con cittadinanza non italiana dai suoi colleghi italiani con degli effetti non voluti di “etnicizzazione” della condi- zione dello studente straniero. Pertanto, un’altra priorità delle politiche scolastiche e formative in tema di 27 immigrazione riguarda il consolidamento dell’educazione interculturale. Un mi- glioramento veramente sostanziale consisterebbe senz’altro in un ripensamento del sistema educativo di istruzione e di formazione in una chiave veramente intercultu- rale (Bindi, 2005b). In ogni caso un processo di insegnamento apprendimento ispi- rato a tale modello strategico dovrà realizzare un esercizio reale del dialogo tra le diversità, evitando di limitarsi con semplice gusto “museografico” agli elementi più eclatanti e curiosi degli usi propri degli studenti immigrati. “L’approccio preferibile sembra […] quello di un’educazione critica e consapevole rispetto all’apparte- nenza, che sappia mettere in luce il carattere necessariamente negoziale di ogni identità e il potenziale straordinario messo a disposizione dalla mediazione cultu- rale” (Bindi, 2005b, p. 121). In particolare, la programmazione dovrà mostrarsi pronta a continui adattamenti e puntare decisamente ad esser focalizzata sull’a- lunno e sulla classe e non sugli orientamenti prescelti a priori dal docente; inoltre, essa dovrebbe tener conto della composizione sociale ed etnico-nazionale della classe per cui si richiede a monte da parte del corpo docente la competenza di lavo- rare in gruppo e grande capacità di ascolto e di coinvolgimento della famiglia. Il rafforzamento della educazione interculturale è necessario anche per contrastare due derive pericolose, una che sostiene la convenienza di classi culturalmente omo- genee e l’altra che in nome di una supposta laicità vorrebbe eliminare tutti gli ele- menti di confessionalità, di specificità e di differenziazioni linguistica, non accor- gendosi di attribuire alla scuola un ruolo di consolidamento della centralità nazio- nale nei confronti di qualunque altra forma di appartenenza. Un ulteriore nodo problematico è costituito dall’inserimento linguistico degli studenti con cittadinanza non italiana in quanto implica non solo risvolti linguistici, ma anche organizzativi, di equipollenza delle classi e di valutazione che tra l’altro si configurano diversamente a seconda dei Paesi considerati (Bindi, 2005b; Caritas e Migrantes, 2007; Giovannini, 2007). La questione non è primariamente quella del bilinguismo, ma riguarda soprattutto la tendenza a trascurare il mantenimento e la valorizzazione della lingua di origine dello studente straniero e a puntare invece su un apprendimento rapido della cosiddetta “lingua 2”, cioè della lingua del Paese di accoglienza, nel nostro caso l’italiano: in tale situazione questo viene imparato in maniera sommaria, stabilizzando alcuni sbagli e limiti linguistici e contribuendo a far dimenticare gradualmente la lingua di origine. In proposito va tenuto presente che si tratta di alunni che si inseriscono a percorso scolastico già iniziato e che per- tanto sono costretti a recuperare rapidamente lo scarto nei confronti della classe che li accoglie. A ciò si aggiungono difficoltà di tipo relazionale e culturale nei rapporti con i compagni italiani che aumentano l’ansia e il disagio; né bisogna dimenticare che il corpo docente non è spesso adeguatamente formato ad offrire un insegna- mento efficace di “lingua 2”. Una soluzione che di fatto viene non infrequentemente adottata in proposito consiste nel retrocedere di una o due classi l’alunno con cittadinanza non italiana nella speranza di avvantaggiarlo ai fini dell’apprendimento della lingua italiana e 28 anche di non danneggiare troppo la classe accogliente (Bindi, 2005b). Tale stra- tegia, se può sembrare apparentemente del tutto giustificata, tuttavia va incontro a molti pericoli e rischia di trasformarsi in un’esperienza traumatica: infatti, essa può creare o rafforzare il senso di inadeguatezza e di estraneità nei confronti dei com- pagni italiani, potrebbe essere vista come una grave ingiustizia perpetrata dalla scuola del Paese di accoglienza e tende a spingere alla demotivazione e all’abban- dono in quanto la differenza di età rispetto ai colleghi della classe è sentita in ma- niera particolarmente negativa dagli adolescenti. Sul piano prospettico, un’ipotesi di soluzione andrebbe anzitutto cercata nella elaborazione di un piano pluridimensionale di integrazione dello studente con citta- dinanza non italiana in cui inserire in modo coerente la questione linguistica (Bindi, 2005b; Albiero, 2007; Ioana Jeler, 2007). In particolare si dovrebbe puntare sul mediatore linguistico-culturale la cui presenza dovrebbe essere estesa a tutte le scuole interessate tramite l’intervento delle Regioni; questi eserciterebbe la fun- zione di aiutare gli studenti stranieri durante le lezioni a seguire l’insegnamento del docente. Al tempo stesso l’istituto organizzerà una offerta di doposcuola per aiutare gli alunni con cittadinanza non italiana a superare lo scarto linguistico, evitando che l’apprendimento dell’italiano si limiti all’acquisizione di un linguaggio scarno, d’uso comune e sgrammaticato. Questi interventi vanno accompagnati dall’im- pegno del corpo docente a ricostruire in maniera adeguata il percorso formativo che lo studente straniero ha compiuto nel suo Paese d’origine, cercando di delineare le tradizioni educative, i contenuti curricolari e i contesti di provenienza; in proposito la difficoltà del compito viene accresciuta dalla scarsa propensione degli studenti stranieri a parlare delle proprie esperienze di vita e dai problemi che le scuole in- contrano a coinvolgere stabilmente i genitori di tali ragazzi. Comunque, la strategia principale consisterebbe nel realizzare un vero bilinguismo perché questo offri- rebbe una formidabile opportunità formativa. Un altro nodo problematico di grande rilevanza è costituito dalle relazioni scuola-famiglia (Bindi, 2005b). Una prima difficoltà proviene dalla tendenza delle famiglie immigrate a delegare completamente agli insegnanti il percorso scolastico e formativo dei figli in quanto si considerano del tutto impreparati a tale compito per cui si affidano totalmente al giudizio competente dei docenti e dell’istituto, evi- tando di avanzare proposte e, a maggior ragione, critiche o contestazioni. A ciò si aggiunge che i rapporti delle famiglie con le istituzioni scolastiche e formative sono spesso caratterizzati da ansia che può essere un retaggio dei sentimenti inte- riorizzati nel Paese d’origine verso un modello fortemente autoritario di insegna- mento e che comunque si alimenta dal senso di inadeguatezza che i genitori pro- vano nei confronti del proprio compito in questo ambito. Pertanto, risulta partico- larmente problematico coinvolgere le famiglie nei processi decisionali delle scuole e in particolare nelle scelte didattiche e di aiuto che riguardano gli interventi per su- perare lo svantaggio dei loro figli. È essenziale che la scuola cerchi di stabilire relazioni feconde con le famiglie 29 immigrate (Bindi, 2005b). Queste permettono di conoscere con maggiore facilità e più adeguatamente i percorsi scolastici e formativi dei figli, come si è accennato so- pra, costituiscono anche una risorsa fondamentale per combattere la dispersione scolastica e l’abbandono e consentono di adeguare l’offerta formativa ai bisogni reali degli studenti con cittadinanza non italiana. Ne segue che la comunicazione tra la famiglia e la scuola andrebbe potenziata al massimo, ricorrendo ad opuscoli in- formativi, a brevi questionari, agli aspetti non verbali delle relazioni e all’opera dei mediatori linguistico-culturali. I docenti dovranno essere formati a stabilire rapporti non conflittuali con le famiglie, evitando tra l’altro sterili polemiche circa l’insegna- mento della religione e l’alimentazione delle mense. Sarà poi necessario arrivare a una vera corresponsabilità educativa tra la scuola e la famiglia, prevedendo anche una partecipazione adeguata di quest’ultima agli organismi decisionali. Di due gruppi di questioni si è già parlato sopra, illustrando i dati: si tratta cioè del ritardo scolastico e della concentrazione degli studenti stranieri a livello di se- condaria superiore negli istituti tecnici e professionali (Bindi, 2005b; Caritas e Mi- grantes, 2007; Giovannini, 2007). In questi due ambiti la soluzione va ricercata nelle direzioni che sono state già evidenziate sopra, cioè della realizzazione piena di una vera educazione interculturale, di una impostazione adeguata della questione linguistica e della instaurazione di relazioni soddisfacenti tra la famiglia e la scuola. Un riferimento va anche fatto al problema della valutazione sia degli alunni con cittadinanza non italiana che, iscrivendosi ad anno scolastico iniziato, incon- trano difficoltà linguistiche e di adattamento, sia di quelli che hanno percorso gran parte della loro carriera scolastica e formativa nel nostro Paese. Per superare queste difficoltà si potrebbero prevedere criteri di giudizio diversi da quelli dei loro com- pagni italiani, come nel caso dei disabili o concedere la possibilità di usare la lingua madre durante gli scritti o di avvalersi in fase di esame di un mediatore. Da ultimo, se la formazione professionale soprattutto iniziale soffre di un trattamento diseguale rispetto alla scuola, ne segue che le prospettive vanno ricercata nel ri- equilibrio di questa situazione e anche nella realizzazione di un’offerta alla quale partecipano ragazzi immigrati e ragazzi italiani (Ambrosini, 2007). Quanto alle seconde generazioni, i problemi sono di natura differente da quelli fin qui delineati perché i ragazzi coinvolti sono nati e cresciuti o arrivati nel nostro Paese molto tempo prima dell’iscrizione scolastica (Bindi, 2005b). Le questioni importanti riguardano il rapporto con il resto del gruppo classe, le relazioni con le proprie famiglie, preoccupate della distanza nei confronti della cultura di origine e la riscoperta della lingua madre che la famiglia di origine non è in grado di soddi- sfare. In questo caso è la scuola che deve rispondere come comunità educante alle sfide degli alunni stranieri di seconda generazione. 2.3. Le politiche del lavoro Negli ultimi dieci anni l’Italia è divenuta uno dei Paesi più importanti di desti- nazione di movimenti migratori per motivi occupazionali e a ciò hanno contribuito 30 sia lo sviluppo del suo sistema produttivo che si è dimostrato capace di attirare forza lavoro in grande quantità, sia la presenza di flussi consolidati (Zanfrini, 2007b e 2004). I dati stanno a dimostrare che diverse centinaia di migliaia di stranieri sono arrivati nel territorio nazionale sulla base dei decreti di programmazione fino a rag- giungere quasi le 700.000 entrate nel 2006. Questo significa che il nostro dispositi- vo che regola gli ingressi, sebbene sia configurato spesso come restrittivo, tuttavia ha reso l’Italia uno dei primi importatori ufficiali di forza lavoro dall’estero. Tale andamento si accompagna ad un altro che sembra in contraddizione con il primo: i lavoratori con cittadinanza non italiana che pervengono nel nostro terri- torio nazionale risultano per una percentuale consistente privi di un titolo adeguato e vengono impiegati in misura non marginale nell’economia sommersa che con- serva una estensione eccessiva rispetto ai livelli di crescita della nostra economia. Ne segue che gli arrivi sono in gran parte indipendenti dalla normativa pertinente ma soprattutto che non riescono ad essere imbrigliati in un’azione programmatoria che si proponga mete di competitività economica e di coesione sociale. Si capisce anche perché l’opinione pubblica tenda a vedere nei flussi migratori un segno evi- dente della incapacità dei governi di svolgere un controllo serio sui propri confini e non si renda conto che essi sono in primo luogo una testimonianza della vitalità del nostro sistema produttivo. Pertanto, pur essendo l’Italia uno dei poli maggiori di destinazione delle “la- bour migrations”, tuttavia essa non appare impegnata in politiche di importazione di forza lavoro di elevata qualificazione diversamente da altri Paesi che per molti versi si trovano nella medesima condizione come per esempio in Europa la Francia e l’Inghilterra. Al contrario, le modalità prevalenti di inserimento occupazionale degli stranieri consistono in processi marcati di etnicizzazione dei flussi e di inclu- sione nell’economia sommersa. Infatti, dai dati emerge chiaramente la tendenza dei datori di lavoro a concentrarli nei gradini inferiori della gerarchia professionale, a utilizzarli per occupare i mestieri disertati dagli italiani, a impiegarli nei lavori ti- pici da immigrati o peggio a inserirli nell’economia sommersa. Nel primo semestre del 2007 i lavoratori stranieri raggiungevano complessiva- mente secondo la rilevazione ISTAT3 la cifra di un milione e mezzo circa (più esat- tamente 1.475.000), suddivisa a sua volta tra il 60% di maschi e il 40% di femmine (Zanfrini, 2007b, pp. 110-115; Caritas e Migrantes, 20074 ). Il tasso di attività del totale tocca ben il 72.1%, quello degli uomini l’87.2% e quello delle donne il 57.1%; le tre percentuali sono notevolmente superiori a quelle della popolazione complessiva (+10.2%, +13.4% e +7.1%) ed evidenziano la tendenza consistente degli immigrati a offrirsi sul mercato del lavoro che però per le femmine costituisce 3 Per i criteri utilizzati, la rilevazione sulle forze di lavoro compiuta dall’ISTAT tende a sottosti- mare il numero dei lavoratori stranieri (Zanfrini, 2007). 4 I dati della Caritas riguardano la Rilevazione sulle forze di lavoro dell’ISTAT relativa all’anno 2006 (Caritas e Migrantes, 2007). 31 il risultato di comportamenti molto differenti nel senso che mentre le filippine pre- sentano una propensione pari al 90%, per le marocchine il dato si abbassa al 26% circa (cfr. Tav. 5). Tav. 5 - Tassi di attività, di occupazione e di disoccupazione degli stranieri e del totale della popolazione (1° trimestre 2007; per M/F e circoscrizione geografia; in %) Circoscrizioni Dati riferiti agli stranieri Dati nazionali geografiche M F Totale M F Totale Tassi di attività 15-64 anni Nord 89.1 56.1 73.2 78.2 59.1 68.8 Centro 86.4 61.5 73.4 74.9 54.7 64.7 Sud 78.4 53.3 64.6 67.6 36.0 51.7 Totale Italia 87.2 57.1 72.1 73.8 50.0 61.9 Tassi di occupazione 15-64 anni Nord 83.7 47.6 66.2 75.8 56.3 66.1 Centro 81.0 51.0 65.3 71.9 50.5 61.1 Sud 72.7 48.1 59.2 61.1 30.6 45.7 Totale Italia 81.8 48.5 65.1 69.9 46.0 57.9 Tassi di disoccupazione Nord 6.1 15.1 9.4 3.1 4.7 3.8 Centro 6.2 17.1 11.0 3.9 7.7 5.5 Sud 7.3 9.9 8.5 9.5 15.0 11.4 Totale Italia 6.2 15.0 9.7 5.3 8.0 6.4 Fonte: ISMU, 2007 A loro volta, gli occupati con cittadinanza non italiana assommano a 1.331.000 e il relativo tasso raggiunge la percentuale del 65.1% nel caso del totale, dell’81.8% dei maschi e del 48.5% delle femmine: si tratta di cifre senz’altro supe- riori a quelle della popolazione complessiva (+7.2%), degli uomini (+11.7%) e delle donne (+2.5%) (cfr. Tav. 5). Quanto alle occupate straniere, è necessario pro- cedere ad alcune distinzioni: nell’Italia settentrionale lo scarto tra il dato delle im- migrate e quello complessivo delle donne occupate risulta molto consistente e tocca -8.7%, mentre nel Sud il divario risulta a favore delle immigrate con ben +17.5%. Inoltre, i due terzi circa degli occupati (63%) risiede al Nord, appena più di un quarto (25.4%) al Centro e l’11.6% al Sud. Passando al livello di istruzione degli immigrati che lavorano, mi servirò dei dati della Caritas (Caritas e Migrantes, 2007, pp. 231-232) piuttosto che di quelli dell’Ismu (Zanfrini, 2007b, p. 112) perché mi sembrano più completi dei secondi, anche se si riferiscono solo al 2006. Il 40.4% può vantare un titolo universitario e l’11.1% uno di secondaria superiore per cui più del 50% possiede un’istruzione di livello superiore. La percentuale scende a più di un terzo (35.2%) per la secondaria inferiore e a poco meno del 15% (13.2%) nel caso delle elementari. Nel complesso si può dire che le differenze tra occupati stranieri ed occupati italiani, pur rilevanti, non risultano particolarmente consistenti. 32 I dati Caritas sui tipi di lavoro in cui sono impiegati gli stranieri mettono in ri- salto che nella misura di circa tre su quattro gli immigrati sono operai o esercitano un lavoro non qualificato (Caritas e Migrantes, 2007, pp. 232-233 e Zanfrini, 2007b). Tra i mestieri degli operai si segnalano quelli di carpentiere, di elettricista, di falegname, di camionista, di addetto alle macchine meccaniche, mentre nel per- sonale non qualificato si riscontrano soprattutto categorie come i collaboratori do- mestici, gli assistenti familiari, i braccianti agricoli, gli operai delle imprese di pu- lizia e i portantini dei servizi sanitari. Gli stranieri sono inseriti primariamente in un ventaglio di lavori da immigrati che si collocano negli scalini inferiori della gerar- chia e che presentano orari disagevoli e con ridotte possibilità di carriera. In se- condo luogo, il 20% quasi degli stranieri svolgono mestieri che si situano nell’am- bito della attività commerciali e dei servizi, come cuochi, camerieri, baristi, magaz- zinieri e commesse. Da ultimo appena il 10% può essere annoverato tra le profes- sioni qualificate, mentre nei Paesi europei la percentuale di tale categoria raggiunge il 40% del totale degli occupati. L’85% degli immigrati che sono occupati svolgono un lavoro subordinato; inoltre intorno al 13% è impiegato a tempo determinato e la cifra di coloro che usu- fruiscono di un contratto a termine si situa su percentuali non molto diverse da quelle che si riscontrano sul totale degli italiani. Un altro dato comparabile riguarda il lavoro a tempo pieno che coinvolge otto stranieri su dieci come anche si registra nel complesso degli occupati, mentre per il tempo parziale riguarda il 18% circa. Le percentuali si alzano nel Meridione sia riguardo al tempo determinato che al parziale. Discriminante è pure la variabile di genere nel senso che la quasi totalità dei maschi esercita un mestiere a tempo pieno, mentre tra le donne sono ben quattro su dieci a essere impegnate nel lavoro a tempo parziale. Passando alla ripartizione per comparti, l’agricoltura accoglie appena il 4% dell’occupazione straniera, anche se la percentuale si eleva al 13% quasi nel Sud con un impatto che è quasi doppio rispetto a quello riscontrato fra gli autoctoni. Se ci si sposta nell’industria, la cifra sale al 40% e qui si registrano 11 punti in più in confronto degli italiani. L’andamento opposto si riscontra nel terziario che presenta una percentuale inferiore a quella autoctona: più precisamente si tratta del 55% ri- spetto al 66%. Più preoccupante è la distribuzione interna a questo comparto nel senso che la partecipazione degli immigrati è molto ridotta nel terziario avanzata, mentre è molto ampia in altre direzione disertate dagli italiani come il settore dei servizi alle famiglie. Sempre nel terziario va osservato che una donna immigrata su due che sono occupate operano nei servizi domestici e di assistenza; inoltre, se la percentuale complessiva degli occupati nel commercio, nel settore alberghiero e nella ristorazione non è molto diversa nel confronto fra stranieri (intorno al 20%) e autoctoni, tuttavia non bisogna dimenticare che la prima si concentra quasi esclusi- vamente nelle attività manuali a bassa qualifica. Ritornando ora ai dati della rilevazione del 1° trimestre del 2007, un altro aspetto della situazione di disparità in cui si trovano gli immigrati riguarda i tassi di 33 disoccupazione che sono superiori tra gli stranieri sia nel totale (+3.3%), sia tra i maschi (+0.9%), ma soprattutto tra le femmine (+8.6%) (cfr. Tav. 5) (Zanfrini, 2007b, pp. 113-114). Riguardo all’ultimo gruppo citato va sottolineato che le donne immigrate si distinguono per un dato più elevato rispetto tanto alle italiane quanto agli uomini anch’essi immigrati. Venendo poi ai valori assoluti, la rilevazione di cui si è parlato sopra, mette in evidenza che sono 143.000 gli stranieri residenti in Italia in cerca di occupazione di cui ben 88.000 femmine, cifre che, oltre ad essere sottostimate secondo l’ISTAT, risultano in aumento rispetto al 2006. In proposito il rapporto Ismu osserva che il dato è consistente e dovrebbe far riflettere tutti coloro che chiedono un ampliamento delle quote ammesse (Zanfrini, 2007b). Non possediamo informazioni esaustive a livello nazionale sugli stranieri che sono lavoratori irregolari e l’ISMU, nel tentativo di offrire qualche indicazione precisa in proposito, si serve dei dati della regione Lombardia che sarebbero stati- sticamente affidabili (Zanfrini, 2007b, pp. 114-115; Idos-Punto nazionale di con- tatto dell’EMN, 2005). In sintesi si può dire che tre irregolari/clandestini su quattro lavorano in modo irregolare alle dipendenze, il 15% è disoccupato e la percentuale degli inattivi è molto ridotta e ciò sta a dimostrare che l’entrata nel nostro Paese è dettata soprattutto dall’attesa di reperire una qualche forma di occupazione; sette stranieri occupati irregolarmente su dieci risultano irregolari/clandestini a riprova che il lavoro nero tende a relazionarsi sempre più frequentemente a una situazione di irregolarità sul piano del soggiorno; invece, la percentuale del lavoro irregolare scende ad appena l’8% tra quanti possono contare su di un permesso di soggiorno e in questa stessa direzione va sottolineato che gli stranieri in possesso di carta di soggiorno e i naturalizzati presentano una percentuale di lavoratori in proprio che è il triplo di quella degli immigrati regolari. Pertanto, si può concludere che non- ostante la stabilizzazione occupazionale in atto, l’economia sommersa mantiene an- cora una forza attrattiva molto rilevante di nuova immigrazione irregolare e che una politica di contrasto della immigrazione irregolare è destinata al fallimento se si fonda soltanto sui controlli ai confini e sulla imposizione di condizioni rigide ai datori di lavoro, mentre si dovrebbe puntare soprattutto sulla lotta all’economia sommersa e al lavoro nero. Per sfatare pregiudizi e luoghi comuni, una parola va anche spesa circa l’ap- porto dei lavoratori stranieri alla produzione di ricchezza nel nostro Paese. Il contri- buto alla creazione di valore aggiunto è stato stimato intorno all’8.8% e la cifra si eleva oltre il 10% nelle Regioni in cui si concentra maggiormente la presenza degli stranieri (Zanfrini, 2007b, pp. 121-124). In proposito si può anche richiamare il fe- nomeno della esplosione della imprenditorialità tra gli immigrati per cui il numero dei titolari di impresa che provengono dall’estero sono raddoppiati tra il 2000 e il 2005 e sono cresciuti da 200.000 del 2005 ai 230.000 del 2006; tra l’altro questa crescita ha permesso alle microimprese di restare competitive in Italia. Sul lato ne- gativo, va osservato che le imprese degli immigrati risultano sovrarappresentate in quei comparti che sono stati gradualmente abbandonati dagli operatori autoctoni a 34 riprova che anche in questo ambito è in corso un processo di etnicizzazione delle attività sulla falsariga di quanto avviene più ampiamente nel lavoro dipendente. Entro questo quadro di dati, appare con sempre maggiore evidenza che il la- voro degli stranieri ha assunto in Italia due ruoli importanti: uno sostitutivo che co- stituisce una risposta al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione originaria del Paese; e un altro complementare che contribuisce al superamento degli scarti tra domanda ed offerta. Al tempo stesso non mancano forme di discriminazione che non si limitano alla concentrazione degli stranieri nei lavori da immigrati, ma che comprendono anche: “Basse retribuzioni (il salario medio mensile è pari a 785 euro), sottoinquadramento in rapporto al livello di professionalità e alla stessa tipo- logia delle mansioni svolte, irregolarità contributive, utilizzo improprio dei con- tratti atipici, mancata corresponsione di parte del salario pattuito, sistematica asse- gnazione dei compiti più gravosi e/o pericolosi […]” (Zanfrini, 2007b, p. 125). Per una valutazione più completa di tale situazione va detto che essa non è esclusiva solo dell’Italia, ma la si riscontra diffusa sul piano europeo e internazionale. Quanto al nostro Paese, essa può essere ricondotta alla debolezza dell’offerta, ai pregiudizi e all’attitudine discriminatoria dei datori di lavoro e anche a carenze ri- scontrabili nella stessa legislazione. Riguardo all’aspetto normativo, gli studiosi hanno puntato le loro critiche so- prattutto sui permessi di soggiorno di breve durata – in particolare se vincolano il lavoratore a un comparto specifico o a un datore di lavoro determinato – e sul con- tratto di soggiorno per la rigidità che introduce nel governo del lavoro immigrato e nel legame stretto che esso stabilisce tra il diritto al soggiorno e l’obbligo di dimo- strare di avere un lavoro, che pone gli immigrati in una situazione di particolare de- bolezza di fronte alla richieste dei datori di lavoro (Scevi, 2006; Coco, 2006). Per- tanto, come si è ricordato nella prima parte di questo capitolo, il recente disegno di legge Amato-Ferrero ha previsto l’abolizione del contratto di soggiorno e un allun- gamento della durata dei permessi anche per quanti sono alla ricerca di un lavoro. Inoltre, tale normativa ha introdotto una serie di provvedimenti mirati a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro immigrato, adottando una programma- zione triennale, forme semplificate per l’entrata di personale destinato al lavoro di cura e meccanismi di sponsorizzazione che intervengono sulla rigidità del rapporto tra ingresso e posto di lavoro al fine di renderlo più flessibile; in questa maniera si dovrebbe ovviare all’insuccesso del sistema delle quote annuali. Tra le problematiche importanti che andrebbero affrontate dal futuro governo va sottolineata l’esigenza di trovare riguardo al lavoro nei servizi domestici e di cura un equilibrio corretto tra i bisogni delle famiglie, i diritti dei lavoratori, la qua- lità delle prestazione e il contrasto al lavoro nero e all’evasione fiscale. Sarebbe op- portuno anche elaborare strategie che permettessero di superare le situazioni di dif- ficoltà occupazionale che colpiscono settori rilevanti dell’offerta di lavoro di natura autoctona e anche di quella immigrata già presente, prevedendo tra l’altro misure che facilitino il loro inserimento o reinserimento professionale. Si dovrà cercare di 35 combattere con interventi adeguati la tendenza ad utilizzare gli immigrati in attività logoranti e in comparti destinnati al declino; in una ottica più vasta, non si può con- tinuare ad incoraggiare l’entrata degli stranieri, interessati a sistemarsi definitiva- mente nel nostro Paese, senza cercare di offrire adeguate prospettive di mobilità professionale nel quadro di un impegno ad assicurare loro una vita umanamente degna. Maggiore attenzione sul piano delle misure concrete dovrebbe essere dato al problema della disoccupazione che, per effetto della stabilizzazione della presenza straniera e della crescita dei ricongiungimenti familiari, sta aumentando anche tra i lavoratori stranieri. Andrebbe inoltre ridotto l’eccesso di potere che è stato attri- buito ai datori di lavoro sulle decisioni da prendere riguardo alle persone concrete, alle categorie e alle condizioni per gli ingressi nel territorio nazionale. Rimane es- senziale l’esigenza di un’azione capillare di contrasto all’economia sommersa che costituisce un prerequisito per il successo degli altri provvedimenti. 2.4. Le politiche della cittadinanza Se è vero che, come tra l’altro lo dimostrano i dati analizzati nella precedente sottosezione, l’Italia è divenuto uno dei poli principali di destinazione dei flussi mi- gratori, in altre parole si à trasformato in un grande Paese di immigrazione, al tempo stesso va osservato con rammarico che essa continua a presentarsi come una nazione di emigranti per quanto riguarda il tema della cittadinanza; infatti, tale lo- gica ispira fondamentalmente la legge n.91/92 che è il caposaldo della nostra nor- mativa (Caritas e Migrantes, 2007). La cittadinanza può essere ottenuta primaria- mente secondo due modalità: sposando un cittadino italiano oppure risiedendo in maniera continuativa in Italia per un determinato periodo di anni. Riguardo alla prima strada va osservato che sono sufficienti sei mesi di residenza nel nostro Paese a partire dalla data delle nozze; la seconda si distingue per condizioni più se- vere come dieci anni di residenza (quattro per i Paesi dell’UE) e la prova della dis- ponibilità di un reddito adeguato. A loro volta i figli degli immigrati nati in Italia possono ottenere la cittadinanza se siano stati registrati tempestivamente all’atto di nascita e se abbiano risieduto nel nostro Paese legalmente e ininterrottamente sino alla maggiore età. Un primo limite di questa legislazione viene messo in evidenza proprio dai dati sulle concessioni e i respingimenti di cittadinanza (Caritas e Migrantes, 2007, pp. 114 e 116-118). Infatti, anche se tra il 1991 e il 2005 si è registrata una crescita consistente da poco più di 3.500 casi ai 19.226 del 2005, tuttavia l’ultima cifra sta a testimoniare il carattere abbastanza marginale del fenomeno come emerge chiara- mente dalla percentuale sulla popolazione straniera residente: solo lo 0.6%. Altre carenze emergono da un esame più dettagliato dei dati, in questo caso riferiti unica- mente al decennio 1995-05. Nel periodo considerato sono state inoltrate 213.047 domande per il conseguimento della cittadinanza e l’accoglimento si è avuto per 125.335, pari al 60% circa (58.8%) che però ha riguardato nella gran maggioranza dei casi le richieste avanzate per avvenuto matrimonio: più precisamente, delle do- 36 mande presentate per questa ragione è stato accettato il 70% quasi (68.3%) e di quelle per residenza poco più di un terzo (34.6%). “Appare, anzitutto, lampante una certa disparità di trattamento: valgono più sei mesi di matrimonio con un italiano che anni e anni di regolare residenza e lavoro, con relativo pagamento di tasse e versamento di contributi previdenziali” (Caritas e Migrantes, 2007, 119). Un altro motivo molto importante per cambiare le modalità di acquisizioni della cittadinanza in Italia va ricercato nella condizione dei minori di origine stra- niera che potrebbero rappresentare una opportunità molto significativa da valoriz- zare ai fini dello sviluppo dell’Italia, ma che al tempo stesso si potrebbero trasfor- mare in un serio pericolo se il loro senso di appartenenza al Paese dovesse trovare degli impedimenti ad essere riconosciuto alla pari con quello dei loro coetanei au- toctoni. I minori con cittadinanza non italiana “erano 665.625 al 31 dicembre 2006, di cui quasi 400.000 nati in Italia. Studiano nelle nostre scuole, frequentano le no- stre parrocchie e gli annessi oratori; condividono con i bambini e i ragazzi della loro età gli impegni, i desideri, i problemi, i sogni, le mode e le angosce di una cit- tadinanza in formazione; parlano l’italiano meglio della lingua del paese di origine, che in molti casi nemmeno conoscono; e l’Italia è l’unico paese nel quale possono identificarsi, a condizione che non ne siano tenuti ai margini. Corrisponde dunque al comune interesse di tutti che la loro appartenenza di fatto alla comunità nazio- nale sia rafforzata e confermata dal riconoscimento pieno e formale della cittadi- nanza” (Caritas e Migrantes, 2007, 119-120; Zanfrini, 2007a). In aggiunta, la riforma del dispositivo sulla concessione della cittadinanza per- metterebbe al nostro Paese di seguire gli orientamenti che caratterizzano la legisla- zione nelle altre grandi nazioni europee meta di immigrazioni, come la Francia, la Germania e l’Inghilterra, al tempo stesso impegnandosi a migliorarli in vista di un vita umanamente degna degli stranieri e della promozione del bene comune della nostra società civile (Cellamare, 2006). Sarebbe anche una grande occasione per realizzare al pieno i valori fondamentali della nostra Costituzione secondo la quale la Repubblica si basa non tanto su un legame di sangue quanto sul lavoro di chi vi risiede stabilmente e contribuisce alla sua crescita. Ai fini del superamento della normativa attuale che non sembra in grado di soddisfare adeguatamente i bisogni di cittadinanza che provengono da una società di stabile e spesso definitiva immigrazione, potrebbero rappresentare una buona base di lavoro per la futura legislatura i principi del recente testo unificato di di- ciannove proposte di legge, predisposto dalla Commissione Affari Costituzionali (Caritas e Migrantes, 2007; Giulia, 2007). Pertanto, dovrà essere prevista l’ado- zione del principio dello “jus soli”, però in forma attenuata nel senso che non sarà sufficiente la nascita in Italia, ma si richiederà o la residenza regolare di almeno uno dei genitori da non meno di quattro anni o la nascita di almeno uno dei genitori in Italia e la residenza regolare alla nascita del figlio da almeno un anno. Un altro principio da introdurre è quello dello “jus domicilii” per cui l’ottenimento della cit- tadinanza dovrebbe aver luogo in seguito all’inserimento prolungato e positivo nel 37 nostro Paese fin dalla minore età. Sempre per naturalizzazione la cittadinanza sarà concessa: allo straniero che risiede in Italia da almeno cinque anni (e non dagli at- tuali dieci), in possesso di un reddito annuo non inferiore a quello richiesto per ot- tenere il permesso di soggiorno; al cittadino comunitario residente legalmente da almeno tre anni; al rifugiato politico e all’apolide. In tutti i casi di naturalizzazione verrebbe richiesto un buon livello di conoscenza della lingua, della cultura e della storia italiana e dei principi fondamentali della legalità costituzionale. Dovrebbero invece essere previste delle restrizioni per il caso del matrimonio per evitare i ma- trimoni di comodo o di convenienza che, oltre a sollevare gravi questioni morali, costituiscono occasione per un vero e proprio mercato. La speranza è che le nuove norme facciano uscire gli stranieri dalla condizione di “eterni migranti”. Affinché possano divenire agenti attivi dello sviluppo del no- stro Paese e portare alla nostra società il contributo di energie nuove, è necessario e urgente che si inseriscano nella nostra società come cittadini alla pari con gli ita- liani di origine. 39 Capitolo 2 Adolescenti di origine migratoria: il contributo dei sistemi formativi alla costruzione dell’identità e al processo di integrazione Antonia SANTOS FERMINO1 PREMESSA: “CHE CI FA QUI?” - “CHE CI FACCIO QUI?” La prima domanda, “Che ci fa qui?”, è quella che in genere si pongono un po’ tutti coloro che si trovano a dover condividere il proprio spazio con altri individui non sempre “riconosciuti” nella diversità di cui sono portatori, e che in questo studio vanno individuati negli adolescenti/giovani di origine migratoria2. Domanda che a sua volta all’interno dei sistemi formativi si pongono talora sia gli inse- gnanti/formatori che i compagni di classe autoctoni, e che può essere decodificata nei seguenti termini: “Che ci sta a fare tra i banchi di scuola questo immigrato e non se ne sta invece al suo Paese”? In realtà è proprio questo “perché sto qui?” che scandisce la vita di ogni immi- grato, nel suo perenne altalenarsi tra il “qui” e il “là”, tra lo “stare-qui” con il corpo e “stare-là” con la mente, tra il “vicino” e il “lontano”, tra processi di “in”-cultura- zione e di “a”-cculturazione, tra l’essere fatto carico di una “e” (-migrante) quando se ne va via e di una “i” (-mmigrato) quando è nel nuovo Paese, al punto che “emi- grante” ed “immigrato” diventano due entità nella stessa persona. Un perché, quindi, che l’immigrato si pone egli stesso prima ancora che lo fac- ciano quei “vicini”-autoctoni con cui convive quotidianamente, e che forse non avrà mai una risposta definitiva. Quando poi questo immigrato è un adolescente che “occupa un preciso spazio” tra i banchi di scuola, all’interrogativo “che ci fa qui?” la risposta si fa ancor più complessa, dal momento che vi potrebbero essere anche buone probabilità che co- stui sia a tutti gli effetti cittadino dello “stesso Paese” dei suoi compagni di banco autoctoni. E allora rimane difficile stabilire a quale Paese lo si vorrebbe rispedire. 1 Questo capitolo è composto da alcune parti di una pubblicazione della stessa autrice: Identità trans-culturali. Insieme nello spazio transizionale, Tirrenia (Pisa), ed. Del Cerro, 2008. 2 Sotto questo termine vengono considerati sia gli adolescenti nati nel Paese di origine dei geni- tori e successivamente emigrati per ricongiungimento familiare, sia coloro che sono nati nel Paese di arrivo dei genitori. 40 I figli degli immigrati seppure presentino “radici” e tratti di personalità che at- testano della loro provenienza dall’“altrove”, in realtà sono ormai diventati a tutti gli effetti i “nuovi autoctoni”, indipendentemente dal fatto di essere nati o no nel Paese di immigrazione; nel senso che sono uguali ai loro coetanei autoctoni nel ve- stire nello stesso modo, nell’amare le stesse musiche, nel seguire le stesse mode, nell’appassionarsi agli stessi idoli, nell’assumere gli stessi atteggiamenti, nell’avere a che fare con le stesse problematiche fatte di incertezze e di paure nel coltivare le speranze per il futuro. E tuttavia spesso la società continua a considerarli ancora degli “stranieri”. Il problema di fondo quindi è un altro e fa capo al presupposto che occorre an- zitutto imparare a spazzar via lo stereotipato sospetto di uno spazio occupato abusi- vamente dal compagno di banco che è un “diverso”, per “riconoscerlo” nel suo farsi portatore di una domanda formativa. Per cui la stessa presenza tra i banchi di scuola di un compagno di origine migratoria andrebbe letta anzitutto non solo per farsi portatore di una diversa cultura, etnia, religione, lingua, tratti somatici e colore della pelle…, ma in quanto attraverso questa domanda personifica un diritto uni- versale all’educazione. È un dato di fatto che l’adolescente di origine migratoria con cui occorre sempre più abituarsi a condividere lo spazio formativo rappresenta comunque il concretizzarsi di un “progetto” di realizzazione di sé, operato in prima persona o prodotto di scelte che vengono da lontano nel tempo e nello spazio, per cui oltre a “riconoscere” e a rispettare la sua presenza bisogna anche farsi trovare preparati ad “aggiungere un posto a tavola” a chi ha scelto proprio questo “spazio transizionale” come luogo di realizzazione di sé. 1. ADOLESCENTI NEI/DEI PROCESSI MIGRATORI: FATTORI PROTETTIVI DELL’IDEN- TITÀ ETNICA In un’epoca caratterizzata da traiettorie migratorie sempre più intenzionate a ricercare “altrove” il proprio “ben-essere/bene-stare” è indispensabile che le intera- zioni avvengano all’insegna di processi che permettono di stare “Insieme nella di- versità”, come sollecita appunto lo slogan dell’Anno Europeo 2008, dedicato al dialogo interculturale. Una reale integrazione tra culture e appartenenze plurime tuttavia si potrà veri- ficare soltanto se si darà la possibilità a ognuno di fare un proprio percorso alla scoperta di “chi sono io” e “da dove vengo”, sapendo poi “autocollocarsi” in rap- porto costruttivo in relazione a tutti quei “diversi” con cui sta facendo “un viaggio insieme”. Questo compito di lavorare alla costruzione di una propria identità, ricucendo l’unità del sé e sapendo integrare al tempo stesso la propria “etnicità” con la “mul- ticulturalità” delle proposte, oggi spetta in particolare ai figli di immigrati della se- 41 conda generazione, ossia a coloro che, proprio per trovarsi nel periodo prettamente deputato alla costruzione del sé ed essendo stati coinvolti nei processi migratori non sempre per propria scelta, hanno bisogno di essere adeguatamente preparati ad assolvere i compiti di sviluppo in un equilibrato rapporto tra un sé-etnico ereditato ed un sé-sociale prodotto della “coabitazione”, convivenza, interazione, condivi- sione dello spazio con i “molti-sé” delle culture plurime. Tutto questo richiede di partire anzitutto da uno studio sul significato del mi- grare e di quei fattori protettivi che contribuiscono a costruire l’identità etnica negli adolescenti di origine migratoria, per passare poi ad analizzare come i sistemi for- mativi possono dare anche loro un contributo in tal senso. 1.1. Il “mito di Ulisse”, ovvero il significato del migrare alla ricerca di una “terza sponda” Per comprendere le difficoltà che gli adolescenti immigrati incontrano nell’au- tocollocarsi nel nuovo contesto è importante capire come essi definiscono se stessi in base alla propria appartenenza etnica. Un contributo significativo a questo ri- guardo viene dal fare riferimento al “mito di Ulisse”. Come riportato nello studio di Mancini (1999, 146), esso è un chiaro esempio che aiuta a capire quali sono le reali difficoltà che gli adolescenti incontrano nel collocarsi nel Paese di arrivo dei geni- tori. Sentirsi “non riconosciuti” in un Paese straniero, stare in esilio rappresenta il dramma di chi vive in prima persona lo sradicamento e la crisi d’identità che si porta dietro chi sta nei processi migratori. Questa disintegrazione dei legami affet- tivi e sociali ostacola il sentimento di appartenenza accentuando quello di non-ap- partenenza. Una condizione che il più delle volte è all’origine di stati di disorganiz- zazione psichica in cui prendono il sopravvento angosce, sensi di abbandono, paura di essere sopraffatti da un’altra cultura, con il rischio della depersonalizzazione. Si- tuazioni che alcuni autori (Algini-Lugones, 1999, 25) hanno tradotto nelle seguenti espressioni: “Che ci faccio qui? Qui io non sono nessuno”, oppure “Mi sento fuori posto” o “Chi sono io? Mi sento perso”. Emigrare vuol dire infatti abbandonare la “sponda dove si è nati” per andare su “un’altra sponda”. Per capire meglio il perché di questa tendenza a traghettare tra sponde diverse viene ancora in aiuto il mito di Ulisse, in quanto il mare rappresenta un elemento catalizzatore del desiderio di partire, di sapere “cosa ci sta” al di là dell’orizzonte, sull’altra sponda. Come tale, quindi, il mare mentre fa da catapulta all’impulso del migrare al tempo stesso diviene anche elemento di congiunzione tra terre lontane: è causa dell’isolamento, e perciò invita ad uscire dalla terra-madre per andare sull’altra sponda, ma al tempo stesso è sempre il mare che fa da legame, a chi in diaspora, avverte un irresistibile bisogno di ritornare nella terra-madre. Tutto questo porta a “sognare” chi rimane, di poter emigrare, così da superare il dramma della fame, malattie, povertà, guerre; e, chi sta nell’emigrazione, di poter ritornare nella propria terra. Come su un tavolo da ping-pong, questo rimbalzare del “sogno migratorio” tra le due sponde porta ad un permanente stato di disso- 42 nanza emozionale: “dover partire e voler ritornare”, “voler rimanere e dover par- tire”. Se questo vale per chi ha fatto in prima persona la scelta del migrare, per l’a- dolescente della seconda generazione tuttavia queste due sponde tra il Paese d’ori- gine e quella d’accoglienza non sono più sufficienti, occorre che si interponga un terzo spazio che gli permette di separare e unire al tempo stesso le altre due, così da permettergli di conquistare una propria identità e quindi anche il senso di apparte- nenza. È questa invisibile e tutta da elaborare “terza sponda” che permetterà anzi- tutto all’adolescente di superare l’angoscia del “che ci faccio qui?” e quindi di tro- vare poi una “propria” collocazione all’interno di quello spazio transizionale, inter- medio/interstiziale che offre a valori tra loro differenziati la possibilità di incon- trarsi, di integrarsi e di essere condivisi, contribuendo così in maniera determinante alla costruzione della sua identità. 1.1.1. Lo spazio transizionale come approdo alla “terza sponda” Algini-Lugones (1999, 29ss.) hanno affrontato il concetto di spazio transizio- nale sviluppato da Winnicott (1974, 23), il quale lo definisce come un “luogo” di esperienza e contemporaneamente un processo psichico, tra soggetto e oggetto per- cepito, tra dentro e fuori, e che al tempo stesso non è del tutto né l’uno né l’altro; rappresenta il luogo d’incontro tra un’esperienza interna soggettiva e una oggettiva, esterna e, come tale, è in grado di mettere in rapporto spazi tra loro eterogenei. In altri termini, lo spazio transizionale fa parte di un’esperienza umana condivisa: tutti noi infatti passiamo la vita a fare dei passaggi, dalla nascita alla morte, ad attraver- sare delle frontiere tra paesi e tra lingue, a spostarsi, a migrare. È chiaro quindi che questo spazio transizionale rappresenta quell’auspicata “terza sponda” su cui dovranno approdare gli adolescenti di origine migratoria, e di cui non è possibile tratteggiarne i contorni proprio perché “transizionale”, ossia in quanto prodotto di transizioni tra culture e valori etnici tra loro differenziati, la cui condivisione porterà gli adolescenti a darsi “quelle identità” meticce, trans-culturali che nell’attuale momento storico non si possono prevedere. Uno spazio in cui i conflitti di appartenenza dovuti al divario culturale presente nei processi di accultu- razione possono essere affrontati al fine di trovare quegli elementi interstiziali che accomunano e/o legano tra loro più parti/componenti: cultura d’origine e cultura d’accoglienza, modernità e tradizione, lingua materna e lingua sociale, processi psichici intra e interpersonali. Per cui il problema non starà nella difesa dell’uno o dell’altro valore ma l’o- biettivo sarà quello di permettere a tanti “mondi diversi” di darsi uno “spazio” entro cui le inevitabili differenze possano convivere, “riconoscersi” ed esprimersi con tutte le proprie caratteristiche e potenzialità, avendo come comun denomina- tore l’obiettivo del reciproco arricchimento. Uno spazio che mentre ammette la plu- ralità del “noi” al tempo stesso facilita il passaggio e la comunicazione aperta, senza discriminazione, da un “noi” a un altro, accomunati dal fatto che il signifi- 43 cato del “migrare” sta sempre all’origine dell’incontro con l’altro, chiunque sia nella sua condizione di diverso. Nel come riuscire a realizzare questo “spazio”, nel come arrivare a definire quella “terza sponda” verso la quale ci stiamo dirigendo consisterà perciò la sfida a cui tutti noi, nell’era della globalizzazione caratterizzata da traiettorie migratorie sempre più intenzionate a ricercare “altrove” il proprio “ben-essere/bene-stare”, siamo chiamati a confrontarsi. Algini-Lugones (1999, 27ss.) sostengono che in un’epoca in cui l’identità va- cilla a causa di culture in continua trasformazione, l’eredità culturale di cui parla a Winnicott non basta di per sé per assicurare la continuità. Essi interpretano quindi questo “terzo spazio” come il prolungamento dello spazio potenziale tra individuo e ambiente, uno spazio intermedio/interstiziale in funzione del rapporto che inter- corre tra “io” e “non-io”, tra i due mondi, tra l’interno (il gruppo di appartenenza) e l’esterno (il gruppo di ricezione), tra passato e futuro3. Gli adolescenti di origine migratoria hanno bisogno perciò proprio di questo spazio intermedio o, tornando alla metafora, di una “terza sponda” che, se adegua- tamente accompagnati, permetterebbe loro di elaborare la crisi aiutandoli a stac- carsi dalla “sponda originaria” senza tuttavia rinnegarne i valori, e a vivere senza sensi di colpa l’”altra sponda”, quella del Paese dove investono il loro futuro. Si tratta in altre parole di offrire loro la possibilità di giocare tra le due sponde in modo che possano arrivare ad elaborarne una terza investendovi le proprie energie/risorse e liberando le proprie capacità creative. 1.1.2. L’integrazione tra codici comunicativi nell’esperienza migratoria Chi emigra deve affrontare una terra straniera, quindi è costretto a compiere un viaggio all’interno del proprio mondo psichico verso luoghi e stati della mente che richiedono di essere abbandonati o, come nel caso degli adolescenti, di attraversare momenti di passaggio e di ri-strutturazione del sé. Camilletti-Castelnuovo (1994, 47) sostengono che l’esperienza migratoria negli adolescenti spesso risente inevitabilmente delle condizioni problematiche ed esistenziali che derivano dall’uso di codici e linguaggi diversi e che quindi possono alterare profondamente i processi di comunicazione tra le persone, al punto da comportare possibili danni alla costruzione dell’identità. A questo riguardo l’esperienza migratoria negli/degli adolescenti rappresenta uno degli eventi più disturbanti nei processi relazionali. La produzione di codici comunicativi dell’immigrato va considerata in stretta relazione ai processi sui quali poggia la formazione dell’identità individuale e sociale; essa si evolve e si sviluppa dinamicamente mediante la relazione e lo scambio tra la persona e l’ambiente cir- 3 Winnicott (1974, 23) ha sviluppato il concetto di spazio transizionale quale spazio tra soggetto e oggetto percepito, tra dentro e fuori, e che non è del tutto né l’uno né l’altro, ma luogo dove si svolge comunque un’esperienza interna soggettiva. 44 costante. Questo complesso processo può realizzarsi solo quando si danno condi- zioni ottimali tali da permettere agli adolescenti di realizzare la crescita delle ri- sorse interne; viceversa, quando queste condizioni non si danno si provocano inevi- tabilmente dei disturbi lungo il processo di acquisizione dell’identità. Questo spazio simbolico è la sintesi di un delicato equilibrio nella crescita del- l’individuo, in quanto permette all’adolescente di trovare i suoi valori culturali; ma quando nell’esperienza migratoria esso viene ad essere alterato si provocano lace- ranti fratture di distacco e separazione, accompagnate spesso da un senso di preca- rietà nei confronti dei nuovi spazi ove inserirsi. Tutto ciò produce notevoli diffi- coltà nel vissuto profondo degli adolescenti, i quali in questa fascia d’età investono essenzialmente nella sfera delle emozioni esperienziali di appartenenza. La condizione di immigrazione e le difficoltà nel ritrovare elementi analogici spesso sono all’origine dell’incapacità che manifesta l’adolescente di origine migra- toria di tradurre segni e simboli elaborandoli poi in nuovi significati, con conse- guente difficoltà di adattamento verso il nuovo Paese; inoltre questi atteggiamenti gli vengono talvolta trasmessi inconsciamente dai genitori all’interno del nucleo fa- miliare, provocando ulteriori disagi comunicativi. Le difficoltà si verificano in parti- colare quando chi nasce nel Paese di arrivo dei genitori non viene sufficientemente avviato all’apprendimento e all’uso della lingua materna o paterna. La perdita o la parziale acquisizione di uno strumento così importante quale è appunto il linguag- gio per la trasmissione dei significati contribuisce in gran parte alla chiusura reale e metaforica dell’adolescente, provocando un disorientamento che, per essere com- pensato, richiede spesso di essere esternato mediante altri canali comunicativi, tra i quali la corporeità viene a costituire un fattore simbolico altamente espressivo. Queste profonde e paradossali contraddizioni non portano l’adolescente immi- grato ad essere né simile agli autoctoni né ai genitori; e non sono neppure supera- bili mediante la competenza formale della lingua del Paese d’accoglienza, in quanto questa da sola non assicura la possibilità di padroneggiare le funzioni comu- nicative legate all’espressione dei vissuti affettivi e mentali di chi li ha sperimentati nella cultura di origine. Tutto questo può provocare nell’adolescente di origine mi- gratoria durante la fase evolutiva non poche situazioni conflittuali, che possono ar- rivare a mettere a rischio la costruzione stessa della propria identità e a compromet- tere di conseguenza il ruolo da svolgere nella vita sociale/attiva. 1.2. Il conflitto di ruolo nei processi migratori alla ricerca di una propria identità Grinberg e Grinberg (1990, 137) definiscono il sentimento d’identità negli im- migrati come il risultato di un processo di interazione continua tra tre dimensioni tra loro strettamente connesse: spaziale, temporale e sociale. L’immigrato infatti nei primi periodi di permanenza nel Paese d’accoglienza sperimenta in genere stati di disorganizzazione più o meno profondi che quasi sem- pre provocano ansie primitive come la paura di essere “divorati” o di essere “fatti a 45 pezzi” dalla cultura locale, situazione che ovviamente mette l’individuo in un stato di disagio. Nel Paese di arrivo l’immigrante non ha più i ruoli e le funzioni che oc- cupava nella terra madre; di fatto egli ha perso molto: gli amici, la casa, la lingua materna, tutto il suo mondo circostante. Contemporaneamente nel nuovo Paese non è ancora riuscito a costruire radici, legami affidabili e duraturi. La rottura dovuta al- l’immigrazione mette dolorosamente in causa la continuità del sé, l’organizzazione del proprio processo di identificazione e dei propri ideali, la coerenza nel proprio modo di pensare e di agire, l’affidabilità dei legami di appartenenza a un gruppo et- nico, l’efficacia del codice di riferimento etico-culturale. Tutto questo ostacola il sentimento di appartenenza e accentua quello di non appartenenza. Questi vissuti che l’adolescente immigrato sperimenta e affronta possono deri- vare dal conflitto tra il desiderio di confondersi con gli altri per non sentirsi “di- verso” (ciò che provoca stati/momenti confusionali), oppure momenti di deperso- nalizzazione (non sentirsi più se stesso). In particolare chi si trova in tale situazione spesso è portato a chiedersi: “dove sono?”, “cosa sto facendo qui?”. In questi disagi il vincolo spaziale corrisponde al sentimento di individuazione (la relazione tra le varie parti del sé); invece nel vincolo temporale ossia nella rappresentazione di sé nel tempo il disagio si può manifestare per la confusione tra i ricordi e la si- tuazione che si sta vivendo. Ancora Grinberg e Grinberg (1990, 138) affermano che quegli adolescenti che per un periodo significativo della propria vita sono cresciuti nel Paese di origine, per non sentirsi abbandonati hanno bisogno di portare con sé degli oggetti familiari affettivamente significativi, conservando così una continuità con il passato. Tali “oggetti” hanno la funzione di consolidare le tre dimensioni (spaziale, temporale, sociale) che fanno capo al proprio sentimento di identità, contrapponendole alla di- versità che trovano negli autoctoni. Indipendentemente dal fatto che tali oggetti siano indispensabili per riaffermare il sentimento di identità, essi tuttavia compor- tano il pericolo di impedire l’assimilazione del “nuovo”, lasciando così l’immigrato ancorato al passato. Ma il sentimento di identità che negli adolescenti viene colpito in modo più rilevante è quello rappresentato dal vincolo sociale, in quanto rappre- senta la relazione che intercorre tra sé e gli altri; nel caso dell’adolescente immi- grato, infatti, i cambiamenti maggiori avvengono in relazione all’ambiente circo- stante in cui tutto è nuovo, tutto o quasi tutto è sconosciuto; di conseguenza, “an- dare” o “vivere” in un nuovo Paese/ambiente dove non si conosce nessuno e dove non si appartiene ad alcun gruppo non può che provocare una condizione destabi- lizzante. 1.2.1. Alla ricerca di se stessi tra più mondi culturali Proprio a questo riguardo Demetrio-Favaro (1992, 55ss.) hanno affrontato la questione dell’identità tra gli adolescenti immigrati chiedendosi cosa significa co- struire un’identità in un contesto sociale che non è quello di origine, in un am- biente dove si realizza l’incontro-scontro tra culture spesso contrapposte. Essi 46 hanno quindi cercato di rispondere a questo interrogativo prendendo in considera- zione le diverse problematiche legate all’attuarsi di questo processo. 1) Significa anzitutto vivere questo processo in mancanza di forti modelli di iden- tificazione. In via generale, infatti, il modello identitario familiare risulta de- bole, rappresenta valori e tradizioni diversi da quelli della cultura dominante, che per di più occupano una posizione marginale nel nuovo contesto di inseri- mento. Spesso il minore di origine migratoria è portato a svalutare le figure ge- nitoriali e la propria origine; al tempo stesso la cultura autoctona, che certa- mente esercita una forte attrattiva sul ragazzo, non è in grado di colmare del tutto il suo bisogno di identificazione e di certezze poiché può rivelarsi ostile o semplicemente poco conosciuta. 2) Significa poi vivere questo processo in modo decisamente differente dal gruppo dei pari autoctoni, dal momento che i cambiamenti somatici, psichici e sociali so- no in qualche modo marcati etnicamente e culturalmente. Ciò che rende ulterior- mente difficile questa fase di crescita per i minori immigrati è le concomitanza tra la “crisi” adolescenziale e il processo di elaborazione dell’esperienza migra- toria dovuta al contemporaneo senso di appartenenza a più mondi. L’impatto con la nuova realtà e con i relativi valori e codici comportamentali e sociali trova in- fatti i minori immigrati quasi sempre impreparati, se messi a confronto con i co- etanei autoctoni. Tutto questo provoca una condizione conflittuale profonda di ti- po culturale che s’innesca su un vissuto psicologico fatto già di abbandoni e di estraneità rispetto ai differenti contesti socio-culturali sperimentati lungo la fase della crescita evolutiva. L’adolescente vive così in una posizione di debolezza e di vulnerabilità: una personalità ancora in costruzione unitamente ad una cultura d’origine che non è né radicata né assimilata lo rendono privo di quelle difese per- sonali e culturali che in via generale permettono di affrontare il mutamento cultu- rale senza particolari traumi e alterazioni dell’identità individuale. Ne consegue che nella maggior parte dei casi questi adolescenti rimangono nell’impossibilità di padroneggiare la nuova realtà e l’esperienza che stanno vivendo, condizionati da una serie di ostacoli a livello socio-culturale oppure, qualora si schierino dalla parte dalla cultura dominante, aderendovi mediante adeguamenti acritici e mec- canismi di mantenimento. Ne deriva così una posizione personale e culturale con- fusa, in bilico tra due culture, senza che né l’una né l’altra contribuiscano effica- cemente alla costruzione di una propria identità e, quindi, della personalità. 3) Significa inoltre affrontare la crisi adolescenziale con pochi o nessun aiuto esterno, data la difficoltà a comunicare i propri disagi e le proprie difficoltà sia in famiglia che nel gruppo dei pari e con gli adulti di riferimento, in genere “esponenti” della cultura autoctona (insegnanti, educatori…). 4) Infine significa elaborare e collocare il proprio percorso di vita, compreso quello che nell’esperienza migratoria viene definito shock culturale (il primo reale incontro con l’ambiente degli autoctoni), in una condizione di precarietà e incertezza non solo rispetto al presente ma anche rispetto al futuro. 47 Ne consegue, concludono gli autori, che la crescita psicologica degli adole- scenti di origine migratoria dipende soprattutto dalla loro capacità di saper nego- ziare una grande quantità di stimoli. Se attraverso un processo di integrazione tra due o più culture essi riusciranno a comprendere, ad accettare e a padroneggiare le situazioni, essi si troveranno con una maggiore ricchezza culturale, poiché grazie a questo processo di elaborazione essi potranno mantenere un rapporto attivo sia con il Paese d’origine che con quello di accoglienza, arrivando in tal modo a produrre quella sintesi culturale che avrà una ricaduta diretta sulla costruzione di una propria identità. Viceversa, nel caso in cui questi adolescenti non si trovano nelle condi- zioni di farcela, rischiano di venire schiacciati tra più culture che possono essere percepite inconciliabili, contrapposte, se non addirittura conflittuali, nei cui con- fronti appare arduo esercitare un ruolo di mediazione data la posizione di debolezza di chi si trova tuttora in una fase di crescita evolutiva. 1.2.2. Tra “terremoto identitario” e ricomposizione degli equilibri Crescere come figlio di immigrati non è un compito facile sia per gli adole- scenti che per i genitori. Questi ultimi hanno di fatto un ruolo educativo piuttosto impegnativo e difficile poiché, oltre ad integrarsi o meno nella nuova cultura, de- vono affrontare l’insieme di fattori legati ad una condizione economica de- bole/precaria, a cui si accompagna spesso anche l’emarginazione sociale. Dal canto suo l’adolescente di origine migratoria, specie se nato nel Paese di arrivo dei geni- tori, si trova a gestire una scelta che non ha fatto, quindi la subisce come scelta degli “adulti”, nei confronti della quale si trova a non essere sufficientemente “at- trezzato” per gestirla psicologicamente. A questo riguardo tuttavia Mazzetti (1996, 119ss.) fa la distinzione tra due ti- pologie di adolescenti immigrati: quelli nati nel Paese di origine dei genitori e suc- cessivamente arrivati nel nuovo Paese per ricongiunzione familiare, e quelli nati nel Paese dove i genitori sono immigrati. 1) Nel primo caso, gli adolescenti giunti in tenera età nel nuovo Paese il pro- blema del collocarsi all’interno dello stesso risulta ancor più complesso, poiché non hanno sperimentato una condizione precedente ed inoltre vengono a trovarsi proprio nel periodo di costruzione dell’identità per cui si considerano ancora come facenti parte della cultura di origine, mantenendone il senso di continuità. Al tempo stesso la loro condizione si presenta assai differente da quella dei genitori: non hanno scelto loro di emigrare, la migrazione l’hanno in qualche modo subita; di conseguenza non hanno avuto l’opportunità di far cre- scere dentro di sé quelle motivazioni che hanno alimentato la scelta migratoria dei loro genitori. In altri termini, non hanno ancora elaborato/maturato quel progetto di vita che ha trainato i loro genitori a “scommettere” il proprio fu- turo”altrove”. Succede così che questi adolescenti si trovano a vivere una posi- zione di “cerniera” tra più culture, col rischio di rimanerne schiacciati per es- sere, per un verso, portatori di tradizioni culturali e familiari estranee a quelle 48 locali e, per l’altro verso, per essere pressati da richieste di integrazione nel nuovo ambiente (a scuola, dal gruppo di amici, nell’impatto con gli eventi della quotidianità…), le quali spesso sono in aperta contraddizione con il loro patrimonio culturale. Tutto questo ha un costo che può portare alla chiusura e all’isolamento: il fatto stesso di non aver fatto in prima persona la scelta di emigrare li pone in condizione di debolezza e/o di minore autonomia in merito alle scelte sul loro futuro. Il Rapporto sulla condizione dell’Infanzia e dell‘Adolescenza in Italia (1997, 382) ha definito questa condizione un “terre- moto identitario” e, in quanto tale, non può non avere una ricaduta diretta sul processo di “ri-aggiustamento identitario” con cui prima o poi dovranno con- frontarsi gli adolescenti immigrati. 2) Per quanto riguarda invece quegli adolescenti che sono nati nel Paese dove i loro genitori sono immigrati, effettivamente essi sono da considerare degli autoctoni a tutti gli effetti, soprattutto dal punto di vista psicologico; il Paese di arrivo dei ge- nitori è di fatto la “loro terra”, perché qui sono nati e cresciuti, e non è raro che parte di essi non conoscano neppure il Paese d’origine dei genitori se non attra- verso i loro racconti. Si tratta di una problematica che non va affatto trascurata, in quanto aiuta a delineare il processo di integrazione tra questi mondi/culture al- l’interno di un quadro più complesso. Per questi “immigrati-autoctoni” infatti il dramma nasce quando arrivano a scoprire (attraverso vari eventi della vita, in ge- nere nella fase della socializzazione secondaria) che il mondo che gira intorno a loro non li riconosce più come “autoctoni” in quanto si sentono trattati in modo diverso sia sul piano relazionale (dal gruppo dei pari), che su quello civile (spesso dovuto alla mancanza di cittadinanza) e culturale (insegnanti ed altre figure dei sistemi formativo-educativi…). È allora che scoprono di essere “diversi” da quei loro coetanei che finora hanno sempre considerato alla “pari”; è allora che pren- dono coscienza di avere la pelle di un altro colore, che scoprono di avere meno cose dei coetanei e che la loro abitazione è più povera. A questo punto lo spazio relazionale intorno a loro si fa sempre più ristretto, si sentono emarginati e perfino “stranieri” a casa propria. Questa esperienza il più delle volte fa sì che essi ten- dano a chiudersi in se stessi, ad emarginarsi dai compagni autoctoni e a ripiegarsi unicamente sul gruppo etnico di appartenenza. 1.2.3. Sentirsi “stranieri” a se stessi Dopo aver distinto le due tipologie di adolescenti immigrati, per completare l’analisi della problematica sull’immigrazione è necessario soffermarsi ad analiz- zare anche la profonda differenza che c’è tra chi decide di emigrare e chi è costretto a farlo. Questa ultima è spesso la situazione che vivono gli adolescenti che si tro- vano ad emigrare senza avere fatto la scelta. La differenza tra queste due situazioni è sostanziale: chi ha scelto volontariamente di emigrare lo ha fatto in base ad una motivazione che in qualche modo è all’origine di un progetto di vita; mentre gli adolescenti, nati e cresciuti nel Paese di arrivo dei genitori o arrivati lì in tenere età, 49 spesso si trovano nella condizione di coloro che non hanno scelto di emigrare e una tale condizione esercita indubbiamente un peso nelle scelte e nell’esperienza di vita attuale e futura. Algini-Lugones (1999, 82ss.) fanno osservare che quegli individui che in età adolescenziale hanno lasciato il proprio Paese d’origine per ricongiungersi ai fami- liari parlano di un vissuto di estraneità, di un’ipoteca sulla propria vita e dell’im- possibilità di poter intravedere un futuro diverso. È come una sorta di impotenza che colpisce alla base le funzioni vitali della propria esistenza. Gli autori rappor- tano questa condizione a quanto riteneva Freud, secondo il quale l’inconscio è in rapporto con l’estraneo che c’è in noi, la parte di noi sconosciuta che abbiamo dif- ficoltà a vivere. Sembra che colui che emigra si trovi a sperimentare questa parte estranea di sé nel Paese in cui in qualche modo è stato costretto a vivere. L’immi- grato infatti parla spesso del sentimento di estraneità che lo invade, di una nostalgia che non si ferma mai. Questa nostalgia di stare “là” mentre sta “qui” è paragonabile al lutto, perché viene per rievocazione dell’oggetto perduto. Il termine nostalgia viene dal greco ed è la combinazione di due termini: no- stos (il ritorno) e algos (il dolore), dolore per il ritorno. Sebbene la parola rievochi un forte desiderio della patria, nel caso di chi si trova nei processi migratori si può ritenere che in essa si nasconda il dolore per un conflitto insolubile tra l’essere qui e il voler stare là. Essa è quindi espressione di un mondo interiore composto da due sponde, confinanti e al tempo stesso invalicabili in quanto, come è stato affermato precedentemente, spesso viene a mancare quello spazio transizionale che è frutto della ri-elaborazione di una propria identità nell’orientarsi verso una “terza sponda”. Gli autori fanno ancora osservare che gli adolescenti possono sentirsi “stranieri a se stessi” in quanto l’oggetto dello spostamento di un legame perduto li porta alla ricerca di un qualcosa che in qualche modo possa ricondurli alle proprie ra- dici/origini; scaturisce da qui appunto il senso di nostalgia, ossia il bisogno di rin- forzare continuamente la memoria, poiché si teme che l’oggetto del desiderio possa andare perduto anche nel ricordo. Si tratta di una perdita temporanea per un lutto che ha bisogno di alimentare continuamente il ricordo dell’oggetto perduto, poiché la speranza di ritrovarlo non gli permette di introiettarlo e la paura di dimenticarlo gli si prospetta come un vuoto incolmabile. Ne consegue quindi che nell’emigrato non si può dare un’identificazione del tutto stabile né con la cultura del paese d’ori- gine né con quella del Paese d’arrivo, poiché l’oggetto del desiderio è introiettato nell’io come memoria precaria. Anche altri autori (Bracalenti-Rossi, 1998, 81) hanno descritto l’immigrazione come un processo di elaborazione del lutto avendo come base un processo suddi- viso in tre fasi: – nella prima fase, l’immigrato non comprende bene il significato dell’abbandono della sua terra di origine e questa confusione gli provoca uno stato di shock cultu- rale e di stupore; 50 – nella seconda fase, tende ad avere nostalgia e a idealizzare il Paese di origine e, di conseguenza, soffre per l’avvenuto distacco; – nella terza fase, l’immigrato comincia ad accettare il Paese di arrivo e a fare pro- getti, tende cioè ad organizzarsi per costruire una nuova vita. In precedenza si è detto che emigrare significa soprattutto perdere luoghi, odori, suoni, contatti originari che costituiscono una sorta di involucro acquisito con la nascita. Secondo Brunori-Tombolini (2001, 78), l’insieme di questi elementi rappresenta l’esperienza sensoriale che facilita la costruzione della struttura e del funzionamento psichico. L’apparato psichico, infatti, si organizza nella propria au- tonomia soltanto mediante l’interazione sensoriale continua con l’ambiente che mantiene e garantisce il senso di identità psichica e culturale dell’individuo. Quando questo involucro culturale viene abbandonato si crea una separazione tra il sé ed il contenitore; l’individuo rischia di non sapere più dove depositare ciò che sperimenta, né a cosa legare l’identità soggettiva e la capacità di un corretto funzio- namento mentale, in quanto viene meno la base del pensiero e del linguaggio, al punto che una tale esperienza può essere paragonata a quella della depersonalizza- zione. Così pure il passaggio da un sistema di valori ad un altro può provocare momenti molto difficili che possono costituire un fattore di rischio che a sua volta può portare a esiti patologici; ed anche quando ciò si verifica solo parzialmente, rimane pur sempre una frattura che lascerà un segno indelebile nella storia dell’immigrato, costringendolo ad una relazione discontinua con l’ambiente e con la sua storia. In questa situazione la persona entrerà in crisi quando non riuscirà ad integrare modelli culturali tra loro distanti e si dimostrerà incapace di dare senso alla nuova condizione in cui verrà a trovarsi. Il fallimento di questa integrazione produrrà a sua volta una inevitabile lacerazione nella psiche e una crisi d’identità, con conseguenti disturbi sul processo di identificazione e di sviluppo della personalità. E tuttavia man mano che il senso di appartenenza al Paese di arrivo diventa più forte l’immigrato può riuscire a superare lentamente il lutto dovuto al distacco, so- prattutto se elabora tale lutto diventando consapevole di ciò che prova e dei senti- menti che inizialmente aveva represso. In questo modo mentre incomincia il gra- duale e lento processo di integrazione egli sarà in grado di tornare a relazionarsi con il proprio passato, rivisitando il Paese d’origine idealizzato con una visione più realistica. Ciò gli faciliterà il superamento dallo stadio di lutto permettendo di con- ciliare dentro di sé i diversi mondi. 1.3. L’adolescente immigrato tra crisi e ricerca d’identità Alla luce di quanto finora analizzato, è indubbio che il rapporto tra l’età evolu- tiva e l’origine migratoria presenta aspetti e sfaccettature assai complesse, ai fini del processo di costruzione dell’identità nell’adolescente di origine migratoria. La 51 risposta all’interrogativo “chi sono io” e “chi voglio essere” dipenderà quindi del- l’acquisita capacità di lettura e di valutazione nei confronti dei mondi con i quali è in contatto, ma anche dalla capacità dei genitori di integrarsi, di contenere e filtrare “il nuovo” per trasmetterlo ai figli. Possiamo quindi comprendere le difficoltà che un tale processo implica nel corso dell’adolescenza, se si considera che egli non solo deve fare un grande sforzo sul piano della realtà per integrarsi nel nuovo Paese con culture, costumi, lingua differenti dalla propria, ma deve inoltre lavorare sul piano intrapsichico per reinte- grare il proprio mondo interno destabilizzato dal “nuovo mondo”. Nel suo tentativo di essere se stesso, l’adolescente di origine migratoria dovrà perciò fare i conti non soltanto con forti esperienze emozionali del passato, ma soprattutto con le espe- rienze attuali che possono contribuire ad integrare o a disintegrare la sua mente che, in piena fase del processo evolutivo, vive già di per sé un momento di “crisi”, la cosiddetta crisi adolescenziale, quale passaggio indispensabile per la progressiva acquisizione di una propria identità. 1.3.1. Tra “sradicamento” e “sfida” per elaborare il cambiamento Al centro della storie e dei vissuti migratori è certamente rilevante il tema del viaggio e della “transizione”da un luogo all’altro, da una cultura all’altra, da un contesto identitario all’altro. Nel presente caso si tratta di adolescenti soggetti ad una altalena di identificazioni, destinati ad incassare i colpi della vita poiché spesso si trovano in un luogo e/o in uno “spazio” del tutto nuovo senza averlo voluto, senza aver potuto fare una scelta né un progetto, motivo per cui la ricerca di una propria identità potrebbe rimanerne segnata in maniera profonda. “Appartenenze pendolari” nell’identificarsi talora con la cultura di origine, talora con quella degli autoctoni, talora con altre culture con cui entrano in contatto, esasperando il senso di estraneità nei confronti di un po’ tutte; disagio espresso anche attraverso manifestazioni di ritardo scolastico e di assunzione di comporta - menti a rischio. Alla luce di queste dinamiche gli adolescenti di origine migratoria possono es- sere definiti dei viaggiatori perenni di un viaggio iniziato però da altri. A questo ri- guardo Favaro (1998, 9) fa osservare che un tale passaggio si colora di connota- zione e accenti differenti a seconda della generazione dei padri o dei figli: – per gli adulti e/o i genitori, la direzione del viaggio si delinea in modo preciso in senso sia spaziale che temporale, in quanto è scandita dai momenti della partenza, dell’arrivo, dell’andare e venire tra due luoghi connotati da riferimenti, eventi, “pezzi” di storia personale, da un prima e un dopo ben delineati, che scandiscono le tappe della biografia e del progetto di vita all’interno di un vissuto fatto di no- stalgia e che, pur attenuandosi nel tempo e diventando da ferita cicatrice, restano un compagno di cammino sempre presente; – invece per gli adolescenti l’emigrazione più che una esperienza vissuta diventa una dimensione esistenziale; sullo sfondo vi è un “altrove” che per alcuni può re- 52 stare per molto tempo sconosciuto, indefinito, inesplorato; per altri, un luogo im- maginario da idealizzare/vivere come premio (“se vado bene a scuola farò le ferie al Paese d’origine dei miei genitori…”); mentre per altri ancora può rappresenta- re un luogo di rifugio e/o di contenimento nel quale andare/tornare a vivere. Ora affinché questi adolescenti diventino essi stessi protagonisti del “loro” viaggio occorre che arrivino ad integrare la “frattura” che si è prodotta nella loro storia ripercorrendo a ritroso il progetto familiare al fine di modificarlo o anche tra- dirlo, se necessario; in pratica, per ricomporre la frattura diventando protagonisti della propria storia occorre che questi adolescenti riescano a far riconciliare la storia migratoria familiare con la traiettoria della propria vita. Nel caso in cui gli adulti non abbiano ancora elaborato il distacco e la loro per- manenza nel nuovo Paese resti contrassegnata da rimpianti e dalla nostalgia, sa- ranno i figli a dover compiere il cammino di separazione per poter appartenere, senza però negare la storia e le radici familiari, al Paese nel quale stanno crescendo e costruendo il loro futuro. Per questi adolescenti, infatti, qualunque sia la causa della loro presenza nel nuovo Paese il momento dell’accoglienza si rivela fonda- mentale, in quanto rappresenta una sorta di “imprinting” sul quale modellare quelle rappresentazioni che segneranno le successive tappe del progressivo inserimento verso l’integrazione. È chiaro a questo punto che l’inserimento nella nuova realtà richiede all’adolescente di mobilitare grandi risorse di adattamento per far fronte alle sfide che si impongono. L’intreccio tra sfide e risorse costituisce quindi lo sfondo su cui costruire ed elaborare il cambiamento. Esso va individuato in tutto ciò che tende a rompere l’e- quilibrio precedente e a spingere verso l’assunzione di nuove responsabilità e com- petenze, per rispondere al nuovo e all’incognito che emerge dall’orizzonte della propria storia familiare e personale. Le risorse o i cosiddetti “fattori protettivi” in questo caso sono costituiti dalle capacità di cui uno dispone, dalle riserve spirituali che possiede, dalle attitudini a reagire adeguatamente alle difficoltà, dalle forme di aiuto messe in moto dalla fa- miglia e dal contesto sociale di riferimento (istituzioni, gruppi, appartenenze…). Sfide e risorse si presentano così indissolubilmente connesse nella vita degli adole- scenti/giovani di origine migratoria. Il rischio e la vulnerabilità possono emergere laddove la relazione tra sfide e risorse non trova un sufficiente equilibrio, ossia quando la portata delle sfide è troppo elevata e l’adolescente per trovare risposte adeguate non usufruisce di ancoraggi in grado di integrare le risorse individuali con quelle collettive provenienti dal contesto di appartenenza. Le sfide a cui gli adolescenti immigrati devono far fronte mediante risposte adattive almeno in parte sono le stesse dei loro coetanei e riguardano anzitutto i compiti di sviluppo connessi al diventare adulti, alla ricerca di autonomia, alla co- struzione di identità a partire da molteplici contesti di appartenenza. Tuttavia Fa- varo (1998, 9ss) fa presente che agli adolescenti di origine migratoria si richiede più specificamente di: 53 – inserirsi nel nuovo Paese/contesto senza “perdersi”, ossia ricercando l’unità del sé nelle diverse situazioni; – imparare una nuova lingua e, insieme ad essa, un nuovo modo di rappresentare il mondo e la realtà circostante; – sapersi ri-orientare nel tempo e nello spazio; – arrivare a mantenere dentro di sé un equilibrio tra le aspettative esplicite ed im- plicite della scuola e della famiglia, spesso divergenti, se non apertamente con- flittuali; – saper fronteggiare le forme più o meno marcate di rifiuto, esclusione, categoriz- zazione sociale sfavorevole; – essere in grado di affrontare l’ambivalenza dei sentimenti tra il “qui” e l’“altrove”, l’incerto senso di appartenenza tra il Paese di origine e quello di immigrazione; – saper gestire eventuali conflitti familiari ed intergenerazionali causati dai diversi modi di vivere nella pratica valori e rappresentazioni proprie della cultura di ori- gine; – trovare il proprio posto nel mondo/ambiente circostante senza cedere al- l’“illusione del gruppo” e senza assoggettarsi ad essere “come gli altri vogliono che sia”, negando identità e differenze; – progettare il futuro senza farsi sommergere dalla provvisorietà e dalle difficoltà del presente. Sfide molteplici, quindi, che implicano una forte dose di risorse e di energia e a cui questi adolescenti devono rispondere quasi sempre in grande solitudine, tra una famiglia che chiede loro “di rimanere fedeli” alla tradizione familiare e una so- cietà che viceversa chiede di appartenere al “qui e ora”, svalorizzando di fatto la cultura di appartenenza. A questo riguardo Favaro (1998, 16ss.) fa ancora osservare che la soluzione a tali sfide dipende da fattori, quali: – il processo di elaborazione del lutto; – il tipo di relazione che esiste tra famiglia immigrata e i servizi offerti dalla società di accoglienza; – l’attenzione che viene riservata a questi adolescenti dalle istituzioni pubbliche; – e in particolare i progetti di formazione destinati a questi nuovi cittadini. 1.3.2. Alla ricerca di meccanismi compensatori di fronte allo sradicamento Sono molti gli adolescenti sradicati dai propri Paesi per le ragioni più dis- parate; nel presente studio l’attenzione viene concentrata soprattutto sul disagio psichico che provoca lo sradicamento e come il soggetto risponde mediante rea- zioni tipiche di difesa e/o di attacco. In precedenza si è visto come il processo di sradicamento collochi l’adole- scente in una condizione di difficoltà sia in relazione a se stesso sia con il nuovo mondo. Per fare fronte a questa situazione egli deve mettere in atto tutta una serie di strategie e di risorse individuali, quali: imparare la nuova lingua, riorientarsi nel 54 tempo, nello spazio, nella nuova realtà, saper gestire eventuali conflitti familiari ed intergenerazionali, affrontare l’ambivalenza, che è una delle caratteristiche princi- pali delle migrazioni. La realizzazione di tutto ciò richiede di investire molte energie e risorse personali. Di conseguenza occorre individuare quali possono es- sere quei meccanismi compensatori che aiutano gli adolescenti a far fronte a questo processo di sradicamento. L’adolescente che vive un processo di sradicamento cercherà infatti delle stra- tegie per porre fine/rimedio al dolore derivante dal vivere in prima persona il dramma della scissione. Alcuni studiosi (Brunori-Tombolini, 2001, 78; Demetrio et al., 1990) ritengono che il processo di estraniazione provocato dallo sradicamento può condurre gli ado- lescenti a non essere più se stessi, rendendo così la loro esistenza disarticolata e im- plosa all’interno di una specie di “limbo” dove non sentono di appartenere né ad una cultura né all’altra. Il sentimento di perdita, separazione e lacerazione sembra costituire lo sfondo inespresso della condizione interiore dell’immigrato, il quale la manifesta attraverso un rapporto complesso e contradditorio con la propria me- moria e con il proprio presente. Rapportando questo stato interiore al vissuto di quegli adolescenti che sono stati “strappati” dall’ambiente/cultura di origine nel pieno della fase evolutiva, De- metrio (Demetrio et al., 1990, 151) sostiene che essi, una volta giunti nel nuovo Paese, sembrano andare incontro a maggiori difficoltà nel processo di identifica- zione. Nei loro confronti si evidenziano, infatti, incapacità di autodefinizione, dubbi e sfiducia in se stessi, ansia dovuta alla mancanza di identificazione; tutti fat- tori che portano poi alla ricerca di modelli di riferimento eteronomi, di posizioni culturali confuse, di prospettive future incerte. L’autore spiega un tale disorienta- mento in base alle seguenti motivazioni: a) influisce la lunga separazione dai genitori durante l’infanzia e la preadolescen- za, periodi considerati decisivi per arrivare successivamente ad autodefinirsi ri- spetto alle figure parentali; gli adolescenti che hanno subito questa separazione hanno avuto modelli deboli di riferimento e, di conseguenza, hanno investito i genitori di sentimenti conflittuali per il senso di abbandono provocato; dopo es- sere arrivati nel nuovo Paese ha preso sopravvento in loro un processo di svalo- rizzazione dell’immagine ideale che avevano dei genitori, motivo per cui questi ultimi non vengono più a rappresentare un punto di riferimento significativo e autorevole nella successiva fase di crescita/maturazione della personalità; b) risulta determinante inoltre il processo di acculturazione veicolato/ condizionato dagli stili di vita presenti nella nuova società, in genere acquisiti attraverso i canali della scolarizzazione obbligatoria e, in particolare, attra- verso il gruppo dei pari e altri ambiti della socializzazione secondaria. Altri studiosi (Mazzetti, 1996, 24; Besozzi, 1999, 146) vedono nello sradica- mento un fenomeno vissuto dall’immigrato in modo ancora più traumatico, per cui 55 si chiedono se il soggetto che subisce questa frattura non vada incontro prima o poi ad una situazione patologica. Tra le diverse emozioni e rappresentazioni dello sradicamento psicologico (ad esempio il blocco della capacità di rappresentazione, la confusione nei confronti del tempo e dei luoghi, la nostalgia…), è il sentimento di “estraneità a se stessi” a caratterizzare particolarmente la condizione di “sradi- cato”. Lo sradicamento infatti inficia la riorganizzazione dell’io, provocata dalla rottura del processo di continuità nella costruzione dell’identità, rafforzando il senso della scissione e facendo emergere di conseguenza in colui che subisce questa specie di “mutilazione” il sentimento di “estraneità a sé stessi”. In altri ter- mini, una parte del sé viene percepita come non-io, rimane in ombra e non identi- ficabile col resto del proprio sé, per cui si preferisce ignorarla, anche perché può risultare difficile tollerarla a causa del senso di disagio e di sofferenza che una tale lacerazione provoca. Più precisamente Mazzetti (1996, 71ss.) si chiede cosa significhi in pratica per un giovane di origine migratoria costruire una propria identità in un ambiente che non è quello d’origine, in un contesto dove si realizza l’incontro e il confronto tra due e più culture spesso in contrapposizione. L’autore ha cercato di rispondere a questo interrogativo partendo dal presupposto che il processo di “sradicamento” è dovuto essenzialmente alla mancanza di forti modelli di identificazione. Tale man- canza a sua volta va attribuita alla “debolezza” del modello familiare di riferi- mento, in quanto rappresenta valori e tradizioni differenti da quelli della cultura do- minante, e occupa una posizione marginale nel nuovo ambiente di inserimento. Di conseguenza l’adolescente di origine immigrata il più delle volte è portato a svalu- tare le figure genitoriali e la propria origine. Ma può anche succedere che la cultura maggioritaria, che inevitabilmente viene ad esercitare una certa attrattiva sul ra- gazzo, non è capace a sua volta di colmare il bisogno di identificazione di cui ne- cessita in questo particolare momento dello sviluppo, anche perché poco cono- sciuta e/o considerata talora ostile. Ne consegue che questo senso di estraneità a se stessi tenderà ad aumentare ulteriormente. Inoltre l’autore fa ancora presente un altro elemento fondamentale nel mondo dell’immigrazione che consiste nel bisogno di essere riconosciuti. Il bisogno di ri- conoscibilità, che caratterizza ogni essere umano, indipendentemente dalla cultura di appartenenza, risulta essere assai problematico negli adolescenti in generale, dato il loro ingresso nei processi di socializzazione secondaria, ma lo diviene ancor più tra quelli della seconda generazione di origine migratoria, i quali si trovano nella necessità di dover risolvere quanto prima il complicato rapporto-conflitto tra il proprio passato (e/o con il Paese di origine) e il presente (e/o con il Paese ove ri- siedono). Il bisogno di essere riconosciuti implica infatti un certo livello di consa- pevolezza della propria appartenenza ad un gruppo etnico (autodefinizione etnica) e chiama in causa soprattutto i processi della categorizzazione sociale. In quanto tale, costituisce un presupposto indispensabile per lo studio dell’identità etnica. Gli adolescenti di origine migratoria infatti lungo il percorso di riconoscimento vanno 56 inevitabilmente incontro ad un certo stress trans-culturale, e per poter colmare questa situazione hanno bisogno di imparare a convivere e a saper negoziare tra una grande varietà di stimoli. Essi crescono all’interno di più culture e, qualora ri- escano a padroneggiare la situazione, si ritrovano con una maggiore ricchezza cul- turale, assumendo dall’una e dall’altra; al contrario se non sono in grado di nego- ziare rischiano di venire schiacciati tra due o più culture, percepite inconciliabili e talora in conflitto tra loro. L’insieme di tutti questi fattori porta pertanto a ritenere che per l’adolescente di origine migratoria la difficoltà maggiore che incontra nell’inserirsi nel nuovo contesto sociale consiste proprio nella capacità di saper gestire il confronto tra le diverse culture e/o stili di vita. Non basta che apprendano una nuova lingua e/o nuove conoscenze tramite il processo di scolarizzazione, essi hanno bisogno di ac- quisire nuovi parametri comportamentali, devono adattarsi a norme sociali il più delle volte sconosciute e talora difficili da comprendere, in particolare nei primi tempi. Lo stress trans-culturale può condurlo perciò ad una forma di disorienta- mento in quanto, mettendo in discussione i suoi valori tradizionali, lo costringerà a cercare un “adattamento” partendo da una posizione di debolezza, sentendosi ospite in casa d’altri (e il più delle volte ospite poco gradito), e avendo perso per di più lo status sociale che possedeva prima. 1.4. Le quattro ipotesi di ricerca di una propria identità negli adolescenti di origine migratoria In che modo gli adolescenti/giovani di origine migratoria cercano di rispon- dere alle sfide imposte dalla loro condizione puntando a costruirsi una identità tutta propria? Questa domanda se la sono posta alcuni studiosi (Favaro, 1999, 19; Besozzi, 1999, 28), partendo dal presupposto secondo cui gli adolescenti/giovani di origine migratoria sono sottoposti ad un duplice processo di inculturazione e di accultura- zione che, di fatto, determina una lacerazione dell’Io, diviso tra istanze culturali e affettive di cui sono portatori i genitori e quelle presenti nel Paese di residenza, spesso tra loro in conflitto. Questi adolescenti infatti sperimentano in prima per- sona una certa contrapposizione tra la famiglia e la società in cui vivono (quasi sempre in contrasto); si tratta di uno scontro tra mondi differenti per lingua, cultura, valori e tradizione, tra i quali la comunicazione e lo scambio sono ridotti al mi- nimo, oppure segnati da reciproci pregiudizi. In pratica, agli adolescenti viene affi- dato l’arduo compito di mediare tra questi mondi lontani che, tra l’altro, tendono a proporre modelli di identità assai diversi tra loro: la famiglia rischia di proporre un’etnicità simbolica e talora mummificata e la società di accoglienza invece un’et- nicità folklorica ma talora di esclusione. Di conseguenza questi autori hanno individuato quattro possibili percorsi di ri- cerca di identità negli adolescenti di origine migratoria. 57 1) La prima soluzione può essere definita di resistenza culturale. L’adolescente di origine migratoria fa riferimento prevalentemente o esclusivamente alla cul- tura e all’identità etnica originaria di cui sono portatori i genitori, accettandone i molteplici aspetti e riducendola all’indispensabile al momento dello scambio e del confronto con l’esterno, mantenendo invece all’interno della famiglia aspetti tradizionali molto radicati. Questo tipo di atteggiamento può, per un verso, rafforzare l’identità originaria permettendo così all’adolescente di svi- luppare una migliore autostima e di prevenire i processi di marginalizzazione; ma per un altro verso può far sentire questi adolescenti ancora e/o comunque stranieri nel Paese di residenza anche dopo che vi hanno trascorso diversi anni della loro vita. Si tratta di un atteggiamento cosiddetto di resistenza culturale, manifestato dagli adolescenti neoarrivati e/o che in genere viene adottato da coloro che hanno sperimentato difficoltà e discriminazioni durante la prima fase di inserimento. In questo caso più che una scelta la soluzione di chiusura sembra essere obbligata e autodifensiva. Tale resistenza culturale si manifesta inoltre in quegli adolescenti immigrati che hanno un forte attaccamento alle fi- gure parentali oppure hanno vissuto per diversi anni nel Paese di origine con- servando un legame affettivo con i familiari e con la gente del posto. 2) La seconda soluzione è opposta alla precedente e viene definita di assimila- zione. In questo caso gli adolescenti di origine migratoria aderiscono piena- mente alle proposte identitarie che vengono loro offerte dagli autoctoni e rifiu- tano, anzi rinnegano tutto ciò che ha a che fare con la cultura di origine dei ge- nitori (lingua, costumi, valori, tradizioni…), ritenendola residuale, inadeguata e marginale rispetto alla cultura del Paese di arrivo, che invece viene interpre- tata come sinonimo di cambiamento, libertà, emancipazione, investimento fu- turo. Questo processo di assimilazione può presentare una rottura e un rinnega- mento della propria cultura di origine; in ogni caso comporta comunque una perdita di riferimento, con la conseguente momentanea crescita del senso di in- sicurezza. È il caso, ad esempio, di quegli adolescenti di origine migratoria che cercano di diventare il più possibile simili agli autoctoni, aderendo ai loro va- lori e regole e uniformandosi acriticamente ai loro comportamenti. Un tale at- teggiamento corrisponde a ciò che viene definito “adattamento omologante”, con la conseguente adesione cieca ad una cultura dominante, che talora può ar- rivare perfino ad interiorizzare certi stereotipi negativi pur di farsi accettare dalla cultura dominante e di appartenere al gruppo dei pari. In tal caso si veri- fica una sorta di “assimilazione verso il basso”, in cui il minore straniero ac- cetta e/o può arrivare a giocare un ruolo che non gli è proprio quale prezzo da pagare per sentirsi inserito in un sistema sociale che si presenta culturalmente chiuso in quanto manca lo scambio e la reciprocazione (il nuovo arrivato deve solo prendere e non può dare niente della propria cultura). 3) La terza soluzione viene definita di marginalità, ed è propria di chi si colloca ai margini sia della cultura d’origine che di quella di arrivo. Davanti a proposte 58 e ad aspettative identitarie in questi adolescenti di origine migratoria prevale invece uno stato confusionale che si esprime, ad esempio, nella situazione del semilinguismo, nella mancata padronanza del codice valoriale sia familiare che di quello sociale del Paese di residenza. Si tratta della posizione dei cosid- detti giovani immigrati “senza patria”, aggravata dal fatto di avere dei genitori che vivono in una altrettanta condizione di forte precarietà, provvisorietà e in- certezza progettuale, incapaci di decidere se vivere “qui” o tornare “laggiù”, da dove sono venuti. Questa situazione di “stallo” si traduce a sua volta nei figli in una dimensione psichica di smarrimento rapportabile all’immagine dantesca di “color che son sospesi”. 4) La quarta soluzione del percorso di acculturazione viene definita della doppia etnicità o dell’identità bilocata. Di solito è il risultato di un lento, graduale e profondo processo di confronto tra due e più mondi, confronto che però non implica risoluzioni definitive bensì è sinonimo di un adattamento e/o del ri- comporsi di un certo equilibrio tra “chi sente il peso di troppa patria” e chi al contrario vive la condizione del “senza patria”. In questo modo l’adolescente arriva poco alla volta a costruirsi un’identità formata dall’integrazione delle differenti culture e appartenenze. 2. IL CONTRIBUTO DELLA “SCUOLA” E DEI SISTEMI FORMATIVI NEI PROCESSI DI INTEGRAZIONE DEGLI ADOLESCENTI DI ORIGINE MIGRATORIA 4 Per gli adolescenti della seconda generazione di origine migratoria la scuola diventa il luogo centrale della relazione quotidiana con i coetanei, con il gruppo- classe e con gli insegnanti. In questa relazione si giocano rapporti reciproci e talora ambivalenti che oscillano tra accettazione, curiosità e rifiuto, tra rafforzamento degli stereotipi e scoperta della ricchezza dei valori di ciascuno. Favaro (1999, 21) osserva che è all’interno di questi rapporti che scaturisce negli adolescenti di origine migratoria il bisogno di essere “riconosciuti”, ascoltati, tenuti in considerazione, orientati, valutati, di conoscere quelle regole del gioco che portano a percepire la scuola come uno “spazio transizionale” determinante ai fini della realizzazione di sé. Dal canto suo Cesareo (2004, 267) prende in considerazione il fenomeno pret- tamente dal punto di vista educativo e interculturale: per gli insegnanti è una re- sponsabilità nuova, che implica l’acquisizione di nuove competenze necessarie a capire e a gestire la complessità dell’approccio. In questo senso, la formazione dei docenti alla dimensione interculturale si presenta come un passaggio fondamentale nel costruire una scuola aperta alla diversità e orientata a rispondere ai bisogni di 4 Si fa presente una volta per tutte che sotto il termine “scuola” si intende l’insieme dei sistemi formativi, compresa ovviamente la Formazione Professionale. 59 una società complessa. Trattare la differenza senza trasformarla in disuguaglianza diventa la vera sfida di una scuola dove sono sempre più presenti alunni prove- nienti da Paesi diversi per culture ed etnie. Viene così posta al centro la capacità da parte degli insegnanti di assumere la dimensione socio-antropologico-culturale come parte integrante del lavoro educativo. Al tempo stesso l’autore non manca di evidenziare anche alcuni aspetti di criti- cità; egli sostiene infatti che la scuola italiana ha affrontato impreparata l’arrivo degli alunni immigrati a partire dalla metà degli anni ottanta, per cui oggi è urgente rivisitare i propri modelli di gestione della didattica. Nonostante il fenomeno abbia prodotto un inevitabile “effetto-specchio”, l’accoglienza del pluralismo culturale è un processo che non si è ancora realizzato. 2.1. Scuola e vissuto relazionale Favaro-Napoli (2003, 57ss.) hanno analizzato il fenomeno dell’inserimento scolastico degli adolescenti immigrati facendo osservare che ancora oggi e soltanto a loro viene richiesto uno sforzo di adattamento a nuove persone, ambienti, modi di comunicare nel momento stesso in cui devono rinunciare agli amici e alle abitudini familiari della cultura di appartenenza. Cosicché non sempre e/o non tutti sono in grado di affrontare il cambiamento, con il rischio di alimentare processi di esclu- sione e di marginalizzazione. Per questi autori costruire delle relazione efficaci all’interno della vita quoti- diana del gruppo-classe significa presentare attenzione a tre aspetti: ai valori, alle informazioni, alle emozioni. 1) Attenzione ai valori. In pratica si tratta di dare significato alle esperienze di mi- grazione, mentre in genere si pensa che chi emigra è un individuo che non ap- partiene a nessuna comunità e quindi può essere facilmente inculturato, assimi- lato alla cultura dominante. La scuola dovrebbe invece sottolineare la duplice ricchezza che viene dal fatto di poter prendere il meglio da mondi culturali di- versi e riconoscere il sano desiderio di emancipazione/sviluppo/cambia mento che induce l’individuo ad emigrare. Questo bisogno di dare un significato posi- tivo all’emigrazione infatti è particolarmente sentito negli adolescenti di origi- ne migratoria ai fini di un loro peculiare percorso nel processo di costruzione dell’identità. Il problema a questo punto consiste nel come tradurre in pratica queste attenzioni. L’adolescente di origine migratoria può vivere la sua situa- zione di bilingue come un limite o come una ricchezza, a seconda del tipo di messaggio che la scuola e la società autoctona gli trasmette. Spesso per gli alunni che devono apprendere la lingua italiana la lingua materna o di origine viene considerata solo come un handicap, come uno svantaggio da superare ra- pidamente. Ai genitori viene suggerito di parlare solo in italiano, nella convin- zione di facilitare nel figlio l’apprendimento della nuova lingua. La lingua del Paese di origine dovrebbe essere considerata invece come un risorsa che favori- 60 sce uno sviluppo intellettivo armonico, in quanto chi impara l’italiano usa, per tale apprendimento, le competenze metacognitive del linguaggio sviluppate nella prima. Pertanto se lo sviluppo linguistico-cognitivo nella lingua materna viene bloccato, in quanto lingua svalutata, ciò può influire negativamente anche sullo sviluppo cognitivo generale. E’ importante quindi riconoscere il valore anche della lingua di origine, che non deve sparire per fare posto alla lingua de- gli autoctoni, quanto invece costruire l’ancoraggio, le fondamenta sulle quali far crescere le nuove cognizioni acquisite. L’adolescente deve percepire che la scuola non disprezza la sua lingua, che nessuno gli chiede di dimenticarla. Tale aspetto è molto significativo soprattutto per coloro che arrivano con un percor- so scolastico già compiuto nel Paese d’origine. Valorizzare la lingua materna diventa in sostanza un messaggio molto importante, di disponibilità e acco- glienza, ma soprattutto di “riconoscimento” del suo valore culturale. 2) Attenzione alle informazioni. Scambiare informazioni, all’interno di una rela- zione positiva, diventa un momento importante per ridimensionare stereotipi e pregiudizi e permettere la crescita di entrambi gli interlocutori in interazione, soprattutto quando lo scambio avviene tra persone che crescono all’interno di un ambiente deputato a “fare cultura”. In questo caso prestare attenzione al- l’informazione significa perciò costruire un ponte comunicativo tra culture che si riconoscono alla pari, per cui l’interscambio diventa fondamentale perché dà il segnale di come si potrà sviluppare in seguito anche la relazione tra i sistemi formativi e la famiglia. 3) Attenzione alle emozioni. Riconoscere e legittimare le proprie emozioni e quelle degli altri è il primo passo per costruire una relazione autentica. Si tratta di allenarsi a riconoscere le proprie emozioni e il significato che esse hanno nella relazione con l’altro. Prestare attenzione alle emozioni può diventare un esempio di attività didattica integrata, dove l’obiettivo è quello di sviluppare le competenze nell’uso della struttura comunicativa della lingua scritta. Ad esempio, agli alunni di origine migratoria si può chiedere di raccontare se stessi (interessi, progetti, storia personale, amici, famiglia, il proprio Paese…) attraverso l’uso di immagini, fotografie, musiche, suoni, testi, cibi, feste, danze…; in questo caso si provoca un intervento di tipo interattivo, in quanto consente la comunicazione tra insegnante e alunno di origine migratoria e tra quest’ultimo e gli alunni autoctoni anche quando le competenze nell’italiano sono ancora molto scarse. Nel raccontare se stessi i ragazzi ricostruiscono il proprio passato, le radici strappate alla propria terra, e al tempo stesso condivi- dono con adulti e compagni quelle emozioni che le immagini e i racconti evo- cano. Tutto questo, fanno ancora presente gli autori, induce a riflettere se e come tra- sformare l’incontro tra culture diverse nella scuola partendo dal problematizzare il concetto stesso di relazione. In primo luogo si tratta di impegnarsi reciprocamente nel superare una rappresentazione “distorta” che potrebbe avere la famiglia immi- 61 grata nei confronti della scuola e viceversa. Le famiglie immigrate, infatti, elabo- rano aspettative e speranze per le crescita e l’inserimento dei loro figli, palesano esigenze, rivolgono alla scuola delle richieste che a volte possono essere percepite dagli insegnanti/formatori fuori luogo, estranee al proprio compito. Di conseguenza spesso i genitori si sentono confusi, “sperduti” nel contatto con regole che non co- noscono e non padroneggiano, quindi vulnerabili nella difficoltà di accompagnare il passaggio del figlio dal mondo familiare al mondo della scuola, a loro stessi estraneo. Per cui l’attenzione all’informazione, alla comunicazione e alla forma- zione costituiscono all’interno dei sistemi formativi tre passaggi fondamentali per acquisire le competenze necessarie e per capire e gestire la complessità in un ap- proccio interculturale. Per Demetrio-Favaro (1992, 16) un altro elemento da ponderare è quello della simmetria dei rapporti, fare in modo cioè che queste differenze non si traducano in disparità. Configurandosi la scuola come spazio di ascolto e di mediazione educa- tiva, bisogna imparare a valorizzare le differenze in modo che si traducano in una fonte di scambio e di arricchimento reciproco. In altre parole, l’interazione strate- gica all’interno della scuola deve fare in modo che il confronto tra mentalità di- verse dia luogo ad in innalzamento della conoscenza reciproca al fine di indivi- duare forme di interpretazione e di comprensione del mondo al di là degli stereotipi e dei pregiudizi su cui spesso si fondano. Anche Luatti (Favaro-Luatti, 2004, 74) concorda che è tra i banchi di scuola, in definitiva, che si gioca un reale processo di integrazione degli alunni immigrati; una sfida che coinvolge tutti, docenti, studenti autoctoni e immigrati e relative fa- miglie. Per questo sono stati fatti numerosi studi mirati alla comprensione dei modi più significativi per inserire gli adolescenti nella vita della scuola, dal momento che il sistema educativo è il luogo privilegiato e in un certo senso “anticipatore” delle trasformazioni culturali in atto nei Paesi di arrivo degli immigrati. 2.2. Accogliere “chi”, accogliere “come” In questi ultimi anni l’attenzione prevalente si è orientata soprattutto a definire le modalità di accoglienza, nei sistemi educativo-formativi, dei figli di immigrati nati o venuti successivamente nel Paese di arrivo dei genitori. Al punto che alcuni (Favaro-Luatti, 2004, 78) sostengono che l’accoglienza deve diventare una vera e propria “metodologia” nel facilitare l’inserimento dell’adolescente di origine mi- gratoria, così da favorire il consolidarsi di una “cultura” disponibile e aperta al con- fronto con l’alterità sia in termini solidaristici che dialettici. Riguardo a questa tematica viene a proposito una recente indagine del CENSIS (2008) sulla scolarizzazione dei minori di origine immigrata, circa 500.000, prove- nienti da 191 nazioni, i quali costituiscono il 6% della popolazione scolastica italia- na. L’indagine permette di ricostruire il quadro attuale nel modo in cui questi alunni vengono accolti e inseriti nella scuola italiana e le problematiche al seguito. Secon- do i ricercatori, infatti, l’ingresso in massa degli alunni stranieri ha portato ad acu- 62 tizzare i problemi endemici di cui soffre da sempre la scuola italiana, che vanno dal- le carenze della formazione degli insegnanti, alla mancanza di attrezzature tecniche e di supporti adeguati, alla prevalenza di una cultura “italo-centrica” e libresca, alla debolezza di modelli innovativi, come l’autonomia scolastica e le forme di parteci- pazione sociale delle famiglie. Un contributo positivo (se così si può definire) nel fronteggiare il fenomeno viene invece dalla messa in atto di interventi cosiddetti “volontaristici”, dove il singolo insegnante o, in qualche raro caso, la singola scuola affronta in totale isolamento le problematiche con cui hanno a che fare per la sem- pre più numerosa e variegata presenza degli immigrati nel gruppo-classe. In merito a questa avvertita esigenza di cambiamento sono intervenuti ancora a suo tempo Demetrio-Favaro (1992, 34), i quali hanno classificato l’accoglienza come: – una modalità di “pronto soccorso”, quando agisce per rendere meno gravoso il primo impatto con il nuovo Paese; – uno “stile professionale”, quando invece gli operatori che entrano in contatto con adolescenti di origine migratoria si preoccupano di lasciare al nuovo ve- nuto un’immagine “rassicurante” circa i compiti che li attendono; – una “strategia” comunitaria riconducibile alle scelte delle forze rappresentative della comunità civile di appartenenza. Un clima di accoglienza si realizza nel momento in cui l’utente ritrova se stesso nel servizio fornito dalla struttura in cui è inserito senza perdere i legami con la propria biografia, lingua d’origine, esperienza accumulata, valori, tradizioni, storia di vita. Iniziative mirate a formare all’accoglienza dovranno perciò essere in- serite nella rete dei servizi dove sono presenti adolescenti/giovani di origine migra- toria. Nella maggior parte dei casi succede invece che al neo arrivato si chiede di adattarsi in fretta, di apprendere velocemente l’italiano ed i contenuti delle materie studiate e di trovare senza troppi preamboli il proprio posto all’interno del gruppo- classe. Di conseguenza a questi adolescenti non rimane altro che cercare di attivare tutte le risorse possibili per rispondere a queste richieste, al fine di un rapido e ade- guato inserimento nella struttura che espleta il servizio. Cosicché molte emozioni restano senza voce sullo sfondo di questo “viaggio simbolico” che attraversa i con- fini e scompone gli affetti; i vissuti di perdita e le nostalgie non trovano perciò quasi mai il modo di esprimersi fino in fondo perché sono relegate nel silenzio e nella solitudine e costrette a essere rinchiuse entro brevi spazi temporali. E tuttavia dovrebbe essere proprio all’interno dei contesti scolastico-formativi che si gioca prioritariamente la sfida interculturale, dal momento che è ad essi che viene richiesto di costruire condizioni favorevoli perché qui trovino spazio anche i bisogni e le aspettative degli alunni e della famiglie immigrate. Per dirla con Fa- varo (1999, 22), accogliere significa perciò fare in modo che gli alunni, indipen- dentemente dalla loro appartenenza etnica, diventino a tutti gli effetti membri cor- responsabili della comunità educativa e che la relazione educativa a sua volta sia 63 una dimensione costitutiva della vita della scuola. Pertanto accogliere le persone di differenti etnie significa costruire nella scuola un clima ottimale in cui tutti possono ritrovarsi bene, senza ignorare le differenti appartenenze e soprattutto senza avere complessi di inferiorità. Partendo dal presupposto che l’accoglienza è una dimensione interculturale Favaro-Luatti (2004, 79) fanno presente che essa non si esaurisce in dichiarazioni di principio e neanche in atteggiamenti affettivi e comportamenti personali più o meno spontanei, ma costituisce una scelta educativa e pedagogica con importanti e significativi risvolti sul piano didattico e organizzativo. Ne consegue che la scuola affinché possa considerarsi “accogliente” deve cercare di riconoscere e di dare ri- sposte, per quanto è possibile, a bisogni e aspettative specifiche dei suoi alunni, nella consapevolezza che lo sviluppo e l’evoluzione della loro identità dipendono anche dalle opportunità che essa offre nel renderli protagonisti. Al tempo stesso Favaro (1999, 28) si chiede come fare effettivamente acco- glienza, nella scuola di/per tutti, senza negare le storie e le appartenenze di cia- scuno, come costruire orizzonti e progetti comuni a partire da radici e biografie dif- ferenti. In risposta l’autrice riassume in tre parole chiave le attenzioni pedagogiche da promuovere per far sì che l’inserimento degli adolescenti di origine migratoria all’interno dei sistemi formativi rappresenti il primo passo per l’integrazione e lo scambio interculturale: esse riguardano l’accoglienza, l’attenzione allo sviluppo linguistico e l’approccio interculturale. Pertanto secondo l’autrice una scuola che accoglie: – è attenta alle modalità comunicative, alle qualità relazionali e al “clima” della classe; – si relaziona con la famiglia, informa i genitori immigrati utilizzando là ove possibile anche la loro lingua, promuove momenti di incontro tra i genitori; – cerca di rimuovere gli ostacoli burocratici che rendono difficile l’accesso; – opera per dare pari opportunità a tutti; – rende esplicite le sue regole ed è disponibile a negoziare. Inoltre l’autrice fa presente che l’apprendimento e lo sviluppo della seconda lingua in questi adolescenti deve stare al centro dell’azione didattica e prevedere modifiche nelle modalità organizzative; così pure è di fondamentale importanza che la scuola promuova in questi alunni le capacità di narrare, di raccontare e di esprimersi, favorendo il loro sviluppo cognitivo nel riconoscere e valorizzare le loro risorse linguistico-culturali. Soltanto allora si può dire che l’approccio inter- culturale è attento alla valorizzazione delle differenze, alla relazione con l’altro, a promuovere il confronto, la scoperta e lo scambio fra storie e culture diverse. 2.3. Il ruolo della formazione nel processo di “stabilizzazione” Demetrio-Favaro (1992, 35-40) fanno ancora presente che per gli adolescenti di origine migratoria la formazione rappresenta la sintesi tra accoglienza e stabiliz- 64 zazione. Con il concetto di “stabilizzazione” essi intendono la ricerca di ricostru- zione di un tessuto bi-psicologico, bi-linguistico, bi-etnico. In altri termini, l’immi- grato che sceglie la stabilità opta per un duplice status: accetta di far convivere dentro di sé due psicologie (ciò che si è stati e ciò che è necessario diventare adesso); due lingue (quella d’origine e quella acquisita nel nuovo Paese); due cul- ture (i riti e le mentalità precedenti con i costumi e le richieste del nuovo am- biente). Il risultato sta nel ricomporre un puzzle, un bricolage prodotto da differenti interazioni simboliche. Chi accetta di riconciliare le opposte tendenze pone infatti le condizioni per stabilizzare la propria integrazione; chi, al contrario, si oppone o non favorisce l’in- tegrazione tra queste dimensioni, vive nella sofferenza, rischia di permanere nella condizione di straniero, di “senza patria”, di “apolidismo psichico”. L’alunno im- migrato che invece è capace di integrarsi ha buone probabilità di una qualità di vita psicologicamente più ricca e sana; la gestione del duplice status è certo difficile, ma sancisce il percorso di ogni opzione stabilizzante, che contagerà e/o tenderà inevitabilmente ad allargarsi anche ad altri membri della famiglia/gruppo/comunità di appartenenza. In pratica la stabilizzazione si manifesta come risposta alle strategie e alle azioni di accoglienza, è il corollario di quell’equilibrio tanto desiderato e perse- guito dall’alunno immigrato, nel convivere nella sua duplice condizione. In questo caso il percorso formativo dà inizio ad un processo di re-identificazione linguistica, socio-culturale e professionale, in quanto l’individuo sa che non può continuare a vivere a lungo nel nuovo Paese utilizzando soltanto la propria lingua e cultura. Di conseguenza va alla ricerca di quelle sicurezze che la formazione gli può trasmet- tere per realizzare questo processo di re-identificazione. In sintesi, accoglienza, stabilizzazione e formazione sono indicatori di un cam- biamento sociale irreversibile, in quanto ogni elemento è in connessione con l’altro, in un rapporto dialettico che è in grado di produrre, per gli immigrati, “an- coraggi” significativi sul piano psicologico e psicosociale e, per gli autoctoni, “ric- chezza” da interscambiare. 2.4. Il processo di integrazione scolastico-formativo In questa prospettiva occorre prendere in considerazione il delicato tema del- l’integrazione nei sistemi formativi degli alunni di origine migratoria, quando e a quali condizioni essi possono essere considerati “positivamente integrati”. Per quanto riguarda il primo aspetto, Favaro (1998, 52) sostiene che l’integra- zione è anzitutto un processo e un progetto; in altri termini, è una dinamica che si sviluppa tra sistemi aperti, disponibili a creare uguali opportunità e a scambiare sa- peri e riferimenti. Inoltre l’integrazione è un processo bilaterale, in quanto richiede un movimento da entrambe le parti, una responsabilità condivisa e si definisce quindi come un rapporto tra soggetti in interazione. Infine l’integrazione si realizza quando l’individuo mantiene la propria cultura e identità e al tempo stesso cerca 65 un’interazione quotidiana con l’altra cultura partecipando attivamente ad una vasta rete di relazioni, per cui può essere definita una strategia che cerca di ottenere “il meglio da entrambi i mondi”. Favaro-Luatti (2004, 101-102) riportano una serie di indicatori per percorrere in modo giusto ed efficace la strada dell’integrazione all’interno dei sistemi forma- tivi. In base a tali indicatori l’integrazione: – è un concetto multidimensionale che ha a che fare con l’acquisizione di capa- cità linguistiche, con la relazione, la ricchezza e l’intensità degli scambi con gli adulti e con i pari, sia a scuola che nell’ambiente extrascolastico; – richiede di fare riferimento all’integrità del sé, che a sua volta si esprime me- diante la possibilità di ricomporre la propria storia in un processo dinamico di cambiamento e di confronto che consente ad ognuno, da un lato, di non essere “ostaggio” delle proprie origini e, dall’altro, di non dover negare riferimenti, differenze, componenti della propria identità per poter sentirsi “riconosciuto” e accettato; – è un processo che si costruisce quotidianamente attraverso balzi in avanti e ri- torni indietro, nostalgie e speranze, timori ed entusiasmi; – fa parte di un progetto intenzionale che non avviene per caso, per inerzia, ma deve essere voluto, seguito, sostenuto con attenzione, cura e competenza da tutti i protagonisti dell’incontro. Questi elementi a loro volta implicano altri indicatori di integrazione che pos- sono essere utilizzati per l’inserimento di ciascun adolescente nel suo percorso di integrazione, e che prendono in considerazione: – la situazione al momento dell’inserimento scolastico/formativo (alla pari o in ritardo), che permette di progettare la prosecuzione degli studi con opportunità più o meno equivalenti a quelle dei compagni autoctoni; – la competenza nel possesso della lingua italiana, che deve risultare funzionale ed efficace sia per la comunicazione interpersonale che per lo studio, dando così la possibilità di raccontare aspetti della propria cultura, del Paese d’ori- gine, della propria storia; – la qualità e quantità delle relazioni in classe con i compagni e la possibilità di partecipare alle attività di gruppo, in quanto permettono all’alunno di origine migratoria di essere accettato e accolto nei momenti di aggregazione e delle scelte elettive; – la qualità e la quantità degli scambi nel tempo extrascolastico, le occasioni di partecipazione e di inserimento nelle attività ludiche e sportive, le opportunità di stabilire e mantenere scambi e amicizie, di “abitare il territorio” percepen- dolo come “luogo di appartenenza”; tutti elementi da considerare come altret- tanti momenti condizionanti il processo di integrazione dell’alunno di origine migratoria; – la condizione di autostima, di fiducia in sé e nelle proprie possibilità, la capa- 66 cità di accettare/sostenere sia le sfide che sono comuni ai compagni autoctoni sia quelle specifiche della propria storia di migrazione; tutti fattori che si tra- ducono poi nella capacità di prefigurare il proprio futuro e di progettarlo, fa- cendo fronte ai vissuti di provvisorietà e di non appartenenza. In tutti questi casi l’accettazione da parte del gruppo dei pari gioca un ruolo assai positivo nell’inserimento degli alunni di origini migratoria, in quanto rappre- senta un mezzo efficace in grado di facilitare l’inserimento sia nel gruppo-classe sia in quello dei pari, grazie all’opportunità che viene data loro di esprimere e di condividere con altri queste esperienze. A completamento di quanto riportato sopra sui fattori di integrazione scolastica i due autori hanno ricostruito il seguente quadro: Difficoltà nell’ integrazione - ritardo di due o più anni - risultati scolastici insufficienti - difficoltà linguistiche sia per comunicare che per studiare - isolamento relazionale dovuto o ad autoesclusione o a clima della classe di non accettazione e di chiusura - non richiama l’attenzione per chiedere aiuto solitudine nel tempo extrascolastico esclusione dalle iniziative promosse dai compagni di classe nei confronti della propria lingua, storia e del Paese di origine esprime chiusura, difesa eccessiva, vergogna è spesso apatico e scoraggiato, oppure manifesta il disagio con aggressività e non rispetto delle regole presenta mancanza di motivazione ad apprendere non riesce a esprimere desideri e progetti Problematiche - ritardo di un anno - risultati scolastici accettabili e tendenti al miglioramento - si dà una buona capacità comunicativa ma persistono difficoltà nell’italiano (lettura, scrittura, contenuti disciplinari) - talvolta è isolato - ha un numero ridotto di scambi con i pari e di scelte da parte dei compagni - sollecita raramente attenzione e aiuto è inserito in scambi e relazioni con i pari nel tempo extrascolastico, ma in misura e intensità ridotte fa riferimento alla “L1” solo se sollecitato alterna momenti di fiducia in se stesso ad altri di scoraggiamento esprime desideri e progetti solo se sollecitato e sostenuto appare motivato in maniera discontinua Integrazione positiva - alla pari - risultati scolastici buoni o sufficienti - competenze sia per la comunicazione interpersonale che per lo studio - ben inserito e accettato negli scambi con i pari - richiede e richiama attenzione - richiede spiegazioni, esprime dubbi, fa domande partecipa ad attività ludiche, sportive, di aggregazione viene invitato dai compagni di classe e li invita mantiene e sviluppa la “L1” a casa e con i connazionali parla volentieri del proprio Paese, racconta, fa confronti ha fiducia nelle proprie capacità e si confronta con le “prove” e i compiti del quotidiano esprime desideri e progetti è motivato ad apprendere e a seguire il curricolo comune Indicatori 1. Modalità dell’inserimento scolastico e risultati scolastici 2. Competenza linguistica in italiano 3. Relazione in classe 4. Relazione con i pari nel tempo extrascolastico 5. Lingua di origine e storia personale 6. Autostima e fiducia in se stesso Indicatori positivi e problematici di integrazione scolastica e/o nei sistemi formativi Fonte: Favaro G.-L. Luatti, 2004, 103 67 Tuttavia possono essere ancora più numerosi i fattori (di ordine economico, so- ciale, relazionale…) che interferiscono, favorendola o ostacolandola, sulla riuscita scolastica degli alunni immigrati. E comunque un po’ tutti i risultati degli studi sui processi di integrazione scolastica concordano nel richiedere fin dall’inizio della scuola dell’obbligo di prestare maggiore attenzione alle modalità di inserimento e ai processi di integrazione degli alunni di origine migratoria, poiché è in quegli anni che si progetta il loro futuro e con esso il processo stesso di formazione di un’iden- tità integrata. Inoltre oggi più che mai spetta in particolare al sistema di istruzione e formazione secondaria superiore, in quanto solo di recente è stato interessato da una presenza sempre più rilevante di studenti di origine migratoria, dotarsi dei dispositi- vi organizzativi e delle competenze necessarie per accogliere positivamente questi nuovi alunni e garantire loro pari opportunità di successo scolastico. Concludendo, in quest’ultimo punto ci si è limitati a rilevare come la scuola e più in generale i sistemi formativi rappresentino indubbiamente le principali istitu- zioni che debbono farsi carico dei nuovi arrivati, in quanto si configurano come luogo privilegiato di incontro, confronto, accoglienza, integrazione e costruzione di nuove identità e appartenenze, un luogo dove le differenze linguistiche, culturali, religiose fanno sempre più parte del vissuto quotidiano e che richiedono di essere affrontate mettendo a punto sempre nuove metodologie/strategie d’intervento. Le buone prassi per l’integrazione dei giovani di origine migratoria nei sistemi formativi verranno prese in considerazione nell’ultima parte, tuttavia prima di chiu- dere sulla problematica pare opportuno riportare il contributo di precedenti studi. Favaro (1999, 25) infatti fa presente che fin dagli anni ’90 gli insegnanti che hanno avuto a che fare con l’inserimento di alunni di origine migratoria si sono scontrati con i problemi e con quella impreparazione sul piano logistico-organizzativo pur- troppo presenti e/o che caratterizzano ancora oggi i sistemi formativi e che sono stati così riassunti: – difficoltà linguistiche, ritenute le cause principali del “ritardo” scolastico e degli insuccessi; – fattori di ordine relazionale e di socializzazione, individuati nel “clima” della classe, negli atteggiamenti di diffidenza/non accettazione/rifiuto da parte dei coetanei autoctoni e/o di chiusura/apatia/aggressività da parte degli adolescenti immigrati; – difficoltà di comprensione del “mondo culturale” della struttura formativa, spesso incapace di mediare conflitti e malintesi fra codici comunicativi e ap- partenenze culturali diverse; – forte mobilità degli allievi con improvvisi spostamenti geografici da un luogo all’altro e/o da una scuola all’altra in seguito alle migrazioni effettuate dalla fa- miglia; – inserimento nel corso durante l’anno scolastico già cominciato, fenomeno che poi si traduce nella mancanza o impossibilità di effettuare un programma di ac- coglienza per i nuovi inseriti; 68 – mancata o incompleta documentazione del percorso scolastico precedente del- l’alunno immigrato, alla quale si ripara con un’autocertificazione dei genitori, che non sempre sono in grado di dare precise indicazioni in merito; – diffusa condizione di disagio dovuta all’inserimento degli adolescenti immi- grati in classi inferiori rispetto all’età anagrafica; – difficoltà di passare da un livello scolastico a quello superiore a causa dell’ele- vato tasso di abbandoni, in particolare nei primi anni della scuola superiore; – impreparazione dei docenti a fronte dei nuovi compiti da assolvere, per la mancanza di adeguate risorse e di sostegno per affrontare la problematica (sus- sidi didattici inadeguati, mancanza di figure di mediazione…). Per cui si può concludere affermando che la presenza degli adolescenti di ori- gine migratoria nel sistema educativo italiano non solo riapre in modo dirompente il problema del diritto allo studio, ma problematizza quella che può essere conside- rata a tutti gli effetti una vera sfida per la scuola italiana attuale. In pratica ancora oggi si pone il dilemma cruciale di come affrontare il contrasto tra condizioni pro- fondamente differenti e talora divergenti che si verificano all’interno dei sistemi formativi: da un lato l’esigenza di offrire agli immigrati pari opportunità di tratta- mento degli autoctoni e, dall’altro, voler realizzare nei loro confronti percorsi di crescita e di realizzazione personalizzati in base a quei bisogni specifici (di ordine psicologico, cognitivo, affettivo, culturale.…) di cui sono portatori. 69 Capitolo 3 L’indagine quantitativa: i giovani di origine migratoria di Latina Vittorio PIERONI PREMESSA - LE RAGIONI DI UN APPOSITO STUDIO SUI GIOVANI DI ORIGINE MIGRA- TORIA 1 Questa indagine è in effetti il prodotto “ritagliato” da due più ampi progetti d’indagine riguardanti l’uno, la presente ricerca del CNOS-FAP e del CIOFS-FP fi- nalizzata a rilevare le buone prassi adottate all’interno dei sistemi formativi per l’integrazione dei giovani di origine migratoria, e l’altro come parte integrante di un’inchiesta a vasto raggio finanziata dal Comune e dalla Provincia di Latina per verificare la condizione giovanile del territorio che, appunto, si caratterizza anche per la presenza di un’ampia concentrazione di immigrati. Al tempo stesso è anche il prodotto della combinazione di due metodologie d’indagine, quantitativa e qualitativa, dove i risultati statistici cumulativi conse- guiti, con la prima, nelle aule scolastiche intervistando 139 studenti di origine mi- gratoria, vengono poi ulteriormente specificati/rispecchiati nelle risposte date nel- l’indagine qualitativa, intervistando 30 giovani sempre di origine migratoria che in- vece sono stati raggiunti singolarmente per strada o nei luoghi di ritrovo. 1. CHI SONO 1.1. L’indagine nelle scuole Come anticipato, i 139 giovani di origine migratoria sono stati “ritagliati” da una più ampia indagine sulla condizione giovanile del Comune di Latina, la quale ha coinvolto circa un migliaio di giovani presenti all’interno delle scuole scelte su base campionaria. Per selezionare dal campione i giovani di origine migratoria si è fatto ricorso a una particolare elaborazione statistica che teneva conto del Paese di nascita di uno o di entrambi i genitori. 1 Si fa presente una volta per tutti che con questo termine si intendono sia coloro che sono nati a Latina o comunque in Italia sia chi è nato nei Paesi di emigrazione. 70 Passando ad analizzare alcuni dei principali dati anagrafici (Tav. 1), questi gio- vani si caratterizzano per essere un numero leggermente superiore di femmine (54.7%, contro il 44.6% dei maschi) e di preadolescenti (54.7%, contro il 45.3% che va dai 16 fino ad oltre 20 anni); circa la metà di loro sono nati a Latina (46.8%, in particolare i preadolescenti), mentre la quota residua si divide tra chi è nato in altri Comuni del Lazio o dell’Italia (24.5%) e chi è nato all’estero (28.8%), questi ultimi provenienti quasi tutti da Paesi dell’Europa dell’Est. Tav. 1 - Alcuni dati anagrafici (base = 139; in Fq. e %) Fq. % Sesso Maschi 62 44.6 Femmine 76 54.7 Età Preadolescenti (fino a 15 anni) 76 54.7 Adolescenti/giovani (16-17enni e oltre) 63 45.3 Luogo di nascita Latina 65 46.8 altrove 74 53.2 Nel ricostruire il pregresso percorso scolastico (Tav. 2) il dato più interessante viene dal constatare che una netta maggioranza (attorno all’80%) non ha mai avuto a che fare con fallimenti scolastici, e in un certo senso ciò potrebbe essere messo in correlazione con l’alto numero di genitori dotati di titoli di studio superiori all’obbligo; quel 18.7% che invece ha sperimentato una o più bocciature appare già gravato da problemi di integrazione nel tessuto sociale della città per aver segnalato l’esistenza di situazioni conflittuali nei rapporti tra italiani e immigrati e di comportamenti a rischio (azioni trasgressive, vicinanza al mondo degli stupefacenti…). Tav. 2 - Caratteristiche del percorso scolastico e scelte al seguito (base = 139; in Fq. e %) Fq. % Frequenta: Secondaria I gr. 48 34.5 Secondaria II gr. 82 59.0 CFP 4 2.9 Bocciato: Mai 113 81.3 Una/più volte 26 18.7 Al termine di questi studi prevede di: Continuare a studiare 69 49.6 Andare a lavorare 44 31.7 Non sa 26 18.7 Allo stato attuale circa due su tre di questi giovani frequentano la secondaria di II grado (59%), per lo più negli Istituti tecnico-professionali e solo in parte nei Licei scientifici; mentre un terzo sta facendo l’ultimo anno della secondaria di I grado (34.5%), mentre soltanto il 2.9% è iscritto nell’unico Centro di Formazione Professionale presente a Latina. 71 A questo punto era d’obbligo cercare di entrare nel loro spazio prospettico nel tentativo di verificare quali scelte faranno al termine dell’attuale ciclo di studi: – la metà (49.6%) è intenzionata a continuare gli studi in una scuola superiore o all’università, a seconda dei livelli in cui è iscritto attualmente; tra costoro si ritrovano, oltre ovviamente al gruppo dei più giovani, le ragazze e chi non è stato mai bocciato; – l’altra metà è distribuita su tre distinte posizioni: il 14% ha già deciso che si metterà subito alla ricerca di un lavoro, da reperire possibilmente nel settore turistico-alberghiero o dei servizi, coerentemente all’attuale indirizzo degli studi (si distinguono i maschi e chi ha un’età più avanzata); il 18% intende stu- diare e lavorare al tempo stesso, mentre un altro 18% non riesce ancora a pre- vedere quale scelta farà (in entrambi i casi si mettono in evidenza le ragazze e chi ha subito insuccessi scolastici). Dall’incrocio tra sesso, età e percorso scolastico pregresso si evince inoltre che i maschi risultano leggermente più presenti nella fascia al di sotto dei 15 anni e le femmine in quella superiore; inoltre i maschi hanno riportato un maggior tasso di bocciature lungo il percorso scolastico e al termine dell’attuale ciclo di studi prefe- riscono andare subito a lavorare, mentre la maggior parte delle femmine ha dichia- rato di voler continuare a studiare. Passando ad analizzare la famiglia di estrazione, circa tre su quattro (74.1%) vi- vono con entrambi i genitori, solo in una minoranza dei casi si parla di famiglie mo- noparentali (15.8%) o ricostruite (6.5%), situazioni dovute entrambe per lo più a se- parazioni. Un dato a sorpresa viene poi dal costatare che oltre tre su quattro dei loro genitori (77.7%) presentano un titolo di studio che va oltre la scuola dell’obbligo; il fenomeno può essere più facilmente spiegato se si tiene conto del fatto che buona par- te dei genitori provengono da Paesi dell’Europa dell’Est (44%). A proposito del luogo di nascita dei genitori, troviamo che oltre alla prevalente provenienza dai Paesi del- l’Est seguono, in rapporto di circa un terzo (33%), i genitori di origine africana e, in misura ancor più ridotta, quelli di origine latino-americana (15%) e asiatica (8%). 1.2. I protagonisti delle interviste qualitative Oltre a questi studenti presi all’interno delle aule scolastiche sono stati avvici- nati per strada e/o nei luoghi di ritrovo, per essere intervistati attraverso una griglia di domande semistrutturate, 30 giovani di origine migratoria, i quali presentano le seguenti caratteristiche: – il rapporto tra maschi e femmine è di due a tre (11 e 19, rispettivamente); – l’età copre un arco di tempo che va dai 15 ai 29 anni, con una media che si at- testa attorno ai 20; – una netta maggioranza (18) proviene anche in questo caso dai Paesi dell’Est (Romania, Albania, Ucraina…), 10 dall’Africa (Nigeria, Tunisia…) e 2 dal- l’Asia (Bangladesh); 72 – circa la metà (14) ha un’occupazione, 8 studiano nelle scuole superiori e alcuni all’università, mentre altri 8 al momento non studiano né lavorano. In genere un po’ tutti loro si esprimono bene o comunque parlano corretta- mente l’italiano, alcuni arrivano anche a usare toni gergali. La maggior parte ha vo- glia di raccontarsi e/o di raccontare la propria storia migratoria, alcuni invece pre- feriscono non farlo perché significa rivivere momenti penosi e difficili. Una minoranza ha già costruito una propria famiglia, tutti gli altri vivono con i genitori; la coppia genitoriale tuttavia è al completo solo in una metà dei casi, nel- l’altra metà o manca un componente o si ha a che fare con conviventi. L’appartenenza etnica in genere si combina con la religione che, per chi pro- viene dai Paesi dell’Est, in genere è quella ortodossa e per gli africani e gli asiatici mussulmana, con la differenza che gli ortodossi si dichiarano per lo più non prati- canti, mentre i mussulmani ci tengono a dimostrare la loro osservanza. Nell’aspetto esteriore si presentano tutti ben vestiti, con abbigliamenti ricer- cati, alla moda, sportivi o comunque di marca, conformemente allo standard medio dei coetanei autoctoni; nessuno veste abiti tradizionali del proprio Paese. Anche in ciò che possiedono tendono a conformarsi agli standard dei ragazzi italiani che frequentano a scuola o nel tempo libero, quindi sono dotati dei soliti cellulari, alcuni anche di ultima generazione, dicono di avere a casa il computer, i- pod, MP3 e altre “attrezzature” tipiche di queste generazioni; sono pochi quelli che invece presentano tatuaggi e piercing. 2. LA PERSONALITÀ DEI GIOVANI IMMIGRATI: CONCETTO DI SÉ E SENSO DI APPAR- TENENZA AL GRUPPO ETNICO L’indagine mirava anzitutto a verificare “chi sono” effettivamente, quali valori portano con sé questi giovani di origine migratoria, come si considerano e/o si au- todescrivono dal punto di vista delle doti di personalità che sostengono di avere e come si comportano nel loro vissuto socio-relazionale. Nel procedere in tal senso non c’era niente di meglio che farlo dire dagli stessi intervistati. Con una prima serie di domande il giovane di origine migratoria è stato posto di fronte al compito di definire “chi sono io” e “da dove provengo”, in quanto la risposta a questi interrogativi permette di comprendere anche il proprio modo di autocollocarsi contemporaneamente nei confronti di se stesso e dei differenti mondi con cui è in contatto, così da permettere di individuare la volontà o meno di inte- grarsi, contenere, filtrare ed elaborare il “nuovo” con il “prassato”. In questo modo sono emerse numerose definizioni di sé e del proprio modo di vivere la differenza nel contesto socio-ambientale di Latina dove questi giovani ca- lano l’esperienza della quotidianità dei rapporti; definizioni gran parte delle quali di senso positivo, ma non mancano anche espressioni più portate a sancire gli ef- fetti critici e/o negativi dell’esperienza migratoria. 73 2.1. L’indagine nelle scuole Nel definire se stessi i giovani si autoattribuiscono alte qualità quanto a gene- rosità, accettazione della “diversità”, capacità di dialogo; inoltre si considerano anche persone gioiose, motivate, responsabili e piene di ideali; al tempo stesso non possono fare a meno di far evidenziare alcuni lati deboli della propria personalità in fatto di insicurezza, dipendenza e talora anche di ribellione. Dal punto di vista reli- gioso quasi tutti si dichiarano credenti, tuttavia oltre la metà non pratica alcuna re- ligione. Nel passare ad analizzare se si lasciano andare a comportamenti a rischio si è partiti da una domanda provocatoria circa l’eventualità di poter compiere azioni trasgressive: in circa il 40% è scattato un meccanismo di difesa che li ha indotti a non rispondere; nella quota residua i più ammettono di poter arrivare a ubriacarsi e in qualche caso anche a fumare uno spinello o al limite a compiere atti di vanda- lismo. Attraverso una seconda domanda, più diretta, si è cercato allora di sapere quali azioni trasgressive e/o reati hanno effettivamente compiuto: in questo caso la quota di chi ha evitato di rispondere è salita ulteriormente ed ha riguardato più della metà; quei pochi che hanno ammesso le proprie colpevolezze si sono limitati a re- stringere il campo ancora sugli atti di vandalismo, a cui fanno da cornice in questo caso pestaggi a scuola e/o tra bande. A questo punto non poteva mancare anche una domanda sui possibili rischi de- rivanti dalla frequentazione di amici che fanno uso di sostanze stupefacenti e sul- l’eventualità di aver sperimentato la droga che fosse stata offerta loro: appena poco più di un terzo ha ammesso la presenza all’interno del proprio gruppo di amici con problemi di droga e di essere stati invitati a provarla, ciò che è avvenuto nella metà dei casi. Si è colto l’occasione per verificare quale fosse al tempo stesso il loro atteggia- mento verso la droga, chiedendo anzitutto quali possono essere quei fattori “predit- tivi” che portano i giovani a farne uso: in questo caso l’intero gruppo ha contribuito ad evidenziarne un po’ tutte le ragioni elencate nella domanda, a partire dalla fre- quentazione di amicizie equivoche, alla curiosità e all’emulazione fra compagni, fino a quelle riguardanti la propria personalità (mancanza di autostima, di un pro- getto di vita…), per passare poi alle problematiche di ordine familiare (disgrega- zione, mancanza di affetto…). Dai fattori predittivi si è passati quindi ai fattori “protettivi” dal rischio di ca- scare nel circuito della droga: essi sono stati individuati nelle dimensioni opposte a quelle precedentemente segnalate, ossia nel circondarsi di amicizie affidabili, nel- l’avere fiducia in se stessi, dotati di alte aspirazioni per la realizzazione di sé, nella presenza di genitori che sanno educare e di altre figure di adulti positivi. La scuola tuttavia è stata considerata da quasi tutti una istituzione che non sa preve- nire/affrontare le problematiche connesse all’uso delle droghe. Ed è questo il dato più critico/negativo emerso finora dall’indagine. 74 Per chiudere era importante verificare, ai fini dell’integrazione di questi gio- vani nel più ampio tessuto socio-relazionale, se essi partecipano alle varie attività promosse dalle associazioni presenti a Latina: al riguardo ha risposto affermativa- mente oltre la metà (52%), quasi tutti indicando tuttavia il settore sportivo, solo una ristretta minoranza ha fatto presente la propria aderenza anche all’associazionismo a scopo religioso. 2.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) A seguito della domanda: “Se tu dovessi descrivere ‘chi sei’, come ti definiresti?”, sono stati fatti vari “autoscatti” che vanno dalla propria immagine fisica (“del mio aspetto fisico non cambierei nulla, mi accetto così come sono”; “le differenze del- la pelle non mi comportano disagi, mentre l’essere straniera mi ha fatto stare molto male; del mio aspetto fisico però non cambierei nulla”; “per quanto ri- guarda il mio aspetto fisico vivo tranquillamente la differenza, non mi mette a disagio”), ai differenti attributi/aspetti interiori della propria personalità: - “sono semplicemente un ragazzo simpatico, dolce e allegro, mi piace tutto ciò che mi fa divertire e mi sento in forma”; - “sono estroverso, gentile, disponibile”; - “mi reputo una ragazza molto calma e serena, sincera e solare, che ascolta gli altri ed è pronta ad aiutare gli altri, mi piace parlare di me e delle mie esperienze e condividerle con i miei amici”; - “sono un po’ egocentrica, mi piace mettermi in evidenza, sono un po’ vani- tosa”; - “curiosa di scoprire e conoscere i lati belli di nuove culture”; - “mi piace viaggiare e leggere molto”; - “ci metto del tempo ad aprirmi sulle mie questioni personali”; - “socievole e con molta voglia di lavorare”; - “sono una persona molto semplice, umile e molte volte triste”. 2) Nel provocarli sull’appartenenza, distinguendo se si sentono più italiani op- pure più vicini alla cultura di origine della propria famiglia, se si prescinde da quei pochi che hanno ben chiaro il senso di appartenenza (“mi sento molto più italiano, sono nato e cresciuto qui”), la maggior parte ha saputo “dribblare” la dissonanza che scaturisce dalla “scissione” del proprio “Io” (o/o) per manife- stare un senso di appartenenza integrata (e/e): - “mi sento sia italiana sia del mio paese, non cambierei comunque né il mio paese di origine che quello dove sto vivendo”; - “non ho mai incontrato difficoltà a conciliare la mia cultura con quella ita- liana e a rapportarmi con ragazzi italiani”; - “non avverto problemi di integrazione culturale, mi integro facilmente perché vedo le differenze culturali non come una barriera ma come una ri- sorsa”; 75 - “essere straniero non mi ha mai causato problemi e non me li sta causando. Non penso che cambierò paese”; - “le differenze le ho conciliate abbastanza bene, sto cercando di imparare meglio la lingua”; - “in quanto straniero non ho il colore della pelle diverso, forse mi si rico- nosce dalla lingua; sono molto orgoglioso della mia etnia, ma mi ritengo italiano, non noto più differenze tra me e loro, ora vivo qui e le mie usanze sono quelle di qui”; - “non sono religioso e quindi non ho dovuto conciliare molte cose delle mie usanze con quelle italiane”; - “ho quasi conciliato le differenze, non sono religiosa e per questo ho avuto meno problemi”; - “vivo bene le differenze culturali, anche perché sono arrivato in Italia a 20 anni, con un cervello da ragazzo e tanta voglia di conoscere, per cui mi sono integrato facilmente”. 3) Al tempo stesso non manca di far sentire il proprio disagio anche chi vive male le due appartenenze per aver sperimentato forme di razzismo a causa di una in- compiuta quanto poco curata integrazione tra le differenze culturali: - “le mie differenze fisiche non mi hanno dato problemi, mentre essere di un altro paese me ne hanno dato di più: le persone ti guardano in modo diverso, non si fidano di te, se la prendono con gli stranieri qualunque cosa succeda”; - “ho avuto momenti di disagio: quando sono arrivata alcune persone mi guardavano in modo diverso, che mi faceva sentire a disagio”; - “essere di una cultura e religione diversa mi crea dei disagi che è difficile superare”; - “cerco di adottare le tradizioni italiane ma mi riesce difficile integrarle perché ho molti limiti imposti dalla mia religione e dalla mia famiglia”; - “non conosco bene la storia del mio paese, non ascolto musica etnica e non ho filmati o immagini particolari della mia vita passata e non mantengo i contatti con i parenti che sono rimasti là”; - “è difficile integrare la cultura italiana con quella del mio paese, le diffe- renze sono tantissime; inoltre come straniera non posso pretendere che gli altri si adeguino a me, sono io che mi devo adeguare, però non mi sento in- feriore agli altri”. 4) In merito poi all’orgoglio di appartenere al proprio gruppo etnico e al modo di vivere la differenza, sono scattate differenti affermazioni: - “mi sento orgoglioso di appartenere al mio gruppo etnico, ciò che mi diffe- renzia è la mia religione islamica; parlo la lingua della mia famiglia e co- nosco la cultura e le usanze legate alla tradizione e alla mia religione. Le vivo bene soprattutto nella religione, non trovo difficoltà, ma non cerco di integrarle e nemmeno di conciliarle”; 76 - “mi sento molto orgogliosa di essere straniera, vuol dire avere culture e usanze che ti differenziano dagli altri e quindi mi fanno sentire più sicura e mi danno molta forza per andare avanti”; - “mi sento molto orgogliosa: ora che sono qui sento nostalgia, il richiamo della terra natale”; - “stando in Italia sono molto orgoglioso del mio gruppo etnico, mentre quando stavo nel mio paese di origine non lo ero perché era popolato da persone molto povere”; - “appartenere al mio gruppo etnico mi fa sentire più sicura per affrontare il futuro qui in Italia”. 5) Ma non tutti la pensano o vivono il senso di appartenenza nello stesso modo: - “non sono orgoglioso di appartenere al mio gruppo etnico perché affrontare il futuro in Italia mi fa sentire più sicuro dal momento che ci sono molte op- portunità di trovare lavoro e quindi anche di costruirmi una famiglia”; - “non mi sento orgogliosa, anzi mi crea molto disagio, mi ha fatto stare male, al tempo stesso non mi sento molto italiana e non so se mi piacerebbe es- serlo, ci sono persone che mi hanno trattato molto male solo perché stra- niera”. 3. VALORI, BISOGNI E ASPIRAZIONI GIOVANILI L’emigrazione è l’espressione più concreta/tangibile di una volontà mirata ad un cambiamento che porti a migliorare se stessi realizzando le proprie aspirazioni e pro- getti di vita. Scaturiscono da qui appunto le domande mirate a verificare se e quanto queste progettualità sono presenti nel loro sistema di significato esistenziale. 3.1. L’indagine nelle scuole La serie di domande presenti in quest’area iniziava con una provocazione di non poco conto: la sensazione di sentirsi o meno realizzati lungo il sentiero della vita finora percorso. L’ago della bilancia in questo caso non si è assestato proprio del tutto sul polo positivo dell’autoispezione: circa la metà (46.8%) ha ammesso di aver conseguito finora un soddisfacente stato di realizzazione, cui si aggiunge anche un 10% di coloro che provano piena soddisfazione per la vita che stanno conducendo (in entrambi i casi si distinguono i maschi, i preadolescenti, chi non è stato mai bocciato, chi ha già pensato o scelto cosa fare al termine dell’attuale ciclo di studi). Al tempo stesso non ha mancato di far sentire il proprio peso anche la quota di coloro che hanno segnalato una scarsa realizzazione di sé (40.3% - le ra- gazze, i più avanzati in età, chi è stato bocciato, chi non sa o non ha ancora deciso cosa fare al termine dell’attuale ciclo di studi), tuttavia nessuno ha dichiarato di vi- vere una vita completamente insoddisfacente. 77 Restando sempre in tema di scelte, con un’ulteriore provocazione si è cercato di penetrare nel segreto mondo che fa da scenario alle loro future scelte/aspettative chiedendo di indicare “come prevedono che saranno” tra 10-15 anni. A questo ri- guardo gli immigrati hanno ancora una volta sorpreso, dal momento che nel prefi- gurare la scelta che faranno tra breve, al termine dell’attuale ciclo di studi, un po’ tutti hanno già proiettato la propria immagine in un spazio “ideale” nel tempo dove ritengono che potranno occupare ruoli professionali di un certo rilievo ed inoltre avranno già una propria famiglia e beni di proprietà. Questi sono gli obiettivi che, una volta raggiunti, li faranno sentire realizzati nella scelta di vivere in Italia e/o a Latina, e sono in particolare le ragazze a superare agilmente i maschi nel fare i conti con l’avvenire. Dietro questa prospettiva si avverte infatti la presenza di un bagaglio esisten- ziale basato su una serie di principi considerati fondamentali per riuscire nella vita e che fanno capo a valori di personalità (saper assumersi responsabilità, avere stima di sé, darsi degli ideali…), relazionali (amare, sentirsi amati, avere amicizie vere/affidabili…) e familistici (formare una famiglia unita, saper educare i figli…). A riprova di quanto ammesso nella domanda precedente ha fatto seguito l’af- fermazione secondo cui quasi nessuno di loro intende cambiare qualcosa della pro- pria vita, a significare una piena coerenza con le scelte finora effettuate (emigrare, vivere in Italia, studiare, lavorare…); quei pochi che hanno segnalato l’esigenza di un cambiamento lo hanno riferito al proprio aspetto fisico (tipico di questa età di passaggio dall’adolescenza alla giovinezza) e in parte anche alla propria situazione economica. A questo impianto esistenziale si contrappongono tuttavia le preoccupazioni che incombono attualmente su queste giovani generazioni di immigrati. Quelle che sembrano condizionare maggiormente i loro ideali e sistema di vita afferiscono es- senzialmente a due tipologie: l’incognita che grava sul futuro delle loro scelte e la manifestazione della violenza in seno alla vita sociale nelle sue differenti forme (ingiustizie sociali, inquinamento, droga, povertà, disonestà…). 3.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) In merito al sentirsi soddisfatti per la vita che conducono attualmente, in questo secondo gruppo di intervistati si osservano tre distinte posizioni di fondo: c’è chi ha ammesso di sì, chi sente di avere le capacità per realizzarsi, ma non sa se ci riuscirà e chi invece al momento vede tutto nero. 2) Le maggiori preoccupazioni/difficoltà che incontrano in questo momento, ri- guardano: - la scuola (“non andare bene a scuola”; “il momento più difficile è stato l’in- serimento nella mia scuola: non parlavo bene l’italiano e i miei compagni mi prendevano in giro o mi trattavano male perché ero straniera e gli stra- nieri per loro sono tutti cattivi; quando spariva un cellulare in classe dice- 78 vano che era colpa mia, che lo avevo preso io; mi gettavano per terra le cose che avevo sul mio banco…, tornavo a casa e piangevo molto”); - il lavoro (“la mancanza di opportunità di lavoro, non riuscire a trovare la- voro”; “senza lavoro diventa tutto più difficile”); - l’integrazione (“sono nato qui e per me è stato tutto più difficile, mi sono in- tegrato da solo”); - la solitudine/isolamento (“rimanere da solo, dover contare solo su me stesso e sulle proprie forze”; “sentirmi molto sola, isolata e non amata”); - i limiti imposti dalla famiglia e dalle usanze religiose (“i miei compagni vanno alle feste ed io non ci posso andare”); - fino a manifestare quella paura della morte che è tipica nell’immigrato e l’accompagna quando si sente schiacciato dall’impatto con una nuova realtà- cultura (“paura di morire in giovane età”; “la presenza della violenza e della droga”). 3) Al tempo stesso i sogni che covano nel cassetto afferiscono a vari aspetti carat- teristici di questa età e della realizzazione di sé, e riguardano: - “finire gli studi”; - “contare soprattutto su me stessa”; - “trovare un altro lavoro”; - “arrivare alla laurea”; - “essere messo in regola sul lavoro”; - “trovare un lavoro che dà sicurezza”; - “affermarmi, essere qualcuno in questa società”; - “essere felice”. 4) Nell’immaginare di aver realizzato questi sogni fra 10-15 anni, quasi tutti si sono concentrati sulla dimensione familistica: - “essere a capo di una famiglia, sposata e con dei figli”; - “avere una casa tutta mia”. 5) Tra i loro progetti c’è anche quello di tornare a vivere nel proprio Paese? Anche in questo caso sono state assunte tre precise posizioni, tra chi pensa di sì (“voglio tornare a lavorare al mio paese”), chi non sa (“dipende tutto se trovo lavoro qui”) e chi ha già deciso di rimanere (“mi piace l’Italia e voglio vivere e lavorare qui”; “ormai mi ritengo italiana e voglio continuare a vivere in Italia”). 4. IL RAPPORTO CON I GENITORI Tra i membri delle famiglie immigrate occorre fare una precisa distinzione tra genitori e figli nel modo di vivere l’esperienza migratoria e, di conseguenza, sulla ricaduta che una tale esperienza può avere sul processo di costruzione dell’identità di questi ultimi. La differenza va individuata nel fatto che per i genitori la direzione 79 del viaggio si delinea in modo preciso in senso sia spaziale che temporale, in quanto è scandita dai momenti della partenza, dell’arrivo, dell’andare e venire tra due luoghi connotati da riferimenti, eventi, “pezzi” della storia diversi, da un prima e un dopo ben delineati, che scandiscono le tappe della biografia e del progetto di vita all’interno di un vissuto fatto di nostalgia e che, pur attenuandosi nel tempo e diventando da ferita cicatrice, resta un compagno di cammino sempre presente. In- vece per gli adolescenti l’emigrazione più che una esperienza vissuta diventa una dimensione esistenziale; sullo sfondo vi è un “altrove” che può restare per molto tempo sconosciuto, indefinito, inesplorato: luogo immaginario da idealizzare, per tornare o nel quale cercare protezione o, viceversa, luogo da “scotomizzare”, con cui non si ha nulla a che fare, in modo da nascondere le proprie radici e/o da non cadere in complessi di inferiorità. Alla luce di queste dinamiche gli adolescenti di origine migratoria possono es- sere definiti dei viaggiatori perenni di un viaggio iniziato però da altri. Di conse- guenza, affinché essi stessi diventino protagonisti del “loro” viaggio occorre che ri- escano ad integrare la “frattura” nella propria storia ripercorrendo il progetto fami- liare, per continuarlo, modificarlo o anche trasgredirlo, se necessario; ossia occorre che riescano a far riconciliare/ricostruire il filo della storia familiare con la traiet- toria della propria vita. 4.1. L’indagine nelle scuole Nel relazionarsi con i genitori le dimensioni che accomunano il rapporto con entrambi sono basate sulla “fiducia”, il “rispetto” e la “collaborazione”; dopodichè nei confronti del padre un tale rapporto assume anche la caratteristica di essere te- muto e amato al tempo stesso, talora al limite della conflittualità, mentre nei con- fronti della madre si evidenziano punte di maggiore tenerezza, attenzione, com- prensione. I genitori immigrati non sembrano dare molte regole ai figli, ma quelle poche appaiono ferree e/o comunque devono essere rigidamente rispettate, stando all’in- tensità con cui sono state segnalate da oltre il 60%. Tali regole fanno capo essen- zialmente al circuito delle amicizie frequentate, nei cui confronti i genitori si pre- muniscono richiedono preventivamente ai figli di indicare chi sono, di evitare di frequentare chi fa uso del fumo e delle sostanze stupefacenti e di rientrare negli orari stabiliti In genere questi giovani vanno d’accordo con i loro genitori e almeno una metà sostiene di non avere problemi nei loro confronti. Nell’altra metà si ammette di avere qualche contrasto, dovuto per lo più alla differenza generazionale (“hanno idee diverse dalle mie”); in una ristretta minoranza tale contrasto scatta soprattutto là dove si verificano problemi scolastici. Per il resto non sussistono particolari ra- gioni di litigio. Nel rapporto con il più generale mondo degli adulti (insegnanti, educatori…) si ripropongono le stesse parole-chiave già evidenziate nel rapporto con i genitori, 80 ossia “fiducia”, “rispetto” e “comprensione”, alle quali si aggiungono in questo caso, con il particolare contributo delle ragazze e dei preadolescenti, l’“ascolto” e l’“incoraggiamento”. 4.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) Anche questo gruppo di giovani ha ammesso di sentirsi assai fiero, orgoglioso di appartenere alla famiglia che ha: - “sono contento di avere una famiglia come la mia”; - “io sono fiera di loro e loro sono fieri di me”; - “sono molto fiera di mia madre che si preoccupa per me e che mi ha portato in Italia per farmi avere un futuro migliore”. 2) La famiglia per queste generazioni viene ancora percepita come il luogo ideale per vivere felici, dove si sentono amati e dove i genitori si prendono cura della loro educazione: - “sono contenti di come sto crescendo”; - “credono nelle mie potenzialità”; - “sono le mie persone di riferimento, è su di loro che posso contare molto”; - “hanno sempre creduto in me”; - “loro si fidano di me”; - “mi amano così come sono”; - “non ci sono limiti nelle nostre relazioni interpersonali”; - “con loro è tutto OK”. 3) Ma la famiglia immigrata dà anche delle precise regole che occorre rispettare: - “mi dà delle regole molto ferme che devo rispettare anche se mi pesano molto perché fanno parte della mia cultura”; - “le regole ci sono, ma sono abbastanza autonoma e indipendente”. 4) Al tempo stesso c’è stato anche chi ha evidenziato aspetti conflittuali nel rap- porto tra la famiglia e la cultura della società in cui sono inseriti, provocati ta- lora dal progetto migratorio stesso: - “non ho grande stima di mia madre perché mi ha fatto crescere al mio paese presso delle mie zie; infatti io chiamo mia zia “mamma” e mia madre con il suo nome”; - “non mi hanno dato molto, da piccola mi hanno lasciata da mia nonna per andare a lavorare in Italia”; - “a casa litigo molto spesso e per le ragioni le più diverse”; - “non so se credono in me e non penso si siano preoccupati troppo del mio futuro”; - “non mi fanno stare con i miei compagni e per questo spesso litighiamo”; - “mi danno molte regole ma io non le rispetto e a loro importa fino a un certo punto”. 81 5. IL RAPPORTO CON GLI AMICI L’amicizia e il gruppo dei pari costituiscono la platea reale della rappresenta- zione di sé dell’adolescente. È soprattutto in questa fascia d’età che l’amicizia viene ad assumere un’importanza determinante nella costruzione dell’identità dal momento che entra a far parte, viene introiettata e “coltivata” in quanto nucleo cen- trale del sé. In altri termini, l’amicizia non viene intesa dagli adolescenti come una pura e semplice relazione, ma in questo stadio dello sviluppo rappresenta un ele- mento costitutivo del contesto da cui il sé trae significato, motivo per cui si viene a creare uno stretto legame di interdipendenza, una specie di “santa alleanza” tra im- pegno nell’amicizia e crescita del sé. All’interno del gruppo l’amicizia è improntata ad un senso di reciprocità e di uguaglianza; le conversazioni riguardano una grande condivisione di argomenti, di spiegazioni e di reciproca comprensione. Sembra che nel circoscritto mondo degli amici gli adolescenti trovino una specie di “utero so- ciale”, un microcosmo intermedio al riparo dai rapporti diretti con gli adulti, che consente loro di aprire un capitolo inedito nella propria biografia. Lo stare o il fare insieme agli amici, in particolare se di differenti etnie (come è facile si verifichi al- l’interno delle strutture scolastico-formative), costituisce di conseguenza un vero e proprio “spazio transizionale” 2 dove per la prima volta è possibile sperimentare in concreto quell’incontro-confronto con l’“Io- dell’altro” e con quella “diversità” che servirà poi a preparare e ad affrontare meglio i successivi passaggi nell’inserimento nella vita sociale/attiva. È nel gruppo dei pari infatti che prendono avvio buona parte di tali processi, non più mediati dalla famiglia, anzi talora in contrapposizione con quanto proposto dai genitori; ed è ancora il gruppo dei pari che si pone all’adolescente come sostegno e momento di confronto soprattutto nel processo di “scoperta” di quel mondo esterno che da un lato lo attrae e dall’altro lo intimorisce. Durante l’adolescenza il ragazzo si trova di fronte a tante incertezze, ed è proprio in momenti critici di questo tipo che è in atto una vera e propria riorganizzazione del sistema di sé grazie a questa fitta rete di relazioni e di scambi in cui gli adolescenti, consapevoli del mutamento che li riguardano, verificano il proprio valore e riflettono su se stessi. Cosicché quando devono prendere decisioni importanti che riguardano gli aspetti che hanno maggiori implicazioni con il proprio futuro bisogno d’identità, tendono a preferire il consiglio dei pari, mentre il ruolo dei genitori resta fondamentale e autorevole per quel che concerne le questione più ordinarie della vita. 2 Winnicott (Gioco e realtà, Roma, Armando, 1974, 23) definisce lo “spazio transizionale” quello spazio intermedio/interstiziale che offre a valori tra loro differenziati la possibilità di incon- trarsi, di integrarsi e di essere condivisi, e che nel presente caso fanno capo all’esperienza del “mi- grare” in quanto essa è sempre all’origine dell’incontro/confronto con l’“altro” nel suo farsi portatore di “diversità”. 82 5.1. L’indagine nelle scuole Chi sono gli amici dei giovani di origine migratoria? Come da copione, nella quasi totalità dei casi si tratta di compagni di scuola; minoranze frequentano anche gruppi di amici che si ritrovano in spazi aperti (nel parco, sul muretto… - i preado- lescenti) o al chiuso nei locali pubblici (bar, discoteche…- i maggiori di età). Infine genitori e amici, messi a confronto con un’eventuale richiesta di consiglio e/o di aiuto, vengono considerati parimenti validi, come a dire che a quest’età è possibile “coabitare” contemporaneamente in due famiglie, una di origine e una di adozione, che dal punto di vista affettivo ormai si equivalgono. 5.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) Anche buona parte di questi intervistati hanno dichiarato di avere amicizie miste, composte sia da italiani che da quelli della propria etnia o di altre etnie, ricavate per lo più all’interno delle aule scolastiche (“siamo diventati amici perché stiamo in classe assieme”) o comunque perché nati e cresciuti nello stesso vicinato (“siamo cresciuti assieme sia con italiani che di altre naziona- lità”; soltanto alcuni hanno ammesso di fare una selezione delle proprie ami- cizie (“tranne gli italiani che frequento non ho rapporti con giovani di altre etnie”). 2) Inoltre frequentare gli amici significa stare con persone che ti fanno sentire bene, con cui è possibile confidarsi ed essere ascoltati: - “se e quando mi trovo in difficoltà è a loro che posso chiedere aiuto e con- sigli”; - “l’amicizia è sicurezza, solidarietà e serenità nella mia vita”; - “il mio atteggiamento è di aiuto nei confronti del gruppo”; - “ho un paio di amici intimi con i quali parlo di cose personali e chiedo con- siglio”; - “li frequento anche perché ci sosteniamo a vicenda”; - “significa uscire, andare a divertirmi”. 3) Ma sono proprio tutti amici-amici? Non tutti la pensano nello stesso modo: - “non c’è nessuno in particolare a cui mi rivolgo se ho dei problemi”; - “dato che conto molto su me stessa non sempre vado a chiedere loro aiuto”; - “poche delle amicizie che ho le sento vere”; - “ho trovato che qui in Italia c’è un modo diverso di intendere l’amicizia: al mio paese essere amici è come essere fratelli, mentre qui non solo non ti aiu- tano ma non fanno neppure quel che promettono”; - “in Italia si definisce amici che per la mia cultura è appena un conoscente” - “non mi fido di nessuno del gruppo”. 4) E qualora il gruppo di amici si comportasse in modo piuttosto trasgressivo? - “mi allontanerei da loro, non li seguirei ma non gli direi niente”; 83 - “a loro capita di fare cose illecite e sono in quei momenti che io mi allon- tano dal gruppo”; - “generalmente ci diciamo tutto in faccia”; - “sono una persona che dice quello che penso ai miei amici se stessero per fare cose illecite”. 5) Si confidano più con i genitori o con gli amici? - “se mi devo confidare perché ho dei problemi lo faccio con gli amici”; - “sono gli amici che possono capire tutti i miei problemi”; - “io mi confido con i miei compagni di scuola perché l’educazione che mi viene data a casa è molto restrittiva nei miei confronti”; - “se mi danno dei consigli che reputo buoni li seguo, non do molto peso a quello che dice mia madre”. 6) Infine fanno presente che i luoghi dove incontrano gli amici sono quelli soliti dei loro coetanei (il parco, il muretto, i bar…), alcuni tuttavia hanno segnalato di frequentare “l’oratorio salesiano, dove ci sono tanti giovani, sia italiani che stranieri”. 6. VALUTAZIONE DEL PERCORSO SCOLASTICO-FORMATIVO Gli insegnanti, i compagni di scuola e gli adulti in generale costituiscono una rete relazionale con cui l’adolescente interagisce quotidianamente. In questi casi l’autostima dell’adolescente viene messa alla prova per essere costantemente in- fluenzata dalle reazioni che le altre persone hanno nei suoi confronti, dal grado in cui questi contatti avvengono in modo positivo e dalla capacità di raggiungere obiettivi tramite interazioni sociali. Ne consegue che l’adolescente si sentirà a pro- prio agio con il concetto che ha di se stesso tanto in quanto rimarrà soddisfatto delle sue interazioni e dei rapporti che ha con il gruppo dei pari e con il più ampio contesto di appartenenza, che in genere a questa età è rappresentato dalle strutture scolastico-formative. In particolare la relazione con i compagni di classe fornisce molteplici oppor- tunità per osservare le strategie sociali adottate dagli altri, per verificare in che mi- sura esse sono efficaci e offrono un contesto dove l’adolescente può imparare le abilità di autopresentazione e la capacità di giustificare le proprie azioni. 6.1. L’indagine nelle scuole Nel segnalare i principali aspetti che caratterizzano la propria scuola gli stu- denti hanno evidenziato soprattutto la preparazione che dà a “proseguire gli studi”, la valorizzazione delle “proprie capacità” e l’attenzione a “saper collaborare” con gli altri; mentre nel passare a valutare i propri insegnanti hanno sottolineato soprat- tutto la capacità di “insegnare con chiarezza ed efficacia” e di “saper dialogare con 84 gli studenti”. Sui rimanenti aspetti non si sono riscontrate posizioni critiche, si sono limitati piuttosto a dare dei giudizi “abbastanza” soddisfacenti. Rovesciando i termini, è stato chiesto di indicare anche le eventuali carenze che presenta la propria scuola. In questo caso il dito è stato puntato soprattutto sulla scarsa presenza di personale specialistico (psicologi, medici…) e sulla carenza di attrezzature; seppure in misura minore è stata rilevata inoltre anche la presenza di situazioni conflittuali tra docenti e studenti, tra studenti e tra classi, e l’isolamento della scuola rispetto al resto del territorio (assenteismo delle autorità e del sistema imprenditoriale, scarso coinvolgimento dei genitori…). Inoltre per i giovani immigrati andare a scuola significa essenzialmente essere interessati ad acquisire una formazione che li prepari all’esercizio di una profes- sione, a cui si aggiunge ovviamente il piacere di stare assieme agli amici; tuttavia una minoranza ha ammesso di fare fatica e di avere una certa preoccupazione per gli esiti futuri. Non poteva mancare perciò anche una domanda mirata ad indagare sulle diffi- coltà che questi giovani incontrano nella vita scolastica. A sorpresa, appena uno su cinque ha manifestato di avere difficoltà, che in sostanza si concentrano quasi esclu- sivamente sulle materie di studio e sul proprio metodo di studio; solo in qualche ca- so si accenna ancora a situazioni conflittuali con i docenti e/o con i compagni. Diffi- coltà che però la scuola o gli insegnanti aiutano solo in parte a fronteggiare. 6.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) I giovani intervistati hanno dichiarato che il rapporto con gli insegnanti in ge- nere sono buoni o normali o in certi casi anche ottimi, mentre con altri è “così e così”; in genere si tiene comunque a precisare che: - “non mi sento trattata diversamente, non ho mai incontrato atteggiamenti di diffidenza”; - “gli insegnanti mi hanno aiutato molto quando ero in difficoltà”. 2) Nei confronti dei compagni si tende invece ad evidenziare esperienze discrimi- nanti: - “non ho un buon rapporto con i compagni, alcuni non mi accettano perché diversa”; - “con i compagni non c’è un rapporto di amicizia, sono molto diffidenti”; - “sono maleducati e indisciplinati”. 3) Le maggiori difficoltà che incontrano a scuola riguardano l’apprendimento della lingua e le materie scientifiche; inoltre qualcuno si lamenta di non essere stato aiutato all’inizio nell’apprendimento della lingua (“all’inizio tutto era dif- ficile, leggevo o ascoltavo le spiegazioni senza capire”). 4) Quei genitori di origine migratoria che vengono a scuola per informarsi sull’an- damento del figlio sono una vera rarità, ma qualcuno ha cercato di giustificarli 85 assumendosi responsabilità in prima persona (“mia madre è difficile che si fa ve- dere a scuola perché ha sempre pensato che la scuola e lo studio servono a me, per cui me ne devo occupare io e devo essere responsabile per questo”). 5) A fronte della richiesta rivolta anche a loro di indicare cosa sceglieranno di fare al termine dell’attuale ciclo di studi, alcuni hanno affermato di voler an- dare all’università, altri di continuare a studiare e lavorare al tempo stesso, per altri ancora “studiare non mi piace o penso che non serve, per cui non mi ri- mane che andare a lavorare….”. 6) Sono numerosi i settori nei quali vorrebbero trovare lavoro; i più segnalati ri- guardano il turismo, l’informatica, l’arte, l’insegnamento; ma c’è anche chi si accontenta delle opportunità del momento. 7. IL RAPPORTO CON LA CITTÀ DI LATINA Nell’inchiesta non poteva mancare un’area tutta destinata a valutare il rapporto che i giovani di origine migratoria hanno con la città. 7.1. L’indagine nelle scuole Un forte apprezzamento per la qualità della vita di questa città riguarda oltre due studenti su tre (62.8%) ed è stato espresso in egual misura tanto da chi vi è nato come da chi ha scelto di venire a viverci provenendo da altri Comuni del Lazio o d’Italia o dall’estero; mentre quel terzo circa che ha dato una valutazione meno po- sitiva, manifestando il proprio senso di insoddisfazione nel vivere a Latina, è com- posto prevalentemente da maschi, da chi ha segnalato la presenza di situazioni dif- ficili e talora conflittuali e da coloro che non sanno ancora che decisione prendere al termine dell’attuale ciclo di studi. Nel chiedere a questi ultimi il perché della propria insoddisfazione sono state fatte presenti ragioni legate anzitutto allo spaccio di droga e ai pregiudizi razziali, cui hanno fatto seguito anche quelle legate alle opportunità formative e di carriera professionale. A questo punto si è entrati direttamente sul tema delle migrazioni nel tentativo di captare la percezione che ha del fenomeno chi vive il processo migratorio in prima persona. Nel procedere in questo senso si è partiti ovviamente dall’analizzare il tipo di rapporto che esiste a Latina tra immigrati ed italiani. Al riguardo l’in- chiesta purtroppo ha portato ad emergere un ulteriore segnale negativo: non arri- vano al 10% coloro che hanno segnalato una convivenza pacifica; per un terzo il rapporto avviene all’insegna dell’indifferenza e della estraneità; mentre a circa la metà dei giovani immigrati (48.2% - in particolare a quelli più avanzati in età) ha dichiarato che un tale rapporto avviene all’insegna dell’intolleranza (28.8%) e della conflittualità (19.4%). 86 Anche le prospettive future di questa convivenza non appaiono tra le più rosee: se si prescinde dal fatto che sia l’occupazione come il benessere e la qualità della vita secondo questi immigrati rimarranno pressappoco “come adesso” e, quindi, ri- specchieranno l’attuale situazione critica, sulle rimanenti alternative si prospetta sì una crescita, ma purtroppo essa va nella direzione di accentuare unicamente gli aspetti più negativi; ossia tra le loro previsioni non compaiono segnali di cambia- menti in positivo bensì vengono avanzate ipotesi pessimistiche sull’intera gamma delle affermazioni riguardanti la convivenza civile, quali l’uso delle droghe, la pre- senza di conflitti razziali, la devianza/delinquenza giovanile/minorile, la criminalità organizzata, l’inquinamento ambientale. 7.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) Una parte di questi giovani trova che Latina è tranquilla, i servizi sono buoni e la gente in genere è gentile e accogliente, non dà fastidio agli stranieri: - “non ho riscontrato indifferenza nei miei confronti”; - “non ho incontrato gente ostile nei miei confronti, quelli che lo fanno sono degli individui isolati”; - “quando esco per Latina non avverto di essere un immigrato”; - “la gente non è ostile, anche quella che non gli importa niente di te”; - “sto meglio qui a Latina che al nord Italia, perché la gente è più calorosa”. 2) Ma non tutti la pensano nello stesso modo; per un’altra quota di giovani invece ciò che provoca maggiore disagio nel vivere a Latina è proprio la gente, unita- mente a varie altre difficoltà di ordine logistico: - “per l’esperienza che ho avuto c’è gente diffidente e aggressiva nei confronti degli stranieri”; - “le persone diventano diffidenti quando non capiscono la lingua o i compor- tamenti tipici di altre culture”; - “se c’è un immigrato che ha commesso crimini pensano che tutti noi com- mettiamo dei crimini”; - “le poche opportunità di entrare nel mercato del lavoro”; - “mancano le opportunità per appagare le esigenze di noi giovani”; - “ottenere un titolo di studio che mi permetta poi di lavorare” - “i tempi troppo lunghi per avere i documenti in regola”. 3) Infine si è voluto sapere anche come/dove i giovani immigrati vivono il tempo libero a Latina: - “metà a scuola e metà a casa per fare i compiti”; - “esco con gli amici”; - “vado a giocare al pallone”; - “vado all’oratorio”; - “il sabato andiamo a mangiare dai cinesi”; - “vado in palestra”; 87 - “spesso alcuni miei amici mangiano da me o io da loro”; - “dopo pranzo giochiamo al computer o alla play station”. 8. PROPOSTA DI INTERVENTI A FAVORE DEI GIOVANI DI LATINA Le proposte inserite nell’ultima parte del questionario afferiscono a varie aree d’intervento (scolastica, formativa al lavoro, culturale, educativa, socio-assisten- ziale e del tempo libero) e sono già state adottate anche in altre inchieste su giovani appartenenti al vicino contesto metropolitano della capitale 3: 1) nell’area scolastico-formativa le proposte che sono state fatte oggetto di mag- giore interesse vanno dai corsi di lingue e di informatica al recupero scola- stico; 2) nell’area della formazione al lavoro le segnalazioni si concentrano particolar- mente sull’esperienza di stage, sulle visite guidate ai luoghi di produzione e sugli incontri con esperti del mercato del lavoro; 3) nell’area culturale e civica godono un’attenzione del tutto particolare le inizia- tive che, coerentemente all’interesse per l’apprendimento delle lingue, pro- muovono soggiorni-studio all’estero; 4) nell’area educativo-ricreativa viene evidenziata l’esigenza di poter usufruire di strutture per il tempo libero dei giovani, dove essi possono dare il meglio della loro creatività in campo musicale (festival…), culturale (seminari di studio sulle problematiche giovanili…) ed espressivo-artistico (mostre fotografiche, difesa dell’ambiente…); 5) infine nell’area socio-assistenziale l’interesse si è particolarmente concentrato sui soggetti svantaggiati e a rischio di devianza, richiedendo di promuovere iniziative che vanno dalla formazione di particolari figure operative (educatori di strada, animatori del tempo libero…), alla creazione di associazioni e di gruppi di auto-aiuto. 3 Cfr. a cura di MALIZIA G. et al., Il minore a-lato. Bisogni formativi degli adolescenti dei Muni- cipi Roma 6 e 7: vecchie e nuove povertà, Milano, Angeli, 2003; Fondamenta di futuro. Bisogni for- mativi di preadolescenti e giovani del IX Municipio di Roma, Roma, Tipografia Pio XI, 2007. 89 Capitolo 4 L’indagine qualitativa: analisi dei contenuti emersi dai focus group Vittorio PIERONI In questa parte dell’inchiesta vengono riportati in sintesi i principali contenuti emersi nei 7 Centri dove sono stati fatti i focus, preceduti da una breve presenta- zione dei dati della scheda relativamente alle attività formative promosse a favore degli immigrati. 1. IL CNOS-FAP “T. GERINI” DI ROMA 1.1. I dati della scheda Nell’anno formativo 2006-07 il totale degli allievi di origine migratoria iscritti al Centro assomma a 37, pari al 7.9% del totale, ma già agli inizi dell’anno succes- sivo sono passati a oltre il 10%, per cui si prevede un sempre maggiore incremento di questo bacino d’utenza. Tornando all’anno in osservazione, i 37 allievi sono tutti maschi, al di sotto dei 18 anni e provengono i più dai Paesi dell’Est (19), seguono i latinoamericani (11), quindi gli asiatici (4) e gli africani (3). Al termine dell’anno si sono qualificati in 32, mentre 5 sono venuti meno lungo il percorso. Della più parte di loro si è persa ogni traccia, e comunque si è venuti a sapere che 2 sicuramente hanno trovato subito lavoro e altri 2 hanno conti- nuato nel sistema di istruzione. Passando in rassegna l’attività formativa a partire dall’a.f. 2002-03 ad oggi, durante questi ultimi 5 anni gli immigrati si sono iscritti ad entrambi i corsi di mec- canica ed elettro-elettronica gestiti dal Centro. Così pure nello stesso periodo è stato offerto costantemente un pacchetto di supporto che riguarda un po’ tutte le at- tività presenti nella scheda, ossia informazione, accoglienza, orientamento, bilancio di competenze, counseling agli allievi, ai formatori e alle famiglie. Per queste atti- vità di supporto si è sempre fatto ricorso a personale specialistico (orientatori, psi- cologi, mediatori culturali). Per quanto riguarda infine le metodologie utilizzate per la loro formazione, du- rante tutti questi anni si è fatto sempre ricorso allo stage e all’educazione intercul- turale. 90 1.2. Analisi dei contenuti del focus Al focus hanno partecipato 6 persone: 1 formatore, 2 figure deputate alle atti- vità di orientamento, di cui una con compito di coordinamento, 1 docente di ita- liano per stranieri affiancato da due collaboratrici del Servizio Civile Volontario. 1.2.1. Premessa La discussione ha preso subito avvio col far presente che il Centro sta pas- sando un particolare momento di emergenza per la concomitanza tra l’incremento degli allievi di origine migratoria e le difficoltà che intervengono nell’apprendi- mento della lingua italiana. Queste ultime derivano soprattutto dal non trovare un giusto collocamento per svolgere tale attività in quanto, se messe al mattino, spesso si sovrappongono ad altre attività corsuali, mentre se svolte nelle ore pomeridiane la partecipazione degli utenti risulta quasi inesistente poiché questi ragazzi devono lavorare per contribuire al mantenimento della famiglia. Per superare queste difficoltà il Centro ha chiesto la collaborazione e fatto l’ac- cordo con un CTP (Centro Territoriale Permanente), limitandosi a curare solo l’or- ganizzazione. 1.2.2. Le buone prassi di supporto all’inserimento e alla riuscita del percorso for- mativo degli immigrati Nel descrivere come si svolgono le attività il gruppo ha preso in considera- zione in primo luogo l’insegnamento dell’italiano, facendo presente che: – anzitutto viene fatto un test d’ingresso ad ogni nuovo arrivato, così da valutare il livello di competenza dell’italiano; – per svolgere le lezioni di italiano il docente ricorre oltre ad un normale testo anche a vari altri sussidi didattici (cassette, cd, fotocopie, esercitazioni…); – inoltre le volontarie del servizio civile integrano l’attività del docente di ita- liano per stranieri offrendo lezioni individualizzate due pomeriggi alla setti- mana durante i quali, per facilitare l’attenzione e promuovere l’interesse, pro- pongono la visione di film, la lettura di fumetti e quant’altro porta ad invo- gliare la partecipazione. Passando ad analizzare le altre attività, si fa osservare anzitutto che il servizio di orientamento si colloca come intermediatore, facendo da trait d’union tra il CFP, l’EdA e il Servizio Civile, e assumendosi il compito di gestire le relazioni organiz- zative sia all’interno che all’esterno del Centro. Affrontando quindi il tema dell’integrazione degli immigrati all’interno del Centro e del gruppo-classe, si fa presente che essi sono talora più motivati degli au- toctoni nell’apprendimento di una professionalità; il fatto stesso di non conoscere i termini tecnici li incuriosisce e li sprona ad apprenderli, in quanto vogliono andare a lavorare presto. Per cui succede anche che talora si instaura una gara con gli au- toctoni a chi si impegna di più. 91 Al tempo stesso viene fatto presente che il processo di integrazione non è di facile soluzione; all’inizio lo straniero viene visto male, quasi un intruso e se potes- sero gli autoctoni li manderebbero via. Dal canto suo il sistema preventivo sale- siano ovviamente fa il possibile per scoraggiare questi atteggiamenti facendo affi- damento su un corpo docente che per primo dà l’esempio di come arrivare a supe- rare i processi discriminatori offrendo maggiore aiuto e sostegno proprio a coloro che vengono discriminati in quanto hanno maggiori difficoltà di apprendimento. E comunque a lungo andare si è visto che questi atteggiamenti discriminatori si sono attenuati grazie al fatto che gli immigrati, oltre a dimostrarsi più motivati, si sono dimostrati anche quelli più disponibili per fare qualsiasi lavoro, più generosi nel prestarsi a qualsiasi richiesta, e in base a questo si sono fatti rispettare un po’ da tutti (docenti e allievi) anche perché hanno saputo dimostrare di saper fare i lavori meglio degli altri. Una riprova è venuta dall’esperienza di stage, dove perfino gli stessi datori di lavoro hanno apprezzato abbastanza il rendimento degli immigrati. Una ulteriore buona prassi mirata a favorire i processi di integrazione e ad ab- battere contemporaneamente le discriminazioni più consolidate è stata messa a punto quando sono stati accolti e inseriti nei corsi 8 ragazzi Rom. Ciò è stato possi- bile grazie alla collaborazione tra il Centro e la Comunità di Capo d’Arco la quale, dopo una serie di colloqui orientativi mirati a valutare la fattibilità dell’inserimento anche dal punto di vista della preparazione culturale e della professionalità da con- seguire, hanno fatto la proposta al CFP. Nell’accogliere questi soggetti il Centro ha adottato le normali prassi riguardati i colloqui iniziali con il servizio di orienta- mento e l’affiancamento ad un tutor, ma in più per un ulteriore sostegno i ragazzi Rom sono stati seguiti e affiancati anche dagli stessi operatori di Capo d’Arco. Allo stato attuale l’esperienza con questo tipo di utenza ci dice che quando riescono a mantenere una certa frequenza conseguono anche loro ottimi risultati. Tuttavia il vero problema sta proprio nella frequenza assidua la quale, più che dalla loro vo- lontà spesso dipende da fattori contingenti, quali l’organizzazione stessa dei campi, gli spostamenti dei genitori, gli interventi delle Forze dell’Ordine che non permet- tono di uscire dal campo nomadi. E comunque allo stato attuale l’esperienza attesta che una volta che vengono presi in carico dal Centro questi ragazzi possono conse- guire gli stessi successi di tutti gli altri. 1.2.3. Altre attività di supporto offerte dal Centro In questo momento il Centro sta anche promuovendo accordi con i Servizi per l’Impiego del Comune di Guidonia, il quale presenta a livello provinciale il più alto tasso di residenti immigrati. I ragazzi con l’età dell’obbligo di istruzione e forma- zione, ossia tra 14 e 16 anni, che risiedono in questo Comune sono circa un mi- gliaio, per cui il Centro ha promosso un protocollo d’intesa con questi Servizi al fine di cercare di inserire questi ragazzi nei corsi del CFP. Quanto poi a verificare se al termine del ciclo formativo gli immigrati possono 92 trovare lavoro, i partecipanti al focus affermano che la differenza non sussiste, chi sa farsi valere viene preso indipendentemente dall’essere immigrati o no, anche perché in questo giocano i risultati delle esperienze di stage. Anche le famiglie degli immigrati vengono seguite e coinvolte nelle attività del Centro, nonostante che l’integrazione per esse risulti ancor più difficile a causa di quei condizionamenti e stereotipi che caratterizzano maggiormente gli adulti, in particolare nei confronti dei Rom. Questi ultimi tuttavia hanno chiaramente fatto intendere agli operatori del Centro che per uscire dalla loro situazione puntano sul- l’inserimento scolastico e lavorativo dei figli. E comunque le attività di supporto da parte del servizio di orientamento del Centro sono assicurate a tutti, anche a chi ha problemi di tossicodipendenza; per af- frontare la problematica (che però tocca essenzialmente gli allievi autoctoni piut- tosto che gli immigrati) è stato fatto un accordo anche con il CEIS di don Picchi per attività di counseling per soggetti a rischio di dipendenza, ed inoltre una volta a settimana viene fatta psicoterapia familiare gratuita per tutti. Il Gerini fa anche parte di una rete o meglio di un patto territoriale promosso dal Comune di Roma in base al quale il Centro gestisce uno dei tanti sportelli peri- ferici per l’informazione e l’orientamento, aperto a tutte le possibili utenze. Per quanto riguarda poi il rapporto con il sistema delle imprese il CFP sta in contatto con 150 piccole e medie aziende del territorio, con le quali si sono istaurati precisi accordi scritti per svolgere lo stage. Infine il Gerini fa parte di un patto territoriale presente nel V Municipio, fir- mato da più di 30 istituzioni pubbliche e private (scuole, associazioni di categoria, Forze dell’Ordine, CTP, EdA, ASL…), i cui rappresentanti costituiscono come la cabina di regia per progetti d’intervento a favore dell’inserimento scolastico e pro- fessionale degli immigrati e per la gestione dei centri di servizio (EdA, CPT…). L’ottica del Servizio di Orientamento del Gerini è infatti quella non di una struttura privata ma pubblica, in quanto anche i finanziamenti sono pubblici; e il riconosci- mento in quanto servizio pubblico rappresenta per il CFP una carta vincente in quanto permette di stare alla pari con qualsiasi altra istituzione. 1.2.4. Aspetti critici rimasti irrisolti e da migliorare Prima di chiudere il focus i partecipanti hanno segnalato una serie di aspetti che andrebbero migliorati: – in primo luogo occorrerebbe dare ai formatori una formazione specifica e fina- lizzata a prevenire le forme di discriminazione e a saper utilizzare metodologie più adeguate nel dare sostegno agli allievi immigrati (affiancamento, apprendi- mento cooperativo…), rendendoli consapevoli che spesso il vero problema sta nel fatto che non capiscono e non perché non stanno attenti o non hanno voglia di studiare; – una maggiore adeguatezza riguarda inoltre anche i programmi e la loro distri- buzione per tempi fasi, in quanto il loro svolgimento nei confronti di questa 93 particolare utenza richiederebbe di essere più flessibili e/o tempi più lunghi, in considerazione del loro ritardo culturale e linguistico; – infine anche i contatti tra il Centro e le famiglie degli immigrati e le associa- zioni delle comunità etniche a cui appartengono dovrebbero essere maggiori e più approfonditi. 2. L’ENAIP - VENETO Il focus è stato realizzato presso il CFP ENAIP di Dolo, ma ad esso hanno par- tecipato i rappresentanti di tre Centri ENAIP del Veneto, Dolo, Mirano e Noale, co- ordinati da un unico direttore; oltre a quest’ultimo erano presenti tre tutor (uno per Centro), due figure di RUO (Responsabile Unità Operativa), un docente e un ope- ratore dell’orientamento. 2.1. Dati complessivi dei 3 Centri Anche la scheda che è stata compilata riporta i dati complessivi di tutti e tre i Centri, in base alla quale si evince che la presenza degli allievi immigrati relativa- mente all’a.f. 2006-07 varia dal 15 al 20%, è composta in parti simili da maschi (53.6%) e da femmine (46.4%), i quali presentano un’età media piuttosto elevata (tra 18 e 25 anni); provengono per lo più dai Paesi dell’Est (42.4%) e dall’Africa (39.1%), mentre i latinoamericani e gli asiatici costituiscono una minoranza (9.9 e 8.6%, rispettivamente). I maschi si inseriscono preferibilmente nei corsi del settore elettrico e mecca- nico e le ragazze nel settore estetico, amministrativo, dei lavori d’ufficio e della ri- storazione. Le attività di supporto che i Centri offrono agli immigrati riguardano soprattutto l’accoglienza, l’orientamento ed il bilancio di competenze. 2.2. Analisi dei contenuti del focus 2.2.1. Logistica organizzativa nel trattamento degli allievi immigrati L’esperienza con allievi di origine migratoria ha avuto inizio dall’anno 2000 in poi, ed è cresciuta parallelamente al complessificarsi delle diverse presenze per estrazione geografica ed etnica. Si fa subito osservare che la maggioranza di questa utenza è nata in Italia, per cui il problema della lingua qui non è stato molto avvertito, semmai il bilinguismo a cui fanno ricorso questi allievi è un fenomeno che si caratterizza per utilizzare, a fianco della lingua madre, preferibilmente il dialetto veneto piuttosto che l’italiano. I 3 Centri usufruiscono di una figura definita “Responsabile delle Unità Opera- tive” (RUO), finalizzata a risolvere i casi più gravi, mentre in via normale i contatti con gli immigrati vengono tenuti/affidati al tutor formativo in quanto è a lui che si rivolgono quando hanno dei problemi. Di conseguenza anche i colloqui con gli al- 94 lievi e le famiglie avvengono prevalentemente attraverso questa figura operativa; soltanto se si verificano casi che il tutor non è in grado di risolvere da solo allora interviene il RUO. Il tutor formativo si relaziona con gli allievi sia all’interno della classe che negli spazi extracurricolari, rileva i loro problemi ed in tal modo ha l’opportunità di osservare il formarsi di quei gruppi e sottogruppi che spesso sono all’origine di dis- ordini (che talora si presentano trasversali alle classi). In particolare nei confronti degli immigrati spetta al tutor appurare fin dai colloqui iniziali da quanto tempo sono in Italia loro ed i loro genitori, qual è la composizione familiare, come si rela- zionano in famiglia, insomma capire il loro retroterra di esperienze ed in partico- lare il background culturale. In questo modo si riesce ad ottenere delle informa- zioni che poi vengono utilizzate nei successivi colloqui per sapere in che stato si trovano; non solo, ma il profilo di ogni ragazzo viene poi messo a disposizione e socializzato all’intero corpo docente. Oltre a queste figure di intermediazione i Centri usufruiscono di un servizio di mediazione culturale attivato dalla Provincia di Venezia e affidato ad una coopera- tiva di servizi sociali, la quale tuttavia si occupa anche di altri casi difficili (disagio minorile, inserimento lavorativo, carceri….). Per attivare il servizio di mediazione della cooperativa i Centri hanno predisposto una scheda-utente attraverso la quale vengono offerte le informazioni necessarie a predisporre poi l’intervento. A seguito della richiesta interviene la figura di mediazione specializzata per affrontare il caso, la quale opera attraverso una serie di colloqui con l’allievo ed il tutor al fine di in- dividuare la strategia da mettere in atto. Questa prassi ha dato in certi casi risultati positivi. Al riguardo è stato riportato un caso di inserimento in classe di una ragazza mussulmana che non veniva accettata perché indossava gli abiti tradizionali e che poi è stato risolto positivamente sia per la ragazza che per la classe grazie all’inter- vento del mediatore che è andato a beneficio Coerentemente ai dati riportati nella scheda dei Centri, i partecipanti al focus hanno fatto osservare che gli immigrati maschi si inseriscono preferibilmente nei corsi del settore elettrico e meccanico e le ragazze nel settore estetico, amministra- tivo, dei lavori d’ufficio e della ristorazione. E mentre per i primi non ci sono pro- blemi nel trovare lavoro, queste ultime trovano più difficoltà già a partire dalla fase stessa di partecipazione allo stage, in quanto soprattutto le piccole aziende manife- stano una certa diffidenza nei loro confronti. Tale diffidenza scaturisce da pregiu- dizi che riguardano non tanto il possesso dell’italiano quanto piuttosto afferiscono a vere e proprie forme di razzismo soprattutto nel campo della ristorazione e dell’e- stetica, ossia là dove entra in gioco soprattutto il colore della pelle; in questi casi l’operatore che fa la richiesta all’azienda si trova di fronte ad un rifiuto mascherato da:: “sa, io non sono razzista, ma ho una certa clientela che farebbe dei problemi per farsi massaggiare da una ragazza di colore…”. Tuttavia in parte la diffidenza viene provocata anche da queste ragazze, in quanto provengono da culture dove 95 mancano alcuni valori deontologici legati all’attività lavorativa femminile, quali il rispetto dell’orario di lavoro, l’assunzione di responsabilità sul lavoro ecc. Inoltre per le famiglie che queste ragazze hanno alle spalle il fatto che possano arrivare ad ottenere una qualifica non è molto importante e questo viene a pesare sulla loro continuazione del percorso, rendendo così meno sicuro di poterlo portare a termine. 2.2.2. Buone pratiche messe a punto per fronteggiare determinati fenomeni 1) Uno dei problemi più gravi che i Centri si trovano ad affrontare è l’abbandono del corso per andare a lavorare. In Veneto il mondo del lavoro esercita una forte attrattiva sulla condizione giovanile, e di questa cultura sono rimasti in- fluenzati anche gli immigrati, in quanto talora è la famiglia stessa che fa pres- sione sul ragazzo al fine di aumentare il reddito familiare. Tuttavia l’abban- dono comporta, al di là della debolezza professionale causata dalla mancanza di qualificazione, anche pericoli di sfruttamento e di rapido licenziamento in caso di esuberi. Per evitare di cadere in queste trappole i Centri si sono orga- nizzati facendo in modo che i qualificati possano entrare nel mondo del lavoro attraverso il tirocinio formativo, ossia sfruttando la normativa prevista dal co- siddetto “Pacchetto Treu” il quale prevede che l’allievo sta ancora a carico del Centro, e quest’ultimo fa un contratto di tirocinio formativo con aziende che ricercano personale qualificato. In questo modo i qualificati ottengono un la- voro all’interno di un progetto formativo, ossia hanno una borsa-lavoro per un periodo che va da 3 a 6 mesi. L’esperienza fatta attesta che nel 99% dei casi il tirocinio si è trasformato poi in un contratto vero e proprio di lavoro a tempo determinato. Al punto che in certi casi si è assistito ad una chiusura anticipata del tirocinio in quanto l’azienda ha subito assunto la persona che si è dimo- strata particolarmente preparata. 2) Un’altra strategia utilizzata dal Centro contro il problema dell’abbandono è quella del patto formativo, firmato dai responsabili delle attività di accoglienza e di orientamento oltre che dall’allievo e dai genitori. In questi casi viene riser- vata una particolare attenzione e cura ai genitori degli allievi del primo anno per coinvolgerli maggiormente fin dall’inizio nel cammino che i figli stanno intraprendendo, attraverso frequenti incontri e colloqui; mentre negli anni suc- cessivi i genitori vengono interessati di più sui problemi di comportamento del figlio. In questi incontri sono presenti anche tutti i docenti: ognuno si presenta e dice quel che fa; quindi si apre il dialogo e si lascia che ognuno intervenga in rapporto a precise tematiche/problematiche di volta in volta oggetto di tratta- zione a seconda degli eventi che si sono verificati nel Centro o delle attività o decisioni che si intendono prendere. 3) La famiglia immigrata diventa un grosso ostacolo e/o diventa un vero pro- blema quando vuole ritirare i figli dal Centro per mandarli subito a lavorare (a certe famiglie non interessa più nulla della scuola quando trovano un lavoro per il figlio). In questi casi si è visto che la strategia vincente è stata quella di 96 mettere i genitori a confronto con giovani della stessa etnia che invece hanno conseguito con successo la qualifica. In considerazione della stima che da parte del Centro viene a godere un loro concittadino, anche la famiglia ac- quista una maggiore fiducia nella struttura. 4) Un altro problema è quello dell’assenza della famiglia nel contatto con il CFP. Tale problema si pone anzitutto quando si ha a che fare con delle assenze o dei ri- tardi o delle uscite anticipate degli allievi. In questi casi non si riesce a capire le giuste ragioni anche quando si manda a chiedere ai genitori di giustificare questi comportamenti in quanto non si sa poi come i figli traducono queste richieste ai genitori o anche perché i genitori spesso, a seconda delle situazioni, fanno finta di non capire; quindi anche la giustificazione che viene mandata indietro in realtà non si sa bene da chi sia stata firmata. Un altro problema ancora è con i genitori dei ragazzi cinesi in quanto gli adulti non parlano l’italiano per cui non si riesce a sapere se gli adulti presso cui vivono questi allievi sono effettivamente i genitori o chi altro; ma, anche nel caso di veri genitori non si riesce mai ad avere la loro pre- senza per colloqui individuali negli incontri comuni. In tutti questi casi ed altri ancora si è visto che l’unica via è quella di far inter- venire il mediatore culturale perché parli direttamente con i genitori andando lui stesso a casa loro. Il fatto che questo mediatore parlando la stessa lingua faccia comprendere il caso-problema è determinante per il Centro per poter mantenere un canale di comunicazione con la famiglia. 5) Un’ulteriore strategia è stata quella di formare una rete per l’accompagna- mento al lavoro. Si è visto infatti che nel tempo i tre Centri si sono strasformati poco alla volta in una vera e propria agenzia di collocamento in quanto sono diventati il punto di riferimento di molti degli ex-allievi qualificati i quali, dopo aver fatto inutilmente il giro dei vari Centri per l’Impiego presenti nel territorio, sono poi ritornati qui per cercare un supporto all’occupazione. In questi casi si è visto che il tirocinio formativo diventa una vera e propria for- mula di accompagnamento al lavoro. 6) Ai fini dell’integrazione nel territorio delle comunità etniche il CFP di Dolo ha messo a disposizione ogni anno il parco interno della villa dove è collocato per fare la Festa dei Popoli, a cui partecipano tutte le associazioni degli immigrati e dove vengono messi in mostra i prodotti tipici artigianali e per degustare quelli delle varie cucine etniche. 2.2.3. Esempi di strategie d’intervento finalizzate all’integrazione nel gruppo- classe Nell’elencare le buone pratiche messe a punto nell’attività finora svolta a so- stegno degli allievi immigrati, i vari partecipanti al focus hanno riportato anche al- cuni esempi pratici di come sono intervenuti a fronte di determinati fenomeni che si sono provocati, in particolare all’interno del gruppo-classe. 97 1) In una classe dove era presente un gruppo di ragazzi italiani borderline si è creata un’alleanza tra questi ultimi e un altro gruppo di immigrati al fine di esercitare marcate forme di discriminazione e di bullismo nei confronti di al- lievi cinesi. In questo caso si è fatto ricorso alle seguenti strategie: - nel programma di storia si è partiti dal far conoscere la storia dell’emigra- zione italiana ed anche veneta nei vari Paesi del mondo, presupponendo che, rovesciando i ruoli, si producesse una maggiore apertura e sensibilità verso i compagni di banco immigrati; - un mediatore culturale fatto venire appositamente dalla cooperativa di servizi sociali ha fatto vedere una serie di documentari sull’immigrazione a cui ha fatto seguire una discussione nella classe-problema. 2) Per quanto riguarda in particolare l’integrazione degli alunni cinesi nel gruppo- classe (che l’esperienza insegna essere particolarmente difficile non solo per la lingua ma anche per lo stigma di cui sono portatori e per la loro stessa chiu- sura) si è visto che buoni risultati sono stati ottenuti quando nell’accogliere dei nuovi arrivati si è fatto ricorso e sono stati opportunamente coinvolti gli al- lievi più grandi e/o già da tempo presenti nel Centro. 3) Un altro momento di forte integrazione emotiva è avvenuto quando un ragazzo del Centro, di origine mussulmana, si è suicidato; in questo caso l’aver accom- pagnato alla cerimonia funebre, che era di rito mussulmano, tutti gli allievi del Centro ha provocato un momento di forte coesione in cui tutti si sono sentiti coinvolti al di là delle provenienze, delle etnie, dei pregiudizi. A seguito di questo lutto è partito il programma di intercultura e si è dato avvio anche ai lavori di gruppo sull’integrazione. 2.2.4. La formazione della rete I tre Centri ENAIP fanno parte di un’azione di rete formata dai rappresentanti della Provincia e di tutti i Comuni dell’area, più le ASL, i SERT, i Servizi per l’Im- piego, la Croce Rossa, la Caritas ed altre associazioni che si occupano dell’educa- zione di strada. La rete funziona attraverso la messa in atto di determinati progetti (all’ENAIP sono affidati soprattutto quelli sull’orientamento): di fronte ad un pro- blema che emerge, su sollecitazione di un partner della rete o delle stesse istituzioni si comincia ad elaborare un progetto al quale ogni partner aderisce in base alle competenze. Tali progetti riguardano indistintamente sia gli autoctoni che gli immi- grati. Questo modo di fare permette di non sentirsi più soli di fronte all’insorgere di problematiche sociali. Inoltre l’ENAIP fa parte della Consulta Provinciale per l’immigrazione, che è un organo di consultazione promosso dall’Assessorato Provinciale al Lavoro con il compito di intervenire su progetti di integrazione sul lavoro degli immigrati con particolare riferimento alle donne e al problema delle badanti, in quanto la Pro- vincia presenta il più alto tasso di anzianità del Veneto. Nella Consulta sono pre- senti ovviamente anche le associazioni degli immigrati (l’Associazione delle 98 Donne Ucraine, l’Associazione di Comunità professionali gestite da immigrati, l’Associazione dei Maghrebini, ecc.). I Comuni della Riviera del Brenta hanno una rete estesa di sportelli rivolti in particolar modo alle donne immigrate, ed anche questa attività è il prodotto di un progetto per le pari opportunità. Per cui in pratica si può dire che in questi ultimi anni le amministrazioni Regionali, Provinciali e Comunali partecipano attivamente, assieme alle scuole, ai Centri di Formazione Professionale e ad altre istituzioni pubbliche e private alla rete dei servizi rivolti alle fasce deboli della popolazione. Questa rete diventa un interlocutore privilegiato in vista dell’attività progettuale e del varo di leggi e delibere varie a sostegno di queste fasce, il cui coordinamento è stato affidato a FORMA Veneto. 3. IL CNOS-FAP E IL CIOFS/FP DI BOLOGNA 1 Al focus hanno preso parte 11 persone, in rappresentanza di 6 Enti/Istituzioni. Va subito fatto notare che per quanto riguarda la Famiglia salesiana, oltre al CNOS- FAP era presente anche un rappresentante del CIOS/FP. Per il CNOS-FAP presen- ziava la dirigenza al completo nelle persone del direttore dell’Opera e del CFP, più alcuni docenti responsabili di particolari settori. Inoltre erano presenti un Consigliere comunale, due rappresentanti della Con- fartigianato, uno per i Centri per l’Impiego, uno per la Caritas e uno per l’AECA. 3.1. I dati della scheda Contestualmente all’anno a cui si richiedeva di fare riferimento (2005-06), gli allievi di origine migratoria iscritti nei corsi del Centro erano 51 su 220 (circa uno su quattro), quasi tutti maschi e sotto i 18 anni, provenienti soprattutto dai Paesi asiatici e in parte dall’Est europeo, qualcuno anche dall’Africa e dall’America La- tina. Essi hanno frequentato sia i corsi biennali sull’obbligo formativo che quelli post-diploma nei settori meccanico, grafico, termoidraulico e falegnameria (questi ultimi due nella sede distaccata di Castel de’ Britti). Al termine di questi corsi si co- stata tuttavia che soltanto due su tre sono riusciti ad ottenere la qualifica mentre la quota residua ha abbandonato il corso. Inoltre in calce alla scheda si fa notare che il CNOS-FAP di Bologna ha realiz- zato con successo un corso specificatamente rivolto a un aula composta esclusiva- mente da 12 immigrati adulti (over 25 anni) extracomunitari disoccupati, in regola con il permesso di soggiorno: Corso P.A. 2006-0159/Rer PIN “Percorsi di Inclu- 1 A seguito dell’incontro di Bologna, il Centro ha redatto un report a parte sulla situazione degli immigrati, che è stato riportato per intero in Appendice n. 1. 99 sione socio-lavorativa per le persone immigrate”, il quale fa parte di un progetto integrato più ampio finanziato dalla Regione E/R con delibera di G.R. n. 06- 001156 del 05/08/2006 ob.3 B1. Infine nell’analizzare il supporto offerto in questi ultimi 5 anni agli immigrati durante i percorsi formativi vengono dappertutto segnalate attività di informazione, accoglienza, orientamento, alfabetizzazione linguistica, sostegno all’inserimento, educazione interculturale e alla cittadinanza democratica, partecipazione ad attività extracurricolari. A loro volta le metodologie a cui si è fatto ricorso nello svolgi- mento di tali attività riguardano in particolare l’apprendimento cooperativo, il tuto- ring tra pari e lo stage; inoltre fin dall’a.f. 2003-04 è stata inserita nel Centro la fi- gura del mediatore interculturale. 3.2. Analisi dei contenuti del focus 3.2.1. Logistica organizzativa nel fronteggiare l’emergenza Nella fase di apertura del dibattito un po’ tutti i partecipanti al focus sono par- titi dal segnalare che in questo momento Bologna sta attraversando un particolare periodo di emergenza dovuto all’arrivo in massa di giovani immigrati provenienti soprattutto dall’Iran, dall’Afganistan e dall’Eritrea, dotati di permesso di soggiorno per motivi umanitari, i quali pur avendo il permesso di lavorare tuttavia non possie- dono la lingua e nei cui confronti si richiedono anzitutto interventi di prima neces- sità (buoni pasto, gettone per la mobilità…). In questi casi, è stato fatto subito osservare, è difficile stabilire il “che fare” in termini di attività formative da progettare nei loro confronti. In ogni caso tutti con- cordano sul fatto che nel rispondere a questi bisogni emergenti occorrerebbe pro- porre/attivare corsi brevi, flessibili e il più possibile rispondenti ai bisogni e alle at- tese dell’utenza, aggiustando il tiro di volta in volta. (“non si può pensare a per- corsi di 5-600 ore quando l’immigrato ha urgente bisogno di lavorare…”, è stato osservato). Sempre a questo riguardo è stato fatto notare che non è necessario che tali per- corsi arrivino subito alla qualifica, la normativa regionale prevede infatti una serie di “pacchetti” composti da unità di competenze da certificare e che, assommati di volta in volta, portano poi a conseguire una qualifica relativa ad un profilo speci- fico. Questa potrebbe essere nel tempo una strategia da adottare nei confronti di chi non può seguire i normali percorsi formativi tutto in una volta. È chiaro che in questo caso si sta parlando di persone migrate adulte con esi- genze particolari, che sono prevalentemente quelle di lavorare, di mantenersi, di mantenere la famiglia, Tuttavia questa premessa è risultata opportuna per invitare successivamente i partecipanti ad affrontare la problematica nel suo più ampio aspetto. Ossia il tentativo di voler affrontare l’emergenza attraverso i cosiddetti “corsi destrutturati”, brevi, flessibili, mirati, si richiede di tener conto di volta in volta e/o di caso in caso la fascia di utenza, a quale tipologia di destinatari ci si sta 100 indirizzando nel diversificare l’offerta, a quale esigenze prioritarie si intende far fronte attraverso l’allestimento di questi corsi. A seguito di questa prima puntualizzazione è emersa poi l’esigenza di distin- guere anche tra immigrati uomini e donne nell’indirizzare la proposta formativa. Contestualmente all’indotto produttivo territoriale si tiene a precisare che per l’u- tenza maschile le proposte formative si articolano prevalentemente nel settore della meccanica, dove c’è una fortissima richiesta e le percentuali di inserimento lavora- tivo sono molto elevate, fino a garantire sbocchi occupazionali al 100%. Diverso è invece attivare percorsi formativi per le donne. Alcuni esponenti sono partiti dal far notare subito che, sulla base dell’esperienza maturata all’interno del proprio Ente, raggiungere le donne immigrate è molto difficile, è un processo lungo, complicato, per cui quando si riesce ad organizzare dei percorsi formativi ri- volti alle donne extracomunitarie è già un grandissimo successo, poiché c’è tutta una serie di problematiche e di elementi critici da affrontare: le donne anzitutto non vengono lasciate libere di rivolgersi ai servizi presenti sul territorio per informarsi sulle opportunità formative, per cui è già difficile prendere contatti diretti con loro; inoltre anche quando ciò è possibile spesso vengono accompagnate dagli uomini i quali ovviamente condizionano le scelte. A seguito di questa premessa tutti comunque concordano nel ritenere che nei confronti delle donne la proposta formativa va indirizzata prevalentemente nel set- tore dei servizi alla persona: badanti, servizi di cura, operatori sanitari; mentre per altri settori, come quello ad esempio dell’addetto alle vendite nel settore alimentare per certe donne di origine islamica ad esempio non va bene, per cui bisogna avere tutta una serie di attenzioni al momento di progettare l’offerta. Di questa differenza di genere si è fatto particolarmente interprete il CIOFS/FP, grazie ad una consolidata esperienza a realizzare attività formative per donne immigrate fin dagli inizi degli anni ’90. Facendo nuovamente riferimento alla normativa regionale che permette di conseguire una qualifica attraverso pac- chetti formativi composti da unità di competenze, si conferma che la differenza di genere è un elemento assolutamente imprescindibile per lavorare con le donne im- migrate, in quanto richiede precise scelte che nello specifico hanno riguardato de- terminati settori quale quello socio-sanitario e dei servizi alla persona; inoltre si fa ancora osservare che lavorare con e per le donne comporta un’attenzione in più, ossia che la struttura faccia da epicentro, divenga per loro un costante punto di rife- rimento nell’accompagnarle lungo l’intero ciclo di attività promosse a loro favore. Prima di chiudere sull’aspetto organizzativo l’attenzione è stata rivolta anche a quella componente di immigrazione femminile che arriva già dotata di titoli di studio che attestano di acquisite competenze linguistiche e formative e/o che co- munque appare dotata di esperienze professionali pregresse. Nei loro confronti po- trebbero essere offerti, ai fini di un rapido inserimento lavorativo, percorsi persona- lizzati che permettano di valorizzare l’esperienza passata rafforzandone le compe- tenze attraverso tirocini pratici. 101 3.2.2. Suggerimento di buone pratiche, per quanto riguarda: 1) Saper affrontare l’emergenza: “Bisognerebbe avere a disposizione un pacchetto di corsi da attivare subito come “pronto soccorso” nella fase dell’emergenza: per esempio, nel momento in cui questi arrivano bisognerebbe farglieli fare subito, prima che entrino in un determinato punto di emarginazione sociale, ma non solo i grandi, ma anche i piccoli, fino a che non vengono a scuola, se non vogliamo che riman- gano sulla strada; ammettiamo che arrivano in agosto e le nostre scuole co- mincino in settembre: quest’anno abbiamo organizzato un corso per quelli che sono appena arrivati perché poi possano inserirsi; la vedo come un’esigenza forte…”. “Bisogna innanzitutto secondo me lavorare per fare del mix di formazione subito di italiano, perché senza sapere l’italiano non si va da nessuna parte, e subito un percorso di accompagnamento, più che per qualifiche, ma del tipo di accompagnamento personalizzato, di tirocini formativi che in qualche maniera li inseriscono a fare esperienze di lavoro, perché da soli con questi pochissimi strumenti che hanno in mano non potranno far nulla se non ingrossare le fila dell’emarginazione e le strade”. 2) Attività di sportello e di accompagnamento: “Fin dal 1998 è stato sperimentato dal CIOFS-FP uno sportello rivolto alle donne immigrate all’interno di un’iniziativa comunitaria: questa esperienza è stata rielaborata e trasferita poi in altri territori ovviamente assumendo carat- teristiche specifiche rispetto al territorio dove andava ad essere trasferita questa buona pratica”. “Azioni di accompagnamento all’inserimento lavorativo per coloro che hanno già delle competenze spendibili”. 3) Sostegno alla genitorialità: “Un percorso formativo per le mamme dei ragazzini con l’obiettivo di avvi- cinare le mamme al contesto scolastico, perché molti di questi ragazzini sono abbandonati nel contesto scolastico, per cui i genitori magari non sanno nulla di quello che accade là dentro… Noi abbiamo fatto questo percorso, che era un percorso ovviamente di orientamento, di conoscenza del territorio, ab- biamo affrontato il discorso dell’informatica per dare loro qualche elemento di informatica, però l’obiettivo finale era quello di far conoscere alle mamme il contesto nel quale i loro figli passano la maggior parte del tempo…”. 4) Progetti di tutoraggio/affiancamento alle scuole: “Il progetto ‘Sei Più’ è un’azione di tutorato di tipo più scolastico cioè non tanto fare dei corsi di italiano per stranieri, che ci sono comunque nell’offerta scolastica, quanto di avere un qualcuno che si affianchi e che aiuti a stare nel percorso scolastico, perché poi il problema non è solo la lingua ma la lingua 102 applicata alle materie, non è solo il problema dell’italiano ma il problema di conoscere l’italiano applicato alle discipline; è lì infatti che poi cadono tutti, perché c’è un discorso tecnico, c’è un discorso di non essere abituati a studia- re, di non essere abituati a fare i compiti, allora in questi casi un tutoraggio, un affiancamento, come sostegno all’apprendimento, alla motivazione”. 5) Iniziative varie mirate a favorire la partecipazione delle donne immigrate ai percorsi formativi: “Per l’inserimento delle donne immigrate nei corsi regolari nella nostra esperienza si è fatto ricorso a strategie/metodologie trasversali ai vari per- corsi formativi: - creare un ambiente accogliente; questa è la cosa principale dall’inizio alla fine del percorso, significa voler far stare bene l’utente nel contesto for- mativo. Ciò è possibile grazie alla presenza di un Tutor che non ha funzione di docenza ma piuttosto quello di accompagnare, che a volte vuol dire anche fisi- camente telefonare quando non vengono, capire i motivi, aiutare a trovare una sistemazione per i bambini durante il percorso formativo, vuol dire proprio mettere nelle condizioni di poter partecipare a un percorso formativo; - un altro elemento importante del percorso è lo stage in azienda, quindi il fatto di poter avere l’opportunità di fare un’esperienza comunque in un con- testo lavorativo, come esperienza formativa; a questo riguardo si può dire che nel corso degli anni sono progressivamente diminuite le problematiche: i primi anni dei corsi per signore anche inserire in una struttura protetta, in contesto protetto non è stato subito immediato, adesso con il passare degli anni anche il contesto lavorativo è più facilmente accessibile… c’è più possibilità. - un altro elemento che funziona nella logica di consentire la partecipa- zione è il gettone di presenza, cioè la possibilità che vien data dal Fondo So- ciale Europeo di poter usufruire di una certa quota giornaliera; - infine è risultato determinante, sempre ai fini della partecipazione, il so- stegno alle mamme attraverso il babysitteraggio, ossia mettere a disposizione una persona pagata per tenere i bambini durante il corso”. 3.2.3. Interventi di rete Dopo aver portato esempi di buone pratiche sulla base delle esperienze matu- rate, l’attenzione dei partecipanti al focus si è spostata quindi sulla consistenza e qualità dell’offerta formativa presente nel territorio a favore degli immigrati. Per quanto riguarda la consistenza, si ritiene che l’attuale offerta dei corsi sia più che sufficiente a fronteggiare il fabbisogno, semmai quello di cui si avverte il bisogno è di arrivare a ricostruire un’esatta mappatura soprattutto in funzione della qualità dell’offerta erogata. Queste perché a fronte di quelli che stanno funzionando bene in quanto vengono fatti con metodologie e con moduli che vanno incontro alle esigenze degli immigrati (come si è visto nel caso della presenza di tutor, dell’ac- compagnamento, del babysitteraggio…), si danno alcune realtà che riescono ad ot- 103 tenere i finanziamenti per attivare i corsi ma non analizzano a priori il fabbisogno, il rapporto domanda-offerta formativa ed occupazionale. Di conseguenza è stato avvertito come prioritario il bisogno della formazione del- la rete tra tutti i soggetti, quindi oltre agli Enti che fanno capo ai sistemi formativi, oc- corre coinvolgere nella rete le amministrazioni locali, le associazioni di categoria, i centri per l’impiego ed altri attori del privato sociale (Caritas, associazioni di volonta- riato, ecc.). Importantissimo è soprattutto il raccordo con il tessuto imprenditoriale e con il sistema delle imprese per raccogliere quelli che sono i possibili sbocchi occu- pazionali agli immigrati e fornire loro il percorso formativo più adatto. Infine è stato fatto osservare che nelle politiche migratorie talora si sono create divisioni all’interno degli Assessorati di una stessa amministrazione pubblica, mo- tivo per cui oggi si avverte l’urgenza di istituire una rete che dia coerenza e omoge- neità agli interventi. 4. IL CIOFS/FP DEL LAZIO Il focus è stato realizzato a Roma, presso la sede nazionale del CIOS/FP, e ad esso hanno preso parte due rappresentanti dell’Ente, una per la sede nazionale e una per quella regionale, e un rappresentante di un’agenzia di incubazione d’im- presa e in parte anche della Caritas. 4.1. Dati complessivi dei 6 Centri Il CIOFS/FP attraverso la scheda informativa sulle proprie attività ha prodotto una documentazione relativa a tutti e 6 i Centri del Lazio, in base alla quale emerge il seguente quadro, contestualmente all’utenza oggetto di trattamento: – la presenza degli immigrati in 5 Centri varia tra il 10 e il 15% degli iscritti, ma in un CFP (Ginori) raggiunge quota 33%; – si tratta in maggioranza di donne (ma anche i maschi costituiscono una quota di tutto rispetto - 43%), e di minorenni (87%); – provengono soprattutto dai Paesi dell’Est (46%) e dall’America Latina (35%) e in parte anche dall’Africa (11%) e dall’Asia (8%); – durante gli ultimi 5 anni si sono iscritti prevalentemente a corsi nei settori ter- ziario-informatico, turistico-alberghiero e aziendale-amministrativo. Dal canto suo il CIOFS/FP ha attivato a favore degli immigrati, in tutti i Centri e negli a.f. che vanno dal 2002 al 2007, un po’ tutte le attività di supporto elencate nella domanda, coinvolgendo anche figure specialistiche oltre quelle di sistema, ossia: informazione, accoglienza, orientamento, bilancio di competenze, accompa- gnamento al lavoro e counseling individuale e di gruppo per gli allievi, i formatori e le famiglie. Così pure le metodologie utilizzate dappertutto, e con riferimento sempre all’arco di tempo contemplato, sono state lo stage, i LARSA e l’e-learning. 104 4.2. Analisi dei contenuti del focus Anche nel trattare i vari argomenti della griglia in genere si è fatto riferimento all’insieme delle attività promosse nei 6 Centri. Il focus ha preso avvio focalizzando l’attenzione nella prima parte sull’attività di rete in cui è coinvolto l’Ente per svolgere azioni formative a favore degli immi- grati. 4.2.1. Attività promosse in partnership 1) Un progetto integrato con la Caritas prevede un ampio spettro di azioni forma- tive: a) un’azione di ricerca che va ad interloquire non soltanto con gli immigrati ma anche con chi lavora con gli immigrati e con le aziende per cercare di capire che tipo di incrocio può esserci tra domanda e offerta la dove si ha a che fare con persone immigrate; b) per quanto riguarda le azioni formative, sono stati dati: - 2 corsi di formazione superiore per mediatore culturale e per operatore di sportello agli stranieri, aperto sia a cittadini italiani che a cittadini stra- nieri; - 2 invece a profilo di qualifica: uno per assistente familiare, e l’altro corso totalmente finalizzato all’integrazione di chi per vari motivi, pur avendo ottenuto il permesso di soggiorno, non riesce tuttavia ad integrarsi con la comunità; c) una grossa azione orientativa che ha previsto: - uno sportello di accoglienza; - azioni di mediazione culturale, pari opportunità, counseling, bilancio di competenze e, per chi ne aveva bisogno, l’assistenza specializzata di una psicologa clinica; 2) Attraverso una convenzione specifica con l’Incubatore “Imprese senza Fron- tiere”, è stata attivata una fase di accompagnamento al lavoro, sia dipendente che mirato alla job-self creation, dedicata agli immigrati. La convenzione con l’Incubatore prevedeva l’apertura a tutte le tipologie d’impresa, individuali, so- cietarie e cooperativistiche. Quelle finora realizzate sono soprattutto nel campo artigianale (sartorie, collane/rosari di perle, articoli di bigiotteria…) e della ge- stione di servizi (manutenzione, ristrutturazioni, agenzia per le pratiche degli immigrati quali la regolarizzazione, i permessi di soggiorni, i passaporti…). Ovviamente in questo caso si è avuto a che fare con giovani adulti e adulti. 3) L’Ente inoltre è in contatto con numerose scuole del territorio provin- ciale/regionale: - sia le superiori, per quei qualificati della FP che intendono completare gli studi fino al diploma; - sia con le scuole di EdA, per i rientri in formazione di giovani adulti e adulti. 105 4) Inoltre nella rete sono presenti agenzie e strutture varie: di assistenza sociale, di difesa dei diritti, di avvocatura, ecc.; in particolare trattandosi di attività in favore delle donne in generale e delle donne immigrate, il rapporto è con la Casa Internazionale della Donna che ha al suo interno la “Casa dei Diritti”, anche se si ammette che in questo caso si tratta di un rapporto di non sempre facile collaborazione. 4.2.2. Strategie d’intervento La seconda parte dell’intervento si è concentrata nel riportare le differenti stra- tegie a cui si è fatto ricorso a seconda delle problematiche emergenti. 1) Per l’integrazione Una problematica fortemente avvertita ha riguardato, come dappertutto all’in- terno dei sistemi formativi, l’inserimento e l’integrazione degli allievi nel gruppo-classe. Nel fronteggiare la problematica sono state riportate le seguenti buone pratiche: a) è stata data una forte attenzione alla formazione delle risorse umane, ossia nel formare i formatori o l’équipe d’aula a saper gestire le dinamiche pro- vocate dall’effetto-stigma verso lo straniero; all’atto pratico questa forma- zione è consistita in: 90 ore sulle dinamiche, 90 ore sui problemi dell’immi- grazione e del disagio, 90 ore il tutoring, 90 ore per i percorsi personaliz- zati, 90 ore di gruppo misto su tutte le problematiche dell’organizzazione della comunicazione interna, 90 ore sull’autovalutazione; b) a seguito di questo primo intervento è stata data attenzione alla dimensione relazionale, elevando/migliorando il livello di comunicazione tra docenti, tra docenti e allievi, tra docenti e famiglie, tra famiglie e direzione e tra do- centi e altro personale (con particolare riferimento alla collaborazione con psicologi, orientatori e altro personale specialistico); c) inoltre si è dimostrato fondamentale, per integrare gli immigrati nel gruppo- classe, lavorare molto sulle dinamiche di gruppo, quale ricaduta della for- mazione offerta ai formatori; d) a completamento degli interventi formativi è stato attivato (a spese del- l’Ente, in quanto non previsto nel badget finanziario pubblico) un servizio di counseling individuale sia per gli allievi che per le famiglia, ed inoltre sono stati coinvolti nelle attività didattiche istituzioni e associazioni varie per promuovere lezioni laboratoriali e/o seminari di studio a scopo informa- tivo-preventivo, quali il CEIS, i Vigili del Fuoco, le Forze dell’Ordine per i servizi antidroga ed altre ancora. Inoltre le attività finalizzate all’integrazione non hanno riguardato solo gli al- lievi ma anche gli stessi genitori e le famiglie. A questo riguardo vengono promossi incontri formativi di auto-mutuo aiuto per aiutare la genitorialità ad integrarsi e a crescere i figli di fronte alle problematiche tipiche dell’adolescenza, al comporta- mento e rendimento scolastico, all’integrazione nel gruppo-classe. 106 Infine è stata riportata una interessante esperienza fatta con e tra genitori: in questo caso sono stati i genitori immigrati che hanno “interculturato” i genitori ita- liani facendo conoscere e apprendere la cultura, la culinaria, la musica, la danza, la letteratura ed altre tradizioni dei diversi Paesi di provenienza. 2) Per il recupero Per svolgere l’attività di recupero è stata adottata una strategia non di attesa: non si è aspettato, cioè, che gli immigrati venissero nel CIOFS/FP, ma si è an- dati da loro, direttamente sul posto. “Primo: abbiamo offerto servizi on demand, non siamo partiti dalle inda- gini per dire di questo hanno bisogno, siamo partiti dai bisogni e abbiamo co- struito sulla domanda l’offerta. Secondo: stiamo facendo micro-attività in varie sedi con un forte dispendio di energie, che vuol dire: non sono loro che devono venire al CIOFS, chi vuole venire al CIOFS ci viene, gli altri glielo andiamo a fare a casa loro. Allora ad esempio, è il condominio di piazza Vittorio, dove frequentano in 300 in mezzo al cortile; è la comunità evangelica nigeriana africana che sta a Ottavia, si va a Ottavia; è l’altra comunità che sta dietro a Porta Maggiore, nei locali della parrocchia protestante. Le attività sono molteplici: si fanno laboratori di ita- liano, si fa il segretariato sociale, quindi educazione ai diritti e doveri, leggi, mappatura dei servizi sul territorio, nome e cognome della persona a cui ti devi riferire, accompagnamento dalla persona. Durante questi incontri si va a finire che con alcuni c’è un counseling vero e proprio individualizzato perché esce fuori il problema: uno ce l’ha della casa, uno del lavoro, uno del ricongiungimento, uno della malattia. Attenzione: sta diventando un problema gravissimo fra gli adulti e anche dei giovani adulti, tra i 18 in su, la depressione fino al suicidio e alla morte, morte magari per malattia ma malattia indotta dalla depressione, perché lo stato di apolide in Italia non è riconosciuto, per cui loro non esistono, sono dei morti viventi e loro sanno di non esistere, cosicché finiscono in uno stato di depressione e di privazione e nessuno fa niente per loro. Allora l’intervento a questo punto diventa quasi clinico: cioè io ti accolgo, ti prendo e cominciamo a vedere il problema…”. Un’altra attività di recupero a cui si sta lavorando attualmente riguarda un pro- getto a favore delle cosiddette “vittime della strada”. Per poterle raggiungere si pre- vede di fare delle convenzioni direttamente con le ambasciate dei singoli Paesi di provenienza, in modo che siano loro ad inviarle presso i Centri. Dal momento che il loro principale problema sta nella non conoscenza dei loro diritti, si prevede di attivare nei loro confronti le seguenti azioni formative: un corso di alfabetizzazione per apprendimento della lingua, un servizio legale per l’apprendimento dei diritti e dei doveri, un corso di alfabetizzazione informatica. 107 4.2.3. Proposte per migliorare il servizio Nell’ultima parte del focus sono emerse varie proposte a sostegno e migliora- mento dei progetti d’intervento a favore degli immigrati. Si è partiti dal mettere in evidenza l’estrema disaggregazione dei servizi. Il problema non è la mancanza di servizi a favore degli immigrati, al contrario ce ne sono tantissimi sul territorio: il vero problema sta nel fatto che sono sparpagliati, disaggregati, manca un coordinamento e per di più per certi aspetti risultano ridon- danti, nel senso che molto spesso offrono solo certi servizi e mancano invece di altri. Inoltre un ulteriore disservizio risulta dall’attuale normativa circa il diritto of- ferto agli immigrati di proseguire di un anno l’attività formativa, in quanto pena- lizza tutti gli irregolari peggiorando di fatto la loro posizione rispetto alla prece- dente normativa: “Se sei diventato clandestino non puoi richiedere il permesso perché dovresti richiederlo al tuo paese, ma tu se nel tuo paese non puoi tornare, e allora questa che doveva essere una chance di fatto non lo è”. E comunque l’Ente prevede di ampliare/intensificare il proprio operato attra- verso le seguenti proposte: a) “Arrivare ad avere in ogni CFP un equipe stabile fissa di supporto ai forma- tori, perché ormai le dinamiche sono tali che non se ne può fare a meno, ossia le figure non possono essere isolate non possono essere saltuarie. Ci dovrebbe essere una task force di sistema sempre presente all’interno dei CFP; oggi è indispensabile dare ai formatori gli strumenti per affrontare questa nuova utenza, ma anche avere figure specialistiche; occorre arrivare ad avere una equipe che è a sostegno psicologico anche per le risorse umane a full time”. b) “Inserire in ogni Centro la figura del mediatore culturale ‘scolastico’: si av- verte il bisogno che stia all’interno della struttura formativa, proprio perché lavora con una particolare utenza e quindi deve affrontare problematiche assai specifiche rispetto ai compiti che svolge in generale la figura del media- tore culturale, per cui deve essere preparato dal punto di vista del diritto sco- lastico, della formazione e poi deve avere competenze di pedagogia, di età evolutiva, di psicologia…”. c) “Orientare l’attività formativa non solo agli immigrati giovani e regolari ma anche verso quella fascia molto ampia di immigrati e in particolare di immi- grate che hanno più di 18 anni (mediamente dai 22 ai 26 anni), che per di più hanno il problema della regolarizzazione e che vorrebbero seguire un corso di formazione professionale; dobbiamo fare in modo che la formazione professio- nale arrivi anche a loro, perché sono tantissimi, sono la maggior parte”. d) “Infine occorre intensificare la collaborazione con i CSI (Centro Servizi per l’Immigrazione) della Provincia di Roma, con l’obiettivo di creare una rete che di fatto non c’è: una persona con un problema deve sapere a chi rivol- 108 gersi; per esempio, gli apolidi hanno diritto ad un passaporto italiano, ma non tutti lo sanno e in questura non te lo dicono, allora chiami il coordinatore del CSI il quale ti dice cosa fare. E questi Centri sono tanti, appartengono alla Provincia di Roma e sono collocati dove sono i Centri per l’impiego”. 5. LA CASA DI CARITÀ ARTI E MESTIERI DI TORINO Va premesso che in questo caso più che di un vero e proprio focus si è trattato di un incontro con alcuni responsabili della sede nazionale dell’Ente, i quali hanno presentato e riportato in sintesi i contenuti di un’ampia gamma di “prodotti cultu- rali” da essi elaborati in funzione dell’accoglienza e integrazione nei sistemi forma- tivi degli immigrati, sia giovani che adulti. La peculiarità di questa relazione sta quindi nel riportare di volta in volta (ta- lora nel testo e talora in allegato 2) i vari documenti a cui essi hanno fatto riferi- mento durante l’incontro, così da rimanere fedeli ai contenuti e per di più ci per- mettono di conoscere direttamente e di usufruire di materiali preziosi da diffondere e utilizzare come buone pratiche. 5.1. Presentazione delle attività dell’Ente a favore degli immigrati Per quanto riguarda l’insieme delle attività svolte a favore degli immigrati al- l’interno dei 18 Centri che su scala nazionale fanno capo all’Ente, è stata stesa una relazione annuale dove vengono riportati dati quantitativi degli utenti immigrati iscritti nei CFP dell’Ente relativamente alla loro provenienza e al tipo di corsi fre- quentati. In questa relazione viene riportata anche una descrizione dettagliata delle attività svolte e relative valutazioni sull’operato (allegato 2). 5.2. La formazione dei formatori e della figura del mediatore interculturale L’Ente ha cominciato a lavorare con gli immigrati allestendo esclusivamente per loro dei corsi destrutturati, brevi, di preparazione al lavoro, che avevano la ca- ratteristica di alternanza: metà ore di teoria e metà di pratica e di stage. Questa prima esperienza ha portato poi a far avvertire l’urgenza di formare i formatori e poi a creare dei corsi per i mediatori culturali, etnici, di tutte le prove- nienze. Questa attività ha portato nel 2001 a standardizzare a livello regionale la fi- gura del mediatore interculturale. Nel progettare questi corsi per mediatori si è partiti rovesciando i termini del percorso: non più dagli obiettivi ai contenuti, ma si è partiti dalle azioni che il me- diatore deve svolgere per tradurle poi in termini di competenze da acquisire 2. 2 Sintesi della scheda relativa alle competenze e attività standard attribuite al mediatore intercul- turale. ELENCO COMPETENZE Valorizzare le identità dei singoli nel rispetto delle differenze Individuare vincoli e opportunità dei contesti interculturali Favorire contesti di collaborazione/ integrazione Relazioni con i servizi ELENCO ATTIVITÀ Coinvolgere l’utente straniero e i soggetti autoctoni Sostenere l’interlocutore nel processo di integrazione culturale Partecipare alla programmazione degli interventi rivolti congiuntamente agli immigrati e agli autoctoni 109 5.3. La metodologia e il percorso personalizzato A completamento dell’attività dell’Ente a favore degli immigrati ci è parso assai utile riportare sempre in allegato, anche altro materiale che ci è stato conse- gnato durante l’incontro, in quanto rappresenta delle buone pratiche messe a punto dall’Ente per lavorare con cittadini (giovani e adulti) immigrati. Nell’allegato è stato riportato un “collage” di metodologie adottate nei percorsi formativi, completati da tutta una serie di schede per documentare i vari passaggi. Tuttavia in questa sede è possibile riassumere le principali fasi in cui è stato proget- CAPACITÀ - identificare l’interlocutore attraverso la sua storia - identificare i bisogni di base e le attese dell’interlocutore - potenziare le risorse individuali dell’interlocutore - identificare le potenzialità e le aree di fragilità dell’interlocutore - garantire l’identità dell’interlocutore - analizzare flussi comunicativi - correlare dinamiche relazionali e comportamentali ad elementi culturali - identificare modalità di mediazione utilizzabili nei diversi contesti - agevolare azioni di interculturalità - promuovere azioni di mediazione - facilitare azioni di prevenzione del disagio - identificare le principali procedure operative dei servizi di riferimento - riconoscere le opportunità offerte dai servizi in relazione alle loro prestazioni - identificare le potenzialità (interne/esterne) dei servizi AZIONI - accompagnare i soggetti nel processo di integrazione - raccogliere informazioni - informare su opportunità di stabilizzazione nel tessuto sociale e culturale - stimolare al confronto - evidenziare gli effetti positivi dell’integrazione - accompagnare l’interlocutore al rinforzo della propria identità culturale e linguistica - accompagnare l’interlocutore al rispetto delle altre identità culturali e linguistiche - costruire azioni per la stabilizzazione dell’interlocutore nel tessuto economico-sociale - mappare i servizi del territorio - attivare i servizi per singole iniziative/progetti - attivare relazioni con gli operatori del contesto di riferimento - realizzare iniziative e prassi operative 110 tato un percorso personalizzato che va dall’accoglienza all’orientamento, la sua du- rata ed il sistema di verifiche 3. 1) Fasi del percorso: Fase 1: accoglienza. L’utente viene accolto nel Centro, vengono presentate le modalità e le finalità del percorso e, contestualmente, viene effettuata una prima ri- cognizione della sua storia personale e delineata una prima mappa dei servizi con i quali ha avuto contatto. Fase 2: primo bilancio di competenze. L’utente, guidato dal tutor orientativo e coadiuvato dal mediatore culturale, procede ad un’analisi, sia pure approssimativa e provvisoria, delle proprie competenze conseguite nel paese d’origine e all’estero, interessi, desideri, potenzialità. Propedeutica a questa fase è il confronto tra usi, co- stumi, tradizioni, modi di vita, di organizzazione del sapere e del lavoro nella cul- tura d’origine e in quella d’arrivo. In tale fase l’approccio sarà in parte collettivo, in parte individuale. Fase 3: presentazione dei profili professionali. Vengono presentati i profili professionali previsti dai corsi di preparazione al lavoro nei vari Centri associati in rete. Tale attività dovrà evidenziare i vincoli, i pre-requisiti e le prospettive colle- gati allo svolgimento della mansione prevista dal profilo professionale presentato. Al termine di questa fase ciascun soggetto effettuerà una prima scelta dell’indirizzo che intende seguire. In subordine è prevista la possibilità di orientare e accompa- gnare nella ricerca del lavoro quei soggetti che presentano già una sufficiente pro- fessionalità per l’entrata nel mondo del lavoro. Fase 4: stage orientativo. Vengono presentate attraverso una serie di visite guidate le reali opportunità di formazione professionalizzante offerte dal territorio. Inoltre gli utenti avranno l’opportunità di visitare centri territoriali che si occupano di mettere in contatto domanda e offerta di lavoro (CILO, Orientamento Lavoro Migranti, Sportello O.L.M., Agenzia per l’impiego…) e una serie di realtà produt- tive selezionate in base ai possibili sbocchi professionali individuati. Fase 5: progetto personale e contratto. È previsto un nuovo colloquio fra utente, tutor orientativo e mediatore culturale. Alla luce di quanto emerso dal per- corso di orientamento verrà formulato un progetto personale o patto formativo che conterrà la scelta di indirizzo formativo finale da intraprendere. 2) Durata: 30 ore 3) Equipe: è composta da diversi tutor (tutor orientativo, tutor dello sportello, mediatore culturale, insegnanti che si occupano dell’orientamento…) dal coordina- tore professionale, dai differenti rappresentanti della rete (scuola, ufficio politiche del lavoro, sportelli per migranti, imprese…). 3 Cfr. BONICA L. (a cura di), Migranti e reciprocità nella rete e nella formazione, Torino, Casa di Carità Arti e Mestieri, 2000, 263. 111 4) Verifiche: – in itinere, per evidenziare le modificazioni che intervengono nella rappresen- tazione del sé nel rapporto con le diverse agenzie con cui l’utente viene a confron- tarsi e registrarle all’interno della scheda personale; – finale, rappresentata dalla stesura del progetto personale di formazione e dalla adesione ad un successivo percorso formativo e lavorativo. Stando sempre all’interno dell’attività curricolare ci pare interessante riportare inoltre in allegato il materiale elaborato per il dialogo inter-religioso con i mussul- mani. 5.4. Il progetto “Milieu Innovateur”: il rapporto col territorio e la rete Con il maturare dell’esperienza nel lavorare con gli immigrati si è avvertito poco alla volta il bisogno di strutturare tutto un progetto d’intervento, definito Mi- lieu Innovateur, il locale che si rinnova. Il progetto prevede tutta una serie di rap- porti con il territorio per la formazione della rete: in particolare il rapporto con le imprese e con l’università per promuovere indagini, da cui sono scaturite diverse pubblicazioni e siti web 4. Tutto questo lavoro fatto di produzione culturale come di rapporto diretto con l’utenza colloca l’attività dell’Ente su un piano di qualità totale sia sotto il profilo pedagogico che di programmazione dell’intervento formativo. 6. LA FONDAZIONE CLERICI DI PAVIA La Fondazione Clerici nell’insieme delle attività formativo-professionalizzanti si occupa anche dei fattori che complicano e rendono difficoltoso il rapporto degli immigrati con il mercato del lavoro locale sia nella ricerca di occupazione e nel- l’inserimento lavorativo sia nella capacità/possibilità di costruirsi competenze e professionalità spendibili e valorizzanti. Di conseguenza l’Ente e l’attività da esso promossa sono stati selezionati e co- involti nella presente indagine sulla base del peculiare apporto che offrono ai pro- cessi migratori: 4 COMUNE DI TORINO, A scuola a San Salvareo. Un’indagine fra gli operatori della scuola e la popolazione del quartiere per conoscere, riconoscersi e migliorare, Torino, 2006. OLIVERO F. (a cura di), Migranti in Piemonte, Torino, Assessorato alla Solidarietà Sociale, 2005. REGIONE PIEMONTE, Suc- cesso formativo: tre sistemi per un unico Obiettivo. Analisi dell’impatto delle azioni di orientamento rivolte ai giovani in età di obbligo formativo tra il 2002 e il 2005, Torino, Agenzia Piemonte Lavoro, 2007. BONICA L. (a cura di), Migranti e reciprocità nella rete e nella formazione, Torino, Casa di Ca- rità Arti e Mestieri, 2000. CUSIMANO A. - M. SCERRA, Imprenditoria giovanile. Autoimpiego e auto imprenditorialità, Roma, Buffetti ed., 2006. www.casadicarità.it - www.agenziapiemontelavoro.net - www.carmes.it 112 a) nell’indirizzarsi ad un’utenza formata prettamente da giovani adulti e adulti immigrati; b) nell’aver messo a punto un progetto d’intervento 5 mirato a fare da trait d’union tra gli immigrati e il mercato del lavoro: - mediante un circuito integrato di interventi che mette in comunicazione l‘insieme dei servizi (sociali e per il lavoro) e degli enti che si interfacciano con gli immigrati; - coinvolgendo direttamente gli utenti immigrati attraverso le organizzazioni e le reti di cui sono partecipi, nonché le strutture a cui fanno riferimento; - attuando percorsi e soluzioni innovative, ragionate e condivise tra attori e soggetti, definite in relazione a situazioni concrete, a partire da esperienze già avviate a livello territoriale; c) nel migliorare l’occupabilità attraverso: - la messa in trasparenza e validazione dei saperi acquisiti nei diversi contesti di apprendimento (formali, non formali e informali), anche per facilitare l’incrocio domanda-offerta e la mobilità geografica e professionale degli in- dividui; - lo sviluppo delle competenze introducendo gli immigrati in percorsi forma- tivi flessibili e personalizzati, in grado di rispondere alle esigenze degli in- dividui ed al tempo stesso alle richieste del mercato del lavoro; fra gli im- migrati si registra infatti un limitato livello di accesso alla formazione e ai servizi di orientamento/accompagnamento al lavoro, a causa di barriere lin- guistiche, inadeguata informazione e rigidità e complessità del sistema del- l’offerta; - la valorizzazione delle esperienze delle donne immigrate, in particolare nel- l’area del lavoro di cura; - lo sviluppo dell’auto-imprenditorialità all’interno di segmenti del mercato potenzialmente in grado di creare nuove prospettive occupazionali. 6.1. Contestualizzazione del progetto EQUAL “CIVES” – EQUAL: Progetto a favore dell’inserimento lavorativo; – “CIVES”: sta per Cittadino Immigrato Valore e Sviluppo; risponde all’esi- genza, da parte di un gruppo di soggetti, di mettere in campo una serie di stru- menti condivisi, compartecipati, negoziati, valutati, verificati, scambiati, che mettano nelle condizioni di creare una rete territoriale di accoglienza, orienta- mento e inserimento lavorativo a favore di cittadini immigrati; – va precisato: non è un progetto per dare lavoro ma per preparare al lavoro; – destinatari: la tipologia a cui è rivolto è composta da immigrati regolari, stabi- lizzati, con permesso di soggiorno, formati almeno già al livello del diploma, 5 Progetto EQUAL “CIVES”; cfr. www.equalcives.it 113 con alcuni anni di immigrazione in Italia, che vogliono fare un salto di qualità e/o che vogliono reinserirsi perché disoccupati; – a livello territoriale il progetto si sviluppa in tre province: Pavia, Lodi e Lecco; – alla realizzazione del progetto contribuisce una rete formata da vari partner: i centri di formazione, due cooperative sociali, un istituto di ricerca sociale (IRSEA) di Genova, ELEA, che è specializzato nella gestione di pacchetti FAD, la cooperativa Europolis che è un partner tecnico ed il CNA (Confedera- zione Nazionale Artigianato) di Pavia; inoltre costituiscono parte della rete di sostegno del progetto tutte quelle realtà che sul territorio si occupano di immi- grazione o in termini di volontariato o in termini di associazioni, sindacati ed altro ancora. 6.2. Descrizione delle tappe/attività sottese al progetto 1) La fase iniziale prevede: a) la presa in carico del beneficiario, la quale viene gestita anche dal punto di vista dei dati in modo condiviso attraverso un portale, che è uno dei pro- dotti del progetto; b) quindi grazie al fatto di condividere le informazioni sul portale le persone sono prese in carico da un Ente che fa l’accoglienza e l’orientamento; c) vengono proposti dei percorsi che sono assolutamente individualizzati, ossia tanto la durata del percorso che l’insieme degli strumenti utilizzati vengono scelti in base alle caratteristiche e alle necessità del beneficiario; d) nel momento in cui entra all’interno del progetto il soggetto viene inserito in quella che viene chiamata la “fase 1” la quale prevede l’accoglienza, dove si spiega alla persona che cosa andrà a fare all’interno del progetto e si concorda se questa persona è d’accordo, di vedersi ancora alcune volte per definire il livello del bisogno, per ragionare insieme su quali potrebbero essere gli interessi e le necessità in termini orientativi e di sostegno. 2) Le fasi successive prevedono: a) o si dà la possibilità di continuare una sorta di orientamento per stabilire se questa persona immigrata possa seguire il percorso senza avere bisogno degli strumenti specifici presenti all’interno del progetto e poi viene accom- pagnato; b) o, se essa non presenta questi prerequisiti, allora gli viene applicato il MTVA (messa in trasparenza validata degli apprendimenti); in pratica si tratta di uno strumento finalizzato a valorizzare, validare e valutare i saperi acquisiti; si propone alle persone di raccontare sostanzialmente la loro storia professionale: quindi che percorso scolastico ha fatto, quali compe- tenze ha acquisito durante tale percorso, se ha già fatto anche esperienze la- vorative e quali competenze ha acquisito; c) in seguito viene elaborato un documento di trasparenza che ha due finalità: una prima finalità è quella di definire che pezzo gli manca per raggiungere 114 una certa competenza dal punto di vista formativo; l’altra riguarda il rico- noscimento dei crediti formativi acquisiti altrove, anche attraverso il la- voro; in pratica si tratta di arrivare a stabilire quali pezzi di formazione mancano ancora per avere una qualifica professionale; in questo modo la persona quando entra in contatto con il mondo del lavoro può presentare il proprio curricolo non più attraverso un’auto-dichiarazione ma attraverso un documento garantito da una struttura formativa (anche se non si tratta di una vera e propria certificazione in quanto non rientra tra gli obiettivi del progetto); d) all’interno di questa formazione flessibile e individualizzata sono state spe- rimentate anche altre strategie, come la formazione a distanza (data la forte mobilità degli immigrati) e gli stage definiti come formazione on the job; in questo modo si dà quindi la possibilità che una volta contattato un datore di lavoro attraverso un periodo di stage, lo stesso datore possa non solo verifi- care le reali capacità di una persona ma anche avere un tempo congruo per fare una formazione su alcuni aspetti specifici che non erano ancora in pos- sesso della persona inserita; e) qualora invece l’orientamento porti a validare l’ipotesi di sviluppo del- l’auto-impiego e/o della creazione d’impresa immigrata, in questo caso il progetto prevede di andare alla ricerca di forme di credito ad hoc, perché spesso la possibilità di creare un’impresa si scontra con la necessità di avere a disposizione un accesso al credito che non sia quello normalmente consentito dalle banche, perché queste persone non hanno beni immobili, non danno garanzie, non hanno uno stipendio che possa consentire di avva- lersi di un credito. Riassumendo i vari punti riportati sopra, si parte da un’accoglienza iniziale e un orientamento di base al primo approccio che poi dopo direziona verso le fasi successive. Il punto nodale di tutto questo modo di operare sta nell’attività orienta- tiva; questa fase ha come obiettivi: per l’operatore, di arrivare a capire quali sono i reali bisogni della persona che ha di fronte; per l’immigrato, di arrivare a capire di che cosa ha veramente bisogno per entrare nel mondo del lavoro. Dal congiungimento di questi due obiettivi si dovrà arrivare poi ad una scheda finale nella quale vengono definiti: quali sono i reali obiettivi della persona dal punto di vista professionale; cosa vuole fare; e cosa è in grado di fare per inserirsi nel mondo del lavoro. Tutto questo a sua volta potrà essere documentato sulla base di un provato pos- sesso di quattro domini cognitivi applicando il MTVA (messa in trasparenza vali- data degli apprendimenti): conoscenza degli strumenti che si sa utilizzare; capacità relazionali; capacità gestionale a livello delle risorse economiche; aver dimostrato di essere “professionali” nello svolgimento dell’attività produttiva che si intende svolgere. In pratica si viene a certificare che la persona ha seguito un certo percorso. Nel 115 momento in cui viene proposta ad un’azienda una persona che può essere inserita perché risponde al profilo, dall’altro lato l’imprenditore deve essere sicuro che tutto il lavoro di verifica è già stato compiuto e sulla quale non deve più tornare, perché altrimenti la selezione se la fa lui, mentre in questo caso c’è un’istituzione che ga- rantisce. A questo riguardo si è lavorato anche sul tessuto imprenditoriale creando un “Club delle Imprese Sensibili”, ossia di imprese disposte ad assumere persone con svantaggio potendo contare sul fatto che sono state inserite in un percorso dove sono state formate e orientate attraverso particolari strumenti che danno affidabilità e costituiscono una garanzia per l’imprenditore. A fare poi da collegamento tra i vari partner della rete è un portale grazie al quale è possibile monitorare e/o ricostruire le varie tappe di ognuno di coloro che è inserito nel percorso, a seconda delle esigenze del momento (per entrare nel mer- cato del lavoro, per cambiare, per reinserirsi dopo averlo perso…). Riassumendo, il MTVA orienta in funzione delle varie macrofasi, il portale mette in rete tutte le in- formazioni relative a ciascun utente e da quel momento la persona viene costante- mente accompagnata in tutte le fasi. Va precisato che il portale è uno strumento costruito appositamente attraverso il progetto, in quanto permette ai vari partner di interfacciarsi per offrire all’utente una risposta integrata. Può essere considerato una vera e propria banca dati, di pro- prietà di tutti i partner, in base alla quale è possibile estrarre numerose informa- zioni, anche di tipo statistico. Cosicché anche quando il progetto EQUAL sarà ter- minato rimangono comunque gli strumenti costruiti per poterli utilizzare nella nor- male programmazione delle attività. 6.2.1. Obiezioni a) È parso necessario anzitutto chiarire se chi entra nel percorso deve percorrere l’intera filiera delle azioni per ottenere l’attestato che serve per inserirsi nel mondo del lavoro. In pratica tutto dipende dalle necessità dei singoli: può es- sere che uno rimanga in carico 40-50 ore (ma poi bisogna vedere se è costante per tutta la durata del percorso…), ma può essere anche che con 20 ore di col- loquio fatto bene scopra quali sono le sue potenzialità e sia pronto per entrare nel mondo del lavoro. b) Inoltre è importante sapere anche se il progetto è in piena sintonia con le poli- tiche sociali del territorio. L’obiettivo di Equal è anche quello di arrivare a sol- lecitare, a trovare una forte integrazione tra politiche del lavoro e politiche so- ciali, perché se una persona non ha casa, non ha una rete sociale difficilmente riesce a entrare in un posto di lavoro e a mantenerlo, perché ha altri problemi, se dorme sotto i ponti, come fa ad andare a lavorare. È necessario quindi che ci sia anche una rete di sostegno sociale, cioè che entrino in gioco un’insieme di servizi che non sono solo di inserimento lavorativo ma anche di sostegno so- ciale, abitativo e addirittura terapeutico. 116 6.2.2. Punti di criticità a) A livello nazionale: in termini istituzionali legislativi il cittadino immigrato ha la possibilità di restare in Italia solo in quanto risorsa lavorativa; quindi con la legis- lazione attuale il cittadino immigrato è benvenuto solo in quanto forza-lavoro. b) A livello regionale: manca una programmazione di sostegno sociale all’immi- grazione perché viene tutto demandato a livello comunale. c) A livello delle istituzioni locali: bisogna evitare che l’immigrato faccia un per- corso di “nomadismo interistituzionale”: dapprima va alla Caritas per trovare risposte a certi suoi problemi, quindi per trovare lavoro si rivolge al Centro per l’Impiego, poi per l’insorgere di ancora altri problemi va da altre istituzioni…; tutto questo migrare il più delle volte porta verso percorsi non garantiti, mentre la persona potrebbe trovare risposte unitarie/unificate qualora venisse immessa in un percorso gestito da una rete di istituzioni i quali erogano differenti servizi in risposta ad altrettante differenti domande. Il problema quindi adesso è quello della diffusione delle metodologie sperimentate e relativi strumenti, e questo dipende dalla volontà delle istituzioni/amministrazioni locali/regionali a fare in modo da valorizzare l’esperienza a livello territoriale/nazionale. Per cui il vero problema sta nel verificare quanto esse siano interessate a far proprio e a promuovere questo know how. Il valore aggiunto di questo progetto sta nel fatto che mentre negli altri Paesi della UE sono state messe in atto delle politiche che permettono di filtrare la ri- sorsa-uomo che immigra per lavorare, in Italia manca del tutto la selezione della manodopera e quindi il livello d’ingresso è per attività di basso profilo. Di conse- guenza la peculiarità del percorso previsto dal progetto sta nel fare in modo che le persone che già posseggono delle risorse possano accedere a posti di lavoro con- gruenti alle loro risorse e capacità. 7. SINTESI DEI CONTENUTI EMERSI DAI FOCUS Volendo ricostruire anzitutto un quadro complessivo delle attività promosse al- l’interno dei vari Centri a favore degli immigrati, dai dati delle schede è emerso che: – la presenza degli immigrati all’interno dei Centri è apparsa negli anni in pro- gressivo/sensibile aumento, fino a raggiungere attualmente quote tra il 20 e il 30% dell’utenza complessiva; – l’utenza presenta un’età variabile che va dall’adolescenza alla giovinezza e in alcuni Enti (con particolare riferimento al CIOFS/FP, alla Fondazione Clerici e alla Casa di Carità) certe attività sono indirizzate prettamente a categorie di adulti per un rapido inserimento nei sistemi produttivi; – gli allievi immigrati provengono in maggioranza dai Paesi dell’Est, cui fa se- guito l’Africa, l’America Latina e l’Asia; 117 – di essi i maschi si inseriscono preferibilmente nel settore meccanico ed elet- trico e le ragazze nel settore estetico, aziendale-amministrativo, dei lavori d’ufficio, turistico-alberghiero e della ristorazione; – quasi tutti alla fine si qualificano, in quanti ritenuti in genere più motivati dei loro coetanei autoctoni e maggiormente apprezzati durante lo stage; – in tutti i Centri che hanno compilato la scheda, a partire almeno dagli ultimi 5 anni è stato messo a punto un pacchetto integrato di servizi e di attività di so- stegno composto da: accoglienza, informazione, orientamento, bilancio di competenze, counseling agli allievi, ai docenti, alle famiglie, e in più si rileva presenza di figure specialistiche: tutor, psicologi, figure di intermediazione. Passando quindi ad analizzare i contenuti emersi dai focus, l’attenzione si è particolarmente concentrata sui percorsi formativi, evidenziandone il contributo of- ferto alle diverse fasi di attuazione. a) Nelle attività finalizzate al reclutamento e alla formazione in ingresso: - inserimento in una rete per informare sulle attività del Centro; - apertura di sportelli a scopo informativo-orientativo con la presenza di me- diatori etnici e/o di allievi ed ex-allievi etnici per motivare all’inserimento; - corsi di italiano con l’utilizzo di vari sussidi didattici (cassette, cd, foto- copie, esercitazioni, visione di film, la lettura di fumetti …); - altri servizi di affiancamento come azioni di mediazione culturale (con i giovani, con le famiglie…) e di assistenza specializzata per affrontare casi- problema a livelle comportamentale, di salute fisica e mentale; - elaborazione di materiali quali test d’ingresso e di schede-utente per ognuna delle seguenti azioni: accoglienza, orientamento, bilancio di com- petenze, patto formativo, percorso personalizzato, verifiche in itinere, finali ed ex-post, i cui contenuti vengono messi a disposizione di tutti i compo- nenti l’équipe degli operatori. L’insieme di tutte queste azioni in ingresso ha avuto come obiettivo di arrivare a puntualizzare quali sono i reali interessi della persona dal punto di vista profes- sionale, cosa vuole fare e cosa è in grado di fare per inserirsi nel mondo del lavoro. Ossia di portare l’operatore a capire quali sono i reali bisogni della persona che ha di fronte e, l’immigrato, a capire di che cosa ha veramente bisogno per entrare nel mondo del lavoro. b) Nelle attività curricolari e di programmazione: - è stata data particolare attenzione anzitutto alla promozione e attuazione di percorsi formativi mirati all’inclusione di soggetti in qualche modo porta- tori di un qualche svantaggio; quindi corsi possibilmente brevi, flessibili, “destrutturati, personalizzati, in grado cioè di rispondere alle esigenze degli individui tenendo conto di volta in volta e di caso in caso a quale tipologia di destinatari ci si sta indirizzando nel diversificare l’offerta e a quale esi- 118 genze prioritarie si intendeva far fronte attraverso l’allestimento di questi corsi, e al tempo stesso anche delle richieste del mercato del lavoro; scen- dendo nei dettagli, affinché tali corsi potessero essere considerati adeguati si è tenuto conto della particolare tipologia di utenza (diverso se indirizzati agli adolescenti/giovani in età formativa, oppure alle donne, oppure agli adulti…), degli interessi emersi attraverso schede/test in ingresso e colloqui orientativi ed il livello culturale e delle abilità/capacità riscontrate attra- verso il bilancio di competenze; inoltre per venire incontro alla domanda formativa e occupazionale spesso si è fatto ricorso ad azioni di ricerca nel- l’intento di interloquire non soltanto con gli immigrati ma anche con chi la- vora con gli immigrati e con le aziende, al fine di capire che tipo di incrocio poteva esserci tra domanda e offerta; - inoltre sono state attivate altre azioni formative a sostegno, dando una forte attenzione anche alla formazione delle risorse umane, ossia a formare i for- matori o l’équipe d’aula a saper gestire le dinamiche provocate dall’effetto- stigma verso lo straniero; ulteriori corsi sono stati dati per la formazione di mediatori culturali e di operatori di sportello, aperto sia a cittadini italiani che a cittadini stranieri. c) Per quanto riguarda le figure di sostegno/intermediazione sono state utilizzati: - psicologi e orientatori, per l’integrazione nel gruppo-classe attraverso col- loqui individuali e di gruppo a utenti, formatori e famiglie; - mediatori etnici, per i rapporti con gli utenti e le famiglie non solo nei Centri ma anche per contatti/interventi direttamente presso le abitazioni e con le comunità etniche/Associazioni di appartenenza. d) Per quanto riguarda la formazione della RETE, si è assistito a un circuito inte- grato di interventi che mette in comunicazione l’insieme delle strutture e dei servizi a cui gli immigrati fanno riferimento (formativi, sociali, amministrativi, per il lavoro e numerosi altri enti che si interfacciano con gli immigrati), ossia: scuole, altri Enti di Formazione Professionale, associazioni di categoria, Forze dell’Ordine, CTP, EdA, ASL, SERT, Servizio civile, Amministrazioni locali, associazioni di volontariato, ONLUS, Comunità Terapeutiche, Caritas, asso- ciazioni presenti all’interno delle varie comunità etniche, Consulta lo- cale/provinciale per l’immigrazione, CSI (Centro Servizi per l’Immigrazione). Infine i vari partecipanti ai focus si sono soffermati ad evidenziare certi aspetti del lavoro con gli immigrati che appaiono particolarmente critici e ad avanzare al tempo stesso alcune proposte. e) Per quanto riguarda i punti di criticità: - in generale si avverte un’estrema disaggregazione dei servizi; non c’è man- canza di servizi a favore degli immigrati, al contrario ce ne sono tantissimi, mentre il vero problema sta nel fatto che sono sparpagliati, disaggregati, manca un coordinamento e per di più per certi aspetti risultano ridondanti, 119 nel senso che molto spesso offrono solo certi servizi e mancano invece di altri; - a livello nazionale in termini istituzionali legislativi il cittadino immigrato ha la possibilità di restare in Italia solo in quanto risorsa lavorativa; quindi con la legislazione attuale il cittadino immigrato è considerato solo in quanto forza-lavoro; - a livello delle istituzioni locali bisogna evitare che l’immigrato faccia un percorso di “nomadismo interistituzionale”: alla Caritas per trovare risposte a certi suoi problemi, quindi per trovare lavoro si rivolge al Centro per l’Impiego, e così via…; tutto questo migrare il più delle volte porta verso percorsi non garantiti, mentre la persona potrebbe trovare risposte uni- tarie/unificate qualora venisse immessa in un percorso gestito da una rete di istituzioni i quali erogano differenti servizi in risposta ad altrettante diffe- renti domande. f) Per quanto riguarda le proposte: - in primo luogo occorre dare ai formatori una formazione specifica e finaliz- zata a prevenire le forme di discriminazione e a saper utilizzare metodo- logie più adeguate nel dare sostegno agli allievi immigrati; - a questo riguardo bisognerebbe arrivare ad avere in ogni CFP un equipe sta- bile fissa di supporto ai formatori, una specie di task force di sistema; - inserire all’interno di ogni struttura formativa la figura del mediatore cultu- rale ‘scolastico’, il quale si diversifica dal mediatore etnico proprio perché lavora con una particolare utenza e quindi deve essere in grado di affrontare problematiche tipiche del gruppo-classe; - una maggiore adeguatezza deve riguardare inoltre anche i programmi e la loro distribuzione per tempi fasi, in quanto il loro svolgimento nei confronti di questa particolare utenza richiederebbe di essere più flessibili e/o tempi più lunghi, in considerazione del ritardo culturale e linguistico che riguarda la maggioranza di loro; - inoltre occorre orientare l’attività formativa non solo agli immigrati giovani e regolari ma anche verso quella fascia di immigrati e in particolare di im- migrate che hanno più di 18 anni, con problemi di regolarizzazione e che oggi costituiscono una maggioranza all’interno dei processi migratori; - infine anche i contatti tra il Centro e le famiglie degli immigrati e le asso- ciazioni delle comunità etniche a cui appartengono dovrebbero essere mag- giori e più approfonditi. 121 Capitolo 5 Linee-guida per modello/i sperimentale/i d’intervento a favore degli immigrati Vittorio PIERONI - Antonita SANTOS FERMINO1 Nelle politiche per l’integrazione la leva del cambio è essenzialmente la cul- tura. E investire nel capitale-cultura significa anzitutto prendere in considerazione la scuola e più in generale i sistemi formativi (nel presente caso il riferimento va ovviamente alla Formazione Professionale), quale primo laboratorio interculturale a partire dai programmi fino alle attività espressivo-ricreative extracurricolari. Oggi non è più possibile infatti pensare di istruire senza educare. Educare significa af- frontare l’insieme delle dimensioni (affettiva, etica, relazionale, sociale…) che fanno capo alla personalità globale di un soggetto in formazione. A fronte di una pluralità di “presenze” che all’interno della scuola/FP fanno ca- po ad altrettante culture, il suo ruolo diviene fondamentale nel promuovere l’educa- zione interculturale, nel fare da cerniera per proporre/facilitare l’integrazione di quel- le pluri-appartenenza che segnano il futuro di ogni società “nodale”, integrandole in un concetto di società in permanente processo di sviluppo multiculturale. In questo senso gli individui non possono più essere considerati appartenenti ad una “monocultura” ma piuttosto parte di un contesto multiculturale, portatore di molteplici sviluppi iden- titari prodotto dell’intreccio con altrettante plurime/multi-etniche culture. Spetta quindi alla scuola/FP il principale ruolo di fare da ponte tra più culture, rispettando anzitutto la “diversità” (culturale, linguistica, etnica, religiosa…) del- l’alunno e portandolo al tempo stesso a prendere coscienza del ruolo attivo da svol- gere in quanto cittadino con tutti i diritti ma anche con tutti i doveri. Da questo pro- cesso di integrazione, e quindi dal ruolo fondamentale che i sistemi formativi hanno nel promuoverla, dipenderà il futuro delle società plurali/mulltietniche. 1. LO SCENARIO In sostanza i sistemi formativi dovrebbero farsi catalizzatori delle strategie di in- clusione delle differenti etnie presenti nel territorio, diventare cioè veri e propri “la- boratori di cittadinanza interculturale”. Ora, affinché la scuola/FP sia in grado di pro- 1 Anche all’interno di questo capitolo vengono riportate alcune parti del citato testo dell’autrice: Identità trans-culturali. Insieme nello spazio transazionale, Tirrenia (Pisa), ed. Del Cerro, 2008. 122 durre un servizio di qualità in tal senso occorre che sappia mettere in atto, come evi- denziano un po’ tutti gli studi che si richiamano all’argomento, una serie di strategie di base, quali: l’integrazione delle azioni tra informazione, consulenza, orientamento e formazione; la flessibilità nel dare risposte diversificate ad un’utenza sempre più va- riegata; la presenza di équipe multidisciplinari in grado di condividere obiettivi, pro- getti, programmi; la valutazione della coerenza tra gli obiettivi proposti e quelli rea- lizzati; il sostegno alla elaborazione di itinerari formativi ed educativi personalizzati; la capacità di dare risposte “calibrate” sulla base delle caratteristiche dell’utenza; il saper attivare servizi specialistici in funzione delle caratteristiche del territorio. A loro volta le buone pratiche per realizzare un tale servizio di qualità vanno individuate: nella sperimentazione di metodologie/modelli d’intervento flessibili e innovativi; nel monitoraggio dei bisogni formativi e occupazionali del territorio; in un’offerta formativa mirata a sviluppare nuove professionalità da combinare con nuove professionalità; nel portare i soggetti ad acquisire competenze trasversali; nell’apporto offerto da più figure specialistiche di supporto; nella realizzazione di progetti finalizzati alla realizzazione di percorsi formativi integrati; nel saper met- tere in rete una catena di servizi informativo-formativi. A fare da trait-d’union all’insieme delle buone pratiche sottese ad un servizio di qualità che i sistemi formativi intendono offrire vi è il concetto di “educazione interculturale” considerato nelle tre dimensioni che lo caratterizzano e tra loro strettamente interconnesse: culturale (alterità, interdipendenza, responsabilizza- zione ai diritti-doveri…), sociale (uguaglianza, giustizia…), ambientale (interdi- pendenza tra la specie umana e l’ecosistema per la conservazione della specie). Di conseguenza per fare in modo che anche gli adolescenti di origine migra- toria passino da “stranieri” a “cittadini riconosciuti” come appartenenti a tutti gli effetti ad una società multietnica in trasformazione occorre innovare/mobilitare il percorso formativo allargandolo alla sfera educativa globale della personalità. Questo cambiamento di rotta tuttavia dovrebbe coinvolgere tanto l’allievo im- migrato che tutti i componenti della struttura formativa indistintamente, a partire dai compagni di classe autoctoni, alle famiglie di tutti gli alunni, ai docenti, ai quadri dirigenti e amministrativi. Tutto questo comporta la presenza (e, ancor prima, la formazione) di figure specialistiche in grado di educare all’alterità, di orientare ad un modello di democrazia partecipativa, di formare cittadini capaci di adattarsi alle nuove convivenze in maniera costruttiva, arrivando così a predisporre quello “spazio transizionale” al cui interno potranno prendere forma/svilupparsi percorsi/processi identitari originali/innovativi. 2. LINEE-GUIDA SOTTESE AL MODELLO SPERIMENTALE D’INTERVENTO A completamento dell’insieme dei contributi offerti nell’ultima parte di questo studio vengono riportate qui di seguito delle linee-guida sulla cui base poter realiz- 123 zare poi modelli d’intervento e/o progetti formativi a favore di adolescenti/giovani di origine migratoria. Per la messa in opera di progetti mirati a favorire l’inclusione/inserimento di giovani di origine migratoria in programmi/progetti a scopo formativo e finalizzati, conseguentemente, al loro inserimento nella vita attiva si richiede anzitutto di im- postare l’intervento su alcune “condizioni generali” che dovrebbero fare da piatta- forma all’intero impianto progettuale. Nel caso presente l’impostazione comporta la messa in atto di un ampio venta- glio di azioni che tenga conto di tutti i possibili fattori intervenienti, ossia del feno- meno su cui si vuole intervenire, delle “attese” rispetto al cambiamento prefigurato, dei destinatari del progetto, delle “risorse” disponibili, delle metodologie d’inter- vento e del sistema di valutazione da attuare a garanzia dei risultati conseguiti. Sulla base di questa piattaforma sarà poi possibile estrarre quelle azioni che serviranno a costruire modelli/progetti mirati, a seconda cioè della particolare tipo- logia di utenza (diverso se indirizzati agli adolescenti/giovani in età formativa, op- pure alle donne, oppure agli adulti…), degli interessi emersi attraverso schede/test in ingresso e colloqui orientativi ed il livello culturale e delle abilità/capacità ri- scontrate attraverso il bilancio di competenze. 2.1. Fase preliminare: analisi e contestualizzazione del fenomeno Risponde all’obiettivo di individuare nel territorio in osservazione: 1) quali problemi si intendono affrontare attraverso l’attuazione del progetto; 2) quali e quante sono le comunità etniche interessate da questi problemi nel- l’area geografica in osservazione da coinvolgere nel progetto; 3) quali sono i principali fattori che coinvolgono i soggetti-attori a livello: forma- tivo; psicologico; socio-relazionale, di integrazione nella vita della comunità locale; occupazionale; sanitario. A seguito dell’analisi della domanda di contesto, per attivare l’intervento si ri- chiede di stabilire: 1) la “fattibilità” del progetto che si intende attuare; 2) chi sono i committenti; 3) chi sono i finanziatori; 4) chi sono i realizzatori; 5) chi collabora al progetto (quali altri gruppi sociali del territorio sono coinvolti: strutture analoghe, Enti, altri servizi, associazioni…); 6) se questa collaborazione prevede di poter “lavorare-in-rete” e, in caso afferma- tivo, di verificare in che rapporto stanno Enti promotori/finanziatori, gruppi coinvolti nella realizzazione del progetto e risorse disponibili; 7) qual è la mappa delle “risorse” disponibili, in termini di: risorse umane (pro- fessionalità, ruoli e competenze degli operatori…); investimenti finanziari (pubblici, privati, per quanto tempo, per quanti utenti…); spazi/infrastrutture. 124 Infine occorre stabilire definitivamente chi sono i destinatari/beneficiari del progetto, ossia: 1) da chi è composto il target degli utenti (nel caso degli immigrati se si tratta di adolescenti/giovani in obbligo o comunque in età formativa, oppure di sole donne, oppure di adulti…); 2) quali sono i fattori per la loro selezione (nel caso degli immigrati il livello cultu- rale, il possesso di determinate capacità, le esperienze lavorative pregresse…); 3) quali sono le prerogative per il loro inserimento nel progetto; 4) quali sono le modalità per contattarli, reclutarli, motivarli; 5) quali sono gli obiettivi specifici che si intendono conseguire, per quanto ri- guarda in particolare i fattori protettivi e quelli preventivi da condizioni di ri- schio/emarginazione. 2.2. Prima fase operativa: disponibilità di risorsa-uomo adeguatamente for- mata Per uscire da interventi approssimativi e superficiali a favore di utenti dei si- stemi formativi già di per sé in stato di debolezza sociale e/o, nel caso di immigrati, portatori di “diversità” varie in seno alla comunità educativa, la promozione di stra- tegie sottese ad un modello sistemico d’intervento non potrà realizzarsi se non pas- sando attraverso l’investimento anzitutto in attività di formazione-dei-formatori, secondo la logica della strategia formativa “per effetto moltiplicatore”. Tale attività, finalizzata alla riqualificazione della struttura formativa grazie all’ottimizzazione delle proprie risorse, oggi più che mai si configura come un lavoro di équipe che comporta la presenza di più figure abilitate all’interazione e alla collaborazione di gruppo nell’espletare un servizio che richiede adeguate competenze nello svolgi- mento di quelle funzioni attraverso cui si intende rispondere ad un ventaglio sempre più differenziato di attese. I programmi di formazione continua a loro volta dovrebbero includere il ruolo svolto dalla comunità educativa in particolare nel sapersi relazionale con gli alunni di origine migratoria, facendosi interprete dei loro bisogni e attese, e nel proporre ade- guate strategie al fine di coinvolgere/ottenere una più ampia partecipazione dei loro genitori alla vita della scuola/FP. In quanto tale, l’attività di formazione dei formatori rappresenta perciò la “conditio sine qua non” per chi opera in strutture finalizzate a realizzare percorsi educativo-formativi della personalità globale, se si vuole ottenere un effettivo cambiamento/miglioramento nella qualità del servizio erogato, arrivan- do così a svolgere il proprio ruolo di educatori prima ancora che di professionisti. Per svolgere l’intervento occorre quindi poter disporre di: personale apposita- mente formato (età, titolo di studio, esperienze pregresse…); formazione specifica da offrire in ingresso; presenza di doti/qualità “ad hoc” (vocazione ad educare, a stare “con” e non “per”…); criteri per la selezione degli operatori; processi di for- mazione da offrire ex-ante ed in itinere. 125 2.2.1. La formazione in servizio Ora affinché gli insegnanti possano sentirsi all’altezza nel confrontarsi con la presenza all’interno della propria struttura di portatori di differenti appartenenze (per cultura, etnia, lingua, religione…) occorrerà che venga offerta loro una forma- zione basata su una serie di competenze (“di base”, “specialistiche” e “trasversali”) che dovrebbe permettere loro di operare in modo uniforme e condiviso. Compe- tenze che alcuni autori (Caliman-Pieroni, 2001, 213) hanno cercato di sintetizzare nel seguente quadro sinottico. 2.2.2. La capacità di lavorare in équipe Questa metodologia di lavoro si caratterizza per la condivisione di obiettivi e metodi tra i diversi attori in interazione. Lavorare in équipe non significa ridimensionare le competenze individuali cer- cando l’uniformità ad ogni costo, ma sta ad indicare piuttosto la presenza al suo in- terno di una piattaforma comunicativa e di interazione tra ruoli e competenze diver- sificate, mirate ad arricchire il bagaglio metodologico-pedagogico che fa capo alle strategie da cui attinge la comunità educativa nell’insieme delle attività d’inter- vento. In quest’ottica anche una buona iniziativa promossa dal singolo se non viene condivisa dal gruppo dei docenti non potrà passare come “buona pratica”. Il sog- Quadro sinottico delle competenze di base, specifiche e trasversali per la formazione in servizio dei docenti/formatori di BASE Bilancio di competenze Capacità di lavorare in gruppo, interdisciplinarietà Competenze di prevenzione primaria e secondaria Competenze di dinamica di gruppo e/o di conduzione di piccoli gruppi Competenze nel saper condurre colloqui individuali e/o centrati sulla persona Elaborazione di percorsi formativo-educativi personalizzati Etica professionale COMPETENZE SPECIALISTICHE Tecniche di auto-aiuto “Orientamento al cliente” e/o ad un progetto di vita personalizzato Saper programmare interventi specifici, in considerazione della diversa tipologia dell’utenza (giovani, famiglie, soggetti svantaggiati e/o a rischio…) Documentazione delle esperienze Confronto delle esperienze e collegialità nel trattamento dei casi Dare risposte “calibrate” in rapporto a ciascuna utenza Monitoraggio e valutazione degli interventi TRASVERSALI Normative nazionali e locali sui processi migratori Conoscenza dei fenomeni migratori presenti nel territorio Conoscenza almeno approssimativa delle singole comunità etniche presenti all’interno della scuola/FP Conoscenza dei nuovi processi formativi da agganciare a specifici interventi Conoscenza di metodologie didattiche innovative (“apprendimento cooperativo”…) Saper progettare e animare/coordinare strategie di lavoro di rete Collaborazione con altre strutture, servizi, Enti Fonte: Caliman-Pieroni, 2001, 213 126 getto da formare e integrare infatti ha il diritto di vivere in un contesto fatto di scelte che non sono il frutto dell’estemporaneità di un singolo insegnante ma piut- tosto il prodotto della condivisione di tutte le parti in causa. L’impresa di gestire “in comunione” tale contesto, per quanto possa sembrare ardua e complessa, in realtà rappresenta il “cuore”, il centro propulsore di una comunità educativa e degli inter- venti/azioni formative che promuove. Viceversa, l’insegnante/educatore dall’approccio tipico del “protettore-com- plice” (“ti curo io”, “a te ci penso io”…) dovrà fare molta attenzione ai rischi che provoca l’adozione di un tale atteggiamento per le ripercussioni che avrà inevitabil- mente nei confronti della relazione tra l’alunno, il gruppo-classe e gli altri inse- gnanti. Non è difficile infatti che il verificarsi di un caso-problema diventi ostaggio delle rivalità fra quegli insegnanti che non sanno rendere compatibile il loro ap- proccio personale con la dinamica d’équipe nel suo insieme. Al contrario, il lavoro di gruppo serve proprio, da una parte, a mediare il controllo dell’affettività del sin- golo insegnante nel suo porsi come “salvatore” di fronte al soggetto portatore del problema e, dall’altra, a garantire che i risultati ottenuti siano il prodotto dell’inter- vento dell’équipe nel suo complesso. Tutto questo mentre per un verso farà da protezione nei confronti delle inevita- bili forme di “burn-out” a cui va incontro chi lavora nel campo della formazione e dell’insegnamento, al tempo stesso contribuirà a cambiare la “cultura” degli inter- venti, orientandola verso quella dimensione “sistemica” mirata a coinvolgere nel problema tutti gli attori e al tempo stesso a fare in modo che ciascuno assuma le proprie responsabilità nell’organizzazione e distribuzione degli interventi. 2.2.3. Presenza di figure di intermediazione Tra le strategie applicate al “capitale-cultura” e alla “risorsa-uomo”, una pro- posta che intenda essere innovativa dovrebbe prevedere di formare e di rendere sempre più operative figure professionali che in qualche modo assomigliano al “tutor” e che nel caso specifico, avendo a che fare con alunni di origine migratoria, potrebbero assumere il ruolo di “tutor etnici”. In quanto tali, queste figure non do- vrebbero assolvere semplicemente al compito di intermediazione, ma si distin- guono dallo stesso “mediatore culturale” in quanto hanno una funzione prettamente psico-pedagogica, ossia dovrebbero dedicarsi prettamente a dare sostegno al pro- cesso di costruzione dell’identità negli adolescenti/giovani di origine migratoria, la- vorando a difesa dei fattori protettivi della propria cultura e prevenendo per quanto possibile i fattori di disagio/rischio nell’esporsi al contatto con altre culture. Alcuni compiti specifici del tutor etnico sono già stati riportati nel capitolo precedente 2. Si tratta cioè di accompagnare e di supportare il giovane nei principali “momenti di passaggio” che riguardano da vicino le problematiche circoscritte ai processi di integrazione tra “mondi” culturali diversi e che sono destinate ad in- 2 Al paragrafo 5.2 del capitolo 4. 127 fluenzare poi il processo di costruzione dell’identità: mantenimento dei co- stumi/valori della tradizione da un lato e, dall’altro, inserimento nella nuova cul- tura, partecipazione attiva alla vita della scuola/FP, educazione alle scelte e agli orientamenti di vita, sostegno alla progettualità e alle prospettive future. Tutti fat- tori che spesso la famiglia immigrata si trova a dover gestire da sola, senza alcun sostegno e talora anche in assenza di adeguate competenze, con evidenti conse- guenze sul percorso identitario del figlio. Alcuni autori (Pagano-Nosenghi, 2005, 104ss.) hanno definito queste figure operative dei veri e propri “costruttori di ponti” tra sponde culturali differenziate. Ad essi viene affidato il delicato compito di far diventare i sistemi formativi un “la- boratorio di convivenza democratica”, capace di rispondere all’obiettivo dell’inte- grazione delle pluri-appartenenze mediante competenze: – pedagogico-relazionali: capacità comunicative, empatia, accoglienza, ascolto attivo, capacità di vedere il problema anche da parte del punto di vista del- l’altro, capacità di collaborare; – vocazionali: mission educativa, capacità di dare significato esistenziale al pro- prio operato, rispetto/stima/attenzione all’altro e alla sua diversità; – culturali: conoscenza delle lingue e culture, gestione delle informazioni, ri- corso alle normative e alle risorse istituzionali del territorio; – tecnico-professionali: analisi dei bisogni, capacità nel saper orientare, tecniche di colloquio, tecniche di animazione/conduzione di gruppi, gestione dei conflitti; – organizzative: saper lavorare in gruppo, progettare, formare e gestire reti for- mative. Non mancano tuttavia elementi di criticità nei confronti di un certo modo di gestire i processi di mediazione, in quanto vi è anche il rischio che tali attività, se riversate solo sul “caso”, non fanno altro che accentuare la differenza tra l’alunno immigrato ed i suoi compagni di classe, per cui riproducono esclusione anziché in- clusione; invece le azioni di mediazione dovrebbero essere in grado di attivare una circolarità di relazioni fra allievi immigrati e autoctoni, fra insegnanti, fra allievi e insegnanti, fra insegnanti e genitori; così pure le prove di accesso e il patto forma- tivo se non coinvolgono anche la famiglia invece dell’integrazione fanno dell’a- lunno immigrato un “caso a sé”, solitamente oggetto di trattamento differenziato. Mentre la figura del tutor etnico, se adeguatamente formata, interviene soprat- tutto sul processo piuttosto che mirare direttamente al prodotto; come tale, il suo compito rientra nell’ottica di quella “pedagogia dell’accompagnamento” che in- tende aiutare il soggetto nella scoperta di se stesso portandolo ad individuare bi- sogni, aspirazioni, attitudini, valori, capacità/abilità. Questa attività di accompagna- mento inoltre va prevista non solo nella fase iniziale ma attraversa trasversalmente l’intero percorso/processo d’intervento formativo. Tutto ciò significa innescare nei percorsi formativi un processo di mediazione permanente basato sui seguenti obiettivi: favorire l’accoglienza dell’alunno di origi- 128 ne migratoria e il suo inserimento nella classe; favorire la relazione tra scuola/FP e famiglia; valorizzare le culture delle differenti etnie di immigrati presenti nella scuola/FP; promuovere progetti interculturali; partecipare alle iniziative/manifesta - zioni promosse anche da parte di altre strutture/istituzioni (amministrazioni locali, enti e associazioni varie…) a favore degli immigrati. Per quanto riguarda poi le aree d’intervento, la formazione per svolgere attività di mediazione dovrebbe essere indirizzata: 1) agli insegnanti, per: contribuire a risolvere difficoltà comunicative nella fase di inserimento/integrazione nel gruppo-classe; usufruire di quelle informazioni sulla cul- tura degli alunni di origine migratoria che permettano di superare/oltrepassare gli eventuali stereotipi; acquisire informazioni utili sulla biografia e sul percorso forma- tivo dell’alunno quando stava nel Paese di origine; favorire una maggiore compren- sione della condizione psichica che vive l’alunno immigrato lungo il suo percorso for- mativo; proporre/promuovere azioni e progetti finalizzati all’interculturalità; 2) all’alunno di origine migratoria, per: sostenere il suo rapporto con i com- pagni, con i docenti e con le varie altre figure operative all’interno della scuola/FP; favorire la partecipazione alle attività del gruppo-classe; favorire l’accesso ai ser- vizi della scuola/FP, con particolare riferimento a quelli di ordine orientativo e psi- cologico, in modo da ridurre il disagio provocato dallo sradicamento e/o dal suo farsi comunque portatore di una diversità; dare valore e legittimità alla lingua e alla cultura di origine; prevenire la dispersione scolastica (provocata da problemi lin- guistici, di apprendimento, comportamento…) mediante interventi socio-educativi mirati e programmati in più tempi durante il percorso formativo; 3) all’alunno autoctono, per: coinvolgere il gruppo-classe nel discutere su “cosa si deve fare” quando arriva un nuovo compagno di origine migratoria; pre- sentare/far conoscere/valorizzare all’interno della classe le diverse culture di appar- tenenza degli allievi; proporre progetti/programmi di animazioni interculturale; promuovere attività/azioni formative col fine specifico di educare alla mondialità, alla pace a sapersi accettare nella diversità; 4) alle famiglie autoctone e immigrate, per: orientare i genitori fornendo infor- mazioni per conoscere il funzionamento della scuola/FP ed i diritti/doveri degli alunni e delle famiglie; facilitare l’accesso all’uso dei servizi educativi, intra ed extra scuola/FP; sensibilizzare i genitori al PEI o ad altri progetti educativi adottati dalla struttura formativa. Tutto questo richiede anzitutto che la figura del mediatore o del tutor etnico venga prevista e quindi adottata e inserita non solo all’interno dei sistemi formativi ma anche nelle politiche socio-assistenziali degli enti locali. Di conseguenza la sua funzionalità andrebbe attivata in luoghi particolarmente significativi oltre la scuola/FP, quali i consultori familiari, i centri di ascolto e di orientamento, le que- sture, le strutture socio-assistenziali e, più in generale, i centri di accoglienza e/o quei centri di ritrovo dove si riuniscono le comunità etniche. 129 2.3. Seconda fase operativa: le strategie formative a sostegno/accompagna - mento Ai fini di una adeguata integrazione degli adolescenti/giovani di origine migra- toria nei sistemi educativo-formativi si richiede che tali sistemi promuo- vano/favoriscano lo svolgimento di programmi d’intervento mirati a coinvolgere, far partecipare questi alunni ad attività a favore sia della comunità etnica di appar- tenenza che del più ampio contesto sociale dove vivono (quartiere, territorio, am- bienti del tempo libero…), facendo in modo che questi diversi mondi possano poco alla volta dialogare e integrarsi. Ciò permetterà a questi alunni uno sviluppo armo- nico tra più culture che avrà una ricaduta nel promuovere le proprie potenzialità a favore di sempre nuove e più ricche forme di convivenza sociale, al punto da poter dire che l’“integrazione” è il prodotto proprio delle diversità di cui ciascuno è por- tatore e la diversità a sua volta è ciò che ne fa da collante. Per quanto riguarda le metodologie a cui fare riferimento, per la messa in opera di un progetto d’intervento in linea generale si richiede di indicare: su quali ipotesi è fondato il problema che si intende affrontare; quale metodologia si in- tende applicare al modello interpretativo adottato e a quali fonti fa riferimento; quali sono gli obiettivi generali del progetto (prevenire, cambiare, promuovere…); quali sono invece gli obiettivi specifici che si intendono conseguire attraverso l’applicazione del modello; come è stata pianificata l’attività per tempi/fasi a breve/medio/lungo termine; quali sono i risultati attesi; come si prevede di verifi- care il rapporto tra gli obiettivi programmati ed i risultati realizzati (metodi, stru- menti per le verifiche…). 2.3.1. Buone pratiche per l’inserimento nel gruppo-classe degli alunni immigrati Scendendo invece nei dettagli di un progetto mirato all’accoglienza/integra - zione/accompagnamento nel gruppo-classe degli alunni di origine migratoria, un percorso iniziale di inserimento nei Centri di Formazione Professionale è stato messo a punto da Bonica (2000, 263) e riportato nel capitolo precedente 3. Oltre alle pratiche ormai convalidate bisogna tener conto anche di specifici in- terventi nei confronti di quei soggetti particolarmente a rischio per la loro apparte- nenza alla categoria dei cosiddetti “senza-patria”, ossia di coloro che si vergognano o comunque non sono mai stati nel Paese di origine dei propri genitori (portando con sé il “complesso di Calimero”), per cui non ne condividono affatto cultura e tradizioni ma al tempo stesso non si sono mai integrati nella cultura e nella società del Paese dove sono nati e/o dove attualmente risiedono. Costoro si possono consi- derare di conseguenza dei veri e propri “apolidi”, dalla mancata o non ben definita appartenenza, per cui sono portatori anche di un’altrettanta debole o mancata iden- 3 Al paragrafo 5.3 del capitolo 4. 130 tità e/o di un sé disintegrato. Come tali possono essere considerati ad alto rischio di vulnerabilità sociale; fenomeno che a sua volta appare strettamente collegato al fal- limento scolastico, alla deprofessionalizzazione, alla disoccupazione e che potrebbe avere come capolinea la caduta nell’emarginazione e nella devianza. Ai fini dell’integrazione nel gruppo-classe di questi particolari alunni Zoletto (2007, 147ss.) suggerisce le seguenti azioni. 1) Stilare assieme una “carta sull’integrazione” che faccia da sfondo a tutte le attività interculturali promosse da ciascuno o comunque a partire dalla quale progettare iniziative condivise di educazione/integrazione scolastica e sociale; ed inoltre permetta di acquisire nuove competenze e dimensioni culturali nel partecipare in prima persona alla co-costruzione di una “casa comune”. 2) Favorire il protagonismo di tutti gli attori sociali: - promuovendo forme di rappresentanza delle diverse comunità/gruppi etnici; - favorendo l’associazionismo delle comunità immigrate; - sostenendo la dimensioni interculturale tra le differenti forme di associazio- nismo etniche ed autoctone presenti nel territorio (a scopo sportivo, cultu- rale, espressivo…); - promuovendo la partecipazione alla vita della scuola/FP (negli organi colle- giali…) delle rappresentanze di diverse etnie (genitori, associazioni, gestori di servizi vari…). 3) Arrivare ad elaborare un “patto interistituzionale”, al fine di promuovere un modello di integrazione partecipata e di progettualità condivisa. 4) Rinnovare/rivisitare la scuola/FP, intesa quale “servizio” in funzione dei bi- sogni formativi e culturali delle comunità locali, mediante: - la partecipazione al POF/PEI di tutti gli attori sociali; - la realizzazione di percorsi/progetti mirati alla partecipazione delle fami- glie, rendendole soggetti attivi nel processo educativo dei figli; - la realizzazione di attività finalizzate all’integrazione tra famiglie autoctone e immigrate; - l’alfabetizzazione degli adulti con particolare attenzione alle fasce deboli delle comunità immigrate; - la valorizzazione delle culture di appartenenza e delle lingue delle diverse etnie ai fini di una crescita condivisa che porti a considerare la differenza un’opportunità di arricchimento reciproco; - la concezione di una scuola/FP quale luogo di convivenza plurale e demo- cratica, fondata sul riconoscimento di tutte le differenze, secondo quanto suggerisce uno dei principi-cardine della società della conoscenza, il quale invita a “imparare a vivere insieme e a muoversi alla scoperta dell’altro ten- dendo verso obiettivi comuni” (J. Delors); - l’adozione del principio secondo cui la conoscenza, i saperi e le culture sono un valore ed una ricchezza solo in quanto sono “plurali”, ossia sono in grado di tenere assieme identità e differenza. 131 2.3.2. La scuola/FP come “laboratorio delle differenze” contro le forme di discri- minazione La scuola/FP oltre ad essere un luogo di confronto culturale e di incontro rela- zionale, dove più facilmente si è portati a fare amicizia, talora può dare adito anche a conflitti; quando poi si aggiungono altre differenze, quali il colore della pelle, l’abbigliamento, l’insegnamento della religione…, allora è possibile che diventi un luogo di scontro per l’assunzione di atteggiamenti discriminatori, incomprensioni, dibattiti accesi. Alcuni autori (Portera-Dusi, 2005; Portera, 2006, 77) hanno fatto osservare che nel settore della didattica e della pedagogia interculturale non bisogna mettere in ri- lievo solamente le differenze culturali, ma occorre centrare gli interventi soprattutto sulle possibili “interazioni” che si dovrebbero realizzare tra i soggetti appartenenti a culture diverse. Nel sottolineare solo le differenze si rischia infatti di descrivere l’identità del portatore di “diversità” in maniera rigida/statica, perpe- tuando/accentuando di fatto le disuguaglianze. Per di più, se l’alunno di origine mi- gratoria viene percepito in classe come un “problema” finirà per sentirsi tale e quindi anche per comportarsi tale, ossia da “straniero in/alla classe”. Al contrario l’integrazione potrà avvenire se lo si porterà ad essere e a sentirsi una “risorsa”, un “compagno alla pari” all’interno del gruppo-classe. La scuola/FP infatti può diventare anche un luogo dove si riproducono e si molti- plicano cortocircuiti relazionali basati su stereotipi/pregiudizi nei confronti delle “dif- ferenze” e/o dei portatori di svantaggi di varia entità e che, in quanto tali, possono sfo- ciare in aperte discriminazioni. In particolare è l’ambiente del gruppo-classe, quale si- stema microsociale, che si presta più facilmente a produrre e a conservare le differen- ze di status degli allievi. Se a tutto questo si aggiunge poi una didattica in grado di raf- forzare tali differenze a seconda delle aspettative dei docenti, esse potrebbero arrivare a provocare una ricaduta tra gli alunni in rapporto sia alla percezione che i compagni hanno di chi ne è portatore sia nei confronti della percezione che viene ad avere di sé l’alunno discriminato. Quando poi il discriminato è l’alunno immigrato, il bagaglio di differenze (culturali, linguistiche, religiose, somatiche…) di cui è portatore all’ini- zio del percorso il più delle volte (anche per l’intervento di vari altri fattori quali la de- bolezza linguistica e culturale, la classe sociale di appartenenza…) le mancate perfor- mance si sommano e si stabilizzano in uno stigma di incapacità di prestazione che ta- lora può perdurare lungo l’intero percorso scolastico-formativo. La sfida che l’appartenenza etnica dell’adolescente immigrato pone alla logica delle pari opportunità nei sistemi formativi riguarda l’esigenza di armonizzare le forme di fruizione dei diritti fondamentali con i percorsi individuali di crescita e di realizzazione di sé. La scuola/FP multiculturale dovrebbe perciò abbandonare i me- todi didattici tradizionali, pensati per gruppi culturalmente omogenei, per poter la- vorare con efficacia con gruppi culturalmente eterogenei. Una metodologia che in- tenda definirsi interculturale infatti non mette al centro il diverso ma parte dal met- tere a confronto su uno stesso piano di parità tutti i differenti portatori di diversità. 132 Tutto questo comporta di formare gli insegnanti ad utilizzare metodologie di- dattiche innovative per far sì che le relazioni nel gruppo-classe non siano conflit- tuali ma si crei piuttosto un clima collaborativo. Lo stesso impianto curricolare do- vrebbe perciò essere coniugato in termini interculturali di dialogicità (capacità di porsi in relazione e in ascolto dell’altro) e decentramento (presentazione di ciascun punto di vista tra pari). Al riguardo i lavori di gruppo ed altre attività similari pos- sono essere utilizzati quali ottimi strumenti didattici ai quali far ricorso, oltre che per i processi di apprendimento, anche per quelli finalizzati all’ integrazione. Non si tratta di cambiare i contenuti quanto la forma mentis, insegnando le varie disci- pline in un’ottica interdisciplinare. Pagano-Nosenghi (2005, 106ss.) per facilitare il superamento delle problema- tiche scolastiche di ordine discriminatorio hanno messo a punto le seguenti buone pratiche. BUONE PRATICHE PER IL SUPERAMENTO DELLE DISCRIMINAZIONI 1 - Promozione della memoria storica nelle prassi interculturali della scuola/FP: in altri termini si tratta di dare sempre più spazio al metodo autobiografico. Le memorie legate all’immigrazione fanno parte del patrimonio culturale; per la loro ricostruzione si possono allestire appositi laboratori dove genitori e figli ripercorrono la loro traiettoria attraverso testi scritti, musiche, foto e filmati…, che poi presentano in aula. Il materiale prodotto anno dopo anno a sua volta potrebbe poi entrare a far parte di un manuale da utilizzare nell’attività interculturale della scuola/FP e/o di un archivio che docu- menta la storia dell’immigrazione, patrimonio dell’intera comunità scolastica e della comunità locale di appartenenza. 2 - Laboratori per la costruzione di percorsi interculturali: gli insegnanti lavorano per gruppi interdi- sciplinari, cercando di individuare quali saperi/competenze possono essere trasversali alle varie disci- pline; successivamente devono cercare di elaborare, attraverso decisioni condivise, percorsi trasver- sali evidenziandone le implicanze interculturali. 3 - Procedure/suggerimenti per la soluzione dei conflitti nel gruppo-classe: - fare in modo da evidenziare negli alunni immigrati doti/qualità/abilità anche in altri settori oltre a quelle prettamente di ordine scolastico-formativo (sport, mass media, musica, danza…); - role playing: far sperimentare al bullo la parte della vittima; - coinvolgere tutti gli alunni nel discutere “cosa fare” quando in classe si provocano aperti conflitti con compagni di origine migratoria su questionai razziali, religiose, culturali; - far descrivere all’alunno vittima di discriminazioni il problema o l’evento che ha provocato il con- flitto e i sentimenti che ha provato; preventivare le azioni/strategie che intende promuovere in rela- zione al problema; far valutare l’impatto che avrebbe l’applicazione di tali azioni/strategie; infine fare in modo da socializzare e discutere tutto questo all’interno del gruppo-classe e/o tra più classi e/o tra più scuole. 4 - Interventi antidispersione scolastico-formativa per giovani immigrati in particolari situazioni di difficoltà: a) obiettivo degli interventi è quello di promuovere: - attività finalizzate a sviluppare le capacità di lettura delle proprie risorse e limiti attraverso l’auto- valutazione correlata con le possibilità di accesso al mercato del lavoro; - attività finalizzate alla crescita culturale e della personalità; - strumenti finalizzati alla riduzione degli abbandoni scolastico-formativi e per consentire di effet- tuare scelte consapevoli; - competenze trasversali per rendere spendibile il percorso svolto sul mercato del lavoro; - attività finalizzate a favorire la conoscenza di percorsi formativi alternativi alla scuola/FP e a mi- sura del proprio fabbisogno formativo-professionalizzante; 133 2.3.3. L’apprendimento cooperativo: apprendere per mezzo di altri, con gli altri L’apprendimento cooperativo può essere considerato come uno dei più efficaci metodi di mediazione tra culture diverse e tra individui con livelli culturali diversi, in quanto: valorizza le diverse capacità all’interno del gruppo-classe; recupera gli alunni poco motivati allo studio; educa all’accettazione del diverso; insegna a lavo- rare in gruppo. In via generale l’efficacia dell’apprendimento e la qualità dell’impegno cre- scono nella misura in cui si dà agli studenti l’opportunità di ricercare soluzioni in un contesto di condivisione e collegialità. In questo caso le attività vengono pianifi- cate e poi realizzate attraverso un’organizzazione che prevede la distribuzione dei compiti e delle responsabilità. Un esercizio di apprendimento in gruppo si qualifica come cooperativo se sono presenti i seguenti elementi: – positiva interdipendenza: gli alunni si devono sentire responsabili del loro per- sonale apprendimento e di quello degli altri membri del gruppo; se qualcuno non fa la propria parte anche gli altri subiscono lo svantaggio; – responsabilità individuale: ognuno deve rendere conto del lavoro svolto tra- smettendo al gruppo quanto ha appreso; – uso appropriato delle abilità nella collaborazione attraverso lo sviluppo delle proprie capacità, sapendo prendere adeguate decisioni e sapendo gestire even- tuali conflitti nelle relazioni interpersonali. Quando poi si ha a che fare con un alunno immigrato neo-arrivato l’apprendi- mento cooperativo ed il tutoring fra pari consentono fin dall’inizio di poterlo far partecipare alla vita del gruppo-classe per svolgere quelle attività che richiedono conoscenze e prestazioni che lui non ha ancora acquisito. Tutto questo sulla base del principio secondo cui più frequentemente e intensamente essi comunicano con i loro pari in merito ai compiti da svolgere in comune e più imparano, compresa la lingua degli autoctoni. Inoltre i gruppi cooperativi linguisticamente non omogenei possono costituire una strategia positiva se promuovono attività di problem solving e di scoperta di b) modalità di progettazione degli interventi antidispersione: - accoglienza: iniziative per l’integrazione scuola/FP/formazione/lavoro; - orientamento: attività integrate con la partecipazione dei vari attori del sistema (scuola/FP, CFP, centri per l’impiego, sistema produttivo…) mirate a sostenere/orientare i giovani alle scelte future; - sviluppo delle competenze di base e trasversali: abilità relazionali e cognitive mirate a rimotivare i singoli proponendo modelli personalizzati di apprendimento; - sviluppo di competenze organizzative mirate a lavorare in gruppo. 5 - Promozione di attività extrascolastiche: la scuola/FP dovrebbe promuovere anche la partecipazione dell’adolescente immigrato ad attività extracurricolari e del tempo libero, in quanto giocano un ruolo determinante al fine di farlo sentire accettato da parte del gruppi dei pari; è proprio attraverso la partecipazione degli adolescenti immigrati alle attività sportive ed espressive promosse nel terri- torio (come in una squadra sportiva, nell’attività associativa, in un gruppo musicale, in un laboratorio teatrale…) che gli adolescenti si sentono accolti, accettati, riconosciuti e valorizzati nelle loro capa- cità. 134 contenuti valorizzando le differenti abilità di cui ciascuno è portatore nella cultura di appartenenza, in modo tale che esse si trasformino in risorse per il gruppo. Così pure il tutoring fra pari costituisce un’altra modalità organizzativo-didat- tica che coinvolge gli alunni stranieri nell’apprendimento e nella socializzazione con i compagni di classe. In questo modo, mentre gli alunni immigrati neo-arrivati acquisiscono nuovi contenuti/competenze, il compagno che si è assunto il compito di “tutor” impara che si possono adottare diversi modi e strategie per apprendere. In tema di apprendimento cooperativo Zoletto (2007, 66ss.) propone le se- guenti strategie. BUONE PRATICHE PER L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO 1 - Lavoro di gruppo nell’ottica dell’apprendimento cooperativo: 1) quando gli studenti lavorano in gruppo ognuno diventa corresponsabile del proprio coinvolgi- mento/apprendimento e di quello dei compagni; 2) dal canto suo l’insegnante diventa una figura che progetta, organizza, osserva, facilita, valuta…, de- legando così agli allievi una parte del proprio ruolo; 3) è in questo contesto che le differenze di cui ciascun allievo è portatore (tra chi sa di più e meno o tra chi sa una cosa e chi un’altra, tra autoctoni e immigrati, tra un punto di vista e l’altro, tra culture e culture…) possono trasformarsi in “risorsa” a beneficio di tutti. 2 - Tutoring fra pari: l’alunno straniero viene affiancato da un compagno-tutor che ha il compito di aiu- tarlo nell’apprendimento linguistico e nei lavori che riguardano l’intera classe; tale funzione di tuto- raggio potrebbe essere svolta a turno da vari componenti la classe sulla base delle disponibilità e competenze di ciascuno. 3 - Formare la rete per l’integrazione scolastica: per lo svolgimento di tale attività si richiede che l’é- quipe formata da docenti, operatori, figure specialistiche si attivi secondo strategie predeterminate e strutturate in fasi, tenendo conto dei seguenti parametri: - presenza di professionalità differenti all’interno dell’équipe; - definizione degli obiettivi rispetto alla formazione dell’équipe e innesco di processi di valutazione finalizzati alla sua crescita; - capacità di utilizzare strumenti vari e differenziati per il perseguimento degli obiettivi educativi e socializzanti; - capacità di collaborare e/o di coordinare gli interventi predisposti per l’utente anche da parte di altri servizi/enti; - capacità di progettare modelli articolati di intervento a vasto raggio sul territorio per preve- nire/arginare i processi di emarginazione; - distribuzione degli interventi secondo una logica consequenziale e programmatica che tenga conto della loro realizzazione a breve, medio e lungo termine, e conseguentemente verifichi gli obiettivi conseguiti all’interno di altrettante fasi; 4 - Accompagnamento: nell’attuale sistema di istruzione e formazione una quota variabile di alunni (tra cui anche quelli di origine migratoria) riporta insuccessi. Ora affinché un alunno demotivato a conti- nuare possa riprendere il proprio percorso educativo occorrono figure di adulti (insegnanti, educatori, tutor…) in grado non solo di incoraggiare ma soprattutto di rafforzare l’autostima e la sicurezza del giovane; per ottenere risultati coerenti con le aspettative e le esigenze del giovane occorre arrivare cioè ad elaborare programmi personalizzati, coinvolgendo l’alunno nelle decisioni, nel tentativo di individuare gli ambiti a cui è più interessato; valorizzare le sue abilità/capacità di base e/o dove si di- mostra più competente; aiutarlo ad assumersi sempre più responsabilità. Tutto questo richiede a sua volta di promuovere percorsi il più possibile individualizzati, affiancati da misure di accompagna- mento, quali: analisi delle aspettative, motivazioni, orientamenti/interessi professionali; identifica- zione delle competenze, abilità, risorse; identificazione e definizione di un progetto/percorso forma- tivo personalizzato, che ponga l’adolescente al centro di tutto il processo. 135 2.3.4. Attivazione di “laboratori interculturali” e/o buone pratiche per l’intercultura Infine occorre uscire dal ricorso a metodologie didattiche rigide/stereotipate per progettare/sperimentare curricoli disciplinari in prospettiva interculturale se- condo una logica che invita a superare un concetto univoco di “intelligenza” nel valutare la capacità di apprendimento degli alunni per adottare quello di “intelli- genze multiple”. A tale scopo, per mettere in atto buone pratiche nel campo dell’in- tercultura alcuni autori hanno suggerito una serie di metodologie ad hoc, riassumi- bili nei seguenti punti (Nanni-Curci, 2005, 59ss.). 5 - Quando il problema è la lingua: l’apprendimento e lo sviluppo della seconda lingua (L2) da parte degli adolescenti stranieri sta al centro dell’azione didattica. Tutto ciò comporta modificazioni nelle modalità organizzative interne alla scuola/FP. Al tempo stesso è importante che essa promuova negli alunni non italiani le capacità di narrare, di raccontare/raccontarsi e di esprimersi, favorendo così lo sviluppo di entrambe le lingue, quella materna e quella da acquisire. Il riconoscimento, la conserva- zione e la valorizzazione della lingua materna degli allievi immigrati, infatti, vanno considerati non un ostacolo da rimuovere ma piuttosto come un risorsa che favorisce uno sviluppo intellettivo armo- nico, in quanto chi impara una seconda lingua usa, in tale apprendimento, le competenze metacogni- tive del linguaggio sviluppate nella prima (astrarre, classificare ecc.). Tutto questo richiede di: - analizzare la domanda di L2: occorre l’apporto di più figure (insegnanti, mediatori, genitori, asso- ciazioni…) per discutere la risposta più adatta da dare; a un problema interculturale la risposta in- fatti non può che essere di ordine interculturale, nel senso di tener conto di tutti i punti di vista; - prestare attenzione alle modalità comunicative, alle qualità relazionali e al “clima” della classe: agli alunni stranieri si può chiedere di raccontare se stessi (interessi, progetti, storia personale, amici, famiglia, il proprio Paese…); in questo caso l’uso dell’immagine, delle fotografie, di mu- siche e suoni e la produzione di testi brevi è di tipo interattivo, in quanto consente la comunica- zione tra insegnante e alunno e tra quest’ultimo e il gruppo-classe anche quando le competenze nel- l’italiano sono ancora molto scarse; inoltre nel raccontare se stessi i ragazzi ricostruiscono il pro- prio passato, le radici strappate alla propria terra, e al tempo stesso condividono con adulti e com- pagni quelle emozioni che le immagini e i racconti evocavano. BUONE PRATICHE PER L’INTERCULTURA 1) Metodo narrativo: senza l’ascolto dell’altro non si dà interculturalità. È necessario che anche l’altro racconti se stesso, comunichi/manifesti chi è; la pedagogia narrativa è una via privilegiata per l’inter- cultura perché permette ad ogni soggetto di partire da se stesso e di confrontare la propria cultura con quella degli altri, alla ricerca di comunanze e differenze. Occorre di conseguenza arrivare a proget- tare un laboratorio narrativo, ossia un luogo che si presti a far dialogare tra loro persone di culture diverse e che serva a: - valorizzare il vissuto degli alunni di origine migratoria, in quanto ricostruisce la storia personale o della propria famiglia, mantiene il legame con le proprie origini per non diventare “stranieri” ri- spetto al gruppo/cultura di appartenenza, ed inoltre porta a sviluppare l’identità e la coscienza di sé; - modificare l’immagine del compagno-straniero all’interno del gruppo-classe, in quanto permette di conoscere la sua esperienza di vita e quindi anche la capacità di saper cogliere il punto di vista del- l’altro. 2) Metodo comparativo: mette a confronto due o più persone, oggetti, narrazioni, versioni, al fine di al- largare/arricchire di maggiori particolari il proprio punto di vista, spesso frutto di un’educazione uni- laterale/unidimensionale, evitando al tempo stesso di far credere che esiste una sola verità e/o una sola rappresentazione fedele di una stessa realtà. L’obiettivo di questa metodologia è quello di edu- care alla relatività, al pluralismo e alla complessità. La didattica comparata rende più ricca la com- prensione degli oggetti di studio, stimola la problematizzazione e l’osservazione critica, promuove la ricerca di nuove categorie concettuali, sollecita la curiosità e l’interesse per la scoperta, invita a non fissarsi su schemi rigidi e/o tradizionali ma ad aprirsi al nuovo e al diverso. 136 Tutto questo comporta di arrivare a superare la dicotomia tra insegnante e al- lievo, tra teoria e pratica, oltrepassando il concetto stesso di disciplina e facendo ri- corso a metodologie in grado di integrare più discipline accomunate da saperi e contenuti tra loro assai vicini. 3) Metodo costruire-decostruendo: la decostruzione nasce quando l’individuo del mondo occidentale, inteso come modello di sviluppo dominante, guarda in senso critico al proprio sistema culturale (filo- sofico, economico, politico, etico, religioso…); di conseguenza si tratta di riequilibrare quei rapporti di forza asimmetrici che si istaurano tra soggetti appartenenti a culture diverse e che portano a creare una scala valoriale tra quelle che sono considerate dominanti e quelle inferiori. A questo si arriva de- costruendo pregiudizi, stereotipi, categorie etnocentriche interpretate attraverso immagini defor- manti. Per realizzare questo processo di decostruzione, occorre quindi: - partire anzitutto dal presupposto che normalmente nel confronto con la diversità ci si richiama ad una memoria dominante che è etnocentrica; - quindi cominciare a mettersi in discussione, rivisitando/rivedendo/smontando le proprie idee pre- concette/prevenute e gli schemi dogmatici (ortodosso/eretico), noicentrici (noi/loro), gerarchici (su- periore/inferiore), evoluzionisti (primitivi/civilizzati); - mettere in conto la volontà di posizionarsi su un asse simmetrico di confronto tra pari, di dialogo improntato alla costruzione del bene comune pur partendo da punti di vista differenziati. 4) Metodo del decentramento (quando “gli altri” siamo noi): occorre imparare a considerare il proprio punto di vista non come l’unico legittimo o possibile ma come uno fra tanti, uscendo dalla spirale dell’etnocentrismo; occorre cioè imparare ad accettare la parzialità della propria verità, consapevoli dei propri limiti e del fatto che per raggiungerla abbiamo bisogno di scoprire/riconoscere i punti di vista degli altri e che ciò richiede di rendersi disponibili all’ascolto, alla collaborazione e soprattutto al confronto. In questo senso i sistemi formativi devono caratterizzarsi come luogo di confronto, strutturando attività e percorsi che privilegiano l’attività di gruppo piuttosto che il lavoro individuale, l’ascolto reciproco piuttosto che la lezione frontale, percorsi flessibili di apprendimento piuttosto che rigidamente strutturati. Siamo stati abituati a studiare le culture degli altri dal nostro punto di vista, ma non la nostra cultura dal punto di vista degli altri. Non dobbiamo dimenticare che anche noi siamo “altro” dal punto di vista dell’altro; quindi decentrandoci possiamo vederci come in uno spec- chio chi/come siamo attraverso il punto di vista dell’altro. La didattica dei punti di vista dell’altro è una palestra che contribuisce ad avere una visione più allargata ed obiettiva della visione delle cose, è una nuova alfabetizzazione delle forme di relazionalità di cui si devono far carico i sistemi educa- tivi. 5) Metodo dell’azione: si tratta di educare attraverso azioni pratiche finalizzate alla cittadinanza attiva, quali: - organizzare una festa dei popoli (con musiche, danze, prodotti artigianali e culinari…); - promuovere scambi di letteratura, filmati, foto, musiche, prodotti artigianali… tra scuole/classi ge- mellate; - fare viaggi interculturali; - organizzare visite guidate a moschee, sinagoghe, templi di altre religioni; - adottare, da parte di una scuola/FP/classe, monumenti, parchi, siti archeologici… In pratica occorre valorizzare tutti quegli elementi positivi che la normativa scolastica, il POF/PEI, i curricoli disciplinari di ogni singola scuola/FP o altra struttura formativa già prevedono, coinvol- gendo tutti coloro che in essa operano (insegnanti, alunni, famiglie, associazioni, operatori di servizi vari…) per mettere in pratica le potenzialità educative di ognuno. 6) Metodo della restituzione: si tratta di scoprire, riconoscere e apprezzare il debito culturale che la propria cultura ha nei confronti di altre culture. Di fatto numerose realtà presenti nella propria cultura di appartenenza (dall’uso di certe parole, ai prodotti alimentari, alle piante, agli animali…) sono il prodotto di scambi, ibridazioni, incorporazioni, mescolanze tra popoli e culture diverse da cui tutte hanno tratto vantaggi e arricchimento. 7) Metodo ludico: incidere in profondità sul vissuto relazionale attraverso una via ludica che privilegia il coinvolgimento diretto, il mettersi in gioco mediante simulazioni, giochi di ruolo, drammatizza- zioni, giochi di conoscenza di sé e degli altri, di cooperazione, di fantasia… 137 In ogni caso il processo di integrazione delle minoranze etniche nel gruppo- classe non potrà verificarsi senza una adeguata/mirata formazione dei docenti. 2.4. Fase ex-post: valutazione e diffusione dei risultati Un qualsiasi progetto d’intervento non potrà considerarsi completato se non verranno messe in atto strategie mirate a valutarne i risultati conseguiti in rapporto agli obiettivi prefissati e quindi anche a diffonderli/socializzarli affinché le buone pratiche possano essere messe a profitto da altri e/o trasferite anche ad altri con- testi. A questo riguardo quindi, il modello prevede una serie di azioni da mettere in atto a seguito delle fasi prettamente operative. 2.4.1. Pianificazione della valutazione Da applicare: a) al progetto nel suo complesso (ex-ante, in itinere, ex-post - a distanza di tempo -); b) alle diverse componenti sottese alla realizzazione del pro- cesso, relativamente agli utenti e agli operatori, al programma, alle metodologie d’intervento utilizzate, alle attività svolte, alla adeguatezza delle “risorse” utiliz- zate, alla funzionalità dell’organizzazione; c) ai risultati conseguiti, in riferimento agli obiettivi di volta in volta realizzati in rapporto alle diverse fasi/tempi in cui è strutturato il progetto (a breve/medio/lungo termine), alla coerenza tra obiettivi programmati e quelli effettivamente conseguiti, al rapporto costi-benefici, alle rea- zioni/impatto che ha avuto sui destinatari e nell’ambiente circostante, al sistema di efficienza/efficacia nel rapporto risultati attesi/conseguiti; d) alle procedure di veri- fica, in merito a chi valuta, che cosa si vuole valutare (variabili, indicatori…), come si intende valutare (metodi, strumenti di osservazione…). E, a questo riguardo un po’ tutti gli studiosi concordano su una serie di strategie comuni da adottare per rinforzare/ottimizzare la formazione dei docenti a livello interculturale: - sviluppare programmi scolastici pensati ed elaborati in funzione della diversa provenienza ed eticità degli alunni, così da promuovere l’uguaglianza di opportunità sia a livello dell’apprendimento che dell’autostima e della costruzione del sé; - creare interscambi frequenti tra scuola/FP, famiglie immigrate e associazioni presenti all’interno delle comunità etniche di appartenenza; - interscambio con docenti di altre scuole al fine di organizzare lavori di gruppo per elaborare pro- grammi comuni su cui confrontare i risultati conseguiti da ciascuna scuola/FP; - creare interscambi con scuole dei Paesi di origine degli alunni immigrati; - utilizzare laboratori linguistici per compensare le lacune linguistiche e per implementare l’educa- zione bilingue; - adottare testi, libri e altro materiale che si relazioni con gli alunni di ciascuna etnia (storia, tradizioni, musica, letteratura…), così da far conoscere/promuovere/divulgare i valori etici e gli stili di vita che fanno capo alle differenti culture; - portare gli alunni delle diverse etnie a produrre documenti, elaborare banche dati, raccogliere mate- riale (disegni, musica, monografie, fotografie, articoli, proiezioni…) che possa far conoscere le po- tenzialità della propria cultura di origine ai compagni di scuola/FP, coinvolgendo anche i familiari, le associazioni ed altri membri della comunità di appartenenza; - realizzare esposizioni a tema (artigianato, fotografia, documenti…); - fare ricerche nel campo delle tradizioni del Paese di origine (degli alunni o dei genitori); - analizzare in équipe i lavori degli alunni; - far uso di tecniche espressive e multimediali. 138 2.4.2. Valutazione degli esiti sui destinatari Occorre riportare: quanti erano i destinatari all’inizio del programma e quanti hanno portato a termine il programma; di questi ultimi, quanti sono risultati positivi e su quanti il programma si è rivelato inadeguato/inefficace; quale spiegazione viene data degli eventuali effetti negativi emersi; quali sono le motivazioni di co- loro che si sono ritirati e/o non sono riusciti a portare a termine il programma (indi- care anche le caratteristiche socio-demografiche…); se coloro che hanno portato a termine il programma possono essere considerati “rappresentativi” di un particolare gruppo/popolazione e in base a che cosa (indicare anche qui le caratteristiche socio-demografiche…); se il programma d’intervento si è dimostrato efficace nei confronti dei destinatari per quanto riguarda le motivazioni a partecipare attiva- mente alla sua realizzazione, la modifica degli atteggiamenti/comportamenti (indi- care in che modo e fino a che punto), l’acquisizione di capacità personali (indicare quali e in che modo), il modo di rapportarsi al contesto socio-relazionale di riferi- mento (comunità, famiglia, amici…). 2.4.3. Valutazione del programma nel suo complesso Quindi occorre verificare: se il programma d’intervento nel suo complesso sta bene così o va modificato/riprogettato (del tutto, in parte…); chi e quanti hanno partecipato ai processi di valutazione; se la valutazione dei risultati è stata realiz- zata attraverso la verifica delle ipotesi, la descrizione degli eventi, la somministra- zione di questionari, test; quali sono complessivamente i punti di forza e di debo- lezza del programma; se il programma ha subito modifiche e, in tal caso, quante, di che tipo, che impatto hanno avuto sull’andamento generale dell’intervento; quali suggerimenti si possono dare per modificare/migliorare il programma o eventual- mente realizzare ulteriori protocolli di valutazione; come le informazioni raccolte sugli utenti sono state utilizzate (archiviazione, banca dati…); se è possibile con- frontare i risultati ottenuti con quelli di altri interventi analoghi; se i risultati otte- nuti sono riconducibili/identificabili come “buone pratiche”. 2.4.4. Divulgazione dei risultati Infine occorre indicare: se era previsto un piano per la divulgazione dei risul- tati e se è stato realizzato; chi dovrebbe venire a conoscenza dei risultati ottenuti dal progetto; se i risultati ottenuti sono estendibili/applicabili anche ad altri contesti e di che tipo; a quale tipo di informazioni sono interessati i diversi destinatari della divulgazione; quali forme di comunicazione si pensa di utilizzare per la divulga- zione dei risultati (convegni/seminari di studio, pubblicazioni scritte, processi in- formatici/multimediali…). 139 BIBLIOGRAFIA ALBIERO F., Un processo di integrazione sociale e scolastica, in “Formazione e Lavoro”, (2007), n. 3, pp. 123-128. ALGINI M.L. - M. LUGONES, (a cura di), Emigrazione sofferenze d’identità, Roma, Borla, 1999. AMBROSINI M., Accogliere attivamente: Formazione Professionale e allievi immigrati, in “Notiziario dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro”, 11 (2007), n. 21, pp. 31-42. 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Quadro Normativo in Emilia Romagna 1.3. Le politiche della Regione 1.4. Scuola e formazione professionale 1.5. Flussi e politiche per il lavoro 1.6. Lavoro autonomo e imprenditorialità 1.7. Politiche sociali 1.8. Partecipazione e rappresentanza a livello regionale e locale 1.9. Fonti e link Capitolo 2 Interventi in rete in Emilia Romagna e a Bologna 2.1. Il Focus Group del 18 ottobre 2007 2.2. Il progetto Scuola di Accoglienza 2.3. La Consulta Permanente per la Lotta all’Esclusione Sociale, del Comune di Bologna 2.4. AECA Capitolo 3 Buone prassi: progetti formativi e di integrazione socio lavorativa attuati 3.1. AECA: PIN - Percorsi di INclusione sociolavorativa per le persone immigrate 3.2. Centro di Formazione Professionale CNOS FAP Bologna: PIN - Percorsi di INclusione sociolavorativa per le persone immigrate 3.3. VIDES, Volontariato Internazionale Donna Educazione Sviluppo: Progetto “Corso di ita- liano gratuito per stranieri” 3.4. CNOS FAP Bologna: Stranieri inseriti nei corsi di Formazione Professionali 3.5. Confartigianato di Bologna, Associazione Seneca: Sportelli di orientamento per immi- grati 3.6. Confartigianato di Bologna: Gli assesment center Appendici Appendice 1. Statistiche a cura dell’Osservatorio sul fenomeno migratorio della Regione Emi- lia-Romagna e del Dossier Statistico Caritas Appendice 2. Popolazione straniera residente al 31/12/2006 nella provincia di Bologna per cittadinanza e sesso. Fonte: elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Provin- cia di Bologna su dati delle Anagrafi comunali, modello P3 Appendice 3. Popolazione residente totale e straniera in provincia di Bologna per comune, al 31/12/2006 Appendice 4. Elenco e dati partecipanti al focus Istituto Salesiano Bologna 145 PRESENTAZIONE Nella elaborazione del presente report si è cercato di rispettare la struttura proposta, in tre parti. Nella prima parte del report, relativa al quadro generale di riferimento del fenomeno dell’immigrazione sul territorio in oggetto, le fonti consultate, seppur risalenti a solo (!) un anno fa, risultano, comunque, provvisorie e lacunose, poiché, come diceva la responsabile della Caritas bolognese, al forum del 18 ottobre 2007 tenutosi all’Istituto salesiano, il feno- meno migratorio è in costante mutazione e, frequentemente, sfugge alle quantificazioni ana- grafiche istituzionali. Nella seconda parte, relativa agli interventi in rete attuati sul territorio, sono stati indi- viduati un paio di casi, oltre a quanto emerso nel focus group suddetto; si tratta del progetto “Scuola di accoglienza” e della “Consulta contro l’Esclusione Sociale”, del Comune di Bo- logna. Di quest’utlima, va detto che le informazioni ritrovate sono abbastanza generiche e richiederebbero un ulteriore approfondimento. Per quanto riguarda, invece, gli elementi emersi al focus group, si rimanda direttamente al lavoro di schedatura elaborato dai proff. Pieroni e Cullman, promotori e coordinatori del focus stesso e della relativa raccolta di dati. Relativamente alla terza parte del report, riferito alle buone prassi attivate sul nostro territorio, ne sono state individuate e sviluppate sei, promosse da Centri di Formazione Pro- fessionale, dalla Confartigianato locale o da associazioni di volontariato, con il supporto delle istituzioni pubbliche. Tra esse non figura l’importante e variegata attività del CIOFS/FP poiché, su di essa, i proff. Pieroni e Cullman hanno già svolto una propria elabo- razione. La stesura del report ha costituito, per il sottoscritto, una gradita occasione di appro- fondimento di questa tematica, nella convinzione che ogni contributo in questo settore possa consentire una migliore e più dignitosa convivenza per tutti e, in particolare, per le persone più deboli. La stesura del report è stata possibile grazie al fondamentale e vasto lavoro svolto dalla dott.ssa Monica Diazzi alla quale vanno i miei più sentiti ringraziamenti. Enzo Pancaldi 146 Capitolo 1 QUADRO DI RIFERIMENTO DEL FENOMENO IMMIGRAZIONE IN EMILIA ROMAGNA E A BOLOGNA 1.1. Osservazione del fenomeno migratorio: aspetti quantitativi e qualitativi 1.1.1. Dati dal “Rapporto annuale Caritas-Migrantes 2006” Gli stranieri in Emilia-Romagna, nel 2005, crescono del 12,5% – 312.123 di cui 67.627 minori – rispetto all’anno precedente. Una percentuale fra le più basse degli ultimi anni perché si stanno affievolendo gli effetti dei ricongiungimenti familiari e della regola- rizzazione del 2002-2003. Complessivamente, le stime parlano di una popolazione emiliano-romagnola composta per il 7,5% da immigrati, una percentuale in linea con la media europea. L’Emilia-Romagna continua ad essere la Regione italiana prima per numero percentuale di giovani immigrati che frequentano il sistema educativo e scolastico. Sono alcune cifre e statistiche contenute nel “Rapporto annuale Caritas-Migrantes 2006”, i cui dati relativi al territorio emiliano-romagnolo sono stati presentati a Bologna nel corso di una conferenza stampa organizzata da Caritas Italiana e Regione Emilia-Romagna (Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio). Tabella 1 - Stranieri residenti in Emilia-Romagna all’1.1.2006 e incidenza sulla popolazione residente per Provincia Provincia Stranieri residenti Incidenza % stranieri M F Totale M F Totale Piacenza 11.320 10.268 21.588 8,4 7,2 7,8 Parma 15.892 14.906 30.798 7,9 7,0 7,4 Reggio Emilia 22.814 19.990 42.804 9,4 8,0 8,7 Modena 29.599 25.489 55.088 9,1 7,5 8,3 Bologna 30.817 30.764 61.581 6,7 6,3 6,5 Ferrara 6.350 7.094 13.444 3,8 3,9 3,8 Ravenna 12.298 10.974 23.272 6,9 5,8 6,3 Forlì-Cesena 12.296 10.616 22.912 6,7 5,5 6,1 Rimini 8.630 8.896 17.526 6,1 6,0 6,0 Totale 150.016 138.997 289.013 7,4 6,5 6,9 Fonte: Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER In 33 Comuni della Regione Emilia Romagna i residenti stranieri superano il 10%. I Comuni emiliano-romagnoli che superano il 10% dei residenti stranieri passano così da 22 a 33, con Galeata (FC) e Luzzara (RE) in cima con il 15,77%. 147 Tabella 2 - Incidenza stranieri residenti su popolazione residente totale all’1.1.2006 nella regione Emilia-Romagna. Primi 50 comuni. Valori percentuali Comune % stranieri 1 Galeata (FC) 15,77 2 Luzzara (RE) 15,77 3 Rolo (RE) 14,32 4 San Possidonio (MO) 13,35 5 Boretto (RE) 12,41 6 Monghidoro (BO) 12,33 7 Grizzana Morandi (BO) 12,09 8 Castel San Giovanni (PC) 11,87 9 Vergato (BO) 11,65 10 Agazzano (PC) 11,62 11 Guiglia (MO) 11,54 12 Castel del Rio (BO) 11,48 13 Fabbrico (RE) 11,38 14 Novellara (RE) 11,31 15 Fornovo di Taro (PR) 11,22 16 Zocca (MO) 11,00 17 Sarmato (PC) 10,98 18 Loiano (BO) 10,94 19 Campagnola Emilia (RE) 10,92 20 Novi di Modena (MO) 10,90 21 Reggio nell’Emilia 10,89 22 Mezzani (PR) 10,85 23 Civitella di Romagna (FC) 10,85 24 Serramazzoni (MO) 10,70 25 Borgo Tossignano (BO) 10,65 26 Borgonovo Val Tidone (PC) 10,57 27 Colorno (PR) 10,57 28 Galliera (BO) 10,56 29 Crevalcore (BO) 10,24 30 Calestano (PR) 10,19 31 San Prospero (MO) 10,17 32 Bazzano (BO) 10,08 33 Torriana (RN) 10,04 34 Spilamberto (MO) 9,92 35 Premilcuore (FC) 9,92 36 Cadelbosco di Sopra (RE) 9,76 37 Modena 9,75 38 Palagano (MO) 9,72 39 Villanova sull’Arda (PC) 9,57 40 Conselice (RA) 9,48 41 Sassuolo (MO) 9,36 42 Piacenza 9,36 43 Rio Saliceto (RE) 9,34 44 Mirandola (MO) 9,33 45 Castello di Serravalle (BO) 9,33 46 Dovadola (FC) 9,33 47 Langhirano (PR) 9,32 48 Castelnovo di Sotto (RE) 9,30 49 Guastalla (RE) 9,23 50 Savignano sul Rubicone (FC) 9,22 Regione Emilia-Romagna 6,90 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER 148 I dati suddetti, risultano ulteriormente evoluti nel rapporto elaborato dalla Provincia di Bologna, al 31/12/2006. Nella Provincia di Bologna, la popolazione residente straniera corri- sponde, in quella data, al 6,9% rispetto al 6,5% dell’anno precedente (riportato nella tabella 1). Tabella 3 - Popolazione residente totale e straniera in provincia di Bologna per comune, al 31/12/2006 Comuni Popolazione Popolazione Variazione % Minori Nati Acquisizioni totale straniera % stranieri stranieri stranieri cittadinanza residente residente di stranieri 2005-2006 al 31/12/2006 nel 2006 italiana 31/12/2006 31/12/2006 nel 2006 Anzola dell’Emilia 11.490 884 7,7% 12,3 268 30 24 Argelato 9.350 471 5,0% 5,8 110 9 15 Baricella 6.124 425 6,9% 4,9 107 8 9 Bazzano 6.445 699 10,8% 7,7 185 15 20 Bentivoglio 4.805 239 5,0% 8,1 65 6 2 Bologna 373.026 30.319 8,1% 7,9 5.765 501 444 Borgo Tossignano 3.227 334 10,4% -3,7 105 11 8 Budrio 16.393 941 5,7% 1,6 246 15 19 Calderara di Reno 12.770 738 5,8% 3,9 167 14 14 Camugnano 2.097 110 5,2% 3,8 25 2 5 Casalecchio di Reno 34.524 2.033 5,9% 3,9 400 39 36 Casalfiumanese 3.241 155 4,8% 7,6 41 2 0 Castel d’Aiano 1.977 125 6,3% -6,0 37 7 0 Castel del Rio 1.254 139 11,1% -4,8 44 4 1 Castel di Casio 3.318 175 5,3% -3,8 54 2 0 Castel Guelfo di Bologna 3.894 222 5,7% 1,8 50 2 10 Castello d’Argile 6.086 385 6,3% 8,5 103 15 7 Castello di Serravalle 4.518 414 9,2% -0,2 96 10 11 Castel Maggiore 16.706 722 4,3% -0,7 181 12 14 Castel San Pietro Terme 20.020 1.015 5,1% 10,6 229 26 12 Castenaso 13.769 455 3,3% 11,5 100 15 5 Castiglione dei Pepoli 5.896 384 6,5% 0,0 107 11 2 Crespellano 8.821 655 7,4% 6,3 175 14 17 Crevalcore 12.821 1.419 11,1% 9,4 463 49 16 Dozza 6.012 380 6,3% -1,0 82 7 17 Fontanelice 1.868 129 6,9% -11,0 32 6 4 Gaggio Montano 4.988 387 7,8% 8,4 115 4 4 Galliera 5.577 614 11,0% 4,2 168 13 15 Granaglione 2.251 179 8,0% 13,3 49 6 0 Granarolo dell’Emilia 9.567 389 4,1% 13,7 84 6 6 Grizzana Morandi 4.043 487 12,0% 1,2 134 14 8 Imola 66.658 3.407 5,1% 11,3 819 83 50 Lizzano in Belvedere 2.305 88 3,8% -5,4 10 0 0 Loiano 4.452 489 11,0% 0,2 150 16 3 Malalbergo 8.149 436 5,4% 4,3 109 9 10 Marzabotto 6.550 626 9,6% 12,8 181 15 8 Medicina 15.326 824 5,4% 5,9 211 24 23 Minerbio 8.530 409 4,8% 16,5 83 9 4 Molinella 15.060 995 6,6% 10,2 281 26 19 Monghidoro 3.890 459 11,8% -4,6 142 16 14 Monterenzio 5.598 369 6,6% 13,2 67 10 5 149 Monte San Pietro 10.882 523 4,8% 5,7 120 6 6 Monteveglio 5.066 374 7,4% 13,0 103 6 4 Monzuno 6.155 473 7,7% 2,4 127 15 6 Mordano 4.403 266 6,0% 5,1 50 6 4 Ozzano dell’Emilia 11.813 480 4,1% -3,2 103 8 17 Pianoro 16.676 785 4,7% 9,0 170 19 10 Pieve di Cento 6.877 490 7,1% 2,3 141 8 5 Porretta Terme 4.729 340 7,2% -6,1 111 6 2 Sala Bolognese 7.641 335 4,4% 13,2 87 7 11 San Benedetto Val di Sambro 4.505 299 6,6% 10,7 76 7 1 San Giorgio di Piano 7.354 454 6,2% 6,6 110 8 6 San Giovanni in Persiceto 25.685 1.371 5,3% 12,7 332 36 27 San Lazzaro di Savena 30.228 1.342 4,4% 5,0 268 14 23 San Pietro in Casale 11.104 860 7,7% 8,6 233 22 24 Sant’Agata Bolognese 6.728 623 9,3% 10,9 151 6 11 Sasso Marconi 14.420 676 4,7% 0,0 176 14 16 Savigno 2.716 199 7,3% -11,9 36 5 1 Vergato 7.412 864 11,7% -0,2 238 30 16 Zola Predosa 16.892 911 5,4% 9,5 216 17 14 Provincia di Bologna 954.682 65.790 6,9% 6,9 14.688 1.323 1.085 Fonte: elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Provincia di Bologna su dati delle Anagrafi comunali, modelli P2 e P3 I principali Paesi di provenienza che si rilevano dai dati sulla residenza anagrafica sono il Marocco (17,3%), l’Albania (13,8%) e la Romania (6,5%). Appare in decisiva cre- scita il dato della Romania e dell’Est europeo in generale. Tabella 4 - Residenti in Emilia-Romagna all’1.1.2006. Prime venti nazionalità Paesi di cittadinanza % 1 Marocco 17,3 2 Albania 13,8 3 Romania 6,5 4 Tunisia 6,2 5 Cinese, Rep. Popolare 5,2 6 Ucraina 4,3 7 Pakistan 3,3 8 India 3,0 9 Moldova 2,9 10 Filippine 2,8 11 Ghana 2,5 12 Senegal 2,4 13 Macedonia (ex Rep. Jugos.) 2,1 14 Polonia 2,0 15 Nigeria 1,9 16 Serbia e Montenegro 1,4 17 Bangladesh 1,2 18 Sri Lanka (ex Ceylon) 1,2 19 Turchia 1,1 20 Egitto 0,9 Altri Paesi 18,0 Totale 100,0 Fonte: elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER 150 Per quanto riguarda la frequenza scolastica dei giovani immigrati, l’Emilia Romagna risulta essere la Regione italiana con la più alta percentuale di giovani immigrati che fre- quentano le scuole: rispetto al 2004 la percentuale è salita al 9,54%. Nell’anno scolastico 2005/2006, gli alunni con cittadinanza non italiana sono stati 50.999 (su 534.337 iscritti totali). La percentuale è salita al 9,54% mentre nell’anno scola- stico 2004/2005 era del 8,4. In particolare, si evidenzia un significativo incremento nella scuola primaria dove la percentuale degli alunni stranieri è dell’11,38%. Tabella 5 - Scuola statale e non: alunni con cittadinanza non italiana iscritti per anno scolastico e sesso. Regione Emilia-Romagna Scuola Scuola Scuola Scuola % Totale statale statale non statale non statale scuole %MF %F %MF %F MF a.s.1997/1998 (**) 2,03 0,91 1,64 0,79 1,97 a.s.1998/1999(***) 2,58 1,11 2,01 0,91 2,49 a.s.1999/2000 3,40 1,53 1,85 0,81 3,16 a.s.2000/2001 4,06 1,87 2,44 1,12 3,82 a.s.2001/2002 5,16 2,35 2,75 1,27 4,80 a.s.2002/2003 6,29 2,84 3,84 1,83 5,93 a.s.2003/2004 7,46 3,41 4,39 1,99 7,01 a.s.2004/2005 8,96 4,15 5,19 2,44 8,40 a.s.2005/2006 10,23 4,77 5,67 2,58 9,54 Fonte: Elaborazione - Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Sistema Informativo e D.G. Studi e Programmazione del Ministero della Pubblica Istruzione (*) I dati riportati in questa sezione fanno riferimento ad alunni con cittadinanza non italiana e provengono dalle rilevazioni integrative delle scuole statali e non statali acquisite dal Sistema informativo del Ministero della Pubblica Istruzione. I dati riferiti all’a.s. 2004/2005 provengono dalla base informativa originaria senza alcun tipo di trattamento del dato. La voce “scuola non statale” comprende le scuole di enti locali ter- ritoriali, di altri enti pubblici, di enti religiosi e di soggetti privati laici. (**) I dati riferiti alla scuola secondaria di II grado sono fonte ISTAT a.s. 1997/98. (***) I dati riferiti alla scuola secondaria di II grado sono fonte ISTAT a.s. 1998/99. 151 Ta be ll a 6 - A lu nn i co n ci tt ad in an za n on i ta li an a ne ll ’a nn o sc ol as ti co 2 00 5- 20 06 p er t ip ol og ia d i sc uo la e s es so . R eg io ne E m il ia -R om ag na F on te : E la bo ra zi on e - O ss er va to ri o su l f en om en o m ig ra to ri o - R E R s u da ti S is te m a In fo rm at iv o e D .G . S tu di e P ro gr am m az io ne d el M in is te ro d el la P ub bl ic a Is tr uz io ne N el m on do d el l av or o, i n E m il ia R om ag na g li s tr an ie ri o cc up at i so no i l 12 ,6 % d ei l av or at or i to ta li e l a m ag gi or p ar te d i lo ro l a- vo ra n el l’ in du st ri a. N el c or so d el 2 00 5 ne ll a ba nc a da ti I N A IL ri su lt an o oc cu pa ti p er l’ E m il ia -R om ag na 1 81 .2 54 la vo ra to ri e xt ra co m un it ar i. E ss i r ap - pr es en ta no il 1 2, 6% d ei la vo ra to ri c om pl es si vi a c on fe rm a di u na c re sc it a co st an te r eg is tr at a ne gl i u lt im i a nn i ( ad e s. n el 2 00 1 i l av or a- to ri e xt ra co m un it ar i r ap pr es en ta va no il 7 ,9 % ). 152 Tabella 7 - Distribuzione dei lavoratori subordinati (*) per area di provenienza nella regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Area di provenienza N. % Italia 1.234.280 85,56 UE 27.127 1,88 Extra UE 181.254 12,56 Totale 1.442.661 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno. Tabella 8 - Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari (*) per provincia nella regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Provincia Extra UE % Bologna 39.678 21,89 Ferrara 6.667 3,68 Forlì 17.107 9,44 Rimini 15.435 8,52 Modena 32.966 18,19 Parma 16.024 8,84 Piacenza 11.865 6,55 Ravenna 17.540 9,68 Reggio Emilia 23.972 13,23 Regione Emilia-Romagna 181.254 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno. I lavoratori extracomunitari si concentrano prevalentemente nei settori dell’industria (31,6%), delle costruzioni (15,5%), alberghiero (12%), servizi alle imprese (8,9%) e agricoltura (6,7%). 153 Tabella 9 - Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari (*) per settore economico nella Regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Settore d’impiego (**) Extra UE % Agricoltura 12.115 6,68 Pesca 47 0,03 Estrazione di Minerali 136 0,08 Industria 57.215 31,57 Elettricità, gas, acqua 182 0,10 Costruzioni 28.046 15,47 Commercio 12.847 7,09 Alberghi e ristoranti 21.741 11,99 Trasporti 10.027 5,53 Intermediazione finanziaria 491 0,27 Informatica e servizi alle imprese 16.045 8,85 Pubblica amministrazione 1.388 0,77 Istruzione 469 0,26 Sanità e assistenza sociale 5.291 2,92 Servizi Pubblici 6.385 3,52 Attività svolte da famiglie 5.587 3,08 Attività non determinate 3.242 1,79 Totale 181.254 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno. (**) La voce Industria comprende le seguenti voci: Industria alimentare, tessile, conciaria, del legno, della carta, del petrolio, chimica, della gomma, di trasformazione, dei metalli, meccanica, elettrica, dei mezzi di tra- sporto, altre industrie. La voce Commercio comprende le seguenti voci: Commercio e riparazioni di auto, Commercio all’ingrosso, Commercio al dettaglio. In Appendice al presente report, seguono le tabelle complete con i dati e le statistiche sul fenomeno immigratorio della Regione Emilia Romagna e dell’Osservatorio della Pro- vincia di Bologna e i dati statistici Rapporto Caritas-Migrantes. L’immigrazione tende verso caratteristiche di stabilità comprovate da un costante pro- cesso di ricongiunzione familiare e conseguentemente da una crescita della componente femminile che ha superato i centomila permessi di soggiorno . Si tratta in particolare di una presenza di giovani donne, nella fascia dell’età fertile, che da un lato ci aiutano a compren- dere il progressivo incremento delle nascite di bambini stranieri registrato negli ultimi anni nella Regione (19% nel 2004), e dall’altro pongono tendenzialmente una serie di problema- tiche connesse alla salute sessuale e riproduttiva. Mentre negli anni Novanta la maggior parte degli stranieri erano persone sole, oggi la maggioranza vive all’interno di un nucleo familiare. Cresce anche il numero di matrimoni misti e di immigrati “di seconda generazione” le cui aspettative di promozione sociale sono destinate a svilupparsi nei prossimi anni. Anche i dati relativi alla presenza di bambini stra- nieri nelle scuole risultano essere un chiaro indicatore di stabilizzazione insediativa. Dopo la regolarizzazione, l’analisi delle nazionalità presenti registra una rilevante mo- difica della situazione: anche in Emilia-Romagna, il gruppo continentale più numeroso di- venta quello europeo, che supera quindi il contingente africano. 154 Questo mutamento è dovuto soprattutto all’arrivo delle donne dell’est Europa come as- sistenti familiari. Nella classifica delle nazionalità (vedi tabella 4) la Romania si insedia al terzo posto, l’Ucraina al quinto, la Polonia (Paese neo-comunitario) al settimo, la Moldavia al decimo. Il processo di regolarizzazione ha accentuato un dato già risaputo: cioè che è il mer- cato del lavoro il motore fondamentale dell’immigrazione in Emilia-Romagna. In questa fase sembrano consolidarsi due poli principali dell’immigrazione regionale: il primo composto da donne prevalentemente dell’Europa dell’est, attive nei servizi alla persona ed il secondo di uomini prevalentemente africani, attivi nelle industrie soprattutto metalmeccaniche. Particolarmente interessante risulta la correlazione tra immigrazione e mercato del la- voro su scala provinciale, resa evidente dal confronto tra percentuale di immigrati e tasso di disoccupazione provinciale: la consistenza numerica degli immigrati risulta inversamente proporzionale al tasso di disoccupazione. 1.2. Quadro normativo in Emilia Romagna L’Emilia-Romagna è la prima Regione che ha legiferato in materia di politiche per l’integrazione dei cittadini stranieri immigrati dopo la Riforma del Titolo V della Costitu- zione e dopo la modifica della normativa nazionale (approvazione del D.lgs. 286/98) e delle sue successive modifiche previste dalla L. 189/2002. L’approvazione di una nuova normativa regionale (LR 5/2004) si è resa necessaria per almeno tre ragioni: a) l’evidente obsolescenza della precedente legge regionale in vigore, LR 21.02.1990, n. 14, che sostanzialmente nasceva nel solco dell’impostazione emergenziale causata dai primi consistenti flussi migratori nel nostro Paese; b) un forte processo di cambiamenti quali-quantitativi nel corso degli anni ‘90 riferibili alla progressiva crescita numerica delle presenze di persone straniere a cui si associano crescenti indicatori di stabilizzazione; c) un forte processo di innovazione e modificazione legislativa avviato a livello nazionale a partire dalla emanazione del D.lgs. n. 286 del 25.07.1998 e successive modificazioni. Le ragioni e gli obiettivi che la Regione Emilia-Romagna si è data con la approvazione di una nuova Legge regionale per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri (LR n. 5 del 24.03.2004, “Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2”) e con la definizione degli indirizzi in materia di immigrazione previsti dal “Patto per la qualità dello sviluppo, la com- petitività, la sostenibilità ambientale e la coesione sociale”, (sottoscritto il 18.02.2004 dalla Giunta regionale, dalle Parti sociali e le Associazioni sindacali), vanno dunque ricondotti ad una domanda di fondo: crescendo costantemente la presenza di cittadini stranieri che risie- dono e lavorano nella nostra Regione, come l’Ente regionale può intervenire per assicurare una maggiore coesione sociale tra nuovi e vecchi residenti, nel rispetto delle regole, del prin- cipio di pari opportunità e accesso ai servizi, e per facilitare la rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno inserimento sociale, culturale e politico per i cittadini stranieri? Una coesione sociale che deve puntare sulla qualità delle politiche in ogni settore. Con la approvazione della LR 24.03.2004, n. 5 la Regione Emilia-Romagna ha inteso innovare il proprio impianto normativo al fine di assicurare una maggiore coesione sociale tra nuovi e vecchi residenti, nel rispetto dei diritti e dei doveri, del principio di pari oppor- tunità e accesso ai servizi, e di contrasto al razzismo e alla xenofobia. 155 Tra le principali novità della nuova normativa regionale, l’art. 3 comma 2 introduce un nuovo strumento di programmazione denominato Programma triennale per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri; avente il compito di definire le linee di indirizzo per la realiz- zazione delle iniziative previste dalla LR 5/2004. Il programma triennale deve intendersi quale strumento di programmazione “trasver- sale” che mira a promuovere un’integrazione delle politiche di settore per rispondere in modo unitario ai bisogni e alle esigenze dei cittadini stranieri immigrati; tenendo conto del- l’attività di osservazione del fenomeno migratorio, nonché delle indicazioni contenute nel Piano Sociale e Sanitario 2005-2007 in fase di definizione. Il Programma triennale 2006-2008 per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri (art. 3 comma 2 della LR 5/2004), quale documento di indirizzo politico-programmatico per l’integrazione delle politiche regionali finalizzate all’inclusione sociale dei cittadini stranieri immigrati ha come obiettivo di fondo quello di porre al centro delle programma- zioni di settore il tema della crescente presenza di migranti nel territorio regionale, nella lo- gica di un approccio complesso ed unitario, che non intende semplicemente “aggiungere” uno specifico per “gli immigrati” in ciascun ambito settoriale, bensì richiama l’insieme delle politiche ad un riflessione costante sui bisogni emergenti e sulle risposte individuate. Programma triennale, programmazione regionale e locale Il Programma triennale 2006-2008 per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri (art. 3 comma 2 della LR 5/2004) è uno strumento di programmazione e progettazione ad approccio integrato, teso a valorizzare i collegamenti tra politiche settoriali rivolte alle me- desime categorie di destinatari, tenendo conto degli effetti reciproci di tali politiche. In questo senso, il Programma triennale si inquadra nell’ambito degli strumenti di programmazione previsti al secondo comma dell’art. 9 della LR 24.03.2004, n. 6, “Riforma del sistema amministrativo regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali. In- novazione e semplificazione. Rapporti con l’Università”. Il Programma triennale fornisce un quadro generale di obiettivi strategici di valore pluriennale che dovranno essere recepiti nei singoli atti di settore regionale e dagli Enti lo- cali nell’ambito delle loro competenze. La traduzione delle indicazioni del Piano dovrà dunque interessare anche la programmazione locale e in generale i provvedimenti e gli atti amministrativi di settore posti in essere dagli Enti Locali (Comuni e Province) o da altri Enti pubblici (Aziende USL, Aziende pubbliche di servizi alla persona) nonché coinvolgere le azioni e gli obiettivi perseguiti dai soggetti privati, con particolare riguardo al mondo non-profit, all’associazionismo promosso dai cittadini stranieri, e alle rappresentanze delle categorie produttive e dei lavoratori. Dal punto di vista regionale, appare necessario intro- durre una funzione di costante monitoraggio tecnico al fine di verificare che le indicazioni contenute nel Programma triennale trovino concreta e specifica attuazione negli atti di pro- grammazione regionale settoriale e negli interventi di settore conseguenti. 1.3. Le politiche della Regione Già dalla primavera del 2000 la Regione Emilia-Romagna ha impostato la propria pro- grammazione di interventi sull’integrazione sociale dei cittadini stranieri, il cui quadro è stato sorretto dalla LR n. 5/2004 e da un Programma triennale (2006/2008) approvato nel febbraio scorso. Le criticità possono essere così riassunte: un crescente disagio abitativo e dunque la ne- cessità di nuovi strumenti che facilitino nuove soluzioni abitative, come le agenzie per l’incon- tro domanda/offerta; la necessità di potenziare politiche di accoglienza e di inserimento scola- 156 stico rivolte ai minori, con il coinvolgimento delle famiglie straniere e una forte attenzione al tema delle “seconde generazioni”; la necessità di potenziare e consolidare attività informative e formative e inserimento lavorativo, di tutela legale, di alfabetizzazione alla lingua italiana, di formazione degli operatori e di mediazione interculturale, in grado di raggiungere un target più ampio di beneficiari; la necessità di promuovere maggiori occasioni di partecipazione alla vita pubblica locale sviluppando le tematiche dei diritti civili dei cittadini. Infine, molte zone sociali hanno segnalato una crescente presenza di cittadini stranieri in situazione di irregolarità, che rappresenta una oggettiva difficoltà di intervento per i Co- muni. 1.4. Scuola e formazione professionale I principi di uguaglianza di accesso al sapere, di integrazione ed inclusione sociale promossi dalla LR n. 12/2003 pongono i cittadini stranieri in una condizione di parità, ri- spetto ai cittadini italiani, nella partecipazione alle attività di istruzione e formazione. Le attività sono garantite ai cittadini stranieri adulti residenti in Italia o aventi regolare permesso di soggiorno, nonché ai rifugiati politici e richiedenti asilo. Nel caso dei minori stranieri, il diritto all’istruzione e alla formazione viene ovviamente garantito indipendente- mente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno. La presenza dei ragazzi stranieri nella scuola è in costante aumento – nell’a.s. 2004/2005 ha rappresentato infatti l’8,4% della popolazione scolastica, con la tendenza ad un aumento progressivo costante – e la strategia per garantire loro eque opportunità di inte- grazione scolastica e successo formativo alla pari dei cittadini italiani è una delle priorità individuate dalla Regione nella linee di indirizzo per i finanziamenti del diritto allo studio per il triennio 2004/2007. Gli interventi realizzati nell’ambito del diritto allo studio (LR n. 26/2001) durante il triennio 2001/2004 hanno contribuito sostanzialmente a mantenere alto il tasso di scolarità degli studenti stranieri in Emilia-Romagna; il tasso di dispersione scolastica per l’a. s. 2002/2003, si attesta intorno al 10%, contro la media nazionale del 30%. Una “indagine sugli esiti degli alunni con cittadinanza non italiana” effettuato dal MIUR sull’a. s. 2003/2004 vede ben collocata l’Emilia-Romagna per numero di alunni stra- nieri promossi rispetto agli studenti italiani, con un saldo positivo di promossi superiore alla media nazionale in ogni grado di scuola, soprattutto nella secondaria di primo grado. Tutte le città capoluogo della Regione, entrano nelle classifiche delle prime dieci città con i mi- gliori tassi di promozione degli studenti stranieri scrutinati nei diversi gradi e ordini di scuola in rapporto agli scrutinati italiani. L’attribuzione dei benefici individuali per il diritto allo studio, ha registrato, nel triennio finanziario 2001/2004, un progressivo e significativo ampliamento del numero dei destinatari delle borse di studio in generale, e in particolare dei destinatari stranieri. Nell’ambito della formazione professionale, le programmazioni delle attività rivolte ai cittadini stranieri avvengono: a livello regionale, tramite azioni di sistema (anche com- plesse) volte al potenziamento qualitativo e quantitativo della rete dei servizi, nonché degli interventi finalizzati all’orientamento, ai bilanci di competenze, alla formazione e all’inseri- mento lavorativo, con particolare attenzione alle donne immigrate impiegate nell’ambito del lavoro di cura; a livello provinciale, ove vengono invece prevalentemente privilegiate le attività formative. La Regione, inoltre, ha fornito e sta fornendo linee di indirizzo ed indicazioni, per orientare le programmazioni sia proprie che provinciali, su tematiche specifiche quali la qualificazione dell’assistenza familiare privata a domicilio e la mediazione interculturale. 157 Gli utenti stranieri della formazione professionale – complessivamente 6.697 nell’anno 2003 e 5.793 nell’anno 2004 – prediligono aree professionali quali la meccanica metallurgica, i servizi socio-educativi, la distribuzione commerciale, l’industria alberghiera e l’edilizia. Il tema dell’immigrazione viene altresì ampiamente trattato nell’ambito dell’Iniziativa Comunitaria EQUAL, più generalmente finalizzata, nel quadro della strategia europea per l’occupazione e delle linee guida definite dal Piano Nazionale per l’Inclusione, alla promo- zione di nuovi strumenti per combattere tutte le forme di discriminazione e disuguaglianza presenti nel mercato del lavoro, anche attraverso la cooperazione transnazionale. L’iniziativa si sviluppa in due fasi, nel periodo dal 2000 al 2006, e prevede, in tema di immigrazione, azioni dirette verso i cittadini stranieri (che privilegiano l’inserimento lavo- rativo in settori quali i servizi socio-educativi, il lavoro di cura a domicilio, l’edilizia, ecc.) ed azioni di sistema che coinvolgono la rete territoriale dei servizi e delle imprese, al fine di favorire l’inserimento sociale e lavorativo dei cittadini stranieri, giovani ed adulti. La prima fase ha già visto la conclusione della maggior parte dei progetti. Nell’ambito delle attività nell’istruzione, anche in integrazione con la formazione pro- fessionale, permangono alcuni aspetti critici: il rischio della segregazione scolastica e della concentrazione di presenze di stranieri nelle scuole di alcuni territori; la formazione del per- sonale; l’individuazione di strumenti didattici; il rapporto con le famiglie; la polarizzazione degli alunni stranieri verso certe scuole; la difficoltà da parte delle famiglie dei bambini ita- liani ad esprimere concretamente una cultura dell’incontro con le persone appartenenti a co- munità straniere; un’adeguata funzione di orientamento nella scuola; un’adeguata funzione di mediazione culturale che non si limiti alla traduzione linguistica; il riconoscimento dei ti- toli acquisiti. Nell’ambito della formazione professionale in senso stretto e rivolta ai giovani ed adulti stranieri, permane a tutt’oggi il problema legato al riconoscimento dei titoli, soprat- tutto di quelli provenienti dai Paesi extra UE, nei confronti dei quali in alcuni casi si ri- chiede, non essendovi una precisa normativa nazionale in materia, la traduzione giurata e/o la dichiarazione di valore. Ovviamente, ciò comporta notevole disagio per il cittadino stra- niero, sia in termini temporali che economici. Un ulteriore aspetto riguarda la progettazione delle attività formative. In relazione alle specificità dei soggetti – che possiedono livelli diversificati di scolarizzazione e istruzione, di conoscenza e padronanza della lingua e cultura italiana, nonché modelli sociali e cultu- rali e progetti migratori differenti – è necessario prevedere spesso percorsi formativi mag- giormente flessibili e personalizzati, preceduti e/o accompagnati da moduli di orientamento, di apprendimento a vari livelli della lingua e della cultura italiana. In considerazione delle specifiche esigenze dei cittadini stranieri, minori, giovani e adulti, che possiedono livelli diversificati di scolarizzazione e istruzione, di conoscenza e padronanza della lingua e cultura italiana, nonché modelli sociali e culturali e progetti mi- gratoti differenti, la Regione intende attivarsi per promuovere e rafforzare l’adeguamento dell’offerta di istruzione e formazione nelle modalità organizzative, nelle metodologie e nei contenuti, personalizzando i percorsi e valorizzando le attitudini individuali. Sono previste pertanto azioni a vari livelli. 1) Il biennio integrato (scuola-formazione professionale) al termine della scuola media I percorsi di istruzione secondaria superiore integrati con la formazione professionale rappresentano una delle priorità di attuazione della LR 12/2003. Nel contesto dell’integra- zione fra istruzione e formazione professionale, si colloca infatti la proposta innovativa – 158 che si basa tuttavia su alcune esperienze già diffuse nel territorio regionale – di un biennio integrato che può essere scelto dai ragazzi al termine della scuola media, al momento in cui si conclude la fase dell’obbligo scolastico. Il percorso integrato (la cui utenza, va ricordato, vede una maggiore presenza di alunni stranieri e di studenti in situazione di handicap, quindi con una possibile incidenza più alta di fattori di rischio e disagio), all’interno delle scuole superiori, ha una forte valenza orien- tativa ed è finalizzato a consolidare nei ragazzi le conoscenze di base e a rafforzare conse- guentemente la capacità di scelta per proseguire in percorsi successivi fortemente differen- ziati e che si attuano nell’ambito dell’istruzione o nella formazione professionale o nell’e- sercizio dell’apprendistato. 2) Diritto allo studio (LR 26/01) Il finanziamento di progetti per la qualificazione scolastica è prioritariamente destinato a favorire l’integrazione delle fasce di utenza particolarmente deboli, quali i ragazzi in si- tuazione di handicap e i ragazzi stranieri – che presentano difficoltà di inserimento dovute alla recente immigrazione – a favore dei quali si è ritenuto opportuno intervenire con pro- gettualità specifiche e con servizi dedicati. 3) La promozione della cultura della cittadinanza europea Diffondere un approccio didattico che apre al sociale, alla comunità, per una progetta- zione e un lavoro comune e per una pratica quotidiana di integrazione vissuta, è l’obiettivo che Ufficio Scolastico Regionale e Regione condividono nel compartecipare a progettazioni integrate, in cui sono coinvolti gli Enti locali, l’Università, il privato sociale, l’Istituto Re- gionale di Ricerca Educativa. 4) I centri risorse per le scuole I centri sono strutture con finalità informative, formative, di ricerca, di documenta- zione e di consulenza sulle esperienze di integrazione di ragazzi in situazioni di diversa dif- ficoltà nella scuola, nell’extrascuola, nella formazione professionale, nel lavoro e nella so- cietà. Sono centri ben radicati nel proprio territorio, spesso di ambito provinciale, che cer- cano di organizzare la molteplicità delle informazioni e degli interventi educativi, sociali, sanitari e riabilitativi in un quadro unitario, sistematico e non frammentario. In attuazione di quanto previsto all’art. 22 della LR 12/2003 in merito ai Centri di Ser- vizi e Consulenza alle istituzioni scolastiche (CSC), la Regione sta mettendo a punto le linee guida relative agli aspetti caratterizzanti di tali centri, al fine di valorizzarne l’operato in un quadro di riferimento più organico, di dar loro visibilità e di potenziarne la presenza nei territori. 5) Educazione degli adulti L’offerta formativa in tale ambito è costituita da percorsi di apprendimento finalizzati sia al recupero e al completamento degli studi, sia all’aggiornamento professionale dei la- voratori, in tal caso operando attraverso l’integrazione fra l’istruzione e la formazione pro- fessionale. 6) L’orientamento scolastico, formativo e professionale L’orientamento è una funzione strategica che attraversa in modo trasversale le azioni regionali di contrasto alla dispersione scolastica, di rafforzamento dell’autonomia delle isti- tuzioni scolastiche, di sostegno alla maturazione di una scelta formativa e professionale con- 159 sapevole. La qualificazione della funzione di orientamento è una delle priorità regionali, in particolare per le situazioni, come quelle degli studenti stranieri, che più facilmente possono scivolare verso la scelta della qualifica professionale, anche laddove si riveli impropria. 7) Azioni formative e di sistema Vanno previste prioritariamente azioni formative e di sistema al fine di favorire: l’inte- grazione tra le politiche educative, scolastiche e formative e le politiche sociali e sanitarie, prevenendo il disagio giovanile, favorendo i percorsi di accompagnamento ai ragazzi in dif- ficoltà e favorendo l’inserimento sociale dei cittadini giovani e adulti immigrati (oltre che delle persone in condizione di disagio); l’implementazione e il consolidamento di un si- stema integrato di servizi e di azioni a supporto dell’inserimento lavorativo di persone im- migrate; il potenziamento qualitativo e quantitativo della rete dei servizi e interventi pub- blici e privati per l’orientamento, i bilanci di competenze, la formazione e l’inserimento la- vorativo delle donne immigrate nel mercato del lavoro, con particolare attenzione all’am- bito del lavoro di cura e al tema della conciliazione; percorsi di “riallineamento” per l’ac- cesso alla formazione, consistenti in azioni di alfabetizzazione e di conoscenza della cultura italiana, non solo per i minori, ma anche per gli adulti e le fasce non automaticamente coin- volte nei percorsi scolastici (ad esempio gli adolescenti che giungono a seguito di ricon- giungimento familiare); attività formative per la figura del mediatore interculturale; la pro- mozione presso i servizi coinvolti della cultura dell’accoglienza e dei diritti umani. 1.5. Flussi e politiche per il lavoro Che il mercato del lavoro sia il motore del fenomeno migratorio è indubbiamente con- fermato da un’analisi del rapporto tra distribuzione territoriale degli immigrati e situazione dei mercati del lavoro provinciali. Abbiamo già visto come l’incidenza degli immigrati residenti in percentuale rispetto alla popolazione veda al primo posto la Provincia di Reggio Emilia e all’ultimo quella di Ferrara. Se rapportiamo la presenza degli immigrati (esclusi i minori) ai tassi di disoccupazione provinciali vediamo come esista tra i due valori un rapporto quasi perfetto di inversa pro- porzione. Anche se ormai i dati ufficiali dell’ISTAT sulla disoccupazione esprimono valori tal- mente bassi che le differenze provinciali tendono a sfumare. Province RER RE MO PC PR BO RA FC RN FE Percentuale immigrati residenti 6,9 8,7 8,3 7,8 7,4 6,5 6,3 6,1 6,0 3,8 Tasso di disoccupazione 3,8 3,2 3,7 4,4 4,1 2,7 4,2 4,3 4,7 5,8 Minore è il tasso di disoccupazione (Reggio Emilia e Bologna), maggiore è la pre- senza di immigrati. Dalle Province economicamente più forti della Regione l’immigrazione si sta gradual- mente estendendo a quelle più deboli. Questo dato è importante perché pare confermare la tesi secondo la quale non esiste (almeno in prevalenza) una diretta concorrenzialità tra il la- voro degli italiani e quello degli immigrati, ma questi tendono piuttosto a ricoprire ruoli che gli emiliano-romagnoli ormai rifiutano come faticosi e poco remunerativi. 160 Per la prima volta nel corso del 2002 inoltre, la percentuale di presenza di immigrati ha superato il tasso regionale di disoccupazione. Il sistema economico regionale ha di fatto raggiunto la piena occupazione – per inciso il tasso di disoccupazione regionale al primo trimestre 2005 è al 4,5% contro l’8,2% del li- vello nazionale – pur in presenza di una crescita economica che teoricamente non sarebbe in grado di garantire aumenti occupazionali. Questo dato, estremamente positivo e rassicurante, lancia paradossalmente un’ombra sulle possibilità di sviluppo futuro. Il mercato del lavoro registra infatti, con molto ritardo, gli andamenti che hanno inte- ressato la popolazione, in altri termini i comportamenti della popolazione avvenuti circa venti, venticinque anni fa interessano il mercato del lavoro solo ora. Il forte calo delle na- scite e il permanere di un saldo naturale negativo (la differenza tra nati e morti) hanno eroso la consistenza della popolazione in età da lavoro, ovvero è calato il cosiddetto bacino dei potenziali lavoratori. L’aumento delle nascite che si sta registrando in questi anni produrrà i suoi effetti solo fra 15-20 anni e, in ogni caso, tale aumento non ha ancora annullato la di- stanza con i decessi. La crescita economica regionale, quindi, ha potuto contare su un apporto demografico della popolazione residente che già ora è insufficiente a mantenere il trend di sviluppo e quindi risulta fondamentale l’apporto dei lavoratori stranieri. Tale apporto è tanto più fon- damentale se si considera che le nuove leve “emiliano-romagnole”, avendo un livello di istruzione molto elevato, sono portate a non accettare un lavoro qualsiasi, ma a ricercare un’occupazione gratificante e con possibilità di accrescimento professionale. La forte ri- chiesta regionale di manodopera straniera non comunitaria si evince direttamente dalle stime dell’occupazione futura. Uno scenario del genere indica la direzione per il mantenimento degli attuali livelli di benessere dell’Emilia-Romagna: governo e integrazione dei flussi migratori da un lato, una strategia complessiva che incentivi l’ingresso di profili professionali rispondenti alle neces- sità del mondo produttivo regionale dall’altro lato. Tali obiettivi possono essere meglio perseguiti attivando sinergie tra Regione, Enti lo- cali, Organizzazioni imprenditoriali e sindacali, in linea con le priorità strategiche indicate nel Patto per lo Sviluppo dell’Emilia-Romagna del 18 febbraio 2004. Non è solo l’occupazione dipendente a crescere, in quanto oltre 25.000 stranieri nel 2004 risultano amministratori, soci o titolari di imprese con una crescita del 14% rispetto all’anno precedente ed addirittura una crescita del 87% rispetto al 2000. Il conseguente peso percentuale sul totale dei titolari stranieri è del 7,6%. Nel 2004, ogni cento assunzioni di non-comunitari a livello nazionale, nove avven- gono in Emilia-Romagna; considerando, invece, il totale delle assunzioni a livello regio- nale, l’incidenza dei lavoratori non-comunitari arriva al 20%, mentre è solo al 16% nell’am- bito nazionale. Lo scenario demografico precedentemente delineato, pur in presenza di un tasso di crescita economica poco sostenuta, spinge le imprese dell’Emilia-Romagna a prevedere di assumere quote consistenti di lavoratori stranieri. Le professioni richieste si concentrano per circa un terzo su figure non qualificate, per un terzo sugli operai specializzati, e la restante quota sulle professioni relative alla vendita e ai servizi alle famiglie, con una particolare specificità nel settore delle costruzioni ove si prevedono oltre il 10% delle assunzioni complessive. Si registra inoltre un fabbisogno cre- scente di figure professionali straniere sempre più specializzate. Nonostante queste forti richieste, dettate da un mercato del lavoro regionale in forte ten- 161 sione con una continua carenza, ormai strutturale, di manodopera, qualificata e non, le asse- gnazioni del Ministero del Lavoro non hanno mai coperto le necessità manifestate dal sistema economico emiliano-romagnolo, rimanendo sempre al di sotto delle richieste. Infatti, nel 2003 gli assegnati furono poco più del 70% dei richiesti mentre nel 2004 non sono arrivati al 60%. Le previsioni per il prossimo triennio continuano ad evidenziare, per l’economia regio- nale, la necessità di manodopera straniera anche se risulta difficile stimare in maniera diffe- renziata l’apporto dei non-comunitari da quello dei comunitari e neo-comunitari. Anche nel territorio regionale, in una fase di incertezza economica come l’attuale, sono tuttavia nume- rosi gli immigrati stranieri che trovano un lavoro tra le pieghe della economia sommersa: esiste una preoccupante area che comprende fenomeni di neo-caporalato illegale degli immi- grati, di fatto sottratti a tutele di carattere normativo e sindacale, che vanno contrastate con un’azione congiunta di facilitazione per l’emersione dal sommerso, accesso legale al merca- to del lavoro, attraverso in particolare l’individuazione di efficaci e tempestivi meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, e repressione da parte degli organi competenti. Un’ulteriore attenzione va posta al pericolo della crescente disoccupazione tra gli im- migrati, anche perché questa condizione incide direttamente e repentinamente sulla natura giuridica della condizione di soggiorno. La Regione ribadisce il proprio impegno di previsione del fabbisogno di manodopera straniera annuale ai sensi dell’art. 21 del D.lgs. 286/98 e dell’art. 3 della LR 5/2004 e in questo senso conferma la scelta di confronto preventivo con le Parti sociali e gli Enti locali, finalizzata all’obiettivo strategico di una gestione attiva dei flussi migratori rivolta a defi- nire il fabbisogno quali-quantitativo e ad attrarre dall’esterno le competenze non presenti sul territorio, nonché la collaborazione e il confronto con le strutture periferiche del Mini- stero del Lavoro e delle Politiche Sociali in materia di ripartizione provinciale delle quote. Un’opportunità interessante al riguardo è costituita dalla possibilità di attivare percorsi formativi nei Paesi d’origine, prevista tra l’altro dal Regolamento attuativo della L. 189/2002 (art. 29 D.P.R. 334/2004) in materia di formazione all’estero, possibilità da rac- cordare con le politiche sociali e da effettuarsi attraverso un forte controllo pubblico, onde favorire l’arrivo di lavoratori già qualificati e formati non solo rispetto ai fabbisogni del mercato del lavoro, ma anche con adeguate competenze linguistiche e conoscenze della normativa in materia di lavoro e sicurezza. Dal punto di vista del sistema dei servizi, i cittadini migranti, provenienti da Paesi extra UE o di nuovo ingresso nell’Unione Europea hanno rappresentato in questi anni una quota consistente degli utenti dei Centri per l’impiego e, in generale, dei servizi per il la- voro della nostra regione. I Centri per l’impiego in Emilia-Romagna si sono contraddistinti per l’offerta dei ser- vizi tradizionali di politica attiva del lavoro (informazione e accoglienza, orientamento, ac- compagnamento all’inserimento lavorativo, preselezione e incontro tra domanda e offerta) organizzati per l’insieme degli utenti piuttosto che in un’organizzazione dei servizi per target specifici (donne, stranieri, over 45, ecc.). Questa scelta operata dalle Province per i propri Centri ha consentito, dunque, l’espri- mersi di un’offerta di servizi che fosse adattabile all’estrema eterogeneità dell’utenza e, al tempo stesso, sono stati affiancati, almeno embrionalmente, da supporti specifici. Nel caso degli utenti stranieri, a parte i servizi di informazione, che hanno anche il compito di mettere in relazione l’utente con la rete complessiva di servizi (sociali, sanitari, educativi, previdenziali, formativi, ecc.), si sono sviluppate, in particolare in alcune Pro- vince, azioni di supporto ai servizi che facilitano l’erogazione degli stessi ai cittadini stra- nieri (mediatori linguistici e culturali). 162 Nel prossimo triennio, pur mantenendo un’impostazione strategico-organizzativa dei Centri per l’impiego, orientata all’erogazione di servizi specializzati per funzione e non per target, è necessario attrezzare in modo più organico i Centri per l’impiego pubblici e tutto il sistema dei servizi per il lavoro per offrire supporti specifici ai cittadini migranti, in partico- lare i supporti di mediazione linguistica e culturale. Il sistema di accreditamento di servizi per il lavoro dovrà prevedere, per i soggetti che intendono farne parte, requisiti idonei a garantire il più facile accesso dei cittadini stranieri ai servizi erogati. Le esperienze delle associazioni di rappresentanza possono svolgere un utile ruolo di raccordo. Un’attenzione particolare, sul versante dei servizi di consulenza e di informazione al lavoratore, nonché su quello di incontro domanda-offerta, va anche posto sulla categoria delle assistenti familiari, in buona parte cittadine straniere, sviluppando quanto previsto dal protocollo d’accordo tra Regione e Organizzazioni sindacali in tale materia dell’aprile 2003, aggiornato all’aprile 2004, auspicando la condivisione del protocollo dei soggetti del terzo settore, e dando maggiore consistenza a quei primi positivi interventi predisposti, in questo senso, da alcune Province. Su questo tema è necessario attivare, con i servizi del collocamento e con la collabora- zione operativa del terzo settore, luoghi di incrocio domanda e offerta e servizi di assistenza per le famiglie che necessitano di questo tipo di supporto. Infine per quanto attiene le ini- ziative di rientro nei Paesi di origine dei cittadini stranieri immigrati, le modalità di attua- zione saranno definite nel Documento di indirizzo programmatico triennale per gli inter- venti di cooperazione internazionale previsto dalla LR n. 12/2002, “Interventi regionali per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo ed i paesi in via di transizione, la solidarietà internazionale e la promozione di una cultura di pace”. Nel futuro occorrerà stabilire un più organico collegamento tra la programmazione delle politiche e dei flussi migratori e le politiche di cooperazione internazionale, in partico- lare con alcuni Paesi. In ogni caso è corretto affermare che oltre due terzi degli stranieri maggiorenni ha un’occupazione regolare, in quanto la forza lavoro tra i soggiornanti è composta da 158.400 unità, pari al 64,8% dei permessi di soggiorno. Questo dato regionale continua ad essere superiore al valore nazionale a conferma del fatto che il sistema produttivo emiliano-romagnolo sia un motore fondamentale nell’attiva- zione dei flussi migratori. 1.6. Lavoro autonomo e imprenditorialità Una quota non secondaria di cittadini stranieri è occupata in proprio come titolare di impresa. Dai dati Infocamere al 31.12.2005 risultano 20.109 titolari di impresa individuale non nati in Italia presenti nella Regione Emilia-Romagna. Di questi 17.305 (pari al 86,1%) sono maschi e 2.804 (pari al 13,9%) sono femmine. La distribuzione provinciale di queste imprese appare abbastanza omogenea sul terri- torio dell’Emilia-Romagna con il 19,60% di esse in Provincia di Reggio Emilia, il 17,92% in Provincia di Bologna, e il 14,71% in Provincia di Modena. Ma nel peso percentuale sul totale delle imprese l’incidenza maggiore è a Reggio Emilia (7,49% di imprese con titolare straniero), seguita da Parma (5,76%) e da Ravenna (5,05%). Le 20.109 imprese con titolare straniero rappresentano il 4,73% delle 425.225 imprese emiliano-romagnole. Rispetto ai Paesi di origine la Cina risulta prima solo nella Provincia di Reggio Emilia, 163 seconda nelle Province di Bologna e Modena. A livello regionale il primo Paese rappresen- tato è il Marocco, il secondo l’Albania e il terzo la Tunisia. Rispetto ai settori, le costruzioni risultano al primo posto con il 46% seguite dal com- mercio con il 24,96%. Da notare come l’incremento del numero dei cittadini stranieri titolari di impresa indi- viduale sia cresciuto molto rapidamente negli ultimi cinque anni: essi risultavano infatti 9.309 nel 2001 e appunto 20.109 nel 2005; nel quinquennio sono più che raddoppiate. In un contesto di crescente presenza di cittadini stranieri, appare fondamentale assicu- rare continuità e sviluppo agli interventi volti a facilitare effettivi percorsi di integrazione e di regolarizzazione nel contesto del mercato del lavoro della Regione, in particolare nei set- tori del commercio, dei servizi, dell’artigianato e dell’agricoltura. In tali settori va evidenziata la crescente attitudine, da parte delle persone straniere, a intraprendere iniziative imprenditoriali; questo costituisce certamente uno degli elementi di maggiore evoluzione del rapporto tra immigrazione e inserimento lavorativo. A una prima fase caratterizzata da una presenza di cittadini stranieri occupati prevalen- temente in ruoli di lavoratori subordinati, ne fa seguito un’altra, l’attuale, che vede una pre- senza sempre più numerosa, nel sistema produttivo locale, di micro imprese di immigrati stranieri. A tale proposito il dato nazionale (elaborato dalla CNA) evidenzia che l’imprendi- toria promossa da persone straniere rappresenta il comparto più attivo e dinamico dell’im- prenditoria nazionale. Anche in Emilia-Romagna il numero delle imprese individuali di immigrati è cresciuto notevolmente (ad esempio +22% rispetto al 2003). I settori di attività economica che ve- dono la maggiore presenza di imprenditori stranieri sono le costruzioni, il commercio e l’at- tività manifatturiera, che complessivamente rappresentano l’80% circa del totale. In armonia con i precedenti programmi adottati dalla Regione nel campo degli inter- venti rivolti all’integrazione dei cittadini stranieri immigrati, si ritiene opportuno confer- mare una metodologia di azione che preveda la promozione, da parte degli enti locali, di progetti finalizzati a sviluppare le possibilità di avvio, di regolarizzazione e qualificazione di attività imprenditoriali degli immigrati. L’obiettivo deve essere la regolarizzazione, la promozione, la qualificazione e il pro- gressivo consolidamento delle attività svolte dai cittadini stranieri immigrati. Si individuano i seguenti obiettivi prioritari verso i quali tendere: a) garantire pari opportunità di accesso al- le attività di lavoro autonomo e imprenditoriale e tutelare le differenze; b) assicurare un’ade- guata formazione professionale; c) promuovere l’avvio delle attività imprenditoriali da parte di cittadini stranieri immigrati, sia in forma individuale che in forma associativa; d) garanti- re pari opportunità di accesso alle attività di lavoro autonomo e imprenditoriale. Per il raggiungimento dell’obiettivo indicato si ritiene importante mettere in atto inter- venti che possano garantire un accesso paritario alle attività di lavoro autonomo, curando in particolare i percorsi di apprendimento della lingua italiana, comprensivi di riferimenti alle leggi e regolamenti che disciplinano nella nostra Regione l’esercizio delle attività imprendi- toriali. Per tutelare le differenze, gli interventi dovranno essere destinati prioritariamente ai soggetti socialmente più deboli quali le donne. In particolare risultano da attivare prioritariamente i seguenti interventi: interventi volti a costruire percorsi integrati tra formazione linguistica e informazione, orientamento e formazione professionale, finalizzati ad agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro; inter- venti finalizzati a conseguire un consolidamento delle relazioni tra associazioni e istituzioni nonché a incrementare nei cittadini stranieri immigrati il livello di conoscenza e di sensibi- lizzazione in merito al funzionamento della Pubblica Amministrazione regionale e locale. 164 Risultano pertanto prioritari gli interventi destinati a promuovere l’avvio o il consolida- mento delle associazioni e la definizione di reti di servizi per le imprese, promosse dalle as- sociazioni imprenditoriali. Assicurare un’adeguata formazione professionale Per tale obiettivo risulta importante promuovere interventi di formazione volti ai citta- dini stranieri immigrati ai fini di un adeguato e corretto svolgimento delle attività imprendi- toriali. In particolare nei settori di attività commerciale e industriale in sede fissa, e per quanto attiene il settore alimentare, dove risultano di particolare importanza le conoscenze inerenti gli aspetti igienico-sanitari. Devono inoltre essere previsti corsi che consentano lo sviluppo della necessaria pro- fessionalità nel comparto dei pubblici esercizi (attività di bar, ristoranti, ecc.). Anche nel comparto non alimentare si rende opportuno promuovere la necessaria qua- lificazione degli imprenditori e degli addetti con particolare riferimento alle leggi di settore e alle abilitazioni per le varie tipologie di attività merceologiche. Promuovere l’avvio delle attività imprenditoriali da parte di immigrati, sia in forma individuale che in forma associativa Al fine di promuovere l’avvio di regolari attività nel commercio, nei servizi, nell’arti- gianato, nel lavoro autonomo da parte di immigrati, sia in forma singola che associativa, si ritiene opportuno confermare azioni di incentivazione e sostegno all’avvio di attività im- prenditoriali già previste all’art. 15 della LR 14/90 ora abrogato dalla LR 5/2004. Per quanto concerne gli ambiti territoriali per la predisposizione dei piani si ritiene op- portuno individuare nella Provincia la dimensione di riferimento. All’Amministrazione provinciale è pertanto demandata l’individuazione, da realizzare tramite la concertazione con le rappresentanze delle forze economiche e sociali e delle asso- ciazioni di promozione sociale, delle priorità di intervento e conseguentemente la riparti- zione delle risorse in relazione ai progetti che dovranno essere realizzati nel territorio di competenza, sulla base di specifici bandi. 1.7. Politiche sociali Accanto ad una crescita quantitativa, il fenomeno migratorio evidenzia una crescita di complessità rispetto alla condizione sociale dei cittadini stranieri, ai bisogni che essi espri- mono e alle traiettorie migratorie perseguite da ciascuno di essi; anche in ragione di un con- testo normativo che storicamente si è dimostrato incapace di offrire un adeguato accesso le- gale (si pensi ai successivi e costanti provvedimenti di regolarizzazione) e che impone alla Regione e agli enti locali di mantenere un’attenzione costante anche verso persone in situa- zione di presenza non regolare, specie donne e bambini, spesso in condizione precarie di sa- lute e accoglienza. In taluni casi, la persona straniera può concentrare una serie di criticità (malnutrizione, condizioni di vita usuranti già nei Paesi di origine, precarietà occupazio- nale, inadeguatezza abitativa legata a sovraffollamento e/o carenze igienico sanitarie, as- senza di supporto familiare e sociale, difficoltà di fruizione dei servizi, ecc.) che necessi- tano di risposte specifiche ed integrate tra loro. L’elemento della pluralizzazione delle tipologie di immigrazione rappresenta dunque una tendenza da tenere costantemente in considerazione nei prossimi anni. Il fenomeno migratorio ha una doppia dinamicità: crescono gli stranieri di lunga durata e crescono parallelamente gli arrivi di nuovi migranti, tale per cui si articolano le aspetta- tive ed i bisogni. 165 Accanto al fattore temporale, si intrecciano altre variabili: cresce la presenza di gio- vani figli di immigrati espressione di inediti mix culturali, assistiamo ad una stabilizzazione di “famiglie” perché tanti sono i modelli sociali e culturali d’origine, mantengono una loro presenza i lavoratori singoli di entrambi i sessi (vedi ad esempio la significativa regolariz- zazione delle assistenti familiari), si pongono con forza nuovi bisogni che necessitano di un elevato livello di attenzione e di carico assistenziale: le donne sole con figli, i minori stra- nieri non accompagnati, i richiedenti asilo, le persone straniere in situazione di povertà estrema, ex detenuti che necessitano di percorsi di reinserimento sociale. Con l’approvazione della LR n. 5 del 24.03.2004 in materia di politiche per l’integra- zione sociale dei cittadini stranieri, legge che affronta trasversalmente in ogni settore (scuola, sanità, formazione, lavoro, casa, ecc.) il tema dell’immigrazione straniera secondo un approccio universalistico, teso a garantire l’effettivo esercizio dei diritti sociali di cittadi- nanza nell’ambito dei servizi pubblici esistenti, la Regione Emilia-Romagna ha inteso affer- mare il principio strategico che i sistemi integrati di interventi e servizi sociali, ad ogni li- vello di programmazione, devono considerare le politiche rivolte ai cittadini stranieri come programmazione ordinaria e strutturale, abbandonando un approccio occasionale, tempo- raneo ed emergenziale. Dal punto di vista del sistema integrato dei servizi di welfare, la presenza di un’utenza multiculturale va considerata una sfida verso la innovazione: un servizio pubblico capace di servire meglio gli stranieri, di capirne i bisogni e individuarne le soluzioni, esprime una dis- ponibilità costante a riflettere su sé stesso, a rimettersi in gioco, e ciò va inteso come una caratteristica capace di migliorare anche le risposte verso le esigenze dei cittadini italiani. Si tratta altresì di introdurre e consolidare politiche che adottano nel loro fare un approccio interculturale, ovvero lavorano sulla ricerca dei punti di contatto come terreno comune di incontro, a partire dagli elementi distintivi culturali ascrivibili ai gruppi etnici e alle singole persone; politiche comunque fondate sui bisogni del singolo, che evitino di reintrodurre at- traverso la variabile culturale, nuovi stereotipi omogeneizzanti nelle letture dei bisogni e nelle risposte dei servizi, politiche che hanno la consapevolezza della frequente natura in- terrelata dei bisogni, nel senso che è facile che il migrante sia portatore di un bisogno com- plesso/completo (casa, lavoro, disagio sociale, salute, ecc.) a cui occorre rispondere con una medesima progettazione integrata intersettoriale, sulla base dei bisogni e delle aspetta- tive dell’utenza, rafforzando negli operatori le competenze di lettura globale del problema presentato. Esistono questioni trasversali che necessariamente solleciteranno nei prossimi anni la rete dei servizi pubblici alla individuazione di nuove risposte: la prospettiva di genere, e dunque la necessità di interventi che abbiano al centro il tema dell’effettivo inserimento so- ciale e lavorativo delle donne straniere; il tema della condizione legale del migrante, della sua permanenza nel nostro Paese fortemente legata alla necessità di possedere un lavoro e quindi posto in una condizione costante di potenziale espulsione. Si tratta di un contesto normativo di sfondo che rende problematica una progettazione sociale graduale e duratura con la persona straniera e richiede agli enti locali di mantenere una forte attenzione anche verso una possibile presenza di persone in condizioni di soggiorno non regolare, specie donne e bambini, spesso in condizione precarie di salute e accoglienza; la crescente do- manda di mobilità sociale da parte dei cittadini stranieri, che richiede al sistema dei servizi sociali una risposta promozionale orientata alla valorizzazione delle competenze per cia- scuno di essi; il tema della qualità complessiva della vita del migrante, e quindi la necessità di considerarlo un cittadino che ha aspettative legate alla socialità, alla cultura, alla mu- sica, all’attività sportiva; dimensioni queste, alle quali gli Enti locali devono prestare atten- 166 zione attivando forme di collaborazione con il vasto tessuto associativo presente ad ogni li- vello (comunale, distrettuale, provinciale), e che possono rappresentare un fondamentale valore aggiunto rispetto alle politiche istituzionali di integrazione sociale. Per i soggetti pubblici e del privato sociale che compongono il sistema locale dei servi- zi sociali, si tratta dunque di promuovere politiche integrate di consolidamento e sviluppo di interventi prioritariamente nell’ambito delle seguenti aree tematiche: la messa in campo di una serie di azioni in ambito scolastico rivolte ai minori e alle loro famiglie, riconducibili in particolare al sostegno all’apprendimento della lingua italiana e allo sviluppo di relazioni di fiducia con gli operatori scolastici, nonché alla attivazione di interventi laboratoriali a va- lenza interculturale anche in ambito extra-scolastico, in raccordo con le istituzioni scolasti- che; la realizzazione ed il consolidamento di centri e interventi informativi specialistici in materia di immigrazione, finalizzati a garantire per i cittadini stranieri adeguate forme di co- noscenza e di tutela dei diritti e di conoscenza dei doveri, previsti dalla normativa regionale, nazionale ed europea; il consolidamento e lo sviluppo della attività specifica di mediazione interculturale in particolare nei servizi sociali, sanitari e scolastici, finalizzata ad accompa- gnare la relazione tra persone straniere e servizi pubblici e privati, a facilitare la rimozione delle barriere linguistico-culturali e a promuovere la conoscenza e la valorizzazione delle culture d’appartenenza; azioni volte alla facilitazione di accesso ai servizi riassumibili in al- meno tre tipologie di interventi: azioni di orientamento, azioni formative interculturali per gli operatori posti a contatto con l’utenza straniera e la realizzazione di strumenti informati- vi plurilingue; attività specifiche di alfabetizzazione alla lingua italiana rivolte agli adulti; attività volte a promuovere la conoscenza e il confronto tra punti di vista e culture presenti nella società regionale attraverso lo svolgimento di iniziative di comunicazione, informazio- ne e orientamento sui temi connessi all’immigrazione, la predisposizione di iniziative in am- bito artistico, culturale e sportivo e la realizzazione di centri interculturali; il sostegno e confronto con associazioni e comunità di cittadini stranieri; interventi informativi, di acco- glienza ed integrazione sociale rivolti a specifici target di popolazione socialmente vulnera- bile: richiedenti asilo e rifugiati, donne, minori stranieri non accompagnati, detenuti ed ex detenuti stranieri che necessitano di percorsi di reinserimento sociale. In questo contesto risultano notevoli le occasioni d’integrazione con le previsioni della LR 20 del 2003, relativa a “Nuove norme per la valorizzazione del servizio civile. Istitu- zione del servizio civile regionale. Abrogazione della L.R. 28 dicembre 1999, n. 38”. Le sperimentazioni del servizio civile regionale attivate nel corso del 2005 offrono in- novative opportunità per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati, in partico- lare nei progetti di servizio civile regionale che vedono il coinvolgimento attivo dei citta- dini immigrati d’età compresa tra i 18 e i 28 anni. Questo protagonismo positivo a favore della comunità locale in cui vivono, studiano o sono alla ricerca di un lavoro, rappresenta un importante laboratorio di cittadinanza attiva e di responsabilità positiva. L’integrazione dell’esperienza proposta ai giovani immigrati con l’analoga opportunità del servizio civile nazionale vissuta dai loro coetanei autoctoni, che si realizza attraverso la condivisione dei momenti di servizio, di formazione, di rielaborazione e verifica, rappre- senta inoltre una reciproca opportunità di conoscenza e di crescita interculturale. Questo protagonismo giovanile vissuto nell’ambito del servizio civile – quando viene proposto o indirizzato verso alcuni target socialmente più vulnerabili: richiedenti asilo, rifu- giati e titolari di protezione umanitaria, donne sole con figli, ma anche minori e minori stra- nieri non accompagnati – risulta poi essere uno strumento di coesione sociale e di risposta ai bisogni dei territori. 167 1.8. Partecipazione e rappresentanza a livello regionale e locale Il tema della partecipazione e del protagonismo dei cittadini stranieri immigrati nella definizione delle politiche pubbliche, costituisce certamente uno degli elementi fondamen- tali per un effettivo processo di inclusione sociale. A livello regionale, gli art. 6 e 7 della LR 5/2004 hanno introdotto la “Consulta regionale per l’integrazione sociale dei cittadini stra- nieri immigrati”, luogo preposto a favorire il dialogo, la conoscenza e la promozione di po- litiche efficaci in tema di integrazione sociale dei cittadini stranieri. La Consulta è un organismo composto da rappresentanti degli stranieri, degli enti lo- cali, delle parti sociali, del terzo settore e di organismi periferici dello Stato, e dovrà essere chiamato ad esprimersi sugli atti più significativi di competenza regionale, atti che abbiano un impatto o un qualche interesse per i cittadini stranieri immigrati secondo un approccio trasversale (politiche scolastiche, abitative, culturali, sociali, sanitarie, ecc.). L’insediamento della Consulta regionale, avvenuto il 17 febbraio 2005, può rappresen- tare un punto di riferimento e l’occasione per avviare percorsi di partecipazione e di rappre- sentanza dei cittadini stranieri anche in quei territori della Regione che ancora ne sono sprovvisti. In questo senso, l’art. 8 della LR 5/2004, esplicita la volontà della Regione di favorire, nel rispetto delle competenze proprie degli enti locali, la realizzazione di percorsi partecipa- tivi in ambito locale (Consulte, consiglieri aggiunti, forum di associazioni, ecc.) ponendo particolare attenzione al percorso a carattere elettivo che dovrebbe caratterizzare la compo- nente dei cittadini stranieri immigrati. La Regione intende monitorare le esperienze locali di partecipazione e la loro operati- vità. Nondimeno, la Regione favorisce, ove consentito dal quadro normativo nazionale, l’e- stensione del diritto di voto ai cittadini stranieri residenti così come espresso nell’ordine del giorno del Consiglio Regionale del 17.03.2004. Il rafforzamento e sostegno alle associazioni promosse da cittadini stranieri, rappre- senta altresì un’azione importante da mantenere nei prossimi anni, in quanto va intesa come preziosa occasione per valorizzare forme di impegno sociale e di partecipazione alla vita della comunità locale da parte dei “nuovi cittadini” emiliano-romagnoli. Gli Enti locali sono chiamati a promuovere le capacità di comunicazione di queste forme associative, garantendone diffusione territoriale e promozione di forme di coordina- mento a livello locale. 1.9. Fonti e link 26a Seduta della VIII Legislatura -Estratto dal resoconto integrale della seduta pomeri- diana del 7.02.2006. Presiede la presidente dell’Assemblea legislativa Monica Donini. – Anno 2007 Numero 1, Giugno 2007, www.provincia.bologna.it/immigrazione/ documenti – Dati Osservatorio Regione Emilia Romagna su immigrati www.emiliaromagnasociale.it – Dossier Asilo-Ricerca sui rifugiati, richiedenti asilo e titolari di protezione umanitaria a Bologna e provincia – ISTAT, Bilancio demografico e popolazione straniera residente per sesso e cittadinanza – risultati della rilevazione annuale “Movimento e calcolo della popolazione straniera residente”: serie storica dal 1998 al 2004 della popolazione straniera residente in Emilia-Romagna per sesso e cittadinanza all’1/1 di ogni anno, nel sito statistico della Regione Emilia-Romagna; anni dal 2003 al 2005, per l’intero territorio nazionale, nel sito ISTAT “Demografia in cifre” (http://demo.istat.it/). 168 – Legge regionale n. 5/2004 recante Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stra- nieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990 – Progr. n. 45 Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna – Rapporto annuale Caritas-Migrantes 2006. Dossier Statistico Immigrazione www.dossierimmigrazione.it – Rapporto su immigrazione straniera in Regione Emulai Romagna - CLUEB febbraio 2007 – Regione Emilia-Romagna, Rilevazione della popolazione straniera residente per sesso ed età e per sesso e cittadinanza, all’1/1 del 2005 e 2006, nel sito statistico della Re- gione Emilia-Romagna, curato dal Servizio Controllo strategico e statistica (http://www.regione.emilia-romagna.it/statistica/). – Ufficio di Statistica della Provincia di Bologna su dati delle Anagrafi Comunali. 169 Capitolo 2 INTERVENTI IN RETE IN EMILIA ROMAGNA E A BOLOGNA 2.1. Il Focus group del 18 ottobre 2007 L’incontro “Focus group” svoltosi il giorno 18 ottobre 2007 all’Istituto salesiano di Bolo- gna, con lo scopo di confrontare le “buone pratiche” mirate all’accoglienza-formazione e inte- grazione sociale e lavorativa degli immigrati, ha visto la partecipazione dei seguenti soggetti e istituzioni: Paola Vitello della Caritas Centro Ascolto Immigrati di Bologna; Lina Delli Quadri, Consigliere del Comune di Bologna e responsabile per la Parrocchia Sacro Cuore di Bologna; Maria Sabatini del centro per l’Impiego di Bologna (in sostituzione di Maria Lena Bigoni); Morena Sartori dell’associazione AECA dell’Emilia Romagna; Massimo Peron dell’Associa- zione CIOFS/FP di Bologna; don Tarcisio Sgariboldi e don Fabrizio Bonalume dell’Associa- zione CNOS-FAP di Bologna; Ptrizia Lelli e Tiziana Carrella dell’associazione Confartigia- nato di Bologna; Enzo Pancaldi dell’Istituto Salesiano di Bologna. L’incontro è stato coordi- nato dal prof. Vittorio Pieroni dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, dalla dott.ssa Ma- riapaola Cullmann della Sede Nazionale del CNOS-FAP, e dal prof. Don Sandro Tinozza, di- rettore dell’Istituto Salesiano di Roma. La finalità dell’incontro è stata quella di analizzare e confrontare esempi e buone prati- che, riferite a progetti o esperienze concrete, realizzate per supportare i bisogni delle persone immigrate in termini di integrazione sociale e lavorativa. Gli esempi forniti durante il “laboratorio”, riguardavano risposte messe in atto sia da cia- scuno dei presenti nei rispettivi ambiti di appartenenza e competenza, sia riferiti ad interventi di lavoro in rete tra i soggetti presenti. Le esperienze emerse sono state registrate direttamente dai professori di Roma, al fine della ricerca in atto. Durante il focus è emersa buona disponibilità da parte di tutti i partecipanti a proseguire la collaborazione comune ed in rete, per il futuro. Le esperienze presentate hanno avuto come oggetto: – la formazione rivolta agli immigrati e le risposte del sistema formativo (accoglienza, orientamento, metodologie, tipologie di corsi, esiti della formazione); – educazione interculturale e alla cittadinanza democratica; – attività di accoglienza e assistenza alla ricerca dell’alloggio, del lavoro e servizi sociali; – inserimento lavorativo delle persone immigrate e risposte del sistema produttivo locale; – integrazione sociale-relazionale-etica e risposte delle Associazioni di volontariato e della Chiesa; – una modalità di interventi in rete tra soggetti del territorio con particolare riferimento al- l’inserimento sociale e lavorativo degli immigrati: la Consulta contro l’esclusione sociale, del Comune di Bologna. 2.2. Il progetto Scuola di Accoglienza 1 II progetto Scuola di Accoglienza è una rete di soggetti che intendono promuovere il ruolo del volontariato come strumento di partecipazione capace di favorire la creazione di 1 La presentazione di questa rete è contenuta in “Comune, Provincia, Prefettura UTG di Bo- logna: Osservatorio delle Immigrazioni (www.provincia.bologna.it/immigrazione/documenti), anno 2005, numero 1, agosto 2005 (cfr il capitolo 3 del presente report, al paragrafo 3.3). 170 un luogo di incontro e di costruzione di relazioni tra le persone in un’ottica di reciprocità. Interesse di questo progetto è quello di mettere in rete il mondo del volontariato, le istitu- zioni, le associazioni del territorio coinvolgendo la romanità. Scuola di Accoglienza nasce sotto l’impulso della Caritas Diocesana di Bologna. Parte- cipano alla sua rete: Caritas, CISL, CGIL, Agorà dei Mondi, Aprimondo Centro Poggeschi, Forum Metropolitano delle Associazioni degli Immigrati, singoli soggetti del volontariato. Hanno aderito successivamente: le cooperative Campi D’Arte, Arca di Noè, La Piccola Ca- rovana, Siamo Qua e CIM, il CDH-Centro Zefiro, il CIOFS e l’associazione italiano.it. 2.3. La Consulta Permanente per la Lotta all’Esclusione Sociale, del Comune di Bo- logna 2 La Consulta Permanente per la Lotta all’Esclusione Sociale nasce, con Delibera del Consiglio Comunale di Bologna, l’1 febbraio del 1999 al fine di realizzare un tavolo co- mune che, oltre alla funzione di confronto, iniziativa ed approfondimento, abbia un ruolo di impulso sulle politiche comunali e sia punto di riferimento istituzionale anche per le altre amministrazioni cittadine. Le funzioni della consulta sono: favorire le relazioni e il confronto tra diverse espe- rienze e competenze, impegnate nella lotta all’esclusione sociale; favorire la promozione di iniziative e di azioni, concertate tra i diversi soggetti istituzionali e non; sviluppare l’osser- vazione delle dinamiche socioeconomiche, attraverso il confronto e l’analisi delle informa- zioni ed organizzando sistemi di monitoraggio permanente; promuovere programmi e pro- getti, che siano anche di impulso per le politiche delle istituzioni e in particolare del Co- mune; promuovere occasioni di confronto pubblico, al fine di costruire una cultura attiva dell’accoglienza che orienti i comportamenti della comunità; promuovere relazioni con altri soggetti ed esperienze, anche su area vasta; esprimere pareri su piani e progetti dell’Ammi- nistrazione comunale. La Consulta è formata dalle organizzazioni di volontariato, le associazioni senza fini di lucro, le cooperative sociali e dai loro coordinamenti e aggregazioni che chiedano di aderire alla Consulta e da un rappresentante dell’Amministrazione comunale. Ai lavori della Consulta sono invitati i Presidenti di Quartiere e potranno partecipare – senza diritto di voto – i Consiglieri comunali. La Consulta potrà invitare ai propri lavori tecnici e rappresentanti degli Enti locali e delle istituzioni pubbliche. A oggi, alla consulta aderiscono: 71 organizzazioni, la stessa opera con momenti di in- contro assembleari (almeno tre all’anno), un comitato di rappresentanza che si incontra al- meno una volta al mese (formato da 10 rappresentanti degli enti eletti ogni due anni e coor- dinati da un portavoce e dal rappresentante dell’amministrazione), diversi gruppi di lavoro che approfondiscono le tematiche in oggetto (al momento: lavoro, casa, sicurezza, carcere, donne, psichiatria, gravi marginalità). A Bologna sono attive anche la Consulta per l’handicap e la Consulta della famiglia. 2 Relazione trasmessa da Teresa Marzocchi, membro della Consulta. Il suo nominativo è stato fornito dalla d.ssa Delli Quadri, consigliere del Comune di Bologna e responsabile della Parrocchia del Sacro Cuore, di Bologna. 171 2.4. AECA - Associazione Emiliano Romagnola Centri Autonomi Sede regionale: Via Bigari, 3 - 40128 Bologna BO (Italy) Tel. +39.051.37.21.43 Fax: +39.051.35.51.74 - P.IVA 04195640372 - sito: www.aeca.it Nella Regione Emilia Romagna, l’AECA associa 24 Centri di Formazione Professio- nale, promossi da Enti di ispirazione cristiana, molti dei quali hanno origini secolari. Attra- verso loro attività, AECA contribuisce allo sviluppo sociale, favorisce l’ingresso nel mondo del lavoro ai giovani e a quanti appartengono a fasce sociali deboli o emarginate; permette inoltre di conseguire una più alta e aggiornata professionalità a coloro che, pur avendo un lavoro, devono adeguarsi ai rapidi mutamenti dei processi produttivi e della società. Costituitasi nel 1973, AECA opera sul territorio regionale, basandosi su un progetto educativo integrale per la persona, un progetto capace cioè di intrecciare le acquisizioni di abilità professionali con lo sviluppo di tutte le potenzialità della persona (il carattere, gli at- teggiamenti sociali, l’apertura culturale), portando il soggetto in formazione a fare sintesi tra una dimensione etica, culturale e ecologica. La nostra attività nasce perciò in risposta alle esigenze individuali di orientamento, di costruzione di abilità professionali, di valorizzazione delle risorse personali, di accompa- gnamento nell’inserimento lavorativo. L’associazione AECA ha promosso e realizzato, mediante alcuni dei propri Centri as- sociati, il progetto PIN del quale si narra al paragrafo 3.1. Inoltre, nel focus group del 18 ottobre 2007, sono state presentate delle attività di orientamento e di formazione rivolte a donne e uomini stranieri. 172 Capitolo 3 BUONE PRASSI: PROGETTI FORMATIVI E DI INTEGRAZIONE SOCIO-LAVORATIVA 3.1. AECA: PIN - Percorsi di INclusione sociolavorativa per le persone immigrate 3 Dati identificativi progetto: Ente titolare del progetto e della sua realizzazione: Associazione Emiliano Romagnola Centri Autonomi, AECA. Sede regionale: Via Bigari, 3 - 40128 Bologna (Italy). Titolo del progetto: Progetto Integrato “PIN - Percorsi di INclusione sociolavorativa per le persone immi- grate”. I.29, 2006, Obiettivo 3 B.1. Regione Emilia Romagna. Approvato con delibera di G.R. n. 06001156 del 05.08.2006. Descrizione sintetica progetto in termini di finalità e obiettivi; destinatari del progetto (n. degli immigrati/e coinvolti, nazionalità, sesso, titolo di studio ecc.). Il progetto integrato PIN nasce con la finalità di contribuire all’inserimento socio-lavo- rativa di cittadini immigrati presenti nel territorio dell’Emilia-Romagna. AECA ha proposto un’iniziativa vista come contributo per favorire una maggiore coesione sociale tra nuovi e vecchi residenti, nel rispetto delle regole, del principio di pari opportunità e accesso ai ser- vizi, e per facilitare la rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno inserimento so- ciale, culturale e politico per i cittadini stranieri. Questa iniziativa si è posta nella logica di un approccio complesso ed unitario teso a per- mettere l’effettivo esercizio dei diritti sociali di cittadinanza, come indicato nella LR 5/2004, e in linea con le finalità che ispirano l’insieme delle politiche regionali: la rimozione degli osta- coli al pieno inserimento sociale, culturale e politico; il reciproco riconoscimento e la valoriz- zazione delle identità culturali, religiose e linguistiche; la valorizzazione della consapevolezza dei diritti e dei doveri connessi alla condizione di cittadino straniero immigrato. Obiettivi: Sulla base di un’esperienza ormai pluriennale, con il progetto PIN si è proposto un modello consolidato e “funzionale” di integrazione che è stato studiato e valutato positiva- mente nel corso dei precedenti anni con gli integrati Voci, Ieri Stranieri, Gentes e Clè. In tal modo si è data continuità alle sperimentazioni avviate e si sono segnalate le buone pratiche identificate e riconosciute nei diversi contesti e territori provinciali. In altre parole, si è consolidato un sistema integrato di servizi, attività formative (di tipo personalizzato), sportelli (di informazione e orientamento) e azioni di supporto all’inserimento lavorativo e di orienta- mento dedicati alle persone immigrate presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna. Rispetto ai beneficiari diretti dell’iniziativa, perseguendo le proprie finalità statutarie, l’associazione AECA anche in questa programmazione ha inteso offrire una proposta for- mativa tesa allo sviluppo integrale della persona accolta nella sua totalità/complessità. I per- corsi progettati offrono ai destinatari un accompagnamento nella transizione verso una ri- 3 Il progetto PIN dell’AECA è stato fornito da Marcello Coppertino e da Morena Sartori, e-mail: sartori@aeca.it. Il sito dell’AECA è www.aeca.it. 173 collocazione dell’individuo in primo luogo sul piano lavorativo ma, di conseguenza, anche nella globalità della propria situazione esistenziale. Destinatari: Il progetto è rivolto a cittadini stranieri residenti nella nostra Regione. I dati specifici sono presentati nelle tabelle relative alla descrizione delle attività progettuali. Analisi bisogni formativi e socio-occupazionali degli immigrati Entità e consistenza numerica dei bisogni formativi/sociali e occupazionali degli immi- grati a cui il progetto intende dare risposta. Il progetto si è rivolto principalmente ai cittadini stranieri sprovvisti degli strumenti adeguati per l’inserimento nel tessuto socio-lavorativo del- la nostra Regione. I percorsi formativi sono stati rivolti a persone disoccupate mentre nessun vincolo d’accesso è stato posto per l’ingresso agli sportelli informativi e orientativi. I bisogni espressi sono stati principalmente la ricerca di un lavoro e l’individuazione di percorsi forma- tivi adeguati per un miglioramento/adeguamento delle proprie competenze. Esiti del progetto in termini di soluzioni concrete: risposte fornite nelle seguenti aree di difficoltà incontrate dagli immigrati: accoglienza, formazione strutturate e destrutturata, integrazione sociale, inserimento lavorativo nelle aziende del territorio. Fedele alla sua ot- tica di sistema, e a una visione globale del fenomeno migratorio, l’iniziativa promossa vuole garantire l’integrazione tra le attività formative proposte e tra esse e i servizi offerti dalle altre realtà operanti nel territorio regionale a favore dell’inclusione socio-lavorativa dei cittadini immigrati. Gli interventi attivati sono finalizzati all’orientamento, ai bilanci di competenze, alla formazione e all’inserimento lavorativo. Composizione e attivazione della rete locale coinvolta nel progetto: attori lo- cali/partnership coinvolta nel progetto e ruoli operativi (autorità locali, scuole CFP, parti so- ciali, aziende, Chiesa, associazioni di volontariato, utenti, ecc.). Partner di progetto: CNOS-FAP Bologna; EDSEG Modena; ENAC Fidenza (PR); ENDO FAP Borgonovo V.T. (PC) Organismi promotori: Ass. Casa delle donne contro la violenza – Modena; Comune di Fidenza (PR); Caritas diocesana di Piacenza-Bobbio; Comune di Sarmato (PC); Comune di Ziano Piacentino (PC); Comune di Nibbiano (PC); Comune di Borgonovo Val Tidone (PC); Comune di Gragnano Trebbiense (PC); Comune di Aguzzano (PC); Comune di Castel San Giovanni (PC). Modalità di interventi in rete: modalità di coinvolgimento degli attori locali nel proget- to; modalità di creazione gestione promozione della rete; strategie ottimali di comunicazione e concertazione/partecipazione al progetto; interventi messi in atto in rete; ricadute del lavo- ro effettuato dalla rete/partnership nel progetto a livello: territoriale, sistema produttivo, so- ciale, culturale, etico; sulle esigenze delle persone immigrate, con particolare riferimento al- l’inserimento sociale e lavorativo; eventuale realizzazione di protocolli di lavoro in rete. Il progetto si è voluto inserire in maniera funzionale e integrata nell’intervento di sviluppo locale. Esso tende a valorizzare le risorse disponibili tenendo conto in particolare dell’impor- tanza del fattore risorse umane e della sua qualificazione per favorire un processo di sviluppo locale, creare processi di innovazione nelle competenze e opportunità occupazionali. I soggetti partner del progetto agiscono in stretta collaborazione con gli altri attori ter- ritoriali i quali forniscono un aiuto prezioso nella fase di assistenza e di sostegno sociale dei beneficiari, di segnalazione degli utenti dei percorsi, di inserimento lavorativo al termine dei percorsi stessi. 174 Fase formativa dei progetti AECA, CNOS-FAP di Bologna e Castel dè Britti Il Progetto integrato, non ancora concluso, ha interessato i territori delle province di Bologna, Modena, Parma e Piacenza, con svolgimento, tra il settembre 2006 e il mese di di- cembre 2007. Esso si compone di un’azione di sistema, realizzata dalla sede regionale mediante atti- vità di supporto alla realizzazione del progetto integrato e allo sviluppo e diffusione delle buone prassi; tre azioni di aiuti alle persone, consistenti in percorsi di orientamento lavora- tivo e di formazione professionalizzante: al CFP EDSEG di Modena con possibilità di rila- scio di certificato di Qualifica di “Costruttore di macchine utensili”; al CFP CNOS-FAP di Bologna con rilascio di attestato di frequenza; al CFP ENDO FAP di Borgonovo Val Tidone con rilascio di attestato di frequenza; tre azioni di accompagnamento, miranti a fornire stru- menti orientativi verso l’inserimento lavorativo mediante gli sportelli dell’EDSEG di Mo- dena e il percorso di orientamento ad esso collegato e lo sportello dell’ENAC di Fidenza. DETTAGLIO DELLE ATTIVITÀ ATTIVITÀ CORSUALI 2006-0164/ AP tip. Percorso ENDO FAP 13 31 Operatore generico Rer 9.1 formativo Borgonovo febbraio maggio d’officina meccanica nell’ambito V.T. (PC) 2007 2007 e carpenteria meccanico Attestato di frequenza ATTIVITÀ Ore d’aula realizzate 120 Ore in azienda in rapporto al totale delle ore 160 (su un totale di 280) N. di aziende in cui si è svolto lo stage 6 DESTINATARI FINALI ISCRITTI 13 RITIRATI 3 IDONEI SESSO N F M 13 ETÀ N 15/19 anni 1 20/24 anni 1 25/29 anni 3 30/34 anni 1 35/44 anni 4 Oltre 45 anni 3 TITOLO DI STUDIO N Obbligo scolastico SMI 3 Diploma SMS Laurea Nessun titolo di studio 10 CITTADINANZA N Italia Stati UE Stati extra UE 13 175 2006-0159/ AP tip. Percorso CNOS FAP Marzo Giugno Costruttore su Rer 9.2 formativo Bologna 2007 2007 macchine utensili Attestato di frequenza ATTIVITÀ Ore d’aula realizzate 240 Ore in azienda in rapporto al totale delle ore 160 su 400 N° di aziende in cui si è svolto lo stage 12 DESTINATARI FINALI ISCRITTI 12 RITIRATI IDONEI SESSO N F M 12 ETÀ N 15/19 anni 1 20/24 anni 3 25/29 anni 7 30/34 anni 35/44 anni 1 Oltre 45 anni TITOLO DI STUDIO N Obbligo scolastico SMI 9 Diploma SMS 3 Laurea Nessun titolo di studio CITTADINANZA N Italia Stati UE Stati extra UE 12 STATO OCCUPAZIONALE (avvio attività) N Occupato Disoccupato 12 Inoccupato PERSONALE ADDETTO Docenti Coordinatori 1 Tutor 1 STATO OCCUPAZIONALE (avvio attività) N Occupato Disoccupato 13 Inoccupato PERSONALE ADDETTO Docenti Coordinatori 1 Tutor 1 176 2006-0161/ AP tip. Percorso Rer 9.2 formativo per la Qualifica EDSEG 18 30 Percorso formativo per la professionale Modena settembre aprile Qualifica professionale: Costruttore su 2006 2007 Costruttore su macchine macchine utensili utensili ATTIVITÀ Ore d’aula realizzate 150 (sottopr 1) + 266 (sottopr 2) Ore in azienda in rapporto al totale delle ore 184 su 450 del 2° sottopr, totale ore del progetto 600 N. di aziende in cui si è svolto lo stage 11 DESTINATARI FINALI ISCRITTI 19 RITIRATI 5 IDONEI SESSO N F M 19 ETÀ N 15/19 anni 6 20/24 anni 2 25/29 anni 6 30/34 anni 2 35/44 anni 3 Oltre 45 anni TITOLO DI STUDIO N Obbligo scolastico SMI Diploma SMS Laurea Nessun titolo di studio 19 CITTADINANZA N Italia Stati UE Stati extra UE 19 STATO OCCUPAZIONALE (avvio attività) N Occupato Disoccupato 19 Inoccupato PERSONALE ADDETTO Docenti Coordinatori 1 Tutor 1 177 Lo Sportello ha registrato N. 148 persone e instaurato contatti complessivi utenti N. 230, considerati come Ritorni allo sportello delle persone iscritte al servizio. Sono prove- nienti principalmente dalle seguenti 4 aree geografiche: Fra questi utenti si contano: Utenti Uomini Donne N. 148 N. 67 N. 81 Divisi per le seguenti classi di età: Fruitori per 15/19 anni 20/24 anni 25/29 anni 30/34 anni 35/44 anni Oltre 45 anni classe di età N. 148 10 19 28 30 46 15 Area Geografica Nazioni di provenienza (in ordine per gruppo di appar- tenenza) N. Totale 148 Africa Etiopia * 25 Marocco 19 Tunisia 8 Eritrea 4 Nigeria 4 Senegal, Kenya Egitto, C.Avorio, Sudan, S.Leone, G.Bissau, Ghana, Algeria 13 75 Est - Europa e area balcanica (Ex-Yugoslavia) Albania 10 Moldavia 8 Romania 8 Ucraina 4 Russia 4 Ex-Yugoslavia, Bosnia 1 35 Sud- America Ecuador 15 S. Domingo 5 Colombia 4 Brasile 2 Perù 1 27 Medio Oriente/Oriente India 5 Cina 3 Bangladesh 2 Pakistan 1 11 NB - Essendo l’attività ancora in corso mancano i dati complessivi relativi ai destinatari finali ATTIVITÀ NON CORSUALI 2006-0160/ AA tip. Sportello EDSEG 12 ottobre 15 dicembre 44 settimane Rer 57 Centro Modena 2006 2007 3 ore/giorno per 2 giorni/sett Risorsa per donne immigrate 3 ore/giorno per 1 giorno/sett per uomini immigrati NB - Essendo l’attività ancora in corso mancano i dati complessivi relativi ai destinatari finali 2006-0160/ AS tip. Orientamento EDSEG 12 ottobre 15 dicembre 2 ore di colloquio Rer 1.0 professionale Modena 2006 2007 350 ore totali per immigrati 200 ore di front office 100 ore di coordinamento 50 ore di back office NB - Essendo l’attività ancora in corso mancano i dati complessivi relativi ai destinatari finali 2006-0160/ AA tip. Sportello ENAC 14 settembre 30 luglio front office 372 ore Rer 1.0 immigrati Fidenza (PR) 2006 2007 (10 ore settimanali su 3 giorni lavorativi per 37 settimane) back office 621 ore + 80 ore 178 Presentazione delle attività (ancora in corso di svolgimento) 2006-0160/ AS tip. Attività di supporto alla realizzazione del progetto AECA - sede regionale integrato e alla diffusione delle buone prassi I. Fase di governo e coordinamento del progetto Il Comitato di Coordinamento AECA ha compiti specifici che riguardano prioritariamente: - il recepimento delle politiche regionali e la promozione del confronto di queste con gli scopi statutari dell’Associazione AECA secondo quanto è stato indicato dal Consiglio direttivo dell’Ente; - il presidio dell’accompagnamento al progetto integrato e ai singoli progetti che lo compongono, per tutta la durata del progetto stesso; - l’attivazione di misure di assistenza metodologica, gestionale e amministrativa, di pianificazione, di valutazione e di coordinamento generale a garanzia dell’integrazione delle attività; - la promozione di azioni di diffusione delle buone pratiche nell’ambito delle strutture associate e nei confronti dell’esterno. Ad esso partecipano i responsabili delle seguenti funzioni: I. Funzione direzionale; II. Funzione assistenza tecnica e accreditamento; III. Funzione progettazione e coordinamento dei progetti; IV. Funzione amministrativa; V. Funzione gestione e sistema informativo. Il Comitato Tecnico Scientifico è composto da esperti operanti “sul campo”, vale a dire professionisti che possono vantare un’esperienza significativa nei confronti della tipologia di utenti a cui viene rivolta l’attività formativa. II. Fase di integrazione delle attività che compongono il progetto integrato. Sono stati realizzati 2 incontri di approfondimento rivolti agli operatori coinvolti, denominati Tavoli di lavoro tematici, finalizzati alla realizzazione di interventi sempre più rispondenti al mutare delle neces- sità formative e dei bisogni sociali degli immigrati e che risultano strategici per l’integrazione e per il miglioramento della vita delle persone immigrate. Tali incontri hanno fornito utili indicazioni per le prossime programmazioni. Per arricchire ulteriormente questo momento di lavoro ci si è raccordati con le altre attività rivolte a persone immigrate, favorendo la partecipazione degli operatori e delle operatrici che stanno lavorando all’interno di altri progetti, in modo da favorire il confronto, la discussione, il tra- sferimento di metodologie di lavoro, ecc. Complessivamente, il percorso, distribuito su 4 progetti rivolti all’utenza straniera, si è snodato su 8 incontri da febbraio a luglio 2007 e ha visto una partecipazione media di circa 15 persone. L’attività di monitoraggio si divide in due tipologie: il monitoraggio quantitativo fa riferimento al moni- toraggio fisico e a quello finanziario. Il monitoraggio qualitativo, si sostanzia in azioni di individuazione degli aspetti eminentemente contenutistici delle azioni finanziate attivate nei diversi contesti, al fine di garantire la valorizzazione e l’ottimizzazione di parametri qualitativi, nonché il sostegno ai progetti, per favorirne l’impatto sul territorio, l’attività di mainstreaming e per rafforzare il ruolo delle reti di partena- riato. Quest’ultimo aspetto è collegato strettamente alla fase di valutazione, per cogliere gli aspetti qualitativi ed innovativi, ma anche per individuare in tempo reale gli elementi di criticità che possono emergere. In relazione a questa attività, AECA sta utilizzando il sistema predisposto che si compone di apposite schede suddivise sia per tipologia di attività (AS, AA, AP), che per scansione temporale (ex ante, in iti- nere, ex post). III: Fase di supporto alla realizzazione del progetto e alla diffusione delle buone prassi 1. Azioni di supporto Si è dato continuità ad un servizio, chiamato HI-mail che consiste in una sorta di newsletter telema- tica, da intendersi come un vero è proprio strumento di comunicazione gestito direttamente dal pro- ject leader. L’identificazione e la diffusione di un’immagine/logo del progetto ha consentito di rendere immedia- tamente riconoscibile l’attività dagli utenti stessi ma anche verso “l’esterno” contribuendo alla diffu- sione dei risultati e dei prodotti realizzati. AZIONE DI SISTEMA 179 3.2. Centro di Formazione Professionale CNOS-FAP Bologna: PIN - Percorsi di INclu- sione sociolavorativa per le persone immigrate 4 Il CNOS-FAP di Bologna ha realizzato con successo un corso specificatamente rivolto a un’aula composta esclusivamente da 12 immigrati adulti (over 25 anni) extracomunitari disoccupati, in regola con il permesso di soggiorno, Corso P.A. 2006-0159/Rer PIN Per- corsi di Inclusione socio-lavorativa per le persone immigrate (parte di un progetto integrato più ampio finanziato dalla Regione E-R con delibera di G.R. n. 06-001156 del 05.08.2006 ob. 3 B1). Per quanto riguarda le finalità e i motivi fondanti del progetto, essi sono in linea con quelli esposti nel precedente paragrafo 3.1, poiché l’azione qui descritta fa parte del PIN or- ganizzato dall’AECA, ivi presentato. Dati identificativi progetto: n. sottoprogetto PA 2006-0159/RER del 05/08/2006 - Ob.3 B1 Titolo del percorso PIN, Percorsi di INclusione socio-lavorativa per le persone immigrate Anno formativo 2007 Ore previste 400 Di cui stage 160 Data di avvio 19.03.2007 Data di termine 20.06.2007 Certificazione rilasciata Attestato di frequenza Partecipanti 12 Descrizione del gruppo-classe e modalità di gestione. Termine iscrizione lunedì 12 marzo 2007 ore 12 con n. 48 preiscritti. Selezione. Alle ore 14, del 12 marzo 2007, in presenza del coordinatore e di un docente di area professionale, si sono svolte le formalità di identificazione dei soggetti candidati. Si sono presentati in 46 candidati. Dalle ore 15.00 alle ore 16.00, è stato somministrato un test scritto, per valutare la co- noscenza del livello di italiano e di calcolo matematico. Il giorno 15 marzo 2007, dalle ore 9, in presenza del direttore del corso, del tutor e del coordinatore, si sono svolti i colloqui orali. Si sono presentati in 42 candidati che avevano partecipato al test di selezione scritto. La direzione, dato l’elevato numero di iscritti “over 25”, ha fatto richiesta di una varia- zione del progetto relativo agli utenti, ottenendo la possibilità di inserire il 30% degli utenti, con età inferiore al venticinquesimo anno di età. 2. Azioni di diffusione delle buone prassi È stata aperta una sezione del sito AECA dedicata al progetto. Tale sezione contiene, oltre a una sin- tesi del progetto stesso, i materiali prodotti nel corso delle attività. Si intende inoltre proseguire nella redazione del Bilancio Sociale per il quale è iniziata la raccolta dei dati utili. Tale strumento si è rivelato estremamente efficace nella diffusione sia interna che esterna delle attività, ma anche dei risultati conseguiti. Come ultima attività prevista, sarà realizzato un docu- mento finalizzato ad elaborare la “buona prassi” di lavoro sperimentata nel corso di questi ultimi anni nei confronti delle donne immigrate. 4 Fonte: Informazioni tratte dalla Relazione finale redatta dal coordinatore e dal tutor, datata 27.06.2007. 180 Sono state formate due graduatorie: la prima relativa agli over 25 anni, dalla quale sono stati inseriti i primi otto allievi (pari al 70% di presenza nel corso su 12 candidati); la seconda relativa agli under 25, dalla quale sono stati inseriti i primi quattro (30 % di pre- senza nel corso su 12 candidati). È stata stilata una lista di 12 candidati, affissa presso la segreteria. I candidati aventi diritto a partecipare al corso, sono stati invitati a presentarsi il giorno 16.03.07, dalle ore 10.30 alle ore 12.30, per le indicazioni relative al corso che ha avuto inizio il lunedì 19 marzo 2007. Il tutor, con ogni partecipante al corso, ha redatto il “Patto formativo”, sottoscritto tra utenti e Associazione CNOS-FAP. Il gruppo classe si è presentato abbastanza eterogeneo dal punto di vista motivazionale e delle competenze linguistiche, ma con una base comune di comprensione della lingua ita- liana sufficiente. I corsisti si sono sempre dimostrati molto attenti e interessati all’apprendimento dei contenuti trattati, si è cercato di favorire la forma orale e il colloquio, in quanto la produ- zione scritta risultava per alcuni particolarmente difficoltosa. La convivenza tranquilla e il rispetto delle principali norme dello stare insieme, che un contesto formativo richiede, ha reso buono l’apprendimento e il clima di rapporti interper- sonali. Durante lo stage i corsisti sono stati seguiti costantemente dal tutor e dal coordinatore con telefonate e visite aziendali settimanali, per verificarne eventuali problemi che si pote- vano creare. Durante questo periodo non si sono verificati problemi particolari, anzi, i corsisti sono stati contenti del rapporto di aiuto/sicurezza, che si è venuto a creare tra loro, il tutor e il co- ordinatore. Il corso è terminato il 20 giugno 2007 con un rientro in aula di due ore, nel quale i cor- sisti hanno redatto un test di gradimento del corso. Si sono raccolte le schede di presenza e di valutazione dello stage, compilate dalle ditte. Si è discusso sulle proposte lavorative fatte e possibilità future. Il tutor e il coordinatore si sono resi disponibili per attivarsi e dare loro un aiuto per una ricerca di un’occupazione. Non si sono verificate problematiche di abbandono. Al termine del corso tutti i dodici partecipanti hanno frequentato un numero di ore superiore al 70%, con una media ore corso/allievo uguale al 91%. Articolazione del percorso formativo. – Modulo 1, ore 30: Cultura italiana e orientamento al lavoro. Il sistema economico ita- liano e il mercato del lavoro pari opportunità. – Modulo 2, ore 210: Formazione al ruolo di “Costruttore su macchine utensili”. Lavora- zione meccaniche (ore160); Tecnologia e lettura del disegno (ore 40); Sicurezza sul la- voro e tutela all’ambiente (ore 10). – Modulo 3, ore 160: Stage in azienda. – Modulo 4, Accompagnamento e transizione al lavoro. Metodologie della formazione. Materiali didattici, prodotti laboratori usati. – Lezioni frontali in aula utilizzando dispense e appunti, inerenti gli argomenti trattati. – Uso di lucidi e lavagna luminosa, filmati (VHS/DVD) e CD ROM. – Lavori di gruppo. Esercitazioni pratiche. – Verifiche di apprendimento in itinere dei singoli moduli. 181 – Aula didattica attrezzate di lavagna luminosa, e proiettore. – Aula attrezzata di informatica (una postazioni per allievo, una postazione docente, un videoproiettore). – Aula attrezzata con macchine utensili CNC (tornio, fresatrice). – Laboratorio con attrezzature meccaniche e macchine utensili. Visite guidate Sono state programmate due visite. La prima il 20 aprile 2007 presso il Museo del patrimonio industriale di Bologna. Obiettivo della visita è stato quello di illustrare il moderno distretto industriale e le storie di piccole e medie imprese del territorio, le tipologie e le caratteristiche dei prodotti bolognesi innovativi, soprattutto meccanici ed elettromeccanici, che hanno aiutato a costituire il pro- cesso di formazione del distretto industriale bolognese e la sua articolazione nei comparti delle macchine automatiche per il packaging e della motoristica. La seconda il 4 maggio 2007 presso la ditta SIPLA s.r.l. di Crespellano (Bologna). Obiettivo della visita è stato conoscere il processo di lavorazione di un prodotto, dalla pro- gettazione, alla lavorazione alle MU, all’assemblaggio. Aziende coinvolte in Stage Lo stage si è svolto dal 23 maggio 2007 al 19 giugno 2007 per un totale di 160 ore. Le ditte presso le quali si è realizzato lo stage sono state 12, una per ogni corsista, tutte del set- tore meccanico del territorio bolognese. Descrizione di eventuali altri progetti realizzati a sostegno dell’attività. Nel modulo 1, si è riscontrata la necessità di approfondire la lingua italiana per tre cor- sisti, dando loro un sostegno linguistico di dieci ore. Obiettivi dell’intervento sono stati: mi- gliorare l’espressione orale, scritta e della comprensione; conoscere le regole basilari del genere e del numero, della costruzione del presente indicativo e del passato prossimo; mi- gliorare la pronuncia e l’uso degli aggettivi, la formula di cortesia e la formula confiden- ziale nell’interlocuzione; sapersi presentare in maniera sufficientemente corretta e compren- sibile; stilare un curriculum vitae in formato europeo. Modalità di pubblicizzazione del corso Attraverso volantini inviati ai CIP della Provincia di Bologna. Il corso è stato pubbli- cizzato sul nostro sito, www.salesianibologna.it, CNOS-FAP Formazione Professionale e presso la segreteria. Ruoli, modalità, funzioni del coordinamento e tutoraggio L’attività svolta dal progettista è stata tipo progettuale di dettaglio, organizzativa, di controllo. Il progettista ha avuto la responsabilità del corso. Egli è altresì stato il referente con gli uffici preposti per la parte organizzativo-burocratica dell’attività. Il Coordinatore del corso ha seguito la direzione del progetto per eventuali problemi sorti in itinere. Il coordinamento è stato di tipo didattico e del processo di apprendimento. Ha curato gli acquisti del materiale di consumo essendo il punto di riferimento dei docenti. Il tutor è la figura più vicina agli allievi. Si è fatto portavoce degli allievi verso il gruppo docenti e verso il coordinatore del corso per ogni problematica sorta in seno al gruppo. Ha elaborato con i corsisti il patto formativo e ha proposto nuove strategie all’interno dell’intervento formativo, in collaborazione con i docenti. Ha operato in stretta collaborazione con il coordinatore per la realizzazione degli stages. 182 3.3. VIDES, Volontariato Internazionale Donna Educazione Sviluppo: Progetto “Corso di italiano gratuito per stranieri” 5 Nel 2003 “Scuola di Accoglienza”6 ha realizzato un monitoraggio delle scuole di lingua italiana per adulti immigrati attive in Bologna e provincia. Da tale ricerca sono state rilevate circa cinquanta realtà attive7. Attraverso questi dati si è verificata e scoperta la molteplicità di scuole presenti e la loro diversità per utenza, modalità di insegnamento, strategie di lavoro utilizzate8. Tutto questo ha spinto “Scuola di Accoglienza” a interessare l’Osservatorio provin- ciale delle Immigrazioni di Bologna e a formare una équipe di lavoro composta da alcune scuole: “Scuola di Accoglienza”, Associazione Centro Poggeschi, VIDES (Volontariato In- ternazionale Donne Educazione Sviluppo), SIM (Scuola di Italiano per Migranti), “Trama di terre” di Imola e Associazione Parapagal. Di queste iniziative per la conoscenza della lingua italiana, figura quella del VIDES presentata nel presente paragrafo. Dati identificativi del progetto L’associazione VIDES è una ONG, riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri (DM 1991/128/01017/6) ed iscritta nel registro provinciale delle organizzazioni di volontariato (LR n. 12 del 21.02.2005 - art. 25, comma 2 con deliberazione n. 12/2007) e opera in campo internazionale e a livello sociale con iniziative a favore dello sviluppo e dell’educa- zione della persona, con speciale attenzione per la donna. L’associazione nasce dallo spirito e dall’esperienza educativa salesiana dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Qui a Bologna da ormai quattordici anni il gruppo VIDES locale ha attivato una scuola di italiano per stranieri per rispondere alle loro esigenze di istruzione, conoscenza della lingua ed integrazione. Descrizione sintetica del progetto Il Progetto “Corso di italiano gratuito per stranieri” è un’azione volta all’apprendi- mento della lingua italiana e all’integrazione di cittadini stranieri. Nel corso degli anni si sono registrati i seguenti iscritti: nell’anno scolastico 5 La fonte di questo paragrafo è il Progetto del corso medesimo, fornito dalla prof.ssa suor Gra- ziella Pezzotta, coordinatrice del corso ed esperta del settore. Recapito: Via Jacopo della Quercia, 5 - Bologna, Tel. 051.35.69.77. 6 Il progetto “Scuola di Accoglienza” è un gruppo di soggetti che intende mettere in rete il mondo del volontariato, le istituzioni, le associazioni del territorio coinvolgendo la comunità locale. Di essa si parla nel capitolo 2 del presente report. 7 Alcuni esempi per Bologna-città: CGIL (Centro Lavoratori Stranieri), Centro Poggeschi, VIDES (Volontariato Internazionale Donne-educazione-sviluppo), CISL, CIDIS/Alisei, SIM (Scuola Italiano Migranti), corsi del Comune di Bologna (presso l’Istituto Aldini Valeriani), Punto d’Ascolto, CD/LEI, Polo Interetnico/AIPI, Famiglie Insieme Gruppo di volontariato. Per la provincia di Bo- logna: Che la Festa Continui (Casalecchio di Reno). Trama di Terre (lmola), Comune di Monzuno, Arc En Ciel (Castel San Pietro T.), Centri Territoriali Permanenti (CTP) di Bologna, Centro EDA presso Scuola media Besta, Istituto Comprensivo Dozza. Centri Territoriali Permanenti della pro- vincia di Bologna: Centro EDA presso la Scuola media Mameli (San Giovanni in Persicelo), altri Centri Territoriali Permanenti nei Comuni di Minerbio, Imola e Castiglione dei Pepoli. 8 La ricerca menzionata, intitolata “NonSoloItaliano. Le scuole di italiano per migranti adulti a Bologna e provincia” è stata pubblicata su “Comune, Provincia, Prefettura UTG di Bologna: Osserva- torio delle Immigrazioni (www.provincia.bologna.it/immigrazione/documenti), anno 2005, numero 1, agosto 2005. 183 1997/1998 n. 240; nel 1998/1999 sono stati 500, nel 1999/2000 circa 630, nel 2000/01 n. 648, nel 2001/02 n. 680, nel 2002/03 n. 500, nel 2003/04 n. 450, nel 2004/05 n. 430, nel 2005/06 n. 480 e nel 2006/07 n. 400. Le loro provenienze sono le più svariate: Marocchini, Nigeriani, Ruandesi, Somali, Eritrei, Egiziani, Cinesi, Indiani, Croati, Russi, Cechi, Polacchi, Ucraini, Slovacchi, Paki- stani, Cingalesi, ecc. Il corso si prefigge di fare acquisire una buona conoscenza della lingua italiana scritta e parlata, attraverso un livello sempre più approfondito di integrazione e socializzazione. Il gruppo, che si viene a formare, infatti, essendo di pluriappartenenza sia linguistica che culturale, mira a divenire luogo di amicizia, di scambio, di confronto e opportunità di istruzione. Oltre alle lezioni organizzate, come si dirà più sotto, sono previsti momenti di festa, escursioni insieme e visita turistica a qualche significativa città italiana. Frequenza e durata del corso Il corso si tiene due volte alla settimana: il martedì dalle 18,30 alle 20,30 e il sabato dalle 15,00 alle 17,00, dal mese di ottobre al mese di maggio. Volontari presenti I volontari, che prestano servizio al corso come insegnanti, o in altre forme (accompa- gnamento, preparazione materiale, coordinamento) sono circa 25. Articolazione del corso Il corso si articola in quattro livelli di conoscenza della lingua italiana. All’arrivo, gli iscritti permangono per alcune lezioni in un gruppo d’accoglienza nel quale gli insegnanti determinano il livello e mettono a punto la preparazione degli allievi affinché possano entrare nel primo livello. Nel livello 0 vengono inseriti gli iscritti che non hanno alcun tipo di scolarizzazione, perché imparino a leggere e scrivere le cose fondamentali della nostra lingua, oltre che ad esercitare le competenze di ascolto e produzione orale della lingua. Il primo livello è seguito da coloro che devono apprendere la fonetica della nostra lingua, lettura e scrittura. Il secondo livello è seguito da coloro che comprendono il linguaggio parlato e devono appropriarsi della produzione del linguaggio verbale e scritto. Approfondiscono le compe- tenze di lettura, scrittura e produzione orale, perfezionando le proprie basi grammaticali e sintattiche. Per ogni gruppo di livello (solitamente del livello 0 si formano due o tre gruppi) sono presenti tre insegnanti per le caratteristiche particolari che il gruppo stesso presenta. Metodologia e materiali didattici. Ambienti Alcuni volontari hanno competenze didattiche e di insegnamento derivate dalla loro personale formazione scolastica e professionale, comunque per tutti sono previsti incontri di confronto e di formazione per trovare le metodologie più adeguate per costruire le ore di lezione. Di fondo tutti i volontari seguono un metodo definibile come funzionale-comunica- tivo, basato sull’approccio alla lingua viva, preoccupato del rinforzo grammaticale solo dopo o durante l’apprendimento della espressioni linguistiche indispensabili per lo sviluppo delle varie funzioni della lingua. Oltre ai libri di testo vengono usati materiali autentici, scelti tra quanto gli iscritti incontrano nella loro vita reale: formulari, moduli da compilare, cartelli pubblicità, annunci di giornale, ecc. Altre tematiche essenziali sono: la conoscenza degli usi e costumi della nostra tradi- 184 zione, le abitudini dei giovani, delle famiglie, nella nostra società, il confronto con i loro stili di vita e modi di pensare. Per lo svolgimento del corso, vengono utilizzati: libri di testo per stranieri, libri per le classi del primo e del secondo ciclo delle classi elementari, libri per le classi medie, riviste, quotidiani, opuscoli, schede didattiche per le valutazioni. Vengono inoltre impiegate foto- copie di materiali (dialoghi, esercizi preparati dai volontari), audiocassette, videocassette, diapositive, lucidi, registratori, proiettore, televisore, ecc. Le verifiche parziali sono fissate ogni due mesi e tengono conto del percorso forma- tivo complessivo della persona. La verifica finale permetterà di dare una valutazione sommaria del corso stesso che sarà riscontrabile nella costante frequenza degli allievi e nel raggiungimento degli obiettivi minimi e massimi. Viene rilasciato un attestato di frequenza. Gli ambienti, nei quali si tiene il corso, sono quelli della Scuola Primaria “Maria Ausi- liatrice” di via Jacopo della Quercia 5. Sono a disposizione dell’Associazione le sei aule completamente attrezzate, una sala attigua per riunioni, la fotocopiatrice, la lavagna luminosa, un televisore con videoregistra- tore, registratori. Esperienze extra corsuali Nel corso degli anni, l’esperienza di gruppo si è maturata e ha sentito l’esigenza di tro- vare altri tempi e spazi di incontro. I primi, nati spontaneamente, sono i momenti di festa (compleanno, Natale, Pasqua...) ai quali sono seguiti momenti di aggregazione attorno al gioco e allo sport. Ogni domenica pomeriggio dalle 15.00 alle 19.00, in numero di 15 circa, i giovani fre- quentanti il corso con gli animatori VIDES si incontrano presso l’Istituto delle FMA per or- ganizzare partite di calcio, pallavolo e basket. Prospettive future Ogni anno si potenzia lo sviluppo del servizio di accoglienza e di orientamento degli iscritti. Molti infatti necessitano, oltre che dell’apprendimento della lingua italiana, anche di informazioni e di indicazioni riguardanti il lavoro, i documenti, la scuola per i figli, la sa- lute. La nostra associazione vuole quindi porsi come anello di congiunzione tra questi im- migrati e le altre realtà presenti sul territorio che si occupano di cittadini stranieri, spesso da loro non conosciute o troppo complicate da avvicinare. Tale servizio viene svolto anche in collaborazione con il CFP CIOFS/FP di via Jacopo della Quercia, 4 Bologna, per gli immigrati in possesso del permesso di soggiorno. 3.4. CNOS-FAP Bologna: stranieri inseriti nei corsi di Formazione Professionali 9 Dati identificativi I dati riportati fanno riferimento ai corsi avviati nell’anno formativo 2005-2006 e rea- lizzati negli anni formativi 2005-2007; essi appartengono a due diverse tipologie formative (Obbligo Formativo e formazione post diploma), che hanno avuto una presenza in aula di 9 Il testo fa riferimento alla Scheda riepilogativa delle attività di FP svolte nell’anno 2005-2006, nel Centro di Formazione Professionale CNOS-FAP di Bologna e di Castel de’ Britti. 185 giovani immigrati/e. Essi sono 5 corsi biennali di Obbligo Formativo avviati nel periodo ot- tobre 2005 e conclusi a giugno 2007, finanziati dalla Provincia di Bologna; 2 corsi post di- ploma realizzati nell’anno formativo 2005-2006, finanziati dalla Provincia di Bologna. Destinatari Il numero totale degli allievi iscritti nel CFP nell’anno formativo 2005-2006 è di 220; di essi gli allievi immigrati sono stati 51 (42 maschi e 9 femmine). Distribuzione degli allievi immigrati in base all’età: fino a 18 anni: n. 48; 18-25 anni: n. 1; oltre 25 anni: n. 2. Distribuzione degli allievi immigrati in base alla provenienza: Africa: n. 4, America Latina: n. 2, Asia: n. 19, Europa dell’Est: n. 12. Esiti dell’intervento formativo Tra gli immigrati iscritti nell’anno formativo 2005-06: si sono qualificati 33 allievi (pari al 65%); hanno abbandonato il corso, durante l’anno, 18 allievi (35%); nessun allievo è stato respinto al termine del corso. Descrizione delle attività formative Tipologie di corsi frequentati dagli immigrati negli ultimi 5 anni: Attività di supporto alla formazione degli immigrati negli ultimi 5 anni: Corsi nel settore: 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 Meccanico Sedi CNOS-FAP di Bologna e Castel dè Britti x x x x x Grafica multimediale Sede CNOS-FAP Bologna x x x x x altri corsi: falegnameria Sede CNOS-FAP di Castel dè Britti x x x x x altri corsi: termoidraulica e saldatura Sede CNOS-FAP di Castel dè Britti x x x x x altri corsi (per adulti, per occupati, per disoccupati...) Attività di supporto agli immigrati 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 Informazione x x x x x Accoglienza x x x x x Orientamento x x x x x Bilancio competenze Counseling allievi Counseling formatori Counseling famiglie altri servizi: alfabetizzazione/recupero linguistico x x x x x altri servizi: sostegno all’inserimento lavorativo x x x x x altri servizi: educazione allo sport, alla salute, affettività e benessere x x x x x altri servizi: educazione interculturale x x x x x altri servizi: educare alla cittadinanza democratica x x x x x altri servizi: 186 3.5. Confartigianato di Bologna, Associazione Seneca 10: sportelli di orientamento per immigrati 11 La presente attività fa parte del progetto “Equal S.C.I. - Sostenere la Competitività In- dividuale”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna nell’ambito dell’Iniziativa Comuni- taria Equal - Fase II. Le attività del progetto S.C.I. sono sviluppate da cinque partners: Confartigianato Fe- derimprese di Bologna; Seneca Agenzia Formativa; BBJ Consult AG Rappresentanza Ita- liana; Università di Bologna Dipartimento di Scienze Statistiche; Forum Metropolitano Fe- derazione Associazioni Cittadini Immigrati Bologna e Provincia. Obiettivo del progetto è utilizzare la leva dell’apprendimento per combattere le discri- minazioni e le disuguaglianze nel mercato del lavoro, intervenendo sulla professionalità dei lavoratori immigrati in Emilia Romagna. II progetto ha una durata di 24 mesi e si articola in diverse attività. Tra queste, figu- rano 4 sportelli di orientamento per fornire informazioni su lavoro, scuola, casa, sanità e permesso di soggiorno. Esistono, così, a Bologna e Ravenna, gli sportelli di orientamento del Progetto Equal S.C.I., strumenti pensati per favorire i processi di integrazione della popolazione straniera residente attraverso la fornitura di informazioni su lavoro, scuola, casa, sanità e permesso di soggiorno agli stranieri, agli italiani, alle imprese, alle Istituzioni e alle Associazioni. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Confartigianato Federimprese Bologna, As- Metodologie utilizzate nella formazione degli immigrati negli ultimi 5 anni: Metodologie 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 E-learning FAD Stage x x x x x LARSA Apprendimento cooperativo x x x x x Peer tutoring Educazione Interculturale x x x x x Altre: Tutoring di sostegno linguistico, e di supporto stage e inserimento lavorativo x x x x x Personale di sostegno impegnato con gli immigrati negli ultimi 5 anni: Personale di sostegno 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 n. formatori di sostegno n. mediatori interculturali x x x x n. personale specialistico (psicologi...) 10 Seneca è un’associazione senza fini di lucro che svolge la propria attività nel settore della for- mazione professionale dal 1988 con l’obiettivo di lavorare per lo sviluppo e la riqualificazione delle risorse umane. È certificata UNI ENI ISO 9001:2000 ed è accreditata per tutte le tipologie formative, ad eccezione dell’obbligo scolastico e dell’handicap. Seneca realizza progetti i cui obiettivi sono quelli di creare nuove prospettive occupazionali a giovani e adulti. www.Senecabo.it. 11 Il progetto, qui riportato, è tuttora operativo, con buona affluenza di utenti. Le informazioni qui riportate sono state trasmesse dalla Dott.ssa Patrizia Lelli, presente al forum del 18 ottobre 2007 all’Istituto salesiano di Bologna. 187 sociazione Seneca, BBJ Italia, Forum Metropolitano delle Associazioni dei Cittadini non comunitari di Bologna, Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Bologna e vede la collaborazione di: Assessorato all’immigrazione del Comune di Ravenna, AGCI- Bologna, Cooperativa Nuova Sanità, CTP Dozza, Sindacato UIL. Lo scopo del progetto è quello di agire sull’attuale situazione in cui molti cittadini extra- comunitari sono oggetto di discriminazione nell’accesso al mondo del lavoro in posizione qua- lificate mentre il settore delle PMI trova difficoltà a reperire mano d’opera qualificata da in- serire immediatamente in organico: un evidente caso di domanda e offerta che faticano ad in- contrarsi anche per difficoltà burocratiche e organizzative che gli sportelli contribuiranno ad eliminare. In ognuna della due città sono stati creati uno sportello per lavoratori stranieri ed uno per aziende che hanno come scopo la creazione di una rete tra mondo imprenditoriale e mondo della solidarietà finalizzata all’inserimento degli immigrati nel contesto lavorativo e sociale attraverso un preciso percorso formativo. Il progetto vuole individuare i punti di forza e di debolezza rispetto alle competenze dei lavoratori immigrati per coniugarli con le esigenze delle imprese: per questo sono stati creati anche percorsi individuali a favore dei lavoratori a rischio di espulsione per favorirne la riconversione professionale in sintonia con le vocazioni del mercato del lavoro. Non mancano poi progetti volti ad accrescere l’adattabilità della forza lavoro in alcuni contesti produttivi quali: PMI e distretti industriali, a seguito dei cambiamenti necessari per affron- tare la competizione tecnologica e la globalizzazione dei mercati. Il progetto avrà una ricaduta sul sistema consentendo: l’accesso facilitato dei cittadini extracomunitari al mondo del lavoro grazie all’incremento delle competenze linguistiche, di base e tecnico professionali; maggiore facilità nel reperimento di mano d’opera da parte delle imprese; inserimento di una metodologia formativa innovativa che permette una per- sonalizzazione degli interventi. Due sportelli si trovano a Bologna: Sportello lavoratori stranieri, in via Sacco 14 c/o sede Forum Metropolitano (operatore Ahmad Namaki Eraghi); Sportello aziende, in via Majorana 2/e c/o Confartigianato (operatrice Isa Carpi). Altri due sportelli sono ubicati a Ravenna: Sportello lavoratori stranieri, in via Alberoni 16 c/o Unità Operativa Politiche per l’Immigrazione (operatrice Laura Giorgini); Sportello aziende, in via Classicana 313 c/o A.G.C.I. (operatrice Serena Brunelli). “Con questa iniziativa - ha dichiarato il Segretario provinciale di Confartigianato Fe- derimprese Bologna Agostino Benassi - vogliamo fornire agli immigrati un servizio che sia loro realmente utile nella vita di tutti i giorni, un luogo in cui non sarà offerto un lavoro ma sarà loro detto cosa fare per accedere al mercato del lavoro, non daremo loro una casa ma gli verrà detto cosa gli serve per cercarla e dove farlo. Si tratterà di un orientamento af- finché possano superare le difficoltà burocratiche che ogni giorno si trovano ad affrontare senza avere gli strumenti per farlo. Sarà poi un servizio utile anche alle nostre imprese che hanno già alle loro dipendenze lavoratori immigrati, o che intendono assumerli in futuro, per la soluzione dei piccoli e grandi problemi dovuti alle diversità culturali”. 3.6. Confartigianato di Bologna: gli assesment center 12 La presente attività, come quella presentata nel precedente paragrafo, fa parte del pro- getto “Equal S.C.I. - Sostenere la Competitività Individuale”, finanziato dalla Regione 12 Le informazioni qui riportate sono state trasmesse dalla Dott.ssa Patrizia Lelli. 188 Emilia Romagna nell’ambito dell’Iniziativa Comunitaria Equal - Fase II. Le attività del pro- getto S.C.I, sono sviluppate da cinque partners: Confartigianato Federimprese di Bologna; Seneca Agenzia Formativa; BBJ Consult AG Rappresentanza Italiana; Università di Bo- logna Dipartimento di Scienze Statistiche; Forum Metropolitano Federazione Associazioni Cittadini Immigrati Bologna e Provincia. Obiettivo del progetto è utilizzare la leva dell’apprendimento per combattere le discri- minazioni e le disuguaglianze nel mercato del lavoro, intervenendo sulla professionalità dei lavoratori immigrati in Emilia Romagna. II progetto ha una durata di 24 mesi e si articola in diverse attività: sono già stati aperti 4 sportelli di orientamento a Bologna e Ravenna per fornire informazioni su lavoro, scuola, casa, sanità e permesso di soggiorno. In questo caso, è sperimentata la metodologia dell’Assessment Center al fine di rico- noscere le esperienze e le competenze dei lavoratori stranieri, attraverso 8 sessioni di asses- sment che coinvolgeranno 96 utenti complessivi. L’Assessment Center (letteralmente: centro di valutazione) è una metodologia innova- tiva per la diagnosi delle competenze chiave e delle potenzialità dei lavoratori immigrati co- munitari e non comunitari occupati. Il modulo standard dell’Assessment Center ha una durata di 4 giorni per un totale di 12 ore, che possono variare a seconda delle caratteristiche degli utenti. I candidati, individual- mente o suddivisi in piccoli gruppi, devono svolgere una serie di esercizi pratici durante i quali vengono osservati da operatori con formazione specifica. Seguono dei colloqui indivi- duali, nei quali si individua, con la partecipazione dell’interessato, un profilo delle compe- tenze, che funge da base per i percorsi formativi e professionali successivi. I criteri di osservazione fondamentali riguardano: la capacità di lavorare in team, la co- municazione, la produttività, la capacità di risolvere problemi, la tolleranza alla frustra- zione, la sistematicità di lavoro, la motivazione, l’esattezza, il reperimento e la gestione delle informazioni, la responsabilità, la capacità di risolvere conflitti, l’autonomia, l’auto- responsabilità, le tecniche di conversazione. 189 Appendice 1 Statistiche a cura dell’Osservatorio sul fenomeno migratorio della Regione Emilia-Romagna e del Dossier Statistico Caritas 1. Permessi di soggiorno Tav. 1.1. Stima dei soggiornanti stranieri in Emilia-Romagna per province e in Italia al 31.12.2005 Province Stima 2005 di cui minori v. a. % Bologna 69.793 14.781 21,2 Ferrara 14.841 2.681 18,1 Forlì-Cesena 26.298 5.169 19,7 Modena 57.022 13.812 24,2 Parma 30.999 6.696 21,6 Piacenza 20.687 4.878 23,6 Ravenna 27.202 4.839 17,8 Reggio Emilia 45.796 11.407 24,9 Rimini 19.485 3.364 17,3 Regione Emilia-Romagna 312.123 67.627 21,7 Italia 3.035.144 586.483 19,3 Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno e dell’ISTAT 2. Residenti Tav. 2.1. Residenti stranieri per comune all’1.1.2006 nella regione Emilia-Romagna. Primi 50 Comuni Comune V.a. % 1 Bologna 28.112 2 Modena 17.593 3 Reggio nell’Emilia 17.133 4 Parma 14.630 5 Ravenna 10.442 6 Piacenza 9.301 7 Rimini 8.959 8 Forlì 6.847 9 Carpi (MO) 5.350 10 Ferrara 5.014 11 Cesena (FC) 5.003 12 Sassuolo (MO) 3.899 13 Faenza (RA) 3.223 190 14 Imola (BO) 3.063 15 Mirandola (MO) 2.150 16 Castelfranco Emilia (MO) 2.055 17 Vignola (MO) 2.030 18 Riccione (RN) 1.990 19 Casalecchio di Reno (BO) 1.957 20 Correggio (RE) 1.786 21 Lugo (RA) 1.754 22 Cento (FE) 1.749 23 Formigine (MO) 1.547 24 Cervia (RA) 1.544 25 Castel San Giovanni (PC) 1.526 26 Savignano sul Rubicone (FC) 1.491 27 Salsomaggiore Terme (PR) 1.490 28 Novellara (RE) 1.479 29 Fidenza (PR) 1.438 30 Cesenatico (FC) 1.411 31 Luzzara (RE) 1.407 32 Guastalla (RE) 1.347 33 Crevalcore (BO) 1.297 34 San Lazzaro di Savena (BO) 1.278 35 Bellaria-Igea Marina (RN) 1.268 36 Argenta (FE) 1.241 37 Scandiano (RE) 1.229 38 San Giovanni in Persiceto (BO) 1.217 39 Novi di Modena (MO) 1.196 40 Pavullo nel Frignano (MO) 1.148 41 Fiorenzuola d’Arda (PC) 1.146 42 Spilamberto (MO) 1.135 43 Nonantola (MO) 1.018 44 Finale Emilia (MO) 1.013 45 Rubiera (RE) 989 46 Cadelbosco di Sopra (RE) 936 47 Budrio (BO) 930 48 Castel San Pietro Terme (BO) 928 49 San Mauro Pascoli (FC) 925 50 Colorno (PR) 917 Totale 188.531 65,23 Altri Comuni 100.482 34,77 Regione Emilia-Romagna 289.013 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER 191 Tav. 2.2. Incidenza stranieri residenti su popolazione residente totale all’1.1.2006 nella regione Emilia-Romagna. Primi 50 Comuni. Valori percentuali Comune % stranieri 1 Galeata (FC) 15,77 2 Luzzara (RE) 15,77 3 Rolo (RE) 14,32 4 San Possidonio (MO) 13,35 5 Boretto (RE) 12,41 6 Monghidoro (BO) 12,33 7 Grizzana Morandi (BO) 12,09 8 Castel San Giovanni (PC) 11,87 9 Vergato (BO) 11,65 10 Agazzano (PC) 11,62 11 Guiglia (MO) 11,54 12 Castel del Rio (BO) 11,48 13 Fabbrico (RE) 11,38 14 Novellara (RE) 11,31 15 Fornovo di Taro (PR) 11,22 16 Zocca (MO) 11,00 17 Sarmato (PC) 10,98 18 Loiano (BO) 10,94 19 Campagnola Emilia (RE) 10,92 20 Novi di Modena (MO) 10,90 21 Reggio nell’Emilia 10,89 22 Mezzani (PR) 10,85 23 Civitella di Romagna (FC) 10,85 24 Serramazzoni (MO) 10,70 25 Borgo Tossignano (BO) 10,65 26 Borgonovo Val Tidone (PC) 10,57 27 Colorno (PR) 10,57 28 Galliera (BO) 10,56 29 Crevalcore (BO) 10,24 30 Calestano (PR) 10,19 31 San Prospero (MO) 10,17 32 Bazzano (BO) 10,08 33 Torriana (RN) 10,04 34 Spilamberto (MO) 9,92 35 Premilcuore (FC) 9,92 36 Cadelbosco di Sopra (RE) 9,76 37 Modena 9,75 38 Palagano (MO) 9,72 39 Villanova sull’Arda (PC) 9,57 40 Conselice (RA) 9,48 41 Sassuolo (Mo) 9,36 42 Piacenza 9,36 43 Rio Saliceto (Re) 9,34 44 Mirandola (Mo) 9,33 45 Castello di Serravalle (Bo) 9,33 46 Dovadola (Fc) 9,33 47 Langhirano (Pr) 9,32 192 48 Castelnovo di Sotto (Re) 9,30 49 Guastalla (Re) 9,23 50 Savignano sul Rubicone (Fc) 9,22 Regione Emilia-Romagna 6,90 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER Tav. 2.3. Stranieri residenti in Emilia-Romagna all’1.1.2006 e incidenza sulla popolazione residente per Provincia Provincia Stranieri residenti Incidenza % stranieri M F Totale M F Totale Piacenza 11.320 10.268 21.588 8,4 7,2 7,8 Parma 15.892 14.906 30.798 7,9 7,0 7,4 Reggio Emilia 22.814 19.990 42.804 9,4 8,0 8,7 Modena 29.599 25.489 55.088 9,1 7,5 8,3 Bologna 30.817 30.764 61.581 6,7 6,3 6,5 Ferrara 6.350 7.094 13.444 3,8 3,9 3,8 Ravenna 12.298 10.974 23.272 6,9 5,8 6,3 Forlì-Cesena 12.296 10.616 22.912 6,7 5,5 6,1 Rimini 8.630 8.896 17.526 6,1 6,0 6,0 Totale 150.016 138.997 289.013 7,4 6,5 6,9 Fonte: Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER Tav. 2.4. Residenti in Emilia-Romagna all’1.1.2006. Prime venti nazionalità Paesi di cittadinanza % 1 Marocco 17,3 2 Albania 13,8 3 Romania 6,5 4 Tunisia 6,2 5 Cinese, Rep. Popolare 5,2 6 Ucraina 4,3 7 Pakistan 3,3 8 India 3,0 9 Moldova 2,9 10 Filippine 2,8 11 Ghana 2,5 12 Senegal 2,4 13 Macedonia (ex Rep. Jugos.) 2,1 14 Polonia 2,0 15 Nigeria 1,9 16 Serbia e Montenegro 1,4 17 Bangladesh 1,2 18 Sri Lanka (ex Ceylon) 1,2 19 Turchia 1,1 20 Egitto 0,9 Altri Paesi 18,0 Totale 100,0 Fonte: elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER 193 3. S cu ol a (* ) Ta v. 3 .1 .S cu ol a st at al e e no n: a lu nn i co n ci tt ad in an za n on i ta li an a is cr it ti pe r an no s co la st ic o e se ss o. R eg io ne E m il ia -R om ag na Ta v. 3 .2 .A lu nn i co n ci tt ad in an za n on i ta li an a ne ll ’a nn o sc ol as ti co 2 00 5- 20 06 p er t ip ol og ia d i sc uo la e s es so . R eg io ne E m il ia -R om ag na F on te : E la bo ra zi on e - O ss er va to ri o su l f en om en o m ig ra to ri o - R E R s u da ti S is te m a In fo rm at iv o e D .G . S tu di e P ro gr am m az io ne d el M in is te ro d el la P ub bl ic a Is tr uz io ne (* ) I da ti r ip or ta ti in q ue st a se zi on e fa nn o ri fe ri m en to a d al un ni c on c it ta di na nz a no n it al ia na e p ro ve ng on o da ll e ri le va zi on i i nt eg ra ti ve d el le s cu ol e st at al i e n on s ta ta li a c- qu is it e da l S is te m a in fo rm at iv o de l M in is te ro d el la P ub bl ic a Is tr uz io ne . I d at i ri fe ri ti a ll ’a .s . 2 00 4/ 20 05 p ro ve ng on o da ll a ba se i nf or m at iv a or ig in ar ia s en za a lc un t ip o di tr at ta m en to d el d at o. L a vo ce “ sc uo la n on s ta ta le ” co m pr en de le s cu ol e di e nt i l oc al i t er ri to ri al i, di a lt ri e nt i p ub bl ic i, di e nt i r el ig io si e d i s og ge tt i p ri va ti la ic i (* *) I da ti r if er it i a ll a S cu ol a se co nd ar ia d i I I gr ad o so no f on te I S TA T a. s. 1 99 7/ 98 (* ** ) I da ti r if er it i a ll a S cu ol a se co nd ar ia d i I I gr ad o so no f on te I S TA T a. s. 1 99 8/ 99 F on te : E la bo ra zi on e - O ss er va to ri o su l f en om en o m ig ra to ri o - R E R s u da ti S is te m a In fo rm at iv o e D .G . S tu di e P ro gr am m az io ne d el M in is te ro d el la P ub bl ic a Is tr uz io ne 194 4. Mercato del lavoro Tav. 4.1. Distribuzione dei lavoratori subordinati (*) per area di provenienza nella Regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Area di provenienza N. % Italia 1.234.280 85,56 UE 27.127 1,88 Extra UE 181.254 12,56 Totale 1.442.661 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno Tav. 4.2. Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari (*) per Provincia nella Regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Provincia Extra UE % Bologna 39.678 21,89 Ferrara 6.667 3,68 Forlì 17.107 9,44 Rimini 15.435 8,52 Modena 32.966 18,19 Parma 16.024 8,84 Piacenza 11.865 6,55 Ravenna 17.540 9,68 Reggio Emilia 23.972 13,23 Regione Emilia-Romagna 181.254 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno Tav. 4.3. Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari (*) per settore economico nella Regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Settore d’impiego (**) Extra UE % Agricoltura 12.115 6,68 Pesca 47 0,03 Estrazione di Minerali 136 0,08 Industria 57.215 31,57 Elettricità, gas, acqua 182 0,10 Costruzioni 28.046 15,47 Commercio 12.847 7,09 Alberghi e ristoranti 21.741 11,99 Trasporti 10.027 5,53 Intermediazione finanziaria 491 0,27 Informatica e servizi alle imprese 16.045 8,85 Pubblica amministrazione 1.388 0,77 Istruzione 469 0,26 Sanità e assistenza sociale 5.291 2,92 Servizi Pubblici 6.385 3,52 Attività svolte da famiglie 5.587 3,08 Attività non determinate 3.242 1,79 Totale 181.254 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno (**) La voce Industria comprende le seguenti voci: Industria alimentare, tessile, conciaria, del legno, della carta, del petrolio, chimica, della gomma, di trasformazione, dei metalli, meccanica, elettrica, dei mezzi di tra- sporto, altre industrie. La voce Commercio comprende le seguenti voci: Commercio e riparazioni di auto, Commercio all’ingrosso, Commercio al dettaglio 195 Appendice 2 Popolazione straniera residente al 31/12/2006 nella Provincia di Bologna per cittadinanza e sesso Fonte: elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Provincia di Bologna su dati delle Anagrafi comunali, modello P3. Popolazione straniera residente al 31/12/2006 nella Provincia di Bologna per cittadinanza e sesso. Dati provvisori Cittadinanza Maschi Femmine TOT 153 TOTALE 32.808 32.982 65.790 1 Marocco 6.909 5.383 12.292 2 Albania 3.239 2.618 5.857 3 Romania 2.416 2.883 5.299 4 Filippine 1.834 2.281 4.115 5 Tunisia 2.373 1.252 3.625 6 Pakistan 2.357 923 3.280 7 Cina, Rep. Pop. 1.653 1.534 3.187 8 Bangladesh 1.996 1.013 3.009 9 Ucraina 451 2.363 2.814 10 Moldavia 731 1.551 2.282 11 Polonia 310 1.214 1.524 12 Sri Lanka 856 606 1.462 13 Serbia-Montenegro 672 631 1.303 14 Perù 357 538 895 15 Eritrea 298 379 677 16 Nigeria 253 382 635 17 Senegal 476 156 632 18 India 377 244 621 19 Egitto 434 158 592 20 Macedonia 317 273 590 21 Francia 200 321 521 22 Brasile 141 343 484 23 Germania 171 280 451 24 Russia 68 366 434 25 Regno Unito 190 239 429 26 Ghana 230 183 413 27 Grecia 221 156 377 28 Cuba 65 292 357 29 Croazia 145 199 344 30 Spagna 74 256 330 31 Turchia 184 140 324 32 Iran 184 140 324 33 Stati Uniti d’America 149 170 319 34 Camerun 190 126 316 35 Ecuador 129 171 300 36 Algeria 180 84 264 37 Argentina 83 142 225 38 Etiopia 78 146 224 39 Dominicana, Rep. 70 153 223 196 40 Bosnia-Erzegovina 100 107 207 41 Bulgaria 64 135 199 42 Costa d’Avorio 78 115 193 43 Slovacchia 75 112 187 44 Colombia 64 108 172 45 Paesi Bassi 72 82 154 46 Giappone 42 112 154 47 Capo Verde 48 100 148 48 Somalia 35 111 146 49 Israele 72 55 127 50 Thailandia 13 112 125 51 Congo 63 55 118 52 Congo, Rep. Dem. 65 53 118 53 Angola 62 52 114 54 Bielorussia 16 94 110 55 Maurizio 46 50 96 56 Svizzera 56 38 94 57 Siria 52 42 94 58 Ceca, Rep. 15 74 89 59 Slovenia 44 45 89 60 Giordania 52 34 86 61 Svezia 27 58 85 62 Austria 15 66 81 63 Cile 32 49 81 64 Ungheria 16 63 79 65 Libano 57 15 72 66 Belgio 29 37 66 67 Venezuela 19 46 65 68 Messico 15 49 64 69 Portogallo 23 36 59 70 Sudan 27 25 52 71 San Marino 21 27 48 72 Irlanda 16 28 44 73 Canada 15 27 42 74 Danimarca 15 25 40 75 Tanzania 3 34 37 76 Lituania 3 33 36 77 Lettonia 5 27 32 78 Paraguay 4 27 31 79 Finlandia 4 19 23 80 Indonesia 5 17 22 81 Kenia 7 14 21 82 Tagikistan 13 8 21 83 Burkina Faso 16 4 20 84 Australia 6 14 20 85 Benin 13 5 18 86 Libia 13 5 18 87 Uzbekistan - 18 18 88 Norvegia 6 10 16 89 Iraq 13 3 16 90 Togo 8 7 15 91 Laos 6 9 15 197 92 Nepal 11 4 15 93 Guinea 8 6 14 94 Nicaragua 6 8 14 95 Uruguay 9 5 14 96 Kazakistan 5 9 14 97 Vietnam 3 11 14 98 Ruanda 8 4 12 99 Bolivia 2 10 12 100 Malaysia 6 6 12 101 Niger 3 8 11 102 El Salvador 4 7 11 103 Corea del Sud 1 10 11 104 Georgia 2 9 11 105 Apolide 9 2 11 106 Seicelle 5 5 10 107 Guatemala 1 9 10 108 Afghanistan 10 - 10 109 Taiwan 4 6 10 110 Islanda 3 6 9 111 Burundi 4 5 9 112 Estonia - 8 8 113 Liberia 5 3 8 114 Madagascar 1 7 8 115 Costa Rica 2 5 7 116 Mali 3 3 6 117 Bhutan 5 1 6 118 Kirghizistan 1 5 6 119 Gabon 3 1 4 120 Guinea Equatoriale 3 1 4 121 Uganda 1 3 4 122 Dominica - 4 4 123 Giamaica 2 2 4 124 Haiti 2 2 4 125 Singapore - 4 4 126 Mozambico 1 2 3 127 Sierra Leone 3 - 3 128 Sudafricana, Rep. 1 2 3 129 Zambia 1 2 3 130 Honduras 3 - 3 131 Armenia 3 - 3 132 Azerbaigian 1 2 3 133 Palestina 2 1 3 134 Yemen 3 - 3 135 Cipro 1 1 2 136 Malta - 2 2 137 Centrafricana, Rep. 1 1 2 138 Zimbabwe 1 1 2 139 Panama 2 - 2 140 Turkmenistan - 2 2 141 Lussemburgo - 1 1 142 Ciad 1 - 1 143 Gambia 1 - 1 198 144 Gibuti 1 - 1 145 Guinea Bissau - 1 1 146 Mauritania - 1 1 147 Trinidad e Tobago - 1 1 148 Arabia Saudita 1 - 1 149 Cambogia 1 - 1 150 Corea del Nord - 1 1 151 Mongolia - 1 1 152 Figi - 1 1 153 Nuova Zelanda 1 - 1 154 Andorra - - - 155 Liechtenstein - - - 156 Monaco - - - 157 Santa Sede - - - 158 Bostwana - - - 159 Comore - - - 160 Lesotho - - - 161 Malawi - - - 162 Namibia - - - 163 Sao Tomé e Principe - - - 164 Swaziland - - - 165 Antigua e Barbuda - - - 166 Bahamas - - - 167 Barbados - - - 168 Belize - - - 169 Grenada - - - 170 Guyana - - - 171 Santa Lucia - - - 172 S.Kitts e Nevis - - - 173 Saint Vincent e Grenadine - - - 174 Suriname - - - 175 Bahrein - - - 176 Brunei - - - 177 Emirati Arabi Uniti - - - 178 Kuwait - - - 179 Maldive - - - 180 Myanmar (Birmania) - - - 181 Oman - - - 182 Qatar - - - 183 Timor Orientale - - - 184 Kiribati - - - 185 Marshall - - - 186 Micronesia - - - 187 Nauru - - - 188 Palau - - - 189 Papua Nuova Guinea - - - 190 Salomone - - - 191 Samoa - - - 192 Tonga - - - 193 Tuvalu - - - 194 Vanuatu - - - 199 Appendice 3 Popolazione residente totale e straniera in provincia di Bologna per comune, al 31/12/2006 Comuni Popolazione Popolazione % di variazione % Minori stranieri Nati stranieri Acquisizioni totale straniera stranieri stranieri al 31/12/2006 nel 2006 cittadinanza residente residente 2005-2006 italiana nel 2006 31/12/2006 31/12/2006 Anzola dell’Emilia 11.490 884 7,7% 12,3 268 30 24 Argelato 9.350 471 5,0% 5,8 110 9 15 Baricella 6.124 425 6,9% 4,9 107 8 9 Bazzano 6.445 699 10,8% 7,7 185 15 20 Bentivoglio 4.805 239 5,0% 8,1 65 6 2 Bologna 373.026 30.319 8,1% 7,9 5.765 501 444 Borgo Tossignano 3.227 334 10,4% -3,7 105 11 8 Budrio 16.393 941 5,7% 1,6 246 15 19 Calderara di Reno 12.770 738 5,8% 3,9 167 14 14 Camugnano 2.097 110 5,2% 3,8 25 2 5 Casalecchio di Reno 34.524 2.033 5,9% 3,9 400 39 36 Casalfiumanese 3.241 155 4,8% 7,6 41 2 0 Castel d’Aiano 1.977 125 6,3% -6,0 37 7 0 Castel del Rio 1.254 139 11,1% -4,8 44 4 1 Castel di Casio 3.318 175 5,3% -3,8 54 2 0 Castel Guelfo di Bologna 3.894 222 5,7% 1,8 50 2 10 Castello d’Argile 6.086 385 6,3% 8,5 103 15 7 Castello di Serravalle 4.518 414 9,2% -0,2 96 10 11 Castel Maggiore 16.706 722 4,3% -0,7 181 12 14 Castel San Pietro Terme 20.020 1.015 5,1% 10,6 229 26 12 Castenaso 13.769 455 3,3% 11,5 100 15 5 Castiglione dei Pepoli 5.896 384 6,5% 0,0 107 11 2 Crespellano 8.821 655 7,4% 6,3 175 14 17 Crevalcore 12.821 1.419 11,1% 9,4 463 49 16 Dozza 6.012 380 6,3% -1,0 82 7 17 Fontanelice 1.868 129 6,9% -11,0 32 6 4 Gaggio Montano 4.988 387 7,8% 8,4 115 4 4 Galliera 5.577 614 11,0% 4,2 168 13 15 Granaglione 2.251 179 8,0% 13,3 49 6 0 Granarolo dell’Emilia 9.567 389 4,1% 13,7 84 6 6 Grizzana Morandi 4.043 487 12,0% 1,2 134 14 8 Imola 66.658 3.407 5,1% 11,3 819 83 50 Lizzano in Belvedere 2.305 88 3,8% -5,4 10 0 0 Loiano 4.452 489 11,0% 0,2 150 16 3 Malalbergo 8.149 436 5,4% 4,3 109 9 10 Marzabotto 6.550 626 9,6% 12,8 181 15 8 Medicina 15.326 824 5,4% 5,9 211 24 23 Minerbio 8.530 409 4,8% 16,5 83 9 4 Molinella 15.060 995 6,6% 10,2 281 26 19 Monghidoro 3.890 459 11,8% -4,6 142 16 14 Monterenzio 5.598 369 6,6% 13,2 67 10 5 Monte San Pietro 10.882 523 4,8% 5,7 120 6 6 Monteveglio 5.066 374 7,4% 13,0 103 6 4 Monzuno 6.155 473 7,7% 2,4 127 15 6 Mordano 4.403 266 6,0% 5,1 50 6 4 Ozzano dell’Emilia 11.813 480 4,1% -3,2 103 8 17 Pianoro 16.676 785 4,7% 9,0 170 19 10 200 Pieve di Cento 6.877 490 7,1% 2,3 141 8 5 Porretta Terme 4.729 340 7,2% -6,1 111 6 2 Sala Bolognese 7.641 335 4,4% 13,2 87 7 11 San Be.tto Val di Sambro 4.505 299 6,6% 10,7 76 7 1 San Giorgio di Piano 7.354 454 6,2% 6,6 110 8 6 San Giovanni in Persiceto 25.685 1.371 5,3% 12,7 332 36 27 San Lazzaro di Savena 30.228 1.342 4,4% 5,0 268 14 23 San Pietro in Casale 11.104 860 7,7% 8,6 233 22 24 Sant’Agata Bolognese 6.728 623 9,3% 10,9 151 6 11 Sasso Marconi 14.420 676 4,7% 0,0 176 14 16 Savigno 2.716 199 7,3% -11,9 36 5 1 Vergato 7.412 864 11,7% -0,2 238 30 16 Zola Predosa 16.892 911 5,4% 9,5 216 17 14 Provincia di Bologna 954.682 65.790 6,9% 6,9 14.688 1.323 1.085 201 1. Resoconto annuale cittadini immigrati Dati quantitativi e qualitativi riferiti alla utenza dei cittadini immigrati iscritta alla Casa di Carità Arti e Mestieri - anno formativo 2006/2007. 2005/2006 2006/2007 Numero allievi in riserva 270 180 Numero allievi iscritti e frequentanti 534 615 TOTALE 804 788 Donne 241 353 Uomini 293 262 Minori 148 117 Dei 117 minori: 48 del 1989, 46 del 1990, 23 del 1991, 4 del 1992 Presenze: F M minori F minori M Sede centrale TO 163 26% 72 91 1 21 Città dei Ragazzi 135 22% 79 56 5 39 Grugliasco 50 8% 30 20 2 7 Verbania 42 7% 11 31 4 Susa 36 6% 17 19 - - Ivrea 34 6% 32 2 - - Bassano del Grappa 32 5% 27 5 25 3 Giaveno 28 5% 18 10 1 4 Ovada 28 5% 17 11 - - Novi ligure 23 4% 19 4 3 Lanzo 19 3% 15 4 - - Venaria 12 2% 9 3 1 1 Castelrosso 6 1% 4 2 - - Nuoro 4 0,6% 4 - - Crescentino 3 0,5% 3 - - Totale 615 353 262 38 79 ALLEGATO 2 Il materiale elaborato dall’Ente Casa di Carità di Torino per l’accoglienza, orientamento, formazione e inserimento lavorativo di giovani e adulti immigrati 202 Numero di presenze di 2005/06 2006/07 stranieri non comunitari CTR 101 163 CCR 80 135 CGR 35 50 CVN 03 12 CCS 18 6 CGV 18 28 CLZ 19 CCT 3 CVB 23 42 CIV 17 34 CSU 12 36 COV 23 28 CNL 25 23 CBG 26 32 CNU 32 4 Totale 534 615 Corsi specifici per migranti approvati e finanziati sono stati i seguenti: Mediatore interculturale 1 EMERGENDO - EQUAL 1 JOY - JOB OPPORTUNITIES FOR YOU Individualizzato 10 Servizi di ristorazione di base 1 Addetto ai piani 1 Ufficio Pio Pulizie e Piccola Ristorazione 3 Costruzioni alle Macchine Utensili 2 Elementi di Assistenza familiare 1 Tecnico di sostegno alla persona 1 Provenienza N. Nazione Totale % 1. Romania 141 23% 2. Marocco 135 22% 3. Perù 74 12% 4. Albania 44 7% 5. Nigeria 36 6% 6. Ecuador 17 3% 7. Tunisia 12 2% 8. Polonia 11 2% 9. Moldavia 11 2% 10. Costa d’avorio 9 1% 11. Congo 8 1% 12. Cina 7 1% 13. Brasile 7 1% 14. Senegal 5 1% 15. Russia 5 1% 203 16. Rep. Dominicana 5 1% 17. Macedonia 5 1% 18. Ghana 5 1% 19. Eritrea 5 1% 20. Ucraina 4 1% 21. Pakistan 4 1% 22. Camerun 4 1% 23. Afghanistan 3 0,5% 24. Venezuela 3 0,5% 25. Sudan 3 0,5% 26. Paraguay 3 0,5% 27. Colombia 3 0,5% 28. Burkina 3 0,5% 29. Thailandia 2 0,3% 30. Somalia 2 0,3% 31. Slovacchia 2 0,3% 32. Serbia 2 0,3% 33. Rep. del Congo 2 0,3% 34. Rep. Ceca 2 0,3% 35. Non specificata 2 0,3% 36. Filippine 2 0,3% 37. Cuba 2 0,3% 38. Bosnia Erzeg. 2 0,3% 39. Argentina 2 0,3% 40. Uruguay 1 0,2% 41. Ungheria 1 0,2% 42. Taiwan 1 0,2% 43. Svizzera 1 0,2% 44. Spagna 1 0,2% 45. Mozambico 1 0,2% 46. Mali 1 0,2% 47. Libia 1 0,2% 48. Iugoslavia 1 0,2% 49. Indonesia 1 0,2% 50. India 1 0,2% 51. Guinea 1 0,2% 52. Grecia 1 0,2% 53. Germania 1 0,2% 54. Georgia 1 0,2% 55. Gambia 1 0,2% 56. Etiopia 1 0,2% 57. El Salvador 1 0,2% 58. Cile 1 0,2% 59. Bielorussia 1 0,2% 60. Belgio 1 0,2% 61. Bangladesh 1 0,2% 62. Bolivia 1 0,2% 63. Totale 615 204 Gruppo tecnico migranti Attualmente a Torino e Provincia i regolarizzati sono 120.000 e i clandestini, nuovi ar- rivati, sono tra i 30.000 e i 50.000. Positiva è stata l’evoluzione, in corso, del Gruppo tecnico migranti della Provincia di Torino che ha assorbito al suo interno il modello della Casa di Carità. Si consiglia ai Centri di entrare nel sito nuovo della Provincia che è suddivisa in due parti: 1) Sito pubblico – www.provincia.torino/fidati/reti Nel suddetto sito sono pubblicati questionari degli Enti della Provincia di Torino, le pubblicazioni – molto lavoro è della Casa di Carità 2) Sito riservato (entrare con Grisoni migrante) Nel suddetto sito riservato c’è una parte di discussione finalizzata ad orientare le agenzie sulle politiche condivise, sulle problematiche complesse e le possibili risposte di orientamento e quando è possibile “certificate”. Inoltre nella parte riservata c’è il dibattito e le comparazioni in merito ai due sotto- gruppi creati: - Gruppo L2: insegnamento della lingua due (occorre specializzare docenti in grado di conciliare la lingua italiana con aspetti antropologici e culturali del Paese di partenza dei nostri utenti). Didattica e interdisciplinarietà; - Gruppo rete: di sistema - per governare una utenza che per definizione è al confine tra cittadinanza e non cittadinanza. Lavoro di reciprocità e strategie condivise con la complessità del mondo dei servizi: istituzionali e del terzo settore. La progettualità interculturale è molto avanzata; negli ultimi anni è riuscita a diffon- dere la propria presenza all’interno di servizi quali la Questura, il Centro di Giustizia Mino- rile, la Caritas, l’Arcidiocesi, la Prefettura, gli ambulatori, le ASL, gli ospedali, il Comune, il Settore periferie, gli Agenti di Sviluppo locale, l’Università di Psicologia e di Antropo- logia, gli etnopsichiatri, il privato sociale, le scuole, i C.P.I., i Consolati, gli Organismi in- ternazionali quali l’O.I.M., il BIT e non per ultimo lo sviluppo del dialogo interreligioso con Corsi specialistici o materie che vedono coinvolti l’Ufficio Pastorale Migranti della Diocesi di Torino, l’università, le associazioni, gli operatori di servizi; tutto questo ha un’immediata ricaduta positiva su tutta l’utenza immigrata presente in ogni sede della Casa di Carità Arti e Mestieri e in particolar modo nelle sedi con una forte presenza del disagio e in cui la sperimentazione interculturale avviata deve rimanere a livelli molto avanzati e co- raggiosi al punto che, in questo ambito siamo considerati trainanti nelle politiche di recu- pero e di integrazione nella diversità. Alcune cose si possono già sostenere quale l’équipe inter/Centro per apportare quelle procedure, quella pianificazione, quella condivisione tra gli operatori in grado di supportare i Direttori ad una visione allargata che va ben oltre agli interessi specifici del proprio Centro. Oramai anche la concorrenza ma la stessa Provincia richiede questo orientamento e non per nulla è stato somministrato un questionario alle varie agenzie. Nell’anno formativo 2006/2007 l’offerta di corsi per migranti è stata infe- riore alla domanda di corsi richiesta dai cittadini immigrati e dalla rete territoriale. Il numero di utenza, rispetto all’anno formativo 2005/2006, risulta superiore di una ot- tantina di unità. Interessante ed efficace è stata l’ esperienza del modulo O.S. aperto solamente ai citta- dini immigrati e agganciato ai moduli intermedi degli anni precedenti: la risposta è stata po- sitiva se pensiamo che queste povere assistenti, spesso chiuse dentro le mura domestiche a svolgere sostegno agli anziani senza aver mai avuto la possibilità di avere riconosciuta la loro professionalità (si calcolano in 80.000 le donne cittadine immigrate in Piemonte che 205 svolgono questo lavoro che scorrettamente chiamiamo “badanti”) hanno l’opportunità di emergere grazie a corsi che ridanno dignità e valore ad una professione che negli anni andrà sempre più crescendo. Occorre rimettere in rete il settore attivando la figura del supervisore migranti (come previsto dall’Ente e pubblicato nel sito della Provincia) e dell’utilizzo dei modelli e dei dispositivi sperimentati e condivisi dagli esperti della Casa di Carità Arti e Mestieri. Aver sperimentato nei Centri la figura del mediatore interculturale è stato ele- mento di innovazione perché ha facilitato l’interscambio di esperienze con buona capacità di conformare le azioni, le procedure, la dialettica tra i Centri. Le cause di eventuali abban- doni che quest’anno sono stati minimi sono connesse all’insorgere di problemi di sussi- stenza (mantenimento, casa, ecc.), di problemi burocratico-legali (regolarizzazione, per- messi, ecc.) e di disagio antropologico-psicologico-interculturale. L’insorgere di problemi di tale natura sono spesso così pressanti da indurre l’utente a rivolgere ad essi l’intera atten- zione, abbandonando improvvisamente il percorso formativo intrapreso (fra l’altro, gli stessi problemi si riscontrano in sede di avviamento al lavoro). Tali abbandoni potrebbero essere di massa se i Centri non si attrezzano nell’organizzazione e nei riferimenti professio- nali riconosciuti. Molti nostri giovani entrano nella formazione dopo aver lasciato il loro Paese tra i 12 e i 16 anni, ragazzi che non riescono ad inserirsi nel circuito scolastico ordi- nario e che comunque hanno uno sradicamento che ben difficilmente potrà essere recupe- rato nel breve tempo e tutto questo richiede cura, attenzione, esperienza, empatia e profes- sionalità che non è patrimonio solo del singolo operatore ma è di squadra, di Centro, di Ente. Pensiamo anche ai figli delle coppie miste o ai figli nati in Italia da genitori immigrati ma che spesso, almeno per uno dei due coniugi, il codice culturale d’origine è dominante perché privo di strumenti di analisi del contesto nuovo del Paese ospitante. Da una parte di- venta fondamentale l’azione del coordinatore dei tutor e dei mediatori interculturali in grado di prevedere e prevenire l’insorgere di un problema di questo tipo, di mediare fra isti- tuzioni e immigrati e fra esigenze immediate e esigenze in prospettiva e dall’altra focaliz- zare con più attenzione, specialmente nella fase di pre-iscrizione e di monitoraggio, le pro- blematiche dell’utenza straniera disoccupata che comunque deve trovare una forma di so- stentamento. Occorre predisporre misure preventive e strategie di consolidamento partico- larmente incisive finalizzate alla creazione di un rapporto privilegiato con l’utenza che in forma sperimentale si è attivata in alcuni Centri (anticipo reddito, distribuzione pacco- pasto, individuazione ottimale aziende con strategie di inserimenti, orientamento comunità, dormitori, consulenza aziende…). Le possibilità di successo nel caso in cui un utente migrante partecipi a percorsi forma- tivi brevi e/o specifici è legata alla corrispondenza fra il livello linguistico richiesto dal pro- filo e il livello linguistico posseduto dall’utente. Questo richiede la definizione di livelli lin- guistici sufficientemente precisi e condivisi fra strutture diverse o, in subordine, la prepara- zione di prove linguistiche in ingresso sufficientemente testate. Sono in aumento i cittadini immigrati che decidono di partecipare a corsi di forma- zione di livello medio alto: la maggior parte delle persone partecipa a percorsi di forma- zione di primo livello e in seguito richiede di rientrare in formazione dopo il primo ingresso nel M.d.L. Il sistema però non è ancora sufficientemente flessibile nel raccogliere questa loro esigenza. Nella fase di prer-iscrizione occorre predisporre una raccolta dati che visualizzi le eventuali criticità quali: tipologia del permesso di soggiorno, livello di competenza lingui- stica, tipo di mantenimento compreso quello residenziale. Michele Grisoni 206 2. La metodologia ed il percorso personalizzato Con il presente documento intendiamo presentare come l’Ente di Formazione Profes- sionale Casa di Carità Arti e Mestieri conduce le attività rivolte alla popolazione migrante. Come potrete rilevare, i “cardini” che cerchiamo di garantire nei corsi di formazione per utenza migrante consistono essenzialmente nei seguenti punti: 1) attenzione a monitorare, per quanto possibile, il contesto di riferimento dell’allievo/a, oltre all’andamento formativo; 2) stretta collaborazione con i Servizi del territorio; 3) impostazione didattica interdisciplinare; 4) lavoro di squadra. Ciò che segue consiste in un “collage” di opzioni metodologiche, che adottiamo nei vari percorsi rivolti ad utenza straniera, tra i quali, a titolo esemplificativo: – preparazione al lavoro – indirizzo macchine utensili (per minori), 800 ore in alternanza – attestato di frequenza; – addetto/a ai piani (per maggiorenni); 600 ore in alternanza – attestato di qualifica; – addetto/a alle macchine utensili; 600 ore in alternanza – attestato di qualifica. Realizziamo inoltre percorsi modulari per l’acquisizione della qualifica di Operatore Socio Sanitario, ma preciso che vista la brevità di tali moduli, tra le 240 e le 400 ore, e visto anche un livello di maggiore “stabilità” del migrante, i supporti metodologici previsti esu- lano da quanto propongo nel presente documento. Oltre a quanto potrete rilevare, quindi in aggiunta ai quattro punti precedenti, si sotto- linea l’attenzione a prevedere all’interno di tutti i corsi alcune possibilità di accompagna- mento ai servizi del territorio. Generalmente si offre agli adulti la possibilità di svolgere una visita didattica presso i locali Centri per l’Impiego dove è operativo un mediatore interculturale e anche ad altri punti di informazione e orientamento (a seconda delle specificità territoriali in cui sono operativi i nostri centri); per i minori si ricerca annualmente la collaborazione con associa- zioni (tra cui il Centro Interculturale della Città di Torino) che gestiscono laboratori tema- tici sul tema dell’immigrazione e della legalità; per entrambi è ormai consuetudine la visita ad un’azienda specifica del settore di formazione prescelto. Parte prima: il quadro generale La necessità di utilizzare una didattica specifica per i corsi rivolti ad un’utenza mi- grante adulta è dettata soprattutto da due tipi di considerazioni. 1) La nostra decennale esperienza ci suggerisce la necessità di andare oltre una logica di emergenza nell’affrontare i problemi legati al mondo della migrazione: il nostro intendi- mento è quello di fare un passo verso la creazione di “opportunità stabilizzanti”. Si tratta di perseguire la capacità del sistema territoriale di individuare, valorizzare, dare peso e dignità alle competenze, conoscenze, esperienze maturate dal migrante nel suo Paese di origine, orientandolo verso un percorso formativo, lavorativo e di inserimento sociale il più possi- bile coerente con quelle. 2) I dati che emergono da recenti ricerche hanno sottolineato come nella maggior parte dei casi l’abbandono scolastico e formativo di utenti migranti sia da ricondurre a cause esterne all’ambito formativo (problemi legali, di sussistenza, di trasferimenti, di intoppi bu- rocratici, ecc.), o a cause collegate all’insorgere di problemi di misunderstanding culturale (specialmente nel periodo di stage e nel successivo inserimento al lavoro). Tutte queste considerazioni ci hanno indotto a muoverci nel tentativo di trasformare la 207 modalità formativa “corso” in un sistema personalizzato, individualizzato e integrato di in- terventi fondati sulla logica della “metodologia di valorizzazione personale”, mediante la quale la persona diviene corresponsabile del proprio processo di apprendimento. Inoltre non va dimenticato quanto possa rilevarsi problematico l’inserimento formativo di un soggetto migrante, se non si tiene conto del suo bagaglio culturale collegato alla realtà di prove- nienza. Proprio per questa complessità in questi ultimi anni sono stati sperimentati vari ap- procci e strumenti operativi che poggiano sul concetto di “ecologia didattica” e si basano sull’imprescindibilità del legame tra l’individuo e l’ambiente di vita (famiglia, scuola, la- voro...) in cui si è formato. Nel caso di un migrante la programmazione formativa non può quindi trascurare una riflessione sulle possibili ricadute formative del bagaglio culturale pregresso. Parte seconda: implicazioni operative A livello generale la progettazione dei percorsi prevede il seguente impianto: – una parte della formazione in aula riguarda l’acquisizione di competenze che noi chia- miamo “competenze per la stabilizzazione”; si tratta di un nucleo di unità formative (Lingua italiana/Competenze trasversali/Legislazione della cittadinanza e del la- voro/Orientamento/Accoglienza/Pari opportunità) che da un lato sono uno spazio di confronto interculturale (fra etnie diverse fra loro e/o nel confronto con la cultura ita- liana), dall’altro sono di sostanziale importanza per l’inserimento al lavoro; – l’altra parte della formazione in aula è centrata sulla preparazione di base tecnico pro- fessionale che, per essere efficace, deve mutuare dalla parte precedente almeno le indi- cazioni linguistiche e relativamente all’orientamento al lavoro; – un’ultima parte (che però “pesa” per il 50% sul percorso formativo) è caratterizzata dall’inserimento in azienda per l’esperienza di stage; la nostra esperienza ci insegna che questa è possibile, prima ancora che efficace, solo se le acquisizioni provenienti dal percorso di stabilizzazione sono state assimilate e vengono monitorate in modo specifico dall’ente di formazione. Come descritto dal titolo, le tre parti vengono accomunate da un’impostazione didat- tica di fondo comune: la didattica ecologica, che mette al centro dell’azione non solo la per- sona ma anche il contesto culturale e sociale che la permea. A tal fine le parti descritte precedentemente sono sviluppate attraverso un approccio didattico suddiviso nelle fasi qui sintetizzate: a) la valorizzazione ai fini didattici della fase dell’accoglienza e dell’orientamento; b) il recupero della memoria ed esplicitazione del progetto migratorio personale; c) la gestione delle unità formative collegate all’acquisizione delle competenze per la sta- bilizzazione; d) gestione delle interferenze extraformative; e) gestione ecologica dell’esperienza di stage. Fase a: valorizzazione ai fini didattici della fase dell’accoglienza e primo orientamento Un intervento individualizzato correttamente applicato deve necessariamente prendere l’avvio da un momento nel quale vengono raccolte in modo puntuale tutte le informazioni che potranno essere utili per individualizzare e contestualizzare l’intervento. In questa fase vengono raccolte, analizzate, rese disponibili per gli operatori tutte le segnalazioni riguar- danti gli interventi effettuati dai diversi organismi territoriali e che costituiscono il retroterra storico, culturale, sociale del soggetto in ingresso (anche l’eventuale anamnesi psico-me- 208 dica che lo riguarda): non raccogliere e non tenere conto di tali informazioni può ridurre di molto le possibilità di successo. Alla base di un percorso professionalizzante si trova il mo- mento dell’accoglienza, che rappresenta la fase del primo contatto e del primo possibile confronto con l’utente. Le modalità con cui avviene il primo approccio sono fondamentali per determinare la fiducia del soggetto migrante nei confronti dell’Agenzia formativa. L’o- biettivo è di supportare l’allievo a individuare l’orientamento formativo e professionale fat- tibile e spendibile nella realtà territoriale d’arrivo. L’analisi dei risultati dell’accoglienza ri- sulta essere fase particolarmente importante poiché permette di delineare il quadro di riferi- mento dell’azione di sostegno che inizia dal primo contatto attraverso l’ascolto e si sviluppa individuandone, da una parte, i bisogni e le necessità reali e, dall’altra, le risorse territoriali interessate e funzionali al processo di integrazione e al più ampio progetto di vita: il so- stegno, quindi, non è solo un atto applicativo, ma una vera e propria “cura” che sa tradurre il potenziale dell’utente, affrontare gli imprevisti e tradurre le opportunità in risorsa. La fase in oggetto è pertanto strutturata come segue. 1) Primo contatto L’operatore dello sportello accoglienza inizierà a raccogliere le prescrizioni per l’a.f. successivo e, indicativamente dal mese di febbraio, gli orientatori inizieranno ad analizzare le schede di preiscrizione e la relativa “Scheda personale”. Questa ha una duplice funzione: da una parte consolidare la stabilità dell’utente nella propria scelta orientandolo nel terri- torio per rinforzare i pre-requisiti indispensabili (legalità, conoscenza della lingua) in rela- zione alla scelta manifestata; dall’altra parte filtrare, rispetto alle opportunità formative, i candidati che verranno convocati per il test e il colloquio dal mese di settembre. Per una ragione di sintesi e leggibilità le informazioni raccolte nel primo colloquio vengono utilizzate per assegnare un punteggio complessivo che “pesa” le condizioni di sta- bilità del candidato. Attraverso una griglia contenente diversi item (che vengono valutati uno per uno) si ottiene un punteggio complessivo che viene preso in considerazione per va- lutare l’opportunità di iscrizione al corso. 2) Valutazione del livello linguistico per l’inserimento ai corsi Nell’ambito dei corsi di formazione professionale per cittadini stranieri è necessario stabilire criteri chiari di individuazione dei prerequisiti linguistici per l’ammissione ai corsi. A seconda della tipologia del corso sono stati definiti prerequisiti minimi di alfabetizza- zione nella lingua seconda, che devono essere tenuti in considerazione per garantire un esito formativo positivo. È quindi importante prevedere un test di ingresso che valuti, oltre agli aspetti psico-attitudinali e al bagaglio di esperienze passate, anche il grado di padro- nanza linguistica dell’italiano. 3) Colloquio relativo alla fase di iscrizione e stesura della scheda di percorso persona- lizzato ed individualizzato A partire dai risultati conseguiti nel test e nel colloquio, sintetizzati nella “Scheda di sintesi dei dati essenziali emersi dai colloqui e dai test”, il team manager e il referente per le attività con migranti convocano gli utenti per la fase di vera e propria iscrizione e conse- guente presa in carico. Un apporto significativo per la ricostruzione del percorso di migra- zione dalla scelta della partenza alla realtà di arrivo è fornito dalla “Scheda di percorso per- sonalizzato ed individualizzato” volta a porre in luce diverse dimensioni di vita di cui ogni singolo individuo è espressione (identità sociale, educativa, professionale, culturale) nei contesti vissuti. Proprio per la delicatezza delle dimensioni personali affrontate, questo stru- mento deve essere gestito da un esperto del target (referente attività con soggetti migranti), eventualmente supportato dalla presenza di un mediatore culturale a testimonianza di un clima di accoglienza e di disponibilità reale del Centro formativo. Nel caso di minori o di 209 adulti seguiti dai servizi sociali (ad esempio per le donne uscite dalla tratta della prostitu- zione), un contributo importante nella raccolta dei dati viene garantito da un colloquio con le famiglie/parenti e/o con i responsabili delle strutture territoriali coinvolte. Fase b: recupero della memoria ed esplicitazione del progetto migratorio personale In un percorso formativo che veda la presenza di utenti provenienti da diverse culture, è importante valorizzare gli elementi di eterogeneità che caratterizzano un gruppo-classe di migranti, partendo dal presupposto che ogni soggetto è espressione di una storia unica e ir- ripetibile. Questa eterogeneità (di provenienza, di titoli di studio, di identità religiosa e poli- tica) rischia di diventare problematica se non si gestisce con approcci e strumenti operativi opportuni. Bisogna evitare il crearsi di situazioni di disagio nel migrante; questi deve sen- tirsi riconosciuto come portatore di un patrimonio di esperienze di vita che lo hanno portato ad investire in un progetto personale complesso, che parte dalla sua propria storia di migra- zione e tende ad un progetto di stabilizzazione e di inserimento professionale e sociale nel Paese di accoglienza. In particolare si avrà cura nel rispettare il diritto delle persone ad “au- todefinirsi”, ovvero rispettare la transizione di identità che spesso porta ad affermare “Come ero non lo sono più, come sono ora non lo so”. Le attività formative previste ruoteranno e si avvarranno, oltre a strumenti didattici tra- dizionali, di alcuni strumenti operativi sempre aperti e che verranno utilizzati per contestua- lizzare nella storia passata e nel contesto socio-culturale attuale gli elementi che verranno via via affrontati: – il recupero della memoria; – la mappa geografica di classe; – la compilazione condivisa del libretto della cittadinanza attiva. L’unità formativa denominata “Legislazione della cittadinanza”, in integrazione con le unità di “Orientamento” e “Comunicazione interculturale” (competenze trasversali), diventa il momento attorno al quale ruota il percorso che, prendendo spunto dalla storia passata di migrazione, arriva all’acquisizione della dimensione di cittadino, aggregando attorno a questo nucleo le esperienze formative e quelle extraformative. Azione 1: il recupero della memoria Affinché la transizione ecologica abbia un ruolo di promozione dello sviluppo e veda l’annullamento almeno di una parte delle implicanze negative, è necessario che esistano dei collegamenti di sostegno tra le situazioni primarie in cui si sono consolidati certi schemi e la situazione nuova, in modo da controbilanciare gli ostacoli dell’inserimento. Il percorso qui descritto ha questa finalità. Si tratta di un percorso interattivo volto a ricostruire e valo- rizzare le esperienze passate e la storia migratoria del soggetto, a partire da un confronto tra il Paese d’origine e il Paese d’arrivo. Nella nostra esperienza il migrante sembra chiedere alla formazione di essere “supportato” ad orientarsi nel futuro, partendo sì dai propri drammi e disagi, ma anche dai propri punti di forza e dalle proprie capacità di iniziativa, che lo vedono vivo e impegnato nel cambiamento. Ciascun allievo ricostruirà la propria storia migratoria a partire dagli item proposti in un’apposita scheda, relativamente al viaggio (Come è maturata la scelta di partire?, Perché hai scelto Torino?, Le attese, le spe- ranze e i sogni del viaggio, Quali i timori, Chi ti ha aiutato e ti è stato vicino nella par- tenza?, Come ti sei attrezzato per partire e che cosa hai provato?, Quando sei partito ti sen- tivi preparato? Ad oggi lo rifaresti? Se sì, perché?) e all’arrivo (Dove sei arrivato?, Le prime difficoltà che hai incontrato, Come le hai superate?, Come sei stato accolto:? Ti sembra di essere in cammino verso la stabilità?). L’elaborazione individuale viene condi- 210 visa, sia perché questo serve a dare importanza al “viaggio” personale, sia perché molti degli elementi rilevati possono fornire spunti per il lavoro di compilazione condivisa del li- bretto della cittadinanza attiva. Il percorso di recupero della memoria viene avviato nelle prime settimane dell’avvio del corso ma rimane un’attività aperta, sia perché interagisce con altre unità formative (in particolare con quelle collegate a quelle che abbiamo chiamato “competenze per la stabilizzazione”), sia perché elementi che vengono via via affrontati nello sviluppo del percorso possono suggerire chiarimenti e/o integrazioni alla rielabora- zione del percorso migratorio effettuato in prima battuta. Azione 2: la costruzione della mappa geografica di classe È un’attività strettamente collegata alla precedente. Nel momento della esposizione al gruppo classe del percorso migratorio individuale, attraverso la preparazione di tabelloni e l’utilizzo di carte geografiche, si rende stabile la storia di ciascuno, con l’intento di non dis- perdere gli elementi fondanti l’identità culturale dei corsisti; il materiale elaborato rimane esposto in classe per la durata dell’attività formativa in quanto, come detto, la rielabora- zione dell’esperienza migratoria rimane uno spazio aperto fino al termine del percorso. Azione 3: la compilazione condivisa del libretto della cittadinanza attiva Le attività didattiche con relative modalità sono supportate da interventi di educazione attiva nella classe che si realizza con un approccio interculturale inteso come pratica quoti- diana in forme interattive (contatto con i servizi attraverso l’uso del telefono, esperti, ecc.) su tematiche di interesse pratico richieste dal gruppo classe. Tale procedura accompagna tutto il percorso formativo nelle varie fasi e permette al gruppo classe di acquisire, per imi- tazione, un modello di approccio simile a quello che troveranno sul territorio locale. Per- tanto l’educazione attiva della cittadinanza ha la duplice funzione di rispondere ai bisogni che potrebbero presentarsi in un futuro e di rinforzare la capacità di soluzione usando stru- menti e seguendo un metodo efficace di cittadinanza. L’intento è di trasformare questo spazio formativo in uno spazio di apprendimento situato, in cui i contenuti previsti in questa attività formativa nulla hanno di teorico ma si confrontano concretamente con le si- tuazioni e le storie. L’intera unità formativa di “Legislazione della cittadinanza” sarà strutturata come segue. Ad inizio attività (dopo le attività previste dall’azione 1 e 2) il tema presentato alla classe sarà: “Cosa significa passare da una condizione di migrante ad una condizione di cit- tadino straniero”. Al gruppo classe verrà chiesto di individuare gli ambiti sociali attorno ai quali si aggregano i diritti di cittadinanza per uno straniero. Il lavoro produrrà una mappa condivisa (mappa degli ambiti dei diritti di cittadinanza); ovviamente quella allegata è un modello, ma il gruppo partirà dal foglio vuoto, in modo da arrivare ad un lavoro costruito dai partecipanti e non mutuato da una proposta. A seguito di questa condivisione, tutta l’at- tività formativa di questa unità formativa aggregherà storie personali, situazioni concrete, esperienze dirette o udite, in modo che i temi trattati siano vivi, di diretto interesse per i par- tecipanti. Il recupero e l’elaborazione di queste situazioni avviene in diversi modi: i parteci- panti vengono sollecitati a presentare situazioni ed esperienze reali connesse a questi am- biti; qualcuno dei partecipanti si trova di fronte ad una situazione che deve essere risolta; nell’ambito delle altre unità formative collegate a quelle che abbiamo chiamato “compe- tenze per la stabilizzazione” emergono spunti, osservazioni, problemi che richiedono un ap- profondimento. Il tema emerso viene descritto in classe, il caso proposto viene ricollegato 211 ad uno degli ambiti condivisi elaborando la mappa, vengono individuati i servizi di riferi- mento, le mediazioni effettuate per ottenere il risultato desiderato, il lessico relativo al tema ed eventuali altri appunti che il gruppo classe ritiene fondamentali. È compito del docente garantire che nello sviluppo del percorso i diversi casi affrontati (e le relative schede elabo- rate) coprano sia tutti gli elementi della mappa elaborata, sia i temi previsti per l’unità for- mativa di legislazione. Al termine del percorso formativo la mappa e l’insieme delle schede elaborate congiuntamente andranno a costituire il “Libretto di cittadinanza attiva”, che verrà stampato e consegnato agli allievi. Fase c: gestione delle unità formative collegate all’acquisizione delle competenze per la stabilizzazione Le competenze per la stabilizzazione sono contenute nelle unità formative Lingua ita- liana, Competenze trasversali, Legislazione della Cittadinanza, Orientamento, Pari opportu- nità. L’approccio complessivo viene improntato ad una forte interdisciplinarità. Tutte le at- tività didattiche previste in queste unità formative seguono lo stesso schema di lavoro, che pone grande attenzione da un lato a recuperare la storia e la situazione dei partecipanti al corso, dall’altro a contestualizzare gli elementi emersi in vista del progetto personale di sta- bilizzazione. Lo schema di lavoro può essere così sintetizzato: – introduzione da parte del docente dell’argomento di sua competenza; – ricerca dei punti di contatto tra la parte strettamente teorica e la reale esperienza degli allievi in relazione ad un tema o a più temi ad esso correlati; – elaborazione e stesura dei concetti partendo dal substrato culturale degli allievi; – accompagnamento ad un uso corretto del linguaggio, attraverso l’individuazione di pa- role chiave e del loro significato; – interazione con l’unità formativa legislazione della cittadinanza. L’interazione avviene nel momento in cui in una delle altre unità formative emerge un’esperienza, una necessità che è riconducibile ad uno degli ambiti condivisi nella mappa degli ambiti dei diritti di cittadinanza (che, ricordiamo, è appesa al muro, quindi è un riferi- mento per tutti gli allievi, e per i diversi docenti, che interagiscono nell’aula di formazione). L’elemento emerso nelle altre unità formative diventa un input da elaborare nell’ambito del- l’unità “Legislazione della cittadinanza” e, come le altre, la scheda elaborata congiunta- mente andrà a costituire il “Libretto di cittadinanza attiva”. Interazione con l’unità formativa “Lingua italiana” Oltre all’impostazione generale condivisa con le altre unità, la formazione alla lingua italiana richiede da parte del formatore un’impostazione didattica attiva, in quanto le eserci- tazioni proponibili prevedono che il soggetto sia impegnato a fare, a comunicare, a cercare informazioni e confrontare/valutare le differenze tra il proprio Paese e l’Italia: a partire da una visione sistemica, si pone come prerogativa metodologica la tensione costante a conte- stualizzare i contenuti linguistici rispetto alle peculiarità del sistema territoriale di riferi- mento, in modo tale che le persone acquisiscano progressiva famigliarità con il sistema so- cioculturale di riferimento e in particolare con le strutture locali alle quali rivolgersi per usufruire di diritti e/o assolvere i doveri contemplati dalla legge. Inoltre l’unità in questione interagisce con le altre perché ha la funzione specifica di aiutare i partecipanti ad utilizzare la lingua italiana per esprimere la propria storia e il proprio progetto. L’interazione avviene soprattutto attraverso le seguenti modalità: nelle diverse schede di educazione alla cittadi- nanza attiva è prevista una parte di glossario: il fissare e approfondire i termini collegati 212 alla questione trattata permette un arricchimento lessicale che ha forte valenza motivazio- nale, in quanto collegata ad un bisogno rilevato di interazione con il territorio; l’insegnante, via via che riceve le schede di cui sopra, si attiva per cercare articoli, documenti, materiale attinente al tema in oggetto: in questo modo la lettura diventa significativa per chi legge. In- fine nell’ambito dell’unità è prevista la stesura di una tesina di gruppo, che sarà oggetto di una prova interdisciplinare, sotto descritta. Elaborazione di una prova interdisciplinare Sulla base degli input arrivati attraverso le successive schede di educazione alla citta- dinanza attiva, il gruppo di insegnanti individua un testo che serva da stimolo. La classe viene divisa in gruppi, prevalentemente composti da allievi/e di diverse culture di prove- nienza. I gruppi discutono in particolare rispetto ad alcune parole chiave contenute nel testo ed elaborano un testo di gruppo nel quale saranno contenuti elementi relativi alla propria cultura di origine (es. il significato nelle diverse culture dei componenti del gruppo di al- cuni concetti) e del vissuto percepito nella cultura di accoglienza. Il testo elaborato viene condiviso con la classe, in modo che ciascuno abbia modo di raccogliere informazioni sul lavoro degli altri e avviare un confronto interculturale nel gruppo. Fase d: rilevazione e gestione delle variabili esterne all’intervento didattico Nell’ambito di un intervento formativo rivolto a soggetti migranti diventa perciò ne- cessario procedere ad un monitoraggio molto dettagliato della situazione personale in modo da poter costantemente agire sul territorio sia per trovare soluzioni rapide ai problemi di cui sopra, sia per cogliere rapidamente le opportunità che le strutture offrono in misura consi- stente, ma spesso, per molti motivi, si presentano in maniera improvvisa e poco coordinata. L’attività qui descritta diviene una funzione aggiunta alle usuali funzioni di un tutor di corso, ma ha anche dirette ricadute sulla gestione complessiva del percorso formativo. La fase si avvale degli strumenti operativi qui di seguito descritti. 1) Scheda di percorso personalizzato ed individualizzato La scheda sintetizza inizialmente i dati generali di ciascun allievo, principalmente pro- venienti dai dati raccolti nell’ambito delle attività di Fase a. La scheda ha la funzione di rendere immediatamente disponibili una serie di informazioni che possono diventare fonda- mentali sia per la soluzione di problemi collegati all’ambiente esterno alla formazione, sia per avere un quadro di sintesi. La scheda viene compilata inizialmente per ciascun allievo/a e viene aggiornata se alcuni dei dati registrati (in particolare quelli relativi alla situazione residenziale) vengano a variare, cosa piuttosto frequente nell’utenza che partecipa ai per- corsi formativi ai quali questa innovazione è collegata. 2) Scheda di presa in carico del problema insorto Questo strumento serve fondamentalmente a fissare con precisione i termini di un pro- blema insorto che richiede un intervento per evitare che l’evento provochi l’abbandono. Nella scheda vengono registrati: la descrizione del problema emerso (cosa che permette, nell’interazione con l’utente stesso, di dimensionare con precisione anche nell’immaginario del migrante, i termini esatti del problema); gli estremi del servizio territoriale che occorre coinvolgere; la strategia di mediazione e di intervento che si intende mettere in atto. In molti casi, se il fatto non viola elementi di privacy, a questa scheda si accompagna una scheda di educazione alla cittadinanza attiva (con tutta la procedura di gestione descritta precedentemente), in modo che il fatto diventi patrimonio di esperienza comune. 3) Scheda di rilevazione degli atteggiamenti professionalizzanti La scheda viene compilata in classe, nel corso delle unità formative professionalizzanti e con l’apporto del docente esperto di professione. Questa scelta permette di collegare stret- 213 tamente nella percezione del migrante l’atteggiamento professionale e personale. La scheda è finalizzata a rilevare dati importanti sia per monitorare l’evoluzione delle acquisizioni non professionali (la compilazione della scheda avviene almeno due volte nel corso delle atti- vità, in modo da cogliere anche i progressi o il permanere di comportamenti non adeguati al lavoro), sia per individuare la tipologia di azienda nel quale è opportuno effettuare l’inseri- mento lavorativo. Fase e: gestione ecologica dell’esperienza di stage La fase di organizzazione dello stage risulta essere un momento molto delicato nei casi di corsi specifici per migranti. La ricerca dell’azienda sede di stage, il monitoraggio e il tutora- to richiedono quindi una particolare attenzione. L’obiettivo è di inserire l’allievo in un percor- so di tirocinio che rappresenti davvero un bagaglio di conoscenze aggiuntive, un momento di valorizzazione del soggetto. Inoltre per il soggetto migrante l’ingresso in azienda spesso rap- presenta un primo confronto diretto con il mondo lavorativo italiano, scandito da orari e ritmi di lavorazione precisi e da relazioni sociali interne differenti dalla realtà di provenienza. Nel con- testo di una didattica ecologica considera, inoltre, la variabile legata all’incontro/confronto tra diverse appartenenze culturali che possono mal conciliarsi con le richieste di uno specifico luogo di lavoro o di una mansione (ad esempio l’uso di indossare il velo in un’attività di servi- zio catering). Lo strumento utilizzato è un’apposita scheda, di semplice concezione ma che permette di rilevare con puntualità e rapidità lo svolgersi dell’esperienza di stage e di recupe- rare gli input anche di origine interculturale che è bene affrontare per non rischiare che tali pro- blemi portino all’abbandono. Se gli eventi rilevati non richiedono un intervento immediato, la scheda viene utilizzata per la discussione nei rientri periodici dallo stage. 1) Gestione dei rientri durante lo stage Proprio per la complessità di questa tipologia di corsi per migranti diventa fondamen- tale individuare forme di monitoraggio dell’andamento dello stage, attraverso una calenda- rizzazione periodica dei rientri presso il Centro formativo, dedicati alla “verifica e ricalibra- zione stage”. Come già ribadito nel punto specifico dello stage, il rientro serve ad affrontare le eventuali situazioni conflittuali o incomprensioni, che possono nascere durante il per- corso di tirocinio. Durante il rientro è importante effettuare una valutazione degli obiettivi concordati prima dell’inizio del periodo di stage, per verificare e analizzare modalità di svi- luppo di abilità sociali o professionali del soggetto. Come strumento di valutazione si uti- lizza una griglia di osservazione che definisce alcuni parametri di cambiamento: la capacità di stabilire relazioni professionali; la capacità di comunicazione del proprio punto di vista; la capacità di confronto con i colleghi di lavoro; la capacità di comprensione e di adegua- mento alle regole del contesto di lavoro; la capacità di percezione delle distinzioni del con- testo formativo da quello lavorativo. L’obiettivo è di orientare il soggetto a definire il pro- prio ruolo, la propria posizione all’interno del contesto di lavoro, in coerenza con le regole stabilite, e nello stesso tempo aiutarlo a valorizzare la dimensione dell’ascolto attivo e ricet- tivo rispetto agli interlocutori e agli input ricevuti. Questa attività di verifica viene struttu- rata attraverso la costruzione di tabelloni di classe, in cui vengono specificati i parametri di cambiamento, la situazione del “prima” e del “dopo” rispetto al periodo di stage conside- rato, coinvolgendo il gruppo-classe nel mettere in comune le considerazioni, gli obiettivi raggiunti, i punti di forza o di debolezza. Sono coinvolti in tali attività sia i docenti tecnici sia il tutor, i quali dovranno avvalersi del documento elaborato in sede di “riunione staff”. Con questo termine si intende lo svolgimento di un incontro periodico (per i minori ogni settimana, per gli adulti ogni quindici giorni circa) tra il tutor di classe, il team manager, il direttore e i docenti tecnici volto a socializzare l’andamento delle varie esperienze di tiro- 214 cinio, analizzare le criticità e definire in comune accordo: strategie di fronteggiamento; re- sponsabili delle medesime; tempi di intervento. Il team di formatori ed esperti (generalmente mediatori interculturali, educatori e psi- cologi anche con una preparazione antropologica) che consentono la realizzazione dei per- corsi formativi contraddistinti dalle attività in precedenza descritte, è caratterizzato dal ruolo del “Tutor di classe”, il quale svolge principalmente le seguenti funzioni: – collaborare con i servizi territoriali per avviare un’azione di orientamento efficace (tesa cioè a individuare i soggetti che possiedono interessi, motivazioni e competenze in ingresso che si accordano con l’offerta formativa, in modo da ridurre il rischio di abbandoni dovuti a cause esterne) e concordare i modi ed i vincoli della presa in carico dell’utente in formazione; – prevedere colloqui individuali con l’allievo (il primo entro un mese dall’inizio del per- corso formativo, quelli successivi sulla base di esigenze che emergono via via) per ri- levare e gestire sistematicamente tutti i segnali che possono far supporre l’insorgenza di problemi interni o esterni che possono mettere a rischio la permanenza dell’allievo in sede formativa; – costituire un dossier personale per ogni allievo in vista della definizione del progetto personale di inserimento lavorativo e di sviluppo professionale. Di questo dossier fanno parte tutti i documenti collegati alla fase denominata “Rilevazione e gestione delle variabili esterne all’intervento didattico”; – gestire in maniera integrata con i colleghi formatori i dati emersi dall’applicazione del modello degli “atteggiamenti professionalizzanti” per effettuare l’abbinamento al- lievi/azienda (fase di stage); – concordare l’intervento di mediatori culturali qualificati nei casi in cui se ne registri il bisogno; – predisporre interventi, come convenzioni e contratti di tirocinio individualizzati e per- sonalizzati, le formalità amministrative, la visibilità della presa in carico del soggetto migrante; – predisporre incontri individualizzati con il corsista durante il periodo di stage, preve- dendo eventuali modalità di rientro nell’arco dello stage. Equipe di inter-centro In considerazione dell’ampliarsi della proposta formativa per migranti su più Centri della Casa di Carità si è attivato un gruppo di lavoro finalizzato a costituire una “cinghia di trasmissione” tra i Centri che gestiscono percorsi formativi per migranti, volta a consentire un agevole scambio di informazioni ed interagire a diversi livelli d’intervento, ovvero: pro- gettazione, l’obiettivo non è la standardizzazione totale dei corsi attivi su Centri differenti, magari localizzati in territori connotati da peculiarità ed esigenze differenti (si consideri che la Casa di Carità Arti e Mestieri opera nelle province di Torino, Alessandria e Verbano Cusio Ossola), piuttosto di uniformare, avendo ben chiari obiettivi, approcci, modelli, me- todologie e strumenti (dispense, testi, prove di verifica, ecc.) riferiti alle unità formative di ordine culturale/trasversale; accoglienza, uniformare i dispositivi relativi alla presa in ca- rico degli/delle allievi/e (test di orientamento e/o selezione, schede raccolta dati, dossier personali), al loro accompagnamento in itinere e, dove necessario, al termine del percorso. 215 Colloquio con _____________________________________ Punteggio complessivo in centesimi: ___ COLLOQUIO ORIENTAMENTO- SCHEDA PERSONALE Cognome: Nome: Corso: Tipologia del permesso di soggiorno e sua costruzione Situazione personale/familiare e stabilità residenziale Sostentamento e gestione dei figli Esperienze pregresse rispetto corso scelto Motivazioni alla scelta del corso Disponibilità ad essere flessibili finalizzata allo stage Disponibilità alla frequenza di un altro corso di formazione (altri Centri della C.D.C. o altre agenzie formative) Se favorevole la c.d.c. Propone le varie opportunità Scelta da parte del candidato Padronanza della lingua italiana (parlato e in ascolto) GRIGLIA PER L’ASSEGNAZIONE DEL PUNTEGGIO IN CENTESIMI A SEGUITO DEL COLLOQUIO SCHEDA DI SINTESI DEI DATI ESSENZIALI EMERSI DAI COLLOQUI E DAI TEST Corso: Sufficiente Discreto Buono Ottimo N. Nome allievo Dati sensibili Test Italiano Colloquio Punteggio complessivo 216 Tipologia del Permesso di soggiorno e sua durata: Indica la motivazione e la prospettiva della permanenza in Italia. La rete di soste- gno nei casi in cui il P.S. è debole o il P.S. è in fase di costruzione, di definizione. In Casi particolari come avviene a Città dei Ragazzi la ricerca di stabilità legale stret- tamente legata al diritto di cittadinanza il punteggio varia da 20 a 40 punti. Livello di appartenenza culturale: Indica il modello culturale di riferimento e quanto il migrante concepisca l’ele- mento culturale come ostacolo o come opportunità verso l’ambiente esterno Titolo di studio: Indica il livello di congruenza tra il corso di formazione e la preparazione del mi- grante Conoscenza della lingua italiana: Indica Capacità di esprimersi correttamente in lingua italiana in riferimento anche all’esito del test scritto, con particolare attenzione a frequenza presso C.T.P. o a corsi di italiano del privato/sociale Progetto migratorio e motivazione: Indica quanto il migrante intenda investire nel corso in relazione al suo progetto migratorio Reti familiari e sociali: Indica quanto oggettivamente il migrante possiede in termini di gruppi fami- liari/amicali ed eventualmente professionali, utili alla gestione per la frequenza al corso ( gestione figli, lavoro part-time…) Conoscenza dei servizi territoriali: Indica il livello di inserimento e utilizzo da parte del migrante dei vari servizi. Esperienze formativo/lavorative nel Paese di origine e in Italia Indica il trascorso del migrante prima dell’arrivo in Italia e l’eventuale partecipa- zione a percorsi formativi e alle varie esperienze lavorative Flessibilità: Indica la capacità della persona ad adattarsi alle varie situazioni Iniziativa personale: Indica la capacità di cercare autonomamente le informazioni e/o di far riferi- mento ai vari servizi presenti sul territorio Max Min 217 GLOSSARIO APPUNTI SCHEDA - EDUCAZIONE ATTIVA ALLA CITTADINANZA 218 Ambito di Presa in carico Mediazione attivata Orientamento riferimento - data di con procedura di proposto e rilevamento contatto con il servizio risultato ottenuto Ambito: Data: 219 PROVA INTERDISCIPLINARE AREA SAPERI: – Comunicazione interculturale – Legislazione alla cittadinanza – Competenze trasversali – Pari opportunità – Orientamento – Officina – Area tecnico-scientifica N.B. quella riportata è un esempio utilizzato in uno specifico corso dell’area mecca- nica. Il testo e l’articolazione specifica della prova viene concordato dai docenti anche sulla base degli elementi emersi attraverso gli strumenti precedenti. Casa di carità arti e mestieri Ente di formazione professionale 220 Modalità di esecuzione della prova interdisciplinare La prova è svolta secondo modalità innovative che vede coinvolti più formatori che da una parte interagiscono tra di loro nei vari saperi all’interno e nel confronto esterno della classe a sostegno del gruppo/i classe di allievi, e dall’altra dalla costituzione di allievi suddi- visi in gruppi di tre, possibilmente in grado di interagire non solo a livello di saperi ma so- prattutto di confronto interculturale nelle loro diversità culturali. L’obiettivo è quello di far emergere la cultura del lavoro secondo le richieste del mondo del lavoro di oggi e soprattut- to nel saper governare i processi produttivi e occupazionali emergenti rivolto ad una popola- zione migrante precaria. Le modalità di lavoro saranno seguite e guidate dai formatori dalla fase precedente lo stage, durante lo stage e nella parte conclusiva precedente l’esame. Il la- voro terrà conto dell’analisi autobiografica comparata tra i gruppi di lavoro, della compara- zione degli atteggiamenti professionalizzanti durante la fase precedente lo stage, della indi- viduazione delle aziende e relativo abbinamento con l’allievo/i ufficializzato dalla stipula della Convenzione/Presa d’Atto/Progetto formativo finalizzato alla ricerca delle opportunità lavorative coerenti con la professionalità acquisita, dei rientri dallo stage nelle fasi di ricali- brazione e di aggiustamento di tipo tecnico-professionale e relazionale-comunicativo. LEGGERE E COMPRENDERE IL BRANO CON IL SOSTEGNO DELL’INSEGNANTE Quando arrivai in Italia per vivere meglio mi accorsi che il primo modo di lavorare era di accettare la- vori precari senza tutela e senza difesa. Man mano che il tempo passava mi accorgevo che non potevo continuare con questi lavori precari, non sicuri ed allora decisi di informarmi attraverso gli amici che conoscevano di più la città e i servizi che danno informazioni e sostegno agli stranieri non comunitari. Un po’ alla volta mi accorsi che bastava rispondere positivamente a queste opportunità che mi venivano offerte dagli amici stranieri e dagli amici italiani. Senza che io me ne rendessi conto, la mia vita un po’ alla volta cambiava e, da una condizione di emar- ginazione e di isolamento, mi trovai sempre di più integrato e capito nel Paese che mi ospitava. Ebbi la fortuna di incontrare un Centro di formazione professionale qual è la Città dei Ragazzi ed ebbi modo di condividere con i miei amici di classe tante esperienze nuove legate alla mia futura professione e alla mentalità che bisogna avere per lavorare a Torino. Ora, nel gruppo costituito da me e altri compagni/e posso confrontarmi e scrivere la mia e le nostre cre- scite professionali rispondendo alle seguenti domande: 1. CHI SIAMO (biografia personale utile per il lavoro: comportamenti, atteggiamenti, risorse); 2. LE NOSTRE MOTIVAZIONI (prerequisiti fino ad arrivare ai requisiti per essere un bravo lavora- tore); 3. L’ESORDIO (i primi giorni a scuola e l’incontro con l’officina); 4. EVENTI (la comprensione, la stesura del profilo professionale); 5. INCONTRI (con l’officina, i datori di lavoro, il capo squadra, il tutor d’azienda, i colleghi di lavoro) 6. LE ATTIVITÀ (di lavoro imparate: procedure, calcolo, precisione, esecuzione); 7. L’APPARTENENZA (alla categoria dei lavoratori: nell’officina che è simile all’azienda, nella ri- cerca lavoro); 8. I CAMBIAMENTI (professionali che ho avuto in questi ultimi tempi); 9. LE EMOZIONI (cosa ho provato in questa avventura); 10. I PENSIERI CHE HO NEL PROSSIMO FUTURO (uscendo da Città dei Ragazzi); 11. Inventa uno slogan dall’esperienza di questo anno. 221 S ch ed a di p er co rs o pe rs on al iz za to e d in di vi du al iz za to (a c ur a de l t ut or f or m at iv o in c ol la bo ra zi on e co n i s er vi zi te rr it or ia li ) 222 223 PROGETTO DIR - Dialogo Inter-Religioso come fatto culturale Ideato da: Maria Giuseppina Conti, Presidente associazione La Casa di Thérèse Michele Grisoni, Supporto metodologico Migranti – Casa di Carità Arti e Mestieri Torino, 4 Gennaio 2005 Il Dialogo Inter-Religioso (DIR) riguarda tutti gli aspetti delle relazioni interpersonali, diventando addirittura la premessa per evitare e, nel caso, risolvere i conflitti fra le persone. Il DIR si realizza proprio dove s’incontrano persone con convinzioni religiose diverse. Ne deriva perciò uno scambio: non solo di teste ma di cuori che presuppone la disponibilità ad accettare gli altri nel quotidiano, a rispettarli. Accettare e accogliere l’altro significa in primo luogo prestare ascolto a chi ha una convinzione religiosa diversa dalla mia e cercare di capirlo e, in secondo luogo, farsi incontro all’altro con simpatia e fiducia. Il mediatore interculturale, non solo deve avere una buona preparazione sulle problematiche etniche (an- tropologiche e sociologiche), ma anche sulla conoscenza di sé, del proprio vissuto, delle proprie credenze. Deve, in qualche modo diventare ed essere cittadino del mondo, costrut- tore di comunione e di ponti nella libertà di espressione della cultura e della credenza reli- giosa di ciascuno. Lo slancio dato dal dialogo tra le religioni non deve arenarsi tra le buone maniere e le buone parole, ma diventare un fatto culturale permanente. Ecco perché nasce questo progetto, di portata mondiale, che si situa tra le pari opportunità che ciascuno deve avere e deve favorire per la crescita di ogni popolo, di ogni credenza e per il definitivo ri- fiuto di ogni forma di violenza ideologica. Credere che sia possibile questo, vuol dire cre- dere che la nostra società possa finalmente abbattere i muri di divisione, le barriere di riti e di credenze. Riti e credenze che sono sfumature del multiforme volto dell’umanità. Il 27 ot- tobre 1986 ad Assisi, Giovanni Paolo II realizzava un vero dialogo tra le religioni. In quel fine ottobre, 124 rappresentanti di Chiese cristiane e di non cristiani si riunivano ad Assisi, insieme al Vescovo di Roma, tutti sullo stesso piano, tutti con l’unico intento di pregare per la pace. Non è forse questo il superamento dei conflitti? Conflitti non necessariamente fatti con l’uso delle armi, ma conflitti interpersonali che viviamo ogni giorno, sul luogo di la- voro, di ricreazione, di fede. Seppur diverse nella forma, nella sostanza sono simili le lo- giche dei conflitti che avvengono tra Stati oppure nei nostri condomini e/o quartieri. Ricor- diamo, inoltre, la Dichiarazione per un’etica mondiale (Chicago 1993) e il Manifesto per il dialogo delle culture “Ponti verso il futuro” (2001 Kofi Annan) che intendono stimolare un cambiamento di conoscenza individuale e collettivo nell’interesse della sopravvivenza del nostro Pianeta. Per dare efficacia ed efficienza a quanto descritto in precedenza, il nostro tentativo è quello di valorizzare quanto già si sta producendo nella Città di Torino e nella Provincia, ad opera dell’Ufficio Pastorale Migranti (UPM). Si tratta di sistematizzare e di incanalare le esperienze prodotte coinvolgendo la Formazione Professionale che in questo caso può pro- muovere azioni innovative spendibili nei contesti interculturali da un osservatorio concreto e pratico qual è quello del mondo del lavoro. La Casa di Carità Arti e Mestieri ha negli anni prodotto da una parte una vasta ed articolata rete di connessioni tra servizi che si occupano di integrazione, e dall’altra ha perfezionato le politiche e la didattica di orientamento, di percorso, di accompagnamento di migranti nel tessuto sociale e lavorativo. Pertanto si prevede: 1) di inserire nel Corso dei Mediatori interculturali dell’a.f. 2005/2006, 6 ore di forma- zione sul dialogo inter-religioso finalizzato a: far conoscere quanto si svolge su questo tema nel nostro territorio; sensibilizzare i corsisti e promuovere buone prassi di acco- 224 glienza, di sostegno e di orientamento con particolare attenzione a quei settori della popolazione straniera (la maggioranza) che non hanno punti fermi di riferimento; indi- viduare i nodi critici che comunque occorre affrontare (interreligiosità, agnosticismo, secolarizzazione, ignoranza, classi multietniche ingestibili, difficoltà di comprendere); 2) di realizzare un corso di 60 ore di dialogo e mediazione inter-religiosa da presentare nella prossima Direttiva provinciale. Si ipotizza la creazione di un Tavolo di DIR com- posto dall’UPM (supervisore e elaborazione), dall’Agenzia formativa Casa di Carità Arti e Mestieri (coordinamento e elaborazione), dai referenti di staff sul dialogo inter- religioso (Maria Adele Roggero, Don Fredo Olivero, Maria Giuseppina Conti), dai re- ferenti Chiese e religioni (cristiani evangelici-cattolici-ortodossi, ebrei, musulmani, buddisti, induisti, religioni africane), dal Milieu innovateur che rappresenta l’evolu- zione e la trasformazione del territorio con la presenza reale di servizi e di Centri ag- gregativi che ne sono più o meno direttamente coinvolti. ORGANIGRAMMA DELL’ENTE/RETE DI SERVIZI/CONTATTO CON IL TERRITORIO Finalità Gli assiomi irrinunciabili dei contesti interculturali sono i seguenti: 1. operatori in grado di essere lettori della complessità; 2. operatori in grado di essere viaggiatori leggeri e capaci di cogliere le “differenze senza pregiudizi o schemi mentali precostituiti”; 3. operatori che siano in grado di essere costruttori di ponti e saltatori di muri; 4. trasformare il dissidio, che è il non condiviso, in conflitto, vale a dire trovare le parole che permet- tano la traduzione dell’uno nell’altro. Nel momento in cui si trovano le parole per esprimere il dis- sidio, si è già sulla via della metamorfosi: il dissidio diventerà conflitto, sarà comprensibile alle parti e si aprirà uno spiraglio di trasformazione, per arrivare così ad un reciproco riconoscimento. Questo processo è alla base della mediazione, della conoscenza dei codici culturali, della gestione dei con- flitti e del percorso d’aiuto. Le azioni che l’operatore svolge all’interno della FP hanno lo scopo prioritario di facilitare e fluidificare la complessità, intervenendo su di un’utenza migrante i cui i codici culturali e la gestione dei conflitti appartengono a delle dinamiche che mai si devono improvvisare in condizioni emergenziali e dilettanti- stici; occorre sistematizzare promuovendo linee condivise di prevenzione che scaturiscono da supporti metodologici e da modelli e dispositivi sperimentati e non per ultimo dall’utilizzo e rispettivo intervento di mediatori e/o servizi guidati e selezionati per gli interventi sul campo; questo perchè l’operatore au- toctono che non ha vissuto il percorso migratorio e non appartiene alle culture e alle lingue “altre” diffi- cilmente è in grado di cogliere e di promuovere una comunicazione funzionale ai propri interventi. Progettare mediazione pratica in contesti interculturali A.F. 2007/2008 225 Michele Grisoni La definizione del lavoro di mediazione pratica all’interno della FP comporta alcune particolarità e al- cune attenzioni: – la consapevolezza che gli operatori e i mediatori e/o servizi svolgono, all’interno dei propri compiti, azioni di mediazione; ciò a volte facilita il lavoro ma altre alimenta sentimenti di competizione sul ruolo da assumere; – la necessità di inserire l’intervento in un progetto, di impostarlo, monitorarlo in itinere e conclu- derlo. Il lavoro di mediazione va quindi pensato, progettato, intrecciato al contesto della FP e dei servizi selezionati attraverso la cura dell’operatore incaricato e professionalmente preparato e in grado di leggere la realtà territoriale in tutte le sue specificità; ciò richiede un alto grado di chiarezza da parte degli operatori circa gli obiettivi, le competenze, le modalità da utilizzare. Si fa riferimento a quanto sviluppato negli anni e trascritto all’interno del sito della Provincia di Torino. Le figure co- involte sono il Direttore, il supervisore metodologico per migranti, il referente di Centro di forma- zione per migranti, i team manager, i tutor di classe; – la contestualizzazione derivante dal luogo e dal servizio dell’intervento (setting) , che definisce ancor di più le caratteristiche delle azioni e facilita o meno la possibilità di mediazione. La mediazione che si utilizza è ritenuta essenziale e vincente quando: esiste un problema di comunicazione e trasmissione di concetti e di regole di funzionamento: codici cul- turali, conflitti; – si verificano incomprensioni ed incidenti interculturali dovuti a differenti interpretazioni, a letture stereotipate, a non conoscenza dei sistemi di riferimento reciproci; – la modalità di presentazione delle richieste, da parte di migranti, viene vissuta dagli operatori come incomprensibile, inadeguata, aggressiva; – è necessario fluidificare la comunicazione, “fare un passo indietro” per poter proseguire e prevenire conflitti o definire la natura di quelli in corso, per arrivare a stabilire il terreno negoziabile; – la non conoscenza dei servizi territoriali, dei loro obiettivi, del loro funzionamento porta gli utenti e gli operatori a farne un uso scorretto che può danneggiare lavori di anni; in questo se non si è for- mati gli operatori e gli utenti migranti esprimono differenti concezioni su temi importanti (nascita, genitorialità, relazioni affettive…), entrando così in attrito relativamente alle possibilità/obblighi di intervento dei servizi. Testi di riferimento di base sono: – “Migranti e reciprocità nella rete e nella formazione” (cap. 3: “Per un modello di comunicazione fondato sulla reciprocità”; dispositivo grafico n. 7 del cap. 6 “Percorsi di rete ed aree d’intervento”; “Migranti in Piemonte “ cap. di Michele Grisoni); – “Atlante della mediazione linguistico culturale” nei capitoli suggestivi di Anna Raffaella Belpiede, Marianella Slavi, Massimiliano Fiorucci, Marta Castiglioni, Manuela Fumagalli, Lucine Hounkpatin e Claude Mesmin, Pietro Barbetta. 226 227 Michele Grisoni 228 1. Premessa Il CIOFS/FP Emilia Romagna (E-R), in piena coerenza con la propria mission indi- vidua come destinatari privilegiati della propria azione formativa e orientativa, i giovani e le donne, con particolare riferimento a coloro che hanno maggiori difficoltà e problema- tiche sia di carattere personale che di inserimento sociale e lavorativo. La sede di Bologna si è specializzata nel corso degli anni nell’offerta di servizi formativi ed orientativi rivolti a donne immigrate che nella realtà bolognese fin dagli anni novanta hanno cominciato ad es- sere presenti in forma strutturata, impegnate inizialmente nel settore dei servizi alla persona (in particolare anziani) in forte crescita in quegli anni. La scelta del CIOFS/FP E-R di spe- cializzarsi in questo ambito risale a quegli anni e non è frutto del caso, ma l’incrocio tra: coerenza con la propria mission educativa centrata sulla promozione della donna, soprat- tutto nei casi in cui ne viene calpestata la dignità; lettura attenta dei bisogni del territorio, che esprimeva già la necessità di intervenire in maniera mirata e specifica per favorire i pro- cessi di inserimento sociale e lavorativo delle donne immigrate, impegnate già allora in un difficile compito di conciliazione tra compiti di cura familiare e necessità lavorative. È così che il CIOFS/FP E-R negli anni è stato riconosciuto sul territorio per questa sua specificità, ha potuto quindi attivare una rete di collaborazione tra i soggetti che si occupano delle te- matiche dell’immigrazione e nello stesso tempo è riconosciuto dalle comunità di immigrati come punto di riferimento per le problematiche del lavoro e della formazione. L’esperienza maturata sul campo nel corso degli anni ha consentito di: disporre di personale preparato nel lavoro con immigrati; strutturare un’importante rete di relazioni con le aziende del terri- torio per l’inserimento lavorativo delle donne immigrate; strutturare percorsi formativi e orientativi mirati e personalizzati; attivare percorsi e servizi con una certa continuità e quindi riconoscibilità sul territorio. L’elemento centrale che abbiamo riscontrato in questi anni, e che caratterizzerà il lavoro nei prossimi, è rappresentato dalla necessità di offrire con una certa continuità alla popolazione immigrata una serie articolata di servizi che pos- sano rispondere in maniera personalizzata e non standardizzata ai bisogni di cui sono porta- trici le donne immigrate, in un’ottica di rete e di collaborazione con altri servizi del terri- torio (sociali, sanitari, per la casa, ecc.). Riteniamo quindi importante: proporre corsi brevi e finalizzati all’inserimento lavorati- vo immediato (quasi sempre nel settore dell’assistenza anziani) per quelle donne che espri- mono la necessità di dover lavorare in tempi brevi per mantenersi o per problemi legati al permesso di soggiorno; attivare servizi di orientamento ad accesso individuale per offrire ri- sposte immediate, individuali e in tempi brevi alle diverse esigenze e bisogni non aggredibi- li attraverso le tradizionali attività formative; favorire l’inserimento delle donne immigrate nei percorsi “ordinari” rivolti a diplomati e/o disoccupati, al fine di valorizzare le competen- ze e le esperienze maturate nei Paesi d’origine e che difficilmente possono trovare espressio- ne nel nostro mercato del lavoro. Questo tipo di attività formativa può meglio rispondere al- ALLEGATO 3 Il CIOFS/FP Emilia Romagna e le attività con le donne immigrate 229 le esigenze delle donne che hanno titoli di studio e conoscenze professionali, tempo da dedi- care alla formazione, buona conoscenza della lingua italiana; percorsi formativi personaliz- zati centrati sull’esperienza di stage e finalizzati all’inserimento lavorativo attraverso un for- te tutoraggio e una forte collaborazione con le aziende ospitanti. Anche questa tipologia di percorsi può offrire buone opportunità a chi già ha delle esperienze e conoscenze da valoriz- zare e che ha bisogno di attivare un contatto mirato con le aziende del territorio, non avendo molto tempo disponibile per percorsi formativi tradizionali e strutturati. Come evidenziato da queste poche righe riteniamo quindi che nel lavoro con questa ti- pologia d’utenza non ci si possa improvvisare, ma che occorra una forte motivazione e vo- cazione, nonché la possibilità di poter diversificare al massimo i servizi per rispondere in maniera efficace ai bisogni complessi di cui sono portatrici le donne immigrate. Riteniamo che oggi sia irrealistico pensare di offrire percorsi standardizzati per tutti, magari solo nel settore dei servizi all’anziano che non possono valorizzare il patrimonio personale, di espe- rienza e personale del quale sono portatrici le donne immigrate che oggi si presentano nel mercato del lavoro e che hanno caratteristiche molto differenti rispetto alle donne immi- grate di 5-10 anni fa. Vediamo di seguito i servizi e le azioni che il CIOFS/FP E-R ha attivato a Bologna in questi anni e che sono riconducibili alla prospettiva generale appena descritta. Si comincia con le attività più di carattere tradizionale, le prime realizzate sul territorio, ma che ancora oggi offrono delle concrete opportunità lavorative, si passa poi alla descrizione della pro- spettiva multiculturale che cerchiamo di proporre trasversalmente nelle attività formative e orientative realizzate, per finire con la descrizione di un servizio di orientamento/lavoro at- tivo fin dal 1998 con una certa continuità e che rappresenta un punto di riferimento impor- tante sul territorio in un’ottica di rete. 2. Le attività di formazione professionale dedicate Le attività di formazione professionale con le donne immigrate si sono realizzate fin dall’apertura del Centro di Bologna nel 1993 e costituiscono una delle linee d’intervento strategiche del CIOFS/FP, in un settore, quello dell’assistenza alle persone anziane, in grande sviluppo nei termini di prospettive occupazionali. Fino al 1998, l’attività realizzata, è stata prevalentemente di tipo corsuale con finanzia- menti Regionali FSE; dal 1998, grazie ai finanziamenti europei di Iniziativa Comunitaria Occupazione, lo spettro di azioni si è ampliato con la realizzazione di una ricerca a livello comunale, la produzione di strumenti di orientamento ad hoc per donne immigrate e l’aper- tura sperimentale di un Centro di Orientamento/Lavoro Donne Immigrate presso la sede di Via San Savino, 37, tuttora attivo e al quale si recano mediamente 300/400 persone al- l’anno. Dal 2001, le attività formative nel settore dell’assistenza alla persona sono finan- ziate con regolarità sui Piani Provinciali. I principi che stanno alla base dell’approccio al tema dell’immigrazione sono tutti strettamente collegati alla mission dell’ente, nella pro- spettiva di realizzare percorsi di inserimento sociale e lavorativo rispettosi della persona, ma nello stesso tempo concretamente realizzabili nel contesto economico e produttivo lo- cale. Tra i punti di riferimento troviamo quindi: focalizzazione degli interventi sulle proble- matiche di tipo formativo e lavorativo, non invadendo campi di competenza “altri” (pro- blema dell’abitazione, regolarizzazione documentale, ecc.); stretta collaborazione con la rete dei servizi e del volontariato che si occupano a diverso livello del problema immigra- zione; scelta preferenziale per la donna, in relazione al carisma specifico dell’ente; forma- zione integrale e non solo professionale della donna immigrata; attenzione alla persona in tutti i suoi aspetti; attenzione alla dimensione orientativa intesa come formazione non solo 230 centrata su aspetti tecnico pratici, ma anche sulla facilitazione dell’impatto dell’immigrata con la nostra realtà culturale; accompagnamento al lavoro, per le donne realmente disponi- bili all’inserimento, attraverso un servizio di tutoraggio personalizzato; perseguimento di una logica di sistema interna ed esterna e non solo di interventi sporadici di tipo formativo: interna per quanto riguarda la formazione e la specializzazione del personale impegnato, ma anche la strutturazione di materiali per l’orientamento ad hoc per questa utenza, esterna con la creazione di un polo di attenzione riconosciuto (CODI) sia dalle utenti che dai ser- vizi del territorio. Riteniamo che l’esperienza maturata in questi anni sia fondamentale sotto diversi punti di vista e sia il prerequisito per l’organizzazione e la promozione di attività formative innovative, che così possono poggiare su di un know how e una struttura collaudate. Tra gli elementi più significativi e che brevemente richiamiamo, a nostro avviso meritano par- ticolare attenzione: essere riconosciuti dalle stesse donne immigrate come CFP in grado di erogare servizi formativi ad hoc per loro e rispondenti alle loro aspettative; presenza presso il CFP di professionalità specifiche per l’erogazione di attività formative per donne immigrate quali: coordinatori, docenti di lingua, orientatori, tutor, tutor stage, docenti esterni preparati e abituati a lavorare con persone che hanno conoscenze linguistiche molto differenziate; disponibilità presso il CFP di strumenti per l’apprendimento della lingua e per l’orientamento già sperimentati più volte con successo nelle attività formative; sistema di relazioni e di collaborazioni sul territorio ben collaudate e che consentono, a partire dalla valorizzazione della specificità di ciascun soggetto, di offrire servizi integrati ed effi- caci alle utenti. Particolarmente rilevante è stata l’esperienza realizzata nel corso del 2003/2004 dal CIOFS/FP E-R nell’ambito del progetto “Io apprendo, io lavoro: noi creiamo impresa” rea- lizzato in collaborazione con Caritas diocesana di Bologna, Confcooperative e AECA. Il progetto, finanziato all’interno della Sovvenzione Globale B1 gestita dal Consorzio “Noi Con”, ha portato alla costituzione di una cooperativa di donne immigrate di servizi ri- creativi e domiciliari per l’infanzia. Questa esperienza, estremamente positiva dal punto di vista del risultato (apertura della cooperativa che eroga direttamente i propri servizi a par- tire dal gennaio 2004), è a nostro avviso molto importante per il CIOFS/FP E-R a livello di: maturazione di un know how specifico nel settore della formazione per l’imprenditoria; ve- rifica della possibilità per le donne immigrate di affrontare con successo anche percorsi for- mativi impegnativi; verifica dell’autoimprenditorialità come concreta opportunità di svi- luppo personale per le donne immigrate; attivazione di un sistema locale di relazioni con soggetti del territorio per il sostegno all’autoimprenditorialità delle donne immigrate. Altrettanto rilevante è il progetto realizzato in collaborazione con il Comune di Bo- logna nel corso del 2005 dal titolo “Percorsi sperimentali di orientamento e preprofessiona- lizzazione delle donne rumene seguite dal Servizio Immigrazione del Comune di Bologna”. L’obiettivo del progetto era quello di sviluppare nelle destinatarie del percorso formativo (donne rumene in carico al Servizio Immigrazione del Comune di Bologna) competenze di base e preprofessionalizzanti per il loro inserimento sociale e lavorativo nel territorio bolo- gnese, attraverso la sperimentazione di un modello di intervento centrato su 3 aree: Analisi del potenziale individuale; Orientamento sociale e lavorativo; Orientamento professionale e sviluppo di competenze preprofessionalizzanti. Il risultato del progetto è stato quello di individuare e validare un interessante modello di intervento per verificare la possibilità di creare delle precondizioni per l’inserimento la- vorativo di una fascia molto difficile e complessa (donne rumene rom) che dal punto di vista culturale e sociale ha molte difficoltà ad inserirsi nel tessuto sociale delle nostre città. 231 3. L’approccio multiculturale Il CIOFS/FP E-R sede di Bologna realizza da diversi anni attività di formazione e di orientamento per donne immigrate, e quindi ha avviato una riflessione e sperimentato pra- tiche formative che tengono conto della dimensione interculturale. Nell’organizzazione e nella gestione dei corsi, si tiene conto trasversalmente delle dif- ferenze (piuttosto profonde soprattutto nei confronti della cultura musulmana) e i docenti stessi organizzano le attività formative favorendo il confronto, la comunicazione e lo scambio, in un’ottica di valorizzazione delle differenze. L’approccio interculturale trova poi espressione concreta in alcuni aspetti che breve- mente descriviamo: – Favorire lo scambio e il confronto culturale come metodo generale di lavoro utilizzato dai docenti, nella logica della valorizzazione delle culture di appartenenza, ma anche nella conoscenza e accettazione della cultura italiana nella quale vivono. – Lingua italiana: attraverso la conoscenza della lingua le donne immigrate possono realmente confrontarsi, comprendere e accettare la cultura della società nella quale hanno deciso di vivere. Questo è molto importante perché senza una buona conoscenza linguistica i messaggi che arrivano loro possono essere travisati e non dare il giusto peso ad aspetti importanti nella loro cultura. – Contratti di lavoro: in tutti i corsi per donne immigrate affrontiamo il tema del lavoro e delle modalità con le quali è organizzato in Italia e in particolare nel nostro territorio. Questo al fine di fornire loro strumenti per affrontare più attivamente il problema del loro inserimento lavorativo attraverso la comprensione di meccanismi che nei Paesi d’origine hanno dinamiche diverse. – Gestione dello stage: è uno dei momenti più importanti dei percorsi formativi per immi- grati. Nello stage la donna immigrata entra a contatto con la nostra realtà lavorativa e quindi è preparata dai coordinatori e dai tutor ad affrontare la realtà del lavoro in tutte le sue dimensioni (rapporto con “i clienti”, rapporto con i datori di lavoro, rispetto degli ora- ri, i tempi del lavoro, ecc.), così come al termine dello stage è aiutata ad elaborare le in- formazioni e le esperienze realizzate. Nell’area dei servizi alla persona, il tema della cura dell’altro viene affrontato tenendo conto delle differenze culturali, ma soprattutto delle resistenze e difficoltà che possono essere presenti in donne di culture diverse. – Orientamento sociale: in quasi tutti i corsi per donne immigrate è presente un modulo specifico di orientamento sociale alla nostra cultura. Attraverso lo scambio e il con- fronto, le donne sono aiutate a comprendere alcuni aspetti della nostra cultura che sono fondamentali per potersi inserire attivamente nella società. Tra gli aspetti che vengono tematizzati sottolineiamo i seguenti: le relazioni interpersonali, l’organizzazione dei principali servizi (sanitario, scolastico, di assistenza), le regole comuni di convivenza (orari, come ci si rivolge a un datore di lavoro, a persone sconosciute, il ruolo della donna, i rapporti familiari, ecc.). – La festa e il tempo libero: di norma al termine dei corsi per donne immigrate è orga- nizzato un momento di festa e di scambio, finalizzato alla conoscenza e alla scoperta delle culture. In genere, il focus è sul cibo: le signore sono invitate a portare o a cuci- nare piatti della loro cultura, presentarli alle altre e assaggiare i prodotti delle altre. È un momento molto bello, in cui comunque le culture di appartenenza sono valorizzate. – Moduli di cucina: nei corsi per assistenza agli anziani, l’apprendimento della nostra cuci- na è un momento importante di conoscenza della nostra cultura. Attraverso la preparazio- ne del cibo, gli insegnanti spiegano le nostre abitudini, i prodotti utilizzati e consentono al- le donne immigrate di conoscere aspetti del nostro modo di vivere che spesso ignorano. 232 4. Il servizio CODI (Centro Orientamento Donne Immigrate) Il CODI è un servizio di orientamento al lavoro strutturato e permanente, rivolto esclu- sivamente a donne immigrate gestito da orientatici esperte soprattutto nell’ambito del sup- porto ai processi di transizione lavorativa. È ad accesso libero e l’utente può usufruire in maniera personalizzata dei diversi servizi che in esso vengono erogati e che di seguito bre- vemente vengono descritti. Accoglienza Il servizio di accoglienza, dal quale passano tutte le utenti CODI, ha tre compiti fonda- mentali: 1) accogliere la persona nella struttura, cercando di metterla a proprio agio in un ambiente non conosciuto; 2) leggere il bisogno esplicito e implicito della persona e indiriz- zarla ad altri servizi del territorio se il bisogno espresso non è affrontabile dal CODI, op- pure concordare il percorso all’interno del Codi, se il bisogno afferisce all’area forma- tivo/lavorativa; 3) aprire formalmente la pratica personale dell’utente, che lo accompagnerà durante tutta la permanenza al servizio. Informazione (consultazione autonoma o guidata) Un primo livello del servizio è di tipo informativo. Si ipotizza che alcune (non molte donne immigrate) abbiano essenzialmente bisogno di alcune informazioni (sui corsi di for- mazione, quelli di italiano, le modalità per l’iscrizione a scuola, ecc.) per attivare autono- mamente un percorso di inserimento formativo o lavorativo. Sono possibili due modalità di consultazione: 1) consultazione autonoma, presso un ambiente appositamente attrezzato, nel quale le informazioni sono rese disponibili all’utenza senza l’intermediazione dell’ope- ratore. Le informazioni sono opportunamente organizzate e aggiornate dagli operatori; 2) consultazione guidata con l’aiuto dell’operatore. In questo caso l’utente è aiutata dall’ope- ratore per il reperimento dell’informazione e per una sua utilizzazione concreta. Colloquio Un primo livello di colloquio, parallelo alla fase dell’accoglienza e dell’informazione, ha come obiettivo principale quello di introdurre la tematica dell’orientamento in un’utenza che probabilmente non percepisce come importante questa problematica. Infatti l’orienta- mento è un concetto ancora lontano per questa fascia di popolazione impegnata soprattutto nella soluzione di problemi primari legati alla sopravvivenza (una casa, un lavoro che faccia guadagnare, ecc.). L’ipotesi non è quella di sviare l’attenzione dai problemi che loro ritengono pressanti, quanto quello di ampliare, attraverso un colloquio, le possibilità, al- meno a livello cognitivo di avviare un processo di integrazione sociale e lavorativa mag- giormente dignitosa nel corso del tempo. L’obiettivo di fondo del colloquio è quindi quello di ampliare l’orizzonte progettuale delle utenti, non dimenticando comunque di sostenerle nella soddisfazione dei bisogni più pressanti (il lavoro). Colloquio orientativo Per una fascia molto più ristretta di utenti, il CODI è in grado di attivare percorsi di consulenza orientativa individuale per l’accompagnamento alla costruzione e persegui- mento di un progetto professionale articolato. Questo servizio è rivolto a persone che in qualche modo hanno già risolto i problemi fondamentali della loro presenza in Italia e aspi- rano a professionalità e a un inserimento lavorativo qualitativamente migliore. Costruzione del curriculum Uno dei servizi legati all’ambito più strettamente lavorativo è la costruzione del curri- culum. L’idea è quella di aiutare l’utente nella definizione e traduzione delle precedenti esperienze formative e lavorative che costituiscono le competenze che la donna immigrata 233 offre sul mercato del lavoro. La costruzione del curriculum non è quindi un’operazione me- ramente formale, ma rappresenta un’occasione preziosa per l’utente di ricostruzione di un potenziale lavorativo spesso sottovalutato o non riconosciuto. È la base di partenza per qualsiasi tentativo di inserimento lavorativo. Accompagnamento alla ricerca attiva del lavoro Per tutte le utenti è comunque offerto un servizio di accompagnamento alla ricerca at- tiva del lavoro. L’utente può usufruire del servizio solo dopo aver redatto il curriculum presso il Centro. L’operatore dell’inserimento lavorativo organizza con le utenti campagne individualizzate di ricerca del lavoro, utilizzando tutti gli strumenti oggi disponibili (libri, giornali, tecniche di ricerca attiva, ecc.). L’obiettivo di questi percorsi di gruppo o persona- lizzati è proprio quello di fornire strumenti concreti e accompagnare l’utente nella delicata fase di ricerca del lavoro. Back Office Oltre alle normali attività di front office rivolte al pubblico, sono realizzate ore di back office per permettere il corretto funzionamento del servizio. Tra le azioni per il back office evidenziamo: raccolta, organizzazione, gestione e manutenzione delle informazioni; predi- sposizione di schede informative ad hoc; contatti con le aziende per rilevare il fabbisogno lavorativo nel settore dei servizi alla persona; creazione di una banca dati del CODI, con particolare attenzione all’integrazione con altre banche dati esistenti. Percorso tipo per la utente del servizio Per la donna immigrata che si presenta al servizio, sono a disposizione diverse possibilità in relazione al bisogno espresso direttamente o indirettamente all’operatore. Un primo filtro viene svolto nell’accoglienza che ha il compito fondamentale di aiutare l’immigrata ad esplici- tare il proprio bisogno e a definire i servizi interni o esterni al Centro più adatti al soddisfaci- mento del bisogno. Se il bisogno espresso non è di tipo orientativo o lavorativo, si cerca di indi- rizzare l’utente al servizio più rispondente alle sue necessità. Se invece il bisogno può essere soddisfatto all’interno del CODI, l’operatore concorda con l’utente il percorso interno, presen- tando inizialmente i servizi disponibili. È in questa fase che inizia la compilazione del dossier personale utente con la raccolta dei dati principali e del percorso svolto all’interno del servizio. L’accoglienza è sempre accompagnata da un colloquio, nel quale comunque l’operatore cerca di introdurre la tematica dell’orientamento per donne immigrate, nell’ottica di miglioramento nel tempo della collocazione lavorativa e sociale del soggetto (ampliamento delle possibilità per il soggetto). Se il bisogno espresso dalla donna immigrata riguarda poi problematiche orientative, e quindi non solo legate ad un bisogno immediato e contingente di lavoro, si possono attivare di- versi servizi: informazione; colloquio orientativo approfondito per la definizione di un progetto professionale. Per l’utente che esprime invece un bisogno prettamente lavorativo, il percorso può svolgersi nell’ambito di uno spazio dedicato più espressamente al lavoro. Per tutte il per- corso all’interno dello sportello lavoro comincia con la costruzione del curriculum, inteso non solo come documento formale, ma come processo di definizione e presa di coscienza delle abi- lità e competenze da offrire sul mercato del lavoro. A partire dalla compilazione del curriculum, l’utente può invece usufruire di uno spettro di servizi di accompagnamento alla ricerca attiva del lavoro. Nell’ambito di questo servizio, l’operatore mette a disposizione delle utenti una serie di strumenti utilizzabili concretamente nella ricerca attiva, accompagnando direttamente le im- migrate nello svolgimento di questo compito. Tra le possibili attività promosse in quest’ambito ricordiamo: compilazione di lettere di accompagnamento; individuazione di strategie persona- lizzate di ricerca attiva; consultazione offerte di lavoro dei principali giornali; telefonate di ri- sposta ad annunci; invio di lettere di autocandidatura; accompagnamento a colloqui. 235 INDICE INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Capitolo 1 Le politiche dell’immigrazione in italia. l’evoluzione recente . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1. Il quadro di riferimento: le recenti leggi organiche sull’immigrazione . . . . . . . . . 5 1.1. La legge Turco-Napolitano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.2. La legge Bossi-Fini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.3. Il disegno di legge delega Amato-Ferrero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 2. Ambiti specifici di attenzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.1. Le famiglie dei giovani di origine migratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.2. Le politiche della scuola e della FP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 2.3. Le politiche del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 2.4. Le politiche della cittadinanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Capitolo 2 Adolescenti di origine migratoria: il contributo dei sistemi formativi alla costruzione dell’identità e al processo di integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 Premessa: “Che ci fa qui?” - “Che ci faccio qui?” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 1. Adolescenti nei/dei processi migratori: fattori protettivi dell’identità etnica . . . . 40 1.1. Il “mito di Ulisse”, ovvero il significato del migrare alla ricerca di una “terza sponda” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 1.1.1. Lo spazio transizionale come approdo alla” terza sponda” . . . . . . . . . 42 1.1.2. L’integrazione tra codici comunicativi nell’esperienza migratoria . . . 43 1.2. Il conflitto di ruolo nei processi migratori alla ricerca di una propria identità 44 1.2.1. Alla ricerca di se stessi tra più mondi culturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 1.2.2. Tra “terremoto identitario” e ricomposizione degli equilibri . . . . . . . 47 1.2.3. Sentirsi “stranieri” a se stessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 1.3. L’adolescente immigrato tra crisi e ricerca d’identità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 1.3.1. Tra “sradicamento” e “sfida” per elaborare il cambiamento . . . . . . . . 51 1.3.2. Alla ricerca di meccanismi compensatori di fronte allo sradicamento 53 1.4. Le quattro ipotesi di ricerca di una propria identità negli adolescenti di origine migratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 2. Il contributo della “scuola” e dei sistemi formativi nei processi di integrazione degli adolescenti di origine migratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 2.1. Scuola e vissuto relazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 2.2. Accogliere “chi”, accogliere “come” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 2.3. Il ruolo della formazione nel processo di “stabilizzazione” . . . . . . . . . . . . . . 63 2.4. Il processo di integrazione scolastico-formativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 236 Capitolo 3 L’indagine quantitativa: i giovani di origine migratoria di Latina . . . . . . . . . . . . 69 Premessa: Le ragioni di un apposito studio sui giovani di origine migratoria . . . . . . 69 1. Chi sono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 1.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 1.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 2. La personalità dei giovani immigrati: concetto di sé e senso di appartenenza al gruppo etnico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 2.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 2.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 3. Valori, bisogni e aspirazioni giovanili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 3.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 3.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 4. Il rapporto con i genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 4.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 4.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 5. Il rapporto con gli amici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 5.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 5.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 6. Valutazione del percorso scolastico-formativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 6.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 6.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 7. Il rapporto con la città di Latina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 7.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 7.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86 8. Proposta di interventi a favore dei giovani di Latina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 Capitolo 4 L’indagine qualitativa: analisi dei contenuti emersi dai focus group . . . . . . . . . . 89 1. Il CNOS-FAP “T. Gerini” di Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 1.1. I dati della scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 1.2. Analisi dei contenuti del focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 1.2.1. Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 1.2.2. Le buone prassi di supporto all’inserimento e alla riuscita del percorso formativo degli immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 1.2.3. Altre attività di supporto offerte dal Centro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 1.2.4. Aspetti critici rimasti irrisolti e da migliorare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92 2. L’ENAIP-Veneto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2.1. Dati complessivi dei 3 Centri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2.2. Analisi dei contenuti del focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2.2.1. Logistica organizzativa nel trattamento degli allievi immigrati . . . . . 93 2.2.2. Buone pratiche messe a punto per fronteggiare determinati fenomeni 95 2.2.3. Esempi di strategie d’intervento finalizzate all’integrazione nel gruppo-classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 2.2.4. La formazione della rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 237 3. Il CNOS-FAP e il CIOFS/FP di Bologna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 3.1. I dati della scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 3.2. Analisi dei contenuti del focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 3.2.1. Logistica organizzativa nel fronteggiare l’emergenza . . . . . . . . . . . . . 99 3.2.2. Suggerimento di buone pratiche, per quanto riguarda: . . . . . . . . . . . . 101 3.2.3. Interventi di rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 4. Il CIOFS/FP del Lazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 4.1. Dati complessivi dei 6 Centri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 4.2. Analisi dei contenuti del focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 4.2.1. Attività promosse in partnership . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 4.2.2. Strategie d’intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 4.2.3. Proposte per migliorare il servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 5. La Casa di Carità Arti e Mestieri di Torino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 5.1. Presentazione delle attività dell’Ente a favore degli immigrati. . . . . . . . . . . . 108 5.2. La formazione dei formatori e della figura del mediatore interculturale . . . . 108 5.3. La metodologia e il percorso personalizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109 5.4. Il progetto “Milieu Innovateur”: il rapporto col territorio e la rete . . . . . . . . 111 6. La Fondazione Clerici di Pavia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 6.1. Contestualizzazione del progetto EQUAL “CIVES” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 6.2. Descrizione delle tappe/attività sottese al progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 6.2.3. Obiezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 6.2.4. Punti di criticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 7. Sintesi dei contenuti emersi dai focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 Capitolo 5 Linee-guida per modello/i sperimentale/i d’intervento a favore degli immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 1. Lo scenario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 2. Linee-guida sottese al modello sperimentale d’intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 2.1. Fase preliminare: analisi e contestualizzazione del fenomeno . . . . . . . . . . . . 123 2.2. Prima fase operativa: disponibilità di risorsa-uomo adeguatamente formata . 124 2.2.1. La formazione in servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 2.2.2. La capacità di lavorare in équipe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 2.2.3. Presenza di figure di intermediazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126 2.3. Seconda fase operativa: le strategie formative a sostegno/accompagnamento 129 2.3.1. Buone pratiche per l’inserimento nel gruppo-classe degli alunni immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 2.3.2. La scuola/FP come “laboratorio delle differenze” contro le forme di discriminazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 2.3.3. L’apprendimento cooperativo: apprendere per mezzo di altri, con gli altri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133 2.3.4. Attivazione di “laboratori interculturali” e/o buone pratiche per l’intercultura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135 2.4. Fase ex-post: valutazione e diffusione dei risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 2.4.1. Pianificazione della valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 2.4.2. Valutazione degli esiti sui destinatari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 238 2.4.3. Valutazione del programma nel suo complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 2.4.4. Divulgazione dei risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 Allegato 1 Report elaborato dal CNOS-FAP “Beata Vergine di S. Luca” di Bologna . . . . . . 143 Allegato 2 Il materiale elaborato dall’Ente Casa di Carità di Torino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201 Allegato 3 Il CIOFS/FP Emilia Romagna e le attività con le donne immigrate . . . . . . . . . . . 228 Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235 239 Pubblicazioni nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” 1) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professio- nale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 2) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 3) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professio- nale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 4) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nell’i- struzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 5) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Ca- tania, Noto, Modica, 2004 6) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orientativi, 2003 7) CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Ste- fano Colombo in un periodo di riforme, 2004 8) COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare at- tivo, 2007 9) D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istru- zione e formazione professionale, 2005 10) DONATI C. - L. BELLESI, Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto fi- nale, 2007 11) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 12) MALIZIA - G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 13) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 14) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 15) MALIZIA G. - V. PIERONI, Follow-up della transizione al lavoro degli allievi/e dei percorsi trien- nali sperimentali di IeFP, 2008 16) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, 2004 17) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale. II edizione, 2006 18) MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Pro- blemi e prospettive,2007 19) MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 20) NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 21) NICOLI D. - R. FRANCHINI, Costruzione dell’identità personale e sociale negli adolescenti e nei giovani. La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 22) NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 23) PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona. Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 240 24) PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 25) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 26) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 2. Nella sezione “progetti” 27) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 28) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, 2003 29) BALDI C. - M. LOCAPUTO, L’esperienza di formazioni formatori nel progetto integrazione 2003. La riflessività dell’operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della FPI, 2008 30) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Espe- rienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 31) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 32) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 33) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 34) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 35) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 36) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 37) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 38) CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 39) CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Dif- fusione di una buona pratica, 2004 40) CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network, 2004 41) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 42) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e pro- poste di strumenti, 2003 43) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 44) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 45) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 46) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 47) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 48) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 49) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 50) CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 51) COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, s.d. 241 52) D’AGOSTINO S., Apprendistato nei percorsi di diritto-dovere, 2007 53) FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 54) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 55) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa. II edizione, 2007 56) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 57) MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 58) NICOLI D. - G. TACCONI, Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 59) NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 60) NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’i- struzione e della formazione professionale, 2004 61) NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel si- stema dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 62) POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 63) RUTA G. (a cura di), Vivere in… 1. L’identità. Percorso di cultura etica e religiosa, 2007 64) RUTA G. (a cura di), Vivere… Linee guida per i formatori di cultura etica e religiosa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, 2007 65) TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 66) VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui per- corsi formativi, 2003 67) VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 3. Nella sezione “esperienze” 68) ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 69) CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 70) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 71) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 72) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento fi- nale, 2003 73) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 74) COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, 2006 75) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 76) NICOLI D. - COMOGLIO M., Una formazione efficace. Esiti del monitoraggio dei percorsi speri- mentali di Istruzione e Formazione professionale in Piemonte 2002-2006, 2007 77) TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordina- tore delle attività educative del CFP, 2005 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Novembre 2008

Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell'arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. II volume

Autore: 
Dario Nicoli
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
151
II Volume Dario NICOLI VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP Anno 2007 “Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo” (Is 43, 4). 3 SOMMARIO PRESENTAZIONE ....................................................................................................................................... 5 Parte prima: I riferimenti ............................................................................................................................................... 7 Parte seconda: La guida ...................................................................................................................................................... 41 Parte terza: Gli strumenti............................................................................................................................................. 53 5 Presentazione La presente Guida intende affrontare in modo sistematico la questione della valutazione e della certificazione degli apprendimenti nei percorsi di istruzione e formazione professionale, adottando un approccio organico e completo così da pro- porre agli operatori una metodologia adeguata alle caratteristiche di tali percorsi formativi che assolvono ad un tempo ad una duplice finalità: - formare il cittadino europeo perseguendo i traguardi formativi dell’obbligo di istruzione - fornire una preparazione atta a svolgere un ruolo lavorativo definito. La valutazione tema di “competenze chiave della cittadinanza”, è coerente con l’impostazione pedagogica Salesiana poiché qualifica il valore della centralità del- l’allievo. Essa sollecita le seguenti attenzioni: - porre l’allievo in situazioni di apprendimento che lo stimolano a coinvol- gersi attivamente in un ambito di competenze così da mobilitare il suo patri- monio di conoscenze, abilità e capacità; - privilegiare le attività di scoperta, alla produzione ed alla creazione; - articolare teoria e pratica, così da permettere la costruzione di concetti a par- tire dall’azione concreta - sollecitare la riflessione sulle esperienze così da far maturare nella persona una disposizione ad apprendere continuamente che valga lungo tutto il corso della sua vita. La guida mira a valorizzare la pedagogia Salesiana ed inoltre intende appro- fondire tre aspetti che risultano centrali nei processi di valutazione: - la nuova rilevanza (anche a seguito dell’introduzione del Quadro europeo delle qualifiche) della competenza intesa come “saper agire” da parte dell’al- lievo di fronte a situazioni sfidanti; - l’apertura al contesto esterno, ed in particolare alle imprese; ed agli enti tal modo il concetto di comunità educante; - la questione della certificazione delle competenze che è sempre più rilevante nella prospettiva europea in quanto consente di riconoscere gli apprendi- menti significativi delle persone, comunque acquisiti, di mirare ad una for- 6 mazione effettivamente efficace, di personalizzare il percorso formativo, di delineare un linguaggio ed una metodologia condivisibile tra i diversi attori del sistema educativo, compresa la componente economica e professionale. L’orientamento generale che è stato posto alla base della presente guida conce- pisce la valutazione secondo una prospettiva chiaramente formativa; in base a tale orientamento, ogni attività valutativa tiene conto dei progressi e dei punti di forza dell’allievo e segnala i suoi punti deboli ed i mezzi per correggerli, collocandosi entro il processo di apprendimento lungo tutto il corso dell’azione formativa, e non all’esterno di essa con un profilo di mera misurazione e giudizio. Parte I I RIFERIMENTI 9 1. AMBIENTE EDUCATIVO, CENTRALITÀ DELLA PERSONA, SAPERE PERSONALE Il mondo Salesiano ha dato vita, a partire dal carisma del proprio Fondatore, ad un’opera educativa che si alimenta continuamente dalla ricchezza delle sue fonti e dalla vastità di esperienze che ha saputo realizzare. Quest’opera si può rappresen- tare anche attraverso un metodo1, purché sia evidente il fatto che esso non ha un valore autonomo rispetto alle forze vitali che alimentano l’esperienza Salesiana, in forza delle quali essa possiede una validità di fondo, indipendente dalle mode e dai dispositivi che di volta in volta siano sostenuti dalla letteratura o dalle amministra- zioni scolastiche e formative. Si può dire che quella Salesiana è un’opera educativa vitale, fondata su una fonte carismatica, su una visione antropologica di fondo, consolidata tramite espe- rienze condotte in vari paesi ed a differenti livelli, tanto da rappresentare un “mondo educativo” dotato di una propria consistenza. Ciò fa sì che ogni iniziativa che si svolge al suo interno ha una chiara finaliz- zazione e criteri metodologici ed operativi, secondo parametri che possiamo anche definire – approssimativamente – “standard dell’esperienza educativa salesiana”. Questi standard non sono l’espressione di una procedura peculiare, ma riflettono in- nanzitutto questo mondo educativo in cui valori, esempi, pratiche, organizzazioni, metodologie si fondono entro un unicum dotato di un humus solido e fecondo. Le opere educative Salesiane risultano infatti dotate di una caratterizzazione peculiare che rivela il carisma di don Bosco (“ragione, religione, amorevolezza”) e che ne fa un’esperienza distintiva in cui ogni risorsa è protesa al bene dei ragazzi. La proposta educativa Salesiana si fonda sulla natura comunitaria della scuola e quindi delle relazioni che vi si instaurano, così da rispondere alla domanda di ap- partenenza e di relazioni significative che buona parte dei giovani d’oggi espri- 1 Anche se, più che di un metodo, si dovrebbe parlare di una tensione educativa carismatica che si fa continuamente opera tramite il movimento Salesiano. Ciò spiega perché don Bosco, solo dopo lunga insistenza dei suoi collaboratori, solo nel 1877 si è deciso, a malincuore, a mettere per iscritto le sue idee pedagogiche in sette paginette dal titolo “Il sistema preventivo nella educazione della gio- ventù”. http://www.retecivica.trieste.it/oratoriodonbosco/pagine/oratorio.htm 10 mono, e che risultano particolarmente accentuate a causa dei processi di indeboli- mento dell’identità e delle relazioni, e delle problematiche che interessano le fami- glie. In tal senso, la scuola diviene sempre più una “comunità culturale” in cui ogni persona risulta adeguatamente accolta, fa parte di gruppi ed aggregazioni, partecipa alla vita studentesca ricca di occasioni e di stimoli. La presenza, nelle esperienze educative salesiane, di una vitalità carismatica e della ricchezza di riflessioni e di apprendimenti resi possibili dalle ricche e varie- gate pratiche che l’intero movimento quotidianamente pone in atto e rinnova di fronte a sfide sempre nuove, costituiscono due fattori decisivi per indicare in che modo è possibile tradurre tutto questo attraverso un metodo razionale e definito da criteri e procedure di intervento. La presente proposta di guida metodologia per la valutazione si fonda quindi su azioni formative in grado di corrispondere ai seguenti cinque caratteri propri delle opere educative Salesiane: • svolgersi entro un contesto vitale dotato di una “tensione educativa” cari- smatica che li alimenta continuamente e che informa la vocazione delle per- sone, lo stile della comunità, il modo di porsi nei confronti dei giovani; • essere centrate su una relazione familiare e amorevole nei confronti dei gio- vani, riflettendo in ciò la convinzione della originaria apertura di ogni gio- vane al bene; • svolgersi entro un contesto di comunità educante in grado di creare una piena condivisione e corresponsabilità tra i diversi attori in gioco: educatori, genitori, allievi; • valorizzare la persona umana in ogni sua capacità buona ed in ogni sua di- mensione così da renderla effettivamente centrale nel processo di apprendi- mento; • ricercare un rapporto personale con il sapere commisurato con i talenti di cui ogni persona è portatrice. A partire da ciò, la presente guida intende indicare una prospettiva di valuta- zione in grado di mettere a fuoco tre elementi che corrispondono ad altrettanti punti critici delle prassi operative così come rilevate dalla ricerca svolta nella fase prepa- ratoria al presente lavoro (Cnos-fap 2007): a) la tematica delle competenze: si tratta di una questione centrale che mira a superare il dualismo tra un curricolo culturale tendenzialmente inerte ed un curricolo tecnico-professionale eccessivamente orientato alla dimensione pratico-operativa, così da realizzare un approccio unitario in cui teoria e prassi siano integrate, in grado inoltre di mettere a fuoco maggiormente il principio della centralità dell’allievo di cui si prendono a carico le modalità di apprendimento e il protagonismo nell’esperienza formativa; 11 b) l’apertura al mondo esterno nella logica dell’alternanza formativa: l’a- zienda o l’ente interessato non costiutiscono solo “prestatori di stage”, ma rappresentano a loro volta attori centrali della comunità educante in quanto condividono il progetto, partecipano nelle diverse fasi del suo itinerario, prestano la propria competenza in momenti differenti (testimonianza, visita, approfondimento tecnico, stage, tirocinio, compito reale, project work) ed infine forniscono una validazione fondamentale circa le mete dell’azione formativa ed i suoi esiti; c) la metodologia della certificazione degli apprendimenti: è una pratica oramai diffusa nel contesto internazionale ed in particolare europeo, e con- siste in un processo di qualificazione dei titoli di studio in modo da mettere in evidenza il “guadagno” formativo da parte dell’allievo in termini di ca- pacità di mobilitazione delle risorse possedute per comprendere ed agire entro situazioni concrete della vita quotidiana e per risolvere problemi posti nel contesto scolastico, sociale e professionale. Di conseguenza, la presente guida per la valutazione intende affrontare questi tre elementi critici a partire dall’ispirazione educativo di fondo delle opere Sale- siane. Tale intento investe necessariamente la stessa concezione del processo forma- tivo; da qui la necessità di precisare meglio quali sono i criteri fondativi di ciò che chiamiamo “formazione efficace” intendendo con ciò un approccio formativo in grado di riconoscere e mobilitare le potenzialità buone dei giovani, senza esclu- sione di nessuno, entro situazioni di apprendimento varie, tali da consentire una loro crescita educativa nella cultura come esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo. 2. LA FORMAZIONE EFFICACE L’approccio valutativo adottato nell’elaborazione della presente linea guida si colloca entro una metodologia della formazione efficace basata sulle seguenti carat- teristiche fondamentali: - riflette la caratterizzazione educativa propria delle opere Salesiane; - è centrato sugli allievi; - si riferisce ad una pedagogia del successo inteso come valorizzazione dei ta- lenti dei giovani destinatari; - si colloca entro istituzioni formative ricche di offerte; - sollecita un apprendimento significativo e responsabile il cui scopo è la vita buona; 12 - prevede un metodo misto tradizionale e per competenze; - considera il “capolavoro” come dimostrazione delle competenze dell’allievo; - coinvolge gli allievi; - coinvolge le famiglie; - considera la valutazione un processo condiviso entro una comunità educativa che si apre anche alle imprese come partner del processo e validatori dello stesso. L’approccio della formazione efficace pone in evidenza innanzitutto la centra- lità della persona; ciò significa perseguire una più accentuata personalizzazione dei percorsi di apprendimento, anche tenuto conto della grande varietà dei destinatari, delle loro culture e del loro livello di preparazione. Ciò comporta la presenza di di- versi luoghi di apprendimento, evitando che tutto si svolga nel gruppo classe che sempre meno rappresenta un contesto socio-psicologico omogeneo. La personaliz- zazione mira a scoprire le capacità buone di ciascuno (talenti) e ne sollecita la mo- bilitazione tramite le esperienze proposte che mirano a porre il giovane in un ruolo di maggiore protagonismo rispetto alle pratiche pedagogiche tradizionali. Non si tratta solo di un atteggiamento di ascolto e disponibilità all’incontro con il destinatario delle attività educative, ma di una scelta metodologica che su- pera gli approcci per contenuti e per obiettivi per mirare alle competenze, intese come caratteristiche della persona tali da renderla capace di fronteggiare problemi e compiti in autonomia, sapendo mobilitare le risorse di cui è a disposizione o che rintraccia via via nel contesto. Il punto centrale del cambio metodologico risiede nel passaggio da un inse- gnamento “inerte” ad un insegnamento più vitale, superando la mera trasmissione dei contenuti per avviare una pratica di costruzione degli stessi, così che gli allievi siano protagonisti del loro cammino. Ciò richiede di: • selezionare dalla massa enciclopedica del sapere quelle conoscenze ed abi- lità che effettivamente risultano esenziali e decisive per la crescita della per- sona, • riflettere maggiormente sul passaggio dall’insegnamento all’apprendimento, un processo che non può più essere affidato ad una sorta di determinismo pe- dagogico oppure al presunto valore evocativo della parola, • variare le modalità di apprendimento mettendo a fuoco processi attivi, che mobilitano le valenze operative ed anche emotive (anche la matematica può essere affascinante!) del sapere, • introdurre modalità di apprendimento centrate su compiti reali, svolte in la- boratori, dove si sviluppano percorsi non necessariamente lineari ma basati su nuclei di sapere connessi con i processi presenti nella realtà • coinvolgere gli allievi nelle pratiche di valutazione rendendo espliciti i cri- teri ed i parametri di riscontro, così da creare una reale comunità di appren- 13 dimento che possiede i termini del compito e procede ad una piena corre- sponsabilità educativa • cercare appoggi esterni al contesto scolastico che dimostrino in modo con- vincente l’utilità di quanto si impara dentro la scuola. Con ciò si intende il concetto di pedagogia del successo, tramite cui si intende un approccio educativo che mira alla massima valorizzazione del potenziale (talenti) delle persone in modo che diventi competenza, così che tutti acquisiscano il “sapere della cittadinanza” nel quadro di riferimento del progetto personale di ciascuno. Il successo di cui si parla non è riferito ad un titolo o un certificato, ma al progetto di vita della persona in apprendimento, in tutte le sue componenti cognitive, emotive, operative, morali, spirituali, estetiche, entro una prospettiva unitaria o integrale. In tal modo si persegue uno stile vitale di implicazione degli allievi sollecitando la mobilitazione delle loro potenzialità (cognitive, operative, emotive, estetiche, re- ligiose, morali) nei diversi ambiti della vita scolastica, sostenendo iniziative in gra- do di caratterizzare l’istituto, compresi riti interni ed esterni (di inizio, di conclusio- ne, di celebrazione, di passaggio), iniziative nelle quali i giovani siano protagonisti. Il carattere vitale dell’esperienza formativa, la sollecitazione dei destinatari af- finché siano protagonisti del loro cammino, il carattere attivo dei processi di ap- prendimento, sono tutti fattori che concorrono all’educazione morale dei giovani intesa come ricerca di una forma adeguata – ragionevole, voluta ovvero libera - in cui svolgere la propria esistenza, entro una proposta educativa chiara e definita. Ciò richiede di passare da una morale prescrittiva e precettiva ad una morale relazio- nale e comunitaria, che consenta un dialogo continuo circa il senso dei contenuti e delle esperienze educative così da giungere a convinzioni ragionevoli perché fonte di esperienza personale e maturate entro un confronto aperto, franco, comunitario. Gli esiti di una corretta educazione morale consistono in • fiducia nella propria realtà personale, • capacità di cogliere, nell’ambito in cui si opera, significati buoni per sé e per la collettività, • disposizione a mettersi in gioco ovvero a porre in atto una responsabilità consapevole, • impegno ovvero modestia (moderazione nel considerare se stessi), lealtà (fe- deltà e senso dell’onore), forza d’animo e coraggio a fronte di ostacoli e dis- trazioni, La metodologia della formazione efficace richiede il rafforzamento della di- mensione unitaria della scuola, la cui dinamica si svolge secondo un vero e proprio piano formativo unitario e nel contempo personalizzato che preveda occasioni dif- ferenti di apprendimento, compresi i compiti-problema (unità di apprendimento) da svolgersi in laboratorio oppure in alternanza formativa. 14 L’elemento prioritario per la progettazione è costituito dal piano formativo, ov- vero la guida che indica la rappresentazione di massima del percorso che orienta i docenti-formatori nel loro lavoro. Non è quindi né un programma (sequenza di le- zioni per contenuti) e neppure un curricolo (sequenza di unità didattiche per obiet- tivi, attività e verifiche), ma il disegno del cammino dell’anno formativo con le at- tività principali che coinvolgono tutti i docenti-formatori e la loro scansione, speci- ficando ruoli, tempi, risultati e modalità di verifica e valutazione. Ciò significa che i formatori, prima ancora che docenti di una particolare ma- teria/disciplina, sono componenti di un’équipe che elabora un piano di intervento condiviso, unitario ed organico, nel quale si rintracciano i fattori di coerenza tra i diversi interventi, le tappe fondamentali del cammino di apprendimento degli al- lievi, i compiti reali o simulati su cui convergono gli sforzi formativi interdiscipli- nari, i riferimenti per una valutazione autentica. Carattere fondamentale della metodologia formativa è l’integrazione tra cono- scenze, abilità e capacità, al fine di delineare vere e proprie competenze che si col- locano lungo il percorso secondo una logica non meccanica, ma olistica. La pro- posta formativa valorizza l’esperienza concreta, si basa su una relazione amiche- vole, personalizzata, è centrata sull’acquisizione di competenze utili e sulla attribu- zione di senso agli apprendimenti proposti; essa appare particolarmente adatta specie per coloro che presentano uno stile di apprendimento che privilegia l’intelli- genza pratica, esperienziale, intuitiva, per scoperta e narrazione. Il fulcro della metodologia appare la pratica delle unità di apprendimento con- nesse alla cultura del lavoro e della società in cui i ragazzi sono inseriti; essa valo- rizza il lavoro non in forma esecutiva, bensì come un “bacino culturale” in grado di consentire al giovane - a partire da realtà concrete connesse al lavoro umano - di cogliere il legame che intercorre tra compiti reali, processi tecnologici, aspetti scientifici, elementi della cultura linguistica, della storia, delle scienze umane, della cittadinanza attiva. Con ciò si intende la struttura olistica del sapere, caratterizzata dal principio “il tutto nelle parti, le parti nel tutto”, oltre al suo corollario: “il tutto è maggiore della somma delle parti”. Tale scelta rende possibile la costruzione di un processo formativo di tipo costruttivistico, che risponda ai seguenti criteri metodo- logici: - enfasi sulla costruzione della conoscenza piuttosto che alla sua riproduzione, - consapevolezza della naturale complessità del mondo reale evitando così ec- cessive semplificazioni, - progressione sulla base di compiti autentici e contestualizzati, non astratti, - offerta di ambienti di apprendimento assunti dal mondo reale, basati sui casi, - offerta di rappresentazioni multiple della realtà, - alimentazione di pratiche riflessive, 15 - lavoro dell’allievo finalizzato alla costruzione di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto, - stimolo della costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la nego- ziazione sociale. In tal modo, la professionalità docente risulta composta da tre componenti: - la preparazione disciplinare nella forma dell’insegnamento, - la preparazione disciplinare nella forma della dimostrazione, della soluzione dei problemi, dei compiti reali, - la capacità di gestire situazioni di apprendimento interdisciplinari in coope- razione con i colleghi di altre aree disciplinari. Occorre evitare due riduzioni, ambedue deleterie: - l’addestramento, che mira ad un processo di apprendimento povero dal punto di vista personale e culturale, dove gli aspetti educativi rimangono in ombra e vengono visti solo come riflesso di un “disciplinamento” della per- sona mediante pratiche di affiancamento, imitazione e ripetizione di man- sioni secondo lo schema stimolo-risposta, - lo scolasticismo che riduce l’apprendimento ad un trasferimento di nozioni che non vengono mediate personalmente, ma rappresentano solo il contenuto di prestazioni rese a fronte del corrispettivo dato dal voto, indispensabile per essere promossi. L’approccio della formazione efficace richiede questi requisiti pedagogici ed organizzativi: • Aggregare le discipline in aree formative, • Sviluppare un’azione collegiale dei docenti tramite una progettazione uni- taria del percorso (prima che disciplinare), • Formare competenze che garantiscano la leggibilità delle conoscenze e delle abilità disciplinari mobilitate, • Stimolare l’“imparare facendo” attraverso una dislocazione “strategica” delle unità di apprendimento interdisciplinari, • Valorizzare ciò che rende piacevole e interessante la disciplina e l’area for- mativa, • Ampliare la professionalità del docente, • Coinvolgere i soggetti della società civile nel compito educativo (alternanza formativa), • Ampliare e concretizzare la valutazione (autovalutazione). 16 Serve soprattutto la figura del coordinatore-tutor, condizione indispensabile per l’affermazione di uno stile di lavoro collegiale che non si limiti alla raccolta delle valutazioni ma si concentri sul progetto di massima, persegua la personalizza- zione dei percorsi, sappia cogliere le opportunità e variare l’andamento del per- corso in funzione dei risultati e delle risorse. È necessario puntare sull’articolazione della figura del formatore docente, la qualificazione ed anche l’abilitazione del personale con interventi formativi mirati, non astratti ma tramite laboratori reali connessi ai progetti di innovazione delle pra- tiche professionali quotidiane. Serve infine un impegno dei dirigenti e delle figure di supporto perché si crei una comunità professionale dei formatori che condivida uno stile deontologico cen- trato sull’ethos educativo e formativo, partecipi alle attività innovative, si confronti al suo interno e all’esterno al fine di arricchirsi tramite lo scambio e la riflessione sulle buone pratiche poste in atto. Ciò comporta una autentica alternanza formativa, una metodologia che mira a stimolare tutte le dimensioni dell’intelligenza (quindi anche quelle pratiche, spa- ziali, intuitive, creative, relazionali, affettive…) consentendo maggiormente il per- seguimento del successo formativo. Essa richiede il coinvolgimento nel processo formativo di tutti i soggetti (for- mativi, economico, sociali, culturali, istituzionali) così da sviluppare una vera e propria rete di apprendimento in grado di sostenere l’intera attività formativa e di apportare ad essa intenzioni, sensibilità e risorse, che non possono che avvantag- giare i processi di apprendimento dei destinatari ed arricchire nel contempo la co- munità più ampia. Il metodo della formazione efficace richiede la creazione di legami più stretti con il contesto esterno, coinvolgendone i vari attori in un impegno di corresponsa- bilità educativa della società civile. Ciò nella logica dell’alternanza, ovvero della valorizzazione delle occasioni di apprendimento reale come modo di arricchimento del curricolo, e nel contempo nella logica della cooperazione tra figure diverse, poste in una comunità educativa più estesa rispetto all’ambiente interno alla istitu- zione formativa. Due sono i punti centrali della metodologia proposta: - rilevanza dell’esperienza, - valenza culturale del lavoro. 2.1. Rilevanza dell’esperienza All’interno di un percorso formativo lo svolgimento di un’azione specifica ha una profondità che va oltre il tema dell’efficacia e dell’efficienza: da essa può na- scere in modo induttivo la “conoscenza sistematica” di un aspetto della realtà, che 17 può quindi essere concepita anche come l’esito di un’azione e non solo come la sua premessa. È questa una delle caratteristiche fondamentali che identificano i percorsi di istruzione e formazione professionale (IFP) come percorsi di apprendimento che mettono in primo piano l’esperienza, il ‘fare’, il ‘compito reale’ come fonte di co- noscenza e di crescita umana. In questi percorsi il docente non pretende, né lo potrebbe, di insegnare attra- verso categorie astratte o pure definizioni. Ad esempio un insegnante di diritto, fa ‘incontrare’ gli studenti con un con- tratto reale – ad es. una vendita, per spiegare il concetto di contratto; analogamente un insegnante di elettrotecnica anziché iniziare spiegando gli aspetti teorici dell’an- tenna invita in classe un radioamatore che mostra come costruirne una rudimentale; sarebbe invece meno proponibile, per far capire l’origine della democrazia nell’or- dine della polis greca, riferirsi all’attuale concetto di città, perché l’esperienza di città che gli alunni adesso fanno è diversa, più caotica e problematica, e quindi an- drebbe identificata una situazione più calzante… In questo senso si colloca anche il ruolo delle esperienze di laboratorio: de- vono essere usate il più possibile come una possibilità aperta, come un ambiente dove si verificano delle esperienze reali, non solo simulate. In esso deve svolgersi un lavoro vero, un compito di realtà, che si può identificare, ad es., in una com- messa da parte di una azienda a cui si risponde con l’attività di laboratorio. Si deve così arrivare ad una situazione critica, che abbia diverse possibilità di affronto, e che quindi faccia emergere le reali competenze dell’allievo, che si evi- denziano proprio ‘in situazione’: non si possono proporre solo compiti che hanno sempre una soluzione, o che ne hanno una sola. In questo modo si educa anche il senso di responsabilità: il prodotto dell’atti- vità dei ragazzi non è indifferente, ma ha un committente, un mercato, interessa a qualcuno; invece nella scuola, comunemente intesa, essi fuggono dal dover rispon- dere a qualcuno, al punto che nemmeno l’interrogazione o la verifica scritta sono spesso più sentite come una responsabilità, perché prevalgono altri interessi. Il primato dell’esperienza si lega all’opzione per la gradualità del percorso for- mativo. In particolare, in tale percorso occorre anticipare gradualmente il superamento della semplice esecutività attraverso modalità di alternanza formativa. Si passerà così dal laboratorio come simulazione (in cui si ricostruisce una situazione, la si os- serva), a visite di istruzione, allo stage (modulato in diverse fasi di osservazione, supporto, progettualità autonoma), alla situazione reale, al progetto complesso. Questo percorso vede in atto vari livelli di competenza: 18 • un primo livello è quello in cui i ragazzi sono ancora molto esecutivi, ese- guono meccanicamente le istruzioni; questo è un passo comunque necessario per creare una competenza reale, • occorre poi gradualmente ridurre l’elemento di finzione/simulazione e incre- mentare quello di situazione reale, ad es. attraverso stage o committenza reale da parte di un’azienda, oppure partecipazione a concorsi, ecc., • questo percorso implica la prospettiva della graduale educazione di una ca- pacità critica, che può realizzarsi solo se l’allievo è posto ‘in situazione cri- tica’, momento attraverso cui è necessario passare, e che trova il suo compi- mento soprattutto al quarto anno, • il vero ‘salto’ è quello della responsabilità: ad un certo punto il ragazzo si rende conto che rispondere a qualcuno è utile, conviene. 2.2. Valenza culturale del lavoro In un percorso di istruzione e formazione professionale bisogna poter trarre dal lavoro una cultura, cioè occorre far emergere quel tipo di coscienza di sé e delle cose che è tipica e necessaria per l’ambiente di lavoro: affidabilità, impegno, te- nacia, rapporti gerarchici… D’altra parte occorre pure acquisire una cultura, un senso che dia forma al lavoro. In termini analitici, la cultura del lavoro è definita da un insieme di saperi, sia formali sia informali (ma non per questo meno impegnativi e vincolanti) organiz- zati secondo una strutturazione sua propria, distintiva, che tende a definirsi come “visione della realtà” e del proprio contributo in essa. Il sapere proprio del lavoro è una realtà complessa e nel contempo coesa che comprende un linguaggio, dei saperi distintivi, un insieme definito di compiti-pro- blemi rispetto ai quali si sviluppa la competenza di coloro che detengono tale sa- pere (sotto forma di padronanza), un “principio costruttivo” ovvero uno schema formale su cui si tematizzano gli assunti propri di tale sapere per divenire quadri concettuali ed operativi, un principio di indagine che consente di elaborare ipotesi interpretative nel momento in cui si scandaglia la situazione problematica alla ri- cerca di soluzioni pertinenti, le abilità tecniche, la creatività e la maestria ovvero l’apporto proprio del soggetto umano che lo compie, un repertorio di pratiche che definiscono la memoria del lavoratore ma anche della professione, i criteri di vali- dazione in forza dei quali il cliente-destinatario ed i componenti della comunità professionale – ma anche l’autorità pubblica, quando implicata – possono espri- mere un giudizio circa la qualità dei prodotti/servizi esito del lavoro. Nel lavoro troviamo due tipologie di saperi: quello esplicito che viene elabo- rato e fatto oggetto di trattazione formale e che rappresenta la parte emergente della cultura del lavoro, e quello implicito o tacito di gran lunga il più rilevante e “com- petente”, che si può cogliere per evidenze solo in quanto viene mobilitato nell’a- 19 zione e la cui acquisizione prevede necessariamente l’appartenenza alla cerchia professionale che lo condivide e che, in una qualche misura, lo rende inavvicinabile da parte di altri. Di conseguenza, i saperi lavorativi, concretamente vissuti entro re- lazioni sociali ed istituzionali rilevanti, presentano il carattere di formazione impli- cita, ovvero una realtà culturale e nel contempo una traccia lungo la quale è possi- bile delineare un cammino di crescita personale e di gruppo. Il processo formativo – ovvero la trasmissione dei saperi – è tutt’uno con il processo lavorativo e ne co- stituisce un elemento costante, nel senso che vi è come incorporato e viene mobili- tato nell’atto del fronteggiamento e soluzione razionale dei compiti-problema che impegnano la persona ed il gruppo che svolgono il lavoro. Occuparsi di cultura del lavoro significa quindi entrare in un ambito differente dalla strutturazione formale dei saperi, ed abbandonare la distinzione tipica della scuola tra cultura astratta e cultura operativa, applicata. Questa distinzione appar- tiene alle istituzioni culturali che, nel tempo, si sono rese autonome dalla realtà so- ciale ed hanno preteso di esaurire al proprio interno il discorso culturale. Per una istituzione formativa allearsi col mondo del lavoro è utile, perché il giovane è inserito in un contesto effettivo di realtà: in questa alleanza si realizza un aspetto della permeabilità della scuola rispetto al mondo esterno, alleanza che, al- largando il concetto, si può anche chiamare partenariato educativo. Però esiste anche il rischio che il mondo del lavoro si porti dietro e imponga una cultura (mentale e tecnologica) arretrata o assente, che tenda a cadere nella mera esecutività. Spesso, sia da parte degli allievi sia da parte delle aziende, si considera lavoro ‘quello che ti dicono di fare’, riducendo tutto all’esecuzione, al ‘mansionario’. Da una parte un semplice operatore qualificato non può comportarsi che così, ma dal- l’altra la realtà richiede di più, richiede responsabilità e autonomia professionale. In particolare, come sottolineato, è importante far crescere il senso di responsa- bilità: il prodotto del lavoro non è indifferente, e si impara rispondendo a qualcuno. Tutto questo qualifica la prospettiva educativa dei percorsi di istruzione e for- mazione professionale: essi sono tali se consentono ad ogni allievo di svolgere esperienze che ne sollecitano tutte le potenzialità buone, lo stimolano a mettersi in gioco nei confronti di compiti e problemi reali, mirano alla crescita della consape- volezza dei propri mezzi, della volontà di assunzione di gradi più elevati di auto- nomia e di responsabilità, divenendo in tal modo più persona e nel contempo più cittadino. 20 3. RILEVANZA EUROPEA DELLE SPERIMENTAZIONI IFP 3.1. Il movimento sperimentale Il movimento sperimentale relativo ai percorsi di istruzione e formazione pro- fessionale (IFP), in atto a partire dal 2002, rappresenta il fenomeno più coerente con quanto sostenuto dall’Unione europea a proposito della qualifica professionale ed in generale dei percorsi professionalizzanti. Si ricorda che il nostro Paese ha re- cepito il contenuto del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” av- viato in seguito al Consiglio europeo di Lisbona 2000 dove si afferma l’impegno volto ad assicurare ai giovani l’acquisizione, entro il diciottesimo anno di età, di una qualifica professionale che, a seguito degli impegni sottoscritti a Lisbona, deve corrispondere almeno al secondo livello europeo (85/368/CEE). La concezione for- mativa proposta dall’Unione europea è indicata da quattro prospettive di fondo: 1. migliorare la capacità d’inserimento professionale; 2. attribuire una maggiore importanza all’istruzione e alla formazione lungo tutto l’arco della vita; 3. aumentare l’occupazione nei settore dei servizi, latore di nuovi posti di la- voro; 4. promuovere la parità di opportunità sotto tutti gli aspetti. Il modello sperimentale, coerentemente con questi orientamenti, si fonda sul- l’ipotesi che l’istruzione e formazione professionale non va intesa come mero adde- stramento, ma come ambiente dal valore pienamente educativo, culturale e profes- sionale, rappresenta una leva privilegiata per azioni formative di reale integrazione sociale che mirano alla dotazione di competenze esercitabili nel contesto civile e sociale. Tale prospettiva supera l’idea deleteria della distinzione di ruoli e funzioni per cui la scuola dovrebbe concentrarsi sull’acquisizione di saperi in qualche mi- sura astratti dal contesto mentre spetterebbe alla formazione professionale di occu- parsi della loro attualizzazione rispetto alle esigenze del mercato del lavoro. L’i- struzione e formazione connessa alle professioni qualificate e tecniche non rappre- senta unicamente un segmento “terminale” del processo educativo, ma costituisce una via di pari dignità pedagogica in grado di soddisfare i requisiti del profilo edu- cativo, culturale e professionale, aperta a ulteriori tappe della formazione superiore e dell’alta formazione non accademica, secondo le indicazioni europee. In forma sintetica, possiamo riassumere lo sforzo delle sperimentazioni nell’in- tento di un profondo rinnovamento delle pratiche educative e nella fondazione di un approccio pedagogico ed organizzativo peculiare per il sistema di istruzione e for- mazione professionale entro una prospettiva unitaria comprendente una varietà di percorsi ed abitato da vari organismi, tutti aventi requisiti coerenti a tale compito. Le sperimentazioni effettuate hanno registrato esiti largamente positivi, così 21 come indicato nei vari rapporti di monitoraggio svolti da cui emerge anno per anno una crescita progressiva di iscritti, un risultato formativo notevolmente superiore a quello di riferimento (istruzione tecnica e professionale), una forte continuità nei percorsi ed una soddisfazione piena dei vari attori. Appare evidente dai dati presentati come le sperimentazioni di percorsi IFP, per la loro natura e per la complessità delle loro prospettive, rappresentino un vero e proprio laboratorio riformatore, di natura progettuale reale, in grado di confer- mare alcune ipotesi circa la soluzione di problemi rilevanti che affliggono il nostro sistema formativo e gli impediscono di ottenere quei risultati che tutti si attendono da esso. Le conferme emergenti dai monitoraggi indicano in che modo l’esperienza sperimentale possa dare risposte convincenti ad una serie di questioni condivisibili che riguardano il disegno del nuovo sistema educativo. Le criticità della scuola italiana, specie nel secondo ciclo degli studi e nei percor- si successivi, sembrano da ricondurre innanzitutto alla natura stessa del sistema così come si è configurato, o meglio all’assenza di una dimensione di sistema, visto che esso si presenta come un disegno a “canne d’organo” in cui ogni percorso è posto a sé stante mentre mancano standard comuni di riferimento a tutto il ciclo secondario. Inoltre, un’altra causa è da ricondurre alla “epistemologia delle discipline” che indica l’eccessiva frammentazione delle materie ed il peso dominante degli inse- gnamenti astratti, non collegati con la realtà. Questo limite indica nello stesso tempo la dominanza della cultura storico-filosofica e letteraria contro le culture scientifiche e tecniche, considerate di serie minore, mentre l’ambito professionale viene generalmente indicato per coloro che “non sono portati” per gli studi. Buona parte dei motivi della scarsa attenzione ai processi di apprendimento degli studenti deriva da questa scelta epistemologica che privilegia di gran lunga il pensiero astratto, mnemonico e deduttivo, mentre le altre forme di intelligenza – in- duttiva, operativa, spaziale, emozionale… - vengono scarsamente mobilitate. Ciò conduce ad una generale passività degli studenti, che non avvertono il valore di ciò che gli viene impartito in termini di competenza ovvero di padronanza nel fronteg- giare problemi reali. Vi sono inoltre rigidità metodologiche ed organizzative - prima fra tutte la ripartizione oraria e la classificazione degli insegnamenti - che non consentono di sviluppare percorsi centrati sulle reali capacità delle persone. Il carattere pienamente europeo del modello formativo proprio dei percorsi di istruzione e formazione professionale, è individuabile nei due principi guida del pluralismo formativo e della sussidiarietà: la situazione del sistema formato ita- liano, per molti aspetti più critica rispetto a quella degli altri paesi europei, neces- sita, per essere fronteggiata, della mobilitazione di tutte le risorse disponibili, senza preclusioni ideologiche, al fine di creare un sistema ad un tempo unitario e plurali- 22 stico, in grado di perseguire il bene non già di questa o di quella istituzione, bensì dei giovani e del loro futuro. È bene che tale patrimonio - senza discriminazioni ideologiche o pratiche - venga riconosciuto e pienamente valorizzato nello sforzo di qualificazione generale del sistema nella logica del diritto-dovere all’istruzione ed alla formazione di tutti e di ciascuno, nessuno escluso. 3.2. Il Quadro europeo delle qualifiche (QEQ) La presente guida – a differenza delle impostazioni tradizionali della Forma- zione professionale, che tendono a delineare il progetto formativo entro un legame stretto con gli standard professionali concepiti sotto forma di rigide sequenze di compiti - propone la necessità di distinguere chiaramente il momento della rileva- zione degli standard professionali dal momento della definizione dei traguardi for- mativi, sulla base di una mediazione ad un tempo sociologica - che tiene conto delle trasformazioni del mondo del lavoro e delle professioni – e pedagogica, cen- trata sulle categorie di una istruzione e formazione centrata sul valore educativo, culturale e professionale del lavoro. Al fine di individuare un riferimento fondato circa i temi oggetto di questo studio, si fa riferimento al Quadro Europeo delle Qualifiche (QEQ); si ricorda in- fatti che, Come previsto dal sistema di descrizione relativo all’adozione del Quadro europeo dei Titoli e delle Qualifiche (EQF), le competenze devono essere articolate attraverso l’espressione delle conoscenze e delle abilità che le declinano (o che de- vono poter essere mobilitate per raggiungere la competenza); pertanto, il presente documento, in linea con il Regolamento sull’obbligo di istruzione, prevede la de- scrizione delle conoscenze e delle abilità relative agli Assi culturali, che devono es- sere intese come articolazione della competenza corrispondente. È da tale fonte che traiamo il concetto di competenza, oltre a quelli di cono- scenze ed abilità, intesi come modo di definizione degli apprendimenti: 1) “competenze”: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capa- cità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Nel contesto del Quadro eu- ropeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsa- bilità e autonomia; 2) “conoscenze”: risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’ap- prendimento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e prati- che relative a un settore di studio o di lavoro. Nel contesto del Quadro euro- peo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche; 3) “abilità”: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know- how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del 23 Quadro europeo delle qualifiche le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti ). In tal senso, si intende per standard formativo il livello di accettabilità di una prestazione affinché possa essere considerata perlomeno sufficiente al fine del rila- scio del titolo corrispondente. Ciò significa che, per essere valutata in modo atten- dibile, la competenza deve essere sostenuta da evidenze reali ed adeguate e deve prevedere livelli differenti di padronanza. Nel presente lavoro si intendono per “livelli standard” le descrizioni dei com- portamenti degli allievi – in riferimento a specifiche competenze – secondo i tre re- quisiti di autonomia, responsabilità e complessità del compito. Tutto il nostro lavoro si fonda pertanto sull’articolazione del passaggio dal li- vello dei referenziali professionali a quello dei traguardi formativi, così da consen- tire sia una mediazione sociologica, connessa alle modifiche che riguardano il la- voro e le professioni, sia una pedagogica che riflette il modo in cui la persona umana accresce, tramite i percorsi formativi professionalizzanti, il proprio bagaglio educativo, culturale e professionale. 4. METODOLOGIA 4.1. Modello formativo Come abbiamo visto, al centro dell’identità professionale non vi sono gli aspetti tecnico-operativi – elementi comunque importanti, ma non decisivi – bensì una cultura professionale che esprime criteri/valori peculiari e quindi distintivi. Allo stesso modo, la concezione del lavoro non è definita da una corrispondenza ri- gida tra imperativi organizzativi definiti sotto forma di compiti e un insieme di pre- stazioni, ovvero unità operative tipiche che impegnano il soggetto nel fronteggiare specifici compiti organizzativi. La metodologia che si propone si riferisce ad una concezione del lavoro non più caratterizzata dalla somma meccanica delle parti (i compiti-mansioni), ma come un tutto unico che si riscontra in ogni parte del lavoro stesso. Il lavoro è visto come un’azione sociale di natura culturale che prevede un processo continuo di co- struzione e ricostruzione di significati, valori, compiti, procedure e criteri di qualità che identificano uno specifico contesto in cui si svolge l’attività umana; in tale con- testo risulta decisivo il coinvolgimento etico-culturale della persona ed una visione vocazionale del lavoro che indica la possibilità di una corrispondenza tra la perso- nalità del lavoratore e contesto lavorativo. Ciò indica a sua volta la rilevanza del- 24 l’appartenenza del singolo alla comunità professionale e quindi del gruppo di la- voro, un’unità ad un tempo organizzativa e culturale, ma pure un’entità in grado di apprendere e di elaborare soluzioni creative. Il processo formativo rappresenta quindi un cammino di ingresso in una comunità professionale Gli aspetti peculiari della metodologia formativa sono: a) centralità della cultura del lavoro, e specificamente degli assi culturali spe- cifici delle diverse famiglie professionali, quale riferimento del patto for- mativo e lavorativo dei soggetti coinvolti e quale elemento che sostiene percorsi formativi, educativi e culturali in grado di permettere l’accesso agli studi universitari e/o l’inserimento professionale ai livelli più elevati; b) riferimento dei processi formativi alla competenza intesa come caratteri- stica della persona, mediante la quale essa è in grado di affrontare efficace- mente un’area di problemi connessi ad un particolare ruolo o funzione entro un contesto professionale ed organizzativo di natura qualificante2; c) rilevanza del linguaggio come strumento di mediazione in grado di consen- tire il passaggio dal livello dell’esperienza alla riflessione sull’agire così da giungere al pieno possesso di un sapere personale, strutturato ed organico; d) strategia dell’alternanza formativa che consente – in riferimento al singolo allievo - di realizzare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si integrano reciprocamente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’organizzazione di lavoro e di impresa, rese possibili da un’alleanza fondata su un comune patto forma- tivo e lavorativo; e) rilevanza dei laboratori intesi come “situazioni di apprendimento” nei quali si sviluppa un processo formativo circolare tra teoria e prassi, basato sulla didattica dei compiti, riferito ad un profilo attivo e responsabile dei destina- tari, centrato su un processo di apprendimento per scoperta e per soluzione di problemi; f) enfasi sui prodotti reali (sotto forma di elaborati, tesi, procedure, metodo- logie, strumenti, ma anche rappresentazioni) in quanto oggetti realizzati dagli allievi che evidenziano in modo personale la loro padronanza che si evidenzia nel saper mobilitare le risorse a loro disposizione in modo perti- nente ed efficace, base di una valutazione autentica; g) personalizzazione dei percorsi, che in tal modo sono definiti in modo da mettere in luce e quindi in valore i talenti di cui ciascuno è portatore così da trasformarli in competenze attraverso esperienze di apprendimento oppor- tunamente calibrate (gruppo classe, gruppo di livello, gruppo di scopo, atti- vità di stage/tirocinio, attività individuale…). 2 È qualificante quel contesto organizzativo che sollecita le persone che vi interagiscono a mobi- litare le proprie potenzialità umane attribuendo loro un valore etico, giuridico ed economico e favo- rendo la loro attivazione ed il loro sviluppo. 25 I percorsi formativi sono definiti in riferimento a famiglie e figure professio- nali a carattere polivalente, espressione della cultura professionale il cui contenuto professionale è in relazione al livello di uscita del percorso, articolati in indirizzi. Tali percorsi, dotati di una sensibile flessibilità, presentano quindi ambiti co- muni alle diverse famiglie professionali, ambiti specifici della famiglia e curvature riferite alle figure professionali di riferimento. La struttura dei percorsi è tale da consentire ingressi ed uscite ad ogni punto, ed inoltre la valorizzazione degli apprendimenti (purché pertinenti) comunque ac- quisiti: in modo formale, non formale ed informale. In tal modo la persona può transitare tra le varie opportunità disegnando un proprio cammino personale, senza che gli vengano imposte né duplicazioni né perdite di tempo. La stessa struttura è inoltre tale da consentire in ogni caso ad ogni destinatario uscite certificate in riferimento alla mappa delle famiglie/figure professionali mi- rate ed alle relative competenze. 4.2. Occasioni di apprendimento La chiave del metodo sta nel coinvolgimento degli allievi. Essi sono chiamati a rendersi parte alla vita della istituzione formativa – con attenzione anche ad espe- rienze formative esterne al Centro di formazione – nelle varie occasioni di appren- dimento possibili, che richiedono differenti modi di implicazione: 1) Attività: è ciò che accade normalmente nella vita del gruppo classe, con un coinvolgimento tipicamente da “studente”, ovvero le lezioni, le esercita- zioni e le verifiche. Il gruppo classe è importante, ma non è esclusivo; esso è utile per una certa categoria di acquisizioni, specie quelle astratte e che sollecitano le capacità logico-cognitive ed in particolare mnemoniche. 2) Azioni: sono situazioni di apprendimento attivo chiaramente riferite ad un processo di apprendimento per scoperta, sulla base di simulazioni, progetti e compiti reali che vengono gestiti in modo sistematico. Sono intenzionali e programmate e si svolgono sotto forma di unità di apprendimento gestite e valutate secondo un metodo preciso definito come “formazione autentica”. 3) Esperienze: sono situazioni formative non strettamente curricolari relative alla vita di classe e di istituto (es.: accoglienza ed aiuto rispetto a compagni in difficoltà, organizzazione di incontri ed eventi) oppure riferite a contesti esterni alla istituzione formativa, purché documentate e sorrette da elementi probatori. Le esperienze, a differenza delle azioni, non debbono necessaria- mente essere gestite e valutate secondo la metodologia delle UdA, anche se richiedono comunque una programmazione ed una valutazione che si svolge secondo un approccio morbido ed intuitivo (Plessi 2004, 92). 26 Formare per competenze significa disegnare una relazione costruttiva fra sog- getto ed oggetto. In questo modo, l’apprendimento non viene causato, ma favorito mediante la scelta e la predisposizione di condizioni favorevoli (situazioni di ap- prendimento – Uda) che sfidano il discente e lo sollecitano ad una relazione perso- nale con l’oggetto del sapere. Questa metodologia cerca una corrispondenza tra il modo in cui la persona ap- prende ed il modo in cui si forma un sapere riconosciuto, e fa di questa corrispon- denza il centro della didattica. - Si conosce quindi nel modo della costruzione, cercando di ricavare delle “re- gole” da un’azione che in un primo tempo può apparire al soggetto solo dal punto di vista materiale e soggettivo, ma che poco a poco consente allo stesso di svincolarsi creativamente rispetto all’esperienza, acquisendo consa- pevolezza delle strutture e dei mediatori che compongono il sapere. - Non si conosce, invece, nel modo dualistico dell’applicazione (dopo) di un sapere appreso (prima), perché in questo modo la realtà perde il suo fascino ed il sapere si riduce a mera nozione che porta solo ad una sua ripetizione inerte (vale solo per il voto). Al centro del processo della competenza vi è quindi una particolare forma di azione, quella in cui risulta protagonista una persona in grado di mobilitare – in un modo strettamente personale, ovvero legato agli stili di apprendimento e di azione del singolo individuo - le risorse possedute (capacità, conoscenze, abilità) al fine di condurre un compito-problema ad una soluzione valida. La competenza non è per- tanto riducibile né a un sapere, né a ciò che si è acquisito con la formazione. Essa richiede necessariamente una prova concreta, nella quale il titolare si impegni in modo autonomo e responsabile a fronte di un sistema di attese che provengono da altre persone o istituzioni con cui si è instaurato un particolare legame di scambio. 4.3. Standard formativi I percorsi formativi di istruzione e formazione professionale sono vincolati da profili formativi che a loro volta indicano degli standard di risultato. Questi indi- cano un insieme di elementi – obiettivi, competenze, conoscenze ed abilità – che costituiscono il parametro di riferimento per la valutazione degli apprendimenti dei destinatari. In quanto elemento centrale dei Livelli essenziali delle prestazioni, essi mirano alla riconoscibilità e comparabilità degli apprendimenti a garanzia degli utenti e degli altri soggetti coinvolti. L’attuale contesto della Istruzione e formazione professionale propone due tipi di standard: 1) gli standard delle competenze di base e professionali; 27 2) le competenze dell’obbligo di istruzione che si distinguono in competenze degli assi culturali (asse dei linguaggi, asse matematico, asse scientifico- tecnologico, asse storico-sociale) e competenze chiave di cittadinanza e competenze professionali. A questi si aggiungono i traguardi dell’obbligo di istruzione che, come si evi- denzia dalla stessa norma che lo ha definito, non è terminale visto che si inserisce nell’ambito del diritto-dovere di istruzione e formazione che mira all’acquisizione di un diploma o almeno di una qualifica; non è un obbligo scolastico visto che si realizza anche tramite istituzioni formative entro percorsi di istruzione e forma- zione professionale; infine non è un biennio unico visto che non ha valore ordina- mentale; infatti “i saperi e le competenze di cui al comma 1 assicurano l’equiva- lenza formativa di tutti i percorsi, nel rispetto dell’identità dell’offerta formativa e degli obiettivi che caratterizzano i curricoli dei diversi ordini, tipi e indirizzi di studio” (art. 2, comma 2). Tale obbligo rappresenta pertanto un’articolazione didattica del diritto-dovere di istruzione e formazione che giunge fino ai 18 anni o comunque fino al consegui- mento di una qualifica professionale. La natura dell’obbligo di istruzione è pertanto da cercare nella dimensione educativo-didattica tramite la quale esso indica i saperi e le competenze, articolati in conoscenze ed abilità, che assicurano l’equivalenza formativa tra tutti i percorsi. Esso si concretizza in “orientamenti” comuni che i cur- ricoli dei diversi ordini, tipi ed indirizzi di studio debbono perseguire nel rispetto della loro identità e degli obiettivi che li caratterizzano, sotto forma di competenze. Le competenze previste dall’obbligo di istruzione sono divise in due categorie: 1) competenze di base degli assi culturali 2) competenze chiave di cittadinanza europea. Esse presentano un’articolazione che risente del modello proposto dal Quadro europeo delle qualifiche, e precisamente l’articolazione delle competenze in abilità (cui è stata aggiunta l’espressione “capacità”) e conoscenze, a loro volta definite secondo uno schema essenziale, centrato sui “nuclei potanti del sapere”, quindi evi- tando in tal modo di cadere in una sorta di enciclopedismo degli obiettivi specifici di apprendimento. Il punto di merito dell’obbligo di istruzione consiste di conseguenza in un inizio di costruzione, entro il sistema educativo italiano con particolare riferimento al secondo ciclo degli studi, di un sistema per competenze intese in senso non ri- duttivo al mero saper-fare, anche se la sua struttura non incide sugli attuali ordina- menti degli istituti di istruzione secondaria superiore, in attesa di ridefinizione del decreto attuativo del secondo ciclo, ora in stato di sospensione. 28 La normativa dell’obbligo di istruzione segue la logica del principio della “equivalenza formativa” tra percorsi diversi che mantengono la loro peculiarità; ciò consente di ottenere una confrontabilità dei percorsi senza negarne la specificità. Allo stesso tempo, questo approccio permette di salvaguardare l’autonomia di- dattica ed organizzativa, oltre che di ricerca, di ogni istituzione scolastica e forma- tiva, e permette pertanto di svolgere i percorsi mettendo in atto una metodologia peculiare che non può essere imposta dall’esterno né da programmi e neppure da apparati di valutazione di natura intrusiva che sollecitano – magari senza dichia- rarlo esplicitamente – un processo di omologazione delle istituzioni scolastiche e formative alle prospettive adottate dall’ente pubblico. La presenza di standard di risultato (che in realtà sono traguardi formativi, non essendo indicati i livelli di accettabilità delle prestazioni), fattore identificativo pro- prio degli standard ed il principio di equivalenza formativa garantiscono quindi la possibilità di mettere in atto una metodologia formativa pienamente Salesiana ed una pratica di valutazione come quella qui proposta. 5. LA CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI La certificazione degli apprendimenti rappresenta un’azione che mira a descri- vere in modo sistematico le acquisizioni della persona, preferibilmente sotto forma di competenze, ed a registrarle in un formato condiviso tra i diversi attori del si- stema educativo di istruzione e formazione professionale, compresi i soggetti eco- nomici. La certificazione mira pertanto a connotare il documento prodotto in stretto riferi- mento al merito delle acquisizioni della persona, di cui questa si è dotata attraverso le più diverse esperienze formative (formali, non formali ed informali). La certificazione si riferisce a due categorie di fenomeni: - in primo luogo le competenze intese come fattori che qualificano il grado di autonomia e di responsabilità della persona a fronte di specifiche categorie di compiti/problema dal rilevante valore personale, sociale e professionale; - nel contempo, essa specifica le conoscenze e le abilità, ovvero le risorse di cui la persona si è impadronita e che ha saputo certamente mobilitare nel la- voro di soluzione dei compiti/problema indicati. Nella certificazione debbono essere evidenziati i livelli di padronanza delle competenze, che possono essere indicati per gradi progressivi: basilare, adeguato, eccellente. La definizione di certificazione degli apprendimenti si lega necessariamente ad una seconda, quella del credito formativo. Questo rappresenta una documentazione 29 che attribuisce alla persona in possesso di un’acquisizione un valore esigibile presso un organismo formativo, in vista del raggiungimento di uno specifico titolo. Perché il credito relativo ad un’acquisizione formativa sia effettivamente esigi- bile, occorre che l’organizzazione ricevente riconosca la certificazione fatta da quella inviante ed attribuisca a questa certificazione un valore affinché possa essere davvero utilizzata per accedere a (o progredire in) un percorso formativo o lavora- tivo senza che alla persona titolare sia imposto di ripetere le attività di apprendi- mento riconosciute. Di conseguenza, il credito formativo indica il valore di una certificazione e sancisce l’accettazione da parte dell’organismo ricevente della validità della forma- zione impartita all’allievo da altri organismi e viceversa, a condizione che vengano soddisfatte le tre successive condizioni: a) che l’organismo rilasciante sia accreditato secondo le procedure apposita- mente previste e che in particolare preveda una funzione organizzativa, per- sonale adeguato a tale compito e che adotti la metodologia prevista; b) che il credito ed il suo valore sia chiaramente riferito al PECUP ed alle In- dicazioni regionali; c) che contenga le informazioni necessarie ad individuare le attività formative svolte, le competenze personali e professionali maturate dal titolare, le co- noscenze e le abilità che egli ha acquisito e che sono iscritte nelle compe- tenze maturate. Il riconoscimento di un credito avviene mediante un processo di bilancio che prevede anche l’analisi dei materiali di valutazione e di documentazione contenuti nel Portfolio delle competenze personali dell’allievo. Tale analisi riguarda la pre- senza delle condizioni di validità del credito stesso, e di norma non prevede una prova di accertamento di tipo valutativo poiché l’attestazione soddisfa già i requi- siti di trasparenza necessari. In questo senso, la certificazione costituisce un atto con cui viene accertato il possesso di una competenza determinata ovvero il possesso di un credito forma- tivo, ma il cui valore effettivo dipende però dall’organizzazione presso cui viene proposto. Certificazione degli apprendimenti e crediti formativi alludono ad un docu- mento che, pur non sostituendosi al titolo di studio, si propone (perlomeno sul piano intenzionale) come strumento atto ad accompagnare la persona nella sua cre- scita in termini di esperienze e di competenze: si tratta del libretto formativo. Que- st’ultimo, definito in sede istituzionale nazionale ai sensi dell’accordo Stato-Re- gioni del 18 febbraio 2000, rappresenta “il libretto personale del lavoratore… in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendi- stato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non for- male e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di appren- dimento permanente, purché riconosciute e certificate” (art. 2 comma i) Decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276. Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendi- mento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. La realizzazione di questo documento trae origine dalla limitatezza delle de- claratorie professionali basate sulle qualifiche come fonte per precisare la padro- nanza professionale del titolare; esso si presenta quindi come uno strumento dina- mico in grado di accompagnare la persona in tutto l’arco della sua esperienza for- mativa e lavorativa in coerenza con il concetto di lifelong learning. Questa concezione è coerente con le strategie e le azioni dell’Unione europea finalizzate alla trasparenza delle competenze e alla mobilità delle persone tanto che il Libretto può essere considerato il corrispettivo italiano di EUROPASS, il passa- porto delle qualifiche e delle competenze che favorisce la “portabilità” delle stesse in Europa, con la differenza che il Libretto rappresenta la carta d’identità per muo- versi sia sul territorio nazionale, sia attraverso le diverse esperienze di apprendi- mento e lavoro. È infine coerente con la Borsa Continua del Lavoro per favorire l’incontro domanda-offerta di lavoro. Il Libretto fornisce informazioni sul soggetto e sul suo curriculum di apprendi- mento formale, non formale e informale, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un sistema formativo all’altro; rende riconosci- bili e trasparenti le competenze comunque acquisite e sostiene in questo modo l’oc- cupabilità e lo sviluppo professionale; aiuta gli individui a mantenere consapevo- lezza del proprio bagaglio culturale e professionale anche al fine di orientare le scelte e i progetti futuri. L’adozione di una metodologia di certificazione degli apprendimenti non rap- presenta quindi unicamente un fenomeno compilativo di natura amministrativa, ma richiama una pratica formativa centrata su competenze che, a sua volta, comporta il passaggio già indicato da un insegnamento “inerte” ad un insegnamento più vitale, superando la mera trasmissione dei contenuti per avviare una pratica di costruzione degli stessi, così che gli allievi siano protagonisti del loro cammino. 30 31 6. GLOSSARIO Abilità “Indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qua- lifiche le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero lo- gico, intuitivo e creativo) e pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di me- todi, materiali, strumenti” (QEQ). Alternanza Strategia metodologica che consente – in riferimento al singolo allievo - di realiz- zare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si integrano reciproca- mente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’organizzazione di lavoro e di impresa. Apprendimento formale Apprendimento acquisito in un contesto organizzato e strutturato (in un istituto sco- lastico / di formazione o sul posto di lavoro) ed esplicitamente designato come tale (in termini di obiettivi, tempi o risorse). L’apprendimento formale è un atto volon- tario della persona che apprende; generalmente termina con una certificazione. Apprendimento non formale Apprendimento che si acquisisce entro iniziative oggetto di programmazione, non esplicitamente designate come attività d’apprendimento (in termini di obiettivi, tempi o risorse), ma che contemplano una parte importante di apprendimento. È un atto volontario della persona che apprende e generalmente non termina con una certificazione. In tal senso, la procedura di validazione mira essenzialmente alla va- lorizzazione degli apprendimenti acquisiti in modo non formale, per giungere ad una loro certificazione. Apprendimento informale Tutti gli apprendimenti che avvengono senza un’intenzione formativa esplicita ed un programma mirato a ciò. La gran parte degli apprendimenti delle persone av- vengono nella modalità informale. Bilancio di competenze Particolare dispositivo di rilevazione delle competenze di cui la persona è porta- trice ed acquisite tramite l’esperienza di vita e di lavoro, anche in assenza di titoli formali (certificati, diplomi o attestati). Tale dispositivo, di origine francese, ha lo scopo di individuare e di certificare tali competenze e quindi di renderle evidenti socialmente e contrattualmente, specie in riferimento a giovani ed adulti a bassa scolarità. Nel contesto normativo francese è utilizzato per la mobilità lavorativa. Capacità personali Caratteristiche della persona possedute su base innata e appresa. Riguardano i suoi repertori di base: cognitivo, affettivo-motivazionale, socio-interpersonale. Esse ri- flettono i valori ed i contenuti propri dell’educazione che la persona vive specie nell’età evolutiva; si riferiscono quindi alla famiglia di appartenenza, alle agenzie educative e formative ma anche ai legami significativi individuali e di gruppo. Esse rappresentano le potenzialità dell’allievo che richiedono di essere riconosciute (in- nanzitutto a favore del destinatario stesso) e attualizzate. Tali capacità, raramente coltivate in modo formale dalle istituzioni formative, sono attualmente considerate preziose per l’adattamento personale, interpersonale, scolastico e professionale. Questa definizione, di senso comune, dovrebbe essere accettata anche sulla base dei risultati della ricerca e delle teorie sulle “intelligenze multiple”, per poter essere la base delle azioni volte al “successo formativo” di ciascuno, che non è un tra- guardo uguale per tutti, ma, appunto, va misurato (almeno nell’istruzione e nella formazione di base) sul “valore aggiunto” che ciascuno è riuscito a raggiungere sulle sue capacità personali. Capolavoro / prova professionale Rappresenta il prodotto reale più significativo che l’allievo realizza nel momento della valutazione finale del percorso di istruzione e formazione professionale e che mira a dimostrare la sua padronanza in riferimento alle competenze proprie della fi- gura professionale che intende assumere. Tale espressione riprende una pratica della cultura artigianale che consiste nella prova concreta e significativa che il can- didato fornisce per poter essere giudicato meritevole di far parte della cerchia della comunità professionale. Certificazione degli apprendimenti Azione che mira a descrivere in modo sistematico le acquisizioni della persona (competenze, conoscenze ed abilità, maturazioni) per livelli di padronanza ed a re- gistrarle in un formato condiviso tra i diversi attori, secondo i criteri di: - comprensibilità del linguaggio - attribuibilità delle competenze al soggetto - evidenziabilità delle prestazioni e loro contesto - validità del metodo di valutazione. La certificazione si conclude con il rilascio di un attestato, titolo o diploma da parte di un organismo accreditato che rappresenta il documento ufficiale che indica gli ambiti ovvero le competenze in cui il candidato ha già acquisito padronanza. Competenza “Comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia” (QEQ). 32 33 La competenza non è riducibile al mero saper fare, ma indica l’autonomia e la re- sponsabilità della persona in ordine alla vita personale e sociale intesa nel suo com- plesso. Essa non è assimilabile pertanto ad un processo di adattamento, ma di rico- noscimento e sviluppo delle potenzialità del soggetto entro un ambito che ne solle- cita la libertà, la volontà e la responsabilità. Comunità educante Ambiente ricco di valori, professionalità e stimoli costituito da tutti coloro che in vario modo partecipano alla vita della struttura formativa e ne condividono la mis- sione educativa; è il centro propulsore e responsabile di tutta l’esperienza educativa e culturale, aperta al contesto esterno, entro cui si delinea e si consolida progressi- vamente la corresponsabilità educativa della famiglia e dell’organismo formativo, in una logica di continuità e con l’intento di contribuire al bene della società. Conoscenze “Risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le cono- scenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative a un settore di studio o di lavoro. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche” (QEQ). Credito formativo Si ha un credito reale solo quando un’organizzazione riconosce l’attestazione e la certificazione fatta da un’altra ed attribuisce a questa certificazione un “valore” af- finché possa essere davvero utilizzata per accedere a (o progredire in) un percorso formativo o lavorativo. Di conseguenza, la semplice certificazione non rappresenta di per sé un credito. Perché un credito sia tale bisogna che ci sia un “potere” che lo riconosce (o che impone alle organizzazioni coinvolte di riconoscerlo). Formazione efficace Orientamento proprio di una struttura formativa che pone al centro del suo compito il “coltivare talenti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e proporre la cultura come esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo. Le condizioni essenziali per la formazione efficace sono: - Senso di comunità e condivisione di un progetto unitario da parte di tutti gli educatori - Ascolto e lettura delle peculiari caratteristiche di ciascun destinatario - Ricerca di alcune occasioni formative chiave “forti” ed in grado di coinvol- gere tutti gli educatori - Strategia mista: destrutturata e strutturata - Buon senso (non imporre cose che non si sanno fare; non limitarsi all’elenco dei problemi; “quel che piace a me piace anche ai ragazzi”) - Dare importanza al coordinatore per evitare una frammentazione delle atti- vità - Riflettere sulle esperienze e trovare gli stimoli di miglioramento. Equivalenza formativa Corrispondenza stabilita tra due titoli o parti di una formazione in riferimento ai ri- spettivi programmi di formazione, tale da poter sviluppare una comparazione tra i percorsi e gli esiti formativi – anche in vista di passaggi e di processi di certifica- zione reciproci. Indicatore È il fattore osservabile che pone in evidenza il processo di apprendimento e con- sente di ancorare la misurazione ed il giudizio valutativo ad un riferimento con- creto, consentendo così di giungere ad esiti attendibili ovvero sostenuti da efficacia dimostrativa e riscontro probatorio. Libretto formativo del cittadino “il libretto personale del lavoratore… in cui vengono registrate le competenze ac- quisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inseri- mento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate” (art. 2 comma i) Decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276. Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendi- mento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. Notazione Il processo di misurazione come pure quello di valutazione concludono con l’e- spressione di una nota che consiste nell’attribuire un segno riferito ad un apprendi- mento; ciò può avvenire in forma si/no, in forma algebrica, per scale di rating, per narrazione. Personalizzazione Riferimento del percorso formativo alla specifica realtà personale dell’allievo. Per- sonalizzare significa delineare differenti modi di acquisizione di conoscenze, abilità e competenze, in base alle caratteristiche personali degli allievi: stili di apprendi- mento, metodi di studio, caratteristiche peculiari. La personalizzazione non avviene unicamente in un gruppo classe, ma prevede una flessibilità nell’aggregazione di gruppi di allievi: gruppi classe (per alcuni scopi), gruppi di livello (per altri scopi), 34 35 gruppi d’interesse, laboratori, ecc. Il gruppo classe rappresenta più un gruppo di so- cializzazione che un gruppo di apprendimento, mentre solo quando si costituiscono gruppi di “scopo” gli allievi imparano meglio. Il concetto di personalizzazione, che non va confuso con quello di individualizzazione che implica l’adattamento del per- corso formativo al singolo individuo (es: nei casi di allievi disabili), richiede sempre un’analisi dei bisogni dei soggetti che porti a modalità organizzative diversificate per gruppi, che possono variare a seconda degli obiettivi di apprendimento. Portfolio/dossier personale Raccolta significativa dei lavori dell’allievo - a cura dello stesso con il supporto dei formatori - capace di raccontare la storia del suo impegno, del progresso e del suo rendimento. Con esso si mira a evidenziare il suo patrimonio di capacità, conoscenze, abilità e competenze, con una metodologia che consente di concentrare l’attenzione su ciò che sa fare con ciò che sa. Prova Elementi giustificativi di varia natura: descrizione delle attività, diplomi, attestati, dichiarazioni, certificati di lavoro, diario di lavoro, realizzazioni personali, argo- mentazione orale, ecc. Permettono ai periti di pronunciarsi in merito alle competen- ze dichiarate. Rubrica delle competenze Strumento in grado di coniugare l’univocità dei riferimenti e la varietà dei percorsi possibili. Inoltre, presenta un insieme ordinato di indicazioni metodologiche ed ope- rative a carico dell’équipe di educatori-formatori finalizzato alla descrizione delle acquisizioni di un soggetto – indicandone il livello di padronanza - sia attraverso la frequenza ad un percorso formale sia tramite esperienze formative non formali ed informali. In tal modo, la rubrica per le competenze rappresenta una matrice che ci consente di identificare, per una specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le sue componenti: • Indicatori, ovvero le evidenze (compiti, comportamenti osservabili) che co- stituiscono il riferimento concreto della competenza • Livelli, ovvero i gradi di padronanza (basilare, adeguato, eccellente) che il soggetto è in grado di mostrare nel presidiare quei compiti • Conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso dell’a- zione di apprendimento, ovvero quelle che costituiscono il centro di quel campo di sapere competente. Standard (referenziale) professionale Descrizione delle caratteristiche di un ruolo professionale, ed in particolare la collo- cazione organizzativa ed i compiti che caratterizzano tale ruolo, così da costituire ri- ferimento per la progettazione - e la certificazione finale - di un percorso che miri a formare persone dotate di competenze adeguate. L’utilizzo dei profili professionali risponde alla necessità di finalizzare le attività di istruzione e formazione tecnico professionale alle reali necessità del mondo del lavoro, così da consentire l’occupa- bilità delle persone formate e la loro valorizzazione entro il contesto economico. Standard formativi Insieme di elementi che costituiscono il parametro di riferimento per la valutazione degli apprendimenti dei destinatari e mirano alla riconoscibilità e comparabilità degli apprendimenti a garanzia degli utenti e degli altri soggetti coinvolti. Gli standard si riconoscono per il fatto di articolare gli apprendimenti attesi in li- velli di padronanza, lungo una scala definita dai parametri di autonomia, responsa- bilità e di complessità del compito/problema. Successo formativo È il successo del progetto di vita della persona in apprendimento; esso comprende tutte le sue componenti (cognitive, emotive, operative, morali, spirituali, este- tiche…) entro una prospettiva unitaria o integrale. Il successo prevede una presa in carico formativa, la lettura/consapevolezza dei talenti personali, la conoscenza della realtà, l’individuazione di una meta desiderabile e di un itinerario da seguire, infine l’elaborazione dei criteri guida per la sua percorrenza. Titolo di studio Documento ufficiale che viene rilasciato al termine del percorso formativo ordina- mentale e che attesta l’acquisizione da parte del titolare delle competenze, cono- scenze ed abilità connesse agli standard formativi di riferimento. Nel sistema di istruzione e formazione professionale si prevedono i seguenti titoli: qualifica pro- fessionale, diploma professionale, diploma professionale superiore. Esso ha un duplice valore: riconosce ad un individuo d’aver seguito con successo un’azione d’insegnamento o di formazione, ed inoltre indica il possesso dei requi- siti utili per l’accessibilità ad una professione e per progredire all’interno di un con- testo professionale. Traguardi formativi Insieme delle mete finali che si intendono raggiungere nel corso dell’azione forma- tiva, definite in termini di competenze articolate in abilità/capacità e conoscenze. Unità di apprendimento Struttura di base dell’azione formativa, ad ampiezza massima (tutti i formatori), me- dia (alcuni) o minima (area formativa), costruita su compiti reali (o simulati) e relati- vi prodotti che i destinatari sono chiamati a realizzare, ed indicante le risorse (capaci- tà, conoscenze, abilità) che egli è chiesto di mobilitare per diventare competente. 36 37 L’UdA esprime una pedagogia dei compiti che mira alla capacità di “costruzione” e la “capacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta attraverso prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso. Validazione Processo mediante il quale da parte di soggetti terzi (anche rispetto al processo for- mativo) viene attribuito un giudizio di validità ad una competenza posseduta da un individuo, dopo che questa è stata dimostrata attraverso un efficace ed efficiente fronteggiamento di un compito reale. La validazione, inoltre, riguarda anche la rubrica della competenza ovvero il rap- porto tra indicatori/evidenze, livelli di padronanza e risorse (conoscenze ed abilità) mobilitate. Validazione degli apprendimenti acquisiti Procedura mediante la quale un’istituzione scolastica o formativa riconosce che i saperi e/o le competenze risultanti da una formazione formale o non formale o dal- l’esperienza hanno lo stesso valore di quelle sancite da un titolo di studio. Valutazione Valutare significa attribuire un valore ad un’azione. Nel caso della formazione, la valutazione è quell’attività che mira a rilevare il patrimonio di capacità, cono- scenze, abilità e competenze di una persona, utilizzando una metodologia che con- senta di giungere a risultati certi e validi. L’espressione richiama l’attribuzione di un giudizio (stimare, apprezzare) all’azione stessa, che richiede a sua volta un mo- dello di riferimento definito ed inoltre una metodologia operativa. la valutazione è detta “autentica” quando mira a verificare non solo ciò che un al- lievo sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa” fondato su una prestazione reale e adeguata dell’apprendimento che risulta così significativo, poiché riflette le espe- rienze reali ed è legato ad una motivazione personale. Verifica Raccolta sistematica di elementi che consentono di comprendere a quale punto del cammino di apprendimento si colloca l’allievo, così da indirizzare l’azione forma- tiva in direzione di ciò che appare utile e necessario al fine di colmare le lacune e di valorizzare le capacità dei destinatari. La verifica non presenta quindi una natura di giudizio in rapporto a parametri di ri- sultato (standard), ma di processo (comprensione, partecipazione, sviluppo degli apprendimenti). 7. 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In questo senso, l’ispirazione pragmatica delle soluzioni proposte è motivata anche dal rispetto del lavoro dei formatori, in forza del criterio secondo cui è giusto sollecitare soltanto quelle metodologie che dimostrano di migliorare effettivamente le pratiche professionali e che contribuiscono a valorizzare la loro professionalità stimolandoli al confronto, alla riflessione ed al miglioramento continuativo. Ciò è coerente con l’intento di sostenere la crescita di una comunità professionale di for- matori in grado di fare ricerca mediante l’arricchimento continuo e reciproco delle pratiche educative, ivi compresa la valutazione. Avvicinandoci ora più direttamente alla metodologia adottata, si può dire che il riferimento prioritario è rivolto alla natura educativa dell’azione e quindi anche della valutazione che vi si svolge (Plessi 2004, 255). In questo senso, tre sono le fi- nalità dell’azione valutativa: - innanzitutto essa svolge un compito pienamente formativo in forza del quale è al servizio dell’intervento educativo cui fornisce informazioni e stimoli così da aiutare coloro che progettano e gestiscono l’intervento a compren- dere meglio la situazione e puntare al suo miglioramento continuativo (Pa- lumbo 2006), - in secondo luogo essa intende riscontrare nel destinatario la presenza dei re- quisiti (conoscenze, abilità, competenze e capacità personali) che consentono di attribuire ad esso il titolo di studio in quanto fattore ad un tempo educa- tivo, culturale e professionale, e quindi il certificato delle competenze che rappresentano il riferimento prioritario degli apprendimenti, ed inoltre delle conoscenze, abilità e capacità personali, 44 - infine, essa consente di delineare un linguaggio ed un metodo di confronto, così da porre in atto una cooperazione educativa tra l’organismo formativo e i soggetti coinvolti nell’educazione ovvero la famiglia ed i soggetti della vita economica – aziende ed enti – così da condurre ad esiti non solo valutati ma anche condivisi e validati in modo congiunto dalla comunità educante intesa in senso ampio. Questo approccio esclude da un lato una concezione della valutazione come at- tività volta esclusivamente al controllo ed alla misurazione di comportamenti pre- stabiliti (Tacconi 2007, 6) perché in questo modo verrebbe meno la sua natura edu- cativa e l’intera azione si ridurrebbe all’esecuzione di programmi prestabiliti che chiedono solo di essere posti in atto. Inoltre manca la prova – o meglio: esistono prove contrarie a questa tesi - che sia possibile elaborare verifiche in grado di assi- curare esiti attendibili e generalizzabili secondo i requisiti della obiettività, della si- curezza e della imparzialità3. Inoltre, l’approccio adottato esclude una concezione autoreferenziale della va- lutazione, intesa come compito esclusivo dell’istituzione formativa e quindi attri- buita ai soli formatori, senza il concorso degli attori interessati al buon esito delle azioni educative. In particolare, in riferimento a quest’ultimo aspetto, si è voluto proporre una metodologia in grado di assicurare una reale cooperazione educativa tra i soggetti della comunità; ciò ha portato alla necessità di considerare i seguenti punti di vista: - quello della famiglia che nella gran parte dei casi predilige metodi valutativi cosiddetti “tradizionali” centrati sulla notazione relativa alle discipline ed al comportamento dell’allievo; - quello dell’impresa che ha a cuore sia gli aspetti di abilità tecnica sia quelli definiti come “comportamento organizzativo”, ma anche le capacità della persona espresse in termini di motivazione e progetto. Tutto ciò si è tradotto in una cura del linguaggio, di cui si è perseguita ad un tempo la chiarezza e la condivisione, così da proporre locuzioni e notazioni in grado di riferirsi ad oggetti capaci di evidenza dal punto di vista dei soggetti coin- volti, evitando formule eccessivamente specialistiche e criptiche. L’adozione di un linguaggio chiaro e condiviso è inoltre una condizione essen- ziale per poter arricchire la valutazione degli apprendimenti e delle acquisizioni 3 “Nel maggio del 1999 in una sessione speciale dedicata alla valutazione degli apprendimenti, Edward Haertel proclamò che era fallito il movimento per l’elaborazione di verifiche scolastiche ca- paci di garantire valutazioni attendibili e generalizzabili” (traduzione del testo di Spalding E. Tre P per valutare, a cura dell’ADI (http://ospitiweb.indire.it/adi/Portfolio/p1una%20storia.htm). 45 con la pratica dalla validazione che comporta un giudizio circa il valore degli esiti effettuato a carico degli stakeholder principali, in particolare i tutor aziendali ed i professionisti coinvolti specie nelle attività formative svolte presso gli ambienti reali di lavoro. Nel momento della validazione avviene un riconoscimento sociale di ciò che il progetto è stato in grado di realizzare, e consente all’allievo formato di poter vantare nel proprio curricolo l’esperienza svolta ed il giudizio espresso. In questo senso, l’intesa tra i soggetti del sistema educativo ed i soggetti del mondo economico possiede anche un carattere epistemico poiché consente di creare comunità di lavoro che concordano circa i requisiti di un’azione formativa effettivamente riuscita, condividono il dispositivo di valutazione e validazione degli apprendimenti ed in generale rende possibile uno scambio fattivo ed arric- chente tra i soggetti coinvolti (Rullani 2004, 319). Ciò comporta che la valutazione non coincide con una fase o una particolare attività, ma è un fattore che arricchisce la dinamica relazionale e sociale dell’azione formativa che in tal modo viene vista non più come una prerogativa esclusiva dele- gata a specifiche istituzioni dove operano professionisti a ciò dedicati, ma rappre- senta un momento di corresponsabilità della comunità sociale che in tal modo at- tualizza la sua vocazione educativa. La relazione rappresenta pertanto non solo la dimensione fondamentale dell’a- zione educativa che si svolge tra formatore e destinatario, ma anche quella relativa alle dinamiche che coinvolgono i vari attori che concorrono alla qualità dell’azione formativa. Similmente, l’elemento fondamentale della presente guida è costituito dalla re- lazione che intercorre tra il cuore del processo di apprendimento e quindi di valuta- zione, ovvero la competenza, le capacità della persona ovvero le sue potenzialità, ed infine le risorse mobilitate dalla persona (conoscenze ed abilità). La metodo- logia proposta mira a rendere leggibile tale relazione entro un’esperienza formativa concreta nella quale il destinatario mostra di essere in grado di saper agire e reagire alle sollecitazioni proposte attraverso la mobilitazione di conoscenze, abilità e ca- pacità di cui è in possesso, così da perseguire un risultato positivo. Questo approccio ci consente inoltre, in forza di tale strutturazione, di consi- derare egualmente fenomeni formativi diversi, ovvero formali, informali e non for- mali, in modo da ricostruire le acquisizioni significative della persona indistinta- mente dal modo e dal luogo in cui sono avvenuti. Ciò vale in ogni momento del processo formativo, ma anche per interventi svolti in riferimento a destinatari do- tati di un bagaglio di acquisizioni che non sono necessariamente l’esito di un per- corso formale. Una metodologia siffatta può pertanto essere applicata in diversi contesti e con differenti tipologie di utenti, anche se rimane in ogni caso la neces- 46 sità di una condivisione di fondo con tutti gli attori che sono coinvolti nelle azioni formative. L’équipe dei formatori esprime la valutazione circa: 1) la competenza, ovvero la padronanza dimostrata dall’allievo nel risolvere un insieme di problemi posti e di utilizzare ed incrementare le proprie ri- sorse in ordine all’assolvimento dei compiti indicati. Sono individuate tra- mite la rubrica: esiste se sono soddisfatti tutti gli indicatori previsti, almeno a livello di soglia; 2) le singole conoscenze ed abilità il cui apprendimento è richiesto per la cor- retta soluzione del compito in riferimento alle diverse aree formative. Queste ultime sono individuate mediante: compiti reali (nei quali sono “mobilitate”), test (individuate tra alternative), esercizi (applicate), compiti ed interrogazioni (argomentate in modo pertinente); 3) i comportamenti e la condotta della persona, specie quelli riferiti all’in- sieme della vita dell’organismo formativo e che vengono specificati nor- malmente nei seguenti indicatori: cura personale, rispetto degli altri (com- pagni e personale), rispetto delle regole, rispetto dell’ambiente, spirito di condivisione, ovvero ciò che è definito nel progetto educativo. I tre fattori sono da considerare non come tre ambiti giustapposti, ma come componenti di un processo formativo olistico, quindi rintracciabili in ogni attività che l’allievo è chiamato a svolgere, sia in modo forale sia informale. Trattandosi di un approccio olistico, si è scelto di porre al centro dello stesso un linguaggio ed una metodologia che consenta di rappresentare le relazioni che inter- corrono tra compiti, conoscenze ed abilità oltre che comportamenti e che permetta di delineare un accordo tra docenti e di condurre ad una certificazione valida delle competenze. Ciò è reso attraverso la Rubrica ovvero “matrice” della competenza. Essa consiste in uno strumento in grado di coniugare l’univocità dei riferimenti e la varietà dei percorsi possibili. Inoltre, presenta un insieme ordinato di indica- zioni metodologiche ed operative a carico dell’équipe di educatori-formatori fina- lizzato alla descrizione delle acquisizioni di un soggetto – indicandone il livello di padronanza - sia attraverso la frequenza ad un percorso formale sia tramite espe- rienze formative non formali ed informali. La rubrica per le competenze rappresenta una matrice che ci consente di iden- tificare, per una specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le sue componenti: • Indicatori, ovvero le evidenze (compiti, comportamenti osservabili) che co- stituiscono il riferimento concreto della competenza 47 • Livelli, ovvero i gradi di padronanza (basilare, adeguato, eccellente) che il soggetto è in grado di mostrare nel presidiare quei compiti • Conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso dell’a- zione di apprendimento, ovvero quelle che costituiscono il centro di quel campo di sapere competente. La rubrica delle competenze, connessa al profilo ed al repertorio, sulla base di una scelta degli obiettivi formativi rilevanti e significativi per il gruppo classe, per i sottogruppi e per le persone che li compongono, consente all’équipe formativa i se- guenti tre utilizzi: • Individuazione delle situazioni di apprendimento consone e rilevanti, oltre che essenziali, su cui impegnare i componenti dell’équipe ad un lavoro pre- valentemente interdisciplinare; • Verifica e valutazione delle acquisizioni effettivamente agite in modo perti- nente ed efficace da parte degli allievi; • Rielaborazione degli obiettivi e dei percorsi di apprendimento così da indi- rizzare l’azione formativa in modo da valorizzare le acquisizioni e sormon- tare le criticità emerse. La rubrica è uno strumento di supporto dell’azione didattica nella logica della costruzione del percorso formativo, in modo condiviso tra i docenti che compon- gono l’équipe. È uno strumento che esige un riscontro o validazione, composto di due passi: • nel momento della elaborazione essa richiede una validazione provvisoria, che consiste nel riflettere sulla sua struttura, sul linguaggio, sul suo carattere evocativo e di facilitazione dell’azione didattica, • a seguito della sua applicazione essa chiede di essere validata rilevando i ri- scontri provenienti dal campo in cui si è sperimentata così da poter giudicare della sua consistenza e procedere ad una rieaborazione migliorativa. Si ricorda che anche l’allievo, tramite l’autovalutazione, è chiamato a illustrare e nel contempo diagnosticare il proprio percorso di studi scegliendo i prodotti di cui va più orgoglioso ed elaborando una scheda (presentazione) in cui espone il ri- sultato ed il percorso seguito, esprime una valutazione ed indica i punti di forza e quelli di miglioramento. Perché ciò possa accadere, occorre che nell’atto della consegna il docente co- munichi e spieghi i prodotti attesi, i comportamenti conformi, i criteri di valuta- zione che intende adottare. L’autovalutazione rappresenta un elemento importante della valutazione effet- tuata dai docenti. La certificazione ed il riconoscimento dei crediti costituiscono un’azione tesa a descrivere in modo sistematico le acquisizioni della persona ed a registrarle in modo condiviso tra i diversi attori del sistema educativo. Ciò evidenziando le espe- rienze formative (formali, non formali ed informali). In definitiva, quattro sono le caratteristiche della metodologia valutativa pro- posta: a) Tale valutazione presenta un carattere chiaramente formativo; essa tiene conto dei progressi e dei punti di forza dell’allievo e segnala i suoi punti deboli ed i mezzi per correggerli. Si tratta di una dimensione regolatrice della valutazione che mira ad apprezzare il processo di apprendimento lungo tutto il corso dell’azione. b) La valutazione è centrata su situazioni di apprendimento che coinvolgono la persona tramite esperienze che consentono di acquisire competenze, ov- vero un “saper agire” fondato sulla mobilitazione e l’utilizzo efficace di un insieme di risorse. c) Si tratta di una valutazione trasparente: essa indica un accompagnamento del percorso e consente di fornire ai formatori ed agli allievi, oltre che agli altri attori, gli elementi che consentano loro di comprendere il cammino e di confrontare gli apprezzamenti offerti con i criteri su cui si fondano e con gli oggetti osservati e valutati, così da creare una comunicazione aperta e appropriata. d) È infine una valutazione globale: accanto alle competenze degli allievi, essa apprezza le sue conoscenze ed abilità le sue attitudini ed i suoi com- portamenti sociali, fattori che lo stesso allievo è sollecitato a valutare in proprio acquisendo così una capacità di autovalutazione così da diventare un elemento rilevante del suo bagaglio personale. 2. REQUISITI DEI PERCORSI FORMATIVI La guida si riferisce privilegiatamene a percorsi completi ed organici, ovvero corsi IFP triennali di qualifica, quadriennali di diploma, ulteriori di diploma supe- riore. Accanto a ciò, essa può valere anche per moduli di arricchimento professio- nale in integrazione con le scuole, ed inoltre per percorsi destrutturati e LARSA1. Perché possa essere applicata, necessitano di alcune condizioni indispensabili pro- prie della progettazione e della gestione didattica ed organizzativa dei percorsi. 48 1 Laboratori di Recupero e Sviluppo degli Apprendimenti. Dal punto di vista della progettazione, occorre l’esplicitazione: Tutti questi elementi sono affrontati in modo sistematico e pratico nella guida. Il modello di intervento richiede alcuni requisiti organizzativi che rendono possibile l’effettuazione di percorsi formativi dal carattere autenticamente educa- tivo, culturale e professionale. Tali condizioni vengono evidenziate di seguito, con specificazione sotto forme di nota delle loro caratteristiche. 49 - delle competenze chiave mirate e relative rubriche; - del piano formativo di massima; - degli strumenti di gestione, accompagnamento e memoria dei percorsi formativi personalizzati; - delle principali UdA (compresa l’alternanza); - del portfolio personale e del libretto formativo. CONDIZIONI NOTE OFFERTA FORMATIVA Predisposizione delle diverse op- portunità formative (corsi, azio- ni destrutturate), utilizzando lo sportello orientativo in modo da collocare le persone nel giusto contesto - il corso è adatto per chi lo per- cepisce come rilevante per il suo progetto personale - le azioni destrutturate sono per chi non ha chiarezza di sé e del proprio progetto o non è com- patibile con il gruppo-classe - la presenza degli extracomuni- tari va contenuta entro numeri gestibili - ogni anno vanno presentati progetti per i corsi destrutturati ORIENTAMENTO Prevedere colloqui orientativi con i destinatari; almeno: - un colloquio iniziale (vedi sopra) - un colloquio ogni due mesi - un colloquio finale - queste attività sono da gestire tramite un bilancio delle risor- se personali che evidenzi il profilo, i punti forti ed i punti deboli della persona. L’esito, sotto forma di scheda, a carat- tere progressivo, va riportato nel portfolio personale - i colloqui sono a cura di: diret- tore, orientatore, coordinatore- tutor INCONTRI CON LE FAMIGLIE Sono da prevedere incontri con le famiglie; almeno: - un incontro preliminare prima del- l’avvio del corso - uno ad inizio corso - uno ogni due mesi - almeno uno di presentazione dei prodotti delle UdA (evento) - le famiglie vanno rese consa- pevoli del progetto (patto con le famiglie che viene confer- mato a settembre) - le famiglie vengono coinvolte anche negli eventi di presenta- zione dei prodotti più signifi- cativi realizzati tramite le UdA 50 CONDIZIONI NOTE PERSONALIZZAZIONE Presenza di un monte-ore per la per- sonalizzazione (adattamento al target) aperto, ovvero da destinare solo dopo aver rilevato le reali ne- cessità degli allievi - tali ore possono essere attri- buite numericamente ai vari formatori, ma il loro reale uti- lizzo va deciso dall’équipe del corso in base alle esigenze reali COORDINATORE TUTOR Presenza in ogni corso di un Coor- dinatore tutor con adeguato dis- tacco orario compatibile con l’inca- rico di docenza - non frammentare le ore di dis- tacco su più figure o su più corsi - si prevedono: le seguenti atti- vità: controllo dei registri, cu- ra settimanale dell’équipe, colloqui con allievi e famiglie, compilazione del portfolio ASSI CULTURALI Accorpamento degli incarichi per assi culturali 1) linguaggi 2) matematico 3) scientifico-tecnologico 4) storico-sociale 5) tecnico-professionale. - è preferibile aumentare le ore dei formatori per corso, piutto- sto che frammentarle su molti corsi, con il rischio di avere un rapporto superficiale e di crea- re rigidità organizzative PIANI FORMATIVI ED ATTIVITÀ COLLEGIALI Possibilità per ogni équipe di lavoro di definire in anticipo il piano for- mativo di massima comprendente le UdA interdisciplinari e le UdA di- sciplinari, prevedendo anche il pia- no delle attività collegiali: - di inizio anno (2-3 giornate) - settimanali (2-3 ore) compresi gli scrutini - di valutazione finale (35 ore) - di fine anno (2 giornate) - l’attività interdisciplinare inci- de sul monte ore di tutte le aree formative per una durata complessiva indicativa di metà del monte ore del corso - anche i docenti ad incarico so- no impegnati a svolgere attivi- tà collegiali QUALITÀ E GESTIONE AMMINISTRATIVA Accordo preliminare su come gesti- re i percorsi innovativi/sperimentali in rapporto alla qualità ed all’am- ministrazione - circa la qualità, deve valere la guida della comunità profes- sionale, ed il portfolio docu- menta l’attività del corso - la gestione amministrativa è di responsabilità della segreteria (in collaborazione con il coor- dinatore-tutor per gli aspetti di coerenza con il piano forma- tivo) 51 3. MAPPA DELLE AZIONI E DEGLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE A) GESTIONE DEL PERCORSO FORMATIVO Definizione del percorso formativo di massima • Percorso formativo di massima (canovaccio) Elaborazione del profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali • Profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali Elaborazione del portfolio dell’allievo • Portfolio dell’allievo Valutazione delle competenze • Rubrica della competenza • Griglia di valutazione del prodotto (performance) • Griglia di valutazione dei processi di lavoro • Griglia di valutazione della riflessione sull’esperienza • Rubrica di autovalutazione • Valutazione tutor aziendale Valutazione delle conoscenze e delle abilità • Griglia di valutazione delle conoscenze e delle abilità Valutazione dei comportamenti • Scheda comportamenti Valutazione sommativa o pagellino • Registro di classe • Pagellino Valutazione finale • Scheda complessiva dell’esame B) VALUTAZIONE Certificazione delle competenze • Scheda di registrazione delle situazioni di apprendimento significa- tive e delle aree disciplinari coinvolte • Scheda di certificazione delle competenze • Certificato finale C) CERTIFICAZIONE • Domanda di passaggio/Domanda di ingresso • Bilancio personale • Certificazione in caso di abbandono • Confronto bagaglio/requisiti richiesti • Convenzione tra organismi • Attestazione del Dirigente/Direttore D) GESTIONE DEGLI INGRESSI E DELLE USCITE - Libretto formativo del cittadino E) LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO - Scheda di monitoraggio dei percorsi IFP - Questionario di gradimento per gli allievi F) MONITORAGGIO DELLE AZIONI FORMATIVE 53 Parte III GLI STRUMENTI 55 1. GESTIONE DEL PERCORSO FORMATIVO Si propongono in questa prima parte tre strumenti che sono necessari per con- sentire la coerenza interna del percorso formativo secondo i principi enunciati in precedenza, così da rendere possibile un riferimento chiaro ed organico su cui svi- luppare l’attività di valutazione e quindi di certificazione. • Il Percorso formativo di massima (o canovaccio) è uno strumento di proget- tazione che consente di includere nell’azione formativa quelle “prestazioni reali e adeguate” che consentono di rendere attivo il processo di apprendi- mento degli allievi, sulla base di esperienze reali ed interdisciplinari che in- dicano i passaggi fondamentali del percorso stesso e che vanno gestite se- condo la metodologia della valutazione autentica. • Il Profilo dell’allievo ed il bilancio delle risorse è riferito ai giovani iscritti ai percorsi di istruzione e formazione professionale e consente di sviluppare una diagnosi iniziale di tipo dialogico e formativa, tendente ad individuare le potenzialità ed i talenti della persona, oltre alle sue risorse, e di delineare un piano formativo che corrisponda alle sue caratteristiche. • Il Portfolio dell’allievo è lo strumento tramite il quale si raccologono le do- cumentazioni relative alle esperienze più significative della sua carriera for- mativa, scelte da lui stesso con la collaborazione dei docenti, così da segnare in modo concreto il ruolo protagonista dell’allievo circa il suo cammino di apprendimento; inoltre il portfolio costituisce l’oggetto di un’attività di valu- tazione più ampia e ricca di evidenze. 1.1. Definizione del percorso formativo di massima Il percorso formativo di massima o “canovaccio formativo” rappresenta la guida ovvero la rappresentazione del percorso che orienta i docenti-formatori nel loro lavoro. Non è quindi né un programma (sequenza di lezioni per contenuti) e neppure un curricolo (sequenza di unità didattiche per obiettivi, attività e veri- fiche), ma il disegno del cammino dell’anno formativo con le attività principali che 56 coinvolgono tutti i docenti-formatori e la loro scansione, specificando ruoli, tempi, risultati e modalità di verifica e valutazione. In tal modo si concentra l’attenzione del percorso formativo sulle esperienze che esso propone agli allievi e quindi sul loro coinvolgimento attivo e sulla mobili- tazione dei loro talenti così da formare vere competenze. Le attività comuni a tutti i docenti-formatori individuano le Unità di apprendi- mento interdisciplinari; queste dovranno assorbire al massimo il 50% delle ore dis- ponibili, mentre il resto è dedicato alle attività di area formativa, che saranno an- ch’esse strutturate in modo attivo, così da suscitare un legame con i destinatari e da coinvolgerli attivamente nelle dimensioni concrete dell’area formativa. I contenuti da inserire nel canovaccio formativo sono i seguenti: - Attività di accoglienza, orientamento ed accompagnamento (compresi i colloqui con gli allievi) - Colloqui ed iniziative con le famiglie - UDA strategiche (interdisciplinari) - Larsa interni e esterni - Alternanza - Altre iniziative (tornei, gite, eventi…) - Attività collegiali per l’équipe dei docenti-formatori (incontri, formazione, …) 57 PE R CO RS O F O RM AT IV O D I M AS SI M A (C an ov ac cio ) FA SE D IA VV IO Ch e co sa Ch i Te m pi (d a a ) O ut pu t Ve rif ica -v al ut az io ne FA SE FI N AL E Ch e co sa Ch i Te m pi (d a a ) O ut pu t Ve rif ica -v al ut az io ne Ch e co sa Ch i Te m pi O ut pu t Ve rif ica -v al ut az io ne F A SE CE NT RA LE 58 1.2. Elaborazione del profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali L’analisi del profilo dell’allievo costituisce un’attività preliminare ad ogni azione formativa; essa mira a ricostruire le caratteristiche più rilevanti della per- sona ai fini della definizione di un progetto formativo personalizzato, ovvero in grado di mobilitare i punti di forza della persona e di superare i punti di debolezza che emergono dall’analisi e riflessione circa l’esperienza ed il bagaglio della per- sona. L’attività di definizione del profilo e di bilancio delle risorse non ha un intento investigativo né valutativo, ma è un’occasione di ascolto e di dialogo/confronto con l’allievo, che avviene sulla base di una traccia definita di temi ed argomenti, così da stimolare la riflessione dello stesso circa il suo momento attuale ed il progetto che intende perseguire. Il profilo è centrato su due elementi: - le capacità personali; - le risorse ovvero le conoscenze e le abilità. Le capacità personali si riferiscono ai tratti della personalità che emergono co- me disposizioni nei confronti della realtà. Si considerano le seguenti capacità: cognitive, affettive e relazionali, spirituali, estetiche, progettuali, procedurali ed operative, il metodo di studio. Le risorse, intese come conoscenze e relative abilità, si riferiscono agli assi culturali così definiti: linguaggi, matematico, scientifico, storico sociale, tecnico professionale, utilizzo degli strumenti informatici e telematici. Per la rilevazione delle capacità personali è possibile fare riferimento a stru- menti presenti in varie pubblicazioni (Polacek 2005; Comoglio 2006). Per la rilevazione delle risorse si propone un metodo misto composto da con- fronto diretto con l’allievo ed un insieme essenziale di strumenti di rilevazione a ca- rattere snello e con intento di sondaggio del grado di preparazione. In alternativa a questi ultimi, è possibile sottoporre all’allievo alcuni compiti reali da cui emergano in modo indiretto le padronanze effettive circa gli assi culturali e gli strumenti infor- matici e telematici. Il profilo/ bilancio delle risorse deve essere sempre centrato sul progetto perso- nale del destinatario: all’inizio questo viene rilevato così come egli lo intende, men- tre alla fine l’esito del lavoro deve essere riproposto alla persona in modo da con- sentire ad essa di chiarire meglio il punto in cui si trova, la coerenza tra il suo baga- glio e le mete che si propone, le attenzioni che deve porre in atto, assieme all’istitu- zione formativa, per giungere all’esito desiderato e possibile. 59 PROFILO DELLʼALLIEVO E BILANCIO DELLE RISORSE PERSONALI Allievo/a Cognitive Affettive e relazionali Spirituali Estetiche Progettuali Procedurali Metodo di studio Curricolo scolastico e formativo Esperienze significative Scelta orientativa Capacità del soggetto 60 Linguaggi Matematico Scientifico Storico sociale Tecnico professionale Utilizzo degli strumenti informatici e telematici Indicazioni per il piano formativo personalizzato Punti forti Punti deboli Risorse relative agli assi culturali 61 1.3. Elaborazione del portfolio dell’allievo Il portfolio rappresenta una raccolta significativa dei lavori dell’allievo capace di raccontare la storia del suo impegno, del progresso e del suo rendimento. Con esso si mira a evidenziare il suo patrimonio di capacità, conoscenze, abi- lità e competenze, con una metodologia che consente di concentrare l’attenzione su ciò che sa fare con ciò che sa. Attraverso il suo utilizzo si intende superare il modo tradizionale di gestire il processo formativo ed inoltre di documentare e valutare il profitto scolastico. Più precisamente, tramite il portfolio è possibile rilevare la capacità di “costruzione” della conoscenza e la “capacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta attraverso prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso. Questo approccio sceglie il lavoro come “forma” del processo di apprendi- mento. Ciò consente di: - rendere gli allievi da subito attivi - stimolare un profilo docente più ampio e significativo - porre ad oggetto della formazione dei compiti/problema reali/realistici - perseguire il sapere utile e significativo - sviluppare una conquista personale del sapere - acquisire un metodo di lavoro e di studio - acquisire una struttura deontologica e morale. I prodotti che possono essere interessanti per il portfolio sono: - Capolavori professionali - Schede (es.: glossario) - Presentazioni - Video - Cd rom - Dossier - Dépliant - … Tramite il portfolio è possibile capire la storia della crescita e dello sviluppo di una persona corredandola con materiali che permettono di comprendere “che cosa è avvenuto” dal momento della presa in carico della persona (che richiede un’at- tenta osservazione delle sue capacità e acquisizioni previe) fino al momento della partenza, passando per le varie fasi di cui si compone il percorso formativo. 62 Il portfolio è elaborato dall’allievo che è chiamato a scegliere i lavori di cui va più orgoglioso, accanto a quelli che, d’intesa con i formatori, risultano significativi al fine di documentare i suoi progressi nell’apprendimento. Tra i lavori documenta- bili vi sono anche quelli realizzati in stage/alternanza formativa. Possono essere rilevanti anche le gite, i tornei, gli eventi… purché gestiti in chiave formativa. Essendo materiale personale, l’allievo è chiamato a dare una forma distintiva al suo portfolio, caratterizzandolo così secondo i suoi gusti e preferenze. Vi possono essere foto della persona, della classe, del centro, dépliant di eventi etc. Così, oltre al contenuto, anche dal modo in cui è stato strutturato e dalle sue caratteristiche organizzative ed estetiche è possibile cogliere il significato che l’al- lievo attribuisce alla sua esperienza formativa. Il portfolio è un contenitore progressivo di materiali e pertanto costituisce il ri- ferimento privilegiato (accanto alle prove, ai test, ai colloqui-interrogazioni) per la valutazione dell’allievo da parte dell’équipe dei formatori nei diversi momenti del- l’attività: lungo il percorso, a fine d’anno, alla fine del cammino (è il materiale per- sonale che l’allievo porta all’esame finale). L’équipe esprime anche una valutazione del modo in cui l’allievo ha curato il portfolio. I prodotti che compongono il portfolio sono di due tipi: 1) quelli di cui l’allievo va più orgoglioso e che decide di inserire per docu- mentare i suoi progressi 2) quelli che presentano maggiore significatività perché segnalano passi im- portanti nel processo di apprendimento. I due tipi possono coincidere. Lo strumento è composto da due parti: 1) elenco delle prestazioni (prodotti) più importanti che si decide di documen- tare, indicando in quale periodo sono state svolte; 2) per ogni prodotto, viene chiesta una presentazione, una documentazione ed un’autovalutazione che stimoli l’allievo alla riflessione circa il proprio per- corso di apprendimento, i suoi punti forti e gli elementi da migliorare. Circa la documentazione da inserire, occorre distinguere tra: - prodotti che possono essere documentati tramite il loro inserimento integrale che basta a spiegarli (es.: scheda, dossier…) 63 - prodotti che si documentano tramite una relazione con testi ed immagini di supporto. Occorre curare in particolare il linguaggio poiché rivela la padronanza della persona circa un determinato ambito del sapere. 64 Portfolio di Corso: Centro: Anno: 65 Elenco prodotti documentati 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 Anno Anno Anno 66 Prodotto Descrizione di cosa si tratta come si presenta se lʼho realizzato con altri: - con chi lʼho realizzato - quale parte ho curato personalmente data inizio data conclusione durata in ore per quale scopo è stato realizzato perché ho scelto di inserirlo nel portfolio Tempi Scopo Decisione 67 Documentazione del prodotto Materiale più interessante al fine di cogliere il suo significato e la sua utilità 68 Autovalutazione Quali conoscenze ed abilità ho appreso tramite il lavoro Che cosa ho imparato su di me e sul mio modo di affrontare i problemi Che cosa mi è piaciuto in particolare Come mi valuto (esperto, competente, principiante) Perché In cosa devo migliorare la mia preparazione Osservazioni personali… � Ho compreso con chiarezza il compito richiesto � Ho impostato il lavoro in modo preciso e razionale � Ho potuto valorizzare pienamente le mie conoscenze � Ho svolto il compito in modo pienamente autonomo � Ho collaborato intensamente con altre persone � Ho completato il compito introducendo ulteriori elementi rispetto a quelli minimi � Ho raggiunto buoni risultati � Altro: .......................................................................................................................... .......................................................................................................................... .......................................................................................................................... .......................................................................................................................... Quali difficoltà ho dovuto superare e come le ho affrontate 69 2. VALUTAZIONE Gli strumenti proposti si distinguono in queste categorie: - valutazione delle competenze - valutazione delle conoscenze ed abilità - valutazione dei comportamenti - valutazione sommativa o pagellino - ammissione all’esame - valutazione finale del percorso. Il centro del processo di valutazione è dato dalla competenza che indica il grado di padronanza dell’allievo in riferimento a compiti e problemi collocati in vari cam- pi connessi agli assi culturali del processo di apprendimento. In tal modo, le cono- scenze e le abilità sono concepite come risorse, in quanto entrano nel “gioco” del- l’apprendimento delle competenze. Valutare le competenze significa pertanto valu- tare anche conoscenze, abilità e capacità personali, entro una visione dotata di senso unitario, poiché la competenza non è un sapere, né un saper fare, né un saper essere, e neppure la somma di queste tre componenti; essa più precisamente è un saper agi- re fondato sulla mobilitazione e l’utilizzo efficace di una serie di risorse che in tal modo risultano apprese in quanto messe in azione consapevolmente ed in modo ap- propriato dal soggetto . Saper agire significa quindi ricorrere in maniera appropriata ad una varietà di risorse sia interne che esterne, secondo un modo che supera il livello della mera ap- plicazione o dell’automatismo. Ciò prevede – dal punto di vista dell’allievo - il per- seguimento non di un obiettivo didattico o formativo, bensì una sfida reale ovvero situazioni che comportano una messa in discussione delle sue conoscenze e delle sue rappresentazioni personali. Accanto a ciò, è possibile porre al centro dell’attenzione valutativa le cono- scenze e relative abilità, intese in quanto patrimonio di sapere che si rileva contem- poraneamente in modo indiretto – a partire dai compiti reali in cui tale sapere speci- fico è messo in gioco – e diretto ovvero indagando il possesso delle strutture del sapere sotto forma di nozioni, spiegazioni, leggi, regole, criteri, strumenti, connes- sioni, etc. La compresenza di queste due dinamiche, indiretta e diretta, consente di vagliare conoscenze ed abilità secondo un metodo attendibile che consente sia di coglierle in quanto patrimonio autonomo, dotato di una sua struttura linguistica, logica ed euristica, sia in quanto componente dei processi di azione in cui figurano come risorse necessarie al loro corretto svolgimento. Inoltre, oggetto di valutazione sono i comportamenti, una componente del pro- cesso di apprendimento che riguarda la dimensione sociale e quindi etico-morale del- 70 la persona che viene sollecitata mediante le pratiche educative a riconoscere nella sua dimensione personale ciò che è bene e ad affezionarsi ad esso, adottando una disposi- zione umana tesa ad esso, naturalmente entro una vicenda dinamica che si esprime in un cammino, in fasi di sfida e di crisi ed inoltre in momenti di superamento. 2.1. Valutazione delle competenze La competenza rappresenta il riferimento prioritario dell’attività valutativa (e quindi formativa) poiché – come abbiamo visto – l’apprendimento non sta ultima- mente nella ripetizione di un’espressione verbale o di un gesto, ma si coglie nel- l’applicazione appropriata e pertinente delle risorse della persona entro contesti reali che propongono all’allievo problemi e compiti che sono chiamati ad assumere in modo responsabile, conducendo ad esiti attendibili ovvero sostenuti da efficacia dimostrativa e riscontro probatorio (Bottani e Tuijman 1990, 25). Si ricorda che le competenze non rappresentano peraltro l’unico contenuto delle acquisizioni che si mirano tramite i percorsi di istruzione e formazione pro- fessionale; infatti, l’azione formativa mira anche all’apprendimento di conoscenze ed abilità ed inoltre all’assunzione da parte degli allievi di comportamenti maturi, propri di un cittadino consapevole, autonomo e responsabile. Evidentemente, i tre diversi fenomeni sono tra di loro variamente intrecciati, così che il processo di acquisizione delle competenze comprende fattori propri delle conoscenze, delle abilità e dei comportamenti e viceversa. In questo modo, esistono più punti di vista da cui guardare il processo formativo che risulta così molteplice ma nello stesso tempo integrato secondo la rappresentazione olografica (il tutto nelle parti, le parti nel tutto). Tre sono le tappe fondamentali per poter procedere alla valutazione della com- petenza, ognuno dei quali richiede a sua volta azioni specifiche: TAPPE AZIONI 1 Elaborazione della mappa delle compe- tenze di riferimento delle azioni formative - Individuazione dei requisiti della competenza - Assunzione degli standard - Elaborazione della mappa delle competenze 2 Elaborazione di una rubrica per ciascuna delle competenze previste nella mappa - individuazione della struttura della competenza - costruzione delle rubriche complete in riferimento alla mappa delle competenze 3 Elaborazione della metodologia di valuta- zione delle unità di apprendimento - identificazione dei fattori della valutazione (perfor- mance, processo, riflessione, valutazione dei “giu- dici”) - elaborazione degli strumenti tipo per la valutazione dei tre fattori 71 Si presentano di seguito le tappe necessarie al lavoro relativo alla valutazione delle competenze, specificate nelle azioni previste. 2.1.1 Prima tappa: Elaborazione della mappa delle competenze Per giungere alla elaborazione della mappa delle competenze occorre disporre dei seguenti strumenti: • l’individuazione della competenza secondo requisiti di effettività, azione, si- gnificatività, riconoscibilità, validità; • l’assunzione degli standard previsti dalla normativa connessa alle azioni di istruzione e formazione professionale; • la presenza di una mappa di competenze organizzata secondo i due criteri della comunanza (non specialismo, ma polivalenza formativa) e della verti- calità (progressione che prevede passaggi progressivi ed integrati dal livello di qualifica a quello di tecnico fino al livello tecnico superiore/quadro). I requisiti della competenza sono specificati nel modo seguente: CARATTERISTICHE DELLA COMPETENZA SPECIFICAZIONE Effettività La competenza deve essere individuabile in modo specifico (è proprioquella) ed incontrovertibile (non è un’altra). Azione La competenza deve essere definita nella logica dell’azione (e non della mera attività), ovvero deve prevedere un campo con stimoli ed opportunità in grado di mobilitare gli apprendimenti previsti, e mirata ad un scopo do- tato di valore. Significatività La competenza rilevata deve essere significativa ovvero non banale, essen- ziale, importante, cruciale in rapporto alla meta che si propone di perse- guire e dello specifico percorso formativo in cui è prevista. Riconoscibilità La competenza nella sua forma descrittiva/narrativa deve poter essere rico- nosciuta in modo evidente dai diversi attori che la considerano entro il pro- prio linguaggio e campo di azione. Validità Si riferisce al processo di attribuzione di senso da parte degli attori coin- volti i quali ne riconoscono il valore entro il proprio campo di esperienza. Tali requisiti segnalano che il primo riferimento della valutazione è dato dalla esatta individuazione della competenza, che deve indicare un’azione compiuta, do- tata di senso, che prevede un certo grado di problematicità. Non può essere per- tanto né definita con verbi limitati alla mera conoscenza né troppo circoscritta altri- menti risulta ridotta ad un’abilità. Si ricorda ancora che le competenze riguardano l’intero ventaglio delle mete formative previste dall’azione e non solo di quelle assimilabili al mero saper fare: 72 “competente” è l’aggettivo che si attribuisce ad una persona quando dimostra di saper fronteggiare compiti e problemi in modo autonomo e responsabile, al fine di giungere a risultati attendibili tramite dimostrazione di efficacia e riscontro di vali- dità espressa da un giudice terzo. Gli standard che si intendono assumere sono di tre tipi: - gli standard minimi formativi delle competenze di base inerenti i percorsi triennali sperimentali per il conseguimento della qualifica professionale, de- finiti dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 15 gennaio 2004, - gli standard professionali che la stessa Conferenza ha proposto il 23 maggio 2006, - gli standard della normativa relativa all’obbligo di istruzione come definito dal decreto ministeriale del 22 agosto 2007 in attuazione dell’art. 1, comma 622, della legge 296706. Nell’ambito dei criteri già presentati nella prima parte che precisano la natura terminale e non metodologica degli standard e la differenza tra standard professio- nali e standard formativi, a fronte della varietà dei criteri e delle scelte metodolo- giche che sottostanno ai documenti sopra indicati, pare urgente un lavoro di ridefi- nizione degli stessi alla luce di una metodologia omogenea. È per questo motivo che vengono elaborate la mappa delle competenze e le re- lative rubriche, che consentono di dare univocità e solidità agli standard formativi, così da sostenere in modo solido ed attendibile la fase della certificazione. Il repertorio delle competenze, in base all’attuale normativa, risulta composto da quattro elementi: - competenze di base degli assi culturali - competenze chiave di cittadinanza - competenze professionali - altre competenze che risultino significative ed indispensabili. 73 Repertorio delle competenze Competenze di base degli assi culturali Asse dei linguaggi Asse matematico Asse scientifico- tecnologico Padronanza della lingua italiana: • Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti; • Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo; • Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunica- tivi Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed ope- rativi Utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico e letterario Utilizzare e produrre testi multimediali. Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica Confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando invarianti e relazioni. Individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi Analizzare dati e interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di rappresentazioni grafiche, usando consapevol- mente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni spe- cifiche di tipo informatico. Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni, come approccio al processo di conoscenza della realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di sistema e di complessità Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle tra- sformazioni di energia a partire dall’esperienza Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti e delle tecnologie nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate. Asse storico- sociale Comprendere il presente, cogliendo il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geo- grafiche e culturali. Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reci- proco riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione, a tutela della persona, della collettività e dell’ambiente Riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema socio economico per orientarsi nel tessuto produttivo del proprio territorio. 74 Competenze chiave di cittadinanza Competenze professionali Altre competenze Progettare Comunicare Collaborare e partecipare Agire in modo autonomo e responsabile Risolvere problemi Individuare collegamenti e relazioni Acquisire ed interpretare l’informazione Sono competenze che indicano padronanze specifiche riferite alla famiglia ed alla figura professionale di riferimento. Esse reggono verbi d’azione del tipo: Interpretare… Realizzare… Gestire… Preparare… Assicurare… Sono competenze degli assi culturali che non sono indicate in quelle dell’obbligo di istruzione. Ad esempio: Diagnosticare le proprie capacità e risorse Comprendere e valutare la natura e la portata di affermazioni, giudizi, opinioni Fornire interventi di primo soccorso Circa le competenze professionali, occorre garantire: - la scelta di centrare il fuoco della programmazione sulla figura del tecnico entro cui si specifica quella del qualificato; - la scelta della polivalenza che si specifica nella presenza di un ambito di competenze comuni a tutte le figure dell’area professionale, un ambito speci- fico per i tecnici e di ambiti che seguono le diverse curvature professionali per le qualifiche previste. In tal modo è possibile delineare l’elenco delle competenze mirate per cia- scuna figura così da garantire - Il carattere culturale dell’area professionale che ne definisce anche il fattore di accomunamento (principio della polivalenza formativa) - la struttura di filiera del percorso e quindi la progressività degli apprendi- menti che disegnano un cammino di crescita verso gradi ulteriori di profes- sionalità. Si propone la scelta relativa alla mappa delle competenze per i percorsi di IFP, prendendola dalle Indicazioni regionali della Liguria di cui si propone il caso del- l’area professionale meccanica. 75 TECNICO MECCANICO Competenze essenziali a) comuni a tutti i percorsi – Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa – Leggere, comprendere, interpretare e produrre testi scritti – Comprendere e valutare la natura e la portata di affermazioni, giudizi, opinioni – Cogliere il nesso storico tra il presente ed il passato – Partecipare alla vita sociale nella consapevolezza dei propri diritti e doveri di cittadino – Conoscere il funzionamento del sistema economico e orientarsi nel mercato del lavoro – Gestire gli atti amministrativi fondamentali della vita quotidiana e professionale – Applicare strumenti matematici e logici alla rappresentazione ed alla soluzione di problemi – Comprendere la realtà naturale tramite osservazione, studio e applicazione di procedure appro- priate – Riconoscere leggi e principi che spiegano i processi tecnologici – Gestire informazioni utilizzando strumenti informatici – Adottare comportamenti preventivi a tutela della salute e della sicurezza propria e altrui – Diagnosticare le proprie capacità e risorse, elaborare un progetto personale di vita ed impegnarsi attivamente – Lavorare in modo cooperativo – Avere cura del proprio corpo e praticare il moto e lo sport – Coltivare sensibilità estetiche ed espressive di tipo artistico b) comuni ai percorsi dell’area professionale meccanica – Redigere e interpretare disegni meccanici, schede tecniche e cicli di lavoro per l’attuazione del processo produttivo – Riconoscere materiali e scegliere strumenti adeguati al lavoro da eseguire – Utilizzare appropriate procedure e attrezzature per la realizzazione di lavorazioni di aggiustaggio e assemblaggio al banco. – Costruire e/o assemblare particolari e complessivi meccanici utilizzando macchine utensili tradi- zionali (trapano, tornio, fresatrice, rettificatrice) – Realizzare giunti saldati tramite il processo di saldatura elettrica – Applicare le tecniche di misura, di controllo e recupero delle anomalie – Realizzare il processo di manutenzione preventiva delle macchine e delle attrezzature – Utilizzare pacchetti informatici applicati al processo meccanico c) proprie del quarto anno di diploma – Collaborare nella fase progettuale, anche utilizzando sistemi CAD, osservando ed applicando le regole della progettazione meccanica. – Gestire la fase esecutiva, programmazione, esecuzione, controllo, monitorando la qualità del prodotto – Programmare ed eseguire una corretta manutenzione ordinaria delle varie attrezzature e mac- chine come previsto dal sistema qualità – Supportare la gestione budget (acquisti dei prelavorati e costi dei prodotti realizzati ) – Collaborare con la gestione marketing (supporto tecnico e relazioni con i clienti). 76 COSTRUTTORE SU MACCHINE UTENSILI A CONTROLLO NUMERICO – Interpretare documenti tecnici per le lavorazioni alle macchine utensili tradizionali e a controllo numerico – Utilizzare un software CAD per la realizzazione di disegni di particolari quotati da lavorare alle macchine utensili tradizionali e a controllo numerico – Interpretare e redigere un programma per le lavorazioni su Torni e Centri di lavoro a controllo numerico – Utilizzare un software di programmazione automatica CAM per la programmazione di macchine utensili a controllo numerico – Realizzare particolari e/o complessivi utilizzando Torni e Centri di lavoro a controllo numerico, effettuando controlli e misurazioni – Eseguire il collaudo puntuale e statistico dei particolari meccanici realizzati, anche con l’utilizzo di macchine di misura computerizzate MONTATORE DI SISTEMI AUTOMATIZZATI – Interpretare schemi e altri documenti tecnici per lo smontaggio / montaggio di sistemi con com- ponentistica meccanica, elettrica e oleopneumatica – Realizzare semplici impianti di automazione in logica pneumatica, elettropneumatica e oleodina- mica sulla base di uno schema funzionale assegnato – Redigere la distinta base e provvedere ai particolari necessari per il montaggio del sistema – Montare e adeguare particolari gruppi meccanici, elettropneumatici e oleodinamici – Valutare il funzionamento delle attrezzature / strumenti e utilizzare appropriate procedure per il montaggio / assemblaggio – Applicare le tecniche di collaudo per valutare la conformità / efficienza del sistema assemblato SALDOCARPENTIERE – Interpretare documenti tecnici specifici per le lavorazioni di saldocarpenteria – Eseguire lavorazioni su lamiera con l’utilizzo di macchine da taglio, tranciatura, scantonatura, piegatura e profilatura – Interpretare e redigere un programma per le lavorazioni su macchine a controllo numerico per la lavorazione lamiera – Realizzare giunzioni mediante saldatura, rivettatura, chiodatura e bullonatura dei singoli ele- menti strutturali, sulla base di disegni complessivi – Utilizzare correttamente macchine e procedure per le diverse tipologia di saldatura – Effettuare controlli e misurazioni sui prodotti realizzati valutando il rispetto delle specifiche co- struttive SERRAMENTISTA – Interpretare documenti tecnici per la costruzione e il montaggio di serramenti – Rilevare misure costruttive in cantiere – Costruire serramenti in ferro, in alluminio e in plastica secondo specifiche assegnate, utilizzando macchinari e attrezzature appropriati – Interpretare e redigere un programma per l’utilizzo delle macchine da taglio dei profili dei serra- menti – Realizzare il montaggio dei serramenti completi di accessori e verniciati, pronti per la posa in opera – Effettuare controlli e misurazioni sui prodotti realizzati valutando il rispetto delle specifiche co- struttive – Realizzare il corretto montaggio in opera e il collaudo dei prodotti realizzati Competenze delle figure professionali di indirizzo della qualifica triennale 77 2.1.2 Seconda tappa: Elaborazione di una rubrica per ciascuna delle compe- tenze previste nella mappa A questo punto occorre delineare la struttura della competenza per poter pro- cedere alla sua valutazione, definita mediante i legami che intercorrono tra i fattori in gioco. La competenza presenta una struttura a tre componenti: - essa prevede indicatori ovvero evidenze concrete – sotto forma di compiti reali – che sono considerate necessarie e sufficienti al fine di poter procedere alla valutazione della competenza stessa; - inoltre prevede livelli di padronanza specificati lungo un gradiente positivo di fattori quali la comprensione del compito, l’autonomia, la responsabilità, l’affidabilità, l’apporto personale; - infine prevede un elenco di conoscenze ed abilità che sono necessariamente mobilitate nell’esecuzione del compito e che quindi risultano connesse alla competenza stessa. Tenuto conto della struttura della competenza così delineata per indicatori, li- velli e conoscenze/abilità, è ora possibile procedere alla elaborazione delle rubriche adottando la stessa struttura di legami tra i fattori considerati. La rubrica della competenza è lo strumento che consente di delineare tali rela- zioni ed è un punto di riferimento utile per la progettazione delle attività formative (strutturate per UdA) e per la valutazione delle competenze una volta che sono state svolte tutte le esperienze previste sotto forma di unità di apprendimento di varia natura. Essa consente pertanto, sulla scorta delle esperienze formative degli allievi, adeguatamente documentate e valutate, di procedere inoltre alla certifica- zione, un’azione sempre più rilevante nei sistemi educativi così come sono stati de- finiti in sede europea e nazionale. Uno dei momenti di snodo fondamentali che motiva la rubrica consiste nel fa- vorire il perseguimento della necessaria integrazione tra saperi e competenze; queste ultime non rappresentano semplicemente un saper fare, ma un saper agire e reagire che conferisce senso autentico e motivante alle cose apprese ed utilizzate purché siano riconducibili a sé ed utilizzabili nei vari campi in cui i saperi pren- dono vita e si concretizzano. I saperi devono necessariamente concentrarsi su conoscenze ed abilità irrinun- ciabili, quelle che consentono di generare nuovo apprendimento e che vanno per- tanto apprese in modo rigoroso. 78 Anche per questo motivo occorre rivolgere il sapere disciplinare al raggiungi- mento delle competenze così che il potenziale euristico del sapere stesso sia mobi- litato ed acquisito dai destinatari. Solo in contesti reali, in cui l’allievo prende parte attiva e responsabile, avviene questo movimento che costituisce la dinamica pro- pria, a carattere vitale, delle conoscenze e delle abilità. La rubrica si presta quindi ad una duplice lettura: quella della competenza che mira alla certificazione e quella delle conoscenze e delle abilità che mira alla valu- tazione nella forma della notazione. Si propone un esempio di rubrica delle competenze. 79 R ub ric a de lla c om pe te nz a Co no sc en ze A bi lit à 4 EC CE LL EN TE 3 AD EG UA TO 2 BA SI LA RE 1 PA R ZI AL E Li ve lli di p ad ro na nz a In di ca to ri/ Ev id en ze Co m pe te nz a: Es em pi : Fo nt i d i l eg itt im az io ne : 80 4 EC CE LL EN TE 3 AD EG UA TO 2 BA SI LA RE 1 PA R ZI AL E Li ve lli di p ad ro na nz a In di ca to ri/ Ev id en ze Le gg er e ind ivi du alm en te co n in te re ss e i t es ti sc rit ti di va rio g en er e let te ra rio e co m pr en de re i sig nif ica ti de l m es sa gg io Co m pr en de i t es ti s cr itti sa pe nd o co gli er e il sig nif ica to a nc he in re la zio ne c on il co nt es to , il p er io do s to ric o, il ge ne re le tte ra rio e lʼa ut or e È a tte nto so lo ai tes ti b rev i di c on te nu to s em pli ce e st im ol an te , d i c ui c og lie il m es sa gg io più e vid en te co nf on de nd o sp es so de sc riz io ni e v al ut az io ni Co gli e co n dif fic olt à il sig nif ica to d ei te sti le tte ra ri pr op os ti m os tra nd o po co in te re ss e pe rs on ale Sa ri co no sc er e il s ign ific at o di te st i s el ez io na ti pe r in te re ss e e co in vo lgi m en to pe rs on al e id en tif ica nd o le in fo rm az io ni fa ttu al i, i co m an di e d i g iud izi Ri co no sc e il s ign ific at o el em en ta re d ei v ar i t es ti le tte ra ri in di ca nd o in m od o es se nz ia le il co nt es to , i l ge ne re , il p er iod o e lʼa ut or e Sa c og lie re il sig nif ica to , il ge ne re e d ide nt ific a lʼa u- to re d i t es ti an ch e le tte ra ri; di st in gu e im m ed iat am en te e se nz a di ffi co ltà le v al ut a- zio ni e le d es cr izi on i Ri co no sc e te st i d i e po ch e e au to ri di ve rs i a pp ar te ne nt i al la p ro du zio ne le tte ra ria ita lia na e s tra ni er a, c og lie n- do ne i sig nif ica ti più ri lev an ti In te rp re ta , c om m en ta e co nf ro nt a te st i d i c on te st i, ep oc he e a ut or i d ive rs i ap pa rte ne nt i a lla p ro du zio ne le tte ra ria it al ia na e s tra ni er a sa pe nd o es pr im er e un a rif le ss io ne p er tin en te e co m pa ra tiv a Le gg er e in pu bb lic o i te sti u tili zz an do te cn ich e di le ttu ra e sp re ss iva , a na liti ca e sin te tic a Le gg e te sti se m pli ci ut iliz za nd o un a co m un ica zio ne p iat ta e d in co lo re Sa u tili zz ar e va rie te cn ich e di le ttu ra e s a sc eg lie re qu el la p iù id on ea in ra p- po rto a l g en er e di te sto le t- te ra rio d a in te rp re ta re , a na - liz za re e s in te tiz za re Sa va ria re le d ive rs e str at eg ie di let tu ra – a na liti ca , s int et ica , es pr es siv a - e d int er pr et a il te st o co n un a no te vo le ca pa cit à di im m ed es im az ion e e co in vo lgi m en to d eg li in te rlo cu to ri Le gg e te sti se m pli ci u tili zz an do u na te cn ica an al itic a, s in te tic a ed es pr es siv a id on ea s ia p ur e es se nz ia leCo m pe te nz a: Le gg er e, c om pr en de re e d in te rp re ta re te st i s cr itt i d i v ar io ti po Es em pi : l ab or at or io d i l et tu ra Fo nt i d i l eg itt im az io ne : R eg ol am en to o bb lig o di is tru zio ne – a ss i c ul tu ra li Co m pr en de e in te rp re ta u na va rie tà d i te sti d i v ar ia tip olo gia m os tra nd o int er es se ad u na va ria le tte ra tu ra e sa pe nd o co llo ca re i t es ti i n ra pp or to a l g en er e, a l p er iod o ed a llʼa ut or e; p on e in at to st ra te gie d i c om pr en sio ne div er sif ica te Es em pi o di r ub ri ca c om pi la ta (c om pe ten ze di ba se de gli as si cu ltu ral i) (la te rza è un ’az ion e c he co nd uc e a d u na pe rfo rm an ce do tat a d i r ile va nz a - pr o do tto ) 81 St ru ttu re e ss en zia li d ei te st i n ar ra tiv i, es po sit ivi , a rg om en ta tiv i Pr in ci pa li co nn et tiv i l og ici Va rie tà le ss ica li in ra pp or to a d am bi ti e co nt es ti di ve rs i Te cn ic he d i l et tu ra a na liti ca e s in te tic a Te cn ic he d i l et tu ra e sp re ss iva D en ot az io ne e c on no ta zi on e Pr in ci pa li ge ne ri le tte ra li, co n pa rti co la re ri fe rim en to a lla tra di zio ne it al ia na Co nt es to s to ric o di ri fe rim en to d i a lcu ni a ut or i e o pe re Pa dr on eg gi ar e le s tru ttu re d el la lin gu a pr es en ti ne i t es ti Ap pl ica re s tra te gi e di ve rs e di le ttu ra In di vid ua re n at ur a, fu nz io ne e p rin cip al i s co pi c om un ica tiv i e d es pr es siv i di u n te st o Co gl ie re i ca ra tte ri sp ec ific i d i u n te st o le tte ra rio Co no sc en ze Ab ilit à e ca pa cit à 82 4 EC CE LL EN TE 3 AD EG UA TO 2 BA SI LA RE 1 PA R ZI AL E Li ve lli di p ad ro na nz a In di ca to ri/ Ev id en ze Sa a ffr on ta re u na si tu az io ne p ro bl em at ica e co in vo lg er si in u nʼ az io ne R ic on os ce a fa tic a un a si tu az io ne p ro bl em at ica , so lo s e co in vo lto pe rs on al m en te la m et te in re la zi on e co n le p ro pr ie ca pa cit à e i p ro pr i s co pi Id en tif ica la s itu az io ne pr ob le m at ica e n e de fin isc e in m od o se m pl ice i pr in cip al i o bi et tiv i, i r isu lta ti a tte si e g li a m bi ti di a zio ne Id en tif ica la s itu az io ne pr ob le m at ica , n e de fin isc e co n p re cis io ne o bi et tiv i ris ul ta ti e am bi ti di a zio ne e ip ot izz a st ra te gi e di a zio ne pe r l a so lu zio ne Co m pe te nz a: R is ol ve re p ro bl em i Id en tif ica la s itu az io ne pr ob le m at ica , n e de fin isc e in d et ta gl io , d el eg a az io ni e re sp on sa bi lità a ss um en do se n e ce ss a rio ru ol o di co o rd in am en to e u tili zz a te cn ic he e s tra te gi e di so lu zi on e Es em pi o di r ub ri ca c om pi la ta (c om pe ten ze ch iav e d i c itta din an za ) (co no sce nz e e ab ilit à n on so no in dic ate pe r l e c om pe ten ze di cit tad ina nz a pe rc hé q ue ste v en go no m ob ili ta te in m ol ti am bi ti ca n va ri le ga m i c on i sa pe ri) 83 4 EC CE LL EN TE 3 AD EG UA TO 2 BA SI LA RE 1 PA R ZI AL E Li ve lli di p ad ro na nz a In di ca to ri/ Ev id en ze N el le re la zi on i d i f ro nt - o ffi ce a sc ol ta re , co m pr en de re e d ef in ire in m o do a tte nt o e co nt in uo il fa bb iso gn o de gl i in te rlo cu to ri Fo rn ire ri sp os te c oe re nt i e so dd isf ac en ti de l fa bb iso gn o de i c lie nt i a n ch e in s itu az io ni in ed ite Ev id en zia d iff ico ltà n el lʼu tili zz ar e un a sc ol to at tiv o, g iu ng en do c os ì a lla co m pr en sio ne d ei b iso gn i de l c lie nt e in m od o fa tic os o e di sp en di os o (si fa rip et er e pi ù vo lte le ric hi es te , f a al tre c os e m en tre a sc ol ta il cli en te , di st og lie lʼa tte nz io ne .. .). Er og a ris po st e al c lie nt e in m od o m ec ca ni co e au to m at ico , e vid en zia nd o di ffi co ltà in s itu az io ni p iù co m pl es se in c ui q ue st o n on è p os sib ile . As co lta e ri co no sc e im m ed ia ta m en te i bi so gn i pi ù se m pl ici e ro ut in ar i d ei cl ie nt i (p ren de re a pp un ta m en ti, ri ch ie st e di do cu m en ti op er at ivi st an da rd ri sp et to a pr oc ed ur e ro ut in ar ie .. .). Fo rn is ce in m od o im m ed ia to e s od di sf ac en te le ri sp os te le ga te a ro ut in e st an da rd izz at e e or di na rie . As co lta in m od o at te nt o il cl ie nt e e pe r o tte ne re u na pi en a co m pr en sio ne d el le su e e si ge nz e, p on e do m an de in te rlo cu to rie a tte a s o n da re a nc he g li a sp et ti m e n o o pe ra tiv i e p iù co m pl es si de lle q ue st io ni pr es en ta te . D à al c lie nt e ris po st e co rr e tte a nc he le ga te a d a m bi ti di ve rs i da llʼo rd in ar ie tà , so dd isf ac en do a sp et ti no n so lo o pe ra tiv i d el b iso gn o in u n co nt es to d i v isi on e si st em ic a de llʼa zie nd a e de lla s ua o rg an izz az io ne .. In di vid ua in m od o a u to no m o e co ns ap ev ol e le ris po st e, o g li i nt er lo cu to ri a da tti a fo rn irl e, c he rie nt ra no n el la s ua a tti vi tà pr of es sio na le , in di vid ua nd on e le p rio rit à in u n a v is io ne s is te m ic a. Ut iliz za re u no s tile co m u n ic at iv o co rre tto e in lin ea c on le e si ge nz e e le ca ra tte ris tic he d el c lie nt e, m a n te ne nd o un d ia lo go co n tin uo e d ive rs ific at o in ba se a l c lie nt e e al co n te st o In te ra gi sc e co n gl i in di vid ui at tiv an do u na co m un ica zio ne fra m m en ta ria , n on c on tin ua e ta lvo lta n on in lin ea c on il co nt es to e il cli en te . Co m un ica in m od o ch ia ro e tra sp ar en te c on le d ive rs e tip ol og ie d i c lie nt i, a de gu an do lo s tile co m u n ic at iv o al la si tu az io ne e s ta bi le nd o re la zi on i d i f ee db ac k. At tiv a un o st ile co m u n ic at iv o as se rti vo in gr ad o di m an te ne re u n di al og o co nt in uo , e ffi ca ce e fle ss ib ile a lle e sig en ze d el co n te st o e de gl i in te rlo cu to ri. St ab ilis ce c on g li in te rlo cu to ri un d ia lo go e ffi ca ce fi na liz za to a l ra gg iu ng im en to d eg li o bi et tiv i p iù c on tin ge nt i e o pe ra tiv i.Co m pe te nz a: Av er e cu ra d el le re la zi on i d i f ro nt – o ffi ce c on c lie nt i, fo rn ito ri e al tri s og ge tti d ur an te lʼ at tiv ità p ro fe ss io na le Es em pi : r ich ie st e dʼ ap pu nt am en ti, ra pp or ti co n fo rn ito ri (re si, or din az ion i, r ice zio ne m erc e… ), i nte rfa cc ia cli en ti, ric hie sta di fa ttu re , … . Fo nt i d i l eg itt im az io ne : L in ee g ui da d el lʼA re a Pr of es sio na le S er viz i a llʼI m pr es a pe r l ʼe la bo ra zio ne d ei p ia ni fo rm at ivi a nn o fo rm a tiv o 20 04 /2 00 5 At tu a un a sc ol to a tti vo d el cl ie nt e pe r e ffe ttu ar e un a ril ev az io ne c on sa pe vo le de lle s ue e sig en ze , im pl em en ta nd o az io ni d i ric er ca d i in fo rm az io ni co lla te ra li al la re la zi on e di re tta c on il cli en te , c os ì da a ve re u na v isi on e co m pl et a de i s uo i b iso gn i. Es em pi o di r ub ri ca c om pi la ta (c om pe ten ze pr ofe ssi on ali – set tor e t uri sti co ) 84 D oc um en ti de lla c om pr av en di ta Te cn ic he d i a rc hi via zio ne , I nt er ne t, Pa cc he tto O ffi ce e d ed ica ti R uo li, fu nz io ni e s ist em a in fo rm at ivo a zie nd al e Le ss ic o sp ec ific o El em en ti di p sic ol og ia a pp lic at a al g ru pp o e al s in go lo Le gg er e ed in te rp re ta re i do cu m en ti (fa ttu re, do cu me nti di tra sp ort o) Ut iliz za re te cn ich e di a rc hi via zio ne , I nt er ne t, e- m ai l, fu nz io ni a va nz at e di Ex ce l, Ac ce ss , p ac ch et ti de di ca ti R is pe tta re i te m pi e le p ro ce du re d el la c om un ica zio ne in te rn a Ap pl ica re il le ss ico s pe cif ico n el la c om un ica zio ne e n el la re da zio ne d ei te st i s cr itt i La vo ra re in te am e g es tir e sit ua zio ni in ed ite Co no sc en ze Ab ilit à e ca pa cit à 85 2.1.3 Terza tappa: Elaborazione della metodologia di valutazione dell’Unità di apprendimento (UdA) La rubrica delle competenze per così dire “attende” la persona alla fine del percorso formativo o comunque ad un punto rilevante dello stesso: le competenze infatti non sono fenomeni sommativi che procedono per assembramento di pezzi, ma emergono nella persona nei momenti chiave del suo percorso formativo a se- guito della dimostrazione di padronanza, e quindi come consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità rafforzate dal giudizio delle persone coinvolte nel pro- cesso valutativo. Nella fase di costruzione, il percorso è composto da azioni formative sistema- tiche, significative e progettuali che consentono alla persona di “fare esperienza” di soluzione di problemi sulla base di compiti reali, i più importanti dei quali presen- tano una natura necessariamente interdisciplinare. Si tratta di unità di apprendi- mento che, mirando a competenze traguardo (che normalmente sono soddisfatte da più unità di apprendimento secondo l’elenco degli indicatori previsti dalla rubrica), sollecitano gli allievi a realizzare prodotti ben definiti, perseguono finalità forma- tive e mettono in gioco conoscenze ed abilità una parte delle quali sono da acqui- sire lungo il percorso. Il riferimento concreto per la valutazione delle competenze è costituito dall’unità di apprendimento. Il primo passo per elaborare la metodologia di valutazione delle unità di apprendimento consiste nell’identificazione dei fattori della valutazione. Se è vero che tutte le attività formative debbono tradursi il più possibile in esperienze che consentano di mobilitare le risorse ed i talenti degli allievi in situa- zioni stimolanti e sfidanti, mobilitando ad un tempo la loro intelligenza logico-co- gnitiva, affettiva e relazionale, concreta, solo una parte di queste richiede di essere svolta secondo un approccio di formazione e valutazione autentica e quindi con un apparato metodologici impegnativo: si tratta delle UdA significative e interdiscipli- nari, che possiedono un valore chiave nel percorso di apprendimento. Tutte le altre attività possono essere svolte secondo un approccio più tradiziona- le, e con una metodologia valutativa più intuitiva e “morbida” (Plessi 2004, 92). Ciò in forza del fatto che il formatore è una figura professionale dotata a sua volta di com- petenza e di sensibilità che applica in buona parte del suo lavoro assumendosi la re- sponsabilità di ciò che fa, salvo documentare la propria attività in forma adeguata. La valutazione dell’unità di apprendimento significativa e interdisciplinare, mirante ad uno o più prodotti, deve comprendere i seguenti tre fattori, come indi- cato dalla tavola successiva: - la performance (o le performance se sono più di una, come auspicabile, visto che è utile che vi sia, accanto al prodotto vero e proprio, un glossario dei ter- mini e delle espressioni più importanti, anche in lingua inglese, ed una rela- zione/presentazione che spieghi il percorso, i problemi affrontati e gli esiti) che rappresenta l’elemento visibile e manifesto della competenza, - il processo di mobilitazione delle risorse, che porta la persona ad un compor- tamento competente sapendo comprendere il compito, definire una strategia e seguirla, fronteggiare situazioni critiche e giungere ad un risultato attendi- bile, - la riflessione sull’azione svolta da parte dell’allievo, tramite la quale egli pone in luce le capacità comunicative ed espressive, la capacità di astra- zione, di collegamento, di spiegazione. Fuochi e criteri di valutazione dell’unità di apprendimento significativa e interdisciplinare 86 Fuochi della valutazione Funzionalità Comprensione del compito Capacità comunicative ed espressive Completezza Progettazione e procedura di lavoro Uso del linguaggio tecnico – professionale Correttezza Organizzazione Capacità logiche e critiche Sicurezza Precisione e destrezza nell’utilizzo degli strumenti e delle tecnologie Capacità di utilizzare conoscenze acquisite Aspetti estetici Ricerca e gestione delle informazioni Capacità di cogliere i processi culturali, scientifici e tecnologici sottostanti al lavoro svolto Rispetto dei tempi Relazione con i formatori e le altre figure adulte Capacità di collegare le conoscenze nell’argomentazione Ordine dell’ambiente di lavoro e smaltimento dei rifiuti Collaborazione con i compagni Capacità di approfondire sotto vari profili gli argomenti Documentazione Superamento delle crisi Imparare ad imparare Presentazione Creatività Autovalutazione Valutazione Capitalizzazione delle acquisizioni La riflessioneIl processoIl prodotto È necessaria inoltre una autovalutazione da parte dell’allievo stesso che in tal modo si esprime sulla sua azione utilizzando criteri concordati in partenza con i formatori. Inoltre, quando la performance viene svolta e proposta in un contesto esterno a quello dell’organismo formativo, occorre prevedere la presenza di una valutazione svolta da parte dei rappresentanti dell’organizzazione coinvolta (impresa, ente, as- sociazione…) che, nel ruolo di veri e propri “giudici” terzi rispetto all’allievo ed ai 87 suoi docenti, svolgono in tal modo anche una funzione di validazione circa gli ap- prendimenti evidenziati dall’allievo. La loro attenzione si concentra non solo sull’applicazione nel contesto reale delle conoscenze ed abilità acquisite dagli allievi nell’ambito del percorso fino a quel punto svolto (aspetto applicativo) e nel rispetto delle regole organizzative (comportamento organizzativo), ma comprende pure l’acquisizione di nuovi saperi e competenze (aspetto formativo) e la crescita in merito alla disposizione umana adeguata alle esigenze della professione di riferimento (identità professionale). Occorre ora elaborare gli strumenti tipo per la valutazione dei tre fattori pre- visti relativi all’unità di apprendimento (performance, processo, riflessione) oltre alla valutazione svolta da parte dei “giudici” terzi. Gli strumenti per la valutazione sono tre, così specificati per oggetti e fuochi di osservazione: STRUMENTI OGGETTI E FUOCHI DI OSSERVAZIONE 1 Griglia di valutazione dei prodotti (performance) L’oggetto dell’osservazione è costituito dal prodotto nelle sue varie forme – materiale, cartaceo, relazionale – come pure dell’ambiente in cui si è svolto il lavoro. Si consiglia di accompagnare ogni prodotto con un glossario meglio se bilingue. 2 Griglia di valutazione dei processi di lavoro La griglia presuppone che durante il processo di lavoro il formatore osservi sistematicamente la condotta dell’allievo, focalizzandosi sui fattori di com- prensione, relazione, ricerca e soluzione dei problemi 3 Griglia di valutazione dei contenuti della riflessione Lo strumento si riferisce ai due momenti di riflessione in cui l’allievo è impe- gnato: - la presentazione del proprio lavoro entro il portfolio - il colloquio in cui espone il proprio lavoro nei confronti del formatore e della classe (il colloquio deve essere una modalità sistematica di lavoro in grado di instaurare uno stile di riflessione degli allievi circa le proprie esperienze). Nel caso in cui il prodotto venga presentato entro un evento pubblico, occorre valorizzare anche questa esperienza di riflessione. L’attenzione del formatore verte sulle valenze educative, culturali e professio- nali dell’azione svolta espresse in forma sistematica (es.: power point) o narra- tiva da parte dell’allievo. Una nota importante: per ogni esperienza attiva svolta dall’allievo si utilizza il termine “lavoro” nel senso ampio ovvero come un impegno razionale, strutturato ed orientato ad uno scopo ben definito. In tal senso, si vuole intendere il lavoro del- l’allievo. 88 Allievo ______________________________________________________________________ Corso ___________________________________________ Classe ______________________ UdA ________________________________________________________________________ Prodotto valutato ______________________________________________________________ CRITERI FOCUS DELL’OSSERVAZIONE VOTO 1-4 Il prodotto è gravemente carente tanto da comprometterne la funzionalità 5-8 Il prodotto presenta lacune che ne rendono incerta la funzionalità 6-12 Il prodotto presenta una funzionalità minima 13-16 Il prodotto è funzionale secondo i parametri di accettabilità piena Funzionalità 17-20 Il prodotto è eccellente dal punto di vista della funzionalità 1-2 Il prodotto è gravemente incompleto 3-4 Il prodotto presenta lacune circa la completezza 5-6 Il prodotto si presenta completo in modo essenziale 7-8 Il prodotto è completo secondo i parametri di accettabilità piena Completezza 9-10 Il prodotto è eccellente dal punto di vista della completezza 1-2 L’esecuzione del prodotto presenta gravi lacune dal punto di vista della correttezza dell’esecuzione 3-4 Il prodotto presenta lacune relativamente alla correttezza dell’esecuzione 5-6 Il prodotto è eseguito in modo sufficientemente corretto 7-8 Il prodotto è eseguito correttamente secondo i parametri di accettabilità Correttezza 9-10 Il prodotto è eccellente dal punto di vista della corretta esecuzione 1-2 Il prodotto è eseguito senza alcuna attenzione ai fattori di sicurezza 3-4 Nell’esecuzione del prodotto si nota una insufficiente attenzione ai fattori di sicurezza 5-6 Il prodotto indica un’accettabile attenzione alla sicurezza 7-8 Il prodotto è eseguito correttamente secondo i parametri della sicurezza Sicurezza 9-10 L’attenzione alla sicurezza nell’esecuzione è eccellente lA _____vo eil ______osorC _______dAU ldP ______________________ ______________________ ______________________ ________________________ salC_________________ _____________________ ______________________ ___________________ess ______________________ _____ _____ ____ utlvaotodotrP C IERTIR tilonaiunzF taatt __________________o F 1-4 odoprlI eompomc 5-8 otodotttprlI tilonaiunzffu pr àt _______________________ F LLEDSUCO ’ OIZAVRESSO entemveaavgrèo tot àtilonaiunzffualnerette ernehecunecalantesepro àt ______________________ E NO dao ntantenteraarc nindono e alatrec ____ V OTO zzeteplomC 6-12 otodotttplI 13-16 otodotttprlI ilbiaabttecca pr 17-20 otodotttprlI tilonaiunzffu 1-2 ttprlI otodot 3-4 otodotttprlI 5-6 otodotttplI 7-8 otodotttprlI pr az àtilonaiunzffuunaantesepo paiondo ceselonaiunzffuèo naepàt pr dio puntldaentellecceèo àt pi oteplomncientemveaavrgèo calacricunecalantesepro mn io tepomcanteserpiso rpaariondocesoteplomcèo p pl amniimà diirttremaamraar alldeatsvi o azzeteplomc elainzesseodom diirttremaamr azzetterorC 7-8 otodotttprlI ilbiaabttecca 9-10 otodotttprlI zetepomc 1-2 oiuzcese’L vdio p pl 3-4 otodotttprlI 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attenzione agli aspetti estetici 3-4 Il prodotto presenta lacune dal punto di vista estetico 5-6 L’estetica del prodotto è accettabile 7-8 L’estetica del prodotto è soddisfacente Aspetti estetici 9-10 L’estetica del prodotto è eccellente 1-2 I tempi di esecuzione non sono stati assolutamente rispettati 3-4 I tempi di esecuzione sono stati eccessivi 5-6 Il prodotto è stato eseguito appena entro il limite 7-8 I tempi sono stati ampiamente rispettati Rispetto dei tempi 9-10 I tempi sono stati ampiamente rispettati ed inoltre l’allievo ha fornito una prestazione eccellente 1-2 L’ambiente di lavoro è decisamente disordinato ed i rifiuti sono tuttora sul posto 3-4 L’ambiente di lavoro è disordinato ed i rifiuti non sono stati del tutto smaltiti 5-6 La cura dell’ambiente di lavoro e lo smaltimento dei rifiuti sono accettabili 7-8 Ambiente e trattamento dei rifiuti sono gestiti in modo soddisfacente Ordine dell’ambiente di lavoro e smaltimento dei rifiuti 9-10 Ambiente e trattamento dei rifiuti sono gestiti in modo eccellente 1-2 La documentazione è assente o gravemente carente 3-4 La documentazione è incompleta 5-6 La documentazione è essenziale 7-8 La documentazione è accettabile Documentazione 9-10 La documentazione è eccellente 1-2 La presentazione del prodotto è gravemente lacunosa 3-4 La presentazione del prodotto è incompleta 5-6 La presentazione del prodotto è essenziale 7-8 La presentazione del prodotto è soddisfacente Presentazione 9-10 La presentazione del prodotto è eccellente Voto complessivo (in centesimi) L’équipe ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ Data ________________________________ tetseittpesA 1-2 oiuzcese’L etseittpsa 3 4 td tttlI pe ici nealveiro todotprldeone icite tldlt iglaoneinzettatunasse di ittti deo ttpesiR pimet 3-4 otodotttprlI 5-6 acitetse’L 7-8 acitetse’L 9-10 acitetse’L 1-2 dpimetI itaatttpesir 3-4 metI dipi otodotttprlI6-5 onsitempI87 ie ontpuunldaunecalantesepro elbiaabtteccaèotodotprlde necaffasoddisèotodotplde entellecceèotodotprlde pr onosnon oneiuzcesedi ecceitaattsono soneiuzcese enappeaapo tguieseo taattsèo tpesirentemampimamitattsno vdio o citetseatsi ent entemamutolssaitattso viisse etimillio rnttre itattt iutiffiir o ntemitlams eo voraavl entebimaam’llde nedirO onsipI8-7 hvo eilla’l onspimetI10-9 temp onosiutiffiir ntebimaam’L2-1 utldeitaatts ntebimaam’L4-3 onosiutiffiir deaurcaL6-5 biA87 ide die tpsirentemampmamitattsno eoneizatsepunaotniorffoha tpesirentemaampimaamitaattsno pi pe o tposulsaortutto emaamsicdeèo voraavldiet pr ititlamso tut eo tnaatdiorsdièo voraavldiet ilbiaabtteccao oleo voraavldientebimaam’lle iiffiiid itattt entellecce erttrnolid eitaattt id eo tnatdiorsdiente ono snon iutiffiiride iedontemitlams diii oizanteumocD ecaffasoddis entebimA8-7 entellecce entebimA10-9 umdocaL2-1 umdocaL4-3 5-6 umdocaL 7-8 umdocaL one 9-10 umdocaL ente osiutiffiirideontemaamttaatrte osiutiffiirideontemaamttaatrte vaavgo entessaèoneizatne ateplomncièoneizante gr elainzesseèoneizante elbiaabtteccaèoneizante entellecceèoneizante odo mniititsgeono odo mniititsgeono enterarcentemve onizanteserP 1-2 ntesepaL 3-4 ntesepraL pr 5-6 ntesepaL 7-8 ntesepraL pr ne 9-10 ntesepraL vaavrgèotodotpldeoneizat oncièotodotprldeoneizat pr g esseèotodotpldeoneizat oddsèotodotprldeoneizat pr ecceèotodotprldeoneizat emve aunoscalent ateplom elainze entecaffasdi entelle selpomcootV pequié’L __ __ __ tnecni(vo iss )imise _____________________ _____________________ _____________________ ______________________ ______________________ ______________________ _____________________ _____________________ _____________________ ______ ______ ______ __ _______ataatD _____________________ _____________________ ______________________ ______ _____________________ ______ 90 Allievo ______________________________________________________________________ Corso ___________________________________________ Classe ______________________ UdA ________________________________________________________________________ Prodotto valutato ______________________________________________________________ CRITERI FOCUS DELL’OSSERVAZIONE VOTO 1-2 L’allievo mostra di non aver affatto compreso il compito 3-4 L’allievo mostra di aver compreso il compito in modo lacunoso 5-6 L’allievo ha compreso il compito in modo essenziale 7-8 L’allievo ha compreso il compito in forma accettabile Comprensione del compito 9-10 L’allievo ha compreso il compito in tutte le sue problematiche 1-2 L’allievo si è posto all’opera senza alcuna idea progettuale e con procedure inadeguate 3-4 L’esecuzione rivela una progettazione lacunosa e carenze nelle procedure 5-6 Il progetto di lavoro è essenziale e le procedure minimali 7-8 Progetto e procedure di lavoro rispettano i parametri posti Progettazione e procedura di lavoro 9-10 La progettazione e le procedure sono sviluppate in modo eccellente 1-2 Nel processo di lavoro l’allievo è disorganizzato 3-4 Il processo di lavoro è lacunoso sul piano organizzativo 5-6 L’organizzazione del lavoro è essenziale 7-8 L’allievo opera con un’organizzazione accettabile Organizzazione 9-10 L’organizzazione nel processo di lavoro è eccellente 1-2 L’allievo utilizza gli strumenti e le tecnologie in modo assolutamente inadeguato 3-4 L’utilizzo degli strumenti e delle tecnologie rivela lacune 5-6 L’allievo gestisce strumenti e tecnologie in modo minimamente corretto 7-8 L’allievo gestisce strumenti e tecnologie in modo conforme ai parametri Precisione e destrezza nell’utilizzo degli strumenti e delle tecnologie 9-10 L’utilizzo di strumenti e tecnologie avviene in modo eccellente _____voeillA ______osorC _______dAU ______________________ ______________________ ______________________ ________________________ _______ salC__________ _____________________ ______________________ ___________________ess ______________________ _____ _____ ____ utlvaotodotrP C IERTIR nsepromC oni otpiomclde __________________otaatt F 1-2 mvo eilla’L 3-4 mvo eilla’L o unoscal ne o _______________________ F LLEDSUCO ’ OIZAVRESSO o ttaatffafffarveaavnondiartosm io sepromcrveaavdiartosm ______________________ E NO o tpimoclio serpomc odo mnio tpiomcl ____ V OTO oneizattogerP dadureocpr ovoraavl 5-6 hvo eilla’L 7-8 hvo eilla’L 9-10 hvo eilla’L taatmeoblpr 1-2 vo eilla’L luattogepr 3-4 oiuzcese’L eocpellne 5-6 ottogeprlI pr ee di nio tipomclio sepomcha nio tipomclio sepromcha pr p nio tipomclio sepromcha heci arope’llao tposèis gudenaiedureocrpon cee ogeprunaalveirone oizatt edure eleelainzesseèo voraavldio elainzesseodo mn offon elbiabtteccaamrrm ueseletuttn adeiunaclaanzes etuaat enzerarceaunoscalne ilamniimedureocpre oizazznigaanrO gp 7-8 eo ttogerP itpos 9-10 ttogepraL entellecce 1-2 seocprleN 3-4 osseocprlI 5-6 zznigaanor’L 7-8 vo eilla’L one 9 10 i’L o pesiro voraavldiedureocrp onsedureocpreleoneizat dièvo eilla’lo voraavldio ss ulso unoscalèovoraavldio nesseèovoraavlldeoneizaz oizazzniganroun’on carp ldili ope ga p irtemamrpaarino aantte odo mn ietuppatlviso o tatzzniganors vo itatzzniganornoaanpi elainz elbiabtteccaone tllè oneisicerP azzertsde ozziliut’llne neumrtsiglde ognolcetellde 9-10 zznigaanor’L 1-2 vo eilla’L emaamutolssa 3-4 o zziliut’L 5-6 gvo eilla’L emaammniim 7-8 gvo eilla’L emoronffoc e o eint egi 9-10 ozziliut’L vaavldio sseocrplneoneizaz eleinteumrtsiglazziliut o tguaatdenaiente einteumrtsiglde cetellde nolceteinteumrtsecsitsge otterorcente nolceteinteumrtsecsitsge irtemaamrpaaria eoginolceteinteumrtsid entellecceèo vor odomn ieoginolcete unecalalveireoginolc odo mn ieogil odo mn ieogil doomnineevviaav 9 10 o zziliutL ecce entell eoginolceteinteumrtsid do omnineevviaav Griglia di valutazione dei processi di lavoro 91 1-2 L’allievo non ricerca le informazioni oppure si muove senza alcun metodo 3-4 La ricerca e la gestione delle informazioni vengono svolte in modo lacunoso 5-6 L’allievo ricerca le informazioni essenziali e le gestisce in maniera appena adeguata 7-8 La ricerca e la gestione delle informazioni corrispondono ai parametri richiesti Ricerca e gestione delle informazioni 9-10 Ricerca e gestione delle informazioni vengono svolte in modo eccellente 1-2 L’allievo non si relaziona affatto in modo corretto con gli adulti 3-4 L’allievo presenta lacune nella cura delle relazioni con gli adulti 5-6 Nelle relazioni con gli adulti l’allievo manifesta una correttezza essenziale 7-8 L’allievo si relaziona con gli adulti adottando un comportamento pienamente corretto Relazione con i formatori e le altre figure adulte 9-10 L’allievo entra in relazione con gli adulti con uno stile aperto e costruttivo 1-2 L’allievo si sottrae alla collaborazione con i compagni oppure agisce in modo da disturbare gravemente il lavoro 3-4 L’allievo presenta problemi di relazione con i compagni che limitano la cooperazione 5-6 L’allievo collabora con i compagni svolgendo compiti essenziali e con uno stile minimale 7-8 L’allievo dimostra una capacità soddisfacente di collaborazione con i compagni Collaborazione con i compagni 9-10 L’allievo è molto attivo nella collaborazione e si impegna a far sì che il gruppo raggiunga il risultato nel modo migliore possibile 1-2 L’allievo di fronte alle crisi si demoralizza e non procede oltre 3-4 Nei confronti delle crisi l’allievo entra i confusione e chiede aiuto agli altri delegando a loro la risposta 5-6 Nei confronti delle crisi l’allievo mette in atto una tattica che mira al superamento minimale delle difficoltà 7-8 L’allievo è in grado di affrontare le crisi con una strategia di richiesta di aiuto e di intervento attivo Superamento delle crisi 9-10 L’allievo si trova a suo agio di fronte alle crisi ed è in grado di scegliere tra più strategie quella più adeguata e stimolante dal punto di vista degli apprendimenti eacreciR ldeoneitsge oniamornffoi 1-2 vo eilla’L uclaanzes 3 4 iL el ni izamornffoielacrecirnon odo temun fillditl uovemiseoppuroni ii onizamornffoi oconeizaleR 3-4 acreciraL mn ietvols 5-6 rvo eilla’L areniaanmn i 7-8 acreciraL temaamrpaaria ni 9-10 geacreciR ecceodo m 1-2 nvo eilla’Lion morffonielldeoneitsgeale o unoscalodo m oniizamorffonielacrecir sse atg atdeanappaapa morffonielldeoneitsgeale itsehicirirt ppe gua onizamornffoielldeoneitsge entelle n io ttaatffafffaonaizalerisnon ngono veoniizam ecsitsgeeleilainzes ndono posirorconiizam n ietlvosngono veni iglon co tterrocodo m eiortaatmorffo eguriffiertla etdula itdula 3-4 pvo eilla’L itdulaigl 5-6 zalerelleN azzetterorc 7-8 svo eilla’L maamtporomc el e 9-10 evo eilla’L oceo trpeaap aurcallneunecalanteserp veilla’litdulaiglon coniiz lainzessea e itdulaiglon conaizaleris otterorcentemnaamepio ntem aiglon coneizalern iarnttre voitutrtos on coniizalerellde aunatseffenianmvo un ndo antdottta o elitsuno on citdula oizaboraablolC gpaomcionc p 1-2 vo eilla’L gaepp 3-4 pvo eilla’L naantimilhec oppur gi 5-6 cvo eilla’L ilainzesse 7-8 dvo eilla’L zaboraablolc one gni 9-10 èvoeilla’L boraablolcallaeartotsis za erbaarurtsdidaodomn iecs zalerdiimeoblpranteserp oneizarpcalno i gnipaomcion caboraablolc tsuno on ce elamniimeli oope oddsàticpaaapcunaartosmdi gpomcion coneiz baablolcallnevoittaatotolmè pagni gnipamocionconeiz ovoravllientemveavrge gnipaommpcionconei g itpiommpcndo gevols dientecaffasdi iseoneizarbo ntemaamrupeS isircellde 9-10 èvo eillaL agnapemi gimodo m 1-2 dvo eilla’L ertol 3-4 oronffrcieN uiadeehic 5-6 oronffrcieN aarimhec 7 8 èill’L ot baablolcallnevo ittaato tolmè uggiaruppogrlihecìsraarffaa elbiisposeorigl omdeisisircellaetonntrffrdi nevo eilla’lisircelldeiont olando ganeldeirttrlaigao t emvo eilla’lisircelldeiont delamniimontemaamrpsla gl ga ltffffdidiè upe iseoneizarbo lneo tattulsirliunga deeocrpnon eazzilaor eoneiusffuonciarttr atpsiralo or niette acittattunaottat àtolciffifffdiellde pos ii 7-8 èvo eilla’L dagetaatrts 9-10 svo eilla’L agr csdido entaanolmits gi eleraarontrffrfffadido argn iè ntiideo utiadiatsehicirdi ontrffrdio giauo saovartis qegietaatrtsùpiarttrereiglec paapigldeatsvidio puntldae unaon cisirc voittatontveret n ièd eisircellaet eatguatdeaùpiallque intemndieppr 1-2 L’allievo non esprime nel processo di lavoro alcun elemento di creatività 3-4 L’allievo svolge il suo lavoro in modo meccanico con rari spunti creativi 5-6 L’allievo manifesta talvolta spunti creativi nel processo di lavoro 7-8 L’allievo è in grado di adottare soluzioni creative soddisfacenti nel processo di lavoro Creatività 9-10 L’allievo possiede la capacità di innovare in modo personale il processo di lavoro rivelando spiccate doti creative àtviitaaterC 1-2 vo eilla’L dontemele eocrplneemiprsenon àtviitaatercdi unclaovoravldio sse do ntemele 3-4 svo eilla’L ipuntsiraarr 5-6 mvo eilla’L o voraavldi 7-8 èvo eilla’L ecaffasoddis 9-10 pvo eilla’L elonasrpe àtviitaatercdi omn iovoraavluo sligevols viitaaterc cipuntsatvollatatseffeniaanm uolseraartdotadido argn iè ovoraavldio sseocprlneinte nnidiàticpaaapcaldeeispos lveirovoraavldio sseocprli ccemdo on co cnian o ssecorplneviitaaterc veitaterconiiuz nov odo mnierar iotdetatccpisndo aan veitaaterc 92 1-2 L’allievo non procede ad alcuna valutazione del suo lavoro 3-4 La valutazione del lavoro avviene in modo lacunoso 5-6 L’allievo svolge in maniera minimale la valutazione del suo lavoro e gli interventi di correzione 7-8 L’allievo è in grado di valutare correttamente il proprio lavoro e di intervenire per le necessarie correzioni Valutazione 9-10 L’allievo dimostra di procedere con una costante attenzione valutativa del proprio lavoro e mira al suo miglioramento continuativo Voto complessivo (in centesimi) L’équipe ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ Data ________________________________ oneizautlaV 1-2 vo eilla’L o voraavl 3-4 zautlvaaL 5-6 svo eilla’L ovoraavluo s 7-8 èvo eilla’L dieo voraavl e 9-10 dvoeilla’L unaclad adeeocprnon nineevviaavo rvoaavlldeoneiz niimareniaanmnigevols am izerrocdiintverentiigeo rorrrceraarutlvadido argn iè assecneelrpeerniverentii gl oncerdeeocrpdiartosmdi uo sledoneizautlva o unoscalodo mn ldeoneizautlvaalela one o ioprrplientemaamtte oniizerorceiraar entantoscunan selpomcootV 9 10 dvo eillaL oneinzettaat maamorigim gl )imisetnecni(vo iss oncerdeeocrpdiartosmdi va vaavlo iropprldevaitaatutl voitnuaationtco ntem entantoscunan uo slaarimeo rvo pequié’L __ __ __ __ _______ataatD _____________________ _____________________ _____________________ _____________________ _____________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______ _____________________ _____________________ _____________________ _____________________ ______ ______ ______ ______ 93 Griglia di valutazione della riflessione sull’esperienza 94 95 96 Rubrica di autovalutazione Eccellente ____ Ho compreso con chiarezza il compito richiesto. ____ Ho impostato il lavoro in modo preciso e razionale. ____ Ho potuto valorizzare pienamente le mie conoscenze. ____ Ho svolto il compito in modo pienamente autonomo. ____ Ho completato il compito introducendo ulteriori elementi rispetto a quelli minimi. ____ Ho collaborato intensamente con i compagni. ____ Ho raggiunto buoni risultati. ….. Adeguata ____ Ho compreso il compito richiesto ____ Ho impostato il lavoro senza difficoltà ____ Ho utilizzato le mie conoscenze ____ Ho svolto il compito in modo autonomo ____ Ho potuto collaborare positivamente con i compagni ____ Ho completato il compito ____ I risultati sono positivi …. Parziale ____ Ho fatto fatica a comprendere il compito ____ Mi sono trovato in difficoltà nell’organizzare il lavoro ____ Ho utilizzato un contenuto di conoscenza scarso ____ Ho chiesto molte volte spiegazioni ed aiuti ____ Ho contribuito poco al lavoro di gruppo con i compagni ____ Ho completato solo parzialmente il compito ____ Ho raggiunto parzialmente i risultati previsti ____ …. Segna le indicazioni che meglio identificano la tua preparazione ____ ECCELLENTE ____ ADEGUATA ____ PARZIALE 97 Valutazione da parte del tutor dell’alternanza Per comprendere meglio questa modalità di valutazione occorre precisare il concetto di alternanza formativa che non è un sinonimo del solo stage, una delle possibili modalità in cui si manifesta tale strategia di apprendimento. Si parla di alternanza formativa in senso proprio quando l’azione formativa origina da un’intesa più vasta che coinvolge l’organismo formativo e l’impresa sin dal momento della condivisione del profilo educativo culturale e professionale, della definizione del piano formativo, della individuazione delle strategie e delle modalità di apprendimento, dell’erogazione e della verifica degli esiti. In questo senso, vi possono essere diversi oggetti di attività esterna all’aula: la visita aziendale, il laboratorio, lo stage orientativo, lo stage formativo, il project work, il tirocinio. Tutte queste attività necessitano di una progettazione esplicita e rigorosa, ed inoltre di una valutazione svolta da parte dei rappresentanti dell’organizzazione coinvolta (impresa, ente, associazione…) che, nel ruolo di veri e propri “giudici” terzi rispetto all’allievo ed ai suoi docenti, svolgono in tal modo anche una fun- zione di validazione circa gli apprendimenti evidenziati dall’allievo. La loro attenzione si concentra non solo sull’applicazione nel contesto reale delle conoscenze ed abilità acquisite dagli allievi nell’ambito del percorso fino a quel punto svolto (aspetto applicativo) e nel rispetto delle regole organizzative (comportamento organizzativo), ma comprende pure l’acquisizione di nuovi saperi e competenze (aspetto formativo) e la crescita in merito alla disposizione umana adeguata alle esigenze della professione di riferimento (identità professionale). La valutazione svolta da parte del tutor aziendale delle attività realizzate dal- l’allievo in contesti reali di lavoro concorre quindi ala valutazione delle compe- tenze nella loro dimensione di “saper agire” e non solo di saper fare. La scheda che si propone indica due fuochi: 1) i comportamenti (rispetto delle regole e dei tempi, capacità relazionali, dis- ponibilità ad apprendere, autonomia, responsabilità ed impegno) intesi come evidenza del sistema di significati, di valori e di impegni che la per- sona mette in atto nel contesto organizzativo esterno; 2) le competenze (comprensione, esecuzione, verifica e controllo, precisione, sicurezza, riflessione) intese non solo come “reazioni adeguate agli sti- 98 moli”, ma come padronanze nell’assumere responsabilità circa un ambito di compiti e problemi che sfidano la persona. Le note possono servire anche per raccogliere giudizi, sollecitazioni e suggeri- menti da parte dell’azienda circa il miglioramento dell’esperienza dell’alternanza formativa. 99 Valutazione Tutor Aziendale NOME, COGNOME CLASSE, PERCORSO AZIENDA ATTIVITÀ PERIODO COMPORTAMENTI GIUDIZIO (insufficiente, sufficiente, discreto, buono) RISPETTO DELLE REGOLE E DEI TEMPI CAPACITÀ RELAZIONALI DISPONIBILITÀ AD APPRENDERE AUTONOMIA, RESPONSABILITÀ ED IMPEGNO COMPETENZE LIVELLO(basilare, adeguato, eccellente) COMPRENSIONE ESECUZIONE VERIFICA E CONTROLLO PRECISIONE SICUREZZA RIFLESSIONE NOTE Tutor ____________________________________ Data ______________________________________ 100 2.2. Valutazione delle conoscenze e delle abilità Anche la valutazione delle conoscenze e delle relative abilità si colloca entro lo stesso quadro pedagogico che abbiamo delineato a proposito delle competenze, che possiamo definire con la centralità del “saper agire”, e che si concretizza nelle seguenti attenzioni metodologiche: - vanno distinti nello specifico campo di conoscenza (disciplina, asse cultu- rale) le nozioni essenziali dai nuclei portanti, ovvero leggi, regole, strutture concettuali complesse che indicano gli apprendimenti più profondi, irrinun- ciabili, quelli che consentono di “mettere in valore” il sapere e “mettere in moto” la persona che li possiede; - è necessario sollecitare nell’allievo un’ampia varietà di capacità intellettive e quindi non solo quella mnemonica e del linguaggio, ma anche logica, affet- tiva, procedurale, di ricerca, riflessiva etc.; - di conseguenza, occorre trovare modalità di valutazione che pongano la co- noscenza entro una situazione che solleciti non solo la sua ripetizione inerte, ma che consenta anche l’applicazione alla realtà, l’investigazione e la rifles- sione in modo da metterla alla prova mediante connessioni e contestualizza- zioni. Queste attenzioni metodologiche sono facilitate dalla aggregazione delle disci- pline per assi culturali, quelli proposti dal regolamento sull’obbligo di istruzione (linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale) che, riprendendo in parte quanto già proposto con gli standard delle competenze di base per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, consente di superare la frammenta- zione del sapere e sollecitare una maggiore padronanza del sapere da parte degli al- lievi. Quanto detto fa riferimento ad un aspetto centrale del processo di valutazione: l’attenzione alle conoscenze e relative abilità va svolta entro una visione unitaria dell’intero processo di apprendimento e quindi richiede una valorizzazione di tutte le situazioni di apprendimento sulle quali è stato sollecitato l’allievo. In tal senso, le conoscenze e le abilità possono essere oggetto di valutazione e di giudizio, a condizione che si valorizzino sotto forma di notazione le varie azioni ed esperienze nelle quali l’allievo è stato sollecitato a mobilitare tali risorse a fronte di compiti e problemi. La valutazione delle conoscenze e delle abilità connesse si delinea pertanto se- condo il seguente schema definito da cinque passaggi: 1) individuare le diverse capacità intellettuali da sollecitare in riferimento al- l’ambito di conoscenza (in stretto rapporto con le competenze); 101 2) individuare le tipologie di prove in grado di sollecitare tali capacità; 3) cogliere tutte le situazioni di apprendimento che mobilitano le risorse pro- prie del campo di riferimento del sapere in riferimento alle tipologie di prove sopra indicate; 4) individuare gli indicatori che possono segnalare l’intero arco degli appren- dimenti mirati; 5) definire una modalità di notazione e di giudizio che tenga conto della va- rietà degli oggetti e delle diverse valenze del sapere che si intende valutare (per questo punto si veda più avanti il registro di classe). 2.2.1. Prima tappa: Individuare le diverse capacità intellettuali da sollecitare in riferimento all’ambito di conoscenza Le capacità intellettuali che vengono sollecitate in riferimento ai vari assi cul- turali su cui si articolano i saperi e le relative abilità sono le seguenti, specificate tramite le evidenze che consentono di coglierle all’opera: CAPACITÀ INTELLETTUALI EVIDENZE Linguistiche Padronanza del linguaggio Completezza delle conoscenze Affettive e relazionali Logiche Senso del sapere e legame affettivo Comprensione Interpretazione Analisi Sintesi Effettuare collegamenti Procedurali Svolgere esercizi e risolvere operazioni Ricerca Trovare informazioni Trovare soluzioni a problemi Riflessive Valutare Apprendere dall’esperienza Tali capacità si riferiscono ai differenti assi culturali, e precisamente i seguenti cinque: 6) linguaggi 7) matematico 8) scientifico-tecnologico 9) storico-sociale 10) tecnico-professionale. 2.2.2. Seconda tappa: Individuare le tipologie di prove in grado di sollecitare tali capacità Si propongono esempi di domande, proprie dell’area storico-sociale, definite in rapporto alle capacità che sono oggetto di indagine e valutazione. 102 CAPACITÀ INDAGATA ESEMPI DI PROVE Conoscenza � Quali sono le cause della seconda guerra mondiale? � Quali i due schieramenti che si fronteggiavano e di quali principali paesi erano composti? Comprensione � La crescita della ricchezza di una nazione è indicata dagli economisti con il Prodotto Interno Lordo (PIL). Spiegate perché, segnalando almeno tre motivi. Applicazione � Durante le lezioni avete appreso il significato di “sviluppo sostenibile” nel rap- porto tra azione umana ed ambiente. Quali attenzioni dovreste adottare se foste il sindaco del comune al fine di un rapporto corretto con l’ambiente? Analisi � Partendo da una statistica decennale relativa alla demografia dell’Italia raffron- tata con altri paesi dell’Unione europea, indicate quali sono le principali ten- denze rilevate che caratterizzano l’Italia rispetto ai paesi di riferimento. Sintesi � L’organizzazione di un gruppo di lavoro risulta inefficace perché caotica e senza regole. Essendo voi incaricati di coordinare il gruppo, indicate quali at- tenzioni dovete seguire perché ciò avvenga in modo razionale, compilando una scheda distinta in tre momenti: prima dell’incontro, durante il lavoro di gruppo, dopo l’incontro. Ricerca � Quali sono le fonti necessarie da interpellare per conoscerne le norme che rego- lano il rapporto di lavoro? Valutazione � In che relazione si pone il fenomeno della colonizzazione con la presenza delle popolazioni di diversa etnia nei paesi europei? Elabora una mappa delle princi- pali presenze di etnie diverse da quelle indigene in Inghilterra, Francia, Spagna, Germania ed Italia. 2.2.3. Terza tappa: Cogliere tutte le situazioni di apprendimento che mobili- tano le risorse proprie del campo di riferimento del sapere Si propone un elenco di situazioni di apprendimento che consentono di mobili- tare conoscenze ed abilità in riferimento alle tipologie di prove sopra indicate. SITUAZIONI DI APPRENDIMENTO SPECIFICAZIONI Attività Lezioni ed esercitazioni in classe Lavori di gruppo Compiti a casa Verifiche orali e scritte Azioni simulazioni progetti compiti reali attività in alternanza Esperienze Accoglienza ed aiuto rispetto a compagni in difficoltà Incontri Organizzazione di incontri ed eventi esperienze formative extrascolastiche 103 2.2.4. Quarta tappa: Individuare gli indicatori che possono segnalare l’intero arco degli apprendimenti mirati L’esempio che si propone è relativo alle conoscenze ed abilità/capacità lingui- stiche ed è adattato dal documento francese riferito allo “zoccolo comune delle co- noscenze e delle competenze” (Ministère de l’Éducation Nationale 2006). Griglia di valutazione delle conoscenze e abilità relative alle competenze della lingua italiana SC IN SU D B Sa leggere a voce alta in modo espressivo un testo in prosa o in versi Sa analizzare gli elementi grammaticali di una frase al fine di chiarir- ne il senso Sa individuare l’idea fondamentale di una frase letta o ascoltata Sa comprendere testi diversi, sia che siano di documentazione o di ti- po letterario Sa comprendere un enunciato, un ordine Sa leggere opere letterarie integrali, in particolare i classici, e render conto di quanto si è letto Sa copiare un testo senza errori, scrivere correttamente un testo libe- ro o sotto dettatura Sa rispondere a una domanda con una frase completa Sa redigere un testo breve, con paragrafi coerenti e con una punteg- giatura corretta Sa rispettare le indicazioni ricevute: racconto, descrizione, spiegazio- ne scientifica, testo argomentativo, relazione, scritti di uso comune (lettere…). Sa adattare il modo di esprimersi al destinatario e all’effetto cercato Sa riassumere un testo Sa utilizzare le principali regole d’ortografia lessicale e grammaticale INDICATORI L E G G E R E L E G G E R E S C R I V E R E 104 SC IN SU D B Sa prendere la parola in pubblico Sa prendere parte a un dialogo, a una discussione: tenere conto delle opinioni degli altri, far valere il proprio punto di vista Sa render conto di un lavoro individuale o collettivo (relazioni, espe- rienze, dimostrazioni) Sa riformulare un testo o frasi lette o pronunciate da un terzo Sa adattare il proprio modo di esprimersi (atteggiamento e livello linguistico) alla situazione comunicativa (luogo, destinatario, effetto cercato) Sa recitare a memoria testi classici (testi letterari e citazioni celebri) Sa usare dizionari stampati o elettronici per verificare l’ortografia o il significato di una parola o ancora per trovare una parola adeguata ad esprimere il proprio pensiero Sa usare testi di grammatica o software di correzione ortografica E S P R I M E R S I O R A L M E N T E UTI- LIZ- ZA RE STR UM EN TI GIUDIZIO COMPLESSIVO INDICATORI 2.3. Valutazione dei comportamenti La valutazione che qui approfondiamo ha come oggetto la dotazione della per- sona circa un insieme di fattori che si pongono in tensione tra due poli: a) il polo delle capacità personali, ovvero dei tratti della personalità dell’indi- viduo che lo rendono un soggetto distintivo rispetto agli altri e che si pro- pongono come potenzialità che richiedono di essere riconosciute e mobili- tate così da divenire competenze; b) il polo dei comportamenti, ovvero l’investimento che tale individuo esprime in riferimento ad un determinato ambito di vita che ne sollecita la responsabilità. Si tratta di caratteristiche della persona possedute su base innata e appresa che riguardano i suoi repertori di base: cognitivo, affettivo-motivazionale, socio-inter- personale. Esse riflettono – tramite comportamenti evidenti - i valori ed i contenuti propri dell’educazione che la persona vive specie nell’età evolutiva; si riferiscono quindi alla famiglia di appartenenza, alle agenzie educative e formative ma anche ai legami significativi individuali e di gruppo. 105 In questo senso, il comportamento della persona è visto non solo come rispetto di regole stabilite, ma anche come messa in atto di comportamenti che segnalano la disposizione della persona nel cercare e fare il bene, che si evidenzia nel modo in cui si pone nel contesto formativo, e dei compiti e delle responsabilità che ad essa si propongono. Il comportamento può essere quindi inteso come l’espressione evidente che se- gnala una serie di disposizioni morali che possono essere così articolate: - in primo luogo si evidenzia attraverso la fiducia nella propria realtà perso- nale ovvero la stima e la coscienza del proprio originale valore, - in secondo luogo la capacità di cogliere, nell’ambito in cui si opera, non solo ciò che si è scelto sulla base di una specifica predilezione ma anche ciò che si è obbligati a fare, significati buoni per sé e per la collettività, - successivamente, esso indica la disposizione a mettersi in gioco in questo particolare contesto ovvero a porre in atto una responsabilità consapevole di fronte ai compiti ed ai doveri connessi in vista dell’accrescimento del bene personale, comunitario e sociale, - ciò comporta quindi la dimensione dell’impegno che a sua volta significa modestia (moderazione nel considerare se stessi), lealtà (fedeltà e senso del- l’onore), forza d’animo e coraggio nel momento in cui si presentano avver- sità che possono essere costituiti da ostacoli oppure da distrazioni, - tutto ciò si esprime attraverso l’assunzione di una disciplina, che consiste nell’apprendere una regola di vita e saperla tenere in modo rigoroso, ma anche nella pazienza che a sua volta significa saper tollerare i limiti altrui e quelli propri e disporsi ad una reciproca correzione resa convincente dal sen- timento di fraternità che si fonda sulla dedizione, l’affezione e la donazione personale in forza di una comune visione del bene. L’ambito dei comportamenti e delle capacità personali richiede una strategia di valutazione che può prevedere le seguenti attenzioni: Osservazione in aula e fuori dall’aula Parte integrante del processo di valutazione è rappresentata dall’osservazione. Quest’ultima, se realizzata con accuratezza e nella variabilità spazio-temporale, consente di ottenere informazioni preziose sui comportamenti e sulle prestazioni degli allievi. Per questo, si richiede al formatore di osservare e registrare quei com- portamenti degli allievi che possono essere indicativi della presenza o meno di de- terminate capacità personali e virtù morali. Le osservazioni possono essere libere oppure basate su schede già predisposte. 106 Il diario delle attività Nella valutazione del comportamento e delle capacità personali ampio spazio è dato all’auto valutazione. E’, infatti, importante che gli allievi considerino la cono- scenza delle loro possibilità e competenze, oltre che delle disposizioni morali, come un obiettivo formativo e non semplicemente come un impegno sporadico e occasionale. Per questo può essere utile il ricorso al diario delle attività. Al termine di uno specifico incontro, l’allievo può annotare i suoi commenti sull’esperienza di ap- prendimento, sia spontaneamente in modo non strutturato, sia sistematicamente te- nendo conto dei seguenti aspetti: cosa ha appreso, come lo ha appreso, cosa non è chiaro, che difficoltà ha incontrato, quanto è stato interessante, in che misura e in quali contesti considera applicabile ciò che ha appreso, come valuta i risultati con- seguiti. Ed inoltre: quale percezione di bene e quale impegno personale volto al suo perseguimento ha posto in atto. L’esame del diario, effettuato ad intervalli brevi, può consentire all’allievo e al formatore di individuare obiettivi e strategie per superare eventuali difficoltà e mi- gliorarsi. Al termine di ogni periodo significativo del percorso (solitamente un anno), i formatori potranno così evidenziare, accanto alle competenze, conoscenze ed abi- lità, un giudizio sintetico circa l‘area dei comportamenti, avendo accortezza a che tale giudizio sia espresso in riferimento ad indicatori precisi e sia sostenuto da os- servazioni attendibili. Lo strumento che si propone è tratto dal “Portfolio nella formazione professionale” elaborato da Mario Comoglio nell’ambito della sperimentazione IFP della Regione Piemonte. 107 Valutazione Tutor Aziendale 108 2.4. Valutazione sommativa e pagellino Due sono gli strumenti che si presentano: 1) Il “Registro di classe” riferito ad ogni asse culturale, consente di dare conto delle varie esperienze di apprendimento che l’allievo ha vissuto nel corso dell’anno e che hanno consentito di trarre indicazioni utili alla verifica e va- lutazione della sua preparazione in riferimento ad uno specifico ambito di conoscenze e relative abilità. 2) Il “Pagellino” che consente di comunicare all’allievo ed alla famiglia gli esiti del percorso, attraverso una forma di comunicazione comprensibile per questi interlocutori. Il registro di classe consente di indicare, per lo specifico asse culturale (o di- sciplina) l’evoluzione del percorso di apprendimento per ciascun allievo, indicando notazioni riferite alle varie situazioni di apprendimento possibili, e precisamente: In questo modo, vengono apprezzate tutte le attività che l’allievo svolge nel suo percorso, metà riferite più all’attività disciplinare in senso stretto e metà riferite ad azioni ed esperienze. Le notazioni possono essere indicate in decimi. Il pagellino consente di indicare la valutazione dell’allievo, circa il periodo di riferimento (quadrimestre, anno) in relazione alle discipline collocate entro lo spe- cifico asse culturale. La notazione, che può essere espressa in decimi oppure in forma letteraria, dif- ferenzia il profitto dall’impegno, così da fornire indicazioni anche sul differenziale tra situazione di partenza e situazione nel momento della valutazione. Inoltre, è presente un giudizio di comportamento (in valori numerici o lette- rari) ed un giudizio sintetico in forma narrativa. Si ricorda che, al termine di ogni anno, al pagellino deve essere allegato il certificato delle competenze acquisite. EC (esercitazione in classe) VS (Verifica scritta) O (organizzazione di incontri, eventi) C (compito a casa) P (prodotto simulato o reale) E (esperienze extrascolastiche) VO (verifica orale) A (alternanza) 109 Si tu az io ni d i a pp re nd im en to : E C (es erc ita zio ne in cl ass e); C (co mp ito a ca sa) ; V O (ve rif ica or ale ); V S (V er ifi ca sc rit ta ); P (pr od ott o s im ula to o r ea le) ; A (al ter na nz a); O (or ga ni zz az io ne d i i nc on tri , e ve nt i); E (es pe rie nz e e xtr asc ola sti ch e) 110 Pagellino LINGUAGGI MATEMATICO SCIENTIFICO-TECNOLOGICO STORICO-SOCIALE TECNICO-PROFESSIONALE Italiano Inglese Matematica Scienze della natura Scienze della materia Tecnologie informatiche e telematiche Storia Diritto Economia Tecnologia Laboratorio 111 2.5. Valutazione finale L’esame finale rappresenta la modalità attraverso la quale si riscontra nella persona la presenza di requisiti educativi, culturali e professionali che attestino l’assolvimento del diritto-dovere e nel contempo consentano il conseguimento di un titolo di studio professionalizzante (qualifica, diploma, diploma superiore) che attesta ad un tempo: l’assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione; l’idoneità professionale (Cnos-fap 2005). La prova si colloca nella parte conclusiva del percorso di formazione, dopo che sono terminate le attività didattiche previste, tramite un accertamento dei requi- siti di ammissibilità degli allievi all’esame finale. È possibile ammettere all’esame persone che non hanno seguito l’intero processo, ma sono in possesso di crediti for- mativi e lavorativi adeguati. È possibile ammettere all’esame finale allievi che pre- sentino anche lacune su alcuni elementi del percorso formativo. L’ammissione all’esame finale avviene mediante valutazione del percorso for- mativo dell’allievo e delle sue acquisizioni da parte dell’équipe del corso, così come sono individuate nel portfolio. Tale valutazione viene espressa in forma di punteggio, pari al massimo di 50 punti su 100. Di questi, 10 possono essere deter- minati dall’esperienza di stage, definiti dal tutor sulla base delle indicazioni dell’a- zienda, eventualmente considerandole attività di alternanza (stage, project work) svolte nei vari anni del percorso. Spetta alle normative regionali definire i valori di soglia per l’ammissione del titolare all’esame finale sia in relazione al punteggio minimo di ammissione, sia al numero delle frequenze alle attività formative (che normalmente non possono es- sere inferiori ai tre quarti del monte ore annuo). È comunque facoltà del gruppo dei formatori ammettere ugualmente il candidato all’esame giustificando opportuna- mente tale decisione. L’esame finale del percorso professionalizzante si articola in 3 prove: prova scritta; prova professionale; colloquio. 1) Prova scritta sui saperi di base L’allievo è chiamato a rispondere a una serie di domande che hanno lo scopo di rilevare la sua preparazione in riferimento alle competenze degli assi culturali tenendo conto degli standard previsti. 2) Prova professionale L’allievo è chiamato a realizzare un prodotto significativo, funzionale a di- mostrare le capacità professionali che ha acquisito durante l’iter formativo. La “prova professionale” rappresenta il centro dell’esame; è un “capola- voro”, ovvero un prodotto il più possibile riassuntivo delle competenze ri- chieste all’allievo per potersi candidare al presidio del ruolo corrispon- dente alla figura professionale prevista. Essa ha un valore professionale, in quanto rappresenta un costrutto in grado di soddisfare i requisiti propri della figura mirata, in riferimento ad un ruolo definito nel momento dell’ingresso lavorativo. Inoltre ha un va- lore culturale, in quanto consente di rilevare le conoscenze e le abilità che l’allievo ha acquisito durante il suo percorso formativo. Infine, ha anche un valore educativo, in quanto stimola la persona ad una maggiore coscienza di sé e delle proprie risorse nell’atto di fronteggiare un compito/problema. La prova fa, quindi, riferimento ad un processo operativo reale, e prevede un livello definito di autonomia, responsabilità, durata e accuratezza. Questa prova può essere suddivisa in 3 fasi, con nomi che hanno accentua- zioni diverse per le diverse comunità professionali di riferimento: a) Fase di programmazione o progettazione In essa è richiesto all’allievo di comprendere le consegne e di definire il piano di lavoro che dovrà seguire nell’espletamento della prova. b) Fase operativa In essa è richiesto all’allievo di realizzare concretamente il prodotto ri- chiesto, sapendo mobilizzare le risorse disponibili procedendo alle op- portune verifiche ed eventuali correzioni. c) Fase consuntiva o di collaudo In essa è richiesto all’allievo di descrivere e documentare il processo che ha svolto per la realizzazione del prodotto, procedendo ad una va- lutazione dell’uno e dell’altro. Spesso, le fasi b e c sono strettamente collegate. 3) Colloquio L’allievo è chiamato a sostenere un dialogo con la commissione al fine di dimostrare di saper argomentare su contenuti appresi durante il percorso formativo, sulle esperienze formative vissute e sulle attese e le riflessioni riguardanti il proprio futuro. I punteggi massimi previsti sono così ripartiti tra le diverse prove: 1) Prova professionale: 25 punti 2) Prova scritta: 15 punti 3) Colloquio: 10 punti L’allievo raggiunge la qualifica con un punteggio minimo di 60 punti. È im- portante considerare la buona padronanza rispetto al tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro, al punto che una carenza su questo aspetto potrebbe inficiare la validità complessiva della prova professionale. La tavola che segue riassume i diversi punteggi. Percorso formativo 50* Valore di soglia indicativo: 30 punti Valore di soglia: 60 punti 25** 15 10 100 Prova professionale Prova scritta Colloquio Esame finale La durata complessiva dell’esame può variare in base alle disposizioni regio- nali, all’impegno orario giornaliero e al tipo di prova professionale adottata. Si suggerisce comunque di prevedere una durata complessiva di circa 20 ore. Si riporta di seguito un esempio di una possibile scansione temporale dell’e- same, prevedendo una durata di 4 giorni. L’esame professionalizzante è presieduto da una commissione che è garante Punteggio finale Prova scritta (3 ore) Prova professionale: fase di programmazione Colloquio (circa 20 minuti per allievo) Valutazione finale della commissione Prova professionale: fase operativa (con eventuale suddivisione degli allievi in gruppi) Prova professionale: fase consuntiva 3 giorno 4 giorno2 giorno1 giorno * Il punteggio tiene conto dell’attività formativa al Centro (40 punti) e dell’alternanza (10 punti, considerando tutte le esperienze svolte nel percorso formativo). ** Il punteggio della prova professionale può essere così suddiviso: 5 punti per la fase di pro- grammazione, 15 per la fase operativa e 5 per la fase consuntiva; ma questi punteggi possono variare in riferimento alla specifica comunità professionale. Colloquio del buon andamento delle prove e determina, in fase di valutazione finale, l’idoneità del candidato al conseguimento del titolo professionale. È significativo che all’in- terno della commissione sia rappresentato adeguatamente il mondo del lavoro. Normalmente, la commissione d’esame è composta da: a) un rappresentante della Regione o della Provincia che rilascia il titolo e che ordinariamente funge da presidente; b) un rappresentante dei datori di lavoro, possibilmente scelto all’interno della comunità professionale di riferimento; c) un rappresentante delle organizzazioni sindacali; d) un rappresentante del gruppo dei formatori del corso. Le specifiche norme regionali possono prevedere la partecipazione di diversi e/o ulteriori membri. Si propone di seguito la scheda complessiva dell’esame di qualifica 114 Scheda complessiva dell’esame Qualifica: “Operatore ……..............................................................................” Timbro CFP Data:........................... Allievo: ........................................................................................................ SCHEDA DI VALUTAZIONE ESAME DI QUALIFICA Prospetto riassuntivo PUNTEGGIO DI AMMISSIONE PROVA SCRITTA SUI SAPERI DI BASE PROVA PROFESSIONALE COLLOQUIO Punteggio complessivo ......................................... /50 ......................................... /15 ......................................... /25 ......................................... /10 ......................................... /100 Note: La commissione 115 3. CERTIFICAZIONE Due sono gli aspetti della certificazione che vengono considerati: 1. la certificazione delle competenze 2. la certificazione finale. La certificazione delle competenze rappresenta il momento in cui, a seguito della valutazione, si passa alla loro registrazione entro una scheda che ne indichi il livello di padronanza e le altre informazioni utili alla comprensione del giudizio. Non si tratta di un atto amministrativo che si limiti a mettere dei giudizi a fianco dell’elenco delle competenze, ma è un processo di elevato valore formativo e sociale. Occorrere pertanto garantire il criterio della attendibilità, che a sua volta comporta di sostenere il giudizio di padronanza con riferimenti precisi, dando ad esso un’efficacia dimostrativa ed un riscontro probatorio. La certificazione si svolge nei seguenti modi: 1) per ogni allievo si compila una scheda di registrazione – allegata alla sche- da di certificazione - che, a fianco dell’elenco delle competenze che si in- tendono certificare (tratte dal repertorio elaborato nelle fasi iniziali del per- corso), indichi le situazioni di apprendimento più significative svolte e le aree disciplinari coinvolte, quando ricorrono. Si propongono alcuni esempi: - per le attività: esercitazioni in classe, compiti a casa, lavori di gruppo…; - per le azioni: simulazioni, progetti, compiti reali, comprese le attività in alternanza (che meritano una particolare attenzione); - per le esperienze: incontri, eventi, esperienze formative extrascolastiche (che richiedono una documentazione probatoria); 2) si compila successivamente la scheda di certificazione delle competenze che indica: - la valutazione – nel caso in cui la competenza sia posseduta ad un livel- lo al, en o accettabile - espressa nella forma comprensibile (sufficien- te/basilare; buono/adeguato; ottimo/eccellente); - le note che prevedono, oltre a ciò che gli insegnanti ritengono utile pre- cisare, anche indicazioni circa le competenze non possedute in forma al- meno accettabile. La certificazione finale è indicata dal documento proposto dall’Unione Europea, “EUROPASS - Supplemento al certificato” (http://www.europass-italia.it) che è riprodotta di seguito e che consente di specificare la natura del certificato che viene rilasciato e che indica l’ambito di attività in cui la persona è risultata competente. 116 Sc he da d i r eg ist ra zi on e de lle si tu az io ni d i a pp re n di m en to si gn ifi ca tiv e e de lle a re e di sc ip lin ar i c oi nv ol te CO M PE TE N ZE AT TI V IT À, A ZI O N I ED ES PE RI EN ZE SI G N IF IC AT IV E SV O LT E ED A RE E D IS CI PL IN A RI CO IN V O LT E In gr es so 1° q ua dr im es tre 2° q ua dr im es tre A lli ev o cl as se an n o 117 Sc he da d i c er tif ic az io ne d el le c om pe te nz e CO M PE TE N ZA LI V EL LO D I PA D RO N A N ZA (ba sil are , a de gu ato , e cc ell en te) N O TE A lli ev o cl as se an n o 118 Certificazione finale [Bandiera nazionale e nome del paese che rilascia la qualifica] SUPPLEMENTO AL CERTIFICATO (*) 1. DENOMINAZIONE DEL CERTIFICATO ( ) 2. DENOMINAZIONE TRADOTTA DEL CERTIFICATO ( ) La presente traduzione non ha valore legale. 3. PROFILO DELLE ABILITÀ E COMPETENZE 4. INSIEME DELLE ATTIVITÀ PROFESSIONALI CUI IL TITOLARE DEL CERTIFICATO PUÒ ACCEDERE (*) Nota esplicativa Il presente documento è volto a fornire ulteriori informazioni sul certificato specificato e non ha di per sé alcun valore legale. Il formato della descrizione è basato sulla risoluzione 96/C 224/04 del Consiglio del 3 dicembre 1992 sulla trasparenza delle qualifiche profes- sionali, sulla risoluzione 96/C 224/04 del Consiglio del 15 luglio 1996 sulla trasparenza dei certificati di formazione professionale, nonché sulla raccomandazione 2001/613/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 luglio 2001 relativa alla mobilità nella Comunità degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volon- tariato, degli insegnanti e dei formatori. Per ulteriori informazioni sulla trasparenza: www.cedefop.eu.int/transparency © Comunità europee 2002 119 5. BASE UFFICIALE DEL CERTIFICATO Denominazione e status dellʼistituzione che rilascia il certificato Livello (nazionale o internazionale) del certificato Accesso al successivo livello di insegnamento/formazione Fondamento giuridico Denominazione e status dellʼautorità nazionale/regionale che accredita/riconosce il certificato Tabella di classificazione / Requisiti per il conseguimento Accordi internazionali 6. ITER UFFICIALMENTE RICONOSCIUTI PER IL CONSEGUIMENTO DEL CERTIFICATO Descrizione del tipo di istruzione e formazione professionale ricevuta � Basata su scuola/centro di formazione � Basata sul luogo di lavoro � Riconoscimento dei percorsi Durata totale dellʼistruzione/formazione per il conseguimento del certificato Requisiti di accesso Annotazioni integrative Percentuale del programma totale (%) Durata (ore/settimane/mesi/anni) 120 4. GESTIONE DEGLI INGRESSI E DELLE USCITE In questa parte proponiamo gli strumenti che, consentono di gestire in modo corretto le dinamiche connesse alle transizioni da un percorso formativo all’altro. Gli strumenti sono stati definiti sulla base di una successione in fasi tipiche del processo di gestione dei passaggi, così delineate: 1) Domanda di passaggio/Domanda di ingresso 2) Bilancio personale 3) Certificazione in caso di abbandono 4) Confronto bagaglio/requisiti richiesti 5) Convenzione tra organismi 6) Attestazione del Dirigente/Direttore 121 1) DOMANDA DI PASSAGGIO/DOMANDA DI INGRESSO A) per allieve/i formalmente iscritti ad altro istituto 122 B) per allieve/i non iscritti ad altro istituto 4 Scuole medie inferiori e superiori, Centri di formazione professionale, Centri per l’Impiego ecc. 123 2) BILANCIO PERSONALE Nome, Cognome Codice fiscale Data di nascita Nazionalità Indirizzo (via, Comune, prov, CAP) Telefono, e-mail Titolo di studio Titolo Istituto Votazione Eventuali debiti formativi Percorsi non completati Percorso Motivo del non completamento Esperienze lavorative / apprendistato Attività svolta Tipo di contratto Tempi Altre esperienze significative Sesso M F Data Referente dell’organismo formativo Firma del genitore 124 3) CERTIFICAZIONE IN CASO DI ABBANDONO Acquisizioni certificate in caso di abbandono durante il percorso Di (cognome e nome) Percorso Ultima classe frequentata Durata della frequenza N. Descrizione delle competenze Attività svolta Periodo di acquisizione N. Descrizione delle conoscenze e abilità per assi culturali Attività svolta Periodo di acquisizione Linguaggi Matematica Scientifico Storico-sociale Tecnico professionale Tecnologie informatiche e telematiche 125 4) CONFRONTO BAGAGLIO PERSONALE / REQUISITI RICHIESTI Assi culturali Attività formative svolte (moduli, unità formative, unità di apprendimento..) Requisiti richiesti Requisiti posseduti Linguaggi Matematico Scientifico Storico sociale Tecnico professionale Utilizzo tecnologie informatiche e telematiche Crediti riconosciuti 126 Necessità di intervento formativo tramite LARSA5 Indicazioni metodologiche Altre indicazioni (tempi, luoghi…) Data Referente dell’organismo di provenienza 6 Referente dell’organismo di destinazione 5 Sotto forma di unità di apprendimento, secondo il format dei documenti progettuali (linee guida di settore, piano formativo di corso). 6 In caso di nuovo ingresso eliminare questa voce. 127 5) CONVENZIONE TRA ORGANISMI Convenzione sottoscritta tra: Istituto/Centro di formazione professionale Con sede in Rappresentato da D’ora in poi denominato Organismo di provenienza Istituto/Centro di formazione professionale Con sede in Rappresentato da D’ora in poi denominato Organismo di destinazione OGGETTO: attivazione di un progetto di passaggio LE PARTI In ottemperanza alla normativa vigente in materia di passaggi tra i diversi isti- tuti/Centri di formazione professionale VISTA la domanda inoltrata in data dai genitori dell’al- lieva/o con la richiesta di passaggio all’indirizzo/settore dell’Istituto/CFP VISTA l’acquisizione della richiesta da parte dell’organismo di provenienza PRESO ATTO della disponibilità dell’organismo di destinazione a valutare con- giuntamente il caso ai fini di un’efficace gestione del progetto di passaggio CON- SIDERATE le comunicazioni intercorse e gli incontri preliminari tra i due orga- nismi. CONCORDANO La gestione congiunta del progetto di passaggio attraverso la progettazione di un Laboratorio di Recupero e Sviluppo degli Apprendimenti (LARSA) per l’allieva/o iscritta/o alla classe sez. indirizzo/settore dell’Istituto/CFP L’intervento è finalizzato al passaggio presso l’organismo di destinazione per ac- cedere nell’anno al corso indirizzo/ settore Data Il dirigente/direttore dell’organismo di provenienza TIMBRO Il dirigente/direttore dell’organismo di destinazione TIMBRO 128 Referente dell’organismo di provenienza Referente dell’organismo di destinazione Per una corretta ed efficace gestione e valutazione del progetto i Dirigenti/Direttori degli organismi di provenienza e di destinazione nominano i seguenti referenti (co- ordinatori/tutor): Le PARTI concordano l’organizzazione del seguente LARSA AREA FORMATIVA OBIETTIVI FORMATIVI ATTIVITÀ Per la realizzazione di tale laboratorio si dispone quanto segue: Tempi Metodologia di verifica e di accompagnamento Oneri finanziari7 7 Indicare con quali risorse sarà realizzato il larsa e l’eventuale presenza di accordi per la ripar- tizione degli oneri finanziari. 129 6) ATTESTAZIONE DEL DIRIGENTE / DIRETTORE A) per allieve/i formalmente iscritti ad altro istituto In riferimento alla domanda di passaggio riferita all’allieva/o nata/o a il CF iscritta/o al corso anno Istituto/CFP Visto a) L’esito del Bilancio delle risorse personali b) L’esito del Laboratorio di recupero e sviluppo degli apprendimenti Si assegnano i seguenti crediti formativi con specificazione della relativa durata, per l’inserimento nel corso anno a partire dalla data Aree formative Unità di apprendimento(ove esistenti) Crediti riconosciuti Pari a n° ore Il dirigente/direttore TIMBRO B) per allieve/i non iscritti ad altro istituto In riferimento alla domanda di ingresso riferita all’allieva/o nata/o a il CF Visto a) L’esito del Bilancio delle risorse personali b) L’esito del Laboratorio di recupero e sviluppo degli apprendimenti Si assegnano i seguenti crediti formativi con specificazione della relativa durata, per l’inserimento nel corso anno a partire dalla data 130 Assi culturali Unità di apprendimento(ove esistenti) Crediti riconosciuti Pari a n° ore Il dirigente/direttore TIMBRO 131 5. LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO Il Libretto Formativo del cittadino, definito in sede istituzionale nazionale ai sensi dell’accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, rappresenta “il libretto per- sonale del lavoratore… in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la for- mazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita la- vorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione eu- ropea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate” (art. 2 comma i, Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276). Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendi- mento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. La realizzazione di questo documento trae origine dalla limitatezza delle de- claratorie professionali basate sulle qualifiche come fonte per precisare la padro- nanza professionale del titolare; esso si presenta quindi come uno strumento dina- mico in grado di accompagnare la persona in tutto l’arco della sua esperienza for- mativa e lavorativa in coerenza con il concetto di lifelong learning. Questa concezione è coerente con le strategie e le azioni dell’Unione europea finalizzate alla trasparenza delle competenze e alla mobilità delle persone tanto che il Libretto può essere considerato il corrispettivo italiano di EUROPASS, il passa- porto delle qualifiche e delle competenze che favorisce la “portabilità” delle stesse in Europa, con la differenza che il Libretto rappresenta la carta d’identità per muo- versi sia sul territorio nazionale, sia attraverso le diverse esperienze di apprendi- mento e lavoro. È infine coerente con la Borsa Continua del Lavoro per favorire l’incontro domanda-offerta di lavoro. Il Libretto fornisce informazioni sul soggetto e sul suo curriculum di apprendi- mento formale, non formale e informale, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un sistema formativo all’altro; rende riconosci- bili e trasparenti le competenze comunque acquisite e sostenere in questo modo l’occupabilità e lo sviluppo professionale; aiuta gli individui a mantenere consape- volezza del proprio bagaglio culturale e professionale anche al fine di orientare le scelte e i progetti futuri. 132 Il documento che si propone consente di registrare i seguenti elementi: - dati personali - esperienze scolastiche e formative - esperienze di lavoro e di apprendistato - altre esperienze significative (la persona può essere dotata di competenze che sono state acquisite in maniera informale oppure per attività significa- tive, ma non oggetto di rapporto di lavoro) - competenze possedute: vanno inserite quelle acquisite formalmente a seguito di percorsi formativi e relative valutazioni, ed anche quelle riconosciute e quindi certificate. A) Dati personali Nome, Cognome Codice fiscale Data di nascita Nazionalità Indirizzo (via, Comune, prov, CAP) Titolo di studio Telefono E-mail Altre caratteristiche Sesso M F 133 B) ESPERIENZE SCOLASTICHE E FORMATIVE Primo ciclo Scuola Secondaria di primo grado Diploma di scuola secondaria di primo grado � sì � no Se no ultima classe frequentata Data di conseguimento del diploma Giudizio conseguito � ottimo � distinto � buono � sufficiente Lingua straniera studiata � inglese � francese � altro: Altre lingue conosciute: Livello di padronanza della Lingua italiana � livello alto � livello medio � livello basso Secondo ciclo Sistema di istruzione Istituto scolastico frequentato Denominazione corso Ultima classe frequentata Periodo di frequenza (in mesi) Indirizzo � artistico � classico � economico � linguistico � musicale e coreutico � scientifico � tecnologico � delle scienze umane Note (certificati o crediti) Ulteriori annotazioni Anno scolastico coerenza con il settore attualmente scelto � si � no 134 Sistema di istruzione e formazione professionale Istituto scolastico frequentato Denominazione corso Ultima classe frequentata Periodo di frequenza (in mesi) coerenza con il settore attualmente scelto � si � no Note (certificati o crediti) Ulteriori annotazioni Anno scolastico C) ESPERIENZE DI LAVORO / APPRENDISTATO Azienda Settore Periodo di frequenza (in mesi) Moduli formativi svolti (interni ed esterni all’azienda) Note (certificati o crediti) Ulteriori annotazioni Tipologia di CCNL Coerenza con settore attualmente scelto Monte ore Ruolo/attività 135 D) ALTRE ESPERIENZE SIGNIFICATIVE Ente/Struttura Descrizione dell’attività � sportive � artistico culturali � sociali � hobbies � formative (Corsi non riconosciuti da Istituzioni) � Altro (____________________) Note (certificati o crediti) Periodo di frequenza (in mesi) Coerenza con settore attualmente scelto � Si � no Data Referente dell’organismo formativo 136 Sc he da d i c er tif ic az io ne d el le c om pe te nz e C om pe te nz e ac qu isi te A tti vi tà sv ol ta (fo rm az ion e, ap pr en di sta to , la vo ro ) M od al ità d i a cc er ta m en to (es am i, ric on os ci m en to cr ed iti fo rm at iv i) Li ve llo d i p ad ro n a n za (ba sil are , ad eg ua to , ec ce lle nt e) 137 6. MONITORAGGIO DELLE AZIONI FORMATIVE Il monitoraggio rappresenta per la formazione una pratica sempre più neces- saria soprattutto in presenza di una sempre più elevata diversificazione dei fabbi- sogni formativi, delle utenze e di conseguenza dell’offerta formativa. Ciò comporta una sempre maggiore capacità di progettazione continua al fine di cogliere le effet- tive caratteristiche dell’utenza e del contesto di riferimento; ne consegue una cre- scente distanza tra il progetto ex ante, su cui si svolge la selezione da parte delle Istituzioni finanziatrici, e le effettive pratiche formative. Il progetto ex ante, infatti, indica le mete e gli obiettivi generali, specifica le risorse e prospetta un piano di in- tervento, ma il modo concreto in cui tutto ciò si realizza in favore degli utenti effet- tivi dell’intervento riflette una competenza dell’organismo che si esplica prevalen- temente nel contesto stesso dell’azione. È qui pertanto che occorre addentrarsi se si vuole effettivamente riscontrare la capacità di mobilitare le risorse disponibili al fine di garantire il successo formativo dei destinatari ed il cambiamento desiderato nel contesto di riferimento. Dal punto di vista metodologico, il monitoraggio costituisce un intervento con molteplici significati: - esso presenta una componente di verifica e valutazione, poiché pone in luce la capacità degli organismi osservati di porre in atto la migliore combina- zione di risorse logistiche, strutturali, umane, cognitive e metodologiche; - Inoltre, presenta anche la dimensione dell’accompagnamento ovvero del dia- logo con i rappresentanti degli organismi gestionali circa gli aspetti peculiari dell’esperienza, così da realizzare un confronto in grado di sviluppare cono- scenza reciproca e rintracciare elementi di accrescimento della qualità dei servizi orientativi e formativi. Il monitoraggio è quindi un intervento molteplice, che trova il suo punto con- clusivo nell’elaborazione di un “Riquadro di sintesi” che propone i tre elementi cruciali dell’attività realizzata: 1) principali punti di forza 2) principali punti di problematicità 3) raccomandazioni. Il monitoraggio è il più possibile a carattere qualitativo, così da porre in eviden- za i punti effettivi su cui si gioca la qualità delle azioni attuate, così da trarre rifles- sioni utili per questa stessa, così da ottenere un riscontro del lavoro svolto e perfe- zionare la riflessione circa il proprio operato ed infine individuare spunti per il mi- glioramento delle proprie competenze nella prospettiva del prosieguo dell’attività. 138 Circa gli strumenti e gli indicatori, si propone una scheda di monitoraggio per i percorsi di istruzione e formazione professionale. Inoltre si è proposto per le azioni formative uno strumento di rilevazione del gradimento dei destinatari allo scopo di favorire la comparazione degli esiti rile- vati. 139 Scheda di monitoraggio dei PERCORSI DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE Denominazione Indirizzo Referenti (nome e cognome, ruolo) Capofila Settore Monte ore previsto Data di avvio Soggetto proponente Eventuale rete formativa Riquadro di sintesi Denominazione dell’intervento Principali punti di forza rilevati a) b) c) Principali punti di problematicità rilevati a) b) c) Raccomandazioni a) b) c) 140 1.1 Stato di avanzamento dell’azione: numero ore effettuate / numero ore previste ________ / ________ 1.2 Moduli avviati / conclusi / da avviare 1.3 Stato dell’azione al momento della visita di monitoraggio 1. Stato di attuazione AVVIATI CONCLUSI DA AVVIARE 2.1 Competenze essenziali attese (nei destinatari) al termine del percorso formativo e figura/processo professionale di riferimento a) Competenze essenziali - - - - - b) Figura/processo professionale di riferimento c) Conoscenze - - - - d) Abilità - - - - 2.2 Eventuale ambito di spendibilità sul mercato del lavoro provinciale di tali competenze 2.3 Spendibilità eventuale delle competenze in termini di crediti formativi 2. Esiti attesi e loro valore 141 3.2 Caratteristiche del gruppo classe (omogeneità/disomogeneità rispetto ai requisiti: motivazione e pro- getto, condizioni di accessibilità alla formazione…) 3.3 Caratteristiche dei destinatari e loro coerenza con quelle indicate nell’ipotesi progettuale; differen- ziazioni evidenti per la formazione (che giustificano interventi di personalizzazione) 3. Situazione e caratteristiche dei destinatari 4. Rete sociale ed economica effettiva: indicare quali enti sociali ed economici (Imprese, Enti locali, Servizi, Associazionismo) e con quale ruolo ed attività sono coinvolti (co-progettazione, invio di testimoni ed esperti, stage/alternanza, azioni formative congiunte, co-valutazione) 5. Rete formativa effettiva: indicare i referenti, la natura ed il grado della coopera- zione (Istituti scolastici, Centri di formazione ed agenzia formative, Università) 3.1 N° destinatari da progetto N° destinatari ad avvio intervento N° destinatari presenti al momento della visita N° destinatari presenti in media (STIMA) SOGGETTI FINALITÀ 142 7. Metodologie formative (approccio cognitivo-disciplinare, approccio operativo- addestrativo, approccio per competenze e compiti reali/simulati, approccio ri- flessivo sull’altrui e propria esperienza) 8. Personalizzazione: indicare le tecniche formative utilizzate (Bilancio delle risorse e delle competenze personali, Piano formativo personalizzato, LARSA all’inizio e lungo il percorso, Affiancamento individuale, Autoformazione assi- stita, altro) 6. Risorse rese disponibili 6.2 Risorse cognitive (Libri e materiali, Biblioteca e/o emeroteca, altro) 6.3 Tecnologie e laboratori attivati (Laboratorio informatico, linguistico, scientifico, professionale) 6.1 Risorse umane a) Direzione b) Coordinamento c) Tutorship d) Formatori e) Orientatori 143 9. Verifica circa la validità (o meno) dell’analisi di contesto/bisogni originari a so- stegno della proposta di intervento 10. Difficoltà incontrate che hanno condizionato, condizionano o condizioneranno il conseguimento degli obiettivi dell’intervento. Indicare le soluzioni adottate e gli esiti perseguiti 11. Modalità e strumenti utilizzati per la valutazione dell’intervento 11.1 Rilevazioni circa gli apprendimenti degli allievi (valutazione basata su conoscenze, abilità, compe- tenze, altro) 11.2 Rilevazioni circa il processo formativo (gradimento, feed-back rilevato dai docenti lungo l’attività didattica, altro) a) b) c) Soluzioni adottate, esiti perseguiti 144 12. Utilizzo del portfolio delle competenze personali o diario di bordo o personal book (indicare lo strumento, se esiste, e la sua valenza principale: orientativa, didattica, valutativa-autovalutativa, certificativa, altro) 13. Esiti di apprendimento dei destinatari in rapporto agli obiettivi attesi 14. Modalità di certificazione oltre l’attestato di frequenza: Certificato di compe- tenze personali, Libretto personale 145 Data, Questionario di gradimento per gli allievi 1. Ente Denominazione Indirizzo 2. Denominazione dell’intervento CONTENUTI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Gli argomenti affrontati ti sembrano interessanti? I docenti tengono in considerazione i tuoi interessi? Riesci a cogliere il significato e l’utilità degli argomenti? DIDATTICA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Quando spiegano, gli insegnanti parlano in modo chiaro? I contenuti sono utili per il tuo futuro? Il modo in cui si svolgono le lezioni ti coinvolge? Gli insegnanti cooperano tra di loro? ORGANIZZAZIONE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Gli spazi del centro ti sembrano adeguati? Gli strumenti e le tecnologie ti sembrano adeguate? APPRENDIMENTI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Il corso ti sta aiutando ad acquisire conoscenze? Il corso ti sta aiutando ad acquisire abilità pratiche? Il corso ti sta aiutando ad acquisire competenze per affrontare con responsabilità i compiti previsti? SODDISFAZIONE COMPLESSIVA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Sei soddisfatto dei risultati ottenuti finora? Sei soddisfatto del valore di quanto hai appreso? Sei soddisfatto delle relazioni con i compagni? Sei soddisfatto delle relazioni con i docenti? Sei soddisfatto della relazione con il tutor? Indica in che misura sei soddisfatto del servizio nel suo insieme 147 INDICE SOMMARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 PRESENTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Parte prima: i riferimenti 1. AMBIENTE EDUCATIVO, CENTRALITÀ DELLA PERSONA, SAPERE PERSONALE . . . . . . . . . . . . 9 2. LA FORMAZIONE EFFICACE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2.1. Rilevanza dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.2. Valenza culturale del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 3. RILEVANZA EUROPEA DELLE SPERIMENTAZIONI IFP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 3.1. Il movimento sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 3.2. Il Quadro europeo delle qualifiche (QEQ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 4. METODOLOGIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 4.1. Modello formativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 4.2. Occasioni di apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 4.3. Standard formativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 5. LA CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 6. GLOSSARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 7. BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 Parte seconda: la guida 1. METODOLOGIA VALUTATIVA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 2. REQUISITI DEI PERCORSI FORMATIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 3. MAPPA DELLE AZIONI E DEGLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE . . . . . . . . . 51 Parte terza: gli strumenti 1. GESTIONE DEL PERCORSO FORMATIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 1.1. Definizione del percorso formativo di massima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 1.2. Elaborazione del profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali . . . . . . . . 58 1.3. Elaborazione del portfolio dell’allievo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 148 2. VALUTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 2.1. Valutazione delle competenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 2.1.1. Prima tappa: elaborazione della mappa delle competenze . . . . . . . . . . . . . . . 71 2.1.2. Seconda tappa: elaborazione di una rubrica per ciascuna delle competenze previste nella mappa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 2.1.3. Terza tappa: elaborazione della metodologia di valutazione dell’UdA . . . . . 85 2.2. Valutazione delle conoscenze e delle abilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 2.2.1. Prima tappa: individuare le diverse capacità intellettuali da sollecitare in riferimento all’ambito di conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 2.2.2. Seconda tappa: individuare le tipologie di prove in grado di sollecitare tali capacità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 2.2.3. Terza tappa: cogliere tutte le situazioni di apprendimento che mobilitano le risorse proprie del campo di riferimento del sapere . . . . . 102 2.2.4. Quarta tappa: individuare gli indicatori che possono segnalare l’intero arco degli opprimenti mirati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 2.3. Valutazione dei comportamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 2.4. Valutazione sommativa e pagellino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 2.5. Valutazione finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 3. CERTIFICAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 4. GESTIONE DEGLI INGRESSI E DELLE USCITE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120 5. LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 6. MONITORAGGIO DELLE AZIONI FORMATIVE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 149 Pubblicazioni 2002-2007 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” 1) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professionale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 2) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 3) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professio nale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 4) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orien- tativi, 2003 5) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Cata - nia, Noto, Modica, 2004 6) CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004 7) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 8) MALIZIA G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 9) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, 2004 10) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 11) D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istru- zione e formazione professionale, 2005 12) PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 13) NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 14) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale. II edizione, 2006 15) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 16) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nel - l’istruzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 17) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 18) COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare attivo, 2007 19) MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 20) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 21) NICOLI D. - R. FRANCHINI, Costruzione dell’identità personale e sociale negli adolescenti e nei giovani. La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 22) NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 23) MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Problemi e prospettive, 2007 24) PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 25) BELLESI L. - DONATI C., Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto finale, 2007 26) NICOLI D. - COMOGLIO M., Una formazione efficace. Esiti del monitoraggio dei percorsi speri- mentali di Istruzione e Formazione professionale in Piemonte, 2007 2. Nella sezione “progetti” 27) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 28) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, 2003 29) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 30) CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network, 2004 31) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 32) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e pro- poste di strumenti, 2003 33) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 34) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 35) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 36) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 37) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 38) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 39) CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 40) CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffu - sione di una buona pratica, 2004 41) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 42) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 43) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 44) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 45) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 46) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 47) COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, s.d. 48) FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 49) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 50) MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 51) NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema del - l’istruzione e della formazione professionale, 2004 52) NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel siste - ma dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 151 53) TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 54) VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui per- corsi formativi, 2003 55) NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 56) VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 57) POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 58) CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 59) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 60) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 61) NICOLI D. - TACCONI G., Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 62) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 63) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa, 2° edizione, 2007 64) D’AGOSTINO S., Apprendistato nei percorsi di diritto- dovere, 2007 3. Nella sezione “esperienze” 65) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 66) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 67) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, 2003 68) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 69) CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 70) TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordina- tore delle attività educative del CFP, 2005 71) COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, 2006 72) ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 73) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Marzo 2008

L'esperienza di formazione formatori nel progetto 2003. La riflessività dell'operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della FPI

Autore: 
Cristina Baldi - Mariapia Locaputo
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
272
A cura di Cristina BALDI - Mariapia LOCAPUTO PROGETTO “OFS PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” L’esperienza di formazione formatori nel progetto integrazione 2003. La riflessività dell’operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della formazione professionale iniziale UNIONE EUROPEA Fondo Sociale Europeo Regione Puglia Sommario Introduzione ............................................................................................................................... 5 Presentazione della sperimentazione .................................................................................. 7 1° parte La storia della formazione professionale in Puglia tra tradizione e innovazione ................................................................................................ 11 2° parte: Il progetto “Integrazione 2003” ......................................................................................... 87 Conclusione ............................................................................................................................ 265 Bibliografia ............................................................................................................................ 267 3 Introduzione I processi di trasformazione, che negli ultimi decenni hanno investito le società contemporanee più evolute provocando decisi cambiamenti sul piano sociale, eco- nomico e prima ancora culturale, riguardano molto da vicino anche il mondo della formazione professionale. Oggi la sopravvivenza e la crescita delle imprese (in un mercato caratterizzato dagli sviluppi tecnologici, dall’internazionalizzazione, dalla dinamizzazione degli scambi e delle relazioni e, contemporaneamente, da una forte instabilità) è forte- mente condizionata dalla capacità di innovarsi e trasformarsi: emerge con forza la centralità del “capitale intellettuale”e dell’investimento in conoscenza, ricerca e know how innovativi. Inizia a delinearsi una nuova logica in cui la risorsa umana, assume un ruolo centrale in quanto “veicolo” di qualità del prodotto o del servizio erogato dalle im- prese. La ricerca della “qualità” determina investimenti forti e costanti in conoscenze e in cura del valore di cui sono portatrici le risorse umane, le uniche capaci di pro- durre innovazione apprendendo dalla soluzione dei problemi che esse stesse costantemente generano. Da oltre un decennio, il dibattito sulla formazione si presenta sempre più com- plesso e articolato, tanto da rendere altrettanto problematico fornire una definizione univoca del termine “formazione”, per via delle diversificate connotazioni che esso ha acquisito nell’attuale contesto sociale ed economico. Il crescente interesse attorno alla formazione professionale ha assunto declina- zioni diverse, non solo in relazione ai contenuti delle attività formative, ma anche in funzione della fase del ciclo di vita professionale. In altri termini, formazione professionale iniziale, formazione professionale superiore, formazione permanente e formazione continua non si differenziano solo per una diversa centratura sull’ad- destramento o sull’aggiornamento. La stessa riforma del sistema educativo di istruzione e formazione professio- nale, sull’onda delle indicazioni dell’Unione Europea, sottolinea l’importanza di creare le condizioni affinché sia garantito ad ogni persona “il diritto a formarsi, ad apprendere per tutto l’arco della vita1”. In quest’ottica, il ruolo della formazione viene rafforzato e assume un’impor- tanza cruciale per la crescita della persona e delle organizzazioni o delle comunità in cui questa è chiamata a investire le proprie competenze umane e professionali. 5 1 Legge n. 53/2003 art. 2. 6 La formazione, in tutte le sue accezioni, è sempre più la struttura portante di una società e di un mondo del lavoro articolato, flessibile e dinamico. Assumono rilievo sempre maggiore i significati della formazione in relazione a una società dominata dalla complessità e dalla frammentarietà e, più ancora, ci si interroga sul senso profondo del formarsi e del formare nell’ottica della realizza- zione di un nuovo progetto di uomo. “Fare formazione” significa, dunque, gettare uno sguardo in avanti, verso la creazione di “mondi possibili”, costruendo “ponti” che abilitino i giovani – nostri destinatari privilegiati dell’azione formativa – a definire il proprio percorso di vita sociale e professionale. “Formarsi” significa, in primo luogo, imparare a farlo in modo sistemico e par- tecipato. La surmodernitè, che caratterizza infatti la complessità sociale dei nostri giorni, spinge a lavorare in rete, a creare “legami” tra i vari contesti in cui si svolge la vita dell’uomo per poter garantire qualità in termini di efficacia ed efficienza a un servizio di formazione. Di qui la necessità di pensare la formazione della persona come un “mosaico” alla cui realizzazione contribuiscono vari “tasselli”, ovvero vari soggetti che con la persona interagiscono (famiglie, scuole, istituzioni, gruppi amicali, ecc.). Di conse- guenza, progettare la formazione delle persone nella loro pluridimensionalità necessita, oggi, del coinvolgimento di molti attori. In questo scenario, al progettista della formazione, si chiede di imparare a con- frontarsi con le realtà nelle quali è chiamato a intervenire, sapendo dialogare e ne- goziare con esse, si richiedono competenze tecnico-professionali molto articolate e il possesso di un bagaglio culturale e scientifico estremamente variegato: sognare, sperimentare e meditare il possibile e a volte l’impossibile, per aiutare i giovani ad inserirsi nella società. A questa logica si ispira il presente lavoro che è il risultato di un’attività di for- mazione dei formatori che ha visto camminare insieme, attraverso il dialogo, il confronto attivo e la collaborazione, i formatori degli Enti di Formazione Profes- sionale di ispirazione cristiana della Regione Puglia, al fine di garantire agli allievi, soprattutto ai più giovani, una formazione alla vita di qualità e un aiuto concreto alla realizzazione del proprio successo formativo. 2 CNOS-FAP – Centro Nazionale Opere Salesiane, Formazione Aggiornamento Professionale. 3 CIOFS/FP – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane, Formazione Professionale. 4 SCF – Scuola Centrale Formazione. 5 CNOS-FAP: Bari e Cerignola; CIOFS/FP: Ruvo di Puglia, Martina Franca, Taranto, Fraga- gnano; OFMI Foggia, ASSOCIAZIONE CALASANZIO: Campi Salentina; EPCPEP: Gioia del Colle e Ostuni; CIFIR: Bari, Oria e Taranto. 7 Presentazione della sperimentazione Nell’ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003) rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 hanno concluso il primo ciclo di studi, gli Enti di formazione Nazionali CNOS-FAP2, CIOFS/FP 3 e SCF 4 hanno elaborato un’offerta di servizi di supporto all’azione formativa dei CFP della Regione aderenti alla CONFAP Puglia, artico- lata in quattro principali “aree d’azione”: 1. Ricerca e Supporto alla progettazione; 2. Formazione Formatori; 3. Monitoraggio e Valutazione; 4. Diffusione e Pubblicizzazione. È nato così il Progetto Integrazione 2003 che, per la prima volta nella Regione Puglia, (nell’ambito della realizzazione dei percorsi sperimentali di Istruzione e Formazione Professionale, attuati secondo l’Accordo quadro del 19 giugno 2003 e della modellizzazione adottata dalla Regione nella formula dei percorsi formativi integrati tra Scuola, CFP e Aziende) ha visto la partecipazione di un buon numero di CFP5 attivati nel collaborare sui temi della organizzazione didattica e della gestione della propria offerta formativa, destinata ad allievi in diritto/dovere all’istruzione e formazione professionale. La finalità dichiarata dell’intervento progettuale, da parte dei suddetti Enti Na- zionali, è stata quella di proporre un’esperienza non solo addestrativa ma soprat- tutto educativo-formativa tale da indurre gli stessi operatori della FP a socializzare e fertilizzare le proprie conoscenze ed esperienze professionali, partendo dalla con- divisione e integrazione della comune storia della Formazione Professionale in Pu- glia fino a sviluppare e potenziare competenze metodologiche e psicopatologiche indispensabili nella relazione didattica, formativa ed educativa con gli utenti. Quanto raccolto nel presente lavoro descrive, in particolare, l’esperienza di Formazione Formatori che è stata vissuta da questi come una importante opportu- nità per lavorare insieme, confrontarsi sui propri vissuti lavorativi, condividere 8 ansie, preoccupazioni, aspettative, domande e camminare insieme alla ricerca di nuove strade che conducano ad offrire un servizio formativo di qualità agli utenti della formazione professionale. Il progetto si inserisce nei profondi cambiamenti culturali, istituzionali e strut- turali del Sistema educativo di istruzione e formazione italiano. Globalizzazione, società dell’informazione, rivoluzione tecnologica sono i nuovi termini di paragone con cui istituzioni scolastiche e formative sono chiamate a confrontarsi per adeguare e innovare i propri paradigmi di istruzione e forma- zione al lavoro, offrendo alle nuove generazioni standard di qualità funzionali alla professionalizzazione; ciò nonostante, i servizi alla persona, se da un lato debbono garantire la qualità delle azioni formative, dall’altro debbono continuare ad affer- mare la centralità della persona nella relazione educativa. Si stanno individuando, a vari livelli, nuove vie per rispondere quindi ai bi- sogni formativi. I molteplici iter legislativi e formativi, non sempre sono caratteriz- zati da organicità. Più in particolare, negli ultimi decenni, sono state approvate norme che stanno cambiando profondamente il nostro sistema educativo di istru- zione e formazione, incidendo profondamente anche sul vissuto dei docenti e degli operatori della Formazione Professionale iniziale. Con lo sguardo orientato ad allenare il cuore e la mente dei formatori ad un agire riflessivo, la proposta di Formazione Formatori, descritta in queste pagine, ha cercato di rispondere ai bisogni di adeguamento e più ancora di rinnovamento sempre più avvertiti da parte di chi agisce in questo campo. In questa esperienza di Formazione è stato possibile riflettere a lungo non solo sugli aspetti legislativi e sui nuovi orientamenti pedagogici cui la Riforma ha dato luogo, ma anche sulla identità della figura professionale, dell’operatore della for- mazione professionale iniziale. «Chi è il formatore nel quadro di una riforma che dichiara di pari dignità il (sotto) sistema dell’istruzione e quello dell’istruzione e della formazione profes- sionale? Un formatore di serie B? Un operatore pedagogico? Un educatore profes- sionale? Un animatore? O tutte queste professionalità assieme, vista la complessità degli utenti interessati alla offerta formativa proposta dal sistema della formazione professionale iniziale?». Mediante la presente pubblicazione si intende diffondere la visione maturata attraverso l’esperienza di formazione condotta, da CFP che, pur avendo tradizioni differenti, hanno cercato fortemente nell’integrazione di andare oltre la propria ot- tica per costruire una missione comune: quella di operatori pedagogici al servizio di soggetti deboli o a rischio di esclusione sociale. Le pagine che seguono vogliono offrire un quadro del lavoro di formazione svolto dai CFP accompagnati dalle autrici durante il “Progetto Integrazione 2003” che si è sviluppato lungo l’intero arco della prima sperimentazione dei percorsi for- 9 mativi di istruzione e formazione professionale attivati ai sensi dell’Accordo Stato – Regioni del giugno 2003. Si è voluto dare «spazio» e «voce» ai Centri di Formazione Professionale chiedendo di raccontare la loro storia, la loro vision, la loro mission e il prodotto dell’esperienza formativa vissuta insieme. E insieme si è voluto tentare di rispon- dere ad alcune delle domande di approfondimento emerse durante il cammino. Il primo capitolo traccia alcune coordinate inerenti l’identità del formatore nel quadro dei cambiamenti culturali e legislativi in atto e si sofferma, in particolare, sugli strumenti che consentono di offrire un servizio di qualità agli utenti della FP. Sono riportate alcune risposte alle domande di senso emerse durante gli incontri. Il secondo capitolo descrive l’esperienza di formazione dei formatori vissuta secondo le linee tracciate dal Progetto integrazione 2003. Nelle varie pagine si de- scrivono le fasi e le esperienze che hanno caratterizzato il cammino insieme. Il terzo capitolo dà voce agli operatori dei vari CFP, riportando il cammino di riflessione sul proprio agire educativo entro il quadro di riferimento della propria storia professionale e di quella del proprio ente di appartenenza, portatore di una propria vision e mission, ispirate alla promozione del giovane nella sua integralità. La formazione dei formatori ha coperto l’intero arco della prima sperimenta- zione dei percorsi formativi di istruzione e formazione professionale attivati con- sentendo di generare in ognuno un nuovo processo di riflessività pedagogica aperta al cambiamento e al confronto. 1ª Parte La Storia della Formazione Professionale in Puglia tra Tradizione ed Innovazione 11 1 QUAGLINO – CARROZZI, Il processo di formazione. Dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, 1998. Capitolo 1 I fondamenti antropologici e pedagogici della formazione professionale Mariapia LOCAPUTO Negli ultimi anni è esperienza comune ascoltare affermazioni che sottolineano quanto il lavoro e la formazione stiano cambiando profondamente. Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il modo di produrre. I microproces- sori, le cc.dd., le nanotecnologie, i computer hanno sostituito metodi e strumenti di lavoro che erano stati utilizzati e ritenuti validi per decenni. Inoltre, l’informatica e la telematica hanno introdotto nuovi modi di comunicare e di relazionarsi nel mondo del lavoro e anche nella vita sociale. I nuovi media (internet, in primis) – vista la loro intrinseca capacità pervasiva –sono caratterizzati da un preciso tratto di irreversibilità di incidenza sull’intera vita sociale, sia pubblica sia privata. I personal computer hanno modificato la nostra vita quotidiana cambiando il senso dell’esperienza, i tradizionali modelli di comportamento e, più globalmente, i quadri ideali e valoriali di riferimento, individuale e collettivo. La complessa rivoluzione tecnologica e sociale in atto spinge a richiedere nuove professionalità, con mansioni più sofisticate ed affidate a conoscenze più astratte, a capacità di consapevolezza, autonomia, flessibilità, responsabilità. I processi innovativi che hanno caratterizzato l’economia e la società intera a partire dagli anni Novanta, si sono tradotti in un aumento della domanda di forma- zione e coerentemente in un mutamento di obiettivi, contenuti e metodi. Il lavoro e la formazione sono cambiati, non solo perché sono mutate le tecno- logie e le organizzazioni aziendali, ma anche perché si è progressivamente verificata, e si sta verificando tuttora, una complessa mutazione culturale provocata dall’emer- gere di nuovi atteggiamenti nei confronti del lavoro e della formazione. Pertanto, oggi, si fa sempre più urgente l’istanza di una formazione focalizzata, non solo su conoscenze ed abilità tecniche specifiche, ma anche sullo sviluppo di capacità di concettualizzazione e di progettazione, affiancate sia da una disponibi- lità ad apprendere e ad aggiornarsi continuamente, sia da capacità relazionali, di adattamento e di cambiamento1. 13 2 COMMISSIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA, Politica di coesione a sostegno della crescita e del- l’occupazione:linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013, Bruxelles 05.07.2005 (COM 2005) 299. 3 Cfr. QUAGLINO – CARROZZI, Il processo di formazione. Dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, 1998. 4 D’ANNA G., Dir, Dizionario Italiano Ragionato, Sintesi, Firenze, 1987 5 GALIMBERTI U., Dizionario di psicologia, UTET, Torino, 1992. 6 Ibidem 7 Ibidem Le politiche di sviluppo a livello europeo 2 assegnano alla formazione, laddove questa si costituisca una “pratica di massa”, una valenza strategica per la crescita sociale ed economica di una nazione. La formazione non è più considerata soltanto come mero sistema che trasmette conoscenze codificate e tendenzialmente stabili, ma sempre più come insieme di dispositivi tecnici in grado di promuovere attitudini autonome, contestualizzate ed aperte al “possibile”3. Ciò richiede all’azione formativa un’attenzione al contesto concreto di inter- vento assumendo approcci (teorie, modelli e tecniche) che garantiscano letture più interpretative e “dialoganti”. In questo panorama assumono rilievo sempre maggiore i significati della for- mazione e, più ancora, il senso profondo del formarsi e del formare nell’ottica della realizzazione di un nuovo progetto di uomo. 1. Dal significato al senso della formazione oggi Il Dizionario della lingua italiana definisce la formazione come “atto o effetto del formare o del formarsi; in particolare maturazione delle facoltà di una persona in seguito a esperienza, apprendimento o studio” 4. Guardando al suo significato a partire dall’etimologia della parola, il termine formazione indica, quindi, l’attività di dar forma, di configurare, di plasmare. In psicologia, per formazione si intende il “processo teso allo sviluppo com- piuto dell’individuo, sia in termini di personalità psicologica sia in termini profes- sionali” 5. In ambito antropologico6, il termine si riferisce al processo di civilizzazione che si esprime nel doppio significato della parola cultura, intesa come educazione collettiva e come sistema di valori condivisi. La psicologia del lavoro7 si occupa della formazione intesa dal punto di vista professionale, come apprendimento programmato, tramite insegnamento e studio, delle conoscenze e delle abilità di base che rappresentano le condizioni preliminari per intraprendere consapevolmente una professione. Infine, in campo pedagogico, il termine formazione è spesso usato come sino- nimo di educazione e si riferisce allo sviluppo delle acquisizioni spirituali, pratiche e teoriche che accompagnano la maturazione dell’individuo. 14 8 CONTESSA G., La formazione: teorie, modelli e problemi, in www.psicopolis. com. Le differenti definizioni nascondono e rivelano al tempo stesso, diversi modi di intendere l’oggetto da definire, cioè diverse filosofie. La formazione viene quindi concettualizzata e realizzata diversamente in base agli ambiti e alle filosofie ad essa sottese. Così la formazione può essere intesa, in chiave idealista, come cambiamento emotivo e psicologico di carattere soggettivo, personale, legato all’essere dell’u- tente; ovvero, in chiave illuminista, razionalista, come un’azione di allargamento del campo cognitivo e di trasformazione dei comportamenti, intesi come modelli razionali di risposta8. La formazione può quindi essere concepita come un processo di trasmissione dell’eredità culturale da una generazione all’altra, come un trasferimento di cono- scenze e valori accreditati, oppure come un’azione di scoperta e stimolazione del potenziale degli utenti, i quali si trovano a confrontarsi con problemi e dubbi e ven- gono sostenuti nella ricerca della propria originale soluzione. Dalla prima impostazione scaturisce una psico-pedagogia direttiva, cioè che “dirige” i formandi verso un sapere prestabilito. Dalla seconda impostazione scaturisce una psico-pedagogia non direttiva o at- tiva, che si limita a stimolare ed aiutare i formandi a trovare le risposte di cui hanno bisogno. Le necessità di distinguere tra queste due opzioni deriva dall’esigenza di fon- dare un sistema di pensiero coerente dalle premesse filosofiche fondative, alle con- seguenze operative. Individuare i confini entro cui intendere la formazione, assumendo un signifi- cato “formale” del termine, aiuta a individuare il senso e i significati “sostanziali”, del fare formazione oggi. Il significato e il senso della formazione è cambiato nel corso degli ultimi de- cenni. Nell’età moderna, con l’idea dell’uomo come costruttore di sé e con l’idea del progresso e dello sviluppo come prodotto dell’intervento razionale dell’uomo, il termine formazione è divenuto una parola-programma utilizzata per indicare il pro- cesso di integrale sviluppo della persona (dal tedesco bildung). Con gli sviluppi delle discipline di carattere sociologico e degli studi sulle organizzazioni, con la parola formazione si è venuto ad intendere il processo di acquisizione delle competenze, che consentono di svolgere in maniera efficiente ed efficace un ruolo sociale e professionale. In questa dimensione la formazione diviene questione essenziale e risorsa im- prescindibile nelle politiche nazionali ed internazionali di sviluppo. La formazione appare, oggi, come risorsa strategica non semplicemente per la preparazione professionale che gli individui conseguono, ma perché “chiave di 15 9 NICOLI D. Manuale per progettista di formazione, nell’approccio antropologico-sociale, in Qua- derni per l’Obbligo Formativo, Provincia di Milano, n. 4/02 10 Ibidem 11 Cfr. FONTANA, S. TACCONI, G. VISENTIN M., Etica e deontologia dell’operatore della forma- zione professionale, Collana Studi - Progetti – Esperienze, ed. CNOS-FAP, Roma, 2003: Non c’è for- mazione/educazione se non là dove il senso della possibilità si intreccia con quello della realtà. Fare formazione ponendo al centro la relazione educativa con la persona del formando in termini di ser- vizio e di affidamento significa costruire un equilibrio dinamico tra la capacità di comportarsi in modo adeguato alla realtà e la capacità di vedere quello che non c’è (i mondi possibili) come possibi- lità in grado di animarla e trasformarla. volta” per la crescita dell’individuo in una collettività (il mondo del lavoro, ma anche la società civile, le comunità locali). Diviene quindi importante formare la persona, il cittadino, a un ruolo sociale oltre e prima ancora che professionale. La formazione, dunque, in modo più compiuto può essere intesa oggi come “un’azione di natura relazionale, intenzionale e programmata, volta ad accrescere il valore sociale della risorsa-persona”9. Essa si caratterizza10, dunque, in quanto: - Azione: ovvero un processo vitale applicato ad una realtà specifica (quella della persona in formazione) e volto alla sua trasformazione; - Di natura relazionale: si tratta di un’azione basata sul principio di recipro- cità, e si connota, non tanto come un mero trasferimento di informazioni o accrescimento di capacità e competenze, ma come relazione significativa di servizio e, nello stesso tempo, di affidamento tra persone11. - Intenzionale: ciò indica la presenza di un soggetto portatore di un quadro di valori coerente con l’azione formativa, e nel contempo di un intento di cam- biamento coerente con un sistema di finalità ed obiettivi. - Programmata: cioè un progetto che delinea in modo preciso i mezzi neces- sari, le fasi in cui si compone l’azione e le metodologie utilizzate dagli ope- ratori della formazione. - Centrata sulla risorsa-persona: si sottolinea così nella definizione la visione antropocentrica rispettosa della peculiarità-irriducibilità della persona umana. La persona è centrale rispetto all’organizzazione ed agli “imperativi di sistema”. Essa è un soggetto volitivo, dotato di senso, in grado di agire progettualmente, in una logica aperta all’evento. - Per il suo valore sociale: non si tratta del valore in sé (che pure è necessario tenere presente in ogni momento dell’agire formativo) quanto della spendibi- lità nel contesto sociale della risorsa umana, nel mercato del lavoro e delle professioni. - Perchè azione di accrescimento: tramite la formazione si realizza nella per- sona una trasformazione osservabile e valutabile che opera in modi differenti sia nel senso dello sviluppo di disposizioni interne, sia in quello di cono- scenze e competenze. 16 La formazione è, quindi, un’attività che mira alla valorizzazione (e prima al ri- conoscimento) del potenziale umano, in modo da rendere la persona capace di svi- luppare “laboriosità” e “creatività”, utilizzabili al fine di saper trovare soluzioni adeguate ai problemi incontrati, definiti all’interno di un particolare ambito di sa- peri e di competenze/responsabilità. La formazione professionale, come ambito specifico del più ampio campo della formazione, è strettamente legata alla struttura del lavoro intesa come ambito simbolico, operativo e relazionale nel quale si sviluppa l’attività umana come dina- mica di “creazione sociale”. Ciò comporta la necessità di delineare i modi del rapporto tra formazione e la- voro. Va ricordato che il lavoro, in particolare il tipo di lavoro emergente dall’at- tuale dinamica sociale ed economica (definibile, in modo sintetico, post-taylori- stica e post-burocratica), è portatore di una “formatività” implicita che va innanzi- tutto riconosciuta e poi valorizzata verso la massima promozione delle risorse umane. Una concezione formale del processo formativo lo descrive come una “forma” astratta derivante dalla codifica delle diverse prassi entro modelli e schemi. Questi sono utili, ma non possono sostituire le reali dinamiche del contesto socio-lavora- tivo le quali sono in grado di mobilitare il loro carattere formativo implicito. Una concezione della formazione di natura relazionale mira invece a definire un progetto formativo come entità vitale, che coinvolge sia la dimensione intersog- gettiva dell’azione sia la dimensione sociale. La situazione formativa è vista in chiave relazionale, in modo da lasciar emer- gere le caratteristiche dei soggetti nella scena dell’azione e da consentire una as- sunzione di responsabilità nei confronti della propria esistenza. La relazione educativo-formativa rappresenta, in primo luogo, un ambiente re- lazionale significativo che favorisce la valorizzazione del potenziale della persona destinataria dell’azione in modo da mobilitarne le risorse in direzione di un cam- biamento condiviso e compartecipato, effettivo e rilevante per la persona stessa. Tale azione è vista anche come intervento in un contesto al fine di: • valorizzare le caratteristiche specifiche (in particolare la cultura formativa, spesso implicita); • stimolare i soggetti (stakeholder – portatori di interessi, utenti, altri); • definire attraverso l’assunzione di responsabilità dei formatori (espliciti ed impliciti) un percorso in grado di mobilitare le risorse formative verso un cambiamento atteso e condiviso (apprendimenti, maturazione e mutamento sociale) sapendo sostenere le difficoltà e superare gli ostacoli. Formare consiste, allora, nel fornire competenze che, se fino a ieri non erano essenziali, sono oggi decisive per affrontare il cambiamento: “alle vecchie certezze date dalla stabilità dell’organizzazione e dalla prevedibilità del domani, devono so- 17 12 Cfr QUAGLINO – CARROZZI, op.cit. 13 POLLO M., Le sfide dell’abitare una società complessa, in Quaderni di animazione e forma- zione. L’animazione socioculturale, Edizione Gruppo Abele, Torino 2001. 14 POLLO M., op.cit. Nella cultura della società complessa il segno è andato sempre di più autonomizzandosi dall’ og- getto per manifestare il suo significato quasi esclusivo in relazione con gli altri segni. Questa trasfor- mazione profonda della lingua ha portato le persone a sganciarsi sempre di più dalla realtà per collo- carsi all’interno di un mondo immaginario. La parola si è fatta astratta perdendo la sua cosalità. La pa- rola greca logos ha prevalso sulla parola ebraica dabar. Infatti in ebraico dabar, oltre che «parola», si- gnifica anche «cosa», mentre in greco logos, oltre che «parola», significa anche «concetto», idea astrat- ta. Il differente modo di intendere e di usare la parola si manifesta nei differenti modelli culturali del mondo greco e di quello ebraico. Infatti mentre nella tradizione ebraica la parola è lo strumento che l’uomo ha a disposizione per dominare la realtà del mondo storico che abita e la verità è la fedeltà nella stituirsi maggiori capacità delle persone di orientarsi e di affrontare il nuovo e il di- verso”12. 2. Imprescindibilità del fondamento antropologico-sociale della formazione Cercare quali possono essere i concetti base a cui la formazione oggi può ispi- rarsi, implica la necessità di interrogarsi sull’idea di uomo, sul disegno di società e sull’interazione fra le diverse istituzioni in cui la sua vita si svolge. Questo com- porta sollevare “domande forti” come quelle inerenti la libertà e la possibilità di es- sere “creatori” di storia, domande sulla possibilità stessa per l’uomo di oggi di saper “decifrare” il tempo e lo spazio che abita per individuare significati ed elabo- rare una progettualità individuale e collettiva. Oggi chi fa formazione/educazione deve affrontare molteplici sfide che na- scono in gran parte dalla complessità sociale e dalla transizione verso quella che gli antropologi francesi chiamano la surmodernitè, correttamente traducibile in ita- liano con “surmodernità”13. L’espressione complessità sociale, sopra riportata, viene utilizzata normal- mente per indicare la cultura caratteristica delle società economicamente svilup- pate, che hanno vissuto al loro interno i processi di secolarizzazione e di moderniz- zazione e nelle quali, la stragrande maggioranza degli abitanti, vive condizioni di benessere e libertà tipiche delle moderne democrazie. Le sfide della complessità sociale nascono: - dalla fine del centro, o meglio, dalla nascita di una pluralità di centri che for- niscono ai valori sociali una legittimazione parziale e precaria, rendendo im- possibili le scelte tra valori, bisogni e opportunità, se non nella logica della utilità immediata; - dalla crisi della dialettica desiderio/limite, che ha dato vita al pluralismo estremizzato e al consumismo; - dalla crisi dell’identità storico-culturale legata alla crisi della memoria sto- rica, processo che ha comportato una perdita di contenuto anche delle parole; - dalla crisi della parola, che diventa sempre più astratta (logos) perdendo la sua aderenza col concreto (dabar)14; 18 vita quotidiana all’alleanza, nel mondo greco la parola rimanda all’ essenza della realtà, ai con- cetti astratti o ideali che la realtà nasconde o maschera e la verità, conseguentemente, consiste nel por- ta re alla luce, nello svelare queste essenze nascoste. Lo spostamento della parola verso l’astratto e il suo mondo, l’immaginario, tradisce quell’equilibrio tra dabar e logos che ha caratterizzato dopo l’avvento del cristianesimo la cultura dell’Occidente. 15 POLLO M., op.cit: Senza questa dimensione solidale sociale non è possibile l’esistenza dell’Io. li formarsi dell’Io e il suo mantenersi, infatti, è reso possibile solo dall’ esistenza del Noi. Se non ci fosse un Noi che si pren de cura, tutela ed educa i nuovi nati, questi non solo non potrebbero con - quistare la coscienza, ma, addirittura, non potrebbero sopravvivere. 16 POLLO M., op.cit: Insieme alle grandi narrazioni sono entrate in crisi le ideologie e i mecca- nismi sociali che aiutavano le persone a uscire dai loro mondi vitali quotidiani per entrare nella vita del sistema sociale. 17 Cfr TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Collana Progetti CNOS-FAP, Roma, 2003; FONTANA S. TACCONI G. VISENTIN M., Etica e deontologia dell’operatore della formazione professionale, Collana Progetti CNOS-FAP, Roma, 2003. 18 TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Collana Progetti CNO- SFAP, Roma, 2003. - dalla crisi del Noi, ovvero di quella dimensione sociale della vita costituita da una rete di solidarietà che consente a ogni individuo l’utilizzo nel proprio progetto di vita delle risorse, materiali e spirituali, messe a disposizione dagli individui che con lui condividono lo spazio e il tempo15; - dalla crisi delle grandi narrazioni e dei transattori in grado di collegare il mondo vitale delle persone con il sistema sociale16. Occorre poi tenere conto che la complessità è tipica delle cosiddette società del benessere, che, come è noto, sono società duali ovvero società in cui vi è una mag- gioranza, costituita dai due terzi circa dei suoi abitanti, che gode di condizioni di benessere e della pienezza dei diritti di cittadinanza, e una minoranza, costituita dal restante terzo, che non gode del benessere e soprattutto vive situazioni di emargina- zione e, quindi, di non pienezza dei diritti di cittadinanza. Queste sfide della complessità sociale sono, infine, arricchite da quelle della surmodernità, che vanno dalla scomparsa dei luoghi alla crisi dello sviluppo della persona lungo le tappe del suo ciclo vitale, fino all’indebolimento della responsabi- lità degli adulti verso le nuove generazioni. La società complessa ha, altresì, prodotto la scomparsa dei luoghi17 e la nascita dei “non luoghi”; la crisi della relazione intergenerazionale e la fusione nella rela- zione educativa genitoriale tra “materno” e “paterno”. Oggi, pertanto, è quanto mai imprescindibile inserire la formazione entro un orizzonte etico e antropologico fondante e fondativo. Per un CFP di ispirazione cristiana, progettare ed erogare la formazione, in un mondo in cui sono presenti cambiamenti che comportano la messa in “crisi” dei paradigmi di conoscenza 18, significa assumere a fondamento del proprio agire una specifica idea di uomo e della formazione come strumento di promozione umana. A fondamento del “fare formazione” nello stile e secondo il carisma di San Giovanni Bosco vi è il paradigma “buon cristiano e onesto cittadino”. Tutta 19 19 GIUGNI G.,La programmazione didattica in prospettiva sociale, Giunti &Lisciani, Teramo, 1987, pp. 153-154. La formazione “non riguarda tanto l’addestramento ad eseguire, nel lavoro, una de- terminata funzione, quanto piuttosto la promozione - nell’individuo - di una motivazione positiva nei confronti del lavoro; non considera la professione un accessorio, bensì una dimensione fondamentale della personalità, che va sviluppata nel contesto dello sviluppo integrale di quest’ultima, a partire dal- l’infanzia e non alla fine del processo evolutivo. La ‘professione’, in altri termini, deve ‘emergere’ dal- la personalità e non aggiungersi ad essa”. 20 NICOLI D., Manuale per il progettista di formazione, in Quaderni per l’Obbligo Formativo, Prov. Milano, n. 4/02 l’azione educativa/formativa di Don Bosco, a cui i CFP salesiani si ispirano, è fon- data sulla promozione dell’essere umano, posto al centro dell’azione educativa. La formazione è considerata come un’azione prevalentemente rivolta all’arric- chimento della dotazione personale di saperi, capacità e competenze, che si svolge in un contesto sociale ricco di stimoli e opportunità ma anche di limiti e necessità di scelta fra alternative non sempre compatibili. In una prospettiva antropologica (e antropocentrica) il riferimento prioritario della formazione è, dunque, la persona umana, collocata entro un contesto (quello della società complessa sopra descritto) che da un lato ne disegna gli spazi di azione e dall’altro ne vincola l’espressione. L’individuo, è considerato un soggetto dotato di più dimensioni ed è caratteriz- zato da un’intenzionalità. Tale intenzionalità fa riferimento ad aspirazioni e valori che costituiscono il suo mondo interiore e che attribuiscono alla sua azione un senso peculiare. La società è concepita come lo spazio reale entro cui si svolge l’avventura del- l’uomo e con il quale si delinea un dialogo/confronto dal carattere anch’esso for- mativo. In questa prospettiva, il processo formativo si colloca, non tanto nella dimen- sione del processo economico in senso stretto, quanto in quella della società civile e concepisce la persona innanzitutto come un cittadino portatore di diritti soggettivi ed irrinunciabili. Formare significa, dunque, porre a fondamento dell’azione formativa il desti- natario e la relazione educativa rivolta alla sua triplice dimensione di persona, citta- dino, lavoratore19. Ogni progettazione formativa, per non ridursi esclusivamente ad una costru- zione tecnica di obiettivi da raggiungere indipendentemente dai soggetti cui è desti- nata e dai contesti in cui opera, deve potersi riferire ad una antropologia esplicita e positiva20, ponendo a fondamento una visione di uomo e del suo rapporto con la so- cietà che si preoccupi di porre al centro la persona, i suoi bisogni, il suo progetto di vita. 20 21 Ibidem. La persona umana come referente e soggetto della formazione si pone come una realtà unica ed irripetibile, irriducibile, volitiva, sensata ed aperta, costituita da un in- sieme organico di fattori che ne delineano la personalità come apertura dinamica protesa verso una ricerca ed un compimento21. Il “mondo personale” è infatti caratterizzato da una radicale incompletezza e nel contempo da un bisogno di realizzazione che genera energie proprie dell’essere umano. Tale bisogno si esplicita nella ricerca di un percorso di vita, che consiste nel dare nome proprio alle esperienze che si conducono e che respinge di contro at- tività nelle quali il soggetto finisce per scomparire in un’indistinguibile massa. In ognuno di noi, la personalità è costituita da fattori originari inerenti l’individualità, la famiglia, l’ambiente etico-culturale di provenienza e le espe- rienze relazionali significative. La realtà personale originaria si apre ad un continuo cambiamento attraverso una dinamica intenzionale guidata dal quadro di valori di riferimento dell’indi- viduo. Tali valori sono le direttrici del percorso di vita e nel contempo, i criteri tra- mite cui selezionare le opportunità ed esperienze. La gran parte delle esperienze che la persona conduce non sono esplicitamente finalizzate all’educazione o alla formazione. Non per questo mancano di essere oc- casioni di apprendimento; anzi, esse spesso sono portatrici degli apprendimenti più rilevanti e persistenti, che mettono alla prova il quadro dei valori, lo modificano o perfezionano, in altri termini contribuiscono al processo di maturazione personale. Una particolare classe di esperienze tese a modellare la personalità è data dal- l’insieme delle esperienze di istruzione e formazione. Nel cammino di maturazione, la persona tende ad esplicitare una vocazione, ovvero la disposizione verso una particolare forma di realizzazione di sé, che com- prende (in modo più o meno esplicito, più o meno chiaro, a seconda delle condi- zioni di vita in cui è posta e delle esperienze condotte) una particolare attività lavo- rativo-professionale, non intercambiabile con nessun’altra in quanto portatrice pri- vilegiata dell’espressione personale. La persona tende così a costruire un progetto di vita nel quale si esplicitano i caratteri della personalità in relazione all’ambiente di riferimento, lungo una dire- zione certamente vincolata dalle opportunità e dal contesto. All’interno di tale pro- getto si delinea anche la dinamica lavorativa, ragione per cui si parla di progetto di vita/di lavoro intendendo una dimensione sociale, ma nel contempo fortemente an- corata al mondo personale dell’individuo. La persona umana è, quindi, essenzialmente apertura, vocazione e progetto; essa esige la possibilità di piena realizzazione del proprio potenziale e richiede un metodo specifico di cura e di promozione. Il progetto della persona si definisce entro un contesto di natura sociale, così co- me il processo di formazione rappresenta un’azione di natura essenzialmente sociale. 21 22 NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’i- struzione e della formazione professionale, Collana Progetti CNOS-FAP CIOFS/FP, Roma 2004. 23 SANTERINI M. L’educatore tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale, Ed. La Scuola, Brescia, 1998 p. 23 Assumendo, quindi, il processo formativo entro una prospettiva più ampia, si rende necessario definire il campo dell’azione formativa. Tale campo è definito dalle seguenti componenti: la persona, il contesto am- bientale, l’ambito professionale di riferimento, le opportunità formative e di svi- luppo professionale. In tal modo il processo di definizione del progetto formativo non segue un an- damento sequenziale (o ciclico) ma relazionale che pone in comunicazione due mondi: 1) quello della persona 2) quello del contesto di riferimento. L’incontro fra questi due mondi rende possibile il percorso formativo / di svi- luppo personale. In questa concezione l’obiettivo viene quindi ad essere quello della piena edifi- cazione, in chiave vocazionale, della personalità dell’individuo, considerato come il costruttore del proprio progetto di vita. La formazione (professionale) ha, in tale progetto, il compito di creare le con- dizioni affinché siano rispettati e pienamente espressi i “diritti di cittadinanza” di ogni individuo, specie dei più deboli e bisognosi 22. L’azione formativa rappresenta un valore in sé, un diritto fondamentale ed irrinunciabile della persona tramite il quale essa diviene più consapevole di se stessa. Ultimo elemento di riflessione riguarda i contesti della formazione. Con la parola contesto si intende l’“insieme di condizioni e circostanze nelle quali si inserisce l’azione educativa; […] uno spazio esperienziale nel quale la per- sona vive, agisce e sperimenta le sue relazioni sociali”23. All’interno del processo educativo, l’interdipendenza tra la dimensione della personalità individuale – nelle sue componenti sia cognitive, sia motivazionali – e gli aspetti socioculturali, ricorda quanto sia stretto l’intreccio esistente tra un sog- getto e il contesto di vita, senza per questo considerare la persona come diretto pro- dotto della società. Ogni educatore è chiamato a riflettere sul rapporto tra individuo e ambiente in cui vive: l’ambiente non è “altro” dall’educazione. La contestualizzazione di un’azione educativa è una condizione necessaria per cogliere il senso profondo dell’agire educativo, pertanto ogni intervento forma- tivo/educativo non può prescindere da una riflessione sulla persona nel suo con- testo di vita. Il rapporto tra persona, ambiente sociale, situazioni di vita, membri della famiglia, gruppi vicini, deve essere preso in considerazione in una logica di circolarità e reciprocità. Questo non per leggere la realtà in modo deterministico, 22 come causa di una situazione, bensì per ricercare ed evidenziare le opportunità di sviluppo e di crescita della persona. L’azione educativa è sempre contestualizzata e soggetta a interpretazione: è possibile educare solo tentando umilmente una comprensione globale delle per- sone, dei loro aspetti psicologici, cognitivi, affettivi, sociali, storici, per proporre nuovi significati e, attraverso essi, un cambiamento della persona e della società. La comprensione del contesto non è fine a se stessa, ma funzionale all’assun- zione di una decisione di cambiamento, di rinnovamento individuale e sociale. È funzionale all’elaborazione di un progetto. Il contesto in cui una persona vive è sempre un contesto culturale. La cultura, nella sua multiformità, rappresenta l’insieme dei significati che i gruppi umani at- tribuiscono alla realtà ed ai fenomeni nel corso del tempo e che trasmettono ai di- scendenti. Il “culturale”, cioè tutto ciò che riguarda le scelte storicizzate di un gruppo, traspira da ogni parte e caratterizza tutti gli aspetti del sociale: i modi di vita, il la- voro, la politica, l’educazione. Ognuno ha bisogno di vivere in una cultura intesa come linguaggio comune attraverso cui capire il contesto, porre limiti, stabilire di- ritti e doveri, trasmettere conoscenze e atteggiamenti. Potremmo dire che la cultura costituisce la chiave di lettura di un contesto e, quindi, delle persone che in quel contesto vivono e da cui traggono la propria “identità storico – sociale”. La crescita delle generazioni future avviene attraverso la trasmissione di tale eredità e la trasmissione frammentaria di questa cultura determina la creazione di gruppi marginali. Per convinzione largamente diffusa, la formazione professionale, almeno quella iniziale (indirizzata ai ragazzi che devono ancora assolvere il diritto-dovere all’istruzione e formazione), è rivolta a quella parte della popolazione giovanile al margine della società, a rischio di esclusione sociale (quando non anche a rischio di devianza), con difficoltà nell’apprendimento o, comunque, con scarse attitudini allo studio o con una abilità prevalentemente manuale. Dietro questa convinzione si nasconde un pregiudizio culturale che finisce col dividere le persone in buone e cattive, in brave e incapaci. In realtà, la formazione professionale erogata secondo il carisma di San Gio- vanni Bosco opera per vocazione, per scelta in contesti marginali, caratterizzati da una cultura frammentaria (talvolta da una non cultura), povera e precaria. Don Bosco, che ispira il lavoro educativo del CFP salesiano, considerava de- stinatari privilegiati della propria azione educativa i giovani, in special modo quella parte della gioventù, più al margine, in pericolo, a rischio di disagio o di devianza. Per primo egli vide la formazione al lavoro come uno strumento, una via per la formazione integrale della persona come “buon cristiano e onesto cittadino”. Potremmo quasi dire che per primo Don Bosco assunse una visione sistemica della formazione professionale, considerando la formazione al lavoro come via per 23 la crescita integrale della persona. Questo necessariamente impone – all’educatore come al progettista (di interventi formativi) – di imparare a dialogare con gli altri aspetti della vita di una persona interrogando il contesto in cui la persona vive (fa- miglia, ambiente extrascolastico e periscolastico, territorio) e interrogandosi sul le- game tra la crescita della persona in formazione e il contesto di riferimento. 24 24 Non a caso l’UE ha scelto come motto simbolico del cammino comune “unità nella diversità”. 25 Conclusioni presidenza del Consiglio dell’Unione europea, Consiglio straordinario di Lisbona, 21-23 marzo 2000. Capitolo 2 La memoria storica per la ricerca delle coordinate legislative Mariapia LOCAPUTO 1. Parola d’ordine: integrazione Il percorso di modernizzazione del sistema educativo italiano, che muove i suoi passi all’interno delle sfide e delle strategie di sviluppo declinate dall’Unione Europea, si articola intorno ad alcuni valori che costituiscono le chiavi di lettura e di interpretazione del processo di trasformazione culturale – e non solo – attual- mente in atto in Italia come nel resto dell’Europa. Gli atti di indirizzo e quelli normativi elaborati a livello nazionale come a li- vello europeo muovono intorno ai significati profondi delle parole “integrazione”, “modernizzazione”, “coesione”, “globalizzazione” Seppur tutti questi vocaboli richiamano al concetto di cambiamento, questo è maggiormente evidente e rilevante nel termine “integrazione”. Gli ultimi decenni hanno visto la nascita dell’Unione Europea come confedera- zione di stati, come comunità sovranazionale chiamata a perseguire interessi comuni per la crescita e lo sviluppo del Vecchio Continente, nel rispetto e nella conservazione dell’identità e della cultura dei singoli Stati24. Avviare un processo di coesione, di integrazione, e di crescita nell’ottica della globalizzazione, vuol dire non semplicemente perseguire le stesse mete, ma cam- minare insieme, attuando politiche di intervento comuni e condivise finalizzate a ridurre le disparità economiche e sociali fra le regioni europee e i loro abitanti, facendo sì che l’Europa diventi “l’economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulle conoscenze, capace di una crescita economica sostenibile con più posti di lavoro, più qualificati e con una maggiore coesione sociale 25”. L’integrazione, alla base dei processi di cambiamento (sociale, culturale ed economico) in atto in Europa, è espressione di democrazia, conquista di civiltà e una ricchezza da coltivare a tutti i livelli. 25 26 Il concetto di integrazione è centrale in sociologia. Per la teoria sociologica, la società, tutta nel suo complesso, è per natura integrata. Le forze, le parti che compongono il sistema sociale sono inter- dipendenti tra di loro per loro natura tese all’equilibrio e all’integrazione. Ma cosa significa integrazione? Nonostante l’ampio ricorso al termine integrazione e le numerose esperienze che si sono sviluppate al riguardo, a livello micro e macro, manca ancora una “teo- ria” dell’integrazione. Nel parlare generalmente di integrazione si intende la necessità di rapportarsi con gli “altri”: altre culture, altri sistemi e modi di agire e/o pensare per arricchirsi reciprocamente, senza perdere la propria identità e specificità. L’integrazione è un concetto prevalentemente sociologico comprendente diver- se sfaccettature. In sociologia 26 l’integrazione è vista come un processo attraverso cui un si- stema (una comunità di stati, di istituzioni, di persone) acquista e conserva unità strutturale e funzionale, pur mantenendo la differenziazione degli elementi. In genere l’integrazione si fonda sul consenso libero delle persone sociali che accettano la piattaforma che sta alla base dell’unificazione del comportamento; ma spesso sono leggi e norme esplicite, pressioni esterne, condizioni transeunti ed in- teressi momentanei a fondarla e giustificarla. Vale la pena di sottolineare come l’integrazione comporti (mediante un ipoteti- co libero consenso) l’accettazione di una piattaforma di valori (una meta comune) definite “consensualmente”. Spinta dall’Europa, e associata alla localizzazione, l’integrazione si configura, quindi, come una strategia per perseguire obiettivi comuni a diverse politiche, ine- renti la salute, l’occupazione, l’abitare, la protezione sociale, lo sviluppo locale, le quali combinandosi tra loro, convergono in interventi congiunti su un territorio comune. Queste convergenze e combinazioni tra materie e istituzioni diverse, determi- nano una ridefinizione continua delle materie stesse e delle competenze relative, al fine di creare forme di cooperazione, accordo, e quindi integrazione tra attori diversi. L’integrazione così intesa opera su diversi livelli: sul terreno delle pratiche, del- le agenzie e degli interventi, su quello gestionale delle scelte tecnico-amministrati- ve, ed infine, sul terreno istituzionale, delle responsabilità politico-amministrative. Per quanto più specificamente interessa il presente lavoro, l’integrazione tra l’istruzione e la formazione professionale ha assunto – in Europa come in Italia – progressiva centralità negli orientamenti e nelle scelte di politica scolastica e formativa in ossequio all’obiettivo condiviso di sostenere il processo di ammoder- namento dei sistemi dell’Istruzione e della Formazione, integrandoli e articolandoli in filiere ad alta specializzazione che forniscano occasioni formative lungo tutto l’arco della vita dei cittadini (long life learning). 26 27 Consiglio europeo straordinario di Lisbona, 23 – 24 marzo 2000, Bollettino UE 3-2000. Questo cammino di modernizzazione – auspicato nel nostro Paese, ma già in atto in Europa – ha come obiettivo prioritario quello di affermare il diritto di citta- dinanza formativa che amplia e consolida il tradizionale diritto all’istruzione, ed è presupposto alla effettiva possibilità di esercizio dei diritti socioeconomici, così come civili e politici. Lo sviluppo dell’integrazione fra formazione, educazione e lavoro sta diven- tando un riferimento crescente in molti progetti e molte attività. Creare però dei servizi integrati, non solo sulle tematiche, ma anche fra i soggetti che ad essi afferi- scono, è ancora un processo da compiersi. Gli enti aderenti al Progetto Integrazione 2003 della Regione Puglia hanno ispirato alla logica dell’integrazione la loro collaborazione e il loro percorso di for- mazione dei formatori che in questo lavoro viene raccontato. 2. Lo scenario dell’Unione Europea Le tecnologie dell’informazione, informatiche e telematiche, hanno provo- cato nell’ultimo decennio una radicale transizione sociale verso nuove forme di organizzazione dando così vita a quella che oggi viene indicata come “società della conoscenza”. I micro-processori stanno inducendo sotto i nostri occhi una “rivoluzione globa- le” dagli esiti non ancora chiari ed estesi, non solo alla produzione e alla comunica- zione sociale, ma anche ai modi di vita e all’esistenza individuale, familiare, e socia- le. Si sono accresciute enormemente le opportunità di accedere all’informazione e al sapere, ma d’altra parte si richiedono adattamenti e competenze nuove che, laddove manchino, possono provocare emarginazione ed esclusione sociale. Di fronte alla svolta epocale risultante dalle sfide della globalizzazione e della nuova economia basata sulla conoscenza, l’Unione Europea si è interrogata sulle strategie da attivare per favorire la crescita e la competitività dei paesi europei. In particolare, il capitale umano, inteso come l’insieme della conoscenze, ca- pacità e competenze dei singoli individui, è considerato dalle più recenti politiche comunitarie come la principale risorsa di cui disponiamo per il progresso e lo svi- luppo, pertanto la sua valorizzazione è ritenuta determinante sotto il profilo della qualità della vita, dell’occupazione, della coesione sociale e della competitività. Grazie a tale politica, negli ultimi anni, gli Stati membri e la Commissione hanno operato congiuntamente al fine di elaborare una strategia atta a migliorare i sistemi di istruzione e formazione europei e a dare attuazione al principio della for- mazione lungo tutto l’arco della vita. Iniziando dal Consiglio di Lisbona del marzo 200027, passando per quelli di Stoccolma e di Barcellona, per lo studio di Maastricht del 2004, fino a giungere 27 28 Decisione n. 1720/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che stabilisce un programma d’azione nel settore dell’istruzione e della formazione durante l’intero ar- co della vita. 29 Consiglio europeo straordinario di Lisbona, 23 – 24 marzo 2000, Bollettino UE 3-2000. alla raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo del 15 novembre 200628, sono state individuate le strategie da attivare per raggiungere l’obiettivo che vede l’Europa entro il 2010 come “l’economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulle conoscenze, capace di una crescita economica sostenibile con più posti di lavoro, più qualificati e con una maggiore coesione sociale”. 2.1 La strategia di Lisbona Una tappa fondamentale dell’attuale processo in tema di politiche educative è rappresentata dalla strategia formulata a Lisbona29 (marzo 2000) con la quale l’Unione europea si è data l’obiettivo di fare dei suoi sistemi di istruzione e di for- mazione un “punto di riferimento per la qualità a livello mondiale entro il 2010”. A Lisbona nel 2000 l’UE ha identificato nell’istruzione e nella formazione due strumenti essenziali per assicurare e sviluppare l’occupabilità, la coesione sociale e la realizzazione personale e professionale dei cittadini, svolgendo in tal modo un ruolo fondamentale nel perseguimento del traguardo che l’UE si è data per il 2010 di diventare l’economia basata sulla conoscenza più dinamica del mondo. In questo contesto, “lo sviluppo di un’istruzione e di una formazione professio- nale di qualità elevata è un elemento cruciale e parte integrante di tale strategia, se- gnatamente per quanto riguarda la promozione dell’inclusione sociale, della coesione, dell‘occupabilità e della competitività” (Consiglio dell’Unione Europea, 2002, 3). Di fronte alla complessità e alle novità offerte dalle nuove tecnologie e dai processi di globalizzazione, appare urgente che le persone vengano abilitate a ge- stire situazioni complesse dagli sviluppi imprevedibili, a confrontarsi con una cre- scente differenziazione, culturale, etnica e religiosa, a saper utilizzare le risorse of- ferte dalle tecnologie della informazione e comunicazione (TIC), a sapersi distri- care e prendere posizione rispetto alla molteplicità di informazioni frammentarie e al “conflitto delle interpretazioni”, che vengono diffuse dal sistema della comunica- zione sociale. All’istruzione e alla formazione si chiede che apra la strada all’intelligenza del mondo, fornendo gli strumenti e le competenze necessarie per leggere la realtà, orientarsi in essa, comprenderla anche in funzione creativa, sapendo dare un giu- dizio soppesato e ragionato su fatti, eventi, persone, situazioni, spesso inattese e ipoteticamente anche conflittuali. Nell’ottica espressa, il rafforzamento del sistema di istruzione e della forma- zione costituisce la chiave di volta per realizzare una crescita durevole del nostro continente. 28 30 Relazione del Consiglio “Istruzione”, al Consiglio europeo, sugli “Obiettivi concreti futuri dei sistemi d’istruzione e formazione“ [5680/01 EDU 18 - Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale]. Basandosi sui contributi degli Stati membri, la Commissione e il Consiglio hanno definito un certo numero di obiettivi comuni per il futuro, nonché il modo in cui i sistemi di istruzione e di formazione dovrebbero contribuire al raggiungi- mento dell’obiettivo strategico definito a Lisbona. Il Consiglio30 ha concentrato la sua attenzione sui tre obiettivi fondamentali: 1) Migliorare la qualità dei sistemi d’istruzione e di formazione L’istruzione e la formazione rappresentano uno strumento privilegiato di co- esione sociale e culturale, nonché uno strumento economico considerevole, desti- nato a migliorare la competitività e il dinamismo dell’Europa. Migliorare la “qualità” del predetto sistema implica: – migliorare la qualità della formazione degli insegnanti e degli addetti alla formazione; – riservare uno sforzo particolare all’acquisizione delle competenze di base che devono essere attualizzate per poter rispondere alle esigenze di sviluppo della società della conoscenza; – migliorare l’attitudine dei cittadini a leggere, a scrivere e a effettuare calcoli, in particolare per quanto riguarda le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le competenze trasversali (ad esempio: imparare ad ap- prendere, lavorare in équipe); – migliorare la qualità delle attrezzature nelle scuole e negli istituti di forma- zione, con un’ottimale utilizzazione delle risorse; – migliorare la corrispondenza fra le risorse e i bisogni, consentendo agli isti- tuti scolastici di realizzare nuove partnership che possano aiutarli nello svolgimento del loro nuovo ruolo, più diversificato che in precedenza. 2) Facilitare l’accesso di tutti all’istruzione e alla formazione Il modello sociale europeo di coesione sociale deve poter consentire a tutti i cittadini di accedere ai sistemi d’istruzione e di formazione formali e non formali, facilitando segnatamente il passaggio da un settore d’istruzione ad un altro (ad esempio dalla formazione professionale all’insegnamento superiore), dall’infanzia all’età matura. L’apertura dei sistemi d’istruzione e di formazione accompagnata da uno sforzo per rendere più invitanti tali sistemi, e per adattarli ai bisogni dei diversi gruppi destinatari, può svolgere un ruolo importante nella promozione di una citta- dinanza attiva, di una parità di opportunità e di una coesione sociale durevole. 3) Aprire l’istruzione e la formazione sul mondo Questo obiettivo comprende da una parte la costruzione dello spazio europeo dell’istruzione e della formazione tramite la mobilità e tramite l’insegnamento delle 29 31 Libro Bianco su Istruzione e Formazione: “Insegnare ad apprendere – verso la società conosci- tiva” – COM (95) 590, novembre 2005 32 Riunione di Copenaghen del 29-30 novembre 2002. lingue straniere da un lato, dall’altro il potenziamento dei collegamenti con il mondo del lavoro, della ricerca e della società civile nel suo insieme. Il raggiungimento di questi macro obiettivi comporta l’adozione da parte degli Stati membri di politiche nel campo educativo e sociale volte, tra l’altro, ad aumen- tare il numero dei cittadini europei con un diploma di scuola secondaria di II grado e a ridurre considerevolmente la percentuale di dispersione scolastica e formativa attraverso la promozione di complesse opere di ammodernamento dei sistemi di istruzione e formazione nazionali. Un ulteriore passo avanti, nella realizzazione del programma, è stato compiuto con il Consiglio Europeo di Stoccolma del marzo 2001 rispetto agli obiettivi futuri e concreti dei sistemi di istruzione e di formazione e con il Consiglio Europeo di Barcellona del marzo 2002 dove è stato riconosciuto il sistema dell’istruzione e della formazione come sfera prioritaria fondamentale della strategia di Lisbona. L’istruzione e la formazione si presentano come la carta vincente, per promuo- vere uno sviluppo per quanto possibile organico, armonico ed autentico a tutti i livel- li della vita, contrastando la povertà, impedendo l’esclusione, evitando lo scontro tra i popoli e le nazioni, lottando contro l’oppressione, la dominazione e la guerra come soluzione dei conflitti o delle esigenze di sviluppo. Tutto ciò si pone in continuità con il Libro Bianco del 1995 secondo il quale la “scuola rimane lo strumento insosti- tuibile dello sviluppo personale e dell’inserimento sociale di ogni individuo ...”31, perché “la qualità dell’istruzione e della formazione è diventata essenziale per la competitività dell’Unione Europea e per il mantenimento del suo modello sociale”. I documenti dell’UE sembrano proporre sei finalità irrinunciabili per l’istruzione e la formazione europea: – l’apprendimento lungo l’intero arco dell’esistenza; – la realizzazione della cittadinanza attiva mediante il riconoscimento dei di- ritti civili e sociali di tutti senza l’esclusione di nessuno; – la competitività nel quadro di un’economia basata sulla conoscenza e globa- lizzata; – la sussidiarietà orizzontale e verticale; – la centralità dell’istruzione e della formazione professionale per la promo- zione dell’inclusione sociale, della coesione, dell’occupabilità e della com- petitività; – la rilevanza dell’esperienza nei processi di apprendimento-insegnamento. Nel novembre del 2002, infine, con la Dichiarazione di Copenaghen32, i Mini- stri dell’istruzione e formazione professionale degli Stati membri dell’UE, dei paesi dell’EFTA/SEE e dei paesi candidati (i paesi partecipanti) dalla Commissione europea e dalle parti sociali europee, si sono impegnati, ancora una volta, a pro- 30 muovere una maggiore cooperazione in materia di istruzione e formazione profes- sionale, quale strategia atta a migliorare i risultati, la qualità e l’attrattiva dell’istru- zione e formazione professionale in Europa. 2.2 Verso il 2010 La verifica di metà percorso dei progressi compiuto dagli Stati membri ha ri- levato le difficoltà o in alcuni casi l’impossibilità di raggiungere entro il 2010 gli obiettivi prefissati e reso necessario una ridefinizione degli obiettivi e delle stra- tegie per realizzarli. Constatato il rallentamento nella creazione di posti di lavoro e l’insufficienza degli investimenti da parte degli Stati membri nel settore della ricerca e dello svi- luppo, l’UE ha preferito concentrare l’attenzione sulle azioni da svolgere per realiz- zare gli obiettivi prefissati. La data del 2010 e gli obiettivi riguardanti i diversi tassi di occupazione non vengono quindi più presentati come priorità, mentre vengono rilanciate le priorità politiche, segnatamente in materia di crescita e di occupazione. L’Unione europea considera una priorità per il suo sviluppo il miglioramento qualitativo e il rafforzamento dei sistemi di istruzione e formazione professionale degli Stati membri. Questa priorità è stata ribadita anche dal Comunicato di Maa- stricht del 14 dicembre 2004, che ha indicato la necessità di una maggiore coope- razione europea in materia di Vocational Education and Training (VET), indivi- duando anche gli impegni che gli Stati membri devono assumere e le azioni da compiere. In particolare, a Maastricht, i Ministri responsabili dell’istruzione e formazione professionale di 32 paesi europei, le parti sociali europee e la Com- missione Europea hanno deciso di rafforzare la loro cooperazione con l’obiettivo - ancora una volta dichiarato - di: – modernizzare i sistemi di istruzione e formazione professionale affinché l’economia dell’Europa diventi la più competitiva – offrire a tutti gli europei - giovani, lavoratori anziani, disoccupati, persone svantaggiate - le qualifiche e le competenze necessarie per integrarsi piena- mente nella emergente società della conoscenza, contribuendo così a creare nuovi e migliori posti di lavoro. Nel contesto del rilancio della strategia di Lisbona, il Consiglio europeo della primavera 2005 ha indicato nel capitale umano l’attivo più importante per l’Europa e di conseguenza ha invitato gli Stati membri a raddoppiare gli sforzi per migliorare il livello generale dell’istruzione e ridurre il numero di giovani che abbandonano prematuramente la scuola, in particolare attuando il programma di lavoro «Istruzione e formazione 2010» elaborato conformemente alla strategia di Lisbona fin qui citata. Il Consiglio europeo ha inoltre sottolineato che l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita costituisce una condizione imprescindibile per il raggiungimento 31 degli obiettivi di Lisbona anche attraverso una intensa opera di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione. L’obiettivo del programma d’azione nel settore dell’istruzione e della forma- zione durante l’intero arco della vita 2007-2013 è quello di sviluppare e di poten- ziare gli scambi, la cooperazione e la mobilità, affinché i sistemi di istruzione e di formazione divengano un riferimento di qualità mondiale (così come previsto dalla strategia di Lisbona). Il programma contribuisce così allo sviluppo della Comunità come società della conoscenza avanzata, caratterizzata da uno sviluppo economico sostenibile accompagnato da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occu- pazione, come pure da una maggiore coesione sociale. Al di là di tale obiettivo di portata generale, il programma persegue obiettivi specifici riguardanti l’istruzione e la formazione durante l’intero arco della vita nel- l’UE che consistono: � nel contribuire allo sviluppo di un insegnamento e di una formazione di qualità, nonché alla promozione di un livello di prestazioni elevato, all’in- novazione e al miglioramento della dimensione europea, nonché al miglio- ramento dei sistemi e delle procedure esistenti; � nel favorire la realizzazione di uno spazio europeo dedicato all’istruzione e alla formazione permanente; � nel contribuire a migliorare la qualità, l’accessibilità e l’attrattiva delle pos- sibilità d’istruzione e di formazione; � nel potenziare il loro contributo alla coesione sociale, alla cittadinanza at- tiva, al dialogo interculturale, alla parità fra donne e uomini e allo sviluppo personale; � nel contribuire a promuovere la creatività, la competitività, la capacità d’inserimento professionale e il potenziamento dello spirito d’iniziativa e dell’imprenditorialità; � nel contribuire ad incrementare la partecipazione delle persone di tutte le età, ivi comprese le persone aventi particolari esigenze e i gruppi svantag- giati; � nel promuovere l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica; � nel sostenere lo sviluppo degli strumenti offerti dalle tecnologie dell’infor- mazione e della comunicazione (TIC); � nel potenziare la creazione di un sentimento di cittadinanza europea nel ri- spetto dei valori europei e della tolleranza, nonché nel rispetto dei popoli e delle culture; � nel promuovere la cooperazione in materia di garanzia della qualità in tutti i settori dell’istruzione e della formazione; � nel contribuire alla qualità favorendo l’utilizzazione ottimale dei risultati, dei prodotti e dei processi innovativi, nonché lo scambio delle buone prassi. La coerenza e la complementarità di tali obiettivi con le politiche dell’UE re- golano l’attuazione del programma d’azione. Questo, deve contribuire alla realizza- 32 33 In Italia, la dicotomia, e la netta separazione tra istruzione e formazione professionale hanno radici storiche e culturali molto antiche, ribadite e rafforzate dalla riforma della scuola italiana operata in epoca fascista da Giovanni Gentile e mai completamente abiurata bensì semplicemente mitigata in epoche più recenti. Se La Riforma Gentile inquadrava la scuola articolandola su tre canali: uno di serie A, il liceo classico, uno di serie B costituito dal liceo scientifico e dagli istituti tecnici, uno di serie C composto dalle scuole e dagli istituti professionali, questa tripartizione e questa contrapposizione è andata smus- sandosi nel tempo per quanto attiene i licei e gli istituti tecnici (che sono andati sempre più “licealiz- zandosi”), rimanendo e accentuandosi rispetto alla Formazione Professionale. Così, mentre nelle altre parti del mondo e dell’Europa, il positivismo, l’evoluzionismo darwi- niano, lo strumentalismo Deweyano portavano ad esaltare la formazione tecnica e professionale, fon- data sullo studio empirico e sul metodo scientifico, in Italia, accadeva esattamente l’opposto. Il liceo, e il liceo classico in particolare, veniva assunto a modello di scuola, paradigma della formazione culturale dell’uomo. Nella Costituzione italiana, l’istruzione e la formazione diventano un diritto soggettivo delle persone. Ma mentre il diritto all’istruzione viene contemplato nella Parte I, al Titolo II, tra i diritti so- ciali (all’art. 34 co. 2. “L’istruzione inferiore impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gra- tuita”) il diritto alla formazione professionale viene enunciato nella Parte I, Titolo III, tra i diritti eco- nomici (art. 35 c. 2 cost). Si riferisce, perciò, alla “formazione e all’elevazione professionale” che si svolge nelle aziende, non al servizio della maturazione integrale della persona, ma al servizio del la- voro, che ha come fine il miglioramento dei processi lavorativi aziendali che coinvolgono l’imprenditore e il miglioramento della posizione professionale e retributiva del lavoratore. In questo modo anche all’interno della Costituzione italiana e fino ad oggi è stata conservata la dicotomia e la contrapposizione culturale e ideologica tra istruzione e formazione, tra scuola e forma- zione professionale. (G. Bertagna, Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e for- mazione professionale. Note storiche, pedagogiche e ordina mentali, in Rassegna CNOS n. 03/2004 pp 24-55). zione delle politiche orizzontali dell’UE tenendo conto delle esigenze specifiche di coloro i quali attraversano una fase di apprendimento, integrandoli ulteriormente nel sistema tradizionale dell’istruzione e della formazione. Il programma deve parimen- ti sostenere la parità tra le donne e gli uomini, nonché la presa di coscienza della di- versità culturale e linguistica e del multiculturalismo quale strumento di lotta contro il razzismo, i pregiudizi e la xenofobia. 3. Il quadro giuridico – normativo italiano: tra storia e prospettive Nel 2000, il Consiglio europeo di Lisbona ha individuato nella costruzione di una società avanzata basata sulla conoscenza il fondamento della strategia di svilup- po dell’Unione, affidando ai paesi membri il compito di darne piena attuazione en- tro il 2010. La comprensione della Strategia di Lisbona da parte dell’Italia ha preso le mos- se dalla consapevolezza della necessità di recuperare competitività innovando il no- stro attuale sistema di istruzione e formazione professionale. La scuola italiana – e con questa accezione intendiamo riferirci al sistema di istruzione e formazione professionale nel suo insieme – vive un processo di riforma istituzionale, ma ancor prima culturale33 da oltre un decennio, che ha impegnato di- versi Governi e un certo numero di pedagogisti, sociologi, tecnici della scuola. 33 � Verso il cambiamento Un primo tentativo di riforma ha avuto luogo nel 1997 con la legge delega n. 59 sul conferimento di funzioni e compiti alle regioni per la riforma della Pubblica Am- ministrazione (P.A.) e la semplificazione amministrativa (Riforma Bassanini che opera una prima devolution in applicazione del principio di sussidiarietà) attuata con il d.P.R. n. 275/99 e con la legge 196 di “riordino” della Formazione Professionale (art. 17). Si tratta di interventi che non si collocano nell’ordine di una riforma di si- stema, ma che intervengono per via non diretta nel campo della istruzione e della formazione professionale in vista di una loro integrazione. Per quanto riguarda più direttamente l’istruzione, la legge delega n. 59/97 in- troduce il principio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche intesa come auto- nomia progettuale, organizzativa e didattica. Con l’autonomia progettuale, organizzativa e didattica le singole scuole auto- nome si vedono affidare il compito di predisporre una offerta educativo – didattica e di servizi (Piano dell’Offerta Formativa) a misura delle esigenze riscontrabili nella specifica realtà locale di appartenenza. La scuola non si concepisce più come una indistinta unità del sistema scola- stico nazionale, chiamata a fornire un servizio quanto più possibile omogeneo e in- differenziato, di tipo applicativo rispetto alle direttive del centro, ma è sollecitata a rafforzare la propria identità culturale e progettuale confrontandosi con la comu- nità di appartenenza. Con i “curricoli” elaborati localmente dalle scuole viene meno la centralità dei “Programmi Nazionali” elaborati dal Ministero. Sul piano didattico l’autonomia ha comportato il superamento di una conce- zione esecutiva della attività didattica, che vedeva gli insegnanti impegnati ad ap- plicare i Programmi, sia nella loro formulazione ufficiale, sia nella interpretazione datane dai manuali scolastici. I docenti, attraverso lo strumento della programma- zione, più che esecutori, divengono interpreti, non preoccupati di svolgere l’intera serie di contenuti previsti, ma di scegliere, prestando una grande attenzione alla realtà nella quale operano. Nel campo della Formazione Professionale, la legge 196 del 1997 introduce un nuovo concetto di Formazione. L’art. 1 comma 2 della legge 845/78, che ha introdotto nel nostro ordina- mento la “formazione professionale” affidata alla competenza esclusiva delle Re- gioni, affermava che essa doveva essere “strumento della politica attiva del la- voro”, svolgersi “nel quadro degli obiettivi della programmazione economica” e, infine, tendere “a favorire l’occupazione, la produzione e l’evoluzione dell’organiz- zazione del lavoro in armonia con il progresso scientifico e tecnologico”. La funzionalità della “formazione professionale” regionale alle politiche at- tive del lavoro non poteva essere più chiara. 34 34 Tra l’altro l’art. 17 della predetta legge n. 196/1997 titolato “Riordino della formazione profes- sionale” prevede che 1. Allo scopo di assicurare ai lavoratori adeguate opportunità di formazione ed elevazione profes- sionale anche attraverso l’integrazione del sistema di formazione professionale con il sistema scolasti- co e con il mondo del lavoro e un più razionale utilizzo delle risorse vigenti, anche comunitarie, desti- nate alla formazione professionale e al fine di realizzare la semplificazione normativa e di pervenire ad una disciplina organica della materia, anche con riferimento ai profili formativi di speciali rapporti di lavoro quali l’apprendistato e il contratto di formazione e lavoro, il presente articolo definisce i se- guenti princìpi e criteri generali, nel rispetto dei quali sono adottate norme di natura regolamentare co- stituenti la prima fase di un più generale, ampio processo di riforma della disciplina in materia: a. valorizzazione della formazione professionale quale strumento per migliorare la qualità del- l’offerta di lavoro, elevare le capacità competitive del sistema produttivo, in particolare con riferimento alle medie e piccole imprese e alle imprese artigiane e incrementare l’occupazione, attraverso attività di formazione professionale caratterizzate da moduli flessi- bili, adeguati alle diverse realtà produttive locali nonchè di promozione e aggiornamento pro- fessionale degli imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei soci di cooperative, secondo moda- lità adeguate alle loro rispettive specifiche esigenze; b. attuazione dei diversi interventi formativi anche attraverso il ricorso generalizzato a stages, in grado di realizzare il raccordo tra formazione e lavoro e finalizzati a valorizzare pienamente il momento dell’orientamento nonchè a favorire un primo contatto dei giovani con le imprese; c. svolgimento delle attività di formazione professionale da parte delle regioni e/o delle province anche in convenzione con istituti di istruzione secondaria e con enti privati aventi requisiti predeterminati; d. […]. La legge n. 196/9734 vede la FP come una sommatoria di interventi formativi funzionali al mercato territoriale e ai bisogni di formazione e di elevazione profes- sionale dei lavoratori. Per la prima volta la legge riconosce la possibilità di creare forme di integra- zione tra sistema di formazione professionale, sistema scolastico e mondo del la- voro, ma non riconosce alla Formazione Professionale la funzione di educazione “globale” della persona. Rimane, dunque, sostanzialmente ferma la dicotomia tra formazione culturale e umana, nel sistema scolastico, e formazione professionale funzionale al lavoro e ai bisogni formativi del territorio, nel sistema della formazione professionale. Più oltre, la riforma c.d. Berlinguer che stabilisce l’innalzamento dell’ob- bligo scolastico a 15 anni e introduce l’obbligo formativo fino a 18 anni, ha accen- tuato la contrapposizione tra istruzione e formazione, privilegiando nella sostanza una formazione di tipo scolastico tradizionale. Infatti, mentre, da un lato, l’art. 1, comma1, afferma solennemente che “il si- stema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valo- rizzazione della persona umana”, e, quindi lascia prefigurare, sebbene con qualche forzatura, l’afferenza possibile della “formazione professionale” svolta entro il di- ciottesimo anno nell’alveo dei diritti di carattere etico-sociale del cittadino, dal- l’altro (art. 1, comma 2) disconferma questa possibilità a) ribadendo che “il sistema educativo di formazione (professionale, n.d.a.) si realizza secondo le modalità previste dalla legge 24 giugno 1997 n. 196 e 35 35 Dal punto di vista giuridico e ordinamentale, l’affermazione del principio di sussidiarietà, al centro della rivoluzione copernicana in atto in Italia a partire dalla metà degli anni ’90 – anche ispi- rato dal Trattato di Maastricht del 1992 - implica che i compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica devono essere affidati alle strutture più vicine alla cittadinanza, lasciando alle strutture am- ministrative sovraordinate soltanto quelle funzioni che, per loro natura, non possono essere svolte lo- calmente. Di guisa che, per quanto attiene il sistema dell’istruzione e formazione professionale di cui ci si sta occupando lo Stato, nella sua veste sussidiaria rispetto alla Regione, determina solo le norme ge- nerali e l’indicazione dei principi generali in materia di istruzione, mentre alle Regioni, in quanto enti più vicine ai cittadini spetta la competenza esclusiva a legiferare in materia di istruzione e formazione professionale. Nella nuova configurazione istituzionale lo Stato svolge in particolare tre funzioni: - governa unitariamente il sistema educativo nazionale; - controlla la qualità complessiva del sistema educativo di istruzione e formazione; - interviene con provvedimenti perequativi (finanziari e/o tecnici). Viene particolarmente valorizzato il ruolo programmatico e di coordinamento gestionale degli enti territoriali. Le disposizioni normative, con particolare riguardo all’articolo 117 della modificata Costitu- zione dispongono che Stato e Regioni da una parte, Regioni, enti territoriali ed istituzioni scolastiche dall’altra, collaborino per elaborare una politica formativa coerente con le specificità del territori. Tale politica formativa dovrà comunque essere nello stesso tempo unitaria e coordinata con le politiche formative nazionali. dalla legge 17 maggio 1999 n. 144”, norme, come si è visto, esplicitamente improntate al funzionalismo economicistico, non ad una prospettiva squisi- tamente educativa; b) attribuendo anche al “sistema educativo di istruzione” il fine di sviluppare “conoscenze, capacità e competenze, generali e di settore …, adeguate al- l’inserimento … nel mondo del lavoro anche con riguardo alle specifiche realtà territoriali”, volte, cioè, all’inserimento immediato nella produzione aziendale, quasi a far coincidere anche in linea teorica fini economici e fini pedagogo-educativi. Solo la riforma costituzionale del 2001 e più ancora la c.d. Riforma Moratti del 2003 hanno aperto la strada a una equiparazione dei due sottosistemi del si- stema educativo secondo una prospettiva personalista. � La nascita del (sotto)sistema educativo di istruzione e formazione profes- sionale La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il Titolo V della nostra Costituzione Repubblicana, nel senso della devolution e in piena attuazione del principio di sussidiarietà35, per la prima volta nella storia del nostro ordinamento, distingue tra “istruzione”, a legislazione concorrente tra Stato e Regioni (salvo che per le “norme generali” e i “principi fondamentali” che restano alla legislazione esclusiva dello Stato) e “istruzione e formazione professionale” a legislazione esclu- siva regionale. 36 Tralasciando l’organizzazione del primo ciclo, a cui è dedicato, in attuazione della riforma, il d. legisl. n. 19 febbraio 2004, n. 59 “Definizione delle norme gene- rali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma del- l’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53”. (G. U. n. 51 del 2 marzo 2004 - Suppl. Ord. n. 31), e che non è oggetto del nostro lavoro, il secondo ciclo del sistema educativo si articola in due (sotto)sistemi a cui il legislatore ha attribuito pari dignità. Infatti, all’art. 1, co. 1 ha affermato solennemente che sia il “sistema educativo di istruzione” a cui appartengono i licei sia il “sistema educativo dell’istruzione e formazione professionale” a cui afferiscono ciò che oggi si potrebbe indicare come la maggior parte degli istituti tecnici e professionali, oltre che i CFP regionali, rag- giungono i propri scopi sociali ed economici solo se hanno come fine “la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di auto- La legge delega 28 marzo 2003, n. 53, più nota come Riforma Moratti, che ha creato in Italia il “sistema” educativo di istruzione e formazione, prendendo atto di queste disposizioni, ha interpretato l’“istruzione” come l’ambito del sistema educa- tivo contenente la scuola dell’infanzia, la scuola primaria, la scuola secondaria di I grado e i licei, e l’“istruzione e formazione professionale” come l’ambito del si- stema educativo nazionale a cui riferire tutta quella ricca serie di istituti di istru- zione professionale e formazione professionale, nati per corrispondere alle esigenze formative più tecnico-professionali dei ragazzi dai 14 in avanti, fino alla maggiore età e poi per l’intero corso della vita. Istituti, in altri termini, non riducibili e riconducibili a licei. Quindi, per effetto della Riforma, il Sistema educativo italiano si articola se- condo lo schema che segue: 37 nomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione”. La Riforma e i decreti delegati che ad essa hanno dato attuazione 36, hanno so- stanzialmente equiparato e posto sullo stesso piano i due (sotto)sistemi del sistema educativo. Affermano, infatti, la libertà delle famiglie di operare le scelte educative più rispondenti ai bisogni di crescita della persona in età evolutiva, nella consape- volezza che entrambi i percorsi conducono alla piena maturazione della persona umana, prima ancora che alla sua preparazione culturale e tecnico – professionale. In altri termini, ambedue, pur nella loro diversità, hanno come fine la persona e la sua massima educazione possibile, impiegando a questo scopo, come risorsa, anche il lavoro, senza ridurre l’educazione personale ai soli atti richiesti dall’eser- cizio di un compito lavorativo 37. 38 36 I Decreti legislativi che hanno dato attuazione alla delega operata dal Parlamento in favore del Governo con la legge n. 53/2003 sono stati adottati con una certa sollecitudine già a partire dal 2004 ed hanno dato forma e contenuto ai principi enunciati dalla legge di riforma. In particolare, il nuovo sistema educativo di istruzione e formazione professionale si articola at- tualmente intorno ad alcuni decreti legislativi , oltre che intorno a due fondamentali accordi della Conferenza Unificata Stato – Regioni e un a serie di circolari ministeriali che, tra le altre cose, hanno disciplinato il portfolio delle competenze: - DECRETO LEGISLATIVO 19 febbraio 2004, n. 59 “Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53”. (G. U. n. 51 del 2 marzo 2004 - Suppl. Ord. n. 31) che ha definito e arti- colato il percorso di istruzione relativo al primo ciclo di studi, disciplinando l’organizzazione delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado; - DECRETO LEGISLATIVO n. 286 del 19 novembre 2004 concernente “Istituzione del Servizio Nazionale di valutazione del sistema di istruzione e di istruzione e formazione nonché riordino dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.53” (G.U. n. 282 del 1 dicembre 2004) che nell’istituire l’INVALSI ha intro- dotto una serie di norme in materia di valutazione interna ed esterna sia per il sistema di istru- zione che per quello dell’istruzione e formazione professionale in un ottica ispirata ai principi di qualità enunciati dall’Unione Europea a partire dalla Strategia di Lisbona; - DECRETO LEGISLATIVO n. 77 del 15 aprile 2005, concernente la “Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, ai sensi dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53” (G.U. n. 103 del 5 maggio 2005) che riconosce l’alternanza quale modalità di rea- lizzazione della formazione del secondo ciclo per gli studenti tra i 15 e i 18 anni; - DECRETO LEGISLATIVO n. 76 del 15 aprile 2005 concernente il “Diritto – dovere all’istru- zione e alla formazione, ai sensi dell’art. 2, comma 1 lettera c) della legge 28 marzo 2003, n. 53” (G.U. n. 103 del 5 maggio 2005) che disciplina il diritto – dovere alla istruzione e forma- zione professionale; - DECRETO LEGISLATIVO del 17 ottobre 2005 concernente le “Norme generali e livelli es- senziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione professionale ai sensi della legge 28 marzo 2003 n. 53”; - CONFERENZA UNIFICATA STATO – REGIONI del 15 gennaio 2004 che ha definito gli standard minimi relativi alle competenze di base (area dei linguaggi, scientifica, tecnologica, socio – economica); - CONFERENZA UNIFICATA STATO – REGIONI del 10 ottobre 2006 che ha definito gli stan- dard formativi minimi per le competenze tecnico – professionali. 37 Cfr G. Bertagna, Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e formazione professionale. Note storiche, pedagogiche e ordina mentali, in Rassegna CNOS n. 03/2004 pagg. 24-55 39 38 G. Bertagna, op. cit. Si tratta, insomma, di garantire in tutto il secondo ciclo, ma, viste le sue carat- teristiche tecnico-professionali, particolarmente negli istituti dell’“istruzione e for- mazione professionale”, la condizione che il lavoro e la professione non sono va- lori sociali ed economici in sé, ma lo sono se e solo se alimentano e perfezionano le capacità di ciascuno di ragionare, giudicare, esprimersi, operare, agire bene con gli altri, nella società, scoprire e attribuire significati alla propria vita e al mondo38. I processi e le pratiche di lavoro, professionali e professionalizzanti, devono essere intesi quali mezzi ed occasioni di apprendimento aventi il fine di maturare la dimensione etico-sociale della persona dell’allievo. In altri termini, mezzi ed occa- sioni didattiche saranno finalizzati a promuovere l’educazione, intesa come intelli- genza critica, volontà buona, gusto estetico, responsabilità morale, impegno sociale e civile, espressività artistica e linguistica. � Le novità di maggior rilievo della riforma Il combinato disposto della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, della legge delega n. 53/03 e dei relativi decreti legislativi ha, perciò, ridisegnato non solo un nuovo quadro ordinamentale complessivo del sistema educativo italiano, ma ha introdotto, numerosi elementi di novità. 1) Il Profilo Educativo, Culturale e Professionale (PECUP) Il PECUP, Profilo educativo, culturale e professionale, costituisce uno dei principali riferimenti per l’orientamento pedagogico-didattico della Riforma. Il PECUP delinea ciò che lo studente dovrebbe sapere, saper fare e saper es- sere alla fine del Primo e del Secondo ciclo di studi ed è comune ai sotto-sistemi dei licei e dell’istruzione e formazione professionale. In questa prospettiva cultura e professionalità si dimostrano opportunità e stru- menti per l’educazione della persona nella sua integralità. L’acquisizione di cono- scenze disciplinari, interdisciplinari (il sapere) e abilità operative (il fare), apprese e esercitate nel sistema formale (la scuola), non formale (le altre istituzioni forma- tive) e informale (la vita sociale), si conferma come realmente formativa trasfor- mandosi in competenze personali (saper essere). Il PECUP si propone come strumento di garanzia per promuovere l’integralità della persona sostenendone uno sviluppo armonico, integrale e integrato (affinché ogni allievo sia in grado di affrontare la vita in tutte le sue dimensioni) ed è il rife- rimento principale per l’orientamento degli obiettivi generali e specifici d’apprendimento nella composizione dei Piani di Studio Personalizzati. Obiettivi questi che, declinati a loro volta in obiettivi formativi nelle Unità di Apprendimento si traducono in competenze effettive degli allievi. Se la logica ologrammatica che coglie il tutto anche nella parte anima la nuova filosofia educativa, il principio dell’apertura diventa il principio fondamentale del- l’insegnamento, anche il più particolare, coinvolgendo il docente in un’atmosfera culturale di ampio respiro e invitandolo a ragionare non più in termini di territorio ma di confini, non più della propria disciplina di insegnamento ma della cultura che, in generale, la avvolge e ne autorizza la costituzione e l’essenza. Il coinvolgimento di così alti obiettivi diventa a sua volta corresponsabilità di molteplici figure e istituzioni educative sottolineando l’importanza di ogni grado scolastico e la necessità di un atteggiamento disponibile alla flessibilità organizza- tiva e collaborativa che inquadri i momenti di passaggio in una logica del raccordo e della continuità e nei termini di coordinamento e di sviluppo unitario dei processi formativi interni ed esterni alla scuola. 2) Il Principio della corresponsabilità scuola/cfp e famiglie In linea con i principi dettati dalla nostra Costituzione39, oltre che dalla Dichia- razione dei Diritti del fanciullo40, in ossequio al principio di sussidiarietà41, con la riforma, la famiglia diviene a tutti gli effetti partner della scuola richiedendole, non semplicemente una partecipazione, ma la piena condivisione e partecipazione al progetto educativo 42. Mentre la legislazione precedente riconosceva ai genitori diversi ambiti di re- sponsabilità, ma collocandoli all’esterno dell’azione educativo-formativa della scuola (consiglio di classe, di istituto), l’attuale normativa promuove il protago- nismo della famiglia come componente interna e attiva dell’azione formativa, par- tecipe alla progettazione e gestione di azioni interne al progetto formativo. Nella nuova visione della scuola promossa dalla Riforma, i genitori sono con- siderati partner dei docenti nella costruzione del progetto educativo e l’autonomia 40 39 Nella Costituzione, particolarmente agli artt. 2, 29, 30 e 34 viene messo in luce il diritto dei minori di usufruire di un’educazione, di un’istruzione e di una formazione da parte della famiglia e della scuola; e viene ribadito il dovere e il diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli. 40 Nella Dichiarazione dei Diritti del fanciullo è sottolineata la primaria responsabilità della fa- miglia nell’orientamento e nell’educazione dei figli, sia l’impegno dello Stato a rispettare il diritto e il dovere dei genitori di guidare gli stessi nell’esercizio del diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. 41 Il principio di sussidiarietà (verticale e orizzontale) ha tratto nuovo impulso dalla modifica del Titolo V della Costituzione (legge 3 del 18.ottobre.2001). Il nuovo assetto costituzionale segna il passaggio da una gestione gerarchica della scuola da parte dello Stato ad una gestione poliarchia da parte di tre soggetti rilevanti: lo Stato, che detta le norme generali e i principi fondamentali; le Regioni, che concorrono a determinare gli altri aspetti in materia di istruzione; le singole autonomie scolastiche che elaborano l’offerta formativa concreta. A questi si uniscono le famiglie alle quali è assicurata la libertà di scelta educativa e gli insegnanti ai quali è assicurata la libertà di insegnamento. 42 Nell’art. 1 si legge che la crescita e la valorizzazione di ogni allievo dovrà avvenire “nel ri- spetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio del- l’autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione”. 41 scolastica è chiamata a interloquire costantemente con i genitori. Viene introdotto nelle scuole lo status giuridico del genitore titolare di diritti educativi nella rela- zione con la scuola e con i docenti. La corresponsabilità tra scuola e famiglia viene oggi identificata come uno dei principali fattori protettivi per lo sviluppo personale e scolastico dei ragazzi, parti- colarmente di coloro che si trovano in condizioni di vulnerabilità e di rischio (Chri- stenson, 2001). L’accordo intersistemico tra famiglia e scuola viene pertanto individuato come un importante fattore di tutela della salute, nonché elemento chiave per il successo del percorso formativo 43. Le modalità concrete attraverso cui realizzare questa corresponsabilità, poi, possono essere le più varie: partecipazione diretta alla stesura dei piani di studio personalizzati degli allievi, collaborazione alla raccolta delle informazioni e docu- mentazione per il portfolio, collaborazioni con il tutor. 3) Crediti, certificazioni e passerelle Un’ulteriore novità di rilievo della riforma è costituita dalla possibilità rico- nosciuta a ogni allievo di passare da un sottosistema ad un altro o di cambiare indirizzo all’interno dello stesso sottosistema44. Il passaggio avviene attraverso la frequenza di apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta. In questo modo la legge ha creato un sistema di passaggi (attraverso l’acquisizione di crediti certificati) tra un percorso e l’altro garantito in ogni momento da strumenti di personalizzazione: LARSA - Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti. Un ulteriore elemento di novità è costituito dalla possibilità di conseguire cer- tificazioni di competenza per la frequenza di esercitazioni pratiche, esperienze for- mative e stage realizzati in Italia o all’estero anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi. 4) L’Alternanza scuola – lavoro Secondo il dettato del decreto legislativo n. 77/2005 l’alternanza scuola – lavoro costituisce una modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo “per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro”. 43 Cfr M. Becciu, A.R. Colasanti, La corresponsabilità CFP – famiglia: i genitori nei CFP, Col- lana Progetti CNOS FAP, 2006 44 “È assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei, nonché di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa” (l. n. 53/2003, art.2, lettera. i). Valorizzando le metodologie di apprendimento di carattere attivo e induttivo, ovvero fondate sull’esperienza concreta, la riforma sancisce il principio dell’alter- nanza formativa quale opzione rispondente ai bisogni individuali di istruzione e formazione dei giovani, che consente di perseguire le seguenti finalità: a) attuare modalità di apprendimento flessibili e equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo, rispetto agli esiti dei percorsi del secondo ciclo, che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica; b) arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro; c) favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali; d) realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e forma- tive con il mondo del lavoro e la società civile, che consenta la partecipa- zione attiva degli attori del territorio (imprese, enti pubblici e privati, ca- mere di commercio, terzo settore…) nei processi formativi; e) correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. Il presupposto di fondo consiste nella natura formativa del lavoro: possiamo sostenere che questo fa parte del “mondo buono” che consente la piena realizza- zione della persona umana” 45. Lo sviluppo di pratiche di alternanza formativa è incoraggiato dalla ricerca di forme di interazione ed integrazione culturale tra saperi classici, a matrice umani- stico-letterario, e conoscenze tecniche specifiche, con particolare attenzione a quelle connesse al modello di sviluppo attuale (si pensi ad esempio all’informatica ed alla telematica che hanno pervaso tutti i curricoli). In virtù di tali conoscenze ogni percorso formativo ha subito una riprogettazione orientata alla prospettiva epi- stemologica delle interconnessioni culturali. Si tratta da un lato di superare la rigida suddivisione dei saperi e i gravi effetti che da questa scaturiscono (ad esempio l’incapacità di articolare gli uni con gli altri) e dall’altro di perseguire l’attitudine a contestualizzare e ad integrare gli stessi saperi, stimolando in tal modo questa qualità fondamentale della mente umana46. Da qui l’importanza di una strategia pedagogica delle connessioni tra ambiti e mondi di sapere differenti, in modo da stimolare nell’allievo le capacità di con- fronto e ricerca dei legami e di soluzione dei problemi tramite strategie integrate. Inoltre, l’alternanza ed in genere le pratiche di didattica attiva si sono imposte a partire dalla crisi dei processi di apprendimento basati sulla mera trasmissione di conoscenze ed abilità nello schema usuale dell’insegnamento; è infatti dimostrato 42 45 Bocca G., Pedagogia del lavoro. Itinerari, Brescia, La Scuola, 1998, p. 107. 46 Cfr MORIN E., La testa ben fatta, Milano Raffaello Cortina, 2000; MORIN E., I sette saperi ne- cessari all’educazione del futuro, Milano Raffaello Cortina, 2001. 43 che tutte le metodologie che mettono l’allievo in condizione di prendere parte ad un compito reale hanno maggiore possibilità di suscitare motivazione, interesse, partecipazione, apprendimento. Non si tratta di una questione riguardante l’area dei cosiddetti “soggetti proble- matici”, anche se è in questo ambito che si evidenziano maggiormente le criticità della didattica tradizionale. La possibilità di dare corso a strategie di didattica attiva ed in particolare di alternanza formativa risulta utile ed anche necessaria in ogni contesto formativo, sia esso liceale o professionale, come pure in riferimento ad ogni tipologia di allievo oltre che in corrispondenza di differenti obiettivi formativi: orientamento, recupero, approfondimento. Per i motivi fin qui esposti, la strategia dell’alternanza formativa47 – a sua volta connessa a tecniche di apprendimento basate sul contratto, sul compito, sul training on the job, sulla valutazione autentica – diviene un’opzione interessante in ogni percorso formativo, dal momento che consente di trasformare le capacità della per- sona in vere e proprie competenze. Ciò risulta ulteriormente accentuato dalla, a questo punto evidente, considera- zione che ogni attività formativa si apre ad una prospettiva di lavoro inteso in senso lato ovvero come esperienza in grado di mobilitare le risorse dell’individuo e della società nella prospettiva della soluzione di problemi di interesse sociale. 5) Personalizzazione e portfolio delle competenze La Riforma, assicurando “a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abi- lità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”, introduce nel nostro sistema educativo il 47 Dal punto di vista normativo ed organizzativo, due solo le principali forme che assume l’alternanza, a seconda della differente figura che assume il soggetto coinvolto: 1) l’alternanza scuola-lavoro che si svolge ”sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappre- sentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pub- blici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per pe- riodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro” (legge 53/2003, art. 4) e che quindi propone la figura dello studente/allievo; 2) l’apprendistato che si svolge entro un contratto di lavoro a causa mista che coinvolge l’impresa in una logica condizionante secondo la quale essa si impegna ad impartire una for- mazione qualificante ed inoltre a permettere la partecipazione dell’apprendista a moduli for- mativi esterni a fronte di un costo del lavoro notevolmente ridotto (Riforma Biagi, D. Lgs. N.276/2003). Va ricordato a questo proposito che, con l’approvazione della legge 53/2003, anche l’apprendistato ri- entra pienamente nella prospettiva generale del secondo ciclo: - finalizzato quindi alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sa- pere, il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi; - avente l’obiettivo del conseguimento dei diplomi e delle qualifiche. principio della personalizzazione in forza del quale il percorso formativo va proget- tato e programmato in riferimento alla specifica realtà personale dell’allievo. Personalizzare significa delineare differenti percorsi di trasferimento-acquisi- zione delle conoscenze, abilità e competenze, in base alle caratteristiche personali degli allievi: stili di apprendimento, metodi di studio, caratteristiche peculiari48. Il concetto di personalizzazione è strettamente connesso a quello di successo formativo. Esso si realizza nel momento in cui la persona è in grado di trasformare le proprie capacità (attitudini, atteggiamenti, risorse, vocazione) in competenze, al fine di ottenere comunque un risultato soddisfacente. Il tema della personalizzazione rappresenta uno degli snodi centrali nelle ri- forme dei sistemi formativi. Attraverso una formazione personalizzata si mette “in risalto la fondamentale e irripetibile caratterizzazione dei diversi soggetti educandi senza imbrigliarli in un unico progetto e in un analogo percorso educativo che significherebbe da una parte misconoscere la realtà e la dignità delle singole persone, dall’altra esporli a bru- cianti delusioni e fallimenti. In secondo luogo si constata che è difficile prevedere in anticipo tutti i bisogni e le possibilità educative che durante l’attività emerge- ranno. Essere prigionieri di un progetto prefabbricato rende ciechi e sordi a nuove istanze, a occasioni inaspettate, a nuove presenze e a nuove prospettive. Le cose veramente importanti nel fatto educativo sono l’attività e l’esperienza che vengono proposte, che devono essere in sé cariche di potenzialità e di valori in molte dire- zioni. Ciascun giovane le vivrà secondo il suo animo e la sua motivazione, le farà fruttificare secondo i propri ritmi, il proprio stile, arricchendo se stesso secondo le proprie esigenze e prospettive. In terzo luogo ci si espone a pericoli di formalismo tecnicista, di burocratismo, di comportamentismo riduttivo”49. La personalizzazione dei percorsi può avvenire concretamente attraverso la previsione di forme flessibili di aggregazione che superino i gruppi classe per valorizzare i gruppi di livello, gruppi d’interesse o elettivi che consentano ad ogni allievo di valorizzare le proprie competenze e attitudini e di raggiungere il suc- cesso formativo in termini di standard formativi o di eccellenza. Le azioni di per- sonalizzazione consistono in laboratori di approfondimento e di recupero, attività connesse ai passaggi tra ambiti e sistemi formativi, laboratori di livello ed elettivi, attività di alternanza, esperienze di autoformazione, laboratori di sviluppo di capa- cità personali. In concreto la personalizzazione trova, quindi, attuazione attraverso: – Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti (LARSA) – Il portfolio delle competenze individuali – Lo sviluppo delle capacità personali 44 48 D. Nicoli, voce Personalizzazione in Malizia G, Antonietti D., Tonini M. (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, II edizione, collana Studi CNOS-FAP Roma, 2007. 49 PELLEREY M., Educare. Manuale di pedagogia come scienza pratico-progettuale, Roma, LAS, 1999; 45 Queste ultime attengono alle competenze trasversali relative al saper essere e sono incoraggiate dalla Riforma e, prima ancora, dagli orientamenti comunitari, mentre i LARSA, costituiscono lo strumento privilegiato per favorire il successo formativo degli allievi, consentire loro di recuperare o approfondire il presidio delle competenze anche al fine di favorire le passerelle tra un sottosistema e l’altro. Per portfolio si intende oggi genericamente una raccolta documentata e com- mentata che riguarda il curriculum formativo e lavorativo di uno studente. Attualmente questo strumento è uno dei più discussi temi della “Riforma Mo- ratti” e ha riaperto in Italia il dibattito sulla valutazione. In ambiti che vanno da quello pedagogico a quello delle politiche scolastiche, si attribuiscono al Portfolio le valenze più varie: in alcuni casi lo si ritiene l’ennesimo strumento classificatorio che non garantisce l’oggettività della valutazione dello studente, in altri l’occasione per superare i limiti delle tradizionali valutazioni espresse con i voti. Nelle scuole il Portfolio ha cominciato a diffondersi negli Stati Uniti dagli inizi degli anni ‘90 e poi in altri Paesi, anche europei, nell’ambito del movimento della Valutazione Autentica. Il Portfolio, al contrario della valutazione standardizzata, permette di documen- tare l’apprendimento, l’evoluzione e il conseguimento delle competenze dello stu- dente, favorire la comunicazione con le famiglie e con soggetti esterni alla scuola, fornire allo studente occasioni per imparare a riflettere sul proprio percorso forma- tivo e per auto valutarsi con il conseguente effetto di far crescere la motivazione. Al rilievo attribuito alla persona in apprendimento che, come abbiamo detto, viene posta al centro del percorso formativo, in quanto destinataria di un’azione educativa globale che deve tendere alla sua maturazione culturale, spirituale e pro- fessionale, (oltre che allo sviluppo delle capacità e competenze, attraverso cono- scenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte perso- nali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea) si associa, nella Riforma, la valorizzazione degli strumenti di valutazione relativi alla personalizzazione del percorso. Di qui, l’importanza attribuita al portfolio delle competenze quale stru- mento privilegiato di valutazione dell’allievo entro una dimensione personalistica e personalizzata. In un processo di apprendimento che deve rendere l’allievo sempre più prota- gonista, responsabile e consapevole del proprio apprendimento, il portfolio diventa uno strumento d’assessment, di performance, volto a facilitare i processi d’apprendimento–insegnamento, coinvolgendo gli studenti come “attori” a pieno titolo e riconoscendo loro una piena e completa partecipazione a tutte le pratiche ivi svolte, comprese quelle valutative, continue e pervasive 50. 50 Cfr. VARISCO B. M., Portfolio, Roma, Carocci, 2004; Pellerey M., Le competenze individuali e il Portfolio, Collana Progettare la scuola, Milano, La Nuova Italia, 2004. Sul piano concreto, il portfolio è una raccolta significativa dei lavori (dei “capo- lavori”) dell’allievo che racconta la storia del suo impegno, del suo progresso e del suo rendimento. Tramite esso è possibile capire la storia della crescita e dello svi- luppo di una persona corredandola con materiali che permettono di comprendere “che cosa è avvenuto” dal momento della presa in carico della persona (che richiede un’attenta osservazione delle sue capacità e acquisizioni previe) fino al momento della partenza, passando per le varie fasi di cui si compone il percorso formativo. Con esso si mira a evidenziare il patrimonio di capacità, conoscenze, abilità e competenze dell’allievo, con una metodologia che consente di concentrare l’attenzione sia su ciò che sa fare sia su ciò che sa. Più precisamente, tramite il portfolio è possibile rilevare la capacità di “costruzione” della conoscenza e la “ca- pacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta, attraverso prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso. Questo approccio sceglie il lavoro come “forma” del processo di apprendi- mento. Ciò consente di: � rendere gli allievi attivi fin dall’inizio � stimolare un profilo docente più ampio e significativo � porre ad oggetto della formazione dei compiti/problema reali/realistici � perseguire il sapere utile e significativo � sviluppare una conquista personale del sapere � acquisire un metodo di lavoro e di studio � acquisire una struttura deontologica e morale Il portfolio51 è un contenitore progressivo di materiali e pertanto costituisce il riferimento privilegiato (accanto alle prove, ai test, ai colloqui-interrogazioni) per la valutazione dell’allievo nei diversi momenti dell’attività: lungo il percorso, a 46 Anagrafico Comprende i dati personali dell’allievo e la sua vicenda formativa e lavorativa (con valore formativo) Orientativo Comprende le attività di orientamento svolte, il progetto personale e le eventuali variazioni0 Formativo e valutativo Comprende le attività formative svolte mettendo in luce in modoparticolare i prodotti realizzati Certificativo Comprende i documenti di certificazione delle acquisizioni che ac- compagnano il percorso della persona, con indicazione del valore in termini di credito. 51 La struttura del portfolio è concordata e definita nell’ambito del Centro; esso comprende co- munque i seguenti ambiti: Il portfolio è composto da una parte essenziale – corrispondente al “libretto formativo” da con- segnare alla persona ed agli eventuali interlocutori (sistema educativo, sistema lavorativo e professio- nale) e dagli allegati conservati presso il Centro. 47 fine d’anno, alla fine del cammino (è il materiale personale che l’allievo porta al- l’esame finale). 4. La Regione Puglia, la Formazione professionale e le sperimentazioni della “riforma Moratti” Negli ultimi anni si è assistito nello scenario economico italiano ed europeo ad un radicale cambiamento nelle politiche di programmazione: tale fenomeno, origi- nato da processi di territorializzazione e contestualizzazione - incentivati dall’U- nione europea e assunti come riferimento centrale dalle nuove politiche di sviluppo nazionale - ha condotto al consolidamento di nuovi modelli di governance che si sono via via affiancati ai già consolidati modelli di government 52. La trasformazione in atto e la necessità di gestione della stessa ha condotto ad una crescente necessità di progettualità capace di rispondere ai bisogni emergenti. L’obiettivo principale è coinvolgere cittadini e attori nei processi decisionali, tra- sformando la partecipazione in “corresponsabilizzazione”, per rendere i piani ope- rativi, organizzati. In particolare, la progettazione a livello istituzionale tende a promuovere la corresponsabilità nei campi dell’urbanistica, della sostenibilità ambientale, della vi- vibilità degli spazi e della pianificazione dei servizi; più in generale, nelle politiche di sviluppo locale e nelle politiche pubbliche integrate. La “nuova programmazione” a livello regionale come a livello nazionale53 si ispira a concetti forti e innovativi come: il partenariato, la concertazione, l’approccio ascendente - bottom-up - e, soprattutto, la partecipazione di una plura- lità di soggetti54. Anche in campo educativo si fanno strada approcci progettuali di carattere par- tecipativo. Il portfolio è compilato ed aggiornato dal coordinatore-tutor, in collaborazione con tutti i forma- tori impegnati nel team. Per la parte relativa alla raccolta ed “etichettatura” dei materiali prodotti, esso è compilato da ciascun allievo chiamato ad essere protagonista consapevole della propria crescita. Le due dimensioni previste, orientamento e valutazione, si intrecciano in continuazione perché l’unica valutazione positiva per l’allievo è quella che contribuisce a conoscere l’ampiezza e la profondità delle sue competenze e, attraverso questa conoscenza progressiva e sistematica, a fargli scoprire ed apprezzare sempre meglio le capacità potenziali personali, non pienamente mobilitate, ma indispensa- bili per avvalorare e decidere un proprio progetto di vita. 52 BOBBIO L. A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei pro- cessi decisionali inclusivi Edizioni Scientifiche Italiane, Roma 2004. 53 Cfr DOCUMENTO STRATEGICO NAZIONALE e DOCUMENTI STRATEGICI REGIONALI in www.dps.tesoro.it; DOCUMENTO STRATEGICO DELLA REGIONE PUGLIA 2007-2013, in www.regione.puglia.it. 54 Infatti, alla base di strumenti come l’Agenda 21 Locale, i Progetti Integrati Territoriali, i Pro- grammi Comunitari qu ali Leader, Equal o Interreg, i Piani Sociali di Zona, i Piani Strategici per le città e altri, ci sono processi decisionali inclusivi che necessitano di metodologie per facilitare la par- tecipazione attiva delle persone. Questa nuova logica della programmazione partecipata ispira anche i nuovi orientamenti strategici regionali in materia di formazione 55 che invitano a un mag- giore coinvolgimento – già in fase di progettazione degli interventi formativi – di una pluralità di soggetti (famiglie, servizi sociali, enti locali, scuole, CFP, associa- zioni di volontariato, imprese) in vista della realizzazione di un piano di anima- zione territoriale. Il lavoro in rete, i partenariati, i progetti integrati sono la nuova frontiera del lavoro in formazione e più in generale dei processi di inclusione sociale di cui la formazione è uno strumento. La formazione professionale assume oggi una valenza strategica nelle politiche di inclusione sociale richiedendo il coinvolgimento di una molteplicità di soggetti- attori (stakeholders) già in fase di progettazione. L’attuazione della Riforma Moratti – in via sperimentale – in attesa della defi- nizione dei decreti attuativi e degli accordi Stato - Regioni, ha avuto luogo secondo modalità diverse da regione a regione. In virtù della ricordata riforma del Titolo V della Costituzione e in applicazione del principio di sussidiarietà, ex art. 117 Cost., le Regioni hanno legislazione esclu- siva in materia di istruzione e formazione professionale restando conservati allo Stato solo la potestà legislativa per la determinazione dei principi fondamentali. Le Regioni, dunque, in ossequio al dettato costituzionale, hanno piena potestà amministrativa, rimanendo libere, entro i principi enunciati a livello statale (i LEP - Livelli Essenziali delle Prestazioni) di organizzare e gestire il sotto-sistema dell’i- struzione e formazione professionale nel modo ritenuto più opportuno. Questa rivoluzione copernicana che ha rovesciato le logiche del passato per dare piena attuazione alla devolution, ha creato disuguaglianze e divergenze non marginali nell’attuazione “libera” della riforma Moratti in via sperimentale. Infatti, ogni regione, interpretando il dettato normativo alla luce – anche e so- prattutto – degli orientamenti politici degli organi di governo territoriali, ha dato corso alle sperimentazioni secondo modelli amministrativi (ma anche pedagogici) alquanto non omogenei. Se alcune regioni hanno interpretato la normativa nel senso della piena pari di- gnità tra istruzione e formazione professionale e valorizzando quest’ultima, altre amministrazioni regionali hanno invece rifiutato tale equiparazione non solo non ri- conoscendo l’equiparazione del (sotto) sistema della formazione, ma addirittura ne- gando ogni dignità alla formazione professionale erogata dagli enti di formazione accreditati presso le Regioni a vantaggio di quella erogata dagli istituti professio- nali statali. In questo quadro di tentativi contrastanti e talvolta contraddittori di dare attua- zione alla Riforma, la Regione Puglia ha assunto una posizione che potremmo defi- nire mediana. 48 55 DOCUMENTO STRATEGICO DELLA REGIONE PUGLIA 2007-2013, in www.regione.puglia.it 49 Forse lungimirante, alla luce degli eventi che caratterizzano il dibattito odierno in merito alla formazione professionale e ad una ulteriore riforma del Sistema edu- cativo italiano (sulla cui utilità ci si interroga), la nostra amministrazione regionale ha valorizzato il concetto di integrazione promuovendo la sperimentazione di per- corsi di formazione condivisi e co-gestiti (prima ancora che co-progettati) tra enti di formazione accreditati, istituti scolastici statali e aziende. Una prima forma di integrazione in tal senso aveva avuto luogo con l’avvio dei primi obblighi formativi dopo la riforma Berlinguer, ma i risultati in termini di dia- logo erano stati poco soddisfacenti raggiungendo raramente il livello di confronto e di condivisione. Diversamente, le prime sperimentazioni della Riforma Moratti, a cui si rife- risce il presente lavoro, hanno visto, per la prima volta, incontrarsi, lavorare in- sieme e confrontarsi insegnanti delle scuole statali con formatori degli enti di for- mazione professionale. Non sempre il risultato di questa collaborazione si è articolato in termini di condivisione e di compartecipazione56 al cammino di crescita dei ragazzi, ma è stato un avvio i cui risultati iniziano ad emergere adesso, dopo 4 anni di lavoro. 56 Il percorso di formazione dei formatori a cui si riferisce il presente lavoro e il confronto attivo tra i formatori coinvolti ha messo in luce la generalizzata difficoltà di coinvolgere i docenti delle scuole statali partner nelle azioni di formazione dei formatori. 1 ISFOL (a cura di) C. MONTEDORO, Ripensare l’agire formativo: dall’accreditamento alla qualità pedagogica, Franco Angeli, Roma 2001. 2 L’autonomia scolastica, orientandosi al servizio e alla produttività, assume la responsabilità dei nuovi traguardi da raggiungere e «si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati a diversi con- testi, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti al fine di ga- rantire il successo formativo coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istru- zione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento». Cfr. comma 2, art. 1, D.M. 22.02.99 – Regolamento sull’autonomia scolastica. Il Regolamento, ridefi- nendo il Progetto Educativo di Istituto (PEI) e il Piano dell’Offerta Formativa (POF), ribadisce con forza che la scuola dell’autonomia è la scuola del progetto: il mondo delle istituzioni scolastiche non può e non deve oggi sclerotizzare le proprie funzioni con azioni progettuali ingessate, predefinite e uguali per tutta l’utenza. La flessibilità progettuale e l’articolazione dei corrispettivi modelli organiz- zativi ed esecutivi divengono una necessità inevitabile dal momento in cui l’istituto vuole migliorare e arricchire la propria offerta formativa. La progettazione è pertanto l’azione previsionale del sistema organizzativo scolastico correlato alla costruzione di processi educativi e formativi (conoscenze, ca- pacità e competenze) mediante attività realizzate con metodologie, metodi e risorse adeguate. Di qui, la necessità di un’osservazione quotidiana dell’attività educativa e formativa scolastica, sulla base di indicatori che rilevino la presenza di buone pratiche organizzative con cui strutturare e destrutturate – nell’ottica di una circolarità continua – i processi formativi. 3 Cfr. L. PERLA, Valutazione e qualità in università, Carocci, Roma 2004, pp. 22-25. 4 “Insieme di opportunità e di servizi volti a consentire alla persona di acquisire una qualifica professionale e – progressivamente – un diploma di formazione ed un diploma di formazione supe- riore. Il percorso di istruzione e formazione professionale iniziale presenta carattere educativo, istitu- zionale, progressivo. Esso è equivalente rispetto al percorso liceale con il quale condivide il modello Capitolo 3 Valutare i processi di istruzione e formazione professio- nale: una ipotesi di indicatori per la Qualità negoziata Cristina BALDI Le recenti innovazioni riformistiche richiedono ai Centri di formazione profes- sionale (CFP) che desiderino risultare competitivi di ridefinire i criteri relativi alla gestione dei processi macro e micro organizzativi: questo perché da un lato, il Piano dell’Offerta Formativa si ispiri a criteri1 di efficacia ed efficienza organizza- tiva2; dall’altro, perché il piano delle relazioni umane non si allontani da un ap- proccio antropologicamente e pedagogicamente fondato3. Ai CFP che offrono istruzione e formazione si richiede un servizio di qualità: una qualità da negoziare, vista la complessità dei livelli nei quali va a ri-definirsi dinamicamente e una qua- lità che, ad erogazione del servizio di istruzione e formazione professionale, risulti negoziata. Il presente paragrafo intende focalizzare gli elementi essenziali di un percorso di valutazione del processo di istruzione e formazione professionale4, nonché indi- 51 regolatore (profilo educativo culturale e professionale) e la possibilità di passaggi reciproci, ma dal quale risulta diversificato dal punto di vista metodologico e del disegno delle opportunità. Il nuovo art. 117 della Costituzione parla di ‘istruzione e formazione professionale’ intendendo non già un ac- costamento meccanico di strutture preesistenti, quanto una realtà nuova concepita in stretta relazione con il territorio, le imprese, le professioni, la società civile, nell’ambito dell’autonomia delle istitu- zioni scolastiche e formative. Il sistema di Istruzione e Formazione Professionale non si limita alla tradizionale Formazione Professionale Iniziale, ma riguarda ogni cittadino lungo tutto il corso della sua vita”. Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, p. 109. 5 Il CFP (o Centro di Formazione Polifunzionale, o Centro di Servizi Formativi, ma la prima di- zione ormai tradizionale sembra continuare a prevalere) può essere definito come «la sede operativa che opera per lo sviluppo delle risorse umane, erogando: direttamente servizi formativi; […] diretta- mente o avvalendosi di una sede accreditata per l’orientamento, servizi orientativi; (…) direttamente o avvalendosi di una struttura specialistica, servizi connessi all’inserimento lavorativo» (Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Ufficio Centrale O.F.P.L., 2001, p. 10). 6 E. BECCHI E ALTRI (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. 7 «Agli inizi degli anni ‘90, la complessità sempre maggiore del ruolo che la Formazione Profes- sionale è chiamata a svolgere in quanto snodo centrale fra tre gruppi di sistemi (produttivo e scola- stico; lavorativo e formativo; della stratificazione sociale e della promozione dei ceti più deboli della società) ha messo in crisi l’impostazione tradizionale del CFP, impegnato quasi esclusivamente nell’e- rogazione di interventi formativi di tipo corsuale per gli adolescenti. Nel dibattito che si è aperto sulle prospettive di sviluppo si sono fronteggiate grosso modo tre ipotesi. Nella impostazione strategica, il CFP è considerato come un sistema organizzativo connesso con il mondo esterno al quale offre ser- vizi. A livello operativo, la realizzazione di una precisa programmazione e di un decentramento con- trollato richiede una direzione strategica con attenzioni nuove: a tale fine sarebbe da preferire la strut- tura per progetti, con tutte le conseguenze di un’ampia delega, di un processo decisorio decentrato, viduare gli indicatori funzionali ad organizzare una efficace gestione della qualità, realizzata mobilitando il Servizio stesso, all’insegna di un’idea centrale: la qualità da ricercare è quella prodotta e certificata prima di tutto all’interno del servizio e a partire dagli utenti e dagli operatori di quello specifico contesto. Il percorso di valutazione del processo formativo che sarà presentato è speci- fico, in quanto adeguato al contesto organizzativo del Centro di Formazione Pro- fessionale5; realtà non molto lontana dalle istituzioni scolastiche statali, ma neppure ad esse coincidente, soprattutto a livello legislativo. Il modello è stato elaborato a seguito di una intuizione, maturata grazie ad una serie di esperienze quali: il Pro- getto Integrazione, che ha consentito una “analisi delle prassi organizzative” più diffuse in alcuni CFP della Puglia; la partecipazione ad un seminario (dal titolo: Per un modello di valutazione del contesto educativo: dall’asilo nido alla secon- daria. Strumenti, strategie, pregiudiziali teoriche nell’ambito delle attività forma- tive del dottorato in Progettazione e Valutazione dei Processi Formativi) che ha attivato la “riflessività” e lo studio di alcuni testi di approfondimento sui temi in oggetto, che ha condotto ad una “sistematizzazione” delle idee6. Dopo alcuni anni di esperienza di insegnamento e di osservazione diretta dalla complessità dei micro e macro processi del CFP7 in cui opero come formatore, le esperienze accennate unitamente alle questioni organizzative poste da alcuni opera- 52 comunicazioni a doppio senso ad ogni livello, coordinamento per comitati, organizzazione del lavoro ispirata all’autocontrollo e clima favorevole allo sviluppo e all’innovazione. A sua volta, l’agenzia di servizi formativi si caratterizza per un modello organizzativo orientato al mercato e attento al servizio prodotto. Dal punto di vista dei prodotti/servizi, essa intende superare una visione scolastica della for- mazione e, pertanto, si impegna non solo dal lato dell’offerta, ma soprattutto da quello dell’analisi della domanda e, in particolare, cerca di elaborare risposte. Sul piano organizzativo, le strutture de- vono caratterizzarsi per i tratti di: flessibilità, adeguatezza e personalizzazione delle strutture, specia- lizzazione per settori, imprenditività e managerialità. Le dimensioni dell’agenzia sono ridotte perché in caso contrario non è possibile conseguire uno degli obiettivi che il mercato sociale richiede mag- giormente: la flessibilità. Il modello comunitario mette l’accento sulla centralità della formazione che è opera comune ed esige un accordo di base su finalità, contenuti e metodologie da parte di tutti le componenti della FP. Ciò esige la costruzione di una comunità che sia al tempo stesso soggetto ed am- biente di educazione. La mission prevalente del CFP viene identificata nel servizio diretto alla persona e l’educando occupa il centro del sistema formativo. Sul piano organizzativo, il modello comunitario prevede che si realizzi una maggiore articolazione della figura del formatore (operatori della FP). La priorità accordata alla maturazione, soprattutto professionale, della persona e alla dimensione comuni- taria ci fa dare la preferenza al terzo modello. È vero che esso ha da imparare dalla impostazione stra- tegica quanto all’ambito organizzativo e strategico e in questo senso è valido lo sforzo di chi ha cer- cato di comporre le due prospettive in una ipotesi che è stata chiamata mista, che però non dovrebbe portare a una equiparazione dei tre ambiti, strategico, organizzativo e formativo, ma l’ultimo do- vrebbe essere prevalente. A sua volta il modello agenziale trascura sia questa dimensione che quella comunitaria, anche se sono corrette l’insistenza sulla domanda formativa e la preoccupazione per un alleggerimento del nucleo dei formatori stabili. La struttura della sede formativa. Una delle caratteristiche del nuovo CFP consiste nella diversi- ficazione dell’offerta formativa che sinteticamente viene ad abbracciare interventi sia corsuali (acco- glienza, formazione e inserimento), sia individualizzati (partecipazione individuale, tutoring sul la- voro, formazione a distanza): anche da ciò discende il nome di Centro di formazione”Polifunzionale” che viene utilizzato dal CCNL per indicare la struttura operativa della FP. Per realizzare tali servizi, i processi da innescare sono quelli che: “in un’ottica di qualità (qualità e ricerca), precedono (diagnosi, progettazione, promozione), accompagnano (monitoraggio), seguono (valutazione), la realizzazione (erogazione) dei servizi stessi” (Ibidem, p. 13). Ciascuno dei processi si articola in aree operative che sono state identificate nelle seguenti: diagnosi, progettazione, erogazione, monitoraggio e valutazione, promozione e qualità e ricerca. Per attivarle, il CFP deve poter contare sulla disponibilità di compe- tenze professionali relative ad otto funzioni: di governo (direzione, amministrazione e coordina- mento); di processo (analisi, progettazione e valutazione); di prodotto (docenza e orientamento). L’organigramma del CFP va completato con l’indicazione degli organismi collegiali: in proposito è opportuno sottolineare che negli ultimi anni a quelli tradizionali, come per es. il Consiglio di Centro con poteri decisionali notevoli sulle questioni più rilevanti, il Consiglio di corso, le Assemblee dei ge- nitori e il Comitato di controllo, si è aggiunto lo staff di direzione a cui vengono generalmente affidate funzioni di sostegno al ruolo direttivo e di compartecipazione alle attività di conduzione del CFP». Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della forma- zione professionale, op. cit. pp. 36-38. tori dei CFP tutorati nell’esperienza di formazione formatori, mi hanno indotto ad ipotizzare la scelta di alcuni indicatori con cui poter osservare – per valutare – nella quotidianità, la qualità del servizio reso in fase applicativa, ai vari livelli. Il presente paragrafo rappresenta una sorta di diario preventivo, di banco di prova da cui trarre le ipotesi di una ricerca, convalidandole con le teorizzazioni scientifiche esistenti in materia di progettazione e valutazione dei processi formativi, questo af- finché l’ipotesi possa successivamente dare il via ad un percorso sperimentale. 53 8 N. ZINGARELLI, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1993. 9 «E’ questa una delle problematiche pedagogiche oggi maggiormente discusse anche a livello nazionale, specie dopo le novità introdotte nella scuola dell’obbligo per ciò che attiene appunto ai cri- teri e ai modi con cui la scuola giudica i suoi alunni. E d’altro canto la valutazione scolastica non può essere staccata dal contesto pedagogico e didattico in cui è inserita […]. La valutazione dovrebbe ser- vire non solo a verificare se e fino a che punto ciascun allievo ha compiuto il percorso didattico pro- gettato, ma anche ad evidenziare eventuali lacune specifiche per le quali si potrà procedere non ad una selezione/esclusione dell’individuo, ma alla predisposizione di strumenti idonei ad un aiuto sup- plementare o di recupero». La valutazione pedagogicamente intesa può divenire un indicatore privile- giato della prassi educativa e scolastica, un descrittore teorico-scientifico di una «[…] pedagogia in- tesa come scienza dell’educazione». Cfr. P. BERTOLINI, L. CARONIA, Dizionario di pedagogia e scienze dell’educazione, Zanichelli, Bologna 1989, p. 690. 10 Su tali ed altri interrogativi si è concentrata l’attenzione degli studiosi della ricerca valutativa – filone di ricerca meglio conosciuto come Evaluation Research – a seguito di un insieme di fattori concomitanti che hanno portato ricercatori, operatori pedagogici, organizzatori e responsabili delle politiche formative ad interrogarsi circa la possibilità di disporre di metodi e tecniche di valutazione che conducessero ad un miglioramento dei progetti e degli interventi di formazione: la rilevanza del fatto pedagogico non più disgiunta da quello valutativo; l’assunzione delle teorie del curricolo nelle pratiche organizzative e didattiche della formazione; la pianificazione dei progetti di formazione; l’esigenza economica di ottimizzazione delle risorse umane e tecnologiche; ed, infine, il diffondersi generalizzato di una cultura valutativa non solo teorica, ma pragmatica; questi gli aspetti che hanno condotto ad un ripensamento e ad un allargamento delle prospettive valutative. Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Research, Armando Editore, Roma 1997 c, pp. 7-13. 11 La competenza è di fatto «una caratteristica intrinseca di un individuo casualmente collegata ad una performance». Cfr. L. M. SPENCER, S. M. SPENCER, Competenza nel lavoro, Franco Angeli, Milano 1995. Questa definizione apre una serie di osservazioni che, se opportunamente argomentate, possono farci comprendere quando sia possibile parlare di competenza; e come essa sia riconoscibile tramite la messa in atto di specifici comportamenti. La competenza potenzialmente ha una possibilità 1. Perché valutare il processo formativo? In un contesto di attenzioni crescenti al problema della valutazione è neces- sario intendere il senso che essa assume quando viene riferita al concetto di risul- tato piuttosto che a quello di processo. Partendo dalla etimologia del termine va- lutazione, quest’ultima si afferma come un atto, un effetto del valutare e consiste nella “acquisizione di dati ed informazioni che permettono di verificare l’efficacia di un intervento educativo e/o formativo e il profitto di un allievo”8. Secondo la definizione appena letta, un processo formativo è valutabile positivamente solo se produce il risultato atteso9. A questo punto è opportuno interrogarsi circa la neces- sità di circoscrivere la valutazione agli esiti che la formazione produce, essendo i risultati maggiormente rilevabili; oppure, se estendere la valutazione alle attività di progettazione e applicazione degli interventi formativi, anziché limitarla alla verifica delle competenze raggiunte dall’allievo10. Probabilmente dinanzi a simili interrogativi è necessario concentrarsi sul che cosa deve essere valutato, in modo da compiere una scelta che diriga verso la valutazione dei risultati rispetto a quella del processo, o viceversa. Mi sono chiesta quanto potesse essere pedagogicamente fondata una valuta- zione degli alunni basata unicamente sulla competenza11 acquisita dagli stessi, al 54 di sviluppo, qualora il patrimonio genetico della persona includa la presenza di una corrispondente at- titudine; l’esercizio fa in modo che la persona “naturalmente disposta a …” divenga capace nel fare una determinata cosa; la conoscenza e l’apprendimento – organizzate in esperienze finalizzate – ren- dono la persona competente. La performance può testimoniare, tramite il comportamento, la presenza o meno di una competenza: “potrebbe” … ma non è detto, dal momento che la performance dipende da una serie di componenti (fattori psico-fisici, contesto, grado di preparazione, autostima, ecc.) che sono parte integrante nella generazione di un comportamento efficace. Chomsky stesso affermava che la performance rappresenta una “realizzazione effettiva ma parziale della competenza”. N. CHOMSKY, Linguaggio e problemi della conoscenza, Il Mulino, Bologna 1991. Valutare unicamente i risultati, equivarrebbe ad ignorare che una persona: può essere competente, ma esibire una performance ineffi- cace; può non essere competente, ma essere efficace casualmente; può essere potenzialmente compe- tente (in quanto portatore geneticamente di una attitudine ad essa corrispondente), ma mancare di co- noscenze e di pratica che lo abilitino ad un saper fare. La valutazione del risultato, in tal senso, costi- tuisce un tentativo di percepire il possesso di una competenza su un tutto a partire da una parte, valu- tando soltanto gli aspetti cognitivi, mettendo tra parentesi quelli affettivo-motivazionali. 12 La consultazione di alcuni principi teorici mi ha condotto a considerare una osservazione pre- sente nella letteratura di riferimento: il risultato non esiste in sé, ma è sempre il prodotto della inter- pretazione di colui che valuta; non esiste un unico risultato, ma una costellazione infinita di esiti che potenzialmente influenzeranno la vita di ognuno (più o meno consciamente); il risultato formativo di- pende solo in parte dall’attività formativa, in quanto una serie di fattori esterni alla stessa, ma profon- damente legati ad essa – il vissuto personale – hanno un peso determinante su ciò che poi si innesta nel processo formativo stesso. Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una pro- posta di Evaluation Research, op. cit., pp. 9-13. 13 Ibidem, pp. 10-11. termine di un processo formativo di istruzione e formazione professionale. Per troppo tempo, nella storia della valutazione, ci si è focalizzati staticamente sulla va- lutazione dei risultati12: una valutazione abbastanza parziale e riduttiva, in quanto esclusivamente connessa al controllo conclusivo dei così detti outcomes – esiti della formazione – rivolti tanto alle competenze acquisite dai formandi, quanto alle trasformazioni avvenute nel sistema formativo. La valutazione dei risultati si limita semplicemente a ricercare delle prove che quantifichino un cambiamento, che non può solo dimostrarsi sulla base delle competenze acquisite o sulla base dei cambia- menti intervenuti nel sistema delle attività valutative. Se quindi i processi formativi riguardano il designarsi della relazione, limitarsi ai soli effetti finali delle compe- tenze acquisite è comodo, ma poco attendibile. La valutazione dei processi formativi, invece, dà senso e significato al “fatto che diviene”, ovvero a quello che si innesta nella relazione tra i soggetti interessati dalla istruzione e formazione. La valutazione dei risultati si limita semplicemente a ricercare delle prove che quantifichino un cambiamento; la valutazione dei processi formativi “riguarda il cambiamento, ma il suo scopo è il miglioramento raggiungi- bile mediante la trasformazione e la regolazione dell’oggetto valutato, e non sol- tanto con il controllo e con il dominio di esso”13. 55 Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Re- search, Armando Editore, Roma 1997. Fonte: elaborazione dell’A.14 14 ANALISI DEI BISOGNI L’analisi dei bisogni è la prima valutazione da compiersi, una sorta di “ricerca delle necessità e delle esigenze dell’organizzazione, da cui nascono gli obiettivi dell’attività formativa”. Essa si af- ferma come un punto di partenza per avviare la programmazione di un intervento di formazione, ma soprattutto uno strumento indispensabile affinchè la progettazione dell’intervento avvenga su un in- sieme di dati che rispecchiano i bisogni formativi reali. PROGRAMMAZIONE Pellerey (1979) la definisce come un insieme di attività orientate alla “definizione degli standard formativi generali, mediante l’analisi del contesto allargato entro cui l’iter formativo va collocandosi e la verifica di compatibilità tra gli standard formativi, il tipo di utenza a cui è diretto l’intervento e la domanda culturale o professionale proveniente dal territorio”. PROGETTAZIONE Ancora con Pellerey vediamo che la progettazione può essere definita come “l’insieme delle at- 2. Il sistema del processo formativo nel contesto allargato La ricchezza di un approccio valutativo orientato al processo sta nel fatto che la creazione del setting formativo può essere compiuta correttamente, o, comunque, diminuendo drasticamente le possibilità di errore, grazie a delle retroazioni – rego- lazione, riorganizzazione, revisione – che consentono flessibilmente di rimodulare quanto realizzato in precedenza. 56 tività orientate all’organizzazione sistematica delle risorse intellettuali e tecnologiche declinabili in schemi e piani di produzione di interventi formativi”. La progettazione inoltre comprende: - la modularizzazione dell’intervento: ovvero grossomodo la scelta dei moduli didattici, delle azioni che caratterizzeranno l’intervento, con i rispettivi contenuti ed obiettivi; - la definizione delle strategie, dei metodi e delle tecniche: tenendo sempre conto, anche sulla base di esperienze precedenti, quale potrebbe esser la risposta del gruppo utente alla presenta- zione di detenninati input; - la scelta e selezione dei media e dei modi di comunicazione: questo punto è particolarmente curato nei casi in cui, sia stato commissionato da un cliente ad un progettista un pacchetto for- mativo; di qui la necessità di pubblicizzare l’evento per informare l’utenza; - la determinazione dei criteri valutativi: in tal caso qualora il progettista coincida con il valuta- tore, egli dovrà scegliere quale approccio valutativo prescegliere; - la ripartizione temporale dell’intervento: il soggetto non deve esser aggredito, ma quasi natu- ralmente portato a formarsi. La gestione del tempo del corso deve tener conto dei tempi di fer- tilizzazione ed interiorizzazione dei vissuti da parte dei soggetti. Comprendere la soggettività e la professionalità delle risorse, significa anche capire come coin- volgerle nel processo formativo: la progettazione infatti oltre ad allocare correttamente le risorse che serviranno in fase di erogazione, non può e non deve ignorare i bisogni degli utenti. APPLICAZIONE Bruscaglioni (1990) parlando di applicazione la definisce come “esplicitazione in aula o in am- bienti appositamente predisposti, delle attività promosse dal formatore e dagli allievi, nelle contin- genze delle situazioni e del retroterra culturale ed esperenziale di ciascuno”. ANALISI DEGLI ESITI “Comprende l’insieme delle attività di verifica e/o valutazione”. Cfr. Ibidem, pp. 15-19. 15 G. MILAN, Disagio giovanile e strategie educative, Città Nuova Editrice, Roma 2004. 16 P. GOGUELIN, La formazione/animazione, Isedi-Petrini, Torino 1991. In questa sede non è possibile soffermarsi sull’analisi degli steps di cui un pro- cesso formativo si compone: per comodità si è riportato una schematizzazione di un modello esistente nella letteratura della ricerca valutativa, rielaborata da Pel- lerey (1979), affinché il lettore possa comprenderne o ricordarne la complessità. La scelta degli indicatori con cui poter rilevare la qualità del servizio reso nel CFP è riferita alla fase applicativa, pur non limitandosi ad essa, essendo questa col- legata a processi micro e macro dimensionali, coinvolti nell’erogazione del servizio di istruzione e formazione professionale. Importante concludere questa parte descrittiva, richiamando l’attenzione sul senso ed il significato che i formatori tutti – protagonisti dell’esperienza di Forma- zione Formatori del Progetto Integrazione – hanno attribuito all’istruzione e forma- zione professionale relativamente alla categoria dei soggetti interessati: gli adole- scenti15. Formare implica un intervento profondo e globale che provoca nel soggetto uno sviluppo nel campo intellettuale, fisico o morale e un cambiamento nelle strutture corrispondenti a questi campi, in modo che questo sviluppo non sia sovrapposto alla struttura esistente, ma sia integrato in nuove strutture più generali, che consentano ad ognuno di raggiungere se- condo le proprie capacità, un livello culturale multidisciplinare, capace di fargli meglio comprendere i fenomeni della vita16. Questa la “visione comune” che ha orientato le azioni di formazione previste dal progetto. 57 3. Gli indicatori per una qualità negoziata a) La qualità educativa: i presupposti I Centri di Formazione Professionale salesiani hanno come fine l’educazione umana e cristiana dei giovani lavoratori per farne dei “buoni cristiani ed onesti cit- tadini” (Don Bosco), capaci di assumere le loro responsabilità nella comunità cri- stiana e sociale. Grazie allo studio di un testo della prof.ssa Becchi 17, in qualità di operatore pedagogico mi sono interrogata sul concetto di qualità educativa del servizio del CFP, chiedendomi come la scala SVANI 18 – rimodulata ad hoc – potesse favorire un percorso di valutazione formativa giornaliera per il servizio reso da noi formatori, impegnati in una missione educativa ai margini del sociale; contemporaneamente, mi sono interrogata sulla possibilità che, la stessa modellizzazione adeguata per il CFP CNOS-FAP Regione Puglia, sede di Bari, potesse essere estesa alla realtà degli altri CFP. Il CFP è un servizio educativo formale, informale e non-formale della colletti- vità. Come tale ha una fisionomia pedagogica sui generis (non paragonabile al servizio reso dal sistema statale, sebbene ad esso integrato nei processi di pro- grammazione/progettazione/erogazione dei processi formativi), caratterizzato da un complesso e delicato gioco di relazioni, che coinvolge formatori ed educatori (del CFP), insegnanti (della scuola statale), aziende e allievi. In linea con lo stile procedurale che contraddistingue le politiche della Regione Puglia nel settore dell’Istruzione e della Formazione Professionale, le questioni aperte dal nuovo scenario normativo – il ruolo e le funzioni dei coordinatori peda- gogici, le procedure per l’accreditamento, i dispositivi di controllo e di verifica – sono state oggetto di discussione pubblica nel corso di seminari, convegni, dibattiti, e non solo da un punto di vista amministrativo. La necessità di una qualificazione pedagogica dei Centri di Formazione Professionale, attraverso la delineazione di un progetto educativo del servizio e l’avvio di procedure valutative, appare cen- trale. Da qui l’esigenza di riaprire la discussione, già avviata con la stesura degli in- dicatori, su altri elementi quali: le componenti e le garanzie irrinunciabili di un 17 E. BECCHI, A. BONDIOLI, R. CENTAZZO, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, P. O. GHEDINI, (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Ro- magna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. 18 Realizzata negli Stati Uniti per consentire una valutazione obiettiva del nido, e adattata alla si- tuazione italiana, la SVANI – Scala di Valutazione dell’Asilo Nido Italiano - articola in 37 item valu- tabili quantitativamente e raggruppati in 7 subscale (arredi e materiali, routine, linguaggio, apprendi- menti, interazioni, organizzazione delle attività, bisogni degli adulti). Sulla base dei dati raccolti si possono costruire profili e indici che consentono confronti tra sezioni e nidi diversi e fra il “prima“ e il “dopo” di azioni di intervento. Essa serve a molteplici scopi. Può essere utilizzata per definire la qualità educativa delle singole sezioni di un asilo nido, ma anche per cogliere le dimensioni più cri- tiche, che occorre correggere e migliorare. 58 19 Cfr. L. VERDI VIGHETTI, Verso una qualità pedagogica della formazione, in “Skill” dicembre, 1999. 20 ISFOL (a cura di) C. MONTEDORO, Ripensare l’agire formativo:dall’accreditamento alla qualità pedagogica, Franco Angeli, Roma 2001, pp. 65-78. 21 Ibidem, op. cit., p. 66. “buon CFP”; le responsabilità dei diversi “attori sociali” chiamati a realizzarle sui nuovi ambiti di “professionalità – progettuale e operativo – profilati”; e, non ul- timo, sugli “strumenti” da adottare per lo svolgimento dei nuovi compiti cui gli “operatori della formazione professionale” sono chiamati. b) La qualità educativa: il percorso La qualità educativa del CFP si misura dunque nella sua capacità di costituirsi a laboratorio della formazione professionale degli adolescenti in un gioco di scambi nel quale le storie di vita dei ragazzi, i vissuti dei formatori, le pratiche di istruzione e di formazione, l’organizzazione spazio-temporale dell’educativo ven- gono continuamente discusse e verificate. In linea con l’idea di qualità teorizzata dalla prof.ssa Becchi, nei paragrafi suc- cessivi si propone una scala che potrebbe permettere di rilevare la qualità del servizio reso quotidianamente al CFP, articolando le aree e gli items di questa scala su vari livelli di osservazione. c) La qualità educativa: gli indicatori Prendendo le mosse da una definizione della “‘qualità pedagogica’ intesa come ricerca della specificità del valore aggiunto dell’approccio qualità applicato alla formazione, considerata come interazione, relazione, trasformazione, sviluppo di competenze, atteggiamenti, conoscenze dei/delle ‘clienti’ finali”19, è necessario dare fondamento a tale definizione individuando alcuni elementi valoriali e caratteri- stiche essenziali che rendano la qualità pedagogica una «qualità negoziata». Consultando il “Modello delle 6 P” esistente in letteratura 20, la “qualità della formazione” è paragonabile ad un sistema complesso, costituito da alcuni sottosi- stemi quali: la qualità prevista, paragonata, progettata, proposta, prodotta, perce- pita; livelli, questi, funzionali alla organizzazione e gestione di micro e macro pro- cessi efficaci. La qualità pedagogica, per essere una qualità negoziata, deve riferirsi in particolare alla qualità proposta, una qualità che deve essere rilevata in fase di erogazione della formazione mediante l’espressione di giudizi da parte di coloro che direttamente o indirettamente fruiscono della formazione. La qualità proposta è, infatti, la risultante delle intersezioni tra 4 aree che incidono direttamente sulla relazione formativa e sui processi di apprendimento21. Da queste premesse, la co- struzione di un approccio teorico alla qualità pedagogica necessita di criteri con cui interpretare la realtà formativa grazie a cui è possibile erogare un servizio di qua- 59 22 E. BECCHI, A. BONDIOLI, R. CENTAZZO, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, P. O. GHEDINI, (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Ro- magna, op. cit. 23 La rivisitazione della scala SVANI – ancora in via di ideazione – vuol fungere da analizzatore funzionale ad operazioni di decentramento rispetto al quotidiano vissuto nel Cfp: coloro i quali la uti- lizzeranno (operatori della formazione professionale, insegnanti, alunni, genitori degli alunni, respon- sabili dei servizi sociali, valutatori interni ed esterni) potranno superare l’osservazione dell’«immediato» e/o semplicemente di «ciò che appare», per riflettere metodologicamente sulla realtà formativa. La restituzione non direttiva rappresenterebbe la modalità psico-pedagogicamente orientata, con cui il valutatore, ad indagine ultimata, comunicherà i risultati delle rilevazioni com- piute, confrontando le eventuali differenze tra tipologie di persone interessate nella fase valutativa. lità: la costruzione di un sistema di indicatori di qualità costituisce il punto di par- tenza, verso la via della qualità negoziata. L’indicatore, in tale percorso di costruzione della scala, rappresenterebbe – at- tenendomi a ciò che sostiene Egle Becchi – un criterio di interpretazione del CFP, espresso nel suo livello di ottimalità per alcuni aspetti che si riterranno irrinuncia- bili 22. Gli strumenti e le altre metodologie di valutazione possono essere utilizzate non solo in funzione di una certificazione della qualità educativa delle istituzioni che devono essere valutate, ma anche in chiave formativa, cioè per sollecitare gli operatori verso una maggiore consapevolezza circa le caratteristiche della propria organizzazione pedagogica. La valutazione della qualità dovrebbe quindi portare a segnalare i “punti forti” ed i “punti deboli” dell’ambiente formativo esaminato, nel contesto di una discus- sione sui risultati dell’osservazione/rilevazione (restituzione non direttiva 23)grazie a cui tracciare dei possibili percorsi di sviluppo istituzionale. d) La qualità educativa: rivisitazione della scala Svani Il punto di partenza del sistema di indicatori che qui viene prospettato, è un idea di CFP da intendersi come sistema di relazioni sociali, che sta in una più ampia e complessa rete di nessi sociali con i quali transagisce, e che necessita di un sistema di indicatori della qualità educativa che rispettino: da un lato, i dettami na- zionali e dall’altro, i dettami regionali giuridici che regolamentano il (sotto)sistema della Istruzione e Formazione Professionale. Il CFP non solo eroga contributi peda- gogici, ma esaudisce domande, soddisfa aspettative, evoca concetti di istruzione e formazione dei soggetti interessati dalla formazione. Conseguentemente, due sono i fattori che inevitabilmente debbono incidere sulla costruzione di indicatori della loro organizzazione di sistema: da un lato, gli indicatori non devono rappresentare semplicemente una variabile fenomenica – e per questo osservabile – ma devono anche essere descrittori di dinamiche intra ed interpersonali indicative di vissuti; dall’altro, gli stessi devono dar voce ai soggetti interessati direttamente ed indiret- tamente dalla formazione (alunni, insegnanti, operatori pedagogici, famiglie, terri- torio). 60 24 Per dirla con Bronfenbrenner, ci si riferisce a micro-situazioni che hanno una possibilità di crescita immediata sugli utenti. (subscala 1). U. BRONFENBRENNER, Ecologia dello sviluppo umano, il Mulino, Bologna 2002. Di seguito, verrà presentato lo schema delle componenti e delle condizioni ir- rinunciabili di quella che è definibile come qualità educativa o intrinseca, dove l'intrinsicità rimanda all’idea di un CFP in relazione alla sua specifica finalità for- mativa, in quanto “luogo educativo”, oltre che di istruzione e formazione. Le sub- scale ipotizzate con i relativi items, hanno cercato di tener conto, sulla base del modello della scala Svani, delle componenti e delle condizioni irrinunciabili per la gestione di un servizio di istruzione e formazione professionale di qualità. Le componenti indicano gli aspetti d’ambiente del CFP con cui l’adolescente è in contatto 24; le condizioni si riferiscono a quei livelli ambientali sovra-ordinati che incidono non solo sull’acquisizione di conoscenze e competenze tecnico-profes- sionali, ma anche di quelle di tipo relazionale grazie a cui è davvero possibile garantire – come affermava Goguelin – lo sviluppo integrale della persona che deve formarsi. La scala non è ancora definita (non vi è ancora un acronimo con cui poterla indicare); così come non è previsto nella presente pubblicazione l’inserimento dei descrittori grazie a cui, le persone che potenzialmente debbono utilizzare la scala ai fini valutativi, possano esprimere un giudizio sui livelli pre- sentati. L’ipotesi è in fase di costruzione per poter poi essere sperimentata sul campo, in vista di accorgimenti e modificazioni che consentano l’ideazione di una scala tramite cui rilevare – proprio grazie a giudizi espressi – la qualità educativa intesa come frutto di una negoziazione continua. 61 SUBSCALA 1: ARREDI E MATERIALI A DISPOSIZIONE DEI RAGAZZI La diversificazione dell’offerta formativa di un CFP - che offre sia interventi corsuali (accoglienza, for- mazione e inserimento), sia individualizzati (partecipazione individuale, tutoring sul lavoro, formazione a distanza) – determina l’esistenza di una struttura polifunzionale: gli spazi e gli arredi sono funzionali alla gestione di micro e macro processi non solo ed esclusivamente relativi alla didattica, ma anche alla cura del progetto di crescita personale e professionale degli utenti. Items 1: Arredi per le cure di routine Items 2: Arredi per le attività di apprendimento in classe Items 3: Arredi per le attività di apprendimento in laboratorio Items 4: Arredi per le attività di apprendimento in cortile Items 5: Arredi per le attività di apprendimento in oratorio Items 6: Disposizione della istituzione Items 7: Materiale didattico in mostra SUBSCALA 2: CURE DI ROUTINE La presenza quotidiana dell’alunno nella struttura di un Centro di Formazione Professionale è un mo- mento molto delicato e importante perché rappresenta il contatto che il giovane, nella giornata, ha con fi- gure istituzionali nei confronti delle quali deve potersi relazionare ben consapevole che queste si occupe- ranno non solo di potenziare la sua mente, ma anche di risvegliare il suo cuore. Ogni giovane, in virtù del proprio vissuto personale, affronta in maniera diversa la stessa esperienza di istruzione e formazione: i formatori, gli educatori, gli animatori, gli insegnanti delle istituzioni scolastiche statali, debbono adottare strategie individualizzate coinvolgendo anche i genitori che sono parte integrante del progetto formativo e strategie personalizzate dirette al gruppo-classe di cui l’alunno è parte integrante. Le cure di routine sono funzionali alla soddisfazione dei bisogni primari e secondari affinché nella gior- nata scolastica il ragazzo possa avere tutti gli elementi necessari e funzionali ad un buon rendimento. Items 8: Buon giorno e saluto finale Items 9: Ricreazione Items 10: Tempo pieno “libero” Items 11: Cambi Items 12: Pulizia ed ordine personale degli allievi Items 13: Abitudini igieniche Items 14: Norme igieniche Items 15: Gestione della sicurezza Items 16: Norme di sicurezza 62 SUBSCALA 3: ASCOLTARE E PARLARE Il Piano dell’Offerta Formativa del CFP si ispira al progetto educativo nazionale delle Scuole Salesiane attualizzando, anche formalmente, la tradizione educativa salesiana dell’accompagnamento del giovane o dello studente. Ragione, religione, e amorevolezza – i tre ingredienti del Sistema Preventivo di don Bosco – sono nutrimento della relazione didattico-educativa che si innesta nel processo di professionaliz- zazione. Ascoltare l’altro e parlare all’altro divengono modelli relazionali con cui il giovane cresce grazie ad un progetto educativo integrale che lo aiuta ad essere in relazione con se stesso e con l’altro. Items 17: Uso formale del linguaggio Items 18: Uso informale del linguaggio Items 19: Comunicazione funzionale Items 20: Comunicazione affettiva Items 21: Colloqui Items 22: Celebrazioni e confessioni Items 23: Libri, films e documentari SUBSCALA 4: ATTIVITÀ DI APPRENDIMENTO Al fine di garantire il successo formativo, ciascun alunno deve impegnarsi a fondo in tutte le materie previste dal Piano dell’Offerta Formativa (POF): questo affinché egli sviluppi, per ciascuna annualità, il set di conoscenze e competenze (di base, tecnico-professionali e trasversali) indispensabili per il for- marsi della professionalità prescelta. Questa la motivazione per cui l’intero impianto progettuale prevede l’alternanza di attività funzionali all’istruzione (lezioni frontali), alla formazione professionale (attività laboratoriali di tipo tecnico) e alla crescita delle capacità personali del soggetto (attività psico-pedago- giche). Items 24: Coordinazione oculo-manuale Items 25: Lavori di gruppo/Giochi di squadra Items 26: Attività artistiche Items 27: Musica e ritmica Items 28: Attività di costruzione/assemblaggio in laboratorio Items 29: Giochi di role-playing Items 30: Attività psico-pedagogiche Items 31: Autodiagnosi delle capacità personali 63 SUBSCALA 5: INTERAZIONE Un’educazione integrale deve misurarsi oggi con la dimensione sociale della carità. Le comunità educative salesiane sono consapevoli che la lotta contro il disagio giovanile è parte della loro missione educativa. Si sentono pertanto coinvolte profondamente in essa secondo il carisma salesiano e lo stile di Don Bosco, con intelligenza e realismo e, sempre, con carità. I CFP dunque, sul piano delle relazioni: accompagnano i gio- vani alla conoscenza adeguata della complessa realtà sociopolitica in cui vivono, aiutandoli a vivere se- condo il rispetto delle regole; introducono fisicamente i giovani nel mondo degli uomini e donne che chie- dono solidarietà e aiuto; insegnano ai giovani ad elaborare precisi e concreti progetti di solidarietà e a matu- rare forme di intervento sociale; fanno comprendere che la carità è espressione del proprio incontro con Cristo; li avviano all’impegno e alla partecipazione alla «politica» -ossia alla complessa e varia azione eco- nomica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzio- nalmente il bene comune- facendo sì che si assumano responsabilità dirette negli organismi scolastici di partecipazione e nelle associazioni nelle quali possono coprire ruoli di gestione e direzione; li educano al servizio, come espressione della solidarietà e itinerario di discernimento e di maturazione vocazionale. Items 32: Interazione tra gli allievi Items 33: Interazione tra gli allievi e i formatori Items 34: Interazione tra gli allievi e i direttori Items 35: Personalizzazione ed individualizzazione Items 36: Disciplina SUBSCALA 6: ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITÀ L’attività formativa si svolge di norma nell’arco di 36 ore settimanali in 6 giorni, dal lunedì al sabato, dalle ore 8,00 alle ore 14,00. Gli allievi al mattino ascoltano un pensiero religioso-formativo; partecipano, in alcune occasioni durante l’anno formativo, alla Santa Messa, a celebrazioni liturgiche, a momenti di riflessione e colloqui col Di- rettore, l’Animatore e l’equipé dei docenti. I formatori collaborano con l’animatore, ad accompagnare gli allievi nei luoghi prefissati per il “buon- giorno”, e sono presenti durante il pensiero formativo e durante la breve pausa tra la terza ora (10,00 - 11,00) e la quarta ora (11,00 - 12,00). Per la maturazione integrale del giovane si richiede la massima puntualità. Indipendentemente dall’ora d’entrata in classe e dall’ora d’uscita, gli alunni devono firmare il registro delle presenze. Affinché l’opera educativa sia efficace e feconda è necessario che il giovane conosca e condivida lo spi- rito e il metodo degli educatori e, nel rispetto dei docenti, non docenti e compagni, collabori con loro con generosità e responsabilità. Le famiglie saranno corresponsabili nell’intero processo formativo del proprio figlio, interagendo, dunque, attivamente con il Centro di Formazione Professionale. Items 37: Orario delle attività Items 38: Controllo delle attività quotidiane Items 39: Cooperazione tra i formatori Items 40: Cooperazione tra i formatori e gli insegnanti Items 41: Disposizioni per alunni con particolare problemi psico-fisici 64 SUBSCALA 7: BISOGNI DEGLI ADULTI La formazione formatori ha una rilevanza fondamentale all’interno del progetto educativo dell’alunno. Il compito dei formatori è di svolgere un ruolo di mediazione in una esperienza di istruzione e di forma- zione professionale che, per essere pedagogicamente orientata, richiede d’essere affrontata con compe- tenza professionale, capacità di osservazione e un approccio metodologico coerente: di qui la necessità che gli operatori della formazione professionale siano continuamente aggiornati nel proprio campo di competenza per erogare un servizio di qualità negoziata. Items 42: Bisogni personali degli adulti Items 43: Opportunità di crescita professionale Items 44: Zona riservata agli incontri degli adulti Items 45: Spazi di consulenza e di ascolto per gli operatori pedagogici Items 46: Giornata libera SUBSCALA 8: ATTIVITÀ EXTRA-SCOLASTICHE Le attività extrascolastiche nel CFP consentono all’alunno di essere soggetto attivo nella costruzione e realizzazione del proprio progetto personale/professionale. Esse – di vario tipo ed organizzabili con il consenso informato della famiglia – rappresentano pertanto una prassi educativa attiva volta a favorire la capacità del soggetto di risolvere il problema del suo avvenire professionale, facilitandogli l’assolvimento dei compiti vocazionali relativi alla: - conoscenza di sé (potenzialità attitudinali, capacità, interessi e valori); - conoscenza del mondo del lavoro e delle professioni; - formulazione di progetti di vita e di lavoro e loro valutazione in funzione della decisione di scelta di un progetto e del modo migliore di realizzarlo. Items 47: Interventi formativi Items 48: Interventi educativi Items 49: Interventi informativi e di sensibilizzazione Items 50: Interventi di addestramento Items 51: Interventi progettuali Items 52: Interventi esperenziali Items 53: Interventi di rete Items 54: Interventi consulenziali Items 55: Interventi in caso di crisi Items 56: Interventi di aiuto professionale e di self-help Items 57: Interventi di animazione sociale 65 SUBSCALA 9: CORRESPONSABILITÀ SCUOLA-FAMIGLIA Con la Legge 53/2003 – Riforma Moratti – ai genitori si chiede di diventare componente costitutiva della struttura scolastico – formativa e di qualificarsi come presenza costante e attiva nella comunità educante. Nello scenario normativo la famiglia è considerata “la prima formazione sociale con la quale le istitu- zioni scolastiche devono interloquire per realizzare l’autonomia” (d.P.R. 275/99): “le istituzioni scola- stiche non sono più obbligate a fare tutte la stessa cosa nello stesso tempo, perché non sono più ad ema- nazione diretta dello stato; ma vanno affermandosi come istituzioni scolastiche autonome in ambito di- dattico, funzionale ed organizzativo. La scuola diventa così formazione sociale, espressione dei soggetti che la compongono, chiamata ad agire ponendo al centro la domanda educativa dell’alunno …” (S. Cri- scuoli, 2003). Il processo di trasformazione della scuola in atto con la Riforma Moratti, pone, dunque, le condizioni per la creazione di una “scuola adulta” capace di formare la persona, oltre che offrire conoscenze e compe- tenze funzionali allo sviluppo del profilo professionale prescelto dai soggetti in formazione: condizione, affinché questo avvenga, è che la scuola sia generata dalla responsabilità di gestori, docenti, genitori, stu- denti che la compongono a titolo diverso e con funzioni complementari che si armonizzano fra di loro a fini educativi. Non è più sufficiente la sola partecipazione dei genitori: occorre che i soggetti della comunità educativa siano chiamati ad assumersi le responsabilità reciproche tramite un rinnovato patto sociale, di cui il patto formativo è parte integrante. Per la realizzazione della proposta formativa è indispensabile la corresponsabilità tra famiglia e CFP: quest’ultimo si avvarrà di una figura di sistema che coinvolgerà le famiglie a vari livelli (cfr. subscala 8 attività extra scolastiche). Items 58: Co-progettazione al POF Items 59: Personalizzazione del percorso formativo Items 60: Redazione del portfolio delle competenze 66 SUBSCALA 10: RELAZIONI CON IL TERRITORIO L’intero impianto del percorso formativo è centrato sulla scoperta e sull’aiuto alla realizzazione del pro- getto personale d’ogni destinatario intorno ad un’identità lavorativo-professionale e sulla base di una proposta educativo-formativa tesa a formare il cittadino, il lavoratore, il cristiano. L’approccio della formazione professionale prevede, infatti, un concetto di competenza intesa come piena padronanza delle conoscenze, delle tecnologie e dei processi nell’ambito lavorativo di riferimento. Per il raggiungimento degli obiettivi formativi del presente progetto, sarà necessaria una stretta COLLABO- RAZIONE TRA CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE, SCUOLA E AZIENDA. L’integrazione fra i tre elementi, di cui sopra, favorisce la strategia della alternanza formativa secondo quanto previsto dalla legge n.53, 28 marzo 2003 (Riforma Moratti): l’alternanza rappresenta una stra- tegia metodologica che consente – in riferimento al singolo allievo - di realizzare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si integrano reciprocamente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’organizzazione di lavoro e di impresa. La collaborazione e la corresponsabilizzazione con i servizi sociali, comporta la relazione con tutte le strutture che sono autorizzate per l’assistenza ai minori. La maggior parte degli alunni frequentanti i CFP sono ragazzi difficili ovvero adolescenti con varie forme di disagio, disadattamento e devianza; aver cura del progetto educativo significa affiancare al progetto di professionalizzazione un progetto di ri-educa- zione orientato al ri-scatto, nel presente, da un passato oscuro. Il Cfp, allontanandosi dai pericoli dell’au- torefenzialità, deve: dialogare e corresponsabilizzare le famiglie, senza sostituirsi ad esse, anche qualora la famiglia sia una presenza negativa; lavorare in rete nel sociale per garantire al minore la tutela dei propri diritti ed il rispetto dei propri doveri, soprattutto nei casi di una reiterazione della pena dovuta alla commissione di un reato (la messa alla prova). Items 61: Istituzioni scolastiche statali partner IItems 62: Aziende partner Items 63: Assessorati Items 64: Servizi Sociali Items 65: Educatori di Circoscrizione Items 66: Tribunale dei minori Items 67: Comunità per minori (semiresidenziali e residenziali) 67 69 25 Cfr. GIOVANNI BATTISTA LEMOYNE, Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco, raccolte dal sacerdote salesiano, edizione 1898, Volume V, Capo VI, p. 52. 26 Relativamente al fenomeno della dispersione scolastica nel secondo ciclo di istruzione esiste un ampia letteratura psicologica di riferimento che ha scientificamente provato la casualità esistente tra «caratteristiche strutturali dell’istituto e dispersione scolastica» e tra «caratteristiche ambientali e dispersione scolastica». Cfr. per la prima tipologia di ricerche, «dispersione scolastica e caratteristiche strutturali dell’istituto»: tipologia d’istituto (Benvenuto et al., 2000); grandezza (Rumberger e Pa- lardy, 2005); collocazione geografica, (Rumberger e Palardy, 2005); tipo di controllo, (Rumberger e Palardy, 2005); per la seconda, «dispersione scolastica e caratteristiche ambientali»: clima (Rum- berger, 1995); politiche educative (Lillard e De Cicca, 2000). Capitolo 4 La Riflessività del Formatore della Formazione Pro- fessionale: un Educatore alla ricerca dell’Equilibrio tra Ragione, Religione e Amorevolezza Cristina BALDI “Un giorno del 1854 Don Bosco si ritrovava negli uffici del ministro Urbano Rattazzi, in conversazione con lui, e si sentì per l’ennesima volta domandare quale fosse il suo metodo educativo. Don Bosco rispose: «Vostra eccellenza non ignora che vi sono due sistemi in educazione, uno chiamato sistema repressivo, l’altro pre- ventivo. Il primo si prefigge di educare l’allievo con la forza, col reprimerlo e pu- nirlo quando ha violato la legge. Il sistema preventivo, invece, cerca di educarlo con la dolcezza e perciò lo aiuta soavemente ad osservare la legge medesima, e gliela somministra con i mezzi più adatti ed efficienti allo scopo. È questo il si- stema in vigore da noi …”25. Educare oggi come educava Don Bosco rappresenta indubbiamente una sfida. Nello scorrere del tempo, il sistema repressivo a cui le istituzioni scolastiche hanno ispirato la pseudo progettualità educativa ha determinato la fuoriuscita di numero- sissimi ragazzi – i così detti drop-out – dai percorsi scolastici statali 26: sicché molti di questi ragazzi sono caduti in pericolo e alcuni sono diventati pericolosi perché lontani da eventi che avrebbero potuto proteggerli, preservarli anziché puntellarli e reprimerli. I Centri di Formazione Professionale che hanno partecipato al Progetto Inte- grazione – così come tanti altri CFP che, pur non avendo partecipato all’esperienza condotta, offrono il medesimo servizio – accolgono da decine di anni i ragazzi i quali, “essendosi allontanati” e/o “essendo stati allontanati” dal canale statale e av- vicinandosi al canale della istruzione e formazione professionale, possono rifuggire dai pericoli derivanti dalle convinzioni di un futuro privo di colori. 27 Da giugno 2006 nessun bando pubblicato dalla Regione Puglia consente ai CFP di program- mare e progettare percorsi di istruzione e formazione professionale: sicché molti CFP, che da decenni operano in tale settore, ultimate le sperimentazioni triennali avviate nel 2003, sono inattivi con il ri- schio presto di scomparire dal territorio, negando la possibilità a moltissimi ragazzi di istruirsi e for- marsi … L’impianto delle sperimentazioni triennali avviate in Puglia nel 2003 è stato centrato sulla scoperta e sull’aiuto alla realizzazione del progetto personale d’ogni destinatario intorno ad un’iden- tità lavorativo-professionale e sulla base di una proposta educativo-formativa tesa a «formare il citta- dino, il lavoratore, il cristiano». L’approccio della formazione professionale prevede, infatti, un con- cetto di competenza intesa come piena padronanza delle conoscenze, delle tecnologie e dei processi nell’ambito lavorativo di riferimento. Per il raggiungimento degli obiettivi formativi del presente pro- getto, è stata attivata una stretta collaborazione tra centri di formazione professionale (Cfp), scuola statale e azienda. L’integrazione fra i tre elementi, di cui sopra, ha favorito la strategia della «alter- nanza formativa» secondo quanto previsto dalla legge n.53, 28 marzo 2003 (Riforma Moratti): l’alternanza ha rappresentato una strategia metodologica che ha consentito – in riferimento al singolo allievo – di realizzare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si sono integrate recipro- camente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’orga- nizzazione di lavoro e di impresa. 28 «[…] La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. … La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di rag- giungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Cfr, Costitu- zione della Repubblica Italiana, Roma 27 dicembre 1947, art. 33 e 34. Molti dei ragazzi che si riversano nel canale della FP sono capaci e meritevoli, ma rifiutano psi- cologicamente l’inserimento nei percorsi di istruzione offerti dal canale statale perché le «caratteri- stiche strutturali» ed «il clima» che le caratterizzano non consentono «la strutturazione di una visione del mondo e di sé-nel-mondo-con-gli-altri». I cfp – come descritto nel paragrafo precedente – invece favoriscono il recupero dei soggetti portatori di un disagio, dei ragazzi marginali, dei ragazzi devianti consentendone l’educazione e la ri-educazione. La Repubblica deve rendere «effettiva» la possibilità a ciascuno dei ragazzi difficili di godere del diritto di istruzione assicurando loro «concretamente» un trattamento scolastico equipollente a quello garantito agli alunni delle scuole statali: un tentativo da sostenere e da diffondere perché si possa rispondere nel «campo dell’educazione» secondo quei criteri di sussidiarietà e libertà sempre più indispensabili per il futuro dei giovani. Cfr. M. NAPOLI, Principio di sussidiarietà, Vita e Pensiero, Milano 2003. 29 Cfr. V. CAPORALE, Lavoro e responsabilità in C. LANEVE (a cura di), L’educatore, oggi: tratti per un profilo di San Giovanni Bosco, Servizio Editoriale Universitario, Bari Marzo 2007, pp. 45-52. Attualmente l’offerta formativa dei Centri di Formazione Professionale ri- sponde alla domanda di istruzione e formazione dei soggetti interessati solo relati- vamente all’ultimazione dei percorsi triennali sperimentali già avviati ed in via di conclusione 27; ma, nel limbo legislativo quale quello introdotto dalla finanziaria dell’attuale sistema di governo, appare “chiusa la strada della FP ai giovani” i quali vengono dunque privati di diritti costituzionalmente sanciti, in quanto impossibili- tati in futuro ad intraprendere un percorso alternativo a quello statale.28 A differenza di ciò che comunemente si crede – molto probabilmente perché non si ha piena consapevolezza di ciò che è divenuta la formazione professionale29 – eliminare dall’offerta formativa il canale della FP o cercare di “inserire” quest’ul- 70 30 A livello regionale, gli attuali orientamenti legislativi in Puglia non cancellano la formazione professionale, ma affidano la titolarità dei percorsi di istruzione e formazione professionale alle scuole statali (le secondarie di 2° livello); titolarità sino al 2003 riconosciuta da un d.l. – a livello na- zionale – ai CFP vista la sussistenza di caratteristiche strutturali ad hoc e la centralità del progetto pe- dagogico cui i percorsi della fp si ispirano. Molti istituti scolastici statali non disponendo degli am- bienti idonei alla erogazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale (laboratori, cortili, oratori, ecc.) e della presenza educativa costante di figure specialistiche (tutor d’aula, animatori, edu- catori, home-maker, ecc) commissionerebbero ai CFP la gestione di alcuni iter del processo formativo attivando, in tal senso, una sorta di «formazione a voucer»: come se il recupero dei ragazzi difficili possa attivarsi a «tempo determinato», frammentando l’esperienza educativa e/o ri-educativa. 31 L’istruzione e la FP rappresenta infatti «un insieme di opportunità e di servizi volti a consen- tire alla persona di acquisire una qualifica professionale e – progressivamente un diploma di forma- zione superiore». Molti drop-out, inseriti nelle sperimentazioni triennali, al termine delle stesse hanno conseguito una qualifica professionale che – vista l’integrazione con il canale statale e, mediante l’attivazione delle così dette passerelle, la possibilità di un riconoscimento dei crediti formativi acqui- siti nel percorso della fp – sono rientrati nel canale statale per la frequenza del 4° e 5° anno funzional- mente al conseguimento del diploma; altra parte, è stata inserita all’interno di aziende che richiede- vano le figure professionali istruite e professionalizzate mediante i percorsi della Fp. Cfr, D. NICOLI, Il nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, in “Professionalità”, 75 (2003), XI- XXI. tima in alcune della pagine del POF di un istituto scolastico statale (mediante un paternariato che releghi i cfp soltanto a istituzioni che «prestano» i propri ambienti laboratoriali e/o «gestiscono psico-pedagogicamente» le situazioni dei ragazzi diffi- cili) 30 equivale a privare di ogni dignità non solo il senso dell’istruzione medesima, ma anche della educatività di cui storicamente sono stati testimoni i percorsi di istruzione e formazione professionale31». Nell’esperienza di Formazione dei Formatori prevista dal Progetto Integra- zione è stato possibile riflettere a lungo, non solo sugli aspetti legislativi e sui nuovi orientamenti pedagogici cui la Riforma avrebbe dato luogo, ma anche sulla identità della figura professionale incaricata di gestire nel canale della Fp i percorsi di istruzione e formazione: la figura dell’operatore della formazione professionale. Come sarà possibile prendere visione in seguito, grazie ai racconti testimoniali dell’esperienza di coloro i quali hanno preso parte al Progetto Integrazione, diffe- renti sono state le questioni poste dagli operatori della FP dei quali abbiamo curato la formazione: domande di senso in parte preesistenti, in altra parte poste soprat- tutto a seguito dell’attuazione della legge n.53, 28 marzo 2003. «Se la FP ha pari dignità rispetto ai percorsi offerti dal canale statale, l’operatore della FP è un insegnante? Un formatore? Un operatore pedagogico? Un educatore professionale? Un animatore? O tutte queste professionalità assieme, vista la complessità degli utenti interessati alla offerta formativa della Fp?». Ed, in- fine: «il formatore, avrà la possibilità in futuro di non essere considerato un “inse- gnante di serie b”»? Questi i principali interrogativi posti dai formatori con i quali è stata avviata una riflessione. Mediante la presente pubblicazione si intende diffondere la visione maturata durante l’esperienza di formazione condotta; la visione di CFP che, pur avendo tra- 71 32 Cfr. A. CANEVARO (a cura di), La formazione dell’educatore professionale. Percorsi teorici e pratici per l’operatore pedagogico, La Nuova Italia Scientifica, Roma febbraio 1991; M. GROPPO (a cura di), L’educatore professionale oggi. Figura, funzione, formazione, Vita e Pensiero, Milano 1990; C. LANEVE (a cura di), L’educatore, oggi: tratti per un profilo di San Giovanni Bosco, op. cit.; B. MAGGI, La formazione: concezioni a confronto, Etas, Milano 1991; A. MONASTA, Mestiere: proget- tista di formazione, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1997; C. MONTEDORO, (Ed.), Dalla pratica alla teoria per la formazione: un percorso di ricerca epistemologica, Franco Angeli, Milano 2000; D. NI- COLI, Il nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, op. cit.; M. SANTERINI, L’educatore tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale, Editrice La Scuola, Brescia 1998; et. al. 33 Cfr, J. DELORS (a cura di), Insegnare ad apprendere. Verso la società conoscitiva. Libro bianco dell’istruzione, C.E., Bruxelles 1996; Trattato della Comunità europea; Trattato sull’Unione europea (i testi sono reperibili anche nel sito ufficiale dell’Unione europea: http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/index.htm); et. al. dizioni differenti, hanno cercato fortemente nell’integrazione una modalità per co- struire una missione comune: quella di operatori pedagogici al servizio di soggetti deboli a rischio di esclusione sociale. A differenza di ciò che comunemente si crede, non esiste ancora un idea chiara di quale professionalità “si debba vestire” l’operatore della FP, sebbene alcuni con- tributi in campo pedagogico hanno tracciato egregiamente tanto il profilo di questa figura professionale quanto i suoi confini con le aree di competenza di altre figure che si occupano di educazione 32. Chi scrive, non ha la presunzione di assurgere a verità le proprie ipotesi funzionalmente alla modellizzazione della figura in og- getto; ma, sottolineando anticipatamente che essa indubbiamente riveste ruoli edu- cativi, desidera precisare, che tali ipotesi sono: da un lato, sostenute da autorevoli teorizzazioni preesistenti; dall’altro, testimoniate dalle memorie professionali di persone che da anni sono operatori della FP, oltre che dalla propria. In Italia, a partire dalla metà degli anni Novanta, nonostante l’“impulso” cultu- rale indotto dall’Unione Europea e la sensibilizzazione connessa a temi quali la lifelong learning e più in generale la qualità dei sistemi nazionali di istruzione e formazione 33, a tali sollecitazioni non sempre è corrisposta un’azione sufficiente- mente organica e incisiva; soprattutto relativamente alla qualificazione delle risorse umane impegnate nella programmazione, progettazione e applicazione dei processi di istruzione e formazione professionale, ai vari livelli di ogni ordine e grado di istruzione. A conferma di quanto appena dichiarato e per ovviare a sterili generaliz- zazioni, si vuole qui sottolineare che durante l’esperienza di formazione dei forma- tori della FP condotta in Puglia è stata infatti rilevata una perdurante inadeguatezza in una parte significativa delle azioni di qualificazione delle risorse umane della formazione professionale: gli operatori della FP sovente hanno comunicato di “mancare di una visione strategica stentando ad allinearsi alle reali esigenze degli utenti e dei contesti di riferimento”. Questa condizione reale, dunque, necessita: da un lato, di una riflessione pedagogica, dall’altro, di un ripensamento normativo che garantisca di fatto un sostegno adeguato attraverso interventi di formazione iniziale 72 34 Cfr. ISFOL (a cura di C. MONTEDORO E F. GAUDIO), I formatori della formazione professionale. Come (e perché) cambia una professione, I libri del FSE, Roma 2005. 35 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, p. 129. 36 Cfr. G. MALIZIA - S. CHISTOLINT - V. PIERONI - U. TANONI, II Progettista di formazione e la nuova organizzazione del Centro di Formazione Professionale in rapporto al territorio e ai processi interni di insegnamento-apprendimento, Ricerca, Roma, CNOS-FAP, 1991. La ricerca citata è stata affidata dal Ministero del Lavoro al CNOS/FAP che ha realizzato il relativo progetto presso il suo la- boratorio «Studi Ricerche e Sperimentazioni», costituito presso gli Istituti di Didattica e di Sociologia della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. L’indagine è stata effettuata da un’equipe diretta da G. Malizia e composta da: S. Chistolini. V. Pieroni e U. Tanoni. 37 Cfr. G. TACCONI (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003. C. GEMMA, Il coordinatore-tutor Un ruolo da interpretare, La Scuola, Brescia 2004. 38 Cfr, CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, Istituto Sale- siano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per la gestione dello stage, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CIOFS-FP PIEMONTE, Le competenze orientative. Un approccio metodo- logico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, Torino 2003; CIOFS-FP PIEMONTE, Le compe- tenze orientative. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, To- rino2003; CIOFS-FP PIEMONTE, L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, Torino 2003; et. al. 0. 39 Cfr. M. BECCIU, A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2006. 40 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, op.cit., p. 130. ISFOL, I formatori. Caratteristiche, motivazioni, prospettive, e continua appropriati, al fine di assicurare un livello qualitativo sufficiente per l’accesso alla professione di “operatore della formazione professionale”. Per quel che attiene il versante della riflessione pedagogica, mentre nella tradi- zione pedagogica esiste un’ampia letteratura sulla figura professionale dell’inse- gnante, è difficile individuare identità, funzioni e ruolo sociale di quelli che sono oggi chiamati “formatori” o “operatori della Fp”, sebbene i mutamenti normativi che hanno interessato negli ultimi anni la FP in Italia abbiano in qualche modo ob- bligato ad un ripensamento delle competenze dell’operatore della FP34. In linea generale, nel tempo “dalla più generale, e onnicomprensiva, funzione del formatore si sono delineate altre funzioni, più specifiche…”35 a cui oggi corri- spondono altre figure professionali che – con alcune variazioni di denominazione a seconda delle regioni a cui ci si riferisce –, rivestono funzioni differenti quali: il coordinamento 36, la progettazione; la valutazione e l’analisi del fabbisogno; la docenza e la docenza-tutoring 37 (la compresenza in classe con altro docente); l’orientamento38; l’esperto in gestione dei processi di collaborazione scuola-fami- glia per la promozione della corresponsabilità educativa 39, ecc. Quello del forma- tore dunque è un mestiere complesso, dotato di una molteplicità di ruoli e per questo bisognoso di una formazione continua che lo renda competente e flessibile nella gestione di varie funzioni all’interno di “percorsi rivolti a giovani allievi o adulti o a fasce di utenza marginale” 40. 73 Franco Angeli, Milano 1992; ISFOL, Modelli di formazione dei formatori, Roma 1998; ISFOL, Standard Formatori. Per un modello nazionale di competenze verso l’accreditamento professionale, Roma 1998; ISFOL, Rapporto ISFOL 2001, Franco Angeli, Milano 2001; ISFOL, Rapporto ISFOL 2004, Tiel- lemedia, Roma 2004; ISFOL, Rapporto ISFOL 2005, Tiellemedia, Roma 2005; F. GAUDIO - C. MONTE- DORO (Edd.), I formatori della formazione professionale. Come (e perché) cambia una professione, op.cit.; D.R. DI NUBILA (Ed.) Professione formatore. Il ruolo, le competenze, i luoghi e le prospettive, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2005. 41 Circa il ruolo dell’educatore e delle altre professioni sociali, un panorama valido anche per l’Italia è rappresentato da alcuni lavori francesi quali: F. LE POULTIER, Recherches évaluatives en tra- vail social, Presses Universitaires de Grenoble, Grenoble 1990; J. L. MARTINET, Les éducateurs au- jourd’hui, Privat, Toulouse 1993. 42 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, II ed., p. 106. Nel presente paragrafo i «pensieri» sostenuti sono frutto della rielaborazione personale di teorizzazioni accreditate da sperimentazioni già condotte; e intendono, sulla base di quest’ultime, tracciare alcuni altri elementi teorici che fungono da congetture al fine di continuare a “disegnare il profilo del formatore”. Gli operatori stessi coinvolti nella formazione sentivano fortemente l’esigenza di riflettere al fine di costruire e consolidare la propria identità professionale. È stato dunque necessario fare memoria della tradizione della formazione profes- sionale; e, al tempo stesso, accogliere l’innovazione per consolidare un profilo completo di operatore della FP che potesse essere così condiviso dai formatori senior e da quelli junior. I formatori della Fp sono stati in passato: maestri di bottega, addestratori, edu- catori e/o rieducatori di giovani delinquenti, operatori pedagogici nel campo della pedagogia speciale 41. Nella fase storica più recente – come anticipato precedente- mente – una serie di fattori culturali hanno determinato un ripensamento della figura in oggetto, sino ad attribuirle normativamente e tecnicamente una validità strategica che ha contribuito ad innescare un’evoluzione piuttosto significativa nel profilo socio-anagrafico e professionale del formatore. In questo contributo, pertanto, si associa l’immagine dell’operatore della FP ad “…un mestiere complesso ed in forte trasformazione sul piano dei livelli di profes- sionalità e dell’identità soggettiva, organizzativa e sociale” 42. Il rafforzamento di tale concezione, tuttavia, non conduce al definitivo supera- mento di una certa debolezza insita nello statuto professionale del formatore che anche in Puglia viene considerato un “insegnante di serie B” o un “doppione dell’e- ducatore professionale”. È necessario dunque consolidare gli elementi connotativi che possono contribuire – anche in termini di prestigio e riconoscibilità sociale – all’affermazione dell’operatore della Fp. Sin dall’affidamento dell’incarico, chi scrive ricorda di aver voluto caratteriz- zare tanto il piano delle azioni di formazione quanto quelle di accompagnamento secondo lo stile salesiano: in qualità di «formatori dei formatori» dei CFP della Puglia in cui avremmo dovuto condurre l’esperienza, io e la collega non avremmo 74 43 Cfr. A. SANTONI RUGIU, Crisi del rapporto educativo, La Nuova Italia, Firenze 1975. 44 Cfr. D. DEMETRIO, Gli approcci empirici nell’analisi di una professionalità pedagogica in dis- cussione in M. GROPPO (a cura di), L’educatore professionale oggi. Figura, funzione, formazione, op. cit., p.65. 45 La CONFAP – Confederazione Nazionale Formazione Aggiornamento Professionale – è una con- federazione costituitasi nel 1974, su iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana, allo scopo di offrire un riferimento organico ed unitario agli Enti di formazione professionale di ispirazione cristiana nel loro servizio formativo rivolto a giovani ed adulti nell’ambito dell’Orientamento e della Formazione al lavoro e sul lavoro. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito ufficiale: www.confap.it. potuto annullare il nostro capitale di esperienza personale e professionale maturato grazie alla collaborazione con i centri CNOS FAP; ma, la nostra visione salesiana, nel totale rispetto delle tradizioni dei Cfp della cui formazione saremmo stati re- sponsabili per tre anni, sarebbe stata messa “al servizio” dei centri stessi di modo tale che le nostre esperienze, unite alle loro, avrebbero potuto potenziare congiun- tamente e reciprocamente il capitale formativo di ogni operatore della FP, noi com- prese. Non sarà sufficiente raccontare l’azione degli operatori della FP dei quali si è stati formatori nell’esperienza del Progetto Integrazione, per marcare le responsa- bilità educative della figura del formatore: la problematicità del lavoro pedagogico, in questa sede, richiede di esaminare la funzione del formatore in rapporto all’istru- zione e all’educazione di cui esso è responsabile. Già in passato, studiosi di provenienza extra-pedagogica avevano evidenziato e anticipato quella che sarebbe poi stata la «crisi del rapporto educativo»43: «crisi identificabile a livello di contenuti (educare o istruire), di sedi (quante e quali sono le situazioni, oltre la scuola, che contribuiscono alla crescita?) e infine di ruoli (quale ‘potere’ educativo esercita, ancora, chi stabilisce relazioni finalizzate allo sviluppo e al cambiamento, istituzionalmente riconosciute)»44. Oggi questa crisi si continua a viverla, così come si continua pedagogicamente a discuterla senza però risolverla. È stato infatti solo dato un nome all’«operatore della FP» e ai processi formativi in cui esso è chiamato ad operare; ma l’azione di descrizione teorica rischia di essere una «scatola vuota» se, come è stato fatto in passato, non vengono messe in campo sperimentazioni e ricerche che dotino il for- matore, nel tempo, di metodologie scientifiche che trasformino quella scatola vuota in una “cassetta degli attrezzi” dell’operatore della FP. La consapevolezza che quanto si sta scrivendo non risolverà le questioni peda- gogiche sospese è un requisito cruciale del presente lavoro; ma, sulla base di un ap- proccio empirico con cui è stata condotta l’esperienza di formazione dei formatori di alcuni CFP della Puglia, si intende fornire altre coordinate per l’individuazione di uno specifico professionale. Per far questo, come precisato precedentemente, è stato necessario riferirsi ad un “orizzonte di senso” quale quello della pedagogia cristiana, cui tutti i cfp coin- volti nel progetto integrazione – afferenti alla CONFAP 45 – si ispirano; ma, se la vi- sione è stata personalistica, concretamente al servizio dei cfp è stato offerto un ap- 75 46 Cfr, P. BRAIDO, Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di don Bosco, LAS, Roma 1998. 47 Nella maggior parte dei casi, riferendoci ai racconti testimoniali degli operatori aderenti al progetto integrazione, i soggetti interessati dalla formazione professionale iniziale sono ragazzi diffi- cili così come denominati dalla pedagogia fenomenologica. Cfr. P. BERTOLINI, Ragazzi difficili Peda- gogia interpretativa e linee di intervento, La Nuova Italia, Milano luglio 2000. 48 Ibidem, p. 85. proccio metodologico intriso della pedagogia preventiva di San Giovanni Bosco, ragion per cui le coordinate del profilo di operatore della fp che verrà tracciato, vanno ricercate all’interno dei tempi e degli spazi in cui matura e si sviluppa il si- stema preventivo di Don Bosco 46; nonché rimandate alle posizioni fenomenolo- giche che hanno offerto un contributo pedagogico di grande rilievo nel trattamento educativo dei ragazzi difficili 47. Il «Sistema Preventivo di San Giovanni Bosco» sopra citato si fonda sulla ra- gione, religione ed amorevolezza. La ragione è alla base del regolamento e l’educatore-formatore deve autorevolmente educare il ragazzo all’oblatività. La re- ligione è il fondamento ed il nutrimento dell’educazione e i ragazzi la vivono in vari modi ed in vari momenti tra cui la preghiera del mattino con cui accogliere il Signore e raccogliersi in Lui. L’amorevolezza, infine, si concretizza nell’impegno dell’educatore di “non stancarsi mai di vigilare, osservare, di comprendere, compa- tire e soccorrere”, di partecipare affettivamente oltre che cognitivamente alla vita formativa affinché la presenza dell’operatore recuperi l’assenza educativa del pas- sato, la ricolori “mettendo il giovane nell’impossibilità di commettere mancanze”. Continuando a tracciare il profilo dell’operatore della FP è possibile avvalersi di alcune «metafore educative» che fungono da «lente di ingrandimento» circa le funzioni educative che debbono essere esercitate da un formatore. La consapevolezza che l’educazione, nella sua prospettiva preventiva, è fattore di umanizzazione e di trasformazione sociale implica che l’operatore della FP deve accompagnare il giovane impegnato nel percorso di istruzione e formazione pro- fessionale: lì dove l’accompagnamento – la nostra prima metafora educativa – im- plica l’accostarsi per un tratto, breve o lungo che sia, all’esistenza del soggetto in formazione. Accompagnare, dunque, è “toccare una vita per sempre” nella consa- pevolezza che nei percorsi formativi prima di accompagnare è necessario incon- trare l’altro, conoscerlo e comprenderlo. In educazione, l’incontro tra l’operatore della FP e l’utente implica un delicato passaggio “da una situazione di radicale alte- rità ad una di mutua conoscenza, di reciproco riconoscimento” 48. L’incontro con l’alterità, soprattutto quando quest’ultima diviene portatrice di sofferenza e di dis- agio – come nei percorsi della FP è possibile che si verifichi –, realizza e presup- pone sempre un interscambio relazionale, ossia lo specifico caratterizzante dell’o- peratore della FP e dell’utente. Tuttavia il passaggio dall’incontro alla conoscenza e, dalla conoscenza alla comprensione, non è affatto garantito: non ci sono ga- ranzie, ragion per cui l’operatore della FP deve far proprie alcune strategie metodo- logiche che intenzionalmente messe in campo perseguano il reciproco riconosci- 76 48 Ivi. 50 Cfr, D. SCHON, Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari 1993. mento come uno scopo. Se – come l’approccio fenomenologico ci insegna – la sfida dell’incontro è per l’operatore della FP “quella di passare dall’opacità alla tra- sparenza dei sé…” 49 è necessario essere consapevoli che nel cammino educativo molti fattori possono intervenire e ostacolare il percorso tracciato dal progetto, ren- dendolo incerto, imprevedibile, tortuoso. Ma se l’incertezza rappresenta uno dei fattori di problematicità, la riflessività e la responsabilità rispetto alla propria pratica educativa, richiedono al formatore un insieme di competenze quali: l’analisi e la risoluzione di problemi; la padronanza metodologica; la capacità di tradurre il sapere esperto in sapere insegnato. Sintesi della vocazione di un operatore della FP è il servizio, seconda nostra metafora educativa ereditata dalla tradizione filantropica e dalla pedagogia cri- stiana: il formatore, da un lato deve costruire un immagine di sé che ricordi la di- gnità dell’altro, specie se – come nei percorsi della FP – esso è in condizione di dis- agio; dall’altro, deve configurarsi come un “professionista in situazione”, capace di rilevare e comprendere i bisogni dell’utente. L’unica via possibile perché il formatore sia in grado di mettersi al servizio dell’utente è divenire “professionista riflessivo”, secondo la felice teorizzazione di D. Schon: se l’operatore riflette nel corso dell’azione, diventa un ricercatore nel contesto della pratica educativa. Egli non dipenderà soltanto da una determinata teoria o tecnica, ma costruirà una nuova teoria del caso considerato nella sua uni- cità, perché sperimentato in prima persona. L’atteggiamento dell’operatore, intriso di responsabilità, comprendendo che l’altro pur diverso da sé convoca e costituisce la propria identità, non considera mezzi e fini separatamente, ma piuttosto li defi- nisce interattivamente nel corso dell’identificazione di una situazione problematica che deve trattare educativamente. Egli non separa il pensare dal fare, elaborando una decisione che dovrà successivamente tradurre in azione 50. Il profilo del formatore che va delineandosi implica perciò una serie di compe- tenze che non possono ridursi a prescrizioni burocratiche o ai lunghi elenchi di obiettivi polverizzati della gnoseologia comportamentista, né ancora ignorare i con- testi affettivi e relazionali. L’operatore della FP deve essere in grado di: mettere in situazione le conoscenze, riflettere sulle esperienze, studiare gli esiti, promuovere una alfabetizzazione affettiva per la prevenzione o il trattamento del disagio so- ciale. Proseguendo nella delineazione dei tratti qualificanti la figura del formatore, la tecnica rappresenta la terza metafora educativa. Molto spesso l’”operatore della FP centrato sul servizio” è ispirato dalla forza interiore e sostenuto nell’azione dal pro- prio carisma; invece, l’“operatore della FP tecnico” pone fiducia negli strumenti del mestiere dando dunque molta importanza alla cassetta degli attrezzi nella pra- tica educativa. Nella costruzione del nostro profilo di formatore va ricercato un 77 51 Per un maggiore approfondimento si rinvia il lettore al testo L. PERLA, Educazione e senti- menti. Interpretazioni e modulazioni, Editrice La Scuola, Brescia 2002, pp. 108-119. 52 Ibidem. 53 Passione essendo una delle parole-chiave della predicazione cristiana è stata usata fin dagli inizi della nostra letteratura, da autori come Dante e Iacopone da Todi. Nella cultura medievale il sig- nificato principale di passione è quello di sofferenza del corpo, tormento fisico, legato inizialmente alla narrazione evangelica e poi esteso a qualsiasi dolore Nei trattati di medicina antica si parla di pas- sione del fegato, passione dei denti invece che di mal di fegato o mal di denti. Un altro significato an- tico, poi caduto in disuso, è quello della filosofia medievale, nella quale la passione era la caratteri- stica dell’essere passivo, la condizione di un oggetto quando viene sottoposto a una certa azione. In questo senso, la passione era contrapposta all’azione; e questa contrapposizione rispecchiava quella grammaticale tra verbo attivo e verbo passivo. 54 In particolare, passione può significare l’amore sensuale, anche violento, e indicare la persona che è oggetto di quell’amore. equilibrio tra soggettività personale e funzionalità dell’intervento, dunque tra il «servizio» da rendersi e la «tecnica» con cui esso va gestito. È convinzione di chi scrive che il sentire sia un momento fondamentale per l’operatore della fp qualora esso desideri – nella pratica – farsi presenza educativa significativa e critica nella storia dei soggetti interessati dalla formazione. Passione della conoscenza, sentimento estetico, felicità, incanto, gentilezza ed intimità nella teorizzazione proposta da Loredana Perla51 costituiscono per gli ope- ratori della FP –aventi indiscutibilmente funzioni educative– un primo “invito” alla conoscenza/comprensione del sentire e dei suoi tratti educativamente qualificanti. Una breve analisi del contributo dell’autrice è utile per approfondire il tema in oggetto in quanto la riflessione teorica può non solo risultare funzionale ad un trat- teggio del profilo del formatore, ma anche descrivere i possibili risvolti che, grazie alla pratica educativa, possono innestarsi nei soggetti interessati dalla formazione. La prima strategia metodologica è per l’operatore della fp quella di diventare testimone della passione della conoscenza: Passione e conoscenza sembrano concetti mutuamente escludentisi. […] Certo, la passione può anche opporsi allo sviluppo personale quando è cieca. Il problema pedagogico è allora quello di renderla consapevole, di trasformarla da forza produttrice di passività e di schia- vitù della mente in “affetto attivo” che guida gli uomini alla ricerca del vero utile …52. Costruendone storicamente i significati, la parola passione proviene dal latino passio, a sua volta derivato dal verbo pati che significava sopportare, patire. In realtà, in latino classico “passio” voleva dire solo “turbamento dell’animo”: il si- gnificato di sofferenza, patimento è nato traducendo il greco dei Vangeli, nei quali con pathos si indicava appunto il martirio di Gesù 53. Accanto al significato di soffe- renza fisica si trova quello di sofferenza morale, per cui la passione è un’emozione tanto violenta da dominare la volontà di chi la prova. Questo significato è giunto fino a noi, con diverse sfumature. Chiamiamo infatti passioni i sentimenti incon- trollabili come l’amore, l’odio o la gelosia, che spingono chi li prova ad azioni de- finitive, senza ritorno 54. 78 55 Cfr. J. BLEICHER, L’ermeneutica contemporanea, il Mulino, Bologna 1986. 56 E. H. ERIKSON (1950), Infanzia e società, Armando Editore, Roma 1976. 57 Cfr. C. LANEVE, Lingua e persona, Editrice La Scuola, Brescia 1987. È passione il trasporto totale per un’idea o un’opinione: la passione della co- noscenza, ad esempio, per un formatore, è l’attaccamento alla propria cultura pro- fessionale che si concreta nel confronto con l’altro operatore e/o con qualsiasi altra persona che possa generare, nell’incontro, apprendimento. Nel contatto con il mondo, con la società e, nella stessa, il vivere le dimensioni formali, non formali, e informali attiva nel formatore la conoscenza, da intendersi come il frutto di una at- tività interpretativa che da luogo – a sua volta – ad un processo di costruzione di un senso delle cose che si esperiscono, oltre che di un loro significato 55. Vivere la quotidianità con passione vuol dire ricercare, esplorare, costruire una ipotesi di senso all’interno delle esperienze cognitive, emozionali ed emotive che la “vita di un CFP” offre. La passione può essere così intesa come passione per la ricerca di un senso: allora, lavorare con passione per un operatore della FP, equivale a dedicarsi com- pletamente al suo percorso di strutturazione/destrutturazione/ri-strutturazione del proprio se professionale, oltre che personale. La passione diviene motore della co- gnitività perché il formatore comprende che, nel proprio percorso di professionaliz- zazione, accanto ai contenuti disciplinari è necessario il sapere emozionale e quello relazionale, in quanto, il desiderio di conoscere per essere professionalmente, com- petente, implica che ci sia nella relazione educativa la possibilità di testimoniare, e oserei dire, di contagiare emozionalmente quanti debbono essere istruiti ed educati. Per quel che attiene specificatamente la relazione educativa, la passione della conoscenza -testimoniata dal formatore- deve promuovere la curiosità naturale di ogni educando: il che equivale ad alimentare la più potente motivazione della pas- sione che è la «curiosità». Come affermava don Bosco essendo “l’educazione cosa di cuore”, quando le cose le si vivono con il cuore si è predisposti naturalmente a vivere quelle esperienze con trasporto, essendo curiosi e al tempo stesso desiderosi di coltivare quel sentimento perchè esso possa originare cognizione, volizione, comportamenti funzionali al mantenimento dell’esperienza stessa. La passione per la conoscenza, inoltre, se coltivata, può sostenere nell’educando i suoi atteggia- menti emozionali di base fondati sulla fiducia nel mondo 56: sicchè l’educando considera i formatori che lo accompagnano nel percorso di istruzione e forma- zione fonti di apprendimento. L’apprendimento, così concepito, essendo costruito nella relazione con l’io- mondo-altri ha un fondamento emotivo. Ma perché l’educando viva con il cuore la propria esperienza di formazione è necessario che l’educatore senta la relazione educativa con passione, attuando il “bisogno di essere mediante la parola” 57: l’esperienza di apprendimento deve dunque farsi mediante la comunicazione educativa da intendersi come un «pro- 79 58 Cfr. G. GIUGNI, Principi ed aspetti della comunicazione educativa, in «Annali della Pubblica Istruzione», Anno XL, n.3/4, pp. 227-240. 59 L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 119-128. 60 Ibidem, note n°66, 67, 68. 61 Ivi. 62 Ivi. 63 Cfr. C. LANEVE, D. NARDELLI, R. PAGANO, L. PERLA, Pedagogia e didattica dei beni culturali. Viaggio nella memoria e nell’arte, La Scuola, Brescia 2000. cesso di scambio, di reciprocità tra educatore ed educandi sulla base di una rela- zione vissuta e del riconoscimento dell’altro come persona simile ma diversa»58. Proseguendo nel percorso di costruzione del nostro profilo professionale, la se- conda strategia metodologica è per l’operatore della FP quella di diventare testi- mone del «sentimento estetico»: … non come semplice stato “associativo”, in cui soggetto e oggetto artistico si incontrano, per caso, per abitudine o per disposizione psicologica, bensì quale atto consapevole della persona, quale possibilità originaria della sua natura, le cui basi risiedono nell’osservazione e nell’esperienza estetica che è esperienza del bello e che … può essere educata59. Una pedagogia del sentimento estetico deve trasformasi per l’operatore – sul piano educativo – nella programmazione/progettazione e applicazione di itinerari formativi che possano promuovere il sentimento estetico negli educandi. Non po- tendo soffermarci in questa sede sulla natura di cui le varie esperienze estetiche si sostanziano60 è importante sottolineare che anche nei percorsi di istruzione e forma- zione è possibile educare al sentimento estetico; gli studi esistenti sul tema hanno provato, infatti, che esso sia suscitabile da diversi fattori quali: l’osservazione di una rappresentazione artistica, l’evocazione di una rappresentazione immaginativa (ricordo, fantasticheria, soluzione creativa), la ricerca scientifica, lo sport, ecc. seb- bene alcune esperienze favoriscano maggiormente l’esperienza estetica (incontro con le opere d’arte di letteratura, di pittura, di scultura, musicale) 61. All’operatore della FP – proseguendo nella lettura della proposta metodologica della Prof.ssa Perla – è possibile fornire alcune indicazioni per la formazione e la conservazione del sentimento estetico. La prima indicazione metodologica prescrive l’incontro “convinto e ripetuto del soggetto con l’arte ed i beni in genere” 62. Il contatto con il bello, nella fruizione –agevolata per l’alunno dalla presenza dell’educatore–, deve essere nutrito dalla curiosità che, come precedentemente mostrato, può divenire il motore della pas- sione. Soggettivamente il giovane potrà vivere l’esperienza estetica se la stessa – proprio come l’approccio della formazione professionale prevede – è vissuta “in presa diretta”: a stretto contatto con un archivio, con un museo, con una grande as- sociazione sportiva, ecc., il giovane deve poter provare piacere e godimento. Perce- pire una esperienza con piacere e provare godimento per la stessa vuol dire com- piere un primo passo per la costruzione del sentimento estetico. La seconda indicazione metodologica, consiste nell’impegno per l’operatore di educare l’allievo a guardare il bene artistico, oltre che a contemplarlo 63. Guardare 80 64 Ibidem, p. 128. 65 www.frasicelebri.it 66 Cfr.S. NATOLI, La felicità. Saggio sulla teoria degli affetti, Feltrinelli, Milano 2003. 67 Cfr. L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 128-135. vuol dire ri-conoscere il valore del bene, e, dunque, per il formando-fruitore affi- nare le capacità percettive, le sensibilità intuitivo-emotive che, grazie ad un con- fronto culturale e un’attribuzione di significati, rendono l’allievo protagonista di un cambiamento etico-morale (oltre che estetico). La terza ed ultima indicazione metodologica funzionale all’educazione del sentimento estetico consiste nel “far trascendere all’allievo la iniziale condizione di ‘sensibilità’ al bello … a quell’orizzonte spirituale di bellezza ideale”64, ovvero nel promuovere l’innalzamento della sensibilità estetica a sentimento estetico a tal punto da far sentire l’alunno il primo responsabile della tutela del bene “guardato”. La terza strategia metodologica è per l’operatore della FP quella di diventare testimone della felicità: Victor Hugo afferma che la suprema felicità della vita è sapere di essere amati per quelli che si è, e più precisamente, di essere amati nonostante quello che si è 65. La felicità basata su precisi principi quali quella della valorizzazione dell’es- sere persona – al di là della problematicità della sua storia di vita –, può aiutare il formatore a promuovere nell’allievo l’educazione alla felicità, nel faticosissimo processo di educazione e/o ri-educazione. Si dice comunemente che la felicità è fatta di attimi perché essa transita, e non sempre la si possiede. Ammesso che questo sia vero, la felicità si possiede però quanto basta per poter affermare che esiste. La felicità non è mai un problema per chi si sente felice, nel momento in cui si sente felice, ma di certo essa si muta in problema quando la si perde o quando non la si è mai esperita: da esperienza si tra- sforma in meta, da stato della mente volge in questione morale. La felicità deve es- sere esperita dagli allievi come “luogo di esperienza” e come “idea”66. Chi è felice lo è secondo un’idea: indipendentemente dalla propria condizione, tanto l’educatore quanto l’educando sono situati in un mondo che decide della perce- zione e del significato della sua stessa felicità. È questa la ragione per cui quando si parla di felicità ciò di cui si parla davvero riguarda i modi del sentirsi felici e quando si ragiona di felicità si indaga anche sulle risorse dell’io. In tal senso, il problema della felicità non deve consistere nella creazione di un “sentimento artifi- ciale, ma … nel creare le condizioni per una educazione che renda possibile il fruire in modo pieno e stabile, nel tempo, di tale stato affettivo. Nella prospettiva educativa, infatti, la felicità si identifica meno con l’immediatezza del godimento e più con l’obiettivo strategico riguardante la condotta (e quindi la moralità) e l’autorealizzazione (e quindi il compimento pieno della propria vocazione perso- nale)”67. 81 68 Cfr. G. CORALLO, Pedagogia L’atto di educare – Problemi di metodologia dell’educazione, Società editrice internazionale, Torino marzo 1968, II v., pp. 98-100. 69 La resilienza é piú della semplice capacitá di resistere alla distruzione proteggendo il proprio io da circonstanze difficili; é pure la possibilitá di reagire positivamente a scapito delle difficoltá e la voglia di costruire utilizzando la forza interiore propria degli essere umani. Non é solo sopravvivere a tutti i costi, ma è avere la capacitá di usare l´esperienza nata da situazioni difficili per costruire il fu- turo. L’operatore della FP deve creare alcune «condizioni educative» affinché l’allievo faccia sua una buona condotta e, nel fare propria la stessa, riesca a trovare la propria vocazione, realizzandosi. Anzitutto – come descritto dalla studiosa Perla – il giovane deve acquisire e maturare una profonda conoscenza di sé e delle pro- prie capacità: questa la “prima delle condizioni” a cura del formatore. Affinché questo avvenga, l’educatore non deve ergersi a modello educativo, né soffocare l’educando, ma assisterlo ininterrottamente in tutte le tappe della vita, attuando il principio della valorizzazione. Per riprendere le parole di Don Gino Corallo “ac- canto alla persona dell’educando, il principio della valorizzazione … (e cioè l’opera dell’educatore) si attesta in due momenti … rappresentati dalla individua- lizzazione e dalla intenzionalità personalizzante …”. Il formatore dapprima deve individualizzare la relazione educativa, trattando l’educando secondo le sue caratte- ristiche peculiari; in seguito, deve personalizzare l’essere dell’educando, dando luogo al “doveroso sviluppo assiologico”, promuovendo “l’intenzionalità di carat- tere etico-libero” dell’educando che, man mano, diventerà capace di giudizi etici 68. La “seconda condizione educativa” è quella di educare l’allievo a gestire il rapporto tra felicità ed ansia da perdita: nella società contemporanea, in cui si as- siste ad una progressiva massificazione dei bisogni, i giovani vanno educati ad una identificazione dei bisogni reali; inoltre, qualora essi non vengano soddisfatti gli al- lievi vanno sostenuti nella ri-elaborazione dell’insuccesso: il racconto degli eventi nella relazione educativa crea affetto, confidenza e familiarità – come affermava Don Bosco – stati emotivi per cui la disposizione affettiva facilita l’educazione alla felicità. Il raccontare l’insuccesso per un educando equivale a divenire soggetti re- silienti 69. Di qui la “terza condizione” per un’educazione alla felicità: l’allievo capace di superare l’insuccesso, la sconfitta, il mancato guadagno è anche potenzialmente ca- pace di sviluppare in sé un atteggiamento emozionale basato sull’autostima e sulle proprie capacità. Infine, condizione imprescindibile per la costruzione di una feli- cità stabile e piena è che i giovani limitino l’esperienza cognitiva dell’egocen- trismo: in tal senso, l’operatore deve saper testimoniare l’imprescindibilità dell’al- terità nella relazione educativa, educando l’allievo ad essere felice con l’altro – educatore, compagno, ecc – e per l’altro. La familiarità, in tal senso è un elemento fondamentale perchè la felicità invada i cuori di coloro che sono coinvolti nella re- lazione educativa. La persona-educando si realizza nella comunicazione con gli altri. Nel contesto della formazione integrale dell’uomo l’educazione alla felicità 82 70 Cfr. L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 135-141. 71 Ivi. 72 Ivi. 73 Ivi. ne costituisce un aspetto fondamentale. Non c’è felicità che non include il rapporto con Dio e disponibilità vitale con il mondo e con gli altri. La dimensione intersog- gettiva viene affermata come una dimensione costitutiva e fondamentale del- l’uomo. La quarta strategia metodologica per l’operatore della FP è l’incanto: Auroralmente correlato al sapere, l’incanto è tra le emozioni chiave dell’educare, lo stato d’animo di chi, bambino o uomo che sia, apre gli occhi al mondo e ne resta meravigliato, stupefatto, affascinato … Ovviamente sono i più giovani ad essere esposti alla perdita del senso del nuovo e, quindi, della sensibilità del meravigliarsi, e questo in misura largamente superiore agli adulti…70. Educare all’incanto, equivale ad educare alla sensibilità: educazione che va su- scitata “non con l’azione diretta, ma indiretta, capace di stabilire le condizioni fa- vorevoli al suo manifestarsi e conservarsi … La prima di queste condizioni è rica- vabile dalla lezione rousseauiana del perder tempo per guadagnare tempo”71. Ogni operatore-lettore può riflettere sul fatto che le “ansie da apprendimento cognitivo che spesso condizionano insegnanti e formatori, inducono per lo più a ridurre le azioni educative finalizzate al consolidamento di quella fondamentale tonalità esi- stenziale che è la ‘fiducia di base’, anticipatrice e informatrice di ogni movimento cognitivo. La seconda condizione comporta, soprattutto da parte dei genitori, una coraggiosa riduzione dei beni e delle esperienze consumistici” 72 offerti ai propri figli per compensare un “difetto di presenza” genitoriale (che si verifica quando il genitore proietta nel figlio il proprio io) o una “mancata presenza”. “… La terza condizione deriva dalle prime due e riguarda il recupero della categoria della ‘len- tezza’ nei processi di educazione. … Cosa fare? Certamente restituire al tempo for- mativo la sua misura. Ogni cosa ha il suo tempo e il tempo dell’educazione ha una qualità o, meglio è una qualità. Non è semplicemente l’accumularsi di ore iden- tiche, scandite dall’orologio del pensiero, ma è un tempo interiore, quantitativa- mente lungo o corto, a seconda della forma che il sentimento del momento gli con- ferisce. … Il tempo che l’educatore spende per i suoi allievi esprime certamente la misura del sentimento messo in gioco nella situazione formativa. … L’educazione all’incanto richiede insomma il tempo della lentezza anche perché, come sostiene Kundera, “parlare della lentezza significa parlare della memoria – e parlare della memoria significa parlare di tutto” 73. Il parlare del formatore con i suoi alunni e l’abituarli ad una pratica autobiografica significa attivare molteplici possibilità di dilatazione dei tempi e dei luoghi in cui si vive, provocando il sentimento dell’in- canto, scaturibile dalla sorpresa di ricordi importanti. 83 74 Ibidem, pp. 141-146. 75 Ibidem, pp. 149-153. La quinta strategia metodologica per l’operatore della FP è la gentilezza: …L’educazione morale e quella sociale risultano essere i motori fondamentali dei compor- tamenti “gentili”. Si educa alla gentilezza e poi si sceglie di essere “gentili” e tale scelta, essendo orientata al bene dell’altro, è valoriale e morale assieme 74. Una caratteristica questa dai tanti indicatori comportamentali, sintetizzabili nella frase di Don Bosco “Qui con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare con voi” capace di comprendere quando dire cose che facciano sentire i giovani amati e come dirle, utilizzando il repertorio linguistico di cortesia appropriato”. La sesta ed ultima strategia metodologica di cui il formatore deve essere testimone è l’intimità: riconoscere e ‘riguadagnare’ il sentimento dell’intimità può allora voler dire ridurre le di- stanze con la propria interiorità; recuperare le dimensioni come quelle della riservatezza o del silenzio, che non si traducono in un mero tacere, ma nell’ascolto dell’ipseità e dell’alte- rità; deportare infine le ansie di dominio e di controllo sul mondo per farsi più vicini al mi- stero personale del quale si è portatori 75. Il giovane per poter viver a pieno il percorso educativo e/o rieducativo deve di- rigersi verso l’unità che coincide con l’intimità. In una prospettiva personalistica il formatore deve far proprio l’insegnamento di Mouneir testimoniando al giovane in formazione che esso per “ri-accogliersi” deve “ri-prendersi”, “ri-afferrarsi”, fare si- lenzio, rifuggire dall’esibizionismo, coltivare il “pudore dei sentimenti” che non vanno scritti sui muri, ma incisi nei cuori. In un mondo in cui i ragazzi sono traditi, disseccati, triturati, classificati, psicanalizzati, dove spesso servono da “materia pri- ma”, il Signore ha affidato a Don Bosco una pedagogia dove trionfa il rispetto del ragazzo, della sua intimità, della sua grandezza e debolezza, della sua dignità di fi- glio di Dio. Il fatto educativo, visto in profondità, appare sempre affascinante ed allo stesso tempo sempre complesso. In queste pagine si è cercato di disegnare i tratti di un profilo quale quello del formatore della FP, un operatore pedagogico dedito nella maggior parte dei casi al rapporto educativo con ragazzi difficili. Rimane un interrogativo da porsi: l’operatore della FP può educare nel e con il Sistema Preventivo oggi? Una sfida, un interrogativo che si risolve in un segreto: un segreto di tre pa- role, per dirla con Enzo Bianco: ragione, religione ed amorevolezza che rendono l’educazione cosa di cuore. Gli operatori che desiderino vivere tale proposta educativa salesiana debbono pensarla anche come una proposta di educazione alla spiritualità. 84 76 A. MARTINELLI, La santità giovanile nelle biografie scritte da don Bosco – Approccio storico, in DICASTERO PASTORALE GIOVANILE (a cura di) Il sistema preventivo vissuto come cammino di san- tità, Settimana di Spiritualità della Famiglia Salesiana «Salesianum» - Roma – 20-25 gennaio 1980, Editrice Elle Di Ci, Torino 1981, p. 132. 77 Ibidem, pp. 134-136. 78 GIOVANNI BOSCO, Trattatello di Don Bosco, marzo-aprile 1877. Una “spiritualità proposta e vissuta con ragionevolezza” 76 in cui i giovani sono protagonisti attivi delle proprie scelte ed il formatore non è semplice programma- tore di una crescita progressiva e profonda; ma educatore che sa affiancarlo e sa bussare alla porta, attendendo che l’educando gli apra. Una “spiritualità proposta e vissuta con amorevolezza”77 perché: indirizzata al cuore e nutrita di un linguaggio fatto di esperienze e non solo di parole; vissuta e testimoniata in primis dai formatori e, dunque, accessibile. Una spiritualità educativa che trova il suo nutrimento nella religione in quanto “l’educazione è cosa di cuore, e solo Dio ne è il padrone, e noi non potremo ri- uscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne dà in mano le chiavi” 78. Tutti i membri della Famiglia Salesiana (e non solo) sono chiamati ad offrire ai giovani il progetto cristiano lasciatoci in eredità da Don Bosco: il presente contri- buto, lungi dal voler rappresentare una modellizzazione della figura dell’operatore della FP, è frutto delle riflessioni di una operatrice della FP che, vivendo il carisma salesiano, è interessata alla vita dei giovani. Le riflessioni rimangono aperte ad ac- cogliere – quand’anche esse fossero critiche – le considerazioni dei genitori, degli esperti del mondo accademico e degli operatori pedagogici. Vivere nel proprio CFP il carisma salesiano equivale a vivere a pieno la mis- sione salesiana che è nutrita di una profonda ed assoluta fede cristiana. Crescere nello spirito e nell’esperienza di Famiglia Salesiana equivale a mettersi al servizio dell’impegno educativo e pastorale dei giovani. Un edificio educativo, quello del CFP che può essere abitato davvero dal “for- matore per vocazione”, chiamato ad essere presenza educativa per nutrire e cre- scere i complessi cuccioli di uomo, soltanto dopo aver trovato con la ragione, con la religione e con l’amorevolezza un equilibrio. 85 2ª Parte IL PROGETTO INTEGRAZIONE 2003 87 1 CNOS FAP – Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale. 2 CIOFS FP – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane Formazione Professionale 3 SCF – Scuola Centrale Formazione 4 Cfr. paragrafo del capitolo I. Capitolo 1 La visione del progetto “integrazione 2003”: dal dia- logo all’integrazione Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nell’ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003) – rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 avevano concluso il primo ciclo di studi – gli Enti di formazione Nazio- nali CNOS FAP 1, CIOFS FP2 E SCF 3 hanno elaborato un’offerta di servizi articolata in quattro principali “aree d’azione”, quali: 1. Ricerca e Supporto alla progettazione 2. Formazione Formatori 3. Monitoraggio e Valutazione 4. Diffusione e Pubblicizzazione Nella progettualità in questione gli Enti nazionali avevano il compito di garan- tire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi e, nel contempo, di consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza ac- cumulato a livello nazionale. Quanto raccolto nel presente testo intende descrivere l’esperienza di Forma- zione Formatori facente parte di una delle quattro aree di azione del Progetto Inte- grazione. Sin dall’affidamento dell’incarico si è inteso caratterizzare – tanto il piano delle azioni di formazione quanto quello delle azioni di accompagnamento – nella prospettiva della qualità: questo al fine di sostenere l’offerta relativa al sistema di formazione professionale avente impostazione educativa, identità metodologica, natura istituzionale, percorsi graduali e continui, definendone le caratteristiche ge- nerali ed articolando le sue diverse componenti (servizi, organizzazione, risorse umane, accreditamento) 4. La visione ci ha orientato alla crescita ed alla valorizzazione della persona umana includendo, nel percorso che ci avrebbe impegnato, anche la nostra crescita personale e professionale; la missione ci ha richiesto di personalizzare i fabbisogni formativi, rimodulando – conseguentemente – la programmazione di massima pre- 89 5 Si rinvia il lettore all’approfondimento trattato nel secondo paragrafo del presente capitolo. 6 Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Re- search, op.cit.. vista dal progetto: affinché la formazione non si riducesse ad una semplice “dina- mica istruzionale”, ma si caratterizzasse nei termini di un concreto processo che “desse forma” alle conoscenze e competenze tacite dei CFP5. Molti CFP “non sanno di sapere”, ovvero non comprendono che, nelle proprie realtà, sussistono conoscenze e competenze inespresse: conoscenze apprese non solo nella realtà professionale, ma anche nella realtà personale. Conoscenze posse- dute, ma non utilizzate, in quanto la rigidità dei dettami nazionali e regionali spesse volte vincola il soggetto all’utilizzo di conoscenze e competenze che soddisfino le richieste provenienti dall’ambiente; vincolo che non considera che la medesima ri- sposta, se da un lato, per generare risposte adattive, implica la flessibilità, dal- l’altro, qualora le richieste dell’ambiente siano sempre le medesime, generano una stasi ed una cristallizzazione delle conoscenze e delle competenze del soggetto. Al fine di determinare l’innesto relazionale che il processo formativo richiede (così come descritto nella letteratura di riferimento 6), pur nel rispetto dei dettami cui i CFP sono chiamati a rispondere, abbiamo riflettuto sulla necessità di erogare una formazione che facesse emergere le conoscenze e le competenze tacite, nonché proposto per i CFP un iter formativo che determinasse lo sviluppo di nuove cono- scenze, cercando con “esperienze finalizzate” di trasformare le medesime in com- petenze. Il progetto Integrazione nella sua visione generale ha avuto come macro obiet- tivi quelli di: – garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi; – consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di espe- rienza accumulato a livello nazionale. Tutto ciò al fine di favorire l’effetto moltiplicatore di “buone pratiche” per le realtà della Regione Puglia. Nell’ambito del progetto di riforma del sistema d’istruzione e formazione pro- fessionale in diverse realtà regionali e provinciali (Lazio, Liguria, Lombardia, Mo- lise, Piemonte, Puglia, Veneto, Provincia di Trento) era stato già firmato nel 2002 un protocollo d’intesa con il MIUR per anticipare in via sperimentale i percorsi trien- nali di formazione professionale che sarebbero stati previsti nella Legge Moratti. L’ISFOL a fine giugno ha stilato un primo monitoraggio sui percorsi in attua- zione, esaminando i progetti approvati. Le regioni hanno previsto durate complessive variabili tra le 1000 e le 1200 ore annue (3000-3600 nel triennio), con azioni di accoglienza, di orientamento, di personalizzazione e di formazione per le competenze di base, trasversali e profes- sionali. Ogni regione ha accompagnato e valutato le sperimentazioni attraverso ap- posite commissioni. 90 La sperimentazione dei percorsi d’istruzione e formazione professionale prima dell’approvazione della legge di riforma ha evidenziato l’intenzione del MIUR, condivisa da alcune regioni, di rendere visibile la possibilità di creare un sistema regionale di pari dignità, capace di portare a pieno compimento quel processo d’innovazione metodologica e didattica che già i percorsi biennali dell’obbligo for- mativo avevano avviato. Si può ritenere che l’attività sperimentale svolta abbia rag- giunto un buon successo e ha, inoltre, favorito interventi di formazione congiunta di formatori e docenti. In Puglia sappiamo con certezza che sono state avviate anche sperimentazioni di percorsi scolastici integrati con moduli di FP, come previsto da alcuni protocolli. La questione è cercare di capire come e quanto l’integrazione abbia rappresen- tato una strategia ai fini della riduzione del fenomeno della dispersione scolastica; e, d’altro canto, comprendere quanto nell’integrazione tra i due circuiti sia stato possibile istruire e formare gli utenti. Negli anni 2003-04/2004-05, nelle regioni che avevano già iniziato le speri- mentazioni sono più che raddoppiati i corsi avviati e altre regioni hanno avviato i percorsi sperimentali di FP. Negli anni 2005-06/2006-07 la situazione non appare così felice (soprattutto per quel che riguarda la Puglia) nonostante, negli anni precedenti, il canale della istruzione e formazione professionale -grazie ai percorsi integrati con la scuola- abbia risposto ad una problematica sociale quale quella della dispersione scolastica, dando una possibilità di istruzione e formazione agli utenti. Nell’esperienza di formazione dei formatori il dialogo è stato un elemento fon- damentale mediante cui costruire corresponsabilmente l’integrazione. Riflettendo sulla etimologia del termine dialogo – dal greco dià, “attraverso” e logos, “discorso” – esso indica il confronto verbale tra due o più persone, nonché una forma appropriata all’espressione di sentimenti diversi ed alla discussione di idee persino opposte. Il dialogo nella sua “forma orale” ha dunque rappresentato nella formazione formatori una “pratica formativa”, una “forma espressiva” funzio- nale alla ricostruzione storica delle buone prassi consolidatesi nel tempo in ogni CFP; ed, in un secondo momento, la sua stessa utilizzazione come “scrittura” sa- rebbe divenuta una traccia dell’analisi della pratica educativa messa in campo dagli stessi operatori. Inoltre, se da un lato la ricostruzione storica delle pratiche consen- tiva la presa di consapevolezza del capitale di esperienze possedute dal CFP, l’analisi della pratica educativa – orientata nei termini di una formalizzazione di al- cune pratiche della fp e del racconto testimoniale del vissuto dei formatori – ha consentito un potenziamento del patrimonio culturale dei centri. Questa la ragione per cui all’interno di questo testo si è deciso di “dare la parola ai formatori”, di ren- dere la “scrittura raccontata dalla voce” degli stessi operatori della fp: affinché pos- sano conoscersi le storie dei centri, l’esperienza di formazione formatori e quanto innestatosi grazie ad essa. 91 7 D. NICOLI, Per una cultura dell’integrazione tra sistema della formazione professionale e si- stema scolastico in RASSEGNA CNOS, Problemi esperienze prospettive per la formazione professionale, anno 16/ n° 2 – 2000. 8 Ibidem. Per quel che riguarda il termine integrazione, compiere una chiarificazione circa il significato da noi condiviso nella esperienza di formazione, se da un lato ha rappresentato un processo di significazione che ci ha consentito di costruire un “orizzonte di senso comune”, pur nel rispetto delle tradizioni; dall’altro, a tutti i CFP coinvolti nella formazione ha consentito di comprendere quando e come sa- rebbe stato possibile parlare di “sistema integrato”. Non è possibile in questa sede affrontare la complessità del fenomeno dell’in- tegrazione, e per questo motivo si rinvia il lettore a riflessioni autorevoli 7 aperte dalle questioni di cui l’integrazione si sostanzia; ma si ritiene opportuno sottoli- neare che il concetto di integrazione che ci ha ispirati nella formazione formatori è quello orientato in due direzioni quali: – lo sviluppo – “tra soggetti autonomi e dotati di una propria legittimazione ed uno spazio specifico d’azione – di percorsi formativi in collaborazione; – la messa a regime di modalità dì rapporto tra sistemi” 8. Tutti i CFP da noi tutorati, coerentemente all’orizzonte di senso, nella quotidia- nità hanno cercato di realizzare in collaborazione con le scuole un sistema integrato. Ma nella fase successiva alla Riforma Moratti, il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni e alle Province di cui al riformato Titolo V della Costituzione ha aperto uno scenario nuovo, complesso e ambiguo per le possibili interpretazioni: sicché, molte questioni lasciate irrisolte non sempre hanno favorito il prosieguo delle espe- rienze di istruzione e formazione integrate. Ad esempio, la distinzione tra percorsi nel “sistema dei licei” e percorsi nel “sistema di istruzione e formazione” ha fornito ele- menti che hanno contraddetto l’ipotesi di percorsi integrati anche se, le norme – nelle varie regioni, come in Puglia – non ne hanno impedito l’attuazione. È stato co- munque evidente nella formazione realizzata che, ogni ipotesi di percorso integrato realizzato ed in corso d’opera, ha sempre portato i formatori ad interrogarsi sulle ca- ratteristiche del modello di integrazione e sulla fisionomia del curriculum dei corsi di istruzione e formazione professionale che avrebbero erogato affinché: da un lato, esso rispondesse ai dettami nazionali e regionali; dall’altro, consentisse di tutelare la missione educativa cui ogni CFP si ispirava. La prima di queste riguarda il rapporto tra la centralità della persona-alunno nel servizio di istruzione e di istruzione superiore e la collocazione del sistema di istruzione e formazione nel contesto delle risorse di cui la regione Puglia dispone per il proprio sviluppo. Riferirsi al secondo dei termini della relazione sopra riportata, può apparente- mente segnalare una scarsa attenzione alle dimensioni della persona, in realtà, pen- sare ai centri di formazione professionale come risorsa per lo sviluppo regionale, 92 equivale soltanto a ribadire l’importanza della esistenza di strutture che concreta- mente lascino intravedere un ampio spazio di flessibilità e di progettazione dell’of- ferta di istruzione e formazione. Quindi “puntare le luci sul cfp”, non significa “la- sciare in ombra l’alunno”, ma solo sottolineare che l’assenza nel territorio di simili strutture non consentirebbe l’attuarsi di un diritto costituzionalmente sancito, secondo il quale, la persona, per poter crescere e realizzarsi nella propria vita, deve essere orientata a scelte che siano confacenti con le proprie attitudini e capacità personali. L’integrazione, comunque, prima di divenire tale, necessita dell’interazione tra sistemi di istruzione e formazione professionale; tale interazione deve però costi- tuire il presupposto per un’offerta di attività che consentano all’utente l’opportunità di acquisire competenze spendibili come crediti per “passare” da un sottosistema all’altro; la visione comune (con la centralità del progetto educativo, oltre a quella dell’istruzione e formativa) rappresenta, in questo modo, l’anima dell’integrazione. La visione comune e la condivisione – orientata nei termini di una riflessione pedagogica – sull’impianto del percorso di istruzione e formazione professionale rendono i due sistemi un “sistema integrato” in cui nessuno è inglobato nell’altro. Secondo tali presupposti, i percorsi integrati che ne risultano appaiono come: a) l’esito di una “ricerca” e “scelta” personale (ad opera dell’allievo che nella diversificazione dell’offerta formativa se ben orientato può compiere le scelte giuste); b) l’accumulo di competenze certificabili come crediti; c) l’opportunità di ingresso/uscita da e verso il lavoro. In questo senso, l’integrazione costituisce la modalità in cui i sistemi di istru- zione e formazione “si pensano” progettando l’offerta in funzione dell’utente e della sua libertà di scelta: senza rinunciare alle proprie specificità (anzi, proprio perché specifici e diversi reciprocamente potenziabili) generano anche percorsi progettati sulla persona concorrendovi, ciascuno, secondo le specificità proprie. L’integrazione, mediante il dialogo, diviene così lo spazio in cui i sistemi di istruzione progettano corresponsabilmente per la persona-alunno. 1. La Formazione Formatori La FORMAZIONE DEI FORMATORI viene messa in stretto rapporto di causa-effetto con l’esigenza di adottare criteri selettivi, in quanto agisce sulla sua principale ri- sorsa, quella umana-professionale, per adeguarla/rafforzarla rispetto al bisogno di flessibilità/innovazione. Con l’evolversi/complessificarsi dei fenomeni legati ai contesti della socializ- zazione primaria e secondaria, anche la personalità in formazione dei giovani ri- sente ovviamente delle problematiche sottese, con particolare riferimento a sempre nuove e più complesse forme di disagio. Tutto questo comporta una crescente fles- sibilità e continui ri-adattamenti riferiti, non solo alle tipologie di servizi da attivare ex-novo e/o ristrutturare, ma, anche, ai ruoli professionali e relative competenze degli operatori. 93 Come tale, la formazione dei formatori rappresenta una componente organiz- zativa di base mirata a definire le caratteristiche degli interventi e di coloro che li attuano. Tuttavia nell’assunzione del ruolo di «formatori dei formatori» abbiamo riflet- tuto sulla visione della formazione che avremmo erogato, intendendola non solo come «aggiornamento e apprendimento di nuove funzioni, contenuti e tecniche specialistiche; ma anche come un lavoro costante di riflessione/feed-back sulle proprie attività in termini di concetti, di metodologie e di verifiche finalizzate alla “risposta” da dare di volta in volta lungo l’intervento». Gli obiettivi previsti dall’azione di Formazione dei Formatori del Progetto In- tegrazione – così come descritto dalle documentazioni ufficiali dello stesso – sono i seguenti: – favorire la condivisione, tra gli operatori del sistema formazione e del si- stema istruzione coinvolti nel progetto, di metodologie e strumenti per il mi- glioramento delle capacità relazionali e delle competenze necessarie a svi- luppare una didattica innovativa che privilegi la centralità dello studente; – creare le condizioni affinché gli operatori della integrazione possano trovare un linguaggio comune, condividendo la strategia tecnica relativa ai saperi minimi; – qualificare la professionalità degli operatori della formazione e dell’istru- zione coinvolti nel progetto attraverso attività formative che li rendano in grado di controllare e valutare il processo presidiato perseguendo il miglio- ramento continuo delle proprie risorse; – formare gli organismi della formazione professionale e dell’istruzione sugli strumenti e le metodologie adottate per lo sviluppo del modello attuato nel- l’offerta formativa sperimentale. Al fine di raggiungere questi obiettivi per ogni CFP che è stato tutorato, sono state rilevate le attese ed i fabbisogni degli enti, affinché – come descritto prece- dentemente – si potessero generare delle buone prassi all’interno del circuito del- l’apprendimento. Con “fabbisogno formativo” si vuole qui indicare l’insieme dei contenuti di specifici interventi di formazione formulati a partire dai bisogni emersi. Senza l’analisi dei fabbisogni sarebbe stato difficile progettare una formazione efficace, rispondente ai bisogni reali dei CFP e capace di cogliere le istanze innova- tive che, implicitamente, l’esperienza di formazione stessa avrebbe indotto nel CFP. Per questa ragione, per definire efficacemente i fabbisogni formativi dei CFP siamo partiti, dall’analisi dei bisogni di formazione, confrontandoli con la “proget- tazione di massima” che il progetto Integrazione prevedeva: per garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi sarebbe stato necessario proporre ai centri i medesimi iter formativi affinché poi, sia nelle esperienze di azioni seminariali, sia riguardo alle risultanze si potesse effettuare un confronto; 94 9 M. TIRITICCO (a cura di) con contributi di: G. BERTAGNA, G. ALLULLI, D. SUGAMIELE, O. NICE- FORO, A. VALENTINO, M.M. NOVELLI, P. BENESPERI, M. MARRAS, B. SERRAVALLI, A. TOCCO, G. ANTO- NELLI, Istruzione e formazione. Processi in atto e prospettive, Tecnodid Editrice, Napoli 2003. questo però non avrebbe escluso la possibilità di una personalizzazione del pro- cesso formativo pur sempre nell’ambito di uno specifico oggetto culturale. I referenti dei CFP assieme ai formatori hanno rappresentato il proprio ente, mettendo la propria professionalità a disposizione di noi formatori dei formatori af- finché potessimo analizzare il livello del potenziale di cui il centro di formazione professionale era portatore. Tutti i CFP hanno compreso la necessità di un “percorso comune” agli altri centri; e, soprattutto, vista la portata regionale del progetto, hanno suggerito essi stessi la necessità di essere forniti della stessa “cassetta degli attrezzi” per poter indi- viduare –a parità di condizioni metodologiche, ma considerata l’esistenza di tradi- zioni differenti– “cosa” potesse attivare circuiti di apprendimento più efficaci per gli utenti. Il che equivale a dire per un formatore riflettere sui tratti della propria profes- sionalità comprendendo che si può imparare molto dal piacere dell’ascolto e della scoperta della pratica educativa di altri operatori pedagogici afferenti ad altri CFP. I CFP, inoltre, hanno accolto positivamente la proposta di partire dall’analisi del livello organizzativo esistente, non ricadendo in comportamenti di chiusura, bensì rendendosi consapevoli del fatto che questa disposizione avrebbe costituito un elemento di forza perché avrebbe permesso ad ogni CFP di: – riflettere sul proprio operato; – di rimotivare gli operatori rispetto alla missione di cui si è portatori; – di far conoscere qualcosa in più del mondo della formazione professionale; – di imparare ad imparare, non più nell’ottica della competizione con gli altri CFP della Puglia, ma nella prospettiva della integrazione. Inoltre, anche l’analisi avrebbe rappresentato un momento di formazione. È necessario comunque ricordare che la formazione dei formatori nell’espe- rienza condotta ha accompagnato in parallelo l’evoluzione in atto nel sistema di istruzione e formazione, ed ha vissuto nel periodo di attuazione della legge 53/2003 una fase di transizione e di ridisegno. I cambiamenti legislativi in atto hanno infatti generato a catena una serie di processi per cui gli operatori della FP in fase di formazione 9: – hanno avvertito fortemente l’esigenza di una crescente formalizzazione della propria ‘figura professionale’, delle loro competenze e della validità dei loro curricoli. Si tratta di una esigenza che procede da diverse istanze – provenienti anche dal passato – che attengono ad esempio alla necessità di maggiore riconoscimento so- ciale del sistema formativo e della professione di formatore, anche attraverso le forme dell’accreditamento o della certificazione professionale. – I formatori sono divenuti agenti della rapida evoluzione che negli ultimi anni ha invaso anche il canale della FP, nel senso di una forte flessibilizza- 95 10 Nel presente testo non sono inseriti i materiali didattici utilizzati nei tre seminari plenari per un motivo ben preciso: i referenti del Ciofs Nazionale nella stesura della documentazione dell’esperienza del Progetto Integrazione hanno svolto una lavoro di puntuale ricognizione. Il presente lavoro avendo avuto intenzionalmente l’obiettivo di costruire un substrato scientifico su cui impostare la costruzione del profilo dell’operatore della fp si limiterà a presentare il prodotto dei lavori realizzati mediante l’esperienza di formazione formatori: una esperienza di formazione che si è totalmente ispirata al co- strutto teorico descritto nel primo capitolo. Sicché se la razionalità teoretica ha sostenuto noi autrici del testo a “guardare”, a conoscere il profilo del formatore per poterlo descrivere scientificamente, co- struendo nel 1° capitolo una ipotesi a riguardo; nel 2° e 3° capitolo, rispettivamente, la razionalità pratica e la razionalità tecnica hanno cercato di “trovare all’istante i provvedimenti neces- sari” perché l’operatore della fp possa costruirsi ispirandosi a tali principi e di “dare intenzionalmente atto ai provvedimenti” fornendo all’operatore metodologie e strumenti per l’azione educativa. Cfr, G. BERTAGNA, Avvio alla riflessione pedagogica, Editrice La Scuola, Brescia 2000, pp. 39-68. zione: dei sistemi di offerta (si pensi alla fortissima evoluzione normativa avvenuta negli ultimi anni, che ha aperto in rapida successione nuovi “fronti” formativi come la formazione continua, gli IFTS, l’apprendistato, la formazione integrata, l’alta formazione, etc.); delle fonti di finanziamento (tema che già si propone nel ricorso a fondi strutturali a programmazione re- gionale e nazionale, ma anche con lo sviluppo delle iniziative europee, dei modelli “privatistici” dei fondi interprofessionali, dei voucher e in generale con lo sforzo di aumentare l’area “a mercato”; e si tratta di aspetti che dopo il 2006 non potranno che porsi in modo ancora più forte e stressato al si- stema). È indubbio che queste professionalità sono andate evolvendo, complessifican- dosi. In questo quadro è cresciuta e sicuramente maturata l’esigenza di un progetto che inquadrasse la formazione formatori all’interno di un quadro di nuove figure che apparentemente necessitano dell’aggiornamento delle competenze esistenti, ma anche che, nella complessità, rischiano di frammentarsi in una pluralità di profili professionali, di ambiti di competenza da presidiare, di approcci metodologici da saper utilizzare, etc. Da qui il punto di partenza dei partners coinvolti nel progetto che si pongono il problema di modellizzare la “figura del formatore” e i relativi referenziali di com- petenze, ma anche di sperimentare nuovi servizi per i formatori e modalità alterna- tive alla formazione in presenza e in aula, ma soprattutto, realizzare processi di ap- prendimento realmente integrati con le evoluzioni organizzative dei soggetti. 2. Le Azioni Seminariali L’attività di formazione dei formatori in forma plenaria è stata organizzata in forma di seminari i cui contenuti e le cui attività sono state incentrate su alcuni nu- clei tematici rilevanti della formazione iniziale 10. In particolare, il primo seminario di formazione, che ha avuto luogo il 15 e il 16 ottobre 2004 – e che ha visto una massiccia partecipazione dei CFP coinvolti nell’a- 96 11 Si rinvia il lettore a visionare la descrizione sintetica presente nel paragrafo 2.4.1 Il 1° Project Work. 12 Si rinvia il lettore a visionare la descrizione sintetica presente nel paragrafo 2.4.2 Il 2° Project Work. 13 CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per la gestione dello stage, op.cit.. 14 Il primo gruppo di CFP affidati al CIOFS–FP è costituito da: CIOFS di Martina Franca, di Ruvo, di Taranto, EPCPEP di Gioia del Colle, 15 Il secondo gruppo affidato a noi referenti del CNOS FAP è costituito dai seguenti cfp: ASSOCIA- ZIONE CALASANZIO; CIFIR di BARI; CIFIR di ORIA; CIFIR del SACRO COSTATO; CNOS FAP di BARI; CNOS FAP di CERIGNOLA. zione progettuale – ha approfondito gli aspetti più problematici della Riforma Mo- ratti, per quanto più direttamente attiene al sistema dell’istruzione e formazione pro- fessionale. Nella medesima occasione formativa, è stato presentato il primo Project Work – PW – su cui i singoli CFP avrebbero dovuto lavorare: l’elaborazione e speri- mentazione di una Unità di Apprendimento – UdA – nei propri percorsi di istruzione e formazione professionale riferiti al progetto integrazione 200311. Nel secondo seminario di formazione dei formatori, che ha avuto luogo il 19 ed il 20 maggio 2005, è stato approfondito il tema dello stage e dell’orientamento nei percorsi sperimentali. Nel contempo i CFP coinvolti hanno: presentato le risul- tanze della prima esperienza di project work realizzata presso i propri centri; condi- viso le coordinate per la realizzazione del 2° project work su cui i singoli CFP avrebbero dovuto lavorare 12. Il project work avrebbe dovuto consentire ai CFP di lavorare sullo stage analizzando le partiche esistenti per eventualmente rimodularle sulla base di un modello già sperimentato a seguito di alcuni studi condotti dal Cnos Fap Nazionale 13. Nel terzo e ultimo seminario, tenutosi il 20 ed 21 maggio 2006 si è affrontato il tema della valutazione dei processi formativi e del portfolio delle competenze. A conclusione del programma previsto per il terzo seminario, è stato gestito in plenaria un feedback sulla esperienza di formazione formatori. 3. Il 1° Project Work Nella concreta organizzazione degli interventi di accompagnamento alla elabo- razione e sperimentazione dei Project Works, i referenti degli enti nazionali CIOFS FP e CNOS FAP hanno preferito suddividere i CFP della Puglia coinvolti nel “Pro- getto Integrazione 2003” in due gruppi: rispettivamente, il primo14 è stato affidato – per l’erogazione delle azioni di accompagnamento previste dalla formazione for- matori – a 2 risorse umane individuate e rappresentanti il CIOFS FP, nelle persone della dott.ssa Valentina Fidanza e dott.ssa Angela Loiacono; il secondo gruppo15, alle Autrici, quali risorse individuate come referenti del CNOS FAP. 97 Ricordiamo che … Ogni cfp disponeva di 12 ore di formazione, per ciascun PW. Dunque, ogni cfp avrebbe programmato 24 ore di formazione nelle tre annua- lità interessanti il progetto integrazione. Sia il 1° PW che il 2°, individuate 2 date condivise con i formatori dei CFP, si realizzava in due incontri di 6 ore ciascuno. Tra una sessione intensiva e l’altra ve- niva appositamente inserito un tempo di lavoro tutorato a distanza, per consentire ai formatori di riflettere ed applicare nella pratica educativa quanto condiviso in formazione. In particolare, sottolineiamo che … Il primo Project Work prevedeva: la focalizzazione sul profilo professionale in uscita interessante il percorso triennale attivato ed il suo possibile inserimento in una delle comunità professionali presenti all’interno delle guide Ciofs Fp-Cnos Fap; la sperimentazione dell’Unità di Apprendimento sul Patentino. Non tutti i cfp hanno potuto sperimentare la UdA prescelta per il fatto che gli alunni cui l’attività doveva rivolgersi avevano già conseguito il patentino; ragione per cui, nei cfp in cui si è rilevata tale condizione, con i direttori di centro ed i for- matori referenti è stata programmata, progettata e realizzata un UdA che potesse costituire non solo una possibilità di “allenamento didattico” per i docenti – abituati ad una impostazione didattica di tipo tradizionale - ma una sperimentazione di una “didattica in situazione” per gli alunni che, grazie alla diversa impostazione didat- tica, avrebbero rilevato i risultati dei propri apprendimenti con la realizzazione di un compito-prodotto. Vista la specificità dei contenuti e delle risultanze il presente paragrafo de- scrive unicamente l’impostazione, rinviando il lettore alla fruizione diretta di quanto realizzato. 4. Il 2° Project Work Nella realizzazione del secondo project work – esclusivamente centrato sullo stage – è stata significativa la presenza di coloro che hanno beneficiato del servizio, ognuno aventi differenti competenze e, conseguentemente, ruoli specifici nel CFP. Differentemente dal 1° PW, nel presente paragrafo sarà possibile descrivere le attività condotte, integrando, la descrizione con i materiali didattici utilizzati per l’erogazione della formazione d’aula, nonché per la realizzazione delle attività svi- luppate dai formatori del cfp durante il project work e a conclusione del medesimo per scopi documentali. La fase documentale è stata avviata a seguito della eroga- zione delle 12 ore di formazione previste per il 2° PW; monitorata costantemente – al di fuori delle 12 ore previste dal progetto, con uno scambio di informazioni on 98 line o contatti telefonici – è stata anch’essa conclusa con la redazione di un report finale per ciascuno dei CFP a noi affidati. Nel primo incontro del 2° Project work Nel primo incontro si è riflettuto teoreticamente sulla gestione dello stage: a li- vello concettuale ci si è confrontati sulle componenti che possono rendere lo stage una esperienza formativa. Quando ci si relaziona con gli operatori della FP che coordinano percorsi di istruzione e formazione professionale per i giovani, capita spesso di accogliere, da parte degli operatori medesimi, la visione di uno “stage”, non tanto concepita come esperienza formativa funzionale alla promozione dell’“alternanza scuola-lavoro”; quanto piuttosto come esperienza di professionalizzazione, paragonabile, dunque ad una realtà simile a quella dell’apprendistato. Che cosa sia uno stage, per le aziende che negli ultimi anni hanno fruito di questo strumento formativo, tende ad essere dato per scontato; e, molto spesso, anche per «quelle aziende» che vengono coinvolte in forma di paternariato nei per- corsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai Centri di Formazione Pro- fessionale. Le analogie e le differenze che intercorrono tra stage, tirocinio formativo e al- ternanza scuola-lavoro, finiscono quasi sempre per non trovare spazio nelle azioni di formazione degli operatori della FP. Sono invece fondamentali in fase di sotto- scrizione di un protocollo di intesa in cui ci si impegna come CFP a tutelare i diritti di cui gli alunni sono portatori, non solo quando si istruiscono ed educano, ma anche quando vivono l’esperienza formativa dello stage svolgendola c/o le aziende parteners. (L.196/97, L.144/99) Riferendosi all’impegno dell’aziende parteners per la tutela di tali diritti, nel primo incontro si è riflettuto molto sulla necessità di programmare e progettare atti- vità grazie a cui le aziende si corresponsabilizzino, in fase di Paternariato, sia in qualità di «struttura ospitante» un soggetto-destinatario dell’attività, sia qualità di «istituzione» avente cura della persona-alunno che deve maturare ed interiorizzare le conoscenze e le competenze del profilo professionale, durante un‘esperienza che, deve, in questo modo, assumere le vesti dell’azione formativa. Vista la crescente attenzione per questi temi sia da parte dei potenziali stagisti sia da parte delle imprese e dei CFP, in fase di formazione d’aula, abbiamo indivi- duato le caratteristiche fondamentali delle diverse opportunità di formazione on the job. Comune caratteristica a tutte le esperienze di stage, tirocinio e alternanza scuola-lavoro è costituita dalla concezione del luogo di lavoro come luogo di ap- prendimento. L’organizzazione che ospita lo stagista è vista pertanto come contesto di apprendimento complementare a quello dell’aula e del laboratorio. Il Tutor aziendale, a cui è affiancata la persona che svolge un periodo di stage-tirocinio, rappresenta in azienda quello che il “prof” rappresenta nel contesto scolastico-for- 99 mativo. Il tutor diventa un facilitatore di apprendimento in grado di illustrare il la- voro, supervisionare le attività affidate, valutare il livello di competenza raggiunto. Esistono però alcune importanti differenze nell’utilizzo dei termini stage, tirocinio e alternanza scuola-lavoro che si cercherà ora di mettere a fuoco. Con il termine stage, nei materiali informativi riguardanti il Piano dell’Offerta Formativa (POF) di ciascun CFP, si indica solitamente una fase prevista all’interno di un percorso formativo professionalizzante. Lo stage consiste pertanto nel tra- scorrere un certo periodo di tempo all’interno di una realtà lavorativa allo scopo di verificare, integrare e rielaborare quanto appreso in aula e/o laboratorio. Lo stage viene attivato sulla base di una convezione e/ o protocollo di intesa tra azienda e centro di formazione professionale in cui sono contenute le informazioni necessarie a garantire la regolarità dello stage in termini legali. In termini didattici, a garanzia degli obiettivi formativi del periodo di stage, viene sottoscritto da tutte le parti in gioco un progetto di stage in cui sono precisati: orari da rispettare, area di inseri- mento, mansioni da assegnare, competenze attese in ingresso e competenze da ac- quisire al termine dell’esperienza. Lo stage, inserendosi in tutto e per tutto in un percorso formativo, è completamente gratuito sia per l’azienda ospitante sia per il partecipante. Gli operatori dei CFP hanno descritto l’esperienza di stage come “un’opportu- nità di inserimento temporaneo nel mondo del lavoro”, che, a seguito della conclu- sione del percorso triennale di istruzione e formazione professionale, determina un “impatto occupazionale”. Lo stage è finalizzato all’acquisizione di una esperienza pratica, alla crescita professionale e personale del tirocinante e rientra in un pro- getto individualizzato di formazione e/o di ricerca del lavoro. L’alternanza scuola-lavoro risulta essere una dicitura complessa da definire per il fatto di essere tutt’ora in evoluzione da un punto di vista normativo. A differenza di quanto si possa affermare per stage e tirocinio non è possibile definire l’alternanza come strumento formativo. Essa si configura piuttosto come una nuova metodologia formativa nel sistema integrato di istruzione, formazione pro- fessionale e lavoro. La metodologia dell’alternanza può prevedere il ricorso allo strumento dello stage, ma può anche svilupparsi attraverso altri strumenti di forma- zione basati sulla strategia del learning by doing (imparare facendo). Per tutti gli studenti compresi tra il 15° e il 18° anno d’età è possibile realizzare dei percorsi di istruzione e formazione con la modalità dell’alternanza scuola-lavoro. Per rispon- dere alle esigenze di questo approccio formativo, l’organizzazione didattica, sia nel sistema dei licei sia nel sistema dell’istruzione e formazione professionale, consen- tirà sempre più spesso di alternare periodi di formazione in aula-laboratorio a pe- riodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro a cui attribuire specifici cre- diti formativi. Come sarà possibile desumere dalla scaletta del primo incontro, ai momenti teoretici si è affiancato un momento di riflessione empirica sulle pratiche di ge- stione dello stage esistenti all’interno del CFP: 2 griglie apposite – utilizzate du- 100 rante 2 lavori di gruppo – hanno consentito dapprima una sistematizzazione delle procedure e dei processi di stage esistenti; successivamente, le stesse procedure ed i medesimi processi, sono stati implementati – a livello di ipotesi - mediante l’utilizzo di uno schema ad hoc proposto nel suo utilizzo agli operatori. Le lezioni frontali, e i lavori di gruppo hanno indotto un processo di riflessione sulla pratica di gestione dello stage secondo quanto realmente vissuto da ciascun ente. I formatori si sono dichiarati soddisfatti soprattutto per aver potuto riflettere criticamente sulle procedure ed i processi che da tempo, pur essendo abitualmente gestiti in un determinato modo, avevano perduto la loro significatività, nonché la loro possibilità di un potenziamento in termini di efficacia ed efficienza. 101 16 C. BALDI, M. LOCAPUTO, Lavoro di gruppo sullo stage. Analisi del livello organizzativo esi- stente, Scheda n° 1, Cnos Fap Regione Puglia Sede di Bari, Bari, ottobre 2006. (SCHEDA N° 1) ANALISI DEL LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE ESISTENTE16 Analizza con le persone che compongono il tuo Gruppo di Lavoro (GdL) l’esperienza di stage prevista all’interno del percorso di istruzione e formazione professionale interessato dal Progetto Integrazione. Potrai aiutarti con la tabella ri- portata di seguito. Il presente esercizio va svolto in gruppo, valorizzando, nello stesso gruppo le competenze delle risorse umane presenti affinché lo stage – così come realmente organizzato - possa essere scomposto nei suoi processi organizzativi e per questo analizzato in termini di punti di forza e punti di debolezza. 102 17 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit.. Nel secondo incontro del 2° Project work Nel secondo incontro di FF, sulla base di altri elementi teorici, ci si è concen- trati sulla gestione esistente nei CFP, presentando agli operatori della Fp coinvolti in formazione, il modello di gestione dello stage secondo la proposta del CNOS FAP 17, ai fini di una potenziale implementazione delle pratiche di stage esistenti. L’incontro ha assunto la caratteristica delle formazione laboratoriale. La decisione di sottolineare la metodologia didattica adottata è dovuta a due fattori: il primo è l’invito, proveniente dai formatori stessi, a sottolineare che nel percorso di formazione si è lavorato per una didattica laboratoriale, didattica che sembra rappresentare ancora una novità come pratica integrata e quotidiana. Il se- condo fattore è rappresentato dal fatto che il progetto Formazione Formatori, ormai realizzato e conclusosi, ha fornito ai suoi partecipanti una particolare occa- sione in termini cognitivi, relazionali e metodologici. Per alcuni formatori lavorare insieme, sperimentare attività, riflettere sulla pro- pria esperienza e trarne coordinate teoriche e operative, dalle quali partire per sce- gliere le azioni e i materiali per le proprie classi, ha rappresentato una vera innova- zione, quasi un ribaltamento rispetto ad altri percorsi formativi. Inoltre, il legame stretto con gli operatori della FP ha permesso un coinvolgimento e una gratifica- zione non creatosi in occasione dei tre incontri plenari. Visionare le schede proposte dal modello ha significato per gli operatori anzi- tutto riflettere sulla «necessità di riflettere», ovvero di «imparare ad imparare» mediante l’osservazione critica e metariflessiva delle procedure e dei processi atti- vati nella quotidianità. Nel secondo incontro dunque, l’attività di presa visione delle schede prevista dal modello nazionale ha indotto autoformazione negli operatori: utilizzare delle schede per gestire le procedure e le pratiche di stage per gli operatori ha significato metariflettere sulle modalità e sui significati con cui i formatori stessi attribuiscono valore e senso all’esperienza di stage. Si può quindi definire positiva la proposta di analisi del modello: attività che ha indotto un processo di acquisizione delle pratiche proposte a livello nazionale. Nel secondo incontro, inoltre, sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi – effettuata in occasione del primo incontro della formazione formatori per la realiz- zazione del secondo project work – era emersa all’unisono la necessità di concen- trasi sulle caratteristiche dell’età adolescenziale: età dei soggetti interessati dai per- corsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai CFP. “I nostri alunni, sono adolescenti … e quindi di per sè, ogni giorno in aula ci si trova ad affrontare la gestione di conflitti le cui cause non sono necessariamente scolastiche; quanto piuttosto, evolutive … Delle volte, sebbene molti di noi forma- 103 tori siano mamme, papà … ci troviamo incapaci di gestire i bisogni relazionali di cui sono portatori i nostri alunni, che oltre ad essere “adolescenti”, sono adolescenti difficili …”. Questo frammento autobiografico rappresenta un ritratto del vissuto di uno dei formatori dei CFP che ha fortemente desiderato dedicare una parte della formazione formatori alla problematizzazione psico-pedagogica dell’età adolescen- ziale. L’adolescenza è un epoca della vita nella quale, ciascuno di noi, secondo tempi e intensità diverse, che variano da individuo a individuo, attraversa episodi di tri- stezza, di noia, di timidezza, di paura, di angoscia. L’adolescenza è l’età della vita dove ogni essere umano è chiamato ad un compito evolutivo fondamentale: entrare progressivamente nell’età adulta. Questa entrata nella maturità implica necessaria- mente, per compiersi, un processo di separazione. Ciò da cui ci si deve separare, sono i propri genitori. La separazione si compie sia in senso fisico, evitando di abitare la casa dei ge- nitori troppo a lungo, ma soprattutto deve avvenire sul piano del desiderio. L’alunno che attraversa l’adolescenza deve poter riuscire a riconoscere e se- guire il proprio desiderio. Questo si concretizza in due modi: la costruzione degli affetti, d’amicizia e d’amore, fuori dalla famiglia, e la scelta di un percorso di studi o di lavoro che non sia troppo lontano dai propri interessi. L’energia e il sentimento di soddisfazione che proviene dalla capacità di eseguire, almeno in parte, questi due compiti della giovinezza, dipende proprio dalla misura con cui un adolescente riesce a formulare e realizzare parte dei suoi desideri. Crediamo però di poter affermare che la possibilità di riconoscere e fare ciò che si desidera davvero, separandosi autenticamente, dipende sempre da una crisi, da una opposizione e separazione dagli ideali dei genitori. Molto spesso questa opposizione non si esplica costruttivamente bensì come processo distruttivo ed autodistruttivo, anche sul piano scolastico, in quanto gli adolescenti a scuola possono proiettare sui professori sentimenti ambivalenti che permettano loro di rielaborare emozioni e sentimenti dissociativi che stanno speri- mentando nei confronti dei propri genitori. I docenti, i formatori, gli educatori che nella scuola e nell’extra scuola si rela- zionano con gli adolescenti debbono attrezzarsi sul piano delle competenze di rela- zione: debbono, al di là del proprio ruolo di trasmettitori di conoscenza, possedere competenze psico-pedagogiche grazie a cui gestire con competenza la costruzione di un progetto educativo che sostenga gli alunni adolescenti nel loro processo di in- serimento nel sociale. L’approccio fenomenologico di Piero Bertolini è stato parti- colarmente oggetto di approfondimento, in quanto il paradigma fenomenologico è stato dall’Autore pedagogicamente problematizzato al fine di tracciare le coordi- nate di percorsi educativi e ri-educativi funzionali alla costruzione della visione se- mondo-altri per i ragazzi difficili: i ragazzi che, nella maggior parte dei casi, rap- presentano gli utenti-tipo della FP. 104 Orientare l’ultima parte del nostro incontro sugli elementi di cui sopra, ha con- sentito di descrivere anche il modello educativo di Don Bosco, capace di promuo- vere in un ottica preventiva una progettualità educativa nutrita di un carisma che parla al cuore dei giovani. Il che equivale a dire, come don Bosco stesso affermava: “Sono contento che ci sei, quello che sei, che sai, che fai, che hai … mi interessa e io sono qui per te …”. 105 18 C. BALDI, M. LOCAPUTO, Lavoro di potenziamento dello stage. Potenziamento del livello di or- ganizzazione esistente, Scheda n° 2, Cnos Fap Regione Puglia Sede di Bari, Bari, ottobre 2006. (SCHEDA N° 2) POTENZIAMENTO DEL LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE ESISTENTE18 Dopo aver analizzato con le persone che compongono il tuo gruppo di la- voro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel tuo Cfp, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise – dovrai potenziare le proce- dure e i processi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 106 1 I riferimenti degli autori curatori di ogni contributo presente in questo paragrafo sono riportati nell’indice. Capitolo 2 La Storia dei CFP coinvolti nel progetto Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nelle pagine che seguono il lettore fruirà della “scrittura della storia dei CFP raccontata dalla voce” di alcuni dei formatori rappresentanti i centri che hanno preso parte all’esperienza di formazione dei formatori. Ad ogni CFP è dedicato un intero paragrafo. Al di là di una formattazione standard, il faticoso ma affascinate lavoro di ri- costruzione storica svolto è completamente a cura dei formatori: infatti, sono stati essi stessi1a costruire una sintesi della storia dei loro centri, e questo ha con- sentito loro, in alcuni casi, anche di conoscere e/o ricordare frammenti di storia dei propri enti. 107 1. Associazione Calasanzio di Campi Salentina ASSOCIAZIONE “CALASANZIO - Cultura e Formazione” LA SCUOLA CALASANZIANA Le origini dei Padri Scolopi risalgono ad un sacerdote spagnolo, San Giuseppe Calasanzio (1557 – 1648), che nel 1597 diede inizio a Roma ad una scuola popo- lare diversa dai collegi e dalle scuole di catechismo allora esistenti. Egli era convinto che l’unico modo per riformare la società fosse l’istruzione e così diede vita alle Scuole Pie, le prime scuole per tutti. Proclamò il diritto all’edu- cazione di tutti i fanciulli e lottò per esso, e per questo fu perseguitato. Ma nello stesso tempo ebbe un esito straordinario, giacchè rispondeva pienamente alle sfide e aspettative del suo tempo. Nel 1948 il Papa Pio XII lo dichiarò “Patrono univer- sale di tutte le scuole popolari del mondo”. Nel corso dei secoli la Scuola calasanziana ha continuato ad affermare la di- gnità di ogni persona di accedere alla cultura e il diritto allo studio come promo- zione sociale, diventando luogo di formazione di diverse generazioni e fucina di in- novazioni culturali e scientifiche. Oggi i Padri Scolopi sono presenti in 29 Stati e in 4 continenti con Parrocchie, Missioni e Scuole. La sede di Campi Salentina (Le) è stata la prima scuola popolare sorta in Pu- glia (1631) che accoglieva ragazzi del luogo e dei paesi vicini. Attualmente fun- ziona come Liceo Classico e come Ente di Formazione Professionale: l’Associazione “CALASANZIO – Cultura e Formazione”. Essa, forte dell’esperienza calasanziana, opera nell’ambito della Formazione e dell’Obbligo Formativo aderendo ai Progetti POR stabiliti dalla Regione Puglia. 108 Interno chiostro Istituto Calasanzio L’Associazione Calasanzio - Cultura e Formazione offre una formazione pro- fessionale rivolta ai ragazzi in età di OBF con i seguenti corsi: 1. Operatore marketing on line di prodotti e servizi turistici e commerciali 2. Operatore dell’impresa turistica I progetti sono finalizzati ad assicurare ai giovani una proposta formativa di carattere educativo, culturale e professionale, in modo che ogni allievo ottenga un risultato soddisfacente in termini di acquisizione di una qualifica professionale, di supporto per l’inserimento lavorativo e possa, ove lo ritenga, proseguire il proprio iter formativo nell’ambito dell’istruzione o della formazione professionale. A questa si affianca un’attività di formazione rivolta invece ad adulti già in possesso di diploma di scuola media superiore di 2° grado con i corsi rispettiva- mente di specializzazione, perfezionamento e di qualifica: • Esperto in ICT per la commercializzazione di prodotti turistici il cui obiet- tivo è quello di formare una figura professionale che sia in grado di promuo- vere e vendere, attraverso le nuove tecnologie della comunicazione e dell’in- formazione, servizi turistici e di contribuire allo sviluppo del turismo del- l’aria turistica di riferimento. 109 • Organizzazione e gestione dell’esercizio teatrale che mira a creare una fi- gura professionale che sia in grado di gestire il bene culturale teatro -con l’obiettivo di promuoverlo, valorizzarlo e tutelarlo- e di progettare e coordi- nare eventi teatrali. • Assistente domiciliare e dei servizi tutelari il cui obiettivo è di formare un fi- gura professionale in grado di provvedere alla cura e all’assistenza indivi- duale di soggetti in stato di bisogno, quali anziani e bambini, per promuo- verne l’autonomia. I ragazzi del corso Operatore marketing 110 2. CIFIR di Bari LA STORIA DEL VILLAGGIO DEL FANCIULLO SAN NICOLA Il santo fondatore «Io l’amo i miei bambini, ei per me sono il più caro ideal della mia vita» (Sant’Annibale Maria Di Francia) Così scriveva Sant’Annibale Maria Di Francia nel settembre del 1902. Nato a Messina il 5 luglio 1851 da una famiglia nobile, a 18 anni si sentì chia- mato al sacerdozio con una vocazione che lui stesso definì “luce improvvisa, forza irresistibile e coscienza sicurissima”. Ancora Diacono, l’incontro “provvidenziale” con un mendicante quasi cieco lo portò alla drammatica scoperta di un quartiere periferico di Messina: il “Quartiere Avignone”, degradato non solo dalla povertà economica ma soprattutto da quella morale. Le “Case Avignone”, però, furono per Padre An- nibale la porta che si spa- lancava su quell’amore in- finito verso i poveri e gli orfani che fu la caratteri- stica di tutta la sua vita. 111 Con il consenso del Ve- scovo andò ad abitare in quel “ghetto” -il più miserabile dei quartieri- che prometteva solo vizi e depravazione, mettendosi al servizio dei mendicanti, dei ragazzi di strada, degli affamati. Lì, fra quelle baracche fatiscenti, spende il suo cospicuo patrimonio … ma non basta … non bastano i soldi e non basta la sua sola persona per tutte quelle anime, per i poveri e affamati del mondo intero. Come fare? Una parola del Vangelo, percepita sin dalla sua adolescenza, gli si mostrò come “rimedio” per realizzare, nella Chiesa e nel mondo, i suoi ideali apostolici: “Pregate il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38 ; Lc 10,2). Padre Annibale aveva in- tuito che quelle parole del Van- gelo non erano una semplice esortazione, ma un esplicito “comando” di Gesù a “Pregare” (Rogare) il Padrone della messe per ottenere i buoni operai. Fondò così le due Congregazioni religiose: nel 1887 le Suore “Figlie del Divino Zelo” e dieci anni dopo i Sacerdoti “Rogazionisti del Cuore di Gesù” e volle che i membri di questi due Istituti s’impegnassero a vivere il Rogate con un quarto voto. Nel Quartiere Avignone della sua amata Messina, realizza ciò che definisce lo “spirito di doppia carità: evangelizzazione e soccorso ai poveri”, dando inizio agli Orfanotrofi Antoniani, maschili e femminili, destinati all’infanzia abbandonata. La sua preoccupazione, però, non fu solo dare a quei fanciulli il pane ma fu so- prattutto insegnare loro un mestiere ed educare in modo completo la loro persona, moralmente e religiosamente. 112 113 Non a caso hanno definito Sant’Annibale “Padre degli orfani e dei poveri”. Appena si diffuse la notizia della sua morte, puntualmente registrata dai gior- nali dell’epoca, l’intera città di Messina si riversò nelle strade e nelle piazze per “vedere il Santo che dorme”. I funerali furono una vera e propria apoteosi! Il Sommo Pontefice Gio- vanni Paolo II, il 16 maggio 2004, ha proclamato P. Annibale Maria di Francia Santo, definen- dolo “Autentico anticipatore e ze- lante maestro della moderna pa- storale vocazionale”. Il carisma rogazionista a Bari Sull’esempio di Padre Annibale, i Padri Rogazionisti, impegnati nel campo della promozione sociale e della formazione umana e religiosa della gioventù più sfortunata, quella costituita da quanti oggi definiremmo “drop-out”, hanno cercato di attuare, nel tempo, il carisma rogazionista, per realizzare gli ideali di acco- glienza, servizio, moralità e socialità nei diversi luoghi in cui si sono attivati. Pertanto, Bari come Messina, il quartiere Picone come Avignone, Padre Mario Labarbuta come il suo Santo Fondatore; luoghi e persone sono legate da un invisi- bile filo-rosso: sollevare gli orfani e i poveri dalla miseria umana e materiale. Bari, nell’immediato dopoguerra, appariva come tante altre città d’Italia: pie- gata e schiacciata dal dolore del lutto, dall’indigenza e dalla fame. C’erano centinaia di bambini e giovani da nutrire ma anche da edu- care ed avviare al lavoro. Possiamo dire che la storia della città di Bari degli ultimi sessant’anni è stata caratterizzata da istituzioni come il Villaggio del Fanciullo San Nicola, che nacque, appunto, per affrontare il particolare scenario del dopoguerra. “C’è una moltitudine di ragazzi che po- polano la nostra città ed i nostri paesi: sbu- cano fuori da tutti gli usci, passano a frotte per le strade, si raccolgono nelle piazza, si sparpagliano per le campagne. Quanti sono? 25 mila nella città … dai sei agli 11 anni … sul volto pallido e patito, sul corpo mingher- lino, portano i segni della sofferenza e della denutrizione materiale … potranno essere selvatici, maleducati, maneschi, molesti anche alla quiete ma nel fondo del loro cuore non sono cattivi. Il pericolo di una to- tale irreparabile perversione minaccia da ogni parte e urge correre ai ripari” (Lettera pastorale, Salviamo il fanciullo, salviamo la famiglia). Così, Mons. Mimmi, Arcivescovo di Bari, scriveva nell’ottobre del 1946 in una lettera pastorale, facendosi portavoce del grido di dolore di migliaia di sciuscià baresi, già avviati al furto, alla delinquenza e al vizio e progettare di destinare loro le 22 baracche del rione Picone, che servirono ai tedeschi durante la guerra per de- tenere i loro prigionieri. Per realizzare quest’Opera Mons. Mimmi, nel dicembre del 1945, scrive al Direttore Padre Prudentino, dell’Istituto di Trani dei Padri Rogazionisti e la storia degli uomini si innesta e si con- fonde con la storia di Dio. “Pare che ci si offre l’occasione di aprire un villaggio per fanciulli nelle baracche militari, nei pressi di Bari. Avrebbe ella la possibilità di assumere la direzione a mezzo della sua Congrega- zione? Gradirei una risposta, o meglio ancora un colloquio. Fiducioso attendo” (Sto- ria della casa di Trani, dal 1 gennaio 1943 al 30 giugno 1948, anno 1945, mese di di- cembre, Archivio Rogazionista Trani). 114 La risposta fu generosa! A realizzare tutto è stato un gio- vane sacerdote Rogazionista, origi- nario di Minervino Murge, che con il coraggio che viene dalla fede concre- tizzò l’opera caritativa e sociale degli inizi. “C’è un nome a Bari, scritto a ca- ratteri d’oro nel cuore di tante fami- glie, il nome di Padre Mario Labarbuta Rogazionista che alla periferia della città è riuscito a fondare il Villaggio del Fanciullo: istituzione che raccoglie un’infinità di ragazzi dai sette ai quat- tordici anni, sin qui abbandonati a se stessi od ai quali le famiglie non pote- vano comunque provvedere, quando non li sfruttavano per fini incoffessa- bili”. (HERMAN CARBONE, Democratici sindaco questore e giunta al Villaggio del fanciullo di Bari, in “Il giornale della sera”, 22 agosto 1947, pag. 2) Nel Quartiere Picone, proprio sul lato del Policlinico, reggevano ancora le 22 baracche di legno col tetto in lamiera, abbandonate dalle truppe alleate. Circondate da un muro e filo spinato, ma sufficienti per ospitare i bambini abbandonati della città. Lì, il 29 maggio 1946 – data di fondazione del Villaggio del Fanciullo S. Ni- cola – una dozzina di ragazzi vennero accolti da Padre Mario Labarbuta. “28 martedì. Il P. Labarbuta allora, che ad ogni costo vuol prendere possesso delle baracche, con un camioncino appartenente ad un amico dell’Arcivescovo, va a Trani dal P. Prudentino ottiene quattro materassi, tre reti con altro materiale. La stessa sera parte da Trani con Fr.llo Egidio ed un ex orfanello di nome Ragno e vanno a dormire nelle baracche dove non c’è se non ciò che hanno portato i tre da Trani. Si armano i letti, si mangia qualche boccone e poi, fatto il segno della croce, si cerca di dormire. Impossibile! È la prima notte che si dorme nella nuova casa di Bari, sorgente dalle baracche come quelle del quartiere Avignone” (Storia della Casa di Bari, quaderno 1, anno 1946, mese di maggio, Archivio Rogazionisti Bari) Nel giro di pochi anni, i ragazzi ospitati saranno oltre 300; vittime innocenti di una guerra crudele. Servono ora aiuti concreti e materiali. Padre Mario Labar- buta, proprio come il suo Fondatore, si dà da fare per reperire tutti i beni di prima necessità. 115 In una baracca viene allestito il refet- torio. La cucina da campo serve pasti cal- di per centinaia di ra- gazzi in piatti di allu- minio, mentre i viveri sono offerti dalla Pon- tificia Opera di Assi- stenza. “8 sabato. La casa baracca va pian piani- no sistemandosi. Oggi è stato sistemato uno scaffale per la pasta mentre è venuto il giovane preposto al- l’assistenza pontificia (certo Bonvino) per prendere nota dei bisogni delle baracche” (Storia della Casa di Bari, quaderno 1, anno 1946, mese di giugno, Archivio Roga- zionisti Bari) “Erano giorni difficili eppure li superavamo con l’aiuto della Provvidenza e con tanta felicità. Era la felicità di vedere intorno a noi facce sempre più pulite, e non so- lo fisicamente, ma anche e soprattutto moralmente” (La storia di tanti sciuscià pas- sati dalla malavita al lavoro, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 7 maggio 1971, pag. 4) 116 LA FORMAZIONE PROFESSIONALE E IL C.I.F.I.R. La formazione dei primordi. «Il lavoro in una casa educatrice è tra i primi efficienti della moralità; desso è ordine, è disciplina, è vita, è caparra di buon avvenire per i soggetti che vengono educati. Non vi può essere educazione né religiosa né civile discompagnata dal lavoro». (Sant’Annibale Maria di Francia – 20/08/1906) L’esordio delle attività formative del Villaggio del Fanciullo, esplicazione massima del carisma e della volontà del Fondatore e dei suoi collaboratori di com- piere opere di carità verso gli ultimi ed i piccoli, si realizza, dunque, per l’incorrere di molteplici fattori determinanti, durante gli anni ‘40. Il Provveditore agli studi di Bari, Tommaso Fio- re, istituendo in una baracca una sede della scuola ele- mentare Carlo del Prete, av- via la struttura all’azione pedagogico-istruttiva che, in breve tempo, richiamò oltre mille alunni, non solo bambini. Infatti, accanto al- le classi di scuola elementa- re, si costituirono classi di avviamento professionale e di istituto tecnico industriale e professionale, in una co- struzione non ancora dotata completamente di imposte e, quindi, esposta al freddo e a condizioni fisiche e climatiche per nulla favorevoli. In esse gli insegnanti svolsero un lavoro molto difficile per “scolarizzare” dei ragazzi vivaci sottratti alla strada, invogliarli a studiare e farli innamorare del lavoro che gli avrebbe dato l’orgoglio e la dignità di chi ama il proprio mestiere garanten- dogli un futuro onesto e se- reno. 117 Sin dall’inizio si mirò ad un’educazione completa psico-fisica della persona, curando aspetti non sempre prettamente professionaliz- zanti, come lo sport, la musica e l’educazione civica. Per cui agli insegnanti si affiancarono, in quest’opera tanto entusiasmante quanto inno- vativa e faticosa, preparatori atletici e maestri di musica. Si creò una banda musicale di circa trenta elementi negli anni ‘47/’48, che cominciò ad esibirsi e ad eseguire concerti nella provincia di Bari. Allo stesso modo, ispirandosi ai più recenti modelli americani, si in- stillarono nelle giovani generazioni principi di democrazia ed autogover- no procedendo a stilare la Costituzio- ne e ad eleggere sindaco, questore e giunta tra i “piccoli cittadini” del Villaggio del Fanciullo. L’azione più importante, però, fu svolta proprio nell’ambito dell’avviamento al lavoro con l’attivazione dei primi corsi di sartoria, calzoleria, officina meccanica, autocarrozzeria, tipografia e falegnameria, a cui i giovani si iscrivevano in base ad interessi ed attitudini di ciascuno. Ovviamente i settori andarono continuamente aumentando ed i corsi si fecero sempre più adeguati ai tempi, aggiungendo ai suddetti quelli nell’ambito informati- co, per tornitori, saldatori, elettricisti, radiotecnici ed esperti nella manutenzione dei televisori. Certamente rimasero fondamentali il laboratorio di falegnameria (il primo sorse nel 1949 al costo di due milioni di lire) e l’officina meccanica, di cui furono pro- gressivamente potenziate le attrezzature. Successivamente, la scuola di arti e mestieri, col riconoscimento da parte del Ministero del Lavoro, divenne Centro di Formazione Professionale ed al posto delle baracche fu eretta la costruzione maestosa di piazza Giulio Cesare, la cui prima pie- tra fu posta l’11/07/1948. 118 2 Mons. Mimmi, 6 dicembre 1946 “Villaggio del Fanciullo S. Nicola Bari”, supplemento del- l’Araldo di S. Antonio , dicembre 1946, p.3 119 Così Mons. Marcello Mimmi nel giorno della festa del Santo patrono della città di Bari, il 06/12/1946, incitava l’opera rogazionista: Villaggio del Fanciullo affrettati a crescere; converti le baracche di legno in padiglioni di pietra; accogli a centinaia a centinaia i nostri fanciulli perché nella luce di Dio, sotto la protezio- ne di San Nicola crescano saggi cittadini e buoni cristiani2. In modo mirabile si rispose all’invito e si sviluppò la feconda attività didattica. Il 25/06/1974 si istituisce, dunque, l’Ente C.I.F.I.R., Centri d’Istruzione e For- mazione Istituti Rogazionisti. Da quel momento l’impegno prioritario del Villaggio del Fanciullo è diventato proprio la formazione professionale dei giovani in situa- zione di disagio socio-economico. Senza alcuno scopo lucrativo, si restava fedeli al carisma del Fondatore ed alle origini descritte dell’opera caritativa e si continuava a proclamare, con il proprio sti- le educativo, la centralità della persona al fine di dare un contributo valido alla co- stituzione di una società nuova. Nel perseguire l’obiettivo di un ritmo e di una qualità del lavoro a misura d’uomo, secondo l’ispirazione ai valori cristiani di solidarietà e giustizia, la forma- zione professionale diviene strumento per la valorizzazione e la crescita del singolo e per lo sviluppo della collettività. Per questo, in un’azione di educazione permanente dell’utenza, il C.I.F.I.R., sin dal principio, ha cercato di realizzare gli insegnamenti della Chiesa integrandosi fortemente nel tessuto sociale, attraverso solidi collegamenti al sistema d’istruzione ed alle diverse iniziative di stampo culturale presenti sul territorio. La partecipazione sentita alle varie condizioni di vita e la promozione umana hanno, pertanto, da sempre, qualificato l’Ente come centro di formazione attento al- l’uomo, rispettoso delle soggettività e proponente scelte di cristianità. Il C.I.F.I.R. nel terzo millennio Varcata la soglia del nuovo millennio già da alcuni anni, con gli stessi principi degli esordi, il C.I.F.I.R. continua la sua opera educativa tuttora progettando e svolgendo attività formative di perfezionamento e aggiorna- mento professionale, convegni, studi, partenariati e corsi di qua- lificazione e specializzazione in risposta ai bandi ed alle azioni promosse dalla Regione Puglia. Pertanto le attuali sette sedi C.I.F.I.R. in Puglia (Bari, Trani, Santeramo, Oria, Taranto, Ra- cale e Porto Cesareo) e la recen- tissima sede lucana di Matera si rivolgono ad un’utenza davvero variegata e investono molteplici settori professionali come ambiti in cui esplicare la formazione dei giovani in particolar modo orfani e bisognosi, disadattati, diversamente abili, disoccupati, emigrati. 120 121 I corsi, pertanto, sono di vario genere: - Obbligo formativo/formazione iniziale, in particolare per minori ad alto ri- schio; - Formazione superiore: formazione post diploma; IFTS; formazione nell’am- bito dei cicli universitari; formazione post-universitaria; - Formazione continua: formazione nell’ambito dell’apprendistato professiona- lizzante; formazione per occupati, formazione per disoccupati propedeutica all’occupazione; aggiornamento e qualificazione per disoccupati; - Formazione nell’area dello svantaggio: interventi destinati soprattutto a dis- abili in età non scolare, portatori di handicap, persone invalide e affetti da malattie psichiatriche. Allo stesso modo i settori produttivi in cui, attualmente, il C.I.F.I.R. esplica la sua azione formativa sono molteplici: - industria ed artigianato; - beni culturali; - terziario; - turismo e ristorazione; - ambientale; - spettacolo e moda; - pesca ed agroalimentare; - autoimprenditorialità in genere. Anche le tipologie di azioni attuate sono diversificate in: - orientamento, che mira a far emergere motivazioni, risorse e potenzialità, attitudini ed interessi degli utenti per indirizzarli ai percorsi formativi e professionali per loro più adeguati; - formazione personalizzata, impostata sulla base del progetto personale e pro- fessionale di ciascuno; 122 - trasmissione di competenze tecnico-professionali, attraverso metodologie di apprendimento specifiche e stage formativi; - collaborazione di consulenti e formatori qualificati, infatti il C.I.F.I.R. si av- vale da anni di risorse umane altamente specializzate nelle aree operative di competenza. Alla luce della lunga storia che ha visto l’Ente impegnato nell’ambito educa- tivo con tanta professionalità e serietà e dell’attuale domanda, forte e rilevante, di un servizio valido e saldamente fondato sui valori cristiani, il sogno del C.I.F.I.R. è poter continuare a rispondere ancora con la propria offerta formativa alle urgenze, alle esigenze ed ai desideri della nostra società con lo stile, i sentimenti e le parole di S. Annibale Maria di Francia. «Perle deterse le bambine mie, Le raccolsi nel loto ad una ad una, Quasi conchiglie in mezzo delle vie; Oggi avviate a civil fortuna». (Sant’Annibale Maria Di Francia) 123 124 3. CIFIR di Oria L’istituto Antoniano Maschile Di Oria Il vescovo di Oria favorì l’opera di Padre Annibale di Francia offrendo ai suoi orfani reduci dal terremoto di Messina del 1908, ospitalità, concorde con la munici- palità di Francavilla e Oria. Qui c’era il vecchio convento di San Pasquale che fu ceduto in proprietà al Di Francia il 28 settembre del 1909 e quindi ai rogazionisti. Si dava così avvio in Oria a un movimento educativo e formativo della gio- ventù, avviando corsi specializzati per i settori artigianali e innestando sul tronco di una economia tradizionalmente agricola, le macchine della moderna civiltà indu- striale. È in base al principio che il lavoro non è solo forza economica ma anche causa di moralità e perfezione che P. Annibale proprio all’inizio della sua attività a Oria avviò corsi specializzati per i diversi settori artigianali, comprando man mano che si sviluppavano, macchinari moderni. L’origine dell’attività di formazione professionale dell’Istituto Rogazionista di Oria è da vedersi nell’educazione al lavoro come acquisizione di tecniche operative dopo l’istruzione di base fino alla completa padronanza dell’arte o del mestiere, scelti e appresi liberamente, in una fase in cui, nel meridione d’Italia, l’artigianato era a livello primitivo e si svolgeva con strumenti primitivi. L’educazione e la formazione hanno sempre seguito tre direttrici: 1. fare intendere il lavoro come fonte di beni di cultura creati dai singoli per la società; 2. fare intendere la cultura come elaborazione dell’attività dell’uomo sul piano intellettivo e su quello sperimentale; 125 3. fare intendere la professione come capacità di operare con responsabilità ed efficienza. Il C.I.F.I.R. di Oria inoltre ha camminato con i tempi trasformandosi da Centro d’Addestramento a Centro di Formazione Professionale. Alle arti e mestieri in questo Istituto Antoniano Maschile è succeduto il Centro di Formazione Professionale (C.I.F.I.R.) che ancora oggi rivolge i propri servizi non solo agli oritani ma anche a molti giovani dei paesi limitrofi. Questo passaggio ha determinato un recupero sul piano del decondizionamento culturale e un supera- mento del semplice e limitativo avviamento al lavoro. Il Centro, autorizzato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale fin dal Gennaio 1956 e riconfermato dalla Regione Puglia nel 1972, è un’alternativa per tutti i giovani che, dopo aver terminato il ciclo della scuola dell’obbligo, aspi- rano ad essere qualificati per l’inserimento nel mondo lavorativo, nella realtà indu- striale meccanica, elettromeccanica, elettronica, informatica, ambientale, turistica. IL C.I.F.I.R. OGGI Il C.I.F.I.R., in tutte le sue sedi, risulta accreditato presso la Regione Puglia e Basilicata per lo svolgimento di attività formative per le seguenti macrotipolige: 1 Formazione Superiore 2. Area dello Svantaggio 3. Obbligo Formativo 4. Apprendistato Professionalizzante 5. Formazione Formatori 6. Formazione Continua VISION Il C.I.F.I.R. promuove, organizza, gestisce: • iniziative dirette allo svolgimento di at- tività formative e culturali, • il perfezionamento e l’aggiornamento culturale-tecnico-professionale in ogni settore delle arti e professioni, industrie e del commercio, dei servizi agricoli a livello locale, regionale, interregionale, nazionale e comunitario, • la formazione, l’aggiornamento del personale docente e non docente dei vari settori a tutti i livelli, • convegni, dibattiti, studi sociali, culturali ispirati ai fini istituzionali della Congregazione dei PP. Rogazionisti, • intese con associazioni-federazioni, commissioni, didattiche e formative, or- ganizzative a livello locale, regionale interregionale, nazionale e comuni- tario, che trattano i problemi della formazione professionale, culturale, didat- tica e metodologica ecc., • inserimenti nelle azioni promosse dalla Comunità Economica Europea circa lo sviluppo della istruzione e formazione a livello comunitario, • corsi di qualsiasi tipo e durata di formazione, qualificazione, specializza- zione primaria e secondaria, di alta qualificazione, specializzazione, riquali- ficazione in conformità alle leggi vigenti, • piani, progetti, promuove istanze ad ottenere fondi e finanziamenti per la ge- stione dei corsi ed attività di qualsiasi tipo per il conseguimento delle finalità di cui innanzi. Nell’ambito del sistema sociale di formazione il C.I.F.I.R. intende promuovere una Formazione Professionale che mette al centro la persona, il saper essere prima che il saper fare, l’integrazione del lavoro e della professione nella globalità dell’e- sistenza, la partecipazione attiva e solidale alla vicenda comunitaria; finalizza la propria azione a precise scelte che favoriscono una organizzazione del lavoro a mi- sura d’uomo ed uno sviluppo della società capace di ripensare alla luce del Vangelo i rapporti dell’uomo con le risorse ambientali, con la tecnologia, con la politica economica, con il senso dell’agire storico e mondano. Formula giudizi di valore sul mondo del lavoro e sulle sue implicazioni antro- pologiche e prova ad elaborare modelli interpretativi delle realtà sociali e produt- tive, in linea con la propria ispirazione cristiana e in spirito di dialogo e di ricerca per una cultura della collaborazione e della solidarietà tra le persone e tra i popoli. Sostiene e difende l’importanza della Formazione Professionale come risorsa strategica per lo sviluppo personale e comunitario, in un contesto di “qualità totale” che comprende la riduzione degli squilibri sociali e territoriali; inquadra la propria azione Normativa in una globale prospettiva di educazione permanente, cercando l’integrazione con il sistema sociale di istruzione e collaborando con le iniziative formative e culturali del territorio. 126 4. CIFIR del Sacro Costato Il CIFIR Sacro Costato di Taranto – Centro Servizi Formativi - è una sede ope- rativa aderente al circuito CIFIR Centri Rogazionisti operanti nel territorio della Regione Puglia, attivo dal 1989. L’Ente opera a Taranto e in provincia attraverso il sistema della formazione fi- nanziata attingendo ai finanziamenti del POR Regione Puglia e di altre Fonti di fi- nanziamento Ministeriali e Comunitarie. È uno degli enti che hanno ottenuto l’accreditamento delle sedi operative da parte della Regione Puglia. Ha accreditato le proprie sedi nelle 4 macro aree pro- poste dalla Regione: 1) Formazione Superiore 2) Formazione Continua 3) Obbligo Formativo 4) Area del Disagio La formazione è il riflesso della società, ma è anche speranza in una rinascita, per questo il C.I.F.I.R. Sacro Costato – Centro Servizi Formativi offre un modello culturale fondato su precise istanze morali. A tal proposito si specifica che il bacino di utenza nel quale il nostro Ente opera è rappresentato dalla Città Vecchia di Ta- ranto, la quale presenta numerose situazioni di sofferenza e di disagio sotto il pro- filo sociale. La quasi totalità della popolazione di questa zona si colloca, infatti, ai livelli medio-bassi della piramide sociale: numerose sono le famiglie prive di adeguate ri- sorse economiche. Il capofamiglia è spesso un disoccupato che vive di attività saltuarie; il più delle volte è aiutato dalla moglie (numerose sono, ad esempio, le mam-me che vanno a servizio presso altre famiglie) e dai figli (in molti casi avviati prematura- mente ad attività lavorative di tipo precario o marginale). La Città Vecchia è spesso caratterizzata dalla presenza di attività marginali che a volte vanno oltre i limiti della legalità. Numerosi sono gli alunni appartenenti a famiglie in cui sono presenti seri pro- blemi con la giustizia e molti hanno o hanno avuto uno o entrambi i genitori in car- cere. In questa ottica si inserisce l’attività formativa del CIFIR Sacro Costato, in quanto il nostro Team Direttivo pensa che nella “retta e sana educazione” abbia sede il motore del rinnovamento sociale. Da considerarsi di fondamentale impor- tanza è l’ispirazione religiosa del nostro Ente, che mira a formare non solo la pro- fessionalità, ma anche lo spirito dell’allievo per aiutarlo ad emergere dal contesto sociale di appartenenza. 127 Pertanto, l’intero gruppo operativo si propone di: – aiutare gli studenti a sviluppare personalità forti, capaci di scelte libere e coerenti con la fede cristiana e sostenerli nello sviluppo di competenze pro- fessionali in linea con il proprio percorso di crescita in relazione alla collet- tività e al territorio; – coordinare l’insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, affinché la conoscenza del mondo, della vita, dell’uomo che gli studenti ac- quistano sia illuminata dalla fede; – dar vita ad un ambiente comunitario formativo, il cui centro e modello è Cristo e in cui i principi evangelici diventino norme educative, motivazioni interiori e, insieme, mete finali. Le aree tematiche dei percorsi formavi proposti e realizzati negli anni gravi- tano intorno ai seguenti temi: – UTENZE SPECIALI (Handicap, Immigrati, giovani a rischio); – TURISMO; – RISTORAZIONE; – ICT-INFORMATION AND COMMUNICATION TECHNOLOGY; – AMBIENTE-VERDE; – GESTIONE AZIENDALE. Dal 1999 al 2006 sono stati attivati e conclusi positivamente molti corsi tra i quali sono qui di seguito elencati: – Operatore Contabile Informatizzato (obbligo formativo) – Operatore Tecnico del Turismo (obbligo formativo) – Operatore alberghiero e della ristorazione (obbligo formativo) – Assistente al Turismo (obbligo formativo) – Animatore Turistico 1° edizione (obbligo formativo) – Animatore Turistico 2° edizione (obbligo formativo) – Cuoco (obbligo formativo) – Office Automation e Servizi Internet (adulti disoccupati) – Creazione d’impresa turistica (pari opportunità mis. 3.14) – Assistente alla Lingua Italiana dei Segni (specializzazione) – Operatore di Segreteria Informatizzato (sordi) – Addetto alla manutenzione degli spazi verdi (disagio) – Ortovivaista (disagio) Da quanto sopra elencato si evince che il CIFIR Sacro Costato si è occupato principalmente di percorsi formativi rivolti a giovani in obbligo formativo, si è scelto di voler offrire ai giovani in dispersione scolastica una proposta di triplice valenza: educativa, culturale e professionale. Il Cifir Sacro Costato realizza proposte formative in risposta all’analisi dei bi- sogni professionali rilevati sul territorio. I settori della ristorazione, del turismo e dei pubblici esercizi sono stati partico- 128 larmente presi in considerazione per lo sviluppo di profili professionali in quanto offrono delle concrete opportunità occupazionali. Si può affermare che la vocazione turistica è caratteristica del nostro territorio. L’approccio metodologico è caratterizzato dai seguenti punti fondamentali: – centralità dell’allievo e del successo formativo; – didattica attiva ed apprendimento dall’esperienza; – professionalità progettuale; – organizzazione flessibile; – creatività ed autonomia; – portfolio competenze; certificazione competenze. L’Ente si connota in particolare per aver adottato una didattica assistita e forte- mente orientata all’acquisizione di competenze operative e di laboratorio. 5. I CNOS FAP sede di Bari e di Cerignola L’esperienza del CNOS FAP sede di Bari e di Ceri- gnola, e più in genere dei CFP salesiani ha origini molto lontane, che risalgono al santo fondatore: San Giovanni Bosco, Santo Patrono dei giovani e degli apprendisti. Il Lavoro è l’esperienza della prima infanzia di Gio- vanni Bosco. Lo vive come situazione gioiosa e creativa e come dura condizione per sussistere. Don Bosco fu un giovane lavoratore e del lavoro fece il suo campo privilegiato di intervento pastorale. L’Oratorio di Don Bosco, nella Torino della prima rivoluzione industriale, era composto soprattutto da scal- pellini, mutatori, selciatori, quadratori. Egli affermava sovente che un mestiere imparato bene, esercitato con co- scienza, rappresentava un arma indispensabile, per non essere sconfitti nella lotta per la vita. Guai a quel giovane che si fosse presentato a un datore di lavoro dicendo: non so far nulla, ma sono disposto a far tutto. Di ciò avrebbe immediatamente approfittato il padrone affidandogli un lavoro qua- lunque al minimo di paga. Don Bosco, che amava i suoi giovani capì questo pericolo. Pensò a renderli forti e ad insegnare loro un mestiere, che li rendesse, come oggi si dice “operai specializzati”. Per questo istituì le scuole professionali, creò i laboratori che rappresentavano, in piccolo, il mondo 129 artigianale e industriale del tempo, dando vita poco per volta a un sistema completo di educazione al lavoro che comprendeva istituzioni, programmi pedagogici, una figura particolare di religioso (in mezzo ai giovani con i giovani) e un regolamento per la scuola professionale. Le scuole professionali salesiane si ordinarono sempre meglio, si moltiplica- rono sempre di più e divennero famose non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo. L ‘applicazione del Sistema Preventivo e del principio educativo cardine: “educare al lavoro attraverso il lavoro” ha dato buoni risultati al tempo di Don Bosco e continua ancora oggi. Quindi, l‘esperienza salesiana nel campo professionale si rifà a Don Bosco, che fin dal 1842 seguiva i giovani apprendisti presso le botteghe artigiane della città di Torino, fondava per loro scuole serali, festive e diurne e nel 1853 dava inizio ai laboratori interni prima per calzolai, sarti e legatori, poi per falegnami, ti- pografi e fabbri ferrai. In Italia, l’impegno dei salesiani per la formazione professionale (FP) è stato sempre vivo e si è continuamente rinnovato per rispondere alle esigenze mutate del contesto sociale, economico e politico. Il 9 dicembre del 1977 i Salesiani hanno scelto, tramite la costituzione del CNOS-FAP, lo strumento di una associazione di diritto civile per promuovere, ge- stire, rinnovare il proprio impe- gno di presenza nella formazione professionale. Era appena inizia- to il trasferimento della compe- tenza per la Formazione profes- sionale alle Regioni e, ad un anno di distanza, la legge quadro na- zionale 845/78 confermava la va- lidità della scelta associativa per essere presenti nella FP. Gli studi, le ricerche e la riflessione sull’esperienza hanno creato un patrimonio culturale e organizzativo che il CNOS-FAP consegna a quanti hanno a cuore la formazione professionale. Il Centro Salesiano di Formazione pro- fessionale di Bari è nato, entro questa logica, intorno agli anni ’50 affiancandosi all’Avvia- mento e alle scuole professionali esistenti. Dal 1978, col passaggio della Formazione Profes- sionale alle Regioni, viene costituito il CNOS FAP Regione Puglia con sedi a Bari, Cerigno- la, Manduria e Lecce. 130 La Mission Il Cnos Fap considera la formazione professionale, innovata fortemente, una risposta alle esigenze di una larga fascia di giovani che non accedono alla scuola secondaria superiore o sono emarginati dal sistema scolastico, e una autentica ri- sorsa per elevare la qualificazione dei vari soggetti del mondo del lavoro. Attraverso la Formazione professionale, il CNOS FAP mira a: 1) promuovere le dimensioni spirituale, educativa, culturale, sociale, politica e di solidarietà del lavoro umano; 2) educare alla convivenza civile sollecitando comportamenti coerenti a li- vello locale, nazionale, europeo e mondiale; 3) rispondere alla domanda formativa emergente dalle fasce sociali più deboli, specie di quelle giovanili; 4) realizzare iniziative di orientamento nella dimensione educativa e promo- zionale, favorendo specifici interventi rivolti a soggetti esposti al rischio di marginalità culturale, professionale e sociale; L’azione formativa del Cnos Fap si fonda su 4 strategie fondamentali. 1) La costituzione della Comu- nità formativa La costruzione della comunità è la premessa indispensabile al lavorare insieme, caratteristico della nuova or- ganizzazione del lavoro, nella piena valorizzazione delle “risorse umane”. 2) La qualificazione educativa e professionalizzante del CFP Il CFP dà particolare importanza ai valori educativi di base (formazione della coscienza, sviluppo della libertà responsabile e creativa, capacità di relazione, eser- cizio della responsabilità sociale e politica, educazione alla convivenza civile) af- finchè trovino nella dimensione professionale una piena affermazione, in prospet- tiva di una formazione unitaria ed integrale della personalità del lavoratore. A questo scopo offre ai giovani in formazione occasioni significative per assumere e maturare conoscenze, atteggiamenti, comportamenti e abilità operative coerenti con l’esercizio efficiente ed efficace della professione e propone esperienze per guidarli verso l’assunzione di un ruolo professionale adeguato. 3) La tensione verso una professionalità fondata su una valida e significativa cultura del lavoro e su un progetto di vita Il soggetto in formazione è sostenuto nello sforzo di acquisire un appropriato senso critico ed è aiutato a dare sistematicità alle proprie esperienze e a ricercarne il significato globale in una visione cristiana, secondo lo stile e il metodo di Don Bosco. 131 Per questo, ci si propone di umanizzare la formazione al lavoro e alla scelta profes- sionale; di integrare l’esperienza lavorativa nell’insieme della vita di relazione; di personalizzare la scelta e la pratica professionale e di inserire in forma attiva e par- tecipativa i giovani nel mondo del lavoro e della società civile ed ecclesiale nella prospettiva di una cultura della corresponsabilità e della solidarietà. 4) L’offerta del servizio di orientamento professionale Il servizio di orientamento integra e supporta l’intervento globale delle istitu- zioni formative in quanto offre un contributo specifico sotto il profilo psicopedago- gico, didattico e sociale, promuovendo nel giovane un processo di sviluppo di atti- tudini, preferenze, interessi e valori che esige una convergente azione formativa, in vista della “maturità professionale”. L’offerta formativa dei CFP CNOS FAP della Regione Puglia si articola in: – Formazione iniziale attraverso l’organizzazione di corsi per i ragazzi in di- ritto dovere alla istruzione e formazione professionale entro il 18° anno di età nei settori della: • Impiantistica elettrica civile e industriale • Automazione industriale • Conuizione di macchine utensili tradizionali e a controllo numerico – Formazione post diploma e superiore per i giovani disoccupati in possesso di una qualifica o un diploma di scuola secondaria di II grado e coloro che siano disoccupati ma in possesso di una Laurea nei settori della • Automazione industriale • Manutenzione industriale • Programmazione di Macchine utensili a CNC • Socio – assistenziale • Animazione culturale • Ambiente • Amministrazione d’azienda • Informatica • Energia • Sicurezza sul lavoro – Formazione continua per i lavoratori anche attraverso la formazione a cata- logo 132 6. EPCPEP di Ostuni L’Ente Pugliese per la Cultura Popolare e l’Educazione Professionale – E.P.C.P.E.P. –opera nel settore della Formazione da oltre 70 anni con una presenza capillare sul territorio attraverso sedi operative in 14 comuni pugliesi. Negli anni recenti ha realizzato, in convenzione con la Regione Puglia, attività formative nei seguenti settori: Industria, Turismo, Ambiente, Informatica e nell’ambito dei POR PUGLIA 2000-2006 Misure 3.3, 3.4, 3.2, 3.8, degli I.F.T.S 1999-2000-2001, nonché delle iniziative di apprendistato, finanziate dal Ministero del Lavoro e della Formazione continua L.236. Nell’anno formativo 2002 ha avuto assegnati, per le attività POR PUGLIA, oltre 100 corsi da realizzare nel biennio 02/03. L’E.P.C.P.E.P. ha realizzato, inoltre, progetti nazionali e comunitari di forma- zione/orientamento, quali i POM 94-99, Programmi di iniziativa comunitaria OC- CUPAZIONE (Volèt Integra eYouthstart), il Programma Leonardo da Vinci 2000 ed EQUAL 2002. Ha collaborato, in forma continuativa, con la Società per l’imprenditoria Gio- vanile (Ig) alla realizzazione, in Puglia, della fase formativa e di tutoring, prevista dalla L. 608. Anno inizio attività: 1923 (anno di fondazione). ATTIVITÀ Formazione Per Formazione Professionale, si intende tutta una serie di azioni collegate al mondo formativo e agli strumenti necessari allo svolgimento di una determinata at- tività professionale. La formazione professionale intende infatti sviluppare un’offerta di percorsi di apprendimento che soddisfino le esigenze di tutte le persone lungo l’intero arco della vita: – dei ragazzi, a partire dalla fine della scuola media fino ai 18 anni, per conse- guire un diploma o una qualifica e avere l’opportunità di formulare decisioni consapevoli sul piano educativo, professionale e di attuarle; – dei giovani per acquisire competenze nel momento dell’ingresso nel mer- cato del lavoro; – dei disoccupati per reinserirsi nel sistema economico-produttivo; – delle fasce deboli e a rischio di esclusione per integrarsi nel mercato del la- voro; – delle donne per migliorare l’accesso, la partecipazione e i percorsi di car- riera nel mercato del lavoro; – dei lavoratori adulti, nel mantenersi aggiornati rispetto ai nuovi saperi e al- l’innovazione tecnologica. 133 La formazione professionale soddisfa inoltre i fabbisogni formativi espressi dalle aziende e dal sistema economico-produttivo, perché promuove una forza la- voro competente, qualificata e adattabile, sostiene l’innovazione e l’adattabilità nell’organizzazione del lavoro, favorisce lo sviluppo dello spirito imprenditoriale, per la creazione di nuovi posti di lavoro, persegue la qualificazione e il rafforza- mento del potenziale umano nella ricerca, nella scienza e nella tecnologia. Le tipologie di formazione: – Formazione per la creazione d’impresa – Formazione all’interno dell’obbligo formativo Percorsi nell’apprendistato – Formazione nell’ambito dell’apprendistato post-obbligo formativo – Formazione per l’obbligo formativo – Obbligo formativo – Formazione al lavoro (post obbligo formativo) – Formazione post-diploma – Formazione integrata con l’università – Formazione per occupati (o formazione continua) – Formazione per la pubblica amministrazione – Formazione formatori Orientamento Le varie sedi EPCPEP rivolgono grande attenzione agli interventi di orienta- mento, intesi come supporto alla formulazione di un progetto personale lungo tutto l’arco della vita professionale. Interventi che si articolano, e sono proposti all’u- tenza, in tre modalità differenti: accoglienza e informazione, formazione orienta- tiva, consulenza orientativa. Il servizio di accoglienza e informazione si realizza attraverso colloqui perso- nalizzati con esperti messi a disposizione della sede di Foggia (psicologici, sociolo- gici, esperti del mercato del lavoro) La formazione orientativa può essere realizzata sia individualmente che per gruppi, ed è finalizzata al miglioramento delle cono- scenze di sé e delle proprie inclinazioni rafforzando alcune competenze con per- corsi e moduli formativi. La consulenza orientativa è essenzialmente un intervento individuale e personalizzato (ma può essere proposta anche a gruppi), ha una du- rata variabile a seconda delle necessità e delle risorse del soggetto, e si realizza con la modalità del sostegno orientativo. Nell’ambito dell’Orientamento, viene inoltre realizzato il bilancio di compe- tenze, ovvero un percorso di orientamento strutturato, che aiuta la persona a con- quistare consapevolezza delle proprie competenze, capacità, attitudini, aspirazioni professionali. Obiettivo del bilancio di competenze è progettare il proprio percorso professionale, attraverso la ricostruzione delle proprie conoscenze, abilità e risorse sociali, ed il confronto con il contesto esterno. A questo segue la definizione di un “piano d’azione” accompagnato per proporsi efficacemente sul mercato del lavoro. 134 Il percorso si rivolge a persone che hanno già maturato esperienze lavorative - e che intendono svilupparne nuove o proporsi ad altri settori professionali -, a gio- vani che si preparano ad entrare nel mondo del lavoro e a persone che desiderano progettare un reinserimento lavorativo dopo un periodo di assenza. Il bilancio di competenza non rappresenta solo un utile strumento per facilitare soddisfacenti percorsi professionali, ma è anche una vera e propria opportunità per le imprese, perché può garantire talenti fortemente motivati a raggiungere obiettivi aziendali, essendo un’azione finalizzata allo sviluppo della professionalità, in alcuni casi cor- relata strettamente alla formazione continua. Tirocinio Il tirocinio formativo è uno strumento che permette alle aziende di entrare in contatto con risorse preparate e selezionate e, allo stesso tempo, consente ai giovani di fare una prima esperienza di lavoro. Il tirocinio formativo è quindi una doppia opportunità, che la legge 196/97 ha introdotto a favore dell’occupazione. Si tratta di un periodo di presenza in azienda (fino ad un massimo di 12 mesi), finalizzato all’apprendimento di conoscenze professionali. L’assenza di qualsiasi obbligo di assunzione consente all’azienda di poter valutare le risorse più promettenti con le quali instaurare un rapporto professionale stabile. Cos’è il tirocinio per i giovani? Sembra impossibile che la ricerca di lavoro vada a buon fine se le aziende ri- chiedono sempre esperienze professionali già maturate. Il tirocinio formativo è uno strumento efficace per interrompere questo circolo vizioso, fornendo ai giovani un mezzo per entrare in azienda, farsi conoscere ed apprezzare, o per lavorare ad un progetto di sviluppo delle proprie competenze professionali e capacità personali. Il tirocinio formativo è rivolto a disoccupati e inoccupati, per inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro. Cos’è il tirocinio per l’azienda? Per le aziende è uno strumento che facilita la preselezione del personale senza peraltro avere obblighi di assunzione. Articolazione I beneficiari – Nessun vincolo di età – Per i giovani è sufficiente aver assolto gli obblighi scolastici, ma lo stage è accessibile anche a lavoratori adulti, e particolarmente utile, in questo caso, ad aggiornare la propria formazione e i requisiti professionali già posseduti. 135 La durata – Non superiore a 4 mesi per gli studenti che frequentano la scuola secon- daria. – Non superiore a 6 mesi per lavoratori inoccupati, disoccupati, compresi quelli iscritti alle liste di mobilità. – Non superiore a 6 mesi per gli allievi di istituti professionali di Stato, corsi di formazione professionale, studenti frequentanti attività formative post-di- ploma o post-laurea, anche nei 18 mesi successivi al completamento della formazione. – Non superiore a 12 mesi per gli studenti universitari, compresi coloro i quali frequentano corsi di diploma universitario, dottorati di ricerca o corsi di spe- cializzazione post-secondari anche non universitari, anche nei 18 mesi suc- cessivi al termine degli studi. – Non superiore a 12 mesi per persone svantaggiate ai sensi del comma 1 del- l’art. 4 della L. 381/91, con l’esclusione dei soggetti individuati al succes- sivo punto F. – Non superiore a 24 mesi nel caso di soggetti portatori di handicap. Le modalità di svolgimento – Nessun vincolo per l’azienda ospitante ad instaurare alcun rapporto di la- voro con il tirocinante alla fine dello stage. – Nessun salario, in quanto lo stage non configura in alcun modo un rapporto di lavoro; è possibile solo un eventuale rimborso spese; le modalità di erogazio- ne variano per tipologia dei tirocinanti e per la loro collocazione geografica. Monitoraggio Il sistema del monitoraggio si basa su un sistema di valutazione che mira a va- lutare l’efficacia dell’azione formativa e del raggiungimento degli obiettivi prefis- sati. L’azione valutativa è un processo parallelo alla formazione, che consente di intervenire sull’iter formativo evidenziandone punti di forza e debolezza e di inne- scare un meccanismo di correttivi. La valutazione interna mira a: – raggiungimento degli obiettivi generali e specifici del corso; – efficacia ed efficienza dell’impatto didattico/formativo; – pertinenza ed efficacia dei materiali e sussidi didattici; Vengono utilizzati quali indicatori: – numero partecipanti qualificati/numero partecipanti iscritti al corso; – livello medio di acquisizione di abilità/competenza dei partecipanti; – livello di soddisfazione dei partecipanti; 136 Il monitoraggio mira a: – accertare l’effettivo svolgimento dell’attività da programma; – definire la coerenza obiettivi risultati; Per quanto riguarda l’Area finanziaria si fa riferimento a questi indicatori: – costo orario della iniziativa; – incidenza del costo personale docente; – utilizzo del piano finanziario; Per quanto riguarda l’Area didattica si fa riferimento a questi indicatori: – numero dei partecipanti medi; – frequenza alla formazione; – proporzione tra allievi iscritti, frequentanti. Per quanto riguarda l’Area organizzativa si fa riferimento a questi indicatori: – grado di expertice dei docenti; – presenza docenti e tutor; – tecnologie didattiche utilizzate; – soddisfazione formati. La valutazione dell’apprendimento misura i traguardi raggiunti dagli allievi, durante il percorso e alla sua fine, rispetto alle conoscenze, capacità e abilità opera- tive e competenze. La misurazione riguarda tre aree. Nell’area della conoscenza si misura la capacità dell’allievo: – di mettere in relazione i contenuti dell’attività progettuale e i contenuti delle discipline scolastiche; – di verbalizzare le conoscenze sviluppate in seguito al progetto; – di definire mappe della realtà circostante, utilizzando le informazioni acqui- site; – di comprensione del metodo utilizzato. Nell’area dell’organizzazione al lavoro si misura la capacità dell’allievo: – di saper rispettare ruoli e compiti, regole e tempi; – di saper assumere iniziative personali; – di essere consapevoli della responsabilità del ruolo che rivestono all’interno del gruppo; – di essere in grado di comunicare all’esterno del gruppo. Nell’area del processo di lavoro si misura la capacità dell’allievo: – di rispettare le fasi del lavoro e i tempi di realizzazione; – di utilizzare gli strumenti di lavoro, anche seguendo una metodologia perso- nale; – di partecipare produttivamente alla progettazione dei compiti operativi; – di ricostruire il processo operativo, anche fuori dal contesto protetto. 137 Il meccanismo rappresentato dalla ruota evidenzia la circolarità di un processo costituito da: • progettazione del percorso formativo; • esecuzione delle attività didattiche; • verifica delle attività erogate (intermedia e finale); • attuazione di eventuali correttivi per migliorare la qualità delle attività. Tipologia corsi Obbligo Formativo Percorsi previsti dalla legge 144/99, art.68, comma 1, lett. b e c, realizzati nel sistema della formazione professionale e nell’esercizio dell’apprendistato. Formazione superiore Interventi formativi, corsuali o individualizzati, post-qualifica, post-diploma e post-laurea; rientrano in tali interventi anche i percorsi IFTS previsti dalla legge 144/99, art.69 e l’alta formazione relativa agli interventi all’interno di cicli univer- sitari. Formazione continua Interventi formativi, corsuali o individualizzati, destinati a soggetti occupati, nel settore pubblico e privato, in CIG e mobilità, a disoccupati per i quali la forma- zione è propedeutica all’occupazione, nonché ad apprendisti che abbiano assolto l’obbligo formativo. Formazione svantaggiati Interventi formativi, corsuali o individualizzati, destinati esclusivamente a tos- sicodipendenti, ex tossicodipendenti, nomadi, rifugiati, immigrati, prostitute ed ex prostitute, ristretti ed ex ristretti, persone positive hiv, disabili in età non scolare, diversamente abili, minori ad alto rischio, persone invalide e malati mentali. 4- Agire 3- Verificare 2- Fare 1- Pianificare La valutazione del gradimento delle attività corsuali serve a misurare la qualità delle attività formative messe in campo. Essa avviene secondo il principio della circolarità progettuale enunciato dalla ruota di Deming (1966). 138 Capitolo 3 La Formazione Formatori nei CFP Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nelle pagine che seguono sarà possibile prendere visione delle risultanze dei lavori dei due PW realizzati nei CFP a noi affidati. Si precisa, inoltre, che i docu- menti che seguono sono stati redatti da alcuni formatori referenti dei CFP; le AA hanno soltanto predisposto i format che, tanto nella fase documentale del 1° PW quanto in quella del 2° PW, hanno facilitato la riflessione e la meta-riflessione dei centri sulle esperienze di istruzione, formative ed educative vissute all’interno del- l’esperienza di formazione formatori. In alcuni casi, nei materiali proposti vengono nuovamente espressi concetti e definizioni già esposti nei primi due capitoli. La scelta di non apportare modifiche ai materiali dei vari Centri ha come obiet- tivo la valorizzazione delle diverse modalità di presentazione dei concetti condivisi. 139 I Project Work 1. Associazione Calasanzio Sede Legale: via Pirrotta n°2 – Sede Operativa: via Cavour n°7 – 73012 CAMPI SALENTINA (LE) tel/fax: 0832.720.162 – e-mail: associazionecalasanzio@virgilio.it PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “OPERATORE MARKETING ON-LINE DI PRODOTTI E SERVIZI TURISTICI E COMMERCIALI” Redatto da: dott. Carmine Centonze, tutor; dott.ssa Manuela Pulli, tutor Approvato da: Padre Giuseppe Zonno – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 140 • Introduzione Il progetto Integrazione 2003 “Operatore Marketing on-line di prodotti e ser- vizi turistici e commerciali” ha lo scopo di realizzare la sperimentazione di un si- stema educativo d’istruzione e di formazione, che consenta la crescita e la valoriz- zazione culturale e professionale dei giovani ai quali è destinato. Gli obiettivi dell’azione formativa sono di tipo conoscitivo ed operativo, e l’acquisizione delle competenze si avrà sia all’interno del percorso sia all’esterno di esso. L’esigenza delle aziende pugliesi di formare figure professionali con compe- tenze e conoscenze specifiche nel settore turistico, risponde alle nostre attese di formare giovani che siano in grado di utilizzare le tecnologie informatiche nell’or- ganizzazione e gestione aziendale con metodi tradizionali e soprattutto di promuo- vere e sviluppare attività commerciali e servizi on-line. • Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La provincia di Lecce è inserita in una regione come la Puglia che sebbene stia attraversando una fase di ripresa economica, cresce ancora a ritmi ridotti rispetto ad altre regioni, alternando cicli positivi e recessivi. Tale forte variabilità nel ritmo di crescita denota un’economia dinamica ed al contempo fragile, che risente in maniera particolarmente intensa di fasi congiuntu- rali negative a causa di squilibri strutturali. Negli ultimi anni, in tutti i settori produttivi si è manifestata l’esigenza di pre- sentare i prodotti e i servizi oltre che con i sistemi e le tecniche tradizionali anche in rete, per raggiungere un maggior numero di consumatori, per promuovere i pro- dotti e/o servizi, per gli scambi commerciali. Oggi, il Governo regionale e le Amministrazioni provinciali hanno riscoperto il patrimonio culturale e le potenzialità turistiche locali come nuova fonte di ric- chezza e crescita economica del territorio. L’incremento del turismo in generale e culturale in particolare, impongono di creare opportunità per il recupero, la valorizzazione e la tutela dell’ingente patri- monio artistico, tradizionale e folkloristico regionale. Dall’analisi statistica dei flussi turistici in Puglia, negli ultimi anni, si evi- denzia una tendenza a sostituire la ricettività classica alberghiera con campeggi e villaggi turistici, privilegiando, quindi, gli impianti per il turismo all’aria aperta. La comunità turistico alberghiera rappresenta una delle più importanti realtà all’interno del bilancio del nostro Paese, sia in termini di occupazione, sia in ter- mini economici. Tale area ha, infatti, una grande incidenza sulle attività produttive dell’Italia e il complesso delle attività legate al turismo genera una grande ric- chezza. Basti pensare che la domanda di beni e servizi riconducili al turismo per l’anno 2001 ha determinato per il nostro Paese una valore aggiunto stimabile al 141 1 ISFOL, Isfol orienta: manuale per gli operatori. Area “Turismo, ospitalità e tempo li- bero”, Franco Angeli, Milano 2003, p. 7. 5,7% del PIL1. Ciò ha determinato una crescita degli occupati della comunità pari al 4,3%. Tale crescita è omogeneamente distribuita nelle diverse aree geografiche e nella suddivisione delle aziende per numero di addetti. Considerando invece l’inquadramento dei nuovi assunti, la maggioranza di essi si avrà tra gli operai (nel caso della comunità professionale turistico alberghiera gli operai sono rappresentati dagli operatori: commis di cucina, commis di sala/bar, addetti al ricevimento), se- guiti dai quadri e dai dirigenti. Sul piano economico, l’ambito turistico e alberghiero si pone come un’attività di consumo in cui si realizza un trasferimento di quote di mercato da un territorio di origine, che è il luogo in cui le persone risiedono, ad un territorio di destinazione, che è la meta turistica. La classificazione economica di questa comunità si può defi- nire come un fenomeno complesso in quanto vi è sia una domanda di consumo di- retta, rivolta alle agenzie turistiche, agli alberghi, ai ristoranti, sia una domanda in- dotta rappresentata dalla produzione di ciò che occorre per il turismo in se stesso (come, ad esempio, la produzione di navi da crociera o dei prodotti alimentari). Il sistema turistico alberghiero non si identifica in una singola categoria di pro- dotti o di servizi ma piuttosto in una pluralità di prodotti e servizi in ragione del contesto in cui vengono acquistati o consumati. Infatti, sono collegate con l’ambito turistico e alberghiero tutto un ventaglio di attività, molto differenziate tra loro per funzioni e compiti specifici, ma accomu- nate tutte dall’erogazione del servizio verso il soggetto “turista”. La distanza tra le differenti figure scompare quando consideriamo che tutte, nella maggior parte dei casi, operano all’interno della stessa azienda (hotel), l’una magari al front-office l’altra in cucina, ma con l’obiettivo comune di soddisfare i bisogni del cliente. Inoltre, è di particolare importanza per comprendere la ricchezza, sotto il pro- filo economico e culturale della comunità turistica e alberghiera, notare come in questi anni sia avvenuta una progressiva proliferazione e frammentazione delle mo- tivazioni che conducono ad entrare nella “dinamica del turismo”. Ancor oggi è pos- sibile distinguere il viaggio “di vacanza” e il viaggio “di lavoro”, ma ad essi si as- sociano motivazioni sempre più variegate, che articolano la domanda rispetto alla comunità turistico alberghiera. Ciò che sembra offrire un’importante “pista” di lettura per comprendere la va- lenza culturale della comunità turistico alberghiera e che sembra accomunare le di- verse motivazioni è il fatto che il momento del turismo offre alle persone la possi- bilità di muoversi, di conoscere nuovi luoghi, di incontrare nuove persone e di co- noscere nuove culture e tradizioni, a livello artistico ma anche, ad esempio, a livel- lo enogastronomico. Questa dimensione di incontro con il nuovo, in una costante prospettiva di ritorno verso la propria meta di origine, consente alle persone di por- si in un ottica di scambio e di confronto, che incrementa non solo la conoscenza di 142 aspetti nuovi, ma anche la cura della dimensione relazionale in un’ottica di scam- bio e di reciprocità. Questa considerazione mette in rilievo in modo particolare l’importanza che ha a livello culturale questo ambito turistico e della ristorazione. La comunità turistico alberghiera si caratterizza inoltre per l’elevato livello di mobilità all’interno del paese ed in tutta l’Unione Europea incrementando ulterior- mente le già notevoli possibilità di inserimento professionale. Considerando le particolarità della comunità professionale turistica e della ri- storazione, possiamo desumere brevemente le caratteristiche che dovrebbero avere coloro che intendono entrare a farvi parte. Innanzitutto sembra essenziale una buona capacità di leggere e di interpretare autonomamente eventi, problematiche e tendenze del mondo circostante, buone capacità comunicative ed un comporta- mento improntati alla tolleranza, all’autocontrollo e al senso della misura. Inoltre, possono essere importanti una certa padronanza dei mezzi espressivi ed adeguate doti di precisione, attenzione e concentrazione. Dal punto di vista occupazionale, sebbene complessivamente nella regione siano presenti ampie fasce con un titolo di studio medio-alto e disponibile alla mo- dalità nel territorio, si registra un elevato tasso di disoccupazione. Per questo oggi è necessario assumere una specializzazione in risposta alle nuove richieste di un mercato in evoluzione. Negli ultimi anni, infatti, tutti i settori produttivi sono stati interessati da pro- cessi di informazione per raggiungere elevati livelli di produttività. La progressiva estensione dei “sistemi informativi” basati su tecnologie infor- matiche e su strumenti ad alta integrazione, ha modificato i processi di lavoro tradi- zionali e le relative professionalità esistenti. Il progetto intende dare risposta a queste esigenze, attraverso la formazione di operatori capaci di interpretare le vocazioni del territorio e l’evoluzione tecnologica e strutturale del mercato turistico. In questo scenario l’Operatore marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commerciali è un operatore che sulla base di indicazioni precise e nel rispetto della normativa di settore, applica procedure formalizzate e consuetudinarie e pone in essere transazioni di tipo cooperativo interne ed esterne alla realtà aziendale. L’Operatore marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commerciali uti- lizza o collabora alla progettazione - realizzazione di prodotti software per la pro- mozione del turismo ed alla vendita dei servizi associati, tramite rete telematica o con modalità tradizionali. Nello svolgimento del suo lavoro ha rapporti relazionali con le figure aziendali che con lui interagiscono quali, responsabili e capi ufficio, oltre che con altri operatori. La figura professionale in oggetto è dotata di strumenti logici, metodologici, operativi e abilità nell’utilizzo delle tecnologie multimediali. Questa figura professionale può rientrare nella categoria degli Addetti ai ser- vizi turistici. L’addetto ai servizi turistici è una figura polivalente che ha appreso delle com- petenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ri- 143 cettiva alberghiera o extra alberghiera (villaggi, campeggi, ecc), oppure come ad- detto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Potrebbe aspi- rare, con le dovute competenze, a divenire tecnico delle attività turistiche o a spe- cializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubblico o privato (settore della consulenza). La qualifica trien- nale potrà svilupparsi nei diplomi professionali di: Tecnico dei servizi turistici • Caratterizzare le tipologie di aziende presenti nella regione puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le spe- rimentazioni Le Amministrazioni locali pugliesi, nel corso degli anni, hanno posto l’attenzione sul turismo quale risorsa strategica per lo sviluppo economico regio- nale. Le attrattive di questa area geografica sono legate sia alle risorse ambientali che a quelle culturali. Nonostante ciò, la provincia di Lecce è da sempre conside- rata soprattutto una destinazione per il turismo balneare. D’altro canto, il potenziale legato al patrimonio culturale non pare essere stato sfruttato appieno. La crescente rilevanza del settore turistico può, in parte essere spiegata con l’incremento del reddito pro-capite nei paesi sviluppati che ha determinato un in- cremento più che proporzionale della domanda di beni di lusso, quali il turismo. La domanda di turismo è spesso caratterizzata da una forte stagionalità, dovuta all’azione di tutta una serie di fattori sia naturali (clima, stagioni) sia istituzionali (vacanze, eventi sociali, ecc.). I dati per la provincia di Lecce mostrano un incremento di circa 1350% in qua- rant’anni (1962 – 2003). Una certa stabilità caratterizza gli anni ‘60, mentre un trend crescente contraddistingue il periodo 1970 – 1999. Dal 1999 in poi il trend è decisamente crescente. I dati forniti dall’APT (Agenzia per il Turismo) permettono di effettuare un’a- nalisi comparata tra settore alberghiero ed extralberghiero. Le presenze di turisti nel periodo oggetto di analisi risultano in aumento in entrambi i settori i quali, però, si caratterizzano per diversi valori della durata media di soggiorno. Quest’ul- tima è data dal rapporto tra presenze ed arrivi di turisti e, per tutto il periodo analiz- zato, risulta superiore nel settore extralberghiero rispetto all’alberghiero. Analizzando le presenze mensili si nota come nei mesi di luglio e agosto siano sensibilmente maggiori, nonostante negli ultimi anni anche giugno e settembre re- gistrino una crescita. In termini relativi, più del 40% di presenze si concentrano nel mese di agosto mentre quelle di luglio si attestano intorno al 25%. Giugno e settembre raccolgono ciascuna circa il 10% delle presenze locali, mentre nessuno dei restanti mesi del- l’anno raggiunge il 4%. Tale forte stagionalità è giustificabile solo con il turismo di tipo balneare. 144 I dati forniti dall’APT per quello che riguarda l’offerta si riferiscono al numero di esercizi, di camere, di letti e di bagni presenti sul territorio tra il 1980 – 2003. L’offerta dei posti letto in provincia di Lecce è aumentata del 165% nel 2003 rispetto al 1980. All’inizio del periodo considerato, il settore alberghiero offriva circa 6.000 posti letto, mentre l’extralberghiero ne metteva a disposizione circa 13.000; nel 2003 si è passati rispettivamente a 15.000 e 35.000 posti letto. La maggior parte dei posti letto nel settore extralberghiero provengono dalla voce campeggi e villaggi turistici. Gli esercizi del settore alberghiero comprendono anche i residence e la distinzione è in base al numero di stelle. Valutare l’evoluzione degli esercizi in base alle suddette categorie permette di capire qual è il target di clientela cui puntano le imprese. Risulta- no in aumento i residence e gli alberghi a tre e a quattro stelle, mentre si riducono gli hotel a due e una stella. Tali dinamiche sono collegate al bisogno di migliorare la qua- lità del servizio offerto al fine di soddisfare una più esigente clientela. L’evoluzione lo- cale del settore alberghiero è coerente con la tendenza a livello nazionale. La consistenza dei flussi turistici in provincia di Lecce ha evidenziato, negli ultimi anni una evoluzione decisamente positiva, e in misura più marcata rispetto a quanto verificatosi nel panorama complessivo pugliese e più in generale nazionale. Lo sviluppo del settore e la maggiore consapevolezza da parte del territorio, della propria vocazione turistica, hanno posto in maniera evidente nuovi problemi e nuove sfide da affrontare. Sono stati rilevati mutamenti nelle scelte del consuma- tore – turista, sempre meno turista e più viaggiatore, che giunge a destinazione già preparato a conoscere non solo il territorio e le sue attrattive, ma anche la sua storia e la storia della sua gente; con un occhio rivolto anche agli eventi, alle occasioni che sul territorio stesso si manifestano. La crescita del livello culturale dei turisti, la sensibilità nei confronti delle que- stioni ambientali, il rispetto delle tradizioni e delle culture locali, sono diventati cri- teri fondamentali della scelta del luogo di vacanza. Adeguare l’industria turistica (imprese ed Enti pubblici) a questa tendenza non è soltanto un fattore di rispetto dell’ambiente e delle risorse, ma anche un elemento fondamentale dello sviluppo economico e turistico. Punti di debolezza di una vacanza nel Salento: • Pulizia delle spiagge • Servizio nettezza urbana nei centri abitati • Trasporti pubblici • Presenza nelle strutture ricettive di personale scarsamente professionale. Accoglienza, specializzazione degli operatori, controllo dei prezzi, prestazione qualitativa dei servizi, preciso ruolo del commercio e della ristorazione, dei tra- sporti e non da ultimo, ma decisiva, la responsabilità delle Istituzioni locali, dallo smaltimento dei rifiuti, alla tutela ambientale, ai servizi igienici, al traffico, alla se- gnaletica turistica e stradale, sono fattori da potenziare per un turismo di successo e 145 di ritorno. Non è sufficiente che il turista visiti il Salento, bisogna fare in modo che si innamori e ritorni. È necessario sottolineare i due obiettivi importanti per la “ cattura” dei turisti: • la promozione, cioè convincere il turista a scegliere il Salento • l’accoglienza, convincere il turista a ritornare nel Salento Si devono altresì adottare diverse politiche di promozione, commercializza- zione e accoglienza, in riferimento alla tipologia di prodotto considerato e presenti nel territorio: • turismo culturale • convegni e congressi • percorsi enogastronomici • percorsi archeologici • agriturismo e natura • terme e salute • percorsi religiosi Al fine dell’attrazione delle diverse tipologie di turista giocano un ruolo fonda- mentale. I SERVIZI ACCESSORI: risorse ambientali e monumentali, ricettività, ac- cesso al territorio, strutture informative e di intermediazione, attività culturali e ri- creative La MAGGIORE PROFESSIONALITÀ degli operatori del settore per la ge- stione e la promozione di Bed & breakfast, case vacanza, country house; la ge- stione di servizi di front office in un’ottica di accoglienza e cortesia; la gestione e la promozione di attività ricreative; la gestione attività di promozione e valorizza- zione dei prodotti tipici. 146 • Confrontare gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professio- nalità nelle aziende di riferimento 147 • Ipotizzare e definire nuove qualifiche e indirizzi esplicitando compiti/prodotti e competenze 148 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” COMPITO-PRODOTTO Realizzazione di un opuscolo, in cui vengano illustrate le offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dos- sier completo di informazioni turistiche, gastronomiche e culturali, itinerari e budget di spesa da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Salento. Prevedendo l’opuscolo differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto opuscolo. OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire tra gli allievi le condizioni per cui utilizzare tutti gli aspetti po- sitivi che vengono da un corretto lavoro di gruppo. • Promuovere negli allievi la capacità di ascolto, di dialogo, di confronto con le altre persone, in modo da acquisire capacità relazionali e comuni- cative. • Promuovere negli allievi la capacità di risolvere con responsabilità, indi- pendenza e costruttività i normali problemi della vita quotidiana perso- nale. • Offrire agli allievi strumenti per acquisire capacità decisionali sulla base della conoscenza di sé e di un sistema di valori, in modo da saper conce- pire progetti di vario ordine. • Aiutare gli allievi a superare prospettive d’analisi troppo parziali che im- pediscono la scoperta delle connessioni tra i vari campi del sapere, la convalidazione dei confini disciplinari, l’importanza unificatrice delle vi- sioni globali. • Facilitare la comprensione e il successivo utilizzo degli stili cognitivi più funzionali al raggiungimento degli obiettivi (sintetico o analitico a se- conda delle circostanze). • Promuovere la capacità di servirsi con proprietà degli strumenti di con- sultazione e degli strumenti informatici, per ottenere documentazioni, scrivere e archiviare. • Promuovere la capacità di navigare in internet per risolvere problemi, mirando alla selezione delle informazioni adeguate. • Favorire negli allievi l’acquisizione di conoscenze solide sulla struttura grammaticale dell’italiano, anche con opportuni confronti con l’inglese, il francese e lo spagnolo. • Promuovere l’utilizzo della lingua inglese, francese e spagnola per i prin- cipali scopi comunicativi e operativi. • Promuovere il rispetto, la cura, la conservazione e il miglioramento del- l’ambiente. • Promuovere la comprensione della realtà naturale con atteggiamento di curiosità, attenzione e rispetto. • Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Il centro di formazione professionale Associazione Calasanzio ha realizzato una Uda differente da quella prevista per il primo PW (quella del patentino). Per esi- genze didattico-organizzative e coerentemente al profilo professionale in uscita, i formatori del cfp hanno progettato e realizzato la UdA Opuscolo Salento e Turismo. 149 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche e grammaticali per una cor- retta stesura delle varie sezioni dell’opuscolo “Salento e turismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realiz- zare l’impostazione grafica dell’opuscolo. • Utilizzare la propria conoscenza della lingua inglese, francese e spagnola per scrivere il testo dell’opuscolo. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di infor- mazioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastrono- mica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. • Utilizzare le proprie competenze matematiche per elaborare un budget. • Strutturare un foglio di calcolo per la gestione di un budget (MS Excel). • Conoscere ed applicare i metodi di calcolo. • Conoscere la normativa ambientale e di sicurezza. • Conoscere i sistemi di certificazione obbligatori e volontari. DESTINATARI Allievi del secondo anno PREREQUISITI Rilevazione, durante la fase di stage del primo anno delle informazioni funzionali alla realizzazione dell’opuscolo. Inoltre, sono richieste le com- petenze acquisite nel primo anno TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 20 ore Formazione d’aula e laboratorio: 40 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA; 2) Divisione in gruppi; 1 3) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista, etc.) e sele- zione dei materiali; 30 4) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 6 5) Predisposizione dei budget di spesa in relazione agli itinerari proposti; 5 6) Predisposizione dello schema dell’opuscolo; 3 7) Realizzazione dell’opuscolo (disegno, grafica …); 20 8) Inserimento dei dati 9) Sperimentazione della fruibilità dell’opuscolo 10) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori METODOLOGIA • Intervista narrativa • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono 150 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” RISORSE UMANE Formatore dell’area scientifica: richiami sulle conoscenze di base (le operazioni fondamentali, calcoli necessari per gestire un preventivo di spesa), sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ricerca in rete, utilizzo della posta elettronica, utilizzo di Word, Excel, Power Point. Formatore dell’area dei linguaggi: sviluppo delle facoltà comunicative e descrittive, conoscenze di base della lingua inglese, francese e spagnolo. Formatore dell’area storico-socio-economica: conoscenza dei luoghi, culture, usi e costumi del territorio salentino. Conoscenza della normativa ambientale e dei sistemi di certificazione obbligatori e volontari. Formatore dell’area professionale: saperi professionali. Formatore delle competenze trasversali: (formatore di tecniche della comunicazione) sviluppo delle capacità personali. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI - Testi - Videoproiettore - Siti internet - Aula d’informatica con collegamento alla rete - Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: - schede valutazione oggettiva per ciascun allievo - autovalutazione all’interno del gruppo - verifica intermedia che ha come obiettivo quello di stimolare nell’allievo e nel gruppo lo spirito di autocritica - verifica finale 151 152 Sede Legale: via Pirrotta n°2 – Sede Operativa: via Cavour n°7 – 73012 CAMPI SALENTINA (LE) tel/fax: 0832.720.162 – e-mail: associazionecalasanzio@virgilio.it PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «SITO “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “OPERATORE MARKETING ON-LINE DI PRODOTTI E SERVIZI TURISTICI E COMMERCIALI” Redatto da: dott. Carmine Centonze, tutor; dott. Alessandro Mazzotta; dott.ssa Ma- nuela Pulli, tutor; Approvato da: Padre Giuseppe Zonno – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 153 • Introduzione Il secondo Project Work ha avuto come obiettivo quello di riflettere sulle pra- tiche di gestione dello stage e sugli strumenti per implementare le predette pratiche. Nel primo incontro si è riflettuto teoreticamente sulla gestione dello stage: a li- vello concettuale si è teorizzato sulle componenti che possono rendere lo stage una esperienza formativa. L’attività formativa è stata caratterizzata da un lavoro di gruppo sulle pratiche di stage in atto che partisse da una definizione del concetto di stage. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. FINALITÀ Il Centro di Formazione Professionale, nella sua visione si ispira alle se- guenti finalità: – far acquisire le conoscenze pratiche; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e pratiche; OBIETTIVI L’alunno è in grado di: – acquisire le conoscenze pratiche oltre a quelle meramente dichiarative; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e competenze pratiche; – sperimentare software di gestione turistica; – creare di pacchetti di viaggio; – relazionarsi con il cliente; – utilizzare altre lingue in forma corretta (compreso l’italiano). LO STAGE Lo stage si afferma come: – una prima esperienza di alternanza lavoro e studio; – un’esperienza lavorativa “protetta”; – un processo di integrazione tra lavoro e scuola; – una messa in opera dei processi teorici appresi. FINALITÀ L’alunno è in grado di: – acquisire le conoscenze pratiche oltre a quelle meramente dichiarative; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e competenze pratiche. OBIETTIVO L’alunno è in grado di: – acquisire conoscenze pratiche che favoriscano un inserimento nel mondo lavorativo. – fare pratica in azienda. DISCIPLINE COINVOLTE Conoscenze di base: – Lingua Inglese – Lingua Francese – Lingua spagnola Conoscenze tecnico-professionali: – Applicazioni multimediali – Tecnica turistica – Marketing turistico Conoscenze trasversali: – Tecnica di comunicazione DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Non c’è stato un coinvolgimento del personale docente nelle attività di programmazione/progettazione/applicazione dello stage. Questo in virtù di una visione secondo cui lo stage è stato considerata un’esperienza a parte. Tutor Si relaziona durante l’esperienza di stage alle aziende partners. La Sua pre- senza si sostanzia in visite grazie a cui è possibile monitorare l’efficacia del processo. Le aziende partners allocate in Campi Salentina sono visitate ogni giorno; quelle nelle zone limitrofe hanno una cadenza bisettimanale. Le visite hanno i seguenti obiettivi: – rilevare le presenze dei ragazzi; – monitorare l’efficacia della esperienza, tanto in termini formativi, quanto in termini educativi; – testimoniare la produttività, ovvero la realizzazione dei prodotti le cui caratteristiche sono compatibili con il fare competente del profilo pro- fessionale. Non viene utilizzata una modulistica predisposta che testimoni l’intera esperienza. Altro personale Personale amministrativo Nella fase di progettazione dell’offerta formativa, alcune RU dell’ammini- strazione si interessano dell’attivazione delle partnership. Nella maggior parte dei casi, il parternariato è attivato sulla base delle disponibilità delle aziende di accogliere i ragazzi: c’è fortunatamente coincidenza tra le carat- teristiche. AZIENDE INTERESSATE Visto il profilo in uscita DURATA 100 ore primo anno 200 ore secondo anno 300 ore terzo anno 154 FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO – Visite guidate presso le aziende (primo contatto con le aziende del set- tore) – Osservazione ambiente di lavoro. – Conoscenza della realtà locale. SECONDO ANNO – Primo inserimento nell’organizzazione lavorativa. – Affiancamento del tutor aziendale. – Sperimentazione delle competenze acquisite – Interazione tra tutor del CFP e tutor aziendale (solo rilevazione pre- senze). TERZO ANNO Attualmente non è sicuro che l’esperienza si svolga nelle stesse aziende. Si vorrebbe indirizzarli verso strutture più specifiche (alberghi, villaggi turistici). METODOLOGIA – Prima la didattica e poi lo stage (in coda alle annualità) – 6 o 8 ore al giorno – Forum infrastage una volta alla settimana COMPETENZE DISCIPLINARI – Conoscenza e uso del pc – Contatti telefonici nella fase di fidelizzazione del cliente – Conoscenze linguistiche e di scrittura COMPETENZE TECNOLOGICHE – Uso del computer finalizzato alla realizzazione di prodotti professionali (opuscoli, siti web) anche se più nell’attività didattica d’aula. CONTENUTI – Settore professionale di riferimento – Profilo professionale di riferimento – Realtà locale – Professionalizzazione MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE – Registro di presenze – Forum infrastage con confronto orale RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) In fase intermedia: – risultati poco soddisfacenti in termini di soddisfazione degli allievi ri- spetto alle loro aspettative e rispetto alla possibilità di sperimentare le competenze acquisite. Quando ci si relaziona con gli operatori della FP che coordinano percorsi di istruzione e formazione professionale per i giovani, capita spesso di accogliere, da parte degli operatori medesimi, la visione di uno “stage”, non tanto concepita come esperienza formativa funzionale alla promozione dell’“alternanza scuola-lavoro” e luogo di apprendimento esso stesso, quanto piuttosto come esperienza di professio- nalizzazione, paragonabile, dunque ad una realtà simile a quella dell’apprendistato o del tirocinio secondo una visione che concepisce lo stage semplicemente in chiave addestrativa. «Che cosa sia uno stage», per le aziende che negli ultimi anni hanno fruito di questo strumento formativo, tende ad essere dato per scontato; e, molto spesso, 155 2 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit. anche per «quelle aziende» che vengono coinvolte in forma di parternariato nei percorsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai Centri di Formazione Professionale. Il lavoro di gruppo ha evidenziato idee contrastanti e qualche volta contraddit- torie sullo stage e sullo scarso coinvolgimento delle aziende coinvolte nella realiz- zazione del percorso in fase progettuale. Per taluni lo stage è essenzialmente “prima esperienza di lavoro e di studio” per altri è essa stessa “esperienza lavora- tiva”, per altri ancora un “processo di integrazione tra lavoro e scuola; messa in opera dei processi teorici appresi” finalizzato ad acquisire conoscenze pratiche. Le stesse aziende non hanno idea del valore dello stage in un percorso di for- mazione professionale. Con il termine stage, nei materiali informativi riguardanti il progetto dell’asso- ciazione Calasanzio, si indica solitamente una fase prevista all’interno di un per- corso formativo professionalizzante. Lo stage consiste pertanto nel trascorrere un certo periodo di tempo all’interno di una realtà lavorativa allo scopo di verificare, integrare e rielaborare quanto appreso in aula e/o laboratorio. Lo stage viene atti- vato sulla base di una convezione e/ o protocollo di intesa tra azienda ed centro di formazione professionale in cui sono contenute le informazioni necessarie a garan- tire la regolarità dello stage in termini legali. Dal punto di vista didattico, invece, spesso non viene stipulato un progetto di stage per evidenziare le finalità didattiche dello stage. E questo fa sì che i ragazzi (e le stesse aziende) siano disorientate circa l’esperienza di tipo formativo che dovrebbe caratterizzare lo stage. L’alternanza scuola-lavoro risulta essere una dicitura complessa da definire per il fatto di essere tutt’ora in evoluzione da un punto di vista normativo. Le lezioni frontali, e i lavori di gruppo hanno indotto un processo di riflessione sulla pratica di gestione dello stage secondo quanto realmente vissuto dall’ente. I formatori si sono dichiarati soddisfatti soprattutto per aver potuto riflettere critica- mente sulle procedure ed i processi da attuare anche considerata la poca esperienza sul campo degli operatori e dello stesso ente di formazione. In occasione del secondo incontro di FF sulla base di altri elementi teorici ci si è concentrati pur sempre sulla realtà di gestione esistente nel CFP, presentando agli operatori della FP coinvolti in formazione, ai fini di una potenziale implementa- zione delle pratiche di stage esistenti, il modello di gestione dello stage secondo la proposta del Cnos nazionale2. L’incontro ha assunto le caratteristiche delle formazione laboratoriale a partire dalla presentazione degli strumenti per implementare l’esperienza di stage, come esperienza di apprendimento complesso secondo il modello e la metodologia elabo- rata dall’esperienza del CNOS FAP e descritta nella Guida alla gestione dello Stage. 156 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” COMPITO-PRODOTTO Realizzazione di un sito, in cui vengano illustrate alcune offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dos- sier completo di informazioni turistiche, gastronomiche e culturali, itinerari da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Sa- lento. Prevedendo il sito differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto sito. Visionare le schede proposte dal modello ha significato per gli operatori anzi- tutto riflettere in modo critico sulle procedure e sui processi attivati nella quotidia- nità. Come già sottolineato, nel secondo incontro, l’attività di presa visione delle schede prevista dal modello nazionale ha indotto autoformazione negli operatori: utilizzare delle schede per gestire le procedure e le pratiche di stage per gli opera- tori ha significato meta-riflettere sulle modalità e sui significati con cui i formatori stessi attribuiscono valore e senso all’esperienza di stage. Alla luce del lavoro di condivisione svolto, gli operatori dell’ente hanno pro- vato a personalizzare alcuni degli strumenti di implementazione della pratica di stage illustrati quali le schede di valutazione dello stage e, soprattutto, il diario di stage. Infine, sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi – effettuata in occasione del primo incontro della formazione formatori per la realizzazione del secondo Pro- ject Work – l’ultima parte del secondo incontro è stata dedicata all’approfondi- mento del modello di esami di qualifica proposto dalla sede nazionale del CNOS FAP. A tal fine è stato nuovamente illustrato il modello di esami di cui sopra e ci si è confrontati sulla pratica di gestione degli esami in uso presso il CFP e sulle moda- lità operative di miglioramento o di gestione più efficace dello stesso. • Scegliere utilizzare l’Unità di Apprendimento «sito “salento e turismo”» Il centro di formazione professionale Associazione Calasanzio ha realizzato per il secondo PW all’interno della esperienza di stage la realizzazione della UdA «SITO “SALENTO E TURISMO”» in continuità didattica della UdA realizzata in occa- sione del 1° PW. 157 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche, grammaticali e informa- tiche per una corretta creazione delle varie sezioni del sito “Salento e tu- rismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realiz- zare l’impostazione grafica del sito • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di infor- mazioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastrono- mica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. DESTINATARI Allievi del terzo anno. PREREQUISITI Punto di partenza sarà l’Opuscolo “Salento e Turismo”, dal quale verranno estratte le informazioni per la realizzazione del sito. TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 70 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 2) Presentazione dell’UdA; 1 3) Divisione in gruppi; 1 4) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista) e selezione dei materiali; 5 5) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 10 6) Predisposizione dello schema del sito; 20 7) Realizzazione del sito (disegno, grafica); 33 8) Sperimentazione della fruibilità del sito 9) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori METODOLOGIA • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono RISORSE UMANE Formatore dell’area tecnico-scientifica: richiami sulle conoscenze di base, sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ri- cerca in rete, utilizzo di programmi specifici per la realizzazione di un sito quali Photoshop e Flash. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI – Testi – Videoproiettore – Siti internet – Aula d’informatica con collegamento alla rete – Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: – schede valutazione oggettiva per ciascun allievo – autovalutazione all’interno del gruppo – verifica finale 158 2. CIFIR di Bari C.I.F.I.R. VILFAN – Centro di Formazione Professionale Villaggio del Fanciullo S. NICOLA Piazza Giulio Cesare, 13 70124 BARI � 080/5425168 � 080/542 4298 E-mail cifir@tin.it P.I. 01094971007 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PROTOTIPO DELL’IMPIANTO ELETTRICO DI UNA CASA UNIFAMIGLIARE” CORSO DI “INSTALLATORE/MANUTENTORE IMPIANTI ELETTRICI CIVILI ED INDUSTRIALI” OFS 03015 Redatto da: dott.ssa Lucia Guaragno – Coordinatrice didattica Approvato da: Padre Vincenzo Mero – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 159 Introduzione Nell’Ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003), rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 hanno concluso il primo ciclo di studi, gli Enti di formazione Nazionali CNOS, CIOFS e SCF hanno formulato un’offerta di servizi in quattro principali aree d’azione (Ricerca e Supporto alla progettazione, Formazione Formatori, Mo- nitoraggio e Valutazione, Diffusione e Pubblicizzazione). Obiettivo degli Enti nazionali è quello sia di garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi sia di consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza accumulato a livello nazionale. Questo riteniamo dia modo di favorire l’effetto moltiplicatore che “buone pra- tiche” elaborate a livello nazionale (in special modo dagli enti proponenti) possono generare per le realtà della Regione Puglia. Le singole azioni proposte stanno supportando i progetti di sperimentazione anche attraverso un’azione globale di coordinamento che si pone l’obiettivo di inte- grare tutti gli attori in una cornice condivisa e partecipata. Obiettivi: L’integrazione tra scuola e formazione professionale è, ora più che mai, occa- sione di sperimentazione e ricerca, terreno di prova per nuovi assetti futuri, occa- sione di valorizzazione delle diverse esperienze e specificità in cui tutto può essere riconsiderato a condizione che si mantenga come punto di riferimento l’allievo e la risposta ai suoi fabbisogni. Per tal motivo si ritiene di investire in un’azione di ri- cerca e supporto relativa alle azioni messe in atto riguardo alle intese Stato-Regioni tendenti a definire il modello di istruzione e formazione: – Normative, esperienze, applicazioni. – Modelli e prassi di OF, sviluppati nel contesto nazionale, in grado di dare ri- sposte non solo a specifici bisogni di allievi, famiglie e sistemi, ma anche fornire indicazioni su approcci, percorsi, metodologie e strumenti che pos- sano essere applicabili nell’ambito del progetto, con particolare attenzione ai modelli di personalizzazione di percorsi formativi. – Sviluppi, tendenze, metodologie, relative alle certificazioni di competenze e crediti formativi nelle attività formative integrate Queste le finalità e gli obiettivi del Progetto Formazione Formatori. Chi scrive ha seguito tutti gli incontri organizzati dalla SFC sin da aprile 2004. Inizialmente sono state fornite le normative, le applicazioni e i possibili svi- luppi delle Leggi nazionali: accordo tra il MIUR, il Ministero del Lavoro, le Re- gioni, per la definizione di standard minimi formativi; Legge 53/ del 28 marzo 2003: Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione profes- sionale. 160 Tali strumenti si sono resi indispensabili per orientarci nella nuova “Sperimen- tazione”. Ad ogni buon conto, ciò che ha reso questo progetto stimolante e signifi- cativo è stata l’organizzazione del 1° Project work. Il confronto con i docenti e i responsabili di altri Enti pugliesi, impegnati nella realizzazione dei progetti integrazione, è stato davvero edificante ed a tratti illumi- nante. Ognuno ha portato la propria esperienza e dallo scambio fecondo di queste ciascuno ha trovato il modo di realizzare la 1° annualità dell’Offerta Formativa Sperimentale 2003. Il confronto, però, coi modelli e la prassi di OF, sviluppati in regioni del nord Italia, l’ho trovato deludente. I modelli della Regione Piemonte o della Regione Ve- neto, li trovo molto distanti da quello della Regione Puglia nella quale siamo chia- mati a realizzare il Progetto Integrazione 2003. Decisamente apprezzabili le risorse umane messe in campo, in modo partico- lare il tutoraggio (per il nostro Centro la dott.ssa Cristina Baldi) di cui abbiamo po- tuto disporre per la realizzazione dei nostri obiettivi. 161 162 a) Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La qualifica del corso “Installatore/Manutentore Impianti Elettrici Civili e In- dustriali” fa’ perfettamente riferimento alla Qualifica di Operatore Elettrico ed Elettronico riportata nella guida della comunità professionale Elettrica ed Elettro- nica. DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore elettrico ed elettronico è una figura polivalente in grado di ef- fettuare assemblaggi, installazioni e riparazioni di apparecchiature e si- stemi elettrici ed elettronici di media complessità. All’operatore elettrico ed elettronico è richiesto di saper svolgere i se- guenti compiti: 1. Lettura e interpretazione di schemi elettrici ed elettronici 2. Esecuzione di impianti elettrici/elettronici nel rispetto della norma- tive e delle legislazioni vigenti di settore; 3. Verifica di impianti e apparecchiature con l’ausilio di strumentazione adeguata; 4. Esecuzione delle lavorazioni meccaniche richieste dalla figura pro- fessionale; 5. Organizzazione e gestione del piano di lavoro; 6. Ricerca e recupero di eventuali anomalie; 7. Manutenzione ordinaria degli impianti e apparecchi elettrici ed elet- tronici; 8. Registrazione dei dati tecnici relativi al processo lavorativo e ai risul- tati; 9. Utilizzo dei materiali e della componentistica elettrica ed elettronica al fine di effettuare scelte corrette in fase di dimensionamento e di in- stallazione; 10. Applicazione dei concetti fondamentali dell’elettrotecnica e delle metodologie d’impiego degli strumenti per la verifica dei circuiti elettrici ed elettronici; 11. Rispetto delle norme di prevenzione infortuni e sicurezza nel lavoro (Dlg 626/94); 12. Inserimento consapevole e responsabile nell’ambiente di lavoro in ri- ferimento agli aspetti economici, organizzativi, sindacali, contrat- tuali, ecc. 13. Uso dei mezzi informatici per la scelta della componentistica tramite cataloghi in formato elettronico e per l’esecuzione dei disegni (Ap- plicativi CAD). FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1. Installatore manutentore impianti civili e industriali 2. Installatore manutentore impianti di automazione industriale 3. Installatore manutentore di sistemi elettronici 4. Assemblatore, manutentore di personal computer e installatore di reti locali; CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1. Tecnico elettrico 2. Tecnico elettronico 3. Tecnico informatico 163 b) Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le speri- mentazioni Con circa 1.576 mila abitanti, la provincia di Bari denota un alto livello di ur- banizzazione (83% e 4° posto fra le 103 province) ed un’accentuata densità demo- grafica (307 abitanti per kmq e 4° posto nel Mezzogiorno). Il saldo demografico positivo riflette un alto tasso di natalità, a cui si affianca una netta prevalenza della popolazione con meno di 15 anni (17,9%) su quella oltre i 64, che denota una strut- tura per età relativamente giovane e con un carico delle classi senili (14,1%) tra i più bassi della Penisola. Tessuto imprenditoriale Con circa 150.000 aziende, nella provincia di Bari è localizzato il 40% del tes- suto imprenditoriale pugliese. Il sistema produttivo è caratterizzato dalla ridotta di- mensione e dal prevalere delle ditte individuali. Rispetto al contesto regionale, meno significativo appare il ruolo del settore primario, che comunque incide sul totale eco- nomia in misura sensibilmente più rilevante (27,3%) che nel resto del Paese (17,8%). Anche l’industria, con una quota in linea con la media nazionale, è una delle più flo- ride del Mezzogiorno (4° posto) e tende verso configurazioni distrettuali. Occupazione Il versante occupazionale presenta luci ed ombre. La quota di occupati (com- prendente i lavoratori sia pubblici che privati), pressoché stazionaria, copre il 36,6% delle forza lavoro, realizzando la seconda migliore performance della Pu- glia, pur attestandosi su livelli significativamente inferiori alla media nazionale. Il numero di addetti impiegati dalle imprese, tuttavia, risulta in diminuzione: nel triennio 1997-99, infatti, questi sono passati da 238.666 a 211.458, l’11,40 % in meno. Il tasso di disoccupazione (16,7%), quantunque rappresenti il valore più con- tenuto della regione, ad eccezione di Brindisi, rileva rispetto al tasso medio italiano un differenziale di 5 punti percentuali ed una dinamica divergente in ragione del sensibile incremento dovuto all’ingresso di nuova forza lavoro sul mercato. Valore Aggiunto Bari è la provincia del Mezzogiorno, ad eccezione di Napoli, che più contri- buisce alla formazione del reddito prodotto in Italia (2,1%). Il valore procapite, pur significativamente superiore ai dati regionale e ripartizionale, permane sensibil- mente più basso della media italiana, anche in ragione della crescita più lenta del- l’aggregato a livello provinciale. La distribuzione per settore del Pil evidenzia, ri- spetto all’Italia, la rilevante propensione agricola della provincia (6,1%) e la consi- derevole incidenza del commercio e dei trasporti (rispettivamente 4° e 6° posto tra le province del Mezzogiorno). Inferiore alla media nazionale appare l’apporto (7,8%) fornito dall’artigianato al Pil provinciale. Tuttavia, il comparto sembra es- sere caratterizzato dalla presenza di attività discretamente remunerative, anche in virtù della presenza sul territorio barese di realtà distrettuali o quasi distrettuali. Apertura mercati La presenza di alcune realtà manifatturiere a decisa vocazione internazionale contribuisce in modo determinante all’alto valore delle esportazioni registrato dalla provincia nel 1999, pari a oltre 4.666 miliardi di lire. Il giro d’affari con l’export è quindi molto positivo (2° posto tra le province meridionali) e garantisce alla pro- vincia un’elevata copertura nell’interscambio ed un saldo della bilancia commer- ciale che consegue la migliore performance del Mezzogiorno. Tuttavia la propen- sione all’esportazione (11) è meno della metà della media nazionale ed anche il tasso di apertura (17,2) è lontano dai livelli italiani. Reddito e consumi I valori procapite di alcuni indicatori di carattere economico, quali reddito dis- ponibile e consumi finali interni, configurano per le famiglie baresi standard di vita superiori alla media delle province pugliesi e del Mezzogiorno in generale. Si regi- stra tuttavia un marcato ritardo rispetto alla media nazionale e lontane sembrano es- sere le realtà italiane più floride, circostanza testimoniata dal livello di ricchezza per abitante, inferiore di circa il 20% dal dato italiano, e dall’alta incidenza della spesa alimentare sul complesso dei consumi (21%), indicativa della propensione a soddisfare i bisogni di prima necessità. Nella provincia di Bari i settori di attività che prevedono un incremento occu- pazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 1.599 posti di lavoro, l’85% dei quali riservati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 819 posti di la- voro, il 73% riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+497 con un 36% riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 1.500 con un 34% ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 44% riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). 164 Nella provincia di Brindisi i settori di attività che prevedono un incremento oc- cupazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 239 posti di lavoro, l’86 % dei quali ri- servati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 174 posti di la- voro, il 68 % riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+ 42 con un 29 % riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 159 con un 30 % ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 38 % riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). Nella provincia di Taranto i settori di attività che prevedono un incremento oc- cupazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 249 posti di lavoro, l’91 % dei quali ri- servati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 493 posti di la- voro, il 68 % riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+ 236 con un 25 % riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 591 con un 35 % ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 44 % riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). Fonti: – Il Corriere della Sera – Il Sole 24 ore. – Interviste con testimoni privilegiati esperti del settore – La Gazzetta del Mezzogiorno – Ministero del Lavoro – Pubblicazione della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricol- tura di Bari – Pubblicazioni dell’Unione Europea – Pubblicazioni e Compendio Statistico Italiano ISTAT – SVIMEZ – Unioncamere 165 c) Confrontare gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professio- nalità delle aziende di riferimento L’installatore manutentore di impianti elettrici civili ed industriali offre un grado medio di polifunzionalità: effettua l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei segnali, ecc.; effettua l’installazione manutenzione di semplici im- pianti industriali; opera in relazione con altre professionalità quali i progettisti, i tecnici, i fornitori, gli installatori termoidraulici, i muratori. L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole – medie imprese o presso arti- giani che operano: – nel settore dell’impiantistica elettrica nelle abitazioni, nelle attività commer- ciali, negli ambienti industriali, ecc.; – nel settore dell’installazione/manutenzione di impianti per la gestione ed il controllo degli accessi: apricancelli, TVCC, automatismi in genere; – nel settore della gestione intelligente della sicurezza degli edifici (antintru- sione, risparmio energetico, rivelazione incendi); – nel settore della distribuzione commerciale degli articoli elettrici. Nello svolgimento del lavoro intrattiene rapporti con l’ufficio tecnico, con il magazzino, con i fornitori esterni, con il cliente e con le figure tipiche presenti nei cantieri. Sviluppi ulteriori della professionalità possono condurlo al lavoro autonomo, dopo aver acquisito esperienza come lavoratore dipendente per il periodo previsto dalla legge n. 46/90, o a specializzazioni ulteriori quali: addetto all’automazione con PLC, installatore di reti informatiche e telefoniche, installatore di antenne TV e TV satellite, ascensorista, addetto alla domotica, ecc. È una figura destinata ad evolversi in vista delle sempre maggiori esigenze di automazione, monitoraggio ed informatizzazione degli impianti. Si prevede il ri- corso a sistemi programmabili di gestione degli impianti che si caratterizzano per la presenza di competenze nei settori elettronico ed informatico/industriale. Si pre- vede la diffusione di sistemi programmabili di gestione degli impianti con conse- guente richiesta di personale competente nei settori elettronico ed informatico. L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali garantisce la regola d’arte nella realizzazione, ampliamento, trasformazione e manutenzione di impianti utilizzatori adibiti a uso civile e industriale in categorie 0 e 1 (Norma CEI 64-8 3° ed., Legge 46/90 e DPR 447/91) in modo autonomo e/o sulla base di infor- mazioni mobilitando anche tutte le risorse acquisite quali i saperi e le abilità propri dell’area linguistica, antropologica, etica e scientifica e le capacità personali colti- vate. 166 d) Descrizione sintetica delle competenze necessarie a coprire il ruolo e svol- gere i relativi compiti Sapere (conoscenze) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali ha cono- scenza dei materiali, utensili ed attrezzi a mano e/o elettrici, strumenti di misura, apparecchiature di comando e controllo, di manovra e protezione, canaline, cas- sette, conduttori e cavi elettrici e degli altri prodotti tecnici disponibili sul mercato, nonché delle loro caratteristiche di funzionamento, d’uso e di installazione. Pos- siede inoltre conoscenze del disegno elettrico, delle norme legislative, delle norme tecniche e antinfortunistiche, dell’elettrotecnica, della matematica, della legisla- zione del lavoro, della lingua inglese, dell’informatica, dell’organizzazione del la- voro, e degli altri saperi e abilità propri dell’area linguistica, antropologica, etica e scientifica. Saper fare (capacità e abilità operative) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali: – svolge mansioni soprattutto esecutive, osservando le norme in materia di si- curezza e prevenzione; – interpreta la documentazione che accompagna il progetto (disegni, schemi, schede tecniche, manuali); – predispone i materiali e le attrezzature da utilizzare; – stabilisce il piano di lavoro; – utilizza correttamente gli attrezzi di lavoro e ne cura la manutenzione; – effettua l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei se- gnali, ecc.; – effettua l’installazione / manutenzione di semplici impianti industriali. È in grado di compiere interventi in autonomia che riguardano: – la soluzione di problemi non previsti che emergono dalla situazione; – la segnalazione di anomalie ed il loro recupero. Saper essere (capacità e abilità comportamentali e attitudinali) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali può svolgere la sua attività lavorativa alle dipendenze di terzi oppure come lavoratore autonomo o in cooperazione. Nello svolgimento del lavoro intrattiene rapporti con l’ufficio tecnico, con il magazzino, con i fornitori esterni, con il cliente e con le figure ti- piche presenti nei cantieri. Ha inoltre rapporti relazionali con Enti pubblici, con altre aziende, con società pubbliche e/o private per l’espletamento di pratiche am- ministrative, fiscali, di carattere normativo e di certificazione. 167 FIGURA PROFESSIONALE INSTALLATORE MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI Denominazioni equivalenti Impiantista civile e industriale; installatore e manutentore di apparati elettromeccanici; elettricista impianti- sta industriale e abitazioni civili; Installatore e manutentore di sistemi elettrici ed elettro- meccanici civili elettricista impiantista (Obn) Note Compiti specifici L’installatore manutentore di impianti elettrici (m/f) è una figura professionale in grado di svolgere una varietà di compiti: - lettura e interpretazione di schemi elettrici: topografici, funzionali, di principio e di montaggio; - conoscenza dell’elettrotecnica di base; - dimensionamento tramite tabelle delle condutture elettriche; - scelta e verifica della funzionalità dei dispositivi di comando, di protezione e dei componenti elettrici; - uso corretto della terminologia tecnica; - collaborazione nella verifica degli impianti elettrici; - esecuzione dell’installazione degli impianti elettrici e di segnale; - esecuzione degli impianti citofonici e videocitofonici; - esecuzione delle verifiche, della ricerca di eventuali anomalie e loro riparazione, della manutenzione di impianti elettrici; - misura tramite multimetro dei parametri elettrici caratteristici: resistenza, tensione, corrente; - cablaggio e messa in opera dei centralini di distribuzione; - conoscenza della struttura, del principio di funzionamento del M.A.T. e del TRASFORMATORE; - cablaggio e messa in opera di quadri elettrici di comando per avviamento/inversione M.A.T.; - conoscenza dei componenti elettronici (resistenze, condensatori, diodi); - realizzazione dei circuiti elettronici fondamentali: alimentatore semplice e stabilizzato; - uso del PLC per la realizzazione di semplici automatismi di comando e di movimentazione; - realizzazione di semplici preventivi di impianti elettrici. Pertanto egli possiede particolari abilità che gli permettono di avere: – capacità di dare e ricevere informazioni; – capacità di problem solving; – capacità di problem setting; – capacità di orientamento per il raggiungimento degli obiettivi; – affidabilità nella scelta delle soluzioni proposte; – capacità di dialogare con i soggetti posti ai vari livelli gerarchici e/o funzio- nali e/o di progetto, collaborando nel proporre obiettivi; – capacità di programmare e valutare i risultati. • Confronto con la guida Dal confronto del Progetto Corso dell’OFS03015 con la guida della comunità professionale elettrica ed Elettronica del CIOFS FP/CNOS FAP, risulta che la descri- zione dei compiti caratterizzanti la figura in uscita è esattamente la stessa riportata di seguito: 168 Collocazione organizzativa Trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole-medie imprese o presso artigiani che opera- no: nel settore dell’impiantistica elettrica nelle abitazioni, nelle attività commerciali, negli ambienti industriali, ecc.; nel settore dell’installazione/manutenzione di impianti per la gestione ed il controllo degli accessi: apricancel- li, automatismi in genere; nel settore della ricezione e distribuzione commerciale degli articoli elettrici. ATTIVITÀ Lavori di gruppo per la realizzazione della planimetria di una casa unifamiliare, del di- segno dell’impianto elettrico, dello sviluppo degli ambienti; realizzazione del plastico; realizzazione di un piccolo manuale descrittivo del lavoro svolto in italiano ed in inglese. COMPITO – PRODOTTO Plastico di una casa unifamiliare corredato di impianto elettrico e di un breve manuale bilingue. OBIETTIVI FORMATIVI Il soggetto è in grado di: – analizzare e comprendere il compito assegnato; – affrontare i problemi e mettere in atto comportamenti adeguati a risolvere le situazioni; – lavorare in gruppo; – prendere iniziative; – assumersi responsabilità. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDI- MENTO Il soggetto è in grado di: – disegnare una planimetria; – progettare un impianto elettrico elementare; – disegnare lo schema di un impianto elettrico elementare; – tradurre alcuni termini tecnici. DESTINATARI Tutti gli alunni del corso OFS 03015: Installatore/manutentore impianti elettrici civili eindustriali TEMPI DI SVOLGIMENTO La durata della UdA è prevista in 34 ore complessive del modulo di Personalizzazione dei percorsi (recuperi ed approfondimenti) ed è da svolgersi a maggio 2005. SEQUENZA IN FASI ED ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA da parte di un formatore. 2) Svolgimento del sub-modulo 1 di Disegno per la realizzazione della planimetria di una casa unifamiliare nella scala opportuna e dello sviluppo degli ambienti. 3) Svolgimento del sub-modulo 2 di Pratica di laboratorio per la realizzazione disegno dell’impianto elettrico unificare. 4) Svolgimento del sub-modulo 3 di Pratica di laboratorio per la realizzazione del pla- stico. 5) Svolgimento del sub-modulo 4 di Inglese per la realizzazione di un piccolo manuale descrittivo del lavoro svolto in italiano ed in inglese. e) Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Inizialmente si ipotizzava la sperimentazione della UdA sul patentino, ma un’a- nalisi del contesto classe ha rilevato la mancanza di condizioni oggettive e sogget- tive necessarie per l’erogazione di quella Uda. Si è quindi ipotizzata una UdA che consentisse un’alternativa alla didattica d’aula per una componente specifica di de- stinatari. È stata così realizzata una UdA che approfondisse un’area di interesse dei destinatari (la pratica di laboratorio) sulla base di una struttura standard. 169 RISORSE UMANE COORDINATORE: si prenderà cura dell’aspetto gestionale dell’UdA. FORMATORI INTERNI: Formatore del modulo di disegno per lo sviluppo del submodulo 1 (n°12 ore di teoria) Formatore del modulo di Pratica di laboratorio per lo sviluppo dei submoduli 2 e 3 (n° 18 ore di pratica) Formatore del modulo di Inglese per lo sviluppo del submodulo 4 (n° 4 di teoria) MATERIALI - Fogli da disegno, squadre, matite, gomme. - Balsa per plastici, collante, taglierini. - Componenti elettrici per modellismo; - Fogli colorati, spillatrice, pennarelli. 170 C.I.F.I.R. VILFAN – Centro Servizi Formativi Villaggio del Fanciullo S. NICOLA Piazza Giulio Cesare, 13 70124 BARI � 080/5425168 � 080/542 4298 E-mail cifir@tin.it P.I. 01094971007 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE SECONDO PROJECT WORK AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE LO STAGE: FONDAMENTI CONCETTUALI E IMPOSTAZIONE PROGETTUALE Redatto: dalla coordinatrice didattica: dott.ssa Guaragno Lucia Approvato: dal Direttore del C.F.P. P. Vincenzo Mero Uso: pubblico 171 • Introduzione «Bisogna amare i fanciulli con amore tenero e paterno: è questo il segreto dei segreti per guadagnarli a Dio e salvarli». (P. Annibale Maria Di Francia) Questa espressione tratta dai numerosissimi scritti di Sant’Annibale Maria Di Francia, rivela il suo bisogno insopprimibile di spendere la sua vita per il “pros- simo”, in modo particolare nella persona dei poveri, degli orfani e dell’infanzia ab- bandonata. Sant’Annibale è nato a Messina il 5 luglio 1851 e vi è morto il 1° giugno 1927. A 18 anni, si sentì chiamato al sacerdozio, con una vocazione che lui stesso de- finì “improvvisa, certa e irresistibile”. A questa età percepì pure l’importanza del comando di Gesù «la messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate (Rogate) il Padrone della messe perché mandi operai alla sua messe» (Mt 9,38; Lc 10,2). L’incontro con un mendicante quasi cieco, che gli chiedeva l’elemosina, portò Padre Annibale nel luogo più malfamato di Messina chiamato “Quartiere Avi- gnone”. Qui si dedicò completamente alla cura dei poveri, dei fanciulli e delle bambine esposte a tutti i pericoli. In quel luogo, ritenuto stimolo del vizio e della depravazione, Padre Annibale iniziò, più di un secolo fa, gli Istituti educativo-assistenziali detti “Orfanotrofi An- toniani”, destinati all’infanzia abbandonata. La sua preoccupazione non fu solo quella di dare il pane e il lavoro ma soprat- tutto di educare in modo completo la persona, moralmente e religiosamente. Avrebbe voluto abbracciare i poveri e i bambini di tutto il mondo. Ma come fare? La parola del Vangelo percepita fin dalla sua adolescenza, gli aprì questa pos- sibilità. «Cosa sono questi pochi orfani che si salvano e questi pochi poveri che si evangelizzano, dinanzi a milioni che si perdono e sono abbandonati come gregge senza pastore? Ho considerato i limiti delle mie forze e delle mie capacità, ho cercato una via d’uscita e l’ho trovata ampia ed immensa nelle parole di Gesù: “Pregate dunque il Padrone della messe...”. Allora mi è sembrato di avere trovato il segreto di tutte le opere buone e della salvezza di tutte le anime”. (P. Annibale Maria Di Francia) Per realizzare nella Chiesa i suoi ideali apostolici ha fondato due Congre- gazioni religiose, i Rogazionisti del Cuore di Gesù e le suore Figlie del Divino Zelo, affidando loro la missione di pregare per le vocazioni e dedicarsi alla educa- zione e santificazione dei fanciulli, specialmente orfani e bisognosi. Iniziò, quindi, ad accogliere sin dal 1887 prima a Messina e poi ad Oria, le storie umane di tanti bambini e giovani poveri, orfani spesso abbandonati, e di in- teri nuclei familiari. 172 LO STAGE Lo stage o tirocinio è uno degli strumenti formativi per realizzare l’alternanza tra formazione e lavoro. Consiste essenzialmente in un periodo di permanenza di un soggetto (stagista) in azienda, finalizzato alla conoscenza della realtà aziendale e all’acquisizione di competenze professionali relative ad una specifica attività lavorativa. Si realizza come fase di un percorso formativo (un corso di qualificazione, di specializzazione, ecc.), ge- neralmente svolta nella parte finale del percorso stesso. Attraverso lo stage la Formazione Professionale svolge, a tutti gli effetti, un ruolo di “intermediazione” tra soggetto e organizzazioni, favorendo l’incontro tra persone in cerca di occupazione ed aziende. Inoltre, in una fase in cui le imprese sono attra- versate da molteplici e continue innovazioni tecnologiche, organizzative e normative, lo stage diventa anche una risorsa per incrementare il livello di scambio ed interazione tra mondo aziendale e Formazione Professionale. L’esperienza di stage può portare una serie di vantaggi ai soggetti coinvolti, in particolare: 1) per l’utente, i vantaggi acquisibili dall’esperienza di stage si sostanziano nella possibilità di: • ottenere un’opportunità di accesso al mercato del lavoro; • realizzare un’esperienza formativa; • toccare “con mano” i problemi che l’ambiente lavorativo pone; • avere un’opportunità di verifica del proprio grado di preparazione; • verificare la rispondenza dell’indirizzo prescelto rispetto alle aspettative; • sedimentare e far propri i contenuti presentati durante le lezioni, per poterli applicare nelle situazioni concrete. 2) per le strutture formative, i vantaggi traibili dall’esperienza di stage attendono: • alla possibilità di dare maggiore efficacia all’attività cui tali strutture sono preposte istituzional- mente; • alla possibilità di monitorare la qualità del servizio istituzionalmente svolto; • alla possibilità di avere un ritorno in termini di immagine e di potenziale utenza per la considera- zione che può suscitare nell’opinione pubblica la conoscenza che una elevata percentuale di stage si è trasformata in assunzioni a tutti gli effetti; • alla possibilità di ridurre lo scollamento tra competenze richieste dal mondo del lavoro e competenze offerte dalla formazione. Un lungo periodo di tempo, nel corso del quale l’azione e gli insegnamenti di Sant’Annibale Maria di Francia, precorrendo i tempi e i precetti divenuti più tardi di rango costituzionale, avevano individuato nella formazione professionale e nel la- voro l’occasione di recupero e di crescita sociale di una gioventù sfortunata. Negli Istituti Rogazionisti di Bari, di Oria e di Trani vengono sperimentate nuove modalità lavorative con l’attivazione di corsi di formazione professionale. L’attuale momento storico mette a dura prova gli Istituti religiosi; c’è il ri- schio di tradire le proprie radici, di consegnare al mercato realtà come questa dove, grazie al carisma di Padre Annibale, si è arrivati a fare di un Istituto di Formazione Professionale un centro di avviamento al lavoro. La formazione professionale esercita un ruolo importante nell’educazione, così come la storia di Sant’Annibale ci ha insegnato, è un’occasione educativa e culturale che diventa espressione della missione e dell’esperienza di accoglienza dei Rogazionisti e che intende dare continuità alle proposte educativo/formative av- viate da Padre Annibale sin dal secolo scorso. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. 173 FINALITÀ Lo stage rappresenta, in molti indirizzi scolastici italiani del secondo ciclo, una rilevante opportunità for- mativa che evidenzia una svolta culturale: scuola e lavoro non costituiscono più due momenti distinti e sequenziali della vita personale, ma si integrano e si completano. Favorendo l’esperienza diretta di lavoro in azienda, lo stage agevola le scelte professionali dei giovani realizzando uno strumento di flessibilità che migliora la formazione e facilita l’inserimento nel contesto lavorativo. OBIETTIVO Orientare attraverso: • informazioni sul mondo del lavoro, finalizzate alle diverse scelte professionali; • esperienze di “osservazione guidata” all’interno di settori lavorativi, con durata ridotta e da realiz- zarsi in momenti diversi del percorso formativo; • occasioni offerte allo stagista per la messa a fuoco dei propri interessi, valori e aspirazioni, facendo emergere e superare, così, eventuali debolezze Formare attraverso: • l’esperienza finalizzata all’acquisizione di competenze di base e professionalizzanti per il cittadino lavoratore, riferite a uno specifico ambito occupazionale e volte a verificare, integrare e rielaborare quanto già appreso in aula. La pratica formativa completa le competenze tecnico - professionali con quelle trasversali, acquisibili soprattutto in stage Accompagnare (Job placement) lo studente, a fine percorso scolastico, nell’inserimento al lavoro o alla professione RISULTATO Lo stage è progettato in un’ottica di orientamento, conoscenza e osservazione del mondo del lavoro. Bisognerebbe, però, focalizzare l’attenzione e stimolare la riflessione sulle reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, quali gli esiti occupazionali, e monitorare questo aspetto fondamentale soprattutto dopo il conseguimento del Diploma di Qualifica. FINALITÀ L’attività concreta che lo stage consente di realizzare costituisce per lo studente un’occasione di fondamentale importanza per la verifica e il potenziamento delle proprie attitudini e inclinazioni, ma anche per saldare il divario tra teoria e prassi, tra sapere e saper fare. OBIETTIVI L’obiettivo dello stage è sicuramente incentrato sul soggetto che apprende e tende a facilitare processi di: • acquisizione, consolidamento e sviluppo delle conoscenze tecnico-professio- nali in contesti produttivi; • acquisizione di competenze relazionali, comunicative, organizzative e finaliz- zate alla risoluzione di problemi; • socializzazione nell’ambiente di lavoro; • capacità di riutilizzazione dell’esperienza all’interno del percorso scolastico; • apertura al confronto e all’adattamento al mondo del lavoro grazie ad una di- retta conoscenza e rispetto delle norme che lo regolano; • motivazione allo studio, alla riflessione e all’impegno. • Metavalutazione sullo stage 174 DISCIPLINE COINVOLTE Le discipline coinvolte nella realizzazione dello stage, sono sicuramente quelle professionalizzanti quali: la Pratica di Laboratorio, la Tecnologia Elettrica, il Disegno Elettrico, ma anche discipline trasversali, in modo particolare Etica della persona e del lavoro, Counseling e Competenze trasversali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Il formatore coinvolto è il docente di Pratica di Laboratorio, il quale avendo una ottima professionalità nel settore è spesso colui che individua le aziende più serie e qualificate e da’ indicazioni anche sulla destinazione degli studenti nelle stesse a seconda delle caratteristiche degli uni e delle altre. AZIENDE INTERESSATE Lo stage si svolge presso aziende operanti nel settore specifico di riferimento. DURATA PRIMO ANNO: 100 ORE SECONDO ANNO: 200 ORE TERZO ANNO: 300 ORE FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO: Orientare attraverso: • informazioni sul mondo del lavoro, finalizzate alle diverse scelte professionali; • esperienze di “osservazione guidata” all’interno di settori lavorativi, con dura- ta ridotta e da realizzarsi in momenti diversi del percorso formativo; • occasioni offerte allo stagista per la messa a fuoco dei propri interessi, valori e aspirazioni, facendo emergere e superare, così, eventuali debolezze. SECONDO ANNO: Formare attraverso: • l’esperienza finalizzata all’acquisizione di competenze di base e professiona- lizzanti per il cittadino lavoratore, riferite a uno specifico ambito occupaziona- le e volte a verificare, integrare e rielaborare quanto già appreso in aula. La pratica formativa completa le competenze tecnico - professionali con quelle trasversali, acquisibili soprattutto in stage TERZO ANNO: Accompagnare (Job placement) Lo studente, a fine percorso scolastico, nell’inserimento al lavoro o alla profes- sione. METODOLOGIA Lo stage è caratterizzato da alcune sezioni di “addestramento”, alle quali fà se- guito il lavoro di gruppo dei corsisti, in maniera tale da sviluppare la tecnica del “lavoro in team”, utilizzando le attrezzature presenti nell’azienda. L’approccio didattico è basato sulla metodologia del learn by doing, in maniera tale da acquisire competenze immediatamente utilizzabili ed accelerare il pro- cesso di apprendimento. Gli allievi durante lo stage sono costantemente seguiti e coordinati da collabora- tori e tecnici dell’azienda ospitante, i quali assicurano nella forma dell’accom- pagnamento un graduale e adeguato inserimento dell’allievo nel sistema produt- tivo dell’azienda. È prevista la possibilità di avvalersi della prestazione di un docente del corso in qualità di tutor, per assicurare il pieno raggiungimento degli obiettivi didattici e professionali attesi dall’esperienza dello stage. COMPETENZE DISCIPLINARI Cfr. Regolamento C.F.P – C.I.F.I.R. VILFAN 175 COMPETENZE TECNOLOGICHE L’alunno è in grado di: • osservare il lavoro del personale aziendale, cogliendo come si svolge il pro- cesso lavorativo, quali tecniche tradizionali ed innovative sono presenti e ac- quisendo dimestichezza con le dinamiche proprie del mondo del lavoro; • comprendere ed eseguire i compiti, i lavori e le procedure assegnate, a partire dagli schemi e dalla documentazione dei progetti o partendo da indicazioni orali, sapendo organizzare il materiale occorrente e la strumentazione neces- saria e lavorando secondo norme e sicurezza; • acquisire capacità di lavorare in autonomia ed in team, rispettando le norme di sicurezza ed antinfortunistiche; • operare nel lavoro secondo l’organizzazione interna dell’azienda. CONTENUTI Saperi: • Normativa antinfortunistica di settore. • Norme CEI applicate negli impianti eseguiti. • Procedure per la scelta dei cavi, dei materiali e delle attrezzature da utilizzare a partire da progetti assegnati. • Conoscere le grandezze elettriche da misurare per la verifica di eventuali ano- malie ed individuare gli strumenti di misura necessari. Abilità operative: • Applicare le misure di sicurezza e protezione. • Rispettare la normativa per l’esecuzione dell’impianto a regola d’arte. • Predisporre la lista dei materiali e attrezzi occorrenti per l’impianto. • Utilizzare correttamente attrezzatura e strumentazione. • Eseguire gli impianti elettrici richiesti ed il controllo visivo e funzionale degli stessi, con il recupero di eventuali anomalie, lavorando secondo norme e sicu- rezza. • Acquisire nuove conoscenze tecniche e metodologie di lavoro innovative. • Adeguarsi alle tempistiche di lavoro imposte dal processo produttivo. • Eseguire manutenzioni elettriche su impianti e macchinari esistenti. Capacità personali: • Diagnosticare e promuovere la propria realtà personale. • Comunicare e gestire relazioni. • Apprendere ad apprendere. • Organizzare il lavoro e risolvere i problemi. • Lavorare in modo cooperativo. • Progettare il proprio percorso di lavoro. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE La verifica eseguita al termine della fase di “stage”, intesa come particolare si- tuazione didattica vissuta durante il periodo di formazione è a cura dell’Azienda Rogate s.r.l. che gestisce per conto del C.I.F.I.R. l’accompagnamento allo stage. La valutazione prevede una serie di “indicatori” che servono a definire il gradi- mento e/o l’accettabilità della esperienza fatta e la qualità dei risultati conseguiti e sono i seguenti: - capacità di apprendimento; - capacità di comunicazione; - competenze tecniche; - capacità di problem solving; - professionalità. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) La relazione finale di stage e il monitoraggio aziendale è a cura della Rogate s.r.l., società incaricata dall’Ente C.I.F.I.R. di realizzare le azioni di accompa- gnamento allo stage 176 • Il racconto testimoniale della seconda esperienza di stage Nell’ambito dei Percorsi Formativi Sperimentali triennali (Avviso/8), l’Ente di Formazione Nazionale CNOS ha formulato l’offerta del servizio di Formazione For- matori, garantendo un’azione di qualità e consentendo agli Enti Pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza accumulato a livello nazionale. Questo ha favorito l’effetto moltiplicatore che “buone prassi” elaborate a livello nazionale hanno potuto essere trasmesse nella realtà della nostra Regione Puglia. Il 2° P. W. realizzato dal CNOS per gli Enti di Formazione Professionale di ispi- razione cristiana è stato un momento di riflessività e di confronto sulla realizzazione dello stage/ tirocinio: quali i fondamenti concettuali e le linee progettuali. Come per il 1° P. W. le forze messe in campo dal CNOS per la formazione dei formatori sono state eccellenti. L’approccio metodologico di riservare, sia durante il seminario sia durante il p.w. una parte alla teoria ed una ai lavori di gruppo, ha reso sempre molto interes- sante l’apprendimento, poiché lo scambio di esperienze si è rivelato particolarmente arricchente e stimolante. Pur condividendo in linea di massima sia i fondamenti concettuali sia le linee progettuali, purtroppo la nostra Sede Operativa si è trovata in difficoltà nel con- fronto perché non si occupa – direttamente – della realizzazione degli stages. Infatti, per scelta dell’Ente C.I.F.I.R., l’organizzazione e l’accompagnamento del tirocinio formativo, viene demandato ad una Società esterna al C.F.P.: la Rogate s.r.l.. La suddetta Società si impegna a realizzare il progetto formativo individuale per ogni tipologia di azienda, a designare le aziende e il “responsabile aziendale” in- caricato di seguire il tirocinante e certificare i risultati del tirocinio, ed infine, a redi- gere report finali ed esiti dell’attività di stage. Il modello proposto dal CNOS, sicuramente risulta efficace: il semplice fatto che le aziende sono scelte tra quelle costituite dagli ex allievi non solo è di sicuro stimolo per i giovani in formazione, ma così facendo sono fatti salvi anche gli obiet- tivi educativi e formativi che rispondono così, in modo stringente, al carisma del- l’Ente. La Rogate s.r.l. cerca di garantire per il nostro Ente, che gli obiettivi educativi siano quanto più stringenti al carisma del nostro Fondatore, coniugando a questo anche l’efficienza, la competenza e la professionalità di una moderna Azienda che si occupa primariamente di accompagnamento al lavoro. Conclusioni Per tutte le ragioni suesposte, non ci è possibile presentare un “nostro” mo- dello, una nostra progettualità circa lo stage. Grazie però al confronto con il CNOS e il suo modello di progettualità sarebbe auspicabile il recupero di questo settore. 177 Personalmente condivido il carisma rogazionista da oltre 25 anni e credo che la nostra Sede Operativa abbia le potenzialità, le professionalità e le competenze per poter gestire direttamente questo importante aspetto formativo che incide pro- fondamente nella realizzazione degli obiettivi educativi che il nostro Ente si pro- pone di conseguire nei confronti dei giovani. 178 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA 3. CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIO- NALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI “OPERATORE E MANUTENTORE MACCHINE UTENSILI” Redatto da: Maria Grazia Durante, figura strategica di sistema Approvato da: Padre Angelo Laddaga, direttore Cifir Oria Uso: pubblico 179 Il lavoro di project work si è articolato in due parti: una dedicata all’approfondimento della figura professionale e della relativa co- munità professionale di appartenenza anche in vista della possibilità di proporre correttivi o introdurre nuove figure professionali; una dedicata alla progettazione e sperimentazione di una UdA. Approfondimento Comunità professionale – Natura della Comunità Professionale di riferimento. Come primo passo del lavoro si è verificata la coerenza della qualifica profes- sionale designata dal progetto con le qualifiche attestanti profili professionali rico- nosciuti a livello nazionale, contenuti nelle tabelle ministeriali. Il profilo professio- nale designato dal progetto è previsto dalla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 24 ottobre 1990. Successivamente si è proceduto all’analisi della natura della comunità pro- fessionale di riferimento prevista dal nostro progetto. Si è riscontrato che la quali- fica professionale da noi prevista non ottempera completamente alle specifiche pre- viste dalla guida meccanica CNOS-FAP in quanto, la denominazione del nostro corso è «Operatore e Manutentore Macchine Utensili», quella prospettata dalla guida CNOS-FAP maggiormente confacente al profilo professionale contemplato dal ns progetto è «Operatore meccanico: Costruttore alle Macchine Utensili» • Tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di Oria (BR), in cui si stanno realizzando le sperimentazioni. Riteniamo che, in primo luogo, occorre mettere in evidenza il ruolo giocato a livello nazionale dal settore meccanico pugliese e da quello provinciale. 180 della quota occupazionale nazionale. Nella provincia di Brindisi, invece, la quota occupazionale del settore meccanico si attesta al 11,3% della quota nazionale. Questi dati forniscono utili indicazioni per comprendere il peso e il dinamismo del settore meccanico regionale e provinciale. L’importanza del ruolo svolto dal settore meccanico può anche essere messa in evidenza non solo dalla capacità del settore di generare occupazione , ma anche at- traverso il contributo che questo settore fornisce all’interscambio commerciale ov- vero alla somma delle sue importazioni ed esportazioni Il settore meccanico rappresenta la voce principale della bilancia commerciale nazionale, incidendo a livello provinciale per il 36, 6% sull’interscambio italiano; la provincia di Brindisi presenta una quota di interscambio sul totale dell’interscambio meccanico nazionale, nel 2001, pari al 23,5%. Il settore industriale risulta scarsa- mente sviluppato ad eccezione di un grosso centro metalmeccanico operante nel ter- ritorio di Taranto (ILVA). Numerosa è la presenza di piccole e medie aziende nel po- lo industriale di Brindisi trainato dalla presenza della centrale Enel di Cerano per la erogazione di energia elettrica. Si evidenzia, inoltre, la presenza di aziende operanti nel settore turistico seppur limitatamente alle zone costiere sotto forma di campeggi e villaggi turistici di di- mensioni medio-piccole. Anche il settore agricolo occupa una posizione di rilevo nei territori limitrofi a Taranto in quanto fiorente è nel circondario di Mandria (TA) la produzione, l’imbottigliamento, e l’esportazione del vino e dell’olio. Il settore meccanico assume in Italia un ruolo che si potrebbe definire strate- gico per la capacità di generare occupazione e un saldo positivo della bilancia com- merciale. Nell’ambito della Regione Puglia si riscontra dai dati Excelsior, una quota oc- cupazionale nel settore meccanico pari al 29,2% 181 – Confronto degli indirizzi ipotizzati nella Guida con i fabbisogni di pro- fessionalità delle aziende di riferimento. Analizzando i profili professionali previsti dalla Guida Meccanica del CNOS- FAP è possibile stabilire che tali indirizzi risultano appropriati al fabbisogno di pro- fessionalità meccanica evidenziato dalle aziende operanti nel nostro territorio di ri- ferimento. – Definizione di nuove qualifiche e profili Riguardo a questo punto non riteniamo sia opportuno proporre nuove figure professionali in quanto consideriamo esaustive, per il fabbisogno professionale del nostro contesto, le figure e i profili prospettatici dal CNOS in quanto frutto di uno studio approfondito e attendibile. Il nostro proponimento in merito è quello di pro- cedere, con maggior dettaglio possibile, ad una ulteriore e più approfondita analisi del nostro territorio al fine di metterci al passo con i continui cambiamenti del mon- do socio-economico che ci circonda, dando rilievo ai nuovi scenari occupazionali e alle relative richieste di figure professionali da parte delle aziende presenti. • Sperimentazione UdA Così come previsto dal Progetto Integrazione 2003 in applicazione delle speri- mentazioni proposte dal CNOS di Bari, cui il CIFIR è associato, si è voluto aderire alla sperimentazione dell’Unità di Apprendimento denominata «Patente per il Mo- torino». L’Offerta Formativa Sperimentale, attivata dall’ente CIFIR-IAM di Oria attraverso il corso OFS 03014 Operatore e Manutentore Macchine Utensili, ha tro- vato integrazione nella progettazione e successiva realizzazione di una attività ex- tracurricolare, pomeridiana, rivolta ai soli iscritti e frequentanti il corso suddetto che intendono conseguire il certificato di abilitazione alla guida dei ciclomotori. Premesso che il CIFIR è a conoscenza delle indicazioni dettate dal CNOS in materia di realizzazione delle unità di apprendimento e degli strumenti proposti dallo stesso ai fini della sperimentazione dell’offerta formativa alla luce della Ri- forma Moratti ( legge n.53/2003), alcune variazioni sono state apportate allo schema di unità di apprendimento previsto dalle linee guida proposte relativamente alle modalità di realizzazione di tale attività. La scelta di considerare l’Unità di apprendimento Patente per il motorino una attività extracurriculare, sebbene sovvertisse la definizione stessa di unità di ap- prendimento, è stata dettata dall’esigenza di inquadrare quest’ultima nel progetto madre. A tal proposito doverosa risulta una precisazione. Alla luce degli incontri avutisi con i formatori del CNOS Cristina Baldi e Maria Pia Locaputo, dopo aver effettuato una attenta analisi del progetto si è evidenziato che il corso OFS 03014, attivato dal CIFIR in data 06.09.2004, al primo anno, presenta a tutt’oggi una errata assegnazione del monte ore previsto per le competenze trasversali (Potenziamento, 182 riallineamento, personalizzazione dei percorsi, etc.) le quali in sede di assegnazione alle risorse umane responsabili della realizzazione del corso sono state considerate moduli disciplinari, oggetto di insegnamento. Tale errore non ha consentito il ri- corso al suddetto monte ore in quanto assegnato e quindi completamente esaurito. L’attività extracurriculare in questione ha avuto inizio in data 19.05.2005 durante le ore pomeridiane (dalle 15.00 alle 19.00), successivamente alla somministrazione di un questionario di gradimento agli alunni frequentanti il corso. Sebbene le guide del CNOS prevedessero il coinvolgimento dell’intera classe nella partecipazione all’unità di apprendimento, la scelta adottata di intraprendere come attività pomeridiana extra- curriculare la suddetta, ha fatto sorgere nei ragazzi stessi una selezione naturale che ha fatto sì che aderissero all’iniziativa esclusivamente i ragazzi interessati al conse- guimento della patente. L’attività in questione è stata finalizzata a 10 ragazzi iscritti al corso sperimen- tale che hanno manifestato un grande interessamento al conseguimento della pa- tente per il motorino. La scelta di tale attività non a caso è frutto di un positivo ri- scontro da parte nostra dell’entusiasmo dei ragazzi. L’articolazione sintetica del percorso formativo prevede due azioni: 1. Formazione; 2. Esame finale. L’azione relativa alla formazione è stata strutturata nei seguenti moduli disci- plinari: 1. Norme di comportamento (per un totale di 10 ore di cui 5 di teoria e 5 di pratica); 2. Segnaletica (per un totale di 20 ore) 3. Educazione al rispetto della legge e della convivenza civile (per un totale di 9 ore) 4. Guida all’acquisto del motorino (per un totale di 5 ore) 5. Information Experience (per un totale di 6 ore) L’azione relativa all’esame finale prevede 3 ore finalizzate allo svolgimento della prova per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomo- tore integrate con la realizzazione di una prova finale di guida del motorino all’in- terno del piazzale del Centro, ciò al fine di creare “l’evento” patente per il moto- rino con il coinvolgimento della stampa locale. Come è facile riscontrare, si è voluto conservare lo schema modulare proposto dal CNOS relativamente alle discipline oggetto di insegnamento con alcune modi- fiche concettuali. Si è voluto introdurre, infatti, come modulo disciplinare l’information experience. Essa consiste nell’attività di implementazione, da parte degli iscritti, su supporto informatico del materiale didattico necessario allo svolgi- mento dell’UdA (ossia segnaletica stradale in power point, realizzazione della do- manda di ammissione all’esame finale, esercitazione sui quiz d’esame attraverso l’ausilio del pc). 183 DOCENTI COORDINATORE TUTORS FUNZIONISTRATEGICHE PERSONALE AMMINISTRATIVO P. Perrone Alessandro - Educazione al rispetto della legge e alla convivenza civile - Guida acquisto del motorino Carone Alberto Claudio Cap. Polizia Municipale Guido Emilio (responsabile Forze dell’ordine) Gabriella Greco Chirico Salvatore (segretario) La Cala Vito - Segnaletica - Norme di Comportamento Saracino Fernando Sconosciuto Luca Andrea Tundo Maria Cristina Laserra Francesco - Information experience Cometa Eupremio Durante Mariagrazia Saracino Eleonora D’Elia Cosimo (bidello) Di Cataldo Danilo (bidello) Attraverso la predetta attività, i partecipanti hanno potuto usufruire di uno stru- mento in più nell’apprendimento didattico. Ciò al fine di adeguare il nostro CFP alle metodologie didattiche degli Istituti di Istruzione Superiore, auspicando una completa equiparazione di entrambi. L’esperienza svolta ha permesso soprattutto di correggere e adeguare gli sforzi dei soggetti coinvolti nella direzione di una progettazione futura in termini di unità di apprendimento. Relativamente al modulo guida all’acquisto del motorino si è pensato di inse- rire tale modulo come attività didattica vera e propria, a differenza di quanto pro- posto dalle guide ( unità di apprendimento) in cui verrà fornita la capacità di perso- nalizzare una scelta in presenza di risorse materiali e temporali limitate, applica- zione di strumenti matematici e logici nella scelta di acquisto di un ciclomotore, le modalità di pagamento del ciclomotore, il concetto di bene mobile registrato ecc. Le risorse umane coinvolte in tale attività sono state le seguenti, insieme con l’attività svolta dal Direttore del centro P. Angelo Laddaga, 184 CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK LE PRATICHE DI GESTIONE DELLO STAGE CORSO DI “OPERATORE E MANUTENTORE MACCHINE UTENSILI” Redatto da: Maria Grazia Durante, figura strategica di sistema Approvato da: dott.ssa Rosa Cioce, direttore Cifir Oria Uso: pubblico 185 FINALITÀ Lo stage intende: - far conoscere ai ragazzi il mercato del lavoro in cui si inseriranno - far conoscere alle aziende i nostri allievi - verificare quanto imparato durante la formazione d’aula e in laboratorio DISCIPLINE COINVOLTE Tutte le discipline: di base, trasversali e professionali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Soprattutto i formatori di area tecnico professionale e il tutor AZIENDE INTERESSATE Le aziende del territorio della provincia di Brindisi e Taranto disponibili ad ac- cogliere i nostri allievi e a sostenerci nell’azione formativa DURATA 100 ore il primo anno 200 ore il secondo anno 300 ore il terzo anno COMPETENZE DISCIPLINARI Grande importanza è attribuita alle discipline laboratoriali, ma non bisogna mai dimenticare che le materie di base sono fondamentali ai fini di una buona pre- sentazione e un buon servizio in ambito lavorativo. CONTENUTI Potenziamento delle discipline laboratoriali. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Attualmente nessuna formalizzata, ma si ritiene utile approfondire l’utilizzo del diario di stage in fase di adattamento alle esigenze del CFP Successivamente si è passato ad una attenta analisi delle metodologie di pro- gettazione e gestione dello stage tra le quali ha sortito molto interesse il “Diario di Bordo” , valido strumento di raccolta dati per la loro successiva elaborazione. Successivamente, ci si è concentrati sull’analisi del livello di organizzazione esistente attraverso la compilazione di una scheda all’uopo predisposta nella quale venivano dettagliate: finalità, obiettivi, discipline coinvolte, docenti dell’Istituto La realizzazione del secondo Project Work ha avuto ad oggetto le pratiche di gestione dello stage e la elaborazione o l’approfondimento di uno strumento pratico di gestione al fine di migliorare il nostro servizio per i ragazzi della formazione ini- ziale. Innanzitutto si è proceduto ad intessere dei colloqui con i formatori aventi lo scopo di far emergere le reali metodologie utilizzate nello stato attuale da parte dei formatori coinvolti nei corsi dell’obbligo formativo. Diverse e numerose sono state le considerazioni formulate dai formatori ope- ranti in filed riguardo le difficoltà oggettive di reperire aziende valide, nell’ambito del territorio di Brindisi e Provincia, disposte ad ospitare i nostri allievi durante le attività di stage. Prima fra tutte la particolare situazione economica e occupazionale in cui il nostro CFP è inserito che purtroppo ci vede lottare con la volontà degli im- prenditori di farsi carico dei nostri formandi. 186 Scolastico Statale partners coinvolti, formatori coinvolti, Aziende interessate, du- rata, fasi e tempi dell’attività, metodologia, competenze disciplinari, modalità di verifica e/o valutazione, risultati conseguiti. Il tutto costituendo dei GdL tra i for- matori coinvolti. La seconda giornata di formazione ci ha visto approfondire, su richiesta dei docenti del CIFIR coinvolti nell’iniziativa, le modalità di svolgimento dell’esame finale per il conseguimento della qualifica professionale con l’utilizzo delle ru- briche di valutazione per la declinazione delle valutazioni. 187 4. CIFIR del Sacro Costato C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848187 Fax 0831 846252 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI “OPERATORE ALBERGHIERO” Redatto dalle: dott.ssa Carolina Battista, coordinatrice – dott.ssa Maria Di Stratis, progettista Approvato da: Suor Teresina Dessupoiu – Direttore del C.F.P. Uso: Pubblico 188 • Introduzione Il Progetto Integrazione OFS - 2003 Offerta Formativa Sperimentale di Istruzione e Formazione Professionale. Il macro obiettivo del Progetto Integrazione era quello di far confluire le espe- rienze degli enti nazionali referenti (SCF, CNOS FAP, CIOFS FP) in un progetto di qualità comune a supporto di alcune aree di azione: – Ricerca e Supporto alla Progettazione – Formazione Formatori – Monitoraggio e Valutazione – Diffusione dei Risultati. L’effetto delle buone pratiche elaborate a livello nazionale ha sicuramente ge- nerato un effetto moltiplicatore sul tessuto della formazione pugliese e favorito la crescita degli enti di formazione aderenti al progetto, in particolare attraverso l’azione di formazione dei formatori e l’elaborazione di project work comuni. Attese del Centro di Formazione Professionale Il Cifir Sacro Costato di Taranto ha subito aderito con entusiasmo al Progetto Integrazione e la Direttrice S. Teresina Dessupoiu ha incoraggiato e supportato lo staff a partecipare alle attività comuni ed a sperimentare le attività proposte dal pro- getto. Dal confronto fra Direttore del centro ed equipe delle funzioni strategiche sono emerse, sia all’inizio, sia in itinere, alcune riflessioni ed aspettative per questo pro- getto tra cui: 1) la possibilità di fare un percorso comune e condiviso che potesse essere la base di partenza per collaborazioni future; 2) l’opportunità del confronto fra gli enti pugliesi e le metodologie sperimen- tate a livello nazionale dagli enti promotori del progetto; 3) la possibilità di accrescere le conoscenze le competenze del CFP attraverso l’azione di Formazione dei Formatori; 4) la definizione di standard condivisi per quanto riguarda le metodologie di progettazione, le metodologie di gestione dei processi formativi (tutoring), i progetti sperimentali; 5) la realizzazione, la validazione ed il confronto per UDA sperimentali; 6) il supporto e la condivisione di esperienze finalizzate al coinvolgimento at- tivo delle famiglie per favorire il processo educativo condiviso nei progetto OFS. 189 Tra le mete preferite la Puglia è inserita fra le regioni ‘emergenti’ a livello eu- ropeo. Il Turista Italiano (ISNART) continua a preferire il proprio Paese per le va- canze ( 77% delle preferenze) e la Puglia si attesta al 10° posto nelle mete preferite anticipando regioni come l’Umbria, l’Abruzzo e la Sardegna. Infatti sul territorio Pugliese il sistema turistico negli ultimi anni ha registrato una forte crescita. Una buona parte del flusso turistico è di tipo nazionale (+12,4%), e le presenze crescono del 9,7% (Fonte: ISTAT- Osservatorio Regionale Banche–Impresa). Nonostante il consolidamento della clientela straniera di lungo periodo, le bel- lezze pugliesi restano meta soprattutto del turismo nazionale. Con un tasso di cre- scita medio annuo tra il 1990 e il 2002 del +6%, contro il +2,8% per le presenze italiane, e un eccezionale incremento nel 2002, anno in cui la domanda estera pu- gliese raggiunge il +10%, il turismo regionale è ancorato principalmente ai flussi nazionali. Città d’arte 33% Agriturismo 4% Laghi 7% Montagna 9% Eno-gastronomia 2% Altro 10% Mare 21% Sport 5% Itinerari 6% Terme 3% • Racconto testimoniale dell’Esistente: Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando la sperimentazioni. Le scelte degli indirizzi e delle Comunità Professionali operate dal CIFIR Sacro Costato di Taranto negli anni partono da un’analisi socio-economica del ter- ritorio regionale e provinciale in particolare. L’analisi tiene conto delle macro tendenze internazionali e nazionali in ambito turistico e parte delle reali esigenze del fruitore dei servizi collegati alle aziende dei settori turistico, alberghiero e dell’alimentazione. Da un lato sono state analizzate le esigenze del turista del terzo millennio e dall’altro sono stati realizzati confronti con i trend di crescita e con i risultati pro- dotti dalle aziende operanti in questi comparti. La Puglia negli anni ha infatti visto aumentare in maniera importante la pro- pria vocazione turistica, tra il 1990 e il 2002 le presenze sono aumentate del 50,6%. 190 Fonte: Elaborazione Osservatorio BANCHE IMPRESE su dati Mercury e ISTAT Nel 2002 la percentuale di incidenza della componente straniera sul movi- mento complessivo è, infatti, ancora pari al 14,6%, superiore solo a quella regi- strata in Molise e Basilicata, ma ben lontana dal 42,2% che costituisce la media Italia. Recentemente, nonostante uno scenario nazionale in difficoltà e che ha visto diminuire le presenze complessive (-1,4%), la Puglia ha ulteriormente accresciuto l’ammontare dei flussi turistici, con un’accelerazione che nel 2002 ha raggiunto un tasso a due cifre sia in termini di presenze (+10,3%) sia di arrivi (+11,1%). As- sieme alla Calabria, la Puglia risulta così la regione che ha consolidato il migliore risultato dell’anno. Andamento del tasso di crescita delle presenze nelle regioni italiani (variazioni percentuali) 191 Diversi studi hanno dimostrato come nel tempo la concezione del turismo si sia modificata in modo più o meno radicale a seconda degli ambiti, e ad affiancare un turismo tradizionale che presenta motivazioni legate al riposo e al relax nascono nuove motivazioni, anche “forti”, che si orientano verso l’impegno culturale o so- ciale (istruzione, arte, religione, natura, ecc) o verso forme innovative, peraltro sempre più presenti, legate all’intrattenimento, allo spettacolo, all’enogastronomia, all’agriturismo, agli sport estremi ecc.. 192 Graduatoria regionale dei tassi di crescita delle presenze Fonte: elaborazione Mercury su dati ISTAT 193 Il “turista tipo” del terzo millennio somiglia sempre meno al turista del se- condo millennio e chiede sempre più servizi innovativi e di qualità. La capacità del sistema turismo di rispondere a questi “nuovi bisogni” determi- nerà la conferma o meno delle buone performance finora assicurate, pur con alti e bassi, dal turismo italiano. Interessanti i dati sugli scenari e lo sviluppo possibile del settore messi in ri- salto dal Rapporto annuale Ernst & Young (Largo Consumo - 2004). Il dato più in- teressante è quello che riguarda l’impatto di fattori internazionali sul settore che de- termina secondo il parere degli intervistati non una diminuzione del turismo, quanto un’accentuarsi della scelta di mete più vicine. Al viaggio in paesi lontani gli italiani sembrano aver anteposto le mete dome- stiche. Sempre in questa direzione tra i prodotti turistici italiani venduti all’estero tro- viamo in pole position le città d’arte e la cultura, attrattori anche del turismo nazio- nale, come evidenziano i dati dell’indagine Doxa (Gli Italiani e la Cultura, 2004). I Settori di Sviluppo La marcata rilevanza del turismo nazionale, influenza anche il tipo di alloggio scelto per svolgere le vacanze. Per quanto riguarda le preferenze dei turisti rispetto alle diverse tipologie ricettive, la Puglia appare infatti caratterizzata da una forte ri- levanza delle strutture non alberghiere, che nel 2002 concentrano il 43,9% delle presenze regionali. Nonostante la variazione delle presenze sia risultata leggermente a favore degli alberghi (+10,3% contro il + 9,4% per le strutture extralberghiere), la Puglia rimane una tra le regioni in cui il turismo alberghiero riveste una meno cospicua rilevanza, incidendo per oltre il 10% in meno della media nazionale (66,9%). Il segmento turistico che ha registrato il miglior andamento è stato quello dei villaggi turistici, seguito dagli agriturismi. Difficoltà più diffuse si segnalano invece nella ricettività alberghiera che nel- l’ultimo anno conferma esiti meno favorevoli rispetto alle altre tipologie ricettive. Più nel dettaglio, sempre nella nostra regione si osserva che: I villaggi turistici presentano risultati economici migliori (+6,9%), grazie ad una forte espansione della clientela (+8,1%). Tra le diverse tipologie del turismo, il 2002 risulta particolarmente favorevole per gli agriturismi (in crescita sostanziale), per i campeggi e per i villaggi turistici, per le strutture di categoria superiore (oltre 3 stelle) e di dimensioni medio-grandi (da 250.500 a 500.000 euro di fatturato); mentre dal punto di vista territoriale emerge una dinamica fortemente positiva nelle province di Foggia e Lecce, e un netto miglioramento di Brindisi. Il 2002 rappresenta un anno di ulteriore espansione dei flussi turistici verso la Puglia rispetto agli anni precedenti. In particolare sostanzialmente stazionario anche il risultato del comparto turi- stico tarantino. Nonostante la stabilità congiunturale, le imprese turistiche della provincia ten- dono a rafforzare la propria base occupazionale, con un incremento dell’occupa- zione fissa del +2%, mentre resta stabile il ricorso a forme di lavoro atipiche. L’aumento del livello occupazionale del 2002, dopo il risultato analogo del- l’anno precedente, sembra imputabile al consolidamento della vocazione turistica provinciale. La propensione ad investire appare infatti significativa (48,4% degli esercizi), e superiore alla media regionale, ma soprattutto più orientata all’ampliamento della capacità ricettiva. La sfida per la Puglia Per comprendere perché la Puglia incontri sempre più il favore di chi viaggia per vacanza, bisogna prendere in considerazione anche la considerevole vitalità di- mostrata nel realizzare un sistema turistico adeguato alle richieste dei flussi turi- stici. Rispetto alla capacità di ospitare flussi crescenti di turisti internazionali è di sicuro rilievo il processo di crescita sia quantitativa che qualitativa delle strutture alberghiere, che risultano quelle maggiormente appetibili per questa forma di tu- rismo. La sfida per i prossimi anni resta ancora la capacità di perfezionare l’offerta tu- ristica ed il suo adattamento alle mutevoli esigenze dei turisti, soprattutto per gli al- berghi la cui elevata dimensione richiede notevoli sforzi per una gestione efficiente delle strutture. Permangono infatti i segnali di criticità già rilevati, come ad esempio la minore durata del soggiorno dei turisti. Rimane forte inoltre l’attenzione dei turisti per i costi della vacanza, che appare evidente nella minore propensione a recarsi in strutture alberghiere, contraddistinte per elevati rincari dei tariffari. La forza della Puglia sembra quindi venire dalla diffusa presenza di strutture ricettive alternative a quelle alberghiere, dove i turisti si fermano più a lungo, ma dove si re- cano quasi esclusivamente nel periodo estivo. Questo fa pensare alla necessità di introdurre elementi/iniziative che, per gli alberghi, attirino, ma soprattutto “tratten- gano” i turisti (soprattutto) internazionali; dall’altra, favoriscano l’allungamento della stagione per la componente non alberghiera, dove prende sempre più piede la richiesta di strutture agrituristiche e dove forte resta la domanda di alloggi privati, componente largamente sconosciuta alle statistiche ufficiali. Caratterizzare ed Approfondire la Natura della Comunità Professionale di ri- ferimento Racconto testimoniale del 15.01.2005 In data 15.01.2005 i due Enti di Formazione – Cifir Sacro Costato Taranto ed ECPEP Ostuni (BR) – si sono incontrati per la condivisione del Project Work ed hanno elaborato una base di riflessioni comuni operando entrambi sulle Comunità 194 Professionali Turistico-Alberghiero e Alimentazione. Il confronto è avvenuto su due fronti: da un lato sono stati comparati i contesti socio economico in cui i due enti operano, dall’altro sono state analizzate le diffe- renze di progettazione tra i due enti ed il confronto con le relative Comunità Pro- fessionali di Riferimento e di relativi indirizzi Professionali. In merito al primo punto si è pervenuti alla seguente considerazione condivisa: il contesto delle attività economiche di tipo turistico-alberghiero e dell’alimenta- zione esistente nei territori di Taranto ed Ostuni presenta delle differenze sebbene queste non siano rilevanti. Infatti, tali differenze non sono tali da poter parlare di distretti turistici disomo- genei, per cui gli indirizzi sperimentati nei percorsi formativi dei due enti – non- ostante la differente qualifica – presentano un grado di affinità molto elevato e par- tono da considerazioni comuni al tessuto socio economico in cui poi gli indirizzi professionali possono trovare occupazione. Gli indirizzi formativi su cui sono stati operati i confronti nel Progetto Integra- zione OFS sono: 1. Addetto alle strutture turistiche ed alberghiere - E.C.P.E.P. Ostuni 2. Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione - CIFIR Sacro Costato – Ta- ranto. La prima considerazione riguarda l’identificazione delle Comunità Professio- nali di Riferimento in cui ricadono i due indirizzi professionali, ovvero: – Comunità Professionale Alimentazione – Comunità Professionale turistica e alberghiera Le Macro Aree di Competenze Professionalizzanti acquisibili nell’indirizzo professionale ‘Addetto alle strutture Turistiche Alberghiere’ dell’ente E.C.P.E.P. di Ostuni (BR) sono sostanzialmente riconducibili ai seguenti ambiti: 1. Cucina 2. Cucina Tradizionale 3. Pizzeria 4. Pasticceria 5. Sala- Bar 6. Reception 7. Marketing Le Macro Aree di Competenze Professionalizzanti acquisibili nell’indirizzo professionale ‘Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione’ dell’Ente Cifir Sacro Costato di Taranto sono sostanzialmente riconducibili ai seguenti ambiti: a. Cucina b. Cucina Tradizionale c. Pizzeria d. Pasticceria e. Sala- Bar L’analisi è stata condotta su due livelli: 195 196 mancanti ai due indirizzi in atto presso i due enti sono comuni ad entrambi ed at- tengono ad alcuni compiti specifici. Andando poi nel dettaglio dei due indirizzi professionali previsti nella Comunità Alimentazione è emerso che tutte le compe- tenze per Addetto alla Trasformazione degli Alimenti e Addetto alla Panificazione e Pasticceria le ritroviamo sia nell’Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione del Cifir Sacro Costato Taranto sia nell’Addetto alle Strutture Turistiche Alberghiere dell’ ECPEP Ostuni. Operando un confronto con i profili previsti dalla comunità professionale Ali- mentazione e gli indirizzi in essere nei due enti, le competenze professionalizzanti sono presenti in entrambi gli enti. Sono stati analizzati i compiti caratteristici delle due Comunità Professionali e, successivamente, sono state approfonditi e confrontati gli indirizzi professionali previsti dalle comunità e considerati più affini a quelli in essere presso i due enti. Comunità Professionale Alimentazione L’analisi è cominciata dal confronto tra le competenze della Qualifica dell’O- peratore dell’Alimentazione e le competenze dei due indirizzi suddetti della Comu- nità Professionale Alimentazione. Nelle tabelle seguenti è stato riassunto il lavoro di analisi e sono state eviden- ziati i compiti caratteristici della COMUNITÀ PROFESSIONALE ALIMENTAZIONE an- dando ad evidenziare le competenze mancanti agli indirizzi in essere presso i due enti. Confronto competenze a Livello Macro – Qualifica Di interesse il dato relativo ai compiti caratteristici delle comunità: i compiti 197 Comunità Professionale Turistico-Alberghiera L’analisi è cominciata dal confronto tra le competenze della Qualifica dell’O- peratore Qualifica Operatore Turistico e Alberghiero e le competenze dei due indi- rizzi suddetti della Comunità Professionale Turistico-Alberghiera. Nelle tabelle seguenti è stato riassunto il lavoro di analisi e sono state eviden- ziati i compiti caratteristici della Comunità Professionale Turistico-Alberghiera an- dando a rilevare le competenze mancanti agli indirizzi in essere presso i due enti. Confronto competenze a Livello Macro –Qualifica Dal confronto dei compiti relativi alla comunità professionale Operatore Turi- stico Alberghiero sono emerse alcune differenze fra i compiti individuati nelle due progettazioni. Il CIFIR Sacro Costato ha evidenziato delle differenze rispetto ai compiti pre- visti nella comunità professionale. Questo Centro opera a Taranto in un contesto a grande potenzialità turistica, sia di turismo Culturale sia di tipo balneare ed i profili professionali sono più orien- tati all’area della ristorazione e servizi di accoglienza piuttosto che a forme di ser- vizio completo del turista (alloggio, ristorazione, aspetti organizzativi), mentre a Ostuni l’ECPEP opera in una realtà socio economica che consente di affrontare anche queste problematiche • Racconto testimoniale del 16.04.2005: confronto dei due indirizzi In data 16.05.2005 presso il Cifir Sacro Costato di Taranto si sono incontrati lo Staff del Centro insieme al coordinatore del Progetto Integrazione; era assente il rappresentante dell’Ente ECPEP di Ostuni con cui era stata condivisa la prima parte del Project Work. In questo secondo incontro sono stati approfonditi i confronti con le comunità professionali ed i relativi indirizzi e si è cercato di elaborare una sintesi delle consi- derazioni fatte nella prima sessione e in quest’ultima. La sintesi può così essere schematizzata: – ascoltare il territorio che chiede indirizzi a competenze multiple; – dare Vita una nuova Comunità Professionale; – fare fusione di Comunità Professionale alimentazione e turistica e alber- ghiera; – integrare gli indirizzi delle due comunità • Confrontare le qualifiche e gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professionalità delle aziende di riferimento. In questo paragrafo del dossier l’obiettivo è presentare la natura economica, sociale e culturale della comunità professionale, la prospettiva formativa in cui essa si inserisce, nonché la figura professionale – il profilo in uscita della sperimenta- zione - che ad essa fa riferimento. Confronto con i profili previsti dalla comunità professionale 198 Natura economica, sociale e culturale della comunità È da considerarsi turismo l’insieme dei comportamenti e dei correlati bisogni degli individui nel momento in cui questi si spostano dai loro luoghi abituali di re- sidenza e di vita (casa, ufficio), per un periodo di tempo limitato. La comunità turistico-alberghiera rappresenta una delle più importanti realtà all’interno del bilancio del nostro Paese, sia in termini di occupazione, sia in ter- mini economici. Tale area ha, infatti, una grande incidenza sulle attività produttive dell’Italia e il complesso delle attività legate al turismo genera una grande ric- chezza. Basti pensare che la domanda di beni e servizi riconducili al turismo per l’anno 2001 ha determinato per il nostro Paese una valore aggiunto stimabile al 5,7% del PIL. In riferimento alla situazione di Taranto – come descritto nel paragrafo 2 – il- lustriamo di seguito il risultato del confronto delle caratteristiche reali della figura e, dunque, dell’indirizzo in uscita dal percorso rispetto a quanto previsto dalle guide per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati delle Comunità Profes- sionali. Nella comunità professionale turistica e alberghiera la denominazione iniziale del percorso di qualificazione è operatore turistico alberghiero. Si prevedono in uscita tre indirizzi: a) Addetto ai servizi turistici b) Commis di sala e bar c) Commis di cucina Nella pagina che segue si riporta la rappresentazione schematica delle guide della comunità professionale redatta dal Cnos e Ciofs Nazionale. 199 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico alberghiero rappresenta una figura professionale po- livalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate; – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 4) Addetto ai servizi turistici. 5) Commis di sala e bar. 6) Commis di cucina CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 3) Tecnico dei servizi turistici 4) Tecnico delle attività ristorative Comunità Professionale Turistico-Alberghiera La comunità professionale dell’alimentazione rappresenta una delle comunità che offrono alle figure professionali maggiori prospettive professionali e, in termini statistici, maggior impatto occupazionale, sia come dipendenti sia come lavoratori autonomi. Nella comunità professionale Alimentazione la denominazione iniziale del per- corso di qualificazione è Operatore dell’Alimentazione. Questa figura professionale, indipendentemente dalla specifica qualifica, pre- vede in uscita due indirizzi: 1) Addetto alla trasformazione degli alimenti 2) Addetto alla panificazione e pasticceria Nella pagina che segue si riporta la rappresentazione schematica delle guide della comunità professionale redatta dal Cnos e Ciofs Nazionale. Comunità Professionale Turistico-Alberghiera 200 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore dell’alimentazione rappresenta una figura professionale poli- valente in grado di affrontare una varietà di compiti: – preparazione e distribuzione delle materie prime alimentari; – compilazione ed interpretazione delle scritture contabili di base; – individuazione di diversi alimenti secondo la specie, qualità, provenienza territoriale e stagionalità; – gestione delle merci in magazzino; – rispetto delle norme HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e dell’attrezzatura) – sviluppo delle soluzioni anche innovative con gusto estetico e ed abilità manuale; – conservazione degli alimenti, applicando le diverse tecniche; – rispetto delle norme generali di antinfortunistica; – rispetto delle basilari norme della legislazione, che regola i pubblici eser- cizi; – organizzazione di un punto vendita; – utilizzazione delle tecnologie informatiche comuni; – traduzione di semplici testi in lingua inglese (manuali d’uso dei macchi- nari). FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1) Addetto alla trasformazione degli alimenti 2) Addetto alla panificazione e pasticceria CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1) Tecnico dell’alimentazione DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO-ALBERGHIERO DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico-alberghiero dell’alimentazione rappresenta una fi- gura professionale polivalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate; – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio; – preparazione e distribuzione delle materie prime alimentari; – compilazione ed interpretazione delle scritture contabili di base; – individuazione di diversi alimenti secondo la specie, qualità, provenienza territoriale e stagionalità; – gestione delle merci in magazzino; – rispetto delle norme HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e dell’attrezzatura) Fusione due comunita: operatore turistico-alberghiero dell’alimentazione 201 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO-ALBERGHIERO DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) – sviluppo delle soluzioni anche innovative con gusto estetico ed abilità ma- nuale; – conservazione degli alimenti, applicando le diverse tecniche; – rispetto delle norme generali di antinfortunistica; – rispetto delle basilari norme della legislazione, che regola i pubblici eser- cizi; – organizzazione di un punto vendita; – utilizzazione delle tecnologie informatiche comuni; – traduzione di semplici testi in lingua inglese (manuali d’uso dei macchinari) FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1) Addetto ai servizi turistici. 2) Commis di sala e bar. 3) Commis di cucina 4) Addetto alla trasformazione degli alimenti 5) Addetto alla panificazione e pasticceria CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1) Tecnico dei servizi turistici 2) Tecnico delle attività ristorative 5) Tecnico dell’alimentazione FIGURA PROFESSIONALE OPERATORE ALBERGHIERO E DELL’ALIMENTAZIONE Denominazioni equivalenti Operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centrali- nista; assistente di portineria; operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn); camerieri e assimilati; esercenti di bar e baristi; addetto di sala bar; commis di sala; addetto ai servizi di sala e bar; operatore di sala bar (Obn); operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centralinista; assistente di portineria; operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn); esercenti e altri addetti alla preparazione di cibi in alberghi, ristoranti, fast-food e assimilati; addetto cu- cina; addetto servizi di cucina; operatore cucina (Obn) Note Compiti specifici L’operatore alberghiero e dell’alimentazione (m/f), al termine del percorso formativo è capace di affron- tare i seguenti compiti: – realizzazione del processo di gestione di una prenotazione di un servizio offerto dall’azienda; – realizzazione dell’attività di scrittura delle lettere commerciali; Nuova Figura Professionale In riferimento alle caratteristiche dell’indirizzo (figura in uscita) sulla base di quanto specificato e rappresentato sinteticamente nelle precedenti tabelle di seguito si riporta lo schema riguardante i compiti specifici dell’Operatore alberghiero e del- l’alimentazione. Si precisa che il frutto di tale lavoro è il risultato di un processo attento di ana- lisi delle competenze caratterizzanti e descritte nelle comunità di riferimento per ciascuno degli indirizzi attivabili. 202 – utilizzazione di un sistema informatico di gestione alberghiera e di prenotazione aerea; – gestione delle scritture obbligatorie del settore alberghiero (schedine di notifica, libro arrivi e partenze, statistiche per gli enti turistici locali); – collaborazione nella preparazione della sala e nell’allestimento di buffet e banchetti, alle dipendenze dirette dello Chef de Rang o del Maître; – effettuazione, sempre alle dipendenze del responsabile di reparto, del servizio ai tavoli dei cibi e delle bevande alcoliche e non; – realizzazione del processo di utilizzazione, in parziale autonomia, e manutenzione delle attrezzature e degli utensili in dotazione; – realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; – preparazione e servizio, conoscendone i diversi stili, delle bevande tradizionali e delle bevande alco- liche, alle dipendenze del responsabile del bar; – gestione delle relazioni con la clientela e cooperazione con spirito cooperativo nella brigata di sala e con gli altri reparti; – identificazione e scelta degli ingredienti riconoscendone le principali caratteristiche merceologiche, alle dipendenze dirette del responsabile di reparto; – preparazione linea di cucina; – collaborazione nella pulizia, preparazione e cottura degli ingredienti e nella presentazione di pietanze; – utilizzazione delle attrezzature e degli utensili in dotazione al reparto, curandone la manutenzione or- dinaria; – realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; – facilitazione della relazione con i componenti della brigata di cucina e con gli altri reparti con spirito cooperativo. Collocazione organizzativa L’addetto ai servizi turistico-alberghieri è una figura polivalente che ha appreso delle competenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ricettiva alberghiera o extra alber- ghiera (villaggi, campeggi, ecc), oppure come addetto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Il qualificato potrebbe aspirare con le dovute competenze a divenire tecnico delle attività turistiche o a specializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubblico o privato (settore della consulenza). COMPITO/PRODOTTO Conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore, in confor- mità con il decreto legislativo n.151 del 27 giugno 2003, che prevede l’obbligatorietà di tale certificato dal 1 luglio 2004 per i minorenni che non sono in possesso della patente di guida A e della patente sotto categoria A1. La realizzazione di tale compito per il conseguimento del certificato di idoneità avviene attraverso lo svolgimento di 20 ore così ripartite: - 4 ore destinate alle norme di comportamento; - 6 ore destinate alla segnaletica e alle norme di circolazione; - 2 ore destinate all’educazione per il rispetto della legge; - 8 ore dedicate all’educazione alla convivenza civile. Lo svolgimento dei moduli come previsti dal Ministero sono da articolarsi attra- verso l’incontro con un rappresentante delle forze dell’ordine e un istruttore pratico di una scuola guida per sviluppare il connubio tra conoscenza delle re- gole di convivenza civile e pratica delle esercitazioni previste per il consegui- mento del certificato di idoneità. • Sperimentazione dell’Unita’ di Apprendimento: ‘patente per il motorino’ 203 OBIETTIVI FORMATIVI L’alunno è in grado di: – sviluppare coscienza al valore delle regole nella convivenza civile; – favorire il rispetto delle regole della vita sociale e istituzionale; – riconoscere il valore e l’utilità delle regole sociali; – stimolare negli allievi l’assunzione di comportamenti adeguati da utilizzare e mettere in pratica nelle varie situazioni della vita quotidiana; – sviluppare il concetto di tutela della propria sicurezza, della sicurezza altrui e dell’ambiente circostante. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO L’alunno è in grado di: – conoscere e rispettare le regole di comportamento stradale; – conoscere e rispettare la segnaletica stradale; – conoscere le norme del rispetto della legge; – conoscere le norme della convivenza civile e saperle applicare nel quoti- diano; – conoscere le pratiche burocratiche relative al possesso del motorino quali il bollo, l’assicurazione, la revisione ecc. DESTINATARI Allievi del primo anno del corso di formazione professionale della sperimenta- zione triennale denominato “operatore alberghiero e dell’alimentazione”. TEMPI DI SVOLGIMENTO La durata dell’UdA è prevista in 20 ore, da svolgersi nella seconda metà del- l’anno formativo in orario mattutino nell’iter curriculare quotidiano. SEQUENZA IN FASI ED ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA da parte del formatore. 2) Svolgimento del modulo sulle norme di comportamento. 3) Realizzazione del modulo sulla segnaletica e sulle norme di circolazione. 4) Svolgimento del modulo per il rispetto della legge. 5) Svolgimento del modulo sulla convivenza civile. 6) Presentazione dell’iter burocratico relativo al possesso di un motorino. 7) Incontro formativo con un rappresentante delle forze dell’ordine al fine di focalizzare l’attenzione sulle norme di comportamento civile e sociale. RISORSE UMANE Coordinatore: cura dell’aspetto relazionale e organizzativo dell’UdA, contatto pratico e formale con la scuola guida, il formatore pratico e il rappresentante delle Forza dell’Ordine. Tutor: organizzazione degli incontri degli allievi con i formatori, gestione dello svolgimento pratico dell’UdA, supporto pratico e elemento di congiunzione tra allievi e formatori impegnati nell’UdA Formatore abilitato a svolgere il corso: docente di autoscuola con compe- tenze derivate dalla realizzazione pratica di attività di educazione stradale Rappresentante delle Forse dell’Ordine MATERIALI – Manuali di pratica e teoria per il conseguimento della certificazione di ido- neità – Cartelloni illustrati con regole e segnaletica stradale – Quiz per il conseguimento dell’attestato La sperimentazione dell’UdA per il conseguimento della patente del motorino è stata accolta positivamente dall’Ente. Le conoscenze e le competenze valide per il conseguimento del certificato di idoneità sono quelle previste dal Ministero dell’Istruzione e gli argomenti trattati sono stati articolati in 20 ore di lezione in aula come previsto dallo stesso pro- gramma ministeriale. 204 La Direttrice dell’Ente, il Coordinatore e il Tutor del corso hanno elaborato la struttura modulare delle nozioni da sviluppare e hanno affrontato la “problematica” della scelta dei docenti. Si è parlato di “problematica” in quanto nel corpo docente dell’Ente manca una figura di riferimento per le aree tecnico-specifiche da trattare, tenuto conto che il CIFIR Sacro Costato svolge la sua azione formativa nell’area del turismo e dell’alimentazione. Si è dunque delineata l’esigenza di realizzare un partenariato con una scuola guida della zona, con la quale non sono emerse difficoltà, ci si è accordati sugli obiettivi, i contenuti e le modalità di realizzazione. Per quanto riguarda lo svolgimento pratico delle ore si è pensato di inserirle in orario mattutino, all’interno dell’ordinario orario scolastico per garantire la pre- senza dell’utenza. L’eventualità di svolgere le ore in orario pomeridiano ha sollevato qualche in- certezza, in quanto avrebbe gravato sul livello di attenzione dell’utenza e sicura- mente sulla loro stessa presenza. In merito all’utenza c’è da sottolineare che la possibilità di conseguire il paten- tino per il motorino 50 di cilindrata, non ha coinvolto l’intero gruppo classe in quanto molti di loro sono risultati essere più interessati all’acquisizione del paten- tino per il 125, essendo prossimi al raggiungimento del 18° anno di età. Comunque si è cercato di coinvolgere l’intero gruppo classe, anche perché lo svolgimento del- l’UdA sperimentale pone l’accento in modo decisivo sull’acquisizione delle norme di convivenza civile e sociale, di cui i ragazzi destinatari dell’obbligo formativo sono, nella maggioranza dei casi, carenti. Tale sperimentazione ha un gran valore educativo oltre che formativo vista la necessità di stimolare in ogni modo l’acquisizione delle regole sociali e dei valori quali l’onestà e il senso civile. È riportata di seguito la tabella oraria relativa alla realizzazione dell’UdA: 205 Le difficoltà organizzative a proposito dell’orario si sono rilevate, soprattutto nella modifica dell’orario dei docenti della scuola partner, ma sono state superate senza grandi problemi, vista soprattutto la valenza educativa della sperimentazione. La scelta di un rappresentante delle Forze dell’Ordine si è rilevata fondamen- tale non solo in quanto rappresentante dello Stato, ma in quanto figura che ha “im- pressionato” positivamente l’utenza essendo il simbolo di quella legalità a volte te- muta, a volte non conosciuta ma pur sempre ricercata. 206 CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK “LO STAGE” CORSO DI “OPERATORE ALBERGHIERO” Redatto dalle: dott.ssa Carolina Battista, coordinatrice – dott.ssa Maria Di Stratis, progettista Approvato da: Suor Teresina Dessupoiu – Direttore del C.F.P. Uso: Pubblico 207 LO STAGE Lo stage si qualifica come una fase del percorso formativo caratterizzata dall’arricchimento delle competenze acquisite. Attraverso lo stage le conoscenze teoriche si trasformano in competenze pratiche. Esso si propone non solo come mezzo per verificare direttamente determinate realtà esterne, ma anche come strumento alternativo per l’apprendimento, come stimolo per la comunicazione con il si- stema economico-produttivo. Attraverso lo stage, il discente entra in una organizzazione complessa, inte- ragisce con i diversi ruoli di un ambiente lavorativo (i suoi usi, linguaggi e valori relativi), sperimenta delle pratiche di lavoro. Ancora, lo stage è una esperienza formativa che non è solo addestramento , ma mira a “dare forma” a ciò che “forma non ha” , ovvero rappresenta un percorso in cui si fondono tre momenti salienti dell’a- zione educativa: istruire (ciò che mira al “saper”) formare ( che mira al “saper fare”), educare (che mira al “saper essere”) FINALITÀ Lo stage è funzionale all’acquisizione di capacità pratiche e relazionali volte al raggiungimento di una professionalità spendibile nel mondo del lavoro. OBIETTIVO Lo stage si propone i seguenti obiettivi: Obiettivi di tipo conoscitivo: processo formativo attraverso cui l’allievo comprende, direttamente nella realtà lavorativa concreta, il ruolo al quale viene formato grazie a momenti di osservazione di pro- cessi lavorativi particolarmente significativi ai fini dell’apprendimento. Obiettivi di tipo applicativo: processo formativo attraverso cui l’allievo sperimenta ed opera nella concreta realtà lavorativa il ruolo lavorativo al quale viene formato, tramite l’applicazione, la verifica ed il consolidamento di conoscenze, abilità ed atteggiamenti acquisiti durante l’attività formativa in aula. In generale, si vuole offrire agli allievi una esperienza personale e professionalizzante che tenga conto della propria personalità. RISULTATO Lo stage tende a: • accertamento dell’interesse dell’allievo nei confronti del profilo professionale di riferimento; • impegno e senso di responsabilità per l’impegno assunto; • interesse univoco verso le discipline di ordine pratico • Introduzione Il cfp descriva, facendo riferimento alla progettualità in corso, la visione e la missione entro cui è inserita l’esperienza di stage. L’interrogativo proposto di seguito richiama fortemente il carisma cui ogni cfp si ispira, nella quotidianità, per rispondere alle esigenze della gioventù. Cosa si intende offrire ai giovani dei percorsi di istruzione e formazione con l’esperienza di stage? Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. Seguendo lo schema utilizzato nel lavoro di gruppo proposto durante la forma- zione dei formatori, il cfp descriva le modalità operative attuali di gestione dello stage (definizioni, contenuti, gli obiettivi, le risorse coinvolte). 208 OBIETTIVI Lo stage intende: • Offrire agli allievi una esperienza personale e professionalizzate che tenga conto della propria personalità. Come lo si raggiunge? 1) Pianificazione della tempistica di realizzazione. 2) Individuazione e valutazione delle realtà offerte dal territorio. 3) Valutazione e analisi delle caratteristiche attitudinali e comportamentali di ciascun allievo. • Educare l’allievo alla convivenza civile e al rispetto delle regole Come lo si raggiunge? 1) Individuazione dei ruoli all’interno della realtà lavorativa. 2) Conoscenza, analisi e rispetto delle regole comportamentali. 3) Modulazione del rapporto interpersonale. • Favorire l’inserimento lavorativo del soggetto grazie al percorso formativo offerto Come lo si raggiunge? 1) Analisi della occupabilità offerta dal territorio. 2) Dialogo preventivo con il titolare dell’azienda. 3) Condivisione della mission formativa. • Offrire una multidimensionalità dell’esperienza affinché i soggetti possano scoprire le proprie inclinazioni professionali Come lo si raggiunge? 1) Individuazione delle diverse aree professionali. 2) Organizzazione della turnazione degli stagisti al fine di permettere una com- pleta conoscenza delle diverse aree professionali. I. Pianificazione dei forum infrastage a cadenza regolare. II. Revisione e rivalutazione dei criteri di turnazione al fine di favorire e garan- tire la giusta collocazione professionale. DISCIPLINE COINVOLTE Conoscenze di base: - Lingua italiana - Cultura storico sociale - Diritto del lavoro - Logica matematica - Economia di base Conoscenze tecnico-professionali: - Competenze teoriche specifiche - Pratica di laboratorio Conoscenze trasversali: - Sicurezza sul lavoro - Procedure relative alla qualità - Etica della persona e del lavoro LO STAGE 209 DOCENTI DELL’ISTITUTO SCOLASTICO STATALE PARTNERS COINVOLTI Conoscenze di base: - Lingua italiana - Cultura storico sociale - Logica matematica - Economia di base Conoscenze tecnico-professionali: - Competenze teoriche specifiche FORMATORI COINVOLTI Conoscenze di base: - Docente di Italiano e Storia - Docente di Matematica - Docente di Economia Conoscenze tecnico-professionali: - Docente di Competenze Teorico specifiche - Docente di Sala Bar - Docente di Laboratorio di Cucina - Docente di Laboratorio di Pasticceria Conoscenze trasversali: - Docente di Sicurezza sul lavoro - Docente di Etica della persona e del lavoro AZIENDE INTERESSATE Nella fase di stage sono state coinvolte le seguenti tipologie di aziende: - Ristoranti - Pizzerie - Laboratori Di Pasticceria - Grande Distribuzione Organizzata - Sala Bar DURATA La durata dello stage per l’intero triennio consta di 600 ore FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO: 100 ORE SECONDO ANNO: 200 ORE TERZO ANNO: 300 ORE METODOLOGIA Prima dell’avvio dell’attività di stage la Direttrice, il Coordinatore e il Tutor del corso si incontrano per stabilire le fasi di turnazione e i gruppi di lavoro che si integreranno nelle varie realtà lavorative. Tali gruppi sono definiti in base alle caratteristiche caratteriali e professionali dell’allievo. Per le attività di stage del primo e del secondo anno gli allievi entrano in contatto con tutte le realtà pro- duttive proposte, nella terza annualità si cerca di pianificare lo stage secondo le attitudini espresse e dimostrate dagli allievi. Gli stage si svolgono sulla base di apposite convenzioni stipulate tra l’Ente pro- motore e i datori di lavoro. Questo documento contiene le regole di svolgimento dello stage e definisce gli obblighi dei soggetti coinvolti. Alla convenzione è allegato un progetto formativo e di orientamento dove ven- gono esplicitate le modalità di svolgimento dello stage e il contenuto dello stesso in termini di apprendimento. Il progetto formativo si presenta chiaro nei suoi obiettivi e contenuti concreti ed è compilato dall’Ente promotore su proposta dell’azienda che attiva lo stage. 210 METODOLOGIA In particolare esso contiene: - gli obiettivi e le modalità di svolgimento dello stage; - il nome del tutor incaricato dal soggetto promotore e del responsabile azien- dale; - gli estremi identificativi delle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e la responsabilità civile; - la durata ed il periodo di svolgimento dello stage; - il settore aziendale di inserimento. Sono stipulate tante convenzioni quante sono le realtà interessate dall’attività di stage. In itinere il Tutor si occupa del monitoraggio dell’attività, si reca in visita presso le realtà e si confronta con i gestori dell’azienda. COMPETENZE DISCIPLINARI Le competenze da impiegare fanno capo a tutte le discipline del percorso forma- tivo. Nell’esperienza di stage si concretizzano trasversalmente tutte le discipline. COMPETENZE TECNOLOGICHE L’alunno è in grado di: - saper gestire e organizzare il posto mobile di lavoro in un team; - intervenire con consapevolezza nelle situazioni legate alla sicurezza personale; - utilizzare con responsabilità le attrezzature più semplici; - applicare le procedure di trasformazione e le tecniche di cottura degli alimenti; - conoscere gli elementi costitutivi di un menù; - distinguere gli alimenti e classificarli in base alla loro destinazione d’uso; - acquisire autonomia all’interno dello staff di settore, nella gestione del proprio ruolo e dei propri spazi; - utilizzare autonomamente le attrezzature e gli impianti nel rispetto delle norme igieniche e della prevenzione antinfortunistica; - conoscere la suddivisione degli alimenti per categorie in base alla loro natura e utilizzazione; - saper pianificare diverse tipologie di menù in ordine alle esigenze dell’utenza; - saper progettare e strutturare diverse tipologie di menù in relazione all’utenza, alle risorse umane, alle derrate alimentari, all’impiantistica; - conoscere l’analisi dei costi settoriali; - gestire correttamente l’approvvigionamento dei prodotti alimentari; - conoscere la normativa vigente relativa all’igiene alimentare; - applicare la normativa vigente relativa all’igiene alimentare e le modalità di at- tuazione di un piano di controllo dei punti critici e del rischio igienico; - progettare e strutturare diverse tipologie di menù in relazione all’utenza, alle risorse umane, alle derrate alimentari, all’impiantistica; - gestire correttamente l’approvvigionamento dei prodotti alimentari; - indossare la propria divisa nel rispetto dell’etica professionale; - mettere in funzione le macchine e le attrezzature in dotazione nei laboratori; - organizzare il proprio posto di lavoro; - realizzare la mise en place di un tavolo; - realizzare semplici preparazioni di caffetteria; - realizzare i principali tipi di servizio; - organizzare la prassi del servizio vini; - organizzare semplici bevande miscelate; - applicare ai diversi stili di servizio le tecniche principali della specificità di servizio; - realizzare ricette della cucina di base; - realizzare ricette della cucina regionale; - realizzare ricette di panificazione e pizzeria; - realizzare ricette della pasticceria; - preparare bevande miscelate; - intraprendere relazioni semplici con la clientela; 211 COMPETENZE TECNOLOGICHE - collaborare all’allestimento della sala ristorante secondo le tipologie di ser- vizio; - inserirsi attivamente nel lavoro d’équipe; - utilizzare la terminologia di settore; - curare l’igiene personale ed indossare correttamente la divisa; - ordinare in modo semplice i compiti assegnati; - distinguere i mezzi tecnologici ed il loro principale funzionamento nei settori operativi; - utilizzare in modo minimo il linguaggio tecnico e la simbologia usata nei re- parti; - usare il saluto e dare il benvenuto; - utilizzare i più elementari moduli e registri obbligatori in modo corretto; - ordinare adeguatamente i dati da registrare; - usare in modo semplice obbligatori; - utilizzare gli strumenti del Front-Office (PC, telefono, etc.); - impostare semplici lettere commerciali, cartoncini menu, dépliants, etc.; - utilizzare un programma di gestione alberghiera, della ristorazione i pacchetti applicativi più diffusi; - svolgere le operazioni relative al “ciclo cliente”; - curare la corrispondenza relativa al ricevimento. gli strumenti del Front-Office (PC, telefono, ecc.). - utilizzare correttamente la divisa e comportarsi in modo adeguato; - svolgere correttamente i compiti assegnati collaborando proficuamente con i settori di sala e cucina; - accogliere correttamente la clientela; - utilizzare esattamente i moduli e registri; - compilare e ordinare la modulistica di settore. CONTENUTI - Tecniche di cottura di alcuni alimenti e le relative procedure di lavorazione. - Norme igienico sanitarie relative alla persona, ai locali, ai macchinari ed agli utensili. - Figure e il relativo profilo professionale delle brigate di sala e di bar. - Reparti della struttura ristorativa, i macchinari e le attrezzature in dotazione. - Microlingua di settore (inglese- francese). - Principi di una corretta alimentazione. - La gastronomia e i piatti tipici. - Le principali tecniche di manipolazione in cucina. - Ricette di prodotti da forno. - Ricette di prodotti di pasticceria. - Ricette di antipasti, primi secondi. - Ricette della cucina regionale. - Tecniche di presentazione dei piatti. - Tecniche e servizi di una sala bar. - Ricette e metodi di panificazione. - La classificazione enologica, le zone DOC e DOCG e le principali tipologie di denominazioni protette. - Mezzi tecnologici utilizzati nel settore. - Linguaggio di settore. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Lo strumento di monitoraggio per lo stage è rappresentato dal Libretto di Stage, a cura del tutor formativo, nel quale è data indicazione precisa e dettagliata del programma di stage sostenuto dagli allievi in ciascuna delle realtà ospitanti. Per ciascuna realtà è individuato un tutor aziendale interno alla struttura ospi- tante, ma, al fine di garantire continuità didattica e maggiore integrazione lavo- rativa e sociale degli allievi, è garantita la compresenza del tutor formativo e del tutor aziendale per l’intero periodo di stage. 212 MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Questo perché il tutor formativo si configura come figura essenziale di riferi- mento per il gruppo classe. Al termine dell’attività frontale e di stage ciascun allievo ha acquisito elementi conoscitivi, abilità operative e capacità necessarie per presidiare in modo otti- male il ruolo professionale assegnatogli nelle varie realtà ospitanti. Molto utili ai fini della verifica e valutazione dell’attività di stage sono le schede di soddisfazione, in cui gli allievi sono chiamati ad esprimere giudizi in scala da 1 a 4 su alcuni item, tra cui i seguenti: interesse per l’attività, relazioni sul luogo di lavoro, grado di integrazione, capacità esecutive, valutazione sull’allievo, uti- lità per l’azienda. Si chiede un giudizio personale sull’azienda ospitante e un pa- rere critico, in modo tale da correggere eventuali comportamenti inadeguati da parte dell’allievo e verificare se vi siano delle mancanze da parte dell’azienda ospitante. In fase finale il tutor formativo stila una relazione nella quale riassume tutte le fasi di sviluppo dell’attività, dall’organizzazione iniziale alle attività svolte gior- nalmente dal singolo allievo. La relazione si completa con un quadro sintetico relativo alle presenze e alle assenze di ogni allievo. FINALITÀ Lo stage intende: - offrire la possibilità di acquisire professionalità e sicurezza spendibile in am- bito lavorativo; - offrire la possibilità di scegliere e orientare il proprio cammino di vita. DISCIPLINE COINVOLTE In questo processo sono coinvolte tutte le discipline: di base, trasversali e pro- fessionali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Allo stesso modo sono coinvolti tutti i formatori, tra cui anche coloro che appar- tengono alla scuola statale partner del progetto corso. AZIENDE INTERESSATE Le migliori aziende del territorio per la prima e la seconda annualità. Per il terzo anno sarebbe interessante coinvolgere le grandi aziende a livello nazionale o in- ternazionale DURATA Le 600 ore totali sono ben distribuite ed equilibrate nel percorso didattico. FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Allo stato attuale il nostro Ente ha sperimentato lo stage in itinere, secondo cui gli allievi sono impegnati nelle aziende 2 o 3 giornate alla settimana. Al fine di potenziare e personalizzare il percorso formativo si potrebbe ipotiz- zare uno stage in fase finale solo per la terza annualità, in modo da favorire una maggiormente integrazione professionale dell’allievo ai fini di innalzare le pro- babilità di occupabilità. METAVALUTAZIONE SULLO STAGE Dopo aver analizzato con le persone che compongono il tuo gruppo di lavoro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel tuo Cfp, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise – dovrai potenziare le procedure e i processi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 213 METODOLOGIA La turnazione si è rivelata molto valida per offrire agli allievi la possibilità di vagliare le proprie attitudini nelle varie realtà. Anche in questo caso, si potrebbe pensare ad una soluzione diversa per la terza annualità. Nei primi due anni gli allievi devono comprendere e stabilizzare le proprie attitu- dini professionali, al terzo anno possono concentrarsi sul settore scelto e impe- gnarsi ai fini di garantirsi una probabile integrazione professionale e lavorativa. COMPETENZE DISCIPLINARI Grande importanza è attribuita alle discipline laboratoriali, ma non bisogna mai dimenticare che le materie di base sono fondamentali ai fini di una buona pre- sentazione e un buon servizio in ambito lavorativo. COMPETENZE TECNOLOGICHE L’informatica si configura essenziale per l’eventuale gestione di archivi o pro- grammi specifici in ambiente di lavoro. CONTENUTI Potenziamento delle discipline laboratoriali MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Libretto di stage, diario di stage e relazione finale sono ottimi strumenti di mo- nitoraggio. Si potrebbe integrare la strumentazione valutativa con l’attivazione di forum in- frastage , all’interno dei quali si possono discutere, nonché approfondire, le di- namiche lavorative e le eventuali problematicità caratteriali o professionali. I forum potrebbero essere un ottimo metodo per guidare e monitorare lo svolgi- mento dello stage. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) Tutti i risultati ottenuti dalle varie strumentazioni didattiche possono essere ana- lizzati e riportati in tabelle per realizzare dei grafici da cui si potrebbe evincere immediatamente l’andamento dell’iter formativo. • Il racconto testimoniale della seconda esperienza di stage Nei giorni 17 e 25 novembre 2006 il CIFIR Sacro Costato di Taranto ha ospi- tato due giornate di formazione tenute dalle dott.sse Cristina Baldi e Maria Pia Lo- caputo – formatori del Cnos Fap Regione Puglia sede di Bari-, sull’argomento “stage”. Alle due giornate era presente tutto lo staff formativo del CIFIR di Taranto, tra cui la Direttrice, la progettista, le coordinatrici e tutte le tutor operanti sui corsi. Alla luce della modellizzazione CNOS è stato interessante confrontarsi sulle varie esperienze e le diverse problematicità. Sono state prese in analisi tutte le strumentazioni e le metodologie di valuta- zione relative all’attività di stage. Nel corso del Progetto Integrazione sono state distribuite le linee guida del CNOS, lette e studiate da noi formatori al fine di migliorare l’ offerta formativa. Nell’arco dei 3 anni del Progetto Integrazione abbiamo cercato di utilizzare al meglio l’esperienza acquisita e le strumentazioni condivise. Agli esordi, il percorso di stage veniva seguito personalmente dalla tutor del corso che si preoccupava di controllare le presenze e verificarne l’impegno, sti- 214 lando una unica relazione finale. Alla luce delle linee guida abbiamo trovato lo spunto per adottare nuovi stru- menti e per sperimentarli ai fini del monitoraggio dell’attività. Lo staff direttivo ha studiato e analizzato i contenuti delle linee guida e, alcuni strumenti, come il libret- to di stage, sono stati adottati e profusi ai tutor, adattandoli alle nuove esigenze. Le due giornate di formazione con i formatori del Cnos Fap Regione Puglia sede di Bari, hanno fornito stimoli non solo per l’adozione di nuovi strumenti im- mediatamente accolti, ma anche per la conoscenza di nuovi elementi con cui inte- grare le nostre attività: i forum infrastage. I gruppi di lavoro formati in questa occasione hanno condiviso la finalità degli incontri, attraverso i quali si possono subito riscontrare eventuali malesseri o argi- nare eccessivo entusiasmo non costruttivo. Il gruppo dei formatori si è riproposto di realizzare la programmazione futura dello stage tenendo conto dei forum di discussione, come parentesi settimanale al- l’interno del percorso formativo. Giornate di formazione come queste hanno favorito il consolidamento del gruppo di lavoro. La prima volta il nostro Ente ha potuto ospitare le giornate di for- mazione in sede, avendo la possibilità di aprire queste giornate a tutti i tutor e ad alcuni docenti interessati. Ai precedenti work-shop ha partecipato solo il gruppo di monitoraggio del CIFIR di Taranto, formato dalla Direttrice, dalle Coordinatrici e dalla Progettista. La condivisione allargata ha permesso di creare un gruppo di la- voro ben affiatato: per la prima volta docenti, tutor e coordinatori hanno argomen- tato e condiviso idee sulla programmazione e sullo svolgimento dello stage. Tale lavoro di equipe si è rivelato fondamentale affinché tutti i formatori con- dividessero le medesime finalità. Valutazioni ed eventuali Alla luce di quanto detto e delle esperienze fatte all’interno del Progetto Inte- grazione 2003 si può affermare con certezza che il gruppo dei formatori del CIFIR di Taranto si è arricchito dal punto di vista professionale e culturale. Il Progetto è stato da noi accolto con grande entusiasmo ed interesse, l’esperienza fatta ci ha arricchito non solo sul piano metodologico ma anche su quello legislativo. La conoscenza delle leggi e dei decreti che gestiscono e guidano i nostri per- corsi e le nostre attività ci ha aiutati ad avere un quadro completo nel campo della formazione professionale. Lo stage è sostanziale per una buona riuscita del percorso formativo e, monito- rarlo nel migliore dei modi attraverso strumentazioni innovative e condivise, favo- rirebbe la buona riuscita dell’esperienza. Non bisogna dimenticare che al centro di ogni processo formativo c’è sempre l’allievo con le sue problematiche e le sue richieste. Il nostro compito, in qualità di 215 formatori, è quello di aiutare e sollecitare l’integrazione sociale e culturale dell’al- lievo e, traguardo fondamentale per noi, l’inserimento occupazionale. Ci si augura che tale tipo di formazione possa essere nuovamente sperimentata e messa a regime; ciò consentirebbe a noi formatori di creare forum di scambio cul- turale e metodologici per la crescita personale e professionale dell’Ente. 216 5. CNOS FAP Regione Puglia (Bari e Cerignola) PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI IMPIANTI “INSTALLATORE/MANUTENTORE DI ELETTRICI E DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE” N.B. I CFP del Cnos Fap avendo esperienze assimilabili, e una progettazione unica e un esiguo numero di partecipanti alla formazione hanno scelto di realiz- zare insieme i Project Work previsti dal percorso di formazione dei formatori. Per questo motivo, di seguito viene illustrato il materiale prodotto unitamente dai due centri. Redatto da: Nicola Barile, formatore; Domenico Campanella, formatore; Nicola Paparella, formatore, don Rino Roca, direttore CFP Cerignola Approvato da: dott. Luigi Cannillo – Direttore del CNOS FAP Regione Puglia Uso: Pubblico 217 Denominazione iniziale del percorso di qualificazione OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO Compiti caratteristici della comunità professionale (livello di qualificazione) L’operatore elettrico ed elettronico è una figura polivalente in grado di effet- tuare assemblaggi, installazioni e riparazioni di apparecchiature e sistemi elettrici ed elettronici di media complessità. All’operatore elettrico ed elettronico è richiesto di saper svolgere i seguenti compiti: 1) Lettura e interpretazione di schemi elettrici ed elettronici • Introduzione Il consiglio dei formatori del corso inserito nel “Progetto Integrazione 2003” ha espresso viva soddisfazione per l’iniziativa che consente di attivare un confronto e uno scambio attivo tra i CFP del nostro territorio - locale e regionale - al fine di condividere e crescere nella creazione di “buone pratiche” nella gestione della formazione professionale iniziale, anche alla luce delle recenti riforme in atto con la creazione, ad opera della Riforma Moratti, dell’”unico” Sistema di istruzione e formazione professionale. In particolare, l’esperienza di condivisione appare importante al fine della comprensione di alcuni nodi centrali e problematici insiti nella riforma stessa quali: personalizzazione dei percorsi e centralità del concetto di competenza; didattica per unità di apprendimento; integrazione scuola-CFP; certificazione delle competenze e riconoscimento dei crediti; portfolio delle competenze; alternanza scuola-lavoro; coinvolgimento e “corresponsabilità” delle famiglie; ecc. Questi alcuni dei temi che ci interrogano maggiormente e ci motivano ulterior- mente alla collaborazione e al confronto. Il lavoro intrapreso ci ha portato preliminarmente a interrogarci sul profilo pro- fessionale interessato dal progetto ovvero l’installatore/manutentore di impianti elettrici e di automazione industriale nonché sulla comunità professionale di appar- tenenza e sull’impatto occupazionale che la stessa ha sul territorio della provincia di Bari e di Foggia. In un momento successivo abbiamo lavorato alla sperimentazione della Unità di Apprendimento proposta: cioè quella relativa al conseguimento della certifica- zione per la guida dei ciclomotori (patentino). Alcuni formatori hanno provato anche a progettare UdA più specifiche per il settore dell’automazione industriale che sperimenteremo più avanti nel corso della terza annualità del progetto. • Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La denominazione del profilo professionale interessato dal “Progetto Integra- zione 2003” avviso n. 8/2003 “Installatore/Manutentore di impianti elettrici e di au- tomazione industriale” rappresenta una figura professionale che appartiene alla co- munità professionale “Operatore elettrico ed elettronico”. 218 Denominazione iniziale del percorso di qualificazione OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO Compiti caratteristici della comunità professionale (livello di qualificazione) 2) Esecuzione di impianti elettrici/elettronici nel rispetto della normative e della legislazioni vigenti di settore; 3) Verifica di impianti e apparecchiature con l’ausilio di strumentazione adeguata; 4) Esecuzione delle lavorazioni meccaniche richieste dalla figura profes- sionale; 5) Organizzazione e gestione del piano di lavoro; 6) Ricerca e recupero di eventuali anomalie; 7) Manutenzione ordinaria degli impianti e apparecchi elettrici ed elettro- nici; 8) Registrazione dei dati tecnici relativi al processo lavorativo e ai risul- tati; 9) Utilizzo dei materiali e della componentistica elettrica ed elettronica al fine di effettuare scelte corrette in fase di dimensionamento e di instal- lazione; 10) Applicazione dei concetti fondamentali dell’elettrotecnica e delle meto- dologie d’impiego degli strumenti per la verifica dei circuiti elettrici ed elettronici; 11) Rispetto delle norme di prevenzione infortuni e sicurezza nel lavoro (Dlg 626/94); 12) Inserimento consapevole e responsabile nell’ambiente di lavoro in rife- rimento agli aspetti economici, organizzativi, sindacali, contrattuali, ecc. 13) Uso dei mezzi informatici per la scelta della componentistica tramite cataloghi in formato elettronico e per l’esecuzione dei disegni (Appli- cativi CAD). Figure professionali previste 8) Installatore manutentore impianti civili e industriali 9) Installatore manutentore impianti di automazione industriale 10) Installatore manutentore di sistemi elettronici 11) Assemblatore, manutentore di personal computer e installatore di reti locali Continuità (diploma di formazione) 1) Tecnico elettrico 2) Tecnico elettronico 3) Tecnico informatico In particolare, rispetto alle figure professionali previste nella comunità profes- sionale elaborata dalle guide, il nostro progetto puntava a creare una figura profes- sionale che inglobasse le competenze dell’installatore/manutentore di impianti elet- trici civili e industriali e quelle dell’installatore/manutentore di impianti di automa- zione industriale. Chiaramente stiamo parlando di qualifica di base e non di carattere speciali- stico, anche se la capacità di impegnarsi e di apprendere dei ragazzi spesso può me- ravigliare e possono sorprendere i risultati che si possono raggiungere anche con il tipo di utenza che generalmente “popola” i nostri CFP. Per questo motivo, in vista della realizzazione di percorsi triennali di forma- zione si è pensato di realizzare una figura professionale più completa, competente 219 nell’impiantistica civile e industriale oltre che, nell’automazione industriale. Come illustrato nel nostro progetto, l’installatore/manutentore di impianti elet- trici e di automazione industriale offre un livello medio di polifunzionalità ed è in grado di: – effettuare l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei se- gnali, ecc; – effettuare l’installazione/manutenzione di impianti industriali; – effettuare l’installazione/manutenzione di impianti per l’automazione indu- striale con varie tipologie di comando e controllo dei motori, con compe- tenza nella cablatura dei quadri elettrici industriali, realizzati in logica ca- blata e con l’utilizzo dei PLC; – operare in relazione con altre professionalità quali i progettisti, i tecnici, i programmatori di PLC, i fornitori, gli installatori termoidraulici, i muratori; In termini di Saper fare (capacità e abilità operative) l’installatore/manutentore di impianti elettrici e di automazione industriale è in grado di: – realizzare la serie di impianti elettrici ed elettronici fondamentali, a partire dagli schemi, usando correttamente l’attrezzatura e manipolando adeguata- mente materiali e componenti; – realizzare l’impianto elettrico di un ambiente e di una abitazione civile sulla base degli schemi funzionale e costruttivo; – effettuare operazioni di verifica funzionale e di misura delle grandezze in gioco; – realizzare gli impianti elettrici ed elettronici di segnalazione e con l’uso di relè, in bassa tensione, presenti nei locali dell’abitazione civile in base al di- segno e a specifiche tecniche; – effettuare operazione di misura e controllo delle diverse tensioni presenti. – realizzare impianti citofonici e videocitofonici presenti nei locali civili e nel terziario sulla base di fogli di istruzione e di schemi elettrici; – effettuare operazioni di verifica funzionale e diagnosticare il guasto even- tuale. – realizzare l’impianto elettrico, di una abitazione civile, utilizzando l’attrezzatura, i materiali e le apparecchiature elettriche ed elettroniche sulla base di schemi funzionali e unifilari; – effettuare operazioni di verifica funzionale e di misura delle grandezze in gioco; – realizzare, in base a schemi, impianti elettrici industriali di telecomando per motori asincroni trifase, con fine corsa, interruttori di prossimità, timer; ef- fettuarne il collaudo funzionale, la ricerca dei guasti ed il ripristino delle anomalie; 220 – eseguire semplici impianti pneumatici ed elettropneumatici e provvedere alla loro manutenzione; – eseguire controlli generici su azionatori, attraverso logica elettromeccanica; • controlli di potenza, in ordini alle esecuzioni; • una programmazione di processo; • collegamenti e programmazioni su sistemi PC-PLC – eseguire controlli di produzione; • controlli sequenziali con PC-PLC; • controlli su struttura pluriasse a definizione cartesiana; • montaggio di stazione di pilotaggio e controllo; – eseguire le operazioni varie, in piena consapevolezza delle normative vi- genti; – effettuare le semplici operazioni meccaniche al banco o al trapano, richieste per l’esecuzione degli impianti elettrici, interpretare i disegni di particolari meccanici. • Caratterizzare le tipologie di aziende presenti nella regione puglia ed in par- ticolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le sperimen- tazioni La progettazione della “figura professionale” parte dall’analisi dei fabbisogni di professionalità del contesto economico-produttivo locale (a breve e medio termine), attraverso strumenti e con modalità particolari, che vanno dall’esame di fonti stati- stiche (Istat, Excelsior, Isfol, Ministero del Lavoro, Assoindustria, Ipres, Camera di Commercio) alla valutazione dei risultati di indagini specifiche (CNOS FAP Nazio- nale, Università Pontificia Salesiana Dipartimento Statistica-Pedagogia-Sociologia del Lavoro, Cospes, Ipres Puglia, POR Puglia 2000-2006 Pag. 5 Sistemi della Puglia Centrale, consorzio ASI, API, Libro Bianco della Commissione Europea Direzione Generale XXII “Insegnare e apprendere: verso la società conoscitiva”). È fondamentale evidenziare che già dalla fase di rilevazione dei fabbisogni professionali sono state effettuate, dimostrando grande validità ed efficacia, forme di interazione strutturate prioritariamente tra i soggetti coinvolti nella progettazione del percorso formativo: in particolare cfp Cnos-Fap/Sistema delle Imprese. Le azioni di indagine sul fabbisogno professionale effettuate nel territorio han- no coinvolto direttamente circa 150 (centocinquanta) aziende appartenenti: • al territorio di Bari, Modugno, Bitonto, Bisceglie e Molfetta, oltre che di Foggia; • alla classe dimensionale di 6-40 addetti; • ai settori di attività meccanico, elettrico ed elettronico. Le figure professionali tipo individuate nel corso dell’indagine sono: • Operatore su macchine utensili a Controllo Numerico; • Installatore/manutentore di impianti elettrici di automazione industriale; 221 222 • Operatore al banco con l’ausilio di macchine utensili; • Operatore alle macchine utensili; • Disegnatore con sistemi CAD-CAM; • Installatore/manutentore elettricista civile ed industriale; • Manutentore programmatore di impianti con PLC; • Saldatore Tali figure rispondono alla effettiva domanda delle imprese. È noto che le imprese metalmeccaniche con l’introduzione dell’automazione segnalano notevoli difficoltà nel reperimento di figure professionali specializzate. Il CNOS FAP non è in grado di soddisfare la continua richiesta delle imprese in quanto gli allievi che hanno conseguito una rispondente ed adeguata qualifica professionale sono attualmente già tutti occupati. Ipotesi di implementazione delle competenze della figura professionale Nella tabella che segue in corsivo sono evidenziate le integrazioni – in termini di compiti – ritenute necessarie per il completamento delle competenze della figura professionale in uscita. 2. FIGURA PROFESSIONALE INSTALLATORE MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE DENOMINAZIONI EQUIVALENTI Installatore e riparatore di apparati elettromeccanici; operatore elettronico industriale; montatore e ma- nutentore di sistemi di comando e controllo; manutentore e programmatore di impianti con PLC; monta- tore e manutentore di sistemi di automazione industriale. Manutentore elettro-elettronico e di sistemi di automazione; manutentore impianti e utenze elettro-elet- troniche (Obn) COMPITI SPECIFICI L’installatore manutentore di impianti di automazione industriale (m/f) è una figura professionale in grado di svolgere una varietà di compiti e rivestire ruoli differenti: 1) Lettura e interpretazione di disegni di schemi elettrici funzionali, multifilari e a blocchi; 2) Lettura e interpretazione di disegni di schemi di circuiti elettronici, schemi a blocchi di circuiti digi- tali; 3) Lettura e interpretazione di disegni di schemi di azionamenti pneumatici e/o elettropneumatici oleo- dimanici; 4) Leggere e interpretare il principio di funzionamento del TRASFORMATORE mono e trifase e del M.A.T. per gli azionamenti in ambito produttivo e non; 5) Realizzazione, su uno schema elettrico fornito, del cablaggio e messa in opera di un quadro di co- mando per avviamento/inversione M.A.T. con segnalazione acustica e luminosa e le relative prote- zioni: magnetotermica, termica, differenziale; 6) Verifica della funzionalità e ottimizzazione del quadro realizzato, relazionando su eventuali anomalie che potrebbero presentarsi in relazione a eventi produttivi; 7) Lettura e interpretazione di uno schema per il comando e un limitato controllo di più azionamenti mediante MAT con modalità funzionali differenti: Stella-triangolo, commutazione di polarità, inver- sione di marcia, avviamento con autotrasformatori, avviamento di MAT con resistenze rotoriche; 223 8) Esecuzione delle varie attività circa gli azionamenti, attraverso realizzazioni circuitali singole e/o composite con realizzazione di circuiti di comando e potenza, nonché controlli delle variabili elet- triche attraveso strumentazioni opportune (Voltmetri, ampermetri, cosfimetri, varmetri, ecc…); 9) Realizzazione di controlli per: mancanza di fase, mancanza di alimentazione per intervento di una protezione, sovraccarico, azionamenti paralleli in caso di totale blakout (simulazione di un’assenza completa di alimentazione esterna con shift automatico su una linea secondaria); 10) Lettura e comprensione dei linguaggi di programmazione dei controllori programmabili nelle mo- dalità KOP, AWL, FUP (per PLC SIEMENS), LADDER, MNEMONICO, e A BLOCCHI (per PLC OMRON); 11) Lettura e interpretazione di diagrammi di flusso che conseguono un’attività di programmazione; 12) Trasduzione di schemi elettromeccanici delle esercitazioni più complete e complesse realizzate con logica elettromeccanica (cablata) in linguaggi di programmazione e editing successivo; 13) Comparazione operativa e funzionale delle realizzazioni attraverso valutazione dei tempi e delle modalità operative; 14) Installazione di Controllori programmabili all’interno di un quadro di comando per l’azionamento indiretto di una movimentazione semplice utilizzando attuatori elettromeccanici per il governo di si- stemi elettrici (MAT) e pneumatici/oleodinamici; 15) Programmazione di una EEPROM e allocazione all’interno della CPU del PLC montato e cablato all’interno di un semplice quadro di comando (di cui sopra); 16) Controllo della velocità di un MAT attraverso encoder opportunamento programmato; 17) Installazione di inverter per la regolazione di velocità di MAT; 18) Controllo della velocità di un motore elettrico alimentato a corrente continua; 19) Controllo della velocità e degli step di azionatori vari; 20) Programmazione OFF/ON LINE di strazione di PC-PLC, opportunamente montata per la movimen- tazione di un processo che si orienta secondo le coordinate cartesiane ortogonali che realizzi il ca- rico e scarico di un prodotto non opportunamente precisato; 21) Realizzazione di una programmazione di processo che realizza la movimentazione su di un sistema pluriasse ad azionamento misto pneumatico elettrico per la gestione di un processo produttivo, dove si distinguono le fasi operative e si completa la gestione produttiva con lo scarico e la successiva transfert in continuità; 22) Realizzazione, in completamento di controlli e recuperi di eventuali anomalie, attraverso la pro- grammazione di routine di gestione; 23) Esecuzione di varie operatività inerenti il controllo totale di un processo attraverso l’utilizzo di pro- grammazioni che consentono il controllo della posizione (Time uot) e della funzionalità dei canali di I/O del PLC (confronto matematico in esadecimali); 24) Ottimizzazione del processo attraverso la visualizzazione delle scansioni operative del programma ed eventuali variazioni on line realizzate attraverso la rete di gestione PC-PLC; 25) Utilizzazione ottimale dei software specifici (CX Programmer e Simantec) per le gestioni di cui trat- tasi; 26) Applicazione dei tutti i riferimenti normativi (ISO 9000…) 27) Esecuzione delle verifiche, controlli e misure riguardanti gli attuatori, trasduttori, i quadri di co- mando e controllo e le interfacce di vari sistemi; 28) Manutenzione ordinaria e straordinaria di quanto realizzato, attraverso riferimenti normativi e/o antinfortunistici che garantiscano il recupero delle anomalie nello standard normativo riferito al- l’efficienza; 29) Lettura e comprensione delle norme di installazione e d’uso degli attuatori elettrici ed elettronici, dei rivelatori e dei componenti, al fine di sostituirli con altri caratterizzati da analoghe prestazioni; 30) Conoscenza dei sistemi di comando, controllo per l’attuazione di macchine operatrici e dei loro cicli operativi e tecnologici; 31) Uso dei mezzi informatici per l’esecuzione dei disegni tecnici; 32) Consultazione di manuali tecnici per il corretto impiego della componentistica. COLLOCAZIONE ORGANIZZATIVA Trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole-medie e grandi imprese che operano: • Nel settore della quadristica per impianti industriali • Nel settore dell’equipaggiamento elettrico a bordo macchina delle macchine operatrici • Nel settore della progettazione e della programmazione del PLC • Negli ambiti manutentivi di grosse aziende (multinazionali) • In aziende specifiche per servizi manutentivi PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “STAGE ” CORSO DI “INSTALLATORE/MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI E DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE” Redatto da: Nicola Barile, formatore; Domenico Campanella, formatore; Nicola Paparella, formatore, don Rino Roca, direttore Cfp Cerignola Approvato da: Luigi Cannillo – Direttore del CNOS FAP Regione Puglia Uso: Pubblico 224 • Introduzione Il lavoro di approfondimento della tematica relativa alla gestione dello Stage nei percorsi di formazione iniziale in diritto – dovere ha consentito di definire ulte- riormente lo stage quale nucleo portante del percorso formativo che si basa sul- l’inserimento in un contesto di lavoro come principale risorsa per favorire l’apprendimento di nuove capacità professionali o per orientare le scelte di carriera. L’esperienza di stage, di inserimento in aziende per mettere alla prova le com- petenze acquisite in laboratorio e in classe costituisce una delle modalità didattico- formative centrali dell’azione pedagogica nello stile di Don Bosco, il nostro santo fondatore. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage Per i formatori del CNOS FAP sede di Bari e di Cerignola, l’esperienza di stage costituisce la principale leva del cambiamento, la risorsa strategica su cui puntare per l’organizzazione, la gestione e la valutazione di percorsi formativi di qualità. L’esperienza reale può assolvere due funzioni essenziali: • favorire l’incremento delle capacità e delle competenze richieste da una de- terminata figura professionale; • verificare in che misura gli apprendimenti sono stati interiorizzati. Oltre a rappresentare il momento di apprendimento delle specifiche capacità di ruolo, l’inserimento in azienda assume anche una funzione dimostrativa e di certifi- cazione delle nuove acquisizioni. In questo senso lo stage può essere definito come una prova professionale ba- sata sulla messa in opera da parte dell’allievo delle risorse apprese (saperi, abi- lità, capacità personali), con lo scopo di dimostrare l’acquisizione di una determi- nata competenza nell’esercizio di una specifica attività lavorativa, per la cui vali- dazione è indispensabile il giudizio positivo di un soggetto terzo: l’impresa. L’approfondimento del livello esistente della pratica di stage ha messo in luce le finalità dello stage: – verificare se le competenze maturate (anche in termini di apporto tecnolo- gico conseguito) sia rispondente alle esigenze delle aziende e del settore (di- vario di competenza) – verificare la capacità di gestire la propria professionalità all’interno dell’a- zienda – verificare che l’intera fase esperienziale sia la verifica sostanziale del rag- giungimento degli obiettivi professionali indicati dal profilo di riferimento – verificare se c’è corrispondenza tra tecnologia che produce (aziende) e tec- nologia che forma – creare un collegamento col mondo del lavoro al fine di favorire l’inserimento degli allievi all’interno delle aziende 225 AZIENDE INTERESSATE Le aziende interessate e coinvolte nell’azione di stage sono quelle del settore economico di riferimento, ovvero aziende del territorio di Bari che si occupano di impiantistica elettrica civile e industriale, oltre che di automazione indu- striale DURATA Stage orientativo: 100 Stage formativo: 350 Stage di preinserimento: 150 – favorire un’esperienza di apprendimento – coinvolgere e sensibilizzare le aziende nella formazione (creare “cultura” della formazione) In termini di obiettivi formativi, lo stage, a seconda della sua collocazione nel percorso formativo deve rendere il giovane in grado di: Stage iniziale – riconoscere le tipologie di aziende del settore professionale di riferimento – consolidare la scelta formativa effettuata Stage formativo – familiarizzare con gli addetti dell’azienda al fine di favorire la comunica- zione e l’integrazione delle risorse; – affiancarsi operativamente al ruolo di riferimento verificando anche le com- petenze acquisite – discutere con gli addetti dell’azienda su alcune specifiche tecnologiche e normative – relazionarsi con i diretti preposti al fine di arricchirne la propria base opera- tiva – far sintesi degli aspetti multidisciplinari acquisiti e applicarli nell’ambito dell’esperienza – relazionare sulle positività dell’intera fase esperienziale. Stage di pre-inserimento – lavorare in autonomia limitatamente alle esigenze dell’azienda; – relazionarsi con i responsabili di settore o di area dell’azienda al fine di indi- care eventuali miglioramenti della fase produttiva; – comprendere in definitiva il ruolo operativo all’interno dell’azienda e trac- ciarne un percorso in caso di eventuale inserimento lavorativo all’interno della stessa. In ordine alle discipline e ai docenti delle istituzioni scolastiche partner coin- volti nell’azione di stage, si evidenzia la difficoltà di coinvolgere questi ultimi nella gestione operativa dell’esperienza anche se tutte le discipline previste nel progetto sono coinvolte nell’azione. Diversamente, i formatori del CFP sono tutti sostanzialmente coinvolti nell’a- zione di stage insieme al tutor del corso. 226 FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Stage orientativo: 30 ore impiantistica civile 40 ore impiantistica industriale 30 ore automazione industriale Visite e affiancamento in osservazione della durata di 6 ore circa; Stage formativo: al termine del secondo anno anche secondo le esigenze organizzative del CFP con giornate della durata di 6 ore Stage preinserimento: al termine del terzo anno con un orario giornaliero di 8 ore METODOLOGIA Si concorda sempre con l’azienda quello che i ragazzi “andranno a fare” in azienda Circa la metodologia essa di articola in una prima fase di affiancamento in os- servazione, per poi progressivamente caratterizzarsi per un maggiore presidio del ruolo fino alla piena autonomia Nello stage orientativo c’è un rotazione tra le aziende COMPETENZE DISCIPLINARI Comunicare in lingua italiana corretta Scrivere in modo corretto Conoscere le specifiche di base delle discipline scientifiche (matematica, am- biente) Conoscere la normativa in materia di sicurezza sul posto di lavoro COMPETENZE TECNOLOGICHE Conoscere gli aspetti fondamentali delle tecnologie e le relazioni con l’attività operativa; Possedere manualità e alcuni aspetti che riguardano la progettualità operativa CONTENUTI Di carattere tecnico operativo MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Valutazione al termine degli affiancamenti Inquadramenti operativi all’interno dell’azienda Valutazione dell’occupabilità Osservazione diretta e questionari di valutazione RISULTATI CONSEGUITI – interazione attiva con l’ambiente lavorativo – conoscenza del mercato del lavoro del settore – apprendimento di nuove competenze operative in situazione L’analisi del livello esistente di gestione dello stage e il confronto con il mo- dello teorico a cui i CFP CNOS FAP della Regione Puglia già si ispirano ha con- sentito di mettere in luce alcune incongruenze tra quello che si progetta e in cui si crede e la concreta attuazione del modello. In particolare, il gruppo dei formatori coinvolti nell’azione progettuale ha ap- profondito gli strumenti di gestione dello stage prestando molta attenzione al diario di stage e alle rubriche di valutazione relative allo stesso. Per effetto della riflessione e del lavoro di gruppo, sono stati adattati gli stru- menti offerti dalla sede Nazionale del CNOS alle concrete esigenze dei nostri CPF e delle aziende del territorio pugliese. 227 6. EPCPEP di Ostuni CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE DI OSTUNI Via Ludovico Pepe, 27 - 72017 Ostuni (Br) Tel./Fax 0831 336643 - e-mail: ostunicfp@libero.it PROGETTO “OFS PUGLIA 2003” OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” RELAZIONE 1° PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE: “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “Addetto alle strutture turistiche alberghiere” Redatto da: Giovanni Enzo Nacci Approvato da: Francesco CUCCI Uso: Pubblico 228 • Introduzione Il Progetto Integrazione OFS “ADDETTI ALLE STRUTTURE TURISTICHE ALBERGHIERE” Un aspetto qualificante dei percorsi di integrazione è dato dall’adozione di mi- sure di personalizzazione atte a rendere più flessibile il percorso formativo e con- sentire attenzioni educative e formative alle caratteristiche ed ai bisogni specifici di ogni singolo allievo, ai diversi stili di apprendimento e metodi di studio, alle neces- sità di approfondimento e/o di recupero, alle “soluzioni diversificate” che occorre mettere in campo nella gestione di “casi personali” che richiedono maggiori risorse e progettualità. La personalizzazione avviene comunque in un contesto-classe, dove il gruppo costituisce una delle leve dell’apprendimento. Ciò vale anche nel caso in cui si deb- bano delineare sotto-gruppi differenti, che non costituiscono una sorta di corsi a sé stanti, ma rappresentano articolazioni dei gruppi-classe originari per la gestione di attività di recupero e/o di approfondimento. La ricerca in itinere è composta dall’insieme di attività condotte al fine di mo- nitorare costantemente il mercato di riferimento della figura professionale in uscita dal corso, permettendo un aggiornamento, in tempo reale, del know how e delle skills di tali figure a quelli che risulteranno essere i bisogni emergenti ed i gap del settore di riferimento, consentendo di fornire una formazione just in time e conte- stualizzata. In particolare, la ricerca socio-economico-culturale sul territorio, verte sulle te- matiche oggetto del corso, sul segmento di mercato obiettivo da poter occupare e sulle tipologie di strutture all’interno delle quali la figura professionale in uscita dal corso dovrà operare; particolare importanza verrà attribuita all’analisi di casi con- creti di imprese operanti nel settore di specifico interesse del progetto: tale con- fronto su casi e fra casi fornirà ai partecipanti al programma formativo elementi chiarificatori e di confronto evolutivo rispetto al profilo attitudinale necessario al- l’espletamento del ruolo e delle funzioni nel settore di riferimento del corso. • Approfondire la natura della Comunità Professionale di riferimento Il primo degli obiettivi del Project Work era finalizzato all’approfondimento della natura della comunità professionale di riferimento. Qui di seguito si propone una tabella esemplificativa delle caratteristiche del- l’operatore turistico ed alberghiero, secondo quanto pubblicato dal testo dal titolo “Comunità Professionale turistica e alberghiera. Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati” a cura del Cnos e Ciofs Nazionale. Il modello teorico proposto sarà integrato e arricchito, oltre che da un punto di vista schematico, anche tramite la verbalizzazione delle motivazioni per cui chi scrive, sulla base dell’esperienza e delle attività di analisi svolte in itinere, può con- 229 frontare la teoria con la prassi. Inoltre, si precisa che nella stessa tabella, i compiti caratterizzanti l’operatore turistico sono arricchiti dai compiti descritti come carat- teristici in altre comunità professionali, pubblicate dal CNOS FAP E CIOFS NAZIONALE: in particolare, uno studio attento del contenuto delle guide - consegnateci nel primo seminario tenutosi in data 15 e 16 ottobre 2004 - mi ha consentito di riflettere sulla trasversalità di alcuni compiti caratterizzanti il profilo professionale in uscita dalla sperimentazione attivata presso il nostro centro, rispetto alla specificità con cui le stesse azioni sono descritte nelle guide con riferimento specifico alle figure profes- sionali riconducibili a ciascuna delle comunità. L’area delle competenze trasversali vuole supportare gli allievi nell’acquisi- zione di una sempre più precisa capacità di riconfigurare lo spazio di vita e di pro- gettare soluzioni più vicine agli scopi che vogliono e devono conseguire nel con- testo lavorativo: I anno L’alunno è in grado di: – saper applicare corrette misure preventive e acquisire comportamenti re- sponsabili per la tutela della salute propria ed altrui; – dialogare con il responsabile del servizio sulle operazioni svolte e sui risul- tati ottenuti; – gestire le fasi operative dell’attività di cucina, sala e bar e sviluppare la ca- pacità di dare e ricevere informazioni; – dialogare con i soggetti posti ai vari livelli gerarchici e/o funzionali; – avere una giusta autonomia linguistica dal punto di vista grammaticale e sin- tattico; – preparare le materie prime da utilizzare e un semplice menu; – diagnosticare le proprie competenze e risorse personali e riconoscere i propri stili comportamentali; – comunicare con altri nel contesto di apprendimento e di lavoro, in situazione di interazione; – collaborare con altri nella realizza zione di una attività; – migliorare le proprie strategie di apprendimento e di azione; – accogliere ed assistere un gruppo di turisti operando in situazione assistita. II anno L’alunno è in grado di: – conoscere le principali forme di cortesia, di saluto e di benvenuto e saperle usare correttamente; – conoscere le elementari forme di comunicazione verbale e non verbale e saper rispettare le dovute formalità operative e comportamentali in riferi- mento ai doveri e ai diritti; 230 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico alberghiero rappresenta una figura professionale po- livalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita; – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – recuperare e rafforzare abilità comunicative in vari contesti e settori, soprat- tutto di tipo professionale; – diagnosticare la qualità dei propri stili comportamentali e dei propri processi di pensiero; – comunicare con altri nel contesto di apprendimento e di lavoro anche in si- tuazione di interazione mediata da strumenti di diversa natura (cartacei, in- formatici, telematici); – assumersi responsabilità all’interno di un lavoro di gruppo e saper collabo- rare attivamente nel gruppo, rispettando le regole stabilite; – migliorare le proprie prestazioni lavorative anche in forme di auto-apprendi- mento; – avere la capacità di elaborare quanto appreso per poter lavorare, nello stesso settore, se ve ne offre l’occasione, anche nel paese straniero laddove si usa la lingua appresa. III anno L’alunno è in grado di: – svolgere attività di informazione, con costante attività di rappresentanza nei confronti delle agenzie intermediarie e dei grandi clienti (associazioni, cir- coli aziendali, nuclei sociali, aziende, ecc.); – essere in grado di individuare, in base alla richiesta, le soluzioni tecniche più opportune per la costruzione di un pacchetto turistico; – promuovere presso enti locali, consorzi e imprese azioni ed eventi di valo- rizzazione, di interesse scientifico-culturale e di richiamo turistico dei beni culturali; – sviluppare una forte identità personale e professionale; – risolvere problematiche nuove e diverse, senza resistenze al cambiamento; – sviluppare sicurezza e rapidità di risposta e di proposta di soluzioni opera- tive. – fornire un nuovo impulso produttivo alle imprese interessate creando al loro interno competenze e capacità innovative finalizzate alla valorizzazione delle risorse turistiche, nonché all’ottimizzazione delle risorse impegnate. 231 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) – implementazione del piano di lavoro, verificando le eventuali anomalie e, se necessario, rimovendole; 1 – allestimento, verifica ed azionamento di impianti di altoparlanti e di illu- minazione in caso di eventi/manifestazione; – utilizzo delle strumentazioni informatiche, hardware e software, in parti- colare per l’elaborazione dei testi, di fogli elettronici per la ricerca di in- formazioni (internet) e per la comunicazione (posta elettronica) e crea- zione/gestione di un sito web2; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione delle informazioni di varia natura anche in lingua straniera, uti- lizzando le strumentazioni adeguate;3 – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate (inglese e francese); – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio; – preparazione e distribuzione delle materie prime elementari;4 – individuazione dei diversi alimenti secondo la specie, qualità, prove- nienza territoriale e stagionalità;5 – rispetto delle norme del manuale di autocontrollo HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e della attrezzatura);6 – sviluppo di soluzioni anche innovative con gusto estetico e abilità ma- nuali;7 – conservazione degli alimenti applicando le diverse tecniche;8 – manutenzione ordinaria e piccole riparazioni del parco giochi e delle altre strutture sportive e ricreative. FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 7) Addetto ai servizi turistici. 8) Commis di sala e bar. 9) Commis di cucina CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 6) Tecnico dei servizi turistici 7) Tecnico delle attività ristorative 1 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit. 2 Cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale Aziendale e amministrativa, pag. 47. 3 Ibidem. 4 Ibidem 5 Cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale Alimentazione, pag. 51. 6 Ibidem. 7 Ibidem. 8 Ibidem. 232 Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando la speri- mentazioni La legge sull’obbligo formativo e la successiva regolamentazione attuativa non si limita a prescrivere un obbligo, ma definisce un sistema complesso di relazioni fra i soggetti, istituzionali e non, operanti sul territorio, per assicurare il successo formativo dei giovani. Queste relazioni sono finalizzate sia allo sviluppo del processo di comunica- zione relativo ai percorsi e alle scelte dei giovani soggetti ad obbligo, sia alla co- stituzione di banche dati sulla domanda e sull’offerta di formazione e di lavoro, sia al tutorato del percorso, con il coinvolgimento delle famiglie e dei servizi di inter- vento sociale. La formazione professionale e l’apprendistato diventano, quindi, due canali che, al pari della scuola, permettono ai giovani di continuare il percorso formativo, almeno fino a raggiungere quel traguardo di una qualificazione di base che ormai costituisce lo standard minimo indispensabile per inserirsi nella società civile ed economica. Va aggiunto che, in una prospettiva di lifelong learning, questi percorsi non dovranno più rappresentare, come in passato, solamente dei punti di arrivo, ma delle fasi di passaggio a successive attività formative da seguire im mediatamente dopo il conseguimento della qualifica. L’analisi di dati ISFOL su dati regionali dimostra che gli allievi iscritti ai corsi di primo livello rappresentano con 95.131 unità il 17,4% dell’utenza dell’intero si- stema di formazione professionale regionale (tab. 1). Tra gli iscritti prevale nettamente la componente maschile con 37.147 unità ri- spetto alle 21.072 di quella femminile. L’analisi dell’andamento delle iscrizioni mostra un lieve calo dagli anni ‘80, seguito da un calo più forte a partire dall’inizio degli anni ‘90, anche a seguito dei nuovi meccanismi di finanziamento previsti dal FSE e dalle conseguenti scelte re- gionali. Pertanto, dal 1990 al 1998-99, gli allievi passano dalle 244.403, alle 95.131 unità. Un ulteriore calo, ancora da quantificare (la rilevazione è in corso) è stato pro- dotto dall’innalzamento dell’obbligo scolastico a partire dal 1999-2000 (tab. 2 e 3). 233 234 Nel frattempo, il tasso di passaggio dalla scuola media alla scuola secondaria superiore è cresciuto fino ad assestarsi, nell’anno 1998/99, sui 94,5 punti percen- tuali. Sul sistema scolastico secondario, la cui recente riforma ha completato il quadro della ristrutturazione dell’intero sistema formativo italiano, sembra che con- tinuino a ricadere molteplici aspettative a cui non può da solo rispondere. Pen- siamo, ad esempio, che il tasso di diploma, pur crescendo rispetto all’anno prece- dente, si assesta nell’anno 1998-99 sui 75,4 punti percentuali contro i 68,4 del 1997. Le informazioni relative alla regolarità dell’iter scolastico contribuiscono a de- lineare i percorsi e le motivazioni dei giovani in età dell’obbligo formativo . La ta- bella 4 riporta gli alunni respinti e non 1997/98; 2,3 alunni su 100 iscritti alla prima classe della scuola secondaria superiore non ottengono alcuna valutazione uscendo dal sistema per cause non formalizzate, mentre sono 21,6 (su 100 iscritti) gli alunni respinti agli scrutini al termine della stessa classe. L’indicatore di interruzione di frequenza, elaborato dal Ministero della Pub- blica Istruzione, si assesta nella prima classe secondaria sul 13,3% di allievi iscritti alla scuola secondaria che abbandona il percorso. Per la quinta classe, lo stesso va- lore sale sino ai 14,8 punti (tab. 5). La disaggregazione del dato per tipologia degli istituti secondari rileva che la maggior parte delle interruzioni avviene nell’istru- zione professionale, artistica e tecnica. Se da una parte, dunque, si assiste ad una domanda forte e diffusa di istruzione professionalizzante, dall’altra, è proprio questo il segmento dell’istruzione dove si registra il maggior numero di abbandoni. 235 Per rispondere a tale domanda di formazione professionalizzante il presente in- tervento di “Offerta Formativa Sperimentale di istruzione e formazione professio- nale” può effettivamente costituire un canale alternativo per adempiere l’obbligo scolastico e l’obbligo formativo in quanto è in grado di offrire un percorso effetti- vamente funzionale al trasferimento di competenze tecnico-professionali spendibili e riconoscibili dal mercato del lavoro. A conferma di quanto sopra anche dall’analisi del P.O.R 2000/2006 allo stato attuale e sulla base delle dinamiche di sviluppo emerse nell’attuale decennio, è pos- sibile individuare i sistemi locali di sviluppo, legati essenzialmente alle aree pro- duttive presenti nella provincia di Brindisi. Il sistema turistico della provincia di Brindisi è legato soprattutto all’area co- stiera presente tra Fasano-Ostuni-Carovigno-Brindisi, con forti collegamenti al- l’area dei trulli (Putignano, Alberobello, Locorotondo, Fasano, Cisternino e Ostuni 236 in provincia di Brindisi), e all’area carsica di Castellana Grotte e dell’Alta Murgia (Gravina, Altamura). I principali punti di debolezza di tale sistema hanno origine nella difficoltà di riuscire a costituire un sistema integrato in grado di valorizzare le risorse naturali, culturali, storiche dell’area compresa tra la provincia di Bari e la provincia di Brin- disi, con un’offerta sempre più destagionalizzata di nuovi servizi di ospitalità con specifiche caratteristiche distintive del turismo culturale, religioso, sportivo-ricrea- tivo, congressuale, d’affari\fieristico, scolastico e rurale. Al 31 dicembre 1998, le imprese registrate presso i Registri Camerali delle provincie pugliesi ammontano a 370.452 unità. Considerando i settori principali, le imprese agricole ammontano a 125.621 (33,9%), quelle manifatturiere a 37.824 unità (10,2%), le imprese del settore delle costruzioni a 33.798 (9,1%), gli esercizi alberghieri e i ristoranti esprimono una consistenza pari a 10.744 imprese (2,9%) mentre gli esercizi commerciali raggiun- gono una consistenza di 103.097 aziende (27,8%). Alla stessa data, le imprese extra-agricole ammontano a 244.077 (65,9%); di queste il 15,8% è costituito da imprese industriali, il 13,8% da aziende operanti nel settore delle costruzioni, il 42,2% da attività commerciali ed il 4,4% da alberghi e pubblici esercizi (la rimanente quota è ascrivibile ad “imprese non classificabili”). Sotto il profilo dimensionale, l’apparato produttivo pugliese presenta la se- guente composizione: le micro-imprese (1-9 addetti) detengono una quota pari all’87,2%, legger- mente inferiore a quella del Mezzogiorno 87,7%) ma superiore alla media italiana (84,6%); – le piccole aziende (10-49 dipendenti) ammontano all’11,3% del totale, ri- spetto al 10,6% del Mezzogiorno ed al 13,2% dell’Italia; – le medie imprese (50-249 addetti) risultano pari all’1,3% (1,4% per il Mez- zogiorno ed 1,9% nella media nazionale); – le imprese maggiori con più di 250 dipendenti (in numero di 105 a livello regionale) non superano la quota dello 0,2%, leggermente inferiore a quelle del Mezzogiorno e dell’Italia (entrambe allo 0,3%). Il turismo in Puglia rappresenta uno dei settori economici a più elevata potenzia- lità di sviluppo. Nel 1991 la capacità ricettiva della regione, ovvero il numero di po- sti letto alberghieri e complementari era rispettivamente di 35.409 e di 8.422, mentre nel 1996 tale numero è salito a 48.814 e 110.645 per le due categorie di esercizi, pari ad un totale di 159.459 (fonte Insud). Le presenze di turisti italiani e stranieri nelle strutture alberghiere ed extra alberghiere sono state nel 1997 pari a 4 e 3 milioni di unità (circa 7,2 milioni in complesso), con una presenza estera pari a circa il 15% del totale, ed una permanenza media nel complesso di circa 3,6 giorni. L’incremento di presenze turistiche negli ultimi anni si è aggirato intorno all’8% annuo. Il Programma Operativo Regionale, meglio conosciuto come P.O.R., rappre- senta un’importante occasione per realizzare sul territorio provinciale Brindisino 237 interventi capaci di determinare lo sviluppo del territorio e una migliore qualità della vita. Affinché ciò si verifichi è necessario programmare al meglio progetti ed inter- venti formativi. Per questa ragione sono state realizzate indagini sui fabbisogni professionali nella regione Puglia, con lo scopo di identificare parametri attendibili ed aggiorna- bili di conoscenza della domanda e dell’offerta di lavoro. La rilevazione di fabbisogni formativi e l’individuazione dei profili professio- nali consente di riavviare un confronto costante con gli Enti locali del sistema for- mativo basato su una maggiore conoscenza dei fenomeni, da cui discenderà una pro- grammazione più orientata ai reali bisogni del mercato. In tale ottica, una volta indi- viduati i profili necessari, la qualità della formazione potrà essere l’arma vincente. L’indagine IPRES per il territorio Brindisino individua prioritariamente un fabbisogno di manodopera qualificata nel settore turistico-alberghiero. Da tale indagine emerge l’evidenza che gli operatori in possesso di una quali- fica professionale, riferita al settore, hanno maggiori possibilità occupazionali. La presente proposta formativa, Addetto alle strutture turistiche alberghiere, viene formulata dal C.F.P. di Ostuni, presente da anni sul territorio con interventi nel settore. Ostuni, definita la ‘Città Bianca’ per la colorazione a calce delle sue case, sorge in collina ai margini della Valle d’Itria. Un paesaggio dalle mille suggestioni definita ultimamente la “città presepe”, la “bianca regina degli ulivi che scende verso un mare terso e azzurro”. La marina di Ostuni, venti chilometri di costa multiforme, è dotata di attrezza- ture e insediamenti turistici tra i quali primeggiano il villaggio Valtur, Rosamarina, Il Villaggio Vacanze, l’Hotel Incanto, Grand Hotel Masseria Santa Lucia, Hotel Villaggio Residence Plaia, La Darsena, Lo Scoglio degli Achei. La sua vocazione turistica è stata premiata con numerosi riconoscimenti. La presenza costante degli Operatori Turistici e delle Amministrazioni Locali alla BIT di Milano e Francoforte conferma l’ipotesi di crescita e di sviluppo nel settore turistico-alberghiero. Il bacino di utenza individuato nei comuni di Ostuni, Carovigno, San Vito, San Michele, Ceglie M., Cisternino, Fasano, Mesagne comprende una Popolazione di circa 180.000 abitan ti, dei quali 85.000 maschi e 95.000 femmine. Da una economia basata sull’agricoltura, si è passati oggi ad una voca zione prevalen temente turistica che vede Ostuni e il com pren so rio di riferimento impe- gnati in questa profonda azione di rinnovamento. Il territorio ha risposto a questa nuova realtà insediando nuove strutture ope- ranti nei settori alberghiero, agrituristico e della ristorazione. Le aziende operanti nel settore della ristorazione sono 251 così distribuite: – Ostuni 84 aziende di cui 42 Ristoranti 20 Pizzerie ,14 Rist.-Albergo, 8 Agri- turismo; 238 – Fasano 63 aziende di cui 30 Ristoranti, 18 Pizzerie, 10 Rist.-Albergo, 5 Agriturismo; – Carovigno 37 aziende di cui 18 Ristoranti, 13 Pizzerie, 6 Ristor.-Albergo; – Ceglie 27 aziende di cui 13 Ristoranti, 10 Pizzerie, 4 Ristor.-Albergo; – Cisternino 36 aziende di cui 18 Ristoranti, 12 Pizzerie, 3 Ristor.-Albergo, 3 Agriturismo; – Mesagne 23 aziende di cui 8 Ristoranti, 12 Pizzerie, 3 Ristor.-Albergo; – San Vito 15 aziende di cui 11 Ristoranti e 4 Pizzerie; – San Michele 13 aziende di cui 9 Ristoranti e 4 Pizzerie. L’occupazione nel settore vede un numero totale di addetti di circa 900 unità che salgono a più di duemila nel periodo di alta stagione. (Alcune considerazioni particolari andrebbero fatte per forme di occupazione non regolarmente codificate che da stime non ufficiali vedrebbero addirittura raddoppiato il dato in esame). Sono proprio questi dati che indicano un preciso orientamento del mercato del lavoro che privilegia i soggetti con una impostazione organizzativa basata su una crescente professionalità. L’azione formativa proposta , Addetto alle strutture turistiche alberghiere, ri- sponde quindi a specifiche esigenze del mercato del lavoro: attraverso processi di formazione specifici si potrà, oltre che incrementare l’occupazione nel settore, con- tare su una sempre più elevata qualità dei servizi offerti, condizione fondamentale per garantire l’accelerazione di quel trend di crescita del settore già evidenziato. L’intervento progettato, nasce così sulla base di tali considerazioni e si co- struisce in relazione alla risoluzione di tali problematiche, attraverso la formazione e la qualificazione di una figura professionale che sia anche promotore dello svi- luppo locale e facilitatore di processi di comprensione, analisi e valutazione delle questioni sopra specificate. • Confrontare le qualifiche e i profili ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professionalità delle aziende di riferimento L’“Addetto alle strutture turistiche alberghiere” è colui che accoglie persone singole o gruppi nei viaggi assicurando la necessaria assistenza e fornendo ele- menti significativi di interesse turistico delle zone di transito. Egli deve accogliere ed assistere il gruppo turistico dal momento dell’arrivo sino al termine del soggiorno; perciò deve adoperarsi affinché: – il viaggio acquistato dal turista-cliente venga realizzato nel migliore dei modi; – il gruppo possa amalgamarsi sufficientemente, in modo da far sentire ogni partecipante membro di una specie di unità viaggiante; – venga assicurato che tutti i servizi e le agevolazioni promesse dall’organiz- zazione al cliente siano erogati, mediante controlli sul comfort delle strut- 239 ture ricettive, sull’efficienza del trasporto, sulla qualità dei pasti, sulla com- petenza delle guide locali, ecc.; – siano in regola tutte le formalità per i passaggi di frontiera e delle linee do- ganali; – tutti i turisti del gruppo siano informati sulle particolarità sia di usi che di leggi dei luoghi di transito e di destinazione. A tal fine egli deve predisporre commenti informativi, senza pregiudizi culturali, politici, religiosi, sui paesi e luoghi visitati, in maniera comunque abbastanza generica. Relaziona al- l’organizzazione per cui presta servizio sull’andamento del tour, informan- dola di eventuali inconvenienti, lacune, problemi emersi nel corso di essi. Ciò permette un apprezzamento professionale ed obiettivo sulla reale qualità dei servizi offerti. L’attività dell’Addetto alle strutture turistiche alberghiere si può dividere in: – orientarsi ed operare in contesti diversi, dimostrando di possedere una buona formazione culturale e una preparazione professionale flessibile e poliva- lente; – stabilire rapporti comunicativi adeguati all’interlocutore ed alle situazioni; – esprimersi con correttezza e proprietà di linguaggio in almeno due lingue straniere con conoscenza della lingua di settore; – comunicare ai clienti informazioni sulle risorse culturali e turistiche del ter- ritorio e i sugli eventuali programmi di animazione o altro organizzati dalla struttura ricettiva; – comunicare e collaborare con i diversi settori ed utilizzare al meglio gli im- pianti, – espletare le mansioni relative ai servizi di ricevimento, portineria, cassa e maincourante; – utilizzare le attrezzature di settore offerte dalla moderna tecnologia ed i si- stemi informatizzati per la gestione delle strutture ricettive (es.per la pro- grammazione della distribuzione delle camere). – utilizzare le conoscenze di Economia e Tecnica dell’Impresa Turistica; – utilizzare i software per la gestione delle fasi di check-in e check-out dei clienti oltre ai principali programmi di videoscrittura e calcolo. Prescindendo dalla classificazione proposta a soli fini di sche matizzazione, bi- sogna sottolineare che la completezza delle presta zioni è caratteristica tipica del buon accompagnatore turistico per le sue funzioni culturali, sociali, economiche e promozionali. La professione dunque viene svolta prevalentemente «in viag gio», in Paesi e Nazioni diverse, utilizzando diversi mezzi di trasporto; pertanto è una professione particolarmente dinamica. 240 FIGURA PROFESSIONALE Addetto alle strutture turistiche alberghiere Denominazioni equivalenti Operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centrali- nista; assistente di portineria. Operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn) Compiti specifici L’addetto alle strutture turistiche alberghiere (m/f), al termine del percorso formativo è capace di affron- tare i seguenti compiti: 1. facilitazione del rapporto con il cliente attraverso l’utilizzo delle elementari tecniche di comunica- zione; 2. realizzazione del processo di gestione di una prenotazione di un servizio offerto dall’azienda; 3. realizzazione dell’attività di scrittura delle lettere commerciali; 4. gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione corretta di almeno 2 lingue stra- niere scritte e parlate; 5. utilizzazione di un sistema informatico di gestione alberghiera e di prenotazione aerea; 6. interazione con enti turistici territoriali per avere informazioni turistico/culturali da comunicare con il cliente; 7. gestione delle scritture obbligatorie del settore alberghiero (schedine di notifica, libro arrivi e par- tenze, statistiche per gli enti turistici locali);9 8. collaborazione nella preparazione della sala e nell’allestimento di buffet e banchetti, alle dipendenze dirette dello Chef de Rang o del Maître; 9. effettuazione, sempre alle dipendenze del responsabile di reparto, del servizio ai tavoli dei cibi e delle bevande alcoliche e non; 10. realizzazione del processo di utilizzazione, in parziale autonomia, e manutenzione delle attrezzature e gli utensili in dotazione; 11. realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; 12. preparazione e servizio, conoscendone i diversi stili, delle bevande tradizionali e delle bevande alco- liche, alle dipendenze del responsabile del bar; 13. gestione delle relazioni con la clientela e cooperazione con spirito cooperativo nella brigata di sala e con gli altri reparti;10 14. identificazione e scelta degli ingredienti riconoscendone le principali caratteristiche merceologiche, alle dipendenze dirette del responsabile di reparto; 15. preparazione linea di cucina; 16. collaborazione nella pulizia, preparazione e cottura degli ingredienti e nella presentazione di pie- tanze; 17. utilizzazione delle attrezzature e degli utensili in dotazione al reparto, curandone la manutenzione ordinaria; 18. realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP 19. facilitazione della relazione con i componenti della brigata di cucina e con gli altri reparti con spirito cooperativo 9 Dal compito numero 1 al 7, cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale turistico e alberghiera, pag. 22, Figura professionale Addetto ai servizi turistici. 10 Dal compito numero 8 al 13, cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani forma- tivi personalizzati Comunità professionale turistico e alberghiera, pag. 22, Figura professionale Commis di sala e bar. Ipotizzare e definire nuove qualifiche e profili esplicitando compiti/prodotti e competenze 241 FIGURA PROFESSIONALE Addetto alle strutture turistiche alberghiere Collocazione organizzativa L’addetto ai servizi turistico-alberghieri è una figura polivalente che ha appreso delle competenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ricettiva alberghiera o extra alberghiera (vil- laggi, campeggi, ecc), oppure come addetto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Il qualificato potrebbe aspirare con le dovute competenze a divenire tecnico delle attività turistiche o a spe- cializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubbli- co o privato (settore della consulenza). DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” COMPITO PRODOTTO Realizzazione di un opuscolo e di un CD multimediale, in cui vengano illu- strate le offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dossier completo di informazioni turistiche, gastro- nomiche e culturali, itinerari e budget di spesa da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Salento. Prevedendo l’opuscolo differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto opuscolo. OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire tra gli allievi le condizioni per cui utilizzare tutti gli aspetti posi- tivi che vengono da un corretto lavoro di gruppo. • Promuovere negli allievi la capacità di ascolto, di dialogo, di confronto con le altre persone, in modo da acquisire capacità relazionali e comuni- cative. • Promuovere negli allievi la capacità di risolvere con responsabilità, indi- pendenza e costruttività i normali problemi della vita quotidiana perso- nale. • Offrire agli allievi strumenti per acquisire capacità decisionali sulla base della conoscenza di sé e di un sistema di valori, in modo da saper conce- pire progetti di vario ordine. • Aiutare gli allievi a superare prospettive d’analisi troppo parziali che im- pediscono la scoperta delle connessioni tra i vari campi del sapere, la convalidazione dei confini disciplinari, l’importanza unificatrice delle vi- sioni globali. • Facilitare la comprensione e il successivo utilizzo degli stili cognitivi più funzionali al raggiungimento degli obiettivi (sintetico o analitico a se- conda delle circostanze). • Promuovere la capacità di servirsi con proprietà degli strumenti di con- sultazione e degli strumenti informatici, per ottenere documentazioni, scrivere e archiviare. Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Il Centro di Formazione Professionale Epcpep di Ostuni – come il centro As- sociazione Calasanzio – ha realizzato una Uda differente da quella prevista per il primo PW (quella del patentino). Per esigenze didattico-organizzative e coerente- mente al profilo professionale in uscita i formatori del CFP hanno progettato e rea- lizzato la UdA Opuscolo Salento e Turismo. 242 DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI FORMATIVI • Promuovere la capacità di navigare in internet per risolvere problemi, mi- rando alla selezione delle informazioni adeguate. • Favorire negli allievi l’acquisizione di conoscenze solide sulla struttura grammaticale dell’italiano, anche con opportuni confronti con l’inglese, il francese e lo spagnolo. • Promuovere l’utilizzo della lingua inglese, francese e spagnola per i prin- cipali scopi comunicativi e operativi. • Promuovere il rispetto, la cura, la conservazione e il miglioramento del- l’ambiente. • Promuovere la comprensione della realtà naturale con atteggiamento di curiosità, attenzione e rispetto. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche e grammaticali per una cor- retta stesura delle varie sezioni dell’opuscolo “Salento e turismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realizzare l’impostazione grafica dell’opuscolo. • Utilizzare la propria conoscenza della lingua inglese, francese e spagnola per scrivere il testo dell’opuscolo. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici per realizzare un CD multimediale con un programma di presentazioni o un programma di creazione siti web. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di informa- zioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastronomica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. • Utilizzare le proprie competenze matematiche per elaborare un budget. • Strutturare un foglio di calcolo per la gestione di un budget (MS Excel). • Conoscere ed applicare i metodi di calcolo. • Conoscere la normativa ambientale e di sicurezza. • Conoscere i sistemi di certificazione obbligatori e volontari. DESTINATARI Allievi del secondo anno PREREQUISITI Rilevazione, durante la fase di stage del primo anno delle informazioni funzionali alla realizzazione dell’opuscolo. Inoltre, sono richieste le com- petenze acquisite nel primo anno. TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 20 ore Formazione d’aula e laboratorio:40 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA; 2) Divisione in gruppi; 1 3) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista) e selezione dei materiali; 15 4) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 5 5) Predisposizione dei budget di spesa in relazione agli itinerari proposti; 5 6) Predisposizione dello schema dell’opuscolo; 3 7) Realizzazione dell’opuscolo (disegno, grafica); 15 8) Realizzazione del CD multimediale; 15 9) Inserimento dei dati 10) Sperimentazione della fruibilità dell’opuscolo 11) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori 243 DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” METODOLOGIA • Intervista narrativa • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono RISORSE UMANE Formatore dell’area scientifica: richiami sulle conoscenze di base (le ope- razioni fondamentali, calcoli necessari per gestire un preventivo di spesa), sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ricerca in rete, utilizzo della posta elettronica, utilizzo di Word, Excel, Power Point, FrontPage. Formatore dell’area dei linguaggi: sviluppo delle facoltà comunicative e descrittive Formatore dell’area storico-socio-economica: conoscenza dei luoghi, cul- ture, usi e costumi del territorio salentino. Conoscenza della normativa am- bientale e dei sistemi di certificazione obbligatori e volontari. Formatore dell’area professionale: saperi professionali. Formatore delle competenze trasversali: (formatore di tecniche della co- municazione) sviluppo delle capacità personali. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI – Testi – Videoproiettore – Siti internet – Aula d’informatica con collegamento alla rete – Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: – schede valutazione oggettiva per ciascun allievo – autovalutazione all’interno del gruppo – verifica intermedia che ha come obiettivo quello di stimolare nell’allievo e nel gruppo lo spirito di autocritica – verifica finale 244 CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE DI OSTUNI Via Ludovico Pepe, 27 - 72017 Ostuni (Br) Tel./Fax 0831 336643 - e-mail: ostunicfp@libero.it PROGETTO “OFS PUGLIA 2003” OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” RELAZIONE 2° PROJECT WORK LO STAGE CORSO DI “Addetto alle strutture turistiche alberghiere” Redatto da: Nacci Giovanni, Brandi Tommaso, Sozzi Giovanni, Ferrari Giovanna, Carlucci Annarita, Graci Antonella, Ugenti Grazia, Lanzillotti Giancarlo, Vita Elio Approvato da: Francesco CUCCI Uso: Pubblico 245 • Introduzione Lo stage, in un percorso formativo che prevede l’alternanza tra formazione e lavoro, rappresenta il momento più importante del processo di apprendimento poi- ché permette agli allievi di approfondire le conoscenze teoriche e pratiche acquisite in aula attraverso la verifica sul campo di modelli organizzativi e tipologie produt- tive mediante un approccio comparativo che possa stimolare sia l’apprendimento sia la propensione all’autoimprenditorialità. In questo senso lo stage permette di verificare in ambiente reale sia le cono- scenze teoriche sia il confronto con le applicazioni pratiche. L’obiettivo dello stage è quello di fornire agli allievi, in alternanza formazione-lavoro, la possibilità di av- vicinarsi (o riavvicinarsi) al mondo del lavoro, confrontandosi con le problematiche (creative, organizzative, gestionali, di mercato) presenti nelle realtà. In sostanza si tratta una action learning, cioè l’applicazione concreta e pratica in un contesto lavorativo reale, e quindi non simulato, delle conoscenze acquisite in aula. • Analisi del Livello Esistente di Organizzazione dello Stage. Nel sottoparagrafo che segue gli operatori descrivono gli aspetti di istruzione – in termini di conoscenze e competenze – ed educazione (nei termini delle capacità relazionali) che il CFP di Ostuni programma siano curati durante l’esperienza di stage affinché essa si affermi e sostanzi come un esperienza formativa, e non mera- mente addestrativa. a) Contenuti Lo stage avrà una durata complessiva di 300 ore. Saranno promosse, a vari livelli: Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di alcune, fondamentali e più comuni, tecniche dei call center. Conoscenze pratiche: i partecipanti incominceranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi di improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a vantaggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospi- tanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. Nello svolgimento delle attività di stage gli allievi verranno affiancati da un tutor interno alla struttura ospitante che ha il compito di favorire il collegamento e l’integrazione con l’organizzazione ospitante. Gli allievi avranno inoltre un tutor 246 LO STAGE Lo stage fornisce validi strumenti per modificare il proprio atteggiamento con l’obiettivo di imparare. FINALITÀ Lo stage consentirà ai partecipanti di: – conoscere, sia a livello teorico sia pratico, alcune basilari tecniche; – attivare, attraverso semplici esercizi, alcune abilità utili allo svolgimento di qualsiasi attività di pub- bliche relazioni; – iniziare a prendere consapevolezza delle proprie capacità, contribuendo in questo modo a completare la propria figura professionale; – imparare come poter individuare e risolvere velocemente eventuali criticità organizzative, ambientali, individuali ed interpersonali; – provare a trasformare le stesse difficoltà in opportunità di crescita professionale ed aziendale. OBIETTIVO I principali obiettivi dello stage sono: – agevolare la scelta professionale attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro realizzato con l’esperienza sul campo; – far conoscere gli aspetti nuovi della professionalità in uscita, delle tecniche e dell’organizzazione del lavoro; – permettere di verificare il livello di conoscenze raggiunto all’interno di un contesto lavorativo; – completare il processo di apprendimento attraverso l’esperienza sul campo; – verificare, attraverso le applicazioni pratiche, la padronanza del ruolo professionale e delle compe- tenze; – stimolare la realizzazione di un progetto professionale; – stimolare il confronto con le figure presenti sia nella realtà lavorativa sia nell’ambiente esterno (opera- tori pubblici e privati, utenti dei servizi, etc.); – facilitare l’ingresso degli allievi qualificati nel mondo del lavoro; – stimolare attitudini all’autoimprenditorialità ed al lavoro autonomo. formativo di riferimento che avrà il compito di monitorare il percorso formativo di ciascun corsista attraverso griglie di valutazione appositamente predisposte. Nello specifico lo stage sarà così articolato: Giornata di pre-stage: incontro con gli allievi per illustrare gli obiettivi e le modalità di attuazione dello stesso. Fase conoscitiva: in questa fase gli allievi si ambienteranno nella nuova realtà formativa con l’obiettivo di comprendere le dinamiche e i ruoli aziendali. Fase applicativa: nella fase applicativa gli allievi cercheranno di imitare e in- terpretare le attività basilari in affiancamento al personale interno all’azienda. Fase valutativa: oltre a registrare quotidianamente le presenza gli allievi dovranno produrre a fine stage una relazione che descriva l’andamento generale dello stage e in particolare la tipologia di lavoro svolto, le difficoltà incontrate, le strategie adot- tate per la risoluzione dei problemi, il riscontro delle nozioni teoriche acquisite in aula. b) Quadro sinottico dello stage 247 RISULTATO Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risultati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 1) verifica della rispondenza tra qualifica conseguita e obiettivi prefissati; 2) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni im- prenditoriali. Il primo tipo di verifica prevede che al termine dell’azione formativa vi siano esami di qualifica che, at- traverso prove teorico – pratiche abbiano la capacità di verificare il raggiungimento degli obiettivi ripor- tati nel documento progettuale. Nel secondo caso sarà possibile valutare se l’azione formativa proposta, consente l’effettivo inserimento lavorativo dei giovani qualificati e la rispondenza tra azione formativa svolta e l’impatto socio occupa- zionale. OBIETTIVI Il soggetto è in grado di: • conoscere gli aspetti organizzativi e sindacali dell’unità produttiva; • utilizzare le tecniche e le tecnologie di prodotto e di produ zione acquisite, ve- rificandone la rispondenza nel nuovo contesto formativo-produttivo (azienda); • confrontare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche, tecnico operative con le abilità richieste, per perfezionare il proprio profilo professionale adeguan- dolo alle esigenze del mondo del lavoro; • verificare gli effetti positivi e negativi del lavoro rispetto all’uomo, all’am- biente, alla struttura alberghiera intesa come insieme di reparti operativi inter- dipendenti; • intendere l’attività di ogni ambiente di lavoro come un processo, governato da tecnologie in movimento, che esige forme di organizzazione e programma- zione degli interventi nonché collaborazione tra singoli e gruppi; • far emergere le esigenze di una professionalità matura ed aggiornata, insieme con una cultura della mobilità che, specialmente oggi, attraversa diagonal- mente, come condizione e rischio, tutti i settori di attività; • consentire la gestione del front office attraverso l’utilizzo oculato di materiali, informazioni, attrezzature e macchine, nel rispetto di norme specifiche, al fine di garantire la sua funzionalità; • affinare le capacità comunicative ed acquisire una certa padronanza nell’ap- proccio col cliente e nel gestire le varie situazioni che si possono venire a creare in situazioni operative ‘reali’; • conoscere il tipo di rapporti personali e delle forme di comunicazione che si instaurano sul posto di lavoro; • individuare la nuova situazione formativa legata alle conoscenze, abilità e ca- pacità professionali necessarie all’espletamento del proprio ruolo in azienda per un recupero e approfondimento delle stesse. OBIETTIVI DIDATTICI Al termine dello stage, l’allievo, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, con sufficiente autonomia, è in grado di: • schematizzare l’organigramma funzionale dell’azienda; • descrivere, su apposita scheda, i processi lavorativi individuando quelli pri- mari e secondari; • descrivere i flussi informativi legati all’assistenza e all’accoglienza di turisti; • descrivere le condizioni generali legate all’ambiente di lavoro; • descrivere, su apposita scheda, le fasi di lavoro del reparto accoglienza; LO STAGE 248 OBIETTIVI • descrivere, su apposita scheda, le attività specifiche effettuate in situazione di lavoro correlate di: – tempi; – tipo di coinvolgimento; – macchine, apparecchiature, strumenti; – risorse materiali ed informazioni; – conoscenze ed abilità utilizzate; – conoscenze ed abilità non acquisite; – tecniche e procedure utilizzate; – grado di difficoltà; – atteggiamenti presi per la risoluzione di eventuali problemi emersi; • valutare l’esperienza indicando eventuali correttivi sia metodologici sia conte- nutistici. DISCIPLINE COINVOLTE CONOSCENZE DI BASE: Il soggetto è in grado di: • acquisire la padronanza dei termini relativi al settore di lavoro; • saper ascoltare e comprendere comunicazioni e relazioni, in particolare se ri- feriti al proprio ambito professionale o alla propria esperienza giovanile, indi- viduandone i concetti fondamentali, l’organizzazione generale e le finalità perseguite. CONOSCENZE TECNICO-PROFESSIONALI: Il soggetto è in grado di: • individuare i percorsi d’avvio di un’attività commerciale; • mantenere scritture contabili, economiche e tributarie di un’attività turistico- alberghiera; • impiegare efficacemente le strategie e gli strumenti del marketing per l’analisi del mercato turistico, posizionamento dei servizi, acquisizione dei clienti, conduzione della vendita e fidelizzazione; • gestire le risorse disponibili per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di marketing; • analizzare il quadro di riferimento in cui dovranno progettare ed eseguire i piani di promozione, di marketing e di commercializzazione utilizzando le tecnologie informatiche e telematiche più opportune; • personalizzare la richiesta dei clienti in funzione dei loro bisogni; • mettere a punto tecniche di commercializzazione di prodotti facilmente frui- bili da parte della clientela; • seguire le esercitazioni pratiche fissate dall’obiettivo finale; • impiegare efficacemente le strategie e gli strumenti del marketing per l’analisi del mercato turistico, posizionamento dei servizi, acquisizione dei clienti, conduzione della vendita e fidelizzazione; • gestire le risorse disponibili per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di marketing; • innescare azioni utili a far fruire ed apprezzare anche al turista medio il patri- monio culturale della regione, facendo emergere con opportune tecniche di motivazione i bisogni culturali dello stesso turista; • costruire semplici “carte tematiche” relative alla propria regione; • redigere progetti in collaborazione con esperti tendenti alla tutela dei beni na- turali ed ambientali; • ricercare ed elaborare interventi sul patrimonio artistico del territorio; • ideare prodotti e servizi destinati al pubblico utilizzando le tecnologie infor- matiche e multimediali; 249 DISCIPLINE COINVOLTE • soddisfare la nuova domanda turistica che richiede sempre più un “pacchetto” di servizi che adempia non solo ai bisogni turistici primari, bensì anche a quelli connessi al “tempo libero turistico” quali le visite a musei, monumenti, pinacoteche, nonché l’utilizzo di impianti sportivi, servizi ricreativi ed altri. CONOSCENZE TRASVERSALI: Il soggetto è in grado di: • svolgere attività di informazione, con costante attività di rappresentanza nei confronti delle agenzie intermediarie e dei grandi clienti (associazioni, circoli aziendali, nuclei sociali, aziende, ecc.); • individuare, in base alla richiesta, le soluzioni tecniche più opportune per la costruzione di un pacchetto turistico; • promuovere presso enti locali, consorzi e imprese azioni ed eventi di valoriz- zazione, di interesse scientifico-culturale e di richiamo turistico dei beni cultu- rali; • sviluppare una forte identità personale e professionale; • risolvere problematiche nuove e diverse, senza resistenze al cambiamento. • sviluppare sicurezza e rapidità di risposta e di soluzioni operative; • fornire un nuovo impulso produttivo alle imprese interessate creando al loro interno competenze e capacità innovative finalizzate alla valorizzazione delle risorse turistiche, nonché all’ottimizzazione delle risorse impegnate. AZIENDE INTERESSATE Le aziende nella progettualità hanno il compito di: • incrementare la professionalità sia per quanto concerne l’ar ricchi mento di contenuti tecnici sia per quanto si riferisce ad indicazioni per l’orien tamento, oltre che per l’individuazione di corretti vi per i curricula disciplinari; • far comprendere agli allievi sia le diverse realtà produttive e l’organizzazione del lavoro cui la figura professionale di riferimento opera sia le attività pra- tiche operative richieste e le modalità di utilizzo delle attrezzature e dei mate- riali; • far valutare le capacità relazionali e comportamentali richieste per operare al- l’interno delle strutture operative. DURATA Complessivamente l’esperienza di stage consiste di 300 ore FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ L’esperienza di stage si suddivide nelle fasi di seguito riportate e descritte. Fase conoscitiva: in questa fase gli allievi si ambienteranno nella nuova realtà formativa con l’obiettivo di comprendere le dinamiche e i ruoli aziendali. Fase applicativa: nella fase applicativa gli allievi cercheranno di imitare e in- terpretare le attività basilari in affiancamento al personale interno all’azienda. Fase valutativa: oltre a registrare quotidianamente le presenza gli allievi do- vranno produrre a fine stage una relazione che descriva l’andamento generale dello stage e in particolare la tipologia di lavoro svolto, le difficoltà incontrate, le strategie adottate per la risoluzione dei problemi, il riscontro delle nozioni teoriche acquisite in aula. METODOLOGIA OBIETTIVI GENERALI La metodologia di gestione dello stage è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi generali e degli obiettivi didattici; è possibile comunque che gli allievi raggiungano obiettivi non programmati: qualora questo si verifichi l’ente prov- vede ad integrare i protocolli descrittivi al fine di rendere la descrizione del progetto quanto più aderente alla realtà. 250 METODOLOGIA Gli obiettivi generali sono funzionali a: • conoscere gli aspetti organizzativi e sindacali dell’unità produttiva; • utilizzare le tecniche e le tecnologie di prodotto e di produzione acquisite, ve- rificandone la rispondenza nel nuovo contesto formativo-produttivo (azienda); • confrontare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche, tecnico operative con le abilità richieste, per perfezionare il proprio profilo professionale adeguan- dolo alle esigenze del mondo del lavoro; • verificare gli effetti positivi e negativi del lavoro rispetto all’uomo, all’am- biente, alla struttura alberghiera intesa come insieme di reparti operativi inter- dipendenti; • intendere l’attività di ogni ambiente di lavoro come un processo, governato da tecnologie in movimento, che esige forme di organizzazione e programma- zione degli interventi nonché collaborazione tra singoli e gruppi. OBIETTIVI DIDATTICI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • schematizzare l’organigramma funzionale dell’azienda; • descrivere, su apposita scheda, i processi lavorativi individuando quelli pri- mari e secondari; • valutare l’esperienza indicando eventuali correttivi sia metodologici sia conte- nutistici. COMPETENZE DISCIPLINARI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • utilizzare un linguaggio tecnico; • gestire la pratiche lavorative con l’applicazione dei principi teorici dell’orga- nizzazione del lavoro; • impiegare le attrezzature e i materiali per la manutenzione primaria della struttura; • gestire le pratiche lavorative mediante il riconoscimento e l’applicazione di standard qualitativi; • riconoscere e mettere in campo le funzioni dell’Addetto alle strutture turi- stiche alberghiere; • riconoscere e testimoniare i compiti e le responsabilità dell’Addetto. COMPETENZE TECNOLOGICHE Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • saper ricorrere a strumenti e metodi appropriati per effettuare scelte strate- giche di mercato; • accogliere e assistere i clienti; • rispettare le politiche commerciali e gli obiettivi di marketing dell’azienda. CONTENUTI Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di alcune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti inizieranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordata con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. 251 Metavalutazione sullo stage Gli operatori della FP dell’Epcpep di Ostuni, dopo aver analizzato con le per- sone che compongono il proprio gruppo di lavoro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel proprio CFP, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise in formazione d’aula durante l’esperienza di formazione forma- tori – hanno ipotizzato alcuni accorgimenti circa la gestione delle procedure e i pro- cessi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 252 MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risul- tati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 1) verifica della rispondenza tra obiettivi prefissati e risultati ottenuti; 2) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni imprenditoriali. FINALITÀ Ottimizzare le potenzialità di uno strumento, come quello dello stage, atto a completare la formazione di un allievo, tramite un maggior coinvolgimento e interazione delle partnership aderenti al progetto. OBIETTIVI Far comprendere agli allievi il comportamento idoneo da tenere in azienda, le responsabilità verso i collaboratori e i clienti, le possibilità che possono nascere per il lavoro. DISCIPLINE COINVOLTE Tutte le discipline dell’area tecnico-professionale, in parte quelle trasversali e solo in minima proporzione le discipline di base. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Maggiore coinvolgimento dei docenti di pratica e del tutor di stage. AZIENDE INTERESSATE Coinvolgere le aziende nel costruire un percorso più idoneo e formativo per lo stagista. Inoltre le aziende ospitanti devono comprendere l’opportunità che hanno di poter selezionare possibili future figure. DURATA La durata dello stage è di 300 ore, prevedendo, in ogni caso una articolazionefunzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Lo stage si realizzerà presso Enti ed Istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio di riferimento dell’azione progettuale e dell’attività formativa. La durata dello stage è di 300 ore, prevedendo, in ogni caso una articolazione funzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. METODOLOGIA La partecipazione degli allievi allo stage sarà accompagnata da una organizza- zione del lavoro individuale sia progettato ex ante, dallo staff di coordinamento, sia assistito dall’organizzazione interna degli Enti ospitanti, finalizzato a privile- giare una formazione pratica. Lo stage sarà così articolato: • stage orientativo; • stage conoscitivo; • stage applicativo; • stage finale. 253 METODOLOGIA Lo stage si realizzerà presso Enti ed Istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio di riferimento dell’azione progettuale e dell’attività formativa. La du- rata dello stage è di 300 ore, pari al 50% delle ore complessive di formazione del Corso, e si articolerà con una programmazione media di 8 ore giornaliere per 5 giorni la settimana, prevedendo, in ogni caso una articolazione funzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. COMPETENZE DISCIPLINARI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • utilizzare un linguaggio tecnico; • gestire la pratiche lavorative con l’applicazione dei principi teorici dell’orga- nizzazione del lavoro; • impiegare le attrezzature e i materiali per la manutenzione primaria della struttura; • gestire le pratiche lavorative mediante il riconoscimento e l’applicazione di standard qualitativi; • riconoscere e mettere in campo le funzioni dell’Addetto alle strutture turi- stiche alberghiere; • riconoscere e testimoniare i compiti e le responsabilità dell’Addetto. COMPETENZE TECNOLOGICHE Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • ricorrere a strumenti e metodi appropriati per effettuare scelte strategiche di mercato; • accogliere e assistere i clienti; • rispettare le politiche commerciali e gli obiettivi di marketing dell’azienda. CONTENUTI Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di al- cune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti inizieranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risul- tati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 3) verifica della rispondenza tra obiettivi prefissati e risultati ottenuti; 4) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni imprenditoriali. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di al- cune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti incominceranno a familiarizzare con i trucchi del mestiere, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. • Il Racconto Testimoniale della Seconda Esperienza di Stage Dal lavoro svolto è emersa con chiarezza l’importanza del vivere lo stage comprendendo (anche laddove si presentino delle difficoltà) “cosa fare”, “come farlo” e soprattutto “quando farlo”. È stato anche possibile evidenziare come sia il tutor nelle sue funzioni di mo- nitoraggio, sia il tirocinante siano facilitati dalla capacità di quest’ultimo di racco- gliere il maggior numero possibile di informazioni sull’azienda ospitante (e sulle aziende della stessa area geografica) con l’obiettivo di verificarne l’affidabilità e l’operatività, alla stregua di un operatore economico alla ricerca di un partner. Infine, per ottimizzare la propria esperienza nell’impresa ospitante, si è rive- lato utile individuare eventualmente un referente aziendale d’elezione, qualora il tutor aziendale non disponesse del tempo necessario per seguire e formare lo sta- gista. • Conclusioni Uno stage appena concluso può anche diventare, se ben condotto “un utile per- corso per verificare l’idea che si ha di un certo tipo di professioni in relazione alle modalità, ai luoghi ed al contesto in cui queste si esercitano”. Alla luce del fatto che si può imparare qualcosa da ogni circostanza, “chiu- diamo il cerchio”, affermando che affrontare l’esperienza dello stage con un atteg- giamento positivo e con una maggiore consapevolezza, renderà più facile ai parte- cipanti intraprendere il proprio lavoro. 254 Capitolo 4 La parola ai formatori dei CFP Nelle pagine che seguono i racconti testimoniali a cura degli operatori dei CFP esporranno – descrivendo qualitativamente – le risultanze dell’azione Formazione Formatori del Progetto Integrazione. La testimonianza, per la sua stessa natura, si presta a comunicare al meglio le verità che non riguardano le cose ma le esperienze fattuali vissute dalle persone: visto il grado di coinvolgimento dei formatori nell’esperienza di condotta, rite- niamo che gli stessi formatori debbano essere “testimoni” di quanto vissuto. La testimonianza così come si manifesta nella esperienza è, prima che oggetti- vità consegnata al discorso, soggettività del testimone che parla per mezzo di se stesso prima ancora che attraverso le parole. Ed è proprio questa soggettività che dà o fa perdere valore veritativo al discorso. Il frammenti, le valutazioni personali raccontate, riportano quel che realmente accaduto, vissuto e innestatosi nel processo formativo di cui sono stati protagonisti i formatori dei CFP. • Associazione Calasanzio L’opuscolo “Salento e Turismo”, con relativo sito realizzati dagli studenti del corso in “Operatore Marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commer- ciali”, sono stati il punto di arrivo di un progetto formativo pluridisciplinare svi- luppato durante il biennio scolastico 2005/2007. Le finalità di questo percorso sono state quelle di stimolare gli allievi a mettere in pratica le nozioni teoriche apprese durante le lezioni frontali, e allo stesso tempo di far conoscere loro la realtà turistica in cui vivono ma che spesso non conoscono o non considerano come futura prospettiva lavorativa. Le discipline coinvolte nel lavoro sono state: tecnica turistica, marketing , storia dell’arte e informatica. Oggetto di questo lavoro è stato il Salento, studiato ed analizzato sotto diverse sfaccettature, dalla storia, all’arte, alle bellezze del territorio ed infine alla sua ri- cettività turistica; detti argomenti sono stati approfonditi dai docenti delle rispettive discipline, secondo le competenze di ciascuno. Così la prima parte dell’opuscolo, concernente la storia e l’architettura salentina, è stato seguita dalla docente di sto- ria dell’arte, la parte degli itinerari turistici e dell’elencazione delle strutture ricet- tive è stata curata dalla docente di tecnica turistica, infine la terza parte concernen- te la produttività dell’economia salentina ha visto impegnata la docente di marke- ting. Da ultimo, nell’impostazione grafica del materiale raccolto e nella progetta- zione e attuazione gli studenti sono stati coadiuvati dall’insegnate di informatica. 255 Le fila del lavoro complessivo sono state tenute dal tutor del corso. Durante le ore di lezione gli allievi, secondo le propri inclinazioni, sono stai divisi in gruppi, ciascuno con impegni diversi. I ragazzi con maggiore capacità di sintesi hanno curato la parte della ricerca degli argomenti; altri, dotati di una più profonda abilità informatica, si sono impegnati nella ricerca di materiale fotogra- fico e nella realizzazione del sito. Le fonti di ricerca per la realizzazione dell’opuscolo sono state i diversi siti web di propaganda turistica territoriale, i cui argomenti i ragazzi hanno selezio- nato e rielaborato in maniera del tutto personale. Gli elaborati, di volta in volta realizzati, sono stai poi supervisionati dal docente della disciplina interessata. Inoltre con l’insegnate di storia dell’arte si sono realizzate delle visite guidate nel Salento, che hanno permesso agli studenti di vedere da vicino la realtà territoriale da loro stessi descritta e proposta negli itinerari turistici dell’opuscolo. Il lavoro ha visto la partecipazione attiva ed entusiasta di quasi tutti gli allievi che si sono sentiti i protagonisti della realizzazione di un prodotto “reale” per dei “lettori reali” incarnando concretamente la figura professionale delineata dalla intitolazione stessa del loro corso “Operatore marketing on-line di prodotti e ser- vizi turistici e commerciali”. L’opuscolo è stato pubblicato per fini scolastici, ma la sua veste grafica e la cura con cui è stato redatto lo rendono fruibile ad un pubblico più vasto. Inoltre nella realizzazione dello stesso gli alunni hanno svolto la funzione di piccoli “tour operator” creando proposte di itinerari e di strutture ricettive da cui un eventuale turista può davvero trarre spunto per una vacanza nel Salento. Questo loro entusiasmo ha coinvolto anche gli studenti degli altri due corsi in “Operatore dell’Impresa Turistica” che hanno realizzato materiale informativo sugli usi e costumi salentini, presentato insieme all’opuscolo in un apposito stand nella dodicesima edizione della “Città del Libro” realizzata dal 23 al 26 Novembre 2006 a Campi Salentina. La partecipazione a tale manifestazione è sembrata ai responsabili dei corsi quanto mai appropriata, poiché il tema annuale dell’evento è stato il viaggio, e quale migliore occasione per presentare il “viaggio culturale” compiuto da questi ragazzi attraverso le bellezze del Salento e descritto nell’opuscolo? Inoltre la presenza attiva e assidua ad una manifestazione di ampio respiro culturale come questa, ha fatto sì che i ragazzi si sentissero coinvolti in un’espe- rienza lavorativa e formativa concreta a contatto diretto con il pubblico che, inte- ressato ed incuriosito, ha rivolto loro delle domande inerenti lo stesso opuscolo e l’ente formativo di cui fanno parte accrescendo in loro maggiore entusiasmo e con- sapevolezza nel percorso scolastico scelto. Volendo fare un bilancio dei tre anni trascorsi insieme agli allievi in virtù anche delle sollecitazioni indotte dalla formazione formatori molte sono state le problematiche che abbiamo dovuto affrontare. Sin dal primo giorno di scuola si è evidenziata la particolarità dei ragazzi, assai eterogenei sia per età che per espe- 256 rienze di vita e di studio. Subito si è dovuto lavorare per creare un gruppo classe, cercando di considerare le peculiarità e le necessità di ognuno dei singoli studenti, instaurando con loro un rapporto quasi individuale, cercando di conquistare la loro fiducia. Superata questa prima fase, si è intervenuti sulla rimotivazione scolastica. Co- adiuvati anche dai docenti e dall’equipe socio-psico-pedagogica, abbiamo cercato di far superare ai ragazzi l’idea negativa della scuola e dei docenti derivata da pregresse esperienze fallimentari vissute nella scuola tradizionale. Con grandi difficoltà, crediamo di aver raggiunto, un minimo di risultati sia durante gli anni di frequenza, (da ricordare i lavori realizzati: opuscolo e sito sul turismo) sia per il futuro, in quanto più della metà dei ragazzi hanno espresso la volontà di proseguire il ciclo di studi. Si è riusciti a ottenere questi risultati grazie al principio del rispetto della per- sona e delle regole che da sempre hanno ispirato il fondatore delle scuole Pie dei padri Scolopi, San Giuseppe Calasanzio. Riteniamo, inoltre, che l’esperienza di formazione formatori abbia costituito un momento utile e produttivo in quanto, la condivisione delle nostre esperienze e il confronto con esperienze altre ci ha dato modo di approfondire alcune problema- tiche importanti per il nostro lavoro. In particolare l’approfondimento dei nuovi temi legati alla Riforma (persona- lizzazione, UdA, individualizzazione; ecc.) e al ruolo – anch’esso formativo – che lo stage dovrebbe avere nell’esperienza del diritto-dovere all’istruzione e forma- zione professionale, sono stati per noi oggetto di riflessione e di arricchimento per la nostra “giovane” esperienza in qualità di formatori. Gli incontri di formazione hanno indotto in noi il desiderio e la voglia di vi- vere la formazione come momento di crescita individuale e di gruppo. • Cifir di Bari Con l’erogazione della Formazione Formatori, il CNOS FAP ha fornito al no- stro Ente di Formazione un notevole contributo circa lo sviluppo di processi e per- corsi di apprendimento che si caratterizzano come fasi importanti del life long learning. La Formazione Professionale, così come è stata tradizionalmente intesa, ha subito e sta subendo un profondo e continuo cambiamento. Quando nel 2004 è stato approvato il Progetto Integrazione, da “Cenerentola dell’iter scolastico”, destinata a giovani socialmente svantaggiati o culturalmente marginalizzati, la Formazione Professionale è diventata nuovo canale in cui ha avuto di fronte la prospettiva di diventare laboratorio di sviluppo delle competenze nel sistema dell’istruzione e della formazione previsto dalla Riforma Moratti in materia. Tutto questo, però, ha sfidato noi operatori della FP proprio sul difficile ter- reno delle competenze, ma ancor di più delle conoscenze. 257 Personalmente ritengo che lo scambio delle “buone prassi” elaborate dal CNOS a livello nazionale, sia stato per la mia figura professionale, importantissima. Nel mese di marzo u.s., sono stata in un centro di F.P. della Regione Veneto, grazie al progetto Gulliver, e in quella sede, al di là delle differenze che caratteriz- zano quasi “endemicamente” nord-sud, davvero mi sembrava di “parlare la stessa lingua”, con sorpresa ho scoperto che la Formazione Professionale nella Regione Veneto era fortemente caratterizzata dall’esperienza del CNOS. Per questo motivo, ritengo che investire in questa azione di FF, mi abbia dato la possibilità di approfondire le normative, le esperienze, le applicazioni, le prassi e i modelli dell’obbligo formativo, già sviluppati a livello nazionale e mi hanno messo in grado di dare risposte non solo ai specifici bisogni degli allievi, delle fa- miglie e dei sistemi, ma anche di fornire indicazioni su approcci, percorsi, metodo- logie e strumenti che ho potuto applicare, nell’ambito del Progetto, con particolare attenzione ai modelli di personalizzazione dei percorsi formativi. Il 1° PW sulle Unità di Apprendimento mi ha dato la possibilità, in qualità di coordinatrice didattica, di “imparare” sul campo un metodo teso a realizzare stru- menti didattici ad hoc finalizzati al recupero di saperi che costituiscono spesso un ostacolo per l’utenza tipica della FP e costruiti secondo un approccio amichevole e piacevole. Così ho realizzato una Unità di Apprendimento in un’area di interesse dei de- stinatari (la Pratica di Laboratorio) sulla base di una struttura standard fornitaci durante i seminari tenuti dal CNOS FAP che preveda le seguenti voci: – obiettivi – utenti e loro caratteristiche; – fasi di applicazione; – tempi; – risorse; – metodologia; Il 2° PW realizzato è stato un momento di riflessività e di confronto sulla rea- lizzazione dello stage/tirocinio. Come per il 1° P. W. le forze messe in campo dal CNOS per la formazione dei formatori sono state eccellenti. L’approccio metodologico, sia durante i seminari sia durante i P.W. (con una di teoria ed una di lavori di gruppo) ha reso sempre molto interessante l’apprendimento, poiché lo scambio di esperienze si è rivelato particolarmente ar- ricchente e stimolante. Quest’anno il 2° P. W. ha riguardato lo stage: quali i fondamenti concettuali e le linee progettuali. Pur condividendo in linea di massima sia gli uni sia gli altri, purtroppo la no- stra Sede Operativa si è trovata in difficoltà nel confronto perché non si occupa – direttamente – della realizzazione degli stages. Infatti, per scelta dell’Ente 258 C.I.F.I.R., l’organizzazione e l’accompagnamento del tirocinio formativo, viene de- mandato ad una Società esterna al C.F.P.: la Rogate s.r.l.. La suddetta Società si impegna, però, a realizzare il progetto formativo indivi- duale per ogni tipologia di azienda, a designare le aziende e il “responsabile aziendale” incaricato di seguire il tirocinante e certificare i risultati del tirocinio, ed infine, a redigere report finali ed esiti dell’attività di stage. Per concludere questo mio racconto testimoniale, su quella che è stata la mia personale esperienza, vorrei sottolineare che al di là dei vantaggi professionali, che ho sicuramente tratto, la Formazione Formatori è stata per me una bella espe- rienza umana, fondata sulla condivisione con altri della stessa passione educativa, dell’attenzione alla persona in formazione e della stessa ispirazione cattolica. «Da parte loro gli insegnanti ricordino che dipende essenzialmente da loro che la scuola cattolica sia in grado di realizzare i suoi scopi e le sue iniziative. Essi dunque devono pre- pararsi scrupolosamente, per essere forniti della scienza sia profana che religiosa, atte- stata dai relativi titoli di studio, e ampiamente esperti nell’arte pedagogica, aggiornata con le scoperte del progresso contemporaneo. Stretti tra loro e con gli alunni dal vincolo della carità e ricchi di spirito apostolico, essi devono dare testimonianza sia con la vita sia con la dottrina all’unico Maestro che è Cristo». (CONCILIO VATICANO II, Dichiarazione gravissimum educationis, sull’educazione cristiana, n.8) • Cifir di Oria Poche righe per riflettere sull’importanza di “formarsi” per “crescere” e “ap- portare miglioramenti” al continuo divenire del mondo della formazione professio- nale. L’esperienza di formazione vissuta all’interno del nostro Centro di Forma- zione Professionale, vista come momento di scambio e confronto di buone prassi e di metodologie didattiche, in un’ottica della formazione lungo tutto l’arco della vita, non può che risultare positiva e ricca di nuovi input cognitivi, formativi e na- turalmente relazionali con il gruppo classe che si viene a formare. Ritengo che ogni iniziativa volta al miglioramento della qualità dei percorsi formativi che andiamo a realizzare debba essere avallata e concordata in tutte le sue parti al fine di “raggiungere” i tanto agognati indicatori di efficienza ed effi- cacia dei percorsi formativi destinati ai nostri utenti. Il lavoro di approfondimento realizzato attraverso la formazione dei formatori all’interno del Progetto Integrazione 2003 ci ha consentito di apprendere validi strumenti didattici e metodologici dando anche la possibilità di sperimentare con mano molti concetti teorici che diversamente non saremmo riusciti a sviluppare e ci ha indirizzato, dunque, verso il miglioramento continuo alla ricerca della speri- mentazione delle novità . Conoscere le UDA e approfondire l’utilizzo di strumenti di lavoro come le ru- briche di valutazione e i diari di bordo per lo stage ha fornito indubbiamente ai 259 formatori del nostro Centro la possibilità di elevare la qualità dei servizi erogati e nel contempo una crescita umana e culturale. Pertanto ringrazio la disponibilità e la professionalità dei formatori e forma- trici del CNOS che hanno curato le azioni di formazione formatori e ci hanno indi- rizzato lungo la strada giusta per continuare a svolgere il nostro lavoro anche se tra mille difficoltà, sicuri di poter ottenere dei risultati tangibili in termini di spen- dibilità di figure professionali nel mondo lavorativo. • Cifir del Sacro Costato Il Progetto Integrazione OFS - 2003 ha contribuito senza alcun dubbio al pro- gresso e allo sviluppo del nostro CFP. Agli esordi, noi formatori abbiamo aderito all’esperienza condivisa con grande entusiasmo e con il desiderio di sperimentare nuove metodologie innovative. A distanza di 4 anni si può affermare che quello che si era configurato come macro obiettivo del Progetto integrazione è da considerarsi centrato in quanto l’esperienza condivisa con gli Enti CNOS FAP, CIOFS FP E SCF ha migliorato la dina- mica programmatica del nostro Ente. Le buone pratiche elaborate a livello nazionale hanno generato un effetto mol- tiplicatore sul tessuto della formazione pugliese, in particolare attraverso l’azione di formazione dei formatori e l’elaborazione di project work comuni. All’avvio del programma molti dei nostri formatori avevano alle spalle pochi anni di esperienza nella formazione professionale e tanta voglia di crescere. A tal proposito l’azione di Formazione Formatori con assemblee e riunioni frequenti ha permesso di creare un gruppo di lavoro affiatato e concentrato sulla condivisione delle competenze. Il confronto delle varie esperienze a livello regionale ha permesso di fare una riflessione comune da cui sono emerse le difficoltà e i vantaggi delle diverse stru- mentazioni didattiche. Le nostre problematiche relative all’obbligo formativo sono state riscontrate anche nei percorsi degli altri Enti, ciò ha permesso di confortarci e trovare sempre rinnovato entusiasmo per sperimentare la didattica con nuove e innovative stru- mentazioni. I forum creati tra i formatori hanno permesso lo scambio di idee e riflessioni al fine di superare le difficoltà comuni. La definizione e l’identificazione di standard condivisi per ciò che concerne le metodologie di progettazione e le metodologie di gestione dei processi formativi ha di gran lunga migliorato il riscontro educativo dell’attività didattica. Accanto ai forum di discussione, i Project Work sono stati formativi in quanto ci hanno permesso di sperimentare sul campo le idee emerse. Sino ad un paio di anni fa nessuno di noi aveva sperimentato l’UDA , si può dire che a stento si cono- sceva il significato dell’acronimo. Attraverso i Project Work si è data forma con- creta all’UDA non solo nella teoria ma anche nella pratica. La possibilità di ela- 260 borare un compito/prodotto e svilupparlo basandosi sulle competenze e le abilità degli allievi ci è piaciuta molto e l’abbiamo inserita in ogni percorso di obbligo formativo. Tra le varie sperimentazioni, condotte a volte con molta difficoltà, siamo orgogliosi di citare il CD multimediale dal titolo “TG CIFIR“ che ha impe- gnato i nostri animatori turistici e li ha visti attori e autori del telegiornale del- l’Ente. L’entusiasmo dimostrato dagli allievi è stato profuso anche a noi formatori. Gli allievi dell’Obbligo Scolastico sono così vivaci che a volte un piccolo successo può essere ritenuto un grande traguardo. Tutto ciò si è potuto realizzare grazie all’esperienza offertaci dal Progetto In- tegrazione. Noi formatori abbiamo sicuramente consolidato il concetto che la cultura da trasmettere è una esperienza unitaria che parte dal concreto e non dalla meccanica trascrizione degli obiettivi generali del processo formativo tradotti in didattica di- sciplinare. L’interscambio tra formatori di diversa esperienza ha contribuito ad accre- scere ed ampliare le idee di ciascuno di noi. Il lavoro intercorso ha sollecitato nell’équipe dei formatori la promozione del- l’interdisciplinarità. Il centro della metodologia emersa dai forum di discussione avviati e svilup- pati nel Progetto Integrazione risiede nel superamento della didattica per trasmis- sione di saperi e abilità, concentrandosi su una concezione formativa centrata sulla cura della relazione educativa e della situazione di apprendimento, in vista di un coinvolgimento dell’allievo come soggetto attivo del processo formativo. Tutto il percorso di apprendimento si basa sull’azione; questa è la logica che muove le UdA, secondo cui, l’apprendimento diventa maggiormente significativo se avviene a partire dall’esperienza diretta dell’allievo. Inizialmente i project work e i work-shop hanno rivelato la poca abitudine di noi formatori a lavorare assieme, a condividere soluzioni e processi, a integrare capacità e competenze. Attraverso il confronto e la condivisione permanente delle modalità formative si è riusciti a compiere, step by step, un buon salto qualitativo che, attraverso la buona e sincera condivisione, ha permesso di migliorare e accre- scere le potenzialità educative e progettuali interne all’Ente. L’idea di un impianto didattico preconfezionato e scandito da materie o da specifiche attività laboratoriali è andata via via deteriorandosi, modellandosi sul- l’idea di “azione”. Tale aspetto è positivo se si pensa che i percorsi formativi sono integrati e condotti con la scuola statale. L’esperienza e la padronanza di alcuni assunti ma- turati nei forum del Progetto Integrazione ci ha permesso di riportare il concetto di “azione didattica” nelle assemblee interne al fine di condividere l’esperienza del- l’Uda con i docenti degli Istituti Statali. In conclusione sento di poter affermare con certezza che quelle che erano le aspettative iniziali, ovvero: 261 • la possibilità di fare un percorso comune e condiviso che potesse essere la base di partenza per collaborazioni future; • l’opportunità del confronto fra gli enti pugliesi e le metodologie sperimen- tate a livello nazionale dagli enti promotori del progetto; • la possibilità di accrescere le conoscenze e le competenze del CFP attra- verso l’azione di Formazione dei Formatori; • la realizzazione, la validazione ed il confronto per UDA sperimentali. Sono state interamente soddisfatte e si può affermare che l’esperienza fatta ha di sicuro migliorato, nonché accresciuto, il processo didattico-valutativo del nostro Ente. • CNOS FAP di Bari e Cerignola L’esperienza di formazione dei formatori all’interno del Progetto Integrazione 2003 è stata per i formatori del CNOS FAP , che vantano una esperienza personale ormai ventennale in materia di formazione iniziale, un’occasione per “rispolvera- re” le pratiche di gestione dell’attività formativa con i ragazzi, per provare a rivede- re il proprio stile di insegnamento e per confrontarsi con quanti più giovani o meno giovani, condividendo l’esperienza di essere formatori per i giovani… più difficili. Il territorio entro cui sono ubicati i nostri CFP sono caratterizzati da un alto tasso di dispersione scolastica e formativa oltre che da una popolazione giovanile a rischio di esclusione sociale, questo determina una curvatura della nostra azione educativa verso questa tipologia di utenza. Come operatori pedagogici che vivono la missione salesiana consideriamo l’educazione come un’azione che - nutrita di ragione, religione e amorevolezza - insegna ad affrontare la realtà, rendendo i soggetti interessati da tale educazione, ovvero i giovani, “buoni cristiani ed onesti cittadini”. Il Progetto Integrazione 2003 ha costituito per i nostri enti l’occasione per ri- cominciare a fare formazione (nel senso che ci è più caro) e a interrogarci su come “fare formazione” dopo le vicissitudini che hanno caratterizzato la FP nella Re- gione Puglia, ma soprattutto stante il cambiamento in atto a livello sociale e cultu- rale (globalizzazione, società della conoscenza…). L’utenza dei nostri CFP, spesso a rischio di esclusione sociale, ci ha interro- gati sull’efficacia dei nostri interventi educativi e sulla necessità di adattare le no- stre pratiche di insegnamento ai nuovi bisogni dei giovani. Gli input teorici offerti e gli stimoli provenienti dal confronto con gli altri ope- ratori della formazione in occasione degli incontri seminariali e degli approfondi- menti in occasione della elaborazione dei PW, hanno messo talvolta in discussione la bontà di quello che facciamo per educare i nostri giovani; ma ci hanno anche rafforzato nella convinzione che la formazione professionale costituisce la via pri- vilegiata per la realizzazione dei progetti di vita professionale di questi giovani un po’ al margine della società o a rischio di emarginazione. La didattica attiva, l’utilizzo di Unità formative capitalizzabili e adesso di 262 Unità di Apprendimento, la valutazione fondata sui “capolavori”, la formazione in situazione, attraverso lo stage, tutte azioni che caratterizzano il nostro quotidiano agire educativo vanno rispettate, incrementate e promosse a tutti i livelli. Tutta l’esperienza è stata occasione per arricchire ulteriormente il nostro ba- gaglio di conoscenze ed esperienza. • Epcpep di Ostuni Alla luce della esperienza di formazione condotta mi rendo consapevole del fatto che il formatore deve possedere necessariamente una cultura metodologico- didattica e competenze ed abilità specifiche di carattere sociale, economico e pe- dagogico, soprattutto quando esso – come nel nostro caso – si occupa dell’istru- zione e formazione professionale rivolta prevalentemente ai ragazzi difficili. Essere formatore richiede il possesso di competenze disciplinari e multidisci- plinari. In generale, il Formatore ha padronanza degli strumenti di progettazione formativa, conoscenza del quadro normativo - locale, nazionale e comunitario - in materia di formazione professionale, capacità di svolgere ricerca scientifica e ca- pacità relazionali (con gli altri esperti di formazione, con gli utenti, con la commit- tenza, con i soggetti istituzionali, etc.). Ma egli, come emerso in occasione della ri- flessione condotta nell’esperienza di formazione formatori deve inoltre: – saper leggere la realtà economica e sociale del territorio in cui opera; pos- sedere elementi di conoscenza dell’organizzazione aziendale e del lavoro; possedere strumenti di analisi della professionalità; – conoscere le procedure e gli strumenti di analisi dei bisogni di formazione; – essere a conoscenza delle metodologie di progettazione formativa, della di- dattica e della valutazione; – conoscere le caratteristiche essenziali del processo formativo. Molto spesso il formatore è incaricato della progettazione dei percorsi di istruzione e formazione non possedendo sempre strumenti idonei e funzionali alla realizzazione di percorsi che rispondano ai bisogni del territorio locale, ma soprat- tutto dei soggetti interessati alla formazione. La formazione dei formatori è necessaria perchè il formatore per progettare: – deve essere in grado di definire degli obiettivi formativi, tradurli in un pro- getto coerente con le finalità, i tempi e le risorse disponibili; – deve conoscere il sistema di formazione professionale a livello regionale, nazionale e comunitario (ad esempio, deve conoscere gli strumenti di finan- ziamento e gestione degli interventi formativi). In particolare il Formatore impegnato in attività diretta ovvero nell’eroga- zione della formazione deve possedere, oltre le competenze sopra descritte, cono- scenze: – professionali, relative al proprio ambito, e ne cura l’aggiornamento sullo sviluppo storico ed epistemologico, ne pianifica e programma i contenuti e le auspicabili articolazioni modulari, con responsabilità e deontologia pro- 263 fessionale, con dinamica capacità di presa di decisioni e soluzioni di pro- blemi; – operative, concorrendo alla pianificazione, programmazione, organizza- zione, realizzazione e valutazione del processo formativo con capacità meto- dologica-didattica, con disponibilità al rinforzo rispetto ai bisogni ed ai tempi di apprendimento, collaborando per la realizzazione e utilizzazione dei supporti didattici e applicando adeguate valutazioni ex ante, in itinere ed ex post del processo di apprendimento; – procedurali, aggiornando le proprie conoscenze in ordine all’esecuzione di normative e procedure rispondenti alla specificità dei singoli progetti di orientamento e formazione. Ringraziamo quanti ci hanno consentito mediante questa esperienza triennale di formazione dei formatori di rispondere alla fertilizzazione e al potenziamento delle competenze su citate. Ci auguriamo che il progetto integrazione non si risolva solo con un seminario finale che ne diffonda le risultanze, ma continui a vivere nel ricordo di quanto co- struito assieme e, nella prospettiva della collaborazione e della integrazione, possa riproporsi come esperienza di formazione futura. 264 Conclusioni Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO I pensieri, i gesti e il sentire dell’educatore debbono essere congiunti da un le- game di senso: lo sguardo pedagogico può così orientare l’azione del formatore nei sentieri della relazione educativa affinché l’educando possa essere riscoperto e ri- scoprirsi. A conferma di quanto appena dichiarato e per ovviare a sterili generalizza- zioni, chi scrive sottolinea che durante l’esperienza di formatori al servizio dei giovani e di formazione dei formatori della FP condotta in Puglia, abbiamo ri- levato una perdurante inadeguatezza in una parte significativa delle azioni di qua- lificazione delle risorse umane della formazione professionale: gli operatori della FP con cui abbiamo avuto il piacere di confrontarci sovente hanno comunicato di “mancare di una visione strategica stentando ad allinearsi alle reali esigenze degli utenti e dei contesti di riferimento”. Questa condizione reale, dunque, necessita: da un lato, di una riflessione peda- gogica; dall’altro, di un ripensamento normativo che garantisca di fatto un so- stegno adeguato attraverso interventi di formazione iniziale e continua appropriati, al fine di assicurare un livello qualitativo sufficiente per l’accesso alla professione di “operatore della formazione professionale”. Il presente lavoro ha visto costantemente in dialogo una prospettiva fenomeno- logica di tipo esistenzialista – quale quella di Piero Bertolini – con i presupposti contenuti nel sistema preventivo di San Giovanni Bosco. Non è nostra presunzione affermare scientificamente che tali teorizzazioni siano complementari: la proposta è quella di cogliere il valore aggiunto che dal “dialogo” fra le suddette posizioni può aver luogo, generando una nuova “prospet- tiva di senso” condivisibile da chi laicamente o cristianamente intende soffermarsi sulla scelta dei principi per la pratica educativa e rieducativa dei ragazzi difficili. La necessaria ricostruzione delle coordinate storiche per la realizzazione di un quadro legislativo si è resa inoltre necessaria in quanto un modello educativo non può prescindere da quello storico-culturale che ispira e alle volte condiziona la vi- sione entro cui gli “addetti ai lavori” debbono costantemente confrontarsi. Per colmare il senso di vuoto che spesse volte gli operatori della FP esperi- scono, è necessario dunque che essi si sentano parte di un “opera educativa” che possa condurli ad una sistematica analisi ed autoanalisi del proprio lavoro; la for- mazione e la valutazione della pratica ad ampio raggio sono indispensabili affinché 265 1 GIOVANNI BOSCO, Trattatello di Don Bosco. 2 Ibidem. i formatori possano viversi come operatori in crescita all’intero di un CFP orientato ad un ripensamento funzionale delle proprie pratiche. Don Bosco affermava: “Da circa quarant’anni tratto con la gioventù, e non mi ricordo d’aver usato castighi di sorta, e con l’aiuto di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desideravo, e ciò da quegli stessi fanciulli, pei quali sembrava perduta la speranza di buona riuscita …” 1. I formatori che desiderino vivere tale proposta educativa debbono pensarla anche come una proposta di educazione alla spiritualità. Una “spiritualità proposta e vissuta con ragionevolezza” in cui i giovani sono protagonisti attivi delle proprie scelte ed il genitore non è semplice programmatore di una crescita progressiva e profonda, ma educatore che sa affiancarlo e sa bussare alla porta, attendendo che il figlio gli apra. Una “spiritualità proposta e vissuta con amorevolezza” perché: indirizzata al cuore e nutrita di un linguaggio fatto di esperienze e non solo di parole; vissuta e testimoniata dai formatori e, dunque, accessibile. Una spiritualità educativa che trova il suo nutrimento nella religione in quanto “l’educazione è cosa di cuore, e solo Dio ne è il padrone, e noi non potremo ri- uscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne dà in mano le chiavi” 2. Tutti i membri della Famiglia Salesiana e tutti gli operatori dei CFP che si ispi- rano ad altre visioni educative – laiche o cristiane che siano – sono chiamati ad of- frire un progetto educativo che possa portare il giovane incessantemente ad essere riscoperto e a potersi riscoprire. Il presente contributo, lungi dal voler rappresentare una modellizzazione circa il profilo dell’operatore della FP nonché della pratica educativa di cui egli deve es- sere responsabile, è frutto delle riflessioni di formatori che, vivendo il carisma sale- siano, sono interessati (tanto teoreticamente quanto quotidianamente) alla vita dei giovani. Le riflessioni riportate rimangono aperte ad accogliere le considerazioni degli esperti del mondo accademico e degli operatori pedagogici. Concludiamo sottolineando come vivere nel proprio CFP il carisma salesiano equivale a vivere appieno la missione salesiana nutrita da una profonda ed assoluta fede cristiana: crescere nello spirito e nell’esperienza di Famiglia Salesiana equi- vale a mettersi al servizio dell’impegno educativo e pastorale dei giovani. 266 BIBLIOGRAFIA BECCHI E, E ALTRI (a cura di BONDIOLI A. e GHEDINI P.O.), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. BECCIU M, COLASANTI A.R., La corresponsabilità CFP – famiglia: i genitori nei CFP, Collana Pro- getti CNOS FAP, 2006. BERTAGNA G., Avvio alla riflessione pedagogica, Editrice La Scuola, Brescia 2000, pp. 39-68. BERTAGNA G., Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e forma- zione professionale. 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Imprescindibilità del fondamento antropologico-sociale della formazione .................. 18 CAPITOLO 2 La memoria storica per la ricerca delle coordinate legislative (Mariapia Locaputo) .................................................................................................................... 25 1. Parola d’ordine: integrazione ........................................................................................ 25 2. Lo scenario dell’Unione europea .................................................................................... 27 2.1. La strategia di Lisbona ............................................................................................ 28 2.2 Verso il 2010 ............................................................................................................. 31 3. Quadro giuridico – normativo italiano: tra storia e prospettive .............................. 33 4. La Regione Puglia, la formazione professionale e le sperimentazioni della “riforma Moratti” ..................................................................................................... 47 CAPITOLO 3 Valutare i processi di Istruzione e Formazione Professionale: una ipotesi di indicatori per la qualità negoziata (Cristina Baldi) ............................... 51 1. Perché valutare il processo formativo?.......................................................................... 54 2. Il sistema del processo formativo nel contesto allargato .......................................... 56 3. Gli indicatori per una qualità negoziata ........................................................................ 58 271 272 CAPITOLO 4 La Riflessività del Formatore della Formazione Professionale: un Educatore alla ricerca dell’equilibrio tra Ragione, Religione e Amorevolezza (Cristina Baldi). ............................................................................................................................. 69 2ª parte Il progetto “Integrazione 2003” CAPITOLO 1 La visione del progetto “Integrazione 2003”: dal dialogo all’integrazione (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ............................... 89 1. La formazione formatori ................................................................................................ 93 2. Le azioni seminariali ........................................................................................................ 96 3. Il primo project work ....................................................................................................... 97 4. Il secondo project work .................................................................................................... 98 CAPITOLO 2 Il progetto “Integrazione 2003”: la storia dei CFP coinvolti nel progetto (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ..................................................................................... 107 1. Associazione Calasanzio ................................................................................................. 108 2. CIFIR di Bari ..................................................................................................................... 111 3. CIFIR di Oria .................................................................................................................... 124 4. CIFIR del Sacro Costato ................................................................................................. 127 5. CNOS-FAP di Bari e di Cerignola ................................................................................ 129 6. EPCPEP di Ostuni ............................................................................................................ 133 CAPITOLO 3 La formazione formatori nei CFP (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ..................................................................................... 139 1. Associazione Calasanzio ................................................................................................. 140 2. CIFIR di Bari ...................................................................................................................... 159 3. CIFIR di Oria .................................................................................................................... 179 4. CIFIR del Sacro Costato ................................................................................................. 188 5. CNOS-FAP di Bari e di Cerignola ................................................................................ 217 6. EPCPEP di Ostuni ............................................................................................................ 228 CAPITOLO 4 La parola ai formatori dei CFP (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo)....................................................................................... 255 Conclusioni (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo)....................................................................................... 265 Bibliografia..................................................................................................................................... 267 274 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Maggio 2008

Individuazione e raccolta di buone prassi mirate all'accoglienza, formazione e integrazione degli immigrati

Autore: 
Guglielmo Malizia - Vittorio Pieroni - Antonia Santos Fermino
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
241
Guglielmo MALIZIA - Vittorio PIERONI - Antonia SANTOS FERMINO Individuazione e raccolta di buone prassi mirate all’accoglienza, formazione e integrazione degli immigrati CIOFS/FP La ricerca è stata affidata dal CNOS-FAP e dal CIOFS/FP al CENSIS. L’indagine è stata realizzata da un gruppo di lavoro coordinato da Claudia Donati e composto da: Luigi Bellesi, Sergio Vistarini e Vittoria Coletta. L’équipe ha operato sotto la responsabilità di Claudia Donati (CENSIS) d’intesa con i Presidenti del CNOS-FAP e del CIOFS/FP. 3 INTRODUZIONE Il progetto nel suo complesso mirava a qualificare la rete integrata degli inter- venti che favoriscono l’accoglienza degli immigrati (adolescenti, giovani e adulti) ai fini di un loro inserimento nella FP e nella vita sociale e attiva. L’obiettivo ultimo dell’indagine quali-quantitativa consisteva quindi nella ste- sura di un report che nel raccogliere le buone prassi arrivasse poi ad indicare le linee-guida da mettere a disposizione delle figure di sistema per sperimentare mo- delli d’intervento finalizzati ad accogliere ed operare con la sempre maggiore pre- senza nei CFP di questa categoria di soggetti. In pratica si è trattato di predisporre una specie di “cassetta degli attrezzi”, che possa servire a chi lavora in questo set- tore lungo il processo di accoglienza, formazione e integrazione di allievi immi- grati ai fini di un loro inserimento/integrazione nella vita sociale e attiva; A seguito di questo obiettivo generale vi era poi quello di arrivare a definire un quadro normativo della problematica sottesa all’attività con queste categorie di soggetti (capitolo 1). Per poter operare con soggetti appartenenti ad altre culture/etnie/religioni oc- correva predisporre, in base ai recenti studi, un quadro concettuale dei fattori che favoriscono la costruzione dell’identità negli adolescenti di origine migratoria, e conseguentemente anche il processo di integrazione nei sistemi formativi e nella vita attiva (capitolo 2). Un ulteriore obiettivo consisteva nella raccolta di buone prassi per lavorare con queste categorie di soggetti, allo scopo poi di diffonderle/socializzarle (capitoli 3 e 4). A seguito della raccolta delle buone prassi veniva infine la ricostruzione di un modello d’intervento per favorire l’integrazione nei sistemi formativi e nella vita dei giovani immigrati, e su cui era affidata l’ipotesi di una successiva sperimenta- zione (capitolo 5). Per realizzare questi obiettivi si è fatto ricorso a metodologie di ricerca quali- quantitative. La dimensione quantitativa aveva come obiettivo primario quello di individuare i bisogni formativi espressi/inespressi de queste particolari categorie di soggetti. In questo caso il contributo è stato assicurato appoggiando il progetto ad un’indagine in atto nel Comune di Latina, territorio per eccellenza di vocazione mi- gratoria e da tempo ormai nel focus della mobilitazione di variegate popola- zioni/etnie. Per la dimensione prettamente qualitativa si è fatto ricorso invece ai focus group mirati a far emergere – da parte di un congruo numero di professionisti che 4 lavorano nel settore (direttori dei Centri, docenti/formatori, psicologi, rappresen- tanti delle amministrazioni locali, dei servizi socio-assistenziali, delle associazioni di categoria…) – le diverse sfaccettature dell’esperienza in atto e le possibili stra- tegie d’intervento. All’atto pratico l’indagine qualitativa si è svolta in 7 CFP scelti sulla base di una provata esperienza nel lavorare con queste categorie di soggetti: 1) CNOS-FAP - Roma “T. Gerini” 2) CNOS-FAP - Bologna 3) CIOFS/FP - Emilia Romagna (Bologna) 4) CIOFS/FP - Lazio (Ginori, Togliatti, Morrone, Ladispoli, Ostia, Colleferro) 5) ENAIP - Veneto (Dolo, Mirano, Noale) 6) Fondazione Clerici - Pavia 7) Casa di Carità Arti e Mestieri - Torino Nella distribuzione delle attività per tempi/fasi si è partiti in un primo mo- mento (primavera/estate 2007) dalla elaborazione dei primi due capitoli relativi al quadro teorico. Nell’autunno successivo si è passati quindi a visitare uno per uno i 7 Centri riportati sopra, attività che si è prolungata fino a gennaio 2008. Una volta sbobinati gli interventi che sono stati fatti dai vari protagonisti durante i focus, nella primavera successiva è stata ricostruita l’attività di ogni Centro sulla base delle buone pratiche messe a punto per l’accoglienza, la formazione e l’integra- zione degli immigrati e poi si è passati a ricostruire le linee-giuda per allestire mo- delli d’intervento da sperimentare a favore degli immigrati, nell’ipotesi di una pro- seguimento del progetto. Un doveroso ringraziamento va a tutti coloro che hanno collaborato a questo lavoro partecipando alle varie attività, e in particolare a: – CNOS-FAP - Roma “T. Gerini” – CNOS-FAP - Bologna – CIOFS/FP - Emilia Romagna (Bologna) – CIOFS/FP - Lazio (Ginori, Togliatti, Morrone, Ladispoli, Ostia, Colleferro – ENAIP - Veneto (Dolo, Mirano, Noale) – Fondazione Clerici - Pavia – Casa di Carità - Torino 5 Capitolo 1 Le politiche dell’immigrazione in Italia. L’evoluzione recente Guglielmo MALIZIA Il capitolo cerca di offrire al tempo stesso un quadro generale della situazione e approfondimenti specifici per gli aspetti che interessano più da vicino la presente ricerca: l’approccio è prevalentemente macrostrutturale e la prospettiva politico-le- gislativa. La prima sezione è dedicata ad esaminare in maniera sintetica le recenti leggi organiche sull’immigrazione come panorama di sfondo in cui situare la susse- guente analisi. La seconda parte è articolata in quattro sottosezioni che affrontano ognuna le politiche riguardanti un ambito particolare direttamente rilevante per l’oggetto dell’indagine in corso e cioè: la famiglia, il sistema educativo di istru- zione e di formazione, il mondo del lavoro, i diritti di cittadinanza. 1. IL QUADRO DI RIFERIMENTO: LE RECENTI LEGGI ORGANICHE SULL’IMMIGRA- ZIONE Nelle ultime decadi l’immigrazione ha costituito uno dei fattori principali delle trasformazioni in atto nel nostro Paese (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007; Bitoka e Gersony, 2007). La presenza consistente di stranieri originari di tutti i continenti (2,67 milioni di residenti regolari nel 2005, pari al 4,5% della popola- zione: cfr. Einaudi, 2007, p. V) e il forte calo delle nascite hanno esercitato un im- patto notevole sul nostro sistema sociale nel suo complesso e sui singoli ambiti quali il mercato della casa e la famiglia, la scuola e la FP, il lavoro e le professioni, la cittadinanza e la politica. Fino alla prima guerra mondiale gli stranieri costituivano un gruppo veramente marginale della popolazione italiana, raggiungendo appena lo 0.4%, un segno questo della situazione di grave ritardo economico del nostro Paese; nonostante la poca consistenza quantitativa, essi occupavano un posto importante nel nostro si- stema produttivo in qualità di finanziatori, imprenditori e commercianti (Ibidem). L’avvento del fascismo con il suo seguito di nazionalismo, totalitarismo e razzismo ha comportato il progressivo allontanamento di questa sparuta pattuglia di stranieri per cui l’Italia ha assunto nel secondo dopoguerra i caratteri di una società così omogenea da impedirle di capire che presto sarebbe stata coinvolta nell’immigra- zione exrtraeuropea, come gli altri Paesi del vecchio continente. 6 L’industrializzazione e il conseguente “boom” economico degli anni ’60 che hanno portato l’Italia su livelli comparabili con quelli del Nord dell’Europa hanno cambiato la nostra condizione da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione. Lo sviluppo produttivo ha determinato un dislivello notevole in rapporto alle na- zioni dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa centro-orientale e dell’America Latina che ha reso conveniente lo spostamento di un numero consistente di persone verso i no- stri lidi. L’innalzamento dei livelli di educazione e di guadagno degli italiani, ele- vando le loro attese occupazionali e sociali, hanno reso sempre meno appetibile una serie di lavori manuali quali la pesca, l’agricoltura, la collaborazione familiare, l’edilizia e le attività industriali meno qualificate. La crescita delle possibilità di la- voro in nero hanno favorito l’inserimento occupazionale precario di stranieri privi delle necessarie autorizzazioni. Alla fine del millennio la provenienza dagli ex-Paesi comunisti dell’Europa è divenuta di gran lunga prevalente e la crescita esponenziale dell’emigrazione verso il nostro Paese è dipesa soprattutto al crollo della natalità interna. Gli stranieri che sono arrivati numerosi in Italia hanno impedito il calo della popolazione globale e hanno contribuito all’aumento degli occupati e al mantenimento dei livelli tradizio- nali del PIL e delle nostre capacità competitive. Solo con molto ritardo le politiche pubbliche hanno affrontato questa trasfor- mazione epocale dell’Italia. Il dibattito si è concentrato su tre nodi fondamentali. Il primo ha riguardato la regolazione dei flussi di entrata dei lavoratori stranieri in modo da conciliare la solidarietà verso le nazioni meno fortunate, le insufficienze settoriali di manodopera del nostro Paese e le possibilità di lavoro degli italiani. Il secondo nodo si riferisce al problema della sicurezza, cioè del controllo delle fron- tiere e del fenomeno degli arrivi clandestini mediante il ricorso a strategie efficaci di espulsione, che si dovrebbe però gestire in modo da non contravvenire ai diritti umani, in particolare d’asilo, di difesa, all’unità familiare e dei minori. Un terzo dilemma va identificato nella questione dell’integrazione che richiede al tempo stesso di inserire gli immigrati alla pari con gli autoctoni, assicurando il manteni- mento della loro identità culturale, e di evitare le derive di un’assimilazione for- zata, la costituzione di “riserve indiane” e tensioni pericolose tra gli autoctoni e i cittadini. Non si può dire che trenta anni di dibattiti siano riusciti a far emergere solu- zioni capaci di bilanciare in maniera pienamente soddisfacente le esigenze in gioco, anche se non si può negare che progressi siano stati fatti. Inoltre, la contrapposi- zione politica tra i poli, che è stata dura durante la decade ’90, sembra che negli ul- timi anni sia diminuita a motivo della crescente accettazione della immigrazione e di una più diffusa convinzione di realizzare una integrazione non conflittuale. Mi limiterò a illustrare questo dibattito, concentrando la disamina sulle prime due leggi organiche dell’immigrazione, cioè la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini, e sul di- segno di legge Amato-Ferrero (Codini, 2007b; Zanfrini, 2007c; Fredo, Bergama- schi e Parisi, 2007). 7 1.1. La legge Turco-Napolitano Benché il percorso del provvedimento sia stato relativamente breve, poco più di un anno dal 31 gennaio 1997 al 19 febbraio 1998, tuttavia esso costituisce la conclusione di otto anni di tentativi per completare la legge Martelli, n. 39/90, che avevano impegnato tutti i governi che si erano succeduti nel periodo citato (Ei- naudi, 2007; Turco e Tavella, 2006; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007). Il testo norma- tivo n. 40/1998 che porta i nomi degli on. Turco e Napolitano rappresenta certa- mente il dispositivo di più ampia portata che fosse stato emanato fino a quella data nel nostro Paese sull’immigrazione e la condizione dello straniero e mirava a con- ciliare le esigenze tra loro non sempre facilmente armonizzabili della solidarietà, della apertura e della sicurezza. Venendo alle normative principali, la legge che si applicava ai cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea e agli apolidi, indicati nel testo come stranieri, riconosceva a questi ultimi i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto in- ternazionale generalmente ammessi; inoltre, gli stranieri regolari fruivano di tutti i diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano per cui partecipavano alla vita pubblica locale e godevano di parità di trattamento riguardo alla tutela giurisdizio- nale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministra- zione e nell’accesso ai pubblici servizi. La regolamentazione dei permessi rilasciati per lavoro, famiglia o studio assumeva carattere di maggiore flessibilità e poteva consentire lo svolgimento di attività differenti da quelle inizialmente stabilite, com- preso il lavoro. La disciplina dell’integrazione era potenziata in quanto veniva pre- visto un fondo speciale per le politiche dell’immigrazione ed erano introdotte nuove disposizioni contro la discriminazione e per la realizzazione delle pari op- portunità nell’accesso alle case popolari, alla salute e all’istruzione. Ulteriore im- pulso a un andamento regolato dei flussi di entrata in Italia doveva venire dall’ado- zione del documento programmatico triennale che era chiamato a stabilire i criteri generali per la determinazione delle entrate nel nostro Paese. La legge Turco-Napolitano ha proceduto anche a riorganizzare sostanzialmente il sistema delle quote per i lavoratori immigrati. Annualmente un decreto interve- niva a stabilire un limite massimo che doveva tenere in adeguata considerazione le entrate per ricongiungimento familiare e per la richiesta di asilo. Comunque, l’in- novazione principale era rappresentata dalla previsione di quote riservate o privile- giate a favore di quegli Stati legati all’Italia da accordi che consentivano il con- trollo dei flussi e il ritorno in patria degli stranieri allontanati o respinti. Per evitare periodi di iniziale clandestinità e facilitare da subito l’incontro tra domanda e of- ferta di lavoro, è stato consentito di entrare nel nostro Paese per lavoro senza un contratto a condizione che un cittadino italiano fornisse garanzie circa il sostenta- mento, l’alloggio e le spese sanitarie; inoltre, è stata introdotta la possibilità di au- tosponsorizzazione per gli stranieri privi di un garante in Italia a condizione che de- positassero una somma che potesse assicurarne il mantenimento nel nostro Paese. 8 Nella stessa linea di facilitare i flussi per ragioni di lavoro era previsto un permesso di soggiorno per occupazioni stagionali di durata più lunga. Inoltre, tutta la materia della programmazione nell’ambito del lavoro era affidata alla competenza della presidenza del consiglio al fine di evitare negoziazioni defatiganti tra più ministeri. Un’altra novità notevole consisteva nell’allungamento progressivo dei per- messi di soggiorno: la ragione che giustificava tale orientamento andava ricercata nell’intenzione di rendere stabili le presenze degli stranieri in Italia in modo da rea- lizzare una integrazione crescente nel tempo. Lo sbocco finale era costituito dal ri- lascio di una carta di soggiorno che doveva sancire il passaggio da una condizione di immigrato temporaneo a quella di immigrato permanente. All’iter di progressiva stabilizzazione degli straniere si affiancava ovviamente l’attribuzione di una gamma sempre più ampia di diritti. La normativa sulle espulsioni era rafforzata e resa più incisiva in quanto erano previste nuove modalità di diniego dell’ingresso, di respingimento alla frontiera o nelle immediate vicinanze o di allontanamento. Per equilibrare questi inasprimenti, la legge Turco-Napolitano stabiliva casi di inespellibilità che erano identificati con le fattispecie dei minori di 16 anni, delle donne incinte, dei possessori di carta di soggiorno, dei parenti di cittadini italiani, di richiedenti l’asilo in attesa che il loro status venisse chiarito. Al fine di ovviare alle difficoltà che si erano avute circa stranieri privi di documenti non identificabili immediatamente, era previsto la pos- sibilità di trattenimento coatto nei cosiddetti centri di permanenza temporanea, i CPT, per il tempo richiesto – e comunque non superiore ai venti giorni estendibili a trenta – per identificarli ed eventualmente conseguire i documenti e i nullaosta degli Stati di origine in vista del rimpatrio. Correttamente la legge n. 40/1998 ha mirato a potenziare l’attività repressiva nei confronti dei trafficanti di persone e degli sfruttatori della immigrazione clandestina. Al fine di tutelare le vittime di queste azioni delittuose e convincerle a denunciarle poteva essere rilasciato un per- messo speciale di soggiorno della durata di sei mesi rinnovabile, che offriva la op- portunità di un percorso di reinserimento. Passando a una valutazione di merito del dispositivo, non credo che si possa negare che esso segni un progresso notevole in tema sia di programmazione dei flussi, sia della sicurezza, cioè del controllo delle frontiere e del fenomeno degli ar- rivi clandestini, sia dell’integrazione; al tempo stesso si deve riconoscere che esso rappresenta un compromesso tra esigenze contrastanti tra le quali non si è sempre riusciti a trovare un punto di incontro soddisfacente sul piano giuridico e applica- tivo (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007). Inoltre, nonostante l’ampia gamma di tematiche regolate dalla legge e il suo carattere organico, la normativa non è intervenuta a disciplinare alcuni ambiti di rilievo: infatti, sono stati affidati a dispositivi separati la riforma della cittadinanza, le problematiche dell’asilo, la que- stione del diritto di voto e, malgrado i tentativi effettuati, i governi dell’Unione non sono riusciti a varare dei provvedimenti in nessuno dei tre ambiti. Certamente le critiche maggiori sono pervenute dalla destra che ha denunciato la inadeguatezza 9 soprattutto sul piano del contrasto all’immigrazione clandestina, ma anche il peri- colo di conflitti sociali e religiosi, di una guerra tra poveri in competizione per ri- sorse pubbliche insufficienti e di una solidarietà troppo ampia, mentre si sarebbe dovuta limitare l’entrate in Italia solo a chi poteva contare su lavoro e casa. A sua volta, la sinistra ha contestato la estensione eccessiva delle espulsioni e l’insuffi- ciente riconoscimento del diritto di difesa. Anche il giudizio delle associazioni è stato piuttosto articolato nel senso che in positivo hanno riconosciuto che la legge n. 40/98 garantisce i diritti fondamentali della persona umana e prevede strategie valide per la programmazione dei flussi, ma nello stesso tempo hanno lamentato che essa non assicura opportunità di ricorso effettivo contro le misure restrittive della libertà personale e che etichetta gli immigrati in condizione di povertà con una valutazione presuntiva di elevata pericolosità sociale. Venendo all’applicazione del dispositivo in relazione ai tre nodi fondamentali messi in risalto sopra, la programmazione dei flussi ha sì segnato un miglioramento rilevante rispetto al passato, ma la sua incidenza non è stata tale da ridurre in ma- niera consistente le entrate clandestine in quanto le domande di regolarizzazione hanno superato del doppio gli ingressi programmati nel periodo 1998-2001 (700.000 contro 282.000) (Einaudi, 2007, p. 265). Le ragioni dello scarto sono molteplici e vanno dalla inadeguatezza delle stime dei fabbisogni, alla lentezza delle procedure amministrative, alla problematicità di conciliare le diverse esigenze politiche e sociali, alla forte crescita dell’immigrazione nel periodo 1996-2001 ri- spetto al quinquennio precedente per effetto dell’aumento della pressione degli Stati poveri o a medio reddito, del crollo della natalità nel nostro Paese e del conse- guente invecchiamento e del miglioramento della situazione del mercato del lavoro italiano. Quanto al problema della sicurezza, i dati mettono in evidenza un aumento dell’efficacia dell’azione repressiva tra il 1998 e il 2001 in quanto cresce il numero sia degli stranieri rintracciati in condizione di clandestinità o di irregolarità sia delle espulsioni con accompagnamento alla frontiera e si osserva un calo degli sbarchi il- legali sulle nostre coste (Einaudi, 2007, pp. 272-273). A proposito del secondo an- damento va notato che esso è principalmente il frutto di una politica particolar- mente innovativa che aveva portato alla conclusione di una serie di accordi con i Paesi vicini per ottenere la loro cooperazione a fermare le partenze e a contrastare le organizzazioni criminali che operavano nel traffico e nel contrabbando delle per- sone. Nonostante ciò, i due fenomeni della irregolarità e della clandestinità sono cresciuti negli anni 1998-02 più rapidamente che non nel periodo precedente. Questo andamento è dovuto agli effetti congiunti del calo consistente della disoccu- pazione nel nostro Paese e del notevole aumento della domanda di lavoro straniero e si connette con il mutamento della provenienza della immigrazione, non più dal- l’Africa, ma dall’Europa centro-orientale, e con la trasformazione delle strategie di entrate che utilizzavano il regime di esenzione dal visto per i candidati all’ingresso nell’UE o i visti di breve periodo per turismo a cui faceva seguito un periodo di 10 permanenza irregolare. Inoltre, benché non si possa parlare di una crescita genera- lizzata della criminalità nel nostro Paese durante la decade ’90, tuttavia, va ricono- sciuto il rilevante incremento della presenza degli immigrati in queste attività; al tempo stesso si deve sottolineare con forza che la più gran parte della popolazione straniera non vi era coinvolta in quanto le percentuali dei detenuti stranieri con per- messo di soggiorno e dei detenuti con cittadinanza italiana in paragone ai rispettivi universi di riferimento erano sostanzialmente equivalenti. Il terzo nodo, quello dell’integrazione, ha iniziato a suscitare in misura signifi- cativa l’interesse dell’opinione pubblica solo nell’ultimo periodo della legislatura, quando cioè il numero degli immigrati nel nostro paese ha raggiunto una consi- stenza quantitativa non più trascurabile e soprattutto ha assunto le caratteristiche di una maggiore stabilità e per una gran parte anche della lunga durata. La problema- tica si presentava più complessa di quella degli altri due nodi perché la sua solu- zione richiedeva il coinvolgimento di più attori a partire dai vari livelli di governo per passare ai corpi intermedi e soprattutto ai cittadini italiani e agli stranieri stessi, e si sapeva che sulla questione mancava un consenso di tutte le parti interessate. D’altra parte i modelli possibili erano diversi: la gamma delle soluzioni oscillava tra l’assimilazionismo, il multiculturalismo, la presenza temporanea dell’immigrato e l’intercultura. Quest’ultimo pare certamente il più adeguato perché consiste nel “costruire un equilibrio tra la tensione all’universalismo dei diritti e il riconosci- mento delle differenze individuali” e consente di individuare “percorsi di inclu- sione dei cittadini stranieri sulla base dell’affermazione di diritti e doveri di tutte le parti in causa (stranieri, nazionali, enti, associazioni) e nel rispetto delle specificità culturali e religiose” (Einaudi, 2007, p. 305) per cui in sintesi si propone una iden- tità arricchita, fondata sulla conoscenza dell’identità del Paese in cui si risiede, sul consenso ai valori che la definiscono e sulla valorizzazione delle culture delle co- munità straniere; inoltre esso consentiva di evitare le carenze delle altre imposta- zioni quali: la imposizione di un unico modello e la pretesa di annullare la diversità in nome di una laicità assurta al rango di nuova religione; la creazione di riserve in- diane e la conseguente utopia di una convivenza tra comunità chiuse; la proposta di una soluzione del tutto insufficiente nella situazione italiana. Questa a sua volta ap- pariva comunque abbastanza lontana dal modello interculturale: il mercato del la- voro sembrava avviato a una integrazione subalterna degli stranieri, sul piano abita- tivo un terzo circa degli immigrati si trovava in una condizione di grave disagio e in materia di cittadinanza le ambizioni iniziali del centrosinistra non avevano tro- vato attuazione se non in alcuni modesti progressi a livello locale. 1.2. La legge Bossi-Fini La campagna elettorale che nel 2001 ha portato al potere il centrodestra era stata lunghissima, essendo di fatto iniziata nel 1999, e aveva permesso ai partiti della coalizione di elaborare un insieme di ipotesi sul tema dell’immigrazione, anche se con varie differenziazioni all’interno (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007). Una 11 volta vinte le elezioni, la preparazione di una legge in materia divenne una priorità del governo. Il relativo disegno di legge fu approvato dal Consiglio dei Ministri a metà settembre del 2001, con alcune modifiche venne presentato al Senato nel no- vembre del medesimo anno e l’adozione definitiva si ebbe nel luglio del 2002: in pratica il dibattito parlamentare era durato meno di un anno. La legge Bossi-Fini del 30 luglio 2002, n. 189, ha mantenuto l’impostazione complessiva del precedente testo, n. 40/1998, in quanto ha conservato le quote, le espulsioni amministrative e le strategie per l’integrazione, cioè le coordinate del dispositivo Turco-Napolitano (Einaudi, 2007; Mantovani, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007; Bellagamba e Cariti, 2005; Zanrosso, 2007). Al tempo stesso ha pro- ceduto con sistematicità a cambiare l’impianto globale in maniera restrittiva: “ac- corciamento della durata dei permessi, limitazione dei ricongiungimenti familiari, estensione dell’accompagnamento alla frontiera da parte della polizia, allunga- mento del trattenimento nei Cpt (Centri di permanenza temporanea e di acco- glienza) e del numero di anni necessario per ottenere la carta di soggiorno” (Ei- naudi, 2007, p. 311). Gli assi principali su cui poggia la legge n. 189/02 possono essere identificati in tre orientamenti. Anzitutto, si intendeva contrastare con più impegno e serietà il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della criminalità che vi era strettamente connessa. Un’altra finalità centrale del dispositivo è mirata a diminuire in misura consistente i flussi in ingresso dei lavoratori, facendo ricorso a strategie alternative per cercare di soddisfare la domanda di manodopera in aumento, specialmente da parte delle aziende del Settentrione: in particolare si puntava a stimolare gli sposta- menti di disoccupati del Meridione verso il Nord e a incentivare il ritorno in Italia dei discendenti degli emigranti del nostro Paese. Un altro caposaldo può essere visto nella tendenza a favorire l’immigrazione temporanea in modo da evitare che la presenza degli extracomunitari potesse assumere in misura crescente il carattere della permanenza. Venendo a una valutazione globale, si può cominciare proprio dall’ultimo asse della legge n. 189/02 (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007; Mantovano, 2007): infatti, il calo della natalità e il conseguente invecchiamento del nostro Paese non erano problemi da affrontarsi con una immigrazione temporanea, priva o quasi di incentivi a integrarsi, ma rinviava a delle politiche capaci di assicurare dei flussi in aumento di stranieri desiderosi di insediarsi stabilmente in Italia e di inse- rirsi permanentemente nel tessuto della nostra società. Più in generale, si deve de- nunciare il velleitarismo di varie disposizioni e la loro limitata incidenza effettiva sulla prassi, come si vedrà meglio nel prosieguo. Tenuto conto del principio sotto- stante alla legge di limitare l’immigrazione a pochi stranieri, unicamente per lavoro e solo per il tempo strettamente necessario dopo il quale l’auspicio era il ritorno immediato a casa, era totalmente legittima la denuncia del pericolo di una crescita del fenomeno della clandestinità che richiedeva naturalmente per essere sanato il ricorso a regolarizzazione di massa. 12 Passando all’applicazione della legge Bossi-Fini in relazione ai tre nodi fonda- mentali della immigrazione richiamati all’inizio della sezione n. 1, già nel 2002 il decreto di programmazione dei flussi si discostava profondamente dagli orienta- menti del centrosinistra per conformarsi allo spirito delle politiche del nuovo go- verno (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Ferrero, 2007; Mantovano, 2007). Le quote di ingressi stabili autorizzati e quelle privilegiate erano ridotte in misura sostan- ziale, mentre quella per la ricerca di lavoro era stata eliminata in toto dalla 189. A sua volta in conformità alle novità previste dalla Bossi-Fini venivano previste faci- litazioni per il rientro dei discendenti di emigranti italiani in Argentina e iniziative per la formazione all’estero in vista dell’ingresso in Italia; tuttavia, i risultati del- l’applicazione di queste strategie furono modesti. Pertanto, per effetto di questi provvedimenti la programmazione dei flussi divenne assolutamente insoddisfa- cente e rischiava anche di compromettere la cooperazione con i Paesi mediterranei a causa dello svuotamento di fatto della strategie delle quote privilegiate Riguardo al nodo della sicurezza, le strategie di confronto in mare e le poli- tiche aggressive verso i Paesi della riva meridionale del Mediterraneo non hanno ottenuto risultati molto soddisfacenti (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007; Mantovano, 2007). Gli esiti non furono migliori sul piano europeo nel senso che non trovarono accoglimento le proposte, sostenute anche dall’Italia, di cancellare gli aiuti allo svi- luppo in favore delle nazioni che non cooperavano a impedire la immigrazione clandestina e di esternalizzare i controlli, creando campi di transito furori dell’Eu- ropa. Questi insuccessi convinsero il Ministro dell’Interno in carica a riprendere le strategie del governo dell’Ulivo mirate a realizzare accordi di collaborazione con gli Stati della sponda Sud del Mediterraneo, dimostrando piena disponibilità a for- nire delle contropartite. In aggiunta, anche le strategie di inasprimento delle espul- sione hanno inaspettatamente rivelato un livello basso di incidenza soprattutto per tre ragioni: all’inizio la regolarizzazione realizzata dal governo di centrodestra aveva ridotto in misura consistente il numero dei clandestini e degli irregolari per cui era diminuito di molto il bisogno di provvedere ad allontanamenti; la moltipli- cazione dei rinnovi cartacei dei permessi di soggiorno di cui era stata diminuita la durata media non solo si era dimostrata nociva dal punto di vista dell’integrazione, ma aveva comportato uno spreco di risorse che unito alla riduzione dei fondi per l’immigrazione si era tradotta in una diminuzione degli allontanamenti; in ag- giunta, alcuni interventi della Corte Costituzionale a difesa dei diritti degli immi- grati aveva ridotto l’asprezza delle misure di espulsione volute dalla maggioranza di centrodestra. In coerenza con lo spirito delle politiche di contenimento dell’im- migrazione clandestina, il governo in carica si è impegnato a potenziare i CPT, una strategia di azione molto costosa e controversa, anche se non si può negare ad essa una certa efficacia. In proposito il confronto tra le parti politiche è stato certamente molto aspro anche se non sembra sia mancata al termine una certa convergenza tra i moderati di ambedue gli schieramenti su una linea d’azione volta a riformare e a umanizzare i CPT, ma non ad abolirli. 13 Il governo della Casa delle Libertà si orientò a ridurre drasticamente le poli- tiche dell’integrazione sia eliminando organismi a ciò deputati, sia sopprimendo il fondo destinato specificamente a questo fine, sia affidando sempre più la realizza- zione di tali strategie agli Enti locali (Einaudi, 2007; Bonifazi, 2007). Al tempo stesso le preoccupazioni suscitate dagli attacchi terroristici hanno sollecitato i Paesi dell’Europa ad affrettare la revisione già in atto dei modelli di integrazione: Dani- marca e Olanda hanno deciso di rivedere le politiche multiculturali seguite nel pas- sato perché avevano portato a trascurare i fenomeni dello sviluppo dell’estremismo religioso islamico e dell’autosegrazione degli stranieri e vi hanno apportato corre- zioni importanti nel senso di sottolineare maggiormente i doveri degli immigrati ri- spetto ai diritti, di adottare strategie di assimilazione e di definire sul piano giuri- dico nuovi obblighi in tema di apprendimento della lingua, delle norme sociali, della normativa dello Stato ospitante e di introdurre cerimonie di adesione al nuovo Paese; anche la Francia si è posta il problema di ripensare la propria politica assi- milazionista di fronte alla rivolta delle “banlieues“ nel 2005; solo la Gran Bretagna sembra rimasta sostanzialmente fedele alla tradizionale impostazione multicultu- rale. In Italia il timore del terrorismo ebbe un’incidenza più teorica che reale: si dif- fuse una certa ostilità culturale verso l’Islam, non mancarono preoccupazioni per il mantenimento dell’identità italiana, i provvedimenti di polizia si focalizzarono sui musulmani con esiti alterni e la tesi dello scontro di civiltà ebbe una breve fiam- mata di sostegno pubblico. La maggior parte del governo di centrodestra, dopo un primo periodo di scontro, assunse un orientamento più conciliante, una specie di doppio binario da una parte di attenzione e severità verso ogni estremismo e dal- l’altra di tolleranza e di dialogo verso il mondo islamico. Ancora più aperta si pre- sentava l’impostazione del centrosinistra che, pur non volendo rinunciare alle pro- prie tradizioni, si dichiarava pronto ad andare alla scoperta, all’incontro, all’acco- glienza. Inoltre, tra gli operatori della immigrazione l’idea dell’interculturalità gua- dagna terreno ed evolve verso una concezione sempre più matura: “L’intercultura- lità richiede di accettare una sorta di doppia identità degli immigrati, che coniuga quella di origine a quella di adozione, senza chiedere di abbandonare elementi della cultura originaria se non quelli definiti dalla cultura costituzionale del Paese di ac- coglienza. Richiede una forma di adattamento reciproco che identifica nella per- sona piuttosto che nello Stato o nella comunità il fattore essenziale, che non classi- fica le persone con stereotipi, pretendendo di cristallizzarne a priori identità e ap- partenenza a seconda di religione, razza o nazionalità, esasperando le differenze” (Einaudi, 2007, p. 354). Da ultimo va sottolineato che durante la XIV legislatura le politiche dell’immi- grazione del governo di centrodestra hanno subito una graduale evoluzione silen- ziosa. Alcuni segnali di cambiamento sono stati già evidenziati sopra; la grande re- golarizzazione del 2002, che ha riguardato ben 646.000 stranieri su 705.000 do- mande, mettendo in risalto la forte pressione migratoria verso l’Italia, anche per ef- 14 fetto della elevata domanda di lavoro domestico e per le imprese, aveva sancito l’insuccesso delle strategie di restrizione migratoria verso l’Europa, anche se non nei confronti dell’Africa. Ma la svolta si è prodotta riguardo ai flussi legali dei la- voratori perché in tre anni, dal 2003 al 2006, si è passati da un regime molto restrit- tivo ad uno tra i più aperti d’Europa con un balzo da soli 11.500 ingressi di lavora- tori extracomunitari compresi gli stagionali a 120.000, oltre a un numero altissimo (170.000) di lavoratori provenienti da Paesi che avevano aderito all’UE nel 2004. Le ragioni di questo andamento sono complesse: si va dagli effetti dell’amplia- mento dell’UE verso gli Stati dell’Europa centro-orientale, alla accettazione sempre più ampia dell’immigrazione da parte della opinione pubblica italiana, fino alle pressioni crescenti del sistema economico e sociale sul governo. 1.3. Il disegno di legge delega Amato-Ferrero Nel 2006 con le elezioni generali ritorna al potere il governo di centro-sinistra che avvia una profonda riforma della Bossi-Fini (Ufficio Stampa e Comunicazione del Ministero degli Interni, 2007). Infatti, a suo parere tale legge non avrebbe ri- solto i problemi della immigrazione nel nostro Paese dovuti alla ricettività limitata per il suo intenso popolamento, all’alto livello di clandestinità, alle difficoltà nella realizzazione delle espulsioni, alle pressioni e agli intralci provocati dalla crimina- lità organizzata; essa, inoltre, non avrebbe saputo valorizzare le potenzialità del fe- nomeno che può assicurare il ricambio demografico a un’Italia con una natalità in forte calo, risorse importanti alle imprese attraverso l’apporto dei lavoratori immi- grati, una crescita economica significativa e uno strumento di competitività me- diante il contributo di una immigrazione caratterizzata da elevata professionalità. La riforma è incominciata subito con l’approvazione di alcune misure che hanno riguardato i ricongiungimenti familiari, la carta di lungo-soggiorno, la lotta allo sfruttamento, l’abolizione dei permessi di soggiorno sotto i tre mesi; in ag- giunta, è stato presentato un disegno legge sulla cittadinanza. Un impegno partico- lare è stato dedicato al cambiamento del testo unico sull’immigrazione che ha tro- vato un primo sbocco nel disegno di legge delega al governo per la modifica della disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero, comu- nemente intitolato dai nomi del due primi firmatari, i ministri Amato e Ferrero (Uf- ficio Stampa e Comunicazione del Ministero degli Interni, 2007; Codini, 2007a; Ferrero, 2007; Mantovano, 2007). Le finalità generali del provvedimento sono mirate a sciogliere i tre nodi fon- damentali dell’immigrazione, che ho già indicato sopra: regolare in modo razionale i flussi della immigrazione legale, soprattutto quella dei lavoratori stranieri; com- battere il fenomeno degli arrivi clandestini; realizzare l’integrazione (Ufficio Stampa e Comunicazione del Ministero degli Interni, 2007). Gli obiettivi più pun- tuali consistono: nel facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro stra- niero, adottando forme di collegamento tra soggiorno e occupazione più realistiche e conformi ai bisogni delle aziende e delle famiglie; nel rendere la durata del per- 15 messo di soggiorno più rispondente alle necessità del sistema economico, cercando anche di semplificare le procedure; nel prevedere un percorso preferenziale per l’ingresso di immigrati qualificati; nel garantire maggiormente l’esecuzione dei rimpatri, favorendo la cooperazione dell’immigrato; nel realizzare una riforma ra- dicale dei CPT. Allo scopo di perseguire la finalità di governare in modo razionale l’immigra- zione regolare, una prima strategia del disegno di legge consiste nella programma- zione triennale della quota di stranieri da ammettere (Ufficio Stampa e Comunica- zione del Ministero degli Interni, 2007; Codini, 2007a). Inoltre, le quantità sono stabilite in base ai dati sulla reale domanda di lavoro, preparati dal Ministero della Solidarietà Sociale e completati dalle indicazioni fornite dai Consigli territoriali per l’immigrazione esistenti presso le Prefetture, in modo da assicurare che gli ingressi siano proporzionati alle realtà economiche e sociali e alla capacità di assorbimento dei contesti locali. Infatti, la normativa esistente in tema di programmazione dei flussi ha mostrato varie carenze: lungaggini procedurali per la redazione dei de- creti; ritardi seri nella loro approvazione; necessità di continui ampliamenti delle cifre fissate; eccessiva subordinazione alle domande dei datori di lavoro e ai bi- sogni della comunicazione politica. Pertanto, la proposta di passare a una program- mazione triennale che tenga conto delle capacità di assorbimento della società ci- vile è condivisibile anche perché l’immigrazione ha ormai assunto un carattere strutturale nel nostro Paese e gli immigrati mirano a inserirsi stabilmente in Italia. La previsione però di un adeguamento annuale delle quote potrebbe annullare in tutto o in parte la produzione degli effetti benefici appena richiamati Ai fini sia di accrescere la capacità competitiva del nostro sistema produttivo sia di trasmettere una immagine differente di migrante come soggetto non necessa- riamente destinato ad occupare i livelli più bassi della gerarchia professionale, il di- segno di leggere prevede un percorso privilegiato per l’immigrazione altamente qualificata. Quanto ai lavoratori generici, la riforma mantiene la norma della legge Bossi-Fini sulla chiamata per conoscenza diretta, ma verrà anche realizzato un si- stema di liste, distribuite per nazionalità e disponibili su internet, alle quali possono iscriversi i migranti che vogliono venire nel nostro Paese per motivi di lavoro, anche se da alcune parti si fa osservare che queste assunzioni a distanza non sono molto appetibili né per gli immigrati, né per i datori di lavoro. Nel presentare le loro domande questi ultimi possono far ricorso agli uffici per l’immigrazione op- pure a soggetti abilitati a svolgere la funzione di sponsor-garante quali per esempio Regioni ed Enti locali, associazioni imprenditoriali e professionali, sindacati e isti- tuti di patronato; tale figura può far entrare per lavoro in Italia stranieri inseriti nelle liste, ma sempre nei limiti previsti dalle quote, offrendo assicurazioni di na- tura patrimoniale, per cui si permette al migrante di venire nel nostro Paese regolar- mente per trovare una occupazione e al tempo stesso al datore di lavoro di proce- dere all’assunzione solo dopo una prova positiva. La riforma reintroduce una forma limitata di autosponsorizzazione per una ridotta porzione di stranieri, soprattutto 16 qualificati, che dimostrano di disporre delle risorse adeguate al periodo di perma- nenza in Italia oppure che siano richiesti nominativamente da un cittadino italiano o dell’UE che goda di un reddito sufficiente a offrire la garanzia patrimoniale ri- chiesta; il sistema era già previsto nella legge Turco-Napolitano e aveva provato nella sua breve applicazione di funzionare bene. Anche a motivo dell’insuccesso dell’attuale dispositivo che pone un vincolo rigido tra disponibilità di un lavoro ed entrata in Italia, la riproposizione dell’istituto dello sponsor appare accettabile sem- prechè venga completata dalla introduzione di strategie che possano garantire glo- balmente la riuscita della procedura. Passando al tema del soggiorno, il governo di centrosinistra ha inteso evitare permessi troppo brevi in quanto costringono lo straniero a una corsa ostacoli per il rinnovo e implicano per l’amministrazione un eccesso di burocratizzazione delle procedure. Pertanto, si è provveduto ad abolire il permesso per soggiorni inferiori a tre mesi e il disegno di legge ha stabilito un allungamento della durata. In aggiunta, il rinnovo è stato previsto per un tempo pari al doppio di quello del primo rilascio e, se la domanda è stata avanzata nei termini fissati, il permesso scaduto continua a mantenere la sua validità in attesa del rinnovo. Sono stati allungati anche i tempi per cercare un nuovo lavoro nel caso dello straniero che perde il posto ed è possi- bile assumere immigrati, già titolari di un permesso per il lavoro subordinato, che non dispongano più di un soggiorno regolare in seguito alla conclusione dell’ul- timo rapporto di lavoro. 2. AMBITI SPECIFICI DI ATTENZIONE Dopo aver delineato il quadro generale di riferimento, in questa seconda se- zione la disamina si sofferma sulle aree specifiche della condizione degli immigrati in Italia (Ambrosini, 2005). In proposito si opererà una selezione delle tematiche nel senso che ci occuperemo soltanto di quegli ambiti che sono direttamente rile- vanti ai fini dell’approfondimento delle problematiche oggetto di questo studio. 2.1. Le famiglie dei giovani di origine migratoria Incomincio con precisare le tendenze più importanti a livello quantitativo (Ma- razzi, 2005). In base ai dati ISTAT (14° Censimento della popolazione, risultati de- finitivi, 16 giugno 2004), crescono in Italia le famiglie di stranieri e con stranieri nel senso che la percentuale del totale dei cittadini stranieri residenti in Italia che vive in famiglia era passata tra il 1991e il 2001 dal 95,6% al 97,9% e il numero delle famiglie con almeno un membro di cittadinanza non italiana è aumentata di tre volte quasi (Marazzi, 2005, pp. 9 e 16-19). Del secondo gruppo il 61.8% si ca- ratterizzava per la presenza all’interno di tutti stranieri: rispetto al totale il 41.4% erano famiglie unipersonali e il 17.5% comprendeva due persone. A loro volta le famiglie che includevano tre o quattro membri costituivano quasi il 30%, mentre 17 solo il 4.2% poteva vantare 6 o più componenti; in ogni caso cresce nel tempo il numero dei membri stranieri per famiglia. Inoltre, le Regioni che totalizzano più del 50% delle famiglie con almeno un componente straniero comprendono Lom- bardia, Lazio, Veneto ed Emilia-Romagna. In aggiunta, i due terzi circa della fami- glie con un membro straniero presentano un solo nucleo familiare; al contrario, ap- pena il 3% ne segnala più di uno. Da ultimo, sul piano più qualitativo si può dire che all’interno del gruppo dei maschi che hanno dato vita a una famiglia “tradizio- nale”, cioè composta da genitori e figli, la decisione di migrare può essere conside- rata nel 46% dei casi come il risultato di una scelta che si è fatta strada all’interno della coppia o dell’intero nucleo familiare; al contrario, per il 54% il progetto mi- gratorio viene deliberato autonomamente o entro la famiglia di origine. In generale la famiglia straniera gode all’interno della nostra legislazione della medesima tutela giuridica che è prevista per le famiglie italiane (Marazzi, 2005). Al tempo stesso va segnalato che la Carta Costituzionale precisa l’ambito della pro- tezione accordata in quanto questa viene riconosciuta in maniera piena solo alla fa- miglia intesa come società naturale fondata sul matrimonio, cioè il termine di rife- rimento è costituito dalla famiglia naturale composta dai coniugi e dai loro figli, basata su una relazione eterosessuale, monogama, relativamente stabile e qualifi- cata dall’eguaglianza tra i coniugi che risultano titolari di reciproci diritti e doveri. Questo significa che la famiglia straniera viene protetta entro determinati paletti nel senso che si deve configurare come un’unione che presenti alla base un matrimonio per cui la tutela si limita al gruppo formato dal coniuge, i figli e i genitori e per- mette il ricongiungimento con un coniuge. Va però aggiunto che siccome i nostri tribunali attualmente offrono un qualche riconoscimento anche alla famiglia di fatto, tale estensione ha valore anche per le convivenze tra stranieri, tranne che si tratti di una situazione poligamica perché in questo caso la condizione della donna sarebbe in contrasto con il principio costituzionale della parità uomo-donna. La so- stanziale eguaglianza tra famiglia straniera e famiglia italiana trova alcune ecce- zioni che sono considerate ragionevoli; in ogni caso, i giudici sono intervenuti per proteggerla da inammissibili discriminazioni. Non mancano in aggiunta aspetti pro- blematici che si celano nei particolari della normativa e della prassi come gli osta- coli di natura burocratica o di carattere socio-economico che si frappongono al ri- congiungimento familiare. Nonostante l’eguaglianza in linea di principio che si riscontra sul piano normati- vo, non si può non essere d’accordo con quanto afferma L. Bindi, cioè che “[…] una politica per la famiglia, e per la famiglia immigrata in particolar modo, nel nostro Pae- se è ancora di là da venire nella sua forma più organica”1 (2005a, p. 60). Pertanto, nel prosieguo si concentrerà l’attenzione sugli aspetti principali della condizione della fa- miglia immigrata con particolare riguardo alla socializzazione dei figli. 1 La sottolineatura è nostra. 18 Incomincio con il segnalare i cambiamenti che la famiglia subisce per effetto del contesto migratorio nel quale va ad inserirsi: sottolineo ancora una volta che la prospettiva di questo rapporto ci impone di focalizzare la nostra disamina sull’inte- grazione degli adolescenti (Bindi, 2005a; Baldassarre e Verderosa, 2005). Il nuovo ambiente influisce anzitutto avviando processi di profonda ridefinizione dei ruoli all’interno e nelle relazioni con l’esterno. In qualche caso si arriva fino a situazioni dolorose di separazione dei genitori a motivo di un diverso percorso migratorio o in ragione di una sopravvenuta condizione di insostenibilità della convivenza. Più fre- quentemente sono le madri a mutare la loro condizione in positivo nel senso che, mentre prima si trovavano chiuse all’interno della famiglia in una situazione di subalternità, ora hanno una occupazione all’esterno, producono e gestiscono una parte consistente delle entrate familiari, conoscono la lingua del Paese di acco- glienza meglio dei mariti e diventano le rappresentanti privilegiate della famiglia verso le autorità pubbliche e i privati. Questo contribuisce ad abbassare l’autorità del padre, anche se non è il solo fattore, in quanto pesa soprattutto la condizione di subalternità in cui egli si trova nel mondo del lavoro e nel contesto sociale. La po- sizione subordinata riguarda anche le madri, benché in misura minore, per cui l’au- torevolezza dei genitori finisce per erodersi fortemente nei confronti dei figli che si rendono conto della loro collocazione al fondo della scala sociale e della condi- zione emarginata della famiglia. Il modello più individualistico e focalizzato sulla sola famiglia nucleare che caratterizza il nostro Paese, come in generale tutti i sistemi sociali avanzati, mette in crisi l’immagine di famiglia che gli immigrati si portano dai loro contesti di ori- gine e che si caratterizza come una comunità unica a cui subordinare anche le ca- ratteristiche identitarie del singolo. In aggiunta, la tendenza delle famiglie immi- grate a risiedere nella stessa casa in più gruppi in contrasto con le modalità proprie della vita familiare nella nazione ospitante costituisce occasione per valutazioni ne- gativi da parte del vicinato autoctono che possono giungere fino a una vera e pro- pria stigmatizzazione e accrescere l’emarginazione delle famiglie immigrate e, in particolare, dei giovani. Di riflesso ne soffrono le relazioni intergenerazionali e le relative modalità di comunicazione anche perché si fanno sentire gli effetti del con- fronto con la disinvoltura e l’informalità dei rapporti tra le generazioni che contrad- distinguono i Paesi sviluppati, in particolare quelli occidentali. In questo contesto, l’esperienza migratoria rappresenta uno “sradicamento traumatico” non solo per gli adulti, ma anche e soprattutto per i giovani (Bindi, 2005a, p. 51). Poiché sino al ricongiungimento familiare i figli sono vissuti anche per lungo tempo nei Paesi d’origine con uno dei genitori o con i nonni o con la rete allargata delle parentele, quando giungono nella società di accoglienza, per effetto della separazione che si è consumata rispetto a entrambi i genitori o a uno dei due essi trovano piuttosto complesso riavviare un rapporto a lungo interrotto e superare la rottura dei legami con le persone a cui erano affidati in patria. Una volta ricon- giunti con la famiglia, essi continuano ad usare in tale contesto la lingua madre, 19 mentre l’ambiente sociale li sollecita ad imparare il più rapidamente possibile la lin- gua locale che alla gran maggioranza dei giovani risulta completamente estranea. Il figlio non mette molto tempo a capire che la situazione di vita della famiglia nella nazione di accoglienza si caratterizza per il disagio, l’emarginazione e la sub- alternità. Questo si riflette sui processi di integrazione dei giovani immigrati presso i coetanei autoctoni che corrono il pericolo di essere compromessi anche per i molti pregiudizi che i giovani del posto nutrono nei loro confronti (Valtolina e Marazzi, 2006). “Al senso di sradicamento traumatico, dunque, si affianca un certo grado di sconforto circa le possibilità concrete di integrazione , la delusione verso il genitore o i genitori immigrati, di cui, sino ad allora, si è vagheggiato il destino nel Paese di accoglienza, e un complessivo senso di disagio, rispetto a una situazione nuova che, a volte, sembra aprirsi con i peggiori auspici” (Bindi, 2005a, p. 51). La consa- pevolezza che i giovani immigrati acquisiscono della situazione svantaggiata in cui essi si trovano insieme con la loro famiglia sarebbe all’origine di molte conflittua- lità nelle relazioni intergenerazionali e anche di veri e propri disagi psicofisici. Sulla conflittualità appena evocata pesa anche la contrapposizione segnalata sopra tra l’immagine tradizionale piuttosto autoritaria e rigida della famiglia che i figli hanno elaborato nel Paese d’origine e la rappresentazione più flessibile e per- missiva che di essa recepiscono nella società di accoglienza. Tutto ciò ingenera una forte confusione nell’immaginario di adulti e giovani; soprattutto, i secondi ten- dono a sottrarsi alle norme stabilite dai padri in tema di scelte residenziali, matri- moniali e professionali. Da qui emerge il bisogno di una mediazione competente da parte dei servizi sociali, sanitari, scolastici e giudiziari che sia capace di mettersi in posizione di ascolto per capire i problemi e di elaborare proposte originali di conci- liazione. Il problema dell’integrazione assume contorni diversi riguardo agli immigrati che sono nati da genitori stranieri in Italia e che comunemente vengono designati con l’espressione “seconde generazioni”. Questi giovani sono senz’altro avvantag- giati in quanto conoscono la lingua del nostro Paese, avendola appresa da subito, presentano una scolarizzazione pienamente svolta e possono usufruire di reti diffuse di solidarietà. Pertanto, la loro integrazione è un processo più semplice, sebbene an- che loro si trovino in una condizione caratterizzata dalla “doppia appartenenza”. Un problema reale e serio va visto nella garanzia di pari opportunità per le seconde ge- nerazioni: infatti, se è vero che per molti di loro l’integrazione dopo il diciottesimo anno di età presenta un percorso carente, se non fallimentare, è anche vero che per un gruppo consistente risulterà positiva riguardo ai processi di scolarizzazione e di socializzazione, mentre l’esito tenderà ad essere negativo nell’accesso al lavoro. Sul lato positivo, va sottolineato che i giovani immigrati che frequentano la moschea, le parrocchie o i gruppi di preghiera tendono a riuscire meglio a scuola, godono di una rete di rapporti più soddisfacenti, dimostrano propensione a rima- nere in Italia con attese di miglioramento. Al contrario, l’intenzione di adottare in- condizionatamente la cultura gli stili di vita del Paese di accoglienza può portare a 20 delusioni, creare ostacoli all’integrazione e soprattutto destina molti a una assimila- zione al ribasso che è destinata ad alimentare la marginalità urbana. In questi casi ciò che fa la differenza in senso positivo è il capitale sociale e culturale che le gio- vani generazioni ereditano dalla rete familiare. Sulla integrazione familiare influisce anche la questione abitativa (Einaudi, 2007; Caritas, 2007). Negli ultimi anni si osserva una crescita significativa della presenza degli immigrati sul mercato immobiliare italiano. Nonostante questa ten- denza positiva, tuttavia la grande maggioranza delle famiglie straniere vivono in condizioni precarie, in luoghi di emergenza, sovraffollati o degradati. Inoltre, fi- nora si è riusciti ad evitare in Italia la ghettizzazione di immigrati a motivo della grande dispersione dell’immigrazione tra comunità differenti; tuttavia, questa situa- zione potrebbe non durare per sempre per cui sono necessari interventi dell’autorità pubblica per evitare la concentrazione maggioritaria di stranieri in aree particolari. 2.2. Le politiche della scuola e della FP Sul piano quantitativo gli alunni con cittadinanza non italiana ammontano nel- l’anno scolastico 2006-07 a 501.494 e rappresentano il 5.6% del totale (Giovan- nini, 2007, pp. 132-135)2 (cfr. Tav. 1). La crescita è stata sostenuta rispetto al 2000- 01 quando la percentuale era l’1.8%: concretamente la presenza degli studenti stra- nieri si è più che triplicata in sette anni. Le femmine rappresentano il 47% del dato complessivo e tale percentuale si conforma pienamente con la distinzione di genere riscontrabile presso gli stranieri che soggiornano in Italia (cfr. Caritas, 2007, p. 166). L’andamento sta a provare che i genitori non mostrano alcuna remora a iscri- vere le figlie femmine a scuola, come risulta confermato anche dal tasso della loro presenza nella secondaria di 2° grado che tocca il 49.8%. In proposito va aggiunto che la presenza delle ragazze cresce quando esse risultano originarie dell’Europa. Tav. 1 - Alunni con cittadinanza non italiana (totali; 2000-2007; in VA e %) Anni scolastici VA % sul totale degli iscritti 2000-01 147.406 1.8 2001-02 181.767 2.3 2002-03 232.766 3.0 2003-04 282.683 3.5 2004-05 351.576 4.2 2005-06 424.683 4.0 2006-07 501.494 5.6 VA = Valori assoluti Fonte: ISMU, 2007 2 Il dato è provvisorio e pertanto potrebbe essere oggetto di variazioni, anche se di poca entità. Una conferma del carattere non definitivo della cifra viene dalla Caritas che fornisce un totale legger- mente inferiore, 500.512, benché la percentuale sul complesso degli iscritti sia la stessa, 5.6% (Caritas e Migrantes, 2007, pp. 165-166). 21 Se si passa a considerare i singoli ordini e gradi di scuola, va anzitutto osser- vato che la partecipazione degli alunni con cittadinanza italiana è aumentata a tutti i livelli (cfr. Tav. 2). Emerge in particolare il dato della primaria con il 6.8%, se- guito dalla secondaria di 1° grado (6.5%) che registra l’aumento maggiore tra i due anni presi in considerazione nella Tav. 2: +1%. La scuola dell’infanzia si colloca sul 5.7% con una percentuale senz’altro discreta, anche se più bassa dei bambini autoctoni, mentre in un certo senso sarebbe più importante che venisse frequentata dagli alunni stranieri che ne hanno maggiormente bisogno in vista dell’apprendi- mento della lingua italiana e della socializzazione fra pari. All’ultimo posto si situa la secondaria di 2° grado, 3.8%, che però può vantare un numero di iscritti con cit- tadinanza non italiana superiore in valori assoluti a quello della scuola dell’in- fanzia. Non è possibile, invece, collocare la formazione professionale in questa classifica perché i dati relativi sono parziali nel senso che si dispongono informa- zioni solo su alcune Regioni: qui può essere citato il caso della Lombardia dove nel 2004-05 la percentuale degli stranieri iscritti ai corsi del diritto-dovere raggiungeva l’11.6% con un aumento notevole rispetto all’anno precedente, 8.9% (Ambrosini, 2007. p. 39; Colasanto, 2007, p. 26). Tav. 2 - Percentuale degli alunni con cittadinanza non italiana sul totale degli iscritti (per ordine a grado di scuola; 2005-06/2006-07; in VA e %) Ordine e grado % sul totale di scuola VA degli iscritti Dell’infanzia 5.0 5.7 Primaria 6.0 6.8 Secondaria di 1° grado 5.5 6.5 Secondaria di 2° grado 3.1 3.8 Totale 4.8 5.6 VA = Valori assoluti Fonte: ISMU, 2007 Se si approfondisce l’analisi relativa al secondo ciclo, emerge che la secon- daria superiore, pur presentando la percentuale più bassa di studenti con cittadi- nanza non italiana, tuttavia è il grado scolastico che fa sperare l’incremento mag- giore: infatti, nel 2006-07 evidenzia una crescita di quasi un quarto (24.9% che su- pera di molto il dato medio, 18%) e nel 2005-06 aveva registrato un vero balzo in avanti con il 40% circa (38.2%) (Caritas, 2007, pp. 168-169). Al tempo stesso va notato che lo sviluppo appena messo in risalto si presenta alquanto disomogeneo per tipo di istituto nel senso che gli alunni stranieri si collocano al di sotto del 2% nei licei classici, scientifici, leggermente al di sopra nei licei linguistici e nei licei e istituti magistrali, raggiungono quasi il 3% negli istituti d’arte e nei licei artistici, mentre la percentuale si raddoppia negli istituti tecnici (4.1%) e sale al 7.5% negli istituti professionali: in concreto, intorno all’80% degli studenti con cittadinanza non italiana frequenta gli ultimi due tipi di secondaria superiore (cfr. Tav. 3). La preoccupazione è che questa distribuzione riproduca semplicemente la condizione 22 sociale di questi giovani. Inoltre, se a livello di secondaria superiore mancano i dati sulla evasione dal diritto-dovere di istruzione e di formazione; tuttavia, si possiede quello sul ritardo scolastico che fa registrare una situazione allarmante nel senso che nel 2005-06 si raggiunge la percentuale del 75% degli alunni stranieri (Caritas, 2007, p. 169). Per quanto riguarda la formazione professionale, i corsi per gli immigrati com- prendono un ventaglio notevole di iniziative (Ambrosini, 2007). Si va dalla forma- zione per il rientro a quella legata alle esigenze di politica sociale (per esempio le offerte per i minori non accompagnati), a quella connessa con percorsi di promo- zione, quali i corsi per mediatori interculturali, a quella per l’avvio di attività auto- nome, a quella che viene effettuata nei Paesi di provenienza. Vi sono inoltre inizia- tive che sono utilizzate in misura grandemente maggioritaria da immigrati come la formazione per operatori socio-assistenziali. Ovviamente vanno aggiunti i corsi formazione professionale iniziale del diritto-dovere di cui ho appena parlato sopra. Tav. 3 - Studenti con cittadinanza non italiana secondo il tipo di scuola secondaria superiore sul totale degli iscritti (2006-07; in VA e %) Tipo di secondaria superiore VA % sul totale degli iscritti Licei classici 3.596 1.2 Licei scientifici 10.212 1.7 Ex istituti e scuole magistrali 5.300 2.4 Istituti professionali 41.893 7.5 Istituti tecnici 38.498 4.1 Istituti d’arte e licei artistici 2.936 2.9 Licei linguistici 394 2.3 Totale 102.829 3.8 VA = Valori assoluti Fonte: ISMU, 2007 La presenza degli alunni con cittadinanza non italiana aumenta nel tempo sia nelle scuole statali che in quelle non statali; tuttavia, essa è percentualmente supe- riore nelle prime come anche l’incremento per cui lo scarto fra i due sottosistemi tende a crescere nel tempo (Giovannini, 2007, p. 134). Venendo ai particolari, tra il 2005-06 e il 2006-07 la percentuale degli studenti stranieri sale nelle scuole statali dal 4% al 5.6%, mentre nelle non statali si va dal 3.8% al 4.2%, cioè il guadagno è solo dello 04% (cfr. Tav. 4); l’andamento è comprensibile se si tiene conto che la parità effettiva non è stata raggiunta in nessuno degli ordini e gradi del nostro si- stema di istruzione. Inoltre, le differenze maggiori si riscontrano nelle scuola pri- marie (3.9%) e nella secondaria di 1° grado (3%). In conformità all’andamento degli ultimi anni, sono i Paesi dell’Europa centro-orientale ad essere i più rappresentati e il dato corrisponde alle tendenze ri- scontrate nella crescita della popolazione straniera complessiva (cfr. Giovannini, 2007, pp. 134-135 e Caritas, 2007, pp. 167-168). In linea con questi dati, le cittadi- 23 nanze più numerose sono da qualche tempo l’albanese (15.5%) e la rumena (13.6%), oltre a quella marocchina (13.5%): i loro studenti raggiungono global- mente la cifra di 214.047 nel 2006-07 e costituiscono oltre il 40% (42.7%) del dato complessivo degli alunni con cittadinanza non italiana. Un peso non trascurabile registrano anche Cina, Jugoslavia, Ecuador, Tunisia, Perù, Filippine e Macedonia la cui presenza si colloca tra il 4.9% e il 2.5%. Differenze, anche se non molto rile- vanti, si riscontrano in relazione ai singoli ordini e gradi di scuola in quanto gli al- banesi e i marocchini dimostrano una consistenza maggiore nella scuola dell’in- fanzia, i marocchini e i rumeni nella primaria, mentre i rumeni scendono nella scuola dell’infanzia e i marocchini nella secondaria di 2° grado. Tav. 4 - Studenti con cittadinanza non italiana nei diversi ordini e gradi di scuola secondo il tipo di gestione (2005-06/2006-07; in %) Ordine e grado Scuole statali Scuole non statali Scuole statali Scuole non statali di scuola 2005-06 2005-06 2006-07 2006-07 Dell’infanzia 5.3 4.6 6.1 5.2 Primaria 6.2 2.7 7.1 3.2 Sec. di 1° grado 5.7 2.8 6.7 3.7 Sec. di 2° grado 3.2 2.1 3.9 2.3 Totale 5.0 3.8 5.8 4.2 Fonte: ISMU, 2007 Un andamento che va sottolineato è quello che emerge dalla concentrazione per aree geografiche in corrispondenza alle tendenze generali dei processi migra- tori nei diversi contesti territoriali su cui a loro volta incidono la condizione socio- economica e le caratteristiche del mercato del lavoro (cfr. Giovannini, 2007, pp. 135-137 e Caritas, 2007, pp. 165-166). Infatti, i due terzi circa (65.7%) frequentano gli studi nell’Italia Settentrionale dove è presente solo il 40.8% del totale degli iscritti al sistema nazionale di istruzione (più precisamente si tratta del 37.1% nel Nord Ovest e del 28.6% nel Nord Est); seguono il Centro con il 24.1%, il Meri- dione con il 7.3% e le Isole con il 2.9%. La Regione che si contraddistingue per l’incidenza più elevata di studenti stranieri è l’Emilia-Romagna (10%), mentre la Lombardia si caratterizza per la cifra più alta in valori assoluti (121.520). Tra le province emergono sul piano quantitativo Milano, Roma e Torino; al tempo stesso va sottolineato che nella classifica si collocano a poca distanza province medie. Lo stesso andamento si ripete riguardo alle città capoluogo perché la presenza degli studenti stranieri è diffusa non solo in quelle grandi, ma anche nelle medie; inoltre, l’incidenza percentuale si fa maggiormente sentire in alcuni piccoli comuni. La concentrazione territoriale riguarda anche le scuole nel senso che il 35% non anno- vera nel corpo studentesco alcun alunno con cittadinanza non italiana, il 62% ne conta meno del 20% e il 3.4% supera il 20%; inoltre, la presenza più numerosa di scuole con almeno il 20% di studenti stranieri si registra nell’infanzia e nella pri- maria. 24 Fino all’inizio degli anni ’80 risultano sostanzialmente assenti dalla politica scolastica provvedimenti specifici che riguardano gli immigrati in conformità con l’immagine tradizionale dell’Italia, come Paese di immigrazione (Besozzi, 2004). Durante la decade ’80 il governo prende coscienza dei fenomeni migratori sempre più consistenti che coinvolgono il nostro territorio nazionale e decide di intervenire anche in campo educativo al fine di favorire i processi di inserimento nel nostro si- stema scolastico, cercando di assicurare l’accesso e la permanenza. Alla fine degli anni ’80, ma soprattutto nei ’90 la preoccupazione principale diviene la diversità linguistica e culturale per cui le politiche scolastiche si interessano soprattutto di educazione interculturale. La legge Turco-Napolitano, n. 48/98, e il conseguente testo unico, Dlgs. n. 286/98 attribuiscono rilevanza speciale al diritto dei minori stranieri all’istruzione, alla definizione dell’obbligatorietà della frequenza scola- stica e alle relative misure di sostegno, agli aspetti organizzativi della scuola, all’in- segnamento dell’italiano come lingua seconda e al mantenimento della lingua d’o- rigine per la formazione dei docenti: il modello di integrazione che viene delineato risulta pertanto fondato sul rispetto e sullo scambio reciproco. Comunque, rimane urgente l’esigenza di una normativa di riferimento in tema di secondaria superiore e di formazione professionale in vista dell’attuazione del diritto-dovere alla istru- zione e alla formazione e dell’elevazione del relativo obbligo di istruzione fino ai 16 anni. Parlando di politiche scolastiche non ci si può fermare al solo ambito nazio- nale, ma è d’obbligo anche il riferimento al piano regionale e locale (Besozzi, 2004). A questo livello si è assistito in anni recenti a un crescendo rilevante di provvedimenti in tema di immigrazione che hanno cercato di risolvere i problemi connessi con l’incremento sostenuto dei flussi verso le differenti aree territoriali dell’Italia con particolare riguardo alla consistente domanda educativa avanzata dai singoli, dalle famiglie e dalla diverse comunità etniche. Le politiche adottate in questo campo a livello regionale e locale hanno puntato soprattutto alla creazione di osservatori e consulte provinciali principalmente nelle aree geografiche con più elevata presenza di immigrati, alla costituzione di centri di studio e di ricerche e alla promozione graduale del lavoro di rete tra scuole, associazioni ed enti di varia natura. L’integrazione sociale e professionale degli stranieri e la lotta ai pregiudizi nei loro confronti hanno rappresentato il nucleo centrale dell’iniziativa UE “Equal” che ha consentito l’attuazione nel nostro Paese di circa 700 progetti durante il pe- riodo 2000-06 (Isfol, 2006). In questo quadro si inserisce una serie di interventi concreti mirati a realizzare l’integrazione degli studenti con cittadinanza non italiana (Giovannini, 2007). Si può incominciare con il mettere in evidenza un gruppo di azioni più consolidate quali: le pratiche di accoglienza alla cui messa a punto e diffusione hanno contri- buito in particolare i centri interculturali e rispetto alle quali la normativa più re- cente indica come prioritario il criterio dell’età dell’alunno e non più quello della scolarità precedente in modo da ridurre in quanto possibile il tasso di ritardo scola- 25 stico che tende a penalizzare gli studenti con cittadinanza non italiana (Bindi, 2005b); gli interventi per l’insegnamento dell’italiano che includono la redazione e la diffusione di sussidi, la formazione degli insegnanti, l’acquisizione di adeguate strategie educative e didattiche; iniziative a favore delle famiglie soprattutto nel campo delle problematiche linguistiche e di orientamenti da effettuare in partico- lare mediante l’intervento di mediatori culturali e linguistici; i corsi di formazione dei dirigenti organizzati dal Ministero. A sua volta, la formazione professionale ha offerto opportunità per certificare almeno parzialmente diplomi e competenze nei casi di titoli ottenuti all’estero che non trovano in Italia riconoscimento, per creare attraverso corsi specifici occasioni di impiego a categorie di immigrati istruiti, per fornire luoghi di incontro, dialogo e scambio culturale e per facilitare il recupero di giovani che altrimenti correrebbero un grave pericolo di essere emarginati (Ambro- sini, 2007). Oltre a questa serie di azioni consolidate che ho appena elencato, va richiamata una serie di interventi di natura più contingente (Giovannini, 2007). La manovra di bilancio relativa al 2007-10 prevede la sperimentazione di forme congiunte di atti- vità tra Stato, Regioni e gli altri Enti locali mirate ad assicurare un’attribuzione delle risorse finanziarie più rispondente ai bisogni delle diverse realtà territoriali e all’evoluzione della popolazione. A sua volta il CCNL del Comparto Scuola riguar- dante il periodo 2006-09 ha mantenuto la decisione di allocare personale specifico alle aree geografiche dove l’immigrazione è maggiormente concentrata e il rischio educativo risulta più elevato. Inoltre, il Fondo per l’inclusione sociale degli immi- grati, istituito presso il Ministero della Solidarietà Sociale, prevede l’attribuzione di risorse finanziarie a progetti di insegnamento della lingua italiana come seconda lingua, di impiego dei mediatori linguistici, per la promozione della partecipazione delle famiglie immigrate nelle attività scolastiche e di orientamento. Va anche se- gnalata la creazione dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale a partire dal dicembre 2006. La nuova struttura che è stata istituita presso il Ministero della Pubblica Istruzione è chiamata a svolgere una funzione di studio e di orientamento. In un primo documento ha evi- denziato quattro principi generali che avrebbero guidato in questi ultimi anni le ini- ziative di educazione interculturale più efficaci: in concreto si tratterebbe dell’uni- versalismo cioè dell’attribuzione ad ogni bambino del diritto all’istruzione e all’e- guaglianza delle opportunità, della scuola comune, cioè della scelta di ammettere gli alunni con cittadinanza non italiana nella scuola di tutti, della centralità della persona e della intercultura, cioè della promozione del dialogo e del confronto delle culture. Sul piano concreto vengono raccomandati interventi per favorire l’attua- zione del diritto allo studio, l’integrazione fuori e dentro la scuola, gli aspetti rela- zionali e l’approccio interculturale all’insegnamento. Dopo aver fornito un quadro sintetico dei dati e una visione generale delle po- litiche scolastiche e formative e degli interventi concreti, si cercherà di mettere in risalto le problematiche più rilevanti che emergono e le prospettive maggiormente 26 significative che sembrano delinearsi in questo momento. In corrispondenza con l’elenco delle attività in atto che è stato presentato sopra, si può senz’altro indicare come una prima priorità il consolidamento ulteriore di quanto si riscontra già pie- namente condiviso e legittimato in parecchi contesti locali (Giovannini, 2007). Un’area problematica e prospettica di particolare rilevanza è costituita dalle azioni per l’intercultura che negli ultimi anni hanno registrato globalmente un mi- nore impegno concreto (Giovannini, 2007; Bindi, 2005b). Se è un ambito in cui certamente non sono mancati progressi rilevanti, è anche vero che si registrano ca- renze tutt’altro che marginali, anche perché il cammino percorso finora è attribui- bile più alla buona volontà dei singoli insegnanti e di qualche dirigente che non a iniziative di natura istituzionale. Infatti, è lo stesso concetto di educazione intercul- turale che può risultare vago e vuoto alla prova dei fatti; a ciò si aggiunge che è stata più spesso concepita come un’appendice dell’attività scolastica tradizionale e non come un modello nuovo di insegnamento apprendimento la cui applicazione ri- chiedeva cambiamenti profondi nell’impostazione dei processi pedagogici e didat- tici; inoltre, non è mancato che tutta l’operazione si sia tradotta in attività di “mar- keting” o di “maquillage” realizzata dagli istituti per accrescere le iscrizioni e rima- nere competitivi. Venendo poi alla programmazione concreta, va riconosciuto che questa appare focalizzata più sul docente che non sullo studente singolo e sulla classe; a sua volta, l’insegnamento si riduce spesso a riferimenti occasionali alla cultura degli altri e, quindi, non fornisce contenuti che siano in grado di interessare al tempo stesso sia gli studenti stranieri sia i loro colleghi autoctoni; non va nep- pure dimenticata una certa improvvisazione come il ricorso a strumenti didattici non particolarmente verificati, la carenza di formazione specifica dei docenti, la discontinuità delle iniziative. Inoltre, non infrequentemente l’offerta di educazione interculturale si è ridotta a pura informazione curiosa. A ciò ha contribuito un eccesso di ricorso in classe al- l’uso della testimonianza autobiografica che viene richiesta agli alunni di cittadi- nanza non italiana (Bindi, 2005b). Questa strategia didattica è di per sé valida in quanto costituisce una occasione significativa per la reciproca conoscenza tra gli studenti, per lo sviluppo di modalità personali di espressione, per la elaborazione di memorie comuni e per la denuncia di esperienze negative che si sono sofferte. La testimonianza autobiografica tende frequentemente a concentrarsi su argomenti di tipo tradizionale come usi, costumi, feste, cerimonie, manifestazioni gastrono- miche, musica e danza per cui si assiste a una specie di “folklorizzazione” dell’im- migrato che si trova pertanto in una posizione di svantaggio di fronte ai compagni autoctoni ormai affrancati da una cultura arcaica. La troppa piaggeria, lo sforzo ec- cessivo dimostrato nell’accoglienza, la sovraesposizione del problema dell’origine culturale tendono a distinguere nettamente l’alunno con cittadinanza non italiana dai suoi colleghi italiani con degli effetti non voluti di “etnicizzazione” della condi- zione dello studente straniero. Pertanto, un’altra priorità delle politiche scolastiche e formative in tema di 27 immigrazione riguarda il consolidamento dell’educazione interculturale. Un mi- glioramento veramente sostanziale consisterebbe senz’altro in un ripensamento del sistema educativo di istruzione e di formazione in una chiave veramente intercultu- rale (Bindi, 2005b). In ogni caso un processo di insegnamento apprendimento ispi- rato a tale modello strategico dovrà realizzare un esercizio reale del dialogo tra le diversità, evitando di limitarsi con semplice gusto “museografico” agli elementi più eclatanti e curiosi degli usi propri degli studenti immigrati. “L’approccio preferibile sembra […] quello di un’educazione critica e consapevole rispetto all’apparte- nenza, che sappia mettere in luce il carattere necessariamente negoziale di ogni identità e il potenziale straordinario messo a disposizione dalla mediazione cultu- rale” (Bindi, 2005b, p. 121). In particolare, la programmazione dovrà mostrarsi pronta a continui adattamenti e puntare decisamente ad esser focalizzata sull’a- lunno e sulla classe e non sugli orientamenti prescelti a priori dal docente; inoltre, essa dovrebbe tener conto della composizione sociale ed etnico-nazionale della classe per cui si richiede a monte da parte del corpo docente la competenza di lavo- rare in gruppo e grande capacità di ascolto e di coinvolgimento della famiglia. Il rafforzamento della educazione interculturale è necessario anche per contrastare due derive pericolose, una che sostiene la convenienza di classi culturalmente omo- genee e l’altra che in nome di una supposta laicità vorrebbe eliminare tutti gli ele- menti di confessionalità, di specificità e di differenziazioni linguistica, non accor- gendosi di attribuire alla scuola un ruolo di consolidamento della centralità nazio- nale nei confronti di qualunque altra forma di appartenenza. Un ulteriore nodo problematico è costituito dall’inserimento linguistico degli studenti con cittadinanza non italiana in quanto implica non solo risvolti linguistici, ma anche organizzativi, di equipollenza delle classi e di valutazione che tra l’altro si configurano diversamente a seconda dei Paesi considerati (Bindi, 2005b; Caritas e Migrantes, 2007; Giovannini, 2007). La questione non è primariamente quella del bilinguismo, ma riguarda soprattutto la tendenza a trascurare il mantenimento e la valorizzazione della lingua di origine dello studente straniero e a puntare invece su un apprendimento rapido della cosiddetta “lingua 2”, cioè della lingua del Paese di accoglienza, nel nostro caso l’italiano: in tale situazione questo viene imparato in maniera sommaria, stabilizzando alcuni sbagli e limiti linguistici e contribuendo a far dimenticare gradualmente la lingua di origine. In proposito va tenuto presente che si tratta di alunni che si inseriscono a percorso scolastico già iniziato e che per- tanto sono costretti a recuperare rapidamente lo scarto nei confronti della classe che li accoglie. A ciò si aggiungono difficoltà di tipo relazionale e culturale nei rapporti con i compagni italiani che aumentano l’ansia e il disagio; né bisogna dimenticare che il corpo docente non è spesso adeguatamente formato ad offrire un insegna- mento efficace di “lingua 2”. Una soluzione che di fatto viene non infrequentemente adottata in proposito consiste nel retrocedere di una o due classi l’alunno con cittadinanza non italiana nella speranza di avvantaggiarlo ai fini dell’apprendimento della lingua italiana e 28 anche di non danneggiare troppo la classe accogliente (Bindi, 2005b). Tale stra- tegia, se può sembrare apparentemente del tutto giustificata, tuttavia va incontro a molti pericoli e rischia di trasformarsi in un’esperienza traumatica: infatti, essa può creare o rafforzare il senso di inadeguatezza e di estraneità nei confronti dei com- pagni italiani, potrebbe essere vista come una grave ingiustizia perpetrata dalla scuola del Paese di accoglienza e tende a spingere alla demotivazione e all’abban- dono in quanto la differenza di età rispetto ai colleghi della classe è sentita in ma- niera particolarmente negativa dagli adolescenti. Sul piano prospettico, un’ipotesi di soluzione andrebbe anzitutto cercata nella elaborazione di un piano pluridimensionale di integrazione dello studente con citta- dinanza non italiana in cui inserire in modo coerente la questione linguistica (Bindi, 2005b; Albiero, 2007; Ioana Jeler, 2007). In particolare si dovrebbe puntare sul mediatore linguistico-culturale la cui presenza dovrebbe essere estesa a tutte le scuole interessate tramite l’intervento delle Regioni; questi eserciterebbe la fun- zione di aiutare gli studenti stranieri durante le lezioni a seguire l’insegnamento del docente. Al tempo stesso l’istituto organizzerà una offerta di doposcuola per aiutare gli alunni con cittadinanza non italiana a superare lo scarto linguistico, evitando che l’apprendimento dell’italiano si limiti all’acquisizione di un linguaggio scarno, d’uso comune e sgrammaticato. Questi interventi vanno accompagnati dall’im- pegno del corpo docente a ricostruire in maniera adeguata il percorso formativo che lo studente straniero ha compiuto nel suo Paese d’origine, cercando di delineare le tradizioni educative, i contenuti curricolari e i contesti di provenienza; in proposito la difficoltà del compito viene accresciuta dalla scarsa propensione degli studenti stranieri a parlare delle proprie esperienze di vita e dai problemi che le scuole in- contrano a coinvolgere stabilmente i genitori di tali ragazzi. Comunque, la strategia principale consisterebbe nel realizzare un vero bilinguismo perché questo offri- rebbe una formidabile opportunità formativa. Un altro nodo problematico di grande rilevanza è costituito dalle relazioni scuola-famiglia (Bindi, 2005b). Una prima difficoltà proviene dalla tendenza delle famiglie immigrate a delegare completamente agli insegnanti il percorso scolastico e formativo dei figli in quanto si considerano del tutto impreparati a tale compito per cui si affidano totalmente al giudizio competente dei docenti e dell’istituto, evi- tando di avanzare proposte e, a maggior ragione, critiche o contestazioni. A ciò si aggiunge che i rapporti delle famiglie con le istituzioni scolastiche e formative sono spesso caratterizzati da ansia che può essere un retaggio dei sentimenti inte- riorizzati nel Paese d’origine verso un modello fortemente autoritario di insegna- mento e che comunque si alimenta dal senso di inadeguatezza che i genitori pro- vano nei confronti del proprio compito in questo ambito. Pertanto, risulta partico- larmente problematico coinvolgere le famiglie nei processi decisionali delle scuole e in particolare nelle scelte didattiche e di aiuto che riguardano gli interventi per su- perare lo svantaggio dei loro figli. È essenziale che la scuola cerchi di stabilire relazioni feconde con le famiglie 29 immigrate (Bindi, 2005b). Queste permettono di conoscere con maggiore facilità e più adeguatamente i percorsi scolastici e formativi dei figli, come si è accennato so- pra, costituiscono anche una risorsa fondamentale per combattere la dispersione scolastica e l’abbandono e consentono di adeguare l’offerta formativa ai bisogni reali degli studenti con cittadinanza non italiana. Ne segue che la comunicazione tra la famiglia e la scuola andrebbe potenziata al massimo, ricorrendo ad opuscoli in- formativi, a brevi questionari, agli aspetti non verbali delle relazioni e all’opera dei mediatori linguistico-culturali. I docenti dovranno essere formati a stabilire rapporti non conflittuali con le famiglie, evitando tra l’altro sterili polemiche circa l’insegna- mento della religione e l’alimentazione delle mense. Sarà poi necessario arrivare a una vera corresponsabilità educativa tra la scuola e la famiglia, prevedendo anche una partecipazione adeguata di quest’ultima agli organismi decisionali. Di due gruppi di questioni si è già parlato sopra, illustrando i dati: si tratta cioè del ritardo scolastico e della concentrazione degli studenti stranieri a livello di se- condaria superiore negli istituti tecnici e professionali (Bindi, 2005b; Caritas e Mi- grantes, 2007; Giovannini, 2007). In questi due ambiti la soluzione va ricercata nelle direzioni che sono state già evidenziate sopra, cioè della realizzazione piena di una vera educazione interculturale, di una impostazione adeguata della questione linguistica e della instaurazione di relazioni soddisfacenti tra la famiglia e la scuola. Un riferimento va anche fatto al problema della valutazione sia degli alunni con cittadinanza non italiana che, iscrivendosi ad anno scolastico iniziato, incon- trano difficoltà linguistiche e di adattamento, sia di quelli che hanno percorso gran parte della loro carriera scolastica e formativa nel nostro Paese. Per superare queste difficoltà si potrebbero prevedere criteri di giudizio diversi da quelli dei loro com- pagni italiani, come nel caso dei disabili o concedere la possibilità di usare la lingua madre durante gli scritti o di avvalersi in fase di esame di un mediatore. Da ultimo, se la formazione professionale soprattutto iniziale soffre di un trattamento diseguale rispetto alla scuola, ne segue che le prospettive vanno ricercata nel ri- equilibrio di questa situazione e anche nella realizzazione di un’offerta alla quale partecipano ragazzi immigrati e ragazzi italiani (Ambrosini, 2007). Quanto alle seconde generazioni, i problemi sono di natura differente da quelli fin qui delineati perché i ragazzi coinvolti sono nati e cresciuti o arrivati nel nostro Paese molto tempo prima dell’iscrizione scolastica (Bindi, 2005b). Le questioni importanti riguardano il rapporto con il resto del gruppo classe, le relazioni con le proprie famiglie, preoccupate della distanza nei confronti della cultura di origine e la riscoperta della lingua madre che la famiglia di origine non è in grado di soddi- sfare. In questo caso è la scuola che deve rispondere come comunità educante alle sfide degli alunni stranieri di seconda generazione. 2.3. Le politiche del lavoro Negli ultimi dieci anni l’Italia è divenuta uno dei Paesi più importanti di desti- nazione di movimenti migratori per motivi occupazionali e a ciò hanno contribuito 30 sia lo sviluppo del suo sistema produttivo che si è dimostrato capace di attirare forza lavoro in grande quantità, sia la presenza di flussi consolidati (Zanfrini, 2007b e 2004). I dati stanno a dimostrare che diverse centinaia di migliaia di stranieri sono arrivati nel territorio nazionale sulla base dei decreti di programmazione fino a rag- giungere quasi le 700.000 entrate nel 2006. Questo significa che il nostro dispositi- vo che regola gli ingressi, sebbene sia configurato spesso come restrittivo, tuttavia ha reso l’Italia uno dei primi importatori ufficiali di forza lavoro dall’estero. Tale andamento si accompagna ad un altro che sembra in contraddizione con il primo: i lavoratori con cittadinanza non italiana che pervengono nel nostro terri- torio nazionale risultano per una percentuale consistente privi di un titolo adeguato e vengono impiegati in misura non marginale nell’economia sommersa che con- serva una estensione eccessiva rispetto ai livelli di crescita della nostra economia. Ne segue che gli arrivi sono in gran parte indipendenti dalla normativa pertinente ma soprattutto che non riescono ad essere imbrigliati in un’azione programmatoria che si proponga mete di competitività economica e di coesione sociale. Si capisce anche perché l’opinione pubblica tenda a vedere nei flussi migratori un segno evi- dente della incapacità dei governi di svolgere un controllo serio sui propri confini e non si renda conto che essi sono in primo luogo una testimonianza della vitalità del nostro sistema produttivo. Pertanto, pur essendo l’Italia uno dei poli maggiori di destinazione delle “la- bour migrations”, tuttavia essa non appare impegnata in politiche di importazione di forza lavoro di elevata qualificazione diversamente da altri Paesi che per molti versi si trovano nella medesima condizione come per esempio in Europa la Francia e l’Inghilterra. Al contrario, le modalità prevalenti di inserimento occupazionale degli stranieri consistono in processi marcati di etnicizzazione dei flussi e di inclu- sione nell’economia sommersa. Infatti, dai dati emerge chiaramente la tendenza dei datori di lavoro a concentrarli nei gradini inferiori della gerarchia professionale, a utilizzarli per occupare i mestieri disertati dagli italiani, a impiegarli nei lavori ti- pici da immigrati o peggio a inserirli nell’economia sommersa. Nel primo semestre del 2007 i lavoratori stranieri raggiungevano complessiva- mente secondo la rilevazione ISTAT3 la cifra di un milione e mezzo circa (più esat- tamente 1.475.000), suddivisa a sua volta tra il 60% di maschi e il 40% di femmine (Zanfrini, 2007b, pp. 110-115; Caritas e Migrantes, 20074 ). Il tasso di attività del totale tocca ben il 72.1%, quello degli uomini l’87.2% e quello delle donne il 57.1%; le tre percentuali sono notevolmente superiori a quelle della popolazione complessiva (+10.2%, +13.4% e +7.1%) ed evidenziano la tendenza consistente degli immigrati a offrirsi sul mercato del lavoro che però per le femmine costituisce 3 Per i criteri utilizzati, la rilevazione sulle forze di lavoro compiuta dall’ISTAT tende a sottosti- mare il numero dei lavoratori stranieri (Zanfrini, 2007). 4 I dati della Caritas riguardano la Rilevazione sulle forze di lavoro dell’ISTAT relativa all’anno 2006 (Caritas e Migrantes, 2007). 31 il risultato di comportamenti molto differenti nel senso che mentre le filippine pre- sentano una propensione pari al 90%, per le marocchine il dato si abbassa al 26% circa (cfr. Tav. 5). Tav. 5 - Tassi di attività, di occupazione e di disoccupazione degli stranieri e del totale della popolazione (1° trimestre 2007; per M/F e circoscrizione geografia; in %) Circoscrizioni Dati riferiti agli stranieri Dati nazionali geografiche M F Totale M F Totale Tassi di attività 15-64 anni Nord 89.1 56.1 73.2 78.2 59.1 68.8 Centro 86.4 61.5 73.4 74.9 54.7 64.7 Sud 78.4 53.3 64.6 67.6 36.0 51.7 Totale Italia 87.2 57.1 72.1 73.8 50.0 61.9 Tassi di occupazione 15-64 anni Nord 83.7 47.6 66.2 75.8 56.3 66.1 Centro 81.0 51.0 65.3 71.9 50.5 61.1 Sud 72.7 48.1 59.2 61.1 30.6 45.7 Totale Italia 81.8 48.5 65.1 69.9 46.0 57.9 Tassi di disoccupazione Nord 6.1 15.1 9.4 3.1 4.7 3.8 Centro 6.2 17.1 11.0 3.9 7.7 5.5 Sud 7.3 9.9 8.5 9.5 15.0 11.4 Totale Italia 6.2 15.0 9.7 5.3 8.0 6.4 Fonte: ISMU, 2007 A loro volta, gli occupati con cittadinanza non italiana assommano a 1.331.000 e il relativo tasso raggiunge la percentuale del 65.1% nel caso del totale, dell’81.8% dei maschi e del 48.5% delle femmine: si tratta di cifre senz’altro supe- riori a quelle della popolazione complessiva (+7.2%), degli uomini (+11.7%) e delle donne (+2.5%) (cfr. Tav. 5). Quanto alle occupate straniere, è necessario pro- cedere ad alcune distinzioni: nell’Italia settentrionale lo scarto tra il dato delle im- migrate e quello complessivo delle donne occupate risulta molto consistente e tocca -8.7%, mentre nel Sud il divario risulta a favore delle immigrate con ben +17.5%. Inoltre, i due terzi circa degli occupati (63%) risiede al Nord, appena più di un quarto (25.4%) al Centro e l’11.6% al Sud. Passando al livello di istruzione degli immigrati che lavorano, mi servirò dei dati della Caritas (Caritas e Migrantes, 2007, pp. 231-232) piuttosto che di quelli dell’Ismu (Zanfrini, 2007b, p. 112) perché mi sembrano più completi dei secondi, anche se si riferiscono solo al 2006. Il 40.4% può vantare un titolo universitario e l’11.1% uno di secondaria superiore per cui più del 50% possiede un’istruzione di livello superiore. La percentuale scende a più di un terzo (35.2%) per la secondaria inferiore e a poco meno del 15% (13.2%) nel caso delle elementari. Nel complesso si può dire che le differenze tra occupati stranieri ed occupati italiani, pur rilevanti, non risultano particolarmente consistenti. 32 I dati Caritas sui tipi di lavoro in cui sono impiegati gli stranieri mettono in ri- salto che nella misura di circa tre su quattro gli immigrati sono operai o esercitano un lavoro non qualificato (Caritas e Migrantes, 2007, pp. 232-233 e Zanfrini, 2007b). Tra i mestieri degli operai si segnalano quelli di carpentiere, di elettricista, di falegname, di camionista, di addetto alle macchine meccaniche, mentre nel per- sonale non qualificato si riscontrano soprattutto categorie come i collaboratori do- mestici, gli assistenti familiari, i braccianti agricoli, gli operai delle imprese di pu- lizia e i portantini dei servizi sanitari. Gli stranieri sono inseriti primariamente in un ventaglio di lavori da immigrati che si collocano negli scalini inferiori della gerar- chia e che presentano orari disagevoli e con ridotte possibilità di carriera. In se- condo luogo, il 20% quasi degli stranieri svolgono mestieri che si situano nell’am- bito della attività commerciali e dei servizi, come cuochi, camerieri, baristi, magaz- zinieri e commesse. Da ultimo appena il 10% può essere annoverato tra le profes- sioni qualificate, mentre nei Paesi europei la percentuale di tale categoria raggiunge il 40% del totale degli occupati. L’85% degli immigrati che sono occupati svolgono un lavoro subordinato; inoltre intorno al 13% è impiegato a tempo determinato e la cifra di coloro che usu- fruiscono di un contratto a termine si situa su percentuali non molto diverse da quelle che si riscontrano sul totale degli italiani. Un altro dato comparabile riguarda il lavoro a tempo pieno che coinvolge otto stranieri su dieci come anche si registra nel complesso degli occupati, mentre per il tempo parziale riguarda il 18% circa. Le percentuali si alzano nel Meridione sia riguardo al tempo determinato che al parziale. Discriminante è pure la variabile di genere nel senso che la quasi totalità dei maschi esercita un mestiere a tempo pieno, mentre tra le donne sono ben quattro su dieci a essere impegnate nel lavoro a tempo parziale. Passando alla ripartizione per comparti, l’agricoltura accoglie appena il 4% dell’occupazione straniera, anche se la percentuale si eleva al 13% quasi nel Sud con un impatto che è quasi doppio rispetto a quello riscontrato fra gli autoctoni. Se ci si sposta nell’industria, la cifra sale al 40% e qui si registrano 11 punti in più in confronto degli italiani. L’andamento opposto si riscontra nel terziario che presenta una percentuale inferiore a quella autoctona: più precisamente si tratta del 55% ri- spetto al 66%. Più preoccupante è la distribuzione interna a questo comparto nel senso che la partecipazione degli immigrati è molto ridotta nel terziario avanzata, mentre è molto ampia in altre direzione disertate dagli italiani come il settore dei servizi alle famiglie. Sempre nel terziario va osservato che una donna immigrata su due che sono occupate operano nei servizi domestici e di assistenza; inoltre, se la percentuale complessiva degli occupati nel commercio, nel settore alberghiero e nella ristorazione non è molto diversa nel confronto fra stranieri (intorno al 20%) e autoctoni, tuttavia non bisogna dimenticare che la prima si concentra quasi esclusi- vamente nelle attività manuali a bassa qualifica. Ritornando ora ai dati della rilevazione del 1° trimestre del 2007, un altro aspetto della situazione di disparità in cui si trovano gli immigrati riguarda i tassi di 33 disoccupazione che sono superiori tra gli stranieri sia nel totale (+3.3%), sia tra i maschi (+0.9%), ma soprattutto tra le femmine (+8.6%) (cfr. Tav. 5) (Zanfrini, 2007b, pp. 113-114). Riguardo all’ultimo gruppo citato va sottolineato che le donne immigrate si distinguono per un dato più elevato rispetto tanto alle italiane quanto agli uomini anch’essi immigrati. Venendo poi ai valori assoluti, la rilevazione di cui si è parlato sopra, mette in evidenza che sono 143.000 gli stranieri residenti in Italia in cerca di occupazione di cui ben 88.000 femmine, cifre che, oltre ad essere sottostimate secondo l’ISTAT, risultano in aumento rispetto al 2006. In proposito il rapporto Ismu osserva che il dato è consistente e dovrebbe far riflettere tutti coloro che chiedono un ampliamento delle quote ammesse (Zanfrini, 2007b). Non possediamo informazioni esaustive a livello nazionale sugli stranieri che sono lavoratori irregolari e l’ISMU, nel tentativo di offrire qualche indicazione precisa in proposito, si serve dei dati della regione Lombardia che sarebbero stati- sticamente affidabili (Zanfrini, 2007b, pp. 114-115; Idos-Punto nazionale di con- tatto dell’EMN, 2005). In sintesi si può dire che tre irregolari/clandestini su quattro lavorano in modo irregolare alle dipendenze, il 15% è disoccupato e la percentuale degli inattivi è molto ridotta e ciò sta a dimostrare che l’entrata nel nostro Paese è dettata soprattutto dall’attesa di reperire una qualche forma di occupazione; sette stranieri occupati irregolarmente su dieci risultano irregolari/clandestini a riprova che il lavoro nero tende a relazionarsi sempre più frequentemente a una situazione di irregolarità sul piano del soggiorno; invece, la percentuale del lavoro irregolare scende ad appena l’8% tra quanti possono contare su di un permesso di soggiorno e in questa stessa direzione va sottolineato che gli stranieri in possesso di carta di soggiorno e i naturalizzati presentano una percentuale di lavoratori in proprio che è il triplo di quella degli immigrati regolari. Pertanto, si può concludere che non- ostante la stabilizzazione occupazionale in atto, l’economia sommersa mantiene an- cora una forza attrattiva molto rilevante di nuova immigrazione irregolare e che una politica di contrasto della immigrazione irregolare è destinata al fallimento se si fonda soltanto sui controlli ai confini e sulla imposizione di condizioni rigide ai datori di lavoro, mentre si dovrebbe puntare soprattutto sulla lotta all’economia sommersa e al lavoro nero. Per sfatare pregiudizi e luoghi comuni, una parola va anche spesa circa l’ap- porto dei lavoratori stranieri alla produzione di ricchezza nel nostro Paese. Il contri- buto alla creazione di valore aggiunto è stato stimato intorno all’8.8% e la cifra si eleva oltre il 10% nelle Regioni in cui si concentra maggiormente la presenza degli stranieri (Zanfrini, 2007b, pp. 121-124). In proposito si può anche richiamare il fe- nomeno della esplosione della imprenditorialità tra gli immigrati per cui il numero dei titolari di impresa che provengono dall’estero sono raddoppiati tra il 2000 e il 2005 e sono cresciuti da 200.000 del 2005 ai 230.000 del 2006; tra l’altro questa crescita ha permesso alle microimprese di restare competitive in Italia. Sul lato ne- gativo, va osservato che le imprese degli immigrati risultano sovrarappresentate in quei comparti che sono stati gradualmente abbandonati dagli operatori autoctoni a 34 riprova che anche in questo ambito è in corso un processo di etnicizzazione delle attività sulla falsariga di quanto avviene più ampiamente nel lavoro dipendente. Entro questo quadro di dati, appare con sempre maggiore evidenza che il la- voro degli stranieri ha assunto in Italia due ruoli importanti: uno sostitutivo che co- stituisce una risposta al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione originaria del Paese; e un altro complementare che contribuisce al superamento degli scarti tra domanda ed offerta. Al tempo stesso non mancano forme di discriminazione che non si limitano alla concentrazione degli stranieri nei lavori da immigrati, ma che comprendono anche: “Basse retribuzioni (il salario medio mensile è pari a 785 euro), sottoinquadramento in rapporto al livello di professionalità e alla stessa tipo- logia delle mansioni svolte, irregolarità contributive, utilizzo improprio dei con- tratti atipici, mancata corresponsione di parte del salario pattuito, sistematica asse- gnazione dei compiti più gravosi e/o pericolosi […]” (Zanfrini, 2007b, p. 125). Per una valutazione più completa di tale situazione va detto che essa non è esclusiva solo dell’Italia, ma la si riscontra diffusa sul piano europeo e internazionale. Quanto al nostro Paese, essa può essere ricondotta alla debolezza dell’offerta, ai pregiudizi e all’attitudine discriminatoria dei datori di lavoro e anche a carenze ri- scontrabili nella stessa legislazione. Riguardo all’aspetto normativo, gli studiosi hanno puntato le loro critiche so- prattutto sui permessi di soggiorno di breve durata – in particolare se vincolano il lavoratore a un comparto specifico o a un datore di lavoro determinato – e sul con- tratto di soggiorno per la rigidità che introduce nel governo del lavoro immigrato e nel legame stretto che esso stabilisce tra il diritto al soggiorno e l’obbligo di dimo- strare di avere un lavoro, che pone gli immigrati in una situazione di particolare de- bolezza di fronte alla richieste dei datori di lavoro (Scevi, 2006; Coco, 2006). Per- tanto, come si è ricordato nella prima parte di questo capitolo, il recente disegno di legge Amato-Ferrero ha previsto l’abolizione del contratto di soggiorno e un allun- gamento della durata dei permessi anche per quanti sono alla ricerca di un lavoro. Inoltre, tale normativa ha introdotto una serie di provvedimenti mirati a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro immigrato, adottando una programma- zione triennale, forme semplificate per l’entrata di personale destinato al lavoro di cura e meccanismi di sponsorizzazione che intervengono sulla rigidità del rapporto tra ingresso e posto di lavoro al fine di renderlo più flessibile; in questa maniera si dovrebbe ovviare all’insuccesso del sistema delle quote annuali. Tra le problematiche importanti che andrebbero affrontate dal futuro governo va sottolineata l’esigenza di trovare riguardo al lavoro nei servizi domestici e di cura un equilibrio corretto tra i bisogni delle famiglie, i diritti dei lavoratori, la qua- lità delle prestazione e il contrasto al lavoro nero e all’evasione fiscale. Sarebbe op- portuno anche elaborare strategie che permettessero di superare le situazioni di dif- ficoltà occupazionale che colpiscono settori rilevanti dell’offerta di lavoro di natura autoctona e anche di quella immigrata già presente, prevedendo tra l’altro misure che facilitino il loro inserimento o reinserimento professionale. Si dovrà cercare di 35 combattere con interventi adeguati la tendenza ad utilizzare gli immigrati in attività logoranti e in comparti destinnati al declino; in una ottica più vasta, non si può con- tinuare ad incoraggiare l’entrata degli stranieri, interessati a sistemarsi definitiva- mente nel nostro Paese, senza cercare di offrire adeguate prospettive di mobilità professionale nel quadro di un impegno ad assicurare loro una vita umanamente degna. Maggiore attenzione sul piano delle misure concrete dovrebbe essere dato al problema della disoccupazione che, per effetto della stabilizzazione della presenza straniera e della crescita dei ricongiungimenti familiari, sta aumentando anche tra i lavoratori stranieri. Andrebbe inoltre ridotto l’eccesso di potere che è stato attri- buito ai datori di lavoro sulle decisioni da prendere riguardo alle persone concrete, alle categorie e alle condizioni per gli ingressi nel territorio nazionale. Rimane es- senziale l’esigenza di un’azione capillare di contrasto all’economia sommersa che costituisce un prerequisito per il successo degli altri provvedimenti. 2.4. Le politiche della cittadinanza Se è vero che, come tra l’altro lo dimostrano i dati analizzati nella precedente sottosezione, l’Italia è divenuto uno dei poli principali di destinazione dei flussi mi- gratori, in altre parole si à trasformato in un grande Paese di immigrazione, al tempo stesso va osservato con rammarico che essa continua a presentarsi come una nazione di emigranti per quanto riguarda il tema della cittadinanza; infatti, tale lo- gica ispira fondamentalmente la legge n.91/92 che è il caposaldo della nostra nor- mativa (Caritas e Migrantes, 2007). La cittadinanza può essere ottenuta primaria- mente secondo due modalità: sposando un cittadino italiano oppure risiedendo in maniera continuativa in Italia per un determinato periodo di anni. Riguardo alla prima strada va osservato che sono sufficienti sei mesi di residenza nel nostro Paese a partire dalla data delle nozze; la seconda si distingue per condizioni più se- vere come dieci anni di residenza (quattro per i Paesi dell’UE) e la prova della dis- ponibilità di un reddito adeguato. A loro volta i figli degli immigrati nati in Italia possono ottenere la cittadinanza se siano stati registrati tempestivamente all’atto di nascita e se abbiano risieduto nel nostro Paese legalmente e ininterrottamente sino alla maggiore età. Un primo limite di questa legislazione viene messo in evidenza proprio dai dati sulle concessioni e i respingimenti di cittadinanza (Caritas e Migrantes, 2007, pp. 114 e 116-118). Infatti, anche se tra il 1991 e il 2005 si è registrata una crescita consistente da poco più di 3.500 casi ai 19.226 del 2005, tuttavia l’ultima cifra sta a testimoniare il carattere abbastanza marginale del fenomeno come emerge chiara- mente dalla percentuale sulla popolazione straniera residente: solo lo 0.6%. Altre carenze emergono da un esame più dettagliato dei dati, in questo caso riferiti unica- mente al decennio 1995-05. Nel periodo considerato sono state inoltrate 213.047 domande per il conseguimento della cittadinanza e l’accoglimento si è avuto per 125.335, pari al 60% circa (58.8%) che però ha riguardato nella gran maggioranza dei casi le richieste avanzate per avvenuto matrimonio: più precisamente, delle do- 36 mande presentate per questa ragione è stato accettato il 70% quasi (68.3%) e di quelle per residenza poco più di un terzo (34.6%). “Appare, anzitutto, lampante una certa disparità di trattamento: valgono più sei mesi di matrimonio con un italiano che anni e anni di regolare residenza e lavoro, con relativo pagamento di tasse e versamento di contributi previdenziali” (Caritas e Migrantes, 2007, 119). Un altro motivo molto importante per cambiare le modalità di acquisizioni della cittadinanza in Italia va ricercato nella condizione dei minori di origine stra- niera che potrebbero rappresentare una opportunità molto significativa da valoriz- zare ai fini dello sviluppo dell’Italia, ma che al tempo stesso si potrebbero trasfor- mare in un serio pericolo se il loro senso di appartenenza al Paese dovesse trovare degli impedimenti ad essere riconosciuto alla pari con quello dei loro coetanei au- toctoni. I minori con cittadinanza non italiana “erano 665.625 al 31 dicembre 2006, di cui quasi 400.000 nati in Italia. Studiano nelle nostre scuole, frequentano le no- stre parrocchie e gli annessi oratori; condividono con i bambini e i ragazzi della loro età gli impegni, i desideri, i problemi, i sogni, le mode e le angosce di una cit- tadinanza in formazione; parlano l’italiano meglio della lingua del paese di origine, che in molti casi nemmeno conoscono; e l’Italia è l’unico paese nel quale possono identificarsi, a condizione che non ne siano tenuti ai margini. Corrisponde dunque al comune interesse di tutti che la loro appartenenza di fatto alla comunità nazio- nale sia rafforzata e confermata dal riconoscimento pieno e formale della cittadi- nanza” (Caritas e Migrantes, 2007, 119-120; Zanfrini, 2007a). In aggiunta, la riforma del dispositivo sulla concessione della cittadinanza per- metterebbe al nostro Paese di seguire gli orientamenti che caratterizzano la legisla- zione nelle altre grandi nazioni europee meta di immigrazioni, come la Francia, la Germania e l’Inghilterra, al tempo stesso impegnandosi a migliorarli in vista di un vita umanamente degna degli stranieri e della promozione del bene comune della nostra società civile (Cellamare, 2006). Sarebbe anche una grande occasione per realizzare al pieno i valori fondamentali della nostra Costituzione secondo la quale la Repubblica si basa non tanto su un legame di sangue quanto sul lavoro di chi vi risiede stabilmente e contribuisce alla sua crescita. Ai fini del superamento della normativa attuale che non sembra in grado di soddisfare adeguatamente i bisogni di cittadinanza che provengono da una società di stabile e spesso definitiva immigrazione, potrebbero rappresentare una buona base di lavoro per la futura legislatura i principi del recente testo unificato di di- ciannove proposte di legge, predisposto dalla Commissione Affari Costituzionali (Caritas e Migrantes, 2007; Giulia, 2007). Pertanto, dovrà essere prevista l’ado- zione del principio dello “jus soli”, però in forma attenuata nel senso che non sarà sufficiente la nascita in Italia, ma si richiederà o la residenza regolare di almeno uno dei genitori da non meno di quattro anni o la nascita di almeno uno dei genitori in Italia e la residenza regolare alla nascita del figlio da almeno un anno. Un altro principio da introdurre è quello dello “jus domicilii” per cui l’ottenimento della cit- tadinanza dovrebbe aver luogo in seguito all’inserimento prolungato e positivo nel 37 nostro Paese fin dalla minore età. Sempre per naturalizzazione la cittadinanza sarà concessa: allo straniero che risiede in Italia da almeno cinque anni (e non dagli at- tuali dieci), in possesso di un reddito annuo non inferiore a quello richiesto per ot- tenere il permesso di soggiorno; al cittadino comunitario residente legalmente da almeno tre anni; al rifugiato politico e all’apolide. In tutti i casi di naturalizzazione verrebbe richiesto un buon livello di conoscenza della lingua, della cultura e della storia italiana e dei principi fondamentali della legalità costituzionale. Dovrebbero invece essere previste delle restrizioni per il caso del matrimonio per evitare i ma- trimoni di comodo o di convenienza che, oltre a sollevare gravi questioni morali, costituiscono occasione per un vero e proprio mercato. La speranza è che le nuove norme facciano uscire gli stranieri dalla condizione di “eterni migranti”. Affinché possano divenire agenti attivi dello sviluppo del no- stro Paese e portare alla nostra società il contributo di energie nuove, è necessario e urgente che si inseriscano nella nostra società come cittadini alla pari con gli ita- liani di origine. 39 Capitolo 2 Adolescenti di origine migratoria: il contributo dei sistemi formativi alla costruzione dell’identità e al processo di integrazione Antonia SANTOS FERMINO1 PREMESSA: “CHE CI FA QUI?” - “CHE CI FACCIO QUI?” La prima domanda, “Che ci fa qui?”, è quella che in genere si pongono un po’ tutti coloro che si trovano a dover condividere il proprio spazio con altri individui non sempre “riconosciuti” nella diversità di cui sono portatori, e che in questo studio vanno individuati negli adolescenti/giovani di origine migratoria2. Domanda che a sua volta all’interno dei sistemi formativi si pongono talora sia gli inse- gnanti/formatori che i compagni di classe autoctoni, e che può essere decodificata nei seguenti termini: “Che ci sta a fare tra i banchi di scuola questo immigrato e non se ne sta invece al suo Paese”? In realtà è proprio questo “perché sto qui?” che scandisce la vita di ogni immi- grato, nel suo perenne altalenarsi tra il “qui” e il “là”, tra lo “stare-qui” con il corpo e “stare-là” con la mente, tra il “vicino” e il “lontano”, tra processi di “in”-cultura- zione e di “a”-cculturazione, tra l’essere fatto carico di una “e” (-migrante) quando se ne va via e di una “i” (-mmigrato) quando è nel nuovo Paese, al punto che “emi- grante” ed “immigrato” diventano due entità nella stessa persona. Un perché, quindi, che l’immigrato si pone egli stesso prima ancora che lo fac- ciano quei “vicini”-autoctoni con cui convive quotidianamente, e che forse non avrà mai una risposta definitiva. Quando poi questo immigrato è un adolescente che “occupa un preciso spazio” tra i banchi di scuola, all’interrogativo “che ci fa qui?” la risposta si fa ancor più complessa, dal momento che vi potrebbero essere anche buone probabilità che co- stui sia a tutti gli effetti cittadino dello “stesso Paese” dei suoi compagni di banco autoctoni. E allora rimane difficile stabilire a quale Paese lo si vorrebbe rispedire. 1 Questo capitolo è composto da alcune parti di una pubblicazione della stessa autrice: Identità trans-culturali. Insieme nello spazio transizionale, Tirrenia (Pisa), ed. Del Cerro, 2008. 2 Sotto questo termine vengono considerati sia gli adolescenti nati nel Paese di origine dei geni- tori e successivamente emigrati per ricongiungimento familiare, sia coloro che sono nati nel Paese di arrivo dei genitori. 40 I figli degli immigrati seppure presentino “radici” e tratti di personalità che at- testano della loro provenienza dall’“altrove”, in realtà sono ormai diventati a tutti gli effetti i “nuovi autoctoni”, indipendentemente dal fatto di essere nati o no nel Paese di immigrazione; nel senso che sono uguali ai loro coetanei autoctoni nel ve- stire nello stesso modo, nell’amare le stesse musiche, nel seguire le stesse mode, nell’appassionarsi agli stessi idoli, nell’assumere gli stessi atteggiamenti, nell’avere a che fare con le stesse problematiche fatte di incertezze e di paure nel coltivare le speranze per il futuro. E tuttavia spesso la società continua a considerarli ancora degli “stranieri”. Il problema di fondo quindi è un altro e fa capo al presupposto che occorre an- zitutto imparare a spazzar via lo stereotipato sospetto di uno spazio occupato abusi- vamente dal compagno di banco che è un “diverso”, per “riconoscerlo” nel suo farsi portatore di una domanda formativa. Per cui la stessa presenza tra i banchi di scuola di un compagno di origine migratoria andrebbe letta anzitutto non solo per farsi portatore di una diversa cultura, etnia, religione, lingua, tratti somatici e colore della pelle…, ma in quanto attraverso questa domanda personifica un diritto uni- versale all’educazione. È un dato di fatto che l’adolescente di origine migratoria con cui occorre sempre più abituarsi a condividere lo spazio formativo rappresenta comunque il concretizzarsi di un “progetto” di realizzazione di sé, operato in prima persona o prodotto di scelte che vengono da lontano nel tempo e nello spazio, per cui oltre a “riconoscere” e a rispettare la sua presenza bisogna anche farsi trovare preparati ad “aggiungere un posto a tavola” a chi ha scelto proprio questo “spazio transizionale” come luogo di realizzazione di sé. 1. ADOLESCENTI NEI/DEI PROCESSI MIGRATORI: FATTORI PROTETTIVI DELL’IDEN- TITÀ ETNICA In un’epoca caratterizzata da traiettorie migratorie sempre più intenzionate a ricercare “altrove” il proprio “ben-essere/bene-stare” è indispensabile che le intera- zioni avvengano all’insegna di processi che permettono di stare “Insieme nella di- versità”, come sollecita appunto lo slogan dell’Anno Europeo 2008, dedicato al dialogo interculturale. Una reale integrazione tra culture e appartenenze plurime tuttavia si potrà veri- ficare soltanto se si darà la possibilità a ognuno di fare un proprio percorso alla scoperta di “chi sono io” e “da dove vengo”, sapendo poi “autocollocarsi” in rap- porto costruttivo in relazione a tutti quei “diversi” con cui sta facendo “un viaggio insieme”. Questo compito di lavorare alla costruzione di una propria identità, ricucendo l’unità del sé e sapendo integrare al tempo stesso la propria “etnicità” con la “mul- ticulturalità” delle proposte, oggi spetta in particolare ai figli di immigrati della se- 41 conda generazione, ossia a coloro che, proprio per trovarsi nel periodo prettamente deputato alla costruzione del sé ed essendo stati coinvolti nei processi migratori non sempre per propria scelta, hanno bisogno di essere adeguatamente preparati ad assolvere i compiti di sviluppo in un equilibrato rapporto tra un sé-etnico ereditato ed un sé-sociale prodotto della “coabitazione”, convivenza, interazione, condivi- sione dello spazio con i “molti-sé” delle culture plurime. Tutto questo richiede di partire anzitutto da uno studio sul significato del mi- grare e di quei fattori protettivi che contribuiscono a costruire l’identità etnica negli adolescenti di origine migratoria, per passare poi ad analizzare come i sistemi for- mativi possono dare anche loro un contributo in tal senso. 1.1. Il “mito di Ulisse”, ovvero il significato del migrare alla ricerca di una “terza sponda” Per comprendere le difficoltà che gli adolescenti immigrati incontrano nell’au- tocollocarsi nel nuovo contesto è importante capire come essi definiscono se stessi in base alla propria appartenenza etnica. Un contributo significativo a questo ri- guardo viene dal fare riferimento al “mito di Ulisse”. Come riportato nello studio di Mancini (1999, 146), esso è un chiaro esempio che aiuta a capire quali sono le reali difficoltà che gli adolescenti incontrano nel collocarsi nel Paese di arrivo dei geni- tori. Sentirsi “non riconosciuti” in un Paese straniero, stare in esilio rappresenta il dramma di chi vive in prima persona lo sradicamento e la crisi d’identità che si porta dietro chi sta nei processi migratori. Questa disintegrazione dei legami affet- tivi e sociali ostacola il sentimento di appartenenza accentuando quello di non-ap- partenenza. Una condizione che il più delle volte è all’origine di stati di disorganiz- zazione psichica in cui prendono il sopravvento angosce, sensi di abbandono, paura di essere sopraffatti da un’altra cultura, con il rischio della depersonalizzazione. Si- tuazioni che alcuni autori (Algini-Lugones, 1999, 25) hanno tradotto nelle seguenti espressioni: “Che ci faccio qui? Qui io non sono nessuno”, oppure “Mi sento fuori posto” o “Chi sono io? Mi sento perso”. Emigrare vuol dire infatti abbandonare la “sponda dove si è nati” per andare su “un’altra sponda”. Per capire meglio il perché di questa tendenza a traghettare tra sponde diverse viene ancora in aiuto il mito di Ulisse, in quanto il mare rappresenta un elemento catalizzatore del desiderio di partire, di sapere “cosa ci sta” al di là dell’orizzonte, sull’altra sponda. Come tale, quindi, il mare mentre fa da catapulta all’impulso del migrare al tempo stesso diviene anche elemento di congiunzione tra terre lontane: è causa dell’isolamento, e perciò invita ad uscire dalla terra-madre per andare sull’altra sponda, ma al tempo stesso è sempre il mare che fa da legame, a chi in diaspora, avverte un irresistibile bisogno di ritornare nella terra-madre. Tutto questo porta a “sognare” chi rimane, di poter emigrare, così da superare il dramma della fame, malattie, povertà, guerre; e, chi sta nell’emigrazione, di poter ritornare nella propria terra. Come su un tavolo da ping-pong, questo rimbalzare del “sogno migratorio” tra le due sponde porta ad un permanente stato di disso- 42 nanza emozionale: “dover partire e voler ritornare”, “voler rimanere e dover par- tire”. Se questo vale per chi ha fatto in prima persona la scelta del migrare, per l’a- dolescente della seconda generazione tuttavia queste due sponde tra il Paese d’ori- gine e quella d’accoglienza non sono più sufficienti, occorre che si interponga un terzo spazio che gli permette di separare e unire al tempo stesso le altre due, così da permettergli di conquistare una propria identità e quindi anche il senso di apparte- nenza. È questa invisibile e tutta da elaborare “terza sponda” che permetterà anzi- tutto all’adolescente di superare l’angoscia del “che ci faccio qui?” e quindi di tro- vare poi una “propria” collocazione all’interno di quello spazio transizionale, inter- medio/interstiziale che offre a valori tra loro differenziati la possibilità di incon- trarsi, di integrarsi e di essere condivisi, contribuendo così in maniera determinante alla costruzione della sua identità. 1.1.1. Lo spazio transizionale come approdo alla “terza sponda” Algini-Lugones (1999, 29ss.) hanno affrontato il concetto di spazio transizio- nale sviluppato da Winnicott (1974, 23), il quale lo definisce come un “luogo” di esperienza e contemporaneamente un processo psichico, tra soggetto e oggetto per- cepito, tra dentro e fuori, e che al tempo stesso non è del tutto né l’uno né l’altro; rappresenta il luogo d’incontro tra un’esperienza interna soggettiva e una oggettiva, esterna e, come tale, è in grado di mettere in rapporto spazi tra loro eterogenei. In altri termini, lo spazio transizionale fa parte di un’esperienza umana condivisa: tutti noi infatti passiamo la vita a fare dei passaggi, dalla nascita alla morte, ad attraver- sare delle frontiere tra paesi e tra lingue, a spostarsi, a migrare. È chiaro quindi che questo spazio transizionale rappresenta quell’auspicata “terza sponda” su cui dovranno approdare gli adolescenti di origine migratoria, e di cui non è possibile tratteggiarne i contorni proprio perché “transizionale”, ossia in quanto prodotto di transizioni tra culture e valori etnici tra loro differenziati, la cui condivisione porterà gli adolescenti a darsi “quelle identità” meticce, trans-culturali che nell’attuale momento storico non si possono prevedere. Uno spazio in cui i conflitti di appartenenza dovuti al divario culturale presente nei processi di accultu- razione possono essere affrontati al fine di trovare quegli elementi interstiziali che accomunano e/o legano tra loro più parti/componenti: cultura d’origine e cultura d’accoglienza, modernità e tradizione, lingua materna e lingua sociale, processi psichici intra e interpersonali. Per cui il problema non starà nella difesa dell’uno o dell’altro valore ma l’o- biettivo sarà quello di permettere a tanti “mondi diversi” di darsi uno “spazio” entro cui le inevitabili differenze possano convivere, “riconoscersi” ed esprimersi con tutte le proprie caratteristiche e potenzialità, avendo come comun denomina- tore l’obiettivo del reciproco arricchimento. Uno spazio che mentre ammette la plu- ralità del “noi” al tempo stesso facilita il passaggio e la comunicazione aperta, senza discriminazione, da un “noi” a un altro, accomunati dal fatto che il signifi- 43 cato del “migrare” sta sempre all’origine dell’incontro con l’altro, chiunque sia nella sua condizione di diverso. Nel come riuscire a realizzare questo “spazio”, nel come arrivare a definire quella “terza sponda” verso la quale ci stiamo dirigendo consisterà perciò la sfida a cui tutti noi, nell’era della globalizzazione caratterizzata da traiettorie migratorie sempre più intenzionate a ricercare “altrove” il proprio “ben-essere/bene-stare”, siamo chiamati a confrontarsi. Algini-Lugones (1999, 27ss.) sostengono che in un’epoca in cui l’identità va- cilla a causa di culture in continua trasformazione, l’eredità culturale di cui parla a Winnicott non basta di per sé per assicurare la continuità. Essi interpretano quindi questo “terzo spazio” come il prolungamento dello spazio potenziale tra individuo e ambiente, uno spazio intermedio/interstiziale in funzione del rapporto che inter- corre tra “io” e “non-io”, tra i due mondi, tra l’interno (il gruppo di appartenenza) e l’esterno (il gruppo di ricezione), tra passato e futuro3. Gli adolescenti di origine migratoria hanno bisogno perciò proprio di questo spazio intermedio o, tornando alla metafora, di una “terza sponda” che, se adegua- tamente accompagnati, permetterebbe loro di elaborare la crisi aiutandoli a stac- carsi dalla “sponda originaria” senza tuttavia rinnegarne i valori, e a vivere senza sensi di colpa l’”altra sponda”, quella del Paese dove investono il loro futuro. Si tratta in altre parole di offrire loro la possibilità di giocare tra le due sponde in modo che possano arrivare ad elaborarne una terza investendovi le proprie energie/risorse e liberando le proprie capacità creative. 1.1.2. L’integrazione tra codici comunicativi nell’esperienza migratoria Chi emigra deve affrontare una terra straniera, quindi è costretto a compiere un viaggio all’interno del proprio mondo psichico verso luoghi e stati della mente che richiedono di essere abbandonati o, come nel caso degli adolescenti, di attraversare momenti di passaggio e di ri-strutturazione del sé. Camilletti-Castelnuovo (1994, 47) sostengono che l’esperienza migratoria negli adolescenti spesso risente inevitabilmente delle condizioni problematiche ed esistenziali che derivano dall’uso di codici e linguaggi diversi e che quindi possono alterare profondamente i processi di comunicazione tra le persone, al punto da comportare possibili danni alla costruzione dell’identità. A questo riguardo l’esperienza migratoria negli/degli adolescenti rappresenta uno degli eventi più disturbanti nei processi relazionali. La produzione di codici comunicativi dell’immigrato va considerata in stretta relazione ai processi sui quali poggia la formazione dell’identità individuale e sociale; essa si evolve e si sviluppa dinamicamente mediante la relazione e lo scambio tra la persona e l’ambiente cir- 3 Winnicott (1974, 23) ha sviluppato il concetto di spazio transizionale quale spazio tra soggetto e oggetto percepito, tra dentro e fuori, e che non è del tutto né l’uno né l’altro, ma luogo dove si svolge comunque un’esperienza interna soggettiva. 44 costante. Questo complesso processo può realizzarsi solo quando si danno condi- zioni ottimali tali da permettere agli adolescenti di realizzare la crescita delle ri- sorse interne; viceversa, quando queste condizioni non si danno si provocano inevi- tabilmente dei disturbi lungo il processo di acquisizione dell’identità. Questo spazio simbolico è la sintesi di un delicato equilibrio nella crescita del- l’individuo, in quanto permette all’adolescente di trovare i suoi valori culturali; ma quando nell’esperienza migratoria esso viene ad essere alterato si provocano lace- ranti fratture di distacco e separazione, accompagnate spesso da un senso di preca- rietà nei confronti dei nuovi spazi ove inserirsi. Tutto ciò produce notevoli diffi- coltà nel vissuto profondo degli adolescenti, i quali in questa fascia d’età investono essenzialmente nella sfera delle emozioni esperienziali di appartenenza. La condizione di immigrazione e le difficoltà nel ritrovare elementi analogici spesso sono all’origine dell’incapacità che manifesta l’adolescente di origine migra- toria di tradurre segni e simboli elaborandoli poi in nuovi significati, con conse- guente difficoltà di adattamento verso il nuovo Paese; inoltre questi atteggiamenti gli vengono talvolta trasmessi inconsciamente dai genitori all’interno del nucleo fa- miliare, provocando ulteriori disagi comunicativi. Le difficoltà si verificano in parti- colare quando chi nasce nel Paese di arrivo dei genitori non viene sufficientemente avviato all’apprendimento e all’uso della lingua materna o paterna. La perdita o la parziale acquisizione di uno strumento così importante quale è appunto il linguag- gio per la trasmissione dei significati contribuisce in gran parte alla chiusura reale e metaforica dell’adolescente, provocando un disorientamento che, per essere com- pensato, richiede spesso di essere esternato mediante altri canali comunicativi, tra i quali la corporeità viene a costituire un fattore simbolico altamente espressivo. Queste profonde e paradossali contraddizioni non portano l’adolescente immi- grato ad essere né simile agli autoctoni né ai genitori; e non sono neppure supera- bili mediante la competenza formale della lingua del Paese d’accoglienza, in quanto questa da sola non assicura la possibilità di padroneggiare le funzioni comu- nicative legate all’espressione dei vissuti affettivi e mentali di chi li ha sperimentati nella cultura di origine. Tutto questo può provocare nell’adolescente di origine mi- gratoria durante la fase evolutiva non poche situazioni conflittuali, che possono ar- rivare a mettere a rischio la costruzione stessa della propria identità e a compromet- tere di conseguenza il ruolo da svolgere nella vita sociale/attiva. 1.2. Il conflitto di ruolo nei processi migratori alla ricerca di una propria identità Grinberg e Grinberg (1990, 137) definiscono il sentimento d’identità negli im- migrati come il risultato di un processo di interazione continua tra tre dimensioni tra loro strettamente connesse: spaziale, temporale e sociale. L’immigrato infatti nei primi periodi di permanenza nel Paese d’accoglienza sperimenta in genere stati di disorganizzazione più o meno profondi che quasi sem- pre provocano ansie primitive come la paura di essere “divorati” o di essere “fatti a 45 pezzi” dalla cultura locale, situazione che ovviamente mette l’individuo in un stato di disagio. Nel Paese di arrivo l’immigrante non ha più i ruoli e le funzioni che oc- cupava nella terra madre; di fatto egli ha perso molto: gli amici, la casa, la lingua materna, tutto il suo mondo circostante. Contemporaneamente nel nuovo Paese non è ancora riuscito a costruire radici, legami affidabili e duraturi. La rottura dovuta al- l’immigrazione mette dolorosamente in causa la continuità del sé, l’organizzazione del proprio processo di identificazione e dei propri ideali, la coerenza nel proprio modo di pensare e di agire, l’affidabilità dei legami di appartenenza a un gruppo et- nico, l’efficacia del codice di riferimento etico-culturale. Tutto questo ostacola il sentimento di appartenenza e accentua quello di non appartenenza. Questi vissuti che l’adolescente immigrato sperimenta e affronta possono deri- vare dal conflitto tra il desiderio di confondersi con gli altri per non sentirsi “di- verso” (ciò che provoca stati/momenti confusionali), oppure momenti di deperso- nalizzazione (non sentirsi più se stesso). In particolare chi si trova in tale situazione spesso è portato a chiedersi: “dove sono?”, “cosa sto facendo qui?”. In questi disagi il vincolo spaziale corrisponde al sentimento di individuazione (la relazione tra le varie parti del sé); invece nel vincolo temporale ossia nella rappresentazione di sé nel tempo il disagio si può manifestare per la confusione tra i ricordi e la si- tuazione che si sta vivendo. Ancora Grinberg e Grinberg (1990, 138) affermano che quegli adolescenti che per un periodo significativo della propria vita sono cresciuti nel Paese di origine, per non sentirsi abbandonati hanno bisogno di portare con sé degli oggetti familiari affettivamente significativi, conservando così una continuità con il passato. Tali “oggetti” hanno la funzione di consolidare le tre dimensioni (spaziale, temporale, sociale) che fanno capo al proprio sentimento di identità, contrapponendole alla di- versità che trovano negli autoctoni. Indipendentemente dal fatto che tali oggetti siano indispensabili per riaffermare il sentimento di identità, essi tuttavia compor- tano il pericolo di impedire l’assimilazione del “nuovo”, lasciando così l’immigrato ancorato al passato. Ma il sentimento di identità che negli adolescenti viene colpito in modo più rilevante è quello rappresentato dal vincolo sociale, in quanto rappre- senta la relazione che intercorre tra sé e gli altri; nel caso dell’adolescente immi- grato, infatti, i cambiamenti maggiori avvengono in relazione all’ambiente circo- stante in cui tutto è nuovo, tutto o quasi tutto è sconosciuto; di conseguenza, “an- dare” o “vivere” in un nuovo Paese/ambiente dove non si conosce nessuno e dove non si appartiene ad alcun gruppo non può che provocare una condizione destabi- lizzante. 1.2.1. Alla ricerca di se stessi tra più mondi culturali Proprio a questo riguardo Demetrio-Favaro (1992, 55ss.) hanno affrontato la questione dell’identità tra gli adolescenti immigrati chiedendosi cosa significa co- struire un’identità in un contesto sociale che non è quello di origine, in un am- biente dove si realizza l’incontro-scontro tra culture spesso contrapposte. Essi 46 hanno quindi cercato di rispondere a questo interrogativo prendendo in considera- zione le diverse problematiche legate all’attuarsi di questo processo. 1) Significa anzitutto vivere questo processo in mancanza di forti modelli di iden- tificazione. In via generale, infatti, il modello identitario familiare risulta de- bole, rappresenta valori e tradizioni diversi da quelli della cultura dominante, che per di più occupano una posizione marginale nel nuovo contesto di inseri- mento. Spesso il minore di origine migratoria è portato a svalutare le figure ge- nitoriali e la propria origine; al tempo stesso la cultura autoctona, che certa- mente esercita una forte attrattiva sul ragazzo, non è in grado di colmare del tutto il suo bisogno di identificazione e di certezze poiché può rivelarsi ostile o semplicemente poco conosciuta. 2) Significa poi vivere questo processo in modo decisamente differente dal gruppo dei pari autoctoni, dal momento che i cambiamenti somatici, psichici e sociali so- no in qualche modo marcati etnicamente e culturalmente. Ciò che rende ulterior- mente difficile questa fase di crescita per i minori immigrati è le concomitanza tra la “crisi” adolescenziale e il processo di elaborazione dell’esperienza migra- toria dovuta al contemporaneo senso di appartenenza a più mondi. L’impatto con la nuova realtà e con i relativi valori e codici comportamentali e sociali trova in- fatti i minori immigrati quasi sempre impreparati, se messi a confronto con i co- etanei autoctoni. Tutto questo provoca una condizione conflittuale profonda di ti- po culturale che s’innesca su un vissuto psicologico fatto già di abbandoni e di estraneità rispetto ai differenti contesti socio-culturali sperimentati lungo la fase della crescita evolutiva. L’adolescente vive così in una posizione di debolezza e di vulnerabilità: una personalità ancora in costruzione unitamente ad una cultura d’origine che non è né radicata né assimilata lo rendono privo di quelle difese per- sonali e culturali che in via generale permettono di affrontare il mutamento cultu- rale senza particolari traumi e alterazioni dell’identità individuale. Ne consegue che nella maggior parte dei casi questi adolescenti rimangono nell’impossibilità di padroneggiare la nuova realtà e l’esperienza che stanno vivendo, condizionati da una serie di ostacoli a livello socio-culturale oppure, qualora si schierino dalla parte dalla cultura dominante, aderendovi mediante adeguamenti acritici e mec- canismi di mantenimento. Ne deriva così una posizione personale e culturale con- fusa, in bilico tra due culture, senza che né l’una né l’altra contribuiscano effica- cemente alla costruzione di una propria identità e, quindi, della personalità. 3) Significa inoltre affrontare la crisi adolescenziale con pochi o nessun aiuto esterno, data la difficoltà a comunicare i propri disagi e le proprie difficoltà sia in famiglia che nel gruppo dei pari e con gli adulti di riferimento, in genere “esponenti” della cultura autoctona (insegnanti, educatori…). 4) Infine significa elaborare e collocare il proprio percorso di vita, compreso quello che nell’esperienza migratoria viene definito shock culturale (il primo reale incontro con l’ambiente degli autoctoni), in una condizione di precarietà e incertezza non solo rispetto al presente ma anche rispetto al futuro. 47 Ne consegue, concludono gli autori, che la crescita psicologica degli adole- scenti di origine migratoria dipende soprattutto dalla loro capacità di saper nego- ziare una grande quantità di stimoli. Se attraverso un processo di integrazione tra due o più culture essi riusciranno a comprendere, ad accettare e a padroneggiare le situazioni, essi si troveranno con una maggiore ricchezza culturale, poiché grazie a questo processo di elaborazione essi potranno mantenere un rapporto attivo sia con il Paese d’origine che con quello di accoglienza, arrivando in tal modo a produrre quella sintesi culturale che avrà una ricaduta diretta sulla costruzione di una propria identità. Viceversa, nel caso in cui questi adolescenti non si trovano nelle condi- zioni di farcela, rischiano di venire schiacciati tra più culture che possono essere percepite inconciliabili, contrapposte, se non addirittura conflittuali, nei cui con- fronti appare arduo esercitare un ruolo di mediazione data la posizione di debolezza di chi si trova tuttora in una fase di crescita evolutiva. 1.2.2. Tra “terremoto identitario” e ricomposizione degli equilibri Crescere come figlio di immigrati non è un compito facile sia per gli adole- scenti che per i genitori. Questi ultimi hanno di fatto un ruolo educativo piuttosto impegnativo e difficile poiché, oltre ad integrarsi o meno nella nuova cultura, de- vono affrontare l’insieme di fattori legati ad una condizione economica de- bole/precaria, a cui si accompagna spesso anche l’emarginazione sociale. Dal canto suo l’adolescente di origine migratoria, specie se nato nel Paese di arrivo dei geni- tori, si trova a gestire una scelta che non ha fatto, quindi la subisce come scelta degli “adulti”, nei confronti della quale si trova a non essere sufficientemente “at- trezzato” per gestirla psicologicamente. A questo riguardo tuttavia Mazzetti (1996, 119ss.) fa la distinzione tra due ti- pologie di adolescenti immigrati: quelli nati nel Paese di origine dei genitori e suc- cessivamente arrivati nel nuovo Paese per ricongiunzione familiare, e quelli nati nel Paese dove i genitori sono immigrati. 1) Nel primo caso, gli adolescenti giunti in tenera età nel nuovo Paese il pro- blema del collocarsi all’interno dello stesso risulta ancor più complesso, poiché non hanno sperimentato una condizione precedente ed inoltre vengono a trovarsi proprio nel periodo di costruzione dell’identità per cui si considerano ancora come facenti parte della cultura di origine, mantenendone il senso di continuità. Al tempo stesso la loro condizione si presenta assai differente da quella dei genitori: non hanno scelto loro di emigrare, la migrazione l’hanno in qualche modo subita; di conseguenza non hanno avuto l’opportunità di far cre- scere dentro di sé quelle motivazioni che hanno alimentato la scelta migratoria dei loro genitori. In altri termini, non hanno ancora elaborato/maturato quel progetto di vita che ha trainato i loro genitori a “scommettere” il proprio fu- turo”altrove”. Succede così che questi adolescenti si trovano a vivere una posi- zione di “cerniera” tra più culture, col rischio di rimanerne schiacciati per es- sere, per un verso, portatori di tradizioni culturali e familiari estranee a quelle 48 locali e, per l’altro verso, per essere pressati da richieste di integrazione nel nuovo ambiente (a scuola, dal gruppo di amici, nell’impatto con gli eventi della quotidianità…), le quali spesso sono in aperta contraddizione con il loro patrimonio culturale. Tutto questo ha un costo che può portare alla chiusura e all’isolamento: il fatto stesso di non aver fatto in prima persona la scelta di emigrare li pone in condizione di debolezza e/o di minore autonomia in merito alle scelte sul loro futuro. Il Rapporto sulla condizione dell’Infanzia e dell‘Adolescenza in Italia (1997, 382) ha definito questa condizione un “terre- moto identitario” e, in quanto tale, non può non avere una ricaduta diretta sul processo di “ri-aggiustamento identitario” con cui prima o poi dovranno con- frontarsi gli adolescenti immigrati. 2) Per quanto riguarda invece quegli adolescenti che sono nati nel Paese dove i loro genitori sono immigrati, effettivamente essi sono da considerare degli autoctoni a tutti gli effetti, soprattutto dal punto di vista psicologico; il Paese di arrivo dei ge- nitori è di fatto la “loro terra”, perché qui sono nati e cresciuti, e non è raro che parte di essi non conoscano neppure il Paese d’origine dei genitori se non attra- verso i loro racconti. Si tratta di una problematica che non va affatto trascurata, in quanto aiuta a delineare il processo di integrazione tra questi mondi/culture al- l’interno di un quadro più complesso. Per questi “immigrati-autoctoni” infatti il dramma nasce quando arrivano a scoprire (attraverso vari eventi della vita, in ge- nere nella fase della socializzazione secondaria) che il mondo che gira intorno a loro non li riconosce più come “autoctoni” in quanto si sentono trattati in modo diverso sia sul piano relazionale (dal gruppo dei pari), che su quello civile (spesso dovuto alla mancanza di cittadinanza) e culturale (insegnanti ed altre figure dei sistemi formativo-educativi…). È allora che scoprono di essere “diversi” da quei loro coetanei che finora hanno sempre considerato alla “pari”; è allora che pren- dono coscienza di avere la pelle di un altro colore, che scoprono di avere meno cose dei coetanei e che la loro abitazione è più povera. A questo punto lo spazio relazionale intorno a loro si fa sempre più ristretto, si sentono emarginati e perfino “stranieri” a casa propria. Questa esperienza il più delle volte fa sì che essi ten- dano a chiudersi in se stessi, ad emarginarsi dai compagni autoctoni e a ripiegarsi unicamente sul gruppo etnico di appartenenza. 1.2.3. Sentirsi “stranieri” a se stessi Dopo aver distinto le due tipologie di adolescenti immigrati, per completare l’analisi della problematica sull’immigrazione è necessario soffermarsi ad analiz- zare anche la profonda differenza che c’è tra chi decide di emigrare e chi è costretto a farlo. Questa ultima è spesso la situazione che vivono gli adolescenti che si tro- vano ad emigrare senza avere fatto la scelta. La differenza tra queste due situazioni è sostanziale: chi ha scelto volontariamente di emigrare lo ha fatto in base ad una motivazione che in qualche modo è all’origine di un progetto di vita; mentre gli adolescenti, nati e cresciuti nel Paese di arrivo dei genitori o arrivati lì in tenere età, 49 spesso si trovano nella condizione di coloro che non hanno scelto di emigrare e una tale condizione esercita indubbiamente un peso nelle scelte e nell’esperienza di vita attuale e futura. Algini-Lugones (1999, 82ss.) fanno osservare che quegli individui che in età adolescenziale hanno lasciato il proprio Paese d’origine per ricongiungersi ai fami- liari parlano di un vissuto di estraneità, di un’ipoteca sulla propria vita e dell’im- possibilità di poter intravedere un futuro diverso. È come una sorta di impotenza che colpisce alla base le funzioni vitali della propria esistenza. Gli autori rappor- tano questa condizione a quanto riteneva Freud, secondo il quale l’inconscio è in rapporto con l’estraneo che c’è in noi, la parte di noi sconosciuta che abbiamo dif- ficoltà a vivere. Sembra che colui che emigra si trovi a sperimentare questa parte estranea di sé nel Paese in cui in qualche modo è stato costretto a vivere. L’immi- grato infatti parla spesso del sentimento di estraneità che lo invade, di una nostalgia che non si ferma mai. Questa nostalgia di stare “là” mentre sta “qui” è paragonabile al lutto, perché viene per rievocazione dell’oggetto perduto. Il termine nostalgia viene dal greco ed è la combinazione di due termini: no- stos (il ritorno) e algos (il dolore), dolore per il ritorno. Sebbene la parola rievochi un forte desiderio della patria, nel caso di chi si trova nei processi migratori si può ritenere che in essa si nasconda il dolore per un conflitto insolubile tra l’essere qui e il voler stare là. Essa è quindi espressione di un mondo interiore composto da due sponde, confinanti e al tempo stesso invalicabili in quanto, come è stato affermato precedentemente, spesso viene a mancare quello spazio transizionale che è frutto della ri-elaborazione di una propria identità nell’orientarsi verso una “terza sponda”. Gli autori fanno ancora osservare che gli adolescenti possono sentirsi “stranieri a se stessi” in quanto l’oggetto dello spostamento di un legame perduto li porta alla ricerca di un qualcosa che in qualche modo possa ricondurli alle proprie ra- dici/origini; scaturisce da qui appunto il senso di nostalgia, ossia il bisogno di rin- forzare continuamente la memoria, poiché si teme che l’oggetto del desiderio possa andare perduto anche nel ricordo. Si tratta di una perdita temporanea per un lutto che ha bisogno di alimentare continuamente il ricordo dell’oggetto perduto, poiché la speranza di ritrovarlo non gli permette di introiettarlo e la paura di dimenticarlo gli si prospetta come un vuoto incolmabile. Ne consegue quindi che nell’emigrato non si può dare un’identificazione del tutto stabile né con la cultura del paese d’ori- gine né con quella del Paese d’arrivo, poiché l’oggetto del desiderio è introiettato nell’io come memoria precaria. Anche altri autori (Bracalenti-Rossi, 1998, 81) hanno descritto l’immigrazione come un processo di elaborazione del lutto avendo come base un processo suddi- viso in tre fasi: – nella prima fase, l’immigrato non comprende bene il significato dell’abbandono della sua terra di origine e questa confusione gli provoca uno stato di shock cultu- rale e di stupore; 50 – nella seconda fase, tende ad avere nostalgia e a idealizzare il Paese di origine e, di conseguenza, soffre per l’avvenuto distacco; – nella terza fase, l’immigrato comincia ad accettare il Paese di arrivo e a fare pro- getti, tende cioè ad organizzarsi per costruire una nuova vita. In precedenza si è detto che emigrare significa soprattutto perdere luoghi, odori, suoni, contatti originari che costituiscono una sorta di involucro acquisito con la nascita. Secondo Brunori-Tombolini (2001, 78), l’insieme di questi elementi rappresenta l’esperienza sensoriale che facilita la costruzione della struttura e del funzionamento psichico. L’apparato psichico, infatti, si organizza nella propria au- tonomia soltanto mediante l’interazione sensoriale continua con l’ambiente che mantiene e garantisce il senso di identità psichica e culturale dell’individuo. Quando questo involucro culturale viene abbandonato si crea una separazione tra il sé ed il contenitore; l’individuo rischia di non sapere più dove depositare ciò che sperimenta, né a cosa legare l’identità soggettiva e la capacità di un corretto funzio- namento mentale, in quanto viene meno la base del pensiero e del linguaggio, al punto che una tale esperienza può essere paragonata a quella della depersonalizza- zione. Così pure il passaggio da un sistema di valori ad un altro può provocare momenti molto difficili che possono costituire un fattore di rischio che a sua volta può portare a esiti patologici; ed anche quando ciò si verifica solo parzialmente, rimane pur sempre una frattura che lascerà un segno indelebile nella storia dell’immigrato, costringendolo ad una relazione discontinua con l’ambiente e con la sua storia. In questa situazione la persona entrerà in crisi quando non riuscirà ad integrare modelli culturali tra loro distanti e si dimostrerà incapace di dare senso alla nuova condizione in cui verrà a trovarsi. Il fallimento di questa integrazione produrrà a sua volta una inevitabile lacerazione nella psiche e una crisi d’identità, con conseguenti disturbi sul processo di identificazione e di sviluppo della personalità. E tuttavia man mano che il senso di appartenenza al Paese di arrivo diventa più forte l’immigrato può riuscire a superare lentamente il lutto dovuto al distacco, so- prattutto se elabora tale lutto diventando consapevole di ciò che prova e dei senti- menti che inizialmente aveva represso. In questo modo mentre incomincia il gra- duale e lento processo di integrazione egli sarà in grado di tornare a relazionarsi con il proprio passato, rivisitando il Paese d’origine idealizzato con una visione più realistica. Ciò gli faciliterà il superamento dallo stadio di lutto permettendo di con- ciliare dentro di sé i diversi mondi. 1.3. L’adolescente immigrato tra crisi e ricerca d’identità Alla luce di quanto finora analizzato, è indubbio che il rapporto tra l’età evolu- tiva e l’origine migratoria presenta aspetti e sfaccettature assai complesse, ai fini del processo di costruzione dell’identità nell’adolescente di origine migratoria. La 51 risposta all’interrogativo “chi sono io” e “chi voglio essere” dipenderà quindi del- l’acquisita capacità di lettura e di valutazione nei confronti dei mondi con i quali è in contatto, ma anche dalla capacità dei genitori di integrarsi, di contenere e filtrare “il nuovo” per trasmetterlo ai figli. Possiamo quindi comprendere le difficoltà che un tale processo implica nel corso dell’adolescenza, se si considera che egli non solo deve fare un grande sforzo sul piano della realtà per integrarsi nel nuovo Paese con culture, costumi, lingua differenti dalla propria, ma deve inoltre lavorare sul piano intrapsichico per reinte- grare il proprio mondo interno destabilizzato dal “nuovo mondo”. Nel suo tentativo di essere se stesso, l’adolescente di origine migratoria dovrà perciò fare i conti non soltanto con forti esperienze emozionali del passato, ma soprattutto con le espe- rienze attuali che possono contribuire ad integrare o a disintegrare la sua mente che, in piena fase del processo evolutivo, vive già di per sé un momento di “crisi”, la cosiddetta crisi adolescenziale, quale passaggio indispensabile per la progressiva acquisizione di una propria identità. 1.3.1. Tra “sradicamento” e “sfida” per elaborare il cambiamento Al centro della storie e dei vissuti migratori è certamente rilevante il tema del viaggio e della “transizione”da un luogo all’altro, da una cultura all’altra, da un contesto identitario all’altro. Nel presente caso si tratta di adolescenti soggetti ad una altalena di identificazioni, destinati ad incassare i colpi della vita poiché spesso si trovano in un luogo e/o in uno “spazio” del tutto nuovo senza averlo voluto, senza aver potuto fare una scelta né un progetto, motivo per cui la ricerca di una propria identità potrebbe rimanerne segnata in maniera profonda. “Appartenenze pendolari” nell’identificarsi talora con la cultura di origine, talora con quella degli autoctoni, talora con altre culture con cui entrano in contatto, esasperando il senso di estraneità nei confronti di un po’ tutte; disagio espresso anche attraverso manifestazioni di ritardo scolastico e di assunzione di comporta - menti a rischio. Alla luce di queste dinamiche gli adolescenti di origine migratoria possono es- sere definiti dei viaggiatori perenni di un viaggio iniziato però da altri. A questo ri- guardo Favaro (1998, 9) fa osservare che un tale passaggio si colora di connota- zione e accenti differenti a seconda della generazione dei padri o dei figli: – per gli adulti e/o i genitori, la direzione del viaggio si delinea in modo preciso in senso sia spaziale che temporale, in quanto è scandita dai momenti della partenza, dell’arrivo, dell’andare e venire tra due luoghi connotati da riferimenti, eventi, “pezzi” di storia personale, da un prima e un dopo ben delineati, che scandiscono le tappe della biografia e del progetto di vita all’interno di un vissuto fatto di no- stalgia e che, pur attenuandosi nel tempo e diventando da ferita cicatrice, restano un compagno di cammino sempre presente; – invece per gli adolescenti l’emigrazione più che una esperienza vissuta diventa una dimensione esistenziale; sullo sfondo vi è un “altrove” che per alcuni può re- 52 stare per molto tempo sconosciuto, indefinito, inesplorato; per altri, un luogo im- maginario da idealizzare/vivere come premio (“se vado bene a scuola farò le ferie al Paese d’origine dei miei genitori…”); mentre per altri ancora può rappresenta- re un luogo di rifugio e/o di contenimento nel quale andare/tornare a vivere. Ora affinché questi adolescenti diventino essi stessi protagonisti del “loro” viaggio occorre che arrivino ad integrare la “frattura” che si è prodotta nella loro storia ripercorrendo a ritroso il progetto familiare al fine di modificarlo o anche tra- dirlo, se necessario; in pratica, per ricomporre la frattura diventando protagonisti della propria storia occorre che questi adolescenti riescano a far riconciliare la storia migratoria familiare con la traiettoria della propria vita. Nel caso in cui gli adulti non abbiano ancora elaborato il distacco e la loro per- manenza nel nuovo Paese resti contrassegnata da rimpianti e dalla nostalgia, sa- ranno i figli a dover compiere il cammino di separazione per poter appartenere, senza però negare la storia e le radici familiari, al Paese nel quale stanno crescendo e costruendo il loro futuro. Per questi adolescenti, infatti, qualunque sia la causa della loro presenza nel nuovo Paese il momento dell’accoglienza si rivela fonda- mentale, in quanto rappresenta una sorta di “imprinting” sul quale modellare quelle rappresentazioni che segneranno le successive tappe del progressivo inserimento verso l’integrazione. È chiaro a questo punto che l’inserimento nella nuova realtà richiede all’adolescente di mobilitare grandi risorse di adattamento per far fronte alle sfide che si impongono. L’intreccio tra sfide e risorse costituisce quindi lo sfondo su cui costruire ed elaborare il cambiamento. Esso va individuato in tutto ciò che tende a rompere l’e- quilibrio precedente e a spingere verso l’assunzione di nuove responsabilità e com- petenze, per rispondere al nuovo e all’incognito che emerge dall’orizzonte della propria storia familiare e personale. Le risorse o i cosiddetti “fattori protettivi” in questo caso sono costituiti dalle capacità di cui uno dispone, dalle riserve spirituali che possiede, dalle attitudini a reagire adeguatamente alle difficoltà, dalle forme di aiuto messe in moto dalla fa- miglia e dal contesto sociale di riferimento (istituzioni, gruppi, appartenenze…). Sfide e risorse si presentano così indissolubilmente connesse nella vita degli adole- scenti/giovani di origine migratoria. Il rischio e la vulnerabilità possono emergere laddove la relazione tra sfide e risorse non trova un sufficiente equilibrio, ossia quando la portata delle sfide è troppo elevata e l’adolescente per trovare risposte adeguate non usufruisce di ancoraggi in grado di integrare le risorse individuali con quelle collettive provenienti dal contesto di appartenenza. Le sfide a cui gli adolescenti immigrati devono far fronte mediante risposte adattive almeno in parte sono le stesse dei loro coetanei e riguardano anzitutto i compiti di sviluppo connessi al diventare adulti, alla ricerca di autonomia, alla co- struzione di identità a partire da molteplici contesti di appartenenza. Tuttavia Fa- varo (1998, 9ss) fa presente che agli adolescenti di origine migratoria si richiede più specificamente di: 53 – inserirsi nel nuovo Paese/contesto senza “perdersi”, ossia ricercando l’unità del sé nelle diverse situazioni; – imparare una nuova lingua e, insieme ad essa, un nuovo modo di rappresentare il mondo e la realtà circostante; – sapersi ri-orientare nel tempo e nello spazio; – arrivare a mantenere dentro di sé un equilibrio tra le aspettative esplicite ed im- plicite della scuola e della famiglia, spesso divergenti, se non apertamente con- flittuali; – saper fronteggiare le forme più o meno marcate di rifiuto, esclusione, categoriz- zazione sociale sfavorevole; – essere in grado di affrontare l’ambivalenza dei sentimenti tra il “qui” e l’“altrove”, l’incerto senso di appartenenza tra il Paese di origine e quello di immigrazione; – saper gestire eventuali conflitti familiari ed intergenerazionali causati dai diversi modi di vivere nella pratica valori e rappresentazioni proprie della cultura di ori- gine; – trovare il proprio posto nel mondo/ambiente circostante senza cedere al- l’“illusione del gruppo” e senza assoggettarsi ad essere “come gli altri vogliono che sia”, negando identità e differenze; – progettare il futuro senza farsi sommergere dalla provvisorietà e dalle difficoltà del presente. Sfide molteplici, quindi, che implicano una forte dose di risorse e di energia e a cui questi adolescenti devono rispondere quasi sempre in grande solitudine, tra una famiglia che chiede loro “di rimanere fedeli” alla tradizione familiare e una so- cietà che viceversa chiede di appartenere al “qui e ora”, svalorizzando di fatto la cultura di appartenenza. A questo riguardo Favaro (1998, 16ss.) fa ancora osservare che la soluzione a tali sfide dipende da fattori, quali: – il processo di elaborazione del lutto; – il tipo di relazione che esiste tra famiglia immigrata e i servizi offerti dalla società di accoglienza; – l’attenzione che viene riservata a questi adolescenti dalle istituzioni pubbliche; – e in particolare i progetti di formazione destinati a questi nuovi cittadini. 1.3.2. Alla ricerca di meccanismi compensatori di fronte allo sradicamento Sono molti gli adolescenti sradicati dai propri Paesi per le ragioni più dis- parate; nel presente studio l’attenzione viene concentrata soprattutto sul disagio psichico che provoca lo sradicamento e come il soggetto risponde mediante rea- zioni tipiche di difesa e/o di attacco. In precedenza si è visto come il processo di sradicamento collochi l’adole- scente in una condizione di difficoltà sia in relazione a se stesso sia con il nuovo mondo. Per fare fronte a questa situazione egli deve mettere in atto tutta una serie di strategie e di risorse individuali, quali: imparare la nuova lingua, riorientarsi nel 54 tempo, nello spazio, nella nuova realtà, saper gestire eventuali conflitti familiari ed intergenerazionali, affrontare l’ambivalenza, che è una delle caratteristiche princi- pali delle migrazioni. La realizzazione di tutto ciò richiede di investire molte energie e risorse personali. Di conseguenza occorre individuare quali possono es- sere quei meccanismi compensatori che aiutano gli adolescenti a far fronte a questo processo di sradicamento. L’adolescente che vive un processo di sradicamento cercherà infatti delle stra- tegie per porre fine/rimedio al dolore derivante dal vivere in prima persona il dramma della scissione. Alcuni studiosi (Brunori-Tombolini, 2001, 78; Demetrio et al., 1990) ritengono che il processo di estraniazione provocato dallo sradicamento può condurre gli ado- lescenti a non essere più se stessi, rendendo così la loro esistenza disarticolata e im- plosa all’interno di una specie di “limbo” dove non sentono di appartenere né ad una cultura né all’altra. Il sentimento di perdita, separazione e lacerazione sembra costituire lo sfondo inespresso della condizione interiore dell’immigrato, il quale la manifesta attraverso un rapporto complesso e contradditorio con la propria me- moria e con il proprio presente. Rapportando questo stato interiore al vissuto di quegli adolescenti che sono stati “strappati” dall’ambiente/cultura di origine nel pieno della fase evolutiva, De- metrio (Demetrio et al., 1990, 151) sostiene che essi, una volta giunti nel nuovo Paese, sembrano andare incontro a maggiori difficoltà nel processo di identifica- zione. Nei loro confronti si evidenziano, infatti, incapacità di autodefinizione, dubbi e sfiducia in se stessi, ansia dovuta alla mancanza di identificazione; tutti fat- tori che portano poi alla ricerca di modelli di riferimento eteronomi, di posizioni culturali confuse, di prospettive future incerte. L’autore spiega un tale disorienta- mento in base alle seguenti motivazioni: a) influisce la lunga separazione dai genitori durante l’infanzia e la preadolescen- za, periodi considerati decisivi per arrivare successivamente ad autodefinirsi ri- spetto alle figure parentali; gli adolescenti che hanno subito questa separazione hanno avuto modelli deboli di riferimento e, di conseguenza, hanno investito i genitori di sentimenti conflittuali per il senso di abbandono provocato; dopo es- sere arrivati nel nuovo Paese ha preso sopravvento in loro un processo di svalo- rizzazione dell’immagine ideale che avevano dei genitori, motivo per cui questi ultimi non vengono più a rappresentare un punto di riferimento significativo e autorevole nella successiva fase di crescita/maturazione della personalità; b) risulta determinante inoltre il processo di acculturazione veicolato/ condizionato dagli stili di vita presenti nella nuova società, in genere acquisiti attraverso i canali della scolarizzazione obbligatoria e, in particolare, attra- verso il gruppo dei pari e altri ambiti della socializzazione secondaria. Altri studiosi (Mazzetti, 1996, 24; Besozzi, 1999, 146) vedono nello sradica- mento un fenomeno vissuto dall’immigrato in modo ancora più traumatico, per cui 55 si chiedono se il soggetto che subisce questa frattura non vada incontro prima o poi ad una situazione patologica. Tra le diverse emozioni e rappresentazioni dello sradicamento psicologico (ad esempio il blocco della capacità di rappresentazione, la confusione nei confronti del tempo e dei luoghi, la nostalgia…), è il sentimento di “estraneità a se stessi” a caratterizzare particolarmente la condizione di “sradi- cato”. Lo sradicamento infatti inficia la riorganizzazione dell’io, provocata dalla rottura del processo di continuità nella costruzione dell’identità, rafforzando il senso della scissione e facendo emergere di conseguenza in colui che subisce questa specie di “mutilazione” il sentimento di “estraneità a sé stessi”. In altri ter- mini, una parte del sé viene percepita come non-io, rimane in ombra e non identi- ficabile col resto del proprio sé, per cui si preferisce ignorarla, anche perché può risultare difficile tollerarla a causa del senso di disagio e di sofferenza che una tale lacerazione provoca. Più precisamente Mazzetti (1996, 71ss.) si chiede cosa significhi in pratica per un giovane di origine migratoria costruire una propria identità in un ambiente che non è quello d’origine, in un contesto dove si realizza l’incontro e il confronto tra due e più culture spesso in contrapposizione. L’autore ha cercato di rispondere a questo interrogativo partendo dal presupposto che il processo di “sradicamento” è dovuto essenzialmente alla mancanza di forti modelli di identificazione. Tale man- canza a sua volta va attribuita alla “debolezza” del modello familiare di riferi- mento, in quanto rappresenta valori e tradizioni differenti da quelli della cultura do- minante, e occupa una posizione marginale nel nuovo ambiente di inserimento. Di conseguenza l’adolescente di origine immigrata il più delle volte è portato a svalu- tare le figure genitoriali e la propria origine. Ma può anche succedere che la cultura maggioritaria, che inevitabilmente viene ad esercitare una certa attrattiva sul ra- gazzo, non è capace a sua volta di colmare il bisogno di identificazione di cui ne- cessita in questo particolare momento dello sviluppo, anche perché poco cono- sciuta e/o considerata talora ostile. Ne consegue che questo senso di estraneità a se stessi tenderà ad aumentare ulteriormente. Inoltre l’autore fa ancora presente un altro elemento fondamentale nel mondo dell’immigrazione che consiste nel bisogno di essere riconosciuti. Il bisogno di ri- conoscibilità, che caratterizza ogni essere umano, indipendentemente dalla cultura di appartenenza, risulta essere assai problematico negli adolescenti in generale, dato il loro ingresso nei processi di socializzazione secondaria, ma lo diviene ancor più tra quelli della seconda generazione di origine migratoria, i quali si trovano nella necessità di dover risolvere quanto prima il complicato rapporto-conflitto tra il proprio passato (e/o con il Paese di origine) e il presente (e/o con il Paese ove ri- siedono). Il bisogno di essere riconosciuti implica infatti un certo livello di consa- pevolezza della propria appartenenza ad un gruppo etnico (autodefinizione etnica) e chiama in causa soprattutto i processi della categorizzazione sociale. In quanto tale, costituisce un presupposto indispensabile per lo studio dell’identità etnica. Gli adolescenti di origine migratoria infatti lungo il percorso di riconoscimento vanno 56 inevitabilmente incontro ad un certo stress trans-culturale, e per poter colmare questa situazione hanno bisogno di imparare a convivere e a saper negoziare tra una grande varietà di stimoli. Essi crescono all’interno di più culture e, qualora ri- escano a padroneggiare la situazione, si ritrovano con una maggiore ricchezza cul- turale, assumendo dall’una e dall’altra; al contrario se non sono in grado di nego- ziare rischiano di venire schiacciati tra due o più culture, percepite inconciliabili e talora in conflitto tra loro. L’insieme di tutti questi fattori porta pertanto a ritenere che per l’adolescente di origine migratoria la difficoltà maggiore che incontra nell’inserirsi nel nuovo contesto sociale consiste proprio nella capacità di saper gestire il confronto tra le diverse culture e/o stili di vita. Non basta che apprendano una nuova lingua e/o nuove conoscenze tramite il processo di scolarizzazione, essi hanno bisogno di ac- quisire nuovi parametri comportamentali, devono adattarsi a norme sociali il più delle volte sconosciute e talora difficili da comprendere, in particolare nei primi tempi. Lo stress trans-culturale può condurlo perciò ad una forma di disorienta- mento in quanto, mettendo in discussione i suoi valori tradizionali, lo costringerà a cercare un “adattamento” partendo da una posizione di debolezza, sentendosi ospite in casa d’altri (e il più delle volte ospite poco gradito), e avendo perso per di più lo status sociale che possedeva prima. 1.4. Le quattro ipotesi di ricerca di una propria identità negli adolescenti di origine migratoria In che modo gli adolescenti/giovani di origine migratoria cercano di rispon- dere alle sfide imposte dalla loro condizione puntando a costruirsi una identità tutta propria? Questa domanda se la sono posta alcuni studiosi (Favaro, 1999, 19; Besozzi, 1999, 28), partendo dal presupposto secondo cui gli adolescenti/giovani di origine migratoria sono sottoposti ad un duplice processo di inculturazione e di accultura- zione che, di fatto, determina una lacerazione dell’Io, diviso tra istanze culturali e affettive di cui sono portatori i genitori e quelle presenti nel Paese di residenza, spesso tra loro in conflitto. Questi adolescenti infatti sperimentano in prima per- sona una certa contrapposizione tra la famiglia e la società in cui vivono (quasi sempre in contrasto); si tratta di uno scontro tra mondi differenti per lingua, cultura, valori e tradizione, tra i quali la comunicazione e lo scambio sono ridotti al mi- nimo, oppure segnati da reciproci pregiudizi. In pratica, agli adolescenti viene affi- dato l’arduo compito di mediare tra questi mondi lontani che, tra l’altro, tendono a proporre modelli di identità assai diversi tra loro: la famiglia rischia di proporre un’etnicità simbolica e talora mummificata e la società di accoglienza invece un’et- nicità folklorica ma talora di esclusione. Di conseguenza questi autori hanno individuato quattro possibili percorsi di ri- cerca di identità negli adolescenti di origine migratoria. 57 1) La prima soluzione può essere definita di resistenza culturale. L’adolescente di origine migratoria fa riferimento prevalentemente o esclusivamente alla cul- tura e all’identità etnica originaria di cui sono portatori i genitori, accettandone i molteplici aspetti e riducendola all’indispensabile al momento dello scambio e del confronto con l’esterno, mantenendo invece all’interno della famiglia aspetti tradizionali molto radicati. Questo tipo di atteggiamento può, per un verso, rafforzare l’identità originaria permettendo così all’adolescente di svi- luppare una migliore autostima e di prevenire i processi di marginalizzazione; ma per un altro verso può far sentire questi adolescenti ancora e/o comunque stranieri nel Paese di residenza anche dopo che vi hanno trascorso diversi anni della loro vita. Si tratta di un atteggiamento cosiddetto di resistenza culturale, manifestato dagli adolescenti neoarrivati e/o che in genere viene adottato da coloro che hanno sperimentato difficoltà e discriminazioni durante la prima fase di inserimento. In questo caso più che una scelta la soluzione di chiusura sembra essere obbligata e autodifensiva. Tale resistenza culturale si manifesta inoltre in quegli adolescenti immigrati che hanno un forte attaccamento alle fi- gure parentali oppure hanno vissuto per diversi anni nel Paese di origine con- servando un legame affettivo con i familiari e con la gente del posto. 2) La seconda soluzione è opposta alla precedente e viene definita di assimila- zione. In questo caso gli adolescenti di origine migratoria aderiscono piena- mente alle proposte identitarie che vengono loro offerte dagli autoctoni e rifiu- tano, anzi rinnegano tutto ciò che ha a che fare con la cultura di origine dei ge- nitori (lingua, costumi, valori, tradizioni…), ritenendola residuale, inadeguata e marginale rispetto alla cultura del Paese di arrivo, che invece viene interpre- tata come sinonimo di cambiamento, libertà, emancipazione, investimento fu- turo. Questo processo di assimilazione può presentare una rottura e un rinnega- mento della propria cultura di origine; in ogni caso comporta comunque una perdita di riferimento, con la conseguente momentanea crescita del senso di in- sicurezza. È il caso, ad esempio, di quegli adolescenti di origine migratoria che cercano di diventare il più possibile simili agli autoctoni, aderendo ai loro va- lori e regole e uniformandosi acriticamente ai loro comportamenti. Un tale at- teggiamento corrisponde a ciò che viene definito “adattamento omologante”, con la conseguente adesione cieca ad una cultura dominante, che talora può ar- rivare perfino ad interiorizzare certi stereotipi negativi pur di farsi accettare dalla cultura dominante e di appartenere al gruppo dei pari. In tal caso si veri- fica una sorta di “assimilazione verso il basso”, in cui il minore straniero ac- cetta e/o può arrivare a giocare un ruolo che non gli è proprio quale prezzo da pagare per sentirsi inserito in un sistema sociale che si presenta culturalmente chiuso in quanto manca lo scambio e la reciprocazione (il nuovo arrivato deve solo prendere e non può dare niente della propria cultura). 3) La terza soluzione viene definita di marginalità, ed è propria di chi si colloca ai margini sia della cultura d’origine che di quella di arrivo. Davanti a proposte 58 e ad aspettative identitarie in questi adolescenti di origine migratoria prevale invece uno stato confusionale che si esprime, ad esempio, nella situazione del semilinguismo, nella mancata padronanza del codice valoriale sia familiare che di quello sociale del Paese di residenza. Si tratta della posizione dei cosid- detti giovani immigrati “senza patria”, aggravata dal fatto di avere dei genitori che vivono in una altrettanta condizione di forte precarietà, provvisorietà e in- certezza progettuale, incapaci di decidere se vivere “qui” o tornare “laggiù”, da dove sono venuti. Questa situazione di “stallo” si traduce a sua volta nei figli in una dimensione psichica di smarrimento rapportabile all’immagine dantesca di “color che son sospesi”. 4) La quarta soluzione del percorso di acculturazione viene definita della doppia etnicità o dell’identità bilocata. Di solito è il risultato di un lento, graduale e profondo processo di confronto tra due e più mondi, confronto che però non implica risoluzioni definitive bensì è sinonimo di un adattamento e/o del ri- comporsi di un certo equilibrio tra “chi sente il peso di troppa patria” e chi al contrario vive la condizione del “senza patria”. In questo modo l’adolescente arriva poco alla volta a costruirsi un’identità formata dall’integrazione delle differenti culture e appartenenze. 2. IL CONTRIBUTO DELLA “SCUOLA” E DEI SISTEMI FORMATIVI NEI PROCESSI DI INTEGRAZIONE DEGLI ADOLESCENTI DI ORIGINE MIGRATORIA 4 Per gli adolescenti della seconda generazione di origine migratoria la scuola diventa il luogo centrale della relazione quotidiana con i coetanei, con il gruppo- classe e con gli insegnanti. In questa relazione si giocano rapporti reciproci e talora ambivalenti che oscillano tra accettazione, curiosità e rifiuto, tra rafforzamento degli stereotipi e scoperta della ricchezza dei valori di ciascuno. Favaro (1999, 21) osserva che è all’interno di questi rapporti che scaturisce negli adolescenti di origine migratoria il bisogno di essere “riconosciuti”, ascoltati, tenuti in considerazione, orientati, valutati, di conoscere quelle regole del gioco che portano a percepire la scuola come uno “spazio transizionale” determinante ai fini della realizzazione di sé. Dal canto suo Cesareo (2004, 267) prende in considerazione il fenomeno pret- tamente dal punto di vista educativo e interculturale: per gli insegnanti è una re- sponsabilità nuova, che implica l’acquisizione di nuove competenze necessarie a capire e a gestire la complessità dell’approccio. In questo senso, la formazione dei docenti alla dimensione interculturale si presenta come un passaggio fondamentale nel costruire una scuola aperta alla diversità e orientata a rispondere ai bisogni di 4 Si fa presente una volta per tutte che sotto il termine “scuola” si intende l’insieme dei sistemi formativi, compresa ovviamente la Formazione Professionale. 59 una società complessa. Trattare la differenza senza trasformarla in disuguaglianza diventa la vera sfida di una scuola dove sono sempre più presenti alunni prove- nienti da Paesi diversi per culture ed etnie. Viene così posta al centro la capacità da parte degli insegnanti di assumere la dimensione socio-antropologico-culturale come parte integrante del lavoro educativo. Al tempo stesso l’autore non manca di evidenziare anche alcuni aspetti di criti- cità; egli sostiene infatti che la scuola italiana ha affrontato impreparata l’arrivo degli alunni immigrati a partire dalla metà degli anni ottanta, per cui oggi è urgente rivisitare i propri modelli di gestione della didattica. Nonostante il fenomeno abbia prodotto un inevitabile “effetto-specchio”, l’accoglienza del pluralismo culturale è un processo che non si è ancora realizzato. 2.1. Scuola e vissuto relazionale Favaro-Napoli (2003, 57ss.) hanno analizzato il fenomeno dell’inserimento scolastico degli adolescenti immigrati facendo osservare che ancora oggi e soltanto a loro viene richiesto uno sforzo di adattamento a nuove persone, ambienti, modi di comunicare nel momento stesso in cui devono rinunciare agli amici e alle abitudini familiari della cultura di appartenenza. Cosicché non sempre e/o non tutti sono in grado di affrontare il cambiamento, con il rischio di alimentare processi di esclu- sione e di marginalizzazione. Per questi autori costruire delle relazione efficaci all’interno della vita quoti- diana del gruppo-classe significa presentare attenzione a tre aspetti: ai valori, alle informazioni, alle emozioni. 1) Attenzione ai valori. In pratica si tratta di dare significato alle esperienze di mi- grazione, mentre in genere si pensa che chi emigra è un individuo che non ap- partiene a nessuna comunità e quindi può essere facilmente inculturato, assimi- lato alla cultura dominante. La scuola dovrebbe invece sottolineare la duplice ricchezza che viene dal fatto di poter prendere il meglio da mondi culturali di- versi e riconoscere il sano desiderio di emancipazione/sviluppo/cambia mento che induce l’individuo ad emigrare. Questo bisogno di dare un significato posi- tivo all’emigrazione infatti è particolarmente sentito negli adolescenti di origi- ne migratoria ai fini di un loro peculiare percorso nel processo di costruzione dell’identità. Il problema a questo punto consiste nel come tradurre in pratica queste attenzioni. L’adolescente di origine migratoria può vivere la sua situa- zione di bilingue come un limite o come una ricchezza, a seconda del tipo di messaggio che la scuola e la società autoctona gli trasmette. Spesso per gli alunni che devono apprendere la lingua italiana la lingua materna o di origine viene considerata solo come un handicap, come uno svantaggio da superare ra- pidamente. Ai genitori viene suggerito di parlare solo in italiano, nella convin- zione di facilitare nel figlio l’apprendimento della nuova lingua. La lingua del Paese di origine dovrebbe essere considerata invece come un risorsa che favori- 60 sce uno sviluppo intellettivo armonico, in quanto chi impara l’italiano usa, per tale apprendimento, le competenze metacognitive del linguaggio sviluppate nella prima. Pertanto se lo sviluppo linguistico-cognitivo nella lingua materna viene bloccato, in quanto lingua svalutata, ciò può influire negativamente anche sullo sviluppo cognitivo generale. E’ importante quindi riconoscere il valore anche della lingua di origine, che non deve sparire per fare posto alla lingua de- gli autoctoni, quanto invece costruire l’ancoraggio, le fondamenta sulle quali far crescere le nuove cognizioni acquisite. L’adolescente deve percepire che la scuola non disprezza la sua lingua, che nessuno gli chiede di dimenticarla. Tale aspetto è molto significativo soprattutto per coloro che arrivano con un percor- so scolastico già compiuto nel Paese d’origine. Valorizzare la lingua materna diventa in sostanza un messaggio molto importante, di disponibilità e acco- glienza, ma soprattutto di “riconoscimento” del suo valore culturale. 2) Attenzione alle informazioni. Scambiare informazioni, all’interno di una rela- zione positiva, diventa un momento importante per ridimensionare stereotipi e pregiudizi e permettere la crescita di entrambi gli interlocutori in interazione, soprattutto quando lo scambio avviene tra persone che crescono all’interno di un ambiente deputato a “fare cultura”. In questo caso prestare attenzione al- l’informazione significa perciò costruire un ponte comunicativo tra culture che si riconoscono alla pari, per cui l’interscambio diventa fondamentale perché dà il segnale di come si potrà sviluppare in seguito anche la relazione tra i sistemi formativi e la famiglia. 3) Attenzione alle emozioni. Riconoscere e legittimare le proprie emozioni e quelle degli altri è il primo passo per costruire una relazione autentica. Si tratta di allenarsi a riconoscere le proprie emozioni e il significato che esse hanno nella relazione con l’altro. Prestare attenzione alle emozioni può diventare un esempio di attività didattica integrata, dove l’obiettivo è quello di sviluppare le competenze nell’uso della struttura comunicativa della lingua scritta. Ad esempio, agli alunni di origine migratoria si può chiedere di raccontare se stessi (interessi, progetti, storia personale, amici, famiglia, il proprio Paese…) attraverso l’uso di immagini, fotografie, musiche, suoni, testi, cibi, feste, danze…; in questo caso si provoca un intervento di tipo interattivo, in quanto consente la comunicazione tra insegnante e alunno di origine migratoria e tra quest’ultimo e gli alunni autoctoni anche quando le competenze nell’italiano sono ancora molto scarse. Nel raccontare se stessi i ragazzi ricostruiscono il proprio passato, le radici strappate alla propria terra, e al tempo stesso condivi- dono con adulti e compagni quelle emozioni che le immagini e i racconti evo- cano. Tutto questo, fanno ancora presente gli autori, induce a riflettere se e come tra- sformare l’incontro tra culture diverse nella scuola partendo dal problematizzare il concetto stesso di relazione. In primo luogo si tratta di impegnarsi reciprocamente nel superare una rappresentazione “distorta” che potrebbe avere la famiglia immi- 61 grata nei confronti della scuola e viceversa. Le famiglie immigrate, infatti, elabo- rano aspettative e speranze per le crescita e l’inserimento dei loro figli, palesano esigenze, rivolgono alla scuola delle richieste che a volte possono essere percepite dagli insegnanti/formatori fuori luogo, estranee al proprio compito. Di conseguenza spesso i genitori si sentono confusi, “sperduti” nel contatto con regole che non co- noscono e non padroneggiano, quindi vulnerabili nella difficoltà di accompagnare il passaggio del figlio dal mondo familiare al mondo della scuola, a loro stessi estraneo. Per cui l’attenzione all’informazione, alla comunicazione e alla forma- zione costituiscono all’interno dei sistemi formativi tre passaggi fondamentali per acquisire le competenze necessarie e per capire e gestire la complessità in un ap- proccio interculturale. Per Demetrio-Favaro (1992, 16) un altro elemento da ponderare è quello della simmetria dei rapporti, fare in modo cioè che queste differenze non si traducano in disparità. Configurandosi la scuola come spazio di ascolto e di mediazione educa- tiva, bisogna imparare a valorizzare le differenze in modo che si traducano in una fonte di scambio e di arricchimento reciproco. In altre parole, l’interazione strate- gica all’interno della scuola deve fare in modo che il confronto tra mentalità di- verse dia luogo ad in innalzamento della conoscenza reciproca al fine di indivi- duare forme di interpretazione e di comprensione del mondo al di là degli stereotipi e dei pregiudizi su cui spesso si fondano. Anche Luatti (Favaro-Luatti, 2004, 74) concorda che è tra i banchi di scuola, in definitiva, che si gioca un reale processo di integrazione degli alunni immigrati; una sfida che coinvolge tutti, docenti, studenti autoctoni e immigrati e relative fa- miglie. Per questo sono stati fatti numerosi studi mirati alla comprensione dei modi più significativi per inserire gli adolescenti nella vita della scuola, dal momento che il sistema educativo è il luogo privilegiato e in un certo senso “anticipatore” delle trasformazioni culturali in atto nei Paesi di arrivo degli immigrati. 2.2. Accogliere “chi”, accogliere “come” In questi ultimi anni l’attenzione prevalente si è orientata soprattutto a definire le modalità di accoglienza, nei sistemi educativo-formativi, dei figli di immigrati nati o venuti successivamente nel Paese di arrivo dei genitori. Al punto che alcuni (Favaro-Luatti, 2004, 78) sostengono che l’accoglienza deve diventare una vera e propria “metodologia” nel facilitare l’inserimento dell’adolescente di origine mi- gratoria, così da favorire il consolidarsi di una “cultura” disponibile e aperta al con- fronto con l’alterità sia in termini solidaristici che dialettici. Riguardo a questa tematica viene a proposito una recente indagine del CENSIS (2008) sulla scolarizzazione dei minori di origine immigrata, circa 500.000, prove- nienti da 191 nazioni, i quali costituiscono il 6% della popolazione scolastica italia- na. L’indagine permette di ricostruire il quadro attuale nel modo in cui questi alunni vengono accolti e inseriti nella scuola italiana e le problematiche al seguito. Secon- do i ricercatori, infatti, l’ingresso in massa degli alunni stranieri ha portato ad acu- 62 tizzare i problemi endemici di cui soffre da sempre la scuola italiana, che vanno dal- le carenze della formazione degli insegnanti, alla mancanza di attrezzature tecniche e di supporti adeguati, alla prevalenza di una cultura “italo-centrica” e libresca, alla debolezza di modelli innovativi, come l’autonomia scolastica e le forme di parteci- pazione sociale delle famiglie. Un contributo positivo (se così si può definire) nel fronteggiare il fenomeno viene invece dalla messa in atto di interventi cosiddetti “volontaristici”, dove il singolo insegnante o, in qualche raro caso, la singola scuola affronta in totale isolamento le problematiche con cui hanno a che fare per la sem- pre più numerosa e variegata presenza degli immigrati nel gruppo-classe. In merito a questa avvertita esigenza di cambiamento sono intervenuti ancora a suo tempo Demetrio-Favaro (1992, 34), i quali hanno classificato l’accoglienza come: – una modalità di “pronto soccorso”, quando agisce per rendere meno gravoso il primo impatto con il nuovo Paese; – uno “stile professionale”, quando invece gli operatori che entrano in contatto con adolescenti di origine migratoria si preoccupano di lasciare al nuovo ve- nuto un’immagine “rassicurante” circa i compiti che li attendono; – una “strategia” comunitaria riconducibile alle scelte delle forze rappresentative della comunità civile di appartenenza. Un clima di accoglienza si realizza nel momento in cui l’utente ritrova se stesso nel servizio fornito dalla struttura in cui è inserito senza perdere i legami con la propria biografia, lingua d’origine, esperienza accumulata, valori, tradizioni, storia di vita. Iniziative mirate a formare all’accoglienza dovranno perciò essere in- serite nella rete dei servizi dove sono presenti adolescenti/giovani di origine migra- toria. Nella maggior parte dei casi succede invece che al neo arrivato si chiede di adattarsi in fretta, di apprendere velocemente l’italiano ed i contenuti delle materie studiate e di trovare senza troppi preamboli il proprio posto all’interno del gruppo- classe. Di conseguenza a questi adolescenti non rimane altro che cercare di attivare tutte le risorse possibili per rispondere a queste richieste, al fine di un rapido e ade- guato inserimento nella struttura che espleta il servizio. Cosicché molte emozioni restano senza voce sullo sfondo di questo “viaggio simbolico” che attraversa i con- fini e scompone gli affetti; i vissuti di perdita e le nostalgie non trovano perciò quasi mai il modo di esprimersi fino in fondo perché sono relegate nel silenzio e nella solitudine e costrette a essere rinchiuse entro brevi spazi temporali. E tuttavia dovrebbe essere proprio all’interno dei contesti scolastico-formativi che si gioca prioritariamente la sfida interculturale, dal momento che è ad essi che viene richiesto di costruire condizioni favorevoli perché qui trovino spazio anche i bisogni e le aspettative degli alunni e della famiglie immigrate. Per dirla con Fa- varo (1999, 22), accogliere significa perciò fare in modo che gli alunni, indipen- dentemente dalla loro appartenenza etnica, diventino a tutti gli effetti membri cor- responsabili della comunità educativa e che la relazione educativa a sua volta sia 63 una dimensione costitutiva della vita della scuola. Pertanto accogliere le persone di differenti etnie significa costruire nella scuola un clima ottimale in cui tutti possono ritrovarsi bene, senza ignorare le differenti appartenenze e soprattutto senza avere complessi di inferiorità. Partendo dal presupposto che l’accoglienza è una dimensione interculturale Favaro-Luatti (2004, 79) fanno presente che essa non si esaurisce in dichiarazioni di principio e neanche in atteggiamenti affettivi e comportamenti personali più o meno spontanei, ma costituisce una scelta educativa e pedagogica con importanti e significativi risvolti sul piano didattico e organizzativo. Ne consegue che la scuola affinché possa considerarsi “accogliente” deve cercare di riconoscere e di dare ri- sposte, per quanto è possibile, a bisogni e aspettative specifiche dei suoi alunni, nella consapevolezza che lo sviluppo e l’evoluzione della loro identità dipendono anche dalle opportunità che essa offre nel renderli protagonisti. Al tempo stesso Favaro (1999, 28) si chiede come fare effettivamente acco- glienza, nella scuola di/per tutti, senza negare le storie e le appartenenze di cia- scuno, come costruire orizzonti e progetti comuni a partire da radici e biografie dif- ferenti. In risposta l’autrice riassume in tre parole chiave le attenzioni pedagogiche da promuovere per far sì che l’inserimento degli adolescenti di origine migratoria all’interno dei sistemi formativi rappresenti il primo passo per l’integrazione e lo scambio interculturale: esse riguardano l’accoglienza, l’attenzione allo sviluppo linguistico e l’approccio interculturale. Pertanto secondo l’autrice una scuola che accoglie: – è attenta alle modalità comunicative, alle qualità relazionali e al “clima” della classe; – si relaziona con la famiglia, informa i genitori immigrati utilizzando là ove possibile anche la loro lingua, promuove momenti di incontro tra i genitori; – cerca di rimuovere gli ostacoli burocratici che rendono difficile l’accesso; – opera per dare pari opportunità a tutti; – rende esplicite le sue regole ed è disponibile a negoziare. Inoltre l’autrice fa presente che l’apprendimento e lo sviluppo della seconda lingua in questi adolescenti deve stare al centro dell’azione didattica e prevedere modifiche nelle modalità organizzative; così pure è di fondamentale importanza che la scuola promuova in questi alunni le capacità di narrare, di raccontare e di esprimersi, favorendo il loro sviluppo cognitivo nel riconoscere e valorizzare le loro risorse linguistico-culturali. Soltanto allora si può dire che l’approccio inter- culturale è attento alla valorizzazione delle differenze, alla relazione con l’altro, a promuovere il confronto, la scoperta e lo scambio fra storie e culture diverse. 2.3. Il ruolo della formazione nel processo di “stabilizzazione” Demetrio-Favaro (1992, 35-40) fanno ancora presente che per gli adolescenti di origine migratoria la formazione rappresenta la sintesi tra accoglienza e stabiliz- 64 zazione. Con il concetto di “stabilizzazione” essi intendono la ricerca di ricostru- zione di un tessuto bi-psicologico, bi-linguistico, bi-etnico. In altri termini, l’immi- grato che sceglie la stabilità opta per un duplice status: accetta di far convivere dentro di sé due psicologie (ciò che si è stati e ciò che è necessario diventare adesso); due lingue (quella d’origine e quella acquisita nel nuovo Paese); due cul- ture (i riti e le mentalità precedenti con i costumi e le richieste del nuovo am- biente). Il risultato sta nel ricomporre un puzzle, un bricolage prodotto da differenti interazioni simboliche. Chi accetta di riconciliare le opposte tendenze pone infatti le condizioni per stabilizzare la propria integrazione; chi, al contrario, si oppone o non favorisce l’in- tegrazione tra queste dimensioni, vive nella sofferenza, rischia di permanere nella condizione di straniero, di “senza patria”, di “apolidismo psichico”. L’alunno im- migrato che invece è capace di integrarsi ha buone probabilità di una qualità di vita psicologicamente più ricca e sana; la gestione del duplice status è certo difficile, ma sancisce il percorso di ogni opzione stabilizzante, che contagerà e/o tenderà inevitabilmente ad allargarsi anche ad altri membri della famiglia/gruppo/comunità di appartenenza. In pratica la stabilizzazione si manifesta come risposta alle strategie e alle azioni di accoglienza, è il corollario di quell’equilibrio tanto desiderato e perse- guito dall’alunno immigrato, nel convivere nella sua duplice condizione. In questo caso il percorso formativo dà inizio ad un processo di re-identificazione linguistica, socio-culturale e professionale, in quanto l’individuo sa che non può continuare a vivere a lungo nel nuovo Paese utilizzando soltanto la propria lingua e cultura. Di conseguenza va alla ricerca di quelle sicurezze che la formazione gli può trasmet- tere per realizzare questo processo di re-identificazione. In sintesi, accoglienza, stabilizzazione e formazione sono indicatori di un cam- biamento sociale irreversibile, in quanto ogni elemento è in connessione con l’altro, in un rapporto dialettico che è in grado di produrre, per gli immigrati, “an- coraggi” significativi sul piano psicologico e psicosociale e, per gli autoctoni, “ric- chezza” da interscambiare. 2.4. Il processo di integrazione scolastico-formativo In questa prospettiva occorre prendere in considerazione il delicato tema del- l’integrazione nei sistemi formativi degli alunni di origine migratoria, quando e a quali condizioni essi possono essere considerati “positivamente integrati”. Per quanto riguarda il primo aspetto, Favaro (1998, 52) sostiene che l’integra- zione è anzitutto un processo e un progetto; in altri termini, è una dinamica che si sviluppa tra sistemi aperti, disponibili a creare uguali opportunità e a scambiare sa- peri e riferimenti. Inoltre l’integrazione è un processo bilaterale, in quanto richiede un movimento da entrambe le parti, una responsabilità condivisa e si definisce quindi come un rapporto tra soggetti in interazione. Infine l’integrazione si realizza quando l’individuo mantiene la propria cultura e identità e al tempo stesso cerca 65 un’interazione quotidiana con l’altra cultura partecipando attivamente ad una vasta rete di relazioni, per cui può essere definita una strategia che cerca di ottenere “il meglio da entrambi i mondi”. Favaro-Luatti (2004, 101-102) riportano una serie di indicatori per percorrere in modo giusto ed efficace la strada dell’integrazione all’interno dei sistemi forma- tivi. In base a tali indicatori l’integrazione: – è un concetto multidimensionale che ha a che fare con l’acquisizione di capa- cità linguistiche, con la relazione, la ricchezza e l’intensità degli scambi con gli adulti e con i pari, sia a scuola che nell’ambiente extrascolastico; – richiede di fare riferimento all’integrità del sé, che a sua volta si esprime me- diante la possibilità di ricomporre la propria storia in un processo dinamico di cambiamento e di confronto che consente ad ognuno, da un lato, di non essere “ostaggio” delle proprie origini e, dall’altro, di non dover negare riferimenti, differenze, componenti della propria identità per poter sentirsi “riconosciuto” e accettato; – è un processo che si costruisce quotidianamente attraverso balzi in avanti e ri- torni indietro, nostalgie e speranze, timori ed entusiasmi; – fa parte di un progetto intenzionale che non avviene per caso, per inerzia, ma deve essere voluto, seguito, sostenuto con attenzione, cura e competenza da tutti i protagonisti dell’incontro. Questi elementi a loro volta implicano altri indicatori di integrazione che pos- sono essere utilizzati per l’inserimento di ciascun adolescente nel suo percorso di integrazione, e che prendono in considerazione: – la situazione al momento dell’inserimento scolastico/formativo (alla pari o in ritardo), che permette di progettare la prosecuzione degli studi con opportunità più o meno equivalenti a quelle dei compagni autoctoni; – la competenza nel possesso della lingua italiana, che deve risultare funzionale ed efficace sia per la comunicazione interpersonale che per lo studio, dando così la possibilità di raccontare aspetti della propria cultura, del Paese d’ori- gine, della propria storia; – la qualità e quantità delle relazioni in classe con i compagni e la possibilità di partecipare alle attività di gruppo, in quanto permettono all’alunno di origine migratoria di essere accettato e accolto nei momenti di aggregazione e delle scelte elettive; – la qualità e la quantità degli scambi nel tempo extrascolastico, le occasioni di partecipazione e di inserimento nelle attività ludiche e sportive, le opportunità di stabilire e mantenere scambi e amicizie, di “abitare il territorio” percepen- dolo come “luogo di appartenenza”; tutti elementi da considerare come altret- tanti momenti condizionanti il processo di integrazione dell’alunno di origine migratoria; – la condizione di autostima, di fiducia in sé e nelle proprie possibilità, la capa- 66 cità di accettare/sostenere sia le sfide che sono comuni ai compagni autoctoni sia quelle specifiche della propria storia di migrazione; tutti fattori che si tra- ducono poi nella capacità di prefigurare il proprio futuro e di progettarlo, fa- cendo fronte ai vissuti di provvisorietà e di non appartenenza. In tutti questi casi l’accettazione da parte del gruppo dei pari gioca un ruolo assai positivo nell’inserimento degli alunni di origini migratoria, in quanto rappre- senta un mezzo efficace in grado di facilitare l’inserimento sia nel gruppo-classe sia in quello dei pari, grazie all’opportunità che viene data loro di esprimere e di condividere con altri queste esperienze. A completamento di quanto riportato sopra sui fattori di integrazione scolastica i due autori hanno ricostruito il seguente quadro: Difficoltà nell’ integrazione - ritardo di due o più anni - risultati scolastici insufficienti - difficoltà linguistiche sia per comunicare che per studiare - isolamento relazionale dovuto o ad autoesclusione o a clima della classe di non accettazione e di chiusura - non richiama l’attenzione per chiedere aiuto solitudine nel tempo extrascolastico esclusione dalle iniziative promosse dai compagni di classe nei confronti della propria lingua, storia e del Paese di origine esprime chiusura, difesa eccessiva, vergogna è spesso apatico e scoraggiato, oppure manifesta il disagio con aggressività e non rispetto delle regole presenta mancanza di motivazione ad apprendere non riesce a esprimere desideri e progetti Problematiche - ritardo di un anno - risultati scolastici accettabili e tendenti al miglioramento - si dà una buona capacità comunicativa ma persistono difficoltà nell’italiano (lettura, scrittura, contenuti disciplinari) - talvolta è isolato - ha un numero ridotto di scambi con i pari e di scelte da parte dei compagni - sollecita raramente attenzione e aiuto è inserito in scambi e relazioni con i pari nel tempo extrascolastico, ma in misura e intensità ridotte fa riferimento alla “L1” solo se sollecitato alterna momenti di fiducia in se stesso ad altri di scoraggiamento esprime desideri e progetti solo se sollecitato e sostenuto appare motivato in maniera discontinua Integrazione positiva - alla pari - risultati scolastici buoni o sufficienti - competenze sia per la comunicazione interpersonale che per lo studio - ben inserito e accettato negli scambi con i pari - richiede e richiama attenzione - richiede spiegazioni, esprime dubbi, fa domande partecipa ad attività ludiche, sportive, di aggregazione viene invitato dai compagni di classe e li invita mantiene e sviluppa la “L1” a casa e con i connazionali parla volentieri del proprio Paese, racconta, fa confronti ha fiducia nelle proprie capacità e si confronta con le “prove” e i compiti del quotidiano esprime desideri e progetti è motivato ad apprendere e a seguire il curricolo comune Indicatori 1. Modalità dell’inserimento scolastico e risultati scolastici 2. Competenza linguistica in italiano 3. Relazione in classe 4. Relazione con i pari nel tempo extrascolastico 5. Lingua di origine e storia personale 6. Autostima e fiducia in se stesso Indicatori positivi e problematici di integrazione scolastica e/o nei sistemi formativi Fonte: Favaro G.-L. Luatti, 2004, 103 67 Tuttavia possono essere ancora più numerosi i fattori (di ordine economico, so- ciale, relazionale…) che interferiscono, favorendola o ostacolandola, sulla riuscita scolastica degli alunni immigrati. E comunque un po’ tutti i risultati degli studi sui processi di integrazione scolastica concordano nel richiedere fin dall’inizio della scuola dell’obbligo di prestare maggiore attenzione alle modalità di inserimento e ai processi di integrazione degli alunni di origine migratoria, poiché è in quegli anni che si progetta il loro futuro e con esso il processo stesso di formazione di un’iden- tità integrata. Inoltre oggi più che mai spetta in particolare al sistema di istruzione e formazione secondaria superiore, in quanto solo di recente è stato interessato da una presenza sempre più rilevante di studenti di origine migratoria, dotarsi dei dispositi- vi organizzativi e delle competenze necessarie per accogliere positivamente questi nuovi alunni e garantire loro pari opportunità di successo scolastico. Concludendo, in quest’ultimo punto ci si è limitati a rilevare come la scuola e più in generale i sistemi formativi rappresentino indubbiamente le principali istitu- zioni che debbono farsi carico dei nuovi arrivati, in quanto si configurano come luogo privilegiato di incontro, confronto, accoglienza, integrazione e costruzione di nuove identità e appartenenze, un luogo dove le differenze linguistiche, culturali, religiose fanno sempre più parte del vissuto quotidiano e che richiedono di essere affrontate mettendo a punto sempre nuove metodologie/strategie d’intervento. Le buone prassi per l’integrazione dei giovani di origine migratoria nei sistemi formativi verranno prese in considerazione nell’ultima parte, tuttavia prima di chiu- dere sulla problematica pare opportuno riportare il contributo di precedenti studi. Favaro (1999, 25) infatti fa presente che fin dagli anni ’90 gli insegnanti che hanno avuto a che fare con l’inserimento di alunni di origine migratoria si sono scontrati con i problemi e con quella impreparazione sul piano logistico-organizzativo pur- troppo presenti e/o che caratterizzano ancora oggi i sistemi formativi e che sono stati così riassunti: – difficoltà linguistiche, ritenute le cause principali del “ritardo” scolastico e degli insuccessi; – fattori di ordine relazionale e di socializzazione, individuati nel “clima” della classe, negli atteggiamenti di diffidenza/non accettazione/rifiuto da parte dei coetanei autoctoni e/o di chiusura/apatia/aggressività da parte degli adolescenti immigrati; – difficoltà di comprensione del “mondo culturale” della struttura formativa, spesso incapace di mediare conflitti e malintesi fra codici comunicativi e ap- partenenze culturali diverse; – forte mobilità degli allievi con improvvisi spostamenti geografici da un luogo all’altro e/o da una scuola all’altra in seguito alle migrazioni effettuate dalla fa- miglia; – inserimento nel corso durante l’anno scolastico già cominciato, fenomeno che poi si traduce nella mancanza o impossibilità di effettuare un programma di ac- coglienza per i nuovi inseriti; 68 – mancata o incompleta documentazione del percorso scolastico precedente del- l’alunno immigrato, alla quale si ripara con un’autocertificazione dei genitori, che non sempre sono in grado di dare precise indicazioni in merito; – diffusa condizione di disagio dovuta all’inserimento degli adolescenti immi- grati in classi inferiori rispetto all’età anagrafica; – difficoltà di passare da un livello scolastico a quello superiore a causa dell’ele- vato tasso di abbandoni, in particolare nei primi anni della scuola superiore; – impreparazione dei docenti a fronte dei nuovi compiti da assolvere, per la mancanza di adeguate risorse e di sostegno per affrontare la problematica (sus- sidi didattici inadeguati, mancanza di figure di mediazione…). Per cui si può concludere affermando che la presenza degli adolescenti di ori- gine migratoria nel sistema educativo italiano non solo riapre in modo dirompente il problema del diritto allo studio, ma problematizza quella che può essere conside- rata a tutti gli effetti una vera sfida per la scuola italiana attuale. In pratica ancora oggi si pone il dilemma cruciale di come affrontare il contrasto tra condizioni pro- fondamente differenti e talora divergenti che si verificano all’interno dei sistemi formativi: da un lato l’esigenza di offrire agli immigrati pari opportunità di tratta- mento degli autoctoni e, dall’altro, voler realizzare nei loro confronti percorsi di crescita e di realizzazione personalizzati in base a quei bisogni specifici (di ordine psicologico, cognitivo, affettivo, culturale.…) di cui sono portatori. 69 Capitolo 3 L’indagine quantitativa: i giovani di origine migratoria di Latina Vittorio PIERONI PREMESSA - LE RAGIONI DI UN APPOSITO STUDIO SUI GIOVANI DI ORIGINE MIGRA- TORIA 1 Questa indagine è in effetti il prodotto “ritagliato” da due più ampi progetti d’indagine riguardanti l’uno, la presente ricerca del CNOS-FAP e del CIOFS-FP fi- nalizzata a rilevare le buone prassi adottate all’interno dei sistemi formativi per l’integrazione dei giovani di origine migratoria, e l’altro come parte integrante di un’inchiesta a vasto raggio finanziata dal Comune e dalla Provincia di Latina per verificare la condizione giovanile del territorio che, appunto, si caratterizza anche per la presenza di un’ampia concentrazione di immigrati. Al tempo stesso è anche il prodotto della combinazione di due metodologie d’indagine, quantitativa e qualitativa, dove i risultati statistici cumulativi conse- guiti, con la prima, nelle aule scolastiche intervistando 139 studenti di origine mi- gratoria, vengono poi ulteriormente specificati/rispecchiati nelle risposte date nel- l’indagine qualitativa, intervistando 30 giovani sempre di origine migratoria che in- vece sono stati raggiunti singolarmente per strada o nei luoghi di ritrovo. 1. CHI SONO 1.1. L’indagine nelle scuole Come anticipato, i 139 giovani di origine migratoria sono stati “ritagliati” da una più ampia indagine sulla condizione giovanile del Comune di Latina, la quale ha coinvolto circa un migliaio di giovani presenti all’interno delle scuole scelte su base campionaria. Per selezionare dal campione i giovani di origine migratoria si è fatto ricorso a una particolare elaborazione statistica che teneva conto del Paese di nascita di uno o di entrambi i genitori. 1 Si fa presente una volta per tutti che con questo termine si intendono sia coloro che sono nati a Latina o comunque in Italia sia chi è nato nei Paesi di emigrazione. 70 Passando ad analizzare alcuni dei principali dati anagrafici (Tav. 1), questi gio- vani si caratterizzano per essere un numero leggermente superiore di femmine (54.7%, contro il 44.6% dei maschi) e di preadolescenti (54.7%, contro il 45.3% che va dai 16 fino ad oltre 20 anni); circa la metà di loro sono nati a Latina (46.8%, in particolare i preadolescenti), mentre la quota residua si divide tra chi è nato in altri Comuni del Lazio o dell’Italia (24.5%) e chi è nato all’estero (28.8%), questi ultimi provenienti quasi tutti da Paesi dell’Europa dell’Est. Tav. 1 - Alcuni dati anagrafici (base = 139; in Fq. e %) Fq. % Sesso Maschi 62 44.6 Femmine 76 54.7 Età Preadolescenti (fino a 15 anni) 76 54.7 Adolescenti/giovani (16-17enni e oltre) 63 45.3 Luogo di nascita Latina 65 46.8 altrove 74 53.2 Nel ricostruire il pregresso percorso scolastico (Tav. 2) il dato più interessante viene dal constatare che una netta maggioranza (attorno all’80%) non ha mai avuto a che fare con fallimenti scolastici, e in un certo senso ciò potrebbe essere messo in correlazione con l’alto numero di genitori dotati di titoli di studio superiori all’obbligo; quel 18.7% che invece ha sperimentato una o più bocciature appare già gravato da problemi di integrazione nel tessuto sociale della città per aver segnalato l’esistenza di situazioni conflittuali nei rapporti tra italiani e immigrati e di comportamenti a rischio (azioni trasgressive, vicinanza al mondo degli stupefacenti…). Tav. 2 - Caratteristiche del percorso scolastico e scelte al seguito (base = 139; in Fq. e %) Fq. % Frequenta: Secondaria I gr. 48 34.5 Secondaria II gr. 82 59.0 CFP 4 2.9 Bocciato: Mai 113 81.3 Una/più volte 26 18.7 Al termine di questi studi prevede di: Continuare a studiare 69 49.6 Andare a lavorare 44 31.7 Non sa 26 18.7 Allo stato attuale circa due su tre di questi giovani frequentano la secondaria di II grado (59%), per lo più negli Istituti tecnico-professionali e solo in parte nei Licei scientifici; mentre un terzo sta facendo l’ultimo anno della secondaria di I grado (34.5%), mentre soltanto il 2.9% è iscritto nell’unico Centro di Formazione Professionale presente a Latina. 71 A questo punto era d’obbligo cercare di entrare nel loro spazio prospettico nel tentativo di verificare quali scelte faranno al termine dell’attuale ciclo di studi: – la metà (49.6%) è intenzionata a continuare gli studi in una scuola superiore o all’università, a seconda dei livelli in cui è iscritto attualmente; tra costoro si ritrovano, oltre ovviamente al gruppo dei più giovani, le ragazze e chi non è stato mai bocciato; – l’altra metà è distribuita su tre distinte posizioni: il 14% ha già deciso che si metterà subito alla ricerca di un lavoro, da reperire possibilmente nel settore turistico-alberghiero o dei servizi, coerentemente all’attuale indirizzo degli studi (si distinguono i maschi e chi ha un’età più avanzata); il 18% intende stu- diare e lavorare al tempo stesso, mentre un altro 18% non riesce ancora a pre- vedere quale scelta farà (in entrambi i casi si mettono in evidenza le ragazze e chi ha subito insuccessi scolastici). Dall’incrocio tra sesso, età e percorso scolastico pregresso si evince inoltre che i maschi risultano leggermente più presenti nella fascia al di sotto dei 15 anni e le femmine in quella superiore; inoltre i maschi hanno riportato un maggior tasso di bocciature lungo il percorso scolastico e al termine dell’attuale ciclo di studi prefe- riscono andare subito a lavorare, mentre la maggior parte delle femmine ha dichia- rato di voler continuare a studiare. Passando ad analizzare la famiglia di estrazione, circa tre su quattro (74.1%) vi- vono con entrambi i genitori, solo in una minoranza dei casi si parla di famiglie mo- noparentali (15.8%) o ricostruite (6.5%), situazioni dovute entrambe per lo più a se- parazioni. Un dato a sorpresa viene poi dal costatare che oltre tre su quattro dei loro genitori (77.7%) presentano un titolo di studio che va oltre la scuola dell’obbligo; il fenomeno può essere più facilmente spiegato se si tiene conto del fatto che buona par- te dei genitori provengono da Paesi dell’Europa dell’Est (44%). A proposito del luogo di nascita dei genitori, troviamo che oltre alla prevalente provenienza dai Paesi del- l’Est seguono, in rapporto di circa un terzo (33%), i genitori di origine africana e, in misura ancor più ridotta, quelli di origine latino-americana (15%) e asiatica (8%). 1.2. I protagonisti delle interviste qualitative Oltre a questi studenti presi all’interno delle aule scolastiche sono stati avvici- nati per strada e/o nei luoghi di ritrovo, per essere intervistati attraverso una griglia di domande semistrutturate, 30 giovani di origine migratoria, i quali presentano le seguenti caratteristiche: – il rapporto tra maschi e femmine è di due a tre (11 e 19, rispettivamente); – l’età copre un arco di tempo che va dai 15 ai 29 anni, con una media che si at- testa attorno ai 20; – una netta maggioranza (18) proviene anche in questo caso dai Paesi dell’Est (Romania, Albania, Ucraina…), 10 dall’Africa (Nigeria, Tunisia…) e 2 dal- l’Asia (Bangladesh); 72 – circa la metà (14) ha un’occupazione, 8 studiano nelle scuole superiori e alcuni all’università, mentre altri 8 al momento non studiano né lavorano. In genere un po’ tutti loro si esprimono bene o comunque parlano corretta- mente l’italiano, alcuni arrivano anche a usare toni gergali. La maggior parte ha vo- glia di raccontarsi e/o di raccontare la propria storia migratoria, alcuni invece pre- feriscono non farlo perché significa rivivere momenti penosi e difficili. Una minoranza ha già costruito una propria famiglia, tutti gli altri vivono con i genitori; la coppia genitoriale tuttavia è al completo solo in una metà dei casi, nel- l’altra metà o manca un componente o si ha a che fare con conviventi. L’appartenenza etnica in genere si combina con la religione che, per chi pro- viene dai Paesi dell’Est, in genere è quella ortodossa e per gli africani e gli asiatici mussulmana, con la differenza che gli ortodossi si dichiarano per lo più non prati- canti, mentre i mussulmani ci tengono a dimostrare la loro osservanza. Nell’aspetto esteriore si presentano tutti ben vestiti, con abbigliamenti ricer- cati, alla moda, sportivi o comunque di marca, conformemente allo standard medio dei coetanei autoctoni; nessuno veste abiti tradizionali del proprio Paese. Anche in ciò che possiedono tendono a conformarsi agli standard dei ragazzi italiani che frequentano a scuola o nel tempo libero, quindi sono dotati dei soliti cellulari, alcuni anche di ultima generazione, dicono di avere a casa il computer, i- pod, MP3 e altre “attrezzature” tipiche di queste generazioni; sono pochi quelli che invece presentano tatuaggi e piercing. 2. LA PERSONALITÀ DEI GIOVANI IMMIGRATI: CONCETTO DI SÉ E SENSO DI APPAR- TENENZA AL GRUPPO ETNICO L’indagine mirava anzitutto a verificare “chi sono” effettivamente, quali valori portano con sé questi giovani di origine migratoria, come si considerano e/o si au- todescrivono dal punto di vista delle doti di personalità che sostengono di avere e come si comportano nel loro vissuto socio-relazionale. Nel procedere in tal senso non c’era niente di meglio che farlo dire dagli stessi intervistati. Con una prima serie di domande il giovane di origine migratoria è stato posto di fronte al compito di definire “chi sono io” e “da dove provengo”, in quanto la risposta a questi interrogativi permette di comprendere anche il proprio modo di autocollocarsi contemporaneamente nei confronti di se stesso e dei differenti mondi con cui è in contatto, così da permettere di individuare la volontà o meno di inte- grarsi, contenere, filtrare ed elaborare il “nuovo” con il “prassato”. In questo modo sono emerse numerose definizioni di sé e del proprio modo di vivere la differenza nel contesto socio-ambientale di Latina dove questi giovani ca- lano l’esperienza della quotidianità dei rapporti; definizioni gran parte delle quali di senso positivo, ma non mancano anche espressioni più portate a sancire gli ef- fetti critici e/o negativi dell’esperienza migratoria. 73 2.1. L’indagine nelle scuole Nel definire se stessi i giovani si autoattribuiscono alte qualità quanto a gene- rosità, accettazione della “diversità”, capacità di dialogo; inoltre si considerano anche persone gioiose, motivate, responsabili e piene di ideali; al tempo stesso non possono fare a meno di far evidenziare alcuni lati deboli della propria personalità in fatto di insicurezza, dipendenza e talora anche di ribellione. Dal punto di vista reli- gioso quasi tutti si dichiarano credenti, tuttavia oltre la metà non pratica alcuna re- ligione. Nel passare ad analizzare se si lasciano andare a comportamenti a rischio si è partiti da una domanda provocatoria circa l’eventualità di poter compiere azioni trasgressive: in circa il 40% è scattato un meccanismo di difesa che li ha indotti a non rispondere; nella quota residua i più ammettono di poter arrivare a ubriacarsi e in qualche caso anche a fumare uno spinello o al limite a compiere atti di vanda- lismo. Attraverso una seconda domanda, più diretta, si è cercato allora di sapere quali azioni trasgressive e/o reati hanno effettivamente compiuto: in questo caso la quota di chi ha evitato di rispondere è salita ulteriormente ed ha riguardato più della metà; quei pochi che hanno ammesso le proprie colpevolezze si sono limitati a re- stringere il campo ancora sugli atti di vandalismo, a cui fanno da cornice in questo caso pestaggi a scuola e/o tra bande. A questo punto non poteva mancare anche una domanda sui possibili rischi de- rivanti dalla frequentazione di amici che fanno uso di sostanze stupefacenti e sul- l’eventualità di aver sperimentato la droga che fosse stata offerta loro: appena poco più di un terzo ha ammesso la presenza all’interno del proprio gruppo di amici con problemi di droga e di essere stati invitati a provarla, ciò che è avvenuto nella metà dei casi. Si è colto l’occasione per verificare quale fosse al tempo stesso il loro atteggia- mento verso la droga, chiedendo anzitutto quali possono essere quei fattori “predit- tivi” che portano i giovani a farne uso: in questo caso l’intero gruppo ha contribuito ad evidenziarne un po’ tutte le ragioni elencate nella domanda, a partire dalla fre- quentazione di amicizie equivoche, alla curiosità e all’emulazione fra compagni, fino a quelle riguardanti la propria personalità (mancanza di autostima, di un pro- getto di vita…), per passare poi alle problematiche di ordine familiare (disgrega- zione, mancanza di affetto…). Dai fattori predittivi si è passati quindi ai fattori “protettivi” dal rischio di ca- scare nel circuito della droga: essi sono stati individuati nelle dimensioni opposte a quelle precedentemente segnalate, ossia nel circondarsi di amicizie affidabili, nel- l’avere fiducia in se stessi, dotati di alte aspirazioni per la realizzazione di sé, nella presenza di genitori che sanno educare e di altre figure di adulti positivi. La scuola tuttavia è stata considerata da quasi tutti una istituzione che non sa preve- nire/affrontare le problematiche connesse all’uso delle droghe. Ed è questo il dato più critico/negativo emerso finora dall’indagine. 74 Per chiudere era importante verificare, ai fini dell’integrazione di questi gio- vani nel più ampio tessuto socio-relazionale, se essi partecipano alle varie attività promosse dalle associazioni presenti a Latina: al riguardo ha risposto affermativa- mente oltre la metà (52%), quasi tutti indicando tuttavia il settore sportivo, solo una ristretta minoranza ha fatto presente la propria aderenza anche all’associazionismo a scopo religioso. 2.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) A seguito della domanda: “Se tu dovessi descrivere ‘chi sei’, come ti definiresti?”, sono stati fatti vari “autoscatti” che vanno dalla propria immagine fisica (“del mio aspetto fisico non cambierei nulla, mi accetto così come sono”; “le differenze del- la pelle non mi comportano disagi, mentre l’essere straniera mi ha fatto stare molto male; del mio aspetto fisico però non cambierei nulla”; “per quanto ri- guarda il mio aspetto fisico vivo tranquillamente la differenza, non mi mette a disagio”), ai differenti attributi/aspetti interiori della propria personalità: - “sono semplicemente un ragazzo simpatico, dolce e allegro, mi piace tutto ciò che mi fa divertire e mi sento in forma”; - “sono estroverso, gentile, disponibile”; - “mi reputo una ragazza molto calma e serena, sincera e solare, che ascolta gli altri ed è pronta ad aiutare gli altri, mi piace parlare di me e delle mie esperienze e condividerle con i miei amici”; - “sono un po’ egocentrica, mi piace mettermi in evidenza, sono un po’ vani- tosa”; - “curiosa di scoprire e conoscere i lati belli di nuove culture”; - “mi piace viaggiare e leggere molto”; - “ci metto del tempo ad aprirmi sulle mie questioni personali”; - “socievole e con molta voglia di lavorare”; - “sono una persona molto semplice, umile e molte volte triste”. 2) Nel provocarli sull’appartenenza, distinguendo se si sentono più italiani op- pure più vicini alla cultura di origine della propria famiglia, se si prescinde da quei pochi che hanno ben chiaro il senso di appartenenza (“mi sento molto più italiano, sono nato e cresciuto qui”), la maggior parte ha saputo “dribblare” la dissonanza che scaturisce dalla “scissione” del proprio “Io” (o/o) per manife- stare un senso di appartenenza integrata (e/e): - “mi sento sia italiana sia del mio paese, non cambierei comunque né il mio paese di origine che quello dove sto vivendo”; - “non ho mai incontrato difficoltà a conciliare la mia cultura con quella ita- liana e a rapportarmi con ragazzi italiani”; - “non avverto problemi di integrazione culturale, mi integro facilmente perché vedo le differenze culturali non come una barriera ma come una ri- sorsa”; 75 - “essere straniero non mi ha mai causato problemi e non me li sta causando. Non penso che cambierò paese”; - “le differenze le ho conciliate abbastanza bene, sto cercando di imparare meglio la lingua”; - “in quanto straniero non ho il colore della pelle diverso, forse mi si rico- nosce dalla lingua; sono molto orgoglioso della mia etnia, ma mi ritengo italiano, non noto più differenze tra me e loro, ora vivo qui e le mie usanze sono quelle di qui”; - “non sono religioso e quindi non ho dovuto conciliare molte cose delle mie usanze con quelle italiane”; - “ho quasi conciliato le differenze, non sono religiosa e per questo ho avuto meno problemi”; - “vivo bene le differenze culturali, anche perché sono arrivato in Italia a 20 anni, con un cervello da ragazzo e tanta voglia di conoscere, per cui mi sono integrato facilmente”. 3) Al tempo stesso non manca di far sentire il proprio disagio anche chi vive male le due appartenenze per aver sperimentato forme di razzismo a causa di una in- compiuta quanto poco curata integrazione tra le differenze culturali: - “le mie differenze fisiche non mi hanno dato problemi, mentre essere di un altro paese me ne hanno dato di più: le persone ti guardano in modo diverso, non si fidano di te, se la prendono con gli stranieri qualunque cosa succeda”; - “ho avuto momenti di disagio: quando sono arrivata alcune persone mi guardavano in modo diverso, che mi faceva sentire a disagio”; - “essere di una cultura e religione diversa mi crea dei disagi che è difficile superare”; - “cerco di adottare le tradizioni italiane ma mi riesce difficile integrarle perché ho molti limiti imposti dalla mia religione e dalla mia famiglia”; - “non conosco bene la storia del mio paese, non ascolto musica etnica e non ho filmati o immagini particolari della mia vita passata e non mantengo i contatti con i parenti che sono rimasti là”; - “è difficile integrare la cultura italiana con quella del mio paese, le diffe- renze sono tantissime; inoltre come straniera non posso pretendere che gli altri si adeguino a me, sono io che mi devo adeguare, però non mi sento in- feriore agli altri”. 4) In merito poi all’orgoglio di appartenere al proprio gruppo etnico e al modo di vivere la differenza, sono scattate differenti affermazioni: - “mi sento orgoglioso di appartenere al mio gruppo etnico, ciò che mi diffe- renzia è la mia religione islamica; parlo la lingua della mia famiglia e co- nosco la cultura e le usanze legate alla tradizione e alla mia religione. Le vivo bene soprattutto nella religione, non trovo difficoltà, ma non cerco di integrarle e nemmeno di conciliarle”; 76 - “mi sento molto orgogliosa di essere straniera, vuol dire avere culture e usanze che ti differenziano dagli altri e quindi mi fanno sentire più sicura e mi danno molta forza per andare avanti”; - “mi sento molto orgogliosa: ora che sono qui sento nostalgia, il richiamo della terra natale”; - “stando in Italia sono molto orgoglioso del mio gruppo etnico, mentre quando stavo nel mio paese di origine non lo ero perché era popolato da persone molto povere”; - “appartenere al mio gruppo etnico mi fa sentire più sicura per affrontare il futuro qui in Italia”. 5) Ma non tutti la pensano o vivono il senso di appartenenza nello stesso modo: - “non sono orgoglioso di appartenere al mio gruppo etnico perché affrontare il futuro in Italia mi fa sentire più sicuro dal momento che ci sono molte op- portunità di trovare lavoro e quindi anche di costruirmi una famiglia”; - “non mi sento orgogliosa, anzi mi crea molto disagio, mi ha fatto stare male, al tempo stesso non mi sento molto italiana e non so se mi piacerebbe es- serlo, ci sono persone che mi hanno trattato molto male solo perché stra- niera”. 3. VALORI, BISOGNI E ASPIRAZIONI GIOVANILI L’emigrazione è l’espressione più concreta/tangibile di una volontà mirata ad un cambiamento che porti a migliorare se stessi realizzando le proprie aspirazioni e pro- getti di vita. Scaturiscono da qui appunto le domande mirate a verificare se e quanto queste progettualità sono presenti nel loro sistema di significato esistenziale. 3.1. L’indagine nelle scuole La serie di domande presenti in quest’area iniziava con una provocazione di non poco conto: la sensazione di sentirsi o meno realizzati lungo il sentiero della vita finora percorso. L’ago della bilancia in questo caso non si è assestato proprio del tutto sul polo positivo dell’autoispezione: circa la metà (46.8%) ha ammesso di aver conseguito finora un soddisfacente stato di realizzazione, cui si aggiunge anche un 10% di coloro che provano piena soddisfazione per la vita che stanno conducendo (in entrambi i casi si distinguono i maschi, i preadolescenti, chi non è stato mai bocciato, chi ha già pensato o scelto cosa fare al termine dell’attuale ciclo di studi). Al tempo stesso non ha mancato di far sentire il proprio peso anche la quota di coloro che hanno segnalato una scarsa realizzazione di sé (40.3% - le ra- gazze, i più avanzati in età, chi è stato bocciato, chi non sa o non ha ancora deciso cosa fare al termine dell’attuale ciclo di studi), tuttavia nessuno ha dichiarato di vi- vere una vita completamente insoddisfacente. 77 Restando sempre in tema di scelte, con un’ulteriore provocazione si è cercato di penetrare nel segreto mondo che fa da scenario alle loro future scelte/aspettative chiedendo di indicare “come prevedono che saranno” tra 10-15 anni. A questo ri- guardo gli immigrati hanno ancora una volta sorpreso, dal momento che nel prefi- gurare la scelta che faranno tra breve, al termine dell’attuale ciclo di studi, un po’ tutti hanno già proiettato la propria immagine in un spazio “ideale” nel tempo dove ritengono che potranno occupare ruoli professionali di un certo rilievo ed inoltre avranno già una propria famiglia e beni di proprietà. Questi sono gli obiettivi che, una volta raggiunti, li faranno sentire realizzati nella scelta di vivere in Italia e/o a Latina, e sono in particolare le ragazze a superare agilmente i maschi nel fare i conti con l’avvenire. Dietro questa prospettiva si avverte infatti la presenza di un bagaglio esisten- ziale basato su una serie di principi considerati fondamentali per riuscire nella vita e che fanno capo a valori di personalità (saper assumersi responsabilità, avere stima di sé, darsi degli ideali…), relazionali (amare, sentirsi amati, avere amicizie vere/affidabili…) e familistici (formare una famiglia unita, saper educare i figli…). A riprova di quanto ammesso nella domanda precedente ha fatto seguito l’af- fermazione secondo cui quasi nessuno di loro intende cambiare qualcosa della pro- pria vita, a significare una piena coerenza con le scelte finora effettuate (emigrare, vivere in Italia, studiare, lavorare…); quei pochi che hanno segnalato l’esigenza di un cambiamento lo hanno riferito al proprio aspetto fisico (tipico di questa età di passaggio dall’adolescenza alla giovinezza) e in parte anche alla propria situazione economica. A questo impianto esistenziale si contrappongono tuttavia le preoccupazioni che incombono attualmente su queste giovani generazioni di immigrati. Quelle che sembrano condizionare maggiormente i loro ideali e sistema di vita afferiscono es- senzialmente a due tipologie: l’incognita che grava sul futuro delle loro scelte e la manifestazione della violenza in seno alla vita sociale nelle sue differenti forme (ingiustizie sociali, inquinamento, droga, povertà, disonestà…). 3.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) In merito al sentirsi soddisfatti per la vita che conducono attualmente, in questo secondo gruppo di intervistati si osservano tre distinte posizioni di fondo: c’è chi ha ammesso di sì, chi sente di avere le capacità per realizzarsi, ma non sa se ci riuscirà e chi invece al momento vede tutto nero. 2) Le maggiori preoccupazioni/difficoltà che incontrano in questo momento, ri- guardano: - la scuola (“non andare bene a scuola”; “il momento più difficile è stato l’in- serimento nella mia scuola: non parlavo bene l’italiano e i miei compagni mi prendevano in giro o mi trattavano male perché ero straniera e gli stra- nieri per loro sono tutti cattivi; quando spariva un cellulare in classe dice- 78 vano che era colpa mia, che lo avevo preso io; mi gettavano per terra le cose che avevo sul mio banco…, tornavo a casa e piangevo molto”); - il lavoro (“la mancanza di opportunità di lavoro, non riuscire a trovare la- voro”; “senza lavoro diventa tutto più difficile”); - l’integrazione (“sono nato qui e per me è stato tutto più difficile, mi sono in- tegrato da solo”); - la solitudine/isolamento (“rimanere da solo, dover contare solo su me stesso e sulle proprie forze”; “sentirmi molto sola, isolata e non amata”); - i limiti imposti dalla famiglia e dalle usanze religiose (“i miei compagni vanno alle feste ed io non ci posso andare”); - fino a manifestare quella paura della morte che è tipica nell’immigrato e l’accompagna quando si sente schiacciato dall’impatto con una nuova realtà- cultura (“paura di morire in giovane età”; “la presenza della violenza e della droga”). 3) Al tempo stesso i sogni che covano nel cassetto afferiscono a vari aspetti carat- teristici di questa età e della realizzazione di sé, e riguardano: - “finire gli studi”; - “contare soprattutto su me stessa”; - “trovare un altro lavoro”; - “arrivare alla laurea”; - “essere messo in regola sul lavoro”; - “trovare un lavoro che dà sicurezza”; - “affermarmi, essere qualcuno in questa società”; - “essere felice”. 4) Nell’immaginare di aver realizzato questi sogni fra 10-15 anni, quasi tutti si sono concentrati sulla dimensione familistica: - “essere a capo di una famiglia, sposata e con dei figli”; - “avere una casa tutta mia”. 5) Tra i loro progetti c’è anche quello di tornare a vivere nel proprio Paese? Anche in questo caso sono state assunte tre precise posizioni, tra chi pensa di sì (“voglio tornare a lavorare al mio paese”), chi non sa (“dipende tutto se trovo lavoro qui”) e chi ha già deciso di rimanere (“mi piace l’Italia e voglio vivere e lavorare qui”; “ormai mi ritengo italiana e voglio continuare a vivere in Italia”). 4. IL RAPPORTO CON I GENITORI Tra i membri delle famiglie immigrate occorre fare una precisa distinzione tra genitori e figli nel modo di vivere l’esperienza migratoria e, di conseguenza, sulla ricaduta che una tale esperienza può avere sul processo di costruzione dell’identità di questi ultimi. La differenza va individuata nel fatto che per i genitori la direzione 79 del viaggio si delinea in modo preciso in senso sia spaziale che temporale, in quanto è scandita dai momenti della partenza, dell’arrivo, dell’andare e venire tra due luoghi connotati da riferimenti, eventi, “pezzi” della storia diversi, da un prima e un dopo ben delineati, che scandiscono le tappe della biografia e del progetto di vita all’interno di un vissuto fatto di nostalgia e che, pur attenuandosi nel tempo e diventando da ferita cicatrice, resta un compagno di cammino sempre presente. In- vece per gli adolescenti l’emigrazione più che una esperienza vissuta diventa una dimensione esistenziale; sullo sfondo vi è un “altrove” che può restare per molto tempo sconosciuto, indefinito, inesplorato: luogo immaginario da idealizzare, per tornare o nel quale cercare protezione o, viceversa, luogo da “scotomizzare”, con cui non si ha nulla a che fare, in modo da nascondere le proprie radici e/o da non cadere in complessi di inferiorità. Alla luce di queste dinamiche gli adolescenti di origine migratoria possono es- sere definiti dei viaggiatori perenni di un viaggio iniziato però da altri. Di conse- guenza, affinché essi stessi diventino protagonisti del “loro” viaggio occorre che ri- escano ad integrare la “frattura” nella propria storia ripercorrendo il progetto fami- liare, per continuarlo, modificarlo o anche trasgredirlo, se necessario; ossia occorre che riescano a far riconciliare/ricostruire il filo della storia familiare con la traiet- toria della propria vita. 4.1. L’indagine nelle scuole Nel relazionarsi con i genitori le dimensioni che accomunano il rapporto con entrambi sono basate sulla “fiducia”, il “rispetto” e la “collaborazione”; dopodichè nei confronti del padre un tale rapporto assume anche la caratteristica di essere te- muto e amato al tempo stesso, talora al limite della conflittualità, mentre nei con- fronti della madre si evidenziano punte di maggiore tenerezza, attenzione, com- prensione. I genitori immigrati non sembrano dare molte regole ai figli, ma quelle poche appaiono ferree e/o comunque devono essere rigidamente rispettate, stando all’in- tensità con cui sono state segnalate da oltre il 60%. Tali regole fanno capo essen- zialmente al circuito delle amicizie frequentate, nei cui confronti i genitori si pre- muniscono richiedono preventivamente ai figli di indicare chi sono, di evitare di frequentare chi fa uso del fumo e delle sostanze stupefacenti e di rientrare negli orari stabiliti In genere questi giovani vanno d’accordo con i loro genitori e almeno una metà sostiene di non avere problemi nei loro confronti. Nell’altra metà si ammette di avere qualche contrasto, dovuto per lo più alla differenza generazionale (“hanno idee diverse dalle mie”); in una ristretta minoranza tale contrasto scatta soprattutto là dove si verificano problemi scolastici. Per il resto non sussistono particolari ra- gioni di litigio. Nel rapporto con il più generale mondo degli adulti (insegnanti, educatori…) si ripropongono le stesse parole-chiave già evidenziate nel rapporto con i genitori, 80 ossia “fiducia”, “rispetto” e “comprensione”, alle quali si aggiungono in questo caso, con il particolare contributo delle ragazze e dei preadolescenti, l’“ascolto” e l’“incoraggiamento”. 4.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) Anche questo gruppo di giovani ha ammesso di sentirsi assai fiero, orgoglioso di appartenere alla famiglia che ha: - “sono contento di avere una famiglia come la mia”; - “io sono fiera di loro e loro sono fieri di me”; - “sono molto fiera di mia madre che si preoccupa per me e che mi ha portato in Italia per farmi avere un futuro migliore”. 2) La famiglia per queste generazioni viene ancora percepita come il luogo ideale per vivere felici, dove si sentono amati e dove i genitori si prendono cura della loro educazione: - “sono contenti di come sto crescendo”; - “credono nelle mie potenzialità”; - “sono le mie persone di riferimento, è su di loro che posso contare molto”; - “hanno sempre creduto in me”; - “loro si fidano di me”; - “mi amano così come sono”; - “non ci sono limiti nelle nostre relazioni interpersonali”; - “con loro è tutto OK”. 3) Ma la famiglia immigrata dà anche delle precise regole che occorre rispettare: - “mi dà delle regole molto ferme che devo rispettare anche se mi pesano molto perché fanno parte della mia cultura”; - “le regole ci sono, ma sono abbastanza autonoma e indipendente”. 4) Al tempo stesso c’è stato anche chi ha evidenziato aspetti conflittuali nel rap- porto tra la famiglia e la cultura della società in cui sono inseriti, provocati ta- lora dal progetto migratorio stesso: - “non ho grande stima di mia madre perché mi ha fatto crescere al mio paese presso delle mie zie; infatti io chiamo mia zia “mamma” e mia madre con il suo nome”; - “non mi hanno dato molto, da piccola mi hanno lasciata da mia nonna per andare a lavorare in Italia”; - “a casa litigo molto spesso e per le ragioni le più diverse”; - “non so se credono in me e non penso si siano preoccupati troppo del mio futuro”; - “non mi fanno stare con i miei compagni e per questo spesso litighiamo”; - “mi danno molte regole ma io non le rispetto e a loro importa fino a un certo punto”. 81 5. IL RAPPORTO CON GLI AMICI L’amicizia e il gruppo dei pari costituiscono la platea reale della rappresenta- zione di sé dell’adolescente. È soprattutto in questa fascia d’età che l’amicizia viene ad assumere un’importanza determinante nella costruzione dell’identità dal momento che entra a far parte, viene introiettata e “coltivata” in quanto nucleo cen- trale del sé. In altri termini, l’amicizia non viene intesa dagli adolescenti come una pura e semplice relazione, ma in questo stadio dello sviluppo rappresenta un ele- mento costitutivo del contesto da cui il sé trae significato, motivo per cui si viene a creare uno stretto legame di interdipendenza, una specie di “santa alleanza” tra im- pegno nell’amicizia e crescita del sé. All’interno del gruppo l’amicizia è improntata ad un senso di reciprocità e di uguaglianza; le conversazioni riguardano una grande condivisione di argomenti, di spiegazioni e di reciproca comprensione. Sembra che nel circoscritto mondo degli amici gli adolescenti trovino una specie di “utero so- ciale”, un microcosmo intermedio al riparo dai rapporti diretti con gli adulti, che consente loro di aprire un capitolo inedito nella propria biografia. Lo stare o il fare insieme agli amici, in particolare se di differenti etnie (come è facile si verifichi al- l’interno delle strutture scolastico-formative), costituisce di conseguenza un vero e proprio “spazio transizionale” 2 dove per la prima volta è possibile sperimentare in concreto quell’incontro-confronto con l’“Io- dell’altro” e con quella “diversità” che servirà poi a preparare e ad affrontare meglio i successivi passaggi nell’inserimento nella vita sociale/attiva. È nel gruppo dei pari infatti che prendono avvio buona parte di tali processi, non più mediati dalla famiglia, anzi talora in contrapposizione con quanto proposto dai genitori; ed è ancora il gruppo dei pari che si pone all’adolescente come sostegno e momento di confronto soprattutto nel processo di “scoperta” di quel mondo esterno che da un lato lo attrae e dall’altro lo intimorisce. Durante l’adolescenza il ragazzo si trova di fronte a tante incertezze, ed è proprio in momenti critici di questo tipo che è in atto una vera e propria riorganizzazione del sistema di sé grazie a questa fitta rete di relazioni e di scambi in cui gli adolescenti, consapevoli del mutamento che li riguardano, verificano il proprio valore e riflettono su se stessi. Cosicché quando devono prendere decisioni importanti che riguardano gli aspetti che hanno maggiori implicazioni con il proprio futuro bisogno d’identità, tendono a preferire il consiglio dei pari, mentre il ruolo dei genitori resta fondamentale e autorevole per quel che concerne le questione più ordinarie della vita. 2 Winnicott (Gioco e realtà, Roma, Armando, 1974, 23) definisce lo “spazio transizionale” quello spazio intermedio/interstiziale che offre a valori tra loro differenziati la possibilità di incon- trarsi, di integrarsi e di essere condivisi, e che nel presente caso fanno capo all’esperienza del “mi- grare” in quanto essa è sempre all’origine dell’incontro/confronto con l’“altro” nel suo farsi portatore di “diversità”. 82 5.1. L’indagine nelle scuole Chi sono gli amici dei giovani di origine migratoria? Come da copione, nella quasi totalità dei casi si tratta di compagni di scuola; minoranze frequentano anche gruppi di amici che si ritrovano in spazi aperti (nel parco, sul muretto… - i preado- lescenti) o al chiuso nei locali pubblici (bar, discoteche…- i maggiori di età). Infine genitori e amici, messi a confronto con un’eventuale richiesta di consiglio e/o di aiuto, vengono considerati parimenti validi, come a dire che a quest’età è possibile “coabitare” contemporaneamente in due famiglie, una di origine e una di adozione, che dal punto di vista affettivo ormai si equivalgono. 5.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) Anche buona parte di questi intervistati hanno dichiarato di avere amicizie miste, composte sia da italiani che da quelli della propria etnia o di altre etnie, ricavate per lo più all’interno delle aule scolastiche (“siamo diventati amici perché stiamo in classe assieme”) o comunque perché nati e cresciuti nello stesso vicinato (“siamo cresciuti assieme sia con italiani che di altre naziona- lità”; soltanto alcuni hanno ammesso di fare una selezione delle proprie ami- cizie (“tranne gli italiani che frequento non ho rapporti con giovani di altre etnie”). 2) Inoltre frequentare gli amici significa stare con persone che ti fanno sentire bene, con cui è possibile confidarsi ed essere ascoltati: - “se e quando mi trovo in difficoltà è a loro che posso chiedere aiuto e con- sigli”; - “l’amicizia è sicurezza, solidarietà e serenità nella mia vita”; - “il mio atteggiamento è di aiuto nei confronti del gruppo”; - “ho un paio di amici intimi con i quali parlo di cose personali e chiedo con- siglio”; - “li frequento anche perché ci sosteniamo a vicenda”; - “significa uscire, andare a divertirmi”. 3) Ma sono proprio tutti amici-amici? Non tutti la pensano nello stesso modo: - “non c’è nessuno in particolare a cui mi rivolgo se ho dei problemi”; - “dato che conto molto su me stessa non sempre vado a chiedere loro aiuto”; - “poche delle amicizie che ho le sento vere”; - “ho trovato che qui in Italia c’è un modo diverso di intendere l’amicizia: al mio paese essere amici è come essere fratelli, mentre qui non solo non ti aiu- tano ma non fanno neppure quel che promettono”; - “in Italia si definisce amici che per la mia cultura è appena un conoscente” - “non mi fido di nessuno del gruppo”. 4) E qualora il gruppo di amici si comportasse in modo piuttosto trasgressivo? - “mi allontanerei da loro, non li seguirei ma non gli direi niente”; 83 - “a loro capita di fare cose illecite e sono in quei momenti che io mi allon- tano dal gruppo”; - “generalmente ci diciamo tutto in faccia”; - “sono una persona che dice quello che penso ai miei amici se stessero per fare cose illecite”. 5) Si confidano più con i genitori o con gli amici? - “se mi devo confidare perché ho dei problemi lo faccio con gli amici”; - “sono gli amici che possono capire tutti i miei problemi”; - “io mi confido con i miei compagni di scuola perché l’educazione che mi viene data a casa è molto restrittiva nei miei confronti”; - “se mi danno dei consigli che reputo buoni li seguo, non do molto peso a quello che dice mia madre”. 6) Infine fanno presente che i luoghi dove incontrano gli amici sono quelli soliti dei loro coetanei (il parco, il muretto, i bar…), alcuni tuttavia hanno segnalato di frequentare “l’oratorio salesiano, dove ci sono tanti giovani, sia italiani che stranieri”. 6. VALUTAZIONE DEL PERCORSO SCOLASTICO-FORMATIVO Gli insegnanti, i compagni di scuola e gli adulti in generale costituiscono una rete relazionale con cui l’adolescente interagisce quotidianamente. In questi casi l’autostima dell’adolescente viene messa alla prova per essere costantemente in- fluenzata dalle reazioni che le altre persone hanno nei suoi confronti, dal grado in cui questi contatti avvengono in modo positivo e dalla capacità di raggiungere obiettivi tramite interazioni sociali. Ne consegue che l’adolescente si sentirà a pro- prio agio con il concetto che ha di se stesso tanto in quanto rimarrà soddisfatto delle sue interazioni e dei rapporti che ha con il gruppo dei pari e con il più ampio contesto di appartenenza, che in genere a questa età è rappresentato dalle strutture scolastico-formative. In particolare la relazione con i compagni di classe fornisce molteplici oppor- tunità per osservare le strategie sociali adottate dagli altri, per verificare in che mi- sura esse sono efficaci e offrono un contesto dove l’adolescente può imparare le abilità di autopresentazione e la capacità di giustificare le proprie azioni. 6.1. L’indagine nelle scuole Nel segnalare i principali aspetti che caratterizzano la propria scuola gli stu- denti hanno evidenziato soprattutto la preparazione che dà a “proseguire gli studi”, la valorizzazione delle “proprie capacità” e l’attenzione a “saper collaborare” con gli altri; mentre nel passare a valutare i propri insegnanti hanno sottolineato soprat- tutto la capacità di “insegnare con chiarezza ed efficacia” e di “saper dialogare con 84 gli studenti”. Sui rimanenti aspetti non si sono riscontrate posizioni critiche, si sono limitati piuttosto a dare dei giudizi “abbastanza” soddisfacenti. Rovesciando i termini, è stato chiesto di indicare anche le eventuali carenze che presenta la propria scuola. In questo caso il dito è stato puntato soprattutto sulla scarsa presenza di personale specialistico (psicologi, medici…) e sulla carenza di attrezzature; seppure in misura minore è stata rilevata inoltre anche la presenza di situazioni conflittuali tra docenti e studenti, tra studenti e tra classi, e l’isolamento della scuola rispetto al resto del territorio (assenteismo delle autorità e del sistema imprenditoriale, scarso coinvolgimento dei genitori…). Inoltre per i giovani immigrati andare a scuola significa essenzialmente essere interessati ad acquisire una formazione che li prepari all’esercizio di una profes- sione, a cui si aggiunge ovviamente il piacere di stare assieme agli amici; tuttavia una minoranza ha ammesso di fare fatica e di avere una certa preoccupazione per gli esiti futuri. Non poteva mancare perciò anche una domanda mirata ad indagare sulle diffi- coltà che questi giovani incontrano nella vita scolastica. A sorpresa, appena uno su cinque ha manifestato di avere difficoltà, che in sostanza si concentrano quasi esclu- sivamente sulle materie di studio e sul proprio metodo di studio; solo in qualche ca- so si accenna ancora a situazioni conflittuali con i docenti e/o con i compagni. Diffi- coltà che però la scuola o gli insegnanti aiutano solo in parte a fronteggiare. 6.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) I giovani intervistati hanno dichiarato che il rapporto con gli insegnanti in ge- nere sono buoni o normali o in certi casi anche ottimi, mentre con altri è “così e così”; in genere si tiene comunque a precisare che: - “non mi sento trattata diversamente, non ho mai incontrato atteggiamenti di diffidenza”; - “gli insegnanti mi hanno aiutato molto quando ero in difficoltà”. 2) Nei confronti dei compagni si tende invece ad evidenziare esperienze discrimi- nanti: - “non ho un buon rapporto con i compagni, alcuni non mi accettano perché diversa”; - “con i compagni non c’è un rapporto di amicizia, sono molto diffidenti”; - “sono maleducati e indisciplinati”. 3) Le maggiori difficoltà che incontrano a scuola riguardano l’apprendimento della lingua e le materie scientifiche; inoltre qualcuno si lamenta di non essere stato aiutato all’inizio nell’apprendimento della lingua (“all’inizio tutto era dif- ficile, leggevo o ascoltavo le spiegazioni senza capire”). 4) Quei genitori di origine migratoria che vengono a scuola per informarsi sull’an- damento del figlio sono una vera rarità, ma qualcuno ha cercato di giustificarli 85 assumendosi responsabilità in prima persona (“mia madre è difficile che si fa ve- dere a scuola perché ha sempre pensato che la scuola e lo studio servono a me, per cui me ne devo occupare io e devo essere responsabile per questo”). 5) A fronte della richiesta rivolta anche a loro di indicare cosa sceglieranno di fare al termine dell’attuale ciclo di studi, alcuni hanno affermato di voler an- dare all’università, altri di continuare a studiare e lavorare al tempo stesso, per altri ancora “studiare non mi piace o penso che non serve, per cui non mi ri- mane che andare a lavorare….”. 6) Sono numerosi i settori nei quali vorrebbero trovare lavoro; i più segnalati ri- guardano il turismo, l’informatica, l’arte, l’insegnamento; ma c’è anche chi si accontenta delle opportunità del momento. 7. IL RAPPORTO CON LA CITTÀ DI LATINA Nell’inchiesta non poteva mancare un’area tutta destinata a valutare il rapporto che i giovani di origine migratoria hanno con la città. 7.1. L’indagine nelle scuole Un forte apprezzamento per la qualità della vita di questa città riguarda oltre due studenti su tre (62.8%) ed è stato espresso in egual misura tanto da chi vi è nato come da chi ha scelto di venire a viverci provenendo da altri Comuni del Lazio o d’Italia o dall’estero; mentre quel terzo circa che ha dato una valutazione meno po- sitiva, manifestando il proprio senso di insoddisfazione nel vivere a Latina, è com- posto prevalentemente da maschi, da chi ha segnalato la presenza di situazioni dif- ficili e talora conflittuali e da coloro che non sanno ancora che decisione prendere al termine dell’attuale ciclo di studi. Nel chiedere a questi ultimi il perché della propria insoddisfazione sono state fatte presenti ragioni legate anzitutto allo spaccio di droga e ai pregiudizi razziali, cui hanno fatto seguito anche quelle legate alle opportunità formative e di carriera professionale. A questo punto si è entrati direttamente sul tema delle migrazioni nel tentativo di captare la percezione che ha del fenomeno chi vive il processo migratorio in prima persona. Nel procedere in questo senso si è partiti ovviamente dall’analizzare il tipo di rapporto che esiste a Latina tra immigrati ed italiani. Al riguardo l’in- chiesta purtroppo ha portato ad emergere un ulteriore segnale negativo: non arri- vano al 10% coloro che hanno segnalato una convivenza pacifica; per un terzo il rapporto avviene all’insegna dell’indifferenza e della estraneità; mentre a circa la metà dei giovani immigrati (48.2% - in particolare a quelli più avanzati in età) ha dichiarato che un tale rapporto avviene all’insegna dell’intolleranza (28.8%) e della conflittualità (19.4%). 86 Anche le prospettive future di questa convivenza non appaiono tra le più rosee: se si prescinde dal fatto che sia l’occupazione come il benessere e la qualità della vita secondo questi immigrati rimarranno pressappoco “come adesso” e, quindi, ri- specchieranno l’attuale situazione critica, sulle rimanenti alternative si prospetta sì una crescita, ma purtroppo essa va nella direzione di accentuare unicamente gli aspetti più negativi; ossia tra le loro previsioni non compaiono segnali di cambia- menti in positivo bensì vengono avanzate ipotesi pessimistiche sull’intera gamma delle affermazioni riguardanti la convivenza civile, quali l’uso delle droghe, la pre- senza di conflitti razziali, la devianza/delinquenza giovanile/minorile, la criminalità organizzata, l’inquinamento ambientale. 7.2. I protagonisti delle interviste qualitative 1) Una parte di questi giovani trova che Latina è tranquilla, i servizi sono buoni e la gente in genere è gentile e accogliente, non dà fastidio agli stranieri: - “non ho riscontrato indifferenza nei miei confronti”; - “non ho incontrato gente ostile nei miei confronti, quelli che lo fanno sono degli individui isolati”; - “quando esco per Latina non avverto di essere un immigrato”; - “la gente non è ostile, anche quella che non gli importa niente di te”; - “sto meglio qui a Latina che al nord Italia, perché la gente è più calorosa”. 2) Ma non tutti la pensano nello stesso modo; per un’altra quota di giovani invece ciò che provoca maggiore disagio nel vivere a Latina è proprio la gente, unita- mente a varie altre difficoltà di ordine logistico: - “per l’esperienza che ho avuto c’è gente diffidente e aggressiva nei confronti degli stranieri”; - “le persone diventano diffidenti quando non capiscono la lingua o i compor- tamenti tipici di altre culture”; - “se c’è un immigrato che ha commesso crimini pensano che tutti noi com- mettiamo dei crimini”; - “le poche opportunità di entrare nel mercato del lavoro”; - “mancano le opportunità per appagare le esigenze di noi giovani”; - “ottenere un titolo di studio che mi permetta poi di lavorare” - “i tempi troppo lunghi per avere i documenti in regola”. 3) Infine si è voluto sapere anche come/dove i giovani immigrati vivono il tempo libero a Latina: - “metà a scuola e metà a casa per fare i compiti”; - “esco con gli amici”; - “vado a giocare al pallone”; - “vado all’oratorio”; - “il sabato andiamo a mangiare dai cinesi”; - “vado in palestra”; 87 - “spesso alcuni miei amici mangiano da me o io da loro”; - “dopo pranzo giochiamo al computer o alla play station”. 8. PROPOSTA DI INTERVENTI A FAVORE DEI GIOVANI DI LATINA Le proposte inserite nell’ultima parte del questionario afferiscono a varie aree d’intervento (scolastica, formativa al lavoro, culturale, educativa, socio-assisten- ziale e del tempo libero) e sono già state adottate anche in altre inchieste su giovani appartenenti al vicino contesto metropolitano della capitale 3: 1) nell’area scolastico-formativa le proposte che sono state fatte oggetto di mag- giore interesse vanno dai corsi di lingue e di informatica al recupero scola- stico; 2) nell’area della formazione al lavoro le segnalazioni si concentrano particolar- mente sull’esperienza di stage, sulle visite guidate ai luoghi di produzione e sugli incontri con esperti del mercato del lavoro; 3) nell’area culturale e civica godono un’attenzione del tutto particolare le inizia- tive che, coerentemente all’interesse per l’apprendimento delle lingue, pro- muovono soggiorni-studio all’estero; 4) nell’area educativo-ricreativa viene evidenziata l’esigenza di poter usufruire di strutture per il tempo libero dei giovani, dove essi possono dare il meglio della loro creatività in campo musicale (festival…), culturale (seminari di studio sulle problematiche giovanili…) ed espressivo-artistico (mostre fotografiche, difesa dell’ambiente…); 5) infine nell’area socio-assistenziale l’interesse si è particolarmente concentrato sui soggetti svantaggiati e a rischio di devianza, richiedendo di promuovere iniziative che vanno dalla formazione di particolari figure operative (educatori di strada, animatori del tempo libero…), alla creazione di associazioni e di gruppi di auto-aiuto. 3 Cfr. a cura di MALIZIA G. et al., Il minore a-lato. Bisogni formativi degli adolescenti dei Muni- cipi Roma 6 e 7: vecchie e nuove povertà, Milano, Angeli, 2003; Fondamenta di futuro. Bisogni for- mativi di preadolescenti e giovani del IX Municipio di Roma, Roma, Tipografia Pio XI, 2007. 89 Capitolo 4 L’indagine qualitativa: analisi dei contenuti emersi dai focus group Vittorio PIERONI In questa parte dell’inchiesta vengono riportati in sintesi i principali contenuti emersi nei 7 Centri dove sono stati fatti i focus, preceduti da una breve presenta- zione dei dati della scheda relativamente alle attività formative promosse a favore degli immigrati. 1. IL CNOS-FAP “T. GERINI” DI ROMA 1.1. I dati della scheda Nell’anno formativo 2006-07 il totale degli allievi di origine migratoria iscritti al Centro assomma a 37, pari al 7.9% del totale, ma già agli inizi dell’anno succes- sivo sono passati a oltre il 10%, per cui si prevede un sempre maggiore incremento di questo bacino d’utenza. Tornando all’anno in osservazione, i 37 allievi sono tutti maschi, al di sotto dei 18 anni e provengono i più dai Paesi dell’Est (19), seguono i latinoamericani (11), quindi gli asiatici (4) e gli africani (3). Al termine dell’anno si sono qualificati in 32, mentre 5 sono venuti meno lungo il percorso. Della più parte di loro si è persa ogni traccia, e comunque si è venuti a sapere che 2 sicuramente hanno trovato subito lavoro e altri 2 hanno conti- nuato nel sistema di istruzione. Passando in rassegna l’attività formativa a partire dall’a.f. 2002-03 ad oggi, durante questi ultimi 5 anni gli immigrati si sono iscritti ad entrambi i corsi di mec- canica ed elettro-elettronica gestiti dal Centro. Così pure nello stesso periodo è stato offerto costantemente un pacchetto di supporto che riguarda un po’ tutte le at- tività presenti nella scheda, ossia informazione, accoglienza, orientamento, bilancio di competenze, counseling agli allievi, ai formatori e alle famiglie. Per queste atti- vità di supporto si è sempre fatto ricorso a personale specialistico (orientatori, psi- cologi, mediatori culturali). Per quanto riguarda infine le metodologie utilizzate per la loro formazione, du- rante tutti questi anni si è fatto sempre ricorso allo stage e all’educazione intercul- turale. 90 1.2. Analisi dei contenuti del focus Al focus hanno partecipato 6 persone: 1 formatore, 2 figure deputate alle atti- vità di orientamento, di cui una con compito di coordinamento, 1 docente di ita- liano per stranieri affiancato da due collaboratrici del Servizio Civile Volontario. 1.2.1. Premessa La discussione ha preso subito avvio col far presente che il Centro sta pas- sando un particolare momento di emergenza per la concomitanza tra l’incremento degli allievi di origine migratoria e le difficoltà che intervengono nell’apprendi- mento della lingua italiana. Queste ultime derivano soprattutto dal non trovare un giusto collocamento per svolgere tale attività in quanto, se messe al mattino, spesso si sovrappongono ad altre attività corsuali, mentre se svolte nelle ore pomeridiane la partecipazione degli utenti risulta quasi inesistente poiché questi ragazzi devono lavorare per contribuire al mantenimento della famiglia. Per superare queste difficoltà il Centro ha chiesto la collaborazione e fatto l’ac- cordo con un CTP (Centro Territoriale Permanente), limitandosi a curare solo l’or- ganizzazione. 1.2.2. Le buone prassi di supporto all’inserimento e alla riuscita del percorso for- mativo degli immigrati Nel descrivere come si svolgono le attività il gruppo ha preso in considera- zione in primo luogo l’insegnamento dell’italiano, facendo presente che: – anzitutto viene fatto un test d’ingresso ad ogni nuovo arrivato, così da valutare il livello di competenza dell’italiano; – per svolgere le lezioni di italiano il docente ricorre oltre ad un normale testo anche a vari altri sussidi didattici (cassette, cd, fotocopie, esercitazioni…); – inoltre le volontarie del servizio civile integrano l’attività del docente di ita- liano per stranieri offrendo lezioni individualizzate due pomeriggi alla setti- mana durante i quali, per facilitare l’attenzione e promuovere l’interesse, pro- pongono la visione di film, la lettura di fumetti e quant’altro porta ad invo- gliare la partecipazione. Passando ad analizzare le altre attività, si fa osservare anzitutto che il servizio di orientamento si colloca come intermediatore, facendo da trait d’union tra il CFP, l’EdA e il Servizio Civile, e assumendosi il compito di gestire le relazioni organiz- zative sia all’interno che all’esterno del Centro. Affrontando quindi il tema dell’integrazione degli immigrati all’interno del Centro e del gruppo-classe, si fa presente che essi sono talora più motivati degli au- toctoni nell’apprendimento di una professionalità; il fatto stesso di non conoscere i termini tecnici li incuriosisce e li sprona ad apprenderli, in quanto vogliono andare a lavorare presto. Per cui succede anche che talora si instaura una gara con gli au- toctoni a chi si impegna di più. 91 Al tempo stesso viene fatto presente che il processo di integrazione non è di facile soluzione; all’inizio lo straniero viene visto male, quasi un intruso e se potes- sero gli autoctoni li manderebbero via. Dal canto suo il sistema preventivo sale- siano ovviamente fa il possibile per scoraggiare questi atteggiamenti facendo affi- damento su un corpo docente che per primo dà l’esempio di come arrivare a supe- rare i processi discriminatori offrendo maggiore aiuto e sostegno proprio a coloro che vengono discriminati in quanto hanno maggiori difficoltà di apprendimento. E comunque a lungo andare si è visto che questi atteggiamenti discriminatori si sono attenuati grazie al fatto che gli immigrati, oltre a dimostrarsi più motivati, si sono dimostrati anche quelli più disponibili per fare qualsiasi lavoro, più generosi nel prestarsi a qualsiasi richiesta, e in base a questo si sono fatti rispettare un po’ da tutti (docenti e allievi) anche perché hanno saputo dimostrare di saper fare i lavori meglio degli altri. Una riprova è venuta dall’esperienza di stage, dove perfino gli stessi datori di lavoro hanno apprezzato abbastanza il rendimento degli immigrati. Una ulteriore buona prassi mirata a favorire i processi di integrazione e ad ab- battere contemporaneamente le discriminazioni più consolidate è stata messa a punto quando sono stati accolti e inseriti nei corsi 8 ragazzi Rom. Ciò è stato possi- bile grazie alla collaborazione tra il Centro e la Comunità di Capo d’Arco la quale, dopo una serie di colloqui orientativi mirati a valutare la fattibilità dell’inserimento anche dal punto di vista della preparazione culturale e della professionalità da con- seguire, hanno fatto la proposta al CFP. Nell’accogliere questi soggetti il Centro ha adottato le normali prassi riguardati i colloqui iniziali con il servizio di orienta- mento e l’affiancamento ad un tutor, ma in più per un ulteriore sostegno i ragazzi Rom sono stati seguiti e affiancati anche dagli stessi operatori di Capo d’Arco. Allo stato attuale l’esperienza con questo tipo di utenza ci dice che quando riescono a mantenere una certa frequenza conseguono anche loro ottimi risultati. Tuttavia il vero problema sta proprio nella frequenza assidua la quale, più che dalla loro vo- lontà spesso dipende da fattori contingenti, quali l’organizzazione stessa dei campi, gli spostamenti dei genitori, gli interventi delle Forze dell’Ordine che non permet- tono di uscire dal campo nomadi. E comunque allo stato attuale l’esperienza attesta che una volta che vengono presi in carico dal Centro questi ragazzi possono conse- guire gli stessi successi di tutti gli altri. 1.2.3. Altre attività di supporto offerte dal Centro In questo momento il Centro sta anche promuovendo accordi con i Servizi per l’Impiego del Comune di Guidonia, il quale presenta a livello provinciale il più alto tasso di residenti immigrati. I ragazzi con l’età dell’obbligo di istruzione e forma- zione, ossia tra 14 e 16 anni, che risiedono in questo Comune sono circa un mi- gliaio, per cui il Centro ha promosso un protocollo d’intesa con questi Servizi al fine di cercare di inserire questi ragazzi nei corsi del CFP. Quanto poi a verificare se al termine del ciclo formativo gli immigrati possono 92 trovare lavoro, i partecipanti al focus affermano che la differenza non sussiste, chi sa farsi valere viene preso indipendentemente dall’essere immigrati o no, anche perché in questo giocano i risultati delle esperienze di stage. Anche le famiglie degli immigrati vengono seguite e coinvolte nelle attività del Centro, nonostante che l’integrazione per esse risulti ancor più difficile a causa di quei condizionamenti e stereotipi che caratterizzano maggiormente gli adulti, in particolare nei confronti dei Rom. Questi ultimi tuttavia hanno chiaramente fatto intendere agli operatori del Centro che per uscire dalla loro situazione puntano sul- l’inserimento scolastico e lavorativo dei figli. E comunque le attività di supporto da parte del servizio di orientamento del Centro sono assicurate a tutti, anche a chi ha problemi di tossicodipendenza; per af- frontare la problematica (che però tocca essenzialmente gli allievi autoctoni piut- tosto che gli immigrati) è stato fatto un accordo anche con il CEIS di don Picchi per attività di counseling per soggetti a rischio di dipendenza, ed inoltre una volta a settimana viene fatta psicoterapia familiare gratuita per tutti. Il Gerini fa anche parte di una rete o meglio di un patto territoriale promosso dal Comune di Roma in base al quale il Centro gestisce uno dei tanti sportelli peri- ferici per l’informazione e l’orientamento, aperto a tutte le possibili utenze. Per quanto riguarda poi il rapporto con il sistema delle imprese il CFP sta in contatto con 150 piccole e medie aziende del territorio, con le quali si sono istaurati precisi accordi scritti per svolgere lo stage. Infine il Gerini fa parte di un patto territoriale presente nel V Municipio, fir- mato da più di 30 istituzioni pubbliche e private (scuole, associazioni di categoria, Forze dell’Ordine, CTP, EdA, ASL…), i cui rappresentanti costituiscono come la cabina di regia per progetti d’intervento a favore dell’inserimento scolastico e pro- fessionale degli immigrati e per la gestione dei centri di servizio (EdA, CPT…). L’ottica del Servizio di Orientamento del Gerini è infatti quella non di una struttura privata ma pubblica, in quanto anche i finanziamenti sono pubblici; e il riconosci- mento in quanto servizio pubblico rappresenta per il CFP una carta vincente in quanto permette di stare alla pari con qualsiasi altra istituzione. 1.2.4. Aspetti critici rimasti irrisolti e da migliorare Prima di chiudere il focus i partecipanti hanno segnalato una serie di aspetti che andrebbero migliorati: – in primo luogo occorrerebbe dare ai formatori una formazione specifica e fina- lizzata a prevenire le forme di discriminazione e a saper utilizzare metodologie più adeguate nel dare sostegno agli allievi immigrati (affiancamento, apprendi- mento cooperativo…), rendendoli consapevoli che spesso il vero problema sta nel fatto che non capiscono e non perché non stanno attenti o non hanno voglia di studiare; – una maggiore adeguatezza riguarda inoltre anche i programmi e la loro distri- buzione per tempi fasi, in quanto il loro svolgimento nei confronti di questa 93 particolare utenza richiederebbe di essere più flessibili e/o tempi più lunghi, in considerazione del loro ritardo culturale e linguistico; – infine anche i contatti tra il Centro e le famiglie degli immigrati e le associa- zioni delle comunità etniche a cui appartengono dovrebbero essere maggiori e più approfonditi. 2. L’ENAIP - VENETO Il focus è stato realizzato presso il CFP ENAIP di Dolo, ma ad esso hanno par- tecipato i rappresentanti di tre Centri ENAIP del Veneto, Dolo, Mirano e Noale, co- ordinati da un unico direttore; oltre a quest’ultimo erano presenti tre tutor (uno per Centro), due figure di RUO (Responsabile Unità Operativa), un docente e un ope- ratore dell’orientamento. 2.1. Dati complessivi dei 3 Centri Anche la scheda che è stata compilata riporta i dati complessivi di tutti e tre i Centri, in base alla quale si evince che la presenza degli allievi immigrati relativa- mente all’a.f. 2006-07 varia dal 15 al 20%, è composta in parti simili da maschi (53.6%) e da femmine (46.4%), i quali presentano un’età media piuttosto elevata (tra 18 e 25 anni); provengono per lo più dai Paesi dell’Est (42.4%) e dall’Africa (39.1%), mentre i latinoamericani e gli asiatici costituiscono una minoranza (9.9 e 8.6%, rispettivamente). I maschi si inseriscono preferibilmente nei corsi del settore elettrico e mecca- nico e le ragazze nel settore estetico, amministrativo, dei lavori d’ufficio e della ri- storazione. Le attività di supporto che i Centri offrono agli immigrati riguardano soprattutto l’accoglienza, l’orientamento ed il bilancio di competenze. 2.2. Analisi dei contenuti del focus 2.2.1. Logistica organizzativa nel trattamento degli allievi immigrati L’esperienza con allievi di origine migratoria ha avuto inizio dall’anno 2000 in poi, ed è cresciuta parallelamente al complessificarsi delle diverse presenze per estrazione geografica ed etnica. Si fa subito osservare che la maggioranza di questa utenza è nata in Italia, per cui il problema della lingua qui non è stato molto avvertito, semmai il bilinguismo a cui fanno ricorso questi allievi è un fenomeno che si caratterizza per utilizzare, a fianco della lingua madre, preferibilmente il dialetto veneto piuttosto che l’italiano. I 3 Centri usufruiscono di una figura definita “Responsabile delle Unità Opera- tive” (RUO), finalizzata a risolvere i casi più gravi, mentre in via normale i contatti con gli immigrati vengono tenuti/affidati al tutor formativo in quanto è a lui che si rivolgono quando hanno dei problemi. Di conseguenza anche i colloqui con gli al- 94 lievi e le famiglie avvengono prevalentemente attraverso questa figura operativa; soltanto se si verificano casi che il tutor non è in grado di risolvere da solo allora interviene il RUO. Il tutor formativo si relaziona con gli allievi sia all’interno della classe che negli spazi extracurricolari, rileva i loro problemi ed in tal modo ha l’opportunità di osservare il formarsi di quei gruppi e sottogruppi che spesso sono all’origine di dis- ordini (che talora si presentano trasversali alle classi). In particolare nei confronti degli immigrati spetta al tutor appurare fin dai colloqui iniziali da quanto tempo sono in Italia loro ed i loro genitori, qual è la composizione familiare, come si rela- zionano in famiglia, insomma capire il loro retroterra di esperienze ed in partico- lare il background culturale. In questo modo si riesce ad ottenere delle informa- zioni che poi vengono utilizzate nei successivi colloqui per sapere in che stato si trovano; non solo, ma il profilo di ogni ragazzo viene poi messo a disposizione e socializzato all’intero corpo docente. Oltre a queste figure di intermediazione i Centri usufruiscono di un servizio di mediazione culturale attivato dalla Provincia di Venezia e affidato ad una coopera- tiva di servizi sociali, la quale tuttavia si occupa anche di altri casi difficili (disagio minorile, inserimento lavorativo, carceri….). Per attivare il servizio di mediazione della cooperativa i Centri hanno predisposto una scheda-utente attraverso la quale vengono offerte le informazioni necessarie a predisporre poi l’intervento. A seguito della richiesta interviene la figura di mediazione specializzata per affrontare il caso, la quale opera attraverso una serie di colloqui con l’allievo ed il tutor al fine di in- dividuare la strategia da mettere in atto. Questa prassi ha dato in certi casi risultati positivi. Al riguardo è stato riportato un caso di inserimento in classe di una ragazza mussulmana che non veniva accettata perché indossava gli abiti tradizionali e che poi è stato risolto positivamente sia per la ragazza che per la classe grazie all’inter- vento del mediatore che è andato a beneficio Coerentemente ai dati riportati nella scheda dei Centri, i partecipanti al focus hanno fatto osservare che gli immigrati maschi si inseriscono preferibilmente nei corsi del settore elettrico e meccanico e le ragazze nel settore estetico, amministra- tivo, dei lavori d’ufficio e della ristorazione. E mentre per i primi non ci sono pro- blemi nel trovare lavoro, queste ultime trovano più difficoltà già a partire dalla fase stessa di partecipazione allo stage, in quanto soprattutto le piccole aziende manife- stano una certa diffidenza nei loro confronti. Tale diffidenza scaturisce da pregiu- dizi che riguardano non tanto il possesso dell’italiano quanto piuttosto afferiscono a vere e proprie forme di razzismo soprattutto nel campo della ristorazione e dell’e- stetica, ossia là dove entra in gioco soprattutto il colore della pelle; in questi casi l’operatore che fa la richiesta all’azienda si trova di fronte ad un rifiuto mascherato da:: “sa, io non sono razzista, ma ho una certa clientela che farebbe dei problemi per farsi massaggiare da una ragazza di colore…”. Tuttavia in parte la diffidenza viene provocata anche da queste ragazze, in quanto provengono da culture dove 95 mancano alcuni valori deontologici legati all’attività lavorativa femminile, quali il rispetto dell’orario di lavoro, l’assunzione di responsabilità sul lavoro ecc. Inoltre per le famiglie che queste ragazze hanno alle spalle il fatto che possano arrivare ad ottenere una qualifica non è molto importante e questo viene a pesare sulla loro continuazione del percorso, rendendo così meno sicuro di poterlo portare a termine. 2.2.2. Buone pratiche messe a punto per fronteggiare determinati fenomeni 1) Uno dei problemi più gravi che i Centri si trovano ad affrontare è l’abbandono del corso per andare a lavorare. In Veneto il mondo del lavoro esercita una forte attrattiva sulla condizione giovanile, e di questa cultura sono rimasti in- fluenzati anche gli immigrati, in quanto talora è la famiglia stessa che fa pres- sione sul ragazzo al fine di aumentare il reddito familiare. Tuttavia l’abban- dono comporta, al di là della debolezza professionale causata dalla mancanza di qualificazione, anche pericoli di sfruttamento e di rapido licenziamento in caso di esuberi. Per evitare di cadere in queste trappole i Centri si sono orga- nizzati facendo in modo che i qualificati possano entrare nel mondo del lavoro attraverso il tirocinio formativo, ossia sfruttando la normativa prevista dal co- siddetto “Pacchetto Treu” il quale prevede che l’allievo sta ancora a carico del Centro, e quest’ultimo fa un contratto di tirocinio formativo con aziende che ricercano personale qualificato. In questo modo i qualificati ottengono un la- voro all’interno di un progetto formativo, ossia hanno una borsa-lavoro per un periodo che va da 3 a 6 mesi. L’esperienza fatta attesta che nel 99% dei casi il tirocinio si è trasformato poi in un contratto vero e proprio di lavoro a tempo determinato. Al punto che in certi casi si è assistito ad una chiusura anticipata del tirocinio in quanto l’azienda ha subito assunto la persona che si è dimo- strata particolarmente preparata. 2) Un’altra strategia utilizzata dal Centro contro il problema dell’abbandono è quella del patto formativo, firmato dai responsabili delle attività di accoglienza e di orientamento oltre che dall’allievo e dai genitori. In questi casi viene riser- vata una particolare attenzione e cura ai genitori degli allievi del primo anno per coinvolgerli maggiormente fin dall’inizio nel cammino che i figli stanno intraprendendo, attraverso frequenti incontri e colloqui; mentre negli anni suc- cessivi i genitori vengono interessati di più sui problemi di comportamento del figlio. In questi incontri sono presenti anche tutti i docenti: ognuno si presenta e dice quel che fa; quindi si apre il dialogo e si lascia che ognuno intervenga in rapporto a precise tematiche/problematiche di volta in volta oggetto di tratta- zione a seconda degli eventi che si sono verificati nel Centro o delle attività o decisioni che si intendono prendere. 3) La famiglia immigrata diventa un grosso ostacolo e/o diventa un vero pro- blema quando vuole ritirare i figli dal Centro per mandarli subito a lavorare (a certe famiglie non interessa più nulla della scuola quando trovano un lavoro per il figlio). In questi casi si è visto che la strategia vincente è stata quella di 96 mettere i genitori a confronto con giovani della stessa etnia che invece hanno conseguito con successo la qualifica. In considerazione della stima che da parte del Centro viene a godere un loro concittadino, anche la famiglia ac- quista una maggiore fiducia nella struttura. 4) Un altro problema è quello dell’assenza della famiglia nel contatto con il CFP. Tale problema si pone anzitutto quando si ha a che fare con delle assenze o dei ri- tardi o delle uscite anticipate degli allievi. In questi casi non si riesce a capire le giuste ragioni anche quando si manda a chiedere ai genitori di giustificare questi comportamenti in quanto non si sa poi come i figli traducono queste richieste ai genitori o anche perché i genitori spesso, a seconda delle situazioni, fanno finta di non capire; quindi anche la giustificazione che viene mandata indietro in realtà non si sa bene da chi sia stata firmata. Un altro problema ancora è con i genitori dei ragazzi cinesi in quanto gli adulti non parlano l’italiano per cui non si riesce a sapere se gli adulti presso cui vivono questi allievi sono effettivamente i genitori o chi altro; ma, anche nel caso di veri genitori non si riesce mai ad avere la loro pre- senza per colloqui individuali negli incontri comuni. In tutti questi casi ed altri ancora si è visto che l’unica via è quella di far inter- venire il mediatore culturale perché parli direttamente con i genitori andando lui stesso a casa loro. Il fatto che questo mediatore parlando la stessa lingua faccia comprendere il caso-problema è determinante per il Centro per poter mantenere un canale di comunicazione con la famiglia. 5) Un’ulteriore strategia è stata quella di formare una rete per l’accompagna- mento al lavoro. Si è visto infatti che nel tempo i tre Centri si sono strasformati poco alla volta in una vera e propria agenzia di collocamento in quanto sono diventati il punto di riferimento di molti degli ex-allievi qualificati i quali, dopo aver fatto inutilmente il giro dei vari Centri per l’Impiego presenti nel territorio, sono poi ritornati qui per cercare un supporto all’occupazione. In questi casi si è visto che il tirocinio formativo diventa una vera e propria for- mula di accompagnamento al lavoro. 6) Ai fini dell’integrazione nel territorio delle comunità etniche il CFP di Dolo ha messo a disposizione ogni anno il parco interno della villa dove è collocato per fare la Festa dei Popoli, a cui partecipano tutte le associazioni degli immigrati e dove vengono messi in mostra i prodotti tipici artigianali e per degustare quelli delle varie cucine etniche. 2.2.3. Esempi di strategie d’intervento finalizzate all’integrazione nel gruppo- classe Nell’elencare le buone pratiche messe a punto nell’attività finora svolta a so- stegno degli allievi immigrati, i vari partecipanti al focus hanno riportato anche al- cuni esempi pratici di come sono intervenuti a fronte di determinati fenomeni che si sono provocati, in particolare all’interno del gruppo-classe. 97 1) In una classe dove era presente un gruppo di ragazzi italiani borderline si è creata un’alleanza tra questi ultimi e un altro gruppo di immigrati al fine di esercitare marcate forme di discriminazione e di bullismo nei confronti di al- lievi cinesi. In questo caso si è fatto ricorso alle seguenti strategie: - nel programma di storia si è partiti dal far conoscere la storia dell’emigra- zione italiana ed anche veneta nei vari Paesi del mondo, presupponendo che, rovesciando i ruoli, si producesse una maggiore apertura e sensibilità verso i compagni di banco immigrati; - un mediatore culturale fatto venire appositamente dalla cooperativa di servizi sociali ha fatto vedere una serie di documentari sull’immigrazione a cui ha fatto seguire una discussione nella classe-problema. 2) Per quanto riguarda in particolare l’integrazione degli alunni cinesi nel gruppo- classe (che l’esperienza insegna essere particolarmente difficile non solo per la lingua ma anche per lo stigma di cui sono portatori e per la loro stessa chiu- sura) si è visto che buoni risultati sono stati ottenuti quando nell’accogliere dei nuovi arrivati si è fatto ricorso e sono stati opportunamente coinvolti gli al- lievi più grandi e/o già da tempo presenti nel Centro. 3) Un altro momento di forte integrazione emotiva è avvenuto quando un ragazzo del Centro, di origine mussulmana, si è suicidato; in questo caso l’aver accom- pagnato alla cerimonia funebre, che era di rito mussulmano, tutti gli allievi del Centro ha provocato un momento di forte coesione in cui tutti si sono sentiti coinvolti al di là delle provenienze, delle etnie, dei pregiudizi. A seguito di questo lutto è partito il programma di intercultura e si è dato avvio anche ai lavori di gruppo sull’integrazione. 2.2.4. La formazione della rete I tre Centri ENAIP fanno parte di un’azione di rete formata dai rappresentanti della Provincia e di tutti i Comuni dell’area, più le ASL, i SERT, i Servizi per l’Im- piego, la Croce Rossa, la Caritas ed altre associazioni che si occupano dell’educa- zione di strada. La rete funziona attraverso la messa in atto di determinati progetti (all’ENAIP sono affidati soprattutto quelli sull’orientamento): di fronte ad un pro- blema che emerge, su sollecitazione di un partner della rete o delle stesse istituzioni si comincia ad elaborare un progetto al quale ogni partner aderisce in base alle competenze. Tali progetti riguardano indistintamente sia gli autoctoni che gli immi- grati. Questo modo di fare permette di non sentirsi più soli di fronte all’insorgere di problematiche sociali. Inoltre l’ENAIP fa parte della Consulta Provinciale per l’immigrazione, che è un organo di consultazione promosso dall’Assessorato Provinciale al Lavoro con il compito di intervenire su progetti di integrazione sul lavoro degli immigrati con particolare riferimento alle donne e al problema delle badanti, in quanto la Pro- vincia presenta il più alto tasso di anzianità del Veneto. Nella Consulta sono pre- senti ovviamente anche le associazioni degli immigrati (l’Associazione delle 98 Donne Ucraine, l’Associazione di Comunità professionali gestite da immigrati, l’Associazione dei Maghrebini, ecc.). I Comuni della Riviera del Brenta hanno una rete estesa di sportelli rivolti in particolar modo alle donne immigrate, ed anche questa attività è il prodotto di un progetto per le pari opportunità. Per cui in pratica si può dire che in questi ultimi anni le amministrazioni Regionali, Provinciali e Comunali partecipano attivamente, assieme alle scuole, ai Centri di Formazione Professionale e ad altre istituzioni pubbliche e private alla rete dei servizi rivolti alle fasce deboli della popolazione. Questa rete diventa un interlocutore privilegiato in vista dell’attività progettuale e del varo di leggi e delibere varie a sostegno di queste fasce, il cui coordinamento è stato affidato a FORMA Veneto. 3. IL CNOS-FAP E IL CIOFS/FP DI BOLOGNA 1 Al focus hanno preso parte 11 persone, in rappresentanza di 6 Enti/Istituzioni. Va subito fatto notare che per quanto riguarda la Famiglia salesiana, oltre al CNOS- FAP era presente anche un rappresentante del CIOS/FP. Per il CNOS-FAP presen- ziava la dirigenza al completo nelle persone del direttore dell’Opera e del CFP, più alcuni docenti responsabili di particolari settori. Inoltre erano presenti un Consigliere comunale, due rappresentanti della Con- fartigianato, uno per i Centri per l’Impiego, uno per la Caritas e uno per l’AECA. 3.1. I dati della scheda Contestualmente all’anno a cui si richiedeva di fare riferimento (2005-06), gli allievi di origine migratoria iscritti nei corsi del Centro erano 51 su 220 (circa uno su quattro), quasi tutti maschi e sotto i 18 anni, provenienti soprattutto dai Paesi asiatici e in parte dall’Est europeo, qualcuno anche dall’Africa e dall’America La- tina. Essi hanno frequentato sia i corsi biennali sull’obbligo formativo che quelli post-diploma nei settori meccanico, grafico, termoidraulico e falegnameria (questi ultimi due nella sede distaccata di Castel de’ Britti). Al termine di questi corsi si co- stata tuttavia che soltanto due su tre sono riusciti ad ottenere la qualifica mentre la quota residua ha abbandonato il corso. Inoltre in calce alla scheda si fa notare che il CNOS-FAP di Bologna ha realiz- zato con successo un corso specificatamente rivolto a un aula composta esclusiva- mente da 12 immigrati adulti (over 25 anni) extracomunitari disoccupati, in regola con il permesso di soggiorno: Corso P.A. 2006-0159/Rer PIN “Percorsi di Inclu- 1 A seguito dell’incontro di Bologna, il Centro ha redatto un report a parte sulla situazione degli immigrati, che è stato riportato per intero in Appendice n. 1. 99 sione socio-lavorativa per le persone immigrate”, il quale fa parte di un progetto integrato più ampio finanziato dalla Regione E/R con delibera di G.R. n. 06- 001156 del 05/08/2006 ob.3 B1. Infine nell’analizzare il supporto offerto in questi ultimi 5 anni agli immigrati durante i percorsi formativi vengono dappertutto segnalate attività di informazione, accoglienza, orientamento, alfabetizzazione linguistica, sostegno all’inserimento, educazione interculturale e alla cittadinanza democratica, partecipazione ad attività extracurricolari. A loro volta le metodologie a cui si è fatto ricorso nello svolgi- mento di tali attività riguardano in particolare l’apprendimento cooperativo, il tuto- ring tra pari e lo stage; inoltre fin dall’a.f. 2003-04 è stata inserita nel Centro la fi- gura del mediatore interculturale. 3.2. Analisi dei contenuti del focus 3.2.1. Logistica organizzativa nel fronteggiare l’emergenza Nella fase di apertura del dibattito un po’ tutti i partecipanti al focus sono par- titi dal segnalare che in questo momento Bologna sta attraversando un particolare periodo di emergenza dovuto all’arrivo in massa di giovani immigrati provenienti soprattutto dall’Iran, dall’Afganistan e dall’Eritrea, dotati di permesso di soggiorno per motivi umanitari, i quali pur avendo il permesso di lavorare tuttavia non possie- dono la lingua e nei cui confronti si richiedono anzitutto interventi di prima neces- sità (buoni pasto, gettone per la mobilità…). In questi casi, è stato fatto subito osservare, è difficile stabilire il “che fare” in termini di attività formative da progettare nei loro confronti. In ogni caso tutti con- cordano sul fatto che nel rispondere a questi bisogni emergenti occorrerebbe pro- porre/attivare corsi brevi, flessibili e il più possibile rispondenti ai bisogni e alle at- tese dell’utenza, aggiustando il tiro di volta in volta. (“non si può pensare a per- corsi di 5-600 ore quando l’immigrato ha urgente bisogno di lavorare…”, è stato osservato). Sempre a questo riguardo è stato fatto notare che non è necessario che tali per- corsi arrivino subito alla qualifica, la normativa regionale prevede infatti una serie di “pacchetti” composti da unità di competenze da certificare e che, assommati di volta in volta, portano poi a conseguire una qualifica relativa ad un profilo speci- fico. Questa potrebbe essere nel tempo una strategia da adottare nei confronti di chi non può seguire i normali percorsi formativi tutto in una volta. È chiaro che in questo caso si sta parlando di persone migrate adulte con esi- genze particolari, che sono prevalentemente quelle di lavorare, di mantenersi, di mantenere la famiglia, Tuttavia questa premessa è risultata opportuna per invitare successivamente i partecipanti ad affrontare la problematica nel suo più ampio aspetto. Ossia il tentativo di voler affrontare l’emergenza attraverso i cosiddetti “corsi destrutturati”, brevi, flessibili, mirati, si richiede di tener conto di volta in volta e/o di caso in caso la fascia di utenza, a quale tipologia di destinatari ci si sta 100 indirizzando nel diversificare l’offerta, a quale esigenze prioritarie si intende far fronte attraverso l’allestimento di questi corsi. A seguito di questa prima puntualizzazione è emersa poi l’esigenza di distin- guere anche tra immigrati uomini e donne nell’indirizzare la proposta formativa. Contestualmente all’indotto produttivo territoriale si tiene a precisare che per l’u- tenza maschile le proposte formative si articolano prevalentemente nel settore della meccanica, dove c’è una fortissima richiesta e le percentuali di inserimento lavora- tivo sono molto elevate, fino a garantire sbocchi occupazionali al 100%. Diverso è invece attivare percorsi formativi per le donne. Alcuni esponenti sono partiti dal far notare subito che, sulla base dell’esperienza maturata all’interno del proprio Ente, raggiungere le donne immigrate è molto difficile, è un processo lungo, complicato, per cui quando si riesce ad organizzare dei percorsi formativi ri- volti alle donne extracomunitarie è già un grandissimo successo, poiché c’è tutta una serie di problematiche e di elementi critici da affrontare: le donne anzitutto non vengono lasciate libere di rivolgersi ai servizi presenti sul territorio per informarsi sulle opportunità formative, per cui è già difficile prendere contatti diretti con loro; inoltre anche quando ciò è possibile spesso vengono accompagnate dagli uomini i quali ovviamente condizionano le scelte. A seguito di questa premessa tutti comunque concordano nel ritenere che nei confronti delle donne la proposta formativa va indirizzata prevalentemente nel set- tore dei servizi alla persona: badanti, servizi di cura, operatori sanitari; mentre per altri settori, come quello ad esempio dell’addetto alle vendite nel settore alimentare per certe donne di origine islamica ad esempio non va bene, per cui bisogna avere tutta una serie di attenzioni al momento di progettare l’offerta. Di questa differenza di genere si è fatto particolarmente interprete il CIOFS/FP, grazie ad una consolidata esperienza a realizzare attività formative per donne immigrate fin dagli inizi degli anni ’90. Facendo nuovamente riferimento alla normativa regionale che permette di conseguire una qualifica attraverso pac- chetti formativi composti da unità di competenze, si conferma che la differenza di genere è un elemento assolutamente imprescindibile per lavorare con le donne im- migrate, in quanto richiede precise scelte che nello specifico hanno riguardato de- terminati settori quale quello socio-sanitario e dei servizi alla persona; inoltre si fa ancora osservare che lavorare con e per le donne comporta un’attenzione in più, ossia che la struttura faccia da epicentro, divenga per loro un costante punto di rife- rimento nell’accompagnarle lungo l’intero ciclo di attività promosse a loro favore. Prima di chiudere sull’aspetto organizzativo l’attenzione è stata rivolta anche a quella componente di immigrazione femminile che arriva già dotata di titoli di studio che attestano di acquisite competenze linguistiche e formative e/o che co- munque appare dotata di esperienze professionali pregresse. Nei loro confronti po- trebbero essere offerti, ai fini di un rapido inserimento lavorativo, percorsi persona- lizzati che permettano di valorizzare l’esperienza passata rafforzandone le compe- tenze attraverso tirocini pratici. 101 3.2.2. Suggerimento di buone pratiche, per quanto riguarda: 1) Saper affrontare l’emergenza: “Bisognerebbe avere a disposizione un pacchetto di corsi da attivare subito come “pronto soccorso” nella fase dell’emergenza: per esempio, nel momento in cui questi arrivano bisognerebbe farglieli fare subito, prima che entrino in un determinato punto di emarginazione sociale, ma non solo i grandi, ma anche i piccoli, fino a che non vengono a scuola, se non vogliamo che riman- gano sulla strada; ammettiamo che arrivano in agosto e le nostre scuole co- mincino in settembre: quest’anno abbiamo organizzato un corso per quelli che sono appena arrivati perché poi possano inserirsi; la vedo come un’esigenza forte…”. “Bisogna innanzitutto secondo me lavorare per fare del mix di formazione subito di italiano, perché senza sapere l’italiano non si va da nessuna parte, e subito un percorso di accompagnamento, più che per qualifiche, ma del tipo di accompagnamento personalizzato, di tirocini formativi che in qualche maniera li inseriscono a fare esperienze di lavoro, perché da soli con questi pochissimi strumenti che hanno in mano non potranno far nulla se non ingrossare le fila dell’emarginazione e le strade”. 2) Attività di sportello e di accompagnamento: “Fin dal 1998 è stato sperimentato dal CIOFS-FP uno sportello rivolto alle donne immigrate all’interno di un’iniziativa comunitaria: questa esperienza è stata rielaborata e trasferita poi in altri territori ovviamente assumendo carat- teristiche specifiche rispetto al territorio dove andava ad essere trasferita questa buona pratica”. “Azioni di accompagnamento all’inserimento lavorativo per coloro che hanno già delle competenze spendibili”. 3) Sostegno alla genitorialità: “Un percorso formativo per le mamme dei ragazzini con l’obiettivo di avvi- cinare le mamme al contesto scolastico, perché molti di questi ragazzini sono abbandonati nel contesto scolastico, per cui i genitori magari non sanno nulla di quello che accade là dentro… Noi abbiamo fatto questo percorso, che era un percorso ovviamente di orientamento, di conoscenza del territorio, ab- biamo affrontato il discorso dell’informatica per dare loro qualche elemento di informatica, però l’obiettivo finale era quello di far conoscere alle mamme il contesto nel quale i loro figli passano la maggior parte del tempo…”. 4) Progetti di tutoraggio/affiancamento alle scuole: “Il progetto ‘Sei Più’ è un’azione di tutorato di tipo più scolastico cioè non tanto fare dei corsi di italiano per stranieri, che ci sono comunque nell’offerta scolastica, quanto di avere un qualcuno che si affianchi e che aiuti a stare nel percorso scolastico, perché poi il problema non è solo la lingua ma la lingua 102 applicata alle materie, non è solo il problema dell’italiano ma il problema di conoscere l’italiano applicato alle discipline; è lì infatti che poi cadono tutti, perché c’è un discorso tecnico, c’è un discorso di non essere abituati a studia- re, di non essere abituati a fare i compiti, allora in questi casi un tutoraggio, un affiancamento, come sostegno all’apprendimento, alla motivazione”. 5) Iniziative varie mirate a favorire la partecipazione delle donne immigrate ai percorsi formativi: “Per l’inserimento delle donne immigrate nei corsi regolari nella nostra esperienza si è fatto ricorso a strategie/metodologie trasversali ai vari per- corsi formativi: - creare un ambiente accogliente; questa è la cosa principale dall’inizio alla fine del percorso, significa voler far stare bene l’utente nel contesto for- mativo. Ciò è possibile grazie alla presenza di un Tutor che non ha funzione di docenza ma piuttosto quello di accompagnare, che a volte vuol dire anche fisi- camente telefonare quando non vengono, capire i motivi, aiutare a trovare una sistemazione per i bambini durante il percorso formativo, vuol dire proprio mettere nelle condizioni di poter partecipare a un percorso formativo; - un altro elemento importante del percorso è lo stage in azienda, quindi il fatto di poter avere l’opportunità di fare un’esperienza comunque in un con- testo lavorativo, come esperienza formativa; a questo riguardo si può dire che nel corso degli anni sono progressivamente diminuite le problematiche: i primi anni dei corsi per signore anche inserire in una struttura protetta, in contesto protetto non è stato subito immediato, adesso con il passare degli anni anche il contesto lavorativo è più facilmente accessibile… c’è più possibilità. - un altro elemento che funziona nella logica di consentire la partecipa- zione è il gettone di presenza, cioè la possibilità che vien data dal Fondo So- ciale Europeo di poter usufruire di una certa quota giornaliera; - infine è risultato determinante, sempre ai fini della partecipazione, il so- stegno alle mamme attraverso il babysitteraggio, ossia mettere a disposizione una persona pagata per tenere i bambini durante il corso”. 3.2.3. Interventi di rete Dopo aver portato esempi di buone pratiche sulla base delle esperienze matu- rate, l’attenzione dei partecipanti al focus si è spostata quindi sulla consistenza e qualità dell’offerta formativa presente nel territorio a favore degli immigrati. Per quanto riguarda la consistenza, si ritiene che l’attuale offerta dei corsi sia più che sufficiente a fronteggiare il fabbisogno, semmai quello di cui si avverte il bisogno è di arrivare a ricostruire un’esatta mappatura soprattutto in funzione della qualità dell’offerta erogata. Queste perché a fronte di quelli che stanno funzionando bene in quanto vengono fatti con metodologie e con moduli che vanno incontro alle esigenze degli immigrati (come si è visto nel caso della presenza di tutor, dell’ac- compagnamento, del babysitteraggio…), si danno alcune realtà che riescono ad ot- 103 tenere i finanziamenti per attivare i corsi ma non analizzano a priori il fabbisogno, il rapporto domanda-offerta formativa ed occupazionale. Di conseguenza è stato avvertito come prioritario il bisogno della formazione del- la rete tra tutti i soggetti, quindi oltre agli Enti che fanno capo ai sistemi formativi, oc- corre coinvolgere nella rete le amministrazioni locali, le associazioni di categoria, i centri per l’impiego ed altri attori del privato sociale (Caritas, associazioni di volonta- riato, ecc.). Importantissimo è soprattutto il raccordo con il tessuto imprenditoriale e con il sistema delle imprese per raccogliere quelli che sono i possibili sbocchi occu- pazionali agli immigrati e fornire loro il percorso formativo più adatto. Infine è stato fatto osservare che nelle politiche migratorie talora si sono create divisioni all’interno degli Assessorati di una stessa amministrazione pubblica, mo- tivo per cui oggi si avverte l’urgenza di istituire una rete che dia coerenza e omoge- neità agli interventi. 4. IL CIOFS/FP DEL LAZIO Il focus è stato realizzato a Roma, presso la sede nazionale del CIOS/FP, e ad esso hanno preso parte due rappresentanti dell’Ente, una per la sede nazionale e una per quella regionale, e un rappresentante di un’agenzia di incubazione d’im- presa e in parte anche della Caritas. 4.1. Dati complessivi dei 6 Centri Il CIOFS/FP attraverso la scheda informativa sulle proprie attività ha prodotto una documentazione relativa a tutti e 6 i Centri del Lazio, in base alla quale emerge il seguente quadro, contestualmente all’utenza oggetto di trattamento: – la presenza degli immigrati in 5 Centri varia tra il 10 e il 15% degli iscritti, ma in un CFP (Ginori) raggiunge quota 33%; – si tratta in maggioranza di donne (ma anche i maschi costituiscono una quota di tutto rispetto - 43%), e di minorenni (87%); – provengono soprattutto dai Paesi dell’Est (46%) e dall’America Latina (35%) e in parte anche dall’Africa (11%) e dall’Asia (8%); – durante gli ultimi 5 anni si sono iscritti prevalentemente a corsi nei settori ter- ziario-informatico, turistico-alberghiero e aziendale-amministrativo. Dal canto suo il CIOFS/FP ha attivato a favore degli immigrati, in tutti i Centri e negli a.f. che vanno dal 2002 al 2007, un po’ tutte le attività di supporto elencate nella domanda, coinvolgendo anche figure specialistiche oltre quelle di sistema, ossia: informazione, accoglienza, orientamento, bilancio di competenze, accompa- gnamento al lavoro e counseling individuale e di gruppo per gli allievi, i formatori e le famiglie. Così pure le metodologie utilizzate dappertutto, e con riferimento sempre all’arco di tempo contemplato, sono state lo stage, i LARSA e l’e-learning. 104 4.2. Analisi dei contenuti del focus Anche nel trattare i vari argomenti della griglia in genere si è fatto riferimento all’insieme delle attività promosse nei 6 Centri. Il focus ha preso avvio focalizzando l’attenzione nella prima parte sull’attività di rete in cui è coinvolto l’Ente per svolgere azioni formative a favore degli immi- grati. 4.2.1. Attività promosse in partnership 1) Un progetto integrato con la Caritas prevede un ampio spettro di azioni forma- tive: a) un’azione di ricerca che va ad interloquire non soltanto con gli immigrati ma anche con chi lavora con gli immigrati e con le aziende per cercare di capire che tipo di incrocio può esserci tra domanda e offerta la dove si ha a che fare con persone immigrate; b) per quanto riguarda le azioni formative, sono stati dati: - 2 corsi di formazione superiore per mediatore culturale e per operatore di sportello agli stranieri, aperto sia a cittadini italiani che a cittadini stra- nieri; - 2 invece a profilo di qualifica: uno per assistente familiare, e l’altro corso totalmente finalizzato all’integrazione di chi per vari motivi, pur avendo ottenuto il permesso di soggiorno, non riesce tuttavia ad integrarsi con la comunità; c) una grossa azione orientativa che ha previsto: - uno sportello di accoglienza; - azioni di mediazione culturale, pari opportunità, counseling, bilancio di competenze e, per chi ne aveva bisogno, l’assistenza specializzata di una psicologa clinica; 2) Attraverso una convenzione specifica con l’Incubatore “Imprese senza Fron- tiere”, è stata attivata una fase di accompagnamento al lavoro, sia dipendente che mirato alla job-self creation, dedicata agli immigrati. La convenzione con l’Incubatore prevedeva l’apertura a tutte le tipologie d’impresa, individuali, so- cietarie e cooperativistiche. Quelle finora realizzate sono soprattutto nel campo artigianale (sartorie, collane/rosari di perle, articoli di bigiotteria…) e della ge- stione di servizi (manutenzione, ristrutturazioni, agenzia per le pratiche degli immigrati quali la regolarizzazione, i permessi di soggiorni, i passaporti…). Ovviamente in questo caso si è avuto a che fare con giovani adulti e adulti. 3) L’Ente inoltre è in contatto con numerose scuole del territorio provin- ciale/regionale: - sia le superiori, per quei qualificati della FP che intendono completare gli studi fino al diploma; - sia con le scuole di EdA, per i rientri in formazione di giovani adulti e adulti. 105 4) Inoltre nella rete sono presenti agenzie e strutture varie: di assistenza sociale, di difesa dei diritti, di avvocatura, ecc.; in particolare trattandosi di attività in favore delle donne in generale e delle donne immigrate, il rapporto è con la Casa Internazionale della Donna che ha al suo interno la “Casa dei Diritti”, anche se si ammette che in questo caso si tratta di un rapporto di non sempre facile collaborazione. 4.2.2. Strategie d’intervento La seconda parte dell’intervento si è concentrata nel riportare le differenti stra- tegie a cui si è fatto ricorso a seconda delle problematiche emergenti. 1) Per l’integrazione Una problematica fortemente avvertita ha riguardato, come dappertutto all’in- terno dei sistemi formativi, l’inserimento e l’integrazione degli allievi nel gruppo-classe. Nel fronteggiare la problematica sono state riportate le seguenti buone pratiche: a) è stata data una forte attenzione alla formazione delle risorse umane, ossia nel formare i formatori o l’équipe d’aula a saper gestire le dinamiche pro- vocate dall’effetto-stigma verso lo straniero; all’atto pratico questa forma- zione è consistita in: 90 ore sulle dinamiche, 90 ore sui problemi dell’immi- grazione e del disagio, 90 ore il tutoring, 90 ore per i percorsi personaliz- zati, 90 ore di gruppo misto su tutte le problematiche dell’organizzazione della comunicazione interna, 90 ore sull’autovalutazione; b) a seguito di questo primo intervento è stata data attenzione alla dimensione relazionale, elevando/migliorando il livello di comunicazione tra docenti, tra docenti e allievi, tra docenti e famiglie, tra famiglie e direzione e tra do- centi e altro personale (con particolare riferimento alla collaborazione con psicologi, orientatori e altro personale specialistico); c) inoltre si è dimostrato fondamentale, per integrare gli immigrati nel gruppo- classe, lavorare molto sulle dinamiche di gruppo, quale ricaduta della for- mazione offerta ai formatori; d) a completamento degli interventi formativi è stato attivato (a spese del- l’Ente, in quanto non previsto nel badget finanziario pubblico) un servizio di counseling individuale sia per gli allievi che per le famiglia, ed inoltre sono stati coinvolti nelle attività didattiche istituzioni e associazioni varie per promuovere lezioni laboratoriali e/o seminari di studio a scopo informa- tivo-preventivo, quali il CEIS, i Vigili del Fuoco, le Forze dell’Ordine per i servizi antidroga ed altre ancora. Inoltre le attività finalizzate all’integrazione non hanno riguardato solo gli al- lievi ma anche gli stessi genitori e le famiglie. A questo riguardo vengono promossi incontri formativi di auto-mutuo aiuto per aiutare la genitorialità ad integrarsi e a crescere i figli di fronte alle problematiche tipiche dell’adolescenza, al comporta- mento e rendimento scolastico, all’integrazione nel gruppo-classe. 106 Infine è stata riportata una interessante esperienza fatta con e tra genitori: in questo caso sono stati i genitori immigrati che hanno “interculturato” i genitori ita- liani facendo conoscere e apprendere la cultura, la culinaria, la musica, la danza, la letteratura ed altre tradizioni dei diversi Paesi di provenienza. 2) Per il recupero Per svolgere l’attività di recupero è stata adottata una strategia non di attesa: non si è aspettato, cioè, che gli immigrati venissero nel CIOFS/FP, ma si è an- dati da loro, direttamente sul posto. “Primo: abbiamo offerto servizi on demand, non siamo partiti dalle inda- gini per dire di questo hanno bisogno, siamo partiti dai bisogni e abbiamo co- struito sulla domanda l’offerta. Secondo: stiamo facendo micro-attività in varie sedi con un forte dispendio di energie, che vuol dire: non sono loro che devono venire al CIOFS, chi vuole venire al CIOFS ci viene, gli altri glielo andiamo a fare a casa loro. Allora ad esempio, è il condominio di piazza Vittorio, dove frequentano in 300 in mezzo al cortile; è la comunità evangelica nigeriana africana che sta a Ottavia, si va a Ottavia; è l’altra comunità che sta dietro a Porta Maggiore, nei locali della parrocchia protestante. Le attività sono molteplici: si fanno laboratori di ita- liano, si fa il segretariato sociale, quindi educazione ai diritti e doveri, leggi, mappatura dei servizi sul territorio, nome e cognome della persona a cui ti devi riferire, accompagnamento dalla persona. Durante questi incontri si va a finire che con alcuni c’è un counseling vero e proprio individualizzato perché esce fuori il problema: uno ce l’ha della casa, uno del lavoro, uno del ricongiungimento, uno della malattia. Attenzione: sta diventando un problema gravissimo fra gli adulti e anche dei giovani adulti, tra i 18 in su, la depressione fino al suicidio e alla morte, morte magari per malattia ma malattia indotta dalla depressione, perché lo stato di apolide in Italia non è riconosciuto, per cui loro non esistono, sono dei morti viventi e loro sanno di non esistere, cosicché finiscono in uno stato di depressione e di privazione e nessuno fa niente per loro. Allora l’intervento a questo punto diventa quasi clinico: cioè io ti accolgo, ti prendo e cominciamo a vedere il problema…”. Un’altra attività di recupero a cui si sta lavorando attualmente riguarda un pro- getto a favore delle cosiddette “vittime della strada”. Per poterle raggiungere si pre- vede di fare delle convenzioni direttamente con le ambasciate dei singoli Paesi di provenienza, in modo che siano loro ad inviarle presso i Centri. Dal momento che il loro principale problema sta nella non conoscenza dei loro diritti, si prevede di attivare nei loro confronti le seguenti azioni formative: un corso di alfabetizzazione per apprendimento della lingua, un servizio legale per l’apprendimento dei diritti e dei doveri, un corso di alfabetizzazione informatica. 107 4.2.3. Proposte per migliorare il servizio Nell’ultima parte del focus sono emerse varie proposte a sostegno e migliora- mento dei progetti d’intervento a favore degli immigrati. Si è partiti dal mettere in evidenza l’estrema disaggregazione dei servizi. Il problema non è la mancanza di servizi a favore degli immigrati, al contrario ce ne sono tantissimi sul territorio: il vero problema sta nel fatto che sono sparpagliati, disaggregati, manca un coordinamento e per di più per certi aspetti risultano ridon- danti, nel senso che molto spesso offrono solo certi servizi e mancano invece di altri. Inoltre un ulteriore disservizio risulta dall’attuale normativa circa il diritto of- ferto agli immigrati di proseguire di un anno l’attività formativa, in quanto pena- lizza tutti gli irregolari peggiorando di fatto la loro posizione rispetto alla prece- dente normativa: “Se sei diventato clandestino non puoi richiedere il permesso perché dovresti richiederlo al tuo paese, ma tu se nel tuo paese non puoi tornare, e allora questa che doveva essere una chance di fatto non lo è”. E comunque l’Ente prevede di ampliare/intensificare il proprio operato attra- verso le seguenti proposte: a) “Arrivare ad avere in ogni CFP un equipe stabile fissa di supporto ai forma- tori, perché ormai le dinamiche sono tali che non se ne può fare a meno, ossia le figure non possono essere isolate non possono essere saltuarie. Ci dovrebbe essere una task force di sistema sempre presente all’interno dei CFP; oggi è indispensabile dare ai formatori gli strumenti per affrontare questa nuova utenza, ma anche avere figure specialistiche; occorre arrivare ad avere una equipe che è a sostegno psicologico anche per le risorse umane a full time”. b) “Inserire in ogni Centro la figura del mediatore culturale ‘scolastico’: si av- verte il bisogno che stia all’interno della struttura formativa, proprio perché lavora con una particolare utenza e quindi deve affrontare problematiche assai specifiche rispetto ai compiti che svolge in generale la figura del media- tore culturale, per cui deve essere preparato dal punto di vista del diritto sco- lastico, della formazione e poi deve avere competenze di pedagogia, di età evolutiva, di psicologia…”. c) “Orientare l’attività formativa non solo agli immigrati giovani e regolari ma anche verso quella fascia molto ampia di immigrati e in particolare di immi- grate che hanno più di 18 anni (mediamente dai 22 ai 26 anni), che per di più hanno il problema della regolarizzazione e che vorrebbero seguire un corso di formazione professionale; dobbiamo fare in modo che la formazione professio- nale arrivi anche a loro, perché sono tantissimi, sono la maggior parte”. d) “Infine occorre intensificare la collaborazione con i CSI (Centro Servizi per l’Immigrazione) della Provincia di Roma, con l’obiettivo di creare una rete che di fatto non c’è: una persona con un problema deve sapere a chi rivol- 108 gersi; per esempio, gli apolidi hanno diritto ad un passaporto italiano, ma non tutti lo sanno e in questura non te lo dicono, allora chiami il coordinatore del CSI il quale ti dice cosa fare. E questi Centri sono tanti, appartengono alla Provincia di Roma e sono collocati dove sono i Centri per l’impiego”. 5. LA CASA DI CARITÀ ARTI E MESTIERI DI TORINO Va premesso che in questo caso più che di un vero e proprio focus si è trattato di un incontro con alcuni responsabili della sede nazionale dell’Ente, i quali hanno presentato e riportato in sintesi i contenuti di un’ampia gamma di “prodotti cultu- rali” da essi elaborati in funzione dell’accoglienza e integrazione nei sistemi forma- tivi degli immigrati, sia giovani che adulti. La peculiarità di questa relazione sta quindi nel riportare di volta in volta (ta- lora nel testo e talora in allegato 2) i vari documenti a cui essi hanno fatto riferi- mento durante l’incontro, così da rimanere fedeli ai contenuti e per di più ci per- mettono di conoscere direttamente e di usufruire di materiali preziosi da diffondere e utilizzare come buone pratiche. 5.1. Presentazione delle attività dell’Ente a favore degli immigrati Per quanto riguarda l’insieme delle attività svolte a favore degli immigrati al- l’interno dei 18 Centri che su scala nazionale fanno capo all’Ente, è stata stesa una relazione annuale dove vengono riportati dati quantitativi degli utenti immigrati iscritti nei CFP dell’Ente relativamente alla loro provenienza e al tipo di corsi fre- quentati. In questa relazione viene riportata anche una descrizione dettagliata delle attività svolte e relative valutazioni sull’operato (allegato 2). 5.2. La formazione dei formatori e della figura del mediatore interculturale L’Ente ha cominciato a lavorare con gli immigrati allestendo esclusivamente per loro dei corsi destrutturati, brevi, di preparazione al lavoro, che avevano la ca- ratteristica di alternanza: metà ore di teoria e metà di pratica e di stage. Questa prima esperienza ha portato poi a far avvertire l’urgenza di formare i formatori e poi a creare dei corsi per i mediatori culturali, etnici, di tutte le prove- nienze. Questa attività ha portato nel 2001 a standardizzare a livello regionale la fi- gura del mediatore interculturale. Nel progettare questi corsi per mediatori si è partiti rovesciando i termini del percorso: non più dagli obiettivi ai contenuti, ma si è partiti dalle azioni che il me- diatore deve svolgere per tradurle poi in termini di competenze da acquisire 2. 2 Sintesi della scheda relativa alle competenze e attività standard attribuite al mediatore intercul- turale. ELENCO COMPETENZE Valorizzare le identità dei singoli nel rispetto delle differenze Individuare vincoli e opportunità dei contesti interculturali Favorire contesti di collaborazione/ integrazione Relazioni con i servizi ELENCO ATTIVITÀ Coinvolgere l’utente straniero e i soggetti autoctoni Sostenere l’interlocutore nel processo di integrazione culturale Partecipare alla programmazione degli interventi rivolti congiuntamente agli immigrati e agli autoctoni 109 5.3. La metodologia e il percorso personalizzato A completamento dell’attività dell’Ente a favore degli immigrati ci è parso assai utile riportare sempre in allegato, anche altro materiale che ci è stato conse- gnato durante l’incontro, in quanto rappresenta delle buone pratiche messe a punto dall’Ente per lavorare con cittadini (giovani e adulti) immigrati. Nell’allegato è stato riportato un “collage” di metodologie adottate nei percorsi formativi, completati da tutta una serie di schede per documentare i vari passaggi. Tuttavia in questa sede è possibile riassumere le principali fasi in cui è stato proget- CAPACITÀ - identificare l’interlocutore attraverso la sua storia - identificare i bisogni di base e le attese dell’interlocutore - potenziare le risorse individuali dell’interlocutore - identificare le potenzialità e le aree di fragilità dell’interlocutore - garantire l’identità dell’interlocutore - analizzare flussi comunicativi - correlare dinamiche relazionali e comportamentali ad elementi culturali - identificare modalità di mediazione utilizzabili nei diversi contesti - agevolare azioni di interculturalità - promuovere azioni di mediazione - facilitare azioni di prevenzione del disagio - identificare le principali procedure operative dei servizi di riferimento - riconoscere le opportunità offerte dai servizi in relazione alle loro prestazioni - identificare le potenzialità (interne/esterne) dei servizi AZIONI - accompagnare i soggetti nel processo di integrazione - raccogliere informazioni - informare su opportunità di stabilizzazione nel tessuto sociale e culturale - stimolare al confronto - evidenziare gli effetti positivi dell’integrazione - accompagnare l’interlocutore al rinforzo della propria identità culturale e linguistica - accompagnare l’interlocutore al rispetto delle altre identità culturali e linguistiche - costruire azioni per la stabilizzazione dell’interlocutore nel tessuto economico-sociale - mappare i servizi del territorio - attivare i servizi per singole iniziative/progetti - attivare relazioni con gli operatori del contesto di riferimento - realizzare iniziative e prassi operative 110 tato un percorso personalizzato che va dall’accoglienza all’orientamento, la sua du- rata ed il sistema di verifiche 3. 1) Fasi del percorso: Fase 1: accoglienza. L’utente viene accolto nel Centro, vengono presentate le modalità e le finalità del percorso e, contestualmente, viene effettuata una prima ri- cognizione della sua storia personale e delineata una prima mappa dei servizi con i quali ha avuto contatto. Fase 2: primo bilancio di competenze. L’utente, guidato dal tutor orientativo e coadiuvato dal mediatore culturale, procede ad un’analisi, sia pure approssimativa e provvisoria, delle proprie competenze conseguite nel paese d’origine e all’estero, interessi, desideri, potenzialità. Propedeutica a questa fase è il confronto tra usi, co- stumi, tradizioni, modi di vita, di organizzazione del sapere e del lavoro nella cul- tura d’origine e in quella d’arrivo. In tale fase l’approccio sarà in parte collettivo, in parte individuale. Fase 3: presentazione dei profili professionali. Vengono presentati i profili professionali previsti dai corsi di preparazione al lavoro nei vari Centri associati in rete. Tale attività dovrà evidenziare i vincoli, i pre-requisiti e le prospettive colle- gati allo svolgimento della mansione prevista dal profilo professionale presentato. Al termine di questa fase ciascun soggetto effettuerà una prima scelta dell’indirizzo che intende seguire. In subordine è prevista la possibilità di orientare e accompa- gnare nella ricerca del lavoro quei soggetti che presentano già una sufficiente pro- fessionalità per l’entrata nel mondo del lavoro. Fase 4: stage orientativo. Vengono presentate attraverso una serie di visite guidate le reali opportunità di formazione professionalizzante offerte dal territorio. Inoltre gli utenti avranno l’opportunità di visitare centri territoriali che si occupano di mettere in contatto domanda e offerta di lavoro (CILO, Orientamento Lavoro Migranti, Sportello O.L.M., Agenzia per l’impiego…) e una serie di realtà produt- tive selezionate in base ai possibili sbocchi professionali individuati. Fase 5: progetto personale e contratto. È previsto un nuovo colloquio fra utente, tutor orientativo e mediatore culturale. Alla luce di quanto emerso dal per- corso di orientamento verrà formulato un progetto personale o patto formativo che conterrà la scelta di indirizzo formativo finale da intraprendere. 2) Durata: 30 ore 3) Equipe: è composta da diversi tutor (tutor orientativo, tutor dello sportello, mediatore culturale, insegnanti che si occupano dell’orientamento…) dal coordina- tore professionale, dai differenti rappresentanti della rete (scuola, ufficio politiche del lavoro, sportelli per migranti, imprese…). 3 Cfr. BONICA L. (a cura di), Migranti e reciprocità nella rete e nella formazione, Torino, Casa di Carità Arti e Mestieri, 2000, 263. 111 4) Verifiche: – in itinere, per evidenziare le modificazioni che intervengono nella rappresen- tazione del sé nel rapporto con le diverse agenzie con cui l’utente viene a confron- tarsi e registrarle all’interno della scheda personale; – finale, rappresentata dalla stesura del progetto personale di formazione e dalla adesione ad un successivo percorso formativo e lavorativo. Stando sempre all’interno dell’attività curricolare ci pare interessante riportare inoltre in allegato il materiale elaborato per il dialogo inter-religioso con i mussul- mani. 5.4. Il progetto “Milieu Innovateur”: il rapporto col territorio e la rete Con il maturare dell’esperienza nel lavorare con gli immigrati si è avvertito poco alla volta il bisogno di strutturare tutto un progetto d’intervento, definito Mi- lieu Innovateur, il locale che si rinnova. Il progetto prevede tutta una serie di rap- porti con il territorio per la formazione della rete: in particolare il rapporto con le imprese e con l’università per promuovere indagini, da cui sono scaturite diverse pubblicazioni e siti web 4. Tutto questo lavoro fatto di produzione culturale come di rapporto diretto con l’utenza colloca l’attività dell’Ente su un piano di qualità totale sia sotto il profilo pedagogico che di programmazione dell’intervento formativo. 6. LA FONDAZIONE CLERICI DI PAVIA La Fondazione Clerici nell’insieme delle attività formativo-professionalizzanti si occupa anche dei fattori che complicano e rendono difficoltoso il rapporto degli immigrati con il mercato del lavoro locale sia nella ricerca di occupazione e nel- l’inserimento lavorativo sia nella capacità/possibilità di costruirsi competenze e professionalità spendibili e valorizzanti. Di conseguenza l’Ente e l’attività da esso promossa sono stati selezionati e co- involti nella presente indagine sulla base del peculiare apporto che offrono ai pro- cessi migratori: 4 COMUNE DI TORINO, A scuola a San Salvareo. Un’indagine fra gli operatori della scuola e la popolazione del quartiere per conoscere, riconoscersi e migliorare, Torino, 2006. OLIVERO F. (a cura di), Migranti in Piemonte, Torino, Assessorato alla Solidarietà Sociale, 2005. REGIONE PIEMONTE, Suc- cesso formativo: tre sistemi per un unico Obiettivo. Analisi dell’impatto delle azioni di orientamento rivolte ai giovani in età di obbligo formativo tra il 2002 e il 2005, Torino, Agenzia Piemonte Lavoro, 2007. BONICA L. (a cura di), Migranti e reciprocità nella rete e nella formazione, Torino, Casa di Ca- rità Arti e Mestieri, 2000. CUSIMANO A. - M. SCERRA, Imprenditoria giovanile. Autoimpiego e auto imprenditorialità, Roma, Buffetti ed., 2006. www.casadicarità.it - www.agenziapiemontelavoro.net - www.carmes.it 112 a) nell’indirizzarsi ad un’utenza formata prettamente da giovani adulti e adulti immigrati; b) nell’aver messo a punto un progetto d’intervento 5 mirato a fare da trait d’union tra gli immigrati e il mercato del lavoro: - mediante un circuito integrato di interventi che mette in comunicazione l‘insieme dei servizi (sociali e per il lavoro) e degli enti che si interfacciano con gli immigrati; - coinvolgendo direttamente gli utenti immigrati attraverso le organizzazioni e le reti di cui sono partecipi, nonché le strutture a cui fanno riferimento; - attuando percorsi e soluzioni innovative, ragionate e condivise tra attori e soggetti, definite in relazione a situazioni concrete, a partire da esperienze già avviate a livello territoriale; c) nel migliorare l’occupabilità attraverso: - la messa in trasparenza e validazione dei saperi acquisiti nei diversi contesti di apprendimento (formali, non formali e informali), anche per facilitare l’incrocio domanda-offerta e la mobilità geografica e professionale degli in- dividui; - lo sviluppo delle competenze introducendo gli immigrati in percorsi forma- tivi flessibili e personalizzati, in grado di rispondere alle esigenze degli in- dividui ed al tempo stesso alle richieste del mercato del lavoro; fra gli im- migrati si registra infatti un limitato livello di accesso alla formazione e ai servizi di orientamento/accompagnamento al lavoro, a causa di barriere lin- guistiche, inadeguata informazione e rigidità e complessità del sistema del- l’offerta; - la valorizzazione delle esperienze delle donne immigrate, in particolare nel- l’area del lavoro di cura; - lo sviluppo dell’auto-imprenditorialità all’interno di segmenti del mercato potenzialmente in grado di creare nuove prospettive occupazionali. 6.1. Contestualizzazione del progetto EQUAL “CIVES” – EQUAL: Progetto a favore dell’inserimento lavorativo; – “CIVES”: sta per Cittadino Immigrato Valore e Sviluppo; risponde all’esi- genza, da parte di un gruppo di soggetti, di mettere in campo una serie di stru- menti condivisi, compartecipati, negoziati, valutati, verificati, scambiati, che mettano nelle condizioni di creare una rete territoriale di accoglienza, orienta- mento e inserimento lavorativo a favore di cittadini immigrati; – va precisato: non è un progetto per dare lavoro ma per preparare al lavoro; – destinatari: la tipologia a cui è rivolto è composta da immigrati regolari, stabi- lizzati, con permesso di soggiorno, formati almeno già al livello del diploma, 5 Progetto EQUAL “CIVES”; cfr. www.equalcives.it 113 con alcuni anni di immigrazione in Italia, che vogliono fare un salto di qualità e/o che vogliono reinserirsi perché disoccupati; – a livello territoriale il progetto si sviluppa in tre province: Pavia, Lodi e Lecco; – alla realizzazione del progetto contribuisce una rete formata da vari partner: i centri di formazione, due cooperative sociali, un istituto di ricerca sociale (IRSEA) di Genova, ELEA, che è specializzato nella gestione di pacchetti FAD, la cooperativa Europolis che è un partner tecnico ed il CNA (Confedera- zione Nazionale Artigianato) di Pavia; inoltre costituiscono parte della rete di sostegno del progetto tutte quelle realtà che sul territorio si occupano di immi- grazione o in termini di volontariato o in termini di associazioni, sindacati ed altro ancora. 6.2. Descrizione delle tappe/attività sottese al progetto 1) La fase iniziale prevede: a) la presa in carico del beneficiario, la quale viene gestita anche dal punto di vista dei dati in modo condiviso attraverso un portale, che è uno dei pro- dotti del progetto; b) quindi grazie al fatto di condividere le informazioni sul portale le persone sono prese in carico da un Ente che fa l’accoglienza e l’orientamento; c) vengono proposti dei percorsi che sono assolutamente individualizzati, ossia tanto la durata del percorso che l’insieme degli strumenti utilizzati vengono scelti in base alle caratteristiche e alle necessità del beneficiario; d) nel momento in cui entra all’interno del progetto il soggetto viene inserito in quella che viene chiamata la “fase 1” la quale prevede l’accoglienza, dove si spiega alla persona che cosa andrà a fare all’interno del progetto e si concorda se questa persona è d’accordo, di vedersi ancora alcune volte per definire il livello del bisogno, per ragionare insieme su quali potrebbero essere gli interessi e le necessità in termini orientativi e di sostegno. 2) Le fasi successive prevedono: a) o si dà la possibilità di continuare una sorta di orientamento per stabilire se questa persona immigrata possa seguire il percorso senza avere bisogno degli strumenti specifici presenti all’interno del progetto e poi viene accom- pagnato; b) o, se essa non presenta questi prerequisiti, allora gli viene applicato il MTVA (messa in trasparenza validata degli apprendimenti); in pratica si tratta di uno strumento finalizzato a valorizzare, validare e valutare i saperi acquisiti; si propone alle persone di raccontare sostanzialmente la loro storia professionale: quindi che percorso scolastico ha fatto, quali compe- tenze ha acquisito durante tale percorso, se ha già fatto anche esperienze la- vorative e quali competenze ha acquisito; c) in seguito viene elaborato un documento di trasparenza che ha due finalità: una prima finalità è quella di definire che pezzo gli manca per raggiungere 114 una certa competenza dal punto di vista formativo; l’altra riguarda il rico- noscimento dei crediti formativi acquisiti altrove, anche attraverso il la- voro; in pratica si tratta di arrivare a stabilire quali pezzi di formazione mancano ancora per avere una qualifica professionale; in questo modo la persona quando entra in contatto con il mondo del lavoro può presentare il proprio curricolo non più attraverso un’auto-dichiarazione ma attraverso un documento garantito da una struttura formativa (anche se non si tratta di una vera e propria certificazione in quanto non rientra tra gli obiettivi del progetto); d) all’interno di questa formazione flessibile e individualizzata sono state spe- rimentate anche altre strategie, come la formazione a distanza (data la forte mobilità degli immigrati) e gli stage definiti come formazione on the job; in questo modo si dà quindi la possibilità che una volta contattato un datore di lavoro attraverso un periodo di stage, lo stesso datore possa non solo verifi- care le reali capacità di una persona ma anche avere un tempo congruo per fare una formazione su alcuni aspetti specifici che non erano ancora in pos- sesso della persona inserita; e) qualora invece l’orientamento porti a validare l’ipotesi di sviluppo del- l’auto-impiego e/o della creazione d’impresa immigrata, in questo caso il progetto prevede di andare alla ricerca di forme di credito ad hoc, perché spesso la possibilità di creare un’impresa si scontra con la necessità di avere a disposizione un accesso al credito che non sia quello normalmente consentito dalle banche, perché queste persone non hanno beni immobili, non danno garanzie, non hanno uno stipendio che possa consentire di avva- lersi di un credito. Riassumendo i vari punti riportati sopra, si parte da un’accoglienza iniziale e un orientamento di base al primo approccio che poi dopo direziona verso le fasi successive. Il punto nodale di tutto questo modo di operare sta nell’attività orienta- tiva; questa fase ha come obiettivi: per l’operatore, di arrivare a capire quali sono i reali bisogni della persona che ha di fronte; per l’immigrato, di arrivare a capire di che cosa ha veramente bisogno per entrare nel mondo del lavoro. Dal congiungimento di questi due obiettivi si dovrà arrivare poi ad una scheda finale nella quale vengono definiti: quali sono i reali obiettivi della persona dal punto di vista professionale; cosa vuole fare; e cosa è in grado di fare per inserirsi nel mondo del lavoro. Tutto questo a sua volta potrà essere documentato sulla base di un provato pos- sesso di quattro domini cognitivi applicando il MTVA (messa in trasparenza vali- data degli apprendimenti): conoscenza degli strumenti che si sa utilizzare; capacità relazionali; capacità gestionale a livello delle risorse economiche; aver dimostrato di essere “professionali” nello svolgimento dell’attività produttiva che si intende svolgere. In pratica si viene a certificare che la persona ha seguito un certo percorso. Nel 115 momento in cui viene proposta ad un’azienda una persona che può essere inserita perché risponde al profilo, dall’altro lato l’imprenditore deve essere sicuro che tutto il lavoro di verifica è già stato compiuto e sulla quale non deve più tornare, perché altrimenti la selezione se la fa lui, mentre in questo caso c’è un’istituzione che ga- rantisce. A questo riguardo si è lavorato anche sul tessuto imprenditoriale creando un “Club delle Imprese Sensibili”, ossia di imprese disposte ad assumere persone con svantaggio potendo contare sul fatto che sono state inserite in un percorso dove sono state formate e orientate attraverso particolari strumenti che danno affidabilità e costituiscono una garanzia per l’imprenditore. A fare poi da collegamento tra i vari partner della rete è un portale grazie al quale è possibile monitorare e/o ricostruire le varie tappe di ognuno di coloro che è inserito nel percorso, a seconda delle esigenze del momento (per entrare nel mer- cato del lavoro, per cambiare, per reinserirsi dopo averlo perso…). Riassumendo, il MTVA orienta in funzione delle varie macrofasi, il portale mette in rete tutte le in- formazioni relative a ciascun utente e da quel momento la persona viene costante- mente accompagnata in tutte le fasi. Va precisato che il portale è uno strumento costruito appositamente attraverso il progetto, in quanto permette ai vari partner di interfacciarsi per offrire all’utente una risposta integrata. Può essere considerato una vera e propria banca dati, di pro- prietà di tutti i partner, in base alla quale è possibile estrarre numerose informa- zioni, anche di tipo statistico. Cosicché anche quando il progetto EQUAL sarà ter- minato rimangono comunque gli strumenti costruiti per poterli utilizzare nella nor- male programmazione delle attività. 6.2.1. Obiezioni a) È parso necessario anzitutto chiarire se chi entra nel percorso deve percorrere l’intera filiera delle azioni per ottenere l’attestato che serve per inserirsi nel mondo del lavoro. In pratica tutto dipende dalle necessità dei singoli: può es- sere che uno rimanga in carico 40-50 ore (ma poi bisogna vedere se è costante per tutta la durata del percorso…), ma può essere anche che con 20 ore di col- loquio fatto bene scopra quali sono le sue potenzialità e sia pronto per entrare nel mondo del lavoro. b) Inoltre è importante sapere anche se il progetto è in piena sintonia con le poli- tiche sociali del territorio. L’obiettivo di Equal è anche quello di arrivare a sol- lecitare, a trovare una forte integrazione tra politiche del lavoro e politiche so- ciali, perché se una persona non ha casa, non ha una rete sociale difficilmente riesce a entrare in un posto di lavoro e a mantenerlo, perché ha altri problemi, se dorme sotto i ponti, come fa ad andare a lavorare. È necessario quindi che ci sia anche una rete di sostegno sociale, cioè che entrino in gioco un’insieme di servizi che non sono solo di inserimento lavorativo ma anche di sostegno so- ciale, abitativo e addirittura terapeutico. 116 6.2.2. Punti di criticità a) A livello nazionale: in termini istituzionali legislativi il cittadino immigrato ha la possibilità di restare in Italia solo in quanto risorsa lavorativa; quindi con la legis- lazione attuale il cittadino immigrato è benvenuto solo in quanto forza-lavoro. b) A livello regionale: manca una programmazione di sostegno sociale all’immi- grazione perché viene tutto demandato a livello comunale. c) A livello delle istituzioni locali: bisogna evitare che l’immigrato faccia un per- corso di “nomadismo interistituzionale”: dapprima va alla Caritas per trovare risposte a certi suoi problemi, quindi per trovare lavoro si rivolge al Centro per l’Impiego, poi per l’insorgere di ancora altri problemi va da altre istituzioni…; tutto questo migrare il più delle volte porta verso percorsi non garantiti, mentre la persona potrebbe trovare risposte unitarie/unificate qualora venisse immessa in un percorso gestito da una rete di istituzioni i quali erogano differenti servizi in risposta ad altrettante differenti domande. Il problema quindi adesso è quello della diffusione delle metodologie sperimentate e relativi strumenti, e questo dipende dalla volontà delle istituzioni/amministrazioni locali/regionali a fare in modo da valorizzare l’esperienza a livello territoriale/nazionale. Per cui il vero problema sta nel verificare quanto esse siano interessate a far proprio e a promuovere questo know how. Il valore aggiunto di questo progetto sta nel fatto che mentre negli altri Paesi della UE sono state messe in atto delle politiche che permettono di filtrare la ri- sorsa-uomo che immigra per lavorare, in Italia manca del tutto la selezione della manodopera e quindi il livello d’ingresso è per attività di basso profilo. Di conse- guenza la peculiarità del percorso previsto dal progetto sta nel fare in modo che le persone che già posseggono delle risorse possano accedere a posti di lavoro con- gruenti alle loro risorse e capacità. 7. SINTESI DEI CONTENUTI EMERSI DAI FOCUS Volendo ricostruire anzitutto un quadro complessivo delle attività promosse al- l’interno dei vari Centri a favore degli immigrati, dai dati delle schede è emerso che: – la presenza degli immigrati all’interno dei Centri è apparsa negli anni in pro- gressivo/sensibile aumento, fino a raggiungere attualmente quote tra il 20 e il 30% dell’utenza complessiva; – l’utenza presenta un’età variabile che va dall’adolescenza alla giovinezza e in alcuni Enti (con particolare riferimento al CIOFS/FP, alla Fondazione Clerici e alla Casa di Carità) certe attività sono indirizzate prettamente a categorie di adulti per un rapido inserimento nei sistemi produttivi; – gli allievi immigrati provengono in maggioranza dai Paesi dell’Est, cui fa se- guito l’Africa, l’America Latina e l’Asia; 117 – di essi i maschi si inseriscono preferibilmente nel settore meccanico ed elet- trico e le ragazze nel settore estetico, aziendale-amministrativo, dei lavori d’ufficio, turistico-alberghiero e della ristorazione; – quasi tutti alla fine si qualificano, in quanti ritenuti in genere più motivati dei loro coetanei autoctoni e maggiormente apprezzati durante lo stage; – in tutti i Centri che hanno compilato la scheda, a partire almeno dagli ultimi 5 anni è stato messo a punto un pacchetto integrato di servizi e di attività di so- stegno composto da: accoglienza, informazione, orientamento, bilancio di competenze, counseling agli allievi, ai docenti, alle famiglie, e in più si rileva presenza di figure specialistiche: tutor, psicologi, figure di intermediazione. Passando quindi ad analizzare i contenuti emersi dai focus, l’attenzione si è particolarmente concentrata sui percorsi formativi, evidenziandone il contributo of- ferto alle diverse fasi di attuazione. a) Nelle attività finalizzate al reclutamento e alla formazione in ingresso: - inserimento in una rete per informare sulle attività del Centro; - apertura di sportelli a scopo informativo-orientativo con la presenza di me- diatori etnici e/o di allievi ed ex-allievi etnici per motivare all’inserimento; - corsi di italiano con l’utilizzo di vari sussidi didattici (cassette, cd, foto- copie, esercitazioni, visione di film, la lettura di fumetti …); - altri servizi di affiancamento come azioni di mediazione culturale (con i giovani, con le famiglie…) e di assistenza specializzata per affrontare casi- problema a livelle comportamentale, di salute fisica e mentale; - elaborazione di materiali quali test d’ingresso e di schede-utente per ognuna delle seguenti azioni: accoglienza, orientamento, bilancio di com- petenze, patto formativo, percorso personalizzato, verifiche in itinere, finali ed ex-post, i cui contenuti vengono messi a disposizione di tutti i compo- nenti l’équipe degli operatori. L’insieme di tutte queste azioni in ingresso ha avuto come obiettivo di arrivare a puntualizzare quali sono i reali interessi della persona dal punto di vista profes- sionale, cosa vuole fare e cosa è in grado di fare per inserirsi nel mondo del lavoro. Ossia di portare l’operatore a capire quali sono i reali bisogni della persona che ha di fronte e, l’immigrato, a capire di che cosa ha veramente bisogno per entrare nel mondo del lavoro. b) Nelle attività curricolari e di programmazione: - è stata data particolare attenzione anzitutto alla promozione e attuazione di percorsi formativi mirati all’inclusione di soggetti in qualche modo porta- tori di un qualche svantaggio; quindi corsi possibilmente brevi, flessibili, “destrutturati, personalizzati, in grado cioè di rispondere alle esigenze degli individui tenendo conto di volta in volta e di caso in caso a quale tipologia di destinatari ci si sta indirizzando nel diversificare l’offerta e a quale esi- 118 genze prioritarie si intendeva far fronte attraverso l’allestimento di questi corsi, e al tempo stesso anche delle richieste del mercato del lavoro; scen- dendo nei dettagli, affinché tali corsi potessero essere considerati adeguati si è tenuto conto della particolare tipologia di utenza (diverso se indirizzati agli adolescenti/giovani in età formativa, oppure alle donne, oppure agli adulti…), degli interessi emersi attraverso schede/test in ingresso e colloqui orientativi ed il livello culturale e delle abilità/capacità riscontrate attra- verso il bilancio di competenze; inoltre per venire incontro alla domanda formativa e occupazionale spesso si è fatto ricorso ad azioni di ricerca nel- l’intento di interloquire non soltanto con gli immigrati ma anche con chi la- vora con gli immigrati e con le aziende, al fine di capire che tipo di incrocio poteva esserci tra domanda e offerta; - inoltre sono state attivate altre azioni formative a sostegno, dando una forte attenzione anche alla formazione delle risorse umane, ossia a formare i for- matori o l’équipe d’aula a saper gestire le dinamiche provocate dall’effetto- stigma verso lo straniero; ulteriori corsi sono stati dati per la formazione di mediatori culturali e di operatori di sportello, aperto sia a cittadini italiani che a cittadini stranieri. c) Per quanto riguarda le figure di sostegno/intermediazione sono state utilizzati: - psicologi e orientatori, per l’integrazione nel gruppo-classe attraverso col- loqui individuali e di gruppo a utenti, formatori e famiglie; - mediatori etnici, per i rapporti con gli utenti e le famiglie non solo nei Centri ma anche per contatti/interventi direttamente presso le abitazioni e con le comunità etniche/Associazioni di appartenenza. d) Per quanto riguarda la formazione della RETE, si è assistito a un circuito inte- grato di interventi che mette in comunicazione l’insieme delle strutture e dei servizi a cui gli immigrati fanno riferimento (formativi, sociali, amministrativi, per il lavoro e numerosi altri enti che si interfacciano con gli immigrati), ossia: scuole, altri Enti di Formazione Professionale, associazioni di categoria, Forze dell’Ordine, CTP, EdA, ASL, SERT, Servizio civile, Amministrazioni locali, associazioni di volontariato, ONLUS, Comunità Terapeutiche, Caritas, asso- ciazioni presenti all’interno delle varie comunità etniche, Consulta lo- cale/provinciale per l’immigrazione, CSI (Centro Servizi per l’Immigrazione). Infine i vari partecipanti ai focus si sono soffermati ad evidenziare certi aspetti del lavoro con gli immigrati che appaiono particolarmente critici e ad avanzare al tempo stesso alcune proposte. e) Per quanto riguarda i punti di criticità: - in generale si avverte un’estrema disaggregazione dei servizi; non c’è man- canza di servizi a favore degli immigrati, al contrario ce ne sono tantissimi, mentre il vero problema sta nel fatto che sono sparpagliati, disaggregati, manca un coordinamento e per di più per certi aspetti risultano ridondanti, 119 nel senso che molto spesso offrono solo certi servizi e mancano invece di altri; - a livello nazionale in termini istituzionali legislativi il cittadino immigrato ha la possibilità di restare in Italia solo in quanto risorsa lavorativa; quindi con la legislazione attuale il cittadino immigrato è considerato solo in quanto forza-lavoro; - a livello delle istituzioni locali bisogna evitare che l’immigrato faccia un percorso di “nomadismo interistituzionale”: alla Caritas per trovare risposte a certi suoi problemi, quindi per trovare lavoro si rivolge al Centro per l’Impiego, e così via…; tutto questo migrare il più delle volte porta verso percorsi non garantiti, mentre la persona potrebbe trovare risposte uni- tarie/unificate qualora venisse immessa in un percorso gestito da una rete di istituzioni i quali erogano differenti servizi in risposta ad altrettante diffe- renti domande. f) Per quanto riguarda le proposte: - in primo luogo occorre dare ai formatori una formazione specifica e finaliz- zata a prevenire le forme di discriminazione e a saper utilizzare metodo- logie più adeguate nel dare sostegno agli allievi immigrati; - a questo riguardo bisognerebbe arrivare ad avere in ogni CFP un equipe sta- bile fissa di supporto ai formatori, una specie di task force di sistema; - inserire all’interno di ogni struttura formativa la figura del mediatore cultu- rale ‘scolastico’, il quale si diversifica dal mediatore etnico proprio perché lavora con una particolare utenza e quindi deve essere in grado di affrontare problematiche tipiche del gruppo-classe; - una maggiore adeguatezza deve riguardare inoltre anche i programmi e la loro distribuzione per tempi fasi, in quanto il loro svolgimento nei confronti di questa particolare utenza richiederebbe di essere più flessibili e/o tempi più lunghi, in considerazione del ritardo culturale e linguistico che riguarda la maggioranza di loro; - inoltre occorre orientare l’attività formativa non solo agli immigrati giovani e regolari ma anche verso quella fascia di immigrati e in particolare di im- migrate che hanno più di 18 anni, con problemi di regolarizzazione e che oggi costituiscono una maggioranza all’interno dei processi migratori; - infine anche i contatti tra il Centro e le famiglie degli immigrati e le asso- ciazioni delle comunità etniche a cui appartengono dovrebbero essere mag- giori e più approfonditi. 121 Capitolo 5 Linee-guida per modello/i sperimentale/i d’intervento a favore degli immigrati Vittorio PIERONI - Antonita SANTOS FERMINO1 Nelle politiche per l’integrazione la leva del cambio è essenzialmente la cul- tura. E investire nel capitale-cultura significa anzitutto prendere in considerazione la scuola e più in generale i sistemi formativi (nel presente caso il riferimento va ovviamente alla Formazione Professionale), quale primo laboratorio interculturale a partire dai programmi fino alle attività espressivo-ricreative extracurricolari. Oggi non è più possibile infatti pensare di istruire senza educare. Educare significa af- frontare l’insieme delle dimensioni (affettiva, etica, relazionale, sociale…) che fanno capo alla personalità globale di un soggetto in formazione. A fronte di una pluralità di “presenze” che all’interno della scuola/FP fanno ca- po ad altrettante culture, il suo ruolo diviene fondamentale nel promuovere l’educa- zione interculturale, nel fare da cerniera per proporre/facilitare l’integrazione di quel- le pluri-appartenenza che segnano il futuro di ogni società “nodale”, integrandole in un concetto di società in permanente processo di sviluppo multiculturale. In questo senso gli individui non possono più essere considerati appartenenti ad una “monocultura” ma piuttosto parte di un contesto multiculturale, portatore di molteplici sviluppi iden- titari prodotto dell’intreccio con altrettante plurime/multi-etniche culture. Spetta quindi alla scuola/FP il principale ruolo di fare da ponte tra più culture, rispettando anzitutto la “diversità” (culturale, linguistica, etnica, religiosa…) del- l’alunno e portandolo al tempo stesso a prendere coscienza del ruolo attivo da svol- gere in quanto cittadino con tutti i diritti ma anche con tutti i doveri. Da questo pro- cesso di integrazione, e quindi dal ruolo fondamentale che i sistemi formativi hanno nel promuoverla, dipenderà il futuro delle società plurali/mulltietniche. 1. LO SCENARIO In sostanza i sistemi formativi dovrebbero farsi catalizzatori delle strategie di in- clusione delle differenti etnie presenti nel territorio, diventare cioè veri e propri “la- boratori di cittadinanza interculturale”. Ora, affinché la scuola/FP sia in grado di pro- 1 Anche all’interno di questo capitolo vengono riportate alcune parti del citato testo dell’autrice: Identità trans-culturali. Insieme nello spazio transazionale, Tirrenia (Pisa), ed. Del Cerro, 2008. 122 durre un servizio di qualità in tal senso occorre che sappia mettere in atto, come evi- denziano un po’ tutti gli studi che si richiamano all’argomento, una serie di strategie di base, quali: l’integrazione delle azioni tra informazione, consulenza, orientamento e formazione; la flessibilità nel dare risposte diversificate ad un’utenza sempre più va- riegata; la presenza di équipe multidisciplinari in grado di condividere obiettivi, pro- getti, programmi; la valutazione della coerenza tra gli obiettivi proposti e quelli rea- lizzati; il sostegno alla elaborazione di itinerari formativi ed educativi personalizzati; la capacità di dare risposte “calibrate” sulla base delle caratteristiche dell’utenza; il saper attivare servizi specialistici in funzione delle caratteristiche del territorio. A loro volta le buone pratiche per realizzare un tale servizio di qualità vanno individuate: nella sperimentazione di metodologie/modelli d’intervento flessibili e innovativi; nel monitoraggio dei bisogni formativi e occupazionali del territorio; in un’offerta formativa mirata a sviluppare nuove professionalità da combinare con nuove professionalità; nel portare i soggetti ad acquisire competenze trasversali; nell’apporto offerto da più figure specialistiche di supporto; nella realizzazione di progetti finalizzati alla realizzazione di percorsi formativi integrati; nel saper met- tere in rete una catena di servizi informativo-formativi. A fare da trait-d’union all’insieme delle buone pratiche sottese ad un servizio di qualità che i sistemi formativi intendono offrire vi è il concetto di “educazione interculturale” considerato nelle tre dimensioni che lo caratterizzano e tra loro strettamente interconnesse: culturale (alterità, interdipendenza, responsabilizza- zione ai diritti-doveri…), sociale (uguaglianza, giustizia…), ambientale (interdi- pendenza tra la specie umana e l’ecosistema per la conservazione della specie). Di conseguenza per fare in modo che anche gli adolescenti di origine migra- toria passino da “stranieri” a “cittadini riconosciuti” come appartenenti a tutti gli effetti ad una società multietnica in trasformazione occorre innovare/mobilitare il percorso formativo allargandolo alla sfera educativa globale della personalità. Questo cambiamento di rotta tuttavia dovrebbe coinvolgere tanto l’allievo im- migrato che tutti i componenti della struttura formativa indistintamente, a partire dai compagni di classe autoctoni, alle famiglie di tutti gli alunni, ai docenti, ai quadri dirigenti e amministrativi. Tutto questo comporta la presenza (e, ancor prima, la formazione) di figure specialistiche in grado di educare all’alterità, di orientare ad un modello di democrazia partecipativa, di formare cittadini capaci di adattarsi alle nuove convivenze in maniera costruttiva, arrivando così a predisporre quello “spazio transizionale” al cui interno potranno prendere forma/svilupparsi percorsi/processi identitari originali/innovativi. 2. LINEE-GUIDA SOTTESE AL MODELLO SPERIMENTALE D’INTERVENTO A completamento dell’insieme dei contributi offerti nell’ultima parte di questo studio vengono riportate qui di seguito delle linee-guida sulla cui base poter realiz- 123 zare poi modelli d’intervento e/o progetti formativi a favore di adolescenti/giovani di origine migratoria. Per la messa in opera di progetti mirati a favorire l’inclusione/inserimento di giovani di origine migratoria in programmi/progetti a scopo formativo e finalizzati, conseguentemente, al loro inserimento nella vita attiva si richiede anzitutto di im- postare l’intervento su alcune “condizioni generali” che dovrebbero fare da piatta- forma all’intero impianto progettuale. Nel caso presente l’impostazione comporta la messa in atto di un ampio venta- glio di azioni che tenga conto di tutti i possibili fattori intervenienti, ossia del feno- meno su cui si vuole intervenire, delle “attese” rispetto al cambiamento prefigurato, dei destinatari del progetto, delle “risorse” disponibili, delle metodologie d’inter- vento e del sistema di valutazione da attuare a garanzia dei risultati conseguiti. Sulla base di questa piattaforma sarà poi possibile estrarre quelle azioni che serviranno a costruire modelli/progetti mirati, a seconda cioè della particolare tipo- logia di utenza (diverso se indirizzati agli adolescenti/giovani in età formativa, op- pure alle donne, oppure agli adulti…), degli interessi emersi attraverso schede/test in ingresso e colloqui orientativi ed il livello culturale e delle abilità/capacità ri- scontrate attraverso il bilancio di competenze. 2.1. Fase preliminare: analisi e contestualizzazione del fenomeno Risponde all’obiettivo di individuare nel territorio in osservazione: 1) quali problemi si intendono affrontare attraverso l’attuazione del progetto; 2) quali e quante sono le comunità etniche interessate da questi problemi nel- l’area geografica in osservazione da coinvolgere nel progetto; 3) quali sono i principali fattori che coinvolgono i soggetti-attori a livello: forma- tivo; psicologico; socio-relazionale, di integrazione nella vita della comunità locale; occupazionale; sanitario. A seguito dell’analisi della domanda di contesto, per attivare l’intervento si ri- chiede di stabilire: 1) la “fattibilità” del progetto che si intende attuare; 2) chi sono i committenti; 3) chi sono i finanziatori; 4) chi sono i realizzatori; 5) chi collabora al progetto (quali altri gruppi sociali del territorio sono coinvolti: strutture analoghe, Enti, altri servizi, associazioni…); 6) se questa collaborazione prevede di poter “lavorare-in-rete” e, in caso afferma- tivo, di verificare in che rapporto stanno Enti promotori/finanziatori, gruppi coinvolti nella realizzazione del progetto e risorse disponibili; 7) qual è la mappa delle “risorse” disponibili, in termini di: risorse umane (pro- fessionalità, ruoli e competenze degli operatori…); investimenti finanziari (pubblici, privati, per quanto tempo, per quanti utenti…); spazi/infrastrutture. 124 Infine occorre stabilire definitivamente chi sono i destinatari/beneficiari del progetto, ossia: 1) da chi è composto il target degli utenti (nel caso degli immigrati se si tratta di adolescenti/giovani in obbligo o comunque in età formativa, oppure di sole donne, oppure di adulti…); 2) quali sono i fattori per la loro selezione (nel caso degli immigrati il livello cultu- rale, il possesso di determinate capacità, le esperienze lavorative pregresse…); 3) quali sono le prerogative per il loro inserimento nel progetto; 4) quali sono le modalità per contattarli, reclutarli, motivarli; 5) quali sono gli obiettivi specifici che si intendono conseguire, per quanto ri- guarda in particolare i fattori protettivi e quelli preventivi da condizioni di ri- schio/emarginazione. 2.2. Prima fase operativa: disponibilità di risorsa-uomo adeguatamente for- mata Per uscire da interventi approssimativi e superficiali a favore di utenti dei si- stemi formativi già di per sé in stato di debolezza sociale e/o, nel caso di immigrati, portatori di “diversità” varie in seno alla comunità educativa, la promozione di stra- tegie sottese ad un modello sistemico d’intervento non potrà realizzarsi se non pas- sando attraverso l’investimento anzitutto in attività di formazione-dei-formatori, secondo la logica della strategia formativa “per effetto moltiplicatore”. Tale attività, finalizzata alla riqualificazione della struttura formativa grazie all’ottimizzazione delle proprie risorse, oggi più che mai si configura come un lavoro di équipe che comporta la presenza di più figure abilitate all’interazione e alla collaborazione di gruppo nell’espletare un servizio che richiede adeguate competenze nello svolgi- mento di quelle funzioni attraverso cui si intende rispondere ad un ventaglio sempre più differenziato di attese. I programmi di formazione continua a loro volta dovrebbero includere il ruolo svolto dalla comunità educativa in particolare nel sapersi relazionale con gli alunni di origine migratoria, facendosi interprete dei loro bisogni e attese, e nel proporre ade- guate strategie al fine di coinvolgere/ottenere una più ampia partecipazione dei loro genitori alla vita della scuola/FP. In quanto tale, l’attività di formazione dei formatori rappresenta perciò la “conditio sine qua non” per chi opera in strutture finalizzate a realizzare percorsi educativo-formativi della personalità globale, se si vuole ottenere un effettivo cambiamento/miglioramento nella qualità del servizio erogato, arrivan- do così a svolgere il proprio ruolo di educatori prima ancora che di professionisti. Per svolgere l’intervento occorre quindi poter disporre di: personale apposita- mente formato (età, titolo di studio, esperienze pregresse…); formazione specifica da offrire in ingresso; presenza di doti/qualità “ad hoc” (vocazione ad educare, a stare “con” e non “per”…); criteri per la selezione degli operatori; processi di for- mazione da offrire ex-ante ed in itinere. 125 2.2.1. La formazione in servizio Ora affinché gli insegnanti possano sentirsi all’altezza nel confrontarsi con la presenza all’interno della propria struttura di portatori di differenti appartenenze (per cultura, etnia, lingua, religione…) occorrerà che venga offerta loro una forma- zione basata su una serie di competenze (“di base”, “specialistiche” e “trasversali”) che dovrebbe permettere loro di operare in modo uniforme e condiviso. Compe- tenze che alcuni autori (Caliman-Pieroni, 2001, 213) hanno cercato di sintetizzare nel seguente quadro sinottico. 2.2.2. La capacità di lavorare in équipe Questa metodologia di lavoro si caratterizza per la condivisione di obiettivi e metodi tra i diversi attori in interazione. Lavorare in équipe non significa ridimensionare le competenze individuali cer- cando l’uniformità ad ogni costo, ma sta ad indicare piuttosto la presenza al suo in- terno di una piattaforma comunicativa e di interazione tra ruoli e competenze diver- sificate, mirate ad arricchire il bagaglio metodologico-pedagogico che fa capo alle strategie da cui attinge la comunità educativa nell’insieme delle attività d’inter- vento. In quest’ottica anche una buona iniziativa promossa dal singolo se non viene condivisa dal gruppo dei docenti non potrà passare come “buona pratica”. Il sog- Quadro sinottico delle competenze di base, specifiche e trasversali per la formazione in servizio dei docenti/formatori di BASE Bilancio di competenze Capacità di lavorare in gruppo, interdisciplinarietà Competenze di prevenzione primaria e secondaria Competenze di dinamica di gruppo e/o di conduzione di piccoli gruppi Competenze nel saper condurre colloqui individuali e/o centrati sulla persona Elaborazione di percorsi formativo-educativi personalizzati Etica professionale COMPETENZE SPECIALISTICHE Tecniche di auto-aiuto “Orientamento al cliente” e/o ad un progetto di vita personalizzato Saper programmare interventi specifici, in considerazione della diversa tipologia dell’utenza (giovani, famiglie, soggetti svantaggiati e/o a rischio…) Documentazione delle esperienze Confronto delle esperienze e collegialità nel trattamento dei casi Dare risposte “calibrate” in rapporto a ciascuna utenza Monitoraggio e valutazione degli interventi TRASVERSALI Normative nazionali e locali sui processi migratori Conoscenza dei fenomeni migratori presenti nel territorio Conoscenza almeno approssimativa delle singole comunità etniche presenti all’interno della scuola/FP Conoscenza dei nuovi processi formativi da agganciare a specifici interventi Conoscenza di metodologie didattiche innovative (“apprendimento cooperativo”…) Saper progettare e animare/coordinare strategie di lavoro di rete Collaborazione con altre strutture, servizi, Enti Fonte: Caliman-Pieroni, 2001, 213 126 getto da formare e integrare infatti ha il diritto di vivere in un contesto fatto di scelte che non sono il frutto dell’estemporaneità di un singolo insegnante ma piut- tosto il prodotto della condivisione di tutte le parti in causa. L’impresa di gestire “in comunione” tale contesto, per quanto possa sembrare ardua e complessa, in realtà rappresenta il “cuore”, il centro propulsore di una comunità educativa e degli inter- venti/azioni formative che promuove. Viceversa, l’insegnante/educatore dall’approccio tipico del “protettore-com- plice” (“ti curo io”, “a te ci penso io”…) dovrà fare molta attenzione ai rischi che provoca l’adozione di un tale atteggiamento per le ripercussioni che avrà inevitabil- mente nei confronti della relazione tra l’alunno, il gruppo-classe e gli altri inse- gnanti. Non è difficile infatti che il verificarsi di un caso-problema diventi ostaggio delle rivalità fra quegli insegnanti che non sanno rendere compatibile il loro ap- proccio personale con la dinamica d’équipe nel suo insieme. Al contrario, il lavoro di gruppo serve proprio, da una parte, a mediare il controllo dell’affettività del sin- golo insegnante nel suo porsi come “salvatore” di fronte al soggetto portatore del problema e, dall’altra, a garantire che i risultati ottenuti siano il prodotto dell’inter- vento dell’équipe nel suo complesso. Tutto questo mentre per un verso farà da protezione nei confronti delle inevita- bili forme di “burn-out” a cui va incontro chi lavora nel campo della formazione e dell’insegnamento, al tempo stesso contribuirà a cambiare la “cultura” degli inter- venti, orientandola verso quella dimensione “sistemica” mirata a coinvolgere nel problema tutti gli attori e al tempo stesso a fare in modo che ciascuno assuma le proprie responsabilità nell’organizzazione e distribuzione degli interventi. 2.2.3. Presenza di figure di intermediazione Tra le strategie applicate al “capitale-cultura” e alla “risorsa-uomo”, una pro- posta che intenda essere innovativa dovrebbe prevedere di formare e di rendere sempre più operative figure professionali che in qualche modo assomigliano al “tutor” e che nel caso specifico, avendo a che fare con alunni di origine migratoria, potrebbero assumere il ruolo di “tutor etnici”. In quanto tali, queste figure non do- vrebbero assolvere semplicemente al compito di intermediazione, ma si distin- guono dallo stesso “mediatore culturale” in quanto hanno una funzione prettamente psico-pedagogica, ossia dovrebbero dedicarsi prettamente a dare sostegno al pro- cesso di costruzione dell’identità negli adolescenti/giovani di origine migratoria, la- vorando a difesa dei fattori protettivi della propria cultura e prevenendo per quanto possibile i fattori di disagio/rischio nell’esporsi al contatto con altre culture. Alcuni compiti specifici del tutor etnico sono già stati riportati nel capitolo precedente 2. Si tratta cioè di accompagnare e di supportare il giovane nei principali “momenti di passaggio” che riguardano da vicino le problematiche circoscritte ai processi di integrazione tra “mondi” culturali diversi e che sono destinate ad in- 2 Al paragrafo 5.2 del capitolo 4. 127 fluenzare poi il processo di costruzione dell’identità: mantenimento dei co- stumi/valori della tradizione da un lato e, dall’altro, inserimento nella nuova cul- tura, partecipazione attiva alla vita della scuola/FP, educazione alle scelte e agli orientamenti di vita, sostegno alla progettualità e alle prospettive future. Tutti fat- tori che spesso la famiglia immigrata si trova a dover gestire da sola, senza alcun sostegno e talora anche in assenza di adeguate competenze, con evidenti conse- guenze sul percorso identitario del figlio. Alcuni autori (Pagano-Nosenghi, 2005, 104ss.) hanno definito queste figure operative dei veri e propri “costruttori di ponti” tra sponde culturali differenziate. Ad essi viene affidato il delicato compito di far diventare i sistemi formativi un “la- boratorio di convivenza democratica”, capace di rispondere all’obiettivo dell’inte- grazione delle pluri-appartenenze mediante competenze: – pedagogico-relazionali: capacità comunicative, empatia, accoglienza, ascolto attivo, capacità di vedere il problema anche da parte del punto di vista del- l’altro, capacità di collaborare; – vocazionali: mission educativa, capacità di dare significato esistenziale al pro- prio operato, rispetto/stima/attenzione all’altro e alla sua diversità; – culturali: conoscenza delle lingue e culture, gestione delle informazioni, ri- corso alle normative e alle risorse istituzionali del territorio; – tecnico-professionali: analisi dei bisogni, capacità nel saper orientare, tecniche di colloquio, tecniche di animazione/conduzione di gruppi, gestione dei conflitti; – organizzative: saper lavorare in gruppo, progettare, formare e gestire reti for- mative. Non mancano tuttavia elementi di criticità nei confronti di un certo modo di gestire i processi di mediazione, in quanto vi è anche il rischio che tali attività, se riversate solo sul “caso”, non fanno altro che accentuare la differenza tra l’alunno immigrato ed i suoi compagni di classe, per cui riproducono esclusione anziché in- clusione; invece le azioni di mediazione dovrebbero essere in grado di attivare una circolarità di relazioni fra allievi immigrati e autoctoni, fra insegnanti, fra allievi e insegnanti, fra insegnanti e genitori; così pure le prove di accesso e il patto forma- tivo se non coinvolgono anche la famiglia invece dell’integrazione fanno dell’a- lunno immigrato un “caso a sé”, solitamente oggetto di trattamento differenziato. Mentre la figura del tutor etnico, se adeguatamente formata, interviene soprat- tutto sul processo piuttosto che mirare direttamente al prodotto; come tale, il suo compito rientra nell’ottica di quella “pedagogia dell’accompagnamento” che in- tende aiutare il soggetto nella scoperta di se stesso portandolo ad individuare bi- sogni, aspirazioni, attitudini, valori, capacità/abilità. Questa attività di accompagna- mento inoltre va prevista non solo nella fase iniziale ma attraversa trasversalmente l’intero percorso/processo d’intervento formativo. Tutto ciò significa innescare nei percorsi formativi un processo di mediazione permanente basato sui seguenti obiettivi: favorire l’accoglienza dell’alunno di origi- 128 ne migratoria e il suo inserimento nella classe; favorire la relazione tra scuola/FP e famiglia; valorizzare le culture delle differenti etnie di immigrati presenti nella scuola/FP; promuovere progetti interculturali; partecipare alle iniziative/manifesta - zioni promosse anche da parte di altre strutture/istituzioni (amministrazioni locali, enti e associazioni varie…) a favore degli immigrati. Per quanto riguarda poi le aree d’intervento, la formazione per svolgere attività di mediazione dovrebbe essere indirizzata: 1) agli insegnanti, per: contribuire a risolvere difficoltà comunicative nella fase di inserimento/integrazione nel gruppo-classe; usufruire di quelle informazioni sulla cul- tura degli alunni di origine migratoria che permettano di superare/oltrepassare gli eventuali stereotipi; acquisire informazioni utili sulla biografia e sul percorso forma- tivo dell’alunno quando stava nel Paese di origine; favorire una maggiore compren- sione della condizione psichica che vive l’alunno immigrato lungo il suo percorso for- mativo; proporre/promuovere azioni e progetti finalizzati all’interculturalità; 2) all’alunno di origine migratoria, per: sostenere il suo rapporto con i com- pagni, con i docenti e con le varie altre figure operative all’interno della scuola/FP; favorire la partecipazione alle attività del gruppo-classe; favorire l’accesso ai ser- vizi della scuola/FP, con particolare riferimento a quelli di ordine orientativo e psi- cologico, in modo da ridurre il disagio provocato dallo sradicamento e/o dal suo farsi comunque portatore di una diversità; dare valore e legittimità alla lingua e alla cultura di origine; prevenire la dispersione scolastica (provocata da problemi lin- guistici, di apprendimento, comportamento…) mediante interventi socio-educativi mirati e programmati in più tempi durante il percorso formativo; 3) all’alunno autoctono, per: coinvolgere il gruppo-classe nel discutere su “cosa si deve fare” quando arriva un nuovo compagno di origine migratoria; pre- sentare/far conoscere/valorizzare all’interno della classe le diverse culture di appar- tenenza degli allievi; proporre progetti/programmi di animazioni interculturale; promuovere attività/azioni formative col fine specifico di educare alla mondialità, alla pace a sapersi accettare nella diversità; 4) alle famiglie autoctone e immigrate, per: orientare i genitori fornendo infor- mazioni per conoscere il funzionamento della scuola/FP ed i diritti/doveri degli alunni e delle famiglie; facilitare l’accesso all’uso dei servizi educativi, intra ed extra scuola/FP; sensibilizzare i genitori al PEI o ad altri progetti educativi adottati dalla struttura formativa. Tutto questo richiede anzitutto che la figura del mediatore o del tutor etnico venga prevista e quindi adottata e inserita non solo all’interno dei sistemi formativi ma anche nelle politiche socio-assistenziali degli enti locali. Di conseguenza la sua funzionalità andrebbe attivata in luoghi particolarmente significativi oltre la scuola/FP, quali i consultori familiari, i centri di ascolto e di orientamento, le que- sture, le strutture socio-assistenziali e, più in generale, i centri di accoglienza e/o quei centri di ritrovo dove si riuniscono le comunità etniche. 129 2.3. Seconda fase operativa: le strategie formative a sostegno/accompagna - mento Ai fini di una adeguata integrazione degli adolescenti/giovani di origine migra- toria nei sistemi educativo-formativi si richiede che tali sistemi promuo- vano/favoriscano lo svolgimento di programmi d’intervento mirati a coinvolgere, far partecipare questi alunni ad attività a favore sia della comunità etnica di appar- tenenza che del più ampio contesto sociale dove vivono (quartiere, territorio, am- bienti del tempo libero…), facendo in modo che questi diversi mondi possano poco alla volta dialogare e integrarsi. Ciò permetterà a questi alunni uno sviluppo armo- nico tra più culture che avrà una ricaduta nel promuovere le proprie potenzialità a favore di sempre nuove e più ricche forme di convivenza sociale, al punto da poter dire che l’“integrazione” è il prodotto proprio delle diversità di cui ciascuno è por- tatore e la diversità a sua volta è ciò che ne fa da collante. Per quanto riguarda le metodologie a cui fare riferimento, per la messa in opera di un progetto d’intervento in linea generale si richiede di indicare: su quali ipotesi è fondato il problema che si intende affrontare; quale metodologia si in- tende applicare al modello interpretativo adottato e a quali fonti fa riferimento; quali sono gli obiettivi generali del progetto (prevenire, cambiare, promuovere…); quali sono invece gli obiettivi specifici che si intendono conseguire attraverso l’applicazione del modello; come è stata pianificata l’attività per tempi/fasi a breve/medio/lungo termine; quali sono i risultati attesi; come si prevede di verifi- care il rapporto tra gli obiettivi programmati ed i risultati realizzati (metodi, stru- menti per le verifiche…). 2.3.1. Buone pratiche per l’inserimento nel gruppo-classe degli alunni immigrati Scendendo invece nei dettagli di un progetto mirato all’accoglienza/integra - zione/accompagnamento nel gruppo-classe degli alunni di origine migratoria, un percorso iniziale di inserimento nei Centri di Formazione Professionale è stato messo a punto da Bonica (2000, 263) e riportato nel capitolo precedente 3. Oltre alle pratiche ormai convalidate bisogna tener conto anche di specifici in- terventi nei confronti di quei soggetti particolarmente a rischio per la loro apparte- nenza alla categoria dei cosiddetti “senza-patria”, ossia di coloro che si vergognano o comunque non sono mai stati nel Paese di origine dei propri genitori (portando con sé il “complesso di Calimero”), per cui non ne condividono affatto cultura e tradizioni ma al tempo stesso non si sono mai integrati nella cultura e nella società del Paese dove sono nati e/o dove attualmente risiedono. Costoro si possono consi- derare di conseguenza dei veri e propri “apolidi”, dalla mancata o non ben definita appartenenza, per cui sono portatori anche di un’altrettanta debole o mancata iden- 3 Al paragrafo 5.3 del capitolo 4. 130 tità e/o di un sé disintegrato. Come tali possono essere considerati ad alto rischio di vulnerabilità sociale; fenomeno che a sua volta appare strettamente collegato al fal- limento scolastico, alla deprofessionalizzazione, alla disoccupazione e che potrebbe avere come capolinea la caduta nell’emarginazione e nella devianza. Ai fini dell’integrazione nel gruppo-classe di questi particolari alunni Zoletto (2007, 147ss.) suggerisce le seguenti azioni. 1) Stilare assieme una “carta sull’integrazione” che faccia da sfondo a tutte le attività interculturali promosse da ciascuno o comunque a partire dalla quale progettare iniziative condivise di educazione/integrazione scolastica e sociale; ed inoltre permetta di acquisire nuove competenze e dimensioni culturali nel partecipare in prima persona alla co-costruzione di una “casa comune”. 2) Favorire il protagonismo di tutti gli attori sociali: - promuovendo forme di rappresentanza delle diverse comunità/gruppi etnici; - favorendo l’associazionismo delle comunità immigrate; - sostenendo la dimensioni interculturale tra le differenti forme di associazio- nismo etniche ed autoctone presenti nel territorio (a scopo sportivo, cultu- rale, espressivo…); - promuovendo la partecipazione alla vita della scuola/FP (negli organi colle- giali…) delle rappresentanze di diverse etnie (genitori, associazioni, gestori di servizi vari…). 3) Arrivare ad elaborare un “patto interistituzionale”, al fine di promuovere un modello di integrazione partecipata e di progettualità condivisa. 4) Rinnovare/rivisitare la scuola/FP, intesa quale “servizio” in funzione dei bi- sogni formativi e culturali delle comunità locali, mediante: - la partecipazione al POF/PEI di tutti gli attori sociali; - la realizzazione di percorsi/progetti mirati alla partecipazione delle fami- glie, rendendole soggetti attivi nel processo educativo dei figli; - la realizzazione di attività finalizzate all’integrazione tra famiglie autoctone e immigrate; - l’alfabetizzazione degli adulti con particolare attenzione alle fasce deboli delle comunità immigrate; - la valorizzazione delle culture di appartenenza e delle lingue delle diverse etnie ai fini di una crescita condivisa che porti a considerare la differenza un’opportunità di arricchimento reciproco; - la concezione di una scuola/FP quale luogo di convivenza plurale e demo- cratica, fondata sul riconoscimento di tutte le differenze, secondo quanto suggerisce uno dei principi-cardine della società della conoscenza, il quale invita a “imparare a vivere insieme e a muoversi alla scoperta dell’altro ten- dendo verso obiettivi comuni” (J. Delors); - l’adozione del principio secondo cui la conoscenza, i saperi e le culture sono un valore ed una ricchezza solo in quanto sono “plurali”, ossia sono in grado di tenere assieme identità e differenza. 131 2.3.2. La scuola/FP come “laboratorio delle differenze” contro le forme di discri- minazione La scuola/FP oltre ad essere un luogo di confronto culturale e di incontro rela- zionale, dove più facilmente si è portati a fare amicizia, talora può dare adito anche a conflitti; quando poi si aggiungono altre differenze, quali il colore della pelle, l’abbigliamento, l’insegnamento della religione…, allora è possibile che diventi un luogo di scontro per l’assunzione di atteggiamenti discriminatori, incomprensioni, dibattiti accesi. Alcuni autori (Portera-Dusi, 2005; Portera, 2006, 77) hanno fatto osservare che nel settore della didattica e della pedagogia interculturale non bisogna mettere in ri- lievo solamente le differenze culturali, ma occorre centrare gli interventi soprattutto sulle possibili “interazioni” che si dovrebbero realizzare tra i soggetti appartenenti a culture diverse. Nel sottolineare solo le differenze si rischia infatti di descrivere l’identità del portatore di “diversità” in maniera rigida/statica, perpe- tuando/accentuando di fatto le disuguaglianze. Per di più, se l’alunno di origine mi- gratoria viene percepito in classe come un “problema” finirà per sentirsi tale e quindi anche per comportarsi tale, ossia da “straniero in/alla classe”. Al contrario l’integrazione potrà avvenire se lo si porterà ad essere e a sentirsi una “risorsa”, un “compagno alla pari” all’interno del gruppo-classe. La scuola/FP infatti può diventare anche un luogo dove si riproducono e si molti- plicano cortocircuiti relazionali basati su stereotipi/pregiudizi nei confronti delle “dif- ferenze” e/o dei portatori di svantaggi di varia entità e che, in quanto tali, possono sfo- ciare in aperte discriminazioni. In particolare è l’ambiente del gruppo-classe, quale si- stema microsociale, che si presta più facilmente a produrre e a conservare le differen- ze di status degli allievi. Se a tutto questo si aggiunge poi una didattica in grado di raf- forzare tali differenze a seconda delle aspettative dei docenti, esse potrebbero arrivare a provocare una ricaduta tra gli alunni in rapporto sia alla percezione che i compagni hanno di chi ne è portatore sia nei confronti della percezione che viene ad avere di sé l’alunno discriminato. Quando poi il discriminato è l’alunno immigrato, il bagaglio di differenze (culturali, linguistiche, religiose, somatiche…) di cui è portatore all’ini- zio del percorso il più delle volte (anche per l’intervento di vari altri fattori quali la de- bolezza linguistica e culturale, la classe sociale di appartenenza…) le mancate perfor- mance si sommano e si stabilizzano in uno stigma di incapacità di prestazione che ta- lora può perdurare lungo l’intero percorso scolastico-formativo. La sfida che l’appartenenza etnica dell’adolescente immigrato pone alla logica delle pari opportunità nei sistemi formativi riguarda l’esigenza di armonizzare le forme di fruizione dei diritti fondamentali con i percorsi individuali di crescita e di realizzazione di sé. La scuola/FP multiculturale dovrebbe perciò abbandonare i me- todi didattici tradizionali, pensati per gruppi culturalmente omogenei, per poter la- vorare con efficacia con gruppi culturalmente eterogenei. Una metodologia che in- tenda definirsi interculturale infatti non mette al centro il diverso ma parte dal met- tere a confronto su uno stesso piano di parità tutti i differenti portatori di diversità. 132 Tutto questo comporta di formare gli insegnanti ad utilizzare metodologie di- dattiche innovative per far sì che le relazioni nel gruppo-classe non siano conflit- tuali ma si crei piuttosto un clima collaborativo. Lo stesso impianto curricolare do- vrebbe perciò essere coniugato in termini interculturali di dialogicità (capacità di porsi in relazione e in ascolto dell’altro) e decentramento (presentazione di ciascun punto di vista tra pari). Al riguardo i lavori di gruppo ed altre attività similari pos- sono essere utilizzati quali ottimi strumenti didattici ai quali far ricorso, oltre che per i processi di apprendimento, anche per quelli finalizzati all’ integrazione. Non si tratta di cambiare i contenuti quanto la forma mentis, insegnando le varie disci- pline in un’ottica interdisciplinare. Pagano-Nosenghi (2005, 106ss.) per facilitare il superamento delle problema- tiche scolastiche di ordine discriminatorio hanno messo a punto le seguenti buone pratiche. BUONE PRATICHE PER IL SUPERAMENTO DELLE DISCRIMINAZIONI 1 - Promozione della memoria storica nelle prassi interculturali della scuola/FP: in altri termini si tratta di dare sempre più spazio al metodo autobiografico. Le memorie legate all’immigrazione fanno parte del patrimonio culturale; per la loro ricostruzione si possono allestire appositi laboratori dove genitori e figli ripercorrono la loro traiettoria attraverso testi scritti, musiche, foto e filmati…, che poi presentano in aula. Il materiale prodotto anno dopo anno a sua volta potrebbe poi entrare a far parte di un manuale da utilizzare nell’attività interculturale della scuola/FP e/o di un archivio che docu- menta la storia dell’immigrazione, patrimonio dell’intera comunità scolastica e della comunità locale di appartenenza. 2 - Laboratori per la costruzione di percorsi interculturali: gli insegnanti lavorano per gruppi interdi- sciplinari, cercando di individuare quali saperi/competenze possono essere trasversali alle varie disci- pline; successivamente devono cercare di elaborare, attraverso decisioni condivise, percorsi trasver- sali evidenziandone le implicanze interculturali. 3 - Procedure/suggerimenti per la soluzione dei conflitti nel gruppo-classe: - fare in modo da evidenziare negli alunni immigrati doti/qualità/abilità anche in altri settori oltre a quelle prettamente di ordine scolastico-formativo (sport, mass media, musica, danza…); - role playing: far sperimentare al bullo la parte della vittima; - coinvolgere tutti gli alunni nel discutere “cosa fare” quando in classe si provocano aperti conflitti con compagni di origine migratoria su questionai razziali, religiose, culturali; - far descrivere all’alunno vittima di discriminazioni il problema o l’evento che ha provocato il con- flitto e i sentimenti che ha provato; preventivare le azioni/strategie che intende promuovere in rela- zione al problema; far valutare l’impatto che avrebbe l’applicazione di tali azioni/strategie; infine fare in modo da socializzare e discutere tutto questo all’interno del gruppo-classe e/o tra più classi e/o tra più scuole. 4 - Interventi antidispersione scolastico-formativa per giovani immigrati in particolari situazioni di difficoltà: a) obiettivo degli interventi è quello di promuovere: - attività finalizzate a sviluppare le capacità di lettura delle proprie risorse e limiti attraverso l’auto- valutazione correlata con le possibilità di accesso al mercato del lavoro; - attività finalizzate alla crescita culturale e della personalità; - strumenti finalizzati alla riduzione degli abbandoni scolastico-formativi e per consentire di effet- tuare scelte consapevoli; - competenze trasversali per rendere spendibile il percorso svolto sul mercato del lavoro; - attività finalizzate a favorire la conoscenza di percorsi formativi alternativi alla scuola/FP e a mi- sura del proprio fabbisogno formativo-professionalizzante; 133 2.3.3. L’apprendimento cooperativo: apprendere per mezzo di altri, con gli altri L’apprendimento cooperativo può essere considerato come uno dei più efficaci metodi di mediazione tra culture diverse e tra individui con livelli culturali diversi, in quanto: valorizza le diverse capacità all’interno del gruppo-classe; recupera gli alunni poco motivati allo studio; educa all’accettazione del diverso; insegna a lavo- rare in gruppo. In via generale l’efficacia dell’apprendimento e la qualità dell’impegno cre- scono nella misura in cui si dà agli studenti l’opportunità di ricercare soluzioni in un contesto di condivisione e collegialità. In questo caso le attività vengono pianifi- cate e poi realizzate attraverso un’organizzazione che prevede la distribuzione dei compiti e delle responsabilità. Un esercizio di apprendimento in gruppo si qualifica come cooperativo se sono presenti i seguenti elementi: – positiva interdipendenza: gli alunni si devono sentire responsabili del loro per- sonale apprendimento e di quello degli altri membri del gruppo; se qualcuno non fa la propria parte anche gli altri subiscono lo svantaggio; – responsabilità individuale: ognuno deve rendere conto del lavoro svolto tra- smettendo al gruppo quanto ha appreso; – uso appropriato delle abilità nella collaborazione attraverso lo sviluppo delle proprie capacità, sapendo prendere adeguate decisioni e sapendo gestire even- tuali conflitti nelle relazioni interpersonali. Quando poi si ha a che fare con un alunno immigrato neo-arrivato l’apprendi- mento cooperativo ed il tutoring fra pari consentono fin dall’inizio di poterlo far partecipare alla vita del gruppo-classe per svolgere quelle attività che richiedono conoscenze e prestazioni che lui non ha ancora acquisito. Tutto questo sulla base del principio secondo cui più frequentemente e intensamente essi comunicano con i loro pari in merito ai compiti da svolgere in comune e più imparano, compresa la lingua degli autoctoni. Inoltre i gruppi cooperativi linguisticamente non omogenei possono costituire una strategia positiva se promuovono attività di problem solving e di scoperta di b) modalità di progettazione degli interventi antidispersione: - accoglienza: iniziative per l’integrazione scuola/FP/formazione/lavoro; - orientamento: attività integrate con la partecipazione dei vari attori del sistema (scuola/FP, CFP, centri per l’impiego, sistema produttivo…) mirate a sostenere/orientare i giovani alle scelte future; - sviluppo delle competenze di base e trasversali: abilità relazionali e cognitive mirate a rimotivare i singoli proponendo modelli personalizzati di apprendimento; - sviluppo di competenze organizzative mirate a lavorare in gruppo. 5 - Promozione di attività extrascolastiche: la scuola/FP dovrebbe promuovere anche la partecipazione dell’adolescente immigrato ad attività extracurricolari e del tempo libero, in quanto giocano un ruolo determinante al fine di farlo sentire accettato da parte del gruppi dei pari; è proprio attraverso la partecipazione degli adolescenti immigrati alle attività sportive ed espressive promosse nel terri- torio (come in una squadra sportiva, nell’attività associativa, in un gruppo musicale, in un laboratorio teatrale…) che gli adolescenti si sentono accolti, accettati, riconosciuti e valorizzati nelle loro capa- cità. 134 contenuti valorizzando le differenti abilità di cui ciascuno è portatore nella cultura di appartenenza, in modo tale che esse si trasformino in risorse per il gruppo. Così pure il tutoring fra pari costituisce un’altra modalità organizzativo-didat- tica che coinvolge gli alunni stranieri nell’apprendimento e nella socializzazione con i compagni di classe. In questo modo, mentre gli alunni immigrati neo-arrivati acquisiscono nuovi contenuti/competenze, il compagno che si è assunto il compito di “tutor” impara che si possono adottare diversi modi e strategie per apprendere. In tema di apprendimento cooperativo Zoletto (2007, 66ss.) propone le se- guenti strategie. BUONE PRATICHE PER L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO 1 - Lavoro di gruppo nell’ottica dell’apprendimento cooperativo: 1) quando gli studenti lavorano in gruppo ognuno diventa corresponsabile del proprio coinvolgi- mento/apprendimento e di quello dei compagni; 2) dal canto suo l’insegnante diventa una figura che progetta, organizza, osserva, facilita, valuta…, de- legando così agli allievi una parte del proprio ruolo; 3) è in questo contesto che le differenze di cui ciascun allievo è portatore (tra chi sa di più e meno o tra chi sa una cosa e chi un’altra, tra autoctoni e immigrati, tra un punto di vista e l’altro, tra culture e culture…) possono trasformarsi in “risorsa” a beneficio di tutti. 2 - Tutoring fra pari: l’alunno straniero viene affiancato da un compagno-tutor che ha il compito di aiu- tarlo nell’apprendimento linguistico e nei lavori che riguardano l’intera classe; tale funzione di tuto- raggio potrebbe essere svolta a turno da vari componenti la classe sulla base delle disponibilità e competenze di ciascuno. 3 - Formare la rete per l’integrazione scolastica: per lo svolgimento di tale attività si richiede che l’é- quipe formata da docenti, operatori, figure specialistiche si attivi secondo strategie predeterminate e strutturate in fasi, tenendo conto dei seguenti parametri: - presenza di professionalità differenti all’interno dell’équipe; - definizione degli obiettivi rispetto alla formazione dell’équipe e innesco di processi di valutazione finalizzati alla sua crescita; - capacità di utilizzare strumenti vari e differenziati per il perseguimento degli obiettivi educativi e socializzanti; - capacità di collaborare e/o di coordinare gli interventi predisposti per l’utente anche da parte di altri servizi/enti; - capacità di progettare modelli articolati di intervento a vasto raggio sul territorio per preve- nire/arginare i processi di emarginazione; - distribuzione degli interventi secondo una logica consequenziale e programmatica che tenga conto della loro realizzazione a breve, medio e lungo termine, e conseguentemente verifichi gli obiettivi conseguiti all’interno di altrettante fasi; 4 - Accompagnamento: nell’attuale sistema di istruzione e formazione una quota variabile di alunni (tra cui anche quelli di origine migratoria) riporta insuccessi. Ora affinché un alunno demotivato a conti- nuare possa riprendere il proprio percorso educativo occorrono figure di adulti (insegnanti, educatori, tutor…) in grado non solo di incoraggiare ma soprattutto di rafforzare l’autostima e la sicurezza del giovane; per ottenere risultati coerenti con le aspettative e le esigenze del giovane occorre arrivare cioè ad elaborare programmi personalizzati, coinvolgendo l’alunno nelle decisioni, nel tentativo di individuare gli ambiti a cui è più interessato; valorizzare le sue abilità/capacità di base e/o dove si di- mostra più competente; aiutarlo ad assumersi sempre più responsabilità. Tutto questo richiede a sua volta di promuovere percorsi il più possibile individualizzati, affiancati da misure di accompagna- mento, quali: analisi delle aspettative, motivazioni, orientamenti/interessi professionali; identifica- zione delle competenze, abilità, risorse; identificazione e definizione di un progetto/percorso forma- tivo personalizzato, che ponga l’adolescente al centro di tutto il processo. 135 2.3.4. Attivazione di “laboratori interculturali” e/o buone pratiche per l’intercultura Infine occorre uscire dal ricorso a metodologie didattiche rigide/stereotipate per progettare/sperimentare curricoli disciplinari in prospettiva interculturale se- condo una logica che invita a superare un concetto univoco di “intelligenza” nel valutare la capacità di apprendimento degli alunni per adottare quello di “intelli- genze multiple”. A tale scopo, per mettere in atto buone pratiche nel campo dell’in- tercultura alcuni autori hanno suggerito una serie di metodologie ad hoc, riassumi- bili nei seguenti punti (Nanni-Curci, 2005, 59ss.). 5 - Quando il problema è la lingua: l’apprendimento e lo sviluppo della seconda lingua (L2) da parte degli adolescenti stranieri sta al centro dell’azione didattica. Tutto ciò comporta modificazioni nelle modalità organizzative interne alla scuola/FP. Al tempo stesso è importante che essa promuova negli alunni non italiani le capacità di narrare, di raccontare/raccontarsi e di esprimersi, favorendo così lo sviluppo di entrambe le lingue, quella materna e quella da acquisire. Il riconoscimento, la conserva- zione e la valorizzazione della lingua materna degli allievi immigrati, infatti, vanno considerati non un ostacolo da rimuovere ma piuttosto come un risorsa che favorisce uno sviluppo intellettivo armo- nico, in quanto chi impara una seconda lingua usa, in tale apprendimento, le competenze metacogni- tive del linguaggio sviluppate nella prima (astrarre, classificare ecc.). Tutto questo richiede di: - analizzare la domanda di L2: occorre l’apporto di più figure (insegnanti, mediatori, genitori, asso- ciazioni…) per discutere la risposta più adatta da dare; a un problema interculturale la risposta in- fatti non può che essere di ordine interculturale, nel senso di tener conto di tutti i punti di vista; - prestare attenzione alle modalità comunicative, alle qualità relazionali e al “clima” della classe: agli alunni stranieri si può chiedere di raccontare se stessi (interessi, progetti, storia personale, amici, famiglia, il proprio Paese…); in questo caso l’uso dell’immagine, delle fotografie, di mu- siche e suoni e la produzione di testi brevi è di tipo interattivo, in quanto consente la comunica- zione tra insegnante e alunno e tra quest’ultimo e il gruppo-classe anche quando le competenze nel- l’italiano sono ancora molto scarse; inoltre nel raccontare se stessi i ragazzi ricostruiscono il pro- prio passato, le radici strappate alla propria terra, e al tempo stesso condividono con adulti e com- pagni quelle emozioni che le immagini e i racconti evocavano. BUONE PRATICHE PER L’INTERCULTURA 1) Metodo narrativo: senza l’ascolto dell’altro non si dà interculturalità. È necessario che anche l’altro racconti se stesso, comunichi/manifesti chi è; la pedagogia narrativa è una via privilegiata per l’inter- cultura perché permette ad ogni soggetto di partire da se stesso e di confrontare la propria cultura con quella degli altri, alla ricerca di comunanze e differenze. Occorre di conseguenza arrivare a proget- tare un laboratorio narrativo, ossia un luogo che si presti a far dialogare tra loro persone di culture diverse e che serva a: - valorizzare il vissuto degli alunni di origine migratoria, in quanto ricostruisce la storia personale o della propria famiglia, mantiene il legame con le proprie origini per non diventare “stranieri” ri- spetto al gruppo/cultura di appartenenza, ed inoltre porta a sviluppare l’identità e la coscienza di sé; - modificare l’immagine del compagno-straniero all’interno del gruppo-classe, in quanto permette di conoscere la sua esperienza di vita e quindi anche la capacità di saper cogliere il punto di vista del- l’altro. 2) Metodo comparativo: mette a confronto due o più persone, oggetti, narrazioni, versioni, al fine di al- largare/arricchire di maggiori particolari il proprio punto di vista, spesso frutto di un’educazione uni- laterale/unidimensionale, evitando al tempo stesso di far credere che esiste una sola verità e/o una sola rappresentazione fedele di una stessa realtà. L’obiettivo di questa metodologia è quello di edu- care alla relatività, al pluralismo e alla complessità. La didattica comparata rende più ricca la com- prensione degli oggetti di studio, stimola la problematizzazione e l’osservazione critica, promuove la ricerca di nuove categorie concettuali, sollecita la curiosità e l’interesse per la scoperta, invita a non fissarsi su schemi rigidi e/o tradizionali ma ad aprirsi al nuovo e al diverso. 136 Tutto questo comporta di arrivare a superare la dicotomia tra insegnante e al- lievo, tra teoria e pratica, oltrepassando il concetto stesso di disciplina e facendo ri- corso a metodologie in grado di integrare più discipline accomunate da saperi e contenuti tra loro assai vicini. 3) Metodo costruire-decostruendo: la decostruzione nasce quando l’individuo del mondo occidentale, inteso come modello di sviluppo dominante, guarda in senso critico al proprio sistema culturale (filo- sofico, economico, politico, etico, religioso…); di conseguenza si tratta di riequilibrare quei rapporti di forza asimmetrici che si istaurano tra soggetti appartenenti a culture diverse e che portano a creare una scala valoriale tra quelle che sono considerate dominanti e quelle inferiori. A questo si arriva de- costruendo pregiudizi, stereotipi, categorie etnocentriche interpretate attraverso immagini defor- manti. Per realizzare questo processo di decostruzione, occorre quindi: - partire anzitutto dal presupposto che normalmente nel confronto con la diversità ci si richiama ad una memoria dominante che è etnocentrica; - quindi cominciare a mettersi in discussione, rivisitando/rivedendo/smontando le proprie idee pre- concette/prevenute e gli schemi dogmatici (ortodosso/eretico), noicentrici (noi/loro), gerarchici (su- periore/inferiore), evoluzionisti (primitivi/civilizzati); - mettere in conto la volontà di posizionarsi su un asse simmetrico di confronto tra pari, di dialogo improntato alla costruzione del bene comune pur partendo da punti di vista differenziati. 4) Metodo del decentramento (quando “gli altri” siamo noi): occorre imparare a considerare il proprio punto di vista non come l’unico legittimo o possibile ma come uno fra tanti, uscendo dalla spirale dell’etnocentrismo; occorre cioè imparare ad accettare la parzialità della propria verità, consapevoli dei propri limiti e del fatto che per raggiungerla abbiamo bisogno di scoprire/riconoscere i punti di vista degli altri e che ciò richiede di rendersi disponibili all’ascolto, alla collaborazione e soprattutto al confronto. In questo senso i sistemi formativi devono caratterizzarsi come luogo di confronto, strutturando attività e percorsi che privilegiano l’attività di gruppo piuttosto che il lavoro individuale, l’ascolto reciproco piuttosto che la lezione frontale, percorsi flessibili di apprendimento piuttosto che rigidamente strutturati. Siamo stati abituati a studiare le culture degli altri dal nostro punto di vista, ma non la nostra cultura dal punto di vista degli altri. Non dobbiamo dimenticare che anche noi siamo “altro” dal punto di vista dell’altro; quindi decentrandoci possiamo vederci come in uno spec- chio chi/come siamo attraverso il punto di vista dell’altro. La didattica dei punti di vista dell’altro è una palestra che contribuisce ad avere una visione più allargata ed obiettiva della visione delle cose, è una nuova alfabetizzazione delle forme di relazionalità di cui si devono far carico i sistemi educa- tivi. 5) Metodo dell’azione: si tratta di educare attraverso azioni pratiche finalizzate alla cittadinanza attiva, quali: - organizzare una festa dei popoli (con musiche, danze, prodotti artigianali e culinari…); - promuovere scambi di letteratura, filmati, foto, musiche, prodotti artigianali… tra scuole/classi ge- mellate; - fare viaggi interculturali; - organizzare visite guidate a moschee, sinagoghe, templi di altre religioni; - adottare, da parte di una scuola/FP/classe, monumenti, parchi, siti archeologici… In pratica occorre valorizzare tutti quegli elementi positivi che la normativa scolastica, il POF/PEI, i curricoli disciplinari di ogni singola scuola/FP o altra struttura formativa già prevedono, coinvol- gendo tutti coloro che in essa operano (insegnanti, alunni, famiglie, associazioni, operatori di servizi vari…) per mettere in pratica le potenzialità educative di ognuno. 6) Metodo della restituzione: si tratta di scoprire, riconoscere e apprezzare il debito culturale che la propria cultura ha nei confronti di altre culture. Di fatto numerose realtà presenti nella propria cultura di appartenenza (dall’uso di certe parole, ai prodotti alimentari, alle piante, agli animali…) sono il prodotto di scambi, ibridazioni, incorporazioni, mescolanze tra popoli e culture diverse da cui tutte hanno tratto vantaggi e arricchimento. 7) Metodo ludico: incidere in profondità sul vissuto relazionale attraverso una via ludica che privilegia il coinvolgimento diretto, il mettersi in gioco mediante simulazioni, giochi di ruolo, drammatizza- zioni, giochi di conoscenza di sé e degli altri, di cooperazione, di fantasia… 137 In ogni caso il processo di integrazione delle minoranze etniche nel gruppo- classe non potrà verificarsi senza una adeguata/mirata formazione dei docenti. 2.4. Fase ex-post: valutazione e diffusione dei risultati Un qualsiasi progetto d’intervento non potrà considerarsi completato se non verranno messe in atto strategie mirate a valutarne i risultati conseguiti in rapporto agli obiettivi prefissati e quindi anche a diffonderli/socializzarli affinché le buone pratiche possano essere messe a profitto da altri e/o trasferite anche ad altri con- testi. A questo riguardo quindi, il modello prevede una serie di azioni da mettere in atto a seguito delle fasi prettamente operative. 2.4.1. Pianificazione della valutazione Da applicare: a) al progetto nel suo complesso (ex-ante, in itinere, ex-post - a distanza di tempo -); b) alle diverse componenti sottese alla realizzazione del pro- cesso, relativamente agli utenti e agli operatori, al programma, alle metodologie d’intervento utilizzate, alle attività svolte, alla adeguatezza delle “risorse” utiliz- zate, alla funzionalità dell’organizzazione; c) ai risultati conseguiti, in riferimento agli obiettivi di volta in volta realizzati in rapporto alle diverse fasi/tempi in cui è strutturato il progetto (a breve/medio/lungo termine), alla coerenza tra obiettivi programmati e quelli effettivamente conseguiti, al rapporto costi-benefici, alle rea- zioni/impatto che ha avuto sui destinatari e nell’ambiente circostante, al sistema di efficienza/efficacia nel rapporto risultati attesi/conseguiti; d) alle procedure di veri- fica, in merito a chi valuta, che cosa si vuole valutare (variabili, indicatori…), come si intende valutare (metodi, strumenti di osservazione…). E, a questo riguardo un po’ tutti gli studiosi concordano su una serie di strategie comuni da adottare per rinforzare/ottimizzare la formazione dei docenti a livello interculturale: - sviluppare programmi scolastici pensati ed elaborati in funzione della diversa provenienza ed eticità degli alunni, così da promuovere l’uguaglianza di opportunità sia a livello dell’apprendimento che dell’autostima e della costruzione del sé; - creare interscambi frequenti tra scuola/FP, famiglie immigrate e associazioni presenti all’interno delle comunità etniche di appartenenza; - interscambio con docenti di altre scuole al fine di organizzare lavori di gruppo per elaborare pro- grammi comuni su cui confrontare i risultati conseguiti da ciascuna scuola/FP; - creare interscambi con scuole dei Paesi di origine degli alunni immigrati; - utilizzare laboratori linguistici per compensare le lacune linguistiche e per implementare l’educa- zione bilingue; - adottare testi, libri e altro materiale che si relazioni con gli alunni di ciascuna etnia (storia, tradizioni, musica, letteratura…), così da far conoscere/promuovere/divulgare i valori etici e gli stili di vita che fanno capo alle differenti culture; - portare gli alunni delle diverse etnie a produrre documenti, elaborare banche dati, raccogliere mate- riale (disegni, musica, monografie, fotografie, articoli, proiezioni…) che possa far conoscere le po- tenzialità della propria cultura di origine ai compagni di scuola/FP, coinvolgendo anche i familiari, le associazioni ed altri membri della comunità di appartenenza; - realizzare esposizioni a tema (artigianato, fotografia, documenti…); - fare ricerche nel campo delle tradizioni del Paese di origine (degli alunni o dei genitori); - analizzare in équipe i lavori degli alunni; - far uso di tecniche espressive e multimediali. 138 2.4.2. Valutazione degli esiti sui destinatari Occorre riportare: quanti erano i destinatari all’inizio del programma e quanti hanno portato a termine il programma; di questi ultimi, quanti sono risultati positivi e su quanti il programma si è rivelato inadeguato/inefficace; quale spiegazione viene data degli eventuali effetti negativi emersi; quali sono le motivazioni di co- loro che si sono ritirati e/o non sono riusciti a portare a termine il programma (indi- care anche le caratteristiche socio-demografiche…); se coloro che hanno portato a termine il programma possono essere considerati “rappresentativi” di un particolare gruppo/popolazione e in base a che cosa (indicare anche qui le caratteristiche socio-demografiche…); se il programma d’intervento si è dimostrato efficace nei confronti dei destinatari per quanto riguarda le motivazioni a partecipare attiva- mente alla sua realizzazione, la modifica degli atteggiamenti/comportamenti (indi- care in che modo e fino a che punto), l’acquisizione di capacità personali (indicare quali e in che modo), il modo di rapportarsi al contesto socio-relazionale di riferi- mento (comunità, famiglia, amici…). 2.4.3. Valutazione del programma nel suo complesso Quindi occorre verificare: se il programma d’intervento nel suo complesso sta bene così o va modificato/riprogettato (del tutto, in parte…); chi e quanti hanno partecipato ai processi di valutazione; se la valutazione dei risultati è stata realiz- zata attraverso la verifica delle ipotesi, la descrizione degli eventi, la somministra- zione di questionari, test; quali sono complessivamente i punti di forza e di debo- lezza del programma; se il programma ha subito modifiche e, in tal caso, quante, di che tipo, che impatto hanno avuto sull’andamento generale dell’intervento; quali suggerimenti si possono dare per modificare/migliorare il programma o eventual- mente realizzare ulteriori protocolli di valutazione; come le informazioni raccolte sugli utenti sono state utilizzate (archiviazione, banca dati…); se è possibile con- frontare i risultati ottenuti con quelli di altri interventi analoghi; se i risultati otte- nuti sono riconducibili/identificabili come “buone pratiche”. 2.4.4. Divulgazione dei risultati Infine occorre indicare: se era previsto un piano per la divulgazione dei risul- tati e se è stato realizzato; chi dovrebbe venire a conoscenza dei risultati ottenuti dal progetto; se i risultati ottenuti sono estendibili/applicabili anche ad altri contesti e di che tipo; a quale tipo di informazioni sono interessati i diversi destinatari della divulgazione; quali forme di comunicazione si pensa di utilizzare per la divulga- zione dei risultati (convegni/seminari di studio, pubblicazioni scritte, processi in- formatici/multimediali…). 139 BIBLIOGRAFIA ALBIERO F., Un processo di integrazione sociale e scolastica, in “Formazione e Lavoro”, (2007), n. 3, pp. 123-128. ALGINI M.L. - M. LUGONES, (a cura di), Emigrazione sofferenze d’identità, Roma, Borla, 1999. AMBROSINI M., Accogliere attivamente: Formazione Professionale e allievi immigrati, in “Notiziario dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro”, 11 (2007), n. 21, pp. 31-42. 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Quadro Normativo in Emilia Romagna 1.3. Le politiche della Regione 1.4. Scuola e formazione professionale 1.5. Flussi e politiche per il lavoro 1.6. Lavoro autonomo e imprenditorialità 1.7. Politiche sociali 1.8. Partecipazione e rappresentanza a livello regionale e locale 1.9. Fonti e link Capitolo 2 Interventi in rete in Emilia Romagna e a Bologna 2.1. Il Focus Group del 18 ottobre 2007 2.2. Il progetto Scuola di Accoglienza 2.3. La Consulta Permanente per la Lotta all’Esclusione Sociale, del Comune di Bologna 2.4. AECA Capitolo 3 Buone prassi: progetti formativi e di integrazione socio lavorativa attuati 3.1. AECA: PIN - Percorsi di INclusione sociolavorativa per le persone immigrate 3.2. Centro di Formazione Professionale CNOS FAP Bologna: PIN - Percorsi di INclusione sociolavorativa per le persone immigrate 3.3. VIDES, Volontariato Internazionale Donna Educazione Sviluppo: Progetto “Corso di ita- liano gratuito per stranieri” 3.4. CNOS FAP Bologna: Stranieri inseriti nei corsi di Formazione Professionali 3.5. Confartigianato di Bologna, Associazione Seneca: Sportelli di orientamento per immi- grati 3.6. Confartigianato di Bologna: Gli assesment center Appendici Appendice 1. Statistiche a cura dell’Osservatorio sul fenomeno migratorio della Regione Emi- lia-Romagna e del Dossier Statistico Caritas Appendice 2. Popolazione straniera residente al 31/12/2006 nella provincia di Bologna per cittadinanza e sesso. Fonte: elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Provin- cia di Bologna su dati delle Anagrafi comunali, modello P3 Appendice 3. Popolazione residente totale e straniera in provincia di Bologna per comune, al 31/12/2006 Appendice 4. Elenco e dati partecipanti al focus Istituto Salesiano Bologna 145 PRESENTAZIONE Nella elaborazione del presente report si è cercato di rispettare la struttura proposta, in tre parti. Nella prima parte del report, relativa al quadro generale di riferimento del fenomeno dell’immigrazione sul territorio in oggetto, le fonti consultate, seppur risalenti a solo (!) un anno fa, risultano, comunque, provvisorie e lacunose, poiché, come diceva la responsabile della Caritas bolognese, al forum del 18 ottobre 2007 tenutosi all’Istituto salesiano, il feno- meno migratorio è in costante mutazione e, frequentemente, sfugge alle quantificazioni ana- grafiche istituzionali. Nella seconda parte, relativa agli interventi in rete attuati sul territorio, sono stati indi- viduati un paio di casi, oltre a quanto emerso nel focus group suddetto; si tratta del progetto “Scuola di accoglienza” e della “Consulta contro l’Esclusione Sociale”, del Comune di Bo- logna. Di quest’utlima, va detto che le informazioni ritrovate sono abbastanza generiche e richiederebbero un ulteriore approfondimento. Per quanto riguarda, invece, gli elementi emersi al focus group, si rimanda direttamente al lavoro di schedatura elaborato dai proff. Pieroni e Cullman, promotori e coordinatori del focus stesso e della relativa raccolta di dati. Relativamente alla terza parte del report, riferito alle buone prassi attivate sul nostro territorio, ne sono state individuate e sviluppate sei, promosse da Centri di Formazione Pro- fessionale, dalla Confartigianato locale o da associazioni di volontariato, con il supporto delle istituzioni pubbliche. Tra esse non figura l’importante e variegata attività del CIOFS/FP poiché, su di essa, i proff. Pieroni e Cullman hanno già svolto una propria elabo- razione. La stesura del report ha costituito, per il sottoscritto, una gradita occasione di appro- fondimento di questa tematica, nella convinzione che ogni contributo in questo settore possa consentire una migliore e più dignitosa convivenza per tutti e, in particolare, per le persone più deboli. La stesura del report è stata possibile grazie al fondamentale e vasto lavoro svolto dalla dott.ssa Monica Diazzi alla quale vanno i miei più sentiti ringraziamenti. Enzo Pancaldi 146 Capitolo 1 QUADRO DI RIFERIMENTO DEL FENOMENO IMMIGRAZIONE IN EMILIA ROMAGNA E A BOLOGNA 1.1. Osservazione del fenomeno migratorio: aspetti quantitativi e qualitativi 1.1.1. Dati dal “Rapporto annuale Caritas-Migrantes 2006” Gli stranieri in Emilia-Romagna, nel 2005, crescono del 12,5% – 312.123 di cui 67.627 minori – rispetto all’anno precedente. Una percentuale fra le più basse degli ultimi anni perché si stanno affievolendo gli effetti dei ricongiungimenti familiari e della regola- rizzazione del 2002-2003. Complessivamente, le stime parlano di una popolazione emiliano-romagnola composta per il 7,5% da immigrati, una percentuale in linea con la media europea. L’Emilia-Romagna continua ad essere la Regione italiana prima per numero percentuale di giovani immigrati che frequentano il sistema educativo e scolastico. Sono alcune cifre e statistiche contenute nel “Rapporto annuale Caritas-Migrantes 2006”, i cui dati relativi al territorio emiliano-romagnolo sono stati presentati a Bologna nel corso di una conferenza stampa organizzata da Caritas Italiana e Regione Emilia-Romagna (Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio). Tabella 1 - Stranieri residenti in Emilia-Romagna all’1.1.2006 e incidenza sulla popolazione residente per Provincia Provincia Stranieri residenti Incidenza % stranieri M F Totale M F Totale Piacenza 11.320 10.268 21.588 8,4 7,2 7,8 Parma 15.892 14.906 30.798 7,9 7,0 7,4 Reggio Emilia 22.814 19.990 42.804 9,4 8,0 8,7 Modena 29.599 25.489 55.088 9,1 7,5 8,3 Bologna 30.817 30.764 61.581 6,7 6,3 6,5 Ferrara 6.350 7.094 13.444 3,8 3,9 3,8 Ravenna 12.298 10.974 23.272 6,9 5,8 6,3 Forlì-Cesena 12.296 10.616 22.912 6,7 5,5 6,1 Rimini 8.630 8.896 17.526 6,1 6,0 6,0 Totale 150.016 138.997 289.013 7,4 6,5 6,9 Fonte: Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER In 33 Comuni della Regione Emilia Romagna i residenti stranieri superano il 10%. I Comuni emiliano-romagnoli che superano il 10% dei residenti stranieri passano così da 22 a 33, con Galeata (FC) e Luzzara (RE) in cima con il 15,77%. 147 Tabella 2 - Incidenza stranieri residenti su popolazione residente totale all’1.1.2006 nella regione Emilia-Romagna. Primi 50 comuni. Valori percentuali Comune % stranieri 1 Galeata (FC) 15,77 2 Luzzara (RE) 15,77 3 Rolo (RE) 14,32 4 San Possidonio (MO) 13,35 5 Boretto (RE) 12,41 6 Monghidoro (BO) 12,33 7 Grizzana Morandi (BO) 12,09 8 Castel San Giovanni (PC) 11,87 9 Vergato (BO) 11,65 10 Agazzano (PC) 11,62 11 Guiglia (MO) 11,54 12 Castel del Rio (BO) 11,48 13 Fabbrico (RE) 11,38 14 Novellara (RE) 11,31 15 Fornovo di Taro (PR) 11,22 16 Zocca (MO) 11,00 17 Sarmato (PC) 10,98 18 Loiano (BO) 10,94 19 Campagnola Emilia (RE) 10,92 20 Novi di Modena (MO) 10,90 21 Reggio nell’Emilia 10,89 22 Mezzani (PR) 10,85 23 Civitella di Romagna (FC) 10,85 24 Serramazzoni (MO) 10,70 25 Borgo Tossignano (BO) 10,65 26 Borgonovo Val Tidone (PC) 10,57 27 Colorno (PR) 10,57 28 Galliera (BO) 10,56 29 Crevalcore (BO) 10,24 30 Calestano (PR) 10,19 31 San Prospero (MO) 10,17 32 Bazzano (BO) 10,08 33 Torriana (RN) 10,04 34 Spilamberto (MO) 9,92 35 Premilcuore (FC) 9,92 36 Cadelbosco di Sopra (RE) 9,76 37 Modena 9,75 38 Palagano (MO) 9,72 39 Villanova sull’Arda (PC) 9,57 40 Conselice (RA) 9,48 41 Sassuolo (MO) 9,36 42 Piacenza 9,36 43 Rio Saliceto (RE) 9,34 44 Mirandola (MO) 9,33 45 Castello di Serravalle (BO) 9,33 46 Dovadola (FC) 9,33 47 Langhirano (PR) 9,32 48 Castelnovo di Sotto (RE) 9,30 49 Guastalla (RE) 9,23 50 Savignano sul Rubicone (FC) 9,22 Regione Emilia-Romagna 6,90 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER 148 I dati suddetti, risultano ulteriormente evoluti nel rapporto elaborato dalla Provincia di Bologna, al 31/12/2006. Nella Provincia di Bologna, la popolazione residente straniera corri- sponde, in quella data, al 6,9% rispetto al 6,5% dell’anno precedente (riportato nella tabella 1). Tabella 3 - Popolazione residente totale e straniera in provincia di Bologna per comune, al 31/12/2006 Comuni Popolazione Popolazione Variazione % Minori Nati Acquisizioni totale straniera % stranieri stranieri stranieri cittadinanza residente residente di stranieri 2005-2006 al 31/12/2006 nel 2006 italiana 31/12/2006 31/12/2006 nel 2006 Anzola dell’Emilia 11.490 884 7,7% 12,3 268 30 24 Argelato 9.350 471 5,0% 5,8 110 9 15 Baricella 6.124 425 6,9% 4,9 107 8 9 Bazzano 6.445 699 10,8% 7,7 185 15 20 Bentivoglio 4.805 239 5,0% 8,1 65 6 2 Bologna 373.026 30.319 8,1% 7,9 5.765 501 444 Borgo Tossignano 3.227 334 10,4% -3,7 105 11 8 Budrio 16.393 941 5,7% 1,6 246 15 19 Calderara di Reno 12.770 738 5,8% 3,9 167 14 14 Camugnano 2.097 110 5,2% 3,8 25 2 5 Casalecchio di Reno 34.524 2.033 5,9% 3,9 400 39 36 Casalfiumanese 3.241 155 4,8% 7,6 41 2 0 Castel d’Aiano 1.977 125 6,3% -6,0 37 7 0 Castel del Rio 1.254 139 11,1% -4,8 44 4 1 Castel di Casio 3.318 175 5,3% -3,8 54 2 0 Castel Guelfo di Bologna 3.894 222 5,7% 1,8 50 2 10 Castello d’Argile 6.086 385 6,3% 8,5 103 15 7 Castello di Serravalle 4.518 414 9,2% -0,2 96 10 11 Castel Maggiore 16.706 722 4,3% -0,7 181 12 14 Castel San Pietro Terme 20.020 1.015 5,1% 10,6 229 26 12 Castenaso 13.769 455 3,3% 11,5 100 15 5 Castiglione dei Pepoli 5.896 384 6,5% 0,0 107 11 2 Crespellano 8.821 655 7,4% 6,3 175 14 17 Crevalcore 12.821 1.419 11,1% 9,4 463 49 16 Dozza 6.012 380 6,3% -1,0 82 7 17 Fontanelice 1.868 129 6,9% -11,0 32 6 4 Gaggio Montano 4.988 387 7,8% 8,4 115 4 4 Galliera 5.577 614 11,0% 4,2 168 13 15 Granaglione 2.251 179 8,0% 13,3 49 6 0 Granarolo dell’Emilia 9.567 389 4,1% 13,7 84 6 6 Grizzana Morandi 4.043 487 12,0% 1,2 134 14 8 Imola 66.658 3.407 5,1% 11,3 819 83 50 Lizzano in Belvedere 2.305 88 3,8% -5,4 10 0 0 Loiano 4.452 489 11,0% 0,2 150 16 3 Malalbergo 8.149 436 5,4% 4,3 109 9 10 Marzabotto 6.550 626 9,6% 12,8 181 15 8 Medicina 15.326 824 5,4% 5,9 211 24 23 Minerbio 8.530 409 4,8% 16,5 83 9 4 Molinella 15.060 995 6,6% 10,2 281 26 19 Monghidoro 3.890 459 11,8% -4,6 142 16 14 Monterenzio 5.598 369 6,6% 13,2 67 10 5 149 Monte San Pietro 10.882 523 4,8% 5,7 120 6 6 Monteveglio 5.066 374 7,4% 13,0 103 6 4 Monzuno 6.155 473 7,7% 2,4 127 15 6 Mordano 4.403 266 6,0% 5,1 50 6 4 Ozzano dell’Emilia 11.813 480 4,1% -3,2 103 8 17 Pianoro 16.676 785 4,7% 9,0 170 19 10 Pieve di Cento 6.877 490 7,1% 2,3 141 8 5 Porretta Terme 4.729 340 7,2% -6,1 111 6 2 Sala Bolognese 7.641 335 4,4% 13,2 87 7 11 San Benedetto Val di Sambro 4.505 299 6,6% 10,7 76 7 1 San Giorgio di Piano 7.354 454 6,2% 6,6 110 8 6 San Giovanni in Persiceto 25.685 1.371 5,3% 12,7 332 36 27 San Lazzaro di Savena 30.228 1.342 4,4% 5,0 268 14 23 San Pietro in Casale 11.104 860 7,7% 8,6 233 22 24 Sant’Agata Bolognese 6.728 623 9,3% 10,9 151 6 11 Sasso Marconi 14.420 676 4,7% 0,0 176 14 16 Savigno 2.716 199 7,3% -11,9 36 5 1 Vergato 7.412 864 11,7% -0,2 238 30 16 Zola Predosa 16.892 911 5,4% 9,5 216 17 14 Provincia di Bologna 954.682 65.790 6,9% 6,9 14.688 1.323 1.085 Fonte: elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Provincia di Bologna su dati delle Anagrafi comunali, modelli P2 e P3 I principali Paesi di provenienza che si rilevano dai dati sulla residenza anagrafica sono il Marocco (17,3%), l’Albania (13,8%) e la Romania (6,5%). Appare in decisiva cre- scita il dato della Romania e dell’Est europeo in generale. Tabella 4 - Residenti in Emilia-Romagna all’1.1.2006. Prime venti nazionalità Paesi di cittadinanza % 1 Marocco 17,3 2 Albania 13,8 3 Romania 6,5 4 Tunisia 6,2 5 Cinese, Rep. Popolare 5,2 6 Ucraina 4,3 7 Pakistan 3,3 8 India 3,0 9 Moldova 2,9 10 Filippine 2,8 11 Ghana 2,5 12 Senegal 2,4 13 Macedonia (ex Rep. Jugos.) 2,1 14 Polonia 2,0 15 Nigeria 1,9 16 Serbia e Montenegro 1,4 17 Bangladesh 1,2 18 Sri Lanka (ex Ceylon) 1,2 19 Turchia 1,1 20 Egitto 0,9 Altri Paesi 18,0 Totale 100,0 Fonte: elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER 150 Per quanto riguarda la frequenza scolastica dei giovani immigrati, l’Emilia Romagna risulta essere la Regione italiana con la più alta percentuale di giovani immigrati che fre- quentano le scuole: rispetto al 2004 la percentuale è salita al 9,54%. Nell’anno scolastico 2005/2006, gli alunni con cittadinanza non italiana sono stati 50.999 (su 534.337 iscritti totali). La percentuale è salita al 9,54% mentre nell’anno scola- stico 2004/2005 era del 8,4. In particolare, si evidenzia un significativo incremento nella scuola primaria dove la percentuale degli alunni stranieri è dell’11,38%. Tabella 5 - Scuola statale e non: alunni con cittadinanza non italiana iscritti per anno scolastico e sesso. Regione Emilia-Romagna Scuola Scuola Scuola Scuola % Totale statale statale non statale non statale scuole %MF %F %MF %F MF a.s.1997/1998 (**) 2,03 0,91 1,64 0,79 1,97 a.s.1998/1999(***) 2,58 1,11 2,01 0,91 2,49 a.s.1999/2000 3,40 1,53 1,85 0,81 3,16 a.s.2000/2001 4,06 1,87 2,44 1,12 3,82 a.s.2001/2002 5,16 2,35 2,75 1,27 4,80 a.s.2002/2003 6,29 2,84 3,84 1,83 5,93 a.s.2003/2004 7,46 3,41 4,39 1,99 7,01 a.s.2004/2005 8,96 4,15 5,19 2,44 8,40 a.s.2005/2006 10,23 4,77 5,67 2,58 9,54 Fonte: Elaborazione - Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Sistema Informativo e D.G. Studi e Programmazione del Ministero della Pubblica Istruzione (*) I dati riportati in questa sezione fanno riferimento ad alunni con cittadinanza non italiana e provengono dalle rilevazioni integrative delle scuole statali e non statali acquisite dal Sistema informativo del Ministero della Pubblica Istruzione. I dati riferiti all’a.s. 2004/2005 provengono dalla base informativa originaria senza alcun tipo di trattamento del dato. La voce “scuola non statale” comprende le scuole di enti locali ter- ritoriali, di altri enti pubblici, di enti religiosi e di soggetti privati laici. (**) I dati riferiti alla scuola secondaria di II grado sono fonte ISTAT a.s. 1997/98. (***) I dati riferiti alla scuola secondaria di II grado sono fonte ISTAT a.s. 1998/99. 151 Ta be ll a 6 - A lu nn i co n ci tt ad in an za n on i ta li an a ne ll ’a nn o sc ol as ti co 2 00 5- 20 06 p er t ip ol og ia d i sc uo la e s es so . R eg io ne E m il ia -R om ag na F on te : E la bo ra zi on e - O ss er va to ri o su l f en om en o m ig ra to ri o - R E R s u da ti S is te m a In fo rm at iv o e D .G . S tu di e P ro gr am m az io ne d el M in is te ro d el la P ub bl ic a Is tr uz io ne N el m on do d el l av or o, i n E m il ia R om ag na g li s tr an ie ri o cc up at i so no i l 12 ,6 % d ei l av or at or i to ta li e l a m ag gi or p ar te d i lo ro l a- vo ra n el l’ in du st ri a. N el c or so d el 2 00 5 ne ll a ba nc a da ti I N A IL ri su lt an o oc cu pa ti p er l’ E m il ia -R om ag na 1 81 .2 54 la vo ra to ri e xt ra co m un it ar i. E ss i r ap - pr es en ta no il 1 2, 6% d ei la vo ra to ri c om pl es si vi a c on fe rm a di u na c re sc it a co st an te r eg is tr at a ne gl i u lt im i a nn i ( ad e s. n el 2 00 1 i l av or a- to ri e xt ra co m un it ar i r ap pr es en ta va no il 7 ,9 % ). 152 Tabella 7 - Distribuzione dei lavoratori subordinati (*) per area di provenienza nella regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Area di provenienza N. % Italia 1.234.280 85,56 UE 27.127 1,88 Extra UE 181.254 12,56 Totale 1.442.661 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno. Tabella 8 - Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari (*) per provincia nella regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Provincia Extra UE % Bologna 39.678 21,89 Ferrara 6.667 3,68 Forlì 17.107 9,44 Rimini 15.435 8,52 Modena 32.966 18,19 Parma 16.024 8,84 Piacenza 11.865 6,55 Ravenna 17.540 9,68 Reggio Emilia 23.972 13,23 Regione Emilia-Romagna 181.254 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno. I lavoratori extracomunitari si concentrano prevalentemente nei settori dell’industria (31,6%), delle costruzioni (15,5%), alberghiero (12%), servizi alle imprese (8,9%) e agricoltura (6,7%). 153 Tabella 9 - Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari (*) per settore economico nella Regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Settore d’impiego (**) Extra UE % Agricoltura 12.115 6,68 Pesca 47 0,03 Estrazione di Minerali 136 0,08 Industria 57.215 31,57 Elettricità, gas, acqua 182 0,10 Costruzioni 28.046 15,47 Commercio 12.847 7,09 Alberghi e ristoranti 21.741 11,99 Trasporti 10.027 5,53 Intermediazione finanziaria 491 0,27 Informatica e servizi alle imprese 16.045 8,85 Pubblica amministrazione 1.388 0,77 Istruzione 469 0,26 Sanità e assistenza sociale 5.291 2,92 Servizi Pubblici 6.385 3,52 Attività svolte da famiglie 5.587 3,08 Attività non determinate 3.242 1,79 Totale 181.254 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno. (**) La voce Industria comprende le seguenti voci: Industria alimentare, tessile, conciaria, del legno, della carta, del petrolio, chimica, della gomma, di trasformazione, dei metalli, meccanica, elettrica, dei mezzi di tra- sporto, altre industrie. La voce Commercio comprende le seguenti voci: Commercio e riparazioni di auto, Commercio all’ingrosso, Commercio al dettaglio. In Appendice al presente report, seguono le tabelle complete con i dati e le statistiche sul fenomeno immigratorio della Regione Emilia Romagna e dell’Osservatorio della Pro- vincia di Bologna e i dati statistici Rapporto Caritas-Migrantes. L’immigrazione tende verso caratteristiche di stabilità comprovate da un costante pro- cesso di ricongiunzione familiare e conseguentemente da una crescita della componente femminile che ha superato i centomila permessi di soggiorno . Si tratta in particolare di una presenza di giovani donne, nella fascia dell’età fertile, che da un lato ci aiutano a compren- dere il progressivo incremento delle nascite di bambini stranieri registrato negli ultimi anni nella Regione (19% nel 2004), e dall’altro pongono tendenzialmente una serie di problema- tiche connesse alla salute sessuale e riproduttiva. Mentre negli anni Novanta la maggior parte degli stranieri erano persone sole, oggi la maggioranza vive all’interno di un nucleo familiare. Cresce anche il numero di matrimoni misti e di immigrati “di seconda generazione” le cui aspettative di promozione sociale sono destinate a svilupparsi nei prossimi anni. Anche i dati relativi alla presenza di bambini stra- nieri nelle scuole risultano essere un chiaro indicatore di stabilizzazione insediativa. Dopo la regolarizzazione, l’analisi delle nazionalità presenti registra una rilevante mo- difica della situazione: anche in Emilia-Romagna, il gruppo continentale più numeroso di- venta quello europeo, che supera quindi il contingente africano. 154 Questo mutamento è dovuto soprattutto all’arrivo delle donne dell’est Europa come as- sistenti familiari. Nella classifica delle nazionalità (vedi tabella 4) la Romania si insedia al terzo posto, l’Ucraina al quinto, la Polonia (Paese neo-comunitario) al settimo, la Moldavia al decimo. Il processo di regolarizzazione ha accentuato un dato già risaputo: cioè che è il mer- cato del lavoro il motore fondamentale dell’immigrazione in Emilia-Romagna. In questa fase sembrano consolidarsi due poli principali dell’immigrazione regionale: il primo composto da donne prevalentemente dell’Europa dell’est, attive nei servizi alla persona ed il secondo di uomini prevalentemente africani, attivi nelle industrie soprattutto metalmeccaniche. Particolarmente interessante risulta la correlazione tra immigrazione e mercato del la- voro su scala provinciale, resa evidente dal confronto tra percentuale di immigrati e tasso di disoccupazione provinciale: la consistenza numerica degli immigrati risulta inversamente proporzionale al tasso di disoccupazione. 1.2. Quadro normativo in Emilia Romagna L’Emilia-Romagna è la prima Regione che ha legiferato in materia di politiche per l’integrazione dei cittadini stranieri immigrati dopo la Riforma del Titolo V della Costitu- zione e dopo la modifica della normativa nazionale (approvazione del D.lgs. 286/98) e delle sue successive modifiche previste dalla L. 189/2002. L’approvazione di una nuova normativa regionale (LR 5/2004) si è resa necessaria per almeno tre ragioni: a) l’evidente obsolescenza della precedente legge regionale in vigore, LR 21.02.1990, n. 14, che sostanzialmente nasceva nel solco dell’impostazione emergenziale causata dai primi consistenti flussi migratori nel nostro Paese; b) un forte processo di cambiamenti quali-quantitativi nel corso degli anni ‘90 riferibili alla progressiva crescita numerica delle presenze di persone straniere a cui si associano crescenti indicatori di stabilizzazione; c) un forte processo di innovazione e modificazione legislativa avviato a livello nazionale a partire dalla emanazione del D.lgs. n. 286 del 25.07.1998 e successive modificazioni. Le ragioni e gli obiettivi che la Regione Emilia-Romagna si è data con la approvazione di una nuova Legge regionale per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri (LR n. 5 del 24.03.2004, “Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2”) e con la definizione degli indirizzi in materia di immigrazione previsti dal “Patto per la qualità dello sviluppo, la com- petitività, la sostenibilità ambientale e la coesione sociale”, (sottoscritto il 18.02.2004 dalla Giunta regionale, dalle Parti sociali e le Associazioni sindacali), vanno dunque ricondotti ad una domanda di fondo: crescendo costantemente la presenza di cittadini stranieri che risie- dono e lavorano nella nostra Regione, come l’Ente regionale può intervenire per assicurare una maggiore coesione sociale tra nuovi e vecchi residenti, nel rispetto delle regole, del prin- cipio di pari opportunità e accesso ai servizi, e per facilitare la rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno inserimento sociale, culturale e politico per i cittadini stranieri? Una coesione sociale che deve puntare sulla qualità delle politiche in ogni settore. Con la approvazione della LR 24.03.2004, n. 5 la Regione Emilia-Romagna ha inteso innovare il proprio impianto normativo al fine di assicurare una maggiore coesione sociale tra nuovi e vecchi residenti, nel rispetto dei diritti e dei doveri, del principio di pari oppor- tunità e accesso ai servizi, e di contrasto al razzismo e alla xenofobia. 155 Tra le principali novità della nuova normativa regionale, l’art. 3 comma 2 introduce un nuovo strumento di programmazione denominato Programma triennale per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri; avente il compito di definire le linee di indirizzo per la realiz- zazione delle iniziative previste dalla LR 5/2004. Il programma triennale deve intendersi quale strumento di programmazione “trasver- sale” che mira a promuovere un’integrazione delle politiche di settore per rispondere in modo unitario ai bisogni e alle esigenze dei cittadini stranieri immigrati; tenendo conto del- l’attività di osservazione del fenomeno migratorio, nonché delle indicazioni contenute nel Piano Sociale e Sanitario 2005-2007 in fase di definizione. Il Programma triennale 2006-2008 per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri (art. 3 comma 2 della LR 5/2004), quale documento di indirizzo politico-programmatico per l’integrazione delle politiche regionali finalizzate all’inclusione sociale dei cittadini stranieri immigrati ha come obiettivo di fondo quello di porre al centro delle programma- zioni di settore il tema della crescente presenza di migranti nel territorio regionale, nella lo- gica di un approccio complesso ed unitario, che non intende semplicemente “aggiungere” uno specifico per “gli immigrati” in ciascun ambito settoriale, bensì richiama l’insieme delle politiche ad un riflessione costante sui bisogni emergenti e sulle risposte individuate. Programma triennale, programmazione regionale e locale Il Programma triennale 2006-2008 per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri (art. 3 comma 2 della LR 5/2004) è uno strumento di programmazione e progettazione ad approccio integrato, teso a valorizzare i collegamenti tra politiche settoriali rivolte alle me- desime categorie di destinatari, tenendo conto degli effetti reciproci di tali politiche. In questo senso, il Programma triennale si inquadra nell’ambito degli strumenti di programmazione previsti al secondo comma dell’art. 9 della LR 24.03.2004, n. 6, “Riforma del sistema amministrativo regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali. In- novazione e semplificazione. Rapporti con l’Università”. Il Programma triennale fornisce un quadro generale di obiettivi strategici di valore pluriennale che dovranno essere recepiti nei singoli atti di settore regionale e dagli Enti lo- cali nell’ambito delle loro competenze. La traduzione delle indicazioni del Piano dovrà dunque interessare anche la programmazione locale e in generale i provvedimenti e gli atti amministrativi di settore posti in essere dagli Enti Locali (Comuni e Province) o da altri Enti pubblici (Aziende USL, Aziende pubbliche di servizi alla persona) nonché coinvolgere le azioni e gli obiettivi perseguiti dai soggetti privati, con particolare riguardo al mondo non-profit, all’associazionismo promosso dai cittadini stranieri, e alle rappresentanze delle categorie produttive e dei lavoratori. Dal punto di vista regionale, appare necessario intro- durre una funzione di costante monitoraggio tecnico al fine di verificare che le indicazioni contenute nel Programma triennale trovino concreta e specifica attuazione negli atti di pro- grammazione regionale settoriale e negli interventi di settore conseguenti. 1.3. Le politiche della Regione Già dalla primavera del 2000 la Regione Emilia-Romagna ha impostato la propria pro- grammazione di interventi sull’integrazione sociale dei cittadini stranieri, il cui quadro è stato sorretto dalla LR n. 5/2004 e da un Programma triennale (2006/2008) approvato nel febbraio scorso. Le criticità possono essere così riassunte: un crescente disagio abitativo e dunque la ne- cessità di nuovi strumenti che facilitino nuove soluzioni abitative, come le agenzie per l’incon- tro domanda/offerta; la necessità di potenziare politiche di accoglienza e di inserimento scola- 156 stico rivolte ai minori, con il coinvolgimento delle famiglie straniere e una forte attenzione al tema delle “seconde generazioni”; la necessità di potenziare e consolidare attività informative e formative e inserimento lavorativo, di tutela legale, di alfabetizzazione alla lingua italiana, di formazione degli operatori e di mediazione interculturale, in grado di raggiungere un target più ampio di beneficiari; la necessità di promuovere maggiori occasioni di partecipazione alla vita pubblica locale sviluppando le tematiche dei diritti civili dei cittadini. Infine, molte zone sociali hanno segnalato una crescente presenza di cittadini stranieri in situazione di irregolarità, che rappresenta una oggettiva difficoltà di intervento per i Co- muni. 1.4. Scuola e formazione professionale I principi di uguaglianza di accesso al sapere, di integrazione ed inclusione sociale promossi dalla LR n. 12/2003 pongono i cittadini stranieri in una condizione di parità, ri- spetto ai cittadini italiani, nella partecipazione alle attività di istruzione e formazione. Le attività sono garantite ai cittadini stranieri adulti residenti in Italia o aventi regolare permesso di soggiorno, nonché ai rifugiati politici e richiedenti asilo. Nel caso dei minori stranieri, il diritto all’istruzione e alla formazione viene ovviamente garantito indipendente- mente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno. La presenza dei ragazzi stranieri nella scuola è in costante aumento – nell’a.s. 2004/2005 ha rappresentato infatti l’8,4% della popolazione scolastica, con la tendenza ad un aumento progressivo costante – e la strategia per garantire loro eque opportunità di inte- grazione scolastica e successo formativo alla pari dei cittadini italiani è una delle priorità individuate dalla Regione nella linee di indirizzo per i finanziamenti del diritto allo studio per il triennio 2004/2007. Gli interventi realizzati nell’ambito del diritto allo studio (LR n. 26/2001) durante il triennio 2001/2004 hanno contribuito sostanzialmente a mantenere alto il tasso di scolarità degli studenti stranieri in Emilia-Romagna; il tasso di dispersione scolastica per l’a. s. 2002/2003, si attesta intorno al 10%, contro la media nazionale del 30%. Una “indagine sugli esiti degli alunni con cittadinanza non italiana” effettuato dal MIUR sull’a. s. 2003/2004 vede ben collocata l’Emilia-Romagna per numero di alunni stra- nieri promossi rispetto agli studenti italiani, con un saldo positivo di promossi superiore alla media nazionale in ogni grado di scuola, soprattutto nella secondaria di primo grado. Tutte le città capoluogo della Regione, entrano nelle classifiche delle prime dieci città con i mi- gliori tassi di promozione degli studenti stranieri scrutinati nei diversi gradi e ordini di scuola in rapporto agli scrutinati italiani. L’attribuzione dei benefici individuali per il diritto allo studio, ha registrato, nel triennio finanziario 2001/2004, un progressivo e significativo ampliamento del numero dei destinatari delle borse di studio in generale, e in particolare dei destinatari stranieri. Nell’ambito della formazione professionale, le programmazioni delle attività rivolte ai cittadini stranieri avvengono: a livello regionale, tramite azioni di sistema (anche com- plesse) volte al potenziamento qualitativo e quantitativo della rete dei servizi, nonché degli interventi finalizzati all’orientamento, ai bilanci di competenze, alla formazione e all’inseri- mento lavorativo, con particolare attenzione alle donne immigrate impiegate nell’ambito del lavoro di cura; a livello provinciale, ove vengono invece prevalentemente privilegiate le attività formative. La Regione, inoltre, ha fornito e sta fornendo linee di indirizzo ed indicazioni, per orientare le programmazioni sia proprie che provinciali, su tematiche specifiche quali la qualificazione dell’assistenza familiare privata a domicilio e la mediazione interculturale. 157 Gli utenti stranieri della formazione professionale – complessivamente 6.697 nell’anno 2003 e 5.793 nell’anno 2004 – prediligono aree professionali quali la meccanica metallurgica, i servizi socio-educativi, la distribuzione commerciale, l’industria alberghiera e l’edilizia. Il tema dell’immigrazione viene altresì ampiamente trattato nell’ambito dell’Iniziativa Comunitaria EQUAL, più generalmente finalizzata, nel quadro della strategia europea per l’occupazione e delle linee guida definite dal Piano Nazionale per l’Inclusione, alla promo- zione di nuovi strumenti per combattere tutte le forme di discriminazione e disuguaglianza presenti nel mercato del lavoro, anche attraverso la cooperazione transnazionale. L’iniziativa si sviluppa in due fasi, nel periodo dal 2000 al 2006, e prevede, in tema di immigrazione, azioni dirette verso i cittadini stranieri (che privilegiano l’inserimento lavo- rativo in settori quali i servizi socio-educativi, il lavoro di cura a domicilio, l’edilizia, ecc.) ed azioni di sistema che coinvolgono la rete territoriale dei servizi e delle imprese, al fine di favorire l’inserimento sociale e lavorativo dei cittadini stranieri, giovani ed adulti. La prima fase ha già visto la conclusione della maggior parte dei progetti. Nell’ambito delle attività nell’istruzione, anche in integrazione con la formazione pro- fessionale, permangono alcuni aspetti critici: il rischio della segregazione scolastica e della concentrazione di presenze di stranieri nelle scuole di alcuni territori; la formazione del per- sonale; l’individuazione di strumenti didattici; il rapporto con le famiglie; la polarizzazione degli alunni stranieri verso certe scuole; la difficoltà da parte delle famiglie dei bambini ita- liani ad esprimere concretamente una cultura dell’incontro con le persone appartenenti a co- munità straniere; un’adeguata funzione di orientamento nella scuola; un’adeguata funzione di mediazione culturale che non si limiti alla traduzione linguistica; il riconoscimento dei ti- toli acquisiti. Nell’ambito della formazione professionale in senso stretto e rivolta ai giovani ed adulti stranieri, permane a tutt’oggi il problema legato al riconoscimento dei titoli, soprat- tutto di quelli provenienti dai Paesi extra UE, nei confronti dei quali in alcuni casi si ri- chiede, non essendovi una precisa normativa nazionale in materia, la traduzione giurata e/o la dichiarazione di valore. Ovviamente, ciò comporta notevole disagio per il cittadino stra- niero, sia in termini temporali che economici. Un ulteriore aspetto riguarda la progettazione delle attività formative. In relazione alle specificità dei soggetti – che possiedono livelli diversificati di scolarizzazione e istruzione, di conoscenza e padronanza della lingua e cultura italiana, nonché modelli sociali e cultu- rali e progetti migratori differenti – è necessario prevedere spesso percorsi formativi mag- giormente flessibili e personalizzati, preceduti e/o accompagnati da moduli di orientamento, di apprendimento a vari livelli della lingua e della cultura italiana. In considerazione delle specifiche esigenze dei cittadini stranieri, minori, giovani e adulti, che possiedono livelli diversificati di scolarizzazione e istruzione, di conoscenza e padronanza della lingua e cultura italiana, nonché modelli sociali e culturali e progetti mi- gratoti differenti, la Regione intende attivarsi per promuovere e rafforzare l’adeguamento dell’offerta di istruzione e formazione nelle modalità organizzative, nelle metodologie e nei contenuti, personalizzando i percorsi e valorizzando le attitudini individuali. Sono previste pertanto azioni a vari livelli. 1) Il biennio integrato (scuola-formazione professionale) al termine della scuola media I percorsi di istruzione secondaria superiore integrati con la formazione professionale rappresentano una delle priorità di attuazione della LR 12/2003. Nel contesto dell’integra- zione fra istruzione e formazione professionale, si colloca infatti la proposta innovativa – 158 che si basa tuttavia su alcune esperienze già diffuse nel territorio regionale – di un biennio integrato che può essere scelto dai ragazzi al termine della scuola media, al momento in cui si conclude la fase dell’obbligo scolastico. Il percorso integrato (la cui utenza, va ricordato, vede una maggiore presenza di alunni stranieri e di studenti in situazione di handicap, quindi con una possibile incidenza più alta di fattori di rischio e disagio), all’interno delle scuole superiori, ha una forte valenza orien- tativa ed è finalizzato a consolidare nei ragazzi le conoscenze di base e a rafforzare conse- guentemente la capacità di scelta per proseguire in percorsi successivi fortemente differen- ziati e che si attuano nell’ambito dell’istruzione o nella formazione professionale o nell’e- sercizio dell’apprendistato. 2) Diritto allo studio (LR 26/01) Il finanziamento di progetti per la qualificazione scolastica è prioritariamente destinato a favorire l’integrazione delle fasce di utenza particolarmente deboli, quali i ragazzi in si- tuazione di handicap e i ragazzi stranieri – che presentano difficoltà di inserimento dovute alla recente immigrazione – a favore dei quali si è ritenuto opportuno intervenire con pro- gettualità specifiche e con servizi dedicati. 3) La promozione della cultura della cittadinanza europea Diffondere un approccio didattico che apre al sociale, alla comunità, per una progetta- zione e un lavoro comune e per una pratica quotidiana di integrazione vissuta, è l’obiettivo che Ufficio Scolastico Regionale e Regione condividono nel compartecipare a progettazioni integrate, in cui sono coinvolti gli Enti locali, l’Università, il privato sociale, l’Istituto Re- gionale di Ricerca Educativa. 4) I centri risorse per le scuole I centri sono strutture con finalità informative, formative, di ricerca, di documenta- zione e di consulenza sulle esperienze di integrazione di ragazzi in situazioni di diversa dif- ficoltà nella scuola, nell’extrascuola, nella formazione professionale, nel lavoro e nella so- cietà. Sono centri ben radicati nel proprio territorio, spesso di ambito provinciale, che cer- cano di organizzare la molteplicità delle informazioni e degli interventi educativi, sociali, sanitari e riabilitativi in un quadro unitario, sistematico e non frammentario. In attuazione di quanto previsto all’art. 22 della LR 12/2003 in merito ai Centri di Ser- vizi e Consulenza alle istituzioni scolastiche (CSC), la Regione sta mettendo a punto le linee guida relative agli aspetti caratterizzanti di tali centri, al fine di valorizzarne l’operato in un quadro di riferimento più organico, di dar loro visibilità e di potenziarne la presenza nei territori. 5) Educazione degli adulti L’offerta formativa in tale ambito è costituita da percorsi di apprendimento finalizzati sia al recupero e al completamento degli studi, sia all’aggiornamento professionale dei la- voratori, in tal caso operando attraverso l’integrazione fra l’istruzione e la formazione pro- fessionale. 6) L’orientamento scolastico, formativo e professionale L’orientamento è una funzione strategica che attraversa in modo trasversale le azioni regionali di contrasto alla dispersione scolastica, di rafforzamento dell’autonomia delle isti- tuzioni scolastiche, di sostegno alla maturazione di una scelta formativa e professionale con- 159 sapevole. La qualificazione della funzione di orientamento è una delle priorità regionali, in particolare per le situazioni, come quelle degli studenti stranieri, che più facilmente possono scivolare verso la scelta della qualifica professionale, anche laddove si riveli impropria. 7) Azioni formative e di sistema Vanno previste prioritariamente azioni formative e di sistema al fine di favorire: l’inte- grazione tra le politiche educative, scolastiche e formative e le politiche sociali e sanitarie, prevenendo il disagio giovanile, favorendo i percorsi di accompagnamento ai ragazzi in dif- ficoltà e favorendo l’inserimento sociale dei cittadini giovani e adulti immigrati (oltre che delle persone in condizione di disagio); l’implementazione e il consolidamento di un si- stema integrato di servizi e di azioni a supporto dell’inserimento lavorativo di persone im- migrate; il potenziamento qualitativo e quantitativo della rete dei servizi e interventi pub- blici e privati per l’orientamento, i bilanci di competenze, la formazione e l’inserimento la- vorativo delle donne immigrate nel mercato del lavoro, con particolare attenzione all’am- bito del lavoro di cura e al tema della conciliazione; percorsi di “riallineamento” per l’ac- cesso alla formazione, consistenti in azioni di alfabetizzazione e di conoscenza della cultura italiana, non solo per i minori, ma anche per gli adulti e le fasce non automaticamente coin- volte nei percorsi scolastici (ad esempio gli adolescenti che giungono a seguito di ricon- giungimento familiare); attività formative per la figura del mediatore interculturale; la pro- mozione presso i servizi coinvolti della cultura dell’accoglienza e dei diritti umani. 1.5. Flussi e politiche per il lavoro Che il mercato del lavoro sia il motore del fenomeno migratorio è indubbiamente con- fermato da un’analisi del rapporto tra distribuzione territoriale degli immigrati e situazione dei mercati del lavoro provinciali. Abbiamo già visto come l’incidenza degli immigrati residenti in percentuale rispetto alla popolazione veda al primo posto la Provincia di Reggio Emilia e all’ultimo quella di Ferrara. Se rapportiamo la presenza degli immigrati (esclusi i minori) ai tassi di disoccupazione provinciali vediamo come esista tra i due valori un rapporto quasi perfetto di inversa pro- porzione. Anche se ormai i dati ufficiali dell’ISTAT sulla disoccupazione esprimono valori tal- mente bassi che le differenze provinciali tendono a sfumare. Province RER RE MO PC PR BO RA FC RN FE Percentuale immigrati residenti 6,9 8,7 8,3 7,8 7,4 6,5 6,3 6,1 6,0 3,8 Tasso di disoccupazione 3,8 3,2 3,7 4,4 4,1 2,7 4,2 4,3 4,7 5,8 Minore è il tasso di disoccupazione (Reggio Emilia e Bologna), maggiore è la pre- senza di immigrati. Dalle Province economicamente più forti della Regione l’immigrazione si sta gradual- mente estendendo a quelle più deboli. Questo dato è importante perché pare confermare la tesi secondo la quale non esiste (almeno in prevalenza) una diretta concorrenzialità tra il la- voro degli italiani e quello degli immigrati, ma questi tendono piuttosto a ricoprire ruoli che gli emiliano-romagnoli ormai rifiutano come faticosi e poco remunerativi. 160 Per la prima volta nel corso del 2002 inoltre, la percentuale di presenza di immigrati ha superato il tasso regionale di disoccupazione. Il sistema economico regionale ha di fatto raggiunto la piena occupazione – per inciso il tasso di disoccupazione regionale al primo trimestre 2005 è al 4,5% contro l’8,2% del li- vello nazionale – pur in presenza di una crescita economica che teoricamente non sarebbe in grado di garantire aumenti occupazionali. Questo dato, estremamente positivo e rassicurante, lancia paradossalmente un’ombra sulle possibilità di sviluppo futuro. Il mercato del lavoro registra infatti, con molto ritardo, gli andamenti che hanno inte- ressato la popolazione, in altri termini i comportamenti della popolazione avvenuti circa venti, venticinque anni fa interessano il mercato del lavoro solo ora. Il forte calo delle na- scite e il permanere di un saldo naturale negativo (la differenza tra nati e morti) hanno eroso la consistenza della popolazione in età da lavoro, ovvero è calato il cosiddetto bacino dei potenziali lavoratori. L’aumento delle nascite che si sta registrando in questi anni produrrà i suoi effetti solo fra 15-20 anni e, in ogni caso, tale aumento non ha ancora annullato la di- stanza con i decessi. La crescita economica regionale, quindi, ha potuto contare su un apporto demografico della popolazione residente che già ora è insufficiente a mantenere il trend di sviluppo e quindi risulta fondamentale l’apporto dei lavoratori stranieri. Tale apporto è tanto più fon- damentale se si considera che le nuove leve “emiliano-romagnole”, avendo un livello di istruzione molto elevato, sono portate a non accettare un lavoro qualsiasi, ma a ricercare un’occupazione gratificante e con possibilità di accrescimento professionale. La forte ri- chiesta regionale di manodopera straniera non comunitaria si evince direttamente dalle stime dell’occupazione futura. Uno scenario del genere indica la direzione per il mantenimento degli attuali livelli di benessere dell’Emilia-Romagna: governo e integrazione dei flussi migratori da un lato, una strategia complessiva che incentivi l’ingresso di profili professionali rispondenti alle neces- sità del mondo produttivo regionale dall’altro lato. Tali obiettivi possono essere meglio perseguiti attivando sinergie tra Regione, Enti lo- cali, Organizzazioni imprenditoriali e sindacali, in linea con le priorità strategiche indicate nel Patto per lo Sviluppo dell’Emilia-Romagna del 18 febbraio 2004. Non è solo l’occupazione dipendente a crescere, in quanto oltre 25.000 stranieri nel 2004 risultano amministratori, soci o titolari di imprese con una crescita del 14% rispetto all’anno precedente ed addirittura una crescita del 87% rispetto al 2000. Il conseguente peso percentuale sul totale dei titolari stranieri è del 7,6%. Nel 2004, ogni cento assunzioni di non-comunitari a livello nazionale, nove avven- gono in Emilia-Romagna; considerando, invece, il totale delle assunzioni a livello regio- nale, l’incidenza dei lavoratori non-comunitari arriva al 20%, mentre è solo al 16% nell’am- bito nazionale. Lo scenario demografico precedentemente delineato, pur in presenza di un tasso di crescita economica poco sostenuta, spinge le imprese dell’Emilia-Romagna a prevedere di assumere quote consistenti di lavoratori stranieri. Le professioni richieste si concentrano per circa un terzo su figure non qualificate, per un terzo sugli operai specializzati, e la restante quota sulle professioni relative alla vendita e ai servizi alle famiglie, con una particolare specificità nel settore delle costruzioni ove si prevedono oltre il 10% delle assunzioni complessive. Si registra inoltre un fabbisogno cre- scente di figure professionali straniere sempre più specializzate. Nonostante queste forti richieste, dettate da un mercato del lavoro regionale in forte ten- 161 sione con una continua carenza, ormai strutturale, di manodopera, qualificata e non, le asse- gnazioni del Ministero del Lavoro non hanno mai coperto le necessità manifestate dal sistema economico emiliano-romagnolo, rimanendo sempre al di sotto delle richieste. Infatti, nel 2003 gli assegnati furono poco più del 70% dei richiesti mentre nel 2004 non sono arrivati al 60%. Le previsioni per il prossimo triennio continuano ad evidenziare, per l’economia regio- nale, la necessità di manodopera straniera anche se risulta difficile stimare in maniera diffe- renziata l’apporto dei non-comunitari da quello dei comunitari e neo-comunitari. Anche nel territorio regionale, in una fase di incertezza economica come l’attuale, sono tuttavia nume- rosi gli immigrati stranieri che trovano un lavoro tra le pieghe della economia sommersa: esiste una preoccupante area che comprende fenomeni di neo-caporalato illegale degli immi- grati, di fatto sottratti a tutele di carattere normativo e sindacale, che vanno contrastate con un’azione congiunta di facilitazione per l’emersione dal sommerso, accesso legale al merca- to del lavoro, attraverso in particolare l’individuazione di efficaci e tempestivi meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, e repressione da parte degli organi competenti. Un’ulteriore attenzione va posta al pericolo della crescente disoccupazione tra gli im- migrati, anche perché questa condizione incide direttamente e repentinamente sulla natura giuridica della condizione di soggiorno. La Regione ribadisce il proprio impegno di previsione del fabbisogno di manodopera straniera annuale ai sensi dell’art. 21 del D.lgs. 286/98 e dell’art. 3 della LR 5/2004 e in questo senso conferma la scelta di confronto preventivo con le Parti sociali e gli Enti locali, finalizzata all’obiettivo strategico di una gestione attiva dei flussi migratori rivolta a defi- nire il fabbisogno quali-quantitativo e ad attrarre dall’esterno le competenze non presenti sul territorio, nonché la collaborazione e il confronto con le strutture periferiche del Mini- stero del Lavoro e delle Politiche Sociali in materia di ripartizione provinciale delle quote. Un’opportunità interessante al riguardo è costituita dalla possibilità di attivare percorsi formativi nei Paesi d’origine, prevista tra l’altro dal Regolamento attuativo della L. 189/2002 (art. 29 D.P.R. 334/2004) in materia di formazione all’estero, possibilità da rac- cordare con le politiche sociali e da effettuarsi attraverso un forte controllo pubblico, onde favorire l’arrivo di lavoratori già qualificati e formati non solo rispetto ai fabbisogni del mercato del lavoro, ma anche con adeguate competenze linguistiche e conoscenze della normativa in materia di lavoro e sicurezza. Dal punto di vista del sistema dei servizi, i cittadini migranti, provenienti da Paesi extra UE o di nuovo ingresso nell’Unione Europea hanno rappresentato in questi anni una quota consistente degli utenti dei Centri per l’impiego e, in generale, dei servizi per il la- voro della nostra regione. I Centri per l’impiego in Emilia-Romagna si sono contraddistinti per l’offerta dei ser- vizi tradizionali di politica attiva del lavoro (informazione e accoglienza, orientamento, ac- compagnamento all’inserimento lavorativo, preselezione e incontro tra domanda e offerta) organizzati per l’insieme degli utenti piuttosto che in un’organizzazione dei servizi per target specifici (donne, stranieri, over 45, ecc.). Questa scelta operata dalle Province per i propri Centri ha consentito, dunque, l’espri- mersi di un’offerta di servizi che fosse adattabile all’estrema eterogeneità dell’utenza e, al tempo stesso, sono stati affiancati, almeno embrionalmente, da supporti specifici. Nel caso degli utenti stranieri, a parte i servizi di informazione, che hanno anche il compito di mettere in relazione l’utente con la rete complessiva di servizi (sociali, sanitari, educativi, previdenziali, formativi, ecc.), si sono sviluppate, in particolare in alcune Pro- vince, azioni di supporto ai servizi che facilitano l’erogazione degli stessi ai cittadini stra- nieri (mediatori linguistici e culturali). 162 Nel prossimo triennio, pur mantenendo un’impostazione strategico-organizzativa dei Centri per l’impiego, orientata all’erogazione di servizi specializzati per funzione e non per target, è necessario attrezzare in modo più organico i Centri per l’impiego pubblici e tutto il sistema dei servizi per il lavoro per offrire supporti specifici ai cittadini migranti, in partico- lare i supporti di mediazione linguistica e culturale. Il sistema di accreditamento di servizi per il lavoro dovrà prevedere, per i soggetti che intendono farne parte, requisiti idonei a garantire il più facile accesso dei cittadini stranieri ai servizi erogati. Le esperienze delle associazioni di rappresentanza possono svolgere un utile ruolo di raccordo. Un’attenzione particolare, sul versante dei servizi di consulenza e di informazione al lavoratore, nonché su quello di incontro domanda-offerta, va anche posto sulla categoria delle assistenti familiari, in buona parte cittadine straniere, sviluppando quanto previsto dal protocollo d’accordo tra Regione e Organizzazioni sindacali in tale materia dell’aprile 2003, aggiornato all’aprile 2004, auspicando la condivisione del protocollo dei soggetti del terzo settore, e dando maggiore consistenza a quei primi positivi interventi predisposti, in questo senso, da alcune Province. Su questo tema è necessario attivare, con i servizi del collocamento e con la collabora- zione operativa del terzo settore, luoghi di incrocio domanda e offerta e servizi di assistenza per le famiglie che necessitano di questo tipo di supporto. Infine per quanto attiene le ini- ziative di rientro nei Paesi di origine dei cittadini stranieri immigrati, le modalità di attua- zione saranno definite nel Documento di indirizzo programmatico triennale per gli inter- venti di cooperazione internazionale previsto dalla LR n. 12/2002, “Interventi regionali per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo ed i paesi in via di transizione, la solidarietà internazionale e la promozione di una cultura di pace”. Nel futuro occorrerà stabilire un più organico collegamento tra la programmazione delle politiche e dei flussi migratori e le politiche di cooperazione internazionale, in partico- lare con alcuni Paesi. In ogni caso è corretto affermare che oltre due terzi degli stranieri maggiorenni ha un’occupazione regolare, in quanto la forza lavoro tra i soggiornanti è composta da 158.400 unità, pari al 64,8% dei permessi di soggiorno. Questo dato regionale continua ad essere superiore al valore nazionale a conferma del fatto che il sistema produttivo emiliano-romagnolo sia un motore fondamentale nell’attiva- zione dei flussi migratori. 1.6. Lavoro autonomo e imprenditorialità Una quota non secondaria di cittadini stranieri è occupata in proprio come titolare di impresa. Dai dati Infocamere al 31.12.2005 risultano 20.109 titolari di impresa individuale non nati in Italia presenti nella Regione Emilia-Romagna. Di questi 17.305 (pari al 86,1%) sono maschi e 2.804 (pari al 13,9%) sono femmine. La distribuzione provinciale di queste imprese appare abbastanza omogenea sul terri- torio dell’Emilia-Romagna con il 19,60% di esse in Provincia di Reggio Emilia, il 17,92% in Provincia di Bologna, e il 14,71% in Provincia di Modena. Ma nel peso percentuale sul totale delle imprese l’incidenza maggiore è a Reggio Emilia (7,49% di imprese con titolare straniero), seguita da Parma (5,76%) e da Ravenna (5,05%). Le 20.109 imprese con titolare straniero rappresentano il 4,73% delle 425.225 imprese emiliano-romagnole. Rispetto ai Paesi di origine la Cina risulta prima solo nella Provincia di Reggio Emilia, 163 seconda nelle Province di Bologna e Modena. A livello regionale il primo Paese rappresen- tato è il Marocco, il secondo l’Albania e il terzo la Tunisia. Rispetto ai settori, le costruzioni risultano al primo posto con il 46% seguite dal com- mercio con il 24,96%. Da notare come l’incremento del numero dei cittadini stranieri titolari di impresa indi- viduale sia cresciuto molto rapidamente negli ultimi cinque anni: essi risultavano infatti 9.309 nel 2001 e appunto 20.109 nel 2005; nel quinquennio sono più che raddoppiate. In un contesto di crescente presenza di cittadini stranieri, appare fondamentale assicu- rare continuità e sviluppo agli interventi volti a facilitare effettivi percorsi di integrazione e di regolarizzazione nel contesto del mercato del lavoro della Regione, in particolare nei set- tori del commercio, dei servizi, dell’artigianato e dell’agricoltura. In tali settori va evidenziata la crescente attitudine, da parte delle persone straniere, a intraprendere iniziative imprenditoriali; questo costituisce certamente uno degli elementi di maggiore evoluzione del rapporto tra immigrazione e inserimento lavorativo. A una prima fase caratterizzata da una presenza di cittadini stranieri occupati prevalen- temente in ruoli di lavoratori subordinati, ne fa seguito un’altra, l’attuale, che vede una pre- senza sempre più numerosa, nel sistema produttivo locale, di micro imprese di immigrati stranieri. A tale proposito il dato nazionale (elaborato dalla CNA) evidenzia che l’imprendi- toria promossa da persone straniere rappresenta il comparto più attivo e dinamico dell’im- prenditoria nazionale. Anche in Emilia-Romagna il numero delle imprese individuali di immigrati è cresciuto notevolmente (ad esempio +22% rispetto al 2003). I settori di attività economica che ve- dono la maggiore presenza di imprenditori stranieri sono le costruzioni, il commercio e l’at- tività manifatturiera, che complessivamente rappresentano l’80% circa del totale. In armonia con i precedenti programmi adottati dalla Regione nel campo degli inter- venti rivolti all’integrazione dei cittadini stranieri immigrati, si ritiene opportuno confer- mare una metodologia di azione che preveda la promozione, da parte degli enti locali, di progetti finalizzati a sviluppare le possibilità di avvio, di regolarizzazione e qualificazione di attività imprenditoriali degli immigrati. L’obiettivo deve essere la regolarizzazione, la promozione, la qualificazione e il pro- gressivo consolidamento delle attività svolte dai cittadini stranieri immigrati. Si individuano i seguenti obiettivi prioritari verso i quali tendere: a) garantire pari opportunità di accesso al- le attività di lavoro autonomo e imprenditoriale e tutelare le differenze; b) assicurare un’ade- guata formazione professionale; c) promuovere l’avvio delle attività imprenditoriali da parte di cittadini stranieri immigrati, sia in forma individuale che in forma associativa; d) garanti- re pari opportunità di accesso alle attività di lavoro autonomo e imprenditoriale. Per il raggiungimento dell’obiettivo indicato si ritiene importante mettere in atto inter- venti che possano garantire un accesso paritario alle attività di lavoro autonomo, curando in particolare i percorsi di apprendimento della lingua italiana, comprensivi di riferimenti alle leggi e regolamenti che disciplinano nella nostra Regione l’esercizio delle attività imprendi- toriali. Per tutelare le differenze, gli interventi dovranno essere destinati prioritariamente ai soggetti socialmente più deboli quali le donne. In particolare risultano da attivare prioritariamente i seguenti interventi: interventi volti a costruire percorsi integrati tra formazione linguistica e informazione, orientamento e formazione professionale, finalizzati ad agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro; inter- venti finalizzati a conseguire un consolidamento delle relazioni tra associazioni e istituzioni nonché a incrementare nei cittadini stranieri immigrati il livello di conoscenza e di sensibi- lizzazione in merito al funzionamento della Pubblica Amministrazione regionale e locale. 164 Risultano pertanto prioritari gli interventi destinati a promuovere l’avvio o il consolida- mento delle associazioni e la definizione di reti di servizi per le imprese, promosse dalle as- sociazioni imprenditoriali. Assicurare un’adeguata formazione professionale Per tale obiettivo risulta importante promuovere interventi di formazione volti ai citta- dini stranieri immigrati ai fini di un adeguato e corretto svolgimento delle attività imprendi- toriali. In particolare nei settori di attività commerciale e industriale in sede fissa, e per quanto attiene il settore alimentare, dove risultano di particolare importanza le conoscenze inerenti gli aspetti igienico-sanitari. Devono inoltre essere previsti corsi che consentano lo sviluppo della necessaria pro- fessionalità nel comparto dei pubblici esercizi (attività di bar, ristoranti, ecc.). Anche nel comparto non alimentare si rende opportuno promuovere la necessaria qua- lificazione degli imprenditori e degli addetti con particolare riferimento alle leggi di settore e alle abilitazioni per le varie tipologie di attività merceologiche. Promuovere l’avvio delle attività imprenditoriali da parte di immigrati, sia in forma individuale che in forma associativa Al fine di promuovere l’avvio di regolari attività nel commercio, nei servizi, nell’arti- gianato, nel lavoro autonomo da parte di immigrati, sia in forma singola che associativa, si ritiene opportuno confermare azioni di incentivazione e sostegno all’avvio di attività im- prenditoriali già previste all’art. 15 della LR 14/90 ora abrogato dalla LR 5/2004. Per quanto concerne gli ambiti territoriali per la predisposizione dei piani si ritiene op- portuno individuare nella Provincia la dimensione di riferimento. All’Amministrazione provinciale è pertanto demandata l’individuazione, da realizzare tramite la concertazione con le rappresentanze delle forze economiche e sociali e delle asso- ciazioni di promozione sociale, delle priorità di intervento e conseguentemente la riparti- zione delle risorse in relazione ai progetti che dovranno essere realizzati nel territorio di competenza, sulla base di specifici bandi. 1.7. Politiche sociali Accanto ad una crescita quantitativa, il fenomeno migratorio evidenzia una crescita di complessità rispetto alla condizione sociale dei cittadini stranieri, ai bisogni che essi espri- mono e alle traiettorie migratorie perseguite da ciascuno di essi; anche in ragione di un con- testo normativo che storicamente si è dimostrato incapace di offrire un adeguato accesso le- gale (si pensi ai successivi e costanti provvedimenti di regolarizzazione) e che impone alla Regione e agli enti locali di mantenere un’attenzione costante anche verso persone in situa- zione di presenza non regolare, specie donne e bambini, spesso in condizione precarie di sa- lute e accoglienza. In taluni casi, la persona straniera può concentrare una serie di criticità (malnutrizione, condizioni di vita usuranti già nei Paesi di origine, precarietà occupazio- nale, inadeguatezza abitativa legata a sovraffollamento e/o carenze igienico sanitarie, as- senza di supporto familiare e sociale, difficoltà di fruizione dei servizi, ecc.) che necessi- tano di risposte specifiche ed integrate tra loro. L’elemento della pluralizzazione delle tipologie di immigrazione rappresenta dunque una tendenza da tenere costantemente in considerazione nei prossimi anni. Il fenomeno migratorio ha una doppia dinamicità: crescono gli stranieri di lunga durata e crescono parallelamente gli arrivi di nuovi migranti, tale per cui si articolano le aspetta- tive ed i bisogni. 165 Accanto al fattore temporale, si intrecciano altre variabili: cresce la presenza di gio- vani figli di immigrati espressione di inediti mix culturali, assistiamo ad una stabilizzazione di “famiglie” perché tanti sono i modelli sociali e culturali d’origine, mantengono una loro presenza i lavoratori singoli di entrambi i sessi (vedi ad esempio la significativa regolariz- zazione delle assistenti familiari), si pongono con forza nuovi bisogni che necessitano di un elevato livello di attenzione e di carico assistenziale: le donne sole con figli, i minori stra- nieri non accompagnati, i richiedenti asilo, le persone straniere in situazione di povertà estrema, ex detenuti che necessitano di percorsi di reinserimento sociale. Con l’approvazione della LR n. 5 del 24.03.2004 in materia di politiche per l’integra- zione sociale dei cittadini stranieri, legge che affronta trasversalmente in ogni settore (scuola, sanità, formazione, lavoro, casa, ecc.) il tema dell’immigrazione straniera secondo un approccio universalistico, teso a garantire l’effettivo esercizio dei diritti sociali di cittadi- nanza nell’ambito dei servizi pubblici esistenti, la Regione Emilia-Romagna ha inteso affer- mare il principio strategico che i sistemi integrati di interventi e servizi sociali, ad ogni li- vello di programmazione, devono considerare le politiche rivolte ai cittadini stranieri come programmazione ordinaria e strutturale, abbandonando un approccio occasionale, tempo- raneo ed emergenziale. Dal punto di vista del sistema integrato dei servizi di welfare, la presenza di un’utenza multiculturale va considerata una sfida verso la innovazione: un servizio pubblico capace di servire meglio gli stranieri, di capirne i bisogni e individuarne le soluzioni, esprime una dis- ponibilità costante a riflettere su sé stesso, a rimettersi in gioco, e ciò va inteso come una caratteristica capace di migliorare anche le risposte verso le esigenze dei cittadini italiani. Si tratta altresì di introdurre e consolidare politiche che adottano nel loro fare un approccio interculturale, ovvero lavorano sulla ricerca dei punti di contatto come terreno comune di incontro, a partire dagli elementi distintivi culturali ascrivibili ai gruppi etnici e alle singole persone; politiche comunque fondate sui bisogni del singolo, che evitino di reintrodurre at- traverso la variabile culturale, nuovi stereotipi omogeneizzanti nelle letture dei bisogni e nelle risposte dei servizi, politiche che hanno la consapevolezza della frequente natura in- terrelata dei bisogni, nel senso che è facile che il migrante sia portatore di un bisogno com- plesso/completo (casa, lavoro, disagio sociale, salute, ecc.) a cui occorre rispondere con una medesima progettazione integrata intersettoriale, sulla base dei bisogni e delle aspetta- tive dell’utenza, rafforzando negli operatori le competenze di lettura globale del problema presentato. Esistono questioni trasversali che necessariamente solleciteranno nei prossimi anni la rete dei servizi pubblici alla individuazione di nuove risposte: la prospettiva di genere, e dunque la necessità di interventi che abbiano al centro il tema dell’effettivo inserimento so- ciale e lavorativo delle donne straniere; il tema della condizione legale del migrante, della sua permanenza nel nostro Paese fortemente legata alla necessità di possedere un lavoro e quindi posto in una condizione costante di potenziale espulsione. Si tratta di un contesto normativo di sfondo che rende problematica una progettazione sociale graduale e duratura con la persona straniera e richiede agli enti locali di mantenere una forte attenzione anche verso una possibile presenza di persone in condizioni di soggiorno non regolare, specie donne e bambini, spesso in condizione precarie di salute e accoglienza; la crescente do- manda di mobilità sociale da parte dei cittadini stranieri, che richiede al sistema dei servizi sociali una risposta promozionale orientata alla valorizzazione delle competenze per cia- scuno di essi; il tema della qualità complessiva della vita del migrante, e quindi la necessità di considerarlo un cittadino che ha aspettative legate alla socialità, alla cultura, alla mu- sica, all’attività sportiva; dimensioni queste, alle quali gli Enti locali devono prestare atten- 166 zione attivando forme di collaborazione con il vasto tessuto associativo presente ad ogni li- vello (comunale, distrettuale, provinciale), e che possono rappresentare un fondamentale valore aggiunto rispetto alle politiche istituzionali di integrazione sociale. Per i soggetti pubblici e del privato sociale che compongono il sistema locale dei servi- zi sociali, si tratta dunque di promuovere politiche integrate di consolidamento e sviluppo di interventi prioritariamente nell’ambito delle seguenti aree tematiche: la messa in campo di una serie di azioni in ambito scolastico rivolte ai minori e alle loro famiglie, riconducibili in particolare al sostegno all’apprendimento della lingua italiana e allo sviluppo di relazioni di fiducia con gli operatori scolastici, nonché alla attivazione di interventi laboratoriali a va- lenza interculturale anche in ambito extra-scolastico, in raccordo con le istituzioni scolasti- che; la realizzazione ed il consolidamento di centri e interventi informativi specialistici in materia di immigrazione, finalizzati a garantire per i cittadini stranieri adeguate forme di co- noscenza e di tutela dei diritti e di conoscenza dei doveri, previsti dalla normativa regionale, nazionale ed europea; il consolidamento e lo sviluppo della attività specifica di mediazione interculturale in particolare nei servizi sociali, sanitari e scolastici, finalizzata ad accompa- gnare la relazione tra persone straniere e servizi pubblici e privati, a facilitare la rimozione delle barriere linguistico-culturali e a promuovere la conoscenza e la valorizzazione delle culture d’appartenenza; azioni volte alla facilitazione di accesso ai servizi riassumibili in al- meno tre tipologie di interventi: azioni di orientamento, azioni formative interculturali per gli operatori posti a contatto con l’utenza straniera e la realizzazione di strumenti informati- vi plurilingue; attività specifiche di alfabetizzazione alla lingua italiana rivolte agli adulti; attività volte a promuovere la conoscenza e il confronto tra punti di vista e culture presenti nella società regionale attraverso lo svolgimento di iniziative di comunicazione, informazio- ne e orientamento sui temi connessi all’immigrazione, la predisposizione di iniziative in am- bito artistico, culturale e sportivo e la realizzazione di centri interculturali; il sostegno e confronto con associazioni e comunità di cittadini stranieri; interventi informativi, di acco- glienza ed integrazione sociale rivolti a specifici target di popolazione socialmente vulnera- bile: richiedenti asilo e rifugiati, donne, minori stranieri non accompagnati, detenuti ed ex detenuti stranieri che necessitano di percorsi di reinserimento sociale. In questo contesto risultano notevoli le occasioni d’integrazione con le previsioni della LR 20 del 2003, relativa a “Nuove norme per la valorizzazione del servizio civile. Istitu- zione del servizio civile regionale. Abrogazione della L.R. 28 dicembre 1999, n. 38”. Le sperimentazioni del servizio civile regionale attivate nel corso del 2005 offrono in- novative opportunità per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati, in partico- lare nei progetti di servizio civile regionale che vedono il coinvolgimento attivo dei citta- dini immigrati d’età compresa tra i 18 e i 28 anni. Questo protagonismo positivo a favore della comunità locale in cui vivono, studiano o sono alla ricerca di un lavoro, rappresenta un importante laboratorio di cittadinanza attiva e di responsabilità positiva. L’integrazione dell’esperienza proposta ai giovani immigrati con l’analoga opportunità del servizio civile nazionale vissuta dai loro coetanei autoctoni, che si realizza attraverso la condivisione dei momenti di servizio, di formazione, di rielaborazione e verifica, rappre- senta inoltre una reciproca opportunità di conoscenza e di crescita interculturale. Questo protagonismo giovanile vissuto nell’ambito del servizio civile – quando viene proposto o indirizzato verso alcuni target socialmente più vulnerabili: richiedenti asilo, rifu- giati e titolari di protezione umanitaria, donne sole con figli, ma anche minori e minori stra- nieri non accompagnati – risulta poi essere uno strumento di coesione sociale e di risposta ai bisogni dei territori. 167 1.8. Partecipazione e rappresentanza a livello regionale e locale Il tema della partecipazione e del protagonismo dei cittadini stranieri immigrati nella definizione delle politiche pubbliche, costituisce certamente uno degli elementi fondamen- tali per un effettivo processo di inclusione sociale. A livello regionale, gli art. 6 e 7 della LR 5/2004 hanno introdotto la “Consulta regionale per l’integrazione sociale dei cittadini stra- nieri immigrati”, luogo preposto a favorire il dialogo, la conoscenza e la promozione di po- litiche efficaci in tema di integrazione sociale dei cittadini stranieri. La Consulta è un organismo composto da rappresentanti degli stranieri, degli enti lo- cali, delle parti sociali, del terzo settore e di organismi periferici dello Stato, e dovrà essere chiamato ad esprimersi sugli atti più significativi di competenza regionale, atti che abbiano un impatto o un qualche interesse per i cittadini stranieri immigrati secondo un approccio trasversale (politiche scolastiche, abitative, culturali, sociali, sanitarie, ecc.). L’insediamento della Consulta regionale, avvenuto il 17 febbraio 2005, può rappresen- tare un punto di riferimento e l’occasione per avviare percorsi di partecipazione e di rappre- sentanza dei cittadini stranieri anche in quei territori della Regione che ancora ne sono sprovvisti. In questo senso, l’art. 8 della LR 5/2004, esplicita la volontà della Regione di favorire, nel rispetto delle competenze proprie degli enti locali, la realizzazione di percorsi partecipa- tivi in ambito locale (Consulte, consiglieri aggiunti, forum di associazioni, ecc.) ponendo particolare attenzione al percorso a carattere elettivo che dovrebbe caratterizzare la compo- nente dei cittadini stranieri immigrati. La Regione intende monitorare le esperienze locali di partecipazione e la loro operati- vità. Nondimeno, la Regione favorisce, ove consentito dal quadro normativo nazionale, l’e- stensione del diritto di voto ai cittadini stranieri residenti così come espresso nell’ordine del giorno del Consiglio Regionale del 17.03.2004. Il rafforzamento e sostegno alle associazioni promosse da cittadini stranieri, rappre- senta altresì un’azione importante da mantenere nei prossimi anni, in quanto va intesa come preziosa occasione per valorizzare forme di impegno sociale e di partecipazione alla vita della comunità locale da parte dei “nuovi cittadini” emiliano-romagnoli. Gli Enti locali sono chiamati a promuovere le capacità di comunicazione di queste forme associative, garantendone diffusione territoriale e promozione di forme di coordina- mento a livello locale. 1.9. Fonti e link 26a Seduta della VIII Legislatura -Estratto dal resoconto integrale della seduta pomeri- diana del 7.02.2006. Presiede la presidente dell’Assemblea legislativa Monica Donini. – Anno 2007 Numero 1, Giugno 2007, www.provincia.bologna.it/immigrazione/ documenti – Dati Osservatorio Regione Emilia Romagna su immigrati www.emiliaromagnasociale.it – Dossier Asilo-Ricerca sui rifugiati, richiedenti asilo e titolari di protezione umanitaria a Bologna e provincia – ISTAT, Bilancio demografico e popolazione straniera residente per sesso e cittadinanza – risultati della rilevazione annuale “Movimento e calcolo della popolazione straniera residente”: serie storica dal 1998 al 2004 della popolazione straniera residente in Emilia-Romagna per sesso e cittadinanza all’1/1 di ogni anno, nel sito statistico della Regione Emilia-Romagna; anni dal 2003 al 2005, per l’intero territorio nazionale, nel sito ISTAT “Demografia in cifre” (http://demo.istat.it/). 168 – Legge regionale n. 5/2004 recante Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stra- nieri immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990 – Progr. n. 45 Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna – Rapporto annuale Caritas-Migrantes 2006. Dossier Statistico Immigrazione www.dossierimmigrazione.it – Rapporto su immigrazione straniera in Regione Emulai Romagna - CLUEB febbraio 2007 – Regione Emilia-Romagna, Rilevazione della popolazione straniera residente per sesso ed età e per sesso e cittadinanza, all’1/1 del 2005 e 2006, nel sito statistico della Re- gione Emilia-Romagna, curato dal Servizio Controllo strategico e statistica (http://www.regione.emilia-romagna.it/statistica/). – Ufficio di Statistica della Provincia di Bologna su dati delle Anagrafi Comunali. 169 Capitolo 2 INTERVENTI IN RETE IN EMILIA ROMAGNA E A BOLOGNA 2.1. Il Focus group del 18 ottobre 2007 L’incontro “Focus group” svoltosi il giorno 18 ottobre 2007 all’Istituto salesiano di Bolo- gna, con lo scopo di confrontare le “buone pratiche” mirate all’accoglienza-formazione e inte- grazione sociale e lavorativa degli immigrati, ha visto la partecipazione dei seguenti soggetti e istituzioni: Paola Vitello della Caritas Centro Ascolto Immigrati di Bologna; Lina Delli Quadri, Consigliere del Comune di Bologna e responsabile per la Parrocchia Sacro Cuore di Bologna; Maria Sabatini del centro per l’Impiego di Bologna (in sostituzione di Maria Lena Bigoni); Morena Sartori dell’associazione AECA dell’Emilia Romagna; Massimo Peron dell’Associa- zione CIOFS/FP di Bologna; don Tarcisio Sgariboldi e don Fabrizio Bonalume dell’Associa- zione CNOS-FAP di Bologna; Ptrizia Lelli e Tiziana Carrella dell’associazione Confartigia- nato di Bologna; Enzo Pancaldi dell’Istituto Salesiano di Bologna. L’incontro è stato coordi- nato dal prof. Vittorio Pieroni dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, dalla dott.ssa Ma- riapaola Cullmann della Sede Nazionale del CNOS-FAP, e dal prof. Don Sandro Tinozza, di- rettore dell’Istituto Salesiano di Roma. La finalità dell’incontro è stata quella di analizzare e confrontare esempi e buone prati- che, riferite a progetti o esperienze concrete, realizzate per supportare i bisogni delle persone immigrate in termini di integrazione sociale e lavorativa. Gli esempi forniti durante il “laboratorio”, riguardavano risposte messe in atto sia da cia- scuno dei presenti nei rispettivi ambiti di appartenenza e competenza, sia riferiti ad interventi di lavoro in rete tra i soggetti presenti. Le esperienze emerse sono state registrate direttamente dai professori di Roma, al fine della ricerca in atto. Durante il focus è emersa buona disponibilità da parte di tutti i partecipanti a proseguire la collaborazione comune ed in rete, per il futuro. Le esperienze presentate hanno avuto come oggetto: – la formazione rivolta agli immigrati e le risposte del sistema formativo (accoglienza, orientamento, metodologie, tipologie di corsi, esiti della formazione); – educazione interculturale e alla cittadinanza democratica; – attività di accoglienza e assistenza alla ricerca dell’alloggio, del lavoro e servizi sociali; – inserimento lavorativo delle persone immigrate e risposte del sistema produttivo locale; – integrazione sociale-relazionale-etica e risposte delle Associazioni di volontariato e della Chiesa; – una modalità di interventi in rete tra soggetti del territorio con particolare riferimento al- l’inserimento sociale e lavorativo degli immigrati: la Consulta contro l’esclusione sociale, del Comune di Bologna. 2.2. Il progetto Scuola di Accoglienza 1 II progetto Scuola di Accoglienza è una rete di soggetti che intendono promuovere il ruolo del volontariato come strumento di partecipazione capace di favorire la creazione di 1 La presentazione di questa rete è contenuta in “Comune, Provincia, Prefettura UTG di Bo- logna: Osservatorio delle Immigrazioni (www.provincia.bologna.it/immigrazione/documenti), anno 2005, numero 1, agosto 2005 (cfr il capitolo 3 del presente report, al paragrafo 3.3). 170 un luogo di incontro e di costruzione di relazioni tra le persone in un’ottica di reciprocità. Interesse di questo progetto è quello di mettere in rete il mondo del volontariato, le istitu- zioni, le associazioni del territorio coinvolgendo la romanità. Scuola di Accoglienza nasce sotto l’impulso della Caritas Diocesana di Bologna. Parte- cipano alla sua rete: Caritas, CISL, CGIL, Agorà dei Mondi, Aprimondo Centro Poggeschi, Forum Metropolitano delle Associazioni degli Immigrati, singoli soggetti del volontariato. Hanno aderito successivamente: le cooperative Campi D’Arte, Arca di Noè, La Piccola Ca- rovana, Siamo Qua e CIM, il CDH-Centro Zefiro, il CIOFS e l’associazione italiano.it. 2.3. La Consulta Permanente per la Lotta all’Esclusione Sociale, del Comune di Bo- logna 2 La Consulta Permanente per la Lotta all’Esclusione Sociale nasce, con Delibera del Consiglio Comunale di Bologna, l’1 febbraio del 1999 al fine di realizzare un tavolo co- mune che, oltre alla funzione di confronto, iniziativa ed approfondimento, abbia un ruolo di impulso sulle politiche comunali e sia punto di riferimento istituzionale anche per le altre amministrazioni cittadine. Le funzioni della consulta sono: favorire le relazioni e il confronto tra diverse espe- rienze e competenze, impegnate nella lotta all’esclusione sociale; favorire la promozione di iniziative e di azioni, concertate tra i diversi soggetti istituzionali e non; sviluppare l’osser- vazione delle dinamiche socioeconomiche, attraverso il confronto e l’analisi delle informa- zioni ed organizzando sistemi di monitoraggio permanente; promuovere programmi e pro- getti, che siano anche di impulso per le politiche delle istituzioni e in particolare del Co- mune; promuovere occasioni di confronto pubblico, al fine di costruire una cultura attiva dell’accoglienza che orienti i comportamenti della comunità; promuovere relazioni con altri soggetti ed esperienze, anche su area vasta; esprimere pareri su piani e progetti dell’Ammi- nistrazione comunale. La Consulta è formata dalle organizzazioni di volontariato, le associazioni senza fini di lucro, le cooperative sociali e dai loro coordinamenti e aggregazioni che chiedano di aderire alla Consulta e da un rappresentante dell’Amministrazione comunale. Ai lavori della Consulta sono invitati i Presidenti di Quartiere e potranno partecipare – senza diritto di voto – i Consiglieri comunali. La Consulta potrà invitare ai propri lavori tecnici e rappresentanti degli Enti locali e delle istituzioni pubbliche. A oggi, alla consulta aderiscono: 71 organizzazioni, la stessa opera con momenti di in- contro assembleari (almeno tre all’anno), un comitato di rappresentanza che si incontra al- meno una volta al mese (formato da 10 rappresentanti degli enti eletti ogni due anni e coor- dinati da un portavoce e dal rappresentante dell’amministrazione), diversi gruppi di lavoro che approfondiscono le tematiche in oggetto (al momento: lavoro, casa, sicurezza, carcere, donne, psichiatria, gravi marginalità). A Bologna sono attive anche la Consulta per l’handicap e la Consulta della famiglia. 2 Relazione trasmessa da Teresa Marzocchi, membro della Consulta. Il suo nominativo è stato fornito dalla d.ssa Delli Quadri, consigliere del Comune di Bologna e responsabile della Parrocchia del Sacro Cuore, di Bologna. 171 2.4. AECA - Associazione Emiliano Romagnola Centri Autonomi Sede regionale: Via Bigari, 3 - 40128 Bologna BO (Italy) Tel. +39.051.37.21.43 Fax: +39.051.35.51.74 - P.IVA 04195640372 - sito: www.aeca.it Nella Regione Emilia Romagna, l’AECA associa 24 Centri di Formazione Professio- nale, promossi da Enti di ispirazione cristiana, molti dei quali hanno origini secolari. Attra- verso loro attività, AECA contribuisce allo sviluppo sociale, favorisce l’ingresso nel mondo del lavoro ai giovani e a quanti appartengono a fasce sociali deboli o emarginate; permette inoltre di conseguire una più alta e aggiornata professionalità a coloro che, pur avendo un lavoro, devono adeguarsi ai rapidi mutamenti dei processi produttivi e della società. Costituitasi nel 1973, AECA opera sul territorio regionale, basandosi su un progetto educativo integrale per la persona, un progetto capace cioè di intrecciare le acquisizioni di abilità professionali con lo sviluppo di tutte le potenzialità della persona (il carattere, gli at- teggiamenti sociali, l’apertura culturale), portando il soggetto in formazione a fare sintesi tra una dimensione etica, culturale e ecologica. La nostra attività nasce perciò in risposta alle esigenze individuali di orientamento, di costruzione di abilità professionali, di valorizzazione delle risorse personali, di accompa- gnamento nell’inserimento lavorativo. L’associazione AECA ha promosso e realizzato, mediante alcuni dei propri Centri as- sociati, il progetto PIN del quale si narra al paragrafo 3.1. Inoltre, nel focus group del 18 ottobre 2007, sono state presentate delle attività di orientamento e di formazione rivolte a donne e uomini stranieri. 172 Capitolo 3 BUONE PRASSI: PROGETTI FORMATIVI E DI INTEGRAZIONE SOCIO-LAVORATIVA 3.1. AECA: PIN - Percorsi di INclusione sociolavorativa per le persone immigrate 3 Dati identificativi progetto: Ente titolare del progetto e della sua realizzazione: Associazione Emiliano Romagnola Centri Autonomi, AECA. Sede regionale: Via Bigari, 3 - 40128 Bologna (Italy). Titolo del progetto: Progetto Integrato “PIN - Percorsi di INclusione sociolavorativa per le persone immi- grate”. I.29, 2006, Obiettivo 3 B.1. Regione Emilia Romagna. Approvato con delibera di G.R. n. 06001156 del 05.08.2006. Descrizione sintetica progetto in termini di finalità e obiettivi; destinatari del progetto (n. degli immigrati/e coinvolti, nazionalità, sesso, titolo di studio ecc.). Il progetto integrato PIN nasce con la finalità di contribuire all’inserimento socio-lavo- rativa di cittadini immigrati presenti nel territorio dell’Emilia-Romagna. AECA ha proposto un’iniziativa vista come contributo per favorire una maggiore coesione sociale tra nuovi e vecchi residenti, nel rispetto delle regole, del principio di pari opportunità e accesso ai ser- vizi, e per facilitare la rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno inserimento so- ciale, culturale e politico per i cittadini stranieri. Questa iniziativa si è posta nella logica di un approccio complesso ed unitario teso a per- mettere l’effettivo esercizio dei diritti sociali di cittadinanza, come indicato nella LR 5/2004, e in linea con le finalità che ispirano l’insieme delle politiche regionali: la rimozione degli osta- coli al pieno inserimento sociale, culturale e politico; il reciproco riconoscimento e la valoriz- zazione delle identità culturali, religiose e linguistiche; la valorizzazione della consapevolezza dei diritti e dei doveri connessi alla condizione di cittadino straniero immigrato. Obiettivi: Sulla base di un’esperienza ormai pluriennale, con il progetto PIN si è proposto un modello consolidato e “funzionale” di integrazione che è stato studiato e valutato positiva- mente nel corso dei precedenti anni con gli integrati Voci, Ieri Stranieri, Gentes e Clè. In tal modo si è data continuità alle sperimentazioni avviate e si sono segnalate le buone pratiche identificate e riconosciute nei diversi contesti e territori provinciali. In altre parole, si è consolidato un sistema integrato di servizi, attività formative (di tipo personalizzato), sportelli (di informazione e orientamento) e azioni di supporto all’inserimento lavorativo e di orienta- mento dedicati alle persone immigrate presenti sul territorio dell’Emilia-Romagna. Rispetto ai beneficiari diretti dell’iniziativa, perseguendo le proprie finalità statutarie, l’associazione AECA anche in questa programmazione ha inteso offrire una proposta for- mativa tesa allo sviluppo integrale della persona accolta nella sua totalità/complessità. I per- corsi progettati offrono ai destinatari un accompagnamento nella transizione verso una ri- 3 Il progetto PIN dell’AECA è stato fornito da Marcello Coppertino e da Morena Sartori, e-mail: sartori@aeca.it. Il sito dell’AECA è www.aeca.it. 173 collocazione dell’individuo in primo luogo sul piano lavorativo ma, di conseguenza, anche nella globalità della propria situazione esistenziale. Destinatari: Il progetto è rivolto a cittadini stranieri residenti nella nostra Regione. I dati specifici sono presentati nelle tabelle relative alla descrizione delle attività progettuali. Analisi bisogni formativi e socio-occupazionali degli immigrati Entità e consistenza numerica dei bisogni formativi/sociali e occupazionali degli immi- grati a cui il progetto intende dare risposta. Il progetto si è rivolto principalmente ai cittadini stranieri sprovvisti degli strumenti adeguati per l’inserimento nel tessuto socio-lavorativo del- la nostra Regione. I percorsi formativi sono stati rivolti a persone disoccupate mentre nessun vincolo d’accesso è stato posto per l’ingresso agli sportelli informativi e orientativi. I bisogni espressi sono stati principalmente la ricerca di un lavoro e l’individuazione di percorsi forma- tivi adeguati per un miglioramento/adeguamento delle proprie competenze. Esiti del progetto in termini di soluzioni concrete: risposte fornite nelle seguenti aree di difficoltà incontrate dagli immigrati: accoglienza, formazione strutturate e destrutturata, integrazione sociale, inserimento lavorativo nelle aziende del territorio. Fedele alla sua ot- tica di sistema, e a una visione globale del fenomeno migratorio, l’iniziativa promossa vuole garantire l’integrazione tra le attività formative proposte e tra esse e i servizi offerti dalle altre realtà operanti nel territorio regionale a favore dell’inclusione socio-lavorativa dei cittadini immigrati. Gli interventi attivati sono finalizzati all’orientamento, ai bilanci di competenze, alla formazione e all’inserimento lavorativo. Composizione e attivazione della rete locale coinvolta nel progetto: attori lo- cali/partnership coinvolta nel progetto e ruoli operativi (autorità locali, scuole CFP, parti so- ciali, aziende, Chiesa, associazioni di volontariato, utenti, ecc.). Partner di progetto: CNOS-FAP Bologna; EDSEG Modena; ENAC Fidenza (PR); ENDO FAP Borgonovo V.T. (PC) Organismi promotori: Ass. Casa delle donne contro la violenza – Modena; Comune di Fidenza (PR); Caritas diocesana di Piacenza-Bobbio; Comune di Sarmato (PC); Comune di Ziano Piacentino (PC); Comune di Nibbiano (PC); Comune di Borgonovo Val Tidone (PC); Comune di Gragnano Trebbiense (PC); Comune di Aguzzano (PC); Comune di Castel San Giovanni (PC). Modalità di interventi in rete: modalità di coinvolgimento degli attori locali nel proget- to; modalità di creazione gestione promozione della rete; strategie ottimali di comunicazione e concertazione/partecipazione al progetto; interventi messi in atto in rete; ricadute del lavo- ro effettuato dalla rete/partnership nel progetto a livello: territoriale, sistema produttivo, so- ciale, culturale, etico; sulle esigenze delle persone immigrate, con particolare riferimento al- l’inserimento sociale e lavorativo; eventuale realizzazione di protocolli di lavoro in rete. Il progetto si è voluto inserire in maniera funzionale e integrata nell’intervento di sviluppo locale. Esso tende a valorizzare le risorse disponibili tenendo conto in particolare dell’impor- tanza del fattore risorse umane e della sua qualificazione per favorire un processo di sviluppo locale, creare processi di innovazione nelle competenze e opportunità occupazionali. I soggetti partner del progetto agiscono in stretta collaborazione con gli altri attori ter- ritoriali i quali forniscono un aiuto prezioso nella fase di assistenza e di sostegno sociale dei beneficiari, di segnalazione degli utenti dei percorsi, di inserimento lavorativo al termine dei percorsi stessi. 174 Fase formativa dei progetti AECA, CNOS-FAP di Bologna e Castel dè Britti Il Progetto integrato, non ancora concluso, ha interessato i territori delle province di Bologna, Modena, Parma e Piacenza, con svolgimento, tra il settembre 2006 e il mese di di- cembre 2007. Esso si compone di un’azione di sistema, realizzata dalla sede regionale mediante atti- vità di supporto alla realizzazione del progetto integrato e allo sviluppo e diffusione delle buone prassi; tre azioni di aiuti alle persone, consistenti in percorsi di orientamento lavora- tivo e di formazione professionalizzante: al CFP EDSEG di Modena con possibilità di rila- scio di certificato di Qualifica di “Costruttore di macchine utensili”; al CFP CNOS-FAP di Bologna con rilascio di attestato di frequenza; al CFP ENDO FAP di Borgonovo Val Tidone con rilascio di attestato di frequenza; tre azioni di accompagnamento, miranti a fornire stru- menti orientativi verso l’inserimento lavorativo mediante gli sportelli dell’EDSEG di Mo- dena e il percorso di orientamento ad esso collegato e lo sportello dell’ENAC di Fidenza. DETTAGLIO DELLE ATTIVITÀ ATTIVITÀ CORSUALI 2006-0164/ AP tip. Percorso ENDO FAP 13 31 Operatore generico Rer 9.1 formativo Borgonovo febbraio maggio d’officina meccanica nell’ambito V.T. (PC) 2007 2007 e carpenteria meccanico Attestato di frequenza ATTIVITÀ Ore d’aula realizzate 120 Ore in azienda in rapporto al totale delle ore 160 (su un totale di 280) N. di aziende in cui si è svolto lo stage 6 DESTINATARI FINALI ISCRITTI 13 RITIRATI 3 IDONEI SESSO N F M 13 ETÀ N 15/19 anni 1 20/24 anni 1 25/29 anni 3 30/34 anni 1 35/44 anni 4 Oltre 45 anni 3 TITOLO DI STUDIO N Obbligo scolastico SMI 3 Diploma SMS Laurea Nessun titolo di studio 10 CITTADINANZA N Italia Stati UE Stati extra UE 13 175 2006-0159/ AP tip. Percorso CNOS FAP Marzo Giugno Costruttore su Rer 9.2 formativo Bologna 2007 2007 macchine utensili Attestato di frequenza ATTIVITÀ Ore d’aula realizzate 240 Ore in azienda in rapporto al totale delle ore 160 su 400 N° di aziende in cui si è svolto lo stage 12 DESTINATARI FINALI ISCRITTI 12 RITIRATI IDONEI SESSO N F M 12 ETÀ N 15/19 anni 1 20/24 anni 3 25/29 anni 7 30/34 anni 35/44 anni 1 Oltre 45 anni TITOLO DI STUDIO N Obbligo scolastico SMI 9 Diploma SMS 3 Laurea Nessun titolo di studio CITTADINANZA N Italia Stati UE Stati extra UE 12 STATO OCCUPAZIONALE (avvio attività) N Occupato Disoccupato 12 Inoccupato PERSONALE ADDETTO Docenti Coordinatori 1 Tutor 1 STATO OCCUPAZIONALE (avvio attività) N Occupato Disoccupato 13 Inoccupato PERSONALE ADDETTO Docenti Coordinatori 1 Tutor 1 176 2006-0161/ AP tip. Percorso Rer 9.2 formativo per la Qualifica EDSEG 18 30 Percorso formativo per la professionale Modena settembre aprile Qualifica professionale: Costruttore su 2006 2007 Costruttore su macchine macchine utensili utensili ATTIVITÀ Ore d’aula realizzate 150 (sottopr 1) + 266 (sottopr 2) Ore in azienda in rapporto al totale delle ore 184 su 450 del 2° sottopr, totale ore del progetto 600 N. di aziende in cui si è svolto lo stage 11 DESTINATARI FINALI ISCRITTI 19 RITIRATI 5 IDONEI SESSO N F M 19 ETÀ N 15/19 anni 6 20/24 anni 2 25/29 anni 6 30/34 anni 2 35/44 anni 3 Oltre 45 anni TITOLO DI STUDIO N Obbligo scolastico SMI Diploma SMS Laurea Nessun titolo di studio 19 CITTADINANZA N Italia Stati UE Stati extra UE 19 STATO OCCUPAZIONALE (avvio attività) N Occupato Disoccupato 19 Inoccupato PERSONALE ADDETTO Docenti Coordinatori 1 Tutor 1 177 Lo Sportello ha registrato N. 148 persone e instaurato contatti complessivi utenti N. 230, considerati come Ritorni allo sportello delle persone iscritte al servizio. Sono prove- nienti principalmente dalle seguenti 4 aree geografiche: Fra questi utenti si contano: Utenti Uomini Donne N. 148 N. 67 N. 81 Divisi per le seguenti classi di età: Fruitori per 15/19 anni 20/24 anni 25/29 anni 30/34 anni 35/44 anni Oltre 45 anni classe di età N. 148 10 19 28 30 46 15 Area Geografica Nazioni di provenienza (in ordine per gruppo di appar- tenenza) N. Totale 148 Africa Etiopia * 25 Marocco 19 Tunisia 8 Eritrea 4 Nigeria 4 Senegal, Kenya Egitto, C.Avorio, Sudan, S.Leone, G.Bissau, Ghana, Algeria 13 75 Est - Europa e area balcanica (Ex-Yugoslavia) Albania 10 Moldavia 8 Romania 8 Ucraina 4 Russia 4 Ex-Yugoslavia, Bosnia 1 35 Sud- America Ecuador 15 S. Domingo 5 Colombia 4 Brasile 2 Perù 1 27 Medio Oriente/Oriente India 5 Cina 3 Bangladesh 2 Pakistan 1 11 NB - Essendo l’attività ancora in corso mancano i dati complessivi relativi ai destinatari finali ATTIVITÀ NON CORSUALI 2006-0160/ AA tip. Sportello EDSEG 12 ottobre 15 dicembre 44 settimane Rer 57 Centro Modena 2006 2007 3 ore/giorno per 2 giorni/sett Risorsa per donne immigrate 3 ore/giorno per 1 giorno/sett per uomini immigrati NB - Essendo l’attività ancora in corso mancano i dati complessivi relativi ai destinatari finali 2006-0160/ AS tip. Orientamento EDSEG 12 ottobre 15 dicembre 2 ore di colloquio Rer 1.0 professionale Modena 2006 2007 350 ore totali per immigrati 200 ore di front office 100 ore di coordinamento 50 ore di back office NB - Essendo l’attività ancora in corso mancano i dati complessivi relativi ai destinatari finali 2006-0160/ AA tip. Sportello ENAC 14 settembre 30 luglio front office 372 ore Rer 1.0 immigrati Fidenza (PR) 2006 2007 (10 ore settimanali su 3 giorni lavorativi per 37 settimane) back office 621 ore + 80 ore 178 Presentazione delle attività (ancora in corso di svolgimento) 2006-0160/ AS tip. Attività di supporto alla realizzazione del progetto AECA - sede regionale integrato e alla diffusione delle buone prassi I. Fase di governo e coordinamento del progetto Il Comitato di Coordinamento AECA ha compiti specifici che riguardano prioritariamente: - il recepimento delle politiche regionali e la promozione del confronto di queste con gli scopi statutari dell’Associazione AECA secondo quanto è stato indicato dal Consiglio direttivo dell’Ente; - il presidio dell’accompagnamento al progetto integrato e ai singoli progetti che lo compongono, per tutta la durata del progetto stesso; - l’attivazione di misure di assistenza metodologica, gestionale e amministrativa, di pianificazione, di valutazione e di coordinamento generale a garanzia dell’integrazione delle attività; - la promozione di azioni di diffusione delle buone pratiche nell’ambito delle strutture associate e nei confronti dell’esterno. Ad esso partecipano i responsabili delle seguenti funzioni: I. Funzione direzionale; II. Funzione assistenza tecnica e accreditamento; III. Funzione progettazione e coordinamento dei progetti; IV. Funzione amministrativa; V. Funzione gestione e sistema informativo. Il Comitato Tecnico Scientifico è composto da esperti operanti “sul campo”, vale a dire professionisti che possono vantare un’esperienza significativa nei confronti della tipologia di utenti a cui viene rivolta l’attività formativa. II. Fase di integrazione delle attività che compongono il progetto integrato. Sono stati realizzati 2 incontri di approfondimento rivolti agli operatori coinvolti, denominati Tavoli di lavoro tematici, finalizzati alla realizzazione di interventi sempre più rispondenti al mutare delle neces- sità formative e dei bisogni sociali degli immigrati e che risultano strategici per l’integrazione e per il miglioramento della vita delle persone immigrate. Tali incontri hanno fornito utili indicazioni per le prossime programmazioni. Per arricchire ulteriormente questo momento di lavoro ci si è raccordati con le altre attività rivolte a persone immigrate, favorendo la partecipazione degli operatori e delle operatrici che stanno lavorando all’interno di altri progetti, in modo da favorire il confronto, la discussione, il tra- sferimento di metodologie di lavoro, ecc. Complessivamente, il percorso, distribuito su 4 progetti rivolti all’utenza straniera, si è snodato su 8 incontri da febbraio a luglio 2007 e ha visto una partecipazione media di circa 15 persone. L’attività di monitoraggio si divide in due tipologie: il monitoraggio quantitativo fa riferimento al moni- toraggio fisico e a quello finanziario. Il monitoraggio qualitativo, si sostanzia in azioni di individuazione degli aspetti eminentemente contenutistici delle azioni finanziate attivate nei diversi contesti, al fine di garantire la valorizzazione e l’ottimizzazione di parametri qualitativi, nonché il sostegno ai progetti, per favorirne l’impatto sul territorio, l’attività di mainstreaming e per rafforzare il ruolo delle reti di partena- riato. Quest’ultimo aspetto è collegato strettamente alla fase di valutazione, per cogliere gli aspetti qualitativi ed innovativi, ma anche per individuare in tempo reale gli elementi di criticità che possono emergere. In relazione a questa attività, AECA sta utilizzando il sistema predisposto che si compone di apposite schede suddivise sia per tipologia di attività (AS, AA, AP), che per scansione temporale (ex ante, in iti- nere, ex post). III: Fase di supporto alla realizzazione del progetto e alla diffusione delle buone prassi 1. Azioni di supporto Si è dato continuità ad un servizio, chiamato HI-mail che consiste in una sorta di newsletter telema- tica, da intendersi come un vero è proprio strumento di comunicazione gestito direttamente dal pro- ject leader. L’identificazione e la diffusione di un’immagine/logo del progetto ha consentito di rendere immedia- tamente riconoscibile l’attività dagli utenti stessi ma anche verso “l’esterno” contribuendo alla diffu- sione dei risultati e dei prodotti realizzati. AZIONE DI SISTEMA 179 3.2. Centro di Formazione Professionale CNOS-FAP Bologna: PIN - Percorsi di INclu- sione sociolavorativa per le persone immigrate 4 Il CNOS-FAP di Bologna ha realizzato con successo un corso specificatamente rivolto a un’aula composta esclusivamente da 12 immigrati adulti (over 25 anni) extracomunitari disoccupati, in regola con il permesso di soggiorno, Corso P.A. 2006-0159/Rer PIN Per- corsi di Inclusione socio-lavorativa per le persone immigrate (parte di un progetto integrato più ampio finanziato dalla Regione E-R con delibera di G.R. n. 06-001156 del 05.08.2006 ob. 3 B1). Per quanto riguarda le finalità e i motivi fondanti del progetto, essi sono in linea con quelli esposti nel precedente paragrafo 3.1, poiché l’azione qui descritta fa parte del PIN or- ganizzato dall’AECA, ivi presentato. Dati identificativi progetto: n. sottoprogetto PA 2006-0159/RER del 05/08/2006 - Ob.3 B1 Titolo del percorso PIN, Percorsi di INclusione socio-lavorativa per le persone immigrate Anno formativo 2007 Ore previste 400 Di cui stage 160 Data di avvio 19.03.2007 Data di termine 20.06.2007 Certificazione rilasciata Attestato di frequenza Partecipanti 12 Descrizione del gruppo-classe e modalità di gestione. Termine iscrizione lunedì 12 marzo 2007 ore 12 con n. 48 preiscritti. Selezione. Alle ore 14, del 12 marzo 2007, in presenza del coordinatore e di un docente di area professionale, si sono svolte le formalità di identificazione dei soggetti candidati. Si sono presentati in 46 candidati. Dalle ore 15.00 alle ore 16.00, è stato somministrato un test scritto, per valutare la co- noscenza del livello di italiano e di calcolo matematico. Il giorno 15 marzo 2007, dalle ore 9, in presenza del direttore del corso, del tutor e del coordinatore, si sono svolti i colloqui orali. Si sono presentati in 42 candidati che avevano partecipato al test di selezione scritto. La direzione, dato l’elevato numero di iscritti “over 25”, ha fatto richiesta di una varia- zione del progetto relativo agli utenti, ottenendo la possibilità di inserire il 30% degli utenti, con età inferiore al venticinquesimo anno di età. 2. Azioni di diffusione delle buone prassi È stata aperta una sezione del sito AECA dedicata al progetto. Tale sezione contiene, oltre a una sin- tesi del progetto stesso, i materiali prodotti nel corso delle attività. Si intende inoltre proseguire nella redazione del Bilancio Sociale per il quale è iniziata la raccolta dei dati utili. Tale strumento si è rivelato estremamente efficace nella diffusione sia interna che esterna delle attività, ma anche dei risultati conseguiti. Come ultima attività prevista, sarà realizzato un docu- mento finalizzato ad elaborare la “buona prassi” di lavoro sperimentata nel corso di questi ultimi anni nei confronti delle donne immigrate. 4 Fonte: Informazioni tratte dalla Relazione finale redatta dal coordinatore e dal tutor, datata 27.06.2007. 180 Sono state formate due graduatorie: la prima relativa agli over 25 anni, dalla quale sono stati inseriti i primi otto allievi (pari al 70% di presenza nel corso su 12 candidati); la seconda relativa agli under 25, dalla quale sono stati inseriti i primi quattro (30 % di pre- senza nel corso su 12 candidati). È stata stilata una lista di 12 candidati, affissa presso la segreteria. I candidati aventi diritto a partecipare al corso, sono stati invitati a presentarsi il giorno 16.03.07, dalle ore 10.30 alle ore 12.30, per le indicazioni relative al corso che ha avuto inizio il lunedì 19 marzo 2007. Il tutor, con ogni partecipante al corso, ha redatto il “Patto formativo”, sottoscritto tra utenti e Associazione CNOS-FAP. Il gruppo classe si è presentato abbastanza eterogeneo dal punto di vista motivazionale e delle competenze linguistiche, ma con una base comune di comprensione della lingua ita- liana sufficiente. I corsisti si sono sempre dimostrati molto attenti e interessati all’apprendimento dei contenuti trattati, si è cercato di favorire la forma orale e il colloquio, in quanto la produ- zione scritta risultava per alcuni particolarmente difficoltosa. La convivenza tranquilla e il rispetto delle principali norme dello stare insieme, che un contesto formativo richiede, ha reso buono l’apprendimento e il clima di rapporti interper- sonali. Durante lo stage i corsisti sono stati seguiti costantemente dal tutor e dal coordinatore con telefonate e visite aziendali settimanali, per verificarne eventuali problemi che si pote- vano creare. Durante questo periodo non si sono verificati problemi particolari, anzi, i corsisti sono stati contenti del rapporto di aiuto/sicurezza, che si è venuto a creare tra loro, il tutor e il co- ordinatore. Il corso è terminato il 20 giugno 2007 con un rientro in aula di due ore, nel quale i cor- sisti hanno redatto un test di gradimento del corso. Si sono raccolte le schede di presenza e di valutazione dello stage, compilate dalle ditte. Si è discusso sulle proposte lavorative fatte e possibilità future. Il tutor e il coordinatore si sono resi disponibili per attivarsi e dare loro un aiuto per una ricerca di un’occupazione. Non si sono verificate problematiche di abbandono. Al termine del corso tutti i dodici partecipanti hanno frequentato un numero di ore superiore al 70%, con una media ore corso/allievo uguale al 91%. Articolazione del percorso formativo. – Modulo 1, ore 30: Cultura italiana e orientamento al lavoro. Il sistema economico ita- liano e il mercato del lavoro pari opportunità. – Modulo 2, ore 210: Formazione al ruolo di “Costruttore su macchine utensili”. Lavora- zione meccaniche (ore160); Tecnologia e lettura del disegno (ore 40); Sicurezza sul la- voro e tutela all’ambiente (ore 10). – Modulo 3, ore 160: Stage in azienda. – Modulo 4, Accompagnamento e transizione al lavoro. Metodologie della formazione. Materiali didattici, prodotti laboratori usati. – Lezioni frontali in aula utilizzando dispense e appunti, inerenti gli argomenti trattati. – Uso di lucidi e lavagna luminosa, filmati (VHS/DVD) e CD ROM. – Lavori di gruppo. Esercitazioni pratiche. – Verifiche di apprendimento in itinere dei singoli moduli. 181 – Aula didattica attrezzate di lavagna luminosa, e proiettore. – Aula attrezzata di informatica (una postazioni per allievo, una postazione docente, un videoproiettore). – Aula attrezzata con macchine utensili CNC (tornio, fresatrice). – Laboratorio con attrezzature meccaniche e macchine utensili. Visite guidate Sono state programmate due visite. La prima il 20 aprile 2007 presso il Museo del patrimonio industriale di Bologna. Obiettivo della visita è stato quello di illustrare il moderno distretto industriale e le storie di piccole e medie imprese del territorio, le tipologie e le caratteristiche dei prodotti bolognesi innovativi, soprattutto meccanici ed elettromeccanici, che hanno aiutato a costituire il pro- cesso di formazione del distretto industriale bolognese e la sua articolazione nei comparti delle macchine automatiche per il packaging e della motoristica. La seconda il 4 maggio 2007 presso la ditta SIPLA s.r.l. di Crespellano (Bologna). Obiettivo della visita è stato conoscere il processo di lavorazione di un prodotto, dalla pro- gettazione, alla lavorazione alle MU, all’assemblaggio. Aziende coinvolte in Stage Lo stage si è svolto dal 23 maggio 2007 al 19 giugno 2007 per un totale di 160 ore. Le ditte presso le quali si è realizzato lo stage sono state 12, una per ogni corsista, tutte del set- tore meccanico del territorio bolognese. Descrizione di eventuali altri progetti realizzati a sostegno dell’attività. Nel modulo 1, si è riscontrata la necessità di approfondire la lingua italiana per tre cor- sisti, dando loro un sostegno linguistico di dieci ore. Obiettivi dell’intervento sono stati: mi- gliorare l’espressione orale, scritta e della comprensione; conoscere le regole basilari del genere e del numero, della costruzione del presente indicativo e del passato prossimo; mi- gliorare la pronuncia e l’uso degli aggettivi, la formula di cortesia e la formula confiden- ziale nell’interlocuzione; sapersi presentare in maniera sufficientemente corretta e compren- sibile; stilare un curriculum vitae in formato europeo. Modalità di pubblicizzazione del corso Attraverso volantini inviati ai CIP della Provincia di Bologna. Il corso è stato pubbli- cizzato sul nostro sito, www.salesianibologna.it, CNOS-FAP Formazione Professionale e presso la segreteria. Ruoli, modalità, funzioni del coordinamento e tutoraggio L’attività svolta dal progettista è stata tipo progettuale di dettaglio, organizzativa, di controllo. Il progettista ha avuto la responsabilità del corso. Egli è altresì stato il referente con gli uffici preposti per la parte organizzativo-burocratica dell’attività. Il Coordinatore del corso ha seguito la direzione del progetto per eventuali problemi sorti in itinere. Il coordinamento è stato di tipo didattico e del processo di apprendimento. Ha curato gli acquisti del materiale di consumo essendo il punto di riferimento dei docenti. Il tutor è la figura più vicina agli allievi. Si è fatto portavoce degli allievi verso il gruppo docenti e verso il coordinatore del corso per ogni problematica sorta in seno al gruppo. Ha elaborato con i corsisti il patto formativo e ha proposto nuove strategie all’interno dell’intervento formativo, in collaborazione con i docenti. Ha operato in stretta collaborazione con il coordinatore per la realizzazione degli stages. 182 3.3. VIDES, Volontariato Internazionale Donna Educazione Sviluppo: Progetto “Corso di italiano gratuito per stranieri” 5 Nel 2003 “Scuola di Accoglienza”6 ha realizzato un monitoraggio delle scuole di lingua italiana per adulti immigrati attive in Bologna e provincia. Da tale ricerca sono state rilevate circa cinquanta realtà attive7. Attraverso questi dati si è verificata e scoperta la molteplicità di scuole presenti e la loro diversità per utenza, modalità di insegnamento, strategie di lavoro utilizzate8. Tutto questo ha spinto “Scuola di Accoglienza” a interessare l’Osservatorio provin- ciale delle Immigrazioni di Bologna e a formare una équipe di lavoro composta da alcune scuole: “Scuola di Accoglienza”, Associazione Centro Poggeschi, VIDES (Volontariato In- ternazionale Donne Educazione Sviluppo), SIM (Scuola di Italiano per Migranti), “Trama di terre” di Imola e Associazione Parapagal. Di queste iniziative per la conoscenza della lingua italiana, figura quella del VIDES presentata nel presente paragrafo. Dati identificativi del progetto L’associazione VIDES è una ONG, riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri (DM 1991/128/01017/6) ed iscritta nel registro provinciale delle organizzazioni di volontariato (LR n. 12 del 21.02.2005 - art. 25, comma 2 con deliberazione n. 12/2007) e opera in campo internazionale e a livello sociale con iniziative a favore dello sviluppo e dell’educa- zione della persona, con speciale attenzione per la donna. L’associazione nasce dallo spirito e dall’esperienza educativa salesiana dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Qui a Bologna da ormai quattordici anni il gruppo VIDES locale ha attivato una scuola di italiano per stranieri per rispondere alle loro esigenze di istruzione, conoscenza della lingua ed integrazione. Descrizione sintetica del progetto Il Progetto “Corso di italiano gratuito per stranieri” è un’azione volta all’apprendi- mento della lingua italiana e all’integrazione di cittadini stranieri. Nel corso degli anni si sono registrati i seguenti iscritti: nell’anno scolastico 5 La fonte di questo paragrafo è il Progetto del corso medesimo, fornito dalla prof.ssa suor Gra- ziella Pezzotta, coordinatrice del corso ed esperta del settore. Recapito: Via Jacopo della Quercia, 5 - Bologna, Tel. 051.35.69.77. 6 Il progetto “Scuola di Accoglienza” è un gruppo di soggetti che intende mettere in rete il mondo del volontariato, le istituzioni, le associazioni del territorio coinvolgendo la comunità locale. Di essa si parla nel capitolo 2 del presente report. 7 Alcuni esempi per Bologna-città: CGIL (Centro Lavoratori Stranieri), Centro Poggeschi, VIDES (Volontariato Internazionale Donne-educazione-sviluppo), CISL, CIDIS/Alisei, SIM (Scuola Italiano Migranti), corsi del Comune di Bologna (presso l’Istituto Aldini Valeriani), Punto d’Ascolto, CD/LEI, Polo Interetnico/AIPI, Famiglie Insieme Gruppo di volontariato. Per la provincia di Bo- logna: Che la Festa Continui (Casalecchio di Reno). Trama di Terre (lmola), Comune di Monzuno, Arc En Ciel (Castel San Pietro T.), Centri Territoriali Permanenti (CTP) di Bologna, Centro EDA presso Scuola media Besta, Istituto Comprensivo Dozza. Centri Territoriali Permanenti della pro- vincia di Bologna: Centro EDA presso la Scuola media Mameli (San Giovanni in Persicelo), altri Centri Territoriali Permanenti nei Comuni di Minerbio, Imola e Castiglione dei Pepoli. 8 La ricerca menzionata, intitolata “NonSoloItaliano. Le scuole di italiano per migranti adulti a Bologna e provincia” è stata pubblicata su “Comune, Provincia, Prefettura UTG di Bologna: Osserva- torio delle Immigrazioni (www.provincia.bologna.it/immigrazione/documenti), anno 2005, numero 1, agosto 2005. 183 1997/1998 n. 240; nel 1998/1999 sono stati 500, nel 1999/2000 circa 630, nel 2000/01 n. 648, nel 2001/02 n. 680, nel 2002/03 n. 500, nel 2003/04 n. 450, nel 2004/05 n. 430, nel 2005/06 n. 480 e nel 2006/07 n. 400. Le loro provenienze sono le più svariate: Marocchini, Nigeriani, Ruandesi, Somali, Eritrei, Egiziani, Cinesi, Indiani, Croati, Russi, Cechi, Polacchi, Ucraini, Slovacchi, Paki- stani, Cingalesi, ecc. Il corso si prefigge di fare acquisire una buona conoscenza della lingua italiana scritta e parlata, attraverso un livello sempre più approfondito di integrazione e socializzazione. Il gruppo, che si viene a formare, infatti, essendo di pluriappartenenza sia linguistica che culturale, mira a divenire luogo di amicizia, di scambio, di confronto e opportunità di istruzione. Oltre alle lezioni organizzate, come si dirà più sotto, sono previsti momenti di festa, escursioni insieme e visita turistica a qualche significativa città italiana. Frequenza e durata del corso Il corso si tiene due volte alla settimana: il martedì dalle 18,30 alle 20,30 e il sabato dalle 15,00 alle 17,00, dal mese di ottobre al mese di maggio. Volontari presenti I volontari, che prestano servizio al corso come insegnanti, o in altre forme (accompa- gnamento, preparazione materiale, coordinamento) sono circa 25. Articolazione del corso Il corso si articola in quattro livelli di conoscenza della lingua italiana. All’arrivo, gli iscritti permangono per alcune lezioni in un gruppo d’accoglienza nel quale gli insegnanti determinano il livello e mettono a punto la preparazione degli allievi affinché possano entrare nel primo livello. Nel livello 0 vengono inseriti gli iscritti che non hanno alcun tipo di scolarizzazione, perché imparino a leggere e scrivere le cose fondamentali della nostra lingua, oltre che ad esercitare le competenze di ascolto e produzione orale della lingua. Il primo livello è seguito da coloro che devono apprendere la fonetica della nostra lingua, lettura e scrittura. Il secondo livello è seguito da coloro che comprendono il linguaggio parlato e devono appropriarsi della produzione del linguaggio verbale e scritto. Approfondiscono le compe- tenze di lettura, scrittura e produzione orale, perfezionando le proprie basi grammaticali e sintattiche. Per ogni gruppo di livello (solitamente del livello 0 si formano due o tre gruppi) sono presenti tre insegnanti per le caratteristiche particolari che il gruppo stesso presenta. Metodologia e materiali didattici. Ambienti Alcuni volontari hanno competenze didattiche e di insegnamento derivate dalla loro personale formazione scolastica e professionale, comunque per tutti sono previsti incontri di confronto e di formazione per trovare le metodologie più adeguate per costruire le ore di lezione. Di fondo tutti i volontari seguono un metodo definibile come funzionale-comunica- tivo, basato sull’approccio alla lingua viva, preoccupato del rinforzo grammaticale solo dopo o durante l’apprendimento della espressioni linguistiche indispensabili per lo sviluppo delle varie funzioni della lingua. Oltre ai libri di testo vengono usati materiali autentici, scelti tra quanto gli iscritti incontrano nella loro vita reale: formulari, moduli da compilare, cartelli pubblicità, annunci di giornale, ecc. Altre tematiche essenziali sono: la conoscenza degli usi e costumi della nostra tradi- 184 zione, le abitudini dei giovani, delle famiglie, nella nostra società, il confronto con i loro stili di vita e modi di pensare. Per lo svolgimento del corso, vengono utilizzati: libri di testo per stranieri, libri per le classi del primo e del secondo ciclo delle classi elementari, libri per le classi medie, riviste, quotidiani, opuscoli, schede didattiche per le valutazioni. Vengono inoltre impiegate foto- copie di materiali (dialoghi, esercizi preparati dai volontari), audiocassette, videocassette, diapositive, lucidi, registratori, proiettore, televisore, ecc. Le verifiche parziali sono fissate ogni due mesi e tengono conto del percorso forma- tivo complessivo della persona. La verifica finale permetterà di dare una valutazione sommaria del corso stesso che sarà riscontrabile nella costante frequenza degli allievi e nel raggiungimento degli obiettivi minimi e massimi. Viene rilasciato un attestato di frequenza. Gli ambienti, nei quali si tiene il corso, sono quelli della Scuola Primaria “Maria Ausi- liatrice” di via Jacopo della Quercia 5. Sono a disposizione dell’Associazione le sei aule completamente attrezzate, una sala attigua per riunioni, la fotocopiatrice, la lavagna luminosa, un televisore con videoregistra- tore, registratori. Esperienze extra corsuali Nel corso degli anni, l’esperienza di gruppo si è maturata e ha sentito l’esigenza di tro- vare altri tempi e spazi di incontro. I primi, nati spontaneamente, sono i momenti di festa (compleanno, Natale, Pasqua...) ai quali sono seguiti momenti di aggregazione attorno al gioco e allo sport. Ogni domenica pomeriggio dalle 15.00 alle 19.00, in numero di 15 circa, i giovani fre- quentanti il corso con gli animatori VIDES si incontrano presso l’Istituto delle FMA per or- ganizzare partite di calcio, pallavolo e basket. Prospettive future Ogni anno si potenzia lo sviluppo del servizio di accoglienza e di orientamento degli iscritti. Molti infatti necessitano, oltre che dell’apprendimento della lingua italiana, anche di informazioni e di indicazioni riguardanti il lavoro, i documenti, la scuola per i figli, la sa- lute. La nostra associazione vuole quindi porsi come anello di congiunzione tra questi im- migrati e le altre realtà presenti sul territorio che si occupano di cittadini stranieri, spesso da loro non conosciute o troppo complicate da avvicinare. Tale servizio viene svolto anche in collaborazione con il CFP CIOFS/FP di via Jacopo della Quercia, 4 Bologna, per gli immigrati in possesso del permesso di soggiorno. 3.4. CNOS-FAP Bologna: stranieri inseriti nei corsi di Formazione Professionali 9 Dati identificativi I dati riportati fanno riferimento ai corsi avviati nell’anno formativo 2005-2006 e rea- lizzati negli anni formativi 2005-2007; essi appartengono a due diverse tipologie formative (Obbligo Formativo e formazione post diploma), che hanno avuto una presenza in aula di 9 Il testo fa riferimento alla Scheda riepilogativa delle attività di FP svolte nell’anno 2005-2006, nel Centro di Formazione Professionale CNOS-FAP di Bologna e di Castel de’ Britti. 185 giovani immigrati/e. Essi sono 5 corsi biennali di Obbligo Formativo avviati nel periodo ot- tobre 2005 e conclusi a giugno 2007, finanziati dalla Provincia di Bologna; 2 corsi post di- ploma realizzati nell’anno formativo 2005-2006, finanziati dalla Provincia di Bologna. Destinatari Il numero totale degli allievi iscritti nel CFP nell’anno formativo 2005-2006 è di 220; di essi gli allievi immigrati sono stati 51 (42 maschi e 9 femmine). Distribuzione degli allievi immigrati in base all’età: fino a 18 anni: n. 48; 18-25 anni: n. 1; oltre 25 anni: n. 2. Distribuzione degli allievi immigrati in base alla provenienza: Africa: n. 4, America Latina: n. 2, Asia: n. 19, Europa dell’Est: n. 12. Esiti dell’intervento formativo Tra gli immigrati iscritti nell’anno formativo 2005-06: si sono qualificati 33 allievi (pari al 65%); hanno abbandonato il corso, durante l’anno, 18 allievi (35%); nessun allievo è stato respinto al termine del corso. Descrizione delle attività formative Tipologie di corsi frequentati dagli immigrati negli ultimi 5 anni: Attività di supporto alla formazione degli immigrati negli ultimi 5 anni: Corsi nel settore: 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 Meccanico Sedi CNOS-FAP di Bologna e Castel dè Britti x x x x x Grafica multimediale Sede CNOS-FAP Bologna x x x x x altri corsi: falegnameria Sede CNOS-FAP di Castel dè Britti x x x x x altri corsi: termoidraulica e saldatura Sede CNOS-FAP di Castel dè Britti x x x x x altri corsi (per adulti, per occupati, per disoccupati...) Attività di supporto agli immigrati 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 Informazione x x x x x Accoglienza x x x x x Orientamento x x x x x Bilancio competenze Counseling allievi Counseling formatori Counseling famiglie altri servizi: alfabetizzazione/recupero linguistico x x x x x altri servizi: sostegno all’inserimento lavorativo x x x x x altri servizi: educazione allo sport, alla salute, affettività e benessere x x x x x altri servizi: educazione interculturale x x x x x altri servizi: educare alla cittadinanza democratica x x x x x altri servizi: 186 3.5. Confartigianato di Bologna, Associazione Seneca 10: sportelli di orientamento per immigrati 11 La presente attività fa parte del progetto “Equal S.C.I. - Sostenere la Competitività In- dividuale”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna nell’ambito dell’Iniziativa Comuni- taria Equal - Fase II. Le attività del progetto S.C.I. sono sviluppate da cinque partners: Confartigianato Fe- derimprese di Bologna; Seneca Agenzia Formativa; BBJ Consult AG Rappresentanza Ita- liana; Università di Bologna Dipartimento di Scienze Statistiche; Forum Metropolitano Fe- derazione Associazioni Cittadini Immigrati Bologna e Provincia. Obiettivo del progetto è utilizzare la leva dell’apprendimento per combattere le discri- minazioni e le disuguaglianze nel mercato del lavoro, intervenendo sulla professionalità dei lavoratori immigrati in Emilia Romagna. II progetto ha una durata di 24 mesi e si articola in diverse attività. Tra queste, figu- rano 4 sportelli di orientamento per fornire informazioni su lavoro, scuola, casa, sanità e permesso di soggiorno. Esistono, così, a Bologna e Ravenna, gli sportelli di orientamento del Progetto Equal S.C.I., strumenti pensati per favorire i processi di integrazione della popolazione straniera residente attraverso la fornitura di informazioni su lavoro, scuola, casa, sanità e permesso di soggiorno agli stranieri, agli italiani, alle imprese, alle Istituzioni e alle Associazioni. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Confartigianato Federimprese Bologna, As- Metodologie utilizzate nella formazione degli immigrati negli ultimi 5 anni: Metodologie 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 E-learning FAD Stage x x x x x LARSA Apprendimento cooperativo x x x x x Peer tutoring Educazione Interculturale x x x x x Altre: Tutoring di sostegno linguistico, e di supporto stage e inserimento lavorativo x x x x x Personale di sostegno impegnato con gli immigrati negli ultimi 5 anni: Personale di sostegno 02-03 03-04 04-05 05-06 06-07 n. formatori di sostegno n. mediatori interculturali x x x x n. personale specialistico (psicologi...) 10 Seneca è un’associazione senza fini di lucro che svolge la propria attività nel settore della for- mazione professionale dal 1988 con l’obiettivo di lavorare per lo sviluppo e la riqualificazione delle risorse umane. È certificata UNI ENI ISO 9001:2000 ed è accreditata per tutte le tipologie formative, ad eccezione dell’obbligo scolastico e dell’handicap. Seneca realizza progetti i cui obiettivi sono quelli di creare nuove prospettive occupazionali a giovani e adulti. www.Senecabo.it. 11 Il progetto, qui riportato, è tuttora operativo, con buona affluenza di utenti. Le informazioni qui riportate sono state trasmesse dalla Dott.ssa Patrizia Lelli, presente al forum del 18 ottobre 2007 all’Istituto salesiano di Bologna. 187 sociazione Seneca, BBJ Italia, Forum Metropolitano delle Associazioni dei Cittadini non comunitari di Bologna, Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Bologna e vede la collaborazione di: Assessorato all’immigrazione del Comune di Ravenna, AGCI- Bologna, Cooperativa Nuova Sanità, CTP Dozza, Sindacato UIL. Lo scopo del progetto è quello di agire sull’attuale situazione in cui molti cittadini extra- comunitari sono oggetto di discriminazione nell’accesso al mondo del lavoro in posizione qua- lificate mentre il settore delle PMI trova difficoltà a reperire mano d’opera qualificata da in- serire immediatamente in organico: un evidente caso di domanda e offerta che faticano ad in- contrarsi anche per difficoltà burocratiche e organizzative che gli sportelli contribuiranno ad eliminare. In ognuna della due città sono stati creati uno sportello per lavoratori stranieri ed uno per aziende che hanno come scopo la creazione di una rete tra mondo imprenditoriale e mondo della solidarietà finalizzata all’inserimento degli immigrati nel contesto lavorativo e sociale attraverso un preciso percorso formativo. Il progetto vuole individuare i punti di forza e di debolezza rispetto alle competenze dei lavoratori immigrati per coniugarli con le esigenze delle imprese: per questo sono stati creati anche percorsi individuali a favore dei lavoratori a rischio di espulsione per favorirne la riconversione professionale in sintonia con le vocazioni del mercato del lavoro. Non mancano poi progetti volti ad accrescere l’adattabilità della forza lavoro in alcuni contesti produttivi quali: PMI e distretti industriali, a seguito dei cambiamenti necessari per affron- tare la competizione tecnologica e la globalizzazione dei mercati. Il progetto avrà una ricaduta sul sistema consentendo: l’accesso facilitato dei cittadini extracomunitari al mondo del lavoro grazie all’incremento delle competenze linguistiche, di base e tecnico professionali; maggiore facilità nel reperimento di mano d’opera da parte delle imprese; inserimento di una metodologia formativa innovativa che permette una per- sonalizzazione degli interventi. Due sportelli si trovano a Bologna: Sportello lavoratori stranieri, in via Sacco 14 c/o sede Forum Metropolitano (operatore Ahmad Namaki Eraghi); Sportello aziende, in via Majorana 2/e c/o Confartigianato (operatrice Isa Carpi). Altri due sportelli sono ubicati a Ravenna: Sportello lavoratori stranieri, in via Alberoni 16 c/o Unità Operativa Politiche per l’Immigrazione (operatrice Laura Giorgini); Sportello aziende, in via Classicana 313 c/o A.G.C.I. (operatrice Serena Brunelli). “Con questa iniziativa - ha dichiarato il Segretario provinciale di Confartigianato Fe- derimprese Bologna Agostino Benassi - vogliamo fornire agli immigrati un servizio che sia loro realmente utile nella vita di tutti i giorni, un luogo in cui non sarà offerto un lavoro ma sarà loro detto cosa fare per accedere al mercato del lavoro, non daremo loro una casa ma gli verrà detto cosa gli serve per cercarla e dove farlo. Si tratterà di un orientamento af- finché possano superare le difficoltà burocratiche che ogni giorno si trovano ad affrontare senza avere gli strumenti per farlo. Sarà poi un servizio utile anche alle nostre imprese che hanno già alle loro dipendenze lavoratori immigrati, o che intendono assumerli in futuro, per la soluzione dei piccoli e grandi problemi dovuti alle diversità culturali”. 3.6. Confartigianato di Bologna: gli assesment center 12 La presente attività, come quella presentata nel precedente paragrafo, fa parte del pro- getto “Equal S.C.I. - Sostenere la Competitività Individuale”, finanziato dalla Regione 12 Le informazioni qui riportate sono state trasmesse dalla Dott.ssa Patrizia Lelli. 188 Emilia Romagna nell’ambito dell’Iniziativa Comunitaria Equal - Fase II. Le attività del pro- getto S.C.I, sono sviluppate da cinque partners: Confartigianato Federimprese di Bologna; Seneca Agenzia Formativa; BBJ Consult AG Rappresentanza Italiana; Università di Bo- logna Dipartimento di Scienze Statistiche; Forum Metropolitano Federazione Associazioni Cittadini Immigrati Bologna e Provincia. Obiettivo del progetto è utilizzare la leva dell’apprendimento per combattere le discri- minazioni e le disuguaglianze nel mercato del lavoro, intervenendo sulla professionalità dei lavoratori immigrati in Emilia Romagna. II progetto ha una durata di 24 mesi e si articola in diverse attività: sono già stati aperti 4 sportelli di orientamento a Bologna e Ravenna per fornire informazioni su lavoro, scuola, casa, sanità e permesso di soggiorno. In questo caso, è sperimentata la metodologia dell’Assessment Center al fine di rico- noscere le esperienze e le competenze dei lavoratori stranieri, attraverso 8 sessioni di asses- sment che coinvolgeranno 96 utenti complessivi. L’Assessment Center (letteralmente: centro di valutazione) è una metodologia innova- tiva per la diagnosi delle competenze chiave e delle potenzialità dei lavoratori immigrati co- munitari e non comunitari occupati. Il modulo standard dell’Assessment Center ha una durata di 4 giorni per un totale di 12 ore, che possono variare a seconda delle caratteristiche degli utenti. I candidati, individual- mente o suddivisi in piccoli gruppi, devono svolgere una serie di esercizi pratici durante i quali vengono osservati da operatori con formazione specifica. Seguono dei colloqui indivi- duali, nei quali si individua, con la partecipazione dell’interessato, un profilo delle compe- tenze, che funge da base per i percorsi formativi e professionali successivi. I criteri di osservazione fondamentali riguardano: la capacità di lavorare in team, la co- municazione, la produttività, la capacità di risolvere problemi, la tolleranza alla frustra- zione, la sistematicità di lavoro, la motivazione, l’esattezza, il reperimento e la gestione delle informazioni, la responsabilità, la capacità di risolvere conflitti, l’autonomia, l’auto- responsabilità, le tecniche di conversazione. 189 Appendice 1 Statistiche a cura dell’Osservatorio sul fenomeno migratorio della Regione Emilia-Romagna e del Dossier Statistico Caritas 1. Permessi di soggiorno Tav. 1.1. Stima dei soggiornanti stranieri in Emilia-Romagna per province e in Italia al 31.12.2005 Province Stima 2005 di cui minori v. a. % Bologna 69.793 14.781 21,2 Ferrara 14.841 2.681 18,1 Forlì-Cesena 26.298 5.169 19,7 Modena 57.022 13.812 24,2 Parma 30.999 6.696 21,6 Piacenza 20.687 4.878 23,6 Ravenna 27.202 4.839 17,8 Reggio Emilia 45.796 11.407 24,9 Rimini 19.485 3.364 17,3 Regione Emilia-Romagna 312.123 67.627 21,7 Italia 3.035.144 586.483 19,3 Fonte: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Elaborazioni su dati del Ministero dell’Interno e dell’ISTAT 2. Residenti Tav. 2.1. Residenti stranieri per comune all’1.1.2006 nella regione Emilia-Romagna. Primi 50 Comuni Comune V.a. % 1 Bologna 28.112 2 Modena 17.593 3 Reggio nell’Emilia 17.133 4 Parma 14.630 5 Ravenna 10.442 6 Piacenza 9.301 7 Rimini 8.959 8 Forlì 6.847 9 Carpi (MO) 5.350 10 Ferrara 5.014 11 Cesena (FC) 5.003 12 Sassuolo (MO) 3.899 13 Faenza (RA) 3.223 190 14 Imola (BO) 3.063 15 Mirandola (MO) 2.150 16 Castelfranco Emilia (MO) 2.055 17 Vignola (MO) 2.030 18 Riccione (RN) 1.990 19 Casalecchio di Reno (BO) 1.957 20 Correggio (RE) 1.786 21 Lugo (RA) 1.754 22 Cento (FE) 1.749 23 Formigine (MO) 1.547 24 Cervia (RA) 1.544 25 Castel San Giovanni (PC) 1.526 26 Savignano sul Rubicone (FC) 1.491 27 Salsomaggiore Terme (PR) 1.490 28 Novellara (RE) 1.479 29 Fidenza (PR) 1.438 30 Cesenatico (FC) 1.411 31 Luzzara (RE) 1.407 32 Guastalla (RE) 1.347 33 Crevalcore (BO) 1.297 34 San Lazzaro di Savena (BO) 1.278 35 Bellaria-Igea Marina (RN) 1.268 36 Argenta (FE) 1.241 37 Scandiano (RE) 1.229 38 San Giovanni in Persiceto (BO) 1.217 39 Novi di Modena (MO) 1.196 40 Pavullo nel Frignano (MO) 1.148 41 Fiorenzuola d’Arda (PC) 1.146 42 Spilamberto (MO) 1.135 43 Nonantola (MO) 1.018 44 Finale Emilia (MO) 1.013 45 Rubiera (RE) 989 46 Cadelbosco di Sopra (RE) 936 47 Budrio (BO) 930 48 Castel San Pietro Terme (BO) 928 49 San Mauro Pascoli (FC) 925 50 Colorno (PR) 917 Totale 188.531 65,23 Altri Comuni 100.482 34,77 Regione Emilia-Romagna 289.013 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER 191 Tav. 2.2. Incidenza stranieri residenti su popolazione residente totale all’1.1.2006 nella regione Emilia-Romagna. Primi 50 Comuni. Valori percentuali Comune % stranieri 1 Galeata (FC) 15,77 2 Luzzara (RE) 15,77 3 Rolo (RE) 14,32 4 San Possidonio (MO) 13,35 5 Boretto (RE) 12,41 6 Monghidoro (BO) 12,33 7 Grizzana Morandi (BO) 12,09 8 Castel San Giovanni (PC) 11,87 9 Vergato (BO) 11,65 10 Agazzano (PC) 11,62 11 Guiglia (MO) 11,54 12 Castel del Rio (BO) 11,48 13 Fabbrico (RE) 11,38 14 Novellara (RE) 11,31 15 Fornovo di Taro (PR) 11,22 16 Zocca (MO) 11,00 17 Sarmato (PC) 10,98 18 Loiano (BO) 10,94 19 Campagnola Emilia (RE) 10,92 20 Novi di Modena (MO) 10,90 21 Reggio nell’Emilia 10,89 22 Mezzani (PR) 10,85 23 Civitella di Romagna (FC) 10,85 24 Serramazzoni (MO) 10,70 25 Borgo Tossignano (BO) 10,65 26 Borgonovo Val Tidone (PC) 10,57 27 Colorno (PR) 10,57 28 Galliera (BO) 10,56 29 Crevalcore (BO) 10,24 30 Calestano (PR) 10,19 31 San Prospero (MO) 10,17 32 Bazzano (BO) 10,08 33 Torriana (RN) 10,04 34 Spilamberto (MO) 9,92 35 Premilcuore (FC) 9,92 36 Cadelbosco di Sopra (RE) 9,76 37 Modena 9,75 38 Palagano (MO) 9,72 39 Villanova sull’Arda (PC) 9,57 40 Conselice (RA) 9,48 41 Sassuolo (Mo) 9,36 42 Piacenza 9,36 43 Rio Saliceto (Re) 9,34 44 Mirandola (Mo) 9,33 45 Castello di Serravalle (Bo) 9,33 46 Dovadola (Fc) 9,33 47 Langhirano (Pr) 9,32 192 48 Castelnovo di Sotto (Re) 9,30 49 Guastalla (Re) 9,23 50 Savignano sul Rubicone (Fc) 9,22 Regione Emilia-Romagna 6,90 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER Tav. 2.3. Stranieri residenti in Emilia-Romagna all’1.1.2006 e incidenza sulla popolazione residente per Provincia Provincia Stranieri residenti Incidenza % stranieri M F Totale M F Totale Piacenza 11.320 10.268 21.588 8,4 7,2 7,8 Parma 15.892 14.906 30.798 7,9 7,0 7,4 Reggio Emilia 22.814 19.990 42.804 9,4 8,0 8,7 Modena 29.599 25.489 55.088 9,1 7,5 8,3 Bologna 30.817 30.764 61.581 6,7 6,3 6,5 Ferrara 6.350 7.094 13.444 3,8 3,9 3,8 Ravenna 12.298 10.974 23.272 6,9 5,8 6,3 Forlì-Cesena 12.296 10.616 22.912 6,7 5,5 6,1 Rimini 8.630 8.896 17.526 6,1 6,0 6,0 Totale 150.016 138.997 289.013 7,4 6,5 6,9 Fonte: Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER Tav. 2.4. Residenti in Emilia-Romagna all’1.1.2006. Prime venti nazionalità Paesi di cittadinanza % 1 Marocco 17,3 2 Albania 13,8 3 Romania 6,5 4 Tunisia 6,2 5 Cinese, Rep. Popolare 5,2 6 Ucraina 4,3 7 Pakistan 3,3 8 India 3,0 9 Moldova 2,9 10 Filippine 2,8 11 Ghana 2,5 12 Senegal 2,4 13 Macedonia (ex Rep. Jugos.) 2,1 14 Polonia 2,0 15 Nigeria 1,9 16 Serbia e Montenegro 1,4 17 Bangladesh 1,2 18 Sri Lanka (ex Ceylon) 1,2 19 Turchia 1,1 20 Egitto 0,9 Altri Paesi 18,0 Totale 100,0 Fonte: elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati Servizio controllo di gestione e sistemi statistici - RER 193 3. S cu ol a (* ) Ta v. 3 .1 .S cu ol a st at al e e no n: a lu nn i co n ci tt ad in an za n on i ta li an a is cr it ti pe r an no s co la st ic o e se ss o. R eg io ne E m il ia -R om ag na Ta v. 3 .2 .A lu nn i co n ci tt ad in an za n on i ta li an a ne ll ’a nn o sc ol as ti co 2 00 5- 20 06 p er t ip ol og ia d i sc uo la e s es so . R eg io ne E m il ia -R om ag na F on te : E la bo ra zi on e - O ss er va to ri o su l f en om en o m ig ra to ri o - R E R s u da ti S is te m a In fo rm at iv o e D .G . S tu di e P ro gr am m az io ne d el M in is te ro d el la P ub bl ic a Is tr uz io ne (* ) I da ti r ip or ta ti in q ue st a se zi on e fa nn o ri fe ri m en to a d al un ni c on c it ta di na nz a no n it al ia na e p ro ve ng on o da ll e ri le va zi on i i nt eg ra ti ve d el le s cu ol e st at al i e n on s ta ta li a c- qu is it e da l S is te m a in fo rm at iv o de l M in is te ro d el la P ub bl ic a Is tr uz io ne . I d at i ri fe ri ti a ll ’a .s . 2 00 4/ 20 05 p ro ve ng on o da ll a ba se i nf or m at iv a or ig in ar ia s en za a lc un t ip o di tr at ta m en to d el d at o. L a vo ce “ sc uo la n on s ta ta le ” co m pr en de le s cu ol e di e nt i l oc al i t er ri to ri al i, di a lt ri e nt i p ub bl ic i, di e nt i r el ig io si e d i s og ge tt i p ri va ti la ic i (* *) I da ti r if er it i a ll a S cu ol a se co nd ar ia d i I I gr ad o so no f on te I S TA T a. s. 1 99 7/ 98 (* ** ) I da ti r if er it i a ll a S cu ol a se co nd ar ia d i I I gr ad o so no f on te I S TA T a. s. 1 99 8/ 99 F on te : E la bo ra zi on e - O ss er va to ri o su l f en om en o m ig ra to ri o - R E R s u da ti S is te m a In fo rm at iv o e D .G . S tu di e P ro gr am m az io ne d el M in is te ro d el la P ub bl ic a Is tr uz io ne 194 4. Mercato del lavoro Tav. 4.1. Distribuzione dei lavoratori subordinati (*) per area di provenienza nella Regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Area di provenienza N. % Italia 1.234.280 85,56 UE 27.127 1,88 Extra UE 181.254 12,56 Totale 1.442.661 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno Tav. 4.2. Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari (*) per Provincia nella Regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Provincia Extra UE % Bologna 39.678 21,89 Ferrara 6.667 3,68 Forlì 17.107 9,44 Rimini 15.435 8,52 Modena 32.966 18,19 Parma 16.024 8,84 Piacenza 11.865 6,55 Ravenna 17.540 9,68 Reggio Emilia 23.972 13,23 Regione Emilia-Romagna 181.254 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno Tav. 4.3. Distribuzione dei lavoratori subordinati extracomunitari (*) per settore economico nella Regione Emilia-Romagna. Anno 2005 Settore d’impiego (**) Extra UE % Agricoltura 12.115 6,68 Pesca 47 0,03 Estrazione di Minerali 136 0,08 Industria 57.215 31,57 Elettricità, gas, acqua 182 0,10 Costruzioni 28.046 15,47 Commercio 12.847 7,09 Alberghi e ristoranti 21.741 11,99 Trasporti 10.027 5,53 Intermediazione finanziaria 491 0,27 Informatica e servizi alle imprese 16.045 8,85 Pubblica amministrazione 1.388 0,77 Istruzione 469 0,26 Sanità e assistenza sociale 5.291 2,92 Servizi Pubblici 6.385 3,52 Attività svolte da famiglie 5.587 3,08 Attività non determinate 3.242 1,79 Totale 181.254 100,00 Fonte: Elaborazione Osservatorio sul fenomeno migratorio - RER su dati INAIL (*) I lavoratori riportati in tabella si riferiscono alle persone, contate una sola volta, che nel corso del 2005 hanno lavorato almeno un giorno (**) La voce Industria comprende le seguenti voci: Industria alimentare, tessile, conciaria, del legno, della carta, del petrolio, chimica, della gomma, di trasformazione, dei metalli, meccanica, elettrica, dei mezzi di tra- sporto, altre industrie. La voce Commercio comprende le seguenti voci: Commercio e riparazioni di auto, Commercio all’ingrosso, Commercio al dettaglio 195 Appendice 2 Popolazione straniera residente al 31/12/2006 nella Provincia di Bologna per cittadinanza e sesso Fonte: elaborazione dell’Ufficio di Statistica della Provincia di Bologna su dati delle Anagrafi comunali, modello P3. Popolazione straniera residente al 31/12/2006 nella Provincia di Bologna per cittadinanza e sesso. Dati provvisori Cittadinanza Maschi Femmine TOT 153 TOTALE 32.808 32.982 65.790 1 Marocco 6.909 5.383 12.292 2 Albania 3.239 2.618 5.857 3 Romania 2.416 2.883 5.299 4 Filippine 1.834 2.281 4.115 5 Tunisia 2.373 1.252 3.625 6 Pakistan 2.357 923 3.280 7 Cina, Rep. Pop. 1.653 1.534 3.187 8 Bangladesh 1.996 1.013 3.009 9 Ucraina 451 2.363 2.814 10 Moldavia 731 1.551 2.282 11 Polonia 310 1.214 1.524 12 Sri Lanka 856 606 1.462 13 Serbia-Montenegro 672 631 1.303 14 Perù 357 538 895 15 Eritrea 298 379 677 16 Nigeria 253 382 635 17 Senegal 476 156 632 18 India 377 244 621 19 Egitto 434 158 592 20 Macedonia 317 273 590 21 Francia 200 321 521 22 Brasile 141 343 484 23 Germania 171 280 451 24 Russia 68 366 434 25 Regno Unito 190 239 429 26 Ghana 230 183 413 27 Grecia 221 156 377 28 Cuba 65 292 357 29 Croazia 145 199 344 30 Spagna 74 256 330 31 Turchia 184 140 324 32 Iran 184 140 324 33 Stati Uniti d’America 149 170 319 34 Camerun 190 126 316 35 Ecuador 129 171 300 36 Algeria 180 84 264 37 Argentina 83 142 225 38 Etiopia 78 146 224 39 Dominicana, Rep. 70 153 223 196 40 Bosnia-Erzegovina 100 107 207 41 Bulgaria 64 135 199 42 Costa d’Avorio 78 115 193 43 Slovacchia 75 112 187 44 Colombia 64 108 172 45 Paesi Bassi 72 82 154 46 Giappone 42 112 154 47 Capo Verde 48 100 148 48 Somalia 35 111 146 49 Israele 72 55 127 50 Thailandia 13 112 125 51 Congo 63 55 118 52 Congo, Rep. Dem. 65 53 118 53 Angola 62 52 114 54 Bielorussia 16 94 110 55 Maurizio 46 50 96 56 Svizzera 56 38 94 57 Siria 52 42 94 58 Ceca, Rep. 15 74 89 59 Slovenia 44 45 89 60 Giordania 52 34 86 61 Svezia 27 58 85 62 Austria 15 66 81 63 Cile 32 49 81 64 Ungheria 16 63 79 65 Libano 57 15 72 66 Belgio 29 37 66 67 Venezuela 19 46 65 68 Messico 15 49 64 69 Portogallo 23 36 59 70 Sudan 27 25 52 71 San Marino 21 27 48 72 Irlanda 16 28 44 73 Canada 15 27 42 74 Danimarca 15 25 40 75 Tanzania 3 34 37 76 Lituania 3 33 36 77 Lettonia 5 27 32 78 Paraguay 4 27 31 79 Finlandia 4 19 23 80 Indonesia 5 17 22 81 Kenia 7 14 21 82 Tagikistan 13 8 21 83 Burkina Faso 16 4 20 84 Australia 6 14 20 85 Benin 13 5 18 86 Libia 13 5 18 87 Uzbekistan - 18 18 88 Norvegia 6 10 16 89 Iraq 13 3 16 90 Togo 8 7 15 91 Laos 6 9 15 197 92 Nepal 11 4 15 93 Guinea 8 6 14 94 Nicaragua 6 8 14 95 Uruguay 9 5 14 96 Kazakistan 5 9 14 97 Vietnam 3 11 14 98 Ruanda 8 4 12 99 Bolivia 2 10 12 100 Malaysia 6 6 12 101 Niger 3 8 11 102 El Salvador 4 7 11 103 Corea del Sud 1 10 11 104 Georgia 2 9 11 105 Apolide 9 2 11 106 Seicelle 5 5 10 107 Guatemala 1 9 10 108 Afghanistan 10 - 10 109 Taiwan 4 6 10 110 Islanda 3 6 9 111 Burundi 4 5 9 112 Estonia - 8 8 113 Liberia 5 3 8 114 Madagascar 1 7 8 115 Costa Rica 2 5 7 116 Mali 3 3 6 117 Bhutan 5 1 6 118 Kirghizistan 1 5 6 119 Gabon 3 1 4 120 Guinea Equatoriale 3 1 4 121 Uganda 1 3 4 122 Dominica - 4 4 123 Giamaica 2 2 4 124 Haiti 2 2 4 125 Singapore - 4 4 126 Mozambico 1 2 3 127 Sierra Leone 3 - 3 128 Sudafricana, Rep. 1 2 3 129 Zambia 1 2 3 130 Honduras 3 - 3 131 Armenia 3 - 3 132 Azerbaigian 1 2 3 133 Palestina 2 1 3 134 Yemen 3 - 3 135 Cipro 1 1 2 136 Malta - 2 2 137 Centrafricana, Rep. 1 1 2 138 Zimbabwe 1 1 2 139 Panama 2 - 2 140 Turkmenistan - 2 2 141 Lussemburgo - 1 1 142 Ciad 1 - 1 143 Gambia 1 - 1 198 144 Gibuti 1 - 1 145 Guinea Bissau - 1 1 146 Mauritania - 1 1 147 Trinidad e Tobago - 1 1 148 Arabia Saudita 1 - 1 149 Cambogia 1 - 1 150 Corea del Nord - 1 1 151 Mongolia - 1 1 152 Figi - 1 1 153 Nuova Zelanda 1 - 1 154 Andorra - - - 155 Liechtenstein - - - 156 Monaco - - - 157 Santa Sede - - - 158 Bostwana - - - 159 Comore - - - 160 Lesotho - - - 161 Malawi - - - 162 Namibia - - - 163 Sao Tomé e Principe - - - 164 Swaziland - - - 165 Antigua e Barbuda - - - 166 Bahamas - - - 167 Barbados - - - 168 Belize - - - 169 Grenada - - - 170 Guyana - - - 171 Santa Lucia - - - 172 S.Kitts e Nevis - - - 173 Saint Vincent e Grenadine - - - 174 Suriname - - - 175 Bahrein - - - 176 Brunei - - - 177 Emirati Arabi Uniti - - - 178 Kuwait - - - 179 Maldive - - - 180 Myanmar (Birmania) - - - 181 Oman - - - 182 Qatar - - - 183 Timor Orientale - - - 184 Kiribati - - - 185 Marshall - - - 186 Micronesia - - - 187 Nauru - - - 188 Palau - - - 189 Papua Nuova Guinea - - - 190 Salomone - - - 191 Samoa - - - 192 Tonga - - - 193 Tuvalu - - - 194 Vanuatu - - - 199 Appendice 3 Popolazione residente totale e straniera in provincia di Bologna per comune, al 31/12/2006 Comuni Popolazione Popolazione % di variazione % Minori stranieri Nati stranieri Acquisizioni totale straniera stranieri stranieri al 31/12/2006 nel 2006 cittadinanza residente residente 2005-2006 italiana nel 2006 31/12/2006 31/12/2006 Anzola dell’Emilia 11.490 884 7,7% 12,3 268 30 24 Argelato 9.350 471 5,0% 5,8 110 9 15 Baricella 6.124 425 6,9% 4,9 107 8 9 Bazzano 6.445 699 10,8% 7,7 185 15 20 Bentivoglio 4.805 239 5,0% 8,1 65 6 2 Bologna 373.026 30.319 8,1% 7,9 5.765 501 444 Borgo Tossignano 3.227 334 10,4% -3,7 105 11 8 Budrio 16.393 941 5,7% 1,6 246 15 19 Calderara di Reno 12.770 738 5,8% 3,9 167 14 14 Camugnano 2.097 110 5,2% 3,8 25 2 5 Casalecchio di Reno 34.524 2.033 5,9% 3,9 400 39 36 Casalfiumanese 3.241 155 4,8% 7,6 41 2 0 Castel d’Aiano 1.977 125 6,3% -6,0 37 7 0 Castel del Rio 1.254 139 11,1% -4,8 44 4 1 Castel di Casio 3.318 175 5,3% -3,8 54 2 0 Castel Guelfo di Bologna 3.894 222 5,7% 1,8 50 2 10 Castello d’Argile 6.086 385 6,3% 8,5 103 15 7 Castello di Serravalle 4.518 414 9,2% -0,2 96 10 11 Castel Maggiore 16.706 722 4,3% -0,7 181 12 14 Castel San Pietro Terme 20.020 1.015 5,1% 10,6 229 26 12 Castenaso 13.769 455 3,3% 11,5 100 15 5 Castiglione dei Pepoli 5.896 384 6,5% 0,0 107 11 2 Crespellano 8.821 655 7,4% 6,3 175 14 17 Crevalcore 12.821 1.419 11,1% 9,4 463 49 16 Dozza 6.012 380 6,3% -1,0 82 7 17 Fontanelice 1.868 129 6,9% -11,0 32 6 4 Gaggio Montano 4.988 387 7,8% 8,4 115 4 4 Galliera 5.577 614 11,0% 4,2 168 13 15 Granaglione 2.251 179 8,0% 13,3 49 6 0 Granarolo dell’Emilia 9.567 389 4,1% 13,7 84 6 6 Grizzana Morandi 4.043 487 12,0% 1,2 134 14 8 Imola 66.658 3.407 5,1% 11,3 819 83 50 Lizzano in Belvedere 2.305 88 3,8% -5,4 10 0 0 Loiano 4.452 489 11,0% 0,2 150 16 3 Malalbergo 8.149 436 5,4% 4,3 109 9 10 Marzabotto 6.550 626 9,6% 12,8 181 15 8 Medicina 15.326 824 5,4% 5,9 211 24 23 Minerbio 8.530 409 4,8% 16,5 83 9 4 Molinella 15.060 995 6,6% 10,2 281 26 19 Monghidoro 3.890 459 11,8% -4,6 142 16 14 Monterenzio 5.598 369 6,6% 13,2 67 10 5 Monte San Pietro 10.882 523 4,8% 5,7 120 6 6 Monteveglio 5.066 374 7,4% 13,0 103 6 4 Monzuno 6.155 473 7,7% 2,4 127 15 6 Mordano 4.403 266 6,0% 5,1 50 6 4 Ozzano dell’Emilia 11.813 480 4,1% -3,2 103 8 17 Pianoro 16.676 785 4,7% 9,0 170 19 10 200 Pieve di Cento 6.877 490 7,1% 2,3 141 8 5 Porretta Terme 4.729 340 7,2% -6,1 111 6 2 Sala Bolognese 7.641 335 4,4% 13,2 87 7 11 San Be.tto Val di Sambro 4.505 299 6,6% 10,7 76 7 1 San Giorgio di Piano 7.354 454 6,2% 6,6 110 8 6 San Giovanni in Persiceto 25.685 1.371 5,3% 12,7 332 36 27 San Lazzaro di Savena 30.228 1.342 4,4% 5,0 268 14 23 San Pietro in Casale 11.104 860 7,7% 8,6 233 22 24 Sant’Agata Bolognese 6.728 623 9,3% 10,9 151 6 11 Sasso Marconi 14.420 676 4,7% 0,0 176 14 16 Savigno 2.716 199 7,3% -11,9 36 5 1 Vergato 7.412 864 11,7% -0,2 238 30 16 Zola Predosa 16.892 911 5,4% 9,5 216 17 14 Provincia di Bologna 954.682 65.790 6,9% 6,9 14.688 1.323 1.085 201 1. Resoconto annuale cittadini immigrati Dati quantitativi e qualitativi riferiti alla utenza dei cittadini immigrati iscritta alla Casa di Carità Arti e Mestieri - anno formativo 2006/2007. 2005/2006 2006/2007 Numero allievi in riserva 270 180 Numero allievi iscritti e frequentanti 534 615 TOTALE 804 788 Donne 241 353 Uomini 293 262 Minori 148 117 Dei 117 minori: 48 del 1989, 46 del 1990, 23 del 1991, 4 del 1992 Presenze: F M minori F minori M Sede centrale TO 163 26% 72 91 1 21 Città dei Ragazzi 135 22% 79 56 5 39 Grugliasco 50 8% 30 20 2 7 Verbania 42 7% 11 31 4 Susa 36 6% 17 19 - - Ivrea 34 6% 32 2 - - Bassano del Grappa 32 5% 27 5 25 3 Giaveno 28 5% 18 10 1 4 Ovada 28 5% 17 11 - - Novi ligure 23 4% 19 4 3 Lanzo 19 3% 15 4 - - Venaria 12 2% 9 3 1 1 Castelrosso 6 1% 4 2 - - Nuoro 4 0,6% 4 - - Crescentino 3 0,5% 3 - - Totale 615 353 262 38 79 ALLEGATO 2 Il materiale elaborato dall’Ente Casa di Carità di Torino per l’accoglienza, orientamento, formazione e inserimento lavorativo di giovani e adulti immigrati 202 Numero di presenze di 2005/06 2006/07 stranieri non comunitari CTR 101 163 CCR 80 135 CGR 35 50 CVN 03 12 CCS 18 6 CGV 18 28 CLZ 19 CCT 3 CVB 23 42 CIV 17 34 CSU 12 36 COV 23 28 CNL 25 23 CBG 26 32 CNU 32 4 Totale 534 615 Corsi specifici per migranti approvati e finanziati sono stati i seguenti: Mediatore interculturale 1 EMERGENDO - EQUAL 1 JOY - JOB OPPORTUNITIES FOR YOU Individualizzato 10 Servizi di ristorazione di base 1 Addetto ai piani 1 Ufficio Pio Pulizie e Piccola Ristorazione 3 Costruzioni alle Macchine Utensili 2 Elementi di Assistenza familiare 1 Tecnico di sostegno alla persona 1 Provenienza N. Nazione Totale % 1. Romania 141 23% 2. Marocco 135 22% 3. Perù 74 12% 4. Albania 44 7% 5. Nigeria 36 6% 6. Ecuador 17 3% 7. Tunisia 12 2% 8. Polonia 11 2% 9. Moldavia 11 2% 10. Costa d’avorio 9 1% 11. Congo 8 1% 12. Cina 7 1% 13. Brasile 7 1% 14. Senegal 5 1% 15. Russia 5 1% 203 16. Rep. Dominicana 5 1% 17. Macedonia 5 1% 18. Ghana 5 1% 19. Eritrea 5 1% 20. Ucraina 4 1% 21. Pakistan 4 1% 22. Camerun 4 1% 23. Afghanistan 3 0,5% 24. Venezuela 3 0,5% 25. Sudan 3 0,5% 26. Paraguay 3 0,5% 27. Colombia 3 0,5% 28. Burkina 3 0,5% 29. Thailandia 2 0,3% 30. Somalia 2 0,3% 31. Slovacchia 2 0,3% 32. Serbia 2 0,3% 33. Rep. del Congo 2 0,3% 34. Rep. Ceca 2 0,3% 35. Non specificata 2 0,3% 36. Filippine 2 0,3% 37. Cuba 2 0,3% 38. Bosnia Erzeg. 2 0,3% 39. Argentina 2 0,3% 40. Uruguay 1 0,2% 41. Ungheria 1 0,2% 42. Taiwan 1 0,2% 43. Svizzera 1 0,2% 44. Spagna 1 0,2% 45. Mozambico 1 0,2% 46. Mali 1 0,2% 47. Libia 1 0,2% 48. Iugoslavia 1 0,2% 49. Indonesia 1 0,2% 50. India 1 0,2% 51. Guinea 1 0,2% 52. Grecia 1 0,2% 53. Germania 1 0,2% 54. Georgia 1 0,2% 55. Gambia 1 0,2% 56. Etiopia 1 0,2% 57. El Salvador 1 0,2% 58. Cile 1 0,2% 59. Bielorussia 1 0,2% 60. Belgio 1 0,2% 61. Bangladesh 1 0,2% 62. Bolivia 1 0,2% 63. Totale 615 204 Gruppo tecnico migranti Attualmente a Torino e Provincia i regolarizzati sono 120.000 e i clandestini, nuovi ar- rivati, sono tra i 30.000 e i 50.000. Positiva è stata l’evoluzione, in corso, del Gruppo tecnico migranti della Provincia di Torino che ha assorbito al suo interno il modello della Casa di Carità. Si consiglia ai Centri di entrare nel sito nuovo della Provincia che è suddivisa in due parti: 1) Sito pubblico – www.provincia.torino/fidati/reti Nel suddetto sito sono pubblicati questionari degli Enti della Provincia di Torino, le pubblicazioni – molto lavoro è della Casa di Carità 2) Sito riservato (entrare con Grisoni migrante) Nel suddetto sito riservato c’è una parte di discussione finalizzata ad orientare le agenzie sulle politiche condivise, sulle problematiche complesse e le possibili risposte di orientamento e quando è possibile “certificate”. Inoltre nella parte riservata c’è il dibattito e le comparazioni in merito ai due sotto- gruppi creati: - Gruppo L2: insegnamento della lingua due (occorre specializzare docenti in grado di conciliare la lingua italiana con aspetti antropologici e culturali del Paese di partenza dei nostri utenti). Didattica e interdisciplinarietà; - Gruppo rete: di sistema - per governare una utenza che per definizione è al confine tra cittadinanza e non cittadinanza. Lavoro di reciprocità e strategie condivise con la complessità del mondo dei servizi: istituzionali e del terzo settore. La progettualità interculturale è molto avanzata; negli ultimi anni è riuscita a diffon- dere la propria presenza all’interno di servizi quali la Questura, il Centro di Giustizia Mino- rile, la Caritas, l’Arcidiocesi, la Prefettura, gli ambulatori, le ASL, gli ospedali, il Comune, il Settore periferie, gli Agenti di Sviluppo locale, l’Università di Psicologia e di Antropo- logia, gli etnopsichiatri, il privato sociale, le scuole, i C.P.I., i Consolati, gli Organismi in- ternazionali quali l’O.I.M., il BIT e non per ultimo lo sviluppo del dialogo interreligioso con Corsi specialistici o materie che vedono coinvolti l’Ufficio Pastorale Migranti della Diocesi di Torino, l’università, le associazioni, gli operatori di servizi; tutto questo ha un’immediata ricaduta positiva su tutta l’utenza immigrata presente in ogni sede della Casa di Carità Arti e Mestieri e in particolar modo nelle sedi con una forte presenza del disagio e in cui la sperimentazione interculturale avviata deve rimanere a livelli molto avanzati e co- raggiosi al punto che, in questo ambito siamo considerati trainanti nelle politiche di recu- pero e di integrazione nella diversità. Alcune cose si possono già sostenere quale l’équipe inter/Centro per apportare quelle procedure, quella pianificazione, quella condivisione tra gli operatori in grado di supportare i Direttori ad una visione allargata che va ben oltre agli interessi specifici del proprio Centro. Oramai anche la concorrenza ma la stessa Provincia richiede questo orientamento e non per nulla è stato somministrato un questionario alle varie agenzie. Nell’anno formativo 2006/2007 l’offerta di corsi per migranti è stata infe- riore alla domanda di corsi richiesta dai cittadini immigrati e dalla rete territoriale. Il numero di utenza, rispetto all’anno formativo 2005/2006, risulta superiore di una ot- tantina di unità. Interessante ed efficace è stata l’ esperienza del modulo O.S. aperto solamente ai citta- dini immigrati e agganciato ai moduli intermedi degli anni precedenti: la risposta è stata po- sitiva se pensiamo che queste povere assistenti, spesso chiuse dentro le mura domestiche a svolgere sostegno agli anziani senza aver mai avuto la possibilità di avere riconosciuta la loro professionalità (si calcolano in 80.000 le donne cittadine immigrate in Piemonte che 205 svolgono questo lavoro che scorrettamente chiamiamo “badanti”) hanno l’opportunità di emergere grazie a corsi che ridanno dignità e valore ad una professione che negli anni andrà sempre più crescendo. Occorre rimettere in rete il settore attivando la figura del supervisore migranti (come previsto dall’Ente e pubblicato nel sito della Provincia) e dell’utilizzo dei modelli e dei dispositivi sperimentati e condivisi dagli esperti della Casa di Carità Arti e Mestieri. Aver sperimentato nei Centri la figura del mediatore interculturale è stato ele- mento di innovazione perché ha facilitato l’interscambio di esperienze con buona capacità di conformare le azioni, le procedure, la dialettica tra i Centri. Le cause di eventuali abban- doni che quest’anno sono stati minimi sono connesse all’insorgere di problemi di sussi- stenza (mantenimento, casa, ecc.), di problemi burocratico-legali (regolarizzazione, per- messi, ecc.) e di disagio antropologico-psicologico-interculturale. L’insorgere di problemi di tale natura sono spesso così pressanti da indurre l’utente a rivolgere ad essi l’intera atten- zione, abbandonando improvvisamente il percorso formativo intrapreso (fra l’altro, gli stessi problemi si riscontrano in sede di avviamento al lavoro). Tali abbandoni potrebbero essere di massa se i Centri non si attrezzano nell’organizzazione e nei riferimenti professio- nali riconosciuti. Molti nostri giovani entrano nella formazione dopo aver lasciato il loro Paese tra i 12 e i 16 anni, ragazzi che non riescono ad inserirsi nel circuito scolastico ordi- nario e che comunque hanno uno sradicamento che ben difficilmente potrà essere recupe- rato nel breve tempo e tutto questo richiede cura, attenzione, esperienza, empatia e profes- sionalità che non è patrimonio solo del singolo operatore ma è di squadra, di Centro, di Ente. Pensiamo anche ai figli delle coppie miste o ai figli nati in Italia da genitori immigrati ma che spesso, almeno per uno dei due coniugi, il codice culturale d’origine è dominante perché privo di strumenti di analisi del contesto nuovo del Paese ospitante. Da una parte di- venta fondamentale l’azione del coordinatore dei tutor e dei mediatori interculturali in grado di prevedere e prevenire l’insorgere di un problema di questo tipo, di mediare fra isti- tuzioni e immigrati e fra esigenze immediate e esigenze in prospettiva e dall’altra focaliz- zare con più attenzione, specialmente nella fase di pre-iscrizione e di monitoraggio, le pro- blematiche dell’utenza straniera disoccupata che comunque deve trovare una forma di so- stentamento. Occorre predisporre misure preventive e strategie di consolidamento partico- larmente incisive finalizzate alla creazione di un rapporto privilegiato con l’utenza che in forma sperimentale si è attivata in alcuni Centri (anticipo reddito, distribuzione pacco- pasto, individuazione ottimale aziende con strategie di inserimenti, orientamento comunità, dormitori, consulenza aziende…). Le possibilità di successo nel caso in cui un utente migrante partecipi a percorsi forma- tivi brevi e/o specifici è legata alla corrispondenza fra il livello linguistico richiesto dal pro- filo e il livello linguistico posseduto dall’utente. Questo richiede la definizione di livelli lin- guistici sufficientemente precisi e condivisi fra strutture diverse o, in subordine, la prepara- zione di prove linguistiche in ingresso sufficientemente testate. Sono in aumento i cittadini immigrati che decidono di partecipare a corsi di forma- zione di livello medio alto: la maggior parte delle persone partecipa a percorsi di forma- zione di primo livello e in seguito richiede di rientrare in formazione dopo il primo ingresso nel M.d.L. Il sistema però non è ancora sufficientemente flessibile nel raccogliere questa loro esigenza. Nella fase di prer-iscrizione occorre predisporre una raccolta dati che visualizzi le eventuali criticità quali: tipologia del permesso di soggiorno, livello di competenza lingui- stica, tipo di mantenimento compreso quello residenziale. Michele Grisoni 206 2. La metodologia ed il percorso personalizzato Con il presente documento intendiamo presentare come l’Ente di Formazione Profes- sionale Casa di Carità Arti e Mestieri conduce le attività rivolte alla popolazione migrante. Come potrete rilevare, i “cardini” che cerchiamo di garantire nei corsi di formazione per utenza migrante consistono essenzialmente nei seguenti punti: 1) attenzione a monitorare, per quanto possibile, il contesto di riferimento dell’allievo/a, oltre all’andamento formativo; 2) stretta collaborazione con i Servizi del territorio; 3) impostazione didattica interdisciplinare; 4) lavoro di squadra. Ciò che segue consiste in un “collage” di opzioni metodologiche, che adottiamo nei vari percorsi rivolti ad utenza straniera, tra i quali, a titolo esemplificativo: – preparazione al lavoro – indirizzo macchine utensili (per minori), 800 ore in alternanza – attestato di frequenza; – addetto/a ai piani (per maggiorenni); 600 ore in alternanza – attestato di qualifica; – addetto/a alle macchine utensili; 600 ore in alternanza – attestato di qualifica. Realizziamo inoltre percorsi modulari per l’acquisizione della qualifica di Operatore Socio Sanitario, ma preciso che vista la brevità di tali moduli, tra le 240 e le 400 ore, e visto anche un livello di maggiore “stabilità” del migrante, i supporti metodologici previsti esu- lano da quanto propongo nel presente documento. Oltre a quanto potrete rilevare, quindi in aggiunta ai quattro punti precedenti, si sotto- linea l’attenzione a prevedere all’interno di tutti i corsi alcune possibilità di accompagna- mento ai servizi del territorio. Generalmente si offre agli adulti la possibilità di svolgere una visita didattica presso i locali Centri per l’Impiego dove è operativo un mediatore interculturale e anche ad altri punti di informazione e orientamento (a seconda delle specificità territoriali in cui sono operativi i nostri centri); per i minori si ricerca annualmente la collaborazione con associa- zioni (tra cui il Centro Interculturale della Città di Torino) che gestiscono laboratori tema- tici sul tema dell’immigrazione e della legalità; per entrambi è ormai consuetudine la visita ad un’azienda specifica del settore di formazione prescelto. Parte prima: il quadro generale La necessità di utilizzare una didattica specifica per i corsi rivolti ad un’utenza mi- grante adulta è dettata soprattutto da due tipi di considerazioni. 1) La nostra decennale esperienza ci suggerisce la necessità di andare oltre una logica di emergenza nell’affrontare i problemi legati al mondo della migrazione: il nostro intendi- mento è quello di fare un passo verso la creazione di “opportunità stabilizzanti”. Si tratta di perseguire la capacità del sistema territoriale di individuare, valorizzare, dare peso e dignità alle competenze, conoscenze, esperienze maturate dal migrante nel suo Paese di origine, orientandolo verso un percorso formativo, lavorativo e di inserimento sociale il più possi- bile coerente con quelle. 2) I dati che emergono da recenti ricerche hanno sottolineato come nella maggior parte dei casi l’abbandono scolastico e formativo di utenti migranti sia da ricondurre a cause esterne all’ambito formativo (problemi legali, di sussistenza, di trasferimenti, di intoppi bu- rocratici, ecc.), o a cause collegate all’insorgere di problemi di misunderstanding culturale (specialmente nel periodo di stage e nel successivo inserimento al lavoro). Tutte queste considerazioni ci hanno indotto a muoverci nel tentativo di trasformare la 207 modalità formativa “corso” in un sistema personalizzato, individualizzato e integrato di in- terventi fondati sulla logica della “metodologia di valorizzazione personale”, mediante la quale la persona diviene corresponsabile del proprio processo di apprendimento. Inoltre non va dimenticato quanto possa rilevarsi problematico l’inserimento formativo di un soggetto migrante, se non si tiene conto del suo bagaglio culturale collegato alla realtà di prove- nienza. Proprio per questa complessità in questi ultimi anni sono stati sperimentati vari ap- procci e strumenti operativi che poggiano sul concetto di “ecologia didattica” e si basano sull’imprescindibilità del legame tra l’individuo e l’ambiente di vita (famiglia, scuola, la- voro...) in cui si è formato. Nel caso di un migrante la programmazione formativa non può quindi trascurare una riflessione sulle possibili ricadute formative del bagaglio culturale pregresso. Parte seconda: implicazioni operative A livello generale la progettazione dei percorsi prevede il seguente impianto: – una parte della formazione in aula riguarda l’acquisizione di competenze che noi chia- miamo “competenze per la stabilizzazione”; si tratta di un nucleo di unità formative (Lingua italiana/Competenze trasversali/Legislazione della cittadinanza e del la- voro/Orientamento/Accoglienza/Pari opportunità) che da un lato sono uno spazio di confronto interculturale (fra etnie diverse fra loro e/o nel confronto con la cultura ita- liana), dall’altro sono di sostanziale importanza per l’inserimento al lavoro; – l’altra parte della formazione in aula è centrata sulla preparazione di base tecnico pro- fessionale che, per essere efficace, deve mutuare dalla parte precedente almeno le indi- cazioni linguistiche e relativamente all’orientamento al lavoro; – un’ultima parte (che però “pesa” per il 50% sul percorso formativo) è caratterizzata dall’inserimento in azienda per l’esperienza di stage; la nostra esperienza ci insegna che questa è possibile, prima ancora che efficace, solo se le acquisizioni provenienti dal percorso di stabilizzazione sono state assimilate e vengono monitorate in modo specifico dall’ente di formazione. Come descritto dal titolo, le tre parti vengono accomunate da un’impostazione didat- tica di fondo comune: la didattica ecologica, che mette al centro dell’azione non solo la per- sona ma anche il contesto culturale e sociale che la permea. A tal fine le parti descritte precedentemente sono sviluppate attraverso un approccio didattico suddiviso nelle fasi qui sintetizzate: a) la valorizzazione ai fini didattici della fase dell’accoglienza e dell’orientamento; b) il recupero della memoria ed esplicitazione del progetto migratorio personale; c) la gestione delle unità formative collegate all’acquisizione delle competenze per la sta- bilizzazione; d) gestione delle interferenze extraformative; e) gestione ecologica dell’esperienza di stage. Fase a: valorizzazione ai fini didattici della fase dell’accoglienza e primo orientamento Un intervento individualizzato correttamente applicato deve necessariamente prendere l’avvio da un momento nel quale vengono raccolte in modo puntuale tutte le informazioni che potranno essere utili per individualizzare e contestualizzare l’intervento. In questa fase vengono raccolte, analizzate, rese disponibili per gli operatori tutte le segnalazioni riguar- danti gli interventi effettuati dai diversi organismi territoriali e che costituiscono il retroterra storico, culturale, sociale del soggetto in ingresso (anche l’eventuale anamnesi psico-me- 208 dica che lo riguarda): non raccogliere e non tenere conto di tali informazioni può ridurre di molto le possibilità di successo. Alla base di un percorso professionalizzante si trova il mo- mento dell’accoglienza, che rappresenta la fase del primo contatto e del primo possibile confronto con l’utente. Le modalità con cui avviene il primo approccio sono fondamentali per determinare la fiducia del soggetto migrante nei confronti dell’Agenzia formativa. L’o- biettivo è di supportare l’allievo a individuare l’orientamento formativo e professionale fat- tibile e spendibile nella realtà territoriale d’arrivo. L’analisi dei risultati dell’accoglienza ri- sulta essere fase particolarmente importante poiché permette di delineare il quadro di riferi- mento dell’azione di sostegno che inizia dal primo contatto attraverso l’ascolto e si sviluppa individuandone, da una parte, i bisogni e le necessità reali e, dall’altra, le risorse territoriali interessate e funzionali al processo di integrazione e al più ampio progetto di vita: il so- stegno, quindi, non è solo un atto applicativo, ma una vera e propria “cura” che sa tradurre il potenziale dell’utente, affrontare gli imprevisti e tradurre le opportunità in risorsa. La fase in oggetto è pertanto strutturata come segue. 1) Primo contatto L’operatore dello sportello accoglienza inizierà a raccogliere le prescrizioni per l’a.f. successivo e, indicativamente dal mese di febbraio, gli orientatori inizieranno ad analizzare le schede di preiscrizione e la relativa “Scheda personale”. Questa ha una duplice funzione: da una parte consolidare la stabilità dell’utente nella propria scelta orientandolo nel terri- torio per rinforzare i pre-requisiti indispensabili (legalità, conoscenza della lingua) in rela- zione alla scelta manifestata; dall’altra parte filtrare, rispetto alle opportunità formative, i candidati che verranno convocati per il test e il colloquio dal mese di settembre. Per una ragione di sintesi e leggibilità le informazioni raccolte nel primo colloquio vengono utilizzate per assegnare un punteggio complessivo che “pesa” le condizioni di sta- bilità del candidato. Attraverso una griglia contenente diversi item (che vengono valutati uno per uno) si ottiene un punteggio complessivo che viene preso in considerazione per va- lutare l’opportunità di iscrizione al corso. 2) Valutazione del livello linguistico per l’inserimento ai corsi Nell’ambito dei corsi di formazione professionale per cittadini stranieri è necessario stabilire criteri chiari di individuazione dei prerequisiti linguistici per l’ammissione ai corsi. A seconda della tipologia del corso sono stati definiti prerequisiti minimi di alfabetizza- zione nella lingua seconda, che devono essere tenuti in considerazione per garantire un esito formativo positivo. È quindi importante prevedere un test di ingresso che valuti, oltre agli aspetti psico-attitudinali e al bagaglio di esperienze passate, anche il grado di padro- nanza linguistica dell’italiano. 3) Colloquio relativo alla fase di iscrizione e stesura della scheda di percorso persona- lizzato ed individualizzato A partire dai risultati conseguiti nel test e nel colloquio, sintetizzati nella “Scheda di sintesi dei dati essenziali emersi dai colloqui e dai test”, il team manager e il referente per le attività con migranti convocano gli utenti per la fase di vera e propria iscrizione e conse- guente presa in carico. Un apporto significativo per la ricostruzione del percorso di migra- zione dalla scelta della partenza alla realtà di arrivo è fornito dalla “Scheda di percorso per- sonalizzato ed individualizzato” volta a porre in luce diverse dimensioni di vita di cui ogni singolo individuo è espressione (identità sociale, educativa, professionale, culturale) nei contesti vissuti. Proprio per la delicatezza delle dimensioni personali affrontate, questo stru- mento deve essere gestito da un esperto del target (referente attività con soggetti migranti), eventualmente supportato dalla presenza di un mediatore culturale a testimonianza di un clima di accoglienza e di disponibilità reale del Centro formativo. Nel caso di minori o di 209 adulti seguiti dai servizi sociali (ad esempio per le donne uscite dalla tratta della prostitu- zione), un contributo importante nella raccolta dei dati viene garantito da un colloquio con le famiglie/parenti e/o con i responsabili delle strutture territoriali coinvolte. Fase b: recupero della memoria ed esplicitazione del progetto migratorio personale In un percorso formativo che veda la presenza di utenti provenienti da diverse culture, è importante valorizzare gli elementi di eterogeneità che caratterizzano un gruppo-classe di migranti, partendo dal presupposto che ogni soggetto è espressione di una storia unica e ir- ripetibile. Questa eterogeneità (di provenienza, di titoli di studio, di identità religiosa e poli- tica) rischia di diventare problematica se non si gestisce con approcci e strumenti operativi opportuni. Bisogna evitare il crearsi di situazioni di disagio nel migrante; questi deve sen- tirsi riconosciuto come portatore di un patrimonio di esperienze di vita che lo hanno portato ad investire in un progetto personale complesso, che parte dalla sua propria storia di migra- zione e tende ad un progetto di stabilizzazione e di inserimento professionale e sociale nel Paese di accoglienza. In particolare si avrà cura nel rispettare il diritto delle persone ad “au- todefinirsi”, ovvero rispettare la transizione di identità che spesso porta ad affermare “Come ero non lo sono più, come sono ora non lo so”. Le attività formative previste ruoteranno e si avvarranno, oltre a strumenti didattici tra- dizionali, di alcuni strumenti operativi sempre aperti e che verranno utilizzati per contestua- lizzare nella storia passata e nel contesto socio-culturale attuale gli elementi che verranno via via affrontati: – il recupero della memoria; – la mappa geografica di classe; – la compilazione condivisa del libretto della cittadinanza attiva. L’unità formativa denominata “Legislazione della cittadinanza”, in integrazione con le unità di “Orientamento” e “Comunicazione interculturale” (competenze trasversali), diventa il momento attorno al quale ruota il percorso che, prendendo spunto dalla storia passata di migrazione, arriva all’acquisizione della dimensione di cittadino, aggregando attorno a questo nucleo le esperienze formative e quelle extraformative. Azione 1: il recupero della memoria Affinché la transizione ecologica abbia un ruolo di promozione dello sviluppo e veda l’annullamento almeno di una parte delle implicanze negative, è necessario che esistano dei collegamenti di sostegno tra le situazioni primarie in cui si sono consolidati certi schemi e la situazione nuova, in modo da controbilanciare gli ostacoli dell’inserimento. Il percorso qui descritto ha questa finalità. Si tratta di un percorso interattivo volto a ricostruire e valo- rizzare le esperienze passate e la storia migratoria del soggetto, a partire da un confronto tra il Paese d’origine e il Paese d’arrivo. Nella nostra esperienza il migrante sembra chiedere alla formazione di essere “supportato” ad orientarsi nel futuro, partendo sì dai propri drammi e disagi, ma anche dai propri punti di forza e dalle proprie capacità di iniziativa, che lo vedono vivo e impegnato nel cambiamento. Ciascun allievo ricostruirà la propria storia migratoria a partire dagli item proposti in un’apposita scheda, relativamente al viaggio (Come è maturata la scelta di partire?, Perché hai scelto Torino?, Le attese, le spe- ranze e i sogni del viaggio, Quali i timori, Chi ti ha aiutato e ti è stato vicino nella par- tenza?, Come ti sei attrezzato per partire e che cosa hai provato?, Quando sei partito ti sen- tivi preparato? Ad oggi lo rifaresti? Se sì, perché?) e all’arrivo (Dove sei arrivato?, Le prime difficoltà che hai incontrato, Come le hai superate?, Come sei stato accolto:? Ti sembra di essere in cammino verso la stabilità?). L’elaborazione individuale viene condi- 210 visa, sia perché questo serve a dare importanza al “viaggio” personale, sia perché molti degli elementi rilevati possono fornire spunti per il lavoro di compilazione condivisa del li- bretto della cittadinanza attiva. Il percorso di recupero della memoria viene avviato nelle prime settimane dell’avvio del corso ma rimane un’attività aperta, sia perché interagisce con altre unità formative (in particolare con quelle collegate a quelle che abbiamo chiamato “competenze per la stabilizzazione”), sia perché elementi che vengono via via affrontati nello sviluppo del percorso possono suggerire chiarimenti e/o integrazioni alla rielabora- zione del percorso migratorio effettuato in prima battuta. Azione 2: la costruzione della mappa geografica di classe È un’attività strettamente collegata alla precedente. Nel momento della esposizione al gruppo classe del percorso migratorio individuale, attraverso la preparazione di tabelloni e l’utilizzo di carte geografiche, si rende stabile la storia di ciascuno, con l’intento di non dis- perdere gli elementi fondanti l’identità culturale dei corsisti; il materiale elaborato rimane esposto in classe per la durata dell’attività formativa in quanto, come detto, la rielabora- zione dell’esperienza migratoria rimane uno spazio aperto fino al termine del percorso. Azione 3: la compilazione condivisa del libretto della cittadinanza attiva Le attività didattiche con relative modalità sono supportate da interventi di educazione attiva nella classe che si realizza con un approccio interculturale inteso come pratica quoti- diana in forme interattive (contatto con i servizi attraverso l’uso del telefono, esperti, ecc.) su tematiche di interesse pratico richieste dal gruppo classe. Tale procedura accompagna tutto il percorso formativo nelle varie fasi e permette al gruppo classe di acquisire, per imi- tazione, un modello di approccio simile a quello che troveranno sul territorio locale. Per- tanto l’educazione attiva della cittadinanza ha la duplice funzione di rispondere ai bisogni che potrebbero presentarsi in un futuro e di rinforzare la capacità di soluzione usando stru- menti e seguendo un metodo efficace di cittadinanza. L’intento è di trasformare questo spazio formativo in uno spazio di apprendimento situato, in cui i contenuti previsti in questa attività formativa nulla hanno di teorico ma si confrontano concretamente con le si- tuazioni e le storie. L’intera unità formativa di “Legislazione della cittadinanza” sarà strutturata come segue. Ad inizio attività (dopo le attività previste dall’azione 1 e 2) il tema presentato alla classe sarà: “Cosa significa passare da una condizione di migrante ad una condizione di cit- tadino straniero”. Al gruppo classe verrà chiesto di individuare gli ambiti sociali attorno ai quali si aggregano i diritti di cittadinanza per uno straniero. Il lavoro produrrà una mappa condivisa (mappa degli ambiti dei diritti di cittadinanza); ovviamente quella allegata è un modello, ma il gruppo partirà dal foglio vuoto, in modo da arrivare ad un lavoro costruito dai partecipanti e non mutuato da una proposta. A seguito di questa condivisione, tutta l’at- tività formativa di questa unità formativa aggregherà storie personali, situazioni concrete, esperienze dirette o udite, in modo che i temi trattati siano vivi, di diretto interesse per i par- tecipanti. Il recupero e l’elaborazione di queste situazioni avviene in diversi modi: i parteci- panti vengono sollecitati a presentare situazioni ed esperienze reali connesse a questi am- biti; qualcuno dei partecipanti si trova di fronte ad una situazione che deve essere risolta; nell’ambito delle altre unità formative collegate a quelle che abbiamo chiamato “compe- tenze per la stabilizzazione” emergono spunti, osservazioni, problemi che richiedono un ap- profondimento. Il tema emerso viene descritto in classe, il caso proposto viene ricollegato 211 ad uno degli ambiti condivisi elaborando la mappa, vengono individuati i servizi di riferi- mento, le mediazioni effettuate per ottenere il risultato desiderato, il lessico relativo al tema ed eventuali altri appunti che il gruppo classe ritiene fondamentali. È compito del docente garantire che nello sviluppo del percorso i diversi casi affrontati (e le relative schede elabo- rate) coprano sia tutti gli elementi della mappa elaborata, sia i temi previsti per l’unità for- mativa di legislazione. Al termine del percorso formativo la mappa e l’insieme delle schede elaborate congiuntamente andranno a costituire il “Libretto di cittadinanza attiva”, che verrà stampato e consegnato agli allievi. Fase c: gestione delle unità formative collegate all’acquisizione delle competenze per la stabilizzazione Le competenze per la stabilizzazione sono contenute nelle unità formative Lingua ita- liana, Competenze trasversali, Legislazione della Cittadinanza, Orientamento, Pari opportu- nità. L’approccio complessivo viene improntato ad una forte interdisciplinarità. Tutte le at- tività didattiche previste in queste unità formative seguono lo stesso schema di lavoro, che pone grande attenzione da un lato a recuperare la storia e la situazione dei partecipanti al corso, dall’altro a contestualizzare gli elementi emersi in vista del progetto personale di sta- bilizzazione. Lo schema di lavoro può essere così sintetizzato: – introduzione da parte del docente dell’argomento di sua competenza; – ricerca dei punti di contatto tra la parte strettamente teorica e la reale esperienza degli allievi in relazione ad un tema o a più temi ad esso correlati; – elaborazione e stesura dei concetti partendo dal substrato culturale degli allievi; – accompagnamento ad un uso corretto del linguaggio, attraverso l’individuazione di pa- role chiave e del loro significato; – interazione con l’unità formativa legislazione della cittadinanza. L’interazione avviene nel momento in cui in una delle altre unità formative emerge un’esperienza, una necessità che è riconducibile ad uno degli ambiti condivisi nella mappa degli ambiti dei diritti di cittadinanza (che, ricordiamo, è appesa al muro, quindi è un riferi- mento per tutti gli allievi, e per i diversi docenti, che interagiscono nell’aula di formazione). L’elemento emerso nelle altre unità formative diventa un input da elaborare nell’ambito del- l’unità “Legislazione della cittadinanza” e, come le altre, la scheda elaborata congiunta- mente andrà a costituire il “Libretto di cittadinanza attiva”. Interazione con l’unità formativa “Lingua italiana” Oltre all’impostazione generale condivisa con le altre unità, la formazione alla lingua italiana richiede da parte del formatore un’impostazione didattica attiva, in quanto le eserci- tazioni proponibili prevedono che il soggetto sia impegnato a fare, a comunicare, a cercare informazioni e confrontare/valutare le differenze tra il proprio Paese e l’Italia: a partire da una visione sistemica, si pone come prerogativa metodologica la tensione costante a conte- stualizzare i contenuti linguistici rispetto alle peculiarità del sistema territoriale di riferi- mento, in modo tale che le persone acquisiscano progressiva famigliarità con il sistema so- cioculturale di riferimento e in particolare con le strutture locali alle quali rivolgersi per usufruire di diritti e/o assolvere i doveri contemplati dalla legge. Inoltre l’unità in questione interagisce con le altre perché ha la funzione specifica di aiutare i partecipanti ad utilizzare la lingua italiana per esprimere la propria storia e il proprio progetto. L’interazione avviene soprattutto attraverso le seguenti modalità: nelle diverse schede di educazione alla cittadi- nanza attiva è prevista una parte di glossario: il fissare e approfondire i termini collegati 212 alla questione trattata permette un arricchimento lessicale che ha forte valenza motivazio- nale, in quanto collegata ad un bisogno rilevato di interazione con il territorio; l’insegnante, via via che riceve le schede di cui sopra, si attiva per cercare articoli, documenti, materiale attinente al tema in oggetto: in questo modo la lettura diventa significativa per chi legge. In- fine nell’ambito dell’unità è prevista la stesura di una tesina di gruppo, che sarà oggetto di una prova interdisciplinare, sotto descritta. Elaborazione di una prova interdisciplinare Sulla base degli input arrivati attraverso le successive schede di educazione alla citta- dinanza attiva, il gruppo di insegnanti individua un testo che serva da stimolo. La classe viene divisa in gruppi, prevalentemente composti da allievi/e di diverse culture di prove- nienza. I gruppi discutono in particolare rispetto ad alcune parole chiave contenute nel testo ed elaborano un testo di gruppo nel quale saranno contenuti elementi relativi alla propria cultura di origine (es. il significato nelle diverse culture dei componenti del gruppo di al- cuni concetti) e del vissuto percepito nella cultura di accoglienza. Il testo elaborato viene condiviso con la classe, in modo che ciascuno abbia modo di raccogliere informazioni sul lavoro degli altri e avviare un confronto interculturale nel gruppo. Fase d: rilevazione e gestione delle variabili esterne all’intervento didattico Nell’ambito di un intervento formativo rivolto a soggetti migranti diventa perciò ne- cessario procedere ad un monitoraggio molto dettagliato della situazione personale in modo da poter costantemente agire sul territorio sia per trovare soluzioni rapide ai problemi di cui sopra, sia per cogliere rapidamente le opportunità che le strutture offrono in misura consi- stente, ma spesso, per molti motivi, si presentano in maniera improvvisa e poco coordinata. L’attività qui descritta diviene una funzione aggiunta alle usuali funzioni di un tutor di corso, ma ha anche dirette ricadute sulla gestione complessiva del percorso formativo. La fase si avvale degli strumenti operativi qui di seguito descritti. 1) Scheda di percorso personalizzato ed individualizzato La scheda sintetizza inizialmente i dati generali di ciascun allievo, principalmente pro- venienti dai dati raccolti nell’ambito delle attività di Fase a. La scheda ha la funzione di rendere immediatamente disponibili una serie di informazioni che possono diventare fonda- mentali sia per la soluzione di problemi collegati all’ambiente esterno alla formazione, sia per avere un quadro di sintesi. La scheda viene compilata inizialmente per ciascun allievo/a e viene aggiornata se alcuni dei dati registrati (in particolare quelli relativi alla situazione residenziale) vengano a variare, cosa piuttosto frequente nell’utenza che partecipa ai per- corsi formativi ai quali questa innovazione è collegata. 2) Scheda di presa in carico del problema insorto Questo strumento serve fondamentalmente a fissare con precisione i termini di un pro- blema insorto che richiede un intervento per evitare che l’evento provochi l’abbandono. Nella scheda vengono registrati: la descrizione del problema emerso (cosa che permette, nell’interazione con l’utente stesso, di dimensionare con precisione anche nell’immaginario del migrante, i termini esatti del problema); gli estremi del servizio territoriale che occorre coinvolgere; la strategia di mediazione e di intervento che si intende mettere in atto. In molti casi, se il fatto non viola elementi di privacy, a questa scheda si accompagna una scheda di educazione alla cittadinanza attiva (con tutta la procedura di gestione descritta precedentemente), in modo che il fatto diventi patrimonio di esperienza comune. 3) Scheda di rilevazione degli atteggiamenti professionalizzanti La scheda viene compilata in classe, nel corso delle unità formative professionalizzanti e con l’apporto del docente esperto di professione. Questa scelta permette di collegare stret- 213 tamente nella percezione del migrante l’atteggiamento professionale e personale. La scheda è finalizzata a rilevare dati importanti sia per monitorare l’evoluzione delle acquisizioni non professionali (la compilazione della scheda avviene almeno due volte nel corso delle atti- vità, in modo da cogliere anche i progressi o il permanere di comportamenti non adeguati al lavoro), sia per individuare la tipologia di azienda nel quale è opportuno effettuare l’inseri- mento lavorativo. Fase e: gestione ecologica dell’esperienza di stage La fase di organizzazione dello stage risulta essere un momento molto delicato nei casi di corsi specifici per migranti. La ricerca dell’azienda sede di stage, il monitoraggio e il tutora- to richiedono quindi una particolare attenzione. L’obiettivo è di inserire l’allievo in un percor- so di tirocinio che rappresenti davvero un bagaglio di conoscenze aggiuntive, un momento di valorizzazione del soggetto. Inoltre per il soggetto migrante l’ingresso in azienda spesso rap- presenta un primo confronto diretto con il mondo lavorativo italiano, scandito da orari e ritmi di lavorazione precisi e da relazioni sociali interne differenti dalla realtà di provenienza. Nel con- testo di una didattica ecologica considera, inoltre, la variabile legata all’incontro/confronto tra diverse appartenenze culturali che possono mal conciliarsi con le richieste di uno specifico luogo di lavoro o di una mansione (ad esempio l’uso di indossare il velo in un’attività di servi- zio catering). Lo strumento utilizzato è un’apposita scheda, di semplice concezione ma che permette di rilevare con puntualità e rapidità lo svolgersi dell’esperienza di stage e di recupe- rare gli input anche di origine interculturale che è bene affrontare per non rischiare che tali pro- blemi portino all’abbandono. Se gli eventi rilevati non richiedono un intervento immediato, la scheda viene utilizzata per la discussione nei rientri periodici dallo stage. 1) Gestione dei rientri durante lo stage Proprio per la complessità di questa tipologia di corsi per migranti diventa fondamen- tale individuare forme di monitoraggio dell’andamento dello stage, attraverso una calenda- rizzazione periodica dei rientri presso il Centro formativo, dedicati alla “verifica e ricalibra- zione stage”. Come già ribadito nel punto specifico dello stage, il rientro serve ad affrontare le eventuali situazioni conflittuali o incomprensioni, che possono nascere durante il per- corso di tirocinio. Durante il rientro è importante effettuare una valutazione degli obiettivi concordati prima dell’inizio del periodo di stage, per verificare e analizzare modalità di svi- luppo di abilità sociali o professionali del soggetto. Come strumento di valutazione si uti- lizza una griglia di osservazione che definisce alcuni parametri di cambiamento: la capacità di stabilire relazioni professionali; la capacità di comunicazione del proprio punto di vista; la capacità di confronto con i colleghi di lavoro; la capacità di comprensione e di adegua- mento alle regole del contesto di lavoro; la capacità di percezione delle distinzioni del con- testo formativo da quello lavorativo. L’obiettivo è di orientare il soggetto a definire il pro- prio ruolo, la propria posizione all’interno del contesto di lavoro, in coerenza con le regole stabilite, e nello stesso tempo aiutarlo a valorizzare la dimensione dell’ascolto attivo e ricet- tivo rispetto agli interlocutori e agli input ricevuti. Questa attività di verifica viene struttu- rata attraverso la costruzione di tabelloni di classe, in cui vengono specificati i parametri di cambiamento, la situazione del “prima” e del “dopo” rispetto al periodo di stage conside- rato, coinvolgendo il gruppo-classe nel mettere in comune le considerazioni, gli obiettivi raggiunti, i punti di forza o di debolezza. Sono coinvolti in tali attività sia i docenti tecnici sia il tutor, i quali dovranno avvalersi del documento elaborato in sede di “riunione staff”. Con questo termine si intende lo svolgimento di un incontro periodico (per i minori ogni settimana, per gli adulti ogni quindici giorni circa) tra il tutor di classe, il team manager, il direttore e i docenti tecnici volto a socializzare l’andamento delle varie esperienze di tiro- 214 cinio, analizzare le criticità e definire in comune accordo: strategie di fronteggiamento; re- sponsabili delle medesime; tempi di intervento. Il team di formatori ed esperti (generalmente mediatori interculturali, educatori e psi- cologi anche con una preparazione antropologica) che consentono la realizzazione dei per- corsi formativi contraddistinti dalle attività in precedenza descritte, è caratterizzato dal ruolo del “Tutor di classe”, il quale svolge principalmente le seguenti funzioni: – collaborare con i servizi territoriali per avviare un’azione di orientamento efficace (tesa cioè a individuare i soggetti che possiedono interessi, motivazioni e competenze in ingresso che si accordano con l’offerta formativa, in modo da ridurre il rischio di abbandoni dovuti a cause esterne) e concordare i modi ed i vincoli della presa in carico dell’utente in formazione; – prevedere colloqui individuali con l’allievo (il primo entro un mese dall’inizio del per- corso formativo, quelli successivi sulla base di esigenze che emergono via via) per ri- levare e gestire sistematicamente tutti i segnali che possono far supporre l’insorgenza di problemi interni o esterni che possono mettere a rischio la permanenza dell’allievo in sede formativa; – costituire un dossier personale per ogni allievo in vista della definizione del progetto personale di inserimento lavorativo e di sviluppo professionale. Di questo dossier fanno parte tutti i documenti collegati alla fase denominata “Rilevazione e gestione delle variabili esterne all’intervento didattico”; – gestire in maniera integrata con i colleghi formatori i dati emersi dall’applicazione del modello degli “atteggiamenti professionalizzanti” per effettuare l’abbinamento al- lievi/azienda (fase di stage); – concordare l’intervento di mediatori culturali qualificati nei casi in cui se ne registri il bisogno; – predisporre interventi, come convenzioni e contratti di tirocinio individualizzati e per- sonalizzati, le formalità amministrative, la visibilità della presa in carico del soggetto migrante; – predisporre incontri individualizzati con il corsista durante il periodo di stage, preve- dendo eventuali modalità di rientro nell’arco dello stage. Equipe di inter-centro In considerazione dell’ampliarsi della proposta formativa per migranti su più Centri della Casa di Carità si è attivato un gruppo di lavoro finalizzato a costituire una “cinghia di trasmissione” tra i Centri che gestiscono percorsi formativi per migranti, volta a consentire un agevole scambio di informazioni ed interagire a diversi livelli d’intervento, ovvero: pro- gettazione, l’obiettivo non è la standardizzazione totale dei corsi attivi su Centri differenti, magari localizzati in territori connotati da peculiarità ed esigenze differenti (si consideri che la Casa di Carità Arti e Mestieri opera nelle province di Torino, Alessandria e Verbano Cusio Ossola), piuttosto di uniformare, avendo ben chiari obiettivi, approcci, modelli, me- todologie e strumenti (dispense, testi, prove di verifica, ecc.) riferiti alle unità formative di ordine culturale/trasversale; accoglienza, uniformare i dispositivi relativi alla presa in ca- rico degli/delle allievi/e (test di orientamento e/o selezione, schede raccolta dati, dossier personali), al loro accompagnamento in itinere e, dove necessario, al termine del percorso. 215 Colloquio con _____________________________________ Punteggio complessivo in centesimi: ___ COLLOQUIO ORIENTAMENTO- SCHEDA PERSONALE Cognome: Nome: Corso: Tipologia del permesso di soggiorno e sua costruzione Situazione personale/familiare e stabilità residenziale Sostentamento e gestione dei figli Esperienze pregresse rispetto corso scelto Motivazioni alla scelta del corso Disponibilità ad essere flessibili finalizzata allo stage Disponibilità alla frequenza di un altro corso di formazione (altri Centri della C.D.C. o altre agenzie formative) Se favorevole la c.d.c. Propone le varie opportunità Scelta da parte del candidato Padronanza della lingua italiana (parlato e in ascolto) GRIGLIA PER L’ASSEGNAZIONE DEL PUNTEGGIO IN CENTESIMI A SEGUITO DEL COLLOQUIO SCHEDA DI SINTESI DEI DATI ESSENZIALI EMERSI DAI COLLOQUI E DAI TEST Corso: Sufficiente Discreto Buono Ottimo N. Nome allievo Dati sensibili Test Italiano Colloquio Punteggio complessivo 216 Tipologia del Permesso di soggiorno e sua durata: Indica la motivazione e la prospettiva della permanenza in Italia. La rete di soste- gno nei casi in cui il P.S. è debole o il P.S. è in fase di costruzione, di definizione. In Casi particolari come avviene a Città dei Ragazzi la ricerca di stabilità legale stret- tamente legata al diritto di cittadinanza il punteggio varia da 20 a 40 punti. Livello di appartenenza culturale: Indica il modello culturale di riferimento e quanto il migrante concepisca l’ele- mento culturale come ostacolo o come opportunità verso l’ambiente esterno Titolo di studio: Indica il livello di congruenza tra il corso di formazione e la preparazione del mi- grante Conoscenza della lingua italiana: Indica Capacità di esprimersi correttamente in lingua italiana in riferimento anche all’esito del test scritto, con particolare attenzione a frequenza presso C.T.P. o a corsi di italiano del privato/sociale Progetto migratorio e motivazione: Indica quanto il migrante intenda investire nel corso in relazione al suo progetto migratorio Reti familiari e sociali: Indica quanto oggettivamente il migrante possiede in termini di gruppi fami- liari/amicali ed eventualmente professionali, utili alla gestione per la frequenza al corso ( gestione figli, lavoro part-time…) Conoscenza dei servizi territoriali: Indica il livello di inserimento e utilizzo da parte del migrante dei vari servizi. Esperienze formativo/lavorative nel Paese di origine e in Italia Indica il trascorso del migrante prima dell’arrivo in Italia e l’eventuale partecipa- zione a percorsi formativi e alle varie esperienze lavorative Flessibilità: Indica la capacità della persona ad adattarsi alle varie situazioni Iniziativa personale: Indica la capacità di cercare autonomamente le informazioni e/o di far riferi- mento ai vari servizi presenti sul territorio Max Min 217 GLOSSARIO APPUNTI SCHEDA - EDUCAZIONE ATTIVA ALLA CITTADINANZA 218 Ambito di Presa in carico Mediazione attivata Orientamento riferimento - data di con procedura di proposto e rilevamento contatto con il servizio risultato ottenuto Ambito: Data: 219 PROVA INTERDISCIPLINARE AREA SAPERI: – Comunicazione interculturale – Legislazione alla cittadinanza – Competenze trasversali – Pari opportunità – Orientamento – Officina – Area tecnico-scientifica N.B. quella riportata è un esempio utilizzato in uno specifico corso dell’area mecca- nica. Il testo e l’articolazione specifica della prova viene concordato dai docenti anche sulla base degli elementi emersi attraverso gli strumenti precedenti. Casa di carità arti e mestieri Ente di formazione professionale 220 Modalità di esecuzione della prova interdisciplinare La prova è svolta secondo modalità innovative che vede coinvolti più formatori che da una parte interagiscono tra di loro nei vari saperi all’interno e nel confronto esterno della classe a sostegno del gruppo/i classe di allievi, e dall’altra dalla costituzione di allievi suddi- visi in gruppi di tre, possibilmente in grado di interagire non solo a livello di saperi ma so- prattutto di confronto interculturale nelle loro diversità culturali. L’obiettivo è quello di far emergere la cultura del lavoro secondo le richieste del mondo del lavoro di oggi e soprattut- to nel saper governare i processi produttivi e occupazionali emergenti rivolto ad una popola- zione migrante precaria. Le modalità di lavoro saranno seguite e guidate dai formatori dalla fase precedente lo stage, durante lo stage e nella parte conclusiva precedente l’esame. Il la- voro terrà conto dell’analisi autobiografica comparata tra i gruppi di lavoro, della compara- zione degli atteggiamenti professionalizzanti durante la fase precedente lo stage, della indi- viduazione delle aziende e relativo abbinamento con l’allievo/i ufficializzato dalla stipula della Convenzione/Presa d’Atto/Progetto formativo finalizzato alla ricerca delle opportunità lavorative coerenti con la professionalità acquisita, dei rientri dallo stage nelle fasi di ricali- brazione e di aggiustamento di tipo tecnico-professionale e relazionale-comunicativo. LEGGERE E COMPRENDERE IL BRANO CON IL SOSTEGNO DELL’INSEGNANTE Quando arrivai in Italia per vivere meglio mi accorsi che il primo modo di lavorare era di accettare la- vori precari senza tutela e senza difesa. Man mano che il tempo passava mi accorgevo che non potevo continuare con questi lavori precari, non sicuri ed allora decisi di informarmi attraverso gli amici che conoscevano di più la città e i servizi che danno informazioni e sostegno agli stranieri non comunitari. Un po’ alla volta mi accorsi che bastava rispondere positivamente a queste opportunità che mi venivano offerte dagli amici stranieri e dagli amici italiani. Senza che io me ne rendessi conto, la mia vita un po’ alla volta cambiava e, da una condizione di emar- ginazione e di isolamento, mi trovai sempre di più integrato e capito nel Paese che mi ospitava. Ebbi la fortuna di incontrare un Centro di formazione professionale qual è la Città dei Ragazzi ed ebbi modo di condividere con i miei amici di classe tante esperienze nuove legate alla mia futura professione e alla mentalità che bisogna avere per lavorare a Torino. Ora, nel gruppo costituito da me e altri compagni/e posso confrontarmi e scrivere la mia e le nostre cre- scite professionali rispondendo alle seguenti domande: 1. CHI SIAMO (biografia personale utile per il lavoro: comportamenti, atteggiamenti, risorse); 2. LE NOSTRE MOTIVAZIONI (prerequisiti fino ad arrivare ai requisiti per essere un bravo lavora- tore); 3. L’ESORDIO (i primi giorni a scuola e l’incontro con l’officina); 4. EVENTI (la comprensione, la stesura del profilo professionale); 5. INCONTRI (con l’officina, i datori di lavoro, il capo squadra, il tutor d’azienda, i colleghi di lavoro) 6. LE ATTIVITÀ (di lavoro imparate: procedure, calcolo, precisione, esecuzione); 7. L’APPARTENENZA (alla categoria dei lavoratori: nell’officina che è simile all’azienda, nella ri- cerca lavoro); 8. I CAMBIAMENTI (professionali che ho avuto in questi ultimi tempi); 9. LE EMOZIONI (cosa ho provato in questa avventura); 10. I PENSIERI CHE HO NEL PROSSIMO FUTURO (uscendo da Città dei Ragazzi); 11. Inventa uno slogan dall’esperienza di questo anno. 221 S ch ed a di p er co rs o pe rs on al iz za to e d in di vi du al iz za to (a c ur a de l t ut or f or m at iv o in c ol la bo ra zi on e co n i s er vi zi te rr it or ia li ) 222 223 PROGETTO DIR - Dialogo Inter-Religioso come fatto culturale Ideato da: Maria Giuseppina Conti, Presidente associazione La Casa di Thérèse Michele Grisoni, Supporto metodologico Migranti – Casa di Carità Arti e Mestieri Torino, 4 Gennaio 2005 Il Dialogo Inter-Religioso (DIR) riguarda tutti gli aspetti delle relazioni interpersonali, diventando addirittura la premessa per evitare e, nel caso, risolvere i conflitti fra le persone. Il DIR si realizza proprio dove s’incontrano persone con convinzioni religiose diverse. Ne deriva perciò uno scambio: non solo di teste ma di cuori che presuppone la disponibilità ad accettare gli altri nel quotidiano, a rispettarli. Accettare e accogliere l’altro significa in primo luogo prestare ascolto a chi ha una convinzione religiosa diversa dalla mia e cercare di capirlo e, in secondo luogo, farsi incontro all’altro con simpatia e fiducia. Il mediatore interculturale, non solo deve avere una buona preparazione sulle problematiche etniche (an- tropologiche e sociologiche), ma anche sulla conoscenza di sé, del proprio vissuto, delle proprie credenze. Deve, in qualche modo diventare ed essere cittadino del mondo, costrut- tore di comunione e di ponti nella libertà di espressione della cultura e della credenza reli- giosa di ciascuno. Lo slancio dato dal dialogo tra le religioni non deve arenarsi tra le buone maniere e le buone parole, ma diventare un fatto culturale permanente. Ecco perché nasce questo progetto, di portata mondiale, che si situa tra le pari opportunità che ciascuno deve avere e deve favorire per la crescita di ogni popolo, di ogni credenza e per il definitivo ri- fiuto di ogni forma di violenza ideologica. Credere che sia possibile questo, vuol dire cre- dere che la nostra società possa finalmente abbattere i muri di divisione, le barriere di riti e di credenze. Riti e credenze che sono sfumature del multiforme volto dell’umanità. Il 27 ot- tobre 1986 ad Assisi, Giovanni Paolo II realizzava un vero dialogo tra le religioni. In quel fine ottobre, 124 rappresentanti di Chiese cristiane e di non cristiani si riunivano ad Assisi, insieme al Vescovo di Roma, tutti sullo stesso piano, tutti con l’unico intento di pregare per la pace. Non è forse questo il superamento dei conflitti? Conflitti non necessariamente fatti con l’uso delle armi, ma conflitti interpersonali che viviamo ogni giorno, sul luogo di la- voro, di ricreazione, di fede. Seppur diverse nella forma, nella sostanza sono simili le lo- giche dei conflitti che avvengono tra Stati oppure nei nostri condomini e/o quartieri. Ricor- diamo, inoltre, la Dichiarazione per un’etica mondiale (Chicago 1993) e il Manifesto per il dialogo delle culture “Ponti verso il futuro” (2001 Kofi Annan) che intendono stimolare un cambiamento di conoscenza individuale e collettivo nell’interesse della sopravvivenza del nostro Pianeta. Per dare efficacia ed efficienza a quanto descritto in precedenza, il nostro tentativo è quello di valorizzare quanto già si sta producendo nella Città di Torino e nella Provincia, ad opera dell’Ufficio Pastorale Migranti (UPM). Si tratta di sistematizzare e di incanalare le esperienze prodotte coinvolgendo la Formazione Professionale che in questo caso può pro- muovere azioni innovative spendibili nei contesti interculturali da un osservatorio concreto e pratico qual è quello del mondo del lavoro. La Casa di Carità Arti e Mestieri ha negli anni prodotto da una parte una vasta ed articolata rete di connessioni tra servizi che si occupano di integrazione, e dall’altra ha perfezionato le politiche e la didattica di orientamento, di percorso, di accompagnamento di migranti nel tessuto sociale e lavorativo. Pertanto si prevede: 1) di inserire nel Corso dei Mediatori interculturali dell’a.f. 2005/2006, 6 ore di forma- zione sul dialogo inter-religioso finalizzato a: far conoscere quanto si svolge su questo tema nel nostro territorio; sensibilizzare i corsisti e promuovere buone prassi di acco- 224 glienza, di sostegno e di orientamento con particolare attenzione a quei settori della popolazione straniera (la maggioranza) che non hanno punti fermi di riferimento; indi- viduare i nodi critici che comunque occorre affrontare (interreligiosità, agnosticismo, secolarizzazione, ignoranza, classi multietniche ingestibili, difficoltà di comprendere); 2) di realizzare un corso di 60 ore di dialogo e mediazione inter-religiosa da presentare nella prossima Direttiva provinciale. Si ipotizza la creazione di un Tavolo di DIR com- posto dall’UPM (supervisore e elaborazione), dall’Agenzia formativa Casa di Carità Arti e Mestieri (coordinamento e elaborazione), dai referenti di staff sul dialogo inter- religioso (Maria Adele Roggero, Don Fredo Olivero, Maria Giuseppina Conti), dai re- ferenti Chiese e religioni (cristiani evangelici-cattolici-ortodossi, ebrei, musulmani, buddisti, induisti, religioni africane), dal Milieu innovateur che rappresenta l’evolu- zione e la trasformazione del territorio con la presenza reale di servizi e di Centri ag- gregativi che ne sono più o meno direttamente coinvolti. ORGANIGRAMMA DELL’ENTE/RETE DI SERVIZI/CONTATTO CON IL TERRITORIO Finalità Gli assiomi irrinunciabili dei contesti interculturali sono i seguenti: 1. operatori in grado di essere lettori della complessità; 2. operatori in grado di essere viaggiatori leggeri e capaci di cogliere le “differenze senza pregiudizi o schemi mentali precostituiti”; 3. operatori che siano in grado di essere costruttori di ponti e saltatori di muri; 4. trasformare il dissidio, che è il non condiviso, in conflitto, vale a dire trovare le parole che permet- tano la traduzione dell’uno nell’altro. Nel momento in cui si trovano le parole per esprimere il dis- sidio, si è già sulla via della metamorfosi: il dissidio diventerà conflitto, sarà comprensibile alle parti e si aprirà uno spiraglio di trasformazione, per arrivare così ad un reciproco riconoscimento. Questo processo è alla base della mediazione, della conoscenza dei codici culturali, della gestione dei con- flitti e del percorso d’aiuto. Le azioni che l’operatore svolge all’interno della FP hanno lo scopo prioritario di facilitare e fluidificare la complessità, intervenendo su di un’utenza migrante i cui i codici culturali e la gestione dei conflitti appartengono a delle dinamiche che mai si devono improvvisare in condizioni emergenziali e dilettanti- stici; occorre sistematizzare promuovendo linee condivise di prevenzione che scaturiscono da supporti metodologici e da modelli e dispositivi sperimentati e non per ultimo dall’utilizzo e rispettivo intervento di mediatori e/o servizi guidati e selezionati per gli interventi sul campo; questo perchè l’operatore au- toctono che non ha vissuto il percorso migratorio e non appartiene alle culture e alle lingue “altre” diffi- cilmente è in grado di cogliere e di promuovere una comunicazione funzionale ai propri interventi. Progettare mediazione pratica in contesti interculturali A.F. 2007/2008 225 Michele Grisoni La definizione del lavoro di mediazione pratica all’interno della FP comporta alcune particolarità e al- cune attenzioni: – la consapevolezza che gli operatori e i mediatori e/o servizi svolgono, all’interno dei propri compiti, azioni di mediazione; ciò a volte facilita il lavoro ma altre alimenta sentimenti di competizione sul ruolo da assumere; – la necessità di inserire l’intervento in un progetto, di impostarlo, monitorarlo in itinere e conclu- derlo. Il lavoro di mediazione va quindi pensato, progettato, intrecciato al contesto della FP e dei servizi selezionati attraverso la cura dell’operatore incaricato e professionalmente preparato e in grado di leggere la realtà territoriale in tutte le sue specificità; ciò richiede un alto grado di chiarezza da parte degli operatori circa gli obiettivi, le competenze, le modalità da utilizzare. Si fa riferimento a quanto sviluppato negli anni e trascritto all’interno del sito della Provincia di Torino. Le figure co- involte sono il Direttore, il supervisore metodologico per migranti, il referente di Centro di forma- zione per migranti, i team manager, i tutor di classe; – la contestualizzazione derivante dal luogo e dal servizio dell’intervento (setting) , che definisce ancor di più le caratteristiche delle azioni e facilita o meno la possibilità di mediazione. La mediazione che si utilizza è ritenuta essenziale e vincente quando: esiste un problema di comunicazione e trasmissione di concetti e di regole di funzionamento: codici cul- turali, conflitti; – si verificano incomprensioni ed incidenti interculturali dovuti a differenti interpretazioni, a letture stereotipate, a non conoscenza dei sistemi di riferimento reciproci; – la modalità di presentazione delle richieste, da parte di migranti, viene vissuta dagli operatori come incomprensibile, inadeguata, aggressiva; – è necessario fluidificare la comunicazione, “fare un passo indietro” per poter proseguire e prevenire conflitti o definire la natura di quelli in corso, per arrivare a stabilire il terreno negoziabile; – la non conoscenza dei servizi territoriali, dei loro obiettivi, del loro funzionamento porta gli utenti e gli operatori a farne un uso scorretto che può danneggiare lavori di anni; in questo se non si è for- mati gli operatori e gli utenti migranti esprimono differenti concezioni su temi importanti (nascita, genitorialità, relazioni affettive…), entrando così in attrito relativamente alle possibilità/obblighi di intervento dei servizi. Testi di riferimento di base sono: – “Migranti e reciprocità nella rete e nella formazione” (cap. 3: “Per un modello di comunicazione fondato sulla reciprocità”; dispositivo grafico n. 7 del cap. 6 “Percorsi di rete ed aree d’intervento”; “Migranti in Piemonte “ cap. di Michele Grisoni); – “Atlante della mediazione linguistico culturale” nei capitoli suggestivi di Anna Raffaella Belpiede, Marianella Slavi, Massimiliano Fiorucci, Marta Castiglioni, Manuela Fumagalli, Lucine Hounkpatin e Claude Mesmin, Pietro Barbetta. 226 227 Michele Grisoni 228 1. Premessa Il CIOFS/FP Emilia Romagna (E-R), in piena coerenza con la propria mission indi- vidua come destinatari privilegiati della propria azione formativa e orientativa, i giovani e le donne, con particolare riferimento a coloro che hanno maggiori difficoltà e problema- tiche sia di carattere personale che di inserimento sociale e lavorativo. La sede di Bologna si è specializzata nel corso degli anni nell’offerta di servizi formativi ed orientativi rivolti a donne immigrate che nella realtà bolognese fin dagli anni novanta hanno cominciato ad es- sere presenti in forma strutturata, impegnate inizialmente nel settore dei servizi alla persona (in particolare anziani) in forte crescita in quegli anni. La scelta del CIOFS/FP E-R di spe- cializzarsi in questo ambito risale a quegli anni e non è frutto del caso, ma l’incrocio tra: coerenza con la propria mission educativa centrata sulla promozione della donna, soprat- tutto nei casi in cui ne viene calpestata la dignità; lettura attenta dei bisogni del territorio, che esprimeva già la necessità di intervenire in maniera mirata e specifica per favorire i pro- cessi di inserimento sociale e lavorativo delle donne immigrate, impegnate già allora in un difficile compito di conciliazione tra compiti di cura familiare e necessità lavorative. È così che il CIOFS/FP E-R negli anni è stato riconosciuto sul territorio per questa sua specificità, ha potuto quindi attivare una rete di collaborazione tra i soggetti che si occupano delle te- matiche dell’immigrazione e nello stesso tempo è riconosciuto dalle comunità di immigrati come punto di riferimento per le problematiche del lavoro e della formazione. L’esperienza maturata sul campo nel corso degli anni ha consentito di: disporre di personale preparato nel lavoro con immigrati; strutturare un’importante rete di relazioni con le aziende del terri- torio per l’inserimento lavorativo delle donne immigrate; strutturare percorsi formativi e orientativi mirati e personalizzati; attivare percorsi e servizi con una certa continuità e quindi riconoscibilità sul territorio. L’elemento centrale che abbiamo riscontrato in questi anni, e che caratterizzerà il lavoro nei prossimi, è rappresentato dalla necessità di offrire con una certa continuità alla popolazione immigrata una serie articolata di servizi che pos- sano rispondere in maniera personalizzata e non standardizzata ai bisogni di cui sono porta- trici le donne immigrate, in un’ottica di rete e di collaborazione con altri servizi del terri- torio (sociali, sanitari, per la casa, ecc.). Riteniamo quindi importante: proporre corsi brevi e finalizzati all’inserimento lavorati- vo immediato (quasi sempre nel settore dell’assistenza anziani) per quelle donne che espri- mono la necessità di dover lavorare in tempi brevi per mantenersi o per problemi legati al permesso di soggiorno; attivare servizi di orientamento ad accesso individuale per offrire ri- sposte immediate, individuali e in tempi brevi alle diverse esigenze e bisogni non aggredibi- li attraverso le tradizionali attività formative; favorire l’inserimento delle donne immigrate nei percorsi “ordinari” rivolti a diplomati e/o disoccupati, al fine di valorizzare le competen- ze e le esperienze maturate nei Paesi d’origine e che difficilmente possono trovare espressio- ne nel nostro mercato del lavoro. Questo tipo di attività formativa può meglio rispondere al- ALLEGATO 3 Il CIOFS/FP Emilia Romagna e le attività con le donne immigrate 229 le esigenze delle donne che hanno titoli di studio e conoscenze professionali, tempo da dedi- care alla formazione, buona conoscenza della lingua italiana; percorsi formativi personaliz- zati centrati sull’esperienza di stage e finalizzati all’inserimento lavorativo attraverso un for- te tutoraggio e una forte collaborazione con le aziende ospitanti. Anche questa tipologia di percorsi può offrire buone opportunità a chi già ha delle esperienze e conoscenze da valoriz- zare e che ha bisogno di attivare un contatto mirato con le aziende del territorio, non avendo molto tempo disponibile per percorsi formativi tradizionali e strutturati. Come evidenziato da queste poche righe riteniamo quindi che nel lavoro con questa ti- pologia d’utenza non ci si possa improvvisare, ma che occorra una forte motivazione e vo- cazione, nonché la possibilità di poter diversificare al massimo i servizi per rispondere in maniera efficace ai bisogni complessi di cui sono portatrici le donne immigrate. Riteniamo che oggi sia irrealistico pensare di offrire percorsi standardizzati per tutti, magari solo nel settore dei servizi all’anziano che non possono valorizzare il patrimonio personale, di espe- rienza e personale del quale sono portatrici le donne immigrate che oggi si presentano nel mercato del lavoro e che hanno caratteristiche molto differenti rispetto alle donne immi- grate di 5-10 anni fa. Vediamo di seguito i servizi e le azioni che il CIOFS/FP E-R ha attivato a Bologna in questi anni e che sono riconducibili alla prospettiva generale appena descritta. Si comincia con le attività più di carattere tradizionale, le prime realizzate sul territorio, ma che ancora oggi offrono delle concrete opportunità lavorative, si passa poi alla descrizione della pro- spettiva multiculturale che cerchiamo di proporre trasversalmente nelle attività formative e orientative realizzate, per finire con la descrizione di un servizio di orientamento/lavoro at- tivo fin dal 1998 con una certa continuità e che rappresenta un punto di riferimento impor- tante sul territorio in un’ottica di rete. 2. Le attività di formazione professionale dedicate Le attività di formazione professionale con le donne immigrate si sono realizzate fin dall’apertura del Centro di Bologna nel 1993 e costituiscono una delle linee d’intervento strategiche del CIOFS/FP, in un settore, quello dell’assistenza alle persone anziane, in grande sviluppo nei termini di prospettive occupazionali. Fino al 1998, l’attività realizzata, è stata prevalentemente di tipo corsuale con finanzia- menti Regionali FSE; dal 1998, grazie ai finanziamenti europei di Iniziativa Comunitaria Occupazione, lo spettro di azioni si è ampliato con la realizzazione di una ricerca a livello comunale, la produzione di strumenti di orientamento ad hoc per donne immigrate e l’aper- tura sperimentale di un Centro di Orientamento/Lavoro Donne Immigrate presso la sede di Via San Savino, 37, tuttora attivo e al quale si recano mediamente 300/400 persone al- l’anno. Dal 2001, le attività formative nel settore dell’assistenza alla persona sono finan- ziate con regolarità sui Piani Provinciali. I principi che stanno alla base dell’approccio al tema dell’immigrazione sono tutti strettamente collegati alla mission dell’ente, nella pro- spettiva di realizzare percorsi di inserimento sociale e lavorativo rispettosi della persona, ma nello stesso tempo concretamente realizzabili nel contesto economico e produttivo lo- cale. Tra i punti di riferimento troviamo quindi: focalizzazione degli interventi sulle proble- matiche di tipo formativo e lavorativo, non invadendo campi di competenza “altri” (pro- blema dell’abitazione, regolarizzazione documentale, ecc.); stretta collaborazione con la rete dei servizi e del volontariato che si occupano a diverso livello del problema immigra- zione; scelta preferenziale per la donna, in relazione al carisma specifico dell’ente; forma- zione integrale e non solo professionale della donna immigrata; attenzione alla persona in tutti i suoi aspetti; attenzione alla dimensione orientativa intesa come formazione non solo 230 centrata su aspetti tecnico pratici, ma anche sulla facilitazione dell’impatto dell’immigrata con la nostra realtà culturale; accompagnamento al lavoro, per le donne realmente disponi- bili all’inserimento, attraverso un servizio di tutoraggio personalizzato; perseguimento di una logica di sistema interna ed esterna e non solo di interventi sporadici di tipo formativo: interna per quanto riguarda la formazione e la specializzazione del personale impegnato, ma anche la strutturazione di materiali per l’orientamento ad hoc per questa utenza, esterna con la creazione di un polo di attenzione riconosciuto (CODI) sia dalle utenti che dai ser- vizi del territorio. Riteniamo che l’esperienza maturata in questi anni sia fondamentale sotto diversi punti di vista e sia il prerequisito per l’organizzazione e la promozione di attività formative innovative, che così possono poggiare su di un know how e una struttura collaudate. Tra gli elementi più significativi e che brevemente richiamiamo, a nostro avviso meritano par- ticolare attenzione: essere riconosciuti dalle stesse donne immigrate come CFP in grado di erogare servizi formativi ad hoc per loro e rispondenti alle loro aspettative; presenza presso il CFP di professionalità specifiche per l’erogazione di attività formative per donne immigrate quali: coordinatori, docenti di lingua, orientatori, tutor, tutor stage, docenti esterni preparati e abituati a lavorare con persone che hanno conoscenze linguistiche molto differenziate; disponibilità presso il CFP di strumenti per l’apprendimento della lingua e per l’orientamento già sperimentati più volte con successo nelle attività formative; sistema di relazioni e di collaborazioni sul territorio ben collaudate e che consentono, a partire dalla valorizzazione della specificità di ciascun soggetto, di offrire servizi integrati ed effi- caci alle utenti. Particolarmente rilevante è stata l’esperienza realizzata nel corso del 2003/2004 dal CIOFS/FP E-R nell’ambito del progetto “Io apprendo, io lavoro: noi creiamo impresa” rea- lizzato in collaborazione con Caritas diocesana di Bologna, Confcooperative e AECA. Il progetto, finanziato all’interno della Sovvenzione Globale B1 gestita dal Consorzio “Noi Con”, ha portato alla costituzione di una cooperativa di donne immigrate di servizi ri- creativi e domiciliari per l’infanzia. Questa esperienza, estremamente positiva dal punto di vista del risultato (apertura della cooperativa che eroga direttamente i propri servizi a par- tire dal gennaio 2004), è a nostro avviso molto importante per il CIOFS/FP E-R a livello di: maturazione di un know how specifico nel settore della formazione per l’imprenditoria; ve- rifica della possibilità per le donne immigrate di affrontare con successo anche percorsi for- mativi impegnativi; verifica dell’autoimprenditorialità come concreta opportunità di svi- luppo personale per le donne immigrate; attivazione di un sistema locale di relazioni con soggetti del territorio per il sostegno all’autoimprenditorialità delle donne immigrate. Altrettanto rilevante è il progetto realizzato in collaborazione con il Comune di Bo- logna nel corso del 2005 dal titolo “Percorsi sperimentali di orientamento e preprofessiona- lizzazione delle donne rumene seguite dal Servizio Immigrazione del Comune di Bologna”. L’obiettivo del progetto era quello di sviluppare nelle destinatarie del percorso formativo (donne rumene in carico al Servizio Immigrazione del Comune di Bologna) competenze di base e preprofessionalizzanti per il loro inserimento sociale e lavorativo nel territorio bolo- gnese, attraverso la sperimentazione di un modello di intervento centrato su 3 aree: Analisi del potenziale individuale; Orientamento sociale e lavorativo; Orientamento professionale e sviluppo di competenze preprofessionalizzanti. Il risultato del progetto è stato quello di individuare e validare un interessante modello di intervento per verificare la possibilità di creare delle precondizioni per l’inserimento la- vorativo di una fascia molto difficile e complessa (donne rumene rom) che dal punto di vista culturale e sociale ha molte difficoltà ad inserirsi nel tessuto sociale delle nostre città. 231 3. L’approccio multiculturale Il CIOFS/FP E-R sede di Bologna realizza da diversi anni attività di formazione e di orientamento per donne immigrate, e quindi ha avviato una riflessione e sperimentato pra- tiche formative che tengono conto della dimensione interculturale. Nell’organizzazione e nella gestione dei corsi, si tiene conto trasversalmente delle dif- ferenze (piuttosto profonde soprattutto nei confronti della cultura musulmana) e i docenti stessi organizzano le attività formative favorendo il confronto, la comunicazione e lo scambio, in un’ottica di valorizzazione delle differenze. L’approccio interculturale trova poi espressione concreta in alcuni aspetti che breve- mente descriviamo: – Favorire lo scambio e il confronto culturale come metodo generale di lavoro utilizzato dai docenti, nella logica della valorizzazione delle culture di appartenenza, ma anche nella conoscenza e accettazione della cultura italiana nella quale vivono. – Lingua italiana: attraverso la conoscenza della lingua le donne immigrate possono realmente confrontarsi, comprendere e accettare la cultura della società nella quale hanno deciso di vivere. Questo è molto importante perché senza una buona conoscenza linguistica i messaggi che arrivano loro possono essere travisati e non dare il giusto peso ad aspetti importanti nella loro cultura. – Contratti di lavoro: in tutti i corsi per donne immigrate affrontiamo il tema del lavoro e delle modalità con le quali è organizzato in Italia e in particolare nel nostro territorio. Questo al fine di fornire loro strumenti per affrontare più attivamente il problema del loro inserimento lavorativo attraverso la comprensione di meccanismi che nei Paesi d’origine hanno dinamiche diverse. – Gestione dello stage: è uno dei momenti più importanti dei percorsi formativi per immi- grati. Nello stage la donna immigrata entra a contatto con la nostra realtà lavorativa e quindi è preparata dai coordinatori e dai tutor ad affrontare la realtà del lavoro in tutte le sue dimensioni (rapporto con “i clienti”, rapporto con i datori di lavoro, rispetto degli ora- ri, i tempi del lavoro, ecc.), così come al termine dello stage è aiutata ad elaborare le in- formazioni e le esperienze realizzate. Nell’area dei servizi alla persona, il tema della cura dell’altro viene affrontato tenendo conto delle differenze culturali, ma soprattutto delle resistenze e difficoltà che possono essere presenti in donne di culture diverse. – Orientamento sociale: in quasi tutti i corsi per donne immigrate è presente un modulo specifico di orientamento sociale alla nostra cultura. Attraverso lo scambio e il con- fronto, le donne sono aiutate a comprendere alcuni aspetti della nostra cultura che sono fondamentali per potersi inserire attivamente nella società. Tra gli aspetti che vengono tematizzati sottolineiamo i seguenti: le relazioni interpersonali, l’organizzazione dei principali servizi (sanitario, scolastico, di assistenza), le regole comuni di convivenza (orari, come ci si rivolge a un datore di lavoro, a persone sconosciute, il ruolo della donna, i rapporti familiari, ecc.). – La festa e il tempo libero: di norma al termine dei corsi per donne immigrate è orga- nizzato un momento di festa e di scambio, finalizzato alla conoscenza e alla scoperta delle culture. In genere, il focus è sul cibo: le signore sono invitate a portare o a cuci- nare piatti della loro cultura, presentarli alle altre e assaggiare i prodotti delle altre. È un momento molto bello, in cui comunque le culture di appartenenza sono valorizzate. – Moduli di cucina: nei corsi per assistenza agli anziani, l’apprendimento della nostra cuci- na è un momento importante di conoscenza della nostra cultura. Attraverso la preparazio- ne del cibo, gli insegnanti spiegano le nostre abitudini, i prodotti utilizzati e consentono al- le donne immigrate di conoscere aspetti del nostro modo di vivere che spesso ignorano. 232 4. Il servizio CODI (Centro Orientamento Donne Immigrate) Il CODI è un servizio di orientamento al lavoro strutturato e permanente, rivolto esclu- sivamente a donne immigrate gestito da orientatici esperte soprattutto nell’ambito del sup- porto ai processi di transizione lavorativa. È ad accesso libero e l’utente può usufruire in maniera personalizzata dei diversi servizi che in esso vengono erogati e che di seguito bre- vemente vengono descritti. Accoglienza Il servizio di accoglienza, dal quale passano tutte le utenti CODI, ha tre compiti fonda- mentali: 1) accogliere la persona nella struttura, cercando di metterla a proprio agio in un ambiente non conosciuto; 2) leggere il bisogno esplicito e implicito della persona e indiriz- zarla ad altri servizi del territorio se il bisogno espresso non è affrontabile dal CODI, op- pure concordare il percorso all’interno del Codi, se il bisogno afferisce all’area forma- tivo/lavorativa; 3) aprire formalmente la pratica personale dell’utente, che lo accompagnerà durante tutta la permanenza al servizio. Informazione (consultazione autonoma o guidata) Un primo livello del servizio è di tipo informativo. Si ipotizza che alcune (non molte donne immigrate) abbiano essenzialmente bisogno di alcune informazioni (sui corsi di for- mazione, quelli di italiano, le modalità per l’iscrizione a scuola, ecc.) per attivare autono- mamente un percorso di inserimento formativo o lavorativo. Sono possibili due modalità di consultazione: 1) consultazione autonoma, presso un ambiente appositamente attrezzato, nel quale le informazioni sono rese disponibili all’utenza senza l’intermediazione dell’ope- ratore. Le informazioni sono opportunamente organizzate e aggiornate dagli operatori; 2) consultazione guidata con l’aiuto dell’operatore. In questo caso l’utente è aiutata dall’ope- ratore per il reperimento dell’informazione e per una sua utilizzazione concreta. Colloquio Un primo livello di colloquio, parallelo alla fase dell’accoglienza e dell’informazione, ha come obiettivo principale quello di introdurre la tematica dell’orientamento in un’utenza che probabilmente non percepisce come importante questa problematica. Infatti l’orienta- mento è un concetto ancora lontano per questa fascia di popolazione impegnata soprattutto nella soluzione di problemi primari legati alla sopravvivenza (una casa, un lavoro che faccia guadagnare, ecc.). L’ipotesi non è quella di sviare l’attenzione dai problemi che loro ritengono pressanti, quanto quello di ampliare, attraverso un colloquio, le possibilità, al- meno a livello cognitivo di avviare un processo di integrazione sociale e lavorativa mag- giormente dignitosa nel corso del tempo. L’obiettivo di fondo del colloquio è quindi quello di ampliare l’orizzonte progettuale delle utenti, non dimenticando comunque di sostenerle nella soddisfazione dei bisogni più pressanti (il lavoro). Colloquio orientativo Per una fascia molto più ristretta di utenti, il CODI è in grado di attivare percorsi di consulenza orientativa individuale per l’accompagnamento alla costruzione e persegui- mento di un progetto professionale articolato. Questo servizio è rivolto a persone che in qualche modo hanno già risolto i problemi fondamentali della loro presenza in Italia e aspi- rano a professionalità e a un inserimento lavorativo qualitativamente migliore. Costruzione del curriculum Uno dei servizi legati all’ambito più strettamente lavorativo è la costruzione del curri- culum. L’idea è quella di aiutare l’utente nella definizione e traduzione delle precedenti esperienze formative e lavorative che costituiscono le competenze che la donna immigrata 233 offre sul mercato del lavoro. La costruzione del curriculum non è quindi un’operazione me- ramente formale, ma rappresenta un’occasione preziosa per l’utente di ricostruzione di un potenziale lavorativo spesso sottovalutato o non riconosciuto. È la base di partenza per qualsiasi tentativo di inserimento lavorativo. Accompagnamento alla ricerca attiva del lavoro Per tutte le utenti è comunque offerto un servizio di accompagnamento alla ricerca at- tiva del lavoro. L’utente può usufruire del servizio solo dopo aver redatto il curriculum presso il Centro. L’operatore dell’inserimento lavorativo organizza con le utenti campagne individualizzate di ricerca del lavoro, utilizzando tutti gli strumenti oggi disponibili (libri, giornali, tecniche di ricerca attiva, ecc.). L’obiettivo di questi percorsi di gruppo o persona- lizzati è proprio quello di fornire strumenti concreti e accompagnare l’utente nella delicata fase di ricerca del lavoro. Back Office Oltre alle normali attività di front office rivolte al pubblico, sono realizzate ore di back office per permettere il corretto funzionamento del servizio. Tra le azioni per il back office evidenziamo: raccolta, organizzazione, gestione e manutenzione delle informazioni; predi- sposizione di schede informative ad hoc; contatti con le aziende per rilevare il fabbisogno lavorativo nel settore dei servizi alla persona; creazione di una banca dati del CODI, con particolare attenzione all’integrazione con altre banche dati esistenti. Percorso tipo per la utente del servizio Per la donna immigrata che si presenta al servizio, sono a disposizione diverse possibilità in relazione al bisogno espresso direttamente o indirettamente all’operatore. Un primo filtro viene svolto nell’accoglienza che ha il compito fondamentale di aiutare l’immigrata ad esplici- tare il proprio bisogno e a definire i servizi interni o esterni al Centro più adatti al soddisfaci- mento del bisogno. Se il bisogno espresso non è di tipo orientativo o lavorativo, si cerca di indi- rizzare l’utente al servizio più rispondente alle sue necessità. Se invece il bisogno può essere soddisfatto all’interno del CODI, l’operatore concorda con l’utente il percorso interno, presen- tando inizialmente i servizi disponibili. È in questa fase che inizia la compilazione del dossier personale utente con la raccolta dei dati principali e del percorso svolto all’interno del servizio. L’accoglienza è sempre accompagnata da un colloquio, nel quale comunque l’operatore cerca di introdurre la tematica dell’orientamento per donne immigrate, nell’ottica di miglioramento nel tempo della collocazione lavorativa e sociale del soggetto (ampliamento delle possibilità per il soggetto). Se il bisogno espresso dalla donna immigrata riguarda poi problematiche orientative, e quindi non solo legate ad un bisogno immediato e contingente di lavoro, si possono attivare di- versi servizi: informazione; colloquio orientativo approfondito per la definizione di un progetto professionale. Per l’utente che esprime invece un bisogno prettamente lavorativo, il percorso può svolgersi nell’ambito di uno spazio dedicato più espressamente al lavoro. Per tutte il per- corso all’interno dello sportello lavoro comincia con la costruzione del curriculum, inteso non solo come documento formale, ma come processo di definizione e presa di coscienza delle abi- lità e competenze da offrire sul mercato del lavoro. A partire dalla compilazione del curriculum, l’utente può invece usufruire di uno spettro di servizi di accompagnamento alla ricerca attiva del lavoro. Nell’ambito di questo servizio, l’operatore mette a disposizione delle utenti una serie di strumenti utilizzabili concretamente nella ricerca attiva, accompagnando direttamente le im- migrate nello svolgimento di questo compito. Tra le possibili attività promosse in quest’ambito ricordiamo: compilazione di lettere di accompagnamento; individuazione di strategie persona- lizzate di ricerca attiva; consultazione offerte di lavoro dei principali giornali; telefonate di ri- sposta ad annunci; invio di lettere di autocandidatura; accompagnamento a colloqui. 235 INDICE INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Capitolo 1 Le politiche dell’immigrazione in italia. l’evoluzione recente . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1. Il quadro di riferimento: le recenti leggi organiche sull’immigrazione . . . . . . . . . 5 1.1. La legge Turco-Napolitano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.2. La legge Bossi-Fini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.3. Il disegno di legge delega Amato-Ferrero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 2. Ambiti specifici di attenzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.1. Le famiglie dei giovani di origine migratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.2. Le politiche della scuola e della FP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 2.3. Le politiche del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 2.4. Le politiche della cittadinanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Capitolo 2 Adolescenti di origine migratoria: il contributo dei sistemi formativi alla costruzione dell’identità e al processo di integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 Premessa: “Che ci fa qui?” - “Che ci faccio qui?” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 1. Adolescenti nei/dei processi migratori: fattori protettivi dell’identità etnica . . . . 40 1.1. Il “mito di Ulisse”, ovvero il significato del migrare alla ricerca di una “terza sponda” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 1.1.1. Lo spazio transizionale come approdo alla” terza sponda” . . . . . . . . . 42 1.1.2. L’integrazione tra codici comunicativi nell’esperienza migratoria . . . 43 1.2. Il conflitto di ruolo nei processi migratori alla ricerca di una propria identità 44 1.2.1. Alla ricerca di se stessi tra più mondi culturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 1.2.2. Tra “terremoto identitario” e ricomposizione degli equilibri . . . . . . . 47 1.2.3. Sentirsi “stranieri” a se stessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 1.3. L’adolescente immigrato tra crisi e ricerca d’identità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 1.3.1. Tra “sradicamento” e “sfida” per elaborare il cambiamento . . . . . . . . 51 1.3.2. Alla ricerca di meccanismi compensatori di fronte allo sradicamento 53 1.4. Le quattro ipotesi di ricerca di una propria identità negli adolescenti di origine migratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 2. Il contributo della “scuola” e dei sistemi formativi nei processi di integrazione degli adolescenti di origine migratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58 2.1. Scuola e vissuto relazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 2.2. Accogliere “chi”, accogliere “come” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 2.3. Il ruolo della formazione nel processo di “stabilizzazione” . . . . . . . . . . . . . . 63 2.4. Il processo di integrazione scolastico-formativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64 236 Capitolo 3 L’indagine quantitativa: i giovani di origine migratoria di Latina . . . . . . . . . . . . 69 Premessa: Le ragioni di un apposito studio sui giovani di origine migratoria . . . . . . 69 1. Chi sono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 1.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 1.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 2. La personalità dei giovani immigrati: concetto di sé e senso di appartenenza al gruppo etnico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 2.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 2.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74 3. Valori, bisogni e aspirazioni giovanili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 3.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 3.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 4. Il rapporto con i genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78 4.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 4.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 5. Il rapporto con gli amici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 5.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 5.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 6. Valutazione del percorso scolastico-formativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 6.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 6.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 7. Il rapporto con la città di Latina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 7.1. L’indagine nelle scuole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 7.2. I protagonisti delle interviste qualitative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86 8. Proposta di interventi a favore dei giovani di Latina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87 Capitolo 4 L’indagine qualitativa: analisi dei contenuti emersi dai focus group . . . . . . . . . . 89 1. Il CNOS-FAP “T. Gerini” di Roma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 1.1. I dati della scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 1.2. Analisi dei contenuti del focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 1.2.1. Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 1.2.2. Le buone prassi di supporto all’inserimento e alla riuscita del percorso formativo degli immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 1.2.3. Altre attività di supporto offerte dal Centro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 1.2.4. Aspetti critici rimasti irrisolti e da migliorare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92 2. L’ENAIP-Veneto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2.1. Dati complessivi dei 3 Centri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2.2. Analisi dei contenuti del focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 2.2.1. Logistica organizzativa nel trattamento degli allievi immigrati . . . . . 93 2.2.2. Buone pratiche messe a punto per fronteggiare determinati fenomeni 95 2.2.3. Esempi di strategie d’intervento finalizzate all’integrazione nel gruppo-classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96 2.2.4. La formazione della rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 237 3. Il CNOS-FAP e il CIOFS/FP di Bologna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 3.1. I dati della scheda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98 3.2. Analisi dei contenuti del focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99 3.2.1. Logistica organizzativa nel fronteggiare l’emergenza . . . . . . . . . . . . . 99 3.2.2. Suggerimento di buone pratiche, per quanto riguarda: . . . . . . . . . . . . 101 3.2.3. Interventi di rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 4. Il CIOFS/FP del Lazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 4.1. Dati complessivi dei 6 Centri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 4.2. Analisi dei contenuti del focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 4.2.1. Attività promosse in partnership . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 4.2.2. Strategie d’intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 4.2.3. Proposte per migliorare il servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 5. La Casa di Carità Arti e Mestieri di Torino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 5.1. Presentazione delle attività dell’Ente a favore degli immigrati. . . . . . . . . . . . 108 5.2. La formazione dei formatori e della figura del mediatore interculturale . . . . 108 5.3. La metodologia e il percorso personalizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109 5.4. Il progetto “Milieu Innovateur”: il rapporto col territorio e la rete . . . . . . . . 111 6. La Fondazione Clerici di Pavia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 6.1. Contestualizzazione del progetto EQUAL “CIVES” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 6.2. Descrizione delle tappe/attività sottese al progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113 6.2.3. Obiezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 6.2.4. Punti di criticità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 7. Sintesi dei contenuti emersi dai focus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116 Capitolo 5 Linee-guida per modello/i sperimentale/i d’intervento a favore degli immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 1. Lo scenario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 2. Linee-guida sottese al modello sperimentale d’intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122 2.1. Fase preliminare: analisi e contestualizzazione del fenomeno . . . . . . . . . . . . 123 2.2. Prima fase operativa: disponibilità di risorsa-uomo adeguatamente formata . 124 2.2.1. La formazione in servizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 2.2.2. La capacità di lavorare in équipe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 2.2.3. Presenza di figure di intermediazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126 2.3. Seconda fase operativa: le strategie formative a sostegno/accompagnamento 129 2.3.1. Buone pratiche per l’inserimento nel gruppo-classe degli alunni immigrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129 2.3.2. La scuola/FP come “laboratorio delle differenze” contro le forme di discriminazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 2.3.3. L’apprendimento cooperativo: apprendere per mezzo di altri, con gli altri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133 2.3.4. Attivazione di “laboratori interculturali” e/o buone pratiche per l’intercultura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135 2.4. Fase ex-post: valutazione e diffusione dei risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 2.4.1. Pianificazione della valutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 2.4.2. Valutazione degli esiti sui destinatari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 238 2.4.3. Valutazione del programma nel suo complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 2.4.4. Divulgazione dei risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139 Allegato 1 Report elaborato dal CNOS-FAP “Beata Vergine di S. Luca” di Bologna . . . . . . 143 Allegato 2 Il materiale elaborato dall’Ente Casa di Carità di Torino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201 Allegato 3 Il CIOFS/FP Emilia Romagna e le attività con le donne immigrate . . . . . . . . . . . 228 Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235 239 Pubblicazioni nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” 1) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professio- nale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 2) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 3) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professio- nale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 4) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nell’i- struzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 5) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Ca- tania, Noto, Modica, 2004 6) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orientativi, 2003 7) CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Ste- fano Colombo in un periodo di riforme, 2004 8) COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare at- tivo, 2007 9) D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istru- zione e formazione professionale, 2005 10) DONATI C. - L. BELLESI, Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto fi- nale, 2007 11) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 12) MALIZIA - G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 13) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 14) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 15) MALIZIA G. - V. PIERONI, Follow-up della transizione al lavoro degli allievi/e dei percorsi trien- nali sperimentali di IeFP, 2008 16) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, 2004 17) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale. II edizione, 2006 18) MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Pro- blemi e prospettive,2007 19) MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 20) NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 21) NICOLI D. - R. FRANCHINI, Costruzione dell’identità personale e sociale negli adolescenti e nei giovani. La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 22) NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 23) PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona. Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 240 24) PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 25) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 26) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 2. Nella sezione “progetti” 27) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 28) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, 2003 29) BALDI C. - M. LOCAPUTO, L’esperienza di formazioni formatori nel progetto integrazione 2003. La riflessività dell’operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della FPI, 2008 30) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Espe- rienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 31) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 32) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 33) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 34) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 35) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 36) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 37) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 38) CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 39) CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Dif- fusione di una buona pratica, 2004 40) CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network, 2004 41) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 42) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e pro- poste di strumenti, 2003 43) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 44) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 45) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 46) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 47) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 48) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 49) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 50) CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 51) COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, s.d. 241 52) D’AGOSTINO S., Apprendistato nei percorsi di diritto-dovere, 2007 53) FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 54) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 55) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa. II edizione, 2007 56) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 57) MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 58) NICOLI D. - G. TACCONI, Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 59) NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 60) NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’i- struzione e della formazione professionale, 2004 61) NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel si- stema dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 62) POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 63) RUTA G. (a cura di), Vivere in… 1. L’identità. Percorso di cultura etica e religiosa, 2007 64) RUTA G. (a cura di), Vivere… Linee guida per i formatori di cultura etica e religiosa nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, 2007 65) TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 66) VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui per- corsi formativi, 2003 67) VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 3. Nella sezione “esperienze” 68) ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 69) CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 70) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 71) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 72) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento fi- nale, 2003 73) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 74) COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, 2006 75) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 76) NICOLI D. - COMOGLIO M., Una formazione efficace. Esiti del monitoraggio dei percorsi speri- mentali di Istruzione e Formazione professionale in Piemonte 2002-2006, 2007 77) TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordina- tore delle attività educative del CFP, 2005 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Novembre 2008

Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell'arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. II volume

Autore: 
Dario Nicoli
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
151
II Volume Dario NICOLI VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP Anno 2007 “Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo” (Is 43, 4). 3 SOMMARIO PRESENTAZIONE ....................................................................................................................................... 5 Parte prima: I riferimenti ............................................................................................................................................... 7 Parte seconda: La guida ...................................................................................................................................................... 41 Parte terza: Gli strumenti............................................................................................................................................. 53 5 Presentazione La presente Guida intende affrontare in modo sistematico la questione della valutazione e della certificazione degli apprendimenti nei percorsi di istruzione e formazione professionale, adottando un approccio organico e completo così da pro- porre agli operatori una metodologia adeguata alle caratteristiche di tali percorsi formativi che assolvono ad un tempo ad una duplice finalità: - formare il cittadino europeo perseguendo i traguardi formativi dell’obbligo di istruzione - fornire una preparazione atta a svolgere un ruolo lavorativo definito. La valutazione tema di “competenze chiave della cittadinanza”, è coerente con l’impostazione pedagogica Salesiana poiché qualifica il valore della centralità del- l’allievo. Essa sollecita le seguenti attenzioni: - porre l’allievo in situazioni di apprendimento che lo stimolano a coinvol- gersi attivamente in un ambito di competenze così da mobilitare il suo patri- monio di conoscenze, abilità e capacità; - privilegiare le attività di scoperta, alla produzione ed alla creazione; - articolare teoria e pratica, così da permettere la costruzione di concetti a par- tire dall’azione concreta - sollecitare la riflessione sulle esperienze così da far maturare nella persona una disposizione ad apprendere continuamente che valga lungo tutto il corso della sua vita. La guida mira a valorizzare la pedagogia Salesiana ed inoltre intende appro- fondire tre aspetti che risultano centrali nei processi di valutazione: - la nuova rilevanza (anche a seguito dell’introduzione del Quadro europeo delle qualifiche) della competenza intesa come “saper agire” da parte dell’al- lievo di fronte a situazioni sfidanti; - l’apertura al contesto esterno, ed in particolare alle imprese; ed agli enti tal modo il concetto di comunità educante; - la questione della certificazione delle competenze che è sempre più rilevante nella prospettiva europea in quanto consente di riconoscere gli apprendi- menti significativi delle persone, comunque acquisiti, di mirare ad una for- 6 mazione effettivamente efficace, di personalizzare il percorso formativo, di delineare un linguaggio ed una metodologia condivisibile tra i diversi attori del sistema educativo, compresa la componente economica e professionale. L’orientamento generale che è stato posto alla base della presente guida conce- pisce la valutazione secondo una prospettiva chiaramente formativa; in base a tale orientamento, ogni attività valutativa tiene conto dei progressi e dei punti di forza dell’allievo e segnala i suoi punti deboli ed i mezzi per correggerli, collocandosi entro il processo di apprendimento lungo tutto il corso dell’azione formativa, e non all’esterno di essa con un profilo di mera misurazione e giudizio. Parte I I RIFERIMENTI 9 1. AMBIENTE EDUCATIVO, CENTRALITÀ DELLA PERSONA, SAPERE PERSONALE Il mondo Salesiano ha dato vita, a partire dal carisma del proprio Fondatore, ad un’opera educativa che si alimenta continuamente dalla ricchezza delle sue fonti e dalla vastità di esperienze che ha saputo realizzare. Quest’opera si può rappresen- tare anche attraverso un metodo1, purché sia evidente il fatto che esso non ha un valore autonomo rispetto alle forze vitali che alimentano l’esperienza Salesiana, in forza delle quali essa possiede una validità di fondo, indipendente dalle mode e dai dispositivi che di volta in volta siano sostenuti dalla letteratura o dalle amministra- zioni scolastiche e formative. Si può dire che quella Salesiana è un’opera educativa vitale, fondata su una fonte carismatica, su una visione antropologica di fondo, consolidata tramite espe- rienze condotte in vari paesi ed a differenti livelli, tanto da rappresentare un “mondo educativo” dotato di una propria consistenza. Ciò fa sì che ogni iniziativa che si svolge al suo interno ha una chiara finaliz- zazione e criteri metodologici ed operativi, secondo parametri che possiamo anche definire – approssimativamente – “standard dell’esperienza educativa salesiana”. Questi standard non sono l’espressione di una procedura peculiare, ma riflettono in- nanzitutto questo mondo educativo in cui valori, esempi, pratiche, organizzazioni, metodologie si fondono entro un unicum dotato di un humus solido e fecondo. Le opere educative Salesiane risultano infatti dotate di una caratterizzazione peculiare che rivela il carisma di don Bosco (“ragione, religione, amorevolezza”) e che ne fa un’esperienza distintiva in cui ogni risorsa è protesa al bene dei ragazzi. La proposta educativa Salesiana si fonda sulla natura comunitaria della scuola e quindi delle relazioni che vi si instaurano, così da rispondere alla domanda di ap- partenenza e di relazioni significative che buona parte dei giovani d’oggi espri- 1 Anche se, più che di un metodo, si dovrebbe parlare di una tensione educativa carismatica che si fa continuamente opera tramite il movimento Salesiano. Ciò spiega perché don Bosco, solo dopo lunga insistenza dei suoi collaboratori, solo nel 1877 si è deciso, a malincuore, a mettere per iscritto le sue idee pedagogiche in sette paginette dal titolo “Il sistema preventivo nella educazione della gio- ventù”. http://www.retecivica.trieste.it/oratoriodonbosco/pagine/oratorio.htm 10 mono, e che risultano particolarmente accentuate a causa dei processi di indeboli- mento dell’identità e delle relazioni, e delle problematiche che interessano le fami- glie. In tal senso, la scuola diviene sempre più una “comunità culturale” in cui ogni persona risulta adeguatamente accolta, fa parte di gruppi ed aggregazioni, partecipa alla vita studentesca ricca di occasioni e di stimoli. La presenza, nelle esperienze educative salesiane, di una vitalità carismatica e della ricchezza di riflessioni e di apprendimenti resi possibili dalle ricche e varie- gate pratiche che l’intero movimento quotidianamente pone in atto e rinnova di fronte a sfide sempre nuove, costituiscono due fattori decisivi per indicare in che modo è possibile tradurre tutto questo attraverso un metodo razionale e definito da criteri e procedure di intervento. La presente proposta di guida metodologia per la valutazione si fonda quindi su azioni formative in grado di corrispondere ai seguenti cinque caratteri propri delle opere educative Salesiane: • svolgersi entro un contesto vitale dotato di una “tensione educativa” cari- smatica che li alimenta continuamente e che informa la vocazione delle per- sone, lo stile della comunità, il modo di porsi nei confronti dei giovani; • essere centrate su una relazione familiare e amorevole nei confronti dei gio- vani, riflettendo in ciò la convinzione della originaria apertura di ogni gio- vane al bene; • svolgersi entro un contesto di comunità educante in grado di creare una piena condivisione e corresponsabilità tra i diversi attori in gioco: educatori, genitori, allievi; • valorizzare la persona umana in ogni sua capacità buona ed in ogni sua di- mensione così da renderla effettivamente centrale nel processo di apprendi- mento; • ricercare un rapporto personale con il sapere commisurato con i talenti di cui ogni persona è portatrice. A partire da ciò, la presente guida intende indicare una prospettiva di valuta- zione in grado di mettere a fuoco tre elementi che corrispondono ad altrettanti punti critici delle prassi operative così come rilevate dalla ricerca svolta nella fase prepa- ratoria al presente lavoro (Cnos-fap 2007): a) la tematica delle competenze: si tratta di una questione centrale che mira a superare il dualismo tra un curricolo culturale tendenzialmente inerte ed un curricolo tecnico-professionale eccessivamente orientato alla dimensione pratico-operativa, così da realizzare un approccio unitario in cui teoria e prassi siano integrate, in grado inoltre di mettere a fuoco maggiormente il principio della centralità dell’allievo di cui si prendono a carico le modalità di apprendimento e il protagonismo nell’esperienza formativa; 11 b) l’apertura al mondo esterno nella logica dell’alternanza formativa: l’a- zienda o l’ente interessato non costiutiscono solo “prestatori di stage”, ma rappresentano a loro volta attori centrali della comunità educante in quanto condividono il progetto, partecipano nelle diverse fasi del suo itinerario, prestano la propria competenza in momenti differenti (testimonianza, visita, approfondimento tecnico, stage, tirocinio, compito reale, project work) ed infine forniscono una validazione fondamentale circa le mete dell’azione formativa ed i suoi esiti; c) la metodologia della certificazione degli apprendimenti: è una pratica oramai diffusa nel contesto internazionale ed in particolare europeo, e con- siste in un processo di qualificazione dei titoli di studio in modo da mettere in evidenza il “guadagno” formativo da parte dell’allievo in termini di ca- pacità di mobilitazione delle risorse possedute per comprendere ed agire entro situazioni concrete della vita quotidiana e per risolvere problemi posti nel contesto scolastico, sociale e professionale. Di conseguenza, la presente guida per la valutazione intende affrontare questi tre elementi critici a partire dall’ispirazione educativo di fondo delle opere Sale- siane. Tale intento investe necessariamente la stessa concezione del processo forma- tivo; da qui la necessità di precisare meglio quali sono i criteri fondativi di ciò che chiamiamo “formazione efficace” intendendo con ciò un approccio formativo in grado di riconoscere e mobilitare le potenzialità buone dei giovani, senza esclu- sione di nessuno, entro situazioni di apprendimento varie, tali da consentire una loro crescita educativa nella cultura come esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo. 2. LA FORMAZIONE EFFICACE L’approccio valutativo adottato nell’elaborazione della presente linea guida si colloca entro una metodologia della formazione efficace basata sulle seguenti carat- teristiche fondamentali: - riflette la caratterizzazione educativa propria delle opere Salesiane; - è centrato sugli allievi; - si riferisce ad una pedagogia del successo inteso come valorizzazione dei ta- lenti dei giovani destinatari; - si colloca entro istituzioni formative ricche di offerte; - sollecita un apprendimento significativo e responsabile il cui scopo è la vita buona; 12 - prevede un metodo misto tradizionale e per competenze; - considera il “capolavoro” come dimostrazione delle competenze dell’allievo; - coinvolge gli allievi; - coinvolge le famiglie; - considera la valutazione un processo condiviso entro una comunità educativa che si apre anche alle imprese come partner del processo e validatori dello stesso. L’approccio della formazione efficace pone in evidenza innanzitutto la centra- lità della persona; ciò significa perseguire una più accentuata personalizzazione dei percorsi di apprendimento, anche tenuto conto della grande varietà dei destinatari, delle loro culture e del loro livello di preparazione. Ciò comporta la presenza di di- versi luoghi di apprendimento, evitando che tutto si svolga nel gruppo classe che sempre meno rappresenta un contesto socio-psicologico omogeneo. La personaliz- zazione mira a scoprire le capacità buone di ciascuno (talenti) e ne sollecita la mo- bilitazione tramite le esperienze proposte che mirano a porre il giovane in un ruolo di maggiore protagonismo rispetto alle pratiche pedagogiche tradizionali. Non si tratta solo di un atteggiamento di ascolto e disponibilità all’incontro con il destinatario delle attività educative, ma di una scelta metodologica che su- pera gli approcci per contenuti e per obiettivi per mirare alle competenze, intese come caratteristiche della persona tali da renderla capace di fronteggiare problemi e compiti in autonomia, sapendo mobilitare le risorse di cui è a disposizione o che rintraccia via via nel contesto. Il punto centrale del cambio metodologico risiede nel passaggio da un inse- gnamento “inerte” ad un insegnamento più vitale, superando la mera trasmissione dei contenuti per avviare una pratica di costruzione degli stessi, così che gli allievi siano protagonisti del loro cammino. Ciò richiede di: • selezionare dalla massa enciclopedica del sapere quelle conoscenze ed abi- lità che effettivamente risultano esenziali e decisive per la crescita della per- sona, • riflettere maggiormente sul passaggio dall’insegnamento all’apprendimento, un processo che non può più essere affidato ad una sorta di determinismo pe- dagogico oppure al presunto valore evocativo della parola, • variare le modalità di apprendimento mettendo a fuoco processi attivi, che mobilitano le valenze operative ed anche emotive (anche la matematica può essere affascinante!) del sapere, • introdurre modalità di apprendimento centrate su compiti reali, svolte in la- boratori, dove si sviluppano percorsi non necessariamente lineari ma basati su nuclei di sapere connessi con i processi presenti nella realtà • coinvolgere gli allievi nelle pratiche di valutazione rendendo espliciti i cri- teri ed i parametri di riscontro, così da creare una reale comunità di appren- 13 dimento che possiede i termini del compito e procede ad una piena corre- sponsabilità educativa • cercare appoggi esterni al contesto scolastico che dimostrino in modo con- vincente l’utilità di quanto si impara dentro la scuola. Con ciò si intende il concetto di pedagogia del successo, tramite cui si intende un approccio educativo che mira alla massima valorizzazione del potenziale (talenti) delle persone in modo che diventi competenza, così che tutti acquisiscano il “sapere della cittadinanza” nel quadro di riferimento del progetto personale di ciascuno. Il successo di cui si parla non è riferito ad un titolo o un certificato, ma al progetto di vita della persona in apprendimento, in tutte le sue componenti cognitive, emotive, operative, morali, spirituali, estetiche, entro una prospettiva unitaria o integrale. In tal modo si persegue uno stile vitale di implicazione degli allievi sollecitando la mobilitazione delle loro potenzialità (cognitive, operative, emotive, estetiche, re- ligiose, morali) nei diversi ambiti della vita scolastica, sostenendo iniziative in gra- do di caratterizzare l’istituto, compresi riti interni ed esterni (di inizio, di conclusio- ne, di celebrazione, di passaggio), iniziative nelle quali i giovani siano protagonisti. Il carattere vitale dell’esperienza formativa, la sollecitazione dei destinatari af- finché siano protagonisti del loro cammino, il carattere attivo dei processi di ap- prendimento, sono tutti fattori che concorrono all’educazione morale dei giovani intesa come ricerca di una forma adeguata – ragionevole, voluta ovvero libera - in cui svolgere la propria esistenza, entro una proposta educativa chiara e definita. Ciò richiede di passare da una morale prescrittiva e precettiva ad una morale relazio- nale e comunitaria, che consenta un dialogo continuo circa il senso dei contenuti e delle esperienze educative così da giungere a convinzioni ragionevoli perché fonte di esperienza personale e maturate entro un confronto aperto, franco, comunitario. Gli esiti di una corretta educazione morale consistono in • fiducia nella propria realtà personale, • capacità di cogliere, nell’ambito in cui si opera, significati buoni per sé e per la collettività, • disposizione a mettersi in gioco ovvero a porre in atto una responsabilità consapevole, • impegno ovvero modestia (moderazione nel considerare se stessi), lealtà (fe- deltà e senso dell’onore), forza d’animo e coraggio a fronte di ostacoli e dis- trazioni, La metodologia della formazione efficace richiede il rafforzamento della di- mensione unitaria della scuola, la cui dinamica si svolge secondo un vero e proprio piano formativo unitario e nel contempo personalizzato che preveda occasioni dif- ferenti di apprendimento, compresi i compiti-problema (unità di apprendimento) da svolgersi in laboratorio oppure in alternanza formativa. 14 L’elemento prioritario per la progettazione è costituito dal piano formativo, ov- vero la guida che indica la rappresentazione di massima del percorso che orienta i docenti-formatori nel loro lavoro. Non è quindi né un programma (sequenza di le- zioni per contenuti) e neppure un curricolo (sequenza di unità didattiche per obiet- tivi, attività e verifiche), ma il disegno del cammino dell’anno formativo con le at- tività principali che coinvolgono tutti i docenti-formatori e la loro scansione, speci- ficando ruoli, tempi, risultati e modalità di verifica e valutazione. Ciò significa che i formatori, prima ancora che docenti di una particolare ma- teria/disciplina, sono componenti di un’équipe che elabora un piano di intervento condiviso, unitario ed organico, nel quale si rintracciano i fattori di coerenza tra i diversi interventi, le tappe fondamentali del cammino di apprendimento degli al- lievi, i compiti reali o simulati su cui convergono gli sforzi formativi interdiscipli- nari, i riferimenti per una valutazione autentica. Carattere fondamentale della metodologia formativa è l’integrazione tra cono- scenze, abilità e capacità, al fine di delineare vere e proprie competenze che si col- locano lungo il percorso secondo una logica non meccanica, ma olistica. La pro- posta formativa valorizza l’esperienza concreta, si basa su una relazione amiche- vole, personalizzata, è centrata sull’acquisizione di competenze utili e sulla attribu- zione di senso agli apprendimenti proposti; essa appare particolarmente adatta specie per coloro che presentano uno stile di apprendimento che privilegia l’intelli- genza pratica, esperienziale, intuitiva, per scoperta e narrazione. Il fulcro della metodologia appare la pratica delle unità di apprendimento con- nesse alla cultura del lavoro e della società in cui i ragazzi sono inseriti; essa valo- rizza il lavoro non in forma esecutiva, bensì come un “bacino culturale” in grado di consentire al giovane - a partire da realtà concrete connesse al lavoro umano - di cogliere il legame che intercorre tra compiti reali, processi tecnologici, aspetti scientifici, elementi della cultura linguistica, della storia, delle scienze umane, della cittadinanza attiva. Con ciò si intende la struttura olistica del sapere, caratterizzata dal principio “il tutto nelle parti, le parti nel tutto”, oltre al suo corollario: “il tutto è maggiore della somma delle parti”. Tale scelta rende possibile la costruzione di un processo formativo di tipo costruttivistico, che risponda ai seguenti criteri metodo- logici: - enfasi sulla costruzione della conoscenza piuttosto che alla sua riproduzione, - consapevolezza della naturale complessità del mondo reale evitando così ec- cessive semplificazioni, - progressione sulla base di compiti autentici e contestualizzati, non astratti, - offerta di ambienti di apprendimento assunti dal mondo reale, basati sui casi, - offerta di rappresentazioni multiple della realtà, - alimentazione di pratiche riflessive, 15 - lavoro dell’allievo finalizzato alla costruzione di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto, - stimolo della costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la nego- ziazione sociale. In tal modo, la professionalità docente risulta composta da tre componenti: - la preparazione disciplinare nella forma dell’insegnamento, - la preparazione disciplinare nella forma della dimostrazione, della soluzione dei problemi, dei compiti reali, - la capacità di gestire situazioni di apprendimento interdisciplinari in coope- razione con i colleghi di altre aree disciplinari. Occorre evitare due riduzioni, ambedue deleterie: - l’addestramento, che mira ad un processo di apprendimento povero dal punto di vista personale e culturale, dove gli aspetti educativi rimangono in ombra e vengono visti solo come riflesso di un “disciplinamento” della per- sona mediante pratiche di affiancamento, imitazione e ripetizione di man- sioni secondo lo schema stimolo-risposta, - lo scolasticismo che riduce l’apprendimento ad un trasferimento di nozioni che non vengono mediate personalmente, ma rappresentano solo il contenuto di prestazioni rese a fronte del corrispettivo dato dal voto, indispensabile per essere promossi. L’approccio della formazione efficace richiede questi requisiti pedagogici ed organizzativi: • Aggregare le discipline in aree formative, • Sviluppare un’azione collegiale dei docenti tramite una progettazione uni- taria del percorso (prima che disciplinare), • Formare competenze che garantiscano la leggibilità delle conoscenze e delle abilità disciplinari mobilitate, • Stimolare l’“imparare facendo” attraverso una dislocazione “strategica” delle unità di apprendimento interdisciplinari, • Valorizzare ciò che rende piacevole e interessante la disciplina e l’area for- mativa, • Ampliare la professionalità del docente, • Coinvolgere i soggetti della società civile nel compito educativo (alternanza formativa), • Ampliare e concretizzare la valutazione (autovalutazione). 16 Serve soprattutto la figura del coordinatore-tutor, condizione indispensabile per l’affermazione di uno stile di lavoro collegiale che non si limiti alla raccolta delle valutazioni ma si concentri sul progetto di massima, persegua la personalizza- zione dei percorsi, sappia cogliere le opportunità e variare l’andamento del per- corso in funzione dei risultati e delle risorse. È necessario puntare sull’articolazione della figura del formatore docente, la qualificazione ed anche l’abilitazione del personale con interventi formativi mirati, non astratti ma tramite laboratori reali connessi ai progetti di innovazione delle pra- tiche professionali quotidiane. Serve infine un impegno dei dirigenti e delle figure di supporto perché si crei una comunità professionale dei formatori che condivida uno stile deontologico cen- trato sull’ethos educativo e formativo, partecipi alle attività innovative, si confronti al suo interno e all’esterno al fine di arricchirsi tramite lo scambio e la riflessione sulle buone pratiche poste in atto. Ciò comporta una autentica alternanza formativa, una metodologia che mira a stimolare tutte le dimensioni dell’intelligenza (quindi anche quelle pratiche, spa- ziali, intuitive, creative, relazionali, affettive…) consentendo maggiormente il per- seguimento del successo formativo. Essa richiede il coinvolgimento nel processo formativo di tutti i soggetti (for- mativi, economico, sociali, culturali, istituzionali) così da sviluppare una vera e propria rete di apprendimento in grado di sostenere l’intera attività formativa e di apportare ad essa intenzioni, sensibilità e risorse, che non possono che avvantag- giare i processi di apprendimento dei destinatari ed arricchire nel contempo la co- munità più ampia. Il metodo della formazione efficace richiede la creazione di legami più stretti con il contesto esterno, coinvolgendone i vari attori in un impegno di corresponsa- bilità educativa della società civile. Ciò nella logica dell’alternanza, ovvero della valorizzazione delle occasioni di apprendimento reale come modo di arricchimento del curricolo, e nel contempo nella logica della cooperazione tra figure diverse, poste in una comunità educativa più estesa rispetto all’ambiente interno alla istitu- zione formativa. Due sono i punti centrali della metodologia proposta: - rilevanza dell’esperienza, - valenza culturale del lavoro. 2.1. Rilevanza dell’esperienza All’interno di un percorso formativo lo svolgimento di un’azione specifica ha una profondità che va oltre il tema dell’efficacia e dell’efficienza: da essa può na- scere in modo induttivo la “conoscenza sistematica” di un aspetto della realtà, che 17 può quindi essere concepita anche come l’esito di un’azione e non solo come la sua premessa. È questa una delle caratteristiche fondamentali che identificano i percorsi di istruzione e formazione professionale (IFP) come percorsi di apprendimento che mettono in primo piano l’esperienza, il ‘fare’, il ‘compito reale’ come fonte di co- noscenza e di crescita umana. In questi percorsi il docente non pretende, né lo potrebbe, di insegnare attra- verso categorie astratte o pure definizioni. Ad esempio un insegnante di diritto, fa ‘incontrare’ gli studenti con un con- tratto reale – ad es. una vendita, per spiegare il concetto di contratto; analogamente un insegnante di elettrotecnica anziché iniziare spiegando gli aspetti teorici dell’an- tenna invita in classe un radioamatore che mostra come costruirne una rudimentale; sarebbe invece meno proponibile, per far capire l’origine della democrazia nell’or- dine della polis greca, riferirsi all’attuale concetto di città, perché l’esperienza di città che gli alunni adesso fanno è diversa, più caotica e problematica, e quindi an- drebbe identificata una situazione più calzante… In questo senso si colloca anche il ruolo delle esperienze di laboratorio: de- vono essere usate il più possibile come una possibilità aperta, come un ambiente dove si verificano delle esperienze reali, non solo simulate. In esso deve svolgersi un lavoro vero, un compito di realtà, che si può identificare, ad es., in una com- messa da parte di una azienda a cui si risponde con l’attività di laboratorio. Si deve così arrivare ad una situazione critica, che abbia diverse possibilità di affronto, e che quindi faccia emergere le reali competenze dell’allievo, che si evi- denziano proprio ‘in situazione’: non si possono proporre solo compiti che hanno sempre una soluzione, o che ne hanno una sola. In questo modo si educa anche il senso di responsabilità: il prodotto dell’atti- vità dei ragazzi non è indifferente, ma ha un committente, un mercato, interessa a qualcuno; invece nella scuola, comunemente intesa, essi fuggono dal dover rispon- dere a qualcuno, al punto che nemmeno l’interrogazione o la verifica scritta sono spesso più sentite come una responsabilità, perché prevalgono altri interessi. Il primato dell’esperienza si lega all’opzione per la gradualità del percorso for- mativo. In particolare, in tale percorso occorre anticipare gradualmente il superamento della semplice esecutività attraverso modalità di alternanza formativa. Si passerà così dal laboratorio come simulazione (in cui si ricostruisce una situazione, la si os- serva), a visite di istruzione, allo stage (modulato in diverse fasi di osservazione, supporto, progettualità autonoma), alla situazione reale, al progetto complesso. Questo percorso vede in atto vari livelli di competenza: 18 • un primo livello è quello in cui i ragazzi sono ancora molto esecutivi, ese- guono meccanicamente le istruzioni; questo è un passo comunque necessario per creare una competenza reale, • occorre poi gradualmente ridurre l’elemento di finzione/simulazione e incre- mentare quello di situazione reale, ad es. attraverso stage o committenza reale da parte di un’azienda, oppure partecipazione a concorsi, ecc., • questo percorso implica la prospettiva della graduale educazione di una ca- pacità critica, che può realizzarsi solo se l’allievo è posto ‘in situazione cri- tica’, momento attraverso cui è necessario passare, e che trova il suo compi- mento soprattutto al quarto anno, • il vero ‘salto’ è quello della responsabilità: ad un certo punto il ragazzo si rende conto che rispondere a qualcuno è utile, conviene. 2.2. Valenza culturale del lavoro In un percorso di istruzione e formazione professionale bisogna poter trarre dal lavoro una cultura, cioè occorre far emergere quel tipo di coscienza di sé e delle cose che è tipica e necessaria per l’ambiente di lavoro: affidabilità, impegno, te- nacia, rapporti gerarchici… D’altra parte occorre pure acquisire una cultura, un senso che dia forma al lavoro. In termini analitici, la cultura del lavoro è definita da un insieme di saperi, sia formali sia informali (ma non per questo meno impegnativi e vincolanti) organiz- zati secondo una strutturazione sua propria, distintiva, che tende a definirsi come “visione della realtà” e del proprio contributo in essa. Il sapere proprio del lavoro è una realtà complessa e nel contempo coesa che comprende un linguaggio, dei saperi distintivi, un insieme definito di compiti-pro- blemi rispetto ai quali si sviluppa la competenza di coloro che detengono tale sa- pere (sotto forma di padronanza), un “principio costruttivo” ovvero uno schema formale su cui si tematizzano gli assunti propri di tale sapere per divenire quadri concettuali ed operativi, un principio di indagine che consente di elaborare ipotesi interpretative nel momento in cui si scandaglia la situazione problematica alla ri- cerca di soluzioni pertinenti, le abilità tecniche, la creatività e la maestria ovvero l’apporto proprio del soggetto umano che lo compie, un repertorio di pratiche che definiscono la memoria del lavoratore ma anche della professione, i criteri di vali- dazione in forza dei quali il cliente-destinatario ed i componenti della comunità professionale – ma anche l’autorità pubblica, quando implicata – possono espri- mere un giudizio circa la qualità dei prodotti/servizi esito del lavoro. Nel lavoro troviamo due tipologie di saperi: quello esplicito che viene elabo- rato e fatto oggetto di trattazione formale e che rappresenta la parte emergente della cultura del lavoro, e quello implicito o tacito di gran lunga il più rilevante e “com- petente”, che si può cogliere per evidenze solo in quanto viene mobilitato nell’a- 19 zione e la cui acquisizione prevede necessariamente l’appartenenza alla cerchia professionale che lo condivide e che, in una qualche misura, lo rende inavvicinabile da parte di altri. Di conseguenza, i saperi lavorativi, concretamente vissuti entro re- lazioni sociali ed istituzionali rilevanti, presentano il carattere di formazione impli- cita, ovvero una realtà culturale e nel contempo una traccia lungo la quale è possi- bile delineare un cammino di crescita personale e di gruppo. Il processo formativo – ovvero la trasmissione dei saperi – è tutt’uno con il processo lavorativo e ne co- stituisce un elemento costante, nel senso che vi è come incorporato e viene mobili- tato nell’atto del fronteggiamento e soluzione razionale dei compiti-problema che impegnano la persona ed il gruppo che svolgono il lavoro. Occuparsi di cultura del lavoro significa quindi entrare in un ambito differente dalla strutturazione formale dei saperi, ed abbandonare la distinzione tipica della scuola tra cultura astratta e cultura operativa, applicata. Questa distinzione appar- tiene alle istituzioni culturali che, nel tempo, si sono rese autonome dalla realtà so- ciale ed hanno preteso di esaurire al proprio interno il discorso culturale. Per una istituzione formativa allearsi col mondo del lavoro è utile, perché il giovane è inserito in un contesto effettivo di realtà: in questa alleanza si realizza un aspetto della permeabilità della scuola rispetto al mondo esterno, alleanza che, al- largando il concetto, si può anche chiamare partenariato educativo. Però esiste anche il rischio che il mondo del lavoro si porti dietro e imponga una cultura (mentale e tecnologica) arretrata o assente, che tenda a cadere nella mera esecutività. Spesso, sia da parte degli allievi sia da parte delle aziende, si considera lavoro ‘quello che ti dicono di fare’, riducendo tutto all’esecuzione, al ‘mansionario’. Da una parte un semplice operatore qualificato non può comportarsi che così, ma dal- l’altra la realtà richiede di più, richiede responsabilità e autonomia professionale. In particolare, come sottolineato, è importante far crescere il senso di responsa- bilità: il prodotto del lavoro non è indifferente, e si impara rispondendo a qualcuno. Tutto questo qualifica la prospettiva educativa dei percorsi di istruzione e for- mazione professionale: essi sono tali se consentono ad ogni allievo di svolgere esperienze che ne sollecitano tutte le potenzialità buone, lo stimolano a mettersi in gioco nei confronti di compiti e problemi reali, mirano alla crescita della consape- volezza dei propri mezzi, della volontà di assunzione di gradi più elevati di auto- nomia e di responsabilità, divenendo in tal modo più persona e nel contempo più cittadino. 20 3. RILEVANZA EUROPEA DELLE SPERIMENTAZIONI IFP 3.1. Il movimento sperimentale Il movimento sperimentale relativo ai percorsi di istruzione e formazione pro- fessionale (IFP), in atto a partire dal 2002, rappresenta il fenomeno più coerente con quanto sostenuto dall’Unione europea a proposito della qualifica professionale ed in generale dei percorsi professionalizzanti. Si ricorda che il nostro Paese ha re- cepito il contenuto del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” av- viato in seguito al Consiglio europeo di Lisbona 2000 dove si afferma l’impegno volto ad assicurare ai giovani l’acquisizione, entro il diciottesimo anno di età, di una qualifica professionale che, a seguito degli impegni sottoscritti a Lisbona, deve corrispondere almeno al secondo livello europeo (85/368/CEE). La concezione for- mativa proposta dall’Unione europea è indicata da quattro prospettive di fondo: 1. migliorare la capacità d’inserimento professionale; 2. attribuire una maggiore importanza all’istruzione e alla formazione lungo tutto l’arco della vita; 3. aumentare l’occupazione nei settore dei servizi, latore di nuovi posti di la- voro; 4. promuovere la parità di opportunità sotto tutti gli aspetti. Il modello sperimentale, coerentemente con questi orientamenti, si fonda sul- l’ipotesi che l’istruzione e formazione professionale non va intesa come mero adde- stramento, ma come ambiente dal valore pienamente educativo, culturale e profes- sionale, rappresenta una leva privilegiata per azioni formative di reale integrazione sociale che mirano alla dotazione di competenze esercitabili nel contesto civile e sociale. Tale prospettiva supera l’idea deleteria della distinzione di ruoli e funzioni per cui la scuola dovrebbe concentrarsi sull’acquisizione di saperi in qualche mi- sura astratti dal contesto mentre spetterebbe alla formazione professionale di occu- parsi della loro attualizzazione rispetto alle esigenze del mercato del lavoro. L’i- struzione e formazione connessa alle professioni qualificate e tecniche non rappre- senta unicamente un segmento “terminale” del processo educativo, ma costituisce una via di pari dignità pedagogica in grado di soddisfare i requisiti del profilo edu- cativo, culturale e professionale, aperta a ulteriori tappe della formazione superiore e dell’alta formazione non accademica, secondo le indicazioni europee. In forma sintetica, possiamo riassumere lo sforzo delle sperimentazioni nell’in- tento di un profondo rinnovamento delle pratiche educative e nella fondazione di un approccio pedagogico ed organizzativo peculiare per il sistema di istruzione e for- mazione professionale entro una prospettiva unitaria comprendente una varietà di percorsi ed abitato da vari organismi, tutti aventi requisiti coerenti a tale compito. Le sperimentazioni effettuate hanno registrato esiti largamente positivi, così 21 come indicato nei vari rapporti di monitoraggio svolti da cui emerge anno per anno una crescita progressiva di iscritti, un risultato formativo notevolmente superiore a quello di riferimento (istruzione tecnica e professionale), una forte continuità nei percorsi ed una soddisfazione piena dei vari attori. Appare evidente dai dati presentati come le sperimentazioni di percorsi IFP, per la loro natura e per la complessità delle loro prospettive, rappresentino un vero e proprio laboratorio riformatore, di natura progettuale reale, in grado di confer- mare alcune ipotesi circa la soluzione di problemi rilevanti che affliggono il nostro sistema formativo e gli impediscono di ottenere quei risultati che tutti si attendono da esso. Le conferme emergenti dai monitoraggi indicano in che modo l’esperienza sperimentale possa dare risposte convincenti ad una serie di questioni condivisibili che riguardano il disegno del nuovo sistema educativo. Le criticità della scuola italiana, specie nel secondo ciclo degli studi e nei percor- si successivi, sembrano da ricondurre innanzitutto alla natura stessa del sistema così come si è configurato, o meglio all’assenza di una dimensione di sistema, visto che esso si presenta come un disegno a “canne d’organo” in cui ogni percorso è posto a sé stante mentre mancano standard comuni di riferimento a tutto il ciclo secondario. Inoltre, un’altra causa è da ricondurre alla “epistemologia delle discipline” che indica l’eccessiva frammentazione delle materie ed il peso dominante degli inse- gnamenti astratti, non collegati con la realtà. Questo limite indica nello stesso tempo la dominanza della cultura storico-filosofica e letteraria contro le culture scientifiche e tecniche, considerate di serie minore, mentre l’ambito professionale viene generalmente indicato per coloro che “non sono portati” per gli studi. Buona parte dei motivi della scarsa attenzione ai processi di apprendimento degli studenti deriva da questa scelta epistemologica che privilegia di gran lunga il pensiero astratto, mnemonico e deduttivo, mentre le altre forme di intelligenza – in- duttiva, operativa, spaziale, emozionale… - vengono scarsamente mobilitate. Ciò conduce ad una generale passività degli studenti, che non avvertono il valore di ciò che gli viene impartito in termini di competenza ovvero di padronanza nel fronteg- giare problemi reali. Vi sono inoltre rigidità metodologiche ed organizzative - prima fra tutte la ripartizione oraria e la classificazione degli insegnamenti - che non consentono di sviluppare percorsi centrati sulle reali capacità delle persone. Il carattere pienamente europeo del modello formativo proprio dei percorsi di istruzione e formazione professionale, è individuabile nei due principi guida del pluralismo formativo e della sussidiarietà: la situazione del sistema formato ita- liano, per molti aspetti più critica rispetto a quella degli altri paesi europei, neces- sita, per essere fronteggiata, della mobilitazione di tutte le risorse disponibili, senza preclusioni ideologiche, al fine di creare un sistema ad un tempo unitario e plurali- 22 stico, in grado di perseguire il bene non già di questa o di quella istituzione, bensì dei giovani e del loro futuro. È bene che tale patrimonio - senza discriminazioni ideologiche o pratiche - venga riconosciuto e pienamente valorizzato nello sforzo di qualificazione generale del sistema nella logica del diritto-dovere all’istruzione ed alla formazione di tutti e di ciascuno, nessuno escluso. 3.2. Il Quadro europeo delle qualifiche (QEQ) La presente guida – a differenza delle impostazioni tradizionali della Forma- zione professionale, che tendono a delineare il progetto formativo entro un legame stretto con gli standard professionali concepiti sotto forma di rigide sequenze di compiti - propone la necessità di distinguere chiaramente il momento della rileva- zione degli standard professionali dal momento della definizione dei traguardi for- mativi, sulla base di una mediazione ad un tempo sociologica - che tiene conto delle trasformazioni del mondo del lavoro e delle professioni – e pedagogica, cen- trata sulle categorie di una istruzione e formazione centrata sul valore educativo, culturale e professionale del lavoro. Al fine di individuare un riferimento fondato circa i temi oggetto di questo studio, si fa riferimento al Quadro Europeo delle Qualifiche (QEQ); si ricorda in- fatti che, Come previsto dal sistema di descrizione relativo all’adozione del Quadro europeo dei Titoli e delle Qualifiche (EQF), le competenze devono essere articolate attraverso l’espressione delle conoscenze e delle abilità che le declinano (o che de- vono poter essere mobilitate per raggiungere la competenza); pertanto, il presente documento, in linea con il Regolamento sull’obbligo di istruzione, prevede la de- scrizione delle conoscenze e delle abilità relative agli Assi culturali, che devono es- sere intese come articolazione della competenza corrispondente. È da tale fonte che traiamo il concetto di competenza, oltre a quelli di cono- scenze ed abilità, intesi come modo di definizione degli apprendimenti: 1) “competenze”: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capa- cità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Nel contesto del Quadro eu- ropeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsa- bilità e autonomia; 2) “conoscenze”: risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’ap- prendimento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e prati- che relative a un settore di studio o di lavoro. Nel contesto del Quadro euro- peo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche; 3) “abilità”: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know- how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del 23 Quadro europeo delle qualifiche le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti ). In tal senso, si intende per standard formativo il livello di accettabilità di una prestazione affinché possa essere considerata perlomeno sufficiente al fine del rila- scio del titolo corrispondente. Ciò significa che, per essere valutata in modo atten- dibile, la competenza deve essere sostenuta da evidenze reali ed adeguate e deve prevedere livelli differenti di padronanza. Nel presente lavoro si intendono per “livelli standard” le descrizioni dei com- portamenti degli allievi – in riferimento a specifiche competenze – secondo i tre re- quisiti di autonomia, responsabilità e complessità del compito. Tutto il nostro lavoro si fonda pertanto sull’articolazione del passaggio dal li- vello dei referenziali professionali a quello dei traguardi formativi, così da consen- tire sia una mediazione sociologica, connessa alle modifiche che riguardano il la- voro e le professioni, sia una pedagogica che riflette il modo in cui la persona umana accresce, tramite i percorsi formativi professionalizzanti, il proprio bagaglio educativo, culturale e professionale. 4. METODOLOGIA 4.1. Modello formativo Come abbiamo visto, al centro dell’identità professionale non vi sono gli aspetti tecnico-operativi – elementi comunque importanti, ma non decisivi – bensì una cultura professionale che esprime criteri/valori peculiari e quindi distintivi. Allo stesso modo, la concezione del lavoro non è definita da una corrispondenza ri- gida tra imperativi organizzativi definiti sotto forma di compiti e un insieme di pre- stazioni, ovvero unità operative tipiche che impegnano il soggetto nel fronteggiare specifici compiti organizzativi. La metodologia che si propone si riferisce ad una concezione del lavoro non più caratterizzata dalla somma meccanica delle parti (i compiti-mansioni), ma come un tutto unico che si riscontra in ogni parte del lavoro stesso. Il lavoro è visto come un’azione sociale di natura culturale che prevede un processo continuo di co- struzione e ricostruzione di significati, valori, compiti, procedure e criteri di qualità che identificano uno specifico contesto in cui si svolge l’attività umana; in tale con- testo risulta decisivo il coinvolgimento etico-culturale della persona ed una visione vocazionale del lavoro che indica la possibilità di una corrispondenza tra la perso- nalità del lavoratore e contesto lavorativo. Ciò indica a sua volta la rilevanza del- 24 l’appartenenza del singolo alla comunità professionale e quindi del gruppo di la- voro, un’unità ad un tempo organizzativa e culturale, ma pure un’entità in grado di apprendere e di elaborare soluzioni creative. Il processo formativo rappresenta quindi un cammino di ingresso in una comunità professionale Gli aspetti peculiari della metodologia formativa sono: a) centralità della cultura del lavoro, e specificamente degli assi culturali spe- cifici delle diverse famiglie professionali, quale riferimento del patto for- mativo e lavorativo dei soggetti coinvolti e quale elemento che sostiene percorsi formativi, educativi e culturali in grado di permettere l’accesso agli studi universitari e/o l’inserimento professionale ai livelli più elevati; b) riferimento dei processi formativi alla competenza intesa come caratteri- stica della persona, mediante la quale essa è in grado di affrontare efficace- mente un’area di problemi connessi ad un particolare ruolo o funzione entro un contesto professionale ed organizzativo di natura qualificante2; c) rilevanza del linguaggio come strumento di mediazione in grado di consen- tire il passaggio dal livello dell’esperienza alla riflessione sull’agire così da giungere al pieno possesso di un sapere personale, strutturato ed organico; d) strategia dell’alternanza formativa che consente – in riferimento al singolo allievo - di realizzare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si integrano reciprocamente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’organizzazione di lavoro e di impresa, rese possibili da un’alleanza fondata su un comune patto forma- tivo e lavorativo; e) rilevanza dei laboratori intesi come “situazioni di apprendimento” nei quali si sviluppa un processo formativo circolare tra teoria e prassi, basato sulla didattica dei compiti, riferito ad un profilo attivo e responsabile dei destina- tari, centrato su un processo di apprendimento per scoperta e per soluzione di problemi; f) enfasi sui prodotti reali (sotto forma di elaborati, tesi, procedure, metodo- logie, strumenti, ma anche rappresentazioni) in quanto oggetti realizzati dagli allievi che evidenziano in modo personale la loro padronanza che si evidenzia nel saper mobilitare le risorse a loro disposizione in modo perti- nente ed efficace, base di una valutazione autentica; g) personalizzazione dei percorsi, che in tal modo sono definiti in modo da mettere in luce e quindi in valore i talenti di cui ciascuno è portatore così da trasformarli in competenze attraverso esperienze di apprendimento oppor- tunamente calibrate (gruppo classe, gruppo di livello, gruppo di scopo, atti- vità di stage/tirocinio, attività individuale…). 2 È qualificante quel contesto organizzativo che sollecita le persone che vi interagiscono a mobi- litare le proprie potenzialità umane attribuendo loro un valore etico, giuridico ed economico e favo- rendo la loro attivazione ed il loro sviluppo. 25 I percorsi formativi sono definiti in riferimento a famiglie e figure professio- nali a carattere polivalente, espressione della cultura professionale il cui contenuto professionale è in relazione al livello di uscita del percorso, articolati in indirizzi. Tali percorsi, dotati di una sensibile flessibilità, presentano quindi ambiti co- muni alle diverse famiglie professionali, ambiti specifici della famiglia e curvature riferite alle figure professionali di riferimento. La struttura dei percorsi è tale da consentire ingressi ed uscite ad ogni punto, ed inoltre la valorizzazione degli apprendimenti (purché pertinenti) comunque ac- quisiti: in modo formale, non formale ed informale. In tal modo la persona può transitare tra le varie opportunità disegnando un proprio cammino personale, senza che gli vengano imposte né duplicazioni né perdite di tempo. La stessa struttura è inoltre tale da consentire in ogni caso ad ogni destinatario uscite certificate in riferimento alla mappa delle famiglie/figure professionali mi- rate ed alle relative competenze. 4.2. Occasioni di apprendimento La chiave del metodo sta nel coinvolgimento degli allievi. Essi sono chiamati a rendersi parte alla vita della istituzione formativa – con attenzione anche ad espe- rienze formative esterne al Centro di formazione – nelle varie occasioni di appren- dimento possibili, che richiedono differenti modi di implicazione: 1) Attività: è ciò che accade normalmente nella vita del gruppo classe, con un coinvolgimento tipicamente da “studente”, ovvero le lezioni, le esercita- zioni e le verifiche. Il gruppo classe è importante, ma non è esclusivo; esso è utile per una certa categoria di acquisizioni, specie quelle astratte e che sollecitano le capacità logico-cognitive ed in particolare mnemoniche. 2) Azioni: sono situazioni di apprendimento attivo chiaramente riferite ad un processo di apprendimento per scoperta, sulla base di simulazioni, progetti e compiti reali che vengono gestiti in modo sistematico. Sono intenzionali e programmate e si svolgono sotto forma di unità di apprendimento gestite e valutate secondo un metodo preciso definito come “formazione autentica”. 3) Esperienze: sono situazioni formative non strettamente curricolari relative alla vita di classe e di istituto (es.: accoglienza ed aiuto rispetto a compagni in difficoltà, organizzazione di incontri ed eventi) oppure riferite a contesti esterni alla istituzione formativa, purché documentate e sorrette da elementi probatori. Le esperienze, a differenza delle azioni, non debbono necessaria- mente essere gestite e valutate secondo la metodologia delle UdA, anche se richiedono comunque una programmazione ed una valutazione che si svolge secondo un approccio morbido ed intuitivo (Plessi 2004, 92). 26 Formare per competenze significa disegnare una relazione costruttiva fra sog- getto ed oggetto. In questo modo, l’apprendimento non viene causato, ma favorito mediante la scelta e la predisposizione di condizioni favorevoli (situazioni di ap- prendimento – Uda) che sfidano il discente e lo sollecitano ad una relazione perso- nale con l’oggetto del sapere. Questa metodologia cerca una corrispondenza tra il modo in cui la persona ap- prende ed il modo in cui si forma un sapere riconosciuto, e fa di questa corrispon- denza il centro della didattica. - Si conosce quindi nel modo della costruzione, cercando di ricavare delle “re- gole” da un’azione che in un primo tempo può apparire al soggetto solo dal punto di vista materiale e soggettivo, ma che poco a poco consente allo stesso di svincolarsi creativamente rispetto all’esperienza, acquisendo consa- pevolezza delle strutture e dei mediatori che compongono il sapere. - Non si conosce, invece, nel modo dualistico dell’applicazione (dopo) di un sapere appreso (prima), perché in questo modo la realtà perde il suo fascino ed il sapere si riduce a mera nozione che porta solo ad una sua ripetizione inerte (vale solo per il voto). Al centro del processo della competenza vi è quindi una particolare forma di azione, quella in cui risulta protagonista una persona in grado di mobilitare – in un modo strettamente personale, ovvero legato agli stili di apprendimento e di azione del singolo individuo - le risorse possedute (capacità, conoscenze, abilità) al fine di condurre un compito-problema ad una soluzione valida. La competenza non è per- tanto riducibile né a un sapere, né a ciò che si è acquisito con la formazione. Essa richiede necessariamente una prova concreta, nella quale il titolare si impegni in modo autonomo e responsabile a fronte di un sistema di attese che provengono da altre persone o istituzioni con cui si è instaurato un particolare legame di scambio. 4.3. Standard formativi I percorsi formativi di istruzione e formazione professionale sono vincolati da profili formativi che a loro volta indicano degli standard di risultato. Questi indi- cano un insieme di elementi – obiettivi, competenze, conoscenze ed abilità – che costituiscono il parametro di riferimento per la valutazione degli apprendimenti dei destinatari. In quanto elemento centrale dei Livelli essenziali delle prestazioni, essi mirano alla riconoscibilità e comparabilità degli apprendimenti a garanzia degli utenti e degli altri soggetti coinvolti. L’attuale contesto della Istruzione e formazione professionale propone due tipi di standard: 1) gli standard delle competenze di base e professionali; 27 2) le competenze dell’obbligo di istruzione che si distinguono in competenze degli assi culturali (asse dei linguaggi, asse matematico, asse scientifico- tecnologico, asse storico-sociale) e competenze chiave di cittadinanza e competenze professionali. A questi si aggiungono i traguardi dell’obbligo di istruzione che, come si evi- denzia dalla stessa norma che lo ha definito, non è terminale visto che si inserisce nell’ambito del diritto-dovere di istruzione e formazione che mira all’acquisizione di un diploma o almeno di una qualifica; non è un obbligo scolastico visto che si realizza anche tramite istituzioni formative entro percorsi di istruzione e forma- zione professionale; infine non è un biennio unico visto che non ha valore ordina- mentale; infatti “i saperi e le competenze di cui al comma 1 assicurano l’equiva- lenza formativa di tutti i percorsi, nel rispetto dell’identità dell’offerta formativa e degli obiettivi che caratterizzano i curricoli dei diversi ordini, tipi e indirizzi di studio” (art. 2, comma 2). Tale obbligo rappresenta pertanto un’articolazione didattica del diritto-dovere di istruzione e formazione che giunge fino ai 18 anni o comunque fino al consegui- mento di una qualifica professionale. La natura dell’obbligo di istruzione è pertanto da cercare nella dimensione educativo-didattica tramite la quale esso indica i saperi e le competenze, articolati in conoscenze ed abilità, che assicurano l’equivalenza formativa tra tutti i percorsi. Esso si concretizza in “orientamenti” comuni che i cur- ricoli dei diversi ordini, tipi ed indirizzi di studio debbono perseguire nel rispetto della loro identità e degli obiettivi che li caratterizzano, sotto forma di competenze. Le competenze previste dall’obbligo di istruzione sono divise in due categorie: 1) competenze di base degli assi culturali 2) competenze chiave di cittadinanza europea. Esse presentano un’articolazione che risente del modello proposto dal Quadro europeo delle qualifiche, e precisamente l’articolazione delle competenze in abilità (cui è stata aggiunta l’espressione “capacità”) e conoscenze, a loro volta definite secondo uno schema essenziale, centrato sui “nuclei potanti del sapere”, quindi evi- tando in tal modo di cadere in una sorta di enciclopedismo degli obiettivi specifici di apprendimento. Il punto di merito dell’obbligo di istruzione consiste di conseguenza in un inizio di costruzione, entro il sistema educativo italiano con particolare riferimento al secondo ciclo degli studi, di un sistema per competenze intese in senso non ri- duttivo al mero saper-fare, anche se la sua struttura non incide sugli attuali ordina- menti degli istituti di istruzione secondaria superiore, in attesa di ridefinizione del decreto attuativo del secondo ciclo, ora in stato di sospensione. 28 La normativa dell’obbligo di istruzione segue la logica del principio della “equivalenza formativa” tra percorsi diversi che mantengono la loro peculiarità; ciò consente di ottenere una confrontabilità dei percorsi senza negarne la specificità. Allo stesso tempo, questo approccio permette di salvaguardare l’autonomia di- dattica ed organizzativa, oltre che di ricerca, di ogni istituzione scolastica e forma- tiva, e permette pertanto di svolgere i percorsi mettendo in atto una metodologia peculiare che non può essere imposta dall’esterno né da programmi e neppure da apparati di valutazione di natura intrusiva che sollecitano – magari senza dichia- rarlo esplicitamente – un processo di omologazione delle istituzioni scolastiche e formative alle prospettive adottate dall’ente pubblico. La presenza di standard di risultato (che in realtà sono traguardi formativi, non essendo indicati i livelli di accettabilità delle prestazioni), fattore identificativo pro- prio degli standard ed il principio di equivalenza formativa garantiscono quindi la possibilità di mettere in atto una metodologia formativa pienamente Salesiana ed una pratica di valutazione come quella qui proposta. 5. LA CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI La certificazione degli apprendimenti rappresenta un’azione che mira a descri- vere in modo sistematico le acquisizioni della persona, preferibilmente sotto forma di competenze, ed a registrarle in un formato condiviso tra i diversi attori del si- stema educativo di istruzione e formazione professionale, compresi i soggetti eco- nomici. La certificazione mira pertanto a connotare il documento prodotto in stretto riferi- mento al merito delle acquisizioni della persona, di cui questa si è dotata attraverso le più diverse esperienze formative (formali, non formali ed informali). La certificazione si riferisce a due categorie di fenomeni: - in primo luogo le competenze intese come fattori che qualificano il grado di autonomia e di responsabilità della persona a fronte di specifiche categorie di compiti/problema dal rilevante valore personale, sociale e professionale; - nel contempo, essa specifica le conoscenze e le abilità, ovvero le risorse di cui la persona si è impadronita e che ha saputo certamente mobilitare nel la- voro di soluzione dei compiti/problema indicati. Nella certificazione debbono essere evidenziati i livelli di padronanza delle competenze, che possono essere indicati per gradi progressivi: basilare, adeguato, eccellente. La definizione di certificazione degli apprendimenti si lega necessariamente ad una seconda, quella del credito formativo. Questo rappresenta una documentazione 29 che attribuisce alla persona in possesso di un’acquisizione un valore esigibile presso un organismo formativo, in vista del raggiungimento di uno specifico titolo. Perché il credito relativo ad un’acquisizione formativa sia effettivamente esigi- bile, occorre che l’organizzazione ricevente riconosca la certificazione fatta da quella inviante ed attribuisca a questa certificazione un valore affinché possa essere davvero utilizzata per accedere a (o progredire in) un percorso formativo o lavora- tivo senza che alla persona titolare sia imposto di ripetere le attività di apprendi- mento riconosciute. Di conseguenza, il credito formativo indica il valore di una certificazione e sancisce l’accettazione da parte dell’organismo ricevente della validità della forma- zione impartita all’allievo da altri organismi e viceversa, a condizione che vengano soddisfatte le tre successive condizioni: a) che l’organismo rilasciante sia accreditato secondo le procedure apposita- mente previste e che in particolare preveda una funzione organizzativa, per- sonale adeguato a tale compito e che adotti la metodologia prevista; b) che il credito ed il suo valore sia chiaramente riferito al PECUP ed alle In- dicazioni regionali; c) che contenga le informazioni necessarie ad individuare le attività formative svolte, le competenze personali e professionali maturate dal titolare, le co- noscenze e le abilità che egli ha acquisito e che sono iscritte nelle compe- tenze maturate. Il riconoscimento di un credito avviene mediante un processo di bilancio che prevede anche l’analisi dei materiali di valutazione e di documentazione contenuti nel Portfolio delle competenze personali dell’allievo. Tale analisi riguarda la pre- senza delle condizioni di validità del credito stesso, e di norma non prevede una prova di accertamento di tipo valutativo poiché l’attestazione soddisfa già i requi- siti di trasparenza necessari. In questo senso, la certificazione costituisce un atto con cui viene accertato il possesso di una competenza determinata ovvero il possesso di un credito forma- tivo, ma il cui valore effettivo dipende però dall’organizzazione presso cui viene proposto. Certificazione degli apprendimenti e crediti formativi alludono ad un docu- mento che, pur non sostituendosi al titolo di studio, si propone (perlomeno sul piano intenzionale) come strumento atto ad accompagnare la persona nella sua cre- scita in termini di esperienze e di competenze: si tratta del libretto formativo. Que- st’ultimo, definito in sede istituzionale nazionale ai sensi dell’accordo Stato-Re- gioni del 18 febbraio 2000, rappresenta “il libretto personale del lavoratore… in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendi- stato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non for- male e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di appren- dimento permanente, purché riconosciute e certificate” (art. 2 comma i) Decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276. Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendi- mento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. La realizzazione di questo documento trae origine dalla limitatezza delle de- claratorie professionali basate sulle qualifiche come fonte per precisare la padro- nanza professionale del titolare; esso si presenta quindi come uno strumento dina- mico in grado di accompagnare la persona in tutto l’arco della sua esperienza for- mativa e lavorativa in coerenza con il concetto di lifelong learning. Questa concezione è coerente con le strategie e le azioni dell’Unione europea finalizzate alla trasparenza delle competenze e alla mobilità delle persone tanto che il Libretto può essere considerato il corrispettivo italiano di EUROPASS, il passa- porto delle qualifiche e delle competenze che favorisce la “portabilità” delle stesse in Europa, con la differenza che il Libretto rappresenta la carta d’identità per muo- versi sia sul territorio nazionale, sia attraverso le diverse esperienze di apprendi- mento e lavoro. È infine coerente con la Borsa Continua del Lavoro per favorire l’incontro domanda-offerta di lavoro. Il Libretto fornisce informazioni sul soggetto e sul suo curriculum di apprendi- mento formale, non formale e informale, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un sistema formativo all’altro; rende riconosci- bili e trasparenti le competenze comunque acquisite e sostiene in questo modo l’oc- cupabilità e lo sviluppo professionale; aiuta gli individui a mantenere consapevo- lezza del proprio bagaglio culturale e professionale anche al fine di orientare le scelte e i progetti futuri. L’adozione di una metodologia di certificazione degli apprendimenti non rap- presenta quindi unicamente un fenomeno compilativo di natura amministrativa, ma richiama una pratica formativa centrata su competenze che, a sua volta, comporta il passaggio già indicato da un insegnamento “inerte” ad un insegnamento più vitale, superando la mera trasmissione dei contenuti per avviare una pratica di costruzione degli stessi, così che gli allievi siano protagonisti del loro cammino. 30 31 6. GLOSSARIO Abilità “Indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qua- lifiche le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero lo- gico, intuitivo e creativo) e pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di me- todi, materiali, strumenti” (QEQ). Alternanza Strategia metodologica che consente – in riferimento al singolo allievo - di realiz- zare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si integrano reciproca- mente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’organizzazione di lavoro e di impresa. Apprendimento formale Apprendimento acquisito in un contesto organizzato e strutturato (in un istituto sco- lastico / di formazione o sul posto di lavoro) ed esplicitamente designato come tale (in termini di obiettivi, tempi o risorse). L’apprendimento formale è un atto volon- tario della persona che apprende; generalmente termina con una certificazione. Apprendimento non formale Apprendimento che si acquisisce entro iniziative oggetto di programmazione, non esplicitamente designate come attività d’apprendimento (in termini di obiettivi, tempi o risorse), ma che contemplano una parte importante di apprendimento. È un atto volontario della persona che apprende e generalmente non termina con una certificazione. In tal senso, la procedura di validazione mira essenzialmente alla va- lorizzazione degli apprendimenti acquisiti in modo non formale, per giungere ad una loro certificazione. Apprendimento informale Tutti gli apprendimenti che avvengono senza un’intenzione formativa esplicita ed un programma mirato a ciò. La gran parte degli apprendimenti delle persone av- vengono nella modalità informale. Bilancio di competenze Particolare dispositivo di rilevazione delle competenze di cui la persona è porta- trice ed acquisite tramite l’esperienza di vita e di lavoro, anche in assenza di titoli formali (certificati, diplomi o attestati). Tale dispositivo, di origine francese, ha lo scopo di individuare e di certificare tali competenze e quindi di renderle evidenti socialmente e contrattualmente, specie in riferimento a giovani ed adulti a bassa scolarità. Nel contesto normativo francese è utilizzato per la mobilità lavorativa. Capacità personali Caratteristiche della persona possedute su base innata e appresa. Riguardano i suoi repertori di base: cognitivo, affettivo-motivazionale, socio-interpersonale. Esse ri- flettono i valori ed i contenuti propri dell’educazione che la persona vive specie nell’età evolutiva; si riferiscono quindi alla famiglia di appartenenza, alle agenzie educative e formative ma anche ai legami significativi individuali e di gruppo. Esse rappresentano le potenzialità dell’allievo che richiedono di essere riconosciute (in- nanzitutto a favore del destinatario stesso) e attualizzate. Tali capacità, raramente coltivate in modo formale dalle istituzioni formative, sono attualmente considerate preziose per l’adattamento personale, interpersonale, scolastico e professionale. Questa definizione, di senso comune, dovrebbe essere accettata anche sulla base dei risultati della ricerca e delle teorie sulle “intelligenze multiple”, per poter essere la base delle azioni volte al “successo formativo” di ciascuno, che non è un tra- guardo uguale per tutti, ma, appunto, va misurato (almeno nell’istruzione e nella formazione di base) sul “valore aggiunto” che ciascuno è riuscito a raggiungere sulle sue capacità personali. Capolavoro / prova professionale Rappresenta il prodotto reale più significativo che l’allievo realizza nel momento della valutazione finale del percorso di istruzione e formazione professionale e che mira a dimostrare la sua padronanza in riferimento alle competenze proprie della fi- gura professionale che intende assumere. Tale espressione riprende una pratica della cultura artigianale che consiste nella prova concreta e significativa che il can- didato fornisce per poter essere giudicato meritevole di far parte della cerchia della comunità professionale. Certificazione degli apprendimenti Azione che mira a descrivere in modo sistematico le acquisizioni della persona (competenze, conoscenze ed abilità, maturazioni) per livelli di padronanza ed a re- gistrarle in un formato condiviso tra i diversi attori, secondo i criteri di: - comprensibilità del linguaggio - attribuibilità delle competenze al soggetto - evidenziabilità delle prestazioni e loro contesto - validità del metodo di valutazione. La certificazione si conclude con il rilascio di un attestato, titolo o diploma da parte di un organismo accreditato che rappresenta il documento ufficiale che indica gli ambiti ovvero le competenze in cui il candidato ha già acquisito padronanza. Competenza “Comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia” (QEQ). 32 33 La competenza non è riducibile al mero saper fare, ma indica l’autonomia e la re- sponsabilità della persona in ordine alla vita personale e sociale intesa nel suo com- plesso. Essa non è assimilabile pertanto ad un processo di adattamento, ma di rico- noscimento e sviluppo delle potenzialità del soggetto entro un ambito che ne solle- cita la libertà, la volontà e la responsabilità. Comunità educante Ambiente ricco di valori, professionalità e stimoli costituito da tutti coloro che in vario modo partecipano alla vita della struttura formativa e ne condividono la mis- sione educativa; è il centro propulsore e responsabile di tutta l’esperienza educativa e culturale, aperta al contesto esterno, entro cui si delinea e si consolida progressi- vamente la corresponsabilità educativa della famiglia e dell’organismo formativo, in una logica di continuità e con l’intento di contribuire al bene della società. Conoscenze “Risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le cono- scenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative a un settore di studio o di lavoro. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche” (QEQ). Credito formativo Si ha un credito reale solo quando un’organizzazione riconosce l’attestazione e la certificazione fatta da un’altra ed attribuisce a questa certificazione un “valore” af- finché possa essere davvero utilizzata per accedere a (o progredire in) un percorso formativo o lavorativo. Di conseguenza, la semplice certificazione non rappresenta di per sé un credito. Perché un credito sia tale bisogna che ci sia un “potere” che lo riconosce (o che impone alle organizzazioni coinvolte di riconoscerlo). Formazione efficace Orientamento proprio di una struttura formativa che pone al centro del suo compito il “coltivare talenti” di tutti i cittadini, senza esclusione di nessuno, e proporre la cultura come esperienza ed appropriazione personale in vista di un progetto di vita significativo. Le condizioni essenziali per la formazione efficace sono: - Senso di comunità e condivisione di un progetto unitario da parte di tutti gli educatori - Ascolto e lettura delle peculiari caratteristiche di ciascun destinatario - Ricerca di alcune occasioni formative chiave “forti” ed in grado di coinvol- gere tutti gli educatori - Strategia mista: destrutturata e strutturata - Buon senso (non imporre cose che non si sanno fare; non limitarsi all’elenco dei problemi; “quel che piace a me piace anche ai ragazzi”) - Dare importanza al coordinatore per evitare una frammentazione delle atti- vità - Riflettere sulle esperienze e trovare gli stimoli di miglioramento. Equivalenza formativa Corrispondenza stabilita tra due titoli o parti di una formazione in riferimento ai ri- spettivi programmi di formazione, tale da poter sviluppare una comparazione tra i percorsi e gli esiti formativi – anche in vista di passaggi e di processi di certifica- zione reciproci. Indicatore È il fattore osservabile che pone in evidenza il processo di apprendimento e con- sente di ancorare la misurazione ed il giudizio valutativo ad un riferimento con- creto, consentendo così di giungere ad esiti attendibili ovvero sostenuti da efficacia dimostrativa e riscontro probatorio. Libretto formativo del cittadino “il libretto personale del lavoratore… in cui vengono registrate le competenze ac- quisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inseri- mento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate” (art. 2 comma i) Decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276. Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendi- mento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. Notazione Il processo di misurazione come pure quello di valutazione concludono con l’e- spressione di una nota che consiste nell’attribuire un segno riferito ad un apprendi- mento; ciò può avvenire in forma si/no, in forma algebrica, per scale di rating, per narrazione. Personalizzazione Riferimento del percorso formativo alla specifica realtà personale dell’allievo. Per- sonalizzare significa delineare differenti modi di acquisizione di conoscenze, abilità e competenze, in base alle caratteristiche personali degli allievi: stili di apprendi- mento, metodi di studio, caratteristiche peculiari. La personalizzazione non avviene unicamente in un gruppo classe, ma prevede una flessibilità nell’aggregazione di gruppi di allievi: gruppi classe (per alcuni scopi), gruppi di livello (per altri scopi), 34 35 gruppi d’interesse, laboratori, ecc. Il gruppo classe rappresenta più un gruppo di so- cializzazione che un gruppo di apprendimento, mentre solo quando si costituiscono gruppi di “scopo” gli allievi imparano meglio. Il concetto di personalizzazione, che non va confuso con quello di individualizzazione che implica l’adattamento del per- corso formativo al singolo individuo (es: nei casi di allievi disabili), richiede sempre un’analisi dei bisogni dei soggetti che porti a modalità organizzative diversificate per gruppi, che possono variare a seconda degli obiettivi di apprendimento. Portfolio/dossier personale Raccolta significativa dei lavori dell’allievo - a cura dello stesso con il supporto dei formatori - capace di raccontare la storia del suo impegno, del progresso e del suo rendimento. Con esso si mira a evidenziare il suo patrimonio di capacità, conoscenze, abilità e competenze, con una metodologia che consente di concentrare l’attenzione su ciò che sa fare con ciò che sa. Prova Elementi giustificativi di varia natura: descrizione delle attività, diplomi, attestati, dichiarazioni, certificati di lavoro, diario di lavoro, realizzazioni personali, argo- mentazione orale, ecc. Permettono ai periti di pronunciarsi in merito alle competen- ze dichiarate. Rubrica delle competenze Strumento in grado di coniugare l’univocità dei riferimenti e la varietà dei percorsi possibili. Inoltre, presenta un insieme ordinato di indicazioni metodologiche ed ope- rative a carico dell’équipe di educatori-formatori finalizzato alla descrizione delle acquisizioni di un soggetto – indicandone il livello di padronanza - sia attraverso la frequenza ad un percorso formale sia tramite esperienze formative non formali ed informali. In tal modo, la rubrica per le competenze rappresenta una matrice che ci consente di identificare, per una specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le sue componenti: • Indicatori, ovvero le evidenze (compiti, comportamenti osservabili) che co- stituiscono il riferimento concreto della competenza • Livelli, ovvero i gradi di padronanza (basilare, adeguato, eccellente) che il soggetto è in grado di mostrare nel presidiare quei compiti • Conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso dell’a- zione di apprendimento, ovvero quelle che costituiscono il centro di quel campo di sapere competente. Standard (referenziale) professionale Descrizione delle caratteristiche di un ruolo professionale, ed in particolare la collo- cazione organizzativa ed i compiti che caratterizzano tale ruolo, così da costituire ri- ferimento per la progettazione - e la certificazione finale - di un percorso che miri a formare persone dotate di competenze adeguate. L’utilizzo dei profili professionali risponde alla necessità di finalizzare le attività di istruzione e formazione tecnico professionale alle reali necessità del mondo del lavoro, così da consentire l’occupa- bilità delle persone formate e la loro valorizzazione entro il contesto economico. Standard formativi Insieme di elementi che costituiscono il parametro di riferimento per la valutazione degli apprendimenti dei destinatari e mirano alla riconoscibilità e comparabilità degli apprendimenti a garanzia degli utenti e degli altri soggetti coinvolti. Gli standard si riconoscono per il fatto di articolare gli apprendimenti attesi in li- velli di padronanza, lungo una scala definita dai parametri di autonomia, responsa- bilità e di complessità del compito/problema. Successo formativo È il successo del progetto di vita della persona in apprendimento; esso comprende tutte le sue componenti (cognitive, emotive, operative, morali, spirituali, este- tiche…) entro una prospettiva unitaria o integrale. Il successo prevede una presa in carico formativa, la lettura/consapevolezza dei talenti personali, la conoscenza della realtà, l’individuazione di una meta desiderabile e di un itinerario da seguire, infine l’elaborazione dei criteri guida per la sua percorrenza. Titolo di studio Documento ufficiale che viene rilasciato al termine del percorso formativo ordina- mentale e che attesta l’acquisizione da parte del titolare delle competenze, cono- scenze ed abilità connesse agli standard formativi di riferimento. Nel sistema di istruzione e formazione professionale si prevedono i seguenti titoli: qualifica pro- fessionale, diploma professionale, diploma professionale superiore. Esso ha un duplice valore: riconosce ad un individuo d’aver seguito con successo un’azione d’insegnamento o di formazione, ed inoltre indica il possesso dei requi- siti utili per l’accessibilità ad una professione e per progredire all’interno di un con- testo professionale. Traguardi formativi Insieme delle mete finali che si intendono raggiungere nel corso dell’azione forma- tiva, definite in termini di competenze articolate in abilità/capacità e conoscenze. Unità di apprendimento Struttura di base dell’azione formativa, ad ampiezza massima (tutti i formatori), me- dia (alcuni) o minima (area formativa), costruita su compiti reali (o simulati) e relati- vi prodotti che i destinatari sono chiamati a realizzare, ed indicante le risorse (capaci- tà, conoscenze, abilità) che egli è chiesto di mobilitare per diventare competente. 36 37 L’UdA esprime una pedagogia dei compiti che mira alla capacità di “costruzione” e la “capacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta attraverso prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso. Validazione Processo mediante il quale da parte di soggetti terzi (anche rispetto al processo for- mativo) viene attribuito un giudizio di validità ad una competenza posseduta da un individuo, dopo che questa è stata dimostrata attraverso un efficace ed efficiente fronteggiamento di un compito reale. La validazione, inoltre, riguarda anche la rubrica della competenza ovvero il rap- porto tra indicatori/evidenze, livelli di padronanza e risorse (conoscenze ed abilità) mobilitate. Validazione degli apprendimenti acquisiti Procedura mediante la quale un’istituzione scolastica o formativa riconosce che i saperi e/o le competenze risultanti da una formazione formale o non formale o dal- l’esperienza hanno lo stesso valore di quelle sancite da un titolo di studio. Valutazione Valutare significa attribuire un valore ad un’azione. Nel caso della formazione, la valutazione è quell’attività che mira a rilevare il patrimonio di capacità, cono- scenze, abilità e competenze di una persona, utilizzando una metodologia che con- senta di giungere a risultati certi e validi. L’espressione richiama l’attribuzione di un giudizio (stimare, apprezzare) all’azione stessa, che richiede a sua volta un mo- dello di riferimento definito ed inoltre una metodologia operativa. la valutazione è detta “autentica” quando mira a verificare non solo ciò che un al- lievo sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa” fondato su una prestazione reale e adeguata dell’apprendimento che risulta così significativo, poiché riflette le espe- rienze reali ed è legato ad una motivazione personale. Verifica Raccolta sistematica di elementi che consentono di comprendere a quale punto del cammino di apprendimento si colloca l’allievo, così da indirizzare l’azione forma- tiva in direzione di ciò che appare utile e necessario al fine di colmare le lacune e di valorizzare le capacità dei destinatari. La verifica non presenta quindi una natura di giudizio in rapporto a parametri di ri- sultato (standard), ma di processo (comprensione, partecipazione, sviluppo degli apprendimenti). 7. 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In questo senso, l’ispirazione pragmatica delle soluzioni proposte è motivata anche dal rispetto del lavoro dei formatori, in forza del criterio secondo cui è giusto sollecitare soltanto quelle metodologie che dimostrano di migliorare effettivamente le pratiche professionali e che contribuiscono a valorizzare la loro professionalità stimolandoli al confronto, alla riflessione ed al miglioramento continuativo. Ciò è coerente con l’intento di sostenere la crescita di una comunità professionale di for- matori in grado di fare ricerca mediante l’arricchimento continuo e reciproco delle pratiche educative, ivi compresa la valutazione. Avvicinandoci ora più direttamente alla metodologia adottata, si può dire che il riferimento prioritario è rivolto alla natura educativa dell’azione e quindi anche della valutazione che vi si svolge (Plessi 2004, 255). In questo senso, tre sono le fi- nalità dell’azione valutativa: - innanzitutto essa svolge un compito pienamente formativo in forza del quale è al servizio dell’intervento educativo cui fornisce informazioni e stimoli così da aiutare coloro che progettano e gestiscono l’intervento a compren- dere meglio la situazione e puntare al suo miglioramento continuativo (Pa- lumbo 2006), - in secondo luogo essa intende riscontrare nel destinatario la presenza dei re- quisiti (conoscenze, abilità, competenze e capacità personali) che consentono di attribuire ad esso il titolo di studio in quanto fattore ad un tempo educa- tivo, culturale e professionale, e quindi il certificato delle competenze che rappresentano il riferimento prioritario degli apprendimenti, ed inoltre delle conoscenze, abilità e capacità personali, 44 - infine, essa consente di delineare un linguaggio ed un metodo di confronto, così da porre in atto una cooperazione educativa tra l’organismo formativo e i soggetti coinvolti nell’educazione ovvero la famiglia ed i soggetti della vita economica – aziende ed enti – così da condurre ad esiti non solo valutati ma anche condivisi e validati in modo congiunto dalla comunità educante intesa in senso ampio. Questo approccio esclude da un lato una concezione della valutazione come at- tività volta esclusivamente al controllo ed alla misurazione di comportamenti pre- stabiliti (Tacconi 2007, 6) perché in questo modo verrebbe meno la sua natura edu- cativa e l’intera azione si ridurrebbe all’esecuzione di programmi prestabiliti che chiedono solo di essere posti in atto. Inoltre manca la prova – o meglio: esistono prove contrarie a questa tesi - che sia possibile elaborare verifiche in grado di assi- curare esiti attendibili e generalizzabili secondo i requisiti della obiettività, della si- curezza e della imparzialità3. Inoltre, l’approccio adottato esclude una concezione autoreferenziale della va- lutazione, intesa come compito esclusivo dell’istituzione formativa e quindi attri- buita ai soli formatori, senza il concorso degli attori interessati al buon esito delle azioni educative. In particolare, in riferimento a quest’ultimo aspetto, si è voluto proporre una metodologia in grado di assicurare una reale cooperazione educativa tra i soggetti della comunità; ciò ha portato alla necessità di considerare i seguenti punti di vista: - quello della famiglia che nella gran parte dei casi predilige metodi valutativi cosiddetti “tradizionali” centrati sulla notazione relativa alle discipline ed al comportamento dell’allievo; - quello dell’impresa che ha a cuore sia gli aspetti di abilità tecnica sia quelli definiti come “comportamento organizzativo”, ma anche le capacità della persona espresse in termini di motivazione e progetto. Tutto ciò si è tradotto in una cura del linguaggio, di cui si è perseguita ad un tempo la chiarezza e la condivisione, così da proporre locuzioni e notazioni in grado di riferirsi ad oggetti capaci di evidenza dal punto di vista dei soggetti coin- volti, evitando formule eccessivamente specialistiche e criptiche. L’adozione di un linguaggio chiaro e condiviso è inoltre una condizione essen- ziale per poter arricchire la valutazione degli apprendimenti e delle acquisizioni 3 “Nel maggio del 1999 in una sessione speciale dedicata alla valutazione degli apprendimenti, Edward Haertel proclamò che era fallito il movimento per l’elaborazione di verifiche scolastiche ca- paci di garantire valutazioni attendibili e generalizzabili” (traduzione del testo di Spalding E. Tre P per valutare, a cura dell’ADI (http://ospitiweb.indire.it/adi/Portfolio/p1una%20storia.htm). 45 con la pratica dalla validazione che comporta un giudizio circa il valore degli esiti effettuato a carico degli stakeholder principali, in particolare i tutor aziendali ed i professionisti coinvolti specie nelle attività formative svolte presso gli ambienti reali di lavoro. Nel momento della validazione avviene un riconoscimento sociale di ciò che il progetto è stato in grado di realizzare, e consente all’allievo formato di poter vantare nel proprio curricolo l’esperienza svolta ed il giudizio espresso. In questo senso, l’intesa tra i soggetti del sistema educativo ed i soggetti del mondo economico possiede anche un carattere epistemico poiché consente di creare comunità di lavoro che concordano circa i requisiti di un’azione formativa effettivamente riuscita, condividono il dispositivo di valutazione e validazione degli apprendimenti ed in generale rende possibile uno scambio fattivo ed arric- chente tra i soggetti coinvolti (Rullani 2004, 319). Ciò comporta che la valutazione non coincide con una fase o una particolare attività, ma è un fattore che arricchisce la dinamica relazionale e sociale dell’azione formativa che in tal modo viene vista non più come una prerogativa esclusiva dele- gata a specifiche istituzioni dove operano professionisti a ciò dedicati, ma rappre- senta un momento di corresponsabilità della comunità sociale che in tal modo at- tualizza la sua vocazione educativa. La relazione rappresenta pertanto non solo la dimensione fondamentale dell’a- zione educativa che si svolge tra formatore e destinatario, ma anche quella relativa alle dinamiche che coinvolgono i vari attori che concorrono alla qualità dell’azione formativa. Similmente, l’elemento fondamentale della presente guida è costituito dalla re- lazione che intercorre tra il cuore del processo di apprendimento e quindi di valuta- zione, ovvero la competenza, le capacità della persona ovvero le sue potenzialità, ed infine le risorse mobilitate dalla persona (conoscenze ed abilità). La metodo- logia proposta mira a rendere leggibile tale relazione entro un’esperienza formativa concreta nella quale il destinatario mostra di essere in grado di saper agire e reagire alle sollecitazioni proposte attraverso la mobilitazione di conoscenze, abilità e ca- pacità di cui è in possesso, così da perseguire un risultato positivo. Questo approccio ci consente inoltre, in forza di tale strutturazione, di consi- derare egualmente fenomeni formativi diversi, ovvero formali, informali e non for- mali, in modo da ricostruire le acquisizioni significative della persona indistinta- mente dal modo e dal luogo in cui sono avvenuti. Ciò vale in ogni momento del processo formativo, ma anche per interventi svolti in riferimento a destinatari do- tati di un bagaglio di acquisizioni che non sono necessariamente l’esito di un per- corso formale. Una metodologia siffatta può pertanto essere applicata in diversi contesti e con differenti tipologie di utenti, anche se rimane in ogni caso la neces- 46 sità di una condivisione di fondo con tutti gli attori che sono coinvolti nelle azioni formative. L’équipe dei formatori esprime la valutazione circa: 1) la competenza, ovvero la padronanza dimostrata dall’allievo nel risolvere un insieme di problemi posti e di utilizzare ed incrementare le proprie ri- sorse in ordine all’assolvimento dei compiti indicati. Sono individuate tra- mite la rubrica: esiste se sono soddisfatti tutti gli indicatori previsti, almeno a livello di soglia; 2) le singole conoscenze ed abilità il cui apprendimento è richiesto per la cor- retta soluzione del compito in riferimento alle diverse aree formative. Queste ultime sono individuate mediante: compiti reali (nei quali sono “mobilitate”), test (individuate tra alternative), esercizi (applicate), compiti ed interrogazioni (argomentate in modo pertinente); 3) i comportamenti e la condotta della persona, specie quelli riferiti all’in- sieme della vita dell’organismo formativo e che vengono specificati nor- malmente nei seguenti indicatori: cura personale, rispetto degli altri (com- pagni e personale), rispetto delle regole, rispetto dell’ambiente, spirito di condivisione, ovvero ciò che è definito nel progetto educativo. I tre fattori sono da considerare non come tre ambiti giustapposti, ma come componenti di un processo formativo olistico, quindi rintracciabili in ogni attività che l’allievo è chiamato a svolgere, sia in modo forale sia informale. Trattandosi di un approccio olistico, si è scelto di porre al centro dello stesso un linguaggio ed una metodologia che consenta di rappresentare le relazioni che inter- corrono tra compiti, conoscenze ed abilità oltre che comportamenti e che permetta di delineare un accordo tra docenti e di condurre ad una certificazione valida delle competenze. Ciò è reso attraverso la Rubrica ovvero “matrice” della competenza. Essa consiste in uno strumento in grado di coniugare l’univocità dei riferimenti e la varietà dei percorsi possibili. Inoltre, presenta un insieme ordinato di indica- zioni metodologiche ed operative a carico dell’équipe di educatori-formatori fina- lizzato alla descrizione delle acquisizioni di un soggetto – indicandone il livello di padronanza - sia attraverso la frequenza ad un percorso formale sia tramite espe- rienze formative non formali ed informali. La rubrica per le competenze rappresenta una matrice che ci consente di iden- tificare, per una specifica competenza oggetto di azione formativa, il legame che si instaura tra le sue componenti: • Indicatori, ovvero le evidenze (compiti, comportamenti osservabili) che co- stituiscono il riferimento concreto della competenza 47 • Livelli, ovvero i gradi di padronanza (basilare, adeguato, eccellente) che il soggetto è in grado di mostrare nel presidiare quei compiti • Conoscenze ed abilità più rilevanti mobilitate dal soggetto nel corso dell’a- zione di apprendimento, ovvero quelle che costituiscono il centro di quel campo di sapere competente. La rubrica delle competenze, connessa al profilo ed al repertorio, sulla base di una scelta degli obiettivi formativi rilevanti e significativi per il gruppo classe, per i sottogruppi e per le persone che li compongono, consente all’équipe formativa i se- guenti tre utilizzi: • Individuazione delle situazioni di apprendimento consone e rilevanti, oltre che essenziali, su cui impegnare i componenti dell’équipe ad un lavoro pre- valentemente interdisciplinare; • Verifica e valutazione delle acquisizioni effettivamente agite in modo perti- nente ed efficace da parte degli allievi; • Rielaborazione degli obiettivi e dei percorsi di apprendimento così da indi- rizzare l’azione formativa in modo da valorizzare le acquisizioni e sormon- tare le criticità emerse. La rubrica è uno strumento di supporto dell’azione didattica nella logica della costruzione del percorso formativo, in modo condiviso tra i docenti che compon- gono l’équipe. È uno strumento che esige un riscontro o validazione, composto di due passi: • nel momento della elaborazione essa richiede una validazione provvisoria, che consiste nel riflettere sulla sua struttura, sul linguaggio, sul suo carattere evocativo e di facilitazione dell’azione didattica, • a seguito della sua applicazione essa chiede di essere validata rilevando i ri- scontri provenienti dal campo in cui si è sperimentata così da poter giudicare della sua consistenza e procedere ad una rieaborazione migliorativa. Si ricorda che anche l’allievo, tramite l’autovalutazione, è chiamato a illustrare e nel contempo diagnosticare il proprio percorso di studi scegliendo i prodotti di cui va più orgoglioso ed elaborando una scheda (presentazione) in cui espone il ri- sultato ed il percorso seguito, esprime una valutazione ed indica i punti di forza e quelli di miglioramento. Perché ciò possa accadere, occorre che nell’atto della consegna il docente co- munichi e spieghi i prodotti attesi, i comportamenti conformi, i criteri di valuta- zione che intende adottare. L’autovalutazione rappresenta un elemento importante della valutazione effet- tuata dai docenti. La certificazione ed il riconoscimento dei crediti costituiscono un’azione tesa a descrivere in modo sistematico le acquisizioni della persona ed a registrarle in modo condiviso tra i diversi attori del sistema educativo. Ciò evidenziando le espe- rienze formative (formali, non formali ed informali). In definitiva, quattro sono le caratteristiche della metodologia valutativa pro- posta: a) Tale valutazione presenta un carattere chiaramente formativo; essa tiene conto dei progressi e dei punti di forza dell’allievo e segnala i suoi punti deboli ed i mezzi per correggerli. Si tratta di una dimensione regolatrice della valutazione che mira ad apprezzare il processo di apprendimento lungo tutto il corso dell’azione. b) La valutazione è centrata su situazioni di apprendimento che coinvolgono la persona tramite esperienze che consentono di acquisire competenze, ov- vero un “saper agire” fondato sulla mobilitazione e l’utilizzo efficace di un insieme di risorse. c) Si tratta di una valutazione trasparente: essa indica un accompagnamento del percorso e consente di fornire ai formatori ed agli allievi, oltre che agli altri attori, gli elementi che consentano loro di comprendere il cammino e di confrontare gli apprezzamenti offerti con i criteri su cui si fondano e con gli oggetti osservati e valutati, così da creare una comunicazione aperta e appropriata. d) È infine una valutazione globale: accanto alle competenze degli allievi, essa apprezza le sue conoscenze ed abilità le sue attitudini ed i suoi com- portamenti sociali, fattori che lo stesso allievo è sollecitato a valutare in proprio acquisendo così una capacità di autovalutazione così da diventare un elemento rilevante del suo bagaglio personale. 2. REQUISITI DEI PERCORSI FORMATIVI La guida si riferisce privilegiatamene a percorsi completi ed organici, ovvero corsi IFP triennali di qualifica, quadriennali di diploma, ulteriori di diploma supe- riore. Accanto a ciò, essa può valere anche per moduli di arricchimento professio- nale in integrazione con le scuole, ed inoltre per percorsi destrutturati e LARSA1. Perché possa essere applicata, necessitano di alcune condizioni indispensabili pro- prie della progettazione e della gestione didattica ed organizzativa dei percorsi. 48 1 Laboratori di Recupero e Sviluppo degli Apprendimenti. Dal punto di vista della progettazione, occorre l’esplicitazione: Tutti questi elementi sono affrontati in modo sistematico e pratico nella guida. Il modello di intervento richiede alcuni requisiti organizzativi che rendono possibile l’effettuazione di percorsi formativi dal carattere autenticamente educa- tivo, culturale e professionale. Tali condizioni vengono evidenziate di seguito, con specificazione sotto forme di nota delle loro caratteristiche. 49 - delle competenze chiave mirate e relative rubriche; - del piano formativo di massima; - degli strumenti di gestione, accompagnamento e memoria dei percorsi formativi personalizzati; - delle principali UdA (compresa l’alternanza); - del portfolio personale e del libretto formativo. CONDIZIONI NOTE OFFERTA FORMATIVA Predisposizione delle diverse op- portunità formative (corsi, azio- ni destrutturate), utilizzando lo sportello orientativo in modo da collocare le persone nel giusto contesto - il corso è adatto per chi lo per- cepisce come rilevante per il suo progetto personale - le azioni destrutturate sono per chi non ha chiarezza di sé e del proprio progetto o non è com- patibile con il gruppo-classe - la presenza degli extracomuni- tari va contenuta entro numeri gestibili - ogni anno vanno presentati progetti per i corsi destrutturati ORIENTAMENTO Prevedere colloqui orientativi con i destinatari; almeno: - un colloquio iniziale (vedi sopra) - un colloquio ogni due mesi - un colloquio finale - queste attività sono da gestire tramite un bilancio delle risor- se personali che evidenzi il profilo, i punti forti ed i punti deboli della persona. L’esito, sotto forma di scheda, a carat- tere progressivo, va riportato nel portfolio personale - i colloqui sono a cura di: diret- tore, orientatore, coordinatore- tutor INCONTRI CON LE FAMIGLIE Sono da prevedere incontri con le famiglie; almeno: - un incontro preliminare prima del- l’avvio del corso - uno ad inizio corso - uno ogni due mesi - almeno uno di presentazione dei prodotti delle UdA (evento) - le famiglie vanno rese consa- pevoli del progetto (patto con le famiglie che viene confer- mato a settembre) - le famiglie vengono coinvolte anche negli eventi di presenta- zione dei prodotti più signifi- cativi realizzati tramite le UdA 50 CONDIZIONI NOTE PERSONALIZZAZIONE Presenza di un monte-ore per la per- sonalizzazione (adattamento al target) aperto, ovvero da destinare solo dopo aver rilevato le reali ne- cessità degli allievi - tali ore possono essere attri- buite numericamente ai vari formatori, ma il loro reale uti- lizzo va deciso dall’équipe del corso in base alle esigenze reali COORDINATORE TUTOR Presenza in ogni corso di un Coor- dinatore tutor con adeguato dis- tacco orario compatibile con l’inca- rico di docenza - non frammentare le ore di dis- tacco su più figure o su più corsi - si prevedono: le seguenti atti- vità: controllo dei registri, cu- ra settimanale dell’équipe, colloqui con allievi e famiglie, compilazione del portfolio ASSI CULTURALI Accorpamento degli incarichi per assi culturali 1) linguaggi 2) matematico 3) scientifico-tecnologico 4) storico-sociale 5) tecnico-professionale. - è preferibile aumentare le ore dei formatori per corso, piutto- sto che frammentarle su molti corsi, con il rischio di avere un rapporto superficiale e di crea- re rigidità organizzative PIANI FORMATIVI ED ATTIVITÀ COLLEGIALI Possibilità per ogni équipe di lavoro di definire in anticipo il piano for- mativo di massima comprendente le UdA interdisciplinari e le UdA di- sciplinari, prevedendo anche il pia- no delle attività collegiali: - di inizio anno (2-3 giornate) - settimanali (2-3 ore) compresi gli scrutini - di valutazione finale (35 ore) - di fine anno (2 giornate) - l’attività interdisciplinare inci- de sul monte ore di tutte le aree formative per una durata complessiva indicativa di metà del monte ore del corso - anche i docenti ad incarico so- no impegnati a svolgere attivi- tà collegiali QUALITÀ E GESTIONE AMMINISTRATIVA Accordo preliminare su come gesti- re i percorsi innovativi/sperimentali in rapporto alla qualità ed all’am- ministrazione - circa la qualità, deve valere la guida della comunità profes- sionale, ed il portfolio docu- menta l’attività del corso - la gestione amministrativa è di responsabilità della segreteria (in collaborazione con il coor- dinatore-tutor per gli aspetti di coerenza con il piano forma- tivo) 51 3. MAPPA DELLE AZIONI E DEGLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE A) GESTIONE DEL PERCORSO FORMATIVO Definizione del percorso formativo di massima • Percorso formativo di massima (canovaccio) Elaborazione del profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali • Profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali Elaborazione del portfolio dell’allievo • Portfolio dell’allievo Valutazione delle competenze • Rubrica della competenza • Griglia di valutazione del prodotto (performance) • Griglia di valutazione dei processi di lavoro • Griglia di valutazione della riflessione sull’esperienza • Rubrica di autovalutazione • Valutazione tutor aziendale Valutazione delle conoscenze e delle abilità • Griglia di valutazione delle conoscenze e delle abilità Valutazione dei comportamenti • Scheda comportamenti Valutazione sommativa o pagellino • Registro di classe • Pagellino Valutazione finale • Scheda complessiva dell’esame B) VALUTAZIONE Certificazione delle competenze • Scheda di registrazione delle situazioni di apprendimento significa- tive e delle aree disciplinari coinvolte • Scheda di certificazione delle competenze • Certificato finale C) CERTIFICAZIONE • Domanda di passaggio/Domanda di ingresso • Bilancio personale • Certificazione in caso di abbandono • Confronto bagaglio/requisiti richiesti • Convenzione tra organismi • Attestazione del Dirigente/Direttore D) GESTIONE DEGLI INGRESSI E DELLE USCITE - Libretto formativo del cittadino E) LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO - Scheda di monitoraggio dei percorsi IFP - Questionario di gradimento per gli allievi F) MONITORAGGIO DELLE AZIONI FORMATIVE 53 Parte III GLI STRUMENTI 55 1. GESTIONE DEL PERCORSO FORMATIVO Si propongono in questa prima parte tre strumenti che sono necessari per con- sentire la coerenza interna del percorso formativo secondo i principi enunciati in precedenza, così da rendere possibile un riferimento chiaro ed organico su cui svi- luppare l’attività di valutazione e quindi di certificazione. • Il Percorso formativo di massima (o canovaccio) è uno strumento di proget- tazione che consente di includere nell’azione formativa quelle “prestazioni reali e adeguate” che consentono di rendere attivo il processo di apprendi- mento degli allievi, sulla base di esperienze reali ed interdisciplinari che in- dicano i passaggi fondamentali del percorso stesso e che vanno gestite se- condo la metodologia della valutazione autentica. • Il Profilo dell’allievo ed il bilancio delle risorse è riferito ai giovani iscritti ai percorsi di istruzione e formazione professionale e consente di sviluppare una diagnosi iniziale di tipo dialogico e formativa, tendente ad individuare le potenzialità ed i talenti della persona, oltre alle sue risorse, e di delineare un piano formativo che corrisponda alle sue caratteristiche. • Il Portfolio dell’allievo è lo strumento tramite il quale si raccologono le do- cumentazioni relative alle esperienze più significative della sua carriera for- mativa, scelte da lui stesso con la collaborazione dei docenti, così da segnare in modo concreto il ruolo protagonista dell’allievo circa il suo cammino di apprendimento; inoltre il portfolio costituisce l’oggetto di un’attività di valu- tazione più ampia e ricca di evidenze. 1.1. Definizione del percorso formativo di massima Il percorso formativo di massima o “canovaccio formativo” rappresenta la guida ovvero la rappresentazione del percorso che orienta i docenti-formatori nel loro lavoro. Non è quindi né un programma (sequenza di lezioni per contenuti) e neppure un curricolo (sequenza di unità didattiche per obiettivi, attività e veri- fiche), ma il disegno del cammino dell’anno formativo con le attività principali che 56 coinvolgono tutti i docenti-formatori e la loro scansione, specificando ruoli, tempi, risultati e modalità di verifica e valutazione. In tal modo si concentra l’attenzione del percorso formativo sulle esperienze che esso propone agli allievi e quindi sul loro coinvolgimento attivo e sulla mobili- tazione dei loro talenti così da formare vere competenze. Le attività comuni a tutti i docenti-formatori individuano le Unità di apprendi- mento interdisciplinari; queste dovranno assorbire al massimo il 50% delle ore dis- ponibili, mentre il resto è dedicato alle attività di area formativa, che saranno an- ch’esse strutturate in modo attivo, così da suscitare un legame con i destinatari e da coinvolgerli attivamente nelle dimensioni concrete dell’area formativa. I contenuti da inserire nel canovaccio formativo sono i seguenti: - Attività di accoglienza, orientamento ed accompagnamento (compresi i colloqui con gli allievi) - Colloqui ed iniziative con le famiglie - UDA strategiche (interdisciplinari) - Larsa interni e esterni - Alternanza - Altre iniziative (tornei, gite, eventi…) - Attività collegiali per l’équipe dei docenti-formatori (incontri, formazione, …) 57 PE R CO RS O F O RM AT IV O D I M AS SI M A (C an ov ac cio ) FA SE D IA VV IO Ch e co sa Ch i Te m pi (d a a ) O ut pu t Ve rif ica -v al ut az io ne FA SE FI N AL E Ch e co sa Ch i Te m pi (d a a ) O ut pu t Ve rif ica -v al ut az io ne Ch e co sa Ch i Te m pi O ut pu t Ve rif ica -v al ut az io ne F A SE CE NT RA LE 58 1.2. Elaborazione del profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali L’analisi del profilo dell’allievo costituisce un’attività preliminare ad ogni azione formativa; essa mira a ricostruire le caratteristiche più rilevanti della per- sona ai fini della definizione di un progetto formativo personalizzato, ovvero in grado di mobilitare i punti di forza della persona e di superare i punti di debolezza che emergono dall’analisi e riflessione circa l’esperienza ed il bagaglio della per- sona. L’attività di definizione del profilo e di bilancio delle risorse non ha un intento investigativo né valutativo, ma è un’occasione di ascolto e di dialogo/confronto con l’allievo, che avviene sulla base di una traccia definita di temi ed argomenti, così da stimolare la riflessione dello stesso circa il suo momento attuale ed il progetto che intende perseguire. Il profilo è centrato su due elementi: - le capacità personali; - le risorse ovvero le conoscenze e le abilità. Le capacità personali si riferiscono ai tratti della personalità che emergono co- me disposizioni nei confronti della realtà. Si considerano le seguenti capacità: cognitive, affettive e relazionali, spirituali, estetiche, progettuali, procedurali ed operative, il metodo di studio. Le risorse, intese come conoscenze e relative abilità, si riferiscono agli assi culturali così definiti: linguaggi, matematico, scientifico, storico sociale, tecnico professionale, utilizzo degli strumenti informatici e telematici. Per la rilevazione delle capacità personali è possibile fare riferimento a stru- menti presenti in varie pubblicazioni (Polacek 2005; Comoglio 2006). Per la rilevazione delle risorse si propone un metodo misto composto da con- fronto diretto con l’allievo ed un insieme essenziale di strumenti di rilevazione a ca- rattere snello e con intento di sondaggio del grado di preparazione. In alternativa a questi ultimi, è possibile sottoporre all’allievo alcuni compiti reali da cui emergano in modo indiretto le padronanze effettive circa gli assi culturali e gli strumenti infor- matici e telematici. Il profilo/ bilancio delle risorse deve essere sempre centrato sul progetto perso- nale del destinatario: all’inizio questo viene rilevato così come egli lo intende, men- tre alla fine l’esito del lavoro deve essere riproposto alla persona in modo da con- sentire ad essa di chiarire meglio il punto in cui si trova, la coerenza tra il suo baga- glio e le mete che si propone, le attenzioni che deve porre in atto, assieme all’istitu- zione formativa, per giungere all’esito desiderato e possibile. 59 PROFILO DELLʼALLIEVO E BILANCIO DELLE RISORSE PERSONALI Allievo/a Cognitive Affettive e relazionali Spirituali Estetiche Progettuali Procedurali Metodo di studio Curricolo scolastico e formativo Esperienze significative Scelta orientativa Capacità del soggetto 60 Linguaggi Matematico Scientifico Storico sociale Tecnico professionale Utilizzo degli strumenti informatici e telematici Indicazioni per il piano formativo personalizzato Punti forti Punti deboli Risorse relative agli assi culturali 61 1.3. Elaborazione del portfolio dell’allievo Il portfolio rappresenta una raccolta significativa dei lavori dell’allievo capace di raccontare la storia del suo impegno, del progresso e del suo rendimento. Con esso si mira a evidenziare il suo patrimonio di capacità, conoscenze, abi- lità e competenze, con una metodologia che consente di concentrare l’attenzione su ciò che sa fare con ciò che sa. Attraverso il suo utilizzo si intende superare il modo tradizionale di gestire il processo formativo ed inoltre di documentare e valutare il profitto scolastico. Più precisamente, tramite il portfolio è possibile rilevare la capacità di “costruzione” della conoscenza e la “capacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta attraverso prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso. Questo approccio sceglie il lavoro come “forma” del processo di apprendi- mento. Ciò consente di: - rendere gli allievi da subito attivi - stimolare un profilo docente più ampio e significativo - porre ad oggetto della formazione dei compiti/problema reali/realistici - perseguire il sapere utile e significativo - sviluppare una conquista personale del sapere - acquisire un metodo di lavoro e di studio - acquisire una struttura deontologica e morale. I prodotti che possono essere interessanti per il portfolio sono: - Capolavori professionali - Schede (es.: glossario) - Presentazioni - Video - Cd rom - Dossier - Dépliant - … Tramite il portfolio è possibile capire la storia della crescita e dello sviluppo di una persona corredandola con materiali che permettono di comprendere “che cosa è avvenuto” dal momento della presa in carico della persona (che richiede un’at- tenta osservazione delle sue capacità e acquisizioni previe) fino al momento della partenza, passando per le varie fasi di cui si compone il percorso formativo. 62 Il portfolio è elaborato dall’allievo che è chiamato a scegliere i lavori di cui va più orgoglioso, accanto a quelli che, d’intesa con i formatori, risultano significativi al fine di documentare i suoi progressi nell’apprendimento. Tra i lavori documenta- bili vi sono anche quelli realizzati in stage/alternanza formativa. Possono essere rilevanti anche le gite, i tornei, gli eventi… purché gestiti in chiave formativa. Essendo materiale personale, l’allievo è chiamato a dare una forma distintiva al suo portfolio, caratterizzandolo così secondo i suoi gusti e preferenze. Vi possono essere foto della persona, della classe, del centro, dépliant di eventi etc. Così, oltre al contenuto, anche dal modo in cui è stato strutturato e dalle sue caratteristiche organizzative ed estetiche è possibile cogliere il significato che l’al- lievo attribuisce alla sua esperienza formativa. Il portfolio è un contenitore progressivo di materiali e pertanto costituisce il ri- ferimento privilegiato (accanto alle prove, ai test, ai colloqui-interrogazioni) per la valutazione dell’allievo da parte dell’équipe dei formatori nei diversi momenti del- l’attività: lungo il percorso, a fine d’anno, alla fine del cammino (è il materiale per- sonale che l’allievo porta all’esame finale). L’équipe esprime anche una valutazione del modo in cui l’allievo ha curato il portfolio. I prodotti che compongono il portfolio sono di due tipi: 1) quelli di cui l’allievo va più orgoglioso e che decide di inserire per docu- mentare i suoi progressi 2) quelli che presentano maggiore significatività perché segnalano passi im- portanti nel processo di apprendimento. I due tipi possono coincidere. Lo strumento è composto da due parti: 1) elenco delle prestazioni (prodotti) più importanti che si decide di documen- tare, indicando in quale periodo sono state svolte; 2) per ogni prodotto, viene chiesta una presentazione, una documentazione ed un’autovalutazione che stimoli l’allievo alla riflessione circa il proprio per- corso di apprendimento, i suoi punti forti e gli elementi da migliorare. Circa la documentazione da inserire, occorre distinguere tra: - prodotti che possono essere documentati tramite il loro inserimento integrale che basta a spiegarli (es.: scheda, dossier…) 63 - prodotti che si documentano tramite una relazione con testi ed immagini di supporto. Occorre curare in particolare il linguaggio poiché rivela la padronanza della persona circa un determinato ambito del sapere. 64 Portfolio di Corso: Centro: Anno: 65 Elenco prodotti documentati 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 1 2 3 4 5 Anno Anno Anno 66 Prodotto Descrizione di cosa si tratta come si presenta se lʼho realizzato con altri: - con chi lʼho realizzato - quale parte ho curato personalmente data inizio data conclusione durata in ore per quale scopo è stato realizzato perché ho scelto di inserirlo nel portfolio Tempi Scopo Decisione 67 Documentazione del prodotto Materiale più interessante al fine di cogliere il suo significato e la sua utilità 68 Autovalutazione Quali conoscenze ed abilità ho appreso tramite il lavoro Che cosa ho imparato su di me e sul mio modo di affrontare i problemi Che cosa mi è piaciuto in particolare Come mi valuto (esperto, competente, principiante) Perché In cosa devo migliorare la mia preparazione Osservazioni personali… � Ho compreso con chiarezza il compito richiesto � Ho impostato il lavoro in modo preciso e razionale � Ho potuto valorizzare pienamente le mie conoscenze � Ho svolto il compito in modo pienamente autonomo � Ho collaborato intensamente con altre persone � Ho completato il compito introducendo ulteriori elementi rispetto a quelli minimi � Ho raggiunto buoni risultati � Altro: .......................................................................................................................... .......................................................................................................................... .......................................................................................................................... .......................................................................................................................... Quali difficoltà ho dovuto superare e come le ho affrontate 69 2. VALUTAZIONE Gli strumenti proposti si distinguono in queste categorie: - valutazione delle competenze - valutazione delle conoscenze ed abilità - valutazione dei comportamenti - valutazione sommativa o pagellino - ammissione all’esame - valutazione finale del percorso. Il centro del processo di valutazione è dato dalla competenza che indica il grado di padronanza dell’allievo in riferimento a compiti e problemi collocati in vari cam- pi connessi agli assi culturali del processo di apprendimento. In tal modo, le cono- scenze e le abilità sono concepite come risorse, in quanto entrano nel “gioco” del- l’apprendimento delle competenze. Valutare le competenze significa pertanto valu- tare anche conoscenze, abilità e capacità personali, entro una visione dotata di senso unitario, poiché la competenza non è un sapere, né un saper fare, né un saper essere, e neppure la somma di queste tre componenti; essa più precisamente è un saper agi- re fondato sulla mobilitazione e l’utilizzo efficace di una serie di risorse che in tal modo risultano apprese in quanto messe in azione consapevolmente ed in modo ap- propriato dal soggetto . Saper agire significa quindi ricorrere in maniera appropriata ad una varietà di risorse sia interne che esterne, secondo un modo che supera il livello della mera ap- plicazione o dell’automatismo. Ciò prevede – dal punto di vista dell’allievo - il per- seguimento non di un obiettivo didattico o formativo, bensì una sfida reale ovvero situazioni che comportano una messa in discussione delle sue conoscenze e delle sue rappresentazioni personali. Accanto a ciò, è possibile porre al centro dell’attenzione valutativa le cono- scenze e relative abilità, intese in quanto patrimonio di sapere che si rileva contem- poraneamente in modo indiretto – a partire dai compiti reali in cui tale sapere speci- fico è messo in gioco – e diretto ovvero indagando il possesso delle strutture del sapere sotto forma di nozioni, spiegazioni, leggi, regole, criteri, strumenti, connes- sioni, etc. La compresenza di queste due dinamiche, indiretta e diretta, consente di vagliare conoscenze ed abilità secondo un metodo attendibile che consente sia di coglierle in quanto patrimonio autonomo, dotato di una sua struttura linguistica, logica ed euristica, sia in quanto componente dei processi di azione in cui figurano come risorse necessarie al loro corretto svolgimento. Inoltre, oggetto di valutazione sono i comportamenti, una componente del pro- cesso di apprendimento che riguarda la dimensione sociale e quindi etico-morale del- 70 la persona che viene sollecitata mediante le pratiche educative a riconoscere nella sua dimensione personale ciò che è bene e ad affezionarsi ad esso, adottando una disposi- zione umana tesa ad esso, naturalmente entro una vicenda dinamica che si esprime in un cammino, in fasi di sfida e di crisi ed inoltre in momenti di superamento. 2.1. Valutazione delle competenze La competenza rappresenta il riferimento prioritario dell’attività valutativa (e quindi formativa) poiché – come abbiamo visto – l’apprendimento non sta ultima- mente nella ripetizione di un’espressione verbale o di un gesto, ma si coglie nel- l’applicazione appropriata e pertinente delle risorse della persona entro contesti reali che propongono all’allievo problemi e compiti che sono chiamati ad assumere in modo responsabile, conducendo ad esiti attendibili ovvero sostenuti da efficacia dimostrativa e riscontro probatorio (Bottani e Tuijman 1990, 25). Si ricorda che le competenze non rappresentano peraltro l’unico contenuto delle acquisizioni che si mirano tramite i percorsi di istruzione e formazione pro- fessionale; infatti, l’azione formativa mira anche all’apprendimento di conoscenze ed abilità ed inoltre all’assunzione da parte degli allievi di comportamenti maturi, propri di un cittadino consapevole, autonomo e responsabile. Evidentemente, i tre diversi fenomeni sono tra di loro variamente intrecciati, così che il processo di acquisizione delle competenze comprende fattori propri delle conoscenze, delle abilità e dei comportamenti e viceversa. In questo modo, esistono più punti di vista da cui guardare il processo formativo che risulta così molteplice ma nello stesso tempo integrato secondo la rappresentazione olografica (il tutto nelle parti, le parti nel tutto). Tre sono le tappe fondamentali per poter procedere alla valutazione della com- petenza, ognuno dei quali richiede a sua volta azioni specifiche: TAPPE AZIONI 1 Elaborazione della mappa delle compe- tenze di riferimento delle azioni formative - Individuazione dei requisiti della competenza - Assunzione degli standard - Elaborazione della mappa delle competenze 2 Elaborazione di una rubrica per ciascuna delle competenze previste nella mappa - individuazione della struttura della competenza - costruzione delle rubriche complete in riferimento alla mappa delle competenze 3 Elaborazione della metodologia di valuta- zione delle unità di apprendimento - identificazione dei fattori della valutazione (perfor- mance, processo, riflessione, valutazione dei “giu- dici”) - elaborazione degli strumenti tipo per la valutazione dei tre fattori 71 Si presentano di seguito le tappe necessarie al lavoro relativo alla valutazione delle competenze, specificate nelle azioni previste. 2.1.1 Prima tappa: Elaborazione della mappa delle competenze Per giungere alla elaborazione della mappa delle competenze occorre disporre dei seguenti strumenti: • l’individuazione della competenza secondo requisiti di effettività, azione, si- gnificatività, riconoscibilità, validità; • l’assunzione degli standard previsti dalla normativa connessa alle azioni di istruzione e formazione professionale; • la presenza di una mappa di competenze organizzata secondo i due criteri della comunanza (non specialismo, ma polivalenza formativa) e della verti- calità (progressione che prevede passaggi progressivi ed integrati dal livello di qualifica a quello di tecnico fino al livello tecnico superiore/quadro). I requisiti della competenza sono specificati nel modo seguente: CARATTERISTICHE DELLA COMPETENZA SPECIFICAZIONE Effettività La competenza deve essere individuabile in modo specifico (è proprioquella) ed incontrovertibile (non è un’altra). Azione La competenza deve essere definita nella logica dell’azione (e non della mera attività), ovvero deve prevedere un campo con stimoli ed opportunità in grado di mobilitare gli apprendimenti previsti, e mirata ad un scopo do- tato di valore. Significatività La competenza rilevata deve essere significativa ovvero non banale, essen- ziale, importante, cruciale in rapporto alla meta che si propone di perse- guire e dello specifico percorso formativo in cui è prevista. Riconoscibilità La competenza nella sua forma descrittiva/narrativa deve poter essere rico- nosciuta in modo evidente dai diversi attori che la considerano entro il pro- prio linguaggio e campo di azione. Validità Si riferisce al processo di attribuzione di senso da parte degli attori coin- volti i quali ne riconoscono il valore entro il proprio campo di esperienza. Tali requisiti segnalano che il primo riferimento della valutazione è dato dalla esatta individuazione della competenza, che deve indicare un’azione compiuta, do- tata di senso, che prevede un certo grado di problematicità. Non può essere per- tanto né definita con verbi limitati alla mera conoscenza né troppo circoscritta altri- menti risulta ridotta ad un’abilità. Si ricorda ancora che le competenze riguardano l’intero ventaglio delle mete formative previste dall’azione e non solo di quelle assimilabili al mero saper fare: 72 “competente” è l’aggettivo che si attribuisce ad una persona quando dimostra di saper fronteggiare compiti e problemi in modo autonomo e responsabile, al fine di giungere a risultati attendibili tramite dimostrazione di efficacia e riscontro di vali- dità espressa da un giudice terzo. Gli standard che si intendono assumere sono di tre tipi: - gli standard minimi formativi delle competenze di base inerenti i percorsi triennali sperimentali per il conseguimento della qualifica professionale, de- finiti dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 15 gennaio 2004, - gli standard professionali che la stessa Conferenza ha proposto il 23 maggio 2006, - gli standard della normativa relativa all’obbligo di istruzione come definito dal decreto ministeriale del 22 agosto 2007 in attuazione dell’art. 1, comma 622, della legge 296706. Nell’ambito dei criteri già presentati nella prima parte che precisano la natura terminale e non metodologica degli standard e la differenza tra standard professio- nali e standard formativi, a fronte della varietà dei criteri e delle scelte metodolo- giche che sottostanno ai documenti sopra indicati, pare urgente un lavoro di ridefi- nizione degli stessi alla luce di una metodologia omogenea. È per questo motivo che vengono elaborate la mappa delle competenze e le re- lative rubriche, che consentono di dare univocità e solidità agli standard formativi, così da sostenere in modo solido ed attendibile la fase della certificazione. Il repertorio delle competenze, in base all’attuale normativa, risulta composto da quattro elementi: - competenze di base degli assi culturali - competenze chiave di cittadinanza - competenze professionali - altre competenze che risultino significative ed indispensabili. 73 Repertorio delle competenze Competenze di base degli assi culturali Asse dei linguaggi Asse matematico Asse scientifico- tecnologico Padronanza della lingua italiana: • Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti; • Leggere, comprendere ed interpretare testi scritti di vario tipo; • Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comunica- tivi Utilizzare una lingua straniera per i principali scopi comunicativi ed ope- rativi Utilizzare gli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico e letterario Utilizzare e produrre testi multimediali. Utilizzare le tecniche e le procedure del calcolo aritmetico ed algebrico, rappresentandole anche sotto forma grafica Confrontare ed analizzare figure geometriche, individuando invarianti e relazioni. Individuare le strategie appropriate per la soluzione di problemi Analizzare dati e interpretarli sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di rappresentazioni grafiche, usando consapevol- mente gli strumenti di calcolo e le potenzialità offerte da applicazioni spe- cifiche di tipo informatico. Osservare, descrivere ed analizzare fenomeni, come approccio al processo di conoscenza della realtà naturale e artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di sistema e di complessità Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni legati alle tra- sformazioni di energia a partire dall’esperienza Essere consapevole delle potenzialità e dei limiti e delle tecnologie nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate. Asse storico- sociale Comprendere il presente, cogliendo il cambiamento e la diversità dei tempi storici in una dimensione diacronica attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione sincronica attraverso il confronto fra aree geo- grafiche e culturali. Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reci- proco riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione, a tutela della persona, della collettività e dell’ambiente Riconoscere le caratteristiche essenziali del sistema socio economico per orientarsi nel tessuto produttivo del proprio territorio. 74 Competenze chiave di cittadinanza Competenze professionali Altre competenze Progettare Comunicare Collaborare e partecipare Agire in modo autonomo e responsabile Risolvere problemi Individuare collegamenti e relazioni Acquisire ed interpretare l’informazione Sono competenze che indicano padronanze specifiche riferite alla famiglia ed alla figura professionale di riferimento. Esse reggono verbi d’azione del tipo: Interpretare… Realizzare… Gestire… Preparare… Assicurare… Sono competenze degli assi culturali che non sono indicate in quelle dell’obbligo di istruzione. Ad esempio: Diagnosticare le proprie capacità e risorse Comprendere e valutare la natura e la portata di affermazioni, giudizi, opinioni Fornire interventi di primo soccorso Circa le competenze professionali, occorre garantire: - la scelta di centrare il fuoco della programmazione sulla figura del tecnico entro cui si specifica quella del qualificato; - la scelta della polivalenza che si specifica nella presenza di un ambito di competenze comuni a tutte le figure dell’area professionale, un ambito speci- fico per i tecnici e di ambiti che seguono le diverse curvature professionali per le qualifiche previste. In tal modo è possibile delineare l’elenco delle competenze mirate per cia- scuna figura così da garantire - Il carattere culturale dell’area professionale che ne definisce anche il fattore di accomunamento (principio della polivalenza formativa) - la struttura di filiera del percorso e quindi la progressività degli apprendi- menti che disegnano un cammino di crescita verso gradi ulteriori di profes- sionalità. Si propone la scelta relativa alla mappa delle competenze per i percorsi di IFP, prendendola dalle Indicazioni regionali della Liguria di cui si propone il caso del- l’area professionale meccanica. 75 TECNICO MECCANICO Competenze essenziali a) comuni a tutti i percorsi – Padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa – Leggere, comprendere, interpretare e produrre testi scritti – Comprendere e valutare la natura e la portata di affermazioni, giudizi, opinioni – Cogliere il nesso storico tra il presente ed il passato – Partecipare alla vita sociale nella consapevolezza dei propri diritti e doveri di cittadino – Conoscere il funzionamento del sistema economico e orientarsi nel mercato del lavoro – Gestire gli atti amministrativi fondamentali della vita quotidiana e professionale – Applicare strumenti matematici e logici alla rappresentazione ed alla soluzione di problemi – Comprendere la realtà naturale tramite osservazione, studio e applicazione di procedure appro- priate – Riconoscere leggi e principi che spiegano i processi tecnologici – Gestire informazioni utilizzando strumenti informatici – Adottare comportamenti preventivi a tutela della salute e della sicurezza propria e altrui – Diagnosticare le proprie capacità e risorse, elaborare un progetto personale di vita ed impegnarsi attivamente – Lavorare in modo cooperativo – Avere cura del proprio corpo e praticare il moto e lo sport – Coltivare sensibilità estetiche ed espressive di tipo artistico b) comuni ai percorsi dell’area professionale meccanica – Redigere e interpretare disegni meccanici, schede tecniche e cicli di lavoro per l’attuazione del processo produttivo – Riconoscere materiali e scegliere strumenti adeguati al lavoro da eseguire – Utilizzare appropriate procedure e attrezzature per la realizzazione di lavorazioni di aggiustaggio e assemblaggio al banco. – Costruire e/o assemblare particolari e complessivi meccanici utilizzando macchine utensili tradi- zionali (trapano, tornio, fresatrice, rettificatrice) – Realizzare giunti saldati tramite il processo di saldatura elettrica – Applicare le tecniche di misura, di controllo e recupero delle anomalie – Realizzare il processo di manutenzione preventiva delle macchine e delle attrezzature – Utilizzare pacchetti informatici applicati al processo meccanico c) proprie del quarto anno di diploma – Collaborare nella fase progettuale, anche utilizzando sistemi CAD, osservando ed applicando le regole della progettazione meccanica. – Gestire la fase esecutiva, programmazione, esecuzione, controllo, monitorando la qualità del prodotto – Programmare ed eseguire una corretta manutenzione ordinaria delle varie attrezzature e mac- chine come previsto dal sistema qualità – Supportare la gestione budget (acquisti dei prelavorati e costi dei prodotti realizzati ) – Collaborare con la gestione marketing (supporto tecnico e relazioni con i clienti). 76 COSTRUTTORE SU MACCHINE UTENSILI A CONTROLLO NUMERICO – Interpretare documenti tecnici per le lavorazioni alle macchine utensili tradizionali e a controllo numerico – Utilizzare un software CAD per la realizzazione di disegni di particolari quotati da lavorare alle macchine utensili tradizionali e a controllo numerico – Interpretare e redigere un programma per le lavorazioni su Torni e Centri di lavoro a controllo numerico – Utilizzare un software di programmazione automatica CAM per la programmazione di macchine utensili a controllo numerico – Realizzare particolari e/o complessivi utilizzando Torni e Centri di lavoro a controllo numerico, effettuando controlli e misurazioni – Eseguire il collaudo puntuale e statistico dei particolari meccanici realizzati, anche con l’utilizzo di macchine di misura computerizzate MONTATORE DI SISTEMI AUTOMATIZZATI – Interpretare schemi e altri documenti tecnici per lo smontaggio / montaggio di sistemi con com- ponentistica meccanica, elettrica e oleopneumatica – Realizzare semplici impianti di automazione in logica pneumatica, elettropneumatica e oleodina- mica sulla base di uno schema funzionale assegnato – Redigere la distinta base e provvedere ai particolari necessari per il montaggio del sistema – Montare e adeguare particolari gruppi meccanici, elettropneumatici e oleodinamici – Valutare il funzionamento delle attrezzature / strumenti e utilizzare appropriate procedure per il montaggio / assemblaggio – Applicare le tecniche di collaudo per valutare la conformità / efficienza del sistema assemblato SALDOCARPENTIERE – Interpretare documenti tecnici specifici per le lavorazioni di saldocarpenteria – Eseguire lavorazioni su lamiera con l’utilizzo di macchine da taglio, tranciatura, scantonatura, piegatura e profilatura – Interpretare e redigere un programma per le lavorazioni su macchine a controllo numerico per la lavorazione lamiera – Realizzare giunzioni mediante saldatura, rivettatura, chiodatura e bullonatura dei singoli ele- menti strutturali, sulla base di disegni complessivi – Utilizzare correttamente macchine e procedure per le diverse tipologia di saldatura – Effettuare controlli e misurazioni sui prodotti realizzati valutando il rispetto delle specifiche co- struttive SERRAMENTISTA – Interpretare documenti tecnici per la costruzione e il montaggio di serramenti – Rilevare misure costruttive in cantiere – Costruire serramenti in ferro, in alluminio e in plastica secondo specifiche assegnate, utilizzando macchinari e attrezzature appropriati – Interpretare e redigere un programma per l’utilizzo delle macchine da taglio dei profili dei serra- menti – Realizzare il montaggio dei serramenti completi di accessori e verniciati, pronti per la posa in opera – Effettuare controlli e misurazioni sui prodotti realizzati valutando il rispetto delle specifiche co- struttive – Realizzare il corretto montaggio in opera e il collaudo dei prodotti realizzati Competenze delle figure professionali di indirizzo della qualifica triennale 77 2.1.2 Seconda tappa: Elaborazione di una rubrica per ciascuna delle compe- tenze previste nella mappa A questo punto occorre delineare la struttura della competenza per poter pro- cedere alla sua valutazione, definita mediante i legami che intercorrono tra i fattori in gioco. La competenza presenta una struttura a tre componenti: - essa prevede indicatori ovvero evidenze concrete – sotto forma di compiti reali – che sono considerate necessarie e sufficienti al fine di poter procedere alla valutazione della competenza stessa; - inoltre prevede livelli di padronanza specificati lungo un gradiente positivo di fattori quali la comprensione del compito, l’autonomia, la responsabilità, l’affidabilità, l’apporto personale; - infine prevede un elenco di conoscenze ed abilità che sono necessariamente mobilitate nell’esecuzione del compito e che quindi risultano connesse alla competenza stessa. Tenuto conto della struttura della competenza così delineata per indicatori, li- velli e conoscenze/abilità, è ora possibile procedere alla elaborazione delle rubriche adottando la stessa struttura di legami tra i fattori considerati. La rubrica della competenza è lo strumento che consente di delineare tali rela- zioni ed è un punto di riferimento utile per la progettazione delle attività formative (strutturate per UdA) e per la valutazione delle competenze una volta che sono state svolte tutte le esperienze previste sotto forma di unità di apprendimento di varia natura. Essa consente pertanto, sulla scorta delle esperienze formative degli allievi, adeguatamente documentate e valutate, di procedere inoltre alla certifica- zione, un’azione sempre più rilevante nei sistemi educativi così come sono stati de- finiti in sede europea e nazionale. Uno dei momenti di snodo fondamentali che motiva la rubrica consiste nel fa- vorire il perseguimento della necessaria integrazione tra saperi e competenze; queste ultime non rappresentano semplicemente un saper fare, ma un saper agire e reagire che conferisce senso autentico e motivante alle cose apprese ed utilizzate purché siano riconducibili a sé ed utilizzabili nei vari campi in cui i saperi pren- dono vita e si concretizzano. I saperi devono necessariamente concentrarsi su conoscenze ed abilità irrinun- ciabili, quelle che consentono di generare nuovo apprendimento e che vanno per- tanto apprese in modo rigoroso. 78 Anche per questo motivo occorre rivolgere il sapere disciplinare al raggiungi- mento delle competenze così che il potenziale euristico del sapere stesso sia mobi- litato ed acquisito dai destinatari. Solo in contesti reali, in cui l’allievo prende parte attiva e responsabile, avviene questo movimento che costituisce la dinamica pro- pria, a carattere vitale, delle conoscenze e delle abilità. La rubrica si presta quindi ad una duplice lettura: quella della competenza che mira alla certificazione e quella delle conoscenze e delle abilità che mira alla valu- tazione nella forma della notazione. Si propone un esempio di rubrica delle competenze. 79 R ub ric a de lla c om pe te nz a Co no sc en ze A bi lit à 4 EC CE LL EN TE 3 AD EG UA TO 2 BA SI LA RE 1 PA R ZI AL E Li ve lli di p ad ro na nz a In di ca to ri/ Ev id en ze Co m pe te nz a: Es em pi : Fo nt i d i l eg itt im az io ne : 80 4 EC CE LL EN TE 3 AD EG UA TO 2 BA SI LA RE 1 PA R ZI AL E Li ve lli di p ad ro na nz a In di ca to ri/ Ev id en ze Le gg er e ind ivi du alm en te co n in te re ss e i t es ti sc rit ti di va rio g en er e let te ra rio e co m pr en de re i sig nif ica ti de l m es sa gg io Co m pr en de i t es ti s cr itti sa pe nd o co gli er e il sig nif ica to a nc he in re la zio ne c on il co nt es to , il p er io do s to ric o, il ge ne re le tte ra rio e lʼa ut or e È a tte nto so lo ai tes ti b rev i di c on te nu to s em pli ce e st im ol an te , d i c ui c og lie il m es sa gg io più e vid en te co nf on de nd o sp es so de sc riz io ni e v al ut az io ni Co gli e co n dif fic olt à il sig nif ica to d ei te sti le tte ra ri pr op os ti m os tra nd o po co in te re ss e pe rs on ale Sa ri co no sc er e il s ign ific at o di te st i s el ez io na ti pe r in te re ss e e co in vo lgi m en to pe rs on al e id en tif ica nd o le in fo rm az io ni fa ttu al i, i co m an di e d i g iud izi Ri co no sc e il s ign ific at o el em en ta re d ei v ar i t es ti le tte ra ri in di ca nd o in m od o es se nz ia le il co nt es to , i l ge ne re , il p er iod o e lʼa ut or e Sa c og lie re il sig nif ica to , il ge ne re e d ide nt ific a lʼa u- to re d i t es ti an ch e le tte ra ri; di st in gu e im m ed iat am en te e se nz a di ffi co ltà le v al ut a- zio ni e le d es cr izi on i Ri co no sc e te st i d i e po ch e e au to ri di ve rs i a pp ar te ne nt i al la p ro du zio ne le tte ra ria ita lia na e s tra ni er a, c og lie n- do ne i sig nif ica ti più ri lev an ti In te rp re ta , c om m en ta e co nf ro nt a te st i d i c on te st i, ep oc he e a ut or i d ive rs i ap pa rte ne nt i a lla p ro du zio ne le tte ra ria it al ia na e s tra ni er a sa pe nd o es pr im er e un a rif le ss io ne p er tin en te e co m pa ra tiv a Le gg er e in pu bb lic o i te sti u tili zz an do te cn ich e di le ttu ra e sp re ss iva , a na liti ca e sin te tic a Le gg e te sti se m pli ci ut iliz za nd o un a co m un ica zio ne p iat ta e d in co lo re Sa u tili zz ar e va rie te cn ich e di le ttu ra e s a sc eg lie re qu el la p iù id on ea in ra p- po rto a l g en er e di te sto le t- te ra rio d a in te rp re ta re , a na - liz za re e s in te tiz za re Sa va ria re le d ive rs e str at eg ie di let tu ra – a na liti ca , s int et ica , es pr es siv a - e d int er pr et a il te st o co n un a no te vo le ca pa cit à di im m ed es im az ion e e co in vo lgi m en to d eg li in te rlo cu to ri Le gg e te sti se m pli ci u tili zz an do u na te cn ica an al itic a, s in te tic a ed es pr es siv a id on ea s ia p ur e es se nz ia leCo m pe te nz a: Le gg er e, c om pr en de re e d in te rp re ta re te st i s cr itt i d i v ar io ti po Es em pi : l ab or at or io d i l et tu ra Fo nt i d i l eg itt im az io ne : R eg ol am en to o bb lig o di is tru zio ne – a ss i c ul tu ra li Co m pr en de e in te rp re ta u na va rie tà d i te sti d i v ar ia tip olo gia m os tra nd o int er es se ad u na va ria le tte ra tu ra e sa pe nd o co llo ca re i t es ti i n ra pp or to a l g en er e, a l p er iod o ed a llʼa ut or e; p on e in at to st ra te gie d i c om pr en sio ne div er sif ica te Es em pi o di r ub ri ca c om pi la ta (c om pe ten ze di ba se de gli as si cu ltu ral i) (la te rza è un ’az ion e c he co nd uc e a d u na pe rfo rm an ce do tat a d i r ile va nz a - pr o do tto ) 81 St ru ttu re e ss en zia li d ei te st i n ar ra tiv i, es po sit ivi , a rg om en ta tiv i Pr in ci pa li co nn et tiv i l og ici Va rie tà le ss ica li in ra pp or to a d am bi ti e co nt es ti di ve rs i Te cn ic he d i l et tu ra a na liti ca e s in te tic a Te cn ic he d i l et tu ra e sp re ss iva D en ot az io ne e c on no ta zi on e Pr in ci pa li ge ne ri le tte ra li, co n pa rti co la re ri fe rim en to a lla tra di zio ne it al ia na Co nt es to s to ric o di ri fe rim en to d i a lcu ni a ut or i e o pe re Pa dr on eg gi ar e le s tru ttu re d el la lin gu a pr es en ti ne i t es ti Ap pl ica re s tra te gi e di ve rs e di le ttu ra In di vid ua re n at ur a, fu nz io ne e p rin cip al i s co pi c om un ica tiv i e d es pr es siv i di u n te st o Co gl ie re i ca ra tte ri sp ec ific i d i u n te st o le tte ra rio Co no sc en ze Ab ilit à e ca pa cit à 82 4 EC CE LL EN TE 3 AD EG UA TO 2 BA SI LA RE 1 PA R ZI AL E Li ve lli di p ad ro na nz a In di ca to ri/ Ev id en ze Sa a ffr on ta re u na si tu az io ne p ro bl em at ica e co in vo lg er si in u nʼ az io ne R ic on os ce a fa tic a un a si tu az io ne p ro bl em at ica , so lo s e co in vo lto pe rs on al m en te la m et te in re la zi on e co n le p ro pr ie ca pa cit à e i p ro pr i s co pi Id en tif ica la s itu az io ne pr ob le m at ica e n e de fin isc e in m od o se m pl ice i pr in cip al i o bi et tiv i, i r isu lta ti a tte si e g li a m bi ti di a zio ne Id en tif ica la s itu az io ne pr ob le m at ica , n e de fin isc e co n p re cis io ne o bi et tiv i ris ul ta ti e am bi ti di a zio ne e ip ot izz a st ra te gi e di a zio ne pe r l a so lu zio ne Co m pe te nz a: R is ol ve re p ro bl em i Id en tif ica la s itu az io ne pr ob le m at ica , n e de fin isc e in d et ta gl io , d el eg a az io ni e re sp on sa bi lità a ss um en do se n e ce ss a rio ru ol o di co o rd in am en to e u tili zz a te cn ic he e s tra te gi e di so lu zi on e Es em pi o di r ub ri ca c om pi la ta (c om pe ten ze ch iav e d i c itta din an za ) (co no sce nz e e ab ilit à n on so no in dic ate pe r l e c om pe ten ze di cit tad ina nz a pe rc hé q ue ste v en go no m ob ili ta te in m ol ti am bi ti ca n va ri le ga m i c on i sa pe ri) 83 4 EC CE LL EN TE 3 AD EG UA TO 2 BA SI LA RE 1 PA R ZI AL E Li ve lli di p ad ro na nz a In di ca to ri/ Ev id en ze N el le re la zi on i d i f ro nt - o ffi ce a sc ol ta re , co m pr en de re e d ef in ire in m o do a tte nt o e co nt in uo il fa bb iso gn o de gl i in te rlo cu to ri Fo rn ire ri sp os te c oe re nt i e so dd isf ac en ti de l fa bb iso gn o de i c lie nt i a n ch e in s itu az io ni in ed ite Ev id en zia d iff ico ltà n el lʼu tili zz ar e un a sc ol to at tiv o, g iu ng en do c os ì a lla co m pr en sio ne d ei b iso gn i de l c lie nt e in m od o fa tic os o e di sp en di os o (si fa rip et er e pi ù vo lte le ric hi es te , f a al tre c os e m en tre a sc ol ta il cli en te , di st og lie lʼa tte nz io ne .. .). Er og a ris po st e al c lie nt e in m od o m ec ca ni co e au to m at ico , e vid en zia nd o di ffi co ltà in s itu az io ni p iù co m pl es se in c ui q ue st o n on è p os sib ile . As co lta e ri co no sc e im m ed ia ta m en te i bi so gn i pi ù se m pl ici e ro ut in ar i d ei cl ie nt i (p ren de re a pp un ta m en ti, ri ch ie st e di do cu m en ti op er at ivi st an da rd ri sp et to a pr oc ed ur e ro ut in ar ie .. .). Fo rn is ce in m od o im m ed ia to e s od di sf ac en te le ri sp os te le ga te a ro ut in e st an da rd izz at e e or di na rie . As co lta in m od o at te nt o il cl ie nt e e pe r o tte ne re u na pi en a co m pr en sio ne d el le su e e si ge nz e, p on e do m an de in te rlo cu to rie a tte a s o n da re a nc he g li a sp et ti m e n o o pe ra tiv i e p iù co m pl es si de lle q ue st io ni pr es en ta te . D à al c lie nt e ris po st e co rr e tte a nc he le ga te a d a m bi ti di ve rs i da llʼo rd in ar ie tà , so dd isf ac en do a sp et ti no n so lo o pe ra tiv i d el b iso gn o in u n co nt es to d i v isi on e si st em ic a de llʼa zie nd a e de lla s ua o rg an izz az io ne .. In di vid ua in m od o a u to no m o e co ns ap ev ol e le ris po st e, o g li i nt er lo cu to ri a da tti a fo rn irl e, c he rie nt ra no n el la s ua a tti vi tà pr of es sio na le , in di vid ua nd on e le p rio rit à in u n a v is io ne s is te m ic a. Ut iliz za re u no s tile co m u n ic at iv o co rre tto e in lin ea c on le e si ge nz e e le ca ra tte ris tic he d el c lie nt e, m a n te ne nd o un d ia lo go co n tin uo e d ive rs ific at o in ba se a l c lie nt e e al co n te st o In te ra gi sc e co n gl i in di vid ui at tiv an do u na co m un ica zio ne fra m m en ta ria , n on c on tin ua e ta lvo lta n on in lin ea c on il co nt es to e il cli en te . Co m un ica in m od o ch ia ro e tra sp ar en te c on le d ive rs e tip ol og ie d i c lie nt i, a de gu an do lo s tile co m u n ic at iv o al la si tu az io ne e s ta bi le nd o re la zi on i d i f ee db ac k. At tiv a un o st ile co m u n ic at iv o as se rti vo in gr ad o di m an te ne re u n di al og o co nt in uo , e ffi ca ce e fle ss ib ile a lle e sig en ze d el co n te st o e de gl i in te rlo cu to ri. St ab ilis ce c on g li in te rlo cu to ri un d ia lo go e ffi ca ce fi na liz za to a l ra gg iu ng im en to d eg li o bi et tiv i p iù c on tin ge nt i e o pe ra tiv i.Co m pe te nz a: Av er e cu ra d el le re la zi on i d i f ro nt – o ffi ce c on c lie nt i, fo rn ito ri e al tri s og ge tti d ur an te lʼ at tiv ità p ro fe ss io na le Es em pi : r ich ie st e dʼ ap pu nt am en ti, ra pp or ti co n fo rn ito ri (re si, or din az ion i, r ice zio ne m erc e… ), i nte rfa cc ia cli en ti, ric hie sta di fa ttu re , … . Fo nt i d i l eg itt im az io ne : L in ee g ui da d el lʼA re a Pr of es sio na le S er viz i a llʼI m pr es a pe r l ʼe la bo ra zio ne d ei p ia ni fo rm at ivi a nn o fo rm a tiv o 20 04 /2 00 5 At tu a un a sc ol to a tti vo d el cl ie nt e pe r e ffe ttu ar e un a ril ev az io ne c on sa pe vo le de lle s ue e sig en ze , im pl em en ta nd o az io ni d i ric er ca d i in fo rm az io ni co lla te ra li al la re la zi on e di re tta c on il cli en te , c os ì da a ve re u na v isi on e co m pl et a de i s uo i b iso gn i. Es em pi o di r ub ri ca c om pi la ta (c om pe ten ze pr ofe ssi on ali – set tor e t uri sti co ) 84 D oc um en ti de lla c om pr av en di ta Te cn ic he d i a rc hi via zio ne , I nt er ne t, Pa cc he tto O ffi ce e d ed ica ti R uo li, fu nz io ni e s ist em a in fo rm at ivo a zie nd al e Le ss ic o sp ec ific o El em en ti di p sic ol og ia a pp lic at a al g ru pp o e al s in go lo Le gg er e ed in te rp re ta re i do cu m en ti (fa ttu re, do cu me nti di tra sp ort o) Ut iliz za re te cn ich e di a rc hi via zio ne , I nt er ne t, e- m ai l, fu nz io ni a va nz at e di Ex ce l, Ac ce ss , p ac ch et ti de di ca ti R is pe tta re i te m pi e le p ro ce du re d el la c om un ica zio ne in te rn a Ap pl ica re il le ss ico s pe cif ico n el la c om un ica zio ne e n el la re da zio ne d ei te st i s cr itt i La vo ra re in te am e g es tir e sit ua zio ni in ed ite Co no sc en ze Ab ilit à e ca pa cit à 85 2.1.3 Terza tappa: Elaborazione della metodologia di valutazione dell’Unità di apprendimento (UdA) La rubrica delle competenze per così dire “attende” la persona alla fine del percorso formativo o comunque ad un punto rilevante dello stesso: le competenze infatti non sono fenomeni sommativi che procedono per assembramento di pezzi, ma emergono nella persona nei momenti chiave del suo percorso formativo a se- guito della dimostrazione di padronanza, e quindi come consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità rafforzate dal giudizio delle persone coinvolte nel pro- cesso valutativo. Nella fase di costruzione, il percorso è composto da azioni formative sistema- tiche, significative e progettuali che consentono alla persona di “fare esperienza” di soluzione di problemi sulla base di compiti reali, i più importanti dei quali presen- tano una natura necessariamente interdisciplinare. Si tratta di unità di apprendi- mento che, mirando a competenze traguardo (che normalmente sono soddisfatte da più unità di apprendimento secondo l’elenco degli indicatori previsti dalla rubrica), sollecitano gli allievi a realizzare prodotti ben definiti, perseguono finalità forma- tive e mettono in gioco conoscenze ed abilità una parte delle quali sono da acqui- sire lungo il percorso. Il riferimento concreto per la valutazione delle competenze è costituito dall’unità di apprendimento. Il primo passo per elaborare la metodologia di valutazione delle unità di apprendimento consiste nell’identificazione dei fattori della valutazione. Se è vero che tutte le attività formative debbono tradursi il più possibile in esperienze che consentano di mobilitare le risorse ed i talenti degli allievi in situa- zioni stimolanti e sfidanti, mobilitando ad un tempo la loro intelligenza logico-co- gnitiva, affettiva e relazionale, concreta, solo una parte di queste richiede di essere svolta secondo un approccio di formazione e valutazione autentica e quindi con un apparato metodologici impegnativo: si tratta delle UdA significative e interdiscipli- nari, che possiedono un valore chiave nel percorso di apprendimento. Tutte le altre attività possono essere svolte secondo un approccio più tradiziona- le, e con una metodologia valutativa più intuitiva e “morbida” (Plessi 2004, 92). Ciò in forza del fatto che il formatore è una figura professionale dotata a sua volta di com- petenza e di sensibilità che applica in buona parte del suo lavoro assumendosi la re- sponsabilità di ciò che fa, salvo documentare la propria attività in forma adeguata. La valutazione dell’unità di apprendimento significativa e interdisciplinare, mirante ad uno o più prodotti, deve comprendere i seguenti tre fattori, come indi- cato dalla tavola successiva: - la performance (o le performance se sono più di una, come auspicabile, visto che è utile che vi sia, accanto al prodotto vero e proprio, un glossario dei ter- mini e delle espressioni più importanti, anche in lingua inglese, ed una rela- zione/presentazione che spieghi il percorso, i problemi affrontati e gli esiti) che rappresenta l’elemento visibile e manifesto della competenza, - il processo di mobilitazione delle risorse, che porta la persona ad un compor- tamento competente sapendo comprendere il compito, definire una strategia e seguirla, fronteggiare situazioni critiche e giungere ad un risultato attendi- bile, - la riflessione sull’azione svolta da parte dell’allievo, tramite la quale egli pone in luce le capacità comunicative ed espressive, la capacità di astra- zione, di collegamento, di spiegazione. Fuochi e criteri di valutazione dell’unità di apprendimento significativa e interdisciplinare 86 Fuochi della valutazione Funzionalità Comprensione del compito Capacità comunicative ed espressive Completezza Progettazione e procedura di lavoro Uso del linguaggio tecnico – professionale Correttezza Organizzazione Capacità logiche e critiche Sicurezza Precisione e destrezza nell’utilizzo degli strumenti e delle tecnologie Capacità di utilizzare conoscenze acquisite Aspetti estetici Ricerca e gestione delle informazioni Capacità di cogliere i processi culturali, scientifici e tecnologici sottostanti al lavoro svolto Rispetto dei tempi Relazione con i formatori e le altre figure adulte Capacità di collegare le conoscenze nell’argomentazione Ordine dell’ambiente di lavoro e smaltimento dei rifiuti Collaborazione con i compagni Capacità di approfondire sotto vari profili gli argomenti Documentazione Superamento delle crisi Imparare ad imparare Presentazione Creatività Autovalutazione Valutazione Capitalizzazione delle acquisizioni La riflessioneIl processoIl prodotto È necessaria inoltre una autovalutazione da parte dell’allievo stesso che in tal modo si esprime sulla sua azione utilizzando criteri concordati in partenza con i formatori. Inoltre, quando la performance viene svolta e proposta in un contesto esterno a quello dell’organismo formativo, occorre prevedere la presenza di una valutazione svolta da parte dei rappresentanti dell’organizzazione coinvolta (impresa, ente, as- sociazione…) che, nel ruolo di veri e propri “giudici” terzi rispetto all’allievo ed ai 87 suoi docenti, svolgono in tal modo anche una funzione di validazione circa gli ap- prendimenti evidenziati dall’allievo. La loro attenzione si concentra non solo sull’applicazione nel contesto reale delle conoscenze ed abilità acquisite dagli allievi nell’ambito del percorso fino a quel punto svolto (aspetto applicativo) e nel rispetto delle regole organizzative (comportamento organizzativo), ma comprende pure l’acquisizione di nuovi saperi e competenze (aspetto formativo) e la crescita in merito alla disposizione umana adeguata alle esigenze della professione di riferimento (identità professionale). Occorre ora elaborare gli strumenti tipo per la valutazione dei tre fattori pre- visti relativi all’unità di apprendimento (performance, processo, riflessione) oltre alla valutazione svolta da parte dei “giudici” terzi. Gli strumenti per la valutazione sono tre, così specificati per oggetti e fuochi di osservazione: STRUMENTI OGGETTI E FUOCHI DI OSSERVAZIONE 1 Griglia di valutazione dei prodotti (performance) L’oggetto dell’osservazione è costituito dal prodotto nelle sue varie forme – materiale, cartaceo, relazionale – come pure dell’ambiente in cui si è svolto il lavoro. Si consiglia di accompagnare ogni prodotto con un glossario meglio se bilingue. 2 Griglia di valutazione dei processi di lavoro La griglia presuppone che durante il processo di lavoro il formatore osservi sistematicamente la condotta dell’allievo, focalizzandosi sui fattori di com- prensione, relazione, ricerca e soluzione dei problemi 3 Griglia di valutazione dei contenuti della riflessione Lo strumento si riferisce ai due momenti di riflessione in cui l’allievo è impe- gnato: - la presentazione del proprio lavoro entro il portfolio - il colloquio in cui espone il proprio lavoro nei confronti del formatore e della classe (il colloquio deve essere una modalità sistematica di lavoro in grado di instaurare uno stile di riflessione degli allievi circa le proprie esperienze). Nel caso in cui il prodotto venga presentato entro un evento pubblico, occorre valorizzare anche questa esperienza di riflessione. L’attenzione del formatore verte sulle valenze educative, culturali e professio- nali dell’azione svolta espresse in forma sistematica (es.: power point) o narra- tiva da parte dell’allievo. Una nota importante: per ogni esperienza attiva svolta dall’allievo si utilizza il termine “lavoro” nel senso ampio ovvero come un impegno razionale, strutturato ed orientato ad uno scopo ben definito. In tal senso, si vuole intendere il lavoro del- l’allievo. 88 Allievo ______________________________________________________________________ Corso ___________________________________________ Classe ______________________ UdA ________________________________________________________________________ Prodotto valutato ______________________________________________________________ CRITERI FOCUS DELL’OSSERVAZIONE VOTO 1-4 Il prodotto è gravemente carente tanto da comprometterne la funzionalità 5-8 Il prodotto presenta lacune che ne rendono incerta la funzionalità 6-12 Il prodotto presenta una funzionalità minima 13-16 Il prodotto è funzionale secondo i parametri di accettabilità piena Funzionalità 17-20 Il prodotto è eccellente dal punto di vista della funzionalità 1-2 Il prodotto è gravemente incompleto 3-4 Il prodotto presenta lacune circa la completezza 5-6 Il prodotto si presenta completo in modo essenziale 7-8 Il prodotto è completo secondo i parametri di accettabilità piena Completezza 9-10 Il prodotto è eccellente dal punto di vista della completezza 1-2 L’esecuzione del prodotto presenta gravi lacune dal punto di vista della correttezza dell’esecuzione 3-4 Il prodotto presenta lacune relativamente alla correttezza dell’esecuzione 5-6 Il prodotto è eseguito in modo sufficientemente corretto 7-8 Il prodotto è eseguito correttamente secondo i parametri di accettabilità Correttezza 9-10 Il prodotto è eccellente dal punto di vista della corretta esecuzione 1-2 Il prodotto è eseguito senza alcuna attenzione ai fattori di sicurezza 3-4 Nell’esecuzione del prodotto si nota una insufficiente attenzione ai fattori di sicurezza 5-6 Il prodotto indica un’accettabile attenzione alla sicurezza 7-8 Il prodotto è eseguito correttamente secondo i parametri della sicurezza Sicurezza 9-10 L’attenzione alla sicurezza nell’esecuzione è eccellente lA _____vo eil ______osorC _______dAU ldP ______________________ ______________________ ______________________ ________________________ salC_________________ _____________________ ______________________ ___________________ess ______________________ _____ _____ ____ utlvaotodotrP C IERTIR tilonaiunzF taatt __________________o F 1-4 odoprlI eompomc 5-8 otodotttprlI tilonaiunzffu pr àt _______________________ F LLEDSUCO ’ OIZAVRESSO entemveaavgrèo tot àtilonaiunzffualnerette ernehecunecalantesepro àt ______________________ E NO dao ntantenteraarc nindono e alatrec ____ V OTO zzeteplomC 6-12 otodotttplI 13-16 otodotttprlI ilbiaabttecca pr 17-20 otodotttprlI tilonaiunzffu 1-2 ttprlI otodot 3-4 otodotttprlI 5-6 otodotttplI 7-8 otodotttprlI pr az àtilonaiunzffuunaantesepo paiondo ceselonaiunzffuèo naepàt pr dio puntldaentellecceèo àt pi oteplomncientemveaavrgèo calacricunecalantesepro mn io tepomcanteserpiso rpaariondocesoteplomcèo p pl amniimà diirttremaamraar alldeatsvi o azzeteplomc elainzesseodom diirttremaamr azzetterorC 7-8 otodotttprlI ilbiaabttecca 9-10 otodotttprlI zetepomc 1-2 oiuzcese’L vdio p pl 3-4 otodotttprlI 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attenzione agli aspetti estetici 3-4 Il prodotto presenta lacune dal punto di vista estetico 5-6 L’estetica del prodotto è accettabile 7-8 L’estetica del prodotto è soddisfacente Aspetti estetici 9-10 L’estetica del prodotto è eccellente 1-2 I tempi di esecuzione non sono stati assolutamente rispettati 3-4 I tempi di esecuzione sono stati eccessivi 5-6 Il prodotto è stato eseguito appena entro il limite 7-8 I tempi sono stati ampiamente rispettati Rispetto dei tempi 9-10 I tempi sono stati ampiamente rispettati ed inoltre l’allievo ha fornito una prestazione eccellente 1-2 L’ambiente di lavoro è decisamente disordinato ed i rifiuti sono tuttora sul posto 3-4 L’ambiente di lavoro è disordinato ed i rifiuti non sono stati del tutto smaltiti 5-6 La cura dell’ambiente di lavoro e lo smaltimento dei rifiuti sono accettabili 7-8 Ambiente e trattamento dei rifiuti sono gestiti in modo soddisfacente Ordine dell’ambiente di lavoro e smaltimento dei rifiuti 9-10 Ambiente e trattamento dei rifiuti sono gestiti in modo eccellente 1-2 La documentazione è assente o gravemente carente 3-4 La documentazione è incompleta 5-6 La documentazione è essenziale 7-8 La documentazione è accettabile Documentazione 9-10 La documentazione è eccellente 1-2 La presentazione del prodotto è gravemente lacunosa 3-4 La presentazione del prodotto è incompleta 5-6 La presentazione del prodotto è essenziale 7-8 La presentazione del prodotto è soddisfacente Presentazione 9-10 La presentazione del prodotto è eccellente Voto complessivo (in centesimi) L’équipe ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ Data ________________________________ tetseittpesA 1-2 oiuzcese’L etseittpsa 3 4 td tttlI pe ici nealveiro todotprldeone icite tldlt iglaoneinzettatunasse di ittti deo ttpesiR pimet 3-4 otodotttprlI 5-6 acitetse’L 7-8 acitetse’L 9-10 acitetse’L 1-2 dpimetI itaatttpesir 3-4 metI dipi otodotttprlI6-5 onsitempI87 ie ontpuunldaunecalantesepro elbiaabtteccaèotodotprlde necaffasoddisèotodotplde entellecceèotodotprlde pr onosnon oneiuzcesedi ecceitaattsono soneiuzcese enappeaapo tguieseo taattsèo tpesirentemampimamitattsno vdio o citetseatsi ent entemamutolssaitattso viisse etimillio rnttre itattt iutiffiir o ntemitlams eo voraavl entebimaam’llde nedirO onsipI8-7 hvo eilla’l onspimetI10-9 temp onosiutiffiir ntebimaam’L2-1 utldeitaatts ntebimaam’L4-3 onosiutiffiir deaurcaL6-5 biA87 ide die tpsirentemampmamitattsno eoneizatsepunaotniorffoha tpesirentemaampimaamitaattsno pi pe o tposulsaortutto emaamsicdeèo voraavldiet pr ititlamso tut eo tnaatdiorsdièo voraavldiet ilbiaabtteccao oleo voraavldientebimaam’lle iiffiiid itattt entellecce erttrnolid eitaattt id eo tnatdiorsdiente ono snon iutiffiiride iedontemitlams diii oizanteumocD ecaffasoddis entebimA8-7 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______________________________________________________________________ Corso ___________________________________________ Classe ______________________ UdA ________________________________________________________________________ Prodotto valutato ______________________________________________________________ CRITERI FOCUS DELL’OSSERVAZIONE VOTO 1-2 L’allievo mostra di non aver affatto compreso il compito 3-4 L’allievo mostra di aver compreso il compito in modo lacunoso 5-6 L’allievo ha compreso il compito in modo essenziale 7-8 L’allievo ha compreso il compito in forma accettabile Comprensione del compito 9-10 L’allievo ha compreso il compito in tutte le sue problematiche 1-2 L’allievo si è posto all’opera senza alcuna idea progettuale e con procedure inadeguate 3-4 L’esecuzione rivela una progettazione lacunosa e carenze nelle procedure 5-6 Il progetto di lavoro è essenziale e le procedure minimali 7-8 Progetto e procedure di lavoro rispettano i parametri posti Progettazione e procedura di lavoro 9-10 La progettazione e le procedure sono sviluppate in modo eccellente 1-2 Nel processo di lavoro l’allievo è disorganizzato 3-4 Il processo di lavoro è lacunoso sul piano organizzativo 5-6 L’organizzazione del lavoro è essenziale 7-8 L’allievo opera con un’organizzazione accettabile Organizzazione 9-10 L’organizzazione nel processo di lavoro è eccellente 1-2 L’allievo utilizza gli strumenti e le tecnologie in modo assolutamente inadeguato 3-4 L’utilizzo degli strumenti e delle tecnologie rivela lacune 5-6 L’allievo gestisce strumenti e tecnologie in modo minimamente corretto 7-8 L’allievo gestisce strumenti e tecnologie in modo conforme ai parametri Precisione e destrezza nell’utilizzo degli strumenti e delle tecnologie 9-10 L’utilizzo di strumenti e tecnologie avviene in modo eccellente _____voeillA ______osorC _______dAU ______________________ ______________________ ______________________ ________________________ _______ salC__________ _____________________ ______________________ ___________________ess ______________________ _____ _____ ____ utlvaotodotrP C IERTIR nsepromC oni otpiomclde __________________otaatt F 1-2 mvo eilla’L 3-4 mvo eilla’L o unoscal ne o _______________________ F LLEDSUCO ’ OIZAVRESSO o ttaatffafffarveaavnondiartosm io sepromcrveaavdiartosm ______________________ E NO o tpimoclio serpomc odo mnio tpiomcl ____ V OTO oneizattogerP dadureocpr ovoraavl 5-6 hvo eilla’L 7-8 hvo eilla’L 9-10 hvo eilla’L taatmeoblpr 1-2 vo eilla’L luattogepr 3-4 oiuzcese’L eocpellne 5-6 ottogeprlI pr ee di nio tipomclio sepomcha nio tipomclio sepromcha pr p nio tipomclio sepromcha heci arope’llao tposèis gudenaiedureocrpon cee ogeprunaalveirone oizatt edure eleelainzesseèo voraavldio elainzesseodo mn offon elbiabtteccaamrrm ueseletuttn adeiunaclaanzes etuaat enzerarceaunoscalne ilamniimedureocpre oizazznigaanrO gp 7-8 eo ttogerP itpos 9-10 ttogepraL entellecce 1-2 seocprleN 3-4 osseocprlI 5-6 zznigaanor’L 7-8 vo eilla’L one 9 10 i’L o pesiro voraavldiedureocrp onsedureocpreleoneizat dièvo eilla’lo voraavldio ss ulso unoscalèovoraavldio nesseèovoraavlldeoneizaz oizazzniganroun’on carp ldili ope ga p irtemamrpaarino aantte odo mn ietuppatlviso o tatzzniganors vo itatzzniganornoaanpi elainz elbiabtteccaone tllè oneisicerP azzertsde ozziliut’llne neumrtsiglde ognolcetellde 9-10 zznigaanor’L 1-2 vo eilla’L emaamutolssa 3-4 o zziliut’L 5-6 gvo eilla’L emaammniim 7-8 gvo eilla’L emoronffoc e o eint egi 9-10 ozziliut’L vaavldio sseocrplneoneizaz eleinteumrtsiglazziliut o tguaatdenaiente einteumrtsiglde cetellde nolceteinteumrtsecsitsge otterorcente nolceteinteumrtsecsitsge irtemaamrpaaria eoginolceteinteumrtsid entellecceèo vor odomn ieoginolcete unecalalveireoginolc odo mn ieogil odo mn ieogil doomnineevviaav 9 10 o zziliutL ecce entell eoginolceteinteumrtsid do omnineevviaav Griglia di valutazione dei processi di lavoro 91 1-2 L’allievo non ricerca le informazioni oppure si muove senza alcun metodo 3-4 La ricerca e la gestione delle informazioni vengono svolte in modo lacunoso 5-6 L’allievo ricerca le informazioni essenziali e le gestisce in maniera appena adeguata 7-8 La ricerca e la gestione delle informazioni corrispondono ai parametri richiesti Ricerca e gestione delle informazioni 9-10 Ricerca e gestione delle informazioni vengono svolte in modo eccellente 1-2 L’allievo non si relaziona affatto in modo corretto con gli adulti 3-4 L’allievo presenta lacune nella cura delle relazioni con gli adulti 5-6 Nelle relazioni con gli adulti l’allievo manifesta una correttezza essenziale 7-8 L’allievo si relaziona con gli adulti adottando un comportamento pienamente corretto Relazione con i formatori e le altre figure adulte 9-10 L’allievo entra in relazione con gli adulti con uno stile aperto e costruttivo 1-2 L’allievo si sottrae alla collaborazione con i compagni oppure agisce in modo da disturbare gravemente il lavoro 3-4 L’allievo presenta problemi di relazione con i compagni che limitano la cooperazione 5-6 L’allievo collabora con i compagni svolgendo compiti essenziali e con uno stile minimale 7-8 L’allievo dimostra una capacità soddisfacente di collaborazione con i compagni Collaborazione con i compagni 9-10 L’allievo è molto attivo nella collaborazione e si impegna a far sì che il gruppo raggiunga il risultato nel modo migliore possibile 1-2 L’allievo di fronte alle crisi si demoralizza e non procede oltre 3-4 Nei confronti delle crisi l’allievo entra i confusione e chiede aiuto agli altri delegando a loro la risposta 5-6 Nei confronti delle crisi l’allievo mette in atto una tattica che mira al superamento minimale delle difficoltà 7-8 L’allievo è in grado di affrontare le crisi con una strategia di richiesta di aiuto e di intervento attivo Superamento delle crisi 9-10 L’allievo si trova a suo agio di fronte alle crisi ed è in grado di scegliere tra più strategie quella più adeguata e stimolante dal punto di vista degli apprendimenti eacreciR ldeoneitsge oniamornffoi 1-2 vo eilla’L uclaanzes 3 4 iL el ni izamornffoielacrecirnon odo temun fillditl uovemiseoppuroni ii onizamornffoi oconeizaleR 3-4 acreciraL mn ietvols 5-6 rvo eilla’L areniaanmn i 7-8 acreciraL temaamrpaaria ni 9-10 geacreciR ecceodo m 1-2 nvo eilla’Lion morffonielldeoneitsgeale o unoscalodo m oniizamorffonielacrecir sse atg atdeanappaapa morffonielldeoneitsgeale itsehicirirt ppe gua onizamornffoielldeoneitsge entelle n io ttaatffafffaonaizalerisnon ngono veoniizam ecsitsgeeleilainzes ndono posirorconiizam n ietlvosngono veni iglon co tterrocodo m eiortaatmorffo eguriffiertla etdula itdula 3-4 pvo eilla’L itdulaigl 5-6 zalerelleN azzetterorc 7-8 svo eilla’L maamtporomc el e 9-10 evo eilla’L oceo trpeaap aurcallneunecalanteserp veilla’litdulaiglon coniiz lainzessea e itdulaiglon conaizaleris otterorcentemnaamepio ntem aiglon coneizalern iarnttre voitutrtos on coniizalerellde aunatseffenianmvo un ndo antdottta o elitsuno on citdula oizaboraablolC gpaomcionc p 1-2 vo eilla’L gaepp 3-4 pvo eilla’L naantimilhec oppur gi 5-6 cvo eilla’L ilainzesse 7-8 dvo eilla’L zaboraablolc one gni 9-10 èvoeilla’L boraablolcallaeartotsis za erbaarurtsdidaodomn iecs zalerdiimeoblpranteserp oneizarpcalno i gnipaomcion caboraablolc tsuno on ce elamniimeli oope oddsàticpaaapcunaartosmdi gpomcion coneiz baablolcallnevoittaatotolmè pagni gnipamocionconeiz ovoravllientemveavrge gnipaommpcionconei g itpiommpcndo gevols dientecaffasdi iseoneizarbo ntemaamrupeS isircellde 9-10 èvo eillaL agnapemi gimodo m 1-2 dvo eilla’L ertol 3-4 oronffrcieN uiadeehic 5-6 oronffrcieN aarimhec 7 8 èill’L ot baablolcallnevo ittaato tolmè uggiaruppogrlihecìsraarffaa elbiisposeorigl omdeisisircellaetonntrffrdi nevo eilla’lisircelldeiont olando ganeldeirttrlaigao t emvo eilla’lisircelldeiont delamniimontemaamrpsla gl ga ltffffdidiè upe iseoneizarbo lneo tattulsirliunga deeocrpnon eazzilaor eoneiusffuonciarttr atpsiralo or niette acittattunaottat àtolciffifffdiellde pos ii 7-8 èvo eilla’L dagetaatrts 9-10 svo eilla’L agr csdido entaanolmits gi eleraarontrffrfffadido argn iè ntiideo utiadiatsehicirdi ontrffrdio giauo saovartis qegietaatrtsùpiarttrereiglec paapigldeatsvidio puntldae unaon cisirc voittatontveret n ièd eisircellaet eatguatdeaùpiallque intemndieppr 1-2 L’allievo non esprime nel processo di lavoro alcun elemento di creatività 3-4 L’allievo svolge il suo lavoro in modo meccanico con rari spunti creativi 5-6 L’allievo manifesta talvolta spunti creativi nel processo di lavoro 7-8 L’allievo è in grado di adottare soluzioni creative soddisfacenti nel processo di lavoro Creatività 9-10 L’allievo possiede la capacità di innovare in modo personale il processo di lavoro rivelando spiccate doti creative àtviitaaterC 1-2 vo eilla’L dontemele eocrplneemiprsenon àtviitaatercdi unclaovoravldio sse do ntemele 3-4 svo eilla’L ipuntsiraarr 5-6 mvo eilla’L o voraavldi 7-8 èvo eilla’L ecaffasoddis 9-10 pvo eilla’L elonasrpe àtviitaatercdi omn iovoraavluo sligevols viitaaterc cipuntsatvollatatseffeniaanm uolseraartdotadido argn iè ovoraavldio sseocprlneinte nnidiàticpaaapcaldeeispos lveirovoraavldio sseocprli ccemdo on co cnian o ssecorplneviitaaterc veitaterconiiuz nov odo mnierar iotdetatccpisndo aan veitaaterc 92 1-2 L’allievo non procede ad alcuna valutazione del suo lavoro 3-4 La valutazione del lavoro avviene in modo lacunoso 5-6 L’allievo svolge in maniera minimale la valutazione del suo lavoro e gli interventi di correzione 7-8 L’allievo è in grado di valutare correttamente il proprio lavoro e di intervenire per le necessarie correzioni Valutazione 9-10 L’allievo dimostra di procedere con una costante attenzione valutativa del proprio lavoro e mira al suo miglioramento continuativo Voto complessivo (in centesimi) L’équipe ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ ____________________________________________________________________ Data ________________________________ oneizautlaV 1-2 vo eilla’L o voraavl 3-4 zautlvaaL 5-6 svo eilla’L ovoraavluo s 7-8 èvo eilla’L dieo voraavl e 9-10 dvoeilla’L unaclad adeeocprnon nineevviaavo rvoaavlldeoneiz niimareniaanmnigevols am izerrocdiintverentiigeo rorrrceraarutlvadido argn iè assecneelrpeerniverentii gl oncerdeeocrpdiartosmdi uo sledoneizautlva o unoscalodo mn ldeoneizautlvaalela one o ioprrplientemaamtte oniizerorceiraar entantoscunan selpomcootV 9 10 dvo eillaL oneinzettaat maamorigim gl )imisetnecni(vo iss oncerdeeocrpdiartosmdi va vaavlo iropprldevaitaatutl voitnuaationtco ntem entantoscunan uo slaarimeo rvo pequié’L __ __ __ __ _______ataatD _____________________ _____________________ _____________________ _____________________ _____________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______ _____________________ _____________________ _____________________ _____________________ ______ ______ ______ ______ 93 Griglia di valutazione della riflessione sull’esperienza 94 95 96 Rubrica di autovalutazione Eccellente ____ Ho compreso con chiarezza il compito richiesto. ____ Ho impostato il lavoro in modo preciso e razionale. ____ Ho potuto valorizzare pienamente le mie conoscenze. ____ Ho svolto il compito in modo pienamente autonomo. ____ Ho completato il compito introducendo ulteriori elementi rispetto a quelli minimi. ____ Ho collaborato intensamente con i compagni. ____ Ho raggiunto buoni risultati. ….. Adeguata ____ Ho compreso il compito richiesto ____ Ho impostato il lavoro senza difficoltà ____ Ho utilizzato le mie conoscenze ____ Ho svolto il compito in modo autonomo ____ Ho potuto collaborare positivamente con i compagni ____ Ho completato il compito ____ I risultati sono positivi …. Parziale ____ Ho fatto fatica a comprendere il compito ____ Mi sono trovato in difficoltà nell’organizzare il lavoro ____ Ho utilizzato un contenuto di conoscenza scarso ____ Ho chiesto molte volte spiegazioni ed aiuti ____ Ho contribuito poco al lavoro di gruppo con i compagni ____ Ho completato solo parzialmente il compito ____ Ho raggiunto parzialmente i risultati previsti ____ …. Segna le indicazioni che meglio identificano la tua preparazione ____ ECCELLENTE ____ ADEGUATA ____ PARZIALE 97 Valutazione da parte del tutor dell’alternanza Per comprendere meglio questa modalità di valutazione occorre precisare il concetto di alternanza formativa che non è un sinonimo del solo stage, una delle possibili modalità in cui si manifesta tale strategia di apprendimento. Si parla di alternanza formativa in senso proprio quando l’azione formativa origina da un’intesa più vasta che coinvolge l’organismo formativo e l’impresa sin dal momento della condivisione del profilo educativo culturale e professionale, della definizione del piano formativo, della individuazione delle strategie e delle modalità di apprendimento, dell’erogazione e della verifica degli esiti. In questo senso, vi possono essere diversi oggetti di attività esterna all’aula: la visita aziendale, il laboratorio, lo stage orientativo, lo stage formativo, il project work, il tirocinio. Tutte queste attività necessitano di una progettazione esplicita e rigorosa, ed inoltre di una valutazione svolta da parte dei rappresentanti dell’organizzazione coinvolta (impresa, ente, associazione…) che, nel ruolo di veri e propri “giudici” terzi rispetto all’allievo ed ai suoi docenti, svolgono in tal modo anche una fun- zione di validazione circa gli apprendimenti evidenziati dall’allievo. La loro attenzione si concentra non solo sull’applicazione nel contesto reale delle conoscenze ed abilità acquisite dagli allievi nell’ambito del percorso fino a quel punto svolto (aspetto applicativo) e nel rispetto delle regole organizzative (comportamento organizzativo), ma comprende pure l’acquisizione di nuovi saperi e competenze (aspetto formativo) e la crescita in merito alla disposizione umana adeguata alle esigenze della professione di riferimento (identità professionale). La valutazione svolta da parte del tutor aziendale delle attività realizzate dal- l’allievo in contesti reali di lavoro concorre quindi ala valutazione delle compe- tenze nella loro dimensione di “saper agire” e non solo di saper fare. La scheda che si propone indica due fuochi: 1) i comportamenti (rispetto delle regole e dei tempi, capacità relazionali, dis- ponibilità ad apprendere, autonomia, responsabilità ed impegno) intesi come evidenza del sistema di significati, di valori e di impegni che la per- sona mette in atto nel contesto organizzativo esterno; 2) le competenze (comprensione, esecuzione, verifica e controllo, precisione, sicurezza, riflessione) intese non solo come “reazioni adeguate agli sti- 98 moli”, ma come padronanze nell’assumere responsabilità circa un ambito di compiti e problemi che sfidano la persona. Le note possono servire anche per raccogliere giudizi, sollecitazioni e suggeri- menti da parte dell’azienda circa il miglioramento dell’esperienza dell’alternanza formativa. 99 Valutazione Tutor Aziendale NOME, COGNOME CLASSE, PERCORSO AZIENDA ATTIVITÀ PERIODO COMPORTAMENTI GIUDIZIO (insufficiente, sufficiente, discreto, buono) RISPETTO DELLE REGOLE E DEI TEMPI CAPACITÀ RELAZIONALI DISPONIBILITÀ AD APPRENDERE AUTONOMIA, RESPONSABILITÀ ED IMPEGNO COMPETENZE LIVELLO(basilare, adeguato, eccellente) COMPRENSIONE ESECUZIONE VERIFICA E CONTROLLO PRECISIONE SICUREZZA RIFLESSIONE NOTE Tutor ____________________________________ Data ______________________________________ 100 2.2. Valutazione delle conoscenze e delle abilità Anche la valutazione delle conoscenze e delle relative abilità si colloca entro lo stesso quadro pedagogico che abbiamo delineato a proposito delle competenze, che possiamo definire con la centralità del “saper agire”, e che si concretizza nelle seguenti attenzioni metodologiche: - vanno distinti nello specifico campo di conoscenza (disciplina, asse cultu- rale) le nozioni essenziali dai nuclei portanti, ovvero leggi, regole, strutture concettuali complesse che indicano gli apprendimenti più profondi, irrinun- ciabili, quelli che consentono di “mettere in valore” il sapere e “mettere in moto” la persona che li possiede; - è necessario sollecitare nell’allievo un’ampia varietà di capacità intellettive e quindi non solo quella mnemonica e del linguaggio, ma anche logica, affet- tiva, procedurale, di ricerca, riflessiva etc.; - di conseguenza, occorre trovare modalità di valutazione che pongano la co- noscenza entro una situazione che solleciti non solo la sua ripetizione inerte, ma che consenta anche l’applicazione alla realtà, l’investigazione e la rifles- sione in modo da metterla alla prova mediante connessioni e contestualizza- zioni. Queste attenzioni metodologiche sono facilitate dalla aggregazione delle disci- pline per assi culturali, quelli proposti dal regolamento sull’obbligo di istruzione (linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale) che, riprendendo in parte quanto già proposto con gli standard delle competenze di base per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, consente di superare la frammenta- zione del sapere e sollecitare una maggiore padronanza del sapere da parte degli al- lievi. Quanto detto fa riferimento ad un aspetto centrale del processo di valutazione: l’attenzione alle conoscenze e relative abilità va svolta entro una visione unitaria dell’intero processo di apprendimento e quindi richiede una valorizzazione di tutte le situazioni di apprendimento sulle quali è stato sollecitato l’allievo. In tal senso, le conoscenze e le abilità possono essere oggetto di valutazione e di giudizio, a condizione che si valorizzino sotto forma di notazione le varie azioni ed esperienze nelle quali l’allievo è stato sollecitato a mobilitare tali risorse a fronte di compiti e problemi. La valutazione delle conoscenze e delle abilità connesse si delinea pertanto se- condo il seguente schema definito da cinque passaggi: 1) individuare le diverse capacità intellettuali da sollecitare in riferimento al- l’ambito di conoscenza (in stretto rapporto con le competenze); 101 2) individuare le tipologie di prove in grado di sollecitare tali capacità; 3) cogliere tutte le situazioni di apprendimento che mobilitano le risorse pro- prie del campo di riferimento del sapere in riferimento alle tipologie di prove sopra indicate; 4) individuare gli indicatori che possono segnalare l’intero arco degli appren- dimenti mirati; 5) definire una modalità di notazione e di giudizio che tenga conto della va- rietà degli oggetti e delle diverse valenze del sapere che si intende valutare (per questo punto si veda più avanti il registro di classe). 2.2.1. Prima tappa: Individuare le diverse capacità intellettuali da sollecitare in riferimento all’ambito di conoscenza Le capacità intellettuali che vengono sollecitate in riferimento ai vari assi cul- turali su cui si articolano i saperi e le relative abilità sono le seguenti, specificate tramite le evidenze che consentono di coglierle all’opera: CAPACITÀ INTELLETTUALI EVIDENZE Linguistiche Padronanza del linguaggio Completezza delle conoscenze Affettive e relazionali Logiche Senso del sapere e legame affettivo Comprensione Interpretazione Analisi Sintesi Effettuare collegamenti Procedurali Svolgere esercizi e risolvere operazioni Ricerca Trovare informazioni Trovare soluzioni a problemi Riflessive Valutare Apprendere dall’esperienza Tali capacità si riferiscono ai differenti assi culturali, e precisamente i seguenti cinque: 6) linguaggi 7) matematico 8) scientifico-tecnologico 9) storico-sociale 10) tecnico-professionale. 2.2.2. Seconda tappa: Individuare le tipologie di prove in grado di sollecitare tali capacità Si propongono esempi di domande, proprie dell’area storico-sociale, definite in rapporto alle capacità che sono oggetto di indagine e valutazione. 102 CAPACITÀ INDAGATA ESEMPI DI PROVE Conoscenza � Quali sono le cause della seconda guerra mondiale? � Quali i due schieramenti che si fronteggiavano e di quali principali paesi erano composti? Comprensione � La crescita della ricchezza di una nazione è indicata dagli economisti con il Prodotto Interno Lordo (PIL). Spiegate perché, segnalando almeno tre motivi. Applicazione � Durante le lezioni avete appreso il significato di “sviluppo sostenibile” nel rap- porto tra azione umana ed ambiente. Quali attenzioni dovreste adottare se foste il sindaco del comune al fine di un rapporto corretto con l’ambiente? Analisi � Partendo da una statistica decennale relativa alla demografia dell’Italia raffron- tata con altri paesi dell’Unione europea, indicate quali sono le principali ten- denze rilevate che caratterizzano l’Italia rispetto ai paesi di riferimento. Sintesi � L’organizzazione di un gruppo di lavoro risulta inefficace perché caotica e senza regole. Essendo voi incaricati di coordinare il gruppo, indicate quali at- tenzioni dovete seguire perché ciò avvenga in modo razionale, compilando una scheda distinta in tre momenti: prima dell’incontro, durante il lavoro di gruppo, dopo l’incontro. Ricerca � Quali sono le fonti necessarie da interpellare per conoscerne le norme che rego- lano il rapporto di lavoro? Valutazione � In che relazione si pone il fenomeno della colonizzazione con la presenza delle popolazioni di diversa etnia nei paesi europei? Elabora una mappa delle princi- pali presenze di etnie diverse da quelle indigene in Inghilterra, Francia, Spagna, Germania ed Italia. 2.2.3. Terza tappa: Cogliere tutte le situazioni di apprendimento che mobili- tano le risorse proprie del campo di riferimento del sapere Si propone un elenco di situazioni di apprendimento che consentono di mobili- tare conoscenze ed abilità in riferimento alle tipologie di prove sopra indicate. SITUAZIONI DI APPRENDIMENTO SPECIFICAZIONI Attività Lezioni ed esercitazioni in classe Lavori di gruppo Compiti a casa Verifiche orali e scritte Azioni simulazioni progetti compiti reali attività in alternanza Esperienze Accoglienza ed aiuto rispetto a compagni in difficoltà Incontri Organizzazione di incontri ed eventi esperienze formative extrascolastiche 103 2.2.4. Quarta tappa: Individuare gli indicatori che possono segnalare l’intero arco degli apprendimenti mirati L’esempio che si propone è relativo alle conoscenze ed abilità/capacità lingui- stiche ed è adattato dal documento francese riferito allo “zoccolo comune delle co- noscenze e delle competenze” (Ministère de l’Éducation Nationale 2006). Griglia di valutazione delle conoscenze e abilità relative alle competenze della lingua italiana SC IN SU D B Sa leggere a voce alta in modo espressivo un testo in prosa o in versi Sa analizzare gli elementi grammaticali di una frase al fine di chiarir- ne il senso Sa individuare l’idea fondamentale di una frase letta o ascoltata Sa comprendere testi diversi, sia che siano di documentazione o di ti- po letterario Sa comprendere un enunciato, un ordine Sa leggere opere letterarie integrali, in particolare i classici, e render conto di quanto si è letto Sa copiare un testo senza errori, scrivere correttamente un testo libe- ro o sotto dettatura Sa rispondere a una domanda con una frase completa Sa redigere un testo breve, con paragrafi coerenti e con una punteg- giatura corretta Sa rispettare le indicazioni ricevute: racconto, descrizione, spiegazio- ne scientifica, testo argomentativo, relazione, scritti di uso comune (lettere…). Sa adattare il modo di esprimersi al destinatario e all’effetto cercato Sa riassumere un testo Sa utilizzare le principali regole d’ortografia lessicale e grammaticale INDICATORI L E G G E R E L E G G E R E S C R I V E R E 104 SC IN SU D B Sa prendere la parola in pubblico Sa prendere parte a un dialogo, a una discussione: tenere conto delle opinioni degli altri, far valere il proprio punto di vista Sa render conto di un lavoro individuale o collettivo (relazioni, espe- rienze, dimostrazioni) Sa riformulare un testo o frasi lette o pronunciate da un terzo Sa adattare il proprio modo di esprimersi (atteggiamento e livello linguistico) alla situazione comunicativa (luogo, destinatario, effetto cercato) Sa recitare a memoria testi classici (testi letterari e citazioni celebri) Sa usare dizionari stampati o elettronici per verificare l’ortografia o il significato di una parola o ancora per trovare una parola adeguata ad esprimere il proprio pensiero Sa usare testi di grammatica o software di correzione ortografica E S P R I M E R S I O R A L M E N T E UTI- LIZ- ZA RE STR UM EN TI GIUDIZIO COMPLESSIVO INDICATORI 2.3. Valutazione dei comportamenti La valutazione che qui approfondiamo ha come oggetto la dotazione della per- sona circa un insieme di fattori che si pongono in tensione tra due poli: a) il polo delle capacità personali, ovvero dei tratti della personalità dell’indi- viduo che lo rendono un soggetto distintivo rispetto agli altri e che si pro- pongono come potenzialità che richiedono di essere riconosciute e mobili- tate così da divenire competenze; b) il polo dei comportamenti, ovvero l’investimento che tale individuo esprime in riferimento ad un determinato ambito di vita che ne sollecita la responsabilità. Si tratta di caratteristiche della persona possedute su base innata e appresa che riguardano i suoi repertori di base: cognitivo, affettivo-motivazionale, socio-inter- personale. Esse riflettono – tramite comportamenti evidenti - i valori ed i contenuti propri dell’educazione che la persona vive specie nell’età evolutiva; si riferiscono quindi alla famiglia di appartenenza, alle agenzie educative e formative ma anche ai legami significativi individuali e di gruppo. 105 In questo senso, il comportamento della persona è visto non solo come rispetto di regole stabilite, ma anche come messa in atto di comportamenti che segnalano la disposizione della persona nel cercare e fare il bene, che si evidenzia nel modo in cui si pone nel contesto formativo, e dei compiti e delle responsabilità che ad essa si propongono. Il comportamento può essere quindi inteso come l’espressione evidente che se- gnala una serie di disposizioni morali che possono essere così articolate: - in primo luogo si evidenzia attraverso la fiducia nella propria realtà perso- nale ovvero la stima e la coscienza del proprio originale valore, - in secondo luogo la capacità di cogliere, nell’ambito in cui si opera, non solo ciò che si è scelto sulla base di una specifica predilezione ma anche ciò che si è obbligati a fare, significati buoni per sé e per la collettività, - successivamente, esso indica la disposizione a mettersi in gioco in questo particolare contesto ovvero a porre in atto una responsabilità consapevole di fronte ai compiti ed ai doveri connessi in vista dell’accrescimento del bene personale, comunitario e sociale, - ciò comporta quindi la dimensione dell’impegno che a sua volta significa modestia (moderazione nel considerare se stessi), lealtà (fedeltà e senso del- l’onore), forza d’animo e coraggio nel momento in cui si presentano avver- sità che possono essere costituiti da ostacoli oppure da distrazioni, - tutto ciò si esprime attraverso l’assunzione di una disciplina, che consiste nell’apprendere una regola di vita e saperla tenere in modo rigoroso, ma anche nella pazienza che a sua volta significa saper tollerare i limiti altrui e quelli propri e disporsi ad una reciproca correzione resa convincente dal sen- timento di fraternità che si fonda sulla dedizione, l’affezione e la donazione personale in forza di una comune visione del bene. L’ambito dei comportamenti e delle capacità personali richiede una strategia di valutazione che può prevedere le seguenti attenzioni: Osservazione in aula e fuori dall’aula Parte integrante del processo di valutazione è rappresentata dall’osservazione. Quest’ultima, se realizzata con accuratezza e nella variabilità spazio-temporale, consente di ottenere informazioni preziose sui comportamenti e sulle prestazioni degli allievi. Per questo, si richiede al formatore di osservare e registrare quei com- portamenti degli allievi che possono essere indicativi della presenza o meno di de- terminate capacità personali e virtù morali. Le osservazioni possono essere libere oppure basate su schede già predisposte. 106 Il diario delle attività Nella valutazione del comportamento e delle capacità personali ampio spazio è dato all’auto valutazione. E’, infatti, importante che gli allievi considerino la cono- scenza delle loro possibilità e competenze, oltre che delle disposizioni morali, come un obiettivo formativo e non semplicemente come un impegno sporadico e occasionale. Per questo può essere utile il ricorso al diario delle attività. Al termine di uno specifico incontro, l’allievo può annotare i suoi commenti sull’esperienza di ap- prendimento, sia spontaneamente in modo non strutturato, sia sistematicamente te- nendo conto dei seguenti aspetti: cosa ha appreso, come lo ha appreso, cosa non è chiaro, che difficoltà ha incontrato, quanto è stato interessante, in che misura e in quali contesti considera applicabile ciò che ha appreso, come valuta i risultati con- seguiti. Ed inoltre: quale percezione di bene e quale impegno personale volto al suo perseguimento ha posto in atto. L’esame del diario, effettuato ad intervalli brevi, può consentire all’allievo e al formatore di individuare obiettivi e strategie per superare eventuali difficoltà e mi- gliorarsi. Al termine di ogni periodo significativo del percorso (solitamente un anno), i formatori potranno così evidenziare, accanto alle competenze, conoscenze ed abi- lità, un giudizio sintetico circa l‘area dei comportamenti, avendo accortezza a che tale giudizio sia espresso in riferimento ad indicatori precisi e sia sostenuto da os- servazioni attendibili. Lo strumento che si propone è tratto dal “Portfolio nella formazione professionale” elaborato da Mario Comoglio nell’ambito della sperimentazione IFP della Regione Piemonte. 107 Valutazione Tutor Aziendale 108 2.4. Valutazione sommativa e pagellino Due sono gli strumenti che si presentano: 1) Il “Registro di classe” riferito ad ogni asse culturale, consente di dare conto delle varie esperienze di apprendimento che l’allievo ha vissuto nel corso dell’anno e che hanno consentito di trarre indicazioni utili alla verifica e va- lutazione della sua preparazione in riferimento ad uno specifico ambito di conoscenze e relative abilità. 2) Il “Pagellino” che consente di comunicare all’allievo ed alla famiglia gli esiti del percorso, attraverso una forma di comunicazione comprensibile per questi interlocutori. Il registro di classe consente di indicare, per lo specifico asse culturale (o di- sciplina) l’evoluzione del percorso di apprendimento per ciascun allievo, indicando notazioni riferite alle varie situazioni di apprendimento possibili, e precisamente: In questo modo, vengono apprezzate tutte le attività che l’allievo svolge nel suo percorso, metà riferite più all’attività disciplinare in senso stretto e metà riferite ad azioni ed esperienze. Le notazioni possono essere indicate in decimi. Il pagellino consente di indicare la valutazione dell’allievo, circa il periodo di riferimento (quadrimestre, anno) in relazione alle discipline collocate entro lo spe- cifico asse culturale. La notazione, che può essere espressa in decimi oppure in forma letteraria, dif- ferenzia il profitto dall’impegno, così da fornire indicazioni anche sul differenziale tra situazione di partenza e situazione nel momento della valutazione. Inoltre, è presente un giudizio di comportamento (in valori numerici o lette- rari) ed un giudizio sintetico in forma narrativa. Si ricorda che, al termine di ogni anno, al pagellino deve essere allegato il certificato delle competenze acquisite. EC (esercitazione in classe) VS (Verifica scritta) O (organizzazione di incontri, eventi) C (compito a casa) P (prodotto simulato o reale) E (esperienze extrascolastiche) VO (verifica orale) A (alternanza) 109 Si tu az io ni d i a pp re nd im en to : E C (es erc ita zio ne in cl ass e); C (co mp ito a ca sa) ; V O (ve rif ica or ale ); V S (V er ifi ca sc rit ta ); P (pr od ott o s im ula to o r ea le) ; A (al ter na nz a); O (or ga ni zz az io ne d i i nc on tri , e ve nt i); E (es pe rie nz e e xtr asc ola sti ch e) 110 Pagellino LINGUAGGI MATEMATICO SCIENTIFICO-TECNOLOGICO STORICO-SOCIALE TECNICO-PROFESSIONALE Italiano Inglese Matematica Scienze della natura Scienze della materia Tecnologie informatiche e telematiche Storia Diritto Economia Tecnologia Laboratorio 111 2.5. Valutazione finale L’esame finale rappresenta la modalità attraverso la quale si riscontra nella persona la presenza di requisiti educativi, culturali e professionali che attestino l’assolvimento del diritto-dovere e nel contempo consentano il conseguimento di un titolo di studio professionalizzante (qualifica, diploma, diploma superiore) che attesta ad un tempo: l’assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione; l’idoneità professionale (Cnos-fap 2005). La prova si colloca nella parte conclusiva del percorso di formazione, dopo che sono terminate le attività didattiche previste, tramite un accertamento dei requi- siti di ammissibilità degli allievi all’esame finale. È possibile ammettere all’esame persone che non hanno seguito l’intero processo, ma sono in possesso di crediti for- mativi e lavorativi adeguati. È possibile ammettere all’esame finale allievi che pre- sentino anche lacune su alcuni elementi del percorso formativo. L’ammissione all’esame finale avviene mediante valutazione del percorso for- mativo dell’allievo e delle sue acquisizioni da parte dell’équipe del corso, così come sono individuate nel portfolio. Tale valutazione viene espressa in forma di punteggio, pari al massimo di 50 punti su 100. Di questi, 10 possono essere deter- minati dall’esperienza di stage, definiti dal tutor sulla base delle indicazioni dell’a- zienda, eventualmente considerandole attività di alternanza (stage, project work) svolte nei vari anni del percorso. Spetta alle normative regionali definire i valori di soglia per l’ammissione del titolare all’esame finale sia in relazione al punteggio minimo di ammissione, sia al numero delle frequenze alle attività formative (che normalmente non possono es- sere inferiori ai tre quarti del monte ore annuo). È comunque facoltà del gruppo dei formatori ammettere ugualmente il candidato all’esame giustificando opportuna- mente tale decisione. L’esame finale del percorso professionalizzante si articola in 3 prove: prova scritta; prova professionale; colloquio. 1) Prova scritta sui saperi di base L’allievo è chiamato a rispondere a una serie di domande che hanno lo scopo di rilevare la sua preparazione in riferimento alle competenze degli assi culturali tenendo conto degli standard previsti. 2) Prova professionale L’allievo è chiamato a realizzare un prodotto significativo, funzionale a di- mostrare le capacità professionali che ha acquisito durante l’iter formativo. La “prova professionale” rappresenta il centro dell’esame; è un “capola- voro”, ovvero un prodotto il più possibile riassuntivo delle competenze ri- chieste all’allievo per potersi candidare al presidio del ruolo corrispon- dente alla figura professionale prevista. Essa ha un valore professionale, in quanto rappresenta un costrutto in grado di soddisfare i requisiti propri della figura mirata, in riferimento ad un ruolo definito nel momento dell’ingresso lavorativo. Inoltre ha un va- lore culturale, in quanto consente di rilevare le conoscenze e le abilità che l’allievo ha acquisito durante il suo percorso formativo. Infine, ha anche un valore educativo, in quanto stimola la persona ad una maggiore coscienza di sé e delle proprie risorse nell’atto di fronteggiare un compito/problema. La prova fa, quindi, riferimento ad un processo operativo reale, e prevede un livello definito di autonomia, responsabilità, durata e accuratezza. Questa prova può essere suddivisa in 3 fasi, con nomi che hanno accentua- zioni diverse per le diverse comunità professionali di riferimento: a) Fase di programmazione o progettazione In essa è richiesto all’allievo di comprendere le consegne e di definire il piano di lavoro che dovrà seguire nell’espletamento della prova. b) Fase operativa In essa è richiesto all’allievo di realizzare concretamente il prodotto ri- chiesto, sapendo mobilizzare le risorse disponibili procedendo alle op- portune verifiche ed eventuali correzioni. c) Fase consuntiva o di collaudo In essa è richiesto all’allievo di descrivere e documentare il processo che ha svolto per la realizzazione del prodotto, procedendo ad una va- lutazione dell’uno e dell’altro. Spesso, le fasi b e c sono strettamente collegate. 3) Colloquio L’allievo è chiamato a sostenere un dialogo con la commissione al fine di dimostrare di saper argomentare su contenuti appresi durante il percorso formativo, sulle esperienze formative vissute e sulle attese e le riflessioni riguardanti il proprio futuro. I punteggi massimi previsti sono così ripartiti tra le diverse prove: 1) Prova professionale: 25 punti 2) Prova scritta: 15 punti 3) Colloquio: 10 punti L’allievo raggiunge la qualifica con un punteggio minimo di 60 punti. È im- portante considerare la buona padronanza rispetto al tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro, al punto che una carenza su questo aspetto potrebbe inficiare la validità complessiva della prova professionale. La tavola che segue riassume i diversi punteggi. Percorso formativo 50* Valore di soglia indicativo: 30 punti Valore di soglia: 60 punti 25** 15 10 100 Prova professionale Prova scritta Colloquio Esame finale La durata complessiva dell’esame può variare in base alle disposizioni regio- nali, all’impegno orario giornaliero e al tipo di prova professionale adottata. Si suggerisce comunque di prevedere una durata complessiva di circa 20 ore. Si riporta di seguito un esempio di una possibile scansione temporale dell’e- same, prevedendo una durata di 4 giorni. L’esame professionalizzante è presieduto da una commissione che è garante Punteggio finale Prova scritta (3 ore) Prova professionale: fase di programmazione Colloquio (circa 20 minuti per allievo) Valutazione finale della commissione Prova professionale: fase operativa (con eventuale suddivisione degli allievi in gruppi) Prova professionale: fase consuntiva 3 giorno 4 giorno2 giorno1 giorno * Il punteggio tiene conto dell’attività formativa al Centro (40 punti) e dell’alternanza (10 punti, considerando tutte le esperienze svolte nel percorso formativo). ** Il punteggio della prova professionale può essere così suddiviso: 5 punti per la fase di pro- grammazione, 15 per la fase operativa e 5 per la fase consuntiva; ma questi punteggi possono variare in riferimento alla specifica comunità professionale. Colloquio del buon andamento delle prove e determina, in fase di valutazione finale, l’idoneità del candidato al conseguimento del titolo professionale. È significativo che all’in- terno della commissione sia rappresentato adeguatamente il mondo del lavoro. Normalmente, la commissione d’esame è composta da: a) un rappresentante della Regione o della Provincia che rilascia il titolo e che ordinariamente funge da presidente; b) un rappresentante dei datori di lavoro, possibilmente scelto all’interno della comunità professionale di riferimento; c) un rappresentante delle organizzazioni sindacali; d) un rappresentante del gruppo dei formatori del corso. Le specifiche norme regionali possono prevedere la partecipazione di diversi e/o ulteriori membri. Si propone di seguito la scheda complessiva dell’esame di qualifica 114 Scheda complessiva dell’esame Qualifica: “Operatore ……..............................................................................” Timbro CFP Data:........................... Allievo: ........................................................................................................ SCHEDA DI VALUTAZIONE ESAME DI QUALIFICA Prospetto riassuntivo PUNTEGGIO DI AMMISSIONE PROVA SCRITTA SUI SAPERI DI BASE PROVA PROFESSIONALE COLLOQUIO Punteggio complessivo ......................................... /50 ......................................... /15 ......................................... /25 ......................................... /10 ......................................... /100 Note: La commissione 115 3. CERTIFICAZIONE Due sono gli aspetti della certificazione che vengono considerati: 1. la certificazione delle competenze 2. la certificazione finale. La certificazione delle competenze rappresenta il momento in cui, a seguito della valutazione, si passa alla loro registrazione entro una scheda che ne indichi il livello di padronanza e le altre informazioni utili alla comprensione del giudizio. Non si tratta di un atto amministrativo che si limiti a mettere dei giudizi a fianco dell’elenco delle competenze, ma è un processo di elevato valore formativo e sociale. Occorrere pertanto garantire il criterio della attendibilità, che a sua volta comporta di sostenere il giudizio di padronanza con riferimenti precisi, dando ad esso un’efficacia dimostrativa ed un riscontro probatorio. La certificazione si svolge nei seguenti modi: 1) per ogni allievo si compila una scheda di registrazione – allegata alla sche- da di certificazione - che, a fianco dell’elenco delle competenze che si in- tendono certificare (tratte dal repertorio elaborato nelle fasi iniziali del per- corso), indichi le situazioni di apprendimento più significative svolte e le aree disciplinari coinvolte, quando ricorrono. Si propongono alcuni esempi: - per le attività: esercitazioni in classe, compiti a casa, lavori di gruppo…; - per le azioni: simulazioni, progetti, compiti reali, comprese le attività in alternanza (che meritano una particolare attenzione); - per le esperienze: incontri, eventi, esperienze formative extrascolastiche (che richiedono una documentazione probatoria); 2) si compila successivamente la scheda di certificazione delle competenze che indica: - la valutazione – nel caso in cui la competenza sia posseduta ad un livel- lo al, en o accettabile - espressa nella forma comprensibile (sufficien- te/basilare; buono/adeguato; ottimo/eccellente); - le note che prevedono, oltre a ciò che gli insegnanti ritengono utile pre- cisare, anche indicazioni circa le competenze non possedute in forma al- meno accettabile. La certificazione finale è indicata dal documento proposto dall’Unione Europea, “EUROPASS - Supplemento al certificato” (http://www.europass-italia.it) che è riprodotta di seguito e che consente di specificare la natura del certificato che viene rilasciato e che indica l’ambito di attività in cui la persona è risultata competente. 116 Sc he da d i r eg ist ra zi on e de lle si tu az io ni d i a pp re n di m en to si gn ifi ca tiv e e de lle a re e di sc ip lin ar i c oi nv ol te CO M PE TE N ZE AT TI V IT À, A ZI O N I ED ES PE RI EN ZE SI G N IF IC AT IV E SV O LT E ED A RE E D IS CI PL IN A RI CO IN V O LT E In gr es so 1° q ua dr im es tre 2° q ua dr im es tre A lli ev o cl as se an n o 117 Sc he da d i c er tif ic az io ne d el le c om pe te nz e CO M PE TE N ZA LI V EL LO D I PA D RO N A N ZA (ba sil are , a de gu ato , e cc ell en te) N O TE A lli ev o cl as se an n o 118 Certificazione finale [Bandiera nazionale e nome del paese che rilascia la qualifica] SUPPLEMENTO AL CERTIFICATO (*) 1. DENOMINAZIONE DEL CERTIFICATO ( ) 2. DENOMINAZIONE TRADOTTA DEL CERTIFICATO ( ) La presente traduzione non ha valore legale. 3. PROFILO DELLE ABILITÀ E COMPETENZE 4. INSIEME DELLE ATTIVITÀ PROFESSIONALI CUI IL TITOLARE DEL CERTIFICATO PUÒ ACCEDERE (*) Nota esplicativa Il presente documento è volto a fornire ulteriori informazioni sul certificato specificato e non ha di per sé alcun valore legale. Il formato della descrizione è basato sulla risoluzione 96/C 224/04 del Consiglio del 3 dicembre 1992 sulla trasparenza delle qualifiche profes- sionali, sulla risoluzione 96/C 224/04 del Consiglio del 15 luglio 1996 sulla trasparenza dei certificati di formazione professionale, nonché sulla raccomandazione 2001/613/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 luglio 2001 relativa alla mobilità nella Comunità degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volon- tariato, degli insegnanti e dei formatori. Per ulteriori informazioni sulla trasparenza: www.cedefop.eu.int/transparency © Comunità europee 2002 119 5. BASE UFFICIALE DEL CERTIFICATO Denominazione e status dellʼistituzione che rilascia il certificato Livello (nazionale o internazionale) del certificato Accesso al successivo livello di insegnamento/formazione Fondamento giuridico Denominazione e status dellʼautorità nazionale/regionale che accredita/riconosce il certificato Tabella di classificazione / Requisiti per il conseguimento Accordi internazionali 6. ITER UFFICIALMENTE RICONOSCIUTI PER IL CONSEGUIMENTO DEL CERTIFICATO Descrizione del tipo di istruzione e formazione professionale ricevuta � Basata su scuola/centro di formazione � Basata sul luogo di lavoro � Riconoscimento dei percorsi Durata totale dellʼistruzione/formazione per il conseguimento del certificato Requisiti di accesso Annotazioni integrative Percentuale del programma totale (%) Durata (ore/settimane/mesi/anni) 120 4. GESTIONE DEGLI INGRESSI E DELLE USCITE In questa parte proponiamo gli strumenti che, consentono di gestire in modo corretto le dinamiche connesse alle transizioni da un percorso formativo all’altro. Gli strumenti sono stati definiti sulla base di una successione in fasi tipiche del processo di gestione dei passaggi, così delineate: 1) Domanda di passaggio/Domanda di ingresso 2) Bilancio personale 3) Certificazione in caso di abbandono 4) Confronto bagaglio/requisiti richiesti 5) Convenzione tra organismi 6) Attestazione del Dirigente/Direttore 121 1) DOMANDA DI PASSAGGIO/DOMANDA DI INGRESSO A) per allieve/i formalmente iscritti ad altro istituto 122 B) per allieve/i non iscritti ad altro istituto 4 Scuole medie inferiori e superiori, Centri di formazione professionale, Centri per l’Impiego ecc. 123 2) BILANCIO PERSONALE Nome, Cognome Codice fiscale Data di nascita Nazionalità Indirizzo (via, Comune, prov, CAP) Telefono, e-mail Titolo di studio Titolo Istituto Votazione Eventuali debiti formativi Percorsi non completati Percorso Motivo del non completamento Esperienze lavorative / apprendistato Attività svolta Tipo di contratto Tempi Altre esperienze significative Sesso M F Data Referente dell’organismo formativo Firma del genitore 124 3) CERTIFICAZIONE IN CASO DI ABBANDONO Acquisizioni certificate in caso di abbandono durante il percorso Di (cognome e nome) Percorso Ultima classe frequentata Durata della frequenza N. Descrizione delle competenze Attività svolta Periodo di acquisizione N. Descrizione delle conoscenze e abilità per assi culturali Attività svolta Periodo di acquisizione Linguaggi Matematica Scientifico Storico-sociale Tecnico professionale Tecnologie informatiche e telematiche 125 4) CONFRONTO BAGAGLIO PERSONALE / REQUISITI RICHIESTI Assi culturali Attività formative svolte (moduli, unità formative, unità di apprendimento..) Requisiti richiesti Requisiti posseduti Linguaggi Matematico Scientifico Storico sociale Tecnico professionale Utilizzo tecnologie informatiche e telematiche Crediti riconosciuti 126 Necessità di intervento formativo tramite LARSA5 Indicazioni metodologiche Altre indicazioni (tempi, luoghi…) Data Referente dell’organismo di provenienza 6 Referente dell’organismo di destinazione 5 Sotto forma di unità di apprendimento, secondo il format dei documenti progettuali (linee guida di settore, piano formativo di corso). 6 In caso di nuovo ingresso eliminare questa voce. 127 5) CONVENZIONE TRA ORGANISMI Convenzione sottoscritta tra: Istituto/Centro di formazione professionale Con sede in Rappresentato da D’ora in poi denominato Organismo di provenienza Istituto/Centro di formazione professionale Con sede in Rappresentato da D’ora in poi denominato Organismo di destinazione OGGETTO: attivazione di un progetto di passaggio LE PARTI In ottemperanza alla normativa vigente in materia di passaggi tra i diversi isti- tuti/Centri di formazione professionale VISTA la domanda inoltrata in data dai genitori dell’al- lieva/o con la richiesta di passaggio all’indirizzo/settore dell’Istituto/CFP VISTA l’acquisizione della richiesta da parte dell’organismo di provenienza PRESO ATTO della disponibilità dell’organismo di destinazione a valutare con- giuntamente il caso ai fini di un’efficace gestione del progetto di passaggio CON- SIDERATE le comunicazioni intercorse e gli incontri preliminari tra i due orga- nismi. CONCORDANO La gestione congiunta del progetto di passaggio attraverso la progettazione di un Laboratorio di Recupero e Sviluppo degli Apprendimenti (LARSA) per l’allieva/o iscritta/o alla classe sez. indirizzo/settore dell’Istituto/CFP L’intervento è finalizzato al passaggio presso l’organismo di destinazione per ac- cedere nell’anno al corso indirizzo/ settore Data Il dirigente/direttore dell’organismo di provenienza TIMBRO Il dirigente/direttore dell’organismo di destinazione TIMBRO 128 Referente dell’organismo di provenienza Referente dell’organismo di destinazione Per una corretta ed efficace gestione e valutazione del progetto i Dirigenti/Direttori degli organismi di provenienza e di destinazione nominano i seguenti referenti (co- ordinatori/tutor): Le PARTI concordano l’organizzazione del seguente LARSA AREA FORMATIVA OBIETTIVI FORMATIVI ATTIVITÀ Per la realizzazione di tale laboratorio si dispone quanto segue: Tempi Metodologia di verifica e di accompagnamento Oneri finanziari7 7 Indicare con quali risorse sarà realizzato il larsa e l’eventuale presenza di accordi per la ripar- tizione degli oneri finanziari. 129 6) ATTESTAZIONE DEL DIRIGENTE / DIRETTORE A) per allieve/i formalmente iscritti ad altro istituto In riferimento alla domanda di passaggio riferita all’allieva/o nata/o a il CF iscritta/o al corso anno Istituto/CFP Visto a) L’esito del Bilancio delle risorse personali b) L’esito del Laboratorio di recupero e sviluppo degli apprendimenti Si assegnano i seguenti crediti formativi con specificazione della relativa durata, per l’inserimento nel corso anno a partire dalla data Aree formative Unità di apprendimento(ove esistenti) Crediti riconosciuti Pari a n° ore Il dirigente/direttore TIMBRO B) per allieve/i non iscritti ad altro istituto In riferimento alla domanda di ingresso riferita all’allieva/o nata/o a il CF Visto a) L’esito del Bilancio delle risorse personali b) L’esito del Laboratorio di recupero e sviluppo degli apprendimenti Si assegnano i seguenti crediti formativi con specificazione della relativa durata, per l’inserimento nel corso anno a partire dalla data 130 Assi culturali Unità di apprendimento(ove esistenti) Crediti riconosciuti Pari a n° ore Il dirigente/direttore TIMBRO 131 5. LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO Il Libretto Formativo del cittadino, definito in sede istituzionale nazionale ai sensi dell’accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, rappresenta “il libretto per- sonale del lavoratore… in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la for- mazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’arco della vita la- vorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione eu- ropea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate” (art. 2 comma i, Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276). Si tratta di un documento che si aggiunge, qualificandolo, al libretto di lavoro e mira a raccogliere, sintetizzare e documentare le diverse esperienze di apprendi- mento dei lavoratori nonché le competenze da essi comunque acquisite: nella scuola, nella formazione, nel lavoro, nella vita quotidiana. Ciò al fine di migliorare la leggibilità e la spendibilità delle competenze e l’occupabilità delle persone. La realizzazione di questo documento trae origine dalla limitatezza delle de- claratorie professionali basate sulle qualifiche come fonte per precisare la padro- nanza professionale del titolare; esso si presenta quindi come uno strumento dina- mico in grado di accompagnare la persona in tutto l’arco della sua esperienza for- mativa e lavorativa in coerenza con il concetto di lifelong learning. Questa concezione è coerente con le strategie e le azioni dell’Unione europea finalizzate alla trasparenza delle competenze e alla mobilità delle persone tanto che il Libretto può essere considerato il corrispettivo italiano di EUROPASS, il passa- porto delle qualifiche e delle competenze che favorisce la “portabilità” delle stesse in Europa, con la differenza che il Libretto rappresenta la carta d’identità per muo- versi sia sul territorio nazionale, sia attraverso le diverse esperienze di apprendi- mento e lavoro. È infine coerente con la Borsa Continua del Lavoro per favorire l’incontro domanda-offerta di lavoro. Il Libretto fornisce informazioni sul soggetto e sul suo curriculum di apprendi- mento formale, non formale e informale, per la ricerca di un lavoro, per la mobilità professionale e per il passaggio da un sistema formativo all’altro; rende riconosci- bili e trasparenti le competenze comunque acquisite e sostenere in questo modo l’occupabilità e lo sviluppo professionale; aiuta gli individui a mantenere consape- volezza del proprio bagaglio culturale e professionale anche al fine di orientare le scelte e i progetti futuri. 132 Il documento che si propone consente di registrare i seguenti elementi: - dati personali - esperienze scolastiche e formative - esperienze di lavoro e di apprendistato - altre esperienze significative (la persona può essere dotata di competenze che sono state acquisite in maniera informale oppure per attività significa- tive, ma non oggetto di rapporto di lavoro) - competenze possedute: vanno inserite quelle acquisite formalmente a seguito di percorsi formativi e relative valutazioni, ed anche quelle riconosciute e quindi certificate. A) Dati personali Nome, Cognome Codice fiscale Data di nascita Nazionalità Indirizzo (via, Comune, prov, CAP) Titolo di studio Telefono E-mail Altre caratteristiche Sesso M F 133 B) ESPERIENZE SCOLASTICHE E FORMATIVE Primo ciclo Scuola Secondaria di primo grado Diploma di scuola secondaria di primo grado � sì � no Se no ultima classe frequentata Data di conseguimento del diploma Giudizio conseguito � ottimo � distinto � buono � sufficiente Lingua straniera studiata � inglese � francese � altro: Altre lingue conosciute: Livello di padronanza della Lingua italiana � livello alto � livello medio � livello basso Secondo ciclo Sistema di istruzione Istituto scolastico frequentato Denominazione corso Ultima classe frequentata Periodo di frequenza (in mesi) Indirizzo � artistico � classico � economico � linguistico � musicale e coreutico � scientifico � tecnologico � delle scienze umane Note (certificati o crediti) Ulteriori annotazioni Anno scolastico coerenza con il settore attualmente scelto � si � no 134 Sistema di istruzione e formazione professionale Istituto scolastico frequentato Denominazione corso Ultima classe frequentata Periodo di frequenza (in mesi) coerenza con il settore attualmente scelto � si � no Note (certificati o crediti) Ulteriori annotazioni Anno scolastico C) ESPERIENZE DI LAVORO / APPRENDISTATO Azienda Settore Periodo di frequenza (in mesi) Moduli formativi svolti (interni ed esterni all’azienda) Note (certificati o crediti) Ulteriori annotazioni Tipologia di CCNL Coerenza con settore attualmente scelto Monte ore Ruolo/attività 135 D) ALTRE ESPERIENZE SIGNIFICATIVE Ente/Struttura Descrizione dell’attività � sportive � artistico culturali � sociali � hobbies � formative (Corsi non riconosciuti da Istituzioni) � Altro (____________________) Note (certificati o crediti) Periodo di frequenza (in mesi) Coerenza con settore attualmente scelto � Si � no Data Referente dell’organismo formativo 136 Sc he da d i c er tif ic az io ne d el le c om pe te nz e C om pe te nz e ac qu isi te A tti vi tà sv ol ta (fo rm az ion e, ap pr en di sta to , la vo ro ) M od al ità d i a cc er ta m en to (es am i, ric on os ci m en to cr ed iti fo rm at iv i) Li ve llo d i p ad ro n a n za (ba sil are , ad eg ua to , ec ce lle nt e) 137 6. MONITORAGGIO DELLE AZIONI FORMATIVE Il monitoraggio rappresenta per la formazione una pratica sempre più neces- saria soprattutto in presenza di una sempre più elevata diversificazione dei fabbi- sogni formativi, delle utenze e di conseguenza dell’offerta formativa. Ciò comporta una sempre maggiore capacità di progettazione continua al fine di cogliere le effet- tive caratteristiche dell’utenza e del contesto di riferimento; ne consegue una cre- scente distanza tra il progetto ex ante, su cui si svolge la selezione da parte delle Istituzioni finanziatrici, e le effettive pratiche formative. Il progetto ex ante, infatti, indica le mete e gli obiettivi generali, specifica le risorse e prospetta un piano di in- tervento, ma il modo concreto in cui tutto ciò si realizza in favore degli utenti effet- tivi dell’intervento riflette una competenza dell’organismo che si esplica prevalen- temente nel contesto stesso dell’azione. È qui pertanto che occorre addentrarsi se si vuole effettivamente riscontrare la capacità di mobilitare le risorse disponibili al fine di garantire il successo formativo dei destinatari ed il cambiamento desiderato nel contesto di riferimento. Dal punto di vista metodologico, il monitoraggio costituisce un intervento con molteplici significati: - esso presenta una componente di verifica e valutazione, poiché pone in luce la capacità degli organismi osservati di porre in atto la migliore combina- zione di risorse logistiche, strutturali, umane, cognitive e metodologiche; - Inoltre, presenta anche la dimensione dell’accompagnamento ovvero del dia- logo con i rappresentanti degli organismi gestionali circa gli aspetti peculiari dell’esperienza, così da realizzare un confronto in grado di sviluppare cono- scenza reciproca e rintracciare elementi di accrescimento della qualità dei servizi orientativi e formativi. Il monitoraggio è quindi un intervento molteplice, che trova il suo punto con- clusivo nell’elaborazione di un “Riquadro di sintesi” che propone i tre elementi cruciali dell’attività realizzata: 1) principali punti di forza 2) principali punti di problematicità 3) raccomandazioni. Il monitoraggio è il più possibile a carattere qualitativo, così da porre in eviden- za i punti effettivi su cui si gioca la qualità delle azioni attuate, così da trarre rifles- sioni utili per questa stessa, così da ottenere un riscontro del lavoro svolto e perfe- zionare la riflessione circa il proprio operato ed infine individuare spunti per il mi- glioramento delle proprie competenze nella prospettiva del prosieguo dell’attività. 138 Circa gli strumenti e gli indicatori, si propone una scheda di monitoraggio per i percorsi di istruzione e formazione professionale. Inoltre si è proposto per le azioni formative uno strumento di rilevazione del gradimento dei destinatari allo scopo di favorire la comparazione degli esiti rile- vati. 139 Scheda di monitoraggio dei PERCORSI DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE Denominazione Indirizzo Referenti (nome e cognome, ruolo) Capofila Settore Monte ore previsto Data di avvio Soggetto proponente Eventuale rete formativa Riquadro di sintesi Denominazione dell’intervento Principali punti di forza rilevati a) b) c) Principali punti di problematicità rilevati a) b) c) Raccomandazioni a) b) c) 140 1.1 Stato di avanzamento dell’azione: numero ore effettuate / numero ore previste ________ / ________ 1.2 Moduli avviati / conclusi / da avviare 1.3 Stato dell’azione al momento della visita di monitoraggio 1. Stato di attuazione AVVIATI CONCLUSI DA AVVIARE 2.1 Competenze essenziali attese (nei destinatari) al termine del percorso formativo e figura/processo professionale di riferimento a) Competenze essenziali - - - - - b) Figura/processo professionale di riferimento c) Conoscenze - - - - d) Abilità - - - - 2.2 Eventuale ambito di spendibilità sul mercato del lavoro provinciale di tali competenze 2.3 Spendibilità eventuale delle competenze in termini di crediti formativi 2. Esiti attesi e loro valore 141 3.2 Caratteristiche del gruppo classe (omogeneità/disomogeneità rispetto ai requisiti: motivazione e pro- getto, condizioni di accessibilità alla formazione…) 3.3 Caratteristiche dei destinatari e loro coerenza con quelle indicate nell’ipotesi progettuale; differen- ziazioni evidenti per la formazione (che giustificano interventi di personalizzazione) 3. Situazione e caratteristiche dei destinatari 4. Rete sociale ed economica effettiva: indicare quali enti sociali ed economici (Imprese, Enti locali, Servizi, Associazionismo) e con quale ruolo ed attività sono coinvolti (co-progettazione, invio di testimoni ed esperti, stage/alternanza, azioni formative congiunte, co-valutazione) 5. Rete formativa effettiva: indicare i referenti, la natura ed il grado della coopera- zione (Istituti scolastici, Centri di formazione ed agenzia formative, Università) 3.1 N° destinatari da progetto N° destinatari ad avvio intervento N° destinatari presenti al momento della visita N° destinatari presenti in media (STIMA) SOGGETTI FINALITÀ 142 7. Metodologie formative (approccio cognitivo-disciplinare, approccio operativo- addestrativo, approccio per competenze e compiti reali/simulati, approccio ri- flessivo sull’altrui e propria esperienza) 8. Personalizzazione: indicare le tecniche formative utilizzate (Bilancio delle risorse e delle competenze personali, Piano formativo personalizzato, LARSA all’inizio e lungo il percorso, Affiancamento individuale, Autoformazione assi- stita, altro) 6. Risorse rese disponibili 6.2 Risorse cognitive (Libri e materiali, Biblioteca e/o emeroteca, altro) 6.3 Tecnologie e laboratori attivati (Laboratorio informatico, linguistico, scientifico, professionale) 6.1 Risorse umane a) Direzione b) Coordinamento c) Tutorship d) Formatori e) Orientatori 143 9. Verifica circa la validità (o meno) dell’analisi di contesto/bisogni originari a so- stegno della proposta di intervento 10. Difficoltà incontrate che hanno condizionato, condizionano o condizioneranno il conseguimento degli obiettivi dell’intervento. Indicare le soluzioni adottate e gli esiti perseguiti 11. Modalità e strumenti utilizzati per la valutazione dell’intervento 11.1 Rilevazioni circa gli apprendimenti degli allievi (valutazione basata su conoscenze, abilità, compe- tenze, altro) 11.2 Rilevazioni circa il processo formativo (gradimento, feed-back rilevato dai docenti lungo l’attività didattica, altro) a) b) c) Soluzioni adottate, esiti perseguiti 144 12. Utilizzo del portfolio delle competenze personali o diario di bordo o personal book (indicare lo strumento, se esiste, e la sua valenza principale: orientativa, didattica, valutativa-autovalutativa, certificativa, altro) 13. Esiti di apprendimento dei destinatari in rapporto agli obiettivi attesi 14. Modalità di certificazione oltre l’attestato di frequenza: Certificato di compe- tenze personali, Libretto personale 145 Data, Questionario di gradimento per gli allievi 1. Ente Denominazione Indirizzo 2. Denominazione dell’intervento CONTENUTI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Gli argomenti affrontati ti sembrano interessanti? I docenti tengono in considerazione i tuoi interessi? Riesci a cogliere il significato e l’utilità degli argomenti? DIDATTICA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Quando spiegano, gli insegnanti parlano in modo chiaro? I contenuti sono utili per il tuo futuro? Il modo in cui si svolgono le lezioni ti coinvolge? Gli insegnanti cooperano tra di loro? ORGANIZZAZIONE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Gli spazi del centro ti sembrano adeguati? Gli strumenti e le tecnologie ti sembrano adeguate? APPRENDIMENTI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Il corso ti sta aiutando ad acquisire conoscenze? Il corso ti sta aiutando ad acquisire abilità pratiche? Il corso ti sta aiutando ad acquisire competenze per affrontare con responsabilità i compiti previsti? SODDISFAZIONE COMPLESSIVA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Sei soddisfatto dei risultati ottenuti finora? Sei soddisfatto del valore di quanto hai appreso? Sei soddisfatto delle relazioni con i compagni? Sei soddisfatto delle relazioni con i docenti? Sei soddisfatto della relazione con il tutor? Indica in che misura sei soddisfatto del servizio nel suo insieme 147 INDICE SOMMARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 PRESENTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Parte prima: i riferimenti 1. AMBIENTE EDUCATIVO, CENTRALITÀ DELLA PERSONA, SAPERE PERSONALE . . . . . . . . . . . . 9 2. LA FORMAZIONE EFFICACE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2.1. Rilevanza dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.2. Valenza culturale del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 3. RILEVANZA EUROPEA DELLE SPERIMENTAZIONI IFP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 3.1. Il movimento sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 3.2. Il Quadro europeo delle qualifiche (QEQ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 4. METODOLOGIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 4.1. Modello formativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 4.2. Occasioni di apprendimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 4.3. Standard formativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 5. LA CERTIFICAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 6. GLOSSARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 7. BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 Parte seconda: la guida 1. METODOLOGIA VALUTATIVA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43 2. REQUISITI DEI PERCORSI FORMATIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 3. MAPPA DELLE AZIONI E DEGLI STRUMENTI DI VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE . . . . . . . . . 51 Parte terza: gli strumenti 1. GESTIONE DEL PERCORSO FORMATIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 1.1. Definizione del percorso formativo di massima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 1.2. Elaborazione del profilo dell’allievo e bilancio delle risorse personali . . . . . . . . 58 1.3. Elaborazione del portfolio dell’allievo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61 148 2. VALUTAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 2.1. Valutazione delle competenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 2.1.1. Prima tappa: elaborazione della mappa delle competenze . . . . . . . . . . . . . . . 71 2.1.2. Seconda tappa: elaborazione di una rubrica per ciascuna delle competenze previste nella mappa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 2.1.3. Terza tappa: elaborazione della metodologia di valutazione dell’UdA . . . . . 85 2.2. Valutazione delle conoscenze e delle abilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100 2.2.1. Prima tappa: individuare le diverse capacità intellettuali da sollecitare in riferimento all’ambito di conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 2.2.2. Seconda tappa: individuare le tipologie di prove in grado di sollecitare tali capacità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 2.2.3. Terza tappa: cogliere tutte le situazioni di apprendimento che mobilitano le risorse proprie del campo di riferimento del sapere . . . . . 102 2.2.4. Quarta tappa: individuare gli indicatori che possono segnalare l’intero arco degli opprimenti mirati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103 2.3. Valutazione dei comportamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 2.4. Valutazione sommativa e pagellino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108 2.5. Valutazione finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 3. CERTIFICAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 4. GESTIONE DEGLI INGRESSI E DELLE USCITE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120 5. LIBRETTO FORMATIVO DEL CITTADINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 6. MONITORAGGIO DELLE AZIONI FORMATIVE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137 INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147 149 Pubblicazioni 2002-2007 nella collana del CNOS-FAP e del CIOFS/FP “STUDI, PROGETTI, ESPERIENZE PER UNA NUOVA FORMAZIONE PROFESSIONALE” ISSN 1972-3032 1. Nella sezione “studi” 1) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XIV seminario di formazione europea. La formazione professionale per lo sviluppo del territorio. Castel Brando (Treviso), 9 - 11 settembre 2002, 2003 2) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XV seminario di formazione europea. Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Significato e percorsi, 2004 3) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVI seminario di formazione europea. La formazione professio nale fino alla formazione superiore. Per uno sviluppo in verticale di pari dignità, 2005 4) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Vademecum. Strumento di lavoro per l’erogazione dei servizi orien- tativi, 2003 5) CIOFS/FP SICILIA (a cura di), Opportunità occupazionali e sviluppo turistico dei territori di Cata - nia, Noto, Modica, 2004 6) CNOS-FAP (a cura di), Gli editoriali di “Rassegna CNOS” 1996-2004. Il servizio di don Stefano Colombo in un periodo di riforme, 2004 7) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto finale, 2002 8) MALIZIA G. - V. PIERONI (a cura di), Ricerca azione di supporto alla sperimentazione della FPI secondo il modello CNOS-FAP e CIOFS/FP. Rapporto sul follow - up, 2003 9) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, 2004 10) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, 2004 11) D’AGOSTINO S. - G. MASCIO - D. NICOLI, Monitoraggio delle politiche regionali in tema di istru- zione e formazione professionale, 2005 12) PIERONI V. - G. MALIZIA (a cura di), Percorsi/progetti formativi “destrutturati”. Linee guida per l’inclusione socio-lavorativa di giovani svantaggiati, 2005 13) NICOLI D. - G. MALIZIA - V. PIERONI, Monitoraggio delle sperimentazioni dei nuovi percorsi di istruzione e formazione professionale nell’anno formativo 2004-2005, 2006 14) MALIZIA G. (coord.) - D. ANTONIETTI - M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale. II edizione, 2006 15) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP della Sicilia. Rapporto di ricerca, 2007 16) CIOFS/FP (a cura di), Atti del XVIII seminario di formazione europea. Standard formativi nel - l’istruzione e nella formazione professionale. Roma,7-9 settembre 2006, 2007 17) RUTA G., Etica della persona e del lavoro, Ristampa 2007 18) COLASANTO M. - R. LODIGIANI (a cura di), Il ruolo della formazione in un sistema di welfare attivo, 2007 19) MALIZIA G. et alii, Stili di vita di allievi/e dei percorsi formativi del diritto-dovere, 2007 20) MALIZIA G. - V. PIERONI, Le sperimentazioni per la formazione iniziale del diritto-dovere nei CFP del CNOS-FAP e del CIOFS/FP del Lazio. Rapporto di ricerca, 2007 21) NICOLI D. - R. FRANCHINI, Costruzione dell’identità personale e sociale negli adolescenti e nei giovani. La proposta dell’Istruzione e formazione professionale, 2007 22) NICOLI D., La rete formativa nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP, 2007 23) MALIZIA G. et alii, Diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e anagrafe formativa. Problemi e prospettive, 2007 24) PELLEREY M., Processi formativi e dimensione spirituale e morale della persona Dare senso e prospettiva al proprio impegno nell’apprendere lungo tutto l’arco della vita, 2007 25) BELLESI L. - DONATI C., Giovani e percorsi professionalizzanti: un gap da colmare? Rapporto finale, 2007 26) NICOLI D. - COMOGLIO M., Una formazione efficace. Esiti del monitoraggio dei percorsi speri- mentali di Istruzione e Formazione professionale in Piemonte, 2007 2. Nella sezione “progetti” 27) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 28) ASSOCIAZIONE CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, 2003 29) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, 2003 30) CIOFS/FP CAMPANIA (a cura di), OrION tra orientamento e network, 2004 31) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, 2003 32) CIOFS/FP PIEMONTE (a cura di), Le competenze orientative. Un approccio metodologico e pro- poste di strumenti, 2003 33) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale alimentazione, 2004 34) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale aziendale e amministrativa, 2004 35) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale commerciale e delle vendite, 2004 36) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale estetica, 2004 37) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale sociale e sanitaria, 2004 38) CIOFS/FP - CNOS-FAP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale tessile e moda, 2004 39) CIOFS/FP (a cura di), Un modello per la gestione dei servizi di orientamento, 2003 40) CIOFS/FP BASILICATA, L’orientamento nello zaino. Percorso nella scuola media inferiore. Diffu - sione di una buona pratica, 2004 41) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale elettrica e elettronica, 2004 42) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale grafica e multimediale, 2004 43) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale legno e arredamento, 2005 44) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale meccanica, 2004 45) CNOS-FAP - CIOFS/FP (a cura di), Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati. Comunità professionale turistica e alberghiera, 2004 46) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione delle unità didattiche, 2003 47) COMOGLIO M. (a cura di), Prova di valutazione per la qualifica: addetto ai servizi di impresa. Prototipo realizzato dal gruppo di lavoro CIOFS/FP, s.d. 48) FONTANA S. - G. TACCONI - M. VISENTIN, Etica e deontologia dell’operatore della FP, 2003 49) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo, 2003 50) MARSILII E., Guida per l’accompagnamento al lavoro dipendente, 2003 51) NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema del - l’istruzione e della formazione professionale, 2004 52) NICOLI D. (a cura di), Sintesi delle linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel siste - ma dell’istruzione e della formazione professionale, 2004 151 53) TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, 2003 54) VALENTE L. - D. ANTONIETTI, Quale professione? Strumento di lavoro sulle professioni e sui per- corsi formativi, 2003 55) NICOLI D. (a cura di), Il diploma di istruzione e formazione professionale. Una proposta per il percorso quadriennale, 2005 56) VALENTE L. (a cura di), Sperimentazione di percorsi orientativi personalizzati, 2005 57) POLACEK K., Guida e strumenti di orientamento. Metodi, norme ed applicazioni, 2005 58) CNOS-FAP (a cura di), Proposta di esame per il conseguimento della qualifica professionale. Percorsi triennali di Istruzione formazione Professionale, 2005 59) BECCIU M. - A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), 2006 60) CNOS-FAP (a cura di), Centro Risorse Educative per l’Apprendimento (CREA). Progetto e guida alla compilazione dei sussidi, II edizione, 2006 61) NICOLI D. - TACCONI G., Valutazione e certificazione degli apprendimenti. Ricognizione dello stato dell’arte e ricerca nella pratica educativa della Federazione CNOS-FAP. I volume, 2007 62) MARSILII E., Dalla ricerca al rapporto di lavoro. Opportunità, regole e strategie, 2007 63) GHERGO F., Guida per l’accompagnamento al lavoro autonomo. Una proposta di percorsi per la creazione di impresa, 2° edizione, 2007 64) D’AGOSTINO S., Apprendistato nei percorsi di diritto- dovere, 2007 3. Nella sezione “esperienze” 65) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, 2003 66) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, 2003 67) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, 2003 68) CNOS-FAP PIEMONTE (a cura di), L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, 2003 69) CIOFS/FP PUGLIA (a cura di), ORION. Operare per l’orientamento. Un approccio metodologico condiviso e proposte di strumenti, 2003 70) TONIOLO S., La cura della personalità dell’allievo. Una proposta di intervento per il coordina- tore delle attività educative del CFP, 2005 71) COMOGLIO M. (a cura di), Il portfolio nella formazione professionale. Una proposta per i per- corsi di istruzione e formazione professionale, 2006 72) ALFANO A., Un progetto alternativo al carcere per i minori a rischio. I sussidi utilizzati nel Centro polifunzionale diurno di Roma, 2006 73) MALIZIA G. - D. NICOLI - V. PIERONI, Una formazione di successo. Esiti del monitoraggio dei percorsi sperimentali triennali di istruzione e formazione professionale in Piemonte 2002-2006. Rapporto finale, 2006 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Marzo 2008

L'esperienza di formazione formatori nel progetto 2003. La riflessività dell'operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della FPI

Autore: 
Cristina Baldi - Mariapia Locaputo
Categoria pubblicazione: 
Progetti
Anno: 
2008
Numero pagine: 
272
A cura di Cristina BALDI - Mariapia LOCAPUTO PROGETTO “OFS PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” L’esperienza di formazione formatori nel progetto integrazione 2003. La riflessività dell’operatore come via per la prevenzione e la cura educativa degli allievi della formazione professionale iniziale UNIONE EUROPEA Fondo Sociale Europeo Regione Puglia Sommario Introduzione ............................................................................................................................... 5 Presentazione della sperimentazione .................................................................................. 7 1° parte La storia della formazione professionale in Puglia tra tradizione e innovazione ................................................................................................ 11 2° parte: Il progetto “Integrazione 2003” ......................................................................................... 87 Conclusione ............................................................................................................................ 265 Bibliografia ............................................................................................................................ 267 3 Introduzione I processi di trasformazione, che negli ultimi decenni hanno investito le società contemporanee più evolute provocando decisi cambiamenti sul piano sociale, eco- nomico e prima ancora culturale, riguardano molto da vicino anche il mondo della formazione professionale. Oggi la sopravvivenza e la crescita delle imprese (in un mercato caratterizzato dagli sviluppi tecnologici, dall’internazionalizzazione, dalla dinamizzazione degli scambi e delle relazioni e, contemporaneamente, da una forte instabilità) è forte- mente condizionata dalla capacità di innovarsi e trasformarsi: emerge con forza la centralità del “capitale intellettuale”e dell’investimento in conoscenza, ricerca e know how innovativi. Inizia a delinearsi una nuova logica in cui la risorsa umana, assume un ruolo centrale in quanto “veicolo” di qualità del prodotto o del servizio erogato dalle im- prese. La ricerca della “qualità” determina investimenti forti e costanti in conoscenze e in cura del valore di cui sono portatrici le risorse umane, le uniche capaci di pro- durre innovazione apprendendo dalla soluzione dei problemi che esse stesse costantemente generano. Da oltre un decennio, il dibattito sulla formazione si presenta sempre più com- plesso e articolato, tanto da rendere altrettanto problematico fornire una definizione univoca del termine “formazione”, per via delle diversificate connotazioni che esso ha acquisito nell’attuale contesto sociale ed economico. Il crescente interesse attorno alla formazione professionale ha assunto declina- zioni diverse, non solo in relazione ai contenuti delle attività formative, ma anche in funzione della fase del ciclo di vita professionale. In altri termini, formazione professionale iniziale, formazione professionale superiore, formazione permanente e formazione continua non si differenziano solo per una diversa centratura sull’ad- destramento o sull’aggiornamento. La stessa riforma del sistema educativo di istruzione e formazione professio- nale, sull’onda delle indicazioni dell’Unione Europea, sottolinea l’importanza di creare le condizioni affinché sia garantito ad ogni persona “il diritto a formarsi, ad apprendere per tutto l’arco della vita1”. In quest’ottica, il ruolo della formazione viene rafforzato e assume un’impor- tanza cruciale per la crescita della persona e delle organizzazioni o delle comunità in cui questa è chiamata a investire le proprie competenze umane e professionali. 5 1 Legge n. 53/2003 art. 2. 6 La formazione, in tutte le sue accezioni, è sempre più la struttura portante di una società e di un mondo del lavoro articolato, flessibile e dinamico. Assumono rilievo sempre maggiore i significati della formazione in relazione a una società dominata dalla complessità e dalla frammentarietà e, più ancora, ci si interroga sul senso profondo del formarsi e del formare nell’ottica della realizza- zione di un nuovo progetto di uomo. “Fare formazione” significa, dunque, gettare uno sguardo in avanti, verso la creazione di “mondi possibili”, costruendo “ponti” che abilitino i giovani – nostri destinatari privilegiati dell’azione formativa – a definire il proprio percorso di vita sociale e professionale. “Formarsi” significa, in primo luogo, imparare a farlo in modo sistemico e par- tecipato. La surmodernitè, che caratterizza infatti la complessità sociale dei nostri giorni, spinge a lavorare in rete, a creare “legami” tra i vari contesti in cui si svolge la vita dell’uomo per poter garantire qualità in termini di efficacia ed efficienza a un servizio di formazione. Di qui la necessità di pensare la formazione della persona come un “mosaico” alla cui realizzazione contribuiscono vari “tasselli”, ovvero vari soggetti che con la persona interagiscono (famiglie, scuole, istituzioni, gruppi amicali, ecc.). Di conse- guenza, progettare la formazione delle persone nella loro pluridimensionalità necessita, oggi, del coinvolgimento di molti attori. In questo scenario, al progettista della formazione, si chiede di imparare a con- frontarsi con le realtà nelle quali è chiamato a intervenire, sapendo dialogare e ne- goziare con esse, si richiedono competenze tecnico-professionali molto articolate e il possesso di un bagaglio culturale e scientifico estremamente variegato: sognare, sperimentare e meditare il possibile e a volte l’impossibile, per aiutare i giovani ad inserirsi nella società. A questa logica si ispira il presente lavoro che è il risultato di un’attività di for- mazione dei formatori che ha visto camminare insieme, attraverso il dialogo, il confronto attivo e la collaborazione, i formatori degli Enti di Formazione Profes- sionale di ispirazione cristiana della Regione Puglia, al fine di garantire agli allievi, soprattutto ai più giovani, una formazione alla vita di qualità e un aiuto concreto alla realizzazione del proprio successo formativo. 2 CNOS-FAP – Centro Nazionale Opere Salesiane, Formazione Aggiornamento Professionale. 3 CIOFS/FP – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane, Formazione Professionale. 4 SCF – Scuola Centrale Formazione. 5 CNOS-FAP: Bari e Cerignola; CIOFS/FP: Ruvo di Puglia, Martina Franca, Taranto, Fraga- gnano; OFMI Foggia, ASSOCIAZIONE CALASANZIO: Campi Salentina; EPCPEP: Gioia del Colle e Ostuni; CIFIR: Bari, Oria e Taranto. 7 Presentazione della sperimentazione Nell’ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003) rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 hanno concluso il primo ciclo di studi, gli Enti di formazione Nazionali CNOS-FAP2, CIOFS/FP 3 e SCF 4 hanno elaborato un’offerta di servizi di supporto all’azione formativa dei CFP della Regione aderenti alla CONFAP Puglia, artico- lata in quattro principali “aree d’azione”: 1. Ricerca e Supporto alla progettazione; 2. Formazione Formatori; 3. Monitoraggio e Valutazione; 4. Diffusione e Pubblicizzazione. È nato così il Progetto Integrazione 2003 che, per la prima volta nella Regione Puglia, (nell’ambito della realizzazione dei percorsi sperimentali di Istruzione e Formazione Professionale, attuati secondo l’Accordo quadro del 19 giugno 2003 e della modellizzazione adottata dalla Regione nella formula dei percorsi formativi integrati tra Scuola, CFP e Aziende) ha visto la partecipazione di un buon numero di CFP5 attivati nel collaborare sui temi della organizzazione didattica e della gestione della propria offerta formativa, destinata ad allievi in diritto/dovere all’istruzione e formazione professionale. La finalità dichiarata dell’intervento progettuale, da parte dei suddetti Enti Na- zionali, è stata quella di proporre un’esperienza non solo addestrativa ma soprat- tutto educativo-formativa tale da indurre gli stessi operatori della FP a socializzare e fertilizzare le proprie conoscenze ed esperienze professionali, partendo dalla con- divisione e integrazione della comune storia della Formazione Professionale in Pu- glia fino a sviluppare e potenziare competenze metodologiche e psicopatologiche indispensabili nella relazione didattica, formativa ed educativa con gli utenti. Quanto raccolto nel presente lavoro descrive, in particolare, l’esperienza di Formazione Formatori che è stata vissuta da questi come una importante opportu- nità per lavorare insieme, confrontarsi sui propri vissuti lavorativi, condividere 8 ansie, preoccupazioni, aspettative, domande e camminare insieme alla ricerca di nuove strade che conducano ad offrire un servizio formativo di qualità agli utenti della formazione professionale. Il progetto si inserisce nei profondi cambiamenti culturali, istituzionali e strut- turali del Sistema educativo di istruzione e formazione italiano. Globalizzazione, società dell’informazione, rivoluzione tecnologica sono i nuovi termini di paragone con cui istituzioni scolastiche e formative sono chiamate a confrontarsi per adeguare e innovare i propri paradigmi di istruzione e forma- zione al lavoro, offrendo alle nuove generazioni standard di qualità funzionali alla professionalizzazione; ciò nonostante, i servizi alla persona, se da un lato debbono garantire la qualità delle azioni formative, dall’altro debbono continuare ad affer- mare la centralità della persona nella relazione educativa. Si stanno individuando, a vari livelli, nuove vie per rispondere quindi ai bi- sogni formativi. I molteplici iter legislativi e formativi, non sempre sono caratteriz- zati da organicità. Più in particolare, negli ultimi decenni, sono state approvate norme che stanno cambiando profondamente il nostro sistema educativo di istru- zione e formazione, incidendo profondamente anche sul vissuto dei docenti e degli operatori della Formazione Professionale iniziale. Con lo sguardo orientato ad allenare il cuore e la mente dei formatori ad un agire riflessivo, la proposta di Formazione Formatori, descritta in queste pagine, ha cercato di rispondere ai bisogni di adeguamento e più ancora di rinnovamento sempre più avvertiti da parte di chi agisce in questo campo. In questa esperienza di Formazione è stato possibile riflettere a lungo non solo sugli aspetti legislativi e sui nuovi orientamenti pedagogici cui la Riforma ha dato luogo, ma anche sulla identità della figura professionale, dell’operatore della for- mazione professionale iniziale. «Chi è il formatore nel quadro di una riforma che dichiara di pari dignità il (sotto) sistema dell’istruzione e quello dell’istruzione e della formazione profes- sionale? Un formatore di serie B? Un operatore pedagogico? Un educatore profes- sionale? Un animatore? O tutte queste professionalità assieme, vista la complessità degli utenti interessati alla offerta formativa proposta dal sistema della formazione professionale iniziale?». Mediante la presente pubblicazione si intende diffondere la visione maturata attraverso l’esperienza di formazione condotta, da CFP che, pur avendo tradizioni differenti, hanno cercato fortemente nell’integrazione di andare oltre la propria ot- tica per costruire una missione comune: quella di operatori pedagogici al servizio di soggetti deboli o a rischio di esclusione sociale. Le pagine che seguono vogliono offrire un quadro del lavoro di formazione svolto dai CFP accompagnati dalle autrici durante il “Progetto Integrazione 2003” che si è sviluppato lungo l’intero arco della prima sperimentazione dei percorsi for- 9 mativi di istruzione e formazione professionale attivati ai sensi dell’Accordo Stato – Regioni del giugno 2003. Si è voluto dare «spazio» e «voce» ai Centri di Formazione Professionale chiedendo di raccontare la loro storia, la loro vision, la loro mission e il prodotto dell’esperienza formativa vissuta insieme. E insieme si è voluto tentare di rispon- dere ad alcune delle domande di approfondimento emerse durante il cammino. Il primo capitolo traccia alcune coordinate inerenti l’identità del formatore nel quadro dei cambiamenti culturali e legislativi in atto e si sofferma, in particolare, sugli strumenti che consentono di offrire un servizio di qualità agli utenti della FP. Sono riportate alcune risposte alle domande di senso emerse durante gli incontri. Il secondo capitolo descrive l’esperienza di formazione dei formatori vissuta secondo le linee tracciate dal Progetto integrazione 2003. Nelle varie pagine si de- scrivono le fasi e le esperienze che hanno caratterizzato il cammino insieme. Il terzo capitolo dà voce agli operatori dei vari CFP, riportando il cammino di riflessione sul proprio agire educativo entro il quadro di riferimento della propria storia professionale e di quella del proprio ente di appartenenza, portatore di una propria vision e mission, ispirate alla promozione del giovane nella sua integralità. La formazione dei formatori ha coperto l’intero arco della prima sperimenta- zione dei percorsi formativi di istruzione e formazione professionale attivati con- sentendo di generare in ognuno un nuovo processo di riflessività pedagogica aperta al cambiamento e al confronto. 1ª Parte La Storia della Formazione Professionale in Puglia tra Tradizione ed Innovazione 11 1 QUAGLINO – CARROZZI, Il processo di formazione. Dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, 1998. Capitolo 1 I fondamenti antropologici e pedagogici della formazione professionale Mariapia LOCAPUTO Negli ultimi anni è esperienza comune ascoltare affermazioni che sottolineano quanto il lavoro e la formazione stiano cambiando profondamente. Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato il modo di produrre. I microproces- sori, le cc.dd., le nanotecnologie, i computer hanno sostituito metodi e strumenti di lavoro che erano stati utilizzati e ritenuti validi per decenni. Inoltre, l’informatica e la telematica hanno introdotto nuovi modi di comunicare e di relazionarsi nel mondo del lavoro e anche nella vita sociale. I nuovi media (internet, in primis) – vista la loro intrinseca capacità pervasiva –sono caratterizzati da un preciso tratto di irreversibilità di incidenza sull’intera vita sociale, sia pubblica sia privata. I personal computer hanno modificato la nostra vita quotidiana cambiando il senso dell’esperienza, i tradizionali modelli di comportamento e, più globalmente, i quadri ideali e valoriali di riferimento, individuale e collettivo. La complessa rivoluzione tecnologica e sociale in atto spinge a richiedere nuove professionalità, con mansioni più sofisticate ed affidate a conoscenze più astratte, a capacità di consapevolezza, autonomia, flessibilità, responsabilità. I processi innovativi che hanno caratterizzato l’economia e la società intera a partire dagli anni Novanta, si sono tradotti in un aumento della domanda di forma- zione e coerentemente in un mutamento di obiettivi, contenuti e metodi. Il lavoro e la formazione sono cambiati, non solo perché sono mutate le tecno- logie e le organizzazioni aziendali, ma anche perché si è progressivamente verificata, e si sta verificando tuttora, una complessa mutazione culturale provocata dall’emer- gere di nuovi atteggiamenti nei confronti del lavoro e della formazione. Pertanto, oggi, si fa sempre più urgente l’istanza di una formazione focalizzata, non solo su conoscenze ed abilità tecniche specifiche, ma anche sullo sviluppo di capacità di concettualizzazione e di progettazione, affiancate sia da una disponibi- lità ad apprendere e ad aggiornarsi continuamente, sia da capacità relazionali, di adattamento e di cambiamento1. 13 2 COMMISSIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA, Politica di coesione a sostegno della crescita e del- l’occupazione:linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013, Bruxelles 05.07.2005 (COM 2005) 299. 3 Cfr. QUAGLINO – CARROZZI, Il processo di formazione. Dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Franco Angeli, 1998. 4 D’ANNA G., Dir, Dizionario Italiano Ragionato, Sintesi, Firenze, 1987 5 GALIMBERTI U., Dizionario di psicologia, UTET, Torino, 1992. 6 Ibidem 7 Ibidem Le politiche di sviluppo a livello europeo 2 assegnano alla formazione, laddove questa si costituisca una “pratica di massa”, una valenza strategica per la crescita sociale ed economica di una nazione. La formazione non è più considerata soltanto come mero sistema che trasmette conoscenze codificate e tendenzialmente stabili, ma sempre più come insieme di dispositivi tecnici in grado di promuovere attitudini autonome, contestualizzate ed aperte al “possibile”3. Ciò richiede all’azione formativa un’attenzione al contesto concreto di inter- vento assumendo approcci (teorie, modelli e tecniche) che garantiscano letture più interpretative e “dialoganti”. In questo panorama assumono rilievo sempre maggiore i significati della for- mazione e, più ancora, il senso profondo del formarsi e del formare nell’ottica della realizzazione di un nuovo progetto di uomo. 1. Dal significato al senso della formazione oggi Il Dizionario della lingua italiana definisce la formazione come “atto o effetto del formare o del formarsi; in particolare maturazione delle facoltà di una persona in seguito a esperienza, apprendimento o studio” 4. Guardando al suo significato a partire dall’etimologia della parola, il termine formazione indica, quindi, l’attività di dar forma, di configurare, di plasmare. In psicologia, per formazione si intende il “processo teso allo sviluppo com- piuto dell’individuo, sia in termini di personalità psicologica sia in termini profes- sionali” 5. In ambito antropologico6, il termine si riferisce al processo di civilizzazione che si esprime nel doppio significato della parola cultura, intesa come educazione collettiva e come sistema di valori condivisi. La psicologia del lavoro7 si occupa della formazione intesa dal punto di vista professionale, come apprendimento programmato, tramite insegnamento e studio, delle conoscenze e delle abilità di base che rappresentano le condizioni preliminari per intraprendere consapevolmente una professione. Infine, in campo pedagogico, il termine formazione è spesso usato come sino- nimo di educazione e si riferisce allo sviluppo delle acquisizioni spirituali, pratiche e teoriche che accompagnano la maturazione dell’individuo. 14 8 CONTESSA G., La formazione: teorie, modelli e problemi, in www.psicopolis. com. Le differenti definizioni nascondono e rivelano al tempo stesso, diversi modi di intendere l’oggetto da definire, cioè diverse filosofie. La formazione viene quindi concettualizzata e realizzata diversamente in base agli ambiti e alle filosofie ad essa sottese. Così la formazione può essere intesa, in chiave idealista, come cambiamento emotivo e psicologico di carattere soggettivo, personale, legato all’essere dell’u- tente; ovvero, in chiave illuminista, razionalista, come un’azione di allargamento del campo cognitivo e di trasformazione dei comportamenti, intesi come modelli razionali di risposta8. La formazione può quindi essere concepita come un processo di trasmissione dell’eredità culturale da una generazione all’altra, come un trasferimento di cono- scenze e valori accreditati, oppure come un’azione di scoperta e stimolazione del potenziale degli utenti, i quali si trovano a confrontarsi con problemi e dubbi e ven- gono sostenuti nella ricerca della propria originale soluzione. Dalla prima impostazione scaturisce una psico-pedagogia direttiva, cioè che “dirige” i formandi verso un sapere prestabilito. Dalla seconda impostazione scaturisce una psico-pedagogia non direttiva o at- tiva, che si limita a stimolare ed aiutare i formandi a trovare le risposte di cui hanno bisogno. Le necessità di distinguere tra queste due opzioni deriva dall’esigenza di fon- dare un sistema di pensiero coerente dalle premesse filosofiche fondative, alle con- seguenze operative. Individuare i confini entro cui intendere la formazione, assumendo un signifi- cato “formale” del termine, aiuta a individuare il senso e i significati “sostanziali”, del fare formazione oggi. Il significato e il senso della formazione è cambiato nel corso degli ultimi de- cenni. Nell’età moderna, con l’idea dell’uomo come costruttore di sé e con l’idea del progresso e dello sviluppo come prodotto dell’intervento razionale dell’uomo, il termine formazione è divenuto una parola-programma utilizzata per indicare il pro- cesso di integrale sviluppo della persona (dal tedesco bildung). Con gli sviluppi delle discipline di carattere sociologico e degli studi sulle organizzazioni, con la parola formazione si è venuto ad intendere il processo di acquisizione delle competenze, che consentono di svolgere in maniera efficiente ed efficace un ruolo sociale e professionale. In questa dimensione la formazione diviene questione essenziale e risorsa im- prescindibile nelle politiche nazionali ed internazionali di sviluppo. La formazione appare, oggi, come risorsa strategica non semplicemente per la preparazione professionale che gli individui conseguono, ma perché “chiave di 15 9 NICOLI D. Manuale per progettista di formazione, nell’approccio antropologico-sociale, in Qua- derni per l’Obbligo Formativo, Provincia di Milano, n. 4/02 10 Ibidem 11 Cfr. FONTANA, S. TACCONI, G. VISENTIN M., Etica e deontologia dell’operatore della forma- zione professionale, Collana Studi - Progetti – Esperienze, ed. CNOS-FAP, Roma, 2003: Non c’è for- mazione/educazione se non là dove il senso della possibilità si intreccia con quello della realtà. Fare formazione ponendo al centro la relazione educativa con la persona del formando in termini di ser- vizio e di affidamento significa costruire un equilibrio dinamico tra la capacità di comportarsi in modo adeguato alla realtà e la capacità di vedere quello che non c’è (i mondi possibili) come possibi- lità in grado di animarla e trasformarla. volta” per la crescita dell’individuo in una collettività (il mondo del lavoro, ma anche la società civile, le comunità locali). Diviene quindi importante formare la persona, il cittadino, a un ruolo sociale oltre e prima ancora che professionale. La formazione, dunque, in modo più compiuto può essere intesa oggi come “un’azione di natura relazionale, intenzionale e programmata, volta ad accrescere il valore sociale della risorsa-persona”9. Essa si caratterizza10, dunque, in quanto: - Azione: ovvero un processo vitale applicato ad una realtà specifica (quella della persona in formazione) e volto alla sua trasformazione; - Di natura relazionale: si tratta di un’azione basata sul principio di recipro- cità, e si connota, non tanto come un mero trasferimento di informazioni o accrescimento di capacità e competenze, ma come relazione significativa di servizio e, nello stesso tempo, di affidamento tra persone11. - Intenzionale: ciò indica la presenza di un soggetto portatore di un quadro di valori coerente con l’azione formativa, e nel contempo di un intento di cam- biamento coerente con un sistema di finalità ed obiettivi. - Programmata: cioè un progetto che delinea in modo preciso i mezzi neces- sari, le fasi in cui si compone l’azione e le metodologie utilizzate dagli ope- ratori della formazione. - Centrata sulla risorsa-persona: si sottolinea così nella definizione la visione antropocentrica rispettosa della peculiarità-irriducibilità della persona umana. La persona è centrale rispetto all’organizzazione ed agli “imperativi di sistema”. Essa è un soggetto volitivo, dotato di senso, in grado di agire progettualmente, in una logica aperta all’evento. - Per il suo valore sociale: non si tratta del valore in sé (che pure è necessario tenere presente in ogni momento dell’agire formativo) quanto della spendibi- lità nel contesto sociale della risorsa umana, nel mercato del lavoro e delle professioni. - Perchè azione di accrescimento: tramite la formazione si realizza nella per- sona una trasformazione osservabile e valutabile che opera in modi differenti sia nel senso dello sviluppo di disposizioni interne, sia in quello di cono- scenze e competenze. 16 La formazione è, quindi, un’attività che mira alla valorizzazione (e prima al ri- conoscimento) del potenziale umano, in modo da rendere la persona capace di svi- luppare “laboriosità” e “creatività”, utilizzabili al fine di saper trovare soluzioni adeguate ai problemi incontrati, definiti all’interno di un particolare ambito di sa- peri e di competenze/responsabilità. La formazione professionale, come ambito specifico del più ampio campo della formazione, è strettamente legata alla struttura del lavoro intesa come ambito simbolico, operativo e relazionale nel quale si sviluppa l’attività umana come dina- mica di “creazione sociale”. Ciò comporta la necessità di delineare i modi del rapporto tra formazione e la- voro. Va ricordato che il lavoro, in particolare il tipo di lavoro emergente dall’at- tuale dinamica sociale ed economica (definibile, in modo sintetico, post-taylori- stica e post-burocratica), è portatore di una “formatività” implicita che va innanzi- tutto riconosciuta e poi valorizzata verso la massima promozione delle risorse umane. Una concezione formale del processo formativo lo descrive come una “forma” astratta derivante dalla codifica delle diverse prassi entro modelli e schemi. Questi sono utili, ma non possono sostituire le reali dinamiche del contesto socio-lavora- tivo le quali sono in grado di mobilitare il loro carattere formativo implicito. Una concezione della formazione di natura relazionale mira invece a definire un progetto formativo come entità vitale, che coinvolge sia la dimensione intersog- gettiva dell’azione sia la dimensione sociale. La situazione formativa è vista in chiave relazionale, in modo da lasciar emer- gere le caratteristiche dei soggetti nella scena dell’azione e da consentire una as- sunzione di responsabilità nei confronti della propria esistenza. La relazione educativo-formativa rappresenta, in primo luogo, un ambiente re- lazionale significativo che favorisce la valorizzazione del potenziale della persona destinataria dell’azione in modo da mobilitarne le risorse in direzione di un cam- biamento condiviso e compartecipato, effettivo e rilevante per la persona stessa. Tale azione è vista anche come intervento in un contesto al fine di: • valorizzare le caratteristiche specifiche (in particolare la cultura formativa, spesso implicita); • stimolare i soggetti (stakeholder – portatori di interessi, utenti, altri); • definire attraverso l’assunzione di responsabilità dei formatori (espliciti ed impliciti) un percorso in grado di mobilitare le risorse formative verso un cambiamento atteso e condiviso (apprendimenti, maturazione e mutamento sociale) sapendo sostenere le difficoltà e superare gli ostacoli. Formare consiste, allora, nel fornire competenze che, se fino a ieri non erano essenziali, sono oggi decisive per affrontare il cambiamento: “alle vecchie certezze date dalla stabilità dell’organizzazione e dalla prevedibilità del domani, devono so- 17 12 Cfr QUAGLINO – CARROZZI, op.cit. 13 POLLO M., Le sfide dell’abitare una società complessa, in Quaderni di animazione e forma- zione. L’animazione socioculturale, Edizione Gruppo Abele, Torino 2001. 14 POLLO M., op.cit. Nella cultura della società complessa il segno è andato sempre di più autonomizzandosi dall’ og- getto per manifestare il suo significato quasi esclusivo in relazione con gli altri segni. Questa trasfor- mazione profonda della lingua ha portato le persone a sganciarsi sempre di più dalla realtà per collo- carsi all’interno di un mondo immaginario. La parola si è fatta astratta perdendo la sua cosalità. La pa- rola greca logos ha prevalso sulla parola ebraica dabar. Infatti in ebraico dabar, oltre che «parola», si- gnifica anche «cosa», mentre in greco logos, oltre che «parola», significa anche «concetto», idea astrat- ta. Il differente modo di intendere e di usare la parola si manifesta nei differenti modelli culturali del mondo greco e di quello ebraico. Infatti mentre nella tradizione ebraica la parola è lo strumento che l’uomo ha a disposizione per dominare la realtà del mondo storico che abita e la verità è la fedeltà nella stituirsi maggiori capacità delle persone di orientarsi e di affrontare il nuovo e il di- verso”12. 2. Imprescindibilità del fondamento antropologico-sociale della formazione Cercare quali possono essere i concetti base a cui la formazione oggi può ispi- rarsi, implica la necessità di interrogarsi sull’idea di uomo, sul disegno di società e sull’interazione fra le diverse istituzioni in cui la sua vita si svolge. Questo com- porta sollevare “domande forti” come quelle inerenti la libertà e la possibilità di es- sere “creatori” di storia, domande sulla possibilità stessa per l’uomo di oggi di saper “decifrare” il tempo e lo spazio che abita per individuare significati ed elabo- rare una progettualità individuale e collettiva. Oggi chi fa formazione/educazione deve affrontare molteplici sfide che na- scono in gran parte dalla complessità sociale e dalla transizione verso quella che gli antropologi francesi chiamano la surmodernitè, correttamente traducibile in ita- liano con “surmodernità”13. L’espressione complessità sociale, sopra riportata, viene utilizzata normal- mente per indicare la cultura caratteristica delle società economicamente svilup- pate, che hanno vissuto al loro interno i processi di secolarizzazione e di moderniz- zazione e nelle quali, la stragrande maggioranza degli abitanti, vive condizioni di benessere e libertà tipiche delle moderne democrazie. Le sfide della complessità sociale nascono: - dalla fine del centro, o meglio, dalla nascita di una pluralità di centri che for- niscono ai valori sociali una legittimazione parziale e precaria, rendendo im- possibili le scelte tra valori, bisogni e opportunità, se non nella logica della utilità immediata; - dalla crisi della dialettica desiderio/limite, che ha dato vita al pluralismo estremizzato e al consumismo; - dalla crisi dell’identità storico-culturale legata alla crisi della memoria sto- rica, processo che ha comportato una perdita di contenuto anche delle parole; - dalla crisi della parola, che diventa sempre più astratta (logos) perdendo la sua aderenza col concreto (dabar)14; 18 vita quotidiana all’alleanza, nel mondo greco la parola rimanda all’ essenza della realtà, ai con- cetti astratti o ideali che la realtà nasconde o maschera e la verità, conseguentemente, consiste nel por- ta re alla luce, nello svelare queste essenze nascoste. Lo spostamento della parola verso l’astratto e il suo mondo, l’immaginario, tradisce quell’equilibrio tra dabar e logos che ha caratterizzato dopo l’avvento del cristianesimo la cultura dell’Occidente. 15 POLLO M., op.cit: Senza questa dimensione solidale sociale non è possibile l’esistenza dell’Io. li formarsi dell’Io e il suo mantenersi, infatti, è reso possibile solo dall’ esistenza del Noi. Se non ci fosse un Noi che si pren de cura, tutela ed educa i nuovi nati, questi non solo non potrebbero con - quistare la coscienza, ma, addirittura, non potrebbero sopravvivere. 16 POLLO M., op.cit: Insieme alle grandi narrazioni sono entrate in crisi le ideologie e i mecca- nismi sociali che aiutavano le persone a uscire dai loro mondi vitali quotidiani per entrare nella vita del sistema sociale. 17 Cfr TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Collana Progetti CNOS-FAP, Roma, 2003; FONTANA S. TACCONI G. VISENTIN M., Etica e deontologia dell’operatore della formazione professionale, Collana Progetti CNOS-FAP, Roma, 2003. 18 TACCONI G. (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Collana Progetti CNO- SFAP, Roma, 2003. - dalla crisi del Noi, ovvero di quella dimensione sociale della vita costituita da una rete di solidarietà che consente a ogni individuo l’utilizzo nel proprio progetto di vita delle risorse, materiali e spirituali, messe a disposizione dagli individui che con lui condividono lo spazio e il tempo15; - dalla crisi delle grandi narrazioni e dei transattori in grado di collegare il mondo vitale delle persone con il sistema sociale16. Occorre poi tenere conto che la complessità è tipica delle cosiddette società del benessere, che, come è noto, sono società duali ovvero società in cui vi è una mag- gioranza, costituita dai due terzi circa dei suoi abitanti, che gode di condizioni di benessere e della pienezza dei diritti di cittadinanza, e una minoranza, costituita dal restante terzo, che non gode del benessere e soprattutto vive situazioni di emargina- zione e, quindi, di non pienezza dei diritti di cittadinanza. Queste sfide della complessità sociale sono, infine, arricchite da quelle della surmodernità, che vanno dalla scomparsa dei luoghi alla crisi dello sviluppo della persona lungo le tappe del suo ciclo vitale, fino all’indebolimento della responsabi- lità degli adulti verso le nuove generazioni. La società complessa ha, altresì, prodotto la scomparsa dei luoghi17 e la nascita dei “non luoghi”; la crisi della relazione intergenerazionale e la fusione nella rela- zione educativa genitoriale tra “materno” e “paterno”. Oggi, pertanto, è quanto mai imprescindibile inserire la formazione entro un orizzonte etico e antropologico fondante e fondativo. Per un CFP di ispirazione cristiana, progettare ed erogare la formazione, in un mondo in cui sono presenti cambiamenti che comportano la messa in “crisi” dei paradigmi di conoscenza 18, significa assumere a fondamento del proprio agire una specifica idea di uomo e della formazione come strumento di promozione umana. A fondamento del “fare formazione” nello stile e secondo il carisma di San Giovanni Bosco vi è il paradigma “buon cristiano e onesto cittadino”. Tutta 19 19 GIUGNI G.,La programmazione didattica in prospettiva sociale, Giunti &Lisciani, Teramo, 1987, pp. 153-154. La formazione “non riguarda tanto l’addestramento ad eseguire, nel lavoro, una de- terminata funzione, quanto piuttosto la promozione - nell’individuo - di una motivazione positiva nei confronti del lavoro; non considera la professione un accessorio, bensì una dimensione fondamentale della personalità, che va sviluppata nel contesto dello sviluppo integrale di quest’ultima, a partire dal- l’infanzia e non alla fine del processo evolutivo. La ‘professione’, in altri termini, deve ‘emergere’ dal- la personalità e non aggiungersi ad essa”. 20 NICOLI D., Manuale per il progettista di formazione, in Quaderni per l’Obbligo Formativo, Prov. Milano, n. 4/02 l’azione educativa/formativa di Don Bosco, a cui i CFP salesiani si ispirano, è fon- data sulla promozione dell’essere umano, posto al centro dell’azione educativa. La formazione è considerata come un’azione prevalentemente rivolta all’arric- chimento della dotazione personale di saperi, capacità e competenze, che si svolge in un contesto sociale ricco di stimoli e opportunità ma anche di limiti e necessità di scelta fra alternative non sempre compatibili. In una prospettiva antropologica (e antropocentrica) il riferimento prioritario della formazione è, dunque, la persona umana, collocata entro un contesto (quello della società complessa sopra descritto) che da un lato ne disegna gli spazi di azione e dall’altro ne vincola l’espressione. L’individuo, è considerato un soggetto dotato di più dimensioni ed è caratteriz- zato da un’intenzionalità. Tale intenzionalità fa riferimento ad aspirazioni e valori che costituiscono il suo mondo interiore e che attribuiscono alla sua azione un senso peculiare. La società è concepita come lo spazio reale entro cui si svolge l’avventura del- l’uomo e con il quale si delinea un dialogo/confronto dal carattere anch’esso for- mativo. In questa prospettiva, il processo formativo si colloca, non tanto nella dimen- sione del processo economico in senso stretto, quanto in quella della società civile e concepisce la persona innanzitutto come un cittadino portatore di diritti soggettivi ed irrinunciabili. Formare significa, dunque, porre a fondamento dell’azione formativa il desti- natario e la relazione educativa rivolta alla sua triplice dimensione di persona, citta- dino, lavoratore19. Ogni progettazione formativa, per non ridursi esclusivamente ad una costru- zione tecnica di obiettivi da raggiungere indipendentemente dai soggetti cui è desti- nata e dai contesti in cui opera, deve potersi riferire ad una antropologia esplicita e positiva20, ponendo a fondamento una visione di uomo e del suo rapporto con la so- cietà che si preoccupi di porre al centro la persona, i suoi bisogni, il suo progetto di vita. 20 21 Ibidem. La persona umana come referente e soggetto della formazione si pone come una realtà unica ed irripetibile, irriducibile, volitiva, sensata ed aperta, costituita da un in- sieme organico di fattori che ne delineano la personalità come apertura dinamica protesa verso una ricerca ed un compimento21. Il “mondo personale” è infatti caratterizzato da una radicale incompletezza e nel contempo da un bisogno di realizzazione che genera energie proprie dell’essere umano. Tale bisogno si esplicita nella ricerca di un percorso di vita, che consiste nel dare nome proprio alle esperienze che si conducono e che respinge di contro at- tività nelle quali il soggetto finisce per scomparire in un’indistinguibile massa. In ognuno di noi, la personalità è costituita da fattori originari inerenti l’individualità, la famiglia, l’ambiente etico-culturale di provenienza e le espe- rienze relazionali significative. La realtà personale originaria si apre ad un continuo cambiamento attraverso una dinamica intenzionale guidata dal quadro di valori di riferimento dell’indi- viduo. Tali valori sono le direttrici del percorso di vita e nel contempo, i criteri tra- mite cui selezionare le opportunità ed esperienze. La gran parte delle esperienze che la persona conduce non sono esplicitamente finalizzate all’educazione o alla formazione. Non per questo mancano di essere oc- casioni di apprendimento; anzi, esse spesso sono portatrici degli apprendimenti più rilevanti e persistenti, che mettono alla prova il quadro dei valori, lo modificano o perfezionano, in altri termini contribuiscono al processo di maturazione personale. Una particolare classe di esperienze tese a modellare la personalità è data dal- l’insieme delle esperienze di istruzione e formazione. Nel cammino di maturazione, la persona tende ad esplicitare una vocazione, ovvero la disposizione verso una particolare forma di realizzazione di sé, che com- prende (in modo più o meno esplicito, più o meno chiaro, a seconda delle condi- zioni di vita in cui è posta e delle esperienze condotte) una particolare attività lavo- rativo-professionale, non intercambiabile con nessun’altra in quanto portatrice pri- vilegiata dell’espressione personale. La persona tende così a costruire un progetto di vita nel quale si esplicitano i caratteri della personalità in relazione all’ambiente di riferimento, lungo una dire- zione certamente vincolata dalle opportunità e dal contesto. All’interno di tale pro- getto si delinea anche la dinamica lavorativa, ragione per cui si parla di progetto di vita/di lavoro intendendo una dimensione sociale, ma nel contempo fortemente an- corata al mondo personale dell’individuo. La persona umana è, quindi, essenzialmente apertura, vocazione e progetto; essa esige la possibilità di piena realizzazione del proprio potenziale e richiede un metodo specifico di cura e di promozione. Il progetto della persona si definisce entro un contesto di natura sociale, così co- me il processo di formazione rappresenta un’azione di natura essenzialmente sociale. 21 22 NICOLI D. (a cura di), Linee guida per la realizzazione di percorsi organici nel sistema dell’i- struzione e della formazione professionale, Collana Progetti CNOS-FAP CIOFS/FP, Roma 2004. 23 SANTERINI M. L’educatore tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale, Ed. La Scuola, Brescia, 1998 p. 23 Assumendo, quindi, il processo formativo entro una prospettiva più ampia, si rende necessario definire il campo dell’azione formativa. Tale campo è definito dalle seguenti componenti: la persona, il contesto am- bientale, l’ambito professionale di riferimento, le opportunità formative e di svi- luppo professionale. In tal modo il processo di definizione del progetto formativo non segue un an- damento sequenziale (o ciclico) ma relazionale che pone in comunicazione due mondi: 1) quello della persona 2) quello del contesto di riferimento. L’incontro fra questi due mondi rende possibile il percorso formativo / di svi- luppo personale. In questa concezione l’obiettivo viene quindi ad essere quello della piena edifi- cazione, in chiave vocazionale, della personalità dell’individuo, considerato come il costruttore del proprio progetto di vita. La formazione (professionale) ha, in tale progetto, il compito di creare le con- dizioni affinché siano rispettati e pienamente espressi i “diritti di cittadinanza” di ogni individuo, specie dei più deboli e bisognosi 22. L’azione formativa rappresenta un valore in sé, un diritto fondamentale ed irrinunciabile della persona tramite il quale essa diviene più consapevole di se stessa. Ultimo elemento di riflessione riguarda i contesti della formazione. Con la parola contesto si intende l’“insieme di condizioni e circostanze nelle quali si inserisce l’azione educativa; […] uno spazio esperienziale nel quale la per- sona vive, agisce e sperimenta le sue relazioni sociali”23. All’interno del processo educativo, l’interdipendenza tra la dimensione della personalità individuale – nelle sue componenti sia cognitive, sia motivazionali – e gli aspetti socioculturali, ricorda quanto sia stretto l’intreccio esistente tra un sog- getto e il contesto di vita, senza per questo considerare la persona come diretto pro- dotto della società. Ogni educatore è chiamato a riflettere sul rapporto tra individuo e ambiente in cui vive: l’ambiente non è “altro” dall’educazione. La contestualizzazione di un’azione educativa è una condizione necessaria per cogliere il senso profondo dell’agire educativo, pertanto ogni intervento forma- tivo/educativo non può prescindere da una riflessione sulla persona nel suo con- testo di vita. Il rapporto tra persona, ambiente sociale, situazioni di vita, membri della famiglia, gruppi vicini, deve essere preso in considerazione in una logica di circolarità e reciprocità. Questo non per leggere la realtà in modo deterministico, 22 come causa di una situazione, bensì per ricercare ed evidenziare le opportunità di sviluppo e di crescita della persona. L’azione educativa è sempre contestualizzata e soggetta a interpretazione: è possibile educare solo tentando umilmente una comprensione globale delle per- sone, dei loro aspetti psicologici, cognitivi, affettivi, sociali, storici, per proporre nuovi significati e, attraverso essi, un cambiamento della persona e della società. La comprensione del contesto non è fine a se stessa, ma funzionale all’assun- zione di una decisione di cambiamento, di rinnovamento individuale e sociale. È funzionale all’elaborazione di un progetto. Il contesto in cui una persona vive è sempre un contesto culturale. La cultura, nella sua multiformità, rappresenta l’insieme dei significati che i gruppi umani at- tribuiscono alla realtà ed ai fenomeni nel corso del tempo e che trasmettono ai di- scendenti. Il “culturale”, cioè tutto ciò che riguarda le scelte storicizzate di un gruppo, traspira da ogni parte e caratterizza tutti gli aspetti del sociale: i modi di vita, il la- voro, la politica, l’educazione. Ognuno ha bisogno di vivere in una cultura intesa come linguaggio comune attraverso cui capire il contesto, porre limiti, stabilire di- ritti e doveri, trasmettere conoscenze e atteggiamenti. Potremmo dire che la cultura costituisce la chiave di lettura di un contesto e, quindi, delle persone che in quel contesto vivono e da cui traggono la propria “identità storico – sociale”. La crescita delle generazioni future avviene attraverso la trasmissione di tale eredità e la trasmissione frammentaria di questa cultura determina la creazione di gruppi marginali. Per convinzione largamente diffusa, la formazione professionale, almeno quella iniziale (indirizzata ai ragazzi che devono ancora assolvere il diritto-dovere all’istruzione e formazione), è rivolta a quella parte della popolazione giovanile al margine della società, a rischio di esclusione sociale (quando non anche a rischio di devianza), con difficoltà nell’apprendimento o, comunque, con scarse attitudini allo studio o con una abilità prevalentemente manuale. Dietro questa convinzione si nasconde un pregiudizio culturale che finisce col dividere le persone in buone e cattive, in brave e incapaci. In realtà, la formazione professionale erogata secondo il carisma di San Gio- vanni Bosco opera per vocazione, per scelta in contesti marginali, caratterizzati da una cultura frammentaria (talvolta da una non cultura), povera e precaria. Don Bosco, che ispira il lavoro educativo del CFP salesiano, considerava de- stinatari privilegiati della propria azione educativa i giovani, in special modo quella parte della gioventù, più al margine, in pericolo, a rischio di disagio o di devianza. Per primo egli vide la formazione al lavoro come uno strumento, una via per la formazione integrale della persona come “buon cristiano e onesto cittadino”. Potremmo quasi dire che per primo Don Bosco assunse una visione sistemica della formazione professionale, considerando la formazione al lavoro come via per 23 la crescita integrale della persona. Questo necessariamente impone – all’educatore come al progettista (di interventi formativi) – di imparare a dialogare con gli altri aspetti della vita di una persona interrogando il contesto in cui la persona vive (fa- miglia, ambiente extrascolastico e periscolastico, territorio) e interrogandosi sul le- game tra la crescita della persona in formazione e il contesto di riferimento. 24 24 Non a caso l’UE ha scelto come motto simbolico del cammino comune “unità nella diversità”. 25 Conclusioni presidenza del Consiglio dell’Unione europea, Consiglio straordinario di Lisbona, 21-23 marzo 2000. Capitolo 2 La memoria storica per la ricerca delle coordinate legislative Mariapia LOCAPUTO 1. Parola d’ordine: integrazione Il percorso di modernizzazione del sistema educativo italiano, che muove i suoi passi all’interno delle sfide e delle strategie di sviluppo declinate dall’Unione Europea, si articola intorno ad alcuni valori che costituiscono le chiavi di lettura e di interpretazione del processo di trasformazione culturale – e non solo – attual- mente in atto in Italia come nel resto dell’Europa. Gli atti di indirizzo e quelli normativi elaborati a livello nazionale come a li- vello europeo muovono intorno ai significati profondi delle parole “integrazione”, “modernizzazione”, “coesione”, “globalizzazione” Seppur tutti questi vocaboli richiamano al concetto di cambiamento, questo è maggiormente evidente e rilevante nel termine “integrazione”. Gli ultimi decenni hanno visto la nascita dell’Unione Europea come confedera- zione di stati, come comunità sovranazionale chiamata a perseguire interessi comuni per la crescita e lo sviluppo del Vecchio Continente, nel rispetto e nella conservazione dell’identità e della cultura dei singoli Stati24. Avviare un processo di coesione, di integrazione, e di crescita nell’ottica della globalizzazione, vuol dire non semplicemente perseguire le stesse mete, ma cam- minare insieme, attuando politiche di intervento comuni e condivise finalizzate a ridurre le disparità economiche e sociali fra le regioni europee e i loro abitanti, facendo sì che l’Europa diventi “l’economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulle conoscenze, capace di una crescita economica sostenibile con più posti di lavoro, più qualificati e con una maggiore coesione sociale 25”. L’integrazione, alla base dei processi di cambiamento (sociale, culturale ed economico) in atto in Europa, è espressione di democrazia, conquista di civiltà e una ricchezza da coltivare a tutti i livelli. 25 26 Il concetto di integrazione è centrale in sociologia. Per la teoria sociologica, la società, tutta nel suo complesso, è per natura integrata. Le forze, le parti che compongono il sistema sociale sono inter- dipendenti tra di loro per loro natura tese all’equilibrio e all’integrazione. Ma cosa significa integrazione? Nonostante l’ampio ricorso al termine integrazione e le numerose esperienze che si sono sviluppate al riguardo, a livello micro e macro, manca ancora una “teo- ria” dell’integrazione. Nel parlare generalmente di integrazione si intende la necessità di rapportarsi con gli “altri”: altre culture, altri sistemi e modi di agire e/o pensare per arricchirsi reciprocamente, senza perdere la propria identità e specificità. L’integrazione è un concetto prevalentemente sociologico comprendente diver- se sfaccettature. In sociologia 26 l’integrazione è vista come un processo attraverso cui un si- stema (una comunità di stati, di istituzioni, di persone) acquista e conserva unità strutturale e funzionale, pur mantenendo la differenziazione degli elementi. In genere l’integrazione si fonda sul consenso libero delle persone sociali che accettano la piattaforma che sta alla base dell’unificazione del comportamento; ma spesso sono leggi e norme esplicite, pressioni esterne, condizioni transeunti ed in- teressi momentanei a fondarla e giustificarla. Vale la pena di sottolineare come l’integrazione comporti (mediante un ipoteti- co libero consenso) l’accettazione di una piattaforma di valori (una meta comune) definite “consensualmente”. Spinta dall’Europa, e associata alla localizzazione, l’integrazione si configura, quindi, come una strategia per perseguire obiettivi comuni a diverse politiche, ine- renti la salute, l’occupazione, l’abitare, la protezione sociale, lo sviluppo locale, le quali combinandosi tra loro, convergono in interventi congiunti su un territorio comune. Queste convergenze e combinazioni tra materie e istituzioni diverse, determi- nano una ridefinizione continua delle materie stesse e delle competenze relative, al fine di creare forme di cooperazione, accordo, e quindi integrazione tra attori diversi. L’integrazione così intesa opera su diversi livelli: sul terreno delle pratiche, del- le agenzie e degli interventi, su quello gestionale delle scelte tecnico-amministrati- ve, ed infine, sul terreno istituzionale, delle responsabilità politico-amministrative. Per quanto più specificamente interessa il presente lavoro, l’integrazione tra l’istruzione e la formazione professionale ha assunto – in Europa come in Italia – progressiva centralità negli orientamenti e nelle scelte di politica scolastica e formativa in ossequio all’obiettivo condiviso di sostenere il processo di ammoder- namento dei sistemi dell’Istruzione e della Formazione, integrandoli e articolandoli in filiere ad alta specializzazione che forniscano occasioni formative lungo tutto l’arco della vita dei cittadini (long life learning). 26 27 Consiglio europeo straordinario di Lisbona, 23 – 24 marzo 2000, Bollettino UE 3-2000. Questo cammino di modernizzazione – auspicato nel nostro Paese, ma già in atto in Europa – ha come obiettivo prioritario quello di affermare il diritto di citta- dinanza formativa che amplia e consolida il tradizionale diritto all’istruzione, ed è presupposto alla effettiva possibilità di esercizio dei diritti socioeconomici, così come civili e politici. Lo sviluppo dell’integrazione fra formazione, educazione e lavoro sta diven- tando un riferimento crescente in molti progetti e molte attività. Creare però dei servizi integrati, non solo sulle tematiche, ma anche fra i soggetti che ad essi afferi- scono, è ancora un processo da compiersi. Gli enti aderenti al Progetto Integrazione 2003 della Regione Puglia hanno ispirato alla logica dell’integrazione la loro collaborazione e il loro percorso di for- mazione dei formatori che in questo lavoro viene raccontato. 2. Lo scenario dell’Unione Europea Le tecnologie dell’informazione, informatiche e telematiche, hanno provo- cato nell’ultimo decennio una radicale transizione sociale verso nuove forme di organizzazione dando così vita a quella che oggi viene indicata come “società della conoscenza”. I micro-processori stanno inducendo sotto i nostri occhi una “rivoluzione globa- le” dagli esiti non ancora chiari ed estesi, non solo alla produzione e alla comunica- zione sociale, ma anche ai modi di vita e all’esistenza individuale, familiare, e socia- le. Si sono accresciute enormemente le opportunità di accedere all’informazione e al sapere, ma d’altra parte si richiedono adattamenti e competenze nuove che, laddove manchino, possono provocare emarginazione ed esclusione sociale. Di fronte alla svolta epocale risultante dalle sfide della globalizzazione e della nuova economia basata sulla conoscenza, l’Unione Europea si è interrogata sulle strategie da attivare per favorire la crescita e la competitività dei paesi europei. In particolare, il capitale umano, inteso come l’insieme della conoscenze, ca- pacità e competenze dei singoli individui, è considerato dalle più recenti politiche comunitarie come la principale risorsa di cui disponiamo per il progresso e lo svi- luppo, pertanto la sua valorizzazione è ritenuta determinante sotto il profilo della qualità della vita, dell’occupazione, della coesione sociale e della competitività. Grazie a tale politica, negli ultimi anni, gli Stati membri e la Commissione hanno operato congiuntamente al fine di elaborare una strategia atta a migliorare i sistemi di istruzione e formazione europei e a dare attuazione al principio della for- mazione lungo tutto l’arco della vita. Iniziando dal Consiglio di Lisbona del marzo 200027, passando per quelli di Stoccolma e di Barcellona, per lo studio di Maastricht del 2004, fino a giungere 27 28 Decisione n. 1720/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che stabilisce un programma d’azione nel settore dell’istruzione e della formazione durante l’intero ar- co della vita. 29 Consiglio europeo straordinario di Lisbona, 23 – 24 marzo 2000, Bollettino UE 3-2000. alla raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo del 15 novembre 200628, sono state individuate le strategie da attivare per raggiungere l’obiettivo che vede l’Europa entro il 2010 come “l’economia più competitiva e dinamica al mondo basata sulle conoscenze, capace di una crescita economica sostenibile con più posti di lavoro, più qualificati e con una maggiore coesione sociale”. 2.1 La strategia di Lisbona Una tappa fondamentale dell’attuale processo in tema di politiche educative è rappresentata dalla strategia formulata a Lisbona29 (marzo 2000) con la quale l’Unione europea si è data l’obiettivo di fare dei suoi sistemi di istruzione e di for- mazione un “punto di riferimento per la qualità a livello mondiale entro il 2010”. A Lisbona nel 2000 l’UE ha identificato nell’istruzione e nella formazione due strumenti essenziali per assicurare e sviluppare l’occupabilità, la coesione sociale e la realizzazione personale e professionale dei cittadini, svolgendo in tal modo un ruolo fondamentale nel perseguimento del traguardo che l’UE si è data per il 2010 di diventare l’economia basata sulla conoscenza più dinamica del mondo. In questo contesto, “lo sviluppo di un’istruzione e di una formazione professio- nale di qualità elevata è un elemento cruciale e parte integrante di tale strategia, se- gnatamente per quanto riguarda la promozione dell’inclusione sociale, della coesione, dell‘occupabilità e della competitività” (Consiglio dell’Unione Europea, 2002, 3). Di fronte alla complessità e alle novità offerte dalle nuove tecnologie e dai processi di globalizzazione, appare urgente che le persone vengano abilitate a ge- stire situazioni complesse dagli sviluppi imprevedibili, a confrontarsi con una cre- scente differenziazione, culturale, etnica e religiosa, a saper utilizzare le risorse of- ferte dalle tecnologie della informazione e comunicazione (TIC), a sapersi distri- care e prendere posizione rispetto alla molteplicità di informazioni frammentarie e al “conflitto delle interpretazioni”, che vengono diffuse dal sistema della comunica- zione sociale. All’istruzione e alla formazione si chiede che apra la strada all’intelligenza del mondo, fornendo gli strumenti e le competenze necessarie per leggere la realtà, orientarsi in essa, comprenderla anche in funzione creativa, sapendo dare un giu- dizio soppesato e ragionato su fatti, eventi, persone, situazioni, spesso inattese e ipoteticamente anche conflittuali. Nell’ottica espressa, il rafforzamento del sistema di istruzione e della forma- zione costituisce la chiave di volta per realizzare una crescita durevole del nostro continente. 28 30 Relazione del Consiglio “Istruzione”, al Consiglio europeo, sugli “Obiettivi concreti futuri dei sistemi d’istruzione e formazione“ [5680/01 EDU 18 - Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale]. Basandosi sui contributi degli Stati membri, la Commissione e il Consiglio hanno definito un certo numero di obiettivi comuni per il futuro, nonché il modo in cui i sistemi di istruzione e di formazione dovrebbero contribuire al raggiungi- mento dell’obiettivo strategico definito a Lisbona. Il Consiglio30 ha concentrato la sua attenzione sui tre obiettivi fondamentali: 1) Migliorare la qualità dei sistemi d’istruzione e di formazione L’istruzione e la formazione rappresentano uno strumento privilegiato di co- esione sociale e culturale, nonché uno strumento economico considerevole, desti- nato a migliorare la competitività e il dinamismo dell’Europa. Migliorare la “qualità” del predetto sistema implica: – migliorare la qualità della formazione degli insegnanti e degli addetti alla formazione; – riservare uno sforzo particolare all’acquisizione delle competenze di base che devono essere attualizzate per poter rispondere alle esigenze di sviluppo della società della conoscenza; – migliorare l’attitudine dei cittadini a leggere, a scrivere e a effettuare calcoli, in particolare per quanto riguarda le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le competenze trasversali (ad esempio: imparare ad ap- prendere, lavorare in équipe); – migliorare la qualità delle attrezzature nelle scuole e negli istituti di forma- zione, con un’ottimale utilizzazione delle risorse; – migliorare la corrispondenza fra le risorse e i bisogni, consentendo agli isti- tuti scolastici di realizzare nuove partnership che possano aiutarli nello svolgimento del loro nuovo ruolo, più diversificato che in precedenza. 2) Facilitare l’accesso di tutti all’istruzione e alla formazione Il modello sociale europeo di coesione sociale deve poter consentire a tutti i cittadini di accedere ai sistemi d’istruzione e di formazione formali e non formali, facilitando segnatamente il passaggio da un settore d’istruzione ad un altro (ad esempio dalla formazione professionale all’insegnamento superiore), dall’infanzia all’età matura. L’apertura dei sistemi d’istruzione e di formazione accompagnata da uno sforzo per rendere più invitanti tali sistemi, e per adattarli ai bisogni dei diversi gruppi destinatari, può svolgere un ruolo importante nella promozione di una citta- dinanza attiva, di una parità di opportunità e di una coesione sociale durevole. 3) Aprire l’istruzione e la formazione sul mondo Questo obiettivo comprende da una parte la costruzione dello spazio europeo dell’istruzione e della formazione tramite la mobilità e tramite l’insegnamento delle 29 31 Libro Bianco su Istruzione e Formazione: “Insegnare ad apprendere – verso la società conosci- tiva” – COM (95) 590, novembre 2005 32 Riunione di Copenaghen del 29-30 novembre 2002. lingue straniere da un lato, dall’altro il potenziamento dei collegamenti con il mondo del lavoro, della ricerca e della società civile nel suo insieme. Il raggiungimento di questi macro obiettivi comporta l’adozione da parte degli Stati membri di politiche nel campo educativo e sociale volte, tra l’altro, ad aumen- tare il numero dei cittadini europei con un diploma di scuola secondaria di II grado e a ridurre considerevolmente la percentuale di dispersione scolastica e formativa attraverso la promozione di complesse opere di ammodernamento dei sistemi di istruzione e formazione nazionali. Un ulteriore passo avanti, nella realizzazione del programma, è stato compiuto con il Consiglio Europeo di Stoccolma del marzo 2001 rispetto agli obiettivi futuri e concreti dei sistemi di istruzione e di formazione e con il Consiglio Europeo di Barcellona del marzo 2002 dove è stato riconosciuto il sistema dell’istruzione e della formazione come sfera prioritaria fondamentale della strategia di Lisbona. L’istruzione e la formazione si presentano come la carta vincente, per promuo- vere uno sviluppo per quanto possibile organico, armonico ed autentico a tutti i livel- li della vita, contrastando la povertà, impedendo l’esclusione, evitando lo scontro tra i popoli e le nazioni, lottando contro l’oppressione, la dominazione e la guerra come soluzione dei conflitti o delle esigenze di sviluppo. Tutto ciò si pone in continuità con il Libro Bianco del 1995 secondo il quale la “scuola rimane lo strumento insosti- tuibile dello sviluppo personale e dell’inserimento sociale di ogni individuo ...”31, perché “la qualità dell’istruzione e della formazione è diventata essenziale per la competitività dell’Unione Europea e per il mantenimento del suo modello sociale”. I documenti dell’UE sembrano proporre sei finalità irrinunciabili per l’istruzione e la formazione europea: – l’apprendimento lungo l’intero arco dell’esistenza; – la realizzazione della cittadinanza attiva mediante il riconoscimento dei di- ritti civili e sociali di tutti senza l’esclusione di nessuno; – la competitività nel quadro di un’economia basata sulla conoscenza e globa- lizzata; – la sussidiarietà orizzontale e verticale; – la centralità dell’istruzione e della formazione professionale per la promo- zione dell’inclusione sociale, della coesione, dell’occupabilità e della com- petitività; – la rilevanza dell’esperienza nei processi di apprendimento-insegnamento. Nel novembre del 2002, infine, con la Dichiarazione di Copenaghen32, i Mini- stri dell’istruzione e formazione professionale degli Stati membri dell’UE, dei paesi dell’EFTA/SEE e dei paesi candidati (i paesi partecipanti) dalla Commissione europea e dalle parti sociali europee, si sono impegnati, ancora una volta, a pro- 30 muovere una maggiore cooperazione in materia di istruzione e formazione profes- sionale, quale strategia atta a migliorare i risultati, la qualità e l’attrattiva dell’istru- zione e formazione professionale in Europa. 2.2 Verso il 2010 La verifica di metà percorso dei progressi compiuto dagli Stati membri ha ri- levato le difficoltà o in alcuni casi l’impossibilità di raggiungere entro il 2010 gli obiettivi prefissati e reso necessario una ridefinizione degli obiettivi e delle stra- tegie per realizzarli. Constatato il rallentamento nella creazione di posti di lavoro e l’insufficienza degli investimenti da parte degli Stati membri nel settore della ricerca e dello svi- luppo, l’UE ha preferito concentrare l’attenzione sulle azioni da svolgere per realiz- zare gli obiettivi prefissati. La data del 2010 e gli obiettivi riguardanti i diversi tassi di occupazione non vengono quindi più presentati come priorità, mentre vengono rilanciate le priorità politiche, segnatamente in materia di crescita e di occupazione. L’Unione europea considera una priorità per il suo sviluppo il miglioramento qualitativo e il rafforzamento dei sistemi di istruzione e formazione professionale degli Stati membri. Questa priorità è stata ribadita anche dal Comunicato di Maa- stricht del 14 dicembre 2004, che ha indicato la necessità di una maggiore coope- razione europea in materia di Vocational Education and Training (VET), indivi- duando anche gli impegni che gli Stati membri devono assumere e le azioni da compiere. In particolare, a Maastricht, i Ministri responsabili dell’istruzione e formazione professionale di 32 paesi europei, le parti sociali europee e la Com- missione Europea hanno deciso di rafforzare la loro cooperazione con l’obiettivo - ancora una volta dichiarato - di: – modernizzare i sistemi di istruzione e formazione professionale affinché l’economia dell’Europa diventi la più competitiva – offrire a tutti gli europei - giovani, lavoratori anziani, disoccupati, persone svantaggiate - le qualifiche e le competenze necessarie per integrarsi piena- mente nella emergente società della conoscenza, contribuendo così a creare nuovi e migliori posti di lavoro. Nel contesto del rilancio della strategia di Lisbona, il Consiglio europeo della primavera 2005 ha indicato nel capitale umano l’attivo più importante per l’Europa e di conseguenza ha invitato gli Stati membri a raddoppiare gli sforzi per migliorare il livello generale dell’istruzione e ridurre il numero di giovani che abbandonano prematuramente la scuola, in particolare attuando il programma di lavoro «Istruzione e formazione 2010» elaborato conformemente alla strategia di Lisbona fin qui citata. Il Consiglio europeo ha inoltre sottolineato che l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita costituisce una condizione imprescindibile per il raggiungimento 31 degli obiettivi di Lisbona anche attraverso una intensa opera di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione. L’obiettivo del programma d’azione nel settore dell’istruzione e della forma- zione durante l’intero arco della vita 2007-2013 è quello di sviluppare e di poten- ziare gli scambi, la cooperazione e la mobilità, affinché i sistemi di istruzione e di formazione divengano un riferimento di qualità mondiale (così come previsto dalla strategia di Lisbona). Il programma contribuisce così allo sviluppo della Comunità come società della conoscenza avanzata, caratterizzata da uno sviluppo economico sostenibile accompagnato da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occu- pazione, come pure da una maggiore coesione sociale. Al di là di tale obiettivo di portata generale, il programma persegue obiettivi specifici riguardanti l’istruzione e la formazione durante l’intero arco della vita nel- l’UE che consistono: � nel contribuire allo sviluppo di un insegnamento e di una formazione di qualità, nonché alla promozione di un livello di prestazioni elevato, all’in- novazione e al miglioramento della dimensione europea, nonché al miglio- ramento dei sistemi e delle procedure esistenti; � nel favorire la realizzazione di uno spazio europeo dedicato all’istruzione e alla formazione permanente; � nel contribuire a migliorare la qualità, l’accessibilità e l’attrattiva delle pos- sibilità d’istruzione e di formazione; � nel potenziare il loro contributo alla coesione sociale, alla cittadinanza at- tiva, al dialogo interculturale, alla parità fra donne e uomini e allo sviluppo personale; � nel contribuire a promuovere la creatività, la competitività, la capacità d’inserimento professionale e il potenziamento dello spirito d’iniziativa e dell’imprenditorialità; � nel contribuire ad incrementare la partecipazione delle persone di tutte le età, ivi comprese le persone aventi particolari esigenze e i gruppi svantag- giati; � nel promuovere l’apprendimento delle lingue e la diversità linguistica; � nel sostenere lo sviluppo degli strumenti offerti dalle tecnologie dell’infor- mazione e della comunicazione (TIC); � nel potenziare la creazione di un sentimento di cittadinanza europea nel ri- spetto dei valori europei e della tolleranza, nonché nel rispetto dei popoli e delle culture; � nel promuovere la cooperazione in materia di garanzia della qualità in tutti i settori dell’istruzione e della formazione; � nel contribuire alla qualità favorendo l’utilizzazione ottimale dei risultati, dei prodotti e dei processi innovativi, nonché lo scambio delle buone prassi. La coerenza e la complementarità di tali obiettivi con le politiche dell’UE re- golano l’attuazione del programma d’azione. Questo, deve contribuire alla realizza- 32 33 In Italia, la dicotomia, e la netta separazione tra istruzione e formazione professionale hanno radici storiche e culturali molto antiche, ribadite e rafforzate dalla riforma della scuola italiana operata in epoca fascista da Giovanni Gentile e mai completamente abiurata bensì semplicemente mitigata in epoche più recenti. Se La Riforma Gentile inquadrava la scuola articolandola su tre canali: uno di serie A, il liceo classico, uno di serie B costituito dal liceo scientifico e dagli istituti tecnici, uno di serie C composto dalle scuole e dagli istituti professionali, questa tripartizione e questa contrapposizione è andata smus- sandosi nel tempo per quanto attiene i licei e gli istituti tecnici (che sono andati sempre più “licealiz- zandosi”), rimanendo e accentuandosi rispetto alla Formazione Professionale. Così, mentre nelle altre parti del mondo e dell’Europa, il positivismo, l’evoluzionismo darwi- niano, lo strumentalismo Deweyano portavano ad esaltare la formazione tecnica e professionale, fon- data sullo studio empirico e sul metodo scientifico, in Italia, accadeva esattamente l’opposto. Il liceo, e il liceo classico in particolare, veniva assunto a modello di scuola, paradigma della formazione culturale dell’uomo. Nella Costituzione italiana, l’istruzione e la formazione diventano un diritto soggettivo delle persone. Ma mentre il diritto all’istruzione viene contemplato nella Parte I, al Titolo II, tra i diritti so- ciali (all’art. 34 co. 2. “L’istruzione inferiore impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gra- tuita”) il diritto alla formazione professionale viene enunciato nella Parte I, Titolo III, tra i diritti eco- nomici (art. 35 c. 2 cost). Si riferisce, perciò, alla “formazione e all’elevazione professionale” che si svolge nelle aziende, non al servizio della maturazione integrale della persona, ma al servizio del la- voro, che ha come fine il miglioramento dei processi lavorativi aziendali che coinvolgono l’imprenditore e il miglioramento della posizione professionale e retributiva del lavoratore. In questo modo anche all’interno della Costituzione italiana e fino ad oggi è stata conservata la dicotomia e la contrapposizione culturale e ideologica tra istruzione e formazione, tra scuola e forma- zione professionale. (G. Bertagna, Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e for- mazione professionale. Note storiche, pedagogiche e ordina mentali, in Rassegna CNOS n. 03/2004 pp 24-55). zione delle politiche orizzontali dell’UE tenendo conto delle esigenze specifiche di coloro i quali attraversano una fase di apprendimento, integrandoli ulteriormente nel sistema tradizionale dell’istruzione e della formazione. Il programma deve parimen- ti sostenere la parità tra le donne e gli uomini, nonché la presa di coscienza della di- versità culturale e linguistica e del multiculturalismo quale strumento di lotta contro il razzismo, i pregiudizi e la xenofobia. 3. Il quadro giuridico – normativo italiano: tra storia e prospettive Nel 2000, il Consiglio europeo di Lisbona ha individuato nella costruzione di una società avanzata basata sulla conoscenza il fondamento della strategia di svilup- po dell’Unione, affidando ai paesi membri il compito di darne piena attuazione en- tro il 2010. La comprensione della Strategia di Lisbona da parte dell’Italia ha preso le mos- se dalla consapevolezza della necessità di recuperare competitività innovando il no- stro attuale sistema di istruzione e formazione professionale. La scuola italiana – e con questa accezione intendiamo riferirci al sistema di istruzione e formazione professionale nel suo insieme – vive un processo di riforma istituzionale, ma ancor prima culturale33 da oltre un decennio, che ha impegnato di- versi Governi e un certo numero di pedagogisti, sociologi, tecnici della scuola. 33 � Verso il cambiamento Un primo tentativo di riforma ha avuto luogo nel 1997 con la legge delega n. 59 sul conferimento di funzioni e compiti alle regioni per la riforma della Pubblica Am- ministrazione (P.A.) e la semplificazione amministrativa (Riforma Bassanini che opera una prima devolution in applicazione del principio di sussidiarietà) attuata con il d.P.R. n. 275/99 e con la legge 196 di “riordino” della Formazione Professionale (art. 17). Si tratta di interventi che non si collocano nell’ordine di una riforma di si- stema, ma che intervengono per via non diretta nel campo della istruzione e della formazione professionale in vista di una loro integrazione. Per quanto riguarda più direttamente l’istruzione, la legge delega n. 59/97 in- troduce il principio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche intesa come auto- nomia progettuale, organizzativa e didattica. Con l’autonomia progettuale, organizzativa e didattica le singole scuole auto- nome si vedono affidare il compito di predisporre una offerta educativo – didattica e di servizi (Piano dell’Offerta Formativa) a misura delle esigenze riscontrabili nella specifica realtà locale di appartenenza. La scuola non si concepisce più come una indistinta unità del sistema scola- stico nazionale, chiamata a fornire un servizio quanto più possibile omogeneo e in- differenziato, di tipo applicativo rispetto alle direttive del centro, ma è sollecitata a rafforzare la propria identità culturale e progettuale confrontandosi con la comu- nità di appartenenza. Con i “curricoli” elaborati localmente dalle scuole viene meno la centralità dei “Programmi Nazionali” elaborati dal Ministero. Sul piano didattico l’autonomia ha comportato il superamento di una conce- zione esecutiva della attività didattica, che vedeva gli insegnanti impegnati ad ap- plicare i Programmi, sia nella loro formulazione ufficiale, sia nella interpretazione datane dai manuali scolastici. I docenti, attraverso lo strumento della programma- zione, più che esecutori, divengono interpreti, non preoccupati di svolgere l’intera serie di contenuti previsti, ma di scegliere, prestando una grande attenzione alla realtà nella quale operano. Nel campo della Formazione Professionale, la legge 196 del 1997 introduce un nuovo concetto di Formazione. L’art. 1 comma 2 della legge 845/78, che ha introdotto nel nostro ordina- mento la “formazione professionale” affidata alla competenza esclusiva delle Re- gioni, affermava che essa doveva essere “strumento della politica attiva del la- voro”, svolgersi “nel quadro degli obiettivi della programmazione economica” e, infine, tendere “a favorire l’occupazione, la produzione e l’evoluzione dell’organiz- zazione del lavoro in armonia con il progresso scientifico e tecnologico”. La funzionalità della “formazione professionale” regionale alle politiche at- tive del lavoro non poteva essere più chiara. 34 34 Tra l’altro l’art. 17 della predetta legge n. 196/1997 titolato “Riordino della formazione profes- sionale” prevede che 1. Allo scopo di assicurare ai lavoratori adeguate opportunità di formazione ed elevazione profes- sionale anche attraverso l’integrazione del sistema di formazione professionale con il sistema scolasti- co e con il mondo del lavoro e un più razionale utilizzo delle risorse vigenti, anche comunitarie, desti- nate alla formazione professionale e al fine di realizzare la semplificazione normativa e di pervenire ad una disciplina organica della materia, anche con riferimento ai profili formativi di speciali rapporti di lavoro quali l’apprendistato e il contratto di formazione e lavoro, il presente articolo definisce i se- guenti princìpi e criteri generali, nel rispetto dei quali sono adottate norme di natura regolamentare co- stituenti la prima fase di un più generale, ampio processo di riforma della disciplina in materia: a. valorizzazione della formazione professionale quale strumento per migliorare la qualità del- l’offerta di lavoro, elevare le capacità competitive del sistema produttivo, in particolare con riferimento alle medie e piccole imprese e alle imprese artigiane e incrementare l’occupazione, attraverso attività di formazione professionale caratterizzate da moduli flessi- bili, adeguati alle diverse realtà produttive locali nonchè di promozione e aggiornamento pro- fessionale degli imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei soci di cooperative, secondo moda- lità adeguate alle loro rispettive specifiche esigenze; b. attuazione dei diversi interventi formativi anche attraverso il ricorso generalizzato a stages, in grado di realizzare il raccordo tra formazione e lavoro e finalizzati a valorizzare pienamente il momento dell’orientamento nonchè a favorire un primo contatto dei giovani con le imprese; c. svolgimento delle attività di formazione professionale da parte delle regioni e/o delle province anche in convenzione con istituti di istruzione secondaria e con enti privati aventi requisiti predeterminati; d. […]. La legge n. 196/9734 vede la FP come una sommatoria di interventi formativi funzionali al mercato territoriale e ai bisogni di formazione e di elevazione profes- sionale dei lavoratori. Per la prima volta la legge riconosce la possibilità di creare forme di integra- zione tra sistema di formazione professionale, sistema scolastico e mondo del la- voro, ma non riconosce alla Formazione Professionale la funzione di educazione “globale” della persona. Rimane, dunque, sostanzialmente ferma la dicotomia tra formazione culturale e umana, nel sistema scolastico, e formazione professionale funzionale al lavoro e ai bisogni formativi del territorio, nel sistema della formazione professionale. Più oltre, la riforma c.d. Berlinguer che stabilisce l’innalzamento dell’ob- bligo scolastico a 15 anni e introduce l’obbligo formativo fino a 18 anni, ha accen- tuato la contrapposizione tra istruzione e formazione, privilegiando nella sostanza una formazione di tipo scolastico tradizionale. Infatti, mentre, da un lato, l’art. 1, comma1, afferma solennemente che “il si- stema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valo- rizzazione della persona umana”, e, quindi lascia prefigurare, sebbene con qualche forzatura, l’afferenza possibile della “formazione professionale” svolta entro il di- ciottesimo anno nell’alveo dei diritti di carattere etico-sociale del cittadino, dal- l’altro (art. 1, comma 2) disconferma questa possibilità a) ribadendo che “il sistema educativo di formazione (professionale, n.d.a.) si realizza secondo le modalità previste dalla legge 24 giugno 1997 n. 196 e 35 35 Dal punto di vista giuridico e ordinamentale, l’affermazione del principio di sussidiarietà, al centro della rivoluzione copernicana in atto in Italia a partire dalla metà degli anni ’90 – anche ispi- rato dal Trattato di Maastricht del 1992 - implica che i compiti di gestione amministrativa della cosa pubblica devono essere affidati alle strutture più vicine alla cittadinanza, lasciando alle strutture am- ministrative sovraordinate soltanto quelle funzioni che, per loro natura, non possono essere svolte lo- calmente. Di guisa che, per quanto attiene il sistema dell’istruzione e formazione professionale di cui ci si sta occupando lo Stato, nella sua veste sussidiaria rispetto alla Regione, determina solo le norme ge- nerali e l’indicazione dei principi generali in materia di istruzione, mentre alle Regioni, in quanto enti più vicine ai cittadini spetta la competenza esclusiva a legiferare in materia di istruzione e formazione professionale. Nella nuova configurazione istituzionale lo Stato svolge in particolare tre funzioni: - governa unitariamente il sistema educativo nazionale; - controlla la qualità complessiva del sistema educativo di istruzione e formazione; - interviene con provvedimenti perequativi (finanziari e/o tecnici). Viene particolarmente valorizzato il ruolo programmatico e di coordinamento gestionale degli enti territoriali. Le disposizioni normative, con particolare riguardo all’articolo 117 della modificata Costitu- zione dispongono che Stato e Regioni da una parte, Regioni, enti territoriali ed istituzioni scolastiche dall’altra, collaborino per elaborare una politica formativa coerente con le specificità del territori. Tale politica formativa dovrà comunque essere nello stesso tempo unitaria e coordinata con le politiche formative nazionali. dalla legge 17 maggio 1999 n. 144”, norme, come si è visto, esplicitamente improntate al funzionalismo economicistico, non ad una prospettiva squisi- tamente educativa; b) attribuendo anche al “sistema educativo di istruzione” il fine di sviluppare “conoscenze, capacità e competenze, generali e di settore …, adeguate al- l’inserimento … nel mondo del lavoro anche con riguardo alle specifiche realtà territoriali”, volte, cioè, all’inserimento immediato nella produzione aziendale, quasi a far coincidere anche in linea teorica fini economici e fini pedagogo-educativi. Solo la riforma costituzionale del 2001 e più ancora la c.d. Riforma Moratti del 2003 hanno aperto la strada a una equiparazione dei due sottosistemi del si- stema educativo secondo una prospettiva personalista. � La nascita del (sotto)sistema educativo di istruzione e formazione profes- sionale La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il Titolo V della nostra Costituzione Repubblicana, nel senso della devolution e in piena attuazione del principio di sussidiarietà35, per la prima volta nella storia del nostro ordinamento, distingue tra “istruzione”, a legislazione concorrente tra Stato e Regioni (salvo che per le “norme generali” e i “principi fondamentali” che restano alla legislazione esclusiva dello Stato) e “istruzione e formazione professionale” a legislazione esclu- siva regionale. 36 Tralasciando l’organizzazione del primo ciclo, a cui è dedicato, in attuazione della riforma, il d. legisl. n. 19 febbraio 2004, n. 59 “Definizione delle norme gene- rali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma del- l’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53”. (G. U. n. 51 del 2 marzo 2004 - Suppl. Ord. n. 31), e che non è oggetto del nostro lavoro, il secondo ciclo del sistema educativo si articola in due (sotto)sistemi a cui il legislatore ha attribuito pari dignità. Infatti, all’art. 1, co. 1 ha affermato solennemente che sia il “sistema educativo di istruzione” a cui appartengono i licei sia il “sistema educativo dell’istruzione e formazione professionale” a cui afferiscono ciò che oggi si potrebbe indicare come la maggior parte degli istituti tecnici e professionali, oltre che i CFP regionali, rag- giungono i propri scopi sociali ed economici solo se hanno come fine “la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di auto- La legge delega 28 marzo 2003, n. 53, più nota come Riforma Moratti, che ha creato in Italia il “sistema” educativo di istruzione e formazione, prendendo atto di queste disposizioni, ha interpretato l’“istruzione” come l’ambito del sistema educa- tivo contenente la scuola dell’infanzia, la scuola primaria, la scuola secondaria di I grado e i licei, e l’“istruzione e formazione professionale” come l’ambito del si- stema educativo nazionale a cui riferire tutta quella ricca serie di istituti di istru- zione professionale e formazione professionale, nati per corrispondere alle esigenze formative più tecnico-professionali dei ragazzi dai 14 in avanti, fino alla maggiore età e poi per l’intero corso della vita. Istituti, in altri termini, non riducibili e riconducibili a licei. Quindi, per effetto della Riforma, il Sistema educativo italiano si articola se- condo lo schema che segue: 37 nomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione”. La Riforma e i decreti delegati che ad essa hanno dato attuazione 36, hanno so- stanzialmente equiparato e posto sullo stesso piano i due (sotto)sistemi del sistema educativo. Affermano, infatti, la libertà delle famiglie di operare le scelte educative più rispondenti ai bisogni di crescita della persona in età evolutiva, nella consape- volezza che entrambi i percorsi conducono alla piena maturazione della persona umana, prima ancora che alla sua preparazione culturale e tecnico – professionale. In altri termini, ambedue, pur nella loro diversità, hanno come fine la persona e la sua massima educazione possibile, impiegando a questo scopo, come risorsa, anche il lavoro, senza ridurre l’educazione personale ai soli atti richiesti dall’eser- cizio di un compito lavorativo 37. 38 36 I Decreti legislativi che hanno dato attuazione alla delega operata dal Parlamento in favore del Governo con la legge n. 53/2003 sono stati adottati con una certa sollecitudine già a partire dal 2004 ed hanno dato forma e contenuto ai principi enunciati dalla legge di riforma. In particolare, il nuovo sistema educativo di istruzione e formazione professionale si articola at- tualmente intorno ad alcuni decreti legislativi , oltre che intorno a due fondamentali accordi della Conferenza Unificata Stato – Regioni e un a serie di circolari ministeriali che, tra le altre cose, hanno disciplinato il portfolio delle competenze: - DECRETO LEGISLATIVO 19 febbraio 2004, n. 59 “Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53”. (G. U. n. 51 del 2 marzo 2004 - Suppl. Ord. n. 31) che ha definito e arti- colato il percorso di istruzione relativo al primo ciclo di studi, disciplinando l’organizzazione delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado; - DECRETO LEGISLATIVO n. 286 del 19 novembre 2004 concernente “Istituzione del Servizio Nazionale di valutazione del sistema di istruzione e di istruzione e formazione nonché riordino dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.53” (G.U. n. 282 del 1 dicembre 2004) che nell’istituire l’INVALSI ha intro- dotto una serie di norme in materia di valutazione interna ed esterna sia per il sistema di istru- zione che per quello dell’istruzione e formazione professionale in un ottica ispirata ai principi di qualità enunciati dall’Unione Europea a partire dalla Strategia di Lisbona; - DECRETO LEGISLATIVO n. 77 del 15 aprile 2005, concernente la “Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, ai sensi dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53” (G.U. n. 103 del 5 maggio 2005) che riconosce l’alternanza quale modalità di rea- lizzazione della formazione del secondo ciclo per gli studenti tra i 15 e i 18 anni; - DECRETO LEGISLATIVO n. 76 del 15 aprile 2005 concernente il “Diritto – dovere all’istru- zione e alla formazione, ai sensi dell’art. 2, comma 1 lettera c) della legge 28 marzo 2003, n. 53” (G.U. n. 103 del 5 maggio 2005) che disciplina il diritto – dovere alla istruzione e forma- zione professionale; - DECRETO LEGISLATIVO del 17 ottobre 2005 concernente le “Norme generali e livelli es- senziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione professionale ai sensi della legge 28 marzo 2003 n. 53”; - CONFERENZA UNIFICATA STATO – REGIONI del 15 gennaio 2004 che ha definito gli standard minimi relativi alle competenze di base (area dei linguaggi, scientifica, tecnologica, socio – economica); - CONFERENZA UNIFICATA STATO – REGIONI del 10 ottobre 2006 che ha definito gli stan- dard formativi minimi per le competenze tecnico – professionali. 37 Cfr G. Bertagna, Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e formazione professionale. Note storiche, pedagogiche e ordina mentali, in Rassegna CNOS n. 03/2004 pagg. 24-55 39 38 G. Bertagna, op. cit. Si tratta, insomma, di garantire in tutto il secondo ciclo, ma, viste le sue carat- teristiche tecnico-professionali, particolarmente negli istituti dell’“istruzione e for- mazione professionale”, la condizione che il lavoro e la professione non sono va- lori sociali ed economici in sé, ma lo sono se e solo se alimentano e perfezionano le capacità di ciascuno di ragionare, giudicare, esprimersi, operare, agire bene con gli altri, nella società, scoprire e attribuire significati alla propria vita e al mondo38. I processi e le pratiche di lavoro, professionali e professionalizzanti, devono essere intesi quali mezzi ed occasioni di apprendimento aventi il fine di maturare la dimensione etico-sociale della persona dell’allievo. In altri termini, mezzi ed occa- sioni didattiche saranno finalizzati a promuovere l’educazione, intesa come intelli- genza critica, volontà buona, gusto estetico, responsabilità morale, impegno sociale e civile, espressività artistica e linguistica. � Le novità di maggior rilievo della riforma Il combinato disposto della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, della legge delega n. 53/03 e dei relativi decreti legislativi ha, perciò, ridisegnato non solo un nuovo quadro ordinamentale complessivo del sistema educativo italiano, ma ha introdotto, numerosi elementi di novità. 1) Il Profilo Educativo, Culturale e Professionale (PECUP) Il PECUP, Profilo educativo, culturale e professionale, costituisce uno dei principali riferimenti per l’orientamento pedagogico-didattico della Riforma. Il PECUP delinea ciò che lo studente dovrebbe sapere, saper fare e saper es- sere alla fine del Primo e del Secondo ciclo di studi ed è comune ai sotto-sistemi dei licei e dell’istruzione e formazione professionale. In questa prospettiva cultura e professionalità si dimostrano opportunità e stru- menti per l’educazione della persona nella sua integralità. L’acquisizione di cono- scenze disciplinari, interdisciplinari (il sapere) e abilità operative (il fare), apprese e esercitate nel sistema formale (la scuola), non formale (le altre istituzioni forma- tive) e informale (la vita sociale), si conferma come realmente formativa trasfor- mandosi in competenze personali (saper essere). Il PECUP si propone come strumento di garanzia per promuovere l’integralità della persona sostenendone uno sviluppo armonico, integrale e integrato (affinché ogni allievo sia in grado di affrontare la vita in tutte le sue dimensioni) ed è il rife- rimento principale per l’orientamento degli obiettivi generali e specifici d’apprendimento nella composizione dei Piani di Studio Personalizzati. Obiettivi questi che, declinati a loro volta in obiettivi formativi nelle Unità di Apprendimento si traducono in competenze effettive degli allievi. Se la logica ologrammatica che coglie il tutto anche nella parte anima la nuova filosofia educativa, il principio dell’apertura diventa il principio fondamentale del- l’insegnamento, anche il più particolare, coinvolgendo il docente in un’atmosfera culturale di ampio respiro e invitandolo a ragionare non più in termini di territorio ma di confini, non più della propria disciplina di insegnamento ma della cultura che, in generale, la avvolge e ne autorizza la costituzione e l’essenza. Il coinvolgimento di così alti obiettivi diventa a sua volta corresponsabilità di molteplici figure e istituzioni educative sottolineando l’importanza di ogni grado scolastico e la necessità di un atteggiamento disponibile alla flessibilità organizza- tiva e collaborativa che inquadri i momenti di passaggio in una logica del raccordo e della continuità e nei termini di coordinamento e di sviluppo unitario dei processi formativi interni ed esterni alla scuola. 2) Il Principio della corresponsabilità scuola/cfp e famiglie In linea con i principi dettati dalla nostra Costituzione39, oltre che dalla Dichia- razione dei Diritti del fanciullo40, in ossequio al principio di sussidiarietà41, con la riforma, la famiglia diviene a tutti gli effetti partner della scuola richiedendole, non semplicemente una partecipazione, ma la piena condivisione e partecipazione al progetto educativo 42. Mentre la legislazione precedente riconosceva ai genitori diversi ambiti di re- sponsabilità, ma collocandoli all’esterno dell’azione educativo-formativa della scuola (consiglio di classe, di istituto), l’attuale normativa promuove il protago- nismo della famiglia come componente interna e attiva dell’azione formativa, par- tecipe alla progettazione e gestione di azioni interne al progetto formativo. Nella nuova visione della scuola promossa dalla Riforma, i genitori sono con- siderati partner dei docenti nella costruzione del progetto educativo e l’autonomia 40 39 Nella Costituzione, particolarmente agli artt. 2, 29, 30 e 34 viene messo in luce il diritto dei minori di usufruire di un’educazione, di un’istruzione e di una formazione da parte della famiglia e della scuola; e viene ribadito il dovere e il diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli. 40 Nella Dichiarazione dei Diritti del fanciullo è sottolineata la primaria responsabilità della fa- miglia nell’orientamento e nell’educazione dei figli, sia l’impegno dello Stato a rispettare il diritto e il dovere dei genitori di guidare gli stessi nell’esercizio del diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. 41 Il principio di sussidiarietà (verticale e orizzontale) ha tratto nuovo impulso dalla modifica del Titolo V della Costituzione (legge 3 del 18.ottobre.2001). Il nuovo assetto costituzionale segna il passaggio da una gestione gerarchica della scuola da parte dello Stato ad una gestione poliarchia da parte di tre soggetti rilevanti: lo Stato, che detta le norme generali e i principi fondamentali; le Regioni, che concorrono a determinare gli altri aspetti in materia di istruzione; le singole autonomie scolastiche che elaborano l’offerta formativa concreta. A questi si uniscono le famiglie alle quali è assicurata la libertà di scelta educativa e gli insegnanti ai quali è assicurata la libertà di insegnamento. 42 Nell’art. 1 si legge che la crescita e la valorizzazione di ogni allievo dovrà avvenire “nel ri- spetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio del- l’autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione”. 41 scolastica è chiamata a interloquire costantemente con i genitori. Viene introdotto nelle scuole lo status giuridico del genitore titolare di diritti educativi nella rela- zione con la scuola e con i docenti. La corresponsabilità tra scuola e famiglia viene oggi identificata come uno dei principali fattori protettivi per lo sviluppo personale e scolastico dei ragazzi, parti- colarmente di coloro che si trovano in condizioni di vulnerabilità e di rischio (Chri- stenson, 2001). L’accordo intersistemico tra famiglia e scuola viene pertanto individuato come un importante fattore di tutela della salute, nonché elemento chiave per il successo del percorso formativo 43. Le modalità concrete attraverso cui realizzare questa corresponsabilità, poi, possono essere le più varie: partecipazione diretta alla stesura dei piani di studio personalizzati degli allievi, collaborazione alla raccolta delle informazioni e docu- mentazione per il portfolio, collaborazioni con il tutor. 3) Crediti, certificazioni e passerelle Un’ulteriore novità di rilievo della riforma è costituita dalla possibilità rico- nosciuta a ogni allievo di passare da un sottosistema ad un altro o di cambiare indirizzo all’interno dello stesso sottosistema44. Il passaggio avviene attraverso la frequenza di apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta. In questo modo la legge ha creato un sistema di passaggi (attraverso l’acquisizione di crediti certificati) tra un percorso e l’altro garantito in ogni momento da strumenti di personalizzazione: LARSA - Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti. Un ulteriore elemento di novità è costituito dalla possibilità di conseguire cer- tificazioni di competenza per la frequenza di esercitazioni pratiche, esperienze for- mative e stage realizzati in Italia o all’estero anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi. 4) L’Alternanza scuola – lavoro Secondo il dettato del decreto legislativo n. 77/2005 l’alternanza scuola – lavoro costituisce una modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo “per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro”. 43 Cfr M. Becciu, A.R. Colasanti, La corresponsabilità CFP – famiglia: i genitori nei CFP, Col- lana Progetti CNOS FAP, 2006 44 “È assicurata e assistita la possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei, nonché di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa” (l. n. 53/2003, art.2, lettera. i). Valorizzando le metodologie di apprendimento di carattere attivo e induttivo, ovvero fondate sull’esperienza concreta, la riforma sancisce il principio dell’alter- nanza formativa quale opzione rispondente ai bisogni individuali di istruzione e formazione dei giovani, che consente di perseguire le seguenti finalità: a) attuare modalità di apprendimento flessibili e equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo, rispetto agli esiti dei percorsi del secondo ciclo, che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica; b) arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro; c) favorire l’orientamento dei giovani per valorizzarne le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali; d) realizzare un organico collegamento delle istituzioni scolastiche e forma- tive con il mondo del lavoro e la società civile, che consenta la partecipa- zione attiva degli attori del territorio (imprese, enti pubblici e privati, ca- mere di commercio, terzo settore…) nei processi formativi; e) correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio. Il presupposto di fondo consiste nella natura formativa del lavoro: possiamo sostenere che questo fa parte del “mondo buono” che consente la piena realizza- zione della persona umana” 45. Lo sviluppo di pratiche di alternanza formativa è incoraggiato dalla ricerca di forme di interazione ed integrazione culturale tra saperi classici, a matrice umani- stico-letterario, e conoscenze tecniche specifiche, con particolare attenzione a quelle connesse al modello di sviluppo attuale (si pensi ad esempio all’informatica ed alla telematica che hanno pervaso tutti i curricoli). In virtù di tali conoscenze ogni percorso formativo ha subito una riprogettazione orientata alla prospettiva epi- stemologica delle interconnessioni culturali. Si tratta da un lato di superare la rigida suddivisione dei saperi e i gravi effetti che da questa scaturiscono (ad esempio l’incapacità di articolare gli uni con gli altri) e dall’altro di perseguire l’attitudine a contestualizzare e ad integrare gli stessi saperi, stimolando in tal modo questa qualità fondamentale della mente umana46. Da qui l’importanza di una strategia pedagogica delle connessioni tra ambiti e mondi di sapere differenti, in modo da stimolare nell’allievo le capacità di con- fronto e ricerca dei legami e di soluzione dei problemi tramite strategie integrate. Inoltre, l’alternanza ed in genere le pratiche di didattica attiva si sono imposte a partire dalla crisi dei processi di apprendimento basati sulla mera trasmissione di conoscenze ed abilità nello schema usuale dell’insegnamento; è infatti dimostrato 42 45 Bocca G., Pedagogia del lavoro. Itinerari, Brescia, La Scuola, 1998, p. 107. 46 Cfr MORIN E., La testa ben fatta, Milano Raffaello Cortina, 2000; MORIN E., I sette saperi ne- cessari all’educazione del futuro, Milano Raffaello Cortina, 2001. 43 che tutte le metodologie che mettono l’allievo in condizione di prendere parte ad un compito reale hanno maggiore possibilità di suscitare motivazione, interesse, partecipazione, apprendimento. Non si tratta di una questione riguardante l’area dei cosiddetti “soggetti proble- matici”, anche se è in questo ambito che si evidenziano maggiormente le criticità della didattica tradizionale. La possibilità di dare corso a strategie di didattica attiva ed in particolare di alternanza formativa risulta utile ed anche necessaria in ogni contesto formativo, sia esso liceale o professionale, come pure in riferimento ad ogni tipologia di allievo oltre che in corrispondenza di differenti obiettivi formativi: orientamento, recupero, approfondimento. Per i motivi fin qui esposti, la strategia dell’alternanza formativa47 – a sua volta connessa a tecniche di apprendimento basate sul contratto, sul compito, sul training on the job, sulla valutazione autentica – diviene un’opzione interessante in ogni percorso formativo, dal momento che consente di trasformare le capacità della per- sona in vere e proprie competenze. Ciò risulta ulteriormente accentuato dalla, a questo punto evidente, considera- zione che ogni attività formativa si apre ad una prospettiva di lavoro inteso in senso lato ovvero come esperienza in grado di mobilitare le risorse dell’individuo e della società nella prospettiva della soluzione di problemi di interesse sociale. 5) Personalizzazione e portfolio delle competenze La Riforma, assicurando “a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abi- lità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea”, introduce nel nostro sistema educativo il 47 Dal punto di vista normativo ed organizzativo, due solo le principali forme che assume l’alternanza, a seconda della differente figura che assume il soggetto coinvolto: 1) l’alternanza scuola-lavoro che si svolge ”sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappre- sentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pub- blici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per pe- riodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro” (legge 53/2003, art. 4) e che quindi propone la figura dello studente/allievo; 2) l’apprendistato che si svolge entro un contratto di lavoro a causa mista che coinvolge l’impresa in una logica condizionante secondo la quale essa si impegna ad impartire una for- mazione qualificante ed inoltre a permettere la partecipazione dell’apprendista a moduli for- mativi esterni a fronte di un costo del lavoro notevolmente ridotto (Riforma Biagi, D. Lgs. N.276/2003). Va ricordato a questo proposito che, con l’approvazione della legge 53/2003, anche l’apprendistato ri- entra pienamente nella prospettiva generale del secondo ciclo: - finalizzato quindi alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sa- pere, il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi; - avente l’obiettivo del conseguimento dei diplomi e delle qualifiche. principio della personalizzazione in forza del quale il percorso formativo va proget- tato e programmato in riferimento alla specifica realtà personale dell’allievo. Personalizzare significa delineare differenti percorsi di trasferimento-acquisi- zione delle conoscenze, abilità e competenze, in base alle caratteristiche personali degli allievi: stili di apprendimento, metodi di studio, caratteristiche peculiari48. Il concetto di personalizzazione è strettamente connesso a quello di successo formativo. Esso si realizza nel momento in cui la persona è in grado di trasformare le proprie capacità (attitudini, atteggiamenti, risorse, vocazione) in competenze, al fine di ottenere comunque un risultato soddisfacente. Il tema della personalizzazione rappresenta uno degli snodi centrali nelle ri- forme dei sistemi formativi. Attraverso una formazione personalizzata si mette “in risalto la fondamentale e irripetibile caratterizzazione dei diversi soggetti educandi senza imbrigliarli in un unico progetto e in un analogo percorso educativo che significherebbe da una parte misconoscere la realtà e la dignità delle singole persone, dall’altra esporli a bru- cianti delusioni e fallimenti. In secondo luogo si constata che è difficile prevedere in anticipo tutti i bisogni e le possibilità educative che durante l’attività emerge- ranno. Essere prigionieri di un progetto prefabbricato rende ciechi e sordi a nuove istanze, a occasioni inaspettate, a nuove presenze e a nuove prospettive. Le cose veramente importanti nel fatto educativo sono l’attività e l’esperienza che vengono proposte, che devono essere in sé cariche di potenzialità e di valori in molte dire- zioni. Ciascun giovane le vivrà secondo il suo animo e la sua motivazione, le farà fruttificare secondo i propri ritmi, il proprio stile, arricchendo se stesso secondo le proprie esigenze e prospettive. In terzo luogo ci si espone a pericoli di formalismo tecnicista, di burocratismo, di comportamentismo riduttivo”49. La personalizzazione dei percorsi può avvenire concretamente attraverso la previsione di forme flessibili di aggregazione che superino i gruppi classe per valorizzare i gruppi di livello, gruppi d’interesse o elettivi che consentano ad ogni allievo di valorizzare le proprie competenze e attitudini e di raggiungere il suc- cesso formativo in termini di standard formativi o di eccellenza. Le azioni di per- sonalizzazione consistono in laboratori di approfondimento e di recupero, attività connesse ai passaggi tra ambiti e sistemi formativi, laboratori di livello ed elettivi, attività di alternanza, esperienze di autoformazione, laboratori di sviluppo di capa- cità personali. In concreto la personalizzazione trova, quindi, attuazione attraverso: – Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti (LARSA) – Il portfolio delle competenze individuali – Lo sviluppo delle capacità personali 44 48 D. Nicoli, voce Personalizzazione in Malizia G, Antonietti D., Tonini M. (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, II edizione, collana Studi CNOS-FAP Roma, 2007. 49 PELLEREY M., Educare. Manuale di pedagogia come scienza pratico-progettuale, Roma, LAS, 1999; 45 Queste ultime attengono alle competenze trasversali relative al saper essere e sono incoraggiate dalla Riforma e, prima ancora, dagli orientamenti comunitari, mentre i LARSA, costituiscono lo strumento privilegiato per favorire il successo formativo degli allievi, consentire loro di recuperare o approfondire il presidio delle competenze anche al fine di favorire le passerelle tra un sottosistema e l’altro. Per portfolio si intende oggi genericamente una raccolta documentata e com- mentata che riguarda il curriculum formativo e lavorativo di uno studente. Attualmente questo strumento è uno dei più discussi temi della “Riforma Mo- ratti” e ha riaperto in Italia il dibattito sulla valutazione. In ambiti che vanno da quello pedagogico a quello delle politiche scolastiche, si attribuiscono al Portfolio le valenze più varie: in alcuni casi lo si ritiene l’ennesimo strumento classificatorio che non garantisce l’oggettività della valutazione dello studente, in altri l’occasione per superare i limiti delle tradizionali valutazioni espresse con i voti. Nelle scuole il Portfolio ha cominciato a diffondersi negli Stati Uniti dagli inizi degli anni ‘90 e poi in altri Paesi, anche europei, nell’ambito del movimento della Valutazione Autentica. Il Portfolio, al contrario della valutazione standardizzata, permette di documen- tare l’apprendimento, l’evoluzione e il conseguimento delle competenze dello stu- dente, favorire la comunicazione con le famiglie e con soggetti esterni alla scuola, fornire allo studente occasioni per imparare a riflettere sul proprio percorso forma- tivo e per auto valutarsi con il conseguente effetto di far crescere la motivazione. Al rilievo attribuito alla persona in apprendimento che, come abbiamo detto, viene posta al centro del percorso formativo, in quanto destinataria di un’azione educativa globale che deve tendere alla sua maturazione culturale, spirituale e pro- fessionale, (oltre che allo sviluppo delle capacità e competenze, attraverso cono- scenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte perso- nali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea) si associa, nella Riforma, la valorizzazione degli strumenti di valutazione relativi alla personalizzazione del percorso. Di qui, l’importanza attribuita al portfolio delle competenze quale stru- mento privilegiato di valutazione dell’allievo entro una dimensione personalistica e personalizzata. In un processo di apprendimento che deve rendere l’allievo sempre più prota- gonista, responsabile e consapevole del proprio apprendimento, il portfolio diventa uno strumento d’assessment, di performance, volto a facilitare i processi d’apprendimento–insegnamento, coinvolgendo gli studenti come “attori” a pieno titolo e riconoscendo loro una piena e completa partecipazione a tutte le pratiche ivi svolte, comprese quelle valutative, continue e pervasive 50. 50 Cfr. VARISCO B. M., Portfolio, Roma, Carocci, 2004; Pellerey M., Le competenze individuali e il Portfolio, Collana Progettare la scuola, Milano, La Nuova Italia, 2004. Sul piano concreto, il portfolio è una raccolta significativa dei lavori (dei “capo- lavori”) dell’allievo che racconta la storia del suo impegno, del suo progresso e del suo rendimento. Tramite esso è possibile capire la storia della crescita e dello svi- luppo di una persona corredandola con materiali che permettono di comprendere “che cosa è avvenuto” dal momento della presa in carico della persona (che richiede un’attenta osservazione delle sue capacità e acquisizioni previe) fino al momento della partenza, passando per le varie fasi di cui si compone il percorso formativo. Con esso si mira a evidenziare il patrimonio di capacità, conoscenze, abilità e competenze dell’allievo, con una metodologia che consente di concentrare l’attenzione sia su ciò che sa fare sia su ciò che sa. Più precisamente, tramite il portfolio è possibile rilevare la capacità di “costruzione” della conoscenza e la “ca- pacità di applicazione reale” della conoscenza posseduta, attraverso prodotti reali ed adeguati, in coerenza con le mete educative e formative del percorso. Questo approccio sceglie il lavoro come “forma” del processo di apprendi- mento. Ciò consente di: � rendere gli allievi attivi fin dall’inizio � stimolare un profilo docente più ampio e significativo � porre ad oggetto della formazione dei compiti/problema reali/realistici � perseguire il sapere utile e significativo � sviluppare una conquista personale del sapere � acquisire un metodo di lavoro e di studio � acquisire una struttura deontologica e morale Il portfolio51 è un contenitore progressivo di materiali e pertanto costituisce il riferimento privilegiato (accanto alle prove, ai test, ai colloqui-interrogazioni) per la valutazione dell’allievo nei diversi momenti dell’attività: lungo il percorso, a 46 Anagrafico Comprende i dati personali dell’allievo e la sua vicenda formativa e lavorativa (con valore formativo) Orientativo Comprende le attività di orientamento svolte, il progetto personale e le eventuali variazioni0 Formativo e valutativo Comprende le attività formative svolte mettendo in luce in modoparticolare i prodotti realizzati Certificativo Comprende i documenti di certificazione delle acquisizioni che ac- compagnano il percorso della persona, con indicazione del valore in termini di credito. 51 La struttura del portfolio è concordata e definita nell’ambito del Centro; esso comprende co- munque i seguenti ambiti: Il portfolio è composto da una parte essenziale – corrispondente al “libretto formativo” da con- segnare alla persona ed agli eventuali interlocutori (sistema educativo, sistema lavorativo e professio- nale) e dagli allegati conservati presso il Centro. 47 fine d’anno, alla fine del cammino (è il materiale personale che l’allievo porta al- l’esame finale). 4. La Regione Puglia, la Formazione professionale e le sperimentazioni della “riforma Moratti” Negli ultimi anni si è assistito nello scenario economico italiano ed europeo ad un radicale cambiamento nelle politiche di programmazione: tale fenomeno, origi- nato da processi di territorializzazione e contestualizzazione - incentivati dall’U- nione europea e assunti come riferimento centrale dalle nuove politiche di sviluppo nazionale - ha condotto al consolidamento di nuovi modelli di governance che si sono via via affiancati ai già consolidati modelli di government 52. La trasformazione in atto e la necessità di gestione della stessa ha condotto ad una crescente necessità di progettualità capace di rispondere ai bisogni emergenti. L’obiettivo principale è coinvolgere cittadini e attori nei processi decisionali, tra- sformando la partecipazione in “corresponsabilizzazione”, per rendere i piani ope- rativi, organizzati. In particolare, la progettazione a livello istituzionale tende a promuovere la corresponsabilità nei campi dell’urbanistica, della sostenibilità ambientale, della vi- vibilità degli spazi e della pianificazione dei servizi; più in generale, nelle politiche di sviluppo locale e nelle politiche pubbliche integrate. La “nuova programmazione” a livello regionale come a livello nazionale53 si ispira a concetti forti e innovativi come: il partenariato, la concertazione, l’approccio ascendente - bottom-up - e, soprattutto, la partecipazione di una plura- lità di soggetti54. Anche in campo educativo si fanno strada approcci progettuali di carattere par- tecipativo. Il portfolio è compilato ed aggiornato dal coordinatore-tutor, in collaborazione con tutti i forma- tori impegnati nel team. Per la parte relativa alla raccolta ed “etichettatura” dei materiali prodotti, esso è compilato da ciascun allievo chiamato ad essere protagonista consapevole della propria crescita. Le due dimensioni previste, orientamento e valutazione, si intrecciano in continuazione perché l’unica valutazione positiva per l’allievo è quella che contribuisce a conoscere l’ampiezza e la profondità delle sue competenze e, attraverso questa conoscenza progressiva e sistematica, a fargli scoprire ed apprezzare sempre meglio le capacità potenziali personali, non pienamente mobilitate, ma indispensa- bili per avvalorare e decidere un proprio progetto di vita. 52 BOBBIO L. A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei pro- cessi decisionali inclusivi Edizioni Scientifiche Italiane, Roma 2004. 53 Cfr DOCUMENTO STRATEGICO NAZIONALE e DOCUMENTI STRATEGICI REGIONALI in www.dps.tesoro.it; DOCUMENTO STRATEGICO DELLA REGIONE PUGLIA 2007-2013, in www.regione.puglia.it. 54 Infatti, alla base di strumenti come l’Agenda 21 Locale, i Progetti Integrati Territoriali, i Pro- grammi Comunitari qu ali Leader, Equal o Interreg, i Piani Sociali di Zona, i Piani Strategici per le città e altri, ci sono processi decisionali inclusivi che necessitano di metodologie per facilitare la par- tecipazione attiva delle persone. Questa nuova logica della programmazione partecipata ispira anche i nuovi orientamenti strategici regionali in materia di formazione 55 che invitano a un mag- giore coinvolgimento – già in fase di progettazione degli interventi formativi – di una pluralità di soggetti (famiglie, servizi sociali, enti locali, scuole, CFP, associa- zioni di volontariato, imprese) in vista della realizzazione di un piano di anima- zione territoriale. Il lavoro in rete, i partenariati, i progetti integrati sono la nuova frontiera del lavoro in formazione e più in generale dei processi di inclusione sociale di cui la formazione è uno strumento. La formazione professionale assume oggi una valenza strategica nelle politiche di inclusione sociale richiedendo il coinvolgimento di una molteplicità di soggetti- attori (stakeholders) già in fase di progettazione. L’attuazione della Riforma Moratti – in via sperimentale – in attesa della defi- nizione dei decreti attuativi e degli accordi Stato - Regioni, ha avuto luogo secondo modalità diverse da regione a regione. In virtù della ricordata riforma del Titolo V della Costituzione e in applicazione del principio di sussidiarietà, ex art. 117 Cost., le Regioni hanno legislazione esclu- siva in materia di istruzione e formazione professionale restando conservati allo Stato solo la potestà legislativa per la determinazione dei principi fondamentali. Le Regioni, dunque, in ossequio al dettato costituzionale, hanno piena potestà amministrativa, rimanendo libere, entro i principi enunciati a livello statale (i LEP - Livelli Essenziali delle Prestazioni) di organizzare e gestire il sotto-sistema dell’i- struzione e formazione professionale nel modo ritenuto più opportuno. Questa rivoluzione copernicana che ha rovesciato le logiche del passato per dare piena attuazione alla devolution, ha creato disuguaglianze e divergenze non marginali nell’attuazione “libera” della riforma Moratti in via sperimentale. Infatti, ogni regione, interpretando il dettato normativo alla luce – anche e so- prattutto – degli orientamenti politici degli organi di governo territoriali, ha dato corso alle sperimentazioni secondo modelli amministrativi (ma anche pedagogici) alquanto non omogenei. Se alcune regioni hanno interpretato la normativa nel senso della piena pari di- gnità tra istruzione e formazione professionale e valorizzando quest’ultima, altre amministrazioni regionali hanno invece rifiutato tale equiparazione non solo non ri- conoscendo l’equiparazione del (sotto) sistema della formazione, ma addirittura ne- gando ogni dignità alla formazione professionale erogata dagli enti di formazione accreditati presso le Regioni a vantaggio di quella erogata dagli istituti professio- nali statali. In questo quadro di tentativi contrastanti e talvolta contraddittori di dare attua- zione alla Riforma, la Regione Puglia ha assunto una posizione che potremmo defi- nire mediana. 48 55 DOCUMENTO STRATEGICO DELLA REGIONE PUGLIA 2007-2013, in www.regione.puglia.it 49 Forse lungimirante, alla luce degli eventi che caratterizzano il dibattito odierno in merito alla formazione professionale e ad una ulteriore riforma del Sistema edu- cativo italiano (sulla cui utilità ci si interroga), la nostra amministrazione regionale ha valorizzato il concetto di integrazione promuovendo la sperimentazione di per- corsi di formazione condivisi e co-gestiti (prima ancora che co-progettati) tra enti di formazione accreditati, istituti scolastici statali e aziende. Una prima forma di integrazione in tal senso aveva avuto luogo con l’avvio dei primi obblighi formativi dopo la riforma Berlinguer, ma i risultati in termini di dia- logo erano stati poco soddisfacenti raggiungendo raramente il livello di confronto e di condivisione. Diversamente, le prime sperimentazioni della Riforma Moratti, a cui si rife- risce il presente lavoro, hanno visto, per la prima volta, incontrarsi, lavorare in- sieme e confrontarsi insegnanti delle scuole statali con formatori degli enti di for- mazione professionale. Non sempre il risultato di questa collaborazione si è articolato in termini di condivisione e di compartecipazione56 al cammino di crescita dei ragazzi, ma è stato un avvio i cui risultati iniziano ad emergere adesso, dopo 4 anni di lavoro. 56 Il percorso di formazione dei formatori a cui si riferisce il presente lavoro e il confronto attivo tra i formatori coinvolti ha messo in luce la generalizzata difficoltà di coinvolgere i docenti delle scuole statali partner nelle azioni di formazione dei formatori. 1 ISFOL (a cura di) C. MONTEDORO, Ripensare l’agire formativo: dall’accreditamento alla qualità pedagogica, Franco Angeli, Roma 2001. 2 L’autonomia scolastica, orientandosi al servizio e alla produttività, assume la responsabilità dei nuovi traguardi da raggiungere e «si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati a diversi con- testi, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti al fine di ga- rantire il successo formativo coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istru- zione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento». Cfr. comma 2, art. 1, D.M. 22.02.99 – Regolamento sull’autonomia scolastica. Il Regolamento, ridefi- nendo il Progetto Educativo di Istituto (PEI) e il Piano dell’Offerta Formativa (POF), ribadisce con forza che la scuola dell’autonomia è la scuola del progetto: il mondo delle istituzioni scolastiche non può e non deve oggi sclerotizzare le proprie funzioni con azioni progettuali ingessate, predefinite e uguali per tutta l’utenza. La flessibilità progettuale e l’articolazione dei corrispettivi modelli organiz- zativi ed esecutivi divengono una necessità inevitabile dal momento in cui l’istituto vuole migliorare e arricchire la propria offerta formativa. La progettazione è pertanto l’azione previsionale del sistema organizzativo scolastico correlato alla costruzione di processi educativi e formativi (conoscenze, ca- pacità e competenze) mediante attività realizzate con metodologie, metodi e risorse adeguate. Di qui, la necessità di un’osservazione quotidiana dell’attività educativa e formativa scolastica, sulla base di indicatori che rilevino la presenza di buone pratiche organizzative con cui strutturare e destrutturate – nell’ottica di una circolarità continua – i processi formativi. 3 Cfr. L. PERLA, Valutazione e qualità in università, Carocci, Roma 2004, pp. 22-25. 4 “Insieme di opportunità e di servizi volti a consentire alla persona di acquisire una qualifica professionale e – progressivamente – un diploma di formazione ed un diploma di formazione supe- riore. Il percorso di istruzione e formazione professionale iniziale presenta carattere educativo, istitu- zionale, progressivo. Esso è equivalente rispetto al percorso liceale con il quale condivide il modello Capitolo 3 Valutare i processi di istruzione e formazione professio- nale: una ipotesi di indicatori per la Qualità negoziata Cristina BALDI Le recenti innovazioni riformistiche richiedono ai Centri di formazione profes- sionale (CFP) che desiderino risultare competitivi di ridefinire i criteri relativi alla gestione dei processi macro e micro organizzativi: questo perché da un lato, il Piano dell’Offerta Formativa si ispiri a criteri1 di efficacia ed efficienza organizza- tiva2; dall’altro, perché il piano delle relazioni umane non si allontani da un ap- proccio antropologicamente e pedagogicamente fondato3. Ai CFP che offrono istruzione e formazione si richiede un servizio di qualità: una qualità da negoziare, vista la complessità dei livelli nei quali va a ri-definirsi dinamicamente e una qua- lità che, ad erogazione del servizio di istruzione e formazione professionale, risulti negoziata. Il presente paragrafo intende focalizzare gli elementi essenziali di un percorso di valutazione del processo di istruzione e formazione professionale4, nonché indi- 51 regolatore (profilo educativo culturale e professionale) e la possibilità di passaggi reciproci, ma dal quale risulta diversificato dal punto di vista metodologico e del disegno delle opportunità. Il nuovo art. 117 della Costituzione parla di ‘istruzione e formazione professionale’ intendendo non già un ac- costamento meccanico di strutture preesistenti, quanto una realtà nuova concepita in stretta relazione con il territorio, le imprese, le professioni, la società civile, nell’ambito dell’autonomia delle istitu- zioni scolastiche e formative. Il sistema di Istruzione e Formazione Professionale non si limita alla tradizionale Formazione Professionale Iniziale, ma riguarda ogni cittadino lungo tutto il corso della sua vita”. Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, p. 109. 5 Il CFP (o Centro di Formazione Polifunzionale, o Centro di Servizi Formativi, ma la prima di- zione ormai tradizionale sembra continuare a prevalere) può essere definito come «la sede operativa che opera per lo sviluppo delle risorse umane, erogando: direttamente servizi formativi; […] diretta- mente o avvalendosi di una sede accreditata per l’orientamento, servizi orientativi; (…) direttamente o avvalendosi di una struttura specialistica, servizi connessi all’inserimento lavorativo» (Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Ufficio Centrale O.F.P.L., 2001, p. 10). 6 E. BECCHI E ALTRI (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. 7 «Agli inizi degli anni ‘90, la complessità sempre maggiore del ruolo che la Formazione Profes- sionale è chiamata a svolgere in quanto snodo centrale fra tre gruppi di sistemi (produttivo e scola- stico; lavorativo e formativo; della stratificazione sociale e della promozione dei ceti più deboli della società) ha messo in crisi l’impostazione tradizionale del CFP, impegnato quasi esclusivamente nell’e- rogazione di interventi formativi di tipo corsuale per gli adolescenti. Nel dibattito che si è aperto sulle prospettive di sviluppo si sono fronteggiate grosso modo tre ipotesi. Nella impostazione strategica, il CFP è considerato come un sistema organizzativo connesso con il mondo esterno al quale offre ser- vizi. A livello operativo, la realizzazione di una precisa programmazione e di un decentramento con- trollato richiede una direzione strategica con attenzioni nuove: a tale fine sarebbe da preferire la strut- tura per progetti, con tutte le conseguenze di un’ampia delega, di un processo decisorio decentrato, viduare gli indicatori funzionali ad organizzare una efficace gestione della qualità, realizzata mobilitando il Servizio stesso, all’insegna di un’idea centrale: la qualità da ricercare è quella prodotta e certificata prima di tutto all’interno del servizio e a partire dagli utenti e dagli operatori di quello specifico contesto. Il percorso di valutazione del processo formativo che sarà presentato è speci- fico, in quanto adeguato al contesto organizzativo del Centro di Formazione Pro- fessionale5; realtà non molto lontana dalle istituzioni scolastiche statali, ma neppure ad esse coincidente, soprattutto a livello legislativo. Il modello è stato elaborato a seguito di una intuizione, maturata grazie ad una serie di esperienze quali: il Pro- getto Integrazione, che ha consentito una “analisi delle prassi organizzative” più diffuse in alcuni CFP della Puglia; la partecipazione ad un seminario (dal titolo: Per un modello di valutazione del contesto educativo: dall’asilo nido alla secon- daria. Strumenti, strategie, pregiudiziali teoriche nell’ambito delle attività forma- tive del dottorato in Progettazione e Valutazione dei Processi Formativi) che ha attivato la “riflessività” e lo studio di alcuni testi di approfondimento sui temi in oggetto, che ha condotto ad una “sistematizzazione” delle idee6. Dopo alcuni anni di esperienza di insegnamento e di osservazione diretta dalla complessità dei micro e macro processi del CFP7 in cui opero come formatore, le esperienze accennate unitamente alle questioni organizzative poste da alcuni opera- 52 comunicazioni a doppio senso ad ogni livello, coordinamento per comitati, organizzazione del lavoro ispirata all’autocontrollo e clima favorevole allo sviluppo e all’innovazione. A sua volta, l’agenzia di servizi formativi si caratterizza per un modello organizzativo orientato al mercato e attento al servizio prodotto. Dal punto di vista dei prodotti/servizi, essa intende superare una visione scolastica della for- mazione e, pertanto, si impegna non solo dal lato dell’offerta, ma soprattutto da quello dell’analisi della domanda e, in particolare, cerca di elaborare risposte. Sul piano organizzativo, le strutture de- vono caratterizzarsi per i tratti di: flessibilità, adeguatezza e personalizzazione delle strutture, specia- lizzazione per settori, imprenditività e managerialità. Le dimensioni dell’agenzia sono ridotte perché in caso contrario non è possibile conseguire uno degli obiettivi che il mercato sociale richiede mag- giormente: la flessibilità. Il modello comunitario mette l’accento sulla centralità della formazione che è opera comune ed esige un accordo di base su finalità, contenuti e metodologie da parte di tutti le componenti della FP. Ciò esige la costruzione di una comunità che sia al tempo stesso soggetto ed am- biente di educazione. La mission prevalente del CFP viene identificata nel servizio diretto alla persona e l’educando occupa il centro del sistema formativo. Sul piano organizzativo, il modello comunitario prevede che si realizzi una maggiore articolazione della figura del formatore (operatori della FP). La priorità accordata alla maturazione, soprattutto professionale, della persona e alla dimensione comuni- taria ci fa dare la preferenza al terzo modello. È vero che esso ha da imparare dalla impostazione stra- tegica quanto all’ambito organizzativo e strategico e in questo senso è valido lo sforzo di chi ha cer- cato di comporre le due prospettive in una ipotesi che è stata chiamata mista, che però non dovrebbe portare a una equiparazione dei tre ambiti, strategico, organizzativo e formativo, ma l’ultimo do- vrebbe essere prevalente. A sua volta il modello agenziale trascura sia questa dimensione che quella comunitaria, anche se sono corrette l’insistenza sulla domanda formativa e la preoccupazione per un alleggerimento del nucleo dei formatori stabili. La struttura della sede formativa. Una delle caratteristiche del nuovo CFP consiste nella diversi- ficazione dell’offerta formativa che sinteticamente viene ad abbracciare interventi sia corsuali (acco- glienza, formazione e inserimento), sia individualizzati (partecipazione individuale, tutoring sul la- voro, formazione a distanza): anche da ciò discende il nome di Centro di formazione”Polifunzionale” che viene utilizzato dal CCNL per indicare la struttura operativa della FP. Per realizzare tali servizi, i processi da innescare sono quelli che: “in un’ottica di qualità (qualità e ricerca), precedono (diagnosi, progettazione, promozione), accompagnano (monitoraggio), seguono (valutazione), la realizzazione (erogazione) dei servizi stessi” (Ibidem, p. 13). Ciascuno dei processi si articola in aree operative che sono state identificate nelle seguenti: diagnosi, progettazione, erogazione, monitoraggio e valutazione, promozione e qualità e ricerca. Per attivarle, il CFP deve poter contare sulla disponibilità di compe- tenze professionali relative ad otto funzioni: di governo (direzione, amministrazione e coordina- mento); di processo (analisi, progettazione e valutazione); di prodotto (docenza e orientamento). L’organigramma del CFP va completato con l’indicazione degli organismi collegiali: in proposito è opportuno sottolineare che negli ultimi anni a quelli tradizionali, come per es. il Consiglio di Centro con poteri decisionali notevoli sulle questioni più rilevanti, il Consiglio di corso, le Assemblee dei ge- nitori e il Comitato di controllo, si è aggiunto lo staff di direzione a cui vengono generalmente affidate funzioni di sostegno al ruolo direttivo e di compartecipazione alle attività di conduzione del CFP». Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della forma- zione professionale, op. cit. pp. 36-38. tori dei CFP tutorati nell’esperienza di formazione formatori, mi hanno indotto ad ipotizzare la scelta di alcuni indicatori con cui poter osservare – per valutare – nella quotidianità, la qualità del servizio reso in fase applicativa, ai vari livelli. Il presente paragrafo rappresenta una sorta di diario preventivo, di banco di prova da cui trarre le ipotesi di una ricerca, convalidandole con le teorizzazioni scientifiche esistenti in materia di progettazione e valutazione dei processi formativi, questo af- finché l’ipotesi possa successivamente dare il via ad un percorso sperimentale. 53 8 N. ZINGARELLI, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1993. 9 «E’ questa una delle problematiche pedagogiche oggi maggiormente discusse anche a livello nazionale, specie dopo le novità introdotte nella scuola dell’obbligo per ciò che attiene appunto ai cri- teri e ai modi con cui la scuola giudica i suoi alunni. E d’altro canto la valutazione scolastica non può essere staccata dal contesto pedagogico e didattico in cui è inserita […]. La valutazione dovrebbe ser- vire non solo a verificare se e fino a che punto ciascun allievo ha compiuto il percorso didattico pro- gettato, ma anche ad evidenziare eventuali lacune specifiche per le quali si potrà procedere non ad una selezione/esclusione dell’individuo, ma alla predisposizione di strumenti idonei ad un aiuto sup- plementare o di recupero». La valutazione pedagogicamente intesa può divenire un indicatore privile- giato della prassi educativa e scolastica, un descrittore teorico-scientifico di una «[…] pedagogia in- tesa come scienza dell’educazione». Cfr. P. BERTOLINI, L. CARONIA, Dizionario di pedagogia e scienze dell’educazione, Zanichelli, Bologna 1989, p. 690. 10 Su tali ed altri interrogativi si è concentrata l’attenzione degli studiosi della ricerca valutativa – filone di ricerca meglio conosciuto come Evaluation Research – a seguito di un insieme di fattori concomitanti che hanno portato ricercatori, operatori pedagogici, organizzatori e responsabili delle politiche formative ad interrogarsi circa la possibilità di disporre di metodi e tecniche di valutazione che conducessero ad un miglioramento dei progetti e degli interventi di formazione: la rilevanza del fatto pedagogico non più disgiunta da quello valutativo; l’assunzione delle teorie del curricolo nelle pratiche organizzative e didattiche della formazione; la pianificazione dei progetti di formazione; l’esigenza economica di ottimizzazione delle risorse umane e tecnologiche; ed, infine, il diffondersi generalizzato di una cultura valutativa non solo teorica, ma pragmatica; questi gli aspetti che hanno condotto ad un ripensamento e ad un allargamento delle prospettive valutative. Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Research, Armando Editore, Roma 1997 c, pp. 7-13. 11 La competenza è di fatto «una caratteristica intrinseca di un individuo casualmente collegata ad una performance». Cfr. L. M. SPENCER, S. M. SPENCER, Competenza nel lavoro, Franco Angeli, Milano 1995. Questa definizione apre una serie di osservazioni che, se opportunamente argomentate, possono farci comprendere quando sia possibile parlare di competenza; e come essa sia riconoscibile tramite la messa in atto di specifici comportamenti. La competenza potenzialmente ha una possibilità 1. Perché valutare il processo formativo? In un contesto di attenzioni crescenti al problema della valutazione è neces- sario intendere il senso che essa assume quando viene riferita al concetto di risul- tato piuttosto che a quello di processo. Partendo dalla etimologia del termine va- lutazione, quest’ultima si afferma come un atto, un effetto del valutare e consiste nella “acquisizione di dati ed informazioni che permettono di verificare l’efficacia di un intervento educativo e/o formativo e il profitto di un allievo”8. Secondo la definizione appena letta, un processo formativo è valutabile positivamente solo se produce il risultato atteso9. A questo punto è opportuno interrogarsi circa la neces- sità di circoscrivere la valutazione agli esiti che la formazione produce, essendo i risultati maggiormente rilevabili; oppure, se estendere la valutazione alle attività di progettazione e applicazione degli interventi formativi, anziché limitarla alla verifica delle competenze raggiunte dall’allievo10. Probabilmente dinanzi a simili interrogativi è necessario concentrarsi sul che cosa deve essere valutato, in modo da compiere una scelta che diriga verso la valutazione dei risultati rispetto a quella del processo, o viceversa. Mi sono chiesta quanto potesse essere pedagogicamente fondata una valuta- zione degli alunni basata unicamente sulla competenza11 acquisita dagli stessi, al 54 di sviluppo, qualora il patrimonio genetico della persona includa la presenza di una corrispondente at- titudine; l’esercizio fa in modo che la persona “naturalmente disposta a …” divenga capace nel fare una determinata cosa; la conoscenza e l’apprendimento – organizzate in esperienze finalizzate – ren- dono la persona competente. La performance può testimoniare, tramite il comportamento, la presenza o meno di una competenza: “potrebbe” … ma non è detto, dal momento che la performance dipende da una serie di componenti (fattori psico-fisici, contesto, grado di preparazione, autostima, ecc.) che sono parte integrante nella generazione di un comportamento efficace. Chomsky stesso affermava che la performance rappresenta una “realizzazione effettiva ma parziale della competenza”. N. CHOMSKY, Linguaggio e problemi della conoscenza, Il Mulino, Bologna 1991. Valutare unicamente i risultati, equivarrebbe ad ignorare che una persona: può essere competente, ma esibire una performance ineffi- cace; può non essere competente, ma essere efficace casualmente; può essere potenzialmente compe- tente (in quanto portatore geneticamente di una attitudine ad essa corrispondente), ma mancare di co- noscenze e di pratica che lo abilitino ad un saper fare. La valutazione del risultato, in tal senso, costi- tuisce un tentativo di percepire il possesso di una competenza su un tutto a partire da una parte, valu- tando soltanto gli aspetti cognitivi, mettendo tra parentesi quelli affettivo-motivazionali. 12 La consultazione di alcuni principi teorici mi ha condotto a considerare una osservazione pre- sente nella letteratura di riferimento: il risultato non esiste in sé, ma è sempre il prodotto della inter- pretazione di colui che valuta; non esiste un unico risultato, ma una costellazione infinita di esiti che potenzialmente influenzeranno la vita di ognuno (più o meno consciamente); il risultato formativo di- pende solo in parte dall’attività formativa, in quanto una serie di fattori esterni alla stessa, ma profon- damente legati ad essa – il vissuto personale – hanno un peso determinante su ciò che poi si innesta nel processo formativo stesso. Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una pro- posta di Evaluation Research, op. cit., pp. 9-13. 13 Ibidem, pp. 10-11. termine di un processo formativo di istruzione e formazione professionale. Per troppo tempo, nella storia della valutazione, ci si è focalizzati staticamente sulla va- lutazione dei risultati12: una valutazione abbastanza parziale e riduttiva, in quanto esclusivamente connessa al controllo conclusivo dei così detti outcomes – esiti della formazione – rivolti tanto alle competenze acquisite dai formandi, quanto alle trasformazioni avvenute nel sistema formativo. La valutazione dei risultati si limita semplicemente a ricercare delle prove che quantifichino un cambiamento, che non può solo dimostrarsi sulla base delle competenze acquisite o sulla base dei cambia- menti intervenuti nel sistema delle attività valutative. Se quindi i processi formativi riguardano il designarsi della relazione, limitarsi ai soli effetti finali delle compe- tenze acquisite è comodo, ma poco attendibile. La valutazione dei processi formativi, invece, dà senso e significato al “fatto che diviene”, ovvero a quello che si innesta nella relazione tra i soggetti interessati dalla istruzione e formazione. La valutazione dei risultati si limita semplicemente a ricercare delle prove che quantifichino un cambiamento; la valutazione dei processi formativi “riguarda il cambiamento, ma il suo scopo è il miglioramento raggiungi- bile mediante la trasformazione e la regolazione dell’oggetto valutato, e non sol- tanto con il controllo e con il dominio di esso”13. 55 Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Re- search, Armando Editore, Roma 1997. Fonte: elaborazione dell’A.14 14 ANALISI DEI BISOGNI L’analisi dei bisogni è la prima valutazione da compiersi, una sorta di “ricerca delle necessità e delle esigenze dell’organizzazione, da cui nascono gli obiettivi dell’attività formativa”. Essa si af- ferma come un punto di partenza per avviare la programmazione di un intervento di formazione, ma soprattutto uno strumento indispensabile affinchè la progettazione dell’intervento avvenga su un in- sieme di dati che rispecchiano i bisogni formativi reali. PROGRAMMAZIONE Pellerey (1979) la definisce come un insieme di attività orientate alla “definizione degli standard formativi generali, mediante l’analisi del contesto allargato entro cui l’iter formativo va collocandosi e la verifica di compatibilità tra gli standard formativi, il tipo di utenza a cui è diretto l’intervento e la domanda culturale o professionale proveniente dal territorio”. PROGETTAZIONE Ancora con Pellerey vediamo che la progettazione può essere definita come “l’insieme delle at- 2. Il sistema del processo formativo nel contesto allargato La ricchezza di un approccio valutativo orientato al processo sta nel fatto che la creazione del setting formativo può essere compiuta correttamente, o, comunque, diminuendo drasticamente le possibilità di errore, grazie a delle retroazioni – rego- lazione, riorganizzazione, revisione – che consentono flessibilmente di rimodulare quanto realizzato in precedenza. 56 tività orientate all’organizzazione sistematica delle risorse intellettuali e tecnologiche declinabili in schemi e piani di produzione di interventi formativi”. La progettazione inoltre comprende: - la modularizzazione dell’intervento: ovvero grossomodo la scelta dei moduli didattici, delle azioni che caratterizzeranno l’intervento, con i rispettivi contenuti ed obiettivi; - la definizione delle strategie, dei metodi e delle tecniche: tenendo sempre conto, anche sulla base di esperienze precedenti, quale potrebbe esser la risposta del gruppo utente alla presenta- zione di detenninati input; - la scelta e selezione dei media e dei modi di comunicazione: questo punto è particolarmente curato nei casi in cui, sia stato commissionato da un cliente ad un progettista un pacchetto for- mativo; di qui la necessità di pubblicizzare l’evento per informare l’utenza; - la determinazione dei criteri valutativi: in tal caso qualora il progettista coincida con il valuta- tore, egli dovrà scegliere quale approccio valutativo prescegliere; - la ripartizione temporale dell’intervento: il soggetto non deve esser aggredito, ma quasi natu- ralmente portato a formarsi. La gestione del tempo del corso deve tener conto dei tempi di fer- tilizzazione ed interiorizzazione dei vissuti da parte dei soggetti. Comprendere la soggettività e la professionalità delle risorse, significa anche capire come coin- volgerle nel processo formativo: la progettazione infatti oltre ad allocare correttamente le risorse che serviranno in fase di erogazione, non può e non deve ignorare i bisogni degli utenti. APPLICAZIONE Bruscaglioni (1990) parlando di applicazione la definisce come “esplicitazione in aula o in am- bienti appositamente predisposti, delle attività promosse dal formatore e dagli allievi, nelle contin- genze delle situazioni e del retroterra culturale ed esperenziale di ciascuno”. ANALISI DEGLI ESITI “Comprende l’insieme delle attività di verifica e/o valutazione”. Cfr. Ibidem, pp. 15-19. 15 G. MILAN, Disagio giovanile e strategie educative, Città Nuova Editrice, Roma 2004. 16 P. GOGUELIN, La formazione/animazione, Isedi-Petrini, Torino 1991. In questa sede non è possibile soffermarsi sull’analisi degli steps di cui un pro- cesso formativo si compone: per comodità si è riportato una schematizzazione di un modello esistente nella letteratura della ricerca valutativa, rielaborata da Pel- lerey (1979), affinché il lettore possa comprenderne o ricordarne la complessità. La scelta degli indicatori con cui poter rilevare la qualità del servizio reso nel CFP è riferita alla fase applicativa, pur non limitandosi ad essa, essendo questa col- legata a processi micro e macro dimensionali, coinvolti nell’erogazione del servizio di istruzione e formazione professionale. Importante concludere questa parte descrittiva, richiamando l’attenzione sul senso ed il significato che i formatori tutti – protagonisti dell’esperienza di Forma- zione Formatori del Progetto Integrazione – hanno attribuito all’istruzione e forma- zione professionale relativamente alla categoria dei soggetti interessati: gli adole- scenti15. Formare implica un intervento profondo e globale che provoca nel soggetto uno sviluppo nel campo intellettuale, fisico o morale e un cambiamento nelle strutture corrispondenti a questi campi, in modo che questo sviluppo non sia sovrapposto alla struttura esistente, ma sia integrato in nuove strutture più generali, che consentano ad ognuno di raggiungere se- condo le proprie capacità, un livello culturale multidisciplinare, capace di fargli meglio comprendere i fenomeni della vita16. Questa la “visione comune” che ha orientato le azioni di formazione previste dal progetto. 57 3. Gli indicatori per una qualità negoziata a) La qualità educativa: i presupposti I Centri di Formazione Professionale salesiani hanno come fine l’educazione umana e cristiana dei giovani lavoratori per farne dei “buoni cristiani ed onesti cit- tadini” (Don Bosco), capaci di assumere le loro responsabilità nella comunità cri- stiana e sociale. Grazie allo studio di un testo della prof.ssa Becchi 17, in qualità di operatore pedagogico mi sono interrogata sul concetto di qualità educativa del servizio del CFP, chiedendomi come la scala SVANI 18 – rimodulata ad hoc – potesse favorire un percorso di valutazione formativa giornaliera per il servizio reso da noi formatori, impegnati in una missione educativa ai margini del sociale; contemporaneamente, mi sono interrogata sulla possibilità che, la stessa modellizzazione adeguata per il CFP CNOS-FAP Regione Puglia, sede di Bari, potesse essere estesa alla realtà degli altri CFP. Il CFP è un servizio educativo formale, informale e non-formale della colletti- vità. Come tale ha una fisionomia pedagogica sui generis (non paragonabile al servizio reso dal sistema statale, sebbene ad esso integrato nei processi di pro- grammazione/progettazione/erogazione dei processi formativi), caratterizzato da un complesso e delicato gioco di relazioni, che coinvolge formatori ed educatori (del CFP), insegnanti (della scuola statale), aziende e allievi. In linea con lo stile procedurale che contraddistingue le politiche della Regione Puglia nel settore dell’Istruzione e della Formazione Professionale, le questioni aperte dal nuovo scenario normativo – il ruolo e le funzioni dei coordinatori peda- gogici, le procedure per l’accreditamento, i dispositivi di controllo e di verifica – sono state oggetto di discussione pubblica nel corso di seminari, convegni, dibattiti, e non solo da un punto di vista amministrativo. La necessità di una qualificazione pedagogica dei Centri di Formazione Professionale, attraverso la delineazione di un progetto educativo del servizio e l’avvio di procedure valutative, appare cen- trale. Da qui l’esigenza di riaprire la discussione, già avviata con la stesura degli in- dicatori, su altri elementi quali: le componenti e le garanzie irrinunciabili di un 17 E. BECCHI, A. BONDIOLI, R. CENTAZZO, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, P. O. GHEDINI, (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Ro- magna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. 18 Realizzata negli Stati Uniti per consentire una valutazione obiettiva del nido, e adattata alla si- tuazione italiana, la SVANI – Scala di Valutazione dell’Asilo Nido Italiano - articola in 37 item valu- tabili quantitativamente e raggruppati in 7 subscale (arredi e materiali, routine, linguaggio, apprendi- menti, interazioni, organizzazione delle attività, bisogni degli adulti). Sulla base dei dati raccolti si possono costruire profili e indici che consentono confronti tra sezioni e nidi diversi e fra il “prima“ e il “dopo” di azioni di intervento. Essa serve a molteplici scopi. Può essere utilizzata per definire la qualità educativa delle singole sezioni di un asilo nido, ma anche per cogliere le dimensioni più cri- tiche, che occorre correggere e migliorare. 58 19 Cfr. L. VERDI VIGHETTI, Verso una qualità pedagogica della formazione, in “Skill” dicembre, 1999. 20 ISFOL (a cura di) C. MONTEDORO, Ripensare l’agire formativo:dall’accreditamento alla qualità pedagogica, Franco Angeli, Roma 2001, pp. 65-78. 21 Ibidem, op. cit., p. 66. “buon CFP”; le responsabilità dei diversi “attori sociali” chiamati a realizzarle sui nuovi ambiti di “professionalità – progettuale e operativo – profilati”; e, non ul- timo, sugli “strumenti” da adottare per lo svolgimento dei nuovi compiti cui gli “operatori della formazione professionale” sono chiamati. b) La qualità educativa: il percorso La qualità educativa del CFP si misura dunque nella sua capacità di costituirsi a laboratorio della formazione professionale degli adolescenti in un gioco di scambi nel quale le storie di vita dei ragazzi, i vissuti dei formatori, le pratiche di istruzione e di formazione, l’organizzazione spazio-temporale dell’educativo ven- gono continuamente discusse e verificate. In linea con l’idea di qualità teorizzata dalla prof.ssa Becchi, nei paragrafi suc- cessivi si propone una scala che potrebbe permettere di rilevare la qualità del servizio reso quotidianamente al CFP, articolando le aree e gli items di questa scala su vari livelli di osservazione. c) La qualità educativa: gli indicatori Prendendo le mosse da una definizione della “‘qualità pedagogica’ intesa come ricerca della specificità del valore aggiunto dell’approccio qualità applicato alla formazione, considerata come interazione, relazione, trasformazione, sviluppo di competenze, atteggiamenti, conoscenze dei/delle ‘clienti’ finali”19, è necessario dare fondamento a tale definizione individuando alcuni elementi valoriali e caratteri- stiche essenziali che rendano la qualità pedagogica una «qualità negoziata». Consultando il “Modello delle 6 P” esistente in letteratura 20, la “qualità della formazione” è paragonabile ad un sistema complesso, costituito da alcuni sottosi- stemi quali: la qualità prevista, paragonata, progettata, proposta, prodotta, perce- pita; livelli, questi, funzionali alla organizzazione e gestione di micro e macro pro- cessi efficaci. La qualità pedagogica, per essere una qualità negoziata, deve riferirsi in particolare alla qualità proposta, una qualità che deve essere rilevata in fase di erogazione della formazione mediante l’espressione di giudizi da parte di coloro che direttamente o indirettamente fruiscono della formazione. La qualità proposta è, infatti, la risultante delle intersezioni tra 4 aree che incidono direttamente sulla relazione formativa e sui processi di apprendimento21. Da queste premesse, la co- struzione di un approccio teorico alla qualità pedagogica necessita di criteri con cui interpretare la realtà formativa grazie a cui è possibile erogare un servizio di qua- 59 22 E. BECCHI, A. BONDIOLI, R. CENTAZZO, M. FERRARI, A. GARIBOLDI, P. O. GHEDINI, (a cura di A. BONDIOLI e P. O. GHEDINI), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Ro- magna, op. cit. 23 La rivisitazione della scala SVANI – ancora in via di ideazione – vuol fungere da analizzatore funzionale ad operazioni di decentramento rispetto al quotidiano vissuto nel Cfp: coloro i quali la uti- lizzeranno (operatori della formazione professionale, insegnanti, alunni, genitori degli alunni, respon- sabili dei servizi sociali, valutatori interni ed esterni) potranno superare l’osservazione dell’«immediato» e/o semplicemente di «ciò che appare», per riflettere metodologicamente sulla realtà formativa. La restituzione non direttiva rappresenterebbe la modalità psico-pedagogicamente orientata, con cui il valutatore, ad indagine ultimata, comunicherà i risultati delle rilevazioni com- piute, confrontando le eventuali differenze tra tipologie di persone interessate nella fase valutativa. lità: la costruzione di un sistema di indicatori di qualità costituisce il punto di par- tenza, verso la via della qualità negoziata. L’indicatore, in tale percorso di costruzione della scala, rappresenterebbe – at- tenendomi a ciò che sostiene Egle Becchi – un criterio di interpretazione del CFP, espresso nel suo livello di ottimalità per alcuni aspetti che si riterranno irrinuncia- bili 22. Gli strumenti e le altre metodologie di valutazione possono essere utilizzate non solo in funzione di una certificazione della qualità educativa delle istituzioni che devono essere valutate, ma anche in chiave formativa, cioè per sollecitare gli operatori verso una maggiore consapevolezza circa le caratteristiche della propria organizzazione pedagogica. La valutazione della qualità dovrebbe quindi portare a segnalare i “punti forti” ed i “punti deboli” dell’ambiente formativo esaminato, nel contesto di una discus- sione sui risultati dell’osservazione/rilevazione (restituzione non direttiva 23)grazie a cui tracciare dei possibili percorsi di sviluppo istituzionale. d) La qualità educativa: rivisitazione della scala Svani Il punto di partenza del sistema di indicatori che qui viene prospettato, è un idea di CFP da intendersi come sistema di relazioni sociali, che sta in una più ampia e complessa rete di nessi sociali con i quali transagisce, e che necessita di un sistema di indicatori della qualità educativa che rispettino: da un lato, i dettami na- zionali e dall’altro, i dettami regionali giuridici che regolamentano il (sotto)sistema della Istruzione e Formazione Professionale. Il CFP non solo eroga contributi peda- gogici, ma esaudisce domande, soddisfa aspettative, evoca concetti di istruzione e formazione dei soggetti interessati dalla formazione. Conseguentemente, due sono i fattori che inevitabilmente debbono incidere sulla costruzione di indicatori della loro organizzazione di sistema: da un lato, gli indicatori non devono rappresentare semplicemente una variabile fenomenica – e per questo osservabile – ma devono anche essere descrittori di dinamiche intra ed interpersonali indicative di vissuti; dall’altro, gli stessi devono dar voce ai soggetti interessati direttamente ed indiret- tamente dalla formazione (alunni, insegnanti, operatori pedagogici, famiglie, terri- torio). 60 24 Per dirla con Bronfenbrenner, ci si riferisce a micro-situazioni che hanno una possibilità di crescita immediata sugli utenti. (subscala 1). U. BRONFENBRENNER, Ecologia dello sviluppo umano, il Mulino, Bologna 2002. Di seguito, verrà presentato lo schema delle componenti e delle condizioni ir- rinunciabili di quella che è definibile come qualità educativa o intrinseca, dove l'intrinsicità rimanda all’idea di un CFP in relazione alla sua specifica finalità for- mativa, in quanto “luogo educativo”, oltre che di istruzione e formazione. Le sub- scale ipotizzate con i relativi items, hanno cercato di tener conto, sulla base del modello della scala Svani, delle componenti e delle condizioni irrinunciabili per la gestione di un servizio di istruzione e formazione professionale di qualità. Le componenti indicano gli aspetti d’ambiente del CFP con cui l’adolescente è in contatto 24; le condizioni si riferiscono a quei livelli ambientali sovra-ordinati che incidono non solo sull’acquisizione di conoscenze e competenze tecnico-profes- sionali, ma anche di quelle di tipo relazionale grazie a cui è davvero possibile garantire – come affermava Goguelin – lo sviluppo integrale della persona che deve formarsi. La scala non è ancora definita (non vi è ancora un acronimo con cui poterla indicare); così come non è previsto nella presente pubblicazione l’inserimento dei descrittori grazie a cui, le persone che potenzialmente debbono utilizzare la scala ai fini valutativi, possano esprimere un giudizio sui livelli pre- sentati. L’ipotesi è in fase di costruzione per poter poi essere sperimentata sul campo, in vista di accorgimenti e modificazioni che consentano l’ideazione di una scala tramite cui rilevare – proprio grazie a giudizi espressi – la qualità educativa intesa come frutto di una negoziazione continua. 61 SUBSCALA 1: ARREDI E MATERIALI A DISPOSIZIONE DEI RAGAZZI La diversificazione dell’offerta formativa di un CFP - che offre sia interventi corsuali (accoglienza, for- mazione e inserimento), sia individualizzati (partecipazione individuale, tutoring sul lavoro, formazione a distanza) – determina l’esistenza di una struttura polifunzionale: gli spazi e gli arredi sono funzionali alla gestione di micro e macro processi non solo ed esclusivamente relativi alla didattica, ma anche alla cura del progetto di crescita personale e professionale degli utenti. Items 1: Arredi per le cure di routine Items 2: Arredi per le attività di apprendimento in classe Items 3: Arredi per le attività di apprendimento in laboratorio Items 4: Arredi per le attività di apprendimento in cortile Items 5: Arredi per le attività di apprendimento in oratorio Items 6: Disposizione della istituzione Items 7: Materiale didattico in mostra SUBSCALA 2: CURE DI ROUTINE La presenza quotidiana dell’alunno nella struttura di un Centro di Formazione Professionale è un mo- mento molto delicato e importante perché rappresenta il contatto che il giovane, nella giornata, ha con fi- gure istituzionali nei confronti delle quali deve potersi relazionare ben consapevole che queste si occupe- ranno non solo di potenziare la sua mente, ma anche di risvegliare il suo cuore. Ogni giovane, in virtù del proprio vissuto personale, affronta in maniera diversa la stessa esperienza di istruzione e formazione: i formatori, gli educatori, gli animatori, gli insegnanti delle istituzioni scolastiche statali, debbono adottare strategie individualizzate coinvolgendo anche i genitori che sono parte integrante del progetto formativo e strategie personalizzate dirette al gruppo-classe di cui l’alunno è parte integrante. Le cure di routine sono funzionali alla soddisfazione dei bisogni primari e secondari affinché nella gior- nata scolastica il ragazzo possa avere tutti gli elementi necessari e funzionali ad un buon rendimento. Items 8: Buon giorno e saluto finale Items 9: Ricreazione Items 10: Tempo pieno “libero” Items 11: Cambi Items 12: Pulizia ed ordine personale degli allievi Items 13: Abitudini igieniche Items 14: Norme igieniche Items 15: Gestione della sicurezza Items 16: Norme di sicurezza 62 SUBSCALA 3: ASCOLTARE E PARLARE Il Piano dell’Offerta Formativa del CFP si ispira al progetto educativo nazionale delle Scuole Salesiane attualizzando, anche formalmente, la tradizione educativa salesiana dell’accompagnamento del giovane o dello studente. Ragione, religione, e amorevolezza – i tre ingredienti del Sistema Preventivo di don Bosco – sono nutrimento della relazione didattico-educativa che si innesta nel processo di professionaliz- zazione. Ascoltare l’altro e parlare all’altro divengono modelli relazionali con cui il giovane cresce grazie ad un progetto educativo integrale che lo aiuta ad essere in relazione con se stesso e con l’altro. Items 17: Uso formale del linguaggio Items 18: Uso informale del linguaggio Items 19: Comunicazione funzionale Items 20: Comunicazione affettiva Items 21: Colloqui Items 22: Celebrazioni e confessioni Items 23: Libri, films e documentari SUBSCALA 4: ATTIVITÀ DI APPRENDIMENTO Al fine di garantire il successo formativo, ciascun alunno deve impegnarsi a fondo in tutte le materie previste dal Piano dell’Offerta Formativa (POF): questo affinché egli sviluppi, per ciascuna annualità, il set di conoscenze e competenze (di base, tecnico-professionali e trasversali) indispensabili per il for- marsi della professionalità prescelta. Questa la motivazione per cui l’intero impianto progettuale prevede l’alternanza di attività funzionali all’istruzione (lezioni frontali), alla formazione professionale (attività laboratoriali di tipo tecnico) e alla crescita delle capacità personali del soggetto (attività psico-pedago- giche). Items 24: Coordinazione oculo-manuale Items 25: Lavori di gruppo/Giochi di squadra Items 26: Attività artistiche Items 27: Musica e ritmica Items 28: Attività di costruzione/assemblaggio in laboratorio Items 29: Giochi di role-playing Items 30: Attività psico-pedagogiche Items 31: Autodiagnosi delle capacità personali 63 SUBSCALA 5: INTERAZIONE Un’educazione integrale deve misurarsi oggi con la dimensione sociale della carità. Le comunità educative salesiane sono consapevoli che la lotta contro il disagio giovanile è parte della loro missione educativa. Si sentono pertanto coinvolte profondamente in essa secondo il carisma salesiano e lo stile di Don Bosco, con intelligenza e realismo e, sempre, con carità. I CFP dunque, sul piano delle relazioni: accompagnano i gio- vani alla conoscenza adeguata della complessa realtà sociopolitica in cui vivono, aiutandoli a vivere se- condo il rispetto delle regole; introducono fisicamente i giovani nel mondo degli uomini e donne che chie- dono solidarietà e aiuto; insegnano ai giovani ad elaborare precisi e concreti progetti di solidarietà e a matu- rare forme di intervento sociale; fanno comprendere che la carità è espressione del proprio incontro con Cristo; li avviano all’impegno e alla partecipazione alla «politica» -ossia alla complessa e varia azione eco- nomica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzio- nalmente il bene comune- facendo sì che si assumano responsabilità dirette negli organismi scolastici di partecipazione e nelle associazioni nelle quali possono coprire ruoli di gestione e direzione; li educano al servizio, come espressione della solidarietà e itinerario di discernimento e di maturazione vocazionale. Items 32: Interazione tra gli allievi Items 33: Interazione tra gli allievi e i formatori Items 34: Interazione tra gli allievi e i direttori Items 35: Personalizzazione ed individualizzazione Items 36: Disciplina SUBSCALA 6: ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITÀ L’attività formativa si svolge di norma nell’arco di 36 ore settimanali in 6 giorni, dal lunedì al sabato, dalle ore 8,00 alle ore 14,00. Gli allievi al mattino ascoltano un pensiero religioso-formativo; partecipano, in alcune occasioni durante l’anno formativo, alla Santa Messa, a celebrazioni liturgiche, a momenti di riflessione e colloqui col Di- rettore, l’Animatore e l’equipé dei docenti. I formatori collaborano con l’animatore, ad accompagnare gli allievi nei luoghi prefissati per il “buon- giorno”, e sono presenti durante il pensiero formativo e durante la breve pausa tra la terza ora (10,00 - 11,00) e la quarta ora (11,00 - 12,00). Per la maturazione integrale del giovane si richiede la massima puntualità. Indipendentemente dall’ora d’entrata in classe e dall’ora d’uscita, gli alunni devono firmare il registro delle presenze. Affinché l’opera educativa sia efficace e feconda è necessario che il giovane conosca e condivida lo spi- rito e il metodo degli educatori e, nel rispetto dei docenti, non docenti e compagni, collabori con loro con generosità e responsabilità. Le famiglie saranno corresponsabili nell’intero processo formativo del proprio figlio, interagendo, dunque, attivamente con il Centro di Formazione Professionale. Items 37: Orario delle attività Items 38: Controllo delle attività quotidiane Items 39: Cooperazione tra i formatori Items 40: Cooperazione tra i formatori e gli insegnanti Items 41: Disposizioni per alunni con particolare problemi psico-fisici 64 SUBSCALA 7: BISOGNI DEGLI ADULTI La formazione formatori ha una rilevanza fondamentale all’interno del progetto educativo dell’alunno. Il compito dei formatori è di svolgere un ruolo di mediazione in una esperienza di istruzione e di forma- zione professionale che, per essere pedagogicamente orientata, richiede d’essere affrontata con compe- tenza professionale, capacità di osservazione e un approccio metodologico coerente: di qui la necessità che gli operatori della formazione professionale siano continuamente aggiornati nel proprio campo di competenza per erogare un servizio di qualità negoziata. Items 42: Bisogni personali degli adulti Items 43: Opportunità di crescita professionale Items 44: Zona riservata agli incontri degli adulti Items 45: Spazi di consulenza e di ascolto per gli operatori pedagogici Items 46: Giornata libera SUBSCALA 8: ATTIVITÀ EXTRA-SCOLASTICHE Le attività extrascolastiche nel CFP consentono all’alunno di essere soggetto attivo nella costruzione e realizzazione del proprio progetto personale/professionale. Esse – di vario tipo ed organizzabili con il consenso informato della famiglia – rappresentano pertanto una prassi educativa attiva volta a favorire la capacità del soggetto di risolvere il problema del suo avvenire professionale, facilitandogli l’assolvimento dei compiti vocazionali relativi alla: - conoscenza di sé (potenzialità attitudinali, capacità, interessi e valori); - conoscenza del mondo del lavoro e delle professioni; - formulazione di progetti di vita e di lavoro e loro valutazione in funzione della decisione di scelta di un progetto e del modo migliore di realizzarlo. Items 47: Interventi formativi Items 48: Interventi educativi Items 49: Interventi informativi e di sensibilizzazione Items 50: Interventi di addestramento Items 51: Interventi progettuali Items 52: Interventi esperenziali Items 53: Interventi di rete Items 54: Interventi consulenziali Items 55: Interventi in caso di crisi Items 56: Interventi di aiuto professionale e di self-help Items 57: Interventi di animazione sociale 65 SUBSCALA 9: CORRESPONSABILITÀ SCUOLA-FAMIGLIA Con la Legge 53/2003 – Riforma Moratti – ai genitori si chiede di diventare componente costitutiva della struttura scolastico – formativa e di qualificarsi come presenza costante e attiva nella comunità educante. Nello scenario normativo la famiglia è considerata “la prima formazione sociale con la quale le istitu- zioni scolastiche devono interloquire per realizzare l’autonomia” (d.P.R. 275/99): “le istituzioni scola- stiche non sono più obbligate a fare tutte la stessa cosa nello stesso tempo, perché non sono più ad ema- nazione diretta dello stato; ma vanno affermandosi come istituzioni scolastiche autonome in ambito di- dattico, funzionale ed organizzativo. La scuola diventa così formazione sociale, espressione dei soggetti che la compongono, chiamata ad agire ponendo al centro la domanda educativa dell’alunno …” (S. Cri- scuoli, 2003). Il processo di trasformazione della scuola in atto con la Riforma Moratti, pone, dunque, le condizioni per la creazione di una “scuola adulta” capace di formare la persona, oltre che offrire conoscenze e compe- tenze funzionali allo sviluppo del profilo professionale prescelto dai soggetti in formazione: condizione, affinché questo avvenga, è che la scuola sia generata dalla responsabilità di gestori, docenti, genitori, stu- denti che la compongono a titolo diverso e con funzioni complementari che si armonizzano fra di loro a fini educativi. Non è più sufficiente la sola partecipazione dei genitori: occorre che i soggetti della comunità educativa siano chiamati ad assumersi le responsabilità reciproche tramite un rinnovato patto sociale, di cui il patto formativo è parte integrante. Per la realizzazione della proposta formativa è indispensabile la corresponsabilità tra famiglia e CFP: quest’ultimo si avvarrà di una figura di sistema che coinvolgerà le famiglie a vari livelli (cfr. subscala 8 attività extra scolastiche). Items 58: Co-progettazione al POF Items 59: Personalizzazione del percorso formativo Items 60: Redazione del portfolio delle competenze 66 SUBSCALA 10: RELAZIONI CON IL TERRITORIO L’intero impianto del percorso formativo è centrato sulla scoperta e sull’aiuto alla realizzazione del pro- getto personale d’ogni destinatario intorno ad un’identità lavorativo-professionale e sulla base di una proposta educativo-formativa tesa a formare il cittadino, il lavoratore, il cristiano. L’approccio della formazione professionale prevede, infatti, un concetto di competenza intesa come piena padronanza delle conoscenze, delle tecnologie e dei processi nell’ambito lavorativo di riferimento. Per il raggiungimento degli obiettivi formativi del presente progetto, sarà necessaria una stretta COLLABO- RAZIONE TRA CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE, SCUOLA E AZIENDA. L’integrazione fra i tre elementi, di cui sopra, favorisce la strategia della alternanza formativa secondo quanto previsto dalla legge n.53, 28 marzo 2003 (Riforma Moratti): l’alternanza rappresenta una stra- tegia metodologica che consente – in riferimento al singolo allievo - di realizzare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si integrano reciprocamente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’organizzazione di lavoro e di impresa. La collaborazione e la corresponsabilizzazione con i servizi sociali, comporta la relazione con tutte le strutture che sono autorizzate per l’assistenza ai minori. La maggior parte degli alunni frequentanti i CFP sono ragazzi difficili ovvero adolescenti con varie forme di disagio, disadattamento e devianza; aver cura del progetto educativo significa affiancare al progetto di professionalizzazione un progetto di ri-educa- zione orientato al ri-scatto, nel presente, da un passato oscuro. Il Cfp, allontanandosi dai pericoli dell’au- torefenzialità, deve: dialogare e corresponsabilizzare le famiglie, senza sostituirsi ad esse, anche qualora la famiglia sia una presenza negativa; lavorare in rete nel sociale per garantire al minore la tutela dei propri diritti ed il rispetto dei propri doveri, soprattutto nei casi di una reiterazione della pena dovuta alla commissione di un reato (la messa alla prova). Items 61: Istituzioni scolastiche statali partner IItems 62: Aziende partner Items 63: Assessorati Items 64: Servizi Sociali Items 65: Educatori di Circoscrizione Items 66: Tribunale dei minori Items 67: Comunità per minori (semiresidenziali e residenziali) 67 69 25 Cfr. GIOVANNI BATTISTA LEMOYNE, Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco, raccolte dal sacerdote salesiano, edizione 1898, Volume V, Capo VI, p. 52. 26 Relativamente al fenomeno della dispersione scolastica nel secondo ciclo di istruzione esiste un ampia letteratura psicologica di riferimento che ha scientificamente provato la casualità esistente tra «caratteristiche strutturali dell’istituto e dispersione scolastica» e tra «caratteristiche ambientali e dispersione scolastica». Cfr. per la prima tipologia di ricerche, «dispersione scolastica e caratteristiche strutturali dell’istituto»: tipologia d’istituto (Benvenuto et al., 2000); grandezza (Rumberger e Pa- lardy, 2005); collocazione geografica, (Rumberger e Palardy, 2005); tipo di controllo, (Rumberger e Palardy, 2005); per la seconda, «dispersione scolastica e caratteristiche ambientali»: clima (Rum- berger, 1995); politiche educative (Lillard e De Cicca, 2000). Capitolo 4 La Riflessività del Formatore della Formazione Pro- fessionale: un Educatore alla ricerca dell’Equilibrio tra Ragione, Religione e Amorevolezza Cristina BALDI “Un giorno del 1854 Don Bosco si ritrovava negli uffici del ministro Urbano Rattazzi, in conversazione con lui, e si sentì per l’ennesima volta domandare quale fosse il suo metodo educativo. Don Bosco rispose: «Vostra eccellenza non ignora che vi sono due sistemi in educazione, uno chiamato sistema repressivo, l’altro pre- ventivo. Il primo si prefigge di educare l’allievo con la forza, col reprimerlo e pu- nirlo quando ha violato la legge. Il sistema preventivo, invece, cerca di educarlo con la dolcezza e perciò lo aiuta soavemente ad osservare la legge medesima, e gliela somministra con i mezzi più adatti ed efficienti allo scopo. È questo il si- stema in vigore da noi …”25. Educare oggi come educava Don Bosco rappresenta indubbiamente una sfida. Nello scorrere del tempo, il sistema repressivo a cui le istituzioni scolastiche hanno ispirato la pseudo progettualità educativa ha determinato la fuoriuscita di numero- sissimi ragazzi – i così detti drop-out – dai percorsi scolastici statali 26: sicché molti di questi ragazzi sono caduti in pericolo e alcuni sono diventati pericolosi perché lontani da eventi che avrebbero potuto proteggerli, preservarli anziché puntellarli e reprimerli. I Centri di Formazione Professionale che hanno partecipato al Progetto Inte- grazione – così come tanti altri CFP che, pur non avendo partecipato all’esperienza condotta, offrono il medesimo servizio – accolgono da decine di anni i ragazzi i quali, “essendosi allontanati” e/o “essendo stati allontanati” dal canale statale e av- vicinandosi al canale della istruzione e formazione professionale, possono rifuggire dai pericoli derivanti dalle convinzioni di un futuro privo di colori. 27 Da giugno 2006 nessun bando pubblicato dalla Regione Puglia consente ai CFP di program- mare e progettare percorsi di istruzione e formazione professionale: sicché molti CFP, che da decenni operano in tale settore, ultimate le sperimentazioni triennali avviate nel 2003, sono inattivi con il ri- schio presto di scomparire dal territorio, negando la possibilità a moltissimi ragazzi di istruirsi e for- marsi … L’impianto delle sperimentazioni triennali avviate in Puglia nel 2003 è stato centrato sulla scoperta e sull’aiuto alla realizzazione del progetto personale d’ogni destinatario intorno ad un’iden- tità lavorativo-professionale e sulla base di una proposta educativo-formativa tesa a «formare il citta- dino, il lavoratore, il cristiano». L’approccio della formazione professionale prevede, infatti, un con- cetto di competenza intesa come piena padronanza delle conoscenze, delle tecnologie e dei processi nell’ambito lavorativo di riferimento. Per il raggiungimento degli obiettivi formativi del presente pro- getto, è stata attivata una stretta collaborazione tra centri di formazione professionale (Cfp), scuola statale e azienda. L’integrazione fra i tre elementi, di cui sopra, ha favorito la strategia della «alter- nanza formativa» secondo quanto previsto dalla legge n.53, 28 marzo 2003 (Riforma Moratti): l’alternanza ha rappresentato una strategia metodologica che ha consentito – in riferimento al singolo allievo – di realizzare un percorso formativo coerente e compiuto nel quale si sono integrate recipro- camente attività formative di aula, di laboratorio ed esperienze svolte nella concreta realtà dell’orga- nizzazione di lavoro e di impresa. 28 «[…] La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. … La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di rag- giungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Cfr, Costitu- zione della Repubblica Italiana, Roma 27 dicembre 1947, art. 33 e 34. Molti dei ragazzi che si riversano nel canale della FP sono capaci e meritevoli, ma rifiutano psi- cologicamente l’inserimento nei percorsi di istruzione offerti dal canale statale perché le «caratteri- stiche strutturali» ed «il clima» che le caratterizzano non consentono «la strutturazione di una visione del mondo e di sé-nel-mondo-con-gli-altri». I cfp – come descritto nel paragrafo precedente – invece favoriscono il recupero dei soggetti portatori di un disagio, dei ragazzi marginali, dei ragazzi devianti consentendone l’educazione e la ri-educazione. La Repubblica deve rendere «effettiva» la possibilità a ciascuno dei ragazzi difficili di godere del diritto di istruzione assicurando loro «concretamente» un trattamento scolastico equipollente a quello garantito agli alunni delle scuole statali: un tentativo da sostenere e da diffondere perché si possa rispondere nel «campo dell’educazione» secondo quei criteri di sussidiarietà e libertà sempre più indispensabili per il futuro dei giovani. Cfr. M. NAPOLI, Principio di sussidiarietà, Vita e Pensiero, Milano 2003. 29 Cfr. V. CAPORALE, Lavoro e responsabilità in C. LANEVE (a cura di), L’educatore, oggi: tratti per un profilo di San Giovanni Bosco, Servizio Editoriale Universitario, Bari Marzo 2007, pp. 45-52. Attualmente l’offerta formativa dei Centri di Formazione Professionale ri- sponde alla domanda di istruzione e formazione dei soggetti interessati solo relati- vamente all’ultimazione dei percorsi triennali sperimentali già avviati ed in via di conclusione 27; ma, nel limbo legislativo quale quello introdotto dalla finanziaria dell’attuale sistema di governo, appare “chiusa la strada della FP ai giovani” i quali vengono dunque privati di diritti costituzionalmente sanciti, in quanto impossibili- tati in futuro ad intraprendere un percorso alternativo a quello statale.28 A differenza di ciò che comunemente si crede – molto probabilmente perché non si ha piena consapevolezza di ciò che è divenuta la formazione professionale29 – eliminare dall’offerta formativa il canale della FP o cercare di “inserire” quest’ul- 70 30 A livello regionale, gli attuali orientamenti legislativi in Puglia non cancellano la formazione professionale, ma affidano la titolarità dei percorsi di istruzione e formazione professionale alle scuole statali (le secondarie di 2° livello); titolarità sino al 2003 riconosciuta da un d.l. – a livello na- zionale – ai CFP vista la sussistenza di caratteristiche strutturali ad hoc e la centralità del progetto pe- dagogico cui i percorsi della fp si ispirano. Molti istituti scolastici statali non disponendo degli am- bienti idonei alla erogazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale (laboratori, cortili, oratori, ecc.) e della presenza educativa costante di figure specialistiche (tutor d’aula, animatori, edu- catori, home-maker, ecc) commissionerebbero ai CFP la gestione di alcuni iter del processo formativo attivando, in tal senso, una sorta di «formazione a voucer»: come se il recupero dei ragazzi difficili possa attivarsi a «tempo determinato», frammentando l’esperienza educativa e/o ri-educativa. 31 L’istruzione e la FP rappresenta infatti «un insieme di opportunità e di servizi volti a consen- tire alla persona di acquisire una qualifica professionale e – progressivamente un diploma di forma- zione superiore». Molti drop-out, inseriti nelle sperimentazioni triennali, al termine delle stesse hanno conseguito una qualifica professionale che – vista l’integrazione con il canale statale e, mediante l’attivazione delle così dette passerelle, la possibilità di un riconoscimento dei crediti formativi acqui- siti nel percorso della fp – sono rientrati nel canale statale per la frequenza del 4° e 5° anno funzional- mente al conseguimento del diploma; altra parte, è stata inserita all’interno di aziende che richiede- vano le figure professionali istruite e professionalizzate mediante i percorsi della Fp. Cfr, D. NICOLI, Il nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, in “Professionalità”, 75 (2003), XI- XXI. tima in alcune della pagine del POF di un istituto scolastico statale (mediante un paternariato che releghi i cfp soltanto a istituzioni che «prestano» i propri ambienti laboratoriali e/o «gestiscono psico-pedagogicamente» le situazioni dei ragazzi diffi- cili) 30 equivale a privare di ogni dignità non solo il senso dell’istruzione medesima, ma anche della educatività di cui storicamente sono stati testimoni i percorsi di istruzione e formazione professionale31». Nell’esperienza di Formazione dei Formatori prevista dal Progetto Integra- zione è stato possibile riflettere a lungo, non solo sugli aspetti legislativi e sui nuovi orientamenti pedagogici cui la Riforma avrebbe dato luogo, ma anche sulla identità della figura professionale incaricata di gestire nel canale della Fp i percorsi di istruzione e formazione: la figura dell’operatore della formazione professionale. Come sarà possibile prendere visione in seguito, grazie ai racconti testimoniali dell’esperienza di coloro i quali hanno preso parte al Progetto Integrazione, diffe- renti sono state le questioni poste dagli operatori della FP dei quali abbiamo curato la formazione: domande di senso in parte preesistenti, in altra parte poste soprat- tutto a seguito dell’attuazione della legge n.53, 28 marzo 2003. «Se la FP ha pari dignità rispetto ai percorsi offerti dal canale statale, l’operatore della FP è un insegnante? Un formatore? Un operatore pedagogico? Un educatore professionale? Un animatore? O tutte queste professionalità assieme, vista la complessità degli utenti interessati alla offerta formativa della Fp?». Ed, in- fine: «il formatore, avrà la possibilità in futuro di non essere considerato un “inse- gnante di serie b”»? Questi i principali interrogativi posti dai formatori con i quali è stata avviata una riflessione. Mediante la presente pubblicazione si intende diffondere la visione maturata durante l’esperienza di formazione condotta; la visione di CFP che, pur avendo tra- 71 32 Cfr. A. CANEVARO (a cura di), La formazione dell’educatore professionale. Percorsi teorici e pratici per l’operatore pedagogico, La Nuova Italia Scientifica, Roma febbraio 1991; M. GROPPO (a cura di), L’educatore professionale oggi. Figura, funzione, formazione, Vita e Pensiero, Milano 1990; C. LANEVE (a cura di), L’educatore, oggi: tratti per un profilo di San Giovanni Bosco, op. cit.; B. MAGGI, La formazione: concezioni a confronto, Etas, Milano 1991; A. MONASTA, Mestiere: proget- tista di formazione, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1997; C. MONTEDORO, (Ed.), Dalla pratica alla teoria per la formazione: un percorso di ricerca epistemologica, Franco Angeli, Milano 2000; D. NI- COLI, Il nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, op. cit.; M. SANTERINI, L’educatore tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale, Editrice La Scuola, Brescia 1998; et. al. 33 Cfr, J. DELORS (a cura di), Insegnare ad apprendere. Verso la società conoscitiva. Libro bianco dell’istruzione, C.E., Bruxelles 1996; Trattato della Comunità europea; Trattato sull’Unione europea (i testi sono reperibili anche nel sito ufficiale dell’Unione europea: http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/index.htm); et. al. dizioni differenti, hanno cercato fortemente nell’integrazione una modalità per co- struire una missione comune: quella di operatori pedagogici al servizio di soggetti deboli a rischio di esclusione sociale. A differenza di ciò che comunemente si crede, non esiste ancora un idea chiara di quale professionalità “si debba vestire” l’operatore della FP, sebbene alcuni con- tributi in campo pedagogico hanno tracciato egregiamente tanto il profilo di questa figura professionale quanto i suoi confini con le aree di competenza di altre figure che si occupano di educazione 32. Chi scrive, non ha la presunzione di assurgere a verità le proprie ipotesi funzionalmente alla modellizzazione della figura in og- getto; ma, sottolineando anticipatamente che essa indubbiamente riveste ruoli edu- cativi, desidera precisare, che tali ipotesi sono: da un lato, sostenute da autorevoli teorizzazioni preesistenti; dall’altro, testimoniate dalle memorie professionali di persone che da anni sono operatori della FP, oltre che dalla propria. In Italia, a partire dalla metà degli anni Novanta, nonostante l’“impulso” cultu- rale indotto dall’Unione Europea e la sensibilizzazione connessa a temi quali la lifelong learning e più in generale la qualità dei sistemi nazionali di istruzione e formazione 33, a tali sollecitazioni non sempre è corrisposta un’azione sufficiente- mente organica e incisiva; soprattutto relativamente alla qualificazione delle risorse umane impegnate nella programmazione, progettazione e applicazione dei processi di istruzione e formazione professionale, ai vari livelli di ogni ordine e grado di istruzione. A conferma di quanto appena dichiarato e per ovviare a sterili generaliz- zazioni, si vuole qui sottolineare che durante l’esperienza di formazione dei forma- tori della FP condotta in Puglia è stata infatti rilevata una perdurante inadeguatezza in una parte significativa delle azioni di qualificazione delle risorse umane della formazione professionale: gli operatori della FP sovente hanno comunicato di “mancare di una visione strategica stentando ad allinearsi alle reali esigenze degli utenti e dei contesti di riferimento”. Questa condizione reale, dunque, necessita: da un lato, di una riflessione pedagogica, dall’altro, di un ripensamento normativo che garantisca di fatto un sostegno adeguato attraverso interventi di formazione iniziale 72 34 Cfr. ISFOL (a cura di C. MONTEDORO E F. GAUDIO), I formatori della formazione professionale. Come (e perché) cambia una professione, I libri del FSE, Roma 2005. 35 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, p. 129. 36 Cfr. G. MALIZIA - S. CHISTOLINT - V. PIERONI - U. TANONI, II Progettista di formazione e la nuova organizzazione del Centro di Formazione Professionale in rapporto al territorio e ai processi interni di insegnamento-apprendimento, Ricerca, Roma, CNOS-FAP, 1991. La ricerca citata è stata affidata dal Ministero del Lavoro al CNOS/FAP che ha realizzato il relativo progetto presso il suo la- boratorio «Studi Ricerche e Sperimentazioni», costituito presso gli Istituti di Didattica e di Sociologia della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. L’indagine è stata effettuata da un’equipe diretta da G. Malizia e composta da: S. Chistolini. V. Pieroni e U. Tanoni. 37 Cfr. G. TACCONI (a cura di), Insieme per un nuovo progetto di formazione, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003. C. GEMMA, Il coordinatore-tutor Un ruolo da interpretare, La Scuola, Brescia 2004. 38 Cfr, CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 1. Guida per l’accoglienza, Istituto Sale- siano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per l’accompagnamento in itinere, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 3. Guida per l’accompagnamento finale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per la gestione dello stage, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2003; CIOFS-FP PIEMONTE, Le competenze orientative. Un approccio metodo- logico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, Torino 2003; CIOFS-FP PIEMONTE, Le compe- tenze orientative. Un approccio metodologico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, To- rino2003; CIOFS-FP PIEMONTE, L’accoglienza nei percorsi formativo-orientativi. Un approccio meto- dologico e proposte di strumenti, Istituto Salesiano Pio XI, Torino 2003; et. al. 0. 39 Cfr. M. BECCIU, A.R. COLASANTI, La corresponsabilità CFP-famiglia: i genitori nei CFP. Esperienza triennale nei CFP CNOS-FAP (2004-2006), Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2006. 40 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, op.cit., p. 130. ISFOL, I formatori. Caratteristiche, motivazioni, prospettive, e continua appropriati, al fine di assicurare un livello qualitativo sufficiente per l’accesso alla professione di “operatore della formazione professionale”. Per quel che attiene il versante della riflessione pedagogica, mentre nella tradi- zione pedagogica esiste un’ampia letteratura sulla figura professionale dell’inse- gnante, è difficile individuare identità, funzioni e ruolo sociale di quelli che sono oggi chiamati “formatori” o “operatori della Fp”, sebbene i mutamenti normativi che hanno interessato negli ultimi anni la FP in Italia abbiano in qualche modo ob- bligato ad un ripensamento delle competenze dell’operatore della FP34. In linea generale, nel tempo “dalla più generale, e onnicomprensiva, funzione del formatore si sono delineate altre funzioni, più specifiche…”35 a cui oggi corri- spondono altre figure professionali che – con alcune variazioni di denominazione a seconda delle regioni a cui ci si riferisce –, rivestono funzioni differenti quali: il coordinamento 36, la progettazione; la valutazione e l’analisi del fabbisogno; la docenza e la docenza-tutoring 37 (la compresenza in classe con altro docente); l’orientamento38; l’esperto in gestione dei processi di collaborazione scuola-fami- glia per la promozione della corresponsabilità educativa 39, ecc. Quello del forma- tore dunque è un mestiere complesso, dotato di una molteplicità di ruoli e per questo bisognoso di una formazione continua che lo renda competente e flessibile nella gestione di varie funzioni all’interno di “percorsi rivolti a giovani allievi o adulti o a fasce di utenza marginale” 40. 73 Franco Angeli, Milano 1992; ISFOL, Modelli di formazione dei formatori, Roma 1998; ISFOL, Standard Formatori. Per un modello nazionale di competenze verso l’accreditamento professionale, Roma 1998; ISFOL, Rapporto ISFOL 2001, Franco Angeli, Milano 2001; ISFOL, Rapporto ISFOL 2004, Tiel- lemedia, Roma 2004; ISFOL, Rapporto ISFOL 2005, Tiellemedia, Roma 2005; F. GAUDIO - C. MONTE- DORO (Edd.), I formatori della formazione professionale. Come (e perché) cambia una professione, op.cit.; D.R. DI NUBILA (Ed.) Professione formatore. Il ruolo, le competenze, i luoghi e le prospettive, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2005. 41 Circa il ruolo dell’educatore e delle altre professioni sociali, un panorama valido anche per l’Italia è rappresentato da alcuni lavori francesi quali: F. LE POULTIER, Recherches évaluatives en tra- vail social, Presses Universitaires de Grenoble, Grenoble 1990; J. L. MARTINET, Les éducateurs au- jourd’hui, Privat, Toulouse 1993. 42 Cfr. D. NICOLI in G. MALIZIA, D. ANTONIETTI, M. TONINI (a cura di), Le parole chiave della formazione professionale, Istituto Salesiano Pio XI, Roma 2004, II ed., p. 106. Nel presente paragrafo i «pensieri» sostenuti sono frutto della rielaborazione personale di teorizzazioni accreditate da sperimentazioni già condotte; e intendono, sulla base di quest’ultime, tracciare alcuni altri elementi teorici che fungono da congetture al fine di continuare a “disegnare il profilo del formatore”. Gli operatori stessi coinvolti nella formazione sentivano fortemente l’esigenza di riflettere al fine di costruire e consolidare la propria identità professionale. È stato dunque necessario fare memoria della tradizione della formazione profes- sionale; e, al tempo stesso, accogliere l’innovazione per consolidare un profilo completo di operatore della FP che potesse essere così condiviso dai formatori senior e da quelli junior. I formatori della Fp sono stati in passato: maestri di bottega, addestratori, edu- catori e/o rieducatori di giovani delinquenti, operatori pedagogici nel campo della pedagogia speciale 41. Nella fase storica più recente – come anticipato precedente- mente – una serie di fattori culturali hanno determinato un ripensamento della figura in oggetto, sino ad attribuirle normativamente e tecnicamente una validità strategica che ha contribuito ad innescare un’evoluzione piuttosto significativa nel profilo socio-anagrafico e professionale del formatore. In questo contributo, pertanto, si associa l’immagine dell’operatore della FP ad “…un mestiere complesso ed in forte trasformazione sul piano dei livelli di profes- sionalità e dell’identità soggettiva, organizzativa e sociale” 42. Il rafforzamento di tale concezione, tuttavia, non conduce al definitivo supera- mento di una certa debolezza insita nello statuto professionale del formatore che anche in Puglia viene considerato un “insegnante di serie B” o un “doppione dell’e- ducatore professionale”. È necessario dunque consolidare gli elementi connotativi che possono contribuire – anche in termini di prestigio e riconoscibilità sociale – all’affermazione dell’operatore della Fp. Sin dall’affidamento dell’incarico, chi scrive ricorda di aver voluto caratteriz- zare tanto il piano delle azioni di formazione quanto quelle di accompagnamento secondo lo stile salesiano: in qualità di «formatori dei formatori» dei CFP della Puglia in cui avremmo dovuto condurre l’esperienza, io e la collega non avremmo 74 43 Cfr. A. SANTONI RUGIU, Crisi del rapporto educativo, La Nuova Italia, Firenze 1975. 44 Cfr. D. DEMETRIO, Gli approcci empirici nell’analisi di una professionalità pedagogica in dis- cussione in M. GROPPO (a cura di), L’educatore professionale oggi. Figura, funzione, formazione, op. cit., p.65. 45 La CONFAP – Confederazione Nazionale Formazione Aggiornamento Professionale – è una con- federazione costituitasi nel 1974, su iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana, allo scopo di offrire un riferimento organico ed unitario agli Enti di formazione professionale di ispirazione cristiana nel loro servizio formativo rivolto a giovani ed adulti nell’ambito dell’Orientamento e della Formazione al lavoro e sul lavoro. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito ufficiale: www.confap.it. potuto annullare il nostro capitale di esperienza personale e professionale maturato grazie alla collaborazione con i centri CNOS FAP; ma, la nostra visione salesiana, nel totale rispetto delle tradizioni dei Cfp della cui formazione saremmo stati re- sponsabili per tre anni, sarebbe stata messa “al servizio” dei centri stessi di modo tale che le nostre esperienze, unite alle loro, avrebbero potuto potenziare congiun- tamente e reciprocamente il capitale formativo di ogni operatore della FP, noi com- prese. Non sarà sufficiente raccontare l’azione degli operatori della FP dei quali si è stati formatori nell’esperienza del Progetto Integrazione, per marcare le responsa- bilità educative della figura del formatore: la problematicità del lavoro pedagogico, in questa sede, richiede di esaminare la funzione del formatore in rapporto all’istru- zione e all’educazione di cui esso è responsabile. Già in passato, studiosi di provenienza extra-pedagogica avevano evidenziato e anticipato quella che sarebbe poi stata la «crisi del rapporto educativo»43: «crisi identificabile a livello di contenuti (educare o istruire), di sedi (quante e quali sono le situazioni, oltre la scuola, che contribuiscono alla crescita?) e infine di ruoli (quale ‘potere’ educativo esercita, ancora, chi stabilisce relazioni finalizzate allo sviluppo e al cambiamento, istituzionalmente riconosciute)»44. Oggi questa crisi si continua a viverla, così come si continua pedagogicamente a discuterla senza però risolverla. È stato infatti solo dato un nome all’«operatore della FP» e ai processi formativi in cui esso è chiamato ad operare; ma l’azione di descrizione teorica rischia di essere una «scatola vuota» se, come è stato fatto in passato, non vengono messe in campo sperimentazioni e ricerche che dotino il for- matore, nel tempo, di metodologie scientifiche che trasformino quella scatola vuota in una “cassetta degli attrezzi” dell’operatore della FP. La consapevolezza che quanto si sta scrivendo non risolverà le questioni peda- gogiche sospese è un requisito cruciale del presente lavoro; ma, sulla base di un ap- proccio empirico con cui è stata condotta l’esperienza di formazione dei formatori di alcuni CFP della Puglia, si intende fornire altre coordinate per l’individuazione di uno specifico professionale. Per far questo, come precisato precedentemente, è stato necessario riferirsi ad un “orizzonte di senso” quale quello della pedagogia cristiana, cui tutti i cfp coin- volti nel progetto integrazione – afferenti alla CONFAP 45 – si ispirano; ma, se la vi- sione è stata personalistica, concretamente al servizio dei cfp è stato offerto un ap- 75 46 Cfr, P. BRAIDO, Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di don Bosco, LAS, Roma 1998. 47 Nella maggior parte dei casi, riferendoci ai racconti testimoniali degli operatori aderenti al progetto integrazione, i soggetti interessati dalla formazione professionale iniziale sono ragazzi diffi- cili così come denominati dalla pedagogia fenomenologica. Cfr. P. BERTOLINI, Ragazzi difficili Peda- gogia interpretativa e linee di intervento, La Nuova Italia, Milano luglio 2000. 48 Ibidem, p. 85. proccio metodologico intriso della pedagogia preventiva di San Giovanni Bosco, ragion per cui le coordinate del profilo di operatore della fp che verrà tracciato, vanno ricercate all’interno dei tempi e degli spazi in cui matura e si sviluppa il si- stema preventivo di Don Bosco 46; nonché rimandate alle posizioni fenomenolo- giche che hanno offerto un contributo pedagogico di grande rilievo nel trattamento educativo dei ragazzi difficili 47. Il «Sistema Preventivo di San Giovanni Bosco» sopra citato si fonda sulla ra- gione, religione ed amorevolezza. La ragione è alla base del regolamento e l’educatore-formatore deve autorevolmente educare il ragazzo all’oblatività. La re- ligione è il fondamento ed il nutrimento dell’educazione e i ragazzi la vivono in vari modi ed in vari momenti tra cui la preghiera del mattino con cui accogliere il Signore e raccogliersi in Lui. L’amorevolezza, infine, si concretizza nell’impegno dell’educatore di “non stancarsi mai di vigilare, osservare, di comprendere, compa- tire e soccorrere”, di partecipare affettivamente oltre che cognitivamente alla vita formativa affinché la presenza dell’operatore recuperi l’assenza educativa del pas- sato, la ricolori “mettendo il giovane nell’impossibilità di commettere mancanze”. Continuando a tracciare il profilo dell’operatore della FP è possibile avvalersi di alcune «metafore educative» che fungono da «lente di ingrandimento» circa le funzioni educative che debbono essere esercitate da un formatore. La consapevolezza che l’educazione, nella sua prospettiva preventiva, è fattore di umanizzazione e di trasformazione sociale implica che l’operatore della FP deve accompagnare il giovane impegnato nel percorso di istruzione e formazione pro- fessionale: lì dove l’accompagnamento – la nostra prima metafora educativa – im- plica l’accostarsi per un tratto, breve o lungo che sia, all’esistenza del soggetto in formazione. Accompagnare, dunque, è “toccare una vita per sempre” nella consa- pevolezza che nei percorsi formativi prima di accompagnare è necessario incon- trare l’altro, conoscerlo e comprenderlo. In educazione, l’incontro tra l’operatore della FP e l’utente implica un delicato passaggio “da una situazione di radicale alte- rità ad una di mutua conoscenza, di reciproco riconoscimento” 48. L’incontro con l’alterità, soprattutto quando quest’ultima diviene portatrice di sofferenza e di dis- agio – come nei percorsi della FP è possibile che si verifichi –, realizza e presup- pone sempre un interscambio relazionale, ossia lo specifico caratterizzante dell’o- peratore della FP e dell’utente. Tuttavia il passaggio dall’incontro alla conoscenza e, dalla conoscenza alla comprensione, non è affatto garantito: non ci sono ga- ranzie, ragion per cui l’operatore della FP deve far proprie alcune strategie metodo- logiche che intenzionalmente messe in campo perseguano il reciproco riconosci- 76 48 Ivi. 50 Cfr, D. SCHON, Il professionista riflessivo, Dedalo, Bari 1993. mento come uno scopo. Se – come l’approccio fenomenologico ci insegna – la sfida dell’incontro è per l’operatore della FP “quella di passare dall’opacità alla tra- sparenza dei sé…” 49 è necessario essere consapevoli che nel cammino educativo molti fattori possono intervenire e ostacolare il percorso tracciato dal progetto, ren- dendolo incerto, imprevedibile, tortuoso. Ma se l’incertezza rappresenta uno dei fattori di problematicità, la riflessività e la responsabilità rispetto alla propria pratica educativa, richiedono al formatore un insieme di competenze quali: l’analisi e la risoluzione di problemi; la padronanza metodologica; la capacità di tradurre il sapere esperto in sapere insegnato. Sintesi della vocazione di un operatore della FP è il servizio, seconda nostra metafora educativa ereditata dalla tradizione filantropica e dalla pedagogia cri- stiana: il formatore, da un lato deve costruire un immagine di sé che ricordi la di- gnità dell’altro, specie se – come nei percorsi della FP – esso è in condizione di dis- agio; dall’altro, deve configurarsi come un “professionista in situazione”, capace di rilevare e comprendere i bisogni dell’utente. L’unica via possibile perché il formatore sia in grado di mettersi al servizio dell’utente è divenire “professionista riflessivo”, secondo la felice teorizzazione di D. Schon: se l’operatore riflette nel corso dell’azione, diventa un ricercatore nel contesto della pratica educativa. Egli non dipenderà soltanto da una determinata teoria o tecnica, ma costruirà una nuova teoria del caso considerato nella sua uni- cità, perché sperimentato in prima persona. L’atteggiamento dell’operatore, intriso di responsabilità, comprendendo che l’altro pur diverso da sé convoca e costituisce la propria identità, non considera mezzi e fini separatamente, ma piuttosto li defi- nisce interattivamente nel corso dell’identificazione di una situazione problematica che deve trattare educativamente. Egli non separa il pensare dal fare, elaborando una decisione che dovrà successivamente tradurre in azione 50. Il profilo del formatore che va delineandosi implica perciò una serie di compe- tenze che non possono ridursi a prescrizioni burocratiche o ai lunghi elenchi di obiettivi polverizzati della gnoseologia comportamentista, né ancora ignorare i con- testi affettivi e relazionali. L’operatore della FP deve essere in grado di: mettere in situazione le conoscenze, riflettere sulle esperienze, studiare gli esiti, promuovere una alfabetizzazione affettiva per la prevenzione o il trattamento del disagio so- ciale. Proseguendo nella delineazione dei tratti qualificanti la figura del formatore, la tecnica rappresenta la terza metafora educativa. Molto spesso l’”operatore della FP centrato sul servizio” è ispirato dalla forza interiore e sostenuto nell’azione dal pro- prio carisma; invece, l’“operatore della FP tecnico” pone fiducia negli strumenti del mestiere dando dunque molta importanza alla cassetta degli attrezzi nella pra- tica educativa. Nella costruzione del nostro profilo di formatore va ricercato un 77 51 Per un maggiore approfondimento si rinvia il lettore al testo L. PERLA, Educazione e senti- menti. Interpretazioni e modulazioni, Editrice La Scuola, Brescia 2002, pp. 108-119. 52 Ibidem. 53 Passione essendo una delle parole-chiave della predicazione cristiana è stata usata fin dagli inizi della nostra letteratura, da autori come Dante e Iacopone da Todi. Nella cultura medievale il sig- nificato principale di passione è quello di sofferenza del corpo, tormento fisico, legato inizialmente alla narrazione evangelica e poi esteso a qualsiasi dolore Nei trattati di medicina antica si parla di pas- sione del fegato, passione dei denti invece che di mal di fegato o mal di denti. Un altro significato an- tico, poi caduto in disuso, è quello della filosofia medievale, nella quale la passione era la caratteri- stica dell’essere passivo, la condizione di un oggetto quando viene sottoposto a una certa azione. In questo senso, la passione era contrapposta all’azione; e questa contrapposizione rispecchiava quella grammaticale tra verbo attivo e verbo passivo. 54 In particolare, passione può significare l’amore sensuale, anche violento, e indicare la persona che è oggetto di quell’amore. equilibrio tra soggettività personale e funzionalità dell’intervento, dunque tra il «servizio» da rendersi e la «tecnica» con cui esso va gestito. È convinzione di chi scrive che il sentire sia un momento fondamentale per l’operatore della fp qualora esso desideri – nella pratica – farsi presenza educativa significativa e critica nella storia dei soggetti interessati dalla formazione. Passione della conoscenza, sentimento estetico, felicità, incanto, gentilezza ed intimità nella teorizzazione proposta da Loredana Perla51 costituiscono per gli ope- ratori della FP –aventi indiscutibilmente funzioni educative– un primo “invito” alla conoscenza/comprensione del sentire e dei suoi tratti educativamente qualificanti. Una breve analisi del contributo dell’autrice è utile per approfondire il tema in oggetto in quanto la riflessione teorica può non solo risultare funzionale ad un trat- teggio del profilo del formatore, ma anche descrivere i possibili risvolti che, grazie alla pratica educativa, possono innestarsi nei soggetti interessati dalla formazione. La prima strategia metodologica è per l’operatore della fp quella di diventare testimone della passione della conoscenza: Passione e conoscenza sembrano concetti mutuamente escludentisi. […] Certo, la passione può anche opporsi allo sviluppo personale quando è cieca. Il problema pedagogico è allora quello di renderla consapevole, di trasformarla da forza produttrice di passività e di schia- vitù della mente in “affetto attivo” che guida gli uomini alla ricerca del vero utile …52. Costruendone storicamente i significati, la parola passione proviene dal latino passio, a sua volta derivato dal verbo pati che significava sopportare, patire. In realtà, in latino classico “passio” voleva dire solo “turbamento dell’animo”: il si- gnificato di sofferenza, patimento è nato traducendo il greco dei Vangeli, nei quali con pathos si indicava appunto il martirio di Gesù 53. Accanto al significato di soffe- renza fisica si trova quello di sofferenza morale, per cui la passione è un’emozione tanto violenta da dominare la volontà di chi la prova. Questo significato è giunto fino a noi, con diverse sfumature. Chiamiamo infatti passioni i sentimenti incon- trollabili come l’amore, l’odio o la gelosia, che spingono chi li prova ad azioni de- finitive, senza ritorno 54. 78 55 Cfr. J. BLEICHER, L’ermeneutica contemporanea, il Mulino, Bologna 1986. 56 E. H. ERIKSON (1950), Infanzia e società, Armando Editore, Roma 1976. 57 Cfr. C. LANEVE, Lingua e persona, Editrice La Scuola, Brescia 1987. È passione il trasporto totale per un’idea o un’opinione: la passione della co- noscenza, ad esempio, per un formatore, è l’attaccamento alla propria cultura pro- fessionale che si concreta nel confronto con l’altro operatore e/o con qualsiasi altra persona che possa generare, nell’incontro, apprendimento. Nel contatto con il mondo, con la società e, nella stessa, il vivere le dimensioni formali, non formali, e informali attiva nel formatore la conoscenza, da intendersi come il frutto di una at- tività interpretativa che da luogo – a sua volta – ad un processo di costruzione di un senso delle cose che si esperiscono, oltre che di un loro significato 55. Vivere la quotidianità con passione vuol dire ricercare, esplorare, costruire una ipotesi di senso all’interno delle esperienze cognitive, emozionali ed emotive che la “vita di un CFP” offre. La passione può essere così intesa come passione per la ricerca di un senso: allora, lavorare con passione per un operatore della FP, equivale a dedicarsi com- pletamente al suo percorso di strutturazione/destrutturazione/ri-strutturazione del proprio se professionale, oltre che personale. La passione diviene motore della co- gnitività perché il formatore comprende che, nel proprio percorso di professionaliz- zazione, accanto ai contenuti disciplinari è necessario il sapere emozionale e quello relazionale, in quanto, il desiderio di conoscere per essere professionalmente, com- petente, implica che ci sia nella relazione educativa la possibilità di testimoniare, e oserei dire, di contagiare emozionalmente quanti debbono essere istruiti ed educati. Per quel che attiene specificatamente la relazione educativa, la passione della conoscenza -testimoniata dal formatore- deve promuovere la curiosità naturale di ogni educando: il che equivale ad alimentare la più potente motivazione della pas- sione che è la «curiosità». Come affermava don Bosco essendo “l’educazione cosa di cuore”, quando le cose le si vivono con il cuore si è predisposti naturalmente a vivere quelle esperienze con trasporto, essendo curiosi e al tempo stesso desiderosi di coltivare quel sentimento perchè esso possa originare cognizione, volizione, comportamenti funzionali al mantenimento dell’esperienza stessa. La passione per la conoscenza, inoltre, se coltivata, può sostenere nell’educando i suoi atteggia- menti emozionali di base fondati sulla fiducia nel mondo 56: sicchè l’educando considera i formatori che lo accompagnano nel percorso di istruzione e forma- zione fonti di apprendimento. L’apprendimento, così concepito, essendo costruito nella relazione con l’io- mondo-altri ha un fondamento emotivo. Ma perché l’educando viva con il cuore la propria esperienza di formazione è necessario che l’educatore senta la relazione educativa con passione, attuando il “bisogno di essere mediante la parola” 57: l’esperienza di apprendimento deve dunque farsi mediante la comunicazione educativa da intendersi come un «pro- 79 58 Cfr. G. GIUGNI, Principi ed aspetti della comunicazione educativa, in «Annali della Pubblica Istruzione», Anno XL, n.3/4, pp. 227-240. 59 L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 119-128. 60 Ibidem, note n°66, 67, 68. 61 Ivi. 62 Ivi. 63 Cfr. C. LANEVE, D. NARDELLI, R. PAGANO, L. PERLA, Pedagogia e didattica dei beni culturali. Viaggio nella memoria e nell’arte, La Scuola, Brescia 2000. cesso di scambio, di reciprocità tra educatore ed educandi sulla base di una rela- zione vissuta e del riconoscimento dell’altro come persona simile ma diversa»58. Proseguendo nel percorso di costruzione del nostro profilo professionale, la se- conda strategia metodologica è per l’operatore della FP quella di diventare testi- mone del «sentimento estetico»: … non come semplice stato “associativo”, in cui soggetto e oggetto artistico si incontrano, per caso, per abitudine o per disposizione psicologica, bensì quale atto consapevole della persona, quale possibilità originaria della sua natura, le cui basi risiedono nell’osservazione e nell’esperienza estetica che è esperienza del bello e che … può essere educata59. Una pedagogia del sentimento estetico deve trasformasi per l’operatore – sul piano educativo – nella programmazione/progettazione e applicazione di itinerari formativi che possano promuovere il sentimento estetico negli educandi. Non po- tendo soffermarci in questa sede sulla natura di cui le varie esperienze estetiche si sostanziano60 è importante sottolineare che anche nei percorsi di istruzione e forma- zione è possibile educare al sentimento estetico; gli studi esistenti sul tema hanno provato, infatti, che esso sia suscitabile da diversi fattori quali: l’osservazione di una rappresentazione artistica, l’evocazione di una rappresentazione immaginativa (ricordo, fantasticheria, soluzione creativa), la ricerca scientifica, lo sport, ecc. seb- bene alcune esperienze favoriscano maggiormente l’esperienza estetica (incontro con le opere d’arte di letteratura, di pittura, di scultura, musicale) 61. All’operatore della FP – proseguendo nella lettura della proposta metodologica della Prof.ssa Perla – è possibile fornire alcune indicazioni per la formazione e la conservazione del sentimento estetico. La prima indicazione metodologica prescrive l’incontro “convinto e ripetuto del soggetto con l’arte ed i beni in genere” 62. Il contatto con il bello, nella fruizione –agevolata per l’alunno dalla presenza dell’educatore–, deve essere nutrito dalla curiosità che, come precedentemente mostrato, può divenire il motore della pas- sione. Soggettivamente il giovane potrà vivere l’esperienza estetica se la stessa – proprio come l’approccio della formazione professionale prevede – è vissuta “in presa diretta”: a stretto contatto con un archivio, con un museo, con una grande as- sociazione sportiva, ecc., il giovane deve poter provare piacere e godimento. Perce- pire una esperienza con piacere e provare godimento per la stessa vuol dire com- piere un primo passo per la costruzione del sentimento estetico. La seconda indicazione metodologica, consiste nell’impegno per l’operatore di educare l’allievo a guardare il bene artistico, oltre che a contemplarlo 63. Guardare 80 64 Ibidem, p. 128. 65 www.frasicelebri.it 66 Cfr.S. NATOLI, La felicità. Saggio sulla teoria degli affetti, Feltrinelli, Milano 2003. 67 Cfr. L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 128-135. vuol dire ri-conoscere il valore del bene, e, dunque, per il formando-fruitore affi- nare le capacità percettive, le sensibilità intuitivo-emotive che, grazie ad un con- fronto culturale e un’attribuzione di significati, rendono l’allievo protagonista di un cambiamento etico-morale (oltre che estetico). La terza ed ultima indicazione metodologica funzionale all’educazione del sentimento estetico consiste nel “far trascendere all’allievo la iniziale condizione di ‘sensibilità’ al bello … a quell’orizzonte spirituale di bellezza ideale”64, ovvero nel promuovere l’innalzamento della sensibilità estetica a sentimento estetico a tal punto da far sentire l’alunno il primo responsabile della tutela del bene “guardato”. La terza strategia metodologica è per l’operatore della FP quella di diventare testimone della felicità: Victor Hugo afferma che la suprema felicità della vita è sapere di essere amati per quelli che si è, e più precisamente, di essere amati nonostante quello che si è 65. La felicità basata su precisi principi quali quella della valorizzazione dell’es- sere persona – al di là della problematicità della sua storia di vita –, può aiutare il formatore a promuovere nell’allievo l’educazione alla felicità, nel faticosissimo processo di educazione e/o ri-educazione. Si dice comunemente che la felicità è fatta di attimi perché essa transita, e non sempre la si possiede. Ammesso che questo sia vero, la felicità si possiede però quanto basta per poter affermare che esiste. La felicità non è mai un problema per chi si sente felice, nel momento in cui si sente felice, ma di certo essa si muta in problema quando la si perde o quando non la si è mai esperita: da esperienza si tra- sforma in meta, da stato della mente volge in questione morale. La felicità deve es- sere esperita dagli allievi come “luogo di esperienza” e come “idea”66. Chi è felice lo è secondo un’idea: indipendentemente dalla propria condizione, tanto l’educatore quanto l’educando sono situati in un mondo che decide della perce- zione e del significato della sua stessa felicità. È questa la ragione per cui quando si parla di felicità ciò di cui si parla davvero riguarda i modi del sentirsi felici e quando si ragiona di felicità si indaga anche sulle risorse dell’io. In tal senso, il problema della felicità non deve consistere nella creazione di un “sentimento artifi- ciale, ma … nel creare le condizioni per una educazione che renda possibile il fruire in modo pieno e stabile, nel tempo, di tale stato affettivo. Nella prospettiva educativa, infatti, la felicità si identifica meno con l’immediatezza del godimento e più con l’obiettivo strategico riguardante la condotta (e quindi la moralità) e l’autorealizzazione (e quindi il compimento pieno della propria vocazione perso- nale)”67. 81 68 Cfr. G. CORALLO, Pedagogia L’atto di educare – Problemi di metodologia dell’educazione, Società editrice internazionale, Torino marzo 1968, II v., pp. 98-100. 69 La resilienza é piú della semplice capacitá di resistere alla distruzione proteggendo il proprio io da circonstanze difficili; é pure la possibilitá di reagire positivamente a scapito delle difficoltá e la voglia di costruire utilizzando la forza interiore propria degli essere umani. Non é solo sopravvivere a tutti i costi, ma è avere la capacitá di usare l´esperienza nata da situazioni difficili per costruire il fu- turo. L’operatore della FP deve creare alcune «condizioni educative» affinché l’allievo faccia sua una buona condotta e, nel fare propria la stessa, riesca a trovare la propria vocazione, realizzandosi. Anzitutto – come descritto dalla studiosa Perla – il giovane deve acquisire e maturare una profonda conoscenza di sé e delle pro- prie capacità: questa la “prima delle condizioni” a cura del formatore. Affinché questo avvenga, l’educatore non deve ergersi a modello educativo, né soffocare l’educando, ma assisterlo ininterrottamente in tutte le tappe della vita, attuando il principio della valorizzazione. Per riprendere le parole di Don Gino Corallo “ac- canto alla persona dell’educando, il principio della valorizzazione … (e cioè l’opera dell’educatore) si attesta in due momenti … rappresentati dalla individua- lizzazione e dalla intenzionalità personalizzante …”. Il formatore dapprima deve individualizzare la relazione educativa, trattando l’educando secondo le sue caratte- ristiche peculiari; in seguito, deve personalizzare l’essere dell’educando, dando luogo al “doveroso sviluppo assiologico”, promuovendo “l’intenzionalità di carat- tere etico-libero” dell’educando che, man mano, diventerà capace di giudizi etici 68. La “seconda condizione educativa” è quella di educare l’allievo a gestire il rapporto tra felicità ed ansia da perdita: nella società contemporanea, in cui si as- siste ad una progressiva massificazione dei bisogni, i giovani vanno educati ad una identificazione dei bisogni reali; inoltre, qualora essi non vengano soddisfatti gli al- lievi vanno sostenuti nella ri-elaborazione dell’insuccesso: il racconto degli eventi nella relazione educativa crea affetto, confidenza e familiarità – come affermava Don Bosco – stati emotivi per cui la disposizione affettiva facilita l’educazione alla felicità. Il raccontare l’insuccesso per un educando equivale a divenire soggetti re- silienti 69. Di qui la “terza condizione” per un’educazione alla felicità: l’allievo capace di superare l’insuccesso, la sconfitta, il mancato guadagno è anche potenzialmente ca- pace di sviluppare in sé un atteggiamento emozionale basato sull’autostima e sulle proprie capacità. Infine, condizione imprescindibile per la costruzione di una feli- cità stabile e piena è che i giovani limitino l’esperienza cognitiva dell’egocen- trismo: in tal senso, l’operatore deve saper testimoniare l’imprescindibilità dell’al- terità nella relazione educativa, educando l’allievo ad essere felice con l’altro – educatore, compagno, ecc – e per l’altro. La familiarità, in tal senso è un elemento fondamentale perchè la felicità invada i cuori di coloro che sono coinvolti nella re- lazione educativa. La persona-educando si realizza nella comunicazione con gli altri. Nel contesto della formazione integrale dell’uomo l’educazione alla felicità 82 70 Cfr. L. PERLA, Educazione e sentimenti. Interpretazioni e modulazioni, op. cit., pp. 135-141. 71 Ivi. 72 Ivi. 73 Ivi. ne costituisce un aspetto fondamentale. Non c’è felicità che non include il rapporto con Dio e disponibilità vitale con il mondo e con gli altri. La dimensione intersog- gettiva viene affermata come una dimensione costitutiva e fondamentale del- l’uomo. La quarta strategia metodologica per l’operatore della FP è l’incanto: Auroralmente correlato al sapere, l’incanto è tra le emozioni chiave dell’educare, lo stato d’animo di chi, bambino o uomo che sia, apre gli occhi al mondo e ne resta meravigliato, stupefatto, affascinato … Ovviamente sono i più giovani ad essere esposti alla perdita del senso del nuovo e, quindi, della sensibilità del meravigliarsi, e questo in misura largamente superiore agli adulti…70. Educare all’incanto, equivale ad educare alla sensibilità: educazione che va su- scitata “non con l’azione diretta, ma indiretta, capace di stabilire le condizioni fa- vorevoli al suo manifestarsi e conservarsi … La prima di queste condizioni è rica- vabile dalla lezione rousseauiana del perder tempo per guadagnare tempo”71. Ogni operatore-lettore può riflettere sul fatto che le “ansie da apprendimento cognitivo che spesso condizionano insegnanti e formatori, inducono per lo più a ridurre le azioni educative finalizzate al consolidamento di quella fondamentale tonalità esi- stenziale che è la ‘fiducia di base’, anticipatrice e informatrice di ogni movimento cognitivo. La seconda condizione comporta, soprattutto da parte dei genitori, una coraggiosa riduzione dei beni e delle esperienze consumistici” 72 offerti ai propri figli per compensare un “difetto di presenza” genitoriale (che si verifica quando il genitore proietta nel figlio il proprio io) o una “mancata presenza”. “… La terza condizione deriva dalle prime due e riguarda il recupero della categoria della ‘len- tezza’ nei processi di educazione. … Cosa fare? Certamente restituire al tempo for- mativo la sua misura. Ogni cosa ha il suo tempo e il tempo dell’educazione ha una qualità o, meglio è una qualità. Non è semplicemente l’accumularsi di ore iden- tiche, scandite dall’orologio del pensiero, ma è un tempo interiore, quantitativa- mente lungo o corto, a seconda della forma che il sentimento del momento gli con- ferisce. … Il tempo che l’educatore spende per i suoi allievi esprime certamente la misura del sentimento messo in gioco nella situazione formativa. … L’educazione all’incanto richiede insomma il tempo della lentezza anche perché, come sostiene Kundera, “parlare della lentezza significa parlare della memoria – e parlare della memoria significa parlare di tutto” 73. Il parlare del formatore con i suoi alunni e l’abituarli ad una pratica autobiografica significa attivare molteplici possibilità di dilatazione dei tempi e dei luoghi in cui si vive, provocando il sentimento dell’in- canto, scaturibile dalla sorpresa di ricordi importanti. 83 74 Ibidem, pp. 141-146. 75 Ibidem, pp. 149-153. La quinta strategia metodologica per l’operatore della FP è la gentilezza: …L’educazione morale e quella sociale risultano essere i motori fondamentali dei compor- tamenti “gentili”. Si educa alla gentilezza e poi si sceglie di essere “gentili” e tale scelta, essendo orientata al bene dell’altro, è valoriale e morale assieme 74. Una caratteristica questa dai tanti indicatori comportamentali, sintetizzabili nella frase di Don Bosco “Qui con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare con voi” capace di comprendere quando dire cose che facciano sentire i giovani amati e come dirle, utilizzando il repertorio linguistico di cortesia appropriato”. La sesta ed ultima strategia metodologica di cui il formatore deve essere testimone è l’intimità: riconoscere e ‘riguadagnare’ il sentimento dell’intimità può allora voler dire ridurre le di- stanze con la propria interiorità; recuperare le dimensioni come quelle della riservatezza o del silenzio, che non si traducono in un mero tacere, ma nell’ascolto dell’ipseità e dell’alte- rità; deportare infine le ansie di dominio e di controllo sul mondo per farsi più vicini al mi- stero personale del quale si è portatori 75. Il giovane per poter viver a pieno il percorso educativo e/o rieducativo deve di- rigersi verso l’unità che coincide con l’intimità. In una prospettiva personalistica il formatore deve far proprio l’insegnamento di Mouneir testimoniando al giovane in formazione che esso per “ri-accogliersi” deve “ri-prendersi”, “ri-afferrarsi”, fare si- lenzio, rifuggire dall’esibizionismo, coltivare il “pudore dei sentimenti” che non vanno scritti sui muri, ma incisi nei cuori. In un mondo in cui i ragazzi sono traditi, disseccati, triturati, classificati, psicanalizzati, dove spesso servono da “materia pri- ma”, il Signore ha affidato a Don Bosco una pedagogia dove trionfa il rispetto del ragazzo, della sua intimità, della sua grandezza e debolezza, della sua dignità di fi- glio di Dio. Il fatto educativo, visto in profondità, appare sempre affascinante ed allo stesso tempo sempre complesso. In queste pagine si è cercato di disegnare i tratti di un profilo quale quello del formatore della FP, un operatore pedagogico dedito nella maggior parte dei casi al rapporto educativo con ragazzi difficili. Rimane un interrogativo da porsi: l’operatore della FP può educare nel e con il Sistema Preventivo oggi? Una sfida, un interrogativo che si risolve in un segreto: un segreto di tre pa- role, per dirla con Enzo Bianco: ragione, religione ed amorevolezza che rendono l’educazione cosa di cuore. Gli operatori che desiderino vivere tale proposta educativa salesiana debbono pensarla anche come una proposta di educazione alla spiritualità. 84 76 A. MARTINELLI, La santità giovanile nelle biografie scritte da don Bosco – Approccio storico, in DICASTERO PASTORALE GIOVANILE (a cura di) Il sistema preventivo vissuto come cammino di san- tità, Settimana di Spiritualità della Famiglia Salesiana «Salesianum» - Roma – 20-25 gennaio 1980, Editrice Elle Di Ci, Torino 1981, p. 132. 77 Ibidem, pp. 134-136. 78 GIOVANNI BOSCO, Trattatello di Don Bosco, marzo-aprile 1877. Una “spiritualità proposta e vissuta con ragionevolezza” 76 in cui i giovani sono protagonisti attivi delle proprie scelte ed il formatore non è semplice programma- tore di una crescita progressiva e profonda; ma educatore che sa affiancarlo e sa bussare alla porta, attendendo che l’educando gli apra. Una “spiritualità proposta e vissuta con amorevolezza”77 perché: indirizzata al cuore e nutrita di un linguaggio fatto di esperienze e non solo di parole; vissuta e testimoniata in primis dai formatori e, dunque, accessibile. Una spiritualità educativa che trova il suo nutrimento nella religione in quanto “l’educazione è cosa di cuore, e solo Dio ne è il padrone, e noi non potremo ri- uscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne dà in mano le chiavi” 78. Tutti i membri della Famiglia Salesiana (e non solo) sono chiamati ad offrire ai giovani il progetto cristiano lasciatoci in eredità da Don Bosco: il presente contri- buto, lungi dal voler rappresentare una modellizzazione della figura dell’operatore della FP, è frutto delle riflessioni di una operatrice della FP che, vivendo il carisma salesiano, è interessata alla vita dei giovani. Le riflessioni rimangono aperte ad ac- cogliere – quand’anche esse fossero critiche – le considerazioni dei genitori, degli esperti del mondo accademico e degli operatori pedagogici. Vivere nel proprio CFP il carisma salesiano equivale a vivere a pieno la mis- sione salesiana che è nutrita di una profonda ed assoluta fede cristiana. Crescere nello spirito e nell’esperienza di Famiglia Salesiana equivale a mettersi al servizio dell’impegno educativo e pastorale dei giovani. Un edificio educativo, quello del CFP che può essere abitato davvero dal “for- matore per vocazione”, chiamato ad essere presenza educativa per nutrire e cre- scere i complessi cuccioli di uomo, soltanto dopo aver trovato con la ragione, con la religione e con l’amorevolezza un equilibrio. 85 2ª Parte IL PROGETTO INTEGRAZIONE 2003 87 1 CNOS FAP – Centro Nazionale Opere Salesiane Formazione Aggiornamento Professionale. 2 CIOFS FP – Centro Italiano Opere Femminili Salesiane Formazione Professionale 3 SCF – Scuola Centrale Formazione 4 Cfr. paragrafo del capitolo I. Capitolo 1 La visione del progetto “integrazione 2003”: dal dia- logo all’integrazione Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nell’ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003) – rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 avevano concluso il primo ciclo di studi – gli Enti di formazione Nazio- nali CNOS FAP 1, CIOFS FP2 E SCF 3 hanno elaborato un’offerta di servizi articolata in quattro principali “aree d’azione”, quali: 1. Ricerca e Supporto alla progettazione 2. Formazione Formatori 3. Monitoraggio e Valutazione 4. Diffusione e Pubblicizzazione Nella progettualità in questione gli Enti nazionali avevano il compito di garan- tire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi e, nel contempo, di consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza ac- cumulato a livello nazionale. Quanto raccolto nel presente testo intende descrivere l’esperienza di Forma- zione Formatori facente parte di una delle quattro aree di azione del Progetto Inte- grazione. Sin dall’affidamento dell’incarico si è inteso caratterizzare – tanto il piano delle azioni di formazione quanto quello delle azioni di accompagnamento – nella prospettiva della qualità: questo al fine di sostenere l’offerta relativa al sistema di formazione professionale avente impostazione educativa, identità metodologica, natura istituzionale, percorsi graduali e continui, definendone le caratteristiche ge- nerali ed articolando le sue diverse componenti (servizi, organizzazione, risorse umane, accreditamento) 4. La visione ci ha orientato alla crescita ed alla valorizzazione della persona umana includendo, nel percorso che ci avrebbe impegnato, anche la nostra crescita personale e professionale; la missione ci ha richiesto di personalizzare i fabbisogni formativi, rimodulando – conseguentemente – la programmazione di massima pre- 89 5 Si rinvia il lettore all’approfondimento trattato nel secondo paragrafo del presente capitolo. 6 Cfr. F. TESSARO, La valutazione dei processi formativi. Per una proposta di Evaluation Re- search, op.cit.. vista dal progetto: affinché la formazione non si riducesse ad una semplice “dina- mica istruzionale”, ma si caratterizzasse nei termini di un concreto processo che “desse forma” alle conoscenze e competenze tacite dei CFP5. Molti CFP “non sanno di sapere”, ovvero non comprendono che, nelle proprie realtà, sussistono conoscenze e competenze inespresse: conoscenze apprese non solo nella realtà professionale, ma anche nella realtà personale. Conoscenze posse- dute, ma non utilizzate, in quanto la rigidità dei dettami nazionali e regionali spesse volte vincola il soggetto all’utilizzo di conoscenze e competenze che soddisfino le richieste provenienti dall’ambiente; vincolo che non considera che la medesima ri- sposta, se da un lato, per generare risposte adattive, implica la flessibilità, dal- l’altro, qualora le richieste dell’ambiente siano sempre le medesime, generano una stasi ed una cristallizzazione delle conoscenze e delle competenze del soggetto. Al fine di determinare l’innesto relazionale che il processo formativo richiede (così come descritto nella letteratura di riferimento 6), pur nel rispetto dei dettami cui i CFP sono chiamati a rispondere, abbiamo riflettuto sulla necessità di erogare una formazione che facesse emergere le conoscenze e le competenze tacite, nonché proposto per i CFP un iter formativo che determinasse lo sviluppo di nuove cono- scenze, cercando con “esperienze finalizzate” di trasformare le medesime in com- petenze. Il progetto Integrazione nella sua visione generale ha avuto come macro obiet- tivi quelli di: – garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi; – consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di espe- rienza accumulato a livello nazionale. Tutto ciò al fine di favorire l’effetto moltiplicatore di “buone pratiche” per le realtà della Regione Puglia. Nell’ambito del progetto di riforma del sistema d’istruzione e formazione pro- fessionale in diverse realtà regionali e provinciali (Lazio, Liguria, Lombardia, Mo- lise, Piemonte, Puglia, Veneto, Provincia di Trento) era stato già firmato nel 2002 un protocollo d’intesa con il MIUR per anticipare in via sperimentale i percorsi trien- nali di formazione professionale che sarebbero stati previsti nella Legge Moratti. L’ISFOL a fine giugno ha stilato un primo monitoraggio sui percorsi in attua- zione, esaminando i progetti approvati. Le regioni hanno previsto durate complessive variabili tra le 1000 e le 1200 ore annue (3000-3600 nel triennio), con azioni di accoglienza, di orientamento, di personalizzazione e di formazione per le competenze di base, trasversali e profes- sionali. Ogni regione ha accompagnato e valutato le sperimentazioni attraverso ap- posite commissioni. 90 La sperimentazione dei percorsi d’istruzione e formazione professionale prima dell’approvazione della legge di riforma ha evidenziato l’intenzione del MIUR, condivisa da alcune regioni, di rendere visibile la possibilità di creare un sistema regionale di pari dignità, capace di portare a pieno compimento quel processo d’innovazione metodologica e didattica che già i percorsi biennali dell’obbligo for- mativo avevano avviato. Si può ritenere che l’attività sperimentale svolta abbia rag- giunto un buon successo e ha, inoltre, favorito interventi di formazione congiunta di formatori e docenti. In Puglia sappiamo con certezza che sono state avviate anche sperimentazioni di percorsi scolastici integrati con moduli di FP, come previsto da alcuni protocolli. La questione è cercare di capire come e quanto l’integrazione abbia rappresen- tato una strategia ai fini della riduzione del fenomeno della dispersione scolastica; e, d’altro canto, comprendere quanto nell’integrazione tra i due circuiti sia stato possibile istruire e formare gli utenti. Negli anni 2003-04/2004-05, nelle regioni che avevano già iniziato le speri- mentazioni sono più che raddoppiati i corsi avviati e altre regioni hanno avviato i percorsi sperimentali di FP. Negli anni 2005-06/2006-07 la situazione non appare così felice (soprattutto per quel che riguarda la Puglia) nonostante, negli anni precedenti, il canale della istruzione e formazione professionale -grazie ai percorsi integrati con la scuola- abbia risposto ad una problematica sociale quale quella della dispersione scolastica, dando una possibilità di istruzione e formazione agli utenti. Nell’esperienza di formazione dei formatori il dialogo è stato un elemento fon- damentale mediante cui costruire corresponsabilmente l’integrazione. Riflettendo sulla etimologia del termine dialogo – dal greco dià, “attraverso” e logos, “discorso” – esso indica il confronto verbale tra due o più persone, nonché una forma appropriata all’espressione di sentimenti diversi ed alla discussione di idee persino opposte. Il dialogo nella sua “forma orale” ha dunque rappresentato nella formazione formatori una “pratica formativa”, una “forma espressiva” funzio- nale alla ricostruzione storica delle buone prassi consolidatesi nel tempo in ogni CFP; ed, in un secondo momento, la sua stessa utilizzazione come “scrittura” sa- rebbe divenuta una traccia dell’analisi della pratica educativa messa in campo dagli stessi operatori. Inoltre, se da un lato la ricostruzione storica delle pratiche consen- tiva la presa di consapevolezza del capitale di esperienze possedute dal CFP, l’analisi della pratica educativa – orientata nei termini di una formalizzazione di al- cune pratiche della fp e del racconto testimoniale del vissuto dei formatori – ha consentito un potenziamento del patrimonio culturale dei centri. Questa la ragione per cui all’interno di questo testo si è deciso di “dare la parola ai formatori”, di ren- dere la “scrittura raccontata dalla voce” degli stessi operatori della fp: affinché pos- sano conoscersi le storie dei centri, l’esperienza di formazione formatori e quanto innestatosi grazie ad essa. 91 7 D. NICOLI, Per una cultura dell’integrazione tra sistema della formazione professionale e si- stema scolastico in RASSEGNA CNOS, Problemi esperienze prospettive per la formazione professionale, anno 16/ n° 2 – 2000. 8 Ibidem. Per quel che riguarda il termine integrazione, compiere una chiarificazione circa il significato da noi condiviso nella esperienza di formazione, se da un lato ha rappresentato un processo di significazione che ci ha consentito di costruire un “orizzonte di senso comune”, pur nel rispetto delle tradizioni; dall’altro, a tutti i CFP coinvolti nella formazione ha consentito di comprendere quando e come sa- rebbe stato possibile parlare di “sistema integrato”. Non è possibile in questa sede affrontare la complessità del fenomeno dell’in- tegrazione, e per questo motivo si rinvia il lettore a riflessioni autorevoli 7 aperte dalle questioni di cui l’integrazione si sostanzia; ma si ritiene opportuno sottoli- neare che il concetto di integrazione che ci ha ispirati nella formazione formatori è quello orientato in due direzioni quali: – lo sviluppo – “tra soggetti autonomi e dotati di una propria legittimazione ed uno spazio specifico d’azione – di percorsi formativi in collaborazione; – la messa a regime di modalità dì rapporto tra sistemi” 8. Tutti i CFP da noi tutorati, coerentemente all’orizzonte di senso, nella quotidia- nità hanno cercato di realizzare in collaborazione con le scuole un sistema integrato. Ma nella fase successiva alla Riforma Moratti, il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni e alle Province di cui al riformato Titolo V della Costituzione ha aperto uno scenario nuovo, complesso e ambiguo per le possibili interpretazioni: sicché, molte questioni lasciate irrisolte non sempre hanno favorito il prosieguo delle espe- rienze di istruzione e formazione integrate. Ad esempio, la distinzione tra percorsi nel “sistema dei licei” e percorsi nel “sistema di istruzione e formazione” ha fornito ele- menti che hanno contraddetto l’ipotesi di percorsi integrati anche se, le norme – nelle varie regioni, come in Puglia – non ne hanno impedito l’attuazione. È stato co- munque evidente nella formazione realizzata che, ogni ipotesi di percorso integrato realizzato ed in corso d’opera, ha sempre portato i formatori ad interrogarsi sulle ca- ratteristiche del modello di integrazione e sulla fisionomia del curriculum dei corsi di istruzione e formazione professionale che avrebbero erogato affinché: da un lato, esso rispondesse ai dettami nazionali e regionali; dall’altro, consentisse di tutelare la missione educativa cui ogni CFP si ispirava. La prima di queste riguarda il rapporto tra la centralità della persona-alunno nel servizio di istruzione e di istruzione superiore e la collocazione del sistema di istruzione e formazione nel contesto delle risorse di cui la regione Puglia dispone per il proprio sviluppo. Riferirsi al secondo dei termini della relazione sopra riportata, può apparente- mente segnalare una scarsa attenzione alle dimensioni della persona, in realtà, pen- sare ai centri di formazione professionale come risorsa per lo sviluppo regionale, 92 equivale soltanto a ribadire l’importanza della esistenza di strutture che concreta- mente lascino intravedere un ampio spazio di flessibilità e di progettazione dell’of- ferta di istruzione e formazione. Quindi “puntare le luci sul cfp”, non significa “la- sciare in ombra l’alunno”, ma solo sottolineare che l’assenza nel territorio di simili strutture non consentirebbe l’attuarsi di un diritto costituzionalmente sancito, secondo il quale, la persona, per poter crescere e realizzarsi nella propria vita, deve essere orientata a scelte che siano confacenti con le proprie attitudini e capacità personali. L’integrazione, comunque, prima di divenire tale, necessita dell’interazione tra sistemi di istruzione e formazione professionale; tale interazione deve però costi- tuire il presupposto per un’offerta di attività che consentano all’utente l’opportunità di acquisire competenze spendibili come crediti per “passare” da un sottosistema all’altro; la visione comune (con la centralità del progetto educativo, oltre a quella dell’istruzione e formativa) rappresenta, in questo modo, l’anima dell’integrazione. La visione comune e la condivisione – orientata nei termini di una riflessione pedagogica – sull’impianto del percorso di istruzione e formazione professionale rendono i due sistemi un “sistema integrato” in cui nessuno è inglobato nell’altro. Secondo tali presupposti, i percorsi integrati che ne risultano appaiono come: a) l’esito di una “ricerca” e “scelta” personale (ad opera dell’allievo che nella diversificazione dell’offerta formativa se ben orientato può compiere le scelte giuste); b) l’accumulo di competenze certificabili come crediti; c) l’opportunità di ingresso/uscita da e verso il lavoro. In questo senso, l’integrazione costituisce la modalità in cui i sistemi di istru- zione e formazione “si pensano” progettando l’offerta in funzione dell’utente e della sua libertà di scelta: senza rinunciare alle proprie specificità (anzi, proprio perché specifici e diversi reciprocamente potenziabili) generano anche percorsi progettati sulla persona concorrendovi, ciascuno, secondo le specificità proprie. L’integrazione, mediante il dialogo, diviene così lo spazio in cui i sistemi di istruzione progettano corresponsabilmente per la persona-alunno. 1. La Formazione Formatori La FORMAZIONE DEI FORMATORI viene messa in stretto rapporto di causa-effetto con l’esigenza di adottare criteri selettivi, in quanto agisce sulla sua principale ri- sorsa, quella umana-professionale, per adeguarla/rafforzarla rispetto al bisogno di flessibilità/innovazione. Con l’evolversi/complessificarsi dei fenomeni legati ai contesti della socializ- zazione primaria e secondaria, anche la personalità in formazione dei giovani ri- sente ovviamente delle problematiche sottese, con particolare riferimento a sempre nuove e più complesse forme di disagio. Tutto questo comporta una crescente fles- sibilità e continui ri-adattamenti riferiti, non solo alle tipologie di servizi da attivare ex-novo e/o ristrutturare, ma, anche, ai ruoli professionali e relative competenze degli operatori. 93 Come tale, la formazione dei formatori rappresenta una componente organiz- zativa di base mirata a definire le caratteristiche degli interventi e di coloro che li attuano. Tuttavia nell’assunzione del ruolo di «formatori dei formatori» abbiamo riflet- tuto sulla visione della formazione che avremmo erogato, intendendola non solo come «aggiornamento e apprendimento di nuove funzioni, contenuti e tecniche specialistiche; ma anche come un lavoro costante di riflessione/feed-back sulle proprie attività in termini di concetti, di metodologie e di verifiche finalizzate alla “risposta” da dare di volta in volta lungo l’intervento». Gli obiettivi previsti dall’azione di Formazione dei Formatori del Progetto In- tegrazione – così come descritto dalle documentazioni ufficiali dello stesso – sono i seguenti: – favorire la condivisione, tra gli operatori del sistema formazione e del si- stema istruzione coinvolti nel progetto, di metodologie e strumenti per il mi- glioramento delle capacità relazionali e delle competenze necessarie a svi- luppare una didattica innovativa che privilegi la centralità dello studente; – creare le condizioni affinché gli operatori della integrazione possano trovare un linguaggio comune, condividendo la strategia tecnica relativa ai saperi minimi; – qualificare la professionalità degli operatori della formazione e dell’istru- zione coinvolti nel progetto attraverso attività formative che li rendano in grado di controllare e valutare il processo presidiato perseguendo il miglio- ramento continuo delle proprie risorse; – formare gli organismi della formazione professionale e dell’istruzione sugli strumenti e le metodologie adottate per lo sviluppo del modello attuato nel- l’offerta formativa sperimentale. Al fine di raggiungere questi obiettivi per ogni CFP che è stato tutorato, sono state rilevate le attese ed i fabbisogni degli enti, affinché – come descritto prece- dentemente – si potessero generare delle buone prassi all’interno del circuito del- l’apprendimento. Con “fabbisogno formativo” si vuole qui indicare l’insieme dei contenuti di specifici interventi di formazione formulati a partire dai bisogni emersi. Senza l’analisi dei fabbisogni sarebbe stato difficile progettare una formazione efficace, rispondente ai bisogni reali dei CFP e capace di cogliere le istanze innova- tive che, implicitamente, l’esperienza di formazione stessa avrebbe indotto nel CFP. Per questa ragione, per definire efficacemente i fabbisogni formativi dei CFP siamo partiti, dall’analisi dei bisogni di formazione, confrontandoli con la “proget- tazione di massima” che il progetto Integrazione prevedeva: per garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi sarebbe stato necessario proporre ai centri i medesimi iter formativi affinché poi, sia nelle esperienze di azioni seminariali, sia riguardo alle risultanze si potesse effettuare un confronto; 94 9 M. TIRITICCO (a cura di) con contributi di: G. BERTAGNA, G. ALLULLI, D. SUGAMIELE, O. NICE- FORO, A. VALENTINO, M.M. NOVELLI, P. BENESPERI, M. MARRAS, B. SERRAVALLI, A. TOCCO, G. ANTO- NELLI, Istruzione e formazione. Processi in atto e prospettive, Tecnodid Editrice, Napoli 2003. questo però non avrebbe escluso la possibilità di una personalizzazione del pro- cesso formativo pur sempre nell’ambito di uno specifico oggetto culturale. I referenti dei CFP assieme ai formatori hanno rappresentato il proprio ente, mettendo la propria professionalità a disposizione di noi formatori dei formatori af- finché potessimo analizzare il livello del potenziale di cui il centro di formazione professionale era portatore. Tutti i CFP hanno compreso la necessità di un “percorso comune” agli altri centri; e, soprattutto, vista la portata regionale del progetto, hanno suggerito essi stessi la necessità di essere forniti della stessa “cassetta degli attrezzi” per poter indi- viduare –a parità di condizioni metodologiche, ma considerata l’esistenza di tradi- zioni differenti– “cosa” potesse attivare circuiti di apprendimento più efficaci per gli utenti. Il che equivale a dire per un formatore riflettere sui tratti della propria profes- sionalità comprendendo che si può imparare molto dal piacere dell’ascolto e della scoperta della pratica educativa di altri operatori pedagogici afferenti ad altri CFP. I CFP, inoltre, hanno accolto positivamente la proposta di partire dall’analisi del livello organizzativo esistente, non ricadendo in comportamenti di chiusura, bensì rendendosi consapevoli del fatto che questa disposizione avrebbe costituito un elemento di forza perché avrebbe permesso ad ogni CFP di: – riflettere sul proprio operato; – di rimotivare gli operatori rispetto alla missione di cui si è portatori; – di far conoscere qualcosa in più del mondo della formazione professionale; – di imparare ad imparare, non più nell’ottica della competizione con gli altri CFP della Puglia, ma nella prospettiva della integrazione. Inoltre, anche l’analisi avrebbe rappresentato un momento di formazione. È necessario comunque ricordare che la formazione dei formatori nell’espe- rienza condotta ha accompagnato in parallelo l’evoluzione in atto nel sistema di istruzione e formazione, ed ha vissuto nel periodo di attuazione della legge 53/2003 una fase di transizione e di ridisegno. I cambiamenti legislativi in atto hanno infatti generato a catena una serie di processi per cui gli operatori della FP in fase di formazione 9: – hanno avvertito fortemente l’esigenza di una crescente formalizzazione della propria ‘figura professionale’, delle loro competenze e della validità dei loro curricoli. Si tratta di una esigenza che procede da diverse istanze – provenienti anche dal passato – che attengono ad esempio alla necessità di maggiore riconoscimento so- ciale del sistema formativo e della professione di formatore, anche attraverso le forme dell’accreditamento o della certificazione professionale. – I formatori sono divenuti agenti della rapida evoluzione che negli ultimi anni ha invaso anche il canale della FP, nel senso di una forte flessibilizza- 95 10 Nel presente testo non sono inseriti i materiali didattici utilizzati nei tre seminari plenari per un motivo ben preciso: i referenti del Ciofs Nazionale nella stesura della documentazione dell’esperienza del Progetto Integrazione hanno svolto una lavoro di puntuale ricognizione. Il presente lavoro avendo avuto intenzionalmente l’obiettivo di costruire un substrato scientifico su cui impostare la costruzione del profilo dell’operatore della fp si limiterà a presentare il prodotto dei lavori realizzati mediante l’esperienza di formazione formatori: una esperienza di formazione che si è totalmente ispirata al co- strutto teorico descritto nel primo capitolo. Sicché se la razionalità teoretica ha sostenuto noi autrici del testo a “guardare”, a conoscere il profilo del formatore per poterlo descrivere scientificamente, co- struendo nel 1° capitolo una ipotesi a riguardo; nel 2° e 3° capitolo, rispettivamente, la razionalità pratica e la razionalità tecnica hanno cercato di “trovare all’istante i provvedimenti neces- sari” perché l’operatore della fp possa costruirsi ispirandosi a tali principi e di “dare intenzionalmente atto ai provvedimenti” fornendo all’operatore metodologie e strumenti per l’azione educativa. Cfr, G. BERTAGNA, Avvio alla riflessione pedagogica, Editrice La Scuola, Brescia 2000, pp. 39-68. zione: dei sistemi di offerta (si pensi alla fortissima evoluzione normativa avvenuta negli ultimi anni, che ha aperto in rapida successione nuovi “fronti” formativi come la formazione continua, gli IFTS, l’apprendistato, la formazione integrata, l’alta formazione, etc.); delle fonti di finanziamento (tema che già si propone nel ricorso a fondi strutturali a programmazione re- gionale e nazionale, ma anche con lo sviluppo delle iniziative europee, dei modelli “privatistici” dei fondi interprofessionali, dei voucher e in generale con lo sforzo di aumentare l’area “a mercato”; e si tratta di aspetti che dopo il 2006 non potranno che porsi in modo ancora più forte e stressato al si- stema). È indubbio che queste professionalità sono andate evolvendo, complessifican- dosi. In questo quadro è cresciuta e sicuramente maturata l’esigenza di un progetto che inquadrasse la formazione formatori all’interno di un quadro di nuove figure che apparentemente necessitano dell’aggiornamento delle competenze esistenti, ma anche che, nella complessità, rischiano di frammentarsi in una pluralità di profili professionali, di ambiti di competenza da presidiare, di approcci metodologici da saper utilizzare, etc. Da qui il punto di partenza dei partners coinvolti nel progetto che si pongono il problema di modellizzare la “figura del formatore” e i relativi referenziali di com- petenze, ma anche di sperimentare nuovi servizi per i formatori e modalità alterna- tive alla formazione in presenza e in aula, ma soprattutto, realizzare processi di ap- prendimento realmente integrati con le evoluzioni organizzative dei soggetti. 2. Le Azioni Seminariali L’attività di formazione dei formatori in forma plenaria è stata organizzata in forma di seminari i cui contenuti e le cui attività sono state incentrate su alcuni nu- clei tematici rilevanti della formazione iniziale 10. In particolare, il primo seminario di formazione, che ha avuto luogo il 15 e il 16 ottobre 2004 – e che ha visto una massiccia partecipazione dei CFP coinvolti nell’a- 96 11 Si rinvia il lettore a visionare la descrizione sintetica presente nel paragrafo 2.4.1 Il 1° Project Work. 12 Si rinvia il lettore a visionare la descrizione sintetica presente nel paragrafo 2.4.2 Il 2° Project Work. 13 CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 2. Guida per la gestione dello stage, op.cit.. 14 Il primo gruppo di CFP affidati al CIOFS–FP è costituito da: CIOFS di Martina Franca, di Ruvo, di Taranto, EPCPEP di Gioia del Colle, 15 Il secondo gruppo affidato a noi referenti del CNOS FAP è costituito dai seguenti cfp: ASSOCIA- ZIONE CALASANZIO; CIFIR di BARI; CIFIR di ORIA; CIFIR del SACRO COSTATO; CNOS FAP di BARI; CNOS FAP di CERIGNOLA. zione progettuale – ha approfondito gli aspetti più problematici della Riforma Mo- ratti, per quanto più direttamente attiene al sistema dell’istruzione e formazione pro- fessionale. Nella medesima occasione formativa, è stato presentato il primo Project Work – PW – su cui i singoli CFP avrebbero dovuto lavorare: l’elaborazione e speri- mentazione di una Unità di Apprendimento – UdA – nei propri percorsi di istruzione e formazione professionale riferiti al progetto integrazione 200311. Nel secondo seminario di formazione dei formatori, che ha avuto luogo il 19 ed il 20 maggio 2005, è stato approfondito il tema dello stage e dell’orientamento nei percorsi sperimentali. Nel contempo i CFP coinvolti hanno: presentato le risul- tanze della prima esperienza di project work realizzata presso i propri centri; condi- viso le coordinate per la realizzazione del 2° project work su cui i singoli CFP avrebbero dovuto lavorare 12. Il project work avrebbe dovuto consentire ai CFP di lavorare sullo stage analizzando le partiche esistenti per eventualmente rimodularle sulla base di un modello già sperimentato a seguito di alcuni studi condotti dal Cnos Fap Nazionale 13. Nel terzo e ultimo seminario, tenutosi il 20 ed 21 maggio 2006 si è affrontato il tema della valutazione dei processi formativi e del portfolio delle competenze. A conclusione del programma previsto per il terzo seminario, è stato gestito in plenaria un feedback sulla esperienza di formazione formatori. 3. Il 1° Project Work Nella concreta organizzazione degli interventi di accompagnamento alla elabo- razione e sperimentazione dei Project Works, i referenti degli enti nazionali CIOFS FP e CNOS FAP hanno preferito suddividere i CFP della Puglia coinvolti nel “Pro- getto Integrazione 2003” in due gruppi: rispettivamente, il primo14 è stato affidato – per l’erogazione delle azioni di accompagnamento previste dalla formazione for- matori – a 2 risorse umane individuate e rappresentanti il CIOFS FP, nelle persone della dott.ssa Valentina Fidanza e dott.ssa Angela Loiacono; il secondo gruppo15, alle Autrici, quali risorse individuate come referenti del CNOS FAP. 97 Ricordiamo che … Ogni cfp disponeva di 12 ore di formazione, per ciascun PW. Dunque, ogni cfp avrebbe programmato 24 ore di formazione nelle tre annua- lità interessanti il progetto integrazione. Sia il 1° PW che il 2°, individuate 2 date condivise con i formatori dei CFP, si realizzava in due incontri di 6 ore ciascuno. Tra una sessione intensiva e l’altra ve- niva appositamente inserito un tempo di lavoro tutorato a distanza, per consentire ai formatori di riflettere ed applicare nella pratica educativa quanto condiviso in formazione. In particolare, sottolineiamo che … Il primo Project Work prevedeva: la focalizzazione sul profilo professionale in uscita interessante il percorso triennale attivato ed il suo possibile inserimento in una delle comunità professionali presenti all’interno delle guide Ciofs Fp-Cnos Fap; la sperimentazione dell’Unità di Apprendimento sul Patentino. Non tutti i cfp hanno potuto sperimentare la UdA prescelta per il fatto che gli alunni cui l’attività doveva rivolgersi avevano già conseguito il patentino; ragione per cui, nei cfp in cui si è rilevata tale condizione, con i direttori di centro ed i for- matori referenti è stata programmata, progettata e realizzata un UdA che potesse costituire non solo una possibilità di “allenamento didattico” per i docenti – abituati ad una impostazione didattica di tipo tradizionale - ma una sperimentazione di una “didattica in situazione” per gli alunni che, grazie alla diversa impostazione didat- tica, avrebbero rilevato i risultati dei propri apprendimenti con la realizzazione di un compito-prodotto. Vista la specificità dei contenuti e delle risultanze il presente paragrafo de- scrive unicamente l’impostazione, rinviando il lettore alla fruizione diretta di quanto realizzato. 4. Il 2° Project Work Nella realizzazione del secondo project work – esclusivamente centrato sullo stage – è stata significativa la presenza di coloro che hanno beneficiato del servizio, ognuno aventi differenti competenze e, conseguentemente, ruoli specifici nel CFP. Differentemente dal 1° PW, nel presente paragrafo sarà possibile descrivere le attività condotte, integrando, la descrizione con i materiali didattici utilizzati per l’erogazione della formazione d’aula, nonché per la realizzazione delle attività svi- luppate dai formatori del cfp durante il project work e a conclusione del medesimo per scopi documentali. La fase documentale è stata avviata a seguito della eroga- zione delle 12 ore di formazione previste per il 2° PW; monitorata costantemente – al di fuori delle 12 ore previste dal progetto, con uno scambio di informazioni on 98 line o contatti telefonici – è stata anch’essa conclusa con la redazione di un report finale per ciascuno dei CFP a noi affidati. Nel primo incontro del 2° Project work Nel primo incontro si è riflettuto teoreticamente sulla gestione dello stage: a li- vello concettuale ci si è confrontati sulle componenti che possono rendere lo stage una esperienza formativa. Quando ci si relaziona con gli operatori della FP che coordinano percorsi di istruzione e formazione professionale per i giovani, capita spesso di accogliere, da parte degli operatori medesimi, la visione di uno “stage”, non tanto concepita come esperienza formativa funzionale alla promozione dell’“alternanza scuola-lavoro”; quanto piuttosto come esperienza di professionalizzazione, paragonabile, dunque ad una realtà simile a quella dell’apprendistato. Che cosa sia uno stage, per le aziende che negli ultimi anni hanno fruito di questo strumento formativo, tende ad essere dato per scontato; e, molto spesso, anche per «quelle aziende» che vengono coinvolte in forma di paternariato nei per- corsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai Centri di Formazione Pro- fessionale. Le analogie e le differenze che intercorrono tra stage, tirocinio formativo e al- ternanza scuola-lavoro, finiscono quasi sempre per non trovare spazio nelle azioni di formazione degli operatori della FP. Sono invece fondamentali in fase di sotto- scrizione di un protocollo di intesa in cui ci si impegna come CFP a tutelare i diritti di cui gli alunni sono portatori, non solo quando si istruiscono ed educano, ma anche quando vivono l’esperienza formativa dello stage svolgendola c/o le aziende parteners. (L.196/97, L.144/99) Riferendosi all’impegno dell’aziende parteners per la tutela di tali diritti, nel primo incontro si è riflettuto molto sulla necessità di programmare e progettare atti- vità grazie a cui le aziende si corresponsabilizzino, in fase di Paternariato, sia in qualità di «struttura ospitante» un soggetto-destinatario dell’attività, sia qualità di «istituzione» avente cura della persona-alunno che deve maturare ed interiorizzare le conoscenze e le competenze del profilo professionale, durante un‘esperienza che, deve, in questo modo, assumere le vesti dell’azione formativa. Vista la crescente attenzione per questi temi sia da parte dei potenziali stagisti sia da parte delle imprese e dei CFP, in fase di formazione d’aula, abbiamo indivi- duato le caratteristiche fondamentali delle diverse opportunità di formazione on the job. Comune caratteristica a tutte le esperienze di stage, tirocinio e alternanza scuola-lavoro è costituita dalla concezione del luogo di lavoro come luogo di ap- prendimento. L’organizzazione che ospita lo stagista è vista pertanto come contesto di apprendimento complementare a quello dell’aula e del laboratorio. Il Tutor aziendale, a cui è affiancata la persona che svolge un periodo di stage-tirocinio, rappresenta in azienda quello che il “prof” rappresenta nel contesto scolastico-for- 99 mativo. Il tutor diventa un facilitatore di apprendimento in grado di illustrare il la- voro, supervisionare le attività affidate, valutare il livello di competenza raggiunto. Esistono però alcune importanti differenze nell’utilizzo dei termini stage, tirocinio e alternanza scuola-lavoro che si cercherà ora di mettere a fuoco. Con il termine stage, nei materiali informativi riguardanti il Piano dell’Offerta Formativa (POF) di ciascun CFP, si indica solitamente una fase prevista all’interno di un percorso formativo professionalizzante. Lo stage consiste pertanto nel tra- scorrere un certo periodo di tempo all’interno di una realtà lavorativa allo scopo di verificare, integrare e rielaborare quanto appreso in aula e/o laboratorio. Lo stage viene attivato sulla base di una convezione e/ o protocollo di intesa tra azienda e centro di formazione professionale in cui sono contenute le informazioni necessarie a garantire la regolarità dello stage in termini legali. In termini didattici, a garanzia degli obiettivi formativi del periodo di stage, viene sottoscritto da tutte le parti in gioco un progetto di stage in cui sono precisati: orari da rispettare, area di inseri- mento, mansioni da assegnare, competenze attese in ingresso e competenze da ac- quisire al termine dell’esperienza. Lo stage, inserendosi in tutto e per tutto in un percorso formativo, è completamente gratuito sia per l’azienda ospitante sia per il partecipante. Gli operatori dei CFP hanno descritto l’esperienza di stage come “un’opportu- nità di inserimento temporaneo nel mondo del lavoro”, che, a seguito della conclu- sione del percorso triennale di istruzione e formazione professionale, determina un “impatto occupazionale”. Lo stage è finalizzato all’acquisizione di una esperienza pratica, alla crescita professionale e personale del tirocinante e rientra in un pro- getto individualizzato di formazione e/o di ricerca del lavoro. L’alternanza scuola-lavoro risulta essere una dicitura complessa da definire per il fatto di essere tutt’ora in evoluzione da un punto di vista normativo. A differenza di quanto si possa affermare per stage e tirocinio non è possibile definire l’alternanza come strumento formativo. Essa si configura piuttosto come una nuova metodologia formativa nel sistema integrato di istruzione, formazione pro- fessionale e lavoro. La metodologia dell’alternanza può prevedere il ricorso allo strumento dello stage, ma può anche svilupparsi attraverso altri strumenti di forma- zione basati sulla strategia del learning by doing (imparare facendo). Per tutti gli studenti compresi tra il 15° e il 18° anno d’età è possibile realizzare dei percorsi di istruzione e formazione con la modalità dell’alternanza scuola-lavoro. Per rispon- dere alle esigenze di questo approccio formativo, l’organizzazione didattica, sia nel sistema dei licei sia nel sistema dell’istruzione e formazione professionale, consen- tirà sempre più spesso di alternare periodi di formazione in aula-laboratorio a pe- riodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro a cui attribuire specifici cre- diti formativi. Come sarà possibile desumere dalla scaletta del primo incontro, ai momenti teoretici si è affiancato un momento di riflessione empirica sulle pratiche di ge- stione dello stage esistenti all’interno del CFP: 2 griglie apposite – utilizzate du- 100 rante 2 lavori di gruppo – hanno consentito dapprima una sistematizzazione delle procedure e dei processi di stage esistenti; successivamente, le stesse procedure ed i medesimi processi, sono stati implementati – a livello di ipotesi - mediante l’utilizzo di uno schema ad hoc proposto nel suo utilizzo agli operatori. Le lezioni frontali, e i lavori di gruppo hanno indotto un processo di riflessione sulla pratica di gestione dello stage secondo quanto realmente vissuto da ciascun ente. I formatori si sono dichiarati soddisfatti soprattutto per aver potuto riflettere criticamente sulle procedure ed i processi che da tempo, pur essendo abitualmente gestiti in un determinato modo, avevano perduto la loro significatività, nonché la loro possibilità di un potenziamento in termini di efficacia ed efficienza. 101 16 C. BALDI, M. LOCAPUTO, Lavoro di gruppo sullo stage. Analisi del livello organizzativo esi- stente, Scheda n° 1, Cnos Fap Regione Puglia Sede di Bari, Bari, ottobre 2006. (SCHEDA N° 1) ANALISI DEL LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE ESISTENTE16 Analizza con le persone che compongono il tuo Gruppo di Lavoro (GdL) l’esperienza di stage prevista all’interno del percorso di istruzione e formazione professionale interessato dal Progetto Integrazione. Potrai aiutarti con la tabella ri- portata di seguito. Il presente esercizio va svolto in gruppo, valorizzando, nello stesso gruppo le competenze delle risorse umane presenti affinché lo stage – così come realmente organizzato - possa essere scomposto nei suoi processi organizzativi e per questo analizzato in termini di punti di forza e punti di debolezza. 102 17 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit.. Nel secondo incontro del 2° Project work Nel secondo incontro di FF, sulla base di altri elementi teorici, ci si è concen- trati sulla gestione esistente nei CFP, presentando agli operatori della Fp coinvolti in formazione, il modello di gestione dello stage secondo la proposta del CNOS FAP 17, ai fini di una potenziale implementazione delle pratiche di stage esistenti. L’incontro ha assunto la caratteristica delle formazione laboratoriale. La decisione di sottolineare la metodologia didattica adottata è dovuta a due fattori: il primo è l’invito, proveniente dai formatori stessi, a sottolineare che nel percorso di formazione si è lavorato per una didattica laboratoriale, didattica che sembra rappresentare ancora una novità come pratica integrata e quotidiana. Il se- condo fattore è rappresentato dal fatto che il progetto Formazione Formatori, ormai realizzato e conclusosi, ha fornito ai suoi partecipanti una particolare occa- sione in termini cognitivi, relazionali e metodologici. Per alcuni formatori lavorare insieme, sperimentare attività, riflettere sulla pro- pria esperienza e trarne coordinate teoriche e operative, dalle quali partire per sce- gliere le azioni e i materiali per le proprie classi, ha rappresentato una vera innova- zione, quasi un ribaltamento rispetto ad altri percorsi formativi. Inoltre, il legame stretto con gli operatori della FP ha permesso un coinvolgimento e una gratifica- zione non creatosi in occasione dei tre incontri plenari. Visionare le schede proposte dal modello ha significato per gli operatori anzi- tutto riflettere sulla «necessità di riflettere», ovvero di «imparare ad imparare» mediante l’osservazione critica e metariflessiva delle procedure e dei processi atti- vati nella quotidianità. Nel secondo incontro dunque, l’attività di presa visione delle schede prevista dal modello nazionale ha indotto autoformazione negli operatori: utilizzare delle schede per gestire le procedure e le pratiche di stage per gli operatori ha significato metariflettere sulle modalità e sui significati con cui i formatori stessi attribuiscono valore e senso all’esperienza di stage. Si può quindi definire positiva la proposta di analisi del modello: attività che ha indotto un processo di acquisizione delle pratiche proposte a livello nazionale. Nel secondo incontro, inoltre, sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi – effettuata in occasione del primo incontro della formazione formatori per la realiz- zazione del secondo project work – era emersa all’unisono la necessità di concen- trasi sulle caratteristiche dell’età adolescenziale: età dei soggetti interessati dai per- corsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai CFP. “I nostri alunni, sono adolescenti … e quindi di per sè, ogni giorno in aula ci si trova ad affrontare la gestione di conflitti le cui cause non sono necessariamente scolastiche; quanto piuttosto, evolutive … Delle volte, sebbene molti di noi forma- 103 tori siano mamme, papà … ci troviamo incapaci di gestire i bisogni relazionali di cui sono portatori i nostri alunni, che oltre ad essere “adolescenti”, sono adolescenti difficili …”. Questo frammento autobiografico rappresenta un ritratto del vissuto di uno dei formatori dei CFP che ha fortemente desiderato dedicare una parte della formazione formatori alla problematizzazione psico-pedagogica dell’età adolescen- ziale. L’adolescenza è un epoca della vita nella quale, ciascuno di noi, secondo tempi e intensità diverse, che variano da individuo a individuo, attraversa episodi di tri- stezza, di noia, di timidezza, di paura, di angoscia. L’adolescenza è l’età della vita dove ogni essere umano è chiamato ad un compito evolutivo fondamentale: entrare progressivamente nell’età adulta. Questa entrata nella maturità implica necessaria- mente, per compiersi, un processo di separazione. Ciò da cui ci si deve separare, sono i propri genitori. La separazione si compie sia in senso fisico, evitando di abitare la casa dei ge- nitori troppo a lungo, ma soprattutto deve avvenire sul piano del desiderio. L’alunno che attraversa l’adolescenza deve poter riuscire a riconoscere e se- guire il proprio desiderio. Questo si concretizza in due modi: la costruzione degli affetti, d’amicizia e d’amore, fuori dalla famiglia, e la scelta di un percorso di studi o di lavoro che non sia troppo lontano dai propri interessi. L’energia e il sentimento di soddisfazione che proviene dalla capacità di eseguire, almeno in parte, questi due compiti della giovinezza, dipende proprio dalla misura con cui un adolescente riesce a formulare e realizzare parte dei suoi desideri. Crediamo però di poter affermare che la possibilità di riconoscere e fare ciò che si desidera davvero, separandosi autenticamente, dipende sempre da una crisi, da una opposizione e separazione dagli ideali dei genitori. Molto spesso questa opposizione non si esplica costruttivamente bensì come processo distruttivo ed autodistruttivo, anche sul piano scolastico, in quanto gli adolescenti a scuola possono proiettare sui professori sentimenti ambivalenti che permettano loro di rielaborare emozioni e sentimenti dissociativi che stanno speri- mentando nei confronti dei propri genitori. I docenti, i formatori, gli educatori che nella scuola e nell’extra scuola si rela- zionano con gli adolescenti debbono attrezzarsi sul piano delle competenze di rela- zione: debbono, al di là del proprio ruolo di trasmettitori di conoscenza, possedere competenze psico-pedagogiche grazie a cui gestire con competenza la costruzione di un progetto educativo che sostenga gli alunni adolescenti nel loro processo di in- serimento nel sociale. L’approccio fenomenologico di Piero Bertolini è stato parti- colarmente oggetto di approfondimento, in quanto il paradigma fenomenologico è stato dall’Autore pedagogicamente problematizzato al fine di tracciare le coordi- nate di percorsi educativi e ri-educativi funzionali alla costruzione della visione se- mondo-altri per i ragazzi difficili: i ragazzi che, nella maggior parte dei casi, rap- presentano gli utenti-tipo della FP. 104 Orientare l’ultima parte del nostro incontro sugli elementi di cui sopra, ha con- sentito di descrivere anche il modello educativo di Don Bosco, capace di promuo- vere in un ottica preventiva una progettualità educativa nutrita di un carisma che parla al cuore dei giovani. Il che equivale a dire, come don Bosco stesso affermava: “Sono contento che ci sei, quello che sei, che sai, che fai, che hai … mi interessa e io sono qui per te …”. 105 18 C. BALDI, M. LOCAPUTO, Lavoro di potenziamento dello stage. Potenziamento del livello di or- ganizzazione esistente, Scheda n° 2, Cnos Fap Regione Puglia Sede di Bari, Bari, ottobre 2006. (SCHEDA N° 2) POTENZIAMENTO DEL LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE ESISTENTE18 Dopo aver analizzato con le persone che compongono il tuo gruppo di la- voro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel tuo Cfp, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise – dovrai potenziare le proce- dure e i processi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 106 1 I riferimenti degli autori curatori di ogni contributo presente in questo paragrafo sono riportati nell’indice. Capitolo 2 La Storia dei CFP coinvolti nel progetto Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nelle pagine che seguono il lettore fruirà della “scrittura della storia dei CFP raccontata dalla voce” di alcuni dei formatori rappresentanti i centri che hanno preso parte all’esperienza di formazione dei formatori. Ad ogni CFP è dedicato un intero paragrafo. Al di là di una formattazione standard, il faticoso ma affascinate lavoro di ri- costruzione storica svolto è completamente a cura dei formatori: infatti, sono stati essi stessi1a costruire una sintesi della storia dei loro centri, e questo ha con- sentito loro, in alcuni casi, anche di conoscere e/o ricordare frammenti di storia dei propri enti. 107 1. Associazione Calasanzio di Campi Salentina ASSOCIAZIONE “CALASANZIO - Cultura e Formazione” LA SCUOLA CALASANZIANA Le origini dei Padri Scolopi risalgono ad un sacerdote spagnolo, San Giuseppe Calasanzio (1557 – 1648), che nel 1597 diede inizio a Roma ad una scuola popo- lare diversa dai collegi e dalle scuole di catechismo allora esistenti. Egli era convinto che l’unico modo per riformare la società fosse l’istruzione e così diede vita alle Scuole Pie, le prime scuole per tutti. Proclamò il diritto all’edu- cazione di tutti i fanciulli e lottò per esso, e per questo fu perseguitato. Ma nello stesso tempo ebbe un esito straordinario, giacchè rispondeva pienamente alle sfide e aspettative del suo tempo. Nel 1948 il Papa Pio XII lo dichiarò “Patrono univer- sale di tutte le scuole popolari del mondo”. Nel corso dei secoli la Scuola calasanziana ha continuato ad affermare la di- gnità di ogni persona di accedere alla cultura e il diritto allo studio come promo- zione sociale, diventando luogo di formazione di diverse generazioni e fucina di in- novazioni culturali e scientifiche. Oggi i Padri Scolopi sono presenti in 29 Stati e in 4 continenti con Parrocchie, Missioni e Scuole. La sede di Campi Salentina (Le) è stata la prima scuola popolare sorta in Pu- glia (1631) che accoglieva ragazzi del luogo e dei paesi vicini. Attualmente fun- ziona come Liceo Classico e come Ente di Formazione Professionale: l’Associazione “CALASANZIO – Cultura e Formazione”. Essa, forte dell’esperienza calasanziana, opera nell’ambito della Formazione e dell’Obbligo Formativo aderendo ai Progetti POR stabiliti dalla Regione Puglia. 108 Interno chiostro Istituto Calasanzio L’Associazione Calasanzio - Cultura e Formazione offre una formazione pro- fessionale rivolta ai ragazzi in età di OBF con i seguenti corsi: 1. Operatore marketing on line di prodotti e servizi turistici e commerciali 2. Operatore dell’impresa turistica I progetti sono finalizzati ad assicurare ai giovani una proposta formativa di carattere educativo, culturale e professionale, in modo che ogni allievo ottenga un risultato soddisfacente in termini di acquisizione di una qualifica professionale, di supporto per l’inserimento lavorativo e possa, ove lo ritenga, proseguire il proprio iter formativo nell’ambito dell’istruzione o della formazione professionale. A questa si affianca un’attività di formazione rivolta invece ad adulti già in possesso di diploma di scuola media superiore di 2° grado con i corsi rispettiva- mente di specializzazione, perfezionamento e di qualifica: • Esperto in ICT per la commercializzazione di prodotti turistici il cui obiet- tivo è quello di formare una figura professionale che sia in grado di promuo- vere e vendere, attraverso le nuove tecnologie della comunicazione e dell’in- formazione, servizi turistici e di contribuire allo sviluppo del turismo del- l’aria turistica di riferimento. 109 • Organizzazione e gestione dell’esercizio teatrale che mira a creare una fi- gura professionale che sia in grado di gestire il bene culturale teatro -con l’obiettivo di promuoverlo, valorizzarlo e tutelarlo- e di progettare e coordi- nare eventi teatrali. • Assistente domiciliare e dei servizi tutelari il cui obiettivo è di formare un fi- gura professionale in grado di provvedere alla cura e all’assistenza indivi- duale di soggetti in stato di bisogno, quali anziani e bambini, per promuo- verne l’autonomia. I ragazzi del corso Operatore marketing 110 2. CIFIR di Bari LA STORIA DEL VILLAGGIO DEL FANCIULLO SAN NICOLA Il santo fondatore «Io l’amo i miei bambini, ei per me sono il più caro ideal della mia vita» (Sant’Annibale Maria Di Francia) Così scriveva Sant’Annibale Maria Di Francia nel settembre del 1902. Nato a Messina il 5 luglio 1851 da una famiglia nobile, a 18 anni si sentì chia- mato al sacerdozio con una vocazione che lui stesso definì “luce improvvisa, forza irresistibile e coscienza sicurissima”. Ancora Diacono, l’incontro “provvidenziale” con un mendicante quasi cieco lo portò alla drammatica scoperta di un quartiere periferico di Messina: il “Quartiere Avignone”, degradato non solo dalla povertà economica ma soprattutto da quella morale. Le “Case Avignone”, però, furono per Padre An- nibale la porta che si spa- lancava su quell’amore in- finito verso i poveri e gli orfani che fu la caratteri- stica di tutta la sua vita. 111 Con il consenso del Ve- scovo andò ad abitare in quel “ghetto” -il più miserabile dei quartieri- che prometteva solo vizi e depravazione, mettendosi al servizio dei mendicanti, dei ragazzi di strada, degli affamati. Lì, fra quelle baracche fatiscenti, spende il suo cospicuo patrimonio … ma non basta … non bastano i soldi e non basta la sua sola persona per tutte quelle anime, per i poveri e affamati del mondo intero. Come fare? Una parola del Vangelo, percepita sin dalla sua adolescenza, gli si mostrò come “rimedio” per realizzare, nella Chiesa e nel mondo, i suoi ideali apostolici: “Pregate il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38 ; Lc 10,2). Padre Annibale aveva in- tuito che quelle parole del Van- gelo non erano una semplice esortazione, ma un esplicito “comando” di Gesù a “Pregare” (Rogare) il Padrone della messe per ottenere i buoni operai. Fondò così le due Congregazioni religiose: nel 1887 le Suore “Figlie del Divino Zelo” e dieci anni dopo i Sacerdoti “Rogazionisti del Cuore di Gesù” e volle che i membri di questi due Istituti s’impegnassero a vivere il Rogate con un quarto voto. Nel Quartiere Avignone della sua amata Messina, realizza ciò che definisce lo “spirito di doppia carità: evangelizzazione e soccorso ai poveri”, dando inizio agli Orfanotrofi Antoniani, maschili e femminili, destinati all’infanzia abbandonata. La sua preoccupazione, però, non fu solo dare a quei fanciulli il pane ma fu so- prattutto insegnare loro un mestiere ed educare in modo completo la loro persona, moralmente e religiosamente. 112 113 Non a caso hanno definito Sant’Annibale “Padre degli orfani e dei poveri”. Appena si diffuse la notizia della sua morte, puntualmente registrata dai gior- nali dell’epoca, l’intera città di Messina si riversò nelle strade e nelle piazze per “vedere il Santo che dorme”. I funerali furono una vera e propria apoteosi! Il Sommo Pontefice Gio- vanni Paolo II, il 16 maggio 2004, ha proclamato P. Annibale Maria di Francia Santo, definen- dolo “Autentico anticipatore e ze- lante maestro della moderna pa- storale vocazionale”. Il carisma rogazionista a Bari Sull’esempio di Padre Annibale, i Padri Rogazionisti, impegnati nel campo della promozione sociale e della formazione umana e religiosa della gioventù più sfortunata, quella costituita da quanti oggi definiremmo “drop-out”, hanno cercato di attuare, nel tempo, il carisma rogazionista, per realizzare gli ideali di acco- glienza, servizio, moralità e socialità nei diversi luoghi in cui si sono attivati. Pertanto, Bari come Messina, il quartiere Picone come Avignone, Padre Mario Labarbuta come il suo Santo Fondatore; luoghi e persone sono legate da un invisi- bile filo-rosso: sollevare gli orfani e i poveri dalla miseria umana e materiale. Bari, nell’immediato dopoguerra, appariva come tante altre città d’Italia: pie- gata e schiacciata dal dolore del lutto, dall’indigenza e dalla fame. C’erano centinaia di bambini e giovani da nutrire ma anche da edu- care ed avviare al lavoro. Possiamo dire che la storia della città di Bari degli ultimi sessant’anni è stata caratterizzata da istituzioni come il Villaggio del Fanciullo San Nicola, che nacque, appunto, per affrontare il particolare scenario del dopoguerra. “C’è una moltitudine di ragazzi che po- polano la nostra città ed i nostri paesi: sbu- cano fuori da tutti gli usci, passano a frotte per le strade, si raccolgono nelle piazza, si sparpagliano per le campagne. Quanti sono? 25 mila nella città … dai sei agli 11 anni … sul volto pallido e patito, sul corpo mingher- lino, portano i segni della sofferenza e della denutrizione materiale … potranno essere selvatici, maleducati, maneschi, molesti anche alla quiete ma nel fondo del loro cuore non sono cattivi. Il pericolo di una to- tale irreparabile perversione minaccia da ogni parte e urge correre ai ripari” (Lettera pastorale, Salviamo il fanciullo, salviamo la famiglia). Così, Mons. Mimmi, Arcivescovo di Bari, scriveva nell’ottobre del 1946 in una lettera pastorale, facendosi portavoce del grido di dolore di migliaia di sciuscià baresi, già avviati al furto, alla delinquenza e al vizio e progettare di destinare loro le 22 baracche del rione Picone, che servirono ai tedeschi durante la guerra per de- tenere i loro prigionieri. Per realizzare quest’Opera Mons. Mimmi, nel dicembre del 1945, scrive al Direttore Padre Prudentino, dell’Istituto di Trani dei Padri Rogazionisti e la storia degli uomini si innesta e si con- fonde con la storia di Dio. “Pare che ci si offre l’occasione di aprire un villaggio per fanciulli nelle baracche militari, nei pressi di Bari. Avrebbe ella la possibilità di assumere la direzione a mezzo della sua Congrega- zione? Gradirei una risposta, o meglio ancora un colloquio. Fiducioso attendo” (Sto- ria della casa di Trani, dal 1 gennaio 1943 al 30 giugno 1948, anno 1945, mese di di- cembre, Archivio Rogazionista Trani). 114 La risposta fu generosa! A realizzare tutto è stato un gio- vane sacerdote Rogazionista, origi- nario di Minervino Murge, che con il coraggio che viene dalla fede concre- tizzò l’opera caritativa e sociale degli inizi. “C’è un nome a Bari, scritto a ca- ratteri d’oro nel cuore di tante fami- glie, il nome di Padre Mario Labarbuta Rogazionista che alla periferia della città è riuscito a fondare il Villaggio del Fanciullo: istituzione che raccoglie un’infinità di ragazzi dai sette ai quat- tordici anni, sin qui abbandonati a se stessi od ai quali le famiglie non pote- vano comunque provvedere, quando non li sfruttavano per fini incoffessa- bili”. (HERMAN CARBONE, Democratici sindaco questore e giunta al Villaggio del fanciullo di Bari, in “Il giornale della sera”, 22 agosto 1947, pag. 2) Nel Quartiere Picone, proprio sul lato del Policlinico, reggevano ancora le 22 baracche di legno col tetto in lamiera, abbandonate dalle truppe alleate. Circondate da un muro e filo spinato, ma sufficienti per ospitare i bambini abbandonati della città. Lì, il 29 maggio 1946 – data di fondazione del Villaggio del Fanciullo S. Ni- cola – una dozzina di ragazzi vennero accolti da Padre Mario Labarbuta. “28 martedì. Il P. Labarbuta allora, che ad ogni costo vuol prendere possesso delle baracche, con un camioncino appartenente ad un amico dell’Arcivescovo, va a Trani dal P. Prudentino ottiene quattro materassi, tre reti con altro materiale. La stessa sera parte da Trani con Fr.llo Egidio ed un ex orfanello di nome Ragno e vanno a dormire nelle baracche dove non c’è se non ciò che hanno portato i tre da Trani. Si armano i letti, si mangia qualche boccone e poi, fatto il segno della croce, si cerca di dormire. Impossibile! È la prima notte che si dorme nella nuova casa di Bari, sorgente dalle baracche come quelle del quartiere Avignone” (Storia della Casa di Bari, quaderno 1, anno 1946, mese di maggio, Archivio Rogazionisti Bari) Nel giro di pochi anni, i ragazzi ospitati saranno oltre 300; vittime innocenti di una guerra crudele. Servono ora aiuti concreti e materiali. Padre Mario Labar- buta, proprio come il suo Fondatore, si dà da fare per reperire tutti i beni di prima necessità. 115 In una baracca viene allestito il refet- torio. La cucina da campo serve pasti cal- di per centinaia di ra- gazzi in piatti di allu- minio, mentre i viveri sono offerti dalla Pon- tificia Opera di Assi- stenza. “8 sabato. La casa baracca va pian piani- no sistemandosi. Oggi è stato sistemato uno scaffale per la pasta mentre è venuto il giovane preposto al- l’assistenza pontificia (certo Bonvino) per prendere nota dei bisogni delle baracche” (Storia della Casa di Bari, quaderno 1, anno 1946, mese di giugno, Archivio Roga- zionisti Bari) “Erano giorni difficili eppure li superavamo con l’aiuto della Provvidenza e con tanta felicità. Era la felicità di vedere intorno a noi facce sempre più pulite, e non so- lo fisicamente, ma anche e soprattutto moralmente” (La storia di tanti sciuscià pas- sati dalla malavita al lavoro, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 7 maggio 1971, pag. 4) 116 LA FORMAZIONE PROFESSIONALE E IL C.I.F.I.R. La formazione dei primordi. «Il lavoro in una casa educatrice è tra i primi efficienti della moralità; desso è ordine, è disciplina, è vita, è caparra di buon avvenire per i soggetti che vengono educati. Non vi può essere educazione né religiosa né civile discompagnata dal lavoro». (Sant’Annibale Maria di Francia – 20/08/1906) L’esordio delle attività formative del Villaggio del Fanciullo, esplicazione massima del carisma e della volontà del Fondatore e dei suoi collaboratori di com- piere opere di carità verso gli ultimi ed i piccoli, si realizza, dunque, per l’incorrere di molteplici fattori determinanti, durante gli anni ‘40. Il Provveditore agli studi di Bari, Tommaso Fio- re, istituendo in una baracca una sede della scuola ele- mentare Carlo del Prete, av- via la struttura all’azione pedagogico-istruttiva che, in breve tempo, richiamò oltre mille alunni, non solo bambini. Infatti, accanto al- le classi di scuola elementa- re, si costituirono classi di avviamento professionale e di istituto tecnico industriale e professionale, in una co- struzione non ancora dotata completamente di imposte e, quindi, esposta al freddo e a condizioni fisiche e climatiche per nulla favorevoli. In esse gli insegnanti svolsero un lavoro molto difficile per “scolarizzare” dei ragazzi vivaci sottratti alla strada, invogliarli a studiare e farli innamorare del lavoro che gli avrebbe dato l’orgoglio e la dignità di chi ama il proprio mestiere garanten- dogli un futuro onesto e se- reno. 117 Sin dall’inizio si mirò ad un’educazione completa psico-fisica della persona, curando aspetti non sempre prettamente professionaliz- zanti, come lo sport, la musica e l’educazione civica. Per cui agli insegnanti si affiancarono, in quest’opera tanto entusiasmante quanto inno- vativa e faticosa, preparatori atletici e maestri di musica. Si creò una banda musicale di circa trenta elementi negli anni ‘47/’48, che cominciò ad esibirsi e ad eseguire concerti nella provincia di Bari. Allo stesso modo, ispirandosi ai più recenti modelli americani, si in- stillarono nelle giovani generazioni principi di democrazia ed autogover- no procedendo a stilare la Costituzio- ne e ad eleggere sindaco, questore e giunta tra i “piccoli cittadini” del Villaggio del Fanciullo. L’azione più importante, però, fu svolta proprio nell’ambito dell’avviamento al lavoro con l’attivazione dei primi corsi di sartoria, calzoleria, officina meccanica, autocarrozzeria, tipografia e falegnameria, a cui i giovani si iscrivevano in base ad interessi ed attitudini di ciascuno. Ovviamente i settori andarono continuamente aumentando ed i corsi si fecero sempre più adeguati ai tempi, aggiungendo ai suddetti quelli nell’ambito informati- co, per tornitori, saldatori, elettricisti, radiotecnici ed esperti nella manutenzione dei televisori. Certamente rimasero fondamentali il laboratorio di falegnameria (il primo sorse nel 1949 al costo di due milioni di lire) e l’officina meccanica, di cui furono pro- gressivamente potenziate le attrezzature. Successivamente, la scuola di arti e mestieri, col riconoscimento da parte del Ministero del Lavoro, divenne Centro di Formazione Professionale ed al posto delle baracche fu eretta la costruzione maestosa di piazza Giulio Cesare, la cui prima pie- tra fu posta l’11/07/1948. 118 2 Mons. Mimmi, 6 dicembre 1946 “Villaggio del Fanciullo S. Nicola Bari”, supplemento del- l’Araldo di S. Antonio , dicembre 1946, p.3 119 Così Mons. Marcello Mimmi nel giorno della festa del Santo patrono della città di Bari, il 06/12/1946, incitava l’opera rogazionista: Villaggio del Fanciullo affrettati a crescere; converti le baracche di legno in padiglioni di pietra; accogli a centinaia a centinaia i nostri fanciulli perché nella luce di Dio, sotto la protezio- ne di San Nicola crescano saggi cittadini e buoni cristiani2. In modo mirabile si rispose all’invito e si sviluppò la feconda attività didattica. Il 25/06/1974 si istituisce, dunque, l’Ente C.I.F.I.R., Centri d’Istruzione e For- mazione Istituti Rogazionisti. Da quel momento l’impegno prioritario del Villaggio del Fanciullo è diventato proprio la formazione professionale dei giovani in situa- zione di disagio socio-economico. Senza alcuno scopo lucrativo, si restava fedeli al carisma del Fondatore ed alle origini descritte dell’opera caritativa e si continuava a proclamare, con il proprio sti- le educativo, la centralità della persona al fine di dare un contributo valido alla co- stituzione di una società nuova. Nel perseguire l’obiettivo di un ritmo e di una qualità del lavoro a misura d’uomo, secondo l’ispirazione ai valori cristiani di solidarietà e giustizia, la forma- zione professionale diviene strumento per la valorizzazione e la crescita del singolo e per lo sviluppo della collettività. Per questo, in un’azione di educazione permanente dell’utenza, il C.I.F.I.R., sin dal principio, ha cercato di realizzare gli insegnamenti della Chiesa integrandosi fortemente nel tessuto sociale, attraverso solidi collegamenti al sistema d’istruzione ed alle diverse iniziative di stampo culturale presenti sul territorio. La partecipazione sentita alle varie condizioni di vita e la promozione umana hanno, pertanto, da sempre, qualificato l’Ente come centro di formazione attento al- l’uomo, rispettoso delle soggettività e proponente scelte di cristianità. Il C.I.F.I.R. nel terzo millennio Varcata la soglia del nuovo millennio già da alcuni anni, con gli stessi principi degli esordi, il C.I.F.I.R. continua la sua opera educativa tuttora progettando e svolgendo attività formative di perfezionamento e aggiorna- mento professionale, convegni, studi, partenariati e corsi di qua- lificazione e specializzazione in risposta ai bandi ed alle azioni promosse dalla Regione Puglia. Pertanto le attuali sette sedi C.I.F.I.R. in Puglia (Bari, Trani, Santeramo, Oria, Taranto, Ra- cale e Porto Cesareo) e la recen- tissima sede lucana di Matera si rivolgono ad un’utenza davvero variegata e investono molteplici settori professionali come ambiti in cui esplicare la formazione dei giovani in particolar modo orfani e bisognosi, disadattati, diversamente abili, disoccupati, emigrati. 120 121 I corsi, pertanto, sono di vario genere: - Obbligo formativo/formazione iniziale, in particolare per minori ad alto ri- schio; - Formazione superiore: formazione post diploma; IFTS; formazione nell’am- bito dei cicli universitari; formazione post-universitaria; - Formazione continua: formazione nell’ambito dell’apprendistato professiona- lizzante; formazione per occupati, formazione per disoccupati propedeutica all’occupazione; aggiornamento e qualificazione per disoccupati; - Formazione nell’area dello svantaggio: interventi destinati soprattutto a dis- abili in età non scolare, portatori di handicap, persone invalide e affetti da malattie psichiatriche. Allo stesso modo i settori produttivi in cui, attualmente, il C.I.F.I.R. esplica la sua azione formativa sono molteplici: - industria ed artigianato; - beni culturali; - terziario; - turismo e ristorazione; - ambientale; - spettacolo e moda; - pesca ed agroalimentare; - autoimprenditorialità in genere. Anche le tipologie di azioni attuate sono diversificate in: - orientamento, che mira a far emergere motivazioni, risorse e potenzialità, attitudini ed interessi degli utenti per indirizzarli ai percorsi formativi e professionali per loro più adeguati; - formazione personalizzata, impostata sulla base del progetto personale e pro- fessionale di ciascuno; 122 - trasmissione di competenze tecnico-professionali, attraverso metodologie di apprendimento specifiche e stage formativi; - collaborazione di consulenti e formatori qualificati, infatti il C.I.F.I.R. si av- vale da anni di risorse umane altamente specializzate nelle aree operative di competenza. Alla luce della lunga storia che ha visto l’Ente impegnato nell’ambito educa- tivo con tanta professionalità e serietà e dell’attuale domanda, forte e rilevante, di un servizio valido e saldamente fondato sui valori cristiani, il sogno del C.I.F.I.R. è poter continuare a rispondere ancora con la propria offerta formativa alle urgenze, alle esigenze ed ai desideri della nostra società con lo stile, i sentimenti e le parole di S. Annibale Maria di Francia. «Perle deterse le bambine mie, Le raccolsi nel loto ad una ad una, Quasi conchiglie in mezzo delle vie; Oggi avviate a civil fortuna». (Sant’Annibale Maria Di Francia) 123 124 3. CIFIR di Oria L’istituto Antoniano Maschile Di Oria Il vescovo di Oria favorì l’opera di Padre Annibale di Francia offrendo ai suoi orfani reduci dal terremoto di Messina del 1908, ospitalità, concorde con la munici- palità di Francavilla e Oria. Qui c’era il vecchio convento di San Pasquale che fu ceduto in proprietà al Di Francia il 28 settembre del 1909 e quindi ai rogazionisti. Si dava così avvio in Oria a un movimento educativo e formativo della gio- ventù, avviando corsi specializzati per i settori artigianali e innestando sul tronco di una economia tradizionalmente agricola, le macchine della moderna civiltà indu- striale. È in base al principio che il lavoro non è solo forza economica ma anche causa di moralità e perfezione che P. Annibale proprio all’inizio della sua attività a Oria avviò corsi specializzati per i diversi settori artigianali, comprando man mano che si sviluppavano, macchinari moderni. L’origine dell’attività di formazione professionale dell’Istituto Rogazionista di Oria è da vedersi nell’educazione al lavoro come acquisizione di tecniche operative dopo l’istruzione di base fino alla completa padronanza dell’arte o del mestiere, scelti e appresi liberamente, in una fase in cui, nel meridione d’Italia, l’artigianato era a livello primitivo e si svolgeva con strumenti primitivi. L’educazione e la formazione hanno sempre seguito tre direttrici: 1. fare intendere il lavoro come fonte di beni di cultura creati dai singoli per la società; 2. fare intendere la cultura come elaborazione dell’attività dell’uomo sul piano intellettivo e su quello sperimentale; 125 3. fare intendere la professione come capacità di operare con responsabilità ed efficienza. Il C.I.F.I.R. di Oria inoltre ha camminato con i tempi trasformandosi da Centro d’Addestramento a Centro di Formazione Professionale. Alle arti e mestieri in questo Istituto Antoniano Maschile è succeduto il Centro di Formazione Professionale (C.I.F.I.R.) che ancora oggi rivolge i propri servizi non solo agli oritani ma anche a molti giovani dei paesi limitrofi. Questo passaggio ha determinato un recupero sul piano del decondizionamento culturale e un supera- mento del semplice e limitativo avviamento al lavoro. Il Centro, autorizzato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale fin dal Gennaio 1956 e riconfermato dalla Regione Puglia nel 1972, è un’alternativa per tutti i giovani che, dopo aver terminato il ciclo della scuola dell’obbligo, aspi- rano ad essere qualificati per l’inserimento nel mondo lavorativo, nella realtà indu- striale meccanica, elettromeccanica, elettronica, informatica, ambientale, turistica. IL C.I.F.I.R. OGGI Il C.I.F.I.R., in tutte le sue sedi, risulta accreditato presso la Regione Puglia e Basilicata per lo svolgimento di attività formative per le seguenti macrotipolige: 1 Formazione Superiore 2. Area dello Svantaggio 3. Obbligo Formativo 4. Apprendistato Professionalizzante 5. Formazione Formatori 6. Formazione Continua VISION Il C.I.F.I.R. promuove, organizza, gestisce: • iniziative dirette allo svolgimento di at- tività formative e culturali, • il perfezionamento e l’aggiornamento culturale-tecnico-professionale in ogni settore delle arti e professioni, industrie e del commercio, dei servizi agricoli a livello locale, regionale, interregionale, nazionale e comunitario, • la formazione, l’aggiornamento del personale docente e non docente dei vari settori a tutti i livelli, • convegni, dibattiti, studi sociali, culturali ispirati ai fini istituzionali della Congregazione dei PP. Rogazionisti, • intese con associazioni-federazioni, commissioni, didattiche e formative, or- ganizzative a livello locale, regionale interregionale, nazionale e comuni- tario, che trattano i problemi della formazione professionale, culturale, didat- tica e metodologica ecc., • inserimenti nelle azioni promosse dalla Comunità Economica Europea circa lo sviluppo della istruzione e formazione a livello comunitario, • corsi di qualsiasi tipo e durata di formazione, qualificazione, specializza- zione primaria e secondaria, di alta qualificazione, specializzazione, riquali- ficazione in conformità alle leggi vigenti, • piani, progetti, promuove istanze ad ottenere fondi e finanziamenti per la ge- stione dei corsi ed attività di qualsiasi tipo per il conseguimento delle finalità di cui innanzi. Nell’ambito del sistema sociale di formazione il C.I.F.I.R. intende promuovere una Formazione Professionale che mette al centro la persona, il saper essere prima che il saper fare, l’integrazione del lavoro e della professione nella globalità dell’e- sistenza, la partecipazione attiva e solidale alla vicenda comunitaria; finalizza la propria azione a precise scelte che favoriscono una organizzazione del lavoro a mi- sura d’uomo ed uno sviluppo della società capace di ripensare alla luce del Vangelo i rapporti dell’uomo con le risorse ambientali, con la tecnologia, con la politica economica, con il senso dell’agire storico e mondano. Formula giudizi di valore sul mondo del lavoro e sulle sue implicazioni antro- pologiche e prova ad elaborare modelli interpretativi delle realtà sociali e produt- tive, in linea con la propria ispirazione cristiana e in spirito di dialogo e di ricerca per una cultura della collaborazione e della solidarietà tra le persone e tra i popoli. Sostiene e difende l’importanza della Formazione Professionale come risorsa strategica per lo sviluppo personale e comunitario, in un contesto di “qualità totale” che comprende la riduzione degli squilibri sociali e territoriali; inquadra la propria azione Normativa in una globale prospettiva di educazione permanente, cercando l’integrazione con il sistema sociale di istruzione e collaborando con le iniziative formative e culturali del territorio. 126 4. CIFIR del Sacro Costato Il CIFIR Sacro Costato di Taranto – Centro Servizi Formativi - è una sede ope- rativa aderente al circuito CIFIR Centri Rogazionisti operanti nel territorio della Regione Puglia, attivo dal 1989. L’Ente opera a Taranto e in provincia attraverso il sistema della formazione fi- nanziata attingendo ai finanziamenti del POR Regione Puglia e di altre Fonti di fi- nanziamento Ministeriali e Comunitarie. È uno degli enti che hanno ottenuto l’accreditamento delle sedi operative da parte della Regione Puglia. Ha accreditato le proprie sedi nelle 4 macro aree pro- poste dalla Regione: 1) Formazione Superiore 2) Formazione Continua 3) Obbligo Formativo 4) Area del Disagio La formazione è il riflesso della società, ma è anche speranza in una rinascita, per questo il C.I.F.I.R. Sacro Costato – Centro Servizi Formativi offre un modello culturale fondato su precise istanze morali. A tal proposito si specifica che il bacino di utenza nel quale il nostro Ente opera è rappresentato dalla Città Vecchia di Ta- ranto, la quale presenta numerose situazioni di sofferenza e di disagio sotto il pro- filo sociale. La quasi totalità della popolazione di questa zona si colloca, infatti, ai livelli medio-bassi della piramide sociale: numerose sono le famiglie prive di adeguate ri- sorse economiche. Il capofamiglia è spesso un disoccupato che vive di attività saltuarie; il più delle volte è aiutato dalla moglie (numerose sono, ad esempio, le mam-me che vanno a servizio presso altre famiglie) e dai figli (in molti casi avviati prematura- mente ad attività lavorative di tipo precario o marginale). La Città Vecchia è spesso caratterizzata dalla presenza di attività marginali che a volte vanno oltre i limiti della legalità. Numerosi sono gli alunni appartenenti a famiglie in cui sono presenti seri pro- blemi con la giustizia e molti hanno o hanno avuto uno o entrambi i genitori in car- cere. In questa ottica si inserisce l’attività formativa del CIFIR Sacro Costato, in quanto il nostro Team Direttivo pensa che nella “retta e sana educazione” abbia sede il motore del rinnovamento sociale. Da considerarsi di fondamentale impor- tanza è l’ispirazione religiosa del nostro Ente, che mira a formare non solo la pro- fessionalità, ma anche lo spirito dell’allievo per aiutarlo ad emergere dal contesto sociale di appartenenza. 127 Pertanto, l’intero gruppo operativo si propone di: – aiutare gli studenti a sviluppare personalità forti, capaci di scelte libere e coerenti con la fede cristiana e sostenerli nello sviluppo di competenze pro- fessionali in linea con il proprio percorso di crescita in relazione alla collet- tività e al territorio; – coordinare l’insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, affinché la conoscenza del mondo, della vita, dell’uomo che gli studenti ac- quistano sia illuminata dalla fede; – dar vita ad un ambiente comunitario formativo, il cui centro e modello è Cristo e in cui i principi evangelici diventino norme educative, motivazioni interiori e, insieme, mete finali. Le aree tematiche dei percorsi formavi proposti e realizzati negli anni gravi- tano intorno ai seguenti temi: – UTENZE SPECIALI (Handicap, Immigrati, giovani a rischio); – TURISMO; – RISTORAZIONE; – ICT-INFORMATION AND COMMUNICATION TECHNOLOGY; – AMBIENTE-VERDE; – GESTIONE AZIENDALE. Dal 1999 al 2006 sono stati attivati e conclusi positivamente molti corsi tra i quali sono qui di seguito elencati: – Operatore Contabile Informatizzato (obbligo formativo) – Operatore Tecnico del Turismo (obbligo formativo) – Operatore alberghiero e della ristorazione (obbligo formativo) – Assistente al Turismo (obbligo formativo) – Animatore Turistico 1° edizione (obbligo formativo) – Animatore Turistico 2° edizione (obbligo formativo) – Cuoco (obbligo formativo) – Office Automation e Servizi Internet (adulti disoccupati) – Creazione d’impresa turistica (pari opportunità mis. 3.14) – Assistente alla Lingua Italiana dei Segni (specializzazione) – Operatore di Segreteria Informatizzato (sordi) – Addetto alla manutenzione degli spazi verdi (disagio) – Ortovivaista (disagio) Da quanto sopra elencato si evince che il CIFIR Sacro Costato si è occupato principalmente di percorsi formativi rivolti a giovani in obbligo formativo, si è scelto di voler offrire ai giovani in dispersione scolastica una proposta di triplice valenza: educativa, culturale e professionale. Il Cifir Sacro Costato realizza proposte formative in risposta all’analisi dei bi- sogni professionali rilevati sul territorio. I settori della ristorazione, del turismo e dei pubblici esercizi sono stati partico- 128 larmente presi in considerazione per lo sviluppo di profili professionali in quanto offrono delle concrete opportunità occupazionali. Si può affermare che la vocazione turistica è caratteristica del nostro territorio. L’approccio metodologico è caratterizzato dai seguenti punti fondamentali: – centralità dell’allievo e del successo formativo; – didattica attiva ed apprendimento dall’esperienza; – professionalità progettuale; – organizzazione flessibile; – creatività ed autonomia; – portfolio competenze; certificazione competenze. L’Ente si connota in particolare per aver adottato una didattica assistita e forte- mente orientata all’acquisizione di competenze operative e di laboratorio. 5. I CNOS FAP sede di Bari e di Cerignola L’esperienza del CNOS FAP sede di Bari e di Ceri- gnola, e più in genere dei CFP salesiani ha origini molto lontane, che risalgono al santo fondatore: San Giovanni Bosco, Santo Patrono dei giovani e degli apprendisti. Il Lavoro è l’esperienza della prima infanzia di Gio- vanni Bosco. Lo vive come situazione gioiosa e creativa e come dura condizione per sussistere. Don Bosco fu un giovane lavoratore e del lavoro fece il suo campo privilegiato di intervento pastorale. L’Oratorio di Don Bosco, nella Torino della prima rivoluzione industriale, era composto soprattutto da scal- pellini, mutatori, selciatori, quadratori. Egli affermava sovente che un mestiere imparato bene, esercitato con co- scienza, rappresentava un arma indispensabile, per non essere sconfitti nella lotta per la vita. Guai a quel giovane che si fosse presentato a un datore di lavoro dicendo: non so far nulla, ma sono disposto a far tutto. Di ciò avrebbe immediatamente approfittato il padrone affidandogli un lavoro qua- lunque al minimo di paga. Don Bosco, che amava i suoi giovani capì questo pericolo. Pensò a renderli forti e ad insegnare loro un mestiere, che li rendesse, come oggi si dice “operai specializzati”. Per questo istituì le scuole professionali, creò i laboratori che rappresentavano, in piccolo, il mondo 129 artigianale e industriale del tempo, dando vita poco per volta a un sistema completo di educazione al lavoro che comprendeva istituzioni, programmi pedagogici, una figura particolare di religioso (in mezzo ai giovani con i giovani) e un regolamento per la scuola professionale. Le scuole professionali salesiane si ordinarono sempre meglio, si moltiplica- rono sempre di più e divennero famose non solo in Italia, ma anche in Europa e nel mondo. L ‘applicazione del Sistema Preventivo e del principio educativo cardine: “educare al lavoro attraverso il lavoro” ha dato buoni risultati al tempo di Don Bosco e continua ancora oggi. Quindi, l‘esperienza salesiana nel campo professionale si rifà a Don Bosco, che fin dal 1842 seguiva i giovani apprendisti presso le botteghe artigiane della città di Torino, fondava per loro scuole serali, festive e diurne e nel 1853 dava inizio ai laboratori interni prima per calzolai, sarti e legatori, poi per falegnami, ti- pografi e fabbri ferrai. In Italia, l’impegno dei salesiani per la formazione professionale (FP) è stato sempre vivo e si è continuamente rinnovato per rispondere alle esigenze mutate del contesto sociale, economico e politico. Il 9 dicembre del 1977 i Salesiani hanno scelto, tramite la costituzione del CNOS-FAP, lo strumento di una associazione di diritto civile per promuovere, ge- stire, rinnovare il proprio impe- gno di presenza nella formazione professionale. Era appena inizia- to il trasferimento della compe- tenza per la Formazione profes- sionale alle Regioni e, ad un anno di distanza, la legge quadro na- zionale 845/78 confermava la va- lidità della scelta associativa per essere presenti nella FP. Gli studi, le ricerche e la riflessione sull’esperienza hanno creato un patrimonio culturale e organizzativo che il CNOS-FAP consegna a quanti hanno a cuore la formazione professionale. Il Centro Salesiano di Formazione pro- fessionale di Bari è nato, entro questa logica, intorno agli anni ’50 affiancandosi all’Avvia- mento e alle scuole professionali esistenti. Dal 1978, col passaggio della Formazione Profes- sionale alle Regioni, viene costituito il CNOS FAP Regione Puglia con sedi a Bari, Cerigno- la, Manduria e Lecce. 130 La Mission Il Cnos Fap considera la formazione professionale, innovata fortemente, una risposta alle esigenze di una larga fascia di giovani che non accedono alla scuola secondaria superiore o sono emarginati dal sistema scolastico, e una autentica ri- sorsa per elevare la qualificazione dei vari soggetti del mondo del lavoro. Attraverso la Formazione professionale, il CNOS FAP mira a: 1) promuovere le dimensioni spirituale, educativa, culturale, sociale, politica e di solidarietà del lavoro umano; 2) educare alla convivenza civile sollecitando comportamenti coerenti a li- vello locale, nazionale, europeo e mondiale; 3) rispondere alla domanda formativa emergente dalle fasce sociali più deboli, specie di quelle giovanili; 4) realizzare iniziative di orientamento nella dimensione educativa e promo- zionale, favorendo specifici interventi rivolti a soggetti esposti al rischio di marginalità culturale, professionale e sociale; L’azione formativa del Cnos Fap si fonda su 4 strategie fondamentali. 1) La costituzione della Comu- nità formativa La costruzione della comunità è la premessa indispensabile al lavorare insieme, caratteristico della nuova or- ganizzazione del lavoro, nella piena valorizzazione delle “risorse umane”. 2) La qualificazione educativa e professionalizzante del CFP Il CFP dà particolare importanza ai valori educativi di base (formazione della coscienza, sviluppo della libertà responsabile e creativa, capacità di relazione, eser- cizio della responsabilità sociale e politica, educazione alla convivenza civile) af- finchè trovino nella dimensione professionale una piena affermazione, in prospet- tiva di una formazione unitaria ed integrale della personalità del lavoratore. A questo scopo offre ai giovani in formazione occasioni significative per assumere e maturare conoscenze, atteggiamenti, comportamenti e abilità operative coerenti con l’esercizio efficiente ed efficace della professione e propone esperienze per guidarli verso l’assunzione di un ruolo professionale adeguato. 3) La tensione verso una professionalità fondata su una valida e significativa cultura del lavoro e su un progetto di vita Il soggetto in formazione è sostenuto nello sforzo di acquisire un appropriato senso critico ed è aiutato a dare sistematicità alle proprie esperienze e a ricercarne il significato globale in una visione cristiana, secondo lo stile e il metodo di Don Bosco. 131 Per questo, ci si propone di umanizzare la formazione al lavoro e alla scelta profes- sionale; di integrare l’esperienza lavorativa nell’insieme della vita di relazione; di personalizzare la scelta e la pratica professionale e di inserire in forma attiva e par- tecipativa i giovani nel mondo del lavoro e della società civile ed ecclesiale nella prospettiva di una cultura della corresponsabilità e della solidarietà. 4) L’offerta del servizio di orientamento professionale Il servizio di orientamento integra e supporta l’intervento globale delle istitu- zioni formative in quanto offre un contributo specifico sotto il profilo psicopedago- gico, didattico e sociale, promuovendo nel giovane un processo di sviluppo di atti- tudini, preferenze, interessi e valori che esige una convergente azione formativa, in vista della “maturità professionale”. L’offerta formativa dei CFP CNOS FAP della Regione Puglia si articola in: – Formazione iniziale attraverso l’organizzazione di corsi per i ragazzi in di- ritto dovere alla istruzione e formazione professionale entro il 18° anno di età nei settori della: • Impiantistica elettrica civile e industriale • Automazione industriale • Conuizione di macchine utensili tradizionali e a controllo numerico – Formazione post diploma e superiore per i giovani disoccupati in possesso di una qualifica o un diploma di scuola secondaria di II grado e coloro che siano disoccupati ma in possesso di una Laurea nei settori della • Automazione industriale • Manutenzione industriale • Programmazione di Macchine utensili a CNC • Socio – assistenziale • Animazione culturale • Ambiente • Amministrazione d’azienda • Informatica • Energia • Sicurezza sul lavoro – Formazione continua per i lavoratori anche attraverso la formazione a cata- logo 132 6. EPCPEP di Ostuni L’Ente Pugliese per la Cultura Popolare e l’Educazione Professionale – E.P.C.P.E.P. –opera nel settore della Formazione da oltre 70 anni con una presenza capillare sul territorio attraverso sedi operative in 14 comuni pugliesi. Negli anni recenti ha realizzato, in convenzione con la Regione Puglia, attività formative nei seguenti settori: Industria, Turismo, Ambiente, Informatica e nell’ambito dei POR PUGLIA 2000-2006 Misure 3.3, 3.4, 3.2, 3.8, degli I.F.T.S 1999-2000-2001, nonché delle iniziative di apprendistato, finanziate dal Ministero del Lavoro e della Formazione continua L.236. Nell’anno formativo 2002 ha avuto assegnati, per le attività POR PUGLIA, oltre 100 corsi da realizzare nel biennio 02/03. L’E.P.C.P.E.P. ha realizzato, inoltre, progetti nazionali e comunitari di forma- zione/orientamento, quali i POM 94-99, Programmi di iniziativa comunitaria OC- CUPAZIONE (Volèt Integra eYouthstart), il Programma Leonardo da Vinci 2000 ed EQUAL 2002. Ha collaborato, in forma continuativa, con la Società per l’imprenditoria Gio- vanile (Ig) alla realizzazione, in Puglia, della fase formativa e di tutoring, prevista dalla L. 608. Anno inizio attività: 1923 (anno di fondazione). ATTIVITÀ Formazione Per Formazione Professionale, si intende tutta una serie di azioni collegate al mondo formativo e agli strumenti necessari allo svolgimento di una determinata at- tività professionale. La formazione professionale intende infatti sviluppare un’offerta di percorsi di apprendimento che soddisfino le esigenze di tutte le persone lungo l’intero arco della vita: – dei ragazzi, a partire dalla fine della scuola media fino ai 18 anni, per conse- guire un diploma o una qualifica e avere l’opportunità di formulare decisioni consapevoli sul piano educativo, professionale e di attuarle; – dei giovani per acquisire competenze nel momento dell’ingresso nel mer- cato del lavoro; – dei disoccupati per reinserirsi nel sistema economico-produttivo; – delle fasce deboli e a rischio di esclusione per integrarsi nel mercato del la- voro; – delle donne per migliorare l’accesso, la partecipazione e i percorsi di car- riera nel mercato del lavoro; – dei lavoratori adulti, nel mantenersi aggiornati rispetto ai nuovi saperi e al- l’innovazione tecnologica. 133 La formazione professionale soddisfa inoltre i fabbisogni formativi espressi dalle aziende e dal sistema economico-produttivo, perché promuove una forza la- voro competente, qualificata e adattabile, sostiene l’innovazione e l’adattabilità nell’organizzazione del lavoro, favorisce lo sviluppo dello spirito imprenditoriale, per la creazione di nuovi posti di lavoro, persegue la qualificazione e il rafforza- mento del potenziale umano nella ricerca, nella scienza e nella tecnologia. Le tipologie di formazione: – Formazione per la creazione d’impresa – Formazione all’interno dell’obbligo formativo Percorsi nell’apprendistato – Formazione nell’ambito dell’apprendistato post-obbligo formativo – Formazione per l’obbligo formativo – Obbligo formativo – Formazione al lavoro (post obbligo formativo) – Formazione post-diploma – Formazione integrata con l’università – Formazione per occupati (o formazione continua) – Formazione per la pubblica amministrazione – Formazione formatori Orientamento Le varie sedi EPCPEP rivolgono grande attenzione agli interventi di orienta- mento, intesi come supporto alla formulazione di un progetto personale lungo tutto l’arco della vita professionale. Interventi che si articolano, e sono proposti all’u- tenza, in tre modalità differenti: accoglienza e informazione, formazione orienta- tiva, consulenza orientativa. Il servizio di accoglienza e informazione si realizza attraverso colloqui perso- nalizzati con esperti messi a disposizione della sede di Foggia (psicologici, sociolo- gici, esperti del mercato del lavoro) La formazione orientativa può essere realizzata sia individualmente che per gruppi, ed è finalizzata al miglioramento delle cono- scenze di sé e delle proprie inclinazioni rafforzando alcune competenze con per- corsi e moduli formativi. La consulenza orientativa è essenzialmente un intervento individuale e personalizzato (ma può essere proposta anche a gruppi), ha una du- rata variabile a seconda delle necessità e delle risorse del soggetto, e si realizza con la modalità del sostegno orientativo. Nell’ambito dell’Orientamento, viene inoltre realizzato il bilancio di compe- tenze, ovvero un percorso di orientamento strutturato, che aiuta la persona a con- quistare consapevolezza delle proprie competenze, capacità, attitudini, aspirazioni professionali. Obiettivo del bilancio di competenze è progettare il proprio percorso professionale, attraverso la ricostruzione delle proprie conoscenze, abilità e risorse sociali, ed il confronto con il contesto esterno. A questo segue la definizione di un “piano d’azione” accompagnato per proporsi efficacemente sul mercato del lavoro. 134 Il percorso si rivolge a persone che hanno già maturato esperienze lavorative - e che intendono svilupparne nuove o proporsi ad altri settori professionali -, a gio- vani che si preparano ad entrare nel mondo del lavoro e a persone che desiderano progettare un reinserimento lavorativo dopo un periodo di assenza. Il bilancio di competenza non rappresenta solo un utile strumento per facilitare soddisfacenti percorsi professionali, ma è anche una vera e propria opportunità per le imprese, perché può garantire talenti fortemente motivati a raggiungere obiettivi aziendali, essendo un’azione finalizzata allo sviluppo della professionalità, in alcuni casi cor- relata strettamente alla formazione continua. Tirocinio Il tirocinio formativo è uno strumento che permette alle aziende di entrare in contatto con risorse preparate e selezionate e, allo stesso tempo, consente ai giovani di fare una prima esperienza di lavoro. Il tirocinio formativo è quindi una doppia opportunità, che la legge 196/97 ha introdotto a favore dell’occupazione. Si tratta di un periodo di presenza in azienda (fino ad un massimo di 12 mesi), finalizzato all’apprendimento di conoscenze professionali. L’assenza di qualsiasi obbligo di assunzione consente all’azienda di poter valutare le risorse più promettenti con le quali instaurare un rapporto professionale stabile. Cos’è il tirocinio per i giovani? Sembra impossibile che la ricerca di lavoro vada a buon fine se le aziende ri- chiedono sempre esperienze professionali già maturate. Il tirocinio formativo è uno strumento efficace per interrompere questo circolo vizioso, fornendo ai giovani un mezzo per entrare in azienda, farsi conoscere ed apprezzare, o per lavorare ad un progetto di sviluppo delle proprie competenze professionali e capacità personali. Il tirocinio formativo è rivolto a disoccupati e inoccupati, per inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro. Cos’è il tirocinio per l’azienda? Per le aziende è uno strumento che facilita la preselezione del personale senza peraltro avere obblighi di assunzione. Articolazione I beneficiari – Nessun vincolo di età – Per i giovani è sufficiente aver assolto gli obblighi scolastici, ma lo stage è accessibile anche a lavoratori adulti, e particolarmente utile, in questo caso, ad aggiornare la propria formazione e i requisiti professionali già posseduti. 135 La durata – Non superiore a 4 mesi per gli studenti che frequentano la scuola secon- daria. – Non superiore a 6 mesi per lavoratori inoccupati, disoccupati, compresi quelli iscritti alle liste di mobilità. – Non superiore a 6 mesi per gli allievi di istituti professionali di Stato, corsi di formazione professionale, studenti frequentanti attività formative post-di- ploma o post-laurea, anche nei 18 mesi successivi al completamento della formazione. – Non superiore a 12 mesi per gli studenti universitari, compresi coloro i quali frequentano corsi di diploma universitario, dottorati di ricerca o corsi di spe- cializzazione post-secondari anche non universitari, anche nei 18 mesi suc- cessivi al termine degli studi. – Non superiore a 12 mesi per persone svantaggiate ai sensi del comma 1 del- l’art. 4 della L. 381/91, con l’esclusione dei soggetti individuati al succes- sivo punto F. – Non superiore a 24 mesi nel caso di soggetti portatori di handicap. Le modalità di svolgimento – Nessun vincolo per l’azienda ospitante ad instaurare alcun rapporto di la- voro con il tirocinante alla fine dello stage. – Nessun salario, in quanto lo stage non configura in alcun modo un rapporto di lavoro; è possibile solo un eventuale rimborso spese; le modalità di erogazio- ne variano per tipologia dei tirocinanti e per la loro collocazione geografica. Monitoraggio Il sistema del monitoraggio si basa su un sistema di valutazione che mira a va- lutare l’efficacia dell’azione formativa e del raggiungimento degli obiettivi prefis- sati. L’azione valutativa è un processo parallelo alla formazione, che consente di intervenire sull’iter formativo evidenziandone punti di forza e debolezza e di inne- scare un meccanismo di correttivi. La valutazione interna mira a: – raggiungimento degli obiettivi generali e specifici del corso; – efficacia ed efficienza dell’impatto didattico/formativo; – pertinenza ed efficacia dei materiali e sussidi didattici; Vengono utilizzati quali indicatori: – numero partecipanti qualificati/numero partecipanti iscritti al corso; – livello medio di acquisizione di abilità/competenza dei partecipanti; – livello di soddisfazione dei partecipanti; 136 Il monitoraggio mira a: – accertare l’effettivo svolgimento dell’attività da programma; – definire la coerenza obiettivi risultati; Per quanto riguarda l’Area finanziaria si fa riferimento a questi indicatori: – costo orario della iniziativa; – incidenza del costo personale docente; – utilizzo del piano finanziario; Per quanto riguarda l’Area didattica si fa riferimento a questi indicatori: – numero dei partecipanti medi; – frequenza alla formazione; – proporzione tra allievi iscritti, frequentanti. Per quanto riguarda l’Area organizzativa si fa riferimento a questi indicatori: – grado di expertice dei docenti; – presenza docenti e tutor; – tecnologie didattiche utilizzate; – soddisfazione formati. La valutazione dell’apprendimento misura i traguardi raggiunti dagli allievi, durante il percorso e alla sua fine, rispetto alle conoscenze, capacità e abilità opera- tive e competenze. La misurazione riguarda tre aree. Nell’area della conoscenza si misura la capacità dell’allievo: – di mettere in relazione i contenuti dell’attività progettuale e i contenuti delle discipline scolastiche; – di verbalizzare le conoscenze sviluppate in seguito al progetto; – di definire mappe della realtà circostante, utilizzando le informazioni acqui- site; – di comprensione del metodo utilizzato. Nell’area dell’organizzazione al lavoro si misura la capacità dell’allievo: – di saper rispettare ruoli e compiti, regole e tempi; – di saper assumere iniziative personali; – di essere consapevoli della responsabilità del ruolo che rivestono all’interno del gruppo; – di essere in grado di comunicare all’esterno del gruppo. Nell’area del processo di lavoro si misura la capacità dell’allievo: – di rispettare le fasi del lavoro e i tempi di realizzazione; – di utilizzare gli strumenti di lavoro, anche seguendo una metodologia perso- nale; – di partecipare produttivamente alla progettazione dei compiti operativi; – di ricostruire il processo operativo, anche fuori dal contesto protetto. 137 Il meccanismo rappresentato dalla ruota evidenzia la circolarità di un processo costituito da: • progettazione del percorso formativo; • esecuzione delle attività didattiche; • verifica delle attività erogate (intermedia e finale); • attuazione di eventuali correttivi per migliorare la qualità delle attività. Tipologia corsi Obbligo Formativo Percorsi previsti dalla legge 144/99, art.68, comma 1, lett. b e c, realizzati nel sistema della formazione professionale e nell’esercizio dell’apprendistato. Formazione superiore Interventi formativi, corsuali o individualizzati, post-qualifica, post-diploma e post-laurea; rientrano in tali interventi anche i percorsi IFTS previsti dalla legge 144/99, art.69 e l’alta formazione relativa agli interventi all’interno di cicli univer- sitari. Formazione continua Interventi formativi, corsuali o individualizzati, destinati a soggetti occupati, nel settore pubblico e privato, in CIG e mobilità, a disoccupati per i quali la forma- zione è propedeutica all’occupazione, nonché ad apprendisti che abbiano assolto l’obbligo formativo. Formazione svantaggiati Interventi formativi, corsuali o individualizzati, destinati esclusivamente a tos- sicodipendenti, ex tossicodipendenti, nomadi, rifugiati, immigrati, prostitute ed ex prostitute, ristretti ed ex ristretti, persone positive hiv, disabili in età non scolare, diversamente abili, minori ad alto rischio, persone invalide e malati mentali. 4- Agire 3- Verificare 2- Fare 1- Pianificare La valutazione del gradimento delle attività corsuali serve a misurare la qualità delle attività formative messe in campo. Essa avviene secondo il principio della circolarità progettuale enunciato dalla ruota di Deming (1966). 138 Capitolo 3 La Formazione Formatori nei CFP Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO Nelle pagine che seguono sarà possibile prendere visione delle risultanze dei lavori dei due PW realizzati nei CFP a noi affidati. Si precisa, inoltre, che i docu- menti che seguono sono stati redatti da alcuni formatori referenti dei CFP; le AA hanno soltanto predisposto i format che, tanto nella fase documentale del 1° PW quanto in quella del 2° PW, hanno facilitato la riflessione e la meta-riflessione dei centri sulle esperienze di istruzione, formative ed educative vissute all’interno del- l’esperienza di formazione formatori. In alcuni casi, nei materiali proposti vengono nuovamente espressi concetti e definizioni già esposti nei primi due capitoli. La scelta di non apportare modifiche ai materiali dei vari Centri ha come obiet- tivo la valorizzazione delle diverse modalità di presentazione dei concetti condivisi. 139 I Project Work 1. Associazione Calasanzio Sede Legale: via Pirrotta n°2 – Sede Operativa: via Cavour n°7 – 73012 CAMPI SALENTINA (LE) tel/fax: 0832.720.162 – e-mail: associazionecalasanzio@virgilio.it PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “OPERATORE MARKETING ON-LINE DI PRODOTTI E SERVIZI TURISTICI E COMMERCIALI” Redatto da: dott. Carmine Centonze, tutor; dott.ssa Manuela Pulli, tutor Approvato da: Padre Giuseppe Zonno – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 140 • Introduzione Il progetto Integrazione 2003 “Operatore Marketing on-line di prodotti e ser- vizi turistici e commerciali” ha lo scopo di realizzare la sperimentazione di un si- stema educativo d’istruzione e di formazione, che consenta la crescita e la valoriz- zazione culturale e professionale dei giovani ai quali è destinato. Gli obiettivi dell’azione formativa sono di tipo conoscitivo ed operativo, e l’acquisizione delle competenze si avrà sia all’interno del percorso sia all’esterno di esso. L’esigenza delle aziende pugliesi di formare figure professionali con compe- tenze e conoscenze specifiche nel settore turistico, risponde alle nostre attese di formare giovani che siano in grado di utilizzare le tecnologie informatiche nell’or- ganizzazione e gestione aziendale con metodi tradizionali e soprattutto di promuo- vere e sviluppare attività commerciali e servizi on-line. • Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La provincia di Lecce è inserita in una regione come la Puglia che sebbene stia attraversando una fase di ripresa economica, cresce ancora a ritmi ridotti rispetto ad altre regioni, alternando cicli positivi e recessivi. Tale forte variabilità nel ritmo di crescita denota un’economia dinamica ed al contempo fragile, che risente in maniera particolarmente intensa di fasi congiuntu- rali negative a causa di squilibri strutturali. Negli ultimi anni, in tutti i settori produttivi si è manifestata l’esigenza di pre- sentare i prodotti e i servizi oltre che con i sistemi e le tecniche tradizionali anche in rete, per raggiungere un maggior numero di consumatori, per promuovere i pro- dotti e/o servizi, per gli scambi commerciali. Oggi, il Governo regionale e le Amministrazioni provinciali hanno riscoperto il patrimonio culturale e le potenzialità turistiche locali come nuova fonte di ric- chezza e crescita economica del territorio. L’incremento del turismo in generale e culturale in particolare, impongono di creare opportunità per il recupero, la valorizzazione e la tutela dell’ingente patri- monio artistico, tradizionale e folkloristico regionale. Dall’analisi statistica dei flussi turistici in Puglia, negli ultimi anni, si evi- denzia una tendenza a sostituire la ricettività classica alberghiera con campeggi e villaggi turistici, privilegiando, quindi, gli impianti per il turismo all’aria aperta. La comunità turistico alberghiera rappresenta una delle più importanti realtà all’interno del bilancio del nostro Paese, sia in termini di occupazione, sia in ter- mini economici. Tale area ha, infatti, una grande incidenza sulle attività produttive dell’Italia e il complesso delle attività legate al turismo genera una grande ric- chezza. Basti pensare che la domanda di beni e servizi riconducili al turismo per l’anno 2001 ha determinato per il nostro Paese una valore aggiunto stimabile al 141 1 ISFOL, Isfol orienta: manuale per gli operatori. Area “Turismo, ospitalità e tempo li- bero”, Franco Angeli, Milano 2003, p. 7. 5,7% del PIL1. Ciò ha determinato una crescita degli occupati della comunità pari al 4,3%. Tale crescita è omogeneamente distribuita nelle diverse aree geografiche e nella suddivisione delle aziende per numero di addetti. Considerando invece l’inquadramento dei nuovi assunti, la maggioranza di essi si avrà tra gli operai (nel caso della comunità professionale turistico alberghiera gli operai sono rappresentati dagli operatori: commis di cucina, commis di sala/bar, addetti al ricevimento), se- guiti dai quadri e dai dirigenti. Sul piano economico, l’ambito turistico e alberghiero si pone come un’attività di consumo in cui si realizza un trasferimento di quote di mercato da un territorio di origine, che è il luogo in cui le persone risiedono, ad un territorio di destinazione, che è la meta turistica. La classificazione economica di questa comunità si può defi- nire come un fenomeno complesso in quanto vi è sia una domanda di consumo di- retta, rivolta alle agenzie turistiche, agli alberghi, ai ristoranti, sia una domanda in- dotta rappresentata dalla produzione di ciò che occorre per il turismo in se stesso (come, ad esempio, la produzione di navi da crociera o dei prodotti alimentari). Il sistema turistico alberghiero non si identifica in una singola categoria di pro- dotti o di servizi ma piuttosto in una pluralità di prodotti e servizi in ragione del contesto in cui vengono acquistati o consumati. Infatti, sono collegate con l’ambito turistico e alberghiero tutto un ventaglio di attività, molto differenziate tra loro per funzioni e compiti specifici, ma accomu- nate tutte dall’erogazione del servizio verso il soggetto “turista”. La distanza tra le differenti figure scompare quando consideriamo che tutte, nella maggior parte dei casi, operano all’interno della stessa azienda (hotel), l’una magari al front-office l’altra in cucina, ma con l’obiettivo comune di soddisfare i bisogni del cliente. Inoltre, è di particolare importanza per comprendere la ricchezza, sotto il pro- filo economico e culturale della comunità turistica e alberghiera, notare come in questi anni sia avvenuta una progressiva proliferazione e frammentazione delle mo- tivazioni che conducono ad entrare nella “dinamica del turismo”. Ancor oggi è pos- sibile distinguere il viaggio “di vacanza” e il viaggio “di lavoro”, ma ad essi si as- sociano motivazioni sempre più variegate, che articolano la domanda rispetto alla comunità turistico alberghiera. Ciò che sembra offrire un’importante “pista” di lettura per comprendere la va- lenza culturale della comunità turistico alberghiera e che sembra accomunare le di- verse motivazioni è il fatto che il momento del turismo offre alle persone la possi- bilità di muoversi, di conoscere nuovi luoghi, di incontrare nuove persone e di co- noscere nuove culture e tradizioni, a livello artistico ma anche, ad esempio, a livel- lo enogastronomico. Questa dimensione di incontro con il nuovo, in una costante prospettiva di ritorno verso la propria meta di origine, consente alle persone di por- si in un ottica di scambio e di confronto, che incrementa non solo la conoscenza di 142 aspetti nuovi, ma anche la cura della dimensione relazionale in un’ottica di scam- bio e di reciprocità. Questa considerazione mette in rilievo in modo particolare l’importanza che ha a livello culturale questo ambito turistico e della ristorazione. La comunità turistico alberghiera si caratterizza inoltre per l’elevato livello di mobilità all’interno del paese ed in tutta l’Unione Europea incrementando ulterior- mente le già notevoli possibilità di inserimento professionale. Considerando le particolarità della comunità professionale turistica e della ri- storazione, possiamo desumere brevemente le caratteristiche che dovrebbero avere coloro che intendono entrare a farvi parte. Innanzitutto sembra essenziale una buona capacità di leggere e di interpretare autonomamente eventi, problematiche e tendenze del mondo circostante, buone capacità comunicative ed un comporta- mento improntati alla tolleranza, all’autocontrollo e al senso della misura. Inoltre, possono essere importanti una certa padronanza dei mezzi espressivi ed adeguate doti di precisione, attenzione e concentrazione. Dal punto di vista occupazionale, sebbene complessivamente nella regione siano presenti ampie fasce con un titolo di studio medio-alto e disponibile alla mo- dalità nel territorio, si registra un elevato tasso di disoccupazione. Per questo oggi è necessario assumere una specializzazione in risposta alle nuove richieste di un mercato in evoluzione. Negli ultimi anni, infatti, tutti i settori produttivi sono stati interessati da pro- cessi di informazione per raggiungere elevati livelli di produttività. La progressiva estensione dei “sistemi informativi” basati su tecnologie infor- matiche e su strumenti ad alta integrazione, ha modificato i processi di lavoro tradi- zionali e le relative professionalità esistenti. Il progetto intende dare risposta a queste esigenze, attraverso la formazione di operatori capaci di interpretare le vocazioni del territorio e l’evoluzione tecnologica e strutturale del mercato turistico. In questo scenario l’Operatore marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commerciali è un operatore che sulla base di indicazioni precise e nel rispetto della normativa di settore, applica procedure formalizzate e consuetudinarie e pone in essere transazioni di tipo cooperativo interne ed esterne alla realtà aziendale. L’Operatore marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commerciali uti- lizza o collabora alla progettazione - realizzazione di prodotti software per la pro- mozione del turismo ed alla vendita dei servizi associati, tramite rete telematica o con modalità tradizionali. Nello svolgimento del suo lavoro ha rapporti relazionali con le figure aziendali che con lui interagiscono quali, responsabili e capi ufficio, oltre che con altri operatori. La figura professionale in oggetto è dotata di strumenti logici, metodologici, operativi e abilità nell’utilizzo delle tecnologie multimediali. Questa figura professionale può rientrare nella categoria degli Addetti ai ser- vizi turistici. L’addetto ai servizi turistici è una figura polivalente che ha appreso delle com- petenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ri- 143 cettiva alberghiera o extra alberghiera (villaggi, campeggi, ecc), oppure come ad- detto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Potrebbe aspi- rare, con le dovute competenze, a divenire tecnico delle attività turistiche o a spe- cializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubblico o privato (settore della consulenza). La qualifica trien- nale potrà svilupparsi nei diplomi professionali di: Tecnico dei servizi turistici • Caratterizzare le tipologie di aziende presenti nella regione puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le spe- rimentazioni Le Amministrazioni locali pugliesi, nel corso degli anni, hanno posto l’attenzione sul turismo quale risorsa strategica per lo sviluppo economico regio- nale. Le attrattive di questa area geografica sono legate sia alle risorse ambientali che a quelle culturali. Nonostante ciò, la provincia di Lecce è da sempre conside- rata soprattutto una destinazione per il turismo balneare. D’altro canto, il potenziale legato al patrimonio culturale non pare essere stato sfruttato appieno. La crescente rilevanza del settore turistico può, in parte essere spiegata con l’incremento del reddito pro-capite nei paesi sviluppati che ha determinato un in- cremento più che proporzionale della domanda di beni di lusso, quali il turismo. La domanda di turismo è spesso caratterizzata da una forte stagionalità, dovuta all’azione di tutta una serie di fattori sia naturali (clima, stagioni) sia istituzionali (vacanze, eventi sociali, ecc.). I dati per la provincia di Lecce mostrano un incremento di circa 1350% in qua- rant’anni (1962 – 2003). Una certa stabilità caratterizza gli anni ‘60, mentre un trend crescente contraddistingue il periodo 1970 – 1999. Dal 1999 in poi il trend è decisamente crescente. I dati forniti dall’APT (Agenzia per il Turismo) permettono di effettuare un’a- nalisi comparata tra settore alberghiero ed extralberghiero. Le presenze di turisti nel periodo oggetto di analisi risultano in aumento in entrambi i settori i quali, però, si caratterizzano per diversi valori della durata media di soggiorno. Quest’ul- tima è data dal rapporto tra presenze ed arrivi di turisti e, per tutto il periodo analiz- zato, risulta superiore nel settore extralberghiero rispetto all’alberghiero. Analizzando le presenze mensili si nota come nei mesi di luglio e agosto siano sensibilmente maggiori, nonostante negli ultimi anni anche giugno e settembre re- gistrino una crescita. In termini relativi, più del 40% di presenze si concentrano nel mese di agosto mentre quelle di luglio si attestano intorno al 25%. Giugno e settembre raccolgono ciascuna circa il 10% delle presenze locali, mentre nessuno dei restanti mesi del- l’anno raggiunge il 4%. Tale forte stagionalità è giustificabile solo con il turismo di tipo balneare. 144 I dati forniti dall’APT per quello che riguarda l’offerta si riferiscono al numero di esercizi, di camere, di letti e di bagni presenti sul territorio tra il 1980 – 2003. L’offerta dei posti letto in provincia di Lecce è aumentata del 165% nel 2003 rispetto al 1980. All’inizio del periodo considerato, il settore alberghiero offriva circa 6.000 posti letto, mentre l’extralberghiero ne metteva a disposizione circa 13.000; nel 2003 si è passati rispettivamente a 15.000 e 35.000 posti letto. La maggior parte dei posti letto nel settore extralberghiero provengono dalla voce campeggi e villaggi turistici. Gli esercizi del settore alberghiero comprendono anche i residence e la distinzione è in base al numero di stelle. Valutare l’evoluzione degli esercizi in base alle suddette categorie permette di capire qual è il target di clientela cui puntano le imprese. Risulta- no in aumento i residence e gli alberghi a tre e a quattro stelle, mentre si riducono gli hotel a due e una stella. Tali dinamiche sono collegate al bisogno di migliorare la qua- lità del servizio offerto al fine di soddisfare una più esigente clientela. L’evoluzione lo- cale del settore alberghiero è coerente con la tendenza a livello nazionale. La consistenza dei flussi turistici in provincia di Lecce ha evidenziato, negli ultimi anni una evoluzione decisamente positiva, e in misura più marcata rispetto a quanto verificatosi nel panorama complessivo pugliese e più in generale nazionale. Lo sviluppo del settore e la maggiore consapevolezza da parte del territorio, della propria vocazione turistica, hanno posto in maniera evidente nuovi problemi e nuove sfide da affrontare. Sono stati rilevati mutamenti nelle scelte del consuma- tore – turista, sempre meno turista e più viaggiatore, che giunge a destinazione già preparato a conoscere non solo il territorio e le sue attrattive, ma anche la sua storia e la storia della sua gente; con un occhio rivolto anche agli eventi, alle occasioni che sul territorio stesso si manifestano. La crescita del livello culturale dei turisti, la sensibilità nei confronti delle que- stioni ambientali, il rispetto delle tradizioni e delle culture locali, sono diventati cri- teri fondamentali della scelta del luogo di vacanza. Adeguare l’industria turistica (imprese ed Enti pubblici) a questa tendenza non è soltanto un fattore di rispetto dell’ambiente e delle risorse, ma anche un elemento fondamentale dello sviluppo economico e turistico. Punti di debolezza di una vacanza nel Salento: • Pulizia delle spiagge • Servizio nettezza urbana nei centri abitati • Trasporti pubblici • Presenza nelle strutture ricettive di personale scarsamente professionale. Accoglienza, specializzazione degli operatori, controllo dei prezzi, prestazione qualitativa dei servizi, preciso ruolo del commercio e della ristorazione, dei tra- sporti e non da ultimo, ma decisiva, la responsabilità delle Istituzioni locali, dallo smaltimento dei rifiuti, alla tutela ambientale, ai servizi igienici, al traffico, alla se- gnaletica turistica e stradale, sono fattori da potenziare per un turismo di successo e 145 di ritorno. Non è sufficiente che il turista visiti il Salento, bisogna fare in modo che si innamori e ritorni. È necessario sottolineare i due obiettivi importanti per la “ cattura” dei turisti: • la promozione, cioè convincere il turista a scegliere il Salento • l’accoglienza, convincere il turista a ritornare nel Salento Si devono altresì adottare diverse politiche di promozione, commercializza- zione e accoglienza, in riferimento alla tipologia di prodotto considerato e presenti nel territorio: • turismo culturale • convegni e congressi • percorsi enogastronomici • percorsi archeologici • agriturismo e natura • terme e salute • percorsi religiosi Al fine dell’attrazione delle diverse tipologie di turista giocano un ruolo fonda- mentale. I SERVIZI ACCESSORI: risorse ambientali e monumentali, ricettività, ac- cesso al territorio, strutture informative e di intermediazione, attività culturali e ri- creative La MAGGIORE PROFESSIONALITÀ degli operatori del settore per la ge- stione e la promozione di Bed & breakfast, case vacanza, country house; la ge- stione di servizi di front office in un’ottica di accoglienza e cortesia; la gestione e la promozione di attività ricreative; la gestione attività di promozione e valorizza- zione dei prodotti tipici. 146 • Confrontare gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professio- nalità nelle aziende di riferimento 147 • Ipotizzare e definire nuove qualifiche e indirizzi esplicitando compiti/prodotti e competenze 148 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” COMPITO-PRODOTTO Realizzazione di un opuscolo, in cui vengano illustrate le offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dos- sier completo di informazioni turistiche, gastronomiche e culturali, itinerari e budget di spesa da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Salento. Prevedendo l’opuscolo differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto opuscolo. OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire tra gli allievi le condizioni per cui utilizzare tutti gli aspetti po- sitivi che vengono da un corretto lavoro di gruppo. • Promuovere negli allievi la capacità di ascolto, di dialogo, di confronto con le altre persone, in modo da acquisire capacità relazionali e comuni- cative. • Promuovere negli allievi la capacità di risolvere con responsabilità, indi- pendenza e costruttività i normali problemi della vita quotidiana perso- nale. • Offrire agli allievi strumenti per acquisire capacità decisionali sulla base della conoscenza di sé e di un sistema di valori, in modo da saper conce- pire progetti di vario ordine. • Aiutare gli allievi a superare prospettive d’analisi troppo parziali che im- pediscono la scoperta delle connessioni tra i vari campi del sapere, la convalidazione dei confini disciplinari, l’importanza unificatrice delle vi- sioni globali. • Facilitare la comprensione e il successivo utilizzo degli stili cognitivi più funzionali al raggiungimento degli obiettivi (sintetico o analitico a se- conda delle circostanze). • Promuovere la capacità di servirsi con proprietà degli strumenti di con- sultazione e degli strumenti informatici, per ottenere documentazioni, scrivere e archiviare. • Promuovere la capacità di navigare in internet per risolvere problemi, mirando alla selezione delle informazioni adeguate. • Favorire negli allievi l’acquisizione di conoscenze solide sulla struttura grammaticale dell’italiano, anche con opportuni confronti con l’inglese, il francese e lo spagnolo. • Promuovere l’utilizzo della lingua inglese, francese e spagnola per i prin- cipali scopi comunicativi e operativi. • Promuovere il rispetto, la cura, la conservazione e il miglioramento del- l’ambiente. • Promuovere la comprensione della realtà naturale con atteggiamento di curiosità, attenzione e rispetto. • Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Il centro di formazione professionale Associazione Calasanzio ha realizzato una Uda differente da quella prevista per il primo PW (quella del patentino). Per esi- genze didattico-organizzative e coerentemente al profilo professionale in uscita, i formatori del cfp hanno progettato e realizzato la UdA Opuscolo Salento e Turismo. 149 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche e grammaticali per una cor- retta stesura delle varie sezioni dell’opuscolo “Salento e turismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realiz- zare l’impostazione grafica dell’opuscolo. • Utilizzare la propria conoscenza della lingua inglese, francese e spagnola per scrivere il testo dell’opuscolo. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di infor- mazioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastrono- mica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. • Utilizzare le proprie competenze matematiche per elaborare un budget. • Strutturare un foglio di calcolo per la gestione di un budget (MS Excel). • Conoscere ed applicare i metodi di calcolo. • Conoscere la normativa ambientale e di sicurezza. • Conoscere i sistemi di certificazione obbligatori e volontari. DESTINATARI Allievi del secondo anno PREREQUISITI Rilevazione, durante la fase di stage del primo anno delle informazioni funzionali alla realizzazione dell’opuscolo. Inoltre, sono richieste le com- petenze acquisite nel primo anno TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 20 ore Formazione d’aula e laboratorio: 40 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA; 2) Divisione in gruppi; 1 3) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista, etc.) e sele- zione dei materiali; 30 4) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 6 5) Predisposizione dei budget di spesa in relazione agli itinerari proposti; 5 6) Predisposizione dello schema dell’opuscolo; 3 7) Realizzazione dell’opuscolo (disegno, grafica …); 20 8) Inserimento dei dati 9) Sperimentazione della fruibilità dell’opuscolo 10) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori METODOLOGIA • Intervista narrativa • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono 150 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” RISORSE UMANE Formatore dell’area scientifica: richiami sulle conoscenze di base (le operazioni fondamentali, calcoli necessari per gestire un preventivo di spesa), sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ricerca in rete, utilizzo della posta elettronica, utilizzo di Word, Excel, Power Point. Formatore dell’area dei linguaggi: sviluppo delle facoltà comunicative e descrittive, conoscenze di base della lingua inglese, francese e spagnolo. Formatore dell’area storico-socio-economica: conoscenza dei luoghi, culture, usi e costumi del territorio salentino. Conoscenza della normativa ambientale e dei sistemi di certificazione obbligatori e volontari. Formatore dell’area professionale: saperi professionali. Formatore delle competenze trasversali: (formatore di tecniche della comunicazione) sviluppo delle capacità personali. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI - Testi - Videoproiettore - Siti internet - Aula d’informatica con collegamento alla rete - Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: - schede valutazione oggettiva per ciascun allievo - autovalutazione all’interno del gruppo - verifica intermedia che ha come obiettivo quello di stimolare nell’allievo e nel gruppo lo spirito di autocritica - verifica finale 151 152 Sede Legale: via Pirrotta n°2 – Sede Operativa: via Cavour n°7 – 73012 CAMPI SALENTINA (LE) tel/fax: 0832.720.162 – e-mail: associazionecalasanzio@virgilio.it PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «SITO “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “OPERATORE MARKETING ON-LINE DI PRODOTTI E SERVIZI TURISTICI E COMMERCIALI” Redatto da: dott. Carmine Centonze, tutor; dott. Alessandro Mazzotta; dott.ssa Ma- nuela Pulli, tutor; Approvato da: Padre Giuseppe Zonno – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 153 • Introduzione Il secondo Project Work ha avuto come obiettivo quello di riflettere sulle pra- tiche di gestione dello stage e sugli strumenti per implementare le predette pratiche. Nel primo incontro si è riflettuto teoreticamente sulla gestione dello stage: a li- vello concettuale si è teorizzato sulle componenti che possono rendere lo stage una esperienza formativa. L’attività formativa è stata caratterizzata da un lavoro di gruppo sulle pratiche di stage in atto che partisse da una definizione del concetto di stage. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. FINALITÀ Il Centro di Formazione Professionale, nella sua visione si ispira alle se- guenti finalità: – far acquisire le conoscenze pratiche; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e pratiche; OBIETTIVI L’alunno è in grado di: – acquisire le conoscenze pratiche oltre a quelle meramente dichiarative; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e competenze pratiche; – sperimentare software di gestione turistica; – creare di pacchetti di viaggio; – relazionarsi con il cliente; – utilizzare altre lingue in forma corretta (compreso l’italiano). LO STAGE Lo stage si afferma come: – una prima esperienza di alternanza lavoro e studio; – un’esperienza lavorativa “protetta”; – un processo di integrazione tra lavoro e scuola; – una messa in opera dei processi teorici appresi. FINALITÀ L’alunno è in grado di: – acquisire le conoscenze pratiche oltre a quelle meramente dichiarative; – ricercare un equilibrio tra conoscenze teoriche e competenze pratiche. OBIETTIVO L’alunno è in grado di: – acquisire conoscenze pratiche che favoriscano un inserimento nel mondo lavorativo. – fare pratica in azienda. DISCIPLINE COINVOLTE Conoscenze di base: – Lingua Inglese – Lingua Francese – Lingua spagnola Conoscenze tecnico-professionali: – Applicazioni multimediali – Tecnica turistica – Marketing turistico Conoscenze trasversali: – Tecnica di comunicazione DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Non c’è stato un coinvolgimento del personale docente nelle attività di programmazione/progettazione/applicazione dello stage. Questo in virtù di una visione secondo cui lo stage è stato considerata un’esperienza a parte. Tutor Si relaziona durante l’esperienza di stage alle aziende partners. La Sua pre- senza si sostanzia in visite grazie a cui è possibile monitorare l’efficacia del processo. Le aziende partners allocate in Campi Salentina sono visitate ogni giorno; quelle nelle zone limitrofe hanno una cadenza bisettimanale. Le visite hanno i seguenti obiettivi: – rilevare le presenze dei ragazzi; – monitorare l’efficacia della esperienza, tanto in termini formativi, quanto in termini educativi; – testimoniare la produttività, ovvero la realizzazione dei prodotti le cui caratteristiche sono compatibili con il fare competente del profilo pro- fessionale. Non viene utilizzata una modulistica predisposta che testimoni l’intera esperienza. Altro personale Personale amministrativo Nella fase di progettazione dell’offerta formativa, alcune RU dell’ammini- strazione si interessano dell’attivazione delle partnership. Nella maggior parte dei casi, il parternariato è attivato sulla base delle disponibilità delle aziende di accogliere i ragazzi: c’è fortunatamente coincidenza tra le carat- teristiche. AZIENDE INTERESSATE Visto il profilo in uscita DURATA 100 ore primo anno 200 ore secondo anno 300 ore terzo anno 154 FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO – Visite guidate presso le aziende (primo contatto con le aziende del set- tore) – Osservazione ambiente di lavoro. – Conoscenza della realtà locale. SECONDO ANNO – Primo inserimento nell’organizzazione lavorativa. – Affiancamento del tutor aziendale. – Sperimentazione delle competenze acquisite – Interazione tra tutor del CFP e tutor aziendale (solo rilevazione pre- senze). TERZO ANNO Attualmente non è sicuro che l’esperienza si svolga nelle stesse aziende. Si vorrebbe indirizzarli verso strutture più specifiche (alberghi, villaggi turistici). METODOLOGIA – Prima la didattica e poi lo stage (in coda alle annualità) – 6 o 8 ore al giorno – Forum infrastage una volta alla settimana COMPETENZE DISCIPLINARI – Conoscenza e uso del pc – Contatti telefonici nella fase di fidelizzazione del cliente – Conoscenze linguistiche e di scrittura COMPETENZE TECNOLOGICHE – Uso del computer finalizzato alla realizzazione di prodotti professionali (opuscoli, siti web) anche se più nell’attività didattica d’aula. CONTENUTI – Settore professionale di riferimento – Profilo professionale di riferimento – Realtà locale – Professionalizzazione MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE – Registro di presenze – Forum infrastage con confronto orale RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) In fase intermedia: – risultati poco soddisfacenti in termini di soddisfazione degli allievi ri- spetto alle loro aspettative e rispetto alla possibilità di sperimentare le competenze acquisite. Quando ci si relaziona con gli operatori della FP che coordinano percorsi di istruzione e formazione professionale per i giovani, capita spesso di accogliere, da parte degli operatori medesimi, la visione di uno “stage”, non tanto concepita come esperienza formativa funzionale alla promozione dell’“alternanza scuola-lavoro” e luogo di apprendimento esso stesso, quanto piuttosto come esperienza di professio- nalizzazione, paragonabile, dunque ad una realtà simile a quella dell’apprendistato o del tirocinio secondo una visione che concepisce lo stage semplicemente in chiave addestrativa. «Che cosa sia uno stage», per le aziende che negli ultimi anni hanno fruito di questo strumento formativo, tende ad essere dato per scontato; e, molto spesso, 155 2 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit. anche per «quelle aziende» che vengono coinvolte in forma di parternariato nei percorsi di istruzione e formazione professionale gestiti dai Centri di Formazione Professionale. Il lavoro di gruppo ha evidenziato idee contrastanti e qualche volta contraddit- torie sullo stage e sullo scarso coinvolgimento delle aziende coinvolte nella realiz- zazione del percorso in fase progettuale. Per taluni lo stage è essenzialmente “prima esperienza di lavoro e di studio” per altri è essa stessa “esperienza lavora- tiva”, per altri ancora un “processo di integrazione tra lavoro e scuola; messa in opera dei processi teorici appresi” finalizzato ad acquisire conoscenze pratiche. Le stesse aziende non hanno idea del valore dello stage in un percorso di for- mazione professionale. Con il termine stage, nei materiali informativi riguardanti il progetto dell’asso- ciazione Calasanzio, si indica solitamente una fase prevista all’interno di un per- corso formativo professionalizzante. Lo stage consiste pertanto nel trascorrere un certo periodo di tempo all’interno di una realtà lavorativa allo scopo di verificare, integrare e rielaborare quanto appreso in aula e/o laboratorio. Lo stage viene atti- vato sulla base di una convezione e/ o protocollo di intesa tra azienda ed centro di formazione professionale in cui sono contenute le informazioni necessarie a garan- tire la regolarità dello stage in termini legali. Dal punto di vista didattico, invece, spesso non viene stipulato un progetto di stage per evidenziare le finalità didattiche dello stage. E questo fa sì che i ragazzi (e le stesse aziende) siano disorientate circa l’esperienza di tipo formativo che dovrebbe caratterizzare lo stage. L’alternanza scuola-lavoro risulta essere una dicitura complessa da definire per il fatto di essere tutt’ora in evoluzione da un punto di vista normativo. Le lezioni frontali, e i lavori di gruppo hanno indotto un processo di riflessione sulla pratica di gestione dello stage secondo quanto realmente vissuto dall’ente. I formatori si sono dichiarati soddisfatti soprattutto per aver potuto riflettere critica- mente sulle procedure ed i processi da attuare anche considerata la poca esperienza sul campo degli operatori e dello stesso ente di formazione. In occasione del secondo incontro di FF sulla base di altri elementi teorici ci si è concentrati pur sempre sulla realtà di gestione esistente nel CFP, presentando agli operatori della FP coinvolti in formazione, ai fini di una potenziale implementa- zione delle pratiche di stage esistenti, il modello di gestione dello stage secondo la proposta del Cnos nazionale2. L’incontro ha assunto le caratteristiche delle formazione laboratoriale a partire dalla presentazione degli strumenti per implementare l’esperienza di stage, come esperienza di apprendimento complesso secondo il modello e la metodologia elabo- rata dall’esperienza del CNOS FAP e descritta nella Guida alla gestione dello Stage. 156 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” COMPITO-PRODOTTO Realizzazione di un sito, in cui vengano illustrate alcune offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dos- sier completo di informazioni turistiche, gastronomiche e culturali, itinerari da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Sa- lento. Prevedendo il sito differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto sito. Visionare le schede proposte dal modello ha significato per gli operatori anzi- tutto riflettere in modo critico sulle procedure e sui processi attivati nella quotidia- nità. Come già sottolineato, nel secondo incontro, l’attività di presa visione delle schede prevista dal modello nazionale ha indotto autoformazione negli operatori: utilizzare delle schede per gestire le procedure e le pratiche di stage per gli opera- tori ha significato meta-riflettere sulle modalità e sui significati con cui i formatori stessi attribuiscono valore e senso all’esperienza di stage. Alla luce del lavoro di condivisione svolto, gli operatori dell’ente hanno pro- vato a personalizzare alcuni degli strumenti di implementazione della pratica di stage illustrati quali le schede di valutazione dello stage e, soprattutto, il diario di stage. Infine, sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi – effettuata in occasione del primo incontro della formazione formatori per la realizzazione del secondo Pro- ject Work – l’ultima parte del secondo incontro è stata dedicata all’approfondi- mento del modello di esami di qualifica proposto dalla sede nazionale del CNOS FAP. A tal fine è stato nuovamente illustrato il modello di esami di cui sopra e ci si è confrontati sulla pratica di gestione degli esami in uso presso il CFP e sulle moda- lità operative di miglioramento o di gestione più efficace dello stesso. • Scegliere utilizzare l’Unità di Apprendimento «sito “salento e turismo”» Il centro di formazione professionale Associazione Calasanzio ha realizzato per il secondo PW all’interno della esperienza di stage la realizzazione della UdA «SITO “SALENTO E TURISMO”» in continuità didattica della UdA realizzata in occa- sione del 1° PW. 157 DENOMINAZIONE OPUSCOLO “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche, grammaticali e informa- tiche per una corretta creazione delle varie sezioni del sito “Salento e tu- rismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realiz- zare l’impostazione grafica del sito • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di infor- mazioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastrono- mica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. DESTINATARI Allievi del terzo anno. PREREQUISITI Punto di partenza sarà l’Opuscolo “Salento e Turismo”, dal quale verranno estratte le informazioni per la realizzazione del sito. TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 70 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 2) Presentazione dell’UdA; 1 3) Divisione in gruppi; 1 4) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista) e selezione dei materiali; 5 5) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 10 6) Predisposizione dello schema del sito; 20 7) Realizzazione del sito (disegno, grafica); 33 8) Sperimentazione della fruibilità del sito 9) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori METODOLOGIA • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono RISORSE UMANE Formatore dell’area tecnico-scientifica: richiami sulle conoscenze di base, sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ri- cerca in rete, utilizzo di programmi specifici per la realizzazione di un sito quali Photoshop e Flash. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI – Testi – Videoproiettore – Siti internet – Aula d’informatica con collegamento alla rete – Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: – schede valutazione oggettiva per ciascun allievo – autovalutazione all’interno del gruppo – verifica finale 158 2. CIFIR di Bari C.I.F.I.R. VILFAN – Centro di Formazione Professionale Villaggio del Fanciullo S. NICOLA Piazza Giulio Cesare, 13 70124 BARI � 080/5425168 � 080/542 4298 E-mail cifir@tin.it P.I. 01094971007 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PROTOTIPO DELL’IMPIANTO ELETTRICO DI UNA CASA UNIFAMIGLIARE” CORSO DI “INSTALLATORE/MANUTENTORE IMPIANTI ELETTRICI CIVILI ED INDUSTRIALI” OFS 03015 Redatto da: dott.ssa Lucia Guaragno – Coordinatrice didattica Approvato da: Padre Vincenzo Mero – Direttore del C.F.P. A uso: Pubblico 159 Introduzione Nell’Ambito del finanziamento della Regione Puglia di percorsi formativi spe- rimentali triennali (Avviso n. 8/2003), rivolti agli studenti che nell’anno scolastico 2002/2003 hanno concluso il primo ciclo di studi, gli Enti di formazione Nazionali CNOS, CIOFS e SCF hanno formulato un’offerta di servizi in quattro principali aree d’azione (Ricerca e Supporto alla progettazione, Formazione Formatori, Mo- nitoraggio e Valutazione, Diffusione e Pubblicizzazione). Obiettivo degli Enti nazionali è quello sia di garantire una azione di qualità per un significativo numero di percorsi sia di consentire agli enti operativi pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza accumulato a livello nazionale. Questo riteniamo dia modo di favorire l’effetto moltiplicatore che “buone pra- tiche” elaborate a livello nazionale (in special modo dagli enti proponenti) possono generare per le realtà della Regione Puglia. Le singole azioni proposte stanno supportando i progetti di sperimentazione anche attraverso un’azione globale di coordinamento che si pone l’obiettivo di inte- grare tutti gli attori in una cornice condivisa e partecipata. Obiettivi: L’integrazione tra scuola e formazione professionale è, ora più che mai, occa- sione di sperimentazione e ricerca, terreno di prova per nuovi assetti futuri, occa- sione di valorizzazione delle diverse esperienze e specificità in cui tutto può essere riconsiderato a condizione che si mantenga come punto di riferimento l’allievo e la risposta ai suoi fabbisogni. Per tal motivo si ritiene di investire in un’azione di ri- cerca e supporto relativa alle azioni messe in atto riguardo alle intese Stato-Regioni tendenti a definire il modello di istruzione e formazione: – Normative, esperienze, applicazioni. – Modelli e prassi di OF, sviluppati nel contesto nazionale, in grado di dare ri- sposte non solo a specifici bisogni di allievi, famiglie e sistemi, ma anche fornire indicazioni su approcci, percorsi, metodologie e strumenti che pos- sano essere applicabili nell’ambito del progetto, con particolare attenzione ai modelli di personalizzazione di percorsi formativi. – Sviluppi, tendenze, metodologie, relative alle certificazioni di competenze e crediti formativi nelle attività formative integrate Queste le finalità e gli obiettivi del Progetto Formazione Formatori. Chi scrive ha seguito tutti gli incontri organizzati dalla SFC sin da aprile 2004. Inizialmente sono state fornite le normative, le applicazioni e i possibili svi- luppi delle Leggi nazionali: accordo tra il MIUR, il Ministero del Lavoro, le Re- gioni, per la definizione di standard minimi formativi; Legge 53/ del 28 marzo 2003: Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione profes- sionale. 160 Tali strumenti si sono resi indispensabili per orientarci nella nuova “Sperimen- tazione”. Ad ogni buon conto, ciò che ha reso questo progetto stimolante e signifi- cativo è stata l’organizzazione del 1° Project work. Il confronto con i docenti e i responsabili di altri Enti pugliesi, impegnati nella realizzazione dei progetti integrazione, è stato davvero edificante ed a tratti illumi- nante. Ognuno ha portato la propria esperienza e dallo scambio fecondo di queste ciascuno ha trovato il modo di realizzare la 1° annualità dell’Offerta Formativa Sperimentale 2003. Il confronto, però, coi modelli e la prassi di OF, sviluppati in regioni del nord Italia, l’ho trovato deludente. I modelli della Regione Piemonte o della Regione Ve- neto, li trovo molto distanti da quello della Regione Puglia nella quale siamo chia- mati a realizzare il Progetto Integrazione 2003. Decisamente apprezzabili le risorse umane messe in campo, in modo partico- lare il tutoraggio (per il nostro Centro la dott.ssa Cristina Baldi) di cui abbiamo po- tuto disporre per la realizzazione dei nostri obiettivi. 161 162 a) Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La qualifica del corso “Installatore/Manutentore Impianti Elettrici Civili e In- dustriali” fa’ perfettamente riferimento alla Qualifica di Operatore Elettrico ed Elettronico riportata nella guida della comunità professionale Elettrica ed Elettro- nica. DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore elettrico ed elettronico è una figura polivalente in grado di ef- fettuare assemblaggi, installazioni e riparazioni di apparecchiature e si- stemi elettrici ed elettronici di media complessità. All’operatore elettrico ed elettronico è richiesto di saper svolgere i se- guenti compiti: 1. Lettura e interpretazione di schemi elettrici ed elettronici 2. Esecuzione di impianti elettrici/elettronici nel rispetto della norma- tive e delle legislazioni vigenti di settore; 3. Verifica di impianti e apparecchiature con l’ausilio di strumentazione adeguata; 4. Esecuzione delle lavorazioni meccaniche richieste dalla figura pro- fessionale; 5. Organizzazione e gestione del piano di lavoro; 6. Ricerca e recupero di eventuali anomalie; 7. Manutenzione ordinaria degli impianti e apparecchi elettrici ed elet- tronici; 8. Registrazione dei dati tecnici relativi al processo lavorativo e ai risul- tati; 9. Utilizzo dei materiali e della componentistica elettrica ed elettronica al fine di effettuare scelte corrette in fase di dimensionamento e di in- stallazione; 10. Applicazione dei concetti fondamentali dell’elettrotecnica e delle metodologie d’impiego degli strumenti per la verifica dei circuiti elettrici ed elettronici; 11. Rispetto delle norme di prevenzione infortuni e sicurezza nel lavoro (Dlg 626/94); 12. Inserimento consapevole e responsabile nell’ambiente di lavoro in ri- ferimento agli aspetti economici, organizzativi, sindacali, contrat- tuali, ecc. 13. Uso dei mezzi informatici per la scelta della componentistica tramite cataloghi in formato elettronico e per l’esecuzione dei disegni (Ap- plicativi CAD). FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1. Installatore manutentore impianti civili e industriali 2. Installatore manutentore impianti di automazione industriale 3. Installatore manutentore di sistemi elettronici 4. Assemblatore, manutentore di personal computer e installatore di reti locali; CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1. Tecnico elettrico 2. Tecnico elettronico 3. Tecnico informatico 163 b) Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le speri- mentazioni Con circa 1.576 mila abitanti, la provincia di Bari denota un alto livello di ur- banizzazione (83% e 4° posto fra le 103 province) ed un’accentuata densità demo- grafica (307 abitanti per kmq e 4° posto nel Mezzogiorno). Il saldo demografico positivo riflette un alto tasso di natalità, a cui si affianca una netta prevalenza della popolazione con meno di 15 anni (17,9%) su quella oltre i 64, che denota una strut- tura per età relativamente giovane e con un carico delle classi senili (14,1%) tra i più bassi della Penisola. Tessuto imprenditoriale Con circa 150.000 aziende, nella provincia di Bari è localizzato il 40% del tes- suto imprenditoriale pugliese. Il sistema produttivo è caratterizzato dalla ridotta di- mensione e dal prevalere delle ditte individuali. Rispetto al contesto regionale, meno significativo appare il ruolo del settore primario, che comunque incide sul totale eco- nomia in misura sensibilmente più rilevante (27,3%) che nel resto del Paese (17,8%). Anche l’industria, con una quota in linea con la media nazionale, è una delle più flo- ride del Mezzogiorno (4° posto) e tende verso configurazioni distrettuali. Occupazione Il versante occupazionale presenta luci ed ombre. La quota di occupati (com- prendente i lavoratori sia pubblici che privati), pressoché stazionaria, copre il 36,6% delle forza lavoro, realizzando la seconda migliore performance della Pu- glia, pur attestandosi su livelli significativamente inferiori alla media nazionale. Il numero di addetti impiegati dalle imprese, tuttavia, risulta in diminuzione: nel triennio 1997-99, infatti, questi sono passati da 238.666 a 211.458, l’11,40 % in meno. Il tasso di disoccupazione (16,7%), quantunque rappresenti il valore più con- tenuto della regione, ad eccezione di Brindisi, rileva rispetto al tasso medio italiano un differenziale di 5 punti percentuali ed una dinamica divergente in ragione del sensibile incremento dovuto all’ingresso di nuova forza lavoro sul mercato. Valore Aggiunto Bari è la provincia del Mezzogiorno, ad eccezione di Napoli, che più contri- buisce alla formazione del reddito prodotto in Italia (2,1%). Il valore procapite, pur significativamente superiore ai dati regionale e ripartizionale, permane sensibil- mente più basso della media italiana, anche in ragione della crescita più lenta del- l’aggregato a livello provinciale. La distribuzione per settore del Pil evidenzia, ri- spetto all’Italia, la rilevante propensione agricola della provincia (6,1%) e la consi- derevole incidenza del commercio e dei trasporti (rispettivamente 4° e 6° posto tra le province del Mezzogiorno). Inferiore alla media nazionale appare l’apporto (7,8%) fornito dall’artigianato al Pil provinciale. Tuttavia, il comparto sembra es- sere caratterizzato dalla presenza di attività discretamente remunerative, anche in virtù della presenza sul territorio barese di realtà distrettuali o quasi distrettuali. Apertura mercati La presenza di alcune realtà manifatturiere a decisa vocazione internazionale contribuisce in modo determinante all’alto valore delle esportazioni registrato dalla provincia nel 1999, pari a oltre 4.666 miliardi di lire. Il giro d’affari con l’export è quindi molto positivo (2° posto tra le province meridionali) e garantisce alla pro- vincia un’elevata copertura nell’interscambio ed un saldo della bilancia commer- ciale che consegue la migliore performance del Mezzogiorno. Tuttavia la propen- sione all’esportazione (11) è meno della metà della media nazionale ed anche il tasso di apertura (17,2) è lontano dai livelli italiani. Reddito e consumi I valori procapite di alcuni indicatori di carattere economico, quali reddito dis- ponibile e consumi finali interni, configurano per le famiglie baresi standard di vita superiori alla media delle province pugliesi e del Mezzogiorno in generale. Si regi- stra tuttavia un marcato ritardo rispetto alla media nazionale e lontane sembrano es- sere le realtà italiane più floride, circostanza testimoniata dal livello di ricchezza per abitante, inferiore di circa il 20% dal dato italiano, e dall’alta incidenza della spesa alimentare sul complesso dei consumi (21%), indicativa della propensione a soddisfare i bisogni di prima necessità. Nella provincia di Bari i settori di attività che prevedono un incremento occu- pazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 1.599 posti di lavoro, l’85% dei quali riservati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 819 posti di la- voro, il 73% riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+497 con un 36% riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 1.500 con un 34% ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 44% riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). 164 Nella provincia di Brindisi i settori di attività che prevedono un incremento oc- cupazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 239 posti di lavoro, l’86 % dei quali ri- servati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 174 posti di la- voro, il 68 % riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+ 42 con un 29 % riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 159 con un 30 % ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 38 % riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). Nella provincia di Taranto i settori di attività che prevedono un incremento oc- cupazionale nel prossimo biennio sono: – industrie tessili ed abbigliamento ( + 249 posti di lavoro, l’91 % dei quali ri- servati a persone in possesso del diploma di scuola media inferiore che ab- biano acquisito una qualifica professionale); – industrie metallurgiche e della lavorazione dei metalli (+ 493 posti di la- voro, il 68 % riservato a persone in possesso del diploma di scuola media in- feriore che abbiano acquisito una qualifica professionale); – industria delle macchine elettriche e dell’impiantistica in generale (+ 236 con un 25 % riservato a persone in possesso di qualifica professionale di base); – settore dei servizi - del terziario e terziario avanzato (+ 591 con un 35 % ri- servato ai diplomati in possesso di qualifica specifica ed un 44 % riservato a persone in possesso di licenza media inferiore che abbiano però acquisito una qualifica professionale specifica). Fonti: – Il Corriere della Sera – Il Sole 24 ore. – Interviste con testimoni privilegiati esperti del settore – La Gazzetta del Mezzogiorno – Ministero del Lavoro – Pubblicazione della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricol- tura di Bari – Pubblicazioni dell’Unione Europea – Pubblicazioni e Compendio Statistico Italiano ISTAT – SVIMEZ – Unioncamere 165 c) Confrontare gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professio- nalità delle aziende di riferimento L’installatore manutentore di impianti elettrici civili ed industriali offre un grado medio di polifunzionalità: effettua l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei segnali, ecc.; effettua l’installazione manutenzione di semplici im- pianti industriali; opera in relazione con altre professionalità quali i progettisti, i tecnici, i fornitori, gli installatori termoidraulici, i muratori. L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole – medie imprese o presso arti- giani che operano: – nel settore dell’impiantistica elettrica nelle abitazioni, nelle attività commer- ciali, negli ambienti industriali, ecc.; – nel settore dell’installazione/manutenzione di impianti per la gestione ed il controllo degli accessi: apricancelli, TVCC, automatismi in genere; – nel settore della gestione intelligente della sicurezza degli edifici (antintru- sione, risparmio energetico, rivelazione incendi); – nel settore della distribuzione commerciale degli articoli elettrici. Nello svolgimento del lavoro intrattiene rapporti con l’ufficio tecnico, con il magazzino, con i fornitori esterni, con il cliente e con le figure tipiche presenti nei cantieri. Sviluppi ulteriori della professionalità possono condurlo al lavoro autonomo, dopo aver acquisito esperienza come lavoratore dipendente per il periodo previsto dalla legge n. 46/90, o a specializzazioni ulteriori quali: addetto all’automazione con PLC, installatore di reti informatiche e telefoniche, installatore di antenne TV e TV satellite, ascensorista, addetto alla domotica, ecc. È una figura destinata ad evolversi in vista delle sempre maggiori esigenze di automazione, monitoraggio ed informatizzazione degli impianti. Si prevede il ri- corso a sistemi programmabili di gestione degli impianti che si caratterizzano per la presenza di competenze nei settori elettronico ed informatico/industriale. Si pre- vede la diffusione di sistemi programmabili di gestione degli impianti con conse- guente richiesta di personale competente nei settori elettronico ed informatico. L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali garantisce la regola d’arte nella realizzazione, ampliamento, trasformazione e manutenzione di impianti utilizzatori adibiti a uso civile e industriale in categorie 0 e 1 (Norma CEI 64-8 3° ed., Legge 46/90 e DPR 447/91) in modo autonomo e/o sulla base di infor- mazioni mobilitando anche tutte le risorse acquisite quali i saperi e le abilità propri dell’area linguistica, antropologica, etica e scientifica e le capacità personali colti- vate. 166 d) Descrizione sintetica delle competenze necessarie a coprire il ruolo e svol- gere i relativi compiti Sapere (conoscenze) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali ha cono- scenza dei materiali, utensili ed attrezzi a mano e/o elettrici, strumenti di misura, apparecchiature di comando e controllo, di manovra e protezione, canaline, cas- sette, conduttori e cavi elettrici e degli altri prodotti tecnici disponibili sul mercato, nonché delle loro caratteristiche di funzionamento, d’uso e di installazione. Pos- siede inoltre conoscenze del disegno elettrico, delle norme legislative, delle norme tecniche e antinfortunistiche, dell’elettrotecnica, della matematica, della legisla- zione del lavoro, della lingua inglese, dell’informatica, dell’organizzazione del la- voro, e degli altri saperi e abilità propri dell’area linguistica, antropologica, etica e scientifica. Saper fare (capacità e abilità operative) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali: – svolge mansioni soprattutto esecutive, osservando le norme in materia di si- curezza e prevenzione; – interpreta la documentazione che accompagna il progetto (disegni, schemi, schede tecniche, manuali); – predispone i materiali e le attrezzature da utilizzare; – stabilisce il piano di lavoro; – utilizza correttamente gli attrezzi di lavoro e ne cura la manutenzione; – effettua l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei se- gnali, ecc.; – effettua l’installazione / manutenzione di semplici impianti industriali. È in grado di compiere interventi in autonomia che riguardano: – la soluzione di problemi non previsti che emergono dalla situazione; – la segnalazione di anomalie ed il loro recupero. Saper essere (capacità e abilità comportamentali e attitudinali) L’installatore manutentore di impianti elettrici civili e industriali può svolgere la sua attività lavorativa alle dipendenze di terzi oppure come lavoratore autonomo o in cooperazione. Nello svolgimento del lavoro intrattiene rapporti con l’ufficio tecnico, con il magazzino, con i fornitori esterni, con il cliente e con le figure ti- piche presenti nei cantieri. Ha inoltre rapporti relazionali con Enti pubblici, con altre aziende, con società pubbliche e/o private per l’espletamento di pratiche am- ministrative, fiscali, di carattere normativo e di certificazione. 167 FIGURA PROFESSIONALE INSTALLATORE MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI Denominazioni equivalenti Impiantista civile e industriale; installatore e manutentore di apparati elettromeccanici; elettricista impianti- sta industriale e abitazioni civili; Installatore e manutentore di sistemi elettrici ed elettro- meccanici civili elettricista impiantista (Obn) Note Compiti specifici L’installatore manutentore di impianti elettrici (m/f) è una figura professionale in grado di svolgere una varietà di compiti: - lettura e interpretazione di schemi elettrici: topografici, funzionali, di principio e di montaggio; - conoscenza dell’elettrotecnica di base; - dimensionamento tramite tabelle delle condutture elettriche; - scelta e verifica della funzionalità dei dispositivi di comando, di protezione e dei componenti elettrici; - uso corretto della terminologia tecnica; - collaborazione nella verifica degli impianti elettrici; - esecuzione dell’installazione degli impianti elettrici e di segnale; - esecuzione degli impianti citofonici e videocitofonici; - esecuzione delle verifiche, della ricerca di eventuali anomalie e loro riparazione, della manutenzione di impianti elettrici; - misura tramite multimetro dei parametri elettrici caratteristici: resistenza, tensione, corrente; - cablaggio e messa in opera dei centralini di distribuzione; - conoscenza della struttura, del principio di funzionamento del M.A.T. e del TRASFORMATORE; - cablaggio e messa in opera di quadri elettrici di comando per avviamento/inversione M.A.T.; - conoscenza dei componenti elettronici (resistenze, condensatori, diodi); - realizzazione dei circuiti elettronici fondamentali: alimentatore semplice e stabilizzato; - uso del PLC per la realizzazione di semplici automatismi di comando e di movimentazione; - realizzazione di semplici preventivi di impianti elettrici. Pertanto egli possiede particolari abilità che gli permettono di avere: – capacità di dare e ricevere informazioni; – capacità di problem solving; – capacità di problem setting; – capacità di orientamento per il raggiungimento degli obiettivi; – affidabilità nella scelta delle soluzioni proposte; – capacità di dialogare con i soggetti posti ai vari livelli gerarchici e/o funzio- nali e/o di progetto, collaborando nel proporre obiettivi; – capacità di programmare e valutare i risultati. • Confronto con la guida Dal confronto del Progetto Corso dell’OFS03015 con la guida della comunità professionale elettrica ed Elettronica del CIOFS FP/CNOS FAP, risulta che la descri- zione dei compiti caratterizzanti la figura in uscita è esattamente la stessa riportata di seguito: 168 Collocazione organizzativa Trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole-medie imprese o presso artigiani che opera- no: nel settore dell’impiantistica elettrica nelle abitazioni, nelle attività commerciali, negli ambienti industriali, ecc.; nel settore dell’installazione/manutenzione di impianti per la gestione ed il controllo degli accessi: apricancel- li, automatismi in genere; nel settore della ricezione e distribuzione commerciale degli articoli elettrici. ATTIVITÀ Lavori di gruppo per la realizzazione della planimetria di una casa unifamiliare, del di- segno dell’impianto elettrico, dello sviluppo degli ambienti; realizzazione del plastico; realizzazione di un piccolo manuale descrittivo del lavoro svolto in italiano ed in inglese. COMPITO – PRODOTTO Plastico di una casa unifamiliare corredato di impianto elettrico e di un breve manuale bilingue. OBIETTIVI FORMATIVI Il soggetto è in grado di: – analizzare e comprendere il compito assegnato; – affrontare i problemi e mettere in atto comportamenti adeguati a risolvere le situazioni; – lavorare in gruppo; – prendere iniziative; – assumersi responsabilità. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDI- MENTO Il soggetto è in grado di: – disegnare una planimetria; – progettare un impianto elettrico elementare; – disegnare lo schema di un impianto elettrico elementare; – tradurre alcuni termini tecnici. DESTINATARI Tutti gli alunni del corso OFS 03015: Installatore/manutentore impianti elettrici civili eindustriali TEMPI DI SVOLGIMENTO La durata della UdA è prevista in 34 ore complessive del modulo di Personalizzazione dei percorsi (recuperi ed approfondimenti) ed è da svolgersi a maggio 2005. SEQUENZA IN FASI ED ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA da parte di un formatore. 2) Svolgimento del sub-modulo 1 di Disegno per la realizzazione della planimetria di una casa unifamiliare nella scala opportuna e dello sviluppo degli ambienti. 3) Svolgimento del sub-modulo 2 di Pratica di laboratorio per la realizzazione disegno dell’impianto elettrico unificare. 4) Svolgimento del sub-modulo 3 di Pratica di laboratorio per la realizzazione del pla- stico. 5) Svolgimento del sub-modulo 4 di Inglese per la realizzazione di un piccolo manuale descrittivo del lavoro svolto in italiano ed in inglese. e) Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Inizialmente si ipotizzava la sperimentazione della UdA sul patentino, ma un’a- nalisi del contesto classe ha rilevato la mancanza di condizioni oggettive e sogget- tive necessarie per l’erogazione di quella Uda. Si è quindi ipotizzata una UdA che consentisse un’alternativa alla didattica d’aula per una componente specifica di de- stinatari. È stata così realizzata una UdA che approfondisse un’area di interesse dei destinatari (la pratica di laboratorio) sulla base di una struttura standard. 169 RISORSE UMANE COORDINATORE: si prenderà cura dell’aspetto gestionale dell’UdA. FORMATORI INTERNI: Formatore del modulo di disegno per lo sviluppo del submodulo 1 (n°12 ore di teoria) Formatore del modulo di Pratica di laboratorio per lo sviluppo dei submoduli 2 e 3 (n° 18 ore di pratica) Formatore del modulo di Inglese per lo sviluppo del submodulo 4 (n° 4 di teoria) MATERIALI - Fogli da disegno, squadre, matite, gomme. - Balsa per plastici, collante, taglierini. - Componenti elettrici per modellismo; - Fogli colorati, spillatrice, pennarelli. 170 C.I.F.I.R. VILFAN – Centro Servizi Formativi Villaggio del Fanciullo S. NICOLA Piazza Giulio Cesare, 13 70124 BARI � 080/5425168 � 080/542 4298 E-mail cifir@tin.it P.I. 01094971007 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE SECONDO PROJECT WORK AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE LO STAGE: FONDAMENTI CONCETTUALI E IMPOSTAZIONE PROGETTUALE Redatto: dalla coordinatrice didattica: dott.ssa Guaragno Lucia Approvato: dal Direttore del C.F.P. P. Vincenzo Mero Uso: pubblico 171 • Introduzione «Bisogna amare i fanciulli con amore tenero e paterno: è questo il segreto dei segreti per guadagnarli a Dio e salvarli». (P. Annibale Maria Di Francia) Questa espressione tratta dai numerosissimi scritti di Sant’Annibale Maria Di Francia, rivela il suo bisogno insopprimibile di spendere la sua vita per il “pros- simo”, in modo particolare nella persona dei poveri, degli orfani e dell’infanzia ab- bandonata. Sant’Annibale è nato a Messina il 5 luglio 1851 e vi è morto il 1° giugno 1927. A 18 anni, si sentì chiamato al sacerdozio, con una vocazione che lui stesso de- finì “improvvisa, certa e irresistibile”. A questa età percepì pure l’importanza del comando di Gesù «la messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate (Rogate) il Padrone della messe perché mandi operai alla sua messe» (Mt 9,38; Lc 10,2). L’incontro con un mendicante quasi cieco, che gli chiedeva l’elemosina, portò Padre Annibale nel luogo più malfamato di Messina chiamato “Quartiere Avi- gnone”. Qui si dedicò completamente alla cura dei poveri, dei fanciulli e delle bambine esposte a tutti i pericoli. In quel luogo, ritenuto stimolo del vizio e della depravazione, Padre Annibale iniziò, più di un secolo fa, gli Istituti educativo-assistenziali detti “Orfanotrofi An- toniani”, destinati all’infanzia abbandonata. La sua preoccupazione non fu solo quella di dare il pane e il lavoro ma soprat- tutto di educare in modo completo la persona, moralmente e religiosamente. Avrebbe voluto abbracciare i poveri e i bambini di tutto il mondo. Ma come fare? La parola del Vangelo percepita fin dalla sua adolescenza, gli aprì questa pos- sibilità. «Cosa sono questi pochi orfani che si salvano e questi pochi poveri che si evangelizzano, dinanzi a milioni che si perdono e sono abbandonati come gregge senza pastore? Ho considerato i limiti delle mie forze e delle mie capacità, ho cercato una via d’uscita e l’ho trovata ampia ed immensa nelle parole di Gesù: “Pregate dunque il Padrone della messe...”. Allora mi è sembrato di avere trovato il segreto di tutte le opere buone e della salvezza di tutte le anime”. (P. Annibale Maria Di Francia) Per realizzare nella Chiesa i suoi ideali apostolici ha fondato due Congre- gazioni religiose, i Rogazionisti del Cuore di Gesù e le suore Figlie del Divino Zelo, affidando loro la missione di pregare per le vocazioni e dedicarsi alla educa- zione e santificazione dei fanciulli, specialmente orfani e bisognosi. Iniziò, quindi, ad accogliere sin dal 1887 prima a Messina e poi ad Oria, le storie umane di tanti bambini e giovani poveri, orfani spesso abbandonati, e di in- teri nuclei familiari. 172 LO STAGE Lo stage o tirocinio è uno degli strumenti formativi per realizzare l’alternanza tra formazione e lavoro. Consiste essenzialmente in un periodo di permanenza di un soggetto (stagista) in azienda, finalizzato alla conoscenza della realtà aziendale e all’acquisizione di competenze professionali relative ad una specifica attività lavorativa. Si realizza come fase di un percorso formativo (un corso di qualificazione, di specializzazione, ecc.), ge- neralmente svolta nella parte finale del percorso stesso. Attraverso lo stage la Formazione Professionale svolge, a tutti gli effetti, un ruolo di “intermediazione” tra soggetto e organizzazioni, favorendo l’incontro tra persone in cerca di occupazione ed aziende. Inoltre, in una fase in cui le imprese sono attra- versate da molteplici e continue innovazioni tecnologiche, organizzative e normative, lo stage diventa anche una risorsa per incrementare il livello di scambio ed interazione tra mondo aziendale e Formazione Professionale. L’esperienza di stage può portare una serie di vantaggi ai soggetti coinvolti, in particolare: 1) per l’utente, i vantaggi acquisibili dall’esperienza di stage si sostanziano nella possibilità di: • ottenere un’opportunità di accesso al mercato del lavoro; • realizzare un’esperienza formativa; • toccare “con mano” i problemi che l’ambiente lavorativo pone; • avere un’opportunità di verifica del proprio grado di preparazione; • verificare la rispondenza dell’indirizzo prescelto rispetto alle aspettative; • sedimentare e far propri i contenuti presentati durante le lezioni, per poterli applicare nelle situazioni concrete. 2) per le strutture formative, i vantaggi traibili dall’esperienza di stage attendono: • alla possibilità di dare maggiore efficacia all’attività cui tali strutture sono preposte istituzional- mente; • alla possibilità di monitorare la qualità del servizio istituzionalmente svolto; • alla possibilità di avere un ritorno in termini di immagine e di potenziale utenza per la considera- zione che può suscitare nell’opinione pubblica la conoscenza che una elevata percentuale di stage si è trasformata in assunzioni a tutti gli effetti; • alla possibilità di ridurre lo scollamento tra competenze richieste dal mondo del lavoro e competenze offerte dalla formazione. Un lungo periodo di tempo, nel corso del quale l’azione e gli insegnamenti di Sant’Annibale Maria di Francia, precorrendo i tempi e i precetti divenuti più tardi di rango costituzionale, avevano individuato nella formazione professionale e nel la- voro l’occasione di recupero e di crescita sociale di una gioventù sfortunata. Negli Istituti Rogazionisti di Bari, di Oria e di Trani vengono sperimentate nuove modalità lavorative con l’attivazione di corsi di formazione professionale. L’attuale momento storico mette a dura prova gli Istituti religiosi; c’è il ri- schio di tradire le proprie radici, di consegnare al mercato realtà come questa dove, grazie al carisma di Padre Annibale, si è arrivati a fare di un Istituto di Formazione Professionale un centro di avviamento al lavoro. La formazione professionale esercita un ruolo importante nell’educazione, così come la storia di Sant’Annibale ci ha insegnato, è un’occasione educativa e culturale che diventa espressione della missione e dell’esperienza di accoglienza dei Rogazionisti e che intende dare continuità alle proposte educativo/formative av- viate da Padre Annibale sin dal secolo scorso. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. 173 FINALITÀ Lo stage rappresenta, in molti indirizzi scolastici italiani del secondo ciclo, una rilevante opportunità for- mativa che evidenzia una svolta culturale: scuola e lavoro non costituiscono più due momenti distinti e sequenziali della vita personale, ma si integrano e si completano. Favorendo l’esperienza diretta di lavoro in azienda, lo stage agevola le scelte professionali dei giovani realizzando uno strumento di flessibilità che migliora la formazione e facilita l’inserimento nel contesto lavorativo. OBIETTIVO Orientare attraverso: • informazioni sul mondo del lavoro, finalizzate alle diverse scelte professionali; • esperienze di “osservazione guidata” all’interno di settori lavorativi, con durata ridotta e da realiz- zarsi in momenti diversi del percorso formativo; • occasioni offerte allo stagista per la messa a fuoco dei propri interessi, valori e aspirazioni, facendo emergere e superare, così, eventuali debolezze Formare attraverso: • l’esperienza finalizzata all’acquisizione di competenze di base e professionalizzanti per il cittadino lavoratore, riferite a uno specifico ambito occupazionale e volte a verificare, integrare e rielaborare quanto già appreso in aula. La pratica formativa completa le competenze tecnico - professionali con quelle trasversali, acquisibili soprattutto in stage Accompagnare (Job placement) lo studente, a fine percorso scolastico, nell’inserimento al lavoro o alla professione RISULTATO Lo stage è progettato in un’ottica di orientamento, conoscenza e osservazione del mondo del lavoro. Bisognerebbe, però, focalizzare l’attenzione e stimolare la riflessione sulle reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, quali gli esiti occupazionali, e monitorare questo aspetto fondamentale soprattutto dopo il conseguimento del Diploma di Qualifica. FINALITÀ L’attività concreta che lo stage consente di realizzare costituisce per lo studente un’occasione di fondamentale importanza per la verifica e il potenziamento delle proprie attitudini e inclinazioni, ma anche per saldare il divario tra teoria e prassi, tra sapere e saper fare. OBIETTIVI L’obiettivo dello stage è sicuramente incentrato sul soggetto che apprende e tende a facilitare processi di: • acquisizione, consolidamento e sviluppo delle conoscenze tecnico-professio- nali in contesti produttivi; • acquisizione di competenze relazionali, comunicative, organizzative e finaliz- zate alla risoluzione di problemi; • socializzazione nell’ambiente di lavoro; • capacità di riutilizzazione dell’esperienza all’interno del percorso scolastico; • apertura al confronto e all’adattamento al mondo del lavoro grazie ad una di- retta conoscenza e rispetto delle norme che lo regolano; • motivazione allo studio, alla riflessione e all’impegno. • Metavalutazione sullo stage 174 DISCIPLINE COINVOLTE Le discipline coinvolte nella realizzazione dello stage, sono sicuramente quelle professionalizzanti quali: la Pratica di Laboratorio, la Tecnologia Elettrica, il Disegno Elettrico, ma anche discipline trasversali, in modo particolare Etica della persona e del lavoro, Counseling e Competenze trasversali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Il formatore coinvolto è il docente di Pratica di Laboratorio, il quale avendo una ottima professionalità nel settore è spesso colui che individua le aziende più serie e qualificate e da’ indicazioni anche sulla destinazione degli studenti nelle stesse a seconda delle caratteristiche degli uni e delle altre. AZIENDE INTERESSATE Lo stage si svolge presso aziende operanti nel settore specifico di riferimento. DURATA PRIMO ANNO: 100 ORE SECONDO ANNO: 200 ORE TERZO ANNO: 300 ORE FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO: Orientare attraverso: • informazioni sul mondo del lavoro, finalizzate alle diverse scelte professionali; • esperienze di “osservazione guidata” all’interno di settori lavorativi, con dura- ta ridotta e da realizzarsi in momenti diversi del percorso formativo; • occasioni offerte allo stagista per la messa a fuoco dei propri interessi, valori e aspirazioni, facendo emergere e superare, così, eventuali debolezze. SECONDO ANNO: Formare attraverso: • l’esperienza finalizzata all’acquisizione di competenze di base e professiona- lizzanti per il cittadino lavoratore, riferite a uno specifico ambito occupaziona- le e volte a verificare, integrare e rielaborare quanto già appreso in aula. La pratica formativa completa le competenze tecnico - professionali con quelle trasversali, acquisibili soprattutto in stage TERZO ANNO: Accompagnare (Job placement) Lo studente, a fine percorso scolastico, nell’inserimento al lavoro o alla profes- sione. METODOLOGIA Lo stage è caratterizzato da alcune sezioni di “addestramento”, alle quali fà se- guito il lavoro di gruppo dei corsisti, in maniera tale da sviluppare la tecnica del “lavoro in team”, utilizzando le attrezzature presenti nell’azienda. L’approccio didattico è basato sulla metodologia del learn by doing, in maniera tale da acquisire competenze immediatamente utilizzabili ed accelerare il pro- cesso di apprendimento. Gli allievi durante lo stage sono costantemente seguiti e coordinati da collabora- tori e tecnici dell’azienda ospitante, i quali assicurano nella forma dell’accom- pagnamento un graduale e adeguato inserimento dell’allievo nel sistema produt- tivo dell’azienda. È prevista la possibilità di avvalersi della prestazione di un docente del corso in qualità di tutor, per assicurare il pieno raggiungimento degli obiettivi didattici e professionali attesi dall’esperienza dello stage. COMPETENZE DISCIPLINARI Cfr. Regolamento C.F.P – C.I.F.I.R. VILFAN 175 COMPETENZE TECNOLOGICHE L’alunno è in grado di: • osservare il lavoro del personale aziendale, cogliendo come si svolge il pro- cesso lavorativo, quali tecniche tradizionali ed innovative sono presenti e ac- quisendo dimestichezza con le dinamiche proprie del mondo del lavoro; • comprendere ed eseguire i compiti, i lavori e le procedure assegnate, a partire dagli schemi e dalla documentazione dei progetti o partendo da indicazioni orali, sapendo organizzare il materiale occorrente e la strumentazione neces- saria e lavorando secondo norme e sicurezza; • acquisire capacità di lavorare in autonomia ed in team, rispettando le norme di sicurezza ed antinfortunistiche; • operare nel lavoro secondo l’organizzazione interna dell’azienda. CONTENUTI Saperi: • Normativa antinfortunistica di settore. • Norme CEI applicate negli impianti eseguiti. • Procedure per la scelta dei cavi, dei materiali e delle attrezzature da utilizzare a partire da progetti assegnati. • Conoscere le grandezze elettriche da misurare per la verifica di eventuali ano- malie ed individuare gli strumenti di misura necessari. Abilità operative: • Applicare le misure di sicurezza e protezione. • Rispettare la normativa per l’esecuzione dell’impianto a regola d’arte. • Predisporre la lista dei materiali e attrezzi occorrenti per l’impianto. • Utilizzare correttamente attrezzatura e strumentazione. • Eseguire gli impianti elettrici richiesti ed il controllo visivo e funzionale degli stessi, con il recupero di eventuali anomalie, lavorando secondo norme e sicu- rezza. • Acquisire nuove conoscenze tecniche e metodologie di lavoro innovative. • Adeguarsi alle tempistiche di lavoro imposte dal processo produttivo. • Eseguire manutenzioni elettriche su impianti e macchinari esistenti. Capacità personali: • Diagnosticare e promuovere la propria realtà personale. • Comunicare e gestire relazioni. • Apprendere ad apprendere. • Organizzare il lavoro e risolvere i problemi. • Lavorare in modo cooperativo. • Progettare il proprio percorso di lavoro. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE La verifica eseguita al termine della fase di “stage”, intesa come particolare si- tuazione didattica vissuta durante il periodo di formazione è a cura dell’Azienda Rogate s.r.l. che gestisce per conto del C.I.F.I.R. l’accompagnamento allo stage. La valutazione prevede una serie di “indicatori” che servono a definire il gradi- mento e/o l’accettabilità della esperienza fatta e la qualità dei risultati conseguiti e sono i seguenti: - capacità di apprendimento; - capacità di comunicazione; - competenze tecniche; - capacità di problem solving; - professionalità. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) La relazione finale di stage e il monitoraggio aziendale è a cura della Rogate s.r.l., società incaricata dall’Ente C.I.F.I.R. di realizzare le azioni di accompa- gnamento allo stage 176 • Il racconto testimoniale della seconda esperienza di stage Nell’ambito dei Percorsi Formativi Sperimentali triennali (Avviso/8), l’Ente di Formazione Nazionale CNOS ha formulato l’offerta del servizio di Formazione For- matori, garantendo un’azione di qualità e consentendo agli Enti Pugliesi di accedere al patrimonio di esperienza accumulato a livello nazionale. Questo ha favorito l’effetto moltiplicatore che “buone prassi” elaborate a livello nazionale hanno potuto essere trasmesse nella realtà della nostra Regione Puglia. Il 2° P. W. realizzato dal CNOS per gli Enti di Formazione Professionale di ispi- razione cristiana è stato un momento di riflessività e di confronto sulla realizzazione dello stage/ tirocinio: quali i fondamenti concettuali e le linee progettuali. Come per il 1° P. W. le forze messe in campo dal CNOS per la formazione dei formatori sono state eccellenti. L’approccio metodologico di riservare, sia durante il seminario sia durante il p.w. una parte alla teoria ed una ai lavori di gruppo, ha reso sempre molto interes- sante l’apprendimento, poiché lo scambio di esperienze si è rivelato particolarmente arricchente e stimolante. Pur condividendo in linea di massima sia i fondamenti concettuali sia le linee progettuali, purtroppo la nostra Sede Operativa si è trovata in difficoltà nel con- fronto perché non si occupa – direttamente – della realizzazione degli stages. Infatti, per scelta dell’Ente C.I.F.I.R., l’organizzazione e l’accompagnamento del tirocinio formativo, viene demandato ad una Società esterna al C.F.P.: la Rogate s.r.l.. La suddetta Società si impegna a realizzare il progetto formativo individuale per ogni tipologia di azienda, a designare le aziende e il “responsabile aziendale” in- caricato di seguire il tirocinante e certificare i risultati del tirocinio, ed infine, a redi- gere report finali ed esiti dell’attività di stage. Il modello proposto dal CNOS, sicuramente risulta efficace: il semplice fatto che le aziende sono scelte tra quelle costituite dagli ex allievi non solo è di sicuro stimolo per i giovani in formazione, ma così facendo sono fatti salvi anche gli obiet- tivi educativi e formativi che rispondono così, in modo stringente, al carisma del- l’Ente. La Rogate s.r.l. cerca di garantire per il nostro Ente, che gli obiettivi educativi siano quanto più stringenti al carisma del nostro Fondatore, coniugando a questo anche l’efficienza, la competenza e la professionalità di una moderna Azienda che si occupa primariamente di accompagnamento al lavoro. Conclusioni Per tutte le ragioni suesposte, non ci è possibile presentare un “nostro” mo- dello, una nostra progettualità circa lo stage. Grazie però al confronto con il CNOS e il suo modello di progettualità sarebbe auspicabile il recupero di questo settore. 177 Personalmente condivido il carisma rogazionista da oltre 25 anni e credo che la nostra Sede Operativa abbia le potenzialità, le professionalità e le competenze per poter gestire direttamente questo importante aspetto formativo che incide pro- fondamente nella realizzazione degli obiettivi educativi che il nostro Ente si pro- pone di conseguire nei confronti dei giovani. 178 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA 3. CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIO- NALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI “OPERATORE E MANUTENTORE MACCHINE UTENSILI” Redatto da: Maria Grazia Durante, figura strategica di sistema Approvato da: Padre Angelo Laddaga, direttore Cifir Oria Uso: pubblico 179 Il lavoro di project work si è articolato in due parti: una dedicata all’approfondimento della figura professionale e della relativa co- munità professionale di appartenenza anche in vista della possibilità di proporre correttivi o introdurre nuove figure professionali; una dedicata alla progettazione e sperimentazione di una UdA. Approfondimento Comunità professionale – Natura della Comunità Professionale di riferimento. Come primo passo del lavoro si è verificata la coerenza della qualifica profes- sionale designata dal progetto con le qualifiche attestanti profili professionali rico- nosciuti a livello nazionale, contenuti nelle tabelle ministeriali. Il profilo professio- nale designato dal progetto è previsto dalla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 24 ottobre 1990. Successivamente si è proceduto all’analisi della natura della comunità pro- fessionale di riferimento prevista dal nostro progetto. Si è riscontrato che la quali- fica professionale da noi prevista non ottempera completamente alle specifiche pre- viste dalla guida meccanica CNOS-FAP in quanto, la denominazione del nostro corso è «Operatore e Manutentore Macchine Utensili», quella prospettata dalla guida CNOS-FAP maggiormente confacente al profilo professionale contemplato dal ns progetto è «Operatore meccanico: Costruttore alle Macchine Utensili» • Tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di Oria (BR), in cui si stanno realizzando le sperimentazioni. Riteniamo che, in primo luogo, occorre mettere in evidenza il ruolo giocato a livello nazionale dal settore meccanico pugliese e da quello provinciale. 180 della quota occupazionale nazionale. Nella provincia di Brindisi, invece, la quota occupazionale del settore meccanico si attesta al 11,3% della quota nazionale. Questi dati forniscono utili indicazioni per comprendere il peso e il dinamismo del settore meccanico regionale e provinciale. L’importanza del ruolo svolto dal settore meccanico può anche essere messa in evidenza non solo dalla capacità del settore di generare occupazione , ma anche at- traverso il contributo che questo settore fornisce all’interscambio commerciale ov- vero alla somma delle sue importazioni ed esportazioni Il settore meccanico rappresenta la voce principale della bilancia commerciale nazionale, incidendo a livello provinciale per il 36, 6% sull’interscambio italiano; la provincia di Brindisi presenta una quota di interscambio sul totale dell’interscambio meccanico nazionale, nel 2001, pari al 23,5%. Il settore industriale risulta scarsa- mente sviluppato ad eccezione di un grosso centro metalmeccanico operante nel ter- ritorio di Taranto (ILVA). Numerosa è la presenza di piccole e medie aziende nel po- lo industriale di Brindisi trainato dalla presenza della centrale Enel di Cerano per la erogazione di energia elettrica. Si evidenzia, inoltre, la presenza di aziende operanti nel settore turistico seppur limitatamente alle zone costiere sotto forma di campeggi e villaggi turistici di di- mensioni medio-piccole. Anche il settore agricolo occupa una posizione di rilevo nei territori limitrofi a Taranto in quanto fiorente è nel circondario di Mandria (TA) la produzione, l’imbottigliamento, e l’esportazione del vino e dell’olio. Il settore meccanico assume in Italia un ruolo che si potrebbe definire strate- gico per la capacità di generare occupazione e un saldo positivo della bilancia com- merciale. Nell’ambito della Regione Puglia si riscontra dai dati Excelsior, una quota oc- cupazionale nel settore meccanico pari al 29,2% 181 – Confronto degli indirizzi ipotizzati nella Guida con i fabbisogni di pro- fessionalità delle aziende di riferimento. Analizzando i profili professionali previsti dalla Guida Meccanica del CNOS- FAP è possibile stabilire che tali indirizzi risultano appropriati al fabbisogno di pro- fessionalità meccanica evidenziato dalle aziende operanti nel nostro territorio di ri- ferimento. – Definizione di nuove qualifiche e profili Riguardo a questo punto non riteniamo sia opportuno proporre nuove figure professionali in quanto consideriamo esaustive, per il fabbisogno professionale del nostro contesto, le figure e i profili prospettatici dal CNOS in quanto frutto di uno studio approfondito e attendibile. Il nostro proponimento in merito è quello di pro- cedere, con maggior dettaglio possibile, ad una ulteriore e più approfondita analisi del nostro territorio al fine di metterci al passo con i continui cambiamenti del mon- do socio-economico che ci circonda, dando rilievo ai nuovi scenari occupazionali e alle relative richieste di figure professionali da parte delle aziende presenti. • Sperimentazione UdA Così come previsto dal Progetto Integrazione 2003 in applicazione delle speri- mentazioni proposte dal CNOS di Bari, cui il CIFIR è associato, si è voluto aderire alla sperimentazione dell’Unità di Apprendimento denominata «Patente per il Mo- torino». L’Offerta Formativa Sperimentale, attivata dall’ente CIFIR-IAM di Oria attraverso il corso OFS 03014 Operatore e Manutentore Macchine Utensili, ha tro- vato integrazione nella progettazione e successiva realizzazione di una attività ex- tracurricolare, pomeridiana, rivolta ai soli iscritti e frequentanti il corso suddetto che intendono conseguire il certificato di abilitazione alla guida dei ciclomotori. Premesso che il CIFIR è a conoscenza delle indicazioni dettate dal CNOS in materia di realizzazione delle unità di apprendimento e degli strumenti proposti dallo stesso ai fini della sperimentazione dell’offerta formativa alla luce della Ri- forma Moratti ( legge n.53/2003), alcune variazioni sono state apportate allo schema di unità di apprendimento previsto dalle linee guida proposte relativamente alle modalità di realizzazione di tale attività. La scelta di considerare l’Unità di apprendimento Patente per il motorino una attività extracurriculare, sebbene sovvertisse la definizione stessa di unità di ap- prendimento, è stata dettata dall’esigenza di inquadrare quest’ultima nel progetto madre. A tal proposito doverosa risulta una precisazione. Alla luce degli incontri avutisi con i formatori del CNOS Cristina Baldi e Maria Pia Locaputo, dopo aver effettuato una attenta analisi del progetto si è evidenziato che il corso OFS 03014, attivato dal CIFIR in data 06.09.2004, al primo anno, presenta a tutt’oggi una errata assegnazione del monte ore previsto per le competenze trasversali (Potenziamento, 182 riallineamento, personalizzazione dei percorsi, etc.) le quali in sede di assegnazione alle risorse umane responsabili della realizzazione del corso sono state considerate moduli disciplinari, oggetto di insegnamento. Tale errore non ha consentito il ri- corso al suddetto monte ore in quanto assegnato e quindi completamente esaurito. L’attività extracurriculare in questione ha avuto inizio in data 19.05.2005 durante le ore pomeridiane (dalle 15.00 alle 19.00), successivamente alla somministrazione di un questionario di gradimento agli alunni frequentanti il corso. Sebbene le guide del CNOS prevedessero il coinvolgimento dell’intera classe nella partecipazione all’unità di apprendimento, la scelta adottata di intraprendere come attività pomeridiana extra- curriculare la suddetta, ha fatto sorgere nei ragazzi stessi una selezione naturale che ha fatto sì che aderissero all’iniziativa esclusivamente i ragazzi interessati al conse- guimento della patente. L’attività in questione è stata finalizzata a 10 ragazzi iscritti al corso sperimen- tale che hanno manifestato un grande interessamento al conseguimento della pa- tente per il motorino. La scelta di tale attività non a caso è frutto di un positivo ri- scontro da parte nostra dell’entusiasmo dei ragazzi. L’articolazione sintetica del percorso formativo prevede due azioni: 1. Formazione; 2. Esame finale. L’azione relativa alla formazione è stata strutturata nei seguenti moduli disci- plinari: 1. Norme di comportamento (per un totale di 10 ore di cui 5 di teoria e 5 di pratica); 2. Segnaletica (per un totale di 20 ore) 3. Educazione al rispetto della legge e della convivenza civile (per un totale di 9 ore) 4. Guida all’acquisto del motorino (per un totale di 5 ore) 5. Information Experience (per un totale di 6 ore) L’azione relativa all’esame finale prevede 3 ore finalizzate allo svolgimento della prova per il conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomo- tore integrate con la realizzazione di una prova finale di guida del motorino all’in- terno del piazzale del Centro, ciò al fine di creare “l’evento” patente per il moto- rino con il coinvolgimento della stampa locale. Come è facile riscontrare, si è voluto conservare lo schema modulare proposto dal CNOS relativamente alle discipline oggetto di insegnamento con alcune modi- fiche concettuali. Si è voluto introdurre, infatti, come modulo disciplinare l’information experience. Essa consiste nell’attività di implementazione, da parte degli iscritti, su supporto informatico del materiale didattico necessario allo svolgi- mento dell’UdA (ossia segnaletica stradale in power point, realizzazione della do- manda di ammissione all’esame finale, esercitazione sui quiz d’esame attraverso l’ausilio del pc). 183 DOCENTI COORDINATORE TUTORS FUNZIONISTRATEGICHE PERSONALE AMMINISTRATIVO P. Perrone Alessandro - Educazione al rispetto della legge e alla convivenza civile - Guida acquisto del motorino Carone Alberto Claudio Cap. Polizia Municipale Guido Emilio (responsabile Forze dell’ordine) Gabriella Greco Chirico Salvatore (segretario) La Cala Vito - Segnaletica - Norme di Comportamento Saracino Fernando Sconosciuto Luca Andrea Tundo Maria Cristina Laserra Francesco - Information experience Cometa Eupremio Durante Mariagrazia Saracino Eleonora D’Elia Cosimo (bidello) Di Cataldo Danilo (bidello) Attraverso la predetta attività, i partecipanti hanno potuto usufruire di uno stru- mento in più nell’apprendimento didattico. Ciò al fine di adeguare il nostro CFP alle metodologie didattiche degli Istituti di Istruzione Superiore, auspicando una completa equiparazione di entrambi. L’esperienza svolta ha permesso soprattutto di correggere e adeguare gli sforzi dei soggetti coinvolti nella direzione di una progettazione futura in termini di unità di apprendimento. Relativamente al modulo guida all’acquisto del motorino si è pensato di inse- rire tale modulo come attività didattica vera e propria, a differenza di quanto pro- posto dalle guide ( unità di apprendimento) in cui verrà fornita la capacità di perso- nalizzare una scelta in presenza di risorse materiali e temporali limitate, applica- zione di strumenti matematici e logici nella scelta di acquisto di un ciclomotore, le modalità di pagamento del ciclomotore, il concetto di bene mobile registrato ecc. Le risorse umane coinvolte in tale attività sono state le seguenti, insieme con l’attività svolta dal Direttore del centro P. Angelo Laddaga, 184 CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK LE PRATICHE DI GESTIONE DELLO STAGE CORSO DI “OPERATORE E MANUTENTORE MACCHINE UTENSILI” Redatto da: Maria Grazia Durante, figura strategica di sistema Approvato da: dott.ssa Rosa Cioce, direttore Cifir Oria Uso: pubblico 185 FINALITÀ Lo stage intende: - far conoscere ai ragazzi il mercato del lavoro in cui si inseriranno - far conoscere alle aziende i nostri allievi - verificare quanto imparato durante la formazione d’aula e in laboratorio DISCIPLINE COINVOLTE Tutte le discipline: di base, trasversali e professionali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Soprattutto i formatori di area tecnico professionale e il tutor AZIENDE INTERESSATE Le aziende del territorio della provincia di Brindisi e Taranto disponibili ad ac- cogliere i nostri allievi e a sostenerci nell’azione formativa DURATA 100 ore il primo anno 200 ore il secondo anno 300 ore il terzo anno COMPETENZE DISCIPLINARI Grande importanza è attribuita alle discipline laboratoriali, ma non bisogna mai dimenticare che le materie di base sono fondamentali ai fini di una buona pre- sentazione e un buon servizio in ambito lavorativo. CONTENUTI Potenziamento delle discipline laboratoriali. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Attualmente nessuna formalizzata, ma si ritiene utile approfondire l’utilizzo del diario di stage in fase di adattamento alle esigenze del CFP Successivamente si è passato ad una attenta analisi delle metodologie di pro- gettazione e gestione dello stage tra le quali ha sortito molto interesse il “Diario di Bordo” , valido strumento di raccolta dati per la loro successiva elaborazione. Successivamente, ci si è concentrati sull’analisi del livello di organizzazione esistente attraverso la compilazione di una scheda all’uopo predisposta nella quale venivano dettagliate: finalità, obiettivi, discipline coinvolte, docenti dell’Istituto La realizzazione del secondo Project Work ha avuto ad oggetto le pratiche di gestione dello stage e la elaborazione o l’approfondimento di uno strumento pratico di gestione al fine di migliorare il nostro servizio per i ragazzi della formazione ini- ziale. Innanzitutto si è proceduto ad intessere dei colloqui con i formatori aventi lo scopo di far emergere le reali metodologie utilizzate nello stato attuale da parte dei formatori coinvolti nei corsi dell’obbligo formativo. Diverse e numerose sono state le considerazioni formulate dai formatori ope- ranti in filed riguardo le difficoltà oggettive di reperire aziende valide, nell’ambito del territorio di Brindisi e Provincia, disposte ad ospitare i nostri allievi durante le attività di stage. Prima fra tutte la particolare situazione economica e occupazionale in cui il nostro CFP è inserito che purtroppo ci vede lottare con la volontà degli im- prenditori di farsi carico dei nostri formandi. 186 Scolastico Statale partners coinvolti, formatori coinvolti, Aziende interessate, du- rata, fasi e tempi dell’attività, metodologia, competenze disciplinari, modalità di verifica e/o valutazione, risultati conseguiti. Il tutto costituendo dei GdL tra i for- matori coinvolti. La seconda giornata di formazione ci ha visto approfondire, su richiesta dei docenti del CIFIR coinvolti nell’iniziativa, le modalità di svolgimento dell’esame finale per il conseguimento della qualifica professionale con l’utilizzo delle ru- briche di valutazione per la declinazione delle valutazioni. 187 4. CIFIR del Sacro Costato C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848187 Fax 0831 846252 PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI “OPERATORE ALBERGHIERO” Redatto dalle: dott.ssa Carolina Battista, coordinatrice – dott.ssa Maria Di Stratis, progettista Approvato da: Suor Teresina Dessupoiu – Direttore del C.F.P. Uso: Pubblico 188 • Introduzione Il Progetto Integrazione OFS - 2003 Offerta Formativa Sperimentale di Istruzione e Formazione Professionale. Il macro obiettivo del Progetto Integrazione era quello di far confluire le espe- rienze degli enti nazionali referenti (SCF, CNOS FAP, CIOFS FP) in un progetto di qualità comune a supporto di alcune aree di azione: – Ricerca e Supporto alla Progettazione – Formazione Formatori – Monitoraggio e Valutazione – Diffusione dei Risultati. L’effetto delle buone pratiche elaborate a livello nazionale ha sicuramente ge- nerato un effetto moltiplicatore sul tessuto della formazione pugliese e favorito la crescita degli enti di formazione aderenti al progetto, in particolare attraverso l’azione di formazione dei formatori e l’elaborazione di project work comuni. Attese del Centro di Formazione Professionale Il Cifir Sacro Costato di Taranto ha subito aderito con entusiasmo al Progetto Integrazione e la Direttrice S. Teresina Dessupoiu ha incoraggiato e supportato lo staff a partecipare alle attività comuni ed a sperimentare le attività proposte dal pro- getto. Dal confronto fra Direttore del centro ed equipe delle funzioni strategiche sono emerse, sia all’inizio, sia in itinere, alcune riflessioni ed aspettative per questo pro- getto tra cui: 1) la possibilità di fare un percorso comune e condiviso che potesse essere la base di partenza per collaborazioni future; 2) l’opportunità del confronto fra gli enti pugliesi e le metodologie sperimen- tate a livello nazionale dagli enti promotori del progetto; 3) la possibilità di accrescere le conoscenze le competenze del CFP attraverso l’azione di Formazione dei Formatori; 4) la definizione di standard condivisi per quanto riguarda le metodologie di progettazione, le metodologie di gestione dei processi formativi (tutoring), i progetti sperimentali; 5) la realizzazione, la validazione ed il confronto per UDA sperimentali; 6) il supporto e la condivisione di esperienze finalizzate al coinvolgimento at- tivo delle famiglie per favorire il processo educativo condiviso nei progetto OFS. 189 Tra le mete preferite la Puglia è inserita fra le regioni ‘emergenti’ a livello eu- ropeo. Il Turista Italiano (ISNART) continua a preferire il proprio Paese per le va- canze ( 77% delle preferenze) e la Puglia si attesta al 10° posto nelle mete preferite anticipando regioni come l’Umbria, l’Abruzzo e la Sardegna. Infatti sul territorio Pugliese il sistema turistico negli ultimi anni ha registrato una forte crescita. Una buona parte del flusso turistico è di tipo nazionale (+12,4%), e le presenze crescono del 9,7% (Fonte: ISTAT- Osservatorio Regionale Banche–Impresa). Nonostante il consolidamento della clientela straniera di lungo periodo, le bel- lezze pugliesi restano meta soprattutto del turismo nazionale. Con un tasso di cre- scita medio annuo tra il 1990 e il 2002 del +6%, contro il +2,8% per le presenze italiane, e un eccezionale incremento nel 2002, anno in cui la domanda estera pu- gliese raggiunge il +10%, il turismo regionale è ancorato principalmente ai flussi nazionali. Città d’arte 33% Agriturismo 4% Laghi 7% Montagna 9% Eno-gastronomia 2% Altro 10% Mare 21% Sport 5% Itinerari 6% Terme 3% • Racconto testimoniale dell’Esistente: Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando la sperimentazioni. Le scelte degli indirizzi e delle Comunità Professionali operate dal CIFIR Sacro Costato di Taranto negli anni partono da un’analisi socio-economica del ter- ritorio regionale e provinciale in particolare. L’analisi tiene conto delle macro tendenze internazionali e nazionali in ambito turistico e parte delle reali esigenze del fruitore dei servizi collegati alle aziende dei settori turistico, alberghiero e dell’alimentazione. Da un lato sono state analizzate le esigenze del turista del terzo millennio e dall’altro sono stati realizzati confronti con i trend di crescita e con i risultati pro- dotti dalle aziende operanti in questi comparti. La Puglia negli anni ha infatti visto aumentare in maniera importante la pro- pria vocazione turistica, tra il 1990 e il 2002 le presenze sono aumentate del 50,6%. 190 Fonte: Elaborazione Osservatorio BANCHE IMPRESE su dati Mercury e ISTAT Nel 2002 la percentuale di incidenza della componente straniera sul movi- mento complessivo è, infatti, ancora pari al 14,6%, superiore solo a quella regi- strata in Molise e Basilicata, ma ben lontana dal 42,2% che costituisce la media Italia. Recentemente, nonostante uno scenario nazionale in difficoltà e che ha visto diminuire le presenze complessive (-1,4%), la Puglia ha ulteriormente accresciuto l’ammontare dei flussi turistici, con un’accelerazione che nel 2002 ha raggiunto un tasso a due cifre sia in termini di presenze (+10,3%) sia di arrivi (+11,1%). As- sieme alla Calabria, la Puglia risulta così la regione che ha consolidato il migliore risultato dell’anno. Andamento del tasso di crescita delle presenze nelle regioni italiani (variazioni percentuali) 191 Diversi studi hanno dimostrato come nel tempo la concezione del turismo si sia modificata in modo più o meno radicale a seconda degli ambiti, e ad affiancare un turismo tradizionale che presenta motivazioni legate al riposo e al relax nascono nuove motivazioni, anche “forti”, che si orientano verso l’impegno culturale o so- ciale (istruzione, arte, religione, natura, ecc) o verso forme innovative, peraltro sempre più presenti, legate all’intrattenimento, allo spettacolo, all’enogastronomia, all’agriturismo, agli sport estremi ecc.. 192 Graduatoria regionale dei tassi di crescita delle presenze Fonte: elaborazione Mercury su dati ISTAT 193 Il “turista tipo” del terzo millennio somiglia sempre meno al turista del se- condo millennio e chiede sempre più servizi innovativi e di qualità. La capacità del sistema turismo di rispondere a questi “nuovi bisogni” determi- nerà la conferma o meno delle buone performance finora assicurate, pur con alti e bassi, dal turismo italiano. Interessanti i dati sugli scenari e lo sviluppo possibile del settore messi in ri- salto dal Rapporto annuale Ernst & Young (Largo Consumo - 2004). Il dato più in- teressante è quello che riguarda l’impatto di fattori internazionali sul settore che de- termina secondo il parere degli intervistati non una diminuzione del turismo, quanto un’accentuarsi della scelta di mete più vicine. Al viaggio in paesi lontani gli italiani sembrano aver anteposto le mete dome- stiche. Sempre in questa direzione tra i prodotti turistici italiani venduti all’estero tro- viamo in pole position le città d’arte e la cultura, attrattori anche del turismo nazio- nale, come evidenziano i dati dell’indagine Doxa (Gli Italiani e la Cultura, 2004). I Settori di Sviluppo La marcata rilevanza del turismo nazionale, influenza anche il tipo di alloggio scelto per svolgere le vacanze. Per quanto riguarda le preferenze dei turisti rispetto alle diverse tipologie ricettive, la Puglia appare infatti caratterizzata da una forte ri- levanza delle strutture non alberghiere, che nel 2002 concentrano il 43,9% delle presenze regionali. Nonostante la variazione delle presenze sia risultata leggermente a favore degli alberghi (+10,3% contro il + 9,4% per le strutture extralberghiere), la Puglia rimane una tra le regioni in cui il turismo alberghiero riveste una meno cospicua rilevanza, incidendo per oltre il 10% in meno della media nazionale (66,9%). Il segmento turistico che ha registrato il miglior andamento è stato quello dei villaggi turistici, seguito dagli agriturismi. Difficoltà più diffuse si segnalano invece nella ricettività alberghiera che nel- l’ultimo anno conferma esiti meno favorevoli rispetto alle altre tipologie ricettive. Più nel dettaglio, sempre nella nostra regione si osserva che: I villaggi turistici presentano risultati economici migliori (+6,9%), grazie ad una forte espansione della clientela (+8,1%). Tra le diverse tipologie del turismo, il 2002 risulta particolarmente favorevole per gli agriturismi (in crescita sostanziale), per i campeggi e per i villaggi turistici, per le strutture di categoria superiore (oltre 3 stelle) e di dimensioni medio-grandi (da 250.500 a 500.000 euro di fatturato); mentre dal punto di vista territoriale emerge una dinamica fortemente positiva nelle province di Foggia e Lecce, e un netto miglioramento di Brindisi. Il 2002 rappresenta un anno di ulteriore espansione dei flussi turistici verso la Puglia rispetto agli anni precedenti. In particolare sostanzialmente stazionario anche il risultato del comparto turi- stico tarantino. Nonostante la stabilità congiunturale, le imprese turistiche della provincia ten- dono a rafforzare la propria base occupazionale, con un incremento dell’occupa- zione fissa del +2%, mentre resta stabile il ricorso a forme di lavoro atipiche. L’aumento del livello occupazionale del 2002, dopo il risultato analogo del- l’anno precedente, sembra imputabile al consolidamento della vocazione turistica provinciale. La propensione ad investire appare infatti significativa (48,4% degli esercizi), e superiore alla media regionale, ma soprattutto più orientata all’ampliamento della capacità ricettiva. La sfida per la Puglia Per comprendere perché la Puglia incontri sempre più il favore di chi viaggia per vacanza, bisogna prendere in considerazione anche la considerevole vitalità di- mostrata nel realizzare un sistema turistico adeguato alle richieste dei flussi turi- stici. Rispetto alla capacità di ospitare flussi crescenti di turisti internazionali è di sicuro rilievo il processo di crescita sia quantitativa che qualitativa delle strutture alberghiere, che risultano quelle maggiormente appetibili per questa forma di tu- rismo. La sfida per i prossimi anni resta ancora la capacità di perfezionare l’offerta tu- ristica ed il suo adattamento alle mutevoli esigenze dei turisti, soprattutto per gli al- berghi la cui elevata dimensione richiede notevoli sforzi per una gestione efficiente delle strutture. Permangono infatti i segnali di criticità già rilevati, come ad esempio la minore durata del soggiorno dei turisti. Rimane forte inoltre l’attenzione dei turisti per i costi della vacanza, che appare evidente nella minore propensione a recarsi in strutture alberghiere, contraddistinte per elevati rincari dei tariffari. La forza della Puglia sembra quindi venire dalla diffusa presenza di strutture ricettive alternative a quelle alberghiere, dove i turisti si fermano più a lungo, ma dove si re- cano quasi esclusivamente nel periodo estivo. Questo fa pensare alla necessità di introdurre elementi/iniziative che, per gli alberghi, attirino, ma soprattutto “tratten- gano” i turisti (soprattutto) internazionali; dall’altra, favoriscano l’allungamento della stagione per la componente non alberghiera, dove prende sempre più piede la richiesta di strutture agrituristiche e dove forte resta la domanda di alloggi privati, componente largamente sconosciuta alle statistiche ufficiali. Caratterizzare ed Approfondire la Natura della Comunità Professionale di ri- ferimento Racconto testimoniale del 15.01.2005 In data 15.01.2005 i due Enti di Formazione – Cifir Sacro Costato Taranto ed ECPEP Ostuni (BR) – si sono incontrati per la condivisione del Project Work ed hanno elaborato una base di riflessioni comuni operando entrambi sulle Comunità 194 Professionali Turistico-Alberghiero e Alimentazione. Il confronto è avvenuto su due fronti: da un lato sono stati comparati i contesti socio economico in cui i due enti operano, dall’altro sono state analizzate le diffe- renze di progettazione tra i due enti ed il confronto con le relative Comunità Pro- fessionali di Riferimento e di relativi indirizzi Professionali. In merito al primo punto si è pervenuti alla seguente considerazione condivisa: il contesto delle attività economiche di tipo turistico-alberghiero e dell’alimenta- zione esistente nei territori di Taranto ed Ostuni presenta delle differenze sebbene queste non siano rilevanti. Infatti, tali differenze non sono tali da poter parlare di distretti turistici disomo- genei, per cui gli indirizzi sperimentati nei percorsi formativi dei due enti – non- ostante la differente qualifica – presentano un grado di affinità molto elevato e par- tono da considerazioni comuni al tessuto socio economico in cui poi gli indirizzi professionali possono trovare occupazione. Gli indirizzi formativi su cui sono stati operati i confronti nel Progetto Integra- zione OFS sono: 1. Addetto alle strutture turistiche ed alberghiere - E.C.P.E.P. Ostuni 2. Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione - CIFIR Sacro Costato – Ta- ranto. La prima considerazione riguarda l’identificazione delle Comunità Professio- nali di Riferimento in cui ricadono i due indirizzi professionali, ovvero: – Comunità Professionale Alimentazione – Comunità Professionale turistica e alberghiera Le Macro Aree di Competenze Professionalizzanti acquisibili nell’indirizzo professionale ‘Addetto alle strutture Turistiche Alberghiere’ dell’ente E.C.P.E.P. di Ostuni (BR) sono sostanzialmente riconducibili ai seguenti ambiti: 1. Cucina 2. Cucina Tradizionale 3. Pizzeria 4. Pasticceria 5. Sala- Bar 6. Reception 7. Marketing Le Macro Aree di Competenze Professionalizzanti acquisibili nell’indirizzo professionale ‘Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione’ dell’Ente Cifir Sacro Costato di Taranto sono sostanzialmente riconducibili ai seguenti ambiti: a. Cucina b. Cucina Tradizionale c. Pizzeria d. Pasticceria e. Sala- Bar L’analisi è stata condotta su due livelli: 195 196 mancanti ai due indirizzi in atto presso i due enti sono comuni ad entrambi ed at- tengono ad alcuni compiti specifici. Andando poi nel dettaglio dei due indirizzi professionali previsti nella Comunità Alimentazione è emerso che tutte le compe- tenze per Addetto alla Trasformazione degli Alimenti e Addetto alla Panificazione e Pasticceria le ritroviamo sia nell’Operatore Alberghiero e dell’Alimentazione del Cifir Sacro Costato Taranto sia nell’Addetto alle Strutture Turistiche Alberghiere dell’ ECPEP Ostuni. Operando un confronto con i profili previsti dalla comunità professionale Ali- mentazione e gli indirizzi in essere nei due enti, le competenze professionalizzanti sono presenti in entrambi gli enti. Sono stati analizzati i compiti caratteristici delle due Comunità Professionali e, successivamente, sono state approfonditi e confrontati gli indirizzi professionali previsti dalle comunità e considerati più affini a quelli in essere presso i due enti. Comunità Professionale Alimentazione L’analisi è cominciata dal confronto tra le competenze della Qualifica dell’O- peratore dell’Alimentazione e le competenze dei due indirizzi suddetti della Comu- nità Professionale Alimentazione. Nelle tabelle seguenti è stato riassunto il lavoro di analisi e sono state eviden- ziati i compiti caratteristici della COMUNITÀ PROFESSIONALE ALIMENTAZIONE an- dando ad evidenziare le competenze mancanti agli indirizzi in essere presso i due enti. Confronto competenze a Livello Macro – Qualifica Di interesse il dato relativo ai compiti caratteristici delle comunità: i compiti 197 Comunità Professionale Turistico-Alberghiera L’analisi è cominciata dal confronto tra le competenze della Qualifica dell’O- peratore Qualifica Operatore Turistico e Alberghiero e le competenze dei due indi- rizzi suddetti della Comunità Professionale Turistico-Alberghiera. Nelle tabelle seguenti è stato riassunto il lavoro di analisi e sono state eviden- ziati i compiti caratteristici della Comunità Professionale Turistico-Alberghiera an- dando a rilevare le competenze mancanti agli indirizzi in essere presso i due enti. Confronto competenze a Livello Macro –Qualifica Dal confronto dei compiti relativi alla comunità professionale Operatore Turi- stico Alberghiero sono emerse alcune differenze fra i compiti individuati nelle due progettazioni. Il CIFIR Sacro Costato ha evidenziato delle differenze rispetto ai compiti pre- visti nella comunità professionale. Questo Centro opera a Taranto in un contesto a grande potenzialità turistica, sia di turismo Culturale sia di tipo balneare ed i profili professionali sono più orien- tati all’area della ristorazione e servizi di accoglienza piuttosto che a forme di ser- vizio completo del turista (alloggio, ristorazione, aspetti organizzativi), mentre a Ostuni l’ECPEP opera in una realtà socio economica che consente di affrontare anche queste problematiche • Racconto testimoniale del 16.04.2005: confronto dei due indirizzi In data 16.05.2005 presso il Cifir Sacro Costato di Taranto si sono incontrati lo Staff del Centro insieme al coordinatore del Progetto Integrazione; era assente il rappresentante dell’Ente ECPEP di Ostuni con cui era stata condivisa la prima parte del Project Work. In questo secondo incontro sono stati approfonditi i confronti con le comunità professionali ed i relativi indirizzi e si è cercato di elaborare una sintesi delle consi- derazioni fatte nella prima sessione e in quest’ultima. La sintesi può così essere schematizzata: – ascoltare il territorio che chiede indirizzi a competenze multiple; – dare Vita una nuova Comunità Professionale; – fare fusione di Comunità Professionale alimentazione e turistica e alber- ghiera; – integrare gli indirizzi delle due comunità • Confrontare le qualifiche e gli indirizzi ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professionalità delle aziende di riferimento. In questo paragrafo del dossier l’obiettivo è presentare la natura economica, sociale e culturale della comunità professionale, la prospettiva formativa in cui essa si inserisce, nonché la figura professionale – il profilo in uscita della sperimenta- zione - che ad essa fa riferimento. Confronto con i profili previsti dalla comunità professionale 198 Natura economica, sociale e culturale della comunità È da considerarsi turismo l’insieme dei comportamenti e dei correlati bisogni degli individui nel momento in cui questi si spostano dai loro luoghi abituali di re- sidenza e di vita (casa, ufficio), per un periodo di tempo limitato. La comunità turistico-alberghiera rappresenta una delle più importanti realtà all’interno del bilancio del nostro Paese, sia in termini di occupazione, sia in ter- mini economici. Tale area ha, infatti, una grande incidenza sulle attività produttive dell’Italia e il complesso delle attività legate al turismo genera una grande ric- chezza. Basti pensare che la domanda di beni e servizi riconducili al turismo per l’anno 2001 ha determinato per il nostro Paese una valore aggiunto stimabile al 5,7% del PIL. In riferimento alla situazione di Taranto – come descritto nel paragrafo 2 – il- lustriamo di seguito il risultato del confronto delle caratteristiche reali della figura e, dunque, dell’indirizzo in uscita dal percorso rispetto a quanto previsto dalle guide per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati delle Comunità Profes- sionali. Nella comunità professionale turistica e alberghiera la denominazione iniziale del percorso di qualificazione è operatore turistico alberghiero. Si prevedono in uscita tre indirizzi: a) Addetto ai servizi turistici b) Commis di sala e bar c) Commis di cucina Nella pagina che segue si riporta la rappresentazione schematica delle guide della comunità professionale redatta dal Cnos e Ciofs Nazionale. 199 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico alberghiero rappresenta una figura professionale po- livalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate; – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 4) Addetto ai servizi turistici. 5) Commis di sala e bar. 6) Commis di cucina CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 3) Tecnico dei servizi turistici 4) Tecnico delle attività ristorative Comunità Professionale Turistico-Alberghiera La comunità professionale dell’alimentazione rappresenta una delle comunità che offrono alle figure professionali maggiori prospettive professionali e, in termini statistici, maggior impatto occupazionale, sia come dipendenti sia come lavoratori autonomi. Nella comunità professionale Alimentazione la denominazione iniziale del per- corso di qualificazione è Operatore dell’Alimentazione. Questa figura professionale, indipendentemente dalla specifica qualifica, pre- vede in uscita due indirizzi: 1) Addetto alla trasformazione degli alimenti 2) Addetto alla panificazione e pasticceria Nella pagina che segue si riporta la rappresentazione schematica delle guide della comunità professionale redatta dal Cnos e Ciofs Nazionale. Comunità Professionale Turistico-Alberghiera 200 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore dell’alimentazione rappresenta una figura professionale poli- valente in grado di affrontare una varietà di compiti: – preparazione e distribuzione delle materie prime alimentari; – compilazione ed interpretazione delle scritture contabili di base; – individuazione di diversi alimenti secondo la specie, qualità, provenienza territoriale e stagionalità; – gestione delle merci in magazzino; – rispetto delle norme HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e dell’attrezzatura) – sviluppo delle soluzioni anche innovative con gusto estetico e ed abilità manuale; – conservazione degli alimenti, applicando le diverse tecniche; – rispetto delle norme generali di antinfortunistica; – rispetto delle basilari norme della legislazione, che regola i pubblici eser- cizi; – organizzazione di un punto vendita; – utilizzazione delle tecnologie informatiche comuni; – traduzione di semplici testi in lingua inglese (manuali d’uso dei macchi- nari). FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1) Addetto alla trasformazione degli alimenti 2) Addetto alla panificazione e pasticceria CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1) Tecnico dell’alimentazione DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO-ALBERGHIERO DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico-alberghiero dell’alimentazione rappresenta una fi- gura professionale polivalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate; – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio; – preparazione e distribuzione delle materie prime alimentari; – compilazione ed interpretazione delle scritture contabili di base; – individuazione di diversi alimenti secondo la specie, qualità, provenienza territoriale e stagionalità; – gestione delle merci in magazzino; – rispetto delle norme HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e dell’attrezzatura) Fusione due comunita: operatore turistico-alberghiero dell’alimentazione 201 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO-ALBERGHIERO DELL’ALIMENTAZIONE COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) – sviluppo delle soluzioni anche innovative con gusto estetico ed abilità ma- nuale; – conservazione degli alimenti, applicando le diverse tecniche; – rispetto delle norme generali di antinfortunistica; – rispetto delle basilari norme della legislazione, che regola i pubblici eser- cizi; – organizzazione di un punto vendita; – utilizzazione delle tecnologie informatiche comuni; – traduzione di semplici testi in lingua inglese (manuali d’uso dei macchinari) FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 1) Addetto ai servizi turistici. 2) Commis di sala e bar. 3) Commis di cucina 4) Addetto alla trasformazione degli alimenti 5) Addetto alla panificazione e pasticceria CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 1) Tecnico dei servizi turistici 2) Tecnico delle attività ristorative 5) Tecnico dell’alimentazione FIGURA PROFESSIONALE OPERATORE ALBERGHIERO E DELL’ALIMENTAZIONE Denominazioni equivalenti Operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centrali- nista; assistente di portineria; operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn); camerieri e assimilati; esercenti di bar e baristi; addetto di sala bar; commis di sala; addetto ai servizi di sala e bar; operatore di sala bar (Obn); operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centralinista; assistente di portineria; operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn); esercenti e altri addetti alla preparazione di cibi in alberghi, ristoranti, fast-food e assimilati; addetto cu- cina; addetto servizi di cucina; operatore cucina (Obn) Note Compiti specifici L’operatore alberghiero e dell’alimentazione (m/f), al termine del percorso formativo è capace di affron- tare i seguenti compiti: – realizzazione del processo di gestione di una prenotazione di un servizio offerto dall’azienda; – realizzazione dell’attività di scrittura delle lettere commerciali; Nuova Figura Professionale In riferimento alle caratteristiche dell’indirizzo (figura in uscita) sulla base di quanto specificato e rappresentato sinteticamente nelle precedenti tabelle di seguito si riporta lo schema riguardante i compiti specifici dell’Operatore alberghiero e del- l’alimentazione. Si precisa che il frutto di tale lavoro è il risultato di un processo attento di ana- lisi delle competenze caratterizzanti e descritte nelle comunità di riferimento per ciascuno degli indirizzi attivabili. 202 – utilizzazione di un sistema informatico di gestione alberghiera e di prenotazione aerea; – gestione delle scritture obbligatorie del settore alberghiero (schedine di notifica, libro arrivi e partenze, statistiche per gli enti turistici locali); – collaborazione nella preparazione della sala e nell’allestimento di buffet e banchetti, alle dipendenze dirette dello Chef de Rang o del Maître; – effettuazione, sempre alle dipendenze del responsabile di reparto, del servizio ai tavoli dei cibi e delle bevande alcoliche e non; – realizzazione del processo di utilizzazione, in parziale autonomia, e manutenzione delle attrezzature e degli utensili in dotazione; – realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; – preparazione e servizio, conoscendone i diversi stili, delle bevande tradizionali e delle bevande alco- liche, alle dipendenze del responsabile del bar; – gestione delle relazioni con la clientela e cooperazione con spirito cooperativo nella brigata di sala e con gli altri reparti; – identificazione e scelta degli ingredienti riconoscendone le principali caratteristiche merceologiche, alle dipendenze dirette del responsabile di reparto; – preparazione linea di cucina; – collaborazione nella pulizia, preparazione e cottura degli ingredienti e nella presentazione di pietanze; – utilizzazione delle attrezzature e degli utensili in dotazione al reparto, curandone la manutenzione or- dinaria; – realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; – facilitazione della relazione con i componenti della brigata di cucina e con gli altri reparti con spirito cooperativo. Collocazione organizzativa L’addetto ai servizi turistico-alberghieri è una figura polivalente che ha appreso delle competenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ricettiva alberghiera o extra alber- ghiera (villaggi, campeggi, ecc), oppure come addetto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Il qualificato potrebbe aspirare con le dovute competenze a divenire tecnico delle attività turistiche o a specializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubblico o privato (settore della consulenza). COMPITO/PRODOTTO Conseguimento del certificato di idoneità alla guida del ciclomotore, in confor- mità con il decreto legislativo n.151 del 27 giugno 2003, che prevede l’obbligatorietà di tale certificato dal 1 luglio 2004 per i minorenni che non sono in possesso della patente di guida A e della patente sotto categoria A1. La realizzazione di tale compito per il conseguimento del certificato di idoneità avviene attraverso lo svolgimento di 20 ore così ripartite: - 4 ore destinate alle norme di comportamento; - 6 ore destinate alla segnaletica e alle norme di circolazione; - 2 ore destinate all’educazione per il rispetto della legge; - 8 ore dedicate all’educazione alla convivenza civile. Lo svolgimento dei moduli come previsti dal Ministero sono da articolarsi attra- verso l’incontro con un rappresentante delle forze dell’ordine e un istruttore pratico di una scuola guida per sviluppare il connubio tra conoscenza delle re- gole di convivenza civile e pratica delle esercitazioni previste per il consegui- mento del certificato di idoneità. • Sperimentazione dell’Unita’ di Apprendimento: ‘patente per il motorino’ 203 OBIETTIVI FORMATIVI L’alunno è in grado di: – sviluppare coscienza al valore delle regole nella convivenza civile; – favorire il rispetto delle regole della vita sociale e istituzionale; – riconoscere il valore e l’utilità delle regole sociali; – stimolare negli allievi l’assunzione di comportamenti adeguati da utilizzare e mettere in pratica nelle varie situazioni della vita quotidiana; – sviluppare il concetto di tutela della propria sicurezza, della sicurezza altrui e dell’ambiente circostante. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO L’alunno è in grado di: – conoscere e rispettare le regole di comportamento stradale; – conoscere e rispettare la segnaletica stradale; – conoscere le norme del rispetto della legge; – conoscere le norme della convivenza civile e saperle applicare nel quoti- diano; – conoscere le pratiche burocratiche relative al possesso del motorino quali il bollo, l’assicurazione, la revisione ecc. DESTINATARI Allievi del primo anno del corso di formazione professionale della sperimenta- zione triennale denominato “operatore alberghiero e dell’alimentazione”. TEMPI DI SVOLGIMENTO La durata dell’UdA è prevista in 20 ore, da svolgersi nella seconda metà del- l’anno formativo in orario mattutino nell’iter curriculare quotidiano. SEQUENZA IN FASI ED ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA da parte del formatore. 2) Svolgimento del modulo sulle norme di comportamento. 3) Realizzazione del modulo sulla segnaletica e sulle norme di circolazione. 4) Svolgimento del modulo per il rispetto della legge. 5) Svolgimento del modulo sulla convivenza civile. 6) Presentazione dell’iter burocratico relativo al possesso di un motorino. 7) Incontro formativo con un rappresentante delle forze dell’ordine al fine di focalizzare l’attenzione sulle norme di comportamento civile e sociale. RISORSE UMANE Coordinatore: cura dell’aspetto relazionale e organizzativo dell’UdA, contatto pratico e formale con la scuola guida, il formatore pratico e il rappresentante delle Forza dell’Ordine. Tutor: organizzazione degli incontri degli allievi con i formatori, gestione dello svolgimento pratico dell’UdA, supporto pratico e elemento di congiunzione tra allievi e formatori impegnati nell’UdA Formatore abilitato a svolgere il corso: docente di autoscuola con compe- tenze derivate dalla realizzazione pratica di attività di educazione stradale Rappresentante delle Forse dell’Ordine MATERIALI – Manuali di pratica e teoria per il conseguimento della certificazione di ido- neità – Cartelloni illustrati con regole e segnaletica stradale – Quiz per il conseguimento dell’attestato La sperimentazione dell’UdA per il conseguimento della patente del motorino è stata accolta positivamente dall’Ente. Le conoscenze e le competenze valide per il conseguimento del certificato di idoneità sono quelle previste dal Ministero dell’Istruzione e gli argomenti trattati sono stati articolati in 20 ore di lezione in aula come previsto dallo stesso pro- gramma ministeriale. 204 La Direttrice dell’Ente, il Coordinatore e il Tutor del corso hanno elaborato la struttura modulare delle nozioni da sviluppare e hanno affrontato la “problematica” della scelta dei docenti. Si è parlato di “problematica” in quanto nel corpo docente dell’Ente manca una figura di riferimento per le aree tecnico-specifiche da trattare, tenuto conto che il CIFIR Sacro Costato svolge la sua azione formativa nell’area del turismo e dell’alimentazione. Si è dunque delineata l’esigenza di realizzare un partenariato con una scuola guida della zona, con la quale non sono emerse difficoltà, ci si è accordati sugli obiettivi, i contenuti e le modalità di realizzazione. Per quanto riguarda lo svolgimento pratico delle ore si è pensato di inserirle in orario mattutino, all’interno dell’ordinario orario scolastico per garantire la pre- senza dell’utenza. L’eventualità di svolgere le ore in orario pomeridiano ha sollevato qualche in- certezza, in quanto avrebbe gravato sul livello di attenzione dell’utenza e sicura- mente sulla loro stessa presenza. In merito all’utenza c’è da sottolineare che la possibilità di conseguire il paten- tino per il motorino 50 di cilindrata, non ha coinvolto l’intero gruppo classe in quanto molti di loro sono risultati essere più interessati all’acquisizione del paten- tino per il 125, essendo prossimi al raggiungimento del 18° anno di età. Comunque si è cercato di coinvolgere l’intero gruppo classe, anche perché lo svolgimento del- l’UdA sperimentale pone l’accento in modo decisivo sull’acquisizione delle norme di convivenza civile e sociale, di cui i ragazzi destinatari dell’obbligo formativo sono, nella maggioranza dei casi, carenti. Tale sperimentazione ha un gran valore educativo oltre che formativo vista la necessità di stimolare in ogni modo l’acquisizione delle regole sociali e dei valori quali l’onestà e il senso civile. È riportata di seguito la tabella oraria relativa alla realizzazione dell’UdA: 205 Le difficoltà organizzative a proposito dell’orario si sono rilevate, soprattutto nella modifica dell’orario dei docenti della scuola partner, ma sono state superate senza grandi problemi, vista soprattutto la valenza educativa della sperimentazione. La scelta di un rappresentante delle Forze dell’Ordine si è rilevata fondamen- tale non solo in quanto rappresentante dello Stato, ma in quanto figura che ha “im- pressionato” positivamente l’utenza essendo il simbolo di quella legalità a volte te- muta, a volte non conosciuta ma pur sempre ricercata. 206 CIFIR di Oria C.I.F.I.R. CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE Via MANZONI N.3 – Oria (Br) Tel 0831 848178 Fax 0831 846252 ISTITUTO ANTONIO MASCHILE DEI PADRI ROGAZIONISTI - ORIA PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK “LO STAGE” CORSO DI “OPERATORE ALBERGHIERO” Redatto dalle: dott.ssa Carolina Battista, coordinatrice – dott.ssa Maria Di Stratis, progettista Approvato da: Suor Teresina Dessupoiu – Direttore del C.F.P. Uso: Pubblico 207 LO STAGE Lo stage si qualifica come una fase del percorso formativo caratterizzata dall’arricchimento delle competenze acquisite. Attraverso lo stage le conoscenze teoriche si trasformano in competenze pratiche. Esso si propone non solo come mezzo per verificare direttamente determinate realtà esterne, ma anche come strumento alternativo per l’apprendimento, come stimolo per la comunicazione con il si- stema economico-produttivo. Attraverso lo stage, il discente entra in una organizzazione complessa, inte- ragisce con i diversi ruoli di un ambiente lavorativo (i suoi usi, linguaggi e valori relativi), sperimenta delle pratiche di lavoro. Ancora, lo stage è una esperienza formativa che non è solo addestramento , ma mira a “dare forma” a ciò che “forma non ha” , ovvero rappresenta un percorso in cui si fondono tre momenti salienti dell’a- zione educativa: istruire (ciò che mira al “saper”) formare ( che mira al “saper fare”), educare (che mira al “saper essere”) FINALITÀ Lo stage è funzionale all’acquisizione di capacità pratiche e relazionali volte al raggiungimento di una professionalità spendibile nel mondo del lavoro. OBIETTIVO Lo stage si propone i seguenti obiettivi: Obiettivi di tipo conoscitivo: processo formativo attraverso cui l’allievo comprende, direttamente nella realtà lavorativa concreta, il ruolo al quale viene formato grazie a momenti di osservazione di pro- cessi lavorativi particolarmente significativi ai fini dell’apprendimento. Obiettivi di tipo applicativo: processo formativo attraverso cui l’allievo sperimenta ed opera nella concreta realtà lavorativa il ruolo lavorativo al quale viene formato, tramite l’applicazione, la verifica ed il consolidamento di conoscenze, abilità ed atteggiamenti acquisiti durante l’attività formativa in aula. In generale, si vuole offrire agli allievi una esperienza personale e professionalizzante che tenga conto della propria personalità. RISULTATO Lo stage tende a: • accertamento dell’interesse dell’allievo nei confronti del profilo professionale di riferimento; • impegno e senso di responsabilità per l’impegno assunto; • interesse univoco verso le discipline di ordine pratico • Introduzione Il cfp descriva, facendo riferimento alla progettualità in corso, la visione e la missione entro cui è inserita l’esperienza di stage. L’interrogativo proposto di seguito richiama fortemente il carisma cui ogni cfp si ispira, nella quotidianità, per rispondere alle esigenze della gioventù. Cosa si intende offrire ai giovani dei percorsi di istruzione e formazione con l’esperienza di stage? Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage. Seguendo lo schema utilizzato nel lavoro di gruppo proposto durante la forma- zione dei formatori, il cfp descriva le modalità operative attuali di gestione dello stage (definizioni, contenuti, gli obiettivi, le risorse coinvolte). 208 OBIETTIVI Lo stage intende: • Offrire agli allievi una esperienza personale e professionalizzate che tenga conto della propria personalità. Come lo si raggiunge? 1) Pianificazione della tempistica di realizzazione. 2) Individuazione e valutazione delle realtà offerte dal territorio. 3) Valutazione e analisi delle caratteristiche attitudinali e comportamentali di ciascun allievo. • Educare l’allievo alla convivenza civile e al rispetto delle regole Come lo si raggiunge? 1) Individuazione dei ruoli all’interno della realtà lavorativa. 2) Conoscenza, analisi e rispetto delle regole comportamentali. 3) Modulazione del rapporto interpersonale. • Favorire l’inserimento lavorativo del soggetto grazie al percorso formativo offerto Come lo si raggiunge? 1) Analisi della occupabilità offerta dal territorio. 2) Dialogo preventivo con il titolare dell’azienda. 3) Condivisione della mission formativa. • Offrire una multidimensionalità dell’esperienza affinché i soggetti possano scoprire le proprie inclinazioni professionali Come lo si raggiunge? 1) Individuazione delle diverse aree professionali. 2) Organizzazione della turnazione degli stagisti al fine di permettere una com- pleta conoscenza delle diverse aree professionali. I. Pianificazione dei forum infrastage a cadenza regolare. II. Revisione e rivalutazione dei criteri di turnazione al fine di favorire e garan- tire la giusta collocazione professionale. DISCIPLINE COINVOLTE Conoscenze di base: - Lingua italiana - Cultura storico sociale - Diritto del lavoro - Logica matematica - Economia di base Conoscenze tecnico-professionali: - Competenze teoriche specifiche - Pratica di laboratorio Conoscenze trasversali: - Sicurezza sul lavoro - Procedure relative alla qualità - Etica della persona e del lavoro LO STAGE 209 DOCENTI DELL’ISTITUTO SCOLASTICO STATALE PARTNERS COINVOLTI Conoscenze di base: - Lingua italiana - Cultura storico sociale - Logica matematica - Economia di base Conoscenze tecnico-professionali: - Competenze teoriche specifiche FORMATORI COINVOLTI Conoscenze di base: - Docente di Italiano e Storia - Docente di Matematica - Docente di Economia Conoscenze tecnico-professionali: - Docente di Competenze Teorico specifiche - Docente di Sala Bar - Docente di Laboratorio di Cucina - Docente di Laboratorio di Pasticceria Conoscenze trasversali: - Docente di Sicurezza sul lavoro - Docente di Etica della persona e del lavoro AZIENDE INTERESSATE Nella fase di stage sono state coinvolte le seguenti tipologie di aziende: - Ristoranti - Pizzerie - Laboratori Di Pasticceria - Grande Distribuzione Organizzata - Sala Bar DURATA La durata dello stage per l’intero triennio consta di 600 ore FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ PRIMO ANNO: 100 ORE SECONDO ANNO: 200 ORE TERZO ANNO: 300 ORE METODOLOGIA Prima dell’avvio dell’attività di stage la Direttrice, il Coordinatore e il Tutor del corso si incontrano per stabilire le fasi di turnazione e i gruppi di lavoro che si integreranno nelle varie realtà lavorative. Tali gruppi sono definiti in base alle caratteristiche caratteriali e professionali dell’allievo. Per le attività di stage del primo e del secondo anno gli allievi entrano in contatto con tutte le realtà pro- duttive proposte, nella terza annualità si cerca di pianificare lo stage secondo le attitudini espresse e dimostrate dagli allievi. Gli stage si svolgono sulla base di apposite convenzioni stipulate tra l’Ente pro- motore e i datori di lavoro. Questo documento contiene le regole di svolgimento dello stage e definisce gli obblighi dei soggetti coinvolti. Alla convenzione è allegato un progetto formativo e di orientamento dove ven- gono esplicitate le modalità di svolgimento dello stage e il contenuto dello stesso in termini di apprendimento. Il progetto formativo si presenta chiaro nei suoi obiettivi e contenuti concreti ed è compilato dall’Ente promotore su proposta dell’azienda che attiva lo stage. 210 METODOLOGIA In particolare esso contiene: - gli obiettivi e le modalità di svolgimento dello stage; - il nome del tutor incaricato dal soggetto promotore e del responsabile azien- dale; - gli estremi identificativi delle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e la responsabilità civile; - la durata ed il periodo di svolgimento dello stage; - il settore aziendale di inserimento. Sono stipulate tante convenzioni quante sono le realtà interessate dall’attività di stage. In itinere il Tutor si occupa del monitoraggio dell’attività, si reca in visita presso le realtà e si confronta con i gestori dell’azienda. COMPETENZE DISCIPLINARI Le competenze da impiegare fanno capo a tutte le discipline del percorso forma- tivo. Nell’esperienza di stage si concretizzano trasversalmente tutte le discipline. COMPETENZE TECNOLOGICHE L’alunno è in grado di: - saper gestire e organizzare il posto mobile di lavoro in un team; - intervenire con consapevolezza nelle situazioni legate alla sicurezza personale; - utilizzare con responsabilità le attrezzature più semplici; - applicare le procedure di trasformazione e le tecniche di cottura degli alimenti; - conoscere gli elementi costitutivi di un menù; - distinguere gli alimenti e classificarli in base alla loro destinazione d’uso; - acquisire autonomia all’interno dello staff di settore, nella gestione del proprio ruolo e dei propri spazi; - utilizzare autonomamente le attrezzature e gli impianti nel rispetto delle norme igieniche e della prevenzione antinfortunistica; - conoscere la suddivisione degli alimenti per categorie in base alla loro natura e utilizzazione; - saper pianificare diverse tipologie di menù in ordine alle esigenze dell’utenza; - saper progettare e strutturare diverse tipologie di menù in relazione all’utenza, alle risorse umane, alle derrate alimentari, all’impiantistica; - conoscere l’analisi dei costi settoriali; - gestire correttamente l’approvvigionamento dei prodotti alimentari; - conoscere la normativa vigente relativa all’igiene alimentare; - applicare la normativa vigente relativa all’igiene alimentare e le modalità di at- tuazione di un piano di controllo dei punti critici e del rischio igienico; - progettare e strutturare diverse tipologie di menù in relazione all’utenza, alle risorse umane, alle derrate alimentari, all’impiantistica; - gestire correttamente l’approvvigionamento dei prodotti alimentari; - indossare la propria divisa nel rispetto dell’etica professionale; - mettere in funzione le macchine e le attrezzature in dotazione nei laboratori; - organizzare il proprio posto di lavoro; - realizzare la mise en place di un tavolo; - realizzare semplici preparazioni di caffetteria; - realizzare i principali tipi di servizio; - organizzare la prassi del servizio vini; - organizzare semplici bevande miscelate; - applicare ai diversi stili di servizio le tecniche principali della specificità di servizio; - realizzare ricette della cucina di base; - realizzare ricette della cucina regionale; - realizzare ricette di panificazione e pizzeria; - realizzare ricette della pasticceria; - preparare bevande miscelate; - intraprendere relazioni semplici con la clientela; 211 COMPETENZE TECNOLOGICHE - collaborare all’allestimento della sala ristorante secondo le tipologie di ser- vizio; - inserirsi attivamente nel lavoro d’équipe; - utilizzare la terminologia di settore; - curare l’igiene personale ed indossare correttamente la divisa; - ordinare in modo semplice i compiti assegnati; - distinguere i mezzi tecnologici ed il loro principale funzionamento nei settori operativi; - utilizzare in modo minimo il linguaggio tecnico e la simbologia usata nei re- parti; - usare il saluto e dare il benvenuto; - utilizzare i più elementari moduli e registri obbligatori in modo corretto; - ordinare adeguatamente i dati da registrare; - usare in modo semplice obbligatori; - utilizzare gli strumenti del Front-Office (PC, telefono, etc.); - impostare semplici lettere commerciali, cartoncini menu, dépliants, etc.; - utilizzare un programma di gestione alberghiera, della ristorazione i pacchetti applicativi più diffusi; - svolgere le operazioni relative al “ciclo cliente”; - curare la corrispondenza relativa al ricevimento. gli strumenti del Front-Office (PC, telefono, ecc.). - utilizzare correttamente la divisa e comportarsi in modo adeguato; - svolgere correttamente i compiti assegnati collaborando proficuamente con i settori di sala e cucina; - accogliere correttamente la clientela; - utilizzare esattamente i moduli e registri; - compilare e ordinare la modulistica di settore. CONTENUTI - Tecniche di cottura di alcuni alimenti e le relative procedure di lavorazione. - Norme igienico sanitarie relative alla persona, ai locali, ai macchinari ed agli utensili. - Figure e il relativo profilo professionale delle brigate di sala e di bar. - Reparti della struttura ristorativa, i macchinari e le attrezzature in dotazione. - Microlingua di settore (inglese- francese). - Principi di una corretta alimentazione. - La gastronomia e i piatti tipici. - Le principali tecniche di manipolazione in cucina. - Ricette di prodotti da forno. - Ricette di prodotti di pasticceria. - Ricette di antipasti, primi secondi. - Ricette della cucina regionale. - Tecniche di presentazione dei piatti. - Tecniche e servizi di una sala bar. - Ricette e metodi di panificazione. - La classificazione enologica, le zone DOC e DOCG e le principali tipologie di denominazioni protette. - Mezzi tecnologici utilizzati nel settore. - Linguaggio di settore. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Lo strumento di monitoraggio per lo stage è rappresentato dal Libretto di Stage, a cura del tutor formativo, nel quale è data indicazione precisa e dettagliata del programma di stage sostenuto dagli allievi in ciascuna delle realtà ospitanti. Per ciascuna realtà è individuato un tutor aziendale interno alla struttura ospi- tante, ma, al fine di garantire continuità didattica e maggiore integrazione lavo- rativa e sociale degli allievi, è garantita la compresenza del tutor formativo e del tutor aziendale per l’intero periodo di stage. 212 MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Questo perché il tutor formativo si configura come figura essenziale di riferi- mento per il gruppo classe. Al termine dell’attività frontale e di stage ciascun allievo ha acquisito elementi conoscitivi, abilità operative e capacità necessarie per presidiare in modo otti- male il ruolo professionale assegnatogli nelle varie realtà ospitanti. Molto utili ai fini della verifica e valutazione dell’attività di stage sono le schede di soddisfazione, in cui gli allievi sono chiamati ad esprimere giudizi in scala da 1 a 4 su alcuni item, tra cui i seguenti: interesse per l’attività, relazioni sul luogo di lavoro, grado di integrazione, capacità esecutive, valutazione sull’allievo, uti- lità per l’azienda. Si chiede un giudizio personale sull’azienda ospitante e un pa- rere critico, in modo tale da correggere eventuali comportamenti inadeguati da parte dell’allievo e verificare se vi siano delle mancanze da parte dell’azienda ospitante. In fase finale il tutor formativo stila una relazione nella quale riassume tutte le fasi di sviluppo dell’attività, dall’organizzazione iniziale alle attività svolte gior- nalmente dal singolo allievo. La relazione si completa con un quadro sintetico relativo alle presenze e alle assenze di ogni allievo. FINALITÀ Lo stage intende: - offrire la possibilità di acquisire professionalità e sicurezza spendibile in am- bito lavorativo; - offrire la possibilità di scegliere e orientare il proprio cammino di vita. DISCIPLINE COINVOLTE In questo processo sono coinvolte tutte le discipline: di base, trasversali e pro- fessionali. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Allo stesso modo sono coinvolti tutti i formatori, tra cui anche coloro che appar- tengono alla scuola statale partner del progetto corso. AZIENDE INTERESSATE Le migliori aziende del territorio per la prima e la seconda annualità. Per il terzo anno sarebbe interessante coinvolgere le grandi aziende a livello nazionale o in- ternazionale DURATA Le 600 ore totali sono ben distribuite ed equilibrate nel percorso didattico. FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Allo stato attuale il nostro Ente ha sperimentato lo stage in itinere, secondo cui gli allievi sono impegnati nelle aziende 2 o 3 giornate alla settimana. Al fine di potenziare e personalizzare il percorso formativo si potrebbe ipotiz- zare uno stage in fase finale solo per la terza annualità, in modo da favorire una maggiormente integrazione professionale dell’allievo ai fini di innalzare le pro- babilità di occupabilità. METAVALUTAZIONE SULLO STAGE Dopo aver analizzato con le persone che compongono il tuo gruppo di lavoro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel tuo Cfp, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise – dovrai potenziare le procedure e i processi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 213 METODOLOGIA La turnazione si è rivelata molto valida per offrire agli allievi la possibilità di vagliare le proprie attitudini nelle varie realtà. Anche in questo caso, si potrebbe pensare ad una soluzione diversa per la terza annualità. Nei primi due anni gli allievi devono comprendere e stabilizzare le proprie attitu- dini professionali, al terzo anno possono concentrarsi sul settore scelto e impe- gnarsi ai fini di garantirsi una probabile integrazione professionale e lavorativa. COMPETENZE DISCIPLINARI Grande importanza è attribuita alle discipline laboratoriali, ma non bisogna mai dimenticare che le materie di base sono fondamentali ai fini di una buona pre- sentazione e un buon servizio in ambito lavorativo. COMPETENZE TECNOLOGICHE L’informatica si configura essenziale per l’eventuale gestione di archivi o pro- grammi specifici in ambiente di lavoro. CONTENUTI Potenziamento delle discipline laboratoriali MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Libretto di stage, diario di stage e relazione finale sono ottimi strumenti di mo- nitoraggio. Si potrebbe integrare la strumentazione valutativa con l’attivazione di forum in- frastage , all’interno dei quali si possono discutere, nonché approfondire, le di- namiche lavorative e le eventuali problematicità caratteriali o professionali. I forum potrebbero essere un ottimo metodo per guidare e monitorare lo svolgi- mento dello stage. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) Tutti i risultati ottenuti dalle varie strumentazioni didattiche possono essere ana- lizzati e riportati in tabelle per realizzare dei grafici da cui si potrebbe evincere immediatamente l’andamento dell’iter formativo. • Il racconto testimoniale della seconda esperienza di stage Nei giorni 17 e 25 novembre 2006 il CIFIR Sacro Costato di Taranto ha ospi- tato due giornate di formazione tenute dalle dott.sse Cristina Baldi e Maria Pia Lo- caputo – formatori del Cnos Fap Regione Puglia sede di Bari-, sull’argomento “stage”. Alle due giornate era presente tutto lo staff formativo del CIFIR di Taranto, tra cui la Direttrice, la progettista, le coordinatrici e tutte le tutor operanti sui corsi. Alla luce della modellizzazione CNOS è stato interessante confrontarsi sulle varie esperienze e le diverse problematicità. Sono state prese in analisi tutte le strumentazioni e le metodologie di valuta- zione relative all’attività di stage. Nel corso del Progetto Integrazione sono state distribuite le linee guida del CNOS, lette e studiate da noi formatori al fine di migliorare l’ offerta formativa. Nell’arco dei 3 anni del Progetto Integrazione abbiamo cercato di utilizzare al meglio l’esperienza acquisita e le strumentazioni condivise. Agli esordi, il percorso di stage veniva seguito personalmente dalla tutor del corso che si preoccupava di controllare le presenze e verificarne l’impegno, sti- 214 lando una unica relazione finale. Alla luce delle linee guida abbiamo trovato lo spunto per adottare nuovi stru- menti e per sperimentarli ai fini del monitoraggio dell’attività. Lo staff direttivo ha studiato e analizzato i contenuti delle linee guida e, alcuni strumenti, come il libret- to di stage, sono stati adottati e profusi ai tutor, adattandoli alle nuove esigenze. Le due giornate di formazione con i formatori del Cnos Fap Regione Puglia sede di Bari, hanno fornito stimoli non solo per l’adozione di nuovi strumenti im- mediatamente accolti, ma anche per la conoscenza di nuovi elementi con cui inte- grare le nostre attività: i forum infrastage. I gruppi di lavoro formati in questa occasione hanno condiviso la finalità degli incontri, attraverso i quali si possono subito riscontrare eventuali malesseri o argi- nare eccessivo entusiasmo non costruttivo. Il gruppo dei formatori si è riproposto di realizzare la programmazione futura dello stage tenendo conto dei forum di discussione, come parentesi settimanale al- l’interno del percorso formativo. Giornate di formazione come queste hanno favorito il consolidamento del gruppo di lavoro. La prima volta il nostro Ente ha potuto ospitare le giornate di for- mazione in sede, avendo la possibilità di aprire queste giornate a tutti i tutor e ad alcuni docenti interessati. Ai precedenti work-shop ha partecipato solo il gruppo di monitoraggio del CIFIR di Taranto, formato dalla Direttrice, dalle Coordinatrici e dalla Progettista. La condivisione allargata ha permesso di creare un gruppo di la- voro ben affiatato: per la prima volta docenti, tutor e coordinatori hanno argomen- tato e condiviso idee sulla programmazione e sullo svolgimento dello stage. Tale lavoro di equipe si è rivelato fondamentale affinché tutti i formatori con- dividessero le medesime finalità. Valutazioni ed eventuali Alla luce di quanto detto e delle esperienze fatte all’interno del Progetto Inte- grazione 2003 si può affermare con certezza che il gruppo dei formatori del CIFIR di Taranto si è arricchito dal punto di vista professionale e culturale. Il Progetto è stato da noi accolto con grande entusiasmo ed interesse, l’esperienza fatta ci ha arricchito non solo sul piano metodologico ma anche su quello legislativo. La conoscenza delle leggi e dei decreti che gestiscono e guidano i nostri per- corsi e le nostre attività ci ha aiutati ad avere un quadro completo nel campo della formazione professionale. Lo stage è sostanziale per una buona riuscita del percorso formativo e, monito- rarlo nel migliore dei modi attraverso strumentazioni innovative e condivise, favo- rirebbe la buona riuscita dell’esperienza. Non bisogna dimenticare che al centro di ogni processo formativo c’è sempre l’allievo con le sue problematiche e le sue richieste. Il nostro compito, in qualità di 215 formatori, è quello di aiutare e sollecitare l’integrazione sociale e culturale dell’al- lievo e, traguardo fondamentale per noi, l’inserimento occupazionale. Ci si augura che tale tipo di formazione possa essere nuovamente sperimentata e messa a regime; ciò consentirebbe a noi formatori di creare forum di scambio cul- turale e metodologici per la crescita personale e professionale dell’Ente. 216 5. CNOS FAP Regione Puglia (Bari e Cerignola) PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” PRIMO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “PATENTINO” CORSO DI IMPIANTI “INSTALLATORE/MANUTENTORE DI ELETTRICI E DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE” N.B. I CFP del Cnos Fap avendo esperienze assimilabili, e una progettazione unica e un esiguo numero di partecipanti alla formazione hanno scelto di realiz- zare insieme i Project Work previsti dal percorso di formazione dei formatori. Per questo motivo, di seguito viene illustrato il materiale prodotto unitamente dai due centri. Redatto da: Nicola Barile, formatore; Domenico Campanella, formatore; Nicola Paparella, formatore, don Rino Roca, direttore CFP Cerignola Approvato da: dott. Luigi Cannillo – Direttore del CNOS FAP Regione Puglia Uso: Pubblico 217 Denominazione iniziale del percorso di qualificazione OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO Compiti caratteristici della comunità professionale (livello di qualificazione) L’operatore elettrico ed elettronico è una figura polivalente in grado di effet- tuare assemblaggi, installazioni e riparazioni di apparecchiature e sistemi elettrici ed elettronici di media complessità. All’operatore elettrico ed elettronico è richiesto di saper svolgere i seguenti compiti: 1) Lettura e interpretazione di schemi elettrici ed elettronici • Introduzione Il consiglio dei formatori del corso inserito nel “Progetto Integrazione 2003” ha espresso viva soddisfazione per l’iniziativa che consente di attivare un confronto e uno scambio attivo tra i CFP del nostro territorio - locale e regionale - al fine di condividere e crescere nella creazione di “buone pratiche” nella gestione della formazione professionale iniziale, anche alla luce delle recenti riforme in atto con la creazione, ad opera della Riforma Moratti, dell’”unico” Sistema di istruzione e formazione professionale. In particolare, l’esperienza di condivisione appare importante al fine della comprensione di alcuni nodi centrali e problematici insiti nella riforma stessa quali: personalizzazione dei percorsi e centralità del concetto di competenza; didattica per unità di apprendimento; integrazione scuola-CFP; certificazione delle competenze e riconoscimento dei crediti; portfolio delle competenze; alternanza scuola-lavoro; coinvolgimento e “corresponsabilità” delle famiglie; ecc. Questi alcuni dei temi che ci interrogano maggiormente e ci motivano ulterior- mente alla collaborazione e al confronto. Il lavoro intrapreso ci ha portato preliminarmente a interrogarci sul profilo pro- fessionale interessato dal progetto ovvero l’installatore/manutentore di impianti elettrici e di automazione industriale nonché sulla comunità professionale di appar- tenenza e sull’impatto occupazionale che la stessa ha sul territorio della provincia di Bari e di Foggia. In un momento successivo abbiamo lavorato alla sperimentazione della Unità di Apprendimento proposta: cioè quella relativa al conseguimento della certifica- zione per la guida dei ciclomotori (patentino). Alcuni formatori hanno provato anche a progettare UdA più specifiche per il settore dell’automazione industriale che sperimenteremo più avanti nel corso della terza annualità del progetto. • Approfondire la natura della comunità professionale di riferimento La denominazione del profilo professionale interessato dal “Progetto Integra- zione 2003” avviso n. 8/2003 “Installatore/Manutentore di impianti elettrici e di au- tomazione industriale” rappresenta una figura professionale che appartiene alla co- munità professionale “Operatore elettrico ed elettronico”. 218 Denominazione iniziale del percorso di qualificazione OPERATORE ELETTRICO E ELETTRONICO Compiti caratteristici della comunità professionale (livello di qualificazione) 2) Esecuzione di impianti elettrici/elettronici nel rispetto della normative e della legislazioni vigenti di settore; 3) Verifica di impianti e apparecchiature con l’ausilio di strumentazione adeguata; 4) Esecuzione delle lavorazioni meccaniche richieste dalla figura profes- sionale; 5) Organizzazione e gestione del piano di lavoro; 6) Ricerca e recupero di eventuali anomalie; 7) Manutenzione ordinaria degli impianti e apparecchi elettrici ed elettro- nici; 8) Registrazione dei dati tecnici relativi al processo lavorativo e ai risul- tati; 9) Utilizzo dei materiali e della componentistica elettrica ed elettronica al fine di effettuare scelte corrette in fase di dimensionamento e di instal- lazione; 10) Applicazione dei concetti fondamentali dell’elettrotecnica e delle meto- dologie d’impiego degli strumenti per la verifica dei circuiti elettrici ed elettronici; 11) Rispetto delle norme di prevenzione infortuni e sicurezza nel lavoro (Dlg 626/94); 12) Inserimento consapevole e responsabile nell’ambiente di lavoro in rife- rimento agli aspetti economici, organizzativi, sindacali, contrattuali, ecc. 13) Uso dei mezzi informatici per la scelta della componentistica tramite cataloghi in formato elettronico e per l’esecuzione dei disegni (Appli- cativi CAD). Figure professionali previste 8) Installatore manutentore impianti civili e industriali 9) Installatore manutentore impianti di automazione industriale 10) Installatore manutentore di sistemi elettronici 11) Assemblatore, manutentore di personal computer e installatore di reti locali Continuità (diploma di formazione) 1) Tecnico elettrico 2) Tecnico elettronico 3) Tecnico informatico In particolare, rispetto alle figure professionali previste nella comunità profes- sionale elaborata dalle guide, il nostro progetto puntava a creare una figura profes- sionale che inglobasse le competenze dell’installatore/manutentore di impianti elet- trici civili e industriali e quelle dell’installatore/manutentore di impianti di automa- zione industriale. Chiaramente stiamo parlando di qualifica di base e non di carattere speciali- stico, anche se la capacità di impegnarsi e di apprendere dei ragazzi spesso può me- ravigliare e possono sorprendere i risultati che si possono raggiungere anche con il tipo di utenza che generalmente “popola” i nostri CFP. Per questo motivo, in vista della realizzazione di percorsi triennali di forma- zione si è pensato di realizzare una figura professionale più completa, competente 219 nell’impiantistica civile e industriale oltre che, nell’automazione industriale. Come illustrato nel nostro progetto, l’installatore/manutentore di impianti elet- trici e di automazione industriale offre un livello medio di polifunzionalità ed è in grado di: – effettuare l’installazione e manutenzione di impianti civili di illuminazione, di segnalazione, di sicurezza, di distribuzione dell’energia elettrica e dei se- gnali, ecc; – effettuare l’installazione/manutenzione di impianti industriali; – effettuare l’installazione/manutenzione di impianti per l’automazione indu- striale con varie tipologie di comando e controllo dei motori, con compe- tenza nella cablatura dei quadri elettrici industriali, realizzati in logica ca- blata e con l’utilizzo dei PLC; – operare in relazione con altre professionalità quali i progettisti, i tecnici, i programmatori di PLC, i fornitori, gli installatori termoidraulici, i muratori; In termini di Saper fare (capacità e abilità operative) l’installatore/manutentore di impianti elettrici e di automazione industriale è in grado di: – realizzare la serie di impianti elettrici ed elettronici fondamentali, a partire dagli schemi, usando correttamente l’attrezzatura e manipolando adeguata- mente materiali e componenti; – realizzare l’impianto elettrico di un ambiente e di una abitazione civile sulla base degli schemi funzionale e costruttivo; – effettuare operazioni di verifica funzionale e di misura delle grandezze in gioco; – realizzare gli impianti elettrici ed elettronici di segnalazione e con l’uso di relè, in bassa tensione, presenti nei locali dell’abitazione civile in base al di- segno e a specifiche tecniche; – effettuare operazione di misura e controllo delle diverse tensioni presenti. – realizzare impianti citofonici e videocitofonici presenti nei locali civili e nel terziario sulla base di fogli di istruzione e di schemi elettrici; – effettuare operazioni di verifica funzionale e diagnosticare il guasto even- tuale. – realizzare l’impianto elettrico, di una abitazione civile, utilizzando l’attrezzatura, i materiali e le apparecchiature elettriche ed elettroniche sulla base di schemi funzionali e unifilari; – effettuare operazioni di verifica funzionale e di misura delle grandezze in gioco; – realizzare, in base a schemi, impianti elettrici industriali di telecomando per motori asincroni trifase, con fine corsa, interruttori di prossimità, timer; ef- fettuarne il collaudo funzionale, la ricerca dei guasti ed il ripristino delle anomalie; 220 – eseguire semplici impianti pneumatici ed elettropneumatici e provvedere alla loro manutenzione; – eseguire controlli generici su azionatori, attraverso logica elettromeccanica; • controlli di potenza, in ordini alle esecuzioni; • una programmazione di processo; • collegamenti e programmazioni su sistemi PC-PLC – eseguire controlli di produzione; • controlli sequenziali con PC-PLC; • controlli su struttura pluriasse a definizione cartesiana; • montaggio di stazione di pilotaggio e controllo; – eseguire le operazioni varie, in piena consapevolezza delle normative vi- genti; – effettuare le semplici operazioni meccaniche al banco o al trapano, richieste per l’esecuzione degli impianti elettrici, interpretare i disegni di particolari meccanici. • Caratterizzare le tipologie di aziende presenti nella regione puglia ed in par- ticolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando le sperimen- tazioni La progettazione della “figura professionale” parte dall’analisi dei fabbisogni di professionalità del contesto economico-produttivo locale (a breve e medio termine), attraverso strumenti e con modalità particolari, che vanno dall’esame di fonti stati- stiche (Istat, Excelsior, Isfol, Ministero del Lavoro, Assoindustria, Ipres, Camera di Commercio) alla valutazione dei risultati di indagini specifiche (CNOS FAP Nazio- nale, Università Pontificia Salesiana Dipartimento Statistica-Pedagogia-Sociologia del Lavoro, Cospes, Ipres Puglia, POR Puglia 2000-2006 Pag. 5 Sistemi della Puglia Centrale, consorzio ASI, API, Libro Bianco della Commissione Europea Direzione Generale XXII “Insegnare e apprendere: verso la società conoscitiva”). È fondamentale evidenziare che già dalla fase di rilevazione dei fabbisogni professionali sono state effettuate, dimostrando grande validità ed efficacia, forme di interazione strutturate prioritariamente tra i soggetti coinvolti nella progettazione del percorso formativo: in particolare cfp Cnos-Fap/Sistema delle Imprese. Le azioni di indagine sul fabbisogno professionale effettuate nel territorio han- no coinvolto direttamente circa 150 (centocinquanta) aziende appartenenti: • al territorio di Bari, Modugno, Bitonto, Bisceglie e Molfetta, oltre che di Foggia; • alla classe dimensionale di 6-40 addetti; • ai settori di attività meccanico, elettrico ed elettronico. Le figure professionali tipo individuate nel corso dell’indagine sono: • Operatore su macchine utensili a Controllo Numerico; • Installatore/manutentore di impianti elettrici di automazione industriale; 221 222 • Operatore al banco con l’ausilio di macchine utensili; • Operatore alle macchine utensili; • Disegnatore con sistemi CAD-CAM; • Installatore/manutentore elettricista civile ed industriale; • Manutentore programmatore di impianti con PLC; • Saldatore Tali figure rispondono alla effettiva domanda delle imprese. È noto che le imprese metalmeccaniche con l’introduzione dell’automazione segnalano notevoli difficoltà nel reperimento di figure professionali specializzate. Il CNOS FAP non è in grado di soddisfare la continua richiesta delle imprese in quanto gli allievi che hanno conseguito una rispondente ed adeguata qualifica professionale sono attualmente già tutti occupati. Ipotesi di implementazione delle competenze della figura professionale Nella tabella che segue in corsivo sono evidenziate le integrazioni – in termini di compiti – ritenute necessarie per il completamento delle competenze della figura professionale in uscita. 2. FIGURA PROFESSIONALE INSTALLATORE MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE DENOMINAZIONI EQUIVALENTI Installatore e riparatore di apparati elettromeccanici; operatore elettronico industriale; montatore e ma- nutentore di sistemi di comando e controllo; manutentore e programmatore di impianti con PLC; monta- tore e manutentore di sistemi di automazione industriale. Manutentore elettro-elettronico e di sistemi di automazione; manutentore impianti e utenze elettro-elet- troniche (Obn) COMPITI SPECIFICI L’installatore manutentore di impianti di automazione industriale (m/f) è una figura professionale in grado di svolgere una varietà di compiti e rivestire ruoli differenti: 1) Lettura e interpretazione di disegni di schemi elettrici funzionali, multifilari e a blocchi; 2) Lettura e interpretazione di disegni di schemi di circuiti elettronici, schemi a blocchi di circuiti digi- tali; 3) Lettura e interpretazione di disegni di schemi di azionamenti pneumatici e/o elettropneumatici oleo- dimanici; 4) Leggere e interpretare il principio di funzionamento del TRASFORMATORE mono e trifase e del M.A.T. per gli azionamenti in ambito produttivo e non; 5) Realizzazione, su uno schema elettrico fornito, del cablaggio e messa in opera di un quadro di co- mando per avviamento/inversione M.A.T. con segnalazione acustica e luminosa e le relative prote- zioni: magnetotermica, termica, differenziale; 6) Verifica della funzionalità e ottimizzazione del quadro realizzato, relazionando su eventuali anomalie che potrebbero presentarsi in relazione a eventi produttivi; 7) Lettura e interpretazione di uno schema per il comando e un limitato controllo di più azionamenti mediante MAT con modalità funzionali differenti: Stella-triangolo, commutazione di polarità, inver- sione di marcia, avviamento con autotrasformatori, avviamento di MAT con resistenze rotoriche; 223 8) Esecuzione delle varie attività circa gli azionamenti, attraverso realizzazioni circuitali singole e/o composite con realizzazione di circuiti di comando e potenza, nonché controlli delle variabili elet- triche attraveso strumentazioni opportune (Voltmetri, ampermetri, cosfimetri, varmetri, ecc…); 9) Realizzazione di controlli per: mancanza di fase, mancanza di alimentazione per intervento di una protezione, sovraccarico, azionamenti paralleli in caso di totale blakout (simulazione di un’assenza completa di alimentazione esterna con shift automatico su una linea secondaria); 10) Lettura e comprensione dei linguaggi di programmazione dei controllori programmabili nelle mo- dalità KOP, AWL, FUP (per PLC SIEMENS), LADDER, MNEMONICO, e A BLOCCHI (per PLC OMRON); 11) Lettura e interpretazione di diagrammi di flusso che conseguono un’attività di programmazione; 12) Trasduzione di schemi elettromeccanici delle esercitazioni più complete e complesse realizzate con logica elettromeccanica (cablata) in linguaggi di programmazione e editing successivo; 13) Comparazione operativa e funzionale delle realizzazioni attraverso valutazione dei tempi e delle modalità operative; 14) Installazione di Controllori programmabili all’interno di un quadro di comando per l’azionamento indiretto di una movimentazione semplice utilizzando attuatori elettromeccanici per il governo di si- stemi elettrici (MAT) e pneumatici/oleodinamici; 15) Programmazione di una EEPROM e allocazione all’interno della CPU del PLC montato e cablato all’interno di un semplice quadro di comando (di cui sopra); 16) Controllo della velocità di un MAT attraverso encoder opportunamento programmato; 17) Installazione di inverter per la regolazione di velocità di MAT; 18) Controllo della velocità di un motore elettrico alimentato a corrente continua; 19) Controllo della velocità e degli step di azionatori vari; 20) Programmazione OFF/ON LINE di strazione di PC-PLC, opportunamente montata per la movimen- tazione di un processo che si orienta secondo le coordinate cartesiane ortogonali che realizzi il ca- rico e scarico di un prodotto non opportunamente precisato; 21) Realizzazione di una programmazione di processo che realizza la movimentazione su di un sistema pluriasse ad azionamento misto pneumatico elettrico per la gestione di un processo produttivo, dove si distinguono le fasi operative e si completa la gestione produttiva con lo scarico e la successiva transfert in continuità; 22) Realizzazione, in completamento di controlli e recuperi di eventuali anomalie, attraverso la pro- grammazione di routine di gestione; 23) Esecuzione di varie operatività inerenti il controllo totale di un processo attraverso l’utilizzo di pro- grammazioni che consentono il controllo della posizione (Time uot) e della funzionalità dei canali di I/O del PLC (confronto matematico in esadecimali); 24) Ottimizzazione del processo attraverso la visualizzazione delle scansioni operative del programma ed eventuali variazioni on line realizzate attraverso la rete di gestione PC-PLC; 25) Utilizzazione ottimale dei software specifici (CX Programmer e Simantec) per le gestioni di cui trat- tasi; 26) Applicazione dei tutti i riferimenti normativi (ISO 9000…) 27) Esecuzione delle verifiche, controlli e misure riguardanti gli attuatori, trasduttori, i quadri di co- mando e controllo e le interfacce di vari sistemi; 28) Manutenzione ordinaria e straordinaria di quanto realizzato, attraverso riferimenti normativi e/o antinfortunistici che garantiscano il recupero delle anomalie nello standard normativo riferito al- l’efficienza; 29) Lettura e comprensione delle norme di installazione e d’uso degli attuatori elettrici ed elettronici, dei rivelatori e dei componenti, al fine di sostituirli con altri caratterizzati da analoghe prestazioni; 30) Conoscenza dei sistemi di comando, controllo per l’attuazione di macchine operatrici e dei loro cicli operativi e tecnologici; 31) Uso dei mezzi informatici per l’esecuzione dei disegni tecnici; 32) Consultazione di manuali tecnici per il corretto impiego della componentistica. COLLOCAZIONE ORGANIZZATIVA Trova impiego come lavoratore dipendente all’interno di piccole-medie e grandi imprese che operano: • Nel settore della quadristica per impianti industriali • Nel settore dell’equipaggiamento elettrico a bordo macchina delle macchine operatrici • Nel settore della progettazione e della programmazione del PLC • Negli ambiti manutentivi di grosse aziende (multinazionali) • In aziende specifiche per servizi manutentivi PROGETTO “OFS PUGLIA PUGLIA 2003 OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” SECONDO PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA “STAGE ” CORSO DI “INSTALLATORE/MANUTENTORE DI IMPIANTI ELETTRICI E DI AUTOMAZIONE INDUSTRIALE” Redatto da: Nicola Barile, formatore; Domenico Campanella, formatore; Nicola Paparella, formatore, don Rino Roca, direttore Cfp Cerignola Approvato da: Luigi Cannillo – Direttore del CNOS FAP Regione Puglia Uso: Pubblico 224 • Introduzione Il lavoro di approfondimento della tematica relativa alla gestione dello Stage nei percorsi di formazione iniziale in diritto – dovere ha consentito di definire ulte- riormente lo stage quale nucleo portante del percorso formativo che si basa sul- l’inserimento in un contesto di lavoro come principale risorsa per favorire l’apprendimento di nuove capacità professionali o per orientare le scelte di carriera. L’esperienza di stage, di inserimento in aziende per mettere alla prova le com- petenze acquisite in laboratorio e in classe costituisce una delle modalità didattico- formative centrali dell’azione pedagogica nello stile di Don Bosco, il nostro santo fondatore. • Analisi del livello esistente di organizzazione dello stage Per i formatori del CNOS FAP sede di Bari e di Cerignola, l’esperienza di stage costituisce la principale leva del cambiamento, la risorsa strategica su cui puntare per l’organizzazione, la gestione e la valutazione di percorsi formativi di qualità. L’esperienza reale può assolvere due funzioni essenziali: • favorire l’incremento delle capacità e delle competenze richieste da una de- terminata figura professionale; • verificare in che misura gli apprendimenti sono stati interiorizzati. Oltre a rappresentare il momento di apprendimento delle specifiche capacità di ruolo, l’inserimento in azienda assume anche una funzione dimostrativa e di certifi- cazione delle nuove acquisizioni. In questo senso lo stage può essere definito come una prova professionale ba- sata sulla messa in opera da parte dell’allievo delle risorse apprese (saperi, abi- lità, capacità personali), con lo scopo di dimostrare l’acquisizione di una determi- nata competenza nell’esercizio di una specifica attività lavorativa, per la cui vali- dazione è indispensabile il giudizio positivo di un soggetto terzo: l’impresa. L’approfondimento del livello esistente della pratica di stage ha messo in luce le finalità dello stage: – verificare se le competenze maturate (anche in termini di apporto tecnolo- gico conseguito) sia rispondente alle esigenze delle aziende e del settore (di- vario di competenza) – verificare la capacità di gestire la propria professionalità all’interno dell’a- zienda – verificare che l’intera fase esperienziale sia la verifica sostanziale del rag- giungimento degli obiettivi professionali indicati dal profilo di riferimento – verificare se c’è corrispondenza tra tecnologia che produce (aziende) e tec- nologia che forma – creare un collegamento col mondo del lavoro al fine di favorire l’inserimento degli allievi all’interno delle aziende 225 AZIENDE INTERESSATE Le aziende interessate e coinvolte nell’azione di stage sono quelle del settore economico di riferimento, ovvero aziende del territorio di Bari che si occupano di impiantistica elettrica civile e industriale, oltre che di automazione indu- striale DURATA Stage orientativo: 100 Stage formativo: 350 Stage di preinserimento: 150 – favorire un’esperienza di apprendimento – coinvolgere e sensibilizzare le aziende nella formazione (creare “cultura” della formazione) In termini di obiettivi formativi, lo stage, a seconda della sua collocazione nel percorso formativo deve rendere il giovane in grado di: Stage iniziale – riconoscere le tipologie di aziende del settore professionale di riferimento – consolidare la scelta formativa effettuata Stage formativo – familiarizzare con gli addetti dell’azienda al fine di favorire la comunica- zione e l’integrazione delle risorse; – affiancarsi operativamente al ruolo di riferimento verificando anche le com- petenze acquisite – discutere con gli addetti dell’azienda su alcune specifiche tecnologiche e normative – relazionarsi con i diretti preposti al fine di arricchirne la propria base opera- tiva – far sintesi degli aspetti multidisciplinari acquisiti e applicarli nell’ambito dell’esperienza – relazionare sulle positività dell’intera fase esperienziale. Stage di pre-inserimento – lavorare in autonomia limitatamente alle esigenze dell’azienda; – relazionarsi con i responsabili di settore o di area dell’azienda al fine di indi- care eventuali miglioramenti della fase produttiva; – comprendere in definitiva il ruolo operativo all’interno dell’azienda e trac- ciarne un percorso in caso di eventuale inserimento lavorativo all’interno della stessa. In ordine alle discipline e ai docenti delle istituzioni scolastiche partner coin- volti nell’azione di stage, si evidenzia la difficoltà di coinvolgere questi ultimi nella gestione operativa dell’esperienza anche se tutte le discipline previste nel progetto sono coinvolte nell’azione. Diversamente, i formatori del CFP sono tutti sostanzialmente coinvolti nell’a- zione di stage insieme al tutor del corso. 226 FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Stage orientativo: 30 ore impiantistica civile 40 ore impiantistica industriale 30 ore automazione industriale Visite e affiancamento in osservazione della durata di 6 ore circa; Stage formativo: al termine del secondo anno anche secondo le esigenze organizzative del CFP con giornate della durata di 6 ore Stage preinserimento: al termine del terzo anno con un orario giornaliero di 8 ore METODOLOGIA Si concorda sempre con l’azienda quello che i ragazzi “andranno a fare” in azienda Circa la metodologia essa di articola in una prima fase di affiancamento in os- servazione, per poi progressivamente caratterizzarsi per un maggiore presidio del ruolo fino alla piena autonomia Nello stage orientativo c’è un rotazione tra le aziende COMPETENZE DISCIPLINARI Comunicare in lingua italiana corretta Scrivere in modo corretto Conoscere le specifiche di base delle discipline scientifiche (matematica, am- biente) Conoscere la normativa in materia di sicurezza sul posto di lavoro COMPETENZE TECNOLOGICHE Conoscere gli aspetti fondamentali delle tecnologie e le relazioni con l’attività operativa; Possedere manualità e alcuni aspetti che riguardano la progettualità operativa CONTENUTI Di carattere tecnico operativo MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Valutazione al termine degli affiancamenti Inquadramenti operativi all’interno dell’azienda Valutazione dell’occupabilità Osservazione diretta e questionari di valutazione RISULTATI CONSEGUITI – interazione attiva con l’ambiente lavorativo – conoscenza del mercato del lavoro del settore – apprendimento di nuove competenze operative in situazione L’analisi del livello esistente di gestione dello stage e il confronto con il mo- dello teorico a cui i CFP CNOS FAP della Regione Puglia già si ispirano ha con- sentito di mettere in luce alcune incongruenze tra quello che si progetta e in cui si crede e la concreta attuazione del modello. In particolare, il gruppo dei formatori coinvolti nell’azione progettuale ha ap- profondito gli strumenti di gestione dello stage prestando molta attenzione al diario di stage e alle rubriche di valutazione relative allo stesso. Per effetto della riflessione e del lavoro di gruppo, sono stati adattati gli stru- menti offerti dalla sede Nazionale del CNOS alle concrete esigenze dei nostri CPF e delle aziende del territorio pugliese. 227 6. EPCPEP di Ostuni CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE DI OSTUNI Via Ludovico Pepe, 27 - 72017 Ostuni (Br) Tel./Fax 0831 336643 - e-mail: ostunicfp@libero.it PROGETTO “OFS PUGLIA 2003” OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” RELAZIONE 1° PROJECT WORK REALIZZAZIONE DELLA UDA «OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE: “SALENTO E TURISMO”» CORSO DI “Addetto alle strutture turistiche alberghiere” Redatto da: Giovanni Enzo Nacci Approvato da: Francesco CUCCI Uso: Pubblico 228 • Introduzione Il Progetto Integrazione OFS “ADDETTI ALLE STRUTTURE TURISTICHE ALBERGHIERE” Un aspetto qualificante dei percorsi di integrazione è dato dall’adozione di mi- sure di personalizzazione atte a rendere più flessibile il percorso formativo e con- sentire attenzioni educative e formative alle caratteristiche ed ai bisogni specifici di ogni singolo allievo, ai diversi stili di apprendimento e metodi di studio, alle neces- sità di approfondimento e/o di recupero, alle “soluzioni diversificate” che occorre mettere in campo nella gestione di “casi personali” che richiedono maggiori risorse e progettualità. La personalizzazione avviene comunque in un contesto-classe, dove il gruppo costituisce una delle leve dell’apprendimento. Ciò vale anche nel caso in cui si deb- bano delineare sotto-gruppi differenti, che non costituiscono una sorta di corsi a sé stanti, ma rappresentano articolazioni dei gruppi-classe originari per la gestione di attività di recupero e/o di approfondimento. La ricerca in itinere è composta dall’insieme di attività condotte al fine di mo- nitorare costantemente il mercato di riferimento della figura professionale in uscita dal corso, permettendo un aggiornamento, in tempo reale, del know how e delle skills di tali figure a quelli che risulteranno essere i bisogni emergenti ed i gap del settore di riferimento, consentendo di fornire una formazione just in time e conte- stualizzata. In particolare, la ricerca socio-economico-culturale sul territorio, verte sulle te- matiche oggetto del corso, sul segmento di mercato obiettivo da poter occupare e sulle tipologie di strutture all’interno delle quali la figura professionale in uscita dal corso dovrà operare; particolare importanza verrà attribuita all’analisi di casi con- creti di imprese operanti nel settore di specifico interesse del progetto: tale con- fronto su casi e fra casi fornirà ai partecipanti al programma formativo elementi chiarificatori e di confronto evolutivo rispetto al profilo attitudinale necessario al- l’espletamento del ruolo e delle funzioni nel settore di riferimento del corso. • Approfondire la natura della Comunità Professionale di riferimento Il primo degli obiettivi del Project Work era finalizzato all’approfondimento della natura della comunità professionale di riferimento. Qui di seguito si propone una tabella esemplificativa delle caratteristiche del- l’operatore turistico ed alberghiero, secondo quanto pubblicato dal testo dal titolo “Comunità Professionale turistica e alberghiera. Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati” a cura del Cnos e Ciofs Nazionale. Il modello teorico proposto sarà integrato e arricchito, oltre che da un punto di vista schematico, anche tramite la verbalizzazione delle motivazioni per cui chi scrive, sulla base dell’esperienza e delle attività di analisi svolte in itinere, può con- 229 frontare la teoria con la prassi. Inoltre, si precisa che nella stessa tabella, i compiti caratterizzanti l’operatore turistico sono arricchiti dai compiti descritti come carat- teristici in altre comunità professionali, pubblicate dal CNOS FAP E CIOFS NAZIONALE: in particolare, uno studio attento del contenuto delle guide - consegnateci nel primo seminario tenutosi in data 15 e 16 ottobre 2004 - mi ha consentito di riflettere sulla trasversalità di alcuni compiti caratterizzanti il profilo professionale in uscita dalla sperimentazione attivata presso il nostro centro, rispetto alla specificità con cui le stesse azioni sono descritte nelle guide con riferimento specifico alle figure profes- sionali riconducibili a ciascuna delle comunità. L’area delle competenze trasversali vuole supportare gli allievi nell’acquisi- zione di una sempre più precisa capacità di riconfigurare lo spazio di vita e di pro- gettare soluzioni più vicine agli scopi che vogliono e devono conseguire nel con- testo lavorativo: I anno L’alunno è in grado di: – saper applicare corrette misure preventive e acquisire comportamenti re- sponsabili per la tutela della salute propria ed altrui; – dialogare con il responsabile del servizio sulle operazioni svolte e sui risul- tati ottenuti; – gestire le fasi operative dell’attività di cucina, sala e bar e sviluppare la ca- pacità di dare e ricevere informazioni; – dialogare con i soggetti posti ai vari livelli gerarchici e/o funzionali; – avere una giusta autonomia linguistica dal punto di vista grammaticale e sin- tattico; – preparare le materie prime da utilizzare e un semplice menu; – diagnosticare le proprie competenze e risorse personali e riconoscere i propri stili comportamentali; – comunicare con altri nel contesto di apprendimento e di lavoro, in situazione di interazione; – collaborare con altri nella realizza zione di una attività; – migliorare le proprie strategie di apprendimento e di azione; – accogliere ed assistere un gruppo di turisti operando in situazione assistita. II anno L’alunno è in grado di: – conoscere le principali forme di cortesia, di saluto e di benvenuto e saperle usare correttamente; – conoscere le elementari forme di comunicazione verbale e non verbale e saper rispettare le dovute formalità operative e comportamentali in riferi- mento ai doveri e ai diritti; 230 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) L’operatore turistico alberghiero rappresenta una figura professionale po- livalente in grado di affrontare una varietà di compiti: – gestione dei documenti della contabilità di base; – inserimento nell’organizzazione di un punto vendita; – applicazione delle norme generali di antinfortunistica e delle basilari norme della legislazione che regolano i pubblici esercizi; – recuperare e rafforzare abilità comunicative in vari contesti e settori, soprat- tutto di tipo professionale; – diagnosticare la qualità dei propri stili comportamentali e dei propri processi di pensiero; – comunicare con altri nel contesto di apprendimento e di lavoro anche in si- tuazione di interazione mediata da strumenti di diversa natura (cartacei, in- formatici, telematici); – assumersi responsabilità all’interno di un lavoro di gruppo e saper collabo- rare attivamente nel gruppo, rispettando le regole stabilite; – migliorare le proprie prestazioni lavorative anche in forme di auto-apprendi- mento; – avere la capacità di elaborare quanto appreso per poter lavorare, nello stesso settore, se ve ne offre l’occasione, anche nel paese straniero laddove si usa la lingua appresa. III anno L’alunno è in grado di: – svolgere attività di informazione, con costante attività di rappresentanza nei confronti delle agenzie intermediarie e dei grandi clienti (associazioni, cir- coli aziendali, nuclei sociali, aziende, ecc.); – essere in grado di individuare, in base alla richiesta, le soluzioni tecniche più opportune per la costruzione di un pacchetto turistico; – promuovere presso enti locali, consorzi e imprese azioni ed eventi di valo- rizzazione, di interesse scientifico-culturale e di richiamo turistico dei beni culturali; – sviluppare una forte identità personale e professionale; – risolvere problematiche nuove e diverse, senza resistenze al cambiamento; – sviluppare sicurezza e rapidità di risposta e di proposta di soluzioni opera- tive. – fornire un nuovo impulso produttivo alle imprese interessate creando al loro interno competenze e capacità innovative finalizzate alla valorizzazione delle risorse turistiche, nonché all’ottimizzazione delle risorse impegnate. 231 DENOMINAZIONE INIZIALE DEL PERCORSO DI QUALIFICAZIONE OPERATORE TURISTICO E ALBERGHIERO COMPITI CARATTERISTICI DELLA COMUNITÀ PROFESSIONALE (LIVELLO DI QUALIFICAZIONE) – implementazione del piano di lavoro, verificando le eventuali anomalie e, se necessario, rimovendole; 1 – allestimento, verifica ed azionamento di impianti di altoparlanti e di illu- minazione in caso di eventi/manifestazione; – utilizzo delle strumentazioni informatiche, hardware e software, in parti- colare per l’elaborazione dei testi, di fogli elettronici per la ricerca di in- formazioni (internet) e per la comunicazione (posta elettronica) e crea- zione/gestione di un sito web2; – realizzazione del processo di accoglienza e gestione dell’ospite attraverso l’utilizzazione delle elementari tecniche di comunicazione; – gestione delle informazioni di varia natura anche in lingua straniera, uti- lizzando le strumentazioni adeguate;3 – gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione cor- retta di almeno 2 lingue straniere scritte e parlate (inglese e francese); – fornitura di informazioni e indicazioni circa le risorse turistico/culturali del territorio; – preparazione e distribuzione delle materie prime elementari;4 – individuazione dei diversi alimenti secondo la specie, qualità, prove- nienza territoriale e stagionalità;5 – rispetto delle norme del manuale di autocontrollo HACCP (impostazione delle fasi di riassetto e pulizia dei locali e della attrezzatura);6 – sviluppo di soluzioni anche innovative con gusto estetico e abilità ma- nuali;7 – conservazione degli alimenti applicando le diverse tecniche;8 – manutenzione ordinaria e piccole riparazioni del parco giochi e delle altre strutture sportive e ricreative. FIGURE PROFESSIONALI PREVISTE 7) Addetto ai servizi turistici. 8) Commis di sala e bar. 9) Commis di cucina CONTINUITÀ (DIPLOMA DI FORMAZIONE) 6) Tecnico dei servizi turistici 7) Tecnico delle attività ristorative 1 Cfr. CNOS-FAP PIEMONTE, L’orientamento nel CFP. 4. Guida per la gestione dello stage, op. cit. 2 Cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale Aziendale e amministrativa, pag. 47. 3 Ibidem. 4 Ibidem 5 Cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale Alimentazione, pag. 51. 6 Ibidem. 7 Ibidem. 8 Ibidem. 232 Caratterizzare la tipologia di aziende presenti nella Regione Puglia ed in particolare nel territorio di riferimento in cui si stanno realizzando la speri- mentazioni La legge sull’obbligo formativo e la successiva regolamentazione attuativa non si limita a prescrivere un obbligo, ma definisce un sistema complesso di relazioni fra i soggetti, istituzionali e non, operanti sul territorio, per assicurare il successo formativo dei giovani. Queste relazioni sono finalizzate sia allo sviluppo del processo di comunica- zione relativo ai percorsi e alle scelte dei giovani soggetti ad obbligo, sia alla co- stituzione di banche dati sulla domanda e sull’offerta di formazione e di lavoro, sia al tutorato del percorso, con il coinvolgimento delle famiglie e dei servizi di inter- vento sociale. La formazione professionale e l’apprendistato diventano, quindi, due canali che, al pari della scuola, permettono ai giovani di continuare il percorso formativo, almeno fino a raggiungere quel traguardo di una qualificazione di base che ormai costituisce lo standard minimo indispensabile per inserirsi nella società civile ed economica. Va aggiunto che, in una prospettiva di lifelong learning, questi percorsi non dovranno più rappresentare, come in passato, solamente dei punti di arrivo, ma delle fasi di passaggio a successive attività formative da seguire im mediatamente dopo il conseguimento della qualifica. L’analisi di dati ISFOL su dati regionali dimostra che gli allievi iscritti ai corsi di primo livello rappresentano con 95.131 unità il 17,4% dell’utenza dell’intero si- stema di formazione professionale regionale (tab. 1). Tra gli iscritti prevale nettamente la componente maschile con 37.147 unità ri- spetto alle 21.072 di quella femminile. L’analisi dell’andamento delle iscrizioni mostra un lieve calo dagli anni ‘80, seguito da un calo più forte a partire dall’inizio degli anni ‘90, anche a seguito dei nuovi meccanismi di finanziamento previsti dal FSE e dalle conseguenti scelte re- gionali. Pertanto, dal 1990 al 1998-99, gli allievi passano dalle 244.403, alle 95.131 unità. Un ulteriore calo, ancora da quantificare (la rilevazione è in corso) è stato pro- dotto dall’innalzamento dell’obbligo scolastico a partire dal 1999-2000 (tab. 2 e 3). 233 234 Nel frattempo, il tasso di passaggio dalla scuola media alla scuola secondaria superiore è cresciuto fino ad assestarsi, nell’anno 1998/99, sui 94,5 punti percen- tuali. Sul sistema scolastico secondario, la cui recente riforma ha completato il quadro della ristrutturazione dell’intero sistema formativo italiano, sembra che con- tinuino a ricadere molteplici aspettative a cui non può da solo rispondere. Pen- siamo, ad esempio, che il tasso di diploma, pur crescendo rispetto all’anno prece- dente, si assesta nell’anno 1998-99 sui 75,4 punti percentuali contro i 68,4 del 1997. Le informazioni relative alla regolarità dell’iter scolastico contribuiscono a de- lineare i percorsi e le motivazioni dei giovani in età dell’obbligo formativo . La ta- bella 4 riporta gli alunni respinti e non 1997/98; 2,3 alunni su 100 iscritti alla prima classe della scuola secondaria superiore non ottengono alcuna valutazione uscendo dal sistema per cause non formalizzate, mentre sono 21,6 (su 100 iscritti) gli alunni respinti agli scrutini al termine della stessa classe. L’indicatore di interruzione di frequenza, elaborato dal Ministero della Pub- blica Istruzione, si assesta nella prima classe secondaria sul 13,3% di allievi iscritti alla scuola secondaria che abbandona il percorso. Per la quinta classe, lo stesso va- lore sale sino ai 14,8 punti (tab. 5). La disaggregazione del dato per tipologia degli istituti secondari rileva che la maggior parte delle interruzioni avviene nell’istru- zione professionale, artistica e tecnica. Se da una parte, dunque, si assiste ad una domanda forte e diffusa di istruzione professionalizzante, dall’altra, è proprio questo il segmento dell’istruzione dove si registra il maggior numero di abbandoni. 235 Per rispondere a tale domanda di formazione professionalizzante il presente in- tervento di “Offerta Formativa Sperimentale di istruzione e formazione professio- nale” può effettivamente costituire un canale alternativo per adempiere l’obbligo scolastico e l’obbligo formativo in quanto è in grado di offrire un percorso effetti- vamente funzionale al trasferimento di competenze tecnico-professionali spendibili e riconoscibili dal mercato del lavoro. A conferma di quanto sopra anche dall’analisi del P.O.R 2000/2006 allo stato attuale e sulla base delle dinamiche di sviluppo emerse nell’attuale decennio, è pos- sibile individuare i sistemi locali di sviluppo, legati essenzialmente alle aree pro- duttive presenti nella provincia di Brindisi. Il sistema turistico della provincia di Brindisi è legato soprattutto all’area co- stiera presente tra Fasano-Ostuni-Carovigno-Brindisi, con forti collegamenti al- l’area dei trulli (Putignano, Alberobello, Locorotondo, Fasano, Cisternino e Ostuni 236 in provincia di Brindisi), e all’area carsica di Castellana Grotte e dell’Alta Murgia (Gravina, Altamura). I principali punti di debolezza di tale sistema hanno origine nella difficoltà di riuscire a costituire un sistema integrato in grado di valorizzare le risorse naturali, culturali, storiche dell’area compresa tra la provincia di Bari e la provincia di Brin- disi, con un’offerta sempre più destagionalizzata di nuovi servizi di ospitalità con specifiche caratteristiche distintive del turismo culturale, religioso, sportivo-ricrea- tivo, congressuale, d’affari\fieristico, scolastico e rurale. Al 31 dicembre 1998, le imprese registrate presso i Registri Camerali delle provincie pugliesi ammontano a 370.452 unità. Considerando i settori principali, le imprese agricole ammontano a 125.621 (33,9%), quelle manifatturiere a 37.824 unità (10,2%), le imprese del settore delle costruzioni a 33.798 (9,1%), gli esercizi alberghieri e i ristoranti esprimono una consistenza pari a 10.744 imprese (2,9%) mentre gli esercizi commerciali raggiun- gono una consistenza di 103.097 aziende (27,8%). Alla stessa data, le imprese extra-agricole ammontano a 244.077 (65,9%); di queste il 15,8% è costituito da imprese industriali, il 13,8% da aziende operanti nel settore delle costruzioni, il 42,2% da attività commerciali ed il 4,4% da alberghi e pubblici esercizi (la rimanente quota è ascrivibile ad “imprese non classificabili”). Sotto il profilo dimensionale, l’apparato produttivo pugliese presenta la se- guente composizione: le micro-imprese (1-9 addetti) detengono una quota pari all’87,2%, legger- mente inferiore a quella del Mezzogiorno 87,7%) ma superiore alla media italiana (84,6%); – le piccole aziende (10-49 dipendenti) ammontano all’11,3% del totale, ri- spetto al 10,6% del Mezzogiorno ed al 13,2% dell’Italia; – le medie imprese (50-249 addetti) risultano pari all’1,3% (1,4% per il Mez- zogiorno ed 1,9% nella media nazionale); – le imprese maggiori con più di 250 dipendenti (in numero di 105 a livello regionale) non superano la quota dello 0,2%, leggermente inferiore a quelle del Mezzogiorno e dell’Italia (entrambe allo 0,3%). Il turismo in Puglia rappresenta uno dei settori economici a più elevata potenzia- lità di sviluppo. Nel 1991 la capacità ricettiva della regione, ovvero il numero di po- sti letto alberghieri e complementari era rispettivamente di 35.409 e di 8.422, mentre nel 1996 tale numero è salito a 48.814 e 110.645 per le due categorie di esercizi, pari ad un totale di 159.459 (fonte Insud). Le presenze di turisti italiani e stranieri nelle strutture alberghiere ed extra alberghiere sono state nel 1997 pari a 4 e 3 milioni di unità (circa 7,2 milioni in complesso), con una presenza estera pari a circa il 15% del totale, ed una permanenza media nel complesso di circa 3,6 giorni. L’incremento di presenze turistiche negli ultimi anni si è aggirato intorno all’8% annuo. Il Programma Operativo Regionale, meglio conosciuto come P.O.R., rappre- senta un’importante occasione per realizzare sul territorio provinciale Brindisino 237 interventi capaci di determinare lo sviluppo del territorio e una migliore qualità della vita. Affinché ciò si verifichi è necessario programmare al meglio progetti ed inter- venti formativi. Per questa ragione sono state realizzate indagini sui fabbisogni professionali nella regione Puglia, con lo scopo di identificare parametri attendibili ed aggiorna- bili di conoscenza della domanda e dell’offerta di lavoro. La rilevazione di fabbisogni formativi e l’individuazione dei profili professio- nali consente di riavviare un confronto costante con gli Enti locali del sistema for- mativo basato su una maggiore conoscenza dei fenomeni, da cui discenderà una pro- grammazione più orientata ai reali bisogni del mercato. In tale ottica, una volta indi- viduati i profili necessari, la qualità della formazione potrà essere l’arma vincente. L’indagine IPRES per il territorio Brindisino individua prioritariamente un fabbisogno di manodopera qualificata nel settore turistico-alberghiero. Da tale indagine emerge l’evidenza che gli operatori in possesso di una quali- fica professionale, riferita al settore, hanno maggiori possibilità occupazionali. La presente proposta formativa, Addetto alle strutture turistiche alberghiere, viene formulata dal C.F.P. di Ostuni, presente da anni sul territorio con interventi nel settore. Ostuni, definita la ‘Città Bianca’ per la colorazione a calce delle sue case, sorge in collina ai margini della Valle d’Itria. Un paesaggio dalle mille suggestioni definita ultimamente la “città presepe”, la “bianca regina degli ulivi che scende verso un mare terso e azzurro”. La marina di Ostuni, venti chilometri di costa multiforme, è dotata di attrezza- ture e insediamenti turistici tra i quali primeggiano il villaggio Valtur, Rosamarina, Il Villaggio Vacanze, l’Hotel Incanto, Grand Hotel Masseria Santa Lucia, Hotel Villaggio Residence Plaia, La Darsena, Lo Scoglio degli Achei. La sua vocazione turistica è stata premiata con numerosi riconoscimenti. La presenza costante degli Operatori Turistici e delle Amministrazioni Locali alla BIT di Milano e Francoforte conferma l’ipotesi di crescita e di sviluppo nel settore turistico-alberghiero. Il bacino di utenza individuato nei comuni di Ostuni, Carovigno, San Vito, San Michele, Ceglie M., Cisternino, Fasano, Mesagne comprende una Popolazione di circa 180.000 abitan ti, dei quali 85.000 maschi e 95.000 femmine. Da una economia basata sull’agricoltura, si è passati oggi ad una voca zione prevalen temente turistica che vede Ostuni e il com pren so rio di riferimento impe- gnati in questa profonda azione di rinnovamento. Il territorio ha risposto a questa nuova realtà insediando nuove strutture ope- ranti nei settori alberghiero, agrituristico e della ristorazione. Le aziende operanti nel settore della ristorazione sono 251 così distribuite: – Ostuni 84 aziende di cui 42 Ristoranti 20 Pizzerie ,14 Rist.-Albergo, 8 Agri- turismo; 238 – Fasano 63 aziende di cui 30 Ristoranti, 18 Pizzerie, 10 Rist.-Albergo, 5 Agriturismo; – Carovigno 37 aziende di cui 18 Ristoranti, 13 Pizzerie, 6 Ristor.-Albergo; – Ceglie 27 aziende di cui 13 Ristoranti, 10 Pizzerie, 4 Ristor.-Albergo; – Cisternino 36 aziende di cui 18 Ristoranti, 12 Pizzerie, 3 Ristor.-Albergo, 3 Agriturismo; – Mesagne 23 aziende di cui 8 Ristoranti, 12 Pizzerie, 3 Ristor.-Albergo; – San Vito 15 aziende di cui 11 Ristoranti e 4 Pizzerie; – San Michele 13 aziende di cui 9 Ristoranti e 4 Pizzerie. L’occupazione nel settore vede un numero totale di addetti di circa 900 unità che salgono a più di duemila nel periodo di alta stagione. (Alcune considerazioni particolari andrebbero fatte per forme di occupazione non regolarmente codificate che da stime non ufficiali vedrebbero addirittura raddoppiato il dato in esame). Sono proprio questi dati che indicano un preciso orientamento del mercato del lavoro che privilegia i soggetti con una impostazione organizzativa basata su una crescente professionalità. L’azione formativa proposta , Addetto alle strutture turistiche alberghiere, ri- sponde quindi a specifiche esigenze del mercato del lavoro: attraverso processi di formazione specifici si potrà, oltre che incrementare l’occupazione nel settore, con- tare su una sempre più elevata qualità dei servizi offerti, condizione fondamentale per garantire l’accelerazione di quel trend di crescita del settore già evidenziato. L’intervento progettato, nasce così sulla base di tali considerazioni e si co- struisce in relazione alla risoluzione di tali problematiche, attraverso la formazione e la qualificazione di una figura professionale che sia anche promotore dello svi- luppo locale e facilitatore di processi di comprensione, analisi e valutazione delle questioni sopra specificate. • Confrontare le qualifiche e i profili ipotizzati nella guida con i fabbisogni di professionalità delle aziende di riferimento L’“Addetto alle strutture turistiche alberghiere” è colui che accoglie persone singole o gruppi nei viaggi assicurando la necessaria assistenza e fornendo ele- menti significativi di interesse turistico delle zone di transito. Egli deve accogliere ed assistere il gruppo turistico dal momento dell’arrivo sino al termine del soggiorno; perciò deve adoperarsi affinché: – il viaggio acquistato dal turista-cliente venga realizzato nel migliore dei modi; – il gruppo possa amalgamarsi sufficientemente, in modo da far sentire ogni partecipante membro di una specie di unità viaggiante; – venga assicurato che tutti i servizi e le agevolazioni promesse dall’organiz- zazione al cliente siano erogati, mediante controlli sul comfort delle strut- 239 ture ricettive, sull’efficienza del trasporto, sulla qualità dei pasti, sulla com- petenza delle guide locali, ecc.; – siano in regola tutte le formalità per i passaggi di frontiera e delle linee do- ganali; – tutti i turisti del gruppo siano informati sulle particolarità sia di usi che di leggi dei luoghi di transito e di destinazione. A tal fine egli deve predisporre commenti informativi, senza pregiudizi culturali, politici, religiosi, sui paesi e luoghi visitati, in maniera comunque abbastanza generica. Relaziona al- l’organizzazione per cui presta servizio sull’andamento del tour, informan- dola di eventuali inconvenienti, lacune, problemi emersi nel corso di essi. Ciò permette un apprezzamento professionale ed obiettivo sulla reale qualità dei servizi offerti. L’attività dell’Addetto alle strutture turistiche alberghiere si può dividere in: – orientarsi ed operare in contesti diversi, dimostrando di possedere una buona formazione culturale e una preparazione professionale flessibile e poliva- lente; – stabilire rapporti comunicativi adeguati all’interlocutore ed alle situazioni; – esprimersi con correttezza e proprietà di linguaggio in almeno due lingue straniere con conoscenza della lingua di settore; – comunicare ai clienti informazioni sulle risorse culturali e turistiche del ter- ritorio e i sugli eventuali programmi di animazione o altro organizzati dalla struttura ricettiva; – comunicare e collaborare con i diversi settori ed utilizzare al meglio gli im- pianti, – espletare le mansioni relative ai servizi di ricevimento, portineria, cassa e maincourante; – utilizzare le attrezzature di settore offerte dalla moderna tecnologia ed i si- stemi informatizzati per la gestione delle strutture ricettive (es.per la pro- grammazione della distribuzione delle camere). – utilizzare le conoscenze di Economia e Tecnica dell’Impresa Turistica; – utilizzare i software per la gestione delle fasi di check-in e check-out dei clienti oltre ai principali programmi di videoscrittura e calcolo. Prescindendo dalla classificazione proposta a soli fini di sche matizzazione, bi- sogna sottolineare che la completezza delle presta zioni è caratteristica tipica del buon accompagnatore turistico per le sue funzioni culturali, sociali, economiche e promozionali. La professione dunque viene svolta prevalentemente «in viag gio», in Paesi e Nazioni diverse, utilizzando diversi mezzi di trasporto; pertanto è una professione particolarmente dinamica. 240 FIGURA PROFESSIONALE Addetto alle strutture turistiche alberghiere Denominazioni equivalenti Operatore turistico; addetto all’accompagnamento dei gruppi; addetto ai servizi di prenotazione; centrali- nista; assistente di portineria. Operatore servizi alberghieri; operatore servizi congressuali/promozione eventi e risorse culturali (Obn) Compiti specifici L’addetto alle strutture turistiche alberghiere (m/f), al termine del percorso formativo è capace di affron- tare i seguenti compiti: 1. facilitazione del rapporto con il cliente attraverso l’utilizzo delle elementari tecniche di comunica- zione; 2. realizzazione del processo di gestione di una prenotazione di un servizio offerto dall’azienda; 3. realizzazione dell’attività di scrittura delle lettere commerciali; 4. gestione della conversazione con gli ospiti attraverso l’utilizzazione corretta di almeno 2 lingue stra- niere scritte e parlate; 5. utilizzazione di un sistema informatico di gestione alberghiera e di prenotazione aerea; 6. interazione con enti turistici territoriali per avere informazioni turistico/culturali da comunicare con il cliente; 7. gestione delle scritture obbligatorie del settore alberghiero (schedine di notifica, libro arrivi e par- tenze, statistiche per gli enti turistici locali);9 8. collaborazione nella preparazione della sala e nell’allestimento di buffet e banchetti, alle dipendenze dirette dello Chef de Rang o del Maître; 9. effettuazione, sempre alle dipendenze del responsabile di reparto, del servizio ai tavoli dei cibi e delle bevande alcoliche e non; 10. realizzazione del processo di utilizzazione, in parziale autonomia, e manutenzione delle attrezzature e gli utensili in dotazione; 11. realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP; 12. preparazione e servizio, conoscendone i diversi stili, delle bevande tradizionali e delle bevande alco- liche, alle dipendenze del responsabile del bar; 13. gestione delle relazioni con la clientela e cooperazione con spirito cooperativo nella brigata di sala e con gli altri reparti;10 14. identificazione e scelta degli ingredienti riconoscendone le principali caratteristiche merceologiche, alle dipendenze dirette del responsabile di reparto; 15. preparazione linea di cucina; 16. collaborazione nella pulizia, preparazione e cottura degli ingredienti e nella presentazione di pie- tanze; 17. utilizzazione delle attrezzature e degli utensili in dotazione al reparto, curandone la manutenzione ordinaria; 18. realizzazione di interventi in applicazione delle norme del manuale di autocontrollo HACCP 19. facilitazione della relazione con i componenti della brigata di cucina e con gli altri reparti con spirito cooperativo 9 Dal compito numero 1 al 7, cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani formativi personalizzati Comunità professionale turistico e alberghiera, pag. 22, Figura professionale Addetto ai servizi turistici. 10 Dal compito numero 8 al 13, cfr. CIOFS/FP CNOS FAP, Guida per l’elaborazione dei piani forma- tivi personalizzati Comunità professionale turistico e alberghiera, pag. 22, Figura professionale Commis di sala e bar. Ipotizzare e definire nuove qualifiche e profili esplicitando compiti/prodotti e competenze 241 FIGURA PROFESSIONALE Addetto alle strutture turistiche alberghiere Collocazione organizzativa L’addetto ai servizi turistico-alberghieri è una figura polivalente che ha appreso delle competenze utili per lavorare come addetto al ricevimento all’interno di una struttura ricettiva alberghiera o extra alberghiera (vil- laggi, campeggi, ecc), oppure come addetto al banco di agenzia di viaggi sia essa incoming che outgoing. Il qualificato potrebbe aspirare con le dovute competenze a divenire tecnico delle attività turistiche o a spe- cializzarsi in settori più particolari come quello dei Tour Operator o nell’area del marketing turistico pubbli- co o privato (settore della consulenza). DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” COMPITO PRODOTTO Realizzazione di un opuscolo e di un CD multimediale, in cui vengano illu- strate le offerte turistiche del territorio salentino. In particolare, i ragazzi dovranno produrre un dossier completo di informazioni turistiche, gastro- nomiche e culturali, itinerari e budget di spesa da presentare ai clienti che vogliano trascorrere le loro vacanze nel Salento. Prevedendo l’opuscolo differenti sezioni, il gruppo classe verrà diviso in più sottogruppi, ognuno dei quali avrà come compito l’approfondimento e la “verbalizzazione” di un aspetto da illustrare nel predetto opuscolo. OBIETTIVI FORMATIVI • Favorire tra gli allievi le condizioni per cui utilizzare tutti gli aspetti posi- tivi che vengono da un corretto lavoro di gruppo. • Promuovere negli allievi la capacità di ascolto, di dialogo, di confronto con le altre persone, in modo da acquisire capacità relazionali e comuni- cative. • Promuovere negli allievi la capacità di risolvere con responsabilità, indi- pendenza e costruttività i normali problemi della vita quotidiana perso- nale. • Offrire agli allievi strumenti per acquisire capacità decisionali sulla base della conoscenza di sé e di un sistema di valori, in modo da saper conce- pire progetti di vario ordine. • Aiutare gli allievi a superare prospettive d’analisi troppo parziali che im- pediscono la scoperta delle connessioni tra i vari campi del sapere, la convalidazione dei confini disciplinari, l’importanza unificatrice delle vi- sioni globali. • Facilitare la comprensione e il successivo utilizzo degli stili cognitivi più funzionali al raggiungimento degli obiettivi (sintetico o analitico a se- conda delle circostanze). • Promuovere la capacità di servirsi con proprietà degli strumenti di con- sultazione e degli strumenti informatici, per ottenere documentazioni, scrivere e archiviare. Scegliere e utilizzare l’Unità di Apprendimento “Patente per il motorino” Il Centro di Formazione Professionale Epcpep di Ostuni – come il centro As- sociazione Calasanzio – ha realizzato una Uda differente da quella prevista per il primo PW (quella del patentino). Per esigenze didattico-organizzative e coerente- mente al profilo professionale in uscita i formatori del CFP hanno progettato e rea- lizzato la UdA Opuscolo Salento e Turismo. 242 DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” OBIETTIVI FORMATIVI • Promuovere la capacità di navigare in internet per risolvere problemi, mi- rando alla selezione delle informazioni adeguate. • Favorire negli allievi l’acquisizione di conoscenze solide sulla struttura grammaticale dell’italiano, anche con opportuni confronti con l’inglese, il francese e lo spagnolo. • Promuovere l’utilizzo della lingua inglese, francese e spagnola per i prin- cipali scopi comunicativi e operativi. • Promuovere il rispetto, la cura, la conservazione e il miglioramento del- l’ambiente. • Promuovere la comprensione della realtà naturale con atteggiamento di curiosità, attenzione e rispetto. OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO • Utilizzare le proprie competenze linguistiche e grammaticali per una cor- retta stesura delle varie sezioni dell’opuscolo “Salento e turismo”. • Utilizzare le proprie capacità grafiche e la propria creatività per realizzare l’impostazione grafica dell’opuscolo. • Utilizzare la propria conoscenza della lingua inglese, francese e spagnola per scrivere il testo dell’opuscolo. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici e saper pro- durre in esso un testo scritto ben organizzato, comprensivo di immagini. • Saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti informatici per realizzare un CD multimediale con un programma di presentazioni o un programma di creazione siti web. • Saper utilizzare le principali funzioni di internet per la ricerca di informa- zioni e di materiali relativi all’offerta turistica, culturale e gastronomica del territorio salentino. • Produrre una riflessione sugli aspetti storici, geografici, culturali e ludici relativi al territorio salentino. • Utilizzare le proprie competenze matematiche per elaborare un budget. • Strutturare un foglio di calcolo per la gestione di un budget (MS Excel). • Conoscere ed applicare i metodi di calcolo. • Conoscere la normativa ambientale e di sicurezza. • Conoscere i sistemi di certificazione obbligatori e volontari. DESTINATARI Allievi del secondo anno PREREQUISITI Rilevazione, durante la fase di stage del primo anno delle informazioni funzionali alla realizzazione dell’opuscolo. Inoltre, sono richieste le com- petenze acquisite nel primo anno. TEMPI DI SVOLGIMENTO Stage: 20 ore Formazione d’aula e laboratorio:40 ore SEQUENZA IN FASI E ESPERIENZE 1) Presentazione dell’UdA; 2) Divisione in gruppi; 1 3) Raccolta del materiale da varie fonti (internet, intervista) e selezione dei materiali; 15 4) Realizzazione delle sintesi da inserire nell’opuscolo; 5 5) Predisposizione dei budget di spesa in relazione agli itinerari proposti; 5 6) Predisposizione dello schema dell’opuscolo; 3 7) Realizzazione dell’opuscolo (disegno, grafica); 15 8) Realizzazione del CD multimediale; 15 9) Inserimento dei dati 10) Sperimentazione della fruibilità dell’opuscolo 11) Presentazione dell’esperienza agli altri allievi e ai genitori 243 DENOMINAZIONE OPUSCOLO E CD MULTIMEDIALE “SALENTO E TURISMO” METODOLOGIA • Intervista narrativa • Relazione e confronto nel gruppo • Approfondimento frontale e question – time a cura del formatore • Ricerca • Autovalutazione e valutazione dei formatori che intervengono RISORSE UMANE Formatore dell’area scientifica: richiami sulle conoscenze di base (le ope- razioni fondamentali, calcoli necessari per gestire un preventivo di spesa), sviluppo conoscenze ed utilizzo degli strumenti informatici per la ricerca in rete, utilizzo della posta elettronica, utilizzo di Word, Excel, Power Point, FrontPage. Formatore dell’area dei linguaggi: sviluppo delle facoltà comunicative e descrittive Formatore dell’area storico-socio-economica: conoscenza dei luoghi, cul- ture, usi e costumi del territorio salentino. Conoscenza della normativa am- bientale e dei sistemi di certificazione obbligatori e volontari. Formatore dell’area professionale: saperi professionali. Formatore delle competenze trasversali: (formatore di tecniche della co- municazione) sviluppo delle capacità personali. Tutor-coordinatore: coinvolgimento, supporto, rimotivazione del gruppo. STRUMENTI – Testi – Videoproiettore – Siti internet – Aula d’informatica con collegamento alla rete – Aula in cui sia possibile il lavoro di gruppo VALUTAZIONE Le verifiche saranno effettuate utilizzando: – schede valutazione oggettiva per ciascun allievo – autovalutazione all’interno del gruppo – verifica intermedia che ha come obiettivo quello di stimolare nell’allievo e nel gruppo lo spirito di autocritica – verifica finale 244 CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE DI OSTUNI Via Ludovico Pepe, 27 - 72017 Ostuni (Br) Tel./Fax 0831 336643 - e-mail: ostunicfp@libero.it PROGETTO “OFS PUGLIA 2003” OFFERTA FORMATIVA SPERIMENTALE DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE AVVISO N.8/2003 – PROGETTO DI INTEGRAZIONE” RELAZIONE 2° PROJECT WORK LO STAGE CORSO DI “Addetto alle strutture turistiche alberghiere” Redatto da: Nacci Giovanni, Brandi Tommaso, Sozzi Giovanni, Ferrari Giovanna, Carlucci Annarita, Graci Antonella, Ugenti Grazia, Lanzillotti Giancarlo, Vita Elio Approvato da: Francesco CUCCI Uso: Pubblico 245 • Introduzione Lo stage, in un percorso formativo che prevede l’alternanza tra formazione e lavoro, rappresenta il momento più importante del processo di apprendimento poi- ché permette agli allievi di approfondire le conoscenze teoriche e pratiche acquisite in aula attraverso la verifica sul campo di modelli organizzativi e tipologie produt- tive mediante un approccio comparativo che possa stimolare sia l’apprendimento sia la propensione all’autoimprenditorialità. In questo senso lo stage permette di verificare in ambiente reale sia le cono- scenze teoriche sia il confronto con le applicazioni pratiche. L’obiettivo dello stage è quello di fornire agli allievi, in alternanza formazione-lavoro, la possibilità di av- vicinarsi (o riavvicinarsi) al mondo del lavoro, confrontandosi con le problematiche (creative, organizzative, gestionali, di mercato) presenti nelle realtà. In sostanza si tratta una action learning, cioè l’applicazione concreta e pratica in un contesto lavorativo reale, e quindi non simulato, delle conoscenze acquisite in aula. • Analisi del Livello Esistente di Organizzazione dello Stage. Nel sottoparagrafo che segue gli operatori descrivono gli aspetti di istruzione – in termini di conoscenze e competenze – ed educazione (nei termini delle capacità relazionali) che il CFP di Ostuni programma siano curati durante l’esperienza di stage affinché essa si affermi e sostanzi come un esperienza formativa, e non mera- mente addestrativa. a) Contenuti Lo stage avrà una durata complessiva di 300 ore. Saranno promosse, a vari livelli: Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di alcune, fondamentali e più comuni, tecniche dei call center. Conoscenze pratiche: i partecipanti incominceranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi di improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a vantaggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospi- tanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. Nello svolgimento delle attività di stage gli allievi verranno affiancati da un tutor interno alla struttura ospitante che ha il compito di favorire il collegamento e l’integrazione con l’organizzazione ospitante. Gli allievi avranno inoltre un tutor 246 LO STAGE Lo stage fornisce validi strumenti per modificare il proprio atteggiamento con l’obiettivo di imparare. FINALITÀ Lo stage consentirà ai partecipanti di: – conoscere, sia a livello teorico sia pratico, alcune basilari tecniche; – attivare, attraverso semplici esercizi, alcune abilità utili allo svolgimento di qualsiasi attività di pub- bliche relazioni; – iniziare a prendere consapevolezza delle proprie capacità, contribuendo in questo modo a completare la propria figura professionale; – imparare come poter individuare e risolvere velocemente eventuali criticità organizzative, ambientali, individuali ed interpersonali; – provare a trasformare le stesse difficoltà in opportunità di crescita professionale ed aziendale. OBIETTIVO I principali obiettivi dello stage sono: – agevolare la scelta professionale attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro realizzato con l’esperienza sul campo; – far conoscere gli aspetti nuovi della professionalità in uscita, delle tecniche e dell’organizzazione del lavoro; – permettere di verificare il livello di conoscenze raggiunto all’interno di un contesto lavorativo; – completare il processo di apprendimento attraverso l’esperienza sul campo; – verificare, attraverso le applicazioni pratiche, la padronanza del ruolo professionale e delle compe- tenze; – stimolare la realizzazione di un progetto professionale; – stimolare il confronto con le figure presenti sia nella realtà lavorativa sia nell’ambiente esterno (opera- tori pubblici e privati, utenti dei servizi, etc.); – facilitare l’ingresso degli allievi qualificati nel mondo del lavoro; – stimolare attitudini all’autoimprenditorialità ed al lavoro autonomo. formativo di riferimento che avrà il compito di monitorare il percorso formativo di ciascun corsista attraverso griglie di valutazione appositamente predisposte. Nello specifico lo stage sarà così articolato: Giornata di pre-stage: incontro con gli allievi per illustrare gli obiettivi e le modalità di attuazione dello stesso. Fase conoscitiva: in questa fase gli allievi si ambienteranno nella nuova realtà formativa con l’obiettivo di comprendere le dinamiche e i ruoli aziendali. Fase applicativa: nella fase applicativa gli allievi cercheranno di imitare e in- terpretare le attività basilari in affiancamento al personale interno all’azienda. Fase valutativa: oltre a registrare quotidianamente le presenza gli allievi dovranno produrre a fine stage una relazione che descriva l’andamento generale dello stage e in particolare la tipologia di lavoro svolto, le difficoltà incontrate, le strategie adot- tate per la risoluzione dei problemi, il riscontro delle nozioni teoriche acquisite in aula. b) Quadro sinottico dello stage 247 RISULTATO Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risultati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 1) verifica della rispondenza tra qualifica conseguita e obiettivi prefissati; 2) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni im- prenditoriali. Il primo tipo di verifica prevede che al termine dell’azione formativa vi siano esami di qualifica che, at- traverso prove teorico – pratiche abbiano la capacità di verificare il raggiungimento degli obiettivi ripor- tati nel documento progettuale. Nel secondo caso sarà possibile valutare se l’azione formativa proposta, consente l’effettivo inserimento lavorativo dei giovani qualificati e la rispondenza tra azione formativa svolta e l’impatto socio occupa- zionale. OBIETTIVI Il soggetto è in grado di: • conoscere gli aspetti organizzativi e sindacali dell’unità produttiva; • utilizzare le tecniche e le tecnologie di prodotto e di produ zione acquisite, ve- rificandone la rispondenza nel nuovo contesto formativo-produttivo (azienda); • confrontare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche, tecnico operative con le abilità richieste, per perfezionare il proprio profilo professionale adeguan- dolo alle esigenze del mondo del lavoro; • verificare gli effetti positivi e negativi del lavoro rispetto all’uomo, all’am- biente, alla struttura alberghiera intesa come insieme di reparti operativi inter- dipendenti; • intendere l’attività di ogni ambiente di lavoro come un processo, governato da tecnologie in movimento, che esige forme di organizzazione e programma- zione degli interventi nonché collaborazione tra singoli e gruppi; • far emergere le esigenze di una professionalità matura ed aggiornata, insieme con una cultura della mobilità che, specialmente oggi, attraversa diagonal- mente, come condizione e rischio, tutti i settori di attività; • consentire la gestione del front office attraverso l’utilizzo oculato di materiali, informazioni, attrezzature e macchine, nel rispetto di norme specifiche, al fine di garantire la sua funzionalità; • affinare le capacità comunicative ed acquisire una certa padronanza nell’ap- proccio col cliente e nel gestire le varie situazioni che si possono venire a creare in situazioni operative ‘reali’; • conoscere il tipo di rapporti personali e delle forme di comunicazione che si instaurano sul posto di lavoro; • individuare la nuova situazione formativa legata alle conoscenze, abilità e ca- pacità professionali necessarie all’espletamento del proprio ruolo in azienda per un recupero e approfondimento delle stesse. OBIETTIVI DIDATTICI Al termine dello stage, l’allievo, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, con sufficiente autonomia, è in grado di: • schematizzare l’organigramma funzionale dell’azienda; • descrivere, su apposita scheda, i processi lavorativi individuando quelli pri- mari e secondari; • descrivere i flussi informativi legati all’assistenza e all’accoglienza di turisti; • descrivere le condizioni generali legate all’ambiente di lavoro; • descrivere, su apposita scheda, le fasi di lavoro del reparto accoglienza; LO STAGE 248 OBIETTIVI • descrivere, su apposita scheda, le attività specifiche effettuate in situazione di lavoro correlate di: – tempi; – tipo di coinvolgimento; – macchine, apparecchiature, strumenti; – risorse materiali ed informazioni; – conoscenze ed abilità utilizzate; – conoscenze ed abilità non acquisite; – tecniche e procedure utilizzate; – grado di difficoltà; – atteggiamenti presi per la risoluzione di eventuali problemi emersi; • valutare l’esperienza indicando eventuali correttivi sia metodologici sia conte- nutistici. DISCIPLINE COINVOLTE CONOSCENZE DI BASE: Il soggetto è in grado di: • acquisire la padronanza dei termini relativi al settore di lavoro; • saper ascoltare e comprendere comunicazioni e relazioni, in particolare se ri- feriti al proprio ambito professionale o alla propria esperienza giovanile, indi- viduandone i concetti fondamentali, l’organizzazione generale e le finalità perseguite. CONOSCENZE TECNICO-PROFESSIONALI: Il soggetto è in grado di: • individuare i percorsi d’avvio di un’attività commerciale; • mantenere scritture contabili, economiche e tributarie di un’attività turistico- alberghiera; • impiegare efficacemente le strategie e gli strumenti del marketing per l’analisi del mercato turistico, posizionamento dei servizi, acquisizione dei clienti, conduzione della vendita e fidelizzazione; • gestire le risorse disponibili per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di marketing; • analizzare il quadro di riferimento in cui dovranno progettare ed eseguire i piani di promozione, di marketing e di commercializzazione utilizzando le tecnologie informatiche e telematiche più opportune; • personalizzare la richiesta dei clienti in funzione dei loro bisogni; • mettere a punto tecniche di commercializzazione di prodotti facilmente frui- bili da parte della clientela; • seguire le esercitazioni pratiche fissate dall’obiettivo finale; • impiegare efficacemente le strategie e gli strumenti del marketing per l’analisi del mercato turistico, posizionamento dei servizi, acquisizione dei clienti, conduzione della vendita e fidelizzazione; • gestire le risorse disponibili per il raggiungimento degli obiettivi prefissati di marketing; • innescare azioni utili a far fruire ed apprezzare anche al turista medio il patri- monio culturale della regione, facendo emergere con opportune tecniche di motivazione i bisogni culturali dello stesso turista; • costruire semplici “carte tematiche” relative alla propria regione; • redigere progetti in collaborazione con esperti tendenti alla tutela dei beni na- turali ed ambientali; • ricercare ed elaborare interventi sul patrimonio artistico del territorio; • ideare prodotti e servizi destinati al pubblico utilizzando le tecnologie infor- matiche e multimediali; 249 DISCIPLINE COINVOLTE • soddisfare la nuova domanda turistica che richiede sempre più un “pacchetto” di servizi che adempia non solo ai bisogni turistici primari, bensì anche a quelli connessi al “tempo libero turistico” quali le visite a musei, monumenti, pinacoteche, nonché l’utilizzo di impianti sportivi, servizi ricreativi ed altri. CONOSCENZE TRASVERSALI: Il soggetto è in grado di: • svolgere attività di informazione, con costante attività di rappresentanza nei confronti delle agenzie intermediarie e dei grandi clienti (associazioni, circoli aziendali, nuclei sociali, aziende, ecc.); • individuare, in base alla richiesta, le soluzioni tecniche più opportune per la costruzione di un pacchetto turistico; • promuovere presso enti locali, consorzi e imprese azioni ed eventi di valoriz- zazione, di interesse scientifico-culturale e di richiamo turistico dei beni cultu- rali; • sviluppare una forte identità personale e professionale; • risolvere problematiche nuove e diverse, senza resistenze al cambiamento. • sviluppare sicurezza e rapidità di risposta e di soluzioni operative; • fornire un nuovo impulso produttivo alle imprese interessate creando al loro interno competenze e capacità innovative finalizzate alla valorizzazione delle risorse turistiche, nonché all’ottimizzazione delle risorse impegnate. AZIENDE INTERESSATE Le aziende nella progettualità hanno il compito di: • incrementare la professionalità sia per quanto concerne l’ar ricchi mento di contenuti tecnici sia per quanto si riferisce ad indicazioni per l’orien tamento, oltre che per l’individuazione di corretti vi per i curricula disciplinari; • far comprendere agli allievi sia le diverse realtà produttive e l’organizzazione del lavoro cui la figura professionale di riferimento opera sia le attività pra- tiche operative richieste e le modalità di utilizzo delle attrezzature e dei mate- riali; • far valutare le capacità relazionali e comportamentali richieste per operare al- l’interno delle strutture operative. DURATA Complessivamente l’esperienza di stage consiste di 300 ore FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ L’esperienza di stage si suddivide nelle fasi di seguito riportate e descritte. Fase conoscitiva: in questa fase gli allievi si ambienteranno nella nuova realtà formativa con l’obiettivo di comprendere le dinamiche e i ruoli aziendali. Fase applicativa: nella fase applicativa gli allievi cercheranno di imitare e in- terpretare le attività basilari in affiancamento al personale interno all’azienda. Fase valutativa: oltre a registrare quotidianamente le presenza gli allievi do- vranno produrre a fine stage una relazione che descriva l’andamento generale dello stage e in particolare la tipologia di lavoro svolto, le difficoltà incontrate, le strategie adottate per la risoluzione dei problemi, il riscontro delle nozioni teoriche acquisite in aula. METODOLOGIA OBIETTIVI GENERALI La metodologia di gestione dello stage è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi generali e degli obiettivi didattici; è possibile comunque che gli allievi raggiungano obiettivi non programmati: qualora questo si verifichi l’ente prov- vede ad integrare i protocolli descrittivi al fine di rendere la descrizione del progetto quanto più aderente alla realtà. 250 METODOLOGIA Gli obiettivi generali sono funzionali a: • conoscere gli aspetti organizzativi e sindacali dell’unità produttiva; • utilizzare le tecniche e le tecnologie di prodotto e di produzione acquisite, ve- rificandone la rispondenza nel nuovo contesto formativo-produttivo (azienda); • confrontare le proprie conoscenze tecnico-scientifiche, tecnico operative con le abilità richieste, per perfezionare il proprio profilo professionale adeguan- dolo alle esigenze del mondo del lavoro; • verificare gli effetti positivi e negativi del lavoro rispetto all’uomo, all’am- biente, alla struttura alberghiera intesa come insieme di reparti operativi inter- dipendenti; • intendere l’attività di ogni ambiente di lavoro come un processo, governato da tecnologie in movimento, che esige forme di organizzazione e programma- zione degli interventi nonché collaborazione tra singoli e gruppi. OBIETTIVI DIDATTICI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • schematizzare l’organigramma funzionale dell’azienda; • descrivere, su apposita scheda, i processi lavorativi individuando quelli pri- mari e secondari; • valutare l’esperienza indicando eventuali correttivi sia metodologici sia conte- nutistici. COMPETENZE DISCIPLINARI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • utilizzare un linguaggio tecnico; • gestire la pratiche lavorative con l’applicazione dei principi teorici dell’orga- nizzazione del lavoro; • impiegare le attrezzature e i materiali per la manutenzione primaria della struttura; • gestire le pratiche lavorative mediante il riconoscimento e l’applicazione di standard qualitativi; • riconoscere e mettere in campo le funzioni dell’Addetto alle strutture turi- stiche alberghiere; • riconoscere e testimoniare i compiti e le responsabilità dell’Addetto. COMPETENZE TECNOLOGICHE Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • saper ricorrere a strumenti e metodi appropriati per effettuare scelte strate- giche di mercato; • accogliere e assistere i clienti; • rispettare le politiche commerciali e gli obiettivi di marketing dell’azienda. CONTENUTI Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di alcune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti inizieranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordata con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. 251 Metavalutazione sullo stage Gli operatori della FP dell’Epcpep di Ostuni, dopo aver analizzato con le per- sone che compongono il proprio gruppo di lavoro (GdL) l’esperienza di stage, così come organizzato nel proprio CFP, con lo stesso GdL – sulla base delle indicazioni teoriche condivise in formazione d’aula durante l’esperienza di formazione forma- tori – hanno ipotizzato alcuni accorgimenti circa la gestione delle procedure e i pro- cessi di stage, al fine di renderli maggiormente efficaci ed efficienti. 252 MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risul- tati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 1) verifica della rispondenza tra obiettivi prefissati e risultati ottenuti; 2) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni imprenditoriali. FINALITÀ Ottimizzare le potenzialità di uno strumento, come quello dello stage, atto a completare la formazione di un allievo, tramite un maggior coinvolgimento e interazione delle partnership aderenti al progetto. OBIETTIVI Far comprendere agli allievi il comportamento idoneo da tenere in azienda, le responsabilità verso i collaboratori e i clienti, le possibilità che possono nascere per il lavoro. DISCIPLINE COINVOLTE Tutte le discipline dell’area tecnico-professionale, in parte quelle trasversali e solo in minima proporzione le discipline di base. DOCENTI E FORMATORI COINVOLTI Maggiore coinvolgimento dei docenti di pratica e del tutor di stage. AZIENDE INTERESSATE Coinvolgere le aziende nel costruire un percorso più idoneo e formativo per lo stagista. Inoltre le aziende ospitanti devono comprendere l’opportunità che hanno di poter selezionare possibili future figure. DURATA La durata dello stage è di 300 ore, prevedendo, in ogni caso una articolazionefunzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. FASI E TEMPI DELL’ATTIVITÀ Lo stage si realizzerà presso Enti ed Istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio di riferimento dell’azione progettuale e dell’attività formativa. La durata dello stage è di 300 ore, prevedendo, in ogni caso una articolazione funzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. METODOLOGIA La partecipazione degli allievi allo stage sarà accompagnata da una organizza- zione del lavoro individuale sia progettato ex ante, dallo staff di coordinamento, sia assistito dall’organizzazione interna degli Enti ospitanti, finalizzato a privile- giare una formazione pratica. Lo stage sarà così articolato: • stage orientativo; • stage conoscitivo; • stage applicativo; • stage finale. 253 METODOLOGIA Lo stage si realizzerà presso Enti ed Istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio di riferimento dell’azione progettuale e dell’attività formativa. La du- rata dello stage è di 300 ore, pari al 50% delle ore complessive di formazione del Corso, e si articolerà con una programmazione media di 8 ore giornaliere per 5 giorni la settimana, prevedendo, in ogni caso una articolazione funzionale alle esigenze organizzative degli Enti ospitanti. COMPETENZE DISCIPLINARI Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • utilizzare un linguaggio tecnico; • gestire la pratiche lavorative con l’applicazione dei principi teorici dell’orga- nizzazione del lavoro; • impiegare le attrezzature e i materiali per la manutenzione primaria della struttura; • gestire le pratiche lavorative mediante il riconoscimento e l’applicazione di standard qualitativi; • riconoscere e mettere in campo le funzioni dell’Addetto alle strutture turi- stiche alberghiere; • riconoscere e testimoniare i compiti e le responsabilità dell’Addetto. COMPETENZE TECNOLOGICHE Al termine dello stage, utilizzando le conoscenze ed abilità in suo possesso, e con sufficiente autonomia, l’allievo è in grado di: • ricorrere a strumenti e metodi appropriati per effettuare scelte strategiche di mercato; • accogliere e assistere i clienti; • rispettare le politiche commerciali e gli obiettivi di marketing dell’azienda. CONTENUTI Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di al- cune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti inizieranno a familiarizzare con i “trucchi del mestiere”, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. MODALITÀ DI VERIFICA E/O VALUTAZIONE Al termine dell’azione formativa sarà eseguita una valutazione finale dei risul- tati conseguiti. I risultati che esamineremo saranno di due tipi: 3) verifica della rispondenza tra obiettivi prefissati e risultati ottenuti; 4) verifica della occupabilità e/o occupazione rispetto all’impegno assunto e/o dalle organizzazioni imprenditoriali. RISULTATI CONSEGUITI (DOCUMENTABILI MEDIANTE REPORT DI VALUTAZIONE) Conoscenze teoriche: i partecipanti allo stage avranno conoscenze basilari di al- cune, fondamentali e più comuni, tecniche. Conoscenze pratiche: i partecipanti incominceranno a familiarizzare con i trucchi del mestiere, attraverso semplici esercizi d’improvvisazione singola e di gruppo. Capacità relazionali: i partecipanti proveranno a gestire correttamente tali tec- niche in modo da saperle applicare, con discrezione ed efficacia, non a van- taggio di un’ampia platea ma nei rapporti interpersonali, con il proprio gruppo di lavoro e con il cliente. L’articolazione dell’orario giornaliero verrà concordato con le strutture ospitanti in accordo con l’organizzazione interna di ciascuna struttura. • Il Racconto Testimoniale della Seconda Esperienza di Stage Dal lavoro svolto è emersa con chiarezza l’importanza del vivere lo stage comprendendo (anche laddove si presentino delle difficoltà) “cosa fare”, “come farlo” e soprattutto “quando farlo”. È stato anche possibile evidenziare come sia il tutor nelle sue funzioni di mo- nitoraggio, sia il tirocinante siano facilitati dalla capacità di quest’ultimo di racco- gliere il maggior numero possibile di informazioni sull’azienda ospitante (e sulle aziende della stessa area geografica) con l’obiettivo di verificarne l’affidabilità e l’operatività, alla stregua di un operatore economico alla ricerca di un partner. Infine, per ottimizzare la propria esperienza nell’impresa ospitante, si è rive- lato utile individuare eventualmente un referente aziendale d’elezione, qualora il tutor aziendale non disponesse del tempo necessario per seguire e formare lo sta- gista. • Conclusioni Uno stage appena concluso può anche diventare, se ben condotto “un utile per- corso per verificare l’idea che si ha di un certo tipo di professioni in relazione alle modalità, ai luoghi ed al contesto in cui queste si esercitano”. Alla luce del fatto che si può imparare qualcosa da ogni circostanza, “chiu- diamo il cerchio”, affermando che affrontare l’esperienza dello stage con un atteg- giamento positivo e con una maggiore consapevolezza, renderà più facile ai parte- cipanti intraprendere il proprio lavoro. 254 Capitolo 4 La parola ai formatori dei CFP Nelle pagine che seguono i racconti testimoniali a cura degli operatori dei CFP esporranno – descrivendo qualitativamente – le risultanze dell’azione Formazione Formatori del Progetto Integrazione. La testimonianza, per la sua stessa natura, si presta a comunicare al meglio le verità che non riguardano le cose ma le esperienze fattuali vissute dalle persone: visto il grado di coinvolgimento dei formatori nell’esperienza di condotta, rite- niamo che gli stessi formatori debbano essere “testimoni” di quanto vissuto. La testimonianza così come si manifesta nella esperienza è, prima che oggetti- vità consegnata al discorso, soggettività del testimone che parla per mezzo di se stesso prima ancora che attraverso le parole. Ed è proprio questa soggettività che dà o fa perdere valore veritativo al discorso. Il frammenti, le valutazioni personali raccontate, riportano quel che realmente accaduto, vissuto e innestatosi nel processo formativo di cui sono stati protagonisti i formatori dei CFP. • Associazione Calasanzio L’opuscolo “Salento e Turismo”, con relativo sito realizzati dagli studenti del corso in “Operatore Marketing on-line di prodotti e servizi turistici e commer- ciali”, sono stati il punto di arrivo di un progetto formativo pluridisciplinare svi- luppato durante il biennio scolastico 2005/2007. Le finalità di questo percorso sono state quelle di stimolare gli allievi a mettere in pratica le nozioni teoriche apprese durante le lezioni frontali, e allo stesso tempo di far conoscere loro la realtà turistica in cui vivono ma che spesso non conoscono o non considerano come futura prospettiva lavorativa. Le discipline coinvolte nel lavoro sono state: tecnica turistica, marketing , storia dell’arte e informatica. Oggetto di questo lavoro è stato il Salento, studiato ed analizzato sotto diverse sfaccettature, dalla storia, all’arte, alle bellezze del territorio ed infine alla sua ri- cettività turistica; detti argomenti sono stati approfonditi dai docenti delle rispettive discipline, secondo le competenze di ciascuno. Così la prima parte dell’opuscolo, concernente la storia e l’architettura salentina, è stato seguita dalla docente di sto- ria dell’arte, la parte degli itinerari turistici e dell’elencazione delle strutture ricet- tive è stata curata dalla docente di tecnica turistica, infine la terza parte concernen- te la produttività dell’economia salentina ha visto impegnata la docente di marke- ting. Da ultimo, nell’impostazione grafica del materiale raccolto e nella progetta- zione e attuazione gli studenti sono stati coadiuvati dall’insegnate di informatica. 255 Le fila del lavoro complessivo sono state tenute dal tutor del corso. Durante le ore di lezione gli allievi, secondo le propri inclinazioni, sono stai divisi in gruppi, ciascuno con impegni diversi. I ragazzi con maggiore capacità di sintesi hanno curato la parte della ricerca degli argomenti; altri, dotati di una più profonda abilità informatica, si sono impegnati nella ricerca di materiale fotogra- fico e nella realizzazione del sito. Le fonti di ricerca per la realizzazione dell’opuscolo sono state i diversi siti web di propaganda turistica territoriale, i cui argomenti i ragazzi hanno selezio- nato e rielaborato in maniera del tutto personale. Gli elaborati, di volta in volta realizzati, sono stai poi supervisionati dal docente della disciplina interessata. Inoltre con l’insegnate di storia dell’arte si sono realizzate delle visite guidate nel Salento, che hanno permesso agli studenti di vedere da vicino la realtà territoriale da loro stessi descritta e proposta negli itinerari turistici dell’opuscolo. Il lavoro ha visto la partecipazione attiva ed entusiasta di quasi tutti gli allievi che si sono sentiti i protagonisti della realizzazione di un prodotto “reale” per dei “lettori reali” incarnando concretamente la figura professionale delineata dalla intitolazione stessa del loro corso “Operatore marketing on-line di prodotti e ser- vizi turistici e commerciali”. L’opuscolo è stato pubblicato per fini scolastici, ma la sua veste grafica e la cura con cui è stato redatto lo rendono fruibile ad un pubblico più vasto. Inoltre nella realizzazione dello stesso gli alunni hanno svolto la funzione di piccoli “tour operator” creando proposte di itinerari e di strutture ricettive da cui un eventuale turista può davvero trarre spunto per una vacanza nel Salento. Questo loro entusiasmo ha coinvolto anche gli studenti degli altri due corsi in “Operatore dell’Impresa Turistica” che hanno realizzato materiale informativo sugli usi e costumi salentini, presentato insieme all’opuscolo in un apposito stand nella dodicesima edizione della “Città del Libro” realizzata dal 23 al 26 Novembre 2006 a Campi Salentina. La partecipazione a tale manifestazione è sembrata ai responsabili dei corsi quanto mai appropriata, poiché il tema annuale dell’evento è stato il viaggio, e quale migliore occasione per presentare il “viaggio culturale” compiuto da questi ragazzi attraverso le bellezze del Salento e descritto nell’opuscolo? Inoltre la presenza attiva e assidua ad una manifestazione di ampio respiro culturale come questa, ha fatto sì che i ragazzi si sentissero coinvolti in un’espe- rienza lavorativa e formativa concreta a contatto diretto con il pubblico che, inte- ressato ed incuriosito, ha rivolto loro delle domande inerenti lo stesso opuscolo e l’ente formativo di cui fanno parte accrescendo in loro maggiore entusiasmo e con- sapevolezza nel percorso scolastico scelto. Volendo fare un bilancio dei tre anni trascorsi insieme agli allievi in virtù anche delle sollecitazioni indotte dalla formazione formatori molte sono state le problematiche che abbiamo dovuto affrontare. Sin dal primo giorno di scuola si è evidenziata la particolarità dei ragazzi, assai eterogenei sia per età che per espe- 256 rienze di vita e di studio. Subito si è dovuto lavorare per creare un gruppo classe, cercando di considerare le peculiarità e le necessità di ognuno dei singoli studenti, instaurando con loro un rapporto quasi individuale, cercando di conquistare la loro fiducia. Superata questa prima fase, si è intervenuti sulla rimotivazione scolastica. Co- adiuvati anche dai docenti e dall’equipe socio-psico-pedagogica, abbiamo cercato di far superare ai ragazzi l’idea negativa della scuola e dei docenti derivata da pregresse esperienze fallimentari vissute nella scuola tradizionale. Con grandi difficoltà, crediamo di aver raggiunto, un minimo di risultati sia durante gli anni di frequenza, (da ricordare i lavori realizzati: opuscolo e sito sul turismo) sia per il futuro, in quanto più della metà dei ragazzi hanno espresso la volontà di proseguire il ciclo di studi. Si è riusciti a ottenere questi risultati grazie al principio del rispetto della per- sona e delle regole che da sempre hanno ispirato il fondatore delle scuole Pie dei padri Scolopi, San Giuseppe Calasanzio. Riteniamo, inoltre, che l’esperienza di formazione formatori abbia costituito un momento utile e produttivo in quanto, la condivisione delle nostre esperienze e il confronto con esperienze altre ci ha dato modo di approfondire alcune problema- tiche importanti per il nostro lavoro. In particolare l’approfondimento dei nuovi temi legati alla Riforma (persona- lizzazione, UdA, individualizzazione; ecc.) e al ruolo – anch’esso formativo – che lo stage dovrebbe avere nell’esperienza del diritto-dovere all’istruzione e forma- zione professionale, sono stati per noi oggetto di riflessione e di arricchimento per la nostra “giovane” esperienza in qualità di formatori. Gli incontri di formazione hanno indotto in noi il desiderio e la voglia di vi- vere la formazione come momento di crescita individuale e di gruppo. • Cifir di Bari Con l’erogazione della Formazione Formatori, il CNOS FAP ha fornito al no- stro Ente di Formazione un notevole contributo circa lo sviluppo di processi e per- corsi di apprendimento che si caratterizzano come fasi importanti del life long learning. La Formazione Professionale, così come è stata tradizionalmente intesa, ha subito e sta subendo un profondo e continuo cambiamento. Quando nel 2004 è stato approvato il Progetto Integrazione, da “Cenerentola dell’iter scolastico”, destinata a giovani socialmente svantaggiati o culturalmente marginalizzati, la Formazione Professionale è diventata nuovo canale in cui ha avuto di fronte la prospettiva di diventare laboratorio di sviluppo delle competenze nel sistema dell’istruzione e della formazione previsto dalla Riforma Moratti in materia. Tutto questo, però, ha sfidato noi operatori della FP proprio sul difficile ter- reno delle competenze, ma ancor di più delle conoscenze. 257 Personalmente ritengo che lo scambio delle “buone prassi” elaborate dal CNOS a livello nazionale, sia stato per la mia figura professionale, importantissima. Nel mese di marzo u.s., sono stata in un centro di F.P. della Regione Veneto, grazie al progetto Gulliver, e in quella sede, al di là delle differenze che caratteriz- zano quasi “endemicamente” nord-sud, davvero mi sembrava di “parlare la stessa lingua”, con sorpresa ho scoperto che la Formazione Professionale nella Regione Veneto era fortemente caratterizzata dall’esperienza del CNOS. Per questo motivo, ritengo che investire in questa azione di FF, mi abbia dato la possibilità di approfondire le normative, le esperienze, le applicazioni, le prassi e i modelli dell’obbligo formativo, già sviluppati a livello nazionale e mi hanno messo in grado di dare risposte non solo ai specifici bisogni degli allievi, delle fa- miglie e dei sistemi, ma anche di fornire indicazioni su approcci, percorsi, metodo- logie e strumenti che ho potuto applicare, nell’ambito del Progetto, con particolare attenzione ai modelli di personalizzazione dei percorsi formativi. Il 1° PW sulle Unità di Apprendimento mi ha dato la possibilità, in qualità di coordinatrice didattica, di “imparare” sul campo un metodo teso a realizzare stru- menti didattici ad hoc finalizzati al recupero di saperi che costituiscono spesso un ostacolo per l’utenza tipica della FP e costruiti secondo un approccio amichevole e piacevole. Così ho realizzato una Unità di Apprendimento in un’area di interesse dei de- stinatari (la Pratica di Laboratorio) sulla base di una struttura standard fornitaci durante i seminari tenuti dal CNOS FAP che preveda le seguenti voci: – obiettivi – utenti e loro caratteristiche; – fasi di applicazione; – tempi; – risorse; – metodologia; Il 2° PW realizzato è stato un momento di riflessività e di confronto sulla rea- lizzazione dello stage/tirocinio. Come per il 1° P. W. le forze messe in campo dal CNOS per la formazione dei formatori sono state eccellenti. L’approccio metodologico, sia durante i seminari sia durante i P.W. (con una di teoria ed una di lavori di gruppo) ha reso sempre molto interessante l’apprendimento, poiché lo scambio di esperienze si è rivelato particolarmente ar- ricchente e stimolante. Quest’anno il 2° P. W. ha riguardato lo stage: quali i fondamenti concettuali e le linee progettuali. Pur condividendo in linea di massima sia gli uni sia gli altri, purtroppo la no- stra Sede Operativa si è trovata in difficoltà nel confronto perché non si occupa – direttamente – della realizzazione degli stages. Infatti, per scelta dell’Ente 258 C.I.F.I.R., l’organizzazione e l’accompagnamento del tirocinio formativo, viene de- mandato ad una Società esterna al C.F.P.: la Rogate s.r.l.. La suddetta Società si impegna, però, a realizzare il progetto formativo indivi- duale per ogni tipologia di azienda, a designare le aziende e il “responsabile aziendale” incaricato di seguire il tirocinante e certificare i risultati del tirocinio, ed infine, a redigere report finali ed esiti dell’attività di stage. Per concludere questo mio racconto testimoniale, su quella che è stata la mia personale esperienza, vorrei sottolineare che al di là dei vantaggi professionali, che ho sicuramente tratto, la Formazione Formatori è stata per me una bella espe- rienza umana, fondata sulla condivisione con altri della stessa passione educativa, dell’attenzione alla persona in formazione e della stessa ispirazione cattolica. «Da parte loro gli insegnanti ricordino che dipende essenzialmente da loro che la scuola cattolica sia in grado di realizzare i suoi scopi e le sue iniziative. Essi dunque devono pre- pararsi scrupolosamente, per essere forniti della scienza sia profana che religiosa, atte- stata dai relativi titoli di studio, e ampiamente esperti nell’arte pedagogica, aggiornata con le scoperte del progresso contemporaneo. Stretti tra loro e con gli alunni dal vincolo della carità e ricchi di spirito apostolico, essi devono dare testimonianza sia con la vita sia con la dottrina all’unico Maestro che è Cristo». (CONCILIO VATICANO II, Dichiarazione gravissimum educationis, sull’educazione cristiana, n.8) • Cifir di Oria Poche righe per riflettere sull’importanza di “formarsi” per “crescere” e “ap- portare miglioramenti” al continuo divenire del mondo della formazione professio- nale. L’esperienza di formazione vissuta all’interno del nostro Centro di Forma- zione Professionale, vista come momento di scambio e confronto di buone prassi e di metodologie didattiche, in un’ottica della formazione lungo tutto l’arco della vita, non può che risultare positiva e ricca di nuovi input cognitivi, formativi e na- turalmente relazionali con il gruppo classe che si viene a formare. Ritengo che ogni iniziativa volta al miglioramento della qualità dei percorsi formativi che andiamo a realizzare debba essere avallata e concordata in tutte le sue parti al fine di “raggiungere” i tanto agognati indicatori di efficienza ed effi- cacia dei percorsi formativi destinati ai nostri utenti. Il lavoro di approfondimento realizzato attraverso la formazione dei formatori all’interno del Progetto Integrazione 2003 ci ha consentito di apprendere validi strumenti didattici e metodologici dando anche la possibilità di sperimentare con mano molti concetti teorici che diversamente non saremmo riusciti a sviluppare e ci ha indirizzato, dunque, verso il miglioramento continuo alla ricerca della speri- mentazione delle novità . Conoscere le UDA e approfondire l’utilizzo di strumenti di lavoro come le ru- briche di valutazione e i diari di bordo per lo stage ha fornito indubbiamente ai 259 formatori del nostro Centro la possibilità di elevare la qualità dei servizi erogati e nel contempo una crescita umana e culturale. Pertanto ringrazio la disponibilità e la professionalità dei formatori e forma- trici del CNOS che hanno curato le azioni di formazione formatori e ci hanno indi- rizzato lungo la strada giusta per continuare a svolgere il nostro lavoro anche se tra mille difficoltà, sicuri di poter ottenere dei risultati tangibili in termini di spen- dibilità di figure professionali nel mondo lavorativo. • Cifir del Sacro Costato Il Progetto Integrazione OFS - 2003 ha contribuito senza alcun dubbio al pro- gresso e allo sviluppo del nostro CFP. Agli esordi, noi formatori abbiamo aderito all’esperienza condivisa con grande entusiasmo e con il desiderio di sperimentare nuove metodologie innovative. A distanza di 4 anni si può affermare che quello che si era configurato come macro obiettivo del Progetto integrazione è da considerarsi centrato in quanto l’esperienza condivisa con gli Enti CNOS FAP, CIOFS FP E SCF ha migliorato la dina- mica programmatica del nostro Ente. Le buone pratiche elaborate a livello nazionale hanno generato un effetto mol- tiplicatore sul tessuto della formazione pugliese, in particolare attraverso l’azione di formazione dei formatori e l’elaborazione di project work comuni. All’avvio del programma molti dei nostri formatori avevano alle spalle pochi anni di esperienza nella formazione professionale e tanta voglia di crescere. A tal proposito l’azione di Formazione Formatori con assemblee e riunioni frequenti ha permesso di creare un gruppo di lavoro affiatato e concentrato sulla condivisione delle competenze. Il confronto delle varie esperienze a livello regionale ha permesso di fare una riflessione comune da cui sono emerse le difficoltà e i vantaggi delle diverse stru- mentazioni didattiche. Le nostre problematiche relative all’obbligo formativo sono state riscontrate anche nei percorsi degli altri Enti, ciò ha permesso di confortarci e trovare sempre rinnovato entusiasmo per sperimentare la didattica con nuove e innovative stru- mentazioni. I forum creati tra i formatori hanno permesso lo scambio di idee e riflessioni al fine di superare le difficoltà comuni. La definizione e l’identificazione di standard condivisi per ciò che concerne le metodologie di progettazione e le metodologie di gestione dei processi formativi ha di gran lunga migliorato il riscontro educativo dell’attività didattica. Accanto ai forum di discussione, i Project Work sono stati formativi in quanto ci hanno permesso di sperimentare sul campo le idee emerse. Sino ad un paio di anni fa nessuno di noi aveva sperimentato l’UDA , si può dire che a stento si cono- sceva il significato dell’acronimo. Attraverso i Project Work si è data forma con- creta all’UDA non solo nella teoria ma anche nella pratica. La possibilità di ela- 260 borare un compito/prodotto e svilupparlo basandosi sulle competenze e le abilità degli allievi ci è piaciuta molto e l’abbiamo inserita in ogni percorso di obbligo formativo. Tra le varie sperimentazioni, condotte a volte con molta difficoltà, siamo orgogliosi di citare il CD multimediale dal titolo “TG CIFIR“ che ha impe- gnato i nostri animatori turistici e li ha visti attori e autori del telegiornale del- l’Ente. L’entusiasmo dimostrato dagli allievi è stato profuso anche a noi formatori. Gli allievi dell’Obbligo Scolastico sono così vivaci che a volte un piccolo successo può essere ritenuto un grande traguardo. Tutto ciò si è potuto realizzare grazie all’esperienza offertaci dal Progetto In- tegrazione. Noi formatori abbiamo sicuramente consolidato il concetto che la cultura da trasmettere è una esperienza unitaria che parte dal concreto e non dalla meccanica trascrizione degli obiettivi generali del processo formativo tradotti in didattica di- sciplinare. L’interscambio tra formatori di diversa esperienza ha contribuito ad accre- scere ed ampliare le idee di ciascuno di noi. Il lavoro intercorso ha sollecitato nell’équipe dei formatori la promozione del- l’interdisciplinarità. Il centro della metodologia emersa dai forum di discussione avviati e svilup- pati nel Progetto Integrazione risiede nel superamento della didattica per trasmis- sione di saperi e abilità, concentrandosi su una concezione formativa centrata sulla cura della relazione educativa e della situazione di apprendimento, in vista di un coinvolgimento dell’allievo come soggetto attivo del processo formativo. Tutto il percorso di apprendimento si basa sull’azione; questa è la logica che muove le UdA, secondo cui, l’apprendimento diventa maggiormente significativo se avviene a partire dall’esperienza diretta dell’allievo. Inizialmente i project work e i work-shop hanno rivelato la poca abitudine di noi formatori a lavorare assieme, a condividere soluzioni e processi, a integrare capacità e competenze. Attraverso il confronto e la condivisione permanente delle modalità formative si è riusciti a compiere, step by step, un buon salto qualitativo che, attraverso la buona e sincera condivisione, ha permesso di migliorare e accre- scere le potenzialità educative e progettuali interne all’Ente. L’idea di un impianto didattico preconfezionato e scandito da materie o da specifiche attività laboratoriali è andata via via deteriorandosi, modellandosi sul- l’idea di “azione”. Tale aspetto è positivo se si pensa che i percorsi formativi sono integrati e condotti con la scuola statale. L’esperienza e la padronanza di alcuni assunti ma- turati nei forum del Progetto Integrazione ci ha permesso di riportare il concetto di “azione didattica” nelle assemblee interne al fine di condividere l’esperienza del- l’Uda con i docenti degli Istituti Statali. In conclusione sento di poter affermare con certezza che quelle che erano le aspettative iniziali, ovvero: 261 • la possibilità di fare un percorso comune e condiviso che potesse essere la base di partenza per collaborazioni future; • l’opportunità del confronto fra gli enti pugliesi e le metodologie sperimen- tate a livello nazionale dagli enti promotori del progetto; • la possibilità di accrescere le conoscenze e le competenze del CFP attra- verso l’azione di Formazione dei Formatori; • la realizzazione, la validazione ed il confronto per UDA sperimentali. Sono state interamente soddisfatte e si può affermare che l’esperienza fatta ha di sicuro migliorato, nonché accresciuto, il processo didattico-valutativo del nostro Ente. • CNOS FAP di Bari e Cerignola L’esperienza di formazione dei formatori all’interno del Progetto Integrazione 2003 è stata per i formatori del CNOS FAP , che vantano una esperienza personale ormai ventennale in materia di formazione iniziale, un’occasione per “rispolvera- re” le pratiche di gestione dell’attività formativa con i ragazzi, per provare a rivede- re il proprio stile di insegnamento e per confrontarsi con quanti più giovani o meno giovani, condividendo l’esperienza di essere formatori per i giovani… più difficili. Il territorio entro cui sono ubicati i nostri CFP sono caratterizzati da un alto tasso di dispersione scolastica e formativa oltre che da una popolazione giovanile a rischio di esclusione sociale, questo determina una curvatura della nostra azione educativa verso questa tipologia di utenza. Come operatori pedagogici che vivono la missione salesiana consideriamo l’educazione come un’azione che - nutrita di ragione, religione e amorevolezza - insegna ad affrontare la realtà, rendendo i soggetti interessati da tale educazione, ovvero i giovani, “buoni cristiani ed onesti cittadini”. Il Progetto Integrazione 2003 ha costituito per i nostri enti l’occasione per ri- cominciare a fare formazione (nel senso che ci è più caro) e a interrogarci su come “fare formazione” dopo le vicissitudini che hanno caratterizzato la FP nella Re- gione Puglia, ma soprattutto stante il cambiamento in atto a livello sociale e cultu- rale (globalizzazione, società della conoscenza…). L’utenza dei nostri CFP, spesso a rischio di esclusione sociale, ci ha interro- gati sull’efficacia dei nostri interventi educativi e sulla necessità di adattare le no- stre pratiche di insegnamento ai nuovi bisogni dei giovani. Gli input teorici offerti e gli stimoli provenienti dal confronto con gli altri ope- ratori della formazione in occasione degli incontri seminariali e degli approfondi- menti in occasione della elaborazione dei PW, hanno messo talvolta in discussione la bontà di quello che facciamo per educare i nostri giovani; ma ci hanno anche rafforzato nella convinzione che la formazione professionale costituisce la via pri- vilegiata per la realizzazione dei progetti di vita professionale di questi giovani un po’ al margine della società o a rischio di emarginazione. La didattica attiva, l’utilizzo di Unità formative capitalizzabili e adesso di 262 Unità di Apprendimento, la valutazione fondata sui “capolavori”, la formazione in situazione, attraverso lo stage, tutte azioni che caratterizzano il nostro quotidiano agire educativo vanno rispettate, incrementate e promosse a tutti i livelli. Tutta l’esperienza è stata occasione per arricchire ulteriormente il nostro ba- gaglio di conoscenze ed esperienza. • Epcpep di Ostuni Alla luce della esperienza di formazione condotta mi rendo consapevole del fatto che il formatore deve possedere necessariamente una cultura metodologico- didattica e competenze ed abilità specifiche di carattere sociale, economico e pe- dagogico, soprattutto quando esso – come nel nostro caso – si occupa dell’istru- zione e formazione professionale rivolta prevalentemente ai ragazzi difficili. Essere formatore richiede il possesso di competenze disciplinari e multidisci- plinari. In generale, il Formatore ha padronanza degli strumenti di progettazione formativa, conoscenza del quadro normativo - locale, nazionale e comunitario - in materia di formazione professionale, capacità di svolgere ricerca scientifica e ca- pacità relazionali (con gli altri esperti di formazione, con gli utenti, con la commit- tenza, con i soggetti istituzionali, etc.). Ma egli, come emerso in occasione della ri- flessione condotta nell’esperienza di formazione formatori deve inoltre: – saper leggere la realtà economica e sociale del territorio in cui opera; pos- sedere elementi di conoscenza dell’organizzazione aziendale e del lavoro; possedere strumenti di analisi della professionalità; – conoscere le procedure e gli strumenti di analisi dei bisogni di formazione; – essere a conoscenza delle metodologie di progettazione formativa, della di- dattica e della valutazione; – conoscere le caratteristiche essenziali del processo formativo. Molto spesso il formatore è incaricato della progettazione dei percorsi di istruzione e formazione non possedendo sempre strumenti idonei e funzionali alla realizzazione di percorsi che rispondano ai bisogni del territorio locale, ma soprat- tutto dei soggetti interessati alla formazione. La formazione dei formatori è necessaria perchè il formatore per progettare: – deve essere in grado di definire degli obiettivi formativi, tradurli in un pro- getto coerente con le finalità, i tempi e le risorse disponibili; – deve conoscere il sistema di formazione professionale a livello regionale, nazionale e comunitario (ad esempio, deve conoscere gli strumenti di finan- ziamento e gestione degli interventi formativi). In particolare il Formatore impegnato in attività diretta ovvero nell’eroga- zione della formazione deve possedere, oltre le competenze sopra descritte, cono- scenze: – professionali, relative al proprio ambito, e ne cura l’aggiornamento sullo sviluppo storico ed epistemologico, ne pianifica e programma i contenuti e le auspicabili articolazioni modulari, con responsabilità e deontologia pro- 263 fessionale, con dinamica capacità di presa di decisioni e soluzioni di pro- blemi; – operative, concorrendo alla pianificazione, programmazione, organizza- zione, realizzazione e valutazione del processo formativo con capacità meto- dologica-didattica, con disponibilità al rinforzo rispetto ai bisogni ed ai tempi di apprendimento, collaborando per la realizzazione e utilizzazione dei supporti didattici e applicando adeguate valutazioni ex ante, in itinere ed ex post del processo di apprendimento; – procedurali, aggiornando le proprie conoscenze in ordine all’esecuzione di normative e procedure rispondenti alla specificità dei singoli progetti di orientamento e formazione. Ringraziamo quanti ci hanno consentito mediante questa esperienza triennale di formazione dei formatori di rispondere alla fertilizzazione e al potenziamento delle competenze su citate. Ci auguriamo che il progetto integrazione non si risolva solo con un seminario finale che ne diffonda le risultanze, ma continui a vivere nel ricordo di quanto co- struito assieme e, nella prospettiva della collaborazione e della integrazione, possa riproporsi come esperienza di formazione futura. 264 Conclusioni Cristina BALDI e Mariapia LOCAPUTO I pensieri, i gesti e il sentire dell’educatore debbono essere congiunti da un le- game di senso: lo sguardo pedagogico può così orientare l’azione del formatore nei sentieri della relazione educativa affinché l’educando possa essere riscoperto e ri- scoprirsi. A conferma di quanto appena dichiarato e per ovviare a sterili generalizza- zioni, chi scrive sottolinea che durante l’esperienza di formatori al servizio dei giovani e di formazione dei formatori della FP condotta in Puglia, abbiamo ri- levato una perdurante inadeguatezza in una parte significativa delle azioni di qua- lificazione delle risorse umane della formazione professionale: gli operatori della FP con cui abbiamo avuto il piacere di confrontarci sovente hanno comunicato di “mancare di una visione strategica stentando ad allinearsi alle reali esigenze degli utenti e dei contesti di riferimento”. Questa condizione reale, dunque, necessita: da un lato, di una riflessione peda- gogica; dall’altro, di un ripensamento normativo che garantisca di fatto un so- stegno adeguato attraverso interventi di formazione iniziale e continua appropriati, al fine di assicurare un livello qualitativo sufficiente per l’accesso alla professione di “operatore della formazione professionale”. Il presente lavoro ha visto costantemente in dialogo una prospettiva fenomeno- logica di tipo esistenzialista – quale quella di Piero Bertolini – con i presupposti contenuti nel sistema preventivo di San Giovanni Bosco. Non è nostra presunzione affermare scientificamente che tali teorizzazioni siano complementari: la proposta è quella di cogliere il valore aggiunto che dal “dialogo” fra le suddette posizioni può aver luogo, generando una nuova “prospet- tiva di senso” condivisibile da chi laicamente o cristianamente intende soffermarsi sulla scelta dei principi per la pratica educativa e rieducativa dei ragazzi difficili. La necessaria ricostruzione delle coordinate storiche per la realizzazione di un quadro legislativo si è resa inoltre necessaria in quanto un modello educativo non può prescindere da quello storico-culturale che ispira e alle volte condiziona la vi- sione entro cui gli “addetti ai lavori” debbono costantemente confrontarsi. Per colmare il senso di vuoto che spesse volte gli operatori della FP esperi- scono, è necessario dunque che essi si sentano parte di un “opera educativa” che possa condurli ad una sistematica analisi ed autoanalisi del proprio lavoro; la for- mazione e la valutazione della pratica ad ampio raggio sono indispensabili affinché 265 1 GIOVANNI BOSCO, Trattatello di Don Bosco. 2 Ibidem. i formatori possano viversi come operatori in crescita all’intero di un CFP orientato ad un ripensamento funzionale delle proprie pratiche. Don Bosco affermava: “Da circa quarant’anni tratto con la gioventù, e non mi ricordo d’aver usato castighi di sorta, e con l’aiuto di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desideravo, e ciò da quegli stessi fanciulli, pei quali sembrava perduta la speranza di buona riuscita …” 1. I formatori che desiderino vivere tale proposta educativa debbono pensarla anche come una proposta di educazione alla spiritualità. Una “spiritualità proposta e vissuta con ragionevolezza” in cui i giovani sono protagonisti attivi delle proprie scelte ed il genitore non è semplice programmatore di una crescita progressiva e profonda, ma educatore che sa affiancarlo e sa bussare alla porta, attendendo che il figlio gli apra. Una “spiritualità proposta e vissuta con amorevolezza” perché: indirizzata al cuore e nutrita di un linguaggio fatto di esperienze e non solo di parole; vissuta e testimoniata dai formatori e, dunque, accessibile. Una spiritualità educativa che trova il suo nutrimento nella religione in quanto “l’educazione è cosa di cuore, e solo Dio ne è il padrone, e noi non potremo ri- uscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne dà in mano le chiavi” 2. Tutti i membri della Famiglia Salesiana e tutti gli operatori dei CFP che si ispi- rano ad altre visioni educative – laiche o cristiane che siano – sono chiamati ad of- frire un progetto educativo che possa portare il giovane incessantemente ad essere riscoperto e a potersi riscoprire. Il presente contributo, lungi dal voler rappresentare una modellizzazione circa il profilo dell’operatore della FP nonché della pratica educativa di cui egli deve es- sere responsabile, è frutto delle riflessioni di formatori che, vivendo il carisma sale- siano, sono interessati (tanto teoreticamente quanto quotidianamente) alla vita dei giovani. Le riflessioni riportate rimangono aperte ad accogliere le considerazioni degli esperti del mondo accademico e degli operatori pedagogici. Concludiamo sottolineando come vivere nel proprio CFP il carisma salesiano equivale a vivere appieno la missione salesiana nutrita da una profonda ed assoluta fede cristiana: crescere nello spirito e nell’esperienza di Famiglia Salesiana equi- vale a mettersi al servizio dell’impegno educativo e pastorale dei giovani. 266 BIBLIOGRAFIA BECCHI E, E ALTRI (a cura di BONDIOLI A. e GHEDINI P.O.), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna, La cultura del bambino, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg) 2004. BECCIU M, COLASANTI A.R., La corresponsabilità CFP – famiglia: i genitori nei CFP, Collana Pro- getti CNOS FAP, 2006. BERTAGNA G., Avvio alla riflessione pedagogica, Editrice La Scuola, Brescia 2000, pp. 39-68. BERTAGNA G., Dall’istruzione tecnica e professionale al sistema educativo dell’istruzione e forma- zione professionale. 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Imprescindibilità del fondamento antropologico-sociale della formazione .................. 18 CAPITOLO 2 La memoria storica per la ricerca delle coordinate legislative (Mariapia Locaputo) .................................................................................................................... 25 1. Parola d’ordine: integrazione ........................................................................................ 25 2. Lo scenario dell’Unione europea .................................................................................... 27 2.1. La strategia di Lisbona ............................................................................................ 28 2.2 Verso il 2010 ............................................................................................................. 31 3. Quadro giuridico – normativo italiano: tra storia e prospettive .............................. 33 4. La Regione Puglia, la formazione professionale e le sperimentazioni della “riforma Moratti” ..................................................................................................... 47 CAPITOLO 3 Valutare i processi di Istruzione e Formazione Professionale: una ipotesi di indicatori per la qualità negoziata (Cristina Baldi) ............................... 51 1. Perché valutare il processo formativo?.......................................................................... 54 2. Il sistema del processo formativo nel contesto allargato .......................................... 56 3. Gli indicatori per una qualità negoziata ........................................................................ 58 271 272 CAPITOLO 4 La Riflessività del Formatore della Formazione Professionale: un Educatore alla ricerca dell’equilibrio tra Ragione, Religione e Amorevolezza (Cristina Baldi). ............................................................................................................................. 69 2ª parte Il progetto “Integrazione 2003” CAPITOLO 1 La visione del progetto “Integrazione 2003”: dal dialogo all’integrazione (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ............................... 89 1. La formazione formatori ................................................................................................ 93 2. Le azioni seminariali ........................................................................................................ 96 3. Il primo project work ....................................................................................................... 97 4. Il secondo project work .................................................................................................... 98 CAPITOLO 2 Il progetto “Integrazione 2003”: la storia dei CFP coinvolti nel progetto (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ..................................................................................... 107 1. Associazione Calasanzio ................................................................................................. 108 2. CIFIR di Bari ..................................................................................................................... 111 3. CIFIR di Oria .................................................................................................................... 124 4. CIFIR del Sacro Costato ................................................................................................. 127 5. CNOS-FAP di Bari e di Cerignola ................................................................................ 129 6. EPCPEP di Ostuni ............................................................................................................ 133 CAPITOLO 3 La formazione formatori nei CFP (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo) ..................................................................................... 139 1. Associazione Calasanzio ................................................................................................. 140 2. CIFIR di Bari ...................................................................................................................... 159 3. CIFIR di Oria .................................................................................................................... 179 4. CIFIR del Sacro Costato ................................................................................................. 188 5. CNOS-FAP di Bari e di Cerignola ................................................................................ 217 6. EPCPEP di Ostuni ............................................................................................................ 228 CAPITOLO 4 La parola ai formatori dei CFP (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo)....................................................................................... 255 Conclusioni (Cristina Baldi – Mariapia Locaputo)....................................................................................... 265 Bibliografia..................................................................................................................................... 267 274 Tip.: Istituto Salesiano Pio XI - Via Umbertide, 11 - 00181 Roma Tel. 06.78.27.819 - Fax 06.78.48.333 - E-mail: tipolito@pcn.net Maggio 2008

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